Reign of Love di JovaDepp (/viewuser.php?uid=434692)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La regina dal cuore di cristallo ***
Capitolo 2: *** Ritorni inattesi ***
Capitolo 1 *** La regina dal cuore di cristallo ***
Buongiorno, buon pomeriggio, buonasera.
In qualunque momento della giornata tu abbia deciso di leggere questo primo capitolo io e Fiore ti ringraziamo.
Questa è la storia di Mary e Francis. A me e alla mia collaboratrice piace così tanto la storia di questi due e questa serie tv, che abbiamo deciso di mettere per iscritto quello che abbiamo visto e di cui ci siamo innamorate, soffermandoci anche e soprattutto sui sentimenti che i due protagonisti hanno provato.
A scrivere questa storia siamo due di noi, così come due sono i protagonisti: Fiore si concentrerà sui capitoli dedicati a Mary, scavando nelle sue emozioni, mentre io mi occuperò di dar voce ai sentimenti di Francis. Sperando di fare un buon lavoro, vi salutiamo. Buona lettura!
Baci reali a tutti!
La regina dal cuore di cristallo
Capitolo I
L'aria fresca di metà maggio mi colpì in pieno viso appena spostai la tendina blu ceruleo per poter guardare fuori. I ciliegi appena sbocciati lungo la strada, il sole caldo e il profumo di lavanda provenzale portato dal vento mi fecero capire di essere quasi giunta a destinazione.
Gli alberi ondeggiavano e sparivano alla mia vista in maniera lenta, quasi misurata: segno che la carrozza procedeva tranquillamente lungo il suo cammino, e guardando per un attimo verso il cielo azzurro mi tornarono alla mente le parole di Celeste, la madre Superiora del convento nel quale avevo trascorso tutta la mia infanzia e buona parte della mia adolescenza.
"Vostra Grazia..." Disse quel giorno mentre passeggiavamo in giardino. "Siete stata promessa in sposa al futuro re di Francia non appena vostra madre vi diede alla luce, ora il momento di sposarvi è arrivato, la vostra unione con Re Francis rafforzerà l'alleanza politico-militare voluta dai vostri rispettivi Paesi, questo matrimonio proteggerà i fragili confini scozzesi dai continui attacchi dei vostri numerosi nemici, sposandovi salverete il vostro popolo e voi stessa. Sarete finalmente al sicuro." Continuò pacata.
"Ho paura... " Ammisi piano a mezza voce.
"Lo so, ma è giunto il momento di compiere il vostro dovere verso vostra madre, verso i vostri sudditi, verso la Francia e la Scozia. Questo è il vostro compito in quanto futura regina; Francis è un uomo buono e diventerà un grande Re, un giorno regnerete insieme l'uno accanto all'altro. Lui vi amerà... vi proteggerà... non dovete dubitarne mai."
Diventare la regina consorte di Francia era un mio dovere certo, ma l'amore... l'amore era concesso a persone come noi? Francis mi avrebbe mai amata? In fondo l'amore è un sentimento irrilevante nei matrimoni combinati per l’interesse di due Nazioni. I re sposano alleanze, non regine; conquistano terre, non cuori e non potevo fare a meno di pensare che anche per Francis fosse lo stesso. In cuor mio però speravo non fosse così, speravo che Francis fosse diverso e che la nostra unione fosse molto più di un'alleanza come tante altre, che lui permettesse al suo cuore di innamorarsi di me e che a sua volta il mio cuore fosse pronto ad amarlo.
Mi ritrovai così a pensare all'ultima estate trascorsa insieme da bambini, nello splendido castello dei Valois, le corse sul prato, il suono della sua voce, le ore perse a giocare a nascondino. Ricordo ancora il giorno in cui giocando a cuscinate sul letto di Henry e Catherine finimmo per rompere le federe e ci ritrovammo completamente ricoperti di piume d'oca, tanto che la servitù se le ritrovò tra i piedi per un'intera settimana.
Francis aveva riso così tanto, ma vedendomi piangere aveva subito smesso. Piangevo perché di lì a poco ci saremmo dovuti separare senza sapere quando ci saremmo rivisti, piangevo perché ero costretta a tornare in Scozia e dovevo lasciare lì il mio migliore amico. Questo però non lo dissi a nessuno perché la fragilità non doveva essere vista negli occhi di una futura regina, così quando Francis si avvicinò a me e mi chiese "Mary perché piangi? " risposi singhiozzando "Guarda come mi hai ridotta, sono brutta. Le Regine non dovrebbero esserlo."
Lui scese dal letto, e si sdraiò sul pavimento sorridendomi a testa in giù.
"Non è vero, sei carina: carina come la mamma..."
Il brusco arrestarsi della carrozza interruppe il mio fantasticare, riportandomi alla realtà.
Il cuore cominciò a battere all'impazzata, quasi volesse uscire fuori dal petto.
Eccolo qui l'istante in cui la mia vita sarebbe cambiata, il momento di accettare le responsabilità dell'essere una futura Regina era finalmente arrivato ed io stavo per andare incontro al mio destino. Speravo solo che quest'ultimo non fosse con me troppo crudele.
Scesi dal calesse e mi guardai distrattamente intorno alla ricerca delle mie dame.
"Mary siamo qui!"
Mi voltai nella direzione da cui avevo sentito provenire quella voce e vidi Aylee scendere dalla sua carrozza porgendo la mano al valletto per non rischiare di inciampare nella gonna troppo ampia.
Lady Aylee Livingston figlia di Lord Alexander Livingston, primogenita di Annabelle, fu scelta da mia madre all'età di quattro anni come mia dama di compagnia. Suo padre, nonché mia guardia personale, è uno dei Lord più ricchi di tutta la Scozia ma a lei non sembra importare molto.
La piccola Aylee, possedeva una bellezza fragile e delicata, i lunghi capelli dorati, la carnagione leggermente pallida, il naso un po’ all'insù tempestato da una miriade di lentiggini e le piccole gote meravigliosamente rosse, simili alle mele baciate dal sole in estate la facevano somigliare ad una bambolina di pregiatissima porcellana veneziana.
Si avvicinò a me e si inchinò insieme alle altre dame prima di abbracciarmi calorosamente.
"Vostra Grazia, siete arrivata finalmente!" Esclamarono in coro sciogliendo l'abbraccio poco dopo.
"Oh ragazze, mi siete mancate così tanto..."
"Anche noi abbiamo sentito molto la tua mancanza." Disse Lola sorridendo timidamente.
Lady Lola Fleming figlia di Malcolm Fleming e Janet Stewart, oltre ad essere una delle mie dame era anche una mia lontanissima cugina. A quanto pare fu questo a convincere mia madre a prenderla a corte per istruirla e prepararla a questo momento.
Anche lei era bella anche se del tutto diversa da Aylee, i ricci castani le scendevano morbidamente lungo le spalle ed i suoi meravigliosi occhi color zaffiro potevano fare invidia alle muse dei più grandi pittori parigini.
Sentimmo improvvisamente squillare le trombe e il mio cuore riprese a martellare così forte da mozzarmi il respiro.
Stava arrivando.
Guardai davanti a me sperando di vedere Francis, ma rimasi delusa nello scoprire che il primo ad arrivare fu Re Henry accompagnato da una donna, doveva sicuramente trattarsi di Diane, la sua preferita.
