Le memorie di Julie

di KayS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Suite francese ***
Capitolo 2: *** Stephan ***
Capitolo 3: *** Amarezze di un pomeriggio autunnale ***
Capitolo 4: *** Frammenti di dolore ***
Capitolo 5: *** Marea ***
Capitolo 6: *** Istantanea ***
Capitolo 7: *** Clarisse ***
Capitolo 8: *** Colori e Bellezze incapaci ***
Capitolo 9: *** L'eleganza delle puttane ***
Capitolo 10: *** Compassione e Perrier Jouet ***



Capitolo 1
*** Suite francese ***


Calava la notte, tiepida e serena, sulla città delle luci. La finestra era socchiusa, e la tenda di seta scarlatta si muoveva danzante, scostata dai soffi del vento. La vetrata ben lucidata del balcone rifletteva l'immagine malinconica di Julie, sepolta dalle coperte bianchissime dal petto alle caviglie dei suoi piedi bruni. 
Il lenzuolo drappeggiava il suo corpo come un panneggio scivola, dolce, su di una scultura di lustro bronzo.
Solo i capelli sciolti sulle graziose spalle, delicatamente spostati dall'aria notturna, conferivano movimento a quell'austera posa, che fin nelle membra era raccolta in riflessione.
Julie guardava il soffito affrescato, i lampadari di vetro, gli specchi antichi e aspettava, silenziosa e concentrata, di udire.
Attendeva il buffo rumore ovattato che le suole di cuoio delle scarpe di Flaubert producevano quando egli incedeva altezzoso.
Poteva quasi vederlo, le spalle larghe, il collo disteso ed il mento all'insù, le labbra curvate in quella superba espressione d'orgoglio e bellezza che tanto lo facevano apparire nobile.
Senza rendersene conto stava già ridendo della dolcezza e pacatezza intrinseche a quell'ostentata superiorità.
Si porto l'indice della mano femminile e curata al labbro inferiore e socchiuse gli occhi.
Tentò con ogni mezzo di ricordare il sapore della nobile bocca di Flaubert.
Le sue palpebre veleggiavano ancora sopra agli occhi che i primi sordi, deboli passi risuonarono oltre la porta lignea della camera 121 del Grand Palace du Paris, provenendo, eleganti e sicuri, dall'anticamera colma di fiori che precedeva il lungo corridoio.
Julie spalancò gli occhi scuri e le lunghe ciglia si sollevarono nerissime all'improvviso.
Si spogliò della coperta ed allungò il busto flessuoso verso il margine del letto. Stese un braccio sul suo fianco, piegò le ginocchia in una posa morbida ed immobile si fermò ad osservare il suo riflesso nello specchio.
Guardò lo zigomo roseo che poggiava sul palmo destro della mano aperta e sorrise, compiaciuta di sé.
Non appena la maniglia d'ottone della porta roteò in senso orario riportò gli occhi scattanti sulla porta.
Flaubert attraversò l'ingresso a schiena dritta, si tolse le calzature e allentò la cravatta.
Poi posò lo sguardo su di lei, tanto dolcemente adagiata su quei cuscini e tra quelle lenzuola, con la camiciola di pizzo rosa che la vestiva di una giovane, eterna bellezza. 
Sorrise bonariamente, sporgendo il capo in sua direzione:
- Bonne soir, mon amour.

