Io e Pandora

di Keyrim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Scelte. ***
Capitolo 3: *** Analisi ***
Capitolo 4: *** Grigio ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Stanca.

Non so perché lo sono, non so quando e come tutto questo è iniziato ma so che ormai non sono più me stessa.
Sono solo un corpo che si trascina, l’ombra di ciò che ero un tempo che mi appare passato da millenni eppure così vivido nella mia mente.
Ormai quelle poche volte che mi sospingo fuori dalla porta di casa mia subisco passivamente qualsiasi evento, ogni spintone, ogni risatina, ogni frastuono ma, allo stesso tempo, i miei occhi osservano e catturano tutto ciò che mi è possibile vedere.
Ho anche iniziato a riconoscere le persone come me, spogliate di tutto e che appaiono trasparenti agli sguardi degli individui “normali”.
Noi per gli altri esistiamo e non esistiamo allo stesso tempo.
Avevamo ambizioni, interessi, sogni irrealizzabili ma comunque agognati, desideri, bisogni, pregi, difetti.
Avevamo tutto ciò che ogni altra persona aveva.

Raggiungo il mio banco di scuola dove mi lascio cadere sulla sedia, nessuna delle mie coetanee pare notarmi, tutte continuano la loro routine, il loro chiacchiericcio che risuona distante nelle mie orecchie.
Le lezioni iniziano e nemmeno i docenti mi prestano attenzione della quale non sento né reclamo il bisogno.
All’improvviso la porta si apre e una donna dai corti e mossi capelli bruni entra nella stanza con passo deciso.
«La signorina Tiara Mander è pregata di seguirmi.» afferma e io mi alzo portando con me la mia borsa a tracolla.
Usciamo dalla porta principale senza essere considerate da nessuno.
Dieci passi più avanti c’è un’altra donna seguita da un giovane come me e riesco a sentire chiaramente i passi di altre due persone dietro di me alla stessa distanza.
Ci fermiamo davanti ad un pullman dove la trentenne mi fa segno di entrare ed io salgo senza porre domande.
Rimango immobile un secondo all’inizio del corridoio, ci sono giovani come me e altri coetanei diversi ma simili.
Una ragazza di quest’ultimi mi osserva sorridendomi e sposta il suo zaino dal sedile accanto al suo facendomi segno di raggiungerla.
Le mie gambe si muovono mentre con la schiena lievemente incurvata mi avvicino alla giovine.
Mi lascio cadere sul sedile che da sul corridoio del bus e mi volto verso di lei.
«Come ti chiami?» Mi domanda rompendo il silenzio assoluto che regnava su quel veicolo.
La fisso.
«Tiara Mander.» Rispondo passivamente.
«È un bel nome.
Io mi chiamo Pandora esattamente come la ragazza del mito.» Dice sorridendomi.
«Come stai?» Mi chiede.
Rispondo aprendo la bocca e richiudendola, lei annuisce lievemente.

Ha davvero capito?

Le porte si chiudono e la donna sulla trentina consegna ad ognuno dei presenti una catenina di metallo dalla quale pendeva una piastrina dello stesso materiale sul quale era inciso in rilievo il proprio nome.
La osservo facendola penzolare davanti al mio viso quando, improvvisamente, Pandora me la toglie delicatamente dalle mani.
Lei si mette la mia e mi fa indossare la sua sorridendomi.
Il bus inizia la sua corsa verso destinazione ignota mentre lei sorride rigirandosi la piastrina tra le dita.


Lei ha un qualcosa di diverso dagli altri, non è come me.




Ciao a tutti^^ questo è il primo capitolo di una progetto che spero possa piacervi.
Sarei davvero lieta di leggere una vostra recensione, ogni critica e consigli sono ben accetti. 

