Tale of a Sorceress and an Imp

di An13Uta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blu cobalto ***
Capitolo 2: *** Piccolo ribelle ***
Capitolo 3: *** Risposte mancate ***
Capitolo 4: *** La colpa ***
Capitolo 5: *** Non capire ***
Capitolo 6: *** Attimo folle ***
Capitolo 7: *** Una storia ***
Capitolo 8: *** Ultimo Atto ***
Capitolo 9: *** A casa ***
Capitolo 10: *** La faccia ***
Capitolo 11: *** Stavo pensando ***
Capitolo 12: *** Tic tac ***



Capitolo 1
*** Blu cobalto ***


Blu Cobalto









Era una bella giornata.

Il sole rischiarava il cielo blu cobalto in cui non aleggiava neanche un'ombra di nuvola.

C'era una brezza leggera che bloccava il caldo, il fiume continuava a borbottare piano come un vecchio brontolone assonnato, le foglie stormivano adagio.


Non sembrava neanche fosse in corso una guerra.


Skull Kid non sapeva perché doveva combattere.

Non sapeva neanche contro chi doveva combattere.

Aveva tentato di spiare i visi dei suoi nemici, ma non ci era mai riuscito.

Non aveva idea di chi fosse tanto cattivo da aver cominciato una guerra.

Gli avevano detto che erano tutti adulti, ma questo non giustificava niente.

A lui non piacevano, questo gli pareva ovvio, ma di certo non sarebbe mai arrivato a ucciderli. Vedere il sangue, le ossa spezzate, le frecce infilzate nella carne e le ferite lo faceva rabbrividire.

Perché doveva farlo? Non sentiva o vedeva nulla, ma sapeva di tutte le sfortunate vite che andava colpendo, spezzando, uccidendo, e si sentiva male.

Non aveva mai voluto essere cattivo.

Ma a quanto pare, quello era il suo ruolo.

Un piccolo spiritello dispettoso e distruttivo, malvagio fino al midollo, che trova allegria nella sofferenza degli altri.

Skull Kid osservò il cielo, così limpido e pacifico.

Sentì uno schiamazzo lontano, segno che la prossima battaglia stava per avere inizio.

Tenne lo sguardo fisso sulla meravigliosa tinta cobalto fuori dalla finestra, pregando non toccasse a lui.

Tic tac, risuonavano i tacchi sempre più vicini.

La stoffa viola frusciava ritmicamente, seguendo i passi, contro una superficie di legno a forma di cuore.

Lo spirito percepì piccole lacrime tentare di uscirgli dagli occhi arancioni.

Era un giorno troppo bello, per fare la guerra.





 

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Capitolo 2
*** Piccolo ribelle ***


Piccolo Ribelle










Cia non lo sopportava.

Aveva sempre odiato i bambini.

Era così stupido, innocente, quasi.

La cosa che le dava più fastidio era il modo in cui si comportava con lei.

Come un piccolo ribelle.

Codardo e pauroso, ma pur sempre un ribelle.

Continuava a rifiutarsi di combattere, non importa con quanti schiaffi la maga lo colpisse. Forse gradiva venire picchiato così forte, ed era questo che lo faceva resistere ben più lungo di quanto avrebbe dovuto, anche quando Volga lo marchiava con la sua zampa infuocata, o Wizzro lo sbatteva contro i muri.

Non mollava, in qualche modo, col suo corpo debole e magro, poco più di uno stuzzicadenti.

Se non fosse stato per la sua predisposizione alla magia e la rapidità e l'abilità con cui imparava ad usarla, sarebbe risultato completamente inutile.

Detestava vederlo mentre piangeva quando il dolore era troppo forte. Il suono che faceva era debole eppure straziante, fastidioso.

Almeno, indossando la maschera smetteva di essere sé stesso, la ascoltava. E uccideva, distruggeva, seminava panico, morte, terrore.

I poteri di un mostro leggendario scatenati da una mera marionetta. Era uno spettacolo formidabile.

Cia non poteva nascondere il suo ghigno quando udiva le note dell'ocarina ripetersi insieme agli attacchi del piccolo spirito e delle Proiezioni di quelle due fate a cui aveva tanto tenuto fino alla loro fine.

Erano gli unici momenti in cui poteva dirsi orgogliosa di lui.

Ora, invece, tratteneva a malapena la collera.

Lui aveva lanciato via la maschera, raggomitolato tremante in un angolo della stanza. Il piccolo viso era arrabbiato, ma dai suoi occhi traspariva la paura più pura.

-Non voglio uccidere nessuno.-.

-Beh, lo farai.- sibilò Cia, evocando una grossa sfera di magia nera, -Che tu lo voglia... o no.-.





 

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Capitolo 3
*** Risposte mancate ***


Risposte mancate









-Perché mi hai fatto colpire un amico?-.

La maga alzò il capo dal grosso tomo in cui annotava le perdite dell'esercito, gli incantesimi e le strategie, rivolgendo gli occhi violacei verso il Skull Kid.

-Dovresti degnarti di bussare, prima di spalancare la porta della mia stanza.-ringhiò, mantenendo in qualche modo un tono distaccato.

Lo spiritello non replicò, continuando a fissarla. Si limitò a ripetere quelle parole, per avere una risposta.

Cia sostenne il suo sguardo. Non aveva nessuna prova di aver colpito quello che lui definiva un amico. La maschera gli impediva di vedere qualsiasi cosa gli stesse davanti, e lo stato di torpore dovuto alla possessione copriva la maggior parte delle parole dei nemici. Se stava pensando fosse quella persona, poi, non c'era modo di udire la sua voce.

