Figlio dei Lupi - Cronache di un Drago e del suo Cavaliere

di Kooskia
(/viewuser.php?uid=35772)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Cacciatore e la pietra ***
Capitolo 3: *** Il guerriero nella foresta ***
Capitolo 4: *** Qualcosa da proteggere ***
Capitolo 5: *** Risveglio ***
Capitolo 6: *** Morire per mano di un cavaliere ***
Capitolo 7: *** Forgiare il proprio destino ***
Capitolo 8: *** Pensieri ***
Capitolo 9: *** Partenza ***
Capitolo 10: *** Imbarazzo ***
Capitolo 11: *** Ossa ***
Capitolo 12: *** Una canzone di sangue e fiamme ***
Capitolo 13: *** La festa della Lunga Notte ***
Capitolo 14: *** La realtà in cui viviamo ***
Capitolo 15: *** Cuore di foresta ***
Capitolo 16: *** Spada nelle tenebra ***
Capitolo 17: *** Lungo il cammino ***
Capitolo 18: *** Non si può tornare indietro ***
Capitolo 19: *** I dubbi di un Cavaliere e la felicità di una dragonessa ***
Capitolo 20: *** Diventare un capo ***
Capitolo 21: *** Il tempo del fuoco e della zanna ***
Capitolo 22: *** Un Cuore in ostaggio ***
Capitolo 23: *** Il drago viola. ***
Capitolo 24: *** Confronto ***
Capitolo 25: *** Il ponte del destino ***
Capitolo 26: *** Il ritorno del Cavaliere ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***
Capitolo 28: *** Finale alternativo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Un ruggito squarciò i cieli, l’ultimo urlo rabbioso di una razza morente che presto avrebbe abbandonato i cieli che tanto amava.
 L’immenso drago verde faticava a mantenere quella velocità, numerose ferite flagellavano il suo corpo un tempo perfetto: ferite che il suo compagno oramai non poteva guarire.
Il Cavaliere si teneva stretto sulla sella, un braccio a coprire una sacca stretta al petto, l’altra mano impugnava una spada insanguinata.
Era una lama verde, lo stesso colore del suo drago e il Cavaliere per un istante vide il suo riflesso su di essa; osservò quei suoi lunghi capelli dorati al vento e il suo sguardo di falco, quegli occhi elfici: così esotici secondo i canoni umani.
Chiuse gli occhi e trattenne una smorfia di dolore, una ferita al basso ventre gli prosciugava lentamente le ultime energie, e non osava chiederne altra al suo compagno..
Un secondo ruggito rimbombò nell’aria, una voce più giovane, più sfrontata e più violenta.
Il secondo drago era di colore bruno, più piccolo ma più rapido e decisamente più in salute,
il suo cavaliere umano era avvolto in un’armatura nera.
-Mi dispiace.. non sono riuscito a distanziarli..-
-Non preoccuparti, hai fatto quel che potevi.. lo abbiamo fatto entrambi-

Il cavaliere nero spronò il suo drago e con un’ultima accelerata i due grandi leviatani si affiancarono. L’elfo poteva ora vedere gli occhi bramosi dell’umano dietro quell’elmo scuro.
Il suo nemico aveva una lama in mano, dello stesso colore del drago color della terra, e fece un affondo. Il Cavaliere parò il colpo ma sapeva che non avrebbe resistito a lungo, in condizioni normali avrebbe sconfitto facilmente quel giovane ma non quella volta: era stato ingannato.
Tutti i Cavalieri erano stati ingannati, questi traditori, questi Wyrdfell avevano un potere proibito: un’energia non loro, rubata … che permetteva loro di compiere imprese altrimenti impossibili.
Con un ultimo assalto la lama del Rinnegato affondò tra le costole dell’elfo, il drago verde lanciò un urlo terrificante per il dolore condiviso, ma il suo avversario più piccolo gli restava avvinghiato: non lo avrebbe lasciato andare.
Il Cavaliere sentiva la sua stessa forza che fluiva via dal suo corpo morente come il sangue fluiva dallo squarcio dell’armatura, così mise in atto il suo piano.
Era la sua ultima carta, la sua ultima possibilità. Concentrò le energie rimanenti, tenute da parte per quella mossa disperata, realizzando rapidamente una copia fittizia dell’oggetto tanto ambito dal suo nemico, la estrasse dalla sacca con una mano tremante e sollevandola in cielo disse:
- Quel re traditore non lo avrà mai…-
Per un istante la sfera dorata sfavillò, illuminata da quel sole così vivo, fino a quando la mano dell’elfo si serrò su di essa... così fragile, così vulnerabile.
La sfera andò in mille pezzi, con un urlo rabbioso  il suo nemico fece staccare il suo drago dal gigante verde, lasciando sulla pelle di quest’ultimo profondi segni causati dagli artigli.
Si allontanò sapendo di aver perso:  aveva fallito la sua missione e il suo maestro lo avrebbe punito  molto severamente. Questo non gli avrebbe impedito ottenere una piccola vendetta.
Il suo drago aprì le fauci e un getto di fuoco colpì al fianco il drago verde.
Normalmente le protezioni magiche avrebbero deviato o assorbito il colpo, ma necessitavano di energia per essere attivate e i due compagni oramai erano allo stremo.
In una nube di fumo e puzza di carne bruciata l’immenso drago rovinò a terra senza riuscire minimamente a controllare la discesa: abbatté numerosi alberi finché si fermò su di una piana erbosa al centro della foresta.
Il giovane Cavaliere Rinnegato guardò un’ultima volta il suo nemico sconfitto e si lasciò sfuggire un ghigno di trionfo.. subito smorzato al pensiero della punizione che avrebbe ricevuto di lì a poco per aver fallito nella sua missione primaria.
L’elfo vide il suo nemico allontanarsi, e guardò un’ultima volta il suo compagno, sentiva il suo respiro immenso farsi sempre più rado e irregolare. Arrancando raggiunse l’immensa testa del drago e il suo volto si specchiò nell’occhio di quell’amato compagno. Anni di vita trascorsi insieme, anni passati a conoscersi, ad amare e a soffrire insieme e ora entrambi sapevano che stavano per morire.
In quell’occhio intelligente non rivide solo la sua immagine, rivide anche tutto ciò che erano stati insieme, erano pronti alla morte, erano preparati, o almeno così credevano; perché nonostante la saggezza accumulata in una vita e l’essere preparati all’idea di morire, in fondo avevano paura come tutti quanti: avevano paura ad affrontare l’ignoto separatamente.
Accadde.
 L’occhio del drago perse la sua luce e il suo corpo rimase immobile, il Cavaliere aveva avvertito la perdita:  si sentiva spezzato, dilaniato, mutilato..
Come se una parte di se stesso fosse stata strappata via .. voleva raggiungerlo, voleva andare con lui, ma sapeva che aveva ancora qualcosa di fare e se non ci fosse riuscito lo spirito del suo compagno non glielo avrebbe mai perdonato.
Si reggeva a malapena in piedi ma riuscì a raggiungere un blocco di roccia: estrasse la sua spada, pronunciò alcune parole nell’Antica Lingua e la conficcò verticalmente nella roccia.
Almeno lei era al sicuro adesso:  nessun Wyrdfell avrebbe mai potuto estrarla perché solo uno Shur’tugal, un vero Cavaliere dei Draghi ci sarebbe riuscito.
Si lasciò cadere sul collo del suo compagno perchè era tempo di andare con lui per un ultimo viaggio.
Un’ultima grande avventura.. la più grande di tutte.
Lo raggiunse…
Insieme, ancora una volta.
Delle ombre si levarono dai cespugli circostanti, rapidi e silenziosi gli uomini della foresta si strinsero attorno ai due caduti.
Grandi lupi, selvaggi ma all’apparenza mansueti in vicinanza dei loro fratelli umani, si aggiravano in mezzo a loro.
Uno degli uomini, un anziano dai lunghi capelli bianchi posò una mano sul freddo corpo dell’elfo.
Mormorò una breve preghiera per lo spirito di quello strana creatura, così diversa da lui.. eppure in qualche modo simile.
Mentre i guerrieri più giovani si accalcavano timorosi attorno al grande drago verde oppure toccavano incuriositi la scintillante spada conficcata nella roccia, lo sguardo dell’anziano cadde sulla sacca di pelle portata a tracolla dall’elfo.
Con rispettosa cautela la sfilò e le sue dita ormai raggrinzite la aprirono..
Il suo contenuto avrebbe cambiato il destino del suo popolo.
Per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Cacciatore e la pietra ***


La foresta era silenziosa, come sempre.
E silenziose erano anche le sue creature, come la femmina di daino che camminava con cautela nel sottobosco.
All’improvviso un odore anomalo: predatori. L’animale iniziò a spostarsi con cautela.
Troppo tardi.
La freccia in legno con una punta di pietra saettò nell’aria fredda del mattino, andando a conficcarsi nel dorso del daino. La ferita non era mortale ma senza dubbio era grave: se fosse stata rapida, la femmina avrebbe potuto allontanarsi di lì prima che il cacciatore potesse incoccare un’altra freccia.
I cacciatori però erano due.
Il lupo saettò tra i cespugli per poi spiccare un balzo ed afferrare alla gola la sua preda, gettandola a terra. La potente mascella del giovane maschio spezzò la giugulare della femmina di daino, privandola rapidamente della vita.
Ma la sua morte avrebbe garantito la sopravvivenza ai due cacciatori.
Il giovane umano si avvicino al lupo sorridendo.
- Sei stato bravo Redpaw, nostro padre sarà davvero fiero di te..-
Il giovane lupo sorrise a modo suo, agitando la coda con allegria..
-Anche di te Kooskia, quel lancio era perfetto, non avrei mai preso questo daino da solo. Inoltre non avrei fatto con nessun altro la mia Cerimonia per la prima caccia di gruppo-
Kooskia era davvero grato di sentirsi dire quelle parole.
Non che si trattasse di parole ovviamente, i lupi della foresta erano molto intelligenti ma non potevano parlare.. gli umani della foresta, il Popolo dei Lupi, riusciva a comunicare con loro tramite un legame mentale.
Pochi sapevano di cosa consistesse realmente realmente tale legame (e oramai era andato perduto il ricordo su quali fossero le sue origini, indubbiamente magiche)  e ad ogni modo Kooskia non se l’era mai chiesto.
Quello sarebbe stato un giorno di festa e l’umano non perse tempo, afferrando il daino per le zampe si incamminò insieme al suo fratello selvaggio.
Un lupo ed un uomo; entrambi giovani, entrambi ragazzi.
Accadeva spesso nel Popolo dei Lupi: molti ragazzi venivano allevati dai lupi e giovani lupi crescevano nei villaggi.
A volte si trattava di orfani, come Kooskia.
Suo padre era morto in un incidente di caccia prima della sua nascita, mentre sua madre era morta dandolo alla luce. Il branco di Greyback lo aveva allevato come figlio e il ragazzo aveva stretto un forte legame col figlio più piccolo del capo branco: Redpaw, così chiamato per la zampa anteriore sinistra, di un acceso color sangue mentre il resto del corpo era un di un rossiccio più scuro.
Sulla via del ritorno entrambi i fratelli si fermarono.
Avevano avvertito un odore noto benchè insolito in quella parte di foresta.
La figura ammantata si fece avanti tra le fronde e sia Kooskia che Redpaw abbassarono leggermente lo sguardo in segno di rispetto.
L’anziana sciamana del villaggio era una figura rispettata da tutti nella foresta e se decideva di fare visita a qualcuno era sempre per le migliori ragioni.
La donna sorrise e parlò con la sua voce gracchiante   - Avete fatto una buona caccia vedo, ma forse dovrebbe essere Redpaw a portare a casa la preda e tu Kooskia potresti riaccompagnare questa vecchia al villaggio –
Con un cenno Kooskia salutò il suo fratello selvaggio e si affiancò all’anziana sciamana  riconducendola al villaggio.
Era un posto che Kooskia conosceva bene, benché non ci passasse troppo tempo.
L’aria era sempre un po’ più calda in quella parte di foresta e nella radura dove sorgeva il villaggio i fuochi accesi e il fumo da essi sprigionati mantenevano l’ambiente confortevole.
Un luogo che a prima vista sapeva scaldare il cuore dei cacciatori di ritorno dalle spedizioni: c’era sempre un’allegra agitazione tra le capanne in legno e pelle, con bambini e giovani lupi che si rincorrevano e giocavano negli spiazzi, debitamente seguiti da adulti che vanamente tentavano di mettere un freno alla loro attività.
Kooskia accompagnò la sciamana nella sua capanna, colma di fragranze di erbe e strani intrugli.. era pronto a tornare da suo fratello quando con un cenno della mano l’anziana indicò al giovane di restare
La sciamana si mise a frugare tra mille cianfrusaglie in un angolo buio ed infine tornò da Kooskia che aspettava seduto a gambe incrociate dinanzi a lei.
La donna reggeva in mano uno strano fagotto di pelle: solo un lembo era parzialmente sollevato e mostrava quella che sembrava essere una strana pietra dorata. Allungandola e annuendo, l’anziana fece segno a Kooskia di prenderla.
Così fece: le sue dita tastarono la superficie dura di quella pietra, fredda al tatto e Kooskia si chiese cosa significasse quella strana cerimonia di cui nessuno gli aveva fatto menzione.
Quando i suoi occhi cercarono quelli della sciamana per una spiegazione, egli vi trovò solamente una velata tristezza.
- Perdonami ragazzo.. -   disse l’anziana    - Tu hai raggiunto la maggiore età, hai vissuto diciassette inverni:  è una tradizione tramandatasi nel tempo, mettere alla prova tutti i giovani guerrieri con questa pietra. Ma non preoccuparti:  la pietra non ha mai reagito in quasi cento anni a nessuno dei giovani guerrieri che hanno avuto modo di toccarla. Pensavo che forse questa volta…  mi dispiace, mi dispiace ragazzo, ora vai adesso, ti aspettano a casa.  -

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il guerriero nella foresta ***


Capitolo Due –  Il Guerriero nella Foresta

 Kooskia osservava il volto che si rifletteva nello specchio d’acqua. Era giovane, forte ma selvaggio: come molti membri del Popolo dei Lupi portava i lunghi capelli castani fino alle spalle e una rada barba copriva il volto che oramai non apparteneva più a quello dei bambini.
-Presto dovrò andarmene- pensò con un’ombra di tristezza.
Col raggiungimento della maggior età ci si aspettava che il giovane lasciasse la tana della sua famiglia, aveva già deciso un buon posto dove costruire la sua capanna : periferica rispetto al villaggio così da essere a metà strada tra la sua famiglia e il resto dell’insediamento.
Chiuse gli occhi mentre raccolse l’acqua fredda con le mani a coppa ; ebbe un brivido mentre essa  scorreva sul suo torso nudo. Come molti cacciatori, Kooskia indossava solo un paio di pantaloni di pelliccia durante il periodo estivo.
Il giovane si pulì la pelle dal fango esiccato che il suo popolo utilizzava per mimetizzarsi nei boschi. Un compito lungo, ma piacevole.
Era appena alla metà di quell’incombenza quotidiana quando la sua attenzione venne attirata da un odore penetrante che si stava diffondendo nella boscaglia.
Un inequivocabile odore di bruciato.
Il ragazzo si alzò, perplesso ..
Era possibile che un gruppo di giovani come lui decidesse di arrostire una preda al di fuori del campo ma il puzzo non faceva che aumentare e ben presto il giovane ebbe il timore di un incendio.
Gli incendi non erano rari nei boschi in quella stagione, tuttavia l’odore era un po’ troppo vicino al villaggio. Senza finire di ripulirsi dal impiastro di fango Kooskia afferrò l’arco e si mise a correre.
Era stato lì pochi minuti fa!! Era impossibile che un incendio si fosse sviluppato così rapidamente, forse si era trattato di un incidente.
Ben presto una coltre di fumo iniziò a dipanarsi tra gli alberi, offuscando parzialmente la vista del giovane che iniziò a lacrimare.
Si fermò un istante incerto se addentrarsi nel fumo o aggirarlo perdendo ulteriore tempo, quando all’improvviso una figura si stagliò in mezzo alla grigia coltre.
Il fumo si diradò quando esso apparve dinanzi a Kooskia: il ragazzo non aveva mai visto nulla di simile e si affrettò a nascondersi dietro ad un cespuglio.
Un’enorme bestia nera a quattro zampe, non così diversa dai daini e cervi che cacciava, ma senza corna  e decisamente più grande e muscolosa.
Kooskia aveva sentito descrizioni delle creature chiamate cavalli da parte di alcuni cacciatori venuti da ovest, ma non ne aveva mai visto uno.
Ancora più stupore destò la vista dell’uomo che lo cavalcava.
Una lunga tunica cremisi lo rivestiva, al centro della quale svettava un simbolo cucito in oro raffigurante una fiamma. Le gambe, i piedi, le braccia, perfino il volto dell’uomo erano ricoperti di metallo luccicante: qualcosa di ignoto a Kooskia e  riluceva di freddo acciaio anche la lunga lama che l’uomo impugnava con forza. 
La visione inconsueta durò solo un  attimo perché il cavaliere non si era accorto del ragazzo, egli spronò il suo sauro e sparì nel fumo. In direzione del villaggio.
Kooskia mosse passi incerti nella stessa direzione, ancora troppo agitato dalla vista di un umano così strano. Tuttavia, per quanto potesse essere grande il suo sconcerto e il suo timore, nulla lo aveva preparato allo spettacolo che si mostrò dinanzi ai suoi occhi.
Le capanne in fiamme, uomini uccisi, bambini che urlavano, ed ovunque quei guerrieri coperti di tuniche rosse e grigio metallo intenti a razziare, incendiare ed uccidere.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Qualcosa da proteggere ***


Capitolo Tre – Qualcosa da proteggere.
La sua prima reazione era stata la sensazione di avere i propri pensieri avvolti nella nebbia più fosca: quella nebbia densa, che soffoca il corpo quanto lo spirito.
Ma ben presto la confusione nella sua mente venne brutalmente respinta dalle immagini che giungevano ai suoi occhi.
Il ragazzo strinse i pugni, impotente per alcuni istanti.. poi qualcosa riscosse il suo spirito.
Soltanto un orecchio allenato avrebbe potuto sentirlo nella confusione di quel momento: lo stridore dell’aria che veniva solcato dagli impennaggi delle frecce.
Kooskia voltò la testa e vide un gruppo di cacciatori che si erano appostati al limitare degli alberi.
Poteva anche vedere le prede frutto della loro caccia, ora abbandonate lì a terra, mentre i loro archi abbattevano un altro genere di creature.
Gli stranieri rimasero inizialmente confusi ed interdetti benché la banda di cacciatori fosse composta da una mezza dozzina di uomini. Gli strani guerrieri non avevano una visuale chiara dei loro nemici, essendo questi ultimi coperti dai rami bassi degli alberi e dal fumo generato dagli incendi. Due degli uomini con la tunica cremisi erano già caduti, trafitti dalle frecce.
Il ragazzo vide almeno una ventina di quegli uomini dagli abiti rossi raggrupparsi al centro del villaggio; abbandonando a terra tutto quel che stavano razziando essi iniziarono a proteggersi coi loro scudi, rendendo inefficace l’attacco dei cacciatori.
Un urlo attirò l’attenzione di tutti i presenti, dall’altro lato dell’accampamento si fece avanti un uomo: Kooskia lo riconobbe immediatamente come uno dei cacciatori umani più forti ed influenti della loro comunità.
Il suo volto coronato da una lunga barba aumentava solamente l’intensità della sua rabbia. Ai suoi piedi giaceva inerme uno degli stranieri, il cacciatore reggeva alta nella mano destra una lunga e pallida lama d’acciaio:  sottratta allo straniero e screziata di quel suo stesso sangue.
Dietro di lui, attraverso il fumo, emersero le figure di un’altra decina di cacciatori armati di lance o bastoni, accompagnati da una mezza dozzina di lupi possenti.
Con un sol grido, essi si scagliarono in avanti scontrandosi con la banda di invasori al centro del villaggio: era il momento che il ragazzo aspettava.
Si mosse rapidamente verso le tende, incrociando i cacciatori armati di frecce che per primi avevano bloccato i nemici al centro del villaggio: due ragazzi giovani quanto lui lo seguirono.
Nei minuti successivi si mossero sul retro di numerose tende, squarciandone il tessuto in pelle e controllando che fossero state abbandonate. In una trovarono un anziano e fu solo con un po’ di fatica che riuscirono a convincerlo a lasciare la sua dimora.
Appena gli altri due ragazzi portarono il vecchio al riparo tra i cespugli, Kooskia si affacciò dal bordo della tenda per osservare lo scontro al centro del villaggio.
Come fece quella mossa un turbinio di metallo gli passò davanti al naso senza amputarglielo solo per pochi fortunati centimetri. Indietreggiò di alcuni passi sbattendo contro la tenda mentre davanti a lui si ergeva uno degli stranieri.
Indossava la stessa tunica rossa dei suoi compagni, il suo volto era parzialmente celato da un elmo di metallo ed impugnava una lama insanguinata che utilizzava per menare fendenti contro Kooskia.
Il ragazzo si piegò e la spada si conficcò in uno dei pali laterali della tenda, gli istanti che ci vollero al guerriero per estrarla furono sufficienti a Kooskia per correre al riparo.
Vide una lancia abbandonata davanti a se e anche senza voltarsi sapeva che il suo avversario aveva già liberato la lama ed era ancora intenzionato a fargli la pelle.
Il giovane afferrò la lancia e voltandosi la tenne orizzontalmente per parare un colpo, giusto un istante prima che quest’ultimo potesse squarciargli il torace.
L’urto dell’impatto fece tremare il braccio del giovane, ma il legno era robusto e resistette al colpo.
Kooskia era tuttavia consapevole che non avrebbe retto un secondo impatto, sfortunatamente per lui il guerriero non gli diede nemmeno un istante per pensare. La lama colpì nuovamente l’asta in legno, spezzandola in due. Kooskia si ritrovò con un pezzo per mano.
Senza pensarci troppo egli gettò via la parte inferiore e tenne saldo nella mano destra il pezzo della lancia con ancora la sua letale punta. Il guerriero si era leggermente sbilanciato nello sferrare il colpo e non aveva ancora sollevato la spada, il giovane approfittò di quell’istante di vantaggio menando un fendente che andò a colpire l’uomo al braccio destro.
Sangue sgorgò e colò a terra mentre l’uomo cacciò un grido di rabbia e dolore allo stesso tempo.
In preda alla furia egli menò un fendente dietro l’altro, mancando ogni volta Kooskia che non potè far altro che indietreggiare passo dopo passo tentando di non farsi uccidere tanto facilmente.
Il ragazzo avvertì il contatto della pelle di un’altra tenda dietro di lui, si scansò all’ultimo istante mentre il suo nemico cercò di infilzarlo ottenendo  il solo risultato di affondare la spada dentro la tenda.
Kooskia approfittò dell’errore, scagliandosi di peso contro di lui: la spada del guerriero allargò lo squarcio nella tenda ed entrambi rovinarono all’interno di essa.
Dopo alcuni momenti di frenetica lotta a mani nude, l’uomo riuscì a colpire con un pugno allo stomaco il ragazzo che si piegò in due e cadde a terra. Il troncone della lancia era sparito chissà dove e Kooskia potè solo osservare dal basso come il suo nemico si preparasse ad infierire il colpo di grazia, sollevando la sua spada.
Il giovane chiuse gli occhi e sentì un spruzzo di sangue caldo bagnarlo in volto. Quando li riaprì, notò con stupore la punta di una lancia affiorare dal petto dell’uomo.
Egli cadde a terra in un lago di sangue..
-Non c’è tempo da perdere Kooskia !!-
L’anziana saggia estrasse la lancia dal corpo del guerriero, e la allungò verso di lui..
Era rimasto sorpreso ma non stupefatto dall’identità del suo salvatore, benchè anziana la sciamana era infatti rinomata per avere una tempra ben superiore a quel che ci si poteva aspettare.
Rimase invece stupefatto nel vedere la donna dirigersi in mezzo ai suoi tesori e alle sue cianfrusaglie, per poi estrarre la sacca con all’interno la pietra che aveva mostrato al ragazzo solo poco tempo prima.
-Prendilo !!- disse la sciamana  - Portalo al sicuro, fintanto che non sarà tutto finito!!-
Kooskia afferrò la sacca, badando di tenerla con cura.
La donna lo fissò pensierosa…
-Dirigiti.. alla Collina del Drago, e aspetta lì che sia tutto finito.. non tornare indietro per nessun motivo e ricorda che questo tuo compito e importante al pari di difendere questo villaggio, ora vai !!- 
Egli non attese oltre.
La sacca stretta al petto dal braccio sinistro, mentre il destro impugnava con forza la lancia della sciamana: egli conosceva, come tutti i giovani del Popolo dei Lupi, la misteriosa collina erbosa che si ergeva solitaria nel cuore della foresta.
La leggenda narrava che tanto tempo fa lì vi morì un drago: pare che egli fosse tanto grande che ci vollero giorni e giorni per costruirgli un tumulo di terra tanto da formare la collina che ne ereditò il nome. Niente di più che una favola per bambini, aveva sempre pensato Kooskia.
Cionondimeno, la collina era lontana dal villaggio ed era senza dubbio un luogo sicuro.
Almeno questo sperava mentre correva rapido tra il verde di rami e cespugli.
Quando giunse in prossimità della collina egli era stanco e sudato, tanto che crollò a terra esausto vicino ad un albero.
All’improvviso dei cespugli si mossero davanti a lui e Kooskia puntò rapido la lancia contro di essi.
La ritrasse con un sorriso, nel vedere suo fratello Redpaw saltar fuori con un agile balzo..
-Ho fatto più in fretta che potevo!! Ho incrociato il resto dei cacciatori che si erano aggregati ad una banda del vicino villaggio, saranno più di quaranta cacciatori e una decina di lupi e.. ma sei ferito? Cos’hai lì?-
Kooskia sorrise di fronte all’apprensione di suo fratello. Quando il suo naso umido sfiorò il suo braccio egli non oppose resistenza nemmeno quando con curiosità il lupo sbirciò all’interno della sacca.
-E’ tutto a posto fratello, io sto bene e comunque.. –
Si interruppe, perché l’espressione del lupo era vicina allo sconcerto.
-Kooskia.. tu lo sai che .. è vivo?-
Il ragazzo si affrettò ad abbassare lo sguardo verso la pietra. Vivo? Cosa intendeva suo fratello?
-Io.. io non..-
Senza pensarci, la sua mano toccò la fredda e dura superficie della pietra.. ed una folgorante scarica trafisse il braccio del giovane.
Il colpo, unito  alla stanchezza di quella giornata terribile, fu troppo per lui.. e la sua mente sprofondò lentamente in un sonno senza sogni.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Risveglio ***


Capitolo 4 - Risveglio
I sensi tornarono molto lentamente, come quando ci si sveglia da un lungo sonno e parte della mente ancora giace in una realtà fatta di una materia eterea e inafferrabile.
La prima cosa che vide furono le fronde degli alberi, che si piegavano accarezzate dal tocco del vento;  la luce filtrava attraverso esse e Kooskia godette un istante di quella sensazione.
Quindi si rese conto che non c’erano alberi così alti alla base della collina e un istante dopo realizzò di non essere affatto solo.
Guardò intorno a se e si vide attorniato da numerosi uomini e giovani del Popolo dei Lupi, tutti ancora con le armi in pugno e alcuni con fasciature di fortuna sulle braccia o sulla testa.
-Sei stato fortunato che Redpaw ti abbia trascinato fin qui …- disse una voce a lui nota.
L’anziana saggia si fece avanti tra la piccola folla e si sedette a gambe incrociate di fronte al ragazzo. Egli le diede un sorriso confuso come risposta che si tramutò in un’espressione di sincera gratitudine quando il giovane lupo si fece avanti ..
-Li ho sentiti arrivare, quegli uomini vestiti di rosso, così ti ho portato qui al sicuro..-
Kooskia allungò una mano grattando il suo fratello selvatico dietro ad un orecchio, cosa che gli era sempre piaciuta fare..
Ma quel gesto venne interrotto quando l’anziana allungò una mano rivelando qualcosa..
Era un oggetto acuminato, sembrava una scheggia concava .. ma era troppo strana per essere una ciotola o qualcosa del genere. Kooskia la prese in mano e rimase stupito nel vedere come un lato fosse duro e liscio, di un colore fangoso,  esattamente come la superficie di quella misteriosa pietra.. il lato interno era invece di un giallo scintillante…
-Ma.. cosa..- iniziò a parlare, per essere interrotto dalla voce della sciamana.
-Quella che credevi essere una pietra era in realtà qualcosa di più, un segreto ed un dono prezioso tramandato di generazione in generazione tra gli sciamani del nostro Popolo. Poco fa.. quando lo hai toccato, evidentemente lo hai fatto senza guardare.. –
- Voi due-zampe a volte siete così strani.. te l’avevo detto che era vivo!! Cosa ci ha sempre insegnato nostro padre? “Se è una cosa viva e non sapete cosa sia, meglio non mettere una zampa sopra la sua testa”- 
Il lupo rise, nella sua maniera particolare.. ovvero dimenando la coda e allargando quella sua bella faccia selvaggia; il ragazzo si osservò con stupore la mano destra..
Al centro del palmo era presente come un’escoriazione.. uno strano ovale duro di scarso spessore  che inspiegabilmente era caratterizzato da un curioso colore argenteo.
-Quello strano segno sulla tua mano credo sia l’ultima delle tue preoccupazioni .. -
La sciamana diede forza alle sue parole indicando qualcosa alle spalle di Kooskia.
Il ragazzo si girò e rimase immobile…
Una grossa roccia svettava in mezzo al prato, egli era stato trascinato fin alla sua ombra, ma sulla cima di quella pietra dura se ne stava accoccolata la creatura più strana e allo stesso tempo affascinante che il giovane avesse visto in vita sua.
Non era poi molto dissimile da una lucertola, con la loro pelle scagliosa senza peli, solo che questa creatura benchè piccola era decisamente più grande della più grossa lucertola che Kooskia aveva mai visto in vita sua. Inoltre le sue proporzioni e la sua costituzione erano diverse, il modo in cui teneva inarcato il lungo collo le dava un aspetto dignitoso.
Ma due erano le caratteristiche che saltavano maggiormente all’occhio: il suo intenso color dell’oro e soprattutto un paio di quelle che erano indubbiamente ali!!
Tuttavia, sebbene non avesse mai visto in vita sua una creatura simile, qualcosa in lui gli rammentava quei racconti che a volte venivano narrati ai bambini..
-E’ quello che pensi, è un drago… e tu sei il suo Cavaliere adesso- disse l’anziana.
Ma come molti altri li attorno, egli non comprese le parole della donna…
-Ogni cosa ti sarà spiegata a tempo debito Kooskia, sappi soltanto che quella creatura ha bisogno di te quanto tu hai bisogno di lei, siete legati da qualcosa di più forte che il sangue..
Il ragazzo fece per allungare la mano verso quel piccolo muso, adornato da occhi vispi e scintillanti che non spostavano mai per un momento lo sguardo dal giovane.
Egli sorrise quando la piccola creatura si fece toccare senza ritrarsi ed anzi.. strofinò con forza il suo musetto contro il palmo di Kooskia: si comportava con lo stesso affetto di un qualsiasi cucciolo d’uomo o di lupo.
Quell’istante felice tuttavia fu di breve durata, due giovani cacciatori arrivarono con fiato alla gola.
-Sono fermi adesso!!- dissero  - Si sono arroccati in cima alla collina.. –
L’anziana anziana posò una mano sulla spalla di uno dei due, come segno di riconoscimento..
-Ben fatto.. e adesso diamo a questi invasori un buon motivo per temere le nostre lance.. –

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Morire per mano di un cavaliere ***


Capitolo 5 – Morire per mano di un Cavaliere

Lord Grilan era inquieto..
E aveva buoni motivi per esserlo.
Le due dozzine di uomini che aveva inviato a saccheggiare il villaggio e a tenere i nativi fuori dai piedi per il tempo sufficiente a lui necessario non avevano inviato messaggeri o notizie.
In cuor suo temeva che quegli uomini lo aveva semplicemente abbandonato, disertando ..
Questo avrebbe rallentato i suoi piani, ma non li avrebbe compromessi con un po’ di fortuna.
Fece alcuni passi sulla cima di quella collina erbosa, le mani dietro la schiena mentre il lungo mantello nero svolazzava dietro di lui a causa del dolce vento che soffiava sulla collina.
Lo raggiunse, chiedendo per l’ennesima volta se c’erano novità.
-Allora.. ci riesci o no? Non abbiamo tutto questo tempo..-
Isidar inizialmente non risposte. Era un uomo alto, calvo e con la pelle candida oramai fortemente abbronzata dal sole. Il suo lungo mantello scarlatto non lasciava dubbi sul fatto che era l’unico lì ad essere poco dotato nel combattimento.
Ma Isidar aveva altre qualità.
In quell’istante stava cercando disperatamente di attingere al flusso di energia dentro di se e formulare l’incantesimo corretto.. senza riuscirci..
-E’ inutile !!- disse infine, con un tono di disperazione .. – L’incantesimo è stato lanciato da un Cavaliere!! Non posso sperare di infrangerlo da solo, rischierei solo di uccidermi..–
Si avvicinò sfiorando il blocco di pietra ed osservando l’oggetto del desiderio di Lord Grilan.
La lama incastonata nella roccia brillava di un acceso color verde, beffardamente immobile nonostante i suoi sforzi di estrarla con la magia.
-E non è neanche possibile sfilarla con la pura forza bruta, come hanno già tentato inutilmente un paio dei suoi uomini migliori.. ho il sospetto che chi ha sigillato questa lama ha fatto sì che solo un Cavaliere possa estrarla. E’ una magia semplice e complessa allo stesso tempo.. se un uomo cerca di prenderla senza essere un Cavaliere, essa risucchia la forza impiegata nel tentativo.. la magia si basa sulla nostra energia e sulle nostre capacità: perciò questa particolare magia si adatta a chi tenta di prendere la spada, utilizzando la sua forza fisica contro di lui e vanificando così i suoi sforzi..- 
Lord Grilan non era propenso ad ascoltare le scuse tecniche di un mago che seppur a lui tanto prezioso non poteva certo dirsi di alto livello..
-Basta così.. ho capito.. non ci riesci, bene. Vorrà dire che scalzeremo l’intera pietra in qualche modo e ci porteremo via il tutto con la forza delle mani.. –
Aveva rischiato troppo, aveva rinunciato a così tanto per arrivare sin qui.
Era stufo marcio di vivere in uno stato di miseria.. il suo titolo era stato ereditato, ma l’unico dominio che possedeva era una manciata di uomini, che rispondevano a lui solo perché a sua volta Grilan si inginocchiava dinanzi ad un potere più forte.
Egli aveva solo sentito descrizioni della grande città dove sedeva sul trono il suo legittimo sovrano.
Re Galbatorix.
Ora avrebbe potuto presentarsi dinanzi al Re,  giurargli fedeltà e ricevere le terre e i possedimenti che il suo casato a lungo dimenticato meritava.
Una qualità che Lord Grilan aveva sempre stimato di se stesso era il fatto di essere intelligente.
Non vi era futuro nel restare il sottoufficiale di una guarnigione dimenticata nella polvere.
Grazie alle sue abilità aveva avuto modo di mettere mano su antichi registri compilati quasi 100anni prima. Ai tempi in cui suo nonno era giunto in quella terra selvaggia.
Aveva letto di come uno dei Cavalieri del Re avesse sconfitto un suo nemico in quella terra.
La spada del Cavaliere abbattuto non era mai stata ritrovata e Lord Grilan si era ripromesso di riuscirci: con un cimelio come la spada di un Cavaliere avrebbe sicuramente ricevuto un discreto riconoscimento da parte del Re.
Lord Grilan non era avido.. tutto quello che desiderava era una modesta tenuta più una ragionevole estensione di terre con contadini al suo servizio.
Mentre ancora pensava al suo destino nelle lontane terre di un Re che non aveva mai visto, Lord Grilan non si accorse delle frecce che saettarono fischiando nel vento.

