Ti sei fatto male quando sei caduto dal paradiso?

di hiimnotamuggle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Cacciatore ***
Capitolo 2: *** Dolore e sollievo ***
Capitolo 3: *** Caccia ***
Capitolo 4: *** Una visita (in)aspettata ***
Capitolo 5: *** Tensione ***
Capitolo 6: *** Appuntamento ***



Capitolo 1
*** Il Cacciatore ***


Uscì dal locale con la testa che gli girava. Venti dollari per un lavoro di bocca? Quella sera era stato fortunato. Di solito ne riceveva a malapena dieci. E l'uomo gli aveva anche offerto un drink, dopo. Drink che non avrebbe dovuto accettare, fra parentesi: il cervello sembrava volergli uscire dal cranio. Eppure sapeva di non essere bravo a reggere l'alcool. Purtroppo, doveva cento dollari d'affitto al suo padrone di casa (come se quell'appartamento squallido si possa chiamare casa) e doveva riuscire a fare almeno un pasto, l'indomani. Decise che sarebbe andato a chiedere una tachipirina al barista, anche se avrebbe significato rientrare in quel bar super affollato. Dopotutto mi deve un favore, sospirò Castiel. L'ultima volta non mi ha pagato. Si preparò mentalmente alla lunga nottata che lo attendeva e girò sui tacchi, in direzione della porta. Mossa sbagliata: evidentemente si era spostato troppo in fretta, perché una fitta lancinante gli attraversò il cervello e lo fece cadere a terra, dolorante. 

«Guarda chi abbiamo qui... Ti è piaciuto il drink, Gabriel?»Castiel sussultò. Gabriel era il nome che diceva ai suoi clienti, perché il suo era abbastanza inusuale da essere facile da ricordare. Alzò la testa con espressione sofferente. Davanti a lui c'era l'uomo di poco prima, circondato da... Quanti erano? Dieci? Quindici? Le figure si sovrapponevano di fronte a lui. Strizzò gli occhi, confuso, e le ombre diminuirono. Erano in quattro o cinque. Quello che attirò la sua attenzione fu lo stesso ghigno malevolo che ostentavano tutti. In particolar modo l'uomo che aveva parlato. Come si chiamava...? Jack. O Lewis?  I nomi si affollavano nella sua mente, rendendo difficile stabilire quale fosse quello giusto. Dennis? Dan, decise. Aveva detto di chiamarsi Dan. «Era buono, grazie... Ma credo di aver esageratò un po', Dan» rispose con voce tremula. Fece per alzarsi, ma le ginocchia gli cedettero. L'altro emise una risatina agghiacciante «E' Dennis. Ma non preoccuparti... Ti serve aiuto?» aggiunse, tendendogli una mano dalle dita tozze. Castiel non la prese, ma Dennis lo afferrò con forza e lo tirò su. Riuscì a biascicare un mezzo ringraziamento, prima di rovinare addosso all'uomo. «S-scusa... non so proprio c-cosa...» balbettò, tentando di liberarsi dalla stretta che intanto Dennis aveva impresso sul suo fianco. Quell'uomo puzzava. «Oh, lo so io» sogghignò questi, mettendo la mano libera in tasca e rovistandovi. Quindi la tirò fuori e schiuse le dita direttamente sotto il naso dell'altro. Nel suo palmo c'erano le orribili pasticche effervescenti da cui si era sempre tenuto alla larga. La loro reputazione le precedeva: erano gli sgambetti che facevano precipitare nella spirale della droga, prostituzione (non che lui ne avesse bisogno, in questo caso) e gravidanze indesiderate. Per non parlare dell'effetto sedativo. Grazie a questo, avevano contribuito ad aumentare esponenzialmente il numero degli stupri nel giro di un paio di mesi, e adesso andavano forte nel suo 'ambiente'. 

Sudore freddo prese a scendere lungo le sue tempie. Come aveva potuto non accorgersene? Sentì risate provenire da... da dove? Non riusciva a capire. Percepiva le poche forze rimaste abbandonarlo. Una voce rimbombò nella sua testa: «Non avrai pensato che fosse finita lì, vero?» rise sguaiatamente qualcuno «Quello era solo il primo tempo...» si sentì afferrare da ogni parte. Ormai aveva gli occhi semichiusi, ma udì distintamente il suono di una cerniera. «No...» tentò di protestare. «Ehi Dennis, questo qui sviene prima di iniziare» constatò uno degli uomini. «Si perderà tutto il divertimento... beh, peggio per lui!» rispose Dennis, provocando delle risa generali. Castiel aveva le lacrime agli occhi quando perse conoscenza.

