Mi sei scoppiato dentro al cuore

di veronpar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Space Oddity ***
Capitolo 2: *** Folle idea ***
Capitolo 3: *** Una splendida giornata ***
Capitolo 4: *** L'appuntamento ***
Capitolo 5: *** Così stronzo ***



Capitolo 1
*** Space Oddity ***


È tardo pomeriggio. Sono distesa sul letto, nella mia nuova stanza presa in affitto a Londra. Sono arrivata da circa tre ore e la mia testa ha già pensato di tutto senza fermarsi neanche un secondo. L’aver lasciato Roma e i miei amici. I saluti con la mia famiglia all’aereoporto e le raccomandazioni di mamma. “Rebecca goditi questa nuova avventura”- “ci mancherai tantissimo. Scrivici tutti i giorni anzi no, chiamaci tutti i giorni e scrivi almeno una volta a settimana”. Sorrido. Le persone che fanno parte della mia vita erano tutte lì a salutarmi. Il testone di mio fratello nel mentre prendevo un caffè al bar dell’aereoporto mi ha confidato, strappandomi la promessa di mantenere il segreto, che è stata una cosa organizzata da mio padre e mia sorella. Al pensiero scuoto la testa e scoppio in una risata fragorosa. Nonostante la felicità di essere qui, già sento la loro mancanza . Avrei voluto avere più tempo per stare con loro prima di salutarli, dir loro che averli al mio fianco è sempre stato molto importante. C’erano tutti, tranne Fabio. Sospiro. Forse è stato meglio così. Si, è stato decisamente molto meglio. Improvvisamente i miei pensieri vengono interrotti da Susan la mia conquilina d’appartamento; un concentrato di esuberanza e follia allo stato puro. Bassa, capelli a caschetto biondo cenere, un fisico da paura nonostante la sua altezza. Un carattere fin troppo aperto ma che subito mi è andata a genio. Sono certa che con lei sicuramente non mi annoierò. “Dai italiana, fatti bella che stasera si esce a festeggiare il tuo arrivo. Non accetto un no, quindi hai esattamente 30 minuti per essere decente e portare il tuo culetto fuori dalla porta”. Le sorrido, si è già trasformata in un uragano per i miei gusti e la cosa non può che farmi piacere. Siamo in un pub di Camden Town, è uno dei miei quartieri preferiti di Londra. Mi piace tutto di esso, dai negozi alla gente che lo frequenta e poi, è il quartiere di Amy Winehouse, una delle mie artiste preferite. Il pub è pieno di gente e Susan, la folle Susan, ha prenotato un grande tavolo con i suoi amici, senza dubbio stravaganti come lei ma simpatici. Mi piace la mia nuova vita londinese. Tra una battuta e una risata è già la terza birra che mi faccio e se continuo di questo passo mi prenderò una forte sbronza. Dallo stereo parte God Save The queen dei Sex Pistols, è una delle canzoni che ascolto per caricarmi. Insieme a Johnny Rotten iniziamo a cantarla insieme "no future no future, no future for you" attirando l’attenzione di tutti i presenti, ok l’alcool sta facendo il suo effetto. La canzone finisce portando con se gli applausi ma anche i fischi dei presenti, di certo non si può dire che siamo stati intonati. “Ehi Jack, porta un’altra pinta di birra al tavolo, oggi si festeggia”, mi giro verso Paul e con un leggero sorriso esclama “ehi italiana stasera si beve e si festeggia senza fare storie”. Scoppio a ridere e chiedo a Susan di accompagnarmi in bagno, dopo un po’ di storie si alza e mi accompagna. Come previsto per il bagno c’è la fila, mi appoggio al muro verdone del pub pieno di scritte e sbuffo, le attese mi hanno sempre snervato. Susan, improvvisamente inzia a urlare di muoversi, dicendo che non può passare tutta la serata a fare la fila. In preda ai fiumi dell’alcool scoppio a ridere senza freni e lei insieme a me. Fino a quando non si gira il ragazzo davanti a me. Alto, carnagione scura, due occhi cerulei, moro; una semplice maglietta bianca e dei jeans scuri che gli fasciano