mini insegnamenti per bimbe saiyan iperattive

di felinala
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** volo ***
Capitolo 2: *** 2. pugno ***
Capitolo 3: *** 3. aura e inconvenienti ***



Capitolo 1
*** volo ***


A SSJD, il mio primo costante recensore, il primo amico che ho avuto qui dentro, quello a cui devo l’imput per essermi buttata nella follia di scrivere storie; ricordi le prime storie? Dovevo dedicartene una ma… mi venivano solo demenziali… beh, dopo 29 storie, forse ne ho trovata una con una trama né troppo pazza né troppo seria, così da poterla dedicare; spero di essere stata all’altezza!

affettuosamente Nala


MINI INSEGNAMENTI PER BIMBE SAIYAN IPERATTIVE
  1. 1.VOLO
 

Gli allenamenti erano terminati presto quel giorno a causa di un malfunzionamento della camera gravitazionale.
Era quindi con lieve nervosismo, che il principe dei saiyan si ritrovava a percorrere prima del previsto il corridoio che divideva la pericolosa stanza degli allenamenti  dal resto della casa quando avvertì strani, seppur deboli, rumori in giardino.
Normalmente, avrebbe tirato dritto senza badare a quel lieve scalpiccio, che poteva essere tranquillamente imputato ad uno a caso degli strani animali che risiedevano nell’enorme giardino della casa; anzi, non ci avrebbe nemmeno fatto caso,  non fosse stato per l'insistenza del lieve rumore.
Incuriosito, il saiyan diede un occhiata fuori attraverso una delle numerose finestre spalancate che portavano aria al luogo, e così si accorse che a produrre quel lieve ma insistente scalpiccio non era una delle tante creature più o meno grosse che popolavano il giardino, bensì la piccola Bra.
A tre anni e mezzo, la piccolina di famiglia era una scatenata, gioiosa peste dai buffi codini azzurri, i cui passatempi preferiti erano stordire di domande il malcapitato di turno, e correre qua e là per ogni dove, non stando ferma un minuto.
Sembrava insomma una bimba come ce n'erano molte se non si teneva conto di alcuni piccoli particolari, come la lunga coda da scimmia che, sull’esempio della proprietaria, era spesso in movimento, e la forza sovrumana che la "dolce" azzurrina sfoderava quasi per caso, ma soprattutto quando la si contrariava, finendo spesso per distruggere la prima cosa che le capitava a tiro.
L'unico che sembrava riuscire ad esercitare un po' di controllo su quel piccolo uragano in gonnella pareva essere proprio il padre.
Lungi dall'averne soggezione, la piccola con lui si quietava in parte per affetto, avendo presto imparato che a differenza che con tutti gli altri, la tecnica "capricci e urla per ottenere attenzione" con lui sortiva l'effetto opposto, e che quindi le conveniva adeguarsi se voleva attenzioni, e in parte per interesse, dato che non era raro uno scambio tendente al baratto: un contentino ottenuto in cambio di niente grane; ecco quindi uno dei molti motivi per cui i due andavano piuttosto d'accordo ed il perché la bimba adorasse apertamente quello che solo lei poteva permettersi di chiamare "papi" ed il perché seppure meno apertamente il sentimento fosse ricambiato.
Quel tardo pomeriggio la bimba se ne stava stranamente sola in quel piccolo isolato angolo del giardino e, invece di giocare con i suoi adorati animali, con uno dei mille giocattoli in suo possesso o con uno dei famigliari sempre disponibili a stare con lei, stava sugli scalini del piccolo gazebo posto vicino ad un grosso albero e, fisando il cielo con piglio ostinato, continuava a saltare di scalino in scalino senza apparente motivo.
Davvero uno strano comportamento molto diverso dal solito, tanto più per il poco familiare silenzio in cui la solitamente chiacchierona e canterina bambina era caduta da un po'.
Sempre più perplesso, il saiyan decise di andare a scoprire il perché di quell'insolito comportamento: dopotutto, se per quel giorno non poteva più allenarsi, tanto valeva far passare il tempo in altro modo.
Il principe aprì quindi la porta-finestra situata alla fine del corridoio e si avvicinò silenziosamente alla figlia, la quale, non essendosi ancora accorta della presenza del padre, continuava a saltare su e giù dai gradini guardando con ostinazione il cielo, azzurro quanto i suoi occhi.
- Bra -  il tono era quello di sempre, quel richiamo non suonava certo come un rimprovero, ma lo stesso la piccola sobbalzò sorpresa, come colta in flagranza di reato.
- C-ciao papà – rispose la piccola, distogliendo lo sguardo dal cielo limpidissimo che stava fissando per posarlo sulla severa figura del padre; qualcosa però chiaramente non andava e Vegeta lo capì immediatamente: di solito, la  figlia lo accoglieva con anche troppo entusiasmo, mentre ora sembrava intenta a nascondersi… o a nascondere qualcosa.
Sempre più incuriosito le domandò quindi che cosa stesse facendo e al suo:  - Niente –  quasi pigolato, ebbe la certezza che davvero la mocciosa stesse facendo qualcosa che probabilmente non doveva fare; appurato ciò si armò di pazienza e dopo poco quella pazienza venne ricompensata, seppure non nella maniera sperata.
L’azzurrina, dopo qualche domanda infatti crollò, rivelando le sue intenzioni, ma nel mentre scoppiò pure in un pianto dirotto!
Quando finalmente, dopo mezzora di quel pianto isterico, riuscì a capire che diavolo stava combinando la bambina, gli venne una gran voglia di strangolarla: si era aspettato chissà cosa per scatenare una scenata del genere, forse non tenendo conto dell’età della bimba, ma la piccola peste stava davvero facendo una tragedia perché… voleva imparare a volare.
Non che la cosa non fosse fattibile o fuori dalla sua portata, tutt'altro; a dire la verità era venuto a sapere che già da un po’ la piccola peste domandava con insistenza al fratello di imparare la tecnica del volo, ottenendo però un dispiaciuto “no” in risposta: Bulma, forse consigliata da uno degli insulsi terrestri, aveva detto che sarebbe stato meglio se la bambina avesse tenuto i piedini ben saldi per terra ancora per un po’.
Lo aveva fatto nella convinzione che alla piccola non importasse poi molto quando imparava a staccarsi da terra, inoltre per la donna era una questione di praticità: la scienziata adorava la sua bambina, ma già solo il fatto che Bra fosse dotata di enorme forza fisica, dovendosi lei, terrestre dotata di poca forza, occupare di tutto ciò che riguardava la cura della piccola (capricci e opposizioni comprese) non aiutava, dato che doveva stare attenta a che la bimba non la ferisse accidentalmente.
Se poi Bra si fosse messa pure a svolazzare ovunque e si fosse accorta che la madre non aveva alcun mezzo per impedirglielo…. addio autorità!
E quindi aveva chiesto ai due uomini, unici che potevano accontentare la richiesta della bimba di imparare, di aspettare ad insegnarle la tecnica del volo così che per lei fosse più facile.
Alla piccola però non era stato spiegato il perché non poteva imparare, e nemmeno che fosse stata la madre a decretarlo: le avevano detto solo che avrebbe imparato dopo, e che per ora era troppo piccola per imparare l’unica tecnica che davvero le sarebbe interessato apprendere.
 Così quella testona di Bra, messasi in testa che la sottovalutassero tutti e intestardita nel voler a tutti i costi volare, si era appartata in quel posticino isolato per provare a farcela da sola. I risultati ovviamente non erano giunti a breve, ed ora la piccola principessa stava sfogando lo stress e la frustrazione accumulati.
Beh, a questo punto se si è così intestardita tanto vale che impari” fu il pensiero del  principe, al quale, una volta che la figlia si fu calmata, non fu difficile farle ritrovare la solita spensieratezza:  gli bastò accennare al possibile, ma non probabile tentativo di farle imparare l’ambita tecnica e la piccola peste tornò  il solito spumeggiante uragano di sempre.
Mentre l’occulta manipolatrice trotterellava a giocare, di nuovo felice, il saiyan scuotendo la testa mormorò più a se stesso che alla ormai lontana testa azzurra un: - Chiaramente non ha in testa il significato di forse… tsk, dannata mocciosa - 
Ma ormai il danno era fatto e lo sapeva bene pure lui dato che mentre affermava ciò, un leggero sorriso gli aleggiava sul volto solitamente serio.
Quella stessa sera, un altro problema collegato alla storia del volo si ripresentò, seppure in una versione assai più fastidiosa: la piccola, sovreccitata dal pensiero che di lì a poche ore avrebbe volato, nemmeno voleva andare a dormire!
Mentre la madre cercava di blandirla con storie e storielle, la scimmietta correva come impazzita qua e là per la stanza; mentre le infilava a fatica il pigiamino con gli orsetti, la pestifera e poco assonnata mezza saiyan saltellava sul posto; infine, più la madre cercava di rimboccarle le coperte del suo lettino, più la tremenda azzurrina ne saltava fuori per poi riprendere a saltellare, decisamente non ancora stanca di tutto quel moto.
Alla fine, il principe, salito di sopra per andare a letto, si trovò di fronte ad una Bulma esasperata che affermava con convinzione crescente che la figlia era posseduta da qualche spirito malefico, un lettino completamente stravolto e in disordine, e una Bra ancora decisamente arzilla nonostante l’ora piuttosto tarda.
Osservata la stordente scena  per circa un minuto, decise che correre ai ripari era quasi d’obbligo, non fosse altro che per trascinare la compagna altrove, a fare qualcosa di decisamente più interessante per entrambi che non osservare quel diavoletto azzurro sfrecciare ovunque.
Acchiappata quindi al volo la pupa, la gettò sul morbido letto, facendola atterrare con somma gioia, esattamente al centro del materasso saltellante con un piccolo aggraziato tonfo.
Poi, puntandole un dito contro: - Ferma! -  le intimò. Vedendosi poi ascoltato, proseguì col suo tono più autoritario, sperando funzionasse ma anche che la peste non notasse che, tutto sommato, la scena cui aveva assistito poco prima, lo aveva in parte divertito.
- Bene, se domani vuoi sperare di riuscire a imparare a volare, sarà meglio che impari ora un po’ di calma e di disciplina marmocchia, visto che un minimo di concentrazione ci vuole; ora restatene dove sei e dormi, conta le pecore se non sai che altro fare, ma non voglio sentire altro chiasso per stasera, o di volare te lo scordi... Chiaro?-
Compiaciuto osservò la bambina che da bravo soldatino obbediva all'istante:
-Si, subito papà! Notte mami!-  e detto ciò si affrettò a tirarsi addosso le coperte finché non spuntarono da sotto quel fagotto, solo gli occhioni che simili a quelli  di un gufo, scrutavano in attesa di reazioni i due adulti.
- Finalmente! 'Notte Bra - fu il commento del principe per poi rivolgersi alla compagna e dirle un: - Allora vieni? - leggermente spazientito data la poca prontezza della donna, la quale era rimasta assai sbalordita dalla scena a cui aveva appena assistito.
 
- Certo che stasera era scatenata! Diavolo di bambina! Ma di' un po' è vero che domani le insegnerai a volare?- domandò la scienziata mentre, tra una crema rassodante ed una idratante, si preparava per  raggiungere finalmente l'ambito letto in cui era già tranquillamente steso il compagno.
- Direi che è ora, anche perché questo pomeriggio ci stava provando da sola... Sei stata già fortunata che abbia deciso di sperimentare il suo talento nell'apprendere  usando i gradini del gazebo dietro la casa e non qualcosa di più alto! - Fu la pacata risposta del saiyan, che nemmeno aprì gli occhi per dargliela; peccato: si era infatti perso l'espressione basita della compagna, l'ennesima prodotta quella sera.
- Se poi sei preoccupata di non riuscire a gestirla solo perché vola... Beh, inventati qualcosa! Sei sempre lì a vantarti di essere un genio no? Non dovrebbe esserti così difficile creare un bastone calamita o qualcosa di simile - aggiunse l'uomo, come se già le avesse letto l'obiezione nella testa.
- Ah! La fai facile tu! Il guaio è che devo trovare qualcosa che non possa farle in alcun modo male.... Comunque ci penserò, qualcosa riuscirò a trovare - affermò infine Bulma.
Poi, si decise ad entrare nell'enorme letto accanto al suo principe cadendo quasi subito in un sonno pesante.
 
