Confessions Of A Future Bride di milly92 (/viewuser.php?uid=28249)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Return ***
Capitolo 2: *** Detective Debora ***
Capitolo 3: *** Perfetto! ***
Capitolo 4: *** Una Giornata Piena Di Novità ***
Capitolo 5: *** Due Gocce D’Acqua ***
Capitolo 6: *** Convivenza Forzata ***
Capitolo 7: *** Ti Sposerò Perché…. ***
Capitolo 8: *** Chi Non Risica Non Rosica ***
Capitolo 9: *** La Febbre Del Sabato Sera ***
Capitolo 10: *** L’Annuncio Della Buona Novella ***
Capitolo 11: *** Flashback ***
Capitolo 12: *** Lui, Lei, L’Ex ,L’Altro E La Cow Girl ***
Capitolo 13: *** I Sogni Non Son Desideri ***
Capitolo 14: *** La Terza Guerra Mondiale ***
Capitolo 15: *** Tra Moglie E Marito Non Mettere Il Dito ***
Capitolo 16: *** Semplicemente Testimoni ***
Capitolo 17: *** Futura Sposa Bagnata, Futura Sposa Sfortunata ***
Capitolo 18: *** Eroina Per Un paio D’ore ***
Capitolo 19: *** Tutto In Famiglia ***
Capitolo 20: *** La Verità Ti Fa Male, Lo So! ***
Capitolo 21: *** La Vecchia Debora E’ Ancora Viva ***
Capitolo 22: *** Certe Notti ***
Capitolo 23: *** Non Si Può Sfuggire Al Destino ***
Capitolo 24: *** Quello Che Le Donne Non Dicono ***
Capitolo 25: *** Chi Non Muore Si Rivede ***
Capitolo 26: *** Incubi Che Si Avverano ***
Capitolo 27: *** Una Verità Peggiore Dell’Apparenza ***
Capitolo 28: *** Tutta Colpa Di Un Piano Diabolico ***
Capitolo 29: *** Finalmente Giustizia ***
Capitolo 30: *** Il Ritorno Della Pecora Nera ***
Capitolo 31: *** Il Regalo Più Grande ***
Capitolo 32: *** La Signora Romani e Il Signor Di Bene ***
Capitolo 33: *** Epilogo: 5 Anni Dopo ***
Capitolo 1 *** The Return ***
The Return
Rieccomi! Anzi… Rieccoci!
Pronti per rincontrare Deb e
gli altri?! Vi sono mancati? xD Per vostra fortuna sono tornati, pieni di novità e nuovi intrecci…
Riguardo la narrazione, spero vi piaccia la voce narrante, mi sono ispirata un pò a Gossip Girl.
Uno... Due… Tre… Via!
Buona lettura, aggiornerò
venerdì prossimo!
La vostra milly92.
Confessions Of A Future Bride
Sinossi:
A quasi sedici anni, Debora Di
Bene ha solo un particolare desiderio: incontrare Niko, uno dei partecipanti ad
un programma musicale, “Music’s Planet”, per la sua bellezza e apparenti modi
di fare dolci e garbati. Riesce a realizzare il suo sogno, superando i provini
per diventare la sua “Life Coach”, ovvero una persona che aiuta il concorrente
ad affrontare la vita quotidiana nel loft in cui si svolge il programma, ma
quell’evento segna solo l’inizio di un percorso complesso e tortuoso, in cui
Debora, oltre a conoscere veri amici come il ventinovenne Max, dovrà lottare
contro gli stereotipi del mondo della tv, essendo consapevole di non essere il
prototipo della ragazza velina, e con i suoi sentimenti per Niko, che si
dimostrerà essere ben diverso da quello che la ragazza immaginava. Litigi,
pianti e scontri faranno in modo che Debora si avvicini ad un altro
concorrente, Andrea, membro del gruppo “Gold Boyz”, già conteso da Rossella,
una ragazza particolarmente bella e seducente. Ma per fortuna tra Debora e
Andrea, dopo ulteriori difficoltà, sboccerà l’amore una settimana prima del
termine del programma, e finirà proprio alla finale, momento in cui Debora
comprenderà di provare un sentimento intenso sia per Andrea che per Niko. E così Debora ritorna nella sua città insieme
a Daniele, uno dei life coach che l’aveva seguita nel programma perché era
attratto da lei, dove, più confusa che mai, inizia a scrivere un libro circa
l’avventura vissuta, ma inizia anche a frequentare persone poco raccomandabili
come Paris D’Aquila. Solo dopo mesi e mesi Debora comprenderà di star
sbagliando e ritornerà sulla sua strada, con cattive conseguenze alias l’
allontanamento di Daniele stesso, che aveva solo sfruttato, e il resto delle
sue amiche, con cui si riappacificherà
in un secondo momento. Tre anni dopo la ragazza si diploma e, al
battesimo della figlia di Max, si rincontrerà con i Gold Boyz, Niko, Rossella e
Max, e vivrà con loro a Roma per frequentare lì l’Università, e grazie a questo
riavvicinamento comprenderà che la persona giusta per lei è davvero Andrea,
così i due si rimetteranno insieme e aiuteranno Niko, e la sua attuale ragazza
Eliana, a vivere l’inattesa di gravidanza di quest’ultima. E, come regalo per
l’ottavo mesiversario, Andrea contatta un editore che pubblicherà il romanzo
scritto da Debora e che la porterà ad essere una scrittrice affermata…
Prologo
La
sensazione di vivere un sogno si impadroniva sempre di più di ogni minima parte
del mio cervello mentre le note della canzone scivolavano via dalle labbra di
Andrea. Stentavo a credere di essere in quel luogo, con la Tour Eiffel di
fronte a me, vestita in modo molto elegante con il mio ragazzo che mi cantava
un dolcissima canzone d’amore. Perché quella era una semplice canzone, vero? Un
modo come tanti per dire “ti amo”, giusto? Eppure, non ne ero tanto sicura
quando la canzone terminò. E, improvvisamente, il mio cervello fece due più
due, appena in tempo per lasciarmi davanti alla visione di Andrea che posava il
microfono, mi si avvicinava con un sorriso enorme che cercava di celare una
certa emozione, estraeva qualcosa dalla tasca e si inginocchiava…
Capitolo 1
The Return
Roma caput mundi, dicevano i latini.
Roma caput gossip, dico io. Certo, per gossip intendiamo qualche novità
eccitante e inaspettata, incredibilmente golosa per gli amanti del pettegolezzo,
e di certo quello che è successo ai cosiddetti V.I.P. Romani negli ultimi anni
non è assolutamente eccitante! Ad esempio, così ci vedete di particolarmente
entusiasmante in Debora Di Bene, neo venticinquenne che si è laureata con 108
alla facoltà di Lingue e che, da quasi cinque anni, sta con il suo ragazzo
fisso, Andrea Romani, membro del famoso gruppo Gold Boyz? E cosa potrete
vederci di nuovo in una coppia come Niko e Eliana D’Aiello che dopo quasi
quattro anni di matrimonio passano le domeniche a casa, badando alla loro
figlioletta Stella e andando a dormire alle nove e mezzo? Ben più apprezzato è
Giuseppe, l’altro membro dei Gold Boyz, unico single e scapolo d’oro che passa
le sue giornate tra locali e night clubs tra uno scandalo e l’altro, ma… E se
vi dicessi che le cose stanno cambiando? Che c’è qualcosa di misterioso
nell’aria? Che le carte in tavola stanno per cambiare e che le situazioni si
rovesceranno? Ve lo lascio scoprire con i vostri occhi…
Camminavo
spensierata per le vie di Roma quel caldo giorno di marzo che segnò l’ennesimo
cambio di rotta della mia vita. Nel giro di otto anni avevo cambiato molto
spesso stile di vita, amicizie e modo di vedere le cose; l’unica cosa che dopo
tanto tempo era rimasta sempre la stessa, se non aumentata, era l’amore che
provavo per il mio ragazzo Andrea, con cui stavo da quattro anni e sette mesi.
Avevo
appena finito il mio turno di lavoro presso la casa discografica in cui
lavoravo come traduttrice e mediatrice e mi stavo dirigendo verso casa mia,
spensierata ora che mi ero laureata e
non dovevo più stressarmi a causa di esami, corsi e lezioni.
Ero
nei pressi di una villetta quando vidi un gruppetto di ragazze poco distante da
me, che parlottavano concitate, indicandomi silenziosamente, con lo zaino
dietro le spalle.
Mi
bloccai, voltandomi e sorridendo sinceramente in loro direzione, e subito una
delle ragazze del gruppetto mi si avvicinò.
Era
bassina, con i capelli scuri e degli occhiali un po’ troppo spessi.
“Ciao,
tu sei Debora Di Bene, vero?” domandò lentamente, arrossendo.
“Si”
risposi cordiale. Essere riconosciuta dalle ragazzine non mi disturbava
affatto, dato che era il pubblico che preferivo per il semplice motivo che
erano nell’età in cui spesso ci si riconosce nei libri ed è tra quelle pagine
che si cerca di comprendere chi si è.
“Io
mi chiamo Martina, ho letto entrambi i tuoi libri, e devo dire che ti trovo
favolosa! Sei la mia scrittrice preferita!” disse senza giri di parole.
“Ti
ringrazio, Martina” risposi, cercandola di mettere ancora di più a suo agio.
“Si,
adoro in particolare il secondo, “L’unico
raggio di sole”. Mi riconosco molto nella protagonista, sai?” dichiarò.
“Davvero?”
domandai incuriosita, dicendomi che quella ragazza non poteva avere più di
quindici- sedici anni. Mi venne da sorridere ripensando a me alla sua età, a
quella che ero e che sarei voluta essere, a tutto quello che mi era successo in
quegli anni caratterizzati da un particolare “boom”.
“Si!
Ma ora? Dimmi che sti scrivendo un nuovo libro!” esclamò eccitata, pendendo
dalle mie labbra.
“Non
ho scritto molto, solo qualche capitolo, Martina, mi dispiace, ma sappi che
prima o poi uscirà. Sai, sono molto impegnata con il lavoro…”.
“E
con il tuo fidanzato!” concluse lei per me, facendo un sorriso biricchino. “Lo
sanno tutti che stai con Andrea Romani dei Gold Boyz! E’ proprio bello”
sospirò, il che mi fece ridacchiare.
“No,
Andrea ora è in tour con la band, torna tra due giorni” le risposi. “Ma in
effetti manca da due mesi ed è in sua assenza che ho scritto quei capitoli”
soggiunsi, continuando a ridacchiare.
“Ok,
allora ci devo parlare un po’, devi dirgli di non distrarti! Perché non è
giusto che noi fan dobbiamo aspettare per mezzo suo!” disse, tra il serio e lo
scherzoso.
“Ok,
capitano!” esclamai, fingendo di mettermi sugli attenti.
Lei
sorrise, prima di dire: “Ma ora mi fai un autografo, per piacere?”.
La
accontentai, salutai le sue amiche e poi continuai ad avviarmi verso casa, più
allegra dopo quella chiacchierata con una fan.
Nel
corso degli anni mi ero abituata a non essere intimidita da quelli che mi
riconoscevano e che mi chiedevano un autografo, avevo imparato a stabilirci un
rapporto e a non sentirmi a disagio davanti alle telecamere quando qualcuno mi invitava
ad un programma tv.
Giunsi
a casa dopo circa mezz’oretta, stanca ma serena, con il pensiero che già
gravitava sul mio amato divano, un dvd che avevo noleggiato e il pranzo che
avevo preparato.
“Ehi,
Deb, finalmente sei venuta!”.
Sobbalzai
mentre stavo poggiando la giacca sull’attaccapanni, prima di riconoscere la
voce del mio migliore amico Daniele, che se ne stava appoggiato allo stipite
della porta che conduceva al soggiorno. Non ero abituata a trovare i miei amici
in casa quando ritornavo da lavoro dal momento che vivevo da sola, perché
Eliana e Rossella, le mie ex coinquiline, si erano sposate.
“Dan!
Cosa ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?” domandai sorpresa, avvicinandomi e
salutandolo con un bacio sulla guancia.
Lui,
più alto che mai, ma anche con un’aria più seria da quando l’avevo conosciuto, dovuta
al fatto che ormai era un uomo maturo e vicedirettore della redazione di un
giornale, sorrise con aria furba e si passò una mano tra i capelli biondi.
“Dovevo prendere il numero di quella tua amica giornalista dalla tua rubrica.
Mi ha aiutato un complice. Un complice che vuole rivederti dopo due mesi e a
cui manchi molto”.
Lo
guardai interrogativa prima di connettere e comprendere quello a cui si
riferiva. Senza esitare, lo gettai quasi per aria ed entrai correndo nel
soggiorno, dove, più sorridente che mai, trovai Andrea appoggiato con le spalle
vicino al muro e con in mano un mazzo di rose rosse.
“Amore!”
urlai, gettandomi tra le sue braccia.
Erano
due mesi che non ci vedevamo, precisamente dal giorno dell’Epifania in cui era
partito con il suo gruppo, i Gold Boyz, per un breve tour per promuovere il
loro nuovo album. Non eravamo mai stati lontani per così tanto tempo, ma
purtroppo era stato necessario dopo un breve periodo di crisi che avevano avuto
le vendite dei loro cd.
“Piccola,
finalmente” sussurrò, stringendomi contro il suo petto e baciandomi dopo avermi
dato le rose che avevo poggiato su un mobile lì vicino.
“Oh,
io credo che andrò, ho tanto da lavorare” disse Daniele con finta aria
imbarazzata.
“Ciao”
gli dicemmo all’unisono.
“Conosci
la strada” aggiunsi ridendo prima di circondare il collo di Andrea con le
braccia. Sentii Daniele sghignazzare ed uscire, sbattendo lievemente la porta.
“Allora? Cosa ci fai qui? Ti aspettavo tra due giorni!” gli domandai
entusiasta, mentre ci sedevamo sul divano e gli accarezzavo lentamente i
capelli.
Sorrise,
piegando la testa di lato per assecondare i miei movimenti. “Ho finto di essere
malato e non ho partecipato ad una conferenza. Mi mancavi troppo” si giustificò.
“A
chi lo dici. Mi hai fatto un sorpresa magnifica! Ma ora promettimi che starai
qui per qualche mese, che non ripartirai…” .
“Giuro.
Se ne riparla in estate. E tu verrai con me” sottolineò, prendendo il mio viso
tra le mani.
Restai
a bocca aperta per la sorpresa. Non mi aveva mai permesso di seguirlo nei tour
durante quegli anni! Parve leggermi nel pensiero, perché disse: “Ormai ti sei
laureata da quattro mesi e a lavoro hai raggiunto gli anni di servizio
necessario per essere pagata anche durante i periodi di assenza, non vedo che
senso abbia impedirti di venire”.
“Oh,
evvai!” esclamai, gettandogli di nuovo le braccia al collo e baciandolo.
Restammo
tutto il pomeriggio abbracciati sul divano dopo aver pranzato, parlando degli avvenimenti
di quei lunghi due mesi.
“E
cosa dicono Dante e Francesco? Gli mancavano le loro mogliettine?” domandai,
alludendo al fatto che i due si erano sposati l’uno tre anni prima e l’altro un
anno prima.
“Si,
anche se quello che più rompeva le scatole ero
io, tanto che per distrarmi dal tuo pensiero onnipresente ho cercato di
trovare una ragazza a Giuseppe dopo che ha rotto con Sara, ma senza successo”
dichiarò con un sorriso furbo dipinto in volto.
“L’ho
detto che devo trovargliela io, voi non ci riuscirete mai” sospirai. Erano anni
che cercavamo di far mettere Giuseppe con qualcuna, ma quelle poche che gli
erano piaciute si erano dimostrate sempre complicate, quasi assurde, e ciò lo
aveva portato ad essere l’unico single del gruppo oltre che di tutta la nostra
comitiva.
Erano
le sei e mezzo quando ci decidemmo a uscire, ma, con un perfetto tempismo fummo
interrotti dalla visita delle coppie più “anziane”.
“Sei
ritornato amico, finalmente!” disse Niko appena varcò la soglia di casa, con
indosso i soliti vestiti informali che portava di solito quando veniva a
trovarmi. I capelli erano più corti del solito e si stava facendo crescere un
po’ di barba, che gli donava aspetto più
maturo de suoi ventotto anni. Si abbracciarono, e Pierre alle sue spalle fece
lo stesso.
“Ce
lo ha detto Daniele, se fosse per te resteremmo ignoranti su tutto” lo
rimproverò sua moglie Eliana, un po’ più cicciottella ma sempre affascinante
con i lunghi capelli biondi che le circondavano il viso.
“Scusa,
Eli, ma la mia dolce ragazza venticinquenne mi ha distratto, mi ha rapito dal
mondo,oggi” di scusò ridendo lui, abbracciandola.
“Bada
a come parli, ho ventiquattro anni e nove mesi, mio caro trentenne” ribattei
facendo la linguaccia dopo aver salutato Rossella, che al momento gli si stava
avvicinando per salutarlo. Il ruolo di
cantante-moglie, stranamente, le si addiceva. Non era cambiata di una virgola,
sempre bellissima ed elegante, ma era maturata tantissimo.
“Eh,
è colpa tua, lo mandi in tilt. Come può aver ecceduto di tre mesi?!” fece
Rossella con falso tono melodrammatico. “Ci sei mancato, Andrea” aggiunse.
“Infatti,
ed è proprio per questo che domenica abbiamo deciso di invitarvi a casa nostra
per il pranzo” fece Eliana.
“Si,
Stella non vede l’ora di giocare con te” aggiunse Niko, mentre si accomodava
con gli altri in soggiorno, alludendo alla loro figlioletta di quasi cinque
anni.
Andrea
sorrise. “A proposito, dov’è quella piccola peste?”.
“E’
a casa di una delle amichette dell’asilo, cioè, la madre della bambina ha insistito
nell’invitarla perché è una fan di Niko” precisò Eliana infastidita,
sottolineando le ultime parole come se avesse ingerito un limone particolarmente
aspro.
“Che
rubacuori” enfatizzai, guadagnandomi un’occhiataccia da parte sua.
Riavere
di nuovo Andrea al mio fianco mi aveva rinvigorita, vedevo tutto con aria
particolarmente felice, soprattutto per la sua promessa di portarmi con lui al
prossimo tour.
Per
questo trascorsi tutta la serata con i ragazzi, inizialmente senza rendermi
conto del fatto che Andrea ogni tanto parlottava concitato con Niko e Pierre.
Lasciai
correre, finchè la mia curiosità raggiunse il culmine quando Rossella, mentre
se ne stava andando, gli fece segno per fargli capire che l’avrebbe chiamato
dopo.
“Perché
Ross ti deve chiamare dopo?” domandai con aria falsamente innocente quando lui
stava per andarsene, un’ora dopo.
Si
immobilizzò nell’atto di indossare il giubbino. “Oh, niente, in realtà è una
cosa… privata. Sarà… Sarà lei a dirtelo, se le va”.
Feci
una faccia stranita. Mi stava decisamente mentendo, eh si. Quando mi diceva una
bugia iniziava a balbettare e arrossiva.
“Ok”
dissi semplicemente. Decisi che avrei indagato l’indomani anche perché sapevo
che non poteva essere nulla di grave.
Eppure,
quando se ne andò mi lasciò in preda ad una certezza: c’era nell’aria qualcosa
che ero l’unica a non sapere.
Eheh, cara e dolce Debby, non si può
pretendere di sapere sempre tutto! Cosa ti nasconderà mai il tuo amato Andrea?
Perché hai capito bene, c’è una piccola cosa che tu non sai, e che riguarda
proprio te! Chissà quanto ti ci vorrà per capirlo… E voi? Cosa ne pensate? Ve
lo avevo detto io che le cose stavano cambiando! Vi lascio il tempo di
meditare, ora ho altre speculazioni da compiere… E… Come chi sono io? Se volete
saperlo, beh, dovrete scoprire anche questo…
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Capitolo 2 *** Detective Debora ***
Detective Debora
Ciao
a tutti!
Prima
di tutto volevo rivolgere un pensiero a tutte le persone che sfortunatamente
sono state colpite dal terremoto, e poi volevo accertarmi che tutti voi stiate
bene… E’ tutto ok, anche con le vostre famiglie e parenti, vero?
Grazie
mille alle otto persone che hanno inserito la fic tra i preferiti, ovvero:
Angel Texas Ranger
cold ice
Gemellina
Dolly
Giulls
giunigiu95
Gocciolina
vero15star
_New_Moon_
tutti coloro che hanno letto e tutti coloro che hanno
recensito:
Angel Texas Ranger: Grazie mille, è bellissimo vederti
anche qui =D No, no, tranquilla, non se ne fugge con Rossella! xD Migliorata,
dici? Ma grazieeee! ^^
Giulls: Giuliaaaa! Grazie mille,sei sempre dolcissima
^^ Andrea non combina niente di negativo, tranquilla, e riguardo la lunghezza
della fic, beh, non lo so,per ora ho scritto tredici capitoli ma penso che
almeno a venticinque ci arriviamo, dai! Un bacione, ti voglio bene!
Anthy: Eheh, purtroppo Deb è una curiosona nata quindi
indagherà un bel po’ per scoprire cosa sta succedendo, ma non fino al punto di
soffrire ^^ Grazie mille per la recensione!
95_angy_95: Siamo tutti curiosi di sapere cosa le sta nascondendo
Andrea, ma lo scopriremo nel capitolo 7! Tu hai già una tua idea di cosa
potrebbe essere? =D
_New_Moon_: Grazie carissima, è un piacere vederti anche
qui! Prometto che scriverò almeno 25 cap, promesso, poi conoscendomi ne
arriveremo almeno a trenta, ma vabbè… xD Andrea non nasconde niente di negativo
comunque, tranquilla!
vero15star: Tesoro, spero tu sia tornata,
mi manchi tantissimo! Sai, mi fa un po’ strano leggere i tuoi commenti da
quando stiamo scrivendo la fic insieme, non so perché, forse per il fatto che
sono abituata all’idea che quello che ognuna sa quello che scrive l’altra! ^^ Grazie
mille, non ti sarò mai grata abbastanza per tutti i complimenti! Ti voglio
benissimo!
giunigiu95: Chiederle di sposarla? Chi lo
sa, eheh, come dico sempre io, lo scopriremo solo leggendo! xD Grazie mille per
i complimenti, un bacio!
Penso che aggiornerò mercoledì, un bacione
e Buona Pasqua a tutti voi! ^^
La vostra milly92.
Capitolo
2
Detective
Debora
Avete presente il video di “Hit me baby
one more time” in cui Britney Spears guarda impazientemente l’orologio in
attesa che suoni la campanella dell’ultima ora? Ecco, così se la passava Debora
dopo aver intuito che il suo ragazzo le nascondeva qualcosa, attendeva invano,
senza alcuna campanella che si decidesse a suonare. E, come si dice, se la
campanella non suona, Debora fa di tutto per arrivare al pulsante per farla
suonare…
Il
giorno dopo aspettai invano che Andrea si decidesse a parlare, per cui, quando
non lo fece, mi decisi a risolvere la cosa in prima persona. Non è che volevo
farmi gli affari di Rossella, più che altro vedevo che nella nostra comitiva
c’era uno spirito diverso, sia gioioso che di attesa di qualcosa che ero
l’unica a non sapere, per cui decisi di andarla a trovare con una banalissima
scusa per cercare di indurla a confessare.
“Oh,
Deb, che sorpresa!” disse lei, avvolta
in una tuta grigia e bianca, quando mi aprì.
“Ciao
Ross!” la salutai, porgendo la torta che avevo preparato per giustificare la
mia visita. “Oggi è il mio giorno libero e mi sono fiondata in cucina… Volevo
sapere il tuo parere!”.
Rossella
fece una faccia strana, mentre alle sua spalle compariva Eliana insieme a
Stella.
“Ciao
Eli, ciao piccolina!” le salutai. Stella mi corse incontro, carinissima nella
sua vestina di velluto blu e i capelli biondi legati in due trecce.
“Zia
Deb, che bello,sei venuta a farmi compagnia,
mamma e zia Rossella mi hanno lasciato da sola a giocare di là” disse la
bambina entusiasta, mentre mi abbassavo alla sua altezza per abbracciarla.
Alzai lo sguardo verso le due, senza sapere cosa dire.
“Scusate,
vi ho interrotte?” domandai.
“No,
no, ho chiamato Eli per farle ascoltare la melodia del mio nuovo singolo”
rispose subito Rossella. “Dai, venite in cucina, voglio assaggiare la tua
torta!” aggiunse poi.
“Sicura?
Posso sempre venire stasera…” dichiarai, sentendomi un po’ in colpa per averle
interrotte.
“Non
fare la stupida,anzi sono secoli che non parliamo tutte e tre davanti ad una
fetta di dolce” fece Eliana cordiale, mentre prendevamo posto in cucina e
Rossella tagliava la torta.
“A
me una fetta grande grande” esclamò entusiasta Stella, sedendosi in braccio a
me.
“Vedo
che sei golosa come me, piccolina” constatai, accarezzandole i capelli.
“Uh,
è anche peggio, non vorrei che un domani
ingrassasse” sospirò Eliana.
“Dai,
è piccola, lasciala mangiare quello che vuole”la esortò Rossella. Annuii.
Rossella
servì ad ognuno una fetta e quando assaggiai il primo boccone vi venne
immediatamente voglia di sputarlo: la Kinder fetta al latte che avevo preparato
era decisamente salata. Salata.
Le
ragazze fecero una faccia nauseata e
Stella sputò nel piatto.
“Oddio,
devo aver messo il sale nell’impasto, invece dello zucchero!” mi scusai
immediatamente,mentre davo dei colpetti sulla schiena della bambina che
continuava a espellere il residuo del dolce.
“Ce
ne siamo accorte” dissero all’unisono, mentre portavo la bambina in bagno
perché diceva di dover vomitare.
Purtroppo
ne aveva ingoiato un pezzo troppo presto; vomitò un po’ e poi la aiutai a
sciacquarsi la bocca. Non ero mai stata un fenomeno in cucina, quel poco che
sapevo fare lo aveva imparato durante quegli anni trascorsi a Roma e le ragazze
lo sapevano, tanto che quando cenavamo a casa mia mi aiutavano onde evitare
disastri.
“Zia,
mi passi l’asciugamano?” domandò Stella, indicandone una avvolta sopra la
lavatrice.
“Si”
risposi, srotolandola e porgendogliela.
Cadde
qualcosa da quell’involucro, una specie di
flacone lungo, che una seconda occhiata mi rivelò essere un test di
gravidanza.
“Stella,
esci un attimo, che devo andare in bagno?”.
La
bambina ubbidì e chiusi la porta a chiave. Contemplai la scatolina e lì capii
tutto: Rossella credeva di essere incinta e si era rivola ad Eliana, con cui
stava facendo il test prima del mio arrivo, e ad Andrea per farsi accompagnare
da un eventuale ginecologo, per non far sapere la cosa a Pierre quando la cosa
non era ancora sicura.
Dopotutto
era normale, lei e Pierre erano sposati da quasi cinque anni; evidentemente Eliana
lo aveva detto a Niko lo aveva detto a Daniele, per questo er l’unica a non
essere al corrente della cosa.
Mi aspettavo di peggio! Ma fingerò lo
stesso di non sapere… Ecco perché Andrea aveva parlato di una cosa personale…
Uscii
e ritornai in cucina più sollevata.
“Scusatemi
ancora, è stato un errore di distrazione” dissi.
“Tranquilla,ma
devi fare un po’ di attenzione, prima o poi dovrai imparare a cucinare per
bene, specialmente quando tu ed Andrea vi sposerete” disse Eliana, e vidi
Rossella lanciarle un’occhiataccia.
Scrollai
le spalle, senza sapere cosa dire.
“Non
la pensare e poi al momento tu ed Andrea siete ancora fidanzati,c’è tempo”
l’apostrofò Rossella. “Vi va qualche biscotto? Ultimamente ho sempre fame” si
giustificò.
E ci credo, se è incinta… Solo che
vorrei che si confidasse con me… Forse
dovrei andare,così potranno fare il test e vedere il risultato! pensai.
“Ti
ringrazio Ross, ma credo che andrò a casa, devo lavorare al nuovo romanzo”
dissi, accennando al mio terzo lavoro. Dopo il primo libro ne avevo pubblicato
un altro con successo, e stavo già lavorando alla bozza del terzo.
Rossella
parve sollevata. “Sicura?”.
“Si,
ti ringrazio” risposi, proprio nell’istante in cui suonarono al campanello.
Le
due si bloccarono,guardandomi senza
sapere cosa fare.
“Vado
io?” proposi senza sapere da dove provenisse tutta quell’indecisione.
“Oh,
no tranquilla” fece Rossella, nell’istante cui Andrea entrava nella stanza e si
bloccava vedendomi.
“Ho
aperto io, hai visto mamma?” dichiarò entusiasta Stella, aggrappata alla gamba
destra di Andrea.
“Brava”
disse Eliana distrattamente, senza sapere cosa fare e guardandoci nervosamente.
“Amore,
cosa ci fai qui?” domandai, prima di comprendere la situazione ancora di più:
evidentemente era lì per questione della gravidanza.
Che pasticcio che ho combinato!
“Vedi
amore…” iniziò lui,guardandosi intorno.
“Ho
capito, è per quella situazione… Top
secret, giusto?” domandai, decidendo di rendergli la cosa più semplice dato
che mi sentivo estremamente in colpa per aver bloccato i loro piani.
Lui
fece una faccia sollevata vedendo che non sembravo arrabbiata.
“Si,
amore…” disse.
“Ci
dispiace, ti promettiamo che a breve saprai tutto” aggiunse subito Rossella,
anch’ella sollevata, mentre Eliana annuiva.
Sorrisi
brevemente prima di dire: “Allora ci vediamo. Amore ti aspetto stasera a cena”
li salutai, baciandolo ed uscendo.
E’ stato decisamente inutile forzare una
campanella per farla suonare prematuramente, non trovate? La piccola Stella
avrebbe potuto risparmiarsi una vomitata e, Deb avrebbe avuto qualcosa in meno
su cui meditare… Rossella è davvero incinta? E’ questo il segreto? Io penserei
a rispettare i tempi invece che perdere tempo a fare supposizioni…
Ritornai
a casa, ripensando all’inutilità di quella visita. Se Rossella era incinta beh,
ovviamente non potevo pretendere di essere messa subito al corrente quando
nemmeno suo marito sapeva, ma almeno mi ero calmata. Ripensai al discorso di
Eliana circa la mia capacità di chef e al fatto che avrei dovuto imparare al
più presto per quando io e Andrea ci saremmo sposati.
Cosa
ne sapeva lei? Io ed Andrea non parlavamo di un eventuale matrimonio dalla sera
di cinque anni prima in cui Rossella ci aveva annunciato che lei e Pierre
avevano deciso di sposarsi. Non m’importava, non avevo nemmeno venticinque anni
e stavo benissimo così con il mio ragazzo.
…Debora non ha nemmeno ventun’anni,
quindi sa che dovrebbe aspettarsi la proposta tra circa tre quattro – anni… aveva detto.
Eppure
quei tre-quattro anni erano quasi scaduti, ed io mi ero laureata. Cosa voleva
dire? Anche lui si era reso conto che forse sposarsi con me gli avrebbe portato
solo una serie infinita di pasticci in cucina e perpetui digiuni?
Il
mio stomaco si ribaltò al solo pensiero, e mi dissi che sarei dovuta migliorare
come “donna di casa”.
Per
fortuna le mie paranoie furono interrotte dalla visita di Andrea, verso le
sette. Aveva una faccia dispiaciuta ed aveva in mano un mazzo di rose.
“Oggi
sono 55 mesi che stiamo insieme” spiegò, abbracciandomi. “E mi dispiace averli
festeggiati così. Mi perdonerai?”.
“Si,
ma solo perché so che se un amico fedele e perché mi sono intrufolata a casa di
Rossella per scoprire questa cosa misteriosa” spiegai, ricambiando la stretta.
Non rispose, per questo aggiunsi: “Scusa, ma non tollero il fatto che tutti
sappiate qualcosa che solo io sembro ignorare! Sembra quasi che il soggetto del
mistero sia io, e non mi spiego la cosa anche perché il mio compleanno tra tre mesi e non è possibile che mi stiate progettando
già una festa a sorpresa…”.
Decisi
di non dire quello che avevo scoperto, e lui rise.
“No,no,
anzi, per il tuo compleanno saremo a Parigi” spiegò, cercando di distrarmi.
“Parigi?”
domandai incredula.
“Si,
la prima tappa del tour estivo è lì, e noi ci andremo solo una settimana prima
per festeggiare i tuoi venticinque anni” spiegò radioso.
“Oh,
che bello, grazie!” esclamai al settimo cielo, riabbracciandolo.
Inutile
dire che era riuscito a distrarmi, così restammo a parlare di questo viaggio
fino a quando non arrivarono Eliana e Niko con Stella.
“Dovevamo
dirti una cosa”iniziò lei.
“Si,
ditemi” le dissi, mentre sistemavo le stoviglie in cucina, curiosa.
Quel tipo di parole me le sarei aspettate da
Rossella, onestamente.
“Vedi…
Tra un po’ diventerai di nuovo zia” disse emozionata lei.
“Si,
quindi preparati a badare a Stella molto spesso” aggiunse Niko radioso.
Mi
bloccai nell’atto di posare un piatto nella credenza. “Cosa?!”.
“Si,
aspetto un bambino!” confermò Eliana.
“Siii,nascerà
un fratellino! Lo porterà la cicogna, vero, zio?” dichiarò Stella, in braccio
ad Andrea.
“Ma
certo, piccolina” l’assecondò.
Ricevetti
il colpo con un po’ di confusione visto che mi aspettavo quella notizia da
un’altra persona.
E allora cosa c’entra Rossella? Capisco
che è la sua migliore amica ma sembrava lei la diretta intressata…
“Congratulazioni,
allora!” esclamai, abbracciando sia
Eliana che Niko.
“Era
questo il segreto, l’ho accompagnata io da ginecologo con Rossella. Non lo
sapeva nemmeno Niko” disse Andrea innocentemente.
“Si,
oggi stavamo facendo il test, prima che tu venissi” spiegò Eliana.
“Ok!
Ma la prossima volta non fate tutti questi misteri, dopotutto è un bambino, non
un alieno” dichiarai, sorridendo, ma sentendo comunque che quella non era tutta
la verità.
Ancora non ti accontenti, Deb? E fai
bene, certo che fai bene…! Solo che al momento devi farlo, magari la campanella
che ti annuncerà la verità non è troppo lontana, ma nemmeno troppo vicina. Pazienta,
che, come si dice, prima o poi tutti i nodi vengono a pettine… Anche se con te
sarà difficile e doloroso, con tutti i ricci che ti ritrovi!
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Capitolo 3 *** Perfetto! ***
Perfetto!
Ciao! Allora, come sono
andate le vacanze Pasquali? Io domani dovrò tornare a scuola e fare il test di
fisica, evvaaaaai (si legge il sarcasmo?! xD). A parte l’eventuale chiletto che
ho messo di sicuro, beh, posso dire che sono state delle bellissime vacanze,
serene e trascorse in compagnia!
Grazie mille a coloro che
hanno inserito la fic tra i preferiti e a coloro che hanno recensito:
Giulls: Ciao Giulia! Ma certo
che la chiameranno come te, ci scherzi? E poi devono farlo obbligatoriamente
visto che ho già preparato il corredino con le iniziali sopra! xD Solo che ti
avverto che questa gravidanza non sarà… come sembra! Dici che sta cercando un
modo perfetto per chiederle di sposarla? Boh… =D Un bacione, ti voglio bene!
_New_Moon_: Ed ecco al
seconda che crede che Andrea sta architettando questo bel po’ per chiederle di
sposarlo! xD xD Non posso dire, nulla,
sorry, al massimo ti do il numero di Andrea e te lo fai dire da lui e poi lo
dici a Deb, ok? =D Grazie mille, sei sempre gentilissima!
95_angy_95: Eh si, altri
quattro cap, dai, passano veloce veloce! =D Anche tu credi che le chiederà di
sposarlo? Vedremo! ^^
giunigiu95: Eheh, e devi
vedere l’altra bella figura che farà in questo cap Deb con una delle sue
pietanze! Ti dico solo che la vittima sarà Andrea… Riguardo la proposta di
Andrea, chi lo sa, ma ti dico solo che avrai la risposta nel cap 7!
vero15star: Tesoro!!! Che
bello riaverti qui, anche se già te l’avrò detto milioni di volte resta il
fatto che la tua assenza si è fatta sentire! E se penso che ora sarò io a
partire mi sento male… Comunque, qual è la tua idea? Sono curiosa di saperla,
visto che le altre ragazze concordano su una in particolare… un bacione, ti
voglio benissimo e W Blackout In The Light! xD
Angel Texas Ranger: Ihih, e
devi vedere in questo cap Deb che combina in cucina… xD Comunque a Deb non
importava nulla della presunta gravidanza di Rossella, anzi, era felice di aver
scoperto l’arcano segreto, anche se così non è stato... =D
Prima di lasciarvi, volevo
invitarvi a leggere una fic che sto scrivendo insieme a vero15star nella
sezione Originali/Romantico con il nostro account VeroMilly, ovvero “Blackout
in the light”. Ce lo fate questo regalino post Pasqua? Dai dai dai! =D
A sabato, visto che lunedì
parto per Salamanca!
la vostra milly92.
Capitolo 3
Perfetto!
Debora è molto determinata, si sa, ma non credevo che
lo sarebbe stata così tanto a tal punto da coinvolgere qualcuno come la piccola
Stella! Eppure è così… Ma come andrà a finire? Io scommetto che la bambinetta
le saprà tenere testa, e voi?
Passarono i mesi, e a metà
Maggio continuai a sostenere più che mai che c’era qualcos’altro che mi veniva
tenuto nascosto. Erano due settimane che Andrea usciva con Niko e Pierre quando
invece mi diceva che aveva degli impegni e delle interviste da fare.
Avevamo litigato, poi mi
aveva convinto a perdonarlo dicendo che a breve avrei saputo tutto.
Ma quando vidi che quel “a
breve” voleva dire più di una settimana, mi scocciai e ripresi a fare il
cosiddetto gioco sporco.
“Zia, non posso, zio Andrea
mi ha detto che nel caso tu mi avresti chiesto di fare la spia e dirti quello
che si dice con papà quando viene a casa avrei dovuto dirti di non sapere
niente” rispose Stella ingenuamente quando le chiesi di ascoltare una delle
conversazioni tra Andrea e Niko una delle tante volte che le facevo da baby
sitter. “Mi ha promesso che mi avrebbe portato al cinema a vedere il nuovo film
delle Winx!” spiegò come per scusarsi per l’aver accettato un simile proposta.
“E se ti ci portassi io? E se ti portassi anche al Luna Park?” proposi
disperata, sentendo un vagone di rabbia immergermi nei confronti di Andrea. Mi
conosceva troppo bene, ormai, e sapeva anticipare le mie mosse.
Stella scosse il capo. “Non
mi piace il Luna Park. Ah, e zio mi ha anche detto di dirglielo se mi dicevi di
fare la spia!” aggiunse sorridendo.
“No, Stella, ti prego…”
iniziai. Possibile che una mocciosetta di cinque ani riusciva a mettermi ancora
di più nei pasticci?
“Mi dispiace,zia. Chi dice le
bugie non è figlio di Maria…” iniziò a recitare, prima di uscire dalla cucina e
andare a giocare.
Tentai di corromperla in
tutti i modi, ma non accettò neanche
davanti a una scorpacciata di cioccolata, cosa di cui andava matta. Così, il
giorno dopo dovetti affrontare Andrea, mentre eravamo a cena nella zona privè
di un locale.
“Stella mi ha detto tutto. Se
vuoi, puoi venire anche tu al cinema con noi”. Era divertito, e mancava poco
che si mettesse a sghignazzare.
Arrossii per la figuraccia
fatta. “No, più che altro mi preoccupo con chi altro potresti andare al cinema tu. Secondo me hai un’altra e stai
progettando una sorpresa per stupirmi e farmi dimenticare tutto” ribattei
gelida.
Andrea parve accorgersi del
fatto che ero decisamente preoccupata, oltre che indignata.
Prese la mia mano e la
strinse. “Senti, anche Eliana e Rosella non ne sanno niente, contenta? Non puoi
ascoltarmi, fare finta di niente e fingere che la cosa non ti interessi per un
altro po’? Non sto facendo niente di male e non capisco perché dovrei uscire
con un’altra quando ho te” spiegò, avvicinandosi di più.
“Sicuro? Me lo giuri?”
domandai.
“Si, amore mio” disse, e mi
convinse, tanto che mi lasciai baciare e decisi di non sospettare più nulla.
Da quel momento in poi,
chissà perché, mi riuscì davvero facile stare serena, forse perché anche
Rossella ed Eliana ci pensarono a distrarmi.
Eh si, noi
donne sappiamo essere delle attrici perfette, cara Deb,e tu ne sei l’esempio vivente…!
“Stasera i ragazzi cenano da
soli, devono trascorrere la loro seratina senza fidanzate e mogli tra le
scatole davanti a litri e litri di birra e un
tavolo da bigliardo” mi ricordò
Rossella due giorni dopo, dopo avermi fatto ascoltare la sua nuova canzone che
mi era piaciuta particolarmente. “Che ne dici se ci riuniamo da te e passiamo
una serata tutta al femminile?” propose.
“Si, dai! Così mi fate un po’
compagnia, sto sempre sola quando Andrea non c’è!” risposi entusiasta. “Anzi,
perché non ne approfittate per insegnarmi a cucinare qualcosa di particolare?”
aggiunsi ancora più entusiasta. In quei mesi avevo pensato e ripensato al fatto
di voler migliorare in cucina, così mi dissi che quella sarebbe stata
l’occasione giusta per mettermi alla prova.
Rossella captò il mio
entusiasmo, perché sorrise ed annuì. “Ma certo! E poi vengono anche Natascia ed
Ada visto che anche Francesco e Dante escono con i ragazzi, e loro sono molto
più brave di noi!”.
Fu così che quella sera, dopo
essere andata dall’estetista per la manicure, ci ritrovammo insieme ad Eliana,
Ada, Natascia e Sabrina, la ragazza di Daniele,nella cucina di casa mia davanti
alle decine di ingredienti che mi ero premurata di comprare per l’occasione.
“Perché non iniziamo con
qualcosa di semplice e basilare? Ad esempio… Mmh…” iniziò Natascia guardandosi
intorno legandosi i lunghi capelli corvini prima di spalancare i grandi occhi
verdi e dire: “Le piadine! Le sai fare? Ad Andrea piacciono molto, fa sempre il
bis quando viene a cena…”.
Le ragazze si voltarono a
guardarmi per vedere la ma reazione.
“Ehm, no, non le so
preparare” ammisi sconfortata.
“Perfetto!” fece subito
Natascia, prendendo gli ingredienti.
“So che sei entusiasta, ma,
per favore, non dire “perfetto” che mi sento ancora più incapace…” mormorai tetramente.
Natascia restò interdetta, e
Ada subito esclamò: “Ma era un modo di dire, Natascia diceva “perfetto” nel
senso che ti avrebbe insegnato visto che proprio quella ricetta non la sapevi
cucinare!”.
Sospirai; dopotutto aveva
ragione, ero stata troppo scorbutica. “Scusami Natascia, è solo che al momento
mi sento come mi sentivo al liceo durante le ore di matematica mentre la
secchiona della classe era all’interrogazione ed io non capivo un’acca di quello
che diceva” borbottai, cercando di sorridere.
“Tranquilla” disse Natascia,
abbracciandomi lievemente. “Avevo capito”.
“Deb, non devi fare così, sei
qui per imparare, tutte abbiamo imparato ed ora tocca a te” spiegò Eliana
cordiale.
“E nemmeno io so fare chissà
che cosa” aggiunse solidale Sabrina, che aveva un anno in meno a me ma sembrava
più grande di almeno due anni.
“Ok, mi avete convinta,
iniziamo con le piadine!” esclamai più rincuorata davanti a quelle parole.
Io e Natascia indossammo il
grembiule e iniziai a seguire le sue istruzioni, mentre le altre quattro
ragazze ci osservavano curiose e divertite.
“Allora, prendi la bilancia e
pesa 500
grammi di farina” iniziò, passandomi un pacco di quest’ultima.
Ubbidii,
prendendo il pacco e versandone un po’ in una scodella fino a raggiungere il
peso stabilito. Inutile dire che mentre la versavo mi sporcai esageratamente
mani, braccia e anche un po’ il viso.
“Aspetta,
ti aiuto io” mi corse in soccorso
Sabrina, prendendo un tovagliolo e pulendo il mio volto con cautela.
“Grazie”
grugnii. Non avevamo nemmeno iniziato e già avevo combinato il primo guaio!
Continuai
a versare tutti gli ingredienti che
Natascia mi dettava e alla fine venne il momento di lavorare l’impasto.
Stranamente non fu molto difficile, feci molta
attenzione e alla fine restai soddisfatta davanti alla ventina di piadine che
avevo preparato.
“Ne
conservo qualcuna per i ragazzi” proposi mentre cenavamo con le piadine con il
prosciutto e con dei pezzi di pizza che Ada aveva preparato.
“Si,
dai, così Andrea vedrà quanto sei brava, sono perfette” esclamò Rossella
convinta, alzando il pollice mentre ne addentava un pezzo.
Feci
un cenno modesto, incredula mio malgrado.
“Allora,
come ti senti Eliana? Hai ancora la nausea?” domandò Sabrina poco dopo, mentre
sistemavo la cucina.
“Un
po’, ma ormai ci sono abituata. Devo dire che questa gravidanza è molto più
tranquilla rispetto a quella di Stella” rispose Eliana, portandosi
istintivamente la mano sul ventre appena rigonfio.
“Si,
anche io ti vedo più rilassata” ammisi.
“E’
che ora non ci sono particolari problemi, ormai io e Niko siamo una famiglia
insieme a Stella, e soprattutto, ora siamo sposati, siamo più grandi…” spiegò
lentamente, e per un istante le vidi dipinto in volto tutto ciò che aveva passato
cinque anni prima.
Immaginai
me e Andrea coinvolti in quella situazione: cosa sarebbe successo? Ce l’avremmo
fatta?
Per
me Andrea in quegli anni era sempre stato l’eterno “ragazzo” insieme a
Giuseppe, perché, nonostante i suoi trent’ anni, sembrava sempre un ventenne,
giocava con la playstation nel tempo libero e non lo avevo mai visto annullato
davanti alla tv con in mano una bottiglia di birra a vedere una partita come
Niko. Immaginarlo padre mi era assolutamente impossibile, e sapevo che nel suo
profondo, diventarlo non era la prima delle sue aspirazioni per il momento.
Certo,
lo vedevo sempre giocare con Stella, ma non gli avevo mai visto niente di
paterno dipinto in volto, anzi, a volte sembrava il suo fratellone più grande
di venticinque anni.
“Deb,
ci sei?”.
La
voce di Ada mi risvegliò dalla mia riflessione, e mi accorsi di essere rimasta
immobile con un piatto bagnato in mano.
“Oh,
si, scusate” risposi, sobbalzando e affrettandomi ad asciugarlo. “Stavo
pensando a cosa ne penserà Andrea delle piadine” inventai, mentendo spudoratamente.
“Stai
tranquilla, gli piaceranno già solo per il fatto che le hai cucinate tu” mi
rassicurò Rossella. “Ti giuro, quando ci sei tu lui ha sempre un’aria
estasiata, paradisiaca… Ti ama davvero, Deb, nonostante stiate insieme da
cinque anni e stai tranquilla che non dirà nulla nel caso che non riuscirai a
migliorare in cucina, ti ama per quello che sei”.
Sentendo
quelle parole mi sentii improvvisamente stupida riguardo a quello che mi ero
detta: aveva ragione, non sarebbero state le mie capacità di pessima chef a
deluderlo.
Sorrisi,
piegando la testa di lato, e lei mi abbracciò automaticamente. “L’ho sempre
detto che eri tu quella perfetta per lui” mormorò.
Mi
continuai a ripetere mentalmente quelle parole anche quando restai da sola e
quando Andrea bussò alla porta di casa mia all’una passata.
“Sapevo
che mi avresti aspettato” disse, entrando e baciandomi.
“Sapevo
che avresti bussato” risposi, sicura di me, il che era vero perché altrimenti
sarei andata io da lui. Mi mancava troppo dormire con lui e risvegliarmi tra le
sue braccia.
“Non
posso farci nulla, adoro vederti con queste camice da notte, sei sempre così
sexy” si giustificò, togliendosi il giubbino e squadrarmi.
Sorrisi
maliziosamente, anche quel particolare non era lasciato al caso, e finsi di
abbassare lo sguardo per vedere meglio la camicia da notte di seta azzurra che
arrivava sopra il ginocchio. “Visto che ti piace tanto… Ti va di collaudarla?” proposi,
avvicinandomi con passo felpato e gettandogli le braccia al collo.
“E
me lo chiedi pure?” domandò, con il suo sorriso più sensuale.
Mi
prese in braccio velocemente e tre secondi dopo mi ritrovai nella mia stanza
intenta nel baciarlo con voluttà.
“Mi
sei mancata tantissimo” sussurrò contro il mio orecchio mentre gli sbottonavo
la camicia e mi sedevo a cavalcioni su di lui.
“A
chi lo dici” risposi, mentre sentivo le sue mani accarezzarmi fino ad andare
sotto la camicia da notte.
Ogni
suo tocco mi causava una scarica elettrica lungo la schiena, ogni sua carezza
mi mandava ancora di più in extasy, e continuammo così finchè la mia camicia da notte non
raggiunse il resto dei suoi indumenti.
La
mattina dopo mi svegliai tra le sue braccia, invasa dal suo profumo.
Sarei
rimasta lì per ore, ma volevo preparargli la colazione visto che era sempre lui
a prepararla in quelle occasioni , così, a malavoglia, mi alzai, indossai
rapidamente una tuta,andai in bagno e
poi in cucina, dove riscaldai le piadine e gliene preparai alcune con la
nutella. Aggiunsi un bicchiere di succo e dei biscotti e ritornai in camera,
dove lui si era svegliato.
“Buongiorno,
amore” mi accolse.
“Buongiorno”
risposi, baciandolo lievemente e porgendogli la colazione. “Le piadine le cucinate
io” sottolineai, mentre mi stringeva a
sé con un braccio.
“Grazie…
E tra parentesi, è stata la notte più bella dell’ultimo mese” dichiarò facendo
l’occhiolino.
“Per
me sono tutte belle quando ci sei tu”.
Ci
guardammo intensamente, ancora stretti l’uno all’altra, prima che lui iniziasse
a mangiare, porgendomi il piatto.
Ebbi
appena il tempo di assaggiare un biscotto che accaddero due cose contemporaneamente:
notai di aver preso un’unghia finta che l’estetista mi aveva messo la sera
prima ed Andrea iniziò a tossire.
“Oddio,cos’è
successo?” urlai,dandogli dei colpetti sulla spalla, prima di fare due più due:
sputò i resti della mia unghia e continuò a tossire guardando quel pezzettino
di plastica con aria interrogativa.
“E’
una delle mie unghie finte” risposi tetra, sentendo le lacrime agli occhi per
la vergogna e per l’umiliazione.
Mostrai
l’indice a cui mancava e lui parve capire.
“Dev’essere
caduta scausalmente nell’impasto, scusami, io…” iniziai, cercando di nn
piangere. “Volevo farti una sorpresa, imparare a cucinare qualcosa di diverso
come Rossella e le altre… Ma resto un’incapace” conclusi sconsolata.
Andrea
fece una faccia comprensiva e mi fece
segno di avvicinarmi. Mi abbracciò, dandomi dei colpetti sulla spalla per
tranquillizzarmi .
“Non
dire così, è tutto ok! Dovevi preoccuparti se lo prendeva Stella, ma sto bene.
Se vuoi migliorare in cucina fallo, ma non devi farlo per me, per farmi felice! Tu per me sei perfetta
così” disse lentamente e guardandomi negli occhi.
“Davvero
non ti dà fastidio vedere che sono l’unica incapace…?”.
“Ma
che! E poi nemmeno Sabrina è brava, ma mica lei si fa tutti questi problemi?”.
Sorrisi
tra le lacrime, annuendo. “Voglio continuare a provarci, e prometto che farò
più attenzione” risposi.
“Perfetto!”.
Feci
una piccola risata ricordando che avevo sentito quell’esclamazione molte volte
nelle ultime dodici ore, ma l’unica adatta al suo vero significato era proprio
quest’ultima, proveniente dalle soffici labbra dell’uomo e amavo e che avrei
sempre amato.
Ok, ok, si è capito che
vi amate e bla bla bla, però resta il fatto che alla fine hai quasi dimenticato
che il tuo dolce principe azzurro ti nasconde qualcosa! Insomma, ti facevo più
perspicace, Deb! Ma mi raccomando, voi continuate ad indagare con me, poi alla
fine vedremo chi ha ragione!
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Capitolo 4 *** Una Giornata Piena Di Novità ***
Una Giornata Piena Di Novità!
Hola!
Oggi vado molto fretta, lunedì mattina,
anzi, domenica notte a dire il vero, dovrò partire per una vacanza studio a
Salamanca di una settimana e ho ancora miliardi di cose da fare. Vi rendete
conto che non sono andata a scuola per iniziare a preparare la valigia e la mia
dolce mammina se ne è andata senza dirmi dove sono le chiavi della valigia?!
Vabbè, passando alle cose più importanti,
in questo cap avremo la notizia del futuro ritorno di un personaggio molto
amato e ci saranno due new entry che saranno molto importanti nei prossimi cap…
Grazie mille alle 10 persone che hanno
inserito la fic tra i preferiti, allle 2 che la seguono e a coloro che hanno recensito los corso cap,
ovvero vero15star, _New_Moon_, giunigiu95 e Giulls. Grazie ragazze, sapete che
vi adoro sempre di più? ^^
Credo che aggiornerò martedì prossimo, mi
mancherete tantissimo!
La vostra milly92.
Capitolo 4
Una Giornata Piena Di
Novità
Di solito l’inizio delle
vacanze estive porta serenità, libertà e soprattutto viaggi verso nuove mete.
Invece Deb è costretta a starsene in ufficio a lavorare, poverina e poi un paio
di persone invece di andare in vacanza ai Caraibi decidono di trasferirsi nella
mia Roma caput gossip… Spero che almeno li alimenterete!
Nei giorni seguenti ebbi poco tempo per
preoccuparmi riguardo le mie capacità culinarie
a causa del lavoro all’ufficio, visto che il tour dei ragazzi era
vicinissimo e dovevo sistemare ancora
molte cose con i responsabili francesi. E per di più si aggiungeva lo stress
dovuto al nuovo libro che stavo scrivendo visto che avevo ispirazione zero.
“Giornataccia?”.
Quel caldo venerdì 30 Maggio il mio umore
era troppo a terra per poter riuscire a sopportare un Giuseppe troppo allegro e
giulivo che mi sorrideva dall’altra parte della scrivania. Alzai lo sguardo con
aria scocciata, trovandomi avanti il suo sguardo armonioso e la sua chioma
riccia raccolta nel suo solito codino.
“E’ meglio che te ne vai se non vuoi che
ti rivolga tutti gli insulti che mi sono riservata per quel certo Antoine
Shannon, che non sa parlare inglese e pretende che io lo capisca in francese” lo
ammonii, accasciandomi sulla sedia.
“Ma chi è?” volle sapere,sedendosi in un
modo molto rilassato di fronte a me.
“Il sindaco della città dove dovete
esibirvi il 25 giugno” risposi stancamente. “Mi sa che dovrò interpellare
Pierre. Ma dico io, tra tanti paesi perché proprio in Francia dovevate fare il
tour?”.
Giuseppe fece un sorriso malefico.
“Domandalo al tuo ragazzo, è lui che ha insistito nell’andare nel paese della
città degli innamorati” dichiarò.
“E’ stata un’idea di Andrea…?” domandai
scioccata.
“Io non ti ho detto nulla, eh” esclamò,
prima di alzarsi. Fece per andarsene, e quando vide che lo stavo seguendo per
saperne di più accelerò il passo.
“Giuseppe, fermati!” urlai al nulla,
quando fu sparito, per poi scontrarmi contro un ragazzo che poi riconobbi essere
il mio agente Alberto Norbio.
Alberto lavorava con me da cinque
anni e gli ero molto affezionata, era
l’unico capace di ascoltarmi per ore ed ore circa le mie idee per i libri senza
annoiarsi,anzi leggevo nei suoi occhi lo stesso fervore che sentivo io. Aveva la stessa età di Andrea, e per certi versi gli assomigliava,
specialmente per il modo di sorridere e di porsi.
“Ehi!” esclamò,facendo cadere la
cartellina che aveva in mano.
“Oh,scusami Al! Stavo rincorrendo quello
sciagurato di Giuseppe” mi scusai. “Entra” lo invitai, facendolo entrare nel
mio ufficio e chiudendo la porta alle mie spalle.
“Perché lo rincorrevi?” domandò con
curiosità.
“Mi ha detto che è stato Andrea a
scegliere la Francia come ubicazione della prima parte del tour e non ha voluto aggiunger altro”
spiegai.
“E allora?”.
“E allora, beh, ero curiosa perchè
dovremmo andare a Parigi dopodomani, il giorno del mio compleanno e…” mi
zittii,sena sapere cosa dire. “Niente, è assurdo” mi arresi,senza capire perchè
mi ero scaldata tanto. “Comunque, a cosa devo la tua visita?”.
Alberto scrollò le spalle. “Niente, ho
finito prima e volevo fare due chiacchiere a proposito del nuovo libro”.
“Non ho niente di nuovo da dire” ammisi.
“Ispirazione zero”.
“Possibile? E’ un mese che ti giustifichi così”
si spazientì lui sistemando la ventiquattr’ore sul tavolo e sbuffando.
Abbassai lo sguardo, quasi vergognandomi.
“Vedi, Al, è che di solito nei libri esprimo quello che vorrei che mi
succedesse, ed al momento non sento di avere bisogno di nulla ,ho tutto…”.
“Beh, ma non avrai più la tua fama di scrittrice se
continui così” replicò lui freddamente.
“Ti credevo più seria”.
Spalancai la bocca per l’incredulità, in
tanti anni non si era mai rivolto nei miei confronti in quel modo.
“Al, è vero che qui si parla della mia
fama,ma al momento non saresti così conosciuto grazie a me, quindi ti chiedo un
minimo di rispetto” sbottai, ferita da quel comportamento.
Alberto non replicò, si alzò e disse semplicemente: “Continua ad
annullarti dietro a quello se ti rende felice”.
“Cosa?!”.
Non ebbi il tempo di replicare che era già
sparito. Cosa avevo fatto di male? Perché aveva lanciato quella frecciatina ad
Andrea? Cosa gli importava?
Così
ritornai a casa con la testa che quasi mi scoppiava e non pranzai
nemmeno, presa dalla collera e dalla rabbia anche nei confronti di me stessa,
che stavo tralasciando la passione e il sogno della mia vita.
Iniziai a fare i bagagli per il viaggio
imminente e alla fine, presa dalla voglia di distrarmi, li terminai. Dovevo
solo aggiungere shampoo, bagnoschiuma, spazzolino e vari prodotti che mi sarebbero serviti
prima di partire.
A distarmi, alle quattro, ci pensò
Daniele, che bussò alla pota con tanto di cellulare ultimo modello all’orecchio.
“… Ecco, mi ha appena aperto, ora te la
passo!” stava dicendo e mi porse l’aggeggio.
Lo guardai interrogativo e lui mi disse di
rispondere rapidamente. Annuii, mentre Daniele entrava e chiudeva la porta
d’ingresso.
“Pronto?” domandai, senza sapere chi c’era
dall’altra parte della cornetta.
“Ciao, Deb!”.
Restai sorpresa nel constatare che quella
era la voce di Massimo, allegra e dolce come sempre.
“Ehi, Max! Da quanto tempo!” risposi
entusiasta di sentirlo, visto che non ci sentivamo da Pasqua. In quegli anni ci
eravamo sentiti regolarmente, ma ci eravamo visti nemmeno una decina di volte
anche se spesso comunicavamo attraverso la webcam.
“Si, scusami ma sono stato impegnato con
la nuova casa discografica” si scusò, cambiando improvvisamente tono.
“Nuova casa discografica?!”.
“Si, con la precedente non mi trovavo più
bene, comunque ora lavoro nella stessa
casa discografica di Andrea e gli altri!” annunciò più entusiasta.
Spalancai gli occhi per la sorpresa. “Non
sapevo che la Sony avesse una sede anche a Firenze” ammisi anche se ero
contenta per lui.
“Infatti non mi sembra di aver detto che
lavorerò a Firenze” rispose con una voce stranamente divertita mentre io, che
stavo attraversando la soglia che portava in cucina, per un pelo non inciampai
per la sorpresa.
“E… E dove lavorerai, scusa?” domandai,
forse già conoscendo la risposta in cuor mio.
Max creò una sorta di suspense, attendendo
qualche secondo prima di dire: “Ma a Roma, no?” e scoppiare a ridere.
Involontariamente cacciai un urlo di
gioia e di sorpresa, mentre di fronte a
me compariva Daniele che faceva un’espressione in stile: “Ecco lo sapevo che
avrebbe reagito così!”.
“Davvero? Davvero? Davvero? Oddio, oddio,
che bello, verrai a vivere a Romaaaa!”
urlai, quasi come se lui non lo sapesse.
“Si, è tutto vero” confermò. “Verrò a
inizio luglio, giusto il tempo di organizzare il trasloco e sarò lì” spiegò
poi, con una voce più seria.
Annuii, facendo un verso vacuo. “E
Beatrice? Cosa ne pensa?” domandai curiosa, per saperne un po’ di più giusto
per confermare il fatto che era la pura la verità e non un bellissimo scherzo.
Avere uno dei miei più cari amici nella mia stessa città era una delle poche
cose e mi mancava per essere davvero
felice.
“Lei è felice, le piace Roma, e poi
originariamente io abitavo ad Arezzo e mi sono trasferito a Firenze perché ci
abitava lei, quindi… Beh, un po’ me lo deve” aggiunse, ironico.
“Magnifico, allora!” esclamai, mentre
Daniele continuava a guardarmi con un’aria disperata, accompagnando il tutto
con gesti poco simpatici.
“Si, così Manuela inizierà le elementari
lì”.
“Giusto! Salutamela e dille che quando
verrete qui la inviterò da me, così giocherà con Stella e vedremo un bel
cartone amato tutte e tre insieme” annunciai ancora più entusiasta.
“Certo! Ora scusami ma devo staccare, ho
un appuntamento con uno dei discografici della Sony, ok?” mi salutò.
“Ok! Ciao, zietto, ti chiamo io al più
presto!” risposi.
Staccai la chiamata e iniziai a ridere per
la gioia in faccia a Daniele che si era aggrappato allo stipite della porta della cucina con
finta aria disperata.
“Ti rendi conto? Max viene qui!” urlai,
agitando le mani.
“Lo so, e devo ammettere che mi sono
preparato alla tua eventuale manifestazione di gioia, ma non immaginavo che
sarebbe stata così lunga” disse sarcastico.
“Sono imprevedibile, lo so” sghignazzai.
“E fatti ‘na risata!” aggiunsi, spingendolo e facendolo ridere.
Per fortuna quella notizia mi restituì il
buon’umore, e subito mi affrettai a dirlo ad Andrea quella sera, mentre
vedevamo un po’ di tv insieme.
“In realtà
e i ragazzi lo sapevamo già, Max ci ha chiamati per chiederci
informazioni, ma abbiamo dovuto mantenere il segreto” si scusò. “Ci ha
obbligati, voleva sentire in prima persona la tua reazione” aggiunse.
“Ah si? Vabbè, dai, lo perdono, ma solo
perché mi ha fatto tornare il buon umore” dichiarai, sbadigliando e
accoccolandomi contro il petto di Andrea.
“Perché?” domandò subito. “Eri triste?”.
Feci un breve cenno. “Si, ho avuto una
discussione con Alberto solo perché non ho nessuna nuova idea per il libro! Mi
ha offesa di brutto, ha detto che non avrò più la mia fama se continuerò così e
che devo smetterla di starti sempre dietro, quasi come se fosse colpa tua!” spiegai, sentendo un groppo pesante quanto un macigno
ricomparire sul fondo del mio stomaco.
Udendo ciò Andrea scattò su, con un’espressione
furiosa dipinta in volto. Quasi quasi lo sentivo ringhiare. “Che cosa ti ha
detto quell’ebete?!” urlò. “Come si permette di offenderti?!
Licenzialo!”esclamò arrabbiatissimo.
Parai una mano davanti per farlo calmare,
ma non servì a nulla.
“Andrea, sai com’è fatto…” iniziai
pacatamente.
“Non m’importa, sai che mi non mi è mai
andato a genio, ti guarda quasi come se volesse mangiarti, ed ora ha anche
cominciato ad accusarti e ad offenderti, ha toccato il fondo!” ribattè
scocciato.
“C’entra anche il fatto che sei geloso…”.
“Si, sono geloso, se ne approfitta troppo,
e so che ha sempre la speranza che ci molliamo…” disse con aria di ovvietà.
Sorrisi, allungando una mano per
accarezzargli i capelli. “Secondo te io mi consolerei con lui nell’impossibile
caso che ciò accadesse?” domandai dolcemente.
Lui, udendo ciò, rispose al mio sorriso e
mi strinse a sé. “No, no, certo che no” sussurrò. “Ma se non ti chiede scusa al
più pesto devi licenziarlo” aggiunse.
“Tranquillo, lo conosco e tra massimo una
settimana si farà vivo” lo rassicurai.
Fu così che troncammo il discorso e
passammo la serata insieme a perdere tempo nel vero senso della parola, dallo
zapping in tv ai video doppiati in napoletano su You Tube.
Verso le nove Andrea andò in cucina per
uno sputino ed io approfittai del momento per controllare la casella e-mail che
non controllavo da diversi giorni.
Vi trovai cinque messaggi nuovi, tre
pubblicità, una di mio fratello che mi chiedeva consiglio riguardo alla sua
nuova ragazza con cui aveva litigato ed uno di un indirizzo che non conoscevo.
Iniziai a leggere, curiosa.
Cara
Debora,
forse
ti sarai chiedendo chi sono… Ti accontento subito: sono la tua cuginetta Eva!
=) Come stai? Ormai non ci vediamo da un anno,
mi dispiace per il fatto che sono quasi dieci anni che il nostro
rapporto non è più stretto come quello di quando avevamo quindici anni. Per
fortuna ci sono i tuoi libri che mi mostrano come sei cambiata (in bene
ovviamente!), e grazie ad essi ho avuto modo di riscoprirti. Cosa mi racconti?
Immagino che ti vada tutto bene con Andrea, che tra parentesi ancora mi hai
fatto conoscere =D. Immagino che tu ti stia chiedendo perché ti ho mandato
questa e-mail… Vedi, a settembre inizierò la specialistica post laurea,
per fortuna il mio sogno di diventare un
medico a tutti gli effetti è sempre più
vicino, ma ho scelto di frequentare i corsi a Roma perché lì si trasferito il
professore che mi ha seguito per la tesi. E così volevo chiederti se potrei
trasferirmi da te durante il corso visto che so che abiti da sola… Non vorrei
sembrarti un’opportunista,lo so che è sbagliato farsi sentire così, mediante
e-mail, per un favore personale, ma in realtà avevo un po’ vergogna di
chiamarti, mi sentivo troppo in imbarazzo a chiamare ad un numero a cui mi
avrebbero potuto rispondere tanti V.I.P. In realtà mi piacerebbe poter venire
già dall’inizio di giugno, proprio per passare un po’ di tempo con te, ma ti
capisco se rifiuti per i tuoi impegni.
Aspetto
una tua risposta, se vuoi il mio numero è 34758963214. Un bacione, cuginetta,
mi machi davvero tanto!
Eva
Terminai di leggere, con il sorriso sulle
labbra che cresceva sempre di più: Eva era sempre stata la cugina con cui avevo
il rapporto più bello, e purtroppo dopo la mia avventura a Music’s Planet
i contatti si erano un po’ raffreddati.
Ricordai tutto quello che avevamo combinato insieme a partire dall’infanzia, e
sapere che voleva riavvicinarsi a me era una cosa bellissima.
Subito presi il cellulare e la chiamai,
mentre Andrea, ritornato con in mano dei sandwich mi guardava interrogativo.
Gli feci cenno di leggere l’e-mail per capire. Dopo tre squilli, Eva mi
rispose.
“Pronto?”.
“Pronto, Eva! Sono Debora!” risposi
allegramente.
Lei trattenne il respiro e disse: “Oh,
Debora! Hai letto l’e-mail! Ciao!”.
“Ciao… Innanzitutto devo farti un bel
rimprovero…” iniziai, facendo una voce falsamente seria.
“Oh, cosa?”.
“Come ti sei permessa di scrivere in modo tale da farmi risultare un mostro che si
è dimenticato chi sei?!” esclamai, facendola ridere per il sollievo.
“Scusami, è che mi sentivo in soggezione…”.
“Ti capisco, tranquilla. E comunque certo
che posso ospitarti!”.
“Davvero?!”.
“Certo, solo che io dopodomani parto per
Parigi, seguir il tour dei ragazzi, quindi…”.
“Quindi?!”.
“Quindi ti aspetto domani e partirai con
noi!”.
Fu così che si decise a venire e a partire
con noi, lasciandomi totalmente felice di aver guadagnato la fortuna di avere
due delle persone a cui tenevo di più al mio fianco per i prossimi mesi in un
solo giorno.
Siamo felici che tu sia
felice, principessa, ma a quanto sembra la tua felicità non giova al tuo
mestiere, o sbaglio? Ricorda che non si può avere sempre tutto! Prima o poi
pagherai questo scotto molto amaramente… Nel frattempo attendiamo il ritorno di
Max e di conoscere la tua dolce cuginetta, che sono sicura alimenterà il gossip
della vostra allegra combriccola…
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Capitolo 5 *** Due Gocce D’Acqua ***
Due Gocce D’Acqua
Hola queridos! Què tal? xD
Sono tornata circa sette ore fa dal
viaggio “di distruzione” come lo chiamo io a Salamanca, e sono stanca morta ma
non potevo non aggiornare, anche perché ho avuto tantissime idee per i prossimi
capitoli durante il viaggio.
Questo capitolo è dedicato alle mie
fantastiche amiche che hanno reso questa gita meravigliosa, a Ana e Yolanda che
sono state delle professoresse bravissime, agli spagnoli che ci hanno fatto
ricevere delle paternali quando sono stati beccati nella nostra stanza, al
guardiano Tomas che non teneva un tubo da fare oltre che spiarci la notte e
dire ai prof che eravamo evase dalla stanza (grrr!), alle patatine fritte che
abbiamo mangiato ogni santo giorno a pranzo e a cena e ai miei prof che sono stati mitici quando
si sono messi a ballare in discoteca!
Scusate se per l’ennesima volta non
rispondo alle vostre recensioni, ma devo ancora disfare le valige e studiare
per domani, uffaaaa! Grazie mille a coloro che seguono la fic, l’hanno messa
tra i preferiti e che mi recensiscono sempre, non smetterò mai di dire che vi
adoro da morire!
A venerdì, la vostra milly92.
Capitolo 5
Due Gocce D’Acqua
Nella
nostra vita ci sono cose fondamentali che non dovrebbero essere trascurate solo
perché si partecipa ad un programma televisivo, ci si fidanza e si scrivono due
libri, e questo Deb la sa bene. E’ una vera fortuna se poi le persone
abbandonate ci ricontattano e decidono di voler instaurare di nuovo un rapporto
appassito con il trascorrere degli anni! Quindi, Deb, fai il possibile per
ripagare la tua dolce cuginetta Eva e cerca di far alimentare i nostri
gossip...
Il giorno dopo mi svegliai verso le sette con
un particolare sorriso sulle labbra. Volevo preparare la stanza ad Eva, anche
se vi avrebbe alloggiato per una sola notte, e poi ero troppo contenta perché
sentivo che il nostro rapporto sarebbe stato recuperato al 100% dopo dieci
anni. Bisognava aggiungere il fatto che negli ultimi anni non avevo dedicato
molto tempo a nuove amicizie, presa com’ero dai miei libri, gli esami e la mia
improvvisa popolarità nel mondo mediatico, quindi le mie uniche vere amiche
erano Rossella ed Eliana che non vedevo spesso
da quando si erano sposate.
Quindi, sapere che d’ora in poi avrei
condiviso la mia vita domestica con qualcun’altro con cui in precedenza avevo
un bellissimo rapporto mi rendeva super entusiasta.
Preparai la sua stanza con cura,
spolverandola al meglio e poi mi vestii.
Stavo per fare colazione quando il mio
cellulare squillò, informandomi che avevo ricevuto un sms da parte di Eva.
Ciao
cuginetta, il pullman è quasi arrivata a Roma! Puoi dirmi l’indirizzo di casa
tua, così prendo un taxi?
Presa da un’improvvisa idea risposi subito
all’sms, decidendo di fare da tassista.
Tranquilla,
ti passo a prendere io! Dove si ferma il pullman?
In questo modo le avrei risparmiato molta
fatica e le avrei dato un benvenuto molto caloroso.
Davvero?
Grazie! Il pullman si ferma all’inizio di piazza Venezia.
Subito mi affrettai ad indossare quasi di
più adatto per uscire aggiustai i capelli, mi truccai lievemente e feci per
uscire quando mi ricordai di dover fare il pieno della benzina alla mia Peugeot
307 azzurra.
“Merda!” dissi fra me e me. “Quando
imparerò a fare il pieno al momento giusto?!” esclamai, senza sapere cosa fare
visto che Andrea era uscito molto presto per sistemare le ultime cose per il
viaggio imminente.
“Giuseppe!” esclamai, facendo due più due e pregando tutti i Santi
di trovarlo in casa.
Insomma, quando non lavorava stava sempre
in un bar o a dormire fino a tardi, quindi mi dissi che se non l‘avessi trovato
sarebbe stata semplicemente colpa della sfortuna.
Subito bussai alla porta di casa sua,
proprio vicino alla mia, e ringraziai il cielo quando mi aprì vestito di tutto
punto.
“Ok, cosa ti serve?” disse sarcasticamente
appena mi vide imitando una faccia annoiata.
Mi finsi offesa e lui subito si difese con
un secco: “Insomma bussi alla mia
porta solo quando Andrea non c’è, negli altri casi entri sempre dalla sua finestra…”.
Abbassai lo guardo, dato che quello che
aveva detto era la pura verità.
“Insomma, comprendimi, non so mai se ci
sei o no in casa, e spesso ho rischiato di farmi vedere in mutande…” si
giustificò, prima di fare un sorriso ironico.
Risi a mia volta. “Ok, prometto che
entrerò sempre da questa porta solo a
patto che anche tu ti degni di girare per casa con qualsiasi straccio addosso
oltre l’intimo e che... Mi fai questo fatidico favore, che è tardi!”.
Giuseppe fece la solita faccia in stile:
“Avevo ragione io”.
“Ai suoi ordini Madame” disse, fingendo un
elegante inchino.
Sorrisi, e lo abbracciai lievemente per
ringraziarlo. “Grazie, sei il migliore amico del mio ragazzo migliore del
mondo!”.
“Capirai…” sghignazzò, ricambiando
l’abbraccio. “Ma ora spara”.
“Vedi, non so se hai saputo di mia cugina
Eva…” iniziai.
“Si, quella che verrà con noi a Parigi,
giusto? Me l’ha detto Andrea poco fa”.
“Si. Sta per arrivare le ho detto che la passavo a prendere io ma
mi sono appena ricordata di avere la macchina…” dissi, ma lui mi interruppe,
facendo segno di aspettare; si allontanò e ritornò tre secondi dopo con in mano
le chiavi della sua auto.
“Dove dobbiamo andare?” domandò con aria
di falsa rassegnazione puramente teatrale chiudendo la porta d’ingresso a
chiave e facendomi segno di seguirlo verso il garage.
“A Piazza Venezia. Ma come mai eri già
pronto?” domandai.
“Volevo andare a comprare una chitarra
nuova ma mi sa che posticiperò grazie alla amabile ragazza del mio migliore
amico” rispose.
“Come sei acido”ribattei. “Potresti anche
darmi semplicemente l’auto”.
“Si, per farmela sfasciare! E poi come
andavo a comprare la chitarra senza auto? Sai che un V.I.P. come moi non può usufruire di un mezzo pubblico!” ribattè,
dandosi delle false arie.
“Oh, sorry!” feci, falsamente preoccupata.
“Ma ti rendi conto che fino ad ora non abbiamo ancora parlato seriamente? Non
facciamo che essere ironici e sarcastici” gli feci notare mentre salivo in auto
e lui metteva in moto.
Annuì, sospirando. “Lo so, è solo che oggi
sono di buon’umore. Tra un po’ inizia il tour così sarò impegnato e non farò
caso a tutti voi accoppiati, consolandomi con qualcuna del posto” spiegò, con
un tono molto pacato.
“Oh”sussurrai, senza sapere cosa dire. “Ti
fa così male essere l’unico single?”.
Lui scosse il capo facendo scuotere alcuni
ricci particolarmente ribelli.
“Non è il fatto di essere l‘unico single.
E’ semplicemente il fatto di essere ancora single a quasi trentadue anni” dichiarò. “Vorrei
innamorarmi per davvero, trovare una ragazza che mi ricambi per quello che
sono,essere felice come lo è Andrea da quando sta con te”.
Sentire quelle parole mi fece intenerire.
Certo che potevo capirlo, spesso mi ero sentita così in passato, alla fine del
liceo, quando ero l’unica tra le mie amiche a non avere un ragazzo e a soffrire
per la mancanza di questo tipo di figura nella mia vita.
“Sono sicura che la tua anima gemella è
più vicina di quanto tu immagini” dissi, dicendomi che avrei dovuto aiutarlo in
qualche modo.
“Se ne sei convinta” disse, con un tono
quasi cinico. “Ma ora non parliamone più per favore” aggiunse deciso. “Siamo
arrivati!”.
Subito mi guardai intorno, dicendomi che
di sicuro Eva era già arrivata.
“Ehi, lì c’è una che sembra la tua
fotocopia” azzardò Giuseppe indicando l’altra parte della strada.
Socchiusi gli occhi per guardare bene, e
vidi una ragazza alta, con indosso dei jeans e una camicia a mezze maniche
elegante banca con i lunghi capelli mossi e scuri che incorniciavano il viso.
“Si, è lei!”esclamai.
“Io resto in macchia, non voglio essere
riconosciuto dal gruppetto lì vicino” si scusò lui, indicando un gruppo di
ragazze sui diciotto anni che stavano di fronte
a noi.
Annuii e attraversai la strada,
raggiungendo Eva che aveva vicino a sè due enormi trolley.
“Ehm,
ehm” feci per attirare la sua attenzione.
Lei si girò prima di guardarmi sorpresa.
“Oh!Debora! Ciao!” esclamò, avvicinandosi
e abbracciandomi.
“Ciao, Eva! Che bello rivederti!”la
salutai, ricambiando l’abbraccio per poi separarmi e osservarla meglio. “Sei
cambiata tantissimo in un anno!” commentai sorridendo.
Lei sorrise di rimando. “Si, ho preferito
lasciare crescere i capelli”.
“Ma non sono solo i capelli, è… tutto!
Giuseppe ha capito subito chi eri perché dice che ci assomigliamo tantissimo!”.
Udendo quel nome e sgranò gli occhi.
“Giuseppe? Vuoi dire Giuseppe Salerni, il… Membro dei Gold Boyz?” domandò
incredula, iniziando a guardarsi intorno.
“Si, proprio lui, sai, la mia macchina era
senza benzina ed era l’unico che potesse darmi un passaggio…” spiegai,
osservando curiosa la sua reazione.
“Cavoli, non credevo che subito avrei
conosciuto uno di loro, sono emozionata, cioè, sono anni che li seguo e
conoscerli mi sembra così… Strano…” spiegò, lievemente rossa in viso.
“Uno di loro? Guarda che dopo conoscerai
Andrea e al massimo domani anche Dante e Francesco! E ovviamente stasera ti
presenterò Niko, Eliana, Rossella...” la informai. Inutile dire che lei fece
una risata nervosa alla sola idea.
“Dovevo aspettarmelo!” commentò.
“Eh si, dopotutto sono sempre stata una
tipa dalle mille sorprese!” ironizzai, riabbracciandola.
“Eh si! E poi ti ringrazio, sono dieci anni
che non vado a Parigi… Sai che è la mia città preferita”.
“Figurati! Ma ora adiamo, Giuseppe ci
aspetta” risposi, prendendo uno dei trolley ed invitandola ad attraversare la
strada.
“Certo” asserì, e non aggiunse nulla
mentre raggiungevamo l’auto di Giuseppe, che uscì prontamente mentre ci stavamo
avvicinando per darci una mano con i bagagli.
Vedendolo, Eva trattenne il respiro. Risi
silenziosamente, dicendomi che io avrei fatto la stessa cosa se fossi stata al
suo posto.
“Ciao, Eva! Piacere di conoscerti, io sono
Giuseppe” disse subito il ragazzo, porgendole la mano e sorridendo in un modo
molto incoraggiante.
“Lo s… Cioè, il piacere è mio” farfugliò
Eva, arrossendo come una matta.
Giuseppe continuava a sorridere, prima di
prendere con delicatezza il trolley che lei aveva lasciato per stringergli la
mano.
Caricammo i bagagli, poi salimmo in macchina, avviandoci di nuovo verso
casa.
Eva se ne stava zitta zitta nel sedile
posteriore, guardando intensamente il paesaggio fuori al finestrino.
“Ehi, Eva!” la chiamai dopo i primi tre
minuti di silenzio.
“Si?”domandò, scattando su come una molla.
“No, niente… Dai, raccontaci un po’ del
viaggio” la incoraggiai, cercando di non essere troppo palese nel farle capre
che stavo tentando di spronarla un po’.
“Oh, niente di che, in realtà mi sono
addormentata per parte del viaggio, ieri ho fatto tardi per preparare le
valigie….” spiegò lentamente.
“Mi dispiace averti messo fretta, ma sai,
la partenza è domani…” iniziai, decisa a scusarmi per la fretta che le avevo
messo. Di certo organizzare un viaggio in nemmeno dodici ore non era stato di
certo una passeggiata per lei.
Eva subito scosse il capo. “Ma che dici!
E’ stato un piacere, e poi la mia vita era sempre così prevedibile, è stato
bello smuoverla un po’ grazie alla tua telefonata! E tra parentesi ti ringrazio
ancora per aver accettato di ospitarmi…”.
Mi girai e le sorrisi.
“Da quel che ho capito la tua cuginetta è
davvero felice di averti qui, Eva, quindi stai tranquilla e non pensare
assolutamente di essere di troppo” la ammonì subito Giuseppe cordiale. “E non
offenderti se ti troverai Andrea appiccato alcune volte, tu e Deb siete due
gocce d’acqua!” ironizzò.
“Quella che dovrebbe offendesi a questo
punto è Deb…” osservò ridendo Eva.
“Ah-ah. Comunque ce l’hanno sempre detto
che ci assomigliamo, non hai scoperto nulla di nuovo” lo rimbeccai, fingendomi
offesa.
“Ma non è che siete uguali, eh, Eva ha il
naso più grazioso, alla francese, e ha gli occhi più in stile orientale” mi
fece notare lui, voltandosi per fare un sorriso a trentadue denti ad Eva, che
arrossì immediatamente.
“Te la sei squadrata bene, eh” sghignazzai
ridendo, mentre Eva diventava un vero e proprio peperone.
Continuammo a parlare del più e del meno
finchè non arrivammo a casa; lasciammo i trolley a Giuseppe e subito la
condussi nell’appartamento.
“Devo ammettere che già mi sento più a mio
agio” mormorò mentre aprivo la porta di casa.
“Devi
sentirti a tuo agio, sono tutte persone fantastiche che subito si affezioneranno
a te, ne sono sicura” la rassicurai.
“Lo prometto. Wow, che bell’ingresso”
esclamò, varcando la soglia di casa.
“Vieni, ti faccio fare un breve tour” le
dissi, facendole segno di seguirmi.
Le mostrai tutta la casa, che le piacque
molto, e quasi ci dimenticammo di Giuseppe e delle valigie. Infatti il poverino
iniziò a suonare insistentemente alla porta e lo aprii dopo vari minuti, dopo
aver terminato quella sorta di giro turistico.
“Spero per te che non tu non sia cattiva
come Debora” disse Giuseppe ad Eva mentre eravamo a cucina a bere qualcosa.
“Infatti, non sono cattiva come lei… Sono
peggio” enfatizzò mia cugina con un falso sorriso malefico dipinto in faccia.
Giuseppe fece finta di tremare e
scoppiammo a ridere; per un pelo non mi versai il bicchiere di coca cola
addosso.
“In questo non sei cambiata, eh” notò Eva
con un sorriso nostalgico.
“Si, dopotutto io sono quella che si versò
addosso tutta la brocca di acqua addosso in seconda media” le ricordai.
“Davvero? Lo devo assolutamente raccontare
ad Andrea!” ghignò risoluto Giuseppe.
Come se se lo avesse chiamato, Andrea
bussò al citofono. Lo riconobbi perché bussò tre volte di seguito, e quello era
il nostro “segnale”.
“E’ lui!” esclamai. Mi sentivo quasi
emozionata, per tanti anni io ed Eva avevamo parlato dei nostri eventuali principi
azzurri, e presentarglielo per me era molto importante. “Vieni” le dissi,
facendole segno di seguirmi fino al balcone che dava sul cortile del portone,
dove c’erano proprio i citofoni.
Eva mi seguì, e trattenne nuovamente il
respiro quando vide Andrea appoggiato al muro con i suoi consueti occhiali da
sole, dei jeans e una camicia azzurra.
“Andrea! Indovina chi delle due è Debora?”
urlò Giuseppe, affacciato al nostro fianco e agitando le mani.
Andrea, che stava ancora aspettando che lo
aprissi, forse perché probabilmente aveva lasciato le chiavi del portone in
casa, alzò lo sguardo sorpreso, togliendosi gli occhiali da sole, e per un
istante fece una faccia confusa.
“Quella con la camicia bianca, ovvio”
rispose ridendo.
Eva si irrigidì, ed io le diedi una pacca
sulla spalla. “Infatti! Ciao, Andrea! Io sono Eva, piacere di conoscerti!” la
imitai, con una vocina lievemente acuta.
“Io non parlo così” protestò lei, prima di
scoppiare a ridere.
“Vabbè, dai, finiamola! Comunque, piacere
di conoscerti Eva!” rispose Andrea, “E se qualcuno di voi mi apre forse
potremmo conoscerci a qualche metro in meno di distanza” aggiunse.
“Te l’ho detto io che devi preoccuparti”
borbottò Giuseppe, sempre più ironico, prima di andare ad aprire.
“Non lo pensare” dissi subito. “Allora?
Che te ne sembra di Andrea?”.
Eva fece una faccia strana. “Spero non mi
picchierai, ma sembra ancora più bello dal vivo” ammise.
“No, non ti picchio, ma solo per questa
volta” concessi ironicamente, mentre entravo in cucina.
Eva mi seguì e tre secondi dopo Andrea
fece il suo ingresso insieme a Giuseppe.
“Ciao, Andrea, piacere di conoscerti”
disse Eva cordiale, porgendogli la mano.
Andrea la strinse cordialmente, prima di
salutarmi con un bacio e fermarsi a parlare con noi.
Pranzarono entrambi da me, poi se ne
andarono, e noi ne approfittammo per fare due chiacchiere in santa pace.
“Sai, pensavo di trovarti diversa, invece
non sei cambiata di una virgola” ammise Eva lentamente, mentre ce ne stavamo
sedute sul divano del soggiorno.
“Diversa in che senso?” domandai.
“Un po’… Un po’ più montata o snob”
dichiarò, a voce bassissima.
Alzai lo sguardo, forse un po’ troppo
bruscamente, perché subito aggiunse: “Ma per il semplice fatto che l’ultima
volta che ci siamo viste sei stata tutto il tempo a telefono con il tuo
agente…”.
“So cosa intendi, non ti preoccupare.
Purtroppo la fama e la popolarità sono difficili da gestire, come gli impegni
che comportano, e mi dispiace averti dato questa impressione” risposi.
Eva parve sollevata. “Capisco. Eppure, chi
l’avrebbe mai detto! Io e te qui, a Roma, in procinto di partire per Parigi per
seguire una band in giro per il loro tour…” esclamò.
“So che ci divertiremo tantissimo”
annunciai. “Andremo a fare shopping durante le prove e recupereremo tutto il
tempo perso, promesso”.
“Ne sono sicurissima!” fece, e ci
stringemmo le mani come segno indelebile di quella promessa.“E domani è anche
il tuo compleanno!” aggiunse.
“Si, infatti il tour doveva iniziare tra
dieci giorni solo che Andrea voleva che fossimo lì per festeggiare il mio primo
quarto di secolo” spiegai.
“Oh, che dolce! Non sai quanto t’invidio…
Hai quasi venticinque anni, hai pubblicato due libri, stai con un bel ragazzo
da cinque anni… Ed io invece ne ho ventisei e l’unica cosa che ho è una laurea
in medicina!” mormorò.
“Ma piantala! Sono io quella che ti deve
invidiare, non sarei riuscita a laurearmi in medicina nemmeno con la
raccomandazione più grande di tutta Italia” la incoraggiai. “E sai quanti
ragazzi incontrerai ora!” aggiunsi, facendole l’occhiolino.
Si lasciò scappare un sorriso e
continuammo a parlare fino a quando non arrivarono Niko, Eliana, Stella,
Rossella e Pierre alle sei e mezzo.
“Wow, Giuseppe mi aveva detto del fatto
che sembravate due gemelle, ma non credevo così tanto” disse Rossella dopo le
presentazioni.
“Si, lei è la mia controfigura” ironizzai.