"Quello è Francis..? " Chiese Kenna avvicinandosi a me e sussurrando per non farsi udire da nessuno.
Seguì il suo sguardo e incontrai quello di un giovane ragazzo dai capelli scuri leggermente spettinati dal vento. Ero sicura però che non si trattasse di Francis. Gli occhi del Delfino erano azzurri, come il cielo sereno e senza nuvole, quelli fissi ora nei miei, erano verdi smeraldo.
Non mi accorsi di aver sostenuto il suo sguardo fino a quando non sentì Greer dire "No, è Sebastian il figlio bastardo del Re e di Diane de Poitiers."
"Circolano voci alla Corte scozzese, molte donne di alto rango dicono che il Re abbia regalato a Diane un intero castello a Parigi, e che Bash sia il suo figlio prediletto." Aggiunse Lola.
"È molto carino." Disse Kenna con una strana luce negli occhi.
Un'altro squillo di tromba.
Il mio cuore perse un battito.
L'ultimo ritratto che possedevo di Francis non gli rendeva assolutamente giustizia, ora che lo guardavo venire verso di me, potevo affermare con certezza che l'artista che lo aveva dipinto non avesse poi un gran talento.
Il bambino dei miei ricordi aveva lasciato spazio allo splendido uomo in cui si era trasformato crescendo.
Era molto più alto, con le spalle leggermente più larghe. Ma ciò che più mi colpì vedendolo avvicinarsi fu il suo volto i cui lineamenti erano diventati più duri e spigolosi. I suoi occhi invece erano rimasti gli stessi dei miei ricordi da bambina, blu come il mare che si accesero di luce non appena mi sorrise.
"Vostra Grazia." Disse chinando leggermente il capo.
La sua voce fermò all'istante i battiti del mio cuore.
Era talmente bella da sembrare melodia.
"Chiamatemi Mary, vi prego." Risposi cercando di tenere a freno il tremolio nella voce.
"Mary... " Si corresse prontamente rivolgendomi un altro sorriso, e non appena quest'ultimo raggiunse i suoi occhi, rividi finalmente il mio migliore amico.
In quel momento, lì con Francis al mio fianco, una strana sensazione si fece strada dentro me, quasi come se la piccola speranza in fondo al mio cuore acquistasse piano piano forza.
Si, io e Francis saremo stati diversi, noi ci saremo amati.
"Mary..." Sentì chiamare una voce da lontano.
Non riuscivo a scorgere il volto di chi mi chiamasse, per la poca luce.
"Chi siete? " Chiesi cercando di seguire il flebile eco.
Mi accorsi di trovarmi in uno dei passaggi segreti del castello, nei quali io e Francis eravamo soliti giocare a nasconderci, senza sapere però chi o cosa mi avesse condotta lì.
"Non bevete il vino nella coppa dorata."
Ebbi un sussulto e molti brividi mi percorsero lungo la schiena nel udire pronunciare quelle parole.
"Chi siete? Cosa volete da me?!" Chiesi nuovamente poggiando una mano sulla fredda pietra per tentare di mantenere l'equilibrio. La fioca fiamma della candela che avevo in mano non era abbastanza forte da permettermi di vedere dove mettessi i piedi.
"State attenta alle persone che avete accanto, siete circondata da molti nemici." La voce glaciale tornò, questa volta più vicina.
"Perché dite questo?" Chiesi in un lieve sussurro con voce spezzata.
"Molti vogliono la vostra testa, la vostra corona." Continuò.
"Chi siete?" Chiesi correndo a perdi fiato nel vano tentativo di scoprire chi fosse a dire quelle cose che mi facevano così paura.
"Il mio nome non è importante, ma ricordate: state lontana dal vino, non bevetelo!" La voce diventò un debole sussurro e poco dopo scomparve del tutto.
Mi svegliai di soprassalto spaventata e con un nodo alla gola che mi impediva di respirare. Che strano sogno pensai, e che sensazione orribile e spaventosa mi aveva lasciato a fior di pelle.
Quella notte non riposai affatto bene.
L'indomani mattina tra le mura del castello c'era un gran fermento, tutta la servitù era indaffarata e impegnata nei preparativi per le nozze della Principessa Elisabeth con Re Philip II di Spagna.
Il matrimonio era stato deciso da Re Henry, l'organizzazione del banchetto però, era stato affidato all'occhio attento e ipercritico di Catherine de Medici, regina e madre della futura sposa, la cui voce risuonava autoritaria per tutto il castello, impartendo ordini.
"Le tende devo essere damascate non color indaco! " La sentì inveire contro una povera domestica, la quale spaventata sussultò violentemente.
I modi di fare di Catherine non erano dei più gentili, ma dovevo ammettere che aveva un gusto ineccepibile in quanto a feste organizzate a corte.
La sala del banchetto nuziale era stupenda.
Il grande tavolo al centro della stanza era stato apparecchiato con piatti di porcellana, posate d'argento e pregiate tovaglie in lino.
Per non parlare dei numerosi vasi di meravigliosi fiori che inebriavano i sensi con il loro dolce profumo.
Tornando nelle mie stanze sentì Lady Violette parlare alle mie dame.
"Chi di voi parla fluentemente l'italiano? " Chiese.
"Io sono certa di saperlo fare." Rispose Lady Aylee.
"Bene, vorrà dire che sarete voi a sedere vicino al cugino del Papa, quell'uomo non ha i denti e parla molto rapidamente, in maniera del tutto incomprensibile aggiungerei."
Scoppiammo immediatamente a ridere.
"Mary, sono arrivati i vestiti da Parigi! " Esclamò Kenna entusiasta.
"Potete andare." Dissi rivolta a Lady Violette.
"Sapete cosa vorrei fare? Esplorare." Se ne uscì improvvisamente Lady Lola.
Vedendo i nostri volti sgomenti continuò dicendo "Si, voglio dire, l'ultima volta che siamo state qui eravamo solo delle bambine, non siete curiose anche voi di sapere come il castello sia cambiato? Allora, chi è con me?"
"Io!" Rispose prontamente Kenna.
Lady Kenna Beaton secondogenita di Robert Beaton IV di Criech e di Joanna Renwall, era conosciuta a corte più per la sua sfacciataggine che per la sua bellezza. Non che non fosse bella, anzi; i lunghi capelli color ebano le incorniciavano il meraviglioso viso a cuore, i suoi occhi erano scuri e le sue labbra rosee come i ciclamini.
La sua mediterranea bellezza avrebbe sicuramente rubato il cuore di molti nobili.
"Tu vieni, Mary?" Domandò Greer.
Lady Greer Seton la maggiore delle cinque figlie di Lord George Seton VI, venne scelta da mia madre all'età di sette anni perché figlia di Marie Pieris Norwood, sua dama, e non per il suo titolo nobiliare, dato che suo padre aveva mandato l'intera famiglia in rovina dopo alcuni investimenti andati male con alcune miniere scozzesi che risultarono essere vuote.
Ora Greer sperava di sposarsi con un nobile benestante, in modo da salvare la reputazione delle sue sorelle più piccole.