- Papà papà!-
Una vocina acuta e alquanto insistente continuava a chiamare...
- Papà papà! -
Ancora? Voleva dormire un altro po' accidenti!
- Tua figlia è sveglia - mormorò la scienziata ancora immersa nel mondo dei sogni e riluttante a rispondere all'insistente richiamo esattamente quanto il suo saiyan.
- Lo sai che prima dell'alba è tua figlia no? - fu la seccata e molto assonnata risposta del moro che voleva assolutamente avere almeno altri dieci minuti di pausa.
Si accorse presto però che davvero non era il caso di far aspettare la principessina.
Se ne accorse a sue spese pochi secondi dopo aver ignorato l'ennesimo richiamo, quando...
- PAPÀÀÀÀÀÀÀÀ!-  Si, era l'ennesimo urlo, peccato gli fosse stato sparato ad un centimetro circa dall'orecchio!
Vegeta pensò davvero che avrebbe potuto strangolarla.
Lo pensò mentre soffocava mille ed una imprecazioni, pregando al contempo di non essere appena diventato sordo.
Lanciata un'occhiata alla sveglia, si accorse che quell'impaziente creatura li aveva svegliati ad un ora improbabile: ma davvero pretendeva che alle cinque di mattina uscisse dal letto per fare lezione a lei?
- Me l'hai promesso! Andiamo? Andiamo? Andiamo? Andiamo? Andia...- dato che  cominciava davvero a spazientirsi, Vegeta afferrò rapidamente quel disco rotto che sembrava essere diventata la figlia e, sbuffando, la depositò quasi di malagrazia al centro del lettone, dove le intimò di restarsene in silenzio almeno per un altro paio di ore. Quando è troppo è troppo!
Dal canto suo Bra, accortasi del pesante malumore del padre per la sua "simpatica" sveglia, optò nuovamente per l'obbedienza e, rintanatasi contro l'ampia schiena del saiyan, si addormentò nuovamente, pacifica.
 
 
Qualche ora dopo, svegliati e rifocillati, padre e figlia si trovavano infine l’uno di fronte all'altro in giardino. Il saiyan era piuttosto pensieroso dato che si stava chiedendo quale avrebbe potuto essere l’approccio migliore per insegnare la tecnica alla bambina; certo non poteva usare il metodo che a suo tempo, era stato usato dai genitori con lui: lanciarla senza preavviso dalla cima di una montagna sperando apprendesse per istinto sembrava una buona idea solo se si voleva traumatizzare a vita la bambina che di certo non era abituata a simili trattamenti e che, anzi, era anche troppo protetta visto che, possedendo sangue saiyan,  difficilmente avrebbe potuto farsi male per caso nella villa e dintorni.
Se non per istinto allora come farle trovare l’aura? Ma soprattutto… COME DIAVOLO SAREBBE RIUSCITO A TROVARE  IL METODO  DATO CHE QUELLA NON STAVA FERMA?
Mentre l’adulto pensava infatti, Bra, non avendo di meglio da fare, si era messa allegramente a correre e saltellare in giro, preferibilmente attorno alle gambe del padre, dato che stava aspettando lui.
Per essere ancora più visibile inoltre, alla bimba era venuta l’idea di mettersi a cantare a squarciagola… i puffi.
Con un sospiro che poteva significare solo esasperazione, il principe frenò l’insensata corsa mattutina della figlia acchiappandola per la collottola e alzandola da terra; quando finalmente gambe e bocca della pupa si furono fermate, cominciò a parlare, gettando però un ultimo fugace pensiero di rimpianto per la mancata sessione mattutina dei suoi allenamenti e augurandosi che la scienziata aggiustasse al più presto il danno, così da poter tornare felicemente alla sua collaudata routine.
-  Bene, questa  credo tu l’abbia già vista parecchie volte giusto? – e detto ciò creò una piccola sfera di energia sul palmo della mano.
- Sì! È quella che usa il mio fratellone quando deve fare la lotta con Goten! La usa anche Goten però, soprattutto quando deve rubare i dolci dal piatto di Trunks, fa una piccola esplosione o una di quelle lì sulla mano e poi prende tanti tanti biscotti tutti assieme! Me lo ricordo perché mi ha fatto tanto ridere, aveva la bocca pienissima l’ultima volta! – disse in risposta Bra, che, al ricordo della scena, era scoppiata a ridere di gusto.
- Splendido, guarda un po’ che mi tocca sentire! Andrebbe punito solo per essere così fesso da farsi fregare in quella maniera… per di più dal figlio del terza classe!  –  sbottò il principe, anche se ormai era assai stufo di sbraitare contro il primogenito: quel ragazzo a prima vista sembrava il più furbo dei furbi ma spesso mostrava una vena di ingenuità che bastava mezza!
- Comunque sia: questa è l’aura, ciò che devi trovare  dentro al tuo corpo per permetterti di alzarti in volo; ora prova a tenere in mano questa -  proseguì il principe nella sua spiegazione, cercando di attenersi a termini il più possibile semplici, dopotutto stava parlando con una marmocchia di tre anni.
Le passò quindi con qualche cautela la sfera, posandola tra le manine unite a coppa della piccola turchina, la quale riuscì abbastanza bene a tenere quel piccolo globo bianco grande come una noce tra le mani senza che questa si esaurisse subito, scomparendo.
Occorsero tre tentativi affinché Bra memorizzasse quelle nuove sensazioni date dalla piccola sfera, il suo calore, la forma ma soprattutto la sensazione del particolare“materiale”  di cui la piccola sfera era composta.
Poi:  - Ora prova a crearne una tu –  si sentì domandare la bimba.
- Come si fa? – chiese la piccola che non si aspettava né lo strano esercizio che il padre le aveva fatto fare, né la richiesta di creare strane sfere dalle mani; lei dopotutto voleva solo volare!
-  Devi semplicemente concentrarti su quello che hai sentito poco fa tenendo in mano la mia; con un po’ di concentrazione non dovrebbe risultarti difficile – fu la risposta.
- Ma perché devo fare la sfera? Io volevo solo volare! – disse di rimando la piccola peste che stava quasi per mettere il broncio.
- Perché prima di volare devi passare per la sfera  – quanta pazienza ci voleva!
- E perché? E un altro modo non c’è?  – troppe domande. Decisamente troppe.
-  No, non c’è un altro metodo, ora smettila di fare domande e deciditi a concentrarti  un po’ o non volerai mai –  e quella risposta suonava già alquanto spazientita.
La piccola allora prese sul serio il proprio compito e, con il musetto tutto serio e lo sguardo corrucciato, cominciò a guardarsi le manine e a pensare intensamente alle sensazioni provate poco prima.
Entro poco cominciò a formarsi sul serio qualcosa: dapprima solo un flebile baluginio, poi, un lieve alone sempre più luminoso, infine apparve davvero: una piccola ma perfetta pallina di aura.
- Bene, hai visto che non ci voleva poi molto? Ora ascolta: immagina che la stessa cosa accada sotto ai tuoi piedi, e che la terra sotto ai piedi non ci sia più, concentrati ancora un po’ e non ci vorrà molto- disse allora il saiyan, bloccando l’esuberante festeggiamento della piccola che ormai credeva di avercela fatta.
E infatti la bimba non ci mise molto: tempo mezzora scarsa e stava per la prima volta alzandosi da terra sotto lo sguardo vigile del padre.
Padre che infatti fu lesto ad acchiapparla quando, distratta dall'esultanza, la piccolina finì quasi col naso per terra dato che aveva smesso di colpo la tecnica appena appresa!
Si esercitò per più di mezza giornata la piccola Bra, euforica e super felice di essere riuscita a staccare i suoi piccoli piedini dal suolo.
Nemmeno i rimproveri della madre riuscirono a farla desistere dal provare e riprovare, andare più su o più giù, tornare a terra per pochissimo tempo e poi tornare in aria.
Si sentiva libera e leggera la piccola Brief…. VOLAVA!
Solo alla sera si arrese, ma non per propria volontà: la stanchezza di tutto quell'improvviso utilizzo di energie mai usate fino al giorno prima e il poco riposo della notte, l’avevano infatti esaurita.
Alle nove di quella sera, Bulma poté quindi osservare intenerita la scena della sua adorata bambina placidamente addormentata tra le forti braccia del padre.
 


 
FINE
 






NDA che altro dire se non che avrei sempre voluto anche io poter volare?
Ah si… ora ricordo cosa dovevo dire:non ho assolutamente esperienza coi bambini ed il loro comportamento; ergo: abbiate pietà!
GRAZIE AI LETTORI TUTTI e AI RECENSIORI!
NALA

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Capitolo 2
*** 2. pugno ***


Ecco a voi il secondo pezzo,
è quello di mezzo;
sperando di essere stata ancora all’altezza
e di strapparvi qualche attimo di leggerezza;
ricordo infine a chi la raccolta è dedicata
a SSJD che mi ha sempre incoraggiata…
e così avete anche la parte rimata!
 
MINI INSEGNAMENTI PER BIMBE SAIYAN IPERATTIVE
2.pugno
 
 