Kooskia strinse nelle mani la sua lancia, ai suoi fianchi poteva avvertire la presenza dei suoi fratelli.
Ben presto iniziarono la scalata della collina mentre altri cacciatori scagliavano frecce sopra le loro teste per coprirli. Non era facile ma i loro corpi erano allenati ed abituati alla fatica.
Guerrieri dagli elmi e le armi di metallo avvolti nei loro manti scarlatti gli andarono incontro.
La battaglia esplose furiosa e violenta, un grosso lupo grigio fece un balzo impressionante a pochi passi dal ragazzo atterrando su di un nemico.
Senza rendersene conto Kooskia si trovò infine sulla cima della collina.. un gruppo di soldati vi si era arroccato e lo sguardo del giovane si posò su quelli che sembravano essere i capi.
Uno dei due  era alto, senza armi e con una strana testa nuda come la roccia, stranamente avvolto in un lungo abito scarlatto. L’altro aveva lunghi capelli neri come la pece, come nero era il suo abito, decorato con tanti simboli rossi.. le stesse fiamme che svettavano colorate in oro sulle uniformi dei suoi uomini.
L’uomo vestito di nero fece un cenno a quello col lungo manto rosso.. Kooskia e i suoi compagni si bloccarono quando alte lingue di fiamma sorsero dal nulla creando un’alta barriera di fuoco che li separava dai loro nemici.
Una figura però si fece avanti. L’anziana sciamana chiuse gli occhi concentrandosi..
Ella mormorò strane parole e un improvviso soffio di vento spazzò le fiamme.
Nel silenzio generale la donna avanzò di alcuni passi, mentre dall’altro lato l’uomo senza capelli fece lo stesso. I due si fronteggiarono per quelli che sembrarono lunghi ed interminabili secondi.
Senza alcun preavviso e senza alcuna spiegazione chiara l’uomo dal manto rosso crollò improvvisamente a terra.
Il guerriero vestito di nero emise un grido rabbioso, sfonderò la spada che portava al fianco e avanzò seguito dai pochi soldati rimasti. Ben presto la battaglia riesplose più violenta di prima.
Kooskia si era avvicinato all’anziana che sembrava provata dopo il misterioso confronto, all’improvviso però vide l’uomo dall’abito scuro affondare la spada verso di lui.
Il giovane si ritrasse, quindi si inginocchiò e per evitare il colpo successivo rotolò sull’erba fresca.
La spada dell’uomo si conficcò nel terreno senza fare danno e Kooskia ne approfittò per allungare un colpo verso le gambe dell’uomo. Quest’ultimo però era stato abbastanza accorto da notare l’attacco e mosse un piede bloccando la lancia di Kooskia sul terreno. Un rapido fendente troncò la punta della lancia che rimase a terra.. rendendo inoffensiva l’arma del ragazzo.
Kooskia indietreggiò.
Finché la sua schiena nuda andò a toccare qualcosa di duro e freddo.
Voltandosi vide la grossa pietra sulla quale da tempo immemore era incastrata un’antica spada.
Per anni essa aveva costituito un vero enigma. Molti giovani cacciatori si erano sfidati inutilmente nel tentativo di estrarla. La leggenda voleva che essa fosse stata trasportata con tutto il blocco di pietra sulla cima della collina dopo che il tumulo per il drago che lì era morto era stato completato.
In preda alla disperazione il ragazzo afferrò l’elsa.. e senza il minimo sforzo riuscì ad estrarla.
Il silenzio calò sulla cima della collina.
Gli uomini dal manto rosso giacevano oramai morti o moribondi, solo il loro capo era ancora in vita
Egli rise come se si trovasse dinanzi ad uno scherzo ..
-No.. è impossibile… tu.. un selvaggio!!-
Kooskia non si offese per l’insulto, troppo concentrato com’era a capire come e perché quella spada magnifica ora si trovava nelle sue mani.
All’improvviso, un piccolo rumore minaccioso risuonò.
Non era il ringhio di un lupo. Lì davanti a tutti  la piccola creatura dorata uscita dall’uovo si era posta in mezzo tra Kooskia e Lord Grilan, soffiando minacciosamente contro quest’ultimo..
-Ma certo !! Ecco qual’ era la missione del Cavaliere del Re!! Il suo bersaglio.. aveva con sè un uovo.. e pensare che credevo che il Re sarebbe stato felice di vedere in dono la spada di un Cavaliere –
La sua lama d’acciaio si mosse e colpì di piatto il draghetto.. mandando a rotolare nell’erba.
Lord Grilan posò il suo duro stivale di cuoio sul debole corpo della creatura che emise un gemito..
L’ espressione del Lord era estasiata ..
-Un drago !! Sì… altro che tenuta, avrò un castello ed un’intera contea per questo!!-
Kooskia strinse i denti:  avvertiva un inspiegabile dolore al fianco e si sentiva come schiacciato da un peso che non avvertiva sulla pelle… ma più di tutte provava un rancore terribile nei confronti dell’ uomo. Egli si era fatto strada nella loro foresta col ferro e col fuoco, uccidendo, ferendo,   profanando la loro terra… minacciando di rapire quella piccola creatura che ora Kooskia avvertiva così vicina al suo cuore e alla sua mente.
Con un grido si fece in avanti e le due lame cozzarono tra loro.
L’assalto di Kooskia era spinto da rabbia e forza, ma non era cieco.. Lord Grilan possedeva le abilità e la tecnica di uno spadaccino esperto,  il giovane cacciatore aveva in se le movenze e la rapidità del Popolo dei Lupi: si piegava ed attaccava ora un fianco ora un lato scoperto.. colpendo a volte di punta  a volte menando poderosi fendenti. Lord Grilan si esibiva in parate eleganti ma l’intensità dell’attacco del ragazzo iniziò lentamente ad aprire dei varchi.
Kooskia sferrò un ultimo fendente laterale spostando sulla destra la spada di Lord Grilan, quindi girò rapidamente su se stesso e fece un allungo.
Il nobile questa volta non era riuscito ad evitare il colpo e la lunga lama aveva trapassato il suo petto.
Il ragazzo lasciò andare l’elsa mentre Grilan indietreggiò per poi cadere in ginocchio…
-M..morire per mano di un Cavaliere… non era questo l’onore che avevo sperato.. –
Quindi il suo cuore smise di battere.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Forgiare il proprio destino ***


Capitolo 6 – Forgiare il proprio destino

Non era facile concentrarsi quando la stanchezza iniziava a farsi sentire, i muscoli delle gambe si lamentavano senza tregua e il sudore imperlava la pelle. Eppure il ragazzo strinse i denti, cercò una presa più salda sull’elsa e si scagliò all’attacco.
La radura risuonava del clangore del metallo che colpiva il metallo, dopo alcuni ultimi minuti di quel duello tutto ebbe fine.
Kooskia si lasciò cascare a terra, mentre il suo avversario cercava anch’egli un momento di riposo.
-Un bel combattimento.. stai migliorando, ragazzo..-
L’uomo era uno dei migliori cacciatori della tribù, dotato di un corpo sviluppato da una vita dura nella natura selvaggia. Non c’era da stupirsi che si fosse conquistato una spada come trofeo nella Battaglia della Collina e che avesse imparato ad usarla con discreta abilità.
-Se non altro non mi ha spezzato qualche osso.. - pensò Kooskia..
Si portò la mano su un livido che iniziava a crescere sulla gamba destra, dove era caduto durante il combattimento: dava fastidio ma non più di tanto.
Kooskia si alzò, deciso a ripulirsi il sudore dal corpo quando il suo sguardo incrociò quello del draghetto dorato: era passato qualche tempo dalla sua nascita ed fino a quel momento non si era mai scollato di dosso dal ragazzo.
-Beh che hai da guardare !! Era così divertente vedermi cadere a terra ogni due minuti !! –
Si girò ben deciso a lasciarsi dietro quell’essere bizzarro per almeno qualche minuto, quando improvvisamente egli avvertì come una voce.. un pensiero non suo risuonargli in testa..
-Sì..-
Una parola tanto breve, eppure in quel momento carica di genuina ironia…

L’anziana saggia sorrise, nel guardare oltre le spalle del ragazzo. Si era interrotta nel suo racconto per osservare (come faceva spesso) l’incredibile meraviglia dorata che giorno dopo giorno sembrava voler crescere…
Si riscosse e tornò a concentrare la sua attenzione su di Kooskia..
-Dunque come dicevo, l’altro giorno ti ho raccontato del primo contatto tra il nostro Popolo e i Cavalieri, di come uno dei loro in missione esplorativa fosse giunto in queste terre e abbia contribuito a sedare un conflitto tra Clan che imperversava da molte generazioni.. noi Sciamani abbiamo sempre sospettato che i Cavalieri agissero come entità indipendenti, pertanto devi comprendere come probabilmente le tue priorità e i tuoi doveri non dovranno comprendere solo il Popolo dei Lupi, ma anche altre persone e culture che ancora ci sono ignote e.. –
Kooskia fece cenno di voler fare una domanda e la sciamana annuì facendolo parlare…
-Anziana Madre.. io.. ancora non capisco.. – il ragazzo fissava un punto imprecisato del terreno su cui era seduto a gambe incrociate pur di non fissare negli occhi la saggia donna.
-Perché devo fare tutto questo? Perché dovrò lasciare questa mia foresta? Perché non posso semplicemente vivere qui e così il mio drago… -
La vecchia si alzò, osservando la radura nella quale stavano avendo le loro quotidiane lezioni.
-E’ molto semplice Kooskia.. tu non sei obbligato a far nulla, tuttavia questo è un grande onore per il nostro Popolo, da troppo tempo siamo rimasti ignari di cosa accadeva nel mondo e il risultato è stata solo distruzione e morte. Quando il tuo drago sarà in grado di volare voi potrete viaggiare più lontano di quanto nessuno di noi abbia mai fatto.. potresti scoprire la causa del male e del pericolo che ci ha attaccati ed evitare che accada di nuovo..-
L’anziana osservò il giovane annuire, mostrando un’espressione più convinta. Ella era consapevole che Kooskia non avrebbe dimenticato tanto facilmente gli orrori di quel triste giorno.
Fece alcuni passi, pensando a come ingentilire ulteriormente il suo discorso quando inevitabilmente il suo sguardo si posò sul draghetto.
Come ogni membro degli Sciamani del Popolo dei Lupi, lei conosceva rudimenti di magia ed era rimasta non poco sorpresa dal sentire il resoconto di Kooskia come secondo lui il draghetto fosse in grado di comunicare parole o brevi frasi nella sua mente..
-Sei vecchia, sei saggia.. tu sai dei draghi..-
Quando avvertì il tocco di quella mente giovane eppure potente nella sua, l’anziana non potè frenare un gemito di sorpresa: ma era una sorpresa benevola, di quelle che lasciano il sorriso sulla bocca..
E l’anziana non lo represse quando si rese conto di un’altra cosa…
-Maschi… che siate lupi o umani o forse anche draghi, siete tutti uguali… immagino che non ti eri reso conto di avere a che fare non con un drago, ma con una dragonessa… -
L’espressione di Kooskia non necessitava ulteriori spiegazioni..
La donna concentrò la sua attenzione sulla giovane creatura dinanzi a lei..
-La mia conoscenza è data da minuscoli brandelli di sapere.. ma nel vasto mondo che affronterai, troverai domanda a tutti i tuoi enigmi: insieme al tuo Cavaliere.. –
Quindi si voltò, mantenendo sempre un sorriso di consapevolezza …
-Dovrai darle un nome.. e bada bene che le piaccia !! Voi maschi coi nomi non ci sapete proprio fare.. beh.. comunque-
La sua espressione si fece dubbiosa..
Il ragazzo e il drago comunicavano con la mente.. già questa capacità seppur non significativa lasciava aperta la possibilità … e quello strano marchio sul palmo che non si decideva a sparire..
-Kooskia, voglio fare un tentativo… e bada che non mi accontenterò di una o due prove-
Si chinò, fino ad afferrare una pietruzza .. per poi lanciarla al ragazzo che l’afferrò al volo..
Che cominci allora.. sia per te che per la tua dragonessa è tempo di forgiare il proprio destino..
-Concentrati su quella pietruzza, cerca di scavare a fondo dentro di te, oltre la tua mente e le tue conoscenze .. e ripeti con attenzione queste due parole…-

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Pensieri ***


Capitolo 7 –  Pensieri

Le sue grandi ali sbattevano appena, lasciando al fresco-vento-che-carezza-le-squame buona parte del compito di mantenere il suo impressionante corpo sospeso nel cielo azzurro.
Per quanto la sua vita fosse iniziata nel verde della foresta, il cielo era il suo elemento.
L’aria cristallina, il vento sulle squame, il mondo che mutava sotto il suo sguardo erano qualcosa a cui non avrebbe mai potuto rinunciare.
Benché le stagioni si fossero susseguite l’una dopo l’altra, la dragonessa era rimasta stupita di come la foresta in cui era nata non aveva cambiato di molto il proprio aspetto.
Era nata nel cuore dell’estate, quando il calore di terre lontane spirava tra gli alberi e inaridiva l’erba. Le lune successive si erano tuttavia fatte sempre meno calde e le piogge avevano rimpolpato di vita il loro mondo.
I suo occhi acuti si concentrarono sui piccoli dettagli del bosco sotto di lei.
Aveva fame e la foresta aveva sempre di ché nutrire i suoi abitanti.
Quando infine avvistò un giovane cervo solitario farsi strada in una radura, la dragonessa chiuse gli occhi con soddisfazione:   ripiegò appena le ali e si impegnò in una vertiginosa picchiata.
L’eccitazione della caccia e il desiderio di mangiare si mischiarono con l’ebrezza di quel volo sfrenato; tutto ebbe termine quando ella frenò la sua discesa a pochi metri dal suolo e le sue possenti zampe artigliate si chiusero sul dorso del cervo.
Osservò un istante la carcassa e si sdraiò vicina ad essa.
Mormorò nella sua mente poche parole di ringraziamento allo spirito di quel cervo che aveva inconsapevolmente dato la vita per garantire il proseguimento di quella della dragonessa.
Un’abitudine cara tra i due-gambe con cui era vissuta finora, benché il suo istinto orgoglioso le diceva di non perdere tempo in tali pensieri.
Iniziò a mangiare avidamente, quando ebbe finito si sdraiò in quel prato ma non aveva sonno nonostante avesse la pancia piena: quindi allungò il muso e si mise a soffiare piccole fiammelle di fuoco.
Era divertente  vedere come si estinguevano subito a meno di attecchire su qualche arbusto, la dragonessa era ben conscia dei pericoli degli incendi nella foresta e badava sempre di spegnere immediatamente i fuochi che causava.
Ricordò con un sorriso quando nemmeno un quarto di luna fa aveva sputato fuoco per la prima volta e aveva rischiato di incenerire la pelliccia del povero Redpaw. Ormai lei era tanto cresciuta che doveva fare attenzione quando giocava con i quattro-gambe, ma l’improvvisa fiammata era stata davvero un evento inaspettato. Fortunatamente tutti l’avevano commentata come una cosa positiva anche se lei non aveva compreso fino in fondo il perché di tanto interesse per qualcosa che giudicava normale: erano i due-gambe e i quattro-gambe a  non avere niente di utile come il suo fuoco o le ali e le loro piccole zanne (di legno o di dente) erano appena sufficienti per cacciare.
Come se i suoi ricordi l’avessero attirato fino a lei, un odore ben noto si fece largo tra i cespugli.
Il giovane quattro-gambe  si avvicinò con fare allegro e mansueto, senza timori per la possente creatura che aveva raggiunto oramai dimensioni notevoli.
Egli si accoccolò delicatamente vicino alla zampa sinistra della dragonessa mentre quest’ultima aprì una grande palpebra e non trattenne una sbuffata..
-Allora? Ancora non ti fa entrare e non te li fa vedere? A me sembra davvero una cosa stupida e non me l’aspettavo anche da parte di Silverpelt..-
Il giovane quattro-gambe scosse la coda, mentre cercava di scusare la sua compagna..
-Anch’io sono sorpreso, ma succede sempre così.. devo solo aspettare-
La dragonessa sbuffò ancora, poco convinta: le piaceva conversare coi quattro-gambe (anche se questi ultimi non potevano parlare nella sua mente ma le era servita un po’ di pratica per interpretare il senso delle loro espressioni). Inoltre Redpaw era fratello adottivo del suo compagno-di-cuore-e-di-mente: Kooskia.
Si sollevò, sorprendendo per un attimo il giovane quattro-gambe.
-Vado a vedere cosa sta facendo Kooskia.. –
Senza aggiungere altro si alzò in volo. Ma la sua mente era affollata anche di altri pensieri.
Aveva osservato con attenzione la vita dei due-gambe nelle loro tane-di-pelliccia, come anche quella dei quattro-gambe : molti di essi dopo un po’ trovavano un compagno con cui vivere insieme.
Era stato il corso della natura e del tempo a far sì che Kooskia lasciasse la tana della famiglia di quattro-gambe che lo aveva cresciuto diverse lune fa per costruirsi una piccola tana-di-pelliccia personale, come era stata anche naturale la scelta di suo fratello Redpaw : Silverpelt era una graziosa femmina di quattro-gambe col manto grigio ma con striature argentate, ora vivevano insieme in una tana-sotto-la-terra.
Anche se per quel particolare giorno il povero Redpaw ne era stato momentaneamente estromesso con l’arrivo della prima cucciolata che Silverpelt aveva appena portato al mondo.
-Che cosa stupida… io non farei mai così-
Poi si interruppe, per una volta poco sicura di sé.
Ricordava molto bene le risposte ricevute quando chiedeva se ci fossero altri draghi come lei nella foresta: nessuno aveva visto un drago dal giorno in cui il suo uovo vi arrivò.
Tuttavia gli anziani tramandavano sporadici incontri con altri esemplari negli anni precedenti a quel giorno. A quel tempo la dragonessa era giovane e non aveva indagato ulteriormente.
Adesso tuttavia il suo cuore era in dubbio, era stata felice per la gioia e la crescita di Redpaw… era felice di averlo come amico, così come era felice di vivere insieme a Kooskia e al Popolo dei Lupi.
Ma il tarlo del dubbio non le lasciava scampo, avrebbe mai incontrato altri draghi? Avrebbe mai potuto realizzare per se stessa lo stesso futuro e le stesse strane e nuove emozioni di Redpaw?

Kooskia non si trattenne molto mentre passava tra le tende del villaggio, come sempre molti occhi si spostarono su di lui ma egli era grato che col passare delle stagioni le attenzioni che riceveva si fossero moderatamente ridotte.
Un gruppo di cacciatori ritornò da una battuta e si fece strada dall’ingresso opposto del villaggio.
Due giovani cacciatrici erano con loro e il ragazzo non poté fare a meno di notare i loro sorrisi.
Le ragazze del Popolo dei Lupi crescevano e venivano allevate come gli uomini, cacciando ed allevando i loro figli insieme a loro: non ci si aspettava che fossero per forza i ragazzi ad avvicinarle per scoprire se i due potessero formare una coppia e da quando aveva sconfitto il capo di quei guerrieri dall’abito rosso nella Battaglia della Collina  alcune di esse si erano avvicinate a Kooskia.
Tra loro vi era anche una delle due cacciatrici di ritorno dalla spedizione: come molte coetanee vestiva dei pantaloni di pelle lavorata più leggeri e stretti, inoltre portava una fascia dello stesso materiale più leggero stretto al petto, che lasciava tuttavia scoperti la pancia e i fianchi.
I suoi lunghi capelli erano striati di tintura rossa, ricavata dalle bacche di foresta ed erano adornati da una lunga piuma azzurra legata con  una treccia. Come tante altre il suo corpo era magro e scattante, frutto di una vita nella natura selvaggia ed era difficile non provare interesse a quella vista.
Allontanò lo sguardo, la sua vita era all’improvviso diventata troppo complicata per prendere in considerazione gli impegni a lungo termine che avrebbero portato tali interessi e non per la prima volta il ragazzo rimpianse di aver perso la prospettiva di diventare un normale membro del suo popolo.
Ricacciò indietro questi pensieri, ben sapendo di aver ricevuto in cambio dei doni che nessun altro tra i suoi fratelli aveva mai ricevuto.
Si allontanò dal villaggio dirigendosi in una radura non lontano dalla sua tenda, dove la sua dragonessa era solita dormire e riposare.
Sorrise quando avvertì lo scuotimento d’aria provocato dalle ali di lei.
-Era buono il cervo?-
La risposta più che a parole giunse tramite una serie di sensazioni, ogni malumore di Kooskia venne meno quando la sua mente entrò in un profondo contatto con quella della dragonessa.
L’abbraccio mentale tra i due bastava da solo a spazzare via come granelli di polvere al vento ogni incertezza del giovane, la mente di lei era calda, viva, selvatica ma allo stesso tempo irrimediabilmente legata alla sua.
Tuttavia percepì come anche la dragonessa fosse turbata da alcuni pensieri.
-C’è qualcosa che non va?- Le disse, e per tutta risposta lei condivise con lui i suoi confusi sentimenti: Kooskia posò una mano sulle squame dorate del muso, accarezzandola.
-Capisco le tue preoccupazioni, ma non dovresti turbarti in un giorno tanto speciale per Redpaw. Riposati adesso, dovremo essere in forze per stasera-
Il ragazzo abbassò lo sguardo, improvvisamente pensieroso.
Era stato un caso che la nascita dei cuccioli del suo fratello lupo coincidesse con l’annuale raduno tra gli sciamani di diversi villaggi. Tutti sapevano che quest’anno ci sarebbe stato un solo e principale argomento di discussione ed era meno casuale era il fatto di aver scelto il loro villaggio come luogo per l’incontro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Partenza ***


Capitolo 8 – Partenza

La sera giunse in fretta. Kooskia era steso su un piccolo spiazzo erboso davanti alla tana di Redpaw ad osservare il firmamento, quando vide i grandi fuochi accendersi all’interno del villaggio. Molte tende erano state spostate per fare spazio al raduno e il pensiero di dover incontrare così tante persone turbava il ragazzo.
Si alzò, Redpaw al suo fianco lo imitò..
-Grazie per essermi stato vicino, fratello- il lupo scondinzolò felice e Kooskia gli diede una grattatina dietro all’orecchio sinistro, sapendo che quello era il suo punto preferito.
-Non c’è di che.. i tuoi cuccioli sono davvero bellissimi-
La calda lingua del lupo gli leccò il braccio come ringraziamento.
-Dobbiamo andare adesso..- concluse Kooskia alzandosi, si sgranchì le gambe e si diresse verso il villaggio seguito dal suo fratello selvaggio. L’aria della foresta era mite quella sera come in tutte le altre sere di quella stagione e il giovane non provava freddo.
Quando giunsero al villaggio videro decine di cacciatori e lupi riuniti al centro, illuminati da grandi fuochi che ardevano selvaggi al centro del grande circolo.
Essi presero posto in mezzo ad altri cacciatori del loro villaggio.
Il banchetto che ne seguì fu un’esperienza interessante per Kooskia, aveva già incontrato gli anni precedenti i giovani provenienti da luoghi anche distanti della Foresta, ma per la prima volta partecipava a quel raduno avendo già vissuto il suo diciottesimo inverno: non era più un bambino, ed era trattato ed ascoltato col rispetto che meritava qualsiasi cacciatore. Egli però non poté non notare come le espressioni e gli sguardi degli altri quando si rivolgevano a lui, avvertiva come molti cacciatori venuti da lontano stessero cercando di valutarlo e decidere se credere o meno alle voci e alle notizie che erano giunte fino alle loro orecchie.
Le ciotole piene di cibo fumante e di liquore ricavato dalle bacche di foresta passavo di mano in mano, molti sguardi non si spostarono Kooskia, ma egli cercò di non farvi caso.
-Perché devo subire tutto questo??- si domandò il giovane quando per l’ennesima volta spostò lo sguardo a terra evitando di incrociare occhi penetranti e tentando di ignorare i bisbigli e i mormorii su di lui.
Quando alla fine il banchetto finì, l’anziana del suo villaggio fece un cenno a Kooskia.
Quest’ultimo trasse un sospiro di sollievo, finalmente l’attenzione non sarebbe stata così concentrata su di lui.
-E’ il momento- sussurrò nella mente.
Il profilo della dragonessa si stagliò in cielo, dispiegando le sue grandi ali sopra l’assemblea.
Dopo alcuni istanti ella atterrò su di uno spiazzo lasciato appositamente libero.
Il suo saluto di fuoco rieccheggiò nelle menti di tutti i presenti..
-Esibizionista..- le disse il giovane privatamente senza trattenere un sorriso. Le era stato chiesto di presentarsi pubblicamente, ma avrebbe potuto farlo senza dare così palesemente mostra di sé.
Tutto sommato però Kooskia era soddisfatto che questo fosse avvenuto, non soltanto perché gli sguardi e i mormorii su di lui erano cessati, ma anche per i sentimenti di orgoglio e fierezza che in lei erano tanto forti da infiltrarsi nella mente del giovane, rendendolo partecipe delle sue sensazioni.
Lei piegò il capo di profilo, lasciandosi ammirare dai presenti e suscitando un coro di commenti e voci estasiate.
-Se hanno fatto tanta strada per vederci era giusto che osservassero un bello spettacolo e tu non hai fatto che startene lì seduto a magiare stufato di cervo e bere vino di bacche tentando di nasconderti dietro una tazza come un cucciolo impaurito… -
Kooskia reagì con una risata divertita…
-Hai ragione.. anche se ammetterai che senza ali non avrei potuto metter su di certo uno spettacolo di grande interesse..-
-Ah questo è sicuro.- concluse lei.
Quando la reazione della folla si fu placata, la sciamana del villaggio di Kooskia prese la parola.
-Tutti voi siete al corrente della terribile sciagura che si è abbattuta sul nostro Popolo, per la prima volta da tempo immemore degli estranei sono giunti qui, brandendo armi di ferro e portando fuoco e morte in mezzo a noi….-
Il racconto dell’anziana si dilungò, senza trattenersi dal descrivere le pene sofferte da uomini, lupi e dalla stessa foresta, il solo pensiero a quei momenti riempì la mente di Kooskia di rabbia..
Redpaw al suo fianco non represse un basso ringhio e il giovane mise una mano sul suo dorso per calmarlo. Ma a differenza degli altri la dragonessa aveva avvertito anche il suo turbamento.
-Non temere ciò che è stato fatto, pensa piuttosto a quanto avverrà, piccolo mio: sappi che questa volta le mie fiamme e le mie zanne combatteranno al pari della tua spada.-
Il calore della voce nella sua mente valeva più di cento rassicurazioni.
Tuttavia senza che se ne fosse reso conto la sciamana aveva spostato il discorso su di loro.
-… pertanto, con la benedizione di questo Consiglio, essi voleranno al di fuori della nostra Foresta verso terre e luoghi sconosciuti, al fine di scoprire le origini del male che era giunto fra noi e per impedire che esso accada di nuovo. Siete entrambi pronti ad accettare questa sfida?-
L’anziana sapeva già la risposta del ragazzo e della dragonessa, ma era necessario che anche gli altri rappresentati dei vari villaggi la sentissero ufficialmente.
-La accettiamo- rispose Kooskia, mentre le stesse parole riecheggiarono nelle menti dei presenti quando la dragonessa giurò a sua volta.
L’anziana annuì, quindi ricevette dalle mani di altri due sciamani degli oggetti coperti da un telo.
Dal primo estrasse un ciondolo, che mise al collo del giovane.
Egli osservò come appesa alla cordicella vi fosse quella che a prima vista sembrava la zanna di un lupo.
-E’ pietra dura- disse uno sciamano di giovane età che non Kooskia non conosceva
- E al suo interno troverai il dono di tutti noi-
Kooskia avvertì come dentro la pietra fosse incastonata una grande quantità di energia, l’anziana gli aveva spiegato come alcune particolari pietre potessero essere usate a tale scopo e gli sciamani di tutto i villaggi avevano evidentemente donato energia per quella pietra.
Egli chinò il capo, ringraziandoli di tale dono, ma la sciamana non aveva ancora finito e mostrò uno scudo di legno grezzo con dipinto sopra il profilo rosso stilizzato del muso di un lupo.
-Scoprirai che questo scudo è più robusto di quello che sembra e ti proteggerà dove altri falliranno-
Kooskia accettò il secondo dono con ulteriore gratitudine, consapevole che un qualche incantesimo di protezione doveva essere stato scagliato su di esso.
La saggia anziana quindi si avvicinò alla dragonessa.
-Abbiamo pensato ad un dono anche per te, figlia del cielo, ma riteniamo che nulla di quanto potevamo offrirti potesse renderti più forte o più protetta.. il nostro dono per te è fatto solo di parole: proteggi il giovane uomo a cui sei legata e mantieni saldo il tuo cuore-
Lei chinò il capo e il suo muso dorato sfiorò i lunghi capelli grigi della sciamana.
-Hai protetto il mio uovo fino alla mia nascita, hai addestrata il mio compagno-di-cuore-e-di-mente, ti sono grata per tutto questo e per queste tue parole-
L’anziana sorrise, quindi indietreggiò di alcuni passi.
Kooskia sapeva che il momento della partenza era giusto: il cuore della notte era l’ora dei cacciatori e la loro caccia era appena iniziata.
Nessuno aggiunse una parola mentre Kooskia si assicurò in spalla sia l’elsa della sua spada, dono dei migliori conciatori del villaggio, sia lo scudo appena ricevuto.
Prese anche una bisaccia contenente cibo e acqua.
Si issò quindi sulla schiena della dragonessa, verso la sella leggera di cuoio che era anch’essa stata realizzata al meglio delle capacità degli uomini del villaggio.
Pochi istanti prima che la dragonessa iniziò a sbattere le ali e a librarsi in cielo il ragazzo parlò.
-Torneremo.. –
Non aggiunse altro, il cuore in subbuglio per essere in procinto di lasciare la terra dove era nato e dirigersi verso il pericolo e l’ignoto.
-Non avere paura, piccolo mio, qualunque cosa dovremo affrontare farà meglio a prepararsi alle mie zanne e ai miei artigli… -
-Non ne dubito… Niya.-
Il ragazzo allungò una mano accarezzandole il collo mentre il vento della notte si muoveva rapido intorno a loro, l’eco del nome della dragonessa riecheggiò per alcuni istanti nelle loro menti unite da un legame sempre più forte.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Imbarazzo ***