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Capitolo 2
*** Stephan ***


Julie osservava le meraviglie e le miserie della vita parigina sfilare dinanzi alla terrazza fiorita del bar. 
Chiuse gli occhi un istante, in un delicato battito di ciglia - in un palpitare simile a quello di un bocciolo che si schiude, d'un frusciare d'ali di un angelo - e si portò il fiammifero alle labbra colorite, sapientemente dipinte di un forte color borgogna, protese leggermente e socchiuse; fra di loro stava incastonata un sigaretta.
La fiamma divampò per un istante, illuminò il suo viso, investito dal calore, e poi si estinse.
Quando Julie riaprì gli occhi essi viaggiarono lungo la fila di tavolini in ferro battuto che occupavano l'intera veranda e sorrise, estasiata.
Prono su uno di essi, con la chioma bionda immersa fra i petali delle gardenie alle sue spalle, stava Stephan.
Anch'egli voltò il viso armonioso in sua direzione e Julie gli apparve come una lontana visione: ella sedeva con il gomito puntato
sul piano rigido del tavolino, il tizzone ardente della sigaretta fra le mani aggraziate, la veletta bianca che ombreggiava sugli occhi esotici, profondi.
Stephan si tolse la bombetta dal capo, la premette contro il petto e le sorrise, avvicinandosi a passi ampi, ma discreti:

- Cherie... - balbettò entusiasta, fermo davanti a lei, contemplandola come un dipinto dall'alto della sua altezza.

- Siediti, caro - disse lei con dolcezza, abbassando per un istante gli occhi sulla sedia vuota davanti a sé.

- Cherie... Sono sorpreso, pardon. 

Julie accarezzò il suo viso con lo sguardo.

- Come sta Clarisse, Stephan? - domandò, sorridendo compiaciuta.

- Mi piacerebbe che mi fosse restituita direttamente dai ricordi. Clarisse non è più la stessa, ormai - Stephan si passò una mano sul mento appuntito, sfregandosi gli zigomi pronunciati.

Julie tacque per osservarlo meglio in tutta la sua glaciale bellezza.

- Ah Stephan, eppure tu non hai perso un millesimo del tuo fascino.

Per la prima volta da tempo immemore egli arricciò le labbra sottili ed esangui in un calmo sorriso.
Due sottili spicchi turchesi di iride risplendevano da sotto le palpebre, socchiuse.

"Ah Stephan" pensò Julie "se la tua anima è tanto spietata quanto quel tuo sguardo freddo, Clarisse è invecchiata soffrendo molto."

Improvvisamente le sembrò di capire.

- Tu hai un altra donna, Stephan? - le parole si staccarono dalle sue labbra come la cenere dalla sigaretta.
Julie osservò con impazienza il volto sempre calmo, garbato, piacevole di Stephan.

- Il suo nome è Francine.

Julie rimase immobile e a suo agio, alzò solo il mento in un cenno d'assenso molto elegante.

- Se tu potessi sapere, cherie, quanto vorrei non averla mai incontrata! Avrei desiderato davvero con tutto me stesso che lei non si fosse mai innamorata di me ed io di lei! - le sue parole si ridussero ad un impaziente sussurro.

- Gli dei ti hanno donato la bellezza e pagherai per questo, mon cher - Julie posò la sua mano su quella di Stephan per accarezzarla in un gesto rassicurante.

- Non trovi sia crudele far soffrire chi è bello? - i suoi occhi si riempirono di passione e tristezza.

- Come è bello far soffrire chi è crudele - rispose Julie, indifferente.

- Non lo so cherie, sono confuso, non so chi amo  - Stephan prese fra le sue mani grandi e gentili quella piccola e cortese di Julie e se la portò al cuore.

Lei premette sul suo petto il palmo caldo, giovane, sano:

- E allora è perché non sei realmente innamorato, Stephan.




dedicato al mio dolcissimo, prezioso tesoro "Stephan".

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Capitolo 3
*** Amarezze di un pomeriggio autunnale ***


Julie è il pallido fiore dell'orgoglio di Flaubert.
Prima le sue braccia la invocano, poi i suoi occhi la catturano!
E lei rimane immancabilmente schiava di quel fascino nobile e pericoloso,
delle sue labbra seducenti che vanno seducendo,
del suo desiderio inestinguibile, bramoso.

