Le storie della mia incredibile vita

di YukiWhite97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- L'occhio della strega ***
Capitolo 2: *** 2- Il fratello nascosto ed il tenero gigante ***
Capitolo 3: *** 3 - Il villaggio più felice del mondo ***
Capitolo 4: *** L'amore della mia vita ***
Capitolo 5: *** 5 - Amore e dovere ***
Capitolo 6: *** Vecchi amici ***
Capitolo 7: *** Immortale ***



Capitolo 1
*** 1- L'occhio della strega ***



Ci sono dei pesci che nessuno riesce a catturare. Non è che sono più veloci o forti di altri pesci. È solo che sembrano sfiorati da una particolare grazia. Un pesce di questo tipo era la bestia e, all'epoca in cui io nacqui, era già una leggenda. Aveva snobbato più esche da cento dollari di qualsiasi altro pesce. C'era chi diceva che quel pesce era il fantasma di un ladro annegato in quel fiume sessant'anni prima, altri sostenevano che era un dinosauro sopravvissuto al periodo crostaceo. Io non davo peso a queste speculazioni o superstizioni. Sapevo solo che avevo cercato di prendere quel pesce da quando ero un bambino non più grande di te. E il giorno in cui tu nascesti, be'... quel giorno finalmente lo catturai. Ci avevo provato con tutto quello che avevo: esche, vermi, burro di noccioline e formaggio. Ma un giorno ebbi un'illuminazione: se quel pesce era il fantasma di un ladro, le normali esche non avrebbero funzionato. Avrei dovuto utilizzare qualcosa che lui desiderava veramente. L'oro! Allora legai il mio anello alla lenza più forte che esisteva, dicevano così forte da tenere su un ponte, anche solo per pochi minuti. E poi la lanciai nel fiume. La bestia schizzò fuori e garrì l'anello, prima che potesse toccare l'acqua e, con la stessa rapidità, con un morso troncò in due la lenza. Ora tu capirai il mio sgomento. La fede nuziale è il simbolo della mia fedeltà a mio marito, che stava per diventare padre smarrito nella pancia di un pesce incatturabile. Seguii il pesce su e giù per il fiume. Questo pesce, "la Bestia", tutta la città lo aveva sempre preso per un maschio, in realtà era una femmina. Era piena zeppa di uova e le avrebbe deposte da un giorno all'altro. Ora, io mi trovavo con questo dilemma: avrei potuto sventrare il pesce e recuperare la mia fede nuziale ma, così facendo, avrei ucciso il pesce gatto più astuto del fiume. Era il caso di privare mio figlio della possibilità di pescare un pesce del genere? La signora pesce ed io... Be', avevamo lo stesso destino. Facevamo parte della stessa equazione.Be', è la lezione che ho imparato quel giorno, il giorno in cui nacque mia figlia. Qualche volta, il modo per catturare una donna incatturabile è offrirle una fede nuziale.
Tadashi Hamada parlava lentamente, quasi come se stesse recitando. Gli invitati attorno a lui erano del tutto presi, nonostante certuni fossero costretti a trattenere una risata: ciò che raccontava era di certo invenzione, eppure parlava come se fosse tutto vero.
Peccato che la sua passione del raccontare storie, aveva distolto l'attenzione dalla sposa, la quale era abbastanza adirata. Seduta al suo tavolo con le braccia conserte, ella si alzò, senza neanche degnare di uno sguardo il nuovo marito, il quale era del tutto catturato dai racconti dell'uomo.
Hiro Hamada vide la ragazza allontanarsi, andandole incontro.
"Hiashi - sussurrò - ma dove vai?"
"Fuori, sono già abbastanza nervosa! - esclamò - lo sta facendo di nuovo, non poteva risparmiarselo almeno il giorno del mio matrimonio?!"
"Suvvia non te la prendere, sai com'è tuo padre, e poi ad Eichi sembrano piacere i suoi racconti"
"Si lo so, ma non è una giustificazione! - fece alzando gli occhi al cielo - ah, ma mi sentirà, eccome!"
"Tesoro, ti prego - le disse - è il tuo matrimonio, e poi nelle tue condizioni non dovresti agitarti"
"Oh bene! - esclamò con la voce rotta dal pianto - sono felice che qualcuno si sia ricordato che oggi mi sposo e che sono incinta, quindi molto sensibile! Basta, vado fuori!"
"Ma Hiashi!" - provò inutilmente a fermarla, scuotendo poi il capo. Indirizzò lo sguardo verso Tadashi, che con un bicchiere di vino in mano continuava a parlare. Suo fratello, suo marito, tendeva sempre... ad attirare l'attenzione, e questo non andava ovviamente a genio alla loro unica figlia. Quest'ultima inoltre non aveva certo mancato alla sua promessa. Non appena ebbe l'opportunità, afferrò il padre per un braccio, trascinandolo fuori.
"Ma insomma - si lamentò Tadashi - un uomo adesso non può neanche parlare di sua figlia senza essere rimproverato da quest'ultima?"
"Io sono solo una scusa! - esclamò lei facendo avanti e indietro - quand'è che la pianterai?!"
"Ti piacevano le mie storie prima!" - disse lui allargando le braccia.
"Sì, ma adesso non mi piacciono più, sai, sono cresciuta, è ovvio che siano solo invenzione della tua fantasia.Un giorno, un solo giorno della tua vita, tutte le attenzioni non erano rivolte a te, ma a me!"
Tadashi serrò le labbra a quelle parole, senza rispondere. Si limitò a infilarsi le mani nelle tasche e a voltarsi verso il fiume illuminato dalla luna. Un silenzio che avrebbe segnato lo spezzarsi di un importante rapporto...
...
Io e mio padre rimanemmo tre anni senza parlarci. Andai comunque avanti, costruendomi la mia vita, con il mio futuro e la mia famiglia. Ebbi un bambino, che chiamai con il nome di entrambi i miei genitori, come promesso. Ricordo che loro vennero a trovarmi in ospedale, ma ovviamente io e lui non ci rivolgemmo la parola. Ovviamente questo non influì sul rapporto che mio figlio ha con quelli che sono i suoi nonni. Loro lo adorano e lui li adora, com'è giusto che sia. Con mio padre Hiro continuai ad avere rapporti, ma non parlavamo mai della situazione scomoda che si era creata.
La verità e che io non mi riconoscevo in mio padre come lui non si riconosceva in me. Diciamo che eravamo come due estranei che si conoscono molto bene. Inoltre, nel raccontare la sua storia, è difficile dividere la realtà dalla fantasia, l'uomo dal mito. Ma cercherò di raccontarla come lui l'ha racconto a me tante, tante volte. Non sempre ha un senso e non sempre è veritiera... ma questa storia... è una storia così. Parto col dire che il suo modo di nascere segnò l'andazzo della sua vita, una vita non più lunga delle altre, ma decisamente diversa. Insomma, nei suoi racconti i finali erano sempre così sorprendenti,  e non solo...


Hiashi era appena tornata da una faticosa giornata in ufficio. Il suo lavoro le piaceva e faceva di tutto per mandare avanti la famiglia in autonomia. Non appena fu arrivata, suo figlio di tre anni appena si sollevò dal pavimento dove stava giocando, buttandogli le braccia al collo.
"Mamma!" - esclamò.
"Tadashi! - disse prendendolo in braccio e donandogli un bacio sulla guancia - spero che tu abbia fatto il bravo. Ha fatto il bravo vero?". Questa domanda era rivolta a suo marito Eichi, il quale la guardava con fare preoccupato.
"Sì, abbastanza. Comunque Hiashi... Hiro non fa che chiamare da stamattina... temo che la situazione sia degenerata". Scorgendo lo sguardo preoccupato del marito, la ragazza non potè che preoccuparsi a sua volta. Poco più di un anno prima, era stato diagnosticato un cancro ai polmoni a Tadashi. 
Quando Hiashi era venuta a saperlo, non aveva però pianto come si aspettava di fare. In realtà non sarebbe riuscita a versare una lacrima neanche volendo, e non perchè non fosse triste: voleva bene a suo padre, nonostante tutto ciò che era successo. Sospirò, sistemandosi meglio il bambino in braccio.
"Forse dovrei fare un salto a San Fransokyo e andare a trovarlo. Sai com'è... non so quanto ancora..."
"Ho capito bene - rispose Eichi - io vengo con te"
"No, non puoi venire con me - protestò - devi rimanere qui con il bambino"
"Io vengo con te - ripetè - e anche Tadashi. Ha il diritto di poter stare con suo nonno, per quel tempo che rimane". Hiashi guardò suo figlio, alzando poi gli occhi al cielo.
"Eh va bene, d'accordo - sospirò - allora meglio che mi prepari. Si torna a casa"
Già all'indomani, i tre erano saltati su un aereo che da New York li avrebbe portati a San Fransokyo. Nonostante fosse notte fonda, e già Tadashi stesse dormendo tra le braccia di Eichi, Hiashi non riusciva a prendere sonno, troppo distratta da un ragazzino seduto qualche posto più avanti, tutto intento a giocare con le ombre cinesi.
Anche suo padre tendeva sempre a farla divertire con le ombre cinesi, prima di metterla a dormire e prima di raccontarle una storia. Hiashi adorava le sue storie, specialmente quella della strega. Hiro non voleva che Tadashi gliela raccontasse, poichè altrimenti le sarebbero venuti gli incubi, eppure lui accontentava comunque quella sua piccola richiesta.
Questo non è altro che uno dei tanti racconti che lui mi raccontava. Ma è importante che io ve lo racconti, poichè è da lì che tutto ha avuto davvero inizio.
                                                                                                                                              *** 

Tadashi doveva aver avuto circa otto o nove anni. Aveva come tutti i bambini una comitiva di amici: bambini comuni con nomi comuni di cui, una volta adulto, si dimenticò alla svelta. Un nome che di certo non avrebbe dimenticato era quello di Gogo Tomago, ragazzina della sua età, dal carattere a dir poco difficile.
Quella notte, lui, assieme i suoi quattro amici, decisero di fare una piccola escursione in una casa che si diceva essere molto, molto pericolosa tutt'intorno avrebbero potuto trovare serpenti, ragni, e cosa peggiore, e sabbie mobili che avrebbero potuto farli annegare in meno di due minuti. Ma a Tadashi questo non importava. Era sempre stato molto coraggioso e soprattutto, aveva sempre avuto l'indole del leader. Quindi, armato di torce, precedeva a passo veloce tutti gli altri, nonostante non sapesse cosa lo aspettasse. Ora si sa, si crede che in ogni città con un certo numero di abitanti, ci viva una strega che mangia i bambini cattivi e i cuccioli, usando le loro ossa per fare pozioni e rendere il terreno fertile.
"Ho sentito dire che qui ci vivono gli zingari" - disse uno dei bambini.
"Cos'è uno zingaro?" - chiese qualcun'altro.
"Tua madre è una zingara"
"La tua è una troia" - rispose l'altro.
"Insomma - sbottò Gogo - ci sono delle ragazze, non dite parolacce"
"Merda"
"Cazzo"
"Hey! - esclamò Tadashi, zittendoli - fate silenzio, oppure la strega ci vede!"
Si diceva anche che la strega che vivesse in quella casa di San Fransokyo, fosse la più temibile. Pareva che il suo occhio destro avesse di poteri, come dire... mistici.
"Ho sentito dire che se ci guardi dentro vedi la tua morte!" - sussurrò uno della comitiva, fissando la casa.
"Tsk, femminucce, sono tutte balle! - esclamò Tadashi - non è neanche una vera strega!"
"Ah, che leader coraggioso- disse Gogo con aria di sfida - se non hai paura perchè non vai a prendere quell'occhio? Si dice lo tenga nascosto in un barattolo sun un comodino! O magari hai troppa paura?"
"Io non ho paura! - esclamò - adesso vado e lo prendo"
"Va bene, che aspetti allora? Vai!"
"D'accordo, d'accordo! - sbottò il bambino alzandoci in piedi - ci vado!". Gli altri bambini cercarono di convincerlo a non andare. C'era sempre tutta quella rivalità tra Gogo e Tadashi. Lei desiderava divenire la leader del gruppo, e più di ogni cosa desiderava dimostrare come l'altro non fosse poi tanto coraggioso.
Ma comunque sia, quest'ultimo stava camminando tranquillamente verso la casa della temuta strega. Non aveva idea di cosa avrebbe trovato ad attenderlo. Sussultò un paio di volte nel vedersi passare davanti gatti e ratti, ma al fine riuscì ad arrivare alla porta. Non vi fu neanche bisogno di bussare, poichè la porta si spalancò al solo sfiorarla.
E poi la vide: la strega gli era apparsa davanti: era vecchia, pallida e scheletriche, i capelli grigi malamente acconciati, la veste nere, ed un occhio bendato come quello dei pirati.
Lui si drizzò, provano un briciolo di paura, ma deciso comunque a continuare.
"Signora - sussurrò - mi chiamo Tadashi Hamada. C'è qualcuno che vuole vedere il suo occhio"
Qualche minuto dopo, egli raggiunse i suoi amici: dei quattro, solo due non erano fuggiti, e tra questi vi erano Gogo e il bambino più piccolo.
"Ebbene? - domandò ella puntandogli la torcia contro - hai trovato l'occhio?"
"L'ho portato" - disse semplicemente. Dopo essersi scostato, la strega si fece avanti, alzando la benda. Gli altri due bambini rimasero immobili. Il più piccolo vide la proiezione più anziana di se stesso che cadeva, ponendo fine alla sua vita. Gogo invece vide la sua immagine proiettata, un'immagine vecchia solo di qualche anno. Si vide accasciarsi al suolo, ma non ne capì il perchè.
"Oh - sussultò il bambino - ho visto la mia morte. Ero vecchio e sono caduto"
"Io... io non ero neanche vecchia" - sussurrò. Scossi da un brivido di paura, i due si guardarono negli occhi, per poi prendere a correre. Tadashi si lasciò sfuggire un sorriso: ancora una volta aveva dimostrato di essere il più coraggioso. Inoltre, la strega, seppur di poche parole, non era neanche tanto paurosa. Il ragazzino aveva in seguito preso a parlare con lei, come se fosse una vecchia amica.
"Mi chiedo cosa si provi a vedere la propria morte - disse - certo, se uno ci pensa troppo poi non vive più. Ma se lo sa può stare tranquillo, perchè sa con il resto se la caverà. Sì... io credo di volerlo sapere"
La strega si fermò. Lentamente alzò la benda, mostrando il suo occhio dal colore indefinito, simile ad un cristallo. Tadashi lo osservò attonito, per poi sorridere soddisfatto.
"Ah... quindi è così che va a finire"
La megera fece un cenno, ricambiando il sorriso.
                                                                                                                                                      ***
Dopo ore di viaggio, Hiashi, Eichi e il bambino, si erano finalmente presentati alla porta di casa di Tadashi ed Hiro. Quest'ultimo aveva aperto la porta, e nel ritrovarsi i tre davanti si era fatto scappare un sorriso.
"Ragazzi" - li chiamò.
"No-nonno!" - esclamò Tadashi muovendo una mano nella sua direzione.
"Ometto mio! - fece donandogli un bacio sulla fronte - come sei diventato grande! Suvvia entrate, non rimanete sulla porta!"
I minuti che seguirono furono molto piacevoli. Come era prevedibile, Hiro strapazzò di abbracci la figlia, continuando a chiederle come andasse la sua carriera di scrittrice. Hiashi infatti si stava adoperando per scrivere un racconto che avrebbe poi pubblicato, ma la concorrenza era dura, pertanto preferiva non parlarne.
"Tuo padre sarà felice di vederti - gli disse, porgendogli una lattina - siccome ultimamente non mangia nulla, non è che potresti convincerlo tu?"
"Oh, papà..." - sbuffò.
"Ti prego" - la guardò con un paio di occhi languigi.
"Ah, sei scorretto - fece alzando gli occhi al cielo - va bene, vado!". Dopo aver detto ciò, prese a salire le scale. Quando fu arrivata al paino di sopra, vide la porta della stanza da letto semiaperta, per poi avvicinarsi. Sul letto, Tadashi stava steso, con una mascherina per l'ossigeno poggiata sulla bocca e gli occhi stanchi.
La ragazza si fece avanti, rimanendo però un pò sulle sue: dopotutto erano pur sempre tre anni che non si vedevano.
"Emh, emh" - fece sgranchendosi la voce.
"Hia-Hiashi - la chiamò - sei.. proprio tu?"
"In carne ed ossa - sospirò andandole accanto - ti... trovo bene..."
"Oh, non dirmi nulla - disse togliendosi la mschera - tuo padre continua a dare ascolto ai dottori. C'è anche il bambino con te?"
"Sì, ma è di sotto per ora, lo vedrai più tardi - rispose porgendogli la lattina - prendila"
"Oh" - fece alzando gli occhi al cielo.
"Se ne bevi metà dico a papà che l'hai bevuta tutta, promesso" - lo tranquillizzò.
"Mmh, tutta questa preoccupazione per niente - borbottò - non è così che me ne vado"
"Ancora la storia dell'occhio della strega, immagino - sospirò - a volte mi chiedo quali delle mille storie che mi hai raccontato sia vera"
"Lo sono tutte ovviamente - rispose - e poi entrambi raccontiamo storie. La differenza e che io le racconto a voce e tu le scrivi. Con tuo figlio per esempio..."
"In realtà non gli ho mai raccontato ciò che tu raccontavi a me" - confessò.
"Il farlo non ti renderà una cattiva madre, anzi"
"Papà, non stai rispondendo alla mia richiesta. Voglio sapere, quale delle tante è vera e quale no? Sarà meglio parlarne finchè sono qui"
"Vuoi dire finchè io sono qui"
Hiashi si zittì. L'idea che lui potesse morire da un momento all'altro la faceva sentire così strana. Dopodichè alzò lo sguardo, fissandolo.
"Hai detto che non te ne andrai" - sbottò.
"Ho detto che non me ne andrò così. L'ultima parte è molto più straordinaria, credimi"
Quello era troppo. Suo padre continuava ancora ad insistere con quella storia. Si tirò su, uscendo fuori dalla camera senza dire nulla. Stupida lei ad essersi sempre sentita in colpa. Lui non sarebbe cambiato mai, neanche in punto di morte.
Non è che non volessi bene a mio padre, solo non capivo perchè dovesse continuare ad insistere. Forse non voleva arrendersi così facilmente alla morte. Forse ero io che non riuscivo a capirlo. Beh, se adesso mi lascio andare a dei ricordi, mi vengono in mente tutti gli altri suoi racconti. Quelli su Hiro, su di lui, e su di me... effettivamente credo sia una storia interessante... spero tanto che vogliate sentirla...
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Angolo mio
Salve :) Alloraaa, avevo questa idea in testa da tempo immemore, ma tra mancanza di ispirazione e mancanza di tempo l'ho sempre rimandata T.T
Ora sono tornata carica :D Insomma, chi conosce Tim Burton conosce sicuramente questo fantastico film, e se non l'avete ancora visto fatelo, non ve ne pentirete :D Per quel che mi riguarda è uno dei miei preferiti, e ho ben pensato di adattarci niente di meno che i pg di Big Hero 6, sempre in chiave yaoi ed Hidashi (visto che li trovo qualcosa di estremamente puccioso insieme). E quindi niente, questo era il primo capitolo, spero di fare un buon lavoro :D