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Capitolo 2
*** Scelte. ***


Continuo a guardarla da quando il pullman è partito.
La osservo, si sta rigirando con attenzione tra le mani quella piastrina. L'ammira come se avesse davanti il dono più bello e meraviglioso del mondo. Alza improvvisamente lo sguardo incrociandolo col mio, rimango estasiata dalla bellezza dei suoi occhi neri e lucenti come l’onice.
Lei mi sorride, tira fuori un vecchio MP3 dalla tasca dei jeans e mi porge una cuffietta per sentire la musica insieme.
La canzone parte a tutto volume stordendomi per un secondo.
Pandora appoggia la testa sulla mia spalla e chiude gli occhi. Decido di non muovere un muscolo lasciandola riposare.
Rimaniamo in quella posizione per tutta la durata del viaggio alla fine del quale ci alziamo dai nostri posti e seguiamo la donna bruna.
Ci conduce dentro un gigantesco edificio completamente bianco, privo di ogni finestra. Pochi altri oltre a me e lei sembrano notarlo o dargli importanza.
Sento Pandora stringere improvvisamente la mia mano con la sua esile e calda.
«Non so se puoi avere paura ma in caso tu non possa sappi che la sto sentendo io per entrambe.» Mi dice ridendo e io le rivolgo uno sguardo interrogativo.
Non capisco perché ha paura, non ci hanno incatenate, è solo un imponente edificio.
Entriamo ed il mio naso viene investito violentemente da un forte odore di disinfettante misto a lavanda che mi nausea per qualche minuto.
Ci radunano in un’ampia sala dove ci fanno mettere una accanto all’altra.
C’è un grande brusio di sottofondo del quale riesco a cogliere solo parole sconnesse tra loro prodotte da altri che non riesco a vedere.
Noto due uomini vestiti di bianco indicare me e Pandora, anche lei li vede ed inizia a stringere più forte la mia mano.
Sembra spaventata, dovrei fare qualcosa?
Chiamano ognuno di noi e ci dividono in insiemi di numeri.
Pandora sorride sapendo di essere nel  gruppo 01 insieme a me anche se io non vedo alcun motivo per gioire.
Non so quali siano i criteri coi quali ci hanno divisi e lo scopo di ciò ma non mi interessa scoprirli.
Seguiamo un uomo coi capelli raccolti e rasati ai lati, dall’aspetto non mi sembra avere molti più anni di noi, mi pare poco più che ventenne.
Ci porta in una lunga camera, ai lati opposti del muro vi sono una serie di letti a castello completamente neri con le coperte bianche sulle quali sono posati dei vestiti interamente grigi.
Appoggio la mia borsa su quello inferiore vicino alla porta mentre Pandora lancia il suo zaino su quello sopra al mio.
Poco tempo dopo entrano altre ragazze come noi ma molto più cupe in viso e nei movimenti. Quando ci notano ci rivolgono uno sguardo sconsolato per poi richinare il capo verso il gelido pavimento in piastrelle sul quale non scorgo nemmeno un granello di polvere.
Da un altoparlante viene detto a tutti i soggetti del gruppo 01 di tornare nella grande sala, alcune si dicono offese per essere state chiamate con l’appellativo di “soggetti”, Pandora non si esprime al riguardo.
Noi e le ragazze appena rientrate in camera ci ridirigiamo nella grande sala, ci mettiamo in fila come poco prima e rimaniamo in attesa.
Pandora è alla mia sinistra, riprende la mia mano con la sua che è diventata improvvisamente gelida e mi accenna un sorriso. Trema come una foglia d’autunno scossa dal vento che si rifiuta di lasciarsi cullare dalla fredda corrente premonitrice di un rigido inverno.
La guardo non comprendendo il suo timore, vedo i suoi occhi schizzare da un lato all’altro del suo campo visivo come se stesse cercando qualcosa o qualcuno in particolare fino a quando, improvvisamente, si fermano puntando la porta chiusa alla nostra destra dalla quale irrompe un uomo adulto dalla statura imponente.
Lui ci osserva per un secondo, si dirige dalla prima ragazza in fila alla mia sinistra che non emette un singolo sospiro così come ogni altra persona presente.
L’unico quasi impercettibile rumore che riesco ad udire è il battere dei denti che Pandora sembra cercare disperatamente di soffocare.
L’uomo con disinvoltura estrae dalla tasca del camice una pistola, spara in fronte alla giovane che crolla a terra rompendo il silenzio.
Alcune di quelle che erano con me sul bus sussultano ma le più cupe bisbigliano loro di non muovere un muscolo.
L’assassino fa un passo verso la ragazza successiva, alza l’arma ma invece di colpirla spara a quella accanto. Osservandolo con la coda dell’occhio lo vedo uccidere una persona sì ed una no, in modo sistematico, senza alcun criterio di scelta e senza esitazione alcuna.
In poco tempo arriva alla ragazza alla sinistra di Pandora che non viene colpita.
Lo guardo posizionarsi precisamente davanti a lei e alzare l’arma, la vedo mordersi il labbro inferiore stringendo la mia mano.
Io rompo la fila e, tirandola indietro, mi piazzo esattamente tra Pandora e lo sconosciuto.
Faccio un passo verso di lui sentendo la volata della pistola sfiorarmi la fronte.
«Torna in fila.» Mi dice ma non mi muovo di un centimetro.
«Perché stai facendo questo.
Torna al tuo posto e ignorerò l’accaduto.» Insiste subito dopo ma io non mi sposto.
«Perché ti stai ostinando a proteggerla?» Mi domanda premendo lievemente la volata calda contro la mia pelle coperta di miei capelli corvini.
«Perché non può morire.» Rispondo atona.
«Perché?» Mi richiede con fermezza.
«Perché sì. Mi spari se vuole.» Gli dico.
Mi scruta per qualche secondo cercando di intravedere i miei occhi celati dietro alla mia folta frangia per poi abbassare l’arma, si allontana di qualche passo e si volta verso gli altri uomini in camice presenti nella sala.
«Riportatele alla loro camera.» Afferma.
«Lei viene con me.» Aggiunge subito dopo ed io lo seguo senza voltarmi.

