La ragazza drago 6 - I Rinnegati

di The Fantasy Hunter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sogni e Incontri ***
Capitolo 3: *** Il passato di Alessandro ***
Capitolo 4: *** Una brutta giornata ***
Capitolo 5: *** Visite Inaspettate ***
Capitolo 6: *** Il Passato Ritorna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO - Leonardo si stava dirigendo verso il centro del bosco ansimando e visibilmente provato, non aveva mai spinto i suoi poteri fino a qual livello e, nonostante li avesse esercitati per poco tempo, era davvero esausto ma doveva arrivare a destinazione e verificare che tutto fosse andato come previsto. Cercò di accelerare il passo, tra i sentieri del bosco, asciugandosi sempre più spesso le grandi gocce di sudore che li colavano sulla fronte e sentendo che la sua maglietta diventava sempre più bagnata a causa del sudore e gli provocava di tanto in tanto brividi di freddo, dovuto anche al suo abbigliamento leggero: portava una T-shirt verde a maniche corte con al centro una scritta bianca, su di essa portava una leggera felpa grigia con cappuccio, un paio di bermuda verde scuro che gli arrivavano fino alle ginocchia e in fine un paio di AllStars bianche; le lievi folate di vento muovevano lievemente i suoi capelli castani che li coprivano parte della fronte. Guardandosi intorno notò che gli alberi intorno a lui stavano riacquistando la vita e i colori che avevano avuto prima dello scontro finale tra draghi e viverne, Leonardo prese uno stretto sentiero che portava in una zona dove gli alberi erano ancora scuri e rinsecchiti, continuò ad avanzare finché non arrivò in uno spazio dove gli alberi si interrompevano lasciando posto ad una piana desolata, interamente coperta di erba secca e fiori appassiti, al suo centro domina un enorme albero molto più scuro degli altri, senza foglie, è lì che dovevano incontrarsi. Subito Leonardo notò che qualcuno era arrivato prima di lui, al tronco dell’albero era appoggiato un ragazzo dai capelli corti e neri come la notte, la pelle chiara ed indossava un giubbotto di pelle nero che portava sopra alla maglietta grigio scuro, un paio di jeans lunghi di colore blu scuro strappati in vari punti che arrivavano quasi a coprire le sue nike nere. Non appena lo sentì avvicinarsi questi aprì gli occhi, che fino ad allora erano rimasti chiusi, mostrando le suo pupille castane, e iniziò a squadrarlo mostrando un sorrisetto derisorio: ”Come, sei già stanco? Dopo quel tuo piccolo trucco di magia?” lo beffeggiò. “Il ‘piccolo trucco di magia’ ,come lo chiami tu, ha fatto il suo dovere e nessuno ha sospettato nulla”- gli rispose, ormai sapeva che non perdeva mai occasione per deriderlo, ma non si era e non si sarebbe mai abituato ad accettarle - ”e poi a me è stato almeno richiesto di fare qualcosa e non di rimanere a fissare come un idiota”. Dopo quelle parole gli occhi del ragazzo si fecero due fessure nelle quali passò un fulmine di rabbia, si avvicinò di qualche passo a lui a avrebbe voluto colpirlo ma una sottile raffica di vento lo fermò, Leonardo tirò un sospiro di sollievo era troppo stanco per affrontarlo, e già farlo quando era nel pieno delle forze era difficile e sapeva che quando si arrabbiava diventava quasi inarrestabile. I due ragazzi si girarono nel verso in cui proveniva la folata di vento, da lì a poco della vegetazione morta apparve colui che entrambi stavano aspettando, un ragazzo poco più grande di loro, anche egli sembrava piuttosto stanco per lo sforzo di quella notte, aveva la fronte tempestata di sudore, ma il suo sguardo non era meno sicuro del solito, alzo i suoi occhi rossi come il sangue, fissò Leonardo e poi gli chiese -“Allora? Com’è andata?” - “Alla perfezione, se la sono bevuta tutti, persino il grande Albero del Mondo non ha sospettato nulla della nostra piccola messa in scena” – affermò sicuro, e con un leggero sorriso di successo. Lui si guardò intorno e vedendo le piccole gemme che lentamente riaffioravano sugli alberi capì che tutto era andato come avevano pianificato, e un grande sorriso compiaciuto si disegno sulla sua faccia - “Eccellente”- mormorò – “ma non dobbiamo sederci sugli allori, Antonio”-disse rivolgendosi al ragazzo dai capelli neri - “d'ora in poi dovrai tenere d’occhio i nostri amici draconiani e studiare ogni loro mossa e avvertirmi nel caso notassi qualcosa di anomalo, anche il più piccolo particolare, chiaro?!” - il ragazzo annuì con sicurezza - “Tranquillo, i miei piccoli amici li stanno già controllando, come hanno sempre fatto fino adesso, e continueranno a farlo”- affermò - “Magnifico”-esclamò -“tutto sta andando come previsto, presto tutti i miei millenni di attesa saranno ripagati e avrò la quello che voglio, quello che do sempre voluto!”- tuonò minaccioso. Proseguirono interminabili istanti di silenzio poi si alzò un lieve risata, prima più fievole e poi man mano sempre più forte finché non riecheggiò in tutto il bosco.

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Capitolo 2
*** Sogni e Incontri ***


