I due mondi

di Celty23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scheda + Intro ***
Capitolo 2: *** Sogni o realtà? ***
Capitolo 3: *** Sensazioni ***
Capitolo 4: *** Fairy Tail ***
Capitolo 5: *** Accetto ***
Capitolo 6: *** Alcol ***
Capitolo 7: *** Si comincia ***
Capitolo 8: *** Magia ***
Capitolo 9: *** Incontri ***
Capitolo 10: *** Consapevolezze ***
Capitolo 11: *** Sangue ***



Capitolo 1
*** Scheda + Intro ***


Dei passi rompevano il silenzio del corridoio rimbombando in tutto il castello. Il comandante dell'esercito si muoveva in fretta alla ricerca della sua regina, i capelli scompigliati e turchesi si muovevano ritmicamente, seguendo il passo del padrone, cadendogli appena sopra le ciglia e nascondendogli parte del tatuaggio rosso scuro che gli contornava l'occhio destro.
Vide la porta del balcone, completamente bianca tranne che per delle rifiniture argentee che formavano il disegno di un albero spoglio, leggermente aperta e la luce del tramonto entrava nel corridoio scuro attraverso uno spiraglio. L'aprì e solo quando vide la schiena di una donna coperta da lunghi capelli albini, in un vestito rosso, sospirò esasperato. L'aveva cercata nella sala del trono, nelle sue camere, in giardino e aveva anche chiesto a una domestica di controllare nei bagni.
«Mia regina...»
Si inchinò e appoggiò il ginocchio a terra aspettando che la figura davanti a sè si girasse e gli desse il permesso di parlare.
La donna guardava l'orizzonte immersa nei suoi pensieri, si chiedeva quanto ancora quella guerra sarebbe durata, quanto ancora i suoi sudditi avrebbero dovuto soffrire per una stupida profezia, sospirò e solo all'ora si accorse del suo fidato compagno dietro di lei.
«Gerard... Che notizie hai?...»
«Nulla di buono... I nostri ultimi generali sono morti, ma portando con se anche quelli di Titania...»
«Quindi è giunta l'ora... Presto arriveranno gli otto soldati che cambieranno le sorti di questa guerra...»
«Quattro sotto il loro comando e quattro sotto il nostro...»
Sospirò e si chiese se davvero avrebbero cambiato qualcosa, non voleva più vedere morire nessuno, ma sapeva che presto sarebbe dovuta andare in battaglia anche lei, accanto a loro. Persone ancora sconosciute ma che sarebbero presto diventate compagni d'armi e amici fidati.
«Venga mia regina... Sentiamo cosa ha da dire la sua stratega, mi hanno avvisato che ha tradotto altri frammenti della profezia e ha notizie da darci.》
«Arrivo...»
Si incamminarono e il comandante, una volta che furono entrambi nel corridoio, chiuse a chiave la porta, non si sentivano altri suoni se non quello del suo passo lento, che seguiva la donna; il castello sembrava deserto. La regina stessa non produceva alcun suono, come se stesse fluttuando, non si sentiva nemmeno il suo respiro. Spesso gli ricordava un fantasma, con quei capelli bianchi, come la sua pelle, che la rendevano simile ad un'illusione, ad una bambola con una nota sempre triste in volto.
«Eccoci...»
Si fermarono davanti a un portone a due ante, di un legno scuro e massiccio, una volta aperto si sarebbero trovati nella libreria dove li aspettava il suo secondo in comando. La regina esitava ad entrare e prima che lui potesse chiedere qualcosa lei si girò di scatto guardandolo negli occhi.
«Ce la faremo Gerard?»
La osservò attentamente: la bocca rosa chiara veniva mordicchiata per lo stress e la preoccupazione, i lineamenti non erano di una regina, ma di una ragazza cresciuta troppo in fretta che si era caricata di un compito troppo grande per lei. Quando guardò nei suoi occhi, di un blu cristallino, la abbracciò senza pensarci, ricordandosi di quella bambina con cui giocava nel giardino nel castello.
«Non lo so Mirajane... le possibilità di vittoria sono del cinquanta per cento, ma se combatterai al nostro fianco aumenteranno senz'altro!»
La lasciò e le fece l'occhiolino, lei gli sorrise e dopo aver preso un profondo respiro aprì la porta.

"Come faccio a dirglielo?... Mi ucciderà... Sicuro..."
Un uomo, con i lineamenti di un ragazzo, dai capelli rosa camminava avanti e indietro di fronte alla porta del trono, il corridoio rimbombava ad ogni suo passo.
«NATSU!»
Una donna dai folti capelli rossi e con addosso un'armatura uscì dal portone scagliandosi contro il rosato, lo prese per il colletto della maglia e iniziò a muoverlo bruscamente.
«E' da cinque minuti che continui a fare avanti e indietro, avanti e indietro! Pensavi che non si sentisse attraverso la porta?»
«R... Re... Regina! Mi scusi! Ero venuto a informarla delle ultime notizie!... Iiiih!»
La donna si fermò all’istante e fissò il ragazzo in attesa che continuasse a parlare, lui la guardava terrorizzato ma consapevole che doveva andare avanti.
«Ecco... I generali sono riusciti a uccidere quelli nemici... Ma...»
«Ma?»
«Ecco... Solo che ci sono morti anche loro...»
«CHE COSA?!... Va beh... Si sapeva... Ormai il tempo è giunto...»
Presto sarebbero arrivati i quattro soldati e avrebbe dovuto insegnare loro a combattere, ma non sarebbero bastati, sarebbe dovuta scendere in campo pure lei e aveva bisogno di un asso nella manica. Subito i pensieri passarono a quell'uomo, rinchiuso nelle segrete da qualche anno ormai, sapeva di non potersi fidare, ma non aveva altra scelta. Sospirò e lasciò libero il rosato che si allontanò immediatamente di qualche passo per mettersi al sicuro.
«Seguimi...»
La donna con passo militare e senza fiatare cominciò a camminare, lui la seguiva scomposto, con le mani dietro la nuca o nelle tasche. Attraversarono tutto il castello e quando dovettero iniziare a scendere le scale presero una torcia per illuminare i gradini e non rischiare di cadere. Le segrete erano un luogo buio, senza un solo raggio di sole che filtrava, dovevano essere un luogo di punizione e torture, ai carcerati non era concesso il lusso di vedere la luce.
«Perché stiamo andando nelle segrete?...»
Nessuna risposta, il ragazzo preferì non insistere e continuò a scendere senza fiatare, dopo non molto tempo giunsero in fondo alle scale e davanti a loro si estendeva un corridoio pieno di porte. Ricominciarono a camminare diretti verso una cella in particolare e solo all'ora capì cosa stesse cercando la regina, o meglio chi. Arrivarono fino in fondo dove una porta solitaria era bloccata da una trave di legno, che venne tolta con facilità dalla donna. Finalmente entrarono e la stanza, rimasta nel buio per chissà quanto tempo, si illuminò mostrano un uomo incatenato alla parete.
Alzò leggermente la testa, i lunghi capelli biondi si allontanarono dal volto scoprendo degli occhi di un nero pece ed una cicatrice a forma di fulmine su quello destro, la barba era vecchia di mesi, sul volto aveva macchie di sporco e i vestiti erano laceri e consunti, scrutò le due figure che aveva davanti e dopo poco tempo un ghigno gli comparve sul volto.
«Guarda guarda chi si vede... Erza! Ah... Ma ora sei regina, forse preferisci che ti chiami Regina Titania? Ihih...»
«Laxus...»
«Oh... Non ti avevo riconosciuto Natsu, sei cresciuto... Forse riusciresti addirittura a battermi, ora che sono incatenato...»
«Bastardo!»
Il rosato fece un passo avanti pronto a tirargli un pugno in faccia, ma la rossa lo bloccò mettendogli un braccio di fronte, segno che se avesse voluto continuare sarebbe stato punito.
«Ti interessa uscire da qui?»
Il biondo perse il sorriso e la guardò dubbioso, cercando di capire i possibili trucchi e inganni, ma alla fine dovette chiederglielo.
«Che cosa succede?... Sei così disperata da chiedere aiuto a me?»
«La profezia si sta avverando, presto arriveranno i soldati da addestrare... Tu eri il comandante delle guardie e nessuno è migliore di te... Solo tu puoi addestrarle...»
«Ooooh... Quindi io addestro queste reclute, combatto in guerra e poi tu mi concedi la libertà? Cosa ti fa pensare che io non scappi appena mi liberi da queste catene?»
Per sottolineare le sue parole mosse gli anelli di ferro che lo tenevano bloccato, lei sorrise perché sapeva che lui avrebbe accettato e non sarebbe fuggito.
«Ti conosco... Adori torturare i soldati sotto il tuo comando, addestrarli e portarli al limite... Ma ti piace ancora di più combattere, non fuggirai... Tu vuoi solo partecipare a questa guerra...»
Scoppiò a ridere, una risata amara e che mostrava tutta la sua voglia di uscire da lì, la guardò dritta negli occhi e le fece il suo miglior sorriso.
«Sarò buono... Ti prometto anche che non ucciderò di fatica questi fantomatici quattro...»
«Abbiamo un accordo?...»

«Dicci tutto Levy!»
La ragazza era immersa in un tomo antico e stava cercando di tradurlo, perciò non si accorse dell'entrata del suo comandate e della regina, e quando sentì la voce sobbalzò spaventata.
«Ah! Sì certo!»
Chiuse il libro che stava leggendo con un tonfo e si diresse velocemente sul tavolo accanto. La libreria era enorme e conteneva centinaia di migliaia di libri, posti con cura in scaffali che si alzavano fino al soffitto. C'erano molti tavolini su cui erano sparsi libri di ogni genere, ma uno solo era talmente grande che poteva far invidia a quello della sala da pranzo.
«Ecco qui... Come sapevamo già quando l'ultimo dei generali dei due regni sarebbe caduto, otto figure, quattro per parte, compariranno e porteranno alla fine questa guerra...»
L'albina fissava la ragazza di un paio di anni in meno di lei, anche se la sua figura minuta e i lineamenti delicati la facevano sembrare più piccola di quello che era in realtà. I capelli turchesi come quelli del suo comandante erano tenuti fermi e lontani dagli occhi da una fascia nera.
«Ma ho scoperto un'altra cosa... Sembra che grazie a loro il regno si unirà... La guerra finirà perché qualcuno salirà al trono diventando re e regina...»
Si guardarono negli occhi a vicenda consci del significato di ciò che il comandante in seconda aveva appena detto, non solo la guerra sarebbe finita, ma presto ci sarebbe stata anche la pace e qualcuno in grado di governare si sarebbe preso cura di tutti i cittadini.

Ormai era questione di poco tempo. Presto la battaglia finale sarebbe iniziata.
 



Angolo autrici!
Allora questa è una storia a OC *non si era capito!* teoricamente scritta a due mani da me Celty23 (che alcuni di voi magari conoscono già e mi odiano dal profondo del cuore...) e Guzza627! Per ora però scrivo solo io perché lei non ha ancora scritto nulla e voleva provare a scrivere una sua storia per abituarsi :3 quindi sarà il mio correttore ortografico personale (ti voglio bene lo sai? <3)
E' la nostra prima OC quindi siate clementi... Oltre alle coppie che potrebbero formarsi tra i vostri OC ci saranno quelle classiche! così che anche chi non voglia partecipare possa leggere le sue OTP! (ho problemi ha mettere i personaggi e alcuni sono spariti, tra cui le coppie e OC...)
Ci saranno!: Nalu - Gale - Gruvia - Miruxas - Gerza - e poi altre forse! (metterò la Baccana... devono esserci muahahah)
E ora passiamo ai personaggi! Come detto nell'introduzione saranno 8 personaggi, quattro femmine e quattro maschi, non sarete voi a scegliere in quale regno finire ma saremo noi (con una fantastica estrazione stile tombola) a scegliere dove mettervi!
Credo di avere detto tutto in caso scriveteci pure per avere maggiori dettagli! La scheda inviatemela pure come messaggio privato ma scrivete in una recensione che partecipate e il sesso (pervy-chan inizia a fantasticare)
A presto!


 


Nome:
Cognome:
Aspetto fisico:
Interessi:
Non piace:
Sport (se ne pratica):
Arma da combattimento:
Caratteristiche particolari:
BackGround:
Carattere:
Età (tra i 18 e i 24 anni):
Dettagli:


Piccola nota, abbiamo aggiunto due personaggi in più un maschio e una femmina, quindi il totale è diventato 10
NOTE
- Arma: durante la storia il vostro personaggio imparerà a combattere e quindi vi chiediamo di scegliere cosa vi piacerebbe usare! Se ad esempio decidete di utilizzare l'arco potete mettere che lo facevate già a scuola (nel club), oppure che lo iniziate da zero. Potete sbizzarrirvi e inventare quello che volete!
- BackGround: La storia è strutturata in due mondi, il nostro e quello in cui combatterete. Quindi più fate il personaggio dettagliato meglio sapremo intrecciare il tutto! (è anche la nostra prima storia >.< quindi pietà!)
- Età: Più o meno i personaggi frequenteranno la quinta (scientifico, linguistico, classico, ..., quello che volete) e l'università. Naturalmente potete anche decidere che abbiano abbandonato la scuola e stanno già lavorando, ma basta che abbiano quell'età! Quindi direi tra i 18 e i 24 anni.
- Dettagli: Quello che volete, tick, manie, non lo so, .... Per dirvi ho saputo di una personaggio (inventato per un gioco) che ogni volta che sentiva una parolaccia sveniva ^^'
Il nostro mondo abbiamo deciso che sarà ambientato in una specie di Giappone-Italia per semplificare un filo a noi la scuola (che in questo caso possiede i club come quelli giapponesi, ma durerà 5 anni) e altri dettagli, ma cercheremo di tenere la cultura orientale il più possibile, ad esempio con il cibo e i nomi!

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Capitolo 2
*** Sogni o realtà? ***


Sogno o Realtà?



Si trovava in un posto strano, un piccolo gazebo bianco era davanti a lui e un rampicante, che non aveva mai visto, dai fiori azzurri e a grappolo cresceva rigoglioso attorno alla struttura.
Provò a girarsi per guardarsi attorno ma una fitta nebbia comparve dal nulla impedendogli la visuale, si mosse di qualche passo disorientato, quella nube però non lo lasciò, anzi iniziò ad attaccarsi addosso al suo corpo come se fosse viva.
«Ti stavamo aspettando...»
Una voce proveniva dal gazebo, era cristallina e i suoi piedi si mossero da soli verso di essa, anche se non vedeva dove stesse andando. Uno, due passi e si trovò circondato non più dalla nebbia ma dal rampicante, davanti a sé una ragazza di circa la sua età lo guardava. Gli occhi erano color cioccolato e i capelli turchesi le contornavano il volto, una fascia nera glieli teneva fermi ma qualche ciocca ribelle spuntava cadendole sulla fronte.
«Come ti chiami?»
Si sorprese di quella domanda e indietreggiò di un passo intimorito, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quegli occhi così caldi, e senza che se ne rendesse conto parlò.
«Richy Blake»

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La sveglia del cellulare iniziò a suonare interrompendo il sogno del ragazzo, mugugnò un dissenso e si coprì la testa con le coperte, un brivido gli corse lungo la schiena e gli fece stringere alla stoffa per scaldarsi. Sentì sua madre chiamarlo dalla cucina dicendogli che se non si fosse svegliato in fretta avrebbe fatto tardi a scuola, così contro voglia si alzò per prepararsi.
Prese i vestiti che avrebbe indossato quel giorno, un paio di jeans a vita bassa e una maglietta a maniche lunghe bianca con il disegno di un guantone da boxe rosso, e si diresse in bagno per darsi una sciacquata e per togliersi di dosso quella strana sensazione. Gli sembrava di essere ancora circondato dalla nebbia e nemmeno lavarsi il viso con l'acqua fredda lo aiutò, si guardò allo specchio e vide i capelli neri scompigliati e il ciuffo, che solitamente portava di lato, ora era rivolto verso l'alto in una piega innaturale. Gli occhi cremisi rispecchiavano la sua stanchezza, li chiuse per farli riposare ma gli comparve il volto della ragazza del suo sogno. Li riaprì e si passò una mano fra i capelli sbuffando, non era normale ricordare i sogni, ma forse era solo perché si era appena svegliato. Dopo che si fu preparato raggiunse sua madre al piano di sotto per fare colazione.
«Eccoti! Toast e succo di frutta vanno bene?»
«Perfetto! Avevo proprio fame...»
Mangiarono lentamente chiedendosi se avevano dormito bene e cosa avrebbero fatto durante il giorno, dopo poco il corvino si accorse che se non si fosse messo in cammino sarebbe arrivato davvero in ritardo, così salutò la donna e corse fuori di casa.
Era ormai marzo inoltrato ma la mattina faceva ancora freddo, una brezza leggera accompagnava Richy lungo la strada verso scuola, faceva il liceo scientifico e quello era il suo ultimo anno, nonostante non vedesse l'ora di finire e continuare con la sua vita non si trovava male.
«Richy-channnn!»
Il ragazzo si girò verso la voce che lo chiamava e una ragazza, che conosceva fin troppo bene, lo prese a braccetto saltellandogli accanto.
«Ciao Ame! Come mai così contenta?»
«Richy! Sembra che domani ci sarà un nuovo studente nella nostra classe! Spero tanto sia una ragazza carina!»
Guardò la sua compagna di classe, i capelli neri come i suoi erano raccolti in uno chignon, ma le ciocche davanti erano libere e arrivavano fino quasi all'ombelico. Gli occhi verdi scuri brillavano per la notizia che gli aveva appena dato, lei amava le donne, ci aveva già provato con tutte le loro compagne, solo quelle belle, ma le avevano dato sempre picche.
«Quindi si sa già che è una femmina?»
«No! Ma deve esserlo! Sono stanca di uomini... Senza offesa!»
 «Ma ti pare»
«Per ora so solo che viene dall'Italia! Ahh... Ti immagini? Una bella italiana... Potrei farle ripetizioni a casa mia... Poi una cosa tira l'altra...»
«Sei perversa lo sai?»
Gli fece la linguaccia e scoppiarono entrambi a ridere, attirando l'attenzione dei passanti su di loro. Continuarono a chiacchierare mentre si dirigevano a scuola e proprio quando attraversarono il portone sentirono suonare la campanella. Era lunedì e la settimana sarebbe stata lunga, ma un nuovo compagno, o compagna come sosteneva Ame, l'avrebbe rallegrata un po'.

Ultime due ore scolastiche erano di educazione fisica, la materia che odiava di più in assoluto. Non perché non gli piacesse muoversi, anzi ogni giorno faceva gli allenamenti di boxe, che praticava ormai da anni, e lo facevano sudare parecchio, ma perché doveva vedere un uomo.
Il suo anno scolastico era diviso in due classi: la quinta scientifico A e la quinta scientifico B, le ore di ginnastica erano in comune anche se avevano due prof diversi. Lui, nella A, aveva un professore normale, i capelli castani con qualche ciocca argentea, unico indizio dei suoi cinquantacinque anni, il fisico era asciutto e sotto la maglietta si vedevano i muscoli che gli avevano fatto vincere il premio regionale di sollevamento pesi. Li faceva lavorare e spesso Ame si lamentava il giorno dopo dicendo che i muscoli le facevano male, ma in fin dei conti non era nulla per lui.
Mentre quello della B era giovane, circa ventiquattro anni, non sapeva molto di lui e non gli interessava, gli bastava vedere quei capelli di un verde acceso per odiarlo.
«Sai Richy non capisco perché tu lo odi tanto... E' solo un colore, non ci vedo nulla di male!... E anzi penso che gli stia bene...»
Avevano finito i cinque giri di corsa e ora si stavano riposando seduti sui gradoni, Ame aveva il fiatone e subito dopo aver parlato si mise a prendere profonde boccate d'aria, lui invece guardava con odio l'uomo dall'altra parte della palestra.
«Te lo spiego ogni lunedì... Quel colore mi ricorda troppo l'erba! Andiamo, se se li facesse crescere mi stupirei a non vedere un vecchietto che cerca di tagliarglieli con un tosaerba!»
«Povero professor Alexander...»
Le fece la linguaccia e lei gli pizzicò le guance per poi alzarsi e iniziare a scappare da lui, che però decise di non muoversi e farla correre inutilmente. Fece cadere la testa all'indietro appoggiandola sul gradone, un'improvvisa stanchezza si impossessò di lui e chiuse gli occhi per riposarsi, ma appena lo fece sentì nella sua testa la voce della ragazza del suo sogno.
Li riaprì di scatto e si trovò a pochi centimetri dalla sua faccia quella di Ame.
«Cosa stai facendo?...»
«Ti stavo chiamando ma non rispondevi! Ti eri addormentato?»
«Ma va! Sono solo un po' stanco, cosa c'è sei preoccupata per me?»
«Certo! Tu non lo sai ma sono innamorata da sempre di te!»
Scoppiarono a ridere e vennero richiamati dal prof, così per punizione dovettero fare degli esercizi extra, ma non si lamentarono e anzi continuarono a prendersi in giro.
Quando finirono Ame lo costrinse ad aspettarla mentre si cambiava e una volta che finalmente comparve dagli spogliatoi gli studenti erano già spariti, svuotando le aule e i corridoi.
«Ma quanto ci hai messo per metterti una maglietta e dei pantaloni?»
«Potranno anche piacermi le donne, ma lo sono anche io e ho bisogno dei miei tempi!»
«Bah...»
Si mise la cartella sulla spalla destra e si mosse per fare un passo in avanti, ma la corvina lo prese e lo trascinò nel corridoio dove stava l'ufficio dei professori di ginnastica con gli strumenti, palloni, cerchi e corde.
«Professor Alexander! E' ancora qui?»
Ame si mise ad urlare e prima che lui potesse zittirla o andarsene l'uomo sbucò fuori da una porta con due palloni sotto le braccia. Era poco più alto di lui e attorno al collo portava in fischietto, tipico della sua professione, sul braccio sinistro si intravedeva un tatuaggio, un dragone trafitto da una lama, nascosto dalla manica. Sul sopracciglio destro c'era invece un piercing e appena poco sopra i capelli verdi, tanto odiati.
«Sì?»
«Siamo due studenti della A e l'avevamo vista ancora qui a sistemare, così ci siamo domandati se aveva bisogno di una mano! Sa, a nessuno piace lavorare da solo!»
Li guardò scioccato ma poi sorrise ad entrambi, anche se il corvino vide che si stava sforzando e che era solo un gesto di cortesia.
«Non preoccupatevi ragazzi! Posso farcela da solo e poi mi spiacerebbe rubarvi tempo prezioso per svagarvi!»
«Ne è proprio sicuro?»
Ame gli fece gli occhi dolci per convincerlo ma lui non cedette e li salutò ringraziandoli del pensiero. Il ragazzo aspettò di essere completamente fuori dall'istituto per scatenarsi contro la ragazza.
«Ma che ti passa per il cervello?!»
«Eddai... Volevo solo stuzzicarti un po'... Ha anche rifiutato quindi hai solo dovuto condividere la sua aria per un po'!»
Continuarono a bisticciare finché Ame non si ricordò che il giorno dopo ci sarebbe stato il nuovo studente e corse a casa per preparasi salutandolo velocemente.

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Il gazebo era davanti a Richy e sembrava aspettarlo, si guardò attorno e vide che la struttura bianca era alla fine di una piccola stradina, che proseguiva per un breve tratto e poi si concludeva con un porta di legno scuro. Un castello enorme si estendeva davanti a lui sia in larghezza e altezza, impedendogli di capire cosa ci fosse oltre, così decise di andare a sedersi sotto il gazebo per schiarirsi le idee. La nebbia non c'era e riuscì a vedere un bosco in lontananza e l'inizio di un laghetto, un leggero vento gli scompigliò i capelli e i vestiti e solo allora si accorse di non stare più indossando il suo pigiama, ma un completo in stoffa, che gli ricordò quelli medievali che vedeva sul libro di storia.
Il sole stava sorgendo e nonostante i vestiti fossero leggeri stava bene, l'aria era calda e si godette quel momento chiudendo gli occhi.
«Sei tornato! Ti stavo aspettando Richy»
Il diretto interessato si girò verso la voce e la ragazza del giorno prima era lì davanti a lui sulla soglia della porta. La guardò attentamente e si accorse che indossava una specie di divisa militare bianca e blu, le si avvicinò lentamente ma non uscì dal gazebo.
«Chi sei?... E perché mi stavi aspettando?»
«E' una storia lunga... Ma puoi fidarti, non voglio farti del male! Io sono Levy!»
La turchina fece qualche passo verso di lui e tese la mano aspettando che lui gliela prendesse, Richy esitò un attimo ma non riuscì a essere scortese e diminuì la distanza per stringergliela.
Quando si toccarono gli sorrise e lui arrossì leggermente, non si aspettava tanta gentilezza, in fondo era un sogno, eppure era così reale. All'improvviso sentì una presenza minacciosa e istintivamente fece un passo indietro mettendosi nella posizione da combattimento da boxe, braccia piegate poco sotto al volto.
«Ghihi bravo il ragazzo... Mi ha notato quasi subito... Potrebbe esserci utile!»
Un uomo sbucò dalla porta, aveva i capelli lunghi e neri e gli occhi color cremisi come i suoi, ma erano più crudeli e gli parve che la pupilla fosse verticale, e non rotonda, come quella di un predatore. Il volto era ricoperto di piercing, ne aveva tre per sopracciglio, due sul naso, due sul mento e altri tre sulle due orecchie. L'uomo si avvicinò a Levy e si appoggiò col braccio sulla sua testa, era molto più alto di lei e la sovrastava completamente, solo all'ora Richy si accorse che i due indossavano la stessa divisa e si rilassò leggermente, rimanendo però vigile.
«Gajeel! Ti avevo detto di stare dentro! Così lo spaventi!... E non usarmi come poggia testa!»
La ragazza gonfiò le guance e alzò leggermente la testa per guardarlo male, lui non si scompose e anzi le rispose scompigliandole i capelli e ghignando.
«Certo Gamberetto ghihi... Comunque ne è arrivato un altro, ho mandato Juvia a prenderlo.»
«D'accordo, meglio muoversi così la regina dovrà spiegare tutto solo una volta... Richy! So che è strano e che per ora non hai ricevuto ancora nessuna spiegazione... Ma se vuoi fidarti di me potresti seguirmi? Presto avrai le risposte che cerchi!»
Il ragazzo li guardò confuso, non sapeva cosa stesse succedendo e non vedeva l'ora di svegliarsi, non si diede un pizzicotto solo perché la riteneva una cosa stupida, ma era molto tentato. Si passò una mano fra i capelli e sospirò.
«Va bene... Non credo di avere molta scelta»
Cercò di sorridere alla ragazza per tranquillizzarla e quando gli diedero le spalle per dirigersi verso l'interno della porta, lui li seguì tornando serio e senza fiatare.
Camminarono per un tempo infinito, i corridoi erano tutti uguali e anche le porte che incrociavano erano chiuse e con lo stesso disegno, uno spoglio albero nero.
Si fermarono davanti a un portone bianco con le rifiniture e il pomello in argento, l'uomo chiamato Gajeel lo aprì spalancandolo e dopo pochi passi si inginocchiò chinando la testa. Lui e Levy rimasero fuori ad aspettare non sapeva bene cosa, o quale segnale.
«Mia regina! Vi abbiamo portato il primo guerriero»
«Alzati pure Gajeel... Vi prego entrate!»
La turchina lo guardò e gli fece l'occhiolino, intuì che cercava di tranquillizzarlo e le fece un sorriso come risposta, poi entrarono e capì perché doveva tranquillizzarsi. Erano in una stanza enorme, piena di statue e armature ai lati, in fondo c'erano due poltrone e su una c'era una donna dai lunghi capelli bianchi, come il suo vestito, e in testa aveva una corona. Era nella sala del trono.
Accanto alla regina c'era un uomo in piedi, con gambe dritte e braccia dietro la schiena, i capelli erano dello stesso colore di quelli di Levy e sull'occhio destro aveva un tatuaggio tribale rosso scuro. Anche lui indossava la divisa ma capì subito che lui era al comando.
«Piacere di conoscerti, io sono Mirajane, la regina di questo castello... So che può sembrarti strano tutto questo, ma una leggenda ci aveva predetto il tuo arrivo. Il tuo e quello di altri...»
Dei passi interruppero l'albina e un'altra donna comparve da dietro di lui superandolo, seguita da un uomo che si fermò accanto a lui, con un tatuaggio sul braccio sinistro di un drago trafitto da una spada, e dai capelli verdi.
«Juvia è così dispiaciuta! Ha fatto il più in fretta possibile, ma Juvia si era persa e il castello è così grande e uguale e Juvia era finita nelle cucine e quando era quasi arrivata si era accorta di aver perso l'uomo e...»
La regina la interruppe sorridendo, dicendole di non preoccuparsi, ma Richy non stava più ascoltando, continuava a fissare l'uomo che aveva sulla destra, non poteva crederci, se era un sogno come faceva a essere lì?
Si accorse di essere osservato e si girò per guardarlo a sua volta, Alexander non rimase così scioccato ma aggrottò le sopracciglia e gli si avvicinò.
«Io ti ho già visto... Ci conosciamo per caso?»
«Non può essere... Cosa? Cosa ci fa lei qui?!»
Silenzio, nessuno fiatava e tutti avevano gli occhi puntati su di loro, il corvino fece un passo indietro incapace di dire altro, quando fu l'altro a parlare.
«Ora ricordo! Eri a scuola, il ragazzo che si era proposto di aiutarmi!... Ma io credevo che questo fosse un sogno!»
«Che diavolo sta succedendo qui? Perché Alexander è nel mio sogno? E questo è realmente un sogno?!»
Silenzio, vide Levy fare un passo avanti e aprire la bocca per parlare, ma nessun suono uscì, nessuna parola, la nebbia lo avvolse e tutto quanto sparì.

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Si svegliò di soprassalto, era sudato e aveva il batticuore, si guardò attorno come per essere sicuro che fosse veramente in camera sua, nel suo letto. Tutto era come quando era andato a dormire, i vestiti del giorno prima abbandonati sulla sedia, la cartella sfatta accanto alla scrivania e i suoi guantoni appesi appena sopra la sua testa.
Si mise seduto e si appoggiò una mano sul petto, il cuore non accennava a rallentare e decise di prendere un bicchiere d'acqua per rilassarsi. Guardò l'orologio e vide che era l'una di notte, qualcosa non tornava, quella sera era andato a dormire presto ma nonostante la stanchezza non era riuscito ad addormentarsi prima dell'una meno dieci, come era possibile che fossero passati solo dieci minuti? Gli sembrava che fosse passata almeno mezz'ora, se non addirittura un'ora.

In qualche maniera era riuscito a riaddormentarsi e poi ad alzarsi la mattina quando la sveglia era suonata, si ricordava ancora tutto e l'ansia non se ne era andata. Sua madre dormiva ancora quando fece colazione così le lasciò un biglietto augurandole buona giornata, era contento di non averla incrociata, avrebbe capito che qualcosa lo turbava e gli avrebbe fatto il terzo grado.
Durante il tragitto per la scuola non incontrò Ame e solo allora si ricordò del nuovo compagno di classe, allungò il passo per non arrivare in ritardo e per un momento si dimenticò del sogno.
«Eccoti finalmente! Stavi per perderti la presentazione della mia futura ragazza!»
«Ciao anche a te Ame! Sto bene grazie per avermelo chiesto!»
Si sedette al suo posto accanto alla ragazza, che non lo degnò di uno sguardo, appoggiò la cartella per terra e decise di mettersi a chiacchierare con gli altri suoi compagni, meno interessati di Ame al nuovo compagno o compagna.
«Forza ragazzi tutti a posto!»
Il professore entrò poco dopo e tutti si zittirono, Richy rise mentalmente, se fosse stato un giorno come un altro nessuno l'avrebbe ascoltato, ma la voce era girata in fretta e ognuno faceva le proprie speculazioni sul nuovo arrivato o arrivata.
«Vieni, entra pure... Lui ragazzi è il vostro nuovo compagno di classe. Forza presentati.»
Ame sbuffò delusa e stavolta il corvino non riuscì a trattenersi e gli scappò una mezza risata, la ragazza lo guardò male ma poi si concentrarono entrambi sul ragazzo che avevano davanti.
«Salve a tutti... Io sono Tetsuya Kuroda. Ho diciotto anni e mi sono appena trasferito dall'Italia.»
Era alto circa come lui, sul metro e settanta, i capelli corti erano neri e scompigliati, gli occhi cremisi si guardavano attorno senza osservare nessuno in particolare. Richy sentì le ragazze, non Ame, commentare il suo fisico muscoloso ma non troppo, segno che facesse qualche tipo di sport. Appena sopra il collo della maglietta, sul lato destro della pelle vide una cicatrice, probabilmente era vecchia di anni dato che non era arrossata.
«Domani avrai un banco tutto tuo, per ora siediti accanto ad Ame e Richy. Sono quei due.»
Il professore li indicò e Tetsuya annuì, si mosse con sicurezza verso i ragazzi portandosi dietro una sedia, Ame gli fece segno di mettersi tra loro due e una volta che il professore incominciò a spiegare lei iniziò a presentarsi e a interrogarlo.
«Piacere, io sono Ame! E questo qui è Richy»
«Piacere.»
«Il piacere è mio!»
«Allora Tetsuya...»
La corvina si zittì e si mise a far passare lo sguardo da un ragazzo all'altro, da Richy a Tetsuya, il primo sbuffò rendendosi conto che stava per sparare una delle sue solite cazzate, mentre l'altro alzò un sopracciglio non capendo che stesse succedendo.
«Sapete... Potreste essere fratelli!»
«Ame...»
«Zitto Richy e ascoltami! Avete entrambi i capelli neri, gli occhi rossi! Pensa se fosse davvero così! E io potrei fare la sorellina acquisita, dato che ho solo i capelli neri ma non gli occhi rossi!»
«Faremmo i tre moschettieri!»
Gli occhi della ragazza luccicarono e riprese a parlare sottovoce di qualcosa che i due preferirono non sapere, Richy si avvicinò a Tetsuya per non farsi sentire dalla ragazza.
«E' un po' matta, ma non è cattiva e a volte è anche simpatica!»
Guardarono entrambi la corvina che sentendosi osservata li guardò a sua volta facendoli ridere, ma il bussare alla porta li interruppe attirando l'attenzione di tutta la classe.
«Avanti!»
Una testa verde comparve da dietro la porta, il professor Alexander entrò e una serie di bisbigli si sollevò, ma non Richy, che quando lo vide si pietrificò. Lui sapeva perché era lì, per il sogno e tutto quello che era successo.
«Scusi se interrompo la sua lezione... Stavo cercando Blake, Richy Blake...»
«Certo, prendilo pure.»
«Grazie e scusi ancora.»
Il corvino si alzò e cercò di ignorare lo sguardo indagatore dell'amica, uscì dalla porta e la sentì chiudersi dietro di sé, l'uomo gli fece cenno di seguirlo e lui lo fece. Camminarono in silenzio e solo quando arrivarono nell'ufficio di Alexander si fermarono, entrarono e chiusero a chiave.
«Sentì... So che sembrerà strano ma voglio capire... Ti ricordi anche tu di quel sogno? Vero?»
«Sì... Ricordo tutto quanto, il castello, le persone, la regina!»
Si passò una mano fra i capelli e il professore sbuffò, il silenzio calò nella stanza e la tensione era palpabile, non sapevano cosa stesse succedendo, quello che avevano vissuto non era un semplice sogno e entrambi avevano la sensazione che sarebbe successo ancora.
«Che cazzo sta succedendo?!»
Richy sbuffò e si sedette sulla poltrona a pensare, gli stava chiedendo qualcosa a cui non poteva e non sapeva rispondere. Cosa stava succedendo? L'avrebbero scoperto solo tornando in quel sogno, in quel luogo sconosciuto.

Angolo Autrici
Eccomi finalmente col primo capitolo!
Spero vi piaccia e vi supplico criticate pure, è la prima volta che scrivo di personaggi che non so come reagiranno quindi mi hanno creato un paio di problemi iniziali >.< ma spero vadano bene comunque! In caso avvisate senza problemi che proverò a renderli al menglio!
Allora per ora ho presentato tre personaggi! Due si sa già in che fazione sono (Team Mira!) mentre l'altro no eheh u.u sono partita dai personaggi maschili perché sono i primi che mi sono arrivati e perché mi mancano ancora due schede femminili.
Guzza ha corretto la grammatica quindi se vedete errori è colpa sua u.u
Spero che le descrizioni vi siano piaciute o che almeno siano state soddisfacenti, vi avviso che odio la scuola u.u quindi se è uscita male è per quello.
Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo il proma possibile, voi fatemi sapere ^^
Unica nota e poi vi lascio andare! Come ho detto mancano due schede e dato che chi si era prenotato non mi ha più fatto sapere nulla adesso sono di nuovo disponibili i due posti femminili, quindi se avete amici che potrebbero essere interessati fate pubblcità :3 (i primi che me la inviano saranno quelli ad avere il posto, avvisatemi però ^^)
Alla prossima!


 

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Capitolo 3
*** Sensazioni ***


Sensazioni


Tetsuya guardò Richy sparire dietro la porta seguito dal professore che lo aveva chiamato, si girò verso Ame e vide che guardava con insistenza il punto in cui era scomparso il corvino, come se potesse riportare lì il ragazzo solo con lo sguardo. Dopo poco si girò verso di lui sorridendo e riprese a chiacchierare, scherzando su come loro tre potessero essere fratelli separati dalla nascita.
«Ahhh… E invece sono figlia unica e posso solo fantasticare… Comunque come mai sei tornato in Giappone Tetsuya? Se posso chiedere! Richy spesso mi dice che sono un’impicciona e che magari non tutti vogliono rispondere alle mie domande, a volte troppo personali, e…»
«Signorina Ame potrebbe fare silenzio? Non vorrei che influenzasse negativamente il nuovo studente.»
Si alzò un leggero rumore di risate dagli altri studenti mentre Ame si scusava col professore e si mise ad ascoltare la lezione in silenzio, ma prima lo guardò ruotando gli occhi facendogli intuire il suo pensiero, che tradotto era un “che barba”.
Gli stava simpatica quella ragazza, infatti nonostante lui fosse un tipo piuttosto chiuso in sé stesso e odiasse particolarmente gli impiccioni, Ame gli sembrava una ragazza pura e ingenua, che voleva solo imparare a conoscerlo.
«Parleremo dopo… Comunque chiamami pure Tetsu»
Si misero a seguire e Tetsuya ringraziò che la materia fosse matematica, si era trasferito in Italia quando aveva nove anni e solo negli ultimi tempi aveva ripreso il giapponese. L’estate scorsa aveva passato circa un mese in Giappone per ricominciare a parlarlo più fluentemente, ma aveva ancora qualche problema seppur lieve. Sarebbero bastati un paio di giorni per abituarsi completamente.
Dopo circa mezz’ora Richy tornò in classe, aveva un aria stanca e stravolta, ma quando li guardò mostrò un sorriso tranquillizzante, il professore che era venuto a cercarlo prima non lo aveva riaccompagnato.
«Eccomi, scusate il ritardo… Successo qualcosa di interessante?»
Ame lo guardò con un sopracciglio alzato, la penna picchiettava contro il labbro e solo dopo qualche istante decise di rispondergli riprendendo però a seguire la lezione.
«Oh nulla di interessante… Se non si considera tu che sparisci con il prof Alexander, che detesti…»
«Allora nulla di serio… Dopo ti spiego, ora è meglio che stiamo zitti che il prof ci sta guardando…»
Tetsuya ascoltò quel battibecco solo in parte, era qualche giorno che non dormiva decentemente e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Magari sarebbe andato a casa direttamente in modo tale da riposare un pochino.
«Finita scuola devo passare a prendere dei fiori per mia madre… Vi spiacerebbe accompagnarmi? Così ci conosciamo meglio!»
Richy sbuffò e fece un cenno con la testa, lui guardò la corvina che lo guardò a sua volta con due occhioni verdi carichi di speranza, e non poté rifiutare nonostante i suoi piani per il pomeriggio.
Finirono le prime ore ed era suonata da poco la campanella per l’intervallo, il suo compagno di banco sparì quasi subito senza dire una parola e Ame lo seguì a ruota, si chiese il motivo del loro comportamento ma preferì non indagare, in fondo erano fatti loro.
Aveva circa un quarto d’ora di pausa e decise di fare un giro per l’istituto, anche perché voleva prendersi una bibita fresca, ma non sapeva dove fossero le macchinette. Le trovò abbastanza in fretta e dopo essersi preso una coca cola si mise a camminare senza una meta precisa, dopo poco però un grido femminile attirò la sua attenzione, sembrò non averlo notato nessun altro e decise di andare a vedere.
Dietro una piccola casetta, che ipotizzò essere quella degli attrezzi, c’era una ragazzina con i capelli castani legati in una coda alta e due ragazzi evidentemente più grandi le stavano davanti, dando così le spalle a Tetsuya. Sembrò che nessuno dei tre lo avesse visto.
«Come sarebbe a dire che non hai i soldi di questa settimana?»
«Ti ricordo che se non vuoi passare un periodo d’inferno, devi pagare la tassa settimanale…»
La ragazza li guardò terrorizzata, gli occhi erano carichi di lacrime e le braccia convulsamente stringevano al petto la borsa rosa.
«Ma io non ho più soldi… Non posso darvi nulla… Per favore non fatemi del male…»
«Conosci le regole…»
Uno dei due la prese per i capelli e iniziò a tirarglieli verso l’alto per sollevarla, lei gridò e le lacrime iniziarono a scendere copiose, ma Tetsuya non aspettò che l’altro ragazzo intervenisse, si fiondò subito sul primo e senza pensarci gli afferrò il braccio col quale teneva la ragazza.
«Lasciala stare…»
Strinse la presa e solo quando vide la mora crollare a terra, libera, lo lasciò andare e la guardò velocemente la facendole cenno con la testa di andarsene, sapeva per esperienza che non sarebbe finita semplicemente con una stretta di mano.
«Hey! Chi ti credi di essere ad intrometterti nei nostri affari?»
A parlare fu il secondo, a cui stava dando le spalle, che lo prese per un braccio facendolo girare leggermente, i due ragazzi ora si trovavano ai suoi lati e lo guardavano tutt’altro che contenti.
«Nessuno… Solo che non si deve toccare una donna, qualsiasi sia il motivo…»
«Guarda un po’… Abbiamo un gentiluomo qui!... Vediamo se lo sarai ancora dopo che ti avremo conciato per le feste…»
Li osservò più attentamente, il secondo, quello che aveva appena parlato aveva i capelli lunghi, fin sopra le spalle, e tinti di un biondo platino, erano legati in un codino per non disturbargli la vista. Il primo era poco più alto del secondo ed era rasato a zero, entrambi lo superavano di una decina di centimetri e sembravano abituati alle risse. Ma anche Tetsuya lo era.
Il biondo fece per tirargli un pugno nella bocca dello stomaco, ma con agilità il corvino lo schivò facendogli colpire l’aria, si bloccò appena prima del volto del suo compagno. Anche se era in svantaggio numerico poteva farcela.
Si allontanò di qualche passo e si mise in posizione, aveva fatto Karate per molti anni in Italia, e aveva smesso solo quando aveva scoperto che avrebbe dovuto trasferirsi, ma era comunque una cintura marrone. Gli si buttarono addosso in contemporanea, schivò il calcio del pelato e gliene assestò uno lui sul fianco, ma ricevette un pugno sulla mandibola dall’altro, che rise soddisfatto. Tetsuya sfruttò quella distrazione per assestargliene uno in pancia facendolo indietreggiare di qualche passo. Il biondo iniziò a boccheggiare alla ricerca di aria, mentre l’altro si scrocchiava le nocche delle mani e il collo.
«Ora sei fottuto ragazzo…»
La lotta non sarebbe durata ancora molto, ora che aveva sistemato il più debole poteva occuparsi tranquillamente di quello rimanente. Sentì in bocca un sapore metallico e sputò per terra sangue, il colpo di prima doveva avergli rotto il labbro o qualcos’altro, ma la mascella sembrava tutta intera.
«Fatti sotto se ci riesci…»
Si dispose nuovamente all’attacco: gambe piegate una davanti all’altra con il busto leggermente girato, le braccia nella stessa posizione e le mani chiuse a pugno. Bastarono poche schivate e un paio di colpi per farlo cadere a terra stremato, proprio in quel momento suonò la campanella e un professore passò lì accanto, notandoli.
«Cosa succede qui?! Hey tu! Non sei il nuovo studente?»
Il biondo cercò di mettersi in piedi ricadendo sulle proprie gambe, Tetsuya sbuffò e lo guardò male, non l’aveva colpito così forte e non gli aveva toccato gli arti inferiori. Stava facendo finta di essere lui la vittima, cercando di fare compassione al professore, che infatti si inginocchiò per aiutarlo ad alzarsi.
«Noi eravamo qui tranquilli a riposarci… Quando questo ragazzo è comparso dal nulla e ha iniziato a picchiarci senza motivo!»
Non provò nemmeno a ribattere, vedeva chiaramente dagli occhi dell’uomo che qualsiasi cosa avrebbe detto l’avrebbe considerata solo una scusa infondata e priva di significato, in più non voleva mettere in mezzo ancora quella povera ragazza.
«Tu! Come ti chiami?»
«Tetsuya Kuroda…»
«Bene Kuroda… Direi che tu ti debba dirigere dal preside… Farete una bella chiacchierata…»
Senza rispondere si incamminò verso la presidenza, sapeva dove fosse in quanto c’era stato quella mattina per presentarsi, non fu un viaggio lungo, ma la ramanzina che ricevette sì, durò più di mezz’ora ma il corvino non ne ascoltò nemmeno una parola. Per lui era un discorso senza senso ed era come se il preside stesse parlando al vento, non era lui l’aggressore, il bullo, ma sapeva che la voce era già girata ed ora aveva quell’etichetta.
Quando tornò in classe i compagni lo guardavano bisbigliando, ma nessuno aveva il coraggio di incrociare i suoi occhi cremisi e così guardavano altrove. Solo due paia erano fissi nei suoi, un paio verde chiaro, che lo guardavano con gioia e trepidazione, mentre gli altri due occhi erano simili ai suoi, rossi, e felici di vederlo. Il professore continuò a spiegare ignorando la sua comparsa, così si sedette al suo posto tra Ame e Richy.
«Finalmente sei arrivato! Scusa se all’intervallo siamo spariti ma questo qui mi voleva tenere nascoste delle cose…»
La ragazza guardò male il corvino a cui si stava riferendo, che sbuffò sistemandosi il ciuffo che gli ricadeva sull’occhio.
«Tu ti immagini le cose… In ogni caso scusaci davvero Tetsuya… Se fossimo stati con te non saresti finito tu in presidenza ma quei due…»
Li guardò accigliato, non capiva come mai si stessero comportando così gentilmente con lui, in fondo era un bullo ora.
«Richy certo che se non spieghi lui non capisce nulla… Guarda come ti guarda!»
«Voi tre! Non voglio disturbatori nella mia classe, andate fuori!»
Il professore si doveva essere stufato e li cacciò fuori, Tetsuya non capì perché era stato buttato fuori anche lui, in fondo lui era stato in silenzio, ma decise di non porsi troppe domande, aveva altri pensieri per la testa. Una volta fuori se ne andarono sul tetto, loro erano al primo piano così dovettero fare due rampe di scale per raggiungerlo.
«Scusa se sei stato coinvolto, Ame è la solita casinista… In ogni caso quando stavamo rientrando in classe abbiamo incontrato una ragazzina del primo anno, aveva i capelli castani e voleva chiederci di riferirti i suoi ringraziamenti…»
«La voce stava già girando, ma non ci convinceva come storia… Non sei… Il tipo ecco! La ragazza, carina per di più, ha solo confermato i nostri sospetti… In più so chi hai malmenato, e ti assicuro che se lo meritavano!»
Tetsuya non sapeva cosa dire, non pensava che qualcuno l’avrebbe capito, e non si aspettava certo dei ringraziamenti dalla mora, rimase pietrificato davanti a quei due ragazzi, che in poche ore gli erano già diventati amici. Richy rise interrompendo il filo dei suoi pensieri, e Ame guardò altrove sbuffando.
«Tu non lo sai… Ma spesso questa docile ragazzina dice che sarebbe meglio uccidere tutte le persone che torcono anche un solo capello a una ragazza… E spesso per questo è finita a fare a botte, e ogni volta dovevo intervenire per salvarla…»
Entrambi guardarono la corvina, che sentendosi osservata incominciò ad arrossire e fece loro la linguaccia. Scoppiarono tutti e tre a ridere, era da tempo che non si divertiva così, e fu contento di aver preso la decisione di cambiare scuola e tornare in Giappone.
«Comunque potete chiamarmi Tetsu!»

