Storia di una ragazza libera

di water_violet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia ***
Capitolo 2: *** Partenza ***
Capitolo 3: *** Parole ***
Capitolo 4: *** Profondo ***
Capitolo 5: *** Party ***
Capitolo 6: *** Promesso ***
Capitolo 7: *** Praterie ***
Capitolo 8: *** Pronta? ***
Capitolo 9: *** Perfezione ***
Capitolo 10: *** Souvenir ***
Capitolo 11: *** Sveglia ***
Capitolo 12: *** Sobria ***
Capitolo 13: *** Swan ***
Capitolo 14: *** Sorpresa ***
Capitolo 15: *** Shots! ***
Capitolo 16: *** Sound ***
Capitolo 17: *** Swan 2.0 ***



Capitolo 1
*** Pioggia ***


Era una classica ed inutile serata nel paese di Blueville.

Serata di inizio Maggio, fredda, piovosa, senza ispirazione.

Il paese con la poggia poteva diventare ancora più deserto di quanto non fosse usualmente: un modesto agglomerato di circa 5000 anime contava un paio di banche, un negozio di abbigliamento (risalente forse agli anni 60), una farmacia e l'ufficio postale... oltre a qualche piccolo caffè.

Entusiasmante metropoli piena di opportunità per una ragazza di 22 anni che si affaccia alla vita!

E invece no.

Paese di antico stampo, tra i più grandi della contea, vantava l'arroganza di volersi chiamare città di fronte ai più rurali e piccoli villaggi contadini dei dintorni; quando rimaneva invece bigotto e arretrato nei confronti delle città vere.

Mancava di un teatro, cinema, biblioteca e qualsivoglia forma di intrattenimento; mancava di cultura e rispetto dell'arte nonché di una mentalità propensa al cambiamento, al diverso e all'attivo.

Mancava oltretutto di persone che si distinguevano che si riconoscevano diverse dalle altre; i giovani non mancavano certo, ma l'età lo sappiamo bene conta poco in certe circostanze.

Passeggiate per le stradine del paese fino alla periferia costituivano l'unica fonte di distrazione dalla grigia e uggiosa noia che aleggiava tutta intorno alla città, se così vogliamo chiamarla.

*****

Ora che abbiamo più o meno inquadrato la piccola nebulosità chiamata Blueville torniamo alla piovosa notte di inizio Maggio.

Notte all'apparenza simile a tutte le altre, notte tranquilla, in casa con tazza di thè e computer.

Notte primaverile, quel primaverile incerto che si trova in mezzo tra inverno ed estate, tra freddo e caldo tra tutto e niente.

Ecco fu proprio in quella notte, normale all'apparenza, che tutto cambiò nell' essenza.

 

Non si trattò di un cambiamento in grande stile, fu più che altro un minuscolo passo per l'umanità ma un enorme passo per una ragazza di 22 anni (citando in maniera antitetica la celebre frase di Armstrong) dai capelli scuri come mogano e dagli occhi freddi come ghiaccio.
 

Aira, in camera sua, ascoltava la pioggia battere forte sulla finestra abbaino e come al solito pensava a come poter cambiare la sua vita.

Sognava in grande, sognava ad occhi aperti, sognava quasi sempre qualcosa di diverso qualcosa in più di quello che già aveva.

Guardava i suoi coetanei e suoi amici di Blueville sentirsi pienamente appagati nel vivere e morire nel paese natale, nell'uscire dall'ufficio alle 19.00, nel passeggiare tranquilli per le strade e nel fare aperitivo la domenica a mezzogiorno, prima del pranzo in famiglia.

Li guardava passare e si chiedeva se fossero veramente felici.

Li paragonava silenziosamente ad entità inconsapevoli, prive della capacità di base di riconoscere e riconoscersi nello spazio, dei robot che procedevano per comandi ed impostazioni e ripetevano meccanicamente gli stessi gesti giorno dopo giorno dopo giorno... dopo vita.

Aira si riconosceva purtroppo in questo meccanismo, era a conoscenza di fare parte anch'essa di un automa e di una società compatta e statica, ma per lo meno se ne rendeva conto.

E più se ne rendeva conto più cercava di cambiare la propria situazione, più cercava di evadere dalle circoscrizioni e dalle restrizioni.

Più il tempo passava e più ricercava la libertà.

Ne sentiva il bisogno come lo si ha di respirare, non ce se ne rende conto finché non se ne viene privati e allora diventa indispensabile alla sopravvivenza.

Aira ricercava la libertà per la sopravvivenza e fu proprio in quella fatidica, uggiosa, triste, noiosa notte di Maggio che decise di cambiare.

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Capitolo 2
*** Partenza ***


PARTE PRIMA

 

Aira stava passando il tempo curiosando su un sito di fotografia quando trovò un link che diceva : “La famosa fotografa Katrine Woods parte per un progetto itinerante in giro per il mondo”,  fu subito interessata dall'articolo, adorava i lavori della Woods ed inoltre aveva solo 3 anni più di lei ma aveva già portato a termine notevoli progetti professionali ed interpersonali!
Leggendo lo scritto risultò che Katrine avrebbe tenuto alcune conferenze aperte al pubblico nella parte iniziale del suo viaggio, prima di passare un anno e mezzo completamente isolata dal mondo alla ricerca della vera essenza della Terra.
Il ciclo di conferenze era già iniziato (l'articolo era vecchio di due settimane) ne manca solo una che, neanche a farlo apposta, si sarebbe tenuta l'indomani a Roueh, città a sole 4 ore di macchina da Blueville.

 

Aira chiuse la pagina web e rimase a guardare il centro del desktop per almeno 5 minuti, la mente silenziosa e volta alla ricerca di una qualche segnale di assimilazione dell'informazione appena ricevuta.
 

*Era troppo bello per essere vero! Aveva sempre sognato di poter ascoltare la Woods dal vivo, sapeva a memoria tutti i suoi progetti e avrebbe avuto, se Dio avesse voluto, l'occasione di potersi confrontare di persona con una delle  più importanti ispirazioni che aveva!*

 

*****

L'ho tralasciato perché fino ad ora di irrilevante importanza ma tra le innumerevoli attitudini di Aira vi era anche quella per la fotografia. Nonostante seguisse più o meno tutto ciò che aveva una parvenza di artistico ed introspettivo, la fotografia giocava un ruolo di primario interesse nella sua vita e quindi Katrine era una specie di idolo irraggiungibile e fantastico.

*****


 

Finalmente uscì dalla trance catatonica che l'aveva assalita e si decise: doveva partire.

E doveva partire al più pesto!

Come al solito si era persa nelle sue fantasie ed erano ormai le 3 di notte la conferenza sarebbe iniziata da lì a 5 ore e aveva almeno 4 ore di macchina da percorrere.

Aira saltò in piedi quasi trascinata da una forza sovra umana e inarrestabile; afferrò al volo uno zaino e ci infilò dentro portafogli, chiavi, un cambio, un thermos pieno di caffè e l'immancabile macchina fotografica. Si preparò più in fretta che poteva, scrisse una lettera ai genitori (vivevano in un paese li vicino) e uscì di casa chiudendo a chiave la porta.

L'orologio del telefono segnava le 3:37
“Ottimo” pensò e accese il motore della macchina preparandosi al lungo viaggio.


Alle 7.45 era a Roueh con in corpo più caffè che soffio vitale e trasportata solo dall'inerzia del viaggio in macchina e dall'adrenalina di poter finalmente assistere ad una delle conferenze della Woods.

Arrivò al luogo dell'incontro leggermente in ritardo, il posto era ghermito di persone, quindi Aira rimase discretamente in piedi in fondo alla sala per non disturbare; mantenendo rigorosamente addosso gli occhiali da sole per mascherare la sua faccia da “notte insonne e 4ore di guida per essere qui”.

Guardandosi intorno notò divertendosi l'innumerevole numero di occhiali presenti, oltre ai suoi, tutti da vista.

La sala era piena di studentelli di università quattrocchi perfettini nei loro pullover color kaki, intervallati qua e la da qualche pensionato o padre di famiglia fotografi amatoriali.

Così che Aira, se non per il fatto di essere arrivata per ultima, sarebbe sicuramente stata notata per il suo abbigliamento: jeans strappati, scarpe da ginnastica e giacca di pelle.

I suoi vestiti spiccavano lì in mezzo secondo lei come una rosa rossa in un campo incolto o, secondo loro, come un brutto anatroccolo in mezzo a passerotti.

Gli sguardi di scherno furono più di uno ma la ragazza non se ne accorse nemmeno tanto era presa dall'imminente arrivo di Katrine.

Quando finalmente la vide entrare nella stanza, con un luminosissimo sorriso e con vestiti non meno “trasandati” dei suoi (indossava jeans scuri ed una camicia a quadri) Aira pensò che forse qualcosa in comune lo avevano.

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Capitolo 3
*** Parole ***


La conferenza durò due ore e mezza e se pur interessantissima dopo 24 ore senza dormire e 12 senza mangiare poteva risultare pesante anche per il più accanito dei sostenitori.

Aira non ce la faceva più, aveva bevuto almeno un altro paio di caffè ed era fuori a prendere una boccata d'aria quando sentì gli applausi provenire dall'interno della sala, si affrettò quindi a ritornare dentro per poter ascoltare le conclusioni e magari riuscire a fare qualche domanda.

Entrò e finalmente riuscì a trovare un posto per sedersi dal momento che i più frettolosi se ne erano già andati.

 

Katrine era ora seduta, a sua volta, per terra al centro del palchetto e stava rispondendo alle richieste di alcuni partecipanti.

- “Che modello di macchinetta usa?” chiese il primo, Aira si meravigliò della banalità della domanda, Katrine rispose cordialmente.

