You and I

di Geo_L_C
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Find ***
Capitolo 2: *** Happen ***
Capitolo 3: *** Union ***
Capitolo 4: *** Anxiety ***
Capitolo 5: *** Last ***
Capitolo 6: *** Maybe ***
Capitolo 7: *** Doubt ***
Capitolo 8: *** The End ***



Capitolo 1
*** Find ***


Cari lettori...
Mettetevi delle cuffie, una musica romantica da Youtube o Spotiffy e sarete pronti ad immergervi in questa storia dolce-amara e d'amicizia.
Buona lettura




 
 

Chapter One





Caro diario
Tanto tempo
Ok, questa storia non sapevo se raccontarla o no. Certo c'è voluto il suo tempo per pensare a come buttarla giù, cavolo com'è dura scrivere cose del passato. Eppure ho come l'impressione di condividerla con qualcuno. Quindi ho preso il mio pc e, come sto facendo ora, scrivo... Scrivo la mia storia. O meglio, quello che è successo circa sei mesi fa.
Esattamente, questa mia vicenda, è successa molto prima che riuscissi definitivamente a trasferirmi qui in California. Che dire di me...bé non c'è molto da sapere. Allora, iniziamo con ordine per raccontarla al meglio bisogna partire dal principio.
Mi chiamo Igor, ho 25 anni e sono sempre vissuto a Milano, precisamente in una piccola frazione in periferia. Ho studiato lingue e per qualche strana ragione sto scrivendo. È vero, perché sto scrivendo? Ah si, per sfogarmi come meglio posso, cioè scrivere...
Mamma e papà sono entrambi italiani e ancora una splendida coppia. Mia sorella Dalia tre mesi fa si è sposata e ovviamente io sono stato il testimone. Sono gay e la mia famiglia lo accetta in piena regola. Mi ha fatto strano vedere come hanno accolto la notizia, per come li conosco avrebbero potuto dire qualunque cosa.
Dopo aver guadagnato qualcosa, grazie a piccoli lavori, sono riuscito a trasferirmi nella calda e soleggiata California. Non so perché ho deciso questo paese, forse ero stufo del freddo e dell'umidità Milanese o forse perchè in america avevo più possibilità di diventare un vero scrittore. La mia ultima relazione risale circa ad un mese fa. Ed è proprio di quest'ultima che vi voglio parlare. Di com'è iniziata e di com'è finita.
Possiamo partire dal mio sbarco con l'aereo. Era gennaio, erano appena finite le vacanze natalizie. Dopo aver mangiato talmente tanto da aver preso qualche chilo in più, decisi che era venuto il momento di cambiare. Non pensavo nemmeno io di arrivare così in alto per avere ciò che volevo e che avevo sempre sognato.
Parlai via Skype con una signorina di nome Marlene, discretamente gentile, dove mi aveva elencato delle varie case nella zona in cui volevo vivere. Riuscì a trovare un'offerta decisamente accomodante per entrambi: 850 dollari al mese con tutte le spese al suo interno tra luce e gas. Non potevo chiedere di meglio soprattutto perché le case all'estero costano notevolmente tanto.
Io volevo solo andarmene, creare una nuova vita lontano da tutto. Si è vero, mi sarebbero mancati gli amici e la mia famiglia ma stare lontano per un po' sarebbe stata la cura migliore. All'epoca avevo appena chiuso una storia lunga e tormentata. Per ben otto mesi avevo sofferto per un ragazzo a cui non gli importava affatto di avere una storia d'amore, men che meno con me. A malincuore decisi di lasciarlo e di dedicarmi completamente a me stesso.
Non appena raggiunsi l'uscita dell'aeroporto, Marlene mi aspettava già pronta con il taxi. Sorrisi, il tassista aprì il bagagliaio e mi prese le due grosse valige che avevo. Le ripose in esso e partimmo.
-È stato piacevole il viaggio?- chiese gentilmente Marlene.
-Si, ti ringrazio. Stranamente il volo economico è discretamente comodo- risposi.
Lungo il viaggio ammirai la soleggiata e incantevole California. L'oceano era di un colore celeste e le onde infrangevano contro la spiaggia bianca. I grattacieli e le ville facevano di quel paesaggio una cornice perfetta. Passammo diversi paesini prima di raggiungere la destinazione. Ci vollero meno di un paio d'ore per arrivare a quella che sarebbe stata la mia nuova casa per i primi tre mesi fin quando il mio visto sarebbe stato valido.
La casa era dipinta di bianco, Marlene disse che era costruita tutta su una struttura di legno e mattoni. Perfetta per viverci. Entrammo e subito sulla sinistra si trovava un ampio salotto. I mobili moderni ed eleganti erano già inseriti nell'appartamento. Una tivù a 40 pollici piatto stava appeso sul muro. I mobili del soggiorno erano tutti di colore nero. Il divano a penisola rivestito da un copri divano di color grigio topo. La cucina a vista era fatta tutta dello stesso colore. Le pareti erano colorate di bianco come le stanze superiori. Un bilocale bello e tranquillo come il quartiere. Marlene mi passò la chiave di casa e sorrise dicendo:
-Bé Igor, spero che ti troverai a tuo agio qui. Però ci gioco il cappello che farai fatica ad andartene! 
Mi salutò e andò via lasciandomi solo. Aveva assolutamente ragione, non volevo andarmene ma... bè andiamo avanti.
Guardai quella casa, spaziosa, bella e finalmente mia! Presi le valige portandole al piano superiore dove si trovava camera mia. Spaziosa con un ampio letto ad una piazza e mezza. Il bagno si collegava con la camera stessa. Cavolo, quanti ricordi, ho passato i migliori mesi della mia vita. Ricordo di aver fatto un paio di settimane a non fare assolutamente nulla. Volevo godermi la città, l'appartamento e soprattutto la spiaggia che distava a quindici minuti.
Tutto era perfetto. Riuscì a trovare un posto di lavoro presso la caffetteria della zona. Il tema principale era molto anni 50 come la mia divisa: camicia verde con righe nere, cravatta, scarpe e pantaloni neri. Ora sorrido come un'idiota nel ricordare la prima volta che indossai quella divisa. Guardai lo specchio che rifletteva una persona... diversa.
Eppure... felice.
Il taglio nuovo: rasato ai lati e la cresta castana. Gli occhi scuri spuntavano fuori da quell'immagine di gioia e la barba era fatta a dovere. Ricordo anche il primo stipendio. Devo dire che non potevo di certo lamentarmi.
Avevo tre diverse colleghe: Adele, donnona in sovrappeso. Elsa bionda di bella presenza e Joe, ragazza dark che faceva paura ma aveva un lato tenero. Poi c'erano il mio titolare ventisettenne di nome Pat ed il cuoco, panciuto ed anziano non che padre di Pat, Oscar. Ma solo con due di loro avevo legato. Pat, oltre ad essere un perfetto capo era anche un amico ed Elsa era la migliore amica che potessi chiedere.
Nessuno di loro era italiano. Tutti vivevano in America. Alcuni trasferiti per esigenze lavorative, altri avevano sempre vissuto li. Parlare in inglese non è stato molto difficile, il brutto era capire la cadenza californiana a cui non ero abituato. I giorni passarono, le settimane anche. Tutto procedeva regolarmente. Durante i giorni feriali rimanevo a casa o invitavo Pat a vedere qualche stupido programma tivù, oppure uscivo con Elsa e le altre per svagarci un po'. I weekend erano la parte migliore delle settimane. Più di una volta ero tornato a casa storto eppure sempre felice, era solo dura tornare a lavoro dopo serate del genere.
Ed è stato proprio in uno di quei giorni che lo incontrai ed è da qui che comincia la mia storia. Pat mi aveva chiesto di fare il turno pomeridiano anzi che quello serale così potevo recuperare un paio d'ore.
La mattinata era cominciata bene, avevamo fatto più di duecento coperti solo per le colazioni. A pranzo invece avevamo fatto poco e il pomeriggio si era tranquillizzato. Mentre pulivo il bancone dei bicchieri alle mie spalle vidi entrare una persona che conoscevo già. Aveva qualcosa di maledettamente familiare. Scrollai il capo ritornando a lavorare sulla pulizia poi lui disse semplicemente:
-Ciao- la voce, cavolo la voce era la sua. Mi voltai verso di lui e Tyler Posey, l'attore, mi guardò sorridendo. (Per aiutarvi ho tradotto tutto in italiano). Vestiva con dei capi semplici: maglietta nera di qualche band, jeans strappati e vans nere. Ricordo tutt'ora la mia faccia da ebete che si era formata. Lui si guardò intorno come... imbarazzato.
Si, lo era davvero perché mi stavo comportando come un'idiota. Cercai di riprendermi e sorrisi cortesemente.
-C... Ciao- il cuore mi batteva così forte che se non mi fossi calmato sarebbe esploso. Non ero mai stato un vero fan di Tyler ma vederlo li, avercelo davanti era un'altra cosa.
-Posso avere un menu?- chiese gentilmente.
-Emh... Si ma certo!- risposi porgendoglielo-Scusa è che...
-Sei quello nuovo?- disse interrompendomi.
Sbattei le palpebre due volte per capire meglio la domanda. Non avevo recepito subito quello che mi aveva chiesto. L'imbarazzo che ho provato quel giorno non lo proverò mai più. Lo so.
-In che senso scusa?- chiesi. 
-Adele mi aveva accennato ad un nuovo cameriere- continuò mentre mi scrutava. -Credo sia tu visto che non ne vedo altri.
Quel suo sorriso non si schiodava dalla sua faccia. Avevo come l'impressione che lui mi stesse prendendo in giro dal tono che utilizzava. Poi però arrivò Elsa e lo salutò come se vedesse un carissimo amico che da tempo non passava.
-Ty!! Che ci fai da queste parti?- chiese.
-Ho appena finito di girare l'Ultimo episodio della serie- rispose. -Volevo vedere le mie ragazze.
-Certo come no- incalzò Adele finendo di sparecchiare mentre si avvicinò a me. -Vedi di pagare quello che consumi. Non farti condizionare da questo bel faccino. Inganna e se ne va senza ritegno. Non so nemmeno perchè ti lasciamo ancora entrare qui.
Tyler diede un bacio furtivo con la mano alla donnona che stava dietro al banco insieme a me mentre Elsa se lo coccolava tra le braccia. Poi lei si rivolse a me.
-Tyler lui è Igor, il nuovo cameriere- disse, Elsa aveva quel suo modo di fare da principessa delle fiabe. Alle volte irritava. -Igor, ricorda, lui vuole sempre la stessa birra chiara in bottiglia.
-E se non c'è...?- domandò lui.
-Se non c'è... Ehm...
-Se non c'è prende quello che dico io- disse a gran voce Adele. Sorrisi, anche se in realtà non stavo ascoltando nulla di quello che stava succedendo intorno a me. Ero rinchiuso in una bolla di vetro. Sentivo ovattato e guardavo solo quel sorriso così bello e... dolce di Tyler.
Lui poi mi rivolse uno sguardo furtivo mentre si morse il labbro inferiore.
-Occhio, se continui a fissarmi così rischio di consumarmi- mi disse mentre sfogliava il menu con Elsa al suo fianco.
Lei rise come una scema. Cavolo ricordo l'imbarazzo che provai. Volevo ucciderla. Sbattei le palpebre un paio di volte e presi la birra in bottiglia richiesta. La stappai e gliela passai. Presi il blocco di carta aspettando l'ordine. Cercai di ritrovare la mia professionalità persa ritornando sul posto.
-Allora... Cheeseburger e patatine per favore- disse passandomi il menù. Diedi l'ordine alla cucina alle mie spalle e Oscar iniziò a grigliare e friggere il tutto.
Elsa tornò a lavoro come Adele lasciandoci soli. La musica della radio faceva da sottofondo a quell'imbarazzante momento che mi stavo portando dietro da quando Tyler aveva fatto il suo ingresso. Cercai di fare qualcosa, qualunque cosa pur di non guardarlo. Presi un bicchiere e iniziai a pulirlo.
-Raccontami di te...- disse uscendosene così dal nulla. Io mi bloccai all'improvviso.
-C... Come?- chiesi.
-Chi sei Igor, cosa ti porta qui?
-Bé vengo da Milano. Mi sono trasferito qui perché... Non lo so, per fuggire.
-Fuggire? Da cosa? Se posso chiedere.
-Dalla monotona vita.
Lui mi guardò con stranissimo interesse. Per qualche stranissima ragione mi tornò in mente il mio ex ragazzo. Iniziai ad intristirmi e Tyler lo vide chiedendomi:
-Ho toccato un tasto dolente? Io scrollai semplicemente il capo. Lo guardai e ammiccai un sorriso.
-Ex fidanzato, bugie, tradimento, cuore infranto. Solite cose- risposi.
-Ti posso capire- disse sospirando facendo un sorso alla bottiglia.
-Hai lasciato la tua ragazza, giusto?
-Esatto.
-Perché? Sembravi felice con lei e soprattutto dovevi sposarla- calò un silenzio glaciale. Mi morsi l'interno della guancia, volevo uccidermi per quello che avevo appena detto. Io sapevo della sua vita e lui invece non mi conosceva affatto. Come potevo obbiettare sulle sue decisioni. -Scusami...
Lui non mi guardò, rimase li a bersi la sua birra. Risuonò il tintinnio dell'ordine, gli posai il piatto davanti a lui e nemmeno mi ringraziò. Avevo fatto una bella figura di merda con un personaggio famoso. Passarono i minuti e io lavoravo senza sosta per distrarmi da Tyler. Lui finì di mangiare. Bevve la birra e si prestò a pagare il conto da Adele. D'un tratto si avvicinò a me.
-A che ora stacchi?- chiese, il tono duro. Io rimasi spiazzato perché non sapevo cosa rispondere. -Anche questo è un tasto dolente?
-No... No... Affatto. Meno di mezz'ora e ho finito- risposi.
-Allora ti aspetto. Mise le mani in tasca, prese una sigaretta ed uscì dal locale salutando tutti. La domanda che mi posi fu: Cosa diavolo sta succedendo?
L'avevo forse stizzito? Non seppi nemmeno io come affrontare questa strana cosa che mi stava capitando. Però decisi che se voleva parlarmi o dirmi qualunque cosa l'avrei affrontato a testa alta, famoso o meno.
Finì il turno e lo raggiunsi ad una panchina che era subito lì dopo aver attraversato la strada. Era seduto a fissare il vuoto. Mi sedetti al suo fianco e restammo li in silenzio ad ascoltare il vento che faceva frusciare gli alberi e le macchine passavano lente.
-Lo lasciata perché non stavo bene con me stesso- iniziò a dire. Io lo guardai e lui fece lo stesso. -Troppo lavoro, troppi impegni e io stavo male.
-Strano a dirlo- dissi. -Tu sei sempre così allegro e socievole con tutti che si fa fatica a vedere cosa provi.
-Sono bravo come attore allora.
Ammiccò un sorriso, continuai a guardarlo anche se lui rivolse gli occhi altrove.
-Tu mi stai parlando come se mi conoscessi da sempre- risposi poi.
-Lo so, non so nemmeno io perché lo sto facendo- disse. -Ma è l'unico modo per uscire dagli standard di tutti i giorni. Parlare con qualcuno che non sia dentro al set o in qualche cavolo di studio televisivo. Parlando con sconosciuti mi riporta alla realtà, capisco che non sono più davanti ad una telecamera, ma sono davanti ad un persona... Vera.
Quelle parole mi stupirono molto, soprattutto dette da lui. Tyler Posey. La nuova stella televisiva che buca lo schermo, la nuova rivelazione dopo il suo migliore amico Dylan O'Brian. Lui aveva detto quelle parole a me, una persona sconosciuta, un cameriere di una caffetteria e per di più la sua preferita.
-È anche vero...- iniziai a dire, lo stomaco si stava ribaltando. In realtà non sapevo se dire realmente quelle parole. -...tu devi quasi sempre mettere una maschera per far contenti paparazzi e fan. Ma come ci riesci?
-Non lo so. Quando va tutto a rotoli pensi solo: ok, recito la parte del ragazzo spensierato, senza problemi così che io non ne avrò.
Mi morsi il labbro inferiore, dovevo mostrargli il mio sostegno. Doveva capire che lui poteva mostrare dei sentimenti, non era una macchina e non lo sarebbe mai stato.
-Tyler- dissi. -Io non ti conosco nella vita privata ma tu hai affrontato anche un duro lutto. Sei una persona, non puoi far finta sempre che vada tutto bene.
Lo vidi, vedere quell'espressione nel suo vero sguardo mi strinse il cuore: gli occhi gonfi di lacrime, cupo e finalmente lo vidi per ciò che era... un ragazzo fragile.
-Grazie...- disse, la voce strozzata.
-Ho detto solo quello che vedo- e per puro caso la sua mano si intrecciò con la mia. Il mio cuore mancò, letteralmente, un battito ma gliela strinsi. Poi lui si avvicinò e mi abbracciò forte, così forte che sentivo il calore del suo corpo. Quell'abbraccio lo ricordo ancora adesso a distanza di mesi... Già.
-Allora ci vediamo presto... Igor- disse in fine facendo l'occhiolino.
Se ne andò ringraziandomi ancora di quello che avevo detto a lui. Mi disse che per la prima volta aveva conosciuto una persona realmente sincera. Quando se ne fu andato io rimasi li su quella panchina. Non guardavo e non pensavo niente. Avevo conosciuto il vero Tyler, non quello che ringhiava alla telecamera contro un suo nemico sovrannaturale o quello da tante risate mentre mostra i suoi tatuaggi. Io avevo conosciuto un ragazzo di periferia, un ragazzo quasi insicuro delle sue scelte.
Ed era da quella semplice chiacchierata che tutto ebbe inizio...