Il resto dell’ora passò tranquilla, quando suonò la campanella tornarono in classe appena in tempo perché entrasse il professore di storia giapponese, che il corvino riconobbe come quello che aveva soccorso i due ragazzi e mandatolo dal preside. Ma ciò non influenzò il suo umore, era contento di aver trovato dei nuovi amici così in fretta e di poter essere sé stesso con loro due.
Quando, poco prima delle due, suonò la campanella dell’ultima ora Ame lo prese sottobraccio e fece la stessa cosa con Richy, sorrideva e sembrava decisa a non volerli lasciare.
«Andiamo a mangiare al Mc e poi.. dal fioraio! Su forza forza!»
Li trascinò, letteralmente, fino al fast food e poi prese posto mandandoli a ordinare il suo pranzo, quando le chiesero perché lei se ne stesse lì seduta rispose semplicemente che qualcuno doveva assicurarsi di tenere occupato un tavolo. Solo quando fu in fila con Richy Tetsuya guardò più attentamente Ame.
Era una ragazza sul metro e sessanta, forse sessantacinque, i lunghi capelli neri erano tenuti fermi in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra, il corpo era formoso e snello. Avrà avuto la quarta se non la quinta, la vita era piccola, si allargava solo sui fianchi e sul fondoschiena, che non era troppo grosso.
«Un peccato vero?»
Richy richiamò la sua attenzione e si rese conto che era stato beccato a fissarla.
«Cosa?»
«Ame… E’ una bellissima ragazza e un tempo mi ero preso una cotta per lei… Pensa la mia sorpresa quando scoprì che era lesbica!»
Guardò di sfuggita la corvina in questione, ma si rigirò subito verso l’amico che stava avanzando nella fila.
«Davvero..? E pensare che è anche il mio tipo! Prosperosa al punto giusto!»
«Eheh vero! Non sai quanti ragazzi si sono dichiarati per ricevere picche… Per fortuna non sono tra loro»
Gli fece l’occhiolino e si misero a ridere, il loro turno di ordinare però era arrivato e quindi tornarono seri.
Quando finirono di pranzare andarono finalmente dal fioraio, non era troppo distante da casa sua, cinque minuti, forse poco più, lesse l’insegna per ricordarsela in futuro. “Hoshimiya’s Flowers!”
Era un piccolo negozio ma c’erano fiori ovunque e appena entrarono un profumo dolce e intenso, quasi stordente, gli invase le narici.
«Benvenuti! Come posso aiutarvi?»
Una giovane donna, sopra i vent’anni, li accolse sorridente dietro il bancone, appoggiava il mento su una mano ed era leggermente chinata su un libro che sembrava molto impegnativo. I capelli erano azzurri, li lasciava slegati e le arrivavano circa a metà schiena, una folta frangetta le copriva la fronte, ma terminava appena prima dei grandi occhi rossi, che li guardavano aspettando, sulle tempie invece aveva il segno dell’abbronzatura di un paio di occhialini da piscina.
«Ciao Rena! Non c’è Karen oggi?»
«Ame! Come stai? No, mia madre è uscita per cercare nuovi fiori da vendere… E oggi bado io al negozio… Ma a cosa ci serviranno altri fiori?! Qui si soffoca per quanti ce ne sono!»
Si mise dritta e si stiracchiò puntando le braccia verso l’alto, poi guardò Tetsuya sorridendo, ma quando spostò lo sguardò su Richy per fare lo stesso si bloccò, e solo allora si accorse che l’altro si era imbambolato da quando erano entrati. I due si scrutavano incuriositi e quasi impauriti, si riusciva a leggere lo smarrimento nei loro occhi, e solo Ame richiamandoli riuscì a svegliarli da quello stato di trance.
«Vi conoscevate già?»
«No…»
«No infatti… Però ho come una strana sensazione… Va beh! Cosa posso fare per te quindi?»
La corvina li guardò dubbiosa ma decise di lasciar correre, prese un vasetto di bocche di leone e un sacchetto con i semi di margherita, Rena le impacchettò tutto e Ame obbligò Richy a portarle il vaso, egli accettò senza protestare, sembrava essere su un altro pianeta. Era silenzioso e perso nei suoi pensieri.
Uscirono dal negozio salutando la fioraia che non riusciva a distogliere gli occhi da Richy, se non quando si chiusero la porta alle spalle e non la videro più.
«Scusate ragazzi, ora andrei… Devo sistemare il mio appartamento, che è ancora pieno di scatole!»
«Vuoi una mano? Richy sarebbe veramente contento di aiutarti! Ihih»
Risero e al diretto interessato scappò un sorriso, era ancora perso nei suoi pensieri. Si salutarono e si diedero appuntamento il giorno dopo davanti il cancello della scuola, il corvino si incamminò e gli tornò in mente uno strano incontro che aveva fatto qualche giorno prima, che gli ricordò molto quello che aveva fatto Richy qualche minuto prima.

Tetsuya stava facendo un giro per la città, era arrivato il giorno prima e voleva ambientarsi un minimo. Camminava tranquillo guardandosi attorno, ma quando fece un passo in avanti in un incrocio, una figura femminile, dai capelli neri, gli venne addosso facendolo cadere e la ragazza su di lui.
«Cazzo… Scusa ero in ritardo e non…»
Cercò di mettersi seduto appoggiandosi sulle braccia, la ragazza era ancora su di lui e sembrava non avere intenzione di muoversi, si massaggiò la testa e provò a chiederle se stesse bene, ma quando la guardò si pietrificò. Gli occhi azzurro chiaro lo fissavano con lo stesso stupore, non la conosceva e sapeva di non averla mai nemmeno vista, in fondo era in Giappone da troppo poco, ma aveva una strana sensazione. Come se fossero legati, come se il loro destino fosse intrecciato in qualche modo. La ragazza si riprese dopo poco e sbatté più volte le ciglia come per svegliarsi da un sogno, si mise in piedi lasciandolo finalmente libero e si rialzò a sua volta.
«Ecco… Scusami ancora, spero sia tutto a posto ma ora devo andare! SCUSA!»
Corse via così come era arrivata, senza dare spiegazioni, senza dire altro, Tetsuya rimase lì dritto a fissare il vicolo in cui aveva girato, incapace di dimenticarsi di quella sensazione.


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Si ricordava di essere andato a dormire presto quella sera a causa della stanchezza, ma ora si trovava all’interno di una stanza completamente diversa rispetto a camera sua. Si sedette sul letto, fatto e pulito, e si guardò attorno disorientato.
La stanza aveva i muri di pietra, dandole un aspetto medievale, al suo interno c’era solo il materasso su cui si trovava e una piccola scrivania con fogli bianchi e calamaio. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo.
La porta sul lato opposto del letto si aprì, e una ragazza bionda, con i lunghi capelli legati in una coda alta sul lato destro, entrò sorridendo.
«Ciao! So che questo può sembrare un po’… Strano, ma tra poco ti verrà spiegato tutto! Io sono Lucy Heartfilia, e posso anticiparti che ti trovi in un altro mondo.»
Tetsuya si alzò in piedi di scatto e, incapace di comprendere appieno le parole che aveva appena sentito, guardò la ragazza con gli occhi spalancati.
«Cosa significherebbe in un altro mondo?...»
«Non posso spiegarti altro… Sappi però che tra poco ti porterò da qualcuno che ti chiarirà le idee… Puoi fidarti di me per ora e seguirmi?»
Guardò Lucy indeciso, poteva fidarsi? Ma era poi davvero quella la domanda? Aveva forse altre scelte? Si trovava in un posto sconosciuto, un altro mondo, da solo. Sospirò e le fece cenno con la testa, lei sorrise e allungò il braccio, facendogli segno si seguirla oltre la porta, e lui lo fece.
Si trovò in un grande corridoio, il tappeto rosso con ricami dorati attutiva i loro passi, e quelli di molte altre persone che incrociarono e che correvano avanti e indietro, alcune portavano dei piatti vuoti e altri invece avevano fra le mani fogli pieni di scritte. Dopo circa cinque minuti che camminavano in quel viavai arrivarono a un portone alto quanto il soffitto e completamente nero. La bionda lo aprì rivelando una stanza scarlatta, i mobili erano dello stesso colore della porta, e in fondo c’era una poltrona in legno e velluto, di color oro. Una donna c’era seduta sopra, le lunghe gambe snelle erano accavallate, il gomito era appoggiato sul bracciolo e si reggeva la testa con la mano. I capelli erano rossi come le pareti, ma erano di un colore più acceso e vivo, sembravano fiamme vere, ed erano lasciati ricadere sul seno prosperoso, stretto in un corpetto metallico.
Lucy si inchinò appoggiando il ginocchio a terra, Tetsuya era rimasto talmente rapito da quella donna che non si era accorto delle altre persone che erano lì, solo quando un uomo alto e biondo parlò riuscì a tornare in sé.
«Quindi io dovrei addestrare questi due?! Pfff… Ti ho promesso di non ucciderli, ma la vedo molto dura…»
«Cosa ci faccio qui?! Gradirei una spiegazione!»
Tutti i presenti si girarono verso di lui: il biondo con una cicatrice sull’occhio destro, un ragazzo dai capelli rosa che si grattava la testa annoiato, e accanto a lui una ragazza dai capelli neri lo guardava pietrificata ma solo quando incrociò il suo sguardo la riconobbe. Era la ragazza che aveva incrociato qualche giorno prima.
«Tu! Ma che cazzo sta succedendo qui?!»
Lei gli si avvicinò per qualche motivo a lui sconosciuto e si guardò attorno spaventata, ma lui riusciva a capire cosa stesse provando, avevano bisogno di spiegazioni e al più presto.
«Visto Laxus? Entrambi mostrano i denti… Ora risponderò alle vostre domande, ma prima mi sembra giusto presentarmi…»
La rossa si alzò in piedi e si avvicinò ai due ragazzi, che non riuscivano a distogliere gli occhi da quella figura.
«Io sono Erza Scarlet, la regina di questo castello… E voi siete?...»
«Tetsuya Kuroda»
La corvina esitò un attimo prima di rispondere, ma si fece coraggio imitandolo.
«Emma… Emma Diaz…»
«Come forse vi avranno accennato siete in un altro mondo, totalmente diverso da quello da cui provenite… Ma credo sia giusto iniziare dal principio…»
Iniziò a camminare intorno ai due ragazzi, mettendo loro soggezione, ma rapendoli con il suo racconto.
«Questo regno è diviso in due, io controllo una parte, mentre la restante metà è governata dalla regina Mirajane… Una profezia narra che un tempo… Quando i generali di entrambi i regni sarebbero morti, otto entità sarebbero arrivate da un altro mondo… quattro per regno… e avrebbero combattuto al nostro fianco, diventando nostri compagni e terminando questa guerra… che ormai dura da secoli… e portando un solo regnante… Voi due! Siete quindi i prescelti, insieme ad altri che arriveranno!»
La donna si fermò davanti a loro e li guardò in attesa, Emma era ancora accanto a lui e si mordeva il labbro inferiore, Tetsuya invece si guardava attorno sempre più confuso. 
«Direi che ho finito per il momento… Non so quanto starete ancora qui, ma c’è un posto… Una zona neutrale a circa metà tra i due regni… E’ un posto sicuro, potreste andare lì per schiarirvi le idee… Ma sappiate che non potrete andare contro il vostro destino…»
Esitò, gli sembrava una buona idea, ma come poteva fidarsi di perfetti sconosciuti? Guardò la corvina poco dietro di sé, sembrava spaventata e si torturava una ciocca di capelli con sguardo perso nel vuoto. Doveva provare ad aiutare almeno lei.
«Come si chiama questo posto?...»
«Fairy Tail»


Angolo Autrici
TanDanDan! Scusate se non abbiamo pubbliato ieri, ma Guzza è tornata a casa tardi e io invece sono andata a letto presto... Ma il problema era che un fulmine sabato sera ha provocato un blackout dalle mie parti e una delle conseguenze è stata la perdita di internet... Non so quando lo riavrò e ora sto pubblicando da Tablet, quindi se ci sono degli errori scusate!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, stavolta è incentrato di più nel nostro mondo e solo la parte finale è nell'altro, ma! Il prossimo capitolo inzierà proprio lì (anche perché non so come far incontrare gli altri personaggi nel mondo reale) e voglio provare a introdurne qualcuno in più, oltre naturalmente a quelli già visti (impazzirò lo so, veniemi a trovare al manicomio :3)
Come ho scritto nell'altra fanfiction (non so se qualcuno la segue) per mia fortuna la scuola sta finendo, ma ciò implica che si sta avvicinando la maturità e quindi il tempo per scrivere diminuisce... Naturalmente non smettermo ma sappiate che per giugno io sparirò da qualche parte in un angolo buio e isolato... incrociate le dita per me!
Ehhhh boh... Credo di aver detto tutto, spero vi sia piaciuto <3 come sempre Guzza ha controllato che non scrivessi cazzate atroci.
Alla prossima :3
Ps magari la convinco a scrivere lei mentre io sono immersa nei libri! ;)



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Capitolo 4
*** Fairy Tail ***


Fairy Tail

«Ecco a lei il suo piatto di Ramen signore!»
«Hey io sto aspettando la mia Soba!»
«Arrivo subito a portargliela!»
Una ragazza si muoveva agilmente tra i tavoli della taverna, i corti capelli marroni ondeggiavano a ogni suo passo senza però toccarle le spalle, non dandole così, fastidio. In entrambe le mani teneva un vassoio, che conteneva a sua volta diversi piatti colmi fino all’orlo di qualche prelibatezza, ma non una goccia riusciva a scappare da quelle braccia esperte.
«Ecco a lei e scusi l’attesa!»
Dopo pochi minuti aveva consegnato tutto quello che si era portata dalla cucina e sospirando soddisfatta si diresse verso la porta per ricominciare, ma quando le mancarono pochi centimetri un uomo largo quanto un armadio, e non per i muscoli, ed evidentemente ubriaco le venne addosso facendola cadere.
«Hey nanetta! Fai un po’ di attenzione a dove vai… Hic…»
Quando il suo fondoschiena aveva toccato terra si era imposta di rimanere calma, lui era un cliente e lei non era la proprietaria, quindi non poteva dirgliene quattro, ma quando si sentì chiamare in quel modo il cervello decise di andare a farsi una passeggiata insieme al suo buon senso.
«Nanetta?! Ma nessuno le ha mai insegnato l’educazione!? E si guardi un po’ lei! E’ così grasso che non mi stupirebbe se la sua pancia avesse un’atmosfera tutta sua!»
Si alzò in piedi pronta ad andare avanti ma qualcuno le mise un braccio intorno alle spalle facendole fare un passo indietro, finì con la schiena contro a una ragazza con un seno prosperoso, che metteva in mostra portando solo un reggiseno azzurro, la vita sottile e le gambe lunghe, l’unica caratteristica che loro due avevano in comune erano i capelli castani, ma questa donna li teneva lunghi fino alla fine della schiena. Sospirò chiedendosi come avesse fatto a diventare così, lei al contrario era bassa, con poche forme e spesso veniva scambiata per un ragazzino, la sua unica fortuna era di essere magra.
«Ohi Ohi! Cosa succede qui? Qualcuno ha bevuto un po’ troppo, eh Polz?! Avanti, scusati con la nostra nuova cameriera! E’ carina no? Si chiama Layla!»
L’uomo iniziò a borbottare frasi senza senso, in evidente imbarazzo per come si era comportato e per essere stato rimproverato dalla proprietaria, biascicò delle scuse, che Layla sentì per pura fortuna in mezzo a quel chiasso, e se ne andò dal locale.
Prima che la mora potesse fare qualsiasi altra cosa venne trascinata in cucina, lontana da occhi e orecchie curiosi.
«Cana-san scusami tanto!»
Appena si chiuse la porta alle spalle si inchinò più che poté, la donna che aveva davanti però la ignorò e si guardò in giro guardinga, la ragazza sollevò leggermente la testa per osservare cosa stesse facendo di preciso. Stava svuotando uno scaffale che conteneva farina e altri ingredienti base per i piatti, lì appoggiò dove capitava e alcuni li fece cadere anche per terra, quando fu completamente vuoto tirò fuori due bottiglie di birra e sorrise maliziosa guardandole.
«Venite da mammina piccole!»
Baciò il vetro freddo e lo schiocco si sentì sopra le padelle che sfrigolavano sul fuoco acceso, solo all’ora Layla si rese conto che non c’era nessuno ai fornelli, si precipitò per non far bruciare tutto, ma prima si chiese se era stato l’alcol a far diventare Cana così, scosse la testa per l’insensatezza dell’idea.
«Non devi scusarti per aver risposto a quel panzone! Hai fatto solo bene…»
La vide di sfuggita bersi un lungo sorso della bibita e un rivolo di birra scenderle sulla guancia, ma lo catturò subito con la lingua, una fiammata si alzò minacciosa davanti a lei e la costrinse a tornare a concentrarsi sui fornelli.
«Dove sono gli altri?»
«Mh… Ahhh! Che goduria l’alcol… Intendi mio padre e Heriot?... Sono andati sul retro a picchiarsi credo…»
Fece una pausa per finire la prima bottiglia di birra e incominciare la seconda, dando così il tempo a Layla di ripensare a tutto quello che le era successo in quelle poche, ma assurde ore.

Inizio Flashback

Quella sera era andata a dormire tardi e distrutta, si era attardata ad aiutare il vecchietto, che gestiva il negozio di Ramen in cui lavorava, a mettere via tutti gli strumenti che avevano usato durante quella giornata. Poi all’improvviso si era ritrovata in quella cucina con accanto un ragazzo, ormai adulto, che non aveva mai visto prima.
Era più alto di lei, sarà stato sul metro e settanta, poco più, i capelli erano lunghi fino poco oltre le spalle e neri, gli ricadevano sul volto coprendolo in parte, ma lasciando scoperti gli occhi, di un colore grigio cenere. Erano spenti e le palpebre cadevano pesanti, sembrava annoiato. Le braccia erano incrociate e i muscoli erano tesi e ben definiti, Layla si chiese che tipo di sport facesse per averli così allenati, sembrava stessero per esplodere da un momento all’altro. Ma preferì non proferire parola, lei aveva 18 anni mentre lui ne dimostrava poco più di venti.
«Chi siete voi? E che ci fate nella mia cucina?!»
Un uomo sbucò da dietro una porta nascosta da una tenda grigio scuro, quando lo vide Layla deglutì, era enorme, più alto del corvino che aveva accanto, i capelli corti erano pettinati all’indietro ed erano marroni con qualche riflesso più rossiccio, doveva avere fra i quaranta e i cinquant’anni, ma nonostante l’età dimostrava il fisico di un ragazzo, molto forte e muscoloso. Indossava un grembiule da cuoco e da una tasca sbucava un coltello molto affilato.
«Allora volete rispondere?! Oppure vi devo obbligare io con le maniere forti?...»
Fece scrocchiare le nocche delle mani per far capire loro che non aveva nessun problema a picchiare dei ragazzi, Layla indietreggiò ma non si scoraggiò e prese un profondo respiro per rallentare il battito cardiaco, per poi parlare.
«Non so come sono finita qui… Non so nemmeno dove sia questo qui! Io era a casa mia a dormire, e all’improvviso mi sono ritrovata qui…»
L’uomo che aveva iniziato a camminare nella loro direzione si fermò e la guardò, quegli occhi neri la guardavano sospettoso, ma senza cattiveria.
«Come ti chiami?»
«Layla, Layla Wolf… E lei?»
«Gildarts Clive… Vale la stessa cosa per te ragazzo? Anche tu sei finito qui senza sapere come?»
Il corvino alla sua sinistra incominciò a ridere, con una mano si spostò i capelli che aveva sul volto e li tirò all’indietro, gli occhi grigi fissavano quelli di Gildarts con una strana luce.
«Vecchio! Te lo dirò se riuscirai a battermi!»
Finì la frase con un sorriso, gli mancava il canino destro superiore, si scrocchiò il collo con due semplici mosse e si mise in posizione da pugile.
«Batterti?...»
«Cos’è? Hai paura di farti male? Ihih»
L’uomo sospirò e appoggiò il grembiule su un mobile, guardò l’orologio appeso alla parete dietro di lui, puntava un quarto alle dieci, Layla sbarrò gli occhi e la bocca le si aprì leggermente per lo stupore, come era possibile? Era andata a dormire dopo le undici e fuori dalla finestra c’era ancora buio, quindi non erano nemmeno le dieci del mattino.
«Cana! Vieni qui un attimo…»
«Eh?... Che vuoi vecchio?...»
Una voce femminile urlò a sua volta contro l’uomo, rumori di oggetti che cadevano e bottiglie che si frantumavano a contatto col terreno accompagnarono i passi della ragazza, che entrò poco dopo sbadigliando e massaggiandosi la testa.
«Inizia a preparare il locale mentre mi occupo di questo insolente! E non rivolgerti in questo modo al tuo adorato paparino!»
Cana lo ignorò bellamente e si avvicinò di più al ragazzo, lo guardò attentamente e gli girò attorno un paio di volte, alla fine gli si posizionò di fronte, lui la guardava con un sopracciglio alzato cercando di capire, come tutti i presenti, cosa volesse fare.
«Che bel fusto che sei! Senti vecchio! Non conciarlo troppo male, potrebbe servirci per attirare nuovi clienti, sono stufa dei soliti vecchi bavosi tuoi amici!»
«Tze… Come se quel nonnetto potesse battermi…»
La mora gli sorrise e si diresse verso il tavolo sedendovisi sopra, lasciando uscire i due uomini dalla porta sul retro, che Layla vide condurre a un piccolo giardino.
«Tu invece sei?»
«Eh? Ah! Sono Layla…»
«Che nome carino! Se vuoi puoi uscire a vedere lo scontro, non credo durerà molto…»
Layla guardò accigliata la ragazza che aveva davanti, ma poi la sua curiosità ebbe il sopravvento e si avvicinò cauta alla porta lasciata aperta, decise di non uscire per non essere coinvolta. Cana la affiancò con una bottiglia in mano, il contenuto all’interno era scuro e alcune bollicine risalivano dal fondo, ne bevve un sorso e le guance le si tinsero leggermente di rosso. Sentendosi osservata si girò a guardare Layla con i suoi occhioni scuri come quelli del padre, ma che erano rimasti allegri come quelli di un bambino, e le fece l’occhiolino mentre con l’indice le faceva segno di non dire nulla.

Raggiunsero il centro di quel piccolo spazio e si fermarono, Gildarts, o come aveva detto di chiamarsi, incominciò a stiracchiarsi, il corvino sorrise a quella vista, era sicuro di vincere. Si tolse la maglia, che solo in quel momento si rese conto non essere sua e di non averla mai vista, ma ignorò completamente quell’informazione inutile dalla sua mente, il suo unico pensiero doveva essere quel vecchio.
Adorava combattere, lo eccitava terribilmente e si divertiva a sentire il sapore del sangue in bocca, o il rumore delle ossa dell’avversario scricchiolare sotto un suo colpo. Era così che era finita la sua giornata, un incontro clandestino di lotta all’ultimo sangue, il suo avversario aveva combattuto bene, ma non abbastanza, e grazie a lui si era portato a casa un bel gruzzolo, non che gli interessasse più di tanto per la verità, come non gli interessava sapere dove fosse o come ci era finito.
«Allora vecchio sei pronto?... O vuoi guadagnare altro tempo? Ihih»
«Quando vuoi, quando vuoi… Io sono pronto, ma vedi di mantenere la promessa una volta che ti avrò battuto»
Pensò che fosse un povero illuso, ma ciò non gli impedì di sferrargli un pugno dritto dritto nella bocca dello stomaco, quando sentì l’uomo mugugnare dal dolore e tossire sorrise soddisfatto, aveva praticamente già vinto.
«Niente male ragazzo… Davvero, il tuo pugno l’ho sentito, non sono in molti in grado di farcela. La maggior parte mi fa solo il solletico!»
Vide una mano avvicinarsi a lui e prontamente si allontano di qualche passo con un balzo, l’uomo era ancora in piedi come se non fosse successo nulla, non era piegato in due come se lo era aspettato e non c’era nessun rivolo di sangue scendergli dalla bocca. Si sentì fremere tutto, era da tempo che non incontrava un avversario così resistente, e probabilmente era anche molto forte, ma lui lo era di più.
«Bene, direi che è il mio turno di attaccare… Spero di non farti troppo male, ma tranquillo, non utilizzerò tutta la mia forza, devi ancora dirmi chi sei…»
Il cervello del corvino non riuscì ad elaborare quello che Gildarts aveva appena detto che ricevette a sua volta un pugno nello stesso punto in cui l’aveva tirato lui, solo che fu molto più forte e più veloce. Fu lui a piegarsi e a reggersi lo stomaco una volta che l’uomo tolse la mano, incominciò a tossire e vide delle macchie rosse sporcare l’erba verde, non cadde in ginocchio solo perché si impose di non farlo, usando tutta la sua forza di volontà.
«Bene… Ora andiamo dentro e vediamo di risolvere questa questione... Ma prima… Come ti chiami ragazzo?»
«Heriot Jainko…»
Rifiutò la mano che gli porse dandogli uno schiaffo con la propria, si rimise dritto con non poca fatica e si diresse verso la porta, la ragazza che era comparsa con lui e la figlia di quel mostro erano lì che osservavano, sì, quell’uomo era un mostro, non c’era altra spiegazione, e tutto questo era solo un brutto sogno. Passò accanto a Cana e vide che aveva in mano un qualche alcolico, glielo prese senza chiedere ed entrò sedendosi sulla prima sedia che trovò, e poi prese un lungo sorso di quella bibita fredda, era un qualche tipo di vino rosso, scese dolcemente nella sua gola e si sentì subito meglio.
«Bravo bel fusto! Sei riuscito a non farti ammazzare, direi che quello te lo meriti!»
«Cana tu sai per caso se i prescelti sono già iniziati a comparire?»
La ragazza si sedette sul tavolo accanto a lui mentre il padre la guardava serio, mentre quella che aveva detto di chiamarsi Layla era rimasta in piedi vicino alla porta.
«Mmh… I prescelti dici… Beh credo proprio di sì, non so quanti e in quale dei due regni, ma so che stanno iniziando a muoversi e ho anche visto Laxus a cavallo l’altro giorno… A cosa pensi padre?»
L’uomo sbuffò e si passò una mano fra i capelli castani, era evidentemente turbato e Heriot si chiese cosa potesse preoccupare una persona così forte.
«Per farla breve… Il regno è diviso in due e una leggenda narra che un giorno arriveranno otto guerrieri, quattro per parte, a combattere la guerra finale…»
Il silenzio calò nella stanza, Heriot non aveva capito nulla, se non che tra poco sarebbe iniziata una guerra, il che implicava lotte con gente forte, e questo era tutto ciò che interessava al corvino.
«Scusi ma non credo di aver capito… Quindi noi saremmo i guerrieri prescelti?... E poi dove ci troviamo?...»
«Finisco io di spiegare qui, vecchio tu vai a preparare che tra cinque minuti si apre il locale! Seguitemi, andiamo fuori…»
La bruna scese dal tavolo con un balzo e con passo spedito uscì in giardino, Gildarts sbuffò contrariato ma si rimise il grembiule e iniziò a cucinare, così a lui e all’altra ragazza non rimaneva che seguire Cana.
«Non siete i guerrieri, se no sareste comparsi in uno dei due castelli e non nella nostra cucina… La mia teoria, e anche quella di quel vecchio, è che siate finiti qui per sbaglio… Qualcosa è andato storto oppure la leggenda che conosciamo è incompleta, potete inventare la scusa che volete, ma ormai siete qui…»
«E questo l’abbiamo capito, ma dove è questo qui?! E potremo tornare a casa o no?»
Heriot alzò un sopracciglio per lo stupore, non si aspettava quell’improvvisa aggressività dalla ragazza, e anche Cana rimase a bocca aperta, ma si riprese subito mostrando un sorriso compiaciuto.
«Layla spero che tu non ti comporti così anche con i ragazzi! Li farai scappare via tutti se no! Ihih… In ogni caso, qui è un altro mondo… Quando finite in questo mondo ci finite anche col corpo, è come se veniste teletrasportati, ma qui il tempo è diverso, mentre voi siete qui, in questo caso nella taverna “Fairy Tail” il vostro mondo, la vostra realtà, si ferma come un orologio rotto, e solo quando tornerete di là riprenderà il suo normale corso…»

Fine Flashback

«Certo che il bel fusto non si stanca mai… E’ la terza volta in due ore che chiede al vecchio di combattere…»
«Cana non riusciresti a darmi una mano?... I clienti fuori aspettano…»
La castana sbuffò contrariata, ma buttò le due bottiglie ormai vuote e riempì i vassoi con i piatti che Layla aveva appena cucinato, la ragazza la vide barcollare a destra e a sinistra per l’alcol appena ingerito, ma il cibo rimase al suo posto, con suo grande stupore.
Pochi minuti dopo che Cana era sparita dietro la porta che conduceva al salone, Gildarts fece la sua comparsa seguito a ruota da Heriot a torso nudo come prima, ma solo ora notò il tatuaggio di un serpente che si arrotolava attorno al suo bicipite sinistro.
«Oh hai preso tu il mio posto?! Grazie mille cara! Ora posso continuare io, è meglio se aiuti Cana di là.»
L’uomo le mise una mano sulla testa scompigliandole leggermente i capelli, Layla lo ringraziò con un sorriso e prese un vassoio per poi sparire a sua volta.
La castana era seduta su un tavolo con le gambe accavallate che beveva da un boccale di birra, i clienti seduti sulle sedie accanto a lei la incitavano di finire urlando, anche altri uomini guardavano la scena divertiti e si univano nelle grida, ma alcuni erano infastiditi dal fatto di non aver ancora ricevuto la cena.
«Giù! Giù! Giù!»
«Forza Cana! Sei imbattibile!»
Layla si fece spazio in quella piccola folla e raggiunse la ragazza proprio quando svuotò il boccale e lo appoggiò violentemente a testa in giù sul tavolo. Grida di gioia si levarono per tutta la sala e molti applaudirono soddisfatti, come se avessero appena assistito a uno spettacolo.
«Cana! Dovevi servire i tavoli e non ubriacarti con i clienti!»
Il tono che usò fu aggressivo, ma la ragazza non si fece intimidire e anzi, dopo essere scesa con un balzo dal tavolo, le si avvicinò abbassandosi in modo tale da essere alla sua stessa altezza.
«Laylaaaa! Ti preferisco così agguerrita! Signori mi spiace ma lo spettacolo è finito!»
Grida di protesta si levarono, ma nonostante ciò, quasi tutti si rimisero al loro posto originario ad aspettare che arrivasse il loro ordine. Cana Riprese i vassoi che aveva appoggiato lì di fianco mentre beveva e finalmente si misero a lavorare seriamente.
Ogni volta che Layla tornava in cucina per recuperare i piatti pronti Heriot era sempre seduto e non muoveva un muscolo, mentre Gildarts cucinava fischiettando. Si era portato nuovamente i capelli davanti al volto e teneva gli occhi chiusi, sembrava si fosse arreso, almeno per il momento, a sfidare in continuazione il cuoco, ma non le sembrava corretto che stesse tutto il tempo a non fare nulla. Quando lo trovò in quella posizione per l’ennesima volta non ce la fece a resistere.
«Potresti dare una mano anche tu no?»
Gildarts si zittì, Cana, che era appena entrata, rise a bassa voce, mentre il corvino aprì lentamente un occhio e la guardò annoiato.
«Come prego?...»
«Hai sentito bene! Potresti dare una mano invece di stare fermo a non fare nulla!»
Si alzò in piedi e con poche falcate le arrivò davanti, era enorme in confronto a lei ed era anche molto più forte, Layla perse un po’ della spavalderia che aveva poco prima, ma non si fece intimorire troppo, ma soprattutto non glielo diede a vedere.
Heriot si abbassò per essere alla sua altezza, i loro volti erano a pochi centimetri di distanza e quello del ragazzo aveva un leggero sorriso, che mostrava il canino mancante.
«La tappa ha le unghie… Potrei pensarci se mi batti in uno scontro… Ma dubito tu ci riesca…»
Detto ciò tornò a sedersi come se non fosse successo nulla, e il silenzio calò nella casa, solo all’ora i presenti si accorsero che nella stanza affianco, dove i clienti avevano passato le ultime ore a fare casino, ora c’era il più totale silenzio.
«Cana vai a vedere, finisco qui e ti raggiungo…»
La ragazza uscì e Layla decise di seguirla, Heriot parve per un momento indeciso su cosa fare, ma poi rimase al suo posto, reputando probabilmente l’avvenimento non interessante.
I clienti c’erano ancora tutti ed erano ancora seduti dove erano prima e la maggior parte fissava una coppia di ragazzi, un maschio e una femmina entrambi dai capelli neri, che avranno avuto circa la sua età e che si guardavano intorno disorientati, i clienti rimanenti invece bisbigliavano qualcosa con il proprio vicino.

Emma aveva seguito il ragazzo, che aveva detto di chiamarsi Tetsuya, fino a lì, la locanda Fairy Tail, in quel posto non poteva fidarsi di nessuno e in teoria nemmeno del ragazzo che aveva accanto, ma lui almeno l’aveva già incontrato nel loro mondo, sapeva che era reale. O forse no?
Sentivano le grida e il chiasso delle persone all’interno già da fuori, ma quando entrarono il silenzio piombò nella stanza, tutti spostarono la loro attenzione su di loro, fissandoli con occhi e bocche spalancate, la corvina si sentì a disagio nell’avere così tante persone a fissarla, e senza rendersene conto iniziò a mordersi il labbro inferiore per il nervosismo. 
Anche il ragazzo non sembrò apprezzare quelle attenzioni, ma fece finta di niente e si diresse verso un tavolo libero, abbastanza vicino all’uscita, lei lo seguì e si sedettero aspettando che succedesse qualcosa. Che non sapevano nemmeno loro di preciso.
«Salve!»
Una ragazza dai lunghi capelli castani sbucò dal nulla e appoggiò i palmi delle mani sul legno scuro del tavolo, dietro di lei d’era una ragazza, probabilmente della sua stessa età, che li guardava curiosa.
«Io sono Cana! E sono la proprietaria di questo posto insieme a mio padre! Voi…»
Si fermò a metà frase e si girò rivolgendosi al resto della clientela, che non aveva smesso di fissarli per un istante, nemmeno dopo l’arrivo di Cana, sembravano avere quasi paura di loro.
«Signori… Come mai questo silenzio?... Mi ferisce vedervi così silenziosi, dove sono i miei clienti casinisti che mi chiedono di bere con loro?! Forza forza! Oppure vado ad avvisare il paparino…»
Sorrise e fece un occhiolino, che poteva significare diverse cose, ma lentamente le persone ricominciarono a parlare come se nulla fosse successo. La ragazza si girò nuovamente verso di loro  sedendosi sul tavolo, ma prima fece segno alla ragazza alle sue spalle di avvicinarsi.
«Stavo dicendo… Voi siete i guerrieri giusto?... I prescelti o quello che vi hanno detto di essere…»
«Come lo sa?...»
A parlare fu Tetsuya, la guardava con sospetto e tutto sommato Emma trovò che non avesse tutti i torti ad esserlo. Lei non riusciva ancora a prendere parola, troppo intontita da tutti quegli avvenimenti.
«Beh lo so come lo sapevano tutti gli altri… La gente in questo posto si conosce, non capita tutti i giorni che due ragazzi entrino da quella porta! Ma datemi del tu! Non sono così vecchia! Come vi chiamate tesori?»
«Io sono Tetsuya Kuroda…»
«Io mi chiamo Emma Diaz…»
«Piacere di conoscervi! La ragazza qui a fianco si chiama Layla e viene dal vostro stesso mondo, ora seguitemi che vi presento mio padre e quel musone del bel fusto!»
La corvina rimase senza parole, un’altra che proveniva dal loro mondo, all’ora non erano gli unici, forse quello che quella strana donna, Erza, le aveva detto era vero.
«Cana! Non puoi comportarti come se niente fosse!»
Layla richiamò la ragazza che si fermò a metà strada per tornare sui suoi passi e capire cosa non andasse bene, le braccia erano sollevate e le mani si riunivano alla base del collo, mettendo in mostra il seno prosperoso.
«Cosa ho fatto che non andava?»
«Dovevi essere più delicata! E magari spiegare qualcosa in più…»
«Ma io ho seteeee… La mia gola reclama alcol, non posso spiegarglielo di là?»
Tetsuya si alzò in piedi interrompendo quella strana scenetta, Emma lo imitò ma si sentiva più tranquilla ora, non erano completamente soli.
«Per noi va bene seguirvi, ma sapete davvero chiarirci le idee?»
La donna guardò il corvino con attenzione per poi passarsi una mano sotto il mento e mettersi a pensare, Layla nel frattempo era sparita, probabilmente era tornata in cucina dopo che li aveva visti muoversi.
«Devo essere sincera non lo so… Mio padre forse ne è capace, ma dipende anche da cosa vi ha detto la regina… Ora che ci penso! Da quale regno provenite? Di chi siete i cavalieri?»
Mentre pensava e poi parlava aveva iniziato a camminare e loro la seguirono, grati di avere un po’ più di privacy, e il momento in cui fece loro quella domanda erano ormai in cucina. Un uomo sulla quarantina era ai fornelli ma quando li vide entrare si fermò, facendo prendere il suo posto a Layla, e si diresse verso di loro sorridente, mentre si puliva le mani nel grembiule legato attorno alla vita.
«Hey! Ecco perché di là era calato il silenzio! Io mi chiamo Gildarts, piacere!»
Porse la mano alla corvina che la strinse timorosa, poi fece lo stesso con Tetsuya, ma prima di lasciarlo andare lo avvicinò a se con sguardo omicida, Emma deglutì impaurita, e anche il corvino spalancò gli occhi.
«E sono anche il padre di quella bellissima ragazza… - Disse facendo cenno con la testa a Cana, esattamente dietro di lui, che beveva ignorando completamente il padre - Per ciò vedi di starle alla larga!»
Le labbra gli si incurvarono nuovamente verso l’alto tornando ad essere l’uomo caloroso e gentile di prima, la corvina si tranquillizzò e iniziò a giocare con una ciocca di capelli mentre si guardava attorno.
Un altro ragazzo era seduto poco distante da loro, teneva gli occhi chiusi e la testa era leggermente piegata all’indietro appoggiata sulla sedia in legno, i capelli neri come i suoi gli coprivano una parte del volto.
«Senti vecchio… Io mi faccio chi voglio e quando voglio! Ma soprattutto senza la tua approvazione!»
«Cana! Ma sei tutto quello che ho… Non puoi trattare così il tuo caro papino!...»
La castana lo ignorò totalmente e finì la bottiglia di birra che aveva in mano, per poi rivolgersi nuovamente a loro.
«Allora… A che regno appartenete?... Per chi combatterete?»
Tutte quelle domande la fecero innervosire, tutti che davano per scontato che avrebbero lottato, ammesso e concesso che tutto quello non era solo un frutto della sua fantasia, in una guerra non loro solo perché una leggenda diceva che l’avrebbero fatto. Le stava sulle palle il comportamento altezzoso e di superiorità che avevano la regina, quell’armadio biondo e il ragazzo che l’aveva portata lì, Gray se non si ricordava male.
«Non è che risponderesti prima tu alle nostre domande? Mi sono rotta il cazzo di sentirmi esaminata!»
Tutti, tranne il ragazzo sulla sedia, si girarono a guardarla sbigottiti, lo sapeva da se che non era normale per una ragazza parlare in quella maniera sboccata, ma lei era fatta così. Cana scoppiò a ridere dopo qualche momento, una fiammata fece riportare l’attenzione di Layla sul cibo, ma con un sorriso, mentre Gildarts incrociò le braccia al petto mostrando un leggero sorriso di compiacimento.
«Mi piace questa ragazza! Mi piace proprio! Teniamocela qui!»
«Mh… Ti do ragione, ma non essere sciocca Cana… Scusa per la sua scortesia, chiedeteci pure tutto quello che volete, farò il possibile per rispondervi!»
«Tutti dicono che dovremo combattere… Ma noi non sappiamo nulla, né su questa guerra, né su questo posto o di come sia cominciato tutto quanto! Qualche chiarificazione sarebbe gradita…»
Tetsuya parlò lentamente, ma Emma capì dal suo tono che anche lui doveva essere stufo di tutti quei comportamenti misteriosi, leggende, predestinati, nulla di concreto.
«Questo purtroppo non posso spiegarvelo… Deve essere la regina a chiarire il tutto, non fraintendete, ma questa è una zona neutrale che non si impiccia in quelle questioni… Vengono regolarmente soldati di entrambi i regni e chiacchierano come se non si dovessero ammazzare il giorno dopo… Anche i generali vengono qui, alcuni nascondendo le loro identità, altri ancora invece, come le due strateghe, sono grandi amiche e possono incontrarsi solo in questo posto…»
Fece un profondo respiro e si passò una mano fra i capelli, nessuno fiatava, ascoltando attentamente quelle parole a tutti sconosciute tranne che a Cana, da quello che aveva capito anche il corvino sulla sedia veniva dal loro mondo, come Tetsuya e la castana intenta ancora a cucinare.
«Non voglio parlarvene perché è una storia piena di dolore e sofferenza… Sarà la regina stessa a farlo, è il suo compito, come la sua eterna maledizione…»
«Hey vecchio… Loro sono i prescelti e tutte quelle cazzate…»
«Cosa c’è ora Heriot?...»
Il corvino, Heriot, si alzò in piedi posizionandosi davanti a Gildarts e guardandolo con strafottenza.
«Ma da quello che ci avete detto, noi siamo un errore, non sappiamo per quale motivo siamo qui… Ma abbiamo il diritto di sapere anche noi…»
«Heriot ha ragione!»
«Grazie tappo…»
Layla prese la parola mollando le padelle ormai vuote, doveva aver cucinato tutto e i piatti erano pronti per essere portati nell’altra stanza, l’unica a muoversi per farlo però fu Cana, evidentemente riluttante, sembrava che si stesse divertendo molto. Guardò male il corvino per il suo commento, ma lo ignorò stringendo i pugni e rivolgendosi nuovamente al quarantenne.
«Noi cosa dovremmo fare?... Schierarci in una fazione? Stare qui a guardare le altre persone uccidersi? Essere uccisi? Da quello che ho capito viaggeremo fra questo e il nostro mondo, per poi rimanere qui sempre più a lungo…»
Gildarts sembrò pensarci un po’, sbuffando di tanto in tanto, anche Emma voleva delle risposte ma sembrava che l’unica persona da cui potesse averle era da quella rossa, incrociò le braccia al petto e si portò una mano sul volto per giocare con una ciocca ribelle, mentre rifletteva.
«A voi spiegherò tutto dopo… Ma sappiate che sarete voi a decidere cosa fare…»
Cana rispuntò all’improvviso con un sorriso che le si allargava per tutto il volto, sghignazzava soddisfatta e teneva il vassoio appoggiato su una spalla, delle figure la seguirono entrando a loro volta nella piccola cucina.
«Hey vecchio! Sembra che oggi siamo fortunati! Ci sono anche gli altri!»
Comparvero un ragazzo dai capelli neri, che assomigliava leggermente a Tetsuya e di circa della loro età, uno più grande, circa sui venticinque anni, con degli strani capelli verdi, per ultima invece entrò una ragazza dai lunghi capelli azzurri e abbronzata, poco più grande di Emma.


Angolo Autrice
Salve amici! Sono Guzza627 che per straordinaria concessione (in realtà solo perchè Celty è in montagna a studiare per la maturità e quindi non ha internet, LOL) si ritrova a pubblicare di persona questo sfavillante nuovo capitolo :D che ve ne pare? spero che sia piacevole e che i personaggi nuovi siano resi bene ;) Celty si sta specializzando nel descrivere psicopatici e la cosa le piace hahah soprattutto si è divertita con Heriot! nel prossimo capitolo si augura di poter introdurre gli ultimi tre OC mancanti, così poi inizierà ad ingranare la storia.. e inizieranno anche a chiarirsi tutti questi misteri!
Due sole domande rivolte a voi autori degli OC:
1) che tipo di armatura vorreste che indossassero i vostri personaggi in battaglia? sbizzarritevi!
2) quando si ubriacano.. come si comportano? mi raccomando non troppi con la sbornia triste XD
Buona domenica e a presto :3
P.S. recensite in tantiiiii! 
 

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Capitolo 5
*** Accetto ***


Nota: Le linee di asterischi (*) indicano un cambio di scena, o tra i due mondi, o tra i due regni

ACCETTO!

Quella notte Alexander aveva fatto nuovamente quello strano sogno, era stato catapultato in quel regno fin troppo bianco per i suoi gusti, ad incontrare una regina che gli avrebbe parlato di una guerra senza capo né coda, ma non era da solo. Blake era accanto a lui che lo guardava il meno possibile e quando i loro occhi si incrociavano lo osservava in cagnesco, ancora non riusciva a capirne il motivo, non si ricordava di avergli fatto nulla di male. Stavolta però c’era qualcun altro con loro, una ragazza circa sulla ventina e dai lunghi capelli azzurro chiaro, che si guardava attorno spaesata, come era ovvi oche fosse, ma quando vide Ricky si bloccò con gli occhi spalancati.
La regina insieme al suo generale cercarono di spiegargli cosa stesse succedendo, ma quella situazione ad Alexander pareva troppo strana e inconcepibile, loro tre più altre persone, per un totale di otto, erano i prescelti, i predestinati che avrebbero riportato la pace nel regno. Erano guerrieri, o lo sarebbero diventati dopo un allenamento, per combattere e sconfiggere il regno avversario. Avrebbero ucciso uomini di cui non conoscevano nemmeno il volto, per un ideale non loro, in un mondo non loro.
La stratega, Levy, gli raccontò della leggenda e del fatto che stavano aspettando il loro arrivo da tempo immemore, ma più non potevano dire perché mancava il quarto combattente. Gli rivelarono però che esisteva una zona neutrale, una locanda che permetteva ai soldati di entrambi i regni di estraniarsi da quella lotta infinita, e di parlarsi come semplici conoscenti. Decisero di andarci per schiarirsi un po’ le idee, per decidere cosa avrebbero fatto e se quello che stavano vivendo fosse solo un sogno, un sogno davvero strano; ma molto elettrizzante.