Il secondo : “Che tipologia di studi ha dovuto intraprendere per arrivare a questo livello?”
*sul serio?!* pensò Aira
Katrine rispose ugualmente.

La terza domanda fu su impostazioni tecniche, la quarta sulla terminologia, la quinta: “qual'è stata la tua foto più bella?”

 

*Damerini insensibili!* pensò Aira spazientita

*ma che domande sono da fare! parlare di luce e impostazioni? il vero fotografo immortala se stesso non la finitezza del soggetto*

e ancora

*Bisognava parlare delle affinità, dell'empatia, dell'ispirazione, delle emozioni che suscitano guardando una cosa, anche la più banale, e decidendo di immortalarla*


 

Ma il tempo delle domande terminò e la Woods si congedò dai suoi ospiti senza che Aira potesse dire quello che pensava.

Era quasi ora di pranzo così che la sala si svuotò abbastanza velocemente e ben presto fu l'unica a rimanere seduta nel suo angolo: innervosita ripensava alle sciocchezze che aveva appena sentito.

Era talmente immersa nei suoi pensieri che quasi non si accorse del custode che la invitava ad uscire.

- “mi lascia 5 minuti per il bagno?” gli chiese
- “certamente signorina, prego in fondo alla sala a sinistra”.
- "grazie"


Si stava lavando le mani quando sentì la porta che si apriva, si girò distrattamente: era Katrine.

Nel turbinio di emozioni che si scatenò nella sua mente a metà tra stupore e felicità e con i tempi di reazione rallentati dalla mancanza di sonno si limitò a guardala entrare impassibile.

 

Katrine si accorse di lei e sorridendo le disse: “ciao!”

- “Hey” fu tutto ciò che le uscì.

- “hai assistito alla conferenza? Sorriso.

- “Mh mh”

e intanto si malediceva mentalmente per la cascata di parole che avrebbe voluto pronunciare ma che non riusciva neanche a pensare.

Katrine si mise a ridere “sei di poche parole eh?”

- “scusami lunga nottata” rispose Aira compiacendosi del fatto di essere finalmente riuscita a pronunciare una frase di senso compiuto.

- “ti capisco eccome... senti ti va di andare a bere qualcosa? Così magari con un po' di caffeina in corpo riuscirai a dirmi se ti è piaciuta la conferenza” rispose Katrine sorridendo.
...

Vuoto.

L'acqua scorreva dal lavandino.

Esplosione di immensa gioia nella mente di Aira.

*O mio dio non ci credo non ci credo Katrine Woods che invita me a bere un caffè? non ci credo!*

 

- “ok” fu tutto quello che le uscì dalla bocca.

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Capitolo 4
*** Profondo ***


Ormai erano le 12.30 quindi Katrine propose di andare in un caffè pseudo francese lì vicino in cui facevano anche omelette e baguette farcite.

Il posto era carinissimo: piccolino dentro ma con una terrazza coperta che dava sul retro abbastanza tranquilla per poter chiacchierare e con delle grandi vetrate che facevano passare molta luce.

C'erano cinque tavolini in ferro battuto e qualche fiore dal profumo intenso che, insieme all'odore di pioggia che trapelava dall'esterno, creava l'effetto suggestivo di una serra della Provenza.

Decisero di sedersi in un tavolino ad angolo proprio di fianco ad un bel mazzo di ortensie; sole oltre ad una coppia di anziani che stava bevendo il tè seduta al lato opposto della terrazza.

Ordinarono due caffè (l'ennesimo della mattinata per Aira) e qualcosa da magiare.


 

- “Non ti ho neanche chiesto come ti chiami! Io sono Katrine, ma questo penso tu lo sappia”

- “Si non ho potuto fare a meno di notarlo, piacere Aira”

- “Aira? Bellissimo nome da dove salta fuori?”

- “I miei genitori erano appassionati di opere liriche quindi hanno scelto qualcosa che richiamasse l'aria classica, io con il tempo ho scelto di dargli un altro significato: libertà”

- “libertà dici?” interrogò la Woods

- “si l'aria è sfuggevole, non la si può imprigionare, è il più grande ossimoro esistente: è tutto e niente allo stesso momento” e mentre parlava si meravigliava di aver sbattuto in faccia ad una perfetta estranea un pensiero così intimo.

- “direi che è un significato bellissimo, be' allora che mi dici della conferenza?”

In quel momento arrivò la vecchia cameriera con due caffè fumanti, baguette croccanti e un tagliere di formaggi, confetture, salumi e frutta caramellata.

Aira non toccava cibo dalla sera prima, Katrine se ne accorse quindi:

- “me lo dici più tardi ok?” disse con un sorriso.
 

****

Mentre mangiava Aira osservò la sua interlocutrice più da vicino.

Di qualche centimetro più bassa di lei aveva i capelli ondulati a caschetto di un biondo platino tinto e due occhi verdi talmente profondi da potertici tuffare dentro.

Sembravano una pianura irlandese tanto il verde era intenso e guardandoli Aira fu quasi certa di scorgere cavalli selvaggi al galoppo nelle piccole venature marroni; così ipnotizzanti che dovette fare uno sforzo su se stessa per distogliere lo sguardo.

Camicia a quadri, jeans scuri e scarpe da ginnastica, al dito indice e anulare di entrambe le mani portava degli anelli.

Guardandola sorriderle si meravigliò di come fosse rimasta semplice e con i piedi per terra nonostante avesse ottenuto cosi tanto successo in cosi giovane età

 

****

 

Finito di magiare ripresero il discorso da dove lo avevano interrotto.

- “Allora come ti è sembrata la conferenza?”

- “Mi è piaciuta moltissimo, anche se le domande alla fine erano di una banalità unica” rispose Aira ormai non riuscendo più a distogliere lo sguardo dagli occhi di lei.

- “hai ragione... ho notato la tua faccia sembrava voler gridare aiuto”

- “ah si? Scusami ma non sopporto questo genere di cose. Quei damerini incravattati non riuscirebbero a fare la stessa foto nemmeno conoscendo tutte le impostazioni e le tecniche, l'immagine è la rappresentazione del fotografo non della macchinetta ne racchiude l'essenza e l'interiorità! Si fotografa ciò che c'è dietro l'obbiettivo non davanti...”

Aira si interruppe notando che Katrine la stava guardando e pensando di averla annoiata con i suoi soliti ed interminabili monologhi concettuali si scusò

- “No ti prego continua, la penso esattamente come te” le disse sorridendo.

Continuarono a parlare ininterrottamente fino a quando la signora non richiamò la loro attenzione e si accorsero che fuori era buio.

Erano la sei di sera, si affrettarono dunque a saldare il conto ed uscirono dal locale.

Aveva smesso di piovere ed il cielo serale era limpido, la pungente aria primaverile insieme all'odore di erba bagnata rendeva il tutto estatico e stranamente in giro non c'era una macchina.


 

- “Mi ha fatto molto piacere chiacchierare con te” iniziò Katrine

- “anche a me”

- “Senti se domani non hai niente da fare ho un incontro qui vicino con alcuni professori e sponsor per il mio prossimo progetto, ti andrebbe di venire? Sarà interessante”

- “ci sarò senza dubbio!” rispose Aira sorridendo a sua volta.

- “perfetto ti farò sapere luogo e ora”

E si salutarono.


 

Ormai era troppo tardi per ritornare a Blueville e il giorno dopo sarebbe dovuta essere di nuovo a Roueh così decise di trovare un hotel per passare la notte.

Quando finalmente si coricò dopo un giorno e mezzo senza dormire le sembrava di essere in paradiso e ripensando all'incredibile botta di fortuna che aveva avuto durante la giornata si addormentò di un sonno profondo ma felice.


 

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Capitolo 5
*** Party ***


La mattina seguente quando Aira si alzò le ci volle un attimo per realizzare dove si trovasse e cosa fosse successo il giorno prima: era partita per assistere ad una conferenza e si era ritrovata a parlare del più e del meno per ore con l'oratrice, nel giardino d'inverno di un delizioso caffè.

Se lo avesse ripetuto ad alta voce lei stessa non avrebbe creduto alle sue parole.

Guardò fuori, l'aria era talmente limpida che sembrava di poterla toccare, un forte sole brillava e nel cielo non c'era una nuvola. I colori erano così intensi da far sembrare il tutto vivo, le case erano vive e gli alberi sembravano parlare per il leggero venticello primaverile che soffiava muovendo le foglie.

Dopo qualche minuto di contemplazione dello spettacolo della natura convenne che era il caso di prepararsi, così entrò in doccia.

 

Fu come rinascere dopo giorni rinchiusi sotto terra, l'acqua le svegliò lo spirito.

 

Non sapeva né dove né quando si sarebbe tenuto l'incontro di cui le aveva parlato Katrine...Katrine....decise quindi di mandarle una mail per ricevere informazioni.

La risposta arrivò a breve: ore 16.00 nella biblioteca cittadina.


 

Guardò l'orologio, segnava le 10.45, l'ingresso della biblioteca era a 10 minuti a piedi dall'hotel, così che Aira aveva qualche ora da poter trascorrere in tranquillità.

La giornata era limpida, la luce perfetta quindi la risposta sorse spontanea: fare foto.

Si preparò ad uscire avvisò in reception che avrebbe lasciato la camera più tardi nel pomeriggio e partì.

***

La città di Roueh era abbastanza grande, un altro mondo rispetto a Blueville, ma non perdeva comunque la costruzione semplicistica e bonaria di un qualsivoglia paesino di campagna, lasciava grande sfogo agli spazi verdi che ne costituivano il cuore pulsante e la rendevano viva.

Per Aira era la prima volta in città ma si sa il miglior modo per conoscere un posto nuovo è perdercisi dentro, quindi partì sicura di sé, a piedi, non seguendo le strade trafficate ma bensì l'istinto ed imboccò una stradina a senso unico.

