Mephisto's Master Plan

di _MakaAlbarn_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La stanza era silenziosa nonostante il rumore di passi che, di tanto in tanto, animava il corridoio e faceva sembrare quel posto vivo. La luce era quasi assente attorno a noi, salvo per qualche flebile spiraglio di sole che filtrava dai tendaggi spessi e scuri sospesi sopra alle ampie vetrate delle finestre.
-Immagino tu sappia perchè sei qui, Lilith-
Le parole di quell’uomo mi riportarono alla realtà, mi riscossero e, di riflesso, mossi la testa come per liberarmi dalle catene di quelle fantasticherie che mi annebbiavano la vista e i pensieri; presi un bel respiro, esibii un sorriso e risposi con tutta la gentilezza che avevo in corpo e per cui ero nota da sempre.
-Certamente, signor Faust. Per me è un onore e un privilegio far parte di questa Accademia-
Il preside si fece sfuggire un suono che aveva tutta l’aria di essere  beffardo, mentre le sue labbra sottili si inclinavano in un sorriso a dir poco ironico e compiaciuto allo stesso tempo: aveva già la situazione in pugno.
-Spero sarai ancora della stessa idea, dopo la prima settimana- rispose, mentre accavallava le gambe e, ancora una volta, incrociava le mani sotto il mento, per poi chinarsi in avanti sostenuto dai gomiti.
-Sarà così- Sorrisi e mi alzai, allungando la mano verso di lui .
Mephisto la guardò perplesso, muovendo la testa prima verso questa, poi verso di me, su e giù per un paio di volte finchè, con un secondo sorrisetto, si alzò e si decise a ricambiare la stretta di mano che gli stavo proponendo.
-Non ho dimenticato le tue provenienze; sarà difficile per te frequentare un corso per Esorcisti e lo capisco bene: tua madre Astaroth non ne sarebbe affatto felice, tesoro-
-Lo so bene- un sorriso, stavolta simile a quello proposto dall’uomo poco prima, si disegnò sulle mie labbra -Ma dopotutto, se lei è riuscito a diventare il preside di questo istituto considerando le sue origini, non vedo perchè dovrebbe essere così difficile per me essere una normale studentessa-
-Hai pienamente ragione su questo-
Mi allontanai dalla sedia su cui ero seduta fino a poco prima, la spostai sotto la scrivania cercando di fare meno rumore possibile e rimasi ferma in attesa di un congedo.
-Ti ricordo che dovrai evitare di mostrare le tue belle orecchie a punta e soprattutto la tua coda; non fare nulla di sconveniente-
-Certo, me ne ricorderò-
-Frequenterai i normali corsi nelle aule del piano superiore e nel pomeriggio ti recherai nelle stanze sotterranee per seguire il corso per esorcisti servendoti di questa-
Avvicinò a me una chiave, facendola scivolare rumorosamente sul legno del grande scrittoio e senza prendersi la briga di alzarsi.
-Va bene- presi la chiave e la misi in tasca; nel frattempo anche lui si alzò dalla poltrona ricordandomi ancora una volta la sua importanza, suggerita non semplicemente dalla sua carica ma anche dal suo aspetto: la sua altezza sbalorditiva e l’eleganza del vestiario.
Incrociò le braccia dietro la schiena prima che mi girassi e raggiungessi a passi lenti e misurati la porta. Allungai la mano, afferrai la maniglia di ottone, la girai, aprii la porta ed uscii richiudendola dietro di me con un cigolio e lo scatto della serratura.
Mi appoggiai alla porta, respirando rumorosamente e rimettendo insieme, come in un puzzle intricato, il bagno di informazioni che avevo ricevuto in quel breve colloquio.
Ero felice di essere finalmente lì, nonostante le cose non si presentassero facili.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Salii la lunga scalinata che mi divideva dall’esterno da ormai un’ora e cercai la via più breve per l’ingresso vero e proprio dell’istituto.