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Capitolo 2
*** 2- Il fratello nascosto ed il tenero gigante ***


Hiashi si ricordò di quella volta in cui aveva cinque anni ed era stata costretta a rimanere a letto a causa di una brutta febbre. Ovviamente Tadashi l'aveva consolata, raccontatole di come a lui fosse successo di rimanere legato al letto per ben tre anni.
Ciò era successo perchè in genere i ragazzini si sviluppano un pò alla volta, lui invece pareva aver fretta. Cresceva di almeno un centimetro al mese, così come cresceva il timbro della sua voce e la grande ambizione a cui il corpo non riusciva a stare dietro. Fu quindi costretto a rimanere steso e immobile, legato da miriadi di stringhe fastidiose che avrebbero dovuto arrestare la sua incredibile crescita.
I suoi unici passatempi erano i libri ed in particolare le enciclopedia, pensare che era in soli tre giorni era già arrivato alla lettera G, nella speranza di trovare una risposta al suo gigantismo. Poi una volta gli capito di leggere un articolo sul pesce rosso.
"Il pesce rosso, se messo in una vasca piccola, rimane piccolo. In uno spazio più grande invece, esso raddoppia, triplica o quadruplica"
Quella semplice informazione lo convisse del fatto che forse il suo essere così sproporzionatamente grande rispetto alla norma, doveva essere perchè era destinato a cose grandi.
A diciotto anni, dopo che la sua crescita si era finalmente arrestata, Tadashi Hamada poteva adibire ai suoi doveri di cittadino modello: studente migliore dell'università, miglior giocatore nella squadra di football, faceva volontariato, recuperava i gattini dagli alberi, ed era ben voluto e stimato da tutti, eccetto dall'aggressiva Gogo Tomago, unica giocatrice donna della sua stessa squadra. Lui era sempre stato così perfetto, e anche dopo anni continuava ad esserlo.
L'unica cosa che serviva al ragazzo per sistemarsi era incontrare l'amore e magari anche sposarsi, ma Tadashi non ci pensava, non che avesse una grande idea della famiglia. I genitori aveva divorziato quando aveva solo cinque anni. Il padre era andato chissà dove, mentre invece la madre si era fatta un'altra vita nonostante non si fosse più risposata. La cosa terribile era che entrambi avevano abbandonato il loro unico figlio dall'oggi e al domani. Tante volte quest'ultimo si era chiesto perchè le cose fossero andate così, convinto che fosse colpa sua, ma con il passare degli anni aveva imparato a capire che talvolta la gente per egoismo era portato a fare cose stupide, come abbandonare il proprio figlio. Eppure non gli era andata male: era cresciuto assieme a zio Cass, ed era diventato un cittadino modello, di buoni principi e con la testa apposto. Inoltre, non che soffrisse della mancanza di due figure genitoriali, solo che alle volte sentiva di essere... un pò solo.
Furono principalmente due i motivi che portarono il perfetto ragazzo ad abbandonare la sua perfetta vita. La prima fu qualcosa che venne a sapere, un qualcosa di molto, molto importante.
Quel giorno, dopo l'ennesima partita vinta di football, egli tornò a casa. Non appena fu arrivato vide sua zia Cass, tutta intenta a sistemare delle foto nell'album di famiglia.
"Ciao zia Cass" - salutò.
"Tadashi caro! - esclamò - com'è andata la partita?"
"Li abbiamo stracciati come sempre - rispose sedendosi accanto a lei - che fai? Sistemi le foto?"
"Oh sì - disse - non potevo lasciarle in quello scatolo ad ammuffire. Guarda poi com'eri carino da piccolo!". Tadashi spostò lo sguardo sulle foto: la maggior parte di esse ritraevano lui in diverse fasi della sua vita: quando aveva vinto il premio per il miglior esperimento a scuola, la prima partita di football vinta all'età di soli otto anni, oppure quando aveva pescato da solo il primo pesce. Eppure vi era qualcosa che non andava: in molte foto non si riconosceva, non sembrava neanche lui.
"Umh? - domandò prendendone una - ma... chi è questo?"
Zia Cass sembrò agitarsi tutt'ad un tratto.
"Sei... sei tu ovviamente.."
"No che non sono io. Questo bambino ha i capelli più lunghi e ha anche il viso diverso! Eppure mi è... familiare - alzò lo sguardo, indispettito - zia Cass... cosa mi stai nascondendo?"
La donna si portò una mano sul viso, sospirando.
"Temevo che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei dovuto dirtelo... e io e tua madre che ci eravamo illude si potertelo nascondere" - sussurrò.
"Eh?! Tu hai continuato a parlare con mia madre in questi anni?" - domandò. Per l'appunto, da quando era stato abbandonato, il ragazzo non aveva avuto più opportunità di parlare nè con il padre nè con la madre, e di certo non pensava che zia Cass avesse invece dei contatti regolari con uno di loro.
"Solo... solo qualche volta - ammise - sai, adesso è molto pentita. Ai tempi era giovane, avrebbe dovuto portarti via con lei"
"Ora è un pò tardi per pensarci, non credi?" - domandò indispettito.
"Questo lo so - fece torturandosi le mani - quello che non sai è che c'è qualcosa che ti hanno tenuto nascosto... che anche io ti ho tenuto nascosto. Vedi, prima di separarsi... i tuoi genitori hanno... concepito un altro bambino... ovviamente tua madre non ne sapeva ancora nulla... fu solo dopo che si accorse di essere incinta"
"Cosa? - domandò sconvolto - Vuoi dire che io... io potrei avere un fratello?"
Zia Cass annuì.
"Tu hai un fratello - sospirò - è per la precisione si chiama Hiro, e ad oggi ha quattordici anni. Quel bambino in foto è lui, è stata tua madre a mandarmi quelle poche foto che vedi sparse sul tavolo".  Il respiro del ragazzo si era fatto accelerato e irregolare, il cuore aveva iniziato a battere all'impazzata. Non sarebbe potuto rimanere tranquillo davanti una notizia del genere. Come poteva avere un fratello e non saperne nulla? Come potevano avergli nascosto una cosa del genere? Non solo era andato abbandonato ed era cresciuto senza i propri genitori, ma gli era anche stato proibito di sapere si suo fratello, nonchè sangue del suo stesso sangue.
"Ma non capisco! - esclamò -  perchè non ne sapevo nulla!"
"Lei mi ha pregato di non dirti nulla  - spiegò con un sussurro - avrebbe voluto dirtelo, ma aveva paura tu pensassi che ti avesse sostituito. E in seguito gli anni passavano e passavano... e diveniva sempre più difficile, non avevo idea di come avresti reagito!"
"Perchè, secondo te adesso come sto reagendo? - esclamò battendo le mani sul tavolo - sono tutte scuse! Semplicemente non le importava più nulla di me, non voleva perdere il suo tempo con i figli, ma una volta scoperto di aspettarne un secondo ha deciso di accudire il più piccolo poichè non aveva altra scelta, lasciando me invece, il più grande in balia di me stesso!"
"Ma non ha scelto - cercò di spiegarle - ascolta, non dico che non abbia sbagliato nell'abbandonarti o nel nasconderti di Hiro. Io stessa avrei tante volte voluto dirtelo, ma non sapevo come fare Non devi odiare tuo fratello per questo 
"Io infatti non odio lui - disse stringendo i pugni - odio tutto il resto del mondo, perchè probabilmente lui neanche sa della mia esistenza e di certo non lo saprà mai!"
In seguito a quelle parole, Tadashi si ritrasse. Sarebbe stato inutile arrabbiarsi ulteriormente. Non vi era  più nulla che voleva sapere. Il fatto è che aveva un fratello, chissà dove, e che non sapeva neanche com'è fatto, a eccezione di una foto che ritraevano però un bambino di tre anni e non uno di quattordici.
Una vecchia fotografia ed un nome, tutto ciò che aveva.
Un trauma che ora aveva fatto riaffiorare tutte le sue insicurezze, mandando in frantumi quella facciata perfetta. Strinse la foto tra le mani.
"Io... io ho bisogno di restare da solo" - concluse, dirigendosi al piano di sopra, nella sua stanza. La notte la passò ovviamente in bianco. Non riusciva a dormire, non riusciva a capacitarsi di come potesse una madre abbandonare e nascondere al proprio figlio qualcosa di così importante. Era assurdo, perchè per colpa dei genitori due fratelli dovevano rimanere separati? Era sicuro che Hiro non sapesse neanche della propria esistente, ed adesso che Tadashi aveva scoperto la verità moriva dalla voglia di conoscerlo, di vedere come fosse,  che interesse avesse, conoscere insomma quella parte della sua famiglia.
Si rigirò da un lato. Forse però era inutile continuare a pensarci, poichè probabilmente i loro destini non si sarebbero mai incrociati.
Il secondo motivo che portò Tadashi a dare inizio al suo viaggio, fu l'arrivo in città di uno strano forestiero. Quest'ultimo veniva descritto come un gigante che si divertiva a rubare le pecore dai recinti e a rovinare i raccolti. A lungo andare, ciò aveva portato gli abitanti a protestare, per la gioia del sindaco, che non aveva idea di come fermare quella situazione, dopotutto nessuno sarebbe stato tanto coraggioso da cacciare uno straniero gigante.
"Vi prego, vi prego - supplicò l'uomo, cercando di mantenere la calma - so che la situazione è molto fastidiosa, ma dobbiamo trovare uno, uno solo che si faccia avanti per cercare di risolvere questo problema!"
Ovviamente la risposta non tardò ad arrivare. Tadashi era sempre in prima fila, sempre pronto ad ascoltare i discorsi importanti e sempre pronto ad intervenire. Senza indugio si era fatto avanti. Tipico di lui agire senza pensare, ma in quel momento la sua decisione era guidata anche dalla rabbia e dal fastidio represso per quella notizia riguardo suo fratello, una notizia che non aveva ancora digerito.
"Vado io" - disse solennemente, con una mano alzata. Ovviamente tutti gli abitanti si voltarono a guardarlo, il sindaco compreso.
"Emh... tu Tadashi?" - domandò incerto.
"Sì, lasciate fare a me - dichiarò - ci parlerò. Lo convincerò ad andare in un altro posto"
"Quel tipo ti schiaccerà in un secondo!" - ribadì l'uomo.
"Oh, dovrà sforzarsi molto per farlo, sindaco" - lo tranquillizzò con un sorriso. 
Meno di mezz'ora dopo, il ragazzo si trovò ad incamminarsi verso la caverna in cui si diceva che il gigante fosse andato a vivere, una caverna isolata vicino al fiume. Si avvicinò pian piano, prendendo ad urlare.
"Hey, ci sei!? Mi chiamo Tadashi Hamada e voglio parlare con te!"
La voce che rispose subito dopo era profonda, ma chi parlava lo faceva a scatti.
"Vattene-via!".
"Suvvia, non voglio farti del male!" - disse stupidamente. In seguito, il ragazzo indietreggiò, vedendo uscire dalla caverna il tanto temuto gigante: quest'ultimo era davvero di dimensioni enormi, ma era bianco, morbido... e sembrava anche terribilmente tenero!
Si lasciò infatti sfuggire una risata, e in seguito, ben sicuro della premonizione della sua morte, gli lanciò una pietra addosso. L'altro però rimase indifferente.
"Perchè-ridevi?" - domandò quello che a giudicare dall'aspetto doveva essere più un robot che un gigante, o magari era entrambe le cose, un robot-gigante.
"No, non è niente! - disse tornando serio - ascolta emh... io sono un sacrificio umano! Mi hanno mandato dalla città, così puoi mangiarmi!"
L'omone bianco continuò a fissarlo con uno sguardo perennemente immobile.
"Avanti! - esclamò - le braccia sono un pò fibrose, ma nelle cosce c'è della polpa!"
"Non-ci-penso-neanche-a-mangiarti" - rispose l'altro, sedendosi goffamente al suolo.
"Ma se torno in città penseranno che sono un vigliacco! Preferisco essere un pranzo che un vigliacco - fece avvicinando un dito al suo viso - avanti"
"Io-non-voglio-mangiare-nessuno - disse tristemente - io-le-persone-le-voglio-fare-ridere. Ma-nessuno- mi-si-avvicina- Ho-questo-aspetto-coccoloso-eppure-tutti-hanno-paura. Forse-è-per-la-mia-stazza-e-per-il-mio-modo-di-parlare. Ho-rubato-le-pecore-perchè-le-trovo-di-buona-compagnia, e-per-i-raccolti, beh... quando-cammino-distruggo-tutto, non- l'ho-fatto-apposta.. è-che-sono-troppo-grande..."
"Oh - disse facendo un cenno con il capo - com'è che ti chiami?"
"Io-sono-Baymax!"
"Baymax, io sono Tadashi. Hai mai pensato che magari non sei tu ad essere troppo grande ma è questa città ad essere troppo piccolà? Le persone grandi stanno nelle città grandi, dovresti andare!"
"Tu-vuoi-solo-liberarti-di-me" - notò tristemente. In quel momento la mente del ragazzo fu attraversata da un'idea: poteva cogliere l'occasione per partire, espandere i suoi orizzonti, e magari provare a cercare Hiro. Non sapeva perchè, ma aveva la netta sensazione che se lo avesse cercato lo avrebbe trovato, nonostante le possibilità fossero poche.
"Non è così! Anzi, sai che ti dico? Che questa città è troppi piccola anche per le mie ambizioni! Che ne dici Baymax? Verrò con te. Allora, ci stai?"
Baymax lo guardò, porgendogli poi una mano.
"Ci-sto".
Ben presto Baymax e Tadashi si ripresentarono in città, annunciando la loro intenzione di partire. Gli abitanti arrivarono in gran numero a salutarli, anche al robot, poichè avevano capito come quest'ultimo fosse innocuo,  e ad assistere al discorso del sindaco.
"Tadashi Hamada - disse infatti - ti dono la chiave della città, in modo che quando vorrai tornare, troverai le porte sempre aperte". Il ragazzo fece un cenno, legandosi la chiave attorno al collo, nonostante per il momento l'idea di tornare pareva abbastanza lontana. In seguito lui e il robot si misero in cammino, mentre la gente ai lati della strada li salutava.
"Tadashi! - esclamò improvvisamente la voce di zia Cass, la quale lo aveva afferrato da dietro - fortuna che sono arrivata in tempo! Cos'è questa storia, te ne vai?"
"Ebbene sì. Tutti e due sappiamo che sono ambizioso, ma non devi preoccuparti, starò attento"
La donna lo guardò con gli occhi lucidi.
"Ti prego - sussurrò - non vorrai fare cose strane come cercare Hiro, non è vero?"
"Tranquilla, non lo farò - sussurrò frettoloso, stringendola in un abbraccio - però adesso è arrivato per me il momento di andare, stammi bene, ti voglio bene!"
Immediatamente il ragazzo riprese a camminare, mentre sua zia lo fissava con una mano poggiata sul cuore.
Furono tanti i consigli che gli vennero dati mentre lasciava la città, anche se quello che apprezzò di più fu quello della strega. Un consiglio che a quanto pare, Tadashi voleva mantenere segreto.
Vi erano due strade per uscire da San Fransokyo: la prima era nuova, asfaltata. La seconda era in terra abbattuta, attraversava il bosco, ma nessuno la utilizzava, si diceva fosse infestata dai fantasmi. Poichè però Tadashi non aveva intenzione di tornare, decidette che sarebbe stato divertente provare qualcosa di nuovo.
Quando furono arrivati al bivio, Baymax si rivolse a lui.
"Conosci-di-qualcuno-che-l'ha-presa?" - domandò.
"Umh.. credo un poeta di nome Fred mi pare, una volta. Senti facciamo così. Tu prendi la strada nuova, e io quella vecchia. Così poi ci rivediamo all'uscita"
Il gigante lo guardò.
"T- stai-cercando-di-scappare, non è vero?". Alzando gli occhi al cielo, Tadashi si tolse lo zaino dalle spalle, porgendoglielo.
"Lo do a te. Così almeno sai che non posso scappare. Allora ci vediamo dopo". Con passo sicuro e come se fosse diretto verso una piacevole passeggiata, egli si infilò in quel piccolo sentiero che pareva senza fine.
Era ormai la sera quando si ritrovò circondato dagli alberi e dai fastidiosi insetti che lo pungevano. Tutt'intorno non si sentiva altro che il rumore delle cornacchie. Era decisamente un posto poco piacevole, ed inoltre più di una vola sciami di api gli erano venute dietro per punzecchiarlo. Camminava ormai da un pezzo in mezzo alla foschia, vedendo davanti a sè solo il buio.
Nella vita arriva il momento in cui un uomo ragionevole deve ammettere di aver sbagliato di grosso. Solo che io... non sono mai stato un uomo ragionevole. E di quanto avevo imparato a scuola... tanto più una cosa era difficile, tanto più valeva il premo finale.
Era davvero una fortuna che la parola arrendersi non facesse parte del suo vocabolario. Tadashi continuò infatti a camminare, certo che in fondo al tunnel di alberi avrebbe trovato un ambiente completamente diverso. E ancora una volta, aveva infatti indovinato.
-
-
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Angolo mio
Ed eccomi con il secondo capitolo! Che dire, bella batosta per Tadashi, scoprire così a caso di avere un fratello... ma non posso ricevere anche io una notizia del genere?
E poi beh ha anche incontrato Baymax, piccolo cucciolo di cui tutti hanno paura, ma è grazie a lui che Tadashi si è convinto a partire, quindi u.u
Bene, da qui il viaggio ha inizio, e siccome mi sono resa conto che ci saranno molti sbalzi temporali ho deciso che le parti "ambientate" nel passato saranno scritte normalmente, quelle ambientate nel presente in grassetto, e gli intermezzi in prima persona in corsivo, così faccio un pò d'ordine e.e
Ringrazio BlackCherry2011 per seguire, recensire e sopportarmi :D
^^


