R(h)ome

di 98chrislena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** I ***


E’ un caldo giorno d’agosto e, come sempre, mi affaccio alla finestra osservando le persone che passano: c’è chi corre, chi cammina, chi è al telefono, i bambini che si godono gli ultimi giorni d’estate. I miei occhi però, si focalizzano su una giovane coppia che passeggia mano per la mano. Mi viene la pelle d’oca.

E’ il 27 agosto e sono ufficialmente passati sei mesi ed un giorno da quando Chris mi ha lasciata sola, per sempre, a combattere giorno per giorno. In casa c’è ancora il suo odore e, attraversando il corridoio, mi soffermo sull’angolo dei nostri album fotografici. Ne prendo uno, il mio preferito, dove ci sono tutte le nostre foto da ragazzi ed i ricordi tornano nella mia testa.
 E’ cominciato tutto il 7 Maggio 2006 quando io avevo 17 anni e lui 19.
 Mi ero da poco trasferita a Roma con i miei genitori e dovevo andare a scuola, il mio primo giorno in una nuova città. Papà mi lasciò davanti scuola e, nonostante l’ansia sempre presente, mi feci forza ed entrai in classe. Il 5 C.
 L’unico posto libero era vicino a questo ragazzo, in apparenza, molto bello. La professoressa mi fece presentare davanti a tutti e mi accomodai vicino a lui.
 Inizialmente ammetto di essermi sentita a disagio ma era una bella classe, una di quelle rare e mi trovavo molto bene.
 Durante un’ora buca, il ragazzo seduto vicino a me, mi sorrise.
«Allora, Sofia, giusto? Ti piace Roma?» mormorò.
 Il cuore mi batteva a mille.
«Giustissimo comunque no, non né tempo né una guida.»
Mi sorrise di nuovo.
«Io sono qui apposta, uno di questi giorni ti passo a prendere a casa e scoprirai un mondo nuovo, promesso.»
 «Ci conto allora» dissi, e ricambiai il sorriso.
 Dopo quella giornata, ne passammo tante altre a ridere e scherzare come se ci conoscessimo da sempre.

Passarono i giorni, forse troppi e Christopher non si presentava a scuola, ero davvero preoccupata.
 Mi avvicinai al gruppo di ragazze della mi classe e chiesi di lui.
«Christopher usa fare molte assenze, nessuno sa il perché ma tranquilla, ci siamo noi!» rispose Giada, una del gruppo.
 Mi ricordo molto bene che torno a scuola di martedì, dopo tre settimane.
 Ero davvero arrabbiata con lui per non avermi detto niente e così decisi di cambiare posto, vicino a Giada.
 Entrò in classe e si accorse di questo cambio e, alla ricreazione, venne vicino a me ed io non gli rivolsi la parola.
 Mi accorsi sempre di più però che, con il passare dei giorni, stava iniziando a piacermi e così cercai in tutti i modi di eliminare questi pensieri.
 Al suonare della campanella di uscita, mi prese per mano e mi portò fuori a parlare.
«Mi eviti da fin troppo tempo e questo mi sta uccidendo, cosa c’è che non va? Spiegami, non ce la faccio più.» mi chiese.
 Non gli risposi e così mi fece salire dietro di lui, sul suo motorino e mi portò a Villa Borghese.
 Ci sedemmo su una panchina e, dopo avermi fatto la stessa domanda, gli risposi.
«Mi hai lasciata sola per tre settimane a scuola senza dirmi niente e vorrei ricordarti della promessa.»
Mi prese per mano e mi sorrise, giuro che dentro stavo sciogliendo ma riuscii a tenere uno sguardo freddo.
«Non fare la finta tosta con me, ho capito bene come sei fatta e oramai l’essere arrabbiata con me ti è passata, lo so.» disse.
 Ci fermammo a guardare le nuvole, era una bellissima giornata di primavera ed ero, stranamente felice di essere lì, con lui.
 Le nostre mani erano ancora incrociate e avevo appoggiato la mia testa sulla sua spalla.
«Che fai, ci provi?» e rise.
 Lo guardo e sorrido, uno di quelli veri.
«Cazzo, sono le sei e non me ne sono accorto, io ho allenamento, è tardi. Io devo andare, scusami davvero tanto.» aggiunse.
«Scusami tu, non ho nemmeno l’orologio. Ora vado a prendere il bus, ci vediamo domani» mormorai.
«Facciamo così, andiamo a casa mia, prendo la borsa e vieni a vedermi. Dopo ti accompagno a casa tua. Ci stai?»
Feci di sì con la testa.

Finito l’allenamento mi presentò ai suoi amici e mi riportò a casa.
«Non m’intendo di calcio ma sei davvero bravo!» dissi.
«Detto da te è tanto, grazie mille.»
Mi diede un bacio sulla guancia e salii a casa.
 Per tutta la notte pensai alla giornata passata con lui e non potevo essere più felice di così.
 La domenica di quella stessa settimana, mi venne a prendere e mi aspettò sotto casa. Mamma lo vide dal balcone e lo fece salire nel frattempo io mi preparavo, non sapendo cosa volesse fare.
 Pronta per uscire, andai in cucina vidi mio padre e Christopher che parlavano e ridevano del più e del meno.
«Ah, eccola.» disse papà.
 Appena si girò verso di me, mi sorrise. Aveva in una mano delle rose e la colazione nell’altra.
«Roma ti aspetta, sei pronta?» disse ed uscimmo di casa.
 Eravamo solo io e lui.
 Scesi da motorino, mi prese la mano e non la lasciò più.
«Sai, Roma è come se fosse una seconda casa. Mi è sempre piaciuto stare fuori casa, osservare la gente passare e godermi il paesaggio. Sai, devo confessarti una cosa.» disse.
 Mi prese entrambe le mani e mi guardò negli occhi.
«So che è presto dirlo ma mi piaci. Adoro il tuo profumo e devi sapere che venivo a scuola solo per vederti.» aggiunse.
 Io arrossii e mi accarezzò il viso.
«Sai, provo lo stesso per te e mi arrabbiai molto quando a scuola non eri mai presente e mi sentivo vuota.»
Mi baciò la fronte e mi abbracciò forte.
 Il giorno dopo ed in quelli successivi, trovavo sempre sul banco una rosa e spesso una lettera.
 Ogni sera, nonostante andassimo in classe insieme e ci vedevamo sempre, parlavamo al telefono di qualsiasi cosa ed era qualcosa di indescrivibile.

