Pioggia di Happy_Pumpkin (/viewuser.php?uid=56910)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sulla guerra, la morte e la fuga... ***
Capitolo 2: *** Sull'arrivo, sugli amici, sui nemici... ***
Capitolo 3: *** Sulle capacità, sulle esitazioni e sul trasmettere... ***
Capitolo 4: *** Sul sangue, sull'uccidere e sull'amare... ***
Capitolo 5: *** Sull'indifferenza, sulla delusione, sulle minacce... ***
Capitolo 6: *** Sullo svoltare, sul contemplare, sull'essere Dio... ***
Capitolo 7: *** Sull'ingannare, sulla crescita, sullo sfiorare... ***
Capitolo 1 *** Sulla guerra, la morte e la fuga... ***
Pioggia1
PIOGGIA
I
Sulla guerra, la morte e la fuga...
Oggi
Pain
correva fissando la
strada davanti a sé mentre le gocce d'acqua per colpa della
velocità non facevano in tempo a posarsi sulla sua pelle,
venendo così spinte via dalla forza dell'aria.
Aveva un
unico pensiero fisso in mente, il resto ormai non contava; c'erano
più soltanto lui e la pioggia, come sempre d'altra parte:
ogni volta che accadeva qualcosa di brutto la chiamava.
Anni
prima...
Yahiko
aveva la faccia
inconsapevolmente imbronciata e guardava Jiraiya con la speciale
attenzione che si riservava a quelle persone da cui si spera di carpire
i segreti della vita.
Tenendo gli
occhi
spalancati per non perdersi nemmeno un movimento delle mani fissava il
suo maestro eseguire un jutsu; stavano tutti e due con le gambe
incrociate, seduti sul terreno brullo della piccola distesa di terra
davanti alla casetta nella quale da un po' di tempo convivevano insieme.
Il giovane allievo ammirava Jiraiya, perché sapeva tantissime cose sui ninja e
poi perché aveva aiutato tutti loro: lui, Nagato e Konan,
tre orfani senza possibilità di sopravvivere.
Ogni tanto
la sera,
quando gli altri dormivano nei rispettivi futon, Yahiko tirava fuori le
proprie mani dalla coltre di coperte per fissarle con
intensità;
quelle mani un tempo tenute strette dai propri genitori, un tempo
coccolate, baciate, ora diventate nient'altro che un mezzo per cercare
di proteggere quel poco rimastogli.
Una stella
in confronto alla galassia che aveva prima ma pur sempre una stella
che, in un modo o nell'altro, lo avrebbe guidato.
Quel giorno
Jiraiya
evocò un vortice che, partendo dal terreno,
scompigliò
allegramente i capelli a Yahiko il quale sollevò lo sguardo
al
cielo spalancando la bocca per poi scoppiare a ridere, andando incontro
al vento che trascinava con sé le foglie secche degli alberi
facendole roteare.
Sorridendo
a sua volta,
appoggiandosi con le mani sull'erba, Jiraiya guardò il suo
allievo correre verso l'enorme prato ingiallito, inseguendo e venendo
inseguito dalle foglie, mentre Konan in lontananza si limitava ad
ammirare lo spettacolo per poi venire improvvisamente trascinata
dall'amico, così che i lunghi capelli neri furono scossi
dalla
forza dell'aria.
Si
divertivano con
quella spontaneità che da adulti inevitabilmente si perdeva;
era
un percorso come tanti altri quello della crescita che però,
più di ogni altra cosa, Jiraiya rimpiangeva
perché troppe
volte le guerre, le morti, la paura lo acceleravano facendo perdere
tutto il fascino dello scoprire, giorno per giorno, di essere maturati.
Quei
bambini infatti si erano svegliati in un colpo solo già
uomini.
“Maestro...
se ne andrà anche lei?”
Jiraiya si
voltò
guardando sorpreso Nagato, un ragazzino pallido, più timido
ed
insicuro rispetto a Yahiko, ma dai modi sempre gentili.
Il ninja
della foglia scoppiò a ridere:
“Avanti,
adesso non pensare a queste cose! Ti preoccupi troppo!”
“Mi
risponda.” insistette quasi come se fosse una supplica.
Jiraiya
sospirò: “Un giorno dovrò pur fare
ritorno a casa.”
Nagato non
disse nulla,
limitandosi silenzioso a sederglisi accanto accovacciato, nascondendo
il mento tra le gambe accoccolate contro il petto.
“Capisco.”
rispose infine.
Tra i due
cadde il
silenzio così si limitarono per qualche istante a restare
immobili, accompagnati dal frusciare del vento e dall'eco delle risate
di Yahiko che correva spensierato.
“Non
sei solo, Nagato.”
Furono le
sue parole ad
averlo fatto andare avanti in quei mesi, spingendolo a scappare di
fronte agli orrori della guerra e dei massacri che, con spietata
indifferenza, gli avevano reso difficile addormentarsi la sera.
Guardava i
suoi amici scherzare pensando però, una volta che
Jiraiya li avesse lasciati,
a cosa ne sarebbe stato di loro e del fragile equilibrio che
faticosamente avevano cercato di ricomporre; in fondo erano solo dei
bambini, gettati brutalmente in un mondo che li aveva già
privati di quel poco che avevano.