CAPITOLO 1: Sogni e Incontri

Sofia si svegliò di soprassalto in piena notte, ansimando e con la fronte coperta di sudore, si guardò intorno e vide era solo la sua stanza, vide i libri che occupavano gli scaffali del suo armadio di legno e i deboli raggi della luna che entravano dalla finestra e illuminavano fievolmente il marmo bianco della stanza. Cercò di calmarsi e aprì la finestra della sua stanza per prendere una boccata d’aria, rimase incantata qualche minuto a contemplare la luna piena che si rifletteva sulla superficie del lago vicino alla sua casa e questo la aiuto a dimenticarsi per un po’ di quel sogno che aveva fatto. Erano già diverse settimane che rifaceva lo stesso sogno, di tanto in tanto,  se fosse stato un incubo ricorrente come quelli che le venivano quando era ancora all’orfanotrofio non gli avrebbe dato troppo peso, ma quello era un sogno che le ricordava qualcosa che avrebbe voluto dimenticare da tempo, e a cui non aveva più pensato da tanto tempo, da quando la sua avventura da Draconiana era finita, dallo scontro finale con Nidhoggr. Chiuse gli occhi e rivide la scena del suo sogno, o meglio, del suo incubo :
Rivedeva Thuban abbracciato a Nidhoggr che si contorceva disperato nel tentativo di liberarsi e lei con la sua armatura scintillante e la spada in mano, sentiva di nuovo Thuban che le chiedeva di farlo, di mettere fine a quello inutile guerra e alle sue sofferenze, sue e di suo fratello, e poi aveva rivissuto il momento in cui con un solo fendente della spada lo aveva accontentato, rivedeva Thuban e Nidhoggr che sparivano lentamente sotto i suoi occhi e poi solo buoi. Rivivere quella scena le portava ogni volta un’enorme sofferenza, le mancava da morire il suo drago, il parlare con lui e scoprire che non erano così diversi come aveva creduto all’inizio di quell’avventura che l’aveva resa quella che era, che le aveva fatto capire che era forte e coraggiosa più di quanto avesse mai creduto. Sospirò e fece per rimettersi a letto quando le venne in mente una cosa, nel sogno di quella notte c’era qualcosa di diverso, mentre stava dando il colpo finale le era parso di notare una figura dietro a due possenti corpi del drago e della viverna, le pareva un ragazzo che teneva le mani alzate verso i due combattenti dalle quali partiva una luce verdastra, ma non sapeva dire di preciso a quale scopo né tanto meno che aspetto avesse il ragazzo. Si rimise a letto e chiuse gli occhi pensando che fosse solo la sua immaginazione a farle un brutto scherzo, in fondo erano passati già alcuni anni da allora e i suoi ricordi potevano essersi fatti più fiochi, ma sentiva comunque qualcosa che non andava, anche se non sapeva definire bene cosa.
La mattina seguente Sofia si alzò più tardi del solito, evidentemente l’agitazione del sogno le aveva impedito di riaddormentarsi subito, quando aprì gli occhi era già tardi e doveva andare a scuola. Si  alzò in fretta dal letto, si diede una rapida lavata di faccia in bagno e si vestì: si mise un paio di pantaloni lunghi color blu, una maglietta bianca su cui indossò un maglioncino verde chiaro e un paio di Adidas blu. Scese di fretta le scale e nel soggiorno di casa trovò il professore e Fabio, che avevano già iniziato a fare colazione, mentre Karl doveva essere già uscito, dato che la sua scuola era la più lontana da raggiungere. “Buongiorno dormigliona”- la salutò Fabio, già pronto per andare a scuola, portava una maglietta rosso scuro a maniche lunghe, un paio di jeans sbiaditi e un paio di scarpe bianche -“Era ora che ti alzassi, e io che speravo di non andare a scuola a causa della tua bella dormita ”- Sofia arrossi sia per l’imbarazzo che per la rabbia, benché lieve, che le provocarono quelle parole ma si calmò subito prima di parlare-“Perché non mi avete svegliata prima?”-“Ci avevo pensato, ma quando sono entrato in camera tua dormivi profondamente ed eri tutta sudata così ho pensato che fosse meglio lasciarti riposare”- le rispose il professore. In quel momento Sofia si ricordò del sogno che aveva fatto quella notte, e pensò che doveva essere per questo che era così sudata e si sentiva un po’ stordita, quell'incubo le aveva impedito di dormire bene. “ok, adesso fai colazione e anche alla svelta che tra poco dobbiamo andare, è già abbastanza tardi”- la incitò Fabio, riscuotendola dai suoi pensieri. Sofia fece colazione in tutta fretta, prese lo zaino coi libri di scuola, salutò il professore e poi lei e Fabio furono pronti per la scuola, Fabio l’avrebbe accompagnata con il suo motorino, lo faceva spesso ormai, in fondo andavano nella stessa scuola, lui le porse un casco e Sofia si sedette dietro di lui, stringendogli il petto –“piano Sofia, così mi soffochi”-scherzò lui, e lei allentò subito la persa – “dai stavo scherzando, puoi stringere finché vuoi, e poi mi piace sentirti vicina”- Sofia arrossì fino alla punta dei capelli, e dopo quella breve chiacchierata il motorino partì.
La mattinata sembrava iniziata bene, le lezioni furono meno noiose del previsto e Sofia era riuscita a capire quasi tutto, però la cosa che le era interessata di più era stata l’arrivo di un nuovo studente nella sua classe, era un ragazzo dai lunghi capelli neri con gli occhi grigi e con la pelle un po’ abbronzata, indossava un T-shirt a maniche corte color blu scuro, un paio di bermuda a quadri grigi e bianchi e un paio di scarpe grigie con delle strisce blu. Siccome la compagna di banco di Sofia era assente e quello era l’unico posto libero, il nuovo arrivato si sedette vicino a lei. Non sembrava in vena di fare amicizia, infatti a malapena l’aveva guardata in faccia da quando era arrivato,  Sofia decise quanto meno di presentarsi, almeno per rompere il ghiaccio –“Ciao, io sono Sofia, Sofia Schlafen”- il ragazzo all’inizio non sembrava neanche averla sentita poi si volto e la guardò dritta negli occhi –“Io sono Alessandro”-disse secco e distogliendo lo sguardo. “Non sei uno di molte parole vero?”-disse Sofia un po’ seccata dal suo modo di fare – “Infatti, quindi risparmiami i tuoi tentativi di chiacchiera, non sono qui per fare amicizia, tantomeno con te”- rispose senza neanche girarsi. Sofia rimase allibita e furiosa per la sua risposta e avrebbe tanto voluto rispondere per le rime ma notò che la professoressa li stava guardando un po’ seccata quindi decise di rimanere zitta e di ignorare il suo indesiderato compagno - ‘ che razza di maleducato’-pensò tra se e se – ‘ma chi si crede di essere? Non mi conosce neanche come fa a dirmi una cosa del genere? Non gli rivolgerò più la parola’. Nonostante i suoi pensieri c’era qualcosa di strano in quel ragazzo, non solo nel suo comportamento poco amichevole, ma anche nel suo sguardo e il suo viso, questi ricordavano qualcosa a Sofia anche se non capiva che cosa ma qualunque cosa fosse non le piaceva, neanche un po’.
Alla fine delle lezioni Sofia trovò Fabio che la spettava davanti al cancello della scuola, li corse incontro si misero entrambi il casco e partirono per tornare a casa. Sofia era ancora terribilmente arrabbiata con il nuovo arrivato, se ripensava alle sue parole le ribolliva il sangue, presa da un moto di rabbia strinse ancora di più le mani intorno a Fabio –“AHI”-gemette-“Oh mio Dio, scusa, scusami tanto”-disse lei allentando subito la presa –“Tranquilla, ci vuole molto di più per farmi male”-scherzò lui, ma Sofia teneva lo sguardo fisso per terra –“Qualcosa non va?”- le domandò -“No, no, va tutto bene”- mentì lei, che pensava a come avrebbe reagito Fabio se avesse saputo dell’accaduto, e di certo non sarebbe rimasto imparziale – “Sofia, ormai dovresti sapere che non riesci mai a mentirmi, perciò mi potresti dire la verità per favore?” – le disse; sapendo che ormai non c’era nulla da fare racconto a Fabio quello che era successo quella mattina. “Io quello lo uccido”- esclamò Fabio dopo che Sofia le aveva finito di raccontare, sentire che qualcuno aveva osato pronunciare quelle parole alla sua ragazza lo aveva fatto infuriare –“Ecco, è per questo che volevo evitare di dirtelo”- rispose Sofia, nel tentativo di calmarlo -“E come avrei dovuto reagire? Facendogli i complimenti per aver trattato così la mia ragazza? ”- ribatté lui alzando la voce – “Non volevo dire questo, ma non voglio che tu ti metta nei guai per colpa mia, e poi non vale di certo la pena di dare troppo peso di dare peso alle sue parole né tanto meno di cercare vendetta, meglio cercare di stagli alla larga e ignorarlo”- continuò Sofia, ma sebbene si fosse in parte calmato Fabio stringeva sempre più forte le mani sul manubrio del motorino – “Giurami che non lo cercherai e soprattutto che cercherai di fargli del male”- disse Sofia in tono sicuro perché sapeva che Fabio era solito a portare rancore in certi casi, casi come questo - “Ma..” –“Giuramelo!!”- ripeté Sofia prima che lui potesse obiettare, Fabio sospirò profondamente e allento la presa -“Va bene, te lo giuro”-disse alla fine. Sofia si sentì tranquillizzata e decise che avrebbe dimenticato quel ragazzo e le sue parola, ma per quanto ci provasse non riusciva a togliersi dalla mente il suo volto e soprattutto il suo sguardo, aveva qualcosa di famigliare ed era certa che le ricordassero qualcuno, qualcuno con cui non aveva senz’altro avuto buoni rapporti. Scostò quel pensiero dalla testa e strinse le braccia intorno a Fabio mentre la loro casa si avvicinava.

 

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Capitolo 3
*** Il passato di Alessandro ***