Una ragazza dai lunghi capelli castani e con indosso dei pantaloni scuri e solo un reggiseno aprì loro la porta, mostrando un sorriso a trentadue denti quando li vide sulla soglia d’ingresso, senza pronunciare alcuna parola, fece segno di seguirla. Alexander guardò prima Blake e poi la ragazza, che aveva scoperto chiamarsi Rena, con fare dubbioso; ma forse avevano alternativa?
«Hey vecchio! Sembra che oggi siamo fortunati! Ci sono anche gli altri!»
Entrarono in una piccola cucina, dove i fornelli con sopra le pentole sfrigolavano e emanavano un dolce profumo, che fece venire l’acquolina in bocca al ventiquattrenne, si guardò attorno curioso, studiando la stanza e le diverse persone che erano presenti.
La ragazza che li aveva accolti si era seduta accavallando le gambe su di un tavolino con una bottiglia di birra in mano, accanto a lei invece, su una sedia, c’era un ragazzo di circa la sua età, che lo osservava attentamente dietro le ciocche di capelli neri, che gli ricadevano sugli occhi grigi.
Un uomo sulla cinquantina si avvicinò di qualche passo per studiarli meglio, assomigliava incredibilmente alla mora che ora stava svuotando la seconda bottiglia, probabilmente erano parenti; vicino ai fornelli invece c’era una ragazzina dai corti capelli castani, non sembrava dimostrare nemmeno quattordici anni, ma non doveva essere così. Infine c’erano due ragazzi, un maschio e una femmina, dai capelli neri in un angolo della stanza, lui aveva gli occhi spalancati e teneva lo sguardo fisso in quello di Richy.
«Cana… Vai a chiudere il locale, qui ci impiegheremo un po’…»
La ragazza sparì saltellando e sorridendo, sempre con una bottiglia di qualche alcolico in mano, mentre l’uomo si avvicinò con fare affabile e con le braccia appoggiate sulla vita, sembrava stesse cercando di non intimorirli, come se lui potesse essere spaventato da un vecchio.
«Permettetemi di presentarmi, io mi chiamo Gildarts e gestisco questa locanda insieme a mia figlia Cana… Purtroppo la mia cucina è un po’ piccola per poter accogliere ben nove persone, quindi per spiegare meglio a tutti quanti, cosa sta succedendo, vi devo cortesemente chiedere di spostarci nel giardino qui dietro…»
Sorrise gentile e lentamente tutti si diressero verso il punto da lui indicato, Alexander rimase indeciso sul da farsi, non sapeva se seguire Gildarts, e gli altri, fuori oppure fregarsene ed andarsene a bere come la ragazza. Così rimase un po’ più indietro e vide Ricky accostarsi al corvino, che aveva circa la sua stessa età, e che per qualche motivo il suo volto gli era stranamente familiare, come se l’avesse visto di recente.
«Tetsuya… Anche tu qui?...»
Il ragazzo annuì, non c’erano parole per descrivere quello che stava succedendo, e questo il professore lo capiva perfettamente, si passò una mano fra i capelli verdi e sbuffò, attirando l’attenzione del ragazzo. Quegli occhi rossi, ecco dove l’aveva visto, era il nuovo studente che si era trasferito quella mattina, l’aveva incrociato per i corridoi mentre andava in presidenza. A quel punto decise di superarli per raggiungere il gruppetto che era già all’esterno, la sua curiosità alla fine aveva vinto, e vide come nessuno prestava particolare attenzione a nessuno, tutti mostravano le stesse facce sconvolte, anche chi cercava di rimanere impassibile, l’unico però che sembrava ignorare volutamente ciò che stava accadendo era il ragazzo dagli occhi grigi.
Non aveva smesso un secondo di fissarlo e ora aveva spostato la frangia nera all’indietro, e un ghigno sadico gli era comparso sul volto mostrando un vuoto dove ci sarebbe dovuto essere il canino destro, non gli piaceva per niente.
«Senti tu! Se ho qualcosa in faccia basta dirmelo!»
Era in fondo al giardinetto, dalla parte opposta in cui si trovava Alexander, ma vide perfettamente i suoi occhi accendersi quando gli aveva rivolto la parola. Si mossero entrambi lentamente, avvicinandosi l’uno all’altro, arrivando nel centro di quel prato verde, dove Gildarts li guardava scuro in volto.
«Oh… Non hai ancora nulla in faccia, ma presto ci sarà il mio pugno… Cactus!»
«Cerchi rogne per caso?...»
«Nah… Solo una bella rissa…»
Il corvino ghignò mentre si faceva scrocchiare le nocche delle mani, le persone presenti si posizionarono attorno a loro creando un semicerchio, tutti li guardavano in attesa, il cinquantenne invece fece un passo in avanti posizionandosi fra i due.
«Smettetela… Qui dovreste essere i più maturi, e invece siete i più infantili! Davvero in questa situazione pensate solo ad azzuffarvi?»
Gildarts si rivolse principalmente ad Alexander, sembrava sapere che era inutile ragionare con il corvino, appoggiò una mano sulla spalla di entrambi, cercando di calmarli con quel semplice gesto amichevole. Il ragazzo spostò la mano dell’uomo bruscamente, imitato dall’altro compare, per poi passarsi una mano fra i capelli verdi sbuffando sonoramente.
«Senti vecchio… Come hai detto tu siamo adulti… Facciamo quello che ci pare!»
«Almeno sto cactus ha le palle… Ihih…»
«Se è così che la mettete…»
Riposizionò le proprie mani su di loro, sulle loro schiene, fece leggermente pressione e lentamente le spostò sul collo, per poi arrivare sulle loro nuche. Passò le dita fra i capelli rispettivamente verdi e neri, dandogli una leggera carezza, come per scusarsi di quello che avrebbe fatto di lì a poco. Prepotentemente prese le teste di Alexander e di Heriot, strappando anche qualche ciocca, le allontanò di poco, giusto il tempo di fargli capire cosa stesse per succedere e far sgranare loro gli occhi, per poi farle sbattere tra di loro con un forte urto.
Alexander sentì il rumore del suo cranio scontrarsi contro quello dell’altro, fronte contro fronte, l’impatto durò un momento ma fu abbastanza per far barcollare entrambi gli uomini, quello con la capigliatura smeraldina si mise una mano sulla zona dolorante e sul piercing che aveva sul sopracciglio destro per dare un minimo di sollievo con le dita fredde, quando la ritrasse era leggermente sporca di sangue.
«Ora BAMBINI! Se volete mettervi comodi risponderò ad ogni vostra domanda…»

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Si svegliò di soprassalto nel suo letto, i capelli color carta da zucchero le erano appiccicati sulla fronte dal sudore. Il respiro era irregolare e quando mise una mano sul cuore per controllarlo, notò che stava battendo peggio di un cavallo al galoppo, Resa dovette fare svariati respiri profondi, inspirare ed espirare, prima di calmarsi abbastanza da capire che era nella sua camera da letto.
Accanto a lei c’era la libreria che conteneva i libri universitari di storia antica per una minor parte, e il resto invece erano su miti e leggende. Spostò lo sguardo sulla scrivania poco distante e vide le foto di lei al mare con la sua famiglia, gli occhialini da nuoto erano stati gettati lì sopra la sera prima, accanto alle carte da tarocchi con relativo libro istruttivo. Quando li vide gli occhi le iniziarono a brillarle e la storia che aveva sentito in quella specie di sogno le tornò subito in mente; i mondi paralleli, la leggenda che vedeva lei e gli altri ragazzi come guerrieri predestinati, i due regni che si combattevano da secoli... voleva sapere di più.
Senza far rumore si sfilò le coperte e si diresse verso la scrivania, accese la lampada e tirò fuori le carte dalla loro confezione, le strinse con forza fra le mani cercando di imprimerci la sua energia e le sue domande, facendo come aveva letto sui libri. Quando si sentì pronta iniziò a mescolarle con delicatezza, cercando di non rovinarle, e dopo qualche minuto prese tre carte e le posizionò coperte davanti a se. In ordine rappresentavano rispettivamente gli eventi passati, presenti e futuri, le risposte alle sue domande, oppure altre domande che non avranno risposta.
Girò la prima, e il disegno di una ruota di legno sormontata da una figura armata si mostrò, la decima carta, la ruota della fortuna.
Senza attendere oltre rivelò anche la seconda, il presente, rappresentato dalla carta della morte, la tredicesima; alla vista di quella figura scura con la lama ricurva il suo cuore perse un battito, ma non si scoraggiò e andò avanti.
La quindicesima carta, il diavolo, l’avrebbe fatta crollare a terra se per sua fortuna non fosse già stata seduta, era la carta più negativa dell’intero mazzo, soprattutto se accostata alla carta della morte.
Prese un profondo respiro e aprì il libro che aveva accanto, doveva interpretare in modo corretto il significato di quelle carte e non aveva ancora abbastanza esperienza per farlo da sola.
La ruota indicava la precarietà di situazioni destinate ad evolvere e mutare, ma anche a un cambiamento, che poteva essere sia positivo che negativo; il cambiamento nella sua vita era ovvio, l’altro mondo e la leggenda, il loro intero destino era cambiato, ma non sapeva se in meglio o in peggio.
La morte, la fine di un ciclo vitale, la fine di un ciclo negativo, in sintesi nella sua vita o attorno a se qualcosa si sarebbe concluso, forse proprio la leggenda di cui quella regina, Mirajane, continuava a parlare. Cercò di ricordarsi le parole che le avevano detto, che loro otto avrebbero concluso quella guerra, uno sbuffo di sollievo le lasciò le labbra e anche un mezzo sorriso le comparve sul volto, ma sparì appena rivide la carta del diavolo. Il significato più semplice era male o pericolo, nulla di incoraggiante per un futuro.
Scosse la testa cercando di non darci troppo peso e fece per mettere via le carte, quando notò che la carta del futuro era più spessa delle altre due, se la rigirò fra le mani e una seconda carta si staccò da quella del diavolo, erano gli amanti, la sesta carta. Il loro significato era più che ovvio, ma non capiva come mai fossero legati alla quindicesima carta.
Che forse il futuro dipendesse dalle scelte che avrebbe compiuto?

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Non sapeva dove si trovasse, gli occhi passavano da un dettaglio all’altro in maniera frenetica prima un’immagine nitida e poi solo sfuocate; un gazebo, poi bianco, un castello, e ancora bianco, un lago in lontananza, bianco, bianco bianco bianco! Se quello era il paradiso era un vero inferno.
Cercò di calmarsi e di mettere a fuoco la situazione, a malapena percepiva il suo corpo e la sua testa sembrava stesse per scoppiare: loro volevano prendere il controllo.
“Forza… Come ti ha insegnato la mamma… Un respiro profondo…”
Dopo un paio di tentativi riuscì a capire che era rannicchiata sotto la struttura in legno bianco che aveva visto in precedenza, si teneva le gambe contro il petto, strette con le braccia tremanti e il respiro irregolare. La testa le doleva e pulsava, come se un migliaio di aghi gliela stessero trafiggendo con forza, istintivamente posò una mano sulla tempia per far smettere quella fitta straziante, inutilmente.
Calde lacrime iniziarono a rigarle il volto mulatto, avrebbe perso il controllo, lo sapeva, non avrebbe ricordato nulla, e si sarebbe ritrovata in un posto sconosciuto, proprio come in quel momento.
Dei passi la destarono dal suo delirio interiore facendole alzare la testa di scatto, posizionando lo sguardo sulla figura di una donna, dai lunghi capelli bianchi e con uno sguardo dolce, poco dietro di lei un uomo in armatura dai capelli azzurri e con un tatuaggio tribale rosso sul volto.
L’albina le si avvicinò lentamente cercando di non spaventarla, le parve strana tutta quella premura, sembrava quasi che capisse cosa stesse provando, ma non era neanche lontanamente plausibile, nessuno la capiva.
«Hey… Ciao… Io sono Mirajane, ma puoi chiamarmi Mira...»
I suoi occhi castani pieni di lacrime guardarono quelli azzurri sorridenti e rassicuranti di lei.
«Come ti chiami?...»
La voce era come gli occhi, dolce, ma ci impiegò qualche istante a fidarsi e quando parlò il suo tono tremava.
«Shira…»
«Piacere di conoscerti Shira, posso sedermi qui accanto a te?...»
Mirajane indicò un punto indefinito accanto a Shira, che annuì leggermente mentre respirava profondamente, il dolore alla testa non voleva diminuire e lo spaesamento unito all’ansia le faceva battere il cuore a mille. Spostò anche l’altra mano sulla tempia e premette leggermente le dita per farsi un massaggio, quanto le sarebbe piaciuto un buon thè.
«Credo di sapere cosa ti sta succedendo…»
La ragazza bloccò immediatamente il suo dondolio, guardò l’albina con occhi spalancati e increduli, si accorse di aver smesso di respirare solo quando dovette inspirare profondamente per rispondere, ma non le uscì nessun suono.
«Non sforzarti… Anche io non ero sola… Nella mia testa…»
Si sedette accanto a lei, sotto il gazebo, incurante che il vestito di un bianco immacolato si sporcasse, puntò lo sguardo verso il cielo con aria triste.
«Gerard, mi ha aiutato… E io posso aiutare te, Shira… Prima però credo sia doveroso spiegarti dove sei… Non hai un vuoto di memoria, non devi preoccuparti…»
La guardò sorridente e quegli occhi celesti, in qualche strano modo, le trasmisero un po’ di calore nel petto, Shira distolse lo sguardo imbarazzata e con i palmi delle mani cercò di asciugarsi le lacrime che continuavano a scendere copiose per il dolore.
«Questo è un mondo diverso dal tuo… Puoi considerarla una dimensione parallela…»
Mirajane le poggiò una mano sul ginocchio e lo strinse leggermente, voleva trasmetterle sicurezza e conforto, questo lo capiva, e la sua mente iniziò a interessarsi a quel racconto strampalato.
«Io e un’altra donna ci dividiamo il territorio in due regni, e siamo in lotta da secoli… Pensa, ormai non ci ricordiamo più nemmeno il motivo!… Una leggenda narra che otto persone sarebbero arrivate a porre fine a questa lotta, riunificando il regno…»
«E noi… Io sono una di queste?...»
«Esatto, tu sei l’ultima delle quattro persone che, sempre secondo la leggenda tramandata su una tavola di pietra, dovranno combattere contro le altre quattro dell’altro regno… Per avere finalmente la pace…»
«Ma…»
Shira si era finalmente calmata e senza che se ne rendesse conto le fitte alla testa erano sparite, e anche il pulsare era diminuito fino ad arrivare a un livello sopportabile.
«Se non sapete perché c’è questa guerra… Perché non l’avete conclusa prima?... Anni fa?...»
Mirajane sospirò e si fece forza sulle ginocchia per alzarsi, una volta in piedi le tese la mano per aiutarla a imitare il suo gesto, ma la ragazza guardò dietro l’albina osservando attentamente l’uomo che era rimasto fermo per tutto il tempo. L’albina le aveva dato un certo senso di sicurezza, nonostante Shira fosse una persona diffidente, ma quell’uomo, con quella postura militare e con quello sguardo freddo, le incuteva quasi timore, sentiva una strana energia provenire da lui.
«Non devi preoccuparti di lui… Mi ha aiutato molto… E’ il mio generale… Vieni, ti presento agli altri…»
Un altro sorriso, dedicato solo a lei, da quanto tempo non la trattavano così gentilmente?...
Da quanto tempo non riceveva un sorriso sincero?...
Forse quest’altro mondo era solo un sogno, un bellissimo sogno, da cui non voleva svegliarsi…

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Alenya si guardò attorno diffidente, non sapeva come era finita lì ma sapeva che voleva tornare a casa, il prima possibile. Era in una sfarzosa sala da pranzo, un grande tavolo di legno scuro occupava la maggior parte della stanza, con accanto una serie di sedie abbinate, una donna dai lunghi capelli rossi era seduta a gambe accavallate a capotavola, aveva detto di chiamarsi Erza e di essere una delle due regine che governavano quel regno.
Accanto alla rossa c’era un uomo biondo, busto dritto e braccia dietro la schiena, era grosso e muscoloso, con una profonda cicatrice a forma di saetta sull’occhio destro, lei era troppo debole per poterlo battere e fuggire. Fuggire dove poi?
Accanto a lei c’erano altre persone che sembravano spaesate quanto lei, ma più calme e rilassate, in totale erano tre ragazzi tra i diciotto e i diciannove anni, due maschi e una femmina, tutti e tre avevano i capelli nero pece, mentre gli occhi di un ragazzo erano rosso fuoco, quelli degli altri due erano azzurro ghiaccio. Alenya cercò di ricordarsi come era lei alla loro età e un piccolo sorriso le comparve sul volto, con una famiglia che le voleva bene finalmente, fisicamente non era cambiata, i capelli se li era tinti di viola tempo addietro e non aveva mai cambiato il colore, gli occhi castano chiaro con lunghe ciglia nere le erano sempre piaciuti. E ora aveva ventun anni, come volava il tempo.
Una delle tante porte di aprì e comparvero altre persone con divise simili a quelle del biondo, un ragazzo dai capelli rosa che si grattava la testa e sorrideva come un bambino, dietro di lui c’era una ragazza dai lunghi capelli dorati che parlava con un ultimo ragazzo dai capelli scuri senza la maglietta.
«Eccovi finalmente, su prendete posto…»
A parlare fu la regina, le faceva strano chiamarla in quel modo, non aveva addosso nessuna corona ma anzi, indossava anche lei una divisa militare, anche se con un’ampia gonna blu.
«Scusi il ritardo regina… Tra poco arriveranno i piatti per il banchetto…»
«Perfetto, grazie mille Lucy»
La bionda fece un leggero inchino e si sedette alla sua sinistra, seguita dagli altri due uomini, a quel punto la rossa si mise a guardare ognuno di loro attentamente, quello sguardo fecero venire i brividi ad Alenya.
«Signori, signore… Qualcuno di voi sa già qualche dettaglio di cosa sta succedendo… Ma non conosce la storia completa…»
Dalla stessa porta di prima arrivarono una serie di servitori, in mano portavano una serie di vassoi, pieni di prelibatezze che fecero spalancare la bocca per l’acquolina al rosato e al corvino con gli occhi azzurri. I quattro si guardarono attorno, ma poi si sedettero nei posti rimanenti, Alenya si trovò davanti alla bionda che le sorrise gentile, ma lei in risposta grugnì in disaccordo e spostò lo sguardo sulla rossa, che stava incominciando a raccontare.
«Incomincerei dall’inizio e con le presentazioni, anche se in parte sono già state effettuate, io sono Erza Scarlet, la regina di questo regno, ne esiste un’altra dall’altra parte della foresta, si chiama Mirajane… Lui…»
Senza girarsi indicò il biondo alle sue spalle, che emise una risata amare e fece un ghigno sadico, non le stava per niente simpatico.
«E’ Laxus Dreyar, il mio comandante e se accetterete la mia proposta, anche il vostro allenatore… La bionda alla mia sinistra si chiama Lucy Heartfilia ed è il cervello del mio esercito, è colei che si occupa dell’analisi tattica, il rosato accanto a lei è Natsu Dragneel, lo si può definire il guerriero senza cervello…»
«Hey!»
«Hai sentito la regina, sei un perfetto idiota!»
Il ragazzo seminudo si mise a ridere prendendo in giro il compagno, ricevendo un pugno sullo stomaco facendolo stare zitto, stava per contraccambiare il colpo quando la regina li richiamò facendo finta di tossire, e guardandoli molto male.
«Lui invece è Gray Fullbuster, specializzato in spionaggio e missioni sotto copertura…»
Li guardò in attesa, e Alenya capì perfettamente che stava aspettando che fossero loro a presentarsi, ma decise di non dire nulla e si mise a riflettere, tutta quella situazione era assurda.
«Io sono  Tetsuya Kuroda»
A parlare fu il corvino dagli occhi rossi, e lo seguirono a ruota la ragazza e l’altro ragazzo.
«Emma Diaz»
«Kenryoku Kaede»
La violetta sbuffò, attirando l’attenzione dei presenti su di se, decise di cessare il suo mutismo, rivelando così la sua identità, incrociò le braccia al petto e si appoggiò sullo schienale per mettersi più comoda.
«Alenya Kay»
«E’ un piacere conoscervi… Allora, secoli fa, non si sa più quanti di preciso, iniziò questa guerra fra i due regni, il mio e quello di Mirajane Strauss…
Il suo tono si fece più basso, il volto si rattristò e dovette fare un profondo respiro prima di continuare la storia, una storia più grande di loro.
«Dopo che la guerra iniziò venne rinvenuta una lastra in pietra, contenente una leggenda, che parlava della guerra e di come sarebbe finita… Otto guerrieri sarebbero comparsi da un altro mondo e avrebbero combattuto per portare la pace, e per unire i due regni… Alla fine c’era una nota, se così si può chiamare, che diceva che era impossibile fuggire dal proprio fato, dal proprio destino… Che i guerrieri sarebbero arrivati e non si doveva tentare di cambiare gli eventi futuri… I precedenti sovrani decisero però di non crederci, decisero di firmare un patto per portare la pace e per fermare tutte quelle morti inutili…»
Erza abbassò lo sguardo e si passò fra i capelli per ravvivarli, rialzò il volto con una nuova carica negli occhi, guardò tutti e quattro i “guerrieri” per essere sicura che la stessero seguendo. Come poteva pensare che le avrebbero creduto senza battere ciglio? Però, Alenya sentiva dentro di se che non stava mentendo, forse perché era qualche giorno che si sentiva strana lei stessa. Chissà.

Kenryoku guardò la regina in attesa che continuasse il suo racconto, sembrava tutto assurdo e inconcepibile, ma aveva un lato che rendeva il tutto affascinante e misterioso, come se fossero stati catapultati in un libro. Il corvino si guardò attorno e vide negli occhi dei suoi futuri compagni che provavano la stessa cosa, eccitazione, anche se magari cercavano di nasconderlo con uno sguardo freddo e distaccato. La ragazza con i capelli viola, Alenya, era la più diffidente, la osservò per un momento prima che la rossa ricominciasse a parlare. I capelli viola le coprivano il collo ed erano leggermente mossi, la fronte era libera da ciocche invadenti, tranne per una esattamente in centro che le attraversava il volto arrivando al naso, dividendo i due occhi castano chiaro. Era sicuramente più grande di lui, ma era più bassa, sarà stata sul metro e sessanta, mentre lui era poco sotto il metro e novanta, sull’avambraccio sinistro vide che aveva un tatuaggio tribale.
«Il mio predecessore si chiamava Rob, e non era mio padre di sangue, mi trovò quando ero piccola e decise di prendersi cura di me… Era un brav’uomo, che voleva il meglio per il suo regno… Si mise d’accordo con i sovrani dell’altro regno, i genitori di Mirajane, e siglarono un trattato, che prometteva pace e serenità per entrambi i regni, che non ci sarebbero state più lotte, che non sarebbero più morte persone innocenti… Tutto andava per il meglio, l’esercito si riuniva per combattere i banditi che infestavano la foresta, i raccolti erano rigogliosi e il mercato prosperava… Purtroppo finì un anno dopo, quando io e Mirajane avevamo circa dodici anni… La natura sembrò ribellarsi alla decisione dei due sovrani, la terra divenne sterile, i pozzi d’acqua, i laghi e i fiumi si prosciugarono… il terreno si divideva in due a causa dei continui terremoti, e dagli squarci usciva lava senza quasi mai fermarsi… Un giorno ci fu un incidente, Rob e i genitori di Mirajane si trovavano qui a palazzo per cercare di risolvere la situazione… Ma all’improvviso ci fu un terremoto, che fece crollare tutto quanto, le pareti, il tetto, le torri… Questa stessa stanza in cui ci troviamo ora… Furono schiacciati, morirono sul colpo… Io e Mirajane eravamo in giardino a giocare, quando i soldati vennero ad avvisarci… eravamo delle bambine quando il mondo decise di renderci regine… Decidemmo, di comune accordo, di ricominciare la guerra, ci giurammo di ucciderci un giorno come avevano fatto i nostri antenati, e quando ci incontrammo sul campo di battaglia, nel preciso istante in cui i nostri sguardi si incontrarono, la natura si placò… Tutto tornò alla normalità e noi continuammo a combatterci, attendendo questo momento…»
Kenryoku quando sentì quelle ultime frasi si guardò attorno con un sapore amaro in bocca, i colori sembravano spenti e cupi, le regine erano state costrette da un destino ingiusto a giurarsi battaglia. E loro quattro, dei ragazzi che non sapevano nulla di guerre e battaglie se non quelle che gli erano state insegnate sui libri, erano la loro unica speranza.
«Io non vi sto ordinando di combattere… Io vi sto chiedendo aiuto… A concludere questa guerra, a portare pace in questo regno…»
Gli occhi marroni della regina, che ora gli parve solo una ragazza spaventata e con un peso troppo grande sulle spalle, guardò ognuno di loro con un velo di tristezza e di speranza, loro avrebbero potuto fare la differenza.
«Io ci sto!»
Il corvino si alzò in piedi e mostrò alla rossa un sorriso a trentadue denti, aveva preso la sua decisione e non voleva ragionarci su, non sarebbe cambiata, si conosceva bene. Tutti puntarono lo sguardo su di lui con stupore, il ragazzo con i capelli rosa si mise a sorridere a sua volta e batté le mani sul tavolo entusiasta.
«Visto?! Lo sapevo che avrebbero capito! E ora mangiamo!»
Il compagno corvino gli diede una gomitata nello sterno e lo tirò per la giacca per farlo sedere, dicendogli sottovoce di non essere precipitoso.
«Sono d’accordo anche io, vi aiuterò»
Fu il ragazzo che si era presentato come Tetsuya a parlare, i due ragazzi incrociarono lo sguardo e si sorrisero leggermente, mentre Kenryoku si risedeva al suo posto, aspettando che anche gli altri dicessero la loro.
«Uff… Va bene… Se c’è un modo per finire questa stronzata vi aiuterò!»
La regina guardò Emma riconoscente, mentre lui ridacchiava per il tono usato dalla corvina, istintivamente tutti puntarono gli occhi su Alenya per sapere cosa avrebbe deciso, la ragazza si guardò attorno e sbuffò.
«Non credo di avere altra scelta… In oltre anche se decidessi di non accettare ogni notte continuerei ad essere “teletrasportata” qui, quindi ci sto anche io!»
Erza fece per dire qualcosa, probabilmente voleva ringraziarli, ma il biondo che era rimasto alle sue spalle, Laxus se si ricordava bene, la precedette, iniziando a camminare attorno al tavolo e osservando attentamente ognuno di loro.
«Quindi è deciso! Io allenerò questi marmocchi! Mangiate in fretta e poi raggiungetemi nel cortile… Ci sarà molto lavoro da fare…»
Fece per andarsene ma quando aprì la porta si girò nuovamente con un ghigno sadico sul volto, che fece venire i brividi ai quattro ragazzi, il corvino non aveva pensato al loro allenamento effettivamente.
«Natsu, Gray! Unitevi anche voi… Almeno vi farò mettere su un po’ di muscoli… Flaccidi come siete ihih…»
I due diretti interessati iniziarono a insultarlo, mentre lui usciva ridacchiando. Il corvino ridacchiò per quella scena e incominciò a mangiare voracemente tutto quello che gli capitava fra le mani, doveva guadagnare un po’ di forze se doveva allenarsi!

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Alexander si massaggiò la testa, mentre cercava di elaborare tutte le nuove informazioni e mentre prendeva una decisione, combattere o non combattere. Si guardò attorno osservando le reazioni degli altri, Richy era in un angolo con sguardo serio e completamente immobile, Rena camminava avanti e indietro facendo ondeggiare i suoi capelli azzurri, mentre torturava il bordo del suo maglione arancione. Spostò gli occhi sulla nuova arrivata Shira, studiando il suo comportamento, che sembrava cambiare col passare del tempo e il suo aspetto. I capelli erano lunghi e neri, legati in una treccia che teneva appoggiata su una spalla, la pelle era scura, ma non per l’effetto di un’abbronzatura, gli occhi erano castani e lei era alta poco meno di un metro e sessanta.
Quando era arrivata era spaventata a morte e gli occhi erano gonfi e rossi, segno che aveva pianto, Mirajane, la regina bianca come l’aveva soprannominata lui, non si era mai allontanata da lei così come il comandante Gerard, ma a un certo punto si era messa ad urlare contro tutti, chiedendo dove fosse e chi fossero loro. Fu sempre l’albina a farla calmare bisbigliandole qualcosa, mentre il turchese li allontanava dicendo che era meglio farla calmare e che ci avrebbe spiegato lei quando sarebbe stata pronta.
Ora invece fissava Mirajane con insistenza, quasi cercasse di leggerle l’anima, anche se era abbastanza facile capire in che stato si trovasse, aveva appena dovuto rivivere la morte dei suoi genitori quando era poco più di una bambina. Però fu proprio lei a parlare per prima, sorprendendo tutti quanti.
«Cosa cazzo state lì a pensarci! Esiste una sola opzione, accettare e muovere i culi per tornare nel mondo reale! Tzè… Branco di idioti…»
«Sono d’accordo con Shira… Cioè solo sull’unica opzione. Siamo destinati a combattere, o quantomeno a partecipare a questa guerra, loro hanno provato ad andare contro a questa leggenda e ci hanno rimesso la vita… Potrebbe succedere anche a noi la stessa cosa se ci proviamo…»
Rena parlò lentamente e tranquillamente, come se avesse preso quella decisione prima ancora di saperla lei stessa, Alexander sbuffò rendendosi conto che non aveva molte opzioni, poteva rimanere ucciso in ogni caso, tanto valeva combattere.
«Ci sto anche io… Ma non voglio farmi allenare da quello stuzzichino…»
Non gli piaceva il comandante, e sapeva di poterlo stendere in qualsiasi momento, l’episodio alla locanda Fairy Tail era solo un caso isolato, ne era certo.
Il diretto interessato sembrò ignorarlo completamente e continuava a fissare il nulla, mantenendo la sua postura da soldato, gambe leggermente divaricate e braccia dietro la schiena.
«Ok, allora contando anche me abbiamo accettato tutti quanti… Che si fa ora?»
Richy concluse il discorso ponendo la domanda che si stavano chiedendo tutti quanti, si sarebbero allenati ovvio, lui era stato in un’accademia militare e una preparazione ce l’aveva, gli altri da quello che aveva visto erano dei semplici ragazzi, ma poi cosa avrebbero fatto? Si sarebbero gettati in campo aperto senza nessun piano? Senza nessuna idea di come portare la pace? Troppe domande e troppe poche risposte.



 Delirii dell'autrice Angolo autrice
Ebbene non sono morta, avete desiderato che morissi, io ora desidererò di morire per non essere uccisa da voi, ma in ogni caso sono tornata (è l'una scusate i miei delirii). Dopo la maturità (che ho passato con 80 *si mette ad applaudire alla London Tipton mentre urla viva me*) ho avuto una specie di blocco dello scrittore, non avrei mai pensato di viverla sulla mia pelle ma è successo... Non avendo scritto per molto tempo non risucivo più a farlo, quello che mettevo su carta (o tablet) era merda...
Ma sono contenta di esserci uscita e di aver pubblicato domenica (fate finta che sia ancora domenica) come mi era prefissata! Nella mia testa mi sono detta: "Rachele, è mercoledì (in realtà era giovedì all'una di notte ma sshhh), hai il tempo per finire questo capitolo, finire di presentare i personaggi e pubblicare!"
Sorvolando i miei deliri, spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scusa davvero per il ritardo, so come vi siete sentiti essendo anche io lettrice, e mi sento veramente in colpa... Ho finiti di presentare i dieci personaggi e sono anche riuscita a mettere almeno una volta il punto di vista di tutti quanti, il prossimo capitolo sarà di semi passaggio, ma mi divertirà molto scriverlo.
Una domanda per voi, stavamo ragionando (io e Guzza, che poverina non c'entra con il mio ritardo) di pubblicare delle "mini-schede" dei personaggi, per darvi un'idea più chiara di come sono e di chi sono. Ovviamente metterò solo informazioni base, non tutte le informazioni che ci avete inviato, però volevamo chiedervi se eravate d'accordo.
E dopo questo monologo ho finito, credo, sono un po' stanca e ho le idee confuse, vedo un cuscino e un letto...
Alla prossima e scusatemi ancora... Spero di pubblicare domenica 21 agosto (fra due domeniche).
Baci e pochi omicidi <3

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Capitolo 6
*** Alcol ***


Alcol

Laxus era nell’armeria ad aspettare i suoi futuri allievi, osservava attentamente ogni arma presente nella stanza cercando di immaginare quale potesse essere la migliore per quei quattro. Li aveva studiati mentre Erza raccontava la loro storia, il loro passato; non erano conciati così male come se li era immaginati, forse sarebbero stati più utili del previsto, soprattutto per le sue vere intenzioni.
Il portone che aveva alle spalle si aprì, rivelando le sue future vittime accompagnate da Natsu, Gray e Lucy, i ragazzi si guardarono attorno leggermente spaesati, ma con gli occhi che brillavano di meraviglia. Il biondo ghignò, l’armeria di Titania era la più grande e più fornita che esistesse al mondo, o almeno nel suo.
«Allora poppanti… Prima di iniziare a massacrarvi devo capire cosa siete in grado di fare e che arma avete intenzione di usare… Perciò…»
Diede loro le spalle e si diresse a prendere una lunga lancia dorata, erano anni che non la usava, che non la toccava, gli era mancata quell’adrenalina che si impossessava di lui prima di un combattimento. Troppo tempo aveva passato in prigione e ora anche solo prendere in mano la sua vecchia compagna gli faceva provare le stesse emozioni.
«Prendete tutte le armi che volete e attaccatemi… Potete usare un ago da cucito, i pugni o una mazza chiodata… Quando troverete qualcosa che si adatterà a voi lo capirete, e lo capirò anche io… Sappiate che non avrò alcun riguardo…»
Si sedette a gambe incrociate al centro dell’enorme sala e attese, mentre osservava i quattro girovagare alla ricerca di qualcosa che attirasse la loro attenzione. Gray e Natsu rimasero in silenzio per qualche istante, ma poi iniziarono a litigare, la bionda invece si mise a studiare una serie di cartine sull’unico tavolo presente, in un angolo della stanza.
Emma si guardò attorno disorientata e prese una spada da cavaliere, se le rigirò fra le mani indecisa sul da farsi, non sarebbe stata lei la prima ad attaccarlo, di questo era sicuro. Spostò lo sguardo su Alenya, era indecisa fra una lancia e un’ascia, i capelli viola le nascondevano il volto, forse sarebbe stata lei la prima.
Kenryoku si era affiancato a Tetsuya, cercando di conversare con lui, probabilmente per fare amicizia, ma il corvino non sembrava essere lì in quel momento, in una mano teneva una katana, muovendola leggermente per far riflettere sulla lama la luce delle candele. Il biondo osservò meglio l’arma, rendendosi conto che quella era la prima volta che la vedeva in vita sua, la lama era leggermente ricurva e di un metallo quasi vivo, l’impugnatura era nera con ricami rossi e argentei, lo stesso disegno era presente sul fodero.
«Dreyar! Cosa ci fa quest’arma qui?...»
Il biondo notò il tono preoccupato del ragazzo, e anche lui aveva una strana sensazione, lentamente si alzò e raggiunse il corvino, che non lo perse di vista un istante e che aumentava la presa sull’arma a ogni suo passo.
«Mi sembra opportuno informarti che sono stato in prigione per gli ultimi tre anni… Io quella Katana non l’ho mai vista, ma dovresti chiedere alla regina…»
«Quest’arma è stata tramandata nella mia famiglia per decenni… E in questo momento dovrebbe essere in camera mia… Come...»
«Non porti troppe domande… Se è qui c’è un motivo, proprio come voi… Prendila e vediamo se sai usarla…»
Laxus gli diede le spalle e fece per tornare nella sua posizione originaria, ma prima dovette schivare un colpo di katana proveniente da dietro, puntò i suoi occhi nero pece in quelli cremisi di Tetsuya, e ghignò soddisfatto quando ci vide determinazione.
Quello fu il segnale che diede il via, tutti e quattro si fiondarono sul biondo con le armi che avevano scelto, ogni tanto si allontanavano per scegliere qualcosa d’altro, gli unici che non si allontanarono mai furono Tetsuya e Kenryoku. Entrambi stavano utilizzando una katana, ma se il primo qualche movimento base lo sapeva, il secondo agitava la lama completamente a casaccio. Laxus però sapeva che quella era la sua arma, da quando avevano iniziato non aveva smesso di sorridere, e i suoi occhi brillavano come quelli di un bambino, gli ricordò molto Natsu anche se lui sembrava essere più sveglio.
Quelle che ebbero qualche difficoltà in più furono le due ragazze, la corvina sembrava essersi impuntata con la spada, ma non sapeva come gestire il braccio libero finendo col farselo colpire ripetutamente, tentò di utilizzare uno scudo ma anche quello fu inutile. Trovò il suo stile quando lo attaccò con due spade, e appena si accorse che iniziavano a metterlo in difficoltà sorrise entusiasta, anche se il braccio sinistro le tremava e faticava a reggere l’arma.
Un ghigno soddisfatto comparve sul volto del biondo, mentre respingeva un attacco dei quattro, forse, ma solo forse, li aveva sottovalutati.
Alenya sembrò non trovare nessun’arma con cui si trovasse particolarmente bene, ma in compenso sembrò essere in grado di riuscire ad usarle quasi tutte egregiamente, senza particolare fatica o impegno, un particolare però attirò la sua attenzione. La violetta indossava una collana con uno strano ciondolo, una gemma rossa legata attorno a dello spago, l’aveva già visto ma non riusciva a ricordarsi dove.

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Gerard osservò i suoi allievi girare per la stanza smarriti, li aveva portati nell’armeria, che faceva anche da sala di allenamento, per avere un qualcosa su cui allenarli, lui meglio di chiunque altro sapeva che ognuno aveva il suo stile. Gajeel e Juvia si erano offerti di aiutarlo, mentre Levy stava sulla balconata del piano superiore, al sicuro, a leggere e a osservare come stesse andando.
Aveva detto loro di scegliere un’arma che poi avrebbero combattuto contro di loro, valutando il loro livello e decidendo se avevano scelto bene, le due ragazze le aveva assegnate a Juvia, il suo comportamento dolce e strano allo stesso tempo aveva aiutato Shira a non perdere il controllo.
Gajeel decise di allenare Richy, che fece una smorfia ma non disse nulla, a Gerard toccò quindi Alexander, non gli dispiacque più di tanto, e anzi non vedeva l’ora di rimetterlo in riga e fargli capire che essere indisciplinato poteva essere molto doloroso.
La regina aveva deciso di assistere agli allenamenti e si era rifugiata accanto a Levy, aveva detto che voleva conoscere meglio i guerrieri, volendo diventare loro amica, ma il turchese sapeva che in realtà aveva trovato qualcosa di se stessa nella corvina, forse proprio quegli occhi smarriti, che un tempo lo avevano cercato chiedendo aiuto.
Fu proprio Shira a scegliere per prima l’arma, dopo aver rovistate fra le lame per un tempo indeterminabile, trovò due ring-blade che le fecero spalancare gli occhi di stupore e gioia. Ne prese uno in mano, stando attenta a non tagliarsi la pelle mulatta, e se lo infilò come se fosse un braccialetto, iniziando poi a farlo girare sempre più velocemente. Un sorriso le comparve sul volto facendola ridere leggermente.
La prima a incominciare il combattimento però fu Rena, Gerard era così assorto a osservare l’altra ragazza che non aveva notato l’azzurra impugnare un Kyoketsu-shoge, un’arma molto particolare e altrettanto difficile da utilizzare. Ma nonostante non riuscisse a colpire la bluette, che stava immobile senza neanche provare a parare, rischiando invece di colpire gli altri, non si scoraggiava e continuava nel suo intento, migliorando, anche se impercettibilmente la mira.
Nel mentre i due ragazzi cercavano ancora un’arma con cui attaccarli, Alexander si avvicinò al corvino, e credendo di non essere sentito si mise a parlare.
«Tzè… Chi si crede di essere quel mingherlino?... A te è andata molto meglio, almeno quel tizio, Gajeel, sembra essere più resistente…»
Richy si allontanò dal verde mettendosi a cercare da un’altra parte, un sorriso comparve sul volto di Gerard, trovando quel ragazzo improvvisamente molto simpatico. Alexander lo seguì, chiaramente scocciato, ma quando richiamò il ragazzo cercò di nascondere il suo disappunto.
«Hey, si può sapere che ti prende?»
«Mi prende che odio il colore dei tuoi capelli, non li sopporto, mi fanno schifo! Per ciò voglio starti il più lontano possibile! Se non ti dispiace…»
Prese un’arma senza neanche guardare cosa fosse e andò da Gajeel, che lo guardò con il suo solito sghigno, mentre i piercing che gli ricoprivano il volto riflettevano la flebile luce delle candele.
«Povero Ricuccio… Il verde non ti piace come colore? Ghihi»
Blake stava studiando l’arma che il caso aveva scelto, una Kusarigama, quando il corvino parlò, facendogli alzare lo sguardo e puntando i suoi occhi rossi pieni d’odio in quelli scarlatti di Gajeel.
«Per te, Chiodino, sono Richard…»
«Forza Richy!»
Chi non era impegnato in un combattimento si girò verso la voce, proveniente dal piano superiore, e videro Levy sorridere al corvino e fargli con la mano un pollice verso l’alto. Gerard dovette trattenersi dal non ridere quando vide l’espressione che fece Gajeel a quel commento, il ghigno era sparito e al suo posto era comparso una smorfia di puro odio. Probabilmente Levy aveva appena condannato quel povero ragazzo.
«Allora? Ti sei deciso?... Sono stanco di aspettare»
«Come sei impaziente… Cos’è, stare fermo ti stanca? Beh piccolo come sei è normale!...»
Alexander si avvicinò sorridendo con una twinblade in mano, loro due erano alti uguali, Gerard forse un pochino più di lui, ma il verde si credeva più forte solo perché era più muscoloso e spallato, povero sciocco.
Si fece scrocchiare le spalle e il collo, poi si mise in posizione, il turchese al contrario di Gajeel, che usava una sciabola, e di Juvia, che impugnava due kukri, non usava armi, era più per il confronto corpo a corpo.
Gli fece segno con la mano di avvicinarsi, mentre un sorriso sadico gli compariva in volto, eliminando dal suo cervello il suo lato gentile.

*********************************

Era circa una settimana che Laxus allenava quei poveri ragazzi, e in quel lasso di tempo loro non erano mai tornati nel loro mondo. Dopo quel primo incontro quattro contro uno, il biondo li lasciò riposare per qualche tempo, mentre lui si organizzava con loro su come addestrarli. Faceva combattere Tetsuya e Kenryoku tra di loro, essendo il loro stile simile e utilizzando la stessa arma, Alenya invece l’aveva affidata a Gray, essendo pratico nel combattere contro molti tipi di armi diverse, infine Emma con le sue doppie spade contro Natsu.
Lucy era con loro nella sala d’allenamento, che osservava distrattamente i vari scontri, mentre nella sua mente mille pensieri si ingarbugliavano come fili. Laxus chiamò Alenya, che in quel momento stava utilizzando in arco, per fare un allenamento individuale, lui prese la sua lancia e si mise a istruirla.
In quei giorni l’aveva fatto con ognuno dei quattro ragazzi, anche a distanza di poche ore, non lasciandogli un momento per riprendere fiato.
La bionda scosse la testa e riposizionò lo sguardo sui libri che aveva davanti, Laxus le aveva chiesto di cercare la pietra rossa, che la violetta indossava come collana, perché aveva una strana sensazione, ma nonostante tutte le ricerche che aveva fatto, non aveva ancora trovato nulla. Sbuffò scocciata.
«Cosa succede Lu?... Perché sbuffi?»
Natsu le si avvicinò in un raro momento di pausa, lei alzò gli occhi marroni puntandoli in quelli verde smeraldo del rosato, che le sorrise amorevole facendola arrossire leggermente. Si chiese come era possibile che quel ragazzo, così distratto e spesso infantile, riuscisse allo stesso tempo a calmarla e a farle perdere un battito.
Con un braccio le cinse le spalle e si chinò leggermente per osservare cosa stesse facendo la ragazza, ma quando vide che il libro era scritto in una lingua sconosciuta, abbandonò il suo intento, tornando ad osservare la bionda.
«Lu a volte mi stupisci! Sei davvero fantastica!»
«Ma… Cosa stai dicendo!?...»
Il volto le andò completamente in fiamme, facendo concorrenza con i capelli rossi della regina, iniziò a mancarle l’aria e il cuore batteva all’impazzata, forse era quello il momento?
«Sì! Io non riesco a capire nemmeno che siano quegli strani simboli, mentre tu li capisci pure!»
Le diede un bacio a fior di labbra e poi se ne andò, raccolse la mazza chiodata che aveva abbandonato prima e ricominciò il suo allenamento con Emma, la bionda sbuffò sconsolata, mentre si passava con le dita il contorno delle labbra rosse. Natsu era una fiamma che poteva scottarla e lasciarla ferita, ma lei come una falena ne era attratta.
Le sarebbe piaciuto parlare con Levy, lei sarebbe riuscita a risolvere i suoi problemi con il rosato e con la gemma, ed era anche curiosa di sapere come stesse andando la sua storia con Gajeel, ma ciò non era possibile…
Laxus le si accostò distraendola dai suoi pensieri, le sue iridi nere erano puntate sugli allievi, e Lucy poté giurare di averci visto una punta di orgoglio.
«Come stanno andando?...»
«Sono migliorati… Potrebbero davvero essere utili ihih…»
La ragazza guardò di profilo il biondo, per poi spostare lo sguardo più in fretta che poté, non le piaceva quell’uomo, la inquietava. In più non sapeva granché del motivo per cui era finito in prigione, voci di corridoio dicevano che avesse ucciso alcune guardie della regina, che erano stati suoi allievi, in un improvviso momento di pazzia, ma sapeva che non era tutto.
«Presto avranno bisogno di una pausa però… Odio ammetterlo, ma il fisico ha bisogno di riposarsi… Puoi pensarci tu?...»
«Credo che qualcuno ti abbia preceduto Laxus…»
La voce della regina risuonò in tutta la stanza, facendo fermare i vari scontri e attirando l’attenzione sulla sua figura, i capelli rossi erano raccolti in una treccia mentre addosso aveva un’armatura che le proteggeva la parte superiore, e una gonna blu che le permetteva di muoversi più comodamente.
I quattro ragazzi approfittarono di quel momento per riprendere fiato, e osservare più attentamente la donna, Lucy notò quegli sguardi indagatori, e non poté che dar loro ragione. Dopo il primo giorno Erza era sparita non facendosi più vedere da nessuno, quindi quella improvvisa comparsa stuzzicò l’interesse della bionda.
«Sembra che siate stati invitati a una gara di bevute al Fairy Tail... Come vi sembra come giornata di riposo?»
Laxus alzò un sopracciglio e senza dire nulla prese la busta che aveva in mano la rossa, che gli lasciò fare con un sorriso soddisfatto, e iniziò a leggere ad alta voce, lasciando la bionda entusiasta di quella piacevole scoperta.

******************
Salve a tutti gente!
Sono Cana, alcuni di voi mi hanno già conosciuto e spero non si siano scordati di me.
Io e il mio vecchio abbiamo deciso di organizzare una gara di bevute con i dieci guerrieri come ospiti d’onore! Sì, dieci, ci sono due extra da noi per cui non rompete che non ho voglia di leggere lettere.
La gara sarà aperta a tutti, e ovviamente sono invitati anche tutti gli altri: regine, generali, non, tizi col cervello! Chiunque, anche briganti, basta che bevano!
Non so bene cosa ci sarà per il vincitore, ma a chi importa in fondo? Tanto saremo tutti ubriachi!
Non accetto un no come risposta!
La gara sarà dopo domani sera al Fairy Tail, se avete qualche alcolico da portare, fate! Da bere per tutti!
Cana! <3
«E questo è tutto…»
Levy lesse la lettera cercando di imitare la mora che l’aveva scritta, appena finì osservò le reazioni dei presenti, Alexander esultò non vedendo l’ora di bersi una birra gelata, Rena e Richy invece non sembravano particolarmente interessati, ma non potevano dire di no a una pausa.
Shira invece non ne fu entusiasta, la regina le era accanto e le prese una mano scura nella sua bianca, le sorrise gentilmente dandole coraggio con quello sguardo.
Gerard fece una smorfia, segno che non ci sarebbe andato neanche sotto tortura, stesso sguardo aveva Juvia, che borbottava qualcosa sul fatto che non reggesse l’alcol e che era alla ricerca del suo vero amore. Senza dare nell’occhio l’azzurra cercò con lo sguardo Gajeel, sobbalzò leggermente quando sentì qualcosa, o meglio qualcuno, appoggiarsi sulle sue spalle e sulla testa.
«Ghihi ci sarà da divertirsi!»
«Gajeel! Non sono un comodino!»
«Beh direi che non abbiamo molta scelta… Cana non ammette un no come risposta!»
Mirajane la raggiunse e prese la lettera scorrendola velocemente, sul volto era presente come sempre il suo sorriso rassicurante, ma la turchina vide i suoi occhi celesti velati di tristezza.
«Io li posso accompagnare, non credo di bere e posso riportarli qui una volta che avranno finito!»
«Hey! E io non conto?!»
«No perché tu farai a botte con Natsu!»
Il corvino sbuffò fintamente risentito, ma un sorriso gli increspava il volto, probabilmente immaginandosi come sarebbe andata la serata. Levy sbuffò rattristandosi leggermente, era da tempo che era innamorata di Gajeel, ma lui sembrava non considerarla se non come una compagna d’armi, spesso e volentieri la prendeva anche in giro sulla sua altezza. Però finalmente avrebbe potuto parlare con Lucy, chiederle consiglio e confidarsi con lei, le mancava davvero tanto la sua migliore amica.
Alzò lo sguardo sentendosi osservata e vide che Richy la osservava accigliato, la turchina capì la sua muta domanda e la sua preoccupazione nel vederla in quella maniera, così gli sorrise rassicurante. Si era affezionata a quel ragazzo, lei era la prima che lo aveva incontrato e se ne sentiva responsabile, e la cosa sembrava reciproca.
«Va bene, ora riprendiamo gli allenamenti!»
Gerard alzò leggermente la voce per far finire quella breve pausa, i ragazzi sbuffarono contrariati e indolenziti, ma ubbidirono, l’unico ad avere un momento di esitazione fu Alexander, che osservava il turchese con odio. Il generale se ne accorse e lo guardò con occhi freddi e crudeli, aveva imparato sulla sua pelle cosa succedeva ad andargli contro.
Levy ebbe un brivido, sia perché il corvino aveva abbandonato le sue spalle, privandole del suo calore, sia per i ricordi del suo comandante sul campo di battaglia. Gli occhi, normalmente scuri come la notte, brillavano di rosso, come il sangue dei suoi avversari; il suo comportamento solitamente gentile e cordiale, si trasformava come se fosse un’altra persona, diventando un mostro di ghiaccio.
Lei era il suo secondo, lo accompagnava in ogni battaglia, anche se lei poi rimaneva in disparte, ma ogni volta era come se fosse la prima. Una volta le aveva raccontato come mai era così, come mai si trasformasse in un’altra persona. La prima volta che aveva ucciso il suo animo si era spaccato, creando un altro Gerard, più freddo e cruento, che si impossessava della sua mente quando entrava nel campo di battaglia. Col tempo riuscì a controllarlo, a non avere dei vuoti di memoria, ma non poteva eliminarlo, era parte di lui ormai.
La turchina si riscosse da quei pensieri tristi, decidendo di andare a preparare tutto il necessario per la gara che era ormai prossima, mentre usciva dalla stanza sorrise, come una bambina in attesa del suo giocattolo.