Più passava il tempo e più lo sentivo vicino a me, mi sentivo bene e stavo bene con lui, come con nessuno mai.
 Amavo il modo in cui mi baciava, abbracciava e mi faceva sentire sua, come se appartenessi solo a lui ed a nessun altro.
 Mi aveva persino presentato a tutti come ‘la sua ragazza’ ed ogni volta che pronunciava queste tre parole, mi faceva sentire sempre più sicura.
 Ogni volta che uscivamo, mi prendeva sempre per mano e sul viso c’era sempre questo sorriso, il suo meraviglioso sorriso che mi incantava sempre come la prima volta.
 Mi faceva sempre vedere posti nuovi anche se il nostro preferito era Villa Borghese. Ci allungavamo sul prato, appoggiavo la testa su di lui e parlavamo di qualsiasi cosa, avevamo sempre qualcosa da raccontare.
«Sai, dopo l’esame di stato vorrei fare un viaggio con te. Mio padre conosce delle persone e possiamo andare tranquillamente dove vogliamo.»
 «La Spagna, decidi tu dove ma ho sempre voluto visitarla anche se ogni luogo brutto con te diventa bello.» sussurrai e mi baciò.
«E Spagna sia.» disse.

Fu proprio quella la destinazione del nostro primo viaggio, La Spagna.
 Visitammo molte città: Barcellona, Madrid, Màlaga, Siviglia e come gran finale Lanzarote nelle isole Canarie.
 Scattammo fin troppe foto e ci divertimmo tanto insieme, solo io e lui.
 Mi ricordo specialmente quando andammo sulla spiaggia a vedere le stelle, eravamo gli unici e gli raccontai della mia vita e così fece lui.
 Mi rimasero impresse le parole che mi disse quella sera e che poi trascrisse su carta. Una delle mie lettere preferite.
“Cara Sophie,
 volevo scrivere su questa lettera tutto ciò che provo per te, specialmente dopo il nostro primo viaggio insieme. Ebbene sì, avevo paura a prendere l’aereo ma con te, come per tutto, non mi è pesato per niente.
 Da quando sei entrata in quel quinto C, ho sempre pensato ad un ‘noi’ e sì, ci ho sempre sperato.
 Ogni volta che ti guardo sento lo zoo nello stomaco e adoro vederti ridere quando parlo romano e molto spesso con capisci quello che dico.
 Adoro il tuo profumo soprattutto quando ti presto le mie maglie perché il tuo odore rimane.
 Penso sempre al nostro primo bacio, sai? Il 17 giugno, noi due, davanti al Colosseo.
 Sei l’unica con la quale posso parlare senza vergognarmi, senza paura di essere giudicato.
‘nsomma nun so che farei senza de te, me fai senti’ così bene che sembra de ‘sta ‘n paradiso.
 Ti amo.”

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Capitolo 2
*** II ***


~~Chiudo il primo album e ne prendo un altro.
Sia io che Chris ne avevamo realizzato uno con le foto di entrambi. Lui ha sempre amato farmi foto spontanee, anche nei momenti meno opportuni ma non era il tipo che le faceva vedere a tutti, le teneva tutte per sé.
Aveva una stanza nella quale stampava le migliori e le attaccava su questo album. Ne creò all’incirca 10 come il numero degli anni in cui siamo stati insieme.
Già, quando ci penso, fatico a crederci.
Era la mia persona e sono stata sempre felice di avere un uomo così al mio fianco. Era molto geloso e mi ricordo di quando fece a botte per me.
Era una sera d’estate, c’era questo ragazzo che mi stava sempre dietro e Christopher avendolo già visto, l’aveva messo in guardia ma nonostante ciò, lui continuò.
Quando questo ragazzo provò a toccarmi e gli tirai una sberla ma Chris corse verso di me ed iniziò a picchiarlo ma, purtroppo per noi, qualcuno chiamò la polizia e passammo tutta la notte in centrale dalla polizia per raccontare l’accaduto. Fortunatamente mio padre, essendo avvocato, riuscì a farlo uscire senza problemi.

Io però non volevo vedere questo album e così mi alzai e presi quello che realizzai per lui. Tre foto catturarono la mia attenzione.
La prima fu quella che scattai al suo 21esimo compleanno che passammo a New York con i nostri migliori amici, Giada e Justin.
Mi rimase impressa perché fu una delle notti migliori al mondo, una di quelle che è difficile da scordare.
Atterrammo alle tre del pomeriggio per poi andare in giro anche se nessuno di noi c’era mai stato.
«Finalmente passiamo un fine settimana insieme» mi disse Giada.
«Ho già controllato le mappe, ho trovato alcuni negozi vicino al nostro hotel per fare shopping.»
Si ferma e mi sorride.
«Lo sai che ti voglio bene, già lo sai!» urlò.
Giada è la mia migliore amica sin da quando mi trasferii a Roma. E’ una ragazza particolare, difficile da incontrare ai giorni d’oggi ma molto dolce e bella. Ci siamo sempre trovare bene l’una con l’altra, forse perché avevamo gli stessi gusti.
Comunque dopo essere arrivati all’hotel, ci dividemmo: femmine e maschi.
Io e Giada al centro della città mentre Chris e Justin si chiusero in qualche negozio di sport.
In quella stessa sera, per fare una sorpresa a Chris, prenotai un tavolo in un ristorante di lusso che dava sul centro della città. Chiesi a tutti di vestirsi eleganti, ci tenevo davvero tanto.
La cena mi ricordo fu, anche se in poche quantità, deliziosa ma come è solito fare nel nostro gruppo ci chiudemmo in una camera e mangiammo schifezze.
Erano oramai le cinque e mezza del mattino e, non riuscendo a prendere sonno, decisi di andare sulla terrazza per ammirare l’alba.
Poco dopo sentii un rumore, mi girai e vidi Chris che veniva verso di me. Mi abbracciò da dietro tenendo le sue braccia sui miei fianchi ed appoggiò la sua testa sulla mia spalla.
«Grazie di tutto, questa serata è stata magnifica tanto quanto te, non potevo chiedere di meglio e poi quest’alba è mozzafiato.» sussurrò. «Ti amo» aggiunse.
Iniziò a darmi baci lungo il collo e girandomi verso di lui, mi scattò alcune foto.
«Ti amo anch’io» mormorai.
Lo baciai e me lo ricordo molto bene, fu uno di quei baci che poteva entrare nella storia dei baci più belli al mondo.