Questo non sarebbe stato certamente difficile dato che lei era una giovane donna di indescrivibile bellezza. Aveva dei bellissimi capelli rossi, la carnagione candida come la neve e meravigliosi occhi color ghiaccio. Ero certa che almeno metà dei gentiluomini presenti a corte si sarebbero presto innamorati di lei.
"Voi andate, io vi raggiungerò appena possibile, desidero prima vedere una cosa..." E così dicendo uscì dalla camera, e mi diressi verso l'ala Est del castello sperando che la memoria mi aiutasse a ricordare la strada verso le mie vecchie stanze.
Dopo aver percorso un lungo corridoio e aver svoltato a destra mi fermai davanti ad una scalinata in cima alla quale vidi una porta socchiusa.
Salì piano le scale e poggiai la mano sulla maniglia in ferro, aprendola in modo da poter guardare dentro.
"Mary!" Trasalì, nel vedere Francis all'interno della stanza.
"Francis, non sapevo..."
"Cosa ci fai qui?" Chiese interrompendomi ancor prima che potessi terminare la frase.
"Stavo esplorando, queste furono le mie vecchie stanze, rammenti..?" Risposi avvicinandomi.
"Ora non lo sono più, nessuno viene più qua su da anni ormai." Mi fece notare.
"Nessuno a parte te. "
"Vengo spesso qui." Ammise sorridendomi.
Le sue parole mi stupirono non poco e non potei fare a meno di chiedermi per quale motivo si trovasse lì.
"Mi nascondo da mia madre…" Disse, quasi avesse sentito il mio pensiero.
"E perché mai dovresti farlo?" Domandai tornando a poggiare lo sguardo sul suo volto.
"La verità è che sto cercando di imparare a costruire coltelli e spade e non vorrei lei lo scoprisse."
"Se mai avessi bisogno di una spada, ti basterebbe chiederla." Dissi gentile.
"È vero, ma vorrei possedere qualcosa di mio, qualcosa che non mi sia necessariamente dovuto in quanto futuro Re di Francia." Disse tristemente. "A volte mi ritrovo ad invidiare il mio fratellastro..."
Vedendo lo stupore nei miei occhi, continuò dicendo "Se volesse andarsene, Bash potrebbe farlo, con il permesso di mio padre certo, ma nessuno lo fermerebbe perché a nessuno importerebbe se lui morisse.."
Sapevo esattamente cosa intendesse dire con quelle sue parole, Bash era libero, lui invece no, in quanto futuro Re aveva dovuto accettare fin da piccolo molte più responsabilità di suo fratello.
"Vorresti andartene?" Chiesi flebilmente.
"Ciò che vorrei non è importante, l'importante è ciò che mio padre vuole da me; ma credo che ogni uomo, persino un re debba possedere un qualche tipo di abilità per potersela cavare qui."
"Cosa intendi?" Chiesi, non capendo.
"Intendo dire che se mai il castello venisse attaccato da nemici potrei sempre fuggire e riuscire a sopravvivere guadagnando quel poco che basta grazie a questo mio insospettabile talento." Disse sorridendo.
"Potrei sempre venire con te, so mungere una capra, me lo hanno insegnato le suore al convento." Dissi sorridendo a mia volta.
"Impressionante..." Ammise trattenendosi a stento dal ridermi in faccia.
"Oppure, io potrei salvarti: potremmo andare in Scozia e governare lì..."
"Questa è veramente un'offerta molto gentile..." Si fermò un attimo in cerca delle parole giuste da usare "...un'offerta che spero di non essere mai costretto ad accettare." E ancor prima che potessi controbattere a quelle sue parole lui se ne andò.
Ai festeggiamenti mancavano ancora poche ore e decisi di portare Stirling, il cane che mia madre mi regalò quando ero ancora una bambina - l'unica volta nella quale venne a trovarmi in convento - nel giardino del castello a giocare.
Fuori era una così bella giornata, il sole caldo mi scaldava la pelle e mentre stavo seduta sulla sponda del lago, a pelo d'acqua vidi alcune pietruzze colorate e decisi di raccoglierle: le avrei regalate a Francis, magari avrebbe potuto usarle per decorare le sue spade.
"Mary cosa c'è?" Chiese Francis non appena mi vide davanti alla porta delle sue stanze.
"Ti ho portato una cosa." Dissi mostrandogli le tre pietre nella mia mano. "Potresti usarle per...."
"Non dovresti essere qui!" Disse interrompendomi prontamente.
"Perché dici questo? Sei da solo... sei con qualcuno?" Chiesi cercando di sbirciare nella stanza senza però riuscire a vedere nulla, dato che Francis la teneva solo leggermente socchiusa.
"La prossima volta preferirei che prima ti facessi annunciare: la mia guardia è lì per questo. " Disse visibilmente infastidito dalla mia presenza.
"Perché ti comporti così, ho forse fatto qualcosa di sbagliato?"
"Se mai diventerai un giorno la regina di Francia, devi capire una cosa: i re non sono tenuti a dar conto di ogni cosa alle loro mogli!" Disse in maniera rude, chiudendomi la porta in faccia.
"Assaggiate un po’ del nostro ottimo vino, Vostra Grazia." Disse Catherine porgendomi un calice dorato.
Un brivido mi percorse lungo la schiena ricordando la spaventosa voce dell'incubo che mi aveva tanto turbata la notte prima.
"Vi ringrazio Vostra Maestà, ma vedete, prima preferirei gustarmi un po’ di buon cibo; bere vino a stomaco vuoto non si addice ad una futura Regina." Cercai così di declinare l'invito, dato che la maestria di Catherine con i veleni era nota a tutta la corte di Francia.
Per fortuna anche Lady Aylee venne in mio aiuto dicendo "Mary ti prego dì che hai bisogno dei miei servigi."
"Perché Aylee, che succede.." le risposi.
"Il cugino del Papa non fa altro che parlare, e parlare e parlare, ma quel che è peggio è che nel farlo sputa pezzettini di faraona ripiena di mele..." Disse disgustata.
"Va da lui e aspettami, ho avuto un'idea."
"E quale?" Chiese curiosa.
"Ho voglia di ballare." Risposi sorridendole già diretta verso l'orchestra.
"Gentile signore, suonate un po’ di musica scozzese, ve ne prego."
"Certo Vostra Grazia." Disse il violinista.
"Cardinale Morosini, e un vero piacere averla a corte." Dissi cortesemente.
"Anc..he pe..per me Vostra Gra..zia..."Disse velocemente balbettando.
Lady Violette aveva ragione: quell’uomo era incomprensibile.
"Spero non vi dispiaccia, ma vorrei prendere in prestito Lady Aylee." Dissi trattenendo a stento una risata.
"Ness...un dispia..cere.. Vostra Gra...zia.." Rispose.
"Andiamo Aylee.." Dissi porgendole la mano.
Lady Greer, Lola e Kenna ci vennero incontro, visibilmente preoccupate.
"Mary qualcosa non va?" Chiese Lola.
"Assolutamente no, toglietevi tutte le scarpe!"
"Che cosa… perché?" Chiese Greer sbigottita.
"Andiamo ragazze, ballate con me!" Esclamai felice.
Le presi tutte per mano e le portai al centro della sala da ballo e non appena la musica ebbe inizio cominciammo a ballare allegramente.