A Julie piacciono gli occhi scuri di Flaubert.
Julie ama le sue gambe slanciate, il suo passo sicuro, altezzoso.
Julie ama i movimenti precisi e ampi che egli traccia quando gesticola.
Julie ama la voce di Flaubert, aerea, ma graffiante.

E Julie è vittima e carnefice avvolta nel suo manto cinereo di mistero.
Ella osserva e tace, e con lo sguardo sa essere infinitamente più schietta che non a parole.
Chissà se Flaubert lo nota.
Flaubert di sicuro vede, di sicuro recita;
Julie è la bella maschera che indossa la sua passione.

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Capitolo 4
*** Frammenti di dolore ***


Flaubert provava cose per Julie incomprensibili.
I suoi pensieri erano romantici e distanti, a volte ferivano per la loro schiettezza.
Lei lo pregava con trasporto di poter essere più razionale, quando eppure si era innamorata delle sue idee impalpabili ed astratte.
"Il nostro rapporto è sempre stato molto istintivo, non ha senso scegliere proprio ora di trasformarlo in un qualcosa di tradizionale, noioso."
Julie sporse il mento verso di lui, sorretto dalla gentile curva del suo collo bruno, adornato dai pizzi candidi del colletto
"Perché?"
Le sue labbra carnose rimasero schiuse, più rosa che mai, come il bocciolo di un giovane fiore
"Fa tutto parte del tuo personaggio, Flaubert? Oh amore mio, lui non è reale! Lui è nato dalla tua esigenza di voler essere qualcuno, di vivere, vivere davvero! Non possiamo forse vivere assieme? Essere felici assieme? Tu forse non mi ami, Flaubert?"
I suoi begli occhi bruni brillarono di lacrime, si accesero di passione, dolore.
Flaubert non mutò l'espressione composta del suo bel viso scuro;
il suo sguardo rimase immobile ed intenso
"Quale personaggio, Julie?"

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Capitolo 5
*** Marea ***


Julie aspettava Flaubert. 
Stava ferma sui propri tacchi nella sera fredda e remota.
Il lungo cappotto scendeva dolcemente sui suoi fianchi, e non un soffio di vento turbava la sua posa aggraziata.
Julie si passò una mano fra la chioma scura, e fece in tempo a posare le proprie dita - sottili e brune come rami di un rigoglioso pesco - tra i capelli odorosi che iniziò a sentire il primo eco soffuso dei passi.
Flaubert la oltrepassò sorridendo e senza pronunciare parole superflue, secondo la sua abitudine; le vestì con eleganza i fianchi del suo lungo braccio.
"Passeggiamo un po'?"
Chiese con classe e affetto.
Julie intuì dalla sua voce, ma si finse indifferente e ingenua.
"Ma certo."
Fu la risposta della sua voce intensa, come un profumo.
Flaubert iniziò a porre domande cordiali, di tanto in tanto guardandola interessato.
Julie intuì nuovamente, e ogni parola le sembrava pronunciata in modo sempre più sbrigativo, seppur mai il tono con cui questa prendeva vita variava, o le sillabe sfuggivano velocemente dalle sue labbra carnose.
Eppure la sensibilità di Julie intuiva, e le parve curioso assecondarlo con pazienza nel suo breve prologo.
"Ti va di andare sulla spiaggia, cara? Ci sono molte stelle questa sera."
Julie guardò la sabbia ombrosa ed il mare era distante e piatto, sospeso come un respiro.
"Volentieri."
Julie assentiva con piacere alle parole di Flaubert. Il loro tono era così sereno, rassicurante e delicato che qualsiasi verità uscisse dalla sua bocca lei vi cedeva, ed era protesa verso quella bocca e per le verità compiacenti che Flaubert raccontava, e per i baci dolci, in cui poi si spiegavano.
La spiaggia d'inverno era come un animo devastato dalla solitudine.
Non avrebbe saputo immaginare posto più penoso per fare l'amore.
Un freddo tale, una nebbia così insidiosa le facevano ricordare che Flaubert non l'amava, che la sua era solo la bella illusione del fascino.
La costrinse con dolcezza lungo il freddo cancello di ferro battuto che correva il perimetro della spiaggia e Julie pensava che sarebbe stato più romantico e poetico unirsi a lui sulla riva del mare, dove lo scrosciare delle onde inghiottiva i gemiti ed i sospiri, e dove non si era mai troppo volgari, bensì umani.
Ma Flaubert si avvicinò dolce e prepotente assieme. 
Egli infatti desiderava quel bacio, ma non il bacio puro con cui si saluta l'amante, non il bacio che Julie si sarebbe aspettata, o che oltre le proprie possibilità si sarebbe augurata di ricevere.
Eppure le mani di Flaubert correvano sul suo corpo sinuoso e la fiamma avida della passione si insinuava sottile fra le membra calde e giovani.
Julie lo guardò con lo sguardo sprovveduto e intelligente che tanto Flaubert adorava, e lui non poteva smettere di accarezzarle il viso ora con le dita fredde dell'inverno, ora con le labbra roventi dell'estate.
Julie chiuse gli occhi e socchiuse le labbra.
Flaubert la prese con sè.