Non poteva affermare nulla, in nessun modo.

-Hai uno strano odore.- mormorò improvvisamente lo spiritello, dopo alcuni minuti, -Come una viola del pensiero appassita che vuole a tutti i costi profumare ancora.-.

La donna lo osservò perplessa. L'osservazione non aveva niente a che fare con quello di cui stavano parlando.

Un'illuminazione le fece spalancare lentamente gli occhi.

Quel diavolo aveva delle prove.

Skull Kid pose di nuovo la sua domanda:-Perché mi hai fatto colpire un amico?-.

L'odore.

Lui ne aveva sentito l'odore.

Cia strinse la penna, storcendo la bocca in una smorfia che furibonda era dir poco.

Si alzò di scatto, quasi rivoltando la sedia, e avanzò verso lo spirito, il quale indietreggiò, spaventato. Ben presto si ritrovò piantato contro il muro, il collo intrappolato tra due spuntoni dello scettro della maga.

-Ascoltami bene, rametto secco.- sibilò, -Non hai nulla da capire, a parte il fatto che IO sono il capo, e TU devi solo fare quello che ti dico.-.

Skull Kid pianse in silenzio, senza annuire.

Non voleva fare del male ad un amico, non poteva accettare tutto senza fiatare.



I colpi furono ancora più dolorosi.




Ma lo spirito non riusciva a frenare le lacrime, perché non c'è cosa più orribile del sapere che nessun dolore sarà mai abbastanza forte da farti smettere di respirare.



 

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Capitolo 4
*** La colpa ***


La colpa












Fa male.

Fa male sapere che la persona che devi attaccare, che devi uccidere, è un amico.

Non un amico qualsiasi, è il tuo amico.

Quello che hai aspettato, invano, vicino al vostro ceppo.

Quello che hai deciso di cercare lasciando tutto alle spalle.

Forse è stato lui ad iniziare la guerra.

E forse, l'ha fatto perché è arrabbiato con te.

Forse dovevi cercarlo meglio, fuori dalla foresta.

Forse stava aspettando che tu arrivassi da lui.

Forse si è offeso per quando hai giocato con quel lupo, o quel ragazzo che gli somigliava, e odorava come lui, e forse anche perché per un attimo, uno solo, hai creduto fosse lui.

Forse non ti vuole più, forse è arrabbiato.

Forse è colpa tua.

Forse sei tu la causa della guerra.

-È colpa mia...-.

Non poteva scappare da quei pensieri.

Era difficile, troppo difficile.

Rintanato in un angolo buio della stanza, Skull Kid tremava e si premeva le mani sulle orecchie per non sentire niente.

Ripeteva, come un mantra, che era colpa sua.

Non l'aveva voluto, sul serio, non l'aveva voluto.

Non avrebbe mai pensato di essere stato così egoista e stupido e cieco da far scatenare una guerra, non l'aveva mai pensato fino a pochi minuti prima.

-Stupido, stupido egoista...- sussurrò.

Lo stomaco gli si stava restringendo, lo percepiva annodarsi dal disgusto di appartenergli, e lui stesso era disgustato di sé, gli veniva da vomitare.

-È colpa mia, solo mia, è sempre stata colpa mia...-.

Forse gli stava venendo la febbre, sentiva caldo, e freddo, e ansimava e sudava e rabbrividiva e tremava.

Il cuore voleva uscirgli dalla bocca, forse non era un cuore ma un uccellino, e lui doveva tirarlo fuori, presto, presto, o sarebbe morto, soffocato al suo interno, e sarebbe stata colpa sua, solo colpa sua.

Stava male, così tanto male.

Se solo fosse potuto sparire, forse sarebbe stato meglio.

-DOVE SEI FINITO, MARIONETTA?- tuonò Volga.

Skull Kid ebbe uno spasmo violento.

Si alzò incerto, con le gambe traballanti, e si avviò incespicando verso la sala da cui provenivano le voci di quelli che dovevano essere “alleati”. Far aspettare il cavaliere drago non era una buona idea.

Wizzro gli sbraitò contro qualcosa. Non lo sentì.

Non udiva altro che l'uccellino cercante di uscirgli dalla gola e la propria mente ripetere all'infinito che era colpa sua.

Se fosse stato ancora un vero bambino, sarebbe sembrato un fantasma da quanto era sbiancato.

Un colpo sulla tempia lo risvegliò per un paio di secondi.

Il ruggito incollerito di Volga era coperto da un fischio prolungato e tremante.

Lo spiritello afferrò il bordo del tavolo per tenersi in piedi, mentre qualcosa si rimestava nelle sue viscere.

L'uccellino piangeva e urlava per uscire, stava soffocando.

Era la sua voce, quel fischio.

Doveva tirarlo fuori.

Skull Kid crollò a terra con un fracasso di legna ammassata, tremando forte e accartocciandosi su sé stesso.

Una mano tentò di tirarlo su, una mano affusolata e con le unghie lunghe, e proprio in quel momento l'uccellino sbatté forte le ali e spiccò fuori dal becco dello spirito.

Skull Kid vomitò anche l'anima, su quel pavimento, mentre Cia, Wizzro e Volga lo osservavano sgomenti.

-È colpa mia...-.

Ne era sicuro.

Era colpa sua se la guerra era iniziata, come era colpa sua se quel minuscolo volatile soffocato nelle sue viscere fino ad un attimo prima era morto.

L'unica cosa che riusciva a sentire, bene, distinta, era un dolore tremendo attraversargli il corpo.