Capitolo 9 – Imbarazzo.
Il suo respiro era smorzato, ogni suo singolo passo calcolato, i muscoli del corpo tesi e in attesa.
L’aria era perfetta, il vento soffiava contro la sua posizione coprendo il suo odore mentre gli alti steli d’erba secca nascondevano il suo corpo alla vista della preda.
Kooskia strinse con maggior sicurezza la lunga asta in legno della lancia che si era fabbricato.
I cacciatori del suo popolo erano abituati a utilizzare sia la lancia che l’arco, ma quest’ultimo richiedeva molto più tempo ed attenzioni per essere realizzato.
Ancora una volta il suo sguardo si posò sulla creatura dinanzi a se. Non aveva mai visto un animale del genere: era più piccolo dei cervi della sua foresta e il pelo era chiaro mentre le corna erano lunghe, scure e sottili.
Dopo aver valutato ancora una volta la distanza, la direzione del vento, la forza del suo braccio e il tempo di reazione dell’animale, il ragazzo agì.
La sua preda ebbe il tempo di sollevare il muso verso di lui quando avvertì il rumore improvviso, ma la punta mortale era già saettata verso la sua posizione: essa penetrò a fondo nella carne, seguita dall’asta in legno.
Ebbe il tempo di gettarsi in una breve corsa disperata prima che la perdita di sangue e la stanchezza avessero il sopravvento.
Kooskia si avvicinò a passi spediti, estrasse il suo coltello in pietra e lo affondò nel collo della preda riversa sul terreno erboso.
Chiuse gli occhi e mormorò le consuete parole di ringraziamento allo spirito dell’animale.
Quindi estrasse la lancia ed iniziò a lavorare sul corpo.
Era consapevole di poter uccidere una preda del genere con l’uso della magia, ma tale utilizzo andava contro tutti i suoi insegnamenti e le tradizioni del suo popolo. Sicuramente non si sarebbe fatto scrupolo in una situazione di vita o di morte, ma non era quello il caso.
Dopo alcuni minuti si sedette su di una roccia; strappò alcune lunghi steli d’erba per pulirsi le mani e le braccia dal sangue, quindi si dedicò a raccogliere la legna. Non ve ne era molta, da quando aveva lasciato la foresta con Niya si era mostrata dinanzi a loro un’interminabile distesa di erba punteggiata da rari gruppi di alberi, rocce e qualche pozza d’acqua.
Un ruggito improvviso squarciò il silenzio: Kooskia sorrise perché aveva avvertito il richiamo con la sua mente ancora prima che con le sue orecchie.
La dragonessa dorata atterrò vicinò al ragazzo e condivise le fresche immagini della sua caccia
-Queste strane bestie sono dieci volte più stupide dei cervi, non devono esserci predatori molto in gamba da queste parti- commentò Niya.
Kooskia sorrise e non trattenne la risposta –Beh .. evidentemente non ci sono molti predatori con le ali e quindi non sono abituati a sollevare il muso-
Un’ondata di incertezza e forse di delusione riempì la mente di lei.
-Sì, hai ragione.. non ce ne sono-
Il ragazzo aveva finito di raccogliere la legna e la ammucchiò al centro di un anello di pietre che aveva posizionato sul suolo asciutto.
-Brisingr-
Quando le fiamme si levarono alte Kooskia decise che fosse giunto il momento di affrontare la cosa
-Non devi sentire il bisogno di tenerlo dentro di te, avevo capito fin da quando siamo partiti che c’è qualcosa che vorresti cercare.. e non parliamo degli uomini che hanno invaso la nostra foresta-
Lei abbassò il muso, come se per un istante il suo orgoglio fosse soppiantato da rimorso e vergogna.
-Kooskia… io sono felice di vivere con il tuo popolo, che abbiano due o quattro zampe sono tutti bravi cacciatori e sono sempre stati gentili sia con me che con te, però…-
Il ragazzo mise vicino al fuoco alcune delle strisce di carne fresca che aveva infilzato su dei bastoncini di media lunghezza. Il grasso sfrigolò emanando un aroma invitante nell’aria.
-Dimmi la verità Kooskia! Non ci sono draghi in miglia e miglia di foresta, nessuno li ha mai visti da tanto tempo, sono .. sono forse sola?-
Kooskia spostò uno dei bastoncini, per lasciare che il fuoco abbrustolisca un lato della carne rimasto poco cotto, quindi cercò di fare ordine tra i suoi pensieri.
Rinunciò a formulare una chiara risposta e preferì cercare la dragonessa con la mente. Si avvicinò lentamente alla sua lungo il filo indistruttibile che li legava: ogni volta che lo faceva avvertiva una sensazione di inferiorità, la mente di Niya vibrava di una potenza selvaggia, giovane ma decisamente formidabile.
Tuttavia la dragonessa non aveva mai fatto nulla (né lo fece in quel momento) per risaltare la loro differenza, al contrario lo accolse come faceva sempre: confortandolo e confortandosi di quella presenza.
-Non hai nulla di cui temere Niya, sono sicuro che ci saranno altri draghi in qualche terra lontana e ti prometto che la visiteremo. –
Il suo muso sfiorò il capo del ragazzo ed emise uno sbuffo di soddisfazione.
Nei minuti successivi restarono in silenzio mentre Kooskia mangiava e il sole calava lentamente.
Entrambi si fermarono ad osservare il tramonto: il disco dorato scompariva oltre il profilo dell’orizzonte illuminando ciò che pareva un’infinita distesa di prateria.
Quella vista spettacolare bastò a risollevare l’umore della dragonessa e Kooskia sorrise quando percepì i suoi desideri immediati..
-Va bene.. mangiatelo, con questo clima più caldo dubito che sarebbe durato molto a lungo e io non posso certo ingozzarmi per evitare che vada sprecato-
Passandosi la lingua fra i denti Niya si diresse verso la carcassa della preda di Kooskia e la divorò in rapidi bocconi.
Quando ebbe finito Kooskia spense il fuoco.
La dragonessa si sdraiò li accanto e il ragazzo si accoccolò vicino al suo ventre caldo.
-Dimmi un po’.. cosa ti aspetti di trovare nei draghi che incontreremo?- chiese lui.
La mente della dragonessa reagì con un misto di eccitazione, insicurezza e un pizzico di timore..
-Io.. io non saprei, lo sai meglio di me.. tutto quello che mi avete raccontato è che ci sono draghi più grandi di come sono io adesso. Ho solo vaghi ricordi del periodo in cui ero dentro il mio uovo e niente di chiaro, secondo te costruiscono tane-di-pelle o tane-sotto-la-terra?-
Kooskia sorrise delle sue preoccupazioni..
-Tu ti rintaneresti dentro una tana? Non lo hai mai fatto prima... perché dovresti farlo in futuro?-
Lei risposte con un pizzico di imbarazzo, una sensazione che Kooskia non aveva mai provato da quando l’uovo della dragonessa si era schiuso.
-Sai.. prima della nostra partenza, pensavo a Redpaw.. e alle giovani cacciatrici che volevano parlare con te ma alle quali tu non hai prestato attenzione perché saresti dovuto partire per questo viaggio. Credi.. credi che se troveremo dei draghi, qualcuno potrebbe chiedermi di parlare con me così come è successo a te?-
Kooskia non riuscì a non provare un po’ di imbarazzo a sua volta.
-Beh.. vedi.. per adesso dobbiamo pensare alla nostra missione: è questo il motivo per cui non ho preso seriamente in considerazione quelle proposte. Inoltre.. temevo che ti saresti sentita, beh.. gelosa-
La dragonessa sollevò il collo, con espressione un po’ sorpresa e un po’ divertita.
-E perché avrei dovuto? Io voglio solo il meglio per te, piccolo mio.. e mi fido del tuo giudizio.-
Il ragazzo non smise di sentirsi in imbarazzo, era la prima volta che parlavano apertamente di questo tema, benchè fossero intimamente legati.
-Lo so Niya… e lo stesso vale per me, sono sicuro che quando se ne presenterà l’occasione troverai un compagno adatto a te, quando incontreremo dei draghi l’importante sarà rimanere dignitosa e sicura di te. Sei una bellissima dragonessa Niya, ci saranno moltissimi bei draghi che rimarranno senza parole guardandoti..-
Niya rispose con una vampata di riconoscenza nella mente del suo Cavaliere, l’elogio del ragazzo non era a vuoto e Kooskia era fermamente convinto che lei fosse una bellissima femmina di drago.
-Spero solo di non dover scavare una tana-sotto-la-terra per avere le loro attenzioni.. non oso pensare a quanto mi ci vorrebbe per ripulirmi le squame!-

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ossa ***


Capitolo 10 - Ossa
L’infinito ed immutabile aspetto delle praterie non sembrava più lo stesso.
Non da quando davanti ai loro occhi si era stagliata lungo l’orizzonte la nitida immagine di un fiume dalle acque argentee. Rimasero affascinati entrambi di fronte a quello spettacolo, poiché erano abituati solo alla vista dei piccoli corsi d’acqua della loro Foresta.
-Il mondo è più vasto di quello che ci aspettavamo-
La dragonessa replicò con assenso distratto perché qualcosa aveva attirato la sua attenzione.
I suoi occhi erano adattati a cogliere i segnali della presenza di prede ad una grande distanza, una dote che il suo compagno non avrebbe mai eguagliato.
-Qualcuno si sta avvicinando nella nostra direzione… -
Il ragazzo non poteva vederli ma iniziò a valutare ogni aspetto.
-Se io non riesco a vederli ad occhio nudo, nemmeno loro vedono noi… e preferirei non rivelare la nostra esistenza in maniera improvvisa.-
La dragonessa sbuffò in risposta
-Dovrei temerli?-
-Certo che no.. – si affrettò a replicare Kooskia, -Ma se quegli uomini hanno a che fare con l’attacco alla nostra Foresta preferirei osservarli e poi parlarci prima di combatterli. Dai, scendiamo a terra.. quella collina rocciosa sembra l’ideale: dovranno passarci anche loro a meno che non cambino strada. –
La dragonessa sbuffò nuovamente ma non diede altro segno di protesta ed iniziò una rapida discesa.
Via via che il terreno si faceva più vicino Kooskia poteva osservarlo con maggior attenzione.
Radi alberi, circondati da un’erba resa gialla dal calore, crescevano in quel suolo duro; essi erano per la maggior parte concentrati attorno ad una larga pozza d’acqua: probabilmente quegli uomini si sarebbero fermati lì a rifornirsi d’acqua.
Quando Niya toccò terra il ragazzo scese vide per la prima volta qualcosa che prima non aveva notato dall’alto.
-Che strano.. –
Poco distante dal pendio roccioso della collina si innalzava su di una collinetta più piccola un qualcosa che il giovane Cavaliere non aveva mai visto.
-Bizzarro, sembra il tronco di un grosso albero.. fatto di pietre messe l’una sull’altra.. –
Il commento di Niya fu piatto ma sensato.
-Forse i due-gambe di qui non avevano draghi con cui volare in cielo.. in cima a quella cosa si può avere una buona visuale del sentiero che dalla pozza porta ad est.. –
La dragonessa si era sdraiata sul terreno secco. L’erba era stranamente più rada in quel lato della collina, l’ombra forniva un po’ di quiete a Niya ma il giovane Cavaliere fu sorpreso dalla differenza del suolo che c’era lì e quello a poche centinaia di metri dall’altra parte della collina, dove si trovava la pozza d’acqua.
Kooskia si mise a camminare lentamente, preoccupato ed eccitato allo stesso tempo.
-Immagino che dovremo aspettare che si diano una mossa e vengano qui, piuttosto che andare noi da loro..-
Il ragazzo sorrise, calmando l’impazienza della dragonessa con la propria mente..
-Sì.. e sarebbe meglio che li osservi e ci parli io per primo, se non hanno visto o non conoscono i draghi potrebbero spaventarsi e fuggire, non credi? Piuttosto.. vieni qui Niya.-
Qualcosa aveva attirato la sua attenzione, prima no ci aveva fatto caso: a metà strada tra la collina e la bizzarra “cosa” fatta di pietre svettavano nel terreno degli strani oggetti dal colore candido.
Niya si sollevò affiancandosi al giovane Cavaliere, muovendosi con interesse sempre maggiore verso quegli oggetti misteriosi: erano più grandi e numerosi di quanto Kooskia si era immaginato.
-Sembrano… ossa –
Il muso della dragonessa sfiorò l’oggetto più vicino.
-Queste sono… ossa di drago-
La sua espressione era un misto tra incredulità, sollievo nell’aver trovato un segno della presenza dei suoi simili e infine profonda tristezza.
-Qualcuno li ha lasciati qui... esposti al vento, alla pioggia, al sole… perché? –
La mano del Cavaliere si mosse rapida, accarezzando il collo di lei..
-Non ho risposte Niya.. quello che possiamo fare è seppellirli, anche se non saprei dirti se i draghi seppelliscono i loro defunti nella terra.. –
Dopo alcuni istanti i pensieri della dragonessa si fecero più chiari.. e più pratici.
-I morti sono morti… e quando sarò morta non voglio essere ricoperta dalla terra. Così fa il Popolo dei Lupi, ma io sono una creatura del cielo: non voglio che terra e roccia separino le mie spoglie da esso-
Senza aggiungere altro, la dragonessa tornò all’ombra della collina, arrotolandosi in una posizione di riposo.

Il sole aveva compiuto gran parte del suo percorso in cielo quando improvvisamente rumori e voci echeggiarono dall’altro lato della collina.
-Resta nascosta Niya, non preoccuparti.. voglio dare un’occhiata senza farmi notare…-
Lei sbuffò.. poco convinta e ancora meno contenta dell’idea.
-Va bene.. ma quando avrai finito di giocare avvisami, che siano amici o nemici ci diranno quello che vogliamo sapere. –
Il ragazzo sorrise mentre la dragonessa abbassò il muso sul terreno, chiudendo gli occhi.
Lentamente Kooskia si mosse: tutte le abilità e le tecniche di caccia imparate nella sua vita da cacciatore erano perfette per adattarsi in una tale situazione.
Avanzò non visto, coperto dall’erba secca che si faceva via via più alta e folta mentre faceva il giro della collina: quando giunse in prossimità dello specchio d’acqua non aveva nemmeno più bisogno di stare chino.
Davanti a lui vi erano almeno una ventina di uomini con altrettante bestie a quattro zampe, le stesse cavalcate dagli assalitori del villaggio. Questi uomini però non indossavano tuniche rosse.
I loro abiti sembravano fatti di cuoio duro, legato a formare delle protezioni solide ma leggere.
Nessuno portava le armature di metallo che gli assalitori del villaggio tenevano sotto le tuniche rosse: tuttavia erano pesantemente armati come questi ultimi.
Kooskia osservava come gli uomini portassero i cavalli ad abbeverarsi per poi sedersi a mangiare all’ombra dei radi alberi che crescevano intorno al lago di modeste dimensioni.
La sua attenzione venne però catturata dalla voce di due uomini che parlavano separati dagli altri.
Il giovane si avvicinò incuriosito: entrambi avevano l’aspetto di uomini temprati, la loro pelle non era bianca come quella di Kooskia ma sembrava resa più scura da settimane e settimane di esposizione al sole. I loro capelli era folti e neri: un perfetto coronamento agli abiti di cuoio e all’abbronzatura, tutto ciò insieme alle armi portate vistosamente conferiva loro un aspetto temibile.
Erano uomini abituati ad una vita dura.
-Personalmente sono stufo di questa missione.. senza contare che è almeno la terza spedizione che abbiamo dovuto fare. Le prime sono state dei fallimenti, lo ammetto.. ma non mi sarei mai aspettato questo..-
Il secondo uomo rispose, era leggermente più alto del primo e il suo tono più autoritario.
-La diserzione di Lord Grilan è stato un duro colpo… non dobbiamo lamentarci per il fatto di essere stati mandati a cercarlo, anche se era chiaro che non vi erano molte possibilità di trovarlo: o è sparito in quelle foreste maledette su al Nord dal quale nessuno è mai uscito vivo oppure è stato fatto a pezzi da qualche banda di Mashujaa superstiti, la fine che meritano tutti i traditori come lui. Non mi aspettavo di trovarlo, ma ammetto che questo incarico mi ha sorpreso. Non ricordo che mio padre mi abbia mai parlato di qualcuno che si sia avvicinato ad Hedarth in almeno mezzo secolo. -
Un paio di uomini si avvicinarono tenendo dei quadrupedi, Kooskia non potava vedere bene chi o cosa fosse portato sulla loro groppa.
-Tirateli giù.. lì, vicino a quella roccia.. –
Il primo uomo, evidentemente il secondo più importante dopo quello più alto, dava ordini sbrigativi.
Kooskia fece alcuni cauti passi tra gli alti fili dell’erba ingiallita per osservare meglio la scena.
Contro una delle rocce più grandi ai piedi della collina erano stati fatti sedere tre uomini.
Robuste corde li tenevano immobilizzati, mentre dei bavagli impedivano loro di proferire parola.
Kooskia non poté fare a meno di notare che a parte i due capi, almeno altri due guerrieri rinunciavano al riposo con i loro compagni per tenere d’occhio i prigionieri. Essi tenevano stretta la mano sinistra su lunghe lance e la destra poggiata saldamente sull’elsa della loro spada ancora nel fodero ma pronta ad essere sguainata al minimo cenno di pericolo.
Concentrando la sua attenzione sui prigionieri il ragazzo per poco si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa: uno di essi era un essere umano come tanti altri di circa trenta inverni, aveva capelli scuri e una corta barba che lo qualificavano come una persona esteriormente simile a tante altre. I suoi due compagni di sventura invece erano estremamente bizzarri.
Uno di essi non poteva essere più alto di un bambino ma il suo corpo tozzo e soprattutto il suo volto non ne avevano le fattezze: senza contare che era dotato di un impressionante lunga barba marrone.
Il terzo prigioniero non era da meno in fatto ad essere inconsueto perché mentre i lunghi capelli color della notte scorrevano fluidi e lucenti sulle spalle, il suo corpo era snello, alto ed agile in una combinazione che sembrava tanto aggraziata che Kooskia si stupì appartenesse ad un essere umano. Curiosamente gli altri prigionieri sembravano stanchi e spossati ma svegli, lo strano uomo dai lunghi capelli invece era addormentato o forse incosciente.
-Dategli da bere… non ci serviranno a nulla da morti e riempite bene con la solita roba l’acqua dell’elfo!! Se le storie che si dicono sul suo popolo sono vere è meglio che non si svegli qui in mezzo a noi durante il viaggio..-
Kooskia aveva sentito abbastanza. Non aveva compreso tutto delle parole dei due uomini ma era convinto che avevano un legame con quelli che avevano attaccato la foresta.
-Va bene Niya.. io ci provo- disse, sfilando dalla spalla l’elsa con la spada infilata e abbandonandola nell’erba alta.
-Devi proprio lasciare lì la tua zanna? Non mi sembra una grande idea..-
La risposta del ragazzo fu rapida.
-Non voglio combatterli se posso, riconosceranno la forza di un Cavaliere e del suo Drago se dovranno, ricordi cosa ci ha raccontato l’Anziana? I Cavalieri sono un simbolo riconosciuto da tanti popoli. -
Lentamente il ragazzo uscì dal suo nascondiglio tra l’erba alta e mosse alcuni passi in direzione degli uomini di fronte ai prigionieri. Sguardi stupiti, anziché allarmati, lo fissarono.
-Vengo in pace, non sono qui per combattere .. –
Fece appena in tempo ad avanzare di un altro passo quando un fragore di risate risuonò dagli uomini dinanzi a lui, tutti meno il loro capo che si limitò a sorridere.
-Beh questo lo vedo giovanotto.. difficile combattere se non si hanno armi con se.. –
Il ragazzo rimase sorpreso dal genere di risposta e la sua voce si fece più titubante..
-Io.. io ho un’arma, ma non è mia intenzione usarla .. sono venuto fin qui in cerca di risposte, ma la vista di quegli uomini prigionieri mi ha causato altre domande e … -
Il capo degli uomini avanzò verso di lui, un sorriso sempre più beffardo incorniciava il suo volto duro.
-Ebbene.. giovane sperduto, senza armi ed in cerca di risposte, abbiate almeno la compiacenza di farci l’onore di sapere con chi stiamo dialogando. Anche se potrei azzardare una risposta.. data la “vistosità” del vostro vestiario.. –
Con un vago gesto della mano indicò il nudo petto del ragazzo e i suoi pantaloni in pelle grezza.
-.. o meglio la loro mancanza! No, non c’è bisogno di chiederlo.. circolano storie su un popolo di selvaggi che abitano nelle foreste a nord.. ma non sapevo che avessero l’intelletto per esprimersi nella lingua parlata dagli uomini civilizzati..-
Il ragazzo seguì solo in parte le parole dell’uomo perché il suo tono arrogante lo faceva arrabbiare ancor più dei vaghi insulti diretti al suo popolo..
-Il mio nome è Kooskia.. e sono un Cavaliere dei Draghi, vi chiedo di… -
Le risate si sollevarono alte come non mai: questa volta anche il suo interlocutore si unì ad esse.
-Mio caro ragazzo.. che mente interessante, con un po’ di istruzione potrai fare strada tra gli schiavi della mia tenuta. Lascia che ti spieghi una cosa..-
Si avvicinò.. uno sguardo di superiorità misto a quello di falsa compassione…
-Non so quali racconti si narrino nel tuo popolo di barbari.. ma di draghi non ce ne sono più. Cento anni fa ci fu una grande guerra ad ovest, i Cavalieri dei Draghi furono spazzati via fino all’ultimo e con essi quasi l’intera razza dei draghi condannandoli di fatto all’estinzione. Oltre questa collina c’è una torre abbandonata dove ai suoi piedi giacciono le ossa di due draghi uccisi un secolo fa dai nostri nonni quando essi giunsero in questa terra desolata appositamente per dare la caccia a quegli ultimi superstiti … -
Il ruggito di collera risuonò sia nell’aria che nella mente di Kooskia, vibrando di una rabbia cieca e sanguinaria..

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Una canzone di sangue e fiamme ***


Capitolo 11 – Una canzone di fiamme e sangue.

Il ruggito riecheggiava ancora nella mente e nel cuore dei presenti quando ella si mostrò.
Kooskia volse il capo verso la cima della collina sopra di loro, Niya era lì.
Senza che il ragazzo potesse avere il tempo di dire o fare qualcosa, Niya si levò in cielo.
L’ombra della dragonessa oscurò brevemente il mondo sotto di lei
Durò solo per poco, perché tutto venne illuminato dalla luce delle fiamme.
Gli alberi e le sterpaglie attorno al lago furono rapidamente in preda ad un pauroso incendio. Niya si mantenne in aria senza smettere di sputare fiamme.
Con uno sguardo attonito il ragazzo realizzò che quasi tutti gli uomini che si erano fermati a riposare tra i bassi alberi erano ormai scomparsi in quell’inferno di fuoco insieme alle loro cavalcature.
Kooskia chiuse gli occhi cercando di raggiungere la dragonessa con la mente, il solo effetto fu di vedersi travolto da sensazioni potenti e terribili, emozioni che il giovane cavaliere poteva solo in parte comprendere e che riempivano la sua mente di furia e dolore.
Dopo alcuni istanti la grande figura di Niya atterrò davanti a lui.
L’intera area attorno a loro era in preda alle fiamme: gli alberi contorti si spezzavano e crollavano al suolo carbonizzandosi mentre denso fumo nero si spandeva ovunque.
Kooskia guardò dietro di lui realizzando che solo i prigionieri e i quattro uomini con cui si stava confrontando erano scampati a quel massacro.
-Niya.. fermati-
Appena ebbe pronunciato quelle parole la dragonessa volse il muso contro di lui, gli occhi spalancati in un’espressione tanto terrorizzata quanto terribile.
Poi un guizzo: la sua lunga coda spazzò il terreno sulla sua sinistra e colpì con violenza ed in contemporanea due degli uomini che erano rimasti a guardia dei prigionieri. I loro corpi volarono per parecchi metri andando a sbattere contro il pendio roccioso che risaliva verso la cima della collina alle loro spalle.
Quindi il muso della dragonessa si mosse alla sinistra di Kooskia.
-Basta.. non.. non è necessario…-
Le parole uscivano roche a causa del fumo e del dolore condiviso che ancora sconvolgeva la mente del ragazzo.
Uno dei due uomini superstiti, quello che sembrava essere il secondo in comando, fece uno scatto disperato cercando di afferrare il suo quadrupede terrorizzato.
Solo due di quelle bestie erano sopravvissute, la sua e quella del capo del gruppo, perché legate ad un ceppo non molto distante dai prigionieri.
La dragonessa scattò in avanti e afferrò l’uomo con gli artigli come un gatto selvatico fa con un topo, quando quest’ultimo era oramai giunto solo a pochi passi dalla sua cavalcatura.
Niya restò immobile per lunghi secondi, per poi sollevare le zampe artigliate da ciò che restava del corpo dell’uomo.
Kooskia sentì un rumore, come di qualcosa che cadeva, dietro di sé.
L’umano che fino a poco prima lo teneva in pugno e minacciava di farlo diventare un solo servo
era inginocchiato con un’espressione di terrore e di implorazione sul volto.
-Ti… ti prego Cavaliere.. abbi clemenza, non lasciare che mi uccida.. io.. io –
Quando vide l’uomo bloccarsi per la paura, Kooskia si girò di scatto.
Il muso della dragonessa era vicinissimo al viso del suo Cavaliere.
I loro occhi si incrociarono cercando reciprocamente di mantenere un contatto.
Nonostante tutti gli sforzi del giovane la mente di lei rimaneva in preda a caotici e irrefrenabili sentimenti di paura e furia.
-Basta!! Ti prego Niya, fermati !! Tu non … -
Quando la dragonessa aprì le fauci a poche spanne da lui, per la prima volta da quando lei era nata, Kooskia si sentì travolgere dalla paura: poteva quasi contare le luccicanti zanne nelle sue fauci e le zaffate umide del suo alito lo raggiunsero in volto.
Niya scattò in avanti e Kooskia chiuse gli occhi.
Avvertì le squame della gola della dragonessa sfiorargli i capelli mentre le sue fauci si chiudevano con uno scricchiolio sul corpo dell’uomo dietro al ragazzo.
Egli cadde in ginocchio, mentre osservava Niya impennarsi sulle zampe posteriori e scagliare lontano con uno scatto del collo i due tronconi del corpo dell’uomo.
Lacrime iniziarono a cadere sulle guance del ragazzo mentre la dragonessa rimase ferma dinanzi a lui: il corpo di Niya era scosso da tremiti mentre la testa bassa quasi sfiorava il suolo.
Il sangue ancora sporcava le sue mascelle e le zampe anteriori.
Istante dopo istante i pensieri della dragonessa si fecero più chiari mentre il fuoco intorno a loro smise rapidamente di bruciare avendo consumato quel poco che era cresciuto in un ambiente tanto arido. L’aria era satura di fumo e la terra era annerita: solo la sterpaglia alle spalle di Kooskia, che il ragazzo aveva usato precedentemente per nascondersi, si era in parte salvata.
-Morti… sono… tutti morti. Io, credevo di trovare qualcuno.. qualcun altro come me.. ci sarebbe stato sicuramente. Ma lui ha detto.. che siamo morti. La morte è il solo destino decretato per la mia razza, la morte è il solo destino decretato per me.. non mi resta altro, io… sono sola. Non ci sono altri draghi, non ci saranno mai più altri draghi… solo morte, solo morte…. –
Kooskia si fece strada a forza nel loro legame mentale per farla stare zitta, per cercare di rispondere, per trovare le parole. Avrebbe voluto dirle tante cose: che lei non sarebbe stata sola, che lui era lì. Ma sapeva che queste consolazioni non avrebbero mai potuto colmare la sua perdita.
Le zampe di Niya crollarono in avanti e lei si accasciò al suolo, la sua coda spazzò il terreno carbonizzato mentre l’espressione dei suoi occhi era manifestazione di puro terrore.
-Tu… voi mi avete insegnato che la vita è il bene più prezioso. Che finché c’è vita tutto ciò che è bello e nobile potrà prosperare. Ma ti sbagli Kooskia.. voi due-zampe non potete capire, nemmeno tu, mio compagno-di-cuore-e-di-mente.. quando sarà morta non esisteranno più draghi. Noi saremo solo un ricordo, un sussurro nella notte, un racconto per intrattenere i cuccioli di due-gambe prima di dormire.. la morte è il solo destino per me, quando io morirò .. morirà anche l’ultimo respiro, l’ultima carne, le ultime ali della mia specie. –
La mano del ragazzo sfiorò le squame del collo della dragonessa.
-Vola.. – disse con calma il suo Cavaliere, -Vola fino a quando non avrai svuotato la mente da questi pensieri.. e poi torna da me.-
Senza aggiungere altro, la dragonessa spiegò le ali e con fare insolitamente mansueto spiccò il volo allontanandosi nel cielo che tanto amava.
Kooskia si chinò verso il terreno, il palmo della sua mano si chiuse su un mucchio di cenere calda e fumante: lasciò che la brezza che si era improvvisamente levata soffiasse via quei frammenti grigi.
Dopo alcuni istanti si voltò dirigendosi verso i prigionieri. Lentamente estrasse il suo coltello in lama di pietra e tagliò le funi che legavano l’uomo simile a lui. Questi non proferì parola, la sua pelle del volto era pallida e Kooskia non poteva biasimarlo. Insieme slegarono anche gli altri due prigionieri dopodiché, con l’aiuto dell’uomo basso dalla lunga barba, trascinarono il loro compagno svenuto sulla riva del lago.
Fu mentre Kooskia si immergeva un braccio in quell’acqua fredda, osservando le incrostazioni di cenere che si staccavano, che l’uomo più alto gli rivolse per la prima volta la parola.
La sua voce era gentile ma titubante.
-Si.. si sbagliava- disse semplicemente.
Kooskia lo guardò con un’espressione perplessa sul suo volto.
-Voglio dire… forse non lo sapeva, oppure ha mentito di proposito, comunque.. è una menzogna il fatto che si siano estinti: oggi è stata la seconda volta in vita mia che vengo salvato da un drago.-

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La festa della Lunga Notte ***


Capitolo 12 - La Festa della Lunga Notte.

Le sue grandi ali sbattevano con forza, il vento sferzava sui suoi fianchi dorati mentre il piacere di volare a tale velocità le schiariva la mente. Dopo alcuni istanti i ricordi iniziarono ad affiorare:
sembrava passato così tanto tempo da allora.

La foresta appariva diversa da come l’aveva sempre conosciuta. Era venuta al mondo sotto rigogliose fronde ma con lo scorrere delle lune gli alberi si erano fatti più nudi e l’aria più fredda.
I cicli del giorno e della notte erano cambiati e i periodi di buio si allungavano sempre di più.
Era da poco passato il tempo in cui i quattro-zampe-con-le-corna si radunavano tra loro, la dragonessa non aveva compreso bene i motivi di questi raduni ma non le interessava.
Significava semplicemente che era più facile riempirsi la pancia.
Niya se ne stava sdraiata nella radura ad annoiarsi quando all’improvviso qualcosa di bianco e leggero iniziò a cascare dal cielo. Incuriosita, la dragonessa cercò di guardarli più da vicino: tuttavia ogni qualvolta ci provava il suo respiro caldo sembrava farli scomparire.
Frustrata si alzò e si diresse rapidamente verso la tana-di-pelliccia di Kooskia.
Da poco tempo il suo compagno-di-cuore-e-di-mente aveva lasciato la tana-sotto-la-terra della sua famiglia.
Niya era sorpresa perché, benché fosse cresciuta troppo per entrarci, non era affatto un brutto posto.
Era né troppo calda, né troppo fredda, ben diversa da quelle ridicole tane che le volpi scavano sotto terra che al massimo contenevano qualche strato di foglie.
I quattro-zampe con cui era cresciuta scambiavano le loro prede in eccesso per avare cose utili o interessanti dai due-gambe: per esempio stendevano sul suolo delle pellicce ripulite, oppure collezionavano tanti begli oggettini che i due-gambe erano così bravi a fare.
Aveva visto una volta Kooskia fare qualcosa del genere con rami, fili, piume e perline da appendere alle pareti della sua nuova tana-di-pelliccia.
Era logico che i quattro-zampe ne fossero attratti, non avendo squame così belle come le sue.
Due giorni dopo Niya aveva tentato di imitarlo col solo risultato di devastare dei cespugli che (aveva scoperto solo in seguito) producevano delle bacche rosse molto buone.
Sbuffò al pensiero dei rimproveri che si era presa perché nessuno le aveva detto di non provarci.
La tana-di-pelliccia di Kooskia era isolata dalle altre che Niya aveva visitato quando era più piccola: quando la dragonessa lo raggiunse, il suo compagno-di-cuore-e-di-mente era seduto all’esterno su di una roccia.
Di solito i due-gambe maschi giravano con la parte del corpo più alta tutta scoperta (lei si era sempre chiesta perché le femmine si coprissero un pochino di più) tuttavia quel giorno anche Kooskia indossava una pelliccia sopra la sua pelle quasi nuda.
-Kooskia, cos’è questa cosa bianca che cade dal cielo?-
Il giovane due-gambe si voltò, sorridendo con quella sua buffa faccia senza squame.
-Questa è neve Niya, dalle nostre parti si vede raramente, solo uno o due giorni dell’inverno.. ma ho sentito dire che i villaggi sulle montagne a nord trascorrono intere lune con il suolo coperto di neve-
La dragonessa sbuffò, quindi si sdraiò sul terreno vicino a lui.
-Beh.. non mi piace, preferisco molto di più quando il vento trasporta da sud quella polvere calda che mi hai detto chiamarsi sabbia..-
Abbassò il muso, guardando con curiosità cosa stava facendo Kooskia: tra le sue mani c’era qualcosa che emanava un profumo invitante.
Sembrava carne di cervo contenuta in una foglia di medie dimensioni, ma era stata tutta sminuzzata e mescolata con qualcos’altro.
Kooskia sorrise e richiuse la foglia formando uno strano pacchetto, poi allungò la mano verso una sacca che era posata a fianco della roccia dove era seduto e si rimise al lavoro.
-Sono regali per la Festa della Lunga Notte, non credo di avertene ancora parlato … ogni inverno le giornate diventano sempre più brevi fino a quando abbiamo la notte più lunga di tutte.
E’ un giorno importante, durante il quale il Popolo dei Lupi e i Lupi si radunano insieme per festeggiare la fine di un anno e augurarsi il meglio per quello successivo: è abitudine scambiarsi piccoli doni in questa occasione.-