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Capitolo 6
*** Istantanea ***


Francois e Flaubert sono l'uno per l'altro piedistallo e braccio destro.
Le dissolute vanterie di cui dispongono nel proprio repertorio di vivaci resoconti le hanno vissute assieme.
Francois è bello, più bello di Flaubert, a sua volta più ammaliante, più intenso di Francois.
Julie ha sempre pensato che fosse questa la ragione per cui i due andassero d'accordo: attraevano, per le loro caratteristiche, tipi di donne completamente differenti.
Flaubert si prendeva le romantiche del peggior grado e le poche ragazze sopravvissute alla società che avevano classe e giudizio pari al suo: la prima in grado smisurato, il secondo del tutto decaduto.
Francois, invece, nella sua giovane e incantevole bellezza, aveva sempre attratto a sé donne scostanti e impetuose, di un temperamento oltremodo simile al suo.
Francois, invero, è bonario e perfido assieme.
Una delle due caratteristiche, però, non esclude mai l'altra.
Egli è bonario e perfido in momenti molto distinti della sua vita.
È bonario, disinvolto, leale quando è al fianco composto di Flaubert; è invece perfido - e anche qui senza malignità, più per ciò che combina e di cui non sa rendersi conto - nell'approccio con le donne.
Egli, che tanto da l'impressione di essere sagace ed arguto, muove pensieri che si restringono fondamentalmente al numero di due: i vizi e le donne.
E Francois vive vizi e donne con il medesimo spirito di indifferenza e voracità.
"Quello che vuoi, prima che puoi"
Ripeteva mentalmente Julie, in una cantilena che rassomigliava ormai ad una sorta di rito, quando i suoi occhi incrociavano i suoi.
E la recitò anche quella stessa sera, quando Francois le sfilò innanzi alto e potente, con Flaubert appeso al fianco, un po' meno rigido e nobile, forse sorpreso quando il suo sguardo intercettò Julie.
Francois piegò il proprio capo maestoso sulla spalla, e si voltò stupito, con gli occhi piccoli, splendenti e castani invasati di entusiasmo verso Flaubert.
Flaubert guardò Julie, e fu il solito sguardo lungo e passionale, ma Julie era assorta nei propri rari moti di pensieri, e passò senza curarsene.

Julie non saprà mai cosa ha perso andando via, e loro probabilmente avranno parlato un po' di lei, come spesso danno l'aria di fare.
Julie è tornata a casa e ha acceso le candele, fatto un lungo bagno, si è lavata di dosso l'odore di cenere e prosecco, indifferente al fato.
Julie non saprà mai, eppure Flaubert ha l'aria di sapere sempre.