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Capitolo 2
*** Happen ***


Ciao lettori!!
Se vi state annoiando durante le veste vi lascio al secondo capitolo della mia storia, spero vi piaccia e tanti auguri di buone feste!




Chapter Two

Passarono circa due settimane dall'ultima volta che avevo parlato con Tyler. Non mi aveva sorpreso la sua "scomparsa". Era pur sempre un attore con una agenda impegnativa. Ricordo di averlo intravisto tre giorni dopo su qualche canale in un'intervista ad uno show televisivo dove presentava la nuova stagione della sua serie tv che andava in onda in quel periodo. Qualcosa però, dentro di me, voleva rivederlo. Ripensando a quel poco che avevamo parlato, mi bastò per farmi solleticare il cuore. Pensavo a lui, non so per quale ragione, ma lo facevo. Era diventato il mio pensiero fisso. Perché? Cosa mi spingeva nel farlo? Un giorno, mentre ero a lavoro, facevo le cose distrattamente. Guardavo altrove sbagliando un paio di ordinazioni, non ero in me. Pat mi si avvicinò e chiese:
-Va tutto bene Igor?
-Ehm... Si scusa Pat, in questi giorni non... Non sto molto bene- scuse palesi per non dire: "Guardami, sto male sentimentalmente. Il mio ragazzo mi ha lasciato qualche mese fa e quello che mi piace è un famoso attore pure dell'altra sponda".
Oh ma al diavolo tutti, pensai. E lo penso tutt'ora. Maledizione perché sono così sfortunato in amore? Cos'ho che non va? Forse cerco sempre il pelo nell'uovo oppure penso sempre che sotto ci sia qualcosa che non andrà e finisco con lasciare le persone. Quella stessa sera Pat mi fece una sorpresa venendo a casa mia. Passammo la serata a giocare ai videogames e guardare la tivù con una birra in mano.
Infine non si fece gli affari suoi e volle sapere:
-Che sta succedendo? Come mai sei così giù in questi ultimi giorni?
-Non mi va di annoiarti e soprattutto di parlarne- dissi sorseggiando la birra.
-Eddai, sai che a me puoi dire tutto... io ti ritengo comunque mio amico.
Ammiccai un sorriso e lui mi guardò con quella faccia da schiaffi che avrei voluto sempre picchiare. Non mi ero ancora accorto del suo bell'aspetto: capelli rasati, barba sfatta, occhi scuri e fisico atletico. Ma era il mio capo quindi erano vietati pensieri sconci su di lui.
-E va bene...- dissi alzandomi dal divano.-Ho conosciuto un ragazzo alla caffetteria un paio di settimane fa. Voi lo conoscete già e anche io. Tyler Posey...
-Oh no, non dirmelo- rispose iniziando a ridere sotto i baffi. -Ti sei preso una cotta per lui?
-No! E che... ci ho parlato dopo il turno. Credo che un pochino mi piaccia però, purtroppo, stiamo parlando di un attore famoso, etero e con un passato non facile.
Pat mi guardò con quel sorrisetto da stupido che volevo strapparglielo via a pugni. Non era d'aiuto. Poi disse:
-È passato Giovedì scorso sai?- Diventai di pietra, il cuore si bloccò. No, anzi, il corpo si congelò completamente.
Sgranai gli occhi e lui scoppiò a ridere così tanto da sbrodolarsi con la birra.
-Perché cavolo ridi?!- chiesi.
-La tua faccia è impressionante- rispose ridendo ancora. Poi cercò di continuare: -Bè ha chiesto di te.
-Cosa... Che ti ha detto?
-Voleva sapere se eri di turno. Gli risposi che era il tuo giorno di riposo e che poteva trovarti il giorno dopo. Non ha detto altro.
Ammiccò, ancora una volta, quel ghigno irritante che apparve sul volto. Fece l'occhiolino ed io mi irrigidì, non mi piacevano certi atteggiamenti.
-Non dire altro...- dissi, bevvi anche l'ultimo sorso di birra e andai in cucina a buttare il vetro. Sentì i suoi passi avvicinarsi allo stipite della porta dove si poggiò ad un asse. Mi voltai e gli sorrisi.
-Ti piace non è vero?- chiese poi.
-Forse un po'...- mi voltai verso di lui mentre mi asciugavo nervosamente le mani. -Mi ha rapito la sua parte...umana. Maledizione Pat! Stiamo parlando di Tyler Posey.
-Lo so.
-Quindi storia chiusa. Io e lui abbiamo fatto una bella chiacchierata ma è finita lì.
-E perché avrebbe dovuto chiedere di te?
-Sai si dice ai nuovi camerieri, tipo: Hei dov'è il nuovo arrivato? Poi prendono le ordinazioni e se lo dimenticano
-Ma io non ho detto che ha preso qualcosa.
Pat si stava comportando come un idiota. Mi faceva sentire stupido perché io non sapevo come reagire alla notizia. Stava facendo di tutto per rendermi ridicolo davanti a lui. Finita la birra la posò sul bancone della cucina e decise di dirmi tutto. Disse che Tyler era solo passato per chiedere dove fossi. Aveva anche visto in lui una certa tristezza quando venne a sapere che era il mio giorno di riposo. Poi mi consegnò un biglietto, dentro ad esso c'era un numero di cellulare.
-Chiamalo- disse lui.
-Q...Questo è il suo numero?- risposi stupidamente.
-E di chi altri...?!
Pat mi diede una pacca sulla spalla, prese la sua roba e se ne andò accennandomi un saluto. Rimasi così sconvolto che fino a tarda notte guardai quel foglietto: piccolo e macchiato da numeri con inchiostro nero.
Le domande che mi ponevo erano sempre le stesse: dovevo chiamarlo o mandargli un messaggio? E le ripetevano sempre nella mia testa. Poi decisi. Presi il cellulare e composi il numero. Rimasi li fermo a guardare il display del cellulare.
Tremavo senza ragione, si, mi ero davvero preso una cotta per il famoso mr Posey. Non aspettai oltre e lo chiamai. Bastarono tre squilli per sentire la sua voce.
-Pronto?
-Ciao Tyler... Sono Igor- la voce tremava. -Il cameriere della caffetteria... Ricordi?
-Igor il cameriere- ripeté con tono sarcastico. -Certo che mi ricordo. Come stai?
-Bene, molto bene.
-Molto bene? Perché... Che ti succede di così bello?
Non potevo di certo dirgli che ero felice di sentirlo o che mi bastava sentire la sua voce per farmi battere il cuore. Dissi semplicemente che avevo avuto una giornata tranquilla e che tutto era andato bene. Calarono pochi secondi di silenzio per poi sentirgli chiedere:
-Hei senti... Ti va di uscire?
-Quando, adesso?
-Si, se non hai altri programmi.
Inizialmente non volevo perché avevo un sacco di cose per la testa, mi chiedevo: Cosa fare? No ok non ci vado, e se vuole vedermi per una ragione? Mille domande, mille riflessioni inutili. Voi starete pensando: questo tizio è fuori, tanto si sa come andrà a finire. Vi sbagliate, non è andata proprio come pensate.
Quindi, mentre facevo avanti e indietro nel mio salotto a pensare ad un piano rapido cercavo di mugugnare qualcosa di sensato lui disse.
-Sei ancora li?
-Ok!- risposi.
-Ok...?
-Ok, voglio uscire oggi. Dove andiamo?
-Passeggiata in spiaggia? Ti va?
Accettai e, dopo esserci concordati sull'ora, ci rotrovammo entrambi scalzi con le scarpe che ciondolavano sulle dita e passeggiavamo tranquilli mentre le onde ci sfioravano i piedi. Non ricordo molto bene i dettagli dei discorsi che ci facemmo. Ricordo solo che mi raccontò di sua madre, del suo passato e della sua ex fidanzata.
Passarono i minuti e le ore come in un lampo. La nostra lunga passeggiata si concluse sedendoci sulla spiaggia ad ammirare il panorama mentre le persone facevano avanti e indietro sul lungo mare, probabilmente adolescenti che finivano la loro serata. Li a pochi metri da noi si era formato un gruppo di cinque o sei persone che, con una birra e il fuoco acceso, chiacchieravano tranquillamente. Poi ebbi la sensazione di avere i suoi occhi su di me. Mi voltai e lui rimase a guardarmi.
Allora chiesi che aveva da guardare e lui rispose:
-Cosa ti rende felice?
Qualla domanda mi lasciò spiazzato. Mi ripetei quella stessa più volte nella mia testa. Distolsi lo sguardo per pensare.
In realtà non lo sapevo nemmeno io. Cosa mi rendeva felice? La California? Il lavoro? Gli amici? Lui? O tutto l'insieme? Tyler rimase fisso a guardarmi, aspettava una risposta che non sapevo dare. Poi risposi:
-Non lo so, forse perché ora so qual è il mio posto.
-Giusto- rispose ridendo sotto i baffi. -Ho cercato per tanto tempo il mio, perché non sono ancora riuscito a trovarlo?
-Perché probabilmente hai fatto scelte sbagliate.
Poi mi diede una leggera gomitata e disse:
-Facciamo così, se le mie prossime scelte saranno sbagliate, tu me le impedirai ed eviterò altri errori.
Accettai. Era una promessa che volevo mantenere seriamente. E lo feci per diversi mesi... ma questa è un altra storia.
Arrivati a casa lui mi salutò con un abbraccio, forte, da togliermi il fiato e se ne andò. Raggiunto l'uscio di casa Pat mi chiamò facendomi voltare.
-Allora... com'è andata?- chiese.
-Che fai? Inizi a spiarmi?- dissi.
Lui si avvicinò, aveva uno sguardo così serio... ricordo ancora com'era vestito: pantaloncini scuri, maglietta bianca e sneakers dello stesso colore della maglietta.
Rimasi sul portico con le braccia conserte. Si avvicinò, i suoi occhi scuri mi guardavano seri. Lui però non disse nulla, si avvicinò lentamente, le mani in tasca. Quindi diedi la risposta:
-Bene, devo dire. Mi ha sorpreso quant è diverso rispetto....
-Non uscire più con lui- m'interruppe. Cosa strana da parte sua, rimasi basito.
-Scusa...?
-Tyler non è come credi.
-Non lo conosci nemmeno.
Non rispose, Pat fece un passo dopo l'altro avvicinandosi sempre di più. Per qualche strana ragione guardai attentamente ogni dettaglio del suo viso...e le sue labbra sottili. Il cuore iniziò a battermi forte. Esattamente, stava iniziando a piacermi il mio titolare, forse la cosa più sbagliata.
-Promettimelo- disse.
-È... solo un amico- risposi.
Lui mi baciò.