Eva alzò i pollici con aria giocosa, e
subito fece amicizia con Stella che iniziò a descriverle vita, morte e miracoli
di tutte le Winx in ordine di preferenza.
“Allora ci vediamo a fine agosto, buon
divertimento!” ci salutò quella sera Niko.
“Si, fatevi sentire ogni tanto” ci ricordò
Pierre.
“Certo, e poi tu sarai quello che
chiameremo più spesso, ci darai lezioni di francese on-line” risposi.
Li salutammo e improvvisamente la casa sembrava
fin troppo silenziosa senza Stella che urlava, chiamando a squarcia gola
qualcuno di noi.
“Dai, andiamo a dormire, Parigi ci
aspetta!” dissi, nonostante non fossero nemmeno le undici.
“Si, Parigi, stiamo arrivando!” rispose
entusiasta Eva.
Così andai a dormire con un’aria
particolarmente felice, senza sapere che l’indomani sarebbe stato uno dei
giorni più belli della mia vita per me e uno dei più stressanti e sfortunati
per lei.
Sarà
meraviglioso per te e sfortunato per lei, dici? Io credo che sarà il contrario
e che è solo una tua cosa soggettiva, perché dalla sua sfortuna nascerà una
grande fortuna, e dal tuo magnifico compleanno si otterrà qualche bella sfiga
in futuro… Scommettiamo?
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Capitolo 6 *** Convivenza Forzata ***
Convivenza Forzata
Ciao
e buon 1° Maggio a tutti!
Manca
solo un cap e poi scopriremo cosa nasconde Andrea… Nel frattempo, spero che
questo cap vi faccia divertire un po’!
Grazie
mille a coloro che hanno messo la fic tra i preferiti, la seguono e hanno
recensito:
95_angy_95:
Grazie mille per il bentornata! ^^ Eva/Giuseppe, dici? E chi lo sa, ma resta il
fatto che in questo cap saranno i protagonisti di momenti… ehm… Tragicomici! xD
giunigiu95:
Eh si, è arrivata Eva! Che te ne sembra di lei? Comunque, riguardo l’ultima
frase, scoprirai solo il motivo per cui Deb dice che sarà una giornata
sfortunata per Eva e nel prossimo capirai perché dice che per lei invece sarà
magnifica! Grazie mille per la recensione! ^^
A
martedì per il capitolo sette,
la
vostra milly92.
Capitolo 6
Convivenza Forzata
Ogni anno ognuno di noi
vive quel giorno particolare in cui si invecchia di dodici mesi e tutti,
almeno per un giorno, sembrano tenerti più in considerazione. Aggiungi il fatto
che quel giorno partirai per Parigi e alloggerai in un hotel di lusso con il
tuo ragazzo, i tuoi amici e tua cugina appena arrivata e la frittata è fatta!
Come perché? Leggete e lo scoprirete…
Erano
le sette e trentacinque quando mettemmo piede sull’aereo, dopo un noioso
check-in e controllo di documenti e biglietti.
Ero
stata accolta dalla comitiva con un coro di “Tanti auguri a te!”, e quel
ricordo mi fece sorridere mentre l’aereo decollava e Andrea mi stringeva la
mano.
Al
nostro lato, Francesco parlottava con Ada; dietro di loro Dante e Natascia
sfogliavano una rivista e davanti a noi Eva e Giuseppe stavano avendo
un’animata discussione circa i loro scrittori preferiti, a quel che sembrava.
“Cosa?!
Cioè, vuoi dirmi che secondo te Jane Austen era un’idiota?”sbottò Eva
scandalizzata, alzando la voce.
“Ho
detto semplicemente che secondo me non ci stava molto con la testa, Eva…”ribattè
Giuseppe con un falso tono di precisione molto irritato.
“Immagino
che tu sia uno di quelli che adora leggere quelle schifezze di Federico Moccia
e che va anche al cinema a vedersi i film!”.
“Dai,
perché, non dirmi che “Ho voglia di te” non è un bel libro…”.
“Cosa?!
Ma sei impazzito? Cioè, Archiloco ne “L’Epodo di Colonia”* è un santo in
confronto a Moccia in quel libro…”fece Eva disgustata.
“Intanto
lo conosci!”rispose Giuseppe con la voce di chi ha vinto una partita difficile.
“Ma
che c’entra, conoscere è una cosa, venerarlo ne è un’altra…”precisò lei,
alterata.
“Seeeee…!
Dicono tutti così!”.
Io
ed Andrea ci guardammo, trattenendo a
stento le risate. Lui, in particolare, non la smetteva più e arrivò e
trattenersi le costole.
“Ehi,
calmati! Perché ridi così tanto?” gli domandai a bassa voce e facendo segno di
smetterla.
Lui
continuò a ridere, con le lacrime agli occhi, e si calmò solo qualche minuto
dopo, quando si decise a dire: “Vedi, ho già sistemato le stanze in hotel e…”.
“E…?”
chiesi senza capire.
“Beh,
almeno a Parigi volevo dormire con te, così….” iniziò lui, misurando le parole.
“Così?”
domandai, incitandolo.
“Così,
visto che gli altri due dormiranno con le loro mogli…” continuò, mentre io
spalancavo gli occhi per sorpresa.
“No”
dissi subito, con un tono che non ammetteva repliche dato che speravo di aver
sbagliato a capire.
“…
Loro due erano gli unici a cui occorrevano le stanze singole….” incalzò,
godendosi la mia espressione.
“No”
ripetei incredula.
“Ma
le stanze singole erano tutte esaurite…” continuò, godendosela un mondo per la
mia espressione.
“Andrea…
Non dirmi che…” lo supplicai.
“E
così saranno costretti a dividersi la
stanza per almeno quindici giorni” terminò, tutto in una volta.
Restai
basita, immobile, prima di mettermi il capo tra le mani mentre Eva esclamava:
“Eh? Non conosci Plauto*? E’ grazie a lui se oggi esistono tutte queste
commedie!” con una voce particolarmente indignata.
“Questi
si scannano” conclusi rassegnata. “Mi sa
che dormirò io con lei, amore, non poss…” iniziai sconsolata, ma lui mi zittì
stringendomi a sé.
“Sei
pazza? Insomma, ho preparato tutta una serata romantica per il tuo compleanno
e tu così mi ringrazi?!” mormorò con
tono melodrammatico.
“Ma
non posso rovinarle la vacanza obbligandola a dormire con uno che conosce da un
solo giorno e con cui per un pelo non si azzuffa!” spiegai.
Andrea
continuò a stringermi. “Dai, e poi cosa sarà mai, non sono d’accordo solo in
letteratura, ci sono un milione di altri argomenti…” mi fece ragionare.
Inutile
dire che lo guardai con aria sarcastica mentre Giuseppe diceva: “Che schifo,
come fa a piacerti “Colazione da Tiffany”?! E’ odioso!”.
“Forse
un po’ hai ragione” ammise sconsolato Andrea.
I
due continuarono a litigare anche quando l’hostess arrivò con il carrello della
colazione. Giuseppe scelse una specie di confezione di salatini e iniziò a
criticare Eva perché si era presa una fetta di torta al cioccolato.
Quindi
fu con particolare gioia che scesi dall’aereo due ore e mezzo dopo, allontanandomi il più possibile
da quei due.
L’aeroporto
di Parigi si ergeva maestoso intorno a me, pieno di cartelli e scritte in
francese che non comprendevo. Tante persone si affrettavano per il proprio volo
con enormi valigie in mano e l’atmosfera a mio avviso era delle migliori.
Adoravo viaggiare ed adoravo la particolare l’aria che tirava negli aeroporti.
“Ammetto
che credevo che Giuseppe fosse più simpatico” iniziò subito Eva avvicinandosi,
dopo che recuperammo i bagagli.
“Ehm,
vi ho sentiti” ammisi.
“Ecco.
Ma ti rendi conto…?” e iniziò a dire varie considerazioni degne di bambini del
primo anno di elementari che litigano per una caramella rubata.
Non
osai immaginare che faccia avrebbe fatto sapendo che avrebbe condiviso la stanza con lui. Mi immaginai lei che
dormiva nel corridoio piuttosto che condividere la camera e subito scacciai
quell’immagine dalla mia mente, rabbrividendo.
Notai
che anche Giuseppe si era avvicinato ad Andrea e parlottava in modo concitato,
così mi rassegnai a dover passare un brutto quarto d’ora alias almeno quindici
giorni quando lo sentii dire:“Ieri mi ha detto che è più cattiva di Debora,
credevo scherzasse, invece era fin troppo sincera…”.
Prendemmo
un taxi e arrivammo all’hotel che Andrea aveva prenotato.
Guardandolo,
restai sbigottita: era un hotel a cinque stelle, che trasbordava lusso da ogni
poro.
La
hall era elegantissima, con decorazioni bordeaux, e vi circolavano solo persone
vestite con abiti di sicuro griffati, tacchi vertiginosi e cinture da almeno
quattrocento euro.
“E’
un piccolo regalo della casa discografica dato che l’ultimo cd dopo il tour ha
avuto successo” spiegò Andrea, mettendomi una mano sulla spalla come per
risvegliarmi dal mio momento di trance.
“Wow”
commentai.
“No,
“wow” devi dirlo stasera, quando vedrai dove alloggeremo…” mi sussurrò lui
all’orecchio, facendomi l’occhiolino.
Mi
sarei persa in varie meditazioni per scoprire dove avremmo alloggiato se non fossi stata bruscamente riportata alla
realtà dalla visione di Eva e Giuseppe che si avvicinavano alla reception.
“Oh-oh”
mormorai, mentre il panico si impadroniva di me.
“Proverò
a dirglielo io” mi rassicurò Andrea.
“Proverai?!
DEVI” gli imposi, perché notai che i due fecero una faccia confusa quando
videro che condividevano la stessa chiave.
“Ok,
ok” rispose subito.
E
lì successe tutto in meno di un secondo: Andrea fece mezzo passo avanti, Eva e
Giuseppe si guardarono stralunati, Giuseppe fece per chiedere spiegazioni e Eva
sbatté la chiave per terra, dirigendosi furiosa verso di noi.
“Che
cosa diavolo avete in mente? Convivenza forzata?” urlò.
“Zitta,
Eva, abbassa la voce, ci guardano tutti…” la supplicai.
“Io
non abbasso la voce, intesi? Come vi siete permessi di mettermi in stanza con
quello?!” continuò ad urlare.
“Questo
glielo spieghi tu, eh” sbottai, voltandomi verso Andrea che si era tappato le
orecchie.
“Si,
spiegami!” lo esortò lei, sarcasticamente.
“Vedi,
le stanze singole sono finite e …”.
“E
ci dormirai tu con quello! Io dormo
con Deb” concluse semplicemente Eva.
“Ma…”.
“Niente
ma, hai avuto cinque anni per stare con lei, non succede nulla se per quindici
giorni…”.
“Cosa..?”.
“Zitti
tutti!” sbottai, parando le mani davanti. Si immobilizzarono, e sospirai,
credendo che avrei dovuto sforzarmi di più. “Allora, Andrea, tu hai detto che
stasera hai prenotato un altro posto, giusto?” iniziai, colta da un’idea
improvvisa.
“Si…”.
Eva
subito scattò verso di me, ascoltando più intensamente.
“Quindi
per stasera Eva dorme nella nostra stanza e domani troviamo un’altra soluzione”
spiegai con aria di ovvietà.
“Ok,
perfetto” disse Giuseppe alle mie spalle. “Ma per tua informazione io non ho né
le pulci né la lebbra, Eva”.
Sembrava
serio,e quasi offeso.
“Ha
ragione, e poi lui di sicuro tornerà in stanza verso le tre di notte, non ti
darà mai fastidio” lo appoggiò serio
Andrea.
Eva
arrossì, abbassando lo sguardo. Dopo un’apparente lotta contro sé stessa si
decise a parlare.
“Uff,
ok, ok, non farò obiezioni, va bene? Condividerò la stanza con te, ma almeno
promettimi che sarai più civile nei miei confronti, Giuseppe…” rispose, prima
sussurrando, poi iniziando a scaldarsi di nuovo.
“Ma
non è colpa mia se critichi tutto quello che mi piace!” si difese lui.
“Basta!
E che diamine! Smettetela di battibeccare come due bambini delle elementari!”
sbuffò Andrea scocciato.
“Infatti,
non potete iniziare da capo, ritornare indietro di un giorno e ripartire da
zero?!” lo appoggiai decisa a far si che quei giorni e tutti quelli a seguire
non sarebbero stati ricordati solo per i loro litigi insistenti.
I
due si guardarono, scrutandosi a lungo con la stessa espressione, quasi come se
potessero leggere nella mente dell’altro.
Poi,
lentamente, quasi come se ci fosse il rallentatore, continuando a tenere lo
sguardo basso, tesero la mano e se la strinsero, per poi ritirarla subito come
se si fossero scottati.
“Ha
fatto la scossa!” si lamentò Giuseppe, voltandosi verso me e Andrea e
guardandoci, come se fosse colpa nostra.
Sorrisi
ingenuamente, dicendo: “E’ un buon segno, allora!”.
“Si,
non so chi diceva che quando si ha la scossa c’è feeling o qualcosa del
genere…” aggiunse Andrea, quasi sollevato.
Eva
e Giuseppe lo guardarono scettici, prima di scuotere il capo rassegnati e
riavvicinarsi alle loro valigie.
Così
anche noi, un po’ più soddisfatti, ci avvicinammo al receptionist, mostrammo i
nostri documenti e salimmo nelle nostre camere.
Quando
giunsi nella nostra restai sbalordita: era enorme, con un gigantesco letto
matrimoniale da un lato e un separé dall’altro, che portava ad una stanza con
tanto di scrivania, tv, lettore dvd e sofà.
In
entrambe le zone, decorate con tende lavorate e drappeggi ovunque, vi era una
luminosa finestra che dava sulla magnifica Tour Eiffel.
Restai
immobile, e per un pelo il mio bagaglio a mano non mi cadde per terra.
Non
l’avevo mai vista dal vivo, in realtà non ero nemmeno mai andata in Francia in
tutta la mia vita, ma non immaginavo che la sorpresa sarebbe stata tale la
lasciarmi senza parole.
“Andrea,
non ho parole” dissi semplicemente, lasciando i miei bagagli per terra e
avvicinandomi alla finestra, illuminata dal sole di prima mattina visto che non
erano nemmeno le undici.
Lui
si avvicinò, imitandomi, e mi abbracciò da dietro.
“Non
devi dire nulla, pensa solo a rilassarti e a divertirti” sussurrò, aumentando
le presa e baciandomi dal collo fino alle labbra.
“Questo
sarà semplice” sghignazzai, stringendolo di più a mia volta. “Quali sono i
programmi di oggi?”.
“Io
e i ragazzi abbiamo una conferenza con il sindaco dopo pranzo, quindi direi che
sei libera di girovagare con le ragazze fino alle sette, donna” disse con finto
tono duro e maschilista, provocandomi una risata genuina. “Ma alle sette devi
tornare perché alle otto festeggeremo per
bene il tuo compleanno” mi ammonì, continuando con il finto tono
dittatoriale.
Così
trascorremmo il resto della mattinata a sistemare i bagagli,pranzammo e alle
due e mezzo io, Eva, Ada e Natascia eravamo nella hall, pronte per uscire.
“Andiamo
a fare shopping, girls!” annunciò Natascia spensieratamente, inforcando gli
occhiali da sole.
“Giusto,
come on!” aggiunse Ada, prendendomi per un braccio e conducendomi fuori
all’hotel, dove Parigi conduceva libera, spensierata e raffinata la sua vita di
grande città.
Eva
se ne stava zitta zitta al mio fianco, senza dire una parola.
“Allora,
tu ci sei venuta già una volta! Dove ci consigli di andare?” le domandai
cordiale per cercare di spronarla.
Lei
scrollò le spalle.
“Tesoro,
ricordi come si parla?” le feci notare con una vena di sarcasmo. Sapevo che il
suo essere immusonita era dovuto al fatto della “convivenza forzata” con
Giuseppe, ma volevo che fosse lei a farsi avanti e a parlarmene.
“No,
dal momento che le mie ultime parole oltre queste sono state: “Condividerò la
stanza con te, Giuseppe”!” sbottò, imitando la sua stessa voce. “E me ne sono pentita tre secondi dopo,
quando siamo arrivati nella stanza e ha detto che preferisce dormire dal lato
della finestra, che è il lato che preferisco io”.
Ada
e Natascia si fermarono,ed io le imitai.
“Non
devi fare così, se non fosse successo quel casino in aereo ora vedresti le cose
sotto un’ottica diversa” ragionò Ada, mettendole una mano sulla spalla.
“Si,
cerca di essere paziente e vedrai che diventerete ottimi amici” la spronò
Natascia.
Eva
fece una faccia smorta prima di guardare in mia direzione. “E tu?Non dici
nulla?”.
Sospirai,
sentendomi un po’ in colpa vedendola quello stato. “Dico che parlerò con Andrea
e lo convincerò a dormire con Giuseppe”
dissi.
Udendo
quelle parole Eva spalancò gli occhi, poi però ritornò subito normale. Mi
abbracciò, dicendo: “No, dai, non ti rovinerò la vacanza a Parigi, e poi oggi è
il tuo compleanno”.
“Sei
sicura?”.
“Sicurissima.
Tanto ha detto che stasera farà tardi, quindi dovrò solo vederlo domattina al
risveglio” aggiunse, quasi come se quelle parole le costassero un’enorme
fatica.
Feci
un sorriso a trentadue denti, e subito ci avviammo verso una serie di negozi
dove facemmo shopping a più non posso.
Stare
con le ragazze mi fece bene, ci divertimmo tantissimo e comprarono dei
pasticcini per festeggiare i miei venticinque anni; addirittura mettemmo un
fiammifero sul mio che fungeva da candelina, e lo spensi sotto i loro occhi
divertiti.
“Ma
ora il bello verrà con Andrea, mia cara” annunciò divertita Ada mentre eravamo
in un taxi e ritornavamo all’hotel, poco prima delle sette.
“Perché?”
domandai,decisa a saperne di più. Ricordai la famosa sorpresa di cui parlava
sempre Andrea e che mi aveva perseguitata fino a pochi giorni prima.
“Lo
scoprirai” disse semplicemente, con aria
furba.
Natascia
annuì, ed io non potetti far altro che desiderare di incontrare Andrea al più
presto per scoprire di cosa si trattasse.
Una
volta arrivata in hotel subito salii in camera, e trovai un biglietto sulla
scrivania.
Io sono già pronto,
amore, preparati che alle otto un dei camerieri ti condurrà nella suite dove
festeggeremo il tuo compleanno. Io sono lì, fai presto, ti aspetto.
Je t’aime, mademoiselle.
Andrea
Restai
inebetita a leggere quel biglietto con un sorriso dolce dipinto sul volto,
prima di ricordarmi che dovevo muovermi.
Mi
feci una doccia lampo, mi truccai per bene ed indossai un abito turchese. Legai
i capelli con cura, e ce la feci a stento per le otto, ora in cui un cameriere
bussò e mi disse di seguirlo.
Ubbidii,
e mano a mano che percorrevamo i vari piani con l’ascensore la mia emozione
cresceva sempre di più, culminando nel momento in cui, arrivata a destinazione,
mi persi nella visione del mio ragazzo
che mi sorrideva e si avvicinava con una rosa rossa in mano.
Quello
era solo l’inizio di una magnifica serata, mi dissi.
E
così fu.
Che romantico è il
nostro Andrea, a volte mi domando se non ti vizia troppo, principessa! Intanto,
se fossi in te, mi sentirei in colpa per aver lasciato Eva in compagnia di una
persona che ha scoperto di detestare… Ma, come si dice, speriamo solo che non tutti
i mali vengono per nuocere!
(*)
Note per chi non fa il classico o semplicemente non conosce le opere e gli
autori prima accennati:
*L’Epodo di Colonia è un’opera dello scrittore
greco Archiloco in cui egli narra una vicenda amorosa molto cruenta e spinta
avuta con la sorella della donna che non gli era stata concessa in sposa in un
tempio proprio per fare un torto al padre, e questa vicenda si era svolta
contro la volontà della fanciulla e pare che Archiloco l’abbia scritta solo per
un atto vendicativo nei confronti dell’intera famiglia (dato che tutto ciò si era
svolto fuori dal matrimonio) e che dopo
la pubblicazione i suoi componenti si siano suicidati per la vergogna.
*Plauto è un commediografo
latino che scriveva commedie costituite da grandi intrecci, con uno schema
sempre fisso, da cui tutt’ora i registi ingenuamente copiano le vicende come ad
esempio padre e figlio innamorati della stessa donna.
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Capitolo 7 *** Ti Sposerò Perché…. ***
Ti Sposerò Perché….
Ciao a tutti!
Eccovi qui il fatidico capitolo in cui
verremo a scoprire la fatidica cosa che Andrea nascondeva a Deb… Il titolo,
preso dalla canzone di Eros Ramazzotti, vi dice già tutto, ma credo che ne
varrà al pena leggere e sognare un po’… ^_- Vi consiglio di ascoltarla, magari su You Tube, mentre leggete la parte in cui Andrea la canta ^^
Grazie mille a coloro che hanno inserito
la fic tra i preferiti, la seguono e hanno recensito:
_New_Moon_: Perdonata, tranquilla! Anzi,
non mi sono mai arrabbiata, può sempre capitare di non poter recensire ^^ Ti
piace la voce narrante? Mi fa molto piacere, è una della cose nuove che ho
voluto inserire per cambiare un po’ lo schema della fic e per intrigare un po’…
Riguardo Eva, al momento può sembrare un po’… “strana” o “ambigua” per il
semplice fatto che è comparsa solo in due capitoli e da timida e impacciata
l’abbiamo vista diventare una furia immusonita, ma credo che con l’andare
avanti nei capitoli ti starà simpatica… Poi i gusti sono gusti! =) Grazie
mille, sei sempre un tesoro!
vero15star: Tesoro mio! Che bello, sei
ritornata! Anche tu mi sei mancata tantissimo, non sai quanto! Eva e Giuseppe
insieme, dici? Vedremo, anche se per ora le cose non vanno tutte rose e fiori… E riguardo il mistero di Andrea… Il
titolo dice già tutto, no? Complimenti per l’intuito ^^ Ti voglio benissimo!
A venerdì!
La vostra milly92.
Capitolo 7
Ti Sposerò Perché….
Secondo
voi, la sera che Cenerentola si avviò furtivamente al ballo sapeva che di lì a
poco avrebbe conosciuto chi le avrebbe cambiato la vita e l’avrebbe trasformata
da serva a principessa? Io credo di si, altrimenti non si sarebbe data la pena
di far scomodare la povera fata turchina e i suoi amati topolini… E chissà se
Deb sa che da questa fatidica cena di compleanno in poi la sua vita verrà
cambiata e sconvolta da qualcosa…
Il cameriere subito ci lasciò soli,
dicendo ad Andrea di chiamarlo per qualsiasi cosa, ed io restai impalata sulla
soglia della maestosa suite in cui ero stata accolta. Era enorme, sembrava un
vero e proprio appartamento; decorata di bordeaux come tutte le altre stanze,
presentava un tavolino al centro con sopra dei fiori e un candelabro con delle
candele accese, il resto della stanza era sommerso di rose e fiori di vario
tipo e infine, circondato da varie poltroncine e sofà, vi era un gigantesco
letto matrimoniale.
“Ancora tanti auguri, amore mio” disse
Andrea, elegantissimo in un completo blu che non gli avevo mai visto indosso,
porgendomi la rosa e baciandomi con delicatezza.
“Grazie… Io… Continuo a dire che sono
senza parole” risposi, sentendomi decisamente stupida.
In sottofondo, alcune canzoni facevano da
colonna sonora a quei momenti, tanto che lui mi fece segno di zittirmi e mi
prese per mano, trascinandomi in un dolcissimo lento.
“Sai qual è la cosa più bella?” domandò
mentre eravamo impegnati in quel ballo senza fine, che continuava canzone dopo
canzone.
“Quale?”.
“Che in un certo senso ti ho vista
crescere” rispose. “Stiamo insieme da quasi sei anni ed io avevo la tua età
quando ci siamo messi insieme… E ti vedo molto cresciuta e soprattutto
realizzata” spiegò, quasi come se si fosse emozionato.
Feci un sorriso imbarazzato,
annuendo,senza sapere cosa dire.”E’ merito tuo” sintetizzai, e lui sorrise.
Essere lì, nella città degli innamorati per
antonomasia, il giorno del mio compleanno con il mio ragazzo era la cosa più
bella che mi potesse accadere.
Così mi invitò a sedermi ed iniziammo a
cenare dopo quasi mezz’ora.
“Non oso pensare come se la stanno
passando Eva e Giuseppe” disse Andrea mentre mangiavamo il secondo.
“Oh, non me lo dire! Oggi pomeriggio si è
finalmente convinta al 100% a condividere la stanza con lui, spero solo che
vada tutto bene” dichiarai, cercando di scacciare il pensiero dei due che si
scannavano in nostra assenza.
Andrea annuì, mangiò un boccone e disse:
“Invece Giuseppe non è così infastidito come sembra” con un po’ di
disinvoltura.
Udendo ciò, cacciai gli occhi fuori dalle
orbite. “Cosa?” domandai perplessa, dimenticandomi della porzione di insalata
di mare che stavo per mangiare.
Lui fece un cenno affermativo, prima di
spiegare: “Si, dai, lo conosci Giuseppe! Non è il tipo musone, diciamo che oggi
pomeriggio aveva già dimenticato tutto, e a mio avviso ha fatto bene,
onestamente Eva è quella un po’ più pesante”.
Feci una faccia scettica, decidendo di
spezzare una lancia a favore di mia cugina. “Dai, non dire così, mettiti nei
panni di una ragazza che si ritrova catapultata su un aereo con tante persone
sconosciute fino a ventiquattr’ore prima e che si trova in disaccordo con uno
di loro con cui ha condiviso il posto in aereo. Aggiungici lo shock che si
prova scoprendo che condividerai la stanza con lo stesso ragazzo che al momento
non ti sta molto simpatico…” iniziai. “Nemmeno io farei i salti di gioia
sapendo che dovrò dormire in un letto matrimoniale con uno così. Anzi, io non ci
dormirei affatto, tu sei l’unico con cui abbia mai dormito. Non voglio essere
antica, ma sai, certe cose hanno un loro valore per me…”.
Andrea fece una faccia furba. “Ah si? Non
mi risulta che tu abbia dormito solo con me…” borbottò, come se volesse stuzzicarmi.
“Eh?” domandai senza capire a cosa si
riferisse.
Fece una faccia da finto smemorato, prima
di dire: “Alla tenera età di sedici anni hai dormito ben due volte con Niko…”.
Quasi mi affogai con un pezzo di polipo
che avevo ingerito nel frattempo sentendo quelle parole e ricordando quegli
aneddoti. Tossii, prima di ribattere: “Che c’entra, fu lui che si addormentò
vicino a me mentre io dormivo”.
“Lo so, volevo stuzzicarti un po’” si
giustificò. “Vorrei solo che questa cosa del dormire con Giuseppe non diventi
un affare di stato” spiegò.
“No, tranquillo, volevo solo spiegare il
punto di vista di Eva”.
Così continuammo a cenare, dimenticando
quella piccola parentesi, e alle nove e mezza prendemmo posto su uno dei
divani, bevendo un bicchiere di champagne. Lo stavo ancora ringraziando per il
regalo che mi aveva fatto, una bellissima collana d’oro con un diamante lilla, quando
lui rispose: “Ma il vero regalo arriva ora. Spero solo che sia gradito”.
“Non fare lo stupido, certo che è gradito!
Anzi, è già troppo, non dovevi…”.
Mi zittì mettendomi l’indice sulle labbra
e si alzò, posando il bicchiere e dicendomi di non muovermi.
Restai ferma, curiosa di sapere cosa
stesse per fare.
Si avvicinò ad uno stereo poggiato su un
mobiletto, vi introdusse un cd e accese un microfono che stava lì vicino.
“Pronta?” domandò. Sembrava
improvvisamente agitato, ma cercava di mascherarlo con un sorriso. Se non lo
avessi conosciuto bene, probabilmente ci sarei cascata.
“Si” risposi, curiosa di sapere cosa
volesse cantarmi, visto che la sua intenzione si era capita.
Fece un cenno, premette play e la base
della canzone partì. Inizialmente dovetti fare un po’ mente locale, poi subito
la riconobbi quando iniziò a cantare. “Ti sposerò perché” di Eros Ramazzotti.
“Ti sposerò perché mi sai comprendere e nessuno lo sa fare come te…” iniziò, avvicinandosi ed indicandomi.
“Ti sposerò perché hai del carattere
quando parli della vita insieme a me e poi mi attiri sai da far paura fra il
bianco e il nero dell'abbronzatura…”.
Restai immobile, presa dalla dolcezza di quelle parole
e dalla sua voce melodiosa.
“Ti sposerò
perché ti piace ridere e sei mezza matta proprio come me c'è in comune fra di
noi c'è più di una cosa ti sposerò perché per esempio so che del pallone sei
tifosa…”.
Sentendo quella strofa mi venne da ridere, ricordando
che due anni prima, durante i Mondiali, non uscii di casa per vedere la partita
dell’Italia insieme a Daniele, Niko e Pierre quando lui invece voleva portarmi
a cena fuori perché odiava il calcio.
Lui ammiccò, continuando a cantare.
“Ti sposerò
perché non mi chiedi mai il giorno che sarai mia sposa e poi
e poi perché io so già che se litighiamo io e te non stiamo mai più di un
minuto col cuore arrabbiato”.
Anche quello era vero, in tanti anni non eravamo
riusciti a stare arrabbiati l’uno con l’altra per più di dodici ore.
“Ti sposerò
perché ami viaggiare e poi stare in mezzo alla gente quando vuoi e sei di
compagnia si vede subito, tant'è vero che il mio cane ti ha già preso in
simpatia sono straconvinto che sarà una cosa giusta ti sposerò perché sei un
po' testarda si, ma quel che conta onesta ti sposerò perché per un tipo come tu
sembri fatta apposta e poi e poi perché se chiedo a te fiducia e un po' di
libertà non dici no anche per questo vorrei sposarti presto ti sposerò perciò
ci puoi scommettere quando un giorno quando io ti troverò”.
Terminai di ascoltare la canzone, e appena l’ultimo
eco di quelle note terminò, venni assalita da una marea, un qualcosa di cui non
conoscevo l’origine, di cui non conoscevo il motivo ma che comunque mi
trasmetteva un’emozione così forte da farmi battere il cuore all’impazzata
senza riuscire farmelo sentire.
Ripensai al significato della canzone, con i
battiti del cuore che continuavano ad aumentare, e involontariamente compresi,
ma me ne resi conto solo quando vidi Andrea avvicinarsi, prendere qualcosa
dalla tasca e inginocchiarsi di fronte a me.
“A-Andrea…” mormorai flebilmente, sentendomi quasi
mancare.
Lui alzò lo sguardo, e vi lessi l’emozione di prima
dipinta in volto aumentata di dieci volte.
I suoi occhi erano quasi lucidi, e si sistemò
meglio in quella posizione che ci faceva sembrare due protagonisti di un film
in bianco e nero.
“Debora Di Bene, questi anni che abbiamo trascorso
insieme mi hanno fatto comprendere quanto sono stato fortunato ad incrociarti
lungo il mio cammino quasi dieci anni fa. Nel corso degli anni, crescendo,
pensavo che il cosiddetto vero amore non esistesse, che fosse solo
un’invenzione dei migliori film strappalacrime, ma da quando stiamo insieme mi
sono reso conto di sbagliarmi. Il mio amore sei tu, e sono sicuro che
nessun’altra donna potrà mai sostituirti, perché sei unica, non troverei
un’altra donna magica, bella, dolce e fantastica come te nemmeno se la
costruissi. Per questo, ti chiedo… Vuoi sposarmi?” disse infine,emozionato al
massimo, aprendo una scatolina di velluto blu sul palmo della sua mano e
mostrandomi un magnifico anello di fidanzamento con una bellissima pietra
bianca sopra.
Trattenni il respiro ascoltando quel discorso, e
probabilmente, quando udii la domanda finale, dimenticai il senso delle
parole che l’avevano preceduta.
Non
sapevo se sentissi caldo o freddo, non
capivo se stessi all’impiedi o se fossi seduta, quasi non mi ricordavo nemmeno
più dove mi trovavo, presa dall’emozione del momento.
Per quanti anni avevo segretamente atteso quel
fatidico momento? Ricordai quando, poche settimane prima, mi ero preoccupata
dicendomi che forse Andrea non voleva sposarmi dato che ero un totale disastro
come donna di casa... Allora era quella la sorpresa che voleva farmi! Ecco la
causa di tanti segreti…!
Lo guardai, e notai che probabilmente lo stavo
facendo preoccupare.
E senza nemmeno meditarci, rifletterci un minimo
istante, risposi: “Si! Certo che voglio sposarti!” con un’enfasi tale che mi ci
buttai addosso, stringendolo forte
baciandolo con una gioia enorme.
Lui rispose alla stretta, anche se ormai ci eravamo
ritrovati scaraventati sul pavimento.
Non so per quanto tempo restammo incollati senza
dire nulla, ma quando ci alzammo ci appoggiammo di nuovo sul divano e lui ne
approfittò per infilare l’anello al mio anulare sinistro. Mi guardò mentre faceva quell’atto simbolico,
con un’aria incredula ma anche soddisfatta.
“Amore, non sai quanto mi hai resa felice” dissi,
sentendo le gambe che ancora tremavano.
Lui mi strinse a sé con un braccio, accarezzandomi
i capelli. “Non sai quanto lo sono io ora che hai accettato” rispose
dolcemente.
Alzai il viso, guardandolo negli occhi con
intensità. “Davvero, io no riesco a crederci!” dissi con la voce che si
spezzava per l’emozione. Ero davvero io quella che aveva un anello di
fidanzamento al dito?
“Sai quando ho capito che volevo sposarti?”
domandò.
“No, quando?” chiesi, interessata, sentendo di
dovermi abituare al peso dell’anello sul mio anulare.
Sospirò, e mi fece segno di seguirlo fuori la
maestosa terrazza della suite.
Davanti a noi, Parigi si mostrava avvolta nel buio
della sera, una serata che per tutti poteva essere normale, forse anche un po’
nuvolosa, ma che per noi era molto più che speciale.
“L’ho capito durante il tour, a gennaio. Mi mancavi
moltissimo, e ho riflettuto e riflettuto, fino a giungere a questa conclusione.
Dopotutto ti sei laureata, hai un lavoro, hai pubblicato i tuoi libri, non vedo
cosa poteva trattenermi dal chiederti di diventare mia moglie” dichiarò,
ritornando a stringermi.
“E’ questa la cosa che mi tenevi nascosta…?”
domandai, decisa a saperne di più nonostante faticassi a restare lucida.
Annuì, con un sorriso nostalgico. “Non sai quanto
mi hai reso difficile nasconderti la sorpresa!” esclamò, prima di lasciarsi
scappare una risata e baciarmi. “Davvero, subito ho detto a Pierre e a Niko che
volevo chiederti di sposarmi la sera in cui sono ritornato, e ho iniziato a
domandare dove avevano comprato gli anelli di fidanzamento alle loro mogli. Poi
l’ho detto anche e Rossella e a Eliana di nascosto, mentre eri andata a fare
non so chè in cucina, e il giorno dopo dovevamo andare a vedere l’anello in un’oreficeria, e infatti ci siamo andati dopo
che tu ci hai lasciato” spiegò. “E poi ti abbiamo rifilato la scusa che Eliana
fosse incinta e che noi l’abbiamo accompagnata dal ginecologo… Ma l’anello
l’abbiamo trovato solo un mese fa, sotto consiglio delle ragazze, e Niko e
Dante mi hanno aiutato con la canzone. Per questo ho insistito nel venire prima
a Parigi per il tuo compleanno” terminò.
“Oh” dissi, abbracciandolo, sentendo le lacrime
sgorgare. “Andrea, non ci posso credere… Io e te… Oh, come sono felice!” dissi
singhiozzando, stringendolo a tal punto che mi meravigliai che non gli mancasse
il respiro.
“Calmati, amore, era una cosa ovvia, io e te siamo fatti per stare insieme da sempre e per
sempre” sussurrò, accarezzandomi la schiena.
Mi alzò il viso verso di lui e mi asciugò le
lacrime con un dito.
“Hai detto della parole bellissime, nella mia vita
non mi sarei immaginata di ricevere una dichiarazione, anzi, una proposta così...
Bella! La canzone, il discorso… Tu sei il mio angelo” continuai.
“E’solo merito tuo se ho avuto l’ispirazione”
sintetizzò, ribaciandomi.
Ci separammo molti minuti dopo, e solo in quel
momento si decise a dire: “Allora? Cosa
ne dici di fissare la data?”.
Ero ancora intontita, per cui esitai, senza sapere
cosa proporre.
“Non lo so, dipende dagli impegni…” temporeggiai.
“Si, lo so, io avevo pensato sempre verso fine
anno, visto che il tour finirà a fine agosto, tu avrai i tuoi impegni con il
libro, anche i nostri amici avranno dei cd da fare entro ottobre…” propose.
“A fine anno?” domandai, un po’ dubbiosa.
“Non ti piace?” fece subito, preoccupato.
“Onestamente non molto, sai, novembre è il mese dei
morti, a dicembre ci sono le vacanze natalizie e quindi di sicuro qualcuno
vorrà andare da qualche parte a festeggiare… Preferirei uno dei primi mesi
dell’anno, a questo punto, anche gennaio…” ragionai.
“Mmm, hai ragione” convenne.
Ragionai un po’, in cerca di un po’ d’ispirazione.
“Ci sono! Dimmi, quando hai deciso di chiedermi di
sposarti?” chiesi, colta da un’idea improvvisa.
“Il 15 gennaio” rispose automaticamente.
“Perfetto! Cosa ne dici di sposarci il prossimo 15
gennaio?” proposi, pensando che fosse un’idea molto romantica.
Andrea fece una faccia sorpresa e piacevolmente
stupita. “Si! E’ perfetto! Solo che mancano sette mesi” aggiunse mesto.
Scrollai le spalle. “Passeranno velocemente, e poi
conoscendo le nostre madri, sette mesi per organizzare il matrimonio sono anche
pochi” sghignazzai.
“Giusto”
convenne.
“Allora facciamo per il 15 gennaio?” chiesi
conferma.
“Si” rispose. “Si, cara futura Signora Debora
Romani” sottolineò, prendendo la mano dove tenevo l’anello e baciandola.
Da lì iniziò a baciarmi il collo, fino a salire
alle mie labbra, per poi scendere verso la clavicola.
Ci scambiammo il solito sguardo d’intesa prima che
lui mi prendesse in braccio e mi conducesse verso l’enorme letto matrimoniale
della suite.
“Giusto per festeggiare” minimizzò sarcastico,
mentre la bretella del vestito scendeva
lungo la mia spalla.
“Certo, giusto per abituarmi a quello che vorrà
dire essere la Signora Romani” sottolineai maliziosamente, mentre apriva la
lampo del vestito con una calma estenuante.
“Infatti, futura Signora Romani” ripetette.
Rabbrividii sentendo il mio futuro cognome ripetuto
così tante volte, ma mi dissi che suonava bene, come tutte le cose che io e il
mio futuro marito avevamo fatto e costruito in tutto quel tempo.
Congratulazioni,
piccioncini, ma, attenzione! Tra di voi potrà anche esserci tutto il bene del
mondo, tutto l’amore possibile ed immaginabile, però ricordate che non sempre
va tutto per il verso che vogliamo noi!Cenerentola non ha dovuto affrontare la malvagità
delle sorellastre e della matrigna prima di sposarsi con il suo principe? E, come diceva Niccolò' Tommaseo: “Il matrimonio e' come la morte: pochi ci
arrivano preparati”, quindi… Perché vi illudete che il destino sarà buono in un
momento così particolare? Non lo è già stato fin troppo in questi anni? “Lo
scopriremo solo vivendo”, diceva Battisti, ma io dico che lo scopriremo solo
continuando a seguire le vostre vicende, my dears…
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Capitolo 8 *** Chi Non Risica Non Rosica ***
Chi Non Risica Non Rosica
Ma ciao, gente!
Ecco a voi un altro cap… Ammetto che in confronto a
quelli che sto scrivendo ora questi sono un po’ noiosi, ma già a partire dall’undici
in poi ci sarà un “movimento” maggiore. Per ora sono arrivata al cap 23, quindi
già ho bruciato il proposito di scriverne al massimo 20… =(
Spero che la cosa non vi annoi, ma comunque non
dovrebbe superare i 30-32…
Comunque, detto ciò grazie mille a coloro che hanno
recensito:
Anthy: Ciao! Certo, sarebbe meglio se le
sorellastre e la matrigne non arrivano, ma non si sa mai… Mi fa piacere che il
cap ti sia piaciuto!
giunigiu95: Io sadica? Ma no, non sono io, è
semplicemente la voce narrante, io non c’entro nulla! xD Ami Andrea? Benvenuta
nel club di quelle che faranno di tutto per non farlo sposare con Deb, ehehe!
xD Magari saremo noi quelle a cui si riferisce la voce in rosa, che dici? =D
vero15star: Tesoro, hai visto? Finalmente ce l’hanno
fatta! Riguardo al non succedere casini, non posso prometterti nulla, anzi,
diciamo che ci saranno degli intrecci, ma lo sai che l’amore che questi due
capoccioni provano l’uno per l’altra trionfa sempre, vero? Un bacione immenso,
ti voglio bene! ^^
Domandina: volete il ritorno delle anticipazioni a
fine cap o va bene così? Fatemi sapere!
A martedì…
la vostra milly92.
Capitolo 8
Chi Non Risica Non Rosica
Ora che è
stato svelato il fatidico mistero del matrimonio, credo che posso utilizzare
una vasta gamma di citazioni al riguardo! Ad esempio, cosa ne pensate del
famosissimo “Questa matrimonio non s’ha da fare”? Manzoni ne sarebbe così
felice, dopotutto è l’unica frase che ci ricordiamo di quel romanzo così noioso
che ha scritto! Oppure… Ah, si! “Chi è a conoscenza di qualche impedimento per il quale quest'uomo e questa
donna non dovrebbero unirsi in matrimonio,
parli ora o taccia per sempre”.
Credo proprio che c’è qualcuno che debba sbrigarsi a questo proposito, perché
tacere per sempre è davvero dura, non che io lo sappia per mia esperienza,
eheh!
La mattina dopo, la prima cosa che vidi fu un
enorme scintillio davanti ai miei occhi, accentuato dalla luce del sole.
Mi voltai, divincolandomi lentamente dalla presa di
Andrea che mi stringeva a sé, e notai che lo scintillio proveniva dall’anello
di fidanzamento.
Con un sorriso inebetito ricordai cosa era successo
la sera prima, così ritornai tra le braccia di Andrea, dicendomi che il giorno
precedente poteva dirsi uno dei più belli della mia vita, continuando a contemplare
quel bellissimo anello.
Controllai l’orario, e notai che erano le sette e
mezzo.
Mi dissi che potevo dormire un’altra oretta, ma
Andrea si agitò al mio fianco e si voltò verso di me, guardandomi.
“Buongiorno” disse, strofinandosi gli occhi e baciandomi
la tempia.
“Buongiorno, amore” risposi.
“Oggi dobbiamo dare la bella notizia agli altri” mi
ricordò, quasi come e stesse assaporando ogni parola.
Sorrisi al solo pensiero, anche se immaginavo che
anche Natascia e Ada sapessero già tutto. Forse l’unica che a non sapere nulla
era proprio Eva... O glielo avevano detto in mia assenza e lei era stata al
gioco?
Così ci vestimmo rapidamente, e mentre lo guardavo
mentre si vestiva dopo essere uscito dalla doccia mi immaginai quella stessa
scena vissuta sette mesi più tardi, quando io avrei avuto al dito la fede
nuziale e per il resto del mondo saremmo stati marito e moglie.
“Ora che ci penso dobbiamo dirlo anche ai nostri
genitori!” esclamai all’improvviso, dopo aver indossato dei jeans e una canotta
lilla che lui aveva preso segretamente dalle mie valigie, sapendo che avremmo
dormito nella suite.
“Si, ci stavo pensando anch’io” ammise,
abbottonandosi una camicia azzurro cielo.
Anche se erano passati anni, ancora riuscivo ad
abituarmi alla sua bellezza e al fatto che riusciva ad essere attraente anche
facendo un semplice gesto come quello. Restai a guardarlo, facendogli
l’occhiolino, e lui capì, perché disse: “Tu sei più bella”.
Feci una risatina nervosa, prima di domandare:
“Allora, quando glielo diciamo?”.
Lui ci pensò un po’ su, finendo di vestirsi.
“Secondo me dovremo dirglielo prima dell’inizio del
tour… Cosa ne dici se prendiamo l’aereo la settimana prossima, li invitiamo a
pranzo da me o da te e glielo diciamo?” propose.
Alla sola idea il mio stomaco si annodò, dopo aver
fatto una capriola pazzesca.
Immaginai la faccia felice di mia madre e quella
stranita di mio padre.
“Ok, cercherò di non immaginarmi la scena fino a
quel momento” ammisi.
Lui scrollò le spalle, evidentemente aveva captato
la mia piccola preoccupazione, perché si avvicinò e mi mise una mano sulla
spalla. “Tranquilla, saranno felici e tuo padre non ci resterà male. Secondo me
se lo immaginano, anzi, forse se lo stanno già aspettando da un annetto” mi
rincuorò.
Feci un piccolo cenno, per fargli capire che era
riuscito a farmi calmare.
Ma non ebbi il tempo di dire nulla perchè bussarono alla porta.
Andrea andò ad aprire, e scoprimmo che era il
cameriere che ci aveva portato la colazione.
Lui era sul punto di rifiutarla, perché voleva fare
colazione con gli altri, ma io lo bloccai.
“Mercì”
risposi sorridendo, presi il vassoio contenente una tipica colazione italiana e
l’uomo se ne andò.
Andrea mi guardò interrogativo appena la porta si
fu chiusa, ed io mi giustificai con un: “Cosa ne dici se la portiamo a Giuseppe
e Eva?”.
“Bella idea!” approvò, “Andiamo, dirò alla
cameriera di portarci la roba nella nostra stanza”.
Ci avviammo verso il terzo piano, dove alloggiavano
tutti gli altri, e bussammo alla stanza 205.
Ci aprì Eva dopo varie bussate, con i capelli
disordinati, gli occhi cisposi e con indosso ancora il pigiama.
“Ah, siete voi. Buongiorno” disse, sbadigliando.
“Che ore sono?”.
“Le otto e dieci” risposi, controllando vicino
l’orologio. “Immagino che stavate ancora dormendo” dedussi.
“Diciamo che
sta ancora dormendo, voi mi avete svegliata, ma lui non ha sentito nulla.
Che ghiro” commentò. “Comunque, entrate” ci invitò.
“Amore, tu inizia ad entrare, io chiamo gli altri,
voglio fare una piccola riunione” spiegò
Andrea, voltandosi e bussando alla camera di Dante e Natascia e poi a quella di
Francesco e Ada.
“Allora, dormito bene?” domandai entrando, stando
bene accorta a nascondere la mano con l’anello.
Eva fece un cenno affermativo, dopo aver posato su
un tavolino il vassoio che le avevo portato.
“Si, il letto è comodo, ma è inutile dire che dopo
le tre e mezza quell’orso mi ha disturbato il sonno” sbuffò, accasciandosi sul
divano.
“Orso? Ma se è magro…” precisai.
“Non c’entra,quando è ritornato si è buttato sul
letto, quasi come se non si fosse reso conto che c’ero io dall’altra parte, e
quando mi sono girata i suoi capelli mi hanno messo paura” sbottò, alludendo
alla chioma riccia di Giuseppe.
“Ma perché non sei uscita con lui?” domandai.
“Sapevi che sarei stata con Andrea…”.
Eva fece una faccia schifata al solo pensiero. “Eh?
No, preferisco stare qui a vedere un bel dvd e andare a letto presto” rispose.
Feci una faccia sconsolata al solo pensiero di lei
che se ne stava chiusa in albergo quando davanti a sé aveva mille modi per
divertirsi.
“Stasera esci con me, tranquilla” le risposi,
cercando di invogliarla.
Lei sorrise, e stava per dire qualcosa quando
bussarono alla porta.
Aprimmo, e Andrea entrò insieme agli altri.
“Ops, mi sa che manca solo Giuseppe” notai, capendo
al volo cosa voleva fare Andrea.
Lo andai a svegliare e ci riuscii dopo vari tentativi.
“Muoviti, dormiglione, io ed Andrea dobbiamo dirvi
una cosa!” lo incitai, prendendolo quasi di peso per farlo alzare.
“Dirci? A chi?” domandò, passandosi una mano tra i
capelli.
“A tutti voi, Francesco, te, Dante, Eva...” risposi
spazientita.
Così ci raggiunse, ancora in pigiama come Eva, ed
io ed Andrea ci riunimmo al centro della stanza con loro intorno.
“Volevamo dirvi, ragazzi, che ieri sera io e Debora
abbiamo deciso di sposarci il prossimo 15 gennaio” disse lentamente Andrea.
Io mostrai l’anulare con l’anello, e tutti
scoppiarono in un fragoroso applauso mentre Andrea mi stringeva a sé ed io
sorridevo come una delle aspiranti di un concorso di bellezza.
Ovviamente tutti già sapevano tutto, solo Eva fece
un verso simile ad un urlo e mi si gettò addosso, incredula.
“Oddio, non ci credo! Auguri, tesoro!” urlò
raggiante, prima di fare lo stesso con Andrea. “Sei un grande, finalmente ti
sei deciso a chiederglielo!” commentò ancora entusiasta, prima di prendere la
mia mano sinistra e soffermarsi ad esaminare l’anello insieme a Ada e Natascia.
Così festeggiammo con i cornetti, biscotti e
cappuccino che avevo portato, e nemmeno dieci minuti dopo Andrea mi passò il
cellulare, facendomi segno di rispondere.
Lo presi senza capire, e subito dissi: “Pronto?”.
“Deb! Allora? Come ti senti?”.
Stentai a riconoscere la voce di Eliana, alterata
da una particolare ilarità, così risposi: “Oh, sei tu, Eli! Io sto bene, come
dovrei st…” iniziai, ma lei mi zittì subito, con una voce più squillante del
solito.
“Scema, hai capito cosa intendo! Cosa te ne sembra
dell’anello? Come te l’ha chiesto? Ti è piaciuta la canzone…?” iniziò, prima che sentissi un rumore e la
voce emozionata di Rossella dicesse: “Deb! Allora? Sei felice?”.
Così passai quasi mezz’ora a commentare il tutto, dopodiché mi passarono
Niko e Daniele.
“Accidenti, non ci credo!” commentò quest’ultimo.
“Congratulazioni, Deb, davvero, ci avrei scommesso su te e Andrea”.
“Grazie, Daniele, ma se parli così mi fai
commuovere!” risposi al mio migliore amico, sentendo davvero un piccolo groppo
alla gola. Lottai contro me stessa per non piangere nuovamente per l’emozione e
la felicità.
“Ma dai, ed io che per una volta stavo cercando di
fare un discorso serio!”.
Erano ormai le nove e mezza quando io e Andrea
ritornammo nella nostra stanza per lasciare a Eva e Giuseppe il tempo di
prepararsi, dato che Francesco e gli altri erano già pronti, e alle dieci e un
quarto uscimmo dall’hotel per un breve giro turistico di Parigi.
“Andiamo alla Tour Eiffel?” domandai subito,
rivolta alla compagnia.
“Si! Si!” esclamò Eva allegra, prendendomi sotto
braccio.
“Ma io volevo fare shopping…” iniziò Natascia
imbronciata.
A quella parole Dante sbuffò in un modo molto
evidente, tanto che tutti ci girammo verso di lui. “Possibile che pensi solo
allo shopping? Tra due settimane inizierà il tour e avremo poco tempo per stare
insieme, e in quel momento potrai svuotare tutti i negozi che ti pare…” rispose
infastidito.
Udendo ciò Natascia fece una faccia un po’
risentita, perché subito gli si avvicinò con un passo quasi felino e gli gettò
le braccia al collo. “Hai ragione amore” disse. “Perdonami”.
“Tra moglie e marito non mettere il dito” disse
Giuseppe sobriamente, inforcando un paio di occhiali da sole. “Chi vuole venire
con me all’Hard Rock Cafè?” propose, ed Eva rispose subito: “Si, mi manca la
maglietta di quello di Parigi!” prima di tapparsi la bocca perché si era
realmente resa conto chi fosse l’interlocutore.
Un interlocutore che non vi badò minimamente e che
disse, sorridendo: “Si? E quali altre hai?”.
Eva parve stupita, ma rispose comunque: “Madrid,
Londra e Berlino”, con un tono stranamente educato.
“Noi andiamo in un bar, Ada vuole assaggiare le
creepes originali” annunciò Francesco. “Ci vediamo a pranzo all’hotel, ok?”.
“Ok” disse
Andrea, mentre anche Dante e Natascia ci salutavano e prendevano un taxi.
“Allora, Eva, che fai?” le domandai, per sapere se
veniva con noi o con Giuseppe.
Eva parve sostenere una lotta con sé stessa, prima
che Giuseppe finse di prenderla sottobraccio per darle un pizzicotto e dire:
“Dai, vieni con me!”.
Lei parve capire che Giuseppe aveva reagito così
per lasciarci da soli, perché annuì e disse: “Si, dai, sono curiosa di vedere
l’Hard Rock Cafè di Parigi, semmai vi raggiungiamo dopo!”.
Così prendemmo da soli un taxi e raggiungemmo la Tour Effeil, parlando dello
strano comportamento di quei due durante il tragitto.
“Si vede che avevi ragione ieri sera, Giuseppe non
è disturbato più di tanto da questa situazione” convenni, pensierosa.
“E ci credo, a chi dispiacerebbe condividere la
stanza con una così bella ragazza?” rispose con aria di ovvietà. Subito
aggiunse: “Ho detto che è bella per il semplice fatto che ti assomiglia molto”
ed io gli diedi un buffetto sul braccio, ridendo.
“Resta il fatto che forse se continuano così
arriveranno alla fine dell’estate sani e
salvi” commentai, più sollevata.
Una volta arrivati, scendemmo dal taxi e
raggiungemmo la magnifica torre. Vederla da vicino fu ancora più sbalorditivo, per
me quei 300 metri di altezza costituivano una delle opere moderne più eleganti,
oltre al fatto che lo ritenevo uno dei simboli per antonomasia del
romanticismo.
“Mi sarebbe piaciuto venirci con te di sera, però,
sai che bello?” commentò Andrea mentre facevamo i biglietti per salire.
“Possiamo sempre ritornarci” gli ricordai.
Visitammo la struttura, vedemmo i vari ristoranti
che si ritrovavano ai primi due piani e giungemmo all’ultimo piano, più stretto
rispetto al precedente. Ma mi dissi che la bellezza della vista da lì sopra
compensava tutto.
“Wow” sussurrai, vedendo la città ai nostri piedi.
“Bello, eh?” commentò Andrea, avvicinandosi e
abbracciandomi da dietro come il giorno precedente.
“Magnifico! Sai che quando ero al liceo dicevo
sempre che sarei voluta andare in viaggio di nozze con mio marito proprio a
Parigi per baciarci proprio sulla Tour Eiffel come simbolo del nostro amore?”
dissi, lievemente imbarazzata.
Andrea fece una breve risata cristallina, e mi voltai per dargli
l’ennesimo buffetto.
“Scherzo, è una bellissima idea. Potremmo tornarci
per il viaggio di nozze, se vuoi” propose serio. “Io avevo pensato di andare in
America settentrionale e poi fare un breve giro per le maggiori capitali
europee”.
“Si, è un’idea magnifica” dissi. Sentendo quelle
parole, l’ennesima ondata di emozione mi travolse, non potevo credere di aver
sentito le parole “viaggio di nozze” uscire dalle sue labbra rivolto a noi due.
“Ok, allora esaudirò il tuo desiderio, principessa”
disse sorridendo. “Ma non posso avere un anticipo circa quel famoso bacio…?”
domandò con l’aria da cane bastonato.
“Mmmh, non so” iniziai,sarcastica. “Ma forse, sai, potremmo iniziare a provare…”
terminai, e non finii nemmeno di pronunciare la frase che mi ritrovai
avvinghiata a lui, con la sua mano destra che mi tratteneva il viso e l’altra
che mi circondava la vita. Fu un bacio serio, prima lento, poi sempre più
intenso, come quelli che si vedono solo nei migliori film romantici, ed io mi
dissi che di certo non potevo lamentarmi perché, nelle ultime ventiquattro ore,
la mia vita era davvero degna di uno di quei film.
Mi sentivo davvero realizzata, felice, leggera come
un palloncino, e questa sensazione durò anche dopo una telefonata che mi sarei
dovuta aspettare.
Io e Andrea eravamo in hotel ad aspettare gli altri
quando, a mezzogiorno e mezzo, il mio cellulare prese a squillare.
“Oh, è Alberto” dissi sorpresa.
Udendo quel nome Andrea passò dalla spensieratezza
assoluta all’attenzione degna di un cane da guardia.
“Cosa?” domandò, prendendo il cellulare. “Rispondo
io se permetti, poi te lo passo” stabilì, con un’espressione serissima in
volto.
Lo lasciai fare, dopotutto Alberto se lo meritava.
Mi aveva accusato di perdere tempo dietro ad Andrea? Ed ora si guadagnava una
bella risposta fredda e scocciata da parte sua.
“Pronto?” disse, con una voce che usava solo alle
conferenze più formali. “Oh, ciao Alberto, si, sono Andrea. Deb? Oh, è in
bagno, ci siamo svegliati da poco, sai, ieri si è fatto tardi…” disse, con un
tono quasi malizioso, tanto che lo spinsi lievemente, infastidita. “Si, certo
che te la passo, aspetta un secondo. Amore? Amore, vieni, c’è Alberto al
telefono!”.
Aspettai qualche secondo, giusto per essere
credibile, poi dissi: “Pronto?” in un modo fin troppo serio, che non mi
apparteneva.
“Ciao, Deb, sono Alberto, tutto bene?” disse, con
una voce bassa che forse tentava di essere un tono di scuse.
“Ciao, Al, si, va tutto a gonfie vele” risposi.
“Mi fa piacere… Senti, immagino che tu abbia capito
che ti ho chiamato per scusarmi riguardo all’ultima volta che ci siamo visti,
davvero, scusami ma ero molto stressato, ma comunque non nego le mie parole”
dichiarò, con un tono più risoluto nell’ultima parte.
“Sei libero di pensare quello che vuoi, nessuno te
lo impedisce, ma la vita è mia e decido io cosa farne, dovresti saperlo. Anzi,
se la pensi così, possiamo sempre limitarci al saluto e al rapporto
professionale, non ci sono problemi, perché non devi più permetterti di chiamare
Andrea quello e di insinuare che io
mi stia annullando dietro a lui” partii in quarta, decisa a fargli una bella
ramanzina circa le sue precedenti parole visto che continuava ad essere così
sfacciato. “E in più non devi assolutamente permetterti più di insinuare circa
la mia carriera, perché è grazie a me se ora sei conosciuto su tutti i
giornali! Di solito gli agenti restano sempre dietro le quinte, invece io no,
ti ho sempre portato dietro ad ogni conferenza, ogni evento, ti ho sempre
nominato proprio perché ti stimo professionalmente, quindi permetti che esiga
un minimo di apprezzamento senza considerazioni di questo tipo” terminai, con
il fiato corto. Andrea alzò il pollice, soddisfatto.
Alberto invece esitò, e rispose dopo una decina di
secondi. “Hai ragione, scusami, so di aver sbagliato, ma a volte parlo così è
perché ci tengo a te” borbottò. “Ti voglio bene e non chiedo altro che vederti
realizzata almeno dal punto di vista professionale , per questo mi incazzo
quando vedo che non sta filando tutto liscio. Davvero, scusami, mi rimangio
tutto” disse, più convinto. “Mi hai perdonato?”.
“Più che
altro ti scuso” concessi.
“Colleghi come prima?”.
“Colleghi come prima”.
“Ah, e poi volevo farti gli auguri per ieri,
ammetto di essermene ricordato stamattina…” aggiunse con un tono più animato.
“Grazie” risposi.
“Come lo hai festeggiato?” domandò curioso, e lì
decisi di dirgli la verità, anche riguardo la proposta di Andrea.
“Benissimo, ho fatto shopping con le ragazze, mi ha
raggiunto anche una mia cugina, sai, e la sera Andrea mi ha organizzato una
bellissima cena nella suite dell’hotel, dove mi ha cantato “Ti sposerò perché”
di Ramazzotti e… Mi ha chiesto di sposarlo!” annunciai.
Andrea fece una faccia entusiasta udendo la
risposta.
Invece Alberto trattenne il respiro. “Cosa? Ti ha
chiesto di sposarlo? E tu cosa hai risposto?” domandò a raffica, quasi senza
respirare.
“Cosa potevo mai rispondergli? Si, ovvio!”
dichiarai ridendo.
“Oh. Allora, congratulazioni a entrambi, fai gli
auguri anche ad Andrea” disse. La sua voce ormai era quasi un sussurro, e
terminò la telefonata poco dopo.
“Vedi che ho ragione io? Lui è cotto di te, lo è da
sempre, dal momento che vi siete conosciuti” sentenziò Andrea, quando gli
raccontai la cosa.
Io scrollai le spalle, senza sapere cosa dire.
“Fatti suoi, io non posso farci nulla, non mi sembra di avergli mai dato false speranze”.
“Ed hai fatto bene” esclamò, prima di scoppiare a
ridere e abbracciarmi, mentre io mi
lasciavo cullare e cercavo di non sentirmi in colpa per il fatto che
probabilmente Alberto ci fosse rimasto male.
Dopotutto, anche se veramente gli fossi piaciuta,
non potevo incolparmi di nulla perché, per prima cosa stavo con Andrea e, per
seconda cosa, lui non si era mai fatto avanti, quindi... Chi non risica non
rosica, mi dissi!
Ecco, vedi,
mi deludi sempre, Alberto… Vuoi davvero tacere per sempre? O preferisci
aspettare il giorno del matrimonio per fare la tua figura da rovina-matrimoni?
Bah…
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Capitolo 9 *** La Febbre Del Sabato Sera ***
La Febbre Del Sabato Sera
Ciao!
Scusatemi
ma oggi non posso soffermarmi più di tanto, è stata una giornata tremenda e ho
iniziato a studiare solo mezz’ora fa per vari problemi. Oggi il prof ci ha
annunciato che pretende che andiamo a
scuola fino al 12 giugno e ha fissato test e interrogazioni come gli altri 11
prof del resto, quindi può darsi che fino ad allora aggiornerò solo il sabato.
Scusatemi, la prima che è dispiaciuta sono io perché mi sono anche dimenticata
di dover aggiornare fino a tre secondi fa. Figuratevi a che punto siamo
arrivati, non mi era mai successo.
Grazie
mille a coloro che hanno recensito, sapete che vi adoro infinitamente e che
siete la mia benzina che mi farà sopravvivere a questi altri trenta giorni
d’inferno.
A
sabato,
la
vostra milly92.
Capitolo 9
La Febbre Del Sabato Sera
Qual
è il
giorno che tutti attendiamo con ansia per tutta la settimana? Il
sabato! Qual è
il giorno in cui possiamo scatenarci, ubriacarci e infischiarcene di
tutti dato
che il giorno dopo è festa? Il sabato! Qual è il giorno
che addirittura un solitario pessimista come Leopardi è arrivato
a celebrare in una poesia? Il sabato! E qual è il giorno in cui
si possono
combinare casini in discoteca tra un ballo e l’altro? Io direi
qualsiasi, ma,
giusto per essere pertinenti e per assecondare la situazione, diciamo
il sabato…
“Deb, puoi
venire nella mia stanza? Ho bisogno di un consiglio” disse Eva dopo che
ebbi risposto al telefono della mia stanza, due giorni dopo.
“Consiglio?” domandai curiosa, mentre esaminavo un
paio di scarpe con il tacco vertiginoso bianche.
“Si, non so che mettermi per uscire. Dai vieni!” mi
esortò, e staccò subito la chiamata.
Sospirai, decidendo di indossare quelle scarpe che
si intonavano con il mio top bianco e la gonna di jeans per quella uscita del
sabato sera e aprii la porta del bagno, dove Andrea si stava sistemando i
capelli.
“Vado un attimo da Eva, ha bisogno di una mano”
spiegai.
“Ok, allora quando finisco vengo io da lei, ok?”
stabilì.
“Ok, a dopo” lo salutai, presi la borsa, aggiustai
il lucidalabbra e raggiunsi la stanza della ragazza.
La porta era già aperta; Eva mi stava aspettando
con i capelli più ricci del solito, ben truccata e con indosso una minigonna
nera e un bellissimo top lilla con delle decorazioni fatte di strass verso i
bordi dell’indumento.
“E meno male che non sapevi cosa indossare! Stai
benissimo!” esclamai subito, appena la vidi.
Lei fece una faccia che disapprovava, mi fece segno
di entrare e la seguii.
“Non sto affatto bene” stabilì decisa, porgendomi
un abitino azzurro, dei jeans chiari e un top nero. “Cosa mi consigli?”.
“Ti consiglio di restare così come sei. Perché dici
che non stai bene?” domandai.
“Perché…” iniziò, ma la voce di Giuseppe,
proveniente dal bagno la zittì.
“Perché io le
ho detto che così sta bene” urlò.
Non riuscii a capire se il suo tono fosse offeso,
scocciato o risentito, ma fatto sta che quando urlò quelle parole Eva annuì
vivacemente. Dal canto mio, la guardai senza capire, e lei se ne uscì con un
semplice: “Ha dei gusti di merda, l’ho constatato io stessa”.
La guardai interrogativa, e lei rispose, con un’aria
quasi disgustata: “Stanotte è ritornato mezzo ubriaco in camera insieme ad una,
che indossava una gonna porpora in stile gitana ed una canotta gialla.
Ovviamente si era dimenticato che divideva la stanza con me, ma questa è una
cosa secondaria” aggiunse con una noncuranza fin troppo sarcastica. “Ma, pensa,
se per lui è ok una che va in giro vestita così…” continuò, lasciando la frase
in sospeso e continuando a scrutare critica gli altri vestiti.
Stavo per ribattere quando Giuseppe uscì dal bagno
e venne verso di noi, vestito con dei jeans bianchi e una camicia celeste.
“Non capisce che me la sono portata in camera
proprio perché quella gonna era orribile e, soprattutto, troppo lunga” spiegò
sospirando.
“Oh, ma che bravo, meno male che ci sei tu a salvare
le giovani fanciulle parigine dalle gonne troppo lunghe” l’apostrofò Eva
scocciata, aprendo un’anta dell’armadio e continuando la ricerca di qualcosa di
diverso.
Giuseppe fece una risatina e le mandò un bacio,
facendola adirare ancora di più.
“Adoro quando fa così, lo sai, Deb?” mi informò
serenamente.
Lo guardai senza sapere cosa dire, e lui aggiunse,
mentre Eva continuava con le sue occhiatacce torve: “Ma non sai come è finita
con quella ragazza!”.
“Come è finita?” domandai incuriosita.
“La Parigina si è arrabbiata perché ha visto Eva e
pensava che fosse la mia ragazza” sghignazzò, ridacchiando.
A queste parole Eva si voltò lentamente, con un
sorriso trionfale dipinto in volto. “Ma non sai come è finita davvero” aggiunse, con un’estrema
lentezza e un’aria quasi sadica. “Non conosci la parte migliore” spiegò.
“Ancora? E cosa c’è di meglio?” domandai.
Eva attese, guardando Giuseppe con intensità, prima
di dire: “Che quella gli ha mollato un sonoro schiaffone” disse soddisfatta,
mentre Giuseppe arrossiva.
“Ma che c’entra, questa è una cosa di minore
importanza, intanto ci stava” si difese.
Ma Eva non vi badò, e disse: “Ho deciso, dai, non
so perché ma stasera voglio ascoltarti. Uscirò così” improvvisamente, lasciandomi
totalmente sconvolta.
“Meno male!” rispose Giuseppe. “Ci guadagnerai tu”.
“Lo spero per te” disse minacciosa, prima di
guardarsi un’ultima volta allo specchio.
Così aspettammo Andrea, che giunse due minuti dopo,
e ci avviammo verso una delle discoteche più famose di Parigi, mentre le altre
due coppie preferirono andarono a cenare in un ristorante.
“Stasera voglio, anzi, devo, divertirmi!” esclamò
Eva decisa mentre chiamavamo un taxi.
“Tranquilla, sono sicura che sarà così” affermai.
Ma, probabilmente, non la pensava più così mentre
eravamo nel taxi, perché il cellulare iniziò a squillare insistentemente e lei
rifiutava ogni chiamata con aria scocciata.
“Chi è?” domandai, dopo che ebbe staccato per la
settima volta.
Lei fece una faccia stanca prima di rispondere:
“Davide, il mio ex. Ha scoperto che non sono in Italia e vuole sapere dove
sono, con chi sono e cosa sto facendo…”.
“Il tuo ex? Non me ne avevi mai parlato!” esclamai,
con un tono forse fin troppo accusatorio.
“Oddio, ti cerca ancora? Forse è perché vuole farti
scontare tutto quello che gli hai fatto passare” sghignazzò divertito Giuseppe.
Andrea gli diede una gomitata per invitarlo a
tacere, mentre Eva fingeva di non averlo sentito.
“No Deb, sai, è che siamo stati insieme solo tre
mesi, ed è stata una storia dapprima stupenda, poi… Poi è diventata un inferno,
era possessivo al massimo, così l’ho mollato” spiegò, quasi sussurrando.
In quel momento la guardai sotto una luce diversa,
con un’aria simile alla compassione. “Mi dispiace, Eva” dissi con sincerità,
prendendole la mano e stringendogliela.
Lei scrollò le spalle, accennando un mezzo sorriso.
“E’ anche per questo che ho voluto cambiare aria, ha iniziato a perseguitarmi
anche dopo che l’ho mollato, ed ora non so chi gli ha detto che non sto più a
Maddaloni” continuò a spiegare.
“Facciamo così, se ora ti richiama rispondo io e
gli dico di lasciarti in pace, va bene?” si offrì Andrea.
Subito mi voltai a guardarlo con aria di
approvazione, ma Eva scrollò le spalle.
“Oppure, se non vuoi che ti chiami più, consuma
tutti i soldi che hai sul cellulare, in modo che non potrà chiamarti più visto
che quando si chiama all’estero paga anche il destinatario!” se ne uscì Giuseppe, illuminato da questa nuova
idea.
Tutti e tre lo guardammo sorpresi, ed Eva disse:
“Sai che è una buona idea?”. Temporeggiò un secondo, riflettendo, prima di
stabilire: “Ora lo spengo, poi domani chiamo a mamma, tanto ho pochi soldi,
così li finisco e mi compro una nuova scheda…” con un piccolo sorriso sulle
labbra.
“Si, brava!” approvai. Mi voltai verso Giuseppe,
accennando un sorriso per la sua geniale idea e lui fece una faccia in stile
“Modestamente!”.
Quando scendemmo dal taxi, così, Eva era più
sollevata e lo era ancora di più un quarto d’ora dopo, mentre ci scatenavamo a
ballare a ritmo della musica house della discoteca, di nome “Le Reservoìr”.
Mentre ballavo, notai che l’anello di fidanzamento scintillava
moltissimo sotto al luce delle luci psichedeliche, e lo osservai con un
sorriso.
Così mi avvicinai ancora di più ad Andrea,
strusciandomi letteralmente contro di lui. Parve sorpreso, non mi ero mai
comportata così in una discoteca, ma non disse nulla e mi strinse di più a sé,
soffermandosi con le labbra sul collo.
Improvvisamente mi dimenticai di tutti quelli che
ci circondavano, come se intorno a noi ci fosse solo il ritmo della musica.
Continuammo a ballare così per non so quanto tempo,
prima di notare che era ormai mezzanotte e mezza.
Intorno a noi c’erano solo sconosciuti,
evidentemente Eva e Giuseppe si erano scocciati e si erano trovati qualcun
altro con cui ballare.
“Dove sono? Anzi, dov’è Eva?” domandai quando ci
allontanammo dalla pista e ci avvicinammo ad una stanza adornata con tavolini,
preoccupata.
Non mi fidavo affatto dei tipi che si trovavano in
discoteca, onestamente, perché il 99% di loro andava lì sono per determinati
scopi.
“Tranquilla, è lì, guarda!” mi rispose Andrea,
indicando un punto dietro le mie spalle.
Mi voltai, e la vidi seduta a tavolino con un
ragazzo molto affascinante, con un sorriso smagliante e i capelli un po’
lunghi.
Sembrava davvero serena e spensierata, così dissi:
“Sono contenta se si trova qualcuno con cui uscire la sera”.
“Si” approvò Andrea, prima di condurmi in uno dei privè
della sala, dove ci soffermammo un po’.
Restammo un po’ in silenzio, senza sapere cosa
dire. Improvvisamente mi ricordai di Francesco e Dante che avevano preferito
andare al ristornate con le loro mogli, e non so perché a quel ricordo mi
ricordai di Eliana, che fino a tre anni prima non aveva lavorato per badare a
Stella, a Rossella, che spesso era un
po’ più stressata da quando si era sposata con Pierre…
Abbassai lo sguardo verso l’anello, e non so perché
sentii l’anulare sinistro diventare di piombo.
“Amore, è successo qualcosa?” domandò preoccupato
Andrea, scrutandomi pensieroso mentre beveva un bicchiere di non so chè.
“Io... No, niente” dissi, cercando di sorridere e
scacciare quei pensieri dalla mia testa.
“Sei sicura?” domandò, sedendosi meglio. “Stavi
guardando fisso l’anello in un modo che quasi mi ha spaventato” osservò.
Alzai lo sguardo, indecisa su cosa dire.
“No, niente, è che stavo pensando una cosa…”
ammisi, sentendomi un po’ più sollevata mentre decidevo di esternare la mia
preoccupazione.
“Cosa?” domandò, avvicinandosi e prendendomi una
mano.
Sospirai, prima di decidermi a parlare. “Vedi, pensavo a Francesco e a Dante... Loro non sono venuti
qui a divertirsi, hanno preferito andare al ristorante con le loro mogli… E
noi? Ti prego, non dirmi che quando ci sposeremo diventeremo dei vecchi che
staranno sempre chiusi in casa, stanchi e stressati… L’amore è una cosa bella,
e non voglio che essere sposata voglia dire pensare solo alla casa, al lavoro,
al pranzo da mettere in tavola e al bucato da stirare! Voglio continuare a
vivere così, felice, senza dover rinunciare al divertimento…” lo supplicai
quasi.
Udendo ciò Andrea fece un sorriso e mi abbracciò
forte.
“Ma sei pazza? Io e te siamo Debora e Andrea, punto
e basta. Non permetteremo che il matrimonio ci rovini la vita, tranquilla, noi
vivremo questa cosa nel migliore dei modi! Saremo sempre gli stessi, con la
stessa vita, solo che vivremo finalmente insieme e condivideremo più cose!” mi
consolò, baciandomi la fronte.
“Sicuro?” domandai, ancora un po’ intimorita.
Lui sospirò, quasi spazientito. “Amore, il
matrimonio è un passo importante, certo, ma sono sicuro che ce la caveremo
benone insieme. Certo, ci saranno più impegni, ma noi ce la caveremo,e prometto
che farò di tutti per essere un ottimo marito, ci aiuteremo a vicenda, anche
quando avremo dei bambini tutti nostri” mormorò, con un’aria più raddolcita.
Udendo le parole “Bambini tutti nostri” il mio
cuore galoppò forte, e non si fermò prima che passasse qualche minuto.
Andrea se ne accorse,perché domandò: “Amore? Ho
sbagliato qualcosa?”.
Scossi il capo, sentendo il solito groppo di
emozione sommergermi.
“Spero che quei bambini assomiglieranno più a te”
riuscii a dire solo, facendolo sorridere.
“Perché ti stupisci tanto? Pensavi che non volessi
avere figli…?”.
“No, certo che no, ma ammetto che l’immagine di te
padre, di noi genitori, mi sconvolge un po’.
Per me tu sarai sempre quello che ha insegnato a Stella a giocare con la
playstation” spiegai, accoccolandomi contro il suo petto e stringendolo forte.
Sentii il suo cuore battere forte, quasi all’unisono con il mio.
Fece una breve risata, prima di invitarmi a sedere
sulle sue gambe. “Ok, so che sono la figura meno paterna del gruppo, ma,
insomma, ci è riuscito Niko ad essere un buon padre, diventandolo a ventidue
anni e all’improvviso, perché non dovrei riuscirci io?” ragionò. “Che poi avrò
la precedenza per usare la playstation, beh, questa è un’altra cosa…” ironizzò.
Risi a mia volta, e fui contenta di sentire che era
riuscita a calmarmi per davvero.
“Si, ma se avremo una figlia ti proibisco di
insegnarle a usarla…” lo ammonii, con una vena di ilarità.
“Tanto ci penserà Stella, l’ho ammaestrata bene”
rispose con aria furba.
Gli feci la linguaccia, ma mi zittì baciandomi. Feci
per spostarmi, ma continuò a trattenermi finchè non mi arresi.
Ormai era l’una e mezzo, e decidemmo di ripescare
Eva e Giuseppe per ritornare all’hotel. Uscimmo dal privè, ritrovandoci nel
caos della musica house, e iniziammo a cercarli in lungo e in largo.
Solo dopo dieci minuti vedemmo la chioma ribelle di
Giuseppe e quella di Eva, che, stranamente, erano quasi fuse, come le braccia
dei due che si stringevano reciprocamente.
“Eh?” domandai sconvolta, vedendo che se ne stavano
abbracciati vicino alla parete di fondo di una delle sale con i tavolini ormai
vuota.
“Non credo ai miei occhi” sussurrò Andrea.
Mi voltai di spalle, giusto per non farmi notare, e
supplicai Andrea di fare la telecronaca.
“Allora, si sono staccati… Giuseppe sta parlando,
Eva annuisce… Lui la abbraccia di nuovo… Le dà un fazzoletto e lei lo prende….
Si asciuga il viso! Sta piangendo!” esclamò
sorpreso.
“Cosa? Sta piangendo?” domandai preoccupata,
voltandomi di scatto e decidendo di raggiungerli senza pensarci ulteriormente.
Andrea mi seguì.
Appena mi videro fecero una faccia stranita, quasi
come se non sapessero cosa dire o fare.
“Ragazzi, finalmente! Dov’eravate?” domandai subito, decidendo di andare al sodo.
“Eva, ma cosa è successo? Perché stai piangendo?”
domandò Andrea, fingendo di aver notato quel particolare solo in quel momento.
Eva scrollò le spalle, continuando ad asciugarsi le
lacrime, e Giuseppe le circondò le spalle con le braccia.
“E’ c-che p-prima…” iniziò, prima di singhiozzare e
sedersi, quasi come se fosse affannata.
“Eva, cosa è successo?” domandai, imitando Andrea,
dato che ero preoccupata da morire.
Lei continuò a singhiozzare per qualche secondo
prima che Giuseppe si decidesse a parlare al posto suo.
“Vedi, prima stavo ballando con una ragazza, e lei
non ha fatto obiezioni… All’improvviso, però, è spuntato un omone enorme, alto
quasi due metri, che ci ha raggiunti e ha iniziato ad urlare, trascinandoci da
parte. Non capivo cosa dicesse, era francese, ma si capiva che era arrabbiato
con la ragazza e con me, evidentemente era il suo ragazzo e… E ha cacciato un
coltellino…” spiegò.
Nel momento in cui disse quelle cose trattenni il
respiro e Eva singhiozzò più forte.
“Ti giuro, mi sentivo già finito, non sapevo cosa
fare, non ho capito cosa stesse succedendo, so solo che è comparsa Eva, che ha
detto: “Idiota, credevo che fossi più intelligente, non credevo che avessi il
coraggio di farmela sotto al naso con quella” o giù di lì in francese , mi ha
mollato uno schiaffo e ha fatto un cenno all’omone, come a dire che ci avrebbe
pensato lei… Mi ha salvato la vita” disse infine, sedendosi a sua volta e stringendo Eva a sé.
“Oddio” dicemmo io e Andrea all’unisono.
“E’ c-che io lo s-stavo cercando, c-cercavo a-anche
voi, e per f-fortuna ho visto tutto m-mentre q-quello si avvicinava e l-li
portava via, così ho seguito il m-mio i-istinto, m-mi sono inventata la prima
cosa c-che mi p-passava p-per la testa… Ma mi sono messa u-una p-paura…” spiegò
lei.
“Eva, sei un genio” dissi con sincerità, anche se ero
spaventata a mia volta. Mi avvicinai e la abbracciai più forte che potevo,
accarezzandole il capo.
“Si, gliel’ho detto, non so come ringraziarla”
disse Giuseppe, mentre Andrea gli dava una pacca sulla spalla.
“Si, però anche tu sei un casinista!” lo
rimproverai. “Sempre a rimorchiare, sempre a metterti nei guai!” dissi
alterata, dato che lo spavento era ancora recente.
“Deb ha ragione devi mettere un po’ la testa a
posto, informati prima di provarci con una!” diede man forte Andrea, guardando
l’amico con severità.
Giuseppe annuì, e così ritornammo subito all’hotel,
dove ci fermammo nella nostra stanza a parlare.
“Mi credi se ho paura a lasciarti qui, lunedì?” dissi a Eva,
riferendomi al fatto che quel giorno io e Andrea saremmo tornati in Italia per
la cena con i nostri genitori, per comunicargli la nostra decisione circa il
matrimonio e saremmo tornati il martedì sera.
“Deb, piantala, non succederà nulla, promesso!” mi
rassicurò lei, più calma rispetto a prima.
“Ci penserò io a fare da bodyguard, lo giuro” disse
Giuseppe.
Sia io che Andrea li guardammo scettici, e lui si
difese dicendo: “E’ il minimo che posso fare, dopo quello che ha fatto
stasera!”.
Eva ridacchiò, togliendosi una ciocca riccia da
sopra le spalle. “Tranquillo, a me ci penserà Alessandro” esclamò entusiasta.
“Alessandro?” domandai curiosa.
“Si, un ragazzo che ho conosciuto stasera, è un
calciatore italiano che si è trasferito qui per giocare in una squadra
parigina, tutto qui… Mi ha invitato ad uscire ed io ho accettato...” spiegò
disinvolta, ma pur sorridendo raggiante.
“Ed è un tipo ok? Chi ci dice che non è un maniaco
assassino?” scherzò Andrea mentre io sgranavo gli occhi e mi ricordavo di
averla vista seduta a tavolino con un
ragazzo.
“Lo dico io” rispose lei con sicurezza, prima che
un sonoro “Biiip” la distraesse. Prese il cellulare e lesse velocemente un sms, sorridendo e rispondendo
subito.
“Poi mi spiegherai meglio” le imposi, con finta
aria offesa, e tutti scoppiarono a ridere, tranne Giuseppe che disse di essere
stanco e se ne uscì dalla stanza, sbattendo sonoramente la porta.
Secondo me i
sabati sera di Eva prima di conoscere Giuseppe erano molto più tranquilli, cosa
ne dite? Ma se fossi in lei starei attenta, dopotutto, chi va con lo zoppo
impara a zoppicare…
Ecco il
ritorno delle Anticipazioni ^^:
“Cercherò di indagare con
Giuseppe, ok?” disse Andrea.
_____________
“Oddio!”
esclamai, lasciando le valige ad Andrea e correndo incontro alla combriccola.
“Max!”.
_____________
“Debora,
cara, sei sempre più bella, sono sempre più convinto che quel teppista di mio
figlio non ti meriti” disse Giulio allegramente, fingendo un inchino.
_____________
“E poi anche
tu dovrai conoscere il resto dei miei familiari, e ti dico già di non spaventarti
quando mio cugino quindicenne cercherà di tastare il tuo sedere” ironizzò,
facendomi ridere.
_____________
“Parigi porta
bene, pare che lì lo scapolo d’oro dei Gold Boyz abbia trovato una nuova
fiamma. Speriamo solo che non si consumi troppo in fretta come al solito!”.
|
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Capitolo 10 *** L’Annuncio Della Buona Novella ***
L’Annuncio Della Buona Novella
Buon
sabato a tutti!
Non
voglio tediarvi con il brutto resoconto di questa settimana, per cui passerò
subito al sodo: ecco a voi il cap in cui Deb e Andrea diranno alle loro
famiglie che hanno deciso di sposarvi… Preparatevi per il prossimo in cui ci
sarà qualche istante di malinconia, ma di certo non negativa, tranquilli!
Grazie
mille a:
vero15star:
Tesoro mio! Quanto mi manchi! E’ davvero una vita che non parliamo su msn, che
tristezza… Tutta colpa di questa scuola del cavolo! E non abbiamo nemmeno
potuto scrivere altri cap alla nostra fic, sigh… A proposito, dobbiamo
aggiornarla, semmai ci mettiamo d’accordo tre secondi al riguardo, ok? Ti
voglio un mondo di bene!
Giulls:
Oilà, ecco il ritorno della mia cara Giulia! xD Tranquilla, i momenti difficili
capitano a tutti, anzi, è da apprezzare che tu abbia reagito così in fretta ^^
Riguardo Giuseppe ed Eva, cosa dire, la fine di questo cap dice tutto (ma non
proprio tutto tutto eh!) anche se ti dico di non cantare subito vittoria, ihih!
Un bacione, ti voglio bene!
Grazie
mille a tutti gli altri che hanno solo letto, inserito la fic tra i preferiti e
le storie seguite, a sabato!
la
vostra milly92.
Capitolo 10
L’Annuncio Della Buona
Novella
I genitori,
che strane creature che sono! Ti stupiscono quando meno te l’aspetti, ti
sgridando quando credi che vada tutto bene. E i fratelli? Complici di piccoli
segreti che vengono subito spifferati a mamma e papà quando non si ottiene ciò
che si vuole… Ma se i fratelli non conoscono questo segreto? Come reagiranno
nel venirne a conoscenza insieme ai genitori? Di certo, una cosa è sicura: la
sorpresa è assicurata e la festa non è guastata!
Il viaggio per ritornare in Italia fu
particolarmente rilassante, ma semplicemente perché dormii per quasi tutto il
tempo dato che ero abbastanza stanca. La sera prima ero andata a dormire alle
due e mezzo perché avevo fatto da spettatrice alla messaggiata infinita tra Eva
e Alessandro. Ovviamente ero crollata, tanto che mi ero addormentata nella sua
camera e Giuseppe aveva dormito da Andrea quando era ritornato, alle quattro e
un quarto del mattino. E il discorso ricadde proprio su di lui mentre eravamo
in aereo, dopo che mi fui svegliata.
“E’ strano, non lo capisco ultimamente! Non mi
sembra più Giuseppe, mi sembra Giuseppe Furia Del West” commentò preoccupato
Andrea, guardando il mare fuori dal finestrino.
“L’ho notato, sai? Non è più il Giuseppe placido e
tranquillo che ride anche se il mondo gli sta crollando addosso, subito scatta
su come una furia…” concordai.
“Forse l’esperienza di sabato lo ha segnato, ha
capito che deve riflettere bene prima di fare qualcosa” ipotizzò Andrea,
prendendo un giornale e sfoglia nolo a caso.
“In realtà io avrei un’altra ipotesi” dissi
lentamente, senza sapere come fare per esternare quel pensiero che mi
perseguitava dal giorno prima, ovvero dal momento in cui avevo scoperto
Giuseppe intento nel cercare informazioni su Alessandro nel sito ufficiale
della sua squadra di calcio. Per non parlare del suo odio aumentato di dieci
volte contro il calcio e i palestrati. Senza aggiungere il fatto che aveva
chiesto ad Eva di mettere il silenzioso al cellulare perché “tutti quei “Biiip”
gli davano fastidio e gli facevano venire l’emicrania”.
“E sarebbe? Vediamo se coincide con la mia” propose
Andrea divertito.
“Ok, ognuno dice la propria idea al mio tre”
stabilii.
Annuì, così dissi: “Uno, due e… tre…!”.
“A Giuseppe piace Eva!” dicemmo all’unisono, prima
di scoppiare a ridere per il tempismo perfetto e per la stessa pensata avuta.
“Lo hai pensato anche tu, eh?” domandò lui
beffardo, sghignazzante al massimo.
Feci un cenno affermativo con la testa. “Certo!
Chissà perché, la botta gli è venuta proprio quando è spuntato Alessandro… Come
si dice, l’amore non è bello se non è litigarello!” sghignazzai a mia volta.
“Si, ma, a parte questo… Cosa ne pensi di Eva?
Cioè, proverebbe un minimo interesse secondo te?”.
“Non lo so” ammisi. “Non fa che pensare ad “Alex”! Ma lei si è sempre messa con
quelli con cui inizialmente non andava molto d’accordo…”.
“Cercherò di indagare con Giuseppe, ok?” disse
Andrea. “Dopotutto, mi piacerebbe se succedesse qualcosa con Eva, lei si che
sarebbe capace di fargli mettere la testa a posto” .
“Mmm. Forse hai ragione, chissà” dissi. “Indagherò
anche io, ok?”.
“Ok!”.
L’aereo atterrò alle dieci e mezzo, recuperammo i
bagagli e, con grande sorpresa, notammo che all’entrata dell’aeroporto di
Fiumicino c’erano Rossella, Pierre, Niko, Eliana e Stella.
“Ragazzi!” esclamai radiosa, avvicinandomi e abbracciandoli uno ad uno, valige
permettendo.
“Ehi, sposina!” mi accolse Rossella, trattenendomi
a sé più del dovuto.
“Ancora congratulazioni!” dissero Eliana e Niko
al’unisono, mentre Stella diceva: “Zia, zia, io posso fare la damigella?
Daaaai!”.