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Capitolo 3
*** 3 - Il villaggio più felice del mondo ***


Ciò che gli si era presentato davanti era un ampio cielo azzurro e un grande prato verde, dove più avanti si ergevano le case ai lati del perimetro. Case colorate, un ambiente decisamente pulito, e la cosa più strana era che non vi fosse alcun cartello di benvenuto, bensì una corda appesa in alto tra due alberi, simile a quelle per stendere i panni, dove vi stavano invece appese miriadi di paia di scarpe.
Incuriosito si fece avanti, guardandosi intorno: sembrava tutto estremamente tranquillo, la poca gente che scorse sembrava così rilassata, e le donne erano pallide  e vestite di vestiti di bei colori pastello. 
E ovviamente nessuno di loro indossava le scarpe.
Ad un tratto vide uscire da un negozio un uomo in giacca e cravatta, seguito da una bambina bruna con un vestito azzurro e pois.
"Oh, un nuovo ospite! - disse egli, reggendo una lista in mano - com'è che ti chiami, ragazzo?"
"Emh... Tadashi Hamada" - rispose incerto.
"Tadashi Hamada? - domandò - oh, non ti aspettavamo ancora!"
"Voi mi aspettavate?" - chiese sorpreso - ma cos'è questo posto?"
"E' Spectre Ville, la cittadina più ridente di sempre. E io sono Robert Callaghan, il sindaco. Lei invece è mia figlia Abigail. Tu vieni da San Fransokyo, vero? L'ultima persona ad essere arrivata da lì è stato Fred"
"Fred? Intendi Fred il  poeta? Dov'è? Voglio conoscerlo!"
Il suo desiderio fu ben presto esaudito. Robert lo invitò a casa sua assieme al tanto famoso Fred, il quale aveva l'aspetto di un ragazzo decisamente normale, anzi, era un pò più strano rispetto agli altri, sembrava così sulle nuvole mentre sorseggiava la sua tazza di thè.
"Qui è sempre tutto perfetto - disse egli dondolandosi sulla sedia  - mai troppo freddo, mai troppo umido. Tutto è più buono, perfino l'acqua lo è. E poi il vento accarezza le foglie così... gentilmente"
Tutto intento ad ascoltarlo, Tadashi si  era reso conto troppo tardi che la piccola Abigail era scivolata sotto il tavolo e velocemente gli aveva sfilato le scarpe, correndo via.
"Hey! - urlò correndole dietro - Abigail, torna qui!". La bambina però non gli diede retta: corse fin quando non si posizionò sotto la corda che stava appesa tra i due alberi all'inresso della città, e dopo aver legato i lacci delle scarpe tra di loro, le lanciò, impigliandole proprio lassù.
"Accidenti! - esclamò lui allargando le braccia - ma le scarpe mi servono!"
"A nessuno servono le scarpe qui! - esclamò Fred, il quale gli era andato dietro - qui vi è il terreno più soffice di sempre. Comunque, non ti ho ancora mostrato il resto del villaggio"
"Ah, ma veramente..." - fece per dire.
"Niente chiacchiere, segui me! Abigail, coraggio, vieni anche tu!". Così i due, cingendo Tadashi da entrambe le braccia, presero a camminare verso le case colorate.
Convenni di restare per il pomeriggio, almeno per cercare di capire il mistero di quel villaggio fantastico, un luogo strano ma anche incredibilmente familiare.
Poco più tardi, poco prima del tramonto, Tadashi e Fred avevano trovato dell'ombra sotto un grande albero  con alle spalle un lago, un posto perfetto per rilassarsi. Il primo si era poggiato con la schiena contro il tronco, mente il secondo, seduto sulle spesse radici, teneva un quaderno in mano e mordicchiava il beccuccio di una penna. La sua espressione era concentrata, molto probabilmente doveva star lavorando ad una delle sue poesie.
"Sto componendo questo poema da dodici anni" - disse ad un tratto quest'ultimo.
"Davvero?" - domandò sorpreso.
"Già, ci sono delle alte aspettative, non vorrei deludere i miei fans"
"Posso leggere?" -domandò. Fred fece un cenno con il capo, porgendogli il quaderno. Quando il ragazzo lo ebbe preso tra le mani spalancò gli occhi: vi erano solo tre righe!
"L'erbe così verde, il cielo così blu, Spectre è davvero fantastica - lesse - ma solo solo tre righe!"
Infastidito, Fred gli tolse il quaderno dalle mani.
"E' per questo che non si fa mai vedere un' incompiuta" - borbottò. In seguito, avendo capito che il poeta avesse bisogno di restare da solo per espandere le proprie idee, Tadashi si era spostato sulle rive del silenzioso lago dalle acque cristalline. Vi era una tale quiete che pensò quasi di addormentarsi, nonostante le sue attenzioni furono ben presto catturate da una figura particolare: una ragazza di spalle, dalla pelle pallida  ei lunghi capelli biondi, stava facendo un bagno nel lago. Egli non ebbe neanche tempo di chiedersi quand'è che fosse comparsa, che vide nuotare a gran velocità in quelle stesse acque, un serpente.
Volle urlarle di stare attenta, ma preferì senza dubbio immergersi e nuotare verso il probabile velenoso rettile. Dopo un paio di bracciate, riuscì ad afferrarlo e ad urlare: "L'ho preso!".
Nel sentire la sua voce la ragazza si era però immersa, e cosa più strana, il serpente che Tadashi aveva catturato si era trasformato in un semplice bastone.
Abbastanza confuso tornò verso la riva, dove vi stava la piccola Abigail.
"Ci sono le sanguisughe qui" - disse ella.
"Me ne sono accorto - sbuffò staccandosene una dal braccio - ma... hai visto quella donna?"
"Che aspetto aveva?" - domandò.
"Era... era..."
"Forse era nuda?"
"Sì era nuda"
"Non era una donna, era un pesce. Nessuno riesce a catturarla, inoltre assume una forma diversa a seconda di chi lo guarda. Mio padre per esempio dice che somiglia al bracco che aveva da giovane venuto dall'aldilà"
Tadashi si portò una mano sulla testa: un pesce quello? Che storia era?
Si affrettò comunque ad uscire dall'acqua, e nel percorso per ritornare a Spectre, Abigail prese a riempirlo di domande.
"Quanti anni hai?" - chiese.
"Ne ho 18" - rispose.
"Io ne ho 8. Questo significa che quando ne avrai 28 io ne avrò 18, e quando ne avrai 38 io ne avrò 28, e..."
"Vedo che sei un asso in artmetica" - disse sorridendo.
"Beh sì, dieci anni non è poi tanta differenza"
"Sì, ma adesso però fa parecchio differenza" - le fece notare divertito.
Quando i due tornarono era già sera, il villaggio era addobbato a festa, con tante luci, ed inoltre le note della musica si disperdevano nell'aria, a quanto pare lì si festeggiava spesso senza un apparente motivo. Donne e uomini avevano preso a ballare divertiti, avvolti nei loro abiti color pastello, mentre Fred si trovava circondato dai suoi fans, anzi, dalle sue fans, che volevano ascoltare il frutto del suo genio. Peccato che il ragazzo fosse abbastanza imbranato con le donne, pertanto si era sbrigato ad allontanarsi e a raggiungere il nuovo arrivato. Tadashi si stava divertendo molto, la gente era gentile e quel luogo era praticamente perfetto, ma fu costretto a chiedersi cosa stava facendo. Non era andato via per fermarsi in un altro posto, lui era andato via per cercare qualcuno e per cercare avventure, non poteva permettersi di rinchiudersi nuovamente.
"Io... io devo andare via!" - esclamò ad un tratto. Robert Callaghan si voltò a guardarlo, sorpreso, così come Fred.
"Cosa? E perchè?" - chiese.
"Beh, questo posto è al di sopra di ogni umana aspettativa, ma non sono pronto a fermarmi in nessun posto"
"Ma nessuno se n'è mai andato!" - ribadì l'altro. Il ragazzo si limitò a fare spallucce.
"Come pensi di fare senza scarpe?" - domandò Abigail.
"Me la caverò - concluse - adesso vi saluto". Così dicendo afferrò la propria giacca, voltando le spalle agli abitanti di Spectre. Prima che però potesse allontanarsi del tutto, Abigail gli corse dietro.
"Promettimi che tornerai!" - esclamò.
"Lo farò, ma quando sarà giusto che io torni" - disse solennemente, guardandola negli occhi. Egli  non poteva immaginare cosa ne sarebbe derivato dalla sua promessa, mentre ignaro si dirigeva nuovamente verso il bosco.
Vi furono due cose che appresi quella notte: la prima è che un sentiero pericoloso è reso ancora più pericoloso dall'oscurità. La seconda è che mi ero disperatamente e irrimediabilmente smarrito. Ma  dovevo assolutamente uscire di lì, nonostante fosse difficile
Il bosco era davvero pauroso, ancora più della prima volta. I rami gli graffiavano la schiena e il panico stava lentamente prendendo in lui il sopravvento. Gli cadde perfino la chiave appesa al collo, quella di San Fransokyo, e più andava avanti più non sapeva dove andare. La cosa più terribile fu quando si rese conto di essersi incastrato tra dei rami appuntiti che parevano volerlo divorare. Aveva preso in seguito a dimenarsi e a scalciare nella speranza di liberarsi. Forse tutto ciò era dovuto al panico, un panico infondato poichè in quel momento un pensiero gli attraversò la mente.
"Non è mica così che me ne vado!" - esclamò spalancando gli occhi, come se si fosse appena ricordato qualcosa di importante. Ed effettivamente, dopo aver urlato ciò, i rami si erano come retratti, lasciandolo libero di continuare a camminare. Dopotutto sarebbe stato inutile preoccuparsi, sapeva fin troppo bene come sarebbe morto, e di certo non sarebbe successo lì e in quel modo.
Era l'alba quando scalzo e dolorante era finalmente uscito dal bosco: dinnanzi a lui strada libera ed asfaltata, ed anche Baymax che lo stava aspettando.
"Hey-amico - disse vedendolo - che-ne-è-delle-tue-scarpe?" - domandò.
Tadashi gli sorrise.
"Direi che mi hanno preceduto. Su, andiamo"
Il tenero gigante annuì, prendendo a camminare lentamente a suo fianco.
-
-
-
Angolo mio
Allora, questo era più che altro un capitolo di passaggio, ma era importante poichè Abigail (che qui è una tenera pimpa) fa la sua comparsa, e anche se non sembra avrà il suo ruoo fondamentale nella storia.
Finalmente dal prossimo capitolo si entrerà nel vivo della storia e le cose diventeranno molto... interessanti U_U


