New Life di Spanner (/viewuser.php?uid=69161)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** partenza inaspettata ***
Capitolo 3: *** gioco della bottiglia ***
Capitolo 4: *** uno scherzo imperdonabile ***
Capitolo 5: *** ci sono io ***
Capitolo 6: *** fuga ***
Capitolo 7: *** notte movimentata ( parte uno ) ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Salve a tutti!
Questa storia è una mia creazione, l'ho adattata ai
personaggi
di Inuyasha perchè li ho trovati perfetti per i vari ruoli...
Spero vi piaccia!
New Life
PROLOGO
*
KAGOME *
Quando non hai
nulla da perdere, e La Morte viene a prenderti,
in quel momento ti
sembra di averla aspettata per tutta la vita
e non desideri
altro che buttarti fra le sue braccia.
In
quell’istante mi resi conto che stavo per
morire: mai avevo voluto
che il giorno della mia morte arrivasse,
ma ora che era
davanti a me a braccia aperte, in attesa che la raggiungessi,
l’unico
pensiero
rimastomi era... che non aspettavo altro.
Ormai non avvertivo nient’altro se non il
bruciore atroce che attraversava il mio corpo e non vedevo altro
che le fiamme
rosse divorare tutto intorno a me, compresa io stessa.
Fino a cinque minuti fa non avrei immaginato
neanche lontanamente di voler morire,
nonostante la mia vita non avesse più valore.
Adesso, invece, mi sembrava la cosa più
ovvia, la scelta migliore.
Finalmente non
avrei sofferto.
Mai più.
Questo è solo il prologo, per questo è
breve, ma presto posterò il primo capitolo...
Non lasciatevi troppo ingannare da ciò che è
scritto qui...
Fatemi sapere cosa ne pensate!
_Draco_
|
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Capitolo 2 *** partenza inaspettata ***
Salve! Eccomi col capitolo, e spero che continuerete a
seguirmi con questa storia!
Sappiate che qui il carattere di qualche personaggio secondario
sicuramente cambierà un po'.
PS: "una
settimana prima" sta a significare una settimana prima del prologo
Capitolo uno: PARTENZA
INASPETTATA
Una settimana prima
Era una mattina di marzo, apparentemente normale.
Kagome si alzò non appena le 6.00 scoccarono e la sua
sveglia suonò.
Oramai era abituata a quell'orario straziante, perchè da
quando aveva dieci anni aveva dovuto rispettarlo.
Doveva alzarsi prima degli altri per preparare la colazione e pulire la
cucina, e terminare qualche faccenda.
Uscì dalla sua stanza minuscola, che aveva solo una
finestrella, e di cui l'arredamento era composto da un lettino, una
cassettiera
per i suoi vestiti, una scrivania - che somigliava a un pezzo di legno
rettangolare tenuto da tre rozze zampe sempre di legno,
che stava in piedi per miracolo - con una lampada, e un baule per i
suoi pochi oggetti personali.
Era davvero una stanza piccola... Questo perchè in
realtà era una soffitta, trasformata per far dormire Kagome
quando era arrivata,
sette anni prima, dopo che perse la madre, quando lei aveva tre anni, a
causa di un tumore, e poi all'età di otto anni suo padre
ebbe un
incidente d'auto, nella quale ci fu un'esplosione, e del suo corpo non
era rimasto nulla... solo cenere...
Era dovuta andare a vivere dai suoi unici parenti rimasti, i suoi zii...
Che non le offrirono nulla di più se non un tetto e del
cibo. Non aveva mai ricevuto amore da loro.
Uscì dalla sua camera, ritrovandosi in un corridoio color
crema, con quattro porte: una del bagno, e le altre appartenenti ai
suoi cugini.
I suoi odiosissimi,
irritanti, prepotenti cugini.
La porta situata quasi di fronte alla sua
stanza era quella di Sota,
il meno fastidioso fra i tre fratelli perché,
a differenza degli altri due,
lui non le dava tormenti,
lavori extra, e via dicendo.
Non le gridava dietro
insulti o rimproveri.
A dire il vero, lui non le parlava.
O, per meglio dire, lui non
parlava mai con nessuno. Solo lo stretto necessario.
Ma lei preferiva così. Un
problema di meno, no?
Sota era un ragazzo un po’ strano, non
solo per il fatto che fosse un punk fino al midollo delle ossa e
perché non
parlava mai,
o dato che ogni tanto provenivano strani e inquietanti rumori
dalla sua camera, che nessuno sapeva identificare e dei quali
nessuno voleva
scoprirne la natura. Difatti mai un altro membro della famiglia era
entrato in
quella stanza.
Sota era strano già a sei
anni, da quando si sapeva che il suo cervello era sviluppatissimo,
pieno di
idee ingegnose.
Risucchiava ogni informazione e la conservava
con cura,
tirandola fuori quando ne aveva bisogno.
Le maestre della scuola
elementare ne erano rimaste sbalordite e avevano cercato -
invano – di convincere i
genitori a iscriverlo in una scuola migliore,
che lo avrebbe stimolato
di più. Ma Ryuichi e Akiko non pensavano che il bambino
fosse davvero
così intelligente, infatti
non cercarono mai di aiutarlo a sviluppare la sua mente;
forse fu per questo motivo
che iniziò a chiudersi in se stesso e che, ancora oggi,
a quindici anni,
non
spiccica parola e resta indifferente in ogni situazione.
Bè, una cosa positiva ce
l’ha: a scuola è lo studente migliore.
La
porta accanto a quella di Sota è quella
della stanza di Bankotsu, il primo genito
- che a ventun’anni vive ancora con
i genitori solo perché da solo non sa mantenersi –
.
Bankotsu ha sempre reso la sua vita ancor più complicata,
non fa altro che
tormentarla. Ma mai quanto sua cugina Kikyo.
Ed ecco, appunto,
l’ultima e più odiata
stanza. Sulla porta vi è attaccato un foglio
con scritto in bella grafia
“ Trendy K. “, il suo adorabile
soprannome.
A tredici anni era una
smorfiosa coi fiocchi, viziata più di ogni altro dei figli
dei suoi zii.
Otteneva sempre quello che voleva e il suo hobby, oltre allo shopping, era
quello di distruggere e
tormentare Kagome più di Bankotsu.
Era molto spesso per colpa
sua se veniva picchiata da Ryuichi, che non chiamava più
“ zio” da quando aveva nove
anni, dopo un anno di convivenza con loro e aveva capito che non le
volevano
bene,
l’avevano accolta sotto lo stesso tetto solo per non perdere
tempo a
trovare un orfanotrofio e perché era uno dei voleri
di suo padre nel
testamento, che aveva già scritto a soli quarantatre anni,
cosa alquanto sospettosa.
Kagome
scese le scale che portavano al
piano di sotto della grande casa dei suoi zii, dove c’erano
una sala enorme,
con mobili pregiati, un tavolo al centro della stanza, rotondo, per il
pranzo e
la cena, un grande e comodo divano beige,
e una libreria piena di classici.
Davanti al divano spiccava un tappeto porpora con decorazioni astratte.
Era un tappeto orribile, ma
poiché valeva due occhi della testa, era li, a fare bella
mostra di se.
Sulle
pareti vi erano diversi quadri rappresentanti nature morte, di qualche
artista
conosciuto, mentre sui mobili spiccavano foto della famiglia Higurashi.
In nessuna di queste
compariva Kagome.
Su un altro dei mobili di
legno pregiato, vi era una televisione al plasma, da fare invidia quasi
a
quella del cinema.
Era davvero enorme, e stava in contrasto con i quadri
rappresentanti la natura.
Insomma, un tipico salotto
da ricchi.
Accanto alla televisione,
posta di fronte al
divano, c’era un corridoio che conduceva alla camera di Akiko
e Ryuichi e
al loro bagno,
lussuoso come la sala da pranzo. E poi la cucina, che la stava
aspettando per essere pulita alla perfezione e per iniziare a preparare
la
colazione.
Iniziò a pulire
cercando di
sbrigarsi, perché alle 6.35, puntuale, Akiko sarebbe venuta
come ogni
mattina, a controllare che si fosse alzata e messa al lavoro.
Alle 6.20 aveva, per fortuna, terminato, e iniziò
a tirare fuori dal frigo gli ingredienti per la colazione,
fra cui latte, uova e il succo di kiwi
- del quale lei non sospettava neanche l'esistenza fino al momento in
cui era andata a vivere da loro -
per Bankotsu, che lo adorava.
Alle 6.35 aveva finito e,
puntuale, si presentò Akiko nella sua succinta camicia da
notte verde smeraldo, per controllare il suo lavoro.
<< Buon
giorno, Orfana >>
le disse con la sua voce falsamente dolce, quasi infantile, che celava
però solo veleno, per Kagome.
Orfana. Era
così che Akiko la chiamava. Sempre e solo così.
Ma ormai era abituata. Inutile rimuginarci.
<< Senti,
ricordi che fra tre giorni è il compleanno di Bankotsu?
>> chiese la donna sistemandosi una ciocca di capelli
biondi dietro l'orecchio,
dopo aver appurato che tutto era pronto in tavola e che la cucina era
pulita.
Kagome si
irrigidì. Era vero! Quel deficente avrebbe compiuto ventidue
anni! E lei non aveva nulla da regalargli...
<< Sei per
caso diventata sorda?! >> la aggredì Akiko per
la mancata risposta di Kagome.
La ragazza digrignò i denti e rispose con un
<< Si, mi ricordo >> strascicato.
<< Io e Ryu >> Così Akiko
chiamava il marito << Abbiamo deciso di portare tutti
nella nostra casa in montagna, visto
che Bankotsu adora quel posto. Passeremo un paio di settimane
lì. Ho già informato la scuola che partiamo da un
parente malato
e che salterete la scuola per quel periodo. Si, anche tu verrai con noi
>> aggiunse vedendo la faccia stralunata di Kagome.
<< A.. Anche... Io? >> chiese incredula.
Di solito la lasciavano marcire in casa o da qualche vicina, se la
famiglia partiva.
<< Certo, anche tu. Questo piccolo viaggio serve
perchè la famiglia sia unita e faccia attività
insieme. Io non avrò di certo il tempo
di occuparmi della casa e dei pasti. Ci penserai tu. >>
disse con un piccolo ghigno.
<< Ah, certo >> borbottò Kagome,
rabbuiandosi. << Non c'è problema. Ho sempre desiderato farvi da
serva mentre ve la spassate. >>
<< Modera il tono, ragazzina >>
sputò con quella sua vocina agitando i capelli biondo
pallido Akiko.
<< Potrei >> afferrò una ciocca
nera di Kagome << fartela pagare >>
tirò violentemente la ciocca, strappando alla ragazza un
gemito.
<< Spero sia stata chiara! >>
trillò Akiko con un sorriso radioso a trentadue denti.
<< Umpfh >> fu la risposta di Kagome, ma
Akiko non ci badò molto, e Kagome notò la
scintilla che balenò nei suoi occhi azzuri pochi istanti.
Quel bagliore non le aveva mai portato nulla di buono.
<< Cosa regalerai a Bankotsu, Orfana? >>
chiese con noncuranza, ma dal lieve sorriso che increspava le sue
labbra, Kagome
intuì che conosceva già la risposta.
<< Ehmm... Io... >> fece vaga, ma Akiko,
con un'espressione a dir poco scandalizzata, strillò:
<< NON GLI HAI COMPRATO NULLA?!?! >>
Kagome si fece piccola piccola.
<< Con... Con quali soldi... avrei... avrei potuto?
>> balbettò, notando Ryuichi che si avvicinava
insonnolito in maglietta e boxer,
con i capelli ricci e scuri spettinati e un sottile strato di barba
mattutina sul mento.
<< Cos'è questo casino? >>
domandò con la sua voce un po' rauca e profonda, guardando
Kagome con astio, e la moglie con dolcezza.
<< L'Orfana non ha fatto un regalo a Bankotsu e in
più dice che non ha abbastanza soldi per comprargliene uno.
>> spiegò Akiko << Ma
>>
aggiunse,
vedendo che il
marito aveva rivolto a Kagome un’occhiata assassina e stava
per parlare <<
Ma penso di avere la soluzione >>
terminò con un sorriso radioso, che
assieme ai lunghi capelli biondi le davano un aspetto angelico.
Falsamente,
angelico.
<< E quale
sarebbe?
>> chiese Ryuichi con un tono interessato. Di solito la
moglie lo
lasciava fare, quando stava per urlare contro Kagome.
Doveva essere davvero una
grande soluzione.
Si,
per loro.
Il luccichio negli occhi
di Akiko si fece più intenso.
<< Potrebbe
regalargli
l’orologio di Takeru. Bankotsu l’ha sempre adorato.
Tanto tuo fratello è morto, non
ha bisogno di un orologio, la dove sta ora. >>
A Kagome mancò
un battito.
L’unica cosa di valore che aveva era l’orologio del
padre, al quale era molto
affezionata,
perché era una delle pochissime cose che le erano rimaste
dei suoi
genitori.
<< NO!
>>
Esclamò, forse un po’ troppo forte,
perché vide Ryuichi accennare ad alzarsi.
<< Come,
prego?
>> chiese Akiko, incredula. Mai Kagome aveva contestato
una decisione
dei suoi zii, o se era accaduto,
era stata in un’occasione più unica, che rara.
<< Intendi
anche
opporti? Non hai fatto nessun regalo a Bankotsu, e ora che ti troviamo
la
soluzione, tu la neghi? >> disse la zia, di nuovo acida.
Kagome non sapeva che
fare.
Avrebbe tanto voluto non trovarsi in quella situazione.
Regalare al suo odiato
cugino l’orologio, o prenderle finché non avrebbe
detto che glielo dava?
Cercò di
ricordare se Bankotsu
era mai stato carino con lei, se meritava qualcosa di valore come
l’orologio di
suo padre.
Ricordò solo dispetti, insulti, e prese in giro.
Occasionalmente
pure qualche calcio. Lui non aveva mai dimostrato affetto per
lei,
non le aveva
mai fatto un regalo, mentre lei, negli ultimi quattro anni, quando era
risultata degna di poter maneggiare soldi,
era stata obbligata a fargliene per
ogni occasione.