la vita, quanto basta a far intendere il fisico che nasconde sotto. Con un sorriso esclama “spiegaglielo bene altrimenti mi tocca cambiare il serbatoio qui seduta stante e non mi sembra il caso davanti a queste belle ragazze”. Quel sorriso. David Bowie intanto sta cantando Space Oddity “Now it's time to leave the capsule if you dare, This is Major Tom to Ground Control” e credo che la mia navicella si sia appena schiantata contro questo ragazzo. Il mio cervello non ha avuto neanche il tempo di articolare una risposta che l’angelo davanti a me è entrato in bagno. Resto ferma, appoggiata al muro quando improvvisamente Susan mi riporta alla realtà. “Becca torna nel pianeta terra, si è liberato il bagno, entra dai”. Ancora non realizzo, meccanicamente entro e mi chiudo la porta dietro di me. Era reale o semplicemente frutto della mia fantasia? Neanche ricordo il motivo per cui dovevo andare al bagno; apro il rubinetto dell’acqua e inizio a lavarmi la faccia. Mi guardo allo specchio e mi faccio una coda. Sento una forte vampata di calore. Riesco dal bagno, promettendomi di tornare alla realtà. Con Susan torno al tavolo dagli altri ma non faccio altro che guardarmi intorno, dov’è il misterioso ragazzo? Accidenti l’ho perso. Decido di uscire a prendere una boccata di aria fresca e fumarmi una sigaretta, tra vari spintoni arrivo all’uscita. Davanti a me, appoggiato a un lampione in disparte c’è il ragazzo della fila. Questa volta indossa un maglione blu scuro Stone Island; è bello anche da dietro. Come se mi avesse letto nel pensiero si gira, mi osserva e viene verso di me. Mette una mano in tasca e dal jeans caccia un accendino. Lo prendo con mano tremante senza dire una parola e accendo la mia sigaretta. Glielo porgo balbettando un flebile “grazie”; scuote leggermente la testa, sorride ed esclama “piacere Brandon”. Brandon. Da lontano un ragazzo lo chiama “dai Bran, andiamo sai che domani ho il turno di mattina”. Vedendo che si gira torno improvvisamente alla realtà, “Rebecca. Mi chiamo Rebecca”.

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Capitolo 2
*** Folle idea ***


Sono due giorni che piove ininterrottamente, due giorni che sono chiuso in casa e che in mente ho ancora quella ragazza. Rebecca, così mi ha detto di chiamarsi. Capelli lunghi, castano chiaro molto mossi e quei occhi. Quei maledetti occhi verdi. “Dannazione Bran, levatela dalla testa non la rivedrai più”. Si sono stato un coglione. Potevo almeno chiederle il cognome, magari la aggiungevo su facebook oppure il numero di telefono. Sono disteso sul letto a pancia in giù, con una braccio che penzola fuori. Devo alzarmi ma non ne ho voglia. Ho bisogno di smontarmi la testa e poggiarla sul comodino, staccare dai pensieri. Staccare dall’immagine di lei impressa nella mia mente. Che stronzo che è stato Nick, proprio in quel momento doveva chiamarmi? Nick lo conosco da una vita, eravamo ancora due stronzi che giravano con il pannolino quando ci siamo conosciuti e fin da subito abbiamo stretto una forte amicizia. È il mio migliore amico, per eccellenza. Di lui mi fido ciecamente, nonostante spesso e volentieri ho il desiderio di riempirlo a calci in culo. Ecco, in questo momento questo è quello che vorrei fare, riempirlo a calci in culo. Con un movimento agile mi alzo dal letto e mi dirigo verso il bagno. Ho bisogno di una doccia. Ho sempre amato stare sotto il getto d’acqua, mi sa di pulito, come se tutto lo sporco che ho intorno si levi di dosso. È una sensazione piacevole, rilassante. Penso a lei. La rivedo, ferma lungo il corridoio del bagno appoggiata al muro. Quel paio di jeans a vita alta stretti, quella semplice canotta che le lasciava le spalle scoperte. La sua risata, quella sua risata piena di vita, piena di.. di spensieratezza. Sto uscendo