«Ehi! Cosa credete di fare?» una voce autoritaria raggiunse il gruppo. Il proprietario era un uomo dall'espressione seria e piuttosto incazzata. «Nano, cerchi rogne?» urlò uno. «Vattene, se non vuoi che facciamo la festa anche a te!» minacciò un secondo. Per tutta risposta l'uomo si diresse verso di loro, prese il primo che aveva parlato per il colletto e gli tirò un montante che lo spedì dritto a terra. «Fuori uno. Chi è il prossimo?» chiese, quasi divertito. Gli stupratori lasciarono Castiel, che si accasciò a terra, e corsero verso l'ultimo arrivato. Diedero pugni alla cieca, dettati più dalla rabbia che da altro. Un paio di volte riuscirono anche a colpirlo, ma alla fine rimase in piedi con lui solo Dennis, che aveva una smorfia d'ira dipinta sul volto. Il primo sputò un grumo rossastro per terra. «Pronto per affrontare il tuo destino, Twist?» Dennis esitò un momento. Come conosceva il suo cognome? Ma poi gli venne un dubbio. «Non sei Dean Winchester, il cacciatore di taglie, vero?»

Quell'istante, però, era tutto ciò di cui l'uomo misterioso aveva bisogno. In una frazione di secondo gli fu addosso, colpendolo con un destro in pieno naso, che poi ruppe definitivamente con una gomitata. Concluse sferrandogli una ginocchiata nei genitali, con una smorfia di evidente piacere al  verso acuto che uscì dalla gola del criminale. Questi si accasciò finalmente a terra e perse i sensi. «In persona. Ci ho messo un mese a trovarvi, stupidi bastardi. Non stuprerete più nessuno, fidatevi di me» sorrise vittorioso, il sangue tra i denti che gli dava una sfumatura demoniaca. Controllò che ci fossero tutti. Quando vide Castiel, decise immediatamente di portarlo con lui nel bed&breakfast dove alloggiava e di dargli qualcosa per la droga che dovevano avergli dato. Lo prese quindi in braccio e lo depose nei sedili posteriori della sua Chevrolet Impala. 

Chiamò la polizia, firmò i moduli, solita procedura. Gli dissero che i soldi della taglia gli sarebbero stati accreditati entro una settimana. Come se non lo sapessi.

Poi si mise al volante e si diresse verso il suo alloggio per quella notte, con una sola cosa in mente: lo sconosciuto che era sdraiato esanime nel suo sedile posteriore.

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Capitolo 2
*** Dolore e sollievo ***


Riprese lentamente conoscenza. Prima ancora di aprire gli occhi, percepì il dolore pulsante alla testa. Cercò di mettersi a sedere, massaggiandosi le tempie, ma una voce roca lo fermò: «Io non lo farei, se fossi in te.» Si girò di scatto, ma se ne pentì immediatamente. Una scossa gli attraversò il cranio e, proprio quando pensava che non potesse andare peggio, fu colpito da una raffica di flashbacks. 

Guarda chi abbiamo qui... Ti è piaciuto il drink, Gabriel?  

 Non avrai pensato che fosse finita lì, vero?  

 Quello era solo il primo tempo...  

Improvvisamente, non gli importava più dell'emicrania. Voleva solo piangere. Cosa era successo? Cosa gli avevano fatto? Non poteva, non voleva neanche immaginarlo. Iniziò a singhiozzare. Sentì a stento il rumore di una sedia che si spostava e di una persona che si muoveva verso di lui. Si coprì il volto con le mani, cercando di darsi un contegno, ma poi un'idea lo colpì: e se quell'uomo fosse stato uno degli assalitori? Il panico prese il sopravvento. Scattò all'indietro, sbattendo la schiena contro la testata del letto. Venne colto da un attacco di tosse . «Ehi, rilassati... Hai dormito per un bel po', non strafare» Castiel sollevò lo sguardo, terrorizzato, e i suoi occhi lucidi incontrarono quelli verdi di un giovane uomo. Portava una giacca di cuoio che sembrava aver visto momenti migliori, e il suo volto esprimeva sincera preoccupazione. «Mi chiamo Dean Winchester» si presentò  «e sono un cacciatore di taglie. Il migliore» aggiunse, con un ghigno. Un cacciatore di taglie? Ma allora...