Mentre camminava ripensava alla sua vita a Blueville solo due giorni prima, le sembrava passata un eternità e si sentiva distante da quei momenti non solo in senso spaziale ma anche mentalmente.

Qualcosa era scattato dentro di lei, ora guardava al mondo con occhi diversi, percepiva novità e cambiamenti come qualcosa di vicino e possibile e non più come un qualcosa da sognare; si sentiva parte di questo flusso e se ne lasciava trasportare come da un onda del mare ma non verso la spiaggia alla deriva bensì all'orizzonte verso l'ignoto.

Più camminava più scorgeva i particolari della città e li immortalava.

Un vaso di fiori crepato con dentro un iris lilla, l'insegna screpolata di una trattoria, le inferiate in ferro battuto delle case, gli uccellini che cinguettavano..

Tutto intorno a lei sembrava trasportarla verso un mondo parallelo e in quel momento provava un senso di pace e tranquillità come mai prima.

Si lasciava trasportare dai profumi dai colori dai suoni, usava i sensi come cartina stradale riscoprendo così piccoli tesori nascosti ad occhi non attenti.

 

Più scattava foto più le si svuotava la mente, più il tempo passava.

Guardò l'orologio, segnava le 14.30 era ora di andare e magari anche di mangiare qualcosa.

Per orientarsi chiese indicazioni al proprietario di una tavernetta li a fianco e decise di fermarsi per assaggiare il piatto della casa: cozze marinate con germogli di aglio e pane croccante... e perché no anche un bicchiere di vino bianco ghiacciato.

Era seduta fuori alla penombra, in uno dei tavolini di legno massello risalenti al secolo prima che erano stati posizionati per i clienti sui due lati della stradina lastricata.

Le cozze erano una ventata di gusto e freschezza, talmente buone che ne ordinò un secondo piatto.

Dopo aver saldato il conto ed essersi prodigata in chiacchiere con l'oste, salutò e partì.

Erano le 15,25 e l'attendeva una mezz'oretta buona di camminata.

Sarebbe arrivata sul filo del rasoio come al solito non si meravigliò ma si maledisse mentalmente per essere una ritardataria cronica.
 

***
 

Quando entrò nella sala grande della biblioteca cittadina mancavano 2 minuti alle quattro e c'erano già un ventina di persone sedute a cerchio, tra cui Katrine che non appena vide Aira si illuminò in un sorriso.

Indossava jeans scarpe da ginnastica ed una semplice maglia bianca a maniche corte che lasciava intravedere un tatuaggio sull'avambraccio destro.

Aira si soffermò ad osservarlo: rappresentava una lampadina accesa inscritta in un quadrato scuro, pensò che potesse avere un fantastico significato e che dopo tutto avevano più di una cosa in comune.

Lei stessa aveva più di un tatuaggio adesso nascosti dalla maglia scura a maniche lunghe che indossava sopra i soliti jeans strappati.

Prese posto nel cerchio di sedie e Katrine la presentò agli altri:

- “Buonasera a tutti, questa è Aira una mia amica e prenderà parte al progetto”

Subito non prestò troppa attenzione a quelle parole, il loro significato le sarebbe stato più chiaro di li a poco.

La riunione, se così si può chiamare un'informe ma positiva accozzaglia di idee, prese via.

Aira che non sapeva ancora il motivo della sua presenza né il tema principale di quella riunione, decise di rimanere in disparte ad osservare; gran parte dei partecipanti aveva con sé un computer o al limite un quaderno per appunti mentre lei stava invece infruttuosamente trafficato con gli occhiali da sole che, forse per educazione o perché il sole fuori ormai stava tramontando, teneva in mano e non addosso.

I partecipanti erano tra i più vari e spaziavano da vecchi professori con lunghe barbe e sguardi vissuti a ragazzi giovani con lo spirito pronto all'avventura ma inesperti sia per età anagrafica che professionale.

Tra la massa spiccarono agli occhi di Aira 4 persone, vuoi per simpatia o per il modo di porsi che avevano.

Il primo un uomo di circa 60 anni ma ancora in forze per la sua età, alto portava un paio di occhiali sottili ed era molto curato nell'aspetto, Aira pensò ad un professore.

La seconda, una donna sui 50 anni, capelli brizzolati e scompigliati, vestiti scoordinati, gesticolava ampiamente e parlava con un tono di voce superiore alle altre persone per non passare inosservata.

Doveva per forza essere una qualche specie di artista folle.

Il terzo e il quarto, due ragazzi poco più grandi di lei, probabilmente sui 26/27 anni erano entrambi di bell'aspetto ma caratterialmente e visivamente opposti.

Uno biondo capelli lunghi, barbetta; l'altro capelli neri corti faccia seria.

Queste quattro persone attiravano la sua attenzione in un modo o nell'altro e decise che avrebbe dovuto conoscerli.

Il momento si presentò quando Katrine, prendendo la parola, propose un aperitivo.

Sul tavolino li affianco c'erano delle bottiglie di vino ghiacciato e una ventina di bicchieri, il variopinto gruppo si alzò in piedi, furono distribuiti i calici di bollicine dorate e si brindò all'imminente avventura.

La riunione, Aira lo capì subito, non sarebbe stata in versione classica ma bensì più simile ad un cocktail party.

La gente rimaneva in piedi e si erano formati dei gruppetti di persone intente a chiacchierare.

Aveva già individuato uno dei 4 con cui si era decisa di fare conoscenza quando una mano le sfiorò la spalla, si voltò: era Katrine.

- "hey ti diverti?”

- "hey ciao ” rispose Aira senza veramente rispondere alla domanda

- "Seguimi ti faccio conoscere un po' di gente”

E le fece fare un giro della sala presentandole persone, facendole stringere mani, sussurrandole nomi e progetti effettuati nell'orecchio.

Le fece conoscere praticamente tutti, anche le quattro persone che avevano attirato la sua attenzione.

Il primo Mr Stewarth, o semplicemente Stew per Katrine, professore di storia dell' arte ormai in pensione, si dedicava anima corpo e fondi a sostenere le nuove generazioni, di qualunque progetto si trattasse: purché attirasse la propria attenzione e fosse basato sul mondo artistico.

 

La donna dai capelli scompigliati si chiamava Allis, era appena tornata da un viaggio in Birmania sullo studio dei parassiti dell'acqua: ricercatrice all'università di professione, fotografa per passione.

I due ragazzi si chiamavano rispettivamente Brent (il biondo) e Nathan (il nero).

Brent 27 anni era un asso della tecnologia e si intendeva di tutto ciò che avesse cavi elettrici o batterie ad alimentarlo, maestro nell'uso dei programmi del computer era partito come grafico e arrivato ai livelli degli hacker.
 

Nathan, 25, faceva la scuola d'arte, dipingeva,l leggeva, fotografava e si intendeva di jazz (chi lo avrebbe mai detto); conosceva un bel po' di lingue e si interessava alle culture dei diversi popoli.


 

La riunione andò avanti, si parlò del più e del meno così come dei più alti concetti, si bevve vino, si rise, si scherzò.

Aira ormai conosceva quasi tutti all'interno di quella stanza ed aveva in ogni caso confermato la sua prima impressione, i quattro da lei individuati erano sicuramente i più interessanti.

Era appoggiata ad una colonna di marmo assorta nei suoi pensieri, quando vide Katrine discutere con Il signor Stewarth dall'altra parte della stanza.

La guardava parlare animarsi per quello che diceva e le sorse spontaneo un sorriso sul volto.

Era incredibile, la conosceva da così poco, eppure non percepiva muri fra di loro, sentiva che poteva esprimere liberamente il proprio pensiero senza che l'altra ne rimanesse offesa o indifferente.

Sentiva fra di loro un forte legame e per la prima volta si sentiva capita.

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Capitolo 6
*** Promesso ***


Nota: Salve a tutti, mi scuso per questa lunga assenza con chiunque stia seguendo questa storia (se effettivamente qualcuno la legge) cercherò di pubblicare più frequentemente anche perchè ho già molti capitoli pronti!
Il percorso sarà lungo e tortuoso ma vedrete che arriveremo in fondo ;)
Fatemi sapere le vostre opinioni, positive o negative che siano, mi aiuteranno ad andare avanti nella direzione giusta.
Buona lettura!!


                                                                          ***************************************************



 

Il tempo passava e la riunione non sembrava voler volgere ad un termine nell'immediato futuro.

Erano ormai le 20.00 ed era stato fatto portare qualcosa da mangiare da accompagnare al vino, così che l'aperitivo era diventato una cena finger food.

Aira era impegnata in un'affascinante conversazione con Allis, la quale le stava raccontando dei numerosi viaggi che aveva fatto, quando Katrine intervenne dal nulla:

- “Scusa se te la rubo Allis, ma devo mostrarle una cosa”

La prese per un braccio e la trascinò fuori dalla stanza, Aira la seguì a metà tra l'accigliato e il curioso, le dispiaceva aver interrotto così bruscamente e non per causa sua il discorso ma era comunque curiosa di vedere dove la stava portando Katrine.

Fecero un paio di piani di scale ed arrivate in fondo ad un corridoio, Katrine svoltò a destra ed entrò in uno stanzino.

Era un camera oscura, con nulla a parte una lampadina rossa ad illuminarne l'interno.

Nello stanzino c'era il tipico odore di agenti chimici e sostanze per sviluppare foto; ma nel complesso fresco, quasi piacevole.

Sulla parete appese ad un filo c'erano alcune stampe ad asciugare, altre erano immerse nelle bacinelle in attesa dello sviluppo.

Le foto appese erano in bianco e nero: bellissime.

Non erano oggettivamente belle, non immortalavano qualcosa di maestoso e magnifico eppure creavano in Aira una tale meraviglia ed attrazione che si soffermò a guardarle per alcuni minuti.

