Knight revenge

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anni di attesa ***
Capitolo 2: *** Telefonate dal John Emilton ***
Capitolo 3: *** Cose mai sapute ***
Capitolo 4: *** Amelia Jane Knight ***
Capitolo 5: *** La fabbrica ***
Capitolo 6: *** Che fare? ***
Capitolo 7: *** Pessime decisioni ***
Capitolo 8: *** Tutto svanisce in un attimo ***
Capitolo 9: *** Rimorsi assemblati ***
Capitolo 10: *** Vendetta Knight ***
Capitolo 11: *** Nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** Anni di attesa ***


TTENZIONE!!! Non c’è RC3 (devo ancora delineare bene il suo carattere prima di scrivere qualcosa con lui dentro).
Sono una fan della coppia Michael/Bonnie (April mi piace ma non riesco a farmela andare giù e Stephanie la considero troppo tonta per Michael, però è un mio parere e chiedo scusa se va contro i vostri gusti); Non seguirò ogni singolo avvenimento della serie, andrò un po' fuori dagli schemi ma i caratteri farò di tutto per mantenerli uguali e non OOC (nel caso, segnalatemelo così lo inserisco)
Buona lettura.


NB: il titolo potrebbe variare!





"Non devi farlo, Bonnie" Devon camminava avanti e indietro nel suo studio, le mani in tasca e sul volto un’espressione triste e rassegnata.
Erano due settimane che Bonnie stava rinchiusa nelle sue stanze, non controllava più nemmeno KITT! E Devon ben sapeva quanto lei adorasse quella macchina e quanto ci tenesse che fosse sempre in forma per ogni evenienza.
Invece tutto era cambiato all’improvviso; lei era lì, seduta sulla sedia davanti alla scrivania del suo capo, del suo migliore amico, dell'uomo che l'aveva sempre sostenuta e aiutata.
Era lì con le mani nei capelli e la testa bassa.
Il volto rigato dalle lacrime ormai esaurite e gli occhi gonfi dal troppo piangere e coperti dalle occhiaie.
Pallida e magra cercava di fare ordine nella sua mente, ma risultava tutto troppo difficile.
"Devo farlo" rispose "Non posso più restare"
Devon sospirò "Devi dirglielo"
Bonnie scosse la testa sospirando anche lei "Farebbe pazzie pur di aiutarmi ma...non può...nessuno può"
"Finirai per rimpiangerlo"
"Né dubito" abbozzò un sorriso che nulla aveva di divertito.
Si alzò a fatica aiutata da Devon che, preoccupato, l'accompagnò fuori dalla stanza.
"Non vuoi neanche dirgli addio?"
"Non sono brava con gli addii" deglutì ricacciando indietro le lacrime, che nuovamente minacciarono di uscire "So che saprai gestirlo"
Devon emise un suono sommesso "Più facile a dirlo che farlo"
Bonnie sorrise, ben sapendo quanto Michael fosse ingestibile quando qualcosa non gli andava giù o non gli piaceva.
Con l'aiuto del suo mentore, sistemò le valige nel bagagliaio del taxi, chiamato circa un quarto d’ora prima.
"Un tempo avevi fatto la stessa cosa per andare ad un corso di formazione" disse Devon "se penso che adesso lo stai facendo per...per non tornare..." La sua voce si bloccò.
"Oh, Devon" allungò una mano verso il volto di lui asciugando l'unica lacrima che spuntava dai suoi occhi.
Devon era sempre stato molto riservato e non esternava mai le sue emozioni, Bonnie era stata l'unica a farlo uscire dalla sua corazza.
"C'è rischio che non riuscirai ad arrivare alla fine"
"Lo so" rispose lei "Ma ci proverò e se ci dovessi riuscire farò in modo che tu sia il primo ad essere contattato in caso di necessità"
"Dovresti dare il numero di Michael, far avvisare lui non me" Precisò Devon “E’ lui il diretto interessato”
"È come pensi che reagirà?" Bonnie sembrava spaventata "mi fido di te affinché tu mantenga il segreto"
"Lo farò, sai che non ti deluderò” acconsentì lui “Ma sarà molto difficile, è un peso enorme"
"Lo so" gli diede un bacio sulla guancia sorridendo affettuosamente verso l'uomo che l'aveva trattata come una figlia per anni.
"Addio Devon"
"Addio Bonnie"
E lei sali sul taxi, scomparendo nel buio della sera e lasciandosi alle spalle la Fondazione che fino a quel momento era stata la sua casa.