Alzò il capo verso il soffitto. C'era qualcuno che lo osservava, forse, ma era tutto sfocato.

-È colpa mia...- sussurrò ancora.

La mano affusolata gli afferrò la spalla.

Poi buio.














 

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Capitolo 5
*** Non capire ***


Non capire













Perché?

La maga camminava senza sosta nella sua stanza, l'aria corrucciata e le braccia incrociate sul petto.

Cercava nella mente una risposta alla sua domanda, senza riuscire a trovarla.

Perché?

Non si meravigliava fosse collassato a terra.

Considerato il suo organismo debole, francamente si aspettava che le gambe gli sarebbero cedute prima o poi.

Non si era neppure preoccupata, lo aveva afferrato per rimetterlo in piedi con la forza.

E allora perché?

Cia strinse i denti, furibonda, interrogandosi più a fondo alla ricerca della soluzione a quel dilemma.

Non era mai stato di grande aiuto.

Serviva solo a trasportare nella battaglia il vero alleato della maga, e in ogni caso a causa delle sue dimensioni non riusciva neppure ad avere tutto il potere sperato.

Non obbediva, tentava di evitare le chiamate alla guerra, provava a scappare, non faceva nulla di quello che gli veniva chiesto.

L'incantatrice si era ritrovata più volte a sperare morisse dopo essersi spezzato ogni osso in corpo.

Eppure, eppure...

Si passò una mano nei capelli candidi, sospirando arrabbiata, quasi indispettita.

-Questo è uno dei tuoi stupidi scherzi?-chiese, come se quella piccola peste fosse nella stanza, insieme a lei, nascosto da qualche parte giocandole un brutto tiro.

Attese di sentire la sua risatina, forse un po' soffocata, ma non c'era nessuno.

Cia si coprì il viso tra le mani.

Perché?

Perché lo aveva raccolto da terra come fosse stato un gattino ferito, spaventata e preoccupata dal conato improvviso uscitogli di bocca?

Che cosa le era preso per portarlo lei stessa nella sua stanza, ascoltandolo delirare e tentando di calmarlo sussurrandogli che andava tutto bene?

La maga sospirò di nuovo.

Doveva esserci qualcosa.

Qualcosa che né lei, né il piccolo spirito sapevano con certezza.

Non aveva idea di dove cominciare a cercare...

O forse sì.

Tremando appena, Cia afferrò la sfera da cui aveva ammirato tante volte la persona a lei più cara.

Prese un gran respiro, concentrandosi.

-Skull Kid.-mormorò.








 

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Capitolo 6
*** Attimo folle ***


Attimo folle











La stanza era verde foglia, ombrosa, minuscola rispetto a quella degli altri guerrieri.

Era calma. Aveva un che di stranamente piacevole.

Cominciò a pensare che riservargliela fosse stato un atto di debolezza, mentre entrava accompagnata dal ticchettio delle sue scarpe.

Cia osservò in silenzio la camera, cercando il piccolo spirito con lo sguardo. Magari si era nascosto, sentendola arrivare? Suonava come una cosa da lui, data la sua attitudine codarda.

Allungò lo sguardo oltre il letto.

Skull Kid era rattrappito su sé stesso, con il viso schiacciato sulle ginocchia e le braccia incrociate sul ventre.

Stava ancora tremando, producendo un suono simile a quello di due bastoncini di legno sbattuti ritmicamente l'uno contro l'altro.

-Alzati.-ordinò la maga.

Non aggiunse altro. Era ancora un po' scioccata da ciò che aveva scoperto poco prima.

Il bimbo non rispose.

Cia fece un passo in avanti. Non era stato così silenzioso.

Lui agitò il capo, tentando di nasconderselo ancor di più nelle gambe, come volesse sparire.

-Che ti prende adesso? Non dirmi che-.

-Zitta.-.

Cosa?

-Zitta!-.

Gli occhi di Cia si spalancarono.

-ZITTA!!-.

Che diamine gli prendeva così all'improvviso?

-Tu, tu, tu sei un'adulta, e, e, e, e io vi odio! Vi odio TUTTI!

Voi, voi non sapete niente, e dite di sapere tutto, e vi ODIO!

Vi vorrei uccidere! Uccidere TUTTI, in una volta sola!

Così non ci sareste più! E smetterei di essere spaventato! Perché, perché è questo che non va in me, vero?

Io sono troppo spaventato da tutto, vero?

E, e, e, e, e TU invece non lo sei, vero?

BALLE!

BALLE BALLE BALLE BALLE BALLE!

Anche, anche TU sei spaventata, ma non vuoi esserlo e te la prendi con me, e anche Volga e Wizzro, perché, perché lo so, tutti hanno paura, e io sono quello che ha più paura quindi mi si può picchiare senza problemi - anzi no aspetta!

Non è perché hai paura, vero? È perché lo sai anche tu, vero? È perché lo sai meglio di tutti gli altri, VERO?!-.

Era un fiume in piena di parole taglienti, accompagnate da spasmi e singhiozzi.

La donna cominciò a preoccuparsi:-Per l'amor di Nayru, che ti prende?-.

-NON SERVE CHE ME LO DICA TU!!-ululò il piccolo in risposta, dimenandosi alla cieca, -LO SO ANCHE IO! LO SO ANCHE IO! È COLPA MIA! È SEMPRE, SEMPRE COLPA MIA! NON SERVE CHE ME LO RICORDI!!-.

La mano sinistra di Cia si alzò per piantargli uno schiaffo sulla guancia, spaventata. In qualche modo riuscì a controllarsi. Protese poi le dita verso il piccolo capo dello spiritello, per dare quella che sarebbe potuta essere una carezza.