No,
non avrebbe ceduto a Bankotsu l’orologio.
Avrebbe preferito regalarlo al primo che passava per strada, piuttosto
che a
lui.
<< Non
regalerò
l’orologio di mio padre a quel bastardo. >>
sibilò Kagome, furiosa.
<< Non mi
potete
costringere. >> L’aveva detto.
D’istinto, le erano uscite quelle parole.
Non si può
sempre trattenere
ogni emozione.
Ma avrebbe fatto mille volte
meglio a starsene zitta.
Ryuichi si era alzato di
scatto rovesciando rumorosamente la sedia.
Kagome aveva fatto un
balzo
di due metri almeno all’indietro.
Era troppo tardi. Era
scoppiata la scintilla. Ma perché non era stata zitta?
Perché non
aveva fatto come
sempre, perché non aveva detto che dava l’orologio
a Bankotsu?
Non solo non aveva
obbedito, ma aveva pure insultato il loro adorato figlio.
Ryuichi
l’avrebbe uccisa.
Era riuscita a non farsi picchiare per una settimana, ma evidentemente
per lei
non c’era tregua.
Non poteva vivere la sua
vita in pace.
Kagome
indietreggiò fino ad arrivare alla
parete opposta della sala, sapendo che era completamente inutile.
L’avrebbe
raggiunta comunque.
Chiuse gli occhi,
stringendo
le mani a pugno, rassegnata a dover sopportare il dolore
finché suo zio voleva.
O finché non fossero arrivati quegli stupidi dei figli, che
non immaginavano
che il padre picchiasse la cugina.
Pensavano che fosse lei l’idiota, che cadeva
e sbatteva contro ogni oggetto.
E
mentre sentiva i passi di Ryuichi che si
avvicinavano, sperò davvero che arrivasse Bankotsu, o
Sota.
Avrebbe sopportato volentieri perfino Kikyo, pur di non dover subire
quel
trattamento.
Ma
non arrivò nessuno.
Anche a occhi chiusi,
sapeva
benissimo che faccia aveva suo zio in quel momento.
Un ghigno stampato in
faccia. Rideva, quando la picchiava.
Sentì
all’improvviso un
dolore acuto sul viso, seguito da altri ancora.
Poi passò alle gambe.
Diede diversi violenti
calci
sulle lunghe e snelle gambe della ragazza, coperte dalla stoffa dei
pantaloni
del pigiama.
Kagome cadde, non riuscendo a stare in piedi per il dolore. Dalla
posizione rannicchiata era più facile picchiarla.
Ryuichi non ebbe
pietà. Le
diede pugni e calci, dovunque gli capitava e la ragazza
provò a difendersi,
invano.
Gemeva dal dolore, non poteva neanche urlare, se non voleva peggiorare
la situazione. Ryuichi non dava cenni di voler smettere.
Ormai Kagome, non cercava
più
di proteggersi, lasciava che il dolore fosse l’unica
sensazione a pervaderla.
Non sapeva neanche quanto tempo era stata li a terra, o per quanto
tempo ci
sarebbe ancora rimasta.
Sentiva il corpo percorso da fitte, il viso bruciare
per i colpi subiti e stava perdendo la sensibilità delle
braccia.
Ogni colpo le faceva
perdere
il senso della realtà e temeva che non sarebbe più
riuscita ad aprire gli
occhi.
Era così tanto il dolore, che
ormai le sembrava facesse parte di lei, come se la sua anima avesse
accettato
la sofferenza
e avesse deciso di fondersi con lei per non
percepirla più così
intensamente.
Quando pensava che oramai
non avrebbe più smesso, sentì la voce di Akiko,
lontana:
<< Tesoro!
Buongiorno!
>> Seguita da dei passi che scendevano velocemente le
scale.
Sentì i passi
più pesanti di Ryuichi, che facevano quasi vibrare il
terreno, a causa della sua massa
muscolare.
Provò ad aprire
gli occhi,
piano, nonostante il bruciore del viso.
Come aveva sospettato, non
sentendo alcuna risposta al buongiorno della madre, era stato Sota a
scendere.
Era seduto proprio sul posto che dava una perfetta visuale di Kagome,
due sedie più in là del padre.
La fissava con uno sguardo
intenso, un misto di preoccupazione, indifferenza, rabbia e... e anche
qualcosa
che non riusciva a decifrare.
Kagome si issò
piano sui gomiti, per provare a
rialzarsi. Non voleva che gli altri la vedessero
così.
Si sarebbero divertiti a
prenderla in giro, per il suo stato.
Lentamente, si diresse in
cucina, proprio
mentre sentiva che gli altri cugini stavano scendendo le scale, e si
chiuse
dentro.
Non versò neanche una lacrima, perché non
voleva dare questa soddisfazione ai suoi zii, di vederla tornare con
gli occhi
rossi e gonfi
come le sue guance a causa delle botte.
Consumò
una colazione a base di un biscotto e
un bicchier d’acqua, uscì dalla cucina e
salì velocemente le scale,
lanciando
solo un’occhiata veloce al tavolo, dove la famiglia felice
discuteva e
consumava la colazione.
Incontrò i penetranti occhi neri di Sota
solo per un istante, ma riuscì a cogliere le stesse
emozioni di prima.
Preoccupazione, rabbia,
indifferenza e... non riusciva a capire l’ultima emozione che
trapelava da
quegli occhi così complicati.
Però, era
riuscita a capire
che quelle emozioni erano tutte,
tutte rivolte a lei.
Quello sarebbe stato l'ultimo giorno di scuola per due
settimane, dato che prima di uscire aveva sentito Bankotsu esultare
per il fatto di partire il giorno successivo in montagna, mentre Kikyo
aveva una smorfia sul suo viso di porcellana, dovuta
sicuramente al fatto che in montagna non poteva indossare i tacchi e
non c'erano negozi all'ultima moda.
Sota invece era immobile, senza alcuna emozione.
Fortunatamente a scuola c'era Sango, la sua migliore amica, che le
rendeva le giornate più piacevoli.
Sango non sapeva delle violenze che Kagome subiva, ma era a conoscenza
del suo passato e sapeva che non se la passava bene.
Però aveva intuito che c'era dell'altro, che Kagome,
nonostante si conoscessero da quando si era trasferita a Tokyo, non le
aveva confidato.
Lo aveva capito dai suoi occhi che spesso si spegnevano della luce
solare di sempre, o che divenivano malinconici per qualche istante.
Sango attendeva paziente, conscia del fatto che prima o poi le avrebbe
rivelato tutto.
Perchè non ci si può tenere tutto dentro per
sempre.
La campanella della ricreazione suonò e Sango ne
approfittò per chiedere a Kagome ciò che la
turbava più del solito quel giorno.
Kagome distolse i suoi occhi nocciola da quelli cioccolato di Sango,
rispondendo:
<< Domani partiamo per due settimane in montagna, da un "
parente malato " >> fece il gesto delle virgolette con le
mani, per
chiarire che non esisteva alcun parente malato.
<< Oh. >> pronunciò Sango,
sedendosi sul banco di Kagome, aggiustandosi la coda che teneva legati
i suoi lunghi e lisci capelli castani.
<< E in realtà andate in montagna per...
>> lasciò la frase in sospeso, in attesa che
Kagome la completasse.
<< Perchè fra tre giorni quell'imbecille di
Bankotsu fa ventidue anni e dato che adora con tutto il suo stupido
cuore quella casa
in montagna, andiamo li per farlo scoppiare di felicità!
>> esclamò con rabbia, e Sango
ridacchiò.
<< Quanto affetto
dimostri a tuo cugino con queste parole cariche d'amore...
>> commentò sarcastica la castana, facendo
tornare il sorriso anche
a Kagome.
<< Non preoccuparti >> riprese Sango dopo
cinque buoni minuti di risate << Ti chiamerò
ogni giorno e staremo per almeno un' ora
al telefono >>
Kagome sorrise.
<< Grazie Sanguccia, sei la migliore! >> la
abbracciò di slancio, mentre l'amica ricambiava,
sghignazzando:
<< Lo so di essere grande, ma continua pure ad
adularmi...! >> e scuoteva i capelli in modo sexy per
dare più enfasi alle sue parole.
Risero di nuovo, ma vennero interrotte dall'arrivo in classe di Sota.
Kagome divenne di pietra. Nonostante frequentassero la stessa scuola,
lei e Sota non si parlavano mai se si incrociavano, e lui
non era mai venuto nella sua classe o viceversa.
Ma lo shock più grande lo ebbe quando lui aprì la
bocca per parlarle, senza comunque lasciar trapelare alcuna emozione
dal suo sguardo,
eccetto quegli occhi, distanti, ma che le rivolgevano preoccupazione,
rabbia, indifferenza e... sempre quel qualcosa che non
riusciva ad identificare.
Quel giorno era vestito di nero - come sempre -, e i suoi capelli neri
erano sparati un po' ovunque, leggermente più verso sinistra,
la sua maglietta era di un gruppo metal conosciuto, con macchie rosse e
teschi argentati a decorarla.
Nonostante avesse un'aspetto un po' trasandato, Kagome doveva ammettere
che quel look gli donava, e aveva un'aspetto... fico,
in fin dei conti. Quello stile donava a quel ragazzo.
<< Ciao Kagome. Ciao Hiraikotsu. >>
salutò le ragazze in tono freddo.
Kagome, allibita, con occhi e bocca sgranati, dopo un'attimo
riuscì a rispondere, non senza balbettare:
<< C-c... Ciao So-Sota! >>
Sango le diede una gomitata per farle tornare un minimo di
dignità, mentre rispondeva:
<< Ciao! Puoi chiamarmi Sango, se ti va, ci conosciamo da
un pezzo, sei il migliore amico di mio fratello Kohaku!
>> disse allegramente
<< Sei più grande di me. >>
rispose atono il ragazzo, puntantole i suoi enigmatici occhi addosso.
Sango sbuffò divertita.
<< Di un'anno! Ho sedici anni, tu quindici, non
m'importa! Siamo nel ventunesimo secolo! Anche Kagome ha quindici anni,
ma non mi
chiama Hiraikotsu! Chiamami per nome, per favore, Sota...!
>>
<< Sei stata bocciata...? Non lo sapevo. >>
disse Sota.
<< Si, ma non accadrà più
>> rispose lei arrossendo. Non le piaceva che le si
facesse ricordare di essere stata bocciata... Un errore lo
commettono tutti, e lei era stata molto negligente con la scuola, e
come meritava, fu bocciata.
Sota sembrò perdere interessere per lei e si
voltò verso Kagome che, sentendosi in soggezzione sotto lo
sguardo del cugino,
arrossì leggermente.
<< Kagome >> iniziò con la sua
voce priva di emozioni << Io so cosa ti fa mio padre.
>> era un'affermazione.
Kagome abbassò gli occhi e increspò le labbra.
Sango invece era confusa.
<< Lo so da sempre >> aggiunse il ragazzo,
fissandola intensamente.
Lei alzò gli occhi, sorpresa. Sapeva della sua intelligenza
enorme, ma non pensava che lui avesse subito capito
il trattamento che le era riservato.
Ricambiò lo sguardo di Sota, come a incitarlo a continuare.
Anche se era davvero molto, molto strano, avere una conversazione con
lui più lunga di due sillabe.
<< Non mi piace. >> disse dopo un minuto.
<< Per niente. >> aggiunse dopo un'altro
istante.
<< Vedrò di fare qualcosa. Se ci riesco.
>> Il tono era ancora indifferente, ma i suoi occhi
esprimevano determinazione
e tutto ciò che le parole non dicevano.
Kagome era ancor più stupita. Restarono qualche minuto a
scrutarsi l'un l'altra, senza proferire parola.
Sango ci capiva sempre di meno.
Non ottenendo risposta, Sota si voltò di nuovo verso Sango.
<< Sango >> proferì, mentre
questa sussultava impercettibilmente << Non so se Kagome
te l'ha detto. Domani partiamo in montagna.
Da un inesistente parente malato. Mamma ha detto che tutti possiamo
invitare qualcuno. Quel tutti esclude Kagome, ovvio >>
aggiunse dopo una lieve pausa << Ho invitato Kohaku e lui
verrà con noi. I tuoi sono d'accordo. >>
Sango annuì, continuando a osservarlo. Aveva l'impressione
che doveva dirle qualcos'altro.
<< Ti sto invitando. >> disse chiaro e
tondo, senza girarci troppo intorno.
Sango e Kagome sgranarono gli occhi, incredule.
<< Cosa...? Io, cioè... >> non
sapeva davvero che dire
<< I tuoi sono d'accordo. E ti ho invitata io. Non
c'è problema. >> accennò a qualcosa
che sembrava un'occhiolino, pur restando
freddo.
In quel momento suonò la campanella della fine della
ricreazione.
Sota si mise le mani in tasca e disse, per finire:
<< Domani mattina vi passiamo a prendere alle 7.30 in
punto. Ciao. >>
Si voltò e fece per uscire, ma qualcosa lo trattenne.
La mano di Kagome stringeva la sua maglietta. Aveva gli occhi nascosti
dalla frangia.
Quando alzò lo sguardo, sorrideva felice, e anche se il suo
volto restò impassibile, Sota sussultò per la
sorpresa.
<< Grazie >> sussurrò la
ragazza, per poi lasciarlo andare.
Sota scrollò le spalle, e senza una parola, uscì
dalla classe, mentre le ragazze si sedevano composte preparando i libri
della materia successiva.
Kagome aveva ancora un bel sorriso stampato, e anche Sango non era da
meno.
<< Non ho capito molto del volstro discorso iniziale
>> azzardò Sango, e vide Kagome irrigidirsi e
il suo sorriso scomparire << e non voglio
saperlo finchè tu non ti sentirai pronta a dirmelo.
Però Sota è un bravo ragazzo. E ti vuole aiutare
davvero. Si è capito subito. >>
terminò seria.
<< Grazie Sango. Mi dispiace, ma non ci riesco ancora a
raccontare tutto. >>
rispose Kagome.
Sango annuì, e passò un minuto silenzioso,
durante il quale entrò il professore di Storia che
iniziò a spiegare.