**********

Cana strabuzzò gli occhi cercando di mettere a fuoco i dintorni, Gildarts riempiva i bicchieri dei vari clienti, in quanto lei era troppo sbronza per fare qualsiasi cosa, tranne che per bere ovviamente. Guardò i “guerrieri” come erano conciati dopo un paio d’ore a bere senza sosta, e incominciò a ridere senza motivo.
Richy inizialmente era contrario a bere, rifiutava tutti i drink che gli proponeva, birra, whisky, gin, rum, persino il vino! Alla fine era riuscita a farlo ubriacare sostituendo l’acqua che aveva chiesto con della vodka liscia, lui non si era accorto di nulla finché non l’aveva assaggiata, gli occhi cominciarono a lacrimare, dato che ne aveva preso un bel sorso, e il volto gli si era arrossato. Si era fatta delle grasse risate con quella visione, e alla fine il corvino aveva ceduto cominciando a divertirsi anche lui, optando però per della semplice birra.
In quel momento continuava a ridere come un folle, per qualsiasi cosa succedesse, in particolare per il comportamento di Layla. La castana in quel momento era completamente fuori di testa, passava dall’imitare un gatto, miagolando e facendo le fusa, all’iniziare a parlare a vanvera di argomenti senza senso e senza un filo logico. Prima delle materie scolastiche, poi delle noccioline e ancora versi di animali.
«Insomma Richy! Tu non capisci! Se i polpi stanno dentro i vasi una ragione c’è! Deve essere divertente!»
«Ahahahah Layla sei una forza! Ahahaha»
«Ciiiip cipcip… Ciiiip…»
Sorrise divertita e guardò gli altri, Rena teneva in braccio Kenryoku come se fosse un infante, mentre gli coccolava la testa cantando una ninna nanna, il corvino invece aveva gli occhi spalancati, le pupille dilatate e continuava ad agitarsi cercando di liberarsi da quella presa, inutilmente.
«Lasciami! Voglio correre, devo muovermi non posso stare fermo!»
«Shhh… Non muoverti piccola creatura, devi riposare… Shhh…»
Per poco la castana non si strozzò con la birra quando ascoltò quello strascico di conversazione, la situazione forse le era un filo sfuggita di mano. Prese un sorso della bevanda fredda, e scosse la testa. Non era mai troppo.
Alenya stava facendo qualche battuta che al momento Cana non riusciva a sentire, quando era arrivata la violetta stava sulle sue, non parlava con nessuno e ci volle qualche drink prima che iniziasse a comportarsi più come se stessa. Agilmente riusciva a schivare Tetsuya che cercava di placcarla per avere un bacio, era tutta la sera che il corvino si comportava come un vero e proprio Don Giovanni, cercando di rubare qualche bacio o qualche attenzione extra.
«Cana-channn!»
La castana si girò verso la voce, e vide Emma avvicinarsi a lei in modo sensuale e con gli occhi azzurri che brillavano, sorrise capendo al volo che tipo di sbronza la corvina avesse. Da zoccola omossessuale.
«Ti va di divertirti un po’ con me?...»
Alexander e Heriot, che fino a un momento prima stavano facendo a botte, sotto la supervisione di Gildarts ovviamente, non avrebbe mai permesso che distruggessero il locale, ora guardavano interessati la scena tra lei e Emma.
Di profilo vide Shira con le lacrime agli occhi, avvicinarsi a Tetsuya, che l’aveva puntata, la sentì urlare e imprecare, dicendo che non ci si doveva comportare così e altro che si perse nella folla.
«Emma cara… Non sono interessata…»
«Posso farti divertire io se lei non vuole… Ihih…»
La ragazza si girò verso Alexander, che la guardava alzando in alto il boccale, con le guance rosse e gli occhi lucidi per il troppo alcol, lei sbuffò e abbracciò Cana per la vita, appoggiando la testa sul suo seno.
«Ma io voglio Cana-chan…»
La ragazza, presa in causa, iniziò ad accarezzarle la testa per consolarla, mentre osservava ancora una volta il quadro generale della situazione, e ascoltava le conversazioni, affamata di notizie.
«Come puoi comportarti così con una donna?!»
«Che vuoi Heriot?... Fare ancora a botte?...»
«Quando vuoi verdino… Ma prima scusati con lei!»
Una sedia volò per la stanza, colpendo proprio i due che stavano discutendo, Natsu comparve poco dopo sempre addosso a loro due, mentre Gajeel camminava lentamente verso di loro ghignando.
«Sei un pappamolla fiammella… Ghihi…»
Spostò lo sguardo annoiata, una lite in fondo non era nulla di nuovo o eccitante, vide in un angolo una biondina e una turchina chiacchierare tranquillamente, si chiese da quanto tempo Lucy e Levy non si confidassero i propri segreti, magari c’era qualche novità coi problemi di cuore…
Sorrise maligna ma prima che potesse dirigersi verso le due, un uomo dai capelli scuri entrò chiedendo a Gildarts da bere, i loro occhi si incrociarono e Cana capì che si sarebbe divertita.
«Heyla bellezza… Io sono Bacchus e tu?»
«Cana… Vedo che sei già ubriaco… Cosa ci fai qui?...»
«Cerco divertimento!»
Sorrisero e fecero tintinnare i bicchieri, pronti a divertirsi.



Dettagli personaggi! (come promesso)
Team Erza:
- Tetsuya Kuroda (per gli amici Tetsu)
  Alto circa un metro e settanta e leggermente muscoloso, capelli corti neri e spettinati, gli occhi sono rosso cremisi. Ha una cicatrice sul collo causatagli da un allenamento con la Katana. Utilizza, appunto, la Katana di famiglia, di sport pratica karate e Iaido (arte marziale con la katana).
  E' un ragazzo molto chiuso in se stesso a causa della morte dei genitori quando era piccolo, dentro però è ancora un ragazzo dolce e gentile, che farebbe di tutto per i suoi amici. Si è trasferito in Giappone durante l'anno scolastico ed è finito in classe con Richy. Ha 19 anni.
- Emma Diaz.
  E' una ragazza alta, abbronzata, dagli occhi azzurro ghiaccio e i capelli neri, il seno è abbastanza prosperoso. Ha una piccola cicatrice sul sopracciglio che si nota a fatica. E' una persona abbastanza isolata, ma basta un po' di pazienza con lei, che risponde male e cerca di non essere avvicinata, e alla fine ci si riesce senza essere insultati. E' un'ottima stratega anche se le piace essere nella mischia, principalmente pratica pallavolo, ma anche calcio e basket.
  Utilizza due spade come armi da combattimento, ma viene tenuta in grande considerazione per la sua abilità di analisi tattica. E' alquanto sboccata, gioca spesso con una ciocca dei capelli quando è sovrappensierio e si morde le labbra quando è nervosa. Ha 18 anni
- Kenryoku Kaede
  Alto poco meno di Gajeel, i capelli neri, corti e ribelli, mentre gli occhi sono del colore del ghiaccio. Pratica Judo e da sempre ha una passione per i cavalli e ha un tatuaggio raffigurante un cavallo al galoppo sulla scapola sinistra.
  Non è molto paziente e spesso è impulsivo, mangia in maniera spropositato senza ingrassare, non è per nulla ingenuo, anzi è molto intelligente, ma a volte dispettoso. Sua madre è un'esperta di botanica, trasmettendogli l'amore per la natura andando a vivere, con i suoi genitori, in campagna. Ha 18 anni.
- Alenya Kay
  Alta circa un metro e sessanta, tonica, agile e longilinea, i capelli viola e mezzicorti leggermente mossi, con un ciuffo medio sulla fronte, occhi castano chiaro. Ha diverse cicatrici sulla schiena a causa del suo passato.
  Ama stare per i fatti suoi, leggendo o ascoltando musica Hard-rock. Odia essere presa sottogamba perché una donna, quando in realtà è perfettamente in grado di difendersi. E' brava con ogni tipo di arma e le cambierà in continuazione, preferendo però l'uso del bastone.
  E' abbastanza taciturna e chiusa in se stessa, è caparbia e sembra scontrosa, ma è solo un modo per proteggersi e quando la si conosce si scopre come è realmente, risultando simpatica come ogni altra ragazza. Ha 21 anni.

Team Mirajane:
- Alexander Vanier
  Abbastanza alto (circa sul metro e ottanta), capelli verdi e fisico muscoloso; ha un tatuaggio sul braccio sinistro rappresentante un drago trafitto da una lama, sul sopracciglio destro ha un piercing. E' stato in accademia per un certo periodo, ma poi è stato espulso perché troppo indisciplinato, così è tornato a studiare e andando poi a lavorare come professore di ginnastica nella scuola di Richy e Tetsuya. Utilizza il Twinblade e ha praticato il Judo.
  E' autoritario con i suoi studenti, odia i bulli ed è molto indisciplinato, è distaccato, odia effusioni e spesso è sarcastico (finendo con l'esagerare), diventando un po' stronzo. Ha 24 anni.
- Richy (Richard) Blake
  Ragazzo alto, dagli occhi rossi e capelli neri; ha un carattere gentile e scherzoso, ma sa essere serio nei momenti opportuni, nonostante sia socievole gli piace stare da solo. Pratica la Boxe e saprà usare diverse armi (arco e spada), ma principalmente utilizza la Kusarigama. Ha 19 anni e odia i capelli verdi.
- Rena Hoshumiya
  I capelli sono color carta da zucchero, mossi e lunghi fino a metà della schiena con una folta frangetta che termina sopra gli occhi rossi. Ha un incarnato olivastro e abbronzato, è abbastanza alta e non ha curve troppo abbondanti. Adora andare al mare e nuotare, ha il segno degli occhialini sulla fronte, le piacciono le leggende e ha iniziato a leggere i tarocchi.
  Pratica karate da quando era bambina ed è capace di stendere un uomo adulto senza problemi, come arma utilizza il Kyoketsu-shoge. Sta studiando un corso di storia antica all'università.
  E' una persona gentile e cordiale, e tiene molto alle persone a lei care, diventando violenta per proteggerle; è una persona matura e di una grande abilità analitica. Ha 22 anni
- Shira Endogu
  Mulatta, estremamente magra nonostante la ginnastica artistica, gli occhi sono castani e i capelli neri, è alta poco meno di una metro e sesanta, ha una seconda scarsa di seno. A causa del suo passato e delle sue discendenze africane, che le permettono di percepire gli spiriti, ha un problema di schizzofrenia con tre personalità (non so bene come spiegarlo scusate :(...). La prima è verbalmente aggressiva, la seconda molto timida e molto facile alla depressione (è quella che riesce a percepire gli spiriti), infinte la terza è la vera lei (che compare principalemente quando fa ginnastica artistica) è molto decisa, per nulla diplomatica ma mai volgare o offensiva.
  Come arma utilizza il Ring-blade, arma che le ricorda gli esercizi col cerchio nella ginnastica ritmica (facendola diventare la vera Shira). Ha 21 anni.

Team Fairy Tail:
- Layla Wolfen
  E' una ragazza, ma viene scambiata per un ragazzino di dodici anni a causa del suo aspetto, bassa e con poche curve, ha la pelle leggermente abbronzata, i capelli corti, arruffati e marroni, gli occhi color miele. Le piacciono i rumori del bosco ed è molto brava a cucinare, ma soprattutto adora correre (sport che pratica ogni volta che può).
  Utilizza come arma dei pugnali, perché facili da maneggiare e meno pesanti di una katana. Layla è aggressiva e istintiva come un animale, ma sa essere dolce e protettiva verso i cuccioli e bambini, è molto combinaguai e odia la tecnologia. Ha 18 anni.
- Heriot Jainko
  Alto un metro e settanta, capelli neri abbastanza lunghi che gli ricadono davanti al volto, gli occhi sono grigi e solitamente spenti, tranne quando deve combattere che si accendono di una strana luce. Gli manca il canino superiore destro, visiile quando sorride, ha un tatuaggio di un serpende intorno al bicipite.
  E' un ragazzo abbastanza apatico e gli interessa soltanto lottare, praticava boxe ed era considerato una promessa, ma gli venne proibito di salire nuovamente sul ring perché troppo violento. E' disinteressato ai soldi che vince tramite incontri clandestini, gli interessa solo lottare. Come arma utilizza degli artigli misti allo stile da boxe. Ha 22 anni.



 Twinblade

Kusarigama

 Kyoketsu-shoge

 Ring Blade

Angolo autrice...
Il capitolo era pronto da tipo le otto... Ma ho dovuto fare i riassunti dei personaggi e cercare le foto delle armi... Spero almeno che vi siano utili se no vi faccio morire tutti per vendetta >.<
Questo capitolo è un po' di passaggio, giusto per dare un'idea di ambientamento e per spiegare cosa sta succedendo nelle menti degli altri, Laxus sta pianificando qualcosa, Lucy e Levy hanno problemi di cuore e Cana è sadica. Nel prossimo si torna nel mondo originale per poi iniziare con delle missioni u.u eheh si comincia a combattere (più o meno perché non sono capace a descrivere i combattimenti :'( )
Se vi interessa ho aperto una pagina facebook, in cui pubblicherò anche disegni dei personaggi, perché l'autrice di Alenya l'ha disegnata, ma non riesco a inserire l'immagine (perché bo...). Se mai ne avrete altri inviatemeli pure :3 io sono solo contenta! Vi lascio il link qui sotto, recensite e ditemi cosa ne pensate! <3

https://m.facebook.com/Celty23efp/

Mi stavo dimenticando, mi direste con quale personaggio vi piacerebbe che il vostro oc abbia una storia d'amore? Almeno 3 se riuscite >.< grazie!

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Capitolo 7
*** Si comincia ***


Si comincia

Quando quella mattina Layla si svegliò era nella sua camera, la luce del sole cercava di entrare dalla finestra chiusa e di illuminare la stanza. La ragazza si mise a sedere disorientata, le coperte le caddero sulle gambe mentre lei si stropicciava gli occhi per riuscire a vedere, gli uccellini fuori dalla casa cinguettavano felici. La testa le pulsava terribilmente, mentre le immagini della sera precedente, a Fairy Tail, le ritornavano come un flash. Si era ubriacata insieme a tutti gli altri “guerrieri”. Aveva parlato con ciascuno di loro, di qualche argomento senza senso molto probabilmente. E poi il vuoto.
Quando avrebbe re-incontrato Cana, probabilmente quella stessa notte, gliene avrebbe detto quattro, sicuro al cento per cento. Si mise una mano sullo stomaco per tenere la cena della sera prima al suo interno, e non farla uscire di getto come di usuale in un dopo-sbronza.
Si alzò dal letto decidendo che era ora di darsi una pulita, e solo per un colpo di fortuna vide l’orologio, che puntava le sette e trenta. Il cuore iniziò a batterle sempre più veloce, mentre gli occhi color miele si spalancarono, dimenticandosi completamente della nausea. Era in tremendo ritardo per la scuola.
Si lavò e preparò in un lampo e subito dopo si fiondò fuori dalla casetta che aveva vicino al bosco, dirigendosi verso l’istituto. In quella corsa sfrenata si mise a ragionare su tutto ciò che le era accaduto, perché era ormai chiaro che quello che Layla e gli altri stavano vivendo, non era solo un sogno.
Gildarts aveva spiegato a lei e a Heriot cosa era successo, raccontando il passato dei due regni, delle due regine, da un punto di vista esterno, dato che lui e i suoi antenati si erano sempre rifiutati di schierarsi; preferendo creare un luogo di ritrovo per tutti. Infine aveva chiesto cosa intendevano fare, se combattere per uno dei due regni, restare fuori dall’intera faccenda oppure allenarsi con lui e Cana, per essere preparati all’imminente battaglia.
Un sasso in mezzo alla strada la fece inciampare e quasi cadere faccia a terra, per fortuna recuperò l’equilibrio appena in tempo, sbuffò contrariata e guardò l’orologio. Era ancora in ritardo.
I suoi pensieri si misero a correre come lei, ragionando sul loro consenso, le dispiaceva per quel mondo, le dispiaceva per quelle donne, voleva aiutarle, anche se non credeva che combattere fosse la soluzione migliore.
Per il suo compagno, storse leggermente la bocca a quella parola, era tutta un’altra storia. Heriot aveva accettato solo per diventare più forte e forse anche per poter uccidere, con lui tutto era possibile. Avevano scelto un’arma e si erano allenati per l’intera settimana, lei con i pugnali e lui con degli artigli, che le ricordavano incredibilmente quelli di Wolverine, usandoli in combinazione alle mosse di pugilato. Di giorno si allenavano, Layla con Cana, mentre il corvino con Gildarts, mentre la sera lei aiutava nella locanda come poteva, principalmente cercava di tenere lontana la castana dagli alcolici, Heriot invece doveva scontrarsi con il proprietario ogni volta perché si rifiutava di muovere un singolo dito.
Sospirò contenta di vedere il cancello della scuola ancora aperto, ma si permise di riprendere fiato solo quando fu all’interno della sua classe, seduta al suo banco pronta per un nuovo giorno. Fece per prendere astuccio e quaderno dalla cartella, ma si accorse in quel momento che se l’era dimenticata quella mattina. Forse condurre una vita in entrambi i mondi poteva diventare complicato.

Heriot girava per le strade senza una meta precisa, le mani nei pantaloni e i capelli sopra gli occhi grigi, ogni tanto sbuffava facendo muovere qualche ciocca nera. Quella mattina si era svegliato nel suo letto, e non in quello che gli aveva dato quel vecchio della locanda. Gli fece uno strano effetto, quando si fece una doccia fredda, vedere sul proprio corpo i lividi che si era procurato con l’allenamento. Nonostante non gli facessero male.
Diede un calcio a una lattina ma il rumore metallico gli fece dolere la testa, la sbronza della sera precedente, se poteva considerarla in quella maniera, era stata una delle peggiori che avesse mai preso. Si era comportato come un perfetto gentil uomo, e lui odiava quando era così, ma per fortuna si era sfogato lottando contro Alexander, poi una sedia li aveva colpiti e si erano uniti anche Gajeel e Natsu. Se fosse stato un videogioco quei due sarebbero stati paragonabili ai tank, stupidi ma forti, che prendevano i colpi al posto dei compagni. Ghignò divertito del suo stesso pensiero.
Un dolce profumo attirò i suoi sensi, facendo scomparire i suoi pensieri come una bolla di sapone, alla sua destra c’era un piccolo chiosco di Ramen, molta gente entrava e usciva poco dopo con in mano un sacchetto fumante. Guardò l’orologio da polso e vide che era mezzogiorno passato, e che lui era in giro dalle otto. Senza esitazione entrò, sedendosi al primo tavolo libero che vide, fregandosene che fosse uno per più persone. Si mise comodo sulla sedia, quasi sdraiandocisi sopra come se fosse un divano, e chiuse gli occhi attendendo che qualcuno andasse a prendergli l’ordine, quando una voce conosciuta attirò la sua attenzione facendoglieli riaprire all’istante.
«Eccomi, scusi il ritardo! Un piatto bello caldo di Yaki-soba!»
Vide una ragazza con un piccolo grembiule girare fra i tavoli con in mano un vassoio più grande di lei, i corti capelli castani che si muovevano seguendo i suoi movimenti. Heriot dovette chiudere e riaprire le palpebre diverse volte prima di essere sicuro che fosse nel suo mondo, perché quella era Layla, ormai si era abituato talmente tanto a quella scena che ritrovarsela davanti lo aveva scioccato. Forse era ancora ubriaco e aveva confuso una qualsiasi cameriera per lei, doveva essere per forza così.
Ma la ragazza si girò nella sua direzione e quando lo vide il volto divenne pallido, e gli occhi spalancati sembravano dire un’unica frase; “Non anche qui”.
Lentamente gli si avvicinò cercando di recuperare un sorriso di cortesia, in fondo lui era il cliente, e ciò lo fece ghignare di puro sadismo, si sarebbe vendicato di come l’aveva trattato a Fairy Tail. Anche se non aveva intenzione di affrontarla in un combattimento perché troppo debole, non gli era piaciuto essere rimproverato da una ragazzina.
«Salve signore…  Ha già scelto cosa vorrebbe ordinare?...»
Le sorrise gentilmente, anche se lei sapeva quando fosse finto, e fece per parlare, quando la porta del piccolo locale si aprì rivelando altre figure conosciute, che fecero bloccare entrambi i ragazzi. A Heriot non interessa la questione del fatto della leggenda, dei guerrieri e balle varie, ma forse doveva ricredersi, perché iniziava ad essere quasi inquietante.
Alexander, Richy, Tetsuya, Emma e Rena erano fermi sull’ingresso che decidevano cosa fare, quando anche loro li videro, rimanendo pietrificati. Sembrava che il mondo attorno a loro fosse sparito, che ci fossero solo loro sette e forse, chissà, magari non erano neppure più sulla Terra ma in quel altro mondo. Gli altri clienti li superavano non notando il loro stato d’animo, o forse ignorandolo appositamente, fu Richy a riprendersi per primo e a dirigersi verso il tavolo di Heriot, sedendosi accanto a lui. Mentre gli altri lo seguirono poco dopo, riempiendo completamente il tavolo.
«Ma guarda chi si vede! Volevo giusto concludere lo scontro di ieri sera!»
Il verde era esattamente davanti a Heriot, e lo guardava sorridendo e facendo scrocchiare le nocche delle mani, il corvino ghignò e si spostò i capelli da davanti al volto, mostrando gli occhi brillanti.
«Se vuoi possiamo finirlo proprio qui!»
Di sfuggita vide Layla sbiancare e aprire la bocca per commentare, ma Rena la precedette sporgendosi leggermente sul tavolo di legno per interrompere il loro contatto visivo.
«Ragazzi smettetela! Qui non siamo nell’altro mondo, non c’è motivo di combattere tra di noi!…»
«Rena… A quei due piace combattere… Ovunque si trovino!»
Detto questo la castana se ne andò per tornare a lavorare, lasciandoli soli e Heriot sapeva, che stava pregando affinché non distruggessero l’intero locale.
«Allora, tu cosa ci fai qui?»
Fu ancora l’azzurra a parlare osservandolo incuriosita con gli occhi rossi, lui si scompigliò i capelli riportandoli a coprirgli parte del volto, ormai aveva perso qualsiasi interesse in uno scontro, e dubitava che quella lì fosse capace di batterlo.
«Facevo un giro… E sono finito qui per caso…»
Non chiese il motivo per cui loro fossero lì, non gli interessava, aveva fame e sapeva che gliel’ avrebbero detto in ogni caso. Si mise una mano sulla testa per massaggiarla leggermente, cosa cazzo gli aveva dato da bere Cana?
«Noi invece avevamo deciso di trovarci per organizzare un po’ le idee, anche se ormai è chiaro a tutti che quello che ci hanno raccontato è vero…»
Rena imitò il gesto di Heriot e si massaggiò gli occhi, e solo a quel punto il corvino notò che tutti quanti stavano soffrendo per il post-sbornia, e ghignò divertito di quell’immagine.
«Io e Richy una settimana fa, per il tempo dell’altro mondo, e quindi ieri sera per il nostro…» Tetsuya prese la parola cercando di far chiarezza, probabilmente più a se stesso che agli altri, facendosi però aumentare il mal di testa.
«Che casino sta storia dei mondi, del tempo che cambia… Non si può semplicemente andare e abbattere i tizi dell’altro regno?...»
Alexander interruppe il corvino esprimendo il suo pensiero, che Heriot condivideva in pieno, non vedeva l’ora che la battaglia finale cominciasse così da ammazzare qualcuno, magari proprio il verde.
«Ah, senza offesa per voi due…» Emma sbuffò infastidita ma non commentò, mentre Tetsuya lo ignorò completamente.
«Come stavo dicendo… Ci siamo visti Inception, credendo che potesse aiutarci a capire cosa stesse succedendo… Aveva anche senso, i sogni in comune, il tempo che si dilatava…» Il corvino si fermò per far prendere la parola al suo amico.
«Ma dopo questa settimana, non è più plausibile… Sorvolando sulla sbronza di ieri sera, che tutti quanti stiamo subendo… Ci sono i lividi degli allenamenti, i muscoli che fanno male…»
Heriot fece una smorfia, constatando che i ragazzi avessero ragione, e un’idea iniziò a insinuarsi nella sua testa, come un tarlo nel legno. Se fossero morti in quel mondo, molto probabilmente sarebbero morti anche nel loro.

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Quella sera Richy era andato a dormire nel suo letto, ma il sole del mattino che l’aveva svegliato era quello dell’altro mondo. Si era messo a sedere guardandosi attorno, gli faceva ancora uno strano effetto alzarsi in quella stanza, sapere che in quelle accanto c’erano Alexander, Rena e Shira. Che Gerard, Juvia e Gajeel erano pronti per allenarli, per mandarli poi a combattere contro i suoi amici. 
Si passò una mano fra i capelli scuri per scacciare quei pensieri, senza risultato, così decise di prepararsi per occupare il tempo, si spogliò dei vestiti che gli avevano dato da usare come pigiama e si mise quelli d’allenamento. Appena finì qualcuno bussò alla porta, attendendo che lui gli desse il permesso di entrare.
«Avanti…» Si sedette sul letto mentre i pensieri di prima continuavano a tormentarlo.
Levy entrò dalla porta di legno scuro e gli sorrise, indossava la divisa dell’impero di Mirajane dai colori blu e bianchi, e il simbolo di un fiore di loto sulla spalla sinistra.
«Ti ho svegliato?»
«No… Quanto siamo stati via questa volta?»
«Un paio di giorni, la regina e il comandante ne hanno approfittato per sistemare alcune questioni in sospeso… A cosa pensi?»
Richy sgranò gli occhi e lì punto in quelli castani della turchese che gli sorrideva apprensiva, si era affezionato a lei in quel poco tempo che avevano passato assieme, ma non ne era innamorato come credeva Gajeel, le voleva bene come una sorella e sapeva che per lei era lo stesso.
«Solitamente sei molto più sorridente e spensierato, ora invece sei serio e totalmente assorto in qualcosa… Come se fossi sul campo di battaglia»
«Ragionavo sulla battaglia… E’ ovvio che ci dovremo allenare ancora molto, non siamo ancora pronti… Ma… Gli altri “guerrieri” sono diventati miei amici… E mi stavo domandando come l’omicidio possa davvero concludere questa guerra… Non è che c’è… Non so! Qualcosa!» Richy strinse i pugni per la frustrazione, non poteva fare nulla, era solo una pedina di un destino più grande e incomprensibile. Ma soprattutto ingiusto.
«In realtà… La leggenda non dice che grazie a delle morti tornerà la pace… Dice solo che grazie a voi, la guerra finirà e ci sarà un unico regno… Mirajane e Erza lo sanno… Ma non osano sperarci, non osano aggrapparsi a quel dettaglio, perché se così non fosse... Probabilmente impazzirebbero…»
Il corvino ascoltò quelle parole rapito, e con una nuova consapevolezza, se loro non ci volevano sperare, l’avrebbe fatto lui per loro. Per tutti quanti.

Shira si era svegliata presto, appena si era resa conto di essere in quel mondo, e non nel suo, si era alzata ed era andata ad allenarsi con il suo ring-blade. Quando era piccola aveva praticato per qualche anno ginnastica ritmica, e quando era cresciuta aveva continuato a coltivare questa sua passione, ma solo col tempo si era resa conto che quello sport, era l’unico modo che aveva per essere se stessa, e non le altre due personalità che aveva.
Lanciò il cerchio verso l’alto, raggiunse il suo apice e poi ricadde grazie alla forza di gravità, e lei lo prese al volo, non si fece male grazie ai guanti rinforzati che Gerard le aveva procurato. Sorrise soddisfatta e lo lanciò una seconda volta, però verso le strutture di legno poste poco lontano di lei, la lama si conficcò perfettamente tagliando quasi di netto il suo obiettivo. Quasi.
«Ancora poco e sarai davvero imbattibile con quell’arma…»
Gerard comparve poco distante da lei con dietro Mirajane, la corvina si girò e sorrise leggermente in imbarazzo, non si era ancora abituata alla presenza del generale. La regina bianca l’aveva aiutata molto in quei pochi giorni, conoscendo ogni sua personalità e aiutandola a capire, capire come comportarsi e come imparare. Loro due avevano avuto il suo stesso destino, per motivi diversi, ma loro poi erano riusciti a guarire. Anzi, non erano guariti, ma avevano imparato a convivere con gli altri sè stessi.
«Forse è vero, ma è un bersaglio fermo, con un avversario in movimento è tutt’altra cosa…»
«Hai ragione…»
Il turchese le sorrise, deformando leggermente il tatuaggio rosso che aveva sul lato destro del volto. Poco dopo arrivarono tutti gli altri, Juvia accompagnata da Rena le si accostarono sorridenti. Shira era riuscita a instaurare un rapporto di amicizia anche con le due azzurre, non l’avevano allontanata per le sue personalità, e l’avevano aiutata con la lotta senza armi. A seguire comparvero Richy, Levy, Gajeel e Alexander, ognuno prese le proprie armi pronto ad allenarsi, ma i maestri si misero in fila dietro la regina, che attirò l’attenzione dei presenti.
«Miei cari, oggi sarà una giornata un po’ particolare. Io e il generale abbiamo deciso che solo uno di voi si allenerà con Gerard, gli altri avranno altre mansioni… Vi ruoterete i compiti in modo tale che ogni 4 giorni abbiate li abbiate provati tutti…» L’albina si zittì e il turchese fece un passo avanti.
Shira si chiese cosa sarebbe capitato a lei, non voleva allontanarsi dal castello, aveva paura…
«Rena si allenerà con me per l’intera giornata, Alexander invece seguirà i soldati semplici a difesa della città, Richy invece pattuglierà i confini del regno insieme a Gajeel…» I due si guardarono in cagnesco ma non dissero nulla.
«Infine Shira, tu andrai con Juvia nel regno di Titania, i dettagli ve li darò in privato tra poco… Voi! Iniziate ad andare, mentre tu Rena aspettami nell’armeria!»
I quattro ragazzi si mossero, i maschi contrariati dagli ordini impartiti, mentre la ragazza sorrideva a Shira, salutandola con la mano e facendole l’occhiolino. Solo una volta che rimasero soli l’uomo si decise a parlare.
«Il vostro compito sarà difficile e pericoloso, non voglio nascondervelo… Abbiamo bisogno di più informazioni possibili, in particolare su Gray Fullbuster… E’ la spia e il killer migliore di tutto il regno… E non sappiamo nemmeno che volto abbia…» 
Shira strinse l’arma per nascondere l’ansia che iniziava a crescerle dentro, non sapeva se era in grado di controllarsi. Juvia le diede una leggera spallata, quel tanto che bastava per attirare la sua attenzione e farla girare verso di lei, per mostrarle un sorriso d’incoraggiamento.
«Non dovete ucciderlo, sarebbe troppo rischioso… Sia in caso di riuscita che di fallimento. Vi porterete le armi solo per precauzione e vi voglio vedere in quel preciso punto entro sera.» Le due annuirono e si diressero fuori dal palazzo.
Il cuore di Shira batteva all’impazzata, le gambe si muovevano da sole mentre nella sua testa continuava a ripetersi la stessa frase: “Non sono ancora pronta.”

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Laxus li aveva studiati attentamente quella mattina, non sembrava intenzionato ad attaccarli di sorpresa, ma non c’era traccia né di Natsu né di Gray, e ovviamente nemmeno della regina. Alenya nel mentre giocherellava con la sua arma, un arco, disinteressata. Quando però parlò si rivolse proprio a lei, sorprendendo tutti i presenti.
«Tu, Alenya. Oggi verrai con me per i boschi ad allenarci, prendi l’arma che vuoi non mi interessa. Mentre voi… Fate un po’ quello che volete…» Detto ciò se ne andò senza aggiungere altro.
Tutti rimasero a bocca aperta nel sentire quelle parole, Alenya compresa, che però in quei pochi giorni aveva imparato che era meglio non far attendere il biondo. Così lo seguì con l’arco in mano e senza chiedere spiegazioni.
Non presero nessuna cavalcatura, e di questo la viola ne fu grata, in quanto non sapeva cavalcare e non credeva che Laxus l’avrebbe aiutata ad imparare; però andando a piedi ci impiegarono molto più tempo. Dovettero attraversare l’intera città, che circondava il castello della regina Erza, e quando se la lasciarono alle spalle, entrando così nel bosco, continuarono a camminare, ma nella direzione opposta a Fairy Tail.
«Come hai avuto quella pietra che porti al collo?»
La voce del generale arrivò così all’improvviso che Alenya sussultò, fermandosi sul posto, ma il biondo non arrestò il passo, né si girò ad osservarla. La ragazza deglutì e riprese a camminare, cercando di capire il fine di quella domanda.
«L’ho sempre avuta… Da quel che ricordi almeno…» Rispose, ma non chiese il perché glielo avesse chiesto.
Il silenzio tornò a circondarli e la ragazza sbuffò contrariata, decidendo di osservarsi attorno per non rispondergli male. La foresta era più grande di quel che aveva creduto, le fronde degli alberi coprivano quasi completamente il cielo, lasciando solo qualche raro raggio solare filtrare nella boscaglia, illuminando il terreno ricoperto di foglie secche, che scricchiolavano a ogni loro passo.
All’improvviso si sentì inquieta, quasi in trappola e priva di vie di fuga, dove voleva portarla realmente Laxus, e cosa voleva farle? Perché ormai era certa che non si trattasse solo di un allenamento…
«Qui dovrebbe andare bene…» Il biondo si fermò come se le avesse letto nei pensieri.
«Prendi l’arco e collegaci la pietra»
Alenya spalancò gli occhi castani in quelli di ossidiana del generale, che la osservavano privi di ogni emozione e glaciali.
«Perché?...»
L’uomo sbuffò evidentemente infastidito per quella perdita di tempo, ma non le rivolse contro la sua arma, e anzi le rispose quasi in maniera civile. Spiegandole cosa stesse succedendo.
«Quel ciondolo, non è un semplice rubino… Ha dei poteri speciali. Quando l’avevo notato ho chiesto alla Heartfilia di controllare e ieri mi ha rivelato che avevo ragione… Non si sa però che poteri abbia, per questo ti ho portato qui… E ora fa come ti ho ordinato…»
Alenya deglutì leggermente impaurita, si tolse la collana che portava al collo da quando era nata e osservò il minerale rosso al suo interno, non credendo possibile quello che Laxus le aveva appena detto. Ma lui non mentiva, nascondeva solo i suoi pensieri. Questo l’aveva capito dal primo istante.

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Era ormai tardo pomeriggio e Alexander girava per quella città dal mattino presto. Aveva scoperto che era molto più grande di quello che sembrava, dal castello riusciva a vedere soltanto la foresta che ricopriva il terreno, ma proprio in mezzo a quel verde c’era la cittadina, che si estendeva quasi all’infinito. Quell’odioso di Gerard gli aveva assegnato un controllore, di cui non ricordava assolutamente il nome, che gli avrebbe riferito ogni suo più piccolo comportamento.
«Alexander tra poco ci spostiamo, arriviamo fino al confine e poi torniamo al castello… Non ti allontanare e tieniti pronto…» Il diretto interessato grugnì un assenso.
Pochi minuti dopo erano nuovamente in marcia, e il verde era davvero stufo di marciare, era stancante e frustrante. Sapeva perché il turchese aveva mandato proprio lui a fare quel compito, oh se lo sapeva! Alexander odiava stare fermo, odiava non scaricare le energie che aveva in corpo, e odiava prendere ordini, ma per fortuna l’avrebbe dovuto fare solo una volta ogni quattro giorni, e si sarebbe vendicato quando sarebbe stato il suo turno a combattere contro Gerard.
«Hey voi! Che ci fate qui?...»
Il piccolo gruppo di soldati si fermò, davanti a loro era comparso Gajeel a cavallo e poco dietro di lui c’era Richy nella stessa identica situazione. Ciò significava che erano arrivati al confine.
«Abbiamo appena finito il nostro giro signore! Da questo punto ci saremmo diretti al castello!»
«Mh…» Il corvino cercò di osservare il cielo sopra le foglie degli alberi, il sole era quasi calato del tutto e la luce era diventata ormai rossastra.
Fece cenno loro con la testa e si rimisero in marcia, Alexander sbuffò per far sentire il suo malcontento, ma poi si rese conto di un fatto a cui non aveva dato peso inizialmente, ma che era invece di rilevanza.
«Hey…» Chiamò il suo supervisore, che senza girarsi gli rispose con un borbottio.
«Ma Gajeel e Natsu… Sono buoni amici…»
«Non credo sia la parola corretta amici… Sono delle persone che adorano picchiarsi l’un l’altro…»
«In ogni caso… Non si sono mai ammazzati, eppure si devono essere incontrati sul campo di battaglia almeno una volta…»
L’uomo sospirò e finalmente si girò a dargli un’occhiata veloce, il suo sguardo era triste e rassegnato.
«Ho capito dove vuoi andare a parare… Hai ragione, loro si sono incontrati diverse volte in guerra, e ogni volta hanno cercato di uccidersi, e chiunque ti può assicurare che facevano sul serio… Non era uno scontro da locanda, dove volano sedie e tavoli… No… Lì c’era metallo e sangue… Anche fin troppo…» La sua voce era quasi un sibilo, Alexander faticava a capire cosa stesse dicendo, ma non si perse nemmeno una parola. Rendendosi conto di quanto fosse stata stupida la sua supposizione.
Lui non sapeva niente, eppure aveva osato intendere che loro, quei soldati con cui aveva passato l’intera giornata, non stavano combattendo una guerra vera, che tutto quanto era solo una finzione, quasi un gioco.
«Spero tu abbia capito… E Alexander, ti avviso… Se hai ancora qualche dubbio non parlarne con nessuno all’interno del castello… In particolare alla regina e al generale…»
Il verde annuì, concentrandosi solo sulla marcia e sul castello che diventava sempre più vicino.

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Dopo che Laxus ebbe dato quello strano ordine ed era sparito con Alenya, Emma aveva deciso di andare a cercare Lucy, l’aveva incuriosita quella ragazza e in più voleva essere d’aiuto anche fuori dalla battaglia, magari proprio come stratega. Kenryoku e Tetsuya invece avevano deciso di allenarsi, scontrandosi fra di loro e aiutandosi a vicenda per l’utilizzo della katana.
Aveva trovato la bionda in libreria che studiava un libro in una lingua sconosciuta, e dato che aveva la testa appoggiata sull’enorme tomo, e borbottava qualche frase sconsolata, probabilmente non le stava andando tanto bene.
La corvina bussò timidamente alla porta per far notare la sua presenza, Lucy alzò la testa di scatto, i capelli erano scompigliati e alcune ciocche bionde uscivano dalla coda, ricadendole sul volto. Le sorrise gentilmente e si misero a chiacchierare, dicendo che una pausa le avrebbe fatto solo che bene.
Parlarono del più e del meno, di loro, degli altri, e in quel momento la bionda le stava disegnando su un pezzo di carta che aveva strappato, la piantina dei due regni.
«Quindi è fatta così… Non me l’aspettavo… E’ davvero grande! E Fairy Tail è molto vicina…»
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=297545907279850&substory_index=0&id=276614076039700
«Già, gli antenati di Gildarts volevano creare un posto sicuro, dove entrambi i regni potessero andare in ogni momento… Per questo ha cercato di farlo equidistante da entrambi, e per fortuna che l’hanno creato! Credo che saremmo impazziti tutti senza!»
«E questa parte di bosco?… Dall’altra parte del Fairy Tail, cosa c’è?»
«Banditi… Che si approfittano della guerra per fare i loro comodi… per uccidere i civili, derubare i cadaveri lasciandoli senza una degna sepoltura…»
Emma si zittì, comprendendo quanto quella lotta avesse logorato gli animi di tutti, cambiandoli nel profondo e costringendoli a crearsi uno scudo, una barriera.
«Però non sono tutti così, quelli di cui ti ho parlato fanno parte di un’unica banda… Mentre altri sono semplicemente delle persone che hanno deciso di non schierarsi, ma che non fanno del male a nessuno!»
La bionda le sorrise e la corvina cercò di porle un’altra domanda, ma il portone di legno scuro si aprì, rivelando un Natsu sorridente che si dirigeva verso di loro, e Emma notò le guance di Lucy arrossarsi quando aveva puntato i suoi occhi sul rosato.
«Che fate di bello?!»
«Chiacchieravamo... Ti serviva qualcosa Natsu?»
«Sì, tu Lu per caso hai visto la mia mazza? Non riesco più a trovarla da nessuna parte…» Il sorriso vacillò e gli occhi della bionda si spensero quando sentì cosa cercava.
«Non ne ho idea, mi spiace…»
«Fa niente! Andrò a chiedere a Lisanna! A presto ragazze!» Se ne andò come era entrato, all’improvviso e facendo un gran chiasso.
«Lucy… Non è che per caso tra te e Natsu c’è qualcosa?...»
La bionda saltò sul posto a quell’affermazione diventando completamente bordeaux, Emma scoppiò a ridere mentre Lucy cercava di zittirla e di farla smettere, era proprio buffa in quello stato.
«No! Ecco… Cioè… Uffa Emma smettila di ridere!...»
«Va bene va bene… Senti, ma questi banditi di cui mi stavi parlando… Chi sono?...»
«Si sono dati il nome di Tartaros… Ed è meglio non incontrarli…»

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Il tramonto era ormai calato, Rena si era allenata fino a poco tempo prima con Gerard per tutto il giorno, si sentiva stremata e le sarebbe piaciuto farsi un bel bagno caldo, ma lei come tutti gli altri non osavano muoversi. Shira e Juvia non erano ancora tornate dalla loro missione, e ciò non era un buon segno.
Gerard camminava avanti e indietro per la stanza, la regina era pietrificata in piedi e non si muoveva di un millimetro, gli altri invece cercavano di smorzare l’attesa e la tensione chiacchierando, ma ogni tentativo finiva per zittirsi. Rena in quel momento si maledisse per non avere con se le sue carte da tarocchi, almeno avrebbe scoperto come stavano.
In quel preciso istante la porta si aprì, rivelando la ragazza mulatta, evidentemente incazzata e pronta ad esplodere, che si trascinava dietro Juvia, che delirava.
«Cosa è successo?!» Mirajane si precipitò da loro, ma fu Gerard a parlare.
«Io non ci vado più in missione con questa pazza! Col cazzo, neanche se mi pagate!» Una delle personalità di Shira era uscita prendendo il controllo della situazione.
«Questa qui! Mentre ci introducevamo nel castello è scivolata, cadendo nel mezzo del cortile… Per fortuna non c’era nessuno… Tranne Fullbuster!»
«Gray-sama! Juvia è innamorata di Gray-sama!»
Tutti rimasero a bocca aperta quando sentirono quelle parole, mai si sarebbero aspettati che la ragazza si innamorasse del nemico, per di più come era successo?
«Visto!?»


Angolo Autrice
Mi scuso per il ritardo, ieri non sono stata tanto bene e ho finito il capitolo solo oggi (che poi è stato corretto da Guzza u.u) e ora sto tentando di pubblicarlo (sperando che efp non abbia altri problemi)...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io mi sono divertita a scriverlo ^^ e spero che sia stato per voi lo stesso nel leggerlo. Chiedo a chi non mi ha ancora inviato le preferenze per le coppie di inviarmele al più presto (se no saremo costrette a inventarcele noi u.u), altra domanda che mi ero scordata di fare il capitolo scorso, alcuni di voi mi hanno messo nelle schede alcuni poteri per le armi (come la katana o il rubino), chiederei anche agli altri di inviarmi un potere! Vi supplico di farlo semplice >.< mi sto incasinando la vita abbastanza da sola... Scegliete quello che volete, una pietra, una foglia, un'arma sotto terra! Sbizzarritevi :3
Fatemi sapere se vi è piaciuto, e ricordo che ho una pagina facebook, se volete passare mi fate un piacere :3
https://www.facebook.com/Celty23efp/
A presto!

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Capitolo 8
*** Magia ***


Magia

Il suo piano stava prendendo finalmente forma, all'inizio voleva occuparsene lui di persona, ma Laxus non era uno stupido, sapeva che avrebbe destato sospetti andandosene in giro da solo troppo spesso. La regina non si fidava ancora di lui, ma forse aveva trovato un buon alleato.
Il biondo schivò un attacco di Alenya, la freccia che aveva scoccato si conficcò nel terreno a pochi passi dai suoi piedi, la fissò per un momento interminabile, sperando che succedesse qualcosa, ma nulla.
«Basta così… Si vede che mi sono sbagliato…»
La violetta lo guardò con gli occhi spalancati e la bocca aperta che cercava ossigeno, era quasi tutto il giorno che si allenavano, non si erano fermati nemmeno per mangiare e la fame incominciava a farsi sentire. Si girò dandole le spalle e iniziando a incamminarsi verso Fairy Tail, anche se il castello era molto più vicino e avrebbe avuto cibo gratis, aveva un’altra questione da sbrigare in quella locanda.
Sentì il rumore di una freccia che tagliava il vento e si girò evitandola senza troppa fatica facendo un passo indietro, la forza che la ragazza aveva usato nel tendere la corda non era stata sufficiente a raggiungerlo, e al massimo gli avrebbe colpito un piede. Sbuffò e stava per rigirarsi e continuare il suo cammino, abbandonandola lì se necessario, ma la freccia a terra attirò la sua attenzione. Si chinò appoggiando il ginocchio al suolo e osservò attentamente: dalla punta in metallo si alzava un leggero fumo, come se fosse stata incandescente. La prese per la parte in legno, ma una leggera scossa la fece ricadere a terra subito dopo, sorrise soddisfatto e si rialzò dirigendosi verso la ragazza, che lo osservava dubbiosa con gli occhi castano chiaro.
«Hai desiderato ferirmi vero?... Uccidermi forse addirittura… Eri arrabbiata? Per aver perso tempo qui, in questa foresta?!...» A ogni parola si avvicinava sempre di più con fare minaccioso, ma Alenya non indietreggiò, rimase a sfidarlo con lo sguardo.
«E se anche fosse?...»
«Se fosse così… E’ quello che ha scatenato il potere… Vai a prendere la freccia e dimmi cosa pensi…» La ragazza ubbidì, anche se di mala voglia e sbuffando.
«E’ calda… La pietra potrebbe aver aumentato la temperatura del metallo…»
«Non si spiegherebbe perché anche il legno è caldo… Quando prima l’ho presa, mi ha dato una leggera scossa elettrica… Quella pietra rossa genera scariche elettriche! Per ora non ti fanno neanche il solletico, ma se si può aumentare il suo potere allora potrebbe essere davvero forte!...»
Alenya tolse il ciondolo dall’arco e se lo riportò attorno al collo, osservandolo attentamente e con gli occhi che brillavano di felicità. C’era voluto tutto il giorno, ma almeno qualcosa avevano ottenuto, chissà se anche gli altri guerrieri avevano dei poteri... Da quello che sapeva in nessuno dei due mondi, né nel suo né in quello dei ragazzini era presente la magia…
Ma le leggende sono cose strane…
«Forza muoviamoci… Voglio mettere qualcosa sotto i denti prima che faccia buio del tutto…»
E questa volta non si fermò nemmeno per un momento, voleva arrivare in quello stramaledetto locale e constatare con i propri occhi se quello che aveva sentito era vero. E in caso affermativo avrebbe trovato un altro prezioso alleato.