pazzo. Esco dalla doccia, prendo l’asciugamano e me lo lego alla vita, in questi casi come direbbe mia madre meglio farmi un panino. Mia madre, da quando convive con il suo nuovo compagno la sento poco e mio padre, beh meglio non parlarne. Mi hanno donato un piccolo appartamento, dopo il divorzio. Un regalo per iniziare a essere indipendente così mi hanno detto o più semplicemente, per togliersi qualche senso di colpa in meno. Devo rivederla. Devo trovare un modo per rintracciarla, ma come? Londra è grande e io non ho la più pallida idea di come fare. Ho pochissimi indizi di lei. Maledetta pioggia battente, ho bisogno di farmi una camminata. Di riflettere. E se torno al pub e chiedo di lei? Non può essere passata inosservata o almeno non la sua amica bionda. Si credo che farò così, per forza. Ho bisogno di scaricarmi. Non vedo l’ora che arriva domenica. Dio benedica il football e quella visione celestiale che mi si è parata davanti agli occhi. Scuoto la testa. È una folle idea.

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Capitolo 3
*** Una splendida giornata ***


Stamattina Londra si è svegliata sotto il sole, finalmente dopo tre giorni di pioggia c’è un bel tempo e si prevede una splendida giornata. Accendo lo stereo, il buongiorno me lo da Bryan Adams sulle note di Everything I Do, I Do It For You. Ancora penso al ragazzo del pub, un ragazzo così bello credo di non averlo mai visto. Nella mia testa mi ripeto di finirla di pensare a lui, sono venuta qui per fare una nuova esperienza, migliorare la lingua non di certo per innamorarmi di qualcuno. La storia con Fabio credo che sia bastata e avanzata. Fabio. Colui che ho sempre pensato fosse l’amore della mia vita, la prima storia seria ma anche la più grande delusione. Nonostante siano passati mesi, per l’esattezza quasi un anno da quando ci siamo lasciati, ancora ci sto male a pensarci. Trattengo le lacrime e decido di alzarmi. È domenica, una bella giornata di sole e non sarà di certo il suo pensiero a rovinarmela. Vado in cucina a prepararmi la colazione, ancora non mi abituo alla colazione inglese, nonostante Susan abbia tentato più volte nel farmi mangiare uova strapazzate alle otto del mattino. Da buona italiana preferisco fare colazione con latte e cereali. Sono presa dai miei pensieri quando uno strillo mi riporta alla realtà, “Becca svegliaaa oggi andiamo a fare shopping”. Sorrido, è tutta matta. “Susan sono già sveglia, muoviti tu piuttosto”. Mi alzo dallo sgabello e pulisco la mia tazza, farò meglio a occupare il bagno prima che lo faccia lei. “Becca dai muoviti, guarda che io sono pronta o meglio, fammi mettere l’eye-liner, un po’ di rossetto e si esce a conquistare negozi”. Alla fine ho optato per dei jeans stretti, un paio di adidas, un maglioncino rosso e una giacchino di pelle nero. “Susan ho fatto dai, sei bella anche senza trucco”.Non lo avessi mai detto, sbuca dalla sua camera urlando “ma sei matta? Secondo te io, Susan Fincher esco di casa senza essere truccata? Vuoi girare insieme ad uno zombie o cosa?”-”dai zombie muoviti” le rispondo ridendo. Prevedo una piacevole giornata di shopping. Domenica, ora di pranzo. Sono nel Boleyn Pub e sto finendo di mangiare un panino, devo muovermi dato che a breve arriveranno quei bastardi dei tifosi del Chelsea. Nick è già alla terza birra e sta tenendo banco davanti a tutti i presenti. Abbiamo deciso che non entreremo allo stadio, dopo quello che è successo a Liverpool, è meglio non farci vedere dalla polizia, almeno non oggi che abbiamo visite importanti. Delle grida mi riportano alla realtà. Sono arrivati. Lascio l’ultimo pezzo di panino e con Nick ci precipitiamo per strada. Saranno una cinquantina all’incirca, più o meno come noi. Ci sarà da divertirsi. Come ogni domenica Londra si sveglierà con la notizia