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Capitolo 3
*** Union ***


Cari lettori...
Oggi vi scrivo il terzo capitolo dandovi anche un augurio di buon anno a tutti!
Spero che vi piaccia, a presto!!!


 
 

Chapter Three




Non avevo mai visto alcun interesse da parte di Pat nei miei confronti negli svariati mesi che avevo lavorato per lui. Eppure, quel bacio, sembrava significare davvero qualcosa. Passarono diversi giorni. Nulla. Lui non fece nulla per fare quel gesto in più per farmi cambiare idea su di lui, mettermi finalmente l’anima in pace.
Mentre stavamo lavorando, Pat rimaneva serio e professionale. Lo guardavo in maniera torva anche se quel giorno la caffetteria era gremita di gente. Prendevo gli ordini, li portavo in cucina e lo guardavo ma lui non batteva ciglio dalla cassa.
Tin, suonò il campanello dalla cucina.
-A che tavolo?- chiesi a Oscar.
-Numero 11, non sbagliare come prima- rispose il padre di Pat. -Ma dov'è mio figlio?
-Alle prese con la cassa.
Lo dissi con un tono troppo duro che, quando voltai lo sguardo su Pat, storse il naso e disse: -Porta rispetto, sono pur sempre il tuo capo.
-Già...
Portai i piatti al tavolo e, non appena tornai, Pat mi prese da parte portandomi nello sgabuzzino, le spalle al muro.
-Mettiamo in chiaro una cosa. Quello che è successo non deve avere ripercussioni sul lavoro ok? Io sono il capo e tu il dipendente, chiaro?- disse.
Non trattenni più nulla e, puntandogli il dito contro risposi, volevo, dovevo sapere:
-Sono passate tre settimane, vuoi dirmi cosa cazzo significava quel tuo bacio!
-Non mi sembra il momento di parlarne.
-Io credo di si invece.
-Igor, ne parliamo dopo. Promesso.
-Si... Certo.
Tornai in sala e avevo gli occhi di Elsa che mi fissavano stranita mentre sparecchiava un tavolo. Io continuai il mio lavoro indisturbato. Non m'importava quello che aveva fatto ne tanto meno cosa voleva fare dopo con me.
Esatto, Pat mi stava coinvolgendo emotivamente in quell'assurda situazione.
Pochi minuti dopo entrò Tyler, prese solo la sua solita birra e mi fece compagnia scambiando due chiacchiere. Vedeva che c'era qualcosa che non andava. Così, sotto voce e avvicinandosi a me sul bancone chiese:
-Che sta succedendo?
-Non ho molta voglia di parlarne- risposi finendo di sistemare la lavastoviglie.
-Hei, sai che con me puoi parlarne- per un'attimo guardò Pat che lui, a sua volta, fulminò Tyler. -Hai discusso col capo?
-Ehm... Più o meno- risposi. Poi lui guardò ancora Pat, rimase a fissarlo in cagnesco. Ovviamente Tyler si fece qualche domanda.
-Perché mi guarda così male?
-Sei geloso Pat?- intervenne Elsa alle mie spalle.
Lui alzò un sopracciglio limitandosi a sospirare riprendendo la penna scrivendo, chissà cosa, su di un quaderno nero. Elsa mi fece l'occhiolino come per dire che era dalla mia parte. Sembrava che lei sapesse sempre già tutto prima ancora di venire aggiornata.
Mi morsi l'interno della guancia per capire bene la situazione. Dovevo fare mente locale, un  l'elenco delle cose che mi erano successe nell'arco di pochi giorni: avevo conosciuto Tyler Posey, Pat mi aveva baciato e non sapevo nemmeno che intenzioni avesse con me.
Se Pat non si fosse sempre comportato solo come un amico e collega, in quel momento non sarei rimasto così maledettamente logorato dalla voglia di spaccare qualcosa pur di capire. La mia vita andava bene anche senza nessuno di loro due. Dannato il destino... già, è colpa del destino se mi ritrovo tutt'ora confuso di quello che è successo.
-Io stacco alle 18- dissi, quasi sottovoce, a Tyler. -Mi andrebbe di uscire se per te non è un problema.
-D'accordo- rispose sorridente.
Finito il turno, Tyler ed io ci avviammo alla sua moto e, dopo essermi infilato il casco, partimmo per un viaggio che non dimenticherò mai. Odiavo e odio tutt'ora viaggiare in moto, ma non dissi nulla a riguardo.
Dentro di me ero terrorizzato, avevo paura di cadere o morire su quel motore infernale. Non avevamo una meta ben precisa, anzi, non l'avevamo proprio.
Mi aggrappai al suo addome e guardai dritto avanti a me, saldo e stretto a lui ma con un gesto Tyler mi tranquillizzò e lui guidò con molta prudenza.
Ammirai le strade e la zona in cui stavamo viaggiando. Le spiagge, la gente che salutava Tyler riconoscendolo ai semafori. E poi lo zizzagare tra una vettura e l'altra come se ci stavamo facendo spazio per far capire agli altri che, in quel momento, c'eravamo solo noi. Però, mentre stavamo viaggiando, Tyler inchiodò troppo forte ed io lo strinsi.
Sentì i suoi muscoli contrarsi e... Dio l'imbarazzo che provai in quel momento.
-Scusa- disse lui voltandosi verso di me. -Non porto nessuno in moto.
-In che senso?
-Tu sei il primo. Mi piace solitamente viaggiare da solo ma ho visto che tu ne avevi bisogno.
Ero il primo, nemmeno la sua ex era mai salita a bordo. Sentì il battito del mio cuore scoppiare ma non capivo se fosse per la pausa o perché Tyler era così dolce che avevo solo voglia di... stare con lui.
In quel preciso istante decisi di dire la verità, non mi ero stretto a lui per la frenata ma perché non vedevo l'ora di toccare a terra.
-Ok, siamo in vena di svelare i propri segreti- dissi. -Dimmi che la prossima è la nostra fermata?
-Perché?
-Ho il terrore delle moto.
Lui scoppiò in una risata, io non seppi nemmeno di che colore fosse la mia faccia ma sentì le mie guancia così a fuoco che capì il rossore che avevo marchiato in volto.
Partimmo nuovamente, svoltammo poco più avanti e parcheggiammo di fianco ad un posto molto carino. Era uno di quei locali hawaiani con i tavoli all'esterno e i camerieri erano vestiti tutti con una camicia a fiori bianchi e neri e pantaloni scuri. Accogliente ed allo stesso tempo elegante.
Ci accolse un giovane ragazzo e ci fece sedere al nostro tavolo. Ordinammo un paio di cocktail tropicali con all'interno della frutta da gustare dopo.
-Che è successo tra te e il tuo capo?- chiese. Io rimasi fisso a guardare il mio cocktail mentre giravo il liquido rosa con la cannuccia.
-Nulla di che...- sospirai ripensando a quella sera. Le parole uscirono da sole. -Mi ha baciato qualche giorno fa… e dopo quel gesto non ha fatto nient'altro che starsene li a fare nulla. Come se non fosse mai successo.
Tyler era visibilmente scioccato da quell’ultima rivelazione, poi però rise e cercò di elaborare tutte le informazioni.
-Cioè, Pat è... Innamorato di te?- chiese.
-Non lo so, non me l'ha voluto dire. Mi ha solo... baciato.
-Bel casino.
-Già, bel casino.
Lui posò i gomiti sul tavolo e si avvicinò a me, le mani unite.
-E tu cosa provi per lui?
Quella domanda mi fece uno strano effetto detta da Tyler. In più non sappi cosa rispondere perché io... cosa provavo per Pat?
Si, lui era sempre stato un ottimo amico ma, avrei mai voluto qualcosa in più?
Quindi risposi:
-Non lo so...
Tyler mosse la sua mascella storta e si limitò a sorridere.
Finito il nostro drink, mi chiese se volevamo fare qualcosa di diverso e io accettai. In realtà accettai qualsiasi cosa se c'era anche lui. Mi piacevano le sue uscite, erano decisamente diverse.
Ci avviamo ad una festa che c'era a casa di un suo amico li in zona. Prendemmo la moto e in meno di dieci minuti arrivammo sul luogo.
La casa era una villa dipinta di verde marcio, tutta in legno con il portico gremito di una dozzina di ragazzi. La media d'età degli invitati era dai diciotto ai venticinque anni. Qualcuno era già ubriaco, altri amoreggiavano in un angolo e alcuni addirittura erano rinchiusi nelle stanze chissà a far cosa. Ci raggiunse il proprietario di casa accogliendoci e Tyler non ebbe nemmeno un secondo per presentarmi che quello se n'era andato con due ragazze.
Eric, mi disse che si chiamava. Era un ragazzo dai capelli scuri, carino e con un fisico asciutto. Insomma, non mancava nulla. Le feste dei ragazzi americani le immaginavo così ma non pensavo fossero realmente in questo modo.
La musica rock picchiava nelle casse, fiumi di alcol e giochi alcolici imperversavano in tutta casa. Tyler mi passò un bicchiere di carta con dentro qualcosa di colorato. Provai ad annusarlo ma non riconobbi subito il contenuto quindi bevvi un grosso sorso. Il sapore era fortissimo e dolciastro.
-Che… roba è?- chiesi poi a Tyler mentre tossivo di tanto in tanto.
-Assenzio, non ti piace?- rispose.
-No... È buono ma fortissimo.
-Esatto, quindi vacci piano se non vuoi ridurti uno straccio.
Guardai disgustato quella bevanda e la posai su di un tavolo li vicino.
La festa stava iniziando a degenerare, io e Tyler ci separammo, mi sentivo un po' a disagio con tutte quelle gente che beveva e si divertivano mentre io me ne stavo in un angolo ad osservare i ragazzi. Sembravo un supervisore.
Poi vidi una persona a me molto familiare. Elsa, ubriaca, si stava baciando con un ragazzo, o meglio, con il proprietario di casa. Appena stacco quelle labbra da sanguisuga da lui, volse lo sguardo verso di me e, barcollante, mi arrivò di fronte inciampandomi addosso.
-Anche tu qui?- chiese con voce decisamente poco sobria.
-Eh...già- risposi. -Come conosci il proprietario?
-Uscivamo qualche volta. Poi ci siamo lasciati e ora ripresi poi… ma non lo so...- d'un tratto barcollò troppo in avanti per cadermi addosso. La presi al volo e lei mi ringraziò, però mi guardò dubbiosa. -Tu che diavolo ci fai qui?
-Mi ha invitato Tyler.
-Ah... quello è un ragazzo d'oro. A lui piaci molto sai?
-Beh, si, siamo ottimi amici.
-Ma che amici!!!- sbraitò allontanandomi.
Ero confuso più di prima. Cosa voleva intendere? Feci comunque finta di niente e cercai di aiutarla a rimettersi a posto. La portai dentro casa e la feci sedere sul divano.
Pensai di andare a prenderle dell'acqua ma non appena cercai di dirigermi verso il frigorifero, lei mi bloccò da un polso. Mi trascinò verso di lei facendomi sedere accanto. Che situazione stupida, non dovevo nemmeno essere lì. Guardai l'ora e ormai erano le dieci di sera passate. Il giorno dopo avrei fatto il primo turno.
Esattamente, il giorno dopo saltai il lavoro ma per una questione ben precisa. Ma un passo alla volta...
Avevo perso le tracce di Tyler, pensai che si fosse appartato con qualcuna o si stava semplicemente divertendo per i fatti suoi. Elsa stava li, raggomitolata addosso a me. Non sapevo come liberarmi dalla sua morsa. Ma non mi dispiaceva, se già a inizio serata non mi stavo divertendo, non poteva che finire peggio e avrei preferito rimanere qui con lei che annoiarmi da solo.
La festa stava volgendo al termine, ormai da trenta ragazzi pazzi e sbronzi eravamo rimasti una dozzina. Molti ancora ubriachi, altri erano sparsi addormentato ovunque. Ebbene si, ero l’unico sobrio in quella casa.
Mentre ero lì a giocare col cellulare, sentì un tonfo assurdo al piano superiore. Ormai la mia amica era addormentata, mi liberai facilmente da lei e mi avviai su per le scale. Vidi che non c'era nessuno, quindi pensai che forse il rumore proveniva da tutt'altra parte. Stavo per tornare giù quando lo risentì e andai verso la camera da cui c'era quel fracasso. Era probabile la cameretta di Eric, il proprietario. Vidi un braccio sbucare fuori dall'altra parte del letto. Sentì dei lamenti e, avviandomi, lo vidi.
Tyler era steso a terra, la faccia schiacciata contro il pavimento. Era evidente che lui fosse ubriaco marcio.
-Tyler? Stai bene?- chiesi. La sua risposta fu un altro gemito. Non stava soffrendo, stava solo cercando di sopravvivere alla sbornia.
-Il letto si sposta- disse con un filo di voce. Alzai gli occhi al celo e scrollai il capo. Che idiota.
Cercai di aiutarlo a risollevarsi ma un metro e ottanta di ragazzo era abbastanza pesante da sollevare da solo.
-Forza, rimettiti in piedi- risposi sforzandomi di aiutarlo. Lui si diede una mano e cercò di alzarsi. Barcollava pesantemente e cercava in tutti i modi di alzarsi. -Credo che rimarrai qui stanotte.
Non potevo andarmene, non ero capace di guidare la sua moto e in più ero terrorizzato da quel mezzo. Quindi pensai di tornare con l'ultimo bus di mezzanotte. Lo feci sedere sul letto, lui si sdraiò sul fianco e scoppiò a ridere.
 -Il letto gira- disse.
-E tu cerca di fermarlo- risposi.
Gli tolsi le scarpe, poi cercai di metterlo meglio sul letto ed in fine Tyler era a posto. Stavo per andarmene quando disse:
-Pat non ti merita.
Mi voltai, Tyler mi guardo voltandosi verso di me sdraiandosi a stella sul letto. Avevo lo sguardo interrogativo anche se avevo colto con chiarezza la sua domanda. Poi mi avvicinai e lui si sollevò mettendosi seduto cercando di reggersi con le mani sul materasso.
-Pat… si certo. Non sa nemmeno lui cosa vuole- risposi. -Quindi non posso dire niente al contrario.
-Io ti voglio Igor.
-Cosa?
Tyler mi sorrise e io... merda, il cuore mancò un battito.
Mi sentivo così stupido nel guardare lui. Non sapevo nemmeno cosa rispondere, però poi ricordai a me stesso che era ubriaco e non sapeva nemmeno cosa stava dicendo. Mi sedetti sul fondo del letto e ricambiai il suo sorriso.
-Non sai quello che dici Tyler- dissi. Lui si avvicinò lentamente, guardandomi, il mio respiro aumento e il cuore stava per esplodere dal petto. Avvicinò una sua mano al mio viso e mi accarezzò il volto.
Lentamente i suoi occhi si stavano avvicinando a me e poi le sue labbra si mischiarono con le mie. Ci baciammo con passione. Non so nemmeno descrivere la sensazione splendida che provavo quando lui mi toccava o baciava. Forse la sto dimenticando.
Pian piano mi avvicinai a Tyler e le mie mani si spostarono verso i fianchi. Lui, con forza, mi trascinò sopra. Le mie mani fecero per conto proprio, gli tolsi la maglietta nera scoprendo i suoi tatuaggi che avevo sempre visto il tivù, con le dita li sfiorai entrambi: le maschere sul fianco e le due fasce al braccio.
Lui mi guardava con occhi diversi, non erano più quelli di un amico ma… di qualcosa di più.
Con delicatezza mi girò posandomi la mia schiena sul materasso ed iniziò a baciarmi ovunque solleticandomi il collo. Il respiro si affannò e l'intensità di quel momento si stava evolvendo in qualcosa che non avrei mai più dimenticato.
Lentamente mi tolse la maglietta ed io tolsi i suoi pantaloncini di jeans lasciandolo solo con i boxer. Tyler per un momento si bloccò sopra di me, guardandomi.
Le mie parole uscirono da sole:
-Non sei sicuro di quello che sta per accadere, vero?
-No...- rispose lui. -Ma da quando sei entrato nella mia vita io non riesco a pensare che a te.
Le sue labbra si fecero strada fra le mie, prepotenti. Lo volevo, non riuscivo più ad aspettare. Le mie mani accarezzarono quella chioma scura, tutto di lui mi provocava qualcosa di diverso. Non avevo mai provato questa sensazione… nemmeno con Pat.
La sua mano destra si posò sul bottone dei jeans che tolse con mano esperta e fece calare la zip lentamente. Quella stessa mano entrò dentro i pantaloni iniziando ad esplorare sotto i boxer. Gemetti di piacere, lui continuava a massaggiare quella zona così dolcemente che ero perso da quella situazione così stranamente assurda.
Levò poi tutti i vestiti lasciandomi nudo davanti ai suoi occhi. Tyler si tolse i boxer e si mise sopra di me sfiorandoci lentamente. Era così bello sentirlo, sentire il suo corpo su di me.
-Voglio farlo- disse gemendo. -Mi fai impazzire.
-Si...- dissi, non volevo più aspettare, lui si spostò guardandomi, serio e allo stesso tempo eccitato. -Ti voglio.
Così, senza aspettare oltre, lentamente entrò dentro di me. La notte trascorse come se avessimo aspettato una vita intera per farlo.
Infine ci addormentammo, intrecciati nudi l'uno all'altro.