Era una mite serata di inizio estate, una come tante nella grande casa gialla  a cupola dall'enorme giardino; una lieve brezza notturna rinfrescava gli ambienti, i grilli frinivano placidi... e due sole persone godevano quell'idilliaca serata, apparentemente però senza nemmeno accorgersi del suo splendore.
Nell'ampio salotto della casa, il principe del saiyan se ne stava rilassato sul divano, fissando con aria assente lo schermo del televisore, ignaro che presto il breve momento di relax, noioso è vero, ma pur sempre relax, stava per essere interrotto.
Poco più a sinistra rispetto al divano, la principessina Bra stava tranquillamente giocando immersa tra i suoi molti peluche tutti di differenti dimensioni; tra questi spiccavano un enorme leone, grosso il doppio di lei che sembrava volerla inghiottire, un coccodrillo di medie dimensioni che la guardava con aria placida, e un paio di conigli che la piccola aveva preso alla pesca del luna park con l’aiuto del fratellone.
Quella sera, la piccolina stava facendo amabilmente interagire i due conigli, uno viola e l’altro blu, parlottando a bassa voce e imitando le vocine dei due a seconda che parlasse il coniglietto blu o il coniglietto viola; solo ogni tanto, il padre lanciava un’occhiata poco interessata a pupa e corteo, accertandosi solo che fosse ancora intenta nelle sue infantili occupazioni e tornando poi a fissare lo schermo con fare assente.
I due erano soli in casa quella sera: Trunks era, come sempre più spesso accadeva, rimasto a casa dell'amico di una vita, Goten, dopo essere tranquillamente uscito di casa nel primo pomeriggio; sarebbe comodamente rincasato solo il mattino seguente.
Per quanto riguardava la scienziata, ella aveva dovuto uscire poco dopo cena a causa di urgenti impegni di lavoro: aveva spicciamente informato dell'improvvisa uscita il compagno, intimandogli di badare alla piccola, e... semplicemente se ne era andata, senza lasciar detto tra l'altro quando sarebbe tornata.
E così padre e  figlia erano rimasti gli unici occupanti dell'enorme abitazione; la peste non aveva sonno, e il principe, giudicando quindi inutile sottoporsi alla fatica  abnorme di convincerla a dormire, aveva lasciato che l'azzurrina intasasse in libertà il pavimento del salotto, tanto lo spazio non mancava di certo, e si era accomodato sull'enorme divano in pelle.
Ad un certo punto, il parlottio della bimba si spense per un po', sostituito da impercettibili tonfi; i non-suoni, che avrebbero dovuto essere il campanello di allarme, non furono notati dal saiyan, almeno fino a quando...
SPAF!
Divano col suo occupante, pavimento e ciò che stava attorno a quella zona, bambina e peluche  compresi, divennero improvvisamente bianchicci.
- Ops! - fu il mezzo grido della marmocchia mentre si copriva la bocca con le mani, consapevole di aver fatto un disastro.
Il principe che, anche se esteriormente non lo aveva dato a vedere, era stato decisamente colto di sorpresa dallo strano scoppio, si voltò lentamente ad osservare quello che effettivamente era possibile appellare come disastro: La zona gioco e paraggi per un raggio di tre metri circa, sembrava cosparsa da una spolverata di nevischio a tratti azzurrino; guardando meglio, non fu difficile per l'adulto capire da dove provenisse tutto quel biancore  a tratti azzurrognolo: in mano alla piccola turchina vi era ancora un orecchio blu, unico superstite di quello che una volta era un soffice coniglio di pezza.
Il saiyan sospirò forte, per nulla contento della situazione venutasi a creare; molti definivano quella bimbetta dal musetto angelico "adorabile", ma pochi sapevano di quali e quanti disastri si era già resa partecipe quella peste, a volte buffa e spesso saltellante, durante la sua breve vita; ella, vuoi perché dispettosa all'inverosimile, vuoi perché non sapeva dosare la forza aliena di cui suo malgrado e nonostante le innocue sembianze,  era dotata, finiva spesso per cacciarsi e cacciare gli altri, nelle situazioni più assurde... Assurde come quella appena creata.
Il principe si ritrovò a pensare che in fondo gli era andata bene: per lo meno il malcapitato coniglio esploso non era l'esemplare più grosso a disposizione della mocciosa... Se quella avesse fatto esplodere il leone, altro che un raggio di tre metri, l'intera stanza sarebbe stata riempita di quel pulviscolo bianchiccio!
Era alquanto curioso in verità, di sapere come quella trappoletta umana, che ancora non possedeva quasi nessuna cognizione di aura, fosse riuscita a far addirittura esplodere l'oggetto, nonché il perché del gesto.
Prima però occorreva sistemare il disastro e, già che c'era, tentare di rimproverare la peste.
- Bra! Dannazione si può sapere che accidenti hai combinato? -
Fu l'esordio della ramanzina; forse banale, ma se detto con tono piuttosto alterato faceva sempre il suo effetto, soprattutto su una bimbetta di quattro anni.
- È il coniglio papi! È diventato polvere! - disse la furbetta, che stava cercando il modo migliore di dissociarsi dall'accaduto.
- Questo lo vedo da me ti pare? I conigli di pezza però non esplodono da soli senza un perché... Dunque a cosa si deve questo disastro?-
- Boh... È esploso! Ha detto che voleva andare via! E poi puff! - fu la spiegazione alquanto strampalata della turchina, spiegazione che però per lei pareva essere più che logica visto che sembrava costernata da suddetta sparizione.
- Ma certo, il coniglio voleva sparire e si è ridotto da solo in polvere... Il prossimo che vuol fare una brutta fine spediscimelo, almeno ce lo mangiamo per cena! - Fece il saiyan alzando gli occhi al cielo, consapevole però di star sprecando il sarcasmo vista la piccola interlocutrice.
- Va bene papi! Coniglio arrosto! Ma ora qui è tutto bianco! Dici che mamma si arrabbierà? - replicò placida la cucciolotta, scrutando ora leggermente pensierosa i dintorni che aveva incautamente adornato.
- Infatti quindi spostati che tolgo di torno  tutta 'sta porcheria -  replicò seccato il saiyan, al quale era venuta un'idea per sbarazzarsi in fretta e senza troppi casini del pulviscolo.
Scosse quindi tutti i dannati pupazzotti, portandoli poi fuori dalla stanza; fece poi lo stesso con la figlia, togliendole di dosso almeno la gran parte della polvere; poi, invece di usare scopa aspirapolvere e quant'altro (anche perché manco sapeva dove quella roba si trovasse) attuò il suo piano che suonava semplice e rapido: Si mise al centro dell'area "contaminata", e semplicemente aumentò l'aura, creando un vortice d'aria bollente che, nel giro di pochi secondi, sollevò tutto il pulviscolo presente, disintegrandolo.
Bastarono pochi secondi e del disastro della figlia non restava che lo spiacevole ricordo.
Si, ora il divano era un po' più arretrato di dove era prima posizionato e si, il tavolino dalla parte opposta del comodo mobile era ora un tutt'uno col morbido tappeto che sembrava averlo inghiottito... ma quelli erano solo stupidi dettagli, ai quali rimediò borbottando qualche imprecazione e un seccato: - Dannati mobili terrestri, fragili e pure troppo leggeri! Quello era solo un po' di venticello! -
Richiamò poi nella stanza la figlia, dato che ora era tutto esattamente come doveva essere; Bra allegra e festosa, rientrò col codazzo di bestie di pezza al seguito ed entrambi poterono tornare alle proprie oziose occupazioni.
La pupa però non aveva più due conigli ma solo uno, che prontamente attaccò bottone col coccodrillo " Sua madre! Lei e le sue sciocche fiabe da terrestri non le insegnano niente? Un coccodrillo non parla con un coniglio, se lo mangia all'istante!" Pensò il principe, che era solo apparentemente concentrato altrove: era infatti ora piuttosto vigile circa il  giochino della figlia, volendo scongiurare un secondo botto.
Dopo un po' infatti, la bimba smise di far "chiacchierare" le due bestie di pezza e si udirono nuovamente i piccoli lievi tonfi di prima.
Solo allora il saiyan si voltò a guardare: La piccoletta stava prendendo, senza apparente ragione a pugni, il malcapitato coniglio superstite.
- Bra! Che stai facendo? -
La richiesta del padre sorprese la bimba che trasalì, mollando il pupazzo che teneva per un orecchio  come se scottasse; poi abbassò pensierosa lo sguardo senza rispondere.
- Beh? Il coccodrillo ti ha mangiato la lingua adesso? –  Fu il sarcastico commento del genitore, vedendo che la piccola peste non si decideva a rispondere.
- Beh… io… il coccodrillo non voleva mangiarsi il coniglio! Non lo voleva mangiare e il coniglio voleva sparire come l’altro perché da solo non voleva stare! E allora ho cercato di farlo sparire io! -
Questo il saiyan si sentì rispondere in fretta dalla mocciosa.
Anche accantonando la spiegazione animista il discorso faceva buchi da ogni parte.
“Ah!  Dannati discorsi da marmocchi… lasciamo perdere che è meglio” pensò il saiyan, che al momento decise di lasciar correre il tutto e aspettare; tornò quindi a fingersi occupato col televisore lasciando di nuovo la bambina alle sue occupazioni.
Poco dopo però sentì ancora i flebili ma decisi tonfi che preannunciavano guai.
Decise che era ora di finirla e perciò, alquanto esasperato, parlò.
- Hai intenzione di dirmi prima o poi perché cerchi di disintegrare quel particolare pupazzo? - Sbottò quindi poco dopo.
- Perché sono arrabbiata...- Fu la sorprendente, titubante risposta che gli arrivò dopo un minuto abbondante, un'asserzione fatta con voce alquanto mogia e sottotono.
- E con chi? Vieni qui tanto per cominciare, non ho voglia di farmi venire il torcicollo solo perché stai lì dietro -
La piccola allora si trascinò un po' controvoglia di fronte al padre, portando con sé il malcapitato peluche che non era ancora riuscita a distruggere: non aveva voglia di dare spiegazioni ma sapeva che a quel punto non avrebbe potuto NON darne.
- Allora? Perché hai disintegrato il primo coniglio? - Si decise nuovamente a domandare l'adulto, dato che la piccoletta si ostinava a fare scena muta.
- Perché sono arrabbiata... con Goten! - Esclamò finalmente la bimba con tono frustrato.
- E che centra il coniglio? - Il saiyan era perplessissimo riguardo alla risposta: non che l'idea di vedere il figlio del terza classe disintegrato fosse poi così spiacevole ma... perché associarlo al coniglio?
- Il coniglio era Goten...- Fece la bimba a testa bassa.
- E che t'ha fatto il ragazzino per dover essere disintegrato? - Fu la logica prosecuzione dell'interrogatorio.
- È colpa sua se non posso giocare con loro! Dice a Trunks che sono troppo piccola, fanno sempre giochi  che io non posso fare mentre quando lui non c'è il mio fratellone gioca sempre con me! E poi adesso hanno anche cambiato il posto! Prima potevo almeno  guardarli mentre facevano la lotta ma adesso se ne vanno sempre via, non mi dicono dove e mi lasciano da sola! Sono cattivi! Goten è cattivo! - Esplose così la bimba, quasi urlando, la rabbia per quella che credeva un'ingiustizia bella e buona più che evidente.
- Beh, sono più grandi di te no?  Normale facciano cose diverse, o che si allontanino, per di più sono maschi…. – Tentò di giustificare i due il principe.
Diplomaticamente omise di spiegare alla costernata e infuriata peste che i due ragazzi avevano preso la decisione di combattere altrove, lontano dagli occhi e dalle orecchie dell’azzurrina, non perché fosse piccola e antipatica, ma per evitare che si ripetesse lo spiacevolissimo episodio che, un paio di settimane prima, aveva visto per protagonisti proprio i due ragazzi e la bambina: era successo quel giorno che, mentre i due stavano provando a lottare corpo a corpo placcandosi a vicenda e atterrandosi reciprocamente con prese che assomigliavano vagamente a quello che sulla Terra chiamavano wrestling, la piccola guardava poco distante sorvegliata dalla nonna; ad un certo punto, il Son era riuscito ad incastrare così bene Trunks che questi, non riuscendo a liberarsi, aveva cominciato, scherzosamente e tra le risa, ad invocare aiuto a squarciagola. Mai più i due avrebbero pensato che la bambina che stava assistendo alla lotta, prendesse alla lettera l’invocazione di aiuto del fratello! Bra era infatti corsa come una scheggia in aiuto del fratellone e, se dapprima aveva tentato di cacciare il moro dalla schiena del lilla a suon di pugni, poi, vedendo che quelli erano inefficaci, aveva deciso di ricorrere a maniere più drastiche: aveva quindi impietosamente affondato le piccole ma affilate zanne da pupa con violenza  inaudita sulla schiena del malcapitato mezzo saiyan, lasciandogli un vistoso segno di denti poco sotto la spalla.
C'era da dire che era stato un intervento efficace, Goten aveva immediatamente mollato la presa sull'amico e i due avevano immediatamente smesso con quel gioco, andando subito a mettere almeno un po' d'acqua sul segno rossastro e vistoso delle fauci; poi spiegarono ad una costernata ed immusonita Bra che quello era solo un gioco, e che nessuno stava facendo nulla di male.
E tuttavia, quando il giorno dopo i due si trovarono nuovamente nel giardino della casa, nessuno dei due ritenne opportuno rifare quel particolare gioco di fronte alla bimba, sia mai che ripetesse il gesto! Avevano quindi deciso che avrebbero lottato solo fuori dalla portata della piccola mezzo saiyan  ed ecco il perché del loro andarsene in giro che infastidiva Bra.
- No! Sono cattivi! Perché non vogliono che giochi con loro? Li so tirare anche io i pugni se è questo che cercano uffi! - esclamò la piccola, riportando il padre con la testa al presente.
In quel momento, la piccola peste dimostrava appieno i suoi quattro anni: Aveva detto l'ultima frase urlandola a squarciagola e pure pestando i piedi sul pavimento, tanto era infuriata; all'ultima esclamazione poi, era subito seguita un'enfatica dimostrazione: La pupa aveva di nuovo preso a pugni il triste, malcapitato coniglio viola, che ora il padre aveva intuito dovesse rappresentare Trunks, per dimostrare che anche lei sapeva il fatto suo.
Un encomiabile entusiasmo, pensò il principe.
Peccato davvero che stesse sbagliando.