che anche questa volta gli Hammers hanno dominato la scena. Tre ore dopo. Siamo sedute comodamente sul treno e abbiamo occupato i nostri sedili con tantissime buste. Se io ho fatto tanto shopping beh, posso assicurarvi che la coinquilina seduta davanti a me ne ha fatto il doppio. È stata una giornata bellissima ma al tempo stesso faticosa, avevo dimenticato il termine shopping compulsivo. Sono presa dai miei pensieri quando la fermata di Upton Park, nell’East London mi riporta alla realtà. È pieno di gente che indossano delle sciarpe color blu e amaranto, le riconosco e riconosco anche la fermata, qui gioca il West Ham, squadra di cui mio fratello per varie ragioni ne è attratto. Susan non sembra rendersi conto della gente che sta salendo impegnata a messaggiare al telefono. In questo momento dovrei proprio scrivere a mio fratello e dirgli quello che sta succedendo, se non fosse per il telefono scarico. I tifosi iniziano a occupare il treno e il nostro vagone da semi vuoto che era si riempie di gente che intona I’m forever blowing bubbles, se non sbaglio è il loro inno. Se Susan li osserva distrattamente con aria scocciata a me incuriosiscono, mi piace vederli e poi un po’ sono abituata con mio fratello quando torna a casa dopo una partita. Sto viaggiando beatamente con la testa quando una voce un po’ rauca esclama “oggi è la mia giornata fortunata a quanto pare. Posso sedermi?”. Alzo gli occhi e rimango di sasso. Quella voce rauca ma al tempo stesso anche un po’ dolce è la voce del ragazzo del pub e lui è Brandon. Ha l’occhio destro gonfio e un taglio sul labbro, perché è ridotto in quello stato? Dietro di lui il ragazzo che lo stava chiamando fuori il pub, di cui non so il nome. Dalla sua espressione deduco che anche lui sia rimasto sorpreso. Sposto le mie buste e faccio di si con la testa. La mia mente inizia a lavorare freneticamente, non mi rendo neanche conto che ciò che è appena successo ha attirato anche l’attenzione di Susan. Upton Park, West Ham, una faccia che sicuramente ha visto qualche pugno e realizzo.. Brandon è un hooligan, altrimenti non si spiegherebbe. Con molta tranquillità, come se il suo volto non fosse stato toccato esclama “la ragazza del pub, Rebecca giusto?”. Mi volto verso di lui, nonostante il labbro tagliato ha un sorriso bellissimo, “Brandon, il ragazzo dell’accendino”. Scoppia in una risata fragorosa e fa cenno di si con la testa. “Se non fate voi le presentazioni allora le faccio io. Piacere io sono Nicholas, per gli amici Nick vedo che Bran si è già presentato in qualche altra circostanza eh?”. Le voci di Nick e di Susan mi appaiono lontane, quasi remote, non faccio altro che osservare Brandon e pare che lui stia facendo lo stesso. Sento come se mi stesse studiando e questa cosa mi mette a disagio. “Cosa hai fatto in faccia?” gli chiedo e con un mezzo sorriso “Niente di così preoccupante, ci sono abituato. C’era West Ham- Chelsea e c’è stato un piccolo diverbio tra tifosi. Vedo che voi invece avete approfittato della bella giornata per fare shopping”. Susan e Nick stanno discutendo, fanculo Susy, smettila di parlare con tutti e salvami da Brandon. “C’è chi fa l’hooligan e chi fa shopping” subito mi mordo la lingua. Dannazione Reby, tieni a bada la lingua. Brandon sembra non aver sentito la mia frase, tira dalla tasca del suo giubetto un cartoncino e scrive qualcosa porgendomelo. “Congratulazioni hai appena incontrato la ICF (West Ham United)” giro il biglietto Brandon Miles e un numero di telefono. Ho il cuore che inizia a palpitare, a rischio infarto. “Beh questa è la nostra fermata. Buona domenica fanciulle”. Brandon Miles. il ragazzo che per giorni si è impossessato prepotentemente della mia testa mi ha appena lasciato il suo numero di telefono. È decisamente una splendida giornata!