Il passato di  Alessandro

Alessandro stava tornando a casa con passo svelto, non gli era mai piaciuto il primo giorno di scuola, rivedere i volti di persone che avrebbe ignorato per il resto dell’anno non gli piaceva affatto e lo trovava solo una perdita di tempo che odiava da morire, ma odiava ancor di più il cambiare scuola anche se ormai capitava spesso, detestava i sorrisi amichevoli che sapeva li altri gli avrebbero fatto, e sapeva che alcuni avrebbero provato  a stringere amicizia solo per poi dimenticarsi di lui, come aveva fatto quella ragazza dai capelli rossi. Gli pareva una scena già ripetuta centinaia di volte: qualcuno tentava di fargli credere di interessarsi a lui e lui lo cacciava via subito senza pensarci troppo, ma quella volta c’era stato qualcosa di diverso, anche se non sapeva perché in quella ragazza dai capelli rossi c’era qualcosa di famigliare, anche se era certo di non averla mai vista prima; dal primo momento in cui l’aveva vista, e dopo le poche parole che si erano rivolti, sentiva già di odiarla più di chiunque altro avesse mai conosciuto, un odio che cresceva ma a cui non riusciva a dare una ragione. Cercò di togliersi quei pensieri dalla testa mentre, ormai, era arrivato sulla soglia di casa, quasi senza accorgersene. Aprì la porta d’ingresso usando le sue chiavi, abitava in vecchio edificio di Roma: l’esterno era di un colore giallastro tendente al marrone chiaro che risaltava dietro le scure persiane delle finestre aperte, la grande porta d’ingresso era di legno con la maniglia e la serratura dorata. Viveva lì con sua madre, che però si fermava saltuariamente a casa visto che spesso era via per lavoro. Una volta entrato, la solita monotona immagine di casa sua li fu davanti, le pareti tinteggiate di grigio chiaro con le porte color panna che si aprivano sul corridoio, la cucina era propri come l’aveva lasciata: le pentole e le scodelle con cui aveva fatto colazione erano ancora sul tavolo, segno che nessuno era tornato. Sbatté lo zaino contro una gamba del tavolo e si rifugiò in camera sua: il suo letto era ancora disfatto, l’armadio era aperto e al suo interno si potevano vedere alcuni vestiti gettati lì a caso, si distese sul letto a fissare il soffitto grigio, continuandosi a chiedere chi fosse quella ragazza e perché mai ce l’avesse tanto con lei, mentre si voltava sul fianco il suo sguardo cadde sulla foto che teneva sulla sua scrivania, vicino al computer che di tanto in tanto usava per le ricerche scolastiche: rappresentava lui sua madre, una giovane donna dai lunghi capelli castani raccolti in una coda di cavallo, dagli occhi color turchese, e un uomo dai corti capelli neri e gli occhi grigi: suo padre. Erano passati alcuni anni quando venne scatta quella foto, poi suo padre era sparito senza lasciare tracce. Quella figura gli  riportò alla mente tanti ricordi: suo padre era un uomo forte e determinato, disposto a tutto pur di ottenere ciò che voleva, e la otteneva sempre, anche se non sembrava che gli importasse molto di lui, trascorrevano sempre poco tempo insieme ed anche quando lo facevano non parlavano molto.
Anni prima lui era solo un ragazzo magro e debole che aveva paura di tutto senza neanche un amico, il ragazzo che a scuola tutti prendevano in giro e su cui si accanivano i bulli, e lui li lasciava fare perché aveva troppa paura anche per reagire, quando tornava a casa pieno di lividi suo padre anziché consolarlo lo rimproverava - “Ti sei lasciato picchiare ancora? Comincio a pensare che ti piaccia“ - è così che li diceva sempre - “Perché non reagisci? Perché non li fai soffrire come loro fanno soffrire te? ” - “Perché non servirebbe a niente” - gli aveva risposto lui un giorno - “Sono troppi e troppo più forti di me, che senso a cominciare una battaglia persa in partenza? ”- al che suo padre li aveva dato uno schiaffo così forte da farlo cadere sul pavimento di casa, aveva battuto la testa e gli ci volle qualche secondo per riprendersi poi senti un dolore fortissimo alla guancia e alla testa e i suoi occhi si erano inumiditi, si girò lentamente suo padre era ancora lì in piedi davanti a lui che lo fissava con lo sguardo più duro che li avesse mai visto – “Che fai, piangi? Come un bambino ?”- lo aveva aggredito duramente, ma con un tono non di rimprovero quanto derisorio – “Sei solo un inutile ragazzo che ha troppa paura per reagire, sei debole e indifeso, ti piace solo quello che si ottiene senza sforzo, altrimenti lasci subito perdere come un codardo” – a sentire quelle parole le guance di Alessandro si bagnarono delle suo lacrime, ma a differenza di quanto gli accadeva di solito, non era solo paura e dolore a crescere dentro di lui ma anche rabbia, anche quando tutti se la prendevano con lui non aveva mai provato rabbia e furia ma correva via in preda alla paura, adesso invece per quanto volesse correre in camera sua a piangere restavi ad ascoltare non sapendo neanche lui perché – “Non diventerai mai un uomo così ”- continuava suo padre –“Ma rimarrai sempre un bambino indifeso che avrà sempre bisogno della sua mammina ”- più Alex ascoltava più quella rabbia cresceva, stringeva i denti e i pugni sempre più forte – “Certe volte… mi fai vergognare di essere tuo padre” - al sentire di quell’ultima frase non ci vide più dalla rabbia, si era lanciato contro di lui ed entrambi erano caduti a terra, Alex cominciò a riempirlo di pugni con tutta la forza che aveva mentre suo padre lo guardava negli occhi senza dire una parola – “Io non sono debole! ” - gli aveva urlato Alex in preda all’ira –“Io non sono un bambino indifeso, sò cavarmela da solo, e tu non potrai più trattarmi così” - continuò senza smettere di colpirlo, alla fine suo padre se lo era tolto di dosso con un calcio facendolo sbattere contro il muro, barcollando, si era alzato e lo aveva preso per la maglietta inchiodandolo al muro, passarono interminabili minuti di silenzio, Alex si aspettava che lo colpisse, che gliela avrebbe fatta pagare ma invece l’uomo lo fissava e un ambio sorriso si stava disegnando sulla sua faccia –“lo vedi… vedi che se lo vuoi puoi essere forte, puoi sconfiggere chi ti fa del male” - Alex era rimasto senza parole, tutto quello che gli aveva detto serviva solo a fargli capire che era più forte di quanto pensasse, che non poteva stare zitto e subire ma farla pagare a chi l’aveva trattato male, e con gli interessi – “Pra rispondimi, cosa farai se quei bulletti provassero ancora a deriderti? ”- gli domandò, quasi ansioso di sapere la sua risposta -“Li farò passare la voglia di farlo” - gli aveva risposto -“Li faro capire che nessuno può trattarmi così perché io sono forte, molto più di tutti loro messi assieme!” - aveva concluso urlando - “Così mi piaci ” - lo aveva incoraggiato suo padre –“Non dimenticarlo mai, nessuno se la prenderà con te se dimostri di essere più forte di lui e, anche se lo facesse devi schiacciarlo come un insetto affinché serva da monito per gli altri, perché capiscano chi sei e di cosa sei capace!” - e poi fu silenzio, lo aveva lasciato andare e Alex si era diretto verso la sua camera – “Un’ultima cosa”- lo interruppe prima che chiudesse la porta alle sue spalle – “Non affidarti mai agli amici perché, prima o poi ti tradiranno e rimarrai solo, gli amici sono fonte di debolezza e tu non vuoi averne, giusto? ”- lui non aveva risposto si era limitato a chiudere la porta, ma il suo silenzio era molto eloquente. Da quel giorno si era allenato sempre di più, andava in palestra sempre più spesso e si allenava con suo padre, molto interessato ai suoi progressi, nel soggiorno di casa; e dopo un po’ di tempo non era più quel ragazzino che era un tempo, era diventato più forte sia fisicamente che mentalmente e aveva sistemato per le feste tutti quei ragazzi che un tempo lo prendevano in giro.
Fu il suono dell’orologio a riscuoterlo dai suoi pensieri, rintoccava le 3 era stato lì più di un’ora sui suoi ricordi e si era perfino dimenticato di mangiare, allora fece per dirigersi in cucina in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti, rivolse un ultimo sguardo alla foto vicino al computer e si disse che se era diventato quello che era, un ragazzo forte senza paura e disposto a tutto per arrivare ai suoi scopi, lo doveva solo a suo padre.

 

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Capitolo 4
*** Una brutta giornata ***