- Frena marmocchia, se tiri un pugno in quella maniera a qualcosa di più solido del tuo coniglio ti rompi almeno un paio di dita - fu quasi obbligato a correggerla il saiyan; la piccola stava infatti usando la posizione più sbagliata che poteva applicare, e se ne sarebbe accorta presto se invece che pezza avesse preso a pugni un muro.
Per tutta risposta la bimba sfoderò un aria terribilmente perplessa, poi esalò un poco convinto:      - Davvero? - E mise su un piccolo broncio contrariato.
Sospirando allora il principe la invitò ad avvicinarsi e, con un po' di pazienza, guidò le piccole dita della bimba nella giusta posizione.
- Ecco! Ora va meglio, prova!- e invitò la bimba a prendere confidenza con la nuova posizione su qualcosa di più solido del coniglio ovvero la sua mano.
Bra, seppure con aria alquanto dubbiosa, caricò un lieve pugno che andò quanto meno a segno benché alquanto fiacco.
- Andiamo puoi fare di meglio! Almeno mettici un po' di forza! Ne hai o il coniglio non sarebbe saltato per aria prima no? Riprova!- Fu l'ordine del padre, che ora era molto più interessato ai progressi della pupa che al noiosissimo programma tv.
Questa volta il colpo della turchina fu un po' più convinto rispetto a prima, seppure ancora non ci fosse la grinta che l'aveva portata a fare del coniglio blu sola polvere.
- Non ci siamo, mettici un po' di impegno o i tuoi stupidi pupazzi li riduco io in polvere! Usa la forza che hai tirato fuori prima.-  Il principe voleva vedere quale fosse il potenziale della figlia senza però che si arrabbiasse, quella sera l'azzurrina sembrava infatti già abbastanza frustrata e su di giri da sola.
La vide tentennare un altro po’, poi la piccola peste si decise e, corrucciando lo sguardo come se dovesse concentrarsi, fece prendere slancio al suo esile braccio e stavolta tirò davvero un pugno degno di nota.
La bimbetta aveva davvero del potenziale, il saiyan se ne accorse immediatamente; tutti e tre i pugni gli avevano fatto il solletico, d’accordo, ma il terzo era stato caricato di una notevole dose di forza, tanto che le sarebbe bastato quello per stendere un terrestre, compresi alcuni di quelli poco comuni come gli amichetti della scienziata.
A quattro anni però allenarla era fuori questione e non solo perché era una bambina, ma anche perché avrebbe dovuto portarla nella GR e a quell'età il fisico non era ancora pronto a subire le enormi pressioni della gravità elevata.
Tra l’altro quella era la prima volta che la bimba manifestava un vago desiderio di apprendere qualcosa sul combattimento, e solo per non essere lasciata indietro dai due ragazzi e un po’ di arrabbiatura.
- Beh, quello era un pugno, ora almeno eviterai di farti male se provi a disintegrare qualcosa di solido! –  Fu la frase che voleva essere la conclusione della piccola lezioncina improvvisata da parte del genitore.
Fu un po’ sorpreso, Vegeta, nel vedere la piccola immusonirsi d’improvviso, persa in chissà quali pensieri; non ebbe però tempo di crucciarsene, visto che la turchina esternò in modo alquanto mogio le sue elucubrazioni: - Tanto non mi servirà a nulla sapere come si fa, non riuscirò mai a prendere a pugni quei due e poi non è solo per quello che vorrei picchiarli, ma anche perché mi rubano spesso qualche boccone dal piatto per farmi i dispetti… io provo a sgridarli e a prenderli o a fare uguale ma non ci riesco mai…- fu la mogia constatazione della bimba che stava quasi per mettersi a piangere.
In effetti i bersagli preferiti della peste per i suoi numerosi e vari  dispetti erano inevitabilmente il fratello e, quando presente, il Son, i quali non si facevano troppi scrupoli e ricambiavano allegramente scherzo su scherzo, incuranti del fatto che loro erano due e molto più grandi mentre lei era piccola annoiata e da sola; non si sapeva con precisione chi avesse cominciato per primo quella specie di faida, ma andava avanti da un bel po’ e non sembrava placarsi.
Al’improvviso al saiyan venne in mente una strana idea, ci pensò sopra qualche minuto, ma poi decise che non era un cattivo piano: avrebbe risolto sia la faccenda degli scherzi sia  quella delle esplosioni di peluche per frustrazione da parte di Bra; avrebbe risolto in parte anche la improbabile questione “allenamento” se mai c’era stata… certo, si sarebbe con tutta probabilità incastrato da solo, dovendo stare dietro alla peste per un po’, ma in fondo nemmeno gli dispiaceva troppo se scambiate con le noiose pause in compagnia della tv; sarebbe inoltre stato alquanto divertente vedere i risultati di quel che aveva in mente usati nella faida tra i tre.
- Beh, che problema c’è? Basta che diventi più veloce! -  fu quindi la risposta del padre alle lagnanze della figlia; poi, al suo piagnucolato: - Come? – Rispose con un sogghigno ed un - Tu aspetta qui – appena mormorato. Poi il principe uscì per qualche minuto dalla stanza.
Quando poco dopo tornò, aveva in mano una palla da tennis verdognola, alla cui vista Bra  smise il suo piagnucolio per guardare incuriosita il padre con gli occhietti già vispi.
- Si gioca a palla papi?-  Fu la domanda della piccola, tra l’esitante e l’entusiasta: quale bimbetto in fondo alla vista di una palla e un po’ di moto non sprizzava entusiasmo?
- Più o meno…- Fu la replica; il saiyan procedette poi a spiegarle quelle che sarebbero state le basi del piccolo esperimento che voleva fare: - Bene, è molto semplice: devi solo acchiapparla e ritirarmela, cerca di usare la forza che hai tirato fuori prima, ma soprattutto di avere mira, per facilitarti io me ne starò seduto qui...- e detto ciò riprese posto sull'enorme divano: - ... mentre tu potrai muoverti un po' ovunque in libertà… in compenso dato che puoi muoverti anche la palla verrà lanciata in posti sempre diversi… tutto chiaro? Mettici un po’ di impegno e se riesci a colpirmi perché non la prendo ti guadagni pure il gelato domani pomeriggio… a te! - e detto ciò le lanciò la palla, senza particolare forza o precisione, quasi svogliatamente.
Come era prevedibile, la cucciolotta andò in visibilio per entrambe le proposte. Non aveva sonno e si sentiva ancora piena di energie, inoltre il padre non aveva mai preso parte a suoi eventuali giochi e la bimba ora era triplamente entusiasta: Poteva giocare e muoversi, era il padre a proporle il gioco e c'era pure un'ipotetica, golosa posta in palio. Che mai poteva volere di più?
Acchiappò quindi la palla con un enorme sorrisone stampato sul furbo musetto; forse la peste era però un po' troppo giubilante... visto che il primo tiro fu si molto forte e veloce ma decisamente poco mirato!
La palla avrebbe quasi sicuramente distrutto una delle grandi finestre che rendevano il salotto, quando c'era il sole, un luogo accogliente e luminoso, se il principe  non avesse creato un fascio energetico che avvolse il pericoloso giocattolino e lo guidò senza troppi incidenti tra le sue mani.
- Hai mica sentito quando parlavo di mira? -  Domandò un po' retoricamente l'adulto con un sospiro, vagamente scocciato: d'accordo l'entusiasmo ma se il primo tiro era indicativo della mira che la bimba aveva erano guai.
- Ops! Mi è sfuggita!-  Esclamò in risposta la mini canaglia ridacchiando.
Decisamente un concetto non era penetrato...
- Se devi tirare tanto per fare la chiudiamo qui, quindi vedi di impegnarti un po' perché decisamente non sono fuori dalla finestra d'accordo? - detto ciò le rilanciò la palla sperando la turchina decidesse di fare sul serio.
- NO no! Non voglio smettere! Ora tiro giusto promesso!- E riacchiappata la palla dopo un paio di secondi tirò.
Promessa mantenuta: Il tiro della piccola stavolta era oltre che veloce pure preciso, sarebbe infatti arrivato dritto in testa al padre se questi non avesse prontamente afferrato l'oggetto ad un palmo dal suo naso.
Molto più soddisfatto, stavolta il saiyan le rilanciò la palla senza commentare ma con un leggero sorriso.
Il duo proseguì a lungo su questa falsa riga; la bimba, un po' per il puro piacere di giocare, un po' per la possibile posta golosa promessale, e un po' per non deludere il padre e smettere così il divertente passatempo, si impegnò parecchio e in effetti a parte il primo tiro gli altri andarono quasi tutti a segno... O meglio, andarono senza bisogno di raggi energetici direttamente tra le mani del principe che senza apparente impegno prendeva e rilanciava l'oggetto. Per quanto lo riguardava, il saiyan effettivamente non faceva alcuno sforzo dato che i suoi riflessi erano abituati a ritmi molto più veloci di quelli che i tiri della bimba gli proponevano, tanto che quasi poteva continuare il tutto ad occhi chiusi; e tuttavia la sua attenzione veniva comunque presa a sufficienza dovendo badare  al quantitativo di forza e alla velocità da lui stesso impiegate nel rilanciarle la palla: via via che la piccola turchina si impratichiva infatti, il saiyan aveva cura di aumentare impercettibilmente forza e velocità impresse alla palla e questo, unito al lanciare in posti sempre diversi la palla, costituiva di fatto già qualcosa che poteva definirsi un Prè allenamento.
Certamente tutto ciò era molto diverso da quello che era stato l'addestramento impartito allo stesso  principe dei saiyan, ed era assai diverso anche dall'iniziazione avuta da Trunks; Vegeta però era abbastanza certo che la piccoletta dopo cinque minuti scarsi di pugni e calci e un po' di dolore ne avrebbe avuto abbastanza e avrebbe mostrato disinteresse totale nel prossimo futuro.
Al contrario, la palla stava sortendo l'evidente effetto opposto, servendo però ad uno scopo: farle aumentare velocità e riflessi ovvero le due più importanti caratteristiche ottenibili in quel momento, soprattutto viste l'età, la forza ancora completamente da sviluppare e l'esile figura della piccoletta.
Finirono così per giocare circa tre quarti d'ora, con l'allegra peste che saltellava ora di qua ora di là, alquanto simile ad una di quelle scimmiette dispettose degli zoo, con le quali condivideva pure la buffa codina che frenetica assecondava i movimenti della proprietaria.
Ad un certo punto, forse perché stanca, la piccola si distrasse e, trovandosi lì vicino, guardò per caso fuori da una delle finestre, dove la notte scorreva placida e tranquilla.
- Guarda papi c'è la luna quasi piena! E un mucchio di stelle! Usciamo?- E senza aspettare risposta, la cucciolotta aprì lesta un anta e saltò sull'erbetta fresca, uscendo con un balzo direttamente dalla finestra.
Sospirando il principe la seguì sapendo di doverle almeno dare un'occhiata; fortunatamente la luna, splendida e alta nel cielo limpido, non era ancora totalmente piena e quindi il saiyan poteva evitare di preoccuparsi riguardo ad una possibile trasformazione della piccola peste, motivo per cui non si affrettò a bloccarla.
La notte li accolse, piacevolmente fresca e luminosa come solo la notti estive potevano essere; Bra era già corsa al centro dell'enorme prato dove lo sguardo non poteva essere  ostruito da case alberi o da fonti luminose  e si era messa a fissare rapita il cielo.
Effettivamente quella era un bellissima serata e nella vasta distesa nera spiccavano come fari l’enorme luna e, sparse qua e là miriadi di stelle lucenti, luminose e distanti.
Al principe capitava sovente di guardare il cielo in solitaria, ripensando alla vita passata a conquistare pianeti o più semplicemente per riflettere su qualcosa in santa pace: poche cose riuscivano a liberargli la mente come il fissare quella distesa oscura costellata da puntolini luminosi che agli altri parevano così distanti ma che lui aveva trascorso buona parte della vita ad esplorare e conquistare; solo raramente aveva concesso a Bulma di fargli compagnia in quei momenti ed ora involontariamente, la piccola Bra lo stava “obbligando” curiosa com'era, ad ammetterla in quel piccolo momento privato.
Dopo un paio di minuti di piacevole silenzio, la bimba decise di ricominciare con la sua instancabile parlantina ereditata dalla madre e quindi, fedele alla tipica curiosità dei bambini si mise a sparare domande a raffica: - Che sono le stelle papi? Perché sono lassù? Sembrano lucciole! Mamma ha detto che sono riunite in costellazioni, è vero? Che sono? – E via dicendo.
Che diamine! Pensava si fosse stancata abbastanza giocando!
Sospirando il principe le disse che si, avrebbe risposto a qualche domanda ma prima, seguendo una speranza o forse un’intuizione, andò a prelevare il plaid che si trovava sulla spalliera del divano e lo stese sul’erba da poco falciata del prato, facendo segno poi alla bimba di accomodarsi accanto a lui.
La piccola ubbidì volentieri e, stendendosi comodamente affianco del padre,  ripeté la sequela di domande, neanche credesse che quello se le fosse già scordate tutte nel giro di un paio di minuti.
Scuotendo la testa, allora il principe si decise a darle almeno parte delle risposte che la piccola pretendeva; nel farlo, cercò di tirarla vagamente sulle lunghe, parlando con tono monocorde.
La tattica adottata fu effettivamente efficace: il principe era nemmeno a metà della sua spiegazione, che voltandosi, vide la pupa placidamente addormentata col ditino in bocca e l’aria più pacifica dell’universo.
Con un lieve sorriso allora la raccolse lentamente per evitare di svegliarla e, con la bimba in braccio, rientrò in casa; nel mentre era ormai rincasata pure la scienziata che, non trovandoli in nessuna stanza, si era alquanto preoccupata.
Nel vedere il duo stava ella quasi per urlare, quando si accorse che la piccola in braccio al padre era tranquillamente addormentata; allora, con un enorme sorriso al’indirizzo del compagno, si avvicinò e, stampandogli un bacio a fior di labbra gli sussurrò un: - Ci vediamo di sopra, a tra poco saiyan - e si avviò poi in direzione delle scale, sapendo benissimo che il compagno l’avrebbe raggiunta appena la piccola peste addormentata fosse stata sul suo lettino al sicuro e tranquilla, mentre loro si sarebbero goduti la splendida, giovane, romantica notte di luna quasi piena.
 