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«Shira calmati e non uccidere Juvia… Riesci a dirci cosa è successo?...»
Gerard cercò di calmare la personalità, non proprio tranquilla, della corvina, che continuava a sbraitare contro la bluette stesa a terra. Nessuno stava capendo cosa fosse successo di preciso durante la loro missione, raccontando arrivavano al punto in cui si intrufolavano e poi entrambe iniziavano ad urlare.
«Calmarmi!? Io non sarò una spia, ma questa tizia lo è anche meno!»
«GRAY-SAMA!»
Shira le si avvicinò e cercò di colpirla con un pugno, ma Rena riuscì a fermarla in tempo bloccandola da dietro e dicendole parole di conforto. Gerard osservava la scena non sapendo come agire, in quanto non sapeva cosa fosse successo! Se Juvia aveva messo a repentaglio le loro vite, allora avrebbe dovuto occuparsi di lei, ma se invece così non fosse stato? Mirajane lo affiancò e gli sorrise appoggiandogli una mano sulla spalla, cercando di infondergli un po’ di calma.
«Senti Shira, che ne dici di rilassarti usando i Ring-blade? Io non ho fatto molto e posso farti da avversario se vuoi!» Richy le si avvicinò con in mano i due anelli della corvina e il suo Kusarigama, sorridendole gentile.
Lei lo guardò dubbiosa, ma quando puntò lo sguardo sulla sua arma annuì e Rena la lasciò andare scusandosi per essere stata così brusca. Gerard sorrise e si diede dello stupido da solo, come aveva fatto a non ricordarsi che la danza la faceva calmare e tornare in sè?
Sbuffò deluso da sè stesso e si mise ad osservare il combattimento insieme alla turchina e ad Alexander, vide con la coda dell’occhio la regina far alzare Juvia e portarla all’interno del palazzo. Poteva essere stata ferita anche se loro non lo vedevano.
Richy prese in una mano la piccola falce della sua arma, mentre nell’altra la lunga catena attaccata ad essa, facendola ruotare leggermente e si mise in posizione; Shira invece si infilò i guanti protettivi e prese gli anelli, fece un paio di passi lateralmente e poi lanciò il primo verso il corvino. Deviò la traiettoria del Ring-Blade colpendolo di striscio con la catena, ma la ragazza gli era andata addosso impugnando l’altro e cercando di colpirlo alle gambe. Richy riuscì a schivare anche questo colpo e attaccò a sua volta, lanciando la falce verso il suo polso per farle cadere l’arma, ma sbagliò mira, anche se di poco, mancandola.
Il generale osservava ogni mossa con attenzione e con ammirazione, erano riusciti a migliorare molto in quella settimana, e avevano preso una maggior confidenza con la propria arma; anche se vedeva che i loro colpi non miravano a uccidere e nemmeno a ferire gravemente, ma solo a fermare o disarmare l’avversario. Sospirò e si chiese come poteva chiedere a dei ragazzini di uccidere degli innocenti, dei loro amici per un ideale non loro. Era egoista, ma era l’unico modo per far finire quella strage.
Gerard si riscosse dai suoi pensieri quando vide Shira seduta a terra col fiatone, e Richy che si appoggiava sulle ginocchia anche lui alla ricerca d’aria. La lotta si era appena conclusa.
«Scusatemi… Cosa è successo?...» Shira era tornata quella di prima e forse avrebbe potuto dargli delle risposte.
«Sei arrivata qui con Juvia, urlavi e lei continuava a ripetere Gray-sama… Sai dirci cosa è successo? Come mai avete fatto così tardi?...»
«Ecco… Sì… Ho qualche vago ricordo…» Prese qualche boccata d’aria e si rialzò, dirigendosi verso di loro.
«Ci eravamo infiltrate senza problemi, il castello era come deserto e avevamo rubato un paio di vestiti da cameriera… Ma a un certo punto Juvia inciampò e cadde in mezzo al corridoio, attirando l’attenzione di un ragazzo che stava passando in quel momento…»
«Fullbuster?...» Gerard tentò a indovinare, come se non si fosse già capito.
«Esattamente… Si è preoccupato per lei, continuava a chiederle come stesse, io mi ero nascosta e non mi ha vista, e non penso che abbia riconosciuto Juvia…» Shira scosse la testa leggermente massaggiandosela con una mano.
«In ogni caso lei se ne è innamorata a prima vista… L’ha seguito per tutto il giorno ovunque andasse, si nascondeva dietro le colonne, dentro le armature… Si è anche intrufolata nelle cucine per preparargli un pranzo tutto speciale… Si comportava peggio di una stalker! E poi… Non ricordo altro, immagino che la mia personalità… diciamo quella più suscettibile, l’abbia trascinata qui…»
«Grazie mille… Potete andare a riposarvi ora, io andrò ad informare la regina…» Detto questo sparì all’interno del castello, lasciandosi alle spalle i quattro ragazzi.
Il passo era più simile a una marcia militare, il busto dritto e le braccia tese lungo i fianchi, non avrebbe mai smesso di seguire le rigide regole da soldato, ma ogni tanto si lasciava scappare uno sbuffo contrariato. Si sapeva che Juvia non era perfettamente a posto, come in fondo lui stesso e la regina Mirajane, ma lei si perdeva nel suo mondo di fantasia nei momenti meno opportuni. Nessuno era perfetto, Gajeel era un’idiota che non riusciva a dichiararsi, Levy nonostante fosse così intelligente non capiva i sentimenti del corvino, ma Juvia era un caso a parte, e non osava immaginarla ora che aveva trovato il suo grande amore. Se non altro ora sapevano come era fatto.

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Erano tutti seduti nella grande sala da pranzo, Natsu si abbuffava col cibo, che le cameriere portavano, insieme a Kenryoku mangiando in due la quantità di sei persone. Gray nel mentre li prendeva in giro, dandogli delle fogne senza fondo, Emma chiacchierava con Tetsuya tra un boccone e l’altro, mentre la regina camminava avanti e indietro per la lunga stanza.
Lucy la osservava ormai da qualche minuto, vedendo aumentare sempre di più la sua ira, perché non si poteva descrivere come semplice rabbia il sentimento che Erza stava provando in quel momento. Laxus era sparito per tutta la giornata con uno dei guerrieri non si sa dove, gli avevano dato fiducia liberandolo dalla prigione, ma Lucy sentiva che il biondo stava tramando qualcosa. Non avendo prove però, era inutile anche solo pensarlo, figuriamoci parlarne con la regina. Sbuffò sconsolata e giocherellò col cibo che aveva nel piatto non sapendo bene che cosa fare, quando Erza sbatté le mani sul tavolo con forza, attirando l’attenzione di tutti quanti.
«Sono stufa di aspettarli… Per sfogarmi ho deciso di combattere contro qualcuno! Volontari?...»
La rossa guardò attentamente negli occhi ognuno di loro, analizzando le loro reazioni e soppesando chi potesse essere la vittima più adatto, e la bionda deglutì, sperando egoisticamente di non essere scelta. La regina era probabilmente il miglior guerriero presente in entrambi i regni, al pari di Laxus, la regina Mirajane e il suo generale, affrontarla mentre era in quello stato non era affatto saggio. Solo una persona senza cervello avrebbe osato sfidarla.
«Sfidami ora! Sono tutto un fuoco!» Natsu si alzò appoggiando un piede sul tavolo e buttando a terra varie pietanze, beccandosi un pugno in testa da Gray.
Ma lei lo ignorò, sembrava essere indecisa fra Tetsuya e Kenryoku, finché alla fine non li indicò entrambi e Lucy sospirò di sollievo, rendendosi conto che aveva trattenuto il respiro.
«Mi sfiderete voi due! Insieme! Vi aspetto nella sala allenamento, prendete le vostre armi e raggiungetemi…» Detto ciò uscì lasciando alle sue spalle solo il rumore dei suoi passi.
Nella sala ci fu un momento di smarrimento e nessuno osava fiatare, ma i due prescelti non sapevano cosa fare di preciso, e si guardavano fra di loro interrogativi. Alla fine però, anche se nessuno aveva aperto bocca, la decisione era unanime, andare a osservare lo scontro, e da parte di Lucy, pregare che la regina non li conciasse troppo male.
«Eccovi finalmente! Quanto volevate farmi attendere! Sono la regina qui…»
Arrivarono dopo una decina di minuti, e trovarono la donna in piedi, con le gambe leggermente divaricate e le braccia incrociate con fare minaccioso. Li guardò attentamente e quando vide che entrambi avevano con se una katana sorrise soddisfatta, andando a recuperare la spada che aveva alle spalle. Lucy si mise in un angolo in cui non avrebbe dato fastidio, e Emma la raggiunse sedendosi accanto e sorridendole.
«E’ normale che Er… La regina, come dire?...»
«Si diverta a torturare i suoi sudditi duellando con loro?...»
«Esatto!» Entrambe risero sottovoce per quella definizione, ma si ricomposero in fretta timorose di essere scoperte.
Tornarono a fissare i tre al centro della stanza, ma Lucy non riuscì a non cercare con la coda dell’occhio Natsu, che si trovava dall’altra parte della sala e si lamentava con Gray di qualcosa, probabilmente del fatto che avrebbe voluto anche lui combattere.
I due corvini si guardarono e con lo sguardo si dissero qualcosa comprensibile solo a loro, iniziarono a posizionarsi al lato destro e sinistro di Erza, che non perdendo la sua posizione da combattimento li teneva d’occhio incuriosita. Simultaneamente la attaccarono, Kenryoku cercò di mirare al braccio che teneva l’arma, mentre Tetsuya puntò alle gambe, ma la rossa roteò su se stessa, schivando entrambi i ragazzi. Si allontanò di un passo in modo tale da averli davanti a se, e poi si scagliò contro di loro non lasciandogli il tempo di contrattaccare, ma solo quello di parare.
«Cosa succede?! Pensavo che quell’inetto di Laxus vi avesse allenato meglio! Ma forse è stato uno sbaglio affidarvi a lui!» Diede un calcio nello stomaco di Tetsuya facendolo crollare a terra alla ricerca d’aria.
Lucy sobbalzò per lo spavento, mentre Emma si poggiò una mano sulla bocca per trattenere un grido, Laxus durante i loro allenamenti era stato crudele, ma non aveva mai usato la sua piena forza in uno scontro uno a uno. Ma la regina era diversa, dava sempre il massimo in ogni sua azione, usando tutte le sue energie, e in quel momento si stava accanendo contro il povero Kenryoku, che in qualche modo cercava di parare ogni suo colpo. Un forte fendente proveniente dall’alto lo fece crollare in ginocchio, la katana rivolta verso l’alto e con le mani che la tenevano per la parte piatta, mentre la lama respingeva quella della spada. Le braccia iniziarono a tremargli, e presto avrebbe ceduto crollando completamente al suolo.
«Ho deciso, nei prossimi allenamenti vi farò io da maestro, e chissà…»
Tetsuya riuscì ad rialzarsi proprio in quel momento, raccolse la katana nera che era caduta a pochi centimetri da lui e si diresse verso la rossa, mentre con un braccio si teneva lo stomaco dolorante.
Emma cercò con la mano quella di Lucy e la strinse, entrambe trattenevano il respiro in attesa, Natsu e Gray osservavano la scena immobili, increduli. Il corvino si avvicinava sempre di più, lentamente e con l’arma in mano, quando ormai fu a un paio di passi la impugnò al contrario, con il piatto della lama diretto verso la regina. Mise un piede davanti all’altro, una, due volte e fece per colpirla, ma lei riuscì a sentirlo, oppure aveva sempre saputo che era alle sue spalle, si girò di scatto afferrando l’arma con la mano.
«Se attacchi qualcuno lo fai per uccidere… Altrimenti rimani steso a terra…» Strinse maggiormente l’arma ferendosi leggermente la mano, un piccolo rivolo di sangue iniziò a scendere sulla lama scura.
«Basta così dai… Mi sono sfogata abba… Ma cosa….» Erza si resse la testa con una mano mentre si accasciava al suolo.
Lucy scattò in piedi appena la vide barcollare, e fu al suo fianco quando era crollata su sé stessa, le prese la testa e la appoggiò sulle proprie gambe, le mise una mano sulla fronte per controllare se fosse calda, ma la trovò gelida.
«Presto! Andate a prendere dell’acqua calda e delle coperte, muovetevi!» Natsu e Gray scattarono appena ricevettero l’ordine.
La bionda guardava sconcertata la donna che aveva fra le braccia non capendo cosa fosse potuto succedere, fino a un attimo prima combatteva come se nulla fosse, e ora era stesa a terra priva di forze.
«Lucy!» Fu Emma a chiamarla, e dal suo tono di voce non si prevedeva nulla di buono.
Si girò verso la ragazza e la vide con Kenryoku accanto a Tetsuya, che era inginocchiato a terra mentre si reggeva la testa con una mano, sul volto una smorfia di dolore. E forse l’idea che passò per la mente di Lucy era solo una follia, ma le opzioni scarseggiavano e non potevano sapere cosa stesse accadendo di preciso ai due, e se la situazione sarebbe peggiorata.
«Emma, togligli l’arma dalla mano, presto! E vediamo se ho ragione!»
La corvina annuì e aprì la mano del ragazzo che la reggeva con forza, la katana cadde al suolo tintinnando e il suo proprietario con lei, venendo preso però da Kenryoku, impedendogli di sbattere la testa. Lucy sorrise speranzosa e tornò a concentrarsi sulla regina, che ora iniziava a respirare più normalmente e a riprendere un colorito più roseo, dal bianco cadaverico che aveva assunto in quei pochi minuti.
Sospirò sollevata e sentì il cuore rallentare il battito ormai impazzito, guardò il ragazzo ormai addormentato e il suo cervello iniziò a lavorare, forse era solo una fantasia, oppure era una vera e propria intuizione. Ma sapeva che qualcosa si stava ormai muovendo.

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Heriot si stava allenando sul retro del locale, un sacco improvvisato da boxe era stato appeso ad un albero, e lui lo colpiva ormai da qualche ora, con odio e astio, immaginandosi che quel sacco fosse in realtà Gildarts. Quella mattina lui e la ragazzina si erano allenati rispettivamente con il vecchio e con la figlia, Layla aveva deciso di utilizzare come arma dei pugnali, banali e piccoli come lei, mentre lui aveva deciso di unire la sua passione per la boxe con un arma affilata, creando delle specie di artigli. Si era ispirato a un personaggio di un videogioco picchia-duro, Street Fighter se si ricordava bene, che adorava quando era piccolo, un guanto in metallo per proteggere il dorso della mano, e tre artigli affilati che spuntavano da esso; ma nonostante ciò non era riuscito nemmeno a graffiare quel maledetto.
Tirò un pugno al sacco che rimbalzò via, per poi tornare subito verso di lui, e Heriot lo colpì ancora e ancora, ma la rabbia non diminuiva.
Era da quando era arrivato in quel mondo da quattro soldi che continuava ad allenarsi, vedeva che era diventato più forte, ma non gli andava giù il non riuscire a battere Gildarts, come se lui gli fosse superiore. Quando sarebbe iniziata quella stramaledetta guerra? Così forse sarebbe riuscito a sfogare tutto il nervosismo che aveva. Tirò un altro pugno al sacco, lasciandolo dondolare avanti e indietro, guardò il cielo e vide che ormai si era fatto buio e presto sarebbero arrivati i clienti. Ma proprio lì doveva finire?...
Andò a sciacquarsi la faccia e i capelli nel pozzo che c’era lì accanto e poi si sedette sull’erba fresca, il vento era tranquillo e non un suono rovinava l’armonia della natura, dovette ammettere con se stesso che quel mondo non era male. Dei passi alle spalle di Heriot attirarono la sua attenzione, non ci badò più di tanto credendo fosse Layla che veniva a richiamarlo, oppure Cana che cercava di bere di nascosto; finché una lancia non cercò di tranciargli di netto il braccio. Doveva ringraziare solo i suoi riflessi se era ancora tutto intero.
Si girò di scatto e vide un uomo biondo con una cicatrice a forma di fulmine sull’occhio destro, gli stava sorridendo mentre con una mano impugnava la lancia che lo aveva attaccato. Finalmente qualcuno da poter picchiare e su cui sfogare la sua rabbia, ghignò contento e si spostò i capelli dagli occhi, mentre indietreggiava lentamente.
«Bravo… Allora le mie informazioni su di te erano corrette! Potresti rivelarti utile…»
«Posso sapere il nome del mio aggressore fallito?...» Un altro passo indietro e con il piede toccò la sua arma che aveva abbandonato lì quel pomeriggio.
Il biondo sogghignò e appoggiò la lancia su una spalla, mentre con quegli occhi scuri come la pece lo osservava attentamente, analizzando ogni sua più piccola mossa.
«Sono Laxus Dreyar…»
«Quindi ho davanti un generale eh?... Interessante, e a cosa devo il piacere?...» L’arma era dietro di lui, gli serviva solo una buona scusante per potersi abbassare e raccoglierla senza farsi notare, e poi avrebbero iniziato a lottare, finalmente.
«Voci… E’ inutile che raccogli quell’arma, per quanto mi piacerebbe affrontarti non ho tempo, e in più sarebbe inutile… Non sei ancora al mio livello…»
Heriot digrignò i denti furioso, come si permetteva quell’idiota comparso dal nulla di giudicarlo, debole oltretutto! Raccolse i guanti e se li infilò, mettendosi poi in posizione da combattimento, non se lo sarebbe fatto scappare, era una promessa.
«Vieni a giudicare di persona allora…»
«Un giorno… Ma solo se farai una cosa per me…»
«Io non faccio favori a nessuno! E se non vuoi combattere allora vattene…» Solo una perdita di tempo, e in più il suo umore era peggiorato, quanto gli mancavano i combattimenti clandestini in quelle occasioni.
«Vedilo come un patto allora, io mi scontrerò con te quando troverai ciò che ti ho chiesto…»
Interessante, messa così non suonava male, e magari sarebbe diventato anche più forte.
«Hai catturato la mia attenzione…»
Laxus ghignò soddisfatto e si mise più comodo, conficcando la lancia nel terreno e appoggiandoci sopra il mento, mentre osservava la foresta circostante che diventava sempre più scura.
«Vorrei che tu controllassi la foresta… Quella dall’altra parte di Fairy Tail... Lì c’è un gruppo di banditi, si fanno chiamare Tartaros, e mi interessa sapere dove è la loro base… Tutto qui!» Il corvino lo guardò alzando un sopracciglio, la questione puzzava e non poco, ma a lui che importava in fondo? Così gli chiese l’unica questione di cui veramente gli importava.
«Ci saranno combattimenti?...» Laxus ci pensò su, ragionando bene sulle parole da utilizza per convincerlo, Heriot lo sapeva bene, non era uno sciocco, semplicemente non gli importava di essere usato se poteva diventare più forte.
«Beh puoi fare tutto quello che vuoi a chiunque appartenga a Tartaros, anche ucciderli, ma solo se ti hanno rivelato la loro posizione…»
Sorrise soddisfatto, si tolse i guanti e gli si avvicinò per stringergli la mano come conferma del patto, poi il corvino fece per andarsene, tornando all’interno con l’intento di ubriacarsi  un po’, ma il biondo lo fermò.
«Domani mattina raggiungi la foresta… Tre dei miei uomini sono già alla ricerca e ti aggiorneranno sui dettagli… Ti troveranno loro non preoccuparti…»

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Tetsuya sentiva la testa pulsare, i ricordi erano confusi e sfuocati, si stava facendo massacrare insieme a Kenryoku dalla regina, lui aveva provato a colpirla con la katana, ma lei lo aveva fermato. Poi… Il vuoto…
Decise di aprire finalmente gli occhi e una leggera luce lo investì, facendoglieli richiudere di scatto mugugnando un dissenso di dolore, aspettò qualche istante prima di provarci nuovamente, attendendo di abituarsi alla luce. Scoprì di essere nella sua stanza, nel mondo con i due regni, il sole entrava dalla finestra illuminandola completamente, qualcuno la sera prima doveva averla dimenticata aperta, ma lui come era finito lì?
Solo in quel momento notò che appoggiata al suo letto, accanto a lui, c’era Emma che dormiva beata, i capelli scuri che le ricadevano sul volto, nascondendolo in parte. Il corvino cercò di mettersi a sedere senza svegliarla, ma il mal di testa gli impedì entrambe le azioni, facendolo ricadere con un tonfo sul cuscino. La ragazza sbadigliò per qualche secondo poi si guardò attorno spaesata, solo quando lo vide sembrò ricordarsi cosa ci facesse lì, e Tetsuya le sorrise.
«Come stai!? Non sai che cazzo spavento ci hai fatto prendere… Nessuno sapeva cosa fare e… E Lucy era da Erza, mentre tu!...» La ragazza parlava a raffica non permettendogli di rispondere a nessuna delle domande che gli stava ponendo, o anche solo chiedere spiegazioni; ma vedeva dai suoi occhi azzurri che era preoccupata.
«Emma scusa… Potresti abbassare il tono di voce?... Ho la testa che sembra scoppiare…»
«Certo, scusa… Allora come stai?...»
«Un vero schifo… Cosa è successo?...»
Emma gli raccontò tutto quanto nei minimi particolari, e durante il racconto ogni tanto le scappava qualche imprecazione che lo faceva sorridere, erano simili sotto un certo punto di vista. Entrambi persone isolate, ma che in realtà sono gentili, si perse nei suoi pensieri mentre la guardava negli occhi azzurro ghiaccio, e notò un particolare che lo incuriosì.
«Capisco… Quindi anche Erza è svenuta…»
«Esatto, Lucy crede sia la tua katana che forse ha un potere nascosto o altro… Non si è dilungata molto in particolari, dopo che si era assicurata che voi due stavate bene si è fiondata sui libri!»
Tetsuya si mise a riflettere sulla katana tramandata dai Kuroda, in alcuni antichi scritti che giravano per casa sua c’era scritto che l’arma avesse qualche potere sconosciuto, che solo un vero Kuroda sarebbe risuscito ad attivare.
«Beh ora si spiegherebbe perché quando mi ero tagliato con la sua lama anni fa svenni sul colpo!»
«Che cazzo… Ma come è possibile?!» Lo guardò con gli occhi spalancati dall’incredulità, e il corvino dovette trattenersi dal non ridere per la faccia buffa che aveva appena fatto.
«Beh, mi stavo allenando di nascosto in camera mia con la katana, quando per sbaglio mi scivolò di mano e mi feci un leggero taglio qui sul collo…» Con la mano indicò il punto in cui c’era la cicatrice, come prova del fatto.
«E all’improvviso svenni… Per mia fortuna sul letto e non per terra, ma mi risvegliai solo un’ora dopo. Mi ero sempre chiesto cosa fosse successo, ma non dissi nulla ai miei nonni per non farli preoccupare.»
«Capisco… Devo dire che sembra l’inizio di un libro fantasy!» Il ragazzo si mise a ridere per la battuta di Emma, che nel mentre lo guardava sorridendo e giocherellando con una ciocca dei lunghi capello corvini.
«Senti, ma come ti sei fatta quella cicatrice sopra il sopracciglio?»
«Questa?... Un piccolo incidente da bambina, come un’idiota avevo deciso di saper volare e mi sono buttata sul tavolino che c’era in casa, e… Beh ho sbattuto contro lo spigolo! Che bambina deficiente che ero!»
La corvina iniziò a insultare la sè stessa bambina, commentando il fatto che avrebbe potuto perdere un occhio e ora ritrovarsi storpia con una benda, finendo col l’andare a fare il pirata come lavoro. Tetsuya la ascoltava sorridendo o ridendo alle sue battute, era bello stare in sua compagnia, era una ragazza tutta pepe senza peli sulla lingua.
«Senti Tetsuya…»
«Chiamami pure Tetsu!»
«D’accorto, allora Tetsu hai sempre avuto il ciuffo dei capelli bianco?... Io me lo ricordavo nero come il resto!»

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Quella mattina Gerard aveva deciso che essendo domenica li avrebbe lasciati liberi, e che sarebbe stato così anche per quelle a seguire, sei giorni di lavoro e uno di riposo, e a Rena ne serviva molto di riposo. Il giorno prima il generale l’aveva letteralmente massacrata, inizialmente c’era andato piano e lei era riuscita a stargli dietro, probabilmente per gli allenamenti che fin da piccola aveva ricevuto da suo padre con Karate.
«Cosa ti succede dolcezza? Come mai qui a quest’ora?»
Rena puntò lo sguardo su Cana che la guardava sorridente, era seduta sul bancone e teneva in mano una bottiglia di birra, e in quel momento l’azzurra si fece la stessa domanda, perché era lì? Forse perché le sarebbe piaciuto fare qualcosa ma tutti sembravano essere spariti, Shira era stata rapita da Mirajane e Gerard per delle lezioni speciali, mentre Alexander aveva deciso di torturare il povero Richy perseguitandolo. E lei si era ritrovata completamente sola, e senza i suoi tarocchi da consultare.
«Così, al castello tutti hanno qualcosa da fare, mi chiedevo se io potevo essere utile in qualche maniera!»
«Fammi pensare… Hey Layla!»
La castana arrivò come un fulmine poco dopo, era ricoperta di polvere dalla testa ai piedi e in mano teneva uno straccio ormai completamente nero.
«Cana! Io sto lavorando! Mentre tu invece sei qui a bene come ogni volta! Ma almeno tu lo sapevi che avete una cantina sotto la cucina?! Quando l’ho detto ha Gildarts è caduto dalle nuvole!» Solo alla fine della sfuriata sembrò accorgersi della sua presenza, e le sorrise immediatamente, perdendo completamente arrabbiatura verso Cana.
«Rena! Che piacere averti qui!»
«Stava cercando qualcosa da fare, e visto che hai trovato il mio nascondiglio di liquori perché non approfitti della sua gentilezza?»
«Ora si capiscono tutte quelle bottiglie vuote…»
Cana se la svignò prima che Layla potesse farla un’altra ramanzina, da quanto Rena aveva capito la ragazza era diventata un po’ la vera proprietaria di quella locanda, in quanto Gildarts e la figlia la trascuravano  lasciando cadere la baracca a pezzi.
«Dai andiamo a pulire! In fondo sono davvero qui per aiutare!»
«Grazie mille Rena!» Le si lanciò addosso di getto, abbracciandola dal basso in quanto Rena era più alta di lei, si sorprese del gesto così impulsivo, ma rispose sorridendo contenta.
Si diressero in cucina e vide che uno dei mobili era stato spostato, dietro una porta era spalancata e mostrava delle scale molto impolverate. Si rimboccarono le maniche e iniziarono a lavorare, Layla aveva già spostato il grosso delle bottiglie vuote, ma ne rimanevano comunque molte, posizionate in perfetto ordine su di uno scaffale in legno.
Ci impiegarono circa una mezz’ora a svuotare completamente la stanza, ormai rimaneva solo da spazzare e passare lo straccio, presero una scopa a testa e iniziarono a lavorare, ma dopo poco Rena notò che un foglietto di carta era rimasto incastrato sotto un mobile, incuriosendola. Si sedette sul pavimento, infischiandosene dello sporco e cercò di toglierlo, ma il mobile lo teneva bloccato e non le andava di romperlo solo per poter pulire. Il suo lato amante di storie e leggende le diceva che non era un caso che quel foglietto fosse lì, e lei lo avrebbe liberato.
«Layla, mi aiuteresti a sollevare leggermente questo mobile? C’è qualcosa incastrato sotto un piede…»
«Certo, al mio tre solleviamo?» Rena annuì e si mise in posizione.
«Uno, due… E tre!»
Sollevarono il mobile in legno, che si rivelò più leggero del previsto, l’azzurra stava per allungare un piede e spostare il foglietto, quando questo si spostò da solo, liberandosi come se fosse un animale in trappola. Riappoggiarono il tutto attente a non farselo cadere addosso e andarono a controllare cosa ci fosse scritto su quel foglio, ormai erano troppo curiose di scoprire cosa fosse, dimenticandosi così delle pulizie.
«Cosa c’è scritto? Cosa c’è scritto?...»
«Mmmh… E’ una carta dei tarocchi! Il diciottesimo arcano maggiore, la Luna!... Chissà cosa ci fa qui…»
«Credo che Cana abbia un mazzo di tarocchi, forse è suo…»
Rimasero accucciate sul pavimento fissando quella carta perse ognuna nei propri pensieri, Rena se le rigirava fra le mani notando sempre nuovi particolari. Non era semplice carta, sembrava più resistente e al tatto era particolarmente liscia come se fosse stata plastificata, ma non era quella la consistenza, il disegno attirò la sua attenzione in modo specifico. Solitamente la diciottesima carta era rappresentata con una luna piena in alto che si rifletteva su una superficie d’acqua con degli animali, solitamente un crostaceo, ma questa carta in particolare era completamente diversa; il cielo era nero, l’acqua era di un blu scuro, ma presentava il riflesso di uno spicchio di luna, quando nel cielo non ce ne era traccia alcuna.
«Ma siete ancora qua sotto a pulire?!» Cana comparve dal nulla alle loro spalle facendole sobbalzare.
«Cana!»
«Susu, ora basta con le pulizie, andate a lavarvi che siete completamente sporche, poi vi vestirò come due bamboline!» Le guance rosse della castana mostravano la sua più che ovvia sbronza, ma l’idea di base non era una cattiva idea.
«Potreste andare a farvi una bella nuotata nello stagno qua accanto! Quasi quasi ci vado anche io… Solo che l’acqua è troppo fredda…» A quelle parole a Rena si illuminarono gli occhi, era da tempo che non si faceva una nuotata, e le mancava davvero tanto, ma soprattutto abbastanza da sopportare dell’acqua fredda.
«Io andrei lì se non è un problema! Dove è di preciso?»
«Scusate ma io vorrei continuare a pulire! Voi andate pure, ci vediamo dopo Rena!»
La ragazza annuì e seguì Cana fuori dallo sgabuzzino, le fece prendere il suo Kyoketsu-shoge che le avevano ritirato quando era entrata ed uscirono dalla porta sul retro camminando per circa cinque minuti. La natura le circondava, e qualche raggio del sole riusciva a raggiungere il terreno solo raramente, lo stagno non era molto grande, sarebbe riuscita a fare solo un paio di bracciate, ma si sarebbe accontentata.
«Se c’è un essere umano gli animali non si avvicinano, ma meglio essere prudenti! Sei fortunata che mio padre stia ancora dormendo e quindi non verrà a spiarti! Quel vecchio porco… A volte non si rende conto della sua età!»
«Grazie mille Cana! Ah, me ne stavo per dimenticare… Questa carta è tua?» Rena le mostro il diciottesimo arcano, ma la donna scosse la testa.
«Non so proprio dirti, io ho il mio mazzo di carte, ma quella non l’ho mai vista… Forse ero ubriaca quando l’ho presa! Buon bagno!»
Detto ciò la lasciò sola con ancora in mano la carta, la turchina sbuffò divertita e la ripose al sicuro nella tasca dei vestiti, poi si guardò attorno attenta, Cana aveva parlato di animali, ma non di persone, quindi non sarebbe dovuto comparire nessuno mentre si lavava. Si spogliò velocemente rimanendo completamente nuda, in quel mondo non c’erano costumi e se lo vedeva come un bagno freddo in fondo non si sentiva nemmeno troppo a disagio. Prese l’arma e se la portò vicino alla riva, mentre con un dito del piede controllava la temperatura dello stagno, gelida; una serie di brividi le percorsero il corpo e le venne la pelle d’oca istantaneamente.
Si fece coraggio e con un salto si buttò completamente nell’acqua, bagnandosi dalla testa ai piedi, non perse tempo e trattenendo il respiro cominciò a fare una bracciata dietro l’altra per scaldarsi. Quando riemerse per la mancanza d’aria ormai stava abbastanza bene, si spostò i capelli che con l’acqua le si erano incollata sul volto, impedendole di vedere, e quando aprì gli occhi si trovò davanti un uomo dai capelli neri lunghi fino alle spalle, che la osservava con gli occhi grigi. Non urlò, con una mano si nascose il petto nudo mentre con l’altra prese il Kyoketsu-shoge e gli tirò addosso la catena, ringraziando mentalmente che non potesse vederla dalla vita in giù grazie all’erba e al fatto che fosse ancora in acqua.
Heriot schivò l’attacco senza difficoltà e le si avvicinò inginocchiandosi davanti a lei, si spostò i capelli da davanti il volto e le sorrise mettendo in mostra il canino mancante.
«Siamo combattive è?... Che ne dici di sfidarci sirenetta?...» Anche se non si stava muovendo Rena non sentiva affatto freddo, la rabbia le faceva ribollire il sangue scaldandola dall’interno.
«Solo se questo porco la smette di fare il guardone e mi lascia rivestire!» Avrebbero combattuto, e gli avrebbe fatto il culo a quell’idiota tutto muscoli senza cervello.
Le si avvicinò maggiormente arrivando a sussurrarle all’orecchio con voce calda e suadente.
«Ti aspetto di là…»
Lui se ne andò così come era arrivato e lei appena fu sicura di essere sola uscì, si rivestì dopo essersi data una veloce asciugata con un pezzo di stoffa e lo seguì, non prima di aver recuperato l’arma. Lo avrebbe fatto a pezzi. Quando arrivò lui era nel cortiletto esterno in piedi ad attenderla con quel sorrisetto sadico, Rena in quel momento avrebbe tanto voluto rompergli anche l’altro canino; di Cana e Layla nemmeno l’ombra.
«Niente armi, il primo che manda a terra l’altro vince…» Gli si avvicinò minacciosa anche se lui era qualche centimetro più alto di lei, e gli puntò un dito sul petto.
«E se vinco io tu ti scuserai!»
«Come vuoi sirenetta… Cominciamo?...»


Angolo Autrice
Mi spiace essere in ritardo di un giorno (anche se ero messa peggio con l'altra storia ^^'), spero che il capitolo vi sia piaciuto, ho cercato di mettere al meglio i vostri OC, ma in caso basta dirmi in cosa sto sbagliando e mi correggo ^^. Prima che me ne dimentichi, la settimana dal 26 settembre al 2 ottobre non ci sarò, vado in vacanza, e quindi non potrò pubblicare, le storie scaleranno semplicemente di una settimana e sperate che riesca a organizzarmi quando inizierò l'univeristà :') 
Credo di non avere altro da dire, spero nuovamente che il capitolo vi sia paiciuto e attendo vostre recensioni :3 in oltre ricordo sempre dei poteri!
A presto! (tanto lo so che appena vado a dormire mi verrà in mente qualcosa...) e passate dalla mia pagina :3 https://www.facebook.com/Celty23efp/

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Capitolo 9
*** Incontri ***


Dettagli personaggi!
Team Erza:
- Tetsuya Kuroda (per gli amici Tetsu)
  Alto circa un metro e settanta e leggermente muscoloso, capelli corti neri e spettinati, gli occhi sono rosso cremisi. Ha una cicatrice sul collo causatagli da un allenamento con la Katana. Utilizza, appunto, la Katana di famiglia, di sport pratica karate e Iaido (arte marziale con la katana).
  E' un ragazzo molto chiuso in se stesso a causa della morte dei genitori quando era piccolo, dentro però è ancora un ragazzo dolce e gentile, che farebbe di tutto per i suoi amici. Si è trasferito in Giappone durante l'anno scolastico ed è finito in classe con Richy. Ha 19 anni.
- Emma Diaz.
  E' una ragazza alta, abbronzata, dagli occhi azzurro ghiaccio e i capelli neri, il seno è abbastanza prosperoso. Ha una piccola cicatrice sul sopracciglio che si nota a fatica. E' una persona abbastanza isolata, ma basta un po' di pazienza con lei, che risponde male e cerca di non essere avvicinata, e alla fine ci si riesce senza essere insultati. E' un'ottima stratega anche se le piace essere nella mischia, principalmente pratica pallavolo, ma anche calcio e basket.
  Utilizza due spade come armi da combattimento, ma viene tenuta in grande considerazione per la sua abilità di analisi tattica. E' alquanto sboccata, gioca spesso con una ciocca dei capelli quando è sovrappensierio e si morde le labbra quando è nervosa. Ha 18 anni
- Kenryoku Kaede
  Alto poco meno di Gajeel, i capelli neri, corti e ribelli, mentre gli occhi sono del colore del ghiaccio. Pratica Judo e da sempre ha una passione per i cavalli e ha un tatuaggio raffigurante un cavallo al galoppo sulla scapola sinistra.
  Non è molto paziente e spesso è impulsivo, mangia in maniera spropositato senza ingrassare, non è per nulla ingenuo, anzi è molto intelligente, ma a volte dispettoso. Sua madre è un'esperta di botanica, trasmettendogli l'amore per la natura andando a vivere, con i suoi genitori, in campagna. Ha 18 anni.
- Alenya Kay
  Alta circa un metro e sessanta, tonica, agile e longilinea, i capelli viola e mezzicorti leggermente mossi, con un ciuffo medio sulla fronte, occhi castano chiaro. Ha diverse cicatrici sulla schiena a causa del suo passato.
  Ama stare per i fatti suoi, leggendo o ascoltando musica Hard-rock. Odia essere presa sottogamba perché una donna, quando in realtà è perfettamente in grado di difendersi. E' brava con ogni tipo di arma e le cambierà in continuazione, preferendo però l'uso del bastone.
  E' abbastanza taciturna e chiusa in se stessa, è caparbia e sembra scontrosa, ma è solo un modo per proteggersi e quando la si conosce si scopre come è realmente, risultando simpatica come ogni altra ragazza. Ha 21 anni.


Team Mirajane:
- Alexander Vanier
  Abbastanza alto (circa sul metro e ottanta), capelli verdi e fisico muscoloso; ha un tatuaggio sul braccio sinistro rappresentante un drago trafitto da una lama, sul sopracciglio destro ha un piercing. E' stato in accademia per un certo periodo, ma poi è stato espulso perché troppo indisciplinato, così è tornato a studiare e andando poi a lavorare come professore di ginnastica nella scuola di Richy e Tetsuya. Utilizza il Twinblade e ha praticato il Judo.
  E' autoritario con i suoi studenti, odia i bulli ed è molto indisciplinato, è distaccato, odia effusioni e spesso è sarcastico (finendo con l'esagerare), diventando un po' stronzo. Ha 24 anni.
- Richy (Richard) Blake
  Ragazzo alto, dagli occhi rossi e capelli neri; ha un carattere gentile e scherzoso, ma sa essere serio nei momenti opportuni, nonostante sia socievole gli piace stare da solo. Pratica la Boxe e saprà usare diverse armi (arco e spada), ma principalmente utilizza la Kusarigama. Ha 19 anni e odia i capelli verdi.
- Rena Hoshumiya
  I capelli sono color carta da zucchero, mossi e lunghi fino a metà della schiena con una folta frangetta che termina sopra gli occhi rossi. Ha un incarnato olivastro e abbronzato, è abbastanza alta e non ha curve troppo abbondanti. Adora andare al mare e nuotare, ha il segno degli occhialini sulla fronte, le piacciono le leggende e ha iniziato a leggere i tarocchi.
  Pratica karate da quando era bambina ed è capace di stendere un uomo adulto senza problemi, come arma utilizza il Kyoketsu-shoge. Sta studiando un corso di storia antica all'università.
  E' una persona gentile e cordiale, e tiene molto alle persone a lei care, diventando violenta per proteggerle; è una persona matura e di una grande abilità analitica. Ha 22 anni
- Shira Endogu
  Mulatta, estremamente magra nonostante la ginnastica artistica, gli occhi sono castani e i capelli neri, è alta poco meno di una metro e sesanta, ha una seconda scarsa di seno. A causa del suo passato e delle sue discendenze africane, che le permettono di percepire gli spiriti, ha un problema di schizzofrenia con tre personalità (non so bene come spiegarlo scusate :(...). La prima è verbalmente aggressiva, la seconda molto timida e molto facile alla depressione (è quella che riesce a percepire gli spiriti), infinte la terza è la vera lei (che compare principalemente quando fa ginnastica artistica) è molto decisa, per nulla diplomatica ma mai volgare o offensiva.
  Come arma utilizza il Ring-blade, arma che le ricorda gli esercizi col cerchio nella ginnastica ritmica (facendola diventare la vera Shira). Ha 21 anni.


Team Fairy Tail:
- Layla Wolfen
  E' una ragazza, ma viene scambiata per un ragazzino di dodici anni a causa del suo aspetto, bassa e con poche curve, ha la pelle leggermente abbronzata, i capelli corti, arruffati e marroni, gli occhi color miele. Le piacciono i rumori del bosco ed è molto brava a cucinare, ma soprattutto adora correre (sport che pratica ogni volta che può).
  Utilizza come arma dei pugnali, perché facili da maneggiare e meno pesanti di una katana. Layla è aggressiva e istintiva come un animale, ma sa essere dolce e protettiva verso i cuccioli e bambini, è molto combinaguai e odia la tecnologia. Ha 18 anni.
- Heriot Jainko
  Alto un metro e settanta, capelli neri abbastanza lunghi che gli ricadono davanti al volto, gli occhi sono grigi e solitamente spenti, tranne quando deve combattere che si accendono di una strana luce. Gli manca il canino superiore destro, visiile quando sorride, ha un tatuaggio di un serpende intorno al bicipite.
  E' un ragazzo abbastanza apatico e gli interessa soltanto lottare, praticava boxe ed era considerato una promessa, ma gli venne proibito di salire nuovamente sul ring perché troppo violento. E' disinteressato ai soldi che vince tramite incontri clandestini, gli interessa solo lottare. Come arma utilizza degli artigli misti allo stile da boxe. Ha 22 anni.




Incontri 
 

Quella distrazione gli serviva proprio, quando quella mattina si era svegliato era andato subito nella foresta alla ricerca dei tre tizi di cui gli aveva parlato il biondino. Era abbastanza curioso di scoprire cosa stesse macchinando, ma combattere era la sua priorità e se avesse fatto finta di ubbidire agli ordini di Laxus, prima o poi sarebbe riuscito ad affrontarlo. 
Heriot rimase alquanto deluso dagli “uomini” del comandante, conoscendo il tipo si era aspettato che suoi sottoposti fossero altrettanto spaventosi e pieni di cicatrici. Li aveva trovati accampati nel bel mezzo del nulla che aspettavano il suo arrivo, e dire che era rimasto deluso era poco. C’erano due uomini e una donna, lei formosa e dai lunghi capelli castani che gli aveva dato una rapida occhiata appena arrivato, per poi andarsene subito dopo. Gli altri due si erano presentati come Freed, uno strano tipo magrolino dai capelli verdi simili ad un alieno e con un fioretto legato alla vita, e Bickslow, che aveva indossato un’armatura per tutto quel poco tempo che era stato con loro, ma non gli aveva dato l’impressione di essere molto forte. Dubitava enormemente che potessero anche solo farlo sudare in una lotta, anche se lo avessero attaccato tutti e tre insieme. 
Per questo quando aveva visto l’azzurra nell’acqua non aveva resistito, nella foresta non aveva trovato nessuno con cui poter lottare e la rabbia mista a delusione lo stavano consumando. Era anche lei uno dei prescelti e quindi si stava sicuramente allenando, si sarebbe divertito a stuzzicarla e a metterla al tappeto mostrando la sua superiorità. 
La ragazza arrivò poco dopo con uno sguardo assassino negli occhi che lo fece ghignare divertito, lei impose le regole, niente armi e il primo che sarebbe caduto a terra avrebbe perso, lui accettò prendendola in giro chiamandola nuovamente sirenetta, sicuro di vincere. 
Rena si mise in posizione d’attacco, gambe leggermente divaricate con le ginocchia piegate, e Heriot alzò un sopracciglio sorpreso e colpito, rendendosi conto che la ragazza doveva aver praticato qualche tipo di arte marziale. Sogghignò soddisfatto mostrando il canino mancante, forse si sarebbe divertito più del previsto. 
Nessuno dei due si muoveva dalla sua posizione in attesa di una qualche mossa da parte dell’avversario, ma dopo qualche altro istante il ragazzo fu stufo di aspettare e fece la prima mossa, tirando un pugno diretto allo sterno della ragazza. Si aspettava di vederla schivare oppure prendere il colpo in pieno, ma non accadde nulla di tutto ciò. Rena si mosse più velocemente di lui e senza capire cosa fosse successo si ritrovò steso a terra sulla schiena, gli occhi grigi che osservavano il cielo chiaro mentre la mente elaborava una possibile spiegazione per il fatto appena avvenuto. 
«Direi che ho vinto io… Ora scusati come promesso!» 
Heriot si rialzò in un istante e si diresse verso l’azzurra, erano uno di fronte all’altra e pochi centimetri separavano i loro volti, lui la guardava dall’alto con rabbia sempre più crescente, mentre lei con un sorriso sprezzante e soddisfatto. 
«Scusati…» 
Doveva stare calmo, se no avrebbe rischiato di colpirla con tutta la sua forza e l’avrebbe uccisa in un solo colpo, chiuse gli occhi e fece un paio di respiri prima di aprirli e parlare. 
«Non ho usato tutta la mia forza… Riproviamo…» 
«Tanto il risultato non cambierà…» 
Si allontanarono e si misero nuovamente in posizione, Heriot non vedeva cosa stava succedendo attorno a lui, era troppo concentrato a cercare di capire come avesse fatto quella ragazzina a stenderlo in un solo colpo. Si mosse nuovamente stavolta stando attento ai movimenti di lei, la vide spostarsi leggermente di lato e con le mani gli afferrò il braccio, sfruttando la forza che lui aveva impresso nel colpo lo fece ribaltare e cadere nuovamente di schiena. 
Picchiò il pugno sul terreno e imprecò ad alta voce. 
«Non vuoi ancora scusarti vero?...» 
Si rialzò nuovamente e fissò lo sguardo in quello scarlatto di Rena, non poteva crederci, era stato mandato a terra due volte da una ragazzina, era infuriato e avrebbe tanto voluto picchiare qualcuno, ma uno strano pensiero gli passò per la mente facendolo calmare. 
«D’accordo… Ti porgo le mie scuse…» Con il suo solito ghigno fece un mezzo inchino per prenderla in giro, dandole subito dopo le spalle per dirigersi verso Fairy Tail. 
Layla correva a destra e a sinistra mentre trasportava degli scatoloni grossi quanto lei, una smorfia contrariata gli comparve sul volto, lui odiava sgobbare, soprattutto per qualcun altro, mentre quella ragazzina sembrava si divertisse a spaccarsi la schiena. Si diresse in cucina ignorando volutamente la castana, voleva rimanere solo a pensare, ma quando entrò trovò Cana seduta su un tavolo con le gambe accavallate e la testa reclinata all’indietro che cercava di recuperare le ultime gocce di birra dalla bottiglia. Sembrava non essersi accorta di lui, ma nulla era sicuro con quella donna. 
Si sedette su una sedia dopo aver recuperato anche lui una bibita fresca e iniziò a studiarla, accantonando i pensieri di poco prima e decidendo di distrarsi. Gambe lunghe e snelle, vita stretta ma non troppo, il seno abbondante fasciato solo da una canotta, una donna sexy sotto ogni punto di vista. Heriot si leccò le labbra, ma non per la birra che stava bevendo. 
«Se mi continui a fissare in quella maniera mi consumi...» 
Cana aveva appoggiato la birra accanto a sé e ora lo fissava intensamente, si era chinata verso di lui mostrandogli la leggera scollatura mentre con una mano giocava con i lunghi capelli. Il corvino sorrise pronto ad accettare quella sfida e a vincerla, così si alzò e si avvicinò il più possibile alla castana, a separarli c'erano solo le gambe accavallate di lei. 
«Potrei dire la stessa cosa…» 
«Sei sicuro di te eh?... Mi piace chi crede di poter conquistare il mondo…» 
La mano che prima stava attorcigliando una ciocca di capelli, ora aveva iniziato a fare su e giù sul petto muscoloso di Heriot, che ghignava vincitore. Le bloccò l'arto e si avvicinò al volto della ragazza pronto ad affondare le labbra in quelle di lei, ma Cana si liberò facilmente della sua presa e se ne andò diretta verso l’esterno. Prima di varcare la soglia però si girò leggermente verso di lui. 
«Sembra divertente questo giochino… Forse potrei anche starci…» Infine uscì, lasciando Heriot davanti a un tavolo vuoto e con il sapore dell’insoddisfazione in bocca. 
 