<< Comunque... Passeremo due settimane insieme!
>> disse di nuovò eccitata la castana,
sorridendo << Niente scuola,
niente sveglie... Io e te... La montagna e i boschi... Sarà
favoloso! >>
Anche a Kagome comparve un enorme sorriso.
Per la prima volta la sua vita sembrava aver preso una buona piega,
escludendo il buongiorno di Ryuichi e Akiko...
Ma Sango le sarebbe stata accanto in quelle due settimane, e insieme si
sarebbero anche divertite! E Ryuichi non poteva
maltrattarla davanti a degli ospiti...
Decisamente, si annunciavano due grandiose settimane!
<< Si! Sono felicissima! Non vedo l'ora! >>
rispose infine Kagome, allargando ancora di più, se
possibile, il suo sorriso.
Forse con l'aiuto di Sota, la sua vita sarebbe migliorata... La prova
era anche il fatto che subito aveva agito
per favoreggiarla, e lei sperava che avrebbe continuato a quel modo...
Non aveva mai odiato Sota, ma non l'aveva neanche mai veramente amato,
perchè lui in effetti, non faceva nulla:
ormai era davvero indifferente a tutto...
Però si sbagliava, evidentemente... Perchè a
questo non era rimasto indifferente...
Bisognava comunque aspettare e vedere che sarebbe successo...
Per ora voleva solo godersi quelle due settimane che si preannunciavano
migliori di quanto avesse mai potuto immaginare!
Ok, il primo capitolo e andato!
Ringrazio chi ha letto e chi ha commentato; ora però sono in
ritardo, per cui non posso ringraziarvi per bene:
-
Vale728
-
Beverly Rose
-
cri_91
-
Mily_chan
- inukag4ever
Vi ringrazio delle recensioni, sono contento che il prologo sia
piaciuto e abbia incuriosito, spero abbiate voglia di commentare anche
questo
e di seguire ancora la mia storia!
ANTICIPAZIONI:
Nel prossimo capitolo
ci sarà:
- L'arrivo in montagna
- La difesa di Sota
per Kagome
- L'organizzazione di
uno scherzo di Kikyo e Bankotsu
A presto con un nuovo
capitolo di New Life!
_Draco_
|
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Capitolo 3 *** gioco della bottiglia ***
Eccomi tornato!
Sono davvero contento che la storia sia piaciuta!
Spero di riuscire ad aggiornare ancora così velocemente,
però vi devo informare che il 17 Aprile parto a Praga in
camposcuola...
Dunque per cinque giorni non aggiornerò... Spero di poter
postare un altro capitolo prima della partenza,
ma non sono sicuro, dato che sono sorti problemucci in famiglia e mia
madre non vuole che passi tanto tempo al pc...
E io sono un po' lento a scrivere, non voglio ci siano errori! ^^'''
Ok, vi lascio al capitolo, grazie a tutti voi che leggete!
E perdonate il titolo, ma ero a corto di ispirazione...!
Capitolo
due: Gioco della bottiglia
La mattina seguente Kagome era su di giri, per il fatto di partire e
cambiare aria per due settimane e soprattutto perchè
finalmente
qualcosa di buono stava accadendo anche a lei!
Sota aveva rivelato le sue intenzioni e aveva dimostrato le sue parole
con un'azione che aveva sbalordito sia Kagome che Sango:
infatti aveva invitato la sua migliore amica a passare le due settimane
con loro, assieme al fratello che era il migliore amico di Sota.
Kagome non se lo era mai immaginato qualcosa del genere, ed
era davvero felice!
Certo, era stato strano sentire Sota parlare... Sicuramente quello era
stato il discorso più lungo che aveva mai fatto,
neanche alle
interrogazioni orali parlava così tanto, si limitava a
rispondere " Si " o " No
" alle domande che gli rivolgevano
gli insegnanti, ormai rassegnati al
comportamento di quell'alunno.
Fatto sta che quella mattina si era alzata di buon umore e aveva
preparato le sue cose in una sacca per poi scendere
allegramente a
preparare la colazione e qualche oggetto da cucina da portare in
montagna, visto
che Akiko l'aveva avvisata
che mancavano pentole e padelle in quella casa.
Quando alle 6.35, puntuale come al solito, venne Akiko, sempre vestita
di quella esageratamente corta camicia da
notte smeraldo, e vide la nipote così di buon umore,
aggrottò la fronte, perplessa.
<< Ehi, Orfana
>>
sottolineò quella parola con disprezzo, sperando di ferirla,
ma
Kagome non mostrò segni di fastidio
<< Hai preparato
tutto? >> chiese la Vipera dopo un attimo di silenzio,
durante il quale Kagome
non aveva fatto altro
che fischiettare il motivetto di una canzone che le piaceva molto.
<< Si, ho messo pentole e varie cose in questa borsa!
>>
cinquettò allegra mettendo sotto il naso della zia una borsa
grigia
contenente varie pentole.
Akiko rimase spiazzata dal tono gioioso di Kagome, e dal suo sorriso
abbagliante mentre continuava dicendo:
<< Ho anche preparato la vostra colazione preferita e,
>>
aggiunse, rabbuiandosi per qualche attimo <<
darò
l'orologio
a Bankotsu... >> terminò borbottando
abbassando lo sguardo.
Akiko sorrise soddisfatta, sia per le parole della nipote, che per il
vederla ritornare giù di morale.
Ma dopo qualche secondo Kagome la abbagliò con un nuovo
sorriso, esclamando:
<< Spero che sarete soddisfatti dalla colazione! Vuoi che
vada a svegliare Kikyo, Bankotsu e Sota? >>
Akiko fece una smorfia notando - di nuovo - quel sorriso sul volto di
Kagome. Tuttavia rispose
affermativamente, e quando Kagome salì le scale,
pensò che non si sarebbe
divertita più così tanto,
una volta in montagna a
sgobbare per loro.
Kagome si fermò sorridendo davanti alla porta di Kikyo,
anzi, di " Trendy K. ",
come voleva essere chiamata.
Bussò, e non ricevendo risposta, entrò cauta.
La stanza di sua cugina era enorme, di un tenue rosa antico, con
un'armadio molto ampio per contenere
le valanghe di abiti che aveva, e varie mensole con sue foto e quelle
rappresentanti lei e suoi amici o fidanzati.
Il letto era matrimoniale e a baldacchino, rosa acceso. Lenzuola
comprese.
Inutile dire che era il suo colore preferito.
<< Kikyo >> disse, inginocchiandosi accanto
al letto, dove
la ragazza dormiva beatamente, i lunghi capelli neri
sparsi sul cuscino, la bocca socchiusa
<< Alzati, c'è la colazione >>
disse dolcemente, scuotendola piano.
La tredicenne aprì piano gli occhi, sussultando alla vista
di Kagome.
<< Che vuoi, orribile e petulante Orfana da quattro
soldi?!
>> gracchiò con voce impastata, strofinandosi
gli occhi scuri insonnoliti.
Gentile come al solito, pensò Kagome alzando
gli occhi al cielo.
<< Ti sono venuta a svegliare per la colazione
>> la
informò sorridendo << Ora vado da Bankotsu.
Akiko ti
aspetta giù >>
Detto questo uscì dalla stanza, pronta a entrare in quella
del cugino più grande.
Bussò, e poi entrò.
Santissimi numi!
Fu il suo pensiero appena entrata in quella che si
dovrebbe definire una stanza.
C'erano vestiti, scarpe e boxer sparsi ovunque, l'armadio era aperto e
semi-vuoto, c'era un caos incredibile!
I calzini erano perfino appesi sul lampadario!
Ma com'era possibile?! Aveva pulito e messo a posto la camera di
Bankotsu due giorni prima!
A ventidue anni - fra due giorni, ma poco importava - teneva la stanza
come una bestia!
Ma era possibile che in un ragazzo si nascondesse una sottospecie di
troglodita?!
Bankotsu era spaparanzato sul letto, con le lenzuola arrotolate a terra
e attorno alle sue caviglie, il suo corpo era bilico
sul bordo del
materasso.
E... Kagome arrossì di botto.
<< Bankotsu!! >> strillò con
voce acuta, svegliando
di soprassalto il ragazzo, che cadde a terra, balbettando confuso:
<< Cosa... Che... Che succede?! >> e
tentando di liberarsi delle lenzuola con gesti nervosi.
<< Ma sei nudo!
>> esclamò la ragazza, il viso di
una tonalità bordeaux.
Bankotsu spostò lo sguardo verso il basso, sollevando poi la
testa verso di lei di scatto e arrossendo violentemente
anche lui.
<< Cazzo! >> rispose lui di rimando,
coprendosi col lenzuolo
<< Si, lo vedo... >> commentò
Kagome con una smorfia indicando il lenzuolo che oramai copriva
Bankotsu.
<< Ha. Ha. Ha. >> fu il commento sarcastico
del ragazzo, ancora più rosso di vergogna.
Kagome aveva imparato che l'unico modo per tenere testa a Bankotsu era
quello di mostrarsi spavalda,
senza troppe vergogne.
Come con quel commento che aveva imbarazzato non poco il cugino, anche
se non voleva mostrarlo.
<< Perchè eri nudo? >>
domandò la ragazza, sinceramente confusa, e meno imbarazzata.
Bankotsu invece arrossì ancora di più.
<< Io... Be io... Si insomma... Non lo so neanche io
veramente...
>> riuscì a dire, diventando quasi viola.
Poi però sembrò pensarci su e arcuò un
sopracciglio, prima di dire:
<< Che diavolo sei venuta a fare in camera mia?!
>> con
espressione piuttosto contrariata nonostante
il rossore sulle sue gote.
I capelli solitamente legati in una lunga treccia nera erano sciolti e
disordinati, i suoi occhi blu le lanciavano
frecciatine poco amichevoli e tentava di coprire anche il resto del
corpo col lenzuolo azzurro - corpo davvero ben scolpito -.
<< La colazione è pronta >>
proferì
semplicemente Kagome, sorridendo amichevolmente << Akiko
ha detto
di svegliarvi >>
Bankotsu sbadigliò, per poi dire con nochalance e
strafottenza:
<< Arrivo subito. Ora, da brava servetta quale sei, vai a
prepararmi la vasca per un bel bagno >> e
puntò un dito
verso
la porta della sua camera, per indicarle la strada da seguire.
Il sorriso di Kagome divenne un ghigno.
<< Spiacente, signore
>>
calcò la parola << Ma io non sono la sua
schiava, e non lo
sarò mai, e non solo per il fatto
che lei è un emerito
idiota >> disse in tono professionale.
<< Che hai detto, stupida ragazzina impicciona dei fatti
altrui?! >> ringhiò in risposta Bankotsu
<< Che sei un idiota >> ripetè
allargando il ghigno,
e tirando un lembo del lenzuolo, facendo inciampare il ragazzo che
stava provando ad alzarsi, e facendolo rotolare.
<< Sei un idiota e sei pure nudo >> lo
sbeffeggiò,
dirigendosi verso la porta, lasciandolo a terra a lanciarle
un occhiata
assassina, i capelli ondulati ancora più spettinati e,
ovviamente, nudo, a imprecare.
<< Vedrai se te la farò pagare!!
>> esclamò
acido un secondo prima che lei chiudesse la porta, dicendogli:
<< Tua madre ti aspetta >>
Un sorriso soddisfatto le si dipinse.
Aveva avuto una piccola vendetta.
Sospirò e poi si immobilizzò davanti alla porta
di Sota.
Ora che ci pensava... Come si svegliava un ragazzo che si chiudeva a
chiave in camera, punk, extra-intelligente
e con nessuna voglia di vedere qualcuno nella sua stanza, neanche i
genitori?
Bussò piano, con timore.
Dato che non ricevette risposta, provò ad aprire la porta,
ma come ben sapeva era chiusa a chiave.
Bussò più forte.
<< Sota >> disse, continuando a battere
più forte il
legno della porta, sul quale erano attaccati un poster,
un'immagine con
un teschio e un cartello con scritto in rosso:
" Vietato entrare a meno che il sottoscritto non vi accompagni. Se
avete bisogno bussate. "
Un po' monotono come avviso, ma almeno non era volgare come quello che
una volta aveva messo
Bankotsu sulla sua di porta:
" Non mi rompete il cazzo se non volete che vi faccia vedere come
tirarvi fuori le budella direttamente dal culo! "
Quel cartello era finito nella spazzatura due giorni dopo, spedito poco
gentilmente li da un'Akiko sconvolta da tanta volgarità.
<< SOTAAAAA!! >> gridò dopo
quasi dieci minuti che bussava e pronunciava il suo nome.
Temeva che se continuava di quel passo avrebbe sfondato la porta e
perso la voce.
Finalmente sentì la chiave girare nella serratura, e la
testa di Sota fece capolino da uno spiraglio.
I capelli più disordinati che mai, i grandi occhi marroni
erano socchiusi, e indossava un pigiama grigio pallido.
<< Cosa >> la voce era assonnata, e non
perse neanche tempo
a porre una domanda,
pronunciò quella parola come
un'affermazione.
<< La colazione! >> disse Kagome allegra,
un sorriso che incurvava le labbra rosee.
<< Mmh... Arrivo. >> disse, restando sulla
porta, come a riflettere.
<< Ok! >>
Stava per voltarsi, quando sentì la voce di Sota, sempre
atona:
<< Ho... ho scordato di dire a mamma e papà
che viene anche Sango con noi... >>
Nonostante la voce fosse indifferente, era un po' titubante con le
parole.
Kagome si voltò e fu capace solo di pronunciare un:
<< Ah... >> Sapeva che Ryuichi e Akiko
odiavano sapere le cose all'ultimo momento.
<< Mi dispiace >> aggiunse Sota. Sembrava
davvero dispiaciuto, anche se indossava ancora quella maschera fredda.
Un leggero rossore coprì le gote del ragazzo, che chiuse la
porta velocemente.
Kagome era un po' delusa. E adesso? I suoi zii avrebbero lasciato che
Sango venisse?