 



FINE
… O FORSE NO…




NA
GRAZIE A CHI MI HA SEGUITO ANCHE IN QUESTA AVVENTURA DELLA PICCOLA BRA!
MOLTE DOMANDE SONO STATE LASCIATE, una su tutte: il piccolo esperimento di Vegeta darà dei frutti?
 
“… lo scopriremo nella prossima puntata…”
;D
NALA

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Capitolo 3
*** 3. aura e inconvenienti ***


Sono in ritardo, sono imperdonabile
Spero almeno sia all'altezza, godibile;
Le avventure della piccola sono ora al termine giunte
Ma non escludo avventure future, non un addio al duo, un commiato!
Grazie a tutti per l'interesse dimostrato
E a tutti coloro che hanno commentato
Infine ma non meno importante:
 Come sempre a SSJD va la dedica di questa piccola avventura birbante!
(sperando non sia troppo demente, ma solo esilarante)
Con affetto
Nala


MINI INSEGNAMENTI PER BIMBE SAIYAN IPERATTIVE
3. aura e inconvenienti
 
 
Erano passate due settimane dalla fatidica serata e dal primo lancio di palla.
Non era stato un cattivo piano, dare una palla in mano alla bimba, no.
Era stato pessimo.
con tutta probabilità si sarebbe incastrato da solo con quel piano; lo aveva previsto e pensato il principe, d’accordo, ma non aveva minimamente calcolato la tenace ossessività per quella piccola passione appena sviluppata dalla figlia…. In sunto non aveva calcolato la possibilità di essere importunato da mane a sera dalla scimmietta con fare petulante degno della madre, condito dai peggiori capricci e scenate possibili...
E nemmeno le conseguenze che tal passione avrebbe comportato!
Perché l’astuto giochino aveva sì risolto la poco probabile idea di allenamento, dato che la piccoletta era diventata molto più veloce e agile; anche le detestabili esplosioni di peluche erano sparite, dopo che alla bimbetta era stato proposto il passatempo; aveva effettivamente risolto in parte anche la faida a base di dispetti che i due fratelli e il Son da mesi intraprendevano tra di loro se era per quello….
Ma aveva creato anche un mucchio di guai.
Erano infatti state due settimane per un verso piuttosto interessanti ma anche decisamente…. Stressanti.
Questo rimuginava la sera del quindicesimo giorno un certo saiyan dai capelli a fiamma, mentre  se ne stava a braccia conserte fuori dal caos.
Letteralmente, fuori.
Aveva deciso che evitare la compagna, rifugiandosi sul tetto della spaziosa casa a cupola fosse la migliore soluzione; questo poiché la scienziata aveva arbitrariamente deciso di dare di matto per nulla, almeno secondo l’esimio, nonché di parte, parere del principe stesso.
Tutto per colpa della mocciosa.
Che aveva un filino mal interpretato, almeno secondo il punto di vista della terrestre sua madre, i suoi insegnamenti non molto applicabili in quel posto di deboli, e applicato più volte, appunto, senza alcun controllo, tali apprendimenti.
  - Al diavolo…- borbottò il saiyan all’ennesimo urlo della donna che il suo fine udito alieno non gli consentiva di ignorare come avrebbe voluto.
Decise di aspettare un altro po'  prima di cercare di dare un taglio a quell'assurdo pandemonio: dopotutto nessuno meglio di lui sapeva che,  quel tono e quel volume stavano ad indicare una sola cosa: Impossibile Zittirla.
Dunque perché rientrare e sorbirsi il casino nel centro del ciclone?
Sbuffando il principe dei saiyan tornò alla precedente oziosa occupazione, sperando che meditare sui fatti accaduti gli desse uno spunto valido da usare per tacitare l'oca starnazzante lì sotto.
I primi sei giorni dopo l'invenzione del giochino, erano stati pressoché normali a dire il vero: la peste azzurrina aveva sì domandato con insistenza di poter giocare, ma, complice la routine giornaliera, con la madre e la nonna sempre disponibili a trovarle un occupazione o a portarla a spasso, padre e figlia si erano praticamente incontrati solo la sera, così che al saiyan non era affatto dispiaciuto accontentarla.
In pratica tutto stava procedendo come da programma. Perfetto... Fino al settimo giorno.
Era una placida mattinata quella che invece si sarebbe rivelata l'inizio del caos.
Come ogni mattina, il principe dei saiyan si era alzato piuttosto presto e come ogni mattina si apprestava ad affrontare la prima delle tre sessioni di allenamento della giornata.
Stava appunto percorrendo i tre lunghi corridoi della casa che dividevano la cucina dalla sua intoccabile stanza privata degli allenamenti -anche denominata GR- quando un'inaspettata allegra vocina interruppe il suo spedito incedere.
- Ciao papi! -  voce squillante, chiassosa e già in vivace movimento alle sette di mattina, la piccola Bra gli stava andando incontro, in mano una merendina sbocconcellata; cosa strana, visto che di solito occorrevano i cannoni per buttarla giù dal letto.
Fece per passarle oltre, sperando che, a parte un breve saluto, la piccoletta non volesse altro, visto che lui aveva altri piani per la mattinata.
- Dove vai di bello? Posso venire anche io? Giochiamo? -  chiese la peste accodandosi e cominciando a saltellare.
Appunto. Altri piani, che non comprendevano la presenza della marmocchia attorno.
- Ad allenarmi come ogni mattina; no e no. A dopo. - fu la sbrigativa risposta che le diede quindi.
Doveva saperlo però che lei non si sarebbe accontentata di quella risposta; infatti seguitò ad andargli appresso come se nemmeno si fosse degnato di risponderle, sempre saltellando, ovvio.
Mezzo corridoio dopo: - La pianti di seguirmi? E che ci fai in piedi a queste ore tanto per cambiare? Tornatene a letto o va a vedere che sta facendo tua madre, si gioca stasera se proprio vuoi ora ho da fare.- si decise quindi il saiyan a dirle.
- Perché non adesso? Comunque mamma dorme e io non avevo sonno e allora mi sono svegliata... Giochiamo?- fece la pupa mentre inghiottiva bocconi sempre più grossi e briciolosi della sua merenda, ovviamente seguendolo.
- Ti ho già detto che prima di stasera NON giocheremo a palla... Va a fare altro adesso.-
-Ma non ho voglia! Io voglio giocare! Giochiamo?-
 Erano frattanto arrivati in vista della stanza gravitazionale e l'esasperato saiyan, pensò che il modo migliore per troncare la discussione con la bimba fosse... piantarla in asso.
- Per l'ultima volta... NO! Ora ho altro da fare, vai a trovare tua madre tuo fratello o meglio ancora i tuoi nonni, almeno uno di loro due è sicuramente sveglio... A dopo.- e detto questo, il principe si chiuse la porta della GR alle spalle, lasciando nel corridoio una immusonita e appiccicaticcia bimba delusa.
Oh, bene, spero abbia capito…. Pensò sospirando il saiyan; poi, scacciato il pensiero della bimbetta, che tanto era in casa e quindi capace di cavarsela da sé, si apprestò ad attivare il macchinario che regolava la gravità, cominciando quindi la sessione di allenamento.
Nel frattempo, fuori nel corridoio, una delusa ma ancora decisa Bra, si stava mordicchiando pensierosa un labbro, mentre meditava le sue prossime azioni; d’un tratto le venne alla mente un particolare: sua madre, soleva comunicare con lui mentre era nella stanza speciale, parlando attraverso un monitor! Avrebbe usato quello per cercare di convincere il suo adorato papi che giocare con lei era più divertente che stare solo in quella strana stanza! Così, volando, si avvicinò al pannello posto in alto accanto alla porta: questo aveva parecchi tasti uno diverso dall’altro, e la piccola stette per un po’ a guardare spaesata la tastiera; e ora come si fa? Pensò poi la piccola peste.
Nel mentre il saiyan aveva attivato i vari macchinari e messo una gravità per lui piuttosto leggera, cominciando quello che era il riscaldamento; mentre schivava in volo un raggio sparatogli contro da uno dei vari robot da allenamento però, la gravità d’improvviso... cambiò.
Sentendosi più leggero, ma avendo comunque messo più forza nei movimenti per contrastare la gravità precedente, il principe riuscì a stento a frenare quella che stava diventando una corsa contro il soffitto.
- Ma che…- fece a malapena in tempo a domandarsi; e la gravità tornò a farsi più pesante, facendolo atterrare pesantemente sul terreno.
- Ma porc…- Poteva essere un malfunzionamento della macchina centrale come era già accaduto in passato? Si domandò il saiyan.
Ma poi la gravità mutò di nuovo, seguita da un brusio, accompagnato da suoni spezzati, pronunciati da una inconfondibile vocina, provenienti dagli altoparlanti.
Fare due più due era matematico: ma perché la peste avrebbe dovuto arrivare al pannello esterno di controllo e manipolare la gravità?  
All’ennesima oscillazione di peso però, non perse tempo a pensare ancora: si trasformò in super saiyan per fare prima, e, raggiunto il pannello di controllo, disattivò dapprima con un controller i robot e subito dopo  la gravità, premendo un pulsante.
- Adesso mi sente…- borbottò all’indirizzo della porta l’esasperato alieno; aveva mosso pochi passi verso l’uscio però, quando la gravità tornò ad alzarsi!
Irritante.
Tornò al pannello di controllo e premette di nuovo il pulsante di spegnimento, gigante e rosso e aspettò.
acceso:  gravità 80.
Spegni.
Acceso: gravità 110.
Spegni.
Acceso: gravità 500.
Spegni.
Acc… PUFFFFF……
Un doppio leggero boato si udì, mentre i due pannelli gemelli per il controllo della stanza e della gravità, esausti della piccola improvvisa lotta ingaggiata, implodevano, generando più che una vera e propria esplosione, una massiccia dose di fumo.
Ma la vera beffa fu la comparsa del monitor, che ora tra le nubi gassose, lasciava intravvedere una sconcertata Bra.
Mentre la vena sulla tempia del principe dei saiyan cominciava pericolosamente a pulsare, indicando guai, la piccina,dopo essersi leggermente ripresa dal fumo e dalla sorpresa, esclamò un allegro: – Papi! – ma poi, accortasi dell’espressione un pochino nervosa del genitore e capendo di averla fatta grossa, optò per la seconda idea che le passò fulminea in testa: battere in ritirata.
E così dopo un piccolo – Ops! –  la piccola turchina preferì  correre via; il principe, smaltito leggermente il nervoso, borbottò uno scocciato: - Almeno se ne è andata ora… tsk! – frustrato; poi, diede un calcio alla macchina esplosa, tanto era già da aggiustare.
Quel giorno fu impossibile allenarsi, ovviamente, ma trovò assai sfogante distruggere una montagna o due, così, giusto perché gli sbarravano il cammino e sembravano alte…
L’ottavo il nono e il decimo giorno, passarono sottotono e senza eventi particolari, ma senza dubbio si doveva in parte al non trascurabile fatto che il principe aveva deciso di smaltire altrove l’irritabilità: in attesa di riottenere intatta la sua preziosa stanza, andava ad allenarsi in luoghi impervi della Terra, dove di certo nessuno avrebbe osato disturbarlo, tornando solo la sera molto tardi.
L'undicesimo giorno fu il ritorno alla routine collaudata: la GR era finalmente stata aggiustata, e la piccola si comportò tranquillamente, accettando la mattina e il pomeriggio di essere coccolata, vezzeggiata e portata in giro dalla nonna. Poi,  alla sera, ritrovatasi di nuovo da sola col padre, venne riproposto l’argomento palla e i due ripresero il loro piccolo allenamento privato. Fu quella sera, che la turchina domandò al padre del concetto fatale: - Papi, ma perché non la so tirare forte abbastanza? E perché non so fare le corde di luce per acchiappare la palla?- domandò lievemente perplessa.
Infatti la piccola non era stupida, affatto, e si era accorta da un po’ sia dell’utilizzo del padre di quelle strane “corde luminose acchiappa palla” come le aveva tra sé e sé denominate lei, sia del fatto che il padre sembrava imprimere alla palla diverse forze.
- È perché non sai ancora controllare l'aura...- le aveva risposto allora lui.
Alla faccina ancora più perplessa della bimba, si sentì costretto a darle una spiegazione un po' più completa, seppure il più elementare possibile:
- Hai presente il giorno in cui hai imparato a volare? La pallina luminosa che hai creato allora, o meglio, l'energia con cui era formata, può cambiare di forma e avere quindi diversi... utilizzi; se immagini che una piccola quantità stia sulle mani, darai più forza alla palla come hai dato più forza sotto i piedi per volare; se usi più energia e la pensi come un filo ottieni la “corda” come l'hai chiamata tu...-
Alla piccina si illuminò il musetto: tutto chiaro! Facile!
Infatti, subito dopo, provando a tirare la palla... BOOM!
Ovvio.
- Poca forza avevo specificato in effetti... O finisci per disintegrare l'oggetto, come ora hai scoperto da sola... - commentò tranquillamente il principe, leggermente divertito, ad una basita Bra che ora fissava con gli occhietti leggermente sgranati i resti fumanti della palla da tennis.
- È rotta...- fece triste la principessina, pensando solo che con le briciole della palla non si poteva certo giocare.
-Tuo fratello di sopra ne ha altre, quello non è un problema... Cerca però di imparare a dosare l'energia prima che le scorte terminino, altrimenti finisce anche il gioco.-
Poi spedì la piccoletta in camera del fratello a prelevare le famose suddette scorte; c'erano ben sei palline verdi, e la turchina credeva che almeno tre o quattro si sarebbero salvate: avrebbe facilmente dosato la forza la prossima volta!
Infatti la prima delle sei nuove sfere verdognole venne polverizzata al primo lancio, in un tempo pari ad un battito di ciglia; la seconda subì la stessa sorte, solo, durò all'incirca quatto passaggi, un lieve ma incoraggiante miglioramento.
Ne restavano quattro; la terza vittima durò un po' di più, ma solo perché i tiri venivano fatti al rallentatore dato che la piccola peste voleva a tutti i costi imparare, appena il ritmo venne aumentato però, anche lei si arrese e diventò un cumulo fumante.
La frustrazione della bimba aumentava nel mentre di pari in passo con i suoi tentativi infruttuosi di controllare la strana forza, anche perché col volo era stato tutto molto più facile!
Di tale frustrazione si accorse anche il padre che, se sulle prime cercò di dissuaderla e farla tornare a giocare normalmente, poi, al broncio testardo messo su dalla cucciolotta, decise di lasciar perdere e di tentare con altre indicazioni:
- No, non ci siamo, ne metti sempre troppa; guarda, tu stai usando questa quantità...- e fece apparire nella mano destra una sfera di medie dimensioni che brillava come un piccolo faro nella sera:
-... Mentre il massimo che può sopportare la palla prima di andare in pezzi è circa questo.- e  fece apparire nell'altra mano una sfera più piccola e dalla luminescenza più tenue.
Detto ciò, le diede alternativamente da soppesare entrambe le sfere, adagiandole sui piccoli palmi della bimba, così che capisse la differenza tra le due potenze; solo quando gli parve che la sottile differenza fosse stata recepita, le concesse nuovamente di tentare con la palla in mano.
Effettivamente miglioramenti ci furono e, a fine gioco circa mezz'ora dopo, un paio di palline da tennis venne riposto nel piccolo sacchetto che le aveva precedentemente contenute, ancora intatte.
Certo, la velocità era stata un po' sacrificata, ma sembrava che almeno il principio base e la quantità di potenza da immettere fossero state dalla piccola peste assimilate, cosa non da poco tenuta pure conto l'età della mocciosa.
 