 

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Capitolo 4
*** Anxiety ***


Lettori, vi avverto... sono masochista. 
Un saluto!!


 
 

Chapter Four




Ora ho il classico blocco dello scrittore. So cosa scrivere e so anche come mettere giù la storia, solo che ripenso in continuazione a quello che è successo... è da qui che è partito tutto. Va bene, faccio un bel respiro profondo e ripartiamo a scrivere. Voglio piangere ma non vorrei farlo perché ne soffrirei. Cazzo. Cerchiamo di ripartire.
Mi svegliai la mattina successiva e sentivo le braccia di Tyler intrecciate alle mie. Con lo sguardo mi voltai per vederlo meglio. Il suo viso rilassato, gli occhi chiusi e le la bocca leggermente aperta mentre era ancora preso dal sonno. Lentamente mi girai dalla sua parte e accarezzai il suo volto.
Era lì con me, era stato con me tutta la notte. Lui si svegliò cercando di ritornare al presente. Mi guardò sbattendo più volte le palpebre, sorrise e mi strinse ancora più forte a Tyler.
-Buongiorno- disse con voce assonnata.
-Buongiorno a te- risposi, lui poi si sfregò una mano sulla fronte e strinse gli occhi dolorante. -Come ti senti?
-Ho i postumi. Un classico...
Sorrissi e mi avvinghiai a lui posando il capo sul suo petto. Sentivo il suo battito, era tranquillo ma sembrava allo stesso tempo agitato.
Sicuramente c'era dell'imbarazzo palpabile nell'aria. Iniziai ad accarezzargli il petto.
-Vuoi parlare di quello che è successo questa notte?- chiesi.
-Bè, siamo qui nudi, sdraiati a letto. Non c'è molto da dire- rispose.
-Si, lo so ma...- non sapevo come dirglielo. Volevo capire se da lui ci sarebbe stato solo quello o qualcosa in più. -Tyler, voglio essere completamente onesto con te. Non sto cercando quel genere di cose da una botta e via.
-Lo so.
-Quindi voglio sapere... la nostra relazione avrà altri risvolti?
Inizialmente sospirò e stette zitto per un lungo minuto. So a cosa stava pensando, stava cercando di capire se ci sarebbe stato davvero un possibile futuro tra di noi. Tyler si spostò da me sedendosi dandomi le spalle. Mi alzai per guardare i particolari di quella stessa schiena. Così forte e muscolosa.
Decisi quindi di sedermi anche io e iniziai a baciarlo sul collo, sfiorandogli le braccia con la mano destra, lentamente.
-Che cosa stai provando?- chiesi.
-Non lo so, provo tante cose- rispose, poi si voltò verso di me e iniziò a baciarmi passando una mano sul mio volto.
Stava succedendo di nuovo, eravamo entrambi eccitati e pieni di passione. Mi sdraiai, allargando le gambe per fare in modo che lui si mettesse in mezzo. Prese le gambe e sollevò delicatamente i fianchi, lo sentì entrare ancora una volta. Ci lasciammo trasportare dalla magia di quel momento.
Eravamo nuovamente uniti.
Ormai si era fatto tardi e, non appena entrambi ci rivestimmo, il cellulare squillò. Andai fuori sul portico di casa. Pat mi stava cercando. Risposi al cellulare e con un semplice saluto, anche se sapevo che ero nei guai, cercai comunque di rimanere tranquillo.
Non rispose, per un lungo minuto l'altro capo del telefono fu muto e io non sapevo nemmeno come introdurre un discorso, quindi dissi:
-Mi dispiace, so di essere in ritardo.
-Sei con lui vero?- rispose. Cavolo, sentire quel vuoto nello stomaco era come ricevere uno schiaffo dritto in faccia. Mandai giù un groppo alla gola per la tensione, non sapevo cosa rispondere ma non volevo di certo tenerglielo nascosto.
-Pat... ti posso spiegare più tardi?- chiesi gentilmente.
-Ti do la giornata libera. Ma che non ricapiti più- rispose con tono fermo.
-Fammi spiegare almeno...
-No Igor, non m'interessa. Divertiti.
Attaccò la chiamata, misi una mano sulla fronte, volevo capirci qualcosa su tutta questa dannatissima situazione ma, più ci pensavo, più ero confuso.
Tyler apparve da dietro la porta mentre si rinfilava la maglietta e sorrise, il viso assonnato.
-Va tutto bene?- chiese.
-Pat è arrabbiato- risposi. -Ha intuito che fossi con te. A quanto pare è molto geloso.
Tyler si avvicinò e mi prese i fianchi abbracciandomi, le sue labbra erano ad un palmo dalle mie. Io lo guardavo e gli accarezzavo il petto.
-Non ci ostacolerà Igor- disse. -Voglio stare davvero con te. Voglio almeno provarci.
Tyler, cavolo, Tyler Posey aveva davvero deciso di stare con me. Io pensavo che lui avesse gusti... diversi e invece...
Tornammo in città e passai la giornata più bella di tutte. Pranzammo insieme, passeggiammo sul lungo mare e prendemmo un gelato in uno dei parchi della zona. Verso tardo pomeriggio mi riportò a casa e, sull'uscio della porta non riuscivamo a staccarci l'uno dall'altro.
Ci baciavamo e continuavo ad avere le sue braccia intorno. Se tornassi indietro a quel bellissimo giorno, lo rivivrei mille e mille volte.
Passai la settimana perfetta con il ragazzo perfetto eppure sentivo che a lavoro, e non solo, c'era qualcosa di diverso. Pat faceva quasi fatica a salutarmi, Elsa aveva sempre una scusa pronta per non farsi vedere ne sentire. Si, qualcosa non andava e io volevo scoprire cosa.
Una sera scrissi alla mia amica/collega di trovarci al parco per parlare. Inizialmente cercava sempre una scusa per non vedermi ma la convinsi. Non appena la raggiunsi vedevo in lei qualcosa che mi celava alle spalle.
-Ciao- disse.
-Come stai?
-Bene... diciamo- risposi. -Che cosa sta succedendo? A lavoro mi state evitando tutti.
-Ma che dici?- si strinse nelle spalle e fece una risatina nervosa.
-Elsa, siamo amici vero? Allora dimmi che cosa state combinando alle mie spalle.
Fece un respiro profondo cercando le parole giuste per dirmelo:
-Igor... io sono sempre dalla tua parte lo sai, ma vedi... Pat ha minacciato me e le altre di essere licenziate se parliamo o usciamo con te fino a quando...
-Non rompo ogni rapporto con Tyler, vero?
-Si...
Lo stomaco si strinse così tanto che mi sembrava mi avessero tirato un pugno. Ripensare a quanta rabbia provai in quel momento me la fa salire ancora. È colpa sua... È tutta colpa di Pat.
Lasciai Elsa senza dire una parola, montati sulla Jeep e sfrecciai a tutta velocità verso casa di Pat. Volevo una spiegazione logica su quanto stava succedendo. Arrivai all'uscio della porta e bussai più volte con il palmo della mano aperta, così forte che mi sentì anche il vicinato.
Pat aprì la porta e mi si presentò davanti con solo i pantaloni della tuta, a petto nudo, piedi scalzi e birra in mano.
-Ah...sei tu- disse con tono da sbruffone. Si allontanò dall'uscio aperto per farmi entrare.
Io gli fui subito dietro e sbattei la porta d'ingresso con violenza.
-Si può sapere che cazzo hai nel cervello?!- chiesi rabbioso.
-Che ho io?- chiese di rimando.
-Si, perché stai cercando di rovinarmi la vita?! Perché ti comporti così? Perché cavolo continui a torturare il mio rapporto con Tyler? Perché...
-Perché ti amo Cristo santo!
Ecco cosa mi disse. Sbattè la bottiglia sul tavolo e io rimasi interdetto a guardarlo. Pat aveva appena aperto il suo cuore davanti a me. Era la prima volta dopo tanto tempo che non mi sentivo così combattuto come... quel momento.
-Non mi hai dato nemmeno il tempo di dirtelo che tu...- s'interruppe. Mi guardava con gli occhi di chi aveva pianto e sofferto per giorni. -Tyler cos'ha fatto per te? Cosa ti ha reso così felice con lui?
Non risposi subito, ero in piedi di fronte a lui e, ancora una volta, ero rimasto basito dalle parole di qualcuno.
-Allora?!- insistette.
-Lui è stato con me...- risposi, vidi del dubbio nella sua espressione e mi spiegai meglio. -Tyler si è presentato a me, si è interessato a me e non ha nascosto i suoi sentimenti. Cosa che tu non hai fatto, non hai avuto nemmeno il coraggio di dirmi quello che provavi per me in questi sei lunghi mesi. Perché solo ora? Hai visto in Tyler un rivale?
-Tu non capisci.
-No io capisco bene Pat. Ti conosco da tanto, troppo tempo per vedere quando qualcuno è insicuro e non appena vede una possibilità sfumare cerca in tutti i modi di non farsela sfuggire. Vigliacco.
Lui con uno scatto mi raggiunse e mi mise alle strette spintonandomi contro il muro. Ricordo di aver provato una piccola scossa di dolore sulla schiena.
Ero terrorizzato da quegli occhi così rabbiosi. Mi prese dai polsi tenendoli stretti sui fianchi.
-Mi... mi fai male- balbettai. Lui non disse nulla, rimase fisso a guardarmi con cattiveria. Avevo paura che prima o poi mi avrebbe fatto del male.
Poi mi fece sollevare le mani posandole sul suo petto.
-Senti il mio cuore Igor...- disse. Ero così spaventato che il mio tocco divenne sensibile e sentì i suoi battiti così veloci. -Ecco quello che sento ogni volta che ti sto vicino. Mi baciò, con foga e prepotenza. No, non avrei mai permesso che lui continuasse a comportarsi come se io fossi qualche giocattolo nelle sue mani. Mi aveva deluso più di una volta. Tra il bacio sospirò ancora una volta che mi amava.
Non potevo sopportare oltre. Lo spintonai via e ricordo che le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Lo guardai in cagnesco, nessuno dei due trovò le giuste parole. Decisi che era venuto il momento di andarmene.
Camminai alla svelta lungo il viale prima di raggiungere la mia macchina. Scoppiai a piangere, singhiozzavo dal dolore che provavo. Non era fisico, ma qualcosa dentro di me. Presi il cellulare e composi il numero di Tyler. Dopo un paio di squilli rispose e, singhiozzando dissi:
-Ho bisogno di te.
 