Alle 7.28 erano davanti alla casa della famiglia Hiraikotsu, e Akiko e
Ryuichi, alla guida di due auto da
sette posti ognuno - dato che Bankotsu ne aveva approfittato per
invitare quattro amici, Kikyo una delle sue ochette
e Sota il suo amico Kohaku e Sango, anche se di lei i genitori
ignoravano ancora l'invito - e Sango e Kohaku erano
sul vialetto, ognuno con un borsone in mano.
<< Vi ringraziamo per l'invito, signori Higurashi
>> disse Sango con un piccolo inchino.
Quel giorno, notò Bankotsu, era davvero carina. Aveva
sciolto i
capelli e indossava un vestito che le arrivava
sopra il ginocchio, con
delle calze nere e delle scarpe da passeggio, e sopra un cappotto nero
lungo.
Aveva sempre avuto un debole per quella ragazza, ma naturalmente
l'aveva nascosto.
<< Si, certo >> rispose con sufficenza
Akoko <<
Andiamo, forza >> incitò Kohaku con lo
sguardo,
e questo
diede il borsone al signor Higurashi, che lo mise nel portabagagli,
assieme a quello che gli aveva dato Sango.
Poi erano saliti nella stessa macchina di Kagome, Sota, Bankotsu e un
suo amico, guidata da Akiko.
Kagome continuava a torturarsi le labbra, e rispose con una vocina
flebile al saluto allegro di Sango e Kohaku.
Akiko guardò con le sopracciglia arcuate Sango accomodarsi
in macchina e salutare con enfasi Kagome.
Ma che ci faceva in macchina anche quella ragazza?!
Ma fece due più due guardando le due ragazze, e il risultato
fu tre.
<< TU! >> tuonò la donna
scendendo dalla macchina e
trascinando con lei Kagome per i capelli, sotto lo
sguardo sciockato di
Sango, Kohaku e gli altri passeggeri << Come ti sei
permessa di invitare
qualcuno?! >>
sibilò a pochi centimetri dal suo viso. << Ora
capisco la tua allegria di stamattina! >> aggiunse con un
lampo negli occhi.
Aveva comunque abbassato la voce ricordandosi che c'erano altre persone
con loro.
<< Io non ho invitato nessuno! >>
piagnucolò Kagome, per la stretta suoi suoi capelli
<< E allora chi è stato?! Non mi pare che lei
sia amica di
Kikyo, o Bankotsu. Non parliamo di Sota.
E' un mezzo miracolo che quel pivellino sia suo amico. >>
sussurò furente, in modo che
nessuno sentisse.
Anche se gli sguardi di tutti erano puntati su di
loro.
<< Io... >> Kagome non sapeva come
comportarsi. Non voleva dire che era stato Sota, le sembrava un
tradimento.
Sentì la portiera aprirsi e chiudersi con foga, ma non
potè girare la testa perchè intrappolata nella
mano della
donna.
<< Io ho invitato Sango >> disse una voce
distaccata, con
un tono da far venire la pelle d'oca al Diavolo in persona.
Sentì che la mano di Akiko le lasciava i capelli
improvvisamente.
Voltandosi vide Sota in piedi, con il braccio della madre bloccato
nella sua mano. Dal volto incredulo della donna,
e dal tremore del suo braccio, Kagome dedusse che tentava di
ribellarsi, ma che la forza di Sota era maggiore
di quanto avevano mai
pensato.
<< S-S-Sota...? >> chiese sbalordita la
donna. Doveva essere uno shock sentir parlare un figlio dopo tanto
tempo.
<< Io l'ho invitata >> ripetè il
ragazzo.
Sango scese dalla macchina, sostenendo Sota.
<< E' vero signora. Kagome era all'oscuro di tutto.
>>
<< Ma... Ma... S-Sota... perchè? E'
una tua...
a-amica? >> balbettò la donna, ancora confusa
per aver
sentito la voce del figlio.
<< No >> rispose atono, senza lasciare il
braccio della madre.
Akiko sgranò gli occhi, senza capire.
<< E allora dammi una spiegazione valida!
>> esclamò.
Kagome era a bocca aperta.
Sota... Sota... la stava difendendo!
Si era fatto avanti, parlando, ribattendo le accuse di sua madre,
impedendole di farle del male!
Aveva tenuto fede alle parole del giorno prima...
Si sentiva felice... e commossa... Le veniva quasi da piangere...
<< E' la mia ragazza >> disse sicuro e
privo di emozione,
lasciando finalmente la mano della madre e
raggiungendo Sango, mettendole un braccio attorno la vita e guardandola
negli occhi come a
dirle
" scusa, ma era l'unica soluzione abbastanza convincente ".
Sango sgranò occhi e bocca - pur avendo recepito il
messaggio
del ragazzo -, così come Akiko, Kagome e Bankotsu, che si
sentì irritato.
Quella ragazza così radiosa stava con quella specie di
cimitero ambulante?!
<< Co-cosaaa?!?!?! >> Akiko non poteva
credere alle sue orecchie.
<< Mamma, non fare la scenata. Ti ho solo detto che
è la
mia fidanzata >> disse Sota come se parlasse
di un teorema di
geometria piuttosto noioso.
Dopo un po' di tempo di incredulità, tutti erano in
macchina, diretti in montagna.
Il viaggio passò velocemente, fra chiacchiere varie.
Kagome ebbe anche una conversazione civile con Bankotsu, e
pensò
che, se non faceva il bastardo e
tentava di non pavoneggiarsi, in mostra, poteva anche essere passabile.
Dopo sei ore circa di viaggio arrivarono stanchi a destinazione,
davanti a una villa enorme in un boschetto,
con accanto una casetta
più piccola in mattoni.
<< Bene, eccoci qui! Allora, vi dirò
subitò che due
persone dovranno stare nella casetta qui accanto >> disse
Ryuichi
dopo
che tutti furono scesi con i loro bagagli a contemplare quella villa
meravigliosa, indicando la casa in mattoni, che tanto piccola
non era neanche lei.
<< Gli altri staranno nella villa, ovviamente
>> aggiunse
<< Pensavo che nella casa ci poteva stare Sota con Sango
>>
Sango spalancò la bocca, diventando paonazza. Si
voltò
verso il suo "ragazzo", trovandolo con la solita espressione neutra.
<< Non penso che lei si sentirebbe a suo agio
>> disse
incastrando il padre nei suoi occhi distanti, e facendolo trasalire per
averlo sentito parlare. << Tesoro >>
aggiunse Sota,
voltandosi verso Sango e circondandole le spalle. Questa
capì in
ritardo
che parlava con lei.
<< S-si? >> balbettò,
imbarazzata.
<< Preferisci magari stare con la tua amica?
>> le chiese freddo, accennandole un occhiolino, che solo
lei vide.
<< Be... Si... Se non ti dispiace... >>
rispose rossissima, sentendo lo sguardo di tutti addosso.
<< Tranquilla >> disse pacato. Sango
divenne di una
tonalità prossima al bordeaux vedendo il viso di Sota farsi
più vicino...
Kami! L'avrebbe davvero... baciata?
Con quell'aria da tenebroso, sempre distaccato, doveva ammettere che
aveva un suo fascino,
e lei non era un tipo da farsi problemi per un anno in meno.
Però... Lui non era il suo tipo ideale.
E non capiva perchè farsi tutti quei discorsi mentali
inutili,
era solo un bacio! Dovevano tenere su quella recita,
era ovvio che qualche bacetto era incluso nel copione. Però
la imbarazzava da morire comunque.
Sota, chino a meno di un centimetro dalle sue labbra, sembrò
intuire il suo disagio e i suoi pensieri con un
solo sguardo penetrante nei suoi occhi.
Fulmineo, senza che lei se ne accorgesse quasi, cambiò
traiettoria e le posò un lieve bacio sulla guancia,
per poi
scostarsi altrettanto velocemente.
Sango era rimasta imbambolata, sbattendo le ciglia più
volte,
ancora imbarazzatissima, voltandosi verso Sota,
che era girato verso suo padre.
<< E' deciso allora. Kagome e Sango li, e noi in villa
>>
annunciò atono, per poi prendere il suo bagaglio e entrare,
seguito dagli altri ragazzi.
Le ragazze entrarono nella casa accanto.
Era molto accogliente, non troppo grande, a due piani.
Tutti i muri erano di mattoni. Al piano di sotto c'era l'ingresso, un
salottino con un divano blu e un televisore,
con un tavolo e un angolo cottura.
Quando salirono trovarono un bagno provvisto di vasca, un ripostiglio e
due camere:
una aveva le pareti beige, con un letto matrimoniale senza lenzuola e
un'armadio e un comodino in legno;
l'altra camera aveva le pareti celesti, sempre un letto matrimoniale,
un armadio, una cassettiera e una lampada.
Una volta scelta la camera e sistemati i vestiti e gli oggetti, le due
scesero in salotto e si guardarono per un po', ancora incredule.
<< Siiiiii!! >> esclamò poi
Sango, saltando al collo
di Kagome, che iniziò a ridere senza motivo e
ricambiò
con vigore l'abbaraccio.
Dopo un po' si misero sedute a guardare la televisione, stravaccate sul
divano, e a parlottare.
Erano le quattro del pomeriggio, avevano pranzato con dei panini, e non
avevano molta voglia di fare qualcosa in particolare.
Kagome guardò improvvisamente Sango con un sorriso malizioso.
<< Che c'è? >> chiese la
castana, non capendo lo sguardo.
<< Tu e Sota >> disse semplicemente la
mora, facendola
arrossire << Sembrate davvero una coppia...!
>>
esclamò con malizia.
<< C-cosa?! >> balbettò l'amica,
arrossendo ancora
<< Lo sai che lo faccio per te!! A me lui non interessa,
anche se
è carino! >> aggiunse tentando di difendersi.
Kagome alzò le spalle.
In quel momento si aprì la porta ed entrò Sota.
<< Ciao Sota! >> salutarono entrambe
<< Ciao >> rispose lui, per poi passare
subito al sodo
<< Bankotsu ha voglia di fare il gioco della bottiglia.
Qui, visto
che non ci stanno i nostri genitori >>
Le due si guardarono allibite.
<< Adesso?! >> chiese incredula Kagome.
Sota annuì.
<< Ma... Il gioco della bottiglia... Insomma... In che
senso?!
>> domandò Sango, pur sapendo la risposta,
ma pregando che
non fosse così.
Sota alzò un sopracciglio. Si limitò a fare un
elenco:
<< Bacio casto, Bacio lungo, Bacio passionale... Tutti i
tipi di baci che esistono... Forse qualche palpatina,
ma niente di più, perchè ci sarà anche
Kikyo... >> disse come se parlasse delle larve delle
mosche.
Sango e Kagome si guardarono shockate.
<< Niente di più?! >> disse
Kagome con voce acuta.
<< Niente di più?! >> le fece
eco Sango con voce strozzata.
<< Arriveranno fra poco >>
terminò Sota sedendosi
fra loro e cambiando canale della televisione, chiudendo li il discorso.
<< Sei sicuro, Bankotsu? >>
<< Tranquilla Kikyo. Che vuoi che sia?! Daremo solo un
bello
spavento a Kagome. Ogni tanto le va ricordato chi comanda qui
>>
<< Si, hai ragione... Allora io farò in modo
che la sua
amichetta le stia lontana, in quel momento, così tu sarai
libero
di agire..! >>
Disse Kikyo al fratello, con un sorriso poco amichevole in faccia.
<< Esatto, sorellina! >> esclamò
lui, scompigliandole leggermente i capelli.
Lei sbuffò infastidita e se li risistemò.
<< A Kagome l'aspetta uno bello scherzo...
>> disse il
ragazzo con un sorriso, mentre camminava con la sorella verso
la casa
di mattoni, pronto per il gioco della bottiglia.
Aveva voglia di farlo solo per baciare Sango... E dimostrarle che lui
era un uomo, e non quel moccioso zombie del fratello!
Un quarto d'ora più tardi, tutti i ragazzi erano seduti a
terra, nel salotto, in cerchio, una bottiglia al centro.
Erano in undici in totale, sei maschi e cinque femmine.
<< Be, credo che non ci sia bisogno di spiegarvi le
regole
>> disse Bankotsu << Inizio io... vi
dispiace? >>
Tutti acconsentirono.
<< Allora... vediamo... Iniziamo con qualcosa di
leggero... Bacio lungo, ma casto... >> fece girare la
bottiglia,
sperando che si fermasse davanti a Sango.
L'amica che si era portato pregava che toccasse a lei baciare il
ragazzo.
Mentre Kagome sperava tutto il contrario.
Si arrestò davanti all'amica di Kikyo, Kanna, una ragazzina
dai
capelli bianchi e occhi neri, che guardò
sognante Bankotsu avvicinarglisi con una smorfia e darle un bacio
freddo, a fior di labbra, che durò cinque o sei secondi,
durante il quale il ragazzo pensò:
Mi sento una specie di
pedofilo! Questa ha quasi dieci anni meno di me!!
Accanto a Bankotsu c'era il suo amico, Hojo, che fece girare la
bottiglia sperando capitasse su Kagome
o Sango in particolare.
<< Passionale >> annunciò con un
brillio negli
occhi, mentre tutti si facevano attenti su quella bottiglia che girava,
che avrebbe decretato un seguito più eccitante.
La bottiglia si fermò davanti Kikyo, e lei e Hojo si
scambiarono
un bacio rovente, e il ragazzo pensò che dopotutto
anche quella
ragazza non era male...
Sango e Kagome iniziavano a pentirsi. Avevano accettato di giocare solo
perchè Bankotsu le aveva dato delle vigliacche...
Seguito a ruota da Kikyo e dagli altri, eccetto Sota e Kohaku, anche
lui un po' timido, ma attratto
in contemporanea da quel gioco e da Kanna.
A quel punto era il turno dell'amica di Bankotsu, una tipa dai corti
boccoli biondi soprannominata Chizu.
<< Succhiotto >> disse mentre la bottiglia
girava su se stessa come impazzita.
Si fermò con grande gioia della ragazza davanti a Bankotsu,
che
senza una parola le si avvicinò e posò le labbra
sul
collo di lei,
succhiando la pelle finchè non rimase un segno rosso.