All'improvviso però sentì qualcosa di morbido poggiarsi tra i miei capelli, e alzando lo sguardo verso il soffitto vidi moltissime piccole piume bianche volare dolcemente nell'aria.
Un piccolo sorriso mi incurvò gli angoli della bocca illuminandomi il volto, quando per un istante i miei occhi incontrarono quelli di Francis e lo vidi sorridere.
Chissà se anche lui ricordava quello che stavo ricordando io in quel momento: quell'estate.... le piume sparse dappertutto... e le nostre risate da bambini.
Qualcosa però in Francis era cambiato, dal mio arrivo a corte non aveva fatto altro che evitarmi, tenendomi a distanza per ragioni che non capivo.
Il mio cuore ne soffriva, ma mi resi conto che avevo sbagliato a dargli ascolto. Avrei dovuto dare ascolto alla mia mente, pensare e agire da regina perché in fondo Francis non era poi così diverso da suo padre.
Un giorno ci saremmo sposati, ma la nostra unione non sarebbe stata per lui che un'alleanza stretta per il bene della Francia e della Scozia.
La musica finì e portò via con essa anche i miei tristi pensieri.
"Mary, desidero parlarti." Disse Francis avvicinandosi a me.
"Lo desidero anche io.."
"Prima, quando sei venuta nelle mie stanze non volevo dire le cose che ti ho detto..."
"Sono sicura che volessi dirle invece." Ammisi amareggiata.
Mi guardò per un attimo negli occhi senza sapere cosa dire, quasi fosse alla ricerca delle parole giuste da usare.
"Forse potremo trovare un altro modo per gestire la cosa..." Disse infine.
"Gestire che cosa? Me? " Domandai incredula. "Ti rendi conto che molto presto noi ci sposeremo, vero?"
"Credimi, lo so..."
"Francis, non credi anche tu che dovremmo dare al nostro futuro matrimonio una possibilità? Per le nostre famiglie... per i nostri Paesi..."
"Non è così semplice..." Rispose di rimando.
Non potevo credere alle sue parole.
"Non è così semplice? Cosa non è semplice Francis? Siamo stati promessi fin da piccoli. Quanto orrenda credi io sia per non volermi come tua futura moglie?" Domandai offesa.
"Non si tratta di te. Tu sei bellissima e intelligente e imprevedibile, ma non sono sicuro che questo importi. Ciò che conta è che in quanto futuro Re mi trovo a dover fare la scelta giusta per il mio paese..."
"E quale sarebbe la scelta giusta, Francis?"
"La Francia non è forte come credi, potrebbe sembrare che non mi importi di tutto questo ma non è così. Un giorno sarò sovrano e voglio essere un re responsabile per il mio popolo."
"Cosa stai cercando di dirm?”. Domandai confusa, non capendo fino in fondo le sue parole.
"Mary, in questo momento un'alleanza con la Scozia potrebbe distruggere la Francia..."
Il mio cuore si spezzò con un debole rumore sordo.
Francis non considerava la Scozia abbastanza forte.
Lui non mi avrebbe sposata a meno che la Francia non avesse avuto bisogno, un giorno, dell'appoggio scozzese per difendere i suoi confini dagli attacchi inglesi.
"Non hai permesso a te stesso di amarmi né mai permetterai al tuo cuore di provare amore per me." Dissi sentendo le lacrime farsi strada nel mio cuore.
'L'amore è irrilevante per persone come noi, in quanto futuri sovrani possediamo molti privilegi, ma non questo!" Disse amaramente.
“Le cose potrebbero cambiare..." sussurrò avvicinandosi a pochi centimetri dal mio volto. "Un giorno.. forse..."
Con una fragile speranza dentro me mi avvicinai a mia volta, quel poco che bastava a sentire il suo dolce respiro sulla pelle e gli Chiesi “Se tu non fossi il Futuro Re di Francia e io fossi una semplice fanciulla, lo vorresti questo?"
Lo guardai negli occhi sperando di leggere la verità nel suo cuore.
"Non posso farlo.." Disse a pochi centimetri dalle mie labbra.
"Non voglio." Aggiunse andandosene.
E guardandolo allontanarsi sentì il mio cuore, fragile come cristallo, spezzarsi e cadere nel vuoto.
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Capitolo 2 *** Ritorni inattesi ***
Ritorni inattesi
Capitolo II
“Mary, la regina di Scozia è in pericolo” disse mio padre, re Henry, rivolgendosi a me e mia madre, la regina Catherine de’ Medici.
“Pericolo? Quale pericolo?” rispose prontamente quest’ultima, con finto interesse.
“Hanno avvelenato il suo cibo, la sua assaggiatrice personale è morta dissanguata.” Mio padre sembrava più interessato alla nuova cameriera, appena entrata, che a quello che ci stava riferendo.
Eravamo nella sala grande, quella dove ci riunivamo per il pranzo. Poco illuminata, nonostante le finestre spalancate e le varie candele accese. Il tavolo a cui eravamo seduti era imbandito con ogni sorta di cibo, così abbondante da poter sfamare tutto il nostro popolo.
Distolto finalmente lo sguardo dalla gonna della giovane ragazza, il re si rivolse a me: “Francis, dimentica i tuoi momenti di giochi da ragazzo, presto sarai re e sposerai con o senza la tua volontà la regina di Scozia, Mary.”
Rimasi a bocca aperta nel sentirmi dire quelle parole. Sapevo che Mary e io un giorno ci saremo sposati, ma speravo in cuor mio, che quel giorno arrivasse quanto più tardi possibile o magari mai.
Richiamandomi dai miei pensieri, mio padre tornò a parlare. “La ragazza è già in viaggio e domani dovrebbe essere qui al nostro castello.”
Domani? Com’era possibile che la mia vita sarebbe cambiata solo con l’arrivo di una ragazza a palazzo e nella mia vita? Mary non era diversa dalle altre ragazze che erano entrate nella mia vita, eppure lei era sempre stata una costante. Fin da piccolo mi avevano insegnato a vivere in funzione della mia futura moglie e adesso, anche solo sentir pronunciare il suo nome mi procurava la nausea.
Avrei voluto scappare e invece mi limitai ad alzarmi dal tavolo dove i miei genitori erano ancora intenti a finire la loro preziosa cena e andai via, raggiungendo poco dopo le stanze di Natalia: l’unica donna con cui avrei voluto passare la notte, l’unica donna che mi avrebbe procurato un po’ di piacere.
Entrai senza bussare e la sentii sussultare nel letto, cercando di scorgere la sagoma che in quel momento era entrata nella sua stanza. Avendomi riconosciuto mi disse: “Francis, cosa ci fate qui? Non vi aspettavo”
Senza dirle nulla, senza riuscire a dirle nulla, mi fiondai sul suo letto e iniziai a baciarla, a farle scivolare la sottana dalle spalle, mentre lei provava a togliermi la giacca. Poco dopo fui nudo, di fronte a lei: niente amore, niente sentimenti. Solo piacere e desiderio.
Il mattino dopo fui svegliato dal dolce tocco di Natalia sul mio viso.
“Buongiorno, principe. Era ora che apriste questi occhi.”
“Natalia, smettila di fissarmi. Voglio dormire ancora un po’” le risposi con la bocca ancora impastata.