Attraversai un ampio giardino, al centro del quale si ergeva un’enorme fontana circolare in pietra bianca: l’acqua vi zampillava dividendosi in piccoli rigagnoli che bagnavano di tanto in tanto il bordo della vasca che raccoglieva tutti quei litri di acqua cristallina e trasparente, che luccicava al sole. Guardai l’enorme orologio gotico sulla facciata della scuola: i numeri romani e la superficie consumata dal tempo davano un’aria ancora più importante all’edificio. Erano le 7:30 e le lezioni avrebbero avuto inizio non prima delle 8; avevo decisamente un bel po’ di tempo da utilizzare, magari per prepararmi al meglio o, come meglio mi suggerì la testa, guardarmi intorno ed iniziare a capire qualcosa di più di quel posto per me completamente sconosciuto e, per certi versi, motivo di inquietudine.
La figlia di un Demone in una scuola per Esorcisti: suonava strano, molto, ma non quanto un Demone Esorcista dirigente di un’Accademia dal nome “della Vera Croce”.
Riflettevo su quello che avrei visto, sperimentato, imparato negli anni che avevo davanti e, nel farlo, mi addentrai nel bosco sul retro della scuola; era un luogo piacevole, dopotutto: la vegetazione non era troppo fitta, ma sufficiente per non far passare troppi raggi solari.
In ogni dove crescevano piante selvatiche dall’aspetto bizzarro e dai colori brillanti, funghi variopinti, fiori ricolmi di polline. Le spore di numerose piante si spostavano sospinte dal vento e si poggiavano sul terreno, sulle cortecce canide di alberi dal fusto sottile e lunghissimo. Insetti di ogni genere, molti dei quali vedevo per la prima volta, svolazzavano sui fiori, camminavano sulle foglie.
Era uno spettacolo semplice ma nuovo, per me. Qualcosa di prezioso che avevo deciso avrei conservato per sempre insieme a tutto ciò che l’Accademia aveva da offrire.
Mi incamminai seguendo il sentiero sassoso davanti a me, guardandomi intorno e in alto, alla ricerca di ciò che poteva nascondersi fra le fronde verdeggianti di pioppi e betulle.
Feci ancora qualche passo e mi fermai quando intravidi un’ombra e sentii un fruscio alle mie spalle. C’era qualcosa e, ammesso che fosse un animale, doveva essere parecchio grosso. Mi guardai intorno, cercando di non fare capire al presunto predatore che avevo paura; digrignai i denti e mi preparai ad attaccarlo -o a fuggire-.
Sentii un altro rumore alle mie spalle, mi girai velocemente solo per vedere sbucare da un cespuglio un roditore a cui non prestai troppe attenzioni: sospirai e uscii dal bosco, ripercorrendo la strada a ritroso.
Ormai erano le 7:50 e mancava davvero poco al mio esordio in Accademia, anche se avrei dovuto aspettare almeno fino alle 15 per i corsi veri  e propri.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La mattinata trascorse tranquillamente; nulla di diverso dalle scuole che avevo frequentato precedentemente. Avevo pranzato e, una volta finito, mi ero seduta sul bordo della fontana, che ormai aveva smesso di funzionare, al centro del cortile. Presi un libro dal mio zaino e cominciai a leggere facendo dondolare le gambe.
In quel momento si avvicinò senza che me ne accorgessi un ragazzo: era giovane, molto giovane; probabilmente aveva la mia età, non più di 20 anni, in ogni caso. Era vestito di nero, probabilmente un’uniforme, e portava una spilla come quella che avevo visto addosso al preside quella mattina.
Alzai lo sguardo solo una volta che fu piuttosto vicino, spostando le mie cose per lasciargli spazio. Non sapevo bene come comportarmi, ma per  non sembrare antipatica sorrisi:
-Buongiorno- dissi, guardandolo finalmente in volto: dietro alle lenti spesse di un paio di occhiali dalla montatura scura e rettangolare spuntavano due occhi particolamente grandi e di un blu particolare, i capelli ordinati, corti, castani ; le labbra carnose inarcate in un sorriso amichevole:
-Buongiorno, tu devi essere la studentessa nuova. Lilith, mi sbaglio?-
-Sono io- affermai alzandomi quasi d’impulso, sentendomi chiamata in causa -Frequenti il corso per esorcisti?- chiesi, quasi completamente sicura che la spilla rivelasse la sua identità.
-In realtà lo dirigo, insieme ad un paio di altri colleghi- rispose con un sorriso imbarazzato mentre si grattava la nuca con una mano.