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Capitolo 4
*** L'appuntamento ***


Sono passati un po’ di giorni da quando Brandon mi ha lasciato il suo numero di telefono e ancora non prendo iniziativa. Perché non lo faccio? Beh, perché non sono il tipo di persona che scrive per prima. Non l’ho mai fatto e poi sono troppo testarda e orgogliosa. Siamo donne, queste cose dovrebbero farle gli uomini o no? Però mi ha lasciato il suo recapito quindi forse aspetta solo che gli scrivo, altrimenti non me lo avrebbe mai lasciato. Nel mentre sono indecisa sul da farsi non faccio altro che guardare le sue foto su facebook. Sono arrivata al punto di saperle quasi tutte a memoria. Non c’è una foto dove non sia bello. Dannazione Reby, ricorda i motivi per cui sei a Londra, non andarti a complicare la vita. Susan non fa altro che ripetermi che devo scrivergli ma allo stesso tempo mi dice anche quanto non gli ispiri fiducia, che il suo amico Nick è un troglodita a suo parere e che non è normale che per una partita di football facciano a botte. I torti non li ha però a me incuriosisce. Ha uno sguardo enigmatico, uno di quei sguardi che dietro celano parecchie cose. Sguardi che quando ti guardano, sembra come se volessero penetrarti dentro. “La ragazza del pub”, basta ho deciso. Invio. Sono passate due ore e Brandon non ha ancora risposto al messaggio. Forse non lo ha ancora visto o forse si ma non ha capito che ero io. Bel messaggio del cavolo che ho mandato. Sono distesa sul letto ad ascoltare un po’ di musica, quando il telefono inizia a squillare. Brandon. Il mio cuore fa una capriola all’indietro. “Pronto?” “Ciao ragazza del pub. Ne hai fatto passare di tempo prima di scrivermi eh? Alle 16:00 a Piccadilly Circus. Non farmi aspettare troppo”. Neanche il tempo di rispondere che ha già riappeso. Se la mia mente non riesce ancora a realizzare, il mio cuore sta facendo migliaia di capriole al minuto. Guardo l’ora. Le 14:35. Diamine, ho poco tempo e devo farmi una doccia, vestirmi ed essere almeno presentabile. Vorrei anche avvertire Susan ma rischierei di arrivare tardi all’appuntamento; perché è quello che mi ha dato Brandon, un appuntamento o sbaglio? Non riesco ancora a capire perché di tante ragazze proprio me, ma non ha importanza. Corro in bagno e inizio a prepararmi. Non vedo l’ora di vederlo. Ancora due fermate e sono arrivato a destinazione. Certo che quella ragazza ne ha fatto passare di tempo prima di scrivermi, nessuna e dico nessuna prima d’ora ha fatto aspettare così tanto Brandon Miles. Ma chi si crede di essere eh? Sono curioso di scoprire il possibile su di lei e soprattutto curioso di vedere come se la cava sotto le coperte. Una cosa è certa, non mi sono innamorato mai di nessuna e sicuramente non accadrà con lei. Devo ammettere però che mi sembra così diversa dalle altre e forse è soprattutto questo che mi spinge a volerla conoscere meglio. Al pensiero di lei nuda mi scappa un ghigno. La farò mia. A tutti i costi. L'arrivo alla fermata di Piccadilly Circus mi riporta nel mondo reale. Scendo dalla metro e con molta tranquillità mi avvio verso l’uscita. Oggi è una bella giornata di sole e fa abbastanza caldo da poter girare a maniche corte. Arrivo alla piazza, sulla mia destra il dispaly luminoso che tutti fotografano. Mi sono sempre chiesto perché di tante cose proprio a quel display fanno le foto. Guardo l’orologio, le 16:10 come sospettavo lei non è puntuale, del resto è una donna ed è tipico del mondo femminile. Nel mentre l’aspetto mi guardo un po’ intorno. C’è sempre un gran via vai in questa piazza e mi piace osservare la gente da lontano, in disparte. Sono perso tra i miei pensieri quando l’arrivo di un messaggio mi riporta alla realtà. “Sono arrivata, di preciso dove sei?”