“Tra poco arriverà la vostra futura moglie, non volete divertirvi ancora un po’, prima di essere inchiodato ai vostri doveri?” Così dicendo, fece scivolare la sua mano destra sotto le lenzuola, verso la parte bassa del mio ventre. Quel tocco mi procurò non poco piacere, e i miei sensi si riaccesero in un baleno.
Le fermai la mano con la mia e dopo aver girato la testa verso di lei, la misi distesa di schiena sul letto, baciandola con foga. Le baciai il collo, scendendo sempre più giù fino ai suoi seni. La penetrai mentre sentivo il suo respiro farsi sempre più affannoso, cercando di seguire il mio, che ormai era incontrollato.
Mentre stavamo per raggiungere il piacere sentii bussare alla porta. Non riuscivo a rispondere, ero intento a procurare e avere piacere. I rumori delle nocche dello sconosciuto contro la porta in legno diventavano sempre più forti, accompagnati da una voce, che ormai conoscevo fin troppo bene: era quella del mio annunciatore che mi chiedeva di uscire, mia madre – Catherine – mi stava cercando.
Riportato alla realtà, dopo quel meraviglioso risveglio, mi rivestii in fretta con gli abiti della scorsa notte e mi diressi verso una delle camere di mia madre.
Prima di arrivare in camera, incontrai però mio fratello Bash. Fratello solo da parte di mio padre: Bash era infatti il figlio di mio padre e Diane de Poitiers, la sua amante ufficiale, nonché la sua favorita. Il mio fratellastro era nato prima di me ed era il mio punto di riferimento; avevamo un meraviglioso rapporto, ma a volte odiavo quel bastardo fortunato, perché poteva fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi delle conseguenze o di rovinare la sua reputazione. Era libero, libero di essere chiunque volesse, perché non sarebbe mai diventato re.
“Sebastian” lo salutai quando fummo abbastanza vicini da ascoltare quello che diceva l’altro.
“Francis” mi rispose, sempre in modo sarcastico, come se il mio nome fosse uno dei racconti più divertenti che avesse mai raccontato. “Ti hanno cercato ovunque, stavo per farlo anche io.”
“Ehm… ero a cavallo” cercai di risultare più tranquillo di quanto non fossi. Mi stavo ancora riaggiustando la camicia, che proprio non voleva saperne di stare a posto nei pantaloni.
“Davvero? Di chi?”
Distolsi lo sguardo lasciandomi sfuggire un ghigno divertito. Bash mi conosceva davvero meglio di chiunque altro nel castello, e per quanto provassi a nasconderlo, lui sapeva sempre tutto.
“Dunque Bash, com’è l’umore?” dissi mentre mi giravo, permettendogli di posizionarmi meglio la giacca sulle spalle.
“Di nostro padre o l’umore in generale?” Mi girai e lui prontamente rispose “Tesi entrambi. Preparano le nozze di tua sorella.”
Era vero, non solo sarebbe tornata Mary, ma c’era da preparare anche il matrimonio di mia sorella Elizabeth e gli animi erano in subbuglio. Potevo solo immaginare quanto mia madre fosse tesa, avevo quasi paura ad andare da lei.
“Tua madre è lì?” Chiesi quasi con timore a Bash. Diane non era amata da mia madre, e a ben ragione, ma in quel momento l’amante di mio padre mi faceva pena, speravo non si trovasse nella stessa stanza di mia madre o l’ira di Dio, in confronto, sarebbe stato niente.
“E’ permesso di entrare solo ai reali e ai loro attendenti. Comunque tua madre è in gran forma” proprio quello di cui temevo: ‘gran forma’ era sinonimo di ‘ha tantissima voglia di ammazzare qualcuno, guai a chi intralcia il suo cammino’ e infatti ecco che il mio fratellastro aggiunse: “Dio ti salvi. Io vado, visto che sei qui.”
E con una mano sulla spalla si congedò. Ancora una volta se l’era scampata. Bastardo fortunato!
Entrai in camera da letto di mio padre. Una stanza enorme, la più grande del castello. Tempestata di oro, luminosa, con il letto del re perfettamente ordinato, così come il resto dei mobili. Alla mia destra c’erano due dame di compagnia di mia madre, sedute sui divanetti, intenti a fingere di non ascoltare, mentre ricamavano. Mio padre era a braccia aperte, mentre un sarto gli misurava l’ampiezza delle braccia, per permettere a una delle nuove giacche di essere cucita alla perfezione. Non uno errore, sia esso voluto o involontario. E poi eccola lì, mia madre. Andava avanti e indietro nel suo vestito color fango, mentre agitata diceva a suo marito: “Mary deve essere protetta, nascosta.”
Mio padre continuava a darle poche attenzioni, come ormai succedeva da anni, ma non mancava mai di risponderle, perché benché fosse il re non doveva permettersi di contraddirla. La sua risposta arrivò subito: “E avete atteso che crescesse in convento perché avesse una buona educazione, ma…” smisi di ascoltarlo, perché girandomi sulla sinistra vidi mia sorella, meravigliosa nel suo abito da sposa. Le sue dame le stavano ponendo il velo sulla testa. Era bella, come la mamma. Con i suoi capelli neri - come il colore di quelli di nostro padre, quando ancora la vecchiaia non aveva interferito – raccolti in uno chignon, e il sorriso sulle labbra. Assomigliava alla mamma, ma a differenza sua il suo viso era dolce e non segnato da anni e anni di lamentele, congiure e odio. Mi vide e sorrise, era emozionata per questo suo matrimonio. Aveva conosciuto Philip, il suo futuro marito, solo qualche mese prima, ma a prima vista se ne innamorò. Io non sono romantico, non credo nell’amore, ma se dovessi scegliere come vivere il mio matrimonio con Mary sceglierei sicuramente di viverlo come Elizabeth e Philip: nei loro occhi si vedeva perfettamente l’amore che provavano l’uno per l’altra.
Gli interlocutori alla mia destra stavano continuando a scambiarsi battute, mi girai proprio mentre mia madre diceva: “L’arrivo di Mary offusca il matrimonio di nostra figlia.” Eccola che pensava sempre e solo ai suoi interessi. Sua figlia doveva essere la protagonista e lei, essendo la madre della sposa doveva essere messa in luce tanto quanto mia sorella.
“E questa sarà l’occasione per mettere in mostra l’alleanza con la Scozia.” E invece eccolo mio padre, che non si interessava d’altro se non delle alleanze e della politica.
Mi diressi verso di loro, per poter prendere parte ai loro discorsi, quando notai Natalia e non potetti fare altro che sorriderle, facendole intuire quanto le fossi grato per il tempo passato insieme fino a pochi minuti prima.
Una volta avanti ai miei genitori mi inchinai, così come farebbe un buon figlio, ma soprattutto un buon suddito.
“Avevate bisogno di me? O devo solamente tornare il giorno del mio matrimonio?” Chiesi a mio padre forse un po’ troppo sfacciato. Ma non potevo non mostrare tutta la mia irritazione per la sera precedente. Ero stato zitto allora, ma non potevo permettere agli altri di far decidere del mio futuro, non più.
“Avete scelto la sposa, anche la data?”