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Capitolo 5
*** Last ***


Cari lettori rieccomi con il quinto capitolo della mia storia...
Ne mancano solo tre alla conclusione, secondo voi cosa succederà?


 
 

Chapter Five






Sdraiati sulla sua poltrona, Tyler mi abbracciava stretto mentre io cercavo di riprendermi da quello che era successo con Pat. Era impazzito forse?
Si era pazzo perché non sapeva da che parte stare o come affrontare la situazione. Ancora non comprendo quella sua reazione, era così geloso da mettermi le mani addosso.
Tyler mi accarezzava la schiena strisciando la sua mano dall'alto in basso tranquillizzandomi. Lui poi sollevò il mio sguardo obbligandomi a guardarlo dritto negli occhi, scrutava il mio viso cercando qualcosa.
-Perché mi guardi?- chiesi.
-Tu e Pat avete litigato, ma non mi hai ancora detto il vero motivo- rispose.
-Niente...
Abbassai lo sguardo ma Tyler rimase a fissarmi, la sua mano si spostò sopra la spalla così che le dita erano abbastanza vicina da sfiorarmi la guancia. Poi si spostò e io rimasi un po' perplesso dal suo comportamento, era così allegro e spensierato come era il suo carattere.
Tyler lo ricordo con molto piacere. Ricordo la sua voglia di vivere, il suo entusiasmo che coinvolgeva spesso tutte le persone che stavano intorno a lui. Già... ricordo e lo ricorderò per sempre Tyler Posey.
Lui mi fece alzare continuando a dirmi di seguirlo. I suoi cani scodinzolavano felici mentre lo guardavano come per cercare di partecipare ad un gioco con lui. Sono sicuro che ad uno dei due piacevo veramente tanto. Non ricordo bene a chi…
-Oggi, per risollevarti il morale, faremo tutto quello che vorrai va bene?- disse poi Tyler. -Ma prima faremo una cosa alternativa.
-C... cioè?- chiesi un po' titubante.
-Verrai al Ellen show con me- rispose allegro. -Non stasera, ovviamente.
Era forse il più importante evento che c'era in quel periodo, la nuova presenza di mr. Posey al Elle show. Ricordo che doveva fare un'intervista con altre due persone del cast della serie tv dove partecipava.
Che cavolo gli era preso? Perché avrei dovuto andare con lui in tv? Oddio ogni volta mi torna in mente quel periodo, lui era pazzo perché… che diavolo! Come mi avrebbe presentato... fidanzato? Amico? Conoscente?
Ellen show era uno dei miei programmi preferiti in tv quando stavo in America, lo seguivo spesso ed era molto interessante sopratutto sulle varie tematiche (comiche o serie) che presentava.
Lei ha sempre contribuito per i diritti gay e non solo. Sarà sempre una grande donna.
Forse avercela di fronte sarebbe stata una cosa epica e l'avrei potuta ringraziare per quello che ha sempre fatto, soprattutto per il lavoro che svolgeva e che svolge tutt’ora. Ogni tanto, per ricordare i bei momenti passati, vado sul sito internet a rivedermi gli episodi.
Ok, devo dire che i pensieri si stavano accumulando insieme cercando di arrivare ad un dunque.
Andare o no? Poi per cosa? Per una giornata dove solo io avrei potuto decidere cosa fare e come? Non parliamo poi della situazione assurda che si era formata con Pat. Eravamo in una sorte di... non so nemmeno io cosa, immagino solo la sua reazione se lui mi avesse visto in tv con il suo "acerrimo nemico".
Però sicuramente mi avrebbe portato solo come accompagnatore e sarei rimasto tra il pubblico, invisibile all'occhio della telecamera come meglio potevo. Almeno, così credevo.
Ci pensai su prima di dare una risposta. Lui continuava a guardarmi con quella faccia da ebete che si ritrovava, poi iniziò a punzecchiarmi con l'indice sul fianco.
-Allora?- chiese mentre mi tormentava con quel dito. Gli bloccai di scatto una mano fermandolo.
-Non lo so, Tyler- risposi.
Lui si avvicinò a me, mi prese il viso fra le sue mani tiepide e, guardandomi, posò le sue labbra sulle mie. Era sempre così dannatamente dolce, sempre in qualsiasi situazione.
-Ok- disse con un filo di voce. -Lascerò i tuoi spazzi allora. Dovrai decidere in fretta perché lo show sarà tra dieci giorni.
-Tranquillo, vedrò cosa fare- risposi e lui sorrise. Poi, cingendomi le braccia intorno alla vita, fece un ghigno e io lo guardai interrogativo. Non capendo la sua espressione chiesi:
-Che c'è?
-Sono di nuovo felice- rispose tranquillo.
Quelle parole… non ricordo nemmeno che effetto fecero su di me, so solo di aver sentito il mio cuore battere velocemente e lo stomaco ribaltarsi. Non so ancora se in senso positivo o negativo del termine. Con Tyler era sempre così, non sapevo mai cosa provare per lui.
Era un ragazzo normalissimo, fuori dal set o senza le riprese di qualche telecamera. Questo suo lato "normale" lo faceva vedere solo con me e magari anche con... lei. Seana la sua ex ragazza e quasi moglie.
Nei primi giorni di conoscenza, Tyler non mi aveva mai parlato di lei e del loro rapporto. Io volevo sapere di più sul suo passato ma lui sembrava sempre restio nel farlo.
Quel giorno, però, presi coraggio e gli chiesi:
-Posso sapere di più sul tuo... passato?
Divenne scuro in volto, le sue braccia si distesero lungo i fianchi e rimase fermo a guardarsi le punte dei piedi. Sapevo che non avrei dovuto chiedergli niente su lei o qualunque cosa riguardasse il passato ma, per qualche strana ragione, avevo bisogno di sapere.
-Dimmi allora...- disse. Ricordo che la sua mascella iniziò a muoversi nervosamente e si irrigidì.
Non sapevo se, andare avanti, fosse una buona cosa. Forse, così facendo, l'avrei fatto sfogare e non trattenere più quello che aveva dentro di sé.
So che è sempre stato e sempre sarà molto chiuso. Nemmeno sui giornali o via social network aveva mai precisato il motivo della sua decisione di lasciarla. In parte lo capivo perché nessuno doveva farsi gli affari suoi soprattutto per la sua vita privata.
-Non sei obbligato a...
-Forza, chiedimi quello che vuoi- rispose interrompendomi bruscamente.
Entrambi ci sedemmo sul divano e lui era visibilmente stizzito e innervosito dalle domande che avrei potuto porgli.
-Facciamo così- iniziai a spiegare. -Ci faremo delle domande a vicenda, non servirà spiegare tutto, basterà solo dire "si" o "no". Ci stai?
A quanto pareva Tyler aveva già iniziato questo "gioco" di domande rispondendomi con una schietta approvazione. Lui si sfregò i palmi delle mani sulle cosce come se si asciugasse il sudore per l'agitazione che stava provando. Era strano vederlo così. Mi schiarì la voce ed iniziai:
-Avevi un buon rapporto con tua madre?
-Si- disse schiettamente. Sapeva bene che io volevo arrivare ad un dunque, non mi guardava nemmeno in faccia per la paura delle mie domande. Poi mi chiese:
-Il tuo ex fidanzato si è comportato male per lasciarvi?
-No- dissi, mi lanciò una rapida occhiata come se volesse sapere di più. Però io andai avanti senza girarci troppo intorno. -Tu e Seana vi siete lasciati per un motivo ben preciso?
 -Si...- rispose per poi fare un sospiro triste.
Tolse di nuovo lo sguardo dal mio restando fisso sul vuoto.
-L’hai lasciato per amore?- chiese mentre gli tramava la voce.
-Si- risposi. Decisi dunque di proseguire anche se so che gli avrei fatto del male. -Non l'amavi più?
-No- disse lui, la sua risposta era come se fosse un sospiro. Si zittì, sembrava volesse che io continuassi con le domande. Così feci:
-Avevi paura di sposarti?
-No.
-Non stavi bene con lei?
-No.
Poi lui mi rivolse uno strano sguardo, gli occhi lucidi e poi capì. Mi tremava la voce nel chiedergli:
-Non stavi bene con te stesso?
-Si...
Quella risposta mi lasciò senza parole. Amava Seana ma era lui che stava male dentro di se. Forse non per la sua sessualità ma per qualcosa di diverso.
Ricordo che mi aveva raccontato di certe cose. Prima di conoscere lei, aveva già provato diversi rapporti con altri uomini e donne, si era sempre definito bisessuale. Quindi c'era qualcosa di più. D'un tratto una lacrima gli rigò il viso, mi si strinse il cuore vederlo così e non sapevo se proseguire oppure no. Lui mi guardava come se mi stesse implorando per qualcosa.
-Vuoi che mi fermo?- chiesi.
-No- rispose con voce tremante. Però io volevo davvero smettere quindi chiesi un'ultima cosa perché già avevo capito tutto:
-L’hai lasciata per amore?
-Si- rispose.
-Quindi tu l'amavi, stavi bene con lei però tu eri tormentato da qualcosa in più… giusto?
-Si.
Mi bastò sapere questo, non volevo chiedere altro. Lo abbracciai forte e lui si strinse a me scoppiando a piangere. Io, come già detto in precedenza, l'avevo sempre seguito anche tramite i suoi social. Lui non aveva mai fatto vedere il vero Tyler. Aveva un problema che ancora non era riuscito a risolvere e io l'avrei aiutato.
D'un tratto, dalla tasca posteriore dei miei jeans, squillò il mio cellulare. Mi staccai da Tyler anche se lui continuava ad abbracciarmi. Bastò una rapida occhiata per capire già di chi si trattasse: Pat.
Non avrei di certo ceduto, lui mi aveva davvero spaventato. Nella mia testa iniziarono un sacco di domande che avevo addirittura paura di pensare.
Se avesse reagito di nuovo così? Se non me ne fossi andato, cosa sarebbe successo? Mi avrebbe alzato le mani?
Gli attaccai la chiamata senza pensarci due volte. Tyler aveva bisogno di me, quindi spostai il suo viso verso di me guardandolo, sfoggiai il mio miglior sorriso. Lui si asciugò la faccia con fare impacciato.
-Avevi detto che oggi io avrei deciso cosa fare. Bè, voglio vedere la pista da skate, ti va?- dissi.
-Sai andare in skate?- chiese sorpreso.
-No, o meglio, non tanto ma voglio comunque vederti viaggiare sulla tavola.
-Va bene.
Quindi, asciugate le sue lacrime e tornati sorridenti sparando cazzate nella sua macchina. Prendemmo un paio di snack e andammo al parco dove, solitamente, lui sfrecciava con la sua tavola da skate.
Era ormai tarda sera, il parco era pieno di luminarie con luce bianca che illuminavano quasi tutta la zona. Le ruote del suo skate viaggiavano veloci sull’asfalto sformato dal tempo.
Volava come se, su quella tavola, ci fossero le ali. Fece un paio di piroette diverse mentre io lo guardavo dall’alto della rampa.
Ancora una volta, dalla tasca posteriore dei jeans, squillò il mio cellulare e vidi il nome di Pat apparire sul display del cellulare. Non aveva ancora capito il suo sbaglio e che io non volevo vederlo ne sentirlo in quel momento.
Ora ero solo con Tyler. Spensi addirittura il cellulare per non sentire più le sue chiamate continue.
Pochi secondi dopo mi ritrovai Tyler seduto al mio fianco, un po’ sudato per la fatica fatta nel muovere la tavola. Rimanemmo li a guardare le stelle mentre parlavamo di diverse cose. Lo vedevo molto più aperto dopo avergli posto le diverse domande qualche ora prima.
Mangiammo un pacchetto di patatine bianche, le mie preferite, e poi mi insegnò ad andare sulla tavola.
Ovviamente caddi più e più volte procurandomi diversi lividi su braccia e gambe.
Un cretino.
Ecco come mi sentivo, un vero e proprio cretino mentre lui sghignazzava alle mie spalle.
Io sono un ragazzo abbastanza permaloso, quindi mi innervosì molto. Presi la bottiglietta d’acqua che avevamo portato con noi insieme agli snack, e gliela svuotai completamente sulla testa.
Iniziai a ridere come non avevo mai fatto da quando ero atterrato in California, solo in quel momento capì che ero felice. Avevo trovato un posto. Il mio posto.
Tyler non si diede per vinto, mi prese in braccio alzandomi di peso coricandomi su una sua spalla come se fossi un sacco di patate. Iniziai a ridere come un’idiota e lui cominciò a girare su se stesso. Gridavo e ridevo allo stesso tempo e lui non lasciava la presa.
Poi si bloccò di colpo tirandomi un paio di sculacciate, io scoppiai a ridere e urlai:
-Hei, questo fa male. Mollami immediatamente!
-Non ci penso neanche- rispose ridendo sotto i baffi.
Cercai di divincolarmi dalla sua presa ma era forte, troppo forte per un tipo come me, quindi stetti al gioco sbuffando sulla sua schiena.
D’un tratto ci spostammo dalla pista. Esattamente, io ero ancora sulla sua spalla.
Però poi, con delicatezza, mi sdraiò sul prato e lui stava sopra di me. Mi guardava con un accennato sorriso sul volto. Io gli accarezzai i capelli neri. Mi persi completamente tutto in quel momento. Guardai i suoi occhi scuri tuffandomici dentro.
Iniziammo a baciarci e ad accarezzarci con dolcezza. Le mie mani si addentrarono sotto la sua maglietta dove i palmi scrutavano curiosi la sua forte schiena. Lui se la tolse e iniziò a baciarmi il collo lasciandoci trasportare da una notte stellata che ci avvolse in un abbraccio caldo e pieno di passione. 