La seconda foto più bella fu quella che scattò a Roma.
Eravamo usciti per mangiare fuori ma, come al solito, era tutto pieno e così decidemmo di andare a mangiare kebab nonostante io abbia proposto più di una volta la pizza.
C’era soltanto un posto e così prendemmo il kebab e andammo fuori.
«Reggi un attimo il mio» mi chiese e così feci.
«No, niente foto, lo sai che le odio mentre mangio.» dissi ma lui fece lo stesso di testa sua perché sì eravamo entrambi molto testardi ed alcune volte era davvero difficile tenere una conversazione quando la pensavamo diversamente.
Anche questa serata è sempre rimasta nella mia mente.
Chris non è mai uscito di casa senza la sua macchinetta, mai. Una volta tornammo indietro solo perché l’aveva dimenticata.
“Uscire di casa senza la mia macchinetta è come quando un fumatore dimentica a casa le sue sigarette” mi ripeteva sempre.
Come biasimarlo, io portavo con me la mia agenda, nella quale scrivevo sempre tutto ed inizialmente non volevo che Chris la leggesse perché non mi fidavo molto ma col passare del tempo, cominciai a cambiare idea.
In un certo senso era come se lo facessi entrare nel mio mondo e questo ammetto che mi faceva piacere perché non volevo segreti tra di noi.

Girai la pagina sapendo già le conseguenze di questa mia azione.
La proposta, quando Chris mi chiese di sposarlo a Roma, davanti al Colosseo, non sapendo che eravamo circondati da parenti ed amici.
Nello stesso giorno mi arrivò un pacco a casa di Ellie Saab, il mio stilista preferito, con un mazzo di rose rosse ed un biglietto.
“Indossa questo stasera, ti passo a prendere alle 19.31, ti amo.”
Mi uscirono diverse lacrime di gioia ed iniziai subito a pensare a come sistemarmi anche se continuavo a pensare all’orario scritto nel biglietto, lui sa che odio i numeri pari.
Così alle 17 incominciai a prepararmi; passai dal farmi la doccia, ai capelli e, quando cacciai fuori il vestito non riuscivo a credere ai miei occhi, di pizzo nero, il mio preferito e piansi nuovamente.
Alle 19.17 ero già pronta ed aspettavo il mio Chris.
Bussò alla mia porta e mi fece una foto, aveva catturato un mio sorriso mai visto prima.
«Sei bellissima ed io sono fin troppo fortunato.» mi disse.
«Sei bellissimo ed io sono fin troppo fortunata.» risposi.
Mi prese per mano e andammo in macchina.
«Dove mi porti?» chiesi.
«E’ una sorpresa» aggiunse.
Mi bendo gli occhi e non riuscivo a reggere quell’ansia.
Dopo pochi minuti sento la macchina fermarsi, lui scese e mi aprì lo sportello.
«Ti guido io, stai tranquilla, fidati di me.» e così feci.
Non sapevo dove fossi e quando mi tolse la benda, lo vidi in ginocchio davanti a me con un sorriso enorme. Mi portai le mani alla bocca e non riuscii a crederci.
Prese la scatolina dal taschino e schiarendo la voce, mi guardava dritto negli occhi.
«Sono 6 anni che sono al tuo fianco e posso dire di non essermi mai stancato di te, mai. Non ho mai avuto ripensamenti sul nostro rapporto, mai. Sei sempre stata il raggio di sole che illuminava le mie giornate ed è per questo che, Sophie Marie Lively, vuoi tu diventare non solo la mia compagna di viaggi ma mia moglie?» chiese.
Le mie lacrime scendevano impetuose e non riuscivo a fermarle.
«Sì. Sì oggi, sì domani, sì per sempre.» risposi.
Mi mise l’anello al dito, mi prese in braccio e ci baciammo.
Quando mi mise a terra, uscirono urlando tutti i nostri parenti e Giada venne da me abbracciandomi forte.
«Ti voglio troppo bene e sono contentissima per te!»
Ero al settimo cielo e l’unica cosa a cui pensavo in quel momento era lui. Il mio ed unico lui.

Mi alzai a prendere i fazzoletti, avevo la faccia rossa per il pianto e quasi singhiozzavo, sapevo che non avrei dovuto farlo ma la sua mancanza si faceva sentire sempre di più e non potevo farne a meno.

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Capitolo 3
*** III ***


Mi chiese la mano il 17 Dicembre e ci sposammo il 7 Settembre a Roma.
Pensavo a quelle due date mentre guardavo l’anello di fidanzamento e di matrimonio.
Siamo stati insieme sei anni e sposati quattro, dieci anni insieme non sono mica uno scherzo. Ho sempre visto il nostro amore come quello in cui si parla nei libri e si vede nei film. Lo sentivo vivo ogni giorno sempre di più come una fiamma che non si spegne mai.
Non ho mai dubitato né di lui né del suo amore nei miei confronti perché non è mai mancato. Mi ha sempre resa la donna più felice del mondo anche con poco.
Ricordo tutte le volte in cui ha fatta sorridere quando ero giù di morale e quelle in cui mi ha fatto così tanto incazzare che uscivo sempre di casa e aspettavo che mi venisse a prendere.
Lo aspettavo sempre nello stesso posto, il bar ‘L’Amour’.
Andava a finire così ogni volta che litigavamo perché volevamo sempre rimediare ai nostri errori per poter imparare qualcosa. E’ per questo che non ci siamo mai lasciati, entrambi sapevamo che senza l’un l’altro avremmo solo complicato le cose. Era come se avessimo incrociato due strade che si erano unite e miravano alla stessa meta.