La notte a Parigi, dopo quel l'incontro, rimase come vuota. 

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Capitolo 7
*** Clarisse ***


Julie si strinse nel collo bruno e folto della propria pelliccia di visone. 
Emanava un intenso e penetrante profumo di bouquet.
I fiori erano del tutto fuori stagione, e la loro fragranza, per questo motivo, si sposava alla perfezione con il suo fascino senza tempo.
Le labbra vermiglie sporgevano dal bavero, ed erano eternamente protese, in attesa.
Fremevano fragilmente.
Dalle labbra di Julie scivolò un sussurro.
"Tesoro, ti prego, non torturarti più le mani a quel modo. Parlami."
Clarisse, alzò gli occhi, e con quegli occhi, Clarisse, le sciolse il cuore.
Erano verdi e dolci come la primavera.
Si restringevano lievemente a lato assumendo una taglio morbido e affettuoso.
Le pupille cineree brillavano nel chiarore dell'iride, vivide.
Nello sguardo confortevole e rassicurante di Clarisse, prodigo e pacato, riluceva un tormentoso fuoco remoto.
Quanto era difficile riconoscerlo prima che Clarisse lo spegnesse nella sua fresca, giovane voce!
Esso divampava per un secondo, e le fiamme sembravano alte e dolorose, e poi si spegneva, sepolto dal tono calmo e posato, con la stessa velocità con cui era nato.
Quel fuoco bruciava sul verde tappeto di erba del suo sguardo.
Clarisse lo sentiva, e doveva essere una fitta lancinante e acuta nel petto, perché quando socchiuse le labbra rosa e delicate, esalò un breve, candido, sospiro:
"Ti racconto" 



Alla mia divina metà Clarisse.
Al suo talento di attrice, scrittrice ed acuta infermiera dei miei dolori.
Ai suoi cari sacrifici, ai suoi difficili trionfi e rari, giustificati, moti d'orgoglio.
Alla dolcezza ineffabile della sua persona.
Alla sua eterna, incommensurabile bellezza.
Ai momenti che mi ha regalato e quelli che abbiamo condiviso.
Propongo un brindisi con il rosso vino della sua instancabile ed immortale forza.

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Capitolo 8
*** Colori e Bellezze incapaci ***


Julie, in un'insolita giornata di equilibrio e propositi decorosi per l'avvenire, sta distesa sulla propria poltrona di velluto. 
Le snelle gambe brune sono accavallate su uno dei braccioli, mentre la schiena flessuosa e seducente poggia sul secondo.
Il velluto è di un lucido color prugna, assieme caldo e sontuoso mentre il prepotente color bronzeo dei bottoni del suo tailleur turchese riluce, eccentrico.
Julie regge tra le unghie scarlatte un libro dalla copertina logora, decorata da arabeschi pacchiani e caricature fittizie di volti e corpi, ma non legge fra le sue righe consumate.
Il suo sguardo tiepido e stranamente concentrato è indirizzato dritto davanti a sé, e si perde in un vuoto remoto e inavvicinabile, oltre lo spazio delimitato dal velluto viola della poltrona, oltre le dita dei suoi piedi scuri, oltre le pareti della stanza piacevolmente illuminata, oltre i muri della casa antica e stuccata di Flaubert, per raggiungerlo.
Perché Julie, in quel pomeriggio inusuale di Dicembre, dopo aver terminato di leggere un breve paragrafo del suo attuale scrittore preferito, ha realizzato con brutalità e non poco senso di sorpresa e delusione di amare Flaubert.
Ora è colta alla sprovvista, e le sembra di precipitare con indecenza e volgarità nel turbine di romanticismo che ha rapito milioni di donne come lei, prima di lei e guastato milioni di notti come le sue, prima delle sue, e rotto la fragile armonia di anima e fisico di altrettanti fragili temperamenti come il suo, prima del suo.
Julie è confusa, arrabbiata, disillusa.
Confusa da ciò che prova, arrabbiata poiché lo prova, disillusa perché si pensava diversa da qualunque altra.
Ma quel pomeriggio l'amore, subdolo e scaltro, la aveva pugnalata come un dardo di reminiscenza per rammentarle che ella era non meno umana, non meno debole, non meno esposta al destino di qualsiasi altro individuo.
Julie quel pomeriggio pianse molto e per l'amore impossibile che provava per Flaubert e perché si scoprì identica a molte di quelle persone talvolta spregevoli che popolavano il resto del mondo.