**************************************************************** 
 
Kenryoku si osservava attorno curioso e con gli occhi che brillavano di eccitazione, era andato insieme a Emma e Natsu nel bosco sotto ordine di Laxus, mentre il generale si sarebbe occupato insieme a Lucy di capire quale era il potere di Tetsuya e della sua arma. Alenya invece era sparita appena era sorto il sole senza dire nulla. 
«Ma perché Laxus ci ha mandato qui?... Io mi annoioooo!» 
Il rosato esprimeva la sua frustrazione a parole e calciando alcuni sassi sul terreno, ma Kenryoku non lo ascoltava, era troppo preso ad osservare la natura che li circondava, cercando di capire se le impronte che vedeva nel fango fossero di uno scoiattolo o di qualche altro tipo di animale. 
«In più nemmeno Lisanna sapeva dove era la mia ascia…» 
«Se posso chiedere Natsu, chi è Lisanna?...» 
Da quella mattina Emma si comportava in maniera strana, sembrava essere interessata a Natsu e a quello che lo riguardava, in particolare sulle ragazze che lo circondavano. Il corvino aveva deciso però che non erano affari suoi e non le pose domande, in più il rosato sembrava non accorgersi di questa sua curiosità. 
«Lisanna è una mia cara amica d’infanzia! È la sorella minore di Mirajane e quando c'era la pace giocavamo sempre insieme!» 
Queste parole però attirarono l’attenzione del corvino che fermò la sua esplorazione per rivolgersi al rosato. 
«La sorella minore di Mirajane? La regina Mirajane? E cosa ci fa in questo regno?» 
Natsu lo guardò con gli occhi spalancati e lo sguardo un po’ vacuo, facendo capire sia a Kenryoku che a Emma che non si era mai posto quella domanda in tutti quegli anni. 
«Natsu sei proprio stupido che cazzo…» 
Il corvino sbuffò e annuì con la testa, concordando perfettamente con Emma. 
«Beh ma non è colpa mia… Ero un bambino e non mi importava molto… mi bastava averla con me!» 
La ragazza aprì la bocca per dire qualcos’altro, ma Kenryoku le fece segno di stare zitta e poi a entrambi di avvicinarsi. Davanti a loro c'era un'impronta, piccola ma ancora fresca nel fango, gli ricordava molto quella di un cane, ma le dita della zampa erano troppo ravvicinate e allungate. 
«Di che animale sono?» 
«Spero sia commestibile! Ho una fame assurda!» 
«Sembra quello di un cane, ma è diversa… Magari un lupo!» 
Emma gli si avvicinò maggiormente accucciandosi accanto a lui, osservava l’impronta sul terreno quasi rapita, gli occhi azzurri che solitamente erano allegri e diffidenti ora erano distanti, come se la sua mente non fosse più lì con loro. 
«Emma?...» La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte e sembrò tornare in sé. 
«Ma sembra solo un cucciolo…» Fece passare un dito sull’orma accarezzandola leggermente, poi si alzò di scatto facendo sobbalzare Kenryoku per la sorpresa e la fissò dal basso verso l’alto. 
«Andiamo a cercarlo!» 
Prima ancora che o lui o Natsu potessero dire qualcosa lei aveva già iniziato a camminare diretta chissà dove, si mossero decisi a seguirla ma dal nulla comparve la nebbia. Inizialmente era solo una nebbiolina leggera e semi trasparente, bianca e candida, ma dopo pochi istanti si infittì e anche il colore cambiò, diventando prima grigio chiaro e infine nero scuro. 
«Cosa sta succedendo?!...» 
Non gli piaceva quella nebbia, non era naturale nel suo mondo e dall’espressione scioccata e leggermente spaventata si Natsu capì che non lo era nemmeno qui. Fecero qualche passo ma il nulla li circondava, avevano ormai perso Emma e non riuscivano nemmeno a vedere gli alberi che avevano attorno. A Kenryoku capitava spesso di perdersi nei boschi attorno a casa sua, ma riusciva sempre a tornare a casa orientandosi con la natura che lo circondava. Alzò lo sguardo cercando di capire la loro posizione grazie al sole, ma la palla infuocata non c’era più, attorno a loro c’era solo il nero. 
«Questa situazione mi preoccupa… Prima Tetsuya ora Emma… Cosa sta succedendo?...» 
Il corvino si girò verso Natsu e si accorse che lo vedeva perfettamente, i capelli rosati scompigliati e sparati verso l’alto, l’armatura argentea con le rifiniture scarlatte e il simbolo della regina, una spada rivolta verso il basso con il sangue che gocciolava dalla punta, sulla spalla sinistra. Lo vedeva in ogni suo minimo dettaglio, anche se era a più di un metro da lui, ma allora perché non riusciva a vedere quello che aveva ad un palmo dal naso? 
Poi, come quell’oscurità era comparsa, scomparve lentamente, prima divenne una nebbia fitta e grigia, poi una nebbiolina leggera e bianchissima, infine la foresta era di nuovo davanti ai loro occhi, con gli alberi verdi e il sole alto nel cielo. 
«Ragazzi, cosa state facendo lì impalati?» 
I due si girarono di scatto quando sentirono la voce di Emma alle loro spalle, la ragazza era ora davanti a loro, tranquilla e serena, con i lunghi capelli neri appoggiati sulle spalle, gli occhi azzurri che li fissavano interrogativi e un cucciolo di lupo fra le sue braccia. 
«Dove sei stata?! E perché hai quel lupo in braccio?» Kenryoku fece un passo verso di lei indicando l’animale con un dito, non si era accorto che per la preoccupazione aveva alzato la voce. 
«Tu che cazzo urli!? Spaventi Fenris…» 
Il corvino rimase a bocca aperta per lo stupore e non disse più nulla, osservava il cucciolo con le orecchie abbassate per lo spavento e sentiva tutta le sue ansie sparire, era un cucciolo adorabile e lui adorava qualsiasi tipo di animale. 
«Che carino che è Fenris, è davvero un bel nome!» Natsu si avvicinò ai due e cercò di accarezzare la testa nera del cucciolo di lupo, ma appena toccò il pelo folto l’animale alzò il muso mordendogli la mano. 
«Ahi! Non si fa così… Preferisco i gatti ai cani…» 
«Scusa Natsu… Lo addestrerò in modo tale che non morda più nessuno…» 
Il lupo sembrò capire che la ragazza si stava rivolgendo a lui ed alzò la testa per fissare i suoi occhi gialli in quelli ghiaccio di lei, Kenryoku vide che il pelo che copriva la pancia non era nera come il resto ma bianca. L’istinto gli diceva di avvicinarsi e iniziare ad accarezzarlo e sentire la morbidezza del pelo, ma non voleva rischiare di essere morso come il rosato, che si leccava la ferita peggio di un animale. 
«Beh alla regina piacciono gli animali… Ha lasciato anche a me tenere il mio gatto, anche se non lo sopporta più di tanto, quindi non credo che ci siano problemi con lui!...» 
«Perfetto! Allora facciamo quello che dobbiamo fare e torniamo al castello!» 
Kenryoku sospirò chiedendosi cosa dovessero effettivamente fare in quel bosco, Laxus non aveva dato spiegazioni quando aveva ordinato a Natsu di andarsene dal castello e di portarsi dietro loro due, il rosato ovviamente non aveva chiesto spiegazioni al riguardo troppo eccitato per la gita. La ragazza lasciò andare il cucciolo di lupo, Fenris, e guardò Natsu in attesa di ordini, mentre il corvino decise di approfittare di quel momento per tornare ad osservare la natura circostante. Sembrava essere una qualsiasi foresta, eppure cosa era stata la nebbia di poco prima? Era come se la natura volesse impedirgli di seguire Emma… 
«Cosa dobbiamo fare?» 
«Non ne ho idea…» 
«Che cosa?! Ma allora perché cazzo siamo qui?! Credevo avessimo un incarico!» 
«Ehm… Ecco… Kenryoku aiutami!» 
Il diretto interpellato si girò a fissare il loro comandante che lo guardava con occhi imploranti e le mani unite in segno di preghiera, da quello che aveva capito Natsu doveva avere circa sui 25 anni, eppure si faceva intimorire da una ragazzina di 19. 
«Me ne torno al castello… Devo dare da mangiare a Fenris e chiedere un paio di cose a Lucy! Quindi ci vediaaaa!…» Emma non riuscì a finire la frase che era inciampata cadendo di faccia sul terreno con un sonoro tonfo, Natsu scoppiò a ridere come un bambino di cinque anni, mentre il corvino si avvicinò per sapere se stava bene, anche se non riusciva a trattenere un sorriso. 
«Cazzo… Ha fatto male questo!» Si mise seduta e iniziò a massaggiarsi il naso che era leggermente arrossato, i vestiti e i palmi delle mani erano ricoperti di fango, Fenris corse da lei e le saltò sul grembo iniziando a leccarle il volto. 
«Ahah! Dai! Smettila!... Mi fai il solletico! Ahah uffa!» 
Kenryoku sorrise divertito per quella scena e fece per alzarsi quando qualcosa che brillava accanto al piede della ragazza attirò la sua attenzione, spostò le foglie e il terriccio con le mani sporcandosele, Natsu e Emma si erano avvicinati al corvino curiosi, mentre il lupacchiotto aveva iniziato a scavare con lui. Quando scoprirono cosa c'era nascosto sotto terra e cosa aveva fatto inciampare la corvina Fenris iniziò ad ululare verso di lei. 
«Sono spade?...» Fu Emma a porre la domanda e a tirare fuori le due armi, le aveva sollevate leggermente facendo riflettere i raggi del sole sul metallo. 
Le lame erano leggermente più strette delle normali spade ed erano ricoperte di incisioni nere come decorazioni, erano fatte interamente di un qualche metallo prezioso, perché si vedeva da come brillavano che non era semplice acciaio, anche l’impugnatura era argentea come il resto. 
«Non esattamente, sono un sottogruppo delle spade e vengono chiamate spade bastarde, sono un misto fra la spada d’armi che hai usato fino ad ora e la spada a due mani, molto più grossa e pesante. Viene infatti chiamata anche spada a una mano e mezza, dovrebbe essercene una nell’armeria!» 
I due ragazzi si girarono verso Natsu con gli occhi spalancati mentre lui osservava le due armi con sguardo sognante, solo dopo qualche istante sembrò accorgersi dei due che lo guardavano con aria perplessa. 
«Che c’è? Cosa ho detto?» 
Kenryoku sospirò mai avrebbe detto che il rosato avesse una così ampia cultura nelle armi, aveva sempre creduto che fosse tutto muscoli e niente cervello, ma forse doveva ricredersi, forse non era così ingenuo come credeva, forse. 
Sia lui che Emma si alzarono, lei si legò le due spade bastarde una sul fianco destro e una sul sinistro, poi prese nuovamente in braccio il lupo affondando il volto nel pelo scuro dell’animale, il corvino invece iniziò ad incamminarsi. 
«Niente niente… Torniamo al castello!» Un po’ gli spiacque dire quelle parole, gli sarebbe piaciuto molto rimanere a scoprire che misteri e meraviglie nascondeva quella foresta, ma non era saggio rimanere oltre, prima doveva scoprire cosa era la nebbia nera che li aveva avvolti. 
 
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Gerard aveva dato loro il giorno libero, aveva detto che potevano fare e andare dove volevano, si era premurato solo di non inoltrarsi troppo nel bosco e di rimanere nei pressi di Fairy Tail. Shira inizialmente si era allenata con i suoi cerchi, voleva migliorare ed essere di aiuto alla regina e al generale, in più quando utilizzava le sue armi si dimenticava di tutto e tornava sé stessa, come quando faceva ginnastica ritmica. Le altre personalità rimanevano chiuse nella sua testa, non c’erano dei vuoti nei suoi ricordi ormai sempre più spesso frammentati, c'era solo lei, Shira. Le sarebbe piaciuto che fosse sempre così, ma non era possibile, l'aveva imparato quando l'avevano mandata in cura in una struttura psichiatrica, ed era per questo che era fuggita. 
Gerard e Mirajane però le avevano detto di non perdere le speranze, che non era sola e che anche loro erano come lei. Fu quell'”erano” che aveva catturato la sua attenzione, ora stavano bene, erano guariti? No, avevano imparato a conviverci e a non avere più i vuoti di memoria. Quando ripensava a quella conversazione rivedeva il volto della regina, circondato dai capelli albini, sorriderle con gentilezza. 
Furono quei pensieri a disturbare il suo allenamento, a farla andare in giro ad esplorare e a  perdersi. Ormai girava per quel bosco da non sapeva più quanto tempo, anche perché non era più lei, non era più la vera Shira, ma un'altra che aveva preso il sopravvento del suo corpo. Questa Shira era terrorizzata dalla natura che la circondava, non tanto per il fatto di essersi persa ma perché riusciva a percepire le anime di chi era morto fra quelle piante, e non erano mai morti felici. 
La ragazza camminava con le spalle leggermente ricurve, gli occhi neri puntati davanti a sé, sul terreno, cercando di non guardare, di far finta di non vedere la presenza alla sua destra. Voleva andare via da lì, via da quel posto, ma non sapeva come. 
Un suono attirò la sua attenzione arrestando la sua marcia, sollevò la testa quando lo sentì di nuovo, sembravano dei passi. La speranza si accese in lei e senza pensarci due volte iniziò a correre verso quel rumore, pregando fosse qualcuno che l’avrebbe aiutata ad uscire da lì, sperando fosse qualcuno di amico. 
 
Alexander osservava il paesaggio circostante dal piccolo gazebo bianco, l'armatura argentata era macchiata di sangue vermiglio, così come lo stemma della regina, una perla nera circondata da spine bianche, che aveva sul petto. Al palazzo erano rimasti soli lui e Richy in tarda mattinata, le due ragazze erano sparite quasi subito dalla circolazione lasciandoli soli ad allenare, ed era così che li avevano trovati quegli soldati. Uomini di chi però non lo sapeva ancora. Qualcuno correva dietro di lui all'interno delle mura, ma non ci badò più di tanto e strinse l'arma che aveva ancora in mano. Dalle due lame del twinblade cadevano piccole gocce scarlatte sul pavimento d'alabastro. 
Saranno stati una trentina, non di più, vestiti completamente di nero e con le armature prive di stemma. Sapeva che non erano soldati dell'altro regno, o almeno lo intuiva in quanto la regina Erza non era presente così come gli altri cavalieri. Altri passi alle sue spalle, la persona correva nella sua direzione ma lui non ci badò e tornò a puntare la sua attenzione al cielo. Il sole splendeva alto al suo culmine, sarà stato circa mezzogiorno, l'assenza di nuvole permetteva di osservare nitidamente il bosco di Fairy Tail, in cui erano scappati gli uomini che li avevano attaccati. 
«Alexander! Cosa… cosa è successo?!» I passi si erano fermati e la voce di Rena risuonava nel silenzio, preoccupata e in agitazione. 
Il verde si girò finalmente a guardarla e le vide i capelli azzurro chiaro scompigliati per la corsa, il viso arrossato e gli occhi spalancati. 
«Quando sono arrivata ho trovato tutti in crisi! Le cameriere correvano ovunque balbettando frasi senza senso… dicevano che eravate stati attaccati e che Richy era ferito… Gerard non mi ha voluto dire nulla e se ne è andato borbottando il tuo nome…» 
Un leggero sorriso comparve sul volto di Alexander, in quell'attacco improvviso aveva dato prova di sé, dimostrando che non era solo un uomo irrispettoso dei suoi superiori. 
«Ci hanno attaccato nemmeno una mezz’ora fa… Io e Richy eravamo in giardino ad allenarci ognuno per conto suo. Quando un'esplosione attirò la nostra attenzione…» Puntò lo sguardo verso una delle torri del castello, ormai distrutta quasi completamente e con qualche mattone che pendeva cercando di non cadere al suolo come i suoi compagni. 
Rena seguì il suo sguardo e la vide stringere i pugni per la rabbia e probabilmente per la sua impotenza, ma non era colpa della ragazza se non era presente in quel momento. 
«Preoccupati ci siamo diretti all'interno del castello a controllare, Gajeel correva per i corridoi urlando il nome di Levy cercandola… ma prima di trovarla fu bloccato come noi due da una quindicina di uomini vestiti di nero…» Ancora vedeva quelle figure incappucciate che sembravano tutte uguali, marionette fatte con gli stampini. Gajeel aveva ringhiato come un animale, furioso per l'interruzione. 
«Ci attaccarono e noi rispondemmo, erano abili ma non abbastanza, per Gajeel non furono niente, nemmeno mosche, li uccideva uno dietro l'altro…» Fece una pausa per rimettere in ordine i pensieri, lui era stato in guerra, aveva visto gente uccidere ed essere uccisa, ma tutto quello gli sembrava strano. 
Il corvino li aveva attaccati con una forza e una brutalità che non aveva mai visto prima, ma ciò che lo aveva veramente lasciato senza parole erano gli avversari. Non si scansavano, non paravano, si facevano colpire e continuavano ad attaccare a loro volta, con gli occhi fissi su di lui e su Richy
«Cosa è successo poi?...» Rena parlò piano ma Alexander la sentì comunque chiaramente e prima di rispondere si passò la mano libera fra i capelli verdi. 
«Io e Gajeel li uccidevamo, anche se erano in pochi a morire, anche Ricky lo fece… ma non so… forse perché più inesperto oppure perché aveva ucciso per la prima volta qualcuno e si era… bloccato… è ancora un ragazzino…» Si sentiva responsabile, lui che era un suo professore, anche se indirettamente e non in quel mondo, non lo aveva protetto a dovere. 
«È stato ferito, un colpo di spada sul braccio sinistro… ora è con Levy in infermeria, non è nulla di grave e con un paio di giorni tornerà come nuovo…» 
«C'è dell'altro vero?... Dove sono adesso? Chi ci ha attaccati e perché?...» 
Il resto, era andato nel gazebo proprio per capire cosa fosse successo dopo, i ricordi erano ben chiari nella sua mente ma faceva fatica a crederci. Guardò Rena per essere sicuro che volesse davvero sapere, che fosse pronta ad ascoltare qualcosa che non capiva nemmeno lui, ma nel suo volto vide determinazione e rabbia, gli occhi rossi puntati nei suoi. 
Alexander sospirò nuovamente e cercò le parole adatte per raccontarle, di come Gerard fosse sceso dalle scale buttando a terra cinque cadaveri, gli occhi di un nero intenso privi di qualsiasi emozione. Quando l'aveva visto un brivido gli aveva percorso la schiena, il generale aveva dato loro istruzioni su cosa fare con voce glaciale, nemmeno Gajeel aveva obiettato gli ordini. Poi l'aveva vista arrivare, per un attimo aveva creduto che fosse un fantasma di una donna, ma aveva riconosciuto il vestito bianco latte, ora sporco di sangue in più punti, aveva riconosciuto i capelli candidi e setosi che si muovevano lentamente. 
La regina Mirajane era comparsa davanti a loro, gli occhi azzurri freddi come il ghiaccio, in mano reggeva una katana dalla lama più lunga che avesse mai visto e imbrattata di macchie scarlatte. Capì cosa volesse dire avere veramente paura, ritrovarsi davanti alla morte quando l'aveva vista in volto. Stava 
sorridendo. 

Angolo autrice
Mi scuso per il tremendo ritardo, come forse qualcuno di voi saprà dalla mia pagina facebook (http://www.facebook.com/Celty23efp/) non ho pubblicato per così tanto tempo perché non ero più soddisfatta dei miei capitoli... Per essere puntuale mi obbligavo a scrivere e quando finivo i capitoli ero tentata di cancellare tutto quanto, dalla prima parola all'ultima...
Mi sono detta che non poteva andare avanti così e che dovevano soddisfare prima di tutto me, perché se no il mio disappunto si sarebbe capito dal capitolo :( e io tengo davvero molto a queste storie, non potrei mai abbandonarle e lasciarle incomplete, ma non potevo nemmeno farle male...
Quindi scusatemi, anche se non ho pubblicato per davvero molto tempo le idee sono continuate ad arrivare e la testa mi sta scoppiando, e mi chiede di metter per iscritto tutto quello che ho pensato. Ringrazio chi mi ha contattata per chiedermi se la storia sarebbe andata avanti :3 mi riempie davvero il cuore sapere che ci tenete, mi fate davvero arrossire 8(>///<)8
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vedete degli errori avvisatemi, è corto ma pieno di novità e piccoli indizi che avevo sparso per i capitoli precedenti iniziano a saltare fuori (come un personaggio e il misterioso attacco u.u) e l'inizio del prossimo o quello dopo (sono indecisa ihih) rivelerà il motivo per cui Laxus assolda i prescelti per controllare la foresta!
Fatemi sapere con una recensione quello che pensate e per chi non mi ha ancora inviato il potere gli chiederei di scrivermi in privato con le caratteristiche ^^ perché se no il suo OC rimarrà un povero sfigato u.u
Alla prossima e spero sia a breve...
PS dai prossimi capitoli pensavo di lasciare la descrizione dei personaggi in fondo al capitolo, questa volta l'ho messo all'inizio per fare un breve remainder dato che non pubblicavo da molto...

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Capitolo 10
*** Consapevolezze ***


Dettagli personaggi!
Team Erza:
- Tetsuya Kuroda (per gli amici Tetsu)
  Alto circa un metro e settanta e leggermente muscoloso, capelli corti neri e spettinati, gli occhi sono rosso cremisi. Ha una cicatrice sul collo causatagli da un allenamento con la Katana. Utilizza, appunto, la Katana di famiglia, di sport pratica karate e Iaido (arte marziale con la katana).
  E' un ragazzo molto chiuso in se stesso a causa della morte dei genitori quando era piccolo, dentro però è ancora un ragazzo dolce e gentile, che farebbe di tutto per i suoi amici. Si è trasferito in Giappone durante l'anno scolastico ed è finito in classe con Richy. Ha 19 anni.
- Emma Diaz.
  E' una ragazza alta, abbronzata, dagli occhi azzurro ghiaccio e i capelli neri, il seno è abbastanza prosperoso. Ha una piccola cicatrice sul sopracciglio che si nota a fatica. E' una persona abbastanza isolata, ma basta un po' di pazienza con lei, che risponde male e cerca di non essere avvicinata, e alla fine ci si riesce senza essere insultati. E' un'ottima stratega anche se le piace essere nella mischia, principalmente pratica pallavolo, ma anche calcio e basket.
  Utilizza due spade come armi da combattimento, ma viene tenuta in grande considerazione per la sua abilità di analisi tattica. E' alquanto sboccata, gioca spesso con una ciocca dei capelli quando è sovrappensierio e si morde le labbra quando è nervosa. Ha 18 anni
- Kenryoku Kaede
  Alto poco meno di Gajeel, i capelli neri, corti e ribelli, mentre gli occhi sono del colore del ghiaccio. Pratica Judo e da sempre ha una passione per i cavalli e ha un tatuaggio raffigurante un cavallo al galoppo sulla scapola sinistra.
  Non è molto paziente e spesso è impulsivo, mangia in maniera spropositato senza ingrassare, non è per nulla ingenuo, anzi è molto intelligente, ma a volte dispettoso. Sua madre è un'esperta di botanica, trasmettendogli l'amore per la natura andando a vivere, con i suoi genitori, in campagna. Ha 18 anni.
- Alenya Kay
  Alta circa un metro e sessanta, tonica, agile e longilinea, i capelli viola e mezzicorti leggermente mossi, con un ciuffo medio sulla fronte, occhi castano chiaro. Ha diverse cicatrici sulla schiena a causa del suo passato.
  Ama stare per i fatti suoi, leggendo o ascoltando musica Hard-rock. Odia essere presa sottogamba perché una donna, quando in realtà è perfettamente in grado di difendersi. E' brava con ogni tipo di arma e le cambierà in continuazione, preferendo però l'uso del bastone.
  E' abbastanza taciturna e chiusa in se stessa, è caparbia e sembra scontrosa, ma è solo un modo per proteggersi e quando la si conosce si scopre come è realmente, risultando simpatica come ogni altra ragazza. Ha 21 anni.


Team Mirajane:
- Alexander Vanier
  Abbastanza alto (circa sul metro e ottanta), capelli verdi e fisico muscoloso; ha un tatuaggio sul braccio sinistro rappresentante un drago trafitto da una lama, sul sopracciglio destro ha un piercing. E' stato in accademia per un certo periodo, ma poi è stato espulso perché troppo indisciplinato, così è tornato a studiare e andando poi a lavorare come professore di ginnastica nella scuola di Richy e Tetsuya. Utilizza il Twinblade e ha praticato il Judo.
  E' autoritario con i suoi studenti, odia i bulli ed è molto indisciplinato, è distaccato, odia effusioni e spesso è sarcastico (finendo con l'esagerare), diventando un po' stronzo. Ha 24 anni.
- Richy (Richard) Blake
  Ragazzo alto, dagli occhi rossi e capelli neri; ha un carattere gentile e scherzoso, ma sa essere serio nei momenti opportuni, nonostante sia socievole gli piace stare da solo. Pratica la Boxe e saprà usare diverse armi (arco e spada), ma principalmente utilizza la Kusarigama. Ha 19 anni e odia i capelli verdi.
- Rena Hoshumiya
  I capelli sono color carta da zucchero, mossi e lunghi fino a metà della schiena con una folta frangetta che termina sopra gli occhi rossi. Ha un incarnato olivastro e abbronzato, è abbastanza alta e non ha curve troppo abbondanti. Adora andare al mare e nuotare, ha il segno degli occhialini sulla fronte, le piacciono le leggende e ha iniziato a leggere i tarocchi.
  Pratica karate da quando era bambina ed è capace di stendere un uomo adulto senza problemi, come arma utilizza il Kyoketsu-shoge. Sta studiando un corso di storia antica all'università.
  E' una persona gentile e cordiale, e tiene molto alle persone a lei care, diventando violenta per proteggerle; è una persona matura e di una grande abilità analitica. Ha 22 anni
- Shira Endogu
  Mulatta, estremamente magra nonostante la ginnastica artistica, gli occhi sono castani e i capelli neri, è alta poco meno di una metro e sesanta, ha una seconda scarsa di seno. A causa del suo passato e delle sue discendenze africane, che le permettono di percepire gli spiriti, ha un problema di schizzofrenia con tre personalità (non so bene come spiegarlo scusate :(...). La prima è verbalmente aggressiva, la seconda molto timida e molto facile alla depressione (è quella che riesce a percepire gli spiriti), infinte la terza è la vera lei (che compare principalemente quando fa ginnastica artistica) è molto decisa, per nulla diplomatica ma mai volgare o offensiva.
  Come arma utilizza il Ring-blade, arma che le ricorda gli esercizi col cerchio nella ginnastica ritmica (facendola diventare la vera Shira). Ha 21 anni.


Team Fairy Tail:
- Layla Wolfen
  E' una ragazza, ma viene scambiata per un ragazzino di dodici anni a causa del suo aspetto, bassa e con poche curve, ha la pelle leggermente abbronzata, i capelli corti, arruffati e marroni, gli occhi color miele. Le piacciono i rumori del bosco ed è molto brava a cucinare, ma soprattutto adora correre (sport che pratica ogni volta che può).
  Utilizza come arma dei pugnali, perché facili da maneggiare e meno pesanti di una katana. Layla è aggressiva e istintiva come un animale, ma sa essere dolce e protettiva verso i cuccioli e bambini, è molto combinaguai e odia la tecnologia. Ha 18 anni.
- Heriot Jainko
  Alto un metro e settanta, capelli neri abbastanza lunghi che gli ricadono davanti al volto, gli occhi sono grigi e solitamente spenti, tranne quando deve combattere che si accendono di una strana luce. Gli manca il canino superiore destro, visiile quando sorride, ha un tatuaggio di un serpende intorno al bicipite.
  E' un ragazzo abbastanza apatico e gli interessa soltanto lottare, praticava boxe ed era considerato una promessa, ma gli venne proibito di salire nuovamente sul ring perché troppo violento. E' disinteressato ai soldi che vince tramite incontri clandestini, gli interessa solo lottare. Come arma utilizza degli artigli misti allo stile da boxe. Ha 22 anni.



 
Consapevolezza

La stanza era buia e priva di qualsiasi fonte di illuminazione, non c’erano finestre che potessero dire all'uomo che ci era rinchiuso, ormai da tanti anni, se fosse giorno o notte, ma dopo tutto quel tempo non aveva più importanza. Aveva imparato a vedere nonostante l’oscurità e quel giorno, come tutti i precedenti, osservava la sua cella studiandola in ogni dettaglio. Non con la speranza di trovare una possibile via di fuga, ma solo per passare il tempo, che era diventato ormai il suo più caro amico.
Davanti a lui c'era l'unica entrata e uscita, una porta completamente sigillata in ferro puro, tranne che per un leggero spiraglio in basso, da dove due volte al giorno gli passavano cibo e acqua per sopravvivere, ma anche da quel buco non arrivava alcuna luce. I muri erano crepati permettendo all'umidità e alla muffa di entrare impestando la poca aria presente, ma dopo tutto quel tempo non gli importava più. Piccole goccioline d'acqua si raggruppavano sul soffitto, poco distanti da lui, e dopo qualche tempo cadevano producendo un leggero PLIC. Scandendo il tempo che passava.
PLIC.
Dei rumori di passi provenienti dal corridoio interruppero la monotonia, attirando la sua attenzione.
PLIC.
«Cambio turno…»
«Grazie amico… non ne potevo più di stare qui! Ci sono novità?»
PLIC.
«L'attacco non è andato a buon fine… Ma sembra che le voci fossero vere, i guerrieri predetti dalla leggenda sono arrivati.»
PLIC.
L'uomo prigioniero spalancò gli occhi sorpreso, mai avrebbe pensato che la leggenda si avverasse così presto, mentre era ancora in vita. Il cuore iniziò a battere sempre più velocemente animato da nuova speranza, non di essere salvato, ma di poter vedere finalmente finire quelle inutili guerre, e forse anche vedere Tartaros crollare.
PLIC.
«Il prigioniero?»
«Nulla di nuovo, non si muove non parla… perché non lo uccido i capi? Va bene che era il generale di uno dei due regni, ma ora è solo uno stupido vecchio!»
«Ordini dall'alto… dicono che ci sarà utile in futuro… Valli a capire!»
L'uomo sospirò e puntò lo sguardo verso l'alto, osservando un cielo che non avrebbe più potuto vedere e il suo pensiero corse alla persona a lui più cara, facendogli scendere una lacrima solitaria.
«Spero tu stia bene… Nipote mio…»
PLIC.

Natsu, Kenryoku ed Emma stavano tornando al castello dopo aver fatto un giro per la foresta sotto ordine di Laxus, la corvina osservava, con il naso puntato verso l'alto, le foglie muoversi piano per il vento e cadere pigramente dagli alberi. Quel poco tempo trascorso in quel luogo era stato quasi magico, non sapeva cosa le fosse preso quando aveva visto l'impronta di Fenris, la sua mente era come uscita dalla sua testa per spostarsi in quelle foglie verdi. Aveva visto il cucciolo di lupo solo, osservare il mondo circostante con occhi tristi, a quel punto il suo corpo si era mosso da solo, l'aveva trovato e l'aveva adottato. Le due spade bastarde poi le davano una sensazione strana, anche se tutta la situazione era strana, eppure sentiva che era giusto così, che se la sua vita doveva prendere una strada, era quella che stava percorrendo in quel momento. Sorrise leggermente, sembrava quasi Jon Snow della serie tv il Trono di Spade.
Persa nei suoi pensieri non si accorse che gli altri si erano fermati, andando così a sbattere il naso contro la schiena di Natsu. Lui e Kenryoku guardavano un punto davanti a loro con aria preoccupata, il corvino aveva la mano sull’elsa della katana, mentre il rosato sulla spada che aveva sulla schiena, allarmando Emma e facendole drizzare le orecchie in cerca di qualche suono. Dopo qualche istante li sentì anche lei, dei passi non molto distanti che diventavano sempre più vicini e veloci, le parole che Lucy le aveva detto qualche giorno prima le tornarono in mente all’improvviso, quando parlava di Tartaros e del fatto che era meglio starci alla larga. Si mise anche lei in posizione d’attacco attendendo che la persona si rivelasse, per scoprire se sarebbe stata un amico o un nemico.
Fenris abbaiò all’improvviso, facendo sobbalzare i tre per lo spavento, e iniziò a zampettare davanti a loro, verso la figura femminile che era appena sbucata dal sottobosco. Era alta poco meno di lei, la pelle mulatta, i lunghi capelli erano neri come i suoi e gli occhi dello stesso colore osservavano ciò che aveva attorno con terrore e paura. La riconobbe subito, l’aveva vista alla festa organizzata da Cana al Fairy Tail una delle prime sere del loro arrivo, era una dei quattro guerrieri dell’esercito dell’altro regno, se si ricordava bene il suo nome era Shira.
«Voi siete dell’altro esercito…» Fu lei a parlare con la voce tremante, gli occhi puntati su di loro mentre faceva un passo indietro.
«Esatto… Tu sei Shira giusto? Ti sei persa?» Kenryoku si slegò la katana dal fianco e la lasciò cadere a terra, mentre con voce gentile e un sorriso in volto cercava di avvicinarsi a lei.
Emma e Natsu non dissero nulla, osservavano la scena in disparte e incuriositi, il corvino si avvicinava a Shira come se fosse un animale ferito pronto a scattare per fuggire, mentre lei continuava a indietreggiare senza vedere dove andava, finendo così nell'inciampare in una radice cadendo a terra.
«Hey non devi aver paura… Non vogliamo farti nulla…»
«Ma noi siamo nemici… Prima o poi ci dovremo affrontare sul campo di battaglia! Che senso ha fare amicizia?» Tutti e tre ascoltavano quelle parole dure da digerire ma vere, Emma non aveva conosciuto molto gli altri guerrieri, ma sapeva che Tetsuya era in classe, nel loro mondo, con uno di loro ed erano amici.
Cosa sarebbe successo quando si sarebbero dovuti scontrare? Come avrebbero fatto a puntare la lama della propria arma contro un amico? E come avrebbero fatto a ucciderlo senza battere ciglio? Si girò verso Natsu senza rendersene conto e lo vide con lo sguardo basso, gli occhi verdi tristi e lontani dal presente. Solo in quel momento Emma si rese veramente conto di cosa stesse succedendo, e in cosa aveva accettato di partecipare. Ci doveva essere un altro modo.
«Vero… Forse sarebbe più utile ucciderti ora così da portare un vantaggio al regno in cui sono capitato, e forse in questo modo potrò tornare nel nostro mondo prima…» La sua voce era bassa, ferma, gli occhi azzurri osservavano la ragazza a terra con freddezza, ma il suo discorso filava, eppure Emma sapeva che era sbagliato. «Ma non sarebbe corretto… Non siamo degli assassini senza cuore…» Shira lo osservava ancora titubante, ma nei suoi occhi Emma poteva vedere come le parole di Kenryoku la stessero lentamente rilassando. Il ragazzo aveva cambiato il suo tono di voce, rendendolo più gentile, più caldo.
«Che ne dici?... Possiamo riaccompagnarti almeno fino al Fairy Tail o no?»
La ragazza a terra annuì leggermente e prese la mano di Kenryoku che la aiutò ad alzarsi mostrandole un sorriso caloroso, si incamminarono senza dire una parola, la mulatta e il corvino a guidare il piccolo gruppo, mentre Emma e Natsu rimanevano più indietro.
Camminavano lentamente e in silenzio, Natsu accanto a lei osservava la natura che li circondava con sguardo perso nel vuoto e le braccia incrociate dietro la testa, Kenryoku ogni tanto provava a far parlare Shira, ma ogni suo tentativo risultava inutile, lei preferiva rimanere distaccata, probabilmente perché non voleva affezionarsi. Emma abbassò lo sguardo puntandolo sui piedi che si muovevano in automatico, Fenris le zampettava accanto contento, estraneo alle loro preoccupazioni e alla guerra che si avvicinava inesorabilmente. Sorrise leggermente mentre guardava la figura del cucciolo di lupo correre dietro a una lucertola che si nascondeva tra le foglie, le sarebbe piaciuto essere innocente come lui, ignara di cosa stava succedendo, essere un animale non sarebbe stato male.
Avrebbe trovato un modo per evitare di uccidersi a vicenda, era una promessa.

******************************************************

Un dolore lancinante alla spalla lo svegliò all’improvviso dal sonno profondo, Richy si mise seduto mentre con una mano si massaggiava la ferita, gradualmente gli occhi si abituarono al buio della stanza e si rese conto di non essere più nel castello di Mirajane, non era più in quel mondo ma nella sua camera da letto.
Sospirò pigramente e si alzò dal letto dirigendosi in bagno per controllare la ferita che si era procurato nell’altro mondo e per riordinare le idee, Levy l’aveva curato, fasciato e infine gli aveva ordinato di andare a dormire per far riposare il taglio, questo era tutto ciò che ricordava. Guardò l’ora e vide che erano le sei del mattino, tornare a dormire era impossibile, in più dopo due ore sarebbe dovuto andare a scuola.
Con fatica si tolse il pigiama e indossò la divisa scolastica, si preparò una colazione abbondante e rimase  a pensare con la tazza fumante in mano, il profumo del caffè a circondarlo. Non tornava nel suo mondo da più di una settimana ormai, si era quasi dimenticato di essere solo uno studente e non un guerriero prescelto che si allenava con altre persone per porre fine a  una guerra secolare. L’ultimo giorno in particolare era stato il più devastante emotivamente, erano stati attaccati da qualcuno di sconosciuto, era rimasto ferito e aveva visto… La figura di una donna bianca sporca di sangue gli tornò prepotentemente davanti agli occhi facendogli venire un brivido di freddo lungo la schiena.
Si alzò in piedi e con gesti automatici sistemò quello che aveva utilizzato, con la mente ancora altrove scrisse un biglietto per sua madre, dicendole che si era svegliato prima e che sarebbe andato a scuola, anche se non era vero. Non gli piaceva mentirle ma non se la sentiva di dirle da verità, se non gli avesse creduto avrebbe rischiato di finire da uno psicologo, e peggio ancora se gli avesse creduto sarebbe stata in ansia perenne per lui tutto il tempo, ogni secondo della giornata, e lui non voleva farle questo.
Prese la borsa e uscì diretto non sapeva dove, avrebbe voluto parlarne con qualcuno, con un amico come Tetsuya, ma loro erano nemici e mai come in quel momento se ne rendeva conto. Fermò il passo ormai quasi militare quando il pensiero volò a Rena, ma non era una buona idea, era già preoccupata abbastanza per lui senza che le raccontasse anche dei suoi problemi emotivi. Una leggera pioggerellina inizio a scendere leggera dai nuvoloni grigi, bagnandogli i vestiti e i capelli, facendoglieli aderire al corpo, si era dimenticato l’ombrello ma non gli importava bagnarsi, in più le gocce d’acqua gli rinfrescavano la ferita bollente. Gli sarebbe piaciuto andare in un luogo neutro, in un luogo dove era semplicemente Richy, niente di più niente di meno, un luogo come Fairy Tail.
Riprese a camminare stavolta più velocemente, sapeva dove poteva andare, sapeva con chi poteva confidarsi, perché in questo mondo c'era qualcosa, o meglio qualcuno, che gli ricordava quella taverna.
Quando arrivò al chiosco di ramen le otto erano scoccate da qualche tempo ma il sole non si era ancora mostrato rimanendo nascosto dai nuvoloni scuri mentre la pioggia era aumentata di intensità, la porta era leggermente aperta così Richy decise di provare, anche se iniziava già a pentirsi della sua idea. In fondo con Layla ci aveva parlato solo qualche volta.
«E’ permesso?» Un vecchietto sbucò da dietro il bancone, un mestolo in mano e una bandana attorno alla testa a coprirgli i pochi capelli grigi. Lo squadrò leggermente con i piccoli occhi scuri e pochi istanti dopo gli sorrise teneramente, come se Richy fosse stato un nipote venuto a trovarlo.
«Entra pure entra pure! Sei un compagno di Layla? Lo sapevo che qualcuno si sarebbe preoccupato prima o poi a non vederla andare a scuola! Ma lei no! Testarda come un mulo!» Sbatté una mano contro il piano in legno facendo sobbalzare leggermente il ragazzo che si era seduto «Ma stavolta avevo ragione io! Vado a chiamarla, tu aspetta qui!»
Il proprietario sparì dietro una porta scura lasciandolo solo, sentì dei rumori di pentole spostate, qualcuno parlare e discutere, riconobbe la voce di Layla come quella che urlava maggiormente, infine pochi minuti dopo ricomparve il vecchietto con dietro la ragazza dai corti capelli castani. Le braccia incrociate contro il petto e il volto imbronciato, quella posizione la faceva assomigliare a un ragazzino, ma preferì non dirglielo, quando lo vide gli occhi color miele si spalancarono per la sorpresa e probabilmente per la gioia di non doversi confrontare con un suo compagno di classe.
«Vi lascio soli! E cerca di convincerla a tornare a scuola!» Layla ignorò completamente il vecchietto e appena se ne fu andato si sedette accanto al corvino.
«Richy! Che ci fai qui?! Non dovresti essere a scuola?»
«Potrei chiederti la stessa cosa…» Il corvino dovette trattenere una risata quando vide Layla imbronciarsi e ritornare in una posizione difensiva come quando era arrivata «Ma passiamo oltre… Niente ero solo passato a salutare…»
«E?... Non prendermi per stupida, non sono mica Heriot! Non saresti venuto qui se non avessi avuto bisogno di qualcosa…» Aveva ragione, ma non sapeva come iniziare il discorso senza sembrare debole, senza sembrare un ragazzino impaurito dagli spiriti «In più sei anche ferito… Cosa è successo al castello di Mirajane? Rena sta bene? E…» Richy rise leggermente interrompendola.
«Calma ora ti racconto tutto! Non ti si può nascondere nulla eh?... Rena sta bene, è arrivata dopo l’attacco…»
«Di chi? Erza?»
«No… Non sappiamo chi sia stato… Ci hanno preso di sorpresa e ci siamo trovati a combattere senza nemmeno rendercene conto… Prima che potessi capire cosa stesse succedendo avevo in mano il mio Kusarigama e…» La lingua si faceva più pesante man mano che andava avanti a raccontare, man mano che i ricordi si facevano largo nella sua mente.
Era stato così facile uccidere quegli uomini, non si era reso conto di quello che stava succedendo, stava combattendo per salvarsi la vita, per salvare quella di Levy, per proteggere quel regno. Come era potuto succedere che in così poco tempo si fosse affezionato così tanto a persone di un altro mondo, a un’ideale di un regno sconosciuto, a una battaglia non sua.
Strinse le mani tra di loro fino a far diventare le nocche bianche, la paura di essere ucciso, il rimorso di aver ucciso degli uomini, il desiderio di tornare a una vita normale ma il terrore di non poter vivere mai più un’avventura come quella che stava vivendo in quel momento, in quell’istante. Layla gli mise una mano sulle sue e gliele strinse leggermente, Richy alzò lo sguardo e la vide che lo osservava con occhi dolci, premurosi, non era l’unico in quella situazione, lei poteva capirlo, era questo ciò che gli stavano comunicando.
Prese un profondo respiro e incominciò a raccontare per filo e per segno ciò che era successo.