Il gioco andò avanti e, ringraziando i Kami, a Kagome non
toccò mai nulla, a Sango solo un bacio casto
con l'altro amico
di Bankotsu, Eichi; a volte le richieste si facevano più
audaci, ma il gioco a quanto pareva
piaceva un po' a tutti.
Non capitò nessun incesto, eccetto al turno di Kikyo, che
dovette baciare Bankotsu, ma solo un bacio casto lungo.
Al turno di Sota, questo fece girare la bottiglia annunciando:
<< Bacio casto >> col suo solito tono,
aggiustandosi con noncuranza i capelli sparati col gel.
Alle ragazze Sota era abbastanza indifferente, anche se ammettevano che
aveva un certo fascino ed era carino,
solo che era troppo silenzioso e distaccato.
La bottiglia si fermò davanti a Chizu, alla quale non
importava
nulla di baciare quel ragazzino;
era solo un bacio a stampo, no?
I due si avvicinarono e Sota unì le loro labbra per
un'attimo, ma la ragazza rimase shockata.
Che aveva detto sul fatto che non le importava nulla?
Kami, quel bacio, pur se era durato mezzo secondo, l'aveva trovato
fantastico!
Ma non poteva pensare quelle cose, lei aveva vent'anni, lui quindici!
Ed era uno stupido gioco!
Il ragazzo non sembrava minimamente toccato dal bacio come lo era Chizu.
A quel punto andarono avanti e arrivò il turno di Sango.
<< Bacio casto >> disse, dato che era
l'unico che poteva fare, se non voleva spingersi troppo in la.
Ma tu guarda il caso...
pensò quando la bottiglia indicò Sota.
Oggi non mi ha baciata e
mi tocca farlo stasera... Beh, meglio lui che qualcun altro...
Si diedero il bacio, Sango un po' rossa, e Sota sempre
uguale.
E poi... Kagome girò la bottiglia, e come Sango
disse:
<< Bacio casto >> inghiottendo a fatica.
Chiuse gli occhi, e quando non sentì più
l'oscillazione
della bottiglia sul pavimento, si decise a riaprirli, con timore.
Bankotsu la stava fissando.
Kami, no! Ditemi che non
è vero!
E invece la bottiglia non mentiva: doveva baciare
Bankotsu.
Suo cugino! Che per di più detestava!
Si fece coraggio e si sporse in avanti, rossa, imitata da lui, e
unirono le labbra.
Non è poi
così male la ragazza... Peccato che sia mia cugina... Beh,
ma l'amica è ancora meglio!
Pensò il ragazzo una volta staccatosi, girandosi verso Sango.
A quel punto bussarono alla porta.
<< Ragazzi?! C'è il barbecue pronto per cena!
Uscite di
li, forza! >> si sentì la voce di Akiko
attraverso la
porta.
Bankotsu sospirò.
<< Be, riprenderemo un'altra volta, che dite?
>>
Un po' tutti emisero un borbottio di assenso generale, per poi uscire a
mangiare sotto un cielo che si tingeva sempre di un blu più
scuro.
<< Ehi, Kikyo >>
La ragazza si voltò.
<< Dimmi >>
<< Per quella cosa
>>
Bankotsu sottolineò la parola con un sorriso sghembo e Kikyo
capì,
rispondendo al ghigno << Pensavo che fra tre o quattro
giorni può andare... Lasciamole credere che
vada tutto
bene per un po'... >> allargò il
ghigno.
<< Mmh, si, hai ragione... Non vedo l'ora che arrivi quel
giorno... Sono sicura che la sua faccia sarà qualcosa
di
imperdibile! >> commentò kikyo scuotendo i
capelli neri.
<< Si... Vedrai che spasso! >> aggiunse
Bankotsu, per poi
lanciarle un ultimo occhiolino e andare a parlare con Hojo, Eichi e
Chizu.
<< Quella stupida di Kagome non si aspetterà
mai una mossa
del genere! >> disse a se stessa la ragazza prima
di tornare
dalla sua amica, che aveva intavolato una conversazione con Kohaku.
<< Sango, sono stanca, andiamo dentro?
>> chiese Kagome con gli occhi socchiusi dal sonno alla
sua amica.
<< Si, anche io sono stanca... >>
proferì Sango sbadigliando.
Ormai era notte fonda, le stelle erano in cielo, brinllanti, ma tutti
stavano ancora parlottando.
<< Dileguiamoci, nessuno si accorgerà di noi
>> propose la mora.
Sango annuì.
<< Arrivo, devo dire una cosa a Kohaku, tu intanto vai!
>>
disse la castana, per poi dirigersi verso il fratello, poco
più
distante.
Kagome si allontanò dal gruppetto e arrivata davanti la
porta della casa si irrigidì.
Era sicura che qualcuno la stesse osservando, aveva quella strana
sensazione.
Si girò, ma non vide nulla, se non gli alberi.
Mah, sarò
più stanca di quanto penso... O è solo
un'impressione...
Tentò di convincersi, entrando in casa.
Invece aveva visto giusto: due occhi dorati l'avevano seguita per tutta
la serata.
Ok,
fine secondo capitolo!
Spero che vi sia
piaciuto! Mi dispiace se non è successo nulla di particolare,
ero un po' a corto di ispirazione per questo capitolo,
ma nel prossimo...
Beh dalla fine si
intuisce qualcosa!
Vi ringrazio per
tutte le recensioni avute, davvero, grazie, continuate a seguirmi!
- EDVIGE86
- mikamey
- cri_91
- mily_chan
- Darkina
- Beverly Rose
- fmi89
- achaori
- inukag4ever
- Vale728
- Ryanforever
Sono contento che non
troviate la storia scontata, e che vi piaccia!
Grazie dei
complimenti! Ora però devo andare, domani c'è la
sveglia presto...
ANTICIPAZIONI:
Nel prossimo capitolo
entreranno in scena Inuyasha e un altro amatissimo personaggio della
saga!
Non è
difficile indovinare chi è... Ma non ve lo dico!
E poi ci sarà
la messa in atto dello scherzo di Kikyo e Bankotsu...
Che vorranno fare a
Kagome?
Lo
saprete se leggerete il prossimo capitolo, a mia detta, inperdibile!
A presto!
_Draco_
|
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Capitolo 4 *** uno scherzo imperdonabile ***
Ciao a
tutti!! Mi scuso immensamente per il ritardo, cercherò di
evitarlo da adesso in poi!! ^^'''
Vi lascio al
capitolo e spero che vi piacerà e continuerete a seguirmi!!
Capitolo
tre: Uno scherzo imperdonabile
La mattina seguente, le ragazze si svegliarono in tarda
mattinata, e dopo una colazione fatta di qualche biscotto e del latte
che gli
avevano lasciato gli zii di Kagome assieme ad altri alimenti,
così che avessero tutto a portata di mano, Sango decise di
fare
una corsetta
per il bosco, per mantenersi in allenamento, e Kagome
rifiutò la proposta di andare con lei, sapendo che la sua
amica,
per " corsetta ", intendeva un duro stretching e poi una corsa attorno
il perimetro del Giappone...
Lei non era assolutamente preparata ad uno sforzo simile!
<< Allora vado, ci vediamo per pranzo, fra un'oretta e
mezzo...
Ok? >> Sango si stava facendo una coda alta, in attesa
della
risposta
dell'amica.
<< Si! A dopo! Ti farò trovare il pranzo a
tavola! Ciao!
>> la salutò allegramente Kagome, mentre Sango
usciva e si
dirigeva verso il sentiero
che si perdeva fra gli alberi.
Ma un paio di occhi cobalto avevano seguito i suoi movimenti, e lei
ignorava di ciò che presto il proprietario di quelle iridi
le
avrebbe fatto.
Sango, dopo mezz'ora di corsa, sempre sul sentiero, per non perdere la
strada di casa, si fermò, iniziando qualche esercizio per
le gambe e le braccia, per rilassare i muscoli.
Voltò di scatto la testa verso il rumore di passi alla sua
destra, e sussultò vedendo una figura scura avanzare:
a causa del groviglio di alberi e piante, la luce del sole non filtrava
bene e di conseguenza la vista ne risentiva.
Ma quando riconobbe Bankotsu si lasciò andare ad un sospiro
di sollievo, esclamando:
<< Kami, mi hai spaventato a morte! >>
Il ragazzo sorrise sghembo e le lanciò un'occhiata lasciva,
e la cosa spaventò nuovamente: quell'espressione
non era assolutamente rassicurante.
Bankotsu si avvicinò a lei, e Sango indietreggiò
incosciamente, finendo inevitabilmente intrappolata fra lui e l'albero
alle sue spalle.
Terrorizzata, tentò di allontanarlo, ma lui le
bloccò
ogni via d'uscita mettendo le sue braccia in ogni lato del suo corpo,
creando una specie di barriera.
Quando lo vide avvicinarsi, con gli occhi brucianti,
balbettò, con voce temula:
<< C-cosa... B-Ban... Banko... tsu... >>
normalmente
avrebbe reagito, ma l'espressione quasi sadica che aveva il ragazzo
l'aveva
come paralizzata.
<< Tu mi piaci molto, Sango... >> disse lui
con voce rauca,
avvicinandosi ancora alla ragazza, che rimase spiazzata da quella
confessione.
<< M-ma... Io... cioè, tu... non...
>> non sapeva
che dire... A lei non piaceva Bankotsu, non era proprio il genere di
ragazzo che
lei frequentava... E poi il suo carattere! Era un bastardo cronico, e
lei odiava quel genere di persona!
Riprese un po' del suo normale coraggio, e scansò, anche se
di poco, il corpo di Bankotsu dal suo, affermando decisa:
<< Ascolta, tu non sei il mio tipo, mi dispiace, ma
adesso per
favore, avresti la grazia di spostarti? Devo finire di allenarmi...
>>
Bankotsu indurì i tratti del volto, ora aveva un espressione
seria.
<< E il tuo tipo sarebbe quel becchino che passa il suo
tempo rinchiuso nella sua camera dalla quale provengono spesso
rumori ed urla agghiaccianti? >> chiese duro e con voce
sprezzante.
Sango lo osservò con un aria interrogativa, che il ragazzo
trovò adorabile, per poi realizzare che stava parlando di
Sota.
<< Sono affari tuoi? >> rispose anche lei
duramente.
Bankotsu le rispose con una smorfia sul volto.
<< Molla quel cimitero e mettiti con me >>
disse come se
fosse un ordine, e la cosa non piacque a Sango, che, stanca, disse:
<< Io non farò proprio nulla! E visto che non
ti sei
ancora tolto, ed io vorrei terminare la mia corsa, ci penso io a
spostarti! >>
E così dicendo diede una forte spinta sul petto di Bankotsu
e gli diede un calcio su un polpaccio, facendolo cadere
rovinosamente a terra con un gemito.
Senza voltarsi, Sango riprese a correre per il sentiero, verso la via
del ritorno.
Ma due forti braccia la strinsero e la gettarono a terra, facendole
storcere una caviglia.
<< Piccola bastarda, credi che mi lascio stendere
così? Non hai voluto metterti con me con le buone,
adesso ti prenderò con la forza! >> Bankotsu
l'aveva raggiunta le si era seduta sopra per bloccarla col suo peso,
e aveva pronunciato quelle parole con rabbia.
Subito la baciò con violenza, e lei sgranò gli
occhi,
dimenandosi e tentando di liberarsi, ma il ragazzo le bloccò
le
mani
con una delle sue, e con l'altra le alzò la maglietta.
Sango, consapevole di ciò che stava per accadere, fu invasa
dal panico e dalla disperazione, e iniziò ad urlare.
<< NO! Ti prego no!! Non farmi questo! >>
<< Stai zitta! >> rispose lui
schiaffeggiandola così
violentemente che un rivolo di sangue prese a scendere dalle labbra
della ragazza su una guancia e sul mento.
Bankotsu tentò di toglierle i pantaloni, mentre le carezzava
una coscia.
Sango iniziò a piangere per il dolore alla mandibola, causa
dello schiaffo, e per la disperazione.
<< Ti prego... >> lo supplicò
con un filo di voce, ma lui prese a spogliarsi, dicendo:
<< Vedrai che ti piacerà... >>
con un ghigno perverso
<< No, no, no... perfavore, non farmi questo...
>> disse ancora, con voce rotta dai sighiozzi.
<< E smettila di frignare, puttana! >>
esclamò acido
dandole un altro schiaffo, che le annebbiò la vista per
qualche
attimo.
<< Non farmi... questo... >>
ripetè con l'ultimo briciolo di forza di volontà
che aveva.
Ma lui la ignorò, e lei si rassegnò, e attese,
come una bambola, chiudendo gli occhi.
Ma un tonfo e un grido glieli fecero riaprire. Bankostu stava a terra,
un po' più distante da lei, e un ragazzo dai
capelli bruni legati in un codino lo stava trattenendo, un espressione
furiosa che induriva il suo bel volto.
Lo sconosciuto guardò la ragazza, e i loro occhi rimasero
incatenati per qualche secondo, cioccolato perso in quelli zaffiro
di lui.
<< Va via! >> esclamò poi il
nuovo venuto, sbattendo con forza Bankotsu a terra, che era spaventato
a morte.
Sango non se lo fece ripetere, e corse più veloce che
potè verso casa, ignorando le fitte di dolore della sua
caviglia,
lanciando uno sguardo pieno di gratitudine al quel ragazzo che l'aveva
salvata.
Quando arrivò davanti alla villa, fu presa da un tale
sollievo, che si lasciò cadere a terra, piangendo di nuovo
al ricordo di ciò che Bankotsu le stava per fare, e di
felicità per essere al sicuro.
Iniziò a singhiozzare senza riuscire a fermarsi, e si
trascinò fino alla casetta di mattoni, non riuscendo
più
ad alzarsi
a causa dello sforzo alla caviglia.
<< Sango? >> chiese una voce, titubante, in
tono quasi indifferente, quasi, perchè era anche preoccupato.
La ragazza alzò lo sguardo e vide Sota guardarla.
Lei continuò a piangere, e lui si inginocchiò per
essere alla sua altezza.
<< Cosa è successo? >> chiese
neutro, ma con un velo di preoccupazione.