Nagato
sospirò,
gli occhi tristi coperti dai capelli neri, finché con una
risata
Jiraiya non gli spettinò la testa commentando allegro:
“Credo
che dovremmo tornare a casa. Quest'oggi abbiamo fatto anche
troppo!”
Il
ragazzino
accennò ad un sorriso debole per poi alzarsi lentamente in
piedi, osservando, con la schiena un po' incurvata, Jiraiya sbracciarsi
per chiamare Yahiko che corse loro incontro, mentre Konan camminava
pensosa con un fiore in mano, sfiorandone i petali di un bel bianco
candido.
Tutti insieme
camminarono per la strada sterrata, spintonandosi a vicenda oppure
ridendo, anche se Nagato dentro di sé si sentiva male chiedendosi come facesse Yahiko, nonostante sapesse che ben presto
sarebbero stati abbandonati ancora, a ridere e trovare comunque il modo
di essere felice.
Perché
lui non era in grado di fare lo stesso?
La sera i
quattro erano
riuniti attorno al basso tavolino quadrato e Jiraiya, con le gambe
incrociate, si toglieva poco finemente i residui di riso rimasti
incastrati tra i denti, contraendo la bocca in un ghigno che faceva
ogni volta scoppiare a ridere Yahiko.
Konan
invece era
elegantemente seduta con la schiena appoggiata al muro, il fiore da lei
raccolto custodito in una tazza, ma che malgrado le sue attenzioni
già perdeva i primi petali, nel frattempo Nagato raccoglieva
pacato le ciotole, tirandosi su di tanto in tanto le larghe maniche che
gli coprivano le mani magre; a volte inspirava profondamente come per
cercare di catturare quell'odore di cibo e di famiglia prima che,
aprendo la porta, scomparisse per sempre.
Improvissamente Yahiko, intento ad affilare un kunai rimediato per strada in uno dei tanti conflitti
presso il villaggio, alzò la testa guardandosi un istante
attorno per poi notare:
“Non
abbiamo preso l'acqua... maestro, che facciamo? Io la recupererei
ora.”
Jiriaya si
passò la lingua tra i denti per poi scrutare fuori dalla
piccola finestra:
“Mmm...
si sta facendo buio. È meglio che vada domani mattina,
uscire adesso è troppo pericoloso.”
Ma Yahiko
si era
già alzato in piedi: “Non preoccuparti! Andremo io
e
Nagato insieme alla fonte! Vedrai, faremo in un attimo...”
Aprì la porta e trascinò per un lembo della maglia anche Nagato che, suo
malgrado, accantonò le scodelle così da seguire l'amico fuori
casa
mentre Jiraiya, sospirando, non aveva fatto in tempo a seguirli che
già erano scomparsi.
I due
corsero insieme
lungo la strada sterrata facendo ciondolare le braccia con in mano i
secchi in legno per contenere l'acqua, affianco a loro immensi prati si
estendevano a perdita d'occhio venendo a malapena illuminati dai raggi
lunari.
Finché,
dopo
qualche metro di corsa, non arrivarono presso la fontana dalla quale
sgorgava un fiotto d'acqua proveniente da una spaccatura in pendenza
del terreno, così da bagnare parte del suolo roccioso.
Yahiko
fischiettando
prese il suo secchio portandolo sotto il getto, scrutato dagli occhi
attenti di Nagato che inquieto si guardava attorno, comportamento che
però venne notato dall'amico il quale per contro
improvvisamente
scoppiò a ridere replicando:
“Avanti,
non c'è nessuno qui.”
Ma Nagato
si
rabbuiò chinando la testa, così che il lisci
capelli
scuri andarono a coprirgli parte del volto mentre le sue labbra si
mossero appena per osservare:
“Come
fai a dirlo? Come fai a credere che a causa della guerra stasera non
moriremo?”
Quel
sussurro carico di
dolore si perse attraverso il paesaggio notturno ma fu così
forte nella sua debolezza da colpire in pieno Yahiko che
appoggiò a terra il suo recipiente ormai pieno per poi
rispondere, sedendosi su una pietra con le mani incrociate:
“Non
lo dico. Lo spero semplicemente, purtroppo non posso fare molto
altro.”
Nagato
sollevò lo
sguardo fissando un po' stupito il compagno di avventure, accennando ad
un debole sorriso, infine si scostò un ciuffo di capelli da
davanti gli occhi dicendo:
“Hai
ragione, scusami.”
Senza
aggiungere altro
si mise all'opera in modo da riempire il proprio secchio,
così
che lo scrosciare dell'acqua sul solido legno venne accompagnato dai
fruscii degli alberi.
Improvvisamente
Yahiko,
anziché rispondere, si alzò in piedi di scatto e afferrò
il manico del catino esclamando allegro:
“Avanti,
sbrigati
a riempire quel coso! Facciamo a chi arriva prima ma è
vietato
perdere acqua oppure... penitenza!”
Senza
aspettare oltre il
ragazzino prese a correre ridendo e quando Nagato borbottò
qualcosa, affannandosi a riempire fino all'orlo il secchio, per tutta
risposta ricevette una bella linguaccia.