«Non so quanto ti ricordi di ieri sera, ma» si interruppe. L'altro aveva ricominciato a singhiozzare. D'istinto Dean si sedette sul bordo del letto e appoggiò una mano sulla spalla dell'uomo, che sussultò leggermente al contatto, ma continuò a piangere. «Tu sei Castiel, vero?»

Quelle parole sortirono senza dubbio un qualche effetto sull'interessato, perchè sollevò di nuovo il capo e guardò il suo interlocutore con aria interrogativa e sorpresa. «Come fai a...?» iniziò a chiedere. In futuro, ripensando a quel momento, Dean avrebbe ricordato particolarmente come la voce di Castiel fosse roca dal pianto e sexy. 

Molto sexy.

«Ho sbirciato nel tuo portafoglio» ammise Dean, grattandosi la nuca con un sorriso di scuse «ero curioso di conoscere il tuo nome». Grandioso, pensò Castiel. Beh, pazienza. Nel suo borsellino non aveva altro che i documenti personali, qualche moneta e... Oh no. Il suo biglietto da visita. Ne aveva sempre un paio di copie con sé, nel caso i clienti volessero il suo numero (non che succedesse spesso). Arrossì violentemente, sperando con tutto sé stesso che l'altro non l'avesse visto. 

I suoi pensieri furono interrotti, neanche a dirlo, da Dean, che riprese a parlare. La sua voce aveva preso un tono più serio. «Castiel, riguardo a ieri...» questa volta fu l'altro a interromperlo. «Non voglio parlarne.»  «Ma non c'è niente di cui parlare» insistè il cacciatore. «Quei bastardi non ti hanno toccato. Non ho lasciato loro il tempo» ghignò. Castiel spalancò gli occhi. Non osava sperare di aver capito bene. «Se questo è uno scherzo, io-» «No, non sto scherzando. Per fortuna sono arrivato in tempo, e li ho stesi prima che potessero- Castiel?» l'altro, d'istinto, lo aveva abbracciato, e ora stava riprendendo a piangere con il viso nascosto nel petto di Dean. «Ehi, occhio a non bagnarmi la camicia. Un semplice grazie basterebbe, sai?» scherzò questi.

Quando si rese conto di quello che stava facendo, Castiel si staccò da lui, imbarazzato, e lo guardò negli occhi. Il mare si mischiò all'erba. «Grazie infinite, Dean Winchester.»

 «Solo Dean va bene» replicò. 

Stava per aggiungere qualcosa, quando il suono di un'assolo di basso riempì la stanza. «Ah, è il mio» disse. «Pronto, Sam?» mentre il suo salvatore parlava al telefono, Castiel si guardò finalmente intorno. Si trovava in una stanza di un bed&breakfast. Non aveva nulla di speciale, anzi, era del tutto simile alle miriadi in cui aveva soggiornato, eppure si sentiva un po' come a casa. «...Okay, sì. Dammi quattro ore. Okay. A dopo, allora.» Dean chiuse la chiamata e si rivolse di nuovo a lui. «Devo andare. Mio fratello ha bisogno di una mano con un caso.» «E' un cacciatore di taglie anche lui?» «Già. E' una cosa di famiglia.» La sua bocca si piegò in un sorriso amaro, ma Castiel decise di non fare domande. «Beh, buona fortuna allora» disse, dirigendosi verso la porta «e riposati. La camera è pagata per un paio di giorni, quindi sfruttali, okay? Non ho convinto il proprietario a farti stare anche di giorno per niente.» Senza aggiungere una parola, aprì la porta e sparì nel mondo esterno.

 Castiel non aveva nemmeno avuto l'occasione di ringraziarlo un'ultima volta e salutarlo. Ripensò ai suoi occhi verdi e all'odore della sua giacca di pelle, e si lasciò cadere sul letto.

 

Intanto, Dean era arrivato al parcheggio. Infilò le mani in tasca per prendere le chiavi e insieme ad esse tirò fuori anche un biglietto. Lo guardò e sorrise. Avrebbe rivisto Castiel.

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Capitolo 3
*** Caccia ***


"Te l'ho detto, Sammy, non lo so" ripetè per l'ennesima volta "so solo che si chiama Castiel e che l'ho salvato da uno stupro..."  esitò "...E che lo fa per soldi" finì Sam. "Ma hai il suo numero, giusto? Chiamalo." 