Una brutta giornata

Quando arrivarono a casa Sofia, insieme a Fabio, aveva deciso di non raccontare niente né al prof né a Karl di quanto era avvenuto a scuola, di certo non l’avrebbero presa bene e Sofia ne aveva abbastanza di grida e rabbia per quel giorno, aveva cercato di comportarsi nel modo più naturale possibile senza far notare i suoi veri sentimenti, anche se a volte non le era riuscito benissimo: appena tornata a casa il professore l’aveva salutata chiedendo come fosse andata a scuola e lei li aveva detto che era andato tutto bene nel modo più convincente possibile, ma aveva visto sul viso del prof  uno sguardo piuttosto interrogativo ma lei aveva cercato di ignorarlo – “Mi fa piacere” -aveva detto alla fine, dovendo aver capito che a lei non andava di raccontare cosa fosse successo e sofia gliene fu infinitamente grata. La giornata era andata avanti normalmente, fortunatamente quel pomeriggio il professore si sarebbe dovuto trattenere all’università dove lavorava per motivi di lavoro e Karl se ne sarebbe stette tutto il giorno in camera a studiare perché l’indomani avrebbe avuto una verifica e non voleva essere impreparato, anche se Sofia trovava impossibile che ci fosse qualcosa che quel ragazzo non sapesse. Così Sofia poté stare un po’ da sola a farsi sbollire almeno un po’ quella rabbia che ancora non le era passata. Quella sera andò a letto prima del solito, era molto stanca per la notte movimentata del giorno prima e tutta la rabbia che aveva provato per buona parte del giorno non l’aveva aiutata, si mise a letto e chiuse gli occhi, per alcuni istanti il volto di quel ragazzo le fece provare ancora rabbia ma poi il sonno ebbe la meglio e finalmente si addormentò. Ma quella notte però non sarebbe stata molto diversa dalla precedente.
Sofia si trovava nei pressi di villa Mondragone, luogo dove era avvenuta l’ultima battaglia, anche se era solo un sogno rivedere quel posto le provocava un terribile senso di angoscia ma, al contrario di quanto si sarebbe aspettata non indossava l’armatura scintillante come le altre volte ma lo stesso pigiama che si era messa quella sera. Rimase ferma un po’ confusa quando sentì delle grida provenire dalla villa, allora cominciò a dirigersi di corsa verso il luogo dal quale provenivano. Quando arrivò non riuscì a credere ai suoi occhi, vedeva Thuban e Nindoghr che si scontravano ancora ma quello che la sorprese di più fu il fatto di vedere sé stessa che combatteva al fianco del suo drago. Restò paralizzata dallo stupore, quella sera Sofia non stava rivivendo quella terribile battaglia ‘in prima persona’ come le altre volte ma come una sorta di ‘spettatore’, che osservava quello che era successo quella terribile notte, ma soprattutto quello che aveva fatto: si vedeva mentre stava per infliggere l’ultimo definitivo colpo che avrebbe messo fino a quella guerra e chiusi gli occhi per evitare di rivedere quella scena, non l’avrebbe sopportato. Tenette gli occhi chiusi per un tempo che le parve infinito, ma quando li riaprì la scena che le si mostrò davanti la pietrificò: l’altra lei era ferma immobile nella stessa posizione in cui si era vista prima di chiudere gli occhi e lo stesso valeva per il drago e la viverna e per qualunque altra cosa intorno a lei, perfino l’aria era immobile, c’era una strana quiete tutto intorno, una quiete innaturale. “Ma cosa sta succedendo?” – si domandò tra sé e sé, quando un debole rumore di ramoscelli schiacciati attirò la sua attenzione, si girò di scatto e vide una figura, quella stessa figura nascosta tra la vegetazione, la stessa figura che aveva sognato la sera prima senza riuscire a capire chi o che cosa fosse, comunque sembrava che solo lui potesse muoversi in quello scenario dimenticato dal tempo. Sofia si avvicinò a lui stando attenta a non farsi notare, finché non riuscì a vederlo chiaramente: era un ragazzo dalla pelle chiara con capelli castani che li coprivano parte della fronte sfiorando i suoi occhi che erano di una sfumatura verdastra, indossava una T-shirt verde a maniche corte con al centro una scritta bianca, su cui portava una leggera felpa grigia con cappuccio, un paio di bermuda Verde scuro e un paio di allstars bianche. Questi si era posto alle spalle delle due possenti bestie e teneva le braccia rivolte verso di loro, mentre una luce color verdastro partiva dalle sue mani, si guardò intorno con fare circospetto e posò per un attimo lo sguardo su di lei che si era esposta troppo per osservarlo meglio, guardare lo sguardo di quel ragazzo le gelò il sangue le trasmetteva un inarrestabile senso di paura ma poi si girò come se non l’avesse vista. Evidentemente essendo una specie di visione del passato nessuna poteva né vederla né sentirla e questo la tranquillizzò, poi si accorse che il misterioso ragazzo aveva posato lo sguardo su una foglia secca rimasta sospesa a mezza’aria, continuo a tenere lo sguardo fisso su di essa fino e quando non inizio a muoversi quasi in maniera impercettibile, allora si rivolse verso il drago e la viverna e la luce proveniente dalle sue mani si fece più forte. Sofia osservò la scena senza muovere un muscolo e sentì il ragazzo parlare con un filo di voce - “E ora incominciamo” - e mentre pronunciava queste parole Sofia notò che tutt’ intorno a lei stava ricominciando a muoversi anche se in modo molto lento, sembrava quasi di vedere una di quelle scene a rallenty dei film d’azione quando sta per succedere qualcosa di inaspettato o di importante. Per lei fu ancora più terribile vivere quell’esperienza in quel modo, vedere come lei metteva fine a quella guerra e come i corpi di Thuban e Nindghor si dimenavano prima di sparire, mentre iniziavano a assumere la velocità normale, Sofia distolse lo sguardo  e i suoi occhi si posarono di nuovo su quel misterioso nuovo arrivato, le sembrava decisamente provato e continuava a tendere le braccia, notò che iniziava a sudare e aveva il respiro affannoso mentre la luce che proveniva dalle sue mani cominciava ad affievolirsi e poi a riaccendersi, come fa una vecchia lampadina quasi scarica indecisa se restare accesa o spegnersi per sempre. Nonostante ciò non si mosse dalla sua posizione – “Andiamo” - cominciò a ripetere a se stesso il ragazzo - ”Andiamo, ancora un piccolo sforzo”- Sofia si rigirò nella direzione della battaglia, senza uscire dal suo nascondiglio, e vide che i corpi dei due fratelli, un tempo amici e adesso rivali, stavano scomparendo proprio come ricordava, fu solo allora che la luce delle mani del ragazzo si spense e lui tirò un profondo sospiro, ansimando come se avesse corso una maratona. Ma non si concedette un nemmeno un attimo per riprendere fiato, che Sofia lo vide girare le spalle e andarsene ma prima si girò lanciando un’ultima occhiata al corpo dell’altra lei steso a terra – “Goditi i momenti felici che quel maledetto albero ti concede al di fuori da questa vita mia cara draconiana ”- sussurrò alla fine – “perché non dureranno”- aveva poi concluso accennando una debole risatina, prima di sparire tra la vegetazione.
Sofia venne svegliata dai raggi del sole che filtravano dalle tendine viola della sua camera, aveva il cuore che batteva all’impazzata e aveva molte domande che le tormentavano la mente – “Cosa significa? Chi era quel tizio? Cosa ne sapeva dei draconiani e dell’albero del mondo? E soprattutto cosa vuole fare? E che intendeva dire con quella sua ultima frase?” - quest’ultimo pensiero la fece rabbrividire, fu la voce del professore a riscuoterla dai suoi pensieri –“Sofia, alzati, non vorrai fare la stessa fine di ieri vero ? ”- guardando l’orologio si accorse che effettivamente era un po’ tardi allora si alzo dal letto per prepararsi, ma non si sentiva affatto tranquilla dopo quello che aveva visto e sentiva che stava per succedere qualcosa, qualcosa di terribile.
Per tutto il resto della mattinata sofia era rimasta con la testa tra le nuvole, a casa aveva a malapena sentito i discorsi del prof e di Karl, che li aveva chiesto di farli qualche domanda per assicurarsi di essere pronto per la verifica di quel giorno mentre Fabio aveva accennato qualche battuta ironica tanto per punzecchiarlo, in fondo discutevano spesso ma sempre in modo scherzoso, il loro modo di parlare, durante le lezioni però Sofia non era riuscita prestare molta attenzione, per quanto si sforzasse di non farlo tutti i pensieri che aveva non le davano tregua e ben più di una volta non seppe rispondere alle domande che le venivano poste dai professori, facendo così brutte figure e rendendosi ridicola davanti a tutta la classe. Fu il momento più bello della giornata quando finalmente suonò l’ultima campanella e fu libera di pensare liberamente, mentre imboccava l’uscita della scuola, o almeno così credeva.
Quel pomeriggio Fabio non sarebbe potuto venire a prenderla perché avrebbe passato il pomeriggio con un suo amico, l’unico che si era fatto da quando andava a scuola, così sofia sarebbe tornata a casa in autobus, la fermata non era troppo lontana dalla scuola e Sofia ci si avviò subito, per raggiungerla avrebbe dovuto attraversare una strada che sapeva essere molto affollata a quell’ora e non aveva voglia di stare tra la gente e il rumore, preferiva stare da sola con il suoi pensieri così prese una strada secondaria dove non passava nessuno: passava attraverso un piccolo parcheggio e era circondata da casa non troppo allegre ma a lei piaceva proprio perché in quel tragitto non sarebbe potuta stare da sola e in silenzio come piaceva a lei. Ma, mentre camminava immersa nei suoi pensieri, inciampò e cadde di faccia sull’asfalto del marciapiede, fortunatamente aveva teso le bracci poco prima dell’impatto e quindi non aveva sbattuto la testa, in compenso però le facevano davvero male le mani e come se non bastasse, nella fretta di uscire da scuola, non aveva chiuso bene lo zaino e tutti i libri erano volati fuori, insieme al suo telefonino che teneva sempre in una piccola tasca dello zaino per non farlo vedere, sapendo che tanto non poteva usarlo in classe e che glielo avrebbero ritirato se l’avessero visto. “Perfetto, e io che pensavo chela giornata non potesse andare peggio” -disse a sé stessa mentre raccoglieva le sue cose; stava allungando la mano per raccogliere il telefono quando venne calpestato e sarebbe accaduto anche alla sua mano se non l’avesse ritratta un attimo prima. “Ehi, il mio telefono! ”- aveva detto con un moto di rabbia mentre alzava lo sguardo per vedere il colpevole, e la rabbia aumento ancora di più quando lo vide. Davanti a lei c’era quel nuovo ragazzo del giorno prima, quello che l’aveva brutalmente respinta senza che lei avesse fatto niente per provocarlo in quel modo il giorno prima. Teneva lo sguardo puntato di lei, allora Sofia si alzo in piedi da terra per guardarlo direttamente in faccia – “C’è qualche problema? ”- le aveva chiesto come se non sapesse neanche quello che era successo –“Direi di sì, hai appena distrutto il mio telefono ”- gli rispose lei acida, quel tipo le stava diventando davvero odioso, alzò il piede e abbassò lo sguardo per vedere quel che restava del ex-telefono di Sofia e così fece anche lei, lo schermo era completamente a pezzi le parti che li stavano intorno erano state sbriciolate mostrando alcune parti dell’interno ed era sporco di fango in vari punti, era stato il suo regalo di compleanno da parte di Fabio e ci teneva molto, quando rialzò lo sguardo vide Alessandro, (si ricordava il suo nome e del resto come poteva dimenticarlo?) accennare un lieve sorrisetto sulla faccia – “Che c’è di così divertente? ”- gli aveva chiesto mentre la rabbia continuava a crescere –“E quello per te sarebbe stato un telefono? Forse una decina di anni fa avrebbe potuto esserlo”- le aveva risposto lui sghignazzando –“Potresti almeno dire che ti dispiace”- replicò lei sempre più arrabbiata, che cosa gliene importava a lui del suo telefono, non si era nemmeno degnato di scusarsi – “Lo potrei fare, ma il fatto è che mi dicono sempre di non dire bugie”- le aveva risposto, mentre lei stringeva i pugni sempre più forte – “e poi dovresti ringraziarmi adesso hai una scusa per fartene prendere un altro, magari di questo decennio ragazzina”- Sofia non ci vedeva più dalla rabbia, a fece per tirargli un pugno propri in faccia ma lui lo blocco con la mano e ricambio colpendola nello stomaco, sofia si piegò in due dal dolore ma prima che potesse reagire Alessandro la colpì di nuovo stavolta sulla faccia e le fece perdere l’equilibrio, così cadde di nuovo a terra e questa volta colpì con la faccia, sentiva un dolore fortissimo, si mise una mano sul lato della faccia e quando la tolse vide una piccola macchia rossa, evidentemente si era ferita alla testa nell’impatto e infatti le faceva male e si sentiva rintontita, all’improvviso si sentì tirare per i capelli, era Alessandro che le aveva presa per i capelli e che adesso la guardava dritta negli occhi con uno sguardo di odio e che lei ricambiò – “Hai del fegato te lo concedo”- le aveva detto in tono ironico -“ma sei ancora più stupida di quanto pensassi, pensavi forse di potermi colpire così come se niente fosse? ”- “Sinceramente si, non credevo ci volessero delle lezioni per tirare un pugno sul naso a uno stupido pallone gonfiato come te”- ribatté  lei senza paura, dopo quello che aveva passato qualche anno prima non sarebbe stato cerco un bulletto a farle paura -“Stai molto attenta a come parli, ragazzina” – tuonò lui con un tono non più derisorio quanto furioso e con una sguardo che istillava odio e rabbia, uno sguardo che a Sofia non pareva nuovo, mentre le tirava più forte i capelli, ma lei non  levò il minimo lamento per non dargli soddisfazione  –“Se ne avessi il tempo ti concerei peggio di quanto tu non sia già messa ora, ma ho cose più importanti da fare, perciò per questa volta te la sei cavata”- disse lui alla fine lasciandole andare i capelli –“ma se mi darai fastidio di  nuovo non sarò più così gentile con te”- concluse con tono di sfida sputando sul marciapiede a poco dal suo viso, sofia con le poche forze che le restavano lo guardo un’ultima volta negli occhi e lui fece lo stesso, poi Alessandro le voltò le spalle e se ne andò. Allora Sofia cercò di tirarsi su, la testa le girava e sentiva che una goccia di sangue le disegnava un lungo arco a partire dalla fronte fino alla guancia, prese un fazzoletto dallo zaino e si asciugo il viso tamponando poi la ‘ferita’ sulla fronte , ma mentre lo faceva lo sguardo di Alessandro le tornava alla mente tutto quell’odio e quella rabbia era certa di averli già visti prima e non quando lo aveva conosciuto e poi anche il suo aspetto le ricordava qualcosa, una fitta di dolore allo stomaco la ridestò allora raccolse quello che restava del suo amato ex-cellulare e si avviò verso la fermata ormai non troppo distante.