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Capitolo 4
*** L'amore della mia vita ***


Dopo anni la famiglia era nuovamente riunita allo stesso tavolo, nonostante non vi fosse una gran bella atmosfera. La tensione che si ergeva tra Tadashi e Hiashi era palese, così tanto da avere quasi l'impressione di poterla toccare con un dito. Hiro lanciava occhiate nervose al fin troppo silenzioso marito, il quale mangiava lentamente e con un'espressione non proprio simpatica sul volto.
Lo stesso si poteva dire per sua figlia, nonostante ella venisse distratta più di una volta dal bambino, tutto intento a gettare all'aria il proprio riso.
"Oh Tadashi - lo rimproverò - stai sporcando tutto, ti sembra il modo?"
"Su, su, non preoccuparti - intervenne Hiro - sono bambini"
"Io voglio giocare con nonno Tadashi!" - esclamò il piccolo alzando le braccia.
"Il nonno non sta bene, ci giocherai dopo" - rispose frettolosa la ragazza, lanciando un occhiata furtiva al padre. Capendo che quel silenzio non avrebbe portato da nessuna parte, Hiro si sgranchì la voce, sforzandosi di iniziare una qualche tipo di conversazione.
"Eichi - lo chiamò - Hiashi mi aveva detto che è stato pubblicato un articolo con delle foto scattate da te. Vedo che la tua carriera di fotografo va a gonfie vele"
Il ragazzo annuì.
"Si, e sono stato in Marocco un mese per quell'articolo" - rispose.
"Ah, dovremmo prenderne una copia" - rispose l'altro, rivolgendosi poi a Tadashi, come se volesse trascinarlo in quella conversazione.
Quest'ultimo rimase qualche secondo in silenzio, per poi prendere a parlare lentamente.
"Non so se lo sai Eichi, ma c'è un paese dell'Africa, il Congo mi pare, in cui i pappagalli parlano solo francese" - disse.
"Ah sì?" - domandò sinceramente divertito.
"Ovviamente. Di inglese conoscono sì e no qualche parola, ma se ti inoltri nella giungla li sentirai parlare nella più forbita lingua francese. E parlano di tutto quegli uccelli, di politica, cronaca... ma mai di religione!"
"Perchè non di religione?" - domandò a quel punto Hiashi.
"E' cattiva educazione - rispose - non sai mai chi potresti offendere"
"Beh, Eichi ci è andato l'anno scorso in Congo" - aggiunse, sperando di metterlo a tacere. Tadashi però, per tutta risposta, alzò lo sguardo, rivolgendosi al ragazzo.
"Ah, allora lo sai?" - domandò.
Dopo un ora la cena finì e fu giunta finalmente l'ora di andare a dormire, ma non per Eichi e suo figlio. Il primo si era assicurato che Hiashi dormisse, per poi prendere il bambino con sè.
"Papà - disse - dove stiamo andando?"
"Ssssh - lo zittì - parla a bassa voce. Beh, volevi passare un pò di tempo con tuo nonno, no? Quindi ti porto da lui"
"Ma perchè dobbiamo farlo di notte? - domandò -è perchè la mamma lo odia, vero?"
Eichi gli poggiò una mano sulla testa.
"La mamma non lo odia affatto. Hanno solo avuto dei... problemi. Adesso seguimi, spero che non stia già dormendo"
Dopodichè i due avevano aperto la porta socchiusa, scorgendo Tadashi steso a letto.
"Su avanti - sussurrò il più grande al figlio - vai, io rimango qui ad aspettarti". Un pò incerto, il bambino si avvicinò piano, osservando l'uomo, forse in dormiveglia, con ancora gli occhiali da lettura poggiati sul naso e con un libro poggiato sul ventre.
Non sapeva esattamente cosa fare, non che avesse troppa confidenza, ma decise comunque di avvicinarsi ulteriormente.
"Psss, nonno" - sussurrò piano. A quelle parole Tadashi si svegliò immediatamente, sorridendo nel vedere il bambino.
"Hey - lo chiamò - ciao"
"Ciao! - esclamò contento - papà mi ha portato da te, però tu non dire niente, ok?"
Il più grande rise.
"Va bene, non dirò niente. Sai, poco prima che arrivassi tu stavo facendo un sogno... uno di quei sogni prodigiosi... sai cosa significa "prodigioso"?"
Il bambino scosse il capo, incuriosito.
"Prodigiosi sono quei sogni che poi si avverano. Come quella volta in cui sognai un corvo che veniva da me e mi diceva: "Tua zia morirà". Ovviamente mi svegliai di soprassalto e corsi dai miei genitori a raccontarglielo. Loro però mi dissero di rimettermi a dormire e che era stato solo un incubo. La mattina dopo però mia zia Stacey era morta. Pensa che cosa terribile per un bambino di quattro anni che si ritrova con quel potere. Poi mi capitò di sognarlo un'altra volta, solo che questa volta il corvo mi aveva detto:"Ora tocca a tuo padre". Io rimasi parecchio scosso, e quando glielo raccontai lui mi disse di star tranquillo, nonostante vedessi come il suo viso fosse strano. Quello stesso giorno andò a lavoro e tornò molto tardi. Quando rincasò andò da mia madre e le disse:"Ho avuto la giornata più brutta della mia vita". E allora lei rispose:"Tu pensi di aver avuto una giornata terribile? Il povero lattaio è morto stamattina"
Da dietro la porta, Eichi si lasciò scappare una risata silenziosa, pensando allo stesso tempo a cosa potesse passare per la testa di quel tipo per raccontare ad un bambino così piccolo una cosa del genere.
Il piccolo Tadashi infatti lo guardò stranito, non potendo cogliere quell'allusione.
"Nonno - lo rimproverò - questa che mi hai raccontato è una bugia"
"Oh - sospirò - beh, qualche bugia rende la storia più interessante. Immagino tu sia abituato a dire la verità, non è vero?"
Il bambino annuì.
"Nonno posso farti una foto?" - domandò poi.
"Vedo che segui la stessa vena artistica di tuo padre, ma non credo sia necessario"
"A casa mia ci sono un sacco di foto tue, molte sono del matrimonio di mamma e papà. E tu hai foto del matrimonio?"
"Non esattamente - disse facendosi scappare una risata - il nostro non è stato un vero e proprio matrimonio... Hiro non doveva neanche sposare me, ai tempi era fidanzato con un'altra... La mamma non te l'ha mai raccontato?"
"No, mai" - borbottò muovendo le gambe.
"Ah, immaginavo - fece alzando gli occhi al cielo - non te l'avrebbe raccontato bene comunque"
"Raccontamelo tu allora - disse poggiando le braccia sul letto - è una storia lunga?"
"Beh... di certo non è breve"