La sera dopo però il caos tornò padrone della situazione: l'allegra peste, pur non essendosi scordata la piccola lezione di aura tenutale dal padre la sera precedente, fu un po' troppo precipitosa nell'agire.
Mise così con la prima pallina da tennis un po' troppo entusiasmo, condito con un bel po' di forza in più del necessario e così... la palla esplose.
Mentre il principe si chiedeva mestamente se dovesse essere ripetuta l’intera lezione daccapo, la cucciola, che quella sera era particolarmente vispa, prese in mano con un po' più di attenzione la palla superstite: l'ultima; così l'uomo vedendola più concentrata lasciò perdere ulteriori spiegazioni, convinto che non servissero e lasciò che la peste dettasse la velocità che più preferiva.
Pessima idea, davvero un errore.
Bra, che aveva passato tutto il pomeriggio seduta a disegnare e a essere messa in mostra prendendo il thè con le amiche riccone della nonna, quella sera non aveva proprio la pazienza di stare a dosare energie di vario tipo, voleva semplicemente stancarsi e muoversi!
E perciò, perse la pazienza: dopo circa un quarto d'ora passato a controllare minuziosamente ciò che faceva infatti... usò nell'ennesimo lancio forza, molta forza, incauta forza... Tutta la sua forza.
Inutile dire che fine fece l'ultima palla da tennis.
- Ma che hai combinato? Non credo proprio ci siano altre scorte in giro...- commentò rassegnato  il principe,  che invero era un po' dispiaciuto della prematura fine degli esercizi.
La piccola peste osservò i resti fumanti dell'ultima sciagurata palla per cinque lunghi secondi.
Poi scoppiò a piangere sconsolata!
- E adesso che hai? Guarda che hai fatto tutto da sola...- mormorò il padre alzando gli occhi al cielo data la reazione, per lui alquanto assurda, della mocciosa alla situazione.
Occorsero cinque minuti di blandizie e il non irrilevante intervento di una provvidenziale barretta di cioccolato pescata dal frigo, per placare la crisi isterica della pupa provocata da sé medesima.
Ma se il principe sperava che la fine del piagnisteo fosse, come si era effettivamente illuso, il segnale  per rilassarsi, si sbagliava di grosso.
Poco dopo iniziò il vero caos, sotto forma della mente geniale della piccola turchina: ella, finito l'inaspettato dolce spuntino, seduta placidamente accanto al padre sul comodo divano, cominciò infatti a riflettere.
E con le riflessioni arrivò il lampo di genio.
Il saiyan la vide improvvisamente cambiare espressione, non fece a tempo a domandarle nulla che la piccoletta era già corsa a razzo fuori dalla stanza, diretta chissà dove.
Perplesso, sentì il suo lieve scalpiccio salire l'ampio scalone che portava alle camere e agli appartamenti  privati; pensando le fosse venuto in mente dove trovare qualcos'altro da lanciare o che cercasse diverso materiale di svago, non la seguì, pentendosene poco dopo, quando udì un terribile fracasso provenire proprio dalle scale.
Sospirando, si alzò dal divano, dirigendosi verso la fonte del molesto rumore, decisamente più seccato che preoccupato per la peste.
Arrivato all'atrio, il principe si fermò, osservando basito quel disastro ambulante della figlia e il suo ennesimo guaio:  mobile che sostava a metà della scalinata: rotto, con tutti i fragili soprammobili che vi sostavano sopra altrettanto rotti; una pupa quasi per niente ammaccata ma con un sorrisone soddisfatto che lo fissava da sotto in su, precisamente da semi distesa per terra davanti agli scalini; e accanto a lei….
- Si può sapere che stai facendo? Riporta quel coso esattamente dove l’hai trovato. Subito.-   quella sera la pazienza del principe era già agli sgoccioli, ma davvero, quella non era in ogni caso un'opzione.
- Perché? Possiamo usare questa! È più grande, ma riesco a muoverla lo stesso! Vedi? L'ho pure portata giù! Sono stata brava? Giochiamo?- fu l'allegro monologo giustificativo della peste.
Certo, come no, davvero un'idea geniale.
- Mi hai sentito. No, non giocheremo con quello. Riportalo su.-  fece l'esasperato genitore.
Assecondarla avrebbe portato ad una immotivata guerra; assecondarla avrebbe portato distruzione; davvero non poteva dirle di sì; impossibile mettersi a lanciare ripetutamente e con forza, nel pur non piccolo salotto di casa, una palla da palestra formato gigante.
Non se si voleva conservare qualcosa di intatto!
-Maaaaaa.... Perché uffa!? È rotonda e si tira lo stesso no? Allora perché non possiamo?- fece allora la bimbetta.
-Perché per esempio è grossa il doppio di te?- fu la ragionevole, veritiera risposta, ovviamente non scoraggiante però vista la replica dell'intestardita mezza aliena:
- Ma non importa! Se sono riuscita a portarla quaggiù posso anche tirarla! Adesso te lo mostro! Dai! Giochiamo? -
E prima che il padre potesse replicare che, no, non occorrevano dimostrazioni, bastava e avanzava un mobile rotto per adesso, la peste decise che era giunto il momento: fulminea si alzò da per terra, dove era comodamente rimasta durante la discussione, agguantò velocemente la palla e... perse miseramente l'equilibrio sulle gambette, finendo nuovamente distesa poco più in là; solo, ora era a pancia in su e poteva osservare il pallone che, per puro caso, s'abbatteva esattamente contro il mobile dell'atrio, provocando altra distruzione.
-O forse esattamente perché finiresti per fare a pezzi tutto, come puoi vedere!- esclamò con un sospiro il principe.
Che dire all'assente scienziata riguardo alla mobilia mancante lo avrebbe deciso più tardi, prima era il caso di togliere il pericoloso oggetto dalle mani e dalla vista dell'altrettanto pericolosa proprietaria.
Così, con l'ennesimo sospiro e una voglia tremenda di imprecare, il saiyan raccolse la palla molesta e la trasportò di persona nel posto ad essa riservato da quando, alcuni mesi prima, la bimba piagnucolando, se la era fatta regalare ovvero un angolo dell'enorme stanza dei giochi della figlia; stanza bizzarra e stravagante era quella, dato che poteva essere descritta come una via di mezzo tra un parco giochi e una palestra giocattolo viste non solo le dimensioni ma pure il contenuto: un cavallo a molla stava poco distante da un'altalena, metà delle pareti erano arredate da scale e finte rocce da arrampicata sotto le quali sostavano materassini più o meno soffici; in un angolo c'era un tappeto elastico che doveva in origine essere utilizzato in giardino ma che, chissà come, in un giorno di pioggia era finito lì dentro senza più venire mosso; completava la collezione stravagante proprio quel pallone gigante, col quale la pupa si divertiva spesso a saltellare per la stanza.
Quella sera, nonostante i continui piagnistei della bimba, non si giocò più come era ovvio che fosse; certo, la peste propose di tutto, arrivando persino a tirare un cuscino in testa all'esasperato genitore che si stava imponendo di non strangolarla, ma dopo un po' il nervosismo della bimba si placò e così, esaurito lo slancio ed essendosi stancata, la turchina s'addormentò.
 