 

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Capitolo 5
*** Visite Inaspettate ***


CAPITOLO 4:Visite Inaspettate
“Ma dove sarà finita? Comincio a essere davvero preoccupato”- si ripeteva il professore, era da quasi un’ora che aspettava Sofia ma non era ancora arrivata – “prof stai calmo, magari ha perso l’autobus, non sarebbe certo la prima volta”- provò a rassicurarlo Karl mentre finiva di apparecchiare la tavola per il pranzo, di solito era il professore a farlo ma era così in ansia per Sofia che non se ne era ricordato, non lo aveva mai visto così preoccupato, era da almeno mezz’ora che camminava avanti e indietro nel soggiorno della villa tormentandosi le mani, lanciando di tanto in tanto uno sguardo speranzoso alla porta di ingresso nella speranza che ne uscisse la sua bambina ma non servì a nulla –“Può essere, ma Sofia mi chiama sempre quando sa che farà tardi ”- aveva replicato il professore in tono preoccupato senza smettere di muoversi – ‘ In effetti è strano che Sofia non ci abbia avvertiti ’ – pensò Karl tra sé e sé, lo faceva sempre anche quando era in ritardo solo di pochi minuti e Karl sapeva che lo faceva solo per non far preoccupare il professore, dopo questa riflessione anche lui cominciò a preoccuparsi. Passarono ancora alcuni minuti, che a loro sembrò un eternità, quando finalmente sentirono la serratura della porta scricchiolare e la maniglia muoversi –“Sofia !”-esclamò il professore, con un sospiro di sollievo girandosi verso la porta –“Finalmente, si può sapere dove…”- ma le parole li morirono in gola quando lei emerse completamente dalla porta, aveva un occhio nero, sulla fronte spuntava un taglio che ormai non sanguinava più ma che doveva averlo fatto perché Sofia aveva piccole macchie di sangue secco sulla guancia destra e poi era piegata in due tenendosi una mano sullo stomaco. Sofia fece solo alcuni passi verso il prof ancora pietrificato da quella visione quando inciampò, stava per cadere ma il prof la prese tra braccia prima che accadesse – “Per amor del cielo, Sofia come stai? Cosa è successo? ”- cominciò a chiederle il professore in preda alla paura – “Niente” – gemette Sofia nel tono più convincente che le era riuscito – “sono solo caduta mentre andavo alla fermata ”- “ed è stato il marciapiede a farti quell’occhio nero? ” – la incalzò lui con tono più severo, poi si girò verso Karl che era rimasto lì zitto ed immobile da quando lei era entrata –“Karl, vai a prendere la valigetta del pronto soccorso che tengo in bagno”- gli ordinò, il ragazzo annuì e si precipitò su per le scale, nel frattempo il prof tirò su Sofia e la distese sul divano dopo averle tolto lo zaino – “allora mi vuoi dire cosa è successo veramente ? ” - lei rimase zitta come se non volesse rispondere – “già ieri ho notato che non eri di buon umore ma non ti ho chiesto niente perché non mi sembrava che avessi voglia di parlarne ma adesso ti prego di dirmi come sono andate le cose sia ieri che oggi, sono tuo padre e ho il diritto di saperlo” – concluse infine lui con un tono più serio di quanto Sofia lo avesse mai sentito, allora capì che non avrebbe avuto senso mentire, intanto Karl era tornato con la valigetta la porse al professore, lui la aprì e pulì la ferita di Sofia con un po’ di alcol e del cotone, la asciugò e ci mise sopra un cerotto, infine ripose il tutto. Prese una sedia e si sedette propri davanti a Sofia con le braccia incrociate aspettando che le spiegasse l’accaduto, anche Karl era rimasto lì per sentire; Sofia si tirò su e si sedette sul divano mentre qualche altra fitta allo stomaco la colpiva ma non ci fece troppo caso, niente poteva essere più doloroso che raccontare a due tra le persone che le stavano più a cuore quello che aveva passato quella mattina. Fece un lungo sospiro e poi inizio a spiegare ciò che le era successo quella maledetta mattinata e anche quella precedente.
“E questo è tutto” - concluse Sofia, non le era affatto piaciuto rivivere quell’esperienza e ancor di più non le era piaciuto l’effetto che doveva aver causato. Il professore era visibilmente arrabbiato, durante il racconto aveva più volte stretto le mani a pugno quasi facendole sbiancare e anche Karl sembrava non aver gradito ma sempre di più del prof. Alla fine il prof si tolse li occhiali e si massaggiò la fronte un paio  di volte, infine si rivolse a Sofia –“perché non me ne hai parlato ieri? ” – chiesea in tono molto serio e dispiaciuto –“perché non volevo vederti arrabbiato né tanto meno triste come ora”- li rispose con una sincerità disarmante – “avevo visto abbastanza rabbia quel giorno:  da parte mia, da parte di quell’ Alessandro che non sembra provare altro e soprattutto da parte di Fabio anche se sapevo che non l’avrebbe presa bene vederlo così furioso e il solo pensiero che si sarebbe potuto cacciare nei guai per colpa mia mi ha fatto stare malissimo. Ho pensato che fosse meglio così, che non avresti sofferto ma mi sbagliavo, mi dispiace. ” – il professore rimase commosso da quelle parole – “e pensare che dovrei essere io a preoccuparmi per te e non il contrario”- concluse infine scherzando mentre un sorriso paterno li si disegnava sulle labbra, un sorriso che fece traboccare di gioia il cuore di Sofia, che fece passare tutto il dolore che aveva provato, quel sorriso che aveva avuto lo stesso giorno in cui l’aveva portata via dall’orfanotrofio e le aveva fatto iniziare una nuova vita, non riuscì a trattenersi e li saltò al collo abbracciandolo con forza e lui ricambiò il gesto – “grazie prof, non ti nasconderò mai più nulla te lo prometto ” – disse mentre alcune  sottili lacrima trovavano la via dai suoi occhi. Poi si lasciarono andare e Sofia diede un’occhiata a Karl che si era commosso pure lui da quella scena, Sofia lo intuì dal fatto che i suoi occhi si erano arrossati mentre si asciugava le poche lacrime che li scendevano sulle guance mostrando un sincero sorriso. “Adesso il problema sarà raccontarlo a Fabio” – intervenne il professore, il sorriso scomparve dalle labbra di Sofia ‘È vero, come la prenderà? Di certo non bene, data la sua ultima reazione, e se questa volta non mi ascoltasse? Se decidesse di farsi giustizia da solo? ’- pensò ma scacciò subito quel pensiero – “glielo dirò io” – rispose decisa – “ne sei sicura?”- chiese Karl tra il sorpreso e lo scettico -“si, so che può essere duro di carattere, scontroso e irritante “ – “molto irritante” – aggiunse Karl ma Sofia lo gelò con lo sguardo prima che potesse aggiungere altro – “ma”- continuò lei – “sa essere anche divertente, dolce e sincero mi sa dare coraggio nei momenti difficili, resta sempre con me anche quando nessun’altro lo farebbe. Quello che sto cercando di dire è che dietro quell’aspetto da duro si nasconde un ragazzo sensibile, anche se non sempre lo dà a vedere, è anche per questo che lo amo”– disse con sicurezza, non si vergognava neanche un po’ delle sue parole perché erano tutte vere e sincere, sincere come mai prima d’ora –“se la metti così non posso proprio obiettare”- le rispose il prof sorridendo –“ma confesso che potrei ingelosirmi dato questa spontanea dichiarazione d’affetto”- aggiunse e tutti risero per quella piccola battuta, ne avevano tutti bisogno per sciogliere la tensione –“grazie, allora gli parlerò appena torna” - “non sarà necessario” – aggiunse una voce famigliare, Sofìa e tutti gli altri si girano di scatto sorpresi, da dietro la parete del corridoio era emerso Fabio, Sofia rimase allibita per qualche secondo – “ma non dovevi …” – balbettò – “Il mio amico è dovuto andare via prima del previsto, dati i suoi voti i genitori gli hanno imposto di tornare a casa per studiare, così sono rientrato, già da un po’ ”- le rispose lui in tono che non lasciava trasparire nessuna emozione -“un po’ … quanto? ” – domando Sofia mentre la pelle cominciava ad arrossarsi –“abbastanza per sentire la tua avventura mattutina e … la tua sdolcinata dichiarazione”- a quel punto Sofia divenne rossa fino alla radice dei capelli, non si vergognava di quello che aveva detto ma mai e poi mai avrebbe pensato che il suo ragazzo la stesse ascoltando, Il professore lanciò un occhiata a Karl che intuì subito entrambi lasciarono la stanza e salirono al