                                                                                                                                                ***
Avevo appena lasciato Spectre, e stavo ora andando incontro al mio destino senza sapere cosa aspettarmi... valutai affondo tutte le occasioni che mi si presentarono
Baymax e Tadashi erano ben presto arrivati in un'altra città, e la sera stessa avevano deciso di darsi ad uno svago, ovvero quello del circo.
Quella sera vi era il pienone, e gli spettacoli si susseguivano l'uno dopo l'altro. Ciò che videro furono cani ballerini, tigri, leoni, acrobati e pagliacci, tutta roba divertente ma già vista e rivista. Colui che di certo si distingueva era il presentatore, alto, di colore, vestito di rosso e con in testa un cilindro. Egli si fece avanti tenendo un bastone da passeggio in mano, rivolgendosi al pubblico.
"Signore e signori! - esclamò - forse tutti voi pensate di aver visto di tutto, di aver visitato ogni angolo della terra. Ma io ho qui qualcosa che vi sorprenderà. Viene dalla Florida ed i suoi compagni di lavoro lo chiamavano "El Penombras"! Veniva chiamato così perchè a chiunque avesse lavorato a suo fianco, "El Penombras" copriva loro la luce del sole! - andò poi vicino una donna -  Non per spaventarla signora, ma se vorrebbe , potrebbe schiacciarle la testa tra i propri alluci! Ma no, non lo farà, perchè lui è il nostro prodigioso, unico e gentile gigante. Signori, ecco a voi Colossum!"
Mentre il presentatore parlava, un gruppo di clown nani avevano trascinato una sorta di piccolo carro, troppo piccolo per far sì che vi fosse dentro un gigante. Dopo essi si erano premurati nel rimuovere le catene, ed infine, il tanto famoso Colossum si levò in piedi, un tipo di circa tre tre metri, calvo e robusto, che aveva cominciato a giocare e a mangiare il fuoco come se nulla fosse. Tadashi si fece scappare un sorriso: Baymax avrebbe fatto un baffo a quello!
E difatti, il tenero gigante, seduto a debita distanza dal pubblico, si era in quel momento alzato in piedi, attirando l'attenzione di tutti gli altri, anche dello stesso Colossum, che si era soffermato a guardarlo, e dello stesso presentatore che con gli occhi spalancati era rimasto a guardarlo.
In quel momento, i clown nani capirono che fosse arrivata l'ora di chiudere lo spettacolo. In seguito vi fu un gran caos, tra l'altoparlante che parlava a gran voce e i vari lavoratori del circo che correvano a destra e a manca.
Quella sera Baymax incontrò il suo destino ed io il mio... quasi. Dicono che quando uno incontra l'amore della sua vita il tempo si ferma, ed è vero.
Tadashi era come stato colpito da un fulmine. Lo vide alzarsi in piedi, dalla parte opposta alla propria, un ragazzo parecchio più piccolo di lui ma non per questo privo di bellezza. Era magrolino, gli occhi neri e profondi, il viso ancora troppo simile a quello di un bambino.
Non sapeva perchè, ma nel vederlo aveva avuto l'impressione di conoscerlo da sempre, nonostante fosse la prima volta che lo vedeva.
Si sollevò, prendendo a camminare pian piano verso il ragazzo ora immobile, poichè il tempo si era davvero immobilizzato. Era qualcosa di assurdo, era sempre stato convinto che certe sensazioni potessero essere provate solo per persone di sesso opposto, ed invece a lui era successo con un ragazzo!
Non vi pensò però più di tanto mentre si avvicinava. Quando fu a pochi centimetri dal suo viso, Tadashi si lasciò scappare un sorriso: era giovane sì, ma anche molto bello.
Quello che però non dicono è che quando il tempo si rimette in moto va a doppia velocità per recuperare.
Ed infatti, pochi attimi dopo, quel ragazzino era sparito, la folla si era ritirata e tutt'intorno era diventato buio. Inutili furono i suoi tentativi di corrergli dietro.
Lui si era completamente volatilizzato.
Per quanto riguarda Baymax invece, era rimasto all'interno del tendone con il presentatore che ancora lo fissava sconvolto.
"Emh - boccheggiò quest'ultimo - com'è che ti chiami?"
"Mi-chiamo-Baymax" - rispose l'altro.
"Ah... Baymax... io sono Wasasbi, emh - disse facendo segno ad un clown nano di passargli qualcosa - dimmi Baymax, hai mai sentito parlare di involontaria schiavitù?
"Eh-no" - rispose.
"Inconsapevole contratto?"
"Nemmeno"
"Ah, bene - sorrise porgendogli quello che sembrava un contratto - ecco, tieni"
Baymax lo guardò stranito.
"Su, signor Grondasudore - fece rivolgendosi al clown nano - si faccia avanti, così Baymax può usarla come tavolo". In seguito a ciò, il tenero gigante firmò "inconsapevolmente" quel contratto, entrando a far parte del circo.
In quel momento Tadashi rientrò.
"Oh, oh - rise Wasabi - hey, il tuo amico è appena diventato uno star"
"Bene... sono contento..."  - sussurrò l'altro sedendosi su degli scalini.
"Che cos'hai amico? Non vedevo uno così depresso da quando un elefante andò a sedersi su uno spettatore! - esclamò, non vedendolo però ridere - lo depresse!"
Baymax prese a ridere in maniera molto "meccanica"
"Ah, vedi?! Il gigante l'ha capita!"
"Ho appena incontrato il ragazzo che sposerò, ma l'ho perso!" - esclamò tutt'ad un fiato. Wasabi strabuzzò gli occhi.
"Ragazzo? Oh beh, questo certo non si vede tutti i giorni. Beh, uno si deve sposare prima di perdere la moglie, o in questo caso, il marito, AHAH!"
"Io passerò il resto della mia vita a cercarlo, o lui o morirò da solo" - dichiarò fulminandolo con lo sguardo.
"Cavolo amico... fammi indovinare... ha gli occhi neri e profondi"
"Ah, sì" - sospirò sognante.
"Capelli d'ebano un pò ribelli"
"Sì" - sospirò ancora.
"Indossa una maglietta rossa ed una felpa"
"Sì... hey aspetta! Come fai a saperlo?"
"Lo conosco, amico di famiglia"
"Come si chiama? Dove abita?"
"Scordatelo amico, lui non fa per te, non sei alla sua altezza!"
"Che vuol dire? Neanche mi conosci!"
"Certo che ti conosco! Tu eri un pesce grosso al tuo paesello! Ma qui nel vero mondo sei sterco di vacca! Non hai un progetto, non hai un lavoro, non hai niente all'infuori dei vestiti che hai addosso!"
"Ma se ho lo zaino pieno di vestiti! - fece voltandosi e indicando un punto vuoto - ma... mi hanno rubato lo zaino"
"Tu eri un grosso pesce in una pozza piccola, ma questo amico è l'oceano, e  tu ci stai annegando! Ascolta il mio consiglio, torna a "Pozzangherville" "
"No! Senti, hai detto che non ho un progetto ed invece ce l'ho! Troverò quel ragazzo, lo sposerò e passerò il resto della mia vita con lui.. un lavoro non ce l'ho.. ma se tu me lo offrissi... certamente no ho niente, ma ho più determinazione di quanto ne troverai in tutti gli altri!"
"Mi dispiace amico, la carità non mi ripaga!"
"Lavorerà giorno e  notte e non dovrei pagarmi!". Wasabi si voltò a guardarlo. Lo fissò a lungo, per poi prendere un respiro profondo.
"Ogni mese che lavorerai io ti dirò qualcosa su quel ragazzo. E' la mia ultima offerta"
Tadashi sorrise.
"Accetto!" - esclamò.
"Molto bene, a lavoro allora!"
I mesi che seguirono furono molto duri: Tadashi si ritrovò a fare ogni sorta do lavoro, dallo spalare lo sterco degli elefanti, ad uomo cannone o ad infilare la testa nella bocca dei leoni. Sapeva però che ne sarebbe valsa la pena, era completamente preso, tanto che la questione sul trovare suo fratello fosse oramai passata in secondo piano.
Un colpo di fulmine, ecco come poteva definire ciò che era accaduto. Quel tenore di sta era difficile, ma per trovare quel ragazzo avrebbe fatto di tutto. Il primo mese era venuto a sapere e che i suoi fiori preferiti fosse gli asfodeli, il secondo che  facesse le superiori, e  via dicendo. Nei mesi seguenti furono molte le cose che venne a sapere  su quel ragazzo, tranne il nome e dove abitasse. Così, dopo oramai qualche tempo che lavorava a circo, una sera raccolse il coraggio tra le  mani e andò a cercare Wasabi dentro la sua roulotte. Non aveva fatto caso ai clown nani che lo fissavano malamente mentre fumavano i loro sigari, piuttosto notò come la roulotte del presentatore si muovesse e traballasse. Stranito si avvicinò ,per poi bussare.
"Emh... Wasabi?" - lo chiamò. Silenzio. Il ragazzo non ebbe neanche il tempo di capire nulla che la porta si spalancò, ed un grosso lupo sbucò fuori dalla roulotte, sovrastandolo. Tadashi fu spinto a terra e fu graffiato al viso mentre con le braccia cercava di difendersi da quegli artigli pericolosi quanto le zanne. Il signor Grondasudore, uno del clown,  aveva visto tutta la scena, e prontamente si era levato in piedi, avvicinandosi. Aveva estratto una pistola, puntandola contro il lupo con riluttanza, come se quel gesto gli provocasse tristezza. Poi sparò. Il proiettile colpì l'animale, che non si accasciò, limitandosi a spostarsi. Tadashi si alzò in piedi, guardandolo, incerto sul cosa fare prima di essere aggredito di nuovo. Poi vide un bastoncino e provò a vedere cosa fosse successo se lo avesse lanciato. Per tutta risposta, il lupo era corso a recuperarlo e  porgerglielo, come se si fosse trattato di un cucciolo addestrato.
Lì capii che la maggior parte delle bestie selvatiche spesso sono soltanto sole.
La seconda volta che egli lanciò il bastoncino, lo fece in modo che quest'ultimo cadesse lontano, facendolo finire in mezzo al bosco, luogo dove immediatamente il lupo si diresse, ululando. Tadashi rimase lì tutta la notte, e quando fu mattina vide proprio Wasabi arrivare dal bosco, con il bastoncino tra i denti.
Spalancò gli occhi: questo voleva dire che Wasabi era una sorta di licantropo.
"Umh... ho ucciso nessuno?" - domandò quest'ultmo un pò stordito.
"Emh no... solo un paio di conigli.."
"Ah ecco il perchè dell'indigestione... mi spiace per il graffio"
"Ah, non fa niente"
"Mh, sai mi sono sbagliato su di te. E' vero, non hai nulla, ma  di quel poco che hai ne hai a palate,e può avere accanto chi vuoi"
"E' solo lui che voglio accanto" - dichiarò
"Bene, allora... ascoltami bene... il ragazzo che tanto ami.."
Egli tese l'orecchio.
"Si chiama Hiro Hamada"
Tadashi spalancò gli occhi, sussultando.
"CHE COSA?!"
-
-
-
Angolo mio
Povero Tadashi, tutta quella fatica sprecata *stupidotto patta patta*, ma almeno lui e Hiro si sono finalmente incontrati *entra in brodo di giuggiole*
Adesso che Tadashi si è reso conto che il ragazzo amo non è niente popò di meno che proprio Hiro, cosa accadrà? :D

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Capitolo 5
*** 5 - Amore e dovere ***


Ora tutto tornava. Ecco spiegata quella sensazione di familiarità che aveva provato nel vederlo. Quel ragazzo, quello di cui si era innamorato e che voleva sposare, non era altro che il fratello che stava cercando!
Tadashi era indietreggiato, sconvolto. Subito dopo aveva preso quella fotografia che si era portato dietro, quella che ritraeva un Hiro di quattro anni circa. Non avrebbe potuto riconoscerlo in ogni caso, la persona che aveva visto era completamente diversa.
Si portò le mani sulla testa. Non era sconvolto tanto per il fatto i aver lavorato praticamente per tre anni inutilmente, neanche il fatto di aver ritrovato suo fratello, ciò che lo sconvolgeva era la consapevolezza di essere caduto vittima di un amore impossibile. Non poteva amare il sangue del suo sangue, erano cose che non andavano fatte. Eppure era successo, quasi accidentalmente, era certo che se avesse saputo in tempo lui chi fosse, non se ne sarebbe innamorato..
Anzi, non era più tanto sicuro neanche di questo.
"Hi-Hiro Hamada? - sussurrò - Mi stai dicendo che il ragazzo che amo è mio fratello?!"
"Tuo fratello? Ah, siete fratelli, non l'avrei mai detto" - scherzò Wasabi.
"Non c'è niente da ridere! - esclamò nervoso - ti rendi conto? Mi sono innamorato della persona sbagliata, io non posso amarlo, non devo!"
"Beh, ma lo stai già facendo! - gli fece notare - ascolta amico, sarà sbagliato quanto vuoi, ma oramai è fatta, e dopo tutti questi sforzi sarebbe da stupidi tirarsi indietro"
"Ma come faccio ad andare da lui? Cosa devo dirgli "Hey ciao, tu non mi conosci, ma io sono tuo fratello e mi sono innamorato di te"?"
"Sì! - esclamò Wasabi - è esattamente quello che devi dirgli! Ho avuto modo di conoscerti in questi anni, non sarà di certo la vostra parentela a fermarti"
Tadashi assottigliò lo sguardo. Era certo che il sapere del vero legame che lo collegava  all'amore della sua vita, non l'aveva distorto dal proprio sentimento. Era una pazzia, forse anche in parte pericolosa, ma se lui ed Hiro si erano incontrati in quel modo, doveva essere un segno del destino.
"Dov'è che posso trovarlo?" - domandò.
"All'istituto privato di Howord, ma ti consiglio di sbrigarti, il trimestre è quasi finito!" - lo incoraggiò.
"D'accordo - sospirò - non posso credere che lo sto facendo, ma vado! Grazie di tutto Wasabi!"
"Buona fortuna amico!" - esclamò salutandolo con la mano.
Dopo aver salutato tutti ed aver lasciato il circo, egli prese tre treni per arrivare ad Howord. Con i pochi soldi che aveva da parte si comprò un abito un pò più formale, inoltre si sistemò i capelli, voleva fare una bella figura davanti al proprio fratello.Comprò anche un mazzo di asfodeli, certo Hiro era un adolescente e non una ragazza, ma magari gli avrebbe comunque fatto piacere.
Tutto impettito arrivò davanti la porta bianca dell'istituto privato, trattenendo il respiro. Non era certo su ciò che avrebbe dovuto dire, non era neanche sicuro che sarebbe stato in grado di parlare e di rivelare quei sentimenti poco consoni al loro rapporto fraterno.
Ma non ebbe tempo per pensarci.
Chi aveva aperto la porta era proprio Hiro. Quest'ultimo era cambiato dall'ultima volta che lo aveva visto, ora era un pò più grande e un pò più alto, ma il viso era sempre quello. Gli sorrise. Tadashi deglutì, e facendo per aprire bocca, tutte le parole si riversarono all'esterno senza che potesse fermarle.
"Ciao Hiro! - esclamò - probabilmente tu non sai chi sono, ma io sono tuo fratello maggiore, Tadashi! Sono partito da San Fransokyo con l'intento di cercarti, ed effettivamente non avrei mai pensato di poterti incontrare. Poi ti vidi quella volta al circo... e... beh... io mi ero innamorato di te! Sono ancora innamorato di te, nonostante so che non dovrei farlo, sento dalla prima volta che ti ho visto che sono destinato a sposarti! Ho passato gli ultimi tre anni a lavorare, sono stato usato come uomo cannone, mi sono anche rotto le osse due o tre volte, ma ne è valsa la pena! E so che tutto ciò è assurdo, ma ti prego non pensare che io sia pazzo, perchè questi sentimenti sono veri!"
Il più piccolo aveva ora spalancato gli occhi, nonostante non sembrasse troppo sorpreso.
"Quindi... sei tu Tadashi?" - domandò.
"Emh... sì - rispose confuso - tu... tu sapevi di me?"
"Sapevo di avere un fratello più grande, ma mia.. nostra madre non mi ha mai detto tu dove fossi e quindi non ho potuto cercarti. Sono... molto felice che tu sia qui"
Il più grande si sciolse al sorriso che in seguito gli rivolse, ma non capì, Hiro stava forse ignorando la sua dichiarazione?
"E che... che mi dici di quello che ti ho detto? Insomma, ti ho appena dichiarato il mio amore, un amore che va oltre quello fraterno!"
Il ragazzino abbassò lo sguardo.
"Beh... lo hai detto anche tu, noi non possiamo stare insieme in quel senso... e poi... io sono già fidanzato"
Tadashi ebbe quasi l'impressione di cadere a terra.
"Sei... già fidanzato?" - domandò.
"Sì... hai detto che vieni da San Fransokyo, vero? La mia ragazza è di lì, Gogo Tomago".
Quel nome, come non poterlo riconoscere! La stessa ragazza che conosceva sin da quando bambino e che lo aveva sempre detestato! Ma perchè stava con suo fratello,e  soprattutto da quando?
"Ah - sussurrò- io... ecco... beh... felicitazioni, mi spiace di averti disturbato"
"Ma aspetta, tu rimani comunque... mio fratello!" - cercò di consolarlo. Tadashi gli sorrise debolmente, porgendogli il mazzo di asfodeli gialli. Dopodichè si voltò, prendendo a camminare verso chissà dove.
Hiro lo guardò, mordendosi le labbra.
"Povero Tadashi - sussurrò - mi dispiace"
Il destino ha un modo crudele di beffarti, dopo tante fatiche per lasciare San Fransokyo, mio fratello si era fidanzato proprio con una delle cittadine più stronze. Ci sono delle volte in cui un uomo deve accettare la sconfitta, quando la nave è salpata solo un matto può continuare ad insistere,  ma la verità è che io sono sempre stato un matto.
Il ragazzo difatti, immediatamente dopo corse indietro, esclamando a piena voce.
"Hiro Hamada! Io Ti amo e sicuramente ti sposerò!"
Hiro, dal canto suo, si era affacciato alla finestra, attratto da quelle voci. Dovette ammettere che quelle attenzioni gli facevano paicere, nonostante sapesse che non avrebbe dovuto essere così. Ciò che invece non sapeva, era che il suo particolare fratello avrebbe fatto davvero di tutto per cercare di convincerlo.
Una volta, mentre il più piccolo si trovava a lezione, con la testa sempre piena di pensieri a causa di quell'incontro che lo aveva un pò sconvolto, sul proiettatore su cui l'insegnante stava spiegando qualcosa, era apparsa in bella vista la scritta "Hiro Hamada ti amo". Questa cosa lo aveva messo parecchio in imbarazzo, ma allo stesso tempo non aveva potuto fare a meno di sorridere. La seconda volta invece, mentre tornava a casa con degli amici, quest'ultimi gli fecero notare che vi fosse qualcosa di strano nel cielo: ed infatti, un aeroplano aveva appena formato una scritta con il vapore, anzi più precisamente un cuore in cui all'interno vi era scritto "Io amo Hiro". Anche questa cosa lo aveva profondamente lusingato, nonostante la stranezza.
Ma il gesto più eclatante, fu quando il ragazzo, svegliandosi una mattina, aprì la finestra della propria camera, ritrovandosi dinnanzi un panorama decisamente diverso dal solito: un vero e proprio tappeto di asfodeli che coprivano tutto il perimetro del giardino. E ovviamente, Tadashi era lì.
Immediatamente scese le scale e uscì, andandogli incontro sorridendo.
"Asfodeli!" - esclamò.
"Sono i tuoi fiori preferiti" - disse sorridendo.
"Come hai fatto a trovarne tanti?"
"Ho chiamato tutti i fiorai di tutti i cinque stati. Ho detto loro che era l'unico modo per farmi sposare da mio fratello"
"Tadashi - sussurrò - neanche mi conosci"
"Ho il resto della vita per farlo". Hiro gli sorrise, con gli occhi completamente lucidi.
Una voce li fece ad un tratto trasalire.
"Hiro!"
"Oh! - sussultò egli, vedendo una ragazza andare loro incontro - è Gogo, non farle del male!"
"No figurati, non picchio le donne" - lo rassicurò.
"Tadashi Hamada! - esclamò ella - cos'è questa storia, sei completamente impazzito?! Hiro è tuo fratello, ed è il mio fidanzato"
"Beh, mi spiace, non pensavo lui appartenesse a qualcuno" - disse con aria di sfida. A quel punto Gogo gli lanciò un pugno dritto in faccia, facendo sussultare il più piccolo dei due.
"Che ti prende? - fece spintonandolo - non hai il coraggio di batterti?"
"Io non picchio le donne" - ripetè un pò stordito. Furiosa, la ragazza gli si gettò addosso, nonostante le apparenze era incredibilmente forte e i suoi pugni facevano un male terribile.
Mentre io venivo picchiato a sangue, fu Gogo quella che ricevette poi la sua sconfitta. Tutta quella forsennata attività fisica aveva accentuato un suo congenito difetto alla valvola cardiaca, in poche parole, morì qualche anno dopo.
"Gogo, fermati! - esclamò Hiro invano - ti ho detto fermati! Gogo! Io non voglio più stare con te!"
La ragazza si soffermò a guardarlo, rimanendo con il pugno chiuso a mezz'aria.
"Cosa?! Non vuoi? E con chi vorresti stare? Con questo qui?!"
"Beh, è mio fratello e neanche lo conosco, ma lo preferisco a te. Adesso vattene!"
Tadashi, con il naso rotto che sanguinava e parte dei denti rotti, sorrise in modo irritante, tanto che Gogo fu costretta a lanciargli un altro pugno prima di spintonarlo a terra. Quando ella se ne fu andata, Hiro si inginocchiò accanto al fratello, il quale gli sorrise. Il più piccolo ricambiò il gesto, non potendo credere di stare provando quelle emozioni.
E fu così che io ed Hiro ci impegnammo per convolare a nozze...