 

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Capitolo 6
*** Maybe ***


Rieccomi lettori dopo un bel pò di tempo. Si, ho avuto il blocco dello scrittore... perdonatemi!
Visto che è appena passato S. Valentino, direi che questo testo vi potrà piacere ;)





 

Chapter Six




La sera dello show era arrivato. Avevo chiesto il permesso di un giorno di ferie per andarci. Tyler aveva preferito andarci in moto anzi che farsi accompagnare dal suo agente con la macchina. Dopo una mezzora di viaggio arrivammo con qualche minuto di anticipo così che i ragazzi si potessero cambiare e rifarsi il look per l'occasione. Io invece andai verso lo studio accomodandomi al mio posto. Lo show era cominciato.
-Perfetto, questa serata è iniziata decisamente con il piede giusto- disse Ellen mentre aveva appena salutato uno dei suoi ospiti.
Ero nella terza fila quella sera, verso il centro e riuscivo a vedere meglio il palco. Lo studio era composto da due poltrone bianche, uno schermo alla sinistra e cinque telecamere che riprendevano il tutto.
Non ero mai stato prima d’ora in uno studio televisivo. Ricordo quanto ero eccitato all’idea di andare a quel programma che lo stomaco era in subbuglio. Per la prima volta Ellen aveva fatto il suo show in prima serata dedicandosi maggiormente ai tre ospiti d’eccezione che ci sarebbero state e per la presentazione ufficiale della nuova ed ultima stagione della serie di Tyler.
Mi ero vestito in maniera elegante ma non troppo: jeans scuri, camicia, giacca e scarpe in vernice nera.
Tutto il pubblico si era vestito adeguatamente per la sera. Anche Ellen. I capelli biondi corti ed il filo di trucco rispecchiavano l’incantevole bagliore dei suoi occhi azzurri. Come era suo solito vestire, aveva indossato una giacca e un pantalone bianco con una camicia giallo canarino.
Lo show aveva preso inizio e Ellen si rivolse alle telecamere con un largo sorriso.
-So che molti di voi stanno aspettando questo momento da ben otto mesi di fermo. Giusto signori e signore?- chiese al pubblico in sala. Tutti iniziarono a ridere e urlare e applaudire dalla gioia, ed io seguì il gregge. -Calma, calma. È con mio grande onore che vi presento: Tyler Posey, Dylan O’Brien e Holland Roden  le star di MTV, fategli un bel applauso!
I tre entrarono, tutti eleganti. Hollan era con un bel vestito pesca con i tacchi dello stesso colore, la gonna cadeva ad onde, sulla vita portava un’elegante cinturina sottile in pelle nera.
Dylan si vestì più semplice, camicia bianca, jeans grigi e scarpe nere.
Tyler, dio se Tyler era bello! Aveva un elegante abito blu, camicia nera e scarpe in vernice anch’esse nere. I capelli pettinati e la barba fatta.
Sorridevano dolcemente al pubblico salutandolo e accogliendolo con un largo sorriso. I tre abbracciarono e baciarono Ellen e si sederono sulla poltrona, la presentatrice rimase davanti a loro.
-Bene…- disse poi Ellen accomodandosi.
-Bene- ribatté Dylan. Senza un motivo preciso scoppiarono tutti a ridere, come anche il pubblico. Ellen cercò di zittire la gente gentilmente, si rivolse ai ragazzi.
-Come state? Sembrate agitati. Tu non dovresti esserlo Tyler. Sei venuto qui anche in mutandine rosa!
-Questo è vero, ed è un particolare che sto ancora cercando di dimenticare- rispose ridacchiando sotto i baffi. -Devo ammetterlo, è stato divertente essere sbattuto in acqua grazie ad un colpo netto con una pallina.
-È il bello dello show.
Ancora una volta il pubblico rise e anche io seguì l’onda. Poi, per un millesimo di secondo, mi voltai alla mia sinistra, ero incuriosito di vedere quanta gente c’era. Alzai leggermente lo sguardo e… la vidi. Seana era in mezzo al pubblico, tranquilla che rideva.
A parer mio non era una bella ragazza, ma carina. Però quella sera era davvero, mostruosamente bella. Capelli a boccoli, tubino nero che gli scopriva le gambe dal ginocchio in poi, tacchi vertiginosi.
Mi sono sentito un’idiota, una merda e allo stesso tempo un cretino ad aver accettato l’invito di Tyler per andare a quel maledettissimo show di cui me ne importava poco meno di niente!
Il resto dell’intervista la ricordo a malapena, mi morsi il labbro inferiore e voltai immediatamente lo sguardo verso il palco.
Poi ci riflettei un istante. Lei non mi conosceva, io non conoscevo lei… nel senso fisico del termine. Quindi ricominciai a seguire l’intervista e, cercando di tranquillizzarmi, restai composto sulla mia sedia.
-Quindi il resto dell’impresa è stato anche grazie a Tyler- concluse Dylan una delle tante spiegazioni riguardanti la serie.
-Si perché anche questa volta hai scritto la sceneggiatura insieme al regista giusto?- chiese Ellen rivolgendosi a Tyler.
-Esatto, è stato un duro lavoro ma ce l’ho fatta- rispose ammiccando un sorriso.
-Ora passiamo alle domande più succulenti- continuò Ellen. -Dylan, so che tu stai ancora con la tua ragazza ormai da… quanto?
Lui si sfregò una mano dietro la testa facendo scorrere le dita fra i capelli. Sorrise e guardò il pubblico, tutti aspettavano con ansia la sua risposta tra risatine e brusii vari.
-Beh, sono già cinque anni- rispose lui un po’ sulle sue.
-E non vuoi darci altri dettagli?
-Li scoprirete forse presto.
Le persone iniziarono a ridere e ad applaudire in simultanea. Io invece restai li, fermo, spiazzato dove ogni tanto guardavo alle mie spalle per vedere Seana. Mi sentivo decisamente a disagio. Non so bene il motivo ma era così.
Appena gli applausi si placarono Ellen continuò la sua intervista rivolgendo un’occhiata furtiva verso Tyler che rideva e dava pacche sulla spalla sinistra di Dylan.
-Parliamo di te invece- disse. -Sappiamo tutti che la tua lunghissima storia è finita. Vero?
-Esatto, Ellen- rispose Tyler. -Mi sento un po’ in imbarazzo a parlarne perché devi sapere che è qui, in mezzo al pubblico.
-Cosa!? Voglio vederla! Dove sei Seana?
Tutti si guardarono intorno, un faro puntò verso il pubblico e lei si alzò tranquilla a salutare. Uno dei tizi dietro le quinte passò un microfono alla ragazza. Lei salutò e Ellen ricambiò il saluto.
Tyler mi guardò e alzò, quasi impercettibilmente, le sopracciglia sorridendomi come per chiedermi scusa, si leggeva il suo disagio da mille miglia.
Io, al contrario di lui, mi sentivo così maledettamente in imbarazzo che stavo sprofondando sulla mia sedia.
-Come stai? Spiegaci la vostra rottura?- chiese Ellen.
-In realtà non lo so bene nemmeno io. È finita perché l’abbiamo voluto entrambi- rispose Seana.
-Bè ma eravate sulla soglia di un matrimonio.
-Si ma… è meglio chiedere al diretto interessato.
Degli ululati dal pubblico si fecero eco in tutto lo studio, Dylan e Hollan risero di gusto forse più imbarazzati di lui. Io continuavo a sprofondare sulla sedia, stavo cercando di scavarmi una fossa. Che imbarazzo, se io e Tyler avessimo parlato, chissà Seana cos’avrebbe detto.
Ellen fece come chiese la ragazza e si rivolse a Tyler.
-Questa è una bella accusa. Dacci dei dettagli Tyler, vogliamo sapere!
-Non eravamo fatti l’uno per l’altra e me ne sono accorto solo dopo avergli infilato l’anello- rispose scherzoso.
-Tyler tu sei davvero cattivo con la nostra carissima Seana. Accomodati pure cara- lei si sedette e restituì il microfono allo stesso tizio che gliel’aveva passato. I riflettori si puntarono nuovamente contro il palco ed i protagonisti della serata. -Torneremo con i nostri ragazzi dopo un minuto di pausa, restate con noi.
Le luci si riaccesero, alcuni del pubblico si alzarono per sgranchirsi le gambe o per uscire un istante a prendere aria.
Tyler si fiondò verso di me che ero ancora scavato nella mia fossa fatta a sedia. Si mise al mio stesso livello piegando le ginocchia, mi accarezzò una guancia e sorride.
-Scusami, non era previsto- disse. Ero in uno strano stato emotivo, le braccia conserte. A dire il vero non sapevo nemmeno cosa rispondere. -E dai, non fare il broncio.
-Non sono arrabbiato, sono solo a… disagio con Seana qui- risposi.
Tyler guardò dall’altra parte e vide Seana che parlava con un’altra ragazza. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò:
-Ma lei non sa di noi, quindi perché preoccuparti?
-Non è quello il fatto Tyler… è che- d’un tratto le luci iniziarono a sfarfallare e uno dei cameraman diede un tempo minimo di tre minuti alla messa in onda. Tyler, prima di ritornare alla sua postazione, mi diede un rapido bacio sulla guancia. Mi sorrise e tornò al posto.
Quel gesto mi aveva sorpreso, mi fece ricredere sul mio imbarazzo momentaneo. Fece in modo di tranquillizzarmi.
L’intervista durò circa trenta minuti dando tutti i dettagli più spinti della serie e non solo. Ellen era stata, come al solito, simpatica e socievole con loro e con il resto del pubblico. Io adoravo quello che faceva, era una delle poche conduttrici femmine eleganti e autoironiche che avevo mai visto.
Dal vivo era tutta un’altra cosa.
-Prima di concludere- disse poi Ellen. -Tyler, volevi fare una cosa giusto?
-Oh si certo- rispose, si alzò e andò verso la destra del palco dove c’erano una chitarra acustica e uno sgabello con un microfono ad attenderlo. -Volevo dedicare una canzone ad una persona che è qui nel pubblico e… volevo aggiungere anche che…- fece una pausa per poi schiarire la voce e strofinarsi il naso con una mano. -Bè insomma, se sentirai il testo capirai.
Iniziò a suonare, l’intero pubblico si zittì e calò un silenzio quasi spettrale. Le note viaggiavano leggere lungo lo studio e la sua voce soave intonava le strofe di una canzone chiamata It Will Rain, era di Bruno Mars, una delle canzoni più belle che potesse fare quel cantante e la versione acustica di Tyler rese il tutto piacevolmente bello. Le parole mi fecero battere il cuore come mai prima d’ora. Si, avevo già sentito alcune canzoni di Tyler sul suo canale di Youtube e avevo anche ascoltato il gruppo con cui aveva collaborato fino a qualche anno fa. Però il fatto di dedicare una canzone a me mi fece venire la pelle d’oca e sorrisi perché d’un tratto lui rivolse lo sguardo verso il pubblico, i suoi occhi cercarono tra le persone ed infine si incollarono ai miei e, mentre cantava, sorrideva.
Ricordo intensamente quel giorno, ricordo le emozioni che provai e ricordo la lacrima che corse sulla mia guancia. Stupidamente stavo piangendo per una canzone.
Durò appena qualche minuto e non appena lui ringraziò il pubblico tutti esplosero in un battito di mani continuo, addirittura si alzarono per congratularsi con lui. Ellen ringraziò Tyler e mandò la pubblicità.
Dylan, senza alcun preavviso, abbracciò forte Tyler e lui si lasciò stringere nascondendo il viso nella spalla dell’amico.
Ancora oggi non mi ha detto se stava piangendo in quel momento. Lui non lo da molto a vedere ma è davvero sensibile. Me lo ricorderò per sempre quel giorno, è uno dei ricordi a cui tengo di più.
Già… sembra passato un secolo da quando sono tornato in Italia. Mi fa sorridere ancora e ogni tanto rivedo l’episodio su Youtube per non... dimenticare.
Non appena uscimmo fuori dagli studi, aspettai più di dieci minuti prima di vedere uscire Tyler dal suo camerino. Gli sorrisi e lui mi abbracciò forte stringendomi.
-Se non l’avevi capito, mi sto innamorando di te- disse sottovoce. Non riuscì a dire nulla, nemmeno una parola. Rimasi fermo fra le sue braccia mentre lui scorreva le mani su tutta la schiena.
Come avrei dovuto rispondere? In quel momento non ero ancora pronto a dirgli che lo amavo. Mi sentivo restio nel farlo.
Si staccò da me e fece una cosa ancora più sorprendente, mi baciò con intensità.
-Vieni con me…- disse. Prese una mia mano e ce ne andammo sulla sua moto verso la spiaggia.  

 

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Capitolo 7
*** Doubt ***


Carissimi lettori...
Scusatemi per l'assenza su questa FF ma proprio non sapevo come raccontare questa storia. Quindi, dopo settimane di puro blocco dello scrittore, ecco che ho visto la luce!!! Ed ecco a voi la settima e penultima parte della storia tra Tyler e Igor.
Spero vi piaccia, un abbraccio!!