I due fratelli erano seduti nella macchina del maggiore, Dean. Da quando si erano appostati sotto la presunta casa dello stalker seriale che aveva dato problemi al minore, Sam, questi non aveva fatto altro che tempestare suo fratello di domande sulla persona che aveva incontrato durante l'ultimo caso. "Per sapere come sta. Sei stato tu a salvarlo, dovresti assicurarti delle sue condizioni." Dean sbuffò. Quando avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa e a non raccontare al fratello cose come quella? 

"Perchè hai preso il numero, se no?" insistè il più giovane. Fortunatamente un rumore fornì a Dean la scusa per non rispondere. Un uomo uscì dal portone dell'edificio che stavano sorvegliando e si avviò, a piedi, verso la casa di una delle sue vittime.

I due fratelli, abituati a qualsiasi tipo di pedinamento, scesero dalla macchina e seguirono il criminale. "Potevi almeno lasciargli il tuo numero!" sussurrò Sam, pistola alla mano. "L'ho fatto!" sibilò Dean di rimando, irritato. Suo fratello parve colto di sorpresa "Cosa?!" Il più vecchio sarebbe scoppiato a ridere sentendo il tono dell'altro, se non fossero stati nel bel mezzo di un tallonamento "Non me l'avevi detto! Allora è per questo..." riflettè. "Shhh!!" lo zittì il maggiore. Lo stalker aveva svoltato all'improvviso in un vicolo stretto, che però non portava alla casa della sua vittima. Poteva significare solo una cosa. "Fantastico, idiota! Ci ha scoperti!" imprecò Dean, mettendosi a correre. Sam lo seguì a ruota.

Trovarono l'uomo con le spalle al muro. Il vicolo non portava proprio da nessuna parte. Dopo essersi quasi fatti uccidere dalla caduta di un'impalcatura, catturarono il criminale e lo portarono alla centrale più vicina. Una volta in macchina, Sam ricominciò da dove si era interrotto. "Non l'hai ancora chiamato perchè vuoi che sia lui a chiamare te?" chiese, ottenendo un altro sonoro sbuffo da parte di Dean, che accese il motore e mise una cassetta nel vano apposito dell'autoradio. "Oh, no, ti prego, la smetto!" supplicò Sam. Ma Dean rimase inflessibile e guardò il fratello dritto negli occhi mentre iniziava a cantare.

"She was a fast machine, she kept her motor clean

She was the best damn woman that I had ever seen

She had the sightless eyes, telling me no lies

Knockin' me out with those american thighs

Taking more than her share, had me fighting for air

She told me to come but I was already there

'Cause the walls start shaking

The Earth was quaking

My mind was aching

And we were making it and you

Shook me all night long

Yeah you

Shook me all night long"

"Ricordati, Sammy: chi guida sceglie la musica" disse Dean trionfante "Bitch."

"Jerk."

Dean sorrise. Di cosa si preoccupava? Non era passato nemmeno un giorno, in fondo. 

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Capitolo 4
*** Una visita (in)aspettata ***


Era in piedi nel bed&breakfast. Guardava fisso la porta, incapace di spostare lo sguardo, in attesa. Cosa aspettava? La domanda giusta è chi aspettava. Non sapeva come, ma sentiva che sarebbe arrivato.

Passi veloci in direzione dell'uscio. Percepiva l'affanno della persona all'esterno della stanza. Sarebbe entrato da un momento all'altro. Castiel trattenne il fiato. Nemmeno una frazione di secondo più tardi la porta venne spalancata con forza, andando rumorosamente a sbattere contro il muro, ed entrò un uomo sui venticinque anni, camicia di flanella blu e occhi verdi come la speranza che aveva alimentato i pensieri di Castiel fino a quel momento. 
«Cas!» urlò il nuovo arrivato. «Cas!» Sono qui, pensò questi. Sono qui, Dean. Non mi vedi? 
«Cas! Ci sei?!» nello stesso momento in cui il cacciatore di taglie sembrò percepire la presenza dell'altro, una forza prese a strattonare il moro verso il soffitto, aumentando la sua presa gradualmente. Castiel adesso stava urlando, ma le parole non lasciavano la sua testa. Dean! 
La forza se lo sarebbe portato via da un momento all'altro. Dean!
«Cas!» DEAN! In quel momento Dean si girò verso di lui, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. «Cas, svegliati!» 
Cosa? 
pensò
«Svegliati!» Svegliarmi? Guardò il mare d'erba che erano le iridi del suo salvatore. 
«Svegliati, Cas!»

«Cas! Eddai, sveglia!»