Mi viene in mente di questo gruppo di persone che organizzava un film da vedere sotto le stelle e noi non lo perdevamo per nulla al mondo e così una sera mandarono Colazione Da Tiffany e, dopo aver preso coperte e cuscini, andammo anche noi.
Ci isolammo dal gruppo per stare un po’ da soli ed iniziammo a parlare come al nostro solito.
«Tra un mese diventerai mia moglie» sussurrò.
«Mi sopporterai ogni giorno, sai a cosa stai andando incontro? Ne sei sicuro?»
Ride e mette il suo braccio intorno alla mia spalla.
«Purtroppo per me sì ma non me ne pento»
Lo guardai e, col riflesso delle stelle, i suoi occhi brillavano sempre di più.
«Ti amo Christopher Bonanni» mormorai.
«Anche io, sempre e per sempre.» disse e mi baciò.

Nel frattempo i preparativi andavano più che bene e quel sabato avevo la prova ufficiale del vestito ed ero fin troppo agitata. Erano presenti, come sempre, le persone fidate: mia mamma, Giada, Selena e Blake.
Più mi vedevo con quel vestito e più pensavo che era stato realizzato per me, era l’unico vestito che mi andava bene, non mi faceva tanto grassa e prendeva bene le mie curve, mi sentivo una vera principessa.
Uscii per farmi vedere e tutte si commossero, non potevo fare a meno che lasciarmi coinvolgere.
Quando tornai a casa, in quella che era la nostra casa provvisoria, iniziai a pensare a ciò che avrei dovuto dire in quel giorno. Buttai giù all’incirca un quaderno, non ne avevo la più pallida idea e così decisi di chiamare mamma.
«Ciao mami, scusa se disturbo ma ho il blocco da nozze. Esiste?»
«Non disturbi mai e figurati, l’avevo anche io. Tesoro, devi dargli tempo, verrà da sé, quando meno te l’aspetti» mi disse.
Quelle parole mi bastarono per capire che non ero l’unica ad avere questo blocco e mi tranquillizzai. Chissà se Chris le aveva già scritte, ero davvero curiosa.

I giorni passarono velocemente e quel fatidico giorno arrivò.
La notte precedente dormii sì e no 4 ore, ero troppo ansiosa e non riuscivo a calmarmi.
La sveglia suonò alle 7 e saltai dal letto. Era arrivata l’ora e, nel frattempo che mi cercavo la mia calma interiore, le mie testimoni mi aiutarono in tutto ed fu come io avevo sempre immaginato, niente di più e niente di meno.
Mentre Selena e Blake finivano di sistemare le ultime cose, Giada entrò nella mia camera.
«Dire che sei bellissima è riduttivo, sembri davvero una principessa. Sai, sono stata dal tuo principe e dai suoi testimoni, sono fiera anche di loro! Comunque, Sophie, non ti agitare, andrà tutto bene. E’ il tuo giorno.» mi disse.
L’abbracciai e, dopo aver fatto tutte le foto, salii in macchina che mi stava conducendo in chiesa. Avevamo scelto la più bella di Roma, era magica.
Era pieno pomeriggio ed il sole cominciava ad abbassarsi, piano piano.
Quando la macchina si fermò, vidi le mie ragazze che mi sorridevano e trovai il coraggio di uscire. Papà mi prese sotto braccio ed attraversai quella navata come avevo sempre immaginato.
C’era chi si girò verso di me e chi guardava Chris, io ero proprio una di quelle. Lo vidi in smoking con quel sorriso che avrebbe sciolto qualsiasi ghiacciaio e riuscì a capacitarmi che sarebbe diventato mio marito.
Fu tutto perfetto, dai preparativi fino a quando non lasciammo il ristorante alla fine.
La sua promessa fu memorabile.
“Sophie, prometto di amarti sempre come un fotografo ama la sua macchinetta. Per me sei sempre stata come un tramonto dopo anni di pioggia.
L’unica su cui ho sempre potuto contare, l’unica che mi ha sempre amato tanto senza mai giudicarmi.
Tu forse non lo sai ma ogni mattina mi sveglio prima solo per guardarti dormire, per poi aspettare che apri gli occhi e mi sorridi.
E con questo, io Christopher Bonanni, prendo te Sophie Marie Lively come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”
Questo è stato il mio primo tatuaggio, dietro la schiena. Ogni volta che faccio la doccia mi soffermo sullo specchio e ripenso a tutto ciò.
E chi l’avrebbe mai detto che quel ‘per sempre’ sarebbe durato così poco?

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Capitolo 4
*** IV ***


La mia voglia di vivere andava sempre di più verso l’estinzione e faticavo nel ricordare di avere vita da vivere.
Quando suona la sveglia sono oramai le nove e devo ancora fare mille cose, per giunta da domani ricomincio a lavorare, devo riprendere il mio stile di vita. Prima però, vado da mamma, mi manca il mio bambino.