Senza riflettere, senza riuscire a fermare se stessa, presa da un
impeto, Sango si buttò fra le braccia del suo finto ragazzo,
piangendo ancora e lasciandolo senza fiato. Non le importava in quel
momento che Sota le parlava con voce fredda,
o che non era neanche qualcuno che conosceva alla perfezione.
Aveva bisogno di quell'abbraccio, di qualcuno di amico, e Sota era un
suo - quasi - amico.
Lo strinse con tutta la forza che le era rimasta in corpo, e dopo un
po', sentì due braccia stringerla con titubanza e poi
con maggiore sicurezza.
Non si rese conto di essere stata sollevata e condotta in casa,
finchè non sentì la voce di Kagome:
<< Sango! Che è successo?! >>
Si ritrovò sul divano con Sota che la guardava con
curiosità e un po' apprensivo, e sentì che quegli
occhi scuri le stavano sondando
l'anima.
Riuscì a malapena a percepire una mano intrecciarsi alla
sua, infondendole calore, che Kagome la strinse a se, preoccupatissima.
<< Che è successo? >>
domandò nuovamente asciugando le lacrime rimaste sulle
guance dell'amica.
<< N-niente >> non le andava di raccontare
cosa aveva tentato di fare Bankotsu, anche se ne sentiva un bisogno
quasi doloroso.
Ma all'improvviso la porta venne aperta con violenza, e Bankotsu
entrò con un'aria spiritata, dirigendosi verso Sango,
con gli occhi fuori dalle orbite, la treccia mezza sfatta, gli abiti
sporchi, e il labbro rotto.
Sango ricominciò a piangere e urlò, un urlo
disperato, mentre serrava gli occhi e si stringeva sul divano, in cerca
di protezione, e
coprendosi il corpo.
<< TU! MA CHI DIAVOLO ERA QUELLO SQUILIBRATO?!?! MI HA
QUASI AMMAZZATO!! NON SO COME HO FATTO
A SCAPPARE!! >>
Bankotsu sembrava sconvolto, ma non abbastanza per tentare di afferrare
Sango per un braccio, ma prima di riuscirci,
Sota, che aveva intuito tutto l'accaduto dal comportamento di Sango,
gli bloccò il polso e disse, gelido:
<< Toccala ancora e ti ammazzo >>
Le parole furono dette in un modo che fece temere a Bankotsu che
dicesse sul serio, e fu percorso da un brivido.
Ma una volta ripresa la sua spavalderia, tentò di liberarsi,
inutilmente: Sota era come una statua, nulla lo smuoveva.
Bankotsu rinunciò a liberarsi, e allora sputò con
acidità verso Sango, ancora terrorizzata:
<< Certo, ecco il tuo becchino, il tuo favoloso ragazzo!
Corri a nasconderti dietro quel cimitero! Ma resti sempre una puttana!
>>
A quel punto, prima che Sota riuscisse a sferrare un pugno al fratello,
Kagome si era buttata addosso a lui con rabbia,
tirandogli un pugno nello stomaco che gli mozzò il respiro
per vari secondi.
<< Bastardo, ripeti una cosa del genere e me ne frego
persino di ciò che mi farebbero la tua mammina e il tuo
papino nel caso
ti toccassi!! >> gli ringhiò a pochi
centimetri dal volto.
Poi, con una forza che nessuno si sarebbe aspettato, lo tirò
su per il colletto della camicia che indossava, e lo
trascinò fino alla
porta, dopo di che lo buttò malamente fuori.
<< NON OSARE PIU' AVVICINARTI A LEI! >>
tuonò prima di sbattere la porta, tanto che i muri vibrarono.
Si avvicinò a Sango addolcendo i tratti.
<< Tranquilla, non ti toccherà più!
>>
Per Sango fu sufficente, abbracciò l'amica trovando conforto
e comprensione.
<< Kikyo >> ringhiò Bankotsu,
prendendo la sorellina per un braccio e trascinandola nella sua camera.
<< Ma che modi sono?! >> esclamò
lei divincolandosi, per poi notare in che stato si trovava il fratello
<< Ma che hai fatto?! >>
domandò con disgusto indicando i vestiti e i capelli sporchi
e arruffati.
Bankotsu ringhiò fra se e poi sibilò:
<< Non è importante >>
<< E allora che vuoi? >> chiese Kikyo
incrociando le braccia.
<< Lo faremo oggi >> disse semplicemente.
Kykio sbattè più volte le palpebre, prima di
capire a cosa si riferisse.
<< EH?! >> esclamò sorpresa
<< Ma... Perchè? Non è un po'...
Avventato? Potrebbe essere pericoloso e... >>
Bankotsu la interruppe afferrandola con forza per le spalle.
<< Non mi interessa!! Gliela farò pagare a
quella piccola bastarda! E subito! Perciò prepara tutto,
appena quel becchino e
l'amica escono entriamo in azione >>
<< V-va bene, ma... Lasciami... Mi.. Mi fai male...
>> ansimò lei, massaggiandosi le braccia una
volta che il fratello gliele liberò.
<< Che ci fai ancora qui?! Ho detto muoviti a prendere
ciò che ci serve!! >> disse stringendo i
denti, e Kikyo corse fuori dalla stanza.
<< Sango? Mi fai un favore? >> chiese
Kagome, dopo un buon pranzo e un'oretta passata davanti la tv.
Sango sembrava essere tornata quella di sempre, e Kagome sapeva che,
per non fargli pesare l'accaduto, doveva trattarla
come sempre, come se nulla fosse successo.
La diretta interessata sbuffò.
<< Va bene. Che vuoi? >>
<< Mi vai a cercare Sota? >> chiese con gli
occhi da cucciolo bastonato, ai quali Sango faticava a resistere.
<< Sota? E perchè? >> chiese
arcuando un sopracciglio.
<< Bè... Volevo chiedergli una cosa... Ma...
non voglio incontrare Akiko e Ryuichi... E tu sei la sua "ragazza", non
desti
sospetti... Ti prego... >>
Sango sbuffò di nuovo:
<< E va bene! Vado! Ma poi mi devi cucinare una pizza!
>> disse scherzosamente.
<< Ok! >> disse Kagome con un'alzata di
spalle.
Sango rise prima di uscire ed entrare nella villa accanto.
Ma non sapeva della tragedia che incombeva e si avvicinava, come una
tempesta improvvisa, che si stava per abbattere
su Kagome.
<< B-Bankotsu... è tutto pronto... Ma... Sei
sicuro? Se non è preparato bene c'è rischio...
>>
<< Tappati quel forno, mocciosa >> la
zittì malamente il fratello.
<< Finalmente quella puttana è uscita! E' il
momento! >> esclamò Bankotsu dopo un minuto di
silenzio, vedendo Sango uscire ed andare
nella villa.
<< Starà andando dal cimitero >>
ringhiò dopo qualche istante, irritato. <<
Bene, Kikyo. Vatti a creare
un'alibi. Ci saranno presto scintille! >> disse con una
luce inquietante negli occhi, ma Kikyo non se lo fece ripetere e
scappò via,
conscia che le parole dette dal fratello erano in parte vere.
Kagome era in uno stato di dormiveglia, così piacevole, con
un leggero torpore che la avvolgeva, sdraiata su quel divano...
Non si accorse di nulla, di quando Bankotsu entrò di
soppiatto e andò in cucina, dove buttò benzina un
po' ovunque.
Voltandosi, la vide sul divano, che dormiva, e allora buttò
il liquido anche nel salotto, per poi lasciarle in mano un biglietto,
ghignando malignamente.
Poi usci fuori, e attraverso la finestra aperta della cucina
buttò due o tre fiammiferi accesi, per poi allontanarsi
subito,
sapendo che tutto in poco sarebbe bruciato, ma la pivella si sarebbe
salvata, uscendo subito di casa urlando e implorando il perdono
a Bankotsu.
Ma non andò come nei piani.
Kagome sentiva quel piacevole torpore avvolgerla, sempre più
caldo, e un brusio coccolarla...
Ma dopo un po' il caldo si stava facendo quasi insopportabile... Ma non
erano a Marzo?
Non ricordava fosse un mese tanto caldo...
E in più l'aria era inrespirabile... Come se qualcosa...
bruciasse...
All'improvviso qualcosa le ustionò il braccio, e
sobbalzò violentemente, spalancando gli occhi e vedendo solo
rosso
e arancione, e si rese conto che era il fuoco ad averla
bruciata sul braccio, dove un segno violaceo faceva mostra di se.
Non poteva credere che quello fosse davvero fuoco. No, stava avendo un
incubo.
Insomma, come poteva non essersene accorta?
Allungò una mano e la ritirò subito: anche senza
toccarlo il fuoco bruciava, consumava l'ossigeno, la stava soffocando.
Ma come poteva essere vero?
Non era possibile, non
poteva essere possibile.
Anche se il caldo era così vero, e il fuoco così
reale, che la circondava senza via di fuga, un nugolo rosso che danzava,
dannatamente bello e pericoloso.
Iniziò a tossire per la mancanza di aria respirabile, e
mentre si portava una mano a strofinare gli occhi, si accorse di qualcosa
in una sua mano.
La aprì e vide un foglietto, rovinato, ma riuscì
a leggere perfettamente le poche parole:
"
Va all'inferno
piccola bastarda "
Allora capì, si rese conto:
era tutto reale.
Il fuoco, il calore, l'aria soffocante, il dolore delle bruciature...
La consapevolezza le arrivò con l'impetuosità di
uno schiaffo in faccia, una doccia gelida.
Lanciò uno strillo dilaniante, che racchiudeva tutte le sue
emozioni:
paura, rabbia, disperazione...
Uno strillo che venne percepito da tutti, nella casa accanto.
<< KAGOME! >> urlò Sango, per
poi scendere le scale, seguita da Sota, e precipitarsi all'esterno,
dove si bloccò per ciò
che vide.
La casa stava bruciando. Il fumo usciva dappertutto, le fiamme stavano
divorando ogni cosa.
Anche Kagome.
<< KAGOME!! >> esclamò
nuovamente, dirigendosi come un fulmine verso la porta, ma si
fermò quando vide Bankotsu, a pochi passi
dalla porta, mordersi nervosamente le unghie.
<< Perchè? Perchè non è
ancora uscita? Doveva già essere fuori... Cosa ho sbagliato?
>>
Da quelle parole, Sango capì molte cose, e sentì
una rabbia incontrollabile impossessarsi di lei.
<< Bastardo >> sibilò furiosa,
avvicinandosi e afferrandolo per la maglietta, portandolo alla sua
altezza << Te la farò pagare una volta
che Kagome sarà salva. >>
Non volle minimamente pensare alla possibilità che lei
potesse... morire.
Scosse la testa, e dopo aver spinto Bankotsu aprì la porta,
venendo subito investita da un calore insopportabile, e
lo spettacolo che vide non le piacque: fiamme, solo fiamme, il fuoco
avvolgeva tutto, non si vedeva nulla.
Ma si fece coraggio ed entrò, ignorandò il
bruciore che entrava nelle sue membra e la voce di Sota che urlava di
non entrare.
Dopo quello strillo, Kagome aveva iniziato a piangere. Ma non per
disperazione, tristezza. No.
Rassegnazione.
Quella era la sua fine.
E forse era meglio così. In fondo, lei non aveva mai avuto
una vita felice.
Aveva sempre sofferto e sopportato in silenzio tutte le cattiverie
ingiuste.
Certo, aveva avuto qualche momento di gioia anche lei, ma erano troppo
pochi perchè bastassero a darle la forza necessaria
a combattere per la vita.
Adesso era stanca.
La Morte aveva deciso che era la sua ora, e lei stava accettando la sua
fine.
In quel momento non voleva altro se non abbandonarsi fra le sue braccia
accoglienti e terminare quel supplizio chiamato vita.
Si rese conto che forse lei aveva sempre aspettato quel momento, e
aveva vissuto nell'attesa che arrivasse.
Si lasciò cadere sul divano, lasciando che le fiamme la
avvolgessero. Non percepiva quasi più il dolore.
Un'ultima lacrima scivolò silenziosa, e guardò di
nuovo il biglietto di Bankotsu.
" Chissà, magari l'Inferno è un bel posto... "
pensò con amarezza, mentre sentiva le forze abbandonarla.
L'ultima cosa che sentì fu la voce debole e stanca di Sango
chiamarla, e poi, un'attimo prima che gli occhi le si chiudessero,
stanchi, vide un bellissimo ragazzo dai capelli color della luna e dagli
occhi dorati.
<< Un... Angelo..? >> sussurrò
flebilmente, per poi abbandonarsi e lasciare che il buio prendesse il
sopravvento.
Allora, un nuovo
capitolo è andato! Spero che vi sia piaciuto, e vi chiedo
scusa per il ritardo, tenterò di evitarlo nuovamente,
ma non prometto
nulla!!! ^^''
Bè,
ringrazio chi legge, e in particolare:
- fmi89
-
Nancy95
-
ryanforever
-
Darkina
-
Beverly Rose
-
Mily_chan
-
Vale728
-
achaori
-
mikamey
-
inukag4ever
Bè,
ci vediamo al prossimo capitolo!!
ANTICIPAZIONI:
Nel
prossimo capitolo Kagome si sveglierà... in buona compagnia!
^^
Vedremo le ricerche che la famiglia di Kagome farà per
ritrovarla...
E un Sota molto, molto, mooolto arrabbiato! XD
Alla prossima,
ciao ciao a tutti!!
_Draco_
|
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Capitolo 5 *** ci sono io ***
Eccomi di nuovo!
Ho iniziato subito a scrivere il capitolo, anche perchè mi
sentivo ispirato, e per evitare un altro ritardo cosmico! :)
Ma cercate di capirmi, non ho più tanto tempo e sto passando
un periodaccio... T.T
Vabbè, vi ringrazio sotto, godetevi il capitolo! ^^
Ho
modificato la fine del capitolo, aggiungendo qualcosa e aggiustando
qualche frase.
Capitolo
quattro: Ci sono io
La prima cosa che Kagome vide quando aprì gli
occhi, fu una cascata argentata al suo fianco.
Richiuse gli occhi, troppo pesanti, e sentì varie voci, fra
le
quali riconobbe quella di Sango, due maschili, e una dolce,
un po' infantile, di ragazza.