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Capitolo 3
*** Analisi ***


Lo seguo rimanendo a distanza di circa due passi, superiamo la specie di dormitorio del mio gruppo proseguendo dritti fino alla fine del gelido corridoio.
Sento gli altoparlanti richiamare con voce ferma i soggetti 02. 
Svoltiamo a destra, lui apre la prima porta in metallo sulla sinistra con un passe-partout e mi invita ad entrare con un gesto della mano. 
La stanza in cui mi ha condotta ha l’aspetto di un semplice studio appena ripulito. 
L’odore di alcool rosa mi investe violentemente dandomi un lieve senso di nausea che mi fa storcere istintivamente il naso. 
Ci sono diversi fascicoli sulla scrivania posti ordinatamente in un porta documenti di metallo.
Non riesco a distinguere completamente le parole a causa dei capelli che mi coprono gli occhi. 
Sento la serratura scattare alle mie spalle e il rumore dei suoi passi dall'andatura pesante ma decisa farsi sempre più vicini.
La sua mano destra e la sinistra si posano sulle mie esili spalle, sono molto più grandi rispetto a quelle di mio fratello e le sue dita lunghe ed ossute terminano con delle unghie corte e curate. 
«Qual è il tuo nome?» Mi domanda con la freddezza di un padre severo, il mio. 
«Tiara Mander.» Rispondo senza voltarmi. 
«Sai perché sei qui?» Mi chiede. 
«No.» Affermo.
La parete che osservo è adornata da una lavagna di sughero a cui sono affisse diverse foto di giovani come me.
Scorgo la mia nell'angolo in basso a destra, è l'unica ad essere fissata con una puntina bianca. 
«Ti interessa saperlo?» Mi domanda. 
Scuoto la testa in segno di negazione, lo sento annuire pensieroso. 
«Tu sei niente.
Sei senza personalità, senza scopo.
Tu non sei nemmeno Tiara Mander, sei solo un corpo vuoto.» Mi sussurra all’orecchio. 
La grande quantità di mentine che ha ingerito non è in grado di mascherare il suo presente da fumatore accanito che invade prepotentemente il mio naso lasciandomi, però, indifferente. 
Immagini e ricordi un tempo pieni di significato e sentimento scorrono davanti ai miei occhi senza che io ne sia minimamente influenzata. 
«E quindi? Non mi importa.» Commento voltandomi verso di lui. 
«A te non importa di niente, nemmeno di te stessa.»  Aggiunge squadrandomi. 
«Forse.» Replico. 
«Forse?» Ripete inarcando lievemente il sopracciglio.
Sembra sorpreso. 
«Si.» affermo convinta. 
Un sorriso accennato compare sul suo volto, non ne comprendo né il motivo né il sentimento scatenante. 
«Torna dal tuo gruppo.» Mi dice facendomi cenno con la mano, senza dire una parola gli passo accanto dirigendomi alla porta che scopro essere apribile senza chiave dall'interno. 
Girato l’angolo vedo Pandora ferma al centro del corridoio. 
Passano alcuni secondi durante i quali continuiamo a fissarci senza muovere un muscolo e, nonostante la mia folta frangia, sento che lei mi sta guardando dritta in quegli occhi da me ormai dimenticati.