Rena era andata quella mattina al Fairy Tail, mentre Shira dopo una lezione privata con Gerard e Mirajane aveva deciso di fare una passeggiata nella foresta per esplorarla e calmare i suoi pensieri. Alexander gli aveva proposto di allenarsi insieme, ma Richy si era rifiutato preferendo rimanere solo e non avere nulla a che fare con quello stramboide dalla testa verde.
Così iniziò a lanciare la lama del Kusarigama contro i manichini sparpagliati per il cortile, più tempo passava in quel mondo e più migliorava nel combattimento, la precisione dei suoi colpi e la loro forza contro il bersaglio, ma la mente in quel momento era altrove, stava ripensando a una conversazione che aveva avuto la sera prima con Levy. Lei non credeva che Gajeel fosse interessato a lei, ma che la vedesse solo come un’amica e che si divertisse a prenderla in giro, non la vedeva come una donna, e nonostante tutto quello che Richy le aveva detto e tutte le prove che le aveva mostrato lei non riusciva a capirlo. Vedeva come i sentimenti della ragazza fossero forti e autentici, e vedeva anche che il chiodino provava le stesse emozioni, voleva aiutarla in qualche maniera.
Per questi motivi non si accorse che degli uomini vestiti di nero erano comparsi nel cortile, quando ormai erano diventati una decina il corvino si era riscosso dai suoi pensieri e Alexander si era avvicinato a lui con la sua Twinblade in mano, appoggiò la schiena contro la sua mentre teneva d’occhio gli intrusi.
«Cosa sta succedendo?...» L’uomo dietro Richy sospirò mentre un sorriso appena accennato gli compariva sul volto.
«Non saprei… Potrebbe essere che Gerard abbia organizzato una trappola per vedere come avremmo reagito… Ma da quello che ho visto a lui piace sporcarsi le mani…»
Nel tempo che impiegarono a dirsi quelle poche parole vennero circondati da quelle figure scure in armatura, prive di un emblema o di qualsiasi simbolo che avrebbe permesso loro di capire da dove arrivassero. Alexander e Richy non aspettarono oltre e fecero la prima mossa, il corvino lanciò la piccola falce del Kusarigama contro l’uomo che aveva davanti in quell’istante e che schivò l’attacco spostando leggermente la testa, a quel punto si fiondò contro di lui con la spada sguainata ma era troppo tardi.
Con forza Richy richiamò la falce tirando la catena a cui era collegata, il soldato non fece in tempo ad accorgersene che la lama l’aveva colpito alla base del collo provocandogli una profonda ferita, anche se non letale. Cadde a terra come un corpo morto, non fece in tempo ad esultare però che un nuovo nemico cercò di colpirlo con un fendente proveniente dall’alto, l’unico movimento che riuscì a fare fu quello di alzare la catena e utilizzarla come uno scudo.
Non aveva tempo di pensare a come attaccare, i nemici gli arrivavano addosso senza tregua uno dopo l’altro non permettendogli nemmeno di riprendere fiato, quasi non si accorse nemmeno che anche Alexander aveva iniziato a combattere poco distante da lui affrontandone da solo cinque. Parò un altro colpo e senza pensare a una strategia decise di agire. Una volta che la spada si fu fermata contro la catena la lasciò cadere mettendosi in posizione da Boxe, l’avversario non ebbe il tempo di sferrargli un nuovo colpo che Richy l’aveva già messo a terra con due pugni ben assestati sul volto, il cui primo gli fece volar via l'elmo, ma non aveva tempo di studiare l'uomo a terra.
Le nocche gli dolevano, non si allenava da troppo tempo e in più non aveva nessuna protezione, nessun guantone, l’adrenalina che gli scorreva nelle vene lo fece agire nuovamente a una velocità che non avrebbe mai creduto di avere. Raccolse l’arma da terra e impugnò la falce schivando un colpo diretto alle gambe e si portò a qualche passo indietro per osservare la situazione, il soldato che aveva steso per primo si era rialzato e ora era davanti a lui con la spada in pugno, il sangue gli colava dalla ferita ma lui sembrava non sentirla.
La sua coscienza in quel momento non c’era, non c’era nessuna vocina nella sua testa che gli diceva di non attaccare, di non ucciderlo, perché lì c’era in gioco la sua vita, non poteva essere misericordioso, loro non lo sarebbero stati. Si sarebbero rialzati come quell’uomo e lo avrebbero attaccato finché non avrebbero visto il sangue sgorgare dalle sue vene e la vita scivolare via dalle sue dita. Se avesse avuto pietà di loro non so sarebbe più rialzato da terra.
Strinse maggiormente la lama di metallo e digrignò i denti, con l'altra mano lanciò la catena verso l'uomo che non riuscì a schivare a causa della ferita infertagli precedentemente, l'arma si avvolse attorno al collo bloccandosi, Richy iniziò a tirare facendo stringere la catena sempre di più attorno alla carne. L'avversario cadde in ginocchio, l'aria iniziava a mancargli sempre di più, ma invece di cercare di liberarsi continuò a dirigersi verso di lui, strisciando con la spada in mano per ucciderlo, come se la sua vita dipendesse da quello. Dopo pochi istanti cadde a terra definitivamente ma il guerriero preferì non recuperare la catena, gli avversari si erano rivelato fin troppo coriacei, sarebbe stato uno sciocco a liberargli la gola subito. Fece appena in tempo a prendere la spada dal corpo che un nuovo avversario lo attaccò, ricordandogli che non poteva riposare.
Dopo la morte del loro compagno i restanti quattro divennero ancora più aggressivi, lo attaccavano in due o tre per volta senza lasciargli tregua, non riusciva a far altro che a parare i vari colpi che cercavano di lacerargli la carne e che purtroppo qualcuno riuscì a ferirlo, anche se lievemente. Iniziò ad indietreggiare mentre il cervello elaborava un metodo per recuperare la sua Kusarigama ancora legata al collo del cadavere, gli sarebbe servita una distrazione, un qualcosa che gli desse anche solo pochi secondi per potersi allontanare senza venire ucciso.
Parò un altro colpo con la spada, tirò un calcio a livello del ginocchio al nemico che cadde a terra, ma un nuovo avversario era nascosto dietro il primo pronto ad attaccarlo. Non fece in tempo ad alzare la spada che una figura scura volò addosso al suo avversario. Alexander gli si avvicinò sporco di sangue e con il Twinblade in mano, si accorse in quell’istante che la figura non era altro che uno dei nemici che stava affrontando il professore, quel momento di pausa gli permise di recuperare la sua arma.
«Non te la stai cavando male per essere la tua prima battaglia Richy...» I due guerrieri si misero schiena contro schiena per recuperare fiato mentre i nemici si riorganizzavano, ne erano rimasti in piedi solo sette, di cui tre feriti.
«Per te e il chiodino io sono Richard, non Richy…» Lo sentì ghignare alle sue spalle e conoscendolo avrebbe voluto rispondergli con qualche battutaccia, ma il tempo per le chiacchiere era ormai finito, gli uomini in nero ricominciarono ad attaccarli senza sosta.
Richy era riuscito a prendere il ritmo degli avversari, incominciando finalmente a rispondere ai colpi, con la punta della falce del Kusarigama trafisse il collo dell’uomo che era stato steso pochi attimi prima, l’arma si conficcò nella carne senza alcuna fatica e quado il corvino la ritrasse un fiotto di sangue uscì dalla ferita.
Un altro avversario si presentò al posto di quello che aveva appena ucciso, sembravano quasi non avere fine, senza nemmeno prendere fiato continuò a combattere e solo di sfuggita vide Alexander abbatterne uno e che un altro era a terra. Ne erano rimasti solo quatto dei dieci che erano arrivati, gli aggressori si guardarono velocemente e iniziarono a fuggire all’interno del castello. Lui e Alexander iniziarono a seguirli senza dirsi nulla, il pensiero era unico, volevano sapere cosa stesse succedendo.
Incrociarono varie cameriere e domestici che fuggivano e urlavano terrorizzati, ma gli uomini che stavano inseguendo non ci badarono e continuarono a correre. Dei nuovi nemici comparvero da una delle tante stanza che si affacciavano al corridoio che stavano percorrendo, impedendogli di seguire i fuggiaschi. Non avevano ancora iniziato a combattere che pochi istanti dopo una voce profonda fece tremare le pareti, Gajeel comparve dalla stessa stanza da dove erano sbucati i nemici che chiamava la turchina a squarcia gola mentre si faceva largo tra i soldati che cercavano di rallentarlo. Quando riuscì a liberarsi e a unirsi a loro due l’armatura argentea era ricoperta in più punti dal liquido scarlatto, i capelli neri erano raccolti in una coda alta, qualche goccia di sangue gli era finita sul volto dandogli uno sguardo folle.
«Avete visto Levy?!» Disse quelle parole ringhiando e fregandosene dei nemici alle sue spalle, gli occhi cremisi li fissava con una luce omicida negli occhi e alla fine fu Alexander a rispondergli di no.
Grugnendo Gajeel diede loro le spalle e si mise ad osservare i nemici che gli bloccavano la strada, era bastato quel singolo minuto per farsi circondare completamente senza via di fuga, in più i quattro che stavano fuggendo erano ormai spariti nel nulla. I due uomini si fiondarono contri i nemici che avevano di fronte e Richy li seguì anche se la vocina della coscienza stava iniziando a riprendere possesso della sua testa, facendolo esitare per un momento.
I nemici erano in netta maggioranza ma a loro non importava e continuavano a colpirli cercando di farsi strada lungo il corridoio e raggiungere Levy per scoprire se stesse bene e il generale con la regina. Fu quando Richy colpì un avversario facendolo crollare a terra che si rese conto che c’era qualcosa che non tornava, fermandosi di colpo. Alexander e Gajeel parvero non accorgersene e continuarono a combattere, permettendogli di osservare quello che stava accadendo. Gli uomini in nero non cercavano di parare i colpi, nemmeno ci provavano, si gettavano come dei pupazzi sulle loro armi, facendosi trafiggere e tagliare senza alcuna esitazione. Una volta a terra cercavano di bloccare i loro movimenti tenendogli fermi i piedi o rialzandosi e facendosi colpire nuovamente, non si lamentavano per il dolore, non gemevano quando venivano colpiti e non urlavano quando li attaccavano come invece facevano loro tre.
«Moccioso cosa stai facendo!? Torna subito a combattere!» Gli urlò contro Gajeel ma Richy non si mosse e invece continuò a osservare attorno a se, quegli uomini non volevano farli proseguire, ma perché?
«Fermi! C’è qualcosa che non torna! Ci stanno impedendo di proseg…»
Non riuscì a finire la frase, una spada gli trapassò la spalla destra facendolo urlare di dolore, sentiva il muscolo dell’arto contrarsi istintivamente e stringersi attorno al metallo freddo, mentre il sangue iniziava a colargli in piccoli rivoli. Urlò nuovamente quando gli sfilarono l’arma facendolo cadere in ginocchio mentre con la mano sinistra si stringeva attorno alla ferita, di sfuggita vide l’arma sporca del suo stesso sangue alzarsi verso l’alto per colpirlo nuovamente, e molto probabilmente fatalmente, ma così non fu.
Dal nulla comparve Gerard che riuscì a parare la spada con la sua e a salvargli la vita, gli occhi marroni del generale lo guardarono gelidi, nessuna emozione, nessun sentimento, l’unica sensazione che sembravano trasmettere era superiorità, lui steso a terra e ferito era solo un essere inferiore rispetto a lui, il generale. Lo superò senza dire una parola dirigendosi verso Alexander e Gajeel, dietro il turchino comparve Levy che quando lo vide a terra andò a medicarlo.
«Scusalo…» Queste furono le sue uniche parole.
Richy tornò a guardare attorno a se e notò che da quando il generale era comparso i nemici avevano smesso di attaccare e di farsi uccidere, rimanevano fermi dove erano e in alcuni casi indietreggiavano di un paio di passi. Gli occhi di Gajeel erano puntati sulla figura della turchina che aveva accanto, ormai sollevati nel vederla sana e salva, Richy avrebbe voluto far vedere alla ragazza come il corvino la stava guardando, ma non ce ne fu il tempo, immersi in quel silenzio irreale quando dei leggeri passi iniziarono a risuonare fra le mura tutti si girarono verso quel suono.
Il rumore era regolare, non aumentava o rallentava il suo ritmo, ma si avvicinava inesorabilmente, come la morte si avvicina a un vecchio sul letto di morte. Un brivido di freddo corse lungo la schiena di Richy, non per il dolore o per il freddo, aveva paura di chi o cosa si sarebbe mostrato di lì a pochi istanti ma in contemporanea era eccitato all’idea di scoprire chi potesse anche solo congelare una ventina di nemici con la sola camminata.
Un passo, due passi, gli uomini in nero davanti a loro iniziarono a spostarsi creando un piccolo corridoio per far passare la figura in bianco che li stava raggiungendo, Richy deglutì quando si rese conto che la era la regina. Mirajane stava indossando le stesso vestito perlato di quella mattina, un corpetto di pizzo le stringeva il busto mettendo in mostra il seno prosperoso, mentre la lunga gonna era ricoperta di pizzo creando dei giochi di ombre sulla stoffa bianca. Ora però l’abito era ricoperto di leggere gocce di sangue in alcuni punti, mentre in altri vere e proprie macchie sporcavano il vestito dandole un aspetto macabro. La donna gli ricordava uno di quei fantasmi delle storie dell’orrore che si raccontavano a scuola, una sposa che era stata lasciata sull’altare e che si era vendicata uccidendo il promesso sposo per poi togliersi la vita tagliandosi la gola, non potendo vivere senza il suo amato. Purtroppo però lei non era uno spettro che cercava un modo per mettersi l’anima in pace e passare oltre, era una persona vera ed era la sua regina, che stava camminando verso di loro con una falce in mano, la lama tinta di rosso per il sangue degli avversari, con gli occhi semichiusi e le labbra piegate in un sorriso, che di dolce non avevano nulla.


«A quel punto i nemici fuggirono senza dire nulla in silenzio come erano arrivati, Gerard non ci ordinò di seguirli, ci disse solo che eravamo stati bravi e di andare a riposare e senza dire una parola di più sparì con la regina e Gajeel… Levy mi portò con l’aiuto di Alexander nella mia stanza per curare meglio la ferita e lasciarmi riposare, mi sono addormentato poco dopo e una volta svegliato ero qui…» Richy finì di raccontare gli eventi della giornata prima con quelle parole, non guardò Layla ma fissò la tazza di thè fumante davanti a lui che gli aveva preparato poco prima.
Cosa stava diventando? In cosa lo stava trasformando quell’altro mondo? Ma soprattutto era davvero quel luogo che lo stava facendo cambiare oppure quella parte di lui era sempre stata dentro di sé? Voleva tornare dall’altra parte per scoprirlo, per avere finalmente delle risposte, ma parallelamente non voleva, desiderava rimanere nella vita di tutti i giorni con Ame e la scuola.
«Non posso immaginare cosa tu stia provando in questo momento…» La voce di Layla lo distrasse dai suoi pensieri, si girò a guardarla e vide il volto della castana sorridergli teneramente «Ma bisogna provare a vedere la bellezza collaterale... Stiamo conoscendo nuove persone, persone fantastiche che se non fosse stato per quest’opportunità non avremmo mai potuto incontrare… Cana, Gildarts, Levy, Lucy… Tutti voi!»
Era vero, se non fosse stata per la leggenda non avrebbe mai incontrato Rena, avrebbe accompagnato Ame al negozio di fiori forse, ma non si sarebbero parlati, non avrebbe conosciuto Shira, che ancora non aveva incontrato in questo mondo, forse Tetsu sarebbe rimasto in Italia non trasferendosi mai nella sua classe. Emozioni contrastanti lottavano all’interno del suo corpo, il suo animo avventuroso gli diceva di buttarsi, di fregarsene nel paracadute e correre il rischio, ne sarebbe valsa la pena; mentre quello di sopravvivenza gli diceva di uscirne il più in fretta possibile, anche a costo di sembrare un codardo.
«Credo sia inutile pensarci… Continueremo ad andare di là in ogni caso, le battaglie ci saranno come ci sono state gli anni passati… Levy come sta? Non passa quasi mai alla locanda!» Richy sorrise al tentativo della ragazza di distrarlo, ma in fondo aveva ragione, era inutile pensarci.
«Sta bene… E’ convinta che il chiodino non provi nulla per lei e non so come farle cambiare idea… E’ davvero testarda come lui!» Prese un sorso del thè per scaldarsi un filo le ossa, fuori continuava a piovere ininterrottamente e nonostante fosse al caldo non si era ancora asciugato del tutto.
«Forse ho qualcosa che può fare al caso nostro… Mia madre prima di morire mi ha lasciato un diario in cui ci sono scritti molti consigli su come conquistare un ragazzo! Potremmo utilizzarlo per aiutare Levy-san!»
«Sicura che io possa vederlo?...» Non voleva violare un ricordo così prezioso per Layla, anche se il suo tono era spensierato aveva capito che ci teneva a quell’oggetto.
«Certo! Non deve rimanere a prendere polvere inutilizzato!» Gli fece l’occhiolino e sparì in cucina alla ricerca del famigerato oggetto. Richy sorrise, aveva fatto bene ad andare lì, ora stava meglio.

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Alenya osservava i paesaggi scorrere veloci dal finestrino del treno, al paesaggio marittimo che era solita vedere ogni giorno venne sostituito prima da alberi e poi da casa, le cuffie nere le schiacciavano leggermente i capelli viola mentre la canzone Amerika dei Rammestein le suonava nelle orecchie a un volume talmente folle che avrebbe potuto stordirla, ma non stavolta. Distrattamente riuscì a sentire che con la prossima fermata si sarebbe raggiunto il capolinea, si alzò in piedi recuperando la borsa con dentro poco o nulla e attese insieme agli altri passeggeri che il treno si fermasse e che poi le porte si aprissero. Fuori stava piovendo copiosamente ma lei si era scordata l’ombrello, scrollò le spalle distrattamente, non le importava più di tanto, aveva altro per la testa in quel momento.
Quella mattina se ne era andata di casa, voleva rimanere sola a pensare senza far preoccupare il suo fratellino Jona, anche se non avevano alcun legame di sangue, si sarebbe accorto subito che qualcosa la stava tormentando e avrebbe fatto di tutto per aiutarla, anche se quel mondo era qualcosa al di sopra delle sue capacità. Così se ne era andata per schiarirsi le idee e per capire i piani di Laxus, distrattamente si toccò il ciondolo che aveva al collo, una pietra rossa che poteva generare scariche elettriche in battaglia. Girava per le strade sconosciute e deserte, mentre i pensieri si affollavano nel suo cervello creando solo più caos e disordine di quanto non ce n’era già, nulla sembrava avere senso, sapeva che era la cosa giusta aiutare quel mondo, aiutare la regina, Erza, a porre fine a quella guerra secolare, se lo sentiva nel profondo dell’animo. Eppure quando tornava nel suo mondo tutto sembrava solo un sogno distante, le motivazioni che l’avevano spinta ad accettare di combattere per il regno futili e facilmente discutibili, potrebbe morire in quel luogo e probabilmente anche in questo mondo, avrebbe abbandonato Jona, ma soprattutto Jova.
Gli occhi erano velati da un leggero strato di lacrime, non vide qualcuno sbucare dal nulla proprio davanti a lei finendogli addosso e cadendo poi all’indietro. Alzò lo sguardo per scusarsi ma quando lo fece dei capelli verdi la fecero sussultare e mormorò appena il nome dell’uomo che pensava di avere davanti, la persona che l’aveva salvata da piccola, che si era presa cura di lei e di cui si era innamorata.
«Jova…»
«Mh?... Ma guarda chi si vede! Tu sei Alenya giusto? L’ultima volta che ti ho vista però eri un po’ più brilla di come sei ora eheh…» Quelle parole e la voce diversa la risvegliarono dal suo viaggio fra le nuvole.
Un uomo sul metro e ottanta era chino su di lei con un sorriso da strafottente in faccia, l’ombrello trasparente copriva entrambi dalla pioggia incessante, un tatuaggio di un drago trafitto da una spada compariva da sotto la maglietta sul braccio sinistro. Alenya ci impiegò qualche istante a ricordarsi dove l’avesse visto ma le parole sulla sbronza la aiutarono, era uno dei guerrieri dell’altro regno, se la memoria non le faceva brutti scherzi il suo nome era Alexander.
«Che simpatico che sei… Ah-ah…» La ragazza si rialzò ignorando la mano dell’uomo che voleva aiutarla, non lo diede a vedere ma la sorprese vedere per la prima volta un altro guerriero, stava cominciando a temere di essere pazza.
«Che ragazza simpatica, hai il ciclo per caso?» Alexander le mostrò un ghigno e a lei venne voglia di tirargli uno schiaffo, se quello era il suo senso dell’umorismo era davvero pessimo.
«Questa è la tua tattica per conquistare le ragazze? Ti avviso che non funziona granché!» Gli diede le spalle e incominciò a camminare verso la stazione, ma dopo due passi si dovette fermare per guardarsi attorno. Prima era così presa dai suoi pensieri che non aveva badato a dove stesse andando, ma ora non sapeva dove fosse, e a pensarci bene non sapeva nemmeno in che città era.
«Ti sei persa per caso?... Potrei accompagnarti se me lo chiedi per favore ihih…» Alenya non gli vedeva il volto ma sapeva che stava ancora sorridendo come poco prima, strinse i pugni e i denti, avrebbe preferito stare da sola ma aveva bisogno di aiuto.
«Mi accompagneresti alla stazione?... Per favore?...»
«Ma certo!» Ghignò soddisfatto e la ragazza dovette mordersi la lingua per non insultarlo, poi però fece qualcosa che la sorprese, le mostrò un sorriso sincero e la coprì con l’ombrello, non riuscì a capire se se lo fosse solo immaginato o meno che incominciarono a camminare all’interno dell’edificio da dove lui era uscito.
«Questa è una scuola non una stazione!… Pensavo mi avresti aiutata!»
«Lo farò dopo che ti sarai asciugata, dovunque tu debba andare può aspettare fino a quel momento. Se quando torneremo di là dovremo affrontarci non voglio avere una ragazzina col ciclo e raffreddata!» Ghignò di nuovo e in quel momento l’avrebbe voluto colpire davvero con un pugno, anche solo per sfogare lo stress che la attanagliava da giorni.
Entrarono nell’istituto e diversi ragazzi poco più piccoli di lei di età, anche se più alti in altezza, salutarono Alexander chiamandolo prof e lui ricambiava cordialmente, l’uomo la precedeva di qualche passo permettendole però di studiarlo. Era più alto di lei, probabilmente arrivava al metro e ottanta, i capelli verdi erano corti ma folti e spettinati, non facendolo sembrare affatto un professore liceale, soprattutto il tatuaggio sul braccio sinistro che aveva visto prima e il piercing sul sopracciglio destro. Si fermarono all’improvviso e per poco Layla non sbatté contro la sua schiena.
«Oggi ho già finito tutte le lezioni, infatti stavo tornando a casa prima di imbattermi in te, qui non dovrebbe disturbarci nessuno…» Aprì la porta che avevano davanti ed entrarono nella palestra.
Layla si permise di prendere qualche istante per osservarsi attorno, non era mai andata a scuola e quella era la prima volta che ci entrava. A due lati della stanza c’erano due canestri da basket che scendevano dal soffitto, una parete era occupata da una serie di gradoni con alcuni posti a sedere, mentre dall’altra parte c’era la parete d’arrampicata.
Seguì ancora Alexander ed entrarono in una stanza che prima le era sfuggita, sacchi con dentro palloni da calcio, basket e rugby erano sparpagliati un po’ ovunque, come corde e racchette da tennis.
«Tieni!» Le lanciò un asciugamano e una felpa che riuscì a prendere al volo, si passò il primo nei capelli violetti e si mise la felpa subito dopo, ora che non era più sotto la pioggia il freddo stava iniziando a farsi sentire, facendole venire piccoli tremori e la pelle d’oca.
Non si dissero nulla mentre lei si asciugava, Alexander si era appoggiato a una parete con le braccia incrociate e osservava il cielo scuro dalla piccola finestra, lo sguardo però era perso nel vuoto, probabilmente come lei anche lui cercava di mettere ordine ai pensieri e agli avvenimenti nell'altro mondo.
Stranamente quel silenzio non le piaceva, nonostante avesse cercato la solitudine e la pace per poter riflettere ora non la voleva, tutti i dubbi che prima le attanagliavano l'animo erano spariti, la paura di essere pazza era scoppiata come un palloncino dopo averlo incontrato.
«Sei il primo dell'altro mondo che incontro nel nostro…»
«Sì? Tu sei la… terza se ricordo bene! Tetsuya e Richard sono studenti di questa scuola, anche se non miei allievi» Sorrise leggermente guardando verso dalla porta come se i due ragazzi potessero comparire da un momento all'altro, poi prese una sedia e la girò sedendosi al contrario e appoggiando le braccia e il mento sullo schienale «Era stato strano se non addirittura inquietante, vedere quel ragazzino il giorno prima e poi ritrovarmelo nei sogni… Entrambi credevamo di essere impazziti, soprattutto quando una volta a scuola anche l'altro aveva fatto lo stesso sogno!»
Layla non replicò ma capiva perfettamente quello che loro avevano provato, anche se dal lato opposto della medaglia. I primi sogni credeva fossero solo coincidenze, poi i sogni divennero realtà di giorni e settimane, aveva provato a parlarne con Jova e Jona, ma non riuscivano a capirla, e come avrebbero potuto? Quando poi aveva sentito la storia che c'era dietro a quel mondo non aveva potuto non accettare di aiutarli, entrambi i regni soffrivano e i soldati di entrambe le fazioni uccidevano amici e compagni, forse anche fratelli e sorelle.
Il volto sfigurato del suo comandante le venne in mente come un fulmine, chissà lui per cosa lottava? Sapeva che era stato imprigionato per aver commesso qualche crimine ma non sapeva quale, l'aveva allenata nel bosco da soli per poi ingaggiarla nel suo esercito privato quando aveva visto la grinta e la rabbia che l'animava, i due uomini e la donna che aveva incontrato e con cui setacciava la foresta non avevano mai raccontato nulla dell'uomo, ma poteva vedere nei loro occhi quanto gli fossero leali, come vedeva in quelli neri di Laxus la determinazione nell'arrivare al suo obiettivo, anche a costo della sua vita.
«Per quale motivo un uomo rischierebbe la propria vita? Cosa lo muove?» Alexander alzò leggermente il sopracciglio col piercing, sorpreso della domanda, ma non fece domande a sua volta per chiedere spiegazioni.
«Alcuni per un'ideale, i martiri per esempio sono morti per dimostrare al mondo la fede che avevano nel loro signore… ma personalmente credo sia l'amore, non per forza l'amore da matrimonio ma anche quello fra familiari e anche amici…»
Poteva essere così? Laxus stava davvero rischiando la vita per amore? Non lo sapeva, ma l’avrebbe scoperto.
«L’amor che move il sole e l'altre stelle…»



ANGOLO AUTRICE
*Si nasconde dietro una colonna* Saaalve... Scusate il tremendo ritardo, spero che ci sia ancora qualcuno che segua questa storia, io non mi arrendo e continuo ad aggiornare (megio tardi che mai no? ^^'). Sono molto contenta di come sia uscito questo capitolo, mi sono ripresa bene dal periodo di crisi, sono piena di idee e odio l'università che mi impedisce di fare quello che vorrei!
Spero di star dando abbastanza spazio a tutti gli OC e di non dimenticarmi di nessuno di loro, ma soprattutto spero di starli rendendo al meglio, in caso scrivetemi e cerco di sistemare u.u
Le cose si sono smosse leggermente in questo capitolo, un Flashback ci racconta cosa è successo durante l'attacco e finalmente è comparsa la Mirajane demoniaca! Vi assicuro che la tempesta non finisce qui, ho in mente molte altre cose per le coppie che si stanno creando e soprattutto per quelle originali del manga! Natsu e Lucy avranno un piccolo ruolo nel prossimo capitolo e Laxus e Mirajane si incontreranno per la prima volta! E sto dicendo tutto questo per invogliarvi a continuare a leggere...
Ditemi che ne pensate con una recensione e per chi non ha ancora inviato i poteri gli ricordo di farlo! Se no rimane povero e sfigato!
Vi linko la mia pagna facebook dove potrete tormentarmi per pubblicare... 
https://www.facebook.com/Celty23efp/

A presto!

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Capitolo 11
*** Sangue ***


Dettagli personaggi!
Team Erza:
- Tetsuya Kuroda (per gli amici Tetsu)
  Alto circa un metro e settanta e leggermente muscoloso, capelli corti neri e spettinati, gli occhi sono rosso cremisi. Ha una cicatrice sul collo causatagli da un allenamento con la Katana. Utilizza, appunto, la Katana di famiglia, di sport pratica karate e Iaido (arte marziale con la katana).
  E' un ragazzo molto chiuso in se stesso a causa della morte dei genitori quando era piccolo, dentro però è ancora un ragazzo dolce e gentile, che farebbe di tutto per i suoi amici. Si è trasferito in Giappone durante l'anno scolastico ed è finito in classe con Richy. Ha 19 anni.
- Emma Diaz.
  E' una ragazza alta, abbronzata, dagli occhi azzurro ghiaccio e i capelli neri, il seno è abbastanza prosperoso. Ha una piccola cicatrice sul sopracciglio che si nota a fatica. E' una persona abbastanza isolata, ma basta un po' di pazienza con lei, che risponde male e cerca di non essere avvicinata, e alla fine ci si riesce senza essere insultati. E' un'ottima stratega anche se le piace essere nella mischia, principalmente pratica pallavolo, ma anche calcio e basket.
  Utilizza due spade come armi da combattimento, ma viene tenuta in grande considerazione per la sua abilità di analisi tattica. E' alquanto sboccata, gioca spesso con una ciocca dei capelli quando è sovrappensierio e si morde le labbra quando è nervosa. Ha 18 anni
- Kenryoku Kaede
  Alto poco meno di Gajeel, i capelli neri, corti e ribelli, mentre gli occhi sono del colore del ghiaccio. Pratica Judo e da sempre ha una passione per i cavalli e ha un tatuaggio raffigurante un cavallo al galoppo sulla scapola sinistra.
  Non è molto paziente e spesso è impulsivo, mangia in maniera spropositato senza ingrassare, non è per nulla ingenuo, anzi è molto intelligente, ma a volte dispettoso. Sua madre è un'esperta di botanica, trasmettendogli l'amore per la natura andando a vivere, con i suoi genitori, in campagna. Ha 18 anni.
- Alenya Kay
  Alta circa un metro e sessanta, tonica, agile e longilinea, i capelli viola e mezzicorti leggermente mossi, con un ciuffo medio sulla fronte, occhi castano chiaro. Ha diverse cicatrici sulla schiena a causa del suo passato.
  Ama stare per i fatti suoi, leggendo o ascoltando musica Hard-rock. Odia essere presa sottogamba perché una donna, quando in realtà è perfettamente in grado di difendersi. E' brava con ogni tipo di arma e le cambierà in continuazione, preferendo però l'uso del bastone.
  E' abbastanza taciturna e chiusa in se stessa, è caparbia e sembra scontrosa, ma è solo un modo per proteggersi e quando la si conosce si scopre come è realmente, risultando simpatica come ogni altra ragazza. Ha 21 anni.


Team Mirajane:
- Alexander Vanier
  Abbastanza alto (circa sul metro e ottanta), capelli verdi e fisico muscoloso; ha un tatuaggio sul braccio sinistro rappresentante un drago trafitto da una lama, sul sopracciglio destro ha un piercing. E' stato in accademia per un certo periodo, ma poi è stato espulso perché troppo indisciplinato, così è tornato a studiare e andando poi a lavorare come professore di ginnastica nella scuola di Richy e Tetsuya. Utilizza il Twinblade e ha praticato il Judo.
  E' autoritario con i suoi studenti, odia i bulli ed è molto indisciplinato, è distaccato, odia effusioni e spesso è sarcastico (finendo con l'esagerare), diventando un po' stronzo. Ha 24 anni.
- Richy (Richard) Blake
  Ragazzo alto, dagli occhi rossi e capelli neri; ha un carattere gentile e scherzoso, ma sa essere serio nei momenti opportuni, nonostante sia socievole gli piace stare da solo. Pratica la Boxe e saprà usare diverse armi (arco e spada), ma principalmente utilizza la Kusarigama. Ha 19 anni e odia i capelli verdi.
- Rena Hoshumiya
  I capelli sono color carta da zucchero, mossi e lunghi fino a metà della schiena con una folta frangetta che termina sopra gli occhi rossi. Ha un incarnato olivastro e abbronzato, è abbastanza alta e non ha curve troppo abbondanti. Adora andare al mare e nuotare, ha il segno degli occhialini sulla fronte, le piacciono le leggende e ha iniziato a leggere i tarocchi.
  Pratica karate da quando era bambina ed è capace di stendere un uomo adulto senza problemi, come arma utilizza il Kyoketsu-shoge. Sta studiando un corso di storia antica all'università.
  E' una persona gentile e cordiale, e tiene molto alle persone a lei care, diventando violenta per proteggerle; è una persona matura e di una grande abilità analitica. Ha 22 anni
- Shira Endogu
  Mulatta, estremamente magra nonostante la ginnastica artistica, gli occhi sono castani e i capelli neri, è alta poco meno di una metro e sesanta, ha una seconda scarsa di seno. A causa del suo passato e delle sue discendenze africane, che le permettono di percepire gli spiriti, ha un problema di schizzofrenia con tre personalità (non so bene come spiegarlo scusate :(...). La prima è verbalmente aggressiva, la seconda molto timida e molto facile alla depressione (è quella che riesce a percepire gli spiriti), infinte la terza è la vera lei (che compare principalemente quando fa ginnastica artistica) è molto decisa, per nulla diplomatica ma mai volgare o offensiva.
  Come arma utilizza il Ring-blade, arma che le ricorda gli esercizi col cerchio nella ginnastica ritmica (facendola diventare la vera Shira). Ha 21 anni.


Team Fairy Tail:
- Layla Wolfen
  E' una ragazza, ma viene scambiata per un ragazzino di dodici anni a causa del suo aspetto, bassa e con poche curve, ha la pelle leggermente abbronzata, i capelli corti, arruffati e marroni, gli occhi color miele. Le piacciono i rumori del bosco ed è molto brava a cucinare, ma soprattutto adora correre (sport che pratica ogni volta che può).
  Utilizza come arma dei pugnali, perché facili da maneggiare e meno pesanti di una katana. Layla è aggressiva e istintiva come un animale, ma sa essere dolce e protettiva verso i cuccioli e bambini, è molto combinaguai e odia la tecnologia. Ha 18 anni.
- Heriot Jainko
  Alto un metro e settanta, capelli neri abbastanza lunghi che gli ricadono davanti al volto, gli occhi sono grigi e solitamente spenti, tranne quando deve combattere che si accendono di una strana luce. Gli manca il canino superiore destro, visiile quando sorride, ha un tatuaggio di un serpende intorno al bicipite.
  E' un ragazzo abbastanza apatico e gli interessa soltanto lottare, praticava boxe ed era considerato una promessa, ma gli venne proibito di salire nuovamente sul ring perché troppo violento. E' disinteressato ai soldi che vince tramite incontri clandestini, gli interessa solo lottare. Come arma utilizza degli artigli misti allo stile da boxe. Ha 22 anni.




 
Sangue

La sera era arrivata in fretta quel giorno, la tensione nell’aria era palpabile e ogni persona che incontrava nel corridoio aveva il volto crucciato e scuro, il mese di pausa che era stato pattuito stava ormai terminando assieme agli ultimi raggi del sole che illuminavano il castello. L’albina sospirò sconsolata, il giorno seguente i due regni si sarebbero incontrati nuovamente sul campo di battaglia, ma questa volta con anche i prescelti ad assistere. Non erano ancora pronti per affrontare la vera e propria guerra, ma ormai non avevano più tempo per aspettare, dovevano vedere con i loro occhi cosa succedeva nel loro mondo, dovevano imparare a considerare il regno di Mirajane suo nemico, e con esso tutti i suoi guerrieri.
La ragazza fermò la sua camminata, diretta verso una stanza ben precisa, e sospirò amareggiata, quando la natura si era ribellata alla pace che gli uomini avevano stipulato lei era solo una bambina, non aveva capito cosa fosse successo di preciso, sapeva solo che i suoi genitori erano morti e che avrebbe dovuto dire addio a Natsu per sempre. Le scappò un sorriso quando ripensò ai pianti e alle suppliche che aveva fatto, chiedendo a sua sorella di lasciarla andare con lui perché se ne era innamorata, e lei glielo aveva concesso, Mirajane l’aveva lasciata andare con il rosato e Erza dall’altra parte del regno per permetterle di essere felice, perché aveva visto negli occhi di Lisanna che non era solo una cotta giovanile quella per Natsu. Aveva fatto giurare a Erza di prendersi cura di lei, di trattarla come una sorella se non addirittura come una figlia, e lei aveva accettato con le lacrime agli occhi, perché lei aveva capito a cosa stava rinunciando Mirajane, mentre la bambina che lei era all’epoca no.
«Hey Lisanna! Cosa succede?» L’albina alzò gli occhi azzurri e vide suo fratello maggiore Elfman davanti a lei osservarla con la testa leggermente inclinata. Anche lui l’aveva seguita nell’altro regno preoccupato per la sua sicurezza e incolumità, le era stato accanto in ogni momento, sostenendola quando si era finalmente resa conto che non avrebbe potuto vedere mai più Mirajane.
«Nulla di importante! Stavo andando da Natsu per augurargli buona fortuna per la battaglia di domani!»
«E’ da uomo sostenere gli amici!» L’albina sorrise per la strana frase detta dal fratello, era diventato una specie di mantra per lui «L’ho visto prima andare nelle stanze di Lucy! Credo dovessero discutere qualcosa per domani!» Lisanna sgranò leggermente gli occhi ma non perse il sorriso, ringraziò Elfman e si diresse verso la camera della bionda con uno strano peso nel petto.
Lucy era diventata la consigliera della regina qualche anno prima, diventando subito amica di Gray e Natsu, innamorandosi di quest’ultimo non molto tempo dopo. L’albina si morse un labbro a quei pensieri, lei vedeva come gli occhi castani brillavano quando vedevano il rosato, vedeva come il suo sorriso era più luminoso quando le rivolgeva la parola. Lo sapeva perché era lo stesso sentimento che provava lei.
Sentì la risata di Lucy a un paio di porte di distanza, rallentò il passo per non farsi sentire e si avvicinò alla porta della camera trovandola semichiusa, un piccolo spiraglio le permise di vedere cosa stesse succedendo all’interno. Non era una spiona e non seppe perché non bussò semplicemente per augurare il meglio a entrambi per il giorno seguente, però rimase lì, con l’occhio turchese appoggiato allo spiraglio, ascoltando e osservando con il cuore in gola che batteva a mille.
«Natsu smettila di farmi il solletico! Ahaha Per favore!» Erano entrambi sdraiati sul letto della bionda, Natsu aveva le mani appoggiate sui fianchi della ragazza e un sorriso a trentadue denti sul volto, aveva smesso di farle il solletico ma non aveva interrotto quel contatto.
«Andiamo Lu! Domani torno sul campo di battaglia… non mi vuoi far scaricare un po’ di ansia?» Il sorriso gentile e quasi bambinesco era scomparso dal volto del rosato, mostrandone uno invece più malizioso, che fece arrossire Lucy fino alla punta delle orecchie.
«M… Ma N-Natsu! Non credo sia il caso… in più ecco… noi cosa…Ah!» Non riuscì a finire la frase perché Natsu le aveva morso la base del collo e aveva poi iniziato a succhiare con avidità, facendo uscire dei leggeri gemiti di piacere dalle labbra della bionda.
Lisanna si tappò la bocca con le mani per evitare che qualche singulto le scappasse facendola scoprire, quando il ragazzo si spostò per baciare con passione Lucy, sul collo di quest’ultima era comparso un segno rosso tendente al viola molto evidente, le mani esperte del soldato iniziarono a spogliare la stratega della stoffa che le nascondeva la pelle, scoprendo un seno e iniziando a leccarlo con bramosia. Le lacrime scendevano copiose e silenziose sulle guance e poi sulle dita dell’albina, che osservava la scena con gli occhi spalancati e incapace di distogliere lo sguardo, il cuore invece di fermarsi come sperava aveva iniziato a battere anche più forte, le gambe erano molli e non volevano ascoltare la sua parte del cervello che diceva loro di andarsene.
«Natsu… Ah…» Mentre con le labbra le torturava i seni con le mani iniziò a spogliare se stesso, mostrando i muscoli allenati dai duri allenamenti che faceva ogni giorno e solcati da diverse cicatrici che si era procurato durante le battaglie.
Finalmente riuscì a muoversi e a scappare da quella scena, corse più che poté lontano da quella stanza, da quel piano del castello, dal castello stesso, cercando un luogo familiare e sicuro dove poter piangere tutte le sue lacrime e la sua tristezza. Quando riuscì ad uscire dal palazzo la sera era ormai calata completamente e l’oscurità aveva avvolto tutto ciò che la circondava, ma lei continuò a correre con la vista sfuocata a causa delle lacrime, mentre sentiva il cuore andare in mille pezzi per la scena che aveva appena spiato. Inciampò in una radice sporgente cadendo miseramente al suolo ma non si rialzò, preferendo rimanere per terra a piangere la sua solitudine, in quel momento avrebbe tanto voluto andare da sua sorella e chiedere conforto, ma aveva scelto l’amore invece della famiglia e ora era stata tradita anche da quello. Non era corretto dire che era stata tradita, perché lei e Natsu non si erano giurati amore eterno, lei non si era nemmeno mai dichiarata continuando a rimandare quel momento attendendo un momento migliore, ma gli anni erano passati e lei non era mai riuscita a trovare il coraggio, non poteva biasimare nessuno se non se stessa.
Strinse i pugni e iniziò a picchiare il terreno con forza, cercando di sfogare la sua sofferenza in qualche maniera, ma era tutto vano, era talmente concentrata sul proprio dolore che non sentì il rumore di passi che si avvicinavano a lei.
«HEEEYYY~ Cosa ci fa una baby come te nella foresta di notte?...» Lisanna alzò il volto ricoperto di lacrime e terra, vedendo la figura di un uomo chino su di lei e due occhi scuri brillare nella notte che la osservavano.

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«Uhn altroh!...» La donna sollevò il boccale di legno scuro ormai vuoto verso la castana dietro al bancone, era arrivata a Fairy Tail quella mattina presto con l’intento di affogare le sue ansie e le sue paure nell'alcol, sperando di dimenticarsi il motivo per cui voleva bere lasciandole solo un gran mal di testa, si era seduta su una delle tante sedie del bancone e da lì non voleva più muoversi finché non avesse raggiunto quell’obiettivo.
«Eccomi eccomi… non credi di stare un po’ esagerando?...» Cana le riempì il boccale fino all'orlo con un liquido ambrato, non sapeva cosa fosse di preciso e non le importava più di tanto bastava che facesse effetto, ignorò completamente la domanda e si gettò sulla bevanda finendola pochi istanti dopo sotto lo sguardo preoccupato della ragazza.
«Un altro!»
«No mia cara cameriera… per oggi non ti servo più nulla finché non mi hai raccontato cosa ti è successo per ridurti in questo stato…» Cameriera, è così che si faceva chiamare da Cana e Gildarts quando andava nella loro locanda, nessuno doveva scoprire che lei, la regina Mirajane, fosse lì ad ubriacarsi come un qualunque popolano, sarebbe stata un bersaglio troppo facile per coloro che volevano ucciderla, e di nemici ne aveva fin troppi al momento.
Appoggiò la guancia rossa e accaldata sul legno freddo guardando quello che aveva attorno ma senza vederlo completamente troppo persa nei propri pensieri, Cana sospirò e la lasciò riflettere in pace per andare a servire altri clienti. Mirajane si ricordava perfettamente quello che era successo qualche giorno prima, quando quegli uomini in nero li avevano attaccati non lasciandole alcuna possibilità se non quella di far uscire l’altra se stessa, quella che sapeva combattere e che uccideva senza alcun rimorso, ormai erano anni che succedeva, sul campo di battaglia era costretta a lottare per la propria vita e per quella dei suoi uomini, ma non si era ancora abituata. Ogni volta che succedeva si chiudeva in un guscio protettivo, fuggiva via dal castello travestendosi da una qualsiasi cameriera e si tirava il cappuccio fin sopra la testa per nascondere i lunghi capelli albini, poi andava al Fairy Tail alla ricerca di un luogo di pace e tregua. Chiuse gli occhi cercando un po’ di riposo nell’oblio del sonno, ma invece dell’oscurità opprimente si trovò davanti le facce spaventate e sorprese di Richy e Alexander, gli occhi di entrambi sbarrati dall'orrore mentre la mente cercava di elaborare quello che avevano davanti.
Un rumore accanto a se fece riaprire a Mirajane le pupille appesantite dall'alcol, un uomo grosso il doppio di lei dai corti capelli biondi, un mantello logoro era appoggiato sulle spalle impedendole di vederne gli abiti. Solo in quel momento si rese conto che il solito chiacchiericcio era completamente sparito, sostituito da uno strano silenzio. Osservò meglio lo sconosciuto che aveva accanto, ordinò una birra e quando Cana gliela portò Mirajane poté vedergli il braccio muscoloso e solcato da diverse cicatrici ormai vecchie e bianche, sentendosi osservato l'uomo si giro verso di lei puntando i suoi occhi neri come la pece in quelli azzurri e puri di lei, mostrandole una cicatrice più profonda sull’occhio destro. Era Laxus Dreyar, il generale di Erza.
«Ma guarda un po’… Dall'odore di alcol mi aspettavo di trovarmi davanti un uomo di mezza età grasso e pelato, non una normale sguattera!» Quella era la prima volta che lo incontrava di persona, poco dopo che lei era stata incoronata lui si era fatto rinchiudere nelle prigioni per alto tradimento alla regina e per aver ucciso i propri compagni, erano in pochi a sapere il motivo di quelle azioni, forse solo Erza stessa e lui sapevano la verità. Lo osservò finire in poche sorsate la birra persa nei suoi ricordi di anni addietro.
«Cosa succede cameriera? Ti sei incantata? Guarda che se continui a guardarmi mi consumi…» Non doveva rispondere alla sua provocazione, era lì per dimenticare e non doveva dare nell'occhio, ma quando gli vide comparire sul volto un ghigno malizioso e strafottente, credendo di averla messa in imbarazzo, non riuscì più a trattenersi.
«Questa è una novità! Chi l'avrebbe mai detto che il famoso Laxus Dreyar, l'uomo così spietato da uccidere i suoi stessi uomini, sapesse fare le battute!» l'uomo contrasse la mascella indispettito dal commento dell'albina, che quando vide che Cana gli aveva riempito nuovamente il boccale ci si fiondò sopra senza pensarci due volte. «E questo me lo prendo io!»
Lo finì in poche sorsate facendo scoppiare a ridere il generale accanto a lei, non si aspettava quella reazione da parte del biondo e sobbalzò quando con forza batté una mano sul legno spesso del tavolo.
«Cana! Portamene un altro! E dove tenevi nascosta una furia del genere? Ahahah»
«Arriva subito… Infatti lei non dovrebbe essere qui in questo momento… vero cameriera?» Mirajane cercò di evitare lo sguardo accusatorio della proprietaria per non sentirsi in colpa, sapeva che quello non era il suo posto, ma nemmeno il trono lo era, o il campo di battaglia. Sbuffando si girò verso Laxus e lo trovò ad osservarla attentamente con quelle pozze nere che aveva per occhi, sembrava quasi che l’oscurità stessa si fosse solidificata per permettergli di vedere, ma al loro interno Mirajane ci vide solo una profonda tristezza e una rabbia indomabile. Che fossero stati sempre così? Gli occhi di un assassino spietato? Oppure lo erano diventati solo dopo tutti quegli anni di prigionia?
«La cameriera ha un nome? O devo continuare a chiamarti in questa maniera?» Un altro ghigno beffardo gli comparve sul volto distogliendola dai propri pensieri, era abbastanza ubriaca da attirare l’attenzione del generale nemico su di se, ma non abbastanza per rivelargli il suo nome.
«Cameriera è più che perfetto! E invece cosa ci fa qui addirittura il generale Dreyar? Fra tutte le persone che mi aspettavo di incontrare qui tu eri proprio l’ultimo… Cerchi qualcuno da uccidere per divertimento?» L’alcol le stava dando alla testa, lei non era così, non faceva irritare le persone, non le giudicava per sentito dire, eppure era esattamente quello che stava facendo in quel momento, stava istigando Laxus, il generale dell’esercito nemico che avrebbe potuto stritolarle il collo con una mano a ucciderla. Era davvero così disperata?
«Se fosse stato così tu ti saresti appena offerta volontaria mocciosa…» Le lanciò uno sguardo truce con quegli occhi quasi inespressivi che le fecero venire i brividi, poi si girò a prendere un sorso dal boccale di birra ancora pieno.
«Per tua fortuna sono qui solo per bere e rilassarmi prima della battaglia di domani…» Lo disse senza guardarla, troppo concentrato ad osservare il liquido ambrato all’interno del boccale di legno, Mirajane guardò fuori dalla finestra e vide che ormai si era fatto buio, aveva passato l’intera giornata lì a bere, era tempo di tornare al castello a prepararsi. Si alzò e anche se barcollante fece qualche passo verso l’uscita, passò accanto all’uomo e lì si bloccò quando sentì un borbottio provenire dal biondo, che attirò la sua attenzione.
«Come se una semplice mocciosa possa capire cosa si provi a uccidere e ciò che comporta…» nonostante fossero state solo parole borbottate contro il boccale lei le aveva sentite benissimo, trovandosi incapace di fare un nuovo passo quando comprese il loro significato, gli occhi azzurri come il cielo fissavano nel vuoto un'immagine che poteva vedere solo lei, i corpi dei nemici cadere come foglie da un albero, mentre lei si macchiava del loro sangue.
Girò su se stessa trovandosi di fronte la schiena possente di Laxus ancora coperta dal cappotto, appoggiò una mano minuta sulla spalla muscolosa dell’uomo, che girò leggermente la testa sorpreso da quel contatto improvviso, Mirajane si avvicinò al suo orecchio e parlò, non sentita dalle persone che li circondavano o da Cana nell’altra stanza.
«Non posso capire eh?... Cosa vuol dire trapassare una persona con la propria arma, imbrattare il proprio corpo col suo sangue caldo e viscido… Ma la cosa peggiore ovviamente non è questa, è vedere i loro occhi imploranti guardarti terrorizzati mentre esalano l’ultimo respiro, e quegli occhi poi li vedi ovunque, nei tuoi sogni li senti gridare, pregare, e se provi a rimanere sveglio appena chiudi gli occhi loro sono lì, a fissarti come se li stessi uccidendo in quello stesso momento…» Lo sentì sghignazzare e solo in quel momento si rese conto di aver detto troppo, lei doveva essere una semplice cameriera, non una ragazza che aveva provato cosa volesse dire uccidere, si morse il labbro maledicendosi da sola.
«Cameriera eh?... Non ti si addice proprio come nome… Demonessa mi sembra più appropriato ihih…» Prese un lungo sorso della birra, appoggiò il boccale vuoto sul bancone e si alzò girandosi verso di lei, sovrastandola completamente in altezza e facendola sentire piccola. Gli occhi scuri la guardavano con una leggera punta di divertimento, si abbassò per arrivare alla sua altezza e si fermò a pochi centimetri dal suo volto. Se la regina non fosse stata già rossa per l'alcol sarebbe arrossita per quella vicinanza improvvisa.
«Spero di fare un’altra bevuta con te Demonessa…» Mise qualche moneta sul bancone e se ne andò senza aggiungere altro, lasciandola imbambolata a capire cosa fosse appena successo, non si accorse nemmeno che Cana era tornata e la chiamava leggermente preoccupata.