“Ma certo, piccolina, vieni qua, abbraccia la zia!”
la rassicurai, dato che mi era mancata davvero tanto in quei pochi giorni.
Saremo ritornati a casa con l’auto di Niko per quel
che sapevo, ma restai sorpresa nel vedere altre due macchine.
Non ebbi il tempo di dire nulla né fare qualche
osservazione che, oltre a Daniele e Sabrina, vidi Max, Beatrice e Manuela
vicino una Punto blu, che parlavano animatamente con l’altra coppia.
“Oddio!” esclamai, lasciando le valige ad Andrea e
correndo incontro alla combriccola. “Max!”.
Lui si girò, e appena mi riconobbe fece
l’occhiolino e allargò le braccia.
“Deb! Congratulazioni! Ho saputo del matrimonio!”
esclamò abbracciandomi e sollevandomi quasi da terra.
Annuì, mostrando l’anello, prima di salutare
Beatrice e Manuela. “E voi piuttosto? che ci fate qui?” domandai, salutando
anche Daniele e Sabrina.
“Siamo venuti per comprare la casa” spiegò lui.
“L’avevamo trovata già su Internet, l’abbiamo visitata e ci è piaciuta molto”.
“Auguri per la casa, allora” disse semplicemente
Andrea mentre abbracciava sia lui che la moglie.
“Ormai tutte le persone a cui voglio bene sono a
Roma” decretai mentre eravamo in macchina, diretti verso casa mia.
“Si, infatti. Come sta Eva?” domandò Eliana
cordiale.
“Bene, bene, si è trovata un ragazzo con cui
uscire” sentenziai rapidamente, visto che mia madre mi stava chiamando.
“Scusate. Pronto? Mamma?”.
“Deb, tesoro! Sei arrivata?” domandò mia madre con
una voce particolarmente squillante.
“Si, sono in auto, sto andando a casa…” risposi.
“Oh, noi arriveremo a Roma verso le cinque,
tranquilla. Siamo curiosissimi di sapere cosa dovete dirci” disse subito.
“Eh, lo scoprirete stasera” dissi, sentendomi quasi
male come ogni volta che mi ricordavo di dover dare loro la fatidica notizia.
“Ok, ok, ci vediamo dopo, tesoro, ti salutano papà
e tuo fratello!” mi salutò.
“Ricambia, un bacio” risposi, staccando subito.
Giunsi a casa dieci minuti dopo, e mentre Andrea
posava i bagagli a casa sua, diedi una rapida sistematina all’appartamento. Più
che altro spolverai visto che la casa era in ordine, e restai sorpresa quando
alle due bussarono alla porta.
Erano Rossella e Eliana, con in mano due enormi
buste del supermercato e un paio di vassoi. “Abbiamo immaginato che potesse
farti comodo una mano” spiegò quest’ultima con un sorriso.
“Si, dopotutto è una cena importante…” concordò
Rossella.
“Ragazze, grazie,mi avete salvata in calcio
d’angolo!” esclamai sollevata, quando constatai che in un vassoio c’erano le
lasagne e nell’altro la parmigiana. “Ma non dovevate…”.
“Zitta, ora pensa a fare il dolce e il contorno con
noi!” mi zittì Eliana. “E poi devi ancora spiegarci cosa state combinando a
Parigi!”.
Annuii, e iniziai a spiegare un po’ la situazione
generale, descrissi dettagliatamente il momento della proposta di Andrea, della
suite, dei piccoli litigi tra Dante e Natascia per la passione di lei per lo
shopping, di Giuseppe che aveva rischiato di essere aggredito, di Eva che
usciva con Alessandro…
Così, alle cinque meno un quarto era tutto pronto,
ossia avevamo preparato una gigantesca torta ai frutti di bosco e gli involtini
primavera con tanto di insalata di verdure per contorno.
Le due se ne andarono, emozionate quanto me per
quello che mi aspettava, così corsi subito a farmi una doccia e a prepararmi
per l’arrivo delle due famiglie.
Indossai un abito blu notte a bratelline molto
semplice, legai i capelli in una coda e mi truccai, sentendomi sempre più
agitata.
Andrea arrivò per le cinque e un quarto, vestito
molto elegantemente con un completo grigio, e vedendomi fece una faccia
compiaciuta.
“Preparati alle lodi infinite di mia madre e al suo
urlo di gioia quando gli diremo la notizia” mi avvertì ironico, baciandomi la
mano con fare elegante. “Sei davvero bellissima”.
“Ma piantala, sembra che tu mi stia corteggiando
per la prima volta…” lo rimproverai affettuosamente, mentre mi stringeva a sé.
“Per me è sempre come il primo giorno, ricordalo”
mi ricordò. “E la partenza per Parigi è posticipata di un giorno, perché domani
faremo una gita particolare, a Napoli” dichiarò, all’improvviso più serio.
Lo guardai senza capire, curiosa. “A Napoli?”
domandai.
“A Napoli” confermò senza aggiungere altro, e stavo
per fare qualche domanda per saperne di più quando bussarono al citofono,
facendomi sobbalzare.
“Oddio, oddio, oddio!” urlai, iniziando a tremare
come una foglia.
“Shh! Ricorda, aprirò io il discorso, prima del
dessert, ok?” mi ricordò rapidamente, prima di rispondere al citofono.
Aggiustai le decorazioni sulla tavola, mi guardai
in un vassoio d’argento, tolsi un residuo di non so chè da sopra la tovaglia,
prima che Andrea mi bloccasse le braccia.
“Piantala, staserà nessuno ci ammazzerà,
tranquilla” borbottò.
“Si, ma mi ammezzerò da sola se il cuore continua a
battermi così forte” lo rimbeccai.
Driiiiin.
Trattenni a stento l’ennesimo urletto, e Andrea mi
trascinò con sé verso la porta. Aprimmo, e ci trovammo davanti le nostre
famiglie, più sorridenti e agghindate che mai.
Mia madre e quella di Andrea se ne stavano davanti
a tutti, affascinanti nei loro completi eleganti nonostante avessero ormai,
rispettivamente, cinquanta e cinquantasei anni. Dietro di loro, mio padre e suo
padre, fecero un cenno amichevole e, infine, mio fratello completava il
quadretto insieme alla sorella di Andrea, Vittoria, lui più alto che mai e
stranamente a suo agio in pantaloni scuri e camicia bianca e lei sempre in tiro
in un abito molto elegante rosso, con i capelli scuri come quelli di Andrea
raccolti in una crocchia e gli occhi vispi truccati alla perfezione.
“Mamma, Elisa!” esclamai, finendomi serenissima e
abbracciandole. “Papà, Giulio, Dario, Vittoria! Come va?” domandai, lasciando
le due ad Andrea e abbracciandoli.
“Debora, cara, sei sempre più bella, sono sempre
più convinto che quel teppista di mio figlio non ti meriti” disse Giulio
allegramente, fingendo un inchino.
“Oh, sono cinque anni che lo penso anch’io” se ne
uscì papà.
Lo guardai male, e lui rise, riabbracciandomi. “Ci
caschi sempre! Sai che per me l’unico difetto di Andrea è che non gli piace il
calcio!” esclamò.
“Se vuoi, posso farmelo piacere, Claudio, per
Debora questo ed altro” rispose Andrea giulivo, ricevendo una pacca enorme
sulla spalla da mio fratello.
“Andrea, tutto ok? Come sono le francesi?” gli
domandò sarcastico, lanciandomi uno sguardo ammiccante.
“Bellissime, Dà, stupende” rispose lui, fingendosi
davvero ammaliato.
“E devi vedere i francesi, fratellino!” esclamai
con aria vendicativa.
“Oh, si, quelli sono magnifici, e specialmente
quello con cui Deb sta uscendo al momento…” mi diede man forte Vittoria,
mettendomi un braccio sulla spalla.
Tutti scoppiarono a ridere, ma nonostante ciò io
sentivo un macigno incombere sulle mie spalle e farsi sempre più pesante mano a
mano che la cena iniziava e proseguiva.
Andrea parve capire, perché ogni tanto mi lanciava
occhiate per invitarmi a stare tranquilla, in particolare nei momenti in cui me
ne stavo zitta e non partecipavo alla conversazione.
Infatti, quando mi ero alzata per servire il secondo,
mi aveva raggiunto in cucina con la scusa di prendere una nuova bottiglia di
vino. “Stai tranquilla, per l’amor del cielo! Ma non li vedi? Saranno
felicissimi quando glielo diremo!” mi aveva detto.
“Lo so, lo so, ma non riesco a stare tranquilla…”
dissi, rassegnata.
“Se ti dico che annuncerò che a settembre andrò
allo stadio con tuo padre ti tranquillizzerai?” azzardò, un po’ ironico, un po’
serio.
“Oh, sai quanto me ne frega del tuo rapporto del
calcio!” sbottai a bassa voce. “Scusami,
ma dirglielo vorrà dire espandere la notizia a tutta la famiglia, ricevere
telefonate, e magari pretenderanno che andremo da loro per presentarti…” .
E li capii qual era in realtà il mio problema. Non
mi andava di far sapere questa cosa in giro perché la mia famiglia, in
particolare quella dalla parte di mia madre, mi avrebbe assalita. Già
immaginavo zia Michelangela, quella che più aveva fatto i salti di gioia
sapendo che stavo con uno dei membri delle sue band preferite, rapirlo appena
lo avrebbe conosciuto e mettermi in imbarazzo… Oppure zia Laura, che dopo le
presentazioni di sicuro gli avrebbe chiesto cosa ne pensava di “Uomini e
Donne”, “Cento Vetrine” e “Beautiful” e lo avrebbe giudicato in base all’esito delle sue
risposte… E la nonna Antonietta? Di sicuro avrebbe iniziato a parlare in
dialetto e a mettermi ancora più in imbarazzo!
“E allora?” domandò tranquillamente lui, come se
non vedesse l’ora.
“E allora c’è che molti dei miei familiari mi
metteranno in imbarazzo, non li conosci, ed è meglio così…” spiegai.
Lui fece una risatina, e mi mise una mano sulla
spalla. “Credi che possa giudicarti male per la tua famiglia?!” disse, come se
non credesse alle proprie orecchie. “Amore, stiamo insieme da secoli, come
potrei mai cambiare opinione su di te? Purtroppo nessuno di noi può scegliersi
la famiglia in cui nascere...” spiegò.
Sospirai, un po’ più confortata dalle sue parole.
“E poi anche tu dovrai conoscere il resto dei miei
familiari, e ti dico già di non spaventarti quando mio cugino quindicenne
cercherà di tastare il tuo sedere” ironizzò, facendomi ridere.
Così ritornammo in cucina, con la scusa che non
trovavamo la bottiglia di vino.
Continuammo la cena, e infine, fin troppo
rapidamente per i miei gusti, giunse il momento del dessert.
“Deb, se vedi com’è carina Clara, la ragazza di
Dario!” stava dicendo mia madre deliziata.
“Si? Assomiglia a tua sorella, Dario? Perché se non
è così non ti autorizzo a starci ancora insieme…” aveva risposto ironicamente Elisa,
bevendo un sorso di vino.
Io e Andrea ci guardammo, e lui annuì. Sospirai
lentamente, mentre lui prendeva la mia mano e si alzava, esortandomi a fare lo
stesso.
Ubbidii, giusto in tempo per sentirlo dire:
“Ehm,scusate, ma io e Deb dovremmo dirvi una cosa”.
Subito la loro attenzione si concentrò su di noi, e
mi sentii arrossire violentemente oltre a tremare come una foglia.
“Vorresti dire il motivo di questa cena?” domandò
Giulio.
“S-Si” risposi subito, stringendo ancora più forte
la mano di Andrea.
“Vi ascoltiamo” dissero in coro i miei genitori.
Andrea annuì, e continuò a parlare. “Vedete, ormai
io e Debora stiamo insieme da quasi sei anni, e durante il mio ultimo tour, in
sua assenza, ho avuto modo di riflettere…” iniziò.
“Si, ed è
giunto ad una conclusione che… Che io comunque speravo che traesse già da un
po’, dato che lo sapete, Andrea è l’unica persona che abbia mai amato per
davvero” continuai, arrossendo ancora di più dato che a quelle parole mio
fratello fece una faccia da ebete, Vittoria sorrise e Elisa annuì
impercettibilmente, con l’aria di chi sta seguendo la più appassionante delle
telenovele.
“E quindi, beh, a Parigi, una settimana fa...
Abbiamo deciso di sposarci!” terminò Andrea, e nel momento in cui disse quelle
parole sentii l’ennesimo macigno dire addio al mio stomaco.
Le reazioni furono molteplici: mio fratello scoppiò
a ridere, Vittoria urlò e corse ad abbracciarci come una furia,dicendo: “Oddio,
che bello, saremo davvero cognate!”, mia madre ed Elisa restarono prima
immobili per poi abbracciarsi a vicenda, Giulio ironizzò: “Oh, e non mi hai
chiesto la mano di mio figlio?” e mio padre parve più sollevato che mai, ed io
non capii perché.
“Perciò, Claudio, vorrei chiederti la mano di
Debora e, soprattutto, chiedere la vostra benedizione” disse Andrea
tranquillamente, anche se un po’ emozionato.
“Certo, Andrea” rispose lui radioso, prima di
alzarsi e abbracciarci entrambi, seguito a ruota dagli altri.
“Tesoro, che bello, finalmente vi sposate!” esclamò
mia madre con le lacrime agli occhi.
“Debora, cara, non sai quanto sono felice!”
dichiarò Elisa senza smettere di stringermi e piangendo contemporaneamente.
“Non sapete quanto lo sono io” risposi più serena,
dopo aver mostrato l’anello. “E comunque la data è stata fissata per il 15
gennaio, così avremo tutto il tempo di organizzarci appena finirà il tour, a
fine agosto”.
“Bel colpo, cognatino!” sghignazzò mio fratello ad
Andrea, prima di dargli una pacca sulla spalla e voltarsi verso di me. “Loro si aspettavano ben altro…” ci
informò.
“E cioè?” domandai.
“Di diventare nonni tra nove mesi, ecco perché papà
si è evitato un infarto, sai come la pensa” spiegò con nonchalance, facendomi
rimanere di sasso.
“Allora gli è andata bene” mormorò Andrea, ma non
capii se fosse ironico o sarcastico.
Scrollai le spalle, ripensando a tutti quei
pregiudizi, anche per il fatto che papà aveva accettato con difficoltà il fatto
che abitassi da sola qui a Roma a nemmeno due metri di distanza dalla casa del
mio ragazzo.
Vecchie
mentalità antiquate! pensai, prima di servire il
dessert tra la gioia generale.
“Allora a settembre vi aspettiamo a Maddaloni, eh,
Andrea deve conoscere tutta la nostra famiglia!” disse mia madre a fine serata,
mentre Andrea e i suoi ritornavano a casa sua.
“Certo, faranno lo stesso con la nostra” stabilì
Elisa.
Fu così che andai a dormire con quella particolare
prospettiva quella sera, ma mi consolai pensando che avevo tutta l’estate da
passare con Andrea e gli altri in giro per la Francia.
I miei e mio fratello si fermarono a Roma, dormendo
da me, e si sarebbero fermati per un’altra settimana, così lasciai loro il
doppione delle chiavi di casa.
“E’ tutto ok,
gliel’abbiamo detto e hanno avuto un’ottima reazione!” scrissi ad Eva, ma non
ebbi alcuna risposta.
Mi preoccupai, ma trovai una possibile risposta
l’indomani, mente ero in auto con Andrea e ci stavamo dirigendo a Napoli per la
sua fatidica sorpresa.
Avevo comprato una rivista e in copertina non
c’erano nient’altro che Giuseppe e Eva, incollati per le labbra in un bacio
mozzafiato con sotto il titolo: “Parigi
porta bene, pare che lì lo scapolo d’oro dei Gold Boyz abbia trovato una nuova
fiamma. Speriamo solo che non si consumi troppo in fretta come al solito!”.
Restai basita, senza saper cosa pensare, quasi come
se non credessi ai miei occhi.
Di certo in un giorno di assenza le cose si erano evolute di un bel po’…
E invece, ora
la sorpresa è stata guastata dai giornalisti, che hanno preso un po’ la parte
dei fratelli spioni che rivelano ai genitori un atto di cattiva condotta
dell’altro fratello pur di ottenere un po’ di subdola vendetta. Ma può
definirsi un bacio un atto di cattiva condotta? Un bacio non era “l’apostrofo
rosa tra le parole t’amo”? Eppure non esageriamo, è estate e la primavera è
passata, per far sbocciare un ti amo ce
ne vorrà di tempo, almeno altre tre stagioni da quel che sembra…
Qualche Anticipazione:
Aveva sempre avuto una
particolare tendenza a stuzzicare Andrea nella rubrica del giornale di cui
faceva parte.
_________________
“E vabbè,
tanto lo so che ti fa piacere essere apprezzato per queste tue qualità, come
tutti gli uomini! E poi fai anche il gelosone con Alberto…!” sbottai.
_________________
Il mio cuore accelerò i
battiti per l’emozione quando riconobbi la porta, il colore dell’edificio…
_________________
“Ci siamo conosciuti qui, ricordi? Ti presentasti tu
per primo” dissi con un filo di voce, avvicinandomi ai fornelli.
_________________
“Si, l’unica differenza è questo” rispose, indicando
l’anello di fidanzamento e alzando la mia mano, in modo che si vedesse nel
riflesso dello specchio.
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Capitolo 11 *** Flashback ***
Flashback
Ciao
a tutti!
Aggiorno
un giorno prima perché sono uscita prima da scuola, grazie alle quattro ore di
sostituzione che avevamo. E pensare che
il prof che si è assentato oggi doveva interrogarmi in letteratura latina,
grazie a cui ho passato una notte quasi insonne…
Vabbè,
disastri a parte, volevo dirvi che questo cap è un po’ corto perché ci sono dei
flashback della storia precedente che occupano gran parte del contenuto,ho
pensato di inserire alcune vecchie scene proprio per fare una bella ripassatina
e farvi ragionare un po’ sul cambiamento di Deb e sul suo modo di vedere le
cose. Io ho sentito una stretta al cuore rileggendo, non so a voi che effetto
farà! ^^
Grazie
mille a:
Giulls:
Carissima! Mi fa piacere che ti sia piaciuto il cap… Eh si, il padre di Deb è
così, ma dopotutto, chi non sarebbe geloso e un po’ apprensivo nei confronti
della propria figlia scrittrice che abita lontano da casa ed è in stretto
contatto con il proprio ragazzo, che per di più è un famoso cantante? xD Grazie
mille tesoro, sei sempre gentilissima, ti voglio tanto bene! ^^
vero15star:
Tesoro, tutto bene? Anche io il pomeriggio non ho mai tempo di stare al pc a
causa di questa scuola del cavolo, mi avevano detto che il terzo anno sarebbe stato ancora
più duro dei precedenti, ma non credevo fino al punto di stressarmi al 101%...
Ma comunque a giugno avremmo tutto il tempo per parlare e raccontarci tutto,
oltre che a scrivere il cap 14, eheh! E riguardo Eva e Giuseppe… Storia d’amore
in stile Deb e Andrea? Chissà, per ora le cose non saranno così facili!Ti
voglio un mondo di bene! ^^
Aggiornerò
mercoledì,
la
vostra milly92.
Capitolo 11
Flashback
Ah, il passato…!
Incancellabile e onnipresente nella vita di tutti noi. Si può dire che pensiamo
più al passato che al futuro in certi momenti, ma di certo questo non è il
casino dei nostri sposini, che non riescono a
far altro che pensare alla loro futura vita coniugale. Ma non è mai
detta l’ultima parola…
Andrea bloccò l’auto appena vide la rivista e si fermò a scrutarmi come se io fossi la
responsabile di quella foto.
“Ma sei pazzo?
Meno male che non c’è nessuna auto in giro!” esclamai impaurita per la
brusca frenata, guardandomi intorno e respirando a fatica per la paura.
“Scusami, ma... Ti rendi conto? Cioè, non capisco…”
disse senza parole, davvero preso dalla notizia.
“E lo dici a me? Ieri Eva sarebbe dovuta uscire con
Alessandro!” gli ricordai. “Non capisco, dopotutto il loro famoso odio
perdurava ancora quando ce ne siamo andati…” ammisi senza sapere cosa pensare.
“Odi et amo
diceva Catullo” affermò, prima di passarmi la rivista. “Comunque, ne
riparleremo stasera, quando li incontreremo” stabilì, riferendosi al fatto che
avremmo preso l’aereo per Parigi alle sette e un quarto.
Annuii, leggendo la rivista per distrarmi, e
arrivata a pagina 12 mi bloccai per l’indignazione, emettendo un mezzo ringhio.
“Cosa c’è?” domandò Andrea, mentre uscivamo
dall’autostrada.
“Te lo dico io cosa c’è… Qui c’è il giudizio sulle
star italiane, e ci sei anche tu…” iniziai spazientita.
“Giudizio? Che tipo di giudizio?” domandò
incuriosito, guardando qualcosa nello specchietto retrovisore. “Pirla, le
frecce le usano gli Indiani, eh!” urlò contro ad un autista che ci aveva
sorpassati girando a destra, totalmente indignato, e ridacchiai. “Scusami, a
volte mi domando dove certa gente abbia preso la patente. Dicevi, amore? Che
tipo di giudizio?” domandò nuovamente.
“Bellezza, sensualità…” iniziai ad elencare,sempre
più disturbata ora che l’attimo di ilarità era passato. “E su di te, la cara Irene Massa dice: “Andrea Romani si può dire il più sexy della
sua band, i Gold Boyz, anche perché è il più giovane e “ben fornito” a mio
giudizio. Alto più di un metro e ottanta, fisico abbastanza palestrato, va
sempre in giro con una misa da bravo ragazzo, ma nessuno di noi ragazze può
negare che non rappresenterebbe il nostro sogno erotico. Fortunata la sua
storica ragazza, la scrittrice Debora Di Bene, e non posso consigliarle altro
che stare attenta perché un sex simbol del genere di certo non potrà restare
sempre tra le sue grinfie!”. Ma ti rendi
conto?” esclamai con voce isterica, gettando il giornale sul sedile
posteriore.
Irene Massa era un’attrice/giornalista di
ventisette anni che negli ultimi anni aveva avuto un particolare successo dopo
aver fatto da velina in un programma di successo, ed è inutile dire che fosse
il prototipo della ragazza perfetta con i suoi capelli biondi, gli occhi verdi
e la taglia 40. Aveva sempre avuto una particolare tendenza a stuzzicare Andrea
nella rubrica del giornale di cui faceva parte.
Andrea restò inizialmente basito, prima di scuotere
il capo. “Amore, non la pensare. Se vuoi dopo chiamo alla redazione e li
informo delle nostre nozze, così vediamo come resterò tra le tue grinfie”
ironizzò.
Sbuffai, ancora imbronciata. “Mi dà fastidio,
quella ti ha sempre fatto il filo e ho sempre fatto finta di nulla...
Addirittura dire che sei il sogno erotico di tutte le ragazze e che dovrei fare
attenzione a non lasciarti scappare! Come se ci volesse lei a ricordarmelo! Ma
perché non si cerca anche lei un ragazzo invece di rompere l’anima alla povera
gente?!” mi arrabbiai, arrossendo come
una matta per l’ira.
Andrea si distrasse un attimo dal volante per
prendermi la mano. “Piantala, sai che sei l’unica che ha già realizzato e che
potrà continuare a realizzare questo famigerato sogno erotico e che non me ne
fuggirò da un momento all’altro” tentò di rassicurarmi, cercando di risultare
ironico, ma non fece altro che stizzarmi
ancora di più.
“E vabbè, tanto lo so che ti fa piacere essere
apprezzato per queste tue qualità, come tutti gli uomini! E poi fai anche il
gelosone con Alberto…!” sbottai.
Udendo quel nome si fece improvvisamente serio.
“Almeno lui non va a dire in giro che…” continuai,
ma lui mi zittì.
“Hai ragione, amore, non ci scherzo più, promesso!”
disse subito, comprendendomi e continuando ad essere serio. “E comunque dopo
andiamo un po’ alla redazione del giornale, voglio davvero dire che ci
sposeremo, in un certo senso baratteremo questa notizia in modo che non ci
disturberanno più in Francia. Cosa ne pensi?” propose, cercando di cambiare
argomento.
“Se questo basterà per starcene in pace…” risposi,
scrollando le spalle, tanto prima o poi si sarebbe saputo ed era meglio dirlo
di nostra spontanea volontà che far diffondere notizie in stile matrimonio a
Las Vegas.
Mezz’ora dopo arrivammo a Napoli, parcheggiammo la
macchina e Andrea mi condusse verso un edificio senza dirmi cosa fosse e cosa
aveva in mente.
Fu così che restai pietrificata quando riconobbe
dove ci trovavamo: davanti a me non avevo nient’altro che l’entrata del famoso
loft in cui, quasi dieci anni prima, avevamo coabitato durante “Music’s
Planet”.
Il mio cuore accelerò i battiti per l’emozione
quando riconobbi la porta, il colore dell’edificio… Non era cambiato nulla,
quasi quasi mi aspettavo di vedere spuntare la famosa BMW che ci portava sempre
in giro da un momento all’altro.
“Andrea, ma questo è il loft! Il nostro loft!” esclamai.
“In carne ed ossa” disse, contento per la mia
reazione. “Dopotutto ci siamo conosciuti qui, volevo rivisitarlo con te dopo
tanto…” spiegò.
“Ma non è stato ristrutturato?” domandai, visto che
ci avevano abitato i cantanti delle altre edizioni.
“No, nelle cinque stagioni successive il loft è
stato cambiato, non ricordi che ne avevano scelto un altro più grande dove i
cantanti stavano divisi per categoria?” mi fece notare.
“No, non l’ho più guardato, mi sentivo male nel
rivedere quei luoghi, quei momenti…” ammisi. “Ma allora siamo stati fortunati
noi, che tristezza essere divisi per categoria!” aggiunsi più allegra, cercando
di dimenticare quel momento di malinconia.
“Infatti. Iniziamo il giro turistico?” mi invitò.
“Certo che si!” esclamai. Lo seguii, varcando il
portone d’entrata che conduceva al giardino sentendomi quasi come molti anni
prima. Fu un’emozione grandiosa, specialmente quando ripensai a tutte le
emozioni che avevo vissuto lì: le attese, le delusioni, le gioie, la gelosia,
la confusione… Per un breve istante mi domandai dove fossero finiti tutti quei
sentimenti, se fosse servito a qualcosa provarli, ma quando Andrea riprese la
mia mano per condurmi nel loft mi dissi che ne era assolutamente valsa la pena.
Prese un mazzo di chiavi e aprì la porta, e vedendo
quella scena mi venne in mente la fatidica sera di quattro anni prima in cui mi
aveva condotto in quella casetta sulla spiaggia. Sorrisi, per poi sentirmi
quasi mancare l’aria nel momento in cui la porta si aprì e mi ritrovai
nell’ingresso del loft. Le mura candide, il divanetto in cui spesso mi ero
addormentata…
Mi voltai a destra, e vidi i mobili rossi e bianchi
della cucina, con tutti i vecchi sgabelli. Subito ci entrai, seguita a ruota da
Andrea, e mi venne in mente il momento in cui ci eravamo conosciuti, proprio in
quella stanza.
“Ciao, io sono Andrea dei Gold Boyz,
piacere!” disse velocemente un ragazzo sulla ventina, molto alto, con i capelli
scuri caratterizzati dalla cosiddetta cresta ed un sorriso voluminoso.
“Ci
siamo conosciuti qui, ricordi? Ti presentasti tu per primo” dissi con un filo
di voce, avvicinandomi ai fornelli. “E qui ti aiutai a cucinare la pasta…”
continuai, invasa da numerosi ma piacevoli flashback.
“Oh, aspetta, bisogna abbassare il gas”
disse allarmato, parandosi dietro di me e girando il pulsante. Rimase così,
affacciato sulla mia spalla e appoggiando innocentemente una braccio vicino
alla mia vita, vedendo come cucinavo,e alla fine decise di girare il sugo
insieme a me. Sarà stata la temperatura dei fornelli, chissà, eppure quei gesti
mi fecero sentire febbricitante e con il viso in fiamme.
“Ok, ora devi mettere la pasta a
bollire” gli ricordai mentre l’acqua bolliva da chissà quanto.
“Oh, giusto, scusami” si scusò,
allontanandosi e prendendo la busta di pasta.
Andrea
annuì, con un sorriso quasi ebete dipinto in volto. Mi abbracciò da dietro e mi
condusse vicino la tavola, intatta, senza niente sopra. “E qui ti invitai a
venire con me alla festa…” mormorò baciandomi una guancia e continuando ad
abbracciarmi.
“Si…
Ricordo perfettamente tutto…” dissi, chiudendo gli occhi e rivivendo quella
scena.
“Stasera
balli con me?” chiese poi, aumentando la presa e avvicinandosi ancora di più al
mio viso.
Probabilmente si aspetta qualcosa dopo quello che gli
ho detto ieri… Fu la prima cosa che
pensai.
Terminai di
apparecchiare, mentre lui aspettava la risposta, e alla fine mi decisi a
rispondergli. Mi girai, trovandomi faccia a faccia con lui.
“Come mai già
me lo chiedi?”.
“Non vorrei
che qualcuno alias Niko o Daniele te lo chiedesse prima di me… Come te, ho
promesso a Max che sarei uscito da questo loft senza rimpianti, e andarmene
senza aver passato una serata in tua compagnia per me rappresenterebbe un
enorme rimpianto” spiegò.
“Io, si, ok…”
affermai, decisa a non rinunciare a quell’occasione, prima di separarci visto
che si sentivano delle voci vicine.
“Fu
una serata magnifica” dichiarai. “Guarda quanti ricordi abbiamo solo in cucina!
Ma voglio vedere le altre stanze” aggiunsi, ora che l’emozione era diminuita e
mi sentivo di nuovo in confidenza con quel luogo.
Ci
dirigemmo in salotto, e lì feci finta di non ricordare che era proprio lì che
avevo dormito con Niko per ben due volte, oltre al fatto che era in quella
stanza che avevo letto l’invito per partecipare ai provini di quel film. I
divani enormi erano ancora al loro posto, ma non erano più rivestiti in pelle
bianca, bensì con un copri divano blu e oro.
Ci
dirigemmo fuori al balcone che si affacciava sul giardino, prima di andare in
quella che era stata la mia stanza per ben due mesi.
“Ricordo
quando ti venni a svegliare dopo che facemmo la nottata dietro a Niko, quando
non stava bene. Sembravi una bambina particolarmente affascinante” sghignazzò
mentre passavo una mano sulla scrivania,senza trovarvi nemmeno un po’ di polvere.
Annuii,
prima di dire: “Andrea, ma è troppo strano, qualcuno ci ha abitato qui? Perché
è strano, sono passati quasi dieci anni ed è tutto pulitisismo…”.
Lui
si passò una mano tra i capelli, prendendo tempo. “Vedi, in realtà lo comprai
sette anni fa per pochissimi soldi, ci ero troppo affezionato, ed ora ogni
tanto viene la donna delle pulizie a pulire” ammise. “E vorrei venirci con te
ogni tanto”.
Lo
guardai sbalordita. “Tu hai comprato il loft?” domandai incredula.
“Si,
dopotutto questo è il luogo in cui ci siamo conosciuti e, ti ripeto, ci sono
affezionato…” ribadì.
Non
dissi nulla,stranita, prima di avvicinarmi alla parete di fronte a me per
controllare se c’era ancora la scritta che scrissi il giorno in cui
abbandonammo il loft. Era ancora lì, un po’ sbiadita, notai compiaciuta ed
emozionata.
“E ho guardato dentro un'emozione
e ci ho visto dentro tanto amore che ho capito perché non si comanda al
cuore. E va bene così… Senza parole…”.
Mi
sedetti su quello che era stato il mio letto, ed Andrea mi seguì a ruota.
“E’
stupendo, la scritta è ancora lì” dissi, prima di avvicinarmi e baciarlo. E, di
nuovo, l’ennesimo flashback si impadronì della mia mente, un flashback in cui
ci eravamo appena chiariti circa la bellissima serata passata insieme e ci
eravamo messi insieme.
Poco dopo ci
ritrovammo sul mio letto, ancora abbracciati, mentre ci sorridevamo come dei
bambini e lui giocava con i miei ricci.
“Posso farti
una domanda?” feci, voltandomi dalla sua parte, ritrovandoci faccia a faccia.
“Tutto quello
che vuoi”.
“Da quando è che io ti… piaccio?”.
“Mi piaci per
davvero dalla partita” spiegò. “E sappi che martedì ti avevo riconosciuta, sapevo che eri tu e non Rossella, volevo
avere un pretesto per poterti stringere a me” aggiunse.
Alzai
lo sguardo e notai il nostro riflesso nello specchio di fronte. “Siamo identici
a nove anni fa, no?” mormorai solare.
Lui
si alzò a sua volta, osservando il nostro riflesso. “Si, l’unica differenza è
questo” rispose, indicando l’anello di fidanzamento e alzando la mia mano, in
modo che si vedesse nel riflesso dello specchio.
“Giusto”
asserii sorridendo, prima di fargli segno di alzarci e di continuare il tour.
Andammo
nella stanza che Niko e Max avevano condiviso, prima di andare nella sua e del
resto dei Gold Boyz.
“Ricordi
quando compisti sedici anni ed io ti organizzai quella sorpresa, nonostante me
lo fossi dimenticato?” ridacchiò, ritornando
a stringermi.
“E
chi se lo dimentica” risposi, lasciandomi prendere dai ricordi.
“Non me
lo so spiegare”.
“Anche io non
me lo so spiegare” dissi.
“Cosa?”
“Il fatto che
mi stai regalando un bellissimo compleanno senza saperlo…” risposi, decidendo
di sputare il rospo. Era vero, involontariamente mi aveva fatto quella
bellissima sorpresa.
Andrea si
alzò di botto, prendendo l’orologio digitale dal comodino e controllando.
01 Giugno
2008, 05:03.
“Oddio,
amore, scusami, non sapevo fosse il primo giugno!” si scusò, più pallido che
mai, mentre si buttava una mano sulla fronte come a volersi dare dello stupido.
“Buon compleanno!” esclamò, prendendo una delle rose e porgendomele.
Ma la cosa più bella fu rivedere l’altalena a
dondolo su cui ci eravamo baciati la prima volta, dopo la famosa festa.
Mi sentii la pelle d’oca, e restai impalata a
contemplarla. All’improvviso mi sembrava sera, e quasi riuscivo a sentire le
note delle canzoni che provenivano dalla sala festa mentre noi ci eravamo
isolati.
“Fu davvero una serata magnifica” decretò, quasi
come se mi stesse leggendo nel pensiero.
“Si, una delle più belle della mia vita, e la cosa
più bella è che quasi non mi sembra passato tutto questo tempo” dissi, sempre
più commossa.
“Ma la cosa più bella è che noi siamo ancora
insieme nonostante tutto,e lo saremo per sempre” disse, prima di fare un giro
per tutto il giardino.
“Ti ricordi la partita?” domandai, sentendo che le
risate non avrebbero esitato ad uscire nel momento in cui avremmo iniziato a
ricordare tutti gli eventi di quella partita di calcetto a cui avevo
partecipato insieme agli altri concorrenti.
“Si, feci anche goal e lo dedicai a te, la mia
cheerleader preferita…” ricordò nostalgico.
“Forza Andrea, forza Andrea, sei tutti noi!”
urlai fuori dal coro, facendomi avanti ed arrossendo come una pazza.
Notai Niko e
Max guardarmi, mentre Andrea riusciva a riconquistare la palla come una furia e
si avviava verso la porta, contro Amedeo che faceva da portiere.
“… Ed è forse
grazie al commento e all’incoraggiamento di una delle cheerleaders che Andrea
riesce ad avviarsi vicino la porta, scartando Dario e Francesco… E’ vicinissimo
alla meta… Il portiere lo segue con lo sguardo, tira… La palla sembra… Ma no, è
goal! Goal!”
Esultammo di
gioia e le ragazze ripetettero il mio slogan, mentre tutti abbracciavano Andrea
per il goal fatto e Niko sputava per terra. Mi voltai e vidi che Andrea mi
stava venendo incontro, stringendomi a
sé e alzandomi quasi da terra. “Grazie per l’incoraggiamento, è dedicato a te
questo goal” mi sussurrò all’orecchio, baciandomi una guancia ed allontanandosi
continuando a guardarmi. Mi sentivo così stordita che non mi ero nemmeno resa
conto del fatto che mi aveva bagnata con la sua maglietta sudata.
“A quei tempi ti piaceva il calcio” decretai.
“No, mi piaceva giocare, non sono mai stato tifoso”
precisò.
Feci un piccolo cenno, e dato che la visita era
terminata, facemmo un ultimo giro per il loft prima di uscire e ritornare in
macchina.
Andrea si presentò alla redazione del giornale che
aveva scritto quelle cose su di lui e che aveva fotografato Eva e Giuseppe, che
per fortuna di trovava proprio a Napoli, e parlò con il direttore, e per
fortuna riuscì a convincerli di lasciarci in pace in Francia “vendendo” la
notizia delle nostre nozze.
“Tanto prima o poi lo avrebbero scoperto” si
giustificò.
“Si, ma ora non pensiamoci, anzi, pensiamo al terzo grado da fare a Eva e Giuseppe!” gli
ricordai, tra il serio e divertito mentre facevamo il check in.
“Ma certo! E guarda il alto positivo… Se stanno
davvero insieme, beh, avremo più tempo per starcene da soli!” sghignazzò lui, e
mi lasciai scappare un sorriso. “Di certo quelli fotografati non erano le loro
controfigure…”.
Purtroppo per noi, non potevamo sapere che le cose
sarebbero state ben più complicate….
Abbandonarsi
ai ricordi è bello, eppure alla fine bisogna sempre ritornare al presente e
pensare al futuro, con supposizioni e idee circa ciò che ci succederà a breve.
E il bello è che non è mai nulla come crediamo…
Qualche
Anticipazione:
“Allora?
Dovete dirci qualcosa?” iniziai impaziente, visto che non ci stavo capendo un
bel niente ma i fatti sembravano parlare chiaro.
_______________
“E tra parentesi, io continuavo a dirle che la
squadra di cui Alessandro diceva di far parte non esisteva” aggiunse
Giuseppe,ma Eva gli fece cenno di zittirsi.
_______________
“Poverina”
mormorò Ada accarezzandole i capelli. “Anche la mia famiglia ci restò male
quando venni fotografata con Francesco la prima volta”.
_______________
“Tu cosa
vuoi?” domandai.
“Tornare ad
odiarlo” rispose.
_______________
“Eva,
finiscila per favore…” dissi con veemenza, cercando di riprendere la bottiglia
mentre lei ci si attaccava nuovamente.
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Capitolo 12 *** Lui, Lei, L’Ex ,L’Altro E La Cow Girl ***
Lui, Lei, L’Ex ,L’Altro E La Cow Girl
Hello
to everybody!
Come
va?
Ecco
a voi questo cap incentrato molto su Eva e Giuseppe… Cosa avranno combinato in
assenza di Andrea e Deb? E’ tutto come sembra?
Riguardo
una delle frasi finali in francese, è orribile, lo so, ma non ho mai studiato
francese e mi sono aiutata con il dizionario simultaneo, quindi già vi dico
che il risultato è pessimo.
Grazie
mille all’unica anima pia che ha recensito, Giulls ( uccidere Irene? Magari,
solo che poi Andrea dovrebbe sposare una donna carcerata… xD Hai visto come è stato
dolce a comprare il loft? ^^ Ti voglio bene!).
So
che siete tutti impegnati in questi giorni a causa della scuola, c’è stato un
forte calo di recensioni, quindi spero che tra qualche settimana continuerete a
farmi sapere cosa ve ne sembra di questi cap, mi mancano molte le vostre
recensioni divertenti/indignate/spassose!
A
sabato,
la
vostra milly92.
Capitolo 12
Lui, Lei, L’Ex ,L’Altro E La Cow Girl
C’è un
particolare detto che dice che un uomo solo e' sempre in cattiva
compagnia. Voi cosa ne pensate? A me sembra una sciocchezza, ma forse,
applicato a quello che sta succedendo a due dei componenti dell’allegra
combriccola parigina, beh, è azzeccassimo. Eva e Giuseppe sono entrambi soli,
sembra strano perché sono persone magnifiche, socievoli e bla bla bla a detta
di tutti, ma pur di colmare questa solitudine qualcuno di loro ha accettato di
frequentare persone poco raccomandabili e raccomandate, secondo me. Ovviamente
non lo sapeva,certo, ma questo è solo un piccolo dettaglio che non fa una
grande differenza…
Io e Andrea arrivammo a Parigi alle nove e mezzo, e
non trovammo nessuno dei nostri nell’hotel. Così, dopo aver sistematole valigie,
avevamo cenato nell’hotel e ci eravamo sistemati nella hall a fare il sudoku
allegato al giornale che avevo comprato, giusto per ammazzare il tempo e per
non pensare al ritorno di Eva e Giuseppe e alle valanghe di domande che gli
avremmo fatto.
“Secondo me li vedremo entrare abbracciati” aveva
scommesso Andrea, e non ci credetti finchè non vidi quella scena con i miei
stessi occhi due ore dopo.
Eva e Giuseppe entrano nella hall aggrappandosi
l’uno all’altra, prima di fermarsi e scoppiare a ridere. “Ti giuro, stavo
morendo dalle risate, sei stato unico!” disse Eva.
“Anche tu sei stata fantastica” rispose Giuseppe
sorridendo, prima che si abbracciassero automaticamente.
Io e Andrea ci affacciamo dal divanetto, mentre
quest’ultimo gongolava per la felicità, e Giuseppe si staccò immediatamente
quando ci vide da sopra la spalla di Eva.
Le fece segno in nostra direzione, e lei si voltò,
prima di sorridere e raggiungerci, trascinandosi Giuseppe.
“Allora? Dovete dirci qualcosa?” iniziai
impaziente, visto che non ci stavo capendo un bel niente ma i fatti sembravano
parlare chiaro.
“Oh allora avete saputo!” sghignazzò Eva radiosa.
“Le notizie corrono veloci!”.
Restai lievemente accigliata. Quella non era
assolutamente mia cugina, no. Probabilmente qualche alieno l’aveva rapita e
aveva lasciato sulla terra una sua copia molto Giusepposa.
“Si, abbiamo saputo, ci è quasi venuto un infarto”
rispose Andrea. “Ma l’importante è che va tutto bene”.
“Ma certo, tranquillo, è tutto ok!” rispose
Giuseppe sorridendo e battendogli una mano sulla spalla.
Mi sentivo quasi svenire. No, non poteva essere,
quei due che una settimana prima avevano fatto un casino per il semplice fatto
che dovevano condividere la stanza non potevano essere gli stessi che mi
stavano davanti.
“Mi fa piacere” esclamò Andrea, abbracciando
improvvisamente i due. “Vedi che avevo ragione, amore?” domandò.
Eva mi guardò improvvisamente, incredula. “Non ci
credevi?” fece, quasi offesa.
“No” ammisi.
“Eh, nemmeno io credevo che quello stronzo sarebbe
arrivato a tanto, sai? Ma qui non ci si finisce mai di stupire” disse con
l’aria di chi la sapeva lunga.
Io e Andrea la guardammo senza capire, sorpresi
dalla ultima informazione.
“Chi stronzo?” domandammo all’unisono.
Giuseppe parve sorpreso come Eva. “Come chi
stronzo? Davide, il suo ex, no?” domandò lui come se fosse la cosa più logica
del mondo.
Inutile dire che guardai Andrea senza capire.
“Non capisco” dicemmo nuovamente all’unisono.
Ora erano Giuseppe ed Eva ad essere sensibilmente
confusi.
“Scusate, ma a voi cosa vi riferite?” chiese Eva
impaziente, cercando di cogliere il senso del discorso.
Sbuffai impaziente, avvicinandomi al tavolino e
prendendo la rivista. “A questa, no?” domandai, esibendo la copertina.
Le loro espressioni tramutarono, da confuse
divennero orripilate e imbarazzate.
“Fammi capire, avevate capito che ci eravamo messi
insieme?” domandò Giuseppe mentre Eva mi strappava la copertina dalle mani e
fissava la foto come tramortita.
“Si” rispose Andrea dispiaciuto, vista che stava
per scomparire il sogno della sua scommessa vinta.
“Ma no! Assolutamente no!” urlò Eva, gettando la
rivista per l’aria, mentre qualcuno si voltava verso di noi.
“E chi sono quei due, scusate? Le vostre
controfigure?” domandai allusiva, decisa a scoprire la verità una volta per
tutte.
Scossero la testa, imbarazzati.
“Venite in camera, ne parliamo lì” ci invitò
Giuseppe, facendoci segno di seguirlo. Per tutto il tragitto restammo in
silenzio, finchè non giungemmo nella
loro stanza e ci accomodammo sul divano, guardandoli con la solita aria impaziente.
“Allora?” feci.
Eva sospirò, sedendosi su una sedia e guardandoci
fisso. “Ricordate il mio appuntamento con Alessandro, no?” iniziò, mentre
Giuseppe si appoggiava ad un mobiletto e si preparava a qualche eventuale
intervento.
Annuimmo, incitandola a continuare.
“Così ci siamo incontrati, abbiamo parlato e siamo
andati in un ristorante di lusso. Vedevo che lui ogni tanto mandava qualche
sms, preoccupato, e quando è andato in bagno ho deciso di leggere i messaggi
del suo cellulare perché mi stavo davvero scocciando, pensava avesse un
appuntamento con qualcun'altra, ma ho scoperto di peggio: che era stato inviato
da Davide per spiarmi e per sapere dove alloggiavo, per fare una specie di
sabotaggio o cose simili” spiegò sotto i nostri sguardi allucinati.
“Che cosa?” domandò Andrea incredulo, spalancando
la bocca.
“Ma con chi stavi, Eva? Un criminale?” sbottai,
sentendo il cuore battere più forte.
“Più o meno” rispose Giuseppe. “E lei subito mi ha
chiamato, dicendomi di raggiungerla perché voleva andarsene, ma alla fine
abbiamo deciso di stabilire un piano per farlo allontanare”.
“Ovvero, avrei detto a Alessandro che ero uscita
con lui solo per ripicca verso il mio ragazzo che mi aveva lasciata da sola, ma
che non ce la facevo a tradirlo e così l’ho lasciato nel ristorante, uscendo, e
trovandomi avanti Giuseppe, e a nemmeno venti metri, Davide che mi guardava…”
continuò, e qui arrossì di brutto. “E così mi sono buttata addosso a Giuseppe e
l’ho baciato per far capire a Davide che non aveva più speranze. Ha sempre
detto che mi avrebbe lasciato in pace solo se mi sarei messa con un altro
perché…”.
“Voglio solo
la tua felicità” lo scimmiottò Giuseppe. “Noi sapevamo che c’erano dei
giornalisti con lui, ma non dei fotografi, e così siamo andati al consolato
italiano poco fa e abbiamo deciso di denunciarlo per violazione della privacy e
danni psichici” qui ridacchiò, indicando Eva. “E’ stata bravissima a fingere di
essere in crisi a causa sua”.
Eva sorrise e scrollò le spalle. “Tutto è bene quel
che finisce bene, anche perché l’ho avvisato sul numero di Alessandro”.
“E tra parentesi, io continuavo a dirle che la
squadra di cui Alessandro diceva di far parte non esisteva” aggiunse
Giuseppe,ma Eva gli fece cenno di zittirsi.
Io e Andrea non potemmo far altro che sorridere
davanti a quella scenetta.
Si si, un
uomo solo è sempre in cattiva compagnia, ma secondo me un uomo solo è anche una
cattiva compagnia. Attenzione, Eva, perché stare in compagnia di un uomo solo
non ti porterà molti benefici…
“Mamma, quella sul giornale non ero io, lo vuoi
capire si o no? No! E’ una modella che mi assomiglia molto, giuro… Ma certo che
non vado in giro a farmi fotografare con Giuseppe, pensi sia cretina? Per chi
mi hai presa? Si, si, lo so! Lo so! Cosa? Zia Laura era contenta? Non me ne può
fregar di meno…”.
Io, Ada e Natascia guardavamo la povera Eva
sommersa dalle telefonate il giorno dopo.
I ragazzi erano usciti per un’intervista e noi eravamo rimaste in hotel
a prendere il sole sul balcone della stanza di Ada e Francesco.
“Cosa? Ma sei pazza? E poi non sono affari tuoi! Ho
ventisei anni, cavolo, potrei anche andare a Las Vegas e sposarmi lì con il
primo che capita, capito? Si, si, lo so che ho la specializzazione, che ti
credi? Lo so, uffa! E piantala! Papà? No, non dirmi che si è incazzato!” la
implorò lei, accasciandosi su una sdraio e guardandoci preoccupate.
Scambiai un’occhiata d’intesa con le ragazze e mi
decisi ad intervenire. “Eva, vieni, mi serve una mano!” urlai, e Eva mi guardò
con aria grata.
“Scusa mamma, Deb mi sta chiamando, le serve una
mano, ciao!” staccò subito, prima di sussurrare un grazie e stendersi sulla
sdraio con le mani tra i capelli.
“Poverina” mormorò Ada accarezzandole i capelli.
“Anche la mia famiglia ci restò male quando venni fotografata con Francesco la
prima volta”.
“Si, ma tu ci stavi con Francesco, io non sto con
Giuseppe!” sbottò Eva.
“Purtroppo loro non possono saperlo” ragionò Natascia, spalmandosi un po’
di crema abbronzante addosso. “A proposito, come bacia Giuseppe?” domandò con
un’aria che mi ricordava un po’ una cheerleader di un liceo americano particolarmente ochetta.
Eva arrossì di botto, mentre io e Ada ci voltavamo
a guadarla, curiose.
“Come volete che baci?” rispose. “Con la bocca,
come tutti gli esseri umani” disse evasiva, prima di alzarsi, indossare
rapidamente un prendisole e dire: “Vado in camera, non ce la faccio più”.
Le ragazze annuirono e ritornarono a prendere il
sole, ma io dopo un quarto d’ora la raggiunsi perché la vedevo troppo strana.
Forse voleva parlare, sfogarsi, avere qualcuno che l’ascoltasse.
Bussai alla sua stanza e mi aprì subito, con
indosso una vestina sportiva bianca. Quando notò che ero io fece una faccia
stranita.
“Oh scusa, pensavo fosse Giuseppe” si giustificò,
prima di invitarmi ad entrare.
“Ah. Credo che tornerà tra un’oretta… Sono voluta
qui per parlarti un po’” ammisi.
“Dimmi”.
“Vedi, è che ti vedo un po’ strana, cioè… Mi
dispiace per l’accaduto di Davide, avrei voluto esserci, aiutarti…” iniziai.
“Tranquilla, è tutto ok, davvero, mi ha aiutata
Giuseppe” rispose.
“Ecco, questo è un altro punto. Giuseppe. E’
da ieri che lo nomini ogni tre secondi”
osservai, prendendo posto accanto a lei e scrutandola mentre arrossiva di
nuovo.
“E’ una coincidenza” sbuffò evasiva, con la stessa
espressione con cui poco prima aveva risposto a Natascia.
Scrollai le spalle, senza sapere cosa fare. Di
certo non avrei potuto forzarla. “Ok, tranquilla, ma se vuoi parlarmi di
qualsiasi cosa sono qui” mormorai.
Restammo un po’ in silenzio, mentre lei sembrava
sul punto di sostenere una lotta contro se stessa, e feci per andarmene quando
lei mi trattene.
“E’ il modo in cui mi ha baciata, in realtà,che mi ha sconvolta e non faccio altro che
pensarci” disse infine, sussurrando quasi e diventando rosso pomodoro.
“Sarebbe?” domandai, voltandomi verso di lei, che
stentava a scegliere le parole giuste.
“Vedi, prima di baciarlo gli ho detto “Reggimi il
gioco, ti prego”, e ho letto una strana espressione sul suo volto,
all’improvviso è come se lo avessi visto disarmato dalla sua sicurezza. L’ho
baciato, imponendomi di sembrare entusiasta, di stringerlo davanti agli occhi
di Davide, ma mi è riuscito naturale. E quando mi sono staccata ci siamo
guardati negli occhi e lui mi ha ribaciata con un’intensità tale che ho sentito
i brividi lungo la schiena, mi ha stretto a sè come nei migliori film d’amore,
come se fossi l’unica persona al mondo di cui gliene fregasse qualcosa… Erano
rare le volte in cui mi ero sentita così” ammise infine, abbassando lo sguardo.
Restai un po’ basita, ma la abbracciai, sentendo
che c’era qualcosa di strano.
“Tu cosa vuoi?” domandai.
“Tornare ad odiarlo” rispose.
“Quindi vuol dire che…”.
“Non vuol dire niente, solo che sono confusa e che
ci sto pensando così tanto per il semplice fatto che era molto che volevo sentirmi
così tra le braccia di qualcuno” tagliò corto, improvvisamente inacidita,
alzandosi e affacciandosi alla finestra.
“Come vuoi. E pensare che io ed Andrea pensavamo
che fosse Giuseppe quello cotto di te” dissi, per stuzzicarla un’ultima volta,
ma lei non reagì, così la salutai e ritornai nella mia stanza, dove mi feci una
doccia, mi vestii meglio e scesi a pranzo.
I ragazzi tornarono verso le tre, ed io subito
raccontai tutto ad Andrea quello che mi aveva detto Eva.
“E’ strano, invece Giuseppe sembrava allegro e non
me ne ha proprio parlato” rivelò.
Mi buttai sul letto, scocciata. “Non ci capisco più
niente” ammisi. “Ma mi fa male il cuore vedere mia cugina così, non se lo
merita”.
“Lo so, hai ragione. Ma mi piacerebbe se succedesse
qualcosa tra loro due, sai?”.
“Diciamo che mi ero quasi abituata a quest’idea,
ieri sera” borbottai. “Il fatto è che Eva ha costruito una specie di muro, non
vuole più soffrire dopo Davide”.
Andrea annuì, stendendosi al mio fianco e
abbracciandomi. “E’ comprensibile” asserì, prima di baciarmi con slancio e
lasciando vagare la sua mano sotto la mia maglietta. “Quanto vorrei regalarle
almeno un pizzico della nostra felicità” continuò, mentre chiudevo gli occhi,
cercando di non rabbrividire.
“Hai ragione, ma ci riusciremo” affermai,
aggrappandomi alle sue spalle e lasciandomi cullare, dimenticando per un po’
quel problema.
Ma non servì a molto, visto che la sera dopo
eravamo punto e a capo.
Ci
preparammo per uscire, e aiutai Eva a scegliere cosa indossare dopo
averle lisciato i capelli nel modo migliore che potevo dato che c’era molto
umidità.
“Come sto?” domandò infine, facendo una sorta di
sfilata con un abitino azzurro chiaro e delle scarpe abbinate con il tacco
altissimo.
“Sei perfetta. Ma vedi di non trovarti un altro
Alessandro stasera” dissi scherzosamente per farle capire quanto stesse bene.
Lei sorrise, facendomi l’occhiolino. Sembrava
davvero felice.
“A cosa devo tutta questa gaiezza?” domandai.
Eva scrollò le spalle e continuò a sorridere mentre
si squadrava allo specchio.
Il programma della serata prevedeva la cena in un
locale scoperto da Dante e poi una passeggiata per il centro della città.
Una volta arrivati nel locale, che ricordava molto
un pub del far West con tanto di cameriere vestite da cow girls, ci sistemammo
ad un tavolo e cenammo tra le risate generali, visto che Ada si sforzava di
parlare il francese che aveva studiato alle medie e Francesco aveva cacciato un
libretto francese per turisti e si sforzava di leggere nel modo giusto. Alla
fine fu Andrea ad avere la meglio, dato che era laureato in inglese, spagnolo e
francese, ma Giuseppe ebbe la meglio in un altro senso: iniziò a parlare con
una delle cow girls che scoprì essere italiana e ci lasciò quando ce ne
andammo, dicendo che avrebbe aspettato che la ragazza finisse il turno per
uscire con lei.
“Eva, lascia la chiave sotto la porta, credo che
farò tardi” le disse prima di salutarci.
“Sempre se non me lo dimentico, in quel caso va a
dormire da quella” rispose acida lei,
stringendo i pugni, inalberandosi e guardandolo torvo e in quel momento l’avrei
tanto voluta applaudire.
“Ragazzi, io prendo un taxi, torno in hotel, mi fa
male la pancia, il cibo di quel locale deve avermi fatto male” ci disse subito
dopo, e restai a guardarla con il cuore in mano mentre si allontanava, dato che
sapevo che era stato qualche altra cosa a farle male, evidentemente piangendo.
La raggiunsi mezz’ora dopo, ed è inutile dire che
la trovai nella sua stanza ubriaca, con in mano una bottiglia di vodka mezza
vuota.
“Eva, oddio, butta via quella roba!” la ammonii
decisa e preoccupata, avvicinandomi e cercando di toglierle la bottiglia di
mano.
Lei
oppose resistenza e mi guardò come una serial
killer. “Je… Detestè cè excrement de
Giuseppe (io odio quella merda di Giuseppe) ” sibilò
convinta.
“Eva, finiscila per favore…” dissi con veemenza,
cercando di riprendere la bottiglia mentre lei ci si attaccava nuovamente.
“Non mi devi parlare in francese, capito?!” urlò, e
ciò bastò a farmi chiamare Andrea per chiedergli una mano e a farmi ricordare
cosa poteva creare l’amore non corrisposto.
Cosa avevo
detto? Ci sarà un motivo per cui a quasi trentadue anni è ancora single, Eva.
Lascialo perdere e cerca una compagnia migliore, dopotutto sei nella città
dell’amore!
Qualche Anticipazione:
“Tu Debora Di
Bene, vuoi prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Andrea Romani, prometti
di amarlo e onorarlo in tutti i giorni della tua vita, nella gioia e nel
dolore, nella salute e nella malattia, finchè morte non vi separi?” mi domandò
il sacerdote con aria solenne.
_________________
“Ehi, Niko, è
successo qualcosa?” domandai subito, preoccupata.
_________________
“Cosa? Ma noi
non ne sapevamo nulla! Perché non ce lo avete detto? Potevo tornare…” iniziai,
infervorata e preoccupata allo stesso tempo.
_________________
“Io non sto reprimendo niente di niente.
Queste cose non fanno per me, non sono mai stato fedele e non riuscirò mai ad
esserlo” mi interruppe serio e triste allo stesso istante.
_________________
“Hasuntorenessacomeattricelvideoclip”
disse tutto d’un fiato, prima che io lo guardassi confusa.
|
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Capitolo 13 *** I Sogni Non Son Desideri ***
I Sogni Non Son Desideri
Ciao!
Scusate
il ritardo ma ieri sono stata impegnata e non ho visto il pc nemmeno di
striscio.
Ecco
a voi questo cap in cui le cose saranno molto più movimentate…
Grazie
a mille a vero15star per aver recensito (tranquilla tesoro ^^ ma sappi che dal
10 giugno non avrai tregua, mi manchi troppo, ti voglio benissimo! ^^) e alle
new entry tra i preferiti. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate!
Nel
frattempo, vi invito a dare un’occhiata alla mia nuova fic nella categoria
Romantico, “La rivincita di Cenerentola”, che al momento va molto d’accordo con
il titolo di questo cap, ihih!
A
mercoledì,
la
vostra milly92.
Capitolo 13
I Sogni Non Son Desideri
La cara Deb
vi ha raccontato la sua storia a partire da quando aveva quindici anni e mezzo,
ma voi non siete curiosi di sapere com’era prima di quel fatidico 5 aprile?
Beh, so che morite dalla voglia di saperlo, e ringraziatemi visto che mi sono
informata e sono venuta a sapere
qualcosa di succulento… Sapete che era una piccola peste che non stava ferma un
attimo? Sapete che ebbe una crisi di gelosia alla tenera età di quattro anni per
la nascita del suo fratellino? Sapete che non le è mai piaciuto un ragazzo per
davvero fino a quasi tredici anni, per il semplice fatto che diceva che fosse
inutile visto che era sicura che avrebbe trovato l’amore a diciotto anni, come
sua madre, e che diceva che non si sarebbe messa con un ragazzo fino al quarto
anno di liceo? Ovviamente è tutta colpa della nonna con cui è cresciuta, la
quale gli ha inculcato queste idee ottocentesche, ma per fortuna si è ripresa.
Ma, tranquilli, Deb era anche un po’ più normale, perché aveva abitudini normali
come vedere “Sailor Moon” insieme ad Eva, e il suo cartone preferito era
“Cenerentola”. Eppure, ora qualcosa è cambiato, perché Cenerentola diceva che i
sogni son desideri, ma io non credo che Deb sia ancora d’accordo…
Le note della marcia nuziale si diffondevano per
tutta la chiesa mentre io avanzavo insieme a mio padre verso Andrea, bellissimo
nel suo smoking. Alla sua destra vi era
Eva con mio fratello, alla sua sinistra vi erano Giuseppe e sua sorella
Vittoria. Sorridevo felice, ogni passo mi sembrava durare un’eternità, ero
ansiosa di raggiungerlo e diventare sua moglie sotto gli occhi di tutti i
nostri parenti.
Mio padre mi stringeva il braccio sempre di più,
facendomi capire quanto fosse emozionato, e in prima fila vedevo mia madre che
già accennava qualche lacrimuccia insieme ad Elisa.
Piano piano, con una calma estenuante, raggiunsi
Andrea, e la marcia nuziale terminò. Mi baciò la mano mentre mio padre si
allontanava, e sorrisi felice come non lo ero mai stata.
Poco distante, Stella, che mi aveva fatto da
damigella, si sistemava sulla prima panca vicino a mia madre e preparava il
cuscinetto con le fedi che portò avanti quasi un’ora dopo, quando giunse il
fatidico momento.
“Tu Debora Di Bene, vuoi prendere come tuo
legittimo sposo il qui presente Andrea Romani, di amarlo e onorarlo in tutti i
giorni della tua vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia,
in ricchezza e in povertà finchè morte non vi separi?” mi domandò il sacerdote
con aria solenne.
“Si” risposi subito, per poi voltarmi verso Andrea.
Improvvisamente la scena cambiò, da protagonista
diventai spettatrice e vidi Andrea dire di sì ad una bionda tutta curve, mentre
lei rispondeva lo stesso e gli si gettava addosso, mentre tutti applaudivano,
io urlavo e nessuno mi ascoltava…
“Aaaargh!” urlai, aprendo gli occhi e
divincolandomi dalle braccia di Andrea.
“Amore, che succede?” sussultò lui, svegliandosi a
sua volta,ma prima che me ne rendessi conto gli diedi un lieve schiaffo.
“Oh” sussurrai con aria di supplica, mentre lui mi
guardava come se fossi impazzita.
“Si può sapere che succede?” domandò,
massaggiandosi la guancia.
Scossi il capo, disperata per quel risveglio tremendo
e per lo schiaffo immotivato. Cavoli, quel sogno mi era sembrato così reale…
“Amore, scusami, scusami!” lo supplicai,
accarezzandogli la guancia e baciandogliela ripetutamente. “Ho sognato che al
nostro matrimonio ti sposavi con una bionda dopo che io avevo detto “si”!” mi
giustificai.
Udendo quelle parole lui scoppiò a ridere, mente io
continuavo a coccolarlo per farmi scusare.
“Questo vuol dire che ci stavi pensando, alle
nozze” decretò deciso, mentre mi stendevo al suo fianco e mi accarezzava una guancia.
“Si, ieri ci stavo pensando particolarmente, sai,
ho visto dei vestiti da sposa con Ada, e così…” mi giustificai, accoccolandomi
di più addosso a lui e chiudendo gli occhi, cercando di dimenticare il sogno.
“E’ stato un vero e proprio incubo”.
“Amore, tranquilla, è solo un sogno” mi rassicurò.
“E piantala di fare questi sogni in cui sono sempre il cattivo della
situazione” sghignazzò, facendomi sorridere.
Il fatto era che spesso mi mancava a causa del
tour, specialmente ora che eravamo a Marsiglia; dopo i vari concerti io tornavo
in hotel e lui rientrava verso le tre quando gli andava bene, per questo forse
tendevo a fare strani sogni. Ormai giugno stava finendo, e a me il tempo
sembrava essere volato, forse per il semplice fatto che mi stavo divertendo.
Avevo anche iniziato a continuare il libro che stavo scrivendo, per la gioia di
Alberto che mi chiamava ogni tre-quattro giorni. E mi sentivo sempre più in
colpa nel comprendere che istintivamente stavo scrivendo la storia di Eva, la
stessa Eva che al momento era nel parco dell’hotel a fare fitness per diminuire
lo stress. Ormai lei e Giuseppe erano ritornati al rapporto odioso di un mese
prima, ma ciò non le faceva assolutamente bene.
Mi ridestai dai miei pensieri quando mi squillò il
cellulare, rivelando una chiamata da parte di Niko.
“Pronto?” feci, mentre facevo segno ad Andrea per
fargli capire chi fosse.
“Ciao, Deb” disse lui. La sua voce era mesta e
triste, oltre che preoccupata.
“Ehi, Niko, è successo qualcosa?” domandai subito,
preoccupata.
Lui esitò, prima di dire: “In realtà si. Eli ha
perso il bambino”.
Mi bloccai, incredula, sicura di non aver udito
bene. “Come?” domandai, sentendo qualcosa di molto pesante cadere sul fondo del
mio stomaco. “Ha perso il bambino?”.
Nel momento in cui pronunciai quelle parole Andrea
sgranò gli occhi, chiedendomi di mettere il vivavoce. Ubbidii,
preoccupatissima.
“Si, è successo tutto stanotte. Io ero uscito con
Pierre” spiegò, con la sua voce triste che mi metteva l’ansia ed accentuava la
mia preoccupazione.
“Ma che ore erano…?”.
“Le tre e mezzo” rispose, quasi vergognandosi.
“Stavamo giocando a biliardo e avevamo perso la cognizione del tempo… Lei ha
provato a chiamarmi quando non si è sentita bene e ha iniziato ad avere alcune
fitte, ma il cellulare non prendeva…”.
Si sentiva che ce la stava mettendo tutta per non
piangere , e a stento riusciva a controllarsi.
“Quando sono tornato a casa non ho trovato nessuno,
mi sono preoccupato e ho trovato un sms da Rossella che mi diceva che erano
all’ospedale e… E il bambino non ce l’ha fatta, sai, Eli già era in minaccia
d’aborto” ammise.
“Cosa? Ma noi non ne sapevamo nulla! Perché non ce
lo avete detto? Potevo tornare…” iniziai, infervorata e preoccupata allo stesso
tempo.
“Calma, Deb, non volevamo disturbare e poi Ross stava dando una mano!”.
“Ma perché non sei rimasto a casa con lei? Insomma,
è sempre un rischio lasciarla da sola fino a tardi con Stella…” continuai,
ostinata, visto che il suo comportamento non mi era piaciuto affatto. Nemmeno
un’adolescente si sarebbe comportato così, era da irresponsabili ritornare a
casa in piena notte con una moglie in minaccia d’aborto e una figlia di cinque
anni che avrebbe potuto causare qualche problema.
Lui fece una specie di ringhio. “Ti ci metti pure
tu?” sbottò, prima di staccarmi il telefono in faccia e lasciandomi totalmente
spiazzata.
Andrea mi guardò confuso, e provai a richiamare ma
lui non mi ripose.
“Ma è impazzito?” domandai.
“Secondo me si sente in colpa…” ipotizzò Andrea,
tentando di richiamare con il suo numero.
“E come minimo!” dissi.
“Oh, Ross, sei tu. Ah, ho capito. Ok. Sicura? Ah,
va bene, ciao” disse, quando gli risposero prima di staccare e sospirare. “Ci
richiama lei dopo, dice che Niko sta male, ed Eliana è sconvolta ed arrabbiata
con lui” spiegò preoccupato.
Annuii, sentendo la preoccupazione arrivare alle
stelle. Una mia cara amica aveva appena perso il bambino e litigato con suo
marito ed io non potevo aiutarla in nessun modo, non potevo darle nemmeno una
mano badando a Stella.
“Andrea, voglio tornare a Roma” ammisi, con gli
occhi lucidi. Quell’esperienza per Eliana doveva essere stata davvero
traumatica.
“Deb, non dire così, non servirà a nulla, ti
sentiresti solo di peso” tentò di farmi ragionare, facendomi segno di
avvicinarmi e stringendomi tra le sue braccia.
Non risposi, sentendo che comunque starsene fermi
in un momento simile era davvero difficile. Quella giornata era iniziata in un
modo davvero pessimo, mi dissi.
Oh, piccola
Cenerentola, di cosa ti lamenti? Ritieni di avere una vita perfetta, quindi
permetti che almeno nei sogni qualcosa ti vada storto… Ma, come si dice, il
buongiorno si vede dal mattino!
Quando dicemmo la notizia agli altri restarono
increduli e ci volle uno sforzo enorme per non farli chiamare per la
preoccupazione.
La giornata continuò lenta e noiosa, tanto che
accesi il mio portatile e continuai a scrivere un po’ del mio racconto, finchè
alle quattro non venne Eva nella mia stanza, che nell’ultimo mese era diventata
abbronzatissima e ancora più magra a furia di fare le sue corse chilometriche
sotto al sole “per tenersi in forma” come diceva lei, “per distrarsi dal
pensiero di Giuseppe”, dicevo io.
“Scrivi?” domandò, accomodandosi sul divanetto e
controllando qualcosa sul cellulare.
Feci un verso impercettibile per farle capire di si
e lei annuì. Restò in silenzio per qualche secondo, prima di dire: “Simon mi ha
invitata ad uscire” con una strana vocetta.
Mi voltai verso di lei, fissandola. Simon era un
ragazzo che aveva incontrato una settimana dopo la fatidica uscita in cui Giuseppe se ne era andato con la cow girl, e
Eva lo aveva sempre snobbato.
“E allora? Gli dirai di no, giusto?” domandai, con
una vena di preoccupazione.
Eva mi guardò come se stessi dicendo un’eresia.
“Perché dovrei? Guarda che gli ho già detto di si” rispose come se fosse una
cosa ovvia, e si precipitò a leggere un sms. “Ci vediamo alle otto, mi farà
chiamare lui dalla reception quando arriverà nella hall” mi informò dopo aver
letto l’sms, e in quel momento capii tutto.
Ecco spiegato l’arcano motivo, mi dissi. “Eva,
piantala, ho capito che vuoi far ingelosire Giuseppe portandogli il ragazzo con
cui uscirai proprio sotto al naso, ma se devi farlo, almeno fallo con uno
decente, non quel Simon” dissi senza preamboli, ricordando il modo assurdo in
cui si vestiva, il suo naso curvo e gli occhi minuscoli.
Udendo ciò Eva scattò su, offesa e potandosi le
mani ai fianchi. “Ma che ne sai tu?
Ma cosa stai dicendo? Io non devo far ingelosire nessuno!” urlò.
Sospirai, rassegnata, dato che ogni volta che
nominavo quel nome diventava paonazza. “Eva, a chi volete prendere in giro?
Dopo che quella sera l’hai lasciato fuori la porta avete iniziato a fare a gara a chi esce con più persone, guarda
caso portandovele fin dentro all’hotel per farle vedere all’altro…” tentai di
farla ragionare, ma lei scosse il capo, decisa.
“Io non voglio far ingelosire nessuno, se volessi
far colpo su di lui potrei anche fare a meno di queste sciocchezze. Sono libera
di fare quel che mi pare e piace, anche di uscire con un mendicante che non si
lava da tre settimane! E diglielo, a quel Giuseppe!” esclamò, prima di uscire
come una furia dalla stanza, sbattendo la porta.
Tre secondi dopo, ad entrare fu proprio Giuseppe, e
mi stupii che fosse ancora vivo e che avesse sopportato l’occhiata inceneritrice
che Eva di sicuro gli aveva lanciato.
“Ma che succede alla tua cuginetta?” domandò
ingenuamente, o forse così voleva sembrare. Si piazzò sul divano dove prima
c’era lei, e mi decisi a spegnere il portatile, sicura del fatto che non sarei
riuscita più a scrivere nulla.
“Dovresti saperlo tu, mio caro” gli risposi,
accasciandomi contro lo schienale della sedia e socchiudendo gli occhi. “Non ce
la faccio più”.
Lui scrollò le spalle, senza dire nulla.
“Sai che di me ti puoi fidare, che in tanti anni
sono sempre stata muta con una tomba e ti ho sempre coperto con i giornalisti,
il produttore, il vostro manager…” iniziai, ma lui subito mi zittì.
“Lo so, Deb, lo so. E allora? Cosa vuoi? Che ti
dica quel che provo, come mi sento…?” ipotizzò sarcastico.
Sbuffai, dicendomi che probabilmente non sarei
arrivata alla fine dell’estate se avessero continuato così. “Diciamo” ammisi.
“E allora, mi dispiace dirtelo, rimarrai a bocca
asciutta, perché non lo so nemmeno io. Non so come mi sento, cosa mi succede e
cos’è quella colpa che provo nella bocca dello stomaco ogni volta che vedo Eva
sbattere la porta in mia presenza o allontanarsi…” dichiarò con un filo di voce,
lasciandomi a bocca aperta.
Quello che avevo davanti non era assolutamente
Giuseppe che conoscevo, no, era un Giuseppe improvvisamente cresciuto, che
aveva una mano in fronte e lo sguardo preoccupato.
“Sai cosa vuol dire?” dissi lentamente, alzandomi
dalla sedia e sedendomi al suo fianco.
“Non voglio saperlo” rispose deciso. “Questo non
sono io. Sono sicuro che tornerà tutto come prima. E’ inutile farsi tante
paranoie per niente”.
Mentre parlava guardava fisso il muro di fronte a
lui, come se stesse cercando di convincere più se stesso che me.
“Ma la pianti di dire queste sciocchezze? Perché
devi reprimere qualcosa che…”.
“Io non sto reprimendo niente di niente. Queste
cose non fanno per me, non sono mai stato fedele e non riuscirò mai ad esserlo”
mi interruppe serio e triste allo stesso istante.
“Perché dici così? Se il tuo sentimento è sincero
non avrai problemi…” tentai di convincerlo.
Lui scosse
violentemente il capo. “Ma quale sentimento? Io non riuscirò mai ad amare
qualcuno, mai. Mi sento uno schifo” ammise, e in quell’istante mi sentii
sciogliere.
Quella era la vera persona che si celava dietro lo
stronzo strafottente che voleva essere. Una persona sensibile, dolce, che in
fondo ha un cuore enorme.
Lo abbracciai, vederlo così mi faceva stare davvero
male, e lui mi strinse forte a sé, quasi come se cercasse di colmare il vuoto
che quelle braccia sopportano da anni ed anni. “Deb, non ci capisco niente,
aiutami. Eva mi ha sconvolto la vita” ammise alla fine, e mi impedì di
staccarmi dall’abbraccio, forse per non farsi vedere in faccia. “Io… Non sono
più io dopo che mi ha baciato!”.
Esitai, sentendo una strana felicità emergere al
suono di quelle parole. Forse una parte di me davvero voleva che si mettessero
insieme.
“Vedi? Vedi che sei capace di amare? Perché dici
quelle sciocchezze?” lo rimbrottai, ma con un tono dolce. Alla fine ci
separammo, e guardandolo mi sembrava
improvvisamente diverso.
“Perché mi odia e fa bene. E so che rovinerei tutto
con una delle mie solite cazzate” spiegò.
“No, quando ci tieni ad una persona non faresti
nulla per perderla” dissi. “Se davvero ci tieni a lei cerca di riparare alle
stronzate che hai fatto, falle capire che di te si può fidare perché ci sta
davvero male, credimi, e l’unica spiegazione plausibile con tutto questo è che
anche lei ci tiene a te”.
Giuseppe sorrise, improvvisamente illuminato.
“Dici?”.
Annuii, sorridendo a mia volta. “Solo che lei è un
osso duro, ci metterà secoli per perdonarti, ma ne varrà la pena” spiegai.
“Ok, ok, ce la metterò tutta” promise entusiasta,
alzandosi e dandomi un bacio sulla guancia prima di uscire dalla stanza più
solare che mai.
Restai con il sorriso sule labbra per un po’,
finchè non mi decisi a ricominciare a scrivere e continuare fino alle sei, ora
in cui Andrea venne in camera con una faccia da funerale.
“Giuseppe si è deciso, ha capito di tenerci a Eva e
farà il possibile per farsi perdonare”
gli annunciai gettandogli le braccia al collo, ma mi allontanai vedendo
che sembrava tramortito. “Cosa è successo?” domandai.
In tutta risposta, si accasciò sul letto e sospirò.
“Ho una brutta notizia, spero solo che non te la prenderai” annunciò. “Sappi
che io non c’entro nulla”.
“Cosa hai combinato?”.
“Io nulla, è la casa discografica che ha…” iniziò,
prima di bloccarsi.
“Ha...?” domandai, pendendo dalle sue labbra.
“Hasuntorenessacomeattricelvideoclip” disse tutto
d’un fiato, prima che io lo guardassi confusa.
“Puoi parlare più lentamente?” gli domandai,
sedendomi al suo fianco e scrutandolo nervosamente.
Lui sospirò di nuovo, prima di dire, con la testa
bassa: “Allora, sai che a settembre dobbiamo girare il videoclip del nuovo
singolo, “L’abito bianco”, no?” .
“Si, certo, quello che parla delle nozze di
quell’uomo che il giorno del matrimonio se ne fugge con la sua amante di
sempre” dissi automaticamente.
“Ecco. Vedi, visto che io sono quello che canta in
maggior parte come solista, devo interpretare questo amabile sposo e…”.
“E…?”.
“E la parte dell’amante la deve fare… Irene Massa”
disse lentamente, scrutando la mia espressione.
Irene Massa. Irene Massa. La stronza che andava a
dire ai giornali che Andrea era il suo sogno erotico. Quella che diceva che
dovevo tenermelo stretto. L’idiota che lo perseguitava da anni.
E, d’un tratto, ricordai il sogno di quella notte.
La bionda a cui Andrea diceva di si.
“Cazzo. Devo fare l’indovina, a questo punto. Il
sogno di stanotte era un avvertimento a questa giornata di merda” sbottai,
alzandomi e respirando per calmarmi.
Andrea si alzò, raggiungendomi. “Amore, non sarà
nulla, stai tranquilla”.
“Come faccio a stare tranquilla mentre starai in
compagnia con quell’arpia?” sbottai infuriata. “L’ha fatto apposta, sono anni
che vuole conquistarti…”.
“In realtà c’è un’altra cosa che dovresti sapere a
questo proposito” ammise con la testa bassa.
“Cosa?” domandai, ormai pronta al peggio.
Si passò una mano tra i capelli, prima di dire:
“Vedi, Irene è una delle famose cinque ragazze che ho avuto prima che tu
venissi a Roma. Siamo stati insieme quattro mesi” e scrutare la mia reazione,
ovviamente ancora più infuriata.
“Che cosa? Lei è la tua ex? E dopo anni ora me lo
dici?!” urlai,sentendomi tremare tutta.
Ecco il motivo di tante zizzanie. Non lo voleva. Lo rivoleva. “Faresti meglio a compilare una lista di tutte le tue ex,
così mi eviterai tutti questi bei regali di Natale!” decretai, prima di uscire
dalla stanza, sbattendo la porta in stile Eva.
Oh, povera
Cenerentola! Non puoi pretendere di sapere tutto del tuo principe azzurro,
dopotutto tre anni di lontananza sono sempre tre anni e non è mica colpa sua se
non li ha passati chiusi in casa come te! E non puoi nemmeno biasimare Irene
per la sua passione verso Andrea, no? “Non disperare nel presente ma credi
fermamente che un giorno realtà diverrà” ti dico da buona fata turchina, anzi,
rosa!
Qualche
Anticipazione:
“Ma certo, in
quattro mesi vi siete detti solo poesie, vero?” lo provocai, ricordando il suo
rapporto con Rossella ai tempi di Music’s Planet.
_____________
“Deb, ma cos’hai?” esclamò Rossella
squadrandomi. “Sembri… Distutta...” osservò preoccupata.
_____________
“Sei
un’egoista, Eva, non puoi dire di non essere attratta da me!” stava dicendo
lui, ma Eva gli sbatté la porta in faccia e gli gettò il pigiama e lo
spazzolino.
_____________
“Ora non ci pensare più, io sono solo tuo, e
quell’anello lo può confermare” disse, baciandomi la fronte.
_____________
“Si, da
quando mamma stava male” rispose lei, prima di abbracciarmi. “Zia, mi dici che
succede? Perché mamma e papà non si danno più i baci?”.
|
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Capitolo 14 *** La Terza Guerra Mondiale ***
La Terza Guerra Mondiale!
Ciao!
Avete
finito la scuola? Io devo andarci fino al 9 dato che tutti i prof si sono messi
d’accordo per mettere i test negli ultimi giorni =(
Ma,
parlando del capitolo… Cosa succederà ora che Deb si è arrabbiata nera con
Andrea? E Niko e Eliana? Tornerà tutto normale o le due coppie saranno ancora
in guerra? E Eva e Giuseppe, cosa combineranno ancora?
Ve
lo lascio scoprire leggendo xD
Grazie
mille a vero15star per la recensione ( tesoro lo so che mi odi per il litigio,
ma cosa vuoi farci, quei due quando ci si mettono sono dei veri e propri
testoni… Non sai quanto mi manca scrivere con te e far combinare guai ai nostri
Blackout, ma tanto recupereremo! Ci sentiamo al massimo tra una settimana per
il cap 14, che dici? Tu quando finisci la scuola? Ti voglio bene!).
A
domenica,
la
vostra milly92.
Capitolo 14
La Terza Guerra Mondiale
La relazione
perfetta non esiste, si sa, in ogni storia d’amore ci sono sempre litigi e
incomprensioni. La nostra coppietta Deb-Andrea in quasi cinque anni ha litigato
trentadue volte, con un record di mezza giornata di litigio. I motivi?
Banalissimi, come ritardi sospetti, voci femminili dall’altro capo del telefono
e varie scenate di gelosia. Si, la gelosia è sempre stata l’unica pecca di
questo invidiabile rapporto. E per questo che Andrea non ha mai parlato della
sua relazione con Irene Massa? Per evitare che la bomba scoppiasse? Mi
dispiace, caro, ma grazie al tuo silenzio è scoppiata con un rumore dieci volte
più forte… Che la guerra abbia inizio!
Corsi per tutto il corridoio, prendendo l’ascensore
e impedendo ad Andrea di salirci, dato che mi stava inseguendo con un’aria
disperata. Quando arrivai nella hall,
vidi che mi stava aspettando con il fiato corto. Era stato un lampo.
“Non ho voglia di parlarti. Lasciami in pace e lasciami
sbollire” gli dissi, quando fece per aprire bocca, parandomi una mano davanti.
Lui scosse il capo, avvicinando e cercando di
prendermi le mani. Sbuffò quando non riuscì, dato che continuavo a
divincolarmi.
“Senti, non ti ho mai parlato di quelle cinque
ragazze e ho continuato a farlo quando Irene ha iniziato a infastidirci per non
darti nessuna preoccupazione, eri così felice per il libro, stavamo così bene…”
ammise.
Scossi il capo, dicendomi che quella volta avrei
resistito e non avrei ceduto subito. “La cosa che mi dà fastidio è proprio il
fatto che sapevi quanto mi disturbasse e non mi hai dato questa
spiegazione e me l’hai tenuta nascosta.
Cosa devo pensare? Che in fondo siete ancora in buoni rapporti? “ sbottai.
Andrea mi guardò con veemenza, dando un pugno
all’aria.
“Ti ho chiesto di sposarmi, Deb! Sai cosa vuol
dire? Che del resto della popolazione femminile di questa terra non me ne frega
nulla!” disse, riuscendo finalmente a prendere le mie mani e stringendole.
“A me frega che tu dovrai fare lo sposino con
quella in quel maledetto video! Non possiamo essere sicuri di nulla, chi mi
dice che non riuscirà a portarti di nuovo tra le sue grinfie dopo quello che
c’è stato tra di voi?”.
“Tra di noi non c’è stato niente…” iniziò.
“Ma certo, in quattro mesi vi siete detti solo
poesie, vero?” lo provocai, ricordando il suo rapporto con Rossella ai tempi di
Music’s Planet.
Mi guardò incredulo, sbuffando. “Ok, si, c’è stato
solo sesso tra noi, va bene? Vuoi capire che per me questa è la differenza? Con
te è stato tutto diverso, per la prima volta ho voluto aspettare, andare piano,
costruire la nostra storia pezzo dopo pezzo…” .
“E’ questo che mi preoccupa. Solo sesso. Mi hai
chiesto di aspettare per otto mesi, un motivo ci sarà. Lei ti attrae di più di
me, e non posso nemmeno darti torto. Per me provi il vero amore, ok, ma chi mi
dice che non riesca a far succedere qualcos’altro tra voi?” dissi lentamente,
ferita, dato che l’immagine di Andrea e Irene insieme era spaventosa.
Andrea continuò ad essere incredulo,e mi fermò per
le spalle, quasi indignato. “Sei impazzita? Tu mi hai sempre attratto, anche
quando avevi sedici anni! Ho aspettato perché…”.
“Non m’interessa, ti prego, ora lasciami, ne
riparliamo stasera” sbottai, riuscendo a divincolarmi dalla sua presa e uscendo
dall’hotel, incurante del fatto che non avevo né la chiave della stanza, né il
cellulare né il portafogli.
Non credevo sarebbe stato possibile avere un
litigio simile con lui, ma se ripensavo a lui e a quella insieme mi veniva una
grandissima voglia di piangere. Improvvisamente mi sentivo piccola piccola al
confronto con quella bionda ossigenata, e mi sentivo tradita dal fatto che
Andrea mi avesse tenuto nascosta quella verità per anni ed anni.
La paura che avevo provato in quell’incubo si era
impossessata di me era di nuovo viva nel mio cervello, e mi resi conto del
tempo che passava solo quando vidi che ormai era buio, così scesi dai gradini
della piazza di Marsiglia in cui mi ero rifugiata e decisi i tornare in hotel.
Quella sera avrebbero fatto un concerto nella
periferia della città, così mi dissi che me ne starei potuta stare in pace
nella mia stanza a riflettere, ma mi dissi di essermi sbagliata di grosso
quando nella hall mi ritrovai Eliana e Stella insieme a Rossella.
“Ragazze!” dissi, cercando di nascondere la mia
faccia con i capelli visto che probabilmente avevo il volto macchiato di
fondotinta per le lacrime. “Cosa ci fate qui?” domandai.
Eliana, pallida e ovviamente più magra dall’ultima
volta che l’avevo vista, scrollò le spalle. “Abbiamo cercato di avvisarti, ma
non rispondevi al cellulare” spiegò.
“Ah, il cellulare. L’ho lasciato in stanza” ammisi,
con la testa altrove. Mi era impossibile trovare una buona concentrazione al
momento.
“Deb, ma cos’hai?” esclamò Rossella squadrandomi.
“Sembri… Distutta...” osservò preoccupata.
Alzai le spalle, cercando di non rimettermi a
piangere.
“Ho avuto una discussione con Andrea, tutto qui”
risposi, continuando a fare i salti mortali per controllarmi.
“E come mai?” domandarono in coro, stupite.
“Ve lo dico dopo. Voi perché siete qui, invece?”
domandai, ansiosa di cambiare argomento per non pensarci troppo.
“Ho deciso di allontanarmi un po’ da Niko e godermi
le vacanze” disse mesta Eliana.
“Allontanarti?!”.
Eliana annuì tristemente, abbassando la voce per
non far preoccupare particolarmente Stella. “Così impara a stare un po’ senza
di me visto che a causa sua ho rischiato di brutto. Ho avuto un’emorragia che
poteva essere fatale oltre ad aver perso il bambino” spiegò. “E lui dov’era? A
fare l’adolescente con l’amichetto” aggiunse con voce amara.
“Non credo sia un problema per voi se vi seguiamo
nel tour, no?” domandò Rossella per cambiare argomento e far calmare Eliana.
Scossi il capo in un cenno affermativo. “E tu Ross?
Come mai l’hai seguita?”.
“Per solidarietà e poi anche io ho avuto una
discussione con Pierre, ma è tutto ok” rispose lei per rassicurarmi. Ma non lo
fece affatto, perché se lei diceva che tra lei e suo marito era tutto ok, per
Eliana e Niko non lo era affatto.
Salimmo nella stanza che avevano prenotato, e lì
gli spiegai il motivo del litigio che avevo avuto con Andrea.
“Capisco, ma secondo me dovresti perdonarlo, alla
fine ha mentito a fin di bene” disse Rossella mentre aiutava Eliana a sistemare
i bagagli ed io me ne stavo seduta con Stella in braccio che stava ascoltando
le canzoni di suo padre in un i-pod.
Scrollai le spalle, senza sapere cosa dire.
“Perché, secondo te a me fa piacere stare così? Secondo te non vorrei correre
al concerto e urlargli che l’ho perdonato?” sbottai.
“E perché non lo fai?” domandò Eliana con aria di
ovvietà.
“Voglio far si che capisca a fondo ciò che ho fatto
in modo che la prossima volta ci penserà due volte prima di tenermi nascosto
qualcosa”.
“Si, ti capisco” confermò Rossella.
Eliana si limitò a fare un cenno, prima di staccare
l’ennesima chiamata di Niko e sbuffare sonoramente, cercando di scacciare le
lacrime che cercavo di sgorgare dai suoi occhi.
Restammo così fino a mezzanotte, ora in cui uscì e mi
ritrovai davanti Giuseppe che supplicava Eva, la quale lo stava sbattendo fuori
dalla sua stanza.
“Sei un’egoista, Eva, non puoi dire di non essere
attratta da me!” stava dicendo lui, ma Eva gli sbatté la porta in faccia e gli
gettò il pigiama e lo spazzolino.