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Capitolo 4
*** Grigio ***


Pandora mi corre incontro lanciandosi tra le mie braccia e nascondendo il viso sulla mia spalla.
«Ho avuto paura che ti avrebbe fatto del male per colpa mia!» mi dice singhiozzando.

La osservo senza proferir parola non comprendendo il suo preoccuparsi per me.

Rimane in totale silenzio per un minuto prima di tornare con me nel nostro "Dormitorio".
Gli sguardi di tutte le ragazze del mio gruppo sono puntati su di me, non li vedo chiaramente ma riesco a percepirli.

«Hai avuto molto culo o, più probabilmente, ti sei appena condannata a morte da sola. Non che te ne importi qualcosa, "Grigia".» Afferma una ragazza dai capelli completamente rasati venendo verso di me.
La osservo indifferente.

Grigia?

«Cosa intendi dire?!» Interviene Pandora.
Un sorrisino compare sul volto della sconosciuta.
«Grigie è l'appellativo con cui vengono chiamate le tipe come la tua "amica". Loro sono letteralmente il nulla cosmico. Zero emozioni, zero sentimenti, zero morale, sono V U O T E.»
«Se questo è ciò che intendi con Grigie allora ti sbagli a chiamare Tiara così. Lei mi ha salvata poco fa e lo avete visto tutte quante. Parli tanto con quel tono da saccente considerandoti meglio di lei ma al contrario tuo Tiara non ha esitato a mettersi tra me e quel tizio per salvarmi.» Ribatte stringendo i pugni.
«Infatti nessuna di noi riesce a spiegarsi perchè la tua carissima amica sia intervenuta, inoltre, se è così forte, perchè non mi risponde lei?» Domanda fissandomi.

Sospiro.

Tutto questo non ha senso... come me... no? ...No, non come me... io ho senso, c'è un motivo se esisto, ne sono certa.

«Per il semplice fatto che per me potresti morire anche ora, in questo preciso istante. Non mi interessa né di te né di nessun'altra persona presente in questa intera struttura eccetto Pandora. Non ti conosco, non mi interessi e, a me, la tua assenza o presenza è totalmente indifferente.» Le rispondo senza esitazione.
«Perchè ti interessa Pandora, Grigia?» Mi chiede.
Pandora mi guarda, attendendo la mia risposta.

«Perchè si.» affermo.

«Ah, ancora una cosa,
io mi chiamo Tiara Mander.» aggiungo poi passandole accanto.







Angolo autrice:
Sono passati secoli dall'ultima volta che ho aggiornato ma, ehi, sono tornata ♥
Mi raccomando, so che è breve, ma ci terrei a sapere cosa ne pensate^^
 

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