Dopo
qualche secondo,
non trattenendo un sorriso, il ragazzo dai capelli neri corse a passo
un po' incerto cercando di non far rovesciare il contenuto del suo
prezioso trasporto, finché non intravide lungo la strada
l'ombra
di Yahiko.
Lo
chiamò ma si
stupì notando che l'amico aveva iniziato ad indietreggiare
dopo
aver lasciato cadere il secchio, la cui acqua si sparse
rovinosamente sul terreno, per poi voltarsi così che Nagato
se
lo vide venire incontro gridando:
“Corri!
Due ninja...”
Non disse
nient'altro
affiancandosi al compagno, lo prese per il polso trascinandolo con
sé nella loro fuga disperata in direzione opposta rispetto
alla
casa dove li attendevano Jiraiya e Konan.
Nagato si
voltò
un istante, giusto in tempo per vedere due uomini inseguirli senza
esitazione, allora guardò l'amico il quale si
limitò a
dire:
“Siamo
sprovvisti di armi, dovremo provare a difenderci con qualche sasso
se...”
Se venivano
raggiunti?
Nagato non
disse nulla,
limitandosi ad annuire: si sentiva stranamente fiducioso solo
perché avvertiva sulla propria pelle la presa salda di
Yahiko,
consapevole quindi che non sarebbe mai stato abbandonato avendo il
proprio migliore amico al suo fianco.
Avrebbe
accettato anche
la morte in quel caso, la quale non gli faceva più
così
paura come ai primi tempi visto che era diventata una sorta di
silenziosa presenza che, di tanto in tanto, si limitava a fare la sua
comparsa.
Improvvisamente
però, dopo qualche passo, Yahiko venne colpito da uno
shuriken
lanciato da uno degli inseguitori; l'arma lo ferì al braccio
costringendolo a portarsi una mano al punto ferito per cercare
malamente di tamponare l'uscita del sangue.
“Maledizione!”
esclamò stringendo i denti.
Nagato
sbarrò gli
occhi impallidendo ma, avvertendo il sibilo provocato dallo spostamento
d'aria, riuscì a sentire arrivare la successiva arma
così
da schivarla spingendo di lato anche Yahiko.
I due ninja
si
arrestarono trovandosi di fronte a quei ragazzini all'apparenza
indifesi e, senza alcun rimorso, estrassero i kunai mentre uno di loro
esclamò:
“Finitela
di fuggire! Siete solo degli sporchi nemici, meritate di marcire come
tutti gli altri.”
Nagato non
ebbe
il lusso di pensare, si limitò semplicemente ad agire per
proteggere sé stesso e soprattutto il suo migliore amico da
quell'insana cattiveria, da quella smania di far soffrire gli altri
solo perché si trattava di una possibilità
così a
portata di mano.
Si
parò davanti a Yahiko gridando quasi con disperata rabbia:
“Morite!”
Lo disse in
un modo
talmente intenso e carico d'odio che la sua voce riecheggiò
per
la valle, disperdendosi nel cielo scuro che quella notte li scrutava.
Per qualche
istante
nessuno si mosse finché i due ninja, sbarrando gli occhi
terrorizzati, non si portarono una mano alla gola; cercarono di
respirare ma fu tutto inutile perché pochi secondi dopo
entrambi
gli uomini, morti, caddero a terra in un tonfo cupo.
Con il
cuore che pulsava
a mille, la respirazione accelerata e il corpo sudato i due ragazzini
guardarono spaventati quei corpi privi di vita, come temendo che
all'improvviso potessero rialzarsi e colpirli.
Yahiko si
voltò a
fissare Nagato che ancora non si era mosso, per poi accennare
faticando a far uscire la voce:
“Li...
hai uccisi.”
Nagato si
girò di
scatto verso di lui e avvicinò istintivamente le dita agli
occhi
così da sfiorare le ciglia scure, mentre un labbro gli
tremava a
causa dell'insieme di sentimenti che si rimestavano nello stomaco.
Aveva
appena tolto la
vita a qualcuno: era stato come strapparsi via un pezzo di
sé
per poi lanciarlo in un baratro la cui fine era sconosciuta; si sentiva
ancora sconvolto, vittima di un jutsu troppo potente per potersene
liberare.
Deglutì
e si
portò lentamente le mani lungo i fianchi, infine
osservò
appoggiandosi alla nuda razionalità: “O noi, o
loro.”
Yahiko
fissò
quegli occhi con intensità e fu quella sera, in quel preciso
momento, che si accorse del potere insito in cornee così
diverse
dal normale, dipinte da tanti cerchi concentrici che sembravano voler
essere nient'altro che un inspiegabile gioco di prestigio chiamato
morte.
“Cos'è
successo?”
I due si
voltarono
all'improvviso e videro davanti a loro la figura di Jiraiya,
accompagnato da Konan che silenziosa guardò immediatamente
Nagato il quale fissava senza parlare il suo maestro.
Yahiko
avanzò di qualche passo spiegando, con un vano tentativo di
non far tremare la voce:
“Ci
hanno attaccati e noi abbiamo agito di conseguenza.”
Jiraiya
però
sembrò non ascoltare le sue parole e, dopo aver tastato il
collo
di entrambi i ninja stesi a terra, si avvicinò a Nagato
scrutandolo un istante per poi notare preoccupato:
“Hai
usato il rinnegan.”