Lo guardai esasperata, dicendomi che non avrebbe
mai imparato. “Così non risolvi nulla. Prova in un modo più civile la prossima
volta” gli suggerii, prima di sobbalzare dato che mi ero trovata Andrea davanti
agli occhi che mi guardava preoccupato.
“Dove sei stata? Mi hai fatto preoccupare…” disse,
ma scossi la testa.
“Stasera dormo da Eva, così saprai anche dove
dormire, Giuseppe” gli dissi, ignorandolo anche se non avrei voluto far altro
che buttarmici addosso e piangere. Bussai alla porta di Eva, lei mi aprì ed
entrai, per poi abbracciarla e iniziare davvero a cacciare tutte le lacrime
represse.
“Deb, ma cos’hai?” domandò preoccupata, facendomi
sedere sulla poltroncina della stanza.
Mi ci volle un quarto d’ora per spiegare tutto, per
dirle quanto mi sentivo stupida nel voler prolungare quel litigio, e alla fine mi addormentai vestita di tutto punto. Quando
mi risvegliai e mi ricordai tutto quello che era successo mi alzai e andai in
bagno, dove restai per vari minuti a guardarmi allo specchio.
Il mio sguardo era smarrito e triste, e sembrava
solo voler riabbracciare Andrea. Così, decisa, subito mi lavai ed indossai
rapidamente dei vestiti di Eva dopo averle chiesto il permesso.
“Sapevo che non avresti resistito tanto” borbottò
soddisfatta lei, sorridendomi.
Le sorrisi di rimando, prima di ricordare che
Giuseppe aveva dormito nella mia stanza con Andrea. “E tu perché hai cacciato
fuori Giuseppe?” domandai, più curiosa
che mai.
Lei arrossì di botto, facendo uno strano gesto.
“Perché… Sono tornata dall’appuntamento e mi ha detto tante cose carine, ha
detto che si scusava, prima di baciarmi con insistenza ed io l’ho cacciato
fuori vista la sua maleducazione” spiegò con una falsa disinvoltura.
Feci una specie di risata in stile “Lo sapevo” e
lei mi guardò sospettosa. “Tu sai qualcosa” mi accusò subito, con una strana
espressione infervorata a allo stesso tempo curiosa.
“Io? No” dissi, facendo la finta tonta.
“Tu sai qualcosa” continuò sicura di sé e
puntandomi l’indice contro.
Sorrisi sorniona, facendo una faccia da bambina
dispettosa. “E anche se fosse? Visto che ti interessa?” domandai, quasi
entusiasta.
Ormai Eva era un peperone, si gettò sul letto e
sbuffò. “Va bene, ok, se non fosse stato così maleducato forse lo avrei
perdonato ma…”.
“Cosa provi, Eva? Sii sincera con te stessa come lo
è stato lui” dissi, questa volta con serietà.
Eva sgranò gli occhi, alzandosi di botto dal letto
e guardandomi.
“Ieri abbiamo parlato e mi ha detto che gli piaci
davvero Eva, che è pronto a cambiare per te, a innamorarsi, mettersi in gioco…”
la informai, e nell’istante in cui dissi quella frase lei parve sciogliersi
come un ghiacciolo al sole.
“Davvero?” domandò.
“Si davvero. E’ cotto, Eva, non ti resta che
concedergli una possibilità. Sempre se lo ricambi, ovvio” ma a stento finii la
frase perché lei mi gettò le braccia al collo e iniziò a fare una sorta di
danza.
“Non ci
credo, io… Avevo paura che mi prendesse per i fondelli, e invece…”
balbettò gioiosa.
“Allora? Ti piace?”.
Esitò prima di sorridere. “Si, da quando l’ho
conosciuto c’è sempre stata quell’alchimia tra di noi, e dopo l’episodio di
Alessandro ho capito di tenerci a lui… E l’ho capito ancora di più dopo essere
uscita con Simon” disse, per la prima volta felice e sincera.
“Perché?”.
“Perché mi fa schifo” sintetizzò. “Ma ora è meglio
sbrigarsi, ho una persona da perdonare. Ti va di chiamarlo e dirgli di venire
qui?”.
Annuii, così aspettai che si vestisse prima di
bussare alla porta della stanza di Andrea con un nodo in gola. Fu proprio
Giuseppe ad aprirmi, e gli sorrisi apertamente. “Ho una buona notizia”.
“E sarebbe?” domandò scettico.
“Eva ti perdona. Perciò, vai nella sua stanza che
te lo dirà di persona e tieni la lingua al suo posto per il momento” lo
avvertii, prima che lui mi abbracciasse per la gioia.
“Si, si, farò il bravo” promise.
“Davvero, Giuseppe, lei ci tiene a te, non farla
soffrire che sarò la prima a non appoggiarti più” lo ammonii seria, e lui annuì
deciso.
“Ma ora fai pace con Andrea”.
“Certo”.
Fece un ultimo sorriso radioso prima di lasciarmi
da sola. Entrai nella stanza, chiudendo la porta, e in quell’istante Andrea
uscì dal bagno, con indosso solo dei boxer neri.
“Oh, finalmente” disse serio e triste allo stesso momento.
Abbassai lo sguardo, prima di rialzarlo e
squadrarlo con decisione. “Scusami per stanotte ma volevo stare un po’ sola”
iniziai.
“Ti capisco. Ma, dimmi, a quale conclusione sei
giunta?” domandò, cercando di nascondere la preoccupazione.
“Che domanda idiota” dissi, cercando di sorridere e
avvicinandomi. “Sai che non riesco a essere arrabbiata per più di dodici ore
con te”.
Restai sbalordita quando lui non disse nulla, anzi,
fece la faccia più seria.
“Ho detto qualcosa che non va?” domandai, sentendo
un notevole groppo in gola.
“Ora no, ieri si” disse sempre più serio. “A volte
mi sembra che tu abbia una cattiva concezione di me, mi fai apparire come
quello che cerca solo notti di sesso occasionale” si spiegò, incrociando le
braccia.
Mortificata, abbassai lo sguardo, sentendo la voce
mancarmi.
“Io con te ho aspettato perché ho voluto farlo, e
non sai quanto mi è costato tutte le volte che dormivamo insieme, che ti vedevo
dormire tra le mie braccia…” mormorò. “Mi hai sempre attratto, invece con Irene
era una cosa abituale perché tra di noi non c’era niente per cui valesse la
pena stare insieme, nessuna passione in comune, niente di niente” sbottò.
“Andrea, scusami, io… Mi dispiace, non sai come mi
sento per averti detto quelle cose ma anche io mi sono sentita morire, lei è
così bella, mentre io so solo che senza te non valgo più niente, capisci? Io
non voglio perderti…!” dissi, cercando di non piangere nuovamente.
Mi sentii sollevata quando lui mi strinse a sé e mi
abbracciò con calore, facendomi perdere nel profumo della sua pelle e del suo
dopobarba.
“Ora non ci pensare più, io sono solo tuo, e
quell’anello lo può confermare” disse, baciandomi la fronte.
“Mi prometti che mi dirai tutto da oggi in poi?”.
“Si. E tu mi prometti che non dirai più quelle
cose, che non sarai così insicura e che soprattutto ti porterai il cellulare
dietro in ogni momento? Mi stavi facendo impazzire ieri” ammise.
“Si”.
Ci guardammo, sorridendoci, prima di baciarci
intensamente e finire sul letto che per una sera non mi aveva ospitato.
“Questi boxer sono di troppo” mormorai
maliziosamente mentre mi baciava il collo con una certa frenesia e faceva
vagare la mano sotto la maglietta per slacciarmi il reggiseno.
“Si, lo penso anch’io”.
Feci per stendermi su di lui quando iniziarono a
bussare freneticamente alla porta, facendoci sobbalzare e sbuffare allo stesso
tempo.
“Zia, zio, mi aprite?” urlò la voce di Stella.
“Devo farvi vedere la mia nuova bambola di Bloom e anche quella di Flora!”.
Andrea, rassegnato, prese rapidamente dei pantaloni
e una maglia e andò in bagno mentre io mi sistemai e aprii la porta, trovandomi
davanti la bambina e Eliana che ci veniva incontro.
“Oh, sei qui, cattivona!” la rimproverò senza
fiato. “La stavo cercando in tutte le stanze” mi spiegò.
“Capisco…” dissi, cercando di scacciare via il
pensiero di Andrea.
“Ehi ti vedo strana…” disse lei, notando le mie
guance arrossate. Parve fare due più due, perché spalancò gli occhi e disse:
“Oh, hai fatto pace con Andrea?”.
“Si”.
“Immagino che Stella vi abbia interrotti”.
Arrossii e lei scoppiò in una risata fragorosa.
“Ora me la porto, tranquilla” disse, ma scossi il capo,sentendomi più benevola
del solito.
“No, dai, falla entrare” dissi, e lei sorrise
mentre prendevo Stella in braccio e la facevo entrare, chiudendo la porta dopo
che sua madre ebbe detto: “Se è qualcosa sto da Ada”.
Stella si accomodò sul nostro letto e esibì le
bambole delle due Winx, entusiasta. “Me le ha regalate papà” spiegò,
rattristendosi. “Io volevo Stella ma lui ha detto che non ne ho bisogno perché
la vera Stella sono io e sono anche più bella”.
“Ha ragione” la rassicurai, sentendo un groppo
nello stomaco udendo quelle parole.
“Zia, ma tu sai perché papà non è venuto?” domandò
poi. “Zia Rossella e mamma dicono che deve lavorare, ma non è vero, il signore
delle canzoni non viene a casa da tanto tempo”.
Probabilmente il “signore delle canzoni” era il suo manager, mi dissi. “Davvero non
viene da molto?” domandai. Ci mancava solo una crisi artistica di Niko e la
frittata era fatta.
“Si, da quando mamma stava male” rispose lei, prima
di abbracciarmi. “Zia, mi dici che succede? Perché mamma e papà non si danno
più i baci?”.
“Non è niente, è solo che la mamma è triste per
aver perso il fratellino” dissi, cercando qualche scusa migliore. Mi faceva
davvero male il cuore vedere quella povera anima innocente in quello stato.
“E’ perché papà non la consola?”.
“Perché… Perché deve lavorare, ma l’ha consolata,
tranquilla” mormorai, abbracciandola forte e baciandole una guancia.
“Ma si vogliono sempre tanto bene, vero?” chiese
ingenuamente.
“Certo, anzi, ancora di più. Vuoi venire a fare
colazione con me e zio Andrea e poi andiamo al parco giochi?” le proposi poi,
quando Andrea uscì dal bagno e corse a salutarla, decidendo di farla svagare un
po’.
Le si illuminarono gli occhi, prima di annuire.
“Siii, che bello!”.
Fu così che la portammo in giro, decidendo di
regalarle quell’affetto che al momento sembrava carente tra i suoi genitori.
Alla fine
tutte le guerre finiscono, ma ci sono alcune che durano per molto tempo e
portano con sé cicatrici che non si potranno mai curare e coinvolgono esseri
innocenti come i bambini… Perciò, forza ragazzi, fate da medici e curate il
cuore di chi non ha la vostra fortuna!
Qualche Anticipazione:
“E tu invece,
Deb? Hai già comprato l’abito da sposa?” chiese solare, e al solo udire quelle
parole mi si contorse lo stomaco.
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“Oh-Mio-Dio”
scandii incredula. Subito mi avvicinai ad Andrea e gli indicai i due, e lui
fece una faccia poco stupita.
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“Anche a me,
anzi, spero di conoscerti dal vivo quando girereremo
il videoclip” dichiarò, sforzandosi di essere gentile. “Ciao”.
____________
“Allora ci
parlerò io, costi quel che costi” decisi. “Mi sono trattenuta fino ad ora per
non immischiarmi, ma al momento non me ne frega più”.
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“Fatti gli affaracci tuoi, stronza” ribattè,
allontandosi dopo aver preso la sua borsa e facendo segno a Stella di seguirla.
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Capitolo 15 *** Tra Moglie E Marito Non Mettere Il Dito ***
Tra Moglie E Marito Non Mettere Il Dito
Buona domenica!
Aggiorno rapidamente visto che mentre milioni di
studenti italiani sono in libertà io devo ancora finire di studiare per
l’ultimo test di geografia e l’interrogazione di letteratura inglese. Vi sembra
normale?!
Comunque, eccovi l’ultimo capitolo "estivo" (che contraddizione visto che da noi ora inizia l'estate!),
dopodiché si procederà ai veri casini della fic, perché fino ad ora non avete
ancora visto niente di tutto quello che succederà… Qualche indizio?
Ritorneranno due personaggi di “Confessions of a Teenage Drama Queen”, uno dei
personaggi più presenti avrà qualche problema e ritorneranno in circolazione
vecchie dicerie…
Detto ciò, grazie a vero15star per la recensione
(tesoro, beata te che hai finito la scuola! Comunque non preoccuparti, ci
sentiamo appena torni! Ti voglio bene!).
A martedì, giorno in cui inizierà la mia libertà xD
la vostra milly92.
Capitolo 15
Tra Moglie E Marito Non Mettere Il Dito
L’estate è la
stagione preferita da tutti, per il semplice fatto che è l’unica in cui si può celebrare la libertà senza alcun
problema. Libertà di fare un falò, libertà di pomiciare con dieci persone
diverse ogni giorno senza impegni, libertà di avere tutta la libertà in poche
parole. Ma, sfortunatamente, spesso capita che gli esseri più liberi proprio in
questa stagione trovano le catene che li imprigioneranno…
Era ormai Ferragosto e eravamo giunti all’ultima
tappa del tour, ovvero Monaco. Spesso andavamo in spiaggia, dove restavamo fino
al tramonto e poi andavamo a prepararci per il concerto, anche se nelle ultime
sere io e le ragazze preferivamo andare nella piazza dove c’erano alcune
giostre per bambini in modo da far svagare Stella, che era sempre più
insistente dato che le mancava il padre. Eliana da parte sua sembrava essersi
ammorbidita un po’, ma spesso quando bussavo nella sua camera per domandarle
qualcosa la trovavo con gli occhi gonfi di pianto.
Ormai stare in Francia era diventata una cosa
abitudinaria tanto che avevo imparato qualche parolina e qualche frasetta in francese dopo due mesi, e quando ci
chiamavano dall’Italia ci sembrava di essere ore ed ore lontani da quel paese e
soprattutto dalla nostra Roma.
“Qui si muore dal caldo” mi stava dicendo Max la
sera del 15 agosto, mentre ero in spiaggia con il resto del gruppo e alcuni dei
tecnici che li aiutavano durante i concerti per un falò.
“Si, anche qui, per questo siamo andati in
spiaggia! Allora? Come va il trasloco?” domandai entusiasta mentre Natascia mi
versava l’ennesimo bicchiere di non so che cosa e poco distante Andrea cantava
a squarciagola con Francesco e Rossella.
“Benissimo, oggi è arrivata la stanzetta di
Manuela. Sai che Beatrice le ha già insegnato l’alfabeto?” disse entusiasta.
“Wow, immagino voglia fare bella figura il primo
giorno di prima elementare” ridacchiai.
“Si, ha preso tutto da Beatrice, sai che era una
secchiona”.
Feci un verso per fargli compreso che avevo capito.
“E tu invece, Deb? Hai già comprato l’abito da
sposa?” chiese solare, e al solo udire quelle parole mi si contorse lo stomaco.
“Ne ho visti tantissimi, ma Vittoria insiste
dicendo che lo devo comprare a Roma da Valentino” lo informai, ricordando che
la mia futura cognatina era stata molto severa al riguardo dato che si era
studiata tutta la futura collezione invernale ricevuta in anteprima assoluta,
poiché lavorava lì come stilista.
“Capisco. Sarai bellissima, nipotina” disse serio.
“Ehi, zio, non ti starai mica emozionando?”
domandai per sviare un po’ l’argomento dato che il solo pensarci mi emozionava
ancora.
“Si, ancora mi ricordo quando eravamo nel loft e tu
combinavi disastri a destra e a manca…” disse nostalgico.
Feci un sorrisino ebete al solo ricordo. “Eh si! Ma
ti rendi conto che la settimana scorsa abbiamo festeggiato il sesto
anniversario, il trentunesimo compleanno di Andrea e che da oggi mancano cinque
mesi al matrimonio?”.
“Giusto! Goditeli, mi raccomando!” sghignazzò Max,
facendomi ridere come una scema.
Alla fine staccammo, e riposi il cellulare nella
borsa, pensando al fatto che il giorno prima Elisa ci aveva chiamati e ci aveva
detto che il due settembre, due giorni dopo il ritorno in Italia, saremmo
dovuti andare a trovare tutta la famiglia di Andrea che non vedeva l’ora di
conoscermi e lo stesso aveva fatto mia madre, che ci aspettava a Maddaloni il
sei settembre.
Già immaginavo che sarebbero stati dei giorni
tremendi, stressanti e pieni di figuracce da parte delle mie amate zie, ma per
fortuna Ada mi salvò dai miei pensieri opprimenti.
“Oddio, Deb, Deb!” esclamò, cercando di non alzare
molto la voce e strattonandomi per un braccio.
“Che c’è?” domandai sussultando, spostandomi verso
di lei.
Ada fece una faccia in stile paparazzo e indicò un
punto avanti a me. Sgranai gli occhi quando vidi che, seduti sul bagnasciuga e
intenti nel baciarsi appassionatamente, c’erano Eva e Giuseppe, stretti in un
abbraccio tale che non si capiva quali mani fossero dell’uno e quali fossero
dell’altra.
“Oh-Mio-Dio” scandii incredula. Subito mi avvicinai
ad Andrea e gli indicai i due, e lui fece una faccia poco stupita.
“Già lo sapevo, Giuseppe mi ha detto che questa
sarebbe stata l’uscita decisiva” disse con nonchalance.
Subito Rossella e Francesco si avvicinarono,
ascoltando la conversazione e ridacchiando, ed io lo guardai un po’ arrabbiata.
“Se te lo avessi detto tu lo avresti detto ad Eva”
spiegò.
“Uffa. E va bene, comunque era ora, ormai escono
insieme da un mese e mezzo”.
Lui annuì e sorrise. “Meno male, dai, alla fine ce
l’hanno fatta”.
Sorrisi a mia volta,felice del fatto che finalmente
le cose tra loro due si fossero risolte. Dopo che Eva gli aveva detto che voleva
dargli una seconda possibilità, Giuseppe l’aveva invitata ad uscire e così
aveva continuato a fare, non senza piccoli litigi ogni tanto.
Restammo a guardarli con molta discrezione come dei
ragazzini impiccioni finchè Andrea e Dante non andarono a prendere un altro po’
di legna per alimentare il fuoco. Tre secondi dopo, il cellulare di Andrea
iniziò a squillare nella mia borsa, dove lui mi aveva chiesto di custodirlo per
la serata.
“Chi è?” domandò Rossella.
“Non lo so, è un numero sconosciuto” dissi, e
risposi visto che Andrea non era ancora tornato. “Pronto?”.
“Pronto, con chi parlo?” disse una voce femminile.
Subito mi irrigidii. “Scusi, chi è lei, dopotutto è
lei è chiamato” dissi, cercando di essere educata ma sentendo puzza di
bruciato.
“Io sono Irene” rispose.
Irene, cavoli, mi infervorai, ma finsi di non
sapere né immaginare nulla.
“Irene?” domandai.
“Si, Irene Massa” precisò lei, iniziandosi ad
infastidire. Ridacchiai silenziosamente per la sua indignazione.
“Oh, Irene Massa! Che piacere conoscerti, io sono
Deb, la ragazza di Andrea!” dissi falsamente allegra, e Rossella alzò il
pollice in segno di approvazione. “Ho saputo che lavorerai con lui! Immagino
che sia per questo che hai chiamato”
dedussi falsamente comprensiva.
“Oh, ehm, si,infatti. Puoi passarmelo, Debora?”
domandò, e dal suo tono capii che continuavo ad irritarla. La sua bravura di
attrice dove era finita?
“No, mi dispiace ma siamo ad un falò ed è andato a
prendere la legna” le risposi fingendomi dispiaciuta. “Se vuoi chiamare tra un
quarto d’ora…”.
“Va bene, grazie”.
“Ma prego! Mi ha fatto piacere conoscerti”
esclamai, sentendo che di lì a poco mi sarebbe cresciuto un naso enorme per la
balla sparata.
“Anche a me, anzi, spero di conoscerti dal vivo
quando girereremo il videoclip”
dichiarò, sforzandosi di essere gentile. “Ciao”.
“Ciao”.
Staccai la telefonata inspirando con violenza e cercando
di ignorare l’istinto di gettare il cellulare in aria. Cosa voleva? Chi le
aveva dato il numero di Andrea?
“Ehi, calmati” mi disse Rossella, risvegliandomi
dal mio nido di rabbia.
Scrollai le spalle, fingendomi insofferente. “Non
la sopporto, dopotutto è umano non sopportare una delle ex del tuo ragazzo”
minimizzai.
“Piantala, sai che è tutto ok e Andrea non se la
pensa minimamente” sbottò Rossella.
Annuii, sicura di quell’ipotesi e notai che Andrea
si stava avvicinando con dei fasci di legna in mano. Lui e Dante la gettarono
nel fuoco e poi mi si avvicinò, passandomi il braccio intorno alle spalle e
dandomi un bacio sulla guancia.
“Ti ha chiamato Irene Massa mentre eri via” lo
informai.
“Cosa? Chi le ha dato il mio numero?” domandò
subito.
“Boh. Resta il fatto che ti chiamerà a breve”.
Udendo ciò continuò a fare una faccia stranita,
forse perché pensava che quella chiamata avrebbe potuto riaccendere la fiamma
del litigio che avevamo avuto il mese prima, così mi avvicinai di più a lui,
guardandolo con serenità. “Guarda che sono tranquilla e so che non è colpa tua”
lo rassicurai.
Lui sorrise, annuendo. “Sarà di sicuro qualcosa per
il videoclip” decretò con sicurezza.
“Lo so, me lo ha detto lei stessa. Anzi, perché non
la chiami tu?” proposi, sentendo tuttavia di essere troppo buona.
Infatti Andrea mi guardò stupito ed io risi. “Vedi
che non ti va bene nulla? Volevo solo farti capire che mi fido di te…” gli
spiegai, ma lui scosse il capo.
“No, è lei che mi cerca quindi spetta a lei
richiamare” stabilì.
“Come vuoi” risposi, e in quell’istante Stella
bloccò la nostra conversazione, avvicinandosi e gettandosi addosso ad Andrea
dopo avermi dato un rapido bacio sulla guancia.
“Zio, dopo mi fai chiamare papà?” domandò a bassa
voce, e udendo quella richiesta io e Andrea facemmo un sorriso triste:
nelle ultime settimana spesso la
facevamo parlare con Niko di nascosto dato che lui ed Eliana si sentivano sempre
meno, e questo ci rendeva molto preoccupati. La perdita del bambino e del
conseguente litigio e allontanamento non doveva portare a danni seri alla loro
relazione e alla loro famiglia.
“Certo, piccolina” rispose lui, stringendola e
baciandole la tempia.
“Anzi, chiama ora con il mio, lo zio deve ricevere
una telefonata” la incitai, notando con la coda dell’occhio che Eliana era
andata a fare una passeggiata con Natascia.
“Grazie, zia” rispose lei mentre cercavo il numero
e le passavo il cellulare. Appena Niko rispose le si illuminarono gli occhi.
Parlarono per qualche minuto, poi presi il
cellulare e feci segno ad Andrea di allontanarsi un po’ con Stella. Appena si
furono allontanati con la scusa di prendere un po’ di coca cola, iniziai a
parlargli.
“Ciao, Niko” dissi.
“Ciao Deb, grazie per aver fatto chiamare Stella e
per esserle stata vicino in questi mesi con Andrea, mi parla sempre di voi”
disse. Come al solito aveva un tono triste e rabbuiato, e davanti ai miei occhi
lo immaginavo stravaccato sul divano a bere qualcosa di alcolico. Che fine
aveva fatto lo spirito del diciannovenne per cui avevo avuto una cotta secoli
prima?
“Figurati, lo sai che per noi è davvero una
nipotina. Tu, piuttosto?” chiesi esitante, davvero preoccupata.
Fece un suono vacuo , esitando. “Male, Deb, male,
non riesco a comporre, rimando gli appuntamenti con il manager e il produttore,
la notte dormo poco e niente e sto sempre da solo. E’ l’estate peggiore della
mia vita” concluse, e mi sentii stringere lo stomaco al suono di quelle parole.
“Niko, per favore, devi reagire! Convinci Eliana a
chiarire, non potete continuare così, ne va di mezzo la vostra relazione e la
vita di Stella, se vedi come sta...” lo implorai, sentendo le lacrime agli
occhi.
Mi dissi che mettendo in mezzo la bambina si
sarebbe deciso.
“Ma ancora hai capito che il problema non sono io?
E’ Eliana che dopo aver perso il bambino non fa altro che incolparmi e
ritenermi responsabile! Sono passati quasi due mesi e continua a non volermi
parlare…” esclamò frustrato.
“Allora ci parlerò io, costi quel che costi”
decisi. “Mi sono trattenuta fino ad ora per non immischiarmi, ma al momento non
me ne frega più”.
“Grazie, Deb…” sussurrò. “Sembri l’unica che si
vuole schierare al mio fianco, pensa che anche Rossella ha iniziato ad essere
fredda nei miei confronti!” rivelò turbato, facendomi sgranare gli occhi.
“Davvero? E perché mai?”.
“Boh”.
“Comunque le parlerò al più presto, tranquillo.
Ok?” domandai.
“Si, grazie Deb, non sai quanto ti voglio bene”
disse sincero, e sorrisi nel sentire che il suo tono era molto più tranquillo
ora.
“Lo sai che te ne voglio anch’io. Ciao, ti chiamo
domani”.
“Ok, ciao”.
Staccai e mi guardai intorno, vedendo che di Eva e
Giuseppe non c’era più traccia e che tutti se ne stavano concentrati attorno a
Dante e Rossella che cantavano. Andrea si stava avvicinando con il cellulare
all’orecchio dopo aver lasciato Stella a Eliana che era appena tornata.
“Va bene, allora me lo segnerò che gireremo il
video il 13 ottobre” stava dicendo quando si avvicinò. “Si, va bene, ciao”.
Riattaccò e si sedette al mio fianco, dandomi il
cellulare e chiedendo di posarlo come prima nella mia borsa.
“Ha detto che le riprese ci sono il 13 ottobre a
Milano, l’ha chiamata oggi il regista, un suo amico da quel che ho capito”
spiegò. “Diciamo che me lo ha voluto dire in anteprima”.
Annuii, con la testa ancora satura della telefonata
con Niko.
“Ho parlato con Niko,e ho deciso che domani parlerò con Eliana” lo
informai a bassa voce per non farmi sentire.
“Sai che anche io ci stavo pensando?”.
Lo guardai sorpresa. “Si?”.
“Si” confermò, prima di iniziare a parlare di
altro, forse per distrarmi da quel pensiero. Continuammo la serata nel migliore
dei modi, facendo il famoso di bagno di mezzanotte, e ritornammo nell’ hotel
verso le due.
Esitammo davanti alla porta di Eva e Giuseppe,
giusto per sfotterli un po’, ma non ci rispose nessuno. Restammo delusi, per il
semplice fatto che ancora ci avevano detto che stavano insieme dato che erano
scomparsi dalla nostra vista e non sapevamo dove fossero.
“Tornano tardi, me lo ha detto Giuseppe via sms”
disse Francesco quando ci vide come dei cretini davanti alla porta. “Gli ho
raccomandato di fare il bravo” aggiunse, come per rispondere alla mia occhiata
un po’ confusa.
“Oh, non è questo che mi preoccupa, è solo che
volevo concludere allegramente la giornata con una bella presa in giro e un
coro di “Eva e Giuseppe si amano e da grandi si sposeranno!”, capisci?” gli
spiegai allegra, imitando la vocina stridula di una bambina.
Lui e Andrea risero. “Per ora pensa al tuo di matrimonio” mi rimbeccò
Francesco, facendo l’occhiolino e bussando alla porta della sua camera dove lo
aprì sua moglie.
“Però, bella idea, domani dobbiamo cantargliela
quella canzoncina” approvò Andrea mentre entravamo nella nostra stanza.
“Ci puoi giurare” confermai ridendo, e così facemmo
l’indomani, quando, finalmente, li trovammo nella sala da pranzo dell’hotel
dove stavano facendo colazione. La cosa più divertente fu vedere che
indossavano i vestiti della sera prima, e da lì capii che si erano appena
ritirati.
Sorrisi nel ricordare che la stessa cosa era
successa a me e ad Andrea quando ci eravamo
messi insieme.
“Finalmente, piccioncini!” esclamai avvicinandomi,
facendoli sobbalzare.
“Buongiorno anche a te, Deb” disse Eva, un po’
imbarazzata.
“Buongiorno, coppietta!” li salutò radioso Andrea,
prendendo posto insieme a me ai loro lati. “Avete qualcosa da dirci?”.
“Sembra che tu sappia già tutto” disse Giuseppe,
scambiando un’occhiata con Eva.
“Si, ma vogliamo sentirlo dalle vostre bocche dopo
tutte le pene che ci avete fatto passare” dichiarai, facendo la buffona più che
mai.
Ridacchiarono, e Giuseppe prese la mano destra di
Eva tra le sue. “Ci siamo messi insieme ieri sera, 15 agosto alle ore 21:34,
contenti?” disse.
“No…” disse Andrea, lanciandomi un’occhiata
malefica.
“Infatti” concordai quando loro ci guardarono
increduli.
“Bacio, bacio, bacio!” dicemmo in coro e battendo
le mani. In quell’istante entrarono in salala anche Francesco, Ada, Rossella, Eliana e Stella, e subito si
avvicinarono al tavolo.
“Piantatela, dai, ci guardano tutti” disse Eva,
rossissima in viso.
“Non sembravi pensarla così quando slinguazzavate
davanti a tutti noi, ieri sera” la rimbeccò giulivo Francesco, prima di ridere
dato che entrambi erano imbarazzati al massimo e dare un bacio sulla guancia a
Eva e una pacca sulla spalla di Giuseppe.
“Congratulazioni, sono felicissimo per voi”.
“Grazie” rispose Giuseppe. “Vedi che tutti gli anni
che ci ho messo per trovare quella giusta sono serviti?” domandò poi, lanciando
un’occhiata persa ad Eva, di puro assoggettamento amoroso. Quasi mi venne da
commuovermi in quell’istante, erano troppo dolci e se lo meritavano entrambi di
essere finalmente felici con la loro dolce metà.
“Concordo, non ne potevi trovare una migliore”
disse Rossella solare, abbracciando Eva. Nell’ultimo mese loro due avevano
legato davvero molto.
“Ehi, ora mi fate arrossire” rispose lei.
“Già sei arrossita, cuginetta” le ricordai. “Ma io
sto ancora aspettando questo bacio!”.
“Uffa, e va bene, vedi cosa dobbiamo fare davanti a
una bambina!” acconsentì lei, prima che Giuseppe si sporgesse verso di lei e la
baciasse con dolcezza.
Stella si coprì gli occhi, e tutti scoppiammo a
ridere vedendola.
Sembra che
anche Eva abbia ottenuto il suo lieto fine in cambio di un bel paio di catene!
Anzi, direi che le catene le ha ricevute Giuseppe… Il suo spirito libero
riuscirà ad indossarle e a tenersele?
Nel frattempo, cercai di beccare Eliana da sola per
parlarle, e ci riuscii solo due giorni dopo, mentre eravamo di nuovo spiaggia,
al tramonto.
“Per favore Deb, non puoi capire” mi liquidò
subito, quando iniziai a parlarle.
Levai un sopracciglio, senza capire cosa volesse
dire. “E perché mai? Solo perché non sono sposata e non ho perso un bambino?”
domandai.
“Esattamente” rispose, quasi inacidita.
Quel tono mi fece irritare, tanto che cercai di
calmarmi. “Eliana, hai visto come sta Stella? Le manca suo padre, ed è giusto
che sia così. Se hai qualche problema nel perdonarlo, pensa a Stella, a come ci
sta…”.
“Ed è proprio perché che ci penso che sono ancora qui” sbottò.
“Cosa?”.
“Niente, niente, lascia perdere” disse alzandosi,
sempre più infastidita.
“Stai infierendo sulle capacità di Niko di fare il
genitore?” domandai, alzandomi a mia volta.
“Si, va bene, si! Non è un bello spettacolo vedere
un padre che non riesce a lavorare, che sa solo uscire con gli amici... Questo
episodio è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e ti prego di
non metterti più in mezzo, visto che è
il mio matrimonio e me lo gestisco io” urlò, mentre le altre ragazze si
voltavano verso di noi e ci guardavano senza capire.
“Volevo aiutarti! Anzi, aiutarvi! A me sembra che
tu te ne freghi solo di te stessa, è solo una scusa, non te ne frega né di
Stella né del bambino che hai perso!” urlai arrabbiatissima a mia volta, e lei
mi guardò con odio.
“Fatti gli affaracci tuoi, stronza” ribattè,
allontandosi dopo aver preso la sua borsa e facendo segno a Stella di seguirla.
“No, mamma, no!” protestò la bambina, ma Eliana le
diede uno schiaffo quando lei disse che voleva restare in spiaggia con me.
“Ed io sarei stronza? Allora tu non puoi nemmeno
chiamarti madre, piantala di prendertela con Stella!” urlai, dato che quella
scena mi faceva star male per il fatto che Stella aveva iniziato a piangere.
“Deb, Deb, calma!” irruppe Ada, bloccandomi visto
che stavo per raggiungerla.
“Ada, lasciami…” protestai.
“No, lasciala, sai che è un periodo un po’ così per
lei e non vuole sapere niente” mi ricordò, continuando a bloccarmi con una
mossa ferrea.
Mi voltai, vedendo che Rossella aveva inseguito la
sua migliore amica, e vedendo quella scena il fatto che loro due fossero le
vere migliori amiche nel nostro gruppo mi fece sentire ancora più male. Io ero
la terza, era ovvio che Rossella seguisse Eliana.
“Ma cosa è successo?” domandò Natascia senza
capire, avvicinandosi.
“Te lo dico dopo se non ti dispiace” tagliai corto
e me ne andai a mia volta.
Ci ho provato
a parlare con Eliana ma il massimo che mi ha detto è che sono stronza. Mi
dispiace. scrissi a Niko, ma la cosa più brutta fu che
quel litigio durò fin quando non tornammo in Italia il 31 agosto.
E la peggiore di tutte fu essere consapevole di
aver avuto più litigi in quella vacanza di quelli che ne avevo avuti in
mesi e mesi.
Si dice che
tra i due litiganti il terzo gode, eppure io in questa situazione non riesco a
vederci nessun terzo che gode, al massimo un terzo che ci rimette… Ma ci voleva
un po’ di movimento, dai! E non guardatemi così, so che anche voi vi state
divertendo con me a vedere tutte queste vicende incasinate...!
Qualche Anticipazione:
“Oh, ma tu
sei Massimo, il cantante che canta “Il
calendario dei ti amo”! Oddio!” urlò incredula, facendo cadere le due
confezioni di pasta che teneva in mano.
_______________
Nel dire
quelle parole mi venne in mente una cosa a cui, da quando avevo deciso di
sposare Andrea, non avevo ancora pensato. “Ti andrebbe di farmi da testimone?”
dissi senza pensarci.
_______________
Feci una
risatina cercando di immaginarmi la scena. “Se penso a quel giorno
sull’aereo…!” borbottai.
_______________
“Vedi, ho
parlato con Max e mi ha detto che… Che Eliana vuole chiedere la separazione
perché… Perché crede che Niko sia attratto di nuovo da me” spiegai lentamente.
_______________
“Che bello! Solo
che mi sa che realizzeremo il film quando consoceremo gli altri parenti
dell’altro” ammisi, accoccolandomi tra le sue braccia.
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Capitolo 16 *** Semplicemente Testimoni ***
Semplicemente Testimoni
Ciao!
Ecco
qua una altro capitolo… Spero mi farete sapere cosa ne pensate, ma se la trama
non vi affascina più e vi sembra noiosa, non esitate a farmelo sapere… ^^
A
sabato,
milly92.
Capitolo 16
Semplicemente Testimoni
Settembre,
mese di brusco ritorno alla realtà dopo tre mesi di mare e sole, è proprio la
sveglia che ci riconduce ad una vita stressante dopo secoli di letargo. C’è che
ritorna al lavoro con una vena di malinconia, che inizia le proprie
abitudinarie attività e che consolida qualcosa iniziato in estate. O,
semplicemente, chi si trascina tutti i guai combinati in Francia e tenta di
risolverli…
Il primo settembre mi trovavo nel supermercato con
Max, che finalmente era riuscito a sistemare tutta la casa e aveva iniziato la
sua vita da cantante romano da circa sei giorni.
“Cosa mi consigli per Manuela?” mi domandò
dubbioso, indugiando davanti ad un reparto di merendine. “Wafer alla nocciola o
merendine al cioccolato?”.
Esitai, pensando che ero abituata a pensare che i
bambini adorassero solo ed esclusivamente i toast con la nutella o qualsiasi
cosa che la contenesse come Stella. “Compra pan carrè, biscotti e nutella e vai
sul sicuro” proposi.
“Dici?” chiese scettico, valutando due confezioni
di biscotti.
“Si. Ma, scusa, dovresti conoscere tu i suoi gusti,
in sei anni non l’ho vista nemmeno
quindici volte” risposi.
Lui si voltò verso di me e scosse il capo. “Sai,
Beatrice ci va molto piano con questa roba, non vuole farle spuntare carie e
problemi di sovrappeso ma ho visto che i dolci le piacciono molto quando sono
andato da Eliana per farla giocare con Stella, e allora volevo approfittare per
farle mangiare qualcosa di simile visto
che stasera Bea sarà fuori con alcune sue amiche di Roma” spiegò, facendomi
tuttavia segno di mantenere il segreto.
“Capisco, ragion per cui ripropongo pan carrè
biscotti e nutella” sorrisi, prima di voltarmi e notare una signora che ci
guardava stralunati.
“Oh, ma tu sei Massimo, il cantante che canta “Il calendario dei ti amo”! Oddio!” urlò
incredula, facendo cadere le due confezioni di pasta che teneva in mano.
“Si, sono io” disse lui con disinvoltura e
sorridendo per la reazione della signora, proprio come me.
Al fianco della signora comparve una ragazza sulla
ventina, che fece cadere a sua volta delle vaschette di yogurt e di crostini.
“E lei invece è Debora Di Bene, quella che ha scritto “Confessions of…”.
“A Teenage Drama Queen” completò una ragazzina alle
sue spalle.
“Ehm, si sono io, ciao” le salutai, dato che
mi veniva voglia di ridere in quella
situazione. Chi l’avrebbe mai detto che la prima volta che io e il mio zietto
saremmo andati a fare la spesa insieme saremmo stati riconosciuti dai nostri
fan?
Subito fummo invasi da un’altra decina di persone e
facemmo autografi a tutti, addirittura sulla confezione di salame di una donna
di mezza età, e riuscimmo a uscire sani e salvi
dal supermercato dopo tre quarti d’ora, mezzi frastornati e mezzi
sghignazzanti.
“Chi l’avrebbe mai detto” dissi poco dopo, mentre
stavamo per salire da me per prenderci un caffè dato che erano solo le sei del
pomeriggio.
“Cosa? Che io e te avremmo fatto un’uscita VIP da
un supermercato quasi dieci anni dopo che ci siamo conosciuti e dopo che tu non
sei più una sedicenne pasticciona ed io un futuro marito in crisi?” domandò
sarcastico, restituendomi le buste della spesa dopo che me le aveva mantenute
mentre aprivo il portoncino del palazzo con le chiavi.
“Esattamente” risposi ironica. “Mi sei mancato Max,
non sai quanto sono felice di poterti vedere ogni giorno” aggiunsi
sinceramente, guardandolo. Era sempre lo stesso di sempre, non era cambiato
affatto nonostante i suoi trentotto
anni, i suoi occhi mi trasmettevano sempre la stessa armonia e protezione di
sempre.
Lui sorrise, scrollando le spalle mentre entravamo
nell’ascensore. “Vale lo stesso per me, sembrerà strano dato che sei molto più
piccola di me, ma per me sei sempre stata una migliore amica, proprio come una
mia coetanea, e in questi anni si è sentita un bel po’ la tua mancanza” spiegò.
Abbassai un po’ lo sguardo, imbarazzata. “E poi è
grazie a te se sto di nuovo con Andrea, se l’ho rincontrato…”. Nel dire quelle
parole mi venne in mente una cosa a cui, da quando avevo deciso di sposare
Andrea, non avevo ancora pensato. “Ti andrebbe di farmi da testimone?” dissi
senza pensarci.
Max si bloccò nel’atto di riaprire l’ascensore e
restò a guardarmi. “Cosa? Io… Credevo che avresti scelto qualcuno come tuo
fratello…” disse sconcertato.
“No, in realtà non ci avevo pensato prima di tre
secondi fa” ammisi, ricordandomi di
dover uscire e prendendo le buste della spesa.
Lui annuì e
poi fece una faccia emozionata. “Allora certo che accetto, ci scherzi?” esultò,
abbracciandomi.
“Evvai, che bello!” esclamai,ricambiando
l’abbraccio. “Penso che l’altra testimone sarà Eva, anche perché di sicuro
Andrea lo chiederà a Giuseppe” pensai ad alta voce, aprendo la porta e
facendogli segno di entrare.
Lo guidai in cucina, prima di restare sbalordita
davanti alla scena che mi era parata davanti. A
stento feci attenzione nel posare la spesa per terra, perché davanti a
me avevo Giuseppe che baciava freneticamente la clavicola di Eva che lo
tratteneva avvinghiato a sé stessa mentre se ne stava seduta sul tavolo della
cucina. E il tutto era accompagnato dal fatto che il vestito di Eva era slacciato e le scopriva quasi tutto
il busto e non si erano accorti della mia presenza e di quella di Max.
“Oh, scusate” farfugliai imbarazzata, voltandomi di
spalle e vedendo che Max era altrettanto imbarazzato ma stava sghignazzando.
Si sentì un rumore di ventosa sturata e Eva urlò.
Mi voltai giusto in tempo per vederla intenta nel riallacciarsi il vestito
freneticamente, rossissima in volto, mentre Giuseppe si riabbottonava la
camicia e ci guardava imbarazzato.
“Scusate voi, noi eravamo soli e…” balbettò mia
cugina, senza sapere cosa dire e scendendo dal tavolo, terminando di
aggiustarsi la vestina.
“Io credo che andrò, mi sono appena ricordato di…
Dover chiamare il manager” mormorò Giuseppe. “Ci sentiamo dopo amore” disse,
dando un veloce bacio ad Eva, che annuì e corse nella sua stanza.
Io e Max restammo immobili, ancora un po’
imbarazzati a nostra volta, prima di scrollare le spalle e sederci.
“Comunque ho delle novità circa Eliana” disse Max
poco dopo, mentre mettevo lo zucchero nel caffè. Udendo quel nome mi irrigidii
dato che ancora non avevamo fatto pace e le sue urla mi risuonavano ancora
nelle orecchie insieme a quelle di Stella che piangeva per lo schiaffo
ricevuto.
“Ah si?” domandai, forse un po’ troppo duramente,
perché lui sbuffò. “Oh, attenta, quello è sale!” mi ammonì, e per un pelo non
lo versai nella tazza. Ricordai quando lo avevo messo nella torta, lo stesso
giorno che Eliana aveva scoperto di essere incinta, e mi dissi che sarei tanto
voluta tornare in quel periodo quando non c’era nessuna crisi matrimoniale tra
lei e Niko.
“Scusa, è tutto ok. Comunque, dicevi?” lo incitai,
fingendomi interessata.
“Sta pensando di chiedere la separazione” disse
tutto d’un fiato, e mi fece scattare su come una molla, evitandomi per un pelo
di non rovesciare il caffè per terra.
“Che cosa?” urlai incredula.
Lui annuì tristemente. “Si, e il peggio è che non
conosci la scusa che si è inventata”.
“Scusa?”.
“Si, è una scusa. Perché sostiene che Niko non le
ha dimostrato di amarla ancora e… Che è convinta che lui pensi ancora a te
visto che ti viene a trovare spesso” borbottò.
Inutile dire che la tazza non si salvò dal percolo,
cadde dalle mie mani e si frantumò in
mille pezzi.
“Che cosa? Ora oltre che stronza sarei anche una
rovina famiglie?” sbottai incredula e indignata. “Quella sta fuori, io…” iniziai, presa dalla
collera visto che quell’affermazione non era assolutamente vera. Era vero, Niko
veniva spesso da me, ma semplicemente per parlare e sfogarsi, spesso anche con
Andrea, Eva e Giuseppe presenti.
Max fece un cenno di assenso. “Lo so, è per questo
che l’ho definita una scusa” spiegò. “Io sono convinto che… Che lei esca con
qualcun altro” ammise a bassa voce.
“E perché mai?”.
“Perché lascia sempre Stella da Rossella” a
quell’affermazione feci una faccia contrariata visto che ora non mi permetteva
nemmeno di vederla se non fosse stato per Niko, “E Bea l’ha vista un paio di
volte con un uomo”.
Sgranai gli occhi, all’apice dell’incredulità.
“Cosa? Oddio, no, non possiamo crederci, vedi che è un amico…” ipotizzai, come
se potessi cambiare la realtà dei fatti. Fatti di cui per fortuna non potevamo
avere alcuna certezza.
“Lo spero” disse rabbuiato. “Comunque ora vado, tra
un po’ Bea deve uscire” aggiunse, guardando l’orologio.
Lo accompagnai alla pota e quando ritornai in
cucina vidi di aver ricevuto un sms da parte di Niko. Che ne dici se stasera vieni a cena da me?
Cercai di leggere quella frase da un punto di vista
estraneo, e giunsi alla conclusione che poteva essere molto equivoco. Solo
equivoco, punto e basta, perché non c’era lo scopo che sembrava esserci. Ma
tuttavia, presa da uno strano moto di non so che, risposi con un: Sono molto stanca, mi dispiace, magari un
altro giorno.
Il fatto che Eliana volesse accusarlo di pensare
ancora a me era assurdo, e alla fine mi ritrovai a concordare con l’opinione di
Max.
Che diabolica
che è Eliana, io non cercherei mai di accusare una donna più giovane di me di
essere l’oggetto dell’interesse di mio marito, al massimo direi che ci è andata
a letto se proprio dovessi creare un putiferio, ma comunque, anche se il fuoco
si è spento da molto, nessuno dice che non si possa riaccendere…
Andai nel salotto a
vedere un po’ di tv dopo aver chiamato Andrea, che mi aveva detto che
sarebbe tornato verso le nove, quando Eva mi raggiunse ed esitò sulla soglia
della porta.
“Volevo ringraziarti” disse, quando le feci di
sedersi.
“Per cosa?” domandai senza capire.
“Per essere capitata a fagiolo. Se tu non fossi
venuta probabilmente ora sarei nella mia stanza con Giuseppe rinchiusa da un
bel po’ di ore” disse con una strana disinvoltura, sedendosi al mio fianco.
“Non capisco” ammisi. “Cioè, non avresti preferito
non essere interrotta…?”.
Lei scosse il capo con vigore. “No, io e Giuseppe
non abbiamo ancora…” spiegò, fermandosi di botto, ora un po’ più imbarazzata.
“Ah” dissi, perchè la cosa mi sembrava alquanto
strana visto che loro due insieme trasudavano passione da tutti i pori.
“Sei sorpresa?” domandò.
“Un po’, insomma, sembrate molto… In confidenza…”
tentai di spiegare, e lei ridacchiò.
“No, e volevo dirti che ti ringrazio proprio il
fatto che avevo perso il controllo e ancora mi va di fare questo passo con
lui”.
“E perché?”.
“Perché stiamo insieme da due settimane e voglio
continuare a fidarmi così tanto di lui dopo tutto quello che abbiamo passato,
non voglio pentirmi di aver corso” spiegò.
“Capisco, è un po’ quello che è successo tra me e
Andrea, anche se non era una questione di fiducia” rivelai.
Eva parve molto più attenta, e mi guardò con
attenzione. “Ah, e quanto avete aspettato?”.
“Secondo te?” le domandai.
Indugiò un po’, prima di dire: “Mmm, diciamo tre
mesi”.
“Aggiungine cinque” dissi, e lei fece una faccia
stralunata.
“Otto mesi?” chiese incredula. “Wow, che
resistenza”.
“Più che altro era lui che voleva aspettare, e così
è successo la notte in cui nacque Stella, era il nostro ottavo mesiversario…”
raccontai, e mi persi con la mente in quei bellissimi ricordi. “Ma ciò non vuol
dire che tu debba aspettare così tanto, eh” ironizzai e lei rise di cuore.
“No, sarebbe impossibile. Tra di noi c’è un
alchimia…” spiegò. “Pensa che tutto questo è successo perchè mi ero comprata
quel vestito e glielo avevo fatto vedere come mi stava, lui mi aveva detto che
ero magnifica, mi ha baciato, è sceso un po’ più giù e… puff!”.
Feci una risatina cercando di immaginarmi la scena.
“Se penso a quel giorno sull’aereo…!” borbottai.
Lei capì perché annuì. “Si, ma si era capito che
siamo l’esempio del proverbio “L’amore non è bello se non è litigarello”, no?”.
“Si. Ma, dimmi, stai vivendo o no una favola con
lui?”.
I suoi occhi si accesero di entusiasmo ed annuì
vigorosamente. “E’ dolcissimo, Deb! E… Mi ha detto che non si era mai sentito
così” confessò con gli occhi che le brillavano.
“Davvero?” urlai, abbracciandola entusiasta.
“Si, qualche giorno fa, mentre eravamo in giro per
Monaco” rivelò raddolcita. “Non è il bastardo che credevo”.
“E meno male! Ah, a proposito” le dissi,
ricordandomi la conversazione con Max.
“Dimmi” mi incitò.
“Ti andrebbe da farmi da testimone con Max?”
proposi, scrutando al sua reazione.
Allargò gli occhi e represse a stento un urletto,
annuendo entusiasta. “E me lo chiedi pure? Che onore! Grazie per avermi
scelta!”.
Ci riabbracciammo, e alla fine annunciai la mia
decisione ad Andrea quella sera, prima che mi dicesse che saremmo dovuti andare
a casa di Niko.
“Ma io gli ho detto che ero stanca…” lo informai.
“Lo so, per questo mi ha contattato. Non fare la
pigrona!” mi incitò lui, aprendo il mio armadio ed estraendone dei pantaloni
neri e una camicia azzurra per poi passarmeli, proprio per esortarmi a
indossarli.
“C’è un motivo se gli ho detto questa cosa, amore”
gli spiegai, afferrando i vestiti.
“Sarebbe?”.
“Vedi, ho parlato con Max e mi ha detto che… Che
Eliana vuole chiedere la separazione perché… Perché crede che Niko sia attratto
di nuovo da me” spiegai lentamente.
Andrea sgranò gli occhi e mi guardò come se fossi
impazzita; non riuscii a non vedere un briciolo di gelosia nei suoi occhi, così
subito mi affrettai a spiegarmi meglio.
“Il che è una pazzia, lo sai, ma supponiamo che lei
lo abbia detto solo perché sta uscendo con un altro uomo”.
“Che cosa?”.
Annuii tristemente, e mi ci avvicinai,
accarezzandogli una guancia. “Volevo solo non darle occasione di fare false e
spropositate supposizione, almeno non tanto spesso, e mi dispiace visto che
entrambi stiamo riallacciando un magnifico rapporto con Niko”.
Lui mi cinse la vita con un braccio e mi strinse a
sé, sospirando. “Forse per ora hai ragione, ora lo chiamo e gli dico che sei
veramente stanca, anzi, che non ti senti bene”.
“Ottima idea” approvai, ma tuttavia mi sentii in
colpa poco dopo, pensando che per colpa delle allucinazioni di Eliana sarebbe
stato costretto a starsene da solo.
Per fortuna lo andarono a trovare Francesco e Ada ,
così riuscii a rilassarmi un po’ mentre io e Andrea vedevamo “Ti presento i
miei”, morendo dalle risate.
“Per fortuna a noi è andata meglio” ridacchiò
Andrea quando il film terminò.
“Si, basta solo che tra i testimoni non ci sia una
tua ex” dissi, accennando al fatto che nel film uno dei testimoni nel film era
l’adorato ex ragazzo della protagonista femminile.
“No, ci sarà il mio migliore amico e mia sorella.
Gelosa?” rispose.
“Giuseppe e Vittoria?”.
“Si si”.
“Che bello! Solo che mi sa che realizzeremo il film
quando consoceremo gli altri parenti dell’altro” ammisi, accoccolandomi tra le
sue braccia.
“Non ci pensare, mancano due giorni” mi consolò
ironico.
“Oh, una vita in poche parole” sdrammatizzai,
stringendomi meglio a lui e dicendomi che almeno finchè ero lì ero al sicuro da
zie impiccione e cugini rompiscatole.
Due giorni
sono davvero una vita, in due giorni ci si può innamorare, cambiare vita, e
idea riguardo il proprio ragazzo, perché no… Attenzione ai cuginetti ormonosi e
le nonne che si aspettano molto di più da te, cara Deb! Futura sposa avvisata,
futura sposa mezza salvata!
Qualche
Anticipazione:
“Ehi, io sono
rispettivamente vostro figlio e tuo fratello, do you remember me?” sbottò
Andrea falsamente offeso, e Vittoria corse ad abbracciarlo.
_____________________________
“Quanti anni avevi qui?”
chiesi, vedendo una foto in cui se ne stava appoggiato ad un albero con un
ragazzo.
_____________________________
“Visto che Andrea è il mio
primo pronipote che si sposa avrei preferito che tu indossassi l’abito che le
donne della nostra famiglia indossano dal 1918…” disse con un mezzo tono
accusatorio.
_____________________________
“Manuele,
attenzione alle manine” fece falsamente ironico Andrea, dato che le mani del
ragazzino stavano scendendo lungo la mia schiena e stavo cercando di fermarlo.
_____________________________
“Io? Naaaa… Addirittura stavo per ammazzare
Andrea una volta, trovò la mia unghia finta nelle piadine che avevo cucinato!”
esclamai, e sentii il pizzico farsi più forte.
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Capitolo 17 *** Futura Sposa Bagnata, Futura Sposa Sfortunata ***
Futura Sposa Bagnata, Futura Sposa Sfortunata
Ciao!
Questo
capitolo è uno dei miei preferiti, quindi spero vi piaccia! Probabilmente
leggendo penserete che sono sadica, ma vabbè…!
Grazie
mille a vero15star per la recensione (che nessuno si metta in mezzo alla
coppietta, beh, non posso prometterlo, anche se… dipende anche dal senso che
intendi, diciamo che ci sarà una particolare prozia che romperà un poco poco xD
ci sentiamo, ti voglio bene!).
A
mercoledì,
la
vostra milly92.
Capitolo 17
Futura Sposa Bagnata, Futura
Sposa Sfortunata
Una delle
tappe più simpatiche che mano a mano conducono una persona verso l’altare è
conoscere la famiglia della propria dolce metà. E il peggio viene quando
bisogna far conoscere anche i propri familiari, che alla fine sono quelli che
daranno un giudizio circa l’amato/a e ti metteranno in imbarazzo. Avete già
capito cosa sta succedendo a Deb e Andrea, quindi… Che la festa abbia inizio!
Il giorno dopo inviai i nuovi capitoli ad Alberto prima
di preparare di nuovo i bagagli per andare a Colle Ferro, la città nativa di
Andrea, in provincia di Roma, a conoscere il resto della sua famiglia.
“Mi raccomando, non badare a mio cugino Manuele,
mia zia Carla, mio zio Alessandro e soprattutto alla mia prozia Linda” iniziò
mentre eravamo in macchina, con un’espressione concitata.
“E perché?” domandai curiosamente, ridacchiando.
“Perché Manuele ti fisserà senza fine e ti starà
appiccicato come una cozza, ha quindici anni e ti adora da quando vide una tua
foto quattro anni fa, zia Carla ti farà un’ intervista lunga ore ed ore, zio
Alessandro è un tuo fan anche se lo ha ammesso dopo aver letto di nascosto i
tuoi libri che ha comprato mia cugina e la prozia Linda ti farà diecimila
domande sul tipo di mobilia che hai a casa, ogni quanto spolveri e cosa sai
cucinare. Se è qualcosa dici che metti poco sale e andrà tutto bene” spiegò
rapidamente.
“Oh, perfetto” dissi con lo stomaco che si
annodava. Mi immaginai la prozia Linda che si aspettava che fossi una casalinga
tuttofare, e provai ad immaginare la faccia che avrebbe fatto se avesse saputo
che avevo messo il sale in un dolce e quasi ucciso il suo pronipote con la mia
unghia finta finita nelle piadine.
“Stai tranquilla” mi rassicurò. “L’importante è che
piaci a me”.
Lo guardai acida e lui rise, anche se appena vidi
casa sua, una piccola villetta color pesca, mi sentii molto più a mio agio. Elisa
e Giulio subito uscirono fuori, nel giardino, per accoglierci, e Vittoria si
affacciò dalla finestra di quella che presumibilmente era la sua stanza,
salutando gioiosamente.
“Cognatina, finalmente!” urlò, e subito scomparve
per scendere.
“Ciao! Debora, tesoro, fatti salutare” mi accolse
Elisa raggiante, abbracciandomi. “Tutto bene in Francia?”.
“Si, è stata una bellissima vacanza” risposi,
mentre anche Giulio mi abbracciava e Vittoria correva vero di me, gettandomi le
braccia al collo.
“Ehi, io sono rispettivamente vostro figlio e tuo
fratello, do you remember me?” sbottò Andrea falsamente offeso, e Vittoria
corse ad abbracciarlo.
“Fratellino, sai che mi dimentico di te quando c’è
la tua ragazza, che è dieci volte meglio di te” rispose soave, facendo ridere i
genitori che salutarono il figlio prima di invitarmi ad entrare mentre Andrea e
Giulio prendevano i bagagli dall’auto.
La casa era molto ben decorata e accogliente, con
uno stile abbastanza classico, e mi fece uno strano effetto vedere la stanza di
Andrea: era molto grande, con le pareti azzurre e, cosa che mi fece commuovere,
un poster enorme dove c’era lui con la band, Niko, Max,Lara, Rossella e io con
altri life coaches come Daniele, Dario, Rita e Samanta.
“Questo uscì da un giornale poco dopo la fine del
programma” mi spiegò. “La foto ce la scattarono prima della semifinale, se
ricordi”.
“No, non lo ricordo” ammisi. “Ma… E’ stupendo!”.
“Guarda com’eri piccola” notò lui, esaminando prima
la Debora immortalata e poi me.
“Ne è passato di tempo! Ma da quand’è che non dormi
qui?”.
“Da quando avevo ventun anni, poi, vabbè, ci avrò
dormito qualche altra volta dopo il programma, ma poi sono venuto a vivere
nell’attuale casa” spiegò.
Feci un piccolo cenno per fargli capire che avevo
capito, e sorsi vedendo una vasta collezione dei fumetti di Topolino e Diabolik. Sulla
scrivania c’erano alcune foto sua da adolescente, e solo in quel momento mi
ricordai di non essermi mai domandata come fosse prima.
“Quanti anni avevi qui?” chiesi, vedendo una foto
in cui se ne stava appoggiato ad un albero con un ragazzo. Era magro come
sempre, ma i capelli erano un po’ più corti e non aveva la solita cresta che
aveva sempre avuto da quando lo conoscevo.
“Mmm, credo sedici” rispose. “Ero in gita nella tua
amata Reggia di Caserta”.
“Davvero? Peccato che all’epoca avessi dieci anni”
sghignazzai.
Ne vidi altre, e mi fece uno strano effetto vedere
la prima che si era scattata con gli altri del gruppo, a diciassette anni.
C’era Giuseppe, appena diciottenne, con i capelli stranamente corti e il solito
abbigliamento un po’ più rock, Francesco, che aveva venti anni, più carino di
com’era ora e Dante, ventiduenne, con indosso una tuta da calcio.
“Qui ci chiamavamo “PB”, lo sai?” domandò.
“PB?!”.
“Si, Punk Boyz” rispose malinconico. “Poi siamo
diventati i “Gold Boyz” perché ad un provino in cui venimmo scartati ci dissero
che sembravamo dei ragazzi d’oro e che non ci avevano presi proprio perché
cercavano dei rockers convinti…”.
“Preferisco Gold Boyz” ammisi.
“Si, infatti. Solo che quando verrò da te mi farai
vedere tutte le tue foto come sto facendo io, eh?” .
“Certo, solo che per me è diverso, tu mi conosci da
quando avevo quindici anni e mezzo, sono poche le cose che ti sei perso…”gli
feci notare, continuando a guardarmi intorno.
“Che c’entra, e poi sono curioso di vederti
versione Paris” ammise, cercando di essere scherzoso.
“Ok, se proprio ci tieni a vedere un mezzo
scheletro con i capelli tinti e cinquanta chili di trucco in faccia” lo
rimbrottai.
“Scherzavo, più che altro voglio vederti a dieci
anni, giusto per capire se avrei potuto farci un pensierino già quando sono
vento a Caserta” ironizzò, cingendomi la vita con le braccia e baciandomi la
guancia.
“Ovvio, sempre se ti piacevano le bambine con gli
occhiali e la coda di cavalo sette giorni su sette”.
“Le adoro” rispose, continuando a stringermi a sé
finchè non mi decisi a ricambiare la stretta, ma la porta si aprì, rivelando
una Vittoria impaziente.
“Andrea, molla la presa! Cognatina, devi vedere la
nostra stanza, subito!” mi ordinò, e la seguì con finto fare rassegnato mentre
Andrea scendeva dai suoi dopo aver sbuffato teatralmente.
Resta sbalordita quando notai che la stanza era
magnifica: grande quasi il doppio di quella di Andrea, con le pareti lilla come
le tende, aveva un letto matrimoniale al centro, a baldacchino, vari pouf
bianchi e lilla sparsi per la stanza, una specchiera argento e una specie di
piccolo trono sulla destra, al cui lato c’era un enorme armadio.
“Wow” ammisi, sgranando gli occhi.
“Ti piace? La rimodernai quando ero al liceo e non
l’ho cambiata più” spiegò.
“E’ stupenda”.
“Perfetto,sono contenta che ti piaccia perché
alloggerai qui per tre giorni” dichiarò entusiasta.
“Grazie Vittoria” dissi di cuore.
Lei sorrise e piegò la testa di lato, prima di
dirmi di seguirla in cucina, dove Elisa stava preparando il pranzo. Pranzammo e
restammo nel salotto a parlare un po’, finchè alle cinque non andai a
prepararmi dato che alle sei avevamo un appuntamento a casa della nonna di
Andrea, Maria Antonietta, dove ci avrebbe raggiunto tutta la famiglia per una
sorta di incontro.
Indossai una gonna a tubino nera e una camicia
azzurra con dei decolleté, ma Vittoria mi squadrò critica. “Devi sentirti a tuo
agio, al matrimonio avrai dodici ore per essere elegante!” disse subito, e
prese a rovistare nella mia valigia. Ne estrasse un pinocchietto di jeans
sportivo-elegante, un top blu e delle scarpe con il tacco settanta. “Così
andrai benissimo” mi esortò, e mi dissi che aveva ragione quando mi vestii.
“Sei perfetta. A proposito, il sedici settembre
abbiamo l’appuntamento da Valentino per scegliere l’abito, quindi avvisa tua
mamma se vuole venire” disse mentre si truccava le guance con il fard.
“Agli ordini, capitano!” esclamai, dicendomi
tuttavia che ero contentissima che lei
fosse la sorella di Andrea. Sei anni prima l’avevo giudicata male perché mi
sembrava un’ochetta, ma al momento le volevo davvero bene, era molto originale,
simpatica divertente.
Alle sei meno dieci eravamo già fuori la casa della
nonna Maria Antonietta, e mi sentivo le gambe tremare, anche perché c’erano già
sei auto parcheggiate lì fuori.
“Mancano solo due famiglie” rivelò Andrea,
prendendomi per mano. “Stai tranquilla”.
“Infatti, ho già detto a tutti che sei una ragazza
d’oro” fece Elisa, mettendomi una mano sulla spalla.
“Grazie” biascicai, e li seguii nel palazzo della
donna, finchè non bussammo.
Uno, due,
tre, respira… Pensai, proprio nell’istante in cui un ragazzino ci aprì, circondato da
due ragazze e una donna che sostavano nell’ingresso dell’abitazione.
“Andrea, ciao!” urlò una delle ragazzine, abbracciandolo
calorosamente e scuotendo la lunga chioma castana.
“Cuginetto, finalmente!” disse l’altra, baciandogli
le guance. “Devi ancora autografarmi il cd!”.
“Ehi, Andrea, tutto bene?” domandò il ragazzino,
prima che la donna si precipitasse a baciare le guance di Andrea con fare
materno.
Poi, impercettibilmente, come se si fossero messi
d’accordo, i loro sguardi saettarono verso di me.
Deglutii, sentendo la gola secca, prima di dire:
“Ciao, io sono Debora, piacere di conoscervi”.
“Il piacere è mio, io sono Flavia” disse la donna,
stringendomi la mano.
“Io sono Adriana” disse la ragazza castana.
“Io sono Katia” disse l’altra.
“Sono le mie cuginette” spiegò Andrea, e in un
battibaleno, nell’istante in cui vidi un bambino spiarmi dietro la porta e il
ragazzino presentarsi, circa venti persone vennero verso di me, spuntando dalle
varie stanze.
Fui sommersa da una furia di “Piacere!”, “Ciao!” e
una serie di nomi detti alla rinfusa, in modo che non riuscissi ad associarli
ai vari proprietari, ma sobbalzai sentendo “Manuele, Alessandro, Carla e
Linda”.
“Tesoro, Andrea mi ha detto che hai un appartamento
tutto tuo” iniziò la prozia, invitandomi a sedere in cucina, vicino la nonna
Maria Antonietta, una signora allegra e
solare.
“Oh, si, ci vivo da sei anni…” dissi imbarazzata,
visto che zia Carla, zia Susanna, zio Alessandro, Manuele, Adriana e Katia mi
stavano guardando.
“E immagino che tu abbia una cameriera che ti aiuti
visto il tuo lavoro” ipotizzò.
Scossi il capo educatamente. “No, faccio tutto da
sola”.
“Ah si? Brava, brava, voglio proprio venire a
trovarti” disse decisa, proprio come a voler verificare la pulizia del mio
appartamento.
“Sarà la benvenuta” sussurrai, e Andrea alzò
discretamente il pollice alla mia destra senza farsi vedere dagli altri.
“Domani ti andrebbe di venire a casa mia, cara?”
domandò poi, facendo uno strano sorriso contorto che le modificava
l’espressione della faccia anziana e il resto del volto, che mostrava un certo
tono autoritario grazie all’impeccabile chignon in cui erano raccolti i capelli
mezzi grigi.
Mi voltai verso Andrea e Vittoria, senza sapere
cosa dire. “Se non abbiamo altre visite da fare…” buttai lì, ma Andrea
s’intromise, avvicinandosi e prendendo posto al mio fianco. Di sicuro aveva
intuito il timore che quella donna mi infondeva.
“Verremo, zia, non abbiamo nient’altro in
programma” la rassicurò.
Linda storse la bocca e mi fissò. “In realtà volevo
avere un incontro a quattr’occhi solo
con la mia futura pronipote” dichiarò.
“Oh, sarà fantastico” dissi subito, sentendo di
risultare molto patetica. “Spero solo che a Vittoria non dispiaccia se non vado
con lei a conoscere il suo capo che mi venderà l’abito da sposa…” inventai
subito, cercando disperatamente un appoggio per passare meno tempo possibile
con lei.
“Oh, possiamo ritardare di un’oretta” disse
Vittoria, comprendendo e stando al gioco.
“E dove hai intenzione di comprare l’abito?”
domandò Linda.
“Da Valentino, sai, io lavoro lì zia e posso
consigliarla bene” rispose per me Vittoria.
La donna fece un verso scettico. “Visto che Andrea
è il mio primo pronipote che si sposa avrei preferito che tu indossassi l’abito
che le donne della nostra famiglia indossano dal 1918…” disse con un mezzo tono
accusatorio.
“Oh” accusai il colpo immaginandomi con indosso un
vestito che un secolo prima era bianco ma che ormai era ingiallito con un velo
lungo venti metri. “In realtà anche la mia famiglia voleva che indossassi
quello di famiglia ma ho deciso di
comprarlo proprio per non fare un torto
a nessuno” inventai nuovamente, fiera di me stessa per la bugia inventata che
di sicuro era una delle più credibili che avessi mai raccontato in tuta la mia
vita.
“Come vuoi” sbottò. “Comunque ti aspetto domani a
mezzogiorno a casa mia, pranzeremo un po’ insieme” aggiunse cercando di sorridere.
“Oh, perfetto” risposi sorridendo nervosamente,
chiedendomi se mi avrebbe avvelenata con il cibo visto che non sembrava
tollerarmi più di tanto.
Per fortuna la fase “prozia Linda” terminò lì, e
sostenni una conversazione garbata con alcune delle sue zie e cugine. Alle otto
e mezzo, poi, la nonna ci invitò a restare a cena insieme a zio Alessandro e
della Zia Carla, che erano rispettivamente i genitori di Katia, Manuele e
Adriana.
“Hai delle sorelle, Debora?” mi domandò Manuele, un
ragazzino non molto alto e un po’ goffo con i capelli scuri e ricci mentre mi
aiutava ad apparecchiare la tavola.
“No, ho un fratello di ventun anni però” risposi
cordiale.
“Ah, ho capito, altrimenti le davi il mio numero,
contatto di facebook e msn…” ammise con lo sguardo basso e non riuscì a non
ridere.
“Che c’è di tanto divertente? Mi stai prendendo in
giro?” domandò subito.
“No, certo che no, Manuele!” risposi
subito,cercando di smetterla.
Lui parve illuminato e mi sorrise. “Wow, ti sei
ricordata il mio nome!” esclamò entusiasta, bloccandosi nell’atto di mettere le
posate.
“Beh, non sono tanto smemorata, e poi come potrei
dimenticare il nome del cuginetto preferito di Andrea?” buttai lì, cercando di
scusarmi per averlo deriso prima.
“Davvero Andrea dice che sono il suo
preferito?” domandò sgranando gli occhi.
“Oh, si, ma certo!” dissi. “Andrea, tesoro, è vero
che Manuele è il tuo cuginetto preferito?” gli chiesi, dato che era appena
entrato in cucina con una bottiglia di vino rosso in mano.
Lui parve un po’ perplesso prima di dire: “Ma
certo, e me lo chiedi pure?” con un sorriso a trentadue denti.
“Anche tu sei il mio cuginetto preferito Andrea, e
anche Debora lo è” disse subito.
Tentai di reprimere l’ennesima risatina. “Ma non
sono tua cugina...”.
“Beh, lo sarai quando vi sposerete!” concluse
brevemente lui. “Ma visto che ti sei ricordata il mio nome, perché nel tuo
prossimo libro non dai il mio nome a qualche personaggio?”.
Guardai Andrea e lui scosse il capo, ridacchiando.
“Farò il possibile” promisi, e Manuele mi
abbracciò, lasciandomi stupita dato che zia Carla ci stava guardando.
“Manuele, attenzione alle manine” fece falsamente
ironico Andrea, dato che le mani del ragazzino stavano scendendo lungo la mia
schiena e stavo cercando di fermarlo.
Manuele fece una faccia innocente e si staccò.
“Grazie” sussurrai ad Andrea, e lui mi abbracciò prima
di aiutarmi a sistemare i bicchieri.
“Come siete carini” disse zia Carla sorridendo.
“Sai che sono stata felicissima di sapere che Andrea stava con te? Ho letto
entrambi i tuoi libri, figli permettendo” aggiunse, facendomi segno di seguirla
in salotto visto che la nonna stava cucinando, così ubbidii e lasciai Andrea
con lo zio Alessandro.
“Oh, grazie…”.
“Carla, va bene se mi chiami così” dichiarò.
“Ok, grazie Carla, non sia quanto mi rende felice il fatto che almeno a te vada
bene...”.
Carla sorrise. “Ti riferisci alla prozia?”.
“Si”.
“Ma stai tranquilla, devi capire che Andrea è il
suo nipote famoso e già non tollerò il fatto che si fosse allontanato per il
successo, è sempre stato il suo preferito insieme a Katia e Adriana, quindi,
essendo anche tu famosa, crede che tu sia una di quelle che esce in tv mezza nuda
dopo aver fatto la lap dance…” mi spiegò con dolcezza.
“Ma io non ho mai fatto queste cose! Non la vede la
tv?”.
“Purtroppo le sue convinzioni sono più forti della
realtà” rivelò, cercando di non sbuffare. “Quindi stai tranquilla”.
“Ci proverò” dissi, facendo un sorriso nervoso.
“Ma ora, dimmi, come va l’ultimo libro?”.
Parlammo per un’ora circa, e devo ammettere che mi
annoiai un po’ nonostante l’argomento fossero i miei libri, perché aveva
estratto alcune conclusioni contorte riguardo alcuni personaggi a cui non avevo
mai pensato.
Poi, a cena, fu il turno di zio Alessandro
intervistarmi tra un piatto e l’altro, e mi obbligò anche a bere un bel po’ di
vino, con il risultato che arrivai al momento del caffè rossa in viso e poco
lucida.
“Allora, Debora, avete già prenotato il
ristorante?” domandò nonna Maria Antonietta.
“Ristorante? E perché dovremmo prenotare il
ristorante? E’ vero che non so cucinare, ma arrivare al punto di dover andare
tutti i giorni al ristorante mi sembra eccessivo!” risposi ridendo, e sentii
Andrea darmi un pizzicotto sul braccio.
“Non sai cucinare?” domandò la nonna allibita.
“Io? Naaaa… Addirittura stavo per ammazzare Andrea
una volta, trovò la mia unghia finta nelle piadine che avevo cucinato!”
esclamai, e sentii il pizzico farsi più forte.
“Che cosa?!” domandò la donna scandalizzata. “Stavi
per uccidere mio nipote?!”.
“Nonna, non è vero, è solo un po’ brilla, zio
Alessandro l’ha fatta bere molto…” iniziò Andrea con un tono pacato ma allo
stesso tempo impaziente.
“Ma perché dici le bugie? Ti vergogni di me?”
dissi, agitando teatralmente le mani, tanto che mi bagnai tutta con un
bicchiere di acqua che mi cadde addosso. “Non so cucinare, non so cucinare! Ho
messo anche il sale in una torta, qual è il problema?”.
Sentii le braccia di Andrea fermarmi, oltre che
alle scuse di Elisa e Giulio, e l’ultima cosa che vidi fu la faccia sconvolta e
arrabbiata di Andrea prima di cadere nel sonno più profondo, chissà quanto
tempo dopo.
Sposa
bagnata, sposa fortuna, si dice, ma dipende sempre da cosa è stata bagnata!
Prevedo ancora molte figuracce, specialmente se a bagnare la sposa è stato un
bicchiere di acqua minerale caduto per l’eccesso di vino…
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Capitolo 18 *** Eroina Per Un paio D’ore ***
Eroina Per Un paio D’ore
Buongiorno a todos!
Eccovi un nuovo capitolo, spero mi farete sapere
cosa ne pensate anche perché ho visto incrementare il numero dei preferiti e
delle seguite. Ci conto, e grazie mille a tutti!
Grazie mille a vero15star per la recensione,
scusate ma sono un po’ di fretta.
A sabato,
milly92.
Capitolo 18
Eroina Per Un paio D’ore
Ubriacarsi
mentre si è cena a casa della nonna del tuo futuro marito non è il massimo che
ci si aspetterebbe da una brava ragazza, lo sai Deb? Speriamo solo che riuscirai
a farti riscattare! E se non ci riesci, meglio per me…
La mattina dopo mi svegliai verso le otto, con un
enorme mal di testa unito al mal di stomaco, e vidi Vittoria al mio fianco, che
stava messaggiando con il cellulare.
“Vittoria, cos’è successo ieri?” dissi ad alta
voce, sobbalzando, ricordandomi solo la faccia sconvolta della nonna.
Vittoria alzò lo sguardo e mi fece segno di
calmarmi. “La nonna pensa che tu sia un’ubriacona e quasi concorda con la
prozia Linda, che ha detto a metà famiglia che si vede che in precedenza hai
ballato sul cubo di uno strip club e che hai fatto cose molto cattive per
arrivare al successo” mi informò subito.
“Che cosa? Ma… No, non può essere, è stato
Alessandro a farmi bere e voi non mi avete nemmeno aiutato a reclinare
l’offerta…” protestai spaventata.
“Ne sto giusto parlando con Katia, lei e Adriana si sono offerte di
pranzare dalla prozia per aiutarti e così cercheranno di convincerla che sei
una brava ragazza” disse.
“Davvero?” domandai sollevata.
“Si. Però, lasciatelo dire, Deb, sei una frana, non
ti sei mai ubriacata?”.
“Due volte, una quando ero ancora a Music’s Planet
e dormii con Niko, pensa un po’, e la seconda il giorno dopo la laurea” ammisi.
“Odio ubriacarmi perché ho paura di quello che potrei dire, odio perdere il
controllo di me stessa!”.
“E ci credo, se questo è il risultato!” approvò sarcastica.
“Meno male che Andrea è ancora vivo dopo la questione dell’unghia finta…”.
Sbarrai gli occhi, incredula. “Ho detto questo?”
domandai.
“Si, e hai anche detto di non sapere cucinare e che
hai messo il sale in una torta….” disse, facendomi tremare.
“Oddio, ci mancava solo che dicevo che stavo per
mettere il sale nel caffè di Max qualche giorno fa e eravamo a posto…” dissi
sconsolata, accasciandomi sul letto.
Vittoria mi guardò, poi il suo sguardo divenne
comprensivo. “Tranquilla, è tutto ok, e poi, male che vada, l’importante è che
Andrea voglia sposarti” .
“Si, ma preferirei che ci fossero almeno trenta
persone alle nozze, e se le cose vanno così dubito che qualcuno della vostra
famiglia ci verrà” dissi tetra.
Vittoria stava per ribattere quando entrò Elisa nella
stanza , con indosso una tuta blu e i capelli legati in una coda. “Buongiorno,
ragazze. Come stai, Deb?” domandò avvicinandosi.
“Meglio, grazie. Ma… Elisa, scusami, vi avrò fatto
morire di vergogna!” mi scusai, mettendomi il capo tra le mani.
“No, dai, stai calma, anzi, Alessandro l’ha detto
che non volevi bere e che ti ha costretta, la nonna sta meglio” disse,
accarezzandomi il volto.
“Davvero?”.
Elisa annuì e mi sentii un po’ più sollevata, così
mi vestii con dei jeans e una maglia a tre quarti verde e corsi nella stanza di
Andrea. Non lo trovai, ma fui rapita da una melodia proveniente dal piano di
sotto, la seguii e vidi che stava in una stanza che non avevo visitato, dove vi
era un pianoforte, una tastiera e vari sgabelli. Lui se ne stava seduto dietro
al pianoforte, concentrato e con i capelli ancora spettinati.
Riconobbi la melodia per quella della loro nuova
canzone “L’abito bianco”, così chiusi la porta e restai a guardarlo. Dopo circa
mezzo minuto, alzò lo sguardo e mi notò.
“Buongiorno amore” dissi incerta.
“Buongiorno. Dormito bene?” domandò.
“Ehm, diciamo… Immagino che tu abbia dormito poco e
niente a causa mia” tirai ad indovinare, e quando annuì abbassai lo sguardo.
“Allora vado, non voglio stancarti ulteriormente”
mormorai, voltandomi e mettendo la mano sulla maniglia.
Feci un sorriso quando lui disse: “Aspetta, Deb!” e
mi voltai, vedendo che mi fece segno di sedermi al suo fianco.
Subito mi avvicinai, e mi sentii sollevata quando
mi accarezzò la guancia e mi circondò la vita con il braccio destro.
“Quanto sei arrabbiato da uno a dieci?” domandai a
bruciapelo, dopo avergli circondato il collo con le braccia.
“Tre” rispose. “Per il semplice fatto che non sai
mai rifiutare niente e perchè sei ancora più sincera da ubriaca” spiegò,
sorridendo.
“Non è divertente” dissi. “Mi dispiace, davvero, e
prometto che farò il possibile per farmi perdonare, non voglio che tutti
pensino che sposerai una poco di buono” .
“Shh, non dire sciocchezze, nessuno lo pensa e
basterà conoscerti per volerti bene” mi rassicurò. “E zia Carla, zio
Alessandro, Manuele, Katia, Adriana, zia Flavia, zia Susanna e zio Nicola già
ti adorano”.
“Sicuro?” domandai.
“Sicurissimo” rispose. “Proprio come lo sono
riguardo l’amore che provo per te” e si abbassò verso il mio volto per
baciarmi, stringendomi a sé con una decisione tale che mi fece rilassare e dimenticare
tutti i pasticci che avevo combinato finchè non ci staccammo per l’entrata di
Giulio.
“Scusate piccioncini, ma volevo dirvi che la
colazione è pronta. Tutto bene, Deb?” domandò con fare paterno mentre ci
alzavamo.
“Si, grazie Giulio” risposi.
Facemmo colazione e poi subito corsi a vestirmi,
decidendo di vestirmi molto in stile monaca, con dei pantaloni lunghi e una
maglia a maniche lunghe rossa con lo scollo a U appena accennato.
Mi fermai dal fioraio per comprare dei fiori per
Linda, e ringraziai il cielo quando constatai che Katia e Adriana erano già lì.
Mi sorrisero, e ricambiai, prima di essere rapita dallo sguardo della prozia,
rigido e austero più che mai.
“Questi sono per lei” le dissi, porgendole il
bouquet.
“Portali di là, Katia. Vieni, aiutami a preparare
il pranzo” mi impose, e mi sentii esplodere a causa di un forte colpo allo
stomaco. Ovviamente la notizia che fossi un’imbranata in cucina era circolata.
La seguii, e lei prese posto su una delle sedie che
circondavano la tavola.
“Prepara il sugo, gli ingredienti sono lì” disse.
“Certo. Ah, vedo che ha messo il sale. Le dispiace
se le dico che io ne uso poco?” tentai, falsamente sicura di me, ricordando le
parole di Andrea del giorno prima. Speravo solo che non lo avesse detto come
battuta, perché se così fosse stato ero spacciata.
Per fortuna Linda parve colpita. “Anche io lo uso
poco, ho problemi di pressione, sai” rivelò.
Oh, che darei
per poter essere di nuovo ubriaca per un secondo e mettercene molto… Pensò la mia parte meno nobile.
“Davvero?” domandai falsamente dispiaciuta.
“Si”.
“Sa che il sugo è stata una delle prime cose che ho
imparato a cucinare insieme ad Andrea?” rivelai, decisa a tentare di colpirla
un po’ al cuore, sempre se ce l’aveva.
“Eh? Davvero?” domandò, stranamente curiosa.
Annuii, mentre aprivo al confezione di sugo e lo
rovesciavo nella pentola.
“Si, eravamo nel loft del programma e non avevamo
niente da fare così lui disse che voleva cucinare ed io lo aiutai, e nessuno
dei due sapeva fare il sugo, così ce lo insegnò Rossella, una delle nostre
amiche tutt’ora, e da allora lo imparammo a cucinare… E’ stato uno dei momenti
che ci ha fatto avvicinare, sa?” spiegai, rivivendo quel momento quasi con i
brividi addosso.
“Che bella storia. Peccato che non hai imparato a
cucinare nient’altro. Mi domando come sfamerai mio nipote” disse, prima dolce e
poi odiosa.
Mi bloccai nell’atto di mettere il sale, e per la
rabbia gliene versai un po’ di più, prima di mettere il tutto a cuocere a fuoco
lento e voltarmi.
“Mi scusi, ma per sua informazione io so cucinare
quasi tutti i tipi di pasta, ho solo un po’ di problemi con le lasagne, so fare
tute le cose basilari e non è lei che deve sposarmi, Andrea sa quello che fa e
ci sarà un motivo se ha chiesto a me di sposarlo e non a qualcun’altra che
magari è una chef nata ma non capisce un tubo di lui!” sbottai, sentendo il mio
autocontrollo andare a farsi benedire.
La donna fece una faccia adirata. “Ho capito, tu
sei una tipa che vuole fare la sentimentalista, ma essere una moglie non è come
pensi,non si va avanti con l’affetto, l’amore o quello che è, spero solo che
mio nipote rinsavisca entro gennaio!” urlò, puntandomi l’indice contro e facendomi
segno di uscire dalla sua casa.
Ubbidii, ma nell’istante in cui feci per uscire
dalla porta, Katia mi sorpassò e uscì
dalla porta, in lacrime, e tre secondi dopo Adriana la inseguì.
“Ragazze, cosa state combinando?” urlò la prozia.
“Sei una stronza, lasciami, sei solo una
traditrice, vatti a fidare delle sorelle!” urlò la voce di Katia dalle scale, e
subito corsi a vedere cosa stava succedendo. Linda mi seguì, per quello che le
riuscì, finchè non giungemmo in mezzo alla strada, dove le due ragazze stavano
battibeccando.
“Katia, devi capirmi…” stava dicendo Adriana,
implorante.
“No che non
ti capisco, sei solo una… Una.. Non ho parole per descriverti! Sapevi
come ci stavo a causa sua, e tu che fai? Ci esci di nascosto?” ribattè Katia
infervorata.
Fece per allontanarsi quando si sentì una sgommata
sempre più vicina.
“Oddio, ragazze, sposatevi!” urlai, vedendo una
macchina arrivare a tutta velocità, così Adriana attraversò la strada rapidamente
ma Katia cadde per terra a causa delle scarpe.
“Ahi!” urlò.
La macchina era sempre più vicina e Katia non si
muoveva, e non mi restò che seguire il mio istinto mentre Linda urlava insieme
ad Adriana. Mi buttai addosso alla ragazza che si stava rialzando e la spinsi
verso la sorella, proprio mentre l’auto sfiorava la mia caviglia e mi faceva
cadere a terra. L’auto non si fermò nemmeno ed io restai accasciata al suolo,
con il fiato corto e credendo quasi di essere morta.
“Oddio, Debora!” urlò Adriana, aiutando la sorella
ad aiutarsi.
“Debora, stai bene?” domandò Linda, che al momento
aveva seppellito la maschera dell’ostilità e cercava di rialzarmi, mentre dieci
macchine si fermavano per controllare cosa fosse successo.
“Si, ma… Ho battuto il braccio” ammisi con il fiato
corto, riuscendo finalmente ad alzarmi e raggiungendo le ragazze dall’altra
parte della strada.
Katia stava piangendo a dirotto e dopo un po’
vennero dei poliziotti che domandarono la dinamica dell’accaduto, e quando
notarono il braccio su cui ero caduta mi fecero portare in ospedale, dove
nemmeno mezz’ora dopo accorse Andrea con la sua famiglia.
“Oddio, amore, stai bene?” domandò lui, entrando
nella stanza come una furia.
“Si, mi sono solo slogata il polso. Le ragazze
stanno bene” aggiunsi per calmarlo, ma lui mi guardò senza capire.
“Le ragazze?” domandò, mentre vedeva il braccio e
mi abbracciava lievemente per non farmi male. Elisa, Vittoria e Giulio fecero
lo stesso, preoccupati.
“Si, non sapete nulla?”.
Scossero il capo e sospirai. “Vedete, Katia e
Adriana hanno litigato, e Katia è uscita di casa correndo, arrivando fino in
strada dove stava per essere travolta da una macchina insieme alla sorella, che
è riuscita a scappare mentre lei è caduta e così…” dissi, mentre Elisa si
copriva la mano con la bocca e Vittoria mi guardava stralunata.
“Cosa hanno fatto quelle due?” urlò Andrea,
ringhiando quasi. “Cioè, vedi delle ragazzine di diciotto e sedici anni cosa
sono capaci di fare!”.
Come se le avesse chiamate, le due comparvero sulla
soglia della porta, con una faccia morta.
“Volevamo scusarci, Deb, siamo stata delle
incoscienti” dissero all’unisono, con lo sguardo fisso sul mio braccio
dolorante.
Scrollai le spalle, contenta per il fatto che
almeno le cose stessero apposto.
“Davvero, e poi volevamo ringraziati, senza di te
probabilmente non sarei qui” aggiunse Katia, avvicinandosi e guardandomi
incerta.
“L’importante è che mi promettete che non
litigherete più così” le ammonii, prima di far loro segno di avvicinarsi ancora
di più e abbracciarle per quel che mi riusciva.
“Cosa vi passava per la testa, eh, ragazze? Siete
state delle incoscienti!” urlò Andrea furioso. “Non ho mai visto una cose
simile in più di trent’anni di vita!”.
Katia accennò di nuovo qualche lacrima,scuotendo il
capo. “S-Scusaci, Andrea…” mormorò, ma Andrea sospirò e la abbracciò a sua
volta. “Non lo faremo più” promise lei.
“Lo spero per voi” disse laconico lui, prima di
alzare lo sguardo verso la prozia Linda che era entrata nella stanza.
“Volevo ringraziarti, Debora, anche se non sei una
buona casalinga resta il fatto che hai salvato le mie nipoti” ammise,
guardandomi. “Non te ne sarò mai grata abbastanza” aggiunse, “E quindi ritiro
tutto quello che ti ho detto, a settantotto anni ho capito che l’affetto,
inteso anche come forma di coraggio, può salvare la vita”.
La guardai sbalordita, mentre gli altri ci
guardavano confusi, e mi strinse la mano, per confermare la sua proposta di
pace.
Annuii impercettibilmente, mentre Vittoria
sorrideva e diceva a suo fratello, sbalordito quanto me: “L’importante è tutto
si è risolto nel migliore dei modi grazie alla nostra eroina!”.