 

Chapter Seven


Avevamo passato una notte bellissima insieme. La spiaggia era così tranquilla che il rumore delle onde ci aveva trasportato in un'altra dimensione. Era stato bellissimo parlare, baciarsi e accarezzarsi sotto la luce della luna.  
Le stelle richiamavano... noi.  
Io e Tyler tornammo a casa all'alba ed io quella stessa mattina dovevo lavorare. Non ero per niente stanco, ero così su di giri che quella mattina avevo lavorato così bene che anche Pat era stato felice dei miei progressi.
Giusto, non ho ancora raccontato quanto è successo tra me e Pat.
Ci siamo trovati la sera dopo lo show. Mi disse di avermi visto e a quanto teneva a me.
Guardandomi sul piccolo schermo, sopratutto durante l'assolo di chitarra di Tyler, aveva capito quanto teneva a me e quanto era stato stupido il suo comportamento negli ultimi giorni. 
Aveva deciso di portarmi in un posto neutrale dove potermi parlare. Ci trovammo in un bar a pochi isolati da casa mia. Avevamo bevuto un bicchiere di vino.
Si, era seriamente dispiaciuto per tutto quanto. Mi stringeva il cuore vederlo così, vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime, era sul punto di scoppiare a piangere.
Ma gli presi la mano e gli accarezzai il dorso di essa sorridendogli.
-Mi dispiace così tanto, Igor- disse.
-Non fa niente. Ricominciamo da capo se ti va?- risposi.
E la serata non poté andare meglio. Passammo il resto del tempo a ridere e ripercorrere vecchi ricordi del nostro passato raccontando vicende assurde. Gli raccontai anche del mio ultimo fidanzato e di quanto mi aveva ferito.
Per la prima volta dopo tutti i nostri disguidi erano stati chiariti, io e lui avevamo trovato la nostra serenità durante quei giorni. Ero estremamente sereno, finalmente dopo tanto tempo avevo trovato la mia felicità.
Quella settimana che stavo passando era una delle migliori, lavoravo serenamente con tutti. Con Pat avevo riacquistato un rapporto pacifico, con Elsa e le altre due mie colleghe passammo dei momenti tranquilli e il rapporto con Tyler si era tramutato in qualcosa di unico. 
Però la serenità durò molto poco.  
Era il mio giorno libero e Tyler mi aveva invitato a vederlo allenarsi sul campo da Box. Accettai, non mi dispiaceva vederlo allenarsi duramente con un vero maestro nel settore. 
Era strano vedere Tyler in quella veste, solitamente lo vedevo recitare o cantare come un pazzo su qualche palcoscenico. Ma era un'esperienza indimenticabile vedere mr Posey all'opera con i pantaloncini nero lucente con disegnata una tigre sul lato destro, piedi scalzi e senza maglietta mentre tirava pugni destri con dei guanti imbottiti e sganciava ginocchiate al suo allenatore. 
Io lo osservavo dal fondo del ring, ero poggiato con i gomiti sul pavimento bianco che, di tanto in tanto, rimbalzava a contrasto dei colpi che tirava Tyler. 
Ogni tanto si distraeva per guardarmi e, come immaginavo, veniva colpito di soppiatto dal suo istruttore.  
Un continuo tirare pugni e schivare, chissà perché quello sport gli piaceva tanto? 
Si, è anche vero che il suo fisico era migliorato tanto, aveva messo su massa muscolare a dir poco evidente ma, io che sono contro la violenza questo sport, tutt'ora, non lo capisco. Che divertimento c'è nel vedere due che si ammazzano di botte fino a quando uno molla il colpo e l'altro, insanguinato e stanco, vince la battaglia. 
Ora ho mi sto completamente perdendo in un discorso inutile.  
Bè Tyler continuava ad allenarsi e non si era reso conto della persona che, lentamtne, si avvicinava a me. Onestamente nemmeno io mi ero accorto di quella figura che, a quanto pareva, mi conosceva. Il suo passo felpato e tranquillo aveva attirato la mia attenzione verso la destra. Stava venendo dal fondo della palestra e guardava me, poi Tyler e di nuovo me.  
Allungai il collo con discrezione, non volevo che mi vedesse perché cercavo ancora di capire chi fosse quella figura che già conoscevo ma non riuscivo a focalizzare bene. Poi era a pochi mentri da dove ero io, e la riconobbi. 
Seana era visibilmente sudata, i capelli raccolti in una coda. Ancora ricordo cosa indossava: una canottiera rosa e dei pantaloncini aderenti e neri, aveva le mani fasciste e gli stivaletti da box neri.  
I colpi che mollava Tyler da sopra il quadrante risuonavano ovattati perché non sapevo cosa dire o pensare non sapevo nemmeno se dire qualcosa. 
Poi ci pensai un secondo. Lei alla fine non mi conosceva e non avrei avuto problemi a passare indisturbato come se fossi trasparente ai suoi occhi.  
Si mise al mio fianco poggiando le mani sull'ultima corda del quadrante. Io incrociai le braccia e cercai di allontanarmi da lei, sempre con discrezione, non volevo assolutamente essere visto. Non so per quale ragione ma, in quel momento, volevo sparire! 
Eppure, non passai in osservato. Ammiccò un sorriso lei mi parlò tenendo un tono pacato senza distogliere lo sguardo su Tyler che colpiva l'istruttore. 
-Tu devi essere Igor, giusto?- chiese. Mi manco un battito. Sentire provenire da lei il mio nome ammetto che fece un certo effetto. 
-Si... Si sono io- risposi cercando di rimanere pacato. Un pugno di Tyler mi fece distrarre un secondo dalla figura tranquilla di Seana ma lei proseguì. 
-Allora è vero che ora sei la nuova "fiamma" di mr. Posey. 
Quelle parole, quella frase detta con quel modo tranquillo mi avevano spiazzato. Mi feci mille domande in testa, ma una echeggiava nella mente: come diavolo fa a saperlo?! 
Mi schiarì la voce, dovevo scoprire di più ma con moderazione. Tutti i nodi sarebbero venuti al pettine. Quindi cercai di rimanere tranquillo, come se lei avesse detto una battuta di troppo. 
-Siamo solo amici, ci siamo conosciuti sul mio posto di lavoro. È di buona compagnia- risposi. 
-Con me puoi stare tranquillo- disse, per la prima volta mi rivolse lo sguardo. -So della sua bisessualità. Ma non pensavo che in poco tempo trovasse subito un'altra persona che mi sostituisse. Sai chi sono, vero? 
-Sei Seana, dovevi diventare sua... moglie. 
-Esattamente.  
-Posso sapere che è successo, se non sono troppo indiscreto? 
Lei si spostò e si sedette sulla panchina che c'era alle nostre spalle. Aveva un certo modo di fare così calmo e tranquillo l'insolito sorriso stampato sulle labbra. Il modo con cui raccontava le cose che mi spiazzava. 
-Mi amava, certo che mi amava- disse, gli occhi si abbassarono verso le sue mani dove iniziò a torturare le fasce che coprivano le nocche. -Però ha avuto paura di affrontare quel passo in più. Sicuramente lui ti avrà raccontato la vera motivazione perché a me non me l'ha ancora detto. Ma non importa più ormai. Prima o poi capirà il suo errore. 
In effetti lui mi aveva detto la motivazione cioè che l'amava ma non stava lui bene con se stesso, ma non sapevo se fosse realmente così. Lei però, a quanto pare, non sapeva niente a riguardo. 
Mi limitai solo in un flebile sorriso. Seana mi guardò e anche lei ricambiò quello stesso gesto. Appena finì di sistemarsi le bende si alzò e venne verso di me. 
-Vorrei solo dirti... grazie- disse. 
-... per cosa?- chiesi. 
-Per non averlo abbandonato- rispose. -Dopo la morte della madre si è chiuso in se stesso. L'ha fatto con me, non voglio che lo faccia anche con te. Promettimi, Igor, che non lo lascerai da solo. 
Rimasi perplesso per quello che mi aveva detto ma acconsentì alla sua richiesta, lei si avvicinò, lo sguardo duro e si mise ad un palmo dalla mia faccia e disse, sotto voce: 
-No! Devi dirlo. 
-Lo prometto. Te lo posso giurare- risposi chiudendomi nelle spalle. Poi si scostò lasciandomi respirare dal suo sguardo opprimente. 
-Ripeto, si renderà conto dei suoi errori che ha fatto con me. So che tu lo farai ragionare. Mi auguro solo che tu non sia il mio rimpiazzo momentaneo. Ho questo brutto dubbio. Non lo meriti, si vede che sei un bravo ragazzo. 
Poi rivolse lo sguardo verso Tyler che ancora si stava allenando, non si era reso conto della sua presenza e che Seana aveva parlato con me. In quel momento era troppo concentrato a parare e a tirar pugni.  
Seana mi sorrise e se ne tornò sul fondo della palestra ricominciando ad allenarsi picchiando contro il sacco da box. 
Quell'incontro era stato così... strano. Ma, per qualche ragione, mi aveva fatto riflettere. 
Tyler finì il suo allenamento, scese dalla pedana e mi diede un bacio sulla guancia prima di sedersi affianco a me. Prese il suo borsone e tirò fuori maglietta e asciugamani puliti. 
Si stava rimettendo a nuovo, togliendosi la maglietta bagnata di sudore e ripulendosi dalle gocce di sudore. 
-Mi farò la doccia a casa. Stai da me a cena?- chiese. 
-Tyler, posso chiederti una cosa?- dissi. 
-Perché ho una strana sensazione che sia una brutta cosa?- rispose rimettendosi la maglietta nuova. 
-Seana era qui. Lo sapevi che si allena nella tua stessa palestra? 
-Si, insomma, ci siamo iscritti insieme prima di lasciarci. 
-È venuta a parlarmi. Mi ha detto diverse cose... 
-Del tipo? 
Non era preoccupato e nemmeno ansioso di sapere cosa mi aveva confidato. Stranamente era tranquillo, quando si trattava della sua ex lui diventava sempre strano. Ma non quel giorno. 
-Mi ha detto che, dopo la morte di tua madre, ti sei chiuso completamente con lei. Perché con me questo non succede?- chiesi. 
-Lei è stata nella fase più dura della mia vita, non accettavo il fatto che mia madre se ne fosse andata- rispose. -Non è quello che ti ho chiesto. 
-Con te, Igor, è diverso. Mi comprendi in qualche maniera. Forse perché ti sei trasferito, quindi ti senti un po' spaesato, quello che sono stato io fino a quando non ti ho incontrato.
Il mio sguardo si spostò da lui, e se lui mi stesse trattando più come un amico giusto per non sentirsi solo?
Oltre al sesso c'era di più, lo sapevo bene ma... c'era qualcosa in quello che mi aveva detto Seana che mi aveva fatto aprire gli occhi. Guardare il rapporto con Tyler da un'altra. angolazione  
So bene che erano brutti pensieri dopo tutto quello che ho raccontato fino ad ora. Solo che Seana mi aveva messo una pulce nell'orecchio fastidiosa.

Passò qualche giorno, io mi ero allontanato un po' da Tyler. Avevo bisogno di pensare e riprendermi dopo quello che aveva detto la sua ex. 
Elsa ed io avevamo parlato durante la pausa pranzo, lei pensava che fosse solo un momento di confusione per me. Avevo bisogno di ragionare per poter proseguire la relazione che stavo percorrendo con Tyler.
Forse Elsa aveva ragione. Forse avevo bisogno di tempo per riflettere.
Ma lui non me ne diede abbastanza cheun giorno, finito di lavorare, mi ritrovai Tyler sulla soglia di casa mia.
Si alzò dalla scalinata spazzolandosi via la poca polvere che si era depositata sui suoi jeans. Mi avvicinai lentamente perché non sapevo come comportarmi. Lui mi sorrise e rimase fermo a guardarmi, le mani in tasca.
-Ciao- dissi tagliando corto.
-Che fine hai fatto? Sono tre giorni che ti cerco- rispose lui.
-Lo so, scusami è che...
Mi bloccai, cavolo, in quel momento non sapevo davvero cosa dirgli. Lo guardavo, era davanti a me. Non mi ero ancora abituato al fatto che Tyler fosse davvero li, a casa mia, solo per me. Poi un pensiero comparve nella mia mente, non potevo più tenergli nascosto quello che la sua ex mi aveva detto. Dovevo togliermi quella pulce.
-Allora?- chiese.
-Seana mi ha detto un'altra cosa prima di andarsene- iniziai a dire, lasciavo sempre le frasi a metà. Lui sospirò, il sorriso scomparve e rimase serio. La sua mascella si muoveva innervosito.
-Cioè?- chiese.
-Ha il dubbio che io possa essere solo una tua distrazione.
-Cosa?!
-Per qualche strana ragione mi fa sospettare che abbia ragione.
-Ma che cavolo stai dicendo?!- rispose. Tyler si irritò molto. Iniziò a camminare da una parte all'altra, facendo tre passi pesanti per poi tornare indietro. -Tu mi credi capace di fare questo?
-No... o meglio, non lo so. Non ti conosco ancora bene.
-Ti ho detto che mi sto innamorando di te e tu hai ancora dubbi grazie a quello che dice la mia ex!?
-Non so a cosa credere. Insomma, sei Tyler Posey! Sei famoso e...
-E cosa?! Vai a credere a quello che ti dicono le altre persone?! Non vuoi credere a quello che provo io?
Il mio sguardo si posò a terra, non risposi. Forse aveva ragione, probabilmente mi ero lasciato trasportare dai mille dubbi della sua ex. Anche se una parte di me voleva credere il contrario, l'altra aveva ceduto alle parole di Seana. Lui fece un rumore di gola, come se fosse una smorfia di disapprovazione. 
Non disse altro lo vidi andare via e io non lo fermai.