Si abbassò e raccolse da una cesta una nuova foglia e un’altra manciata di piccole bacche rosse, mischiando queste ultime e la carne sminuzzata dentro la foglia.
-I lupi vanno pazzi per queste: sono bocconcini di carne bollita e poi esiccata di cervo mischiati a bacche rosse, sembra un regalo semplice ma lo apprezzano più di tante altre cose.-
Niya avvicinò un po’ il muso per annusare meglio, l’odore era decisamente invitante.
-Comunque si possono fare molti tipi di regali.. per esempio i lupi sono a loro volta molto bravi a scovare piccole pietre o cose simili con cui fare ornamenti e.. –
La dragonessa si alzò improvvisamente con uno strano scintillio negli occhi.
Senza aggiungere altro si allontanò dalla tana di Kooskia mentre quest’ultimo non fece nulla per fermarla. Quando i pensieri interrogativi del suo Cavaliere la raggiunsero, lei rispose rapida:
-Voglio fare anch’io un regalo! Aspetta e vedrai..-
Con un guizzo divertito chiuse la sua mente per impedire al giovane due-gambe di scoprire cosa aveva intenzione di fare: non voleva assolutamente che Kooskia scoprisse qualcosa in anticipo.
Poco dopo pensò che forse aveva esagerato.
Non poteva cacciare un branco di cervi e poi lasciare una carcassa di fronte ad ogni tenda o tana, decisamente non avrebbe funzionato perché tutti avrebbero ricevuto animali di grandezza differente e sarebbe sembrato che Niya volesse fare regali più belli a qualcuno rispetto che ad altri.
Però avrebbe pur sempre potuto prometter loro di cacciare un bel cervo a testa nei giorni a venire.
Un bel cervo fresco lasciato sul ciglio della teda o di una tana.
-Sì.. è la soluzione migliore-
Poi pensò che Kooskia, essendo il suo compagno-di-cuore-e-di-mente, avrebbe senza dubbio meritato qualcosa di meglio: un regalo speciale.
La dragonessa raggiunse il ciglio di una piccola altura, da quella posizione poteva vedere il verde panorama della foresta sotto di lei: una leggera patina bianca si stava formando dove la neve si accumulava.
Il suo sguardò vagò distrattamente per fermarsi infine su di un torrente che scorreva ai piedi del ciglio: non era molto grande ma era circondato da sassi e pietre di tutti i tipi.
-Perfetto !!-
Con un agile balzo Niya si lanciò dal ciglio, allargò le ali giusto per frenare la discesa e atterrò con grazia a fianco del piccolo corso d’acqua.
La dragonessa dorata allungò il collo annusando ed esplorando le pietre lì intorno, sapeva bene che i quattro-zampe apprezzavano le piccole pietre colorate.
Anche i due-gambe lo facevano e quindi probabilmente a Kooskia sarebbe piaciuta una bella pietra.
Osservò le pietre attorno a lei per diversi minuti finché si trovò dinnanzi il sasso più bello di tutti.
Era maestoso, alto quanto il dorso di un quattro-zampe, solido e dall’aspetto imponente: tutto grigio con delle striature bianche: se ne stava lì in mezzo a tante altre pietre come se fosse collegato ai suoi compagni ma in qualche modo ne fosse anche separato.
-Come noi …- non poté fare a meno di pensare.
-Noi siamo come.. cosa?- si intromise all’improvviso la mente di Kooskia.
Rapidamente la dragonessa nascose tutti i suoi pensieri riguardo a quel che stava facendo.
-Niente !! Tu pensa a fare i tuoi regali ..-

Nonostante il suo stomaco avesse smesso di brontolare da un pezzo, Niya era inquieta.
Le capitava di rado, specie quando avvertiva la presenza confortante di mezzo cervo dentro la sua pancia.
Se ne stava sdraiata osservando un focolare con sguardo spazientito mentre il banchetto si protraeva ancora, tutti i presenti attorno a lei non facevano che continuare a ridere, scherzare e mangiare.
Kooskia sedeva vicino a lei, condividendo la stessa lentezza degli altri del loro gruppo che mangiavano in circolo attorno al fuoco.
-Niya.. qualcosa non va? Sembri agitata..-
Lei non riuscì a trattenersi oltre, credeva che almeno Kooskia potesse capire facilmente.
-Certo che sono agitata!! Se tutti quanti si degnassero di finire di mangiare, finalmente potremmo scambiarci i doni e io voglio sapere se il dono che ti ho fatto ti piace o meno, voi quattro-zampe e due-gambe siete tutti uguali, non si può mai… -
I pensieri del ragazzo si intromisero tra i suoi, cercando di placare il discorsetto che lei si era preparata.
-A volte sei buffa sai? Perché continui a chiamarci così? Potresti chiamarci semplicemente lupi e umani, non è più semplice? A parte il fatto che a volte dici “quattro-gambe” e “due-zampe”..-
La dragonessa sbuffò, un po’ irritata per il fatto che il suo Cavaliere l’avesse appena definita buffa.
-Beh.. è quello che siete no? E per quel che mi riguarda chiamarle “gambe” o “zampe” fa poca differenza: sono sempre poco più che bastoncini col quale a malapena vi reggete in piedi: che siano quattro o due. Vi fate troppo affidamento: dovreste avere le ali e così evitereste di cadere, inciampare e rotolare nel fango la metà del vostro tempo.-
Kooskia rispose ridacchiando mentre la sua mano destra si posò delicatamente sul collo di lei.
Ci volle altro tempo perché finalmente le ciotole si vuotassero e i bastoni appuntiti su cui erano infilati bocconi di arrosto fossero ripuliti per bene: tanto per ingannare la noia Niya non aveva rinunciato ad una fila di conigli ben abbrustoliti.
I primi doni vennero estratti e scambiati reciprocamente, che fossero oggetti utili o semplici decorazioni venivano accettati e donati di buon grado e Niya ne fu sorpresa perché alcuni regali erano indubbiamente migliori di altri.
-Aspetta qui seduto..- disse al suo Cavaliere, quindi si allontanò verso la foresta per recuperare il suo dono.
Quando fece ritorno posò con la bella pietra grigia di fronte a Kooskia e non trattenne la propria soddisfazione.
-Bella vero?-
Tuttavia qualcosa sembrava non andare per il verso giusto, le voci intorno a loro si erano abbassate e la dragonessa dorata percepiva nitidamente sorrisi e piccole risate sommesse.
-Ehm.. è proprio un bel sasso Niya..-
La dragonessa si sentì il cuore in subbuglio, capiva benissimo quando il suo Cavaliere le nascondeva qualcosa..
-Dimmi la verità.. non ti piace!! Non è vero?-
Niya piegò il muso concentrando lo sguardo su di una ciotola vuota per cercare di non badare alla frustrazione e alla delusione, ma la sua coda tradiva i suoi pensieri quando con un movimento improvviso e involontario centrò in pieno e fece cascare rumorosamente un cumulo di rami per i focolari poggiati alla parete di una tana-di-pelliccia.
-Beh… Niya, sono sicuro che come macigno non è niente male, ma forse ti è sfuggito il fatto che..-
La dragonessa si alzò, con uno sbuffo di delusione abbandonando il circolo mentre le voci si facevano sempre più silenziose e serie.
Lei non vi badò, mantenne lo sguardo fisso a terra mentre il suo orgoglio ferito bruciava.
Al suo Cavaliere non era piaciuto il regalo e tutti avevano riso di lei.
Entrò nella foresta lasciandosi alle spalle il villaggio senza badare agli arbusti che schiacciava e ai rami bassi che faceva cascare per terra quando li spezzava col suo passaggio.
Avvertì la mente di Kooskia avvicinarsi alla sua ma si chiuse in se stessa evitando il contatto.
Si fermò solo quando raggiunse una radura per poi sdraiarsi e alzare il muso verso il cielo.
Le stelle risplendevano in quella notte buia, la neve aveva ripreso a cadere e il suolo ne era imbiancato.
Niya percepì, grazie al rumore dei passi, che il suo Cavaliere la stava raggiungendo.
Non importava quanto fosse bravo a nascondersi da una preda, lei lo avrebbe sempre sentito arrivare.
Avanzò senza fretta, per poi sedersi accanto al muso di lei, posando infine la sua piccola mano sulle sue scaglie.
-Niya … in questa notte l’importante non è il tipo di regalo che riceviamo, né se ci piace o meno e nemmeno se tutti lo ricevono. –
La dragonessa non capiva, che senso aveva fare un regalo se poteva non piacere?
-Sai quale regalo ti volevo fare oggi?-
Lei rispose con uno sguardo incuriosito.
-Di cosa avevi bisogno? Di cosa avevi desiderio? Tu sei una dragonessa, domini sia il cielo che la foresta: l’unico regalo che posso darti è essere sempre me stesso, il tuo Cavaliere, il tuo compagno-di-cuore-e-di mente-
Lei emise uno sbuffo divertito, ma i suoi sentimenti si placarono dopo le parole di Kooskia.
-Il regalo più grande che tu potevi farmi… me l’hai già dato: fu quando scegliesti me come tuo Cavaliere.
Da quando la tua mente si è unità alla mia e il mio cuore si è unito al tuo ho scoperto cose che ancora fatico a comprendere: sentimenti ed emozioni che non avrei mai immaginato prima.-

Non c’era più bisogno di altre parole, la dragonessa si piegò meglio per consentire al suo compagno-di-cuore-e-di-mente di salire in groppa.
Quando Niya si alzò in cielo le emozioni di lui si fusero nelle sue mentre entrambi volavano sotto le stelle.
Ciò che condivisero quella notte fu il vero regalo di entrambi.

Niya aprì gli occhi. Per un istante si aspetto di avvertire ancora il freddo della notte e della neve mentre volava libera dai pensieri insieme al suo Cavaliere, tuttavia era il calore del deserto ad avvolgerla.
Ed era sola.
Mentre il suo cuore si era placato grazie ai ricordi della Festa della Lunga Notte, in lei si fece strada il bisogno di fondere di nuovo la sua mente con quella di Kooskia.
Non provava rimorso per ciò che aveva compiuto, ma ora comprendeva meglio le sue stesse azioni.
E sapeva che finché il suo Compagno-di-cuore-e-di-mente fosse stato insieme a lei, i loro cuori e le loro menti avrebbero superato insieme qualsiasi avversità.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** La realtà in cui viviamo ***



Capitolo 13 – La realtà in cui viviamo.

Il giovane cavaliere stava dinanzi all’uomo che aveva appena parlato.
Quest’ultimo era ancora visibilmente scosso ed impaurito dalla scena alla quale aveva assistito: lo sterminio dei suoi carcerieri ad opera di una dragonessa infuriata.
Tuttavia Kooskia poteva percepire decisione e sicurezza nello sguardo dell’uomo, miste ad un sentimento che poteva essere espresso solo con un termine: la gioia di chi scopriva di essere dinanzi al coronamento dei suoi sogni.
Quando egli parlò la sua voce uscì rotta dall’emozione. -E’ stato… durante la grande Battaglia del Farthen Dûr-
Le parole echeggiarono nella mente di Kooskia; esse avevano un tono affascinante ma egli non rammentava di averle mai sentite prima.
-Ricordo ancora come se fosse stato ieri, la mia compagnia si trovava nel cuore della battaglia. Corpi che si accalcavano e si spingevano come un in enorme campo di grano coltivato, dove ogni spiga era costituita da un guerriero dei Varden, un Nano o un Urgali. Avevo combattuto altre battaglie prima di allora ma mai niente del genere.-
Si fermò un istante, guardando il corpo ancora incosciente dello strano uomo dai lunghi capelli mentre anche il suo secondo compagno dalla lunga barba rimase in silenzio ad ascoltare.
-Nel cuore della battaglia uccisi un Urgali che si parava dinanzi a me, la mia spada però rimase incastrata nel suo corpo. Quando egli cadde all’indietro io mi ritrovai disarmato ed un secondo Urgali era pronto ad avventarsi contro di me, feci in tempo a sollevare lo scudo prima che la sua mazza lo facesse a pezzi.-
L’uomo sollevò lo sguardo, gli occhi persi mentre i ricordi riaffioravano in lui, Kooskia percepiva come quegli istanti avessero segnato la sua vita.
-Sentivo solo il dolore al braccio sinistro perché si era spezzato: ero disarmato e non potevo fare nulla per salvarmi quando all’improvviso lei apparve-
Il suo compagno dalla lunga barba non trattenne un sorriso, dando l’impressione di aver già sentito quella storia molte volte.
-Il suo corpo era immenso, più grande della più grande casa del villaggio in cui venni al mondo. Le sue squame blu scintillavano quando venivano bagnate dalla luce delle fiamme che illuminavano l’interno della montagna. Ella uccise l’Urgali con un singolo colpo di artigli, quindi si impennò sulle zampe posteriori ruggendo di sfida contro i nostri nemici..
Mentre venni portato via dai miei compagni incrociai lo sguardo della dragonessa ed in quel momento compresi che fintanto che Eragon Ammazzaspettri e la sua dragonessa Saphira avessero continuato a condurci in battaglia, Alagaësia avrebbe avuto una speranza di essere presto libera dalla presenza dell’Imperatore Galbatorix.-
Scosse la testa come se non potesse credere a quanto vedeva dinanzi a lui.
-Quando avvertii l’occhio di Saphira incrociare i miei percepii qualcosa che ancora oggi non riesco a spiegarmi. Provai coraggio e timore allo stesso tempo: mi aveva salvato la vita e giurai a me stesso che fintanto che sarei rimasto in vita avrei cercato di ripagare questo debito servendo i Varden al meglio delle mie possibilità.-
Kooskia riusciva a stento a contenersi. Non comprese tutto del racconto dell’uomo ma il fatto di sapere che esistevano un altro Cavaliere ed un altro drago significava qualcosa di importante.
Lui e Niya non erano più soli.
L’uomo accennò un sorriso, quindi si avvicinò di un passo.
Guardandolo più da vicino il ragazzo si rese conto come egli avesse subito la prigionia: i suoi capelli erano cresciuti incolti così come la barba ed anche i suoi abiti sembravano consumati.
-Purtroppo devo ammettere che fino ad ora non ne ho mai avuto occasione.
A causa della mia frattura sono rimasto nel Farthen Dur mentre il resto dei Varden proseguiva verso il Surda e quando mi ristabilii completamente venni assegnato alla guarnigione di Hedarth.-
Per la prima volta l’uomo basso dalla lunga barba prese parola.
E lo fece in una maniera alquanto caratteristica.
-Ha!-
Il tono della sua voce colpì Kooskia, perchè non si aspettava che fosse così profonda e al contempo così vitale.
-Il peggior incarico della mia vita se permettete!! Mentre tutti sono a combattere ad ovest, qualcuno doveva pur restare nel posto più isolato e sperduto di tutta Alagaësia a fare da guardia a battelli che trasportano sacchi di farina!-
Il giovane cavaliere percepì la forte ironia nelle parole dell’uomo basso e non poté che sentirsi in parte d’accordo con lui: Kooskia non trovava particolarmente allettante l’idea di dover affrontare un’altra battaglia ma la frustrazione data da un tale compito sembrava evidente.
L’altro uomo non trattenne un sorriso e passò una mano bagnata con l’acqua del lago sulla fronte del loro compagno incosciente.
-Non posso che darti ragione in questo, comunque…-
Si alzò, quindi si esibì in un inchino educato.
Kooskia non aveva mai visto qualcuno fare tale gesto ma evitò di commentare per non rischiare di offenderlo.
-Il mio nome è Brelan, figlio di Brand. Ho servito i Varden fino ad oggi nella lotta contro l’Impero. Scoprire un nuovo Cavaliere in libertà è qualcosa che cambierà le sorti di tutti noi.
Sono pronto a mettere me stesso e la mia spada al vostro servizio.-
Il suo amico più basso annuì, guardando il terreno.
-E io, Kalgeck figlio di Ulfùr del Dûrgrimst Vrenshrrgn non posso che esprimere tutta la mia riconoscenza per la mia liberazione. Un gesto che né io né il mio Clan dimenticheremo.-
Kooskia annuì in risposta, anche se egli non poté a meno di notare come l’uomo basso non si era espresso con gli stessi termini del suo compagno.
Come se egli avesse voluto rimarcare una qualche importante differenza tra loro.
Il giovane annuì, quindi si avvicinò per poi sedersi a gambe incrociate di fronte a loro.
Lo sguardo di Brelan fece trasparire un istante di incertezza ma si sedette anche lui, rimanendo al fianco del loro compagno ancora disteso.
-Sono più che felice di fare la vostra conoscenza, perché sono tante le domande alle quali penso voi possiate rispondermi. Il mio nome è Kooskia, vengo dal Popolo dei Lupi che abita nelle foreste a nord di questa terra. Da molto tempo presso il mio popolo veniva conservato un uovo di drago, esso si schiuse dinanzi a me in un momento di pericolo e da allora io e la mia dragonessa Niya siamo in viaggio. Stiamo cercando notizie ed informazioni sugli uomini che hanno attaccato la foresta del mio popolo: anche loro montavano cavalli e usavano armi di ferro.
Ma a differenza degli uomini che vi hanno attaccato essi portavano abiti tinti di rosso con sopra un emblema color oro raffigurante una fiamma.-
Kalgeck annuì.
-Stai parlando di soldati dell’Impero, mi stupisce di trovarli in queste terre!-
Kooskia rimase sorpreso da questa rivelazione, quindi quegli uomini erano gli stessi contro cui combatteva quest’altro cavaliere di nome Eragon in una terra a lui ignota.
-Gli uomini che vi tenevano prigionieri parlavano di loro. Dicevano di averli cercati, chiamandoli “disertori”..-
Brelan rispose prontamente all’incertezza del giovane.
-Un disertore è un guerriero che ad un certo punto decide di non combattere più e abbandona i suoi compagni. Comunque mi spiace non poter esserti di molto aiuto: non avevamo idea che ci fossero Imperiali ad est del deserto di Hadarac e francamente non ho idea di come o quando essi possano essere giunti sino a qui. Tutto quello che so è che io e i miei compagni siamo stati sorpresi nel cuore della notte e catturati mentre eravamo di guardia. Non saprei nemmeno dirti i motivi per cui l’hanno fatto. Forse si tratta di una guarnigione isolata da molto tempo e volevano avere informazioni fresche dopo la diserzione di alcuni dei loro-
Kooskia non sapeva cosa pensare, erano tante notizie che si accavallavano tra loro creando un'unica trama. Una trama non facile da sbrogliare.
Ma era questa la realtà in cui viveva.
Una realtà in continuo mutamento e che serbava ancora tante rivelazioni.
Il giovane Cavaliere avvertì il contatto della mente della sua dragonessa che timidamente cercava di raggiungerlo: recava ancora in se i segni di un grande dolore e di un grande turbamento ma ora i suoi pensieri sembravano essersi placati.
Kooskia le aprì i suoi ricordi, lasciando scorrere per lei le parole e i racconti di Brelan.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Cuore di foresta ***


Capitolo 14 - Cuore di foresta

La sua mente era avvolta da una nebbia fitta e impenetrabile, una foschia che gli offuscava i sensi e la capacità di percepire il mondo intorno a lui.
Gli stessi ricordi erano confusi e sbiaditi, frammenti di pensieri raminghi che si mescolavano tra loro: solo il tempo, lentamente, erodeva la nebbia permettendogli di schiarire i suoi pensieri.
In quei brevi istanti riusciva a percepire il mondo intorno a lui anche se non aveva le forze per rispondere agli stimoli che riceveva; erano tuttavia attimi destinati a svanire perché i suoi rapitori dissetavano il suo corpo incosciente con un siero in grado di far sprofondare nuovamente la sua mente in una prigione senza gabbie.
Egli attese, consapevole che ogni istante in cui riguadagnava lucidità era destinato a rivelarsi uno sforzo inutile: per qualche strano motivo tuttavia qualcosa era cambiato.
Nessuno accostò quel liquido alle sue labbra e lentamente i suoi pensieri si facevano più lucidi.
Poteva percepire di nuovo il flusso di energia scorrere all’interno del suo corpo, quella fonte primordiale di potere dalla quale era in grado di attingere forza per plasmare la realtà tramite la magia. Era ancora troppo debole per poterla sfruttare appieno, ma sapeva che presto tutto questo sarebbe cambiato.
Cercò di aprire gli occhi, col solo risultato di ricevere una fitta di dolore.
Decise che non valeva la pena tentare con mezzi fisici e con stupore si rese conto di essere nuovamente in grado di espandere la mente attorno a lui.
Percepì fin da subito i pensieri di Brelan e Kalgeck ma decise di aspettare a penetrare la loro mente per comunicare, trovò invece curiosa l’assenza di altre menti: a meno che non si trattasse di un gruppo di individui particolarmente bravi a nascondere la propria presenza (compito arduo da fare, specie se qualcuno cercava di nascondersi da a lui), l’unica possibilità era che lui e i suoi due compagni non fossero più prigionieri.
Dopo alcuni istanti tuttavia avvertì un’altra persona lì vicino.
Si avvicinò cauto, cercando di non rivelare la sua presenza, rimanendo stupito dalle strane sfumature della mente dell’uomo sconosciuto: era probabilmente un umano, giovane, anche se vi erano strani dettagli che sembravano collegarlo ai boschi e agli animali selvaggi.
Non aveva mai percepito una mente del genere e rimase ulteriormente colpito quando l’essere in questione si rese conto di una presenza estranea, barricandosi dietro ad una protezione mentale di discreta forza.
Non si trattava di una barriera insormontabile, anche se era dotata di curiose sfumature: quando un umano cercava di proteggersi di solito costruiva una sorta di solido muro, facile in realtà da superare o valicare oppure semplicemente infrangere.
Lo sconosciuto tuttavia aveva eretto una barriera più stratificata: gli ricordava un animale selvaggio che si nascondeva nei fitto dei cespugli con il cacciatore che arrancava in avanti senza riuscire ad individuarlo.
Decise che era il momento di vederci chiaro e si preparò a spazzar via una difesa mentale che, seppur particolare non era sicuramente in grado di reggere un attacco diretto da parte sua, quando all’improvviso percepì una presenza formidabile farsi sempre più vicina.
Si ritrasse dal contatto con lo strano uomo, momentaneamente frastornato da questa nuova mente.
Era una presenza forte e carica di passioni, calda come il fuoco e decisa come una tempesta.
Il suo cuore ebbe un sussulto quando si rese conto di aver già avvertito qualcosa di simile.
-No, non è possibile… eppure Bjartskular è diversa, non è lei… questo vuol dire che...-
La presa di una mano estranea si fece forte sul suo polso ed il suo corpo reagì con una sferzata di ritrovata vitalità. Con fatica i suoi occhi si aprirono, per ritrovarsi a fissare il volto di Brelan.
L’umano era cambiato dall’ultima volta in cui lo aveva osservato, i suoi occhi recavano i segni di un viaggio faticoso e la sua barba era incolta.
-Resta fermo Laér, non sforzarti. Accidenti, gli hai fatto davvero prendere un colpo…-
L’elfo lo guardò confuso, mosse quindi istintivamente una mano sui lunghi capelli neri per poi rendersi conto di non essere più legato.
-Forse cercare di entrargli in testa non era il modo migliore per guadagnarsi la sua fiducia.-
Laér spostò il capo alla sua sinistra, osservando l’espressione corrucciata di Kalgeck.
Cercò di alzarsi, ma Brelan posò una mano sul suo petto, invitandolo a restare disteso.
-Ti hanno drogato per tutto questo tempo, non penso che tu possa essere in grado di … -
-Non mi interessa cosa gli hanno fatto! Voglio sapere chi è ! E voglio anche sapere perché stava cercando di assalire la mente del mio Cavaliere!-
Le parole erano risuonate come un tuono nella mente dell’elfo, dall’espressione dell’umano egli capì che esse erano state percepite da tutti i presenti.
L’elfo non badò al consiglio di Brelan e cercò lo stesso di alzarsi; provò dolore e fatica nelle membra troppo a lungo immobilizzate, ma era niente a confronto delle emozioni che stavano sconvolgendo la sua mente.
Di fronte a lui c’era un drago.
E non si trattava di Saphira né del possente Glaedr.
Era una dragonessa femmina, lo si poteva capire dal tono della sua mente, le sue squame brillavano di un color oro più luminoso di quello di Glaedr: segno, insieme alle sue dimensioni, di una giovane età. Non doveva essere molto più anziana della stessa Saphira.
Il cuore dell’elfo era colmo di sentimenti tanto complessi che lo stesso Laér faceva fatica a comprendere. Mosse la sua mente in direzione della dragonessa, con cautela, senza difese: per farle comprendere le sue buone intenzioni.
-Ti prego di perdonarmi, Figlia del Cielo, non era mia intenzione assalire il tuo compagno. Non avevo idea di chi fosse e il mio corpo non era in grado di capirlo.-
Egli rimase affascinato dal tocco dei pensieri della dragonessa, riuscì a sfiorarli per un istante: antichi e giovani allo stesso tempo, vibranti di una vitalità oramai così rara nel mondo.
Durò solo un istante, con dispiacere di Laèr, perché la dragonessa sembrò concentrarsi interamente sul giovane uomo.
Era evidente come i due stessero avendo un fitto dialogo mentale e l’elfo non mancò di notare i cambiamenti nella dragonessa: fino ad un istante prima ella era pronta a combattere, ora il suo corpo sembrava fremere di stupore ed eccitazione con la coda che smuoveva il terreno incenerito dietro di lei e le possenti zampe che cambiavano continuamente posizione.
La voce di lei risuonò di passioni, evidentemente libera di essere sentita da tutti i presenti.
-Quindi è vero… io, non sono sola! No… ma quell’uomo aveva detto. Aveva detto che erano stati tutti uccisi… -
Laèr si mise in piedi lentamente, sotto lo sguardo preoccupato di Brelan. Fece un passo avanti, quindi chinò il capo nei confronti del giovane umano anche se dall’espressione incuriosita di lui l’elfo dubitò che fosse avvezzo alle riverenze.
Lo osservò per un attimo, l’aspetto del giovane non poteva certo dirsi nobile o civilizzato, tuttavia l’elfo era ben consapevole di non dover giudicare dalle apparenze, in fondo conosceva così poco di quelle terre.
- Se vi è stato riferito della scomparsa dei draghi, forse si trattava di notizie datate e confuse.-
Disse, rivolgendosi a tutti i presenti, anche per non tagliare fuori Brelan e Kalgeck benché essi non potevano rispondere allo stesso modo.
-Un secolo fa l’Ordine dei Cavalieri dei Draghi venne sterminato a seguito delle azioni di un cavaliere traditore, Galbatorix: quasi tutti i draghi perirono nel conflitto. Le fiamme della guerra tuttavia stanno divampando di nuovo ed esiste un futuro per i draghi se tutti coloro che si oppongono all’Impero di Galbatorix risulteranno vittoriosi. Potranno esserci pochi draghi rimasti in questo mondo ma le speranze per la razza dei draghi non sono finite.-
La dragonessa avvicinò il grande muso dorato verso di lui, Laér rimase fermo lasciando che lei quasi lo sfiorasse. Allo stesso tempo il contatto mentale della dragonessa si avvicinò a lui, l’elfo lo accolse con gioia e fece del suo meglio per mettere a nudo le sensazioni e i ricordi cari della sua terra.
La dragonessa sollevò il capo con un espressione leggermente stupita.
-Tu hai… un cuore di foresta, Laèr di Osilon del popolo degli elfi, ti credevo un umano come gli altri ma ora vedo le differenze. Io sono Niya e lui è Kooskia, il mio Cavaliere.-
L’elfo volse appena il capo quando avvertì un mormorio venire dai suoi due compagni, che evidentemente continuavano ad ascoltare: Laér si chiese se la dragonessa fosse in realtà abituata a non porsi inibizioni nel far ascoltare le sue parole a tutti quelli attorno a lei.
-Beh… sono soddisfatto di essere stato riconosciuto come un vero Knurla e di ricevere tante attenzioni- borbottò Kalgeck. Brelan sorrise, posando una mano su di lui.
-Un errore comprensibile, amico mio. Dubito che ci siano nani in queste terre.-
Il giovane Cavaliere si fece avanti, Laér lo studiò con interesse. Alcuni ad Ellesméra si erano lamentati che il primo nuovo Cavaliere dopo cento anni fosse un umano, sicuramente non sarebbero stati felici se anche il secondo lo fosse stato.
-Infatti, non abbiamo mai visto o sentito parlare di … elfi o nani nella nostra Foresta, almeno non in tempi recenti. Comunque, a meno che non possiate darci altre informazioni in più su questi Imperiali, credo che io e Niya dovremmo continuare la nostra strada e … -
Laèr lo interruppe, di rado avrebbe agito in tale maniera, non solo tra gli elfi ma anche tra umani e nani: considerata la gravità della situazione tuttavia non poteva fare altrimenti.
-Aspettate voi… lasciate che mi spieghi. Ad ovest di qui il mondo è in guerra, una guerra che deciderà le sorti di popoli e nazioni, una guerra per decidere anche il futuro o l’estinzione della razza dei draghi. Voi non potete restare qui! Se un nuovo Cavaliere dovesse presentarsi, benché non addestrato, egli e il suo drago potrebbero rappresentare il punto di svolta nella caduta di Galbatorix!-
L’elfo rimase sorpreso quando il giovane uomo gli rivolse uno sguardo serio, per nulla intimorito dal tono preoccupato di Laér.
-Mi dispiace per quanto sta accadendo e avete tutta la mia comprensione, tuttavia io ho giurato di salvaguardare la pace qui in queste terre: il Popolo dei Lupi non sarà al sicuro fintanto che questi Imperiali se ne andranno o rinunceranno ai loro propositi. –
Laér fu stupefatto nell’osservare Brelan farsi avanti.
-Io… capisco le ragioni di Laér e sono sicuro che i Varden vorrebbero un secondo Cavaliere, tuttavia ho offerto la mia spada a Kooskia.
-Beh … io invece la penso come Laér, sono sicuro che il mio Re non sarebbe contento di vedere un Cavaliere andarsene a zonzo in terre dimenticate mentre potrebbe aiutarci a buttar giù Galbatorix dal suo trono nero.-
L’elfo non trattenne un sorriso, l’ultimo aiuto che si sarebbe aspettato era quello del burbero nano.
In cuor suo egli però era a disagio per le parole convinte di Brelan, era un uomo nobile e se aveva prestato un giuramento al giovane Cavaliere egli adesso era tenuto a rispettarlo.
-Posso comprendere le tue motivazioni, tuttavia se qualcuno ti ha insegnato qualcosa sull’essere “Cavaliere”, dovresti sapere come ci siano necessità ben più grandi dei propri desideri personali o giuramenti fatti senza avere una visione più ampia della realtà.-
Non si era aspettato l’improvvisa reazione del giovane umano.
Egli si era semplicemente voltato, incamminandosi lontano da loro.
L’elfo per la prima volta osservò con più attenzione il panorama, il suolo e i radi alberi erano stati anneriti da un incendio, probabilmente causato da Niya nell’atto della loro liberazione.
Il giovane umano raggiunse una grande chiazza parzialmente intatta di sterpaglia all’ombra della collina sovrastante, dove recuperò una lama abbandonata ancora all’interno del fodero: non poteva esserne sicuro ma l’acuta vista di Laér riconobbe il profilo e l’aspetto di una spada da Cavalieri.
-Lascialo andare…ha bisogno di pensare- disse Brelan al suo fianco.
L’attenzione dell’elfo si concentrò nuovamente sulla dragonessa dorata, ella era sicuramente in dubbio per i pensieri che dovevano turbare il suo compagno ma la curiosità e il desiderio di sapere divampavano visibilmente in lei.
-Se me lo consenti, Figlia del Cielo, potrò farti dono dei miei ricordi più cari. Quelli di un epoca in cui i draghi solcavano i cieli delle terre a ovest e i brevi momenti in cui ebbi occasione di parlare con loro e ammirare la bellezza dei loro corpi e dei loro cuori.-