**********

Il camion della Fondazione viaggiava a gran velocità sulla strada statale, di ritorno alla base.
Michael se ne stava appoggiato ad una delle pareti; era con le braccia incrociate e sbuffava infastidito, guardando KITT con aria minacciosa.
"Sta calmo, Michael" intervenne Devon "appena arriviamo alla Fondazione sistemeremo il problema"
"Problema?" Disse come se Devon avesse detto qualcosa di osceno "Ha fatto partire l'espulsione con il tetto aperto, facendomi volare fuori dalla macchina senza che io glielo abbia ordinato!"
"Sei atterrato sui cespugli, ringrazia che te la sei cavata con qualche graffio"
"Scusami, Michael" intervenne KITT desolato "Non so cosa sia successo, i miei sensori non rilevano nulla di anomalo, nemmeno un corto circuito"
Michael sbuffò, proseguendo il suo viaggio insieme a Devon.
"Sono undici anni che se succede qualcosa devo attendere di essere alla fondazione per vedere KITT riparato"
"La fondazione lavora per la difesa della legge e di meccanici davvero validi non ce ne sono"
"Non ce ne sono mai stati"
"Beh, April era una brava meccanica ed anche Bonnie era..."
"Non nominare Bonnie!" Sbottò Michael zittendolo "Lei non è qui"
Devon sospirò deviando il discorso
"KITT fai un’altra scansione dei tuoi circuiti e inviali alla fondazione, così quando arriviamo sono già pronti, anche se non troveranno niente dato che non rilevi anomalie neanche tu"
"Subito, Devon" e KITT obbedì.
Devon andò nella cabina dei computer, lasciando Michael e KITT soli.
"Non dovresti essere così scontroso con Devon" disse KITT "Sta facendo il possibile"
"Non sta facendo abbastanza!"
"Sei cambiato, Michael, lo posso sentire e avverto anche che il tuo battito è aumentato quando ha nominato Bonnie"
Un suono metallico da parte di KITT, dovuto ad un pugno ben assestato di Michael sul cofano, rimbombò per tutto il camion facendo affacciare Devon per vedere cosa fosse successo.
"Stai zitto, KITT"
Il camion si fermò, facendo capire di essere arrivato alla fondazione, il portellone posteriore si aprì e Michael uscì a gran velocità.
"Michael!" Lo chiamo Devon ma senza ottenere risposta "Non so più cosa fare"
"Dovremmo dirgli la verità" propose KITT “Un segreto che dura da undici anni mi pare eccessivo”
"Ci sono segreti che la gente si porta nella tomba, KITT" Devon si passò una mano fra i capelli "Bonnie mi fece giurare di non dire nulla, ed io manterrò la promessa"
"Ma, prima o poi, lo scoprirà e temo che reagirà molto peggio di quanto ci aspettiamo"
Una piccola risata nervosa uscì dalle labbra dell'uomo "Non penso reagirà peggio di quello che già fa...pensavo che con il tempo gli passasse"
"Invece sta peggiorando, spero che almeno migliori"
"Forse...tutto bene?" domandò infine Devon, rivolgendosi allo stato di ‘salute’ di KITT.
"Neanche un graffio, come al solito"
Devon fece un cenno con il capo e uscì dal camion, mentre la macchina si recò da sola entrando in officina.
KITT venne subito preso in carico da dei meccanici, fatti venire apposta, che si misero all'opera subito.
"Dove si sarà cacciato?" domandò Devon, più rivolto a se stesso che a qualcuno.
"È nella sua stanza" rispose KITT "Devon, stanno chiamando ai nostri uffici"
Devon alzò un sopracciglio "Chi è?"
"Il collegio di John Emilton"
A Devon mancò il fiato e un presentimento invase la sua mente facendolo tremare, un po’ dalla paura è un po’ dall'emozione.
Aveva atteso a lungo quella chiamata, da anni che l’aspettava; ora più che mai necessitava notizie dal John Emilton.
incrociò le dita e lasciò KITT in officina, correndo negli uffici.