Ma il bimbo si scostò violentemente:-NON MI TOCCARE!-.

-Calmati!-tuonò l'incantatrice.

Skull Kid smise di agitarsi all'istante, nascondendo di nuovo il becco tra le ginocchia con un mugolio.

Cia gli si accovacciò accanto, senza tentare di avvicinarsi anche un millimetro di più:-Che succede, ramoscello? Comportarsi in questo modo è piuttosto strano.-.

-Smettila...-.

-Che cosa dovrei smettere di fare?-.

-Smettila di, di, di, di non aggredirmi. Voi, voi, voi adulti, vi piace tanto mettere queste maschere invisibili, per sembrare bravi e poi, e poi, e poi mentire... Smettila. Smettila subito!-.

Era un pianto diverso da quello che aveva quando veniva picchiato. Il dolore in qualche modo era diverso.

Ogni frase suonava come una stilettata, ma Cia percepiva solo parte della durezza racchiusa in esse rivolta a lei.

Tentò di riprendere la situazione in mano, assumendo un tono più deciso.

Qualcosa era sbagliato in quel bambino.

-Di che ti lamenti, tu che di maschere ne hai indossate a centinaia e di bugie ne hai raccontate tante che se fossero rupie saresti ricco?-fece, squadrandolo con la fronte aggrottata nella speranza di scorgere i suoi occhi arancioni.

Ma il piccolo scosse la testa, serrando le palpebre:-Non è la stessa cosa! Non è AFFATTO la stessa cosa!-.

-Illuminami, allora!-.

-Io non ho raccontato bugie che facevano male alle persone! E le maschere le ho indossate per gioco! Gli adulti non lo fanno! Non lo fanno per niente!-.

-Anche Majora l'hai indossata per gioco?-.

-NO! NO! Tu, tu, tu non capisci! Non capisci!-.

-Finché non riesci a spiegare-.

-TU NON CAPISCI!-gridò Skull Kid, stringendosi forte il braccio sinistro, -Io sono come un MORTO! Anche peggio, perché i morti possono riavere tutto! Io... Io non riavrò mai nessuno di loro indietro!-.

-Quello che dici non ha il minimo senso. Hai il dono della vita eterna, è inutile piangere per il passato.-commentò lei.

-DONO!- la vocetta dello spirito sembrava stupita, sarcastica, -Avevo ragione, tu non capisci!-.

Le puntò contro le piccole biglie che formavano le sue iridi: -Solo sciocchi e coraggiosi non hanno paura della morte. Ma siete tutti FOLLI nel non temere l'eterna giovinezza.-.

Era disperazione, quella che sembrava navigare nell'arancio dei suoi occhi?

La maga non sapeva che fare, se non fissarlo e aspettare.

-Prima o poi morirete tutti.-continuò lui, -Ma io, ma io continuerò a vivere. Non so neppure perché, è una cosa che devo fare punto e basta. Non so neppure se qualche tipo di ferita potrebbe uccidermi, ma lo spero.

Io, io, io non posso più tornare dai miei amici. Sono morti. MORTI! E io, io non li potrò mai più vedere, o sentire, o giocare con loro, neanche all'altro mondo, perché io non ci andrò mai. Rimarrò solo per sempre, e ci saranno solo cose che mi faranno paura fino a farmi piangere, e non riuscirò nemmeno ad uccidermi per piantarla con tutto questo.-.

-Ucciderti...?-.

Quello era... inaspettato.

Inquietantemente inaspettato.

Sentire qualcuno così piccolo parlare di suicidarsi era così... disturbante, anche per Cia.

-Se mi rompo le ossa si risalderanno sempre, anche quelle della schiena, perché sono fatto di legno e non ho nervi. Non ho neanche un vero e proprio sangue. È come linfa. Anche se riuscissi a farla uscire tutta dal mio corpo, ritornerebbe dopo poco. E continuerei a vivere.

È uno strazio, uno strazio, e voi adulti lo chiamate dono. Non lo è, non lo è affatto, non lo capirete mai. Voglio morire, una volta tanto. Magari finirebbe la guerra.

Finirebbe di sicuro, vero? Perché è colpa mia se è cominciata, e se morissi tutti sarebbero più contenti. Soprattutto tu.-.

La maga non spiccicò una parola.

Si sedette appoggiando la schiena al muro, sconvolta.

Non avrebbe mai creduto che Skull Kid, una piccola peste allegra come lui, si odiasse così tanto.

Rimasero entrambi così, seduti l'una accanto all'altro, silenziosi, a pensare per diversi minuti.

Lo spirito aveva smesso di tremare.

Cia tentò di approcciarlo di nuovo, allungando una mano verso la sua guancia coperta di piume.

Il piccolo non reagì, lasciando che la donna lo accarezzasse un po' goffa, come se non lo avesse fatto da anni. Le dita e il palmo erano piacevolmente morbidi al tatto.

Cominciava a sentire freddo, e tanta stanchezza. Sperando fosse la volta buona, Skull Kid chiuse gli occhi e rovinò a terra senza un lamento.

Il piccolo coltello fino ad allora conficcato nel suo stomaco scivolò via. Un fiume di fluido giallo-bruno si mise a scorrere sul pavimento, mentre il braccio sinistro rimaneva piegato in una posizione innaturale.

-Oh no...-sussurrò Cia, una volta compreso cosa stesse succedendo,-No no no no no...-.