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Spada nelle tenebra ***


Capitolo 15 – Spade nella tenebra

Il riflesso della luce sull’elsa della spada era limpido e Kooskia dedicò solo alcuni secondi a togliere la poca terra che si era incrostata su di essa, quando aveva abbandonato la lama tra l’erba alta.
Si incamminò, lasciandosi alle spalle sia la sua dragonessa sia sia coloro il trio di guerrieri venuti dall’ovest..
Recuperò il suo scudo ai piedi della collina dove aveva riposato fino a poche ore prima. Egli sorrise, osservando il muso rosso dipinto sulla superficie: gli avrebbe sempre ricordato le sue origini.
Questo improvviso pensiero lo turbò. L’elfo aveva ragione nel rammentargli i nuovi doveri, in parte a lui ignoti, della sua posizione.
Ma in cuor suo, era il dover rispondere a delle aspettative di persone e popoli che non lo avevano mai incontrato a turbarlo: non aveva idea di quanto questo legame avrebbe potuto influire sulle sue scelte.
-Io ho fatto un giuramento, a me stesso e alla mia famiglia… -
Non era qualcosa che poteva cambiare, non era qualcosa che voleva dimenticare.
Senza rendersene conto, iniziò ad incamminarsi verso la torre abbandonata; osservò con passiva tristezza le bianche ossa che scaturivano dal terreno intorno alla torre.
La brezza leggera scorreva tra una serie di lunghe costole bianche alte quanto due uomini, Kooskia sfiorò la superficie candida con una mano: lasciò con piacere che il calore del sole assorbito dall’osso la scaldasse.
Un rumore improvviso lo distrasse e dalla cima della torre si alzarono in volo un trio di gracchianti corvi neri.
Il giovane cavaliere proseguì fino a trovarsi dinanzi all’ingresso della torre: una volta costituita da tre lunghi blocchi di pietra più imponenti di quelli che formavano il resto della struttura decadente.
Egli valicò quell’ingresso, il buio era meno fitto di quel che si era immaginato perché un poco di luce filtrava dai pertugi tra le pietre.
Un sibilo nell’aria avvertì Kooskia un istante prima che una candida lama passasse vicino al suo capo. Riuscì a piegarsi sulle ginocchia per poi guadagnare alcuni passi muovendo all’indietro.
Respirò a fondo ed allungò una mano sull’elsa della spada dietro al suo collo.
La estrasse con un movimento fluido mentre si inginocchiò per evitare un secondo colpo sibilante.
Il contatto del suo ginocchio sinistro con il pavimento di pietra era stato più duro del previsto e Kooskia strinse i denti resistendo a quell’improvviso dolore. Egli riuscì allo stesso tempo ad allungare un ampio fendente con la sua lama verde, allontanando quanto bastava il suo aggressore sconosciuto.
Il cavaliere non trattenne un sorriso di compiacimento, badò di mantenere la sua mente chiusa e protetta anche nei confronti della sua dragonessa: questa era la sua battaglia e non voleva alcuna interferenza.
Non attese di essere attaccato di nuovo.
Il braccio sinistro reggeva lo scudo ma egli non fece alcun movimento per usarlo; tenne il braccio disteso, scoprendo il suo petto nudo e giocando tutto sulla sua velocità.
Si scagliò in avanti, colpendo rapidamente. La sua spada si incrociò con una più sottile lama d’acciaio: gli occhi del Cavaliere scorsero una figura sottile reggere la spada; essa era in parte celata dall’oscurità ma Kooskia intravide un abbigliamento simile ai membri del gruppo che avevano trovato la morte per mano le fiamme di Niya.
Non trattenne la forza del suo braccio né la precisione dei suoi colpi, affondando di punta o aprendosi dei varchi con degli ampi fendenti laterali per abbattere la difesa del suo avversario.
In breve guadagnò terreno, spingendo indietro il suo nemico mentre il clangore delle spade echeggiava nell’interno della torre.
Kooskia vide il suo avversario salire su quello che sembrava essere un sentiero di roccia formato dalle stesse pietre che costituivano la struttura della torre: realizzò come con esse fosse possibile raggiungere la cima della torre.
Questo significava che il suo nemico si stava infilando in una trappola senza via di uscita.
Non rimase ad aspettare: la spada verde emise scintille al contatto con la pietra quando Kooskia tentò di mozzare un piede al suo nemico con un fendente.
L’uomo misterioso salì sempre più in alto cercando di tenere a bada il Cavaliere ma quest’ultimo non gli diede tregua, colpendo di punta o di lama nel tentativo di concludere lo scontro.
Con uno scatto improvviso Kooskia lo raggiunse e allungò la spada riuscendo ad infilare la punta sotto una protezione di cuoio che proteggeva il polpaccio destro.
Mentre il giovane uomo avvertì come la punta della spada trapassava qualcosa di più morbido che il semplice cuoio, il suo avversario emise un breve grido di dolore.
Era un grido acuto, dal tono femminile.
Kooskia comprese che colui che lo aveva affrontato fino ad esso era una donna, probabilmente di giovane età.
Ritrasse la lama per poi tentare un ampio fendente mirando al braccio sinistro della ragazza, se lei non lo avesse parato all’ultimo istante probabilmente si sarebbe ritrovata una mano mozzata.
Con un gemito, la fanciulla si voltò cercando di raggiungere la cima della torre.
Kooskia non si mise fretta, lei non poteva fuggire da nessuna parte e il fatto di avere a che fare con un avversario di genere opposto non costituiva per lui nessun tipo di freno.
Il cacciatore nella foresta abbatte cervi sia maschi che femmine per garantirsi la sopravvivenza.
La ragazza era sfuggita alla sua vista e Kooskia proseguì fino a notare uno spiraglio di luce intensa.
Un’uscita dava sul tetto della torre e il giovane Cavaliere la attraversò cautamente, osservando per la prima volta con chiarezza colei che lo aveva assalito pochi minuti prima.
Come aveva compreso, la ragazza indossava lo stesso genere di abiti degli uomini che Niya aveva ucciso: abiti leggeri rinforzati col cuoio scuro in più punti per garantire un minimo di protezione.
Per la prima volta poté osservarla in volto, la sua pelle era chiara come quella di Kooskia: solo leggermente scurita dall’intenso sole di quelle terre meridionali.
I suoi lunghi capelli neri ricadevano dietro le spalle mentre gli occhi di un colore castano fissavano con ansia il giovane uomo dinanzi a lei.
-Aspetta fermati! Noi non siamo nemici, io… -
Ella sollevò la sua spada giusto in tempo per bloccare un fendente calato dall’alto. Il suo braccio ebbe un tremito, dovendo sostenere l’impatto fisico causato da Kooskia che possedeva una maggior forza muscolare.
Un sequela di colpi costrinse la fanciulla a retrocedere fino a trovarsi ad un passo dal vuoto.
Con un ultimo attacco, Kooskia riuscì a far volare via la spada dalla mano indebolita della ragazza: la lama volò oltre le spalle di lei, precipitando al suolo.
Il Cavaliere allungò la punta della sua spada verde verso il collo indifeso.
-Ti prego, io… -
-Credo che basti così, Kooskia. L’hai sconfitta, ora ascoltiamo quello che potrebbe rivelarci… -
L’imponente figura della dragonessa dorata in volo comparve alle spalle della ragazza.
Il Cavaliere non fu sorpreso nell’osservare in lei un espressione di stupore mista a paura, quando ella si voltò per osservare colei che evidentemente aveva reso la stessa ragazza partecipe delle parole appena pronunciate.
Kooskia abbassò la spada.
-Mi sta bene… considerati nostra prigioniera da questo momento in poi.-
La ragazza rimase in silenzio per alcuni istanti, Kooskia però non riusciva a valutare chiaramente le sue emozioni dalle espressioni del viso. La vista di un drago l’aveva sconvolta, come c’era da aspettarsi, ma non sembrava terrorizzata dalla vista di Niya come il Cavaliere si aspettava …
-Chiunque ella sia, potrà spiegarci molte cose … -
L’alto profilo di Laér era uscito fuori dal rozzo ingresso di pietra che dava sulla cima della torre.
-Ma che razza di progettazione! Solo degli umani potrebbero costruire delle scale tanto irregolari e sconnesse, per non parlare dell’intera struttura poi… c’è da vergognarsi.-
Kalgeck si fece avanti, col fiato leggermente pesante per aver affrontato una salita evidentemente non progettata per le sue gambe più corte del normale.
Brelan dietro di lui sembrava molto più riposato e cercava di trattenere un sorriso.
-Potrei strapparvi tutto ciò che voglio sapere dalla vostra mente, ma preferirei non farlo e lasciarvi parlare con onestà… innanzitutto diteci come chiamarvi.-
La ragazza volse lo sguardo verso l’elfo, i suoi occhi tradivano ansia.
-Io… mi chiamo Khelia, e ciò che avete fatto qui avrà delle ripercussioni tremende… -
L’elfo fu l’unico dei presenti a mantenere un espressione tranquilla.
Khelia volse lo sguardo, facendo un breve inchino imbarazzato in direzione di Kooskia.
-Io ecco, mi dispiace… non sapevo chi eri e queste terre sono pericolose. Meglio chiedere il perdono per un fraintendimento piuttosto che rischiare di ritrovarsi con la gola tagliata. –
Ella abbassò lo sguardo, fissando un indistinto punto sul pavimento di pietra grezza.
-Avete distrutto una compagnia dell’Impero… una cosa del genere non passerà inosservata né impunita. Li osservavo da giorni chiedendomi chi volessero razziare e mi domandavo il motivo del loro passo spedito. Quello che avete fatto tuttavia avrà grosse ripercussioni… Lord Aseld incolperà i Mashujaa per questo e molto sangue verrà versato.-
La voce cristallina dell’elfo si intromise con una tonalità incuriosita.
-Permettimi di interrompervi ma ... chi sono costoro ? Non credo di averli mai sentiti nominare... –
Khelia abbassò lo sguardo, parlando lentamente...
-Sono, o meglio erano, un popolo nomade dalla pelle scura come la notte. Anni orsono essi vennero sconfitti e resi schiavi dagli Imperiali. Molti di loro lavorano in una serie di cave o nei campi intorno all’Avamposto... ogni loro rivolta viene sedata nel sangue e che io sappia esistono solo poche bande ancora libere di vagare per queste terre. Quando Lord Aseld scoprirà che i suoi uomini non faranno mai più ritorno, egli incolperà i Mashujaa... è già accaduto in passato.-
La voce di Niya risuonò potente nelle menti di tutti i presenti.
-La colpa è mia... sono stata io ad uccidere quegli uomini e mia è la responsabilità del destino di questi Mashujaa. Mi dispiace Laér, ma questo decide ogni cosa.
Non posso lasciare questa terra sapendo che degli innocenti soffriranno per colpa delle mie azioni.-

Brelan alzò timidamente la voce, dando parola al proprio quesito..
-Io.. vorrei sapere, chi è questo Lord Aseld ? –
Khelia spostò lo sguardo, osservando il profilo lontano dell’orizzonte... aspettò alcuni istanti prima di parlare.
-E’ il discendente di un Lord che era stato inviato un centinaio di anni fa dall’Imperatore Galbatorix. Venne stabilita una colonia e venne eretta una cittadella nota come l’Avamposto.
Lo scopo originario era quello di sterminare eventuali draghi che cercavano di fuggire ad Oriente ma il nonno di Lord Aseld decise di rimanere ed insediarsi qui: reclamando terre e schiavi nel nome dell’ Imperatore della terra lontana dalla quale egli proveniva. Io sono nata e cresciuta nell’Avamposto, mio padre venne ucciso quando ero piccola perchè era uno degli oppositori del Lord: non tutti i coloni desiderano rimanere qui, così vicini ai Mashujaa e fronteggiando le loro insurrezioni. Molti di noi vorrebbero tornare ad occidente, verso le verdi terre dei nostri antenati.-
Il Cavaliere lasciò che il silenzio regnasse sulla cima di quella torre per lunghi istante.
Sapeva che gli sguardi dei tre guerrieri venuti da occidente erano su di lui, per la prima volta nella sua giovane vita egli vide due strade davanti a se.
Ma egli era consapevole di non essere il solo a dover rispondere a questa sfida.
Cercò Niya con la mente e i loro pensieri si fusero insieme trovando l’unica risposta che i loro cuori potevano accettare.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Lungo il cammino ***


Capitolo 16 Lungo il cammino

-… e così il nostro Cavaliere rimase per tutto il tempo con un espressione ignara e inconsapevole mentre la nostra capoclan Íorûnon non cessava di elogiare tali virtù con alcuni racconti della nostra Storia … -
Kooskia rise insieme ai presenti, anche se dovette ammettere a se stesso che sarebbe stato impossibile per lui comprendere su due piedi quanto veniva detto e quanto veniva sottointeso dalla nana che guidava il clan di Kalcegk.
-Ho sentito molto parlare di questa vostra capoclan, stando ai racconti è bella anche per gli standard di noi umani o sbaglio?- chiese Brelan con un sorriso.
- Oei… è bella e forte, sarebbe stata una monarca perfetta ma l’incoronazione di Re Orik del Durmgrist Ingeitum è stata comunque una scelta saggia. Purtroppo non sono giunti molti altri dettagli su come si è svolta la votazione e il tradimento del Durmgrist Az Sweldn rak Anhûin non era per nulla un evento inaspettato per come la vedo io.-
Il nano scosse veementemente il capo, per poi sputare parole piene di rabbia.
-Barzul knurlar! Hanno avuto quel che si meritavano e quando questa guerra sarà finita i clan dovranno decidere come risolvere la questione in maniera definitiva.-
-E’ un mondo ben più pericoloso della nostra foresta, lì nessuno poteva colpirci alle spalle e tradirci. Non sono sicura di volerlo vedere …-
Il commento privato di Niya non sorprese il giovane Cavaliere. Egli allungò una mano sulle squame del collo di lei: la dragonessa camminava lentamente, seguendo il passo dei cavalli. Uno dei motivi era il loro comune interesse di assorbire maggiori conoscenze sul mondo ad ovest, ma più cose imparavano… più quel mondo appariva loro oscuro e pieno di minacce.
-Non pensarci, ci sono anche cose interessanti dopotutto! Questa Íorûnon è stata un po’ scorretta nei confronti di Eragon però devo ammettere che l’interesse di lei nei suoi confronti è curioso.-
Una vampata di ironia si sprigionò dai pensieri di Niya.
-Questo è sicuro! Ricordami di presentarti qualche femmina nana la volta in cui visiteremo una loro città.-
Kooskia trattenne una risposta perché dopotutto l’allegria della dragonessa contagiava la mente del ragazzo umano, rendendolo partecipe di quello stesso divertimento.
-Per Angvard! Credo che Nasuada dovrebbe avere qualche parola in merito al riguardo: è pur vero che si tratta di una faccenda interna a voi nani ma Eragon è legato ai Varden.
Il suo tentato omicidio è anche un insulto a tutti noi e alla stessa leadership di Nasuada.. –
L’esclamazione dell’umano aveva scaturito curiosità in Kooskia, aveva sentito parlare della giovane donna dalla pelle scura che conduceva i Varden dai discorsi di Brelan, ma il nome “Angvard” suonava a lui sconosciuto.
-Chi è Angvard?- chiese ingenuamente, per poi ritrovarsi ad ascoltare un fitto dibattito tra Brelan e Kalgeck che verteva su nomi ed entità ignote a Kooskia.
Egli comprese poco delle parole dei due compagni, ma dopo alcuni istanti realizzò che esprimevano contrasti e differenze sulle rispettive credenze sull’aldilà e i poteri sconosciuti di questo mondo.
-Il Popolo dei Lupi non crede in nulla di tutto questo… la Foresta in cui viviamo ci nutre e ci protegge e ha un posto speciale nei nostri cuori, ma non vi è qualcuno che l’ha plasmata. E’ sempre stata così e così sarà per sempre, se il Popolo continuerà a proteggerla e a vivere in pace con essa.
Quando moriamo il nostro spirito si unisce agli spiriti di tutti coloro che sono vissuti prima, negli alberi, nei fiumi, nella terra… -
Il giovane umano rinunciò a difendere le semplici credenze della sua gente di fronte alle dettagliate contro-argomentazioni di Brelan e Kalgeck ma del resto non era veramente interessato ad affrontare l’argomento.
–Scopriremo la verità solo il giorno della nostra morte… - commentò privatamente con Niya
-E nel frattempo non crucciarti con questi dubbi, concentriamoci su ciò che siamo ora senza lasciare che i timori e le scelte degli altri influenzino i nostri giudizi.-

Più tardi, durante una sosta verso sera, Kooskia smise di prestare attenzione a Khelia.
Ancora non si fidava completamente né di lei né delle sue motivazioni così come il passato stesso della ragazza rimanevano un mistero per il giovane Cavaliere: tuttavia non poteva passare il resto del viaggio in attesa di un qualche segno che lasciasse trapelare inganno o tradimento.
Era altresì curioso di parlare con Laér: del trio di guerrieri dell’ovest egli era stato quello più freddo e più calcolato nel parlare e nell’esprimere il suo parare con Kooskia.
-Mi chiedevo … - disse, avvicinandosi con cautela. – Quali sono le credenze del tuo popolo?-
L’elfo era chino sul terreno, dove aveva appena riposto alcune delle bisacce portate dal suo cavallo.
-Ti sorprenderà sapere che… sono più simile alle tue di quanto non lo siano rispetto a quelle dei nani o degli umani come Brelan: noi crediamo in ciò che possiamo comprendere e non in entità ultraterrene alla quali prostrarci in cerca di protezione o rassicurazioni per il nostro futuro. –
Kooskia non fu sorpreso della risposta né dal tono utilizzato dall’elfo.
-Immagino che poche cose a questo mondo possano sorprendere te e i tuoi simili..-
-Poche in effetti… mostrami la tua spada-
Il giovane cavaliere rimase stupito della richiesta ma estrasse rapidamente la lama e Laér la prese con una curiosa deferenza. Osservò per alcuni istanti il profilo, incluso lo strano glifo inciso sulla lama e l’elsa brunita. Kooskia lo sentì pronunciare delle parole a bassa voce mentre strofinava due dita sul filo della lama.
-Sta usando la magia… -
La constatazione di Niya non era necessaria a Kooskia ma cionondimeno sottolineava l’abilità dell’elfo in quel campo così raro.
-Alleniamoci.- disse l’elfo, restituendo la spada a Kooskia.
-Sei sicuro di voler accettare di allenarti da lui? Non lo sottovalutare… -
-So bene che dev’essere più forte di quel che sembra ma questo non.. –

Laér aveva estratto la spada del precedente proprietario del suo cavallo, una lunga lama di acciaio con una elsa a croce: in pochi istanti l’elfo applicò sulla spada lo stesso incantesimo che aveva formulato su quella del Cavaliere.
Kooskia non ebbe il tempo di chiedere quale fosse la sua natura che l’elfo scattò verso di lui
La velocità del guerriero dai lunghi capelli lo sorprese, non aveva mai visto nulla muoversi con tanta rapidità e scioltezza.
Fece appena in tempo a sollevare la spada per deviare la lunga lama d’acciaio dell’elfo che Laér si esibì in una fitta di serie di attacchi: in una manciata di istanti il Cavaliere si vide costretto a retrocedere e ad impegnarsi a parare fendenti e stoccate realizzate con una maestria impeccabile.
-Ti sta battendo, non durerai mezzo minuto se … -
Kooskia represse una brutta risposta alla sua dragonessa ma per quanto cercasse di concentrarsi non riusciva a trovare il momento per sferrare un singolo colpo.
Colto dalla frustrazione egli si slanciò in avanti calando un fendente verso il basso ma l’elfo era riuscito a spostarsi di lato per poi abbassare la sua lama sulla nuda pelle della schiena del giovane.
Kooskia avvertì il formicolio della magia dell’elfo sulla pelle e comprese come essa servisse a prevenire l’esito letale che avrebbe avuto normalmente il filo della lama a contatto col suo corpo.
-Ti muovi rapidamente per essere un umano… e possiedi un curioso stile di combattimento aggiungerei.-
-Già… peccato che non sia servito a molto.-
-Non preoccuparti-
gli rispose Niya nella sua mente -Secondo me c’era qualche trucco magico… -
-Trucco o non trucco non posso permettermi di essere sconfitto così facilmente quando il mio futuro avversario cercherò di uccidermi.-
- Beh… se non altro quel Lord Aseld che affronteremo è un normale essere umano.-

Laér ripose la spada nel fodero, rivolgendosi poi al Cavaliere con un espressione tranquilla.
-Non crucciarti - disse con un sorriso, -Pochi esseri umani riescono a combattere alla pari con un elfo e questi erano tutti dei Cavalieri: col tempo e con l’addestramento migliorerai anche tu.-
Kooskia rinfoderò la sua lama verde nel fodero dietro la schiena, quindi si asciugò con una mano il sudore dalla fronte
-Non potresti insegnarmi? Sono sicuro che le tue conoscenze nella spada e nella magia potrebbero essermi di grande aiuto, sarei onorato di essere tuo allievo.-
L’elfo si volse e si incamminò verso un albero solitario che cresceva nella secca radura.
-Non è mio compito farti da insegnante, ricorda che non sei da solo ed hai già le qualità per affrontare gli avversari che dovrai affrontare in queste lande dimenticate. Quando raggiungerai Alagaesia troverai coloro che ti insegneranno ciò che hai bisogno di conoscere.-
Il palmo della sua mano delicata si posò sulla corteccia dell’albero.
-Tuttavia posso mostrarti qualcosa, una dimostrazione di cosa si può ottenere con la magia.-
L’elfo si mise a cantare.
E fu qualcosa che i presenti non avrebbero mai dimenticato.
Kooskia avvertì un sussulto al cuore mentre l’elfo cantava in una lingua a lui sconosciuta, solo dopo alcuni istanti riconobbe alcune parole dell’Antica Lingua inframezzate a tante altre che non conosceva.-
Il Cavaliere non comprese il senso della canzone ma riconobbe parole legate alla vita delle piante, allo scorrere della linfa, alla vita pulsante sotto la corteccia e al sacrificio che l’elfo compiva utilizzando la sua energia su quell’albero solitario.
Lentamente dalla dura corteccia si formò un prolungamento, come se un ramo dell’albero stesse crescendo da solo ad una velocità più elevata del normale.
Laér stava concentrando ora tutti i suoi sforzi su quel singolo ramo: la sua magia lo plasmava, adattandolo in una forma ben precisa e allo stesso tempo l’elfo attingeva visibilmente alla propria forza per sostenere l’albero e non prosciugare la vita in esso.
Dopo alcuni minuti il canto si interruppe e l’elfo rivelò un lungo arco. Kooskia non poté non rendersi conto dell’enorme differenza che vi era tra un tale oggetto e gli archi che venivano prodotti tra i cacciatori col quale era cresciuto: l’opera di Laér era un vero capolavoro di precisione e maestria.
-Dovresti sentirti sollevato che non ti ha invitato a sfidarlo con la magia…-
Nonostante le parole di Niya, Kooskia non provò né invidia né timore di fronte all’opera di Laér: il canto dell’elfo ancora riecheggiava nella sua mente e nessun altro genere di pensiero sembrava poter turbare quella melodia nella mente del Cavaliere.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Non si può tornare indietro ***


Capitolo 17 - Non si può tornare indietro

La vista che si mostrava dinanzi a lei non era particolarmente piacevole. La vasta e secca pianura si era sostituita con brulle colline rocciose che lasciavano poco spazio alle rade piante per crescere e svilupparsi. Esse tuttavia non continuavano fino all’infinito: un colle più alto degli altri copriva la vista di una conca fremente di attività umana.
L’altro lato della conca era ben più alto e ripido della collina dove la dragonessa era intenta ad osservare: una parete rocciosa costellata di cave e buche scavate dagli uomini mentre interi sentieri di pietra sembravano esser stati livellati per agevolare loro la salita o la discesa.
L’oscurità notturna non indeboliva la vista di Niya e la dragonessa scrutò attentamente quei pertugi abbandonati, al centro della valle rocciosa si sviluppava un intricato assembramento di tende. Ella volse il muso quando avvertì la piccola mano del suo Cavaliere sfiorare le squame della sua zampa sinistra.
-Sei sicuro che sia la scelta giusta da fare?- chiese.
Il giovane umano annuì. – Quelli che vivono in questa valle lo fanno contro la loro volontà, costretti da quegli stessi uomini che hanno colpito il mio popolo. La morte per mano tua di quei guerrieri scatenerà una vendetta su questi… Mashujaa. Inoltre, se quanto ha detto Khelia è vero, potremo trovare degli amici tra costoro. -
Niya volse il muso, fissando con un grande occhio dorato il suo compagno-di-cuore-e-di-mente.
-Non ti fidi di lei. Riesco a sentire i tuoi dubbi risuonare forti nella mia mente come il bramito di un cervo maschio…-
Una sensazione di colpa e di richiesta di perdono si avvicinò alla sua mente, la dragonessa la accolse e condivise con il suo Cavaliere i suoi dubbi e timori.
-Sei sempre convinto di voler agire in quel modo? Ogni volta che ci allontaniamo rischi sempre di metterti nei guai.- si lamentò lei.
Kooskia ridacchiò mentre Niya avvertì l’intensità della gratitudine nella sua mente.
–Non sarò solo Niya, non dico di non preoccuparti per me… ma converrai che l’entrata in scena di un drago è qualcosa che deve essere sfruttata al meglio e nel momento giusto.-
Niya diede il suo consenso con un borbottio.
-Assolutamente, per quanto riguarda lo stile voi umani siete assolutamente negati.-

La palizzata in legno che si innalzava davanti a loro era un lavoro grezzo e approssimativo, spunzoni di rami costellavano la cima ed altri erano stati posizionati a livello del terreno: infilati in cumuli di pietra. Ma questa modesta barriera difensiva dava l’idea di aver visto tempi migliori, in alcuni punti il legno era logoro e rovinato dalle intemperie mentre alcuni mucchi di pietre erano crollati.
Un paio di guardie assonnate sostavano dinanzi ad un ingresso lasciato incautamente aperto.
Kooskia non ebbe bisogno di altre conferme per realizzare come un attacco fosse l’ultima cosa che si aspettassero.
Uno dei due uomini che indossava la logora tunica rossa, già vista da Kooskia nella foresta, sollevò lo sguardo quando si accorse dell’arrivo degli stranieri al loro ingresso ma non fece in tempo a proferire parola che una freccia sibilante lo colpì in pieno petto.
L’elfo non diede tempo al suo compagno di reagire e con un uno scatto innaturalmente veloce lo raggiunse. Kooskia non ebbe neanche il tempo di vedere con chiarezza come Laér uccise anche la seconda guardia e non trattenne un sussulto di disagio di fronte all’innaturale ferocia di un essere all’apparenza tanto gentile e delicato.
Un rumore di lame estratte ed al suo fianco lo scintillio dell’acciaio si mise in mostra sotto quel sole a picco: un istante più tardi il Cavaliere e i suoi compagni irruppero oltre la barricata.
Un grido di allarme si levò al loro arrivo ma era oramai troppo tardi, il giovane rimase tuttavia interdetto di fronte alla vista che si mostrava davanti a loro.
Decine di uomini e donne dalla pelle scura erano accalcati sul lato roccioso della cava, pesanti catene ai piedi e ai polsi li tenevano imprigionati mentre dozzine dei loro compagni lavoravano più in alto nelle cavità scavate nella pietra.
Alcune guardie si lanciarono contro di loro, molti di essi non indossavano elmo o le consuete tuniche scarlatte mostrando un misto di abiti che includeva le pratiche uniformi da viaggio e da lavoro osservate da Kooskia alcuni giorni prima.
Non vi era da stupirsi inoltre che alcuni dei carcerieri lavorassero a torso nudo per il caldo, l’assenza di protezioni non costituiva comunque uno svantaggio rispetto ai loro compagni.
Brelan incrociò la lama contro uno dei loro nemici alla sinistra di Kooskia, mentre il nano fece buon uso di un ascia che aveva recuperato dal materiale salvatosi giorni prima dalle fiamme di Niya.
Il giovane cavaliere non si era stupito quando Kalgeck aveva rifiutato una spada, arma troppo lunga per la sua stazza, ed aveva scelto una solida scure dopo aver tagliato ed accorciato il manico in legno.
Benchè i suoi due compagni non possedessero le sovraumane capacità dell’elfo, si dimostrarono combattenti esperti e dopo alcuni istanti i loro primi due avversari giacevano nella polvere.
Con la coda dell’occhio il Cavaliere notò anche Khelia battersi con un avversario ma la punta della lancia di un carceriere dovette riportare tutta la sua attenzione sullo scontro imminente.
L’uomo che aveva dinanzi indossava un tunica rossa con l’emblema della fiamma dorata, ma era logora e macchiata di polvere: nulla nell’uomo faceva presupporre una qualche esperienza militare. La sua espressione era spaventata e le sue movenze goffe e Kooskia dovette fare un lungo respiro per cercare di ignorare l’odore di paura che si spandeva attorno a lui. Mosse in avanti il braccio sinistro e devio lateralmente con lo scudo la punta della lancia, quindi calò la lama verde verso il petto scoperto del nemico.
-E’ il secondo uomo che uccido…-
La muta constatazione venne interrotta dalle roche parole del nano.
-Per Gûntera! Faresti bene a chiamare quella tua dragonessa adesso, ragazzo!-
Un cerchio di guerrieri e carcerieri si era formato attorno a loro, gli uomini si erano fatti più prudenti dopo la morte dei loro compagni.
Kooskia si fece avanti, rivolgendosi a loro.
-Io sono Kooskia, Cavaliere dei Draghi. Chiedo la vostra resa.-
Le sue parole avevano suscitato sguardi di nervosismo misto ad un incredule ironia. Non avevano suscitato l’ilarità del passato solo grazie ai corpi degli uomini che giacevano nella polvere.
Il Cavaliere mosse alcuni passi sulla sinistra, cercando di rivolgersi agli uomini e alle donne incatenate. –Voi siete i Mashujaa, ho sentito che eravate un popolo di guerrieri una volta, cosa vi è successo?!- Kooskia volse lo sguardo verso la parete rocciosa e si incamminò fino a raggiungerla, non molto distante dagli altri uomini incatenati vi era un loro compagno.
Quando due carcerieri provarono a mettersi sul cammino di Kooskia, Laèr incoccò una freccia e questo bastò ad immobilizzare i due uomini.
Il Mashujaa dinanzi a Kooskia era l’essere umano più imponente che egli avesse mai visto: lo avrebbe potuto scambiare per un orso nella sua foresta, grazie alla sua stazza e al suo corpo color della notte. Muscoli possenti recavano segni di cicatrici e frustate mentre delle pesanti corde in cuoio lo legavano ad una piattaforma di legno.
-Perchè avete lasciato che degli uomini potessero trattarvi in questo modo? –
La voce del gigante d’ebano era profonda e risuonava come un eco nella mente del giovane.
-I nostri villaggi arsero nelle fiamme e il nostro sangue bagnò la terra. Quelli che non vennero uccisi ebbero poca scelta per proteggere la vita di quelli che non potevano combattere, straniero dalla pelle pallida.-
Kooskia sollevò la spada ed un barlume di timore scaturì negli occhi del gigante, finchè la lama verde recise i legacci in cuoio che lo tenevano prigionero.
-Basta selvaggio! Questo è il mio campo e quello è il mio schiavo!-
Una voce furiosa riecheggiò nella conca e voltandosi, Kooskia vide un uomo della stazza di poco inferiore al gigante che aveva appena liberato.
L’uomo si fece largo tra gli altri carcerieri. Sul bianco petto nudo si stagliava solo la fascia di cuoio che reggeva una fodera sulla schiena mentre il volto era coperto da un casco il pelle.
-Nessun uomo ha diritto di possedere un altro uomo e tu sei uno sciocco se credi di poterci fermare-
Kooskia chiamò la sua dragonessa con la mente.
-Era ora! Avrei potuto sistemarli io fin dal principio... –
-Hai ragione Niya, ma qui ci sono uomini che devono capire come la loro libertà possa essere riconquistata con la parola e con la spada anzichè col fuoco e con le zanne.-

La dragonessa dorata ruggì ed invece che atterrare nella conca volò dritta contro la palizzata in legno, sfondandola all’ultimo momento con le zampe posteriori. Ella atterrò sui resti e ruggì di sfida di fronte ai loro nemici. Bastarono pochi istanti di incredulità e questi ultimi gettarono le armi per poi prostrarsi a terra, tutti meno l’uomo che aveva alzato la sua voce contro Kooskia.
-Un... Cavaliere dei draghi beh... sei solo un ragazzo. Se hai un briciolo d’onore battiti con me! Senza quel tuo drago o trucchetti magici!.-
Kooskia respirò profondamente, quindi allungò il braccio sciogliendo la tensione dei muscoli. La sua spada verde scintillava grazie alla luce solare e il suo avversario estrasse dal fodero che teneva sulla schiena una lunga frusta.
Il suo colore marrone scuro era lucido e denotava una cura spasmodica per uno strumento designato solo a portare sofferenza.
Come il ragazzo scattò in avanti, l’uomo di fronte a lui sollevò la sua arma e caricò una sferzata che impattò contro lo scudo sollevato del Cavaliere: la lunga punta della frusta aveva tuttavia raggiunto il fianco del giovane che trattenne un gemito.
Kooskia si allontanò cercando di guadagnare tempo ma il suo nemico non gli diede tregua, mulinando con esperta precisione il suo strumento di tortura e la nuda spalla del ragazzo venne segnata da un colpo netto che fece scaturire il sangue scarlatto.
L’aria era satura di polvere e il sudore imperlava la fronte di Kooskia che non trovava un modo per oltrepassare la gittata dell’arma del carceriere.
-Potresti prendere la sua mente e porre fine a tutto questo!-
Kooskia scacciò via la critica della sua dragonessa perchè in cuor suo sapeva di dover vincere questa battaglia mantenendo la sua promessa: i Mashujaa dovevano vedere il loro tiranno cadere per forza o abilità, qualcosa che fosse alla loro portata.
L’uomo sollevò il braccio e caricò un colpo poderoso, Kooskia tuttavia si fece trarre in inganno e la frusta andò ad attorcigliarsi sulla sua caviglia sinistra. Tirando con rabbia il carceriere riuscì a sbilanciare il giovane che crollò a terra.
Prima che egli riuscisse ad allungare la spada e a mozzare la frusta, il suo nemico aveva già ritratto il suo strumento con un gesto esperto.
-E va bene... se stanno così le cose... –
Egli si alzò, poi lasciò il suo scudo che cadde a terra con un tonfo cogliendo di sorpresa il suo nemico: quando la frusta diresse contro di lui, il Cavaliere usò entrambe le mani per tenere la sua spada verde e spazzare l’aria di fronte a se. La lama smorzò l’impeto della frusta e Kooskia allungò rapido la mano sinistra afferrandone la cima. Per un istante la lunga frusta rimase tesa tra i due contendenti, quindi Kooskia mosse la spada nella sua mano destra contro di essa.
La frusta si tagliò di netto e sebbene il carceriere fosse in possesso della maggior parte della lunghezza originaria, egli era rimasto sbilanciato da quello stesso taglio.
Il giovane Cavaliere sfruttò il momento ed avvicinandosi con uno scatto infierì ulteriormente sulla frusta tagliandola lungo la metà: un istante più tardi e la sua lama era puntata contro il petto nudo dell’uomo.
-Ho vinto. Tieniti la tua vita ma questi uomini adesso hanno la loro libertà.-
Il Cavaliere si volse e ripose la spada nel fodero sulla schiena.
Non vide il volto dell’uomo contorcersì in un ghigno di rabbia nè la sua mano estrarre dal lungo stivale destro un coltello lì nascosto.
Prima ancora che egli potesse sferrare il colpo letale e prima ancora che Kooskia potesse reagire, avvertito dalle improvvise grida dei suoi compagni, accadde qualcosa: la mano del carceriere venne intrappolata da una presa micidiale.
Il gigante color della notte si era mosso con inaspettata rapidità ed ora tratteneva il braccio del suo nemico: un impresa non da poco, considerando come lo stesso schiavista non avesse nulla da invidiare in fatto di forza fisica.
Eppure lo schiavo liberato torse il braccio del suo nemico come se si fosse trattato di un esile ramoscello, mentre la sua mano destra si chiuse con implacabile ferocia sul collo del carceriere.
L’uomo lascio andare il coltello e cercò di allentare la presa dello schiavo, inutilmente.
Il secco rumore del suo collo che si spezzava interruppe i suoi tentativi.
Kooskia si volse a guardare l’uomo dalla pelle nera che aveva appena riconquistato la sua libertà.
-Avevi ragione ragazzo, il nostro era un popolo di guerrieri. E senza ricorrere a quella bestia dorata ci hai ricordato quel che serve per tornare ad esserlo.-
Alle loro spalle, Brelan e Kalgeck avevano liberato alcuni di quegli uomini che si affrettarono a loro volta a fare lo stesso coi loro fratelli.
Mentre i primi schiavi liberati raccoglievano vanghe e bastoni, gli ultimi carcerieri rimasti si raggrupparono al centro dell’accampamento, consci che nessuno di loro sarebbe sfuggito alla vendetta.

Il cielo era terso quella notte e il cuore del Cavaliere era appesantito dalle preoccupazioni e non riusciva a sentirsi dell’umore giusto per prendere parte ai festeggiamenti attorno al fuoco. Degli uomini e delle donne avevano ritrovato la libertà ma i pensieri di Kooskia erano velati da un ombra.
-Non possiamo più tornare indietro. Se lo facessimo ora, la vendetta contro parenti e compagni di coloro i quali abbiamo liberato questa notte sarà terribile: e la colpa sarà stata solo nostra. –

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** I dubbi di un Cavaliere e la felicità di una dragonessa ***


Capitolo 18 – I dubbi di un Cavaliere e la felicità di una dragonessa.