  • “Sono bellissime di chi sono?” chiese

  • “Le ho fatte io” rispose Katrine

*Ovviamente* Aira fra se e se

  • “Sono alcuni degli scatti che vorrei inserire nella prossima mostra e volevo avere un tuo parere”

*aiuto* sapeva di non essere brava a parole, come poteva addirittura spiegare qualcosa che nemmeno lei capiva?!

  • “Ehm... mi piacciono molto! E non capisco il perché... nel senso non fraintendere sono bellissime foto, quello che intendo è che hanno un potere emotivo molto forte, non è facile creare questo impatto sull'osservatore..sopratutto se sono io..”

     

Katrine rimase un attimo in silenzio, cercando di penetrare i due occhi di ghiaccio che le stavano parlando.


 

  • “era proprio quello che volevo sentirti dire” disse sorridendole “vieni ho un altra cosa da farti vedere”

*respiro di sollievo* grazie principalmente all'empatia di Katrine piuttosto che la sua dialettica.


 

La bionda entrò quindi in quello che sembrava lo sgabuzzino della camera oscura, Aira un pò tentennante la seguì.

In quel minuscolo stanzino c'era una botola sul soffitto, dalla quale scendeva una scaletta più che precaria, iniziarono a salirla.

In cima alla scala una terrazza, erano praticamente sul tetto, all'ultimo piano di un edificio di sette la vista non poteva che essere meravigliosa.

Da una così alta prospettiva si poteva vedere tutta la città, ora ricoperta dal nero mantello della notte e disseminata di migliaia di minuscole lucine come lucciole sul letto di un fiume.

I rumori del traffico e delle persone erano attutiti dall'altezza e tutto attorno regnava il silenzio.

Lo spettacolo era magnifico; Aria rimase a bocca aperta, in silenzio, cercando di far entrare più spazio di quel che poteva attraverso i suoi occhi, cosi da poterne catturare l'immagine per sempre.

  • “Ecco questo è il mio posto segreto è qui che vengo a pensare” disse Katrine rompendo il silenzio

     

  • “è bellissimo.. certo un po' fuori mano all'ultimo piano di una biblioteca comunale” scherzò Aira

     

  • “bé si da il caso che io abbia le chiavi e possa venirci quando mi pare e piace” rispose Katrine avvicinandosi.

     

Aira non li vedeva chiaramente ma poteva sentire i suoi profondi occhi verdi fissi su di lei.

Rimasero per un attimo così, immerse nell'oscurità del silenzio.

  • “vorrei che tu venissi con me.. e non accetto un no come risposta” riprese Katrine

     

  • “cosa e dove?” disse Aira sorridendo

Stava pian piano iniziando a conoscere la testardaggine di Katrine, quando si metteva in testa qualcosa non si poteva farle cambiare idea, come quando prima l'aveva trascinata via mentre parlava con Allis senza nemmeno darle spiegazioni.

  • “tra qualche giorno partirò per il mio prossimo progetto, starò via per un anno e mezzo in giro per il mondo e vorrei che tu venissi con me” il suo tono di voce era serio

  • “e non accetti un no come risposta” scherzò Aira

  • “dico davvero” rispose Katrine senza staccarle gli occhi di dosso.

Aira avrebbe voluto pensarci meglio, prendersi del tempo per riflettere tanto le sembrava assurda e fuori luogo quella proposta, ma si sentiva spinta da una qualche forza che le comandava di accettare l'offerta.

D'altronde non era quello che aveva sempre aspettato? Un cambiamento, un atto di folle impulsività che portasse un po' di vita alla sua vita?

  • “ ok verrò”

Katrine scoppiò a ridere

  • “è stato più semplice del previsto! Pensavo di doverti offrire una cena per convincerti o cose così”


 

  • “ripensandoci non sono del tutto sicura.. magari una cena confermerebbe la mia scelta” rispose Aira ridendo a sua volta

     

  • “domani sera?”

     

  • “ci sarò capo!” concluse Aira trattenendo un sorriso.

     

E rimasero così a ridere e scherzare ad ascoltare il silenzio guardando le stelle e le luci della città ed il tempo sembrò fermarsi e scorrere troppo velocemente nello stesso momento.

Si dimenticarono completamente della riunione, delle persone di sotto che probabilmente stavano cercando Katrine, si dimenticarono dell'orologio dei doveri e rimasero li.

Quando poi videro spuntare le prime luci dell'alba si resero conto che forse si erano lasciate sfuggire un po la mano, avevano passato tutta la notte a parlare!

Il sole che sorgeva da dietro i palazzi era, se possibile, più bello dello spettacolo di stelle della notte precedente.

Si avviarono giù dalla scaletta nella camera oscura e poi in fondo al corridoio fino al piano terra.

  • “a tra poco per la cena allora? Promesso?”

  • “Promesso”

E si salutarono.

 

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Capitolo 7
*** Praterie ***


I giorni successivi trascorsero all'insegna di Katrine e dei preparativi per la partenza.

Si trovavano per una passeggiata e discutevano di fotografia.

Bevevano un caffè insieme e fantasticavano sui magnifici posti che avrebbero visitato.

Si trovavano a cena e stilavano una lista delle cose indispensabili da portare.

La lista di Aira era sempre troppo corta:

-macchina fotografica, obbiettivi, batterie, memory card, telefono

Questo era tutto quello che riusciva a scrivere e le sembrata già fin troppo, tanto si sentiva completa e appagata nel solo partire per il viaggio, sapeva che tutto il resto sarebbe stato inutile e superfluo.

Quando era con Katrine era come fosse in una bolla, l'ascoltava parlare, la guardava parlare e tutto il resto del mondo veniva schermato fuori.

Il tempo si fermava e non esisteva più niente al di fuori di quella conversazione, si perdeva nella praterie dei suoi occhi, ne rimaneva incantata.

Potevano passare ore, potevano succedere catastrofi al di fuori di quella bolla che non ne sarebbe stata minimamente influenzata, era il suo rifugio sicuro.

Più di una volta le era capitato di immergersi talmente tanto nei suoi pensieri che Katrine la riportava scherzosamente alla realtà con un

  • “hey smettila di guardarmi così, se non ti vedessi respirare mi verrebbe da credere tu abbia avuto una paralisi”

     

Così che Aira sorridendo metteva in pausa la sua mente mai del tutto spenta e distoglieva il suo sguardo di ghiaccio da Katrine.

Sguardo di ghiaccio non più freddo ed impenetrabile, non più usato come muro per schermarsi, bensì uno sguardo addolcito, delicato, chiaro, ineffabile..come l'aria.

E si convinceva che sì non le sarebbe servito nient'altro...

beh forse il passaporto poteva essere utile così che Aira lo aggiunse alla lista.


 

*****


 

Quando finalmente arrivò la vigilia della partenza Katrine decise di organizzare una cena con gli altri partecipanti al viaggio per farli conoscere ad Aira che, entrando nella stanza non si meravigliò affatto di trovare già seduti al tavolo il Sig. Stew, Allis, Brenth e Nathan (sapeva che quei quattro erano persone interessanti).


 

Oltre a loro seduto a capotavola c'era un uomo sulla quarantina, con uno sguardo serio e un taglio di capelli impeccabile tanto quanto quello del' abito che portava.


 

  • “signore e signori questo è Edward, non fatevi ingannare dall'aspetto è un simpaticone, sarà la nostra mente e il nostro contatto qui a casa; ed inoltre finanzia gran parte del progetto”

esordì katrine sorridendo e mettendogli una mano sulla spalla.

La serata trascorse in maniera oltremodo piacevole, per prima cosa su consiglio di Allis (quella donna faceva morire dal ridere ed era una continua sorpresa) fu stappata una bottiglia di prosecco per festeggiare la partenza, subito seguita da un'altra per festeggiare la cena.

Aira parlava con Nathan di filosofia, con Brenth di grafica per una nuova ipotetica tavola da skateboard, con Stew parlava di lavoro e storia dell'arte e rimaneva affascinata dall'esperienza di vita e dalla tranquillità che solo un uomo di 61 anni può trasmettere.

Rideva, scherzava e brindava con Allis e le spiegava il significato del suo nome particolare.

Guardava Katrine dall'altra parte del tavolo e quando i loro sguardi si incontravano le sorrideva.

Le ore passavano ed Aira sempre più si rendeva conto di come queste persone fossero lontane anni luce da quelle che conosceva, di come ognuno di loro avesse una sua individualità e una sua storia tutta da raccontare, di come fossero diversi tra loro ma tuttavia accomunati dalla voglia di scoprire, ricercare, andare oltre al senso comune.

Si erano messi in gioco e tuttora lo stavano facendo e la ragazza si convinceva sempre più di aver fatto la scelta giusta: di aver accettato di andare a quella cena, acconsentito a partire con loro per il progetto, di aver preso quel caffè con Katrine, di aver deciso quella famosa notte di inizio Maggio (dalla quale erano passati solo una decina di giorni ma sembravano una vita intera) di cambiare la sua vita.


 


 

Verso le 01:30 decisero che era meglio iniziare a salutarsi, la partenza era prevista il giorno dopo alle 19:00 ed Aira doveva ovviamente ancora preparar la valigia.

Quando tutti furono partiti e rimasero sole fuori dal ristorante ringraziò Katrine per la bella serata, anche se quel “grazie” Katrine lo intuì racchiudeva molte più cose.

  • “meglio che vada anche io, devo ancora preparare la valigia” disse Aira un po' imbarazzata per il suo continuo fare le cose all'ultimo minuto

  • “anche io!” rispose Katrine “o meglio io ho già iniziato, è da giorni che ci vado dietro mi mancano solo alcune cose... sono un po' maniaca per quanto riguarda le partenze”

     

“odio preparare le valige” esclamarono all'unisono e scoppiarono a ridere.