Eh si, alla
fine anche le chef imbranate riescono a fare qualcosa di buono, spero solo che
Deb continui così e che continui ad
aggraziarsi la prozia con qualche nuovo gesto eroico! Magari, che ne so, riuscire
a cucinare qualcosa di decente senza l’aiuto della bacchetta magica…
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Capitolo 19 *** Tutto In Famiglia ***
Tutto In Famiglia
Buon
sabato a tutti!
Come
procedono le vacanze? Io sono quasi riuscita a recuperare le forze perse
durante l’ultimo stressante mese xD Ma dico quasi, eh! =D
Questo
capitolo farà da stacco alle piccole tragedie precedenti, ma poi si tornerà ai
fatti più duri, come al solito.
Grazie
mille a vero15star (grazie mille, tesoro, è sempre una gioia vedere che la fic
continua a piacerti e ancora grazie per il consiglio su questo cap!) e Giulls
(ma vai tranquilla, sono cose che possono capitare, non
c’è nessun poliziotto
che ti perseguita e ti intima di leggere obbligatoriamente e di non
perderti nessun cap! xD Mi fa piacere che ti manchi questa fic,
però =) ti voglio bene!) per le
recensioni.
E
ancora grazie a coloro che hanno messo al fic tra i preferiti e le seguite.
Il
titolo del capitolo l’ho preso dall’omonimo telefilm che mi piace tanto e in un
certo senso può rispecchiare un po’ quello che succede in questo cap.
A
mercoledì,
milly92.
Capitolo 19
Tutto In Famiglia
Deb è
riuscita a salvarsi dalle grinfie della prozia Linda e a salvare la pelle di
Katia, ma la domanda sorge spontanea: ce la farà la nostra eroina a
sopravvivere a tre giorni di tortura con i suoi familiari assetati di
autografi, foto e aneddoti del suo amabile futuro marito? Il banco scommesse è
aperto!
Sbuffai per la centesima volta quando lessi
l’ennesimo articolo sul “tragico” incidente che avevo avuto secondo i vari
giornali. Andrea aveva comprato tutte e tredici le riviste che riportavano
l’accaduto giusto per farsi due risate, e al momento quello si era rivelato il
suo unico passatempo dopo pranzo il 6 settembre, dopo che eravamo arrivati a
Maddaloni e avevamo pranzato con la mia famiglia.
“Sembra che
la ragazza abbia salvato entrambe le ragazze mentre stavano avendo un’accesa
discussione riguardo un tradimento della sorella maggiore, uscendone abbastanza
illesa, sebbene ora il suo braccio destro abbia subito una frattura. Come farà
ora a scrivere il suo terzo libro?” lesse, prima di sbellicarsi dalle risate insieme a mio padre e mio fratello.
Feci il segno delle corna per terra e scossi il
capo, rassegnata per tutte le sciocchezze che erano riusciti ad inventarsi.
“Non ci avevi detto che avevi una frattura al braccio
destro, sorellona, che eroina che sopporta tutti i mali del mondo in silenzio
che sei!” ridacchiò mio fratello, guardando la piccola e insignificante slogatura
che avevo al polso sinistro, che ormai non mi faceva quasi più male.
“Se non stai zitto te lo faccio fratturare io il
braccio, fratellino mio” sbottai acida, dato che la cosa non mi divertiva ed
ero ansiosa per quel pomeriggio.
Dario fece una faccia falsamente terrorizzata prima
di continuare a scherzare con Andrea. Il
telefono di casa squillò, e mia madre rispose dalla cucina. Poco dopo entrò nel
soggiorno e ci guardò divertita.
“Era zia Laura, dice che non vede l’ora di
conoscerti e voleva sapere se poteva venire a casa” disse rivolta ad Andrea,
che fece una faccia interessata e disponibile.
“E tu cosa le hai detto?” domandai subito,
preoccupata. Mia madre scrollò le spalle.
“E cosa potevo mai dirle… Sarà qui tra una decina
di minuti” ci informò, ed io mi accasciai sul divano, mentre Andrea restò
indifferente, anzi, sembrava contento.
“Andrea, non farci caso se Laura inizia a parlare
per ore e ore, annuisci ogni tre minuti e sarà tutto ok” lo tranquillizzò mio
padre.
Andrea fece uno sguardo un po’ confuso. “Tanto che
è pesante, Claudio?”.
“Quanto la lasagna che ha cucinato oggi mia moglie”
asserì mio padre con convinzione, ma subito finse di aver scherzato quando
mamma lo guardò acida.
Dal canto mio me ne stetti zitta, finchè Andrea non
si alzò e prese posto sul divano accanto a me e mi circondò le spalle con le
braccia. “Prometto che non la giudicherò” mi sussurrò nell’orecchio.
“L’importante è che tu non giudichi me, ti giuro
che non ho il suo DNA” dissi per sdrammatizzare, e lui annuì.
Tre minuti dopo suonarono il campanello,e constatando che non erano passati nemmeno
otto minuti mi domandai se la zia non fosse già a metà strada quando aveva
chiamato.
Mia madre andò ad aprire ed io mi passai una mano
tra i capelli, emozionata, sperando che lo zio Angelo restasse apatico come
sempre, che mia cugina Michela non facesse l’ochetta e che suo fratello Antonio
non facesse il deficiente come suo solito.
In un battibaleno, la casa si riempì di voci e la
zia entrò nella stanza, avvolta in un completo verde, e cercando subito Andrea
con lo sguardo. Quando lo trovò, spalancò gli occhi e sorrise. Alle sue spalle,
comparve Michela, molto carina nel suo abitino azzurro che le faceva dimostrare
un po’ di più dei suoi quindici anni.
“Ciao zia, tutto bene?” domandai, fingendomi serena
e cordale, alzandomi e baciandole le guance.
“Ciao Debora” rispose, prima di scansarsi da me e
fare un passo verso Andrea che si era educatamente alzato.
“Lui è Andrea” dissi, certa che la mia
presentazione non servisse a nulla. Infatti lei non mi ascoltò nemmeno e disse:
“Ciao, Andrea, io sono la zia Laura, ma se vuoi puoi chiamarmi semplicemente
Laura!” prima di buttarcisi quasi addosso e salutarlo con due baci sulle guance.
“Va bene Laura” rispose lui, e mi lanciò
un’occhiata mentre io appoggiavo una mano sulla tempia per nascondere la mia
espressione.
“Io sono Michela!” disse mia cugina, porgendogli la
mano e sfornando il suo sorriso più prezioso. “Ma puoi sempre chiamarmi Miky”.
“Piacere… Ehm… Miky” rispose lui, stringendole la
mano.
Poi fu il turno di Antonio e zio Angelo,che erano
appena entrati nella stanza, e per fortuna furono molto meno imbarazzanti.
“Ho letto quello che è successo sui giornali, stai
bene, Debora?” domandò la zia, prendendo posto proprio di fronte a noi e
facendo si che i miei e mio fratello fossero
costretti a sedersi sulle sedie che circondavano la tavola della stanza.
“Si, sto benissimo, e comunque ho salvato solo una
delle ragazze, mi sono slogata solo un po’ il polso sinistro e potrò continuare
a scrivere” la informai subito, dato che conoscendola sapevo che aveva letto
tutte le tredici versioni dei vari giornali, più inventato una sua versione
personale.
Lei parve delusa, ma annuì. E, sempre conoscendola,
sapevo che aveva quella faccia perché aveva raccontato al suo vicinato la
versione che diceva che avevo fatto un salto di tre metri per spingere vie le
due ragazze più la prozia e che la macchina si era fermata per un pelo dato che
mi aveva riconosciuta.
“Allora, Andrea, ho comprato il nuovo album, è
bellissimo, e volevo anche venire al concerto a febbraio, ma Michela si è
ammalata e ho dovuto rimandare…” passò subito all’attacco.
“Oh, grazie” disse Andrea, decidendo di non
rispondere alla seconda parte dell’affermazione.
“Non sai quanto sono stata felice nel sapere che vi
sposavate! Debora è perfetta, sai? Hai visto com’è gentile, educata e posata?
E’ identica a me quando avevo la sua età, l’ho sempre detto!” disse con l’aria
di chi la sa lunga, e mio padre tossì.
“In realtà sostengo che sia uguale alla mamma, ti
conoscevo e non eri come lei, Laura, somigliai più a Michela…” disse, e lo
guardai grata.
La zia parve offesa e scosse il capo. “Ma che, ero
proprio come lei, stesso naso, stessi capelli, stesso fisico, anzi, direi che
ero anche un po’ più magra” continuò, squadrandomi.
Mia madre stava per ribattere, ma per fortuna
Andrea prese la parola. “So com’è, Laura, altrimenti non le avrei chiesto di
sposarmi, e se somiglia a te quando eri più… ehm, giovane, non può che essere
una bella cosa” azzardò, cercando di essere gentile anche se si leggeva la sua
nota di incredulità.
“Eh, avevo una fila di uomini sposati dietro di
me…” dichiarò convinta. “Invece tu, Debora? Ti sei fidanzata solo con lui?
Nessun’altro ti ha fatto la corte?” domandò.
“Zia, li ho avuti gli spasimanti solo che Andrea è
l’unico che abbia mai amato e quindi non aveva senso accettare la corte degli
altri” mi difesi.
“Si, pensa che il suo agente è cotto di lei e
voleva morire quando ha saputo che ci sposavamo” diede man forte Andrea.
La zia sorrise. “Eh, ma io mica lo dicevo per
cattiveria, per carità, sono felice che hai scelto lui! Solo che, come si dice,
per trovare la persona giusta bisogna fare una specie di puzzle, provare tutti
i pezzi e poi scegliere il mio migliore…”.
“Sono stata fortunata a trovare il migliore al
primo colpo, non credi?” sbottai, facendo un sorriso falso.
“Oh, si, certo”.
Secondo me
vuole farci lasciare per farlo mettere con Michela… Pensai perfida.
“Quando siete venuti qui?” chiese in seguito,
prendendo la tazzina di caffè che mamma le aveva offerto.
“Siamo arrivati verso le undici” rispose Andrea.
“Per venire da Colle Ferro a qui ci abbiamo messi tre ore e un quarto, c’era un
traffico!” spiegò.
“Colle Ferro? Non abitavate a Roma?” domandò subito
lei.
“Si, solo che Colle Ferro è la sua città di nascita
e siamo stati qualche giorno lì, ho conosciuto la sua famiglia” la informai.
Annuì. “No, invece io mi sono alzata alle undici,
ihih, tra un po’ inizia la scuola e Antonio inizierà l’ultima anno di liceo, mi
dovrò stressare molto per farlo studiare e così è meglio che recupero le forze
ora, o no?” domandò convinta.
Restai stupita nel sentire che lo aiutava
ancora a studiare. “Oh, ma certo”
rispose Andrea, perplesso quanto me.
“Poi ho cucinato veloce veloce un po’ di pasta al
sugo e mentre Michela puliva la cucina mi sono vista Beautiful e Cento Vetrine,
tu te li vedi, Andrea?” domandò a bruciapelo, e non riuscii a non soffocarmi
per trattenere la risata.
La faccia di Andrea era incredula, ormai faceva uno
sforzo enorme per cercare di continuare a essere educato. “In realtà no, sono
sempre molto impegnato…” borbottò.
“Eddai, veditelo, così ti svaghi un po’, non si può
sempre lavorare, ad esempio, ora ci sta la storia tra Luisa e Filippo…”.
Continuò a parlare della fiction per circa
quarantacinque minuti, per poi iniziare a fare domande su tutta la carriera del
ragazzo, dimenticandosi della mia presenza, e ringraziai quando, alle cinque e
mezzo, mamma disse che dovevamo andare dalla nonna per incontrarci con gli
altri.
“Quando Claudio aveva detto che Laura era pesante
era stato molto gentile” mi rivelò Andrea, entrando nella mia stanza mentre
stavo indossando la collana che mi aveva regalato per il mio compleanno.
“Hai visto?” brontolai, mentre mi faceva segno di
fermarmi e mi aiutava ad allacciarla con eleganza.
“E poi dubito che poteva assomigliarti da giovane,
si vede che sei identica a tua madre” rivelò.
“La mia parte del cervello più perfida vuole credere
che stava facendo tutto quel casino per convincerti a mollarmi e metterti con
sua figlia” sdrammatizzai, e lui rise.
“Oh, ma certo, ci è riuscita” sghignazzò.
Risi, e ciò mi servì mentre varcavamo la soglia
della casa della nonna Antonietta, già piena di gente.
Ci fu la solita solfa del “Piacere!” e “Ciao” e poi
ci ritrovammo al centro dell’attenzione nella sala da pranzo della nonna, con
circa trenta paia di occhi puntati su di noi. Basta pensare che mia madre ha
dodici fratelli che avevano almeno due figli ciascuno. Per fortuna alcuni se ne
stavano nelle altre stanze.
Rosa e Antonietta, due cugine che avevano la sua
stessa età, per fortuna mi fecero rilassare perché furono cordiali e simpatiche
come sempre, facendolo sentire a proprio agio e non come la star del momento,
ma non posso dire lo stesso di mia cugina Lucia e sua madre Caterina.
“Weee, assa fa, ciù faj cunoscr!” (Ehh, finalmente
ce lo fai conoscere!) disse Lucia, allargando le braccia e porgendo la mano ad
Andrea. Mi sentii stupida per aver pensato che quella che mi avrebbe fatto fare
delle figuracce per il dialetto sarebbe stata solo mia nonna.
Andrea la guardò interrogativo. Probabilmente non
aveva mai desiderato un traduttore simultaneo come quel moemnto.
“Ehm, si, Andrea, lei è Lucia, e lei è zia
Caterina” le presentai, parlando con un accento degno della Crusca.
“Piacere” disse lui.
“Allora? Che m’ric, a zi? Tutt a post u’racc?”
(Allora, che mi dici, a zia? Tutto bene il braccio?) domandò la zia ed io
annuii, sentendo solo di voler sprofondare.
“In realtà è il polso, ma comunque tutto bene”
feci.
“Menu mal. E quan s’fa stu matrimon?”. (Meno male.
E quando si fa questo matrimonio?).
“Il 15 gennaio… Vi manderemo le partecipazioni al
più presto” dissi, imbarazzatissima, e feci segno a mio cugino Francesco, il
più biondo e affascinante della famiglia, di salvarci.
Prontamente lui si avvicinò e chiese alla zia se
poteva parlarci.
“Grazie” lo ringraziai, e lui scrollò le spalle.
“Figurati! Non dare peso a loro, Andrea, non siamo tutti
così” disse scherzoso, e Andrea annuì.
“Certo, figurati, e poi è comprensibile, siamo
sempre in Campania…”.
“Non sei obbligato a fingere che non ti abbiano
spaventato” spiegò, prima di porgere la mano. “A proposito, non mi sono ancora
presentato, io sono Francesco, il cugino più geloso delle sue cuginette,
quindi… Mi raccomando, trattamela bene”.
Andrea sorrise e strinse la mano. “Certo, ora che
mi hai avvisato farò più il bravo, promesso” ironizzò, e fui sollevata nel
vedere che risero entrambi, proprio come me, e che sostennero un’interessante
conversazione sulle marche dei vari telefoni e
i-pod per circa mezz’ora.
“Dove si festeggerà il matrimonio?” domandò zia
Teresa, inserendosi in una conversazione che stavamo avendo con suo marito e
zia Angela poco dopo.
“A Roma, anche se non abbiamo ancora deciso la
chiesa” risposi.
“Ah, quindi immagino che verremo con il pullman”
azzardò la zia.
“Si, lo prenoteremo noi insieme all’hotel dover
pernotterete” spiegò cordiale Andrea.
“Ah, bene, poi dove avete intenzione di andare in
viaggio di nozze?” domandò zia Angela.
“Avevamo pensato di andare in America
Settentrionale e poi fare un breve giro per le maggiori capitali europee”
rispose lui prontamente.
“Oh, l’America Settentrionale! Incluso il Canada?”
domandò zia Teresa interessata.
“Credo di si, che almeno ad Ottawa ci andremo, vero
amore?” gli domandai.
“Si, certo, ci prenderemo due mesi di ferie”
rispose facendo l’occhiolino.
“Fate bene voi che potete” disse saggiamente zio
Tonino. “Mi raccomando, scattate belle foto che poi me le dovete inviare!”.
“Ma certo” promise Andrea.
Filò tutto liscio finchè, alle nove meno un quarto,
zia Marta, la madre di Eva, mi prese in disparte.
“Deb, puoi dirmi una volta per tutte se mia figlia
sta con quel Giuseppe?” domandò, come se fosse stanca di aspettare la verità.
Ripensai alla telefonata che gli aveva fatto a giugno, dopo la pubblicazione
della foto sul giornale e al fatto che se me lo stava domandando Eva gli aveva
detto di no, così stetti al gioco.
“No zia, Eva non sta con lui” risposi, fingendo
un’aria sincera.
La zia mi guardò scettica e mi condusse
nell’ingresso, dove aprì la borsa ed estrasse un giornale dalla borsa. Restai
sbalordita nel vedere che sulla copertina, di nuovo, c’erano Eva e Giuseppe che
si baciavano appassionatamente fuori ad un ristorante. Probabilmente la foto
era stata scattata in nostra assenza, quando eravamo ancora a Colleferro.
“Se mi dici che davvero non lo sai devo dedurre che
Eva ti nasconde le cose sotto al naso” dichiarò.
Esitai, senza saper cosa dire. “Zia, sono cose che
deve dirti lei….” borbottai.
“Guarda che se così fosse io non ho nessun
problema” mi informò, e capii che era sincera. “Ha ventisei anni e di certo non
farò obiezioni riguardo il suo ragazzo, anche se preferirei che non finisse sui
giornali una settimana si e una no”.
Sospirai. “Va bene zia, ci sta insieme ma solo da
due settimane” rivelai.
Lei annuì. “Ne ero sicura”.
“E’ davvero un bravo ragazzo che ci tiene a lei, è
innamorato pazzo” la informai. “Ed è il migliore amico di Andrea” aggiunsi,
come se ciò bastasse per dire che era un tipo apposto.
“Ok, ok, però… Visto che lo conosci, fai in modo
che non la faccia soffrire, ha la specialistica in medicina ed è sempre stata
troppo buona con i ragazzi, non voglio che ci resti male, è anche famoso…” mi
supplicò lei, ed io annuì.
“Ma certo, gliele ho già dette queste cose” la
rassicurai,e lei sorrise. “Ma fai in
modo che queste cose restino fuori dalla portata di zia Laura” aggiunse, e lei
rise.
Tornammo nella sala da pranzo, dove trovammo Andrea
al centro della sala che suonava la chitarra di zio Mario e cantava uno dei
suoi pezzi, mentre tutti lo guardavano ammaliati.
Scoppiammo in un applauso fragoroso quando terminò,
e mi dissi che ormai il peggio era passato e che negli altri due giorni di
certo non poteva succedere niente di peggio delle figuracce che già mi avevano
fatto fare…
Io do a Laura
il premio per miglior zia-figuraccia e a Lucia quello per miglior rappresentate
della cittadinanza Maddalonese, siete d’accordo? Sono aperte le nomination!
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Capitolo 20 *** La Verità Ti Fa Male, Lo So! ***
La Verità Ti Fa Male, Lo So!
Hola!
Ecco
a voi un capitolo abbastanza rivelatore….
Grazie
di cuore a vero15star per la recensione!
A
sabato,
milly92.
Capitolo 20
La Verità Ti Fa Male, Lo So!
Per tutta
l’umanità esiste una missione molto difficile da portare a termine, così ardua
da far sembrare cose come vincere una guerra o far innamorare di noi chi ci
odia una sciocchezza… Come qual è? Essere sinceri in un’occasione in cui dire
la verità non ci conviene, no?
“Oddio, non ci credo, davvero zia Laura ha messo in
mezzo anche Cento Vetrine?” domandò Eva incredula e divertita quattro giorni
dopo, mentre sistemavo i miei bagagli, testimoni di quella settimana
stressante.
“Si, e poi, è inutile se ti dico la figura che mi
hanno fatto fare Lucia e sua madre!” le risposi rassegnata, sistemando un paio
di jeans nell’armadio.
“Posso immaginare” asserì. “Immagino che Andrea
chiedeva con clemenza i sottotitoli per capirci qualcosa”.
“Esatto” conclusi, piegando le maglie.
Lei ridacchiò, prima di alzarsi e darmi una mano
con il resto dei vestiti da sistemare. “Dai, ma tutto sommato è andata bene” mi
incoraggiò.
“Oh, ma certo, se non conti che stavo per essere
uccisa da un’auto, che mi sono ubriacata davanti alla nonna di Andrea, che la
sua prozia diceva che ero una scrittrice solo per alcune mie azioni poco
cristiane e che alcune zie mi hanno messo a figura di merda…” sbottai
sarcastica.
Eva mi guardò comprensiva. “Dai, tutto è bene quel
che finisce bene” disse saggiamente.
Scrollai le spalle, piegando le ultime cose per poi
andare in soggiorno, dove ci sedemmo sul divano.
“E tu, piuttosto? Immagino che sei stata a casa di
Giuseppe” buttai ad indovinare, ricordando la foto sul giornale. Il mio stomaco
fece un balzo ricordando al conversazione che avevo sostenuto con sua madre.
“Un po’ da lui e un po’ da noi. E’ stata una
bellissima settimana,devo ammetterlo…” disse sognante.
“Dimmi, siete stati in qualche bel ristorante?”.
“Si, perché…?” domandò sospettosa, ed io sospirai.
“I paparazzi vi hanno beccati, e ieri tu madre mi
ha chiesto spiegazioni, buttandomi in faccia la copertina di un giornale dove
c’eravate voi due che vi baciavate fuori a un ristorante” spiegai, e lei restò
sbalordita, per poi fare una faccia preoccupata.
“E che ti ha detto?” chiese, sconvolta.
La guardai con aria di ovvietà. “Mi ha domandato se
state insieme visto che è la seconda volta che vi beccano” spiegai.
“E tu le hai mentito, vero?”. Era davvero
preoccupata, e quasi sembrava che mi stesse obbligando a dirle ciò che voleva
sentirsi dire.
Inghiottii la saliva, senza sapere come dirle la
verità. “Ci ho provato” iniziai, e lei fece una faccia rassegnata. “Ma non è
scema, se siete finiti sui giornali in quegli atteggiamenti ci sarà un motivo,
così mi ha detto che anche se stavate insieme non c’era nessun problema, e che
se invece non ne sapevo nulla voleva dire che nascondevi le cose anche a me…
Ora che ci penso ha fatto una sorta di gioco psicologico” ammisi, ragionandoci
su.
“Quindi ora lei sa che stiamo insieme” concluse
sospirando, ed io annuii. “Credo proprio che dovrò chiamarla”.
“Infatti, concordo”.
Così prese il cordless e fece la fatidica chiamata.
La cosa filò liscia, la zia non fece obiezioni, proprio come lo zio, così Eva
si sentì un po’ più spensierata e andò a comunicare la cosa al suo amoroso,
lasciandomi da sola in casa. Ne approfittai per scrivere un po’, e quel pomeriggio
Alberto venne a trovarmi.
“Allora, com’è andata la conoscenza delle
famiglie?” domandò, anche se non leggevo chissà quale entusiasmo nei suoi
occhi.
“Non far finta di non aver letto i giornali”
risposi e lui annuì.
“Vabbè, lo so, ma sarà successa qualche altra cosa”
azzardò.
Decisi di non dargli soddisfazione e di non
raccontargli la verità, ricordando la voce che aveva fatto quando aveva saputo
che mi sarei sposata con Andrea. “E’ andato tutto bene, in famiglia tutti
adorano Andrea e non solo perché è famoso, pensa che si scrive anche delle
e-mail con i miei cugini! Poi ha tenuto una sorta di concerto a casa della
nonna…” gli raccontai, il che era tutto vero, avevo solo omesso le parti
peggiori.
“E la sua
famiglia invece? Cosa ne pensa di te?”.
“Questo non posso saperlo, ma mi è sembrato di
stare simpatica a tutti e poi ci sono alcune zie che hanno detto ad Andrea di
adorarmi” risposi.
Lui levò un sopracciglio prima di abbassare lo
sguardo. “Ammetto di non sprizzare di felicità, ormai abbiamo molto tempo in
meno da passare insieme e forse i libri ne risentiranno” sbottò.
Lo guardai senza capire. “Eh? Guarda che in tre
mesi sono arrivata a trecentodue pagine…”.
“Si, ma sono trecentodue pagine sciapite e scialbe,
non c’è lo stesso fervore che c’era nei primi due libri” osservò.
“Ti prego, non iniziare, già si è capito che la
causa di tutto questo per te è il mio matrimonio” sbottai scocciata.
Lui drizzò la schiena e mi guardò con ferocia. “Si,
hai ragione, è tutto colpa del matrimonio!”.
Sbuffai, alzandomi dalla sedia e incrociando le
braccia al petto, guardandolo dall’alto. “Non ti capisco! Ti facevo più
intelligente, sai? Se il mio modo di scrivere non ti piace più dimmelo in
faccia e fatti assumere da qualcun altro, non cacciare più queste scuse che
sotto sotto incolpano sempre Andrea!” ringhiai, e udendo ciò lui si alzò.
“Cosa stai insinuando? Che
sono geloso?” disse a bruciapelo.
Esitai, ricordandomi tutte
le volte che il mio ragazzo mi aveva esposto i suoi sospetti circa il mio manager.
“Può darsi” tentennai, e lui ridacchiò.
“Hai ragione, sono geloso
marcio, non ce la faccio più
nascondertelo! Ma a te cosa te ne frega? Tu hai la tua vita perfetta
e il tuo ragazzo perfetto, non ti degni
nemmeno di guardarti in giro e vedere cosa potresti rischiare di perderti!”.
Gli lanciai un’occhiata
torva, fingendomi non sorpresa per la rivelazione appena udita. “E fammi
indovinare, mi starei perdendo te?”.
“Esattamente”.
Improvvisamente il suo
volto cambiò, e da irato divenne improvvisamente triste. “Deb, ormai te l’ho
detto quindi vale la pena essere sincero al 100%... Ti prego, non sposarlo,
dammi una possibilità, sono tre anni che cerco di farti capire quello che provo
per te…” disse, avvicinandosi sempre di più.
Tentai di non provare pena
nei suoi confronti e scossi il capo. “Mi dispiace, Al, ma io amo solo Andrea”
dissi risoluta.
“Come puoi dirlo se hai
conosciuto solo lui? Io sarei capace di farti felice dieci volte in più di lui,
condividiamo le stesse passioni, adoro la letteratura come te…” continuò, e
iniziò a spaventarmi visto che sembrava aver perso la lucidità.
“Al, smettila di dire
queste cose, e poi io condivido tantissimo con Andrea e se non la smetti sarò
costretta a licenziarti” stabilì decisa, ma lui continuò imperterrito ad
avvicinarsi finchè non fui costretta a bloccarmi contro al muro.
“Non m’importa”.
Tentai di divincolarmi
mentre cercava di stringermi a sé e baciarmi, finchè non fui costretta ad
assestargli un bel calcio. E per fortuna bussarono al campanello e corsi ad
aprire, lasciandolo piegato nel suo dolore.
“Oh, Niko,sei tu!”
esclamai. Non ero mai stata più felice di vederlo in vita mia, e lui parve
capire che c’era qualcosa che non andava. Infatti, comprese tutto quando vide
che un Alberto zoppicante mi guardava con odio e usciva di casa.
“Ma cosa stava
succedendo?”.
Gli spiegai tutto ancora
spaventata, e lui mi abbracciò per calmarmi.
“Dovresti davvero
licenziarlo” mi consigliò.
Annuii. “Si, devo farlo”
concordai. “Comunque, a cosa devo la tua visita?” domandai, per cambiare un po’
argomento.
“Al fatto che Max mi ha
detto cosa sta combinando Eliana e cosa va a dire in giro... Su me e te”
spiegò.
“Oh”.
“Non voglio che questo ci
allontani” disse deciso. “E’solo una sciocchezza a cui non dobbiamo dare peso”.
Levai un sopracciglio,
incredula. “Niko, ti senti bene? Insomma, qui si parla del tuo matrimonio, devi
farle capire che tu sei nel giusto e che sta sbagliando lei nell’uscire con
quell’uomo….”.
“Appunto, sono nel giusto,
non mi sembra che tra noi ci sia quello che dice lei” disse con semplicità.
Sbuffai, impaziente, domandandomi
se ci tenesse ancora al suo matrimonio. “Non c’entra, devi farglielo capire,
prova a parlarci l’ennesima volta! Se
continuate così finirete per separarvi, vuoi renderti conto che sono quasi tre
mesi che ve ne state ognuno per i fatti propri?” sibilai minacciosa, e lui
raccolse il capo tra le mani.
“Lo so, lo so. Ormai sto
perdendo il controllo della situazione e sono sempre più convinto che se non ci
fosse stato il casino della gravidanza persa avrebbe trovato un’altra scusa per
allontanarsi. Se è vero che esce con un uomo
e che non è solo un amico… Il mio matrimonio è davvero finito” disse
afflitto.
Esitai, senza sapere cosa
dire, ma lui continuò.
“Ti rendi conto? Cinque
anni di matrimonio saltati per un mio sbaglio e lei… Lei mi sta ripagando così!
Ma non la perdonerò se queste dicerie sono vere, non posso stare con una che mi
ha tradito, infischiandosene di me, di nostra figlia…”.
Lo lasciai sfogare per
un’ora, finchè non sentii che Andrea era tornato a casa, così gli feci segno di
entrare e, con calma, gli spiegai l’accaduto di Alberto.
Dire che divenne paonazzo
era ben poco.
“Che cosa ha fatto? Dammi
l’indirizzo di casa sua, muoviti!” iniziò, rosso in viso e con una voce simile
al ringhio di un cane enorme.
“Andrea, è una cosa mia, lo
licenzierò appena…”.
“Cosa vuol dire “lo
licenzierò”? Ancora l’hai fatto? Come si è permesso quel maniaco idiota…” urlò,
muovendosi come una furia per tutta la casa.
“Lo so, mi ha fatto
spaventare, ma almeno è venuto Niko mentre gli stavo assestando un bel calcio”
mormorai, e udendo la parola “calcio” si illuminò.
“Davvero l’hai picchiato?”
domandò.
“Ovvio, mica potevo
lasciarlo fare!” risposi, e lui corse ad abbracciarmi, baciandomi il capo e
stringendomi con una morsa ferrea.
“Brava, amore, brava,
giurami che lo allontanerai…” disse preoccupato e sollevato allo stesso tempo.
Pensai al volto di Alberto
mentre perdeva il controllo, alle sue parole, e mi dissi che ero costretta a
buttare anni e anni di collaborazione al vento, dato che ormai il rapporto
professionale non c’era più. “Si, solo che dovrò trovarmi un altro agente”
dissi.
“Ti aiuterò io, promesso”
fece Andrea, separandosi e volandosi verso Niko, che guardava in silenzio
quella scena da libro rosa.
“Grazie, Niko” disse,
avvicinandosi e battendogli una mano sulla spalla.
“E di che” rispose
disinvolto lui, sorridendo.
La notizia della “pazzia”
di Alberto fece il giro della nostra comitiva e gli spiriti più combattivi come
quello di Francesco e Daniele morivano dalla voglia di farci due chiacchiere
proprio come Andrea.
Così, alla fine, lo
licenziai con una chiamata e dopo varie pratiche che chiudevano il contratto di
lavoro potevo ufficialmente dirmi senza agente. Ad essere onesti mi dispiacque
, insieme avevamo avuto proprio un bel rapporto lavorativo fatto di completa
comprensione e quasi empatia a volte, prima che iniziasse a diventare geloso.
Ma mi dissi che si chiudeva
una porta e si riapriva un portone, e subito iniziai a cercare un nuovo agente.
Nel frattempo, giunse rapidamente il sedici settembre, giorno in cui andai da
Valentino con mia madre, Vittoria e Elisa per scegliere l’abito da sposa.
“Cosa ne dici di questo?”
domandò Vittoria entusiasta, mostrandomi un abito pomposo bianco e rosa.
“Mmm, direi di no, vorrei
qualcosa meno colorato e meno pomposo” risposi, e mia madre annuì.
Vittoria storse il naso,
sbuffando. “Vuoi capire che il tuo sarà il matrimonio dell’anno? Ci saranno
giornalisti, persone famose… E tu vuoi essere una sposa tradizionalista?” mi
rimbrottò.
“Oh, scusami se non andrò
sull’altare con tanto di vestito nero e rosso a minigonna” risposi.
“Si, Vittoria, lasciala
scegliere, poco importa che ci sarà mezza Italia” mi diede man forte mamma, che
di sicuro era spaventata da quegli abiti eccentrici.
La ragazza annuì, poco
convinta, e lasciò che provassi tutti gli abiti che più mi convincevano, tutti
abbastanza semplici.
“Allora, come vanno i
preparativi?” mi domandò una delle commesse mentre mi sistemava lo strascico
nel camerino.
“Diciamo che siamo ancora a
zero, tra un po’ andremo a prenotare il ristorante ma dobbiamo ancora fare
molto…” risposi.
“Da, tanto manca ancora
molto”.
“Si, infatti” concordai.
“Ecco fatto” mi disse,
“Voltati!”.
Mi girai verso l’enorme
specchio che mi stava davanti a restai sbalordita nel vedere una ragazza con i
lunghi capelli ricci che indossava un abito bianco con un corpino senza bretelle
tutto ricamato e il gonnellone semplice, con solo alcune rose ricamate verso i
bordi che si trovavano anche sull’elegante stola. Quella non potevo essere io. Assolutamente no.
“Deb,esci, siamo curiose!”
urlò concitata mia madre, ed ubbidii con una strana espressione in viso, un po’
confusa e un po’ soddisfatta.
Le tre restarono a bocca
aperta quando mi videro, e mia madre subito si avvicinò, contemplandomi
entusiasta. “Sei perfetta, tesoro,se ti vedesse Andrea…” mormorò.
“Non deve assolutamente
farlo, porta sfortuna!” ci ammonì Vittoria, e noi ridacchiammo.
“Mamma, io prendo questo”
dissi decisa, infischiandomene degli altri modelli che mi circondavano.
“Sicura?”.
“Si”.
Così uscimmo dal negozio
poco dopo aver ordinato le misure precise, e stavo per accompagnare Elisa e
Vittoria a Colle Ferro quando, nei pressi di Via Roma, vidi Eliana intenta nel
baciarsi come una ragazzina con quel fatidico uomo.
Frenai di botto, e d’istinto presi il cellulare e li
fotografai,ignorando le proteste delle altre che si chiedevano cosa stesse
succedendo.
Vittoria si sporse al mio
fianco e restò sbalordita.
“Sta con Ivan Argenti?”
domandò incredula, e sobbalzai, dicendomi che non avevo fatto caso a chi fosse
l’uomo. E una seconda occhiata mi rivelò proprio lui, l’ex presentatore di
Music’s Planet dei nostri tempi.
Scossi il capo, sempre più
incredula, domandandomi quando Eliana sarebbe stata sincera con tutti e avrebbe
smesso di incolpare tutti noi della distruzione di un qualcosa che solo lei
stava distruggendo.
Spesso dire la verità è molto scomodo, ma se non la diciamo noi, c’è
sempre chi è pronta a dirla al posto nostro con tanto di prove… Ringraziate chi
ha inventato i cellulari con la fotocamera, gente!
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Capitolo 21 *** La Vecchia Debora E’ Ancora Viva ***
La Vecchia Debora E’ Ancora Viva
Buenos dias!
Posso dire che è da questo capitolo che la storia
inizia sul serio, di certo i 20 cap precedenti non erano un’ introduzione, ma
qui si nasce una situazione che ci trascineremo fino alla fine.
Grazie di cuore a coloro che hanno recensito:
CriCri88: Ciao! Ti ringrazio, è bello sapere che ci
sono sempre nuove persone che hanno seguito le storie e mi fa piacere che ti siano piaciute! E
soprattutto… Sei una Niko/Deb, wow ^^ Ti dico solo che niente è perduto, ma
solo uno dei due avrà un piccolo “ritorno di fiamma” nei prossimi cap ;-)
vero15star: Si tesoro, era un capitolo shock ma diciamo
che questo fa da preludio ad altri cap ancora più shock, preparati ad una
versione anche un poco poco tragica, ma qui si parla dal 26 in poi, per ora
puoi stare tranquilla xD Un bacione, ti voglio tanto tanto bene! ^^
A mercoledì,
milly92.
Capitolo 21
La Vecchia Debora E’ Ancora
Viva
Confrontarsi con chi ci circonda è un buon modo per riflettere sulla
propria identità, sulle nostre azioni… Ma se queste persone fossero dei
ragazzini di un liceo…? Preparatevi ad accogliere una vostra compagna
pluriripetente, ragazzi!
In vista della giornata del
libro, fui invitata ad una conferenza in un liceo linguistico di Roma riguardo
l’importanza dei libri nella vita degli adolescenti. Già precedentemente mi era
capitato di partecipare a conferenze simili, ma la particolarità di questa fu
che dopo avevo un’ora e mezza per rispondere alle domande dei ragazzi del
liceo, fuori dalla portata di giornalisti e telecamere.
“Mi raccomando, non essere
sincera” mi ammonì Daniele, che era venuto per scrivere un articolo per il suo
giornale.
“Scherzi? Dalle loro facce
già ho capito che mi domanderanno solo di Andrea e dell’incidente che ho avuto
quando sono andata a trovare la sua famiglia, e il massimo che sono disposta a
dire è il suo piatto preferito” lo rassicurai, bevendo un sorso d’acqua dalla
bottiglia che mi aveva offerto, visto che avevo parlato per due ore e sentivo
la gola disidratata.
“Vorrei poterci essere…”
disse dispiaciuto.
“Ti racconterò tutto,
promesso” promisi, scoccandogli un rapido bacio sulla guancia per salutarlo e
recandomi verso la palestra, luogo dell’incontro.
Una marea di adolescenti
era accalcata lungo l’entrata, e un paio di insegnanti dovettero aiutarmi ad
entrare visto che rischiavo di essere colpita in un occhio da una delle penne
per gli autografi che aleggiavano e fluttuavano sopra le loro teste, dato che
le esibivano entusiasti per acclamarmi.
Mi sentivo un po’ a disagio
nel mio tailleur bianco in quel luogo ad essere onesti, anche perché tutti i
ragazzini indossavano jeans e felpe. Presi posto su una sedia che era stata
disposta al centro della stanza e mi preparai al primo turno di domande, dato
che dopo sarebbero entrati i ragazzi del secondo.
“Stai scrivendo un nuovo
libro?” attaccò subito una ragazzina in prima fila, con in mano un
pericolosissimo block notes.
“Si, lo sto scrivendo
dall’inizio dell’anno ed è ad un buon punto” risposi prontamente, prima che una
decina di mani si levassero contemporaneamente.
“Prego” concessi alla
ragazza più vicina, che arrossì prima di porre la domanda.
“I giornali dicono hai
litigato con il tuo agente e che lo hai licenziato. Perché?” chiese, e metà dei
presenti annuì, curiosa.
Restai basita nel vedere
che per loro il semplice fatto che un giornale avesse detto qualcosa implicava
la certezza che fosse vero.
“Vedete, abbiamo avuto
delle semplici divergenze riguardo le mie idee per il libro che lui non
approvava perché questo libro sarà ben diverso dagli altri due e lui temeva che
ciò portasse ad un calo di successo…” inventai, cercando di spostare la mia
attenzione sul fatto che ci sarebbero stati dei cambiamenti. Inutile dire che
fallii clamorosamente.
“Ma in un giornale, nelle
rubrica di Irene Massa, si dice che lo hai licenziato perché ha ammesso di
essere innamorato di te” precisò convinta una tipa bassa con due codini.
Il solo udire il nome di
quell’essere ignobile mi fece arrabbiare, ma tentai di calmarmi. “Quella
rubrica tende a dire sciocchezze su sciocchezze, e poi se così fosse il mio
ragazzo l’avrebbe già rintracciato e gli avrebbe fatto subito un bel
discorsetto” mentii.
“E tu non sei gelosa del fatto
che lui girerà il videoclip con la stessa Irene, che per di più è una sua ex?”
domandò un ragazzo, senza nemmeno alzare la mano.
Cosa? Un mocciosetto sapeva
che quei due erano ex quando io l’avevo saputo solo pochi mesi prima?
“No, ci fidiamo l’uno
dell’altra. Tanto per sapere, dove hai letto che loro due sono ex…?” chiesi, un
po’ stizzata.
“Lo disse Irene in
un’intervista” rispose innocentemente lui. Annotai mentalmente l’idea di farle
una partaccia appena l’avrei conosciuta, prima di lasciare che gli altri mi
domandassero altre cose.
“Cosa ci puoi dire dell’incidente
che hai avuto a Colleferro un mese fa?” fece un altro ragazzo.
“Ho semplicemente salvato
la cugina di Andrea che stava attraversando la strada ed è inciampata” dissi
stancamente, ma nessuno di loro mi parve convinto.
Continuarono con delle
domande sempre più ficcanaso, poi giunsero quelli del secondo turno, ancora più
assetati di risposte.
Alla fine, dopo aver
risposto all’ultima domanda, ovvero: “Andrea ti verrà a prendere appena esci di
qui?”, uscii rapidamente dalla palestra e andai a salutare il preside e coloro
che mia avevano accolto.
Ritornare a casa fu un
sollievo, tanto che mi buttai esausta sul letto, per non dire che ribollivo di
rabbia a causa di quella deficiente di Irene Massa. Ormai era ottobre, e mancava una settimana
alla partenza di Andrea per il videoclip.
Sono stati 90 minuti più stressanti dell’ultimo mese! Poi ti racconto
tutto… Ma non puoi mettere un po’ a tacere Irene Massa? Dopotutto è una
giornalista come te, oltre che l’attrice più stronza di tutte, scrissi in un sms a
Daniele.
Ti avevo avvertito! Comunque farò il possibile se la incontro, ma
dopotutto è una stronza come hai detto tu… Mi rispose, facendomi sbuffare sonoramente.
Mezz’ora dopo, vennero Eva
e Giuseppe che si piantarono nella camera della ragazza a vedere un film, così
andai a casa di Andrea.
“Amore, ho bisogno di
coccole” mormorai abbracciandolo, incurante del fatto che si stesse dando la
pena di cucinare qualcosa per pranzo.
“Cosa è successo?” domandò,
abbassando il gas e pulendosi le mani con uno strofinaccio prima di stringermi
come solo lui sapeva fare per farmi sentire al sicuro.
“Stare con quei liceali mi
ha fatto male, mi sento come una di loro, triste e insicura. Non hanno fatto
altro che ripetere le cretinate che quella Irene dice in lungo e in largo”
spiegai.
Udendo ciò, lui sbuffò e si
allontanò, prendendomi per le spalle e guardandomi fisso con i suoi occhi color
nocciola. “Ancora? Sia che non voglio vederti così insicura a causa sua!” si
lamentò, ed io annuii.
“Scusa ma mi è inevitabile,
ha detto tutta la verità su Alberto e il licenziamento, ha detto che siete
stati insieme…” spiegai.
“Ci farò due chiacchiere
quando andremo a Milano” promise, senza sapere che sentendo quelle parole mi
immaginai lei che ci provava spudoratamente con lui.
Pranzammo e poi lui uscì
con i ragazzi per un incontro ad un programma musicale, lasciandomi sola in
balia alla lista dei probabili manager e ad un Niko infuriato, che entrò irato
in casa e mi guardò come se fossi l’essere più riprovevole della terra.
“Come hai potuto? Ti
credevo una mia amica!” urlò, sbattendo al porta d’ingresso.
Indietreggiai, senza
capire. “Cosa…?”.
“Te lo spiego io, cosa!”
sbottò, estraendo una cosa minuscola dalla tasca, che poi riconobbi essere la
memory card del mio cellulare che gli avevo prestato il giorno prima per farmi
mettere alcune canzoni nuove. “Qui c’è una foto in cui Eliana si bacia con Ivan
Argenti! E un signore li guarda tranquillamente! E’ stata scattata il sedici
settembre, diciotto giorni fa!”.
Abbassai il capo, dato che
avevo preferito nascondergli la cosa per il momento.
“Niko, non è per cattiveria
ma…” iniziai, ma la sua voce imponente mi zittì.
“Ma cosa? Come reagiresti
se ti nascondessi una foto in cui Andrea ti tradisce?” urlò.
“Lo so, scusami, ma speravo
che le cose si aggiustassero…”.
“E che io sarei stato cornuto e mazziato?” attaccò,
pronunciando un vecchio proverbio napoletano.
Scossi il capo con
veemenza. “No! No! Senti, è solo che le cose vanno già male, speravo che ci
fosse una spiegazione per tutto questo casino e non volevo aggiungere altri
fardelli! Mi dispiace, sono stata la prima a rimanerci di merda, Eliana mi ha
proprio deluso”.
“Peccato che tu non ci sia
sposata e che non ci abbia fatto una figlia insieme” disse con disprezzo,
gettando la memory card sul tavolo dell’ingresso e uscendo di casa,
premurandosi di sbattere nuovamente la porta.
Restai come una scema,
sentendomi in colpa, a fissare il muro, senza sapere cosa fare, per poi giungere
alla conclusione del fatto che ero impotente dato che era finita male già la
prima volta che avevo cercato di intromettermi.
Dire che ero preoccupata
era un eufemismo, ormai erano più di tre mesi che non si parlavano, anche
perché Niko aveva iniziato a dormire a
casa del suo manager, e visto quello che aveva fatto Eliana, e che di
sicuro stava continuando a fare, la separazione tra loro due mi sembrava
l’unica via possibile.
E pensare che erano sempre
stata una coppia piena d’amore, Niko si era messo in gioco fino in fondo per
lei e questo era il risultato…
Invece, mi doleva ammettere
che ormai non sentivo più l’amicizia tra me e Eliana, stranamente il ricordo
del nostro litigio in Francia era ancora vivo più che mai nella mia mente, e
ciò mi faceva sentire dieci volte peggio. Di solito mi ammorbidivo poco dopo un
litigio, passata la rabbia del momento.
D’impulso, dimenticandomi
di nuovo del proverbio “Tra moglie e marito non mettere il dito”, uscì di casa
e un quarto d’ora dopo mi ritrovai davanti alla casa che Eliana aveva diviso
fino a poco prima con Niko. Bussai alla porta, e ad aprirmi fu Rossella insieme
a Stella.
Lei mi guardò in modo
strano, quasi freddo, per il fatto che da quando non mi parlavo più con Eliana
anche il rapporto con lei si era raffreddato, forse perché era la sua unica
“sostenitrice”.
“Ciao Rossella, ciao
Stella” le salutai educatamente.
“Ciao” disse Rossella, con
una voce neutra. “Piccola, puoi andare di là a vedere se hai preso tutte le
bambole?” domandò alla bambina, che annuì e corse nell’altra stanza.
“C’è Eliana?” domandai
senza ulteriori preamboli, e lei scosse il capo.
“No, è partita e non
sappiamo quando tornerà” rispose telegraficamente.
“Partita?” chiesi,
scioccata.
“Si. E non chiedermi per
dove e perché, non posso dirtelo” mi precedette.
La guardai con un misto di
antipatia e incredulità. “Quindi immagino che stai facendo i bagagli di Stella
per farla trasferire da te” dedussi.
“Si”.
“E Niko sa del viaggio…?”
azzardai, ma lei mi zittì.
“Credi che sia così stupida
nel dirlo a lui quando non lo dico a te? E’ ovvio che se lo dico a uno di voi
due ve lo direte” esclamò con voce ovvia, e mi fece arrossire per la rabbia.
“Cosa intendi dire con
questo? Forse che è tutta colpa mia se lei se ne è andata, perché suo marito è
così idiota da tradirla con me quando il suo matrimonio è in crisi?” sbottai inacidita, non potendone più di
tenermi tutto dentro.
Rossella annuì prontamente.
“Ovvio, sei tu quella che va sempre a cena da lui. In passato vi siete anche
piaciuti, quindi perché si dovrebbe escludere la probabilità che vi stiate
ravvicinando?” disse, incrociando le braccia.
“Forse perché io mi sto per
sposare… Oh, giusto! Devo preoccuparmi, secondo il tuo ragionamento ci sono
delle probabilità che possa nascere di nuovo qualcosa tra te e Andrea, visto
che allora anche voi vi piacevate!” la zittii.
“Non c’entra, io non vado a
cena da Andrea….”.
“Quando Niko viene a cena
da me o vado io da lui c’è sempre Andrea, e spesso ci sono anche Eva, Giuseppe,
Max… Dimmi quali prove hai?” urlai, e sentii dei passi. Stella ci aveva viste
ed era corsa di nuovo nella sua stanza.
Lei esitò, senza sapere
cosa dire. “Ma ti rendi conto di quello che ha fatto Niko? L’ha lasciata sola
in un momento così problematico…” disse, senza saper più cosa dire.
“E sai cosa ha fatto
Eliana?” chiesi sprezzante, prendendo il cellulare e andando nella cartella
“foto”. “Tradisce Niko da un bel po’!” sbottai, buttandole in faccia
l’immagine.
Rossella trattenne il fiato
ed io me ne andai, incurante del fatto che Stella avesse sentito tutto. Sperai
che a cinque anni non conoscesse già il significato del verbo “tradire”. Mi
sentii stupidamente sollevata quando mi ricordai che non sapeva leggere e
quindi non poteva nemmeno cercarlo sul vocabolario.
Ma la mia giornataccia, a
cui quella di un liceale sfigato e pieno di problemi non avrebbe fatto un
baffo, non era terminata lì. Fui costretta a subirmi anche le prediche di Max e
Andrea per quello che avevo fatto.
“E il bello è che Eliana
non ha fatto nulla, ho sentito Niko tre secondi fa e dice che lei non l’ha
chiamato per spiegarsi o cose simili” disse Max, con l’aria di chi si trova in
un manicomio.
“A me dà fastidio come si è
comportata Ross. E’ vero che Deb avrebbe potuto essere più discreta, ma lei si
è comportata proprio da bambina, è stupido difendere così un’amica” mormorò
Andrea, prima di voltarsi e guardarmi. “Amore, scusami ma ti ci voleva un
rimprovero. Oggi sei peggio di quando avevi sedici anni”.
Sbuffai sonoramente,
incrociando le braccia al petto e buttandomi ancora di più contro lo schienale
del divano.
“Secondo me anche Ross ha i
suoi problemi, Bea l’ha vista molto spesso all’ospedale nell’ultimo mese”
dichiarò, riferendosi al fatto che Beatrice lavorava come ginecologa nella
clinica più vicina alla nostra zona.
“Davvero?” domandai,
dimenticandomi di tenere il broncio per un secondo.
Annuì, ed io mi dissi che
ormai le vicende dei nostri amici potevano dirsi meglio di Beautiful. O peggio.
Il cellulare di Andrea
squillò, e lui subito rispose, guardando stranito il display.
“Pronto? Oh, ciao Joe. Ah.
Davvero? Perfetto, ehm,cioè, mi dispiace, eh si… Ah, va bene, si, la conosco,
benissimo, ci vediamo il 9 allora, si, ciao”. Staccò al telefonata e mi guardò
raggiante, mentre io e Max lo guardavamo senza capire.
“Irene non reciterà nel
videoclip, si è slogata una caviglia mentre faceva jogging!” ci informò, e in
quell’istante urlai come una pazza, abbracciando entusiasta il mio fidanzato e
ridendo perfidamente, immaginandomi Irene con la caviglia fasciata che si
mordeva le mani per non aver intralciato ulteriormente la nostra vita.
“Che bello, non sai quanto
sono felice!” urlai, ancora avvinghiata ad Andrea per una sorta di danza della
pioggia al contrario, e Max ci guardò divertiti.
“Lo sono anche io, da
matti” fece Andrea, così subito corsi in cucina a prendere qualcosa per
brindare, dicendomi che dopotutto anche la giornata di un’adolescente può
terminare nel migliore dei modi.
Ma mi ricordai che una
giornata di un’adolescente può terminare anche in un modo ricco di stupore
quando, quella sera, alla porta di casa mia bussò Silvia Fortuna, l’amabile
donna che avevo conosciuto a Music’s Planet con cui all’inizio avevo un pessimo
rapporto, insieme a Ivan Argenti.
Allora Eliana non è fuggita con lui… Fu il mio primo pensiero. Max mi lanciava
occhiate come a dire “Fai finta di nulla”, ed io annuii.
“Silvia, ciao, sei tornata
da New York, finalmente!” l’accolsi abbracciandola, visto che non ci vedevamo
da febbraio, il mese in cui era partita per quella città per lanciare una sua nuova
linea di moda.
“Ehi si, tesoro, e ho
saputo che voi due vi sposate! Congratulazioni!” disse, prima di abbracciare
anche Andrea.
“Ciao Deb, ti ricordi di
me?” domandò allegramente Ivan, salutandomi con due baci sulle guance.
E chi si dimentica di te, dopo quello che stai combinando… pensai.
“Mmm, no” scherzai,
imponendomi di essere giuliva come se niente fosse, e lui rise. “Comunque ho
saputo, congratulazioni” disse a sua volta, per poi ripetere il gesto davanti
ad Andrea.
“Siamo venuti qui proprio per
farvi un regalo di nozze anticipato” spiegò Silvia.
“Si, un regalo che vi
consentirà di allargare di molto il vostro conto in banca, cioè, al momento
quello di Andrea” spiegò Ivan. Lo guardammo interdetti, senza capire. “Ti
andrebbe di partecipare per la seconda volta ad un reality show?” gli domandò,
prima che lui lo guardasse incredulo.
“Eh?” chiese, e Silvia
rise.
“Un reality show, un
programma televisivo in cui potrai scegliere tu stesso quando uscire se vuoi”
spiegò, facendogli l’occhiolino. “Un programma grazie a cui sarai su tutti i
giornali e grazie a cui potrai organizzare un matrimonio dieci volte più
costoso…”.
“Non credo che Andrea abbia
problemi economici, e nemmeno che al momento abbia bisogno di più popolarità
sui giornali visto che c’è un giorno si e l’altro no” iniziai subito, ma Andrea
mi fermò.
“E in che cosa
consisterebbe questo reality?” domandò.
“Dovrai stare chiuso nella
solita casa con gli altri concorrenti, famosi come te ovviamente, e scambiare
la tua vita con un personaggio non famoso ogni settimana, facendo il suo
mestiere e mostrare al pubblico quanto te la cavi nella vita normale” spiegò
prontamente Ivan. “Si chiama “Lavori in
corso” e inizierà il 1 novembre”.
“Io sarò l’inviata e Ivan
farà il presentatore” aggiunse Silvia. “Quindi, tranquilla che te lo controllo
io” disse, facendomi l’occhiolino.
“Figurati” minimizzai. Mi
resi conto che Andrea era interessato, per cui domandai: “Cosa ne dici,
amore?”.
Lui esitò. “Dico che non è
un’idea così cattiva, specialmente se posso dirvi io quando voglio uscire…”.
Ivan annuì rigorosamente.
“Se ti va possiamo incontrarci domani e ne parliamo meglio…”.
“Ok”.
Quando se na andarono,
evitavo accuratamente di guardare il mio ragazzo, e Max parve capire perché disse di dover ritornare a casa e ci
lasciò soli.
“Immagino che dovremmo
muoverci per prenotare almeno chiesa e ristorante prima dell’inizio di
novembre” iniziai, e lui sospirò, scattando come una molla verso di me.
Raccolse il mio viso tra le
sue mani e mi obbligò a guardarlo negli occhi, cosa che al momento detestavo
fare per non fargli leggere la mia paura di stare così tanto tempo senza lui in
quella gabbia di matti che erano le nostre amicizie.
“Se ci sto pensando è solo
per il nostro futuro, e lo sai. Questo reality potrebbe darmi elevate somme di
denaro, e lo sai che un po’ di soldi in più fanno sempre bene anche se al
momento la nostra situazione economica è favorevole, ma stiamo per sposarci, e
in questa situazioni i soldi non sono mai abbastanza…” mi spiegò.
“Lo so, ovvio che
preferisci guadagnare standotene in un loft per qualche settimana senza far
nulla, ma non pensi che i reality con le persone famose servono solo a far ridiventare famoso chi non ha più
successo? E tu lo sei, hai il tuo gruppo…” dichiarai con un filo di voce,
sentendo un enorme groppo in gola.
Lui roteò gli occhi. “Se
vuoi che resti qui basta dirlo” disse.
Scossi il capo in un modo
un po’ eccessivo. “No, non devi privarti di nulla a causa mia” dissi, e lui sorrise,
stringendomi a sé e accarezzandomi i capelli.
“Ci starò massimo tre
settimane” promise, prima di continuare a stringermi a sé in un modo tale da
tranquillizzarmi un po’.
“Mi mancherai” sussurrai,
ma lui parve non sentire, e la cosa mi rattristì di nuovo.
Pensare che se ne sarebbe
andato tra poco più di venti giorni per una simile esperienza mi preoccupava, e
non sapevo nemmeno io il perché, ma fatto sta che avevo un brutto
presentimento.
Fai bene ad avere un brutto presentimento, mia cara sedicenne per un
giorno, dopotutto te lo dissi che non sarebbe stato tutto rose e fiori! Se
volete, potete sempre chiamare me per un reality show per veggenti, sono
disponibile, ma chiamatemi tra un po’, di certo non posso perdermi la parte più
succulenta di questa storia…
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Capitolo 22 *** Certe Notti ***
Certe Notti
Ciao a tutti!
Oggi sono molto di fretta purtroppo, spero che
questo capitolo vi piaccia.
Grazie mille alle new entry tra i preferiti e le
storie seguite, e coloro che hanno recensito, ovvero vero15star e CriCri88.
A domenica!
milly92.
Capitolo 22
Certe Notti
In una relazione l’unica cosa sempre temuta è il tradimento, ma dipende
anche dal tipo di relazione… In quella amorosa probabilmente è la più
frequente, ma in quella amichevole è ritenuto davvero un colpo basso, e Niko ne
è la prova vivente…
“Volete dirmi che
quell’uomo di merda è stato qui nemmeno dodici ore fa? E non mi avete
chiamato?”.
Questa era stata la
reazione di Niko quando aveva saputo che Ivan era venuto a trovarci, e
ovviamente a ciò seguirono affermazioni stupide che evito di riportare.
Intanto,
Eliana si era
decisa a farsi sentire, ma ovviamente con un minuscolo sms, che diceva:
“Tornerò a metà novembre, è tutto ok e non
è niente come pensi. Poi ti spiegherò”.
E la metà di novembre
divenne la scadenza massima che Niko si era prefissato prima di andare dal suo
avvocato per mettere in mezzo la separazione, visto che non sapeva più cosa
fare.
Nel frattempo, io e Andrea
avevamo prenotato il ristorante per il ricevimento e anche la chiesa, lui era
andato con i genitori e Giuseppe a vedere il vestito ed io ero andata dalla
sarta che si stava occupando di realizzarmi il vestito che mi piaceva adatto
alla mia taglia.
“Caspita, ma la vuoi
smettere di dimagrire? E’ la seconda volta che devo stringerti la vita” disse
la donna.
Scrollai le spalle. “E’ lo
stress pre-matrimonio” inventai, quando invece tutto era dovuto al fatto che
Andrea ormai c’era poco e niente a casa, preso dai vari contratti per il
reality e per le varie pubblicità del programma. Mi sentivo sempre più sola,
dato che Eva non c’era quasi mai per la specialistica e per le sue uscite con
Giuseppe, Rossella era un capitolo chiuso, Francesco e Dante avevano i loro
impegni e Max doveva darsi da fare con la casa discografica.
Quindi, ogni tanto passavo
il mio tempo con Daniele e Niko, ovvero sfogandomi riguardo la mia solitudine e
al mio timore di stare lontana da Andrea per quel periodo. E ovviamente, e
soprattutto stranamente, mangiare era l’ultima delle mie priorità a causa del
nervosismo che sentivo nello stomaco.
Come si fa a non sentirsi
così nervosi e stizzati quando ci si mettono anche le tue zie impiccione?
“Che bello, finalmente mi
sono decisa ad abbonarmi a Sky così potrò vederlo in tv 24 ore su 24, poi
semmai quando esce vengo a Roma e ne parlo un po’ con lui, così mi svelerà
tutti i segreti del programma!” mi aveva detto con entusiasmo zia Laura, tra le
risate generali di Eva e la mia disperazione.
Fu così che arrivai al 31
ottobre stanca, spossata, triste e stressata. Andrea aveva deciso di
organizzare una festa di Halloween con tutti i suoi amici dato che l’indomani
sarebbe partito, e la cosa continuò a farmi star male perché almeno quella sera
l’avrei voluta passare da sola con lui, cosa che non succedeva da prima che
Ivan gli desse la notizia.
Mi vestii, molto
svogliatamente, da diavoletta, grazie a Ada che mi aveva cucito il vestito, e
alle nove mi ritrovai a casa del mio ragazzo, gremita di gente mascherata in
tutti i modi nonostante fossero tutti almeno venticinquenni.
“Dov’è Andrea?” domandai ad
Eva, vestita da angelo mentre beveva un drink con il suo ragazzo, che mi aveva
copiato l’idea ed era vestito da diavolo.
“Non lo so” rispose. “Prima
se ne stava qui vicino con Ivan”.
“Ivan è qui?” domandai
incredula, visto che Niko era appena arrivato.
“Si” rispose lei, come se
niente fosse, poi però parve fare due più due e si coprì la bocca con la mano.
“Cavolo!” esclamò.
“Aspettate, chiamiamolo e
distraiamolo. Anzi, facciamolo ubriacare così non lo riconoscerà!” propose
Giuseppe, ma io lo guardai torva, e lui
si zittì. “Trova un’idea migliore, allora” mi disse con aria di sfida.
Esitai, riflettendo e
controllando dov’era Niko. Per fortuna stava parlando con uno mascherato…
“Ci sono!” esclamai,
trionfante, e loro due mi guardarono, come ad invitarmi a esporre la mia idea.
“Troviamo un modo per far mascherare il volto di Ivan!”.
Eva spalancò gli occhi, raggiante.
“Si, ora che ci penso non è mascherato, non indossa nemmeno il costume!” approvò,
e, senza molte cerimonie, tolse la maschera a Giuseppe, che la lasciò fare,
rassegnato.
La presi e subito corsi
verso Ivan, dicendo agli altri due di tenere d’occhio Niko, e per fortuna lo
trovai nei pressi dell’ingresso, insieme ad Andrea e Silvia.
“Ehi, Deb, finalmente!” mi accolse
Andrea,dandomi un bacio sulla guancia.
“Finalmente devo dirlo io,
eri introvabile” dissi, sorridendo, prima di salutare gli altri due. “Ehi,
Ivan, me l’avevano detto che non eri mascherato” dichiarai squadrandolo, mentre
Silvia sorrideva nel suo abito da Mortisa.
“Si, non ho avuto tempo”
ammise, indicando il suo completo nero.
“Perciò ci ho pensato io”
dissi subito, mostrandogli la maschera. “Almeno questa devi indossarla, vero,
amore?” chiesi man forte ad Andrea, che annuì subito.
“Se insisti” fece Ivan
scrollando le spalle, e nel momento in cui la indossò mi sentii molto più
sollevata.
“Cosa avevi in testa?
Perché hai invitato Ivan? Sai che veniva anche Niko!” rimproverai Andrea poco
dopo, quando finalmente riuscii a prenderlo un po’ in disparte.
Lui fece una faccia da
pesce lesso, per poi sbattersi una mano in fronte. “Oddio, hai ragione! Ecco
perché gli hai fatto mettere la maschera!”.
“Ci sei arrivato! Ma
comunque la serata non può proseguire così, dobbiamo allontanare uno dei due…” proposi,
preoccupata.
Andrea parve pensarci su.
“Non posso cacciare Ivan, perché non trovi qualche scusa per andare da te e
portarti Niko? Dopotutto per lui non dovrebbe essere un problema” ragionò.
Levai il sopracciglio, un
po’ infastidita. “Quindi preferisci che me na vada dalla festa l’ultima sera
che stai qui? Va bene, tanto avremo tutto il tempo del mondo dopo il
matrimonio, no?” sbottai.
“Ma no, che hai capito,
dopo passo da te…” mi promise.
“Dopo sono io che non
voglio te” dissi, al massimo dell’irritazione, e me ne andai senza lasciargli
il tempo di dire nulla, pescando Niko vicino al buffet.
“Cosa succede, Deb?” mi
domandò preoccupato, guardando i miei occhi lucidi.
“Ho avuto una discussione
con Andrea, me ne vado a casa” risposi, il che era vero e non dovetti darmi
nemmeno la briga di inventare chissà quale scusa.
“Ma no, non puoi stare da
sola a casa mentre stiamo tutti qui a festeggiare” protestò, prendendomi per il
braccio.
“Non fa niente, ci sto
sempre da sola ormai, una sera in più non cambia niente” minimizzai.
“Allora vengo con te” disse
deciso.
Annuii, e sentii una minima
fitta di sollievo quando entrammo in casa mia
per il pericolo scampato, anche se non facevo che pensare alle parole di
Andrea, che più che altro erano state la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso dato che da quando aveva saputo del reality mi aveva dedicato pochissimo
tempo.
“Deb, ti va di parlarne?”
mi propose, quando mi accasciai sul divano con aria sconsolata. Lo guardai,
dicendomi che era davvero buffo vestito da scienziato pazzo.
“Non c’è niente da dire. Mi
sento sola da quando lui ha saputo del reality” spiegai, e lui si avvicinò di
più a me.
“Sai da quanto io mi sento
solo?” disse amaramente, ed io scattai su, guardandolo con pietà.
“Scusami, non sei la
persona più adatta con cui parlare di questo, sono stata un’insensibile…” mi
scusai, sentendomi ancora peggio. Eccoci, due vecchi amici che se ne stanno da
soli in preda ad una mezza crisi depressiva la sera di Halloween.
“No, figurati, mi fa
piacere se ti sfoghi con me. Sei la persona che sento più vicina dopo tutto
quel casino” mi spiegò, allungando il braccio e prendendo la mia mano tra le
sue.
“E’ il massimo che posso
fare, anzi, io al posto tuo avrei già dato di matto. Ti ammiro, sai? Stai
dimostrando una maturità da dieci e lode” dissi con sincerità, ma lui sorrise
tristemente.
“Le cose stanno in modo
diverso, il fatto è che riesco a starmene così calmo perché… Credo di non amare
più Eliana” confessò tristemente, ed io spalancai la bocca.
“No, non è vero, è ovvio
che dopo quello che ha fatto…”.
“Deb, mi conosco bene. So
quello che provo e non è più quello di prima” disse con decisione, una
decisione tale che mi fece male al cuore.
Non sapevo cosa dire,
quella situazione diventava sempre più terribile di giorno in giorno.
“Ma, ti prego, ora non
pensiamoci” mi chiese supplichevole ed io annuii, pronta a fare qualsiasi cosa
pur di non farlo sentire triste e tirarlo un po’ su. Restammo in silenzio,
finchè lui non alzò lo sguardo, pensieroso.
“Ehi, cosa ne dici se
usciamo un po’ e andiamo in qualche locale? Ci sarà tanta gente” mi propose.
Esitai, senza sapere cosa
dire dato che ormai erano quasi le dieci e in fondo una parte di me sperava che
Andrea mi venisse a trovare una volta finita la festa.
“Ok, ritiro tutto, ma penso
che ci andrò da solo” disse, comprendendo il mio silenzio e alzandosi.
“No, non è giusto, tu mi
hai accompagnato qui. Andiamo” dissi, cercando di non fargli sentire la mia malavoglia,
solo per non lasciarlo solo.
Sorrise e si avviò verso la
porta d’ingresso e lo seguii, cercando di ignorare il rumore eccessivo che causava
la festa dalla porta di fronte, così nemmeno un minuto dopo ci ritrovammo nella
sua macchina, dove accese la radio.
“Certe Notti la macchina è
calda e dove ti porta lo decide lei.
Certe notti la strada non conta e quello che conta è sentire che va.
Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei.
Certe notti somigliano a un vizio che non voglio smettere, smettere mai”
Iniziammo ad ascoltare la
canzone, e mi dissi che era proprio azzeccata alla situazione.
“Qui si può restare soli,
certi notti qui, chi s’ accontenta gode così così…”
“Ti prego, cambia stazione,
questa mi fa sentire peggio” lo implorai e lui ubbidì, annuendo.
“Ma perché alla fine hai
litigato con Andrea?” domandò.
“Oh, non è che abbiamo
litigato, me la sono presa per una sciocchezza, perché gli ho detto che non
stavo bene e lui mi ha risposto che potevo anche tornare a casa” inventai di
botto.
“Ah, ho capito. Ma non l’ha
fatto per cattiveria, e secondo me lo sai, è solo che al momento deve gestire
tante cose contemporaneamente e non ce la fa” lo difese.
“Lo so, sono solo
egocentrica” mi rabbuiai. “Lo vorrei solo per me”.
“Lo ami, è diverso” mi
corresse. “Lui è il centro del tuo mondo e tu sei il centro del suo, solo che
al momento non riesce a dimostrartelo. Non sai che faccia fa quando mi parla di
te”.
“E sarebbe?”.
“Pesce lesso innamorato”
disse semplicemente. “Davvero, siamo amici da molto e non l’ho mai visto così
innamorato, nonostante siano passati anni ed anni da quando state insieme. Mi
ricordo il breve periodo dopo il programma in cui… In cui mi piacevi ancora”
mormorò, colorandosi un po’ in volto. “Ed era guerra aperta tra noi, sai?
Ricordo che lui voleva venire a trovarti un sabato, ed io gli bucai le ruote
della macchina” rivelò sorridendo, ed io mi aprii in un sorriso nostalgico.
“Davvero?” domandai
incredula.
“Si, e poi mi aiutò
Rossella, che ovviamente non voleva che ti incontrasse proprio quanto me”
aggiunse.
“Cavoli, e pensare che in
quel periodo io iniziavo ad uscire con Paris. Ricordo che quando andai alla sua
festa, appena arrivai, misero la tua canzone, ed io mi imposi di far finta di
nulla” svelai, senza sentire nemmeno il minimo imbarazzo.
“Sembra passata una vita”
decretò.
“In effetti, se non è una
vita, ne è almeno metà” ironizzai, e sorridemmo entrambi.
Pochi minuti dopo si fermò
davanti ad un locale decorato con zucche, candele e maschere spaventose, e mi
obbligò ad entrarci, trascinandomi per un braccio. Nell’istante in cui
entrammo, fummo coinvolti da un’ondata di fumo e dal rimo di una canzone latino
americana. Davanti a noi, decine e decine di persone ballavano una specie di
salsa con un ritmo scatenato.
“Balliamo?” propose Niko.
“Ma che, sei pazzo?
Andiamocene, non mi piace questo posto…” rifiutai, ma è inutile dire che mi
trascinò a forza in mezzo alla pista e mi prese per mano, iniziando ad
accennare qualche passo.
“Dai, per favore, rendiamo
questo Halloween più allegro” mi scongiurò. Ci riflettei un secondo,
guardandomi in giro e notando persone che, ballando, non potevano essere meglio
di me.
“Va bene, ma solo perché
sei tu” concessi, e lui sorrise peggio di un bambino il giorno di Natale.
Scrutammo rapidamente gli
altri, per copiare le loro mosse, presi la mano di Niko e l’avvolsi nella mia,
lui fece lo stesso e poi cinse la mia vita con le braccia, iniziando a
muoversi.
Lo imitai goffamente, prima
di iniziare a ballare per conto nostro, ridendo come dei matti. Ci scatenammo
al massimo quando misero “Hips don’t lie” di Shakira, e alla fine decidemmo di
tornare a casa a mezzanotte, dopo un’ora e mezza di balli.
“Mi raccomando,
tornate a trovarci, l’8 dicembre ci sarà la festa Natalizia a
ritmo di samba e tango!” ci salutò la proprietaria del locale, Juana, una
brasiliana sulla quarantina, quando la salutammo. Avevamo fatto amicizia quando
eravamo andati a prendere qualcosa da bere e ci aveva presi in simpatia.
“Oh, ma certo” le risposi,
sorridendole, e lei ricambiò il sorriso.
“Ci voleva proprio una
bella sfuriata, eh?” domandò Niko, mentre accendeva il motore dell’auto.
“Parla per te, che sei un
ballerino così bravo e non me lo avevi mai detto!” lo rimbrottai, sentendo i
piedi doloranti.
“Ma dai, anche tu sei
brava. E ti guardavano tutti,specialmente quei brasiliani, e dubito che ti
fissavano per il fatto che ti hanno riconosciuta, non avevano l’aria di
intellettuali che leggono libri italiani” disse maliziosamente, facendomi
arrossire.
“I miei libri sono stati
tradotti in spagnolo, francese e inglese” tentai di svicolarmi.
“E infatti in Brasile si
parla il portoghese” mi rimbeccò, ed io sbuffai, sconfitta.
Ritornammo a casa, e stavo
per scendere dall’auto visto che lui sarebbe tornato subito a casa, quando
sbiancai vedendo che Andrea stava salutando Ivan nel cortile. Pregai che Niko
non se ne accorgesse, ma persi tutte le speranze quando fermò l’auto di botto e
controllò nello specchietto retrovisore.
“Ma quello è Ivan Argenti”
disse atono. “C’era Ivan Argenti alla festa?” mi domandò.
“Oh, c-credo di si”
borbottai, e lui per fortuna non ricollegò ciò al fatto che lo avevo fatto
allontanare dal party.
“Allora la giornata si
concluderà meravigliosamente” dedusse, con un tono quasi sadico, e fui
costretta a trattenerlo. Vestito così sembrava davvero uno scienziato pazzo.
Ecco la sua versione Mr Hide che tanto mi faceva paura, mi dissi.
“Calmati, Niko, cosa puoi
ma farci? Eliana non tornerà se litigate” cercai di farlo ragionare.
“Non voglio litigarci,
voglio solo farci due chiacchiere” rispose, strattonando il braccio e uscendo
dall’auto. Lo seguii a ruota, senza sapere cosa fare.
Vedendoci, Andrea fece una
faccia confusa e poi terrorizzata.
“Buonasera” li salutò Niko,
falsamente giulivo.
Ivan quando lo vide fece
una faccia curiosa, come quella di uno che vede un vecchio amico e non il
marito della donna con cui esce.
“Ehi, Niko! Da quanto
tempo” lo salutò.
“Peccato che è più tempo
che non vedo mia moglie” rispose lui,
con aria di sfida. Ivan lo guardò senza capire.
“Non capisco” disse.
“Ah si? Ora ti rinfresco un
po’ la memoria…” disse Niko, e riuscii a fermarlo a stento mentre stava per sferrargli
un pugno.
“Cazzo, Niko, avevi detto
che saresti stato fermo e non avresti litigato!” urlai, senza sapere cosa fare
visto che nessuno mi dava una mano.
“Non è colpa mia se questo
stronzo nega l’evidenza! Se la fa con mia moglie, di sicuro sa dov’è ora e fa
finta di niente! Ma sai che ti dico? Tienitela, prenditela, non me la merito ad
una che sta con uno peggio di lei!” urlò più forte di me, improvvisamente
impazzito, dimenandosi a destra e a manca, e anche Andrea dovette aiutarmi per
tenerlo a bada.
“Non è colpa mia se Eliana
non ti dice nulla, io non posso tradire la sua fiducia” rispose Ivan, decidendo
di abbandonare la parte del finto tonto.
“Tu non puoi tradire la sua
fiducia, ma lei può tradire me… Con te ? Come funziona?” sbottò, guardandolo
con odio.
Ivan lo guardò, scuotendo
il capo, e approfittò del fatto che noi stavamo trattenendo Niko per entrare in
auto e partire.
“Sei un traditore, Andrea,
fraternizzi con l’amante della moglie del tuo amico…” disse Niko, ormai fuori
di sé.
“Ma cosa dici, Niko? Tra di
noi c’è solo un rapporto di lavoro” rispose Andrea, prima di guardarmi. “Dove
siete stati?”.
“A ballare in un pub
brasiliano” risposi sfacciatamente.
Lui scosse il capo,
comprendendo che ero davvero arrabbiata, così prese la sua auto, accompagnò
Niko a casa che era ancora nero di rabbia e poi venne da me, che nel frattempo
mi ero cambiata ed avevo indossato il pigiama.
“Deb, non capisco perché ce
l’hai con me” disse afflitto, entrando, ma si bloccò quando vide che avevo gli
occhi rossi e gonfi.
“E te lo ricordi all’una di
notte?” risposi, cercando di camuffare il tono fresco di pianto, dato che prima
mi ero guardata intorno, vedendo la casa vuota e desolata visto che Eva avrebbe
dormito da Giuseppe e avevo sentito la malinconia invadermi.
Già stavo assaggiando la
solitudine che mi avrebbe accompagnata d’ora in poi.
“Amore, vieni qua…”
mormorò, avvicinandosi e cercando di abbracciarmi, ma lo allontanai, voltandomi
di spalle.
“Ti rendi conto di come mi
hai fatta sentire stasera, con quella frase? Inutile. Mi sono sentita come un
semplice strumento da utilizzare per riparare i casini che tu combini, niente
di più” spiegai, cercando di non singhiozzare, ma invano.
Si avvicinò, e mi obbligò a
voltarmi verso di lui, per poi farmi sedere al suo fianco sul divano.
“Deb scusami, per me sono
dei giorni strani, davvero, all’improvviso mi sembra di essere il centro del
mondo, ho milioni di cose da fare, tanti tizi estranei che mi chiamano, milioni
di firme da mettere…” tentò di spiegarmi, accarezzandomi il volto con estrema
dolcezza.
“E per me è il contrario.
Nessuno sembra fregarsene di me al momento, da quando tu hai così tanto da
fare, non ho più nemmeno il supporto lavorativo di Alberto, che almeno mi
teneva compagnia nei momenti più critici! Eva si divide tra Giuseppe e la
specializzazione, giustamente per carità, Max ha da lavorare, Rossella sembra
odiarmi di nuovo, Eliana è partita… Mi dici cosa devo fare?” sbottai.
Lui esitò, sospirando. “Non
sapevo che sarebbe stata così dura dire di si al programma. Non riuscirò a
partire se ti vedo così. Ti prego, Deb, comprendimi, saranno solo tre
settimane, poi tutto sarà come prima, te lo giuro…”.
“Si, ma a parte questo? Te
ne frega ancora di me o no?” domandai, all’apice della disperazione.
Mi guardò come se fossi
matta e mi abbracciò, cullandomi per farmi calmare. “Ma per chi mi hai preso?
Non sai quanto mi stia costando fare tutto questo, amore mio, te lo giuro, ho
parlato con Ivan e mi ha detto che potrai venire a trovarmi, tanto sarò a due passi da qui, a
Cinecittà. Non pensare più a queste cose, ti amo come sempre e lo sai” mi
supplicò.
“Ma dopo tutto questo
prometti che mi dedicherai più tempo?”.
“Certo, e se sarò impegnato
con le interviste verrai con me. Anzi, scrivi durante la mia assenza che poi
non avrai pace” disse per tirarmi su, e sorrisi fra le lacrime.
“E quand’è che posso
venire a trovarti?”.
“Dopodomani”.
“Ci conto”.
“Devi contarci” mi impose,
facendomi l’occhiolino e baciandomi.
“E giuro che se lì mi
tradisci perdonerò Alberto e ci uscirò insieme” lo ammonii, e lui quasi ci
credette, perché si bloccò e mi guardò terrorizzato e incredulo.
“Non si fanno questi
scherzi!” mi rimbrottò quando scoppiai a ridere, così iniziò a farmi il
solletico finchè non mi prese in braccio e mi portò nella mia stanza, adagiandomi
sul letto, dove continuò a fare il solletico finchè non cedetti.
“Io mi fermo qui” disse,
quando mi fui calmata definitivamente.
“Non ti ho invitato” gli
risposi, facendo la linguaccia. Lui mi guardò accigliato, fingendosi offeso.
Poi fece un sorriso sicuro e pieno di sé, prima di calarsi su di me e iniziare
a baciarmi il collo, mentre faceva passare la mano sotto la maglia del pigiama e raggiungeva
facilmente il gancetto del reggiseno.
Tentai di restare
impassibile, ma non ci riuscii per più di venti secondi, così mi ribaltai su di
lui, baciandolo mia volta.
“Direi che hai cambiato
idea” disse con aria di vittoria, mentre mi prendeva per i fianchi.
“No, infatti non dormirai
qui, poi ti caccio fuori” risposi, e
ridemmo entrambi, prima di lasciarci rapire dall’ultima notte che potevamo
trascorrere insieme prima di almeno tre settimane.
Direi che sono successe già abbastanza cose senza il mio malefico
intervento, non credete? Anzi, oggi sarò benigna, e dico semplicemente che
Patty Smith diceva bene quando cantava “Because the night belong to lovers”.
Buonanotte, piccioncino e cari lettori!
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Capitolo 23 *** Non Si Può Sfuggire Al Destino ***
Non Si Può Sfuggire Al Destino
Ciao a tutti!
Vi scrivo per la prima volta da diciassettenne, che
emozione esserlo da poco più di mezz’ora xD
L’anno scorso mi dicevo che fossi americana avrei
già potuto guidare, ora mi dico che se fossi una maga dei libri di Harry Potter
sarei già maggiorenne, pensate un po’! =D
Volevo approfittare dell’occasione per ringraziare
tutti voi che mi avete seguito nel corso delle due fic <3 e che mi avete
riempito il cuore di gioia ogni volta che avete lasciato un commento. Grazie!
Detto ciò, grazie a vero15star per la recensione
(il comportamento di Andrea filerà liscio come l’olio, solo che poi… Devo
cucirmi la bocca,sorry! xD Diciamo che ora dobbiamo preoccuparci di qualcun
altro… Ti voglio un mondo di bene, tesoro!9 e le new entry tra i preferiti.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate di
questo cap abbastanza critico!
A mercoledì,
milly92.
Capitolo 23
Non Si Può Sfuggire Al
Destino
Che cosa c’è di più bello che godersi un po’ di solitudine in santa pace
davanti ad una tazza di caffè e il proprio portatile, mentre siamo intenti
nello scrivere il nostro nuovo romanzo? Stare insieme al mio ragazzo che non
vedo già da quattro ore, giocare con la mia nipotina acquisita Stella e passare
del tempo con il mio amico Max, risponderebbe una piagnucolante Deb. Eppure ci
sono cose ben peggiori nella vita, fidati…
La mattina dopo fui
svegliata dallo strusciare silenzioso dei vestiti di Andrea, mentre
quest’ultimo li indossava silenziosamente per non svegliarmi.
“Avevi intenzione di andare
via senza nemmeno salutarmi?” dissi assonnata, sedendomi sul letto e indossando
la maglia del pigiama che mi aveva sfilato la sera prima.
“Non volevo salutarti così,
dopo averti svegliata” mi corresse, indossando la maglia rapidamente e
sedendosi al mio fianco. “Non volevo capire la realtà dei fatti, che per un po’
non potrò più vivere queste scene in cui io mi vesto e tu ti svegli, oppure tu
ti svegli ed io ti porto la colazione… Al momento mi è dura partire, dieci volte
più del solito” ammise.
Tentai di non piangere per
l’ennesima volta e gli gettai le braccia al collo. “A che ora posso venire
dopodomani?” domandai quando mi separai.
“Nel pomeriggio” rispose
subito.
“Già non vedo l’ora” ammisi, e lui annuì.
Si alzò per mettersi le
scarpe, ed io allungai la mano verso la foto che tenevo in una cornice sul
comodino, in cui c’eravamo raffigurati noi due avanti alla Tour Eiffel.
“Tieni, portala con te” gli
dissi, e lui sorrise guardandola, annuendo. Forse stava per cacciare qualche
lacrimuccia, mi dissi, perché era un po’ rosso in viso e cercava di non
guardarmi negli occhi, e la cosa mi fece un po’ paura perché non lo avevo mai
visto piangere e solo in quel momento stavo comprendendo di aver sbagliato a
giudicarlo per un po’, perché andarsene era dura anche per lui.
Così due ore dopo, quando
fu tornato a casa, ebbe indossato altri vestiti e preso la valigia, se ne andò
con l’autista del programma che lo venne a prendere.
“Ti amo, ora più che mai”
mi disse, dopo aver salutato i ragazzi, Eva, Daniele e Max che erano venuti a
salutarlo.
“Ti amo e già mi manchi”
dissi a mia volta, baciandolo per l’ultima volta. Mi baciò il dorso della mano,
soffermandosi sull’anello, e salì sull’auto, ed io restai come una cretina a
guardare la macchina che partiva finchè non fu più visibile.
“Dai, tranquilla, mica è
partito per la guerra” sussurrò Max, circondandomi le spalle con un braccio.
“E’ peggio, credimi, lo
vedrò sempre in tv senza poterlo riabbracciare” piagnucolai.
“Ma piantala, dai, oggi
esci con noi e ti distrai un po’, poi dopodomani lo andrai a trovare” mi
consolò abbracciandomi, e feci un piccolo sorriso tra le lacrime.
Così uscii con tutti loro e
tornai a casa a pranzo, dove mi accorsi che Eva era più assente che mai e sorrideva
inebetita con la testa fra le nuvole mentre fissava un punto impreciso nel
vuoto.
“Eva? Ci sei?” la chiamai
l’ennesima volta, e lei sobbalzò.
“Si?”.
“Ti ho chiesto se mi dai
una mano ad asciugare i piatti” ripetei, e lei annuì, scattando su e ubbidendo.
“Scusami, è una bellissima
giornata” si giustificò.
“Semmai è stata anche una
bellissima nottata, dì la verità” dissi, riferendomi al fatto che aveva dormito da Giuseppe.
Sempre se in tutto questo avevano dormito, ovvio.
Lei arrossì di botto e
abbassò il capo. “Si, è stata una bellissima nottata” si decise a dire.
“Finalmente mi sono decisa e così…” mormorò, scrollando le spalle ma
sorridendo.
“Davvero? Wow” dissi, dimenticandomi
dei piatti e abbracciandola. “Era ora”.
“Lo penso anch’io”
ridacchiò. “E ci siamo detti ti per la prima volta “ti amo”, sai?” disse con
gli occhi che le brillavano.
Ormai i piatti erano
scomparsi dai nostri pensieri, e ce ne stavamo sedute a tavola a parlare.
“Davvero? E chi lo ha detto
per prima?” chiesi.
“Lui, prima di farlo”
rivelò raddolcita.
“Ammetto che da un tipo
come lui mi sarei aspettata più che lo dicesse dopo, ma si vede lontano un
miglio che lo hai cambiato” dissi, felicissima.
Lei sorrise ed annuì,
sempre più radiosa. “Si, ti giuro, Deb, stare con lui è fantastico, è una
persona davvero speciale nel suo profondo, e poi è così bisognosa di affetto…
Dice che sto colmando la sua solitudine, che non mi lascerà mai scappare via…”.
Ormai era partita per il
pianeta “Eva/Giuseppe”, così la lasciai parlare, ascoltandola interessata,
finchè non disse: “Ah, e poi devo
chiederti una cosa”.
“Dimmi”.
“Vedi, proprio ieri ne
stavo parlando con lui… Visto che Andrea è partito, mi ha chiesto se in queste
settimane posso… Posso trasferirmi da lui. So che sono venuta qui chiedendoti
“asilo” ed è terribilmente egoista lasciarti da sola proprio ora che Andrea non
c’è ma…”.
“Eva, piantala, non c’è
nessun problema” la zittii, e lei parve sollevata. La potevo comprendere al
100%, perché mai dovevo guastarle la sua vita amorosa ora che era al culmine
per un mio capriccio di solitudine? Io ero stata la prima a starmene con Andrea
quando lei soffriva per Giuseppe, quando eravamo in Francia.
“Davvero? Deb, sii
sincera”.
“Lo sono, e voglio solo che
tu stia con il tuo ragazzo e che recuperiate il tempo perso” dissi sorridendo,
e lei parve tirare un sospiro di sollievo.
Così, quel pomeriggio prese
metà delle sue cose e andò da Giuseppe, mentre io restai a casa in attesa della
diretta tv del programma. Per fortuna, alle cinque vennero Max e Manuela, e
alle sei, Niko con Stella. Restai sorpresa nel vedere la bambina, ormai non la
vedevo dalla litigata con Rossella.
“Vi rendete conto di cosa
ha fatto quella sciagurata di Ross?” disse indignato Niko quando sua figlia
andò a giocare con Manuela.
“Cosa ha fatto?” domandammo
in coro io e Max.
“L’ha lasciata sola in casa
mentre dormiva e se ne è uscita con Pierre. Stella mi ha chiamato in lacrime,
meno male che conosce a memoria il mio numero…” disse, accasciandosi sul divano
e mettendosi il capo tra le mani.
“Ma è idiota?” sbottai,
incredula riguardo ciò che avevo appena udito.
“Insomma, Eliana l’ha
affidata a lei e così la ripaga?” disse Max, ma si rese conto dello sbaglio
fatto pronunciando quel nome, perché al solo udirlo Niko scattò su come una molla.
“Non parliamo di questo,
parliamo della stronzaggine di Rossella. Mia figlia non la vedrà più nemmeno
morta, e voglio vedere come se la caverà ora che le farò un bello scherzetto”
dichiarò sadico, e noi lo guardammo senza capire. Se parlava così sembrava un
adolescente in piena vendetta emotiva.
“Cosa hai intenzione di
fare?” domandai.
“Chiamarla stasera e
chiedermi di passarmi Stella. Vediamo quanto suderà freddo visto che penserà
che se ne è andata o che l’hanno rapita, chissà” rispose con un tono freddo che
mi incuteva molto timore.
Non risposi, immaginando la
paura che si sarebbe messa Rossella quando non l’avrebbe trovata a casa, ma
giunsi alla conclusione che un po’ se lo meritava.
“Dov’è Eva?” domandò Max
per cambiare argomento.
“Sta da Giuseppe, si è
trasferita da lui per il periodo in cui Andrea non ci sarà” risposi.
“Vuoi dire che stai da
sola?” fece Niko.
Annuii.