Il
ragazzino
sbatté appena le palpebre rispondendo infine:
“Sì
ma io non volevo... - si arrestò ripensandoci –
no, io in
realtà volevo davvero ucciderli. Se uomini del genere non
esistessero e morissero tutti il mondo sarebbe migliore.”
Un pesante
silenzio seguì quell'affermazione così dura.
Il maestro
si
limitò a sospirare, raccogliendo i secchi ormai vuoti, in
seguito avanzò verso la via del ritorno commentando:
“Andiamo
a casa.
Credo che dovrò riguardare molti miei progetti e curare
quella
brutta ferita al braccio di Yahiko.”
In fretta
Nagato si
passò un dito sugli occhi come per scongiurare la presenza
di
un'eventuale lacrima che, per l'emozione, minasse quella freddezza
apatica che era riuscito a mostrare, infine seguì il maestro
con
al suo fianco Yahiko da un lato e Konan dall'altro.
Quest'ultima
disse semplicemente, scuotendo appena la testa:
“Siete
stati due stupidi.”
Nessuno dei
due stupidi
in questione ebbe nulla da obiettare a quella veritiera affermazione
così, silenziosi, giunsero di fronte a casa dove Jiraiya si
era
arrestato, precludendo l'accesso alla porta chiusa.
Il ninja
della foglia li
guardò con le braccia incrociate e una leggera smorfia sulla
bocca, poco dopo roteò gli occhi commentando stanco:
“Non
dovete più fare una cosa simile.”
Il mondo
era pericoloso
e si sarebbe divorato senza troppi problemi quei tre ragazzini
inesperti, anche se probabilmente il vero pericolo era la sconcertante
abilità posseduta da Nagato: un'arma a doppio taglio che
doveva
venire maneggiata con cura.
Ma chi, si
era chiesto Jiraiya, avrebbe potuto insegnarlo a quel ragazzo?
Si
grattò il mento socchiudendo un istante le palpebre per poi
inspirare profondamente e annunciare:
“Avrei
una proposta da farvi.”
I tre si
scambiarono un'occhiata perplessa finché Yahiko non chiese
spalancando gli occhi:
“Quale?”
Quella sera
vedere sul
ciglio di una strada due ninja all'apparenza forti uccisi da un bambino
inesperto aveva portato l'eremita dei rospi a prendere una decisione
drastica.
Jiraiya si
tirò
su il lembo dei pantaloni sedendosi sul gradino di casa per poi
proporre, scrutando attentamente le espressioni di ognuno:
“Verreste
con me a Konoha?”
Contro ogni sua previsione quella semplice domanda avrebbe cambiato per sempre la
vita a Jiraiya il quale, seppur indirettamente, si sarebbe preso cura
di quei ragazzini orfani cogliendo allo stesso tempo l'occasione di
tener d'occhio il rinnegan, controllando che con l'età
Nagato
non perdesse il controllo di quel micidiale strumento di morte i cui
effetti però, per quanto sicuramente potenti, erano ancora
sconosciuti.
Portare dei
marmocchi al
villaggio avrebbe sicuramente significato ulteriori guai, per non
parlare delle proteste velenose di Orochimaru che gli avrebbero fatto
rimpiangere a vita la sua scelta; non importava, in fondo il suo
compagno di squadra volente o nolente si sarebbe dovuto ben
presto abituare alla presenza dei tre ragazzini.
Alla fine
vedere le espressioni stupite e al limite della felicità dei
suoi allievi tolse all'abitante di Konoha ogni sorta di
dubbio, portandolo a convincersi di star facendo la scelta giusta:
d'altronde se un ninja non serviva a proteggere gli altri avrebbe
smesso di essere uomo, riducendosi al mero ruolo di macchina da guerra.
Fu
così che quella notte Jiraiya aveva salvato qualcuno.
Sproloqui di una
zucca
Eccomi
ritornare, dopo un po' di muta assenza su questo fandom, con una nuova
fiction.
Questa volta non yaoi come le precedenti, bensì molto a
più ampio respiro nonché ricca di tanti
personaggi da trattare.
Ebbene sì, i veri protagonisti saranno proprio Nagato,
Yahiko e
Konan che interagiranno con le vicende degli altri, tutti a modo
loro importanti.
Ho sistemato la cronologia degli eventi per adattarla alla storia,
dunque potrebbero esserci eventuali incongruenze, quali ad esempio
l'età di Minato e Kushina che li ho resi grossomodo
contemporanei dei tre ninja della pioggia.
Preparatevi a tanti bei capitoli, il racconto si prospetta essere
più lungo di quelli che ho scritto fino ad adesso... per
quanto
riguarda Naruto, Sasuke e compagnia bella non riuscirete a vederli per
un bel po' ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Sull'arrivo, sugli amici, sui nemici... ***
II
Sull'arrivo, sugli amici, sui nemici...
I preparativi
per la partenza furono piuttosto agitati; Yahiko non riusciva ad
appallottolare nel suo sacco di tela i pochi vestiti che possedeva
mentre Nagato controllava le stanze della minuscola casa in cerca di
eventuali oggetti dimenticati.
Divertito
Jiraiya li guardava dalla soglia della porta, facendo ondeggiare nella
bocca ghignante una spiga di grano, infine si voltò
scrutando il cielo nuvolo della prima mattinata.