  • “ti va di venire a dormire a casa mia? Cosi domani prepariamo le ultime cose insieme.. abito qui vicino” riprese Katrine

  • “mi piacerebbe ma io ho tutto in hotel.. compresa la mia macchina che ormai è li ferma da giorni!”

  • “perfetto allora domani mattina ti riaccompagno in hotel a riprendere le tue cose, la macchina la puoi lasciare nel mio garage durante il viaggio”

  • “ma tu fai sempre domande retoriche?” scherzò Aira

  • “hai proprio capito”

  • “quando ti metti in testa una cosa non accetti un no come risposta”

  • “già..”

  • “..bene andiamo allora” concluse Aira

  • “andiamo” sorrise Katrine

E sorridendo i suoi occhi verdi diventarono se possibile ancora più intensi, concreti come pietre preziose si poteva percepire la felicità che ne fuoriusciva, dolci e allo stesso tempo determinati.

Aira notò tutto questo e non poté fare a meno di sorriderle a sua volta.

Come poteva resistere a quelle praterie? Come mai avrebbe potuto farlo? Aveva finalmente trovato la libertà tanto ricercata e l'aveva trovata nei suoi occhi.


 

*aspetta... ma cosa cavolo sto pensando?!!*

Si sorprese a perdersi in questi pensieri e si spaventò, perchè le faceva questo effetto? Cosa c'era di tanto speciale?

Aira si limitò ad incolpare il troppo alcool bevuto a cena e tranquilla seguì Katrine verso casa sua.

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Capitolo 8
*** Pronta? ***


La mattina seguente quando Aira si svegliò trovandosi in un ambiente a lei estraneo cercò di ripensare alla serata precedente.

Un leggero mal di testa bussava ai lati della sua fronte.

 

*mmmh allora vediamo cena... vino...devo smetterla di bere ormai ho una creta età....*

pensò tra se e se

*Katrine....altro vino...verde...Katrine...aspetta ma certo Katrine!*

 

Si ricordò improvvisamente dell'invito della bionda e si tirò su contro voglia per guardarsi intorno.

Vide un incerto raggio di sole spuntare dall'enorme vetrata di fronte a lei e lo seguì farsi strada timidamente sul pavimento in parquet scuro, sopra le candide lenzuola del letto sul quale era seduta e finire la sua corsa nell'arruffato e scompigliato ammasso di capelli biondi che spuntava da sotto il piumino accanto a lei, dove Katrine ancora dormiva.

 

Aira osservò meglio l'arredamento della stanza estremamente minimal ma nel contempo molto affascinante: c'era un scrivania alla sua destra, appoggiata al muro con sopra un enorme quantità di foto sviluppate in varietà di forme e dimensioni in bianco e nero e a colori; sul lato sinistro della stanza appoggiati in disordinate pile per terra c'erano almeno una trentina di grossi libri, di fianco al letto un comodino ed una lampada piantana, di fronte l'enorme vetrata che illuminava il tutto.

 

Basta.

 

Ore 09.45

 

“Fai come fossi a casa tua.” le aveva detto la sera prima Katrin, quindi... Caffè.

 

Aira si alzò dal letto per dirigersi in cucina e mentre passeggiava per la casa ne osservava l'arredamento; l'appartamento di Katrin era un open space con un non so che di urbanistico e di industriale all'ultimo piano di quella che un decennio prima era stata una distilleria.

 

Lo stile della camera da letto si riproponeva nel resto della casa, c'era solo il minimo indispensabile ed ogni tanto appoggiati per terra qua e la si vedevano quadri, grandi stampe fotografiche e libri.

 

*devo ricordarmi di comprarle delle mensole per il compleanno” penso Aira sarcasticamente mentre preparava il caffè; una tazza di fumante liquido nero salvavita in una mano, una banana nell'altra e si spostò in terrazzo.

Era una splendida giornata il sole era tiepido ma la leggera brezza primaverile la fece rabbrividire a contatto con la pelle lasciata scoperta (indossava dei semplici pantaloni della tuta ed una maglietta a maniche corte gentilmente prestati da Katrine).

Entrò per recuperare una coperta dal divano e si sedette fuori su uno dei divanetti.

 

L'appartamento si trovava abbastanza in alto per permetterle di osservare le persone senza a sua volta essere osservata: circostanza che gradiva decisamente.

Stava attentamente studiando le peripezie di un gatto fulvo su uno dei tetti difronte a lei quando sentì bofonchiare alle sue spalle.

 

Voltandosi ritrovò lo spettinato ammasso di capelli biondi che le aveva dormito affianco trafficare con la macchinetta del caffè

 

  • “Buongiorno raggio di sole!” gridò Aira trattenendo un sorrisetto
  • “Mmmmmmh” fu tutta la risposta che ottenne da un ancora mezza addormentata Katrine che la raggiunse fuori indossando solo una maglietta oversize e custodendo tra le mani una tazza di caffè come fosse il più grande dei tesori
  • “hey” sorrise Aira a quella vista ed un arruffato “hey” usci in risposta dalla bocca di Katrine
  • “qualcuno non regge più le serate come un tempo eh?” scherzò la mora

  • “ non sono mai stata una persona mattutina”

  • “dev'essere la vecchiaia!”

  • “ho si e no tre anni più di te!” fece l'altra tirando fuori la lingua come scherno

  • “ok ok....nonnina ahaha” scoppiò a ridere Aira e per tutta risposta ricevette un amichevole spinta.

 

Un paio di tazze di caffè più tardi Katrine era tornata in sè

 

  • “pronta per il viaggio?” chiese ad Aira con fare investigativo

  • “pariamo tra 9 ore e devo ancora fare la valigia, ma ... si direi di si” sorrise la mora

  • “quello non è un problema, ti aiuterò io” rispose la bionda avvicinandosi e facendosi strada sotto la coperta che Aira aveva sulle spalle

    “oggi pomeriggio andiamo in un negozio a comprare il necessario, poi recuperiamo la tua macchina, torniamo facciamo i bagagli, ci organizziamo e...”

 

Aira scoppiò a ridere non lasciandola finire

 

  •  “che c'è?”
  • “piccola maniaca del controllo che non sei altro” rispose dandole una piccola spinta sulla spalla

  • “ ma heyyy” disse la bionda mettendo su il broncio

  • “ non dirmi hey!...hey”

ed un dolce sorriso spuntò sul viso di Katrine

  • “quindi? Sei pronta?”
  • “Sì.” fu la risposta di Aira.

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Capitolo 9
*** Perfezione ***


 

Passarono il resto della mattinata su quella terrazza avvolte nella stessa coperta, chiacchierando e guardandosi negli occhi.

 

Ormai erano famigliari l'una con gli occhi dell'altra.

Katrine poteva distinguere ogni minimo cambio di temperatura nei freddi occhi di Aira che pian piano si facevano sempre più tiepidi e profondi; inaccessibili alla maggior parte delle persone ma non a lei.

E quando questi due diamanti di ghiaccio non erano le erano rivolti si perdeva ad osservare le fattezze dell'altra, vedeva gli scuri capelli non più lunghi delle spalle delineare i dolci tatti del viso, il sottile e dritto naso formare un profilo perfetto e, soffermandosi più del dovuto sulla bocca, pensava che Aira fosse davvero bella.

 

  • “Se mi fai una foto dura di più” la scherzosa battuta di Aira riportò Katrine alla realtà
  • “sai che non è una cattiva idea?”

  • “non ci provare bellezza!” e Katrine arrossì impercettibilmente a quest'ultimo termine.

 

Dopo un veloce pranzo in terrazza si prepararono per uscire e seguire il dettagliato programma per il pomeriggio.

 

  •  “GUIDO IO!!” disse Aira non appena vide il maggiolone decapottabile nero scintillante parcheggiato in Garage
  • “no TU non ti avvicinerai alla mia bambina, guido io”
  •  “eddaiiii”
  • “nooo”
  • “ti prego ti prego ti pregoooo”
  • “no guido io, vedi di salire subito in macchina e..”
  • “non accetti un no come risposta” la prese in giro Aira di tutta risposta
  •  “vedo che inizia a capire” rispose la bionda con un occhiolino.

 

C'è da dire che Katrine aveva una guida piuttosto spericolata ed Aira era incollata al sedile mantenendosi saldamente attaccata alla maniglia di sicurezza per prevenire ogni curva stretta o sorpasso improvviso della bionda.

 

“Adoro questa canzone” disse ad un certo punto Aira alzando il volume mentre Midnight city degli m83 suonava alla radio ed incurante dello sguardo interrogativo di Katrine si appoggiò al sedile chiudendo gli occhi e agitando le braccia al di sopra del tettuccio aperto mentre passavano a tutta velocità al di sotto di un viale alberato...Sentendosi libera.

 

Katrine vedendola lì, vento tra i capelli e sole in faccia mentre si dimenava come una pazza ad occhi chiusi non poteva fare a meno che sorridere e ringraziarsi mentalmente di averla invitata a bere un caffè con lei in quel bar francese una quindicina di giorni prima, Aira era sicuramente una persona complicata ma da quando era entrata a far parte della sua vita aveva portato con lei una ventata di freschezza energia e... sarcasmo.

 

 

Una volta comprato tutto il necessario, recuperarono la macchina di Aira dall'hotel e la parcheggiarono nel garage a casa di Katrine.

Dopo aver fatto entrambe la valigia ed una doccia veloce erano le 18.30, da li a mezz'ora sarebbe arrivato il transfer per portarle in aeroporto insieme a Stew, Allis, Brant e Nathan loro compagni di viaggio in quest'avventura.

 

Aira aveva appena finito di salutare i genitori al telefono entrambi entusiasti per la sua imminente partenza, quando raggiunse Katrin che era comodamente seduta sul divano a sistemare un paio di mail a pc.