 

 

 

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Capitolo 8
*** The End ***



Chapter Eight: The End


Io e Tyler non ci sentimmo più per diverse settimane. Forse era passato un mese intero. Ora non ricordo bene... 
Non avevamo mai ufficializzato la nostra storia e nemmeno ne avevamo mai parlato quindi, per me, era una storiella come un'altra che, lentamente, era andata via scemando. In questo caso però non mi ero lasciato con una persona sconosciuta. Ero stato proprio con un attore di discreta fama, le cose erano ben diverse.  
Non stavo soffrendo quindi, forse, era meglio così.  
La mia testa si ricopriva di ricordi legati al passato e al mio ex ragazzo. Le gite in montagna, i baci, le carezze e fare l'amore con lui. In un solo attimo mi era scorso nella mente tutto come un treno in corsa. Il mio cuore divenne triste e purtroppo, anche se avevo cambiato stato, il mio legame emotivo con il passato era ancora vivido come un ustione di secondo grado. Accesa e leggermente arrossata e quel rossore, lentamente, sarebbe diventato bianco ma ancora palpabile sulla mia pelle.  
Quindi, dopo quell'ultima batosta prima di Tyler avevo bisogno di fuggire, andarmene per un po' e chiarire meglio la situazione. Premessa: non avevo lasciato tutto solo per lui, avevo semplicemente bisogno di allontanarmi da quello che ritenevo casa mia. Non pensavo che una volta arrivato in California mi sarei innamorato per una persona come... Tyler, ma era successo. 
Una settimana prima del mio ritorno in Italia diesi un preavviso a Pat per la mia partenza. Pat lo vidi seriamente triste. Non voleva crederci, pensò che si trattasse di uno stupido scherzo che mi ero inventato quel giorno. Ma era così. 
Volevo tornare, dovevo. Lui era ancora innamorato di me, Pat non me l'ha mai confermato ma lo notavo da come mi guardava e dai suoi modi di stuzzicarmi. Pat cercò in tutti i modi di farmi cambiare idea sulla mia partenza, addirittura pensò si trattasse di una cosa che aveva fatto lui o del nostro passato. Quindi, con qualche domanda è strategia cercò di farmi sputare il rospo. 
Durante una chiusura, tutti i nostri colleghi e il padre di Pat se ne andarono lasciandoci da soli a fare le ultime pulizie.  
Ero sul banco del bar mentre tiravo fuori dalla lavastoviglie il cestello pulito con gli ultimi bicchieri e tazze. 
Lui era in cassa a fare gli ultimi conti con il registratore di cassa. Picchiettava con l'indice sulla calcolatrice tutti i conti che segnava su un quaderno nero. Prendeva uno scontrino dopo l'altro e lo registrava. 
Io sistemavo e passavo con uno straccio i bicchieri pulendoli dagli aloni. Pat smise per un secondo di battere le cifre sulla calcolatrice e si fermò. Mi guardò e sorrise. 
-Che cos'è successo? Dimmelo...- chiese. 
-Non ora, Pat. Dobbiamo chiudere e ci sono ancora tante cose da finire- risposi. 
-Se non è colpa mia o di qualche nostro collega vuol dire che c'è altro. Dimmi che ti è capitato per tornartene a Milano! 
-Vorrei solo cambiare aria... 
-Non dire cavolate! Avanti, sputa fuori l'osso! 
Stanco delle sue mille domande e paranoie lo guardai posando l'ultimo bicchiere. Sbuffai e preparai l'acqua calda dentro due tazze per fare il the. Pat capì che si doveva trattare di una questione lunga e che in quel momento avevo bisogno di un amico e non del ragazzo innamorato di me! 
Tolsi il grembiule posandolo sul banco del bar, misi un paio di cucchiai di zucchero nei the e portai le due tazze a tavola. Ci accomodammo e iniziai a dirgli tutta la vicenda fra me e Tyler. Spiegai che forse non ero più sicuro dei miei sentimenti per lui soprattutto dopo l'apparizione di Seana nelle nostre vite. 
Lei non mi aveva mai fatto nulla, solo che quella pulce nel mio orecchio mi aveva spaventato e messo a duro dubbio la mia relazione con lui. 
-Quindi affronti le cose scappando?- chiese. 
-No, ho solo bisogno di riflettere e rivedere i miei famigliari. Non li vedo da un po' sai!- risposi stizzito. 
-Non ti sto giudicando, Igor. Sto dicendo che avrei affrontato diversamente la situazione- disse, calò un triste silenzio. Abbassai il capo verso il liquido fumante. Lui mi sfiorò il dorso della mano ed io sollevai gli occhi su di lui. Pat ricambiò il mio sguardo con un abbozzato sorriso sulle labbra. -Sei innamorato di lui? 
-Bella domanda... 
-Allora stai facendo la cosa giusta. Cambia aria e rilassati, però non abbandonare i tuoi sogni per degli stupidi dubbi. 
-Grazie, Pat. Lo apprezzo molto.

Finalmente le cose fra me e Pat erano chiarite una volta per tutte. Lui non mi aveva abbandonato nemmeno come amico. Apprezzai sul serio il suo gesto. Avevamo parlato per diverse ore, tanto di vedere l'alba alzarsi lenta fuori dalla caffetteria.  
Qualche giorno dopo salutai Elsa, quando le spiegai la situazione lei aveva pianto per minuti interi. È stato carino da parte sua e le voglio ancora bene.  
Un'ultima cosa spiacevole capitò prima della mia partenza.  
Ero in casa, stavo sistemando le ultime cose prima di andare da Marlene, la ragazza che avevo sentito prima di arrivare in California. Era stata così gentile da suggerirmi una casa con un affitto discreto che mi sentivo in debito con lei. Volevo farle una sorpresa e comprarle una cosa carina ma, appena uscì di casa mi ritrovai una ragazza parcheggiata di fronte casa mia. Scese dalla macchina e si avvicinò a passo spedito. 
Riconobbi quella figura solo dopo che era ad un passo da me. Seana mi tirò uno schiaffo diretto in pieno volto. 
Il colpo era stato così forte e doloroso che ancora me lo ricordo. 
La guardai allibito e, senza pensarci, gli diedi uno spintone allontanandola abbastanza da poterle urlare contro: 
-Ma che cazzo fai!? 
-Tu, TU, avevi promesso che non avresti fatto soffrire Tyler!- rispose secca. 
-È colpa tua se mi hai messo dei dubbi sul nostro rapporto. 
-Colpa mia?! È colpa mia se non ti sei fidato di lui?! 
Spiazzato ancora una volta dalle sue parole. Rimasi letteralmente basito anche dalla sua aggressività che aveva nei miei confronti.  
Si, so cosa pensate. Aveva ragione, io in effetti avevo subito dubitato di quello che mi aveva detto Seana qualche settimana prima. Cioè che Tyler mi stesse trattando solo come un surrogato, un rimpiazzo di lei. E se non fosse stato così? 
Però avevo davvero bisogno di andarmene da quella città e tornare a Milano anche solo per una settimana. 
La guardai, entrambi avevamo un respiro affannato e pieno di rabbia. 
-Non hai niente da dire?!- chiese. 
-Non c'entra solo Tyler. Ho solo bisogno di starmene da solo per un po'- dissi. 
-Ma Tyler ha bisogno di te! 
-Tu come diavolo fai a saperlo?- non volevo cambiare argomento, ma non capivo questa sua ossessione su Tyler e non capivo perché continuava a buttarmi fra le sue braccia per poi trascinarmi di nuovo indietro. Qual era il suo piano? -Perché ti sei intromessa nella nostra vita?! Perché hai rovinato tutto!? 
-Io... Io ho solo... 
-Hai solo incasinato le cose!- continuavo a chiedermi perché si comportava in quel modo, ma mi bastò un istante per capirlo. -Pensavi che io sarei stato un perfetto ponte per poter tornare da lui? Non è così!? 
Stette zitta. Avevo ragione su di lei, quindi le diedi una spallata e me ne andai verso il centro.  
Ero ufficialmente pronto ad andarmene, lei era riuscita a togliermi ogni dubbio. 
Misi via le ultime cose nella valigia. Avevo chiuso, ero stanco di questi mille intrighi amorosi e non me ne ero andato dall'Italia per viverne altri, ancora una volta ero coinvolto in queste storie assurde.  
Le valige erano pronte, lo zaino anche, volevo solo andarmene. Il volo mi era costato parecchio a causa dell'alta stagione. Ma poco mi importava. 
Arrivai all'aeroporto con due ore di anticipo dalla partenza del mio volo. Dovevo fare due scali prima di ritornare a Milano. Il giorno prima avevo avvisato i miei genitori del mio ritorno, papà era felicissimo e mamma si mise addirittura a piangere. Finalmente, dopo mesi, li avrei rivisti. Mia sorella l'avrei riabbracciata solo dopo qualche giorno perché in quei giorni era in vacanza con il suo ragazzo. Poi mamma, dopo che si riprese dai lacrimoni mi chiese il motivo del mio ritorno, e papà aveva addirittura minacciato lo stato americano se era per una causa superiore. Ma spiegai solo che volevo tornare per rivederli. 
Guardai intorno a me, la gente correva a destra e a manca per i giganteschi corridoi dell'aeroporto, altri viaggiavano leggeri con una sola valigetta. Alcuni guardavano i cartelloni illuminati per vedere il proprio volo dove si trovasse. 
Alzai lo sguardo e il mio volo era all'imbarco 32. Mi voltai, per l'ultima volta, a guardare le strade Californiane. Era fatta, avevo superato anche quest'ultimo ostacolo. Iniziai ad incamminarmi verso l'imbarco, feci la scalinata verso il mio volo. 
-Igor!!!- una voce alle mie spalle urlava il mio nome. Ero a metà della scala, mi voltai e vidi Pat corrermi incontro, il sorriso stampato in volto. Per qualche strana ragione avrei preferito vedere mr Posey per un ultimo saluto e invece... 
Ma non mi dispiaceva dirgli arrivederci al mio amico e capo. Lui si arrestò a due scalini più in basso dei miei. 
-Te ne vai così senza salutarmi?- chiese con il fiatone. 
-Speravo di chiamarti non appena fossi atterrato. 
Lui si mise a ridere a denti stretti, distolse lo sguardo da me abbassandolo. Mise le mani in tasca. 
-Igor, tornerai qui? Non voglio dirti addio 
-Forse, devo elaborare tante cose, Pat- la mia voce si spezzò, un grosso groppo in gola mi si era bloccato. Stavo per dire arrivederci, o per meglio dire, addio a tutto. Lasciarmi alle spalle il passato ancora una volta e cambiare vita di nuovo ma questa volta sarebbe stato a casa mia, nella mia città. 
-Non dirmi addio...- disse poi Pat, con un filo di voce. -Non dirmelo. 
D'istinto posai le mie due valige e gli buttai le braccia al collo. Lui mi strinse, sentivo le sue braccia avvolgersi a tal punto che mi mancò il fiato. Poi la voce metallica dai megafoni richiamò il mio volo che era appena arrivato. 
-Devo andare- dissi piano accarezzandogli la testa rasata. Pat sollevò lo sguardo verso di me e fissava le mie labbra come se tentasse, in qualche modo, chiedermi un ultimo bacio. 
Ed è quello che feci, mi avvicinai e gli diedi un lungo e casto bacio sulle labbra. 
Dopo che mi tolsi da lui, lasciò la presa, io ripresi le mie valige e me ne andai lasciandomi Pat alle spalle. 
Da quell'ultimo bacio non ho più rivisto Pat, lo sento ancora ogni tanto tramite i social network ma, niente di più.  
Sono ormai passati sei mesi ed io non sono più tornato in California. Mi manca, certo, mi mancano tutti ma ho dovuto. Dovevo dimenticare Tyler e riprendere in mano la mia vita! 
Ora ho un lavoro, ho ripreso i contatti con i miei vecchi amici e vivo giorno per giorno la mia vita. Basta drammi inutili. Cercherò di migliorare giorno dopo giorno.

Ecco fatto... 
Non ho più nulla da scrivere, forse potrei correggere ancora qualcosa. Oddio quanto ho scritto ma ora mi sento decisamente meglio. Non pensavo. 
Bene, salvo il file e... il cellulare squilla, numero sconosciuto. Strano, sono già le due di mattina, chi potrebbe mai chiamarmi a quest ora? 
Ah si, forse è Sofia che si è dimenticata la sua sciarpa qui a casa mia ieri. Scorro la barra verde per rispondere. 
-Pronto Sofi, ho qui la tua sciarpa passa... 
-Ciao- risponde l'altro capo del cellulare. Ho un tuffo al cuore. Come ha fatto ad avere il mio numero? Io ho la scheda italiana ora. Strano che mi chiami con un numero sconosciuto, forse ha perso il mio. Non sto capendo più nulla -Igor? 
-Hei... 
-Mi sei mancato da morire- dice. Io metto una mano sulle labbra e scoppio a piangere come un cretino! -Sei mesi sono passati...  
Singhiozzo cercando di riprendere fiato e spiegargli cos'è successo in tutto questo tempo ma non riesco a dire una parola.  
-S...scusami...- dico. 
-Potresti venire a salutarmi- risponde.
-Lo farò. Giuro che verrò e ti spiegherò che è successo. 
-E allora perché non esci da casa tua e me lo dici ora? 
Cosa? È qui? No, com'è possibile?  
Sbircio fuori dalla finestra e lui è li, mi fa cenno con la mano sinistra salutandomi. Chiudo la chiamata e, senza pensarci due volte infilo le scarpe, spalanco la porta e scendo l'unica rampa di scale di casa mia. 
Apro il portone e lui è li, davanti a me.
-Ciao- sorride, si avvicina e il mio cuore lo sento in gola. Le lacrime continuano a scendere. Rimane ad un palmo di distanza dalle mie labbra. Dio da quanto non lo vedevo, mi è mancato da impazzire. 
-Come hai fatto a trovarmi?- chiedo. 
-Ho i miei agganci- risponde, fa un ghigno. -Mi ha detto di dirti che ti vuole davvero bene e che io devo trattarti bene e di non spezzarti più il cuore. 
Ho già capito da chi è andato per chiedere informazioni su di me. Devo ringraziarlo. 
Non riesco nemmeno a proferire parola ma lui è il primo a parlare. 
-Sei andato via, pensavo di averti perso per sempre. Hai pensato al peggio e ora, come puoi vedere sono qui- mi prende il viso fra le mani. Che stupido sono stato. -Farei di tutto per te, Igor. 
Singhiozzo ancora, ma non posso non dirlo, non voglio più trattenerlo: 
-Ti amo... Tyler. Perdonami per tutto. 
Si avvicina, mi bacia con passione e si stringe a me. 
Mi ha detto che mi amava e da stupido io ho dubitato di lui. Ora ho la prova dei suoi sentimenti per me!
Poi un suo sussurro mi riempie il cuore:
-Non ti lascio più!

 



 

=S P A Z I O-A U T O R E=

Carissimi lettori, eccoci alla conclusione di questa mia FF dedicata a T.Posey.
Direi che è stata un'avventura nella mia mente, bella e romantica. Spero che anche a voi sia piaciuta e che vi siate un pò sentiti come Igor in alcune situazioni!
Detto ciò ho concluso e ci leggiamo alla prossima!!!! :D

 

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