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Capitolo 2
*** Telefonate dal John Emilton ***


Scusate il capitolo breve, avevo detto che sarebbero stati più lunghi ma a causa dell'idea che ho in testa farò partire il tutto dal prossimo perciò perdonatemiiii!!




Rinchiuso nella sua stanza, Michael osservava il soffitto con gli occhi persi nel vuoto; la mente affollata di pensieri ed il cuore colmo di rabbia e rancore.
Lui, che per tanti anni era stato una specie di Don Giovanni, aveva ceduto innamorandosi della persona che credeva ricambiasse e invece l'aveva lasciato senza preavviso e senza un perché.
Introvabile e non reperibile, Bonnie Barstow aveva lasciato un vuoto tale in Michael che lui si rifiutava di accettare qualunque tipo di aiuto.
Ad ogni missione trovava donne disposte a tutto pur di portarlo a letto ma lui, che un tempo avrebbe accettato, rifiutava tutte concentrandosi solo sulla missione a lui affidata.
KITT faceva di tutto per sostenerlo e lui lo trattava sempre male; se ne pentiva sempre, ma non riusciva mai a chiedere scusa.
Anche se KITT lo capiva, lui si sentiva morire e aveva paura di perdere i soli amici che gli erano rimasti.
Sapeva di essere stato intrattabile e scontroso, erano anni che faceva così e nonostante tutto lui ancora continuava e bastava un niente per farlo infuriare.
Pretendeva la perfezione che sapeva non ci sarebbe mai stata, pretendeva di dimenticare ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscito.
Era davvero tutto così strano, aveva perso il suo tocco; il fascino no di certo, altrimenti nessuna avrebbe tentato di portarlo a letto.
Ma lui era innamorato dell'unica donna che, all'improvviso, era fuggita.
Aveva sempre lasciato lui cuori infranti e donne a piangere, che poi si consolavano lo stesso, ora invece le cose si sono invertite e solo in quel momento aveva capito che cosa si provava.
Ma lui non cercava consolazione, cercava vendetta e non contro Bonnie; non sapeva neanche lui contro chi.
Sentire Devon, o KITT, nominarla lo faceva infuriare.
Lei lo aveva lasciato senza dire una parola e loro ne parlavano come se fosse un angelo quando in realtà...beh neanche lui sapeva più chi fosse.
Strinse i pugni e con uno scatto di ira prese il cuscino e lo scaraventò dall'altra parte della stanza, emettendo un ringhio sommesso.
Poi si rimise sdraiato, facendo respiri profondi per far sparire le farfalle allo stomaco.
Si alzò dopo quasi mezz'ora e, sebbene non fosse ancora calmo, scese in officina per controllare che KITT fosse a posto.
Nel entrare non trovo nessuno in officina, sicuramente erano riusciti a sistemarlo ed erano andati in pausa.
"Ciao, Michael" disse KITT avvertendo la sua presenza
"Ciao, amico"
"Ti sei calmato?"
"Si" mentì avvicinandosi e posando una mano sul tettuccio "Scusami"
"Non ti preoccupare" rispose la macchina "Mi hanno sistemato, non era nulla di grave, un piccolo corto circuito che i miei sensori non hanno rilevato, infatti li hanno potenziati"
"Meglio così" Michael sospirò appoggiandosi a lui "Devon sarà furioso"
"Non credo, come dici sempre tu, se non ti ha ancora ucciso…"
“…non lo farà mai” concluse Michael in coro con la macchina "Questo non mi rassicura lo stesso"
"Lo so, ma mi è sembrato giusto rammentarlo"
"Sai sempre trovare le parole giuste al momento giusto"
"Sono programmato per tenere la tua vita al sicuro Michael ma anche per darti supporto"
"E ti ringrazio per questo" sorrise, grato, al suo unico vero amico
"Approposito, pare che Devon ti stia cercando"