Lo prese in braccio, alzandosi di scatto e cercando di camminare quanto più velocemente le permettevano i tacchi. Più di una volta imprecò rischiando di cadere.

Doveva trovare delle bende, qualcosa, doveva assolutamente farlo stare meglio.

Diede uno sguardo al piccolo spirito moribondo.

Teneva gli occhietti serrati dalle palpebre, il braccio rotto sull'addome e quello sano che penzolava dalla stretta disperata della maga.

Sembrava così pacifico.

 

 

 

 

 



























 

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Capitolo 7
*** Una storia ***


Una storia









Poco più di un ticchettio distrasse la donna dai suoi pensieri, facendole alzare lo sguardo verso la porta.

-Avanti.-.

Si aprì uno spiraglio grande abbastanza da far passare un topolino, e un piccolo becco si fece timidamente strada nella bella stanza, seguito dal resto del gracile corpo.

Per un attimo Cia e Skull Kid si limitarono a fissarsi, lei seduta compostamente davanti alla sua scrivania e il piccolo curvo su sé stesso, tormentandosi le mani.

Lo spirito raccolse quel briciolo di coraggio che aveva e si avvicinò alla maga fino ad arrivarle ad una ventina di centimetri di distanza.

-Grazie.-.

Era stato un sussurro detto con il capo chino, tra lo spaventato e il riconoscente, ma di una sincerità così disarmante che non avrebbe potuto che essere un ringraziamento vero.

Fu una sorpresa enorme per Skull Kid ritrovarsi le braccia della potente donna strette dolcemente attorno alle spalle.

Era una morsa ben più tenera di quelle a cui erano entrambi abituati.

Materna, forse.

Cia lo sollevò e lo appoggiò in grembo, accarezzandogli piano piano il capo piumato, e cominciò a bassa voce a raccontargli una storia.

Era la storia di un bambino con un occhio arancione e uno azzurro e i capelli biondi quasi rossicci sempre sporchi di fango che lentamente, superando centinaia di pericoli e missioni, era diventato un Eroe. Aveva salvato il regno dal Re del Male, ed era tornato indietro nel tempo per ritrovare un'amica persa durante il suo viaggio.

O almeno, avrebbe dovuto.

Invece non era mai riuscito a diventare un Eroe.

La maga non disse che in realtà il bambino si era perso nella foresta ed era diventato uno spirito immemore della vita che era stata sua.

Si limitò a raccontare a Skull Kid il suo futuro perduto come fosse una fiaba per cercare di non fargli pesare tutto quello che essere chi era non gli permetteva.

La sua mente vagò su Lana.

Strinse più forte lo spiritello, sospirando e ammettendo l'amara verità.

L'avrebbe sicuramente preferita.

Lana era sempre stata la sua metà migliore.

E il futuro agognato da Cia non si sarebbe mai avverato, rimanendo un'utopia.

Si sentì tanto vicina a Link in quel momento.

Tanto vicina al bambino che il piccolo spirito tra le sue braccia era stato, che insieme all'Eroe del Tempo avrebbe potuto combattere per proteggere Hyrule dal male, e invece aveva incontrato un fato terribile.

E qualcosa le diceva che si sarebbe abbattuto anche su di lei, prima o poi.







 

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Capitolo 8
*** Ultimo Atto ***


Ultimo Atto









Tic tac, tic tac.

Il corridoio deserto era ravvivato solo dal ritmico urtare dei tacchi contro il pavimento.

Era l'ultimo atto dello spettacolo, e Cia lo sapeva.

Si preparava ad affrontare i suoi avversari, a guardare in faccia chi avrebbe messo fine alla sua esistenza per proteggere il mondo.

Sapeva ormai di essere dalla parte del torto, ma non poteva (o voleva?) tornare indietro.

Tradita, sola e ormai agli sgoccioli, avrebbe dovuto fare i conti con ciò che le sue azioni avevano prodotto, tentando con unghie e denti di proteggere il suo sogno impossibile ed evitare che qualcuno si avvicinasse troppo a quello che ora considerava come un piccolo tesoro di legno.


Ma apparentemente, lui non la pensava così.


Lo spirito strillava e piangeva, tirando il retro del suo vestito per tenerla là dentro dove era sicuro si sarebbe salvata, perché non voleva perdere qualcun altro, non voleva ricominciare ad avere paura senza nessuno accanto ad aiutarlo, non voleva essere ancora solo.

Cia sperava si stancasse. Non voleva costringerlo con la forza né intendeva lasciarlo alla mercé di chiunque sarebbe entrato nel suo castello. Lo stava facendo per proteggerlo, ma Skull Kid non capiva.

Aveva solo compreso che avrebbe potuto non tornare più, e per lui non era tollerabile.

Finalmente, lo spiritello mollò la presa, cadendo all'indietro senza rialzarsi.

Ululò un'altra volta il suo nome disperato mentre un torrente di lacrime andava ad inzuppargli la tunica, ma non provò a fermarla.

Era inutile.

Aveva deciso di morire, e lui non ci poteva fare nulla.

La maga si bloccò solo sulla porta, voltandosi appena verso il corridoio buio. Si sentivano singhiozzi disperati.

Prese un gran respiro, pregandolo di capire.

-Fai il bravo.- raccomandò, andando incontro alla battaglia.




 

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Capitolo 9
*** A casa ***


A casa








Rannicchiato contro il muro e stretto nelle proprie braccia tremanti, Skull Kid non si era mosso da quelle che forse erano state ore.

La battaglia era finita?

Non sentiva più nulla.

Voleva uscire, ma la paura lo bloccava.