. Sorrido. “Ce l’hai fatta a venire eh? Dimmi dove sei che ti vengo incontro”. Eccola, la vedo. È ferma vicino al semaforo, dalla parte opposta. La studio da lontano. Media altezza, un paio di jeans chiari, stan smith, una maglietta a maniche corte verde e capelli raccolti in una coda, probabilmente per il caldo. È bella anche con la coda e mi piace questo suo stile un po’ casual. Nel mentre aspetto che il semaforo per i pedoni diventi verde, mi sorride. Mi ha visto. La mia mente perversa già è alla deriva e non posso che domandarmi se continuerà a fare questi sorrisi innocenti anche dopo che l'avrò fatta mia. Brandon Miles ottiene sempre ciò che vuole. Ad ogni costo.

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Capitolo 5
*** Così stronzo ***


Lo vedo venirmi incontro. Sigaretta tra le labbra, maglietta a maniche corte degli Oasis, jeans stretti scuri e delle converse bianche. Il gonfiore che aveva sull’occhio destro è decisamente diminuito e anche il labbro sta meglio. Definiscilo con una frase: bello come il sole. “Ciao ragazza del pub”. Il suo sorriso. Per un momento vorrei essere quella sigaretta che sta fumando. Reby, torna in te. Timidamente lo saluto e con un espressione accigliata eclama “Beh ci spostiamo o vogliamo rimanere qui fermi? Andiamo a un bar qui vicino, devo fare merenda”. Iniziamo a camminare fianco a fianco. Lui non parla, sembra totalmente perso nei suoi pensieri e io non so cosa dire. Lo osservo di nascosto e decido di rompere quel silenzio tra di noi “allora ti piaciono gli Oasis?”- “Si, sono il mio gruppo preferito, si vede vero? Comunque eccoci arrivati”. Davanti a noi un pub con i tavolini fuori. Noto per un momento sul suo volto un po’ di indecisione, se entrare dentro o rimanere fuori, alla fine opta per i tavoli fuori. Ci sediamo uno di fronte all’altro, il tavolo si affaccia sul lato opposto da dove siamo venuti. Anche lungo quella strada ci sono tanti negozietti. Sono nel mio mondo quando la voce di Brandon mi riporta alla realtà “Allora Rebecca, parlami di te”. Lo osservo per una frazione di secondo “Cosa vorresti sapere?”. Senza esitare mi risponde “Tutto quello che vuoi dirmi “. È molto concentrato su di me e questa cosa mi mette un po’ in imbarazzo. “Che dire? Vengo da Roma e sono venuta qui a Londra dopo la laurea per fare nuove esperienze e per migliorare l’inglese. Divido un piccolo appartamento con Susan, la ragazza che era con me sul treno e starò qui per un anno” sto parlando quando veniamo interrotti dalla cameriera che ci chiede cosa desideriamo. Una ragazza mora i cui capelli sono raccolti da uno chignon, un seno prosperoso, indubbiamente bella. Io ordino un tramezzino mentre Brandon un panino maxi con bacon e mostarda, nel mentre non posso non far caso a come Brandon la osserva. Dentro di me penso “il solito maschio che si sofferma sulle tette e sui culi”. “Mhh italiana quindi, in effetti avevi un accento strano. Non ci sono mai stato a Roma però la pasta è buonissima. Allora, sei qui solo per questi motivi o anche per scappare da qualcosa?