Credo di aver frenato la mia mascella da una rovinosa caduta per un pelo: non poteva essere un insegnante! Era giovanissimo e le opzioni non erano molte: stava mentendo oppure era particolarmente talentuoso.
-Sono il professor Yukio Okumura, sono lieto che frequenterai questo corso e spero che ti possa piacere- continuò prima che potessi ribattere qualsiasi cosa.
Accennai ad un sorriso non sapendo bene cos’altro fare.
-Le lezioni iniziano fra poco, ti accompagno in classe-
-La ringrazio- raccolsi le mie cose e, dopo essermi caricata lo zaino in spalla, lo seguii.
Entrammo nella scuola e scendemmo una lunga rampa di scale, infondo alla quale si trovava un portone imponente e massiccio; il professore estrasse dalla tasca una chiave uguale a quella che mi aveva affidato il preside la mattina e aprì la porta con tre giri nella serratura. La spinse senza troppa fatica e mi fece cenno di entrare.
Oltrepassai la soglia della porta con non poca incertezza e davanti a me si aprì la vista di un lungo corridoio con diverse porte sui lati, per essere più precisa tre lungo ognuna delle due pareti laterali; guardai con aria interrogativa il professor Okumura che sorrise:
-Raggiungi l’ultima porta infondo a sinistra, io arriverò subito-
Annuii e mi incamminai senza più guardarmi alle spalle e dopo pochi secondi aprii la porta dell’aula, entrai e notai che alcuni dei miei compagni erano già seduti.
Una ragazza bionda seduta in prima fila mi sorrise in modo imbarazzato, arrossendo leggermente. Ricambiai spostando lo sguardo pochi secondi dopo per tornare a guardarmi intorno. Vidi un posto vuoto accanto ad una ragazza dai lunghi capelli viola e mi avvicinai, sedendomi con discrezione.
In quel momento si voltò verso di me, trafiggendomi col suo sguardo decisamente tagliente -un po’ come la sua lingua, e questo l’avrei capito di lì a poco-. Le sue iridi rosso scuro non facevano che incrudelire la sua espressione, rendendo ancora più chiaro il messaggio che non ero gradita, e corrugò la fronte facendo ripiegare le folte sopracciglia all’insù.
-Tu devi essere quella nuova- disse, prima ancora che potessi essere la prima a salutare -se così si poteva definire il suo modo di rivolgersi a me-
-M-Mi chiamo Lilith- risposi, sforzandomi di sorridere
-Mh... io sono Kamiki Izumo  e ti sarei grata se cambiassi posto, visto che la mia migliore amica sta arrivando- aggiunse, rivolgendo il dito verso qualcosa dietro di me; mi voltai e vidi sopraggiungere una ragazza dai capelli corti castani chiaro, gli occhi piccoli incastonati nel viso paffuto. Le sorrisi ma lei non ricambiò, abbassando lo sguardo e continuando a fissare Izumo. Si limitò a sedersi dove poco prima c’ero io e, con un sospiro mi allontanai sedendomi al primo banco che mi capitò.
Non feci nemmeno in tempo ad appoggiare lo zaino che un ragazzo dai capelli rosa mi gettò un braccio attorno al collo avvicinandosi spaventosamente al mio viso senza troppi problemi:
-Ehi, sei la ragazza nuova... Lilith, vero? Io sono Shima e sono single- disse, accennando un sorriso da finto macho verso l’ultima parte della frase.
-Mi dispiace- dissi senza accennare la minima espressività -Ti piacciono gli insetti?-
-I-Iinsetti..!? S-Scusa, mi serve il bagno- urlò, portandosi la mano alla bocca e correndo fuori dall’aula trascinando un povero malcapitato: un ragazzino rasato e occhialuto.
Dunque, era vero che  nella scuola c’era un ragazzo che aveva una fifa tremenda per gli insetti! Per una volta le voci di corridoio mi erano davvero servite a qualcosa.
Sorrisi alla scena dei due per poi cercarmi un altro posto: ormai sapevo come “difendermi” da lui, ma preferivo averci a che fare il meno possibile.