Busso alla porta in attesa che mi aprano.
«Sophie, tesoro.» dice e mi abbraccia.
«Mamma» sussurro.
Entro in casa e andiamo in cucina senza dire niente.
«Pietro è di sopra che dorme, le sue cose sono nella sua stanza, ho già messo tutto in ordine ma sei sicura? Se vuoi posso ancora prendermi cura di lui.» continua a ripetere.
«Grazie ma credo che dopo tutto questo tempo Pietro abbia bisogno della sua mamma.» le dico sorridendo.
Salgo le scale e vado verso la sua camera in completo silenzio.
Il mio bimbo è lì che dorme beatamente mentre prendo tuta la sua roba e aspetto che papà sistemi tutto in macchina.
Appena finisce, saluto i miei e torno nella mia casa.
Tornata a casa, accomodo tutto nella sua stanza e lo faccio sdraiare sul letto vicino a me.
Più lo guardavo e più mi accorgevo che è la copia di suo padre, come se lo avessero fotocopiato.
Mi ricordo di quando scoprii di essere incinta, stavo male da matti e vomitavo no stop e così qualche giorno dopo andammo dal ginecologo e scoprimmo di aspettare un maschio, un piccino di solo 3 mesi, era il 17 dicembre.
Appena usciti Chris mi prese in braccio e disse a tutto il mondo che stava per diventare papà.
«Diventeremo genitori, saremo i migliori, giuro che non gli mancherà niente. Ti amo raggio di sole.» ripeteva sempre.
Le acque si ruppero il 7 Marzo e Chris correva come  un pazzo e arrivammo alle 15 all’ospedale. Quando entrai in sala lui era super agitato e filmò tutto, anche se svenne per 10 minuti.
Mi portarono il bimbo alle 21 e, nonostante era stanco morto, rimase sempre al mio fianco.
«Chris, come lo vuoi chiamare?»
«Io? Casomai noi. Ti ricordi la lista? Il primo nome era Pietro.» sussurrò.
«Pietro Bonanni, benvenuto nella nostra famiglia, nei nostri cuori e per sempre nelle nostre vite.» aggiunse.
Aveva un sorriso che avevo visto pochissime volte e non si staccò nemmeno un secondo né da me né dalla mia mano come se fossi la sua ancora di salvezza.

Qualche giorno dopo andai a registrare il nome all’anagrafe, Chris era troppo stanco e così lo lasciai solo con Pietro.
«Salve, devo registrare la nascita di mio figlio.»
«Buongiorno, mi dia tutti i dati.» disse l’impiegata.
Le diedi tutto e Christopher non l’hai mai saputo ma in realtà il nome completo di nostro figlio è Pietro Chris Bonanni.
Fu così che quando tornai a casa non dissi niente e mi divertivo guardare gli uomini della mia vita giocare, scherzare ma soprattutto vidi tutto l’amore che gli rimaneva, darlo a tutte le persone che lo circondavano, specialmente alla sua famiglia.
Dopo aver messo Pietro a dormire, mi buttai sul letto vicino a Chris, gli presi la mano.
«Devo parlarti» mormorò per non fare troppo casino.
Lo guardai dritto negli occhi e continuava a stringermi la mano.
«Sento che mi rimane poco e così voglio passare questa settimana insieme a te e nostro figlio, solo noi tre. Mi dispiace già lasciarti così perché Dio solo sa quanto vorrei rimanere e prendermi cura di voi.
So che tu puoi cavartela, so quello che hai passato e so quanto sei forte.
Sei un raggio di sole quindi non smettere mai di splendere, fallo non solo per me ma per te stessa.
Sarò sempre nel tuo cuore ed al tuo fianco, qualunque cosa accada. Ti amo mia dolce metà.» aggiunse.
Al sentire queste parole, scoppiai in lacrime e mi abbracciò forte, come non aveva mai fatto prima.

I giorni passavano e Chris peggiorava sempre di più.
Morì in ospedale il 15 Marzo, la sua mano nella mia, la mia testa sul suo petto. Così, come se nulla fosse.
I funerali ci furono pochi giorni dopo e furono molte le persone che vennero in chiesa, mi ricordo, era pienissima.
Fu un dolore enorme che non riuscivo a sostenere e, il mese successivo, lasciai Pietro ai miei.
La morte me l’aveva portato via per sempre ed io non potevo farci nulla, l’unica cosa che mi rimaneva erano i ricordi, fotografie e momenti insieme che sapevo non sarebbero tornati mai più. Anzi, quello che avrei fatto da quel giorno in poi, era raccontare a mio figlio di quanto affascinante, meraviglioso ed incredibile è stato suo padre.

Ripresi il controllo della mia vita dopo tre mesi passati con le mie migliori amiche, specialmente con Giada che rimase con me per settimane, curandomi come se fossi stata un’anziana.
Fu proprio lei che mi diede la forza di andare avanti, specialmente i suoi discorsi che mi motivarono a non buttarmi più giù perché Chris non avrebbe voluto questo, per nulla mondo.
Ora il mio raggio di sole era lui, il nostro angelo custode.

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Capitolo 5
*** V ***


Ora in casa non c’è più nulla di lui, solo alcune foto poggiate sul davanzale che non riesco a togliere, anche volendo. Tutto il resto l’ho sistemato in una decina di scatoloni che ho messo in una stanza di casa che non avevo mai usato.
Altre due cose che ho lasciato a loro posto sono il suo dopobarba e il suo profumo preferito di Gucci che gli regalai a Natale.
Mentre finisco di fare, penso a tutto ciò che avevo sentito dire su di me.
‘Secondo me è troppo presto per togliere tutta la sua roba’
‘Si rifarà una vita subito, guardala’
E cose del genere, dalla mattina alla sera, quasi ogni giorno.
 