Una zaffata di alito all'alcool gli arrivò dritta in faccia, invadendo le sue povere narici. Fece una smorfia disgustata. Aprì un occhio per accertarsi che i suoi sospetti riguardo il molestatore fossero fondati. «Buongiorno, bellezza. Sono le quattro del pomeriggio e hai un aspetto orribile» Castiel richiuse l'occhio e si girò dall'altro lato. 
«E chi è Dean?»

Dieci minuti dopo erano diretti al bar vicino l'appartamento. Il 'bello addormentato', come l'aveva definito suo cugino, voleva fare colazione. «Balthazar, cosa sei venuto a fare qui?» chiese Cas, sbadigliando. 
«Niente di particolare, cugino. Ero da queste parti e ho deciso di fare un salto a vedere come te la passavi» fece una smorfia di disapprovazione «e ho fatto bene, a quanto vedo. Quando ti deciderai a tornare a casa?» un'occhiataccia dell'altro bastò a farlo sospirare. 
«E va bene, va bene. Mai. Comunque se non avessi litigato con Micheal e il tuo vecchio, ora non saresti in queste condiz-» «Sai bene cosa pensa di me mio padre, e mio fratello si è schierato dalla sua parte. Non tornerò da loro strisciando, dovessi morire di fame» dichiarò Castiel.
«Il che mi fa pensare» disse Balthazar «come hai fatto a sopravvivere fin'ora?» «Beh... Ho trovato qualche lavoretto quà e là» rispose Castiel, evitando lo sguardo del cugino. C'era sempre stata così tanta strada tra casa sua e il bar?

Balthazar era stato l'unico a prendere le sue difese, quando suo padre gli aveva dato del frocio succhiacazzi e suo fratello non aveva mosso un dito per aiutarlo, guardandolo con disprezzo mentre il vecchio lo prendeva a calci nello stomaco; aveva tossito sangue per due giorni. Non voleva deludere il cugino, non voleva vedere nei suoi occhi lo stesso sguardo di suo fratello. Aveva quindi preferito tacere la verità sui suoi 'lavoretti'.

Era immerso nei suoi pensieri, quando una parola lo riportò alla realtà «...Dean» stava dicendo Balthazar. «Cosa?» un sospiro esasperato. «Non mi hai ancora detto chi è Dean!» ripetè.

***

«Cosa?!» il cugino si passò una mano tra i capelli biondi, scioccato. «E non gli hai nemmeno dato il tuo numero?!» enfatizzò l'ultima parola con un acuto. «Non ne ho avuto il tempo» cercò di spiegare Castiel a voce bassa. Erano in coda al bar per prendere quella benedetta brioche, anche se in questo momento l'uomo desiderava non averci mai messo piede. Metà locale li guardava, o meglio guardava suo cugino, con aria sconcertata. Dire che Balthazar aveva un atteggiamento eccentrico sarebbe stato un eufemismo. Si fece forza e comunicò la sua ordinazione al cassiere. «Un dollaro» replicò questi con voce annoiata. 
«E tu non hai il suo?» insistè Balthazar, speranzoso. L'altro non rispose, ma tirò fuori il portafogli. Lo aprì per prendere i soldi, e sarebbe stato tutto nella norma, se non per i trecento dollari e rotti che risaltavano particolarmente tra i buchi e le sfilacciature del cuoio sintetico. Si girò a guardare con espressione esterrefatta ed interrogativa il cugino, che intuì la domanda e disse «Non guardare me. Non è opera mia.»
Un ricordo si affacciò nella sua mente: "Ho sbirciato nel tuo portafogli".

Hai solo sbirciato, Dean?

Sospirò. «E ora come glieli restituisco?» pensò ad alta voce. 
«Non lo fai, è ovvio. Te li ha lasciati per una ragione.» disse Balthazar. Castiel stava per replicare quando il cassiere si schiarì la gola, impaziente, e i due si resero conto della fila innervosita di persone dietro di loro. Il biondo diede una gomitata a suo cugino, che si affrettò a tirare fuori una banconota (che era sicuro di avere prima di incontrare il cacciatore di taglie) e la passò all'uomo dietro al bancone. Nel fare quel gesto, però, fece uscire qualcosa insieme ai soldi. Qualcosa di cui fortunatamente Balthazar si accorse, perché lo prese da terra lo guardò. Era un pezzo di carta. «Castiel? Penso di sapere come tu possa restituire i soldi al tuo principe azzurro.»