La terra sotto la sua mano era tornata ad essere secca e screpolata. Kooskia osservò con preoccupazione quel suolo asciutto e si voltò per osservare la lunga coda di persone dietro di loro.
Benché i loro nuovi compagni sapessero dove trovare dei pozzi d’acqua, essi erano rimasti sorpresi nel constatare come essi erano stati tutti distrutti o interrati.
L’unico pozzo intatto che avevano trovato in mattinata, emanava un odore inconsueto e Laér rivelò con un incantesimo come esso fosse stato volutamente inquinato.
-Li abbiamo liberati… solo per far morire di sete i loro figli?-
Il giovane cavaliere si ricongiunse alla testa della colonna, dietro di loro le figure degli schiavi liberati sembravano sempre più spossate. I pochi cavalli disponibili erano stati dati alle donne più in difficoltà o agli uomini più anziani ma l’assenza di acqua avrebbe reso quel genere di comfort inutile da lì a qualche ora.
-Se non troviamo dell’acqua entro sera, saremo costretti a tornare nella vecchia cava. Lì almeno vi era un pozzo e donne e bambini potranno dissetarsi.-
Le parole di Khamal erano possenti così come la statura del gigantesco leader degli ex- schiavi.
-E non solo loro… con questo sole non ci vorrà molto prima che anche noialtri crolleremo esausti in terra.- disse Kalgeck
Kooskia si rivolse a Khelia, che era rimasta come sua abitudine in disparte.
-Cosa puoi dirci?-
Ella rispose con uno sguardo carico di stanchezza.
-Non c’è molto da dire… dovevate aspettarvelo. Per ordine del Signore dell’Avamposto tutti i pozzi isolati o separati da una guarnigione devono essere distrutti: un modo come un altro per mettere alle spalle al muro i Mashujia ribelli rimasti in libertà.-
-Ma se questi sono ancora liberi e in forza per lottare, vorrà dire che avranno di che rifornirsi di acqua!- I pensieri della dragonessa raggiunsero il cavaliere ma non potevano essere di alcuno aiuto.
Kooskia si volse, cercando di scrutare l’orizzonte: aride colline si alternavano alla pianura deserta senza esporre alla vista uno specchio d’acqua o un fiume.
Il cavaliere tuttavia si stupì nello scorgere Laér allontanarsi di alcuni passi dal gruppo per poi sedersi su quel terreno arido.
-Volevi imparare qualcosa Cavaliere dei Draghi? Allora vieni qui e siedi accanto a me.-
La mente di Kooskia ebbe un attimo di sconcerto quando l’elfo comunicò tramite i suoi pensieri.
Il contatto con la mente di Laér era un esperienza a cui Kooskia avrebbe potuto abituarsi solo con una considerevole dose di tempo.
Incuriosito, egli raggiunse l’elfo e andò a sedersi al suo fianco.
-Dì alla tua dragonessa di scavare nel terreno di fronte a noi-
-Ma… avresti potuto dirglielo direttamente… -
-E’ estremamente scortese per uno come me rivolgersi ad un drago se non si è in una vera necessità oppure senza chiedere il permesso al Cavaliere. Ora fai come ti ho detto, Kooskia.-

Il giovane Cavaliere non obiettò anche se trovò irritante il tono dell’elfo.
-Per favore Niya, non ti ci mettere anche tu, fai come ha detto lui e basta… - disse, di fronte allo scetticismo e alla scarsa voglia di mettersi a scavare nella terra da parte della dragonessa dorata.
Fu solo quando la dragonessa ebbe scavato una buca profonda quasi la metà della sua stazza che Laér si disse soddisfatto e la fece fermare.
-Ora guarda, giovane Cavaliere e ripeti con me queste parole..-
Kooskia osservò con meravigliato stupore come il fondo della profonda buca si riempì di acqua dopo che lui e l’elfo ebbero lanciato l’incantesimo.
-Anche sotto il deserto più arido vi è acqua, giovane Kooskia. Ricorda inoltre che anche l’armata più possente può essere spazzata via in un pomeriggio se i suoi guerrieri hanno la gola secca, per quanto forti essi possano essere.-
Tutto intorno a loro si sollevarono esclamazioni di sollievo e giubilo mentre alcuni uomini iniziarono ad affaccendarsi attorno alla fossa per raccogliere il prezioso liquido.
-Aspetta Kooskia, ho qualcos’altro da dirti… immagino avrai notato anche tu che Khelia nasconde dei segreti.-
Il giovane concentrò tutta la sua attenzione nelle parole di Laér.
-Ho provato più volte ad avvicinarmi alla sua mente ma l’ho sempre trovata pronta e dotata di consistenti barriere. Probabilmente riuscirei a sfondarle ma con un grave danno alla sua mente ed ho preferito evitarlo. Avrai notato anche tu comunque la strana reazione del capo dei carcerieri dei Mashujia: a differenza dei suoi uomini egli non ha mostrato segni di timore di fronte a Niya, come se non fosse la prima volta in vita sua che si trovava dinanzi ad un drago. L’altra sera ho parlato in privato con quella fanciulla e lei è stata forse fin troppo rapida nell’assicurarmi di non aver mai visto o sentito di altri draghi in libertà in queste lande. -
Kooskia rispose, sconcertato. –Ma… tutti i draghi furono uccisi a parte le poche uova rimaste in mano a Galbatorix nelle terre ad Ovest e l’uovo da cui nacque Niya. Gli scheletri dei draghi che avevamo visto erano la prova che gli unici sopravvissuti ai massacri in occidente vennero rintracciati ed abbattuti qui dai nonni dei soldati che ora combattiamo: se qualche Cavaliere fosse sopravvissuto del resto avrebbe già distrutto gli Imperiali che vivono in queste terre!.-
-I segreti che Khelia tiene per se aprono interrogativi inquietanti, ma non devi farti turbare da ipotesi o idee prive di fondamento o spiegazione: concentrati in quanto puoi vedere, dimostrare e comprendere. Bada però di prestare attenzione alle mosse di quella ragazza.-

I suggerimenti dell’elfo sortirono effetto, turbando i pensieri del Cavaliere che vennero infettati dal dubbio come se una tela di ragno si stesse espandendo nella sua mente. Essi però vennero momentaneamente spazzati via da uno strano sentimento che avvertì provenire dal contatto della mente con Niya. Egli si volse a cercarla con lo sguardo e vide la dragonessa accovacciata accanto alla pozza dell’acqua: un piccolo gruppo di bambini si era avvicinato con fare timido a lei.
-Hanno detto che hanno un regalo per me!- disse eccitata la Dragonessa al suo Cavaliere.
Egli mosse alcuni passi nella loro direzione, incuriosito.
Quando giunse vicino a loro, poté osservare un bambino più grande degli altri allungare uno strano oggetto a Niya.
– Questo è per te, grande drago. Lo abbiamo fatto durante una pausa del viaggio…-
Tra le sue mani vi era un curioso oggetto: sembrava un grosso pupazzo fatto di rami intrecciati tra loro che aveva tutto l’aspetto di essere la riproduzione di un drago che volava con le ali spiegate.
Kooskia sorrise, colpito dalle intenzioni di bambini che devono aver visto così tanta sofferenza vivendo in quel luogo terribile insieme ai loro genitori.
Ma la reazione di Kooskia non fu nulla paragonata a quella di Niya…
-Kooskia, hai visto?! E’ un regalo! Un regalo per me! –
Il Cavaliere si stupì della reazione eccitata della dragonessa, ma poi realizzò che doveva essere una soddisfazione per lei vedersi al centro delle attenzioni di umani a dimostrare affetto quando era solitamente il suo Cavaliere a concentrare su di sé gli occhi e le parole altrui.
Certo: da quando avevano lasciato la foresta tutti avevano dimostrato di temere o ammirare la forza di Niya, ma alla fine la maggior parte delle attenzioni erano rivolte a lui, in quanto Cavaliere.
L’unica eccezione poteva dirsi essere stata Laér naturalmente, che aveva persistito in un comportamento un po’ troppo sbilanciato nei confronti di dragonessa e Cavaliere.
-Però non credo che potrei portarmelo in volo, e quando combatterò dovrò poter usare entrambe le zampe. Potreste tenermelo voi fin quando sarà tutto finito?-
Le espressioni dei bambini dalla pelle scura erano inizialmente intimidite, probabilmente a causa del contatto mentale con la dragonessa, ma poi i loro visi si decorarono di sorrisi quando videro come Niya si distese sul fianco davanti a loro.
Ella allungò una zampa e fece cenno col muso di avvicinarsi: i bambini lo fecero, inizialmente con cautela e poi con maggior sicurezza iniziarono a toccarle la zampa per poi sedersi su di essa o iniziare ad arrampicarsi tra lo sguardo divertito di Niya e quello preoccupato delle loro madri.
La cosa più sorprendente tuttavia fu lo sguardo dell’elfo.
Per un solo istante Kooskia aveva intravisto un sorriso spensierato, quasi desideroso di prendere parte a quel gioco da bambini.
Durò solo un istante: quando egli si accorse dello sguardo di Kooskia, l’elfo fu rapido a tornare alla sua solita espressione indecifrabile.
-Khelia non è la sola a nascondere i propri pensieri … - pensò Kooskia.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Diventare un capo ***


Capitolo 19 - Diventare un capo.

L’impronta era leggera, appena visibile, ma chi l’aveva lasciata non era stato accorto a tal punto da poter prevedere le abilità di un elfo.
-Secondo te da quanto tempo sanno che siamo qui? E perché non si sono fatti avanti?-
L’espressione di Brelan era preoccupata, l’uomo teneva il palmo della mano sinistra sul pomo della spada che portava al fianco mentre il suo sguardo vagava da un punto all’altro dell’arido profilo intorno a loro.
-Da ieri direi, e riguardo al motivo della loro timidezza, ciò è alquanto evidente … -
Rispose l’elfo con voce inespressiva.
-State dicendo che sarebbe colpa mia? – scattò irritata Niya – Non ho intenzione di volarmene via solo per far avvicinare questa gente e se vogliono continuare a giocare a nascondersi, per me possono restare lì dove sono. –
Kooskia avanzò al fianco della sua dragonessa, posando una mano sulla sua zampa anteriore destra e parlandole dolcemente per calmarla.
-Nessuno ti chiede di fare questo naturalmente, sei nervosa Niya? Sai che non hai nulla da nascondere con me. -
Rimorso e affetto fluirono dalla mente della dragonessa dorata verso quella del suo cavaliere.
-E’ soltanto che sono stanca di vagare nel deserto: non credo mi abituerò mai ad un ambiente del genere. -
La sagoma di Khamal si avvicinò lentamente verso di lui: il gigante indossava una tunica color porpora, che lasciava scoperta la spalla e parte del fianco sinistro, ed impugnava un lungo bastone.
-Col tuo permesso Cavaliere, penso di poter riuscire a parlare con loro. –
-Sei sicuro che vorranno aiutarci, Khamal?-
Lo sguardo del gigante si fece incerto per la prima volta da quando il Kooskia l’aveva incontrato.
Era strano vedere un uomo talmente imponente e temibile mostrare sconcerto o timore e il Cavaliere comprese che tale espressione non lasciava presagire nulla di buono.
-Le nostre usanze potranno essere rimaste invariate da quelle di alcune generazioni fa… ma quelli del nostro popolo che non furono schiavizzati si isolarono sempre più e a parte sporadici attacchi contro i soldati dei quali sentivamo parlare, i contatti tra loro e noi vennero interrotti anni or sono.-
-Insomma… non siamo sicuri se sono disposti ad accoglierci a braccia aperte o a riempirci di frecce fino a farci sembrare dei ricci!- commentò Niya e immediatamente il pensiero della dragonessa dorata ricoperta di una folta pelliccia spinosa come quella dei ricci si formulò nella mente del giovane Cavaliere, facendolo sorridere. Non fece però in tempo a nascondere quel pensiero alla sua compagna di cuore e di mente, perché ella si voltò fissandolo con i suoi grandi occhi dorati.
-Quello... non era niente, non pensarci Niya.-
Lei sorrise mostrando i suoi denti affilati -Lo spero bene per te, se ci tieni al fatto che non ti riduca in cenere i pantaloni lasciandoti a vagare nudo nel deserto.-
Kooskia si annotò mentalmente di badare ai suoi pensieri raminghi, se questi avevano a che fare con Niya in qualche situazione poco decorosa.


Qualche ora dopo, Kooskia stava risposando contro il fianco di una Niya ancora non del tutto riappacificata, quando il monotono richiamo di Khamal si fermò. L’uomo aveva levato la sua possente voce da diverso tempo parlando nella sua lingua natia a chiunque potesse essere in ascolto tra le aride colline circostanti: il fatto che avesse interrotto il suo richiamo significava che i loro osservatori avevano deciso di mostrarsi, oppure che egli aveva desistito.
Quando si alzò e notò l’agitazione ed il cicalio di voci aumentare intorno a loro, Kooskia ebbe conferma che l’ipotesi corretta fosse la prima.
-Non abbiate paura! Sono i nostri fratelli! Tenete giù le armi!- parlava ad alta voce Khamal, mischiandosi agli uomini più forti del gruppo di ex-schiavi che avevano sollevato con espressioni guardinghe le lance e le spade recuperate nella battaglia precedente.
-Ci hanno proprio circondati…- commentò Niya, e Kooskia dovette aguzzare lo sguardo per realizzare quanto questo corrispondesse al vero.
Una lunga fila di guerrieri si stagliava sul profilo delle colline che circondavano la loro postazioni, essi indossavano lunghe tuniche color sabbia o terra che sembravano ideali per mimetizzarsi in quel terreno.
Il Cavaliere non poté fare a meno di notare come tutti loro impugnavano leggeri scudi fatti di fasci di legno secco intrecciati tra loro: davano l’idea di essere molto leggeri e Kooskia si chiese se avessero potuto reggere l’impatto di una spada. Un’altra visibile caratteristica dei guerrieri era che essi impugnavano tutti corte lance e a volte tenevano sulla schiena archi e faretre.
Nessuno di loro sembrava indossare armature o possedere spade d’acciaio: qualche altra protezione in legno adornava le loro spalle o avvolgeva il capo, coperto anch’esso da altri veli e che lasciava esposto solo lo scintillio di occhi cauti.
Khamal si fece avanti verso di loro e un paio di quei guerrieri gli vennero incontro.
Il Cavaliere era troppo distante per rendersi conto cosa stessero dicendo, ma era evidente la preoccupazione dei due uomini ed uno di essi indicò da lontano Niya con la punta della lancia.
-Si stanno chiedendo perché dei Mashujia abbiano portato un tale mostro nella loro terra.
Si riferiscono a Niya ovviamente … - disse la voce limpida dell’elfo.
Laér si era messo al fianco del Cavaliere senza che quest’ultimo se ne accorgesse.
-Evidentemente non hanno mai sentito parlare dei draghi, almeno non nel dettaglio… o sarebbero ben più spaventati.-
Dopo alcuni lenti minuti, Khamal si voltò verso di loro e fece cenno di proseguire: lentamente la colonna degli ex-schiavi riprese il cammino, sotto lo sguardo attento dei guerrieri disposti sulle colline; il giovane Cavaliere rimase nel mezzo del gruppo, fianco a fianco con la sua dragonessa.
Il paesaggio attorno a loro iniziò a cambiare: le colline divennero via via sempre più rocciose fino a sollevarsi in duri rilievi e secchi alberi crescevano tra le crepe di quella pietra rossa.
Fu solo verso sera che il gruppo giunse a destinazione.
All’interno di una gola rocciosa, si rivelò un conglomerato di tende di svariata grandezza: molte voci si levarono dagli abitanti di quel villaggio nascosto, mentre il gruppo si avvicinava.
Kooskia fu sorpreso nell’osservare Khamal dirigersi verso di lui.
-Cavaliere … ci hanno accolto ma dubito fortemente che abbiano interesse ad unirsi alla nostra battaglia, temo che si dovrà rinunciare ad ogni proposito di guerra.-
Il ragazzo rimase interdetto un istante mentre attorno a lui i suoi compagni diedero voce ai suoi sentimenti.
-Ma… avevate detto che ci avreste sostenuti! Lo sai anche tu… vi daranno la caccia e vi rintracceranno fino a qui. Che lo vogliate o no, tu e il vostro popolo siete parte di questa battaglia!-
La voce di Brelan era intensa e decisa ma il gigante d’ebano scosse la testa con fare sconsolato.
-E’ già tanto che i nostri fratelli ci abbiano accolto, nel dirigerci qui ho ascoltato le loro conversazioni: temono il drago e credono che lei e gli stranieri possano solo essere portatori di sventura.-
-Un momento, noi abbiamo combattuto! Abbiamo combattuto e vi abbiamo aiutati, siete in debito nei nostri confronti! Eravate prigionieri e noi… -
Khamal scostò il capo, nel cercare di ignorare le parole del nano Kalgeck.
-Sì è vero, ma per gli abitanti di questo villaggio l’arrivo di nuovi membri significa nuove bocche da sfamare… e più probabilità di essere individuati e scoperti. Onestamente penso che in cuor loro molti dei Mashujiaa che sono qui avrebbero preferito che noialtri restassimo degli schiavi. –
Quelle parole risuonarono intorno a loro mentre il silenzio si propagò nel gruppo.
Gli ex-schiavi si erano accalcati ai margini del villaggio mentre i guerrieri, le donne e i bambini locali guardavano con paura e sospetto. Solo alcune anziane si erano avvicinate per distribuire un po’ di acqua e cibo ma nessuno dei Mashujaa liberati si era avvicinato alle tende.
All’improvviso dalla tenda più grande del villaggio si mosse un piccolo gruppo di uomini.
Alcuni di essi erano agghindati con tuniche più colorate, che variavano dal viola al rosso intenso mentre indossavano intorno al collo o alle braccia monili d’oro scintillanti.
Kooskia conosceva quello strano metallo giallo, perché a volte il Popolo dei Lupi lo trovava tra le rocce dei torrenti: ma a parte il fatto di costituire un curioso ornamento, esso non aveva altro valore. L’attenzione di Kooskia venne presto distratta da un lampo di consapevolezza che sembrò provenire dagli occhi di Laér.
-Osserva le braccia del loro leader… è un rituale di cui ho già sentito parlare.-
La voce dell’elfo risuonò nella mente del ragazzo.
-Forse c’è una possibilità… se qualcuno sfidasse il loro capo per il comando e ne risultasse vittorioso, il vincitore avrebbe il diritto di poter condurre il suo popolo in guerra.-
Kooskia rifletté rapidamente, mentre il gruppetto di uomini si faceva sempre più vicino.
-Lo sfiderò io, è mia responsabilità… - rispose all’elfo con la mente, per poi ritrovarsi travolto da un senso di fredda e profonda consapevolezza.
-Tu sei un Cavaliere: una carica che comporta grandi privilegi. Galbatorix è il chiaro esempio che nessun Cavaliere dovrebbe mai ottenere una posizione di comando alla testa di un popolo o di una nazione. Le tue intenzioni sono genuine ma c’è un motivo se i Cavalieri non hanno mai ricoperto una carica da regnante fino ad oggi: sarai tentato di utilizzare la tua forza e la tua influenza quando le responsabilità di Cavaliere sono di diversa natura.
No. qualcun altro dovrà affrontare questa sfida: qualcuno nato per essere un capo, qualcuno che appartiene a questo popolo.-

Kooskia volse lo sguardo verso Khamal. L’espressione del gigante si era fatta improvvisamente spaventata: gocce di sudore colarono dalla sua fronte scura.
Il Cavaliere si rese conto che Laér stesse parlando al Mashujaa nella mente, ma non comprese il motivo della paura evidente dell’uomo.
-Questa sfida è davvero così terribile? Oppure c’è dell’altro?- pensò Kooskia privatamente.

Le stelle rilucevano nella notte buia sopra di lui, Kooskia le osservava con un vago interesse mentre sedeva sulla roccia rossa del ciglio di un crepaccio.
Sotto di lui si stagliavano le luci del villaggio che illuminavano le tende nella notte. Il Cavaliere percepì la presenza di Khelia avvicinarsi a lui.
-E’ salita sin qui da sola… stai attento.- Lo mise in guardia Niya, che riposava alcuni metri più in la ma la cui mente era vigile anche durante quel finto sonno.
-Non ho nulla da temere Niya… -
Quando la ragazza si sedette ad un metro di distanza da lui, Kooskia volse leggermente il capo osservandola. Era innegabilmente una giovane attraente, ma troppe cose di lei restavano velate dal mistero.
-Non è ancora finita… da quel che ho capito è una prova di resistenza a chi sopporta il dolore. Mi sono stupita che non ti sia offerto tu per sfidare il loro capo. –
Il giovane Cavaliere tenne lo sguardo fisso verso l’orizzonte, cercando di non posare gli occhi sui lunghi capelli neri di lei: li trovava fin troppo affascinanti e lo turbava il fatto di provare interesse per una fanciulla del genere.
-Non era la scelta giusta da fare.-
Gli occhi castani di Khelia cercarono il suo sguardo, come se non fosse affatto sicura della saggezza della scelta di Kooskia.
-Io… credo che hai il diritto di saperlo, Lord Aseld è un nemico pericoloso. Se lui cade, i Mashujaa non saranno i soli a ritrovare la propria libertà… ma non devi sottovalutarlo. –
Il Cavaliere era sul punto di porle delle domande ma la fanciulla si alzò e fece alcuni passi, dandogli la schiena: tutto nel suo modo di comportarsi faceva trasparire i rimpianti e le sofferenze di un passato che non voleva rivelare a nessuno e Kooskia rispettò la sua intimità.
-Non saremo soli, quando marceremo su di lui. Khamal è un uomo d’onore e farà di tutto per aiutarci, al momento non possiamo fare altro che attendere e sperare.-
Dovettero passare alcuni lenti minuti finché agitazione e confusione nel villaggio confermarono come la prova fosse finita, qualsiasi sia stato il risultato.
Una figura solitaria si incamminò sul brullo sentiero che risaliva lungo il fianco della gola e quando essa raggiunse la cima, Kooskia e Khelia osservarono la sagoma imponente di Khamal.
Le sue braccia erano avvolte da grezze fasciature, macchiate di sangue fresco.
-E’… è accaduto, sono il nuovo capo del mio popolo. E ora ti confermo la promessa da me fatta: i Mashujaa cammineranno insieme a te per sconfiggere Lord Aseld, Cavaliere.-
Egli guardò il terreno, trattenendo un espressione visibilmente scossa.
-Spero di non dovermene pentire… quello che più temevo è successo: non affrontare il dolore o anche la morte in battaglia, ma essere un capo. Sapendo che le mie decisioni potrebbero causare la rovina della mia gente.-
-Non sei da solo, guerriero-color-della-notte. Il tempo è giunto per far tremare il cuore ai nostri nemici: zanne e artigli, fuoco e frecce faranno ricordar loro il destino dei tiranni. –
Tuonarono le parole di Niya, nella mente dei presenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Il tempo del fuoco e della zanna ***


Capitolo 20 – Il tempo del fuoco e della zanna

Kooskia posò una mano su una parete dell’abitazione: la pietra che la costituiva era fredda al palmo della sua mano. Il panorama lo inquietava; si sentiva soffocare tra quelle mura e le rade piante che crescevano nei cortili non riuscivano a mutare la sua opinione di quel luogo.
Distolse lo sguardo, mentre una banda di guerrieri Mashujaa usciva dall’edificio: alcuni di essi indossavano ancora gli stessi abiti consumati della precedente vita da schiavi ma la maggior parte di essi portava più curate tuniche rosse o color sabbia.
Il cuore del Cavaliere ebbe un fremito perché sapeva che sarebbe stato suo dovere reprimere le vendette più crude ma la decisa furia degli uomini dalla pelle nera unita alle sofferenze e dalle ingiustizie da loro patite si manifestavano con una rapida e precisa efficienza.
Le tenute periferiche erano state sistematicamente assalite e saccheggiate nel silenzio, gli schiavi che lavoravano la terra o i servitori nelle stesse abitazioni si erano uniti ai guerrieri armati e spesso avevano fatto pagare col sangue ai loro ex padroni gli anni di soprusi subiti.
-Lo sai che non possiamo fare nulla al momento, inoltre… quegli “uomini” meritano tale sorte.-
-Come Cavaliere dovrei essere in grado di vedere al di la della vendetta o del rancore, dovrei dare un esempio, ma se cercassi di fermarli o anche solo di placare la loro rabbia otterrei soltanto sospetti e dubbi sul mio conto.-

Non che questo non fosse già accaduto: quando nuovi gruppi di guerrieri armati erano giunti dalle pianure, chiamati a raccolta dai messaggi di Khamal, essi avevano rivolto gli scudi di vimini e le corte lance contro Kooskia e i suoi compagni dalla pelle bianca.
Solo le parole del possente Khamal erano riuscite a placare i sospetti iniziali.
Il giovane Cavaliere cercò con lo sguardo il gigante d’ebano; quest’ultimo ordinava con rapidi gesti ad una ventina di guerrieri di suddividersi in gruppi e setacciare alcuni magazzini che parevano abbandonati. Kooskia non era rimasto sorpreso dalle capacità di comando e di valutazione dell’ex- schiavo ed era consapevole che Khamal fosse l’uomo adatto a condurre i suoi compagni nella battaglia imminente.
Quando egli lo raggiunse, Khamal si volse con un ampio sorriso.
-Stiamo procedendo bene: le poche guardie che abbiamo incontrato sono state neutralizzate senza causare allarmi e per quando la luna sarà alta in cielo saremo pronti ad assaltare le caserme vicino alla cinta muraria. –
-Va bene però… devi cercare di contenere i tuoi fratelli, Khamal. Non tutte le persone che incontreremo in città saranno colpevoli della vostra schiavitù allo stesso modo degli schiavisti o dei proprietari di queste tenute.-
Il gigante d’ebano annuì, con un espressione meditabonda. – Lo so Cavaliere, ma il mio popolo ha sofferto come non puoi immaginare. Ci sono persone che devono pagare e lo faranno questa notte col loro stesso sangue. –
Kooskia annuì e cercò nuovamente Niya con la mente.
-Dovremmo iniziare a muoverci verso l’interno della città ed agire più in fretta di quanto abbiamo fatto finora. Per quando i Mashujia avranno raggiunto le caserme, noi dovremmo essere già oltre le mura e tu dovrai tenerti pronta.–
Non gli giunse risposta dalla sua dragonessa e un velo di imperscrutabili sentimenti coprivano i recessi della sua mente.
-E’ tutto a posto?- chiese lui.
Niya emise solo uno sbuffo di assenso dalle ampie narici e dopo alcuni istanti il Cavaliere tornò a concentrarsi sui compagni intorno a se. L’elfo, il nano e l’uomo venuti dall’ovest erano pronti ed in attesa, così come Khelia che tuttavia non tratteneva sguardi preoccupati: lo stesso Khamal era tornato dopo aver raccolto una dozzina dei suoi migliori capitani.
La vista dell’uomo era impressionante ma indossava una semplice tunica bruna ed in luogo di una lancia o di uno degli scudi leggeri in vimini usati da altri guerrieri, egli impugnava solo un lungo e pesante bastone decorato nella mano destra.
Kooskia chiuse gli occhi per un istante, cercando di trovare in se la sicurezza e la decisione nel rivolgersi attorno a coloro i quali lo circondavano: in così tanti riponevano la loro fiducia in lui e nelle sue scelte.
-Dovremo abituarci… - disse con gentilezza Niya nella mente del suo Cavaliere.
-Lo so..- rispose Kooskia, per poi aprire gli occhi e rivolgersi con decisione ai suoi compagni.
-Andremo soltanto in due con Niya… dovremo essere rapidi e precisi. Quando saremo oltre le mura, apriremo il portone e per quel momento le caserme esterne dovranno già essere conquistate.-
Quindi egli si volse verso i suoi compagni.
-Laér, avrò bisogno della tua abilità, della tua forza e della tua esperienza, mi aiuterai?-
L’elfo osservò a lungo il giovane Cavaliere e per un istante Kooskia avvertì un brivido di incertezza scorrergli lungo la schiena.
-Naturalmente.-
Egli quindi si accovacciò sul terreno, attorniato dai presenti, ed insieme abbozzarono una semplice mappa della città e delle mura sul terreno polveroso. Mentre degli esploratori di Khamal si avvicinavano con deferenza nei confronti del loro capo per fornire dettagli accurati, le voci dei presenti si accavallarono l’una sull’altra nell’elaborare possibili strategie di attacco.
-E’ deciso allora!- proclamò il guerriero dei Varden dopo che tutti i pareri si furono accordati verso un piano comune. Con il tono pratico del veterano quale era, Brelan riassunse le decisioni prese.
-Laér accompagnerà Kooskia e la sua dragonessa: lei vi depositerà dall’altro lato delle mura dove intratterrà per il tempo sufficiente le guardie sugli spalti mentre voi penetrerete nelle torri ai lati del cancello principale per sollevare la grata. In contemporanea Khamal e il grosso dei suoi uomini aspetterà oltre il ponte che da sul cancello, mentre altre squadre dovranno aver già conquistato le caserme il più silenziosamente e velocemente possibile. Io e Khalgeck...–
La sagoma della dragonessa si frappose alla luce lunare e l'ombra di Niya calò sul gruppo di guerrieri: il suo sguardo bruciava con un espressione di fuoco.
Quindi la dragonessa spalancò le ali, dischiuse le fauci ed emise un potente ruggito: il rombo tuonò nelle orecchie dei presenti e il suo eco rimbombò da un capo all’altro della città, seguito a ruota dalla potente voce mentale della dragonessa.
-Io sono una dragonessa! In questo giorno di furia e vendetta coloro che assassinarono i miei fratelli pagheranno col sangue! Nessun piano e nessun tranello vedranno il giorno della nostra vittoria: sali in groppa a me Cavaliere, oppure rimani qui a pianificare e a ponderare quando è ormai giunto il tempo del fuoco e della zanna!-
I presenti ammutolirono mentre ovunque giunsero rumori di finestre che venivano spalancate e ancora più lontano si potevano sentire le grida dei soldati di guardia su spalti e torri.
Soltanto Laér non sembrava affatto stupito del tono della dragonessa.
-Se pensi di poter relegare la tua … compagna-di-cuore-di-mente al ruolo di un cavallo o di una aiutante, ti sbagli di grosso, giovane Kooskia.- disse l’elfo privatamente al ragazzo.
Il lungo collo dorato si diresse verso il giovane nato in una foresta selvaggia e il cui cuore non aveva dimenticato l’energia che palpitava in Niya: avrebbe dovuto aspettarselo.
-Io sono il drago, ed io dico andiamo!-
Tuonò l’imperiosa voce mentale della possente creatura.
Non appena Kooskia si issò nella sella della sua dragonessa, ella ruggì nuovamente e si lanciò in una corsa terrestre lungo la strada principale che tagliava in due la città.
Dietro di lei arrancavano le forze di Khamal mentre con la coda nell’occhio il Cavaliere notò come l’elfo Laér si muovesse avanti a tutti loro: tra le ombre delle abitazioni e banconi di legno di mercati ora deserti.
Fu solo quando dopo alcuni istanti essi giunsero in prossimità del cancello d’ingresso che Kooskia osò contattare di nuovo la sua compagna con la mente.
-Posso chiederti cosa intendi…-
-Sono un drago Kooskia! E una porta per me non significa nulla!-

Niya spalancò le fauci mentre ancora stava correndo ad una velocità impressionante: un getto intenso di fiamme dorate colpì violentemente il portone.
Mano a mano che si avvicinava, Niya continuava ad alimentare il getto di fuoco senza interromperlo: un abilità che aveva sviluppato gradualmente solo col passare del tempo e con la sua crescita.
Mentre le parti in robusto legno prendevano fuoco, il metallo che costituiva l’ossatura del portone e la stessa grata di metallo che irrobustiva la protezione dell’ingresso, si piegarono fondendosi a seguito di un tale assalto.
Alcune frecce piovvero dagli spalti verso di loro, Kooskia ne intercettò un paio con la magia ma altre vennero bloccate misteriosamente: la sera prima il giovane Cavaliere aveva scambiato strane parole con l’elfo il quale gli aveva assicurato che “Le protezioni imposte su di lui avrebbero retto fintanto che la sua forza non fosse venuta meno”. Ma al momento di chiedere a Laér di quale tipo di magia si trattasse, l’elfo aveva risposto che ci sarebbe stato tempo dopo la battaglia per imparare di più su quel tipo di magia. Per il momento doveva accontentarsi di servirsene per restare vivo.
Drago e Cavaliere avevano ormai raggiunto il ponte di pietra sopra un fossato poco profondo, quando Niya interruppe il suo attacco e la sua stessa corsa. Il portone sfrigolava e bruciava, mentre il metallo e la grata di ferro ardevano di un colore rosso intenso.
Sfruttando lo slancio della sua corsa, Niya piantò le zampe anteriori sul ponte pietroso per poi ruotare il suo ampio corpo e sferrare un tremendo impatto con entrambe le zampe posteriori sul portone.
Il metallo indebolito dalle fiamme si spaccò e il blocco principale della grata di metallo volò all’interno dello stesso cortile mentre frammenti di legno vennero sparsi ovunque.
Un secondo ruggito di Niya echeggiò e gli uomini sugli spalti si bloccarono un istante, paralizzati dal terrore, mentre un coro di grida di guerra irruppe tra i guerrieri Mashujia che sciamarono verso il ponte di pietra e il cortile del castello, ormai senza difese.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Un Cuore in ostaggio ***


Capitolo 21 - Un Cuore in ostaggio.