“. L’ultima domanda mi spiazza e dalla sua espressione credo che se ne sia reso conto anche lui, faccio un respiro profondo e rispondo cercando di mantenere un tono calmo “No, alla fine a Roma stavo bene, semplicemente volevo un po’ cambiare”. Noto che sta per aprire nuovamente bocca e onde evitare che faccia qualche altra domanda dico “Io ti ho accennato di me, ora tocca a te dirmi di te”. Mi studia per una breve frazione di secondo per poi dirmi “Beh che dire? Anche io vivo da solo, sai già che mi piacciono gli Oasis e a quanto pare hai scoperto che sono un hooligan. Sono curioso di sapere come l’hai capito”. Lo guardo accigliata e con molta calma gli spiego che ho ricollegato la fermata, i tifosi, il livido sul suo volto. Gli spiego che mio fratello è un tifoso di calcio e che il West Ham e i suoi tifosi spesso li ho sentiti nominare da lui. Davanti a queste cose lui fa un sorriso e quel sorriso basta a togliermi l’inquietudine che avevo dentro di me. Mangiamo con calma, il momento iniziale in cui eravamo entrambi in silenzio o il fatto di non sapere di quale argomento parlare viene presto recuperato. Mi dice che lavora in un’officina, che i suoi genitori lo volevano all’università ma che nella vita ha preferito fare altro. Scopro che dal punto di vista musicale stiamo sulla stessa onda più o meno. Parliamo di svariati argomenti. Distrattamente guardo l’ora sul telefono, le otto e un quarto. “Cavolo devo tornare a casa, ho promesso a Susan che questa sera avremmo mangiato della pizza e visto un film davanti al computer, devo scappare”. “Dai ti accompagno fino a casa. La pizza la possiamo prendere anche per strada” “No guarda non preoccuparti, non c’è bisogno di accompagnarmi fino a casa”. Noto che con lo sguardo mi fulmina, quindi decido di non opporre resistenza. Chiediamo il conto alla cameriera e ci alziamo. Prendiamo la metro, che a quest’ora è affollata di gente. Siamo entrambi appoggiati alle manigliere e i nostri corpi si trovano a una distanza troppo ravvicinata, sento il suo profumo, sa di buono. Lui pare non rendersi conto di come siamo ravvicinati, è perso nei suoi pensieri e mi rendo conto che mi piace osservarlo. Vorrei essere nella sua testa per sapere a cosa sta pensando, vorrei sapere ancora di più su di lui. La voce registrata sulla metro ci avverte che siamo arrivati a destinazione. “Brandon, devo scendere qui”. Facendoci spazio tra la calca scendiamo e in silenzio ci avviamo verso l’uscita. All’isolato prima del mio appartamento mi fermo a prendere la pizza, almeno credo che in questo modo riuscirò a farmi perdonare da Susan per il ritardo. Brandon è testardo, vuole accompagnarmi fino a casa e lo lascio fare, pur volendo insistere ho già capito che sarebbe una battaglia persa. “Ehm io sarei arrivata. Grazie per il pomeriggio e per avermi accompagnato fin sotto casa”- “Figurati non c’è di che. Beh allora ci vediamo”. Cosa? Mi ha accompagnato fin sotto casa per poi lasciarmi così? Forse è uno di quei ragazzi che non vuole baciarti al primo appuntamento, forse mi vede solo come amica. Brandon sembra avermi letto nel pensiero, si avvicina a me e mi sussurra all’orecchio “Non ti bacio solo perché mi hai fatto aspettare 20 minuti. Ti avevo detto di essere puntuale, e inizia a chiamarmi Bran”. Rimango a bocca aperta e lui mostra un piccolo ghigno. “Domani, alle 11 sotto casa tua e stavolta sii puntuale”. Neanche il tempo di rispondere che già si è allontanato; resto immobile fuori casa con le pizze ancora in mano. Non lo facevo mica così stronzo.

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