“Però, che cavolo, Eva
avrebbe potuto restarti vicina in questo momento, sa come ci stai…” disse Max, ma
io scossi il capo.
“Perché, scusa? Sono stata
sola per quattro anni, perché non potrei starci ora?” risposi automaticamente,
dato che quella frase me l’ero ripetuta milioni di volte nella testa, come un
noioso mantra.
“Ma non c’entra, ora non
c’è nemmeno Andrea” ragionò Niko.
“No, sentite, ragazzi, Eva
ora è felice, ha trovato un ragazzo favoloso che la ama come non mai e questa è
l’occasione giusta per farle vivere un po’ la favola che le è stata negata fino
ad ora, perché mai dovrei guastarle la festa? Ho venticinque anni, posso
sopravvivere tre settimane da sola” ribattei, cercando di convincere più me
stessa che gli altri.
I due annuirono,
comprendendo che con la mia testa dura non sarebbero riusciti a fare
altrimenti, e fummo distratti dalle urla delle due bambine.
“Scema, Flora è mia!” stava
urlando Stella nel momento in cui le raggiungemmo nella stanza di Eva, dove si
erano messe a giocare.
“No, quella è mia, ne ho
una uguale e te la sei rubata!” protestò Manuela, strattonandola per prendersi
la bambola. Max e Niko accorsero come dei fulmini e la separarono, con il
risultato che Stella non lasciò la bambola nemmeno per bere un bicchiere
d’acqua e Manuela iniziò a piangere e a dimenarsi finchè Max non acconsentii
nell’andare a comprargliela subito.
“Che pesti, dove ce l’avevano
nascosto tutto questo pepe?” dissi al nulla, dopo che ebbi preparato pane e
Nutella a Stella per farla calmare.
“Diciamo che sono sempre
così, quelle due non si amano molto” borbottò Niko, mentre Stella andava a vedere
i cartoni animati. “E crescerla da solo al momento e un’impresa, non so mai
come fare quando cerco di darmi da fare con il nuovo singolo”.
“Niko, lo sai che posso
sempre badarle io, fino ad ora non mi sono mai permessa di offrirmi perché
stava con Rossella che me la teneva lontana” gli dissi con sincerità, e lui
annuii.
“Ma certo, anzi, ammetto
che per un certo verso ora che me la sono ripreso le cose si faranno più dure
perché il mio manager non può ospitare anche lei così mi toccherà tornare a
casa nostra…” borbottò sconsolato, ed io lo guardai senza capire. “Non voglio
tornarci se posso evitarlo, stare in quella casa dove abbiamo condiviso quattro
anni di matrimonio mi fa davvero male” spiegò.
“Oh, Niko, scusami, non
avevo…” mi scusai, ma lui scosse il capo.
“Proprio tu non devi scusarti
di nulla. Se non ci fossi stata ieri avrei picchiato a sangue quell’idiota e
ora mia figlia avrebbe un padre in carcere” mi disse, con una dolcezza che non
sentivo rivolta da lui nei miei confronti da anni ed anni.
Sorrisi e lui fece lo
stesso.
“Deb…” disse poi incerto,
quasi come se fosse imbarazzato.
“Si?”.
“Senti, vorrei chiederti
una cosa, ma se per te non va bene dimmelo subito, non ci sono assolutamente
problemi” iniziò, ed io annuii, incitandolo a parlare.
“Ora che Eva si è
trasferita da Giuseppe, io e Stella non potremmo alloggiare da te solo per
queste tre settimane?” disse tutto d’un fiato, lasciandomi un po’ spiazzata.
“Oh” mormorai, cercando un
modo carino per fargli capire che per me non c’erano problemi ma che per gli
altri la cosa sarebbe sembrata abbastanza ambigua. “Niko, per me va bene, ma
tutti sanno che sto per sposarmi, come reagirebbero vedendo che condivido la
casa con un altro quando nemmeno il mio ragazzo vive con me? E poi Rossella lo
direbbe Eliana, ed ora che lei si è decisa a tornare questo potrebbe complicare
le cose…” dichiarai, cercando di essere educata.
Lui sospirò. “Certo, va
bene, hai ragione” sussurrò con un tono rassegnato, e mi fece male il cuore
vederlo così.
“Niko, capisci che non è
una cosa personale…” mormorai.
“Lo so, ma per un po’ non
potresti mettere da parte le dicerie e fare un piacere ad un amico?” domandò.
Esitai,senza sapere che
fare e come salvarmi dalla situazione. Per me non c’era nessun problema, ma già
immaginavo il putiferio che avrebbe scatenato quell’informazione.
“Certo, io lo farei ma… Ho
un’idea!” esclamai all’improvviso.
“E sarebbe?”.
“Diciamo che lasci Stella a
me e tu continui a dormire dal tuo manager, poi però diciamo che si è messa a
piangere e io ti ho chiamato perché non sapevo che fare e alla fine hai deciso
di restare qui con lei” dissi, e lui annuì.
“Perfetto!”.
“Si, ma… Se le cose si
mettono male…”.
“Me ne andrò, promesso”
disse, e sospirai sollevata, sperando solo che Andrea non avrebbe fatto
obiezioni. Dopotutto, anche lui avrebbe dormito nella stessa casa con almeno
cinque donne.
Max ritornò mezz’ora dopo,
e restò un po’ stranito dalla notizia, dal momento che gli chiesi consiglio, ma
poi disse che non c’era nulla di male e che al massimo l’unica che avrebbe
fatto obiezioni sarebbe stata Rossella, insieme alle sue convinzioni.
Ovvero, la stessa Rossella
che non gradì lo scherzetto di Niko e si precipitò da me alle sette e mezzo
come una furia.
“Come ti sei permesso di
portarla via?” urlò.
“E tu come ti sei permessa
di lasciarla sola mentre dormiva? Mi ha chiamato piangendo!” la rimbeccò Niko,
alterato quanto lei.
Rossella parve cercare una
risposta adeguata, ma non ci riuscì. “Senti, c’è un motivo se l’ho lasciata
sola…”.
“E sarebbe? Eri uscita per
fare shopping con Pierre?”.
Rossella, nera di rabbia,
lo guardò con odio. “No, ero andata all’ufficio adozioni er adottare un figlio”
rispose gelida, e gli occhi di tutti noi si puntarono su di lei. “Si, non posso
avere bambini, contenti? Sono anni che ci provo inutilmente, nell’ultimo mese
ho pensato anche alla fecondazione artificiale, ma niente” spiegò amareggiata,
vidi un moto di comprensione comparire negli occhi di Max.
“Ecco perché Bea ti vedeva
sempre in ospedale” disse lui comprensivo, e lei annuì, con tutta la rabbia che
provava nei confronti della vita al momento.
“Si, non volevo farglielo
scoprire, aveva anche sostituito la mia ginecologa…” rispose. “Quindi capite
cosa voleva dire per me avere una bambina da curare e da trattare come una
figlia per un po’? Pensa come mi sono sentita quando ho visto che Stella non
c’era! Una fallita per l’ennesima volta…”.
Ormai era scoppiata in
lacrime, e appena mi ci avvicinai mi allontanò. “Io non ho mai pensato quelle
cose su te e Niko, ma ho dovuto dirle dal momento che Eliana mi aveva affidato
Stella, non volevo perderla…” singhiozzò, e accettò almeno il fazzoletto chele
avevo offerto.
“Ora comprendiamo tutto”
sussurrai. “Ma noi siamo tuoi amici e ci hai tenuto nascosto tutto, non
potevamo saperlo che per te era un periodo brutto, sono arrivata a pensare che
mi odiassi di nuovo dopo la litigata”.
Lei scosse il capo. “Io
odio solamente me stessa, quella me stessa che mi ha fatto sbagliare tante
volte e che ora non mi farà diventare madre” disse, e questa volta si lasciò
abbracciare da me e Max.
Ora si che si ricollegava
tutto. Ecco perché dimostrava ancora più amicizia del solito ad Eliana, ecco
perché per un mese era stata sempre zitta con tutti. Aveva fatto di tutto pur
di sentirsi un po’ mamma e riuscire a guadagnarselo, visto che la natura glielo
aveva negato.
Avrei voluto approfittare
del momento per chiederle dove fosse
Eliana, ma decisi di stare zitta visto che anche Niko non glielo aveva
domandato.
Se ne andò dopo un’ora,
invece Max e Niko restarono con me a vedere diretta tv del programma. Vennero anche Dante, Francesco, Ada, Natascia
e Beatrice, che portò delle pizze fatte da lei, così cenammo nel soggiorno.
Appena spuntò Ivan in tv,
Niko fece una sottospecie di ringhio che riuscì a trasformare in tosse, e noi
lo guardammo comprensivo.
“… Il terzo concorrente,
direttamente da Roma, è Andrea Romani, acclamato membro dei Gold Boyz!” lo
presentò Ivan, e con un tuffo al cuore vidi Andrea spuntare nell’ingresso della
casa dove avrebbe alloggiato, e Silvia, da perfetta inviata, gli passò il microfono.
“Andrea, dicci, quale
lavoro ti è stato affidato questa settimana?” domandò, e lui si passò una mano
tra i capelli, un po’ nervoso nel suo abbigliamento casual. Sorrisi
spontaneamente, quasi come speravo che lui riuscisse a vedermi.
“Dovrò cercare di essere un
idraulico” mormorò, e tutti noi scoppiammo a ridere.
“Dai, ce lo vedo come
idraulico, magari come quelli sexy che si vedono solo nei film” ridacchiò
Natascia,ma Dante la guardò male ed io
le lanciai un cuscino addosso per zittirla, anche se ormai tutti stavano
ridendo.
“E che esperienza hai come
idraulico?” domandò Silvia.
“Zero, i lavori manuali non
fanno per me, ma almeno qui avrò l’occasione di provarci” disse, ed io lo
guardai con un’aria di pura sottomissione amorosa.
“Mi dite dove lo trovate un
ragazzo così?” sospirai come una ragazzina alla prima cotta. Quasi quasi mi
sentivo gli occhi a cuoricino.
“Di ragazzi così di certo
non li troviamo, ma di idraulici ce ne sono a quintali, credimi, sono tutti
così umili…” sghignazzò Francesco, scatenando l’ennesimo giro di risate.
Gli feci la linguaccia
prima di continuare a vedere Silvia che lo salutava, e continuammo a vedere
finchè la settimana concorrente, Fabiana Larrizol, non si presentò perché era
stata colta da un improvviso malore.
“Tranquillo, pubblico,
domani arriverà la sostituta della concorrente, anzi, la produzione mi sta già
inviando una busta con il nome del concorrente di emergenza…” disse Ivan,
mentre tutti noi ci domandavamo cosa fosse successo.
“Si dice che la Larrizzol
sia una droga-dipendente” disse saggiamente Beatrice.
“Davvero?” domandai, prima
di voltarmi di nuovo verso la tv giusto in tempo per vedere Ivan aprire la
busta.
“Allora, pubblico, Fabiana
sarà sostituita da una ragazza che è arrivata a offrirsi troppo tardi per il
programma, e che abbiamo dovuto scartare per causa di forza maggiore, ma che
comune siamo felici di avere qui già da domani… Ha ventisette anni, è
protagonista delle ultime fiction di successo nazionale…”.
“E chi è?” domandò Dante.
“Bah” fece Niko, mentre io
tendevo le orecchie per sentire meglio a causa del loro baccano.
“E’ diplomata in danza
classica e moderna, e nonostante ciò è anche una giornalista laureata al
DAMS…”.
“Oh, no, ti prego…”
sussurrai sentendomi svenire, mentre un unico volto prendeva posto nella mia
testa.
“Ultimamente è stata male a
causa di alcuni problemi alla caviglia, ma ora sta bene… Avete capito chi è?”
domandò entusiaste Ivan.
“Chi è?” domandò Ada.
“Irene Massa!” urlò
entusiasta il presentatore, ed io mi accasciai sul divano, sentendo la testa
girare. Quella canaglia non si era arresa davanti a nulla.
“No, ti prego, no…” implorai
il nulla, alzandomi di scatto e iniziando a girovagare per la stanza. “No, cazzo, quella stronza dovrà stare 24 ore
su 24 con Andrea! No! Non può essere…” urlai fuori di me, con il capo tra le
mani.
Max e Niko mi compresero,
ma gli altri non capirono la mia reazione. Vidi in tv che Andrea sembrava
sconvolto quanto me e ciò mi tranquillizzò, ma giunsi alla conclusione che al
destino non si sfugge.
Se ce l’eravamo cavata bene
con il videoclip, ci toccava sopportare il doppio con il programma.
E’ proprio vero che al destino non si sfugge, per una volta mi hai tolto
le parole di bocca, Deb. Non sarebbe stato meglio startene da sola a casa ad
aspettare il ritorno di Andrea piuttosto che sorbirti Stella e Niko a casa tua
mentre il tuo ragazzo è a Cinecittà con una sua ex particolarmente determinata,
bella e famosa?
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Capitolo 24 *** Quello Che Le Donne Non Dicono ***
24
Ciao!
Questo capitolo potrebbe mettere un po’ in crisi
tutte voi che come me amate Deb e Andrea, ma solo in una prima parte perché poi
tutto si chiarirà… Però resta quella zanzara petulante e fastidiosa di Irene
che rompe, e la nostra Deb saprà tenerle testa, eheh!
Voi che cosa pensate che possa succedere in questo
reality?
Comunque, grazie 100 a coloro che hanno recensito:
CriCri88: Eh si, le cose purtroppo si stanno
mettendo abbastanza male, ma questo è il cuore della storia, e tutti questi
casini porteranno ad una “tragedia” dal cap 26 in poi…
vero15star: Tesoro, si sposeranno il 15 gennaio, e
considerando che stiamo a novembre mancano due mesi… Ma ti anticipo che saranno
mesi particolari, e che la sfiga davvero ci si metterà con tutta se stessa. Ti
voglio bene ^^
Angel Texas Ranger: Ciao! Figurati ^^ Ma non ho
capito, cos’è che dovrei pubblicare? xD Un bacione, è stato bello rileggerti! ^^
A sabato,
milly92.
Capitolo 24
Quello Che Le Donne Non Dicono
Ah, le donne. Anzi, noi donne. Che esseri particolari che siamo, siamo
nate per dare problemi al mondo e per generare altre creature come noi, che
continueranno questa missione quando noi
non ci saremo più. Che mondo sarebbe senza donne? Un mondo senza capricci e
fisse riguardo problemi inesistenti…
Il 2 novembre mi svegliai
alle sette dopo essermi addormentata verso le cinque a causa dell’insonnia
causata da quell’arpia, e sperai vivamente che fosse stato tutto un incubo, ma
la mia illusione crollò quando andai in cucina e trovai un educato Niko che mi
stava preparando la colazione e mi
domandò: “Va meglio rispetto a ieri sera?”.
Già ero scioccata dal
trovarlo lì, dal momento che il mio cervello non era ancora connesso del tutto
e mi stavo chiedendo quale fosse il suo ruolo nella mia cucina a quell’ora del
mattina, quindi lo guardai torva e feci un cenno che era un misto tra uno
sbadiglio e un “si”.
Ero arrivata alla
conclusione che, fidandomi di Andrea, non dovevo avere nessun problema. Ma ero
arrivata anche ad una seconda conclusione: mi dava fastidio che Irene fosse
riuscita a ottenere il suo intento dopo che la caviglia le era stata da
impedimento nel videoclip.
“Fai bene, anche perché
nessuno ti ha mai confermato che Irene voglia riprendersi Andrea” mi appoggiò
Niko sorridendo, guadagnandosi la mia seconda occhiataccia torva.
“Si vede lontano un miglio”
sintetizzai acida.
“Eh, no, è la tua gelosia
che ti fa vedere tutto questo, credimi” disse saggiamente lui, porgendomi una
ciotola di latte.
“Fammi capire, il tuo ruolo
ora che vivi qui è quello di torturarmi psicologicamente tutte le mattine?”
dichiarai con una vena di trattenuto sarcasmo, e lui non riuscì a far altro che
ridacchiare.
“No, è solo che stamattina
mi sento ottimista” spiegò.
“Beato te. E comunque ti
ringrazio ma io non prendo il latte, non lo digerisco” dissi.
Fece una faccia
dispiaciuta, scusandosi. “Giusto, nemmeno a Music’s Planet lo prendevi mai,
anzi, spesso eri tu che lo cucinavi a me, ma dopotutto sono passati quasi nove
anni…”.
“Fa niente, ora mi preparo
le fette biscottate e il succo di frutta” borbottai, dato che non mi andava di
parlare di Music’s Planet.
“Faccio io” mi fermò. “Ma
comunque, se non lo digerisci, che ci faceva nella tua dispensa?”.
“E’ per Andrea quando dorme
qui…” risposi, cercando di risultare più leggera possibile.
“Ah. Dai, domani lo vai a
trovare” mi incoraggiò, e quella fu l’unica cosa che mi tirò su. Non vedevo
l’ora di vederlo, abbracciarlo e sentirmi protetta tra le sue braccia.
Così feci colazione e andai
a lavoro, dove mi venne a trovare un Giuseppe particolarmente giulivo.
“Mi serve un favore” disse
senza preamboli.
“Ciao, comunque, eh” lo
salutai sarcastica, mentre controllavo alcune scartoffie.
“Ciao” disse scocciato,
prendendo posto di fronte a me. “Dovresti aiutarmi a tradurre una canzone che
ho scritto in inglese…”.
Alzai lo sguardo e feci due
più due, sorridendo sinceramente per la prima volta da quella mattina. “Fammi
indovinare… E’ per il terzo mesiversario tra te ed Eva, giusto?” domandai, e
solo udendo il nome di mia cugina fece una faccia inebetita.
“Si, hai toppato” disse.
“Allora, me lo fai questo favore?”.
“Certo, ma solo perché è
per Eva…” specificai, facendogli la linguaccia, e lui si buttò una mano in
fronte.
“Oh, no, ed io che volevo
darla alla mia amante in realtà…!” piagnucolò teatralmente.
“Non ci provare!” lo
rimbeccai, e lui scoppiò a ridere.
“Come potrei? Eva è
stupenda, è… Perfetta” dichiarò, questa volta serio.
“Lo so, ed è per questo che
sono contenta per te. Dimmi, ora capisci quello che intendevo a luglio, quando
ti dicevo che se ami una persona faresti di tutto per tenertela stretta e non
farla soffrire?” chiesi, curiosa di vedere la sua reazione.
Lui annuì. “Si, è vero, da
quando stiamo insieme le altre per me sono invisibili, non mi manca la mia vita
da playboy, se così vogliamo chiamarla, mi sento completo ora che ho Eva, non
ho bisogno di nient’altro… Ehi, ma tu stai parlando di amare! Eva ti ha detto
che ce lo siamo detto?” domandò all’improvviso, riemergendo dai suoi pensieri
romantici.
Esitai, senza sapere cosa
dire. “Oh, beh, me lo ha accennato” decisi di dire, e lui scosse il capo,
ridacchiando.
“Guarda che non è un
problema, ero solo curioso di sapere cosa ti dice” ammise.
“Chiedilo a lei, mio caro
ex playboy” risposi, e lui si alzò, lasciandomi interrogativa. Venne dietro la
scrivania e, improvvisamente, mi abbracciò.
“Grazie, è anche merito tuo
se ora siamo così felici, ci hai spronati, hai fatto da messaggera… Ed è
soprattutto grazie a te se l’ho conosciuta!” spiegò, mentre ricambiavo
l’abbraccio.
“E’ stato un piacere”
minimizzai.
“No, davvero, anche il
giorno in cui la andammo a prendere a Piazza Venezia, ricordi cosa mi dicesti?
Che secondo te l’amore della mia vita era vicina a me… Ed Eva mi stava proprio
di fronte!” disse ironico, ed entrambi scoppiammo a ridere.
“Hai visto che maga che
sono?”.
“Più che altro direi
strega, ma se ci tieni…”.
“Ed io che volevo essere
gentile dicendoti che ero contenta di tutta questa storia anche perché ora io e
te abbiamo legato di più!” dissi falsamente offesa.
“Hai ragione, scusami, cuginetta
acquisita!” rispose, ed io scossi il capo, rassegnata. Ci mancava solo un
vincolo familiare con Giuseppe e la mia famiglia poteva dirsi al completo di
tipi davvero… Ehm… Particolari.
Quella sera vidi il day
time del programma insieme a Niko e Stella, e ci facemmo tante risate vedendo
Andrea alle prese con il suo mestiere provvisorio, con tanto di tuta e valigia
per gli attrezzi.
Ovviamente, la prima cosa
che fecero vedere fu l’entrata di una Irene Massa radiosa, con indosso una
minigonna nera e una camicetta attillata azzurra. Le sue scarpe facevano un tic tic tic che mi faceva venire
l’esaurimento nervoso, e subito si precipitò a presentarsi a tutti, dato che
non li conosceva, tranne ad Andrea ovviamente.
“Andrea! Che bello, almeno
c’è una persona che conosco! E’ destino che dobbiamo lavorare insieme dopo il
mancato videoclip, hai visto?” disse entusiasta, salutandolo con due baci sulle
guance.
Se se, come se non lo avessi fatto apposta appena hai saputo che
partecipava!
pensai tra me e me, e Andrea parve pensarla allo stesso modo.
Le fu affidato il mestiere
di bidella, con mia grande gioia, e così la sera riuscii ad andare a dormire
più serenamente, con l’amabile prospettiva della visita a Cinecittà per vedere
Andrea.
Nella mattinata, mi vennero
a trovare Eva e Giuseppe, visto che Eva non aveva i corsi e Giuseppe, un po’
come tutti gli altri, era un po’ in ferie in quelle tre settimane.
“Ci siamo iscritti ad un
corso di tango, proprio nella scuola di quella signora brasiliana che ha il bar
dove sei andata tu ad Halloween!” mi informò entusiasta mia cugina, saltellando
quasi per la gioia.
“Davvero? Cioè, tu, ex
ballerina di danza classica e moderna…” iniziai incredula, riferendomi al fatto
che aveva fatto dieci anni di danza, dai sette ai diciassette anni, ma lei mi
zittì.
“Il classico e il moderno fanno
parte del mio passato, ora ho bisogno di una disciplina per due, e cosa c’è
meglio di una danza bella e passionale come il tango?” mi rispose, facendo
l’occhiolino a Giuseppe, che dopotutto mi sembrava un po’ spaesato.
Lo guardai, curiosa, e lui
si difese con un: “Mi ha promesso che se accettavo avrebbe coinvolto anche te e
Andrea”.
“Eh?” feci, guardando torva
mia cugina. “Io non ballo, e poi Andrea ora è fuori, anche se accettassimo
dovreste fare tre settimane da soli” ricordai loro.
“Ma perché, hai ballato con
Niko ad Halloween così, senza alcun insegnamento, perché non puoi farlo con
Andrea e con l’insegnamento di una professionista?” mi fece ragionare Eva,
accigliata.
“Perché era una serata
particolare, stop. Se volete ballare, fatelo da soli, senza metterci in ballo”.
“Bel giochetto di parole,
Deboruccia, ma tanto Andrea lo farà per solidarietà maschile” disse deciso
Giuseppe.
“Andrea farà ciò che vuole
lui” dissi decisa a mia volta.
“Ok, allora domandaglielo oggi”
s’intromise Eva, che non aveva fatto altro che seguire il nostro battibecco con
una smorfia.
“Ok, perfetto” stabilii.
L’idea di me e Andrea che
ballavamo il tango mi faceva ridere, lui di certo aveva tutte le qualità per
essere un ottimo ballerino seducente, ma io ero negata, e me ne ero resa conto
la notte di Halloween, anche se dovevo ammettere che per un po’ mi ero sentita
libera da tutti i miei pensieri opprimenti. Quel pomeriggio così mi vestii al
meglio, quasi come se fosse il primo appuntamento con il mio ragazzo, indossai
una gonna che arrivava fino a metà coscia di jeans scuro con una camicia bianca
con sopra un maglioncino rosso e un cappotto nero. Fui sorpresa di vedere che
Ivan mi aveva bussato alle cinque meno un quarto, e ringraziai per il fatto che
Niko non fosse in casa.
“Deb, sono venuto a
prenderti” mi spiegò al citofono.
“Ah, scendo subito”
risposi, così mi affrettai a prendere la borsa, il cellulare e le chiavi e
scesi, trovandolo nella sua macchina da chissà quanti soldi che mi sorrideva.
“Ciao Ivan” lo salutai educatamente,
salendo in auto, cercando di non pensare a ciò che era successo l’ultima volta
che ci eravamo trovati faccia a faccia.
“Ciao Deb” rispose,
mettendo in moto. “Sono qui per ordine di Andrea, pensava che vedendoti con me
quelli della produzione sarebbero stati più benevoli”.
“In effetti ha ragione, non
ci avevo pensato” riflettei, immaginandomi davanti ai bodyguard con il mio
sorriso impaurito mentre dicevo: “Sono la ragazza di Andrea Romani” e loro che
mi cacciavano fuori.
“Però ammetto di non essere
stato entusiasta di dover venire nel tuo palazzo dopo il casino di Halloween”
rivelò, con un’aria un po’ contrariata.
“Ivan, mi scuso da parte di
Niko ma… Mettiti nei suoi panni, sua moglie non gli parla da inizio luglio, ed
ora è partita per chissà dove senza dirgli nulla e poi…” iniziai indecisa se
sputare il rospo o no.
“E poi cosa?” domandò lui.
“E poi io vi ho visto
mentre vi baciavate e tutti vi hanno visti insieme” dissi tutto d’un fiato,
prima di pentirmene all’istante.
Ivan fece una faccia pallida
udendo ciò, prima di sospirare. “Deb, senti, ti dico solo che non è come
sembra, io non sto con lei, lei non lo ha tradito e…”.
“E allora cosa ci facevi
con lei tutto quel tempo?” sbottai.
“E’ una questione di
Eliana, basta, non posso dirti nulla! Ti dico solo che le apparenze ingannano,
e quel bacio ce lo siamo scambiati per uno scopo… E che sta facendo tutto
questo per una sua cosa personale e per…
Salvare il suo matrimonio” aggiunse infine, lasciandomi totalmente stupita.
“Salvarlo? A me sembra il
contrario” dissi acida.
“Tu non sai cosa vuol dire
sposarsi, avere una figlia e un marito, perdere un bambino, rischiare di fare
tutto a pezzi e poi desiderare di voler mettere tutto a posto nonostante alcuni
impedimenti abbastanza gravi” disse con un’aria che poteva sembrare saggia ma
che a me sembrava solo perfida. “Perciò, fidati, e tra due settimane sarà tutto
ok tra loro due”.
Scrollai le spalle,
decidendo di chiudere la bocca, e feci i salti di gioia quando arrivammo a destinazione. Ivan mi condusse oltre un
recinto tipico delle villette, parlò con due uomini e poi uno di loro mi
condusse in un giardinetto, dicendomi di aspettare un po’. Ubbidii, impaziente.
Intorno a me c’era solo un prato e, poco distante, una piscina. Presi posto su
una delle panchine, iniziando a controllare il tempo che ci impiegava, e allo
scoccare del settimo minuto vidi Andrea uscire dalla porta del retro della casa
e sorridermi raggiante, mentre mi correva incontro.
“Amore, che bello vederti!”
disse, allargando le braccia per accogliermi ed io subito gli gettai le braccia
al collo, peggio di una bambina.
“Hai visto che sono
venuta?” domandai, sentendomi le gambe tremare lievemente. Era una sensazione
strana, era sempre lui, il mio Andrea, no?
“Non avevi dubbi” disse
sorridendo, prima di abbassarsi verso di me e baciarmi con estrema lentezza,
accarezzando il mio volto con la mano destra. Cercai di prolungare quel bacio
al’infinito, solo che poi fu lui a separarsi e a squadrarmi, quasi con aria
critica.
“Wow, sei bellissima”
ammise, facendomi fare un giro su me stessa.
“Lo sei anche tu, anzi, ti
preferisco versione idraulico” sghignazzai. “Sei più sexy”.
“Ah-ah” disse con aria
annoiata, prima di abbracciarmi di nuovo. “Tutto bene a casa?”.
“Si, Eva dorme da te per
stare un po’ con Giuseppe” lo informai.
Lui levò un sopracciglio.
“Cosa? E ora stai da sola?”domandò preoccupato.
“No” dissi subito, prima di
sentirmi la voce mancare. “Con me c’è… Stella”.
“Stella?”.
“Si, Stella, sai, ha
chiamato Niko quando Rossella l’ha lasciata da sola a casa e lui si è
arrabbiato, così l’ha affidata a me. Il suo manager non può ospitare anche lei,
e così…” spiegai, sentendomi morire visto che non riuscivo a dirgli che anche
Niko dormiva da me.
“E perché non vanno a casa
loro?”.
“Perché Niko non ce la fa a
stare in quella casa piena di ricordi” spiegai, e lui annuì comprensivo.
“Non riesco a credere che
Rossella l’abbia lasciata da sola…” disse incredulo, prendendo posto con me
sulla panchina e circondandomi le
spalle con il braccio.
“Mentre dormiva” precisai,
lasciandolo ancora più interdetto. “Ma lo ha fatto perché non poteva portarsela
dietro… E’ andata al centro adozioni per adottare un figlio”.
Inutile dire che Andrea mi
guardò come se fossi impazzita, e così gli raccontai tutto per filo e per
segno.
“Cavolo, mi sono perso
molte cose, eh” dedusse alla fine, baciandomi la tempia.
“Si… C’è un’altra cosa che
devi sapere, stavo… Stavo aspettando la tua opinione per decidere” aggiunsi,
non potendone più di nascondere il fatto che Niko dormisse da me. Con la
piccolissima variazione del fatto che gli avrei detto di non aver ancora
deciso, così nel caso che mi avesse detto che non gli stava bene avrei detto a
Niko di andare via, così non mi sarei sentita in colpa.
“Dimmi” mi incitò.
“Vedi, Niko mi ha chiesto
di fermarsi a dormire da me finchè non tornerai perché vuole stare con Stella,
e visto che lei dorme da me…” borbottai, e lui parve perplesso.
Poi annuì, deciso. “Ma
certo, perché dovrei essere contrario? Niko è come un fratello per noi, è sposato
ed è l’ultima persona al mondo con cui mi tradiresti dopo Alberto, e poi c’è
sua figlia…”.
Mi sentii sollevata per
metà, visto che una parte di me diceva: “Bugiarda, diglielo che hai già
deciso!”.
“Ok, perfetto… Ah, e poi
c’è l’ultima cosa” lo informai.
“Ancora? Ma sono passati
solo due giorni dalla mia partenza o due mesi?” domandò ironico.
“Due giorni che valgono per
due anni” risposo mesta, appoggiandomi sulla sua spalla. “Dicevo, Giuseppe ed
Eva si sono iscritti ad un corso di tango dalla padrona del locale dove sono
andata ad Halloween, e vogliono che ci uniamo a loro, cioè, Eva ha convinto
Giuseppe ad iscriversi con la scusa che lo avremmo fatto anche noi, e così lui
ora vuole convincerci e sostiene che tu ballerai per solidarietà maschile” spiegai,
e lui scoppiò a ridere.
Sollevata, mi voltai verso
di lui. “Non balleremo, vero?”.
“A me non va, ma se tu
vuoi…”.
“Assolutamente no” dissi.
“Perciò riferisco a Giuseppe che la solidarietà maschile è in vacanza”.
“Perfetto” rispose. “Ma ora
lascia parlare me, per favore”.
Annuii, sapendo già dove
voleva arrivare.
“Come hai reagito sapendo
di Irene?” domandò preoccupato.
Scrollai le spalle,
dicendomi che forse era meglio omettere la mia crisi isterica. “All’inizio
avrei voluto ammazzarla, ma poi ho capito che è tutto ok perché mi fido di te e
so che la manderai a quel paese appena si avvicinerà di mezzo centimetro”
spiegai, e lui parve sollevato.
“No, l’ho domandato perchè…
Perché c’è una cosa che dovrei dirti” disse più serio che mai, cosa che mi fece
preoccupare.
“E sarebbe?”.
“Vedi, io… Io sapevo che
Irene era una riserva già prima di partire, ma non te l’ho detto per non farti
preoccupare e perché credevo che non sarebbe venuta” rivelò, ed io restai un
po’ scioccata. Poi, però, ripensai a quanto ero stata ipocrita io con la bugia
di Niko, così sorrisi.
“Non sono arrabbiata,
probabilmente io avrei fatto lo stesso” dissi, e lui sorrise.
“Scusami ancora”.
“Scusami tu”.
“E per cosa?”.
Abbassai lo sguardo,
sentendo la bugia di prima fare una
lotta nello stomaco con chissà che cosa. “Perché ho già detto di si a Niko e
già stanotte ha dormito da me con Stella. Scusami, io credevo che ti avrebbe
dato fastidio sapere che avevo deciso senza chiederti consiglio, ma non potevo
chiamarti e lui era così disperato…” lo supplicai, sentendo di meritarmi la più
grande delle paternali, ma lui sospirò.
“La prossima volta sii
sincera come lo sarò io, ok?” disse, stringendomi di nuovo a sé e facendomi
sentire il rumore del suo cuore, che mi tranquillizzò senza motivo.
“Si” dissi in fretta, prima
di alzare il capo e baciarlo sulla guancia, per poi spostarmi sempre più verso
le sue labbra.
Stette al gioco,
rispondendo con enfasi, e quando ci staccammo notai che dalla finestra di
fronte a noi c’era una testa bionda che ci spiava. Digrignai i denti
riconoscendo Irene, che invece di nascondersi si affacciò e iniziò a sventolare
la mano in segno di saluto.
“Andrew, non mi presenti la
tua futura mogliettina?” urlò, con una voce da zanzara petulante che mi fece
saltare i nervi.
“Si” rispose Andrea
scocciato, facendomi segno di seguirlo.
Ubbidii, domandomi perché
non mi fossi portata dietro un bel coltellino svizzero per sgozzarla.
Ma lei uscì in giardino e
ci venne incontro, porgendomi elegantemente quella mano che avrei tanto voluto
stritolare. “Ci siamo già presentate al telefono, Debora, ricordi?” mi
domandò.
“E come potrei
dimenticarlo” dissi, sorridendo falsamente. Andrea parve riconoscere il
sarcasmo trattenuto nella mia voce.
Sorrise di rimando. “Cosa
si dice nel mondo lì fuori?” mi domandò, con un subdolo tentativo di fare
conversazione, togliendosi una ciocca bionda da sopra la minuscola spalla.
“Ci sono tante novità, i
giornali già parlando di Andrea! Ed io che pensavo che ora che tu non c’eri le
voci su di lui si sarebbero ridotte…” risposi prontamente, con un’aria
falsamente pensierosa, e Andrea non riuscì a non ridere.
Invece Irene non parve
gradire, ma uno dei bodyguard mi chiamò senza darle diritto di replica.
“Signorina, deve andare, i concorrenti devono andare alle prove” mi chiamò.
“Oh, mi dispiace” dissi,
rivolta ad Andrea. “Comunque, è stato bello conoscerti di persona, Irene”
dichiarai.
“Vale lo stesso per me,
ciao!” mi salutò, ormai falsa quanto me, entrando in casa.
“Sei stata unica, amore”
disse Andrea facendo l’occhiolino e baciandomi con trasporto, ignorando le
occhiatacce del bodyguard. “Potrai venire lunedì, mi sono già informato”.
“Lunedì? Devo aspettare
cinque giorni?” brontolai.
“Purtroppo… Ma ricorda che
ti amo e che sono sempre con te” mi bisbigliò all’orecchio.
Così lo salutai e ritornai
a casa, dove seguii subito il day time per vederlo alle prese con tubi e
lavandini, imponendomi di non mentire mai più ad Andrea. Ma che cavolo mi era
preso?
Donne, donne
bugiarde che si preoccupano di una più carina che potrebbe soffiarle il ragazzo
quando potrebbe essere il loro comportamento a portarglielo via. Eppure, come
diceva Fiorella Mannoia: “E se diciamo una bugia è una mancata verità che prima
o poi succederà, cambia il vento ma noi no e se ci trasformiamo un po' è per la
voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi”.
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Capitolo 25 *** Chi Non Muore Si Rivede ***
Chi Non Muore Si Rivede
Buongiorno, ragazze!
In questo capitolo tornerà
una persona che nessuno di noi ha mai amato, una persona che non vedevamo,
anzi, leggevamo xD dalla prima storia. Probabilmente mi vorrete uccidere, lo so
che sto sconvolgendo fin troppe cose, prima il reality, poi Niko che si
trasferisce da Deb, poi Irene, ed ora anche queste persona, ma la storia doveva
andare così.
Stanotte ho scritto l’ultimo
capitolo, il più lungo di tutti, di circa 17 pagine, e per questo mi domandavo
se vi andava bene anche l’epilogo, visto che ho già una mezza idea di cosa
scrivere. Fatemi sapere!
Detto ciò, grazie a coloro
che hanno recensito:
CriCri88: Eh si, hai
proprio ragione, Andrea e Deb sono perfetti insieme! E per la missione punitiva
anti-Irene… Perché no, dai! ^^ Un bacione!
Angel Texas Ranger: Capito,
capito, scusami ^^ Certo, pubblicarle sarebbe un sogno, ma ora stavo
semplicemente pensando di stamparle perché mi piace rileggere i vari di cap di
tutte e due ed è più comodo farlo senza dover per forza accendere il pc. Grazie
comunque ^^ Eh si, in due giorni sono successe cose peggio di beautiful! xD
vero15star: Si, tesoro,
purtroppo sono due mesi visto che le nozze le hanno fissate per il 15 gennaio,
che dobbiamo fare, resisteranno xD E quella Irene… Ti dico solo che mel
prossimo capitolo probabilmente mi ammazzerai, sigh! Un bacione, ti voglio
troppo bene!
A lunedì, visto che
mercoledì parto per le vacanze e entro quel giorno vorrei postare un cap
particolarmente importante.
La vostra milly92.
Capitolo 25
Chi Non Muore Si Rivede
Sparire dalla
circolazione spesso è un buon modo per evitare casini e litigate inutili, ma
spesso ritornano in circolazione persone con cui credevamo di aver troncato tutti i rapporti….
Iniziai a fare il countdown
per il lunedì, e nel frattempo decisi di risolvere la questione
dell’agente-assente, consultandomi con Camillo, il responsabile della casa
editrice.
“Ti mando io una ragazza
nuova, molto talentuosa, ok?” mi aveva detto, dopo che gli avevo chiesto di
consigliarmi una manager. Di certo non volevo un uomo dopo tutto quel casino,
giusto per stare un po’ tranquilla.
Così, la domenica mattina
bussarono alla porta ed andai ad aprire, restando totalmente sconvolta nel
vedere davanti a me una ragazza bruna che aveva un non so che di conosciuto.
Era alta, slanciata, con il capelli ricci castani che le incorniciavano il
viso, gli occhi azzurri che si intonavano con il completo di Gucci che
indossava e una faccia che attendeva l’esplosione di una bomba.
La guardai una seconda
volta prima di sbiancare e lottare contro me stessa e il mio istinto di
sopravvivenza che mi imponevano di sbatterle la porta in faccia.
“Credevi che tingendoti i
capelli e arricciandoteli non ti avrei riconosciuta?” sbottai, senza sapere
bene cosa dire o fare.
“Per tua informazione il
mondo non gira solo intorno a te, quindi ci sono altri dieci motivi per cui ho
voluto cambiare look” mi rispose Paris D’Aquila, ma con un tono non altezzoso,
anzi, quasi rabbuiato.
Paris. Quella Paris che mi
aveva trascinato su una cattiva strada e che mi aveva minacciato per
raggiungere i suoi scopi da giornalista di cronaca rosa.
“Scusa ma non ho tempo per
le confessioni, sto aspettando la mia futura manager. Perché sei venuta qui?”
domandai.
“Sono io la tua manager,
no? Ti facevo più intelligente, venticinque anni sulle spalle si fanno sentire,
eh?” sospirò.
La guardai come se fosse
impazzita. “Tu cosa?”.
“Non sono più una
giornalista, contenta?”.
Era seccata, ovviamente le
doleva ammettere di non esercitare più il mestiere per cui sembrava essere
nata, ma continuava a stupirmi per il fatto di non avere più quella malizia
nello sguardo.
Contai mentalmente fino a
dieci prima di rispondere, pensando di star vivendo un’esperienza
extracorporea.
“Si, ma non ho capito
perché hai accettato di diventare la mia manager con Camillo…” mormorai,
sentendomi confusa più che mai.
“Forse perché non ho avuto
bisogno di accettare dal momento che mi sono offerta personalmente” spiegò,
mettendo una mano sui fianchi e facendo l’ennesima smorfietta scocciata per la
mia espressione incredula.
“Ho capito, entra, così mi
spieghi tutto” concessi infine, conducendola in cucina e offrendole qualcosa da
bere a malincuore. “Allora, dimmi perché dopo tutto quello che c’è stato tra
noi ti sei offerta di diventare la mia manager” le imposi poco dopo.
Lei esitò, togliendosi una
ciocca riccia dalla spalla. “Mi sembra di aver detto a Daniele di farti leggere
l’articolo che scrissi su di te per farmi perdonare, circa quattro anni fa”
iniziò, guardandomi in attesa di conferma.
La mia mente vagò alla
ricerca di quel momento, la sera in cui Rossella ci aveva detto che aveva
accettato la proposta di matrimonio di Pierre. “Si, ricordo, me lo ha detto”
acconsentii.
“Ero sincera nell’articolo,
mi piace come scrivi e ti stimo come artista. Ed ora ho bisogno di un lavoro,
quindi credo che possiamo avere un rapporto professionale senza ricatti e cose
simili” decretò, facendomi ridacchiare.
“Senti chi parla, mi hai
ricattata decine di volte e per una volta che l’ho fatto io…”.
“Non mi riferivo a quello,
parlavo in generale” si difese.
Ci guardammo per un po’, e
scelsi di bere un po’ di succo di frutta come compromesso. “Quindi immagino che
i tuoi problemi finanziari al momento siano molto gravi” dedussi.
“Beh, si”.
“E la tua famosa eredità
che dovevi avere dopo i ventun anni?” domandai, ricordandomi che quando eravamo
“amiche” mi aveva detto che suo nonno le aveva lasciato tantissimi soldi di cui
poteva usufruire dopo aver raggiunto quella età.
Udendo ciò fece una faccia
mesta. “L’ho consumata in meno di tre anni con degli investimenti sbagliati, e
così eccomi qui con l’unico completo decente che ho nell’armadio ad elemosinare
il tuo consenso. Non mi sono già umiliata abbastanza? Devi continuare a farmi
scontare tutto? Prego” disse, con un mezzo velo di lacrime negli occhi.
La guardai scioccata,
dicendomi che fosse impossibile che stesse recitando. “Paris, scusami ma… Io
voglio darti questo lavoro, ma chi mi dice che posso fidarmi di te? Chi mi dice
che non userai tutte le informazioni sulla mai vita privata per scrivere lo
scoop del secolo?”dissi.
Paris fece un cenno stanco
con la testa, annoiata. “Ok, ok, ho capito, ma sappi che il mondo non gira solo
intorno a te e che ti ho salvata da un’operazione di plagio del tuo vendicativo
ex agente” disse guardandomi fisso negli occhi.
“Eh?” feci, senza capire.
Aprì la borsa e ne estrasse
fuori una pila di fogli. “Hai licenziato il tuo agente ma non ti sei premurata
di cancellare tutte le e-mail con i capitoli e le bozze del libro che gli hai
consegnato. Stava per farti un bel servizio, sai? Meno male che sono riuscita a
prendere tutto” spiegò con la sua tipica aria altezzosa, e per la prima volta
in vita mia la guardai con un’espressione grata.
“Paris, non so cosa dire,
non ci avevo pensato…” borbottai.
“Invece io ci stavo
pensando fin troppo bene dal momento che lo conosco e so che ha fatto cose
simili con i suoi ex datori di lavoro” disse con noncuranza.
Non sapevo cosa fare,
dovevo far finta di nulla e darle un’opportunità o mandarla via? Dopotutto,
cosa poteva mai farmi? Ricattarmi nuovamente? Io non avevo nulla da nascondere
a nessuno, quindi… Sospirai e la guardai negli occhi.
“Ok, sei assunta, ma sappi
che fare mezzo passo falso ti porterà al licenziamento” annunciai, e lei
sorrise, lasciandomi totalmente basita. Un sorriso sincero, non uno di quelli
falsi e ipocriti che mi aveva regalato quando
eravamo delle ragazzine.
Ci stringemmo la mano, poi,
miracolosamente, iniziammo a parlare dl libro senza battibeccare nemmeno mezza
volta, finchè, a mezzogiorno, Niko non tornò a casa con Daniele.
Paris restò in cucina, ma
mi bastò vedere la faccia di Daniele per dimenticarmi della sua presenza e di
come l’avrei giustificata agli altri.
“Che cosa è successo?” gli
domandai, mentre Niko lo faceva accomodare in salotto.
“Sabrina mi ha mollato”
disse senza giri di parole, prima di mettersi il capo tra le mani e sospirare.
“Eh?” feci incredula.
“Si, ritiene che negli
ultimi mesi l’ho trascurata a causa del lavoro e non ce la fa più perché si
sente sola…” spiegò afflitto, e subito mi precipitai ad abbracciarlo.
“Dan, se vuoi ci parlo io
e…”.
“Senza offesa, ma non
vorrei che litigaste come è successo con Eliana” s’intromise Niko, con aria di
scuse.
“Volevo solo essere
gentile” dissi aspramente.
“Ti ringrazio Deb, ma forse
la devo lasciar perdere, se mi ripaga così dopo cinque anni…” ragionò Daniele.
“Scusatemi, Debora, io… io
vado” disse Paris, affacciandosi nella stanza.
Niko la guardò senza
capire, e Daniele sobbalzò udendo la sua voce. Poi si calmò, vedendola,
dicendo: “Scusami, ti avevo scambiata per… Paris?! Che ci fai qui?”.
Ecco, era giunto il momento
delle spiegazioni. “Paris è la mia nuova manager. Vi sembrerà strano ma è così”
tagliai corto.
“Dopo tutto quello che ha
fatto? Deb, ma ti ricordi…?” continuò Daniele, che sembrava voler sfogare la
sua rabbia e il suo risentimento di su di lei, ed io annuii scocciata.
“Lo ricordo meglio di te
,ci siamo chiarite, e lei mi ha promesso di essere cambiata”.
“Quindi sei tu la famosa
Paris?” domandò Niko. “Sapevo che eri bionda…”.
“Lo ero” rispose
stancamente lei, entrando nella stanza e incrociando le braccia. “Comunque mi
dispiace per te e Sabrina, Daniele” aggiunse, stranamente dispiaciuta.
Daniele la guardò confuso,
senza sapere cosa dire. Alla fine optò per una scrollata di spalle e un piccolo
cenno del capo.
“E… visto che ora mi trovo
un po’ coinvolta in questa casa… Per qualsiasi cosa sono qui” aggiunse a bassa voce.
Ecco a voi un nuovo
capitolo dei “Pentiti che ti vogliono far pentire di essere stato così
crudele”.
“Grazie” rispose Daniele,
sempre più stordito da tutto quell’altruismo.
Ci fu un momento di
silenzio, finchè lei non si decise a salutarci e andare via.
Io e Niko guardavamo
Daniele senza sapere cosa fare e dire per tirarlo un po’ su. Non eravamo più
degli adolescenti a cui bastava dire “Si vede che non ti meritava” e “Si chiude
una porta e si apre un portone”; dopotutto lui e Sabrina erano stati insieme
cinque anni, e nessuna di queste frasi vecchie e consunte lo avrebbe potuto
aiutare sul serio.
“Cosa ne dici se stasera
usciamo un po’?” proposi falsamente allegra.
Niko subito si illuminò,
annuendo. “Si, dai!”.
Daniele esitò, sbuffando.
“Mi sembra di essere tornato ragazzino, nel momento in cui la tipa ti molla e i
tuoi amici vogliono tirarti su il morale portandoti in discoteca” dichiarò
retorico.
Come non detto. A questo
punto era meglio se gli dicevo una di quelle frasi vecchie.
“Dan, senti, anche io sto
nella tua stessa situazione, e pensa che ti è andata di lusso visto che non sei
sposato e non hai una figlia a cui badare da solo, quindi alza queste chiappe e
esci con noi!” lo rimproverò Niko, improvvisamente serio e arrabbiato, tanto
che lo fece scattare sul serio come una molla.
“Dove andiamo?” domandò,
rassegnato.
Esitammo, senza sapere cosa
rispondere, poi…
“Stasera faremo delle
figuracce e non ce ne fregheremo di nessuno, e saremo anche solidali…” iniziai,
mentre loro mi guardavano senza capire.
“Che…?” fece Daniele.
“Andremo in un locale
brasiliano a ballare il tango con Eva e
Giuseppe, visto che Eva gli aveva promesso che io e Andrea li avremmo seguiti e
Giuseppe ha accettato solo per questo particolare. Anche se voi due messi
insieme non potreste mai valere quanto il mio Andrea, mi accontenterò”
ironizzai.
“Locale brasiliano? Tango?”
disse Daniele, mentre Niko mi guardava ridendo.
“Allora mi sa che stasera
sarà peggio di Halloween…” disse quest’ultimo.
“Ci puoi scommettere!”.
Pranzammo insieme, poi il
pomeriggio andai in ufficio e la sera mi misi d’accordo con Eva e Giuseppe.
“Cosa?” domandò Eva stupita
quando le raccontai di Paris. Quando eravamo in Francia, un afoso pomeriggio di
luglio le avevo raccontato tutta la storia. “Ci hai fatto pace ed è la tua
manager…?”.
“Sempre meglio di Alberto,
no? Sai che è stata lei ad impedirgli di utilizzare i capitoli che gli avevi
inviato via e-mail? E poi sembra cambiata, cioè, si sa che il lupo perde il
pelo ma non il vizio, però ha problemi lavorativi, mi ha aiutato, e le piace
davvero ciò che scrivo, oggi mi ha dato ottimi consigli” risposi, parlando
quasi a raffica perché a stento ci credevo io in tutto quello che stavo
dicendo.
Eva parve ancora sospettosa,
poi sospirò. “Come vuoi tu, l’importante è che non continui l’opera di Alberto
di immischiarsi nel tuo matrimonio”.
“Naaa, non credo di
piacerle fino a quel punto” ironizzai, e scoppiammo in una risata cristallina.
“Perché non la inviti,
stasera? Di certo non puoi ballare con due ragazzi contemporaneamente” suggerì
poi, ammiccando.
“Giusto!”.
Presi il cellulare e la
chiamai. Dopo un po’ di diffidenza accettò, e da quel momento iniziai a
domandarmi se essere preoccupata o meno. Insomma, sarebbe stato imbarazzante
uscire con lei dopo tutte le divergenze che c’erano state? Quanto ci sarebbe
voluto per vedere se davvero era cambiata nei miei confronti? Una parte di me
pensava ancora alla possibilità di licenziarla dopo un suo sbaglio.
E invece, dall’altra parte,
già immaginavo entrambe ala presentazione ufficiale del mio libro, ancora senza
nome, entrambe eleganti e sorridenti…. Possibile che mi avesse colpito così
tanto al cuore da rendermi così bonaria?
Alle dieci, dopo che Stella
andò a casa di Max e Paris ci ebbe raggiunti a casa mia, eravamo tutti e sei in
quel famoso pub. Per l’occasione io e Eva indossavamo delle gonne nere un po’
svasate con tanto di tacchi non troppo alti, mentre i ragazzi sfoggiavano dei completi neri. Solo Paris indossava una
semplice gonna di jeans un po’ svasata, e dal primo istante capii che si
sentiva a disagio.
La presentai agli
altri,e lei si sforzò di sorridere.
“Che bello rivedervi!”
disse Juana, la proprietaria, appena vide me e Niko. “Stasera balliamo il
tango!”.
“Mi scusi, ma lei è
argentina?” domandò Daniele confuso.
“No, brasiliana, ma non
bisogna essere argentini per forza per ballare il tango, e tu stasera ne sarai
la dimostrazione, italianito!” gli
rispose, mentre la musica partiva e lo
afferrava per un braccio trascinandolo in mezzo alla pista.
Daniele era spaventato e
imbarazzato, per il primo minuto non ballò quasi nulla, sotto le nostre risate,
poi però iniziò ad adeguarsi.
Alla fine, Juana lo lasciò
libero mentre io ballavo con Niko, così, con un totale imbarazzo lo vidi
chiedere a Paris di ballare, che accettò con un mezzo sorriso.
Restammo lì per un paio
d’ore, e alla fine i ragazzi iniziarono a sbuffare e a lamentarsi, tanto che ce
ne andammo verso mezzanotte, promettendo a Juana che saremmo tornati al più
presto.
“Grazie, ragazzi, mi sono
divertita tantissimo” disse inaspettatamente Paris quando la riaccompagnammo a
casa.
Le sorrisi, sollevata.
“Grazie a te, così Daniele ha avuto una
partner con cui ballare” sghignazzò Giuseppe,e tutti lo guardammo storto mentre
il diretto interessavo tossiva e Paris abbassava lo sguardo.
“Ehm, allora ti aspetto
domani mattina verso le nove e mezzo, ok?” le dissi, e lei annuì, prima di
salutarci con la mano e allontanarsi.
“Possibile che devi fare
sempre il cretino?” sbraitò subito Eva,
dandogli un colpo sul braccio.
“Un cretino che ami, però”
rispose prontamente Giuseppe, provando a baciarla sotto le nostre risate.
Vedendoli provai una grandissima nostalgia nei confronti di Andrea. Magari ci
fosse stato anche lui, avrei ballato tra le sue braccia persa nel suo sorriso
un po’ imbarazzato e poi lo avrei obbligato a dormire da me per raccontargli
per bene la questione di Paris- Pecorella Smarrita e dormire con lui…
Solo Daniele sembrava
assente, seduto al mio fianco. “Ehi, tutto bene?” gli domandai, apprensiva.
Lui scrollò le spalle. “Mi
passerà” borbottò, e lì mi decisi a non infierire oltre.
Quando fui a casa sentii la
solitudine che mi attanagliava tutte le sere farsi dieci volte più grande dato
che Stella avrebbe dormito da Max e Niko mi aveva detto che sarebbe andato dal
suo agente, felice per il fatto che in quei giorni vissuti da me con Stella e
gli altri aveva trovato l’ispirazione per una nuova canzone, e che
probabilmente sarebbe tornato molto tardi o direttamente la mattina.
Andai a farmi una doccia
rilassante lunga quasi mezz’ora perché volevo posticipare il momento in cui
sarei andata a letto nella completa solitudine, senza Eva che parlava al
telefono con Giuseppe o Niko che cantava la sua personalissima ninna nanna alla
figlia.
Quando uscii dalla doccia,
mi affrettai a prendere l’accappatoio a causa dei brividi di freddo e quando
alzai lo sguardo verso lo specchio per un pelo non cacciai un urlo.
Dietro di me vedevo il
riflesso di Andrea che sorrideva sfacciatamente. Con il cuore che batteva
all’impazzata mi voltai e quando vidi che non era frutto della mia
immaginazione mi ci avvicinai, incredula, e gli sfiorai il iso quasi come a
voler controllare che fosse vero.
“A-Andrea” boccheggiai,
vedendo quanto fosse mozzafiato con una camicia bianca e una sorta di gilet nero con dei jeans
scuri. In tv lo vedevo sempre molto semplice.
“Amore, ti ho spaventato?”
domandò, stringendomi a sé.
“Diciamo, come hai
fatto….?” domandai, alzando lo sguardo verso di lui, per godermi ogni istante
della sua presenza.
Ridacchiò, baciandomi la
fronte. “Grazie a Silvia e Ivan ho avuto il permesso di venire qui dato che
domani non saresti potuta venire, così uno dei bodyguard mi ha accompagnato e
Niko mi ha dato le chiavi”.
“Niko?”.
“L’ho chiamato oggi per
dirglielo, ci siamo messi d’accordo. Per questo è dal suo manager” spiegò,
iniziando ad accarezzarmi i capelli bagnati.
“E’ stata una magnifica
sorpresa anche se per un istante ho creduto di essere diventata pazza. Sai,
stasera mi sei mancato particolarmente…” iniziai.
“Ho saputo, e brava alla
ballerina di tango!” mi prese in giro, ma lo ignorai, spingendolo lievemente.
“E hai saputo di
Daniele…?”.
Scosse il capo,
preoccupato. “Sabrina lo ha lasciato” spiegai.
“Che cosa? Ma è impazzita?”
domandò incredulo, senza mai smettere di stringermi a sé.
“Non ti so dire…”
borbottai.
Restammo in silenzio per un
istante, poi prese il mio viso tra le mani e lo avvicinò sempre di più al suo,
finchè non prese a baciarmi con una dolcezza infinita, che mi fece dimenticare
tutto. Mi aggrappai totalmente a lui,
perdendomi nel suo profumo, e mi dissi che per quella sera il mio desiderio si
era avverato.
Stavo con Andrea e non
potevo chiedere di meglio.
“Ah, e c’è un’altra novità”
dissi poi.
“Ancora? Ma possibile che
da quando sto nel programma non ci sono altro che novità?” esclamò, tra
l’ironico e il turbato.
Annuii. “Spero solo che non
mi ammazzerai, riguardo la questione del mio manager…”.
Udendo quella parola si
irrigidì. “Non mi dire che hai riassunto quell’idiota!”.
“No. Ho assunto Paris”
risposi, e lo lasciai in preda alla confusione più totale, con un senso di
colpa.
Dopotutto, ora che ci
pensavo,sembrava una pazzia anche a me.
Pazzia o non pazzia, questa è la realtà. Deb ha avuto una giornata
intensa, iniziata con una pazzia e terminata con la più dolce delle sorprese.
Cosa si può desiderare di più dalla vita?
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Capitolo 26 *** Incubi Che Si Avverano ***
Incubi Che Si Avverano
Ciao!
Questo è il capitolo a
causa di cui, ne sono sicura, riceverò mille maledizioni da parte vostra oltre
una scomunica officiale da questo sito per “realizzazione di cose assurde” e
danni psichici xD procurati a voi care lettrici che non vi meritate tutto questo.
Perciò, vi dico di prepararvi al peggio per un certo numero di cap, e quando
dico peggio intendo cose davvero…. ehm, terribili.
Ok, ok, la finisco con la
tragicità ma era solo per prepararvi psicologicamente al modo in cui terminerà
il cap.
Nel frattempo, vi informo
che stanotte (vi rendete conto che gli ultimi capitoli li ho scritti solo ed
esclusivamente a notte fonda, non riuscendo a dormire?!) ho terminato di
scrivere a storia sul serio visto che ho aggiunto anche l’epilogo.
Saranno trentadue capitoli
più l’epilogo.
Comunque, grazie mille a
coloro che hanno recensito:
vero15star: Tesoro, sono
trentatré capitoli in tutto, e confido ancora nel tuo affetto dopo che ti
saranno passati gli istinti omicidi nei miei confronti dopo la lettura di
questo cap, anche se sono sicura che ci potranno volere settimane… xD Per quanto riguarda Paris, puoi fidarti
tranquillamente, te lo assicuro! ;-) Ti voglio un bene infinito ^^
CriCri88: Carissima, anche
io mi ci sono affezionata a questa storia, pensa che ho iniziato a scrivere la
prima storia nel marzo 2008, l’ho finita a gennaio e a febbraio ho iniziato a
scrivere questa per poi finirla ieri, se fosse per me ci scriverei una vera e
propria saga eppure credo che il personaggio di Deb abbia avuto una vera e
propria evoluzione e sia giunto il momento di salutarla, oltre al fatto che probabilmente
scrivere una terza storia renderebbe tutto un po’ noioso. Grazie comunque per
il tuo affetto! ^^
Mercoledì pomeriggio parto,
quindi farò il possibile per aggiornare mercoledì mattina!
la vostra milly92.
Capitolo 26
Incubi Che Si Avverano
La notte è il
momento in cui probabilmente siamo più lucidi e abbiamo una sorta di sesto
senso. Se non riusciamo a dormire, una ragione ci sarà,c’è sempre qualcosa che
non riesce a calmarsi nel nostro subconscio in questo periodo della giornata.
Pensieri, rimorsi, conti in sospeso?
Andrea se ne andò alle sei
del mattino, lasciandomi esausta per la notte insonne trascorsa tra coccole e
infinite chiacchierate, e l’indomani ritornai alla mia vita di sempre, dopo
aver dormito fino alle dieci.
Sarei dovuta essere stanca,
eppure la notte seguente eccomi ancora sveglia, insonne, che mi rigiravo nel
letto senza riuscire a prendere un po’ di sonno.
Alla fine mi convinsi
dicendomi che era solo colpa della sete spuntata dopo la pizza che avevo
mangiato per cena, e fui sorpresa di vedere, recandomi verso la cucina, che la
luce fosse già accesa. Entrai, e vi trovai Niko seduto a capotavola, con la
testa appoggiata al braccio che fissava un punto imprecisato nel vuoto.
“Ehi, anche tu non riesci a
dormire?” gli domandai, avvicinandomi al frigo e prendendo una bottiglia
d’acqua. “Mmm, forse è meglio se prendo una bottiglia calda, poi mi fa male
allo stomaco” ragionai ad alta voce, posando la bottiglia e prendendone
un'altra.
“Si. Mi stupisco che solo
oggi mi hai scoperto” mi rispose, ignorando il mio monologo.
“Cosa avrei dovuto
scoprire?” chiesi, prendendo posto accanto a lui e bevendo.
“Che tutte le sere, dopo
aver fatto addormentare Stella, vengo qui e ci resto fino alle quattro e mezza,
poi mi viene sonno e vado nella mia stanza” rispose tetro, sbadigliando.
“Ma perché?”.
“E perché tu non riesci a
dormire?” mi rimbeccò.
Scossi il capo. Non lo
sapevo. O forse lo sapevo ma non volevo ammetterlo a me stessa. “Boh, sarà
qualche preoccupazione…”.
“Non mentire, lo so che
stai così per lo stress pre-matrimonio, per la nuova situazione di Paris, per
la lontananza di Andrea e soprattutto perché devi sorbirti le paranoie di
quest’ospite” mormorò, indicando se stesso.
Lo guardai severamente,
levando un sopracciglio. “Ma sei scemo? Come ti passa per la testa? Non sai
come mi faccia piacere la vostra presenza” dissi, il che ultimamente era
vero. “E tra parentesi, ancora grazie
per la sorpresa di ieri” .
“Dovere, e poi tu avresti
fatto lo stesso” rispose meccanicamente, prima di rabbuiarsi.
“Niko, mi dici come ti senti?” sospirai, dato che non ce la
facevo a vederlo così mal ridotto.
“Come vuoi che mi senta?
Eli tecnicamente torna tra una settimana dal suo ignoto viaggio e a me importa
poco e niente. Mi viene la rabbia se penso che dopo tutto quello che mi ha
fatto pensa di tornare da me dopo mesi e risolvere tutto con un sorriso o una
mezza spiegazione. Mi ha tradito con Ivan, mi ha tenuto all’oscuro di tutto, ha
affidato nostra figlia a Rossella…” si sfogò, seppellendo il capo tra le mani e
respirando forsennatamente.
Aspettai che finisse prima
di alzare il braccio e accarezzando lievemente il suo. “Non ti ha tradito, mi
fido di Ivan”.
“E allora perché uscivano
insieme e tu li hai beccati mentre si baciavano?” sbottò, quasi nauseato.
Evidentemente nella sua testa si era formata un’immagine repellente che voleva
scacciare e che lo nauseava.
“Ho le mie teorie” risposi
prontamente.
“Ovvero?”.
“So che Ivan è stato
scritturato per alcune pubblicità, tra cui una di lucidalabbra. E se Eliana non
fosse stata scelta insieme a lui? Ha detto che vuole rimediare ai suoi errori e
a risollevare la famiglia, per questo forse avrà guadagnato molti soldi che
serviranno a rimediare la tu mancanza d’ispirazione” annunciai, e fui felice di
vedere che nel suo viso si formulò un’espressione speranzosa, che però subito
svanì.
“E questo viaggio? Come me
lo giustifichi?” incalzò.
Scrollai le spalle, senza
sapere cosa rispondere. “Non ti so dire, Niko. Ma ora, per favore, aspetta una
settimana e poi avrai tutte le risposte che ti permetteranno di valutare cosa
farne del tuo matrimonio” lo implorai.
Annuì. “Ci proverò,
comunque grazie. Quando tutto questo sarà finito ti farò una statua”.
Sorrisi debolmente. “Ma
dai…”.
“Sul serio, in questi mesi
ho riscoperto lo spirito della Debora che conobbi nove anni fa, pronta ad
aiutare il prossimo e a mettersi in gioco, senza presentazioni di libri da fare
e un fidanzato appiccicato come una ventosa” ammise, ed io lo guardai
incredula.
“Che cosa?”.
“Scherzo, dai, è solo che è
vero, senza Andrea, beh, sembri diversa” rivelò.
“Diversa?!” domandai, senza
capirci più nulla. Da dove uscivano tutte quelle critiche?
Si parò una mano davanti,
come per chiedere il tempo di spiegarsi. “Calmati, è solo che da quando Andrea non c’è, o già
quando era impegnato per il programma, beh, ti vedo più umana, più…. Fragile,
ecco, più...Debora! Sembri più te stessa,senza super poteri, super felicità e
super fortuna”.
Continuavo a essere
stizzita. “Quindi per te è un bene vedermi triste senza il mio ragazzo?”
dedussi.
“No, è un bene sapere che
dopotutto sei sempre te stessa e che ho l’opportunità di dirti che nonostante
tutto, se ti va io sono qui, pronto ad ascoltarti e a supportarti” rispose
serio, prendendo la mia mano tra le sue e stringendola. La sua espressione
sembrava seria, quasi sofferente, ma io non riuscivo a capire perché.
“Ok, ti ringrazio ma credo
sia ora di andare a letto per entrambi, dopotutto… Domani è un altro giorno!”
ironizzai versione Rossella O’Hara, allontanando la mia mano dalla sua stretta e alzandomi.
Mi seguì docilmente e lo
salutai, entrando nella mia stanza e buttandomi sul letto. Mi addormentai,
finalmente, poco dopo e mi svegliai la mattina dopo verso le otto grazie ad una
pimpante Stella.
“Ziaaaaa! Mi fai le
treccine? Sbrigati, dai, che devo andare all’asilo!” mi chiamò, saltando sul
letto e strattonandomi pesantemente.
Aprii un occhio, assonnata,
prima di aprire l’altro e sbadigliare. “Un secondo, piccola” mormorai,
alzandomi a sedere e stropicciandomi gli occhi.
“No, zia, è tardi, non
posso fare ritardo, poi non sarò più la prima della classe” mi ricordò come se
fosse una cosa ovvia e mi diede le spalle, sedendosi sul letto e mettendomi
davanti la sua lunga chioma bionda dopo avermi passati due elastici bianchi
come il grembiule.
“Giusto, giusto” risposi,
cercando di non sbadigliare ulteriormente e raccogliendo la prima parte di
capelli per poi iniziare a intrecciarli.
Cinque minuti dopo le dissi
che poteva andare, con i capelli intrecciati alla perfezione, e lei si guardò allo specchio, entusiasta.
“Grazie, zia, me le hai fatte ancora più belle di quelle che mi fa mamma!”
disse, prima di rabbuiarsi. “Ma sai quando torna?” domandò poi, abbassando la
voce.
“Tra sei giorni” risposi
prontamente, scendendo dal letto e dandole un bacio sulla guancia.
“Vuoi cucinare una torta
con me quando torna? Così sarà più felice”.
“La mamma non avrà bisogno
di una torta per essere felice, le basterà vedere te e papà” le ricordai, e lei
sorrise, annuendo.
“Hai ragione zia! Grazie
per le trecce, ora vado, papà mi sta aspettando!” mi salutò, correndo via da
Niko che la stava aspettando impaziente all’ingresso. Li salutai con la mano e
andai in bagno, mi preparai e per le nove meno venti ero pronta per andare al
lavoro.
Quel giorno mi toccava tradurre
in spagnolo una canzone di un gruppo emergente che la casa discografica aveva
assoldato; ormai lavoravo lì come responsabile mediatrice e il mio lavoro
andava oltre a quello del mio “gruppo”. E andava anche oltre i miei normali
ruoli, mi dissi quando vidi Giuseppe entrare nell’ufficio con aria impaziente.
“Allora, è pronta?”
domandò, sedendosi di fronte a me e guardandosi intorno come se sperasse che la
traduzione inglese della sua canzone spuntasse dal soffitto da un momento
all’altro.
“Si, è pronta da due
giorni, devi solo vedere se è adatta con la musica, sempre che tu lo sappia
leggere” lo sfidai sarcastica, facendogli la linguaccia.
“Ehi, ho il 5° livello del
Trinity, io!” sbottò, ma sorrideva.
“Ed io ho una laurea in
inglese e i massimi livelli del Cambridge e Trinity, tanto piacere” lo
rimbeccai. “Dai, prova a leggere” continuai. Torturarlo sarebbe stata la mia
gioia, quella mattina uggiosa di novembre.
“Ok” sbuffò. “Ehm, ehm. You were only a dream, six month ago…”.
“Salve, gente!”.
Eva spuntò dalla porta
dell’ufficio,avvolta in un tailleur panna, e, sobbalzando, Giuseppe nascose il foglio
nella borsa con una rapidità sovrumana.
“Amore, che ci fai qui? E’
saltata la lezione?” domandò.
“Si, è stata spostata a
oggi pomeriggio così sono venuta a trovare un po’ mia cugina, senza sapere di
trovare quello scansafatiche del mio ragazzo” rispose, ed io applaudì.
“Brava, così si dice!”
approvai, e schiacciammo il cinque mentre Giuseppe ci guardava imbronciato.
“Di cosa parlavate?”
domandò lei, sedendosi sulle gambe del suo ragazzo.
“Del fatto che Giuseppe ha
il 5° livello del Trinity” risposi subito, e lui mi guardò male.
“Davvero?” domandò Eva. “Io
sono arrivata fino all’8°”.
“Uffa, dopo vado e mi
iscrivo per fare il 6°, ok?” sbuffò il ragazzo,scocciato.
Eva lo guardò e gli
circondò il collo con le braccia. “Scherzavo, amore!” disse. “In realtà sono
passata anche per dirti che ho incrociato Alberto, giù” disse voltandosi verso
di me con aria preoccupata.
“Che cosa?!” domandammo io
e Giuseppe all’unisono, e lei annuì.
“Si, e in un primo momento,
vedendomi di spalle, pensava fossi te, così mi ha fermata per un braccio con
un: “Deb, ciao!”. Ti rendi conto? Come se non fosse successo nulla” borbottò indignata.
“Ma che cavolo vuole ancora
da me?” sbottai.
“Di certo avrà saputo di
Paris” fece Giuseppe.
In effetti aveva ragione,
ma a che pro venire qui? Per rivendicare il suo posto e rimarcare il suo ex
territorio?
“E da quel che ho capito
vuole salire, e probabilmente non lo farà finchè non mi vedrà scendere pensando
che sono la tua unica compagnia” ragionò Eva, scrutandomi per vedere la mia
reazione.
Scrollai le spalle,
accasciandomi di più sullo schienale della mia poltrona. “Ma che cosa devo fare
con quel parassita? Se penso a come si è comportato l’ultima volta che ci siamo
visti…” rabbrividii, e pensando a cosa sarebbe potuto succedere se non gli
avessi dato un calcio e non sarebbe arrivato Niko.
“Tranquilla, resto io qua
finchè non chiudi” mi rassicurò Giuseppe.
“Grazie” risposi.
“Bravo! Ora io vado a fare un po’ di spesa” disse Eva alzandosi e
salutandoci. “Ci vediamo dopo!”.
Ma Alberto non si fece
vivo, così tornai a casa per pranzo e alle tre ricevetti Paris per terminare
gli ultimi dettagli del libro, la cui trama alla fine era stata definita per
bene: parlava degli intrecci di una grandissima famiglia composta da numerosi
zii e nipoti, in cui ognuno cercava di primeggiare per onorarsi e impedire di
circondarsi di cattive voci, con il risultato che alla fine tre dei familiari
non sapevano bene chi fossero oltre a ciò che volevano sembrare.
Paris quel girono sembrava
entusiasta, allegra, e ogni tre secondi riceveva un sms o staccava una
chiamata.
“…E quindi credo che questo
capitolo debba essere diviso in due parti, giusto per creare un po’ di suspance…”
ragionai, prima di rendermi conto che stava rispondendo ad un sms. Sbuffai e
battei una mano sul tavolo facendola sobbalzare. “Paris! Se volevi messaggiare
restavi a casa!” la rimproverai.
Lei rispose il cellulare in
tasca e annuì, scusandosi.
“Sono d’accordo con te”
disse poi.
“E cioè?”.
“Cioè cosa?”.
“Su cosa sei d’accordo?”.
Arrossì e abbassò il capo,
prima che le sorridessi e domandasse con aria scocciata: “Ok, cosa hai detto?”.
“Hai un ragazzo?” le
domandai improvvisamente.
“Io? No, cosa te le fa
pensare? E poi credevo che stessi parlando del libro, non della mia vita
sentimentale” rispose confusa.
“Infatti, non era questa la
domanda, solo una curiosità. Comunque, dicevo…” continuai, porgendole il
computer e facendole vedere il punto in cui volevo far terminare quel capitolo
con le giuste modifiche.
Mezz’ora dopo, però,
bussarono alla porta, e non fui sorpresa nel trovarmi Alberto dall’altra parte
della porta.
“Che vuoi?” sbottai, una
volta che lo ebbi aperto. Lui sorrise e restai un po’ sorpresa: non era il mio
ex agente, assolutamente, era troppo trascurato, puzzava di alcol, aveva i
capelli più lunghi e la barba incolta.
“Parlare con te, ora che il
tuo ragazzo è in tv a tradirti” rispose placidamente. Era decisamente ubriaco.
Lo guardai, infuriata, e
feci per chiudergli la porta in faccia ma lui si oppose.
“Non far finta di nulla, lo
sai che non se ne sta buono buono con tutte quelle donne attorno…”.
“Piantala!” urlò la voce di
Paris, e me la ritrovai al fianco. Non ero mai stata così felice di vederla in
un certo senso.
Vedendola lui ghignò.
“Eccola, la pecorella smarrita che è tornata all’ovile. Sei una traditrice”
sibilò.
“E tu sei un pezzente
schizofrenico!” urlò in risposta Paris.
Li guardai e sospirai.
“Piantatela. Al, vattene ora che mi hai detto il tuo messaggio” gli intimai.
“Vedi, mi chiami ancora Al,
mi sei ancora affezionata…” disse, avvicinadosi pericolosamente.
“Ma smettila, e mollami”
dissi, preoccupata quando fece per prendermi il braccio. Chi me l’aveva fatto
fare di aprirgli?
“Io non mollo nessuno, devi
solo ascoltarmi! Lui ti tradisce, credimi, ti tradisce! Perciò, appena lo
verrai a sapere, vieni da me…” ripetè.
Sbuffai, mettendo le mani
ai fianchi. “Anche se fosse non te ne deve fregare nulla, ok?” sospirai
esausta, decisa a farlo contento.
“Me ne frega! Tu sarai mia
prima o poi….”.
“Spero per te più poi che
prima, maniaco!”.
Mi misi una mano sul cuore
e sospirai vedendo Giuseppe entrare, dato che avevo lasciato la porta aperta.
Lo prese per la vita e lo
trascinò fuori. Vidi Eva affacciata dalla porta di casa sua, mentre si copriva
la bocca con la mano.
“Sono stata una stupida” mi
auto rimproverai, mentre Giuseppe lo scacciava fuori dal palazzo, urlandogli
contro.
“Evviva la sincerità” disse
Paris dietro di me, e fece un sorrisino innocente quando io e mia cugina la
guardammo con il sopracciglio levato.
“Ma cosa gli è preso?”
sbottò Eva preoccupata, quando Giuseppe ritornò con il labbro sanguinante.
“E’ pazzo, non c’è altra
soluzione” rispose il suo ragazzo, mentre io gli correvo incontro e lo
abbracciavo.
“Grazie, scusami! Vieni
dentro che ti sistemo un po’ il labbro” lo esortai.
Quando, qualche ora dopo,
quando Paris se ne fu andata perché diceva di avere un appuntamento, Niko
ritornò a casa e venne a sapere che l’accaduto si era ripetuto, andò su tutte
le furie. “Non puoi restare da sola, Deb” sintetizzò.
“Per ora ci sei tu, no?” lo
tranquillizzai, quando in me non sentivo altro che una grande paura.
“Si, si” mi rassicurò,
sorridendomi.
“Ti giuro, non faceva altro
che dire che Andrea mi tradisce o mi tradirà come un ossesso…” mi lamentai.
Lui mi guardò comprensivo
ed annuì. “Sono le sette e mezzo,io devo andare ad accompagnare Stella da Max,
accendi la tv così vedi Andrea nel day time e ti calmi, Giuseppe farà da guardia
mentre non ci sono” annunciò, prima di andarsene con la bambina, così andai in
soggiorno e vidi l’assegnazione dei nuovi lavori. Andrea ebbe come nuovo
mestiere maestro d’asilo e mi persi nel contemplarlo prima che il mio cellulare
iniziasse a squillare prepotentemente.
Era Silvia.
“Deb, ti prego, non
guardare il day time…” mi ammonì subito. Dalla sua parte si sentiva il lieve
rumore di un’ambulanza.
“Ma perché?” domandai senza
capirci nulla.
“E’ successo un casino…” fece
con voce disperata.
“Che…?”.
Mi voltai verso la tv e
desiderai non averlo mai fatto.
C’erano alcune riprese di
quella notte, in cui i protagonisti erano Andrea e… Irene.
Le staccai il telefono in
faccia, facendolo cadere per terra, e spalancai la bocca mentre vedevo che
Andrea se ne stava rigorosamente in boxer, nel suo letto.
“Ma Andrea, devi sposarti,
ricordi?” faceva lei, mentre lui scuoteva il capo.
“E dopo questo chi si sposa più” rispose lui, prima di buttarsi
addosso a lei.
Sarebbe troppo poco dire
che il mondo mi stava crollando addosso. All’improvviso mi sentii impazzire,
come se non avessi più il senno, mi accasciai per terra e vidi il proseguire di
altre scene, mentre non mi sentivo nemmeno la forza di piangere, urlare e dirmi
che non era niente vero.
Sentivo un nodo al cuore,
improvvisamente era come se quei sei anni passati con lui fossero stati
cancellati, e dopo i primi tre minuti di shock passati immobili mi alzai e
iniziai a gettare qualsiasi cosa che mi trovavo davanti per l’aria.
Inciampai per terra e mi
tagliai con uno dei frammenti dei vari bicchieri che avevo rotto e scoppiai in
lacrime, dicendomi mentalmente che il sogno era finito.
Ora iniziava l’incubo,
l’incubo che sognavo segretamente tutte le notti e che sarebbe stato difficile
affrontare per davvero.
Un conto era immaginarle le
cose, un altro viverle.
E se questo voleva dire
viverle, beh, avrei preferito morire.
Ecco, ecco il motivo per cui non riuscivi a dormire, Deb. Dall’altra
parte della città si stava realizzando il tuo incubo. Ma ora tocca a te alzarti
e vedere, perché non tutti gli incubi sono così orrendi come sembrano. Possono
sempre esserlo dieci volte di più.
Qualche Anticipazione:
“Gli
faresti male anche se lo tradiresti con qualcuno che non è Alberto, credimi.
Tipo qualcuno di cui lui si fidava” mi rassicurò.
Poi però lo raggiunsi e lo
fermai per un braccio. “Niko, lo sai che
Eliana andava a dire in giro…” iniziai, ma lui probabilmente fraintese la mia
mossa, senza ascoltarmi, sorrise e mi strinse a sé, baciandomi con forza dopo
nove anni.
“Oddio… Deb, scusami, mi
sono lasciato prendere la mano, pensavo che…”.
“Che cosa? Che sarei
riuscita a tradire Andrea? E soprattutto… Che lo avrei fatto con te?” sbottai.
“Vittoria, io ho visto,
come…?” domandai incredula. Ecco, ci mancava solo la sorella che veniva a farmi
la scenata del “E’ stato un incidente, ti ama e vi sposerete ancora”.
Mi accasciai per terra, in
ginocchio, e raccolsi il capo fra le mani prima di cacciare un altro urlo,
peggio del primo, tanto che tre secondi dopo mi ritrovai Giuseppe ed Eva di
fronte, che chiedevano spiegazioni a destra e a manca.
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Capitolo 27 *** Una Verità Peggiore Dell’Apparenza ***
Una Verità Peggiore Dell’Apparenza
Ciao ragazze!
Eccovi quest’ultimo
aggiornamento prima del 31 luglio, quando ritornerò dalle vacanze perché questo
pomeriggio partirò per il mare. Mi sa che per la brutta scoperta che farete
dovrete pazientare un po’ per scoprire come prosegue, mi dispiace.
Comunque, grazie mille a
coloro che hanno recensito:
CriCri88: Si, Silvia è
stata fenomenale in un certo senso xD Ma comunque ha reagito d’istinto, visto
che Deb era una delle prime che avrebbe saputo cosa è successo per davvero… Te lo lascio scoprire
leggendo il cap! E per Paris e Daniele… Chissà! ;-)
Alina81: Ciao, e benvenuta
^^ E’ bellissimo che dopo due fic e così tanti cap ci sono ancora delle new
entry ^^ Comunque, il perché dell’ambulanza, lo scoprirai a metà cap, e spero
solo che non mi odierai per quel che succederà. Diciamo che avrai tutte le
risposte alle tue domande! Un bacione e grazie mille! ^^
vero15star: Tesoro la
spiegazione a tutto questo casino c’è, e purtroppo non è una bella spiegazione,
assolutamente. E riguardo Deb che lo tradisce con Niko… Lei non potrebbe mai, è
troppo innamorata, ma invece lui… Te lo lascio scoprire leggendo, eheh! Un
bacione, ti voglio troppo bene, ci sentiamo ad agosto!
Al 31 luglio o 1 agosto, un
bacio e buon proseguimento di vacanze a
tutti,
la vostra milly92.
Capitolo 27
Una Verità Peggiore
Dell’Apparenza
Spesso si
dice che l’importante è rialzarsi quando si cade, ma a volte è impossibile
compiere questa azione, perché non ci siamo nemmeno resi conto di essere
caduti, anzi, ci piace starcene così, immobili, nei nostri errori, perché c’è
sempre un motivo piacevole che ci attrae e ci spinge a sbagliare… Il guaio è
quando sono gli altri che ti fanno soffrire per un loro sbaglio!
Non so quanto tempo restai
stesa sul pavimento del soggiorno a fissare il soffitto e ad ignorare il dolore
che mi procurava il taglio alla mano, con gli occhi socchiusi e le lacrime che
mi bagnavano il viso silenziosamente ma costantemente. Iniziavo a sentire gli
occhi troppo gonfi ed un leggero mal di testa, quando ormai in tv andava in
onda il Tg della sera.
Non poteva crederci, una
parte di me, inconsciamente, mi diceva che forse era tutto uno scherzo, che
c’era un motivo serio per cui tutto questo era successo, ma l’altra parte mi
diceva che la verità era davanti ai miei occhi, incancellabile e tremendamente
disgustosa.
Come aveva potuto fare una
cosa del genere? Era forse impazzito? Era forse un suo gemello, quello che
aveva fatto e detto quelle cose?
Il mio Andrea non lo
avrebbe mai fatto, ne ero sicura. Il mio Andrea che due giorni prima era venuto
a casa per farmi una sorpresa, quello che stava facendo tutto questo per
migliorare il nostro futuro matrimonio, che mi aveva sempre detto di
amarmi.
Chi era quello?
Era sempre lui, che sciocca
che ero. Probabilmente lo aveva fatto per far salire l’audience del programma?
Dopotutto nei reality show
le cazzate si fanno, eccome, ed io ne ero la prova vivente: bastava pensare
all’episodio del bacio di Niko, delle telecamere e del provino per rendermene
conto, ma sapevo che quello non era il caso di Andrea, a meno che non stesse
cercando di essere scritturato per un film hard, cosa alquanto improbabile.
Mi rotolai dall’altro lato
e singhiozzai più forte che mai, seppellendo il capo tra le braccia. Vidi il
cellulare ancora per terra, e mi stupii che nessuno fosse ancora corso a casa
mia o mi avesse chiamato visto lo scoop a cui Andrea aveva appena dato vita.
Senza sapere da dove
provenissero le forze, spensi il cellulare e staccai la spina del telefono di
casa, non volevo essere disturbata, volevo continuare a vivere nel mio mondo di
sogni infranti senza dover dar retta a
nessuno.
Ma capii che era una cosa
invana quando sentii bussare freneticamente alla porta. Ignorai il rumore,
finchè non sentii le chiavi nella toppa e lo spalancarsi della porta. Tre
secondi dopo, ecco Niko che si guardava intorno e faceva una faccia incredula
appena mi vide accasciata al pavimento.
“Deb, che è successo?”
urlò, avvicinandosi e vedendo la mano che sanguinava. “Mi ha chiamato Max e mi
ha detto di venire qui, ma non mi ha detto cosa è successo”.
Lo guardai, con le palpebre
pesanti, e non risposi, mentre mi trascinava a forza in bagno e mi curava la
ferita.
“Deb, mi dici che diavolo è
successo?” continuò quando ebbe finito di fasciarmi la mano, disperato e
scrollandomi pesantemente.
Mi accasciai sulla
tavoletta del water e feci un brusco cenno. “E’ finita, non mi sposo più” dire
quelle parole mi fece andare in subbuglio lo stomaco ma mi dissi di non badarci
quando anche Niko strabuzzò gli occhi. “Andrea… H-Ho visto il day time e c’era lui
e… Irene… E lui diceva che dopo non so che non si sposava più…. Erano sul letto
di lei e lui le si è buttato addosso!” strillai, con il tono che era cresciuto
a dismisura e battei un pugno in aria. Mi ricordai della visita di Andrea di
due giorni prima, del fatto che l’avevo trovato proprio in quella stanza, così
mi alzai e me ne andai nella mia camera, con Niko alle calcagna che era
alquanto incredulo.
Quando mi sedetti sul mio
letto lui mi guardò come se fossi pazza.
“Ma cosa stai dicendo? E’
assurdo, Andrea non lo farebbe mai!” mi ricordò, come se le sue parole
bastassero a cancellare ciò che avevo visto.
“Lo credevo pure io, gli davo fiducia, credevo
che avrebbe resistito a quella troia, e guarda come è finita! Non dare mai
fiducia a nessuno, mai, mai!” urlai ancora, come un’ossessa, dimenandomi
furiosamente e singhiozzando.
Niko si avvicinò e mi
bloccò i polsi dopo vari tentativi. “Deb, è successo anche a me con la foto che
hai scattato tu di Eli e Ivan! Ricordi? Solo che poi tu mi hai aiutato a vedere
oltre, al fatto che forse non è così…”.
“No, no, non è così per
Andrea! No! Era serio!” dissi, muovendo freneticamente il capo.
Niko sospirò, le mani che
ancora legavano i miei polsi, inginocchiato di fronte a me. “Cosa vuoi che ti
dica? Se tutto questo è vero con me ha chiuso” stabilì serio.
“E’ vero! E’ vero!
Altrimenti perché pensi che stia così?” ribattei, piangendo.
Lui sospirò e mi strinse a
sé con una morsa micidiale che mi impedì di agitarmi ulteriormente. Restai
immobile, passiva, con le immagini di Andrea e Irene di poco tempo prima
davanti agli occhi. Era strano, era come se non ricordassi bene ciò che avevo
visto ma allo stesso tempo riuscivo a ricordarlo chiaramente, come se avessi
visto la scena ripetutamente milioni di volte.
“Mi dispiace, mi dispiace,
io non so cosa gli è preso, ma è un grande farabutto, se la vedrà con me appena
uscirà, te lo prometto” sussurrò nel mio orecchio, e quelle parole ebbero una
sorta di effetto tranquillizzante, ma semplicemente per il tono in cui erano state
pronunciate.
“Scusami, Niko” borbottai
flebilmente dopo un minuto di silenzio, rispondendo solo in quel momento
all’abbraccio.
“Per cosa?” domandò
confuso.
“Per non averti compreso
più di tanto quando stavi male per Eliana. Ora ti capisco più che mai” singhiozzai.
“Ma sei scema? Tu sei stata
unica con me, mi hai compreso hai litigato con lei per difendermi, mi hai
ospitato qui…” elencò, guardandomi negli occhi e asciugandomi una lacrima.
Scrollai il capo, senza
sapere cosa dire. “Mi sento una merda, idiota e sola” mi lagnai come una
bambina.
“Non dire cazzate” sbottò
severamente. “Ora devi solo vedere un po’, indagare, fargli una partaccia…”.
“E annullare i preparativi
per le nozze” dissi, prima di scoppiare nell’ennesimo pianto isterico.
Restai a piangere per
chissà quanto tempo, prima di calmarmi un po’. “Aveva ragione Alberto,
dopotutto” mormorai infastidita, ricordando la sceneggiata di poche ore prima e
quelle precedenti.
Niko mi guardò con
disapprovazione. “Si vede che sei ancora frastornata”.
“No, no! Ti giuro, al
momento avrei voglia di fare chissà che cosa per vendicarmi, fargli male quanto
lui ne sta facendo a me! Solo che non gliene frega più se ha agito così, no? E
per questo che non vorrei mai essere stata solo sua, tradirlo con chiunque…” blaterai,
presa dall’ira e dall’amarezza.
Niko mi guardava come se
fosse rapito da chissà che, quasi come se avesse visto un alieno. Lo guardai
interrogativa e lui mi guardò con decisione, prendendomi le mani.
“Gli faresti male anche se
lo tradiresti con qualcuno che non è Alberto, credimi. Tipo qualcuno di cui lui
si fidava” mi rassicurò.
“Con questo cosa vorresti
dire?” feci.