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Rena si rigirava la carta che aveva trovato a Fairy Tail qualche giorno prima pensierosa, da allora altre domande si erano sovrapposte a quelle che aveva già e che non avevano ancora trovato risposta. Qualcuno di sconosciuto li aveva attaccati all’improvviso, mentre lei e Shira non erano al castello, da quello che le aveva raccontato Alexander prima e poi il generale Gerard non era stato un attacco a sorpresa dell’altro regno, i soldati erano vestiti completamente di nero e sulle armature non c’era nessun emblema.
La carta della Luna, la diciottesima degli arcani maggiori raffigurante un cielo nero privo di stelle o di quel satellite naturale di cui l’acqua blu scuro ne rifletteva però uno spicchio, girava su se stessa utilizzando uno spigolo come perno, sostenuta da un dito dell’azzurra, i cui pensieri vorticavano alla stessa velocità e altrettanto cupi. Richy era stato ferito a una spalla durante il combattimento e quegli uomini in nero avevano puntato subito a lui e ad Alexander. Rena chiuse gli occhi e fece un profondo respiro cercando nella sua memoria qualche cosa nei libri di storia che aveva studiato qualcosa che potesse aiutarla a capire la situazione attuale, ma l’unica opzione plausibile era che fossero stati ingaggiati da qualcuno per uccidere i famosi guerrieri, ma anche quell'ipotesi faticava a reggere. Sconfortata lanciò la carta contro la sua Kyoketsu-Shoge e si sdraiò sul materasso sbuffando, da quello che aveva capito quegli uomini si erano comportati come dei burattini, si facevano ferire apposta senza provare dolore, e anche quei pochi che avevano catturato non avevano cambiato atteggiamento, non rispondevano alle domande, non parlavano o mangiavano, e una strana caratteristica che li accumunava era il fatto che tutti quanti, anche i cadaveri, avevano lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava quasi magia.
Un leggero mal di testa la avvisò di aver sforzato troppo i suoi poveri neuroni, suggerendole di fermarsi per quella sera che un'altra questione più urgente richiedeva la sua attenzione. Quando lei e gli altri guerrieri erano comparsi i due regni si erano concordati per un periodo di tregua di un mese, nel quale li avrebbero allenati e gli avrebbero spiegato cosa stesse succedendo nel loro mondo, e il termine di quella tregua era la mattina seguente. Loro quattro però non erano ancora pronti, non erano diventati abbastanza bravi per poter contrastare un esercito, per poter respingere più attacchi per diverso tempo, per sopravvivere, quindi Gerard aveva impedito loro di prendere parte alla lotta dell’indomani, avrebbero osservato la battaglia da un luogo sicuro insieme alla regina, per osservare e apprendere. Però dopo gli ultimi avvenimenti c’era un’altra possibilità, rimanere al castello con Levy e cercare informazioni sugli uomini in nero che li avevano assaliti, capire cosa fosse successo a quei soldati per ridursi in quella maniera catatonica, e scoprire chi voleva che la guerra continuasse, chi voleva tutte quelle morti.
Richy e Shira avevano già deciso di rimanere lì, entrambi con motivazioni diverse che avevano deciso di non condividere con gli altri, Alexander al contrario preferiva andare a vedere l’azione, voleva osservare i suoi futuri avversari, alcuni li aveva già visti al Fairy Tail, ma voleva vedere le loro vere capacità, Rena invece non sapeva ancora cosa fare. Forse le conveniva andare ad allenarsi ancora un pochino per schiarirsi le idee, in fondo quando aveva lottato con Heriot poi si era sentita più leggera, come se un peso si fosse tolto dalle sue spalle, sorrise leggermente a ripensare a come lo aveva buttato a terra senza alcuno sforzo, suo padre era un maestro di Karate e l’aveva allenata fin da piccola, ora che era cresciuta non aveva alcun problema ad atterrare un uomo grosso il doppio di lei, nonostante dovesse ammettere che il corvino aveva stoffa da vendere. Si alzò, decisa ad andare ad allenarsi per scaricare un po’ di quella tensione che la stava attanagliando da giorni ormai, ma quando puntò lo sguardo contro il muro dove doveva esserci la sua arma non la trovò, vide solo la carta della Luna appoggiata sul pavimento e un qualcosa di piccolo che brillava alla luce della candela, si avvicinò e vide che a brillare non era altro che una piccola catena di metallo, con attaccata una piccola falce, era il suo Kyoketsu-Shoge che si era improvvisamente rimpicciolito. Lo fece girare fra le mani come se fosse stato un gioiello o una collana che si compra in una qualsiasi bancarella il giorno del mercato.
«E ora come ti faccio tornare normale?...» Mentre diceva quelle parole Rena senza accorgersene raccolse la carta della Luna e appena l’ebbe in mano l’arma ritornò alle sue dimensioni originali facendola cadere in avanti per l’improvviso aumento di peso, lasciandola sbigottita e leggermente dolorante.
Nuove domande si affacciavano nella sua mente, ma almeno una aveva trovato una risposta, sarebbe andata sul campo di battaglia, doveva scoprire se esisteva qualche altro tipo di magia all’interno di quel mondo, guardò il tarocco con una nuova luce negli occhi, l’acqua scura che rifletteva una luna inesistente e per un istante le parve di vedere le onde incresparsi contro il bordo della carta.

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Quella era la prima volta che usciva dal bosco che circondava Fairy Tail da quando era arrivata ormai un mese prima in quel mondo, Layla osservava estasiata ciò che la circondava, un enorme campo battuto si estendeva davanti ai suoi occhi, chiedendole di usarlo per correre come ormai non faceva da tempo. Da un lato il campo si estendeva restringendosi, diventando una semplice strada impolverata larga abbastanza da poter far passare un carro, e seguendo quel serpente marrone si arrivava al castello più magnifico che avesse mai visto, le mura rosso mattone si alzavano imponenti, torri come quelle delle fiabe sembravano toccare il cielo con la cima del tetto, un giorno le sarebbe piaciuto visitarlo, magari quando quella guerra fosse finita. La castana si girò dall'altro lato per guardare un altro bosco, ma più piccolo di quello che nascondeva Fairy Tail, gli alberi erano più radi e si riusciva quasi a intravedere il castello bianco di Mirajane, meno imponente di quello dell'altra regina, ma non per questo meno regale e magnifico.
«Guarda come si diverte la tappetta… Non avrei mai immaginato che ti piacesse guardare la gente che si ammazza! Sangue, budella… Ihih» Heriot ghignò divertito dalla sua stessa battuta macabra, il canoino mancante era in bella mostra e a Layla sarebbe tanto piaciuto fargli saltare anche l’altro. Ma purtroppo non ne era in grado, però poteva insultarlo a parole.
«Zitto pazzo psicopatico! Io non sono sadica come te!» Più tempo passava con lui e meno lo sopportava, non faceva altro che allenarsi e sfidare Gildarts, e quando non faceva una di queste due cose spariva nel bosco senza dire nulla a nessuno, non aiutava mai alla locanda e anzi importunava Cana lanciandole frecciatine a doppio senso a cui lei rispondeva, smettendo di lavorare.
Il corvino non rispose al suo insulto troppo preso da altro, Layla lo guardò di sottecchi, qualche giorno prima era riuscito finalmente a stendere Gildarts sotto gli occhi sbalorditi di tutti loro, aveva sfruttato la forza del colpo che l’uomo voleva infliggergli per buttarlo a terra, le aveva ricordato molto una mossa di karate o di una qualche arte marziale, ma non l’aveva mai visto utilizzarla prima, purtroppo non era riuscito comunque a batterlo ma da allora era sempre di buon umore, gli occhi grigi brillavano sotto i capelli lunghi.
Spostò lo sguardo decidendo che era solo una perdita di tempo cercare di capire cosa gli passasse per la testa, anche se il suo istinto le diceva che Heriot stava nascondendo qualcosa, osservò il campo davanti a lei e vide come ormai si fosse riempito dei soldati in armatura delle due fazioni, a capo di quelle a sinistra c'era Erza nella sua armatura scarlatta, i capelli dello stesso colore si muovevano leggeri al soffio del vento, guardava l'altro lato del campo, dove un uomo sulla trentina dai capelli turchesi e un tatuaggio tribale rosso dirigeva l'esercito argentato.
«Chi è quello?» Layla aveva incontrato solo gli altri ragazzi provenienti dal suo mondo e alcuni dei soldati, come Natsu e Gajeel che poteva individuare facilmente grazie alle loro capigliature, il generale Laxus, che era venuto alla locanda la sera prima, la regina l’aveva riconosciuta solo dalla descrizione che le aveva fatto Gildarts.
«È Gerard, il generale della regina Mirajane, spesso lei decide di rimanere in disparte a osservare il combattimento e lascia il comando delle truppe a lui» La ragazza annuì, ricordandosi di quel nome nel racconto che le aveva fatto Richy nel loro mondo, da quello che le aveva detto però la regina sembrava essere una eccellente combattente, allora come mai non combatteva in prima persona come la regina Erza? Stava per porre quelle stesse domande che le vorticavano in testa quando Heriot parlò fermandola appena in tempo e facendole rendere conto che nessuno sapeva dell’attacco che aveva subito quel regno dagli uomini in nero, si morse la lingua ricordandosi di stare più attenta.
«E quelli come mai non sono sul campo di battaglia? Hanno paura per caso? Ihih» Tutti i presenti si girarono verso la direzione indicata dal ragazzo vedendo delle figure avvicinarsi, una di loro era a cavallo e indossava un lungo mantello azzurro con il cappuccio a coprirle parte del volto, gli altri due invece erano a piedi.
Quando furono abbastanza vicini da capire che erano Rena, Alexander e molto probabilmente la regina Mirajane, si fermarono a guardare come loro il campo di battaglia, Gildarts si incamminò verso di loro, Layla avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Cana ma quando si girò vide un altro gruppo di cinque persone avvicinarsi dalla parte opposta e poi fermarsi più o meno alla stessa distanza dei primi.
«Sembra che qualcuno non possa combattere oggi!… Ci divertiremo un mondo!» Cana sorrise leggermente sadica di quella situazione e dalla borsa in finte piume blu tiro fuori una bottiglia di birra stranamente ancora fredda e con le goccioline di condensa che iniziavano a formarsi sul vetro scuro.
Layla sospirò e scosse la testa leggermente, non avrebbe mai capito come faceva la castana ad avere sempre con se un qualche alcolico freddo da cella frigorifera, e in parte non le interessava nemmeno scoprirlo, anche se, l'occhio le cascò involontariamente sul seno prosperoso della ragazza, sulla vita stretta e i fianchi morbidi. Scosse nuovamente la testa più energeticamente di prima ricevendo uno sguardo perplesso da Heriot, ma lo ignorò decidendo di concentrarsi sui guerrieri del regno di Erza appena arrivati.
Emma si era seduta per terra con le gambe incrociate e una mano a reggerle la testa, con aria annoiata e contrariata aveva puntato gli occhi azzurri sul campo dove tra poco si sarebbe tenuta la loro prima battaglia, Kenryoku era in piedi accanto a lei e come la corvina osservava i soldati che si stavano riunendo e mettendo in riga, la katana al suo fianco e un leggero sorriso spensierato sul volto che la fece sorridere a sua volta. Poco più indietro di loro due invece c'erano Tetsuya, Alenya e Lucy, il primo non aveva più i capelli completamente neri come l'ultima volta che l'aveva visto, ma il ciuffo che gli copriva parte della fronte era diventato bianco come la neve appena caduta, gli occhi rossi guardavano nella sua direzione ma non puntavano a lei, puntavano oltre, si girò e capì all'istante. In quel mese era riuscita a fare amicizia con quasi tutti i ragazzi del suo mondo, ogni tanto venivano al Fairy Tail come i loro superiori e a volte stavano solo lì, in un angolo ad osservare ciò che li circondava, altre volte parlavano con lei e gli altri clienti, e altre ancora parlavano con quelli che sarebbero dovuti essere i loro nemici. Tetsuya era uno di questi, spesso parlava con Richy della scuola che li attendeva al loro risveglio, ridendo come buoni amici senza alcun peso sulle spalle.
Ma Richy non si era presentato e aveva saltato la scuola quel giorno per venire a parlare con lei, la preoccupazione era visibile negli occhi scarlatti del corvino, domande senza risposta che si tramutavano in una muta preoccupazione.
Uno scambio di sguardi però la distrasse da quei cupi pensieri, Alexander osservava Alenya con un sorriso misterioso e complice, ricambiato da uno irritato con tanto di braccia incrociate. Durò solo un istante, la ragazza distolse subito lo sguardo per puntarlo sulla regina e il generale che si stavano avvicinando per decretare la fine della pausa.
Layla sorrise, non aveva mai parlato molto con nessuno dei due ragazzi, soprattutto con la violetta, ma dubitava che anche conoscendoli meglio avrebbe capito il significato di quegli sguardi.
Gildarts tornò accanto alla figlia e si sedette accanto a lei dopo aver fatto un cenno con la testa a Lucy, ancora a cavallo con uno sguardo più che sconsolato, gli occhi azzurri ludici guardarono accanto a Rena, in un punto vuoto, per poi spostarsi violentemente verso il campo di battaglia, anche se in verità non lo vedevano.
Un sibilo metallico la riportò alla cruda realtà, Erza e Gerard avevano fatto cozzare le loro due spade una contro l'altra e a quel suono per lei tanto sgradevole i soldati iniziarono a correre l'uno verso l'altro con le armi puntate verso l'alto.
Ancora oggi Layla, se chiudeva gli occhi, riusciva a rivedere la polvere alzarsi a ogni passo degli uomini, nelle orecchie sentiva il rumore del metallo che si scontrava con altro metallo e la svegliava di soprassalto con il fiatone e il sudore freddo. Ma soprattutto si ricordava ancora perfettamente di come lentamente, goccia dopo goccia, il terreno marrone diventava sempre più sporco, ricoprendosi di un liquido scuro e di masse prive di vita che cadevano come foglie rosse e argentee.
«È triste da vedere lo so…» Gildarts doveva aver capito il suo stato d’animo dai suoi occhi castani, spalancati per il terrore e increduli per quello che stavano osservando «Ma voi siete qui proprio per questo, per fermare quello che vedi e riportare la pace in questo regno…» Layla scosse la testa energicamente, no, non era per quello che erano lì, come faceva a non capirlo?
Loro avrebbero dovuto portare la pace in quelle terre, unificare il regno, ma uccidendo degli innocenti, che di male non avevano fatto nulla, massacrando i loro amici che come loro erano finiti in quel mondo all'improvviso avrebbero portato veramente la pace? Si rifiutava di credere che il loro destino era quello di diventare degli assassini, c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò. Prima che potesse rendersene conto i piedi e le gambe avevano iniziato a muoversi di loro iniziativa, togliendosi di dosso la mano gentile di Gildarts e ignorando il suo sguardo preoccupato, il richiamo di Cana e il commento di Heriot, che riteneva non avesse abbastanza fegato per osservare quella scena, ma non era così, lei aveva capito molto più di lui.
Corse nella foresta come non faceva da tempo ormai, corse come se la sua vita dipendesse da questo, lontano da quei rumori assordanti e se avesse potuto anche da quella leggenda. Continuò a correre anche quando i polmoni iniziarono a bruciarle per la poca aria che stavano ricevendo, continuò quando i muscoli delle gambe cominciarono a dolere per lo sforzo. Si fermò solo quando si sentì finalmente al sicuro, il dolce rumore della foresta la circondava calmandole i bollenti spiriti.
Aveva agito d’istinto come spesso faceva, il vecchietto del negozio di Ramen l'avrebbe paragonata a un animale e quel pensiero fugace la fece sorridere per un momento. Se lei era davvero un animale si sentiva come una madre che deve proteggere i propri cuccioli, e in quella situazione i cuccioli erano proprio gli abitanti dei due regni, Gildarts e Cana, le regine con i rispettivi generali. Tutti loro, ormai troppo stanchi per combattere nuovamente contro quella leggenda che si era tramutata in maledizione, senza cercare una via di fuga, una scappatoia, o anche solo un possibile altro significato. Già il fatto che lei e Heriot fossero arrivati in quel mondo anche se non erano previsti era un segno che qualcosa poteva essere cambiato, oppure che qualcosa era andato storto. Forse la stessa leggenda aveva deciso di avvisare i due regni che stavano sbagliando, che quello che stavano facendo era sbagliato, e aveva mandato loro per farglielo capire.
Layla sospirò stanca, stava viaggiando troppo con la fantasia, ma quei giri di pensieri le avevano permesso di capire cosa voleva fare in quel mondo, avrebbe cercato una maniera per salvare tutti quanti, avrebbe studiato la leggenda e la storia di quel mondo, sperando di riuscirci.
«Layla! Finalmente ti ho raggiunto… Certo che corri veloce… Con tutto l'esercizio che mi hai fatto fare mi è passata addirittura la sbronza!... Uff, che fatica…» Cana era appena comparsa da dietro un cespuglio con il fiatone e i capelli scompigliati e quell'immagine fece sorridere la castana. «Scusami, non volevo farti preoccupare… Avevo solo bisogno di un po’ di pace e tranquillità!»
«Non preoccuparti, ma la prossima volta non inoltrarti così tanto nella foresta, non è sicuro…» Cana prese sottobraccio la ragazza e iniziarono a incamminarsi verso il Fairy Tail «Come mai? Ci sono animali pericolosi?»
«Non più del solito, ma tendono a stare ben nascosti anche loro, il motivo per cui è meglio non addentrarsi troppo nella foresta, se non per quella attorno a Fairy Tail, è a causa dei banditi»
«Intendi come Bacchus? Ho notato che ultimamente si fa vedere sempre più spesso alla locanda…» Layla guardò la castana con uno sguardo leggermente malizioso, aveva anche notato come l’uomo sembrava mostrare un certo interesse per la ragazza che aveva a fianco, e il suo istinto le diceva che quelle attenzioni non le dispiacevano affatto. «Ahahah Bacchus è solo un ubriacone altro che bandito! Può farsi chiamare così quante volte vuole ma non cambia la situazione ahahaha… Ritornando al discorso, alcuni come quello là decidono di farsi chiamare “banditi"…» L'ultima parola la disse facendole l’occhiolino e imitando con le dita le virgolette «Ma in realtà sono solo persone che hanno deciso di non far parte di nessun regno, non dovendo così combattere, a modo loro cercano di opporsi alla leggenda… Mentre i banditi a cui mi riferisco non sono normali cittadini, attaccano le case dei paesani per razziare e depredare, uccidendo i proprietari come puro divertimento, come se tutto questo fosse solo un gioco… Godono di questa situazione e probabilmente vorrebbero che non finisse mai…»
«Come mai non ne avevo mai sentito parlare prima?»
«Le persone preferiscono dimenticarsene… non lo fanno spesso e dal vostro arrivo non si sono più mostrati, forse hanno capito che il loro tempo sta per finire e si sono rintanati nella loro tana con la coda fra le gambe! Quando arriverà la pace la regina vincitrice potrà stanarli e fargli quello che si meritano…»
Layla non rispose più lasciando cadere il discorso e il silenzio le circondò, i pensieri della ragazza erano però troppo rumorosi per rendersene conto, stava rimuginando su una cosa che aveva detto prima Cana “vorrebbero che non finisse mai…”. Se fosse stato veramente così, allora potevano essere stati loro ad attaccare Richy, con l'intento di ucciderli tutti per impedire che la leggenda si compisse, e se il suo ragionamento era corretto allora li avrebbero rivisti molto presto…

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Tetsuya camminava in silenzio attorno al castello rosso mattone con le rifiniture nere, alcune gargolle si affacciavano dai muri scuri e sembravano puntare lo sguardo proprio su di lui. Lo giudicavano per la scelta che aveva fatto il primo giorno ritenendola nobile, e lo deridevano per la realtà dei fatti che lo aveva colpito come un'onda anomala, sentiva lo sguardo di pietra su di se ma quando si girava per guardarle a sua volta erano solo statue.
Sospirò amareggiato conscio che quelle sensazioni erano solo frutto della sua immaginazione, quando erano tornati dalla battaglia, la prima di una lunga serie, tutti quanti si erano rintanati da qualche parte. Laxus era scomparso nella foresta, Erza discuteva con Gray di qualcosa nella sala del trono, mentre Lucy e Natsu non sapeva dove fossero, non che gli interessasse più di tanto. Distrattamente iniziò a giocherellare con il ciuffo di capelli che gli erano diventati bianchi, era stato complicato qualche giorno prima trovare una risposta plausibile alle domande più che assillanti di Ame, cavandosela al suono della campanella con una balla sul fatto che ad alcuni i capelli si ingrigivano prima. Non avevano più toccato il discorso in seguito in quanto entrambi erano troppo presi dalla strana assenza di Richy, non gli aveva risposto alle chiamate e nemmeno agli innumerevoli messaggi, in più da quando era tornato in quel mondo non era più riuscito ad andare al Fairy Tail a causa degli allenamenti del generale. Un rumore improvviso di ramo spezzato lo fece girare di scatto, portando d’istinto la mano sull’impugnatura della katana dei suoi avi che portava ormai sempre legata alla vita, un ululato proveniente dalla stessa direzione gli fece perdere la posizione di guardia facendogli fare qualche passo verso di essi.
In mezzo alle foglie e agli alberi seduta per terra c’era Emma, i capelli lunghi e neri arruffati con qualche ramo secco incastrato fra di essi, Fenris, il cucciolo di lupo che la ragazza aveva adottato, era accanto a lei che scodinzolava felice.
«Fanculo!... Non va ancora bene!» Imprecando nuovamente la ragazza si rialzò raccogliendo le due spade bastarde dai riflessi argentei che erano per terra e che Tetsuya prima non aveva notato.
Si mise in posizione d’attacco puntando il tronco di un albero già segnato da diversi tagli, la corteccia presentava diverse aperture mostrando la parte più chiara e morbida del legno. Emma fece ruotare le due lame fendendo l’aria calda dell’estate, per poi conficcarsi nel tronco e bloccarsi lì, Fenris abbaiò facendo scodinzolare la coda scura, credendo che l’allenamento della padrona non fosse altro che un gioco.
«Cazzo! Stupide spade!...» Lanciò via quella che le era rimasta in mano e cercò di tirare fuori quella che era rimasta incastrata nel legno, spazientendosi dopo poco e sedendosi per terra con le gambe incrociate. Fu a quel punto che il ragazzo uscì dal suo nascondiglio rivelandosi con un sorriso gentile in volto.
«Serve una mano?...»
«Se riesci a recuperarmi quella cazzo di spada da quel fottuto albero sarebbe davvero utile… Se no puoi anche levarti dai coglioni…» Nonostante la risposta brusca il ragazzo non si fece intimidire e continuò ad avvicinarsi a lei, in quel mese trascorso insieme aveva imparato a conoscerla. Quel suo comportamento schivo e quasi da attaccabrighe, non era altro che una maschera per proteggere se stessa.
Emma si stava mordendo il labbro mentre teneva lo sguardo fisso sull’arma nel tronco, Fenris invece iniziò a scodinzolare cercando di ricevere qualche coccola dal nuovo arrivato, quel cucciolo di lupo era riuscito a farsi volere bene da tutti al castello.
«Beh posso tentarci, in fondo non ho nulla da fare…» La spada bastarda si era incastrata in una venatura dell’albero, ma trovando l’inclinazione giusta riuscì a liberarla con non troppo sforzo facendo sbuffare la corvina.
«Grazie…» Si sdraiò completamente lasciando cadere le braccia sopra la testa, puntando gli occhi azzurri verso l’alto, ad osservare il vento leggero che spostava le fronde degli alberi e ad ascoltare il fruscio delle foglie e il cinguettio degli uccelli. Anche lui decise di imitarla, sedendosi accanto a lei e chiudendo gli occhi per godersi appieno quel momento, lasciando che le preoccupazioni di poco prima scivolassero fuori da lui, riportando la calma nel suo animo.
«E’ stato strano… Osservare tutte quelle persone morire davanti ai miei occhi…» Tetsuya aprì gli occhi rossi, come il sangue che aveva visto sgorgare qualche ora prima, e anche se erano fissi sulle mura del castello, tutto ciò che vedeva era lo scontro a cui avevano assistito.
«Lo sapevamo quando avevamo accettato che prima o poi sarebbe successo…» Il ragazzo parlava al plurale sapendo di non sbagliarsi.
«Certo… Immaginavo ci sarebbero stati dei morti, ma vedere quei soldati col sorriso sul volto, nonostante i loro occhi fossero tristi e pieni di angoscia… Vedere Natsu sorridere e fiondarsi con la sua ascia contro Redfox, che rispondeva ad ogni colpo con un ghigno… Cazzo è stato qualcosa di inimmaginabile! Misto a follia pura…» Fece un lungo sospiro prima di ricominciare a parlare «Mi sembrava ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto ciò… Per quanto cercassi di immaginarmi il mio futuro non riesco a vedermi a sorridere contro uno degli altri guerrieri, contro Rena o Ricky… Mentre cerchiamo di ammazzarci a vicenda… » Strinse la labbra fra i denti così forte quasi fino a farle sanguinare, Fenris aveva intuito lo stato d’animo della padrona e aveva iniziato a tirarle piccole testate contro il braccio, cercando di rincuorarla.
«Ti stai pentendo della tua scelta…» Emma non rispose, ma Tetsuya poté leggerglielo negli occhi azzurri, in quel momento erano freddi come il ghiaccio, nonostante in altre situazioni potessero essere simili alla neve d’inverno, che portava allegria. «Ti capisco… Ultimamente me lo sto chiedendo anche io… Ma ormai ho fatto una promessa, e anche se adesso farei una scelta diversa la loro situazione non cambia, sono stati costretti ad attaccarsi a lottare fra di loro… Se in qualche modo io posso aiutarli a porre fine a tutto questo lo farò con ogni mezzo a mia disposizione…» Mentre parlava si era alzato in piedi e alla fine del discorso le porse una mano per aiutarla ad alzarsi a sua volta, sperando di averle alleggerito il peso che si portava dentro almeno di un pochino. Come lei aveva fatto con lui senza saperlo, con quella piccola chiacchiera.
«Ti va di allenarci un po’? Non riesco ancora ad usare bene le doppie spade… Sono più pesanti di quelle che ho usato prima e non riesco a bilanciarmi…» Tetsuya annuì ritenendola una buona idea per scaricare lo stress e distendere i nervi che gli avevano causato più di un mal di testa.
Emma raccolse le spade bastarde e si mise in posizione davanti a lui che aveva già estratto la katana di famiglia, le lame delle loro armi riflettevano i pochi raggi del sole che riuscivano ad attraversare le chiome folte degli alberi. Rimasero a studiarsi per qualche istante, facendo giusto qualche passo incominciando a girare uno attorno all’altro attendendo il momento più adatto, pochi istanti dopo si scagliarono in contemporanea uno addosso all’altro.
Per Tetsuya era difficile stare dietro alle due spade della ragazza con solo una katana, ma non impossibile, parava ogni colpo ormai quasi con naturalezza e ogni tanto riusciva pure a contrattaccare, facendo notare a Emma alcuni errori, ad esempio che si faceva trascinare dal peso delle sue armi. Così come faceva lui però faceva anche lei, consigliandogli di giocare di più di gambe e non rimanere così statico. In questo loro allenamento Fenris era rimasto in disparte ad osservarli, la lingua di fuori e la coda che scodinzolava, ogni tanto lo sentivano abbaiare e ululare sotto il clangore del metallo delle loro armi.
Il tempo passò e loro avevano finalmente preso il giusto ritmo, Emma si era abituata al peso della spade e si muoveva più fluidamente, Tetsu rispondeva agli attacchi muovendosi come in una danza, un passo avanti due indietro, uno laterale. Si stavano divertendo, entrambi avevano un sorriso sul volto e le preoccupazioni e le ansie di prima erano completamente sparite, come per magia, niente più pensieri, niente più mondi e guerre.
Un ululato diverso da quello di prima lo fece fermare e indietreggiare di qualche passo, Fenris era completamente sparito ma l’ululato proseguiva, si girò verso la fonte e vide Emma con un mantello nero fatto completamente di pelo. Gli occhi erano nascosti da un cappuccio dello stesso materiale ma riuscì a vederli perfettamente quando decise di fiondarsi su di lui a una velocità che prima non aveva, gli occhi azzurro ghiaccio che aveva imparato a conoscere erano completamente spariti, sostituiti da un paio giallo con le pupille allungate come i felini. Riuscì a parare un colpo e poi un altro indietreggiando per la forza che la ragazza ci aveva impresso, riuscendo ad ottenere un momento di pausa e notando come le due spade avessero cambiato colore, non erano più argentee ma completamente bianche con alcune linee nere.
«Emma?...» Lo fissò per un momento interminabile, le iridi stavano tornando del loro colore naturale, perdendo quella nota fluorescente.
«Tetsu?...» La ragazza cadde a terra ritornando come era prima, niente più mantelli o cappucci, e Fenris era accanto a lei stremato quanto la padrona.
Tetsuya andò a vedere come stesse e la trovò con gli occhi spalancati ad osservare il cielo, stettero in silenzio per qualche istante finché non scoppiarono entrambi a ridere, chissà perché poi, non c’era nulla di buffo in quello che era appena successo, eppure non riuscivano a smettere.
«Certo che sei strana forte tu!»
«Senti chi parla! Ahahah Diciamo solo che formiamo una bella squadra!» Emma si mise seduta a fare qualche carezza al cucciolo di lupo.
«Non solo l’unico allora a cui cambiano colore i capelli!» La ragazza si guardò le lunghe ciocche scure e vide che le punte erano diventate argentee, se le fece passare fra le dita studiandole attentamente, come ipnotizzata, ma poi un altro dettaglio catturò la sua attenzione, uno strano simbolo era comparso sul suo polso, nero come l’inchiostro.
«Cazzo e questo come lo spiego ai miei?!»

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Shira prese un profondo respiro, chiuse gli occhi e iniziò a meditare, ascoltando con gli altri sensi ciò che la circondava, sentendo sulla pelle il leggero vento tiepido d’estate, che la faceva calmare e le distendeva i nervi, ma soprattutto sentiva le voci dei suoi ormai compagni borbottare poco distante da lei.
Avevano passato la mattinata a leggere quasi tutti i libri della libreria del castello, cercando informazioni sul controllo mentale, l’ipnosi o altro ancora, dovevano scoprire cosa fosse successo agli uomini che li avevano attaccati e se c’era una maniera per farli tornare indietro. Levy era quella che si impegnava di più, aveva letto più tomi di tutti loro messi assieme ma non avevano trovato ancora nulla.
La corvina riaprì gli occhi consapevole che non era la sola che guardava attraverso di essi, ma non cercò di combattere quelle presenze, le lasciò vedere quello che vedeva lei. Richy sfogliava un libro di miti e leggende antiche, era arrivato a circa un quarto ma ormai non lo leggeva nemmeno più, osservava solo le figure distrattamente, facendo ogni tanto una leggera smorfia di dolore per la ferita alla spalla. Levy era accanto a lui, china su un tomo da un migliaio di pagine e circondata da una pila più alta di lei, indossava degli occhiali rossi molto appariscenti e si era legata i capelli turchesi in una coda alta. Juvia non era molto distante da Shira, aveva smesso quasi subito di leggere, decidendo di allenarsi con i pugnali, anche se spesso la sentiva fantasticare a mezza voce su possibili storie amorose.
Chiuse nuovamente gli occhi e prese un profondo respiro, sentiva i loro pensieri contrastanti, che dicevano che era una stronzata quello che stavano facendo, e che ormai non c’era più nulla da fare, le loro anime erano andate. Si concentrò di più su quella, ricordandosi di come quella sua personalità riuscisse a vedere le anime dei morti, e quindi anche i corpi senza anima.
“Questa è magia nera… E solo un qualcuno di molto esperto è in grado di utilizzarla senza subirla a sua volta…”
«Anche qui nulla…» Levy gettò il libro con forza, facendolo scivolare lungo il tavolo e cadendo poco dopo a terra con un sonoro tonfo, Shira riaprì gli occhi neri come la pece di scatto per il rumore improvviso.
«Ormai è chiaro che non troveremo le informazioni che stiamo cercando in questi libri… Solo che all’interno del castello non ce ne sono altri!» La ragazza iniziò a picchiettare con le dita sul legno scuro del tavolo, mentre con una mano si reggeva la testa, aveva le guance gonfie e gli occhi castani guardavano un po’ ovunque senza mai fermarsi su qualcosa in particolare.
«Senti Levy… La regina, il comandante, un po’ tutti voi avete un’idea su chi ci ha attaccato giusto?...» Richy aveva chiuso a sua volta il libro, puntando lo sguardo scarlatto sulla turchina, che lo guardò un momento prima di rispondere.
«Sì… Ma sono solo ipotesi, non ne siamo certi…» Dei rumori provenienti dal corridoio interruppero Levy e fecero girare le teste dei presenti in quella direzione. Shira faceva profondi respiri cercando di rimanere concentrata e di non cadere nel panico, ripetendosi le parole che le aveva detto la regina Mirajane “Tu puoi controllarle, devi rendere più forte il tuo spirito e quando lo sarà abbastanza, sarai in grado di vivere una vita normale, con loro accanto come delle sorelle”.
I soldati che erano partiti quella mattina presto camminavano stanchi per il corridoio, alcuni erano feriti e fasciati in più punti, i sani invece li aiutavano a camminare o chiamavano le serve per preparare l’infermeria e il pasto, altri ancora erano stesi su delle barelle, coperti fin sopra la testa da un telo bianco. Dopo poco comparvero anche Gajeel e Gerard, dando ordini a destra e a manca, erano sporchi di terra e fango, ma non erano feriti gravemente. Levy sospirò di sollievo vedendo che il corvino era sano e salvo, riprendendo così il discorso nonostante il rumore in sottofondo.
«La foresta è divisa in due zone, quella sicura in cui si trova il Fairy Tail, mentre il resto della foresta è occupata da un gruppo di banditi, che si divertono a creare caos sfruttando questa guerra…» Si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi leggermente arrossati prima di continuare.
«Si fanno chiamare Tartaros, non si sa di preciso chi ne fa parte e in passato quando le guardie riuscivano a catturare qualcuno loro non tradivano i loro superiori, non hanno mai neanche rivelato dove si trovasse la loro base... E misteriosamente morivano tutti dopo un paio di giorni… Abbiamo provato a cercare per conto nostro la loro base, ma i soldati non sono mai tornati indietro, e l’esercito non può permettersi di dividere troppo le forze, se no i soldati di Titania sfonderebbero le nostre fila senza problemi…»
«Ma… Se uno dei due regni dovesse vincere, la leggenda si rivolterebbe contro la popolazione come in periodo di pace o no?...» Richy si massaggiava la spalla mentre osservava la reazione della ragazza, non notando così Juvia che si allontanava, neppure Levy sembrò vederla, ma Shira sì. Lei e le altre sue personalità osservarono la Bluette uscire lentamente dalla stanza e una volta fuori correre per il corridoio, si chiesero il motivo di quelle azioni, ascoltando solo in parte il discorso intrapreso da Richy e Levy.
«Un tempo c’è stato un uomo, un tiranno, che era riuscito a controllarli entrambi per un breve periodo, senza alcuna ripercussione… Il popolo però era scontento del suo modo di governare, faceva preferenze, privilegiando i suoi sudditi originali, facendo vivere nella fame quelli acquisiti… In questa maniera si è creata la paura che succedesse nuovamente, che il sovrano si sarebbe approfittato del suo potere, non è questa la situazione, la regina e tutti noi lo sappiamo, ma il popolo ha ancora paura. Consegnare il regno come se nulla fosse creerebbe un caos inimmaginabile… i sudditi si rivolterebbero causando ancora più morti di quelli che avvengono con la guerra attuale…» Il silenzio calò nella stanza, lasciando in sottofondo i vari rumori del castello.
«Parlando d’altro… Con il Chiodino come va?...»
“Questi argomenti mi interessano! Un po’ di piccante finalmente!” Seguendo quel pensiero non suo, Shira iniziò ad ascoltare più attentamente, perdendo la posizione di meditazione e iniziando a farsi una treccia con i lunghi capelli neri.
«Eh… Ehm Ecco… Come al solito direi! Lo rispetto e lui rispetta me… Niente di più…» Levy iniziò ad attorcigliare su un dito una ciocca azzurra che era sfuggita dalla coda.
«Stavo parlando con una mia amica e ci è venuta in mente un’idea che forse potrebbe funzionare… Per vedere se lui è davvero interessato a te come credo io o meno come invece dici tu…» Shira non si stupì più di tanto di quelle parole, aveva notato la maniera in cui Levy osservava Gajeel, e aveva anche visto come lui la prendesse in giro cercando una scusa per poterla toccare, anche se solo come poggia braccio.
«Richy ti ho già spiegato che non c’è nulla…»
«Certo certo, Shira, tu che ne pensi?» La ragazza puntò gli occhi scuri in quelli scarlatti di Richy, mentre Levy sbuffava indispettita per l’interruzione.
«Secondo me gli piaci, non riesce a esprimere i propri sentimenti essendo troppo orgoglioso e quindi ti prende in giro… E’ molto comune nel nostro mondo, non sapere come attirare l’attenzione della persona e quindi finire col farle i dispetti...» Finito il suo discorso prese un codino che aveva attorno al polso e si chiuse la treccia appena finita, Richy guardò soddisfatto la turchina e riprese a parlare.
«Visto?! Non sono l’unico a pensarlo, quindi vuoi tentare o preferisci rimanere col dubbio in eterno?»
«E va bene! Almeno la smetterai di assillarmi… Sentiamo quale è questo “piano”?...»
«E’ molto semplice, devi farlo ingelosire!»

La battaglia era finita, e come sempre in pareggio, entrambi gli eserciti si erano scontrati con ferocia ma col sorriso sul volto, incapaci di provare odio per le persone che stavano affrontando. L’armatura ormai gli pesava sulle spalle come un macigno, una volta nelle sue stanze poté liberarsi di quella ferraglia ma il peso che provava nel petto non era sparito.
Gerard sospirò esausto e si lasciò cadere sul materasso mentre il pensiero iniziava a vagare libero, soffermandosi di tanto in tanto sulle persone che aveva ferito e forse anche ucciso, cercando di ricordare se li conosceva o meno, se il loro volto gli fosse in qualche modo familiare, ma nulla. Una capigliatura però, rossa come il sangue, la riconosceva eccome, unica fra un milione, la regina Erza Scarlett, conosciuta anche come Titania. Bella quanto letale, capace quasi di occuparsi da sola di tutto il suo esercito, una tecnica con la spada impeccabile, più volte l'aveva osservata e mai aveva visto un’apertura, che non fosse intenzionale ovviamente.
Si alzò di scatto scacciando quei pensieri, non doveva lodare un suo nemico, presto uno dei due avrebbe ucciso l'altro liberando finalmente il regno, in più aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento. Doveva rintracciare la regina, che era sparita di nuovo, e decidere la prossima mossa, magari mandando Juvia in ricognizione, più di una volta si era infiltrata senza essere scoperta, ma da quando si era infatuata di Fullbuster era fuori controllo.
I vestiti gli erano ancora incollati addosso, la pelle ricoperta di sudore e terra non riusciva a respirare correttamente lasciandolo accaldato e rendendolo sempre più nervoso. Prima di qualsiasi altra cosa era meglio farsi un bagno nel lago vicino al castello.
Per i corridoi non c'era anima viva, così come all'esterno del palazzo, erano tutti troppo occupati per potersi rilassare, i soldati erano in mensa a mangiare o in infermeria a farsi curare le ferite, mentre le domestiche si occupavano di loro. Arrivò al lago dopo poco e quasi senza rendersene conto perso ancora nei meandri della sua mente, con gesti automatici si tolse i vestiti liberando la pelle e facendo scontrare il vento tiepido contro i muscoli temprati da mille e più allenamenti. Si risvegliò completamente da quello stato di trance quando l’acqua fredda gli arrivò al livello dello stomaco, rimase fermo per qualche istante godendosi quella frescura dolce e pungente, poi si tuffò bagnandosi completamente. Riemerse poco dopo prendendo un profondo respiro per poi immergersi nuovamente, fece questa operazione un paio di volte finché non si sentì soddisfatto ed emerse spostandosi i capelli turchesi dal volto, passandosi una mano sul viso e sul tatuaggio tribale rosso.
Gerard iniziò a galleggiare sulla superficie cristallina del lago, mentre altri pensieri tornavano a invadergli la testa, prepotenti e asfissianti, Mirajane era la sua regina, una regina amata dal suo popolo perché buona e giusta, ma non era adatta a regnare, lo sapevano entrambi. Lei non riusciva a combattere come faceva Scarlett o come lui, senza pensieri e senza rimorsi, lei si preoccupava di quelle vite, non voleva ferirle ma in questa maniera non riusciva a fare il loro bene. Era ancora impressa nella sua mente la prima volta in cui avevano obbligato quella povera ragazzina a combattere, una spada più grande di lei, le braccia che tremavano per la paura e per il peso dell’arma. Il punto di non ritornò arrivò quando uccise per la prima volta, qualcosa in lei si ruppe, si spezzò in due, creando due Mirajane, un angelo e un demone, una che non riusciva a uccidere e l’altra che ci prendeva gusto.
Sospirò chiudendo gli occhi e lasciando che il vento lo cullasse, non era il momento di pensare a quei ricordi, doveva essere forte per la sua regina. Il volto di una donna però comparve dal nulla, dallo sguardo deciso e fiero, ma dai lineamenti delicati, circondati da una capigliatura scarlatta, da cui derivava il suo cognome. Nessuno poteva sentire i suoi pensieri e lui non li avrebbe mai rivelati a voce alta, si permise quindi di ammettere a se stesso qualcosa che aveva sempre taciuto.
Quanto trovasse affascinante Erza e quanto la riteneva la regina perfetta, amata dal popolo ma decisa in guerra, temuta dai nemici e anche dai soldati, che però la rispettavano come superiore, e che lui avrebbe seguito più che volentieri, ma il fato li aveva messi su due sponde diverse del fiume.

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Juvia correva veloce nella foresta, nessuno l’aveva vista uscire e nessuno l’aveva fermata, finalmente poteva raggiungere il suo amato e scoprire come stesse dopo la lotta di quella mattina, teoricamente lui non avrebbe dovuto partecipare in quanto spia e assassino, ma tutto poteva succedere. Quando aveva visto Gerard e Gajeel tornare con solo qualche graffio si era tranquillizzata, ma poi il suo pensiero era volato subito al suo Gray-sama, una freccia volante poteva averlo colpito mentre era distratto, oppure mentre camminava nel bosco si era punto con una pianta velenosa, oppure ancora poteva aver ingerito un frutto letale e ora era steso agonizzante in un letto attendendo il bacio del vero amore per poter guarire! Ma questo era nulla, Juvia aveva il terrore che qualche strega dei boschi l’avesse visto in giro mentre era in ricognizione e se ne era innamorata a prima vista, decidendo di rapirlo e trasformarlo nel suo schiavo sessuale personale.
«Juvia verrà a salvarti Gray-sama!»
Persa nelle sue fantasie prese una scorciatoia, passando per una zona della foresta che in teoria non avrebbe dovuto attraversare, Fairy Tail era lontana e tutto ciò che la circondava in quel momento era territorio di Tartaros, e lei era da sola. Rallentò leggermente il passo per fare meno rumore e cercò di concentrarsi sui rumori che la circondavano, il cinguettio degli uccelli, il passo degli animali sul manto erboso, il vento tiepido che smuoveva le foglie, creando una melodia dolce e piacevole.
Proseguì cauta e con i sensi sempre all’erta, ma proprio quando credette di essere uscita dal loro territorio e riusciva a intravedere il castello scuro in lontananza sentì un ramo spezzarsi e diversi passi muoversi verso di lei, riuscì a nascondersi dietro un cespuglio appena in tempo.
«Che schifo… Credo di aver calpestato una merda!» Un giovane uomo era comparso da dietro un albero, i capelli biondi che gli coprivano l’occhio sinistro erano lisci tranne in due punti in cui erano diretti verso l’alto come per formare due orecchie.
«Sta zitto Jackal… Non dobbiamo farci scoprire» Una seconda figura spuntò seguita da diversi soldati vestiti in armatura su cui c’era il simbolo della regina Mirajane, Juvia sgranò gli occhi, loro non erano loro uomini, quindi perché indossavano le loro divise?
«Non rompere il cazzo Ki-Suu, io dico quello che voglio! E poi non manca molto al castello, cosa vuoi che vada storto?» La ragazza si sistemò cercando di osservare meglio le figure dei due individui, il primo, Jackal, le dava la schiena permettendole di vedere una coda spuntagli dai pantaloni, del secondo invece non poteva vedere il volto, in quanto nascosto da una strana maschera, che lo faceva apparire senza pelle e senza carne.
«I tuoi pupazzi sembrano funzionare bene… Ma non sono comunque riusciti ad uccidere i prescelti kuahahah» Scoppiò a ridere e la coda iniziò a sferzare l’aria a destra e a sinistra, rischiando quasi di colpire le foglie che la nascondevano.
Ki-Suu non rispose alla provocazione e anzi lo ignorò completamente, spostandosi leggermente permettendo ai soldati di avanzare verso la città che circondava il castello.
«Tzè… Noioso come sempre… Se il primo attacco al castello bianco non è andato a buon fine perché questo dovrebbe essere diverso?...»
«Perché questa volta il nostro intento non è di uccidere i prescelti, ma di creare caos e morti…» Jackal cominciò a sghignazzare facendo venire i brividi a Juvia, era una risata malefica e sapeva che il suo volto, anche se non poteva vederlo, traspariva la sua crudeltà.
«Kuahaha ecco perché li hai vestiti come dei soldati qualunque… Così la colpa ricadrà sull’altro regno! Ahhh spero non uccidano qualcuno di forte… Voglio menare le mani un po’ anche io!»
Il mondo attorno alla ragazza scomparve, non c’erano più i due uomini di Tartaros accanto a lei, non era più nella foresta ma era nel castello che aveva davanti, Gray era steso a terra ricoperto di sangue e trafitto da più lame, circondato da quegli uomini con la sua stessa armatura. Non poteva accettarlo, non poteva permetterlo doveva fare qualcosa… Doveva…
CRACk
Senza accorgersene si era mossa calpestando uno dei pochi rami secchi rimasti per terra, non riuscì a fare nulla se non chiudere gli occhi quando vide Jackal muoversi e toccare le foglie che la nascondevano, deglutì e attese il colpo. Un’esplosione la lanciò indietro di qualche metro, lontana dai due uomini, il fumo creato dal fuoco le impediva di vederli, ma come non poteva farlo lei, non potevano nemmeno loro.
Si mise in piedi e una fitta allo stomaco la fece crollare a terra per un istante, doveva andarsene da lì, doveva avvisare Gray-sama e dirgli che non erano loro ad attaccarli, che Juvia non sarebbe mai riuscita a fargli del male.
Si morse il labbro cercando di farsi forza, un leggero rivolo di sangue scese dal taglio che si era appena procurata con i denti ma lei non ci badò, si alzò nuovamente in piedi e si mise a correre, ignorando il pulsare sempre più forte al fianco, doveva raggiungerlo per salvarlo. Dopo pochi passi dovette premersi la ferita con una mano per cercare di fermare il sangue che usciva copiosamente, ma il fluido denso e caldo ignorò la mano continuando a riversarsi a terra, passandole fra le dita e dove non riusciva a coprirlo.
La vista iniziò a diventare sfuocata e il passo sempre più lento, rallentando inesorabilmente, riusciva a intravedere le case della città, ma il castello era ancora lontano, non sarebbe riuscita ad arrivare in tempo. Le gambe le cedettero al limitare del bosco, uno o due alberi al massimo la nascondevano dagli abitanti che chiacchieravano allegri, ignari di quello che sarebbe successo.
«Hey… Ma tu sei la cameriera di qualche tempo fa… Chi ti ha conciato così?» Gli occhi blu scuri si erano chiusi, ma le orecchie erano riuscite a percepire quella voce e a riconoscerla.
«Guardie! Portatela subito al castello, deve essere medicata all’istante!» Dei passi confusi si muovevano attorno a lei, sentì delle braccia forti stringerla e spostarla dal suo giaciglio, scaldandola leggermente.
«Gray… Sama…» Le sue parole erano poco più di un sussurro, ma lui riuscì lo stesso a sentirla avvicinandosi al suo volto per poter capire cosa stesse dicendo.
«Tartaros sta… Non sono Mirajane… Gray-sama è in pericolo…» Poi il buio.


Angolo autrice
... Saaalve, spero di non essere uccisa per questo immenso ritardo, ma spero più che altro che ci sia ancora qualcuno che segua ancora questa storia, io lo ripeto per tranquillizzarvi, anche se dovessero passare mesi dal mio ultimo aggiornamento (come è appena successo ma vediamola come una pausa estiva? Ma chi voglio prendere in giro...) io continuerò a pubblicare questa storia finché non sarà finita!
Io sono molto soddisfatta di questo capitolo e prego (perché ormai non è più sperare) che sia piaciuto anche a voi, ho iniziato a introdurre diverse coppie anche di Fairy Tail, alcune più esplicite mentre altre si stanno solo muovendo, stessa cosa per le coppie dei personaggi OC.
Ricordo per chi non mi avesse inviato i poteri di inviarmeli, perché se no rimarrebbe senza e sarebbe povero e sfigato rispetto agli altri!
Per potermi insultare e per sapere se sono ancora viva ricordo che c'è la mia pagina facebook https://www.facebook.com/Celty23efp/
A presto e fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo con una recensione ^^

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