<< Si sta svegliando! >>
annunciò allegramente la
voce infantile, e successivamente, sentì una mano stringere
la
sua.
<< Kagome, mi senti? Kaggy, rispondimi...
>> implorò la voce di Sango, stremata.
A Kagome si strinse il cuore nel sentirla così, e si impose
di aprire gli occhi.
Vide gli occhi della sua amica guardarla preoccupati e sollevati, e
dietro di lei un paio dorati, che aveva già visto...
<< U... u-un... Angelo...? >> chiese
debolmente, sollevando
una mano pallida e tremante verso quel volto tanto bello,
incorniciato da capelli argentati.
Si bloccò di colpo quando vide la sua mano fasciata in
parte, dove si scorgevano ancora bruciature gravi.
Come se l'avesse colpita un fulmine, ricordò:
sbarrò gli
occhi, serrò la bocca, si irriggidì
completamente, e poi,
si accorse che l'altra mano, era stretta a pugno, e al suo interno
sentiva qualcosa.
Tremando, come se avesse paura di confermare i suoi timori,
avvicinò la mano al suo volto, mentre Sango fissava
preoccupata ogni suo movimento.
Quando Kagome aprì la mano, svelò un foglietto
sporco, ma
le parole scritte all'interno erano ancora perfettamente leggibili:
"
Va all'inferno
piccola bastarda "
Le lacrime scesero prepotentemente, mentre ogni ricordo, come un flash,
le passò davanti gli occhi sgranati...
Il fuoco, il dolore, il caldo, il rumore delle fiamme che divoravano
tutto...
E poi, si rese conto di una cosa: ma lei non stava morendo?
Aveva anche visto un angelo, che la era venuta a prendere...
Guardò Sango, e si ricordò che aveva sentito la
sua voce prima di lasciarsi andare: che anche lei fosse...?
Si voltò, e vide di nuovo il suo angelo, bellissimo, e
accanto,
un altro ragazzo, dai capelli scuri legati in un codino e degli
occhi color oceano nei quali perdersi.
Aveva una mano sulla spalla di Sango... Che fosse l'angelo venuto a
prendere la sua amica?
E poi... Accanto a quello, vi era una ragazza, molto carina, dai lunghi
capelli neri, fra i quali un ciuffo legato lateralmente,
e gli occhi marroni che trasmettevano una dolcezza infinita.
Dopo qualche istante sentì una mano sfilarle il biglietto, e
voltandosi vide Sango leggerlo con un'espressione orripilata.
Prima guardava Kagome, poi il biglietto, poi di nuovo Kagome e il
biglietto, e così via per un po', finchè non
riuscì a dire:
<< Bankotsu? >> con una voce flebile e
terrorizzata.
Kagome annuì, per poi alzarsi a sedere, e notò
che erano
in una capanna in legno, e dalle finestre si vedeva la luce arancione
del tramonto che bagnava la foresta.
Sul suo volto si aprì un sorrisò meraviglioso,
che
sconvolse tutti e fece perdere un battito ad un angelo dai capelli
argentati,
e poi, guardando negli occhi proprio quest'ultimo, disse, con
felicità:
<< Sono morta? >>
A Sango sfuggì un suono strozzato: la sua amica aveva
chiesto,
felicemente, con un sorriso così bello, che di pochi ne
aveva
visti,
se era morta?!
Agli altri presenti nella stanza, capitò di pensare la
stessa cosa di Sango: sembrava che la morte per quella ragazza
fosse una cosa bella.
Kagome continuò a guardare l'angelo, e notò che
aveva due
adorabili orecchiette canine bianche sul capo, e non potendo
trattenersi, sempre con quell'espressione felice, le andò ad
accarezzare delicatamente, lasciando di stucco il proprietario.
Dopo qualche secondo lei scansò la mano, arrossendo appena,
ma mantenne il sorriso:
<< Scusa, non ho saputo resistere, sono così
tenere! Non
sapevo che gli angeli avessero orecchie del genere! >>
Il ragazzo arrossì, bofonchiando un:
<< Tsè! >> e qualcosa di cui si
era captato solo "
mocciosa ", " osato ", " orecchie " e " dannato sorriso ", ma dato
che nessuno trovava legami fra queste parole, lo ignorarono.
<< Allora sono morta... >> disse con gioia
Kagome,
allargando ancora il sorriso, se possibile, e guardando Sango
<<
Però mi
dispiace che sia morta anche tu... >> aggiunse con un
tono
più triste, ma qualche secondo dopo il sorriso
tornò sul
suo volto.
<< Finalmente... Non soffrirò
più...! >>
esclamò, sinceramente contenta, tornando a fissare gli occhi
dorati dell'angelo,
che era stupito.
Possibile che quella ragazza desiderasse
morire?
<< Guarda che sei viva! Tsk! >>
esclamò stizzito, incrociando le braccia.
Kagome si rabbuiò all'istante, il sorriso e i suoi occhi si
spensero.
<< Ma allora... Che ci fa un angelo qui? >>
chiese al ragazzo, che sbuffò, esasperato per essere
scambiato, ancora,
per un angelo.
Insomma, lui non era uno di quegli esserini con ali candide che
volavano fra le nuvole, nudi, suonando il flauto.
Un immagine di lui stesso conciato il quel modo gli balenò
in mente, e la scacciò, disgustato.
<< Io non sono un angelo! >>
sbuffò in risposta
<< Ti sembro forse uno di quei cosi che vola?
>> domando
avvicinandosi a lei.
<< Si >>
rispose Kagome con convinzione.
<< Sbagliato. E non osare più paragonarmi a
quelle sottospecie di anatre! >> disse irritato.
Per un po' regnò il silenzio, poi, a Kagome
sfuggì una lacrima, silenziosa, che tutti colsero.
Alzando lo sguardo, la videro tremare impercettibilmente, serrando i
pugni.
<< E allora >> iniziò con voce
dura << se non
siete angeli... >> alzò gli occhi, dove vi era
racchiusa
rabbia, delusione, malinconia...
<< Perchè mi avete salvata? >>
domandò,
lasciando che altre lacrime scorressero sulle sue guange pallide.
Tutti sobbalzarono a quella domanda.
Non riuscivano a capire.
Neanche Sango ci riusciva. Perchè la sua amica stava dicendo
quelle cose?
<< Allora?! >> domandò,
tagliente <<
Perchè non mi avete lasciata morire? Perchè mi
avete
fatto tornare in questa vita?
Per farmi soffrire ancora? Non è stato abbastanza?
>>
esclamò furiosa, mentre mostrava le mani fasciate e bruciate,
come quasi tutto il suo corpo.
<< Per avere questo? >> chiese, mostrando
ora dei lividi
sulla pancia e sullo stomaco, che non avevano niente a che fare col
fuoco.
<< O
questo? >> stavolta sollevò il pantalone
rovinato, per mostrare un taglio
lungo e abbastanza profondo,
in via di guarigione, sopra il ginocchio.
Fatto da un... coltello.
<< E questo?! >> terminò,
strappando il foglio dalle mani tremanti di Sango e mostrandolo a tutti.
<< E' per ritornare a questa vita che mi avete salvata?
>>
lanciò con voce tagliente, con rabbia, frustrazione.
Sbatte' un pugno sul materasso sul quale era seduta, per poi
accasciarcisi sopra, senza forze, con altre lacrime che scendevano.
<< Perchè non mi avete lasciata morire...?
>> chiese
con un filo di voce, chiudendo gli occhi e abbandonandosi a
quel dolce torpore che le regalava la coperta.
Il silenzio la avvolgeva.
Sentiva solo il delicato frusciare del vento fra le foglie, e un calore
piacevole avvolgerla.
Si irrigidì automaticamente, spalancando gli occhi, e
sollevandosi di scatto, procurandosi un capogiro per il movimento
brusco.
Si guardò intorno e si rilassò: il calore era
provocato dalla morbida coperta sul suo corpo; niente fuoco...
Si voltò e incrociò un paio di iridi ambrate che
la fissavano intensamente.
Sussultò riconoscendo i tratti del volto del proprietario di
quei occhi, ricordando - di nuovo - ogni cosa.
Come aveva fatto prima aprì la mano e lesse ancora una volta
quelle parole orribili:
"
Va all'inferno
piccola bastarda "
La mano
iniziò a tremare e rammentò anche il dialogo
avvenuto con quello che lei credeva fosse un angelo,
il suo angelo,
venuta a prenderla per portarla via da quel posto che le aveva causato
solo dolore...
Quando una nuova lacrima le solcò la guancia,
sentì una mano calda asciugargliela.
Sorpresa, si voltò, tornando a guardare quegli occhi
meravigliosi.
La mano del ragazzo rimase sulla sua guancia, come in una carezza.
<< Non va bene piangere. Sorridi, eri più
carina...
>> le disse con una voce calda e rassicurante, con un
lieve
rossore sulle guance.
Anche lei si imbarazzò, ma riuscì a rispondere,
con voce flebile:
<< E per cosa dovrei sorridere? >>
<< Perchè sei viva >> rispose
lui sicuro.
Kagome rise, una risata senza gioia, intrisa solo di amarezza.
Scansò la mano dell'angelo dal suo volto, commentando
acidamente:
<< Certo..! Per essere viva! Ma perfavore! Tu non hai
idea di cosa sia la mia vita! L'inferno, a confronto,
mi sembra qualcosa di piacevole! >>
Gli occhi di Kagome erano nuovamente lucidi, e in quel momento
avvertì le bruciature su tutto il suo corpo pulsare e
dolere, e ciò le fece scivolare una lacrima da un occhio.
I suoi occhi si accesero di ira.
<< Ecco perchè sono ancora qui! Per subire
altre
ingiustizie, sopportare altra sofferenza! Non ho mai avuto nessuno,
nessuno! Non posso più sopportare tutto questo! Neanche
Sango
è sufficente per farmi desiderare di continuare questa vita!
>>
Si asciugò con una mano le guance, mentre il ragazzo la
guardava, un velo di malinconia nei suoi bellissimi occhi.
<< Non ho nessuno... >> ripetè
Kagome, debolmente, mentre tutto il suo corpo tremava.
Poi, le sentì:
due braccia forti la avvolsero e la strinsero contro un petto caldo e
accogliente, un odore selvaggio, ma piacevole,
la investì, mentre una mano le carezzava i capelli.
<< Ci sono io. >> affermò deciso
il ragazzo,
scostando appena la ragazza per poterla fissare nelle iridi color
cioccolato.
A Kagome mancò un battito, ma lesse negli occhi ambrati che
l'affermazione di lui era vera, e senza saperne il motivo,
si sentì sollevata, più leggera...
Affondò il volto nel suo petto sussurando:
<< Grazie angelo... >>
L'angelo in questione arrossì, ma poi, irritato,
brontolò:
<< Ma insomma! La vuoi smettere con la storia
dell'angelo? Mi sto arrabbiando sul serio! Ti ho già
ripetuto che non
sono uno di quegli affarini nudi e volanti! >>
Kagome sorrise a quelle parole.
<< E allora cosa sei? Le tue orecchie sono vere.
>> disse seria, sfiorando nuovamente le candide
orecchiette.
Lui si irrigidì a quella domanda; poi voltò il
capo, in difficoltà.
<< Non te lo posso dire. >>
Kagome scrollò le spalle.
<< Va bene, angelo
>> calcò l'ultima parola con un
sorriso divertito, osservando la reazione del ragazzo.
<< Basta, insomma! Io mi chiamo Inuyasha, mettitelo bene
in testa, perchè se solo ti sento pronunciare ancora
la parola angelo, perdo
il controllo di me stesso! Inuyasha, sono Inuyasha, I-nu-ya-sha!
>> disse quasi in un ringhio.
Il sorriso di Kagome si allargò, e Inuyasha sentì
il
cuore accelerare i battiti al pensiero che era a causa sua che
sorrideva.
La porta della capanna si aprì ed entro una Sango abbastanza
depressa, che zoppicava.
A quella vista Kagome perse il sorriso, si alzò, e ignorando
il bruciore quasi lancinante delle ustioni sulle gambe,
le andò incontro, abbracciandola.
Sango ricambiò la stretta, scoppiando a piangere.
<< Kagome... perchè non... me l'hai mai detto?
>>
chiese fra un singhiozzo e l'altro, continuando ad abbracciarla.
<< Scusa Sango, ma... Io... Non ce la facevo... Non me la
sentivo... Non volevo perderti... >>
<< Sei una stupida! Non mi avresti persa, ma avresti solo
rafforzato il nostro rapporto! Le amiche non servono solo
per divertirsi e scherzare con loro, ma anche per condividere le cose
tristi... Ed è in quei momenti che si riconosce un
amico sincero... ( Queste sono testuali parole che mi ha detto
un'amica... Mi hanno commosso, e così le ho anche messe qui!
Ci tenevo a dirlo... perchè sono parole vere... ndDraco )
>>
<< Scusami... Ora lo so che te ne avrei dovuto parlare
subito! >>
Sango si asciugò le lacrime e guardò negli occhi
la sua migliore amica.
<< Da quanto tempo? >> domandò
con una luce furiosa negli occhi nocciola.
Kagome sembrò confusa, infatti chiese:
<< Da quanto tempo cosa? >>
<< Da quanto ti picchiano i tuoi zii?!?! >>
esclamò quasi urlando Sango.
Kagome sussultò e abbassò il capo.
<< Da sempre >> rispose soltanto
Sango sebrava incredula e shokkata.
Dopo un momento esclamò:
<< Da quando hai otto anni! Non... non ci posso credere!
>>
si sedette sul letto, dove era rimasto Inuyasha, in silenzio,
mentre le due parlavano.
Ma quando sentì l'ultima frase di Sango sussultò
e non riuscì a trattenersi.
<< CHE COSA?!?!?! >> sbraitò
infatti, alzandosi in
piedi e fermandosi davanti una Kagome sorpresa da quel comportamento
<< Tu hai sopportato questi maltrattamenti da
più di sette anni?! >> chiese incredulo anche
lui, abbracciandola di colpo
possessivamente, stupendola e facendola arrossire << Mai
più... >> continuò il ragazzo,
sotto gli occhi
allibiti
di Sango << Mai più, te lo prometto, mai
più
permetterò che ciò accada... >>
terminò
stringendola ancora di più, mentre
Kagome ricambiava, felice, e a Sango si formava un piccolo sorriso.