“Ecco la data: quando lo dirò io o l’Inghilterra punterà la spada verso di noi.” Dopo una breve pausa, il re mi sorrise e mi riferì che ella stava arrivando.
“Mary Stuart volete dire?” gli risposi, e lui notando il mio poco entusiasmo mi ricordò quando giocavamo insieme. Era vero, io e Mary abbiamo passato quasi tutta la nostra infanzia insieme. Abbiamo giocato per anni, esplorato tutti gli angoli dei giardini fuori dal castello. La servitù non aveva pace e con Mary ogni giorno era una sorpresa. Quei bei momenti però erano passati. Oggi non eravamo più quei bambini. Erano cambiate troppe cose: la Francia, i miei genitori, le situazioni… io!
“Aveva pochi denti, gambe molto magre e… convinzioni ferree.” Era proprio quello che odiavo della mia futura moglie: voleva avere sempre ragione. Quando litigavamo ero sempre io a dover chiedere scusa, e subito dopo tornava a mostrarmi i motivi per cui aveva ragione. Odiavo litigare con lei, ed ero sicuro che non era cambiata molto, nemmeno dopo anni di convento.
“I denti le sono cresciuti, immagino; e le convinzioni possono anche essere ignorate. Giusto Catherine?” disse rivolgendosi alla sua regina.
Mia madre non lo degnò nemmeno di uno sguardo, ma rivolgendosi a me disse: “Verranno anche le sue dame da compagnia: tre nobili, l’altra no, ma sfacciatamente ricca. Proprio il tuo tipo.” Questa volta non stava parlando con me, ma con mio padre che non a caso aveva sposato mia madre, che non era nobile, ma ‘sfacciatamente ricca’ e fu proprio lei ad aver aiutato la Francia per anni, grazie al denaro, con il loro matrimonio.
Fu proprio quando mio padre se ne andò, ricordandomi l’importanza di questo matrimonio, che mia madre mi ricordò il perché del loro, di matrimonio: “Sono nata senza corona, ma questo Paese si regge sul mio denaro. Lascialo parlare come un re.” Mi sorrise e io non potetti fare a meno di ricambiare. Meno male che c’era mia madre, sarà stata anche odiosa con tutti gli altri, ma sapevo che mi amava e che avrebbe fatto di tutto per proteggermi.
A confermare questa mia teoria furono le sue parole: “il matrimonio avverrà quando io lo deciderò, sono dalla vostra parte in ogni caso.”
“Lo so” e aspettai che andasse via.
Mary sarebbe arrivata a momenti e io non ero pronto, avrei voluto fermare il tempo e invece questo passava inesorabilmente. Pochi minuti dopo, infatti, mi informarono che la carrozza sarebbe arrivato a momenti. Mi sistemai meglio che potetti; lo specchio mi rivelava una figura che stavo per odiare. Un ragazzo biondo con i capelli fin troppo spettinati, non adatti a un principe. Gli abiti utilizzati due volte di seguito, sicuramente non adatto a un principe.
“Siete comunque bello, non c’è bisogno di specchiarsi tanto.” Era Natalia, entrata quasi di soppiatto in camera mia, che mi sussurrava questa parole all’orecchio, sentendo perfettamente il suo fiato che si faceva strada sul mio collo.
“Non voglio sembrare bello, mi accontento anche solo di essere ‘decente’”.
“Vi piace proprio Mary.”
“Oh, sta’ zitta Natalia, sai che l’arrivo di Mary non cambierà nulla, sarò sempre io, con i miei pregi – tanti pregi – i miei pochi difetti, e le mie innumerevoli voglie.” Mi girai prendendola tra le mie braccia e stampandole un lungo bacio sulle labbra.
Sentimmo dei cavalli fermarsi: “Sarà meglio che vada” e mi congedai con un ultimo bacio.
Quando mi avviai verso Mary, che era lì ferma all’entrata insieme alle sue bellissime dame da compagnia, non potei fare a meno di notare che anche tutti gli altri componenti della mia famiglia allargata avevano fatto la loro entrata in scena, compreso mio fratello Bash, che come al solito aveva conquistato gli sguardi di tutte e cinque le giovani donzelle.
Camminai quanto più veloce possibile, non sapevo perché andassi così veloce, forse perché ero curioso di vedere com’era diventata la mia compagna di giochi.
E infatti eccola lì, Mary. Nel vederla i miei occhi chiesero di non distogliere lo sguardo, volevano saziarsi ancora un po’ della sua bellezza.
Sì, Mary da piccola era una bellissima regina, ma adesso tutta quella bellezza infantile aveva lasciato il posto a una giovane donna affascinante. I suoi capelli neri erano mossi dal vento e le rendevano il viso pallido più dolce di quanto non lo fosse in tutti i ritratti mandati al castello fino a pochi mesi prima. Le labbra rosee facevano da contrasto con la carnagione chiara. Infine i suoi occhi: il sole poteva essere geloso di quegli occhi, avevano ancora quella luce intensa che caratterizzava Mary, quella luce che mi faceva sentire a casa ogni volta che mi perdevo a guardarla da piccolo.
Le dame di Mary si inchinarono, e lo stesso fece la loro regina. Anche se i miei occhi volevano godere ancora di quella bellezza, mi costrinsi ad inchinarmi, tornando di nuovo sul suo viso, sulle sue labbra che adesso si stavano aprendo in un caldo sorriso. Mi sorpresi nell’accorgermi che anche io stavo sorridendo.
“Non posso crederci!” Disse la regina con molto entusiasmo.
“Vostra Grazia.” La salutai con quanto più distacco possibile.
“No, chiamatemi Mary”
“Francis.” Ero imbarazzato. Non avrei dovuto fermarmi proprio qui, avanti a lei, avrei dovuto attendere insieme alla mia famiglia, aspettando che mio padre facesse gli onori di casa.
“Il castello sembra più grande. È possibile? E anche voi, ovviamente” Mary era molto più in imbarazzo di me.
“Siete tanto sorpresa?” Cercai di essere divertente, avrei dovuto metterla io a suo agio e non il contrario.
“No! In fondo anche da piccolo avevate le gambe più lunghe delle mie. Da piccola odiavo questa cosa, arrivavate sempre primo alle corse, ma ora…” si fermò, forse cercando le parole più adatte per non offendermi. Mi accorsi in quel momento che Mary non mi avrebbe offeso nemmeno volendo. “…questa cosa vi dona.”
Rimasi lì imbambolato, mentre lei aspettava una mia risposta, ma non riuscivo a dire nulla. Così la presi sotto braccio a la condussi verso la mia famiglia.
Nell’imbarazzo totale decisi di nascondermi per un po’ in un posto solo mio, dove nessuno avrebbe potuto darmi fastidio. Mi rifugiai nell’ala Est del castello, quella ormai abbandonata e mi dedicai alla mia ultima passione: la costruzione di spade. Mentre ero intento limare la lama della mia spada, sentii una presenza sullo stipite della porta, mi girai di scatto.
“Mary” la salutai, di nuovo.
“Francis, non sapevo che foste qui.” Sembrava a disagio, come se l’avessi colta con le mani nel sacco.
“E voi che ci fate qui?” Mi avvicinai un po’ più a lei per proteggere il mio habitat, nessuno doveva entrare lì.