Il pavimento dinanzi a lui era lucido e piatto, Kooskia non aveva mai visto nulla del genere: nemmeno in quell’antica torre di pietra nella quale aveva incontrato Khelia per la prima volta.
Le grandi sale si susseguivano una dopo l’altra e sporadicamente gruppi di uomini armati si scagliavano contro di loro, tentando di fermarli.
Il giovane Cavaliere avanzava, seguito da amici ed alleati: per un istante egli gettò lo sguardo al di fuori di una finestra vetrata.
La città sotto le mura era in preda a diversi incendi mentre le forze dei Mashujia prendevano d’assalto o assediavano le località chiave della città.
Ma la vera battaglia si svolgeva all’interno delle mura del palazzo, dove Kooskia e i suoi compagni (insieme ad un gruppo di guerrieri scelti Mashujia che avevano proseguito insieme a loro) si facevano strada verso il cuore stesso del castello.
-Non manca molto- disse un giovane dalla pelle nera.
Kooskia si volse nell’osservare il guerriero parte del gruppo dei Mashujia che era venuto con lui: egli era stato un servitore in quel castello e sapeva dove doveva trovarsi il loro nemico.
-La sala del trono di Lord Asald è oltre queste porte-
Laér si fece avanti, allungando la mano verso il portone per poi sfiorarne il legno intarsiato senza toccarlo: la magia dell’elfo si era rivelata preziosa in più di un occasione, specie quando si erano trovati dinanzi a porte sbarrate con l’uso della magia.-
-Va tutto bene, piccolo mio?-
Kooskia rispose trasmettendo una sensazione di calda quiete alla mente della sua compagna.
-Stiamo per sfondare l’ultimo portone, presto sarà tutto finito.-
-Lo spero… io sto aiutando i guerrieri ma… Kooskia c’è qualcosa di strano. Molti dei soldati sono rinchiusi nelle caserme e sembra quasi che si aspettassero... –

L’attenzione del ragazzo venne distratta dalle improvvise parole di Brelan, il guerriero umano ansimava e la sua spada era rossa di sangue, i suoi occhi tuttavia scrutavano pensierosi il gruppo di guerrieri alle loro spalle.
-Ma che fine a fatto la ragazza?- disse il guerriero tra sé e sé.
Kooskia si volse, incuriosito da quanto l’uomo aveva appena detto, quando Laèr annunciò:
-State indietro! E tenetevi pronti!-
Improvvisamente, il grande portone venne sfondato da un energia invisibile e quando il pulviscolo di legno sollevatosi si diradò, una compatta schiera di soldati si mostrò dinanzi a loro al centro della sala del trono.
Con un grido di guerra i Mashujia si slanciarono in avanti, seguiti da Kooskia e dai suoi compagni. Il rumore delle armi e delle grida riempì la sala, amplificandosi a causa dell’eco.
Kooskia alzò lo scudo per parare un colpo sferrato da un guerriero e allo stesso tempo roteò la sua lama per colpire il fianco esposto del nemico, passò oltre verso un avversario successivo eliminandolo rapidamente con un colpo che divise in due lo scudo del soldato.
-Le spade dei Cavalieri non vengono fermate così facilmente.-
Fu in quel momento che lo vide.
Lord Asald si alzò dal trono posto in fondo alla sala e Kooskia rimase colpito dal suo aspetto.
Era giovane.
Decisamente più giovane di quanto si fosse aspettato, con la pelle abbronzata dal sole e una rada barba scura che insieme ai capelli di uguale colore incorniciavano un volto che esprimeva solo determinazione.
Egli avanzò verso il centro della mischia accompagnato ai lati da un altro paio di soldati, quando estrasse la lama il cuore di Kooskia ebbe un sussulto.
Il colore della spada era di un intenso color violaceo, qualcosa di inusuale tanto quanto la spada di Kooskia. La mente del giovane Cavaliere cercò di rendersi conto di quanto ciò implicasse e rimase bloccato nel bel mezzo della mischia.
-Attento ragazzo!- urlò Khalgek, frapponendosi tra lui ed un guerriero e bloccando la lama dell’uomo con la sua scure, il nano la roteo affondando la lama nello stomaco del guerriero.
-Che hai? Perché ti sei fermato!-
Ma Kooskia non era il solo ad essersi bloccato: Laér era rimasto in piedi ed immobile, il suo volto solitamente così composto era deformato da una smorfia di orrore.
Oramai pochi guerrieri dalla tunica rossa erano rimasti in piedi ma anche il numero dei Mashujia si era assottigliato, Brelan prese per il braccio un ferito e lo trascinò per alcuni metri, quindi afferrò salda la sua spada con due mani e fronteggiò il Lord che avanzava.
Lord Asald non indossava armatura, né portava scudo: era avvolto da una veste blu scuro con ricami dorati e avanzava tenendo in pugno la lama viola quasi con non curanza.
Brelan si scagliò contro di lui e il Lord alzò la spada con una rapidità sovraumana.
-No… non può essere.- disse Laèr a voce abbastanza alta da essere udito dai presenti.
All’improvviso dal fondo della sala una porta secondaria si spalancò e ne uscirono altri soldati.
-Siamo in netta inferiorità adesso, dobbiamo ucciderlo ora o ritirarci!- gridò il nano.
Prima che egli potesse muovere un altro passo, Laèr lo raggiunse con uno scatto e strinse con forza il suo polso, trafiggendolo con uno sguardo sconvolto.
-Dobbiamo fuggire, adesso!-
Kooskia rimase interdetto, incerto se unirsi a Brelan nel suo duello oppure richiamarlo.
Ma come pose lo sguardo nuovamente sul guerriero umano, si rese immediatamente conto che Asald non era un avversario normale.
-Come… come è possibile?-
Il Lord aveva parato rapidamente e quasi con noncuranza una serie di fendenti che avevano ucciso in precedenza molti dei suoi uomini, quindi egli si mosse con una rapidità che Kooskia aveva visto solo nei duelli di Laèr.
Brelan cercò di parare il colpo con la sua lama ma il Lord la allontanò agilmente, quindi sferrò un secondo colpo senza che l’altro uomo potesse fare nulla per fermarlo.
La lama viola aprì uno squarcio nel petto di Brelan che cadde in ginocchio dinanzi al suo nemico senza emettere un lamento.
-Fuggiamo! Adesso!- urlava Laèr che stava trascinando a forza il nano; Khalgek guardava incredulo il corpo dell’amico mentre Kooskia mosse alcuni passi all’indietro mentre la schiera dei nuovi soldati appena giunti avanzò correndo verso di lui ad armi sguainate.
Il Cavaliere non si unì all’elfo, al nano e ai Mashujia sopravvissuti: egli cadde in ginocchio serrando le braccia nude attorno al corpo, mentre fitte di dolore gli attraversarono la schiena e la spalla.
La voce disperata di Niya lo raggiunse.
-Kooskia! Ce n’è un altro! Io… -
Un ruggito di dolore sconvolse la mente di Kooskia ed egli ruggì insieme a lei, mentre l’intera volta della sala venne travolta e frammenti di pietra volarono attorno a lui.
Il grande corpo dorato di Niya, venne schiacciato con forza sui resti del pavimento sopra i corpi di soldati e Mashujia caduti, un grande drago viola la teneva bloccata in tale posizione mentre schizzi di sangue scaturivano da una ferita sulla spalla della dragonessa.
Fu in quel momento, sotto lo sguardo attonito di Laèr e Khalgek che avevano già varcato il portone da cui erano entrati, che una nuova figura si levò dal gruppo di soldati.
Il grande corpo di Niya copriva metà della sala e la luce notturna della luna si era sostituita a quella delle torce accese, creando un atmosfera surreale.
Kooskia si rese conto che se anche avesse trovato la forza di soverchiare il dolore, egli non avrebbe potuto raggiungere il portone poiché era proprio il corpo della sua dragonessa a sbarrargli la strada.
Avrebbe potuto tentare di combattere fino alla morte ma la vista di un guerriero che si affiancò a Lord Asald lo sconvolse.
Khelia si avvicinò ad Asald, togliendosi un elmo bronzeo dal capo e tenendolo in mano.
Ella indossava un articolata armatura di placche bronzee ed un mantello cremisi sventolava dietro di lei.
-E’ andato tutto come avevi previsto, padre. Le nostre guarnigioni stanno respingendo gli schiavi ribelli fuori dalla città.-
Lord Asald annuì, quindi parlò per la prima volta usando l’Antica Lingua.
Kooskia sentì improvvisamente le sue forze venirgli meno e l’ultima cosa che avvertì prima di sprofondare in un sonno senza sogni fu il ruggito di dolore della sua dragonessa.

Le stelle brillavano in cielo e la luna illuminava l’interno della grande sala del trono ormai parzialmente distrutta.
Lord Asald si aggirava pensieroso su quel pavimento un tempo lucido ed adesso macchiato dal sangue di tanti uomini… e dal sangue di una dragonessa.
-Dovresti ucciderla, non significa nulla per te- disse una voce fredda e spietata.
Asald evitò lo sguardo del suo interlocutore, concentrandosi sull’espressione di furia e disperazione della prigioniera dinanzi a lui.
Due uomini le stavano ai lati ma ella non avrebbe più potuto fuggire dal palazzo come aveva fatto in passato.
-No, questo non posso farlo, del resto non può più recare alcun danno ormai.-
Con un gesto, ordinò ai suoi uomini di portarla via.
-Ricordati il tuo compito Asald, ricordati che possiedo il vostro cuore.-
Il Lord ebbe un brivido di terrore, nel guardare la creatura che a prima vista poteva essere scambiata per un uomo.
Il volto pallido come la morte e i capelli rossi color del fuoco .
La sua vita era stata sconvolta da quando si erano incontrati, molti anni prima.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Il drago viola. ***


Capitolo 22- Il drago viola.

La dragonessa si era abituata da tempo al caldo e all’afa ma la grande conca dove era tenuta prigioniera era costantemente illuminata dal sole a picco.
Non vi erano ripari poiché Niya era costretta al centro della conca: una spessa catena di metallo la teneva bloccata e la sua lunghezza era tale che non consentiva alla dragonessa di raggiungere gli spalti della conca dove guardie armate erano appostate notte e giorno.
In cuor suo Niya era consapevole che in qualche modo avrebbe potuto liberarsi e dare libero sfogo alla sua furia sui suoi carcerieri ma le vere catene che la tenevano lì bloccata erano più immateriali e molto più resistenti.
Avevano preso il suo Cavaliere.
E se Niya avesse tentato di liberarsi e salvarlo, egli avrebbe immediatamente sofferto le conseguenze delle azioni della dragonessa.
La cosa che la straziava era come il loro legame mentale fosse indebolito e offuscato: era divenuto presto evidente come il ragazzo fosse costretto a mangiare cibo con una qualche sostanza, a sopprimere l’uso della magia da parte di Kooskia.
Tale stato di debolezza andava anche ad intaccare il loro legame e Niya soffriva nel sentire il suo Cavaliere ai margini della sua coscienza, senza poterlo trovare nel mare di nebbia che lo avvolgeva.
Ringhiò frustrata, artigliando il suolo per l’ennesima volta: aveva tentato di dissipare quella nebbia dall’esterno ancora una volta senza successo. Poteva parlare col suo Cavaliere ma il loro dialogo era lontano e distante e i suoi pensieri giungevano a lei confusi e frammentari.
Un rumore pesante la colse di sorpresa alle spalle, si volse e vide il grande drago viola atterrare dietro di lei.
Istintivamente Niya ruggì, il suo grido echeggiò tra le mura gialle e terrose della conca.
-Comprendo la tua rabbia… - disse lui con voce profonda.
Lei rispose sprezzante: - La comprenderai meglio quando avrò affondato le zanne nel tuo cuore!-
Il drago più grande piegò il capo, con espressione di rimpianto e profondo dolore nel muso.
-Ho già perso il mio Cuore molto tempo fa Niya, e non sono padrone delle mie azioni più di quanto non lo è la piccola formica che lavora nella colonia in cui è nata.-
Niya emise uno sbuffo a sentire tale strano paragone, quindi si rese pienamente conto delle parole del maschio: ella conosceva il proprio Cuore dei Cuori, non che sapesse esattamente a cosa servisse, ma era una parte del suo corpo proprio come tante altre.
-Volevo dirti che il tuo Cavaliere non corre alcun pericolo. Oh… ma dimenticavo di presentarmi, il mio nome è Tèmrer, e solo l’ultimo drago dell’Ordine sopravvissuto a oriente del Deserto di Hadarac. –
-Avevo sentito che tutti voi eravate stati uccisi.- disse lei, cercando di trattenere la delusione: aveva sognato e sperato di incontrare un altro drago come lei ed il primo che aveva incontrato si era rivelato un nemico.
- Galbatorix non sa della mia esistenza, io e il mio Cavaliere ci siamo nascosti tanto a lui che agli ultimi superstiti dell’Ordine, ammesso che ve ne siano stati.-
-E tu hai lasciato che il tuo Cavaliere si nascondesse qui come un codardo? Spadroneggiando al comando di soldati con la fiamma di Galbatorix e sottomettendo i Mashujia? Queste non sono le azioni di un Cavaliere e del suo Drago.-
Tèmrer scosse la testa, come a voler scacciare via tali parole: - Hai ragione… non lo sono, sono più vecchio di te Niya ma ai tempi della Caduta ero ancora giovane. Giovane e sciocco come il mio Cavaliere, mi separai dal mio Cuore dei Cuori quasi per diletto … per godere dei piccoli vantaggi che tale pratica consentiva. Quale errore fu quello: quando i massacri dei Wyrdfell iniziarono a sembrare inarrestabili io, il mio Cavaliere e pochi altri giovani abbandonammo l’Ordine. A quel tempo giustificammo la nostra azione a noi stessi come il desiderio di preservare la razza dei Draghi e l’Ordine stesso ma fu la paura e il timore a dominare i nostri cuori. I massacratori di Galbatorix ci rintracciarono oltre il deserto di Hadarac: erano capeggiati da un leader potente e inaspettato, i nostri compagni vennero tutti uccisi e il mio Cuore dei Cuori venne rubato, rendendomi impotente di fronte alla strage. –
Niya volse il capo, osservando con orrore e pietà il drago viola.
-Fu in quel momento che quel demonio ci piegò al suo volere. Egli non obbediva agli ordini di Galbatorix e seguiva un volere molto più oscuro di quel pazzo traditore, agli occhi del neo auto-nominatosi Re Galbatorix la sua spedizione ottenne il successo sperato: sterminare tutti i draghi che avevano tentato di fuggire ad est. Egli non seppe mai della mia sopravvivenza e quando non ricevette più notizie probabilmente dimenticò quella che per lui era solo una spedizione abbandonata in lande remote, probabilmente sterminata da malattie e nativi. –
Temrèr si avvicinò lentamente alla femmina, esibendo per la prima volta un sorriso.
-Non avrei mai immaginato che almeno un altro uovo fosse stato messo in salvo! E’ stato un incredibile colpo di fortuna che uno dei subordinati del mio Cavaliere decidesse di disertare seguendo sogni e speranze di potere: uno dei gruppi che era stato mandato alla loro ricerca e che si era spinta fino alle propaggini occidentali di queste terre vi trovò, a vostra insaputa l’unico mago del gruppo celò la propria presenza e sfuggì alle tue fiamme, per poi comunicare di aver visto un drago in libertà ed un nuovo Cavaliere. Tutta la successiva catena di eventi è stata condotta con questa speranza, che il nuovo drago ritrovato fosse una femmina, speranza aiutata anche dal fatto che i Mashujia non sapevano della mia esistenza. Queste colline rocciose dietro la rocca sono piene di gallerie e caverne e qui trascorso gli ultimi decenni, tenendomi in disparte anche dagli occhi degli umani che credono di servire il mio Cavaliere nella sua falsa identità di Lord imperiale.-
Niya piegò leggermente il capo osservando per la prima volta il corpo del drago: le sue scaglie violacee rilucevano e le sue zampe e il petto erano dotate di muscoli gonfi e sviluppati.
La dragonessa sentì del calore crescerle nel petto.
Delle voci umane risero sugli spalti della conca, con un ruggito furioso Temrèr si volse e rilasciò una feroce fiammata verso di loro, incendiando quel tratto di muro ed una torre di legno adiacente.
Nessuna altra voce si levò.
Il grande drago viola ruggì insulti nei confronti delle guardie, vive o morte, quindi piegò il muso.
Egli sfiorò appena la catena che teneva la dragonessa legata e il duro metallo si sciolse come neve al sole.
Niya trattenne un gemito di sorpresa poiché ciò che aveva appena visto era uno di quei rari episodi in cui i draghi manifestavano la magia in modo istintivo e senza controllarla consapevolmente.
-Per favore, non cercare di fuggire in volo… sarei costretto a combattere per fermarti e non voglio farlo.- disse lui con espressione cupa.
Niya non dispiegò le ali né cercò di fuggire: sapeva che non era quella catena oramai liquefatta a tenerla prigioniera e per la prima volta avvertì che vi era qualcos’altro a tenerla legata a quel luogo a parte la prigionia del suo Cavaliere.
-Non… non potevo sapere che il drago avvistato fosse davvero una femmina: tale era la mia speranza ma… -
Niya mosse la lunga coda verso di lui, accarezzandogli il muso come per zittirlo.
Aveva capito i sentimenti e i desideri del maschio e benché lei stessa si fosse chiesta in passato come si sarebbe comportata in una tale situazione, ora la sua mente era sgombra da preoccupazioni e gli istinti stavano per dominarla.
-Niya… sei sicura? – chiese distante la voce del suo Cavaliere.
-Mio compagno-di-cuore-e-di-mente… ti chiedo di benedire la mia scelta e restare insieme a me per quello che ha da venire.-
-Hai paura?
– rispose la voce.
-Affatto… ma sento che tale è la sua grandiosità che non posso tenertene a parte. –
Attraverso la nebbia che si era frapposta a forza tra le loro menti, la dragonessa avvertì un ondata di affetto da parte di Kooskia.
-Fagli vedere come è fatta una vera cacciatrice della nostra foresta … -
Niya emise un mugolio di piacere, quindi si slanciò verso il drago viola azzannandogli la spalla.
Lui resistette all’impatto benché sangue sgorgasse dalla ferita e sul muso della dragonessa, il maschio fece perno sulla zampa anteriore destra e sfruttando il suo maggior peso la sbatté a terra, quindi si guardò sorpreso la ferita sanguinante.
-Avevo sentito leggende sul comportamento delle dragonesse selvatiche e di come fossero formidabili… -
Lei rimase a terra, stesa su di un fianco come una gatta, con la lunga coda che frustava il terreno.
-Allora non hai visto ancora niente Témrer, dimostrami di essere più che uno schiavo e battiti con me per avermi!-
Improvvisamente la dragonessa dorata si slanciò sul fianco esposto di lui ma il grande drago maschio la aspettava, le afferrò il collo e sfruttando lo stesso slancio riuscì a ribaltarla e a farla rovinare al suolo: la grande zampa artigliata di lui premette quindi contro la sua schiena, trattenendola.
Niya mugulò di soddisfazione e sottomissione nei suoi confronti, colpita dalla forza e dalla prontezza di riflessi di lui. Senza che lei avesse proferito parola, Tèmrer la lasciò andare quindi spiccò il volo e rimase in aria in attesa di lei.
La dragonessa dorata lo seguì, senza degnare di uno sguardo le guardie rimaste sugli spalti che in effetti si erano rintanate nelle torrette e nelle casematte.
Il fuoco dei due draghi si unì in una singola fiammata in cielo prima che i due atterrassero di nuovo nella conca: infine la dragonessa si accovacciò al suolo, invitando finalmente il maschio a prenderla tra ruggiti di piacere e di passione.


Il cucciolo non voleva stare attento e continuava imperterrito a concentrare tutta la sua attenzione su di un uccellino azzurro che cinguettava in cima ad un albero.
Redpaw gli pungolò il fianco con il muso e poi mordicchiò l’orecchio destro del cucciolo ormai mezzo cresciuto per riportare la sua attenzione sulla lezione di posta alla preda.
Nonostante la frustrazione a volte generatasi dal dovere allevare una piccola banda di monelli, il giovane lupo era soddisfatto e felice nel vederli crescere ed era grato alla sua compagna di essere una madre tanto premurosa.
Il cucciolo però commise un altro errore, mettendosi a ringhiare.
Redpaw stava per dargli un'altra lezione quando si rese conto che il piccolo non stava ringhiando al branco distante di cervi ma a qualcos’altro.
Il lupo si drizzò e annusò l’aria, fiutando qualcosa di strano.
Abbaiò al cucciolo di tornare alla tana da sua madre e dai suoi fratelli mentre lui stesso decise che si sarebbe messo a investigare.
Non poteva permettere ad un pericolo misterioso di minacciare la sua famiglia!
Non c’era nemmeno tempo di avvertire con l’ululato gli altri branchi o gli umani del Popolo dei Lupi, doveva agire subito e doveva agire da solo.
Redpaw corse nella foresta in direzione dell’intruso: rimase sorpreso nell’avvertire che fosse uno solo e il suo odore, benché ricordasse quello dei due-zampe, era in effetti diverso.
Ringhiò e gli sbarrò la strada, osservando il suo nemico.
Gli occhi di lupo non sono buoni quanto quelli dei due-zampe ma Redpaw riuscì a notare come l’intruso fosse alto e slanciato per essere un due-zampe: con lunghi capelli corvini.
Egli rimase sorpreso quando sentì parole antiche e potenti ma che il lupo comprese alla perfezione.
-Non sono tuo nemico, fratello cacciatore, il mio nome Laér e vengo qui in cerca di aiuto: due cacciatori di questa foresta, Kooskia Figlio dei Lupi e Niya Figlia del Cielo, sono stati catturati da nemici potenti. Aiutami fratello… portami da coloro i quali sono disposti a lottare per la loro e per la nostra libertà. –

NOTE:
Per semplificarmi la scrittura ho posto l'intero dialogo tra Niya e Temrèr in caratteri normali anzichè in corsivo. Benchè sia questo un capitolo dal punto di vista di Niya ho deciso di ridurre l'uso dei termini dragoneschi che ha fatto Paolini nell'ultimo libro e ho cercato di adattarmi più allo stile dei dialoghi fatti da Glaedr o quelli dei primi libri anzichè quelli che vedono i pensieri di Saphira alla fine (in effetti Paolini cambia un pò lo stile nel corso dei libri e soprattuto nell'ultimo libro si nota una grossa differenza tra Saphira e Glaedr, personalmente l'ho trovata un pò troppo marcata). Altro piccolo dettaglio: "Temrèr" è un omaggio al drago Temeraire dell'omonima serie, nel corso di alcuni libri viene così chiamato dal draghetto Volly che non riesce a pronunciare il nome intero per bene: tutto sommato però è un bel nome alterato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Confronto ***



Capitolo 23 - Confronto

Il Cavaliere aveva oramai perso il conto dei giorni: albe e tramonti si susseguirono dalle sbarre della finestrella della sua cella, che si affacciava sul cielo indaco. Aveva vagamente considerato l’ipotesi di segnare lo scorrere del tempo sul muro ma l’utilità di tale passatempo gli parve scarsa.
Ciò che più lo faceva soffrire era la difficoltà nel contattare la sua dragonessa poiché i suoi sensi rimanevano velati e benché riuscisse ancora ad avvertirne la presenza e a percepire parte delle sue parole, ciò che recepiva era solo una pallida ombra di quel che avevano condiviso un tempo.
Parte della sua attenzione era anche rivolta ai dialoghi dei suoi carcerieri.
Riusciva a coglierne solo una frazione ma di importanza sempre più rilevante: mentre essi inizialmente si dimostravano spavaldi e sicuri di sé, negli ultimi tempi Kooskia aveva afferrato stralci di conversazione che non lasciavano presagire nulla di buono per loro.
-A quanto pare lì fuori sta succedendo qualcosa… stanno ancora combattendo.-
La risposta della sua compagna di cuore e di mente giunse sfocata, ma riuscì a comprenderla.
-Gli uomini sugli spalti della mia prigione a cielo aperto… sono sempre di meno, come se ci fosse un gran bisogno di loro altrove. Témrer non mi ha voluto dire nulla però… -
Il giovane cavaliere non replicò, pensieroso.
Al di là di ciò che era accaduto tra la sua dragonessa e il drago viola, i cui frammenti di emozioni avevano raggiunto anche lui nonostante l’annebbiamento dei suoi sensi, Kooskia iniziava a porsi domande a cui non riusciva a trovare risposta.
Stando alle parole di Niya, quel drago misterioso non era un cattivo individuo eppure era legato ad un cavaliere come Asald.
-Se io cadessi nell’oscurità, tu che cosa faresti Niya? Mi seguiresti? Saresti costretta a farlo?-
La dragonessa non rispose.

Il giorno successivo, il giovane cavaliere si svegliò di soprassalto quando una delle guardie gettò senza tanti complimenti la scodella con il solito pasto all’interno della sua cella.
Fatto ciò l’uomo si allontanò di corsa con una fretta inusuale.
Anche gli altri due uomini di guardia erano in visibile stato di allerta e anziché sedere ad un tavolo a giocare a dadi o bere vino, essi erano in piedi e chiaramente preoccupati.
-Niya… cosa sta succedendo? Vedi qualcosa?-
La dragonessa inizialmente non rispose, poi parlò con espressione incerta.
-Non … non ne sono sicura. C’è grande movimento sugli spalti e degli uomini stanno guardando verso qualche punto in particolare, credo che sia la città. Si intravede del fumo, pensi che ci siano dei combattimenti in corso?-
L’attenzione del Cavaliere venne spostata sulle sue guardie poiché esse si affrettarono verso la porta: l’aveva appena aperta una figura ammantata con cappuccio e volto celato, per un istante rimase ferma all’ingresso ma poi estrasse una lama che affondò nel ventre di una delle due guardie.
L’uomo cadde all’indietro con un grido e il suo compagno sguainò la spada cercando di decapitare l’aggressore, quest’ultimo serrò le distanze e ne scaturì un confuso corpo a corpo coi due contendenti che lottavano per immobilizzarsi a vicenda.
L’individuo ammantato finì a terra e il soldato alzò vittorioso la spada per colpirlo, all’ultimo istante tuttavia il guerriero parve bloccarsi per poi accasciarsi al suolo. Un coltello era affondato nel suo petto.
L’uomo misterioso si concesse alcuni istanti per riprendersi dallo scontro, quindi afferrò un mazzo di chiavi dal fianco della prima guardia uccisa e si diresse verso la cella di Kooskia.
Il Cavaliere trasalì quando la vide.
-Traditrice… -
Gli occhi di Khelia sobbalzarono e sembrarono riempirsi di dolore.
-Non… non è come credi.-
-E cosa dovrei credere? Ti ho vista marciare armi in pugno contro di noi… Brelan e tanti altri sono morti per causa tua.-
Lei rimase in silenzio, abbassando lo sguardo.
-Non nego che la loro morte sia colpa mia ma… io non sono chi credi. La guerriera che hai visto era mia sorella maggiore, io… -
-Anche se questo fosse vero, ciò non toglie che tu ci hai condotti qui deliberatamente. La morte di tanti è solo colpa tua, e tutto questo per soddisfare i piani di tuo padre.

Il giovane cavaliere tirò un pugno contro le sbarre di metallo.
-Sono stato uno stupido a fidarmi di te! Ti permisi di unirti a noi senza sapere nulla del tuo passato!-
-Non avevo scelta!- rispose lei. –Vi sareste mai fidati di me se avessi rivelato chi era mio padre? Ascoltami ti prego, c’è un potere più grande dietro di lui… se riuscissimo a salvarlo noi… -
- Salvarlo?!- il giovane cavaliere guardò con rabbia la fanciulla oltre le sbarre.
Il silenzio che si creò veniva inframezzato solo dal distante rumore di battaglia.
La giovane allungò una mano e aprì con le chiavi la serratura del cancello.
-Ti sto liberando perché non sono tua nemica, tu sei l’unico che può affrontare mio padre. Non ti chiedo di fidarti di me. Ti chiedo solo di fare ciò che ritieni giusto.-
Khelia fece un passo indietro, quindi si tolse la mantella, rivelando di portare sulla schiena la spada verde del cavaliere nel suo fodero.
Quando la ragazza gliela consegnò, il Cavaliere la estrasse.
Fu tentato di aggredirla ma non lo fece.
-Se questo è un altro inganno, non ti lascerò un’ altra possibilità.-
Lei annuì.
-Andiamo, dobbiamo raggiungere i cortili esterni e liberare Niya.-
-Voi non andrete da nessuna parte.-
Una figura si scostò dall’ombra: i lineamenti perfetti del volto manifestavano solo ferrea decisione.-
-Laèr! Che sollievo vederti…. cosa sta succedendo? I Mashujaa hanno rinnovato un attacco?-
-Non sono solo loro, sono andato dal tuo popolo e li ho convinti a venire a combattere per liberti, ma tutto questo oramai non ha più alcuna importanza.-
L’elfo estrasse la sua elegante lama.
-Tu adesso verrai con me, Cavaliere… ti porterò dove avrei dovuto portarti fin dall’inizio. Nella Du Weldenvarden per essere addestrato e preparato dal mio popolo a combattere le vere battaglie che ti aspettano contro l’Impero.-
Le parole dell’elfo colpirono Kooskia più di una spada.
-Io… io…. no aspetta, non possiamo semplicemente andarcene!-
Laèr scattò in avanti e colpì con violenza col manico della spada la fronte di Khelia che crollò all’indietro quindi, senza che Kooskia riuscisse ad avvertire con esattezza tutti i suoi movimenti, l’elfo gli si portò alle spalle e piegò con la mano libera il braccio destro del Cavaliere.
-Tu verrai con me umano! Sono stufo di tanta stupidità… Brelan è morto a causa di una mia debolezza, non avrei dovuto essere così indulgente con te. Ci sono responsabilità dalle quali sono fuggito e ho permesso che tu venissi invischiato in questo conflitto inutile quando le sorti di Alagesia potrebbero dipendere dalla tua presenza o meno sui campi di battaglia ad ovest!.-
La spada di Kooskia cadde al suolo e il giovane si piegò sulle ginocchia, avvertendo come l’elfo avrebbe anche potuto spezzargli un braccio alla minima pressione applicata.
Sempre tenendogli il braccio bloccato in una morsa di ferro, Laèr rinfoderò la sua spada e raccolse quella di Kooskia.
Lasciò andare il Cavaliere, mandandolo a sbattere contro una parete, per poi recuperare il fodero della lama verde: rinfoderò la spada del Cavaliere e se la sistemò sulla schiena.
-Non ho ucciso questa traditrice perché ho avvertito che se lo avessi fatto sarebbe stato difficile averti collaborativo nei miei confronti, adesso muoviti. Dobbiamo andare dalla tua dragonessa e poi lasciarci alle spalle questi luoghi.-
Kooskia si scagliò contro l’elfo per ritrovarsi senza neanche sapere come con la faccia contro il pavimento e sangue che gli colava dal labbro.
-Sei uno stupido se pensi di poter battermi sul serio, credevo che questo lo avessi già capito.-
La mano destra dell’elfo si chiuse nuovamente sul polso del ragazzo, piegandogli ancora una volta il braccio e costringendolo ad avanzare.
-Tu hai… hai portato qui il mio popolo! E convinto i Mashujaa a combattere ancora solo per avere un diversivo per liberarmi, loro moriranno per causa tua!-
-Sono sacrifici necessari, ragazzo. In guerra muoiono migliaia di persone ma la tua liberazione può da sola essere in grado di alterarne il corso… -
Il giovane Cavaliere non tentò di replicare ancora, ma non smise di lottare con tutte le sue forze per liberarsi dalla presa dell’elfo, inutilmente.
La frustrazione di Laèr veniva contenuta, quasi che egli avesse preventivato la resistenza di Kooskia.
Egli però non aveva evidentemente previsto quanto accadde poco dopo, quando essi superarono un nuovo corridoio: da un percorso laterale sbucò dinanzi a loro il nano Kalcegk.
Il nano era attorniato da un gruppetto di guerrieri Mashujia ed in mezzo a loro vi era Khelia: sembrava non essersi ancora del tutto ripresa dal colpo ricevuto poco prima.
-E’ una fortuna che lei conosca tutti i passaggi e corridoi di questo posto, così da avermi permesso di tagliarvi la strada… -
Commentò piatto il nano.
-Già… - fu la sola risposta dell’elfo.
-Immagino che avrei dovuto sospettare questa tua mossa quando sei sparito all’improvviso, un altro esempio della fiducia degli elfi nei confronti delle razze che per così tanto tempo hanno ignorato?-
Gli occhi dell’elfo si levarono furiosi ma egli non fece in tempo a proferire parola che il nano lo incalzò.
-Non provarci nemmeno, Laér … le chiacchere sulla lealtà e i doveri di voi elfi. Credevo che il tempo passato con noi, sia prima che dopo aver scoperto dell’esistenza di un altro Cavaliere, ti avessero aperto gli occhi sul fatto che esistono molti tipi di lealtà a questo mondo.-
Laèr abbassò il capo, e la sua voce si fece piatta.
-E’ in gioco troppo, per lasciarsi andare a sentimentalismi. Devi capirmi, Kalcegk… -
-Credi forse che io sia uno sprovveduto o un sentimentale? Barzuln! Sono un guerriero, Laèr, proprio come te… ma a differenza di te ora mi è chiaro c’è ben altro che le mere ambizioni di un giovane cavaliere rinnegato sperduto in un angolo di terra sconosciuta. o mi dirai che sei convinto che quel giovanotto abbia messo su questo piccolo impero tutto da solo? –
Kooskia rivolse lo sguardo verso Khelia, sicuro che nonostante le parole forti di Kalcegk, fosse stata la ragazza ad aver messo la pulce nell’orecchio al nano: ma le sue parole avevano valore?-
-… o sarà un'altra trappola?-
Evidentemente anche Laèr si rese conto della cosa perché la sua attenzione si rivolse proprio a Khelia.
-Vedo che si è ripresa… bene allora, faremo a modo tuo. Preparati ragazza, perché entrerò nella tua mente e non intendo subire alcuna resistenza da parte tua. –
-No! Io non… -
Il nano afferrò il braccio di Khelia, come a cercare di dissuaderla dal resistere.
-Avevi… mi avevi detto che ci sono pericoli per la mente di un umano se un elfo si attarda troppo in essa. – chiese il Cavaliere.
-Sarò sbrigativo e Khelia è senz’altro una fanciulla forte… ma il suo stato di salute mentale direi che sia la nostra ultima preoccupazione a questo punto.-
Durò meno di quanto Kooskia si aspettasse.
Khelia si accasciò a terra, indubbiamente provata ma parzialmente lucida.
-Sto… sto bene… - disse quasi a rassicurare se stessa.
Il volto dell’elfo era impallidito, eppure trapelava determinazione.
-Non avrei mai immaginato… - disse con un sospiro.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Il ponte del destino ***