<< L'incendio è doloso >>
dichiarò il capo
della polizia dopo aver fatto analizzare il luogo dell'incendio dai
suoi uomini.
Ryuichi era ora shokkato.
<< Che cosa?! Sta insinuando che avrei bruciato apposta una mia proprietà?
>> esclamò furioso contro il poliziotto,
che alzò gli occhi al cielo.
<< Non deve essere stato per forza lei, ma qualcuno si:
abbiamo
trovato tracce di benzina e i resti di un paio di fiammiferi.
E' chiaro come il sole. Chi ha appiccato il fuoco si è
premurato
che tutta la cucina e il salotto fosse cosparso di combustibile.
>>
Ryuichi sembrò riflettere a quelle parole, e il capo della
polizia tornò dai suoi uomini per vedere se avevano scoperto
altro.
Bankotsu stava sudando freddo e tremando impercettibilmente, tentando
di non far trasparire il suo stato d'animo.
I suoi genitori avevano subito chiamato la polizia e i pompieri, e dopo
che questi ultimi ebbero domato l'incendio, che stava
divorando la casa, la polizia fece un sopralluogo per scoprire i danni
e le cause dell'incendio, ed ecco il risultato:
la casa era inaccessibile e si era scoperto che qualcuno aveva causato
volontariamente l'incendio.
Se Bankotsu era preoccupato, Kikyo era disperata, corrosa dai sensi di
colpa: il maggiore aveva dovuto chiuderla
in camera sua con la scusa che era sconvolta per quanto accaduto, il
che non era del tutto falso.
Ma la parte peggiore fu sicuramente quando, una volta che i pompieri e
i poliziotti entrarono per controllare che l'incendio
fosse completamente spento e se l'abitazione era agibile, un poliziotto
uscì dichiarando:
<< Non ci sono persone, la casa è vuota!
>>
Quando Kikyo lo venne a sapere era sull'orlo di una crisi isterica e
sul punto di rivelare tutto, mentre Bankotsu stava per svenire.
Aveva ucciso Kagome. E Sango.
Due persone.
E quando si sarebbero accorti dei resti delle ragazze, che avrebbe
fatto?
Sarebbe finito in prigione per omicidio.
Ma lui voleva soltanto spaventare quella mocciosa che l'aveva trattato
in quel modo!
Pensava che sarebbe uscita subito, non appena avesse visto il fuoco in
cucina.
" Forse non avrei dovuto mettere la benzina anche in salotto... Le
fiamme erano ovunque... Ma io...
che ne potevo sapere? " si disse mentalmente, frustrato e disperato.
Ma non sapeva che il peggio doveva ancora arrivare.
Sota si avvicinò a lui, il braccio fasciato, dato che era
entrato anche lui per impedire a Sango di fare una sciocchezza,
ma la polizia e i pompieri erano arrivati in tempo:
una libreria infuocata gli stava cadendo addosso; due pompieri lo
avevano tirato via, ma gli era comunque caduta sul braccio,
che era andato a fuoco.
L'ustione era grave, ma se la sarebbe cavata con una cicatrice non
troppo grande.
Sota continuò ad avvicinarsi, con degli occhi che, se
avessero potuto, avrebbero ucciso chiunque.
Rabbrividì.
Ma tirò un sospirò di sollievo quando lo
superò,
che gli si mozzò in gola quando lo sentì parlare,
con il
suo tono neutro,
sicuramente al capo della polizia.
<< Dentro c'erano mia cugina e una sua amica. Non
è possibile che non ci siano i resti. Non sono uscite.
>>
<< COSA?! >> urlò Ryuichi
voltando il figlio verso
di se, scordando per un attimo che questo aveva parlato.
<<
Kagome e...
Sango erano li dentro? >> chiese con voce stridula,
indicando la costruzione ormai ridotta ad un rudere.
Il capo della polizia intervenne.
<< Si calmi signore. Tu, ragazzo, sei sicuro di quello
che dici?
Perchè non abbiamo trovato niente, a parte le tracce
di benzina. >>
Sota a quelle parole si pietrificò, poi una lampadina si
accese nel suo cervello e comprese ogni cosa,
come se il tassello mancante di un puzzle si incastrasse finalmente nel
punto giusto.
Si voltò verso il
fratello maggiore con occhi di fuoco. Lentamente, si
avvicinò a lui, con una calma innaturale,
e una volta davanti al ragazzo gli diede un pugno, talmente
improvviso, innaspettato e potente, che lo fece ruzzolare a terra e
boccheggiare in cerca di aria.
<< BASTARDO! >> urlò Sota, ed
ignorando il fatto che il
suo braccio fosse fasciato e non dovesse subire sforzi,
si buttò addosso a Bankotsu,
colpendolo ovunque potesse, continuando ad urlare:
<< SEI UN COGLIONE! COME HAI POTUTO?! COSA CREDEVI DI
FARE?! >>
Bankotsu si lasciò colpire, ancora shokkato dal fratello.
Mai, mai prima
di allora Sota aveva alzato la voce o aveva perso
il suo sangue freddo. Mai.
Vederlo adesso, così furioso, che mostrava dei sentimenti,
era stato uno shock anche per il padre e la madre, che lo
osservavano a bocca spalancata.
Il capo della polizia invece esclamò:
<< Ma cosa fate?! Separateli, no?! Cosa c'è da
guardare?! >>
Detto ciò un poliziotto provò a fermare Sota, ma
questo
colpì anche l'agente, che stramazzò a terra
tenendosi lo
stomaco.
Tre colleghi accorsero, e a malapena riuscirono a fermare il ragazzo.
<< CHE DIAVOLO TI E' SALTATO IN MENTE, IDIOTA!!
>> continuava ad urlare, dimenandosi fra le braccia degli
agenti.
I tratti del viso erano deformati dalla rabbia e dall'odio
più puro, i capelli scompigliati ricadevano sulla fronte,
gli occhi neri fulminavano Bankotsu, in preda a degli spasmi.
<< S-Sota? >> chiamò Ryuichi,
incredulo che quello fosse il figlio.
Sota si voltò, fulminando anche il padre, che
indietreggiò impercettibilmente.
<< ZITTO! ZITTO ANCHE TU!! IO TI ODIO! ODIO TUTTI IN
QUESTA FAMIGLIA! COSA CREDI?!?!
CHE SIA STUPIDO? IO NON SONO KIKYO, NE TANTOMENO BANKOTSU!! IO SO CHE COSA FAI A
KAGOME,
LO SO E L'HO SEMPRE SAPUTO! CHE RAZZA DI UOMO SEI?? SEI UN BASTARDO, E
BASTA ANCHE GUARDARE
ME PER CAPIRLO!! CREDI CHE A ME PIACCIA ESSERE COSI'?? SEI STATO TU, TU
E MIA MADRE!
MI AVETE IMPEDITO DI ESSERE QUELLO CHE SONO, MI AVETE ALLONTANATO DA
TUTTI, MI AVETE
TOLTO PERSINO LA VOGLIA DI PARLARE, DI RIDERE!! >>
Prese un respiro profondo, mentre tutti ascoltavano allibiti quelle
parole
<< E ADESSO IO GRIDO AL MONDO CIO' CHE PER ANNI VOLEVO
DIRE! COSA SONO QUELLE FACCE?! >>
Rise istericamente
<< AH, GIUSTO... IO SONO IL FIGLIO PAZZO, QUELLO MALATO,
CON DEI PROBLEMI MENTALI,
QUELLO CHE NON PARLA MAI E CHE NON MOSTRA ALCUNA EMOZIONE!
DI CERTO NON VI RICORDAVATE NEANCHE LA MIA VOCE!!! >>
Tutti i presenti rimasero in silenzio per un minuto intero. Sota aveva
il fiatone, ma si liberò dalla presa dei poliziotti
con uno strattone che gli fece provare una fitta al braccio.
Poi prese un respiro profondo e dichiarò, con
un'indifferenza tale che sembrava stesse parlando delle
proprietà delle larve di mosca.
<< Bankotsu ha appiccato l'incendio, per ripicca. Mio
padre picchiava Kagome, da quando era piccola. Il resto della
famiglia le rendeva la vita impossibile, ancora più
infernale. >>
Ci fu un silenzio agghiacciante.
Sota alzò il viso e mostrò un sorriso malinconico.
<< Non m'importa più niente di questa
famiglia. Ora che ho
perso l'unica persona che potevo considerare tale. >>
Il capo della polizia osservò quel ragazzo. Dalla reazione
dei
genitori, tutto ciò che aveva detto doveva essere vero.
O altrimenti non si spiegava il suo comportamento.
Sota riprese la sua maschera fredda, ma i suoi occhi erano tristi.
<< Se vi chiedete io, che cosa ho fatto a Kagome in tutti
questi anni, vi rispondo: niente.
Non ho fatto nulla contro di lei, ma neanche per lei. Sono
stato un idiota. >>
Altro silenzio.
<< Allora? >> esclamò con
acidità Sota
<< mi sembra di avervi detto che quello che dovrebbe
essere mio
fratello ha appiccato
un incendio per ammazzare una ragazza, e che mio padre picchiava
violentemente mia cugina da quando aveva otto anni.
Dovreste come minimo arrestarli per violenza su minore, assieme a quel
cretino per tentato omicidio e incendio doloso ( sempre
che si possa arrestare qualcuno per questo, non ne sono sicuro ndDraco
O__O ). >>
<< Ma... io... Non volevo... >>
sussurrò Bankotsu
attirando così l'attenzione su di se. Iniziò
anche a
piangere << Io...
Io pensavo che sarebbe uscita subito... Volevo solo spaventarla per
fargliela pagare... Io... Non volevo... Lei...
Doveva uscire subito... >> iniziò a dire a
ripetizione, sconvolto, con gli occhi vacui, abbracciandosi le gambe.
Sota lo afferrò per la camicia, strattonandolo.
<< MA SEI SCEMO?! E COME PENSAVI CHE SAREBBE USCITA,
SCUSA?! VOLANDO?! ( ringrazio ryanforever
per la
frase nel commento, mi è stata di spunto per Sota XD ndDraco
) >> gli urlò, colpendolo ancora.
Stavolta il capo della polizia intervenne.
<< Fermo! >>
Sota ringhiò, ma ascoltò comunque l'ordine del
poliziotto.
<< Be, quella era una confessione... Lo dobbiamo portare
in
centrale... >> Disse indicando Bankotsu.
Due poliziotti lo sollevarono da terra e lo portarono in una delle loro
macchine,
ammanettandolo.
Il capo della polizia si voltò successivamente verso Sota.
<< Sei sicuro di ciò che affermi su tuo padre?
>>
quando il ragazzo annuì, l'uomo lo prese per le spalle,
guardandolo negli
occhi, e sussultando per l'intensità con la quale brillavano.
Vi era di tutto li dentro: rimorso, soddisfazione, malinconia, rabbia...
No, si disse il poliziotto mentre si perdeva in quei pozzi scuri e
sinceri, non può aver mentito. Ed è grave,
ciò che ha detto.
<< Allora vieni con me, se te la senti, a fare una
dichiarazione di ciò che affermi. Intanto porteremo tuo
padre con noi.
Hai qualcosa da dire su tua madre? >>
Sota negò col capo.
<< Allora tua sorella e gli altri ragazzi resteranno con
lei,
qui. Tu, vieni con me, così mi descrivi le ragazze che dici
erano
nella casa durante l'incendio e che, a quanto pare, sono scomparse,
perchè all'interno non vi sono tracce di DNA
o resti di esseri umani. Forse sono uscite da una finestra
>> disse dolcemente, non troppo convinto delle sue parole.
<< E perchè non sono qui, allora?
>> chiese con sarcasmo il ragazzo, massaggiandosi la
bruciatura attraverso la fasciatura,
che aveva ripreso a fare un male cane.
Il poliziotto rimase in silenzio, finchè non
sentì Sota voltarsi.
Sollevando lo sguardo si accorse di un ragazzo, della stessa
età di Sota, con capelli castani legati in una coda,
che piangeva mordendosi le labbra e guardando Sota con un affetto
profondo e un po' di timore.
<< S-Sota... >> balbettò il
nuovo venuto, arrossendo appena e abbassando lo sguardo, che
rialzò non appena l'amico gli asciugò
con le dita lunghe il viso umido.
<< Non piangere, Kohaku... >>
sussurrò debolmente, per poi abbracciarlo lasciandolo di
stucco.
Sota non aveva mai abbracciato
o dimostrato affetto a nessuno.
Ma che stava succedendo?!
Kohaku era molto confuso dal comportamento dell'amico, sapeva che era
turbato, non aveva un bel passato alle spalle,
ma non pensava che avesse così tanti sensi di colpa verso la
cugina.
Ma adesso era preoccupato per il fatto che anche Sango era vittima di
quell'incendio, e che era misteriosamente
scomparsa assieme a Kagome.
Kohaku venne strappato dai suoi pensieri quando sentì la
stretta di Sota farsi più forte, più disperata,
più bisognosa.
Allora, ricambiò quell'abbraccio, che non aveva mai avuto,
che voleva dire mille cose, e trasmise a Sota calore,
affetto e sicurezza.
Quando si staccarono, Sota gli regalò un sorriso bellissimo,
il primo che gli vide Kohaku, o almeno il primo sorriso che
non era falso.
Era stupendo, così genuino, rilassato...
<< Andiamo >> disse Sota al capo della
polizia, per poi voltarsi verso il suo amico, in imbarazzo a causa di
quell'espressione
meravigliosa e dirgli << Torno presto >>
sempre con quel sorriso che avrebbe sciolto chiunque.
Fine capitolo!!!
Spero vi sia piaciuto!
Scusate ma sono in ritardissimoooooo!!! O___o
Mi uccideranno!
Non ho il tempo per ringraziarvi uno per uno, ma voglio che sappiate che siete
tutti fantastici, sono davvero felice che la storia
vi piaccia!!! ^^
Un bacio, alla prossima!
_Draco_
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