                                                                                                                                             ***
"Ma nonno, hai detto che il vostro non è stato un vero matrimonio!" - esclamò il bambino.
"Infatti è così - rispose bevendo un sorso d'acqua - due fratelli non possono sposarsi, la nostra intenzione era quella di fare una cerimonia simile al matrimonio che ci avrebbe unito spiritualmente, anche se per la chiesa e per lo stato avremmo continuato ad essere semplicemente due fratelli. Il vero problema è che vi fu poi una complicazione..."
Eichi era certo che si sarebbe addormentato in piedi, poichè la conversazione stava tirando per le lunghe. Non immaginava che Hiashi, non avendo trovato il marito e il figlio nei rispettivi letti, si fosse alzata. Ella aveva udito delle voci provenire nella camera da letto del padre, e dopo aver visto Eichi, gli era andato incontro.
"Eichi! - lo chiamò - si può sapere cosa stai facendo? E dov'è Tadashi?"
"Ssssh - la zittì - lui e tuo padre stanno parlando"
"Cosa? A quest'ora? Aah, fammi entrare, non voglio che gli riempia la testa di sciocchezze!"
"Ah, lascia fare! - fece frenandola - dovresti ascoltare anche tu, sai". La ragazza gli lanciò un'occhiataccia, tendendo poi però le orecchie e ascoltando i due.
"Nonno, hai ancora sete?" - domandò il piccolo vedendo come il più grande si stesse riempiendo un'altro bicchiere.
"In verità io ho sempre avuto sete - rispose - una volta, quando avevo undici anni.."
"Mi stavi parlando del matrimonio!" - esclamò.
"Ci stavo arrivando da un'altro giro. Molti raccontano le loro storie in modo diretto, cosa che è più facile ma anche più noiosa"
"A me piacciono le tue storie!" - esclamò.
"A me piaci tu - fece scompigliandogli i capelli - stavo dicendo. Lavorando in un circo ovviamente non avevo un indirizzo fisso, e dopo tre anni vi era un sacco di posta arretrata..."
 

                                                                                                                                   ***
Nei seguenti giorni che passai in ospedale riuscirono a rintracciarmi, e mentre il mio cuore apparteneva a Hiro, il resto di me apparteneva all'esercito giapponese.
I due fratelli/amanti avevano trascorso quei giorni nella più totale tranquillità, quasi come se si conoscessero da sempre.Quella mattina un'infermiera consegnò la porta, e Tadashi si sorprese molto nel vedere che vi fosse una lettera per lui.
Quella lettera altro non era che l'obbligo di leva.
"Accidenti" - sospirò.
"Cosa c'è?" - domandò Hiro. Il più grande gli passò il foglio, e dopo che il più piccolo ebbe letto, alzò lo sguardo.
"Ma... devi andare per forza? Ci siamo appena ritrovati e..."
"Devo andare per forza - sussurrò portandogli una mano sulla spalla - devi stare tranquillo Hiro, tornerò, fidati di me"
Hiro aveva annuito debolmente, e con tristezza si era avvicinato alle sue labbra, donandogli un bacio.
A quei tempi il servizio di leva durava intorni ai tre anni, e avendo aspettato tre anni per incontrare Hiro, sapevo che non sarei riuscito a stare tutto questo tempo senza di lui, così mi gettavo in tutte le missioni più pericolose, nella speranza di abbassare l'obbligo militare a meno di un anno. Quando mi offrirono la possibilità di partecipare ad una missione segreta per rubare i progetti nucleo sperimentali di Shangai, non mi tirai indietro, pronto a servire la mia patria"
Avrebbe dovuto gettarsi da un aereo in piena notte, verso Shangai, ma Tadashi non ci aveva pensato due volte, e senza paura si era gettato con il paracadute, seguito dai suoi compagni.
Il progetto si trovava nascosto all'interno della base militare dove quella sera, l'esercito cinese si stava godendo un pò di intrattenimento. Dopo che il ventriloquo fu trascinato via a forza , fu il turno della vera star della serata, le sorelle Lemon. Honey e Strawberry erano gemelle siamesi unite dal bacino, ma nonostante questo erano incredibilmente sensuali e molto gradite al pubblico. Indossavano spesso abiti scollati e fosforescenti, e ciò in cui si esibivano era il canto, canzoni in cinese, nonostante loro non fossero per niente asiatiche. Mentre lo spettacolo andava avanti, Tadashi ebbe l'occasione di insinuarsi dentro la base, ma non avendo idea di dove si trovasse precisamente aveva preso a cercare il progetto da tutte le parti. Se solo avesse saputo che quello era il camerino delle due sorelle allora sarebbe stato più attento!
L'esibizione infatti finì presto, e quando Tadashi avvertì che qualcuno sesse arrivando, si sbrigò a nascondersi dentro l'armadio. Dall'esterno poteva udire due voci femminile che parlavano in cinese.
"Insomma! - esclamò Strawberry - hai stonato sull'ultima nota Honey, che figura!"
"Uffa, ma io non centro niente! - rispose Honey - e poi la brutta figura la fai da sola visto questo vestito orribile!"
"Ah,e  così io scelgo vestiti orribili? Va bene, allora apri l'armadio e scegli un pò tu!". Quando le due fecero ciò e si ritrovarono davanti quello straniero, squittirono dalla paura.
"Chi diavolo sei tu?!" - esclamò Strawberry.
"Non vi farò del male!" - rispose, grato di aver imparato a suo tempo il cinese.
"Questo è sicuro, guardia!" -urlò di nuovo. Una guardia fece ad un tratto la sua comparsa, ma Honey tappò prontamente la bocca alla sorella.
"Dì ai tuoi uomini di non disturbarci e chiudi quella tenda!" - esclamò.
"Vi prego- sussurrò il ragazzo - mi serve i vostro aiuto"
"Cosa ti fa credere che ti aiuteremo?" - domandò la più severa delle due.  Tadashi sorrise, mostrando alle due una foto del fratello.
Per quasi un ora parlai del mio amore per Hiro, raccontando delle peripezie che avevo affrontato per arrivare fin lì. E ancora una volta il mio amore fu la mia salvezza, era destinato ad esserlo. Io e le sorelle Lemon architettammo un semplice piano per scappare, servendoci di una baleniera fino alla Russia, una zattera fino a Cuba, un canotto fino a Miami, per poi ritornare in Giappone. Dovevamo insomma fare il giro del mondo e sapevamo sarebbe stato pericoloso.
"Ma se veniamo con te.. che ne sarà del nostro lavoro?" - domandò Honey.
"Vi trovo un ingaggio, conosco l'uomo di spettacolo più importante del mondo!" - rispose lui.  Entusiaste, le due sorelle accettarono immediatamente.
Fu così che io e le gemelle iniziammo un faticoso viaggio attraverso il mondo. Purtroppo non c'era modo di mandare messaggi e così l'esercito mi ritenne morto.
Una lettera arrivò infatti a casa di Hiro. Quest'ultimo l'aveva appena aperto dalla cassetta delle lettere ,e dopo aver letto il contenuto si era accasciato a tera: Tadashi era stato dichiarato morto, ma non poteva essere vero. Gli aveva promesso che sarebbe tornato, si era fidato di lui, come aveva potuto lasciarsi morire così facilmente? Immediatamente dopo incolpò se stesso, per non averlo fermato quanto avrebbe potuto. Si era davvero illuso di poter trascorrere il resto della sua vita con lui, dopo che si erano ritrovati, ed invece adesso tutto era crollato. Le lacrime presero a scorrere imperterrite e copiose.
"No..! - esclamò portandosi le mani sul viso -  no.. mio Dio, Tadashi no!"
Dopo quattro mesi Hiro aveva superato gli incubi peggiori. Quando il telefono squillava non pensava più fossi io, e quando passava una macchina non si affacciava più a vedere.
Quella mattina, una mattina uguale a tutte le altre in realtà, il ragazzo si ritrovava a stendere i propri vestiti. Era stato un periodo terribile, continuava ancora ad esserlo, non era neanche sicuro di aver superato lo stress. Certe volte gli capitava di vedere la sagoma di suo fratello, ma subito dopo doveva ricordarsi che lui oramai non esistesse più, ed ogni volta il dolore diveniva insopportabile. Mentre era voltato, qualcuno scostò il lenzuolo bianco e  profumato di gelsomino, cosa che fece voltare Hiro. Davanti a lui, vi era proprio la figura di Tadashi, sano e slavo con addosso la sua divisa.
Hiro sussultò, portandosi le mani sul viso, avendo quasi paura che quella potesse essere solo una visione.
"Ta-Tadashi - sussurrò - ma tu... tu.. eri morto..."
"Non sono mai stato più vivo di cosi" - disse andandogli incontro accarezzandogli il viso.
L'altro chinò lo sguardo, poggiando una mano sul suo cuore, e iniziando a piangere in modo sommesso.
"Stupido.. temevo di averi perso per sempre.." - gemette.
"Mi spiace Hiro... non ti lascerò mai più" - sussurrò stringendolo tra le braccia e donandogli poi un bacio che suggellò la sua promessa.
-
-
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Angolo mio
Scrivo tanto che oramai i pg me li sogno anche la notte... no, non è un bene se quest'ultimi mi fanno piangere T_T Adoro questo capitolo... dove c'è amore e guerra ci sono io, per cui u.u Ma l'importante è che Hiro e Tadashi stiano finalmente insieme :D
Al prossimo capitolo che ahimè sarà il penultimo D:


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Capitolo 6
*** Vecchi amici ***