Capitolo 24 - Il ponte del destino

L’uomo si fermò, osservando la stretta via dinanzi a lui.
I muri delle case si ergevano ai suoi lati, ma dall’interno non proveniva alcun segno di vita.
Khamal si chiese se non stesse per condurre i suoi guerrieri in un'altra trappola.
Il grande guerriero aveva dovuto impiegare tutta la sua persuasione per cercare di convincere gli altri condottieri Mashujaa di rango inferiore a non abbandonarlo.
Aver vinto la prova dei Lunghi Coltelli non garantiva la loro lealtà eterna, specie di fronte allo sterminio totale del loro popolo.
Nei giorni precedenti era riuscito a mantenere le forze degli uomini dalla pelle pallida in costante allerta, compiendo assalti notturni alla periferia della loro città.
-E adesso ci giochiamo tutto: come il cacciatore, con una sola freccia nell’arco, di fronte alla preda che sta per caricare.-
Egli allungò il possente braccio destro, aprendo la porta socchiusa di un’abitazione con la punta della lancia, poteva avvertire dietro di sé il fiato dei suoi guerrieri più leali.
Era l’ultima occasione, l’ultima battaglia per tentare di rovesciare la sorte: almeno così aveva promesso l’elfo e Khamal aveva prestato fede alle sue parole senza indugiare.
Dovevano solo intrattenere le forze degli Imperiali il più a lungo possibile nella speranza che il secondo tentativo di affondare la lancia nel cuore del nemico andasse a buon fine.
Khamal aveva solo sentito parlare dai pochi sopravvissuti Mashujaa della battaglia nel cuore del palazzo: il gigante color d’ebano rimpianse di non avervi preso parte perché egli si era convinto che avrebbe potuto farsi largo tra alleati e nemici per affondare la lancia nel petto malvagio del loro oppressore.
-Forse… forse il drago arriverà?-
Chiese un guerriero alle sue spalle, quando superarono un altro edificio abbandonato.
Un brivido di terrore scosse il gigante, poiché anch’egli aveva visto il drago viola apparire dal retro della fortezza, per scagliarsi contro la dragonessa dorata.
-Non lo ha fatto finora e dobbiamo credere che non lo farà: se ci attaccasse qui in città rischierebbe di uccidere anche gli uomini del suo padrone.-
La risposta data ai suoi guerrieri non convinceva nemmeno Khamal, ma egli sapeva che un leader doveva mostrare sicurezza dove gli altri giacevano nel dubbio.
Non ebbe il tempo per rassicurarli ancora, perché una lama scintillante passò a pochi centimetri dal suo naso.
Dall’ombra di un vicolo laterale, l’Imperiale aveva allungato la spada un istante di troppo in anticipo e l’istintiva cautela di Khamal gli aveva fatto rallentare il passo in prossimità dell’imbocco del vicolo.
Ruggendo contro di lui, il gigante allungò la lancia per poi affondarla nello stomaco del suo assalitore, impalandolo contro il muro dell’edificio: Khamal guardò oltre e vide una dozzina di soldati ammassati nella stretta via laterale un attimo prima che questi si lanciassero all’unisono.
Khamal cercò di estrarre la lancia, col solo risultato di spezzarla, ma la spada del primo assalitore venne bloccata dal troncone in mano al guerriero.
Egli emise un altro urlo tonante e allungò lo scudo di vimini che portava al braccio sinistro direttamente contro il volto del soldato, facendolo barcollare all’indietro.
Negli istanti successivi, gli altri Mashujaa dietro a Khamal si slanciarono in avanti, combattendo a ranghi serrati contro i soldati, uccidendoli o ricacciandoli nelle profondità del vicolo.
Khamal si accorse del rischio troppo tardi e altre urla di nemici alle loro spalle gli fecero rendersi conto di essere in trappola.
Una compagnia di soldati era sbucata dalla via centrale che loro stessi avevano percorso ed ora erano loro ad essere imbottigliati nel vicolo.
Khamal si fece largo tra i suoi guerrieri ammassati, per raggiungere la coda del gruppo che stava già affrontando i nuovi nemici quando all’improvviso un sibilo di frecce risuonò sopra le loro teste.
Delle sagome si muovevano dai tetti e benché il primo istinto di Khamal fosse quello di levare lo scudo di vimini, si accorse rapidamente che le frecce stavano centrando con precisione mortale i soldati che li avevano intrappolati.
Sbraitò degli ordini e afferrò la lancia di uno dei suoi guerrieri per poi lanciarla contro il gruppo di nemici confusi: l’arma si conficcò nello scudo di uno loro facendolo barcollare per l’impatto.
Khamal raccolse da terra la spada di un soldato caduto e la levò alta in cielo conducendo i suoi uomini in una carica.
Quando anche l’ultimo dei guerrieri nemici era caduto, Khamal si concesse di guardare verso i loro imprevisti alleati sui tetti.
Erano anche loro uomini dalla pelle pallida anche se recavano capelli lunghi: come i Mashujaa anche loro non indossavano armature di acciaio ma, invece di tuniche blu o nere, essi portavano rozzi pantaloni di pelle di animale e spesso non indossavano altro sui petti nudi.
Khamal si rese conto che il loro aspetto ricordava quello di Kooskia, il Cavaliere.
-Non possiamo restare qui, dobbiamo proseguire!- disse ai suoi uomini, spronandoli a continuare.
Il gruppo dei guerrieri guadagnò nuovamente la via principale ed iniziò a percorrerla: sui tetti rimaneva la costante presenza dei loro nuovi alleati.
Khamal si sorprese da come essi si muovevano: agili e veloci come bestie selvatiche.
L’attenzione del guerriero venne però a concentrarsi sul ponte che si ergeva alla fine della grande via… e sulla schiera compatta di soldati pronti ad attenderli.
Di fronte ad essi, spiccava una figura differente dalle altre: un guerriero solitario ricoperto da un’ armatura bronzea e con un mantello cremisi che svolazzava dietro di lei.
Khamal non ebbe bisogno di sapere altro: sapeva bene che caduto il capo, il resto dei suoi uomini sarebbero stati più propensi ad arrendersi.
Evidentemente anche il suo nemico doveva aver pensato la stessa cosa, poiché i loro sguardi si incrociarono quando Khamal ruggì prima di caricare: una volta che la distanza si ridusse considerevolmente, Khamal si rese però conto dell’errore da lui commesso, poiché chi lo stava affrontando aveva senza ombra di dubbio un aspetto femminile.
La guerriera approfittò dell’attimo di esitazione di Khamal: ella portava un grande scudo rettangolare al braccio sinistro ed una lancia impugnata nella mano destra, la punta luminosa di quest’ultima fendette l’aria con precisione e Khamal ebbe appena il tempo di levare lo scudo di vimini.
La lancia trapassò lo scudo da parte a parte come se fosse fatto di erba e la punta sfiorò appena la pelle del braccio sinistro, ma quanto bastava ad incidere un solco di sangue.
Khamal approfittò del fatto che la lancia fosse bloccata dai resti del suo stesso scudo e allungando la spada riuscì a tranciarla in due.
I due avversari si distanziarono, mentre Khamal si liberò dei resti dello scudo ed impugnò la spada con due mani, la guerriera fece lo stesso con il troncone della lancia ed estrasse una spada affilata.
Intorno a loro, i combattenti di entrambe le fazioni avevano fatto spazio, consci che il duello dei due leader avrebbe potuto risolvere l’esito dello scontro.
Khamal fece un respiro profondo ed osservò bene il suo avversario: era sorpreso ed infastidito dal fatto di dover affrontare una fanciulla che non arrivava alla sua spalla per altezza, ma era consapevole che doveva essere decisamente più portata di lui nel combattimento con la spada.
-Sei più abile… ma non forte quanto me. – pensò il guerriero, e si slanciò in avanti.
Imprimendo ogni volta con un urlo profondo i suoi fendenti, Khamal cercò di risolvere la questione in fretta: non poteva permetterle di sfidarlo in un tenzone di abilità.
Ogni colpo sferrato dal guerriero avrebbe potuto dividere in due un uomo, ma la fanciulla si mantenne sulla difensiva, evitando molti degli affondi piegandosi da un lato o all’indietro, e solo raramente sollevò la lama.
Poi la ragazza colpì, e la sua spada trovò un varco nel basso ventre del guerriero: Khamal si ritrasse appena in tempo ma avvertì il dolore quando la spada calò più a fondo, affondando nella coscia destra.
Si ritrasse, leggermente piegato, e con il volto contorto da una smorfia di dolore: non era una ferita mortale, ma lo avrebbe affaticato.
Khamal tentò un assalto disperato, imprimendo tutta la sua forza in un colpo laterale che andò a trovare lo scudo metallico della fanciulla: quest’ultimo si piegò a seguito dell’impatto e la ragazza fece alcuni passi all’indietro per liberarsene.
Si levò l’elmo, e Khamal rimase sorpreso nell’osservare lo stesso volto che aveva accompagnato il Cavaliere e che aveva combattuto per liberarli.
-No… perché… tu?!- fece in tempo a balbettare il guerriero, prima che la ragazza riuscisse con un abile colpo a disarmarlo.
La spada del guerriero cadde a terra, distante, ed egli si lasciò cadere in ginocchio: una mano stretta sulla coscia ferita e che perdeva sangue.
-Un altro che mi scambia per la mia cara sorellina… - disse la ragazza con un ghigno divertito.
Lei sollevò la spada, e Khamal si rese conto che presto tutto sarebbe finito.
Chiuse gli occhi per un istante ma invece di sentire il sibilo della lama, un ruggito animale risuonò attorno a lui. Una grande bestia color della cenere si era slanciata tra i due contendenti: aveva l’aspetto di un cane, ma agli occhi di Khamal apparve chiaro che l’animale era decisamente più grande e feroce.
Volse lo sguardo dietro di lui, e notò come alcuni dei nuovi inaspettati alleati si fossero mischiati a suoi guerrieri: che la bestia appartenesse a loro?
-Non sarà un animale a strapparmi la vittoria… - disse la fanciulla, con voce superba, prima di alzare la lama.
Ma la creatura non gliene diede il tempo, come un lampo grigio si scagliò contro di lei ed atterrò pochi metri più in là, alle spalle della ragazza.
Per alcuni istanti, lei rimase immobile, poi un rivolo di sangue cominciò a sgorgare da uno squarcio sul collo.
Khamal si alzò in piedi, osservando lo sguardo sorpreso e furioso della fanciulla: fece due passi verso di lei, e prima che la ragazza potesse sollevare la spada, chiuse le mani attorno al suo collo.
Il secco rumore del collo spezzato, fece trasalire i soldati Imperiali che osservavano il duello mentre i guerrieri alle spalle di Khamal esultarono.
Uno dei soldati si fece avanti: - E’ stato un combattimento sleale! Come possiamo cedere di fronte a questi schiavi e a questi selvaggi! Non hanno onore e portano persino le loro bestie selvagge con loro! Se cederemo, cosa ne sarà delle nostre famiglie?! Le daranno in pasto alle loro bestie!-
Khamal prese fiato e concentrò lo sguardo nei confronti dell’uomo che aveva parlato.
Avrebbe voluto ricordar loro con quanto onore il suo popolo era stato reso schiavo, di come le loro vite erano state completamente asservite e alle dipendenze dei voleri dei loro padroni, voleri che potevano includere il diritto di vita e di morte.
Poi però rammentò coloro i quali lo avevano liberato e ciò che aveva appreso dalle loro azioni.
Ora toccava a lui pronunciare le parole di un capo.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Il ritorno del Cavaliere ***


Capitolo 25  - Il ritorno del Cavaliere.

Il volto dell’elfo rimase pervaso da calma e quiete ma Kooskia percepiva la tempesta scatenarsi sotto la superficie.
-Amici miei, vi prego di portarla al sicuro. Raggiungete il vostro capo e portate Khelia con voi: la battaglia che ci aspetta oltre queste porte è al di là della vostra portata.-
La voce di Laèr era colma di ragionevolezza e benché alcuni dei giovani guerrieri paressero voler protestare, i più anziani li condussero via.
Il giovane Cavaliere scambiò una fugace occhiata con Khelia, la quale era cosciente ma chiaramente provata.
-Si riprenderà.- disse l’elfo. –Se è forte anche solo la metà di suo padre.-
Suo padre.
Kooskia respirò profondamente, mentre Kalcegk pose le sue tozze mani sulla superficie del legno per poi aprirlo con un grugnito di sforzo.
La sala del trono era rimasta immutata dall’ultimo scontro: il tetto e parte del muro erano ancora divelti e si vedeva in lontananza l’intera città, come anche l’esito della battaglia.
-E’ finita, Asald.- disse l’elfo.
-Le tue forze sono distrutte e ridotte alla resa, in ogni caso hai perso.-
L’uomo non parve reagire minimamente a quella ovvia constatazione.
-Vi prego di arrendervi, le vostre morti saranno inutili.- rispose.
Laèr fece un cenno ed il trio di compagni avanzò verso il Cavaliere rinnegato.
Come prevedibile, l’elfo distanziò i suoi due compagni con uno scatto di velocità sovraumana ed estrasse la lunga lama ricurva con la stessa rapidità: Asald reagì prontamente, levandosi dal suo trono di pietra ed estraendo a sua volta la spada.
Dopo che le due lame cozzarono, l’umano riuscì a spingere indietro l’elfo, guadagnando terreno e i due duellanti si scambiarono una serie di rapidi colpi la cui velocità era al di fuori della comprensione di Kooskia.
Con un barlume di ragionevolezza, si rese conto che l’elfo aveva probabilmente lasciato che Kooskia avesse la meglio su di lui in alcuni dei loro duelli di addestramento.
Il livello dello scontro non escluse comunque Kooskia e Kalcegk: ogni qualvolta l’elfo arretrava di un passo, Kooskia prendeva il suo posto, scambiando pochi colpi con il loro nemico.
Era evidente come il Cavaliere traditore avesse decenni di esperienza alle spalle e Kooskia fu grato all’ascia di  Kalcegk.
Il nano non poteva sperare di duellare allo stesso livello del loro nemico o dell’elfo o dello stesso Kooskia, ma un’ascia da guerra non era un’arma da duello e Asald doveva ritrarsi ogni qualvolta Kalcegk allungava la potente arma.
-Ancora!- gridò l’elfo ai suoi compagni, per poi scagliarsi nuovamente contro il suo nemico, coadiuvato dai colpi laterali sferrati sia da Kooskia che Kalcegk.
-Non è…. un combattimento molto onorevole… - disse il Lord con una smorfia, mentre la sua lama parava un colpo di Kooskia e piegava allo stesso tempo la testa per non essere decapitato da un ben più insidioso fendente dell’elfo.
Quest’ultimo rispose con gelida furia.
-L’unica cosa onorevole in questo confronto sarà la tua morte.-
-Hai detto bene elfo.- disse una voce glaciale.
Kooskia non fece in tempo a vedere chi l’avesse pronunciata, poiché si sentì il collo stretto da una morsa di ferro invisibile.
Lasciò cadere la sua spada e si accasciò al suolo, a malapena cosciente ed in grado di respirare.
-Kooskia!- giunse il grido disperato di Niya.
Il giovane cavaliere avrebbe voluto urlare alla sua dragonessa di stare lontana: implorandole di non intervenire e di mettersi in salvo, ma le forze che gli rimanevano gli lasciavano a malapena l’energia per continuare ad osservare.
Kalcegk venne sospinto via, come se fosse stato colpito da un’enorme maglio invisibile, per poi svanire dietro ad un cumulo di frammenti del tetto crollato.
Il Cavaliere osservò l’individuo che si stagliava all’ingresso della sala.
Era un uomo … o almeno così sembrava poiché la figura ammantata di nero aveva una pelle mortalmente pallida, coronata da lunghi capelli color rosso fuoco.
-Lo sapevo…. – disse l’elfo, trattenendo a malapena la sua furia e disperazione.
-Quindi per tutto questo tempo eri tu a controllare Asald.- disse.
Lo Spettro fece un ghigno e sollevò una mano a mostrare una sfera violacea che pulsava lievemente di una luminescenza dello stesso colore.
-Uccidilo!- sibilò lo Spettro.
Asald attaccò l’elfo con quella che sembrò essere il doppio dell’energia impiegata prima.
Laèr dovette impegnare tutte le sue abilità e Kooskia riusciva a malapena a seguire tutti i movimenti delle loro lame.
Dopo alcuni tragici istanti, la spada del Cavaliere trovò la coscia dell’elfo aprendovi una ferita: Asald si mosse di fianco all’elfo, infierendo una seconda ferita al braccio e Laér lasciò cadere la spada.
Con sgomento, Kooskia potè solo osservare senza fare nulla quando la spada di Asald affondò nella schiena dell’elfo: la punta fuoriuscì dal petto con un fiotto di sangue.
-Nooo!!-
Il giovane cavaliere lanciò uno sguardo di odio nei confronti dello Spettro, il quale rispose con un ghigno.
-Tu vivrai Cavaliere,  dopo che avrò costretto la tua dragonessa a cedermi il suo Eldunarì, potrai… - le sue parole si interruppero.
Una sagoma bassa era apparsa dietro di lui, silenziosamente e senza destare l’attenzione dello Spettro.
L’ascia di Kalcegk affondò nella spalla destra dello Spettro e si scavò strada diagonalmente nel suo petto: lo Spettro ululò di dolore, fece dei passi in avanti, con ancora l’ascia incastrata dentro di lui.
Quindi si voltò ed un’esplosione di fuoco e fiamme accecò momentaneamente la vista di Kooskia.
Il corpo del nano compì un arco in aria per poi rimbalzare sul duro pavimento e rotolare fino al fianco di Laér.
Kooskia intravide come la pelle del nano fosse bruciata e ustionata mentre la corazza di pelle imbottita e cuoio era annerita dalle fiamme e dal calore.
-Ci…. ci sono… quasi riuscito… sarei stato, il primo nano a … -
Laér, al suo fianco, respirava ancora anche se il suo petto era in un mare di sangue.
Lo Spettro ululava di dolore e rabbia, quindi riuscì finalmente a raggiungere il manico dell’ascia dietro la sua schiena ed estrarre la lama.
-Solo un colpo al cuore ucciderà uno Spettro.- sentenziò Asald, con espressione neutra.
Un turbinio di vento giunse sopra le loro teste e la grande sagoma del drago viola Temrér li sovrastò mentre dietro di lui si manteneva in volo Niya.
-Stai indietro dragonessa!- ululò lo Spettro. – O il tuo cavaliere morirà prima che tu possa fare qualcosa: sarebbe un maledetto spreco, ma sempre meglio delle conseguenze.-
Quindi ringhiò con rabbia verso Asald. Lo Spettro era chiaramente indebolito dalla terribile ferita, ma riusciva a mantenersi in piedi e la sua voce crudele non aveva perso nulla della sua sicurezza.
-Perché il tuo drago l’ha liberata?! Forse vi siete dimenticati che possiedo il vostro cuore?!-
Quindi rise, come a voler finalmente liberarsi di qualcosa.
-Ma in effetti non ha importanza. Il tuo drago ha assolto il suo compito, con il potere del vostro Eldunarì posso già vedere la nuova vita che cresce dentro la femmina: ed è un maschio, quindi in realtà non ho più bisogno di voi.-
Nel dire questo,  sollevò l’ascia di Kalcegk che aveva estratto poco prima dal suo corpo.
Il legno e il metallo si fusero in una vampata di calore mentre l’arma veniva rimodellata con la magia in una lunga lancia nera.
-No aspetta! Ti prego!- gridò Asald, ma egli si immobilizzò quando lo Spettro strinse il cuore-dei-cuori di Temrér.
Kooskia comprese come il legame tra drago e cavaliere fosse cresciuto tanto forte che l’effetto del controllo subito dall’Eldunarì colpiva anche lo stesso Asald.
-Getta la tua lama, Cavaliere!- intimò lo Spettro e Asald non poté che obbedire, scagliando la sua spada lontano.
Con un ultimo ghigno di soddisfazione, lo Spettro si voltò e scagliò la lancia in direzione di Temrèr.
L’arma saettò rapidamente fendendo l’aria e sorprese il drago,  che non fece nulla per evitare quel colpo essendo immobilizzato quanto il suo Cavaliere.
La lancia affondò in profondità nel petto di Temrér.
Il ruggito di dolore che ne seguì proveniva sia dai polmoni del drago che da quelli di Asald e tale voce era tanto reale quanto il lamento che raggiunse la mente di Kooskia.
Temrèr rilasciò istintivamente una vampata di fiamme e fuoco verso lo Spettro, ma uno scudo invisibile lo protesse: quando il grande drago viola crollò nella sala, il ruggito di Niya squarciò il cielo.
-Ferma dragonessa! O il tuo cavaliere morirà.-
La pallida mano dello Spettro aveva estratto una lunga lama che portava al fianco, mentre con la sinistra  reggeva l’Eldunarì.
-Tu e il tuo cavaliere sarete burattini meno difficili di Asald e Temrèr: quando tuo figlio verrà alla luce, avrai altri figli da lui, tanti da creare un’armata di draghi al mio comando.-
Sorrise, quasi a pregustare le umiliazioni che intendeva infliggere a Niya.
-E quando sarà il momento giusto, farò sì che degli Spiriti lo posseggano. Riesci a immaginarne la gloria? Sarà uno Spettro di tale potenza che il mondo interò tremerà.-
Kooskia cercò di trascinarsi vicino ai corpi di Laér e Kalcegk: respiravano debolmente entrambi.
-Che destino… morire al fianco di un elfo.-
-E… morire al fianco di un amico?- sussurrò Laèr.
-Questo… posso farlo.- rispose debolmente il nano.
Gli occhi di Kooskia incrociarono quelli di Laèr e in un’istante il Cavaliere capì.
-Bastardo! Non te lo lasceremo fare, meglio la morte che tale schiavitù!-
Lo Spettro si voltò verso Kooskia, la sua attenzione tutta concentrata su di lui.
-Ah sì? E come pensi di impedirmelo ragazzo?-
Questo bastò a Laèr: la sua mano sinistra scagliò la sua lama che scivolò sul pavimento fino a raggiungere i piedi di Asald.
L’uomo era in ginocchio, con espressione sconvolta, mentre il suo drago ancora respirava e lottava per aggrapparsi alla vita.
-Ora, Cavaliere!- urlò Kooskia, rivoltò ad Asald e l’uomo reagì.
L’ex-Cavaliere, l’ex-Lord, ed ora ex-traditore , afferrò la spada dell’elfo e fece dei passi in direzione dello Spettro.
-Quanto è futile … sei ancora vivo, maledetto?- disse lo Spettro con espressione divertita.
Asald si reggeva a malapena in piedi e non fece nulla per evitare l’affondo della lama del suo nemico.
La spada penetrò nel petto di Asald, ma egli rimase saldo ed afferrò con il braccio sinistro la spalla ferita dello Spettro.
Il volto dell’uomo era una maschera di furia  e disperazione e le sue dita affondavano nella carne pallida dell’essere che aveva smesso da anni di essere un uomo.
-Lasciami maledetto, muori una volta per tutte!- gridò lo Spettro, affondando sempre di più la lama finchè fuoriuscì dalla schiena di Asald.
Ma era esattamente ciò che Asald voleva poiché in tal modo aveva bloccato la spada dello Spettro e la sua mano era salda sulla spalla del nemico: affondò anch’egli la lama e lo Spettro cercò di divincolarsi all’ultimo senza riuscirci.
La lama elfica affondò dritta nel cuore dello Spettro e Asald la spinse in avanti fino ad unirsi al suo nemico in abbraccio di muta morte.
Ma mentre gli occhi di Asald si spegnevano in un’espressione finalmente serena, quelli dello Spettro mutarono colore e la sua pelle divenne trasparente, come se fosse di vetro, prima di iniziare a screpolarsi e disintegrarsi.
Con un ululato che aveva ben poco di umano, lo Spettro andò in pezzi.
Kooskia si coprì il volto nel timore di essere investito da luce o calore, ma vide una coppia di globi luminescenti fuoriuscire dai resti del corpo del nemico.
Dello Spettro non rimase più nulla.
Quando Kooskia tornò a guardare Laér e Kalcegk, scorse solo la serenità della morte sui loro volti.
Il silenzio regnò infine nella sala, per poi venire infranto da un ruggito luttuoso proveniente da Niya.
La dragonessa dorata sfregò il capo sul corpo freddo del grande drago viola, per poi annusare con rispetto quelli degli altri caduti.
-E’ finita Niya… ma se questa è la vittoria, mi domando cosa sia la sconfitta.-
Kooskia si rimise in piedi, zoppicando per la stanchezza, fino a crollare sul muso della dragonessa dorata, abbracciandolo.
Lentamente il giovane cavaliere si mise a piangere.
-Siamo vivi Kooskia… e della nostra vita dobbiamo gioire. Ma da questo momento in poi le nostre vite hanno un significato diverso, dobbiamo vivere anche per coloro che sono caduti oggi, serbandone il ricordo e la memoria. Glielo dobbiamo.-
Kooskia annuì debolmente, stava per cercare di salire sulla groppa della sua dragonessa quando notò in un angolo della sala l’Eldunarì viola.
Gli sembrò di scorgere un barlume di luce al suo interno.  

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Epilogo ***



Epilogo
 
Il Cavaliere osservò il cuore dei cuori, cercando di scrutare all’interno di quella che pareva essere una semplice gemma inanimata.
-Quanto tempo pensi che ci vorrà?- chiese alla sua dragonessa.
-Non saprei dirtelo… anni forse… io non penso che potrei sopportare un’esistenza senza la tua, piuttosto mi toglierei la vita all’istante.-
Kooskia mosse la mano destra, allungandola sulle scaglie dorate del collo di Niya.
-Né io potrei sopportare di vivere senza di te… - disse il Cavaliere.
La sola di idea di venire strappato a quella parte del proprio essere ormai irrimediabilmente fusa con la mente di Niya, lo lasciava senza fiato.
Cercò di cacciare via quei pensieri e osservò la lunga colonna di uomini e donne che marciavano sotto la collina.
Pochi degli uomini recavano armi con sé: la maggior parte erano indaffarati a dirigere cavalli o muli, impegnati nel trascinare carri colmi di cibo o oggetti.
Lo sguardo del Cavaliere si posò fugacemente su Khelia.
Lei più di tutti si era impegnata a dare una speranza e uno scopo al suo popolo dopo la caduta del loro signore; anche in quel momento stava parlando con due uomini armati: Kooskia rammentò che erano stati due luogotenenti di Asald e adesso non indossavano più il tessuto rosso dell’Impero.
Uno spasmo di sconforto colse il cuore del Cavaliere, pensando a Khelia: da quando l’elfo gli era entrata nella mente, lei non era stata più la stessa.
Spesso il suo sguardo sembrava sognante, come se fosse smarrita all’interno di qualche ombrosa foresta lontana.
-Non è perduta Kooskia… parte della sua mente può essere rinchiusa in un sogno, ma è ancora lucida ed è ancora qui con noi, il suo popolo ha bisogno di qualcuno che la guida e lei è la sola che può farlo.-
Kooskia fece un piccolo cenno di assenso e ripensò come i Mashujaa guidati da Khamal non avevano preteso ulteriore sangue.
Gli uomini e le donne dalla pelle pallida avevano accettato di lasciare le rovine fumanti delle loro case e adesso marciavano verso nord in cerca di una nuova dimora.
-Tutti meritano una seconda possibilità, anche uomini come loro… Khelia è la scelta giusta per guidarli, però sai anche tu che lei ha bisogno di aiuto.-
Kooskia abbassò il capo, poi guardò mestamente le tre lapidi che avevano eretto sul pendio della collina.
L’elfo, il nano e l’uomo venuti da occidente erano sepolti lì.
Il giovane Cavaliere pensava che sarebbe stato suo dovere salire in sella alla sua dragonessa e volare verso ovest: conscio della guerra contro l’Impero che sicuramente stava imperversando.
-Potremmo fare la differenza… potremmo essere di aiuto … -
Una risata calda ma affettuosa avvolse le sue parole e per qualche istante Kooskia si lasciò semplicemente abbandonare al contatto mentale con la sua dragonessa.
-Sai bene quanto me che non siamo pronti né addestrati per questo… saremmo solo di intralcio. Noi abbiamo combattuto la nostra battaglia …  -
-… e possiamo essere di aiuto qui. Adesso. – finì Kooskia, i cuoi pensieri andavo sempre più spesso ad intrecciarsi con quelli della sua compagna di cuore e di mente, completandoli a vicenda.
Aveva ragione.
Avevano ragione entrambi.
Khelia e la sua gente avrebbero avuto bisogno di protezione, nella ricerca di una nuova terra in cui vivere lontano dalla guerra a occidente.
Un ululato interruppe i loro pensieri congiunti.
Kooskia non trattenne un sorriso, nel vedere il suo fratello lupo correre verso di lui.
Redpaw era cresciuto in uno splendido lupo adulto a capo di un branco numeroso.
Tuttavia il tono dell’ululato del lupo era preoccupato e il Cavaliere si diresse verso di lui.
-Grande legno! Grande legno sul fiume!- disse Redpaw, nel suo linguaggio da lupo.
-Una nave?- esclamò con stupore Niya.
-Grande legno! Tanti due-gambe dentro  e … in cielo… -  gli occhi del lupo si diressero con ansia e eccitazione verso Niya.
Cavaliere e dragonessa capirono all’istante.
-Un drago…- disse Kooskia.
-Sì… un drago color del cielo.- confermò il lupo.
Kooskia annuì, quindi posò una mano sul collo di Niya.
-Andiamo… dobbiamo far muovere la colonna prima che sia avvistata.-
Quando le salì in groppa, percepì i sentimenti contrastanti della sua dragonessa.
-Vorresti andare loro incontro? Ti ricordi che Saphira, la dragonessa di Eragon è di quel colore? Quindi vuol dire che sono sopravvissuti: da quanto sappiamo non è una coppia disposta a cercare esilio, quindi vuol dire soltanto che… -
-… la guerra è finita, ed è tempo che …
- … i draghi trovino un nuovo posto nel mondo… -
Dissero insieme tali parole, quindi Kooskia si allungò in avanti, stendendo il proprio petto sul collo della dragonessa.
-Potremmo fare parte anche noi di questo futuro però… –
-… non adesso, non ora. Abbiamo una responsabilità nei confronti di Khelia e della sua gente.-
La dragonessa dispiegò le ali, pronta a prendere il volo.
Il suo tono di voce divenne improvvisamente più divertito.
-Sai… pensavo che una volta trovata una dimora per questa gente, tu e Khelia potreste anche… -
Kooskia si sentì avvampare dall’imbarazzo, quando i pensieri della dragonessa si palesarono chiari ed evidenti nella sua mente.
-F… forse… vedremo.- tagliò corto lui.
Niya represse una risata giocosa, quindi si levò in cielo e per alcuni istanti Kooskia chiuse gli occhi godendo della brezza che sferzava contro il suo corpo. 
-E comunque … non saremo soli.-
Kooskia pensò a quelle parole, ma la sua mente si concentrò rapidamente su altri pensieri: pensieri di calore e di protezione e di orgoglio, che scaturivano da qualcosa di piccolo ma allo stesso tempo prezioso. Qualcosa che stava crescendo dentro Niya.
Il Cavaliere sorrise mentre le sue emozioni si mischiavano e si univano alla trepidante eccitazione della sua dragonessa ed insieme, Cavaliere e dragonessa, sfiorarono con la mente quella piccola entità che cresceva dentro il corpo di Niya.
Emise un vivo barlume di coscienza, prima di sprofondare di nuovo in quel mondo di sogni e speranze di chi ancora non è nato.
-No… non saremo soli.
Disse Kooskia, prima di lasciare un grido liberatorio e di gioia: un grido che si unì al ruggito della sua dragonessa.
 
 
 
FIGLIO DEI LUPI – Cronache di un Drago e del suo Cavaliere
 
 
 
 
NOTA: Attenzione! La storia non è finita! C’è anche un finale alternativo ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Finale alternativo ***


 

-… la guerra è finita, ed è tempo che …

- … i draghi trovino un nuovo posto nel mondo… -

Dissero insieme tali parole, quindi Kooskia si allungò in avanti, stendendo il proprio petto sul collo della dragonessa.

Il ragazzo lasciò che i suoi sensi si rilassassero, fino a isolarsi dai rumori esterni… per concentrarsi solo sul potente battito del cuore di Niya.

Poteva percepire quel flusso vitale dentro di lei, non meno intenso del fiume che scorreva nella sua mente ogni volta che si lasciava andare nel contatto sempre più profondo che si stava creando tra dragonessa e cavaliere.

-Abbiamo una responsabilità verso Khelia e la sua gente… dobbiamo aiutarli e guidarli nel trovare un posto in cui stabilirsi. Ma le nostre ali sono sempre più forti e veloci… e i nostri cuori bramano ciò che stiamo per fare. –

Lentamente, la dragonessa spiegò le ali lasciando che il caldo vento dell’est le soffiasse sotto le sottili membrane.

-Andiamo. –

Bastò quella semplice parola a spazzar via gli ultimi dubbi: Kooskia e Niya si levarono nel cielo limpido, sorvolando la massa di profughi che avrebbe atteso il loro ritorno. Di lì a poco, sorvolarono il corso del fiume color zaffiro che proveniva da occidente.

La nave che navigava solitaria in quelle acque si fece sempre più grande e visibile, così come la sagoma di un’altra dragonessa che volava su di essa ed un cavaliere su di lei.

Niya e Kooskia levarono alto un ruggito, in segno di saluto, volando verso di loro.

 

 

 

FIGLIO DEI LUPI – Cronache di un Drago e del suo Cavaliere

 

 

 

 

NOTA: Se devo essere sincero, QUESTO era il finale che volevo inserire fin da principio. Il finale che avevo immaginato anni e anni fa quando ero ancora un ragazzino liceale tanto preso da Eragon. Ora come ora penso che il finale più “logico” fosse il precedente ma… per questo esiste la fantasia. I lettori possono benissimo valutare come ufficiale l’uno o l’altro finale a propria scelta.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=878344