Vidi l’ennesimo banco vuoto vicino ad un ragazzo; pareva terribilmente arrabbiato -o concentrato in alternativa, in ogni caso faceva entrambe le cose “terribilmente”-
Era il classico tipo di ragazzo che molti avrebbero definito poco raccomandabile, ma non importava: chiunque frequentasse un corso per esorcisti non poteva che avere buoni propositi in testa.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Mi avvicinai lentamente osservandolo in modo distratto e quasi involontario; era decisamente particolare: i capelli spettinati e scuri, resi ancora più insoliti dal ciuffo biondo che attraversava la sua testa dalla fronte alla nuca, gli anelli argentati all’orecchio e un accenno di barba: deglutii  sedendomi con tutta la discrezione che potessi trovare e lui sollevò lo sguardo che fino a quel momento era rimasto incollato su un libro e su una corona che teneva in mano, mi trafisse con quello sguardo pungente smettendo di sgranare la corona rossa, che appoggiò sul banco insieme al libro chiuso.
-Ciao- disse con un tono gentile che, apparentemente, non gli riusciva troppo bene.
-Ciao- risposi sfoggiando un sorriso incerto -Questo posto è libero? Ne ho già cambiati due...- aggiunsi sorridendo, stavolta nervosamente.
-Sì, è libero. Sono Suguro Ryuji ... tu devi essere la studentessa nuova-
-Puoi chiamarmi Lilith- precisai annuendo.
In quel momento la porta dell’aula si aprì, facendo piombare il silenzio e mettendo fine al lieve brusio che fino a quel momento faceva da sottofondo alle conversazioni di ognuno: il professor Okumura appoggiò sulla cattedra il suo zaino e si mise davanti alla lavagna, seguito da un ragazzo che sgattaiolò al proprio posto, in prima fila vicino alla ragazzina bionda che mi aveva sorriso non appena entrata in classe.
Il ragazzo accanto a me o, per meglio dire, Ryuji, spostò sul banco una pila di libri e quaderni, ne aprì qualcuno rivelando pagine ordinatamente piene di appunti e, dopo aver appoggiato i gomiti sul banco, si mise in ascolto del professore quasi come isolandosi da tutto il resto che lo circondava. Notevole.
-Buongiorno e ben ritrovati al corso pomeridiano per esorcisti- cominciò il professore -Sono lieto di annunciarvi che avete una nuova compagna: Lilith vieni alla lavagna e presentati, per cortesia-
Mi alzai in piedi e, camminando lentamente verso la cattedra, cercai di non incrociare gli sguardi dei miei compagni: ero decisamente a disagio, troppo.
Mi sentivo osservata e temevo che il cuore mi schizzasse fuori dal petto da un momento all’altro, seguito probabilmente da tutti i restati organi, dentro i quali sentivo un formicolio insopportabile; nello stomaco, per esempio.
Afferrai con la mano che mi tremava il gesso che il professor Okumura mi stava porgendo, scrissi il mio nome alla lavagna e, dopo aver preso un bel respiro -avevo preso decisamente troppi “bei respiri” da quando ero arrivata- mi voltai, mostrando finalmente il mio viso paonazzo all’intera classe che mi fissava con curiosità ma, in alcuni casi, nonostante fosse la mia paura peggiore, con noia.
-Buongiorno- iniziai -Mi chiamo Lilith, ho 17 anni e frequento il corso per esorcisti perchè ... – feci una pausa. Qual era il motivo? Non potevo certo dire che volevo semplicemente uccidere mia madre. Era necessario che, almeno per il momento, seguissi i consigli del preside.
“Immagino  tu sappia perchè sei qui”
“Evita di mostrare le tue belle orecchie a punta e soprattutto la tua coda”
“Tua madre Astaroth non sarebbe affatto felice di vedere che stai frequentando un corso per esorcisti”
“Spero avrai ancora la stessa considerazione, dopo la prima settimana”
..Quelle frasi si sovrapponevano intricate e in modo confuso nella mia mente ed erano così forti da darmi l’impressione di non poter più sentire altro suono se non il loro continuo ronzare, ma per fortuna mi riscossi dalle mie riflessioni e proseguii -...perchè è un sogno e un obbiettivo che mi sono posta fin da bambina, quello di sconfiggere il male peggiore che ci affligge-
Dopotutto, un fondo di verità c’era.
Mi guardai intorno e cercai di interpretare gli sguardi di ognuno, nonostante non fossero cambiati di molto, salvo per il ragazzo in prima fila che avevo visto entrare dopo il professore. Finalmente lo vedevo in viso e lui mi fissava con i suoi occhi blu, messi ancora più in risalto dalla folta capigliatura corvina; sorrideva esibendo i canini bianchissimi e appuntiti.