Nel frattempo che pulisco la casa, sento bussare e mi trovo davanti una ragazza mai vista prima.
«Hey, ciao! Non ci conosciamo ma ho sentito parlare di te in questi ultimi giorni e volevo solo dirti che mi dispiace per quello che stai passando.» mi dice intimorita.
«Ciao, ti ringrazio, sei stata molto gentile e forse l’unica a dirmi una cosa così! Se vuoi, puoi entrare, ti faccio un caffè.»
Mi guarda stranita ma alla fine decide di entrare.
«Bella casa! E’ davvero grande.»
«Credo sia una delle più grandi in questo palazzo comunque vieni, accomodati in cucina.»
Mentre preparavo il caffè e mettevo qualche dolce sulla tavola, vedo che si girava attorno, fino a quando vidi che il suo sguardo si posò su quelle foto.
Quando mi vide sembrò un cerbiatto impaurito ma cercai in tutti i modi di farla sentire a suo agio.
«Tranquilla, puoi vederle, non preoccuparti.» mormoro.
«Eravate davvero bellissimi.» dice e mi sorride.
Ci sedemmo sul divano e, dopo avermi fatto qualche domanda, le racconto di me e Chris.
«Avete avuto una vita meravigliosa, quella che tutti sognano»
«Sei gentile a dirlo, mi fa piacere.»
Al suono del suo orologio, poco dopo, prende le sue cose e si alza.
«Devo andare ma spero di rivederti presto, Sophie!» sussurra ed usce di casa sbattendo la porta.
Speravo con tutto il cuore che Pietro non si fosse svegliato ma, mentre mi avvicinai alla cucina, lo sentii piangere. Mi dirigo verso la mia camera e cerco di calmarlo ma, nello stesso momento sento il telefono squillare.
«Ciao Sop, scusa se disturbo ma ho bisogno di te. Posso passare?»
«Certo, basta che quando entri non fai molto casino che sto cercando di far riaddormentare il bimbo.» dico.
Sapendo che non avrebbe più preso sonno, me lo metto in braccio, mi siedo sul divano e aspetto Giada.
Poco dopo essermi seduta però, suona alla porta e sono costretta ad alzarmi.
Giada è davanti a me in lacrime, ha gli occhi rossi e ha tutto il trucco sbavato.
«Che succede? Vieni, siediti sul divano, vado a prepararti un thé caldo.»
Forse è meglio mettere Pietro nella culla, anche se non ne vuole proprio sapere di dormire ed un po’ mi dispiace.
«Ho paura.» sussurra Giada alle mie spalle.
«Di cosa? Cos’è accaduto?»
«Io e Justin siamo usciti e mi ha chiesto di sposarlo davanti alla Fontana di Trevi e sono scappata.» dice singhiozzando.
Rimasi sconvolta.
«Non è quello che vorresti sentirti dire ma perché?»
«Ho paura che tutto vada a rotoli. Mi ha già tradito una volta, chi mi assicura che non lo farà mai più? E se non manterrà le sue promesse? Se mi tradisse con una più bella? Se si stancasse di me?» mormora.
«Nessuno, è vero, ma io so quanto lo ami ed è questo quello che conta davvero. Conosco Justin da più tempo e so quanto ci tiene, nonostante quello che ha fatto un anno e mezzo fa. Ora vai a casa, fatti una doccia, rilassati, dormi e domani chiarisci tutto. Promesso?»
Alza lo sguardo sorridendomi. «Promesso. Ti voglio bene. Sai sempre come fare, ti adoro.» disse ed uscì di casa.
Ricordo quante storie feci dopo la proposta che mi fece Chris.
Mi ricordo di quando stavamo dormendo ed iniziai a piangere come avevo fatto pochissime volte.
Si svegliò preoccupato ed accese la luce.
«Piccina, che hai?»
«Niente d’importante, torna a dormire.» mormorai.
«Non mi riaddormento fino a che non me lo dici, passassero anche cent’anni.»
Mentre mi toccavo l’anello, mise la sua mano sulla mia.
«E se il nostro matrimonio non funzionasse? Se ci dovessimo lasciare? Se annulliamo il matrimonio? Sei sicuro di voler passare la vita con me? Sei così convinto? Se non lo sei, non mi offendo mica! Ci sono tantissime altre belle ragazze, perché vuoi me?»
Si schiarì la voce, si girò bene verso di me e mi prese le mani.
«Sai, ho capito che eri la ragazza fatta per me quando sei venuta alla partita della Roma con me e, anche se non capivi niente di calcio, urlavi con le poche parole romane che ti avevo insegnato. Successivamente, prima di farti la proposta, pensai milioni di volte a quello che sarebbe potuto succedere se l’avessi fatto ma c’era questa vocina dentro di me che continuava a ripetere ‘se non lo farai te ne pentirai e qualcun altro se la prenderà e sarà il tuo peggior rimpianto, fallo.’ Ed eccoci oggi, io e te con un matrimonio alle porte. Ti amo e prometto di non lasciarti mai, finché morte non ci separi, no? E poi tu sei diversa dalle altre, sei un raggio di sole speciale.» disse ed appoggiai la mia testa sul suo petto mentre mi accarezzava i capelli.
Ah, Dio solo sa quanto mi manca e quanto darei per riaverlo indietro qui con me.

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Capitolo 6
*** VI ***


Il pianto di Pietro mi sveglia e lo prendo in braccio cercando di calmarlo ma più lo cullavo e più piangeva.
In questi casi c’è solo una cosa da fare: la solita passeggiata con la macchina.
Lo rimetto nella culla e mi vesto con i primi vestiti che trovo nell’armadio.
Prendo il passeggino e aspetto l’ascensore.
Appena scesa vedo un ragazzo sulle scale e mi avvicino cercando di non fare troppo rumore.
«Hey, tutto bene?» mormoro.
«Sì, mi scusi, adesso l’aiuto con il bambino.»
«La ringrazio»
«Scusi se la disturbo, non voglio mica essere invadente, ma perché esce a quest’ora a Roma? Potrebbe essere pericoloso.»
«Mio figlio non riesce a prendere sonno e l’unico modo per farlo addormentare è camminare e quindi adesso mi ritrovo a parlare con uno sconosciuto alle due di notte.»
Lui mi guarda sorridendo.
«Facciamo così, che ne dice se vengo con lei? Non vorrei farla andare da sola.»
«E chi mi dice che non sei pericoloso?»
Mi sorride di nuovo e mi apre il portone.
«Comunque piacere, Marco.»
«Io sono Sophie e lui è Pietro, piacere nostro.»
Camminiamo per una decina di minuti senza parlare e iniziavo a sentirmi a disagio, sentivo i suoi occhi su di me e questo non mi aiutava di certo.
«Sediamoci qui» disse indicando una panchina.
Pietro si era addormentato e non sapendo che fare, inventai una scusa per tornare a casa e lui, senza fare domande, si alzò.
Il tragitto fu breve e nessuno dei due parlò.
Prima di entrare in ascensore lui mi ferma prendendomi la mano.
«Promettimi che ci rivedremo.»
Con la luce riuscivo a vedere i suoi occhi ed erano bellissimi, blu come l’oceano e non riuscivo a concentrarmi.
«Io non credo che…»
«Ti aspetto domani qui alle 19.30 per una cena in posto davvero carino, non accetto un no.»
Pensavo a ciò che mi aveva detto mamma e così accettai senza pensarci due volte.
 