 

  •  “hey”
  • “hey” si sorrisero
  • “ allora, pronta per il viaggio?” sghignazzò Aira imitando le parole della bionda di quella mattina,

Katrine non poté fare a meno di trattenere un sorriso poi alzò lo sguardo incollando le verdi praterie che aveva al posto degli occhi a quelli di Aira, che come mare si abbinavano alla perfezione ai suoi, terra e cielo, fuoco e ghiaccio, si fondevano fino a creare una cosa sola.

 

Aira sorrise a questo incrociarsi di sguardi, con un sorriso che, pensò Katrine, avrebbe potuto illuminare la più buia della notti.

 

“Adesso sì” rispose.

 

 

 

 

 

FINE PARTE I

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Capitolo 10
*** Souvenir ***


PARTE SECONDA

 

 

 

Un anno dopo

 

 

 

 

Quella settimana prima del suo ritorno fu più lunga di tutti quanti i mesi di separazione.

Mi convincevo di essere guarita ma sotto sentivo la ferita ancora aperta.

Non vedevo l'ora di vederla e al contempo cercavo di allontanare sempre di più quel momento, ne avevo paura.

Da quando ero scappata dal viaggio, abbandonando Katrine nei mari del nord avevo trovato un lavoretto e lo usavo come scusa per starle lontana.

Non sapevo come avrei potuto spiegare la mia reazione, non volevo farlo,ma sentivo anche che ce n'era il bisogno.

 

Perché me ne ero andata? Per paura? Boh, io me ne vado sempre, me ne vado prima che gli altri se ne vadano a loro volta, mi allontano prima che possano farlo loro.

 

Un amaro sorriso mi comparve sulla bocca, potevo affermare di essere sgamata in tutto ma non in questo, avevo provato praticamente tutto nei 23 anni che erano stati la mia vita, alcool, droghe, cose estreme, spericolate, insensate, ma questa mi era del tutto nuova: non avevo mai provato ad innamorarmi.

 

Ed ecco che il sorriso da amaro divenne dolce, stavo pensando a lei.

Rivivevo tutti i ricordi di quella prima parte del nostro viaggio: il volo interminabile, la sabbia rossa del sud Africa, i bagni notturni che facevamo, la birra ghiacciata di fronte ai falò, ricordavo il movimento dei suoi capelli quando in barca ci spostavamo da un isolotto all'altro nel sud del pacifico e quando abbiamo improvvisato una grigliata di pesce in quella fantastica spiaggia tropicale; quando fumavamo inseme...aaah facevamo tutto insieme.

Mi ricordo di quando ballavamo in quel club in Kenya (chi l'avrebbe mai detto?!) che caldo che c'era! Ma la musica, la penombra mi ricordo tutto.

E più i giorni passavano più eravamo inseparabili.

Che ridere i nostri viaggi in moto, ci siamo quasi perse; così come i viaggi in autobus, treno, camion, macchina: abbiamo viaggiato molto insieme e lei è sempre riuscita ad addormentarsi, mi chiedevo come facesse...tutto ciò che rimaneva a me era guardarla dormire.

Era tutto così vivido nella mia mente, come se stessi riproducendo un film,

nei miei ricordi erano ancora impresse le sfumature del tramonto che vedemmo sulle sponde di quel lago in Argentina.

Ricordo il sapore di quel tramonto: granchio ai ferri, l'odore: il suo, il colore della pace era dipinto nel cielo.

 

Il più bel tramonto che ricordo di aver mai visto, insieme a quello durante il quale qualche settimana dopo le dissi addio.

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Capitolo 11
*** Sveglia ***


Quel ricordo mi riportò di scatto alla realtà, erano almeno 45 minuti che ero sdraiata sul letto a sognare ad occhi aperti.

*Ore 11.15 nessun problema oggi è lunedì e non si lavora.

Spostai leggermente la testa verso destra per scorgere che tempo faceva attraverso le tende della finestra della mia camera

*mmm sembra.... tutto molto grigio e nebuloso come al solito

Niente di nuovo, da quando mi ero trasferita nella più grande città di Landl al ritorno dal nostro viaggio questo era il clima che avevo sperimentato: pioggia, vento e nebbia.

Ciononostante non mi mancava Blueville, o meglio forse solo per il clima.

 

Decisi che non era il caso di rimanere in casa a deprimersi, ancora, chiamai quindi Nathan per incontrarci per un brunch.

Mi ero molto legata a lui durante quel viaggio e ancor di più dopo, era diventato il mio confidente e mi aveva aiutata nei difficili ed autodistruttivi momenti che susseguirono alla mia decisione di scappare da Katrine.

*Ah Katrine, il solo pensare al suo nome mi fa indurire il cuore.

Non è quindi il caso di pensarci.

 

Dopo una doccia veloce, mi misi le prime cose che trovai sulla sedia e via verso la metro: il Breakfast Club era a sole 3 fermate.

Quando scorsi Nathan tra la folla mi viene spontaneo corrergli incontro, era da un po che non lo vedevo tra una cosa e l'altra e mi era mancato.

Pancake bacon e berries per me, un croque madame per Nate e ci sedemmo a tavola.

Dopo un paio di refill di caffè mi fece la domanda che aspettavo mi facesse da ore.

- “Oggi torna Katrine, cosa pensi di fare?”

Era cauto nel discorso, sapeva che doveva esserlo

Subito mi rabbuiai, la mente vuota cosa avrei dovuto fare? non ci avevo pensato

- “non lo so..”

- “Aira sai che non può andare avanti cosi per sempre!”

Aveva ragione, come quasi sempre d'altronde,ma non volevo sentirmi l'ennesima paternale da parte sua, non volevo nemmeno doverci pensare perché ogni volta che lo facevo il mio umore cambiava.

- “Nate!” lo incatenai con il mio sguardo di ghiaccio e vidi il suo vacillare
  “non ne voglio parlare, vieni andiamo ad High Street che ti offro un bicchiere di vino”

- “ma.. abbiamo appena fatto colazione e-”

- “andiamooooo”

E lo trascinai fuori.

 

Sapevo che sarebbe tornata a mezzogiorno, mi era stato detto, specificato, sottolineato più volte eppure facevo di tutto per dimenticarlo.

Cosa si aspettavano? Che sarei andata a prenderla in aeroporto? Che avrei fatto ancora una volta una della tante pazzie? Aspettarla all'atterraggio, all'attracco accompagnarla al treno, correre dietro la macchina che sta per partire?

 

No.

 

Avevo già fatto tutto questo, più volte.

Ora toccava a me farmi attendere.

 

Mi dirigevo verso la vineria segreta mentre in testa mi frullava tutto ciò.

Attendevo, avrei atteso in eterno se fosse stato necessario.

 

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Capitolo 12
*** Sobria ***


Scesi un paio di scalini entrammo nel locale, nonostante fosse pieno giorno dentro era tutto in penombra, statico, le pareti erano di muratura e formavano tante piccole grotte e gallerie con precari tavolini, sopra ogni tavolino una precaria candela ardeva.

C'era un odore bagnato nell'aria, di chiuso , ma nel complesso quasi piacevole; ci sedemmo in uno dei tavolini in angolo e andai ad ordinare una bottiglia di Pinot grigio dal ragazzo con la barba da hipster che ci aveva accolti.

Quella prima bottiglia finì troppo velocemente evitando un discorso su Katrine da un altro.

Nate non abituato agli eccessi come me era palesemente brillo, per non dire ubriaco ( non male per essere solo le 13.30 pensai con un ghigno malefico) avevo intenzione di non arrivare sulle mie gambe alla fine di quella giornata, in qualunque modo fosse andata a finire.

 

Ordinai un altra bottiglia.

 

- “ Ci sarà una festa stasera” bofonchiò Nate

- “ah si e dove?” Non volevo andarci

- “ nel parco dietro l'ospedale abbandonato di Rome station, un paio di miei amici suonano lì magari ci fanno entrare gratis”

- “interessante, ci penserò” non ci sarei andata

- “ci saranno anche degli sconti sugli alcolici...”

- “ora si che incominciamo a ragionare! A che ora passi a prendermi?”

Pensai che effettivamente avrei fatto meglio ad ubriacarmi in compagnia piuttosto che ubriacarmi da sola a casa.

 

Quando salutai Nate alle 16.30 ero già sulla buona strada del mio intento: non arrivare sobria a fine giornata.

Accompagnai il mio amico fino alla sua fermata dal momento che difficilmente avrebbe riconosciuto la destra dalla sinistra e decidemmo di rincontrarci per le 21.30 quella stessa sera.

 

- “Sento gli altri per stasera cosi facciamo una..ehm.. unaaa...una rimpatriata ahaha.... che strana parola rimpatriata non trovi anche tu?”

- “ahaha ok bellezza penso sia ora per te di riposarti un po” gli dissi e lo spinsi dentro il vagone della metro

- “ricordati di scendere alla fermata giusta!” gli urlai mentre le porte si chiudevano

 

Salendo le scale convenni che per me sarebbe stato meglio camminare verso casa, avrei in parte potuto smaltire il vino in vista della serata e avrei potuto schiarirmi un pò le idee.

Mentre camminavo tra la folla sul marciapiede tutto scorreva al rallentatore, mi accesi una sigaretta, il fumo era grigio, come le strade, come la sottilissima pioggerellina che iniziò a scendere, come tutto in questa città anche i miei pensieri.

E' una città strana, pensai guardando la mia immagine riflessa in una pozzanghera, così piena di opportunità eppure così avida di tempo, ingorda te lo ruba tutto; una città così gremita di persone eppure così povera di contatti umani, ci si può sentire completamente soli in mezzo alla gente.

 

Ripensai al discorso che avevo fatto con Nate, aveva ragione, avrei dovuto incontrare Katrine prima o poi, sarebbe stato utile per entrambe ed in un modo o nell'altro mi serviva una sorta di chiusura.