“Avanti
ragazzi, diamoci una mossa! Non voglio arrivare di notte al
Villaggio!”
“Arriviamo!”
esclamò Yahiko correndogli incontro con sottobraccio una
serie indefinita di cose che non era ancora riuscito a incastrare nel
compatto bagaglio.
Nagato
uscì da quelle pareti dando un'ultima occhiata alla casa che
per anni era stata il loro rifugio, sentendo però di non
riuscire a rimpiangere nulla del passato: loro tre, ancora una volta
insieme, stavano dirigendosi verso un futuro migliore.
Così
l'uno affianco all'altro intrapresero il cammino che li avrebbe portati
fino a Konoha, fermandosi di tanto in tanto lungo le locande per
riposare ed informarsi sulla guerra che ormai sembrava giunta prossima
alla fine. La gente che aveva sofferto era tanta ma stancamente,
nonostante le perdite, proseguiva nel difficile percorso della vita, o
almeno quello che ne rimaneva; Nagato stesso, guardando Jiriaya
camminare davanti a sé con quel passo scanzonato,
sperò a sua volta di potersi dimenticare di tutto
ciò che era successo, oppure anche solo accantonarlo in un
angolo dove non potesse più fargli male.
Yahiko ben
presto si portò di fianco a Jiraiya per chiedergli allegro:
“Maestro,
com'è Konoha?”
Silenziosi
oltre che curiosi si avvicinarono anche Nagato e Konan, dopo essersi
lanciati un'occhiata complice. Jiraiya per qualche istante ci
pensò, mentre attorno a loro la campagna si movimentava di
allodole che spiccavano il volo dai campi aridi nonostante il blando
tentativo di essere curati dai pochi contadini superstiti, chini sulle zolle
riarse con la schiena spezzata.
“Beh,
tanto per cominciare è verde.”
Si
guardò attorno scoppiando a ridere, imitato da Yahiko che
commentò:
“Allora
ci saranno tanti prati su cui rotolarsi ed esercitarsi!”
Konan si
portò un dito alla bocca, accennando:
“Però,
maestro ci devono essere altri aggettivi con cui descrivere il
paese...”
Jiraiya
fece una smorfia arricciando il naso per poi lasciarsi andare ad un
sorriso sincero, pieno di grande affetto nei confronti del Villaggio a
cui era così legato.
“Credetemi
è un bel luogo nel quale stare. Certo, ha i suoi problemi e
a causa della guerra parecchi di noi hanno perso qualcosa o qualcuno,
però nel complesso direi che ci troviamo tutti bene. E non
vedo l'ora di farvi conoscere dei ragazzini che hanno all'incirca la
vostra età!”
“Davvero
ci sono altri bambini?!” esclamò sorpreso Yahiko
che guardò i suoi amici come per ricevere conferma di aver
capito bene.
Il ninja
della foglia sospirò, scrutando un istante quegli occhi
sorpresi per un motivo all'apparenza assurdo ma quanto mai reale: la
guerra portava via chiunque, bambini compresi.
“Certo.
Sono sicuro che conoscerete tante persone nuove.”
Camminarono
per un po' in silenzio finché Nagato non chiese, guardando
il terreno sotto ai suoi piedi:
“E
se non gli piacessimo? Se tutti ci odiassero?”
Konan gli
rivolse un'occhiata sofferente, come se l'amico avesse appena toccato
una ferita che tentava lentamente di rimarginarsi. Yahiko si morse un
labbro ma Jiraiya si affrettò a dire, scuotendo la testa e
dando una pacca amichevole al ragazzino dai capelli scuri:
“Quanti
dilemmi! Avanti, vedrete che andrà tutto bene. ”
Sì,
adesso andrà tutto bene.
Dopo ore di
cammino, attraversando immense vallate e passaggi montani, arrivarono
alle porte di Konoha verso il tardo pomeriggio così che il
cielo aveva assunto tenue sfumature rosate, accompagnate da qualche
nuvola passeggera intenzionata a fuggire oltre le colline lontane.
Quando si
arrestarono davanti all'enorme portone spalancato Jiriaya
incrociò le braccia dicendo con soddisfazione:
“Siamo
arrivati a Konoha.”
Facendo
finta di nulla sbirciò le reazioni dei suoi allievi, sorrise
nel constatare che tutti e tre erano rimasti senza parole a guardare
con gli occhi sgranati le immense porte aperte davanti a loro, come un
genitore che accoglie il proprio figlio al ritorno da un lungo viaggio.
“E'
bellissimo...” commentò Yahiko senza avere altre
parole da aggiungere.
“Aspetta
di vedere la parete degli Hokage allora!”
Jiraiya li
invitò con un cenno della mano ad oltrepassare la soglia,
dopo aver salutato le guardie poste sulle torrette affianco
all'entrata, e afferrò Yahiko per un braccio,
così da bloccarlo mentre era intento a girarsi su
sé stesso per non perdere nulla di ciò che stava
vedendo, indicandogli una serie di volti scolpiti nella pietra.
“Queste
– disse quasi solenne – sono le persone che si
occupano di tutti gli abitanti del villaggio, quindi si prenderanno
cura anche di voi.”