Se invece gli eserciti si stessero ancora sfidando?

Avrebbe potuto essere catturato e usato come scambio: la vita di Cia per un piccolo spaventapasseri pauroso.

Gli adulti l'avrebbero potuto fare.

L'avrebbero potuta uccidere sotto i suoi occhi.

Avrebbero potuto torturarla, strapparle le dita, tirarle calci, infilarle aghi nella schiena, bruciarle i piedi.

Avrebbero potuto fare così tante cose orribili...

-Calmati.-si impose con la voce tremante.

Quello non portava da nessuna parte.

Glielo aveva insegnato, no?

Se si lasciava impazzire, ogni cosa sarebbe andata male.

Calmati, pensò, e sentì la voce calda di Cia accarezzargli la fronte come un panno di velluto.

Prese un respiro profondo, poi un altro, e un altro ancora, finché le ginocchia smisero di agitarsi e riuscì a stare in piedi senza temere di precipitare a terra.

Sgattaiolò accanto alla porta: una sbirciata verso il campo di battaglia, e se individuava un pericolo sarebbe corso nella sua stanza.

Bravo, si disse, piano così.

Aprì appena uno spiraglio, e puntò un occhietto verso l'esterno. Non c'era un'anima.

Uscì piano piano, tenendo l'uscio ben aperto per poter rientrare meglio.

Azzardò un paio di passi in avanti terrorizzato dalla calma innaturale, per poi correre come un folle.

Guardava dappertutto, doveva esserci qualcosa, qualcuno, ne era sicuro. Non poteva essersi volatilizzata, era ancora da qualche parte, magari era ferita, si sentiva male, no, che stava dicendo, Cia era abbastanza potente da badare a sé stessa, sapeva cosa fare, doveva aver fede in lei, non c'era di che preoccuparsi.

Sbatté contro qualcosa e finì a gambe all'aria.

Riaprì subito gli occhi, e ciò che vide fu un viso che somigliava quasi troppo a quello di Cia.

Arretrò spaventato, ancora a terra, mentre la ragazza dai lunghissimi capelli blu lo osservava con un gran sorriso, apparendo sorpresa e sollevata.

-Skull Kid!- esclamò protendendosi verso di lui.

No, no, no, non doveva avvicinarsi.

Non gli piaceva, per niente, e ancor di più non gli piaceva che lo conoscesse.

-Dov'è Cia?-.

Era quello che gli premeva sapere.

Forse stava ancora bene.

La ragazza si bloccò, nei grossi occhi una strana colpevolezza, e si morse un labbro.

-Dov'è Cia?- ripeté lo spirito, preoccupato.

Lei lo fissò nelle iridi arancioni.

Non rispose, e si avvicinò di un passo, cercando di prenderlo nelle sue braccia.

A quel punto, Skull Kid si irrigidì e lasciò spazio al panico, affidandosi all'unica magia di difesa che conosceva.

Con un tremito si teletrasportò nel corridoio del palazzo della maga e corse via, mentre la ventata che lì l'aveva portato sbatteva la porta chiudendola.

Si infilò sotto il tavolo, raggomitolato, terrorizzato, con quell'orribile sensazione di febbre crescente e un rimestamento irrefrenabile delle viscere.

Il fiato bruciante di Volga si scontrava alla superficie fredda dell'anello di Wizzro, ed entrambe le sensazioni lo schiacciavano come muri di una trappola, facendolo sentire anche peggio.

Chiuse gli occhi. Una faccia orribile si materializzò sullo sfondo nero delle palpebre.

Riusciva a sentirla ridere, sempre più tagliente, vicina e irreale, mentre quei globi ipnotizzanti distruggevano la sua mente pezzo per pezzo.

Sentì il bisogno di uccidersi, di farsi male, di piantarla.

E allora cominciò a canticchiare quella canzone.

Lentamente, ma inesorabilmente, scomparve tutto.

Scomparvero Volga, Wizzro, Majora, la febbre, il folle mescolarsi delle sue budella.

Sparì persino il buio del palazzo vuoto, il duro materiale del pavimento e il tavolo sotto cui si era nascosto.

Sentì una mano affusolata con le unghie lunghe accarezzargli la spalla e una voce conosciuta seguirlo nella melodia che stava intonando, per poi raccontargli all'orecchio una storia.

Skull Kid si sentì bene.

A casa.

Non si svegliò neppure quando sentì un odore familiare, di foglie bagnate e luoghi misteriosi, e due braccia forti lo afferrarono delicatamente.

Si aggrappò inconsciamente alla sciarpa blu dell'Eroe discendente dell'amico tanto aspettato, lasciandosi portare via dal luogo dove Cia era sparita sperando che il piccolo spaventapasseri non sentisse la sua mancanza.








 

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Capitolo 10
*** La faccia ***


La faccia








Non avrebbe mai creduto di potersi sentire ancora così.

Le foglie stormivano piano mormorandosi storie.

Il fiume intanto borbottava, stizzito dal loro brusio.

E il vento si infilava tra i vestiti di Skull Kid, steso sul ramo ad occhi chiusi.

Era come casa, come nella foresta.

Molta meno ombra, e la luce filtrata dalle foglie era più dorata che verde, ma l'atmosfera era la stessa.

Ascoltò il silenzio riempito di piccoli suoni, già udito tante volte, di cui non aveva mai abbastanza.

Nulla in confronto all'orrore del silenzio assoluto dove nessuno sa niente, e tutti temono ogni cosa.

-Skull Kid, vieni qui!- lo chiamò una voce.

Lo spirito bambino fece finta di dormire.