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Capitolo 13
*** Swan ***


Una sigaretta dopo l'altra mi ritrovai sotto casa, erano le 17:30, appena entrata mi buttai sul letto e chiusi gli occhi, 5 minuti dopo erano le 20:30.

 

Alzandomi di scatto ancora una volta maledissi il mio perenne essere in ritardo, una rapida occhiata al telefono e notai le 2 chiamate perse di Nate ed i vari messaggi.

Era stato messo su un bel gruppetto per la serata ci saremmo stati io, ovviamente Nate, un paio di ragazze della sua compagnia con la quale ultimamente uscivamo spesso, Brent che era da un sacco che non vedevo ed un paio di suoi amici.

Tutto si prospettava in linea con il mio piano, mandai un ultimo messaggio a Nate per fissare luogo ed ora di incontro: fermata della metro alle 21.30 e mi buttai in doccia ancora mezza vestita.

 

non ho tempo di cenare, pensai
prenderò qualcosa la

 

Anfibi

Jeans neri strappati

Felpone nero e cappello

Ero pronta

Forse più per rapinare una banca che per una serata in compagnia, ma questo era il mio colore preferito ora più che mai.

 

Alle 21.45 ero al punto di ritrovo.

- “sempre in perfetto orario” mi salutò Nate un po seccato

- “lo so, lo so ..scusa è che ho dovuto.. ma che te lo dico a fare ormai le sai già tutte le mie scuse” risposi sorridendo “ciao ragazze” aggiunsi rivolgendomi alla mora e alla bionda affianco a Nate.

 

Nate mi conosceva sapeva che ero sempre in ritardo, quindi ormai non me ne faceva neanche più un peso, ci si era abituato, quanto alle altre due.. beh avrebbero imparato a conoscermi, avevo notato come la bionda mi osservava e dedussi che a lei non sarebbe certo dispiaciuto diventare familiare con i miei ritardi.

 

mi spiace bellezza ma ho chiuso con le bionde pensai tra me e me

 

Durante il viaggio in metro, la ragazza che mi osservava tirò fuori dalla borsetta una bottiglia di liquore.

O meglio, diamole un nome.

Durante il viaggio in metro, Swan tirò fuori dalla borsetta una bottiglia di liquore.

Pensai che dopo tutto le avrei potuto dare una chance.

 

- “salute ragazzi!” gridammo tutti in coro sbattendo i bicchieri di plastica

- “alla nostra serata!” aggiunse Swan

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Capitolo 14
*** Sorpresa ***


Il viaggio durò 20 minuti quindi un po' merito della bevuta a stomaco vuoto un po' per il mix letale di Swan scendemmo tutti dalla metro un po' storti.

- “Non vedo l'ora di vedere Brent!! è da un sacco che non lo vedo... spero sia fornito” dissi guardando Nate con un ghigno ed entrambi ci ricordammo delle serate passate a fumare sulla spiaggia di fronte ad un falò: narghilè, sigarette e... di tutto e di più diciamo.

 

Nate mi rispose con una risata più forte di quanto sia io che lui ci aspettassimo, era più che provato dai drink di Swan, si appoggiò quindi a Jessy per stabilizzarsi (così si chiamava la mora).

Anche Swan scoppiò a ridere, ed imitando Nate si appoggiò a me cingendomi le spalle con un braccio, che decise di lasciare lì per tutto il tragitto a piedi dalla fermata fino alla festa.

Mi sentivo abbastanza felice e spensierata quindi decisi che l'avrei lasciata fare, dopotutto che male c'era?

 

Ridendo, scherzando e spintonandoci a vicenda alle 22.15 eravamo all'entrata della festa, che si sarebbe tenuta all'aperto, quindi diciamo che eravamo ai tornelli d'entrata.

 

Il posto era già gremito di gente e potevo sentire la musica di apertura al gruppo, risuonare in lontananza.

 

Nate si avvicinò ad un ragazzo alto e rasato che dedussi fosse suo amico e subito dopo si girò verso noi tre facendoci segno di seguirlo per entrare, ovviamente gratuitamente.

Grazie Nate.

Appena entrati ci guardammo intorno alla ricerca di Brent e dei suoi amici che dovevano essere già arrivati.

“Eccoli!” gridò Nate

 

Mi girai nella direzione indicata da Nate, alla ricerca del caldo e rassicurante color sabbia della testa di Brent ma tutto ciò che trovai fu VERDE.

 

Verde che mi incatenò ancorandomi a terra, verde talmente pesante che mi impediva persino di respirare, verde così freddo che percepii Swan rabbrividire accanto a me e togliere il braccio dalle mie spalle.

 

Ero immobile e difronte a me Katrine mi stava guardando, senza il minimo segno di emozione, non c'era rabbia, non c'era tristezza, non c'era preoccupazione o mancanza, non c'era amore.
 

Non c'era niente.
 

Solo quel terribile Verde.

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Capitolo 15
*** Shots! ***


Percepii Nate girarsi verso di me preoccupato.

- “Aira scusa io non sapevo.. non avrei mai creduto... cazzo lo uccido Brent! Ti prego Aira dì qualcosa.. non ne avevo idea io..”

- “Nate.. Nate!” lo chiamai un paio di volte prima che bloccasse questo flusso di scuse

-“è tutto apposto”

mi guardò ancora più sconvolto e preoccupato a questa mia risposta

- “Aira..”

decisi di non ascoltarlo e mi incamminai verso il gruppetto di amici, i due occhi verdi ancora puntati su di me.

Merda merda merda cosa faccio? Cosa le dico? Sarà arrabbiata? O forse no? Perché è venuta? sicuramente sapeva ci sarei stata anche io, ci sono tutti i miei amici quindi si per forza doveva saperlo.. aspetta Aira stai tranquilla, sei passata oltre lo hai superato ormai da tempo ce la puoi fare si ce la puoi fare.

Questa era l'esplosione di pensieri nella mia mente mentre mi avvicinavo a lei fino a trovarmici a pochi centimetri di distanza, ero davvero passata oltre?

 

-“Hey” le dissi accennando un sorriso

-“hey” fece lei in tutta risposta, nessun colore nella sua voce

questo scambio di hey sembrò durare ore.

 

-“ allora ragazzi andiamo a bere o cosa??!!” ringraziai mentalmente l'intervento di Swan,

staccai controvoglia lo sguardo da quello di Katrine e rivolsi a Swan uno dei miei migliori sorrisi

-“certo! Direi che è proprio il caso!” risposi.

Ci dirigemmo in gruppo verso il bancone dove ritirare i ticket e grazie alle conoscenze di Nate pagandone uno e ricevendone due in omaggio, ci ritrovammo poco dopo con un'intera collezione di cartoncini colorati da poter scambiare con birra e vassoi di shottini.

Il posto era decisamente affollato, c'era gente ovunque: seduta ai tavoli a bere, in piedi a bere e a parlare animatamente e qualche impavida anima stava già ballando la musica elettronica di sottofondo in apertura al gruppo che avrebbe iniziato a suonare alle 23:30.

Decidemmo di trovare subito un posto in cui sederci e poi andare a recuperare le cose da bere, eravamo in 8 quindi serviva un tavolo completamente vuoto, lo individuammo abbastanza velocemente e ne prendemmo subito possesso.

Al tavolo il clima era leggermente teso ed imbarazzante, io e Katrine sedute ai due lati opposti Nate, Jessie e Brent a conoscenza della situazione che cercavano di mediare tra di noi, Swan e gli altri due amici di Brent che probabilmente si erano accorti che qualcosa non andava.

- “chi viene a prendere da bere?” chiese Brent

- “io!” risposi troppo in fretta alzandomi in piedi senza neanche lasciarlo finire

- “vi do una mano ragazzi” aggiunse Swan... ovviamente

 

Gli altri rimasero seduti a tenere il posto, decisi dunque di fare un primo piccolo tentativo di avvicinamento.

-“hey” dissi avvicinandomi a Katrine

la risposta fu silenziosa

- “vodka succo d'arancia?” continuai incerta, sapevo essere il suo cocktail preferito

- “no grazie”

- “mmmh... birra?”

- “nope”

- “vuoi uno shottino? Anima nera? Un bicchiere di vino? Un po' d'acqua...” cominciai ad elencare ad ogni cenno di dissenso da parte di Katrine

- “niente grazie”

- “sicura?”

per tutta risposta fece un impercettibile segno con la testa

-“bene”

per che cazzo era venuta allora?

 

Io ho fatto la mia mossa, se questa è la risposta non intendo insistere oltre anzi! Si può giocare in due a questo gioco.

Sentivo il piccolo Grinch dentro di me farsi strada per uscire e sapevo già che mi sarei odiata più tardi... potevo diventare molto stronza all'occasione.

Raggiunsi Brent e Swan prendendo sotto braccio il primo e cingendo la vita di quest'ultima con la mano rimasta libera.

 

Potevo percepire la mia schiena bruciare mentre ci allontanavamo, il verde dei suoi occhi puntati su di me o verde di gelosia? mi spuntò un impercettibile malefico sorrisetto che a Brent non passò inosservato.

 

- “che stai facendo?” mi chiesa appena ci staccammo da Swan che stava ordinando da bere

-“ aspetto la mia birra Brent tu?” dissi scherzosamente

-“Airaaaa” mi rimproverò “ intendevo cosa stai cercando di fare ..CON KATRINE.. ti ho vista poco fa”

-“Brent io...non lo so cosa sto facendo sinceramente ..”

-“mi date una mano ragazzi?” mi interruppe Swan girandosi verso di noi

-“certo bellezza” risposi, girandomi poi verso Brent per fargli un occhiolino divertita

 

Presi 4 birre io, 4 Swan e 2 Brent che nell'altra mano teneva un precario vassoio di cartone con sopra incastrati 20 shottini in bicchierini di plastica ed a tempo i musica ci dirigemmo verso il tavolo dove gli altri ci aspettavano.