Ricambiai quasi d’istinto quel sorriso amichevole che mi infuse maggiore sicurezza con la quale fui in grado di tornare a sostenere gli sguardi dell’intera classe.
-Spero che andremo d’accordo e che sarà un buon anno scolastico per tutti- conclusi per poi guardare il professore alla ricerca del suo consenso; lui annuii e io tornai al mio posto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Le prime due ore di lezione trascorsero molto velocemente: gli argomenti erano molto interessanti e per me era davvero qualcosa di incredibile!
Tuttavia, la pausa era arrivata e avevamo 20 minuti per mangiare qualcosa; ero seduta al mio banco e stavo chiacchierando con il mio vicino: era davvero una persona interessante e, seppure potesse sembrare per nulla affabile e spaventoso a prima vista, era al contrario piuttosto gentile e cercava di farmi sentire a mio agio.
In quel momento sopraggiunse il ragazzo della prima fila: si mise davanti a noi con un sorriso e, mostrandosi fiducioso, disse:
-Ehi, Bon! Dieci a uno che oggi, in palestra, corro più veloce di te-
-Tsè, come siamo fiduciosi, Okumura-
-Okumura?- domandai, presa dallo stupore -Sei imparentato col professor Okumura?-
-Lui è mio fratello gemello...minore- disse sorridendo -Mi chiamo Rin Okumura, piacere di conoscerti!-
-Piacere mio!- risposi ricambiando con un espressione sorridente il suo sguardo amichevole.
-Perchè fai il corso per esorcisti?- mi chiese, sedendosi sullo spigolo del banco di Ryuji -o Bon, o quello che era- che lo guardava con non poca irritazione nello sguardo.
-Emh, come ho detto, sono qui perchè mi sento in dovere di eliminare il male e tutti i suoi esponenti, e spero che in questo modo io possa avere un’occasione di dimostrare la mia volontà e sete di giustizia- dissi, tutto d’un fiato, per poi aggiungere -E tu, invece?-
-Io? Io voglio prendere Satana a calci! e per questo diventerò il miglior esorcista di sempre!-
Lo guardai sorpresa, per poi sorridere: non ero divertita, al contrario ero contenta di aver trovato qualcuno col mio stesso obbiettivo o, quanto meno, vagamente simile.
-Ehi, senti...vieni con me, ti faccio fare un giro della scuola!- disse poi, notando che rimanevo in silenzio. Lo guardai, poi guardai Ryuji: stavo parlando con lui solo poco prima. Sarebbe stato scortese andarmene con Rin?
-Ehi, non preoccuparti, Lilith. Io nel frattempo vado a trovare la mia ragazza- disse, come se mi avesse lento nel pensier- ragazza!?
-L-La tua...ragazza?- dissi, spezzando la frase a metà mentre cercavo di deglutire.
-Già...che idea ti stavi facendo, ragazzina?- mi disse, guardandomi male
-A-AH! I-Io?- arrossii. Non perchè vi fosse motivo, o perchè avessi avuto pensieri particolari nei suoi confronti come stava sostenendo, ma perchè trovarmi in quella situazione mi metteva semplicemente in imbarazzo -Io non pensavo assolutamente niente!- smisi sìdi guardarlo e, afferrato il braccio di Rin, mi diressi fuori, nel corridoio, e lo pregai che mi guidasse nella visita che mi aveva promesso.
Mi fece fare un giro delle aule, mostrandomi la direzione per i dormitori e poi, assicuratosi che fossimo soli, mi parlò a bassa voce.
-Scusami, ma devo verificare una cosa- blaterò, per poi spostarmi i capelli dietro l’orecchio e fissare le mie orecchie o, per meglio dire, la loro forma appuntita.
In quel momento fui presa dal panico e afferrai una ciocca di capelli per coprirle, indietreggiando. Lo fissai incredula: in quel silenzio il rimbombo del mio cuore era tremendamente fastidioso. Avevo paura; avevo paura che mi avesse scoperta e tremavo, sgranando gli occhi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Pensavo alla mattina e ancora una volta al preside.