- VEGETA! È ASSOLUTAMENTE INUTILE CHE TU STIA LASSÙ! TANTO APPENA SCENDI RIPETERÒ TUTTO DACCAPO! - l'urlo che lo aveva distolto dai suoi pensieri, meglio dai suoi ricordi risalenti a tre giorni prima, proveniva dalla terrazza sotto di lui: la consorte, ancora decisamente non paga del casino che stava combinando, chiedeva la guerra.
- LO SO CHE HAI SENTITO TUTTO SAI? SEI IN PARTE RESPONSABILE DI QUEL CHE È SUCCESSO OGGI E ORA DEVI STARMI A SENTIRE! SCENDI!- urlò di nuovo la scienziata inviperita: non poteva arrampicarsi sul tetto senza rischiare di rompersi qualcosa e questo la faceva imbestialire ancora di più; così per compensare si era posizionata sulla terrazza più vicina alla posizione di lui in maniera da risultargli il più fastidiosa possibile: prima o poi sarebbe sceso!
Già, sebbene l'artefice di tutto fosse esclusivamente la mocciosa, la donnaccia riteneva che lui fosse altrettanto responsabile degli avvenimenti accaduti, dato che era lui quello che le aveva insegnato come fare e secondo la donna senza ammonire la bimba riguardo alle possibili conseguenze delle azioni da essa compiute quel giorno.
Non erano state infatti la camera gravitazionale da riparare in fretta o le disastrose imprese distruttive di numerosi oggetti presenti in casa, perpetrate nei vari giorni dalla figlia a far arrabbiare tanto la scienziata: del peluche assente non se ne era nemmeno accorta, tanti ne aveva la piccoletta di quei cosi; quando i due avevano raccontato in contemporanea le loro divergenti versioni su come si era rotta la stanza gravitazionale alla donna era solo venuta una gran ridarella; alla notizia della distruzione dei mobili da parte del duo palla-bimba non aveva battuto ciglio.
Era la giornata appena trascorsa ad essere stata la vera causa scatenante della crisi isterica della scienziata.
Quell'irritante giornata era iniziata in una maniera talmente banale e routinaria che nemmeno volendo si poteva immaginare il caos seguente: avevano infatti consumato una tranquilla e abbondante colazione, per una volta riuniti tutti e quattro allo stesso tavolo; dopo essersi abbondantemente saziati, erano infine andati ognuno per fatti propri per badare alle personali faccende da sbrigare.
Al principe non importava molto invero dove gli altri tre andassero, ma, oltre alla non necessaria notizia che Trunks andava sui monti Paoz,  aveva distrattamente immagazzinato anche l'informazione essenziale: Bulma e Bra sarebbero finite al centro commerciale più grosso della città per passare una allegra mattinata di shopping.
Senza noie interruzioni o particolari inconvenienti, il saiyan passò una tranquillissima mattinata di allenamento; fu quindi quando uscì dalla GR che trovò, con sorpresa e disappunto, lo spiacevole inizio del caos.
Il saiyan si stava infatti dirigendo in cucina, dato che era ora di pranzo, quando avvertì delle urla femminili provenire esattamente da quel locale; le più rumorose erano senza dubbio alcuno le strida di una riottosa Bra:
- NOOO! Ho detto che non ci vado! Te l'ho detto come è successo! Non puoi mettermi in punizione! Ho ragione io e lui se lo meritava!- diceva la pupa tra evidenti singhiozzi rumorosi.
Che accidenti era successo?
Ma soprattutto: doveva necessariamente entrare lì dentro?
-Non discutere e fila in camera! Sai benissimo che non dovevi farlo! - fu la risposta della madre data con tono isterico.
Sì, forse era il caso di approfondire, aveva meditato il saiyan, a cui tra l'altro serviva pure l'acqua visto che era assai assetato; era perciò entrato con passo deciso nella stanza.... Per fermarsi subito dopo, alla vista della faccia che quelle due esibivano: una, la bimba, pareva un disperato demonietto vendicativo al quale era stata tolta la preda; l'altra, la madre, sembrava a metà tra una crisi isterica e un misto di panico furioso.
-Si può sapere che è successo?- aveva esordito il principe con la solita calma glaciale.
Le due si erano voltate a guardarlo in contemporanea.
E lui si era  tirato mentalmente contro una decina di improperi avendo capito di aver decisamente sbagliato mossa.
La pupa lo aveva guardato con aria speranzosa, come a volergli urlare salvami, quella pazza isterica ha torto!
La scienziata invece aveva preso per contro a fissarlo con fare assassino, peccato lui non c'entrasse assolutamente niente!
Si guardarono tutti e tre alternativamente per qualche secondo, come a voler capire a chi spettasse per primo il turno d'attacco; poi...
- PAPI! VUOLE METTERMI IN PUNIZIONE MA HO RAGIONE IO...-
-TU! SI PUÒ SAPERE CHE ACCIDENTI LE HAI INSEGNATO…?-
avevano urlato in contemporanea le due, talmente forte che poco vi era mancato che i timpani del saiyan finissero a pezzi.
 E stavano per continuare!
-BASTA!-  si affrettò quindi ad urlare a sua volta il saiyan, prima che il fuoco incrociato ricominciasse.
Miracolosamente... silenzio fu.
- Bene, - disse il corvino avviandosi verso l'enorme frigo e prelevando da esso una fresca bottiglia d'acqua: - E ora, una di voi due mi spiega chiaramente la situazione, anche se preferirei di gran lunga che la smetteste di fare tutta questa cagnara senza coinvolgere pure i miei timpani!- fu l'ordine perentorio.
Fu l'agguerrita scienziata ad aprire bocca: nervosa com'era non badò nemmeno ai convenevoli o a partire col discorso alla lontana; in verità, si limitò ad un unico monologo esclamativo, pronunciato in tono rabbioso e accusatorio:
- TUA figlia ha appena spedito all'ospedale, precisamente in rianimazione un suo coetaneo! Come? Gli ha tirato un grazioso pugnetto, che a suo dire era pure dato pianino, in faccia, spedendolo tra l'altro contro un muro! Il perché è presto detto: il disgraziato non voleva lasciarle una dannatissima macchina a pedali! E ora indovina CHI si trova nei guai fino al collo? IO!- esclamò infervorata.
E, da come lo osservava, era piuttosto evidente che lo ritenesse in qualche modo responsabile dell'accaduto quasi quanto l'impulsiva bimbetta.
La piccoletta dal canto suo aveva ascoltato la sfuriata materna con un bel  broncio contrariato sul musino: dal suo fare ostinato si capiva lontano un miglio che riteneva di aver fatto bene a spedire il fragile terrestruccolo dove ora si trovava e che quindi, probabilmente perché non totalmente consapevole delle conseguenze della sua azione, riteneva di essere decisamente nel giusto.
Infatti, appena la madre finì di pronunciare l'ultima sillaba, tacitandosi più perché doveva riprendere fiato che perché non avesse altro da dire, la peste diede senza che nessuno gliela domandasse, la propria versione dell'accaduto:
- SE LO MERITAVA! io ho chiesto per favore se potevo fare un giretto, mi annoiavo lì e mamma stava chiacchierando! Ma quello continuava a prendermi in giro! "come come" mi diceva  e rideva! Mi stava prendendo in giro e io ho aspettato e chiesto TAAAANTE volte! E mi SONO STUFATA! ... E l'ho buttato giù!-
-Facendolo finire praticamente in coma accidenti!- fu la replica della madre a quel fiume di parole leggermente confuse e intervallate da singhiozzi della peste.
-NON IMPORTAAAAAA!- fu l'urlo di risposta della figlia, che dopo quello strillo, il padre ne era sicuro visto come gli aveva ridotto le orecchie, si era praticamente scartavetrata la gola; la combina guai era poi uscita di corsa dalla stanza, meta ignota.
Restarono quindi in due a fronteggiarsi nella stanza: una inviperita quanto in panico scienziata e un saiyan irritato, che decisamente era più interessato al ritardo che quell'evento aveva comportato nell'orario del pasto imminente che il fatto in sé.
In effetti, a modesto parere del principe, anche se il quadro della situazione non era ancora completo e dettagliato, aveva più ragione la pupa: se anche la principessina non avesse preso di suo il carattere battagliero dei genitori, loro si erano sempre spesi al che la bimba, se vessata o provocata reagisse... Anche se forse, con un terrestre, non era il caso di usare la forza bruta, vista la debolezza della razza.
- Ti rendi conto, spero, il casino che è successo e l'enorme guaio che ha combinato!- scattò bruscamente la donna; poi concluse esasperata e sconsolata: -... E ora... Che faccio...?-
Capendo finalmente che la moglie era talmente presa dal panico da dimenticarsi di una qualsiasi  soluzione, forse perché leggermente scioccata dall'evento e dalle sue conseguenze, il saiyan tentò di accantonare la propria propensione, che gli avrebbe fatto rispondere alla donna con un sarcastico: ma che ti aspettavi da una mezza saiyan? Che venisse a frignare da te perché il piccolo mollusco fastidioso la prendeva per i fondelli? E le disse invece quello che pensava lei volesse sentirsi dire:
- Non capisco che sono tutte 'ste storie, ti basterà far si che accidentalmente il moccioso ingoi un senzu per poi sganciare ai genitori del marmocchio un piccolo risarcimento per il disturbo causato... Non dovrebbe poi essere così difficile evitare spiacevoli ripercussioni...- si lasciò quindi scappare.
La donna lo guardò leggermente basita, poi un piccolo sorriso si fece largo sul suo volto che da qualche ora ostentava cupezza: come aveva fatto a non pensarci lei stessa a quel piano? Non era lei il genio? Rigirò allora, per puro gusto, quel semplice piano d'azione in testa, per cercare eventuali falle: infantilmente voleva ci fossero delle falle, giusto per potergli urlare contro un altro po' e scaricare così la tensione accumulata; dopotutto lo riteneva davvero in parte responsabile di quel casino, dato che negli ultimi tempi Bra andava magnificando papà, il tempo che ci passava assieme, e la divertente attività che  avevano trovato per passare il tempo. Alla donna non era sfuggita la stranezza della situazione, ma soprattutto non le era sfuggito l'accenno fatto casualmente a pugni e sfere luminose, che la pupa aveva entusiasticamente raccontato con la tipica ingenuità della sua età.
Ma poi dovette arrendersi e ammetterlo: quella sembrava realmente la soluzione più semplice al problema e, a parte il fargli notare sarcasticamente che il risarcimento da sganciare non sarebbe stato affatto piccolo, altro della soluzione da lui trovata non poteva davvero criticare.
-Uhm! Sarebbe venuta in mente anche a me una soluzione del genere se non fossi stata occupata a rimproverare e trattenere quell'indiavolata di tua figlia!- sbottò quindi, tanto per ribadire la sua non ancora sbollita arrabbiatura; poi, mento alzato in segno di sdegno e andatura nervosa, la bella scienziata uscì dalla stanza, andando ad eseguire il più in fretta possibile la soluzione a quell'increscioso pasticcio combinato dalla figlia, prima che portasse conseguenze nefaste.
Solo allora, col silenzio tanto atteso finalmente ottenuto, il principe si accorse di un piccolo particolare: il pranzo era, maledizione a loro, decisamente saltato!
Spinto dallo stomaco gorgogliante si era solo poco più tardi deciso, e aveva affidato il delicato incarico di trovare e sorvegliare la bimba alla di lei nonna, andando poi a cercarsi un pasto degno di essere chiamato tale.
Rientrato nel tardo pomeriggio, dopo essere stato a caccia e aver approfittato della natura per un piccolo allenamento fuori sede, il saiyan notò con piacere che la calma regnava ora nella grande abitazione.
Controllate le auree degli abitanti, venne a sapere che la bionda irritante mrs Brief, a volte serviva davvero, dato che teneva la peste occupata con buona maestria, in tranquille attività in salotto; oltre a nonna e nipote, eccettuato il vecchio Brief come sempre in laboratorio, ancora nessun altro era in casa in quel momento.
Decisamente più rilassato di quando era partito, il saiyan si diresse alla stanza che condivideva da anni con la compagna e al bagno privato annesso ad essa, con l'intenzione di darsi una ripulita; uscitone dopo una mezz'ora, si diresse in cucina: sicuramente la cena era già in preparazione, se non per mano di Bulma ci avrebbe pensato sua madre, come da copione.
Arrivato distrattamente nel grande  salotto però, si accorse di un piccolo particolare che gli era sulle prime sfuggito, avendo prestato poca attenzione alle auree: avevano ospiti.
O meglio: suo figlio, rientrato da poco e stranamente a casa  aveva UN ospite…. guarda caso il figlio della terza classe, vedi mai che variasse un po’ la compagnia.
I due erano beatamente spaparanzati sull’enorme divano e chiacchieravano allegramente e assai rumorosamente davanti alla tv.
La prima a notare la sua presenza, fu la peste azzurra che in cucina stava aiutando, per modo di dire vista l’età, la nonna e la madre ad imbastire l’abbondante cena che sarebbe occorsa per  sfamare ben tre ampi stomaci saiyan, più quello non altrettanto grande ma comunque assai capiente della stessa bimba; questa gli corse allegramente incontro e, dall’espressione sia della peste sia della scienziata, era evidente che le due avessero fatto pace, e che il suo piano anti conseguenze nefaste era andato tutto sommato a buon fine.
 Decisamente ora andava molto meglio, si disse il principe salutando la mocciosa sua figlia; e fortunatamente, come venne con molta solerzia subito informato dalla bionda mrs Brief,  pure la cena era quasi pronta: ottimo!