piano di sopra capendo che era meglio lasciarli soli. Fabio avanzò lentamente verso il divano dove si trovava Sofia, e si sedette accanto a lei; per un po’ rimase in silenzio come se stesse cercando le parole migliori per esprimersi e alla fine parlò –“sarò sincero quando o sentito quello che ti era successo ero furioso, avrei voluto avere quel tizio tra le mani e fargliela pagare cara per quello che ti aveva fatto”- mentre parlava stringeva le mani a pugno sulle ginocchia e il suo tono era chiaramente nervoso, e a Sofia non piaceva per niente, non le piaceva vedere così il suo amato Fabio così li poso una mano sulla sua e lui la guardò negli occhi, non lo faceva da alcuni giorni ormai (a causa dei suoi impegni) ma vedere gli occhi verdi ed innocenti di Sofia gli scaldava il cuore, così pian piano distese le mani e continuò – “stavo per uscire e andare a cercare quel … quel mostro ma poi ho sentito quello che hai detto e mi sono calmato”- e si fermò un attimo poi riprese – “non sopportavo l’ idea che qualcuno ti facesse soffrire, ancora di più se fossi stato io la causa di quel dolore, e non parlo di dolore fisico, sentirti mentre dicevi tutte quelle cose di me mi ha fatto riflettere e quindi ho deciso di … lasciar perdere”- Sofia era commossa, lui era disposto a tutto per lei anche a cambiare se stesso a non fare una cosa su cui forse un tempo non avrebbe neanche esitato. Sofia prese il suo viso tra le mani lo portò a guardare il suo, poi lentamente cominciarono ad avvicinarsi finché non si baciarono, un bacio che voleva dire tante cose, soprattutto che si volevano bene, che si sapevano capire come nessun’altro e che non si sarebbero mai lasciati. “però una cosa ”-disse lui dopo essersi staccati – “la prossima volta non gliela faccio passare liscia, e questo è un punto non negoziabile ” – affermò in tono secco –“d’accordo, ma farò in modo che non ci sia nessuna prossima volta”- aggiunse lei –“che ne dici mangiamo qualcosa? ”- le chiese –“certo ho una fame da lupi?”.
Nonostante l’inizio fosse stato tutt’altro che piacevole la giornata era andata avanti nel migliore sei modi, quella confessione aveva fatto molto bene a Sofia che adesso si sentiva molto più leggera, tenersi dentro quel segreto non le piaceva affatto e per di più ogni volta che ci pensava le saliva la rabbia, ma ora non ce n’era più motivo. Avevano cenato tutti insieme, anche se un po’ più tardi del solito, chiacchierando e scherzando sembrava che tutti avessero accetta la spiacevole vicenda di che le era capitata, perfino Fabio aveva parlato del più e del meno quando di solito se ne stava sempre zitto, naturalmente lanciando di tanto in tanto qualche battuta sarcastica su Karl che ricambiava sempre il favore, era il loro modo per volersi bene. Fortunatamente era venerdì quindi il giorno dopo non ci sarebbe stata la scuola perciò, dopo cena i ragazzi si sarebbero potuti rilassare; tutti diedero una mano a sparecchiare la tavola e a mettere a posto: Karl lavava i piatti, Sofia riponeva tovaglia, tovaglioli e posate, e Fabio scopava il pavimento pieno di briciole mentre il professore era seduto sulla poltrona in salotto a leggere il giornale – “Allora che cosa facciamo oggi? ”- chiese Sofia mentre ripiegava la tovaglia – “Io credo niente …” – rispose Fabio scherzando – “Perché? Sei capace di fare altro? ” – lo punzecchiò Karl – “E tu sai fare qualcos’altro che stare chiuso in camera a studiare anche a ferragosto ? ” – ribatté lui sorridendo –“È più forte di me, se non studio mi sento incompleto e poi cosa c’è di male? ” - “potresti anche cercare di farti una vita sociale, sai no all’aria aperta a giocare a pallone o tanto per stare in compagnia, una vita al di fuori della scuola” - “Mmm … lo prenderò in considerazione” – concluse Karl sorridendo – “E tu Sofia? Cos’hai intenzione di fare?” – le chiesero quasi all’unisono – “non lo so, pensavo anche solo di andare in riva al lago per un po’ ”- li rispose, era il suo luogo preferito quando c’era il sole, vedere il suo riflesso sull’acqua del lago mentre un lieve brezza le accarezzava il viso  e le scompigliava i capelli. Fu il campanello della porta a interrompere la loro chiacchierata – “Aspettavate qualcuno?”- chiese il professore alzando lo sguardo dal giornale, i ragazzi scossero la testa incuriositi. Ci poteva essere? Al secondo suono del campanello il professore ripiego il giornale e lo appoggiò sul tavolo e si diresse verso la porta. “Ragazzi, credo sia per voi!”- annunciò dopo che lo sentirono aprire la porta d’ingresso; incuriositi Sofia, Fabio e Karl interruppero la pulizia e si diressero verso l’ingresso, quando videro chi c’era sulla porta rimasero tutti sorpresi –“Ciao Sof, è un po’ che non ci si vede” - “Lidja” – esclamò Sofia e con lei c’erano anche Clhoe ed Ewan, i loro cari amici, era ormai già qualche settimana che non si vedevano più: i gemelli si erano iscritti in una scuola molto distante dalla loro e quindi capitava molto di rado che si vedessero e Lidja se non era a scuola era sempre molto indaffarata col circo. Sofia era al settimo cielo nel rivederli e saltò subito al collo a Lidja abbracciandola – “Ok, ok Sof anche io sono felice di rivederti”- le disse ricambiando l’abbraccio, nel frattempo anche gli altri si erano salutati, soprattutto Karl e Cloe, anche se la loro non era una storia ufficiale era chiaro a tutti che quei due si piacevano, tutte le volte che si incontravano arrossivano come se fossero stati in una sauna. Quando Sofia e Lidja si sciolsero da quel caldo abbraccio le ragazze si guardarono in faccia sorridendo, era così bello rivedersi dopo un tempo che per altri sarebbe potuto sembrare poco ma per loro era stata un’eternità, poi però il volto di Lidja si fece più serio mentre scrutava meglio il volto di Sofia –“Che hai fatto all’occhio? ”- le chiese con una punta di preoccupazione, lei se ne era completamente dimenticata, quella spiacevole mattinata le aveva lasciato un bel ricordo: una gran bella macchia nera intorno all’occhio –“Diciamo che ho avuto una brutta giornata fin ora ma adesso non ho voglia di parlarne”- le rispose, era già stata abbastanza dura raccontarla al prof e gli altri e non aveva per niente voglia di rivivere quell’esperienza, almeno non subito - “Va bene”- le rispose Lidja senza insistere – “però più tardi ne parliamo d’accordo? ”- lei annuì – “Comunque cosa fate qui ?”-le chiese cercando di cambiare argomento –“Era non po’ che non ci vedevamo così io, Clhoe ed Ewan abbiamo deciso di farvi una sorpresa che spero abbiate gradito? ”- le rispose Lidja in tono scherzoso –“Certo che l’abbiamo gradita” – le rispose Sofia con felicità –“Ci avrei giurato” - “E fino a quanto restate? ”- chiese Karl che aveva ascoltato la conversazione –“Avevamo intenzione di rimanere tutto il pomeriggio se non è  un problema? ”- li rispose timida Cloe – “certo che non lo è! ”- rispose lui ad alta voce, ottenendo l’effetto che tutti si girarono verso di lui  e Cloe ed entrambi arrossirono per l’imbarazzo, anche se ormai tutti sapevano che loro due stavano insieme - “Allora che cosa si fa? ” – esordì Ewan che era rimasto in silenzio fino ad allora – “Ne stavamo parlando proprio prima che arrivaste ” – gli rispose subito Sofia – “Io personalmente avevo intenzione di fare una passeggiata in riva al lago, ma se voi avevate in mente altro …” – “assolutamente no, e mi pare una splendida idea” – le rispose subito Lidja senza neanche lasciarle il tempo di finire la frase –“ultimamente non siamo usciti molto e a me piacerebbe passare un po’ di tempo all’aria aperta”- “Va bene anche per voi? ”- chiese Sofia rivolgendosi agli altri che annuirono con decisione –“Allora è deciso, si va tutti a fare una gita sul lago ”- “Allora vi lascio soli”- intervenne il professore –“Io resterò in casa tutto il pomeriggio per motivi di lavoro, quando vorrete rientrare saprete dove trovarmi ”- “D’accordo ”- gli disse Sofia sorridendo, aveva bisogno di stare con i suoi vecchi amici e forse il professore si sarebbe sentito di troppo tra di loro – “Allora andiamo ”- concluse Fabio che si era portato di fianco a Sofia, i ragazzi salutarono il professore e poi tutti insieme si misero in marcia verso il lago di Albano.