Dopo aver udito quella conversazione, Hiashi se n'era tornata a letto, e poco più di mezz'ora dopo Eichi l'aveva raggiunta. Quest'ultimo poteva notare come la ragazza fosse agitata, non faceva altro che rigirarsi nel letto.
"Hey - la chiamò ad un tratto - tutto bene?"
"Tutto bene" - rispose lei freddamente, voltandosi dal suo lato.
"Perchè mi guardi così? Non ce l'avrai con me spero"
"No - fece alzando gli occhi al cielo - è giusto che Tadashi non sia influenzato da quelle che sono le mie decisioni... o i miei problemi..."
"Dovresti cercare di risolvere questi problemi" - le consigliò.
"Beh, sai non è facile - sospirò - quando ero piccola mio padre era più fuori che a casa, tanto che ad un certo punto cominciai a pensare che avesse una seconda vita, con una seconda casa ed una seconda famiglia. Ma poi mi resi conto che non vi era una seconda famiglia, ero certa che non avrebbe voluto avere una famiglia a prescindere. Lui ha sempre preferito la sua seconda vita, ed è per questo che racconta tante storie, perchè questa vita la detesta..."
"Questo non è vero"
"Cosa è vero? Lui non mi ha mai raccontato niente di vero. So che ti sta simpatico, ma devi dirmi che non sono pazza, ti prego!"
"No, non sei pazza - sussurrò avvicinandosi al suo viso - e credo anche che dovresti parlargli"
Il giorno dopo, il momento del pranzo si era spostato dal soggiorno direttamente alla camera da letto, poichè Tadashi oramai faticava ad alzarsi da letto. Il silenzio, come ormai troppo spesso, aleggiava interrotto soltanto dal volume basso della televisione.
"Vi ho mai raccontato in quella volta in cui..." - fece per dire egli.
"Sì - lo interruppe Hiashi, intuendo già cosa volesse dire - la storia dell'albero d'acero"
Tadashi la guardò malamente.
"C'è qualcuno che non l'ha sentita - sbottò - l'albero..."
"L'albero cadde sulla tua auto, che rovesciò il suo succo, che attirò le mosche, che rimasero attaccate. E volarono via con tutta l'auto" - disse Eichi tutt'ad un fiato, non riuscendo a trattenere una risata in cui trascinò anche la moglie.
Sempre più allibito, Tadashi continuò a parlare.
"Ma la vera storia sta in come ho avuto quella macchina...!"
"Papà" lo chiamò Hiashi.
"Che c'è?"
"Devo parlarti". Lui fece segno di parlare, e a quel punto, capendo che fossero di troppo, Hiro e Eichi si alzarono, trascinandosi dietro il bambino.
"Io credo che andrò a sistemare i piatti"
"Sì, e io ti aiuto, andiamo Tadashi" - disse il secondo. Quando i tre si furono allontanati, la ragazza si alzò in piedi.
"Papà, hai presente gli iceberg?"
"Sai scherzando? - domandò - l'ho visto un iceberg una volta! Lo trainavano verso il Texas per farne acqua da bere! Non avevano previsto che dentro vi fosse un mammut congelato!"
"Ascolta! Sto cercando di trovare una metafora"
"Beh, allora non dovevi cominciare con una domanda, perchè alle domande la gente vuole risposte! Dovevi cominciare con qualcosa tipo..."
"Stavo cominciando con qualcosa tipo che dall'iceberg solo il 10% è visibile, mentre il 90% si nasconde sott'acqua! E questo è.. quello che succede con te papà.. emh.. io vedo solo quel poco che esce dall'acqua!"
"Ah vuoi dire che vedi solo il mio naso, il mio mento..."
"Sto dicendo che non ti conosco perchè non mi hai mai raccontato nulla di te"
"Ma se l'ho sempre fatto! Io racconto storie!"
"Tu racconti balle, balle molto divertenti. Sono storie che puoi raccontare a tua figlia quando ha cinque anni, ma non quando ne ha dieci, quindici o venti E.. io ti credevo.. io h creduto alle tue storie più a lungo di quanto avrei dovuto.. e quando poi capii che era tutto falso mi sentii stupida. Tu sei come Babbo Natale e Topolino messi assieme, tanto divertenti quanto finti"
A quello sfogo ne seguì un silenzio. Tadashi era tutto impettito, assolutamente infastidito da quelle parole.
"Tu pensi che io sia finto?"
"Solo in superificie, ma io non ho visto che quella... - sospirò - Senti... io... ho un figlio mio, e morirei se dovesse vivere senza capirmi"
"Moriresti? Cosa vuoi da me Hiashi?"
"Te stesso, buono, cattivo, ma sii te stesso!"
"Io sono sempre stato me stesso, da quando sono nato e se non  riesci a vederlo è colpa tua, non mia!" - urlò. Stufa di quel litigio, Hiashi si allontanò, con le lacrime agli occhi, sbattendo la porta. Era stata una stupida a poter credere di potergli parlare, ma era comunque decisa a scoprire qualcosa su suo padre. Così domandò ad Hiro, e questo per tutta risposta la portò dentro una specie di casolare in giardino in cui lei non era amai entrata.
"Che posto è questo?" - domandò infatti.
"Beh, tuo padre voleva uno studio, di certo non poteva averlo in casa, e quindi...". Tutt'intorno vi erano cianfrusaglie di tutti i tipi su cui Hiashi cominciò a curiosare. Sentì poco dopo Hiro sospirare, e quando si voltò vedendo quest'ultimo stringere tra le mani una lettera, con gli occhi lucidi.
"Cos'è?" - chiese.
"Una cosa della guerra - rispose - pensavano fosse morto"
"Ah, ma allora questa cosa è vera"
"Non tutte le storie che racconta sono false. Piuttosto vado a vedere come sta". Così, dopo averle donato un bacio in fronte uscì dal casolare, lasciando la ragazza da sola. Chissà se lì in mezzo avrebbe trovato qualcosa di utile...

                                                                                                                                                         ***
Dopo la guerra, i soldati si ritrovarono a cercare lavoro, ma loro avevano un vantaggio, erano vivi, mentre io ero anagraficamente deceduto. Avendo poche prospettive accettai immediatamente un lavoro come rappresentante di commercio...  ed era congeniale.Ciò che si può dire di Tadashi Hamada è che è una personale socievole. Il lavoro portava via la maggior parte del suo tempo, ma doveva far sì di comprare una casa  più adatta ad una famiglia. Questo era successo perchè qualche tempo prima era accaduto qualcosa di a dir poco sconvolgente: Hiro aspettava un bambino, un vero e proprio caso medico, oltre ad essere un qualcosa che non avevano affatto programmato per il semplice fatto che non avevano pensato fosse possibile. Dopo lo shock iniziale però, entrambi avevano preso bene la cosa, e quindi Tadashi si era dato da fare per trovare quel lavoro. Quel fine settimana avrebbe dovuto stare via, e nonostante non fremesse dalla felicità di lasciare la sua dolce metà in dolce attesa, sapeva di non avere altra scelta.
Dopo aver caricato tutta la merce nella sua piccola e malandata auto, egli si voltò verso Hiro.
"Allora, sto bene vestito così?" - domandò.
"Si, stai bene, ma tanto devi vendere mica andare ad un appuntamento" - sbuffò.
"Qualcuno è un pò geloso mi pare? - domandò divertito, attirandolo a te - so che ultimamente è dura, ma è per noi che lo sto facendo"
"Lo so, lo so - disse passandogli una mano sulla cravatta - ma bada bene ad essere qui quando il bambino nascerà, mi serve qualcuno da insultare nel mentre"
"Sta tranquillo, ci sarò! - esclamò baciandolo - vi amo entrambi, a presto!"
Tadashi mantenne difatti la sua promessa, non solo riuscì a tornare in tempo, ma in pochi anni il suo lavoro riuscì a fruttargli quanto bastava per avere un vita più che dignitosa, anche se non era abbastanza. Il suo desiderio era dare alla sua bambina, che avevano chiamato Hiashi, tutto ciò che desiderasse, in modo che un giorno ella capisse che quell'essere sempre via di casa era dato da una ragione tanto importante.
Quattro anni dopo la nascita di sua figlia, Tadashi si era ritrovato in banca, ignaro del fatto che lìì davanti a lui vi fosse una vecchia conoscenza che lo aveva immediatamente notato.
"Tadashi?!"
"Fred? Fred! - esclamò - non posso crederci sei proprio tu, da quanto tempo!"
"Troppo direi! Come va? Incontrarti per me è stata una fortuna, da quando hai lasciato Spectre mi si è aperto un mondo. Ho viaggiato sai, ho visto la Francia, l'America del Sud,e  anche l'Africa"
"Sorprendente... e adesso cosa fai qui?"
"Ah, niente una piccola rapina!". Tadashi non era certo di aver capito, intuì meglio soltanto quando Fred estrasse una pistola sparando all'aria e  facendolo sussultare.
"FERMI TUTTI QUESTA E' UNA RAPINA! - esclamò - E TU POLIZIOTTO! LASCIA SCIVOLARE LA PISTOLA!". L'uomo in divisa lo ascoltò, facendo scivolare l'arma vicino a  Tadashi,  che si era accasciato al suolo.
"Prendi la pistola!" - esclamò Fred.
"Ma.. ma... eh?!" - domandò sconvolto.
"Coraggio - fece trascinandoselo dietro e rivolgendosi ad una donna - senti tu, aiuta il mi amico a svuotare la cassaforte!". Sempre pià sbigottito, il  ragazzo si diresse verso la cassaforte, ma quando la donna la aprì quest'ultima era...
"Vuota?!"
"Siamo in completa bancarotta - gli spiegò ella -  non lo dica a nessuno!"
"Tadashi! - esclamò Fred - ho preso qualcosa, andiamo!". In seguito i due saltarono nella macchina rossa di Tadashi, che prese a guidare a tutta velocità.
"Ah, ce l'abbiamo fatta! -  disse aprendo la busta - vediamo quanto c'era nella cassaforte!". Nel vedere però solo un assegno con su scritto il nome dell'amico, Fred assottigliò lo sguardo.
"Tutto qui?! Ma questo è il tuo versamento!"
"Era vuota... ma non volevo lasciarti a mani vuote. Non soni stati i ladri bensì imprenditori immobiliari...". Dì li nacque tutta una discussione in cui spiegai a Fred come andava fatto il vero denaro. Dopo, capii che se la mia carriera criminale era finita, la sua era appena iniziata poichè mi disse infatti.
"Credo proprio che andrò a Wall Street". Effettivamente fu un bene, poichè al primo milione che vinse mi mandò un assegno di diecimila, che bastò per comprare alla mia famiglia la casa dei nostri sogni.

                                                                                                                                         ***
Man mano che era diventato più maturo, Tadashi aveva preso delle strane abitudini, come quello di fare il bagno nella vasca vestito, anzi, in pigiama. A volte rimaneva per minuti interi in apnea, inspiegabilmente, ma quel giorno qualcosa lo portò in superficie a prendere aria. Era Hiro, che in modo anche un pò malizioso gli stava sorridendo.
"Ti rilassavi?" - domandò.
"Sì... ma tu puoi interrompermi quando vuoi" - rispose sorridendo. Era palese che anche dopo più di vent'anni il sentimento fra i due fosse molto forte. Hiro non ci pensò due volte ad infilarsi nella vasca con lui, e quando fece ciò ,lo strinse, poggiando la testa sul suo petto. Sapeva bene come poco tempo gli rimanesse da vivere, e per quanto poteva, voleva stargli accanto. Al solo pensiero di doverlo perdere, le lacrime iniziarono a rigargli il viso.
"Hey - sussurrò Tadashi - abbi coraggio"
"Sarà difficile, dopo una vita passata insieme... ma almeno una cosa la so. Il mio amore non si esaurirà mai" - gemette quasi con un sussurro.
Dal canto suo, Hiashi stava ancora cercando qualcosa nello studio, aveva trovato molte cose, ma qualcosa in particolare  le era saltato all'occhio: un documento, uno di quelli che veniva rilasciato quando una casa veniva venduta, su cui vi era scritto, appena sopra l'indirizzo, un nome; Abigail Callaghan. Forse questo nome sarebbe potuto tornarle utile, magari questa persona era la chiave per scoprire qualcosa.  Così il giorno dopo, senza dire niente a nessuno, Hiashi decise di andare a trovare questa persona a casa. Una casa vecchia e lugubre, che cadeva praticamente a pezzi.
Un pò intimorita si avvicinò e poi bussò. La donna che in seguito aprì pareva ancora abbastanza giovane, nonostante i capelli grigi disordinatamente acconciati e un trucco non proprio sobrio.
"Salve. Lei è Abigail Callaghan?" - domandò.
"Sì..  - rispose lei - tu invece devi essere Hiashi... ti ho riconosciuta, ho visto una volta una tua foto"
"Potrei farle qualche domanda?"
"Ma  certo, entra pure" - disse invitandola ad entrare nella sua sporca e lugubre casa piena di gatti che miagolavano qua e là. Quando la ragazza fu entrata si sedette su una poltrona polverosa.
"Com'è ha conosciuto mio padre?" - domandò.
"Questo posto era sul suo itinerario di lavoro, tutti lo conoscevano"
"Eravate amanti?"
Abigail rise.
"Sei arrivata dritto al sodo, credevo di girarci attorno per un'altra mezz'ora"
"Ho sempre pensato che tradisse mio padre, anche se non avevo le prove"
"Posso farti una domanda? Quando hai scoperto di questo documento perchè non hai chiesto a Tadashi?"
"Perchè sta morendo"
"Oh... non so se è giusto che tu sappia.. hai un'immagine di tuo padre, non voglio che cambi a causa mia..."
"Mio padre ha sempre raccontato cose strane.. voglio capire"
"Devi sapere che tuo padre non  è voluto finire qui, ma c'è finito. La prima vo
lta troppo presto, la seconda troppo tardi"
                                                                                                                                       ***

All'epoca tuo pare lavorava in propria, una cosa che si può dire di Tadashi Hamda era  che fosse una persona socievole e presa in simpatia da tutti. Quella sera mentre tornava a casa, fu colto da un temporale come mai ne aveva visti. La pioggia era così fitta che ebbe quasi l'impressione di ritrovarsi sott'acqua, ed effettivamente era così. La cosa più sorprendente  fu vedere sott'acqua la figura di una donna che nuotava, e come non riconoscerla, quella era la stessa donna, anzi, il pesce, che aveva visto anni addietro a Spectre. Era proprio lei, e con un gesto poggiava la mano sul suo finestrino. Tadashi aveva cercato di strizzare gli occhi, ma non l'aveva comunque vista in visto.
La mattina dopo, senza capire come, il ragazzo ritrovò la sua auto sul ramo di un albero. Chinando il capo aveva poi trovato la chiave che gli era caduta dal collo anni prima, nel bosco, e lì capì di trovarsi proprio in quel luogo, nei pressi di quella che una volta era stata la città perfetta.
Il destino ha un modo beffardo di chiudere il cerchio sull'uomo, lo coglie di sorpresa.
L'uomo vede le cose in modo diverso in momenti diversi. Questa città era cambiata adesso che era adulto, tutti erano andati via da Spectre, ormai in bancarotta. 
Lui non era  mai stato ricco ma aveva fatto arricchire altri uomini, aveva acquistato fattorie, case e negozi, a non cacciò nessuno, così la città non sarebbe morta. In soli sei mesi aveva compra tutto, ad accezione di una casa isolata dalle altre. 