Cinque minuti dopo erano fuori dal locale. Castiel guardava nervoso lo schermo del cellulare, indeciso se premere la cornetta verde oppure lasciar perdere, mentre suo cugino lottava contro la tentazione di papparsi una deliziosa brioche alla crema. «Trecento bigliettoni, Cas! Lascia perdere il cacciatore e vai a comprarti un cappotto decente!» gli urlò, cercando di suscitare in lui qualche reazione.

Le sue parole sortirono l'effetto desiderato, perché spinsero il giovane uomo a schiacciare il pulsante verde. Si portò il telefono all'orecchio, trattenendo il fiato. Dopo tre bip, una voce familiare rispose: «Pronto?» La tensione nello stomaco di Castiel si sciolse nel sentire la sua voce dopo quattro giorni. Deglutì comunque prima di chiedere (inutilmente, perchè sapeva benissimo chi c'era all'altro capo della cornetta) «Dean? Sei tu?» Castiel avrebbe giurato di averlo sentito sorridere.

«Cas.» Il tono con cui disse il suo nome e l'aver usato il suo diminutivo come nel sogno, lo fecero rabbrividire.

«Dobbiamo parlare.»

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Capitolo 5
*** Tensione ***


Aveva passato così tanto tempo a fantasticare su quella telefonata, che quando finalmente la ricevette gli venne automatico chiamare il ragazzo con il suo diminutivo, Cas. Ora Dean era in macchina a darsi dell'idiota per non aver pensato a quanto imbarazzante doveva essere sembrato. Aveva visto Castiel una sola volta, e già si comportava come se avessero chissà quanta confidenza. 
Inoltre erano passati quattro giorni da quando si erano incontrati. Poteva solo significare che non l'aveva chiamato perché era interessato, o lo avrebbe fatto prima, ma che probabilmente era nei casini e non sapeva a chi altro rivolgersi.

Questi pensieri accompagnarono Dean per tutto il viaggio, che completò in due ore e mezza nonostante la durata stimata da Sam fosse di cinque. Infranse almeno una dozzina di regole stradali solo nella prima mezz'ora. E se fosse stato in pericolo? Aveva saputo che alcuni degli stupratori che lo avevano assalito erano stati rilasciati. Il motivo non lo sapeva, aveva spento la radio subito dopo aver ricevuto la notizia, o avrebbe rischiato di romperla per la rabbia.

Finalmente, quando pensava che non avrebbe più retto l'ansia, arrivò a destinazione. Si trovava in una cittadina apparentemente tranquilla, nulla fuori dall'ordinario. Castiel gli aveva dato appuntamento davanti alla biblioteca, un enorme edificio parecchio datato, con i mattoni visibili sotto la vernice quasi completamente scrostata e le porte che si addicevano più ad un vecchio saloon piuttosto che ad una libreria del ventunesimo secolo.
Parcheggiò l'Impala e mandò un messaggio a Castiel:

Sono alla biblioteca, ti aspetto.

Dean

La risposta fu quasi immediata: Sto arrivando. 
Nessun tono di sorpresa o di gioia, niente che lasciasse trapelare cosa il ragazzo volesse dirgli, solo "sto arrivando." E' un buon segno, cercò di convincersi Dean. Avrebbe potuto non rispondere. Ma in realtà era preoccupato da morire, tutto poteva ancora andare storto. E, secondo la sua esperienza, lo avrebbe fatto.

Passò un quarto d'ora prima che si facesse vivo. Intravide la sua figura da lontano, sicuro che fosse lui: la chioma corvina e l'impermeabile beige erano inconfondibili. Quello che lo confuse fu il fatto che Castiel non fosse da solo, ma stesse conversando animatamente con un uomo alto e biondo. I due sembravano avere una certa confidenza, perchè quando il più giovane vide Dean si girò immediatamente verso l'altro, lanciandogli uno sguardo che il cacciatore di taglie non riuscì a decifrare. A quel punto il più vecchio gli mise una mano sulla spalla e gli disse qualcosa che evidentemente alleviò la tensione di Castiel. Ecco cosa vuole dirmi, pensò Dean. E' fidanzato. Cazzo...
Era talmente occupato a pensare a come non fare trapelare la sua delusione e alla risposta che avrebbe dato, che a malapena si accorse che i due erano davanti a lui.