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Capitolo 6
*** Il Passato Ritorna ***


CAPITOLO 6 - Il passato ritorna
Una volta arrivati i ragazzi si fermarono sulle rive del lago, quasi se fossero in contemplazione, era una splendida giornata: il cielo era di un limpido e azzurro senza neanche una nuvola, il riflesso del sole si stagliava sulle acque del lago rendendo visibile parte dello spazio sotto l’acqua e una leggera brezza spirava verso di loro, tutt’intorno c’erano alberi rigogliosi e verdissimi. A Sofia piaceva molto quel luogo, le bastava respirare quell’aria a pieni polmoni e qualunque problema o preoccupazione svaniva –“Quasi non me lo ricordavo sai ”- le disse Lidja con un filo di nostalgia –“E adesso te lo ricordi? ”- rispose Sofia con un sorriso –“Certo”- le rispose –“Sapete, mi fa tornare alla mente un sacco di ricordi questo lago ”- si intromise Ewan, mentre portava un braccio sulle spalle di Lidja –“Anche a me”- aggiunse Karl che teneva Cloe per mano ed entrambi si scambiavano un’occhiata piena di significati. Sofia pensò che avevano ragione, era da quel posto che la loro avventura passata era cominciata, era lì che aveva compiuto la sua prima missione di draconiana ed era sempre lì che la sua missione era finita, in un istante le tornarono alla mente tutte le avventure che aveva passato e soprattutto Thuban, il suo drago, il suo migliore amico che sapeva comprenderla e capirla anche quando nessun’altro ci riusciva, in quel momento le si strinse il cuore. “Ne è passato di tempo vero?” – la voce di Fabio la ridestò dai suoi ricordi e si accorse che la stava guardando con dolcezza come se avesse intuito cosa stava pensando, a lui bastava un solo sguardo per capire come si sentisse lei, era anche per questo che lo amava, allora Sofia gli si avvicinò appoggiando la testa sulla sua spalla – “È vero, ma a volte mi sembra che non sia passato neanche un giorno ”- disse Sofia, mentre continuava a fissare il lago che si rifletteva nei suoi occhi verdi – “Secondo voi sono ancora là sotto? ”- chiese Karl – “Le nostre sfere intendo” - “Ti manca ancora il tuo giocattolo vero?” – lo punzecchiò Fabio –“Era solo per dire e comunque non è un giocattolo ma un fedele arco con tanto di frecce inesauribili”- puntualizzò lui –“Io, comunque, credo di sì, è quello il loro posto”- si intromise Sofia, ricordava benissimo quel giorno, il giorno in cui la loro battaglia era finita e avevano deciso di gettare le sfere sul fondo del lago perché sapevano che ormai quella battaglia era finita, furono questi pensieri a riportare nella mente di Sofia le parole del ragazzo che aveva visto in sogno “Goditi i momenti felici che quel maledetto albero ti concede al di fuori da questa vita mia cara draconiana, perché non dureranno”, scacciò subito dalla mente quel pensiero, non voleva certo rovinare quel momento.
“Ragazzi, forse dovremmo rientrare”- disse Karl dopo un po’, in effetti si era fatto tardi quasi senza neanche accorgersene, erano rimasti a contemplare il lago più a lungo di quanto immaginassero e il sole stava cominciando a scendere –“Penso tu abbia ragione, si è fatto tardi”- lo sostenne Cloe e anche gli altri annuirono, Sofia era seduta sulla riva del lago con le gambe incrociate e gli occhi chiusi, si voleva godere fino all’ultimo secondo quella piacevole sensazione che il lago le dava –“Sof, è ora di andare”- le disse Fabio avvicinandosi a lei Sofia aprì gli occhi e lui le porse una mano per aiutarla ad alzarsi, prima di andare Sofia gettò un ultimo sguardo alle acque del lago proprio mentre il sole veniva oscurato da una piccola nuvoletta bianca, fu allora che qualcosa attirò l’attenzione di Sofia, sotto la superficie dell’acqua le pareva di vedere una fioca luce verde –“che cos’è ? ”- pensò ad alta voce –“che cosa ? ”- chiese Fabio –“mi sembra di vedere una piccola luce laggiù ”- disse indicando un punto del lago, Fabio si avvicinò a lei e strinse gli occhi per vedere meglio –“in effetti si, la vedo anch’io”- le rispose e questo la confortò, per un attimo credeva di avere delle visioni, ma subito dopo che Fabio e Sofia si avvicinarono ancora alla riva, quasi inconsciamente come se fossero attirati da quell’invitante lucetta, la luce verde si fece più forte e a questa se ne aggiunse un’altra di colore oro, i 2 ragazzi rimasero a bocca aperta per lo stupore. Nel frattempo gli altri avevano notato che si erano fermanti sulle rive del lago, come ipnotizzati, si erano avvicinati incuriositi, ma Sofia e Fabio neanche li sentirono arrivare ne tantomeno quando li chiamarono (diverse volte), allora fu Lidja la prima ad avvicinarsi di più –“Insomma, che state guardando”-ma il fiato le morì in gola quando anche lei si accorse di quelle strane luci, tanto più che adesso che anche lei era lì con loro alle 2 già presenti se ne era aggiunta un’altra color rosa, subito dopo anche Karl, Ewan e Cloe si avvicinarono attirati da quelle piccole luci che adesso si vedeva di più, e quando anche loro si affiancarono agli altri apparvero anche una luce blu e due luci viola.
“Che cosa sta succedendo?”-domandò Cloe spontaneamente –“Davvero non lo so”- le ripose Karl mentre si toglieva gli occhiali dal viso, le 6 luci divennero sempre più forti e accese finché da ciascuna di esse non partì un alto fascio di luce, ciascuno del colore della sfera corrispondente, le  estremità superiore di questi 6 raggi cominciarono muoversi finché non si scontrarono tutti in uno stesso punto, come se avessero seguito una strada immaginaria per rincontrarsi, e adesso erano tutti insieme, come i sei draconiani in quel momento; un istante e dal punto dell'unione dei raggi luminosi si generò un potente getto di luce che obbligò i ragazzi a coprirsi la vista per non rimanere accecati, poi questo getto cominciò ad affievolirsi e quando poterono di nuovo guardare al posto dei dischi c’era una sfera luminosa bianchissima che fluttuava a poca distanza da loro, Sofia rimase incantata ad osservarla: era una sfera perfetta abbastanza grande, era di un limpido bianco che le ricordava il colore delle abitazioni di Draconia quella volta che l’aveva vista, ed emanava una calda luce bianca. La ragazza allungò lentamente un braccio per cercare di toccarla, quasi avesse paura di rovinare quella bellissima forma, ma un attimo prima che la sua mano sfiorasse la superficie liscia della sfera, questa scattò in alto facendo sobbalzare Sofia e gli altri ragazzi, allora la sfera si diresse a tutta velocità verso in direzione della villa lasciando dietro di sé una sfumata scia bianca e i ragazzi la seguirono con lo sguardo finché non sparì alla vista. I ragazzi rimasero pietrificati dallo stupore Nessuno disse niente per un tempo che parve infinito, si guardarono negli occhi tutti, a uno a uno, poi finalmente Sofia parlò per prima – “dobbiamo tornare alla villa, e subito”- gli altri si limitarono ad annuire imboccarono di corsa la direzione da cui erano venuti.
I ragazzi corsero più non posso verso la via di casa, Sofia era in testa al gruppo, il cuore le batteva a mille e credeva che sarebbe potuto scoppiare da un momento all’altro ma il pensiero di quella sfera che sfrecciava verso la villa era sufficiente a rendere insignificante tutta quella fatica, se fosse successo qualcosa al suo amato professore, l’uomo che l’aveva portata via dall’orfanotrofio, che l’aveva sempre protetta e sostenuta, non se lo sarebbe mai perdonato. Avevano compiuto già una buona parte di tragitto, quando Sofia si blocco di colpo come impalata al terreno, Fabio si fermo appena un attimo prima di finirle addosso, e si lascò andare un lungo sospiro di sollievo – “Che cosa c’è Sofia? ”- le chiese mentre approfittava di quella improvvisa pausa per riprendere fiato ma lei non disse nulla, aveva lo sguardo fissato proprio davanti a lei, lui non capiva, finché non si voltò nella stessa direzione in cui lei stava guardando, e allora li fu tutto chiaro: in lontananza si vedeva chiaramente tra gli alberi una forte luce bianca simile a quella che emanava la sfera quando l’avevano vista, ma la cosa che aveva colpito di più Sofia era un’altra a cui Fabio arrivo solo dopo pochi minuti, da quella parte c’era la villa. Gli altri ragazzi erano rimasti un po’ più indietro ma li raggiunsero dopo poco tempo e anche loro rimase fermi a fissare quella misteriosa luce, passò un po’ di tempo e questa cominciò ad affievolirsi fino a spegnersi del tutto lasciando posto al chiarore del sole che stava ormai tramontando, mentre il cielo cominciava a tingersi di rosa. I 6 ragazzi rimase fermi impalati ancora per un po’ – “Prof”- sussurrò infine Sofia con voce tremante –“Prof, prof ”- continuava a ripetere alzando la voce mentre la paura si impossessava del suo corpo creando ogni sorta di brutto pensiero, ma fu proprio questa paura a farla ricominciare a correre verso casa, senza nemmeno sentire la voce di Fabio che la chiamava, doveva arrivare alla villa, doveva vedere cosa era successo anche se temeva che potrebbe essere stato qualcosa di terribile.