Lui sospirò, aumentando la
presa sulle mie mani. Abbassai lo sguardo e vidi che dopotutto erano strane le
nostre mani unite, le sue non erano grandi come quelle di Andrea, erano più
piccole e quasi pallide al bagliore della luce della stanza.
“Tradiscilo con me”.
Spalancai la bocca e mi
alzai di scatto dal letto, strattonandolo in modo da obbligarlo a lasciare le
mie mani. “Ma sei matto?” sbottai. Mi guardai allo specchio e notai di essere
orrenda con il trucco macchiato in faccia, gli occhi rossi e gonfi e i capelli svolazzanti.
“Sul serio Deb. Non lo so,
ma ultimamente mi sembra di essere tornato indietro, quando Eliana non c’era
ancora nella mia vita. Non sai quanto mi ha fatto male aiutare Andrea a farti
la sorpresa o ballare con te senza poterti sfiorare, baciarti…” ammise a testa
bassa, prima di alzare lo sguardo e vedere la mia faccia inorridita e
incredula.
“Scherzi?! Niko, tu sei
sposato, hai una figlia e io e te siamo solo amici! Quella confusa e che dice
sciocchezze dovrei essere io qui…” gli ricordai.
Niko si alzò e mi si
avvicinò. “Ecco, lo sapevo. Scusami. Che idiota che sono” disse sprezzante e
restai immobile mentre usciva dalla stanza.
Poi però lo raggiunsi e lo
fermai per un braccio. “Niko, lo sai che
Eliana andava a dire in giro…” iniziai, ma lui probabilmente fraintese la mia
mossa, senza ascoltarmi, sorrise e mi strinse a sé, baciandomi con forza dopo
nove anni.
Restai scioccata mentre
schiudeva a forza le mie labbra e faceva si che sentissi il suo respiro caldo,
e fece finta di nulla quando iniziai a strattonarlo per allontanarlo da me.
Mi dimenavo, davo dei
pugni, ma lui continuava a trattenere il mio viso tra le sue mani e a prolungare quel bacio irruento finchè non
mi schiacciò contro la parete. Le sue mani scesero lungo i miei fianchi e fece
aderire il suo corpo al mio, e alla fine gli pestai con violenza un piede per
convincerlo a smettere. Si scostò improvvisamente, guardandomi.
“Finalmente! Ti dico solo
una parola, anzi, un nome: Stella!” urlai.
Sobbalzò e spalancò gli
occhi, portandosi la mano alla bocca. La sua espressione quasi paradisiaca
tramutò e divenne orripilata.
“Oddio… Deb, scusami, mi
sono lasciato prendere la mano, pensavo che…”.
“Che cosa? Che sarei
riuscita a tradire Andrea? E soprattutto… Che lo avrei fatto con te?” sbottai.
“Deb…” sussurrò, facendo
per venirmi incontro ma mi parai una mano davanti.
“Alt! Allontanati da me,
Niko…”.
“Non lo farò! Senti, quando
hai detto quelle cose i miei pensieri repressi non ce l’hanno fatta più, ok? E’
per questo che non dormo la notte, mi sento confuso, mi ritrovo a pensarti più
del dovuto!” urlò frustrato, mettendosi il capo fra le mani.
“Non è vero, Niko, è solo
un po’ di rabbia e confusione, capito? Tu ami Eliana, è così e così deve
essere, e ami ancora di più vostra figlia…” ribattei.
Eravamo passati dalla
consolazione nei miei confronti a quella dei suoi, che cosa patetica.
“Probabilmente una parte di
me ci tiene ancora a te” sintetizzò.
Scossi il capo. “E
seppelliscila, allora!”.
Stava per rispondermi
quando bussarono alla porta. Ecco l’ennesimo importatore impiccione, mi dissi. Mi
trascinai fino alla porta, al momento consapevole più che mai del mio dolore e
del casino che si stava creando.
Mi sentivo psicologicamente
distrutta, e probabilmente la mia rabbia sarebbe stata scagliata contro
l’importunatore di turno, ma cambiai idea quando vidi che era Vittoria,
sconvolta e con gli occhi gonfi come i miei.
“Deb, non è come credi, c’è
una spiegazione” iniziò subito appena mi vide, buttandosi letteralmente
addosso.
“Vittoria, io ho visto,
come…?” domandai incredula. Ecco, ci mancava solo la sorella che veniva a farmi
la scenata del “E’ stato un incidente, ti ama e vi sposerete ancora”.
Lei scosse il capo,
singhiozzando con tutta l’anima.
“Era drogato! Drogato!
Quella Irene l’ha drogato ed ora è in ospedale, in coma! Lo hanno confessato
tutti i coinquilini…” strillò lei.
Mi scostai dal suo abbraccio
automaticamente, mentre Niko ci raggiungeva. Ora la mia psiche era davvero
andata a farsi benedire.
“Ma cosa dici?” feci
incredula, scuotendo il capo come se ciò bastasse a cancellare le sue parole, alzando
al voce a mille.
Vittoria annuì, con le lacrime
che le inondavano il viso. “Te lo giuro, Deb! Ci ha chiamato l’autore del
programma, è andato in coma un’ora fa, è in ospedale… Può darsi per overdose,
non lo so!” strillò, tremando.
Ecco perché si sentiva
l’ambulanza quando mi aveva chiamato Silvia.
Al suono di quelle parole
cacciai un urlo agghiacciante, sbandai e urtai contro uno dei mobili
dell’ingresso, e in tre secondi divenni la copia di Vittoria, con le mani che
faticavano a restare ferme, gli occhi di nuovo inondati di lacrime.
Mi accasciai per terra, in
ginocchio, e raccolsi il capo fra le mani prima di cacciare un altro urlo,
peggio del primo, tanto che tre secondi dopo mi ritrovai Giuseppe ed Eva di
fronte, che chiedevano spiegazioni a destra e a manca.
Scansai la mano di Niko che
tentava di afferrarmi, per poi sentire Giuseppe sollevarmi. Lo lasciai fare,
ormai di nuovo passiva a ciò che mi circondava come poco prima.
Sentii delle voci rotte,
incerte, e poi mi parve di vedere Eva incredula, intimorita, e Giuseppe spaventato
ma anche indemoniato per quello che era successo al suo migliore amico.
“Deb, calmati, calmati…” mi
sussurrò lui nonostante tutto, inginocchiato accanto a me, mentre singhiozzavo
contro il suo petto.
Stranamente però, per un
nanosecondo avvertii una strana sensazione mai provata: terrore misto a un
incomprensibile sollievo.
Terrore perché Andrea era
in coma, sollievo perché… Perché era tutta colpa di quella Irene che lo aveva
drogato pur di raggiungere il suo scopo: sfasciare il nostro matrimonio.
Lei, subdola versione di un
Don Rodrigo del XXI secolo, era arrivata a
quel punto pur di raggiungere il suo scopo?
Ma io ero ancora più
egoista se preferivo quella situazione al tradimento!
Poi però pensai che era il
contrario, avrei preferito un vero tradimento ad Andrea in quello stato…
“E allora che aspettiamo?
Portatemi da lui!” esclamai all’improvviso poco dopo, sentendo di nuovo le
lacrime colare. Subito Vittoria ubbidì e Niko, Eva e Giuseppe furono con noi,
seguendoci, silenziosi come non lo erano mai stati.
“Io a quella la ammazzo! Se Andrea… Oddio, in
coma!” strillai di nuovo mia volta, mentre salivo nell’auto di Vittoria, incredula.
Cosa mia avrebbe aspettato in ospedale? Come sarebbe stato vederlo per la prima
volta privo di sensi, pallido e in un letto d’ospedale?
Tutte quelle domande
trovarono infelici risposte poco dopo che arrivammo nell’ospedale in cui,
tuttavia, avevamo ricordi felici: la nascita di Stella e la decisione prima
della nostra prima volta…
Mi sentii svenire quando lo
vidi dal vetro della stanza, disteso sulle candide lenzuola e con una macchina
attaccata alle calcagna.
Tutto divenne nero attorno
a me, e questa volta per davvero.
La cosa peggiore di tutto è lo sbaglio nello sbaglio, però. Irene ha
commesso un fatale errore mentre compiva la sua diabolica azione, proprio come
Niko, che dopo aver rivelato i suoi presunti sentimenti è andato anche un po’
oltre. E c’è sempre chi ne paga le conseguenze… In questo caso, in entrambi in
casi, sia Andrea che Debora!
Qualche Anticipazione:
“Max, ho paura”ammisi,
mettendomi una mano in fronte e respirando di nuovo a fatica, ricordando tutte
le emozioni vissute nelle ultime ore. “Mi sento a pezzi. Ma perché sono qui…?”.
________________
Mi accasciai sul letto,
prima di ricordarmi una cosa a cui non avevo ancora dato fondo. “E Irene? La
polizia l’ha presa, vero?” domandai improvvisamente, sedendomi di nuovo.
________________
“C’è tempo per le scuse,
anche se pensavamo che la sicurezza sarebbe stata la prima priorità del
programma” mi difese gelida, e sentii Ivan andarsene da lì vicino, con passi
svelti ma anche un po’ scocciati.
________________
“Sta dicendo che questa
sorta di vendetta l’abbiano elaborata così cinicamente da copiare uno dei suoi
libri?” chiese Giuseppe incredulo.
________________
“Irene ha ricevuto visite
poco prima dell’episodio?” domandai subito, mentre la mia mente lavorava
febbrilmente.
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Capitolo 28 *** Tutta Colpa Di Un Piano Diabolico ***
Tutta Colpa Di Un Piano Diabolico
Ciao ragazze!
Sono appena tornata dal
mare, non sapete quanto mi è mancato aggiornare, anche perché la storia al
momento è nel punto cruciale.
Comunque, grazie mille a
coloro che hanno recensito:
CriCri88: Di essere una
mente diabolica lo so da quando ho progettato di scrivere tutto questo casino,
sigh, solo che credo che hai capito , dopo due fic, che per me una storia non è
una vera storia se non c’è un bell’intreccio incasinato xD Ma ti prometto che alla fine tutto questo
dolore verrà ricompensato ^^ E per quanto riguarda il fatto che dovevi
aspettare ad agosto… Mi sono anticipata di un giorno, dai xD
vero15star: Tesoroooo
quanto mi sei mancata! Speriamo di sentirci presto! Comunque… Riguardo
Andreuccio dobbiamo pazientare, anche perché ora Deb è impegnata per scoprire
la verità… E Niko, beh, farà i conti con le sue azioni e ci saranno nuovi
sviluppi dal capitolo 30. Ti adoro tesoro!
Alina81: Grazie mille, ci
voleva proprio un augurio di buon ferie e in effetti è servito ^^ Comunque, la
tua intuizione riguardo il “complotto” di Irene e quell’altra persone è giusto,
ma te lo lascio scoprire leggendo e ne sapremo di più nel prossimo cap! ^^
Angel Texas Ranger: Irene è
arrivata a questo, ma non sapeva come avrebbe reagito il corpo di Andrea a
quella dose e per questo che si è cacciata in tutto questo pasticcio, lei
voleva solo far si che Deb mollasse Andrea per la il tradimento. E Niko, è
sempre Niko, che dobbiamo fare!
Aggiornerò domenica,
milly92.
Capitolo 28
Tutta Colpa Di Un Piano
Diabolico
Perdere i
sensi ci fa improvvisamente fuggire dalla realtà opprimente e negativa che ci
circonda, ma è brutto risvegliarsi e scoprire che tutto è vero dieci volte di
più. Alla realtà non si sfugge, questo è bene saperlo…
“Debora, Debora! Mi
senti?”.
Mossi lievemente il capo,
aprendo gli occhi e vedendo di fronte a me il viso di Max molto sfocato. Girai
la visuale, e mano a mano che mettevo a fuoco vedevo dei suppellettili di una
stanza d’ospedale, bianca e smorta come sempre.
Mi sentivo la gola arida
come non mai e la testa intontita. “S-Si… Oh, Andrea!” urlai subito dopo, di
colpo, alzandomi sui gomiti e respirando a fatica.
Max mi fece segno di stare
tranquilla con la mano, ma invano, perché continuavo ad agitarmi come una
forsennata. Alla fine dovette fermarmi le braccia con la forza per farmi
restare immobile. Dietro di lui, con il volto preoccupato, riconobbi Beatrice
con indosso il camice che di solito usava dato che era una ginecologa del
posto.
“Debora, stai calma o ti
dovrò dare delle gocce” disse lei, avvicinandosi.
“Ma tu sei una ginecologa,
che c’entra” risposi, non sapendo da dove fuoriuscisse quella lucidità. Max mi
regalò un sorriso, poi si voltò verso la moglie.
“Vai, tranquilla, sta bene”
dedusse, così la donna se ne andò con un sorriso, annuendo.
Mi alzai per bene,
sedendomi sul letto, e chiusi gli occhi per un istante. “Dov’è Andrea? Come
sta?” domandai a bruciapelo, continuandomi a guardare intorno come se potesse
spuntare un cartello indicatore da qualche parte.
Max sospirò. “Si risveglierà,
tranquilla” disse. “E’ all’inizio del pianerottolo con degli ottimi medici, ce
la farà, tu devi solo stare calma”.
“Max, ho paura”ammisi,
mettendomi una mano in fronte e respirando di nuovo a fatica, ricordando tutte
le emozioni vissute nelle ultime ore. “Mi sento a pezzi. Ma perché sono qui…?”.
“Sei svenuta quando...
Quando lo hai visto. E’ stato da incoscienti farlo, lo so, avresti dovuto
aspettare…” ammise, dispiaciuto.
Scossi violentemente il
capo. “No, no! Io devo rivederlo! Io devo…”.
“Deb, calma che altrimenti
viene di nuovo il medico” mi ammonì, come se fossi una bambina.
Sbuffai.
“Max, mettiti nei miei
panni, prima credevo che mi avesse tradito, poi scopro che è stato drogato e
che è in coma…” sussurrai demoralizzata, accasciandomi sul cuscino.
“Lo so, posso immaginare.
Io ho visto il day time, e ho mandato subito Niko a vedere come stavi prima di
sapere la verità…”.
Feci un verso sarcastico,
ricordandomi ciò che era successo. “Potevi mandare qualcuno migliore e che ci
tenesse di più all’amicizia di Andrea” dissi subito, cercando di non ricordare
quel bacio violento.
Max mi guardò senza capire.
“Era l’unico che aveva le chiavi di casa tua e poi coabita con te al momento,
perchè…?” domandò confuso,scrutandomi.
“Lascia perdere, te lo dirà
lui se vorrà” sintetizzai.
“Deb…” disse in tono
caritatevole. “Devo preoccuparmi? Cos’ha fatto per tradire l’amicizia di
Andrea?” insistette.
“E’ tornato indietro di
nove anni” dichiarai, amareggiata e incredula. Possibile che avesse fatto
quella simile sceneggiata dopo tutta l’acqua che era passata sotto i ponti?
Come poteva dire che una parte di lui pensava ancora a me? Io ero rimasta
ancora al momento in cui aveva visto sua moglie per la prima volta e aveva
dimenticato tutto ciò che aveva provato per me fino a poco prima.
Max fece una faccia
sconvolta, fissandomi. “Indietro di nove anni…? Non nel senso che sto per
credere, vero?”.
“Dipende da quel che
credi…” borbottai, incrociando le braccia.
“Quello che Eliana pensava
era vero, quindi? Cioè, lui è…. Ancora attratto da te?” . Ormai era senza
parole, a bocca aperta, e mi guardava come se fosse anche un po’ colpa mia.
“Si! In un momento di
pazzia ho detto che avrei preferito tradire a mia volta Andrea, con Alberto, e
lui ha detto che era meglio se lo tradivo con qualcuno di cui Andrea si fidava,
così ci sarebbe rimasto peggio, alias lui e poi…” raccontai, fermandomi di
botto al solo ricordo.
“E poi cosa?”. Ormai
pendeva dalle mie labbra, pronto al peggio.
“Mi ha baciato con forza e
ha fatto finta di non sentire le mie poteste finchè non gli ho pestato un
piede” dissi con voce bassa, scuotendo il capo con disapprovazione.
“Non ci posso credere, è
impazzito, è sposato…” iniziò Max, ed io assecondai quella specie di partaccia
che avrebbe dovuto fare al diretto interessato, non a me.
Ma ad interromperlo venne
proprio lui, e Max subito si parò davanti a me con un gesto piuttosto stupido.
“Gliel’hai detto, eh?”
sbottò Niko, il volto da preoccupato a infuriato. “Ma perché non lo dici pure a
Eliana?” mi provocò, puntandomi un dito contro.
Lo guardai scioccata, prima
che Max si intromettesse. “Me l’ha detto, e allora? Esci fuori, subito, tu non
hai la persona da te amata in coma!” sbraitò, avvicinandosi e indicandogli la
porta d’uscita.
Niko ci guardò con un
qualcosa simile al ribrezzo prima di andarsene e sbattere la porta. Mi
accasciai sul letto, prima di ricordarmi una cosa a cui non avevo ancora dato
fondo. “E Irene? La polizia l’ha presa, vero?” domandai improvvisamente,
sedendomi di nuovo.
“La stanno interrogando.
Solo che il fatto è strano, uno dei coinquilini ha detto di aver visto Irene
maneggiare delle pillole prima di servire la cena ad Andrea, ma ci domandiamo
ancora come ha fatto ad averle visto che prima di entrare le hanno sequestrato
tutto e controllato i bagagli per evitare che si portasse dietro cose proibite
come il cellulare” mi spiegò, riflettendo a sua volta.
“Che c’entra, gliele ha
potute portare qualcuno dall’esterno, no? Ricordi che io sono andata a trovare
Andrea una volta?” gli feci notare.
Lui annuì, pensieroso. “Si,
dovremmo chiedere ai bodyguard che sorvegliavano la casa”.
“Sorvegliavano?”.
“Si. Ah, giusto, non hai
saputo… Ovviamente il programma è saltato” mi informò.
Era una cosa ovvia, mi
dissi, dopo un accaduto simile. Ripensai con rabbia a tutte le seghe mentali
che mi ero fatta su Irene, alle sue idee
di sabotaggio, e mi sentii una stupida per aver mollato alla fine e essermi detta
che non avrebbe fatto nulla.
Ma la domanda era… Perché?
Perché drogarlo e metterlo a rischio se ci teneva sul serio a lui?
Non era stata nemmeno tanto
accorta e furba, subiti gli indizi erano finiti su di lei… Non sapevo cosa le
avrei fatto se l’avessi avuta davanti agli occhi. Picchiare, insultare…? No,
era troppo poco in confronto al dolore che aveva procurato a me e soprattutto
ad Andrea.
“Max, devo indagare, non
posso starmene così. Devo andare dai bodyguard e chiedere informazioni” decisi,
alzandomi dal letto e appoggiandomi al mobiletto vicino per non cadere per la
mancanza di equilibrio.
“Deb, ci sta già pensando
la polizia…” mi disse debolmente, come se non sapesse come farmi capire di
starmene lì, ferma, dato che il mio aiuto era inutile.
Incrociai le braccia. “Al mio posto cosa faresti? Staresti qui,
immobile, ad aspettare il corso degli eventi? Questa è una questione mia, anzi,
nostra. Andrea dovrà sapere la verità quando si sveglierà….” a queste parole mi
sentii un enorme groppo in gola, “E dovrò essere io a dirgliela”.
Max si avvicinò e mi prese
per le spalle. “Sei sconvolta, ed è normale, ora devi solo dormire un po’ e
aspettare, la leggere farà il suo corso” dichiarò.
“No” dissi solamente, prima
di convincerlo a lasciarmi stare e a farmi andare dall’altra parte del corridoio,
dove da un lato c’erano, smorti e scuri in volto, Elisa, Giulio, Vittoria, la prozia Linda, Alessandro e anche Katia e
Adriana, rappresentanti della famiglia, mentre dall’altro c’era la fazione
degli amici: Giuseppe, Eva, Francesco, Dante, Ada, Natascia, Beatrice, Stella,
Manuela, Ivan e Silvia, quasi addossati l’uno all’altra come se non volessero
interferire con il dolore della famiglia.
Appena alzarono gli occhi e
mi videro ci fu una sorta di corrente elettrica che li rianimò, e in pochi
secondi fui circondata da una decina di persone che mi stringevano e
sussurravano parole di conforto in cui, sicuramente, non credevano nemmeno
loro.
“Elisa!” sussurrai,
gettando le braccia al collo di mia suocera, che mi strinse a sè con fare materno ma anche disperato.
“Debora, dobbiamo stare
tranquilli…” bisbigliò lei. Annuii, prima di essere circondata dalle braccia
calorose di Silvia.
“Scusami per la telefonata
frettolosa, ma già stava venendo l’ambulanza…” si scusò.
Scrollai le spalle, prima
che anche Ivan mi abbracciasse. Quando vide che non lo ricambiai, comprese
subito e iniziò a parlare. “So cosa pensi. Se non lo avessi coinvolto nel
programma ora starebbe bene, ma mettiti nei miei panni, non ho la sfera di
cristallo!” mi supplicò con veemenza, ma non lo risposi, stringendo Eva che mi
aveva abbracciato a sua volta.
“C’è tempo per le scuse,
anche se pensavamo che la sicurezza sarebbe stata la prima priorità del
programma” mi difese gelida, e sentii Ivan andarsene da lì vicino, con passi
svelti ma anche un po’ scocciati.
“Ragazzi, scusate ma io
devo andare a Cinecittà a parlare con i bodyguard” annunciai, finita la serie
di abbracci consolatori.
“Vengo con te” mi appoggiò
subito Giuseppe, che non avevo mai visto così preso e serio. Eccoci, la ragazza
e il migliore amico del ferito di guerra che cercano di fare il possibile per
migliorare la situazione. Diede un bacio in fronte a Eva, salutò gli altri con
un cenno e mi fece segno di seguirlo.
“Ma prima voglio rivederlo”
sussurrai, supplicandolo.
“Sicura?” mi disse.
“Si, questa volta non
sverrò” ribattei sicura di me, così mi fece segno di seguirlo dall’altra parte
del corridoio, dove lessi con un nodo allo stomaco il cartello “Terapia
intensiva”. Oltrepassammo tutte le stanze, fino ad arrivare a quella in fondo.
Trattenni di nuovo il fiato
quando lo vidi lì, statico, con la pelle bianca come un cero, le coperte che lo
coprivano e i vari “Tic tic” delle attrezzature mediche che lo circondavano.
Strinsi i pugni e Giuseppe mi circondò prontamente le spalle con le braccia.
“I medici dicono che ci
sono ottime probabilità che si risvegli, tranquilla” mi sussurrò, stringendomi
a sé dato che avevo ripreso a singhiozzare. “Non subito, certo, ci vorranno
almeno un paio di settimane, ma le notizie sono ancora confuse, devono scoprire
per bene che schifezze gli ha dato quella”. Disse l’ultima parola con un
ribrezzo tale che annuii.
“Domani mattina potrai
entrare, va bene?” mi promise.
“S-Si. Solo che ora
andiamo….” mormorai, così ci avviammo silenziosamente verso l’uscita e
prendemmo la sua auto.
Quando arrivammo nei pressi
del loft, vedemmo una serie di auto della polizia, uomini in divisa, i vari
autori del programma oltre ad alcuni partecipanti.
Subito mi avvicinai con
Giuseppe alle calcagna, e vidi uno dei bodyguard più grossi parlare con un
poliziotto alto e glabro.
Ci avviammo verso di loro,
e subito mi guardarono preoccupati.
“Io sono…”.
“La fidanzata, vero?”
domandò il bodyguard. Il poliziotto mi squadrò, ed io annuii.
“Ah, lei è Debora Di Bene,
la scrittrice” disse il poliziotto.
“Si” sbuffai. Cosa
c’entrava il mestiere e il mio nome al momento?
“Stavamo giusto parlando di
lei e del suo secondo libro” disse il poliziotto.
Spalancai la bocca,
chiedendomi se quei due fossero impazziti. Cosa c’entrava il mio libro in quel
momento così critico?
“Mi scusi, ma cosa
c’entra?” domandai, quasi furiosa.
L’uomo sorrise amaramente.
“C’entra. Vede, più indaghiamo e più ci rendiamo conto che tutto questo caos
sia una sorta di vendetta trasversale a cattivo fine. Lei di certo ricorderà
cosa ha scritto nel suo secondo libro, la questione del furto della collana di
diamanti per opera della rivale della protagonista per farla incolpare…” spiegò
lentamente, mentre io continuavo a guardarlo senza capire.
“Sta dicendo che questa
sorta di vendetta l’abbiano elaborata così cinicamente da copiare uno dei suoi
libri?” chiese Giuseppe incredulo.
I due annuirono. “Si. Ora
però mi serve il suo aiuto, signorina, qualcosa che potrebbe c’entrare anche
con la sua vita privata” dichiarò il poliziotto.
Annuii, prima di ragionarci
su. “Ma nel mio libro c’era un complice e… Oh!”. Spalancai la bocca, come
tramortita, prima di sospirare per prendere un po’ di ossigeno. Non poteva
essere…
Mi voltai verso il
bodyguard mentre tutti mi guardavano preoccupati. “Irene ha ricevuto visite
poco prima dell’episodio?” domandai subito, mentre la mia mente lavorava
febbrilmente.
“Si, un uomo che mi sembra
di aver visto anche su qualche rivista” ammise lui, pensieroso.
“Aveva i capelli castani,
alto, un po’ trascurato, sulla trentina…?” domandai.
“Si! Ecco, mi ricordo: è il
suo ex manager, quello che era su tutti i giornali con lei all’uscita dei suoi
libri!” esclamò il bodyguard, brandendo
un pugno in aria.
Giuseppe mi guardò, ed io
feci un verso che di trionfante aveva poco. “Nel mio libro il complice della
rivale è il ragazzo che la protagonista ha rifiutato… Ed io non ho accettato le
avances di Alberto numerose volte. Mi è venuto a trovare poco prima dell’accaduto,
dicendomi che Andrea mi tradiva o che mi avrebbe tradito al più presto…”. Ormai
ero partita a ruota libera, i pezzi del puzzle finalmente avevano un senso.
Che farabutto che era
quell’Alberto, addirittura complice di Irene!
“E quando io l’ho buttato
fuori di casa e l’ho afferrato ho sentito un vago rumore provenire dal suo
giubbino, come quello di una confezione di pillole!” aggiunse Giuseppe.
Il poliziotto ci guardò,
comprendendo tutto. “Bene, può dirmi dove abita?” domandò subito.
“Ma certo” risposi.
Ubbidii, ed io e Giuseppe li seguimmo,
soddisfatti in parte per quel mistero quasi risolto.
Ma è inutile dire che
quella notte fu la più terribile della mia vita, perché sapevo che anche se
avessi dormito, l’indomani Andrea non sarebbe stato al mio fianco e non sarebbe
stato nemmeno al sicuro come credevo nella sua stanza nel loft del programma.
Ed ora che la realtà è stata scoperta? Dove si va? Verso la strada della
vendetta, ovvio. E, stranamente, questa volta la strada della vendetta e della giustizia
combaciano. Un semplice errore anche in questo caso? Certo che no…
Qualche Anticipazione:
“Che cosa? Ma io credevo
che queste cose si facessero solo nei film!” protestai, per niente decisa a
fare l’attrice e dire cose che non sentivo.
__________________
“Deb, ti prego, pensa che
lo fai per Andrea…” mi supplicò Giuseppe.
__________________
“Si” rispose
frettolosamente. “Hai visto a che punto sono arrivato pur di essere sempre sincero
con te, ho sopportato anche l’allontanamento come costo”.
Ma che paraculo. Mi fai schifo.
__________________
Vidi Giuseppe
affacciarsi,preoccupato, e fare gesti frenetici, e Alberto smise di respirare
per un paio di secondi.
Oddio, no, sono fottuta!
__________________
“Ma è uno scherzo?” ruggì
Alberto, divincolandosi.
__________________
Bussai alla sua porta, e
dopo un bel po’ di tempo ad aprirmi fu, con indosso un asciugamano come unico
indumento, nient’altro che Paris.
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Capitolo 29 *** Finalmente Giustizia ***
Finalmente Giustizia
Salve ragazze!
Internet continua a
rompermi le scatole, spesso non si connette, quindi se in futuro aggiornerò in
ritardo sarà per questo motivo.
Comunque, eccovi questo cap
in cui vedremo una Deb molto intraprendente con un certo bastardo di nostra conoscenza
pur di ottenere giustizia! Probabilmente vi verrà la nausea leggendo certe
battute, ma pensate che è tutto falso e vi passerà tutto! :D
Grazie mille alle new entry
tra i preferiti e le storie seguite e coloro che hanno recensito:
Gemellina Dolly: Tesoro,
che bello leggere il tuo parere! ^^ Comunque hai ragione, questa parte è un po’
in stile beautiful, ma lo sai che purtroppo le idee di questo tipo non riescono
a non fiorire nel mio povero cervellino malato che appena sente “Deb e Andrea”
ne inventa di tutti i colori, sigh! xD Niko ha sbagliato di brutto, ma a Stella
non lo dirà ovviamente, e Irene e Alberto avranno la loro punizione, promesso!
Un bacione, è sempre un piacere leggere le tue opinioni così dolci!
vero15star: Tesoro,
riguardo le lenti a contatto tranquilla, con un po’ di pratica riuscirai a
metterle anche senza specchio come è successo a me (vabbè, metterle no, ma
toglierle si, giuro! xD) e presto diventeranno le tue migliori amiche! :D
Alberto la pagherà, tranquilla! Anche tu mi sei mancata un casino e non vedo l’ora
di sentirti su msn! Un bacione, ti voglio bene!
Alina81: Ed ecco a te la
vendetta in questo cap, ihih! Deb sarà molto brava, promesso, e la vedremo nei
panni di un tipo di donna sensuale – e bugiarda ovviamente- come non lo è mai
stata! Spero di stupirti anche questa volta ^^ Un bacione!
Alina95: Ciao, e benvenuta
^^ E’ un onore sapere che sia questa fic che la precedente ti piacciono, ma
purtroppo devo dirti che la terza storia non ci sarà, mi dispiace, non vorrei
che le cose diventassero pesanti, ma stai tranquilla che finirà in un modo
molto simile ad un eventuale continuo… Ho aggiornato il più presto possibile, contenta?
^^
Angel Texas Ranger: Aggiornato!
E spero che questo cap aiuti a far passare il momento di pazzia, ma se vuoi andare
lì e picchiarli fai pure, a Deb serve una mano, ihih! xD
A mercoledì,
milly92.
Capitolo 29
Finalmente Giustizia
Eravamo
rimasti al concetto di giustizia che per una volta combacia con quello di vendetta.
Strano, ma una parola nobile come la prima spesso a molto a che fare con quella
subdola come la seconda. Ma grazie ad entrambe, chi ha sbagliato potrà subire
il prezzo della meschinità, anche se di certo non è un qualcosa che si può
pagare con MasterCard!
Roma scorreva sotto i
nostri occhi, buia e silenziosa, mentre io e Giuseppe eravamo nella volante
della polizia per raggiungere la casa di quel pazzo del mio ex agente.
“Signorina, lei dovrebbe
farci un favore, anche se non se la sente” mi disse il poliziotto, che avevo
scoperto chiamarsi Mario Cortese, quando arrivammo a poche centinaia di metri
dal condominio in cui abitava Alberto.
Esitai, sentendo il peso di
quella giornata sulle spalle dieci volte più pesante. Giuseppe mi guardò, come per
darmi coraggio.
“Mi dica” lo esortai,
domandomi cosa avrei mai potuto fare di così importante per aiutarli.
Mario si voltò e mi squadrò
con precisione, quasi come a valutare se fossi adatta per quell’azione
progettata da lui. “Sulla base di quello che mi ha detto devo dedurre che
Alberto vorrebbe stare con lei” iniziò.
“Si” risposi stancamente.
“Bene, vede, lei per questa
sera deve recitare, deve cercare di trasformare il suo dolore in motivazione,
la motivazione di cui avrà bisogno per fargli credere che lei è disposta a
stare con lui e indurlo a confessare” spiegò, continuando a valutare la mia
espressione.
“Che cosa? Ma io credevo
che queste cose si facessero solo nei film!” protestai, per niente decisa a
fare l’attrice e dire cose che non sentivo.
“I film prendono spunto
dalla realtà, signorì!” mi rispose l’autista, uno dei poliziotti minori da quel
che sapevo.
“Deb, ti prego, pensa che
lo fai per Andrea…” mi supplicò Giuseppe.
Mi accasciai contro il
sediolino. Cosa avevo da perdere? Nulla, niente di niente. Alberto, insieme a
quella Irene, l’avrebbe dovuta pagare. Fu quella la motivazione che mi spinse a
dire di sì alla fine.
“Bene, quindi lei deve
raggiungerlo sotto casa e dirgli di scendere, in modo che dall’esterno possiamo
agire. Le lascio carta bianca, dica quel che ritiene giusto. Solo che deve
avere in tasca questa microspia in modo che io possiamo sapere quando dirà la
verità” mi informò Mario mentre scendevo dall’auto,dietro l’angolo di casa,
dandomi una piccola cosa elettronica nera.
Feci un cenno per capire
che avevo capito, mettendola nella tasca dei jeans.
“Ed io?” disse subito
Giuseppe, preoccupato.
“Lei resti qui, entrerà in
scena in caso di pericolo. Le auto della polizia resteranno qui, noi invece
staremo qui dietro a controllare. Stia tranquilla” aggiunse l’uomo,
avvicinandosi.
“Ci proverò” sussurrai,
mentre Giuseppe mi stringeva a sé con un braccio prima di lasciarmi andare.
Mi avviai verso il cancello
d’entrata, ricordando quante volte ero venuta lì pacificamente negli anni precedenti.
Tutto era come sempre: il condominio color giallo paglia, gli stessi cognomi
vicino al citofono. Solo il mio rapporto con Alberto era cambiato,e di brutto.
Lui diceva di tenerci a me,
ma come aveva potuto farmi una cosa del genere se ciò era vero? Come si può
fare una cosa simile a chi si ama?
Sospirai e suonai al
citofono. Dovevo solo fingere. Fingere e basta. Ma non sapevo nemmeno cosa
dire.
“Chi è?” disse la voce
assonnata di Alberto, o forse ubriaca.
“Ehi, Al, sono Deb. Puoi
scendere un secondo?” risposi, cercando di fare la voce più dolce possibile.
“Deb! Sali!”.
“No, ho l’auto fuori posto…
Dai, devo dirti una cosa importante!” dissi concitata, come se tutto ciò mi
eccitasse invece di disgustarmi.
“Ok!” rispose, e un minuto
dopo lo vidi scendere avvolto nel buio della notte. Strinsi i pugni, dato che
non avrei avuto altra voglia che prenderlo a botte.
Si avvicinò, aprendo il
cancello per poi chiuderlo alle sue spalle.
“Avevi ragione, Al, mi ha
tradito!” iniziai subito, senza nemmeno dargli tempo di salutarmi o dire
qualcosa.
Lui parve stupito, e mi
dissi che forse dovevo dare qualche spiegazione in più per fargli credere che
non sapevo che lo aveva fatto solo perché era stato drogato. “Mi ha tradito con
Irene e poi si è pure drogato!” aggiunsi.
“Deb, non sai come mi fa
piacere sapere che hai capito che dicevo la verità!” gongolò, passando dalla
sorpresa alla gioia.
Annuii. “Si, scusami, se ti
avessi dato retta ora sarebbe tutto ok ed io e te saremmo felici già da un bel
po’…” sussurrai.
Mi strinse a sé, e lottai
contro l’istinto di urlargli contro.
“Voglio rimediare, ora ho
capito quanto sei importante per me! Andrea era solo la mia maschera, la mia
sicurezza dopo tanti anni ma ora… Lui mi ha trattato di merda ed io ho la scusa
per ricominciare a vivere… Con te” sussurrai.
Non riuscì a non trattenere
le lacrime, e Alberto continuò ad avere la sua presa ferrea su di me, come
aveva agognato per anni.
“L’importante è che tu ora
sappia la verità, sai che ti ho aspettato fino ad ora e avrei continuato a
farlo” sussurrò al mio orecchio.
Il mio cervello lavorava
febbrilmente per elaborare un piano, per indurlo a dire la verità. Non sapevo
cosa fare. Anzi, cosa dire di tanto furbo.
“Tu sei sempre stato
sincero con me, vero?” mormorai, guardandolo negli occhi.
Vidi una strana scintilla
nel suo sguardo, rapida, ma potente come un fulmine microscopico che genera un
grande tuono. Che bugiardo, che infame, che manipolatore. Non ci sarei cascata
nemmeno se non avessi saputo la verità, mi dissi.
“Si” rispose
frettolosamente. “Hai visto a che punto sono arrivato pur di essere sempre
sincero con te, ho sopportato anche l’allontanamento come costo”.
Ma che paraculo. Mi fai schifo.
Tirai le labbra per cercare
di formare un sorriso al suono di quelle parole, e gli accarezzai i capelli.
“Sono felicissima di saperlo perché… Vedi, la verità è che… Che sono felice di
quello che è successo ad Andrea. Cioè…. Io non ce la facevo più a stare con
lui, ho finto per tutti questi anni solo perché lui era famoso! Ti prego, non
odiarmi per questo!” rivelai, continuando a piangere, ma sollevata dal percorso
di bugie che stavo inventando.
Alberto era scioccato, mi
guardava insistentemente e in un certo senso ciò rischiava di far cadere la mia
maschera.
“Lo so, sembra assurdo, ma
è così, inizialmente ero solo assetata di gloria e popolarità, poi mi ci sono
affezionata, certo, ma da quando mi hai rivelato i tuoi sentimenti è… E’
cambiato tutto, non m’importa più di nulla, e non sai quanto mi sia costato
starti lontano in questo periodo, lavorare con un'altra manager…” aggiunsi,
continuando ad avere un’aria dispiaciuta.
Lo guardai, in attesa di
una risposta, ma inaspettatamente, quando mi distrassi un secondo per pensare a
come fare per girarmi visto che ero di spalle e non potevo vedere i segnali di
Giuseppe nel caso mi avesse dovuto dire qualcosa, mi ritrovai avvinghiata ad
Alberto che mi stava baciando con una furia peggiore di quella di Niko.
Sentii la pelle d’oca per
il ribrezzo, dicendomi che quel giorno ero stata baciata da due persone che non
fossero Andrea e per cui non provavo nulla, ma ne approfittai per fingermi
coinvolta dal bacio e girare la mia posizione, facendo trovare lui di spalle
rispetto ai poliziotti nascosti.
Non sembrava avere
intenzione di staccarsi, e dovetti dirmi di stare calma e non mandare tutto
all’aria per rimanere ferma e
apparentemente consenziente.
Ne approfittai per aprire
gli occhi e vidi Giuseppe che si sporgeva dal vicolo di fronte per alzare il
pollice e dirmi che stavo andando bene.
Era più di un minuto che ce
ne stavamo incollati, e quando Alberto iniziò a far vagare la mano sotto il mio
giubbotto mi staccai, falsamente presa. “Non ora” sussurrai, cercando di
imitare una sorta di sorriso malizioso.
Lui annuì. “Scusa è che non
ci credo… Essere qui, averti appena baciata, sapere che mi ricambi…!” disse.
“C’è solo una cosa che devo
sapere prima di… Di essere completamente tua” sussurrai, e lui a quelle parole
parve rinvigorirsi. Probabilmente aveva frainteso, ma ormai che senso aveva?
Così mi dissi che forse sarebbe stato tutto più facile se avessi usato le mie
armi femminili per farlo uscire un po’ di testa e indurlo a confessare più
rapidamente.
Imitai di nuovo quel
sorriso malizioso e sottolineai quelle parole abbassando la cerniera del mio
giubbotto e slacciando tre bottoni della mia camicia.
“Dimmi, non vedo l’ora”
esclamò, mettendo la mano destra dietro la mia schiena come per sorreggermi e
stringermi a sé.
Giocai con la collana-
quella che mi aveva regalato Andrea per il mio compleanno prima di chiedermi di
sposarlo, notai con un nodo alla gola-in modo da risultare meno goffa e più
sexy, prima di rigettargli le braccia al collo. “Dal momento che sai che sono
grata a chi mi ha tolto Andrea dalle scatole… So che hai aiutato Irene, che ti
credi” dichiarai.
Vidi Giuseppe
affacciarsi,preoccupato, e fare gesti frenetici, e Alberto smise di respirare
per un paio di secondi.
Oddio, no, sono fottuta!
“Che cosa?” domandò
esterrefatto.
“Eddai, lo so che è così, e
so anche che non mi ha tradito volontariamente, ma ti sono grata perché ora ho
la scusa per far saltare il mio matrimonio, riassumerti…” elencai, quando in
realtà ero nel panico più totale.
Mi appoggiai di nuovo a
lui, circondando le sue gambe con la mia, a due centimetri dal suo viso, e
sorridevo come un’idiota. “Se lo hai fatto, ti giuro che sei il mio eroe e non
saprò mai come ripagarti” sussurrai , accarezzandogli quel viso che avrei
voluto riempire di pugni.
Era indeciso, oltre che
disorientato. “Pensi che mi arrabbierò per il fatto che sei stato complice?”
domandai incredula, mentre esitava. “Non potrei mai, tu hai liberato la mia
vita da quel matrimonio insulso, non te ne sarò mai grata… Io ti amo, Al!” mentii.
Furono quelle ultime tre
parole probabilmente a farlo cedere, probabilmente. Gli occhi gli si
dilatarono, mi strinse più e sé e appoggiò la sua fronte contro la mia.
Sospirò, inondami con il suo profumo misto a qualcosa di alcolico, prima di
annuire. “Si, sono stato io, Deb. Io non ce la facevo più, ero d’accordo da
domenica scorsa con Irene, lei voleva a tutti i costi farvi lasciare e poi
convincere Andrea a rimetterti con lei, e così gli ho portato la droga che lei
mi aveva dato quel giorno per far fare ad Andrea ciò che lei voleva. L’ho fatto
per averti, così oggi, dopo che sono venuto da te, sono andato a Cinecittà e
gliel’ho consegnata” rivelò.
Vidi Giuseppe annuire e
farmi segno di baciarlo per distrarlo. Felice per il fatto di essere riuscita a
far confessare quel farabutto, mutai quella felicità in slancio e lo baciai.
Aprii di nuovo gli occhi, mentre lui era tutto preso, e vidi una squadra di
circa dieci poliziotti avanzare lentamente.
Cercai di metterci tutta
l’enfasi possibile ed immaginabile per trattenerlo di più a me, e per fortuna
ci riuscii.
Quasi tremai quando Mario,
a pochi centimetri da noi, acciuffò Alberto. Subito mi spostai, e Mario lo
ammanettò, mentre i suoi colleghi li circondavano ed io guardavo Alberto con
soddisfazione.
“Ma è uno scherzo?” ruggì
Alberto, divincolandosi.
“E’ in arresto dopo la sua
confessione, quindi stia calmo” sbottò Mario.
“Che cosa?” lo sguardo di
Alberto ruotò verso di me e s’incendiò, mentre incrociavo le braccia e lo
guardavo, godendomi quella visione. Era lì che doveva stare, quello stronzo
matricolato. “Tu… Mi hai incastrato, troia!” mi urlò.
“E’ lì che meriti di stare,
codardo!” strillai a mia volta, mentre sentivo le braccia di Giuseppe
avvolgermi le spalle. Mi voltai, e lo vidi raggiante.
“Sei stata magnifica,
perfetta, non ho parole!” disse ammirato, stringendomi in un abbraccio che per
un po’ non mi stritolò.
“L’ ho fatto per quella
persona che sta a cuore ad entrambi” gli ricordai, e lui annuì con aria solenne
e preoccupata.
Nel frattempo, Alberto era
stato portato verso l’auto della polizia con varie proteste e urla da
psicopatico, tanto che alcune persone si affacciarono dalle finestre per vedere
cosa fosse successo.
“Signorina, lei è stata
stupenda, non ho mai visto una cosa del genere in ventidue anni di carriera” si
congratulò ammirato Mario, tendendomi la mano.
La strinsi, sorridendo,
anche se quella era solo un momento di leggerezza in confronto a quello che mi
avrebbe aspettato in quei giorni, alle cure di cui aveva bisogno Andrea.
“Ma ora cosa succederà?
Cioè, lo arresterete subito o ci sarà un processo?” domandai.
“Ora arresteremo sia lui
che la signorina Massa, poi ci sarà un processo per stabilire la pena da
scontare” rispose prontamente.
“Va bene, grazie”
dichiarai, soddisfatta per quello che attendeva a quei due. Di sicuro non
sarebbe stato nulla in confronto a quello che io e tutti coloro che volevano
bene ad Andrea avremmo dovuto sopportare e passare.
In primis l’assedio dei
giornalisti, sbuffai, quando vidi che ne erano almeno cinque quelli che si
stavano avvicinando.
“Grazie a lei, e mi chiami
per ogni cosa. Chieda sempre di Cortese” mi ricordò.
“Certo”.
Dopo gli ultimi saluti, e
alcune risposte rapide date ai giornalisti assetati di notizie,ci portarono a
casa mia dato che Eva aveva detto che tutti i familiari di Andrea erano andati
lì nel frattempo.
Fummo accolti con i soliti
abbracci, e quando raccontammo l’accaduto ci fu la solita serie di sguardi
ammirati e più sereni.
“E’ stata magnifica,
davvero” diede man forte Giuseppe, e Eva mi strinse a sè insieme a Vittoria alla fine del
resoconto.
“Ma… Andrea? A che ora
posso andare a trovarlo domani?” domandai angosciata subito dopo.
“A partire dalle otto e
mezza” rispose Giulio, avvicinandosi e stringendo le mie mani tra le sue. “E
colgo l’occasione per dirti quanto ci tengo a te, Debora. Sei più di un figlia
per me ed Elisa, e ringraziamo il giorno in cui hai incontrato nostro figlio.
Se fossi stata un’altra te ne saresti stata con le mani in mano, o saresti
andata in tv a raccontare l’accaduto per essere più popolare, anche per trovarti
qualcun altro nel caso che le cose non andrebbero come… Come tutti desideriamo”
terminò, con la voce spezzata.
Lo guardai con gli occhi
lucidi. “Giulio, lo sai quanto tengo ad Andrea e a tutti voi, siete la mia
famiglia ed io non voglio nemmeno pensare che succederà qualcosa di brutto”
borbottai, parlando a fatica. “Lotteremo
tutti insieme per aiutare Andrea a risvegliarsi”.
Ci abbracciammo, e restammo
lì per tutta la notte, fino alle quattro e mezzo, ora in cui mi alzai e feci
segno a Katia ed Adriana, che sonnecchiavano sul divano, di seguirmi.
Le feci sistemare nell’ex
camera di Eliana ed io mi appoggiai sul mio letto, tra il sonno e la veglia. Ma
alle sette ero di nuovo completamente sveglia, sentendo le palpebre pesanti per
tutte le lacrime versate nelle ultime dodici ore.
Quasi mi muovevo a
rallentatore, come se volessi rimandare il momento in cui avrei parlato a
quattr’occhi con i medici, scoperto per bene cosa stava succedendo ad Andrea ma
soprattutto quello in cui mi sarei seduta al suo fianco, iniziato a parlare e
vedere che non mi rispondeva.
Poi, mentre mi legavo i
capelli tutti scompigliati, notai una cosa. Rossella e Pierre non si erano
presentati, ma era comprensibile che non fossero subito accorsi dato che
nessuno li aveva chiamati per i rapporti che ultimamente erano più tesi, ma…
Daniele, il mio migliore amico, che fine aveva fatto? Non sapeva nulla?
Terminai di aggiustare i
capelli prima di prendere il cellulare. Guardai il suo numero, ma mi dissi che
probabilmente non era una buon idea
dargli la notizia per telefono, così dissi alle ragazze che uscivo, avvisai gli
altri e mi avviai verso casa sua.
Bussai alla sua porta, e
dopo un bel po’ di tempo ad aprirmi fu, con indosso un asciugamano come unico
indumento, nient’altro che Paris.
La guardai senza capire, e
lei arrossì come una matta.
“Deb, posso spiegarti…”
iniziò, facendomi entrare.
Scossi il capo, incredula
ma non presa come lo sarei stata in situazioni normali.
“Andrea è in coma e tu vuoi
darmi spiegazioni?” dissi tutto d’un fiato, sbuffando.
“Che cosa?” domandò, e vidi
spuntare Daniele dalla camera da letto, preoccupato anche se ancora mezzo
assonnato.
“Insomma, ne stanno
parlando tutti i Tg!” brontolai, dato che non sopportavo l’idea di qualcuno che
non sapesse l’ultima tragedia accaduta quando io ci ero stata male tutta la
notte. Anzi, forse li invidiavo perché anche io avrei voluto essere spensierata
come loro, reduce da una notte d’amore con la persona a cui si teneva al
momento.
Daniele, ancora preso,
accese la tv della cucina e ci fece segno di seguirci.
“… Inizialmente la notizia
del tradimento di Andrea Romani si è diffusa rapidamente, ma abbiamo notizie
certe che abbia agito sotto l’influsso di un particolare tipo di droga
somministratogli da Irene Massa, sua coinquilina del loft del reality, con
l’appoggio dell’ex agente dell’attuale fidanzata e futura moglie del cantante,
il quale è in come da circa dieci ore. Ora entrambi sono stati arrestati…”
stava dicendo il giornalista di chissà quale canale.
Paris e Daniele si
voltarono verso di me, incerti. “Deb, ma cosa diavolo è successo?” domandò
quest’ultimo, ormai bianco come un cencio.
“Andrea è in come a causa
di Irene che l’ha drogato … Hai sentito, no?” brontolai afflitta, e mi ci volle
mezz’ora per raccontare tutto.
E la scena si ripetette.
Soliti abbracci, solite carezze, solite parole di conforto, mentre aspettavo
che si vestissero e mi seguissero in ospedale.
“Giusto per informazione…
E’ lui l’autore degli sms di ieri?” domandai mentre raggiungevamo la mia auto.
Paris annuì, ma Daniele le
prese la mano. “Stiamo insieme, Deb. Per la seconda volta, ma ora ci tengo
davvero a lei” disse.
Sorrisi debolmente,
dicendomi che almeno qualcosa di buono era successo nelle ultime ore.
Si, Deb, ma anche l’arresto dei due furfanti è stato qualcosa di buono,
non credi? Ora va dal tuo amato, che ha bisogno di te, anche se tutti sappiamo
che anche tu hai bisogno di lui.
Qualche Anticipazione:
“Andrea,
non dovevi farmi questo. Se… Se tu mi lasci, io come faccio?” sussurrai
disperata, mentre la stanza si riempiva con le note di “Your song”.
_________________
“Andrea, come devo fare? Come posso convincerti a risvegliarti? Tu sei
vivo, devi solo reagire a questo coma di merda” strillai, sentendomi quasi una
dannata.
_________________
“Ma
noi siamo qui per la fidanzata Debora Di Bene! Come ti senti a riguardo dopo
che mancano solo due mesi alle vostre nozze?”
_________________
“Scusate, ma eravamo in
Toscana per alcune visite, poi siamo dovuti andare al centro adozioni per
disdire la richiesta di adozione” sussurrò Rossella dopo i saluti e le solite
domande.
_________________
“Eliana” sussurrai, quasi
con la voce strozzata, e tutti si voltarono verso la direzione in cui era perso
il mio sguardo.
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Capitolo 30 *** Il Ritorno Della Pecora Nera ***
Il Ritorno Della Pecora Nera
Hola a todas!
Eccovi un altro capitolo triste ovviamente. Ho
pianto come una scema mentre lo scrivevo, quasi come se una vera Deb si fosse
impossessata di me. Ma dopotutto, tutte amiamo Andrea e averlo in questo stato
è una cosa orribile…
Ma almeno ritorna una persona e colmerete la vostra
sete di informazioni al suo riguardo.
Grazie mille a coloro che hanno recensito:
alina 95: Ecco
qua, spero di avere aggiornato
abbastanza presto! Mi fa piacere vederti così coinvolta e grazie
per avermi messo negli autori preferiti! Comunque, ora vedrai
subito cosa ha da dire Eliana in sua discolpa, e Niko… Beh, ne
combinerà una
delle sue ovviamente xD. Un bacione!
alina81: Ho gli occhi a cuoricino anch’io quando
parlo di loro, sai? Ihih… Deb è stata un mito, sisi, ma dopotutto è stato
l’amore per Andrea e la voglia di vendetta che l’ha spinta fino a questo punto.
Ah, la forza dell’amour… xD
CriCri88: Eh, si, in effetti un film faceva un
baffo a quello che ha fatto Deb, ihih! Un bacione!
Angel Texas Ranger: In effetti quella battuta è una
delle mie preferite, e poi era giusto per far parlare uno dei poveri poliziotti
meno importanti che devono lasciar fare tutto al capo. E poi spezzava un po’ la
tensione, non credi? Ihih…
A venerdì, girls!
milly92.
Capitolo 30
Il Ritorno Della Pecora
Nera
L’attesa è una cosa estenuante, soprattutto quando si spera vivamente
che un qualcosa diventi realtà nel minor tempo possibile. E, nonostante questo,
la vita va avanti, coloro che ci circondano sono artefici di nuove azione che,
nonostante tutto, ci sconvolgono lo stesso…
Appena arrivai in ospedale,
mi ritrovai circondata nuovamente da Elisa, Giulio, Vittoria, il resto dei Gold
Boyz ed Eva. Nessuno fece caso più di tanto a Daniele e Paris vicini, che si
sussurravano parole di conforto, ed io ne approfittai per fermare uno dei
medici che era appena uscito dalla stanza di Andrea.
“Dottore, mi scusi, sono la
fidanzata di Andrea Romani e vorrei sapere qualcosa in più sulle sue
condizioni” dissi senza preamboli, dopo averlo rincorso per una ventina di
metri.
Lui, con i capelli neri e
una faccia alquanto vispa per essere associata a quella di un medico, mi
sorrise amichevolmente. “Certo. Vede, nella droga che Andrea ha assunto
involontariamente era presente una sostanza che si trova anche nei barbiturici,
quei psicofarmaci il cui abuso porta ad un sonno perenne, e il corpo non lo ha
tollerato, e così abbiamo scoperto che è allergico a questa sostanza. E tutto
questo processo lo ha portato prima ad una strana lucidità, poi ad un
annebbiamento della vista, ad un rallentamento del battito cardiaco e infine
alla situazione attuale” spiegò con calma, quasi come se fosse un professore.
Inghiottii la saliva al
suono di quelle parole, immaginando Andrea che soffriva durante quel processo,
e feci un piccolo cenno con il capo. “E quando potrebbe risvegliarsi? Perché si
risveglierà, vero?” sussurrai stupidamente, e il sorriso comprensivo del
dottore mi ricordò che lui non era nessuno per poterlo sapere, e quantomeno
stabilire.
“Deve aspettare almeno due
settimane, attraverso le flebo stiamo fornendo al suo corpo ciò di cui ha
bisogno per far tornare a posto tutti i valori, poi vedremo. Ma potrebbe anche
risvegliarsi oggi, improvvisamente, nessuno può saperlo. Ho fatto portare uno
stereo dal reparto infantile, è un cantante e non c’è niente di meglio che un
po’ di buona musica per aiutarlo a reagire” aggiunse amichevolmente.
“Oh, la ringrazio, davvero”
mormorai, cercando di sorridere ma fallendo clamorosamente.
Il dottore comprese e mi
salutò, andando in un altro reparto. Andai di nuovo da quella che potevo
chiamare la mia famiglia, e restai colpita quando Giuseppe, vedendo che mi
stavo avviando verso la stanza di Andrea, mi porse una pila di cd.
“Ascoltare musica gli farà
bene…” spiegò.
“Lo so, me lo ha appena
detto il dottore” risposi, e lanciai un’ultima occhiata a tutti prima di
entrare di nuovo nella stanza.
Vedere per la terza volta
l’immagine di Andrea, sempre immobile e pallido fu ancora peggiore, per cui mi
voltai, presi il primo cd a caso che trovai e persi un po’ di tempo nel
metterlo nello stereo giusto per temporeggiare e rimandare il momento in cui mi sarei seduta al
suo fianco, gli avrei parlato e lui non mi avrebbe risposto.
Ma alla fine, compiuta
l’azione, non mi restò altro che avvicinare la sedia grigia appoggiata al muro
al letto su cui giaceva il mio fidanzato e prendere un lungo respiro.
“Andrea, non dovevi farmi
questo. Se… Se tu mi lasci, io come faccio?” sussurrai disperata, mentre la
stanza si riempiva con le note di “Your song”. “Ecco, la senti questa canzone?
Tu e i ragazzi l’avete incisa per me quando compii sedici anni, ricordi? Ti
rendi conto che qualsiasi cosa mi circondi mi ricorda te? Sei la persona più
importante che abbia mai incontrato, e ringrazio Dio di avermi fatto questo
dono perché tu mi hai cambiata, mi hai fatta crescere…. Ed ora non mi puoi
mollare così, io e te dobbiamo sposarci, ricordi?” singhiozzai.
Presi la sua mano tra le mie e la baciai, prima di stringerla
accanto al mio viso. “Me lo devi promettere, al più presto devi svegliarti e mi
devi raccontare quello che non mi hai detto in questi giorni, dobbiamo ridere
alla faccia di quei due che hanno cercato di dividerci con ogni forza! E non
dobbiamo dargliela questa soddisfazione, capito? Capito? Apri quegli occhi,
aprili, e ci sposiamo domani mattina, anzi, subito, qui, io non ce la faccio
senza di te, non ce la faccio più a essere Debora Di Bene, la stupida che ieri
ha creduto che tu l’avessi tradita! Voglio essere Debora Romani, tua per
sempre, una donna che ha il marito migliore del mondo e che crescerà i loro
figli con l’uomo della sua vita!”.
Ormai continuavo a piangere
a dirotto, e nel frattempo la canzone del cd cambiò. Come se fosse uno scherzo
del destino, anche quella mi ricordava Music’s Planet. Daniele mi aveva scritto
il ritornello sul biglietto del mazzo di fiori che mi aveva mandato, era anche
la canzone mia e del mio primo ragazzo, ma mai come quel momento era
azzeccatissima alla situazione. When you’re gone.
I always needed
time on my own
I never thought I'd need you there when I cry
And the days feel like years when I'm alone
And the bed where you lie is made up on your side
When you walk away I count the steps that you take
Do you see how much I need you right now
When you're gone
The pieces of my heart are missing you
When you're gone
The face I came to know is missing too
When you're gone
The words I need to hear to always get me through the day and make it ok
I miss you
I've never felt this way before
Everything that I do reminds me of you
And the clothes you left, they lie on the floor
And they smell just like you, I love the things that you do
When you walk away I count the steps that you take
Do you see how much I need you right now
We were made for each other
Out here forever
I know we were, yeah
All I ever wanted was for you to know
Everything I'd do, I'd give my heart and soul
I can hardly breathe I need to feel you here with me, yeah
Ho sempre avuto bisogno di tempo per me
non ho mai pensato che avrei avuto
bisogno che tu fossi lì quando piangevo
e i giorni sembrano anni quando sono sola
e il letto dove sei disteso è messo a posto dal tuo lato
quando vai via conto i passi che fai
vedi quanto ho bisogno di te adesso?
quando sei lontano
i pezzi del mio cuore sentono la tua mancanza
quando sei lontano
manca anche il volto che conoscevo
quando sei lontano
mi mancano le parole che ho bisogno di sentire per farmi
sempre andare avanti fino alla fine della giornata
mi manchi
non mi sono mai sentita così prima d'ora
tutto ciò che faccio mi ricorda te
ed i vestiti che hai lasciato sono sul pavimento
ed hanno il tuo profumo, amo le cose che fai
quando vai via conto i passi che fai
vedi quanto ho bisogno di te adesso?
quando sei lontano
i pezzi del mio cuore sentono la tua mancanza
quando sei lontano
manca anche il volto che conoscevo
quando sei lontano
mi mancano le parole che ho bisogno di sentire per farmi
sempre andare avanti fino alla fine della giornata
mi manchi
non mi sono mai sentita così prima d'ora
tutto ciò che faccio mi ricorda te
ed i vestiti che hai lasciato sono sul pavimento
ed hanno il tuo profumo, amo le cose che fai
eravamo fatti l'uno per l'altra, quaggiù per sempre
so che lo eravamo, sì
tutto quello che volevo era che tu sapessi
che in tutto ciò che faccio metto il cuore e l'anima
riesco a malapena a respirare,
ho bisogno di sentirti qui con me, si
Vederlo così, inerte,
era la cosa più brutta del mondo, la visione peggiore che avessi mai visto in
venticinque anni di vita, ancora peggio della sua immagine che si gettava
addosso a Irene Massa. Mi mancava la sua voce, la sua risata, la sua stretta
che mi faceva sentire in pace con il mondo. La mia schiena ebbe un brivido di
pura paura quando pensai alla possibilità che forse, se non si sarebbe mai
svegliato, non avrei mai potuto rivederlo parlare, cantare, muoversi, venirmi
incontro…
Poggiai la testa sul suo letto, continuando a stringere la sua mano.
“Andrea, come devo fare? Come posso convincerti a risvegliarti? Tu sei vivo,
devi solo reagire a questo coma di merda” strillai, sentendomi quasi una
dannata.
Non so per quanto tempo restai così, ma fatto sta che alla fine Eva
bussò al vetro della stanza e mi fece capire che c’erano altre visite.
Meccanicamente mi alzai, dopo avergli di nuovo baciato la mano, e sussurrai: “A
dopo”.
Uscii fuori e restai sorpresa e confusa quando vidi i miei genitori e
Dario seduti, intenti nel parlare con Elisa.
“Debora” dissero in coro. Non era un’esclamazione, no, un semplice nome
nominato in un modo atono, che lascia dedurre la tristezza che vi è dietro.
“Ehi” sussurrai, avvicinandomi lentamente, cercando di nascondere gli
occhi ormai di nuovo rossi e gonfi, e abbracciandoli.
“Siamo venuti poco fa, ci siamo sistemati da te, Niko ci ha dato la
chiave, ci ha detto che lo hai aiutato…” disse mia madre, lasciando capire che
con il verbo “aiutare” intendesse “ospitare”.
“Ma certo, fate quel che volete, come se foste a casa vostra” mormorai.
“Il dottore che dice?” domandò papà, alzando lo sguardo verso la stanza
alle mie spalle.
Mi ci volle più di mezz’ora per spiegare la situazione ai presenti e per
ripeterla a coloro che erano venuti in ritardo, cioè Francesco, Dante,
Natascia, Ada e Silvia, poi però restai sconvolta nel vedere una sorta di
esercito munito di microfoni, telecamere e macchine fotografiche correre verso
di me.
“Ecco, ci mancavano solo i
giornalisti” sbuffai, ma Silvia mi si avvicinò, stranamente trascurata, con i
capelli legati in una mezzacoda e con indosso dei semplici pantaloni beige e
una camicetta bianca a discapito dei soliti tailleur, vestitini e tacchi
dodici, e sussurrò qualcosa che, stordita com’ero, non capii.
Avanzò verso lo stormo di
giornalisti e si parò in mezzo al corridoio. “Per favore, questo è un ospedale,
cercate di andare a fare soldi in un luogo diverso e non fingete che tutto
questo casino vi stia a cuore. Anzi, andate in carcere e cercate notizie sulla
situazione di Irene Massa e del suo complice, così poi ce le dite anche a noi!”
urlò, mentre alle sue spalle, medici e infermiere guardavano la scena assorti e
stupiti.
“Ma noi siamo qui per la
fidanzata Debora Di Bene! Come ti senti a riguardo dopo che mancano solo due
mesi alle vostre nozze?” urlò in risposta una giornalista mascolina, con corti
capelli corvini e una statura minuta, cercando di sorpassare Silvia che la
bloccava.
“Come dovrei sentirmi? Al
settimo cielo, guarda, così se il matrimonio salta posso andare a fare la corte
al principe di Spagna o ad uno d’Inghilterra e trovarmi qualcuno più ricco,
contenta?” sbottai sarcastica. “Andate via o chiamo al polizia!” li minacciai,
e per fortuna alcuni membri del personale mi aiutarono a cacciarli fuori.
“Che idioti” sibilai,
sedendomi su una delle sedie azzurre del corridoio, mentre i familiari di
Andrea andavano a trovarlo.
Restammo zitti per un po’,
con la speranza che Vittoria uscisse fuori da un momento all’altro urlando che
Andrea aveva reagito, ma invano. Anche se, però, di sorprese ce ne furono
altre.
Per prima, la visita di
Rossella e Pierre, trafelati e tristi. “Scusate, ma eravamo in Toscana per
alcune visite, poi siamo dovuti andare al centro adozioni per disdire la
richiesta di adozione” sussurrò Rossella dopo i saluti e le solite domande.
Ma, sotto sotto, non potevo
non leggerle un velo di gioia dipinto in viso.
“Avete disdetto…?” domandò
Max, appena arrivato, al fianco di Beatrice.
Rossella annuì, prima di
sorridere. “Dovevo venire da un’esperta come te, Bea, non fidarmi della prima
sostituta. Posso avere dei bambini, e due giorni fa ho fatto le analisi e… Beh,
ce l’abbiamo fatta, sono incinta!” annunciò.
Mi voltai verso di lei,
sgranando gli occhi. Almeno c’era un bella notizia, mi dissi, mentre
l’abbracciavo. “Congratulazioni!” sussurrai.
Lei mi trattenne a sè più del dovuto.
“Deb, scusami, ho sbagliato
di grosso con le mie accuse su te e Niko, ma era un periodo negativo e…
Scusami, sul serio, ce la metterò tutta per farmi perdonare” disse.
Scrollai le spalle,
dicendomi che alla fine non aveva avuto tutti i torti, almeno per quel che
riguardava i sentimenti di Niko. “Ross, figurati, ormai per me c’è solo una
cosa che conta” dissi sinceramente, ammiccando alla stanza di fronte, e lei
annuì, con gli occhi improvvisamente lucidi.
“Si, hai ragione, scusami,
ma io sono qui, non ti dirò di chiedermi aiuto se ne hai bisogno perché so che
è così e che sei sempre stata indipendente, quindi ti starò sempre vicina, mi
sei mancata tanto” ammise, abbracciandomi di nuovo, prima che io mi staccassi
per la visione che avevo davanti agli occhi.
Magra come non lo era mai
stata, con i capelli più scuri del solito e con indosso un pesante cappotto
nero, Eliana stava venendo verso di noi, con un passo quasi lento, funebre,
tipico di chi vuole rimandare il momento in cui deve affrontare la realtà.
“Eliana” sussurrai, quasi
con la voce strozzata, e tutti si voltarono verso la direzione in cui era perso
il mio sguardo.
“Oddio” fecero Eva, Max e
Bea all’unisono.
E, cosa più assurda, e che
non avevo notato per lo stupore, dietro di lei c’era Niko, con le mani nelle
tasche dei jeans che sembrava imbarazzato al posto suo.
“Ciao a tutti” disse lei,
appena si fu avvicinata.
Rossella subito si
precipitò ad abbracciarla, poi lei passò a salutare tutti gli altri, me per
ultima.
“Debora, non so da dove
cominciare” mi supplicò. “Tu non sei affatto una stronza…”.
“Ma grazie” sibilai
sarcastica.
“No, cioè, volevo dire… Ho
saputo tutto, Niko me l’ha detto, e… Saresti stata davvero stronza se lo avessi
ricambiato, se lo avessi baciato a tua volta, invece… Lo hai ospitato con
Stella, nonostante quello che ti avevo fatto, e tutto questo non ha prezzo per
me, credimi” continuò, implorante e con la voce di chi comprende a fondo di
aver sbagliato e che vorrebbe tornare indietro nel tempo.
Restai stupita dall’audacia
di Niko nel’essere stato sincero, prima di fare la domanda che più mi premeva.
“Si, ma tu che fine hai fatto? Dove sei stata? Perché baciavi Ivan e ci uscivi
insieme?”.
Tutti quanti annuirono, ed
Eliana sospirò, comprendendo che era arrivato il momento della verità. Gli
occhi di tutti erano puntati su di lei, così prese posto su una delle sedie
vuote e strinse i pugni sulle sue ginocchia. Niko fece un lungo respiro e la
guardò fisso, quasi come se anche lui fosse curioso, ma sapevo che già gli
aveva raccontato tutto, era una cosa palpabile dal modo in cui la guardava,
quasi pensieroso e un po’ afflitto.
“Vedete, dopo i vari casini
che sono successi, al mio ritorno dalla Francia ho iniziato a notare qualcosa
di strano in me, degli strani dolori e disturbi… Alla fine ho deciso di fare
delle analisi e ho scoperto di avere un nodulo al seno” rivelò, e si sentì un
rumore di fiati sospesi e trattenuti.
Lei annuì gravemente,
continuando a tenere i pugni serrati. “Ed è lì che ho capito di aver commesso
una grande cazzata con Niko, di aver usato il fatto che fosse ancora attratto
da Deb come scusa per guadagnare tempo, a tenergli il broncio per una cosa di
cui non era pienamente colpevole ed
era stato solo vittima di una grande sfortuna. Solo pochi giorni avevo pensato
di chiedere la separazione, figuratevi” sbottò con amarezza, e quel tono
continuava ad essere simile ad un urlo che diceva: “Sono stata una stupida”.
“Così ho scoperto che era un nodulo benigno, ma comunque avevo bisogno di soldi
per le cure, e visto che al momento non navigavamo nell’oro, ho preso contatti
con alcuni che si occupano di pubblicità e alla fine si è presentata
l’occasione della pubblicità per un lucidalabbra con Ivan ed è li che abbiamo
legato, era il mio unico confidente oltre Ross. La pubblicità andrà in onda a Natale.”.
Qui Niko mi guardò come a
dire “ci avevi azzeccato”.
“E quel bacio che hai
fotografato era la prova dello spot, infatti se ci hai fatto caso c’era un uomo
accanto a noi, Deb, il regista” continuò. “Poi, avuti i soldi, sono partita per
Ginevra, da uno specialista, e sono stata lì, senza dire niente a nessuno perché mi sentivo male, depressa, e
mi pentivo del mio comportamento. Sono una dal carattere orgoglioso, ragion per
cui non mi andava di dire la verità a Niko, non volevo mi perdonasse solo per
la malattia… MA lì ho capito quanto tengo a lui per davvero, la lontananza
serve a volte, e starci lontano per una malattia è servito molto di più che
stargli lontana in Francia durante l’estate. Così ho fatto un mese di cure lì,
e ci sono stati dei miglioramenti. A dicembre devo tornare per essere operata e
c’è il 70% della speranza che guarisca, dovevo tornare qui il 15 ma ho saputo
di Andrea e non ho resistito oltre dal stare lontana da Roma per altri sette
giorni in un momento simile”.
Annuimmo, con una faccia
smorta ma sollevati dal fatto che tutto si stesse risolvendo. Ecco spiegato il
motivo dell’assenza, era semplicemente stato tutto frutto di una catena
infinita di sbagli, reazioni e accaduti tristi.
“E dopo l’operazione,
partiremo per un piccolo viaggetto natalizio e cercare di aggiustare le cose
nella nostra famiglia” aggiunse speranzosa lei.
“Si, l’importante è
provarci” disse Niko, ma mi sembrava poco convinto.
Lo guardai, ma evitò di incrociare
il mio sguardo. Quest’azione mi fece male, quasi mi sentivo in colpa per un
qualcosa di cui non ero responsabile. Me ne sarei dovuta accorgere prima ed evitargli di strami così vicino, ma
cosa potevo mai saperne?
“Si, ma non per farmi gli
affari vostri, cos’è Niko ti ha detto in cui c’entra pure Deb?” domandò
ingenuamente Rossella, ma io la guardai acida.
“Sono cose loro, Ross” la
zittii, lei annuì, ma Eliana si morse un labbro e Niko sospirò.
“Quando credeva che Andrea
l’avesse tradita, nella disperazione più totale mi ha detto che voleva tradirlo
a sua volta con Alberto per fargli almeno un po’ del male che lui aveva fatto a
lei, ed io da grande stupido quale sono gli ho proposto di tradirlo con me e…
L’ho baciata” rivelò.
Mia madre sobbalzò, sbiancando
insieme a mio padre, e lui subito si affettò ad aggiungere: “Ma lei mi ha
respinto”.
Gli occhi di tutti questa
volta si erano puntati su di me e su di lui, e Giuseppe quasi sembrava furente.
“Come hai potuto? Andrea è
anche tuo amico, si fida di te!” disse con disprezzo, prima che Eva lo
prendesse per il braccio.
Niko annuì. “Lo so, forse
per questo non merito di stare qui. Anzi, è da stanotte che ci penso… Mi
dispiace, ma non verrò alle vostre nozze Deb, sarei solo ipocrita ed io ho una
famiglia da sistemare” annunciò,prima di far cenno ad Eliana di seguirlo.
Restai sbalordita nel
vedere la reazione della donna, io avrei dato di matto al posto suo, ma forse
pensai che taceva per non peggiorare le cose.
“Una damigella in meno”
sibilai freddamente quando invece ci ero rimasta di merda.
Tre invitati in meno,
pensai in realtà, e mi augurai che almeno lo sposo ci sarebbe dovuto essere.
Doveva, mi imposi tristemente, andando in bagno sotto gli sguardi attoniti
degli altri.
Dietro un simile atto di certo si nasconde qualcosa come la paura. Paura
di vedere un incubo realizzato? Paura di volersi alzare e urlare che si è
contro un’unione? Eppure ogni cosa ha avuto la sua spiegazione, come dicevo
prima la vita va avanti, e in un modo anche troppo veloce a volte…
Qualche Anticipazione:
“Il regalo non è per Niko
ma per sua figlia” dissi decisa. “E poi non sono io che gli ho detto: “Ehi,
bello, perché non ti prendi una cotta per me?”, o no?”.
___________________
Presi
la metropolitana e andai al negozio di strumenti dove lui andava sempre, per
poi scoprire che aveva fatto riservare una chitarra elettrica in particolare ma
non l’aveva mai comprata.
___________________
“Non abbiamo avuto il tempo
di addobbarlo ma credevamo che farlo ci avrebbe fatto bene, gli alberi di
Natale portano serenità” spiegò mia madre.
___________________
Si sentiva un gran chiasso,
delle urla, e poi un risuonante: “Deb, Deb!”.
“Che è successo, Niko?”
domandai subito.
___________________
“Debora, mi dispiace…”
disse, allontanandosi, accarezzando il mio volto a sua volta.
___________________
Girai lo sguardo e restai
pietrificata davanti a ciò che avevo davanti: due celle come tante, vicine, in
cui vi erano un uomo e una donna.
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Capitolo 31 *** Il Regalo Più Grande ***
31
Hello!
Eccovi il terzultimo chappy… Che tristezza, sigh!
Non vi anticipo nulla al
riguardo, è meglio lasciarvi la sorpresa!
Comunque, grazie mille a
coloro che hanno recensito:
CriCri88: Beh si, spesso
non leggere le anticipazioni aiuta a non rovinarsi la sorpresa, ma ti dico che
hai fatto bene perché, cattiva come sono xD non ho lasciato intendere una cosa
mooolto importante che accade! E ora
Beautiful si arresterà, muahaha!:D
Alina 95: Chi accarezza la
guancia a Deb, dici? Boh! *mi guardo intorno con finta aria tonta* xD Te lo lascio
scoprire leggendo il cap ovviamente. Anche tu ti sei commossa? Che dolce che
sei ^^
Alina 81: Amnesia? No no,
non sono così sadica, e poi, anche se ci avessi voluto fare un pensierino, so
di certo che mi avreste raggiunta subito e murata viva per punizione, ihihih!
Può darsi che con questo cap il puzzle sia finalmente completo al 101%, chissà…
xD
Angel Texas Ranger: Non è
che con quel “mi dispiace” hai capito che intendeva che Andrea muore? No no,
tranquilla, puoi scacciare l’ansia! :D Non sono così cattiva e non riuscirei
mai a fare una cosa del genere ad Andrea… E poi, se lo facessi morire… Sarebbe
un po’ come aver scritto queste due fic per nulla, non credi? ^^
vero15star: Tesoro, Andrea non
morirà, parola mia! Come potrei fare una cosa del genere a lui, Deb, i loro
amici e soprattutto a noi che lo adoriamo alla follia?! E poi davvero mi
ammazzereste, non credi? xD Un bacione, mi manchi un casino, ti voglio bene!
A domenica,
milly92.
Capitolo 31
Il Regalo Più Grande
Natale. Che bella parola, il solo udirla ci riempie il cuore di gioia e
ci induce ad un senso di spensieratezza e familiarità mai visti. L’attendiamo
con le quattro settimane d’Avvento, e nel frattempo ci sbizzarriamo a comprare
regali ai nostri amici più cari. Spesso spendiamo cifre esorbitanti per fare
bella figura e far felice il destinatario, eppure ci sono persone che
desiderano un regalo diverso, speciale e per questo più difficile da
raggiungere…
I giorni scorrevano
lentamente, e per me diventava sempre più difficile gestire le cose con la
sarta, il proprietario del ristorante e l’agenzia viaggi a cui ci eravamo
affidati per organizzare il viaggio di nozze. Tutti volevano sapere cosa fare,
avere una scadenza, e non sapevano che la prima a non sapere tutto questo ero
io.
Finchè Andrea non si
riprendeva non potevo dire nulla, e fu così che passai metà dicembre a
discutere per telefono.
Mano a mano, Natale si
avvicinava, e casa mia e quella di Andrea e Giuseppe erano diventata una sorta
di hotel con tanto di animazione. I miei genitori sostavano da me, e spesso
ospitavo Katia, Adriana e la prozia Linda. Invece il resto dei Gold Boyz aveva
ripreso a dormire con tanto di mogli nella loro ex casa, giusto per stare tutti
uniti nel caso che fosse successo qualcosa, ma invano. Ormai era il 23 dicembre
e Andrea ancora ci dava segni di miglioramento. Era passato un mese e mezzo
dall’episodio, ed io non ce la facevo più tra ansia, stress e giornalisti
rompiscatole.
“Hai visto che casino hai
combinato? Sei sempre tu, resterai sempre il mio monello” sospirai ad Andrea,
in una delle mie centinaia di visite il giorno prima della vigilia. “Ma ora
potresti anche farmi un bel regalo di Natale, apri gli occhi!”.
Niente. Niente di niente.
“Signorina, l’orario visite
per ora è terminato, può tornare alle tre e mezzo” mi ricordò l’infermiera di
turno, sorridendo ma indicandomi impazientemente l’orologio a muro.
Annuii brevemente e lei
uscì. “A dopo, amore” sussurrai,prendendo la borsa e uscendo. Fuori vi trovai
Eva, che aveva in mano un paio di buste. “Ho preso 30 all’esame” annunciò
sorridente.
“Oh, congratulazioni!”
esclamai, abbracciandola. “Ma perché, avevi un esame? Non me lo avevi detto!”
aggiunsi, ripensandoci.
Lei scrollò le spalle. “Mi
sentivo un po’ stupida a dirti dell’esame quando invece hai altri grilli per la
testa. Cosa credevi che stessi leggendo mentre aspettavo l’orario di visita? Un
romanzo d’amore?” ironizzò, con una strana leggerezza.
“Non devi farti questi
problemi, e mi dispiace che hai studiato qui, so che casa nostra è un inferno ultimamente…”
mormorai dispiaciuta.
“Dai, anzi, è meglio così,
sono stata lontana dalla mia fonte primaria di distrazione alias il mio
ragazzo, altrimenti lo vedevo con il binocolo questo 30” rispose, continuando
con la sua voce falsamente allegra che voleva tirarmi su. “E poi ho due regali,
uno per te e uno per Andrea” aggiunse.
“Regali? Ma non è ancora
Nata… Oddio, non ho comprato nessun regalo! Ed è il 23 dicembre!” strillai
improvvisamente, accasciandomi su una delle sedie del corridoio.
Di solito i quel periodo
dell’anno andavo in giro per tutta la città alla ricerca dei regali perfetti
per ogni mio amico, e invece quell’anno ero ancora a zero.
“Deb, nessuno vuole dei
regali da te, sappiamo tutti quello che stai affrontando, sul serio. E poi i
miei erano semplici regali, non natalizi” spiegò, con aria più seria, prima di
porgermi una busta con tanto di nastro rosso.
“Eva, non…”.
“Non dire “non dovevi” che
mi arrabbio. L’ho fatto per tirarti un po’ su, davvero” spiegò.
Abbozzai un sorriso e iniziai
ad aprire il regalo, trovandovi un maglioncino bordeaux con la scritta “Soy la
mejor brima del mundo”, ovvero “Sono la migliore cugina del mondo”, in oro e
argento.
“La scritta l’ho fatta
aggiungere io” spiegò.
“Grazie, anche tu sei la
migliore cugina del mondo” dissi, riabbracciandola, prima di rimettere la
maglia nella busta.
“Invece, mi dispiace, ma ad
Andrea ho fatto un regalo ancora più speciale. Fai il palo e controlla che non
passi l’infermiera” disse velocemente, ed io la guardai senza capire prima che
entrasse nella stanza furtivamente con un’altra busta in mano.
Ubbidii, domandandomi da
quand’era che non facevamo una cosa simile, e lei uscì dieci minuti dopo, con
aria vittoriosa.
Mi affacciai, e vidi che
ora sul comodino della stanza c’era un minuscolo albero di Natale con luci
rosse e blu e che, appese al muro, c’erano alcune decorazioni natalizie. “Cosa
l’ambiente sarà un po’ allegro, non credi?” domandò.
“Si, ci voleva proprio. Ora
ti va di fare un po’ di shopping con me? Voglio comprare sul serio qualche
pensierino di Natale” dissi, pensando che la mia presenza lì fosse inutile
ormai e che lo shopping fosse un’ottima distrazione.
Eva annuì, così ci recammo
in centro, prima in un negozio di giocattoli per comprare il regalo a Manuela e
a Stella, infischiandomene del fatto che suo padre mi avesse esplicitamente detto che
non sarebbe venuto alle mie nozze.
Anche Eva restò un po’
scioccata nel vedere che stavo comprando un secondo regalo in quel negozio, e
quando comprese restò zitta per un po’ prima di dire: “Sei sicura? Cioè, dopo
quello che è successo…”.
“Il regalo non è per Niko
ma per sua figlia” dissi decisa. “E poi non sono io che gli ho detto: “Ehi,
bello, perché non ti prendi una cotta per me?”, o no?”.
Eva annuì. “Certo…”.
“Anche se lo so che credi
che sia stato stupido da parte mia ospitarlo, lo credono tutti, io compresa”
dichiarai affranta, facendo finta di valutare due bambole.
“Ma no, tu cosa potevi
saperne?” mi incoraggiò lei.
“Non lo so, avrei dovuto
capirlo in qualche modo! E poi, le volte che abbiamo ballato insieme… Lui ha
detto che è stato difficile non andare oltre, ti rendi conto?” dissi con
rabbia.
Eva comprese il mio stato
emotivo e che non ero tranquilla come aveva lasciato trapelare dal momento in
cui Niko mi aveva detto che non sarebbe venuto con moglie e figlia, così mi
convinse a prendere una delle bambole, pagai e uscimmo, fermandoci in un bar a
bere qualcosa.
“Io credevo, anzi, ci avrei
scommesso, che la parentesi con Niko si fosse chiusa definitivamente nove anni
fa, quell’estate in cui avevo scoperto che stava con Eliana!” brontolai, mentre
sorseggiavo del thè alla pesca. “E’ stato lui stesso a dire che dal momento in
cui l’aveva vista aveva dimenticato tutto, ciò che provava per me per primo,
poi è nata Stella, si è sposato, ed è sempre stato felice. Mi dici come facevo
a sapere che all’improvviso aveva preso di nuovo una specie di fissa per me?
Perché è una fissa, lo conosco, poi gli passerà e tornerà da lei! E perché deve
rovinarmi il matrimonio dopo tutto il casino che sta succedendo? Quel giorno
dovrà essere perfetto, anche se ci sarà tra anni ed anni, ed io vorrò accanto a
me tutte le persone a cui voglio bene…”.
Mia cugina sospirò, facendo
un piccolo cenno. “E’ un po’ come la storia di quella famosa estate, del concerto.
Tu vai lì, confusa, innamorata sia di lui che di Andrea e invece lui sta con
un'altra. Ed ora è successa la stessa cosa a lui, solo che ora tu stai per
sposarti” ragionò.
Annuii nervosamente. “Però…
Sai che Eliana nonostante tutti mi sta contattando via e-mail? Ora sono in
Abruzzo, a Pescara, e mi ha detto che dopo l’operazione sta bene ed è quasi
guarita” la informai.
“Davvero? Meno male! Ma mi
stupisce, io al suo posto ti odierei” ammise.
“Hai ragione” osservai. “E’
sempre stata un po’ strana, devo ammetterlo”.
“Solo che ora devi stare
tranquilla, senza darti colpe” mi incoraggiò. “Ti va se oggi andiamo al
cinema?” propose.
“No, devo finire il giro di
regali” sospirai. “E poi voglio tornare da Andrea…”.
“Ok, ok, ci andrò con
Giuseppe per festeggiare il 30”.
“Brava!”.
Così tornai in centro,
comprai una borsa ad Ada ed una simile Natascia, un profumo per Dante, un
maglione a Francesco, una collana a Paris, una nuova pen drive da 8 GB a
Daniele visto che le perdeva in continuazione e gli servivano sempre, poi,
quando arrivò il turno del regalo da fare a Giuseppe, esitai, prima di guardare
ciò che la vetrina davanti ai miei occhi esponeva. Una chitarra per bambini.
E non so perché sorrisi,
per poi rendermi conto del motivo: il giorno che andammo a prendere Eva a
Piazza Venezia lui doveva comprarsi una nuova chitarra, poi, preso dagli
eventi, dal suo grande amore e dal tour non l’aveva più comprata.
Da quel giorno era passato
un bel po’, sei mesi, e il nostro rapporto era maturato: io l’avevo aiutato un
po’ con Eva e lui mi stava vicino in quel periodo tremendo. Ormai era uno dei
miei amici più stretti, e niente nessuno
avrebbe potuto dissuadermi dal fargli quel regalo.
Presi la metropolitana e
andai al negozio di strumenti dove lui andava sempre, per poi scoprire che
aveva fatto riservare una chitarra elettrica in particolare ma non l’aveva mai
comprata. Era bianca e nera, e subito la presi, sorridendo nell’immaginare
l’espressione che avrebbe fatto nel vederla.
Così tornai a casa a
pomeriggio inoltrato, e vi trovai mia madre ed Elisa che adornavano l’albero di
Natale che avevo comprato quattro anni prima.
“Non abbiamo avuto il tempo
di addobbarlo ma credevamo che farlo ci avrebbe fatto bene, gli alberi di
Natale portano serenità” spiegò mia madre.
Elisa annuì, sciupata come
non mai. Sorrisi. “Avete fatto bene, anzi, grazie, se non fosse per voi questa
casa sarebbe un macello” dissi di cuore, abbracciandole.
Ma appena mi separai il mio
cellulare squillò, e fui scioccata di vedere che la chiamata era da parte di
Niko. Sbuffai, prima di rispondere con un secco: “Pronto?”.
Si sentiva un gran chiasso,
delle urla, e poi un risuonante: “Deb, Deb!”.
“Che è successo, Niko?”
domandai subito.
“Andrea si è appena
risvegliato! Si è risvegliato!” urlò, e in quel preciso istante sentii le gambe
diventare molli, mi accasciai sul divano e presi una boccata d’aria, mentre il
cuore martellava, lo stomaco si annodava, e sembravo non capirci più nulla.
“Si è risvegliato?” urlai,
e subito mamma, Elisa e Vittoria, spuntando dalla cucina, mi circondarono,
senza fiato, prima di urlare, avvicinandosi istericamente al mio cellulare per
ascoltare e capire solo se fosse un bellissimo scherzo natalizio. “Oddio, è…
Che è successo? Dimmi, dimmi!” lo incitai, frenetica, alzandomi e iniziando a
marciare per la stanza per poi ridere, accennare un saltello, abbracciare di
nuovo mia madre…
“Ci stavo parlando e poi ho
visto che ha aperto gli occhi… Ora è con i medici, vieni!” mi incitò, e subito
staccai la telefonata. Non mi domandai nemmeno cosa ci facesse lì visto che
sarebbe dovuto essere a Pescara, e mi voltai verso le tre donne accanto a me.
“Si è risvegliato!”
ripetei, assaggiando il sapore di quelle parole. “Era Niko, ci stava parlando
e… Ha aperto gli occhi! Corriamo in ospedale!” esclamai esultante, prendendo a
stento la giacca. Bussai alla porta di fronte, e Giuseppe mi aprì.
“Si è svegliato, ti rendi
conto?” urlai, e lui mi guardò un attimo prima di collegare le parole
all’accaduto.
“Siii!” esclamò, “Grazie,
Dio, grazie!” esultò, raggiante, e mi abbracciò, sollevandomi in aria e
facendomi girare. “Ragazzi, Andrea si è risvegliato dal coma!” strillò a pieni
polmoni, e in un battibaleno Francesco, Dante, Eva, mio fratello, Katia e
Adriana accorsero verso di noi, increduli.
“Si, è vero, mi ha appena
chiamato Niko, si è svegliato mentre ci stava parlando!” dissi per la terza
volta.
Le esclamazioni gioiose
erano infinite, così belle nel loro caos, e risuonarono per tutto il tragitto
fino all’ospedale, troppo lungo per i miei gusti.
Appena giungemmo
all’edificio iniziai a correre come una furia, scontrandomi contro due persone,
e alla fine quando arrivai nel corridoio dove c’era la sua stanza rallentai
stranamente, presa dalla gioia e dalla completa realizzazione del fatto che di
lì a pochi secondi avrei rivisto il mio amore di sempre di nuovo dinamico,
sveglio e probabilmente sorridente.
Scorsi Niko, Eliana e
Stella, e li abbracciai, incurante dell’’accaduto di un mese e mezzo prima.