 

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Capitolo 16
*** Sound ***


 

Tre giri di rifornimento dopo, con altrettante birre e shots, decidemmo di andare a ballare.

Se prima il posto era affollato ora dovevamo procedere in fila indiana per spostarci da una zona all'altra, Swan davanti di me non perse occasione di prendermi la mano; “così non ci perdiamo” mi disse girandosi verso di me, eravamo le ultime due della fila e potei intuire che se ci fossimo staccate dagli altri probabilmente non le sarebbe dispiaciuto poi tanto.

 

Raggiungemmo la pista dove il gruppo aveva già iniziato a suonare e zigzagando tra la folla cercammo di spostarci nelle prime file davanti al palco.

Il Sound non mi dispiaceva per niente, un electro rock molto velato formato da tre elementi: chitarrista, bassista ed un ragazzo al synth e batteria elettronica, che dirigeva la situazione dall'alto della sua postazione circondato da computer ed apparecchi elettronici.

I bassi ritmati fecero iniziare a ballare tutti non appena raggiungemmo la postazione, potevo percepire il ritmo ed ad occhi chiusi iniziai a ballare dimenticandomi per un attimo dov'ero e con chi ero. Sentivo la mente leggermente annebbiata dall'alcool ed il caldo che iniziavo a provare, nel movimento di tutti quei corpi così vicini gli uni agli altri in pista, illuminava la mia faccia ed il mio collo con un leggero velo di sudore che, sotto le luci strobo, sembrava madreperla.

Fui riportata alla realtà da due mani che mi cinsero in vita ed aprendo gli occhi vidi una raggiante Swan che si avvicinava a me cercando di ridurre ancora di più la distanza già minima che ci separava.

Cercai di allontanarla, sorridendo, prendendole le mani e facendole fare una giravolta, ma lei era evidentemente più furba di me e tornatami difronte mi cinse il collo in un abbraccio; essendo leggermente più bassa di me avevo la possibilità di guardarmi intorno al di sopra della sua spalla, ma quello che cercavo non c'era: Katrine non era più tra la folla.

Subito mi staccai da Swan per vedere meglio, ma niente lei non c'era.

Feci un cenno a Nate cercando di capire se sapesse dov'era ma mi fece di no con la testa non smettendo di ballare.

 

-“Hey vado a prendere un po' d'aria, c'è caldo qua in mezzo!” cercai di fare capire a Swan al di sopra della musica

-“Cooome?” gridò lei in tutta risposta

-“vado un attimo fuori!!” ripetei mimando i gesti con le braccia

-“ok andiamo”

-“NO!.. ehm tranquilla torno subito rimani pure qui” risposi

 

Non sembrava convinta, così aggiunsi anche uno dei miei migliori sorrisi e lei mi lasciò andare.

Non volevo mi seguisse, non volevo allontanarmi io in primis ma uno strano magnetismo mi spingeva fuori dalla folla e ...verso Katrine che, a quanto pare, nonostante tutto quello che era successo ancora mi attirava come una calamita;

ero arrivata quasi ad odiarla ed ero sicura che lei fosse altrettanto arrabbiata, eppure non potevo fare a meno di cercarla.
 

La trovai in una zona un po' più tranquilla, appoggiata ad un albero che guardava distrattamente verso la pista.

 

- “Hey” le dissi per la terza volta quella sera

- “Hey”

- “posso offrirti qualcosa da bere?”

uno stanco sorriso le si formò sulle labbra alla stessa domanda che le avevo posto qualche ora prima, ma questa volta la risposta fu diversa

-“una birra piccola”

-“una birra piccola non è una vera birra” feci io accennando un sorriso

-“ok fai tu allora” mi rispose leggermente seccata

 

Mi allontanai in fretta per recuperare qualcosa da bere, gioendo mentalmente della mia vittoria, ero convinta che non mi avrebbe nemmeno parlato.

Non ho perso il mio fascino dopotutto pensai sghignazzando tra me e me

 

Tornai poco dopo verso Katrine con un Martini succo d'arancia per lei ed una birra 'vera' per me.

 

- “allora?” ripresi un po' spavalda dopo questa prima conquista

- “tutto bene..Tu?” fece lei seguendo le formalità

- “bene”

- “bene”

 

e poi silenzio.

 

Non ci vedevamo da mesi eppure non sapevamo cosa dirci.

Ingurgitai la mia birra in un sorso solo cercando di farmi coraggio e riprovai

 

- “ti va di fare due passi?”
 

Ricevetti un cenno di assenso come risposta.

Camminammo per qualche metro tra la folla fino a quando trovammo un tavolino libero con due sedie, sopra il quale ardeva una candela già consumata per metà.

 

Ci sedemmo.

 

- “novità?” ricominciai tentennante

Katrine un po' controvoglia iniziò a parlarmi dell'ultima parte del suo viaggio e di cosa stava programmando adesso, procedeva quasi meccanicamente, con voce fredda, come se si fosse preparata il discorso e lo avesse ripetuto talmente tante volte da averlo imparato a memoria.

 

Io non l'ascoltavo.

Più che altro la guardavo, e più la VEDEVO parlare e più mi sembrava un animale selvatico, ferito i suoi occhi verdi che tanto mi ricordavano tranquille praterie in cui immergersi adesso sembravano gli occhi spaventati di un cerbiatto in trappola.

 

L'avevo persa.

 

Ormai erano molti mesi che l'avevo persa, avrei dovuto immaginarlo o meglio avrei dovuto già saperlo,

eravamo lì una di fronte all'altra ma c'era come un muro tra di noi, i nostri corpi e le nostre menti così distanti, io ero ancora io, lei era ancora lei ma noi non eravamo più noi.

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Capitolo 17
*** Swan 2.0 ***


Stavo iniziando a sudare birra e continuavo a berne per sopperire alle sue parole.

Guardavo la candela ardere sul tavolino, guardavo la cera consumarsi e mentalmente la paragonavo al nostro rapporto e alla nostra conversazione che andavano spegnendosi secondo dopo secondo proprio come la fiamma.

 

- “Hey! Ecco dove eravate finite!!” mi saltò praticamente addosso un elettrica Swan

- “heyyy” feci girandomi

 

Ci avevano raggiunte praticamente tutti, non so per quanto tempo ero rimasta a 'guardare' Katrine parlare, ma durate la mia assenza i ragazzi avevano senza dubbio continuato a bere visto che la situazione generale era piuttosto alticcia.

 

- “abbiamo fatto pipì dietro un macchina!!” riprese biascicando Swan più felice che mai e prese a raccontarmene i dettagli orgogliosa come se avesse appena ottenuto una laurea magistrale in medicina.

 

Sì, direi che la situazione era decisamente alticcia.

E avevano decisamente interrotto il discorso tra me e Katrine e lei ne sembrava decisamente sollevata.

 

- “allooooora” si avvicinò Swan con un sorrisetto malefico “te la se fatta?” mi sussurrò all'orecchio

- “SWAN!” gridai io tirandole una pacca sulla spalla subito spostando lo sguardo verso Katrine per controllare se avesse notato questo scambio

Ovviamente l'aveva notato e stava guardando nella nostra direzione con un sopracciglio alzato probabilmente cercando di capire cosa ci fossimo dette

la vidi poi guardare di sfuggita l'orologio del telefono ed alzarsi dalla sedia.

 

- “ragazzi io mi avvio, ho ancora un po' di jet leg” disse con un timido sorriso

-“anche io vado, domani mattina lavoro!”mi precipitai a dire

-“hey noi dobbiamo prendere la stessa metro, quindi vengo anche io così facciamo il viaggio insieme” si aggiunse Swan

 

Meraviglioso pensai sarcastica

Non potei fare a meno di roteare gli occhi verso l'alto sperando di non essere notata.

 

Salutati gli altri ci avviammo quindi tutte e tre, in religioso silenzio verso la fermata della metro di Katrine, che era la prima in linea d'aria.

 

-“ciao, allora... ci sentiamo!” dissi una volta arrivate a destinazione, mantenendo le distanze, senza avvicinarmi per abbracci od altro.

-“ciao.” mi rispose Katrine senza quasi guardarmi.

 

                                                                                                                       ***

 

- “Prego” mi disse Swan non appena lasciammo Katrine alla sua fermata continuando a camminare verso la nostra.

-“come?”

-“prego” ripeté lei

-“ehm non penso di seguirti”

-“ho detto prego, sai come quando uno fa qualcosa tu lo ringrazi e questo ti risponde prego? Si chiama etichetta, o gentilezza, dovresti provare sai?” mi disse la bionda sarcasticamente

Non potei che fare a meno di nascondere un sorriso, stavo iniziando ad apprezzare Swan.

 

Ma in ogni caso non si può rubare ad un ladro ed il sarcasmo mia cara Swan l'ho inventato io.

-“ma io non ti ho mai detto grazie” le feci il verso, con un malefico sorrisetto che mi spuntava sulle labbra

-“sei proprio un idiota!” mi spintonò lei “ ho visto come la guardavi, quella Katrine, ho capito che c'è qualcosa in sospeso tra di voi e quindi ho pensato di darti una mano”

 

Vedendo la mia faccia sbigottita continuò con la spiegazione

-“non avrai sul serio pensato che ci stessi provando con te?! Mi spiace bellezza ma non sei il mio tipo!”

Rimasi un attimo in silenzio per interiorizzare quello che mi aveva appena detto.

-“ma come?? come fai a resistere a tutto questo fascino?” scherzai subito dopo indicandomi dalla testa ai piedi per enfatizzare la cosa

 

Come tutta risposta ricevetti un'occhiataccia e l'ennesima amichevole spinta.

 

Sì, stavo proprio iniziando ad apprezzare Swan.

 

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