Alla velocità con cui correva arrivò alla villa in poco tempo, all’esterno sembrava come sempre senza nessun danno o altro, Sofia spalancò la porta d’ingresso aprendola con le sue chiavi che portava sempre con se per precauzione, si precipitò in casa iniziando a chiamare il professore ma non ebbe nessuna risposta, in preda al panico lo cercò ovunque finché non lo trovò in biblioteca e quando vi entrò dovette soffocare un grido di terrore, il professore era steso ai suoi piedi con la faccia a terra, sembrava inerme, come svenuto e non dava il minimo segno di vita, Sofia era in preda al più totale panico non sapeva cosa fare, cercò di calmarsi il più possibile e si inginocchiò di fianco al prof girandolo , aveva gli occhi chiusi e questo non giovò affatto a Sofia –“ prof ”- lo chiamò senza successo -“ prof, prof, ti prego svegliati”- continuò a dirgli mentre le lacrime trovavano la via degli occhi e le bagnavano il viso –“non lasciarmi sola, ti supplico”- disse in mezzo alle lacrime appoggiando la testa sul petto del professore, si sentiva sola come ai tempi dell’orfanotrofio, quando nessuno la voleva e si trovava senza niente e nessuno, ma mentre quei tristi ricordi si facevano strada sentì un lieve sospiro muoverle i capelli, alzò piano la testa e si girò a guardare la faccia del suo professore e lentamente questi aprì gli occhi, si guardò intorno un po’ intontito e posò lo sguardo su di lei –“Sofia”- disse con un filo di voce tirandosi su con le braccia –“ prof ” – gioì lei saltandogli al collo –“mi hai fatto prendere uno spavento dell’anima, non farlo mai più”  - continuò mentre le lacrime di tristezza si trasformavano in lacrime di gioia –“mi dispiace di averti fatto stare in pensiero”- le disse abbracciandola, poi si staccarono e fu il prof a parlare –“ma ora dimmi, cosa è successo?”-“questo dovresti dirmelo tu non credi? io non c’ero quando sei svenuto ”- gli rispose lei un po’perplessa-“ non mi riferivo a quello, ma alla battagli con Nidhoggr ”-Sofia sobbalzò, per 2 anni il professore non aveva più neanche nominato quel nome, il potere dell’albero del mondo aveva modificato i suoi ricordi e da allora non mai più accennato ai draconiani né tanto meno alla battaglia con Nidhoggr –“vu … vuoi dire che ti ricordi?” – chiese lei titubante –“certo che si, perché mai non dovrei? ”- lei rimase paralizzata dalla sua risposta, e stava per muovere le labbra per rispondergli ma venne interrotta dallo schiantarsi della porta d’ingresso, qualcuno l’aveva aperta bruscamente, e sentì pronunciare il suo nome con forza, riconobbe subito la voce di Fabio che apparì quasi subito davanti all’ingresso della biblioteca –“Sofia, stai bene? ”- le chiese mentre riprendeva fiato per la corsa – “Certo, mai stata meglio”- disse lei mentre Fabio le sorrideva molto tranquillizzato dalla sua risposta, quasi si commuoveva a vedere Fabio così preoccupato per lei, gli altri arrivarono dopo pochi secondi, anche loro avevano affrettato il passo dopo che Sofia si era distaccata dal gruppo ed erano tutti parecchio sudati sia per la corsa, che per la paura che potesse essere successo qualcosa di brutto –“Caspita Sof, dovresti inscriverti ad una maratona se corri sempre così ”- scherzò Lidja mentre si asciugava la fronte –“Mi spiace di avervi lasciti indietro ma…”-“Dai sof, non devi scusarti possiamo capire la tua reazione”- la interruppe prima che potesse continuare e gli altri annuirono per confermare che non aveva fatto niente di male –“Comunque cos’è successo? E come sta il prof ?”-intervenne Karl che aveva notato che il professore, sempre seduto sul pavimento, si massaggiava la testa ed era visibilmente frastornato –“Non ci crederete mai ”-disse Sofia volgendo prima una sguardo al professore, come per chiedergli il permesso di continuare, e lui ricambio con uno sguardo che non lascio nessun dubbio a Sofia, poi si rivolse di nuovo ai suoi amici che sembravano parecchio ansiosi di sentire, lei prese un bel respiro e poi disse tutto d’un fiato –“Il prof si ricorda”- a quelle parole tutti sgranarono gli occhi esterrefatti, ma non ebbero nemmeno il tempo di muovere le labbra che sentirono un rumore di passi provenire dalle scale, i ragazzi istintivamente si girarono nella direzione da cui proveniva il rumore e videro una donna dai capelli rossi raccolti in sottili treccine, portava una maglia rosa con sopra una felpa grigio scuro e un paio di pantaloni di jeans dello stesso colore della felpa, stava scendendo le scale lentamente appoggiando una mano alla parete e l’tra sulla testa –“Mamma”- esclamarono i gemelli quasi all’unisono, davanti a loro c’era Gillian che quando sentì i suoi figli alzò lo sguardo, ma inciampò e per poco non cadde dalle scale, Sofia nel frattempo sveva aiutato il professore a rialzarsi e lo aveva fatto sedere su una sedia in biblioteca e si era unita agli altri sulla porta, era un po’ di tempo che non vedeva la mamma dei gemelli e notò che continuava a tenersi una mano alla testa proprio come faceva il professore quando si era ripreso dallo svenimento –‘vuoi vedere che anche Gillian … ‘- mentre formulava questo pensiero Ewan e Cloe erano corsi in contro alla madre barcollante portandosi un braccio dietro le spalle ciascuno, la aiutarono a raggiungere la biblioteca e la fecero sedere su un’altra sedia vicino al professore –“Mamma, cosa ci fai qui?”- le chiesero, ancora all’unisono, i 2 ragazzi –“Ero venuta  prendervi per tornare a casa”- rispose loro la donna dopo alcuni attimi di esitazione –“quando sono arrivata però non eravate in casa e Georg mi ha detta che eravate a fare una gita sul lago così mi ha invitato ad aspettarvi qui ma poi …”-esitò un momento prima di continuare come sei anche lei non sapesse bene cosa fosse successo – “poi non ricordo bene cosa sia successo, ero andata al piano di sopra mentre Georg era qui in biblioteca a leggere quando all’improvviso ho perso i sensi, mi sono risvegliata solo poco fa con un forte mal di testa e, sentendo le vostre voci sono scesa”- “Ma ora stai bene ?”-intervenne Cloe preoccupata –“Si, si non preoccupatevi”- la tranquillizzò lei –“ho solo ancora un po’ di mal di testa ma, adesso che ci penso, che fine ha fatto Nindghor? ”- i gemelli si guardarono l’un l’altro spiazzati, e l’espressione degli altri ragazzi non era meno sorpresa della loro –“Bhe, cosa sono quelle facce come se avessi detto chissà che cosa? ”- li riscosse Gillian un po’ confusa –“È la stessa cosa che stavo per dire io ”- intervenne il professore, che fin’ora era rimasto in ascolto in silenzio –“Si può sapere cosa è successo? ”; i ragazzi non sapevano cosa dire, ma alla fine Sofia decise che doveva sapere com’era andata inoltra aveva capito che se avevano ricordato tutto ci doveva essere un motivo, anche se molto probabilmente non doveva essere nulla di buono, fece un passo avanti guardo uno per uno tutti i suoi amici come per chieder loro se erano d’accordo con lei, i ragazzi annuirono, allora lei si girò verso il prof e Gillian e disse –“Ok, vi racconteremo cosa è successo ” – prese un’altra sedia e si mise davanti a loro con i suoi amici alle spalle e iniziò a raccontare tutto quello che  era capitato loro, erano tutti così attenti ad ascoltarla che non notarono una figura nera che si staglia sul muro del corridoio, questa aveva ascoltato tutto fino all’ultima parola da quando i ragazzi erano rientrati, e ora si stava dirigendo verso la porta d’ingrasso per uscire, si muoveva sinuosamente sulle pareti per poi raggiungere la porta e infiltrarsi nella serratura per poi uscire dall’altra parte, doveva riferire ciò che aveva sentito al suo padrone.
La figura nera aveva attraversato velocemente una lunga distanza per arrivare dal suo padrone, lo trovo in uno dei vicoli di Roma dove sorgeva un unico lampione, un ragazzo appoggiato al muro di un palazzo con gli occhi chiusi come se dormisse, la sua ombra si disegnava partendo dai suoi piedi fino ad arrivare alla base della parete di fronte, la figura ‘si sovrappose ’ all’ombra del ragazzo, passarono pochi istanti e questi aprì gli occhi di scatto mentre un sorrisetto beffardo si disegnava sulle sue labbra –“Bene bene, era ora che cominciassero a ricordare, sarà meglio informare il capo e subito, sarà molto contento ” – il ragazzo si staccò dal muro e si avviò verso il lampione, si mise proprio al centro della luce finché la sua ombra non divenne un ovale sotto i suoi piedi, chiuse gli occhi e il suo corpo cominciò a sprofondare nella su stessa ombra fino a quando non ne fu completamente inghiottito, rimase solo una deforme sagoma nera che si avviò verso casa, strisciando sulla strada, per riferire le novità che aveva scoperto ed impaziente di entrare in azione. 

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