Non voleva parlare con lei.

Lana sospirò, sconfortata da tanta apatia nei suoi confronti.

Al suo fianco, Link fece un veloce fischio.

La maga bianca guardò con aria sconfitta lo spiritello scendere rapidamente dall'albero e correre incontro all'eroe, abbracciandogli una gamba.

L'hyliano lo prese in braccio e Skull Kid gli saltò sulla testa, tenendola stretta tra le braccia gracili.

Vi strusciò la fronte contro, quasi volesse marcarlo, in modo da far sapere che era suo amico, e suo doveva essere.

Lana sorrise debolmente a tutto quell'affetto.

-Link, ti spiace se parlo a Skull Kid per un momento?-.

Il ragazzo fece intendere che non era un problema.

Lo spirito, al contrario, si aggrappò alla sua postazione deciso a non muoversi, fissando la giovane spaventato e quasi arrabbiato.

L'eroe lo staccò delicatamente dal proprio cranio, accovacciandosi a terra con lui. Sfregò il volto contro quello di Skull Kid, promettendo di tornare più tardi, e si avviò verso il castello.

Lo spiritello strinse i pugni, rivolgendosi ora alla maga. Le spalle sembravano dovergli ingoiare il capo.

La ragazza fece per venirgli più vicino, incontrando un soffio infastidito.

Perché doveva essere un bimbo così difficile...

-Calmo, calmo...- mormorò, -Voglio solo capire-.

-No!-.

-Non ti ho neppure detto-.

-Non m'importa!- si impuntò lo spiritello, interrompendola.

Lana fece un lungo sospiro: -Che cosa c'è, allora?-.

-Che vuol dire, “che cosa c'è”? Non voglio che mi parli!-.

-Perché?-.

-Non ti interessa!-.

-Sì, invece.-.

-E allora dimmi perché ti importa di una cosa piccola e stupida come me!- strillò Skull Kid.

-Voglio solo sapere se sono così spaventosa...- tentò di chiarire la giovane.

Le piume che ricoprivano lo spaventapasseri si gonfiarono, furenti: -Non sono spaventato!-.

E prima ancora che la ragazza aprisse bocca le gridò contro: -È che, è che tu le hai rubato la faccia!-.

Lana sbatté le palpebre un paio di volte, confusa.

Fissò incapace di spiccicare parola lo spirito scappare a perdifiato verso il castello, rimuginando su quella frase.



















 

Perché ci dovevano essere tanti adulti?

E perché dovevano urtarlo e insultarlo in quel modo?

Non si capiva che stava già male di suo?

Skull Kid si ritrovò lanciato contro un muro da un calcio nello stomaco. Per un attimo perse il respiro.

Qualcuno gli urlò contro di tornarsene nel suo “bosco puzzolente” invece di venire in città a rubare bambini.

C'era tanto, troppo rumore.

Non riusciva a sentire nemmeno i propri pensieri.

Lo spiritello si raggomitolò a terra, nel panico, con la testa protetta dalle piccole braccia.

Un altro calcio, un altro, un altro.

Cominciò a tremare fortissimo, producendo il suono di due bacchette che si urtavano ininterrottamente.

Poi le grida si quietarono lentamente.

-Non vorrei sembrare rude, ma onestamente attaccare un bambino non mi pare un'azione particolarmente degna di merito, signori.-.

Che bella voce.

Profumava di conchiglie, e limpida acqua salmastra.

Schiuso un occhio, Skull Kid sbirciò i piedi della donna mentre gli adulti se ne andavano.

Erano azzurri.

Alzò lo sguardo verso il capo della sconosciuta.

Gli parve di riconoscerla subito.

-Mi spiace...- sussurrò.

-Dovrebbe dispiacere a loro, caro.- lo interruppe la Zora, regalandogli un sorriso, -Picchiare creature come te senza alcuna ragione è un'attitudine disdicevole.-.

Il piccolo la osservò meglio.

Non era Lulu, anche se le somigliava molto.

La voce era impercettibilmente diversa.

Anche il carattere forse.

Lei gli porse una mano, lucida di minutissime squame, aiutandolo ad alzarsi.

-Principessa Ruto degli Zora.- si presentò, orgogliosa.

Lo spirito non aveva mai incontrato una principessa prima.

Strofinò la fronte sul palmo della donna: -Piacere, sua... sua pescosità.-.

Ruto rise.

Quel bambino era divertente.






 

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Capitolo 11
*** Stavo pensando ***


Stavo pensando









Appoggiato a quella soffice tunica verde, si sentiva in capo al mondo.

Link sospirò, percependo la schiena dello spiritello contro la sua. Stava ancora rimirando la vecchia bambola che gli aveva regalato.

Non era un granché, ma al piccolo spirito pareva un tesoro.

Il guerriero sorrise, dandogli un colpetto col capo.

-Hm? Che c'è?- chiese Skull Kid, voltandosi verso di lui.

Il ragazzo piegò appena la testa.

Non era difficile capire le sue intenzioni.

-Vai con la domanda, Link.-.

L'hyliano fece una strana espressione, interrogativa e preoccupata.

Skull Kid gli si appese al collo, sempre tenendo in mano la bambola di stracci: -Cia?-.

Quando l'amico assentì, il piccolo abbassò lo sguardo.

Per un attimo si perse nella tinta tanto familiare del tessuto che copriva il petto di Link.

-Non... Non era cattiva. Era gentile con me. Mi ha detto, mi ha detto che non dovevo pensare tutte quelle cose brutte di me, e, e mi ha tirato su tante, tante volte. Non so perché, era più cattiva con Volga e Wizzro, ma a me voleva bene. Mi raccontava storie, ogni tanto.-.