"Ciao, Dean" si fece avanti il giovane. "Ciao, Castiel." rispose dolcemente il cacciatore, trattenendosi dallo stringere il ragazzo e accontentandosi di farlo con lo sguardo. Poi guardò l'uomo accanto a lui, un tipo sulla trentina con gli occhi azzurro ghiaccio e un ghigno sulle labbra. "Piacere, Balthazar" disse il biondo, non smettendo di guardarlo. Dean gli sorrise forzatamente, rispondendo alla presentazione. Poteva capire perchè Castiel stava con lui, era molto affascinante oltre che bello. Come se gli avesse letto nel pensiero, l'uomo aggiunse "Mio cugino mi ha parlato molto di te". 
Mentre il suddetto cugino avrebbe volentieri ucciso il molesto parente, Dean in quel momento lo avrebbe baciato. Quando tornò con i piedi per terra, però, si rese conto che il motivo per cui Castiel lo aveva chiamato doveva essere un altro. 
"Cas, stai bene? E' successo qualcosa, ti hanno minacciato? Ho sentito che due dei bastardi dell'altro giorno sono stati rilasciati e-" "No, no, no, Dean, nulla di tutto questo" lo interruppe il moro  "Ti ho chiamato per restituirti i tuoi soldi" spiegò, tirando fuori dalla tasca delle banconote e porgendogliele. 

Dean lo guardò attonito per trenta secondi pieni, poi scoppiò a ridere. "Tu mi hai fatto venire fino a qui di corsa" riuscì a scandire tra le risate "per restituirmi i soldi?" Dean non riusciva a capacitarsene. Quando riuscì a calmarsi abbracciò Castiel d'impeto, lasciandolo senza parole. Lo strinse come se volesse fargli sentire tutto ciò che provava,  sussurrandogli "Mi hai fatto preoccupare, Cas. Pensavo fossi in pericolo..." seppellì la testa nell'incavo della sua spalla. "Mi dispiace, Dean. Non era mia inten-" Il cacciatore interruppe l'abbraccio, schiarendosi leggermente la gola. "Non ti devi preoccupare per i soldi, Castiel. Sono quelli della taglia dei bastardi che senza di te non avrei mai preso, quindi te li meriti. Soprattutto dopo quello che ti hanno fatto passare" affermò Dean deciso. "Sarebbe andata molto peggio senza di te" asserì Cas, guardandolo negli occhi. Il cacciatore si accorse che le iridi dell'altro si stavano inumidendo e, dirigendo di malavoglia lo sguardo sulla città, chiese: "Allora, c'è un posto dove posso offrirti una cenetta romantica da queste parti?" fece l'occhiolino al moro, che arrossì ma si mise a ridere "Stai chiedendo a me dove tu puoi portarmi a mangiare?" sottolineò l'ironia, sempre ridendo. "Beh, che c'è? Sono un cacciatore di taglie, non un GPS!" rise anche Dean. 

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Capitolo 6
*** Appuntamento ***


Aveva detto a Castiel di vestirsi normalmente, di non mettersi nulla di troppo elegante. Ma allora perchè ci stava mettendo tanto ad arrivare?

Dean era seduto al tavolo del ristorante che Balthazar gli aveva suggerito e continuava a guardare l'orologio. E' già passato un quarto d'ora. Non avrà cambiato idea?  Di solito non era il tipo da seghe mentali. Era sempre stato un uomo con i piedi per terra e ne andava fiero. Ma con Cas? Perdeva ogni sua certezza. Da quando l'aveva incontrato provava una miscela confusa di sentimenti, e aveva deciso di fare chiarezza. Ma per riuscirci, ovviamente, prima doveva conoscerlo meglio.

Dean non sapeva però di essere osservato. Fuori dal ristorante, infatti, Castiel lo guardava. Non era incerto o altro, non vedeva l'ora di entrare e di passare del tempo con il cacciatore di taglie, che sperava non sarebbe stato altrettanto misterioso dopo quella sera; però stava indugiando per osservarlo con calma, cosa che ancora non aveva avuto occasione di fare. Sapeva che Dean era bello, ma più lo guardava e più si meravigliava. Per un attimo si sentì persino a disagio, perché lui al confronto non era nulla di che. 
Finalmente, quando lo sguardo gli cadde sull'orologio e realizzò che ore fossero, si decise ad entrare. 

***

I riflessi di Dean si attivarono subito quando, con la coda dell'occhio, vide la porta del ristorante aprirsi. L'uomo era preparato a qualunque cosa, dai kamikaze a un semplice rapinatore, ma non per la vista che gli si parò davanti: Castiel era vestito con una giacca di pelle nera e una maglia che esaltavano la sua figura slanciata. Completava il quadro con un paio di jeans che gli fasciavano le gambe quasi oscenamente. In più, la barba leggermente sfatta gli dava un'aria più matura ma allo stesso tempo molto, molto sexy. Dean era senza parole.
"Mi dispiace di averti fatto aspettare" disse il nuovo arrivato con un sorriso di scuse, sedendosi. "Non avevo realizzato che ore fossero."
Le sue parole risvegliarono l'altro dalla trance, permettendogli  di ribattere sarcastico: "Heh. Non sapevi cosa mettere?"