Konan
sorrise e guardò con una certa dolcezza i suoi amici: si
sentiva finalmente tranquilla nel vederli sereni, come se
all'improvviso fossero riusciti a togliersi il peso che si trascinavano
dietro da quando erano rimasti orfani. Non era una cosa da
sottovalutare poter riuscire a dire la parola casa senza rievocare solo
brutti ricordi ma con la consapevolezza che, finalmente, non sarebbero
più stati abbandonati.
Improvvisamente
un ragazzino percorse a grandi falcate l'ampio spiazzo su cui
sostavano, andando incontro a Jiraiya con il fiatone. Si
fermò un istante davanti a lui, appoggiando le mani alle
ginocchia per riprendere fiato, infine esclamò:
“Allora
sei tornato!”
Jiraiya
scrutò perplesso i capelli biondi e gli occhi azzurri del
bambino, massaggiandosi il mento e chiese:
“Ma
tu chi sei?”
Per un
istante il sorriso entusiasta del ragazzino si spense, lasciando il
posto ad un'aperta delusione, almeno finché non
inarcò un sopracciglio commentando:
“Viaggiare
ti fa male, maestro, l'ho sempre detto!”
I due
scoppiarono improvvisamente a ridere, non riuscendo più a
portare avanti la mirabile farsa, di conseguenza vennero guardati con
una certa perplessità da parte degli altri presenti.
Il ninja
appoggiò una mano sulla spalla del suo giovane interlocutore
spiegando:
“Facciamo
le presentazioni: lui è Minato, ha appena terminato gli
esami dell'accademia ed è stato assegnato a me
affinché ben presto inizi a fargli da maestro. Solo che, tra
una missione e l'altra, l'addestramento è stato rimandato di
qualche tempo.”
Si
grattò la testa ridacchiando come per giustificarsi. Minato
tese una mano davanti ai tre del gruppetto che silenziosi erano rimasti
a guardare quel gesto d'amicizia spontaneo, ma Yahiko
rassicurò gli altri con un'occhiata per poi afferrare a sua
volta la mano dicendo:
“Piacere,
mi chiamo Yahiko, loro sono Konan e Nagato.”
Entrarono a
contatto con le rispettive pelli, lo sporco del viaggio, il sudore
della tensione, i calli dovuti ai duri allenamenti.
“Piacere
mio. Che ne direste di fare un giro al villaggio? - propose Minato con
fare coinvolgente – Vero che non ci sono problemi, maestro?”
“Basta
che questa sera si ritrovino puntuali davanti all'ufficio dell'Hokage.
Dobbiamo parlare di diverse cose.”
“Non
preoccuparti, li porto io! – si rivolse ai tre esclamando
– Andiamo!”
Per qualche
istante non si mossero, finché Yahiko non alzò
gli occhi e incontrò quelli di Jiraiya che gli dette una
spintarella, spronandolo a muoversi prima di rimanere troppo indietro.
Così anche gli altri imitarono Yahiko, correndo dietro a
Minato che si sbracciava per indicare loro a quale via svoltare in modo
da esplorare, nel poco tempo che avevano, alcuni tra gli angoli
più nascosti e suggestivi del villaggio.
Jiraya
sospirò fregandosi le mani, pensando già al
saké che avrebbe potuto bere presso una locanda che magari,
tra un piatto di cibo e l'altro, offrisse anche un intrattenimento
adatto alle sue esigenze.
“Alla
fine ti sei portato dietro i marmocchi.”
Sentendo
quella voce capì che le sue belle speranze si sarebbero
brutalmente infrante per lasciar spazio invece alla pazienza, mirabile
dote caratteriale che avrebbe dovuto sfruttare in tutte le sue
molteplici sfaccettature per poter resistere ad un dialogo civile con
Orochimaru.
Si
voltò e vide che il compagno di squadra usciva a passo lento
dall'ombra, incrociando le braccia così da
guardarlo con la solita aria di superiorità che
tanto gli si adattava bene.
“Non
potevo lasciarli soli, lo sai anche tu che non l'avrei mai
fatto.”
“Mi
chiedo perché tu non abbia fatto il babysitter
anziché il ninja.” sibilò lui con
velenosa ironia.
Jiraiya
fece una smorfia ma si affrettò a cambiare argomento
chiedendo:
“Ci
sono notizie di Dan e Tsunade?”
Orochimaru
lo fissò un istante con occhi scrutatori, infine
alzò le spalle avanzando di qualche passo:
“No
– rispose lapidario aggiungendo – anche se
ciò che riguarda Tsunade e le sue missioni non è
affar mio.”
Jiraiya gli
si affiancò, portandosi le mani dietro la testa per dare
un'occhiata al cielo che si stava dipingendo delle prime stelle, e
commentò arricciando appena il naso:
“Chissà
perché ma non ne dubitavo...”
I due
percorsero silenziosi diversi metri mentre attorno a loro il villaggio
si riempiva delle chiacchiere di fine giornata, dell'odore
del cibo che iniziava ad essere preparato accompagnato da rumori di
oggetti spostati e porte che si chiudevano.
Jiraiya ad
un certo punto perplesso chiese:
“Ehm...
dove staresti andando esattamente?”