Si misero quindi senza indugio tutti a tavola, e i saiyan presenti, fedeli come sempre alla loro natura, cominciarono a spazzare via enormi quantitativi di cibo alla velocità della luce; ad un certo punto, ci fu un innocua contesa tra il lilla e l’amico su chi dovesse mangiare un certo cosciotto e i due si accapigliarono brevemente, ma nulla di cui preoccuparsi dato che scene del genere accadevano assai spesso durante quelle cene, divenute quasi un'abitudine, data l’assidua frequentazione dei due.
Erano ormai al dolce però, quando accadde il clou della serata, anzi della giornata; invero quella scena il principe se la godette parecchio, seppure le conseguenze dopo ore si facessero ancora sentire... se solo la scienziata non se la fosse presa così tanto!
In fondo, possibili conseguenze gravi stavolta non ce n’erano state, e la scena era stata assai spassosa: il figlio dell’idiota, anch’esso evidentemente assai idiota, aveva ben pensato di ricavarsi del dolce goloso cibo  extra… rubando un bel cucchiaione di gelato alla piccola peste; il gesto era stato concepito più per dispetto, in effetti, che per golosità, dato che nella enorme vaschetta comprata dalla scienziata prima di rientrare, c’erano ancora diverse palline a disposizione di tutti.
Il furbastro aveva dunque detto sornione ma con tono piuttosto neutrale alla bimba che gli era seduta di fronte:
- Bra guarda! C’è il micio nero! – sapendo perfettamente che la piccola stravedeva per il vecchio gatto che il nonno si portava sempre a spasso in spalla, e che quindi si sarebbe girata per vedere se trovava l’animale che ovviamente nei dintorni non c’era; infatti come previsto, la pupa si girò, e…. il malefico idiota, ne approfittò: in fretta allungò un braccio e si riempì il più possibile il cucchiaio che aveva già in mano da tempo.
L'azzurrina, non trovando il gatto come poi spesso succedeva, si girò molto indignata e, al vedere il grosso quantitativo scomparso dalla sua appetitosa coppetta di gelato, illividì; l'indiziato per il furto era uno e uno solo, su questo non c'erano dubbi, e quindi la marmocchia fissò Goten, un Goten che ostentava un fare da innocentino ma col cucchiaione ancora strapieno sospeso a metà strada, con l'aria di volerlo trucidare.
Il solito copione prevedeva che la principessina, prima verbalmente e poi a volte fisicamente, provasse pure a trucidare il ragazzo, senza però riuscire a fare granché e venendo poi consolata da madre e nonna.
Fu quindi con enorme sorpresa che tutti videro la piccola infuriata principessa alzare repentina il suo pugnetto più forte, il destro, caricarlo velocemente con una quantità d'aura decisamente abbondante e... Centrare il bersaglio in faccia!
Un esterrefatto Goten volò quindi per la stanza sotto gli sguardi altrettanto esterrefatti dei presenti, finendo con un poderoso schianto addosso alla grande credenza dalla parte opposta rispetto alla tavola.
Ovviamente, il mobile non resse l'urto e così il giovane moro si trovò pure a fronteggiare l'imprevisto attacco delle stoviglie cadenti, diverse delle quali riuscirono a piombargli allegramente in testa con un vivace tintinnio.
Tutti osservarono con gli occhi a palla tal disastro non capacitandosene; solo uno si riprese prima degli altri, ovvero un divertito e, si assai orgoglioso, Vegeta che, trovato il tutto davvero divertente, stava apertamente sghignazzando.
Nel silenzio generale qualche secondo dopo, si udì, dapprima piano, ma poi sempre più in crescendo, un rumore: la squillante infantile risata di Bra!
La bimba infatti, dopo aver osservato leggermente stupita il suo insperato primo successo, aveva trovato la scena di un buffo tremendo e un possente attacco di ridarella la stava ora scuotendo da capo a piedi.
Meno felice era il malcapitato Goten ora semi fuso con la credenza, il quale, liberatosi, mormorò:
-  E che cavolo...!? Piccola peste troppo forzuta... - rialzandosi un po' impacciato.
Era effettivamente assai seccato il moro, probabilmente perché di certo non si aspettava una reazione tanto violenta ma soprattutto tanto precisa da andare a segno in quella maniera: nessuno dei presenti eccetto l’improvvisato allenatore, sapeva che le serate di gioco, sbandierate in giro appena possibile con aria assai compiaciuta dalla pupa, visto chi era il secondo giocatore, servivano anche da allenamento della peste.
Non c'era quindi da sorprendersi se tutti avevano sfoggiato quelle facce basite; peccato che dopo l'iniziale smarrimento, alla ripresa delle facoltà mentali, seguirono reazioni prevedibilmente alterate: i due ragazzi, anche Goten che era quello che aveva subito la rappresaglia, più di quel tanto non se l'erano in fondo seriamente presa, abituati com'erano a calci pugni e simili; si erano solo sorpresi nel constatare come quella volta la marmocchia fosse riuscita a colpire con tanta forza e precisione il Son, tra l’altro usando l’aura, e cercavano di capire come fosse stato possibile mentre rimproveravano verbalmente la marmocchia.
Il principe, come già detto, aveva accolto la scena, invero per lui esilarante, con un certo entusiasmo: dopotutto, in parte aveva speso il tempo serale anche per quello scopo; non credeva invero che il piccolo allenamento a cui l'aveva sottoposta avrebbe dato cosi in fretta i suoi frutti, ma tant'era e di certo a lui non era dispiaciuta la piccola lezione che la figlia aveva impartito al Son, proprio no!
Chi invece era rimasta senza parole e piuttosto scioccata era Bulma: forse perché la vedeva così piccola, forse perché inconsciamente la riteneva più simile a sé, femmina e con quell'aspetto e quei colori che la rendevano ai suoi occhi una piccola copia di lei, forse per un misto di queste cose e altre ancora, ma davvero la scienziata era rimasta profondamente turbata dagli eventi di quella giornata: aveva scoperto il lato alieno della sua piccola peste, un lato che si, sapeva esistere, ma che tendeva a dimenticare, considerandolo poco più che un dettaglio.
Ora invece ne aveva avuto tangibile dimostrazione… E per ben due volte!
E tali dimostrazioni di quel sangue alieno si erano rivelate sorprendentemente… pericolose.
Fu per tali ragioni che la scienziata esplose: se gli oggetti, per quanto costosi o affettivi, potevano essere sostituiti,  non tutte le persone potevano essere colpite in quella maniera a piacimento, e la bimba era ancora troppo piccola per poter discernere autonomamente verso chi poteva rivolgere tali distruttive capacità senza creare scompiglio o peggio danni permanenti; per la gioiosa peste che ora se la rideva beata puntando il ditino contro la sua vittima, un terrestre poteva essere colpito esattamente nella stessa maniera in cui era stato colpito Goten,  bastava che ritenesse di avere ragione!
Ma seguendo questa legge del taglione personale, la bimba sarebbe finita presto in un mucchio di guai dato che sulla terra cose del genere non erano ammesse.
Così, con l’intento di correggere quel comportamento, infuriata, nervosa e leggermente spaventata, Bulma cominciò ad urlare contro alla figlia di smettere di usare la violenza e i pugni; le ordinò poi di filare in camera sua, non avrebbe più visto la stanza dei giochi per una settimana almeno, posto che nel frattempo non avesse combinato altri disastri!
La piccola, che già riteneva un po’ esagerata la sgridata della mattina, non avendo ben compreso la gravità del suo pugno al bimbo, trovò quella della sera ancora più ingiusta e quindi, piangente scappò di nuovo nei meandri della casa, dopo aver urlato la sua indignazione.
Nel frattempo, gli altri presenti avevano osservato stupiti ora la madre, ora la figlia: i coniugi Brief stavano cercando dopo poco di minimizzare l’accaduto, dicendo alla scienziata che la bimba presto avrebbe imparato a controllarsi e che forse non c’era bisogno di essere così duri; i due ragazzi, abituati com’erano sia all’isteria di Bulma sia alla risoluzione di problemi mediante i pugni, decisero invece di lasciare la stanza senza prendere posizione.
Proprio in quel momento, la scienziata si accorse di un dettaglio: vero, ora non aveva più sottomano la bambina, in compenso era decisamente ora per lei di fare quattro chiacchiere con l’alieno che, oltre a dare il suo sangue anomalo alla bimba, le aveva  anche insegnato le capacità distruttive di cui quel giorno la peste aveva dato prova; così si girò furibonda verso il compagno, che aveva ancora un leggero ghigno in volto, e scandì un: - TU…-  con l’espressione degna di un’arpia.
Ne scaturì una baruffa tremenda, durata circa un ora, in cui la donna continuava nei suoi monologhi minacciosi, pretendendo risposte, forse rassicurazioni; ma non era la natura del principe rassicurare gli altri, almeno non apertamente. Egli perciò preferì di gran lunga ribattere, punto su punto, dapprima piuttosto pacatamente, poi, al crescere del nervoso dovuto alle abbondanti accuse di lei, in maniera sempre più brusca e sarcastica.
Alla fine, stufatosi di una discussione che a lui pareva assurda, e vedendo la chiara impossibilità di calmare la donna che continuava a urlare, se ne era semplicemente andato dalla stanza, prima di prendere seriamente in considerazione l’idea di strangolarla; il tetto gli era parso l’unico luogo abbastanza calmo e lontano dall’isterica, quindi si era affrettato a recarcisi.
E ora andava a disturbarlo pure lì!?
Le aveva dunque risposto restando dov'era e dove lei non poteva raggiungerlo, le braccia conserte e il tono seccato:
- Tsk, piantala non hai urlato ancora abbastanza accidenti? Le tue ragioni le hai spiegate all'infinito, ma quello che se avevi orecchie cercavo di dirti di sotto era che forse stavi un pelino esagerando: imparerà a controllarsi e poi tanto le soluzioni ci sono sempre come hai visto...-
-Secondo te sono sempre io a essere esagerata vero? Sei tu che non ragioni! È per metà terrestre e vive sulla terra, vivrà coi terrestri e non può permettersi di rischiare di ammazzarne uno ogni volta che viene contrariata!- lo interruppe lei; poi se ne andò, capendo alfine che era inutile proseguire la discussione.
-Tsk...- mormorò l'infastidito saiyan.
Si godette per un po' il silenzio, finalmente sembrava che in casa nulla più si muovesse. Pace si, ora c'era pace. Ma la quiete era pur sempre fittizia, meditò il principe mentre si guardava intorno nel buio della notte; l'alieno ci vedeva piuttosto bene anche in quelle condizioni, dunque non tardò ad individuare un fagotto in una delle terrazze più in basso, un fagotto piccino, rannicchiato su se stesso e con inconfondibili capelli azzurri: Bra.
Sembrava assai depressa persino agli occhi apparentemente insensibili del principe dei saiyan, così con un sospiro, questi si decise a scendere dalla sua postazione sopraelevata , planando silenziosamente per i pochi metri che lo separavano, atterrò agilmente poco lontano dalla bimbetta.
Lei stava ancora piagnucolando, sconsolata per la baruffa e i conseguenti urli che aveva sentito fino a poco prima; al richiamo del padre sussultò leggermente, non avendolo sentito arrivare, ma, seppure sapesse che lui detestava i piagnistei, non interruppe il suo dondolarsi e il leggero frignare: dopotutto aveva quattro anni, inconcepibile per lei pensare di frenarsi solo per l’opinione altrui.
Al secondo più insistente richiamo infatti, invece di diminuire lacrime e singhiozzi, la piccola si gettò direttamente contro il padre, piangendo ancora più forte di prima.
Lasciata sfogare, dopo un po’ interruppe le lacrime per chiedere con voce impastata e tirando su col naso: - Ho fatto così male? A me sembrava di essere nel giusto anche ‘sta mattina…. Perché mamma se l’è presa tanto allora?-
Occorse un po’ perché il padre le rispondesse, era una questione spinosa per molti versi: anzitutto per l’età della piccola, ma anche per il non trascurabile passato di lui, che invero aveva cominciato ad uccidere quando aveva grosso modo la sua età.
Scelse perciò le parole con molta cura e le disse:
- Vedi, i terrestri sono assai fragili, e tu hai in te sangue alieno che se spesso è un bene, a volte può rivelarsi…  pericoloso per gli altri; tua madre ha solo paura che l’episodio di stamattina, molto grave per lei dato che il bambino sarebbe potuto morire e tu saresti potuta finire nei guai, si ripeta ancora molte volte. Perciò era così arrabbiata prima: quello che puoi fare con tuo fratello e Goten, spesso con altre persone non lo potrai fare e dovrai trattenerti – affermò quindi.
- E… come…?- domandò la piccola peste leggermente meno depressa.
-  Ti insegnerò anche questo ovviamente, solo, ci vorrà un po’ di pazienza, temo molta di più che insegnarti tutto il resto in effetti!- esclamò il principe; poi, concluse con un lieve sorriso: - Dai, muoviti, devi ripulirti un po’, si va a fare pace con tua madre…. Altrimenti domattina temo dovremo sorbirci di nuovo le sue urla. -
A tal affermazione, la bimba rispose con un sorriso, subito più distesa e, preso il padre per mano, si avviò verso l’interno dell’abitazione, decisa a dimostrarsi, per il bene di tutti, un’ottima allieva.
 
FINE
 
NA: che altro dire se non ribadire quanto scritto in cima? Nulla, quindi, ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito messo in lista e…  
Spero sia piaciuta (a qualcuno in particolare) e….
Alla prossima!
NALA   

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