Flaubert era seduto con Francois ed altri gagliardi amici al tavolo bianco del suo soggiorno, le luminarie natalizie illuminavano simpaticamente le finestre dell'abitazione e la rendevano allegra, teneramente addobbata.
Si portò alle labbra carnose l'ennesima sigaretta e per l'ennesima volta la accese distrattamente.
Stavano animatamente discutendo di donne quando l'immagine di Julie gli balenò tra i pensieri; un brivido gli scosse le mani.

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Capitolo 9
*** L'eleganza delle puttane ***


Il vino scuro si agitava nel bicchiere di cristallo; due mani dolci e leggermente sussultanti ne avvolgevano il calice.
Julie si bagnò le labbra con un Lagrein del 2013 e inspirò profondamente.
Immersa nella vasca da bagno di marmo  continuava a rimescolare il vino scuotendo il calice distrattamente.
Alcune candele diffondevano un aroma intenso e fiorito nella stanza da bagno di Flaubert.
"Oh, caro..."
Continuava a ripetere Julie mentre a piccoli sorsi si tingeva le labbra del colore della vivanda rossa.
"Flaubert mio, è casa tua e così poco tua... Sempre così sola e distante da te, eppure non cessi mai di esserci...."
Il petto florido si abbassò debolmente mentre un sospiro malinconico erompeva.
"...Flaubert, triste e senza gloria il destino da amante che mi sono scelta."
E pensando ad alta voce immergeva e poi sollevava capricciosamente il piedino bruno dall'acqua trasparente.
"Flaubert, oh caro..."
Continuava lamentosamente.
Julie stava vivendo un forte contrasto dentro di sé, come se ambizioni e desideri si opponessero gli uni agli altri, sicché era impossibile per lei raggiungere un senso pacifico di equilibrio, armonia.
Oggi le pareva in verità estremamente nobile concedersi per ricevere Flaubert - seppur fosse necessario rinunciare ad un po' di dignità per poter accogliere un essere così degno - ma era certa di ricordare - e infatti correttamente - che ieri le era invece parso vergognoso e ripugnante, vile, sbottonarsi i vestiti con così tanta indifferenza e noncuranza, mostrarsi nuda, e a volte deplorevolmente ubriaca, a qualcuno che non era in grado di amarla e di conseguenza di ammirarla e affettuosamente perdonarla davanti a tali scomode e rare cadute di stile.
A dire il vero fino a pochi giorni prima aveva evitato Flaubert con gelido rancore, e forse con voluta scortesia, proprio per dimostrargli quanto indipendentemente mascolina fosse la sua anima.
Eppure a Flaubert Julie non era parsa niente più che scostante e infantile e indecisa. Ciò non gli aveva reso che più gradito il trionfo sul suo corpo desiderabile e possedibile e quella sottile influenza che a lui non passava inosservata esercitata sulla sua natura.
Julie - intelligente abbastanza da capirlo, ma non abbastanza coraggiosa da affrontarlo - aveva più volte riconosciuto in lui questo pensiero - e l'impressione andava piano accrescendosi - ma a causa del suo soffocante orgoglio, e di qualcosa che aveva la parvenza di essere un sintomo estraneo di coerenza in lei, indisturbatamente aveva proseguito con i suoi atteggiamenti.
Per Julie non c'era ormai alcuna possibilità: fino a che Flaubert non se ne sarebbe andato lei avrebbe insistito nei suoi esagerati modi di fare; arrivato un altro amante avrebbe finto di essere cresciuta.
"Flaubert! Stupido, stupido!"
Gridò con la voce rotta dal furore.
Il calice le scivolò dalle mani e il pavimento per qualche giorno continuò ad emanare l'odore fruttato di quel Lagrein versato. 
Il viso incipriato di Julie, in compenso, espresse molte lacrime.