Tadashi quel giorno decise di avvicinarsi, doveva assolutamente riuscire a comprare anche quella di casa. Già dall'esterno poteva udire il suono del pianoforte, e quando ebbe leggermente aperto la porta socchiusa, vide una ragazza di spalle, suonare. Non ebbe neanche tempo di aprire la bocca, che quella lo precedette.
"Lei è Tadashi Hamada"
"Come fa a saperlo?"
"Nessuno viene qui, se non per concludere affari. E lei è qui per questo, no?
"Sì, avevo tralasciato questa parte, ho bisogno di comprare anche questo pezzo. La pagherò il doppio del suo valore, e lei potrà restarci, non cambierà nulla"
"Mi faccia capire - disse voltandosi e mostrando il suo viso -  lei la compra ma io ci resto, è di mia proprietà ma lei va e viene quando vuole?"
"Beh sì"
"Allora se non cambia nulla dico di no"
"Non ci rimetterà nulla, lo chieda a chi vuole"
"Perchè vuoi comprare questa città?"- chiese assottigliando lo sguardo.
"Aiutare la gente mi rende felice"
"Non so se merita di essere felice"
"Che ho fatto? - domandò -  L'ho offesa forse?"
"No, ha fatto quello che ha promesso - disse accennando un sorriso - è tornato, ma l'aspettavo prima". Fu in quel momento che Tadashi capì: la bambina che aveva conosciuto una volta e a cui aveva promesso di tornare, era oramai diventata una donna.
"Lei.. è la figlia di Robert" - sussurrò.
Lui aveva 28 anni e io 18, la differenza risultò eccessiva.
"Non le venderò questa casa"- disse Abigail a braccia conserte.
"Sì, capisco" - rispose.
Altri uomini avrebbero accettato la sconfitta, ma lui non era come gli altri uomini, così ristrutturò comunque la casa, facendo anche amicizia con Abigail. Con il passare dei mesi trovava sempre più cose da sistemare, finchè la casa non sembrò più la stessa.
Abigail era incantata dai suoi racconti l, l'aveva sinceramente colpito, e pian piano quel sentimento che per anni aveva celato, pareva essere improvvisamente sbocciato. Poi arrivò per Tadashi il momento di andare.
"Beh - disse lui - il mio lavoro qui è finito"
"Non è necessario che tu vada" - susssurrò lei. Pian piano si avvicinò alle sue labbra, ed egli, intuendo le sue intenzioni, indietreggio.
"No - rispose - io sono sposato"
"Ah" - fece arrossendo.
"No, non sentirti in imbarazzo, e che io amo mio fratello"
"Lui?" - domandò sorpresa.
"Fin dal primo giorno in cui l'ho visto, e fino alla fine esisterà solo lui. Mi spiace Abigail, davvero". Con quelle uttime parole, il ragazzo uscì di casa.
"Aspetta Tadashi!" - esclamò. Lei gli corse dietro, consegnandogli l'atto di rinuncia alla casa.
Poi un giorno Tadashi partì e non tornò più nella città che aveva salvato.  Quanto alla ragazza, si sparse la voce che fosse diventata una strega.. pazza tra l'altro. Lei stessa divenne una leggenda.. e la storia finì come era cominciata"
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Angolo mio
Bene, e Abigail è tornata :D Ricordate la strega del primo capitolo... bene, teoricamente si allude al fatto che sia proprio lei la strega, nonostante sembri surreale (e dico dovrebbe perchè io stessa guardando il film non ho mai capito se fosse così o no XD) ma vabbè, mistero XD
Il prossimo sarà l'ultimo chap (che non vedo l'ora di pubblicare perchè adoro :D)

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Capitolo 7
*** Immortale ***


"Era ovvio che la strega non poteva essere lei, perchè ella era già vecchia quando lui era giovane" - disse Hiashi.
"Beh, è logico se pensi come tuo padre - rispose Abigail - la verità è che per lui esistono Hiro, e poi tutte le altre donne. Ai tempi dovetti ammettere di amare un uomo che non mi avrebbe mai ricambiato, e che continuavo a vivere dentro una favola...  Oh, forse non dovevo dirti queste cose..."
"No, no, le volevo sapere - la tranquillizzò -  sono contenta ora"
"Io volevo essere importante quanto te per lui... solo che non era possibile.. io ero parte della sua favola.. e... l'altra sua vita, tu.. tu eri reale"
In seguito, quando Hiashi lasciò la casa, per tutto il tempo non riuscì a liberarsi di quelle parole che le rimbombavano nella testa... aveva sempre desiderato essere importante per suo padre, e se magari lo fosse stata per tutto quel tempo, senza neanche rendersene conto?
Quando tornò a casa dei suoi genitori, notò come essa fosse silenziosa, ed effettivamente non vi trovò nessuno. Prese a guardarsi intorno, a chiamare Hiro, il bambino ed Eichi, ma niente, nessuno lo rispondeva 
Ad un tratto udì una voce alle sue spalle.
"Hiashi!" - esclamò Eichi.
"Eichi, che è successo?" - domandò ella.
"Tuo padre... ha avuto un attacco - spiegò frettoloso - Hiro è con lui all'ospedale"
"Cosa? E... se la caverà?" - domandò. Il ragazzo fece spallucce, scostando lo sguardo. Anche Hiashi pareva averlo intuito: il destino aveva davvero un modo crudele di beffare l'uomo, proprio adesso che pareva stare trovando il modo di riappacificarsi con Tadashi, la morte voleva portarlo via.
I due si affrettarono a raggiungere l'ospedale, dove Hiro, in preda all'ansia, continuava a parlare con un medico, lo stesso medico che mesi aveva seguito Tadashi e che conoscevano da una vita. Nel momento in cui li aveva raggiunti, Hiashi aveva notato immediatamente gli occhi stanchi e arrossati del genitore.
"Papà, ascolta - disse infatti - dovresti andare a casa, magari porti anche Tadashi con te, lui è troppo piccolo per stare qui" 
"Non ancora" - gemette egli.
"Vuoi.. restare un pò da solo con lui?". Hiro annuì, e dopo aver ricevuto il consenso dal dottore, entrò nella stanza dove Tadashi, intubato, stava con gli occhi chiusi. Per tanto tempo aveva avuto modo di prepararsi a quell'evento, ma la verità era che mai sarebbe stato pronto. Avvicinandosi a lui portò una mano sui suoi capelli, avvertendo il  respiro debole. Dopodiche afferrò la sua mano, la cui presa era inesistente. Nonostante stesse piangendo silenziosamente, allo stesso modo non poteva fare a meno di sorridere, a causa di una malinconia conseguente da tutti quei bei momenti vissuti insieme. Era sempre stato sicuro che il suo amore non si sarebbe mai esaurito, e questo lo aiutava a non avere paura.
Dopo di ciò, Hiro ascoltò il consiglio della figlia, decidendo tornando a casa, ed ella decise di dargli il cambio.
"Sono contento che non cerchi di dialogare con lui - le aveva detto il dottore - non c'è cosa peggiore che dialogare con chi non ti sente"
"Questo non succede - aveva risposto lei - tra me e mio padre non c'è dialogo"
"Tuo padre ti ha mai raccontato del giorno in sei nata?"
"Un migliaio di volte, ha catturato un pesce incatturabile..." - fece alzando gli occhi al cielo.
"Non quella storia, la storia vera intendo. Hiro arrivò in macchina, accompagnato dai vicini, erano circa le tre del pomeriggio e tuo padre era via per affari, ma fortunatamente riuscì ad arrivare in tempo poco prima che u nascessi. Tu eri prematura di una settimana, ma tutto andò bene. Come vedi non c'è niente di stupefacente, e se io dovessi scegliere tra questa versione e tra quella del pesce e della fede nuziale, beh, sceglierei la versione ricamata, anche se questo vale per me..."
"A me non dispiace la sua di versione" - sussurrò infine.
Le ore passarono veloci, e senza volerlo Hiashi si addormentò seduta, non era riuscita a combattere la stanchezza.  Ad un tratto sussultò nell'avvertire dei rumori: quando sollevò lo sguardo, vide Tadashi con gli occhi spalancati all'inverosimile, pallido, quasi stralunato, che cercava di parlare.
"Papà - sussurrò - che hai? Vuoi che chiami qualcuno? O magari vuoi dell'acqua?"
"Il... fiume.." - gemette.
"Il fiume?"
"E'... così che avviene..." 
"Così che avviene cosa?"
"La mia uscita..."
"Intendi.. intendi ciò che hai visto nell'occhio?". Lui annuì. Incredibile, anche in punto di morte ecco a cosa andava ad alludere, eppure Hiashi non riuscì ad essere scettica in quel momento.
"Non conosco quella storia, non me l'hai mai raccontata. Oh, ok ci provo, ma aiutami, dimmi come inizia"
"Io... io.. " - sussurrò.
"Ok.. ok - sussurrò agitata - allora... è mattina.. siamo io e tu, ed io mi sono addormentata sulla sedia.."


                                                                                                                                             ***
Mi sveglio e vedo che stai un pò meglio. 
La ragazza alzò lo sguardo, spalancando gli occhi nel vedere chi avesse davanti.
"Papà?!" - esclamò.
Sembri diverso.
Tadashi si liberò dai tubi, sorridendole.
"Andiamocene di qui" - disse.
"Papà, non sei nelle condizioni!"
"Prendi quella sedie a rotelle! - esclamò - sbrigati. abbiamo poco tempo! Fuori da questo reparto c'è via libera!"
E allora saliamo sulla sedia.. come se stessimo scappando...
Dopo averlo fatto sedere, Hiashi prese a correre veloce più che poteva, mentre superava i dottori che li guardavano allibiti. Hiro e Eichi si trovavano infondo al corridoio, e non appena Tadashi li ebbe visti esclamò loro:
"Non c'è tempo, rallentateli!". Immediatamente Hiashi lo trascinò dentro un ascensore, mentre Hiro gettava a terra un carrello, facendo inciampare due o tre infermieri.
Sfrecciarono lungo la strada, ed incredibilmente la vecchia macchina rossa di Tadashi era lì ad attenderlo, ma era nuova di zecca. Hiashi lo aiutò a salire, era così incredibilmente leggero. Dopo essere salita, ella prese a guidare.
"Dove andiamo?" - chiesse ella.
"Al fiume!" - esclamò lui. Iniziarono a sfrecciare per le strade, ignorando i clacson e il fatto di trovarsi nel bel mezzo della città. E poi all'improvviso, quasi come un miraggio, ecco Byamx che tranquillamente passava e si fermava a salutarli!
Quando furono arrivati nel luogo desiderato, la ragazza lo aiutò nuovamente a scendere. 
E quando arriviamo al fiume... vediamo che sono già tutti lì...
Erano per  davvero tutti lì: Baymax, i soldati dell'esercito, le sorelle Lemon, Wasabi, Fred, la strega, gli abitanti di Spectre... proprio tutti, e lo salutavano, mentre avanzava, sostenuto dalla figlia.
                                                                                                                                   ***
    
"E' davvero incredibile" - sussurrò Hiashi non riuscendo a trattenere le lacrime.
"La storia della mia vita" - sussurrò lui con un filo di voce, sorridendo.       
                                                                                                                                  ***


Non vi erano facce tristi, erano tuti felici di rivederlo e di augurargli buon viaggio.
"Vi saluto amici, statemi bene!" - esclamò Tadashi alzando una mano. E poi lì, mezzo immerso nel fiume vi era proprio Hiro. Il più grande gli si avvicinò, posandogli un bacio sulle labbra.
"Il mio ragazzo del fiume - sussurrò baciandolo, gesto che fu ricambiato dal sorriso dell'altro.
Hiashi lo aiutò infine ad arrivare lì dove l'acqua era più profonda. Poi lui le lanciò un ultima occhiata affettuosa, immergendosi senza neanche prendere un respiro. Hiashi lo vide scomparire, vedendo poco dopo apparire al posto suo, un maestoso pesce gatto che ora gli girava attorno, ora si allontanava verso il sole morente.
                                                                                                                            ***
"Diventi ciò che sei sempre stato ... un pesce molto grosso.. è così che avviene.." - sussurrò con lo sguardo vitreo.
"Sì.. - gemette - esatto"
Con quelle ultime parole, Tadashi chiuse gli occhi, spirando, Hiashi rimase a guardarlo, asciugandosi il viso. Era accaduto, non avrebbe mai pensato che le cose andassero così, ed invece ogni sua aspettativa era stata frenata.
Non c'erano stato un vero e proprio perdono o un vero e proprio chiarimento, ma Hiashi sapeva che quegli ultimi minuti in cui aveva narrato al padre l'ultima parte della storia della sua vita, valevano tutto. In seguito al funerale tutti vennero ad accorrere, e la ragazza potè scorgere tutti i personaggi di quei fantastici racconti che sapeva a memoria: il tenero gigante bianco, potè vedere il presentatore del circo di nome Wasabi, le sorelle Lemon, che non erano siamesi, Fred, l'ex poeta ora affiliato in Wall Street. Ebbe l'occasione parlare con loro, di conoscerli e di sapere quanto avessero stimato Tadashi quando era in vita. Beh, forse quei racconti non erano stati solo finzione, non sarebbe stato un male capirlo prima, ma forse era così che doveva andare,


Vi è mai capitato di sentire un barzelletta così tanto da dimenticare perchè è divertente? E poi la sentite un'altra volta, ed è improvvisamente nuova e vi ricordate perchè  vi faceva tanto ridere.

Hiashi potè in qualche modo pagare suoi debiti. Raccontò tutto a suo figlio, e quest'ultimo poi lo raccontò ai suoi amici, e sicuramente lo avrebbe raccontato anche a chi sarebbe venuto dopo di lui, come se stesse narrando una leggenda indimenticabile.


Quella era stata la "bugia" finale di mio padre. A furia di raccontare delle storie  un uomo diventa quelle storie.. esse continuano a vivere dopo di lui e in questo modo... egli diventa immortale...

                                                                                               *** The End***


Angolo mio

E niente, ecco la fine della mia shortlong! Ogni volta che riguardo questo finale mi vengono i brividi, non per niente questo è uno dei mieir film preferiti di Burton **
Se penso di scrivere altre store Hidashi mmmh... sì, e sicuramente sarà molto diversa dalle altre oltre che più lunga, ma chi vivrà vedrà ^^ Un ringraziamento ve sempre a BlackCherry 2011 che non manca mai di far sentire il suo parere ^^
Beeh, bion Viaggio a Vederci ^^


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