“Sono in esplorazione. Queste sono le mie vecchie stanze, non ricordate?” Si guardò in torno, forse alla ricerca di qualcosa che ricordasse che quelle camere davvero erano state sue.
“Non lo sono più, non ci viene mai nessuno”
“Eccetto voi.” Pronunciò il ‘voi’ molto più lentamente, come se volesse insinuare qualcosa.
Pensi che io stia qui perché volevo ricordarmi di te? Pensi che avrei voluto essere più vicino a te, mentre non c’eri? No, Mary ti stai sbagliando, avevo dimenticato che queste stanze erano tue, avevo dimenticato tutti i giochi insieme e avevo dimenticato tutte le risate. Avevo dimenticato anche te.
Mi limitai a sorridere, non avrei potuto rivelarle quello che davvero pensavo. Lei, però, invece di andare via, come avrebbe fatto qualsiasi ragazza con cui avevo passato un po’ di tempo, si sporse oltre le mie spalle, per osservare quello che succedeva lì in quella stanza.
“Che state facendo?”
Entrò nella stanza, ormai non avevo più riservatezza, doveva sapere, come da piccoli. Era troppo curiosa e io odiavo questa cosa.
“Fabbrico coltelli e spade… o almeno cerco di impararlo”
Stava prendendo tra le mani uno dei miei coltelli, mentre li analizzava mi disse: “forgiatore di spade, ora deve fare anche questo un buon re?”
Sembrava che mi stesse prendendo in giro, e non potetti non mettermi sulla difensiva.
“Beh sembra una cosa ridicola se la dite così”
“No, no” si affrettò a dire “è una cosa fantastica. Avete fabbricato tutte queste… Perché?”
Mi guardò con sincera curiosità e non potetti non rivelarle tutto quello che significava per me quell’attività.
“Non riesco a fare a meno di pensare che ogni uomo, persino un re, debba avere un talento.”
Restammo per qualche secondo in silenzio, poi lei riprese: “Ma un giorno sarete un grande sovrano, questo non basta?”
“Spero che basterà” sembrava non essere contenta della mia risposta, così ripresi: “ma vorrei un talento vero, che non ho avuto in eredità, che nessuno mi ha trasmesso e che nessuno può togliermi. Mio fratello, il mio fratellastro – mi corressi – Bash, ne ha infiniti. Può fare tutto, certo con la benedizione di mio padre, ma nessuno si preoccupa della sua morte così tanto da non lasciarlo vivere.”
Avevo detto troppo. Sicuramente ora mi avrebbe preso per un folle e avrebbe detto a mio padre che non avrebbe voluto sposare un principe insicuro e sciocco come me, invece la sua risposta mi sorprese.
“Io so mungere una capra… le suore, sapete” sorrise distogliendo lo sguardo. Ancora una volta mi persi in quel sorriso, non riuscivo a capire come quel semplice movimento delle labbra provocasse in me una simile reazione.
“Interessante” sorrisi a mia volta “se mai ci fosse un’insurrezione potrei fare il fabbro per sopravvivere.”
“Ma io vi salverei.” era sincera. Questa risposta, seppur dolce, mi suscitò fastidio. Ero pur sempre un uomo e non avrei potuto, nemmeno nei miei peggior incubi permettere che la mia futura moglie salvasse me, sarebbe dovuto essere il contrario.
“Andando in Scozia e regnando lì” riprese, dopo una pausa che sembrò durare delle ore.
“Un’offerta molto gentile, che spero di non dover mai accettare”
Quando Mary andò via, restai ancora un po’ nella camera a forgiare la spada, mentre nell’aria ancora volava il profumo della regina, lavanda e lillà: una miscela perfetta.
Tornai poi, più stanco del solito nella mia camera, mi girai e trovai la giovane rossa.
“Natalia” esclamai sorpreso “qualcuno ti ha vista entrare?”
“No, non mi vedono mai, non mi vedranno mai. Nulla è cambiato qui, nulla deve cambiare” e detto questo si avvicinò e senza che io potessi dirle qualcosa si spogliò, mostrando il suo corpo ormai conosciuto, ma sempre ricco di dettagli a me sconosciuti e desiderosi di mostrarsi.
Ancora una volta, mentre provavamo piacere sentii bussare la porta. Questa volta però non era il mio servo, il tocco era molto più leggero. Dovetti alzarmi per forza, perché il bussare era insistente.
Aprì e mi ritrovai di fronte la figura di Mary, che mi guardava raggiante. Dovetti evitare che la porta si aprisse più del dovuto, per non mostrare e Mary la ragazza che era nel mio letto.
“Mary, che cosa c’è?”
“Vi ho portato qualcosa con cui decorare le spade.” Ecco, non avrebbe mai dovuto vedere quello che facevo. Era lì nemmeno da qualche ora e già interferiva nella mia vita. Natalia aveva ragione, nulla doveva cambiare, e a non doverlo permettere ero io.
“Non è un buon momento.” Tagliai corto, sperando che la scozzese andasse via.
“Fatevi annunciare la prossima volta, il mio paggio è lì per una ragione” indicai con lo sguardo il garzone, che aveva per la prima volta conosciuto la sfacciataggine di Mary.
“Non capisco…”
“Non dovreste essere qui.”
“Perché sembrate così…” si fermò notando il mio fastidio “siete solo? Avete compagnia?”
“Semmai sarete regina di Francia, dovrete comprendere una cosa: i re non rendono conto alle loro mogli.” Senza nemmeno aspettare una sua risposta chiusi la porta, tornando da Natalia, che nel frattempo sghignazzava felice e soddisfatta per come avevo trattato la mia futura moglie.
Era arrivato il momento del matrimonio di mia sorella. Natalia era via da mia madre, per cercare di aiutare a calmare la mia sorellina, che poverina, anche se convinta del passo che stava per compiere, aveva iniziato a delirare e pregare mia madre di darle qualche altro giorno.
Io invece ero tranquillo, sapevo che quella sera a palazzo ci sarebbe stata una bella festa e non vedevo l’ora di osservare quali vestiti avrebbero indossato le dame, quale Mary. Mi piaceva notare i dettagli che indossavano le signore, l’ampiezza del vestito, se il colore donava ai loro occhi, le scollature… soprattutto le scollature.
Dopo la cerimonia, in cui gli sposi avevano finalmente detto “sì” e mia sorella si era calmata, andammo tutti a mangiare, ballare e divertirci. Era proprio come immaginavo, sarebbe stato tutto perfetto. Tutto secondo i piani.
Sì, secondo i piani, se solo non ci fosse stata Mary e la sua musica scozzese. All’improvviso infatti, sentiamo arrivare dal lato dove si trovavano i musicisti una melodia sconosciuta a molti, ma molto conosciuta a me, che con la scozzese ci avevo vissuto tanti anni. Mi girai verso il centro della sala e trovai Mary con le sue dame, scalze, che ballavano come bimbe, divertendosi.
Trovai quella situazione molto divertente e nel vedere Mary, quasi mi pentii di essermi rivolto in quel modo solo poche ore prima.
Mia madre non nascose il suo disappunto.
“Siamo circondati da scozzesi” disse infatti.
Non sapevo se ridere per Mary e il ballo con le sue dame, o per mia madre che avrebbe per sempre odiato Mary per aver mandato all’aria tutta la sua organizzazione per la festa perfetta.