Ancora, e ancora. Era sempre lì, fisso nei miei pensieri o nascosto in un angolo, pronto a saltar fuori in ogni situazione di pericolo.
-C-che stai facendo?- riuscii a domandare, tremando e indietreggiando sempre di più.
La sua espressione era seria, le labbra inclinate all’ingiù, gli occhi seri, lo sguardo fisso su di me. E poi, in un secondo, un grosso sorriso si disegnò su quelle stesse labbra, che si apersero per mostrare ancora una volta quei denti bianchissimi, quella dentatura particolarmente appuntita.
-AH! Lo sapevo!! Che bello: guarda!- urlò con gli occhi che gli brillavano, infilandosi la mano sotto la maglia per poi trarne fuori una coda lunghissima e scura. Lo guardai sbigottita per qualche secondo prima di alzare titubante l’indice destro e spiccicare -S-Sei un dem-
-Sì, e anche tu! Dove tieni la coda?-
-N-Nascosta, ovviamente!- arrossii: quanta confidenza. Eppure era bello sapere che non ero sola.
Ma allora perchè il signor Faust non me ne aveva parlato?
-E il clown lo sa?-
-Il clown..?- chiesi, non ricordando nessun clown.
-Ah, scusa...volevo dire Mephisto, il preside-
-Il presid-? Ma non si chiamava..?-
-Faust. Quello è solo uno psi.. come si dice? Psiumonimo?-
-Pseudonimo?-
Ci guardammo, per poi scoppiare a ridere, ma mi fermai poco dopo: l’aveva chiamato clown..?
-Perchè lo chiami clown?- incrociai le braccia sul petto e lo guardai con disappunto, battendo il piede sul pavimento in legno.
-Beh, perchè... a me sembra un clown!-
-Non è vero! È così distinto...-
-Ti piace il...?-
-NO!-
-...il suo abbigliamento..-
-AH! Sì! Cioè, no..! Ma non dovresti offenderlo-
-In ogni caso ora non importa, sono contento di aver trovato qualcuno come me!-
-Anche io!-
La campanella che segnava la fine della pausa suonò ricordandoci di tornare al nostro lavoro:
-Senti, torniamo in classe. Alla fine delle lezioni parliamo un po’, ok?-
-Emh... ok-
Ci incamminammo verso l’aula dove ognuno aveva ripreso il suo posto e iniziò la prima delle ultime tre ore di lezione.
Mi sedetti al mio posto, ascoltando le parole degli insegnanti che si susseguivano man mano che le ore  scorrevano, stavolta più lentamente di prima.
Ascoltavo, eppure ero distratta e riflettevo su tutto ciò che mi era successo in un solo giorno, ma soprattutto pensavo alla coincidenza di aver trovato un mio “simile” in un posto come un’Accademia per Esorcisti.
Era un fatto strano, molto strano, ed ero convinta che quel luogo mi avrebbe riservato altre numerose sorprese e, a dire il vero, questo mi spaventava non poco.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Smisi di pensare quando suonò l’ultima campanella: il rumore delle sedie trascinate sul pavimento, la confusione di tutti i miei compagni che si alzavano e si avviavano come uno sciame verso la porta; e lui era già lì, davanti a me. Mi guardava sorridendo:
-Andiamo?-
-Certo!- balzai in piedi con un sorriso e uscii con Rin dall’aula. Poco dopo avevamo raggiunto la fontana al centro del cortile della scuola e ci eravamo seduti a bere delle soda che avevamo preso un attimo prima ai distributori.
-Allora...anche tu sei qui per un obbiettivo preciso, vero?-
-Già- fissavo i miei piedi, sorseggiando di tanto in tanto dalla mia lattina.
-Se non vuoi parlarne non importa: nemmeno io dovrei parlare con gli altri della mia vera identità, però sento di potermi fidare di te!-
-Mi fa piacere ... anche a me il preside ha detto che era meglio rimanere vaga, nel caso mi avessero fatto domande troppo personali-
-Meglio così- disse, interrompendosi per bere l’ennesimo sorso.