“Deb, è stato
straordinario, non so come mi è venuto ma ho deciso di tornare e… E quando gli
ho chiesto scusa per… Beh, hai capito… Lui ha mosso la mano, ha detto “Debora”
e ha aperto gli occhi! I medici se ne sono appena andati, possiamo entrare uno
alla volta” mi spiegò.
“Grazie, grazie!” esclamai,
con le lacrime agli occhi, e, impaziente ed emozionata, mi affacciai sulla
stanza mediante il vetro e fu una gioia indescrivibile vederlo sveglio, con la
testa girata verso la finestra da cui vedeva il cielo scuro, il solito pigiamo
bianco e le dita delle mani incrociate, come se stesse meditando. Gioiosa, ma
anche un po’ esitante dopo tutta l’attesa circa quel fatidico momento, battei
con le nocche vicino al vetro, e lui si girò di scatto. Allargò gli occhi
appena mi vide, sempre attaccato ad una flebo ma senza respiratore, e fece quel
sorriso che tanto amavo.
“Amore dato, amore preso, amore mai reso
Amore grande come il tempo che non si è arreso
Amore che mi parla coi tuoi occhi qui di fronte
Sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu, sei tu
Il regalo mio più grande”
Non riuscii a non piangere
a dirotto per la gioia, e lui vedendomi scosse il capo, facendomi cenno di
entrare e continuando a sorridere.
Ormai il mio corpo e il mio
cervello erano un mix di emozioni: piangevo per la felicità, non vedevo l’ora
di riabbracciarlo, ma dall’altra parte avevo paura che fosse solo uno stupido
ma realistico e magnifico sogno.
Ubbidii, ormai impaziente,
e con una lentezza straordinaria aprii la porta, quasi come se non ne avessi la
forza.
“A-Amore” balbettai,
asciugandomi il viso.
“Amore mio, vieni qui”
disse. La sua voce era un po’ roca, ma abituata ai suoi silenzi per me era iper
squillante.
“Ma certo, non sai quanto
vorrei stritolarti tra le mie braccia” risposi, sorridendo tra le lacrime. Mi
avvicinai, e si spostò lievemente, facendomi posto sul letto e sedendosi meglio.
Presi posto su quel po’ di spazio libero e gli accarezzai il volto, ma lui mi
strinse forte a sé per quel che poteva, così ricambiai la stretta,
accarezzandogli i capelli. “Quanto mi sei mancato…”.
“Debora, mi dispiace…”
disse, allontanandosi, accarezzando il mio volto a sua volta.
“E di che?” domandai
stupita.
“Per aver accettato di fare
il reality, sul serio….”. Era mortificato, pallidissimo in volto, con le labbra
quasi violacee, ma per me restava un principe perfetto.
“Tu non devi scusarti di
nulla, cosa ne potevi sapere? E’ quella arpia
di Irene e quello stronzo di Alberto che dovrebbero scusarsi, anche se
ora non possono visto che sono in carcere” risposi, soddisfatta, e lui mi guardò
con gli occhi fuori dalle orbite.
“Che cosa?” chiese
esterrefatto.
“Si, si sono già fatti un
mese e mezzo tra le sbarre, per fortuna siamo riusciti a incastrarli, Alberto
le ha portato la droga” spiegai.
Era confuso al massimo, mi
guardava come se non ci capiva più nulla. “Ma che giorno è oggi?” domandò.
“E’ il 23 dicembre”
risposi. “A quanto pare trascorreremo un bel Natale qui, in ospedale”
ridacchiai, indicando le decorazioni di Eva, e
lui sorrise.
“Allora manca poco al
matrimonio” decretò, posando una mano sulla mia guancia.
“Pochissimo” dissi
sorridendo.
“Ti ho sentita sai? Quando
mi parlavi… Solo che era più forte di me, e non riuscivo a reagire… Prometto
che non te li farò più questi scherzi” dichiarò.
“Non devi assolutamente”
acconsentii.
“Ti amo mille volte di più.
E anche io ti sposerei subito, qui, e voglio crescere i nostri figli con te”
sussurrò lui. A quante pare ricordava proprio tutto di quel che gli avevo detti
in quel mese e mezzo.
“Ed io ho capito quanto ci
tengo a te e quanto ti amo sul serio dopo tutto questo caos. Non lasciarmi mai
più, mai” lo supplicai, non riuscendo a non nascondere una lacrima.
Prese la mia mano tra le
sue e scosse il capo. “Mai” ripetè, prima di avvicinarsi delicatamente e
baciarmi con lentezza.
Sentirlo di nuovo vicino a
me, le sue labbra sulle mie, le sue braccia che mi avvolgevano, era una
sensazione che non si poteva pagare con niente al mondo, mi dissi.
Il cielo mi aveva voluto
fare quel regalo, il più bello del mondo, ed io non lo avrei mai abbandonato.
“Eeeeeh, viva gli sposi!”.
Ci separammo di botto e
ridemmo, quando notammo che amici e parenti erano entrati nella stanza,
infischiandosene delle regole, e fui scacciata via dalla mia postazione grazie
a Giuseppe, Elisa e Vittoria.
Risi, voltandomi e abbracciando
Daniele che veniva verso di me, e mio malgrado lanciai un sorriso a trentadue
denti a Niko che mi sorrideva.
Così, tutti insieme,
approfittando della buona fiducia dei medici che ci lasciarono stare lì,
spiegammo ad Andrea come stavano i fatti, il modo in cui avevo indotto Alberto
a confessare (qui lui mi guardò esterrefatto ma compiaciuto), perché era andato
in coma, per poi elencargli le novità del momento, alias la nuova coppia
Daniele/Paris, la gravidanza di Rossella, la malattia quasi guarita di Eliana.
Il giorno dopo, la Vigilia
di Natale, la trascorsi interamente in ospedale, troppo smaniosa di passare il
tempo perso con il mio fidanzato, eccetto un paio d’ore in cui comprai i regali
di Natale che mi mancavano.
Ci organizzammo con i medici,
e dissero che potevamo restare lì perché ci sarebbe stata poca gente, così mia
madre ed Elisa cucinarono una normale cena natalizia e la portarono in
ospedale, dove ci eravamo riuniti.
Per l’occasione, Andrea
chiese espressamente dei vestiti dato che odiava il pigiama che aveva indossato
in quei giorni, approfittando anche del fatto che quella mattina si era alzato
e aveva camminato per tutto il corridoio, e in questo modo gli portai i suoi
intramontabili jeans scuri, una camicia bianca ed un gilet sopra grigio.
“Ora si che mi sento bene”
decretò, uscendo dal bagno, con il gilet ancora sbottonato.
“Sei magnifico. Aspetta,
faccio io” aggiunsi, indicando il gilet, e mi
avvicinai per abbottonarglielo.
“Anche tu non scherzi”
minimizzò solare, indicando il vestito blu oltremare che indossavo. Ero così
felice che avevo voglia di sentirmi bella, e non trascurata come le ultime
settimane.
Approfittando del fatto che
tutti fossero ancora a casa per cambiarsi per la cena, mi accarezzò un fianco e
mi baciò il collo. “Dio, quanto mi manca stare un po’ da solo con te” sospirò.
“Ehi, vacci piano, ti sei
appena svegliato dal coma” gli ricordai.
“E che c’entra?” rispose.
“Mi manchi anche tu,
sciocchino…” rivelai.
Sorrise in un modo
malandrino e scese verso la gamba, guardandomi con aria di sfida.
Gli bloccai la mano, di
malavoglia nonostante tutto, con aria decisa. “Mi stai forse facendo una
proposta indecente per quando uscirai di qui?”
dissi sarcastica.
Rise ed annuì. “Si, non
dirmi che ti dispiace”.
“No, ma visto che uscirai
poco prima di Capodanno, beh, se ne riparla dopo il matrimonio” sussurrai
contro il suo orecchio, facendolo rabbrividire. “Sono una sposa
tradizionalista, sai” ironizzai.
“Stai scherzando?” domandò
incredulo, guardandomi profondamente.
“No, sono seria. Comunque
avremo milioni di cose da fare per la
cerimonia, e poi i nostri genitori si fermeranno da noi, quindi…” gli feci
notare.
“Hai ragione. Allora… Dopo
il matrimonio” sussurrò, rassegnato. “Cavoli, sembriamo dei vecchi se diciamo
queste cose” notò, scuotendo il capo.
“Dei vecchi che si amano”
risposi, alzandomi sulle punte e baciandolo. “Ora però siediti un po’ che devi
prendere la medicina” gli ricordai.
“Ok, mamma” sbuffò.
Ubbidii e poi, mentre
parlavo al telefono con l’agenzia viaggi per confermare il volo da qui a New
York con scalo a Madrid, prese a guardarmi insistentemente.
“Perfetto, il sedici
mattina abbiamo il check in a Fiumicino alle sette” annunciai.
“Deb, ma è vero che Niko ti
pensa ancora?” domandò all’improvviso lui, fissando il vuoto. Mi bloccai all’istante,
senza sapere cosa rispondergli. Gliel’avevo tenuto nascosto perché non volevo
farlo preoccupare inutilmente, ma ora era arrivato il momento di sputare il
rospo e dirgli la verità al 100%.
Sospirai e mi sedetti accanto
a lui. “Come fai a…?”.
“L’ho sentito mentre mi
parlava, è vero che non verrà nemmeno alle nostre nozze?” aggiunse.
“Vedi, Andrea, il giorno in
cui Irene ti ha drogato, in tv hanno fatto vedere che tu, in boxer, te ne stavi
sul letto con lei, e le dicevi che dopo non so che non ti saresti sposato più…
Li sono crollata” spiegai, ed Andrea restò scioccato.
“Non me lo ricordo affatto”
ammise. “Ricordo solo che lei mi stava vicino quando mi sono sentito male”.
Annuii. “Invece è stato
così ed io stavo uno schifo, credevo che davvero volessi stare con lei, e Max
ha mandato Niko a casa, e nella rabbia gli ho detto che… Che avrei voluto
tradirti a mia volta con Alberto per fartela pagare, ma lui… Lui mi ha detto
che ti avrebbe fatto più male se ti avessi tradito con uno di cui ti fidi….”.
“Hai capito…” disse,
socchiudendo gli occhi in due fessure, incitandomi a continuare.
“E così alla fine mi ha
fatto capire che quella persona era lui, io gli ho urlato contro, dicendogli
che era pazzo, che era sposato, lui se ne stava per andare, poi l’ho trattenuto
per un braccio per dirgli che era proprio quello che Eliana andava a dire in
giro ma lui ha frainteso e mi ha baciato, infischiandosene della mia
opposizione, finchè non gli ho calpestato il piede. Alla fine ha ammesso che
ultimamente mi pensava spesso….”.
Gli raccontai tutto, e lui
alla fine parve intontito. “Devo parlarci” decise.
“Non oggi, però…”.
“Ok” acconsentì, ma in
realtà fu proprio Niko a fermarlo quando arrivò.
Li osservai discutere, poi
parlare con più calma, e alla fine darsi la mano.
“Viene al matrimonio” disse
a bassa voce Andrea, mentre servivo i piatti con le pietanze cucinate dalle
nostre madri, quella sera. “Ha detto che sta meglio, ha ritrovato la sua
passione per Eliana, che tenteranno di avere di nuovo il secondo figlio, e che
si sente in colpa, anche se crede che una parte di lui penserà sempre un po’
anche a te” aggiunse un po’ infastidito.
“Oh” mormorai. “Va bene”.
Eppure Niko mi sorrise in
modo quasi ingenuo quando gli servii il piatto, e giunsi alla conclusone che
forse il destino ci aveva legati in un mood bizzarro, che una volta stringeva
l’una, una volta l’altra. Ora bastava solo che slegasse lui e tutto sarebbe
tornato a posto, con il tempo, mi dissi, e passai ancora meglio quella vigilia
di Natale.
“Buon Natale!” urlammo in
coro, facendo rimbombare e riecheggiare le nostre voci per tutto l’ospedale, a
mezzanotte, brindando, poi aprimmo i regali.
Quando Giuseppe vide la
chitarra che gli avevo regalato fece una faccia incredula ed entusiasta.
“Grazie, ma tu sei pazza, ti sarà costata una cifra!” esclamò, abbracciandomi.
“Stai zitto, e poi ti
serviva… Volevo solo farti capire che in questi mesi ti ho rivalutato e per me
sei diventato un vero amico” gli
spiegai.
Lui sorrise. “Me lo hai già
dimostrato in tanti modi” rispose, accennando casualmente ad Eva che sorrideva
in nostra direzione. “Ti voglio tanto bene, Deb” ammise.
“Anche io” risposi.
“Su, ora apriamo anche gli
altri!” trillò mio fratello, e noi annuimmo, convinti che quel Natale non lo
avremmo dimenticato mai e poi mai.
Andrea fu rilasciato il 30
dicembre, quasi del tutto ristabilito. A volte soffriva un po’ un pesante mal
di testa, e doveva prendere tre pillole al giorno per un mese, giusto per
essere sicuri che tutto fosse ok.
Fu così che l’indomani
trascorremmo una meravigliosa vigilia di Capodanno a casa mia, e assaporammo
insieme l’alba del nuovo anno, restando svegli fino alle sette con tutti gli
altri. Da quel giorno mancavano esattamente due settimane alle nozze.
Dire che ero radiosa era
ben poco, tanto che canticchiavo sempre per tutta la casa, quasi ridevo in
faccia agli organizzatori del matrimonio che mi chiamavano per dirmi quanto
fossero indietro, e anche a Paris che voleva che finissi il libro entro la fine
del mese. Ma per la prima volta in sei anni, le dissi che il mio lavoro poteva
aspettare. Ora avevo le nozze e una magnifica luna di miele a cui pensare.
Eppure, il sette gennaio,
mentre mamma andava a ritirare il suo abito per la cerimonia con papà ed Elisa,
Andrea venne a casa, e mi guardò con una strana espressione dal primo momento
in cui mi vide.
“Mal di testa?” domandai
comprensiva, mentre si sedeva sul divano del soggiorno.
“No… Ho fatto uno strano
sogno” ammise. “Il primo da quando mi sono risvegliato” aggiunse.
Tutto il coma per lui era
stato una sorta di sogno, quindi mi dissi che era normale che per il momento il
suo subconscio evitasse di compiere quell’azione.
“E cosa hai sognato…?”.
Lui sospirò. “Irene e
Alberto in carcere”.
“Ah”.
“Voglio andare a trovarli,
Deb, voglio farli sentire idioti e crudeli… Voglio togliermi questa
soddisfazione, e credo anche tu con me, perché sei la persona che hanno più
ferito indirettamente” spiegò.
Esitai. “Ieri c’è stato il
processo e sono stati condannati definitivamente…”.
“20 anni per Irene e 15 per Alberto, lo so” rispose
meccanicamente. “Dieci secondi, li vediamo e ce ne andiamo, ti prego” mi
implorò, prendendo la mano con l’anello di fidanzamento e stringendola.
“Va bene” acconsentii.
Così prendemmo la mia auto
e, una volta arrivati, fummo accolti in un modo stranamente accogliente. Le
guardie sembravano conoscerci oltre ciò che si diceva sui giornali di noi, e
restai sorpresa quando, spiegata la situazione, invece di condurci in quelle
sale dei film dove si parla con il carcerato divisi da un separé trasparente,
ci portarono proprio nel corridoio dove c’erano le prigioni.
“Oddio, mi fa paura questo
posto” sussurrai quando vidi degli uomini addormentati o che ci guardavano in
un modo tra l’invidia e il pentimento da dietro le sbarre scure.
Andrea prese la mia mano e
la intrecciò alla sua. “Tra un po’ avrai solo soddisfazione” disse gelido, e
compresi quanto fosse importante per lui essere lì. Ovvio che volesse una
piccola soddisfazione dopo quello che aveva rischiato. “Anche perché è grazie a
te se anche Alberto è qui”.
Sorrisi, un po’
compiaciuta, prima che la guardia si fermasse. “Ecco” disse, indicando davanti
a sé e allontanandosi di una decina di passi per poi tornare in una posizione
immobile e vigile.
Girai lo sguardo e restai
pietrificata davanti a ciò che avevo davanti: due celle come tante, vicine, in
cui vi erano un uomo e una donna.
L’uomo aveva il viso quasi
scavato, la barba incolta, un’ espressione vuota. La donna aveva il viso
arrossato, gli occhi quasi fuori dalle orbite, tanto che erano gonfi in
confronto al volto sciupato e i capelli biondi disordinati e arruffati che le
arrivavano alle spalle, non più perfettamente piastrati e lucidi come sempre.
Ci guardava con rimpianto e sembrava più in sé rispetto all’uomo.
Eccoli, Irene e Alberto,
coloro che avevano giocato con il fuoco e si erano ustionati.
Andrea strinse la mia mano
con più forza e determinazione. “Quando sarete fuori di qui saranno passati
almeno quindici anni e noi saremmo
sposati da altrettanto tempo. I nostri figli saranno giovani, probabilmente
adolescenti, e sapranno tutto di voi, perché se vi dovessero incontrare l’unica
cosa che gli sarà permesso sarà ricordarvi la cazzata che avete fatto” disse,
il volto contratto in un’espressione furiosa, che conteneva a stento la
passione che trovava in quelle parole. “Spero che un domani capirete cosa vuol
dire rischiare di perdere chi si ama, e
che ragionerete un po’ prima di fare i vostri subdoli giochi. Io sono qui per
fortuna” continuò, ma io lo interruppi.
“Se non fosse qui
probabilmente sarei in carcere al vostro posto per avervi uccisi in preda
alla follia. Anche se credo che non
sarebbe stata affatto una follia ma la cosa meno dolorosa che avrei potuto
farvi in seguito ad una tale azione, una
grazia” dissi gelidamente, presa dalle parole del mio fidanzato.
Andrea mi guardò, quasi
ammirato, e annuì. “Sono qui e il signore mi ha aiutato, mi sono risvegliato
dal coma e tra una settimana sposerò Debora, alla faccia dei vostri piani diabolici.
Ecco, ho finito. Anzi, no. Mi fate schifo” concluse, sorridendo in un modo che
mi fece venire i brividi. “Andiamo, amore” decise, e mi baciò davanti ai loro
occhi.
“Tu non sai quella cosa ha fatto pur di indurmi a
confessare! Non è la santa che credi! Mi ha provocato, non merita di sposarsi
in una chiesa!” urlò come indemoniato Alberto davanti a quella scena.
Andrea rise
sarcasticamente, una risata vuota.
“Anche se avessi sposato te
non avrei meritato di sposarmi in chiesa visto che tu sei la personificazione
del diavolo” ribattei offesa dalle sue parole, e mi voltai con Andrea, mentre si
sentiva una risata isterica di Irene.
Facemmo un cenno alla
guardia e ce ne andammo, soddisfatti e con il pensiero rivolto solo al fatidico
e nemmeno lontano 15 gennaio.
Il regalo di Andrea è stato il migliore, che ha riempito tutti di gioia
ed è duraturo, come le felicità che auguro a lui e la sua futura moglie. Ed un
regalo quei due l’hanno fatto anche a me… Non notate che da qualche capitolo a
questa parte mi hanno raddolcita di brutto?!
Milly’s Space: Al prossimo
cap in cui ci sarà il tanto atteso matrimonio!
Qualche Anticipazione:
“Se vedessi come sta lo
sposo” ridacchiò, godendosi un mondo la mia espressione curiosa.
__________________
“Non
voglio rovinarti la giornata, sappi solo che sono felice per te e che tra me ed
Eli le cose sono quasi alla normalità”.
__________________
Stella si avvicinò con
grazia con in mano il cuscino con le fedi, e Andrea lo prese, mettendolo sul
piccolo banchetto davanti a noi.
__________________
“Come
potrei lasciare quei due piagnoni da soli?” domandò retorico, accennando ai
nostri genitori.
__________________
Giuseppe arrossì e Eva
rise. “Ma no, ci tengo ai miei giorni da nubile, io” specificò, facendomi una mezza linguaccia.
__________________
“Non mi dire che ti è
venuto un attacco di ispirazione per la fine del tuo romanzo!” mi ammonì.
|
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Capitolo 32 *** La Signora Romani e Il Signor Di Bene ***
La Signora Romani e Il Signor Di Bene
Che emozione, che emozione,
che emozione! Ragazze, siete pronte? Avete messo il vostro abito da cerimonia
migliore? Il trucco e i capelli sono perfetti? No, perché ci stiamo per
imbucare nel matrimonio dell’anno, non so se ve ne siete rese conto, eh! xD
Questo cap, l’ultimo prima
dell’epilogo, è lievemente più lungo del solito, ma già è molto se sono
riuscita a smetterlo di scrivere dopo 17 pagine ihih, dopotutto è un giorno
speciale e merita di essere narrato per bene.
E poi, una piccola
trasgressione: vi va di vedere l’abito della sposa prima della cerimonia? xD
Ecco qui (ovviamente non badate alla modella!) :
http://www.sisposa.com/images/Stefanie%20Sposa%202009.jpg
Grazie mille a coloro che
hanno recensito:
CriCri88: Grazie mille ^^
Se il precedente scorreva, beh, spero valga lo stesso per questo e soprattutto
che non sia noioso vista la lunghezza! Un bacione!
alina 95: Si, certo che Andrea
avrebbe potuto essere più cattivo, e di molto, solo che ha preferito essere
tagliente e conciso, anche perché sa che alla fine quei si sono resi conto
della cavolata commessa! Spero proprio che questo capitolo ti piaccia! Un bacio
enorme!
alina 81: Eheh, anche io
vorrei un ragazzo come Andrea, e purtroppo si è anche sposato, sigh! Mettiamo
un annuncio su internet e vediamo se troviamo un gemello identico, che dici? xD
Ti ringrazio per i complimenti, spero di essere stata all’altezza dell’occasione
e di averlo scritto bene questo cap. Un bacio!
Angel Texas Ranger:
Tranquilla per la descrizione, ho messo direttamente il link della foto, ok? ^^
Spero ti piaccia il vestito che la tua nometanea indosserà in questo giorno in
cui coronerà il suo sogno! Bacioni!
Cosa dirvi, vi lascio alla
cerimonia xD Buon divertimento ihih!
A martedì, con l’epilogo,
sigh.
P.S. per questo cap niente
voce narrante…
La vostra milly92.
Capitolo 32
La Signora Romani e Il
Signor Di Bene
La mattina del 15 gennaio, dopo aver dormito per
poco più di quattro ore, anche a causa del folle addio al nubilato che le
ragazze avevano preparato per me, ovvero un giro in limousine per tutta la
città con sosta in decine di locali e negozi che erano rimasti aperti solo per
noi, aprii gli occhi e mi catapultai giù
dal letto quasi come se a svegliarmi fosse stato un getto d’acqua gelata. Non
potevo assolutamente credere che da lì a quattro ore sarei diventata una signora, che avrei cambiato casa, che
mi sarei dovuta occupare delle varie faccende domestiche, ma soprattutto del
fatto che a partire dal giorno dopo quel povero uomo che mi aveva amabilmente
chiesto di sposarlo sarebbe probabilmente morto di fame visto che ero una cuoca
pessima. Ringraziai mentalmente tutti i ristoranti e i fast food in cui avrebbe
pranzato e cenato di nascosto per non offendermi prima che mia madre, agitata quasi più di me,
varcasse la soglia della mia stanza e mi dicesse, come se me lo fossi
dimenticato: “Oggi è il grande giorno! Alzati, che tra un po’ viene la parrucchiera”.
Ubbidii, pensando al mio futuro marito, alla sua bellezza, alla sua gentilezza
e alla sua voce melodiosa per calmarmi. Doveva essere proprio un santo se aveva
deciso di sposare un disastro come me.
“Mamma,
non ce la faccio, mi tremano le gambe” mormorai, appoggiandomi alla parete
mentre lei rifaceva il letto. “E non voglio lasciare questa casa… E’ qui che io
e Andrea ci siamo dati il primo bacio dopo tre anni”.
Scleravo
senza dubbio. La casa che avevamo comprato, anche grazie ai soldi avuti dopo il
disastro del reality, era una villetta vicino al centro della città, poco
distante dalla casa che aveva comprato Max e l’avevamo aggiustata nel migliore
dei modi.
“E
quella sarà la casa in cui nasceranno e
vivranno i miei nipotini” sentenziò lei, sorridendo. “E’ ovvio che sei
agitata, ma da oggi per te inizia una nuova vita, devi essere felice, Andrea
sta bene e domani sarai in aereo per un favoloso viaggio di nozze in America…”
mi tirò su, e funzionò: sorrisi, ripensai ad Andrea, a cosa sarebbe significato
averlo tutto per me dopo quei casini e così andai in bagno, ancora avvolta nel
mio pigiamone pesante.
Ma
nonostante il freddo, quella giornata si annunciava soleggiata, ed era meglio
così, avevo sempre odiato i matrimoni festeggiati in giorni troppo caldi e
afosi. Bastava che non ci sarebbe stata la pioggia.
Appena
uscii dal bagno suonarono la porta e mia madre aprì in un battibaleno, agitata
quanto me, rivelando Vittoria.
“Bon
jour” cinguettò.
“Ehi,
Vittoria!” la salutai, dandole un bacio sulla guancia.
“Ciao,
cognatina! La parrucchiera sistemerà anche me, dopo” spiegò.
La
guardai con aria furba. “Di la verità, sei venuta a controllare che facesse un
ottimo lavoro, vero?” domandai, ricordandomi tutti i casini che aveva fatto per
farmi chiamare la parrucchiera che diceva lei e ci era rimasta male quando
avevo rifiutato. Insomma, i miei capelli erano difficili da gestire, troppo
lunghi e crespi, una parrucchiera del calibro di quella che aveva scelto era sprecata
visto che non poteva fare niente di che.
Lei
sbuffò. “Ok, si, ma dopo farà sul serio anche i miei capelli”.
Annuii,
poi la condussi nella mia stanza.
“Se
vedessi come sta lo sposo” ridacchiò, godendosi un mondo la mia espressione
curiosa. Come voleva la tradizione, una tradizione antiquata e vecchia come la
mia bisnonna, io e Andrea non ci eravamo visti il giorno prima delle nozze… Ma
avevamo messaggiato, eheh!
“Non
ha dormito per tutta la notte, è stato tre ore a guardare le vostre foto, poi
ha cercato di leggere un libro, poi ha iniziato un avanti e indietro dal
soggiorno alla cucina… Quando mi sono svegliata l’ho trovato che fissava il suo
abito da cerimonia, e da quel che ho capito voleva organizzare una serenata con
il resto dei ragazzi” aggiunse, continuando a sghignazzare perfidamente.
“Una
serenata?”. La guardai sconvolta e divertita. “E perché non l’ha fatto?”.
“Perché…”
esitò, prima di affacciarsi alla finestra, sorridere e alzare il pollice verso
qualcuno. “La fanno ora!” concluse, voltandosi verso di me per studiare la reazione.
Scossi
il capo e risi, giusto per nascondere la vergogna. Da giù si sentì un
inconfondibile rumore di chitarre, ed io mi affacciai, nonostante il pigiamone,
e sorrisi a Francesco, Dante, Giuseppe e Max che iniziarono a cantarmi una
serenata di serie A. Mia madre subito entrò nella stanza, fin troppo attiva
visto che erano solo le sei e dieci di mattina, e mezzo palazzo si affacciò, e
qualcuno iniziò ad urlare: “Auguri, congratulazioni!”, la signora Ernesta
compresa, la padrona di casa.
Sorrisi
goffamente, imbarazzata, fino alla fine, quando le chitarre smisero di suonare
e i quattro ragazzi salirono, dato che mamma li aveva chiamati per un caffè e
un dolcetto.
“Che
ne dici, vado bene come quarto Gold Boyz?” mi domandò Max appena entrò in casa,
abbracciandomi.
“Si,
ma per oggi non metterti niente in testa, ti voglio come mio testimone e basta”
risposi.
Abbracciai
gli altri tre, e mamma li fece accomodare in soggiorno. “Ragazzi, siete stati
bravissimi!” si congratulò.
Loro
sorrisero e mi guardarono con un’aria strana, la stessa che papà aveva fatto il
giorno in cui mi ero laureata.
“Era
poco più di una bambina quando l’abbiamo conosciuta, ed ora si sposa” mormorò
Giuseppe, senza smettere di fissarmi.
“Poco
più di una bambina? Avevo quasi sedici anni, che diamine…” protestai.
“Che
protesti a fare, anche ora resti sempre la piccolina del gruppo” mi ricordò
Francesco, ammiccando.
“Eppure,
piccolina e buona ha fatto perdere la testa al nostro Andrea” aggiunse Max,
prima che suonassero alla porta.
Vittoria
corse ad aprire, ed entrò Cinzia, la parrucchiera.
I
ragazzi se ne andarono, dicendo che sarebbero passati verso le nove, e Cinzia
subito mi rapì tra le sue grinfie. Si aggiunse anche Eva, appena sveglia, con i
capelli piastrati alla perfezione dal parrucchiere da cui era andata la sera
prima, per un ruolo di consigliera.
“Posso
vedere il vestito?” domandò curiosa la parrucchiera. “Così ci abbiniamo la
pettinatura”.
Glielo
mostrai, anche perché aveva subito qualche piccola modifica. Era senza
spalline, con il corpetto ricamato con delle specie di perline che andavano
verso il color oro, il gonnellone scendeva abbastanza sfarzoso ed era ricoperto
da un velo che scendeva con varie pieghe, come se fosse a balze. Dietro aveva
un piccolo strascico, e sopra ci avrei messo una sorta di copri spalle con gli
stessi ricami del corpetto visto che era gennaio.
“Wow”
commentò. “Ma cosa ne dici se tagliamo
un po’ questi capelli e fai una bella frangetta laterale?” propose, scrutando i
miei capelli che arrivavano fino a più metà schiena.
“Si,
dai” accettai. “Ma non li tagliamo molto!” aggiunsi, e mamma sospirò. Lei
adorava i miei capelli, se li avessi tagliati di molto lo avrebbe considerato
un omicidio.
Poco
dopo arrivò anche l’estetista, che iniziò a farmi la manicure mentre Cinzia,
dopo avermi lavato i capelli, li tagliava.
Alla
fine li tagliò in modo che arrivassero a quasi metà schiena, me li fece tutti a
boccoli e li legò con due fermagli brillantinati ai lati, con una particolare
elaborazione dietro e la frangetta laterale liscia che era libera dal resto
della pettinatura. L’estetista, dal canto suo, mi truccò magnificamente, e quando
finì erano ormai le otto, il sole era alto nel cielo e potevo dire che quella
sarebbe stata una magnifica giornata in tutti i sensi.
Papà
e Dario, appena si svegliarono mi abbracciarono calorosamente, e papà sembrava
non volesse più lasciarmi stare. Per la prima volta in vita mia lo vidi con le
lacrime agli occhi, e lui si giustificò ironico con il fatto che il fotografo
non fosse lui quel giorno, visto che era il suo mestiere. Lo avevo esonerato
semplicemente perché non volevo farlo lavorare e fargli godere la giornata, ma
comunque alla fine si sarebbe occupato lui di stampare le foto e farci il book
nuziale. Diciamo che il fotografo di quel giorno sarebbe stato pagato solo per
immortalare quei magici momenti. Per non parlare dei paparazzi che ci sarebbero
stati…
Quando
venne il momento di indossare l’abito, mamma, Eva e Vittoria, bellissime nei loro vestiti eleganti
e raffinati, mi aiutarono.
Vittoria
mi infilò prima di tutto una giarrettiera candida, con mio sommo imbarazzo, in
tinta con la biancheria ricamata che mi avevano obbligato ad indossare, poi mi
aiutò ad entrare nel vestito, ad allacciare il corpetto.
Per
infilarmi le scarpe, dei semplici decolté bianchi con il cinturino intorno alla
caviglia, ci vollero vari minuti visto che il gonnellone oscurava tutto, e poi
fu il turno del velo.
“Sei
magnifica tesoro mio” disse mamma, sorridendo in un modo nostalgico.
“Guardati”
aggiunse Vittoria, soddisfatta quasi come se fosse tutta opera sua. In un certo
senso lo era, mi aveva aiutata e consigliata in quei mesi, e non le sarei mai stata
grata abbastanza.
Sospirai,
chiusi gli occhi e mi voltai verso l’enorme specchio a muro che avevo nella mia
stanza. Poi allargai gli occhi, ammaliata dalla figura che avevo davanti, e per
la prima volta fui davvero fiera e soddisfatta di me stessa. Il trucco rendeva
i miei lineamenti più raffinati, il vestito si modellava perfettamente addosso,
i capelli sembravano naturali nella loro semplicità che comunque era costata
ore ed ore di fatica.
“Cavoli”
balbettai, girandomi e cambiando angolazione.
“Sei
bellissima” cinguettò Eva .
Restai
un altro po’ a guardarmi, prima che bussassero alla porta. Erano papà e Dario,
di nuovo, e li vidi sconvolti quanto me. Si persero in lodi finchè non
bussarono di nuovo alla porta, e in quel momento venne il fotografo con tanto
di camera man, e iniziarono a fotografare e filmare ogni singolo momento, fin
quando non vennero anche Manuela e Stella in qualità di damigelle e Max con sua
moglie, che si avvicinò a me insieme ad Eva visto che erano i testimoni.
“Non
ho parole, nipotina” sussurrò commosso
al mio orecchio, riabbracciandomi per la seconda volta. “E’ più forte di me,
non ci credo che stai per sposarti, che sei sul serio una donna… Sei stupenda,
Andrea è un uomo molto fortunato, il più fortunato di tutti”.
“Zio,
smettila che mi fai commuovere” lo rimproverai.
“Te
lo meriti dopo tutti i casini degli ultimi mesi” disse Eva seria, prima di
abbracciarmi a sua volta.
Suonarono
ancora alla porta, e sorrisi nel vedere entrare Silvia, avvolta in un abito
azzurro meraviglioso. Mi guardò e batté le palpebre,poi fece un risolino
incredulo.
“Deb,
sei fantastica! Sarai la sposa dell’anno” decretò, abbracciandomi.
“Grazie,
Silvia”.
“Goditi
questo giorno, anche perché conoscendo te e Andrea sono certa che sarà il tuo
unico matrimonio” sghignazzò.
Ridacchiai
nervosamente e la riabbracciai con slancio.
Il
fotografo ci fece varie foto, poi toccò alla mia famiglia, il camera man
riprese alcune scene e alla fine mi lasciarono libera. La casa era gremita di
gente, e sentii le voci di alcuni parenti, zia Laura compresa.
“Debora,
ma quanto sei bella, a zia!” disse, raggiante, avvolta in un abito color crema.
La
nonna mi abbracciò, proprio come zia Marta, la madre di Eva, mio cugino Francesco
si avvicinò insieme alle mie cugine Rosa e Antonietta e si congratulò con
affetto, prima di avvicinarsi ad un Giuseppe appena entrato, avvolto in uno
smoking blu, e dirgli due paroline di chiarimento visto che lo aveva appena
visto salutare Eva, magnifica nel suo abito blu notte a tubino, con un bacio e
un complimento pieno di desiderio.
A
tutto ciò si aggiunsero i miei amici: Paris e Daniele, Rossella e Pierre,
Beatrice, Ada e Natascia che non mi avevano ancora salutato, e infine anche
Eliana e Niko.
“Debora,
l’essere sposa fa proprio per te” disse Eliana, sempre più magra ma sorridente.
“Sei favolosa”.
“Grazie,
tu piuttosto come stai?” domandai, cercando di non inciampare visto che avevo
fatto un paio di passi.
“Bene,
sto prendendo dei farmaci ma il tumore ormai è stato sconfitto” sorrise lei.
Poi
si allontanò, avvicinandosi a Stella che rischiava di sporcarsi con la crema di
un dolcetto del buffet che mamma aveva preparato, e restai solo con Niko, che
mi squadrava in un modo tale che mi metteva soggezione.
“E’
inutile che ti dica quanto sei meravigliosa” mormorò. “Non voglio rovinarti la
giornata, sappi solo che sono felice per te e che tra me ed Eli le cose sono
quasi alla normalità”.
Respirai
a fatica ed annuii. “Niko, non devi dirlo per me, devi farlo per te. Io sono
felice così, ho rischiato di perdere Andrea e le cose ci sono andate bene per
fortuna… Ora sei tu che devi sistemarti la tua vita, hai una moglie, una
figlia, il mestiere che ami, il tuo destino è stare con Eliana, tu l’amerai per
sempre, quello che hai provato per me è stato solo un momento di confusione e
posso capirlo…”.
“Lo
so, lo so. Ma tu resterai sempre e comunque la mia piccola fissa” ammise.
“Oppure può darsi che domani mi sveglierò e ti reputerò una semplice amica come
è successo quasi dieci anni fa”.
“Spero
sia così” dissi.
Lui
annuì. “Mi dispiace solo averti detto che non sarei venuto…”.
“L’importante
è che sei qui” sussurrai, e lui mi strinse rapidamente a sé prima di
allontanarsi.
“Lo
sposo sta uscendo dal palazzo” cinguettò Paris. “Quindi direi che tra cinque
minuti possiamo scendere”.
“Com’è?”
domandai, curiosa.
“Lo
scoprirai con i tuoi occhi” rispose perfida lei, prima di abbracciarmi con
slancio. “Non sai come sono felice di esserti amica, Deb, sul serio”.
“Lo
sono anche io” rivelai, stringendola. Dal palazzo si sentiva il trambusto dei
paparazzi, delle persone che erano venute
a vedere il loro idolo sposarsi, e dei semplici abitanti del condominio.
Cercai di immaginare Andrea in tutto il suo splendore, e sentii una scossa di
pura gioia invadermi quando mi ricordai che tra meno di un’ora sarei diventata
sua moglie.
L’ultimo
giorno da Debora Di Bene era passato, e di lì a poco sarei stata la Signora
Debora Romani.
“Direi
che possiamo andare” disse mamma a tutti gli invitati poco dopo, e loro
abbandonarono la casa velocemente, tranne Stella e Manuela, lasciandola
improvvisamente vuota e deserta.
“Andiamo?”
domandò papà, con una voce incerta, porgendomi il braccio, mentre le bambine si
avvicinavano entusiaste al velo.
“Si,
solo un secondo. Lasciami dire addio a questa casa” lo pregai, così passai
un’ultima volta per la cucina, il bagno, il soggiorno, le tre camere da letto…
Quanti ricordi, quante risate, quanti pianti aveva ospitato quella casa. Ed ora
l’avrei abbandonata, per iniziare una nuova vita. Probabilmente sarebbe stata
migliore, ma niente e nessuno avrebbe
potuto cancellare ciò che era successo tra quelle mura, tutto quello che mi
aveva aiutato a crescere e diventare quella che ero attualmente.
Alla
fine sospirai, mormorai un breve “Addio!” e presi papà sottobraccio, scendendo
lentamente, con le bambine dietro, cercando di non cadere. Fummo accolti con un
applauso e una decina di flash, tutti quelli che non avevo ancora visto si
congratularono con me, la padrona di casa mi salutò e le consegnai le chiavi
che avevo ancora in mano, e alla fine entrai con papà nell’auto d’epoca che
avremmo affittato per trasportarci fino alla chiesa.
L’ultimo viaggio in auto da
nubile, pensai. E non fu certo un pensiero pieno di rimpianti, anzi.
Alla fine, quando arrivammo
in chiesa, vidi decine di persone intorno all’edificio, vidi qualche flash
scattare, e tre passi prima di entrare
in chiesa sospirai.
“Ti voglio bene papà,
ricordalo” sussurrai, stringendogli il braccio ancora di più, emozionata.
“Te ne voglio anch’io,
piccolina mia, e chiamami per qualsiasi cosa” rispose lui, con la solita voce
rotta dall’emozione.
“Uno, due, tre, andiamo, mi
raccomando piccoline!” dissi alle bambine dietro di me, che reggevano il velo
in un modo esemplare.
“Tranquilla, zia!” disse
Stella.
Sorrisi, cacciai un ultimo
respiro e mossi due passi avanti, finchè non entrammo nella chiesa con la nota
marcia nuziale in sottofondo. Tutti si voltarono verso di me, mentre camminavo
in un modo lento ed estenuante, per non cadere, adocchiai tutti i miei parenti,
quelli di Andrea, finchè alla fine non guardai in fondo alla chiesa, vicino
l’altare, e lo vidi, bello come il sole.
Eccolo, colui che sarebbe
diventato mio marito a breve. Sorrideva radioso in mia direzione. Il suo corpo
perfetto era fasciato da un completo grigio perla, proprio come la sottile
cravatta e accompagnato da una camicia bianca. Quel giorno aveva rinunciato
alla consueta cresta, abbassando i capelli scuri in un modo comunque
particolare, ed i suoi occhi nocciola mi sembravano due fari in mezzo al mare aperto.
Vicino a lui, Giuseppe e Vittoria sorridevano, e alla sua destra Eva e Max mi
guardavano, gioiosi.
Papà mi strinse il braccio
più forte che mai poco prima di arrivare a destinazione, poi, una volta vicini
al mio sposo, mi baciò la fronte e portò la mia mano su quella di Andrea, che
fece un elegante baciamano, cosa così ormai inconsueta che però fatta da lui
risultava normalissima.
Mi guardava trionfante,
emozionato, e lanciai un ultimo sguardo a papà che prese posto al primo banco
vicino a mia madre, mio fratello e i genitori di Andrea per poi guardarlo
anch’io con intensità.
“Sei mille volte meglio di
come ti ho sempre immaginato in quest’occasione” disse. “Ti amo”.
“Ti amo anch’io” risposi, e
poi ci voltammo verso il prete, Don Eugenio, che ci sorrise bonariamente.
“Cari fratelli, siamo qui
riuniti per celebrare l’unione di questi due anime, così assorbite nell’amore
reciproco che hanno sostenuto molte sfide prima di raggiungere questo
traguardo. Ci hanno dimostrato che l’amore vero non consoce limiti, e lo hanno
fatto superando un coma e due persone meschine che hanno fatto di tutto per
ostacolarli. Dio vi benedica, ragazzi, anzi, lo ha già fatto, e voi lo sapete
meglio di me. Vi siete conosciuti dieci anni or sono, il destino vi ha separati
e ora siete qui, pronti a giurarvi amore eterno…” iniziò, alzando le mani con
fare profetico, ed io e Andrea ci sorridemmo.
La messa continuò con vari
discorsi e letture, e per la prima volta in vita mia l’ascoltai per filo e per
segno, comprendendo ogni singola cosa, finchè non arrivò il fatidico momento.
Stella si avvicinò con
grazia con in mano il cuscino con le fedi, e Andrea lo prese, mettendolo sul
piccolo banchetto davanti a noi.
Mi mancava il respiro quasi
quasi, ci scambiammo le promesse e poi venne il momento di Andrea, che slegò la
mia fede con fare rapido.
“Vuoi tu, Andrea Romani,
prendere la qui presente Debora Di Bene come tua legittima sposa, di
rispettarla e onorarla tutti i giorni della tua vita, nella gioia e nel dolore,
nella salute e nelle malattia, in ricchezza e in povertà finchè morte non vi
separi?” domandò Don Eugenio.
Il mio stomaco era un vero
proprio subbuglio nonostante fosse vuoto da più di dodici ore, sentivo caldo, e
non c’entrava il fatto che fossi circondata da riflettori per far venire meglio
foto e video, e il momento in cui Andrea mi guardò negli occhi prima di
rispondere mi parve durare in eterno.
Mi sorrise e prese fiato.
“Si, lo voglio” disse, con una sicurezza mai vista, ed io sorrisi trionfante
mentre mi metteva la fede all’anulare sinistro, sopra l’anello di fidanzamento.
Il prete sorrise a sua
volta e si volto verso di me. “Vuoi tu, Debora Di Bene, prendere il qui
presente Andrea Romani come tuo legittimo sposo, di rispettarlo e onorarlo
tutti i giorni della tua vita, nella gioia e nel dolore, nella salute e nelle
malattia, in ricchezza e in povertà finchè morte non vi separi?”.
Andrea mi passò l’anello e
lo guardai un’ultima volta, sentendomi orgogliosa di tutto quello che stava
avvenendo perché un marito migliore non lo avrei trovato mai, nemmeno se avessi
messo un annuncio per strada. Presi un
po’ di fiato, cercando di non tremare. “Si, lo voglio” dissi, e nel momento
esatto in cui finii di pronunciare la frase mi sentii il cuore esplodere di
gioia: ecco, ce l’avevo fatta, ora ero ufficialmente la signora Romani, niente
e nessuno mi avrebbe mai potuto separare da Andrea.
Lui, dal canto suo, fece un
sorriso a trentadue denti. “Allora io vi dichiaro marito e moglie!” annunciò il
prete, e non aveva neanche finito la frase che Andrea mi abbracciò prima di
baciarmi con trasporto. Subito risposi al bacio, il nostro primo bacio da
marito e moglie, circondandogli il collo con le braccia, e attorno a noi
scoppiò un applauso fragoroso, seguito da decine di flash.
“Ti amo, signora Romani”
sussurrò lui quando si separò.
“Finalmente ce l’abbiamo
fatta! Ti amo alla follia” dissi, prima che le damigelle iniziassero ad
abbracciarci verso i fianchi, ovvero fin dove arrivavano, e le nostre famiglie
iniziassero a circondarci e congratularsi.
“Tesoro, vieni qui!”
piagnucolò mamma, con le lacrime agli occhi e un fazzolettino merlettato in
mano.
“Allora ti sei sposata,
sorellona” borbottò Dario, con lo sguardo basso.
“Si” dissi, emozionata.
“Mi sei mancata in questi
anni, ma... Ora sarà diverso, ora avrai una famigli tutta tua, si sentirà di
più la tua assenza” ammise, prima di abbracciarmi. Mi fece male vederlo così,
ma quello era il costo che si pagava dopo il matrimonio, mi dissi.
“Potrai sempre essere mio
ospite se vorrai venire anche tu qui” dissi.
Lui scrollò le spalle.
“Come potrei lasciare quei due piagnoni da soli?” domandò retorico, accennando
ai nostri genitori. “Per tanti anni sei tu che hai badato a me, ora tocca a me
badare a loro”.
Annuii, cercando di non
piangere, e mi persi nelle braccia di papà che mi strinsero poco dopo.
Lo stesso fu con Elisa,
Giulio e Vittoria; Eva si gettò tra le mie braccia, felice per me, Giuseppe
abbracciò sia me che Andrea contemporaneamente…
“Congratulazioni, ormai sei
una delle mie pronipoti” disse la prozia Linda, tuttavia aprendosi in un
sorriso.
“Si… Posso chiamarla zia
allora?” domandai speranzosa e desiderosa di andarci sempre c’accordo.
“Permesso accordato, ma
qualche volta vieni da me e facciamo un po’ di scuola di cucina”.
“Certo, ma dopo che avrò
pubblicato il libro, ok?” domandai, cercando di svignarmela, e lei rise,
annuendo.
Fu tutto un susseguirsi di
emozioni finchè non salimmo nell’auto che ci avrebbe condotto al ristorante,
“Il pozzo dei desideri”.
Mentre l’autista suonava il
clacson a più non posso con aria festosa, mi appoggiai al petto di Andrea, che
mi stringeva a sé.
“Ci credi? Un anno fa ero a
Milano, nostalgico e pieno di voglia di vederti e di sposarti, ed ora sono qui,
con te e questa fede che mi fa capire che il nostro sogno si è realizzato…” disse,
alzando la mano per mostrare l’anello dorato.
“Ci credo, devo crederci
dopo che ho agognato questo momento da sempre, probabilmente dalla prima volta
che ti ho visto, inconsciamente. Sono tua moglie!” aggiunsi, ridendo, alzando a
mia volta la mano con la fede e intrecciandola con la sua.
“Sono tuo marito, Andrea Di
Bene” ironizzò, prima di calarsi e baciarmi con una passione mai vista per
chissà quanto tempo.
“Ti amo, ti amo, ti amo, ti
amo…” dissi contro le sue labbra, stringendolo sempre di più verso di me.
“Con quest’abito sei ancora
più spettacolare del solito” mormorò contro il mio orecchio, facendomi venire i
brividi lungo la schiena.
Per arrivare al ristorante ci
volle circa mezz’ora, durante la quale restammo stretti a sussurraci dolci
frasi all’orecchio, e alla fine uscimmo dall’auto, io con molta difficoltà a
causa del vestito e grazie a lui che mi aiutò elegantemente, sotto lo sguardo
di tutti e ulteriori applausi degli invitati. C’erano decine di fotografi e
ospiti VIP ovviamente.
I camerieri ci diedero il
benvenuto e ci condussero verso un gazebo per il buffet, e poi entrammo
nell’enorme sala che avevamo prenotato per il pranzo.
Io e mio marito prendemmo
posto con i testimoni più Beatrice e Manuela, al centro della sala, e poco dopo servirono
l’antipasto.
“Lo dicevo che ti saresti
sposata prima di me” ridacchiò Eva, mentre addentava un gamberetto.
La guardai e Andrea rise.
“Amico, questo è un modo indiretto per dirti: “Chiedimi di sposarti!”, lo sai
no?” disse, facendo l’occhiolino.
Giuseppe arrossì e Eva
rise. “Ma no, ci tengo ai miei giorni da nubile, io” specificò, facendomi una mezza linguaccia.
“E tieniteli stretti, tanto
io ho quelli da sposata che inizieranno con un bel viaggio in America” ghignai.
Ridemmo di cuore, prima di
proseguire con il pasto. Ancora realizzavo per bene di essere sposata, e ogni
volta che vedevo la fede sorridevo.
Poi fu il turno delle
danze, aperte ovviamente da me e Andrea, per poi procedere con papà, che
rivendicò il suo ruolo con una fierezza unica mentre ballavamo “You’re
beautiful” di James Blunt.
Seguì mio fratello, mentre
Andrea ballava con sua madre, poi con Vittoria e mia madre, e poi io con Daniele, Max e altri
miei cugini, oltre mio suocero ovviamente.
Durante una delle pause dal
menù, Andrea si avvicinò al pianobar. “Sono secoli che non canto una canzone in
pubblico, ed oggi mi sembra il momento adatto per ricominciare” disse,
guardando verso di me che sorrisi come un’ebete mentre tutti si voltavano
a guardarmi a loro volta. “Questa
canzone la cantai con il mio gruppo dieci anni fa a Music’s Planet e durante le
prove Debora divenne la mia musa ispiratrice mentre ci guardava, tanto che
arrivai a guardarla così fisso che Francesco non la smetteva di ridere,
ricordi, amore?” domandò, sorridendo, mentre Francesco, Giuseppe e Dante
sghignazzavano.
Come dimenticarla? Erano le
prime prove a cui assistevo come life caoch…
“Si” risposi.
“Perciò… Una canzone
vecchia, certo, ma che per noi avrà sempre un grande significato, “A te”!”.
Applaudimmo, prima che i
ragazzi lo raggiunsero e iniziassero a suonare chi il pianoforte, chi a fare il
coro.
A te che sei l’unica al
mondo
L’unica ragione per arrivare fino in fondo
Ad ogni mio respiro
Quando ti guardo
Dopo un giorno pieno di parole
Senza che tu mi dica niente
Tutto si fa chiaro
A te che mi hai trovato
All’ angolo coi pugni chiusi
Con le mie spalle contro il muro
Pronto a difendermi
Con gli occhi bassi
Stavo in fila
Con i disillusi
Tu mi hai raccolto come un gatto
E mi hai portato con te
A te io canto una canzone
Perché non ho altro
Niente di meglio da offrirti
Di tutto quello che ho
Prendi il mio tempo
E la magia
Che con un solo salto
Ci fa volare dentro all’aria
Come bollicine
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che io
Ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti
Stringendoti un po’
E poi ti ho visto
Con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita
E trascinarla in salvo
A te che mi hai insegnato i sogni
E l’arte dell’avventura
A te che credi nel coraggio
E anche nella paura
A te che sei la miglior cosa
Che mi sia successa
A te che cambi tutti i giorni
E resti sempre la stessa
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che non ti piaci mai
E sei una meraviglia
Le forze della natura si concentrano in te
Che sei una roccia sei una pianta sei un uragano
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano
A te che sei l’unica amica
Che io posso avere
L’unico amore che vorrei
Se io non ti avessi con me
a te che hai reso la mia vita bella da morire, che riesci a render la fatica un
immenso piacere,
a te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande,
a te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più,
a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo,
a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore,
a te che sei, semplicemente sei, sostanza dei giorni miei, sostanza dei sogni
miei...
e a te che sei, semplicemente sei, compagna dei giorni miei...sostanza dei
sogni...
Una volta finito scese dal
palco e ballò con me una canzone del suo gruppo.
“Grazie…” mormorai.
“E di che, dovere
coniugale” disse, facendo l’occhiolino.
La cerimonia proseguì
allegra, fino a poco prima della torta, ovvero quando, dopo Rossella ed Eliana,
Niko si avvicinò al pianobar.
“Questa è la mia ultima
canzone, sono riuscito a scriverla dopo mesi bui e vorrei dedicarli ad Andrea e
Deb per questo giorno così felice che stanno vivendo” disse, prendendo il
microfono dopo aver messo la base.
Io e Andrea ci guardammo e
lui sospirò, stringendomi a sé.
Quando ero ancora pieno di illusioni credevo che il mondo potesse
crollarmi addosso senza ferirmi, ma poi
poi ho incontrato te e tutto è crollato con un rumore dieci volte più
forte
un dolore dieci volte più forte
ma solo perché sapevo che eri impossibile da raggiungere,
eri la ciliegina sulla torta di un sogno che stavo vivendo ma solo a
metà
poi di nuovo l’illusione, un piccola gioia, una bugia
un bacio rubato, una speranza appena nata
e poi un altro crollo, lui, che conoscevo bene ma non molto
ti ha rapito, rubato da me,
ed io…
Io idiota non capivo di amarti
credevo fosse affetto
una cotta passeggera come se fosse un piccolo giochetto
poi mi sono scottato, alla faccia della cotta,
e col cuore in pezzi, mi sono bruciato.
Poi venne lei, la vita mia cambiò
e ormai di te, niente mi importava
di nuovo, bastardo, idiota, la verità dilagava,
non m’importava che tu ci avessi ripensato
Io idiota non capivo di amarti
credevo fosse affetto
una cotta passeggera come se fosse un piccolo giochetto
poi mi sono scottato, alla faccia della cotta,
e col cuore in pezzi, mi sono bruciato.
Alla fine toccò a te, trovare il vero amore, sempre con lui
ed io con lei, eravamo perfetti
felici, radiosi, nacque anche mia figlia…
Ed oggi che ti sposi, sono qui tra i tuoi maggiori affetti!
Tutti applaudirono, ed io
dissi che ci era andata bene, alla fine la canzone non era triste più di tanto.
Ci fu il taglio della
torta, la distribuzione delle bomboniere, il lancio del bouquet preso da una
meravigliata Paris, e alla fine, dopo un’infinita valanga di abbracci, di “Ti
voglio bene!”, e aver indossato l’abito post nozze, una gonna a tubino nera con
una camicia di raso di un azzurro intenso, salimmo in auto e andammo nella
nostra nuova casa.
“Aspetta!” mi ammonì
Andrea, una volta aperta la porta della nostra villa. Mi prese in braccio e
sorrisi, stringendomi a lui.
“Tradizionalista al
massimo, eh?”.
“Ovviamente”.
Non mi portò nemmeno a fare
il giro turistico della casa, ormai la conoscevamo a memoria, eppure gli dissi
di condurmi nello studio.
Mi guardò interrogativo ed
ubbidì. Scesi dalle sue braccia e restò
sconvolto quando mi vide accendere il computer.
“Non mi dire che ti è
venuto un attacco di ispirazione per la fine del tuo romanzo!” mi ammonì.
Risi e scossi il capo. “Ma
no, guarda….”.
Restò sconvolto quando vide
che ero nella home page di Facebook, precisamente nel mio profilo.
“Ma che…?”.
“Cambio il mio stato”
spiegai, e da fidanzata passai a sposata.
Andrea fece una faccia
comprensiva prima di ridere di cuore e scuotere il capo. “Ti adoro quando fai
queste cose” sussurrò, mentre spegnevo il computer.
“E se faccio così mi ami?”
domandai, falsamente ingenua, aggrappandomi a lui e baciargli il lobo
dell’orecchio.
Lui sospirò e mi prese in
braccio di nuovo, questa volta con le mie gambe che stringevano la sua vita.
“Ti venero” ridacchiò, e in un battibaleno mi ritrovai sul gigante letto
matrimoniale della nostra stanza da letto, coperto da un copriletto oro e
pesca.
“Sarà la cinquantesima
volta che te lo dico, ma non ci credo ancora di essere tua moglie” sussurrai,
mentre mi baciava in un modo estenuante il collo.
“Nemmeno io. Come me la sto
cavando come marito?” domandò.
“Bene”. Sorrisi
apertamente, e accarezzai il suo volto con dolcezza. “Ed io come moglie?”.
“Egregiamente”.
“Aspetta a quando
ritorneremo dal viaggio e ti preparerò
il primo pranzo!” ridacchiai.
“Sopravvivrò” disse. “Non
devi preoccuparti di nulla, ora ci siamo solo io e te, abbiamo compiuto questo
passo e saremo la coppia più felice del mondo” mi rassicurò, prendendo la mia
mano e incastrando le sue dita tra le mie.
“Hai ragione” ammisi, e ci
baciammo con foga, prima di dimenticare tutto intorno a noi che non fosse
l’altro.
Prese a slacciarmi la camicetta mentre io facevo lo
stesso con la sua cravatta.
“Buona prima notte di
nozze, signora Romani” annunciò.
“Buona prima notte di
nozze a te, signor Di Bene” risposi,
facendo l’occhiolino, e mi persi nell’oblio di quell’intensa notte, finalmente
felice nell’aver realizzato il mio sogno d’amore con la persona che più amavo
al mondo.
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Capitolo 33 *** Epilogo: 5 Anni Dopo ***
5 Anni Dopo
Epilogo
5 Anni Dopo
Muore dopo cinque anni di reclusione per suicidio: ecco la fine di
Alberto Morelli.
Ieri, 13 gennaio, una delle guardie carcerarie del carcere Romano in cui
Alberto Morelli e Irene Massa stavano scontando i loro anni di prigione per lo
scandalo avuto durante il reality show “Lavori in corso” più di cinque anni fa,
verso le sette e un quarto del mattino
ha trovato il corpo esanime dell’uomo legato ad una coda per la gola. E’ così
che questo personaggio prima tanto amato nel mondo letterario,e poi disprezzato
per le sue azioni ha deciso di porre fine alla sua vita. Probabilmente deve
essere successo verso le cinque del mattino, dopo che la guardia di turno ha
dovuto abbandonare la postazione per una crisi d’asma di uno dei reclusi nel
reparto adiacente. Irene Massa, sconvolta, commenta così: “Avevo ricevuto da
poco la copia del giornale di cui facevo parte e quando ha saputo che Debora
Romani, la donna che l’ha portato a fare pazzie e per cui ha accettato di
collaborare con me all’epoca, aspettava un bambino gliel’ho detto. Lui da quel
momento non mi ha più rivolto la parola, è diventato taciturno, e ha rifiutato
d’incontrare la psicologa che lo veniva a trovare una volta a settimana. E poi
la mattina dopo ho scoperto del suicidio”.
(l’articolo continua a pagina 5)
Leggo per la decima volta l’articolo, che ormai so
quasi a memoria per tutte le volte che l’ho fatto, e poi mi decido a buttarlo
nella spazzatura. La notizia ha fatto il giro del paese e domani ci saranno i
funerali. Non ci andrò, sarebbe come perdonarlo, ma sarei ipocrita: non lo farò
mai.
Mi alzo, indosso i primi
vestiti che mi capitano sotto mano, poi guardo allo specchio e non vedo altro
che una trentunenne in attesa di un bambino, con il ventre rigonfio e un volto
più cicciottello del solito. E poi subito lui, mio marito, che appena mi vede
sorride, si avvicina e mi abbraccia, circondando il mio pancione con le braccia
in modo da stringerci entrambi.
“Buon quinto anniversario”
mi sussurra, baciandomi una guancia.
“Anche a te” rispondo,
voltandomi e abbracciandolo.
Lui mi guarda con un’aria
un po’ sospettosa e critica e poi sospira. “Hai fatto la solita nottata a
scrivere” mi rimprovera. E’ un’affermazione, non una domanda.
“No, non la nottata!”preciso.
“Solo dalle tre alle cinque e mezzo, giuro” mi giustifico.
“Non devi stressarti!” mi
rimprovera, ma io sorrido e gli circondo le braccia con il collo.
“Era per una giusta
causa…”.
“E sarebbe?”.
“Ho finito. Ho finito anche
il secondo libro, così non ti tedierò più” spiego, e quando vedo la sua
espressione non sorpresa più di tanto sbuffo. “Uffa, ho appena finito di
scrivere due romanzi sulla mia biografia dai quindici anni e mezzo fino alle
nostre nozze, potresti anche farmi un applauso”.
Andrea sorride e poggia la
sua fronte contro la mia, circondandomi la vita con le braccia. “Lo so che sei
un fenomeno, riscrivere tutto in un anno e qualche mese è una cosa degna di te.
Mi domando solo perché hai fatto tutta queste fatica se poi non li
pubblicherai!” ammette, guardandomi come se fossi impazzita.
Scrollo le spalle. “E’ una
cosa mia, che va al di fuori della mia carriera di scrittrice. Un domani i
nostri figli lo leggeranno e si faranno due risate insieme ai nostri nipotini”
spiego.
Lui annuisce e si arrende,
ormai sa che con me è inutile lottare. “Va bene, ma ora devi riposarti per il
bene del nostro figlioletto” mi impone, accarezzandomi il ventre.
“Certo, lo so che ormai ti
preoccupi solo del tuo primo figlio”. Gli faccio la linguaccia e lui ride.
“Ovvio, perché sai che io
voglio una squadra di pallone” ridacchia, bloccandomi con dolcezza quando sto
per spingerlo via.
“Magari una squadra di
calcetto” lo correggo, stando al gioco.
“Perché? Che differenza c’è
tra 5 e 11?.
“Uhm, solo sei parti in
più, niente di che. Ma mi vedi? Sono già una bufala…” mi lamento, voltandomi di
nuovo verso lo specchio della nostra camera da letto. I capelli castani mi
arrivano a stento sulle spalle, mossi come sempre, e la maglia a stile impero
che indosso con dei pantaloni elasticizzati mette ancora più in mostra il mio
pancione di sei mesi. Dietro di me, Andrea sembra sempre lo stesso nonostante i
suoi quasi trentasette anni: solo i capelli hanno abbandonato definitivamente
la cresta.
“Smettila, lo sai che
tornerai subito in forma” mi rimprovera, prima di controllare l’orario.
“Cavoli, è tardissimo, devo scappare amore, dai un bacio a Sabrina da parte
mia, ok?”. Prende il giubbino, gli immancabili occhiali da sole e mi bacia.
Poi si blocca e si volta di
nuovo verso di me.
“Deb? Domani andrai al
funerale?”.
Scuoto il capo. “No. Ne
abbiamo già parlato…”.
“Ok, ok, tranquilla. Era
solo per esserne certo” mi tranquillizza, parandosi una mano davanti.
“Va bene” rispondo, prima
di accompagnarlo alla porta e aprirla, ritrovandomi davanti proprio Sabrina,
Antoine e Rossella.
“Papà, mamma! Mi sono
divertita un sacco dalla zia, Antoine mi ha insegnato a giocare con la x-box!”
urla Sabrina, circondando le mie gambe e quelle di Andrea con le sue piccole
braccia.
Ah, giusto, ho dimenticato
di dirvi che dopo un anno e due mesi di matrimonio è nata questa peste di quasi
quattro anni, la nostra Sabrina. E prima parlavo di primo figlio perchè… Beh,
dopotutto sono incinta del primo figlio maschio!
Rossella sorride e prende
in braccio suo figlio Antoine, un mammone di quasi cinque anni. Viziato,
coccolato… Tutto frutto del fatto che sua madre l’ha avuto dopo tanti
sacrifici. Ma non si può dire che Sabrina non sia da meno.
“Come sta il fratellino,
mamma? Da ancora i calci nella pancia?” domanda mia figlia, mentre Andrea la
prende in braccio, ormai preso da lei e apparentemente dimentico del suo
impegno.
I capelli castano chiaro le
incorniciano il visino ovale con le sue ciocche mosse, e gli occhi, gli stessi
occhi di Andrea, mi squadrano curiosi. E in quel momento non posso far altro
che ricordare il momento in cui avevo saputo della sua esitenza…
Quel caldo primo giugno stavo cercando di impastare una torta, giusto
per ringraziare Andrea per la dolce sorpresa che mi aveva fatto. Quando mi ero
svegliata lo avevo trovato sveglio al mio fianco, con tanto di colazione
preparata da lui e un bellissimo regalo, ovvero un nuovo computer portatile,
che aveva come sfondo una nostra foto vicino la scritta sulla collina di Hollywood,
scattata durante il viaggio di nozze.
Mamma mi aveva dato la ricetta e mi stava venendo abbastanza bene, così
la infornai ed attesi mezz’ora, quando squillò il mio cellulare e mi rivelò un
sms di Paris.
“Auguriiiii collega! Ci vediamo oggi e ti do il mio personalissimo
regalo ;-). Ti voglio bene!”.
Sorrisi e risposi rapidamente, ringraziandola, non sapendo che il regalo sarebbe stata la
prima copia del mio libro terminato da poco, prima di aspettare gli ultimi
minuti e sfornare la torta. La guardai soddisfatta: non era bruciata, era
perfetta.
Così la decorai con la crema pasticcera e delle fragole, prima però di
sentire lo stomaco in subbuglio e sentire un conato di vomito in arrivo. La
terza volta negli ultimi due giorni.
Corsi in bagno e vomitai, mi sciacquai la bocca e poi mi guardai allo
specchio, senza sapere cosa pensare. L’unica spiegazione plausibile ovviamente
era solo una visto che anche il mio ciclo era in ritardo e il giorno prima, in
gran segreto, ero andata in ospedale da Beatrice ed ero andata a fare le
analisi. Ora attendevo il responso.
Cercando di evitare altri conati di vomito così misi la torta nel frigo,
prima di perdermi in varie contemplazioni. Avevo ventisei anni, wow. Dieci
esatti anni prima Silvia mi aveva organizzato una festa esemplare con tutta la
produzione di Music’s Planet, e l’anno prima ero stata in Francia.
E quell’anno…?
A darmi la risposta ci pensò il telefono di casa che squillò.
Risposi al secondo squillo, esitante.
“Pronto?” domandai con ansia.
“Debora, auguri!” disse la voce inconfondibile di Beatrice.
“Grazie, Bea!” risposi, mentre in realtà il pensiero pensava solo una
cosa.
“Stasera sei a casa?” chiese poi.
“Credo di si, ma dipende da Andrea, se vuole festeggiare fuori…” dissi, titubante.
“Allora ti ve bene se io, Max e la bambina veniamo da te oggi
pomeriggio? Ti abbiamo comprato un piccolo regalo” spiegò.
“Certo, ma non dovevate disturbarvi” dissi con sincerità.
Lei rise. “Perché, dai, anche se io ho un regalo più grande per te”
ammise, con un tono particolare, quasi gongolante. Cos’era, la gara a chi
faceva più regali?
“Si…?” domandai confusa.
“Certo. Preparati…”.
“Bea, siamo a telefono, come…?”.
“Ho visto il risultato delle analisi tre secondi fa. Auguri, Deb,
aspetti un bambino” disse con gioia, e in quel momento mi dimenticai del
telefono, di qualsiasi cosa che non girasse intorno a quella notizia. I miei
dubbi erano fondati, allora. Presto io ed Andrea saremmo diventati genitori!
Mamma ed Elisa credevano che fossi incinta già al ritorno dal viaggio di
nozze visto che mi avevano trovata ingrassata, ma in quel caso era stata solo
colpa dei numerosi hamburger e patatine fritte che avevo mangiato, ed ora come
avrebbero reagito nel sapere che sarebbero diventate nonne?
E soprattutto, come avrebbe reagito Andrea?
Ed io? Sarei stata una buona madre?
“Deb, ci sei ancora?” domandò Beatrice esitante dopo venti secondi di
silenzio.
“Io… Si, ci sono. Oddio, non ci credo!” esclamai, e mi portai
istintivamente la mano al ventre, alzando la maglietta blu che indossavo e
guardando la pancia, che sembrava la stessa di sempre. E invece no, lì c’era un
piccolo Romani.
“Lo so, all’inizio è sempre così, te ne rendi conto sul serio quando la
pancia cresce e tuo marito è più gentile del solito a ti aiuta a fare qualsiasi
cosa” ridacchiò. “Intanto ti aspetto domani per la prima ecografia” aggiunse.
“Si, si. La prima ecografia, caspita” dissi senza fiato.
“Ora ti saluto, ho una paziente con cui probabilmente partorirai
insieme” disse ammiccante.
“Va bene, ti aspetto oggi” la salutai.
Una volta posato il telefono mi sentii stordita dalla felicità e
dall’emozione. Io e Andrea non avevamo ancora parlato di bambini, erano passati
solo quattro mesi e mezzo dal matrimonio, eppure sentivo che ovviamente gli
avrebbe fatto piacere. L’unica cosa che mi incuriosiva sul serio, però, era la
sua reazione.
Non volevo dirglielo per telefono, eppure non potevo non sentire la sua
voce fino all’ora di pranzo. Così lo chiamai.
“Ehi, amore!” lo salutai appena mi rispose.
“Ehi, amore” rispose a sua volta.
“Cosa fai?” domandai.
“Sono appena uscito dalla riunione con il manager, a settembre
inizieremo ad incidere il nuovo disco” mi informò. “Tu, piuttosto?”.
Sorrisi. “Io ho due sorprese per te”.
“Le sorprese dovrei fartele io oggi…” mi ricordò.
“Sono delle sorprese che valgono per entrambi”.
“Ok, allora, sarò a casa tra mezz’ora”.
“Perfetto, ti amo”.
“Ti amo anch’io”.
Riagganciai, prima che il telefono squillasse altre tre volte. Erano
Eva, Rossella, ormai al settimo mese di gravidanza, e Daniele, e non gli dissi
nulla del bambino, il primo a saperlo doveva essere Andrea.
Così preparai la tavola in un modo spettacolare, cucinai e quando la
bussarono alla porta saltellai impaziente prima di aprire.
“Bentornato” dissi a mio marito, appena entrò in casa.
Lo baciai rapidamente, prima di portarlo in cucina.
“Che profumino” disse, abbracciandomi da dietro. “Stai diventando una
vera chef”.
“Le lezioni di Linda servono” risposi, prima di mostrargli con fierezza
la torta.
“Ecco la prima sorpresa” dissi.
Lui la contemplò e mi sorrise. “Ha un aspetto delizioso” disse. “E la
seconda?”.
Sorrisi, senza sapere come dirglielo. Volevo un modo diretto ma dolce,
unico…
“La seconda la vedrai per bene al mio prossimo compleanno, quando lo
festeggeremo in tre” dissi con gioia.
Lui mi guardò senza capire prima di fare un’espressione incredula. “Tu…
Tu sei…. I - incinta?” balbettò,
appoggiandosi ad uno dei mobili della stanza. Il suo viso perfetto divenne un
vulcano di emozioni: incredulità, gioia, emozione.
Annuii e mi avvicinai a lui, circondandogli il collo con le braccia.
“Si, avevo questo dubbio visto che non faccio alto che vomitare e avevo un
grosso ritardo e così ieri sono andata da Bea e ho fatto le analisi. Mi ha
chiamato un’ora fa e me lo ha detto” spiegai. “Sei contento?” aggiunsi, visto
che era ancora sotto shock.
Abbassò lo sguardo verso di me e sorrise radioso. “E come potrei non
esserlo?!” domandò raggiante, stringendomi a sé e alzandomi in aria. “Diventeremo
genitori!” esclamò, assaporando ogni parola, prima di baciarmi con trasporto.
“Si, sarai un magnifico papà” dissi.
“E tu una bellissima mamma” aggiunse. Proprio come avevo fatto io, mi
alzò un po’ la maglietta e mise la mano sulla mia pancia. “Ci senti, piccolino?
Siamo la mamma e il papà” disse dolcemente, portando la mia mano sulla sua e
sorridendo.
Sentii delle lacrime di gioia scendere sul mio viso e lui le asciugò.
“Saremo un’ottima famiglia” mi sussurrò, massaggiandomi dolcemente una
guancia, ed io annuii, convinta che quelle parole fossero una delle poche
certezze al mondo.
“Si, scalcerà finchè non
nasce” rispondo, baciandole la fronte. “Andrea, le vai a togliere il giubbino?”
gli domando, e lui subito sfreccia.
“Grazie Ross per averla
tenuta stanotte, ha preso questa fissa con Antoine…” le dico, invitandola ad
entrare. “Da quando ha saputo che nella pancia della mamma c’è un maschietto
snobba Stella, Manuela e Ilaria”.
“Capirai, tanto Stella e
Manuela ormai sono grandi, Ilaria invece è troppo piccola, quindi non c’è molta
differenza” risponde lei, sedendosi in soggiorno, accennando alla figlia che
Eliana e Niko hanno avuto due anni prima.
“Si, ma ad Eliana dispiace,
ora che Stella non le dà più problemi e deve occuparsi solo di Ilaria vorrebbe
stare più tempo con tutte noi”.
“Pazienza”.
“Ed ecco che Sabrina arriva
dalla mamma con una super giravolta!” cinguetta Andrea, entrando nella stanza
con Sabrina che volteggia tra le sue braccia. “Devo proprio scappare” aggiunge.
“Solo per curiosità, è domenica,
cosa devi fare?” domanda Rossella, curiosa.
“Devo andare con Giuseppe e
il resto del gruppo a ritirare il suo abito da sposo, ormai mancano solo tre
settimane” risponde lui. “E il negozio restava aperto solo per lui oggi,
quindi…”. Bacia me e la bambina, saluta Rossella e si volatilizza.
“E invece Eva che dice?
L’ha preso il vestito?” chiede ulteriormente lei.
Annuisco e sorrido,
ricordando il freddo giorno di tre mesi prima in cui Eva E Giuseppe erano
venuti a casa e avevano annunciato che avevano deciso di sposarsi. Nessuno
sapeva delle intenzioni di Giuseppe, nemmeno Andrea, e lui si era giustificato
dicendo che le aveva chiesto di sposarlo così, senza meditarci, dopo che erano
andati in un supermercato a fare la spesa e gli era uscito un anello di
plastica dalle patatine. Ma, nonostante ciò, ritiene che sia stata la trovata
più geniale della sua vita, e poi ovviamente ha provveduto a comprare un vero
anello di fidanzamento per la sua amata Eva.
“Si, è pronto da un mese. E’ magnifico… Mi
emoziono ancora se penso che alla fine anche lei e Giuseppe si sposeranno”
rispondo, sentendo quasi gli occhi a cuoricino.
“E vabbè, dopotutto erano
gli unici, pensa che Daniele e Paris si sono messi insieme dopo di loro e sono
sposati da quasi un anno” ragiona Rossella.
Annuisco, ritornando per un
breve istante a riflettere sul fatto che al mio matrimonio era stata proprio
Paris ad afferrare il bouquet. Segno del destino? Poi però, ad interrompere i
miei pensieri, ci pensa il campanello, e la mia villetta si riempie di gente:
Max e Niko con le loro famiglie al completo e Paris e Daniele.
“Visto che dovevamo
aiutarti con il pranzo di anniversario abbiamo portato anche gli animatori con
cui distrarre i bambini!” spiega Beatrice, ridacchiando.
“Noi non siamo bambine!”
protesta Manuela, dall’alto dei suoi quasi dodici anni. Slanciata come la
madre, ha lo stesso sorriso di Max, ed è quella che tutti definirebbero
“Secchiona”. Ma i suoi temi sono la cosa più bella del mondo, specialmente
quando parla della sua famiglia e di noi, i suoi zii acquisiti con tanto di
cuginetti.
“Infatti” annuisce Stella,
portandosi le mani ai fianchi. Un po’ più in carne rispetto a Manuela, è
bellissima e spesso mi parla dei suoi fidanzatini, anche se a scuola è un po’
svogliata e preferisce cantare come i suoi genitori.
“Giusto, piccoline” ironizzo, prima di
abbracciare Max. Loro mi guardano torve prima di sedersi sul divano e parlare
fitto fitto.
“Che dice il mio nipotino?”
domanda lui.
“Scalcia, scalcia e
scalcia” rispondo.
“Hai già pensato al nome?”
aggiunge Niko, dandomi un bacio sulla guancia per salutarmi.
“No…”.
“C’è sempre il mio,
ricordatelo!” ironizza, e lo spingo lievemente mentre ride come un bambino. Se
qualcuno ci vedesse penserebbe che le cose tra di noi sono sempre filate lisce,
eppure è così solo dalla nascita di Sabrina, penso.
“A questo punto gli do
quello del nostro cane” ribatto, facendogli la linguaccia.
“Ma il tuo cane è femmina”
precisa, ridendo.
“Vuol dire che ne
prenderemo uno maschio per l’occasione” ribatto, sedendomi un secondo sul
divano visto che il piccolino ha scalciato di brutto.
“Tutto bene?” domanda.
“I soliti calci….”.
“Sicura? Ti vedo strana,
mica è per la questione del funerale?” chiese, e a quella parole anche Max e
Daniele si avvicinano.
“Secondo me dovresti
andarci” dice Max. “Così lo farai riposare in pace”.
“Infatti” dice Daniele,
mentre Niko si astiene dal giudicare.
“Non posso e basta. A causa
sua Andrea ha rischiato di brutto e se Dio non lo avesse aiutato ora non sarei
qui con Sabrina, lui”, qui indico il mio ventre, “E non avrei un marito. Certe
cose sono imperdonabili”.
“Ma non devi perdonarlo per
forza, solo salutarlo nonostante tutto” si aggrega Niko, ma tace quando lo
guardo torva.
“Io vado a bere” dico,
cambiando discorso, e loro annuiscono, avvicinandosi alle bambine.
Mentre mi reco in cucina,
Paris mi raggiunge. “Cosa ne dici se dopo che il bambino sarà nato e dopo il
primo anno di vita ci mettiamo un po’ all’opera?” domanda subito.
La guardo male e sbuffo.
“Paris, il massimo che sarò in grado di scrivere sarà un manuale su come usare
pannolini e come cucinare diversi tipi di pappe, quindi se ne parla quando ne
avrò voglia e tempo, non c’è nessuna fretta!”.
“Eddai, ci sono milioni di
lettere di fan…” protesta.
“Me lo crescono loro il
bambino?” domando sarcastica.
“Lo farebbero se potessero!
E sai che tutti dicono che lo chiamerai Andrea Junior?”.
“Che? E’ una cosa assurda,
con tutto il bene che voglio a mio marito, ma mi sembra esagerato” ammetto.
Lei annuisce. “Ma pensaci
riguardo la mia idea”.
“Paris, invece di insistere
perché non fai anche tu un bel bimbo con tuo marito così potrai capirmi? Sarà
appena nato e voglio starci vicino, crescerlo per bene, poi se avrò tempo
penserò anche a questo libro!”.
Lei arrossisce e guarda
altrove.
“Paris?” la chiamo.
“Il fatto è che il tuo
consiglio è già seguito. Sono incinta” ammette.
“Oh!”.
Allargo gli occhi e la
abbraccio, entusiasta, e vedo Daniele che arriva verso di noi, sorridente.
“Gliel’hai detto?” domanda a sua moglie, lei annuisce ed io lo abbraccio.
“Congratulazioni, ragazzi!”
esclamo, per poi dare la notizia anche agli altri.
Dopo aver brindato, le mie
amiche mi aiutano a preparare un mega pranzo per festeggiare, poi all’una se ne
vanno, lasciando il posto ad un’ Eva piuttosto agitata.
“Ho saputo di Paris e
Daniele! Volevo solo dirti che domani inizierà il trasloco nella nostra nuova
casa, quindi, se ti va di venire per un consiglio…” dice, fermandosi sulla
porta, togliendosi i lunghi capelli mossi dalle spalle.
“Certo, solo che dopo ho la
visita da Bea, mi fermerò solo un’oretta”.
“Magnifico, ti accompagno
io, dopotutto lavoriamo a due reparti di distanza!” esclama, riferendosi al
fatto che ora è una cardiologa. “Ora scappo che è venuta mamma” mi saluta,
abbracciando la piccola.
“Va bene, sposina!” dico, e la vedo andare con passo rapido e
deciso dopo avermi sorriso.
Chiudo la porta e guardo
mia figlia. “Hai fame?”.
“Si si” risponde.
Non so come inizio a
riflettere mentre metto la pentola sul fuoco. La vita mi ha dato la gioia di
essere felice… Invece Alberto per cercare di esserlo si è dannato con le sue
mani. Ha sbagliato, è stato disumano e crudele, ma forse per davvero il suo
sogno era essere ciò che ora è Andrea.
Non ho nulla da perdere.
Sospiro. Ci andrò al funerale, ma solo per un saluto, tutto qui.
Sabrina poi mi guarda mentre preparo la tavola, quasi come
se volesse studiare ogni azione, poi suonano alla porta e lei sfreccia prima di
me, aspettandomi, poi apro, constatando che mio marito è tornato.
“Ecco le mie donne” esclama
lui, prendendo la piccola in braccio e stringendomi a sua volta. “Daniele mi ha
detto di Paris” aggiunge.
Annuisco. “Si, speriamo sia
maschio, così i maschietti ne saranno in tre e dovrò fare dei maschietti in
meno per la tua squadra di pallone” ridacchio, facendolo ridere a sua volta.
“Papà, papà, mamma e le zie
hanno preparato un sacco di roba buona!” esclama la piccola, e lui si volta
verso di me.
“E’ il nostro anniversario
dopotutto” gli ricordo, e lui sorride stringendoci di più.
“La cosa più bella per
festeggiare è la vostra presenza, e basta” sussurra. “Vi amo”.
“Ti amiamo anche noi papà,
anche se…. Ti amo non si dice solo ai fidanzati?” domanda Sabrina, perplessa, e
sorride quando noi ridiamo.
“Perché, vorresti dire che
non sono il tuo fidanzato?”.
“No, tu sei della mamma”.
“Possiamo dividercelo,
piccolina, è abbastanza grande per tutte e due” le dico, prima di stringerlo a
me e baciarlo con affetto. “Ho pensato ad un eventuale nome” aggiungo, e Andrea
mi guarda curioso.
“Dimmi”.
“Gabriele. Non so, è da un
po’ che ci pensavo…”.
Andrea ci pensa un po’ e
alla fine annuisce. “Gabriele Romani. Mi piace. Perfetto allora!”.
“E poi, volevo dirti che… Andrò al funerale,
ma solo un minuto, senza farmi vedere dalla stampa. Non l’ho perdonato, sarà
solo un saluto” dico a bassa voce, quasi incredula di ciò che sto dicendo.
Andrea mi guarda
comprensivo. “E’ quello che penso io. Allora domani andiamo lì…” stabilisce, ed
annuisco.
Questa volta è lui a
baciarmi.
E Sabrina , invece, si
china sul mio pancione e lo bacia. “Ciao Gabriele!” dice, e ci sorride mentre
noi facciamo lo stesso.
Eh si, questa è la vita, ed
io non avrei mai potuto chiederne una migliore!
Fine
…
E anche questa seconda storia, dopo 4 mesi e 8 giorni è giunta alla fine.
Ovviamente la tentazione di scrivere la terza parte è forte, ma mi sono detta
che la storia finisce qui, Debora ha sviluppato ampiamente il suo personaggio e
preferisco lasciarvi immaginare la vita di Sabrina e del piccolo Gabriele
quando nascerà.
Mi
piaceva il fatto di rendere l’idea che nell’epilogo Debora parla al presente e
dice che è stata proprio lei a scrivere le due storie che abbiamo letto su di
lei come testimonianza per i suoi figli e i nipoti. Cosa ve ne sembra?
E
per quanto riguardo Alberto morto, beh, mi sono resa conto di non aver fatto
morire nessuno in due fic e ci voleva. xD Scherzo ovviamente!
Però
volevo condividere qualche idea riguardo i personaggi “nuovi” con voi:
Sabrina
sarà molto simile alla madre ma, al suo contrario, sarà un genio della
matematica e preferirà seguire le tracce di Zia Eva, diventando medico. Però
come Debora vivrà le sue avventure/disavventure amorose e avrà un bel caratterino
deciso, schietto, ma anche dolce e simpatico come suo padre.
Gabriele
erediterà la passione per la letteratura dalla madre ma userà la sua vena
letteraria per scrivere canzoni e cercherà di diventare un cantante famoso
senza voler aiuti dal gruppo di suo padre. Giuseppe sarà il suo zio preferito e…
tadà, un domani si innamorerà di Belle, la figlia di Paris e Daniele.
Belle
sarà tutta sua madre: bionda, con gli stessi occhi verdi del padre, a volte un po’
altezzosa ma simpatica dimostrerà una passione per il diritto e la politica,
tanto da diventare una matrimonialista, ma ci terrà a non negare le sue origini
francesi e studierà questa lingua.
Antoine
resterà sempre un po’ mammone, tanto da preferire le coccole della madre agli
appuntamenti con le ragazzine fino ai 13 anni, ma poi esibirà il suo fascino
francese e per questo sarà grande amico di Belle, con cui condivide sia le
origini che il tipo di lavoro, visto che diventerà avvocato.
Max
e Bea avranno un altro figlio, Angelo, un anno più piccolo di Gabriele e Belle,
che a dispetto del suo nome sarà il “giullare
di corte” della loro allegra combriccola: metterà nei pasticci la sorella,
rivelando sempre ciò che scrive nel suo diario segreto, ma troverà una grande
confidente nella secondogenita di Niko e Eliana, Ilaria.
Quest’ultima
sarà il contrario della sorella: mora come il padre, introversa e timida,
spesso crescendo si riconoscerà in Deb e troverà in lei un modello da seguire.
Ma effettivamente crescerà con le coccole di Manuela, che la influenzerà molto
sullo studio e il modo di pensare.
Per
quanto riguarda Eva e Giuseppe, dopo poco più di un anno di matrimonio
nasceranno Vittoria e Roberto, due gemelli. Vittoria sarà sveglia, audace e
determinata, un po’ pazzerella quando si arrabbia, e amerà il mondo delle
lingue come zia Deb, anche se si specializzerà in Francese e Tedesco; Roberto
invece sarà lo specchio del padre, farà compagnia a Angelo nelle sue birichinate
e da grande sarà un audace “playboy” come il suo vecchio. Ma, stranamente, sarà
lui lo scrittore di questa new generation, ma si occuperà della letteratura
comica.
Ok,
narrati i caratteri della “new generation” (ho omesso
Stella e Manuela visto che già le conosciamo)… Devo
ringraziarvi, no?
Allora…
Grazie a coloro che hanno messo la fic tra i preferiti:
alina
95
alina81
Angel Texas Ranger
bella95
bibosky
bribry85
cold ice
Gemellina Dolly
giulietta_cullen
Giulls
giunigiu95
Gocciolina
HOLLYWOOD
lillay
Mary_loveloveManga
meryj
morbidina
pirilla88
vero15star
VeroMilly
_New_Moon_
Tra
le seguite:
Alyenda
CriCri88
Giulls
kiravf
OOgloOO
Rin Uchiha
_New_Moon_
E
coloro che hanno recensito lo scorso cap:
alina81:
Si si, era sottinteso che dovevamo trovarne due, ma anche se ne troviamo uno
solo, che problema c’è, lo cloniamo! xD Ti ringrazio per avermi seguita e sappi
che ogni tua singola parola mi ha dato una gioia incredibile! Un bacione!
Angel
Texas Ranger: Visto che Deb e Andrea hanno un bel conto in banca, hanno deciso
di fare un breve tour per le città più importanti dell’America settentrionale,
come New York, Los Angeles, San Francisco… E Canada incluso, con un breve
viaggio ad Ottawa. E alla fine, ovviamente, hanno fatto un piccolo giro per le
maggiori capitali Europee. Comunque, si, si è sposata alla fine! E se penso che
ho iniziato a scrivere di lei quando aveva quindici anni e mezzo… *Piange*
Comunque ti ringrazio per il tuo sostegno che mi hai dimostrato in queste due
fic, sul serio! Un bacione!
alina
95: Davvero ti è piaciuto così tanto? Ma grazieeeee *si commuove* Se è per
questo nemmeno io ci credo che si sono sposati e che stanno per avere il
secondo bimbo, pensa un po’! Grazie per il tuoi dolci commenti e il tuo
supporto! Tvb, un bacione! ^^
CriCri88: Carissima, sapessi io come ci sto
nel pensare che anche questa fic è finita! Ormai erano tutti parte della mia
vita… Dopo un anno e cinque mesi che scrivo queste fic! Ma mi dispiace dire che
la terza non ci sarà per ora, ma niente mi vieta di scrivere una fic su
Sabrina, Gabriele, Stella e gli altri pargoli un domani! In questo caso ti
avviserò se mi dai il permesso ^^ Un bacione e grazie per avermi seguita con
così tanto affetto!
Se
vi va, io ci sono ancora con le storie “La rivincita di Cenerentola”, “Anche i
Prof hanno un cuore” in originali>Romantico, e con “Blackout in the light”,
fic a quattro mani che sto scrivendo con vero15star, con il nick VeroMilly.
Ora
la smetto perché altrimenti i ringraziamenti sono più lunghi dell’epilogo! xD
Ultima
domanda: non voglio fare la "ruffiana", ma dopo due fic, quale voto dareste a
queste due fic nel loro complesso? Spero risponderete!
Ancora
grazie, grazie e grazie. Non dimenticherò mai Deb e gli altri e sono sicura che
continueranno a vivere le loro avventure nei vostri cuori, e di certo non
dimenticherò voi che mi avete seguita con così tanto affetto.
Au revoir,
la vostra milly92.
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