Mary era allegra, spensierata come non l’avevo mai vista. Volteggiava felice, e le gote ormai rosse, si erano alzate, a causa del grande sorriso che quel ballo le provocava. C’erano tanti invitati a ballare, ma lei oscurava tutta la scena, nel suo vestito nero, che come una tenda si apriva quando la fanciulla volteggiava veloce su se stessa.
Al mio lato sinistro c’era mio fratello, che come me, la fissava e lei non potette non fermarsi e sorridergli. Tra quei due c’era un legame e nessuno poteva non farci caso.
All’improvviso, però, fui distratto da qualcosa che cadeva dal soffitto: piume.
Erano piume delicate, dolci, come quelle… come quelle che tanti anni fa io e Mary avevamo fatto uscire dai cuscini, quelli con cui stavamo lottando. So che anche Mary stava ricordando la stessa cosa, perché nello stesso attimo in cui la guardai, notai che lei stava guardando me. Era come se tutto, intorno a noi, era fermo. C’eravamo solo noi, le piume che ricadevano tra i nostri capelli, sul suo bel viso e a terra. C’eravamo solo noi e i nostri ricordi; quei ricordi che credevo di aver rimosso dalla mia mente, ma che erano lì e con forza cercavano di invadermi, per ricordare quanto il me bambino avesse amato in un modo tutto suo quella bimba testarda e bellissima.
Tutti gli invitati andarono nelle camere di mia sorella, dove avrebbero assistito alla prima consumazione tra i due sposi. Io non ci sarei andato, innanzitutto perché non mi era permesso, ma poi anche perché non avrei mai voluto vedere mia sorella nel suo momento più intimo. Rimasi nella sala vuota della cerimonia, insieme ad altri due nobili che parlavano di affari, affari, affari. Mentre ero lì ad ascoltare vedi entrare Mary, ancora con il vestito da cerimonia e con le guance ancora un po’ arrossate. Mi guardava, chiedendo con lo sguardo la mia attenzione. Mi avvicinai congedandomi dai miei amici e le chiesi di parlare; così, io e la mia dama, ci fermammo accanto ad una finestra del grande corridoio, pieno di lumi che illuminavano e rendevano quel luogo magico.
Cercai di scusarmi con Mary per come mi ero comportato quel pomeriggio, ma fui interrotto dalla fanciulla che disse: “Volevo dirvi…”
Mi interessava poco in quel momento cosa voleva dirmi, avevo il bisogno di scusarmi: “Scusate per oggi, c’erano altri modi per gestire la cosa.”
Era di fronte a me e chiese, quasi arrabbiata: “Gestire quale cosa, me? Vi rendete conto che un giorno ci sposeremo, vero?”
“Potete credermi, lo so.” Adesso anche io avevo alzato un po’ la voce, ma lei contraccambiò alzando la sua di mezzo tono.
“Avevate dei legami prima che io arrivassi…”
“Non è questo…”
Riprese, senza permettermi di continuare: “…e lo capisco, ma non lo dovremmo l’uno a l’altra. Alle nostre famiglie, ai nostri paesi. Dovremmo fare un tentativo.”
Era esasperata e anche se non lo ammettevo, anche io lo ero. Sentivo troppo la pressione da re e questo mi mandava in confusione. Prima che arrivasse Mary era tutto perfetto e ora, ora la mia vita stava chiedendo prepotentemente di prendermi le mie responsabilità e io non ero pronto.
“Non è così semplice…” cercai di giustificarmi.
“Semplice?! Che cosa non è semplice, se siamo promessi dall’età di sei anni.” La sua voce non era più ferma come prima, ma tremante, segno che era sull’orlo delle lacrime. “Quante volete dovrete incontrarmi prima di convincervi.”
“Non si tratta di voi. Voi siete bella e intelligente…” troppo intelligente pensai, ricordato ai tempi passati. “… e imprevedibile. Ma non ha importanza. Importa ciò che è giusto per il mio paese. La Francia non è forte e potente come pensate. Forse non vi interessa, ma a me si! Un giorno sarò re e sarò responsabile del mio popolo. Un’alleanza con la Scozia potrebbe annientare la Francia ora.”
Non potevo essere più dolce, la verità era venuta a galla e Mary, che era anche fin troppo intelligente capì subito il messaggio che le mie parole celavano.
“Voi non volete sposarmi.” Ecco, lo aveva capito. “Non lo volete affatto.”
“Tutto può cambiare” risposi io, nemmeno sicuro di quello che stavo dicendo. Il nostro battibecco stava prendendo una piega che non mi piaceva e che non avrei potuto sostenere. Volevo andare via, ma lei mi parlò prima che potessi anche solo girarmi.
“Non è vostra la decisione, ma di vostro padre.”
Alla sua sfacciataggine risposi con altrettanta sfacciataggine.
“Lo avete mai visto sollecitare le nozze? I fidanzamenti servono solo a mantenere le alleanze. Per lui può servirci la Scozia, per me troveremo più appoggi altrove. So che non è ciò che non volete sentire…”
“Non mi amerete mai.”
Mary era ancora una bambina, credeva davvero che l’amore era un sentimento che noi reali potevamo permetterci. Era un’illusa. No, non l’avrei mai amata, nemmeno il giorno che ci saremmo sposati.
“Se io rivelassi a tutta la corte che non avete intenzione di sposarmi? Le cose cambierebbero” disse, cogliendomi di sorpresa.
“Un… un giorno potrei sposarvi.” Dissi. Mi aveva messo alle strette. La corte non poteva sapere che non avevo nessuna intenzione di prendermi le mie responsabilità. Mio padre non avrebbe mai dovuto sapere cosa avevo detto a Mary poco prima.
“Se lo diceste a qualcuno non potremmo mai più sposarci, anche se le cose vanno come vogliamo che vadano.”
La vidi sorridere, un sorriso quasi impercettibile, ma di quelli che ti fanno capire che nel cuore dell’altro si è aperta una porta, quella della speranza.
Si avvicinò un po’ di più al mio viso, permettendomi di analizzare ogni piccolo dettaglio del suo viso.
“In quanto futuro re di Francia, se io fossi solo una fanciulla e non avessi un regno, lo vorreste questo?”
Non sapevo cosa risponderle, perché nemmeno io sapevo cosa volevo. Volevo davvero evitare di prendermi le responsabilità, o volevo sposare quella ragazza, che come un uragano era tornata nella mia vita? Lo volevo? Non lo sapevo.
Sapevo solo che mi piaceva guardarla negli occhi. Quelle iridi castane, che al sole diventavano color oro. Mi piaceva guardarle e perdermi nel suo sguardo, tra i suoi pensieri e le sue emozioni. Mi avvicinai ancora di più, non sapevo quello che stavo facendo, fino a quando i miei pensieri tornarono a funzionare e mi ricordavano che no, non potevo dare false speranze a Mary e no, non potevo sperare io in qualcosa che non sarebbe mai accaduto.
“Non posso, non voglio.” Dissi e senza neanche guardarla mi allontanai, cercando di tornare quanto più in fretta nelle mie camere. Non mi girai nemmeno una volta, non potevo mostrarmi vulnerabile a Mary, non era giusto.
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