“Dall'Hokage
a fare rapporto.” Rispose con voce quasi suadente Orochimaru
che fissò inespressivo Jiraiya. Quest'ultimo per diversi istanti si
mostrò piuttosto seccato della solita puntigliosa
efficienza del collega ma alla fine alzò le spalle,
borbottando rassegnato:
“Ah
beh, vorrà dire che faremo la strada insieme, anch'io devo
presentare il resoconto della missione...”
Orochimaru
non disse nulla, limitandosi a palesare un'espressione seccata. Però lungo la strada non trattenne un accenno di
sorriso, stupendosi di quanto Jiriaya riuscisse nonostante tutto ad
essere allegro: evidentemente portare con sé i mocciosi per
aiutarli doveva aver riempito il suo personale metro di buone azioni,
cosa che portava ogni volta Orochimaru a chiedersi perché
mai fosse stato affiancato da anni ad un tizio così stupido
e attaccato a valori insignificanti quali l'amore per il prossimo. Non
che alla fine dei conti gli dispiacesse, sapeva che nel mondo potevano
esserci elementi ben peggiori di quell'uomo dall'arruffata massa di
capelli bianchi, elementi coi quali Orochimaru non avrebbe voluto avere
a che fare nemmeno sotto tortura.
Dopo un
istante il ninja socchiuse gli occhi e dilatò appena le
narici, probabilmente fare la strada assieme a Jiraiya doveva avere
qualcosa di inquietante e i pensieri tutto sommato pacifici che andava
formulando ne erano la prova concreta.
Durante il
giro panoramico Konan si era fermata a contemplare una serie di fiori
contenuti in tanti vasi ordinatamente disposti su una serie di
scaffali. Guardò con attenzione i petali di variegati
colori, toccandoli appena con la punta delle dita come per paura che
potessero crollare sotto ai suoi occhi, infine Nagato le si
avvicinò osservandola silenzioso.
“Sono
davvero belli.” commentò lei.
Nagato non
disse nulla anche se dentro di sé pensava che i fiori erano
di una bellezza troppo effimera affinché potesse essere
davvero apprezzata senza provare il dolore della perdita;
inevitabilmente quelle opere della natura erano destinate ad appassire
come se un soffio di morte le avesse private del calore della terra per
poter pulsare la linfa vitale.
Lo sapeva
anche Konan ma forse era proprio per la loro debolezza che lei adorava
i fiori, amando prendersene cura con quella distanza timida fino a che
l'ultimo petalo non fosse caduto.
Nel
frattempo Yahiko e Minato erano avanzati insieme, parlando spensierati
delle loro rispettive vite, molte volte sorvolando su ciò
che la guerra aveva comportato nelle loro esistenze. Così,
inaspettatamente, Yahiko scoprì di riuscire a parlare del
villaggio che avevano abbandonato, delle sue esperienze con le prime
tecniche ninja, della sua vita quotidiana senza quell'angoscia che
credeva sicuramente di provare. Forse sia perché si sentiva
finalmente al sicuro, con la speranza di un futuro migliore per lui e
i suoi amici, sia perché Minato era carismatico e
coinvolgente.
Sapeva
mettere a proprio agio le persone, grazie al suo modo di fare aperto ma
mai invadente e al sorriso luminoso le portava infatti a parlare
spontaneamente.
“Jiraiya
è un bravo maestro, vero?” chiese all'improvviso
Minato prendendo a calci un sassolino.
Yahiko
annuì: “Sì, anche se siamo stati per
poco con lui abbiamo imparato già molte delle tecniche che
insegnano all'accademia. Purtroppo non siamo andati a scuola.”
Abbassò
lo sguardo, corrugando la fronte contrariato.
“Beh,
l'importante è recuperare! Tanto più se lo avete
fatto in fretta, almeno non vi siete dovuti subire le noiose lezioni su
come combinare le varie erbe mediche di base...”
Gli fece
l'occhiolino divertito e insieme raggiunsero una delle poche piazze
presenti a Konoha che concedeva un più ampio respiro oltre
le numerose vie colme di negozi, chioschi e insegne artigianali.
Yahiko si
guardò attorno a bocca aperta e contemplò gli
alti edifici simili a terracotta che circondavano lo spiazzo in un
intersecarsi di fili passanti da un tetto all'altro, mentre le persiane
chiuse coloravano le pareti dando un tocco artistico ad ogni metro di
superficie, come tracce di pennello su un disegno abbozzato.
Camminò
all'indietro di qualche passo finché non si
scontrò contro qualcuno, facendolo rovinosamente cadere a
terra.
“Stai
attento!” Esclamò una voce.
Si
girò di scatto, raggiunto da Minato che nel vedere la
vittima dell'incidente alzò gli occhi al cielo sospirando.
Yahiko invece si affrettò a far alzare in piedi una
ragazzina all'incirca della loro età, almeno a giudicare dal
volto ancora infantile coronato da uno splendido insieme di capelli
ramati.
Lei si
spolverò il pratico vestito per poi scrollare le spalle e
rispondere:
“Tutto
a posto, non preoccuparti.”
“Scusa.”
si limitò a rispondere Yahiko guardando distrattamente il
pavimento, uno dei suoi tanti modi per non mostrare l'imbarazzo. Poi
sollevò gli occhi e diede una sbirciata alla ragazzina, la
cui attenzione era ora rivolta verso Minato che cercava di ostentare
una certa superiorità.