Dopo poco provai a chiamare Giada.
«Stai bene? Pietro sta bene? E’ successo qualcosa? Sto venendo subito» urlò.
«Calmati, volevo solo chiederti se puoi tenermi Pietro stasera, ho un appuntamento.» dissi a bassa voce come se qualcuno oltre lei potesse sentirmi.
Per alcuni minuti non sentii niente e non capivo.
Ecco ho fatto una cazzata, Chris non sarebbe fiero di me. Sto deludendo tutti. Sono una cattiva persona, ma come ho potuto lasciare che tutto ciò accadesse? Sono una cretina.
«Sto venendo subito» mormorò e chiusi la telefonata.
Bene, sono pronta per una grandissima predica, me lo merito.
Bussano alla porta.
Giada era ferma lì davanti a me con un sorriso enorme.
«Sono felicissima per te! Meriti solo il meglio. Ora parlami di questo rubacuori.» mormorò.
La feci entrare e lei raccontai tutto.
«Dobbiamo vedere cosa ti metterai, dovrai essere più bella di sempre.» sussurrava tra sé e sé.
«Non so se sto facendo la cosa giusta, potrei anche non presentarmi e rimanere a casa…»
«Chris non vorrebbe questo, lo sai. Lui vuole vederti felice, ne sei consapevole più di tutti. Sei una persona meravigliosa e meriti tutto il bene di questo mondo. Se lui ti farà del male, tranquilla, ci pensiamo noi. Ora calma, andrà tutto bene e tu splenderai più che mai.»
Mi commossi al sentire queste parole e l’abbracciai forte.
Poco dopo però, lei tornò a dormire ed io rimasi sul divano a guardare l’alba.
Quando mi svegliai, l’orologio segnava le tre e iniziò il dramma.
Andai in camera e presi Pietro per farlo mangiare.
«Perché non mi hai svegliata?»
«Dormivi così bene e mi dispiaceva!»
Mancano solo quattro ore e mezza e non so ancora cosa mettermi per questa sera!
Ho sempre odiato gli appuntamenti perché non so mai cosa mettermi e sapendo come sono, proverò qualsiasi cosa fino a quando mi stuferò e troverò un pretesto in più per non uscire.
 
Il telefono segna le sette e venticinque, io sono pronta fuori ma non dentro. Continuavo a ripetermi che sarebbe andato tutto bene.
Per distrarmi vado in cucina da Giada che aveva in braccio Pietro.
«Allora? Ho deciso così per stare comoda! Jeans, crop top nero non troppo corto ma lungo e tacchi a spillo. Ti dico già che non mi cambierò.»
Mi fece segno di girarmi e fece di un urlo di approvazione così tanto alto che Pietro si mise a piangere.
«Qui ci sono il numero dei miei, il mio, il pediatra, i genitori di Chris.. dimentico qualcuno?»
«Tranquilla e vai via che mi stai mettendo l’ansia! Buona fortuna e non ti agitare troppo Sophie, andrà tutto bene.»
Esco di casa sapendo di cambiare la mia vita per sempre, Chris farà sempre parte della mia vita ma ora devo andare avanti.
Le mani iniziavano a sudarmi e appena l’ascensore si fermò, vidi Marco davanti a me con un sorriso.
«Sei davvero bellissima»
«Grazie, lo sei anche tu.»
Scendiamo le scale e appena arrivati davanti alla sua macchina, mi apre lo sportello e saliamo.
«Non dovrei dirlo adesso ma sono davvero agitato e ti vorrei ringraziare.»
«Ringraziare per cosa?»
«Hai accettato.»
Mi giro per guardarlo negli occhi e gli sorrido.
«Siamo arrivati, non scendere che arrivo.» mi dice.
Camminiamo per un paio di minuti e mi sentivo come una ragazzina che esce con il ragazzo che ha sempre desiderato.
Ci fermiamo davanti una pizzeria, una delle più famose di Roma ed entriamo per mangiare.
 
Finita la cena, decidiamo di fare una passeggiata.
«Grazie per la serata! La pizza era buonissima.» mormoro.
«Sono io che devo ringraziare te! Sai, ho sempre voluto chiederti di uscire.»
«Perché non l’hai mai fatto prima?»
«La gente parla troppo e non volevo approfittarmi di te sapendo ciò che hai passato.»
Lo guardai stupita.
«Sei stato davvero gentile a dirmelo e tranquillo, mi fa piacere che tu me l’abbia detto. Lui farà sempre parte di me ma ora devo guardare avanti, devo continuare la mia vita.»
Mentre parliamo mi prende la mano e la stringe.
«Scusa, mi è venuto naturale.» e la tolse.
«Non devi scusarti per tutto Marco, andava bene come prima.» gli dissi sorridendo.
Sentivo che non riusciva a fare niente perché c’era qualcosa che lo frenava.
«Non frenarti dal fare determinate cose, lasciamo che sia il nostro destino a fare tutto.»
 
Quando tornammo a casa erano già le due.
«Volevo darti questo.» disse e cacciò dai sedili posteriori un mazzo di rose rosse, le mie preferite.
«Sono bellissime, non dovevi!» dissi ma prima che iniziò a parlare, squillò il telefono, era Giada.
‘Emergenza P! Torna subito, scusami’
«Marco, devo andare! Grazie di tutto, sei stato meraviglioso, non potevo chiedere appuntamento migliore.»
«Promettimi che ci rivedremo.»
«Prometto.» dico e gli lascio il mio numero.