Lo spirito si sedette, accarezzando le guance di pezza del suo nuovo giocattolo: -All'inizio non le piacevo, e lei non piaceva a me, anche perché era una ADULTA. Però, però...-.

Link abbassò il capo, scostando con la fronte la falda del cappello dell'altro. Due grosse gocce aranciate stavano per colargli sulle guance piumate.

Il guerriero in verde lo strinse delicato in un abbraccio, mentre il piccolo cominciava a singhiozzare.

-Non volevo... Non volevo che se ne andasse... Continuo a perdere, e perdere, e perdere, e piangere per tutti quelli che non potrò più rivedere... Mi manca. E anche tanto...-.

Il ragazzo lo ascoltò in silenzio. A ogni lacrima serrava un po' di più le braccia a quel corpicino magro, sempre stando attento a non fargli male.

Circa un quarto d'ora dopo, Skull Kid si era completamente calmato e stava asciugandosi gli occhi.

Ma Link voleva sapere ancora un'ultima cosa.

Replicò l'espressione di prima, cambiandola solo in pochi dettagli impercettibili.

Erano abbastanza per lo spirito.

Quello abbassò appena lo sguardo, rimuginando su quello che voleva dire.

-Lana... Non, non mi piace. Per niente. Ma, ma non è che... Non è che la ODIO... È per la sua faccia. È identica a quella di Cia, e, ed è la prima cosa che ho visto quando sono venuto fuori dal suo castello per vedere se stava bene... Mi aveva fatto paura. Magari...-.

Ridusse la voce ad un minuscolo sussurro, un poco imbarazzato: -Magari Lana le ha rubato la faccia.-.

Link spalancò gli occhi azzurri.

In un attimo la sua espressione si distese in un sorriso comprensivo. In fondo, nessuno si era premurato di spiegargli nulla.

-Che c'è?-.

Scoperto. Era un bravo osservatore.

L'hyliano fece un gesto vago, come a indicare che glielo avrebbe spiegato dopo.

-E io voglio saperlo adesso.- Skull Kid era irremovibile.

Ci volle un po' di tempo. Alla fine, lo spirito sembrava stordito. Piegò il capo, cercando di assimilare il tutto.

Lana e Cia erano la stessa persona, quindi?

Era così... strano. E confuso.

Link allora indicò la bambola, ancora saldamente nelle mani del bambino, per cambiare argomento.

-Hm? Non so come chiamarla... O chiamarlo.- mormorò l'altro, pensoso.

Si arrampicò sul capo biondo dell'amico, appoggiandovisi immerso nei propri pensieri.

-Forse, forse Li-Li. Come la vera Li-Li. Sai, Linkle.- continuò, -Speriamo solo che non sia ancora arrabbiata per quando le ho rubato la bussola.-.

Il ragazzo ridacchiò, divertito.

Skull Kid cominciò a gonfiare le morbide piume: -Ma era così luccicante!- protestò.

Il guerriero gli tirò giocoso le guance.




Erano sotto ad un albero secolare, gli aveva appena fatto uno dei suoi brutti scherzi. Il bambino vestito di verde provò a spingerlo a terra, un po' stizzito, ma lo mancò e finì a gambe all'aria sul muschio. Lo spirito gli saltò addosso, ridendo a crepapelle, mentre l'altro gli pizzicava le gote in preda ad una smania dispettosa.




Un fruscio di vento lo riportò ad Hyrule.

Erano nel giardino del palazzo, a fianco di una quercia.

Link lo osservava, perplesso dalla sua improvvisa quiete.

Skull Kid aspettò un attimo ancora, poi scosse le spalle.

-Niente, stavo pensando.-.

 

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Capitolo 12
*** Tic tac ***


Tic tac









Tic tac, tic tac, tic tac, tic tac.

Come un piccolo orologio appeso a un muro.

Buffo, che proprio quell'oggetto gli fosse venuto in mente.

C'era un che di spaventoso, di inquietante, nel lieve rumore che producevano.

Nel tempo che scandivano.

Poi si fermò.



 

Gli occhi della donna canuta fissarono il piccolo spaventapasseri seduto sul tavolo, con le gambe a penzoloni che poco prima battevano contro il mobile.

Lui scese, ricambiando lo sguardo con le sue tonde iridi arancioni piantate sulla testolina volatile.

-Ciao, rametto secco.-.

Nessuna risposta.

Solo silenzio teso.


Skull Kid le si attanagliò ad una gamba, strusciandocisi contro come un gatto.

Cia sospirò, accovacciandosi a terra e accarezzandolo.

Rimasero in quel modo per circa dieci minuti, prima che lo spirito mollasse bruscamente la presa e cadesse sul posteriore con le lacrime che lo facevano somigliare ad una piccola fontana a forma di Pinocchio.

-Di' la verità, non ti sono mancata.-.

-E invece sì...-.

-Non ti credo.-.

-Sei cattiva...- mugugnò il piccolo, abbracciandola di nuovo, -Sei tanto tanto cattiva...-.

La maga lo strinse, abbozzando un sorriso.

Era tornata in vita, aveva riacquistato sé stessa, e quel minuscolo, sciocco spiritello la stava tenendo stretta come se temesse che lei volasse via da un momento all'altro.

Davvero lei era così tanto per lui?

Mise da parte i pensieri bui e strofinò il capo contro quello del bambino che in principio odiava con tutto il cuore.















Buffo.





















Si sentiva bene.











The end
 

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