-Posso farti una domanda?-
Annuì e proseguii senza troppi scrupoli:
-Il professor Okumura non ha ereditato nessuna abilità particolare? E poi ... perchè, se è così giovane è già un professore?-
-Lui non ha ereditato nulla del genere. Solo io ho acquisito i poteri di Satana-
-Sei il figlio di Satana?- sgranai gli occhi: ero convinta che fosse figlio di un demone minore; nemmeno mia madre era poi un granchè. Ma lui, quel ragazzo di cui mai avrei sospettato, era figlio di Satana, del demone più potente di tutti. Del signore dei demoni.
-Per quanto la cosa mi infastidisca, sono la sua progenie-
-Scusa- sussurrai; capivo quanto potesse irritarlo parlarne, soprattutto con una mezza estranea.
-Il mio unico padre è Shiro Fujimoto- proseguì quasi ignorandomi -E io non perdonerò mai Satana per avermelo portato via. Io sono qui solo grazie al vecchio, eppure non sono nemmeno stato in grado di proteggerlo, dopo che lui mi ha cresciuto con tanto impegno. Hai idea del rimorso, della rabbia che nutro per me stesso ogni giorno?-
Mi gettai al suo collo non appena vidi una lacrima fare capolino nel suo occhio destro: era straziante vederlo soffrire in quel modo e non poter fare altro. Lui mi strinse con una forza quasi inumana, cominciando a singhiozzare mentre gli accarezzavo la schiena. La fronte premuta contro la mia spalla e i suoi capelli neri che mi solleticavano il naso. Nascosi il viso in quella chioma nera e morbida, continuando a far scorrere la mano su e giù lungo la sua schiena in un vago tentativo di farlo smettere.
Non appena mi accorsi che aveva ripreso a respirare normalmente mi spostai lievemente:
-Stai meglio? Avanti, va tutto bene...-
Sollevò la testa e mi guardò con gli occhi rossi e gonfi, occhi di chi aveva trattenuto a lungo lacrime su lacrime, di chi si era tenuto dentro il dolore peggiore. Sicuramente non potevo capire la sua esperienza, ma suonava come una cosa terribile. E lo era; certamente lo era.
-Mi devi scusare- abbozzò un sorriso, chiaramente forzato -Non mi capita spesso... evito di farlo anche per Yukio-
-Lo capisco...-
-Preferirei che te ne dimenticassi, ok?-
-Farò finta di niente, non preoccuparti-
-Ti ringrazio- si alzò, per poi stiracchiarsi -Sarà meglio che vada, adesso. Ci vediamo domani, va bene?-
-Certo!-
-Ah, domani andiamo a pranzo? Abbiamo il corso la mattina presto quindi...ti va di mangiare insieme?-
Era la prima volta che qualcuno mi faceva una proposta simile, soprattutto qualcuno che avevo appena conosciuto. La cosa mi faceva molto piacere: Rin era una persona davvero gentile e mi piaceva stare in sua compagnia.
-Va bene! Ma ...abbiamo la mensa?-
-No, però posso chiedere di usare la cucina! Mi piace cucinare e, modestie a parte, me la cavo abbastanza bene, quindi mi farebbe piacere preparare qualcosa per te! Come, mh... un benvenuto-
-Ti ringrazio,allora!-
-Ci andiamo insieme domani, ok?- disse mettendosi lo zaino in spalla.
-D’accordo! Allora a domani e grazie della compagnia- mi alzai, mentre lui si allontanava un po’ e cominciava a camminare verso i dormitori
-A domani, ciao!-
Lo guardai sparire in lontananza per poi rimettermi seduta; non avevo dimenticato di avere un colloquio con il preside a fine giornata per discutere con lui del mio primo giorno di corso, eppure volevo concedermi ancora qualche minuto. Volevo stare da sola, e soprattutto prepararmi. Il fatto di incontrarlo, per qualche motivo, mi rendeva nervosa e mi metteva a disagio: era una persona disponibile e affabile, almeno con me, e non dovevo certo temerlo, eppure la sua compagnia mi dava qualcosa di anormale. Una sensazione strana. Paura? Sgomento? Eccitazione? Era così, un mix letale di emozioni che turbinavano nel mio stomaco ad ogni sua parola, ad ogni sguardo che mi dedicava.
Lo avevo capito nei giorni precedenti l’iscrizione vera e propria all’Accademia della Vera Croce: avevo avuto diversi colloqui con lui, e ogni giorno era peggiore del precedente in quanto a battiti cardiaci.

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