O almeno quello è ciò che avrebbe voluto dire. L'unica cosa che uscì dalla sua bocca, invece, fu: "Wow."
Castiel scosse la testa e sorrise tra sé.
Casanova.

***

Nessuno dei due uomini si aspettava davvero che la cena sarebbe andata bene. 
Entrambi avevano ricevuto delusioni, erano stati feriti, avevano avuto avventure di una notte.
Tutti e due sapevano per esperienza diretta che il vero amore non esiste. Che il principe azzurro è una favola per bambini, e l'anima gemella nient'altro che un'illusione.

Forse fu proprio per le loro aspettative così pessimistiche che sia Castiel che Dean si stupirono di quanto bene fosse andata.
Castiel, anche se riluttante, lasciò che l'altro pagasse, e gli permise persino di accompagnarlo a casa. Sentiva di potersi fidare del cacciatore, anche se non sapeva spiegarsi il motivo. Oltre al fatto che gli aveva salvato la vita, che era coraggioso e altruista, generoso, intelligente, spiritoso; per non parlare di quegli occhi

Dal canto suo Dean non desiderava che proteggere l'uomo che camminava al suo fianco. Voleva che fosse al sicuro, che vivesse una bella vita, che non dovesse più preoccuparsi di nulla. 
Che fosse felice. 

Risero insieme per tutto il tragitto, raccontandosi a vicenda, aprendosi l'uno con l'altro, fin quando giunsero all'appartamento di Castiel.

"Cas" iniziò Dean quando si  fermarono "sono stato bene. Davvero bene. Non mi ricordo neanche più l'ultima volta in cui ho passato una serata così. Se mai c'è stata" gli prese le mani con le sue e dedicò un attimo a godersi come fossero perfettamente incastrate, prima di guardare l'altro uomo negli occhi "perciò... grazie."

Castiel avrebbe voluto rispondere che anche per lui era stato bellissimo, che lui era sicuro di non averla mai avuta, una serata così. Che Dean lo aveva fatto sentire speciale. Ma non lo fece. Non disse niente.
Invece si avvicinò al cacciatore, gli mise una mano sul viso e, attirandolo ancora di più a sé, lo baciò.

Dean ne fu piacevolmente sorpreso e si sciolse immediatamente in quel contatto, dapprima lasciando a Cas l'iniziativa mentre appoggiava le mani sui suoi fianchi, cercando di portarselo ancora più vicino. Poi fu Castiel ad ancorarsi a lui e ad assecondare i suoi movimenti quando Dean prese il controllo.
Quando si staccarono erano ansimanti e un poco scarmigliati, avevano le guance e le labbra rosse e lo sguardo di chi, in fondo, nelle favole credeva ancora.

Si sorrisero e si salutarono. Castiel fece per andarsene ed era già sui gradini che conducevano al portone del condominio, in testa una litania di 'tipregochiedimidirestaretipregochiedimidirestaretipregochiedimidirestare', quando il cacciatore lo chiamò.
"Sai dove posso trovare un bed&breakfast?" chiese, grattandosi la nuca, in faccia ancora il sorriso stampato.

Sorriso che diventò presto una smorfia di orrore alla risposta: l'unico era andato in fallimento circa sei mesi prima. Con un sospiro, si rassegnò a dormire in macchina. Per quanto la amasse, non era il massimo quando si trattava di otto ore di quello che avrebbe dovuto essere riposo.

"Se vuoi, puoi stare da me" la voce di Cas (che aveva inaspettatamente trovato una scusa) gli giunse come musica nelle orecchie. Tuttavia non era sicuro che fosse una buona idea: non voleva che si spegnesse tutto in una storia di una notte. 
Come se avesse potuto leggere le sue insicurezze sul suo volto, Castiel lo precedette: "Certo, il mio divano non è il massimo, ma sempre più comodo del sedile di una macchina" affermò.

Dean ghignò. "Mm, non ne sarei così sicuro. Lascia giudicare me" così dicendo, si fece strada per le scale, raggiungendo l'altro uomo.
"Fai strada" gli sussurrò all'orecchio. Castiel sorrise.

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