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Capitolo 10
*** Compassione e Perrier Jouet ***


La primavera subentrava, caotica e profumata, nel ritmo della monotonia dei giorni umidi e ristagnanti di ricordi dell'autunno. Per Julie, ogni anno che si vestiva di una nuova primavera, arrivavano ondate di passioni assieme a impulsi di titubanza, ed il tumulto dei pensieri che la investiva la rendeva emotiva e facile alle lacrime. 
Ma non era un peccato se di tanto in tanto le sgorgavano dagli occhi neri e luminosi come il cielo di seta delle notti d'estate, perché era ormai rituale che la ripulissero di tutte le emozioni concitate e confuse dei mesi dai giorni più corti precedenti. 
Flaubert era ancora presente, nella vita di Julie, con la sua imprevedibile eleganza e la sua inopportuna chiacchera feroce. Egli andava però acquisendo un nuovo influsso sull'sua anima artistica e vulnerabile. Le si era rivelato una delle loro tante notti, ed era stato spassionatamente disinteressato, vuoto nel suo appetito di vita e vorace pur rimanendo freddo e lontano. L'anima di Flaubert non stava sulle guance brune dove le dita di Julie lo accarezzavano, né sulle dita sottili ed oziose che Julie stringeva, senza alcun diritto.
Probabilmente l'anima di Flaubert era misteriosa pure per Flaubert stesso.
Julie credeva questo perché, dalle poche parole intime ed oneste che lui le rivolgeva, così sembrava.
Si dipingeva come un paranoico razionalista, dai pensieri ordinati che lo facevano eccedere in atteggiamenti stravaganti, un uomo con un passato ricco di donne, di peccati, di lussuria e lusso.
Ma come poteva un uomo, se non essendo reticente con sé medesimo nell'intimità, sfogare i propri istinti in un portamento così dissoluto, senza mai perdere la propria regalità?
Erano questi pensieri, fra i molti, ad interrompere i pomeriggi di Julie.
Lei ora aveva imparato dal proprio passato molle e scostante, la graziosa trasparenza di un anima sincera.
Non aveva trovato risposta ai propri vizi, né al suo amore occasionale con Flaubert, ma aveva imparato che tra la trasgressione e la volgarità il passo era breve.
Le sarebbe piaciuto discorrere come nei primi tempi del culto della bellezza e dello stile con Flaubert, ma lui la cercava e senza darle il tempo di abbandonare la propria insicura e fragile malinconia la stringeva e la baciava, ed in Julie il pensiero che lo facesse perché si sentiva attratto da lei con voluttà e irascibile brama veniva pian piano a mancare.
La stessa Julie quando lo incontrava in un gemito, in una carezza rubata, nel sospiro lieve che erompeva dal suo petto, si sentiva insicura e smarrita. A Flaubert bastava uno sguardo per darle coraggio, ma era coraggio e non era trasporto. Julie evitava per questa ragioni i suoi sguardi equivoci:
non avevano più molto da dirle di sincero.
"Yo-u've go-t th- ath th-ing
yo-u've go-t th-ath th-ing"
Julie canticchiava il ritornello di una vecchia canzone jazz mentre versava dello champagne nella coppa di cristallo.
La luce del sole si infrangeva sugli intarsi minuscoli del vetro e proiettava l'ombra rotta e spezzata dell'oggetto sul petto giovane di Julie. Non si potevano contare i suoi minuscoli sospiri. 

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