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Capitolo 7
*** VII ***


Il telefono continua a squillare, è Marco.
Sono due giorni che non metto piede fuori casa e sono afflitta da mille e più pensieri.
Non faccio altro che pensare alla nostra serata, è stata magnifica ma non so se voglio continuare questa ‘cosa’ che potrebbe nascere tra di noi, credo che nemmeno lui abbia voglia di entrare a far parte della mia vita incasinata.
In momenti come questi chiedevo sempre aiuto a Chris, aveva sempre la risposta giusta.
Finisco di sistemare la cucina e vado in camera. Pietro stranamente dorme e posso finalmente mettere in ordine l’armadio ma appena apro le ante il mio occhio cade su una piccola scatola rossa mai vista prima, non ricordavo di averla, chissà cosa c’è dentro.
‘Per la mia Sophie’
Rimasi di stucco. E’ la scrittura di Christopher.
Le mani mi tremavano e sentivo le lacrime scendere sul mio volto.
C’erano due rose, una bianca ed una rossa, ma quello che colpì la mia attenzione fu una lettera.
‘Cara Sophie, se stai leggendo questa lettera, immagino tu abbia trovato la mia scatola rossa.
Non voglio annoiarti e non voglio che tu pianga quindi sarò breve e coinciso.
Piccola mia, io sono passato a vita nuova ma tu sei ancora lì ed è per questo che voglio dirti di vivere la tua vita anche senza di me. Lascia che Dio realizzi il suo progetto per te, magari non lo capisci ora ma so che lo farai.
Spero conoscerai una persona che possa aiutarti a superare questo dolore e possa essere un buon padre per Pietro ed un buon marito o fidanzato per te, voglio questo più di qualsiasi altra cosa al mondo! Non voglio tu diventi come una di quelle vedove che rinuncia alla vita.
Io sarò sempre al tuo fianco, non dimenticarlo mai.
Ciao raggio di sole, ti amo.’
Tremavo e piangevo.
Mi manca fin troppo e non so come colmare il vuoto che ho dentro.
Mi sento come se qualcuno mi avesse strappato un pezzo di cuore e lo avesse portato così lontano che è impossibile riaverlo indietro.
Rimetto tutto nella scatola e chiamo Marco. Risponde la segreteria.
‘Hey, sono Sophie, scusa se non mi sono fatta sentire… sono proprio una cretina. Mi dispiace, spero tu non abbia pensato male di me, scusami ancora Marco’.
Penserà di me che sono un’immatura, una bambina, una fifona e chissà cos’altro.
 
Passano le ore e non si fa sentire, sapevo che non ci sarei dovuta uscire perché avrei rovinato tutto in poco tempo.
Ora non voglio sentire niente e nessuno, mi chiuderò in camera a guardare qualche film romantico con una bella pizza al piatto.
Alzo le coperte ma, prima di mettere la gamba dentro, sento bussare alla porta.
Dallo spioncino vedo Marco e prima di aprire faccio un respiro profondo.
«Ciao..» mormoro.
Lui rimane il silenzio ed io gli faccio cenno di entrare, lo faccio accomodare sul divano e mi siedo vicino a lui.
Da quando è entrato non ha smesso di togliermi gli occhi di dosso.
«Se non vuoi una relazione, se non sei pronta, basta dirmelo. Siamo usciti solo due volte ma sento qualcosa e non voglio continuare se non te la senti.» mormora.
«Ho trovato una lettera di Chris che mi ha fatto molto riflettere e sono giunta ad una conclusione. Io credo che dobbiamo chiudere qui quel poco che abbiamo costruito, scusami…»
Non appena finisco l’ultima parola Marco si alza, si mette davanti a me e mi dà un bacio sulla fronte.
«Se è questo quello che vuoi, io ti saluto Sophie. E’ stato davvero un piacere conoscerti.» dice e va via.
Io mi dirigo in camera, spengo il cellulare ed il telefono di casa e mi siedo sul letto. Pietro dorme ancora e non trovo nessun sostegno. Cosa avrei dovuto fare? Se lui fosse qui con me sarebbe tutto più facile. La mia testa è piena di pensieri diversi.
Chris vuole che io mi rifaccia una vita ma se io non fossi pronta? Non so se sono in grado di affrontare una delusione d’amore, non voglio stare più male.
Forse dovrei chiamarlo ma probabilmente mi sta già odiando, starà pensando le cose peggiori su di me e non lo biasimo.
 
Sono passati tre giorni e non l’ho ancora sentito, forse avrà deciso di farsi una vita con un’altra ragazza. Infondo chi ha il coraggio di prendersi cura di una ragazza con un bambino? Ho provato a chiamarlo e mandargli messaggi ma credo sia troppo tardi e dovrei lasciar perdere.
Dopo essermi vestita metto Pietro nel passeggino e vado a fare una passeggiata, ha bisogno di prendere un po’ d’aria e sono sicura serva anche a me.
Più lo guardo e più sono sicura che lui sia la miglior cosa che mi sia mai successa nonostante tutti i suoi pianti in piena notte.
Appena passata la mezz’ora torniamo verso casa e mi trovo Marco davanti. Il cuore mi batteva a mille e le mani iniziavano a sudarmi. Cosa penserà di me?
«Sophie, ciao.»
«Ciao Marco.»
«Ti va di fare una passeggiata? Vorrei dirti tante cose.»
«Certo.»
Bene, sono pronta a sentire tutti i suoi insulti contro di me.
«Ti chiedo scusa.»
Mi fermo e mi giro verso di lui.
«Sì, hai capito bene. Ho preteso troppo da te sapendo quello che hai passato e non avrei dovuto. Sei una persona meravigliosa. Mi scuso specialmente perché non ti ho risposto, avevo la mente annebbiata dai troppi pensieri.»
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?» gli chiedo incuriosita.
«Quando ho un problema vado sempre da mio fratello e mi ha fatto ragionare. Io non voglio che corriamo troppo, io sono pronto a prendermi cura di voi, se tu lo vuoi.»
«Non potevo chiedere di meglio.» dico e ci baciamo.
Ho sentito le farfalle nello stomaco, sembrava che in quel momento c’eravamo solo io e lui, nessun altro in più.
 
Da quel giorno in poi fu tutta una meraviglia, uscivamo quasi giorno e lui non ha mai smesso di sorprendermi un secondo.

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