“Ti
senti ancora così invincibile dopo che ieri ti ho
battuto?” chiese lei.
Minato
arrossì e sgranò gli occhi, affrettandosi quindi
a giustificarsi:
“Non
è affatto vero! Hai solo avuto fortuna, Kushina, avevo appena
finito gli allenamenti quindi...”
La
ragazzina alzò gli occhi al cielo facendogli deliziosamente
il verso, così che le guance morbide assunsero un aspetto
quantomeno buffo; la sua avvenente posa logicamente ebbe solo l'effetto
di provocare Minato che sbottò ancora, lasciando contorcere
il viso giovane in una serie di smorfie.
Yahiko per
qualche istante rimase a guardarli, tenendosi inconsapevolmente le mani
al ventre per non scoppiare a ridere, finché non venne
raggiunto da Nagato e Konan la quale chiese perplessa:
“Che
stanno facendo?”
“Gli
scemi.” rispose lui sorridendo.
Danzo
attese fuori dall'ufficio dell'Hokage, tenendo una mano fermamente
appoggiata alla grande balaustra in legno che si affacciava sul resto
del villaggio. Quando sentì la porta aprirsi si
voltò con studiata lentezza, preparandosi ad
affrontare direttamente Jiraiya: infatti gli bloccò la
strada e rimase a fissarlo con il chiaro tentativo di farlo sentire in
soggezione.
Il ninja
leggendario lo squadrò un istante, palesando una smorfia
annoiata, infine chiese con fare spensierato:
“Come
va?”
Stupida
frase di circostanza, lo ammetteva, ma pur essendo un prolifico ed
abile scrittore con un uomo come Danzo proprio non riusciva ad
articolare un discorso coinvolgente.
“Chi
sono quei tre ragazzini?” chiese asciutto.
“Tre
ragazzini.” rispose grattandosi il naso.
“Non
fare giochini stupidi con me, Jiraiya. Hai portato con te delle persone
provenienti dal Villaggio della Piogga, dei nemici. Pericolosi per la
sicurezza.” mentre pronunciava le ultime parole
assottigliò gli occhi in un moto di stizza.
L'Eremita
dei Rospi aggrottò le sopracciglia e alzò le
spalle, mostrando la sua evidente rassegnazione, infine si
limitò a spiegare:
“Sono
orfani vittime della guerra, i veri pericoli siamo noi. Il minimo che
possiamo fare è aiutarli così da evitare che un
giorno diventino nemici a loro volta.”
Danzo
assottigliò le labbra ma non disse nulla, si
limitò a guardare Jiraiya allontanarsi prima di entrare a
sua volta dall'Hokage e tentare, per quanto probabilmente inutile, di
convincerlo a scacciare quegli intrusi prima che fosse troppo tardi.
Ma
nonostante il ninja dai capelli bianchi avesse dato prova di vincere
sulla linea teorica Danzo rimaneva comunque un uomo da non
sottovalutare che, dietro il fare severo ed impassibile, nascondeva
risorse spesso inaspettate. Fischiettando per alleggerire la tensione
Jiraya si ripromise di tenerlo d'occhio.
Sproloqui di una zucca
Ecco che finalmente iniziano a intravedersi le varie
relazioni con i personaggi e il ruolo che potranno avere in tutta la
vicenda. Potevo non mettere Danzo? Quell'uomo è un grande
stronzetto, secondo mio modesto parere, ma anche lui ha un suo
perché di esistere. Non ho ancora inserito Sarutobi ma
rimedierò ^^
Ultimo appunto: il rinnegan, andando avanti con la narrazione,
avrà un uso e delle modalità un po' diverse
rispetto a quelle viste nel manga, questo per esigenze di trama e anche
di inventiva personale.
Per il resto grazie di aver commentato gli scorsi capitoli!
stuck93:
Sono contenta che ti abbia incuriosito, spero che sia così
anche per i capitoli a seguire!
Tone:
Grazie davvero per gli appunti su quelle tre sbavature, anzi, non farti
problemi a segnalare altre imperfezioni: i commenti devono essere
costruttivi oltre che un incentivo a migliorare. Sono sollevata che i
personaggi risultino IC, anche se tutti e tre risultano parecchio
difficili da caratterizzare. Vorrei davvero portarli ad interagire con
gli altri ninja di Konoha in modo da costruire una storia quanto
più possibile ricca di avvenimenti.
Erre:
Oh beh i nostri tre avranno parecchio da relazionarsi con gli altri, in
un modo spesso sorprendente. Con questo capitolo si intuiscono alcuni
possibili rapporti XD
Grazie a chi ha messo la storia tra i preferiti e a chi ha letto * *
EDIT SUCCESSIVO Perdono, mi sono dimenticata di dare spiegazioni riguardo la presenza di Kushina, il fatto è che avendo scritto già da un po' questa parte avevo dato tutto per scontato. Non volevo dare anticipazioni sul capitolo successivo ma sarà nel prossimo che verrà spiegato il motivo della sua comparsa. Trattandosi di una what if mi sono permessa di fare diverse variazioni nella trama per diversificare un po' dalla storia attuale.
|
|