Michael gli diede dei colpetti sulla portiera "E pare che io mi debba far trovare" sorrise "sei un amico, KITT" ed uscì andando verso gli uffici della fondazione.
All'ingresso trovo la segretaria, una giovane donna di colore con un tailleur beige e i capelli raccolti in una treccia ordinata.
"Ehi, Grace" si avvicinò a lei appoggiando i gomiti sulla scrivania e mostrando uno dei suoi sorrisi da conquista "novità per me?"
"Ciao, Michael" sorrise lei sempre lieta di vederlo "stavo giusto per chiamarti, il signor Miles ha bisogno di te"
"I nostri incontri comprenderanno mai un caffè, oltre al lavoro?"
La donna finse di pensarci "Se insieme ci aggiungi una di quelle ciambelle del Fray's ci sto"
"Affare fatto!" Confermo Michael ridendo e voltandosi poi per raggiungere l'ufficio di Devon.
Quando entrò lo trovo intento a parlare al telefono, così rimase in attesa vicino alla porta. 
Quando finì lo fece accomodare "Siediti, Michael"
Michael noto il suo sguardo, era triste e abbattuto.
Si sedette e cercò di rompere il ghiaccio "So di non essere una grande presenza, ultimamente, ma quello sguardo mi pare eccessivo"
Devon sembrò non averlo sentito, i suoi pensieri erano rivolti altrove e questo non sfuggì a Michael.
“Che succede, Devon?”
"Ho una missione per te"
Michael sgranò gli occhi "KITT è stato appena riparato, dobbiamo prima collaudarlo"
"KITT dovrà fare ben poco questa volta, devi solo recuperare una persona e portarla qui" rispose Devon avvicinandosi ad uno dei quadri e spostandolo, rivelando una cassaforte.
L'aprì estraendo un enorme busta.
"Nascondi anche la corrispondenza?" Scherzò Michael, sperando in un perdono per il suo comportamento di prima.
Ma, anche lì, Devon non lo ascoltò "Devi portare questa busta al direttore dell'istituto John Emilton"
"Il collegio?" Devon annuì "Devo portare qualche professore qui? O il direttore?"
"Una delle studentesse"
Michael non capì il perché di quella richiesta, ma non osò fare domande non pertinenti e si limitò a chiedere informazioni in merito alla missione "È minacciata da qualcuno?"
"No, ma serve che venga qui, pensi di farcela?" Non aveva il coraggio di entrare nei dettagli, né di aggiungere particolari.
Michael se ne accorse e dentro di se sentiva di nuovo crescere la rabbia, ma non volle discutere.
Davvero Devon era arrivato al punto che, per punirlo, lo spediva in missione senza dettagli?
Sapeva di non essere un angelo, ma arrivare a fargli fare missioni, senza dire né perché né come, era troppo.
Non poteva fare nulla, non era nella posizione per discutere, anche se ebbe uno strano impulso di rovesciare la scrivania.
Riflettè; l'istituto si trovava a tre giorni dalla fondazione, se KITT resisteva avrebbero percorso abbastanza miglia da arrivare anche prima.
"Quando devo partire?"
"Subito e...Michael, non aprire quella busta, devi consegnarla al direttore intatta hai capito?"
"Certo che ho capito" disse quasi borbottando per poi uscire.
Devon sospirò e si sedette alla scrivania premendo un pulsante sul telefono "Grace, per favore mi porteresti un caffè? E, se è possibile, uno di quelli forti, per favore"
"Subito, signor Miles"
"Grazie" e si mise a sistemare le carte sulla scrivania, preparandosi mentalmente alle conseguenze che quella missione avrebbe portato.
Michael raggiunse l'officina di corsa e, dopo essersi assicurato che KITT fosse pronto, aprì la portiera e lanciò la busta sul retro con rabbia salendo a sua volta.
"Non voglio sapere cosa è successo, ma deduco che non sia nulla di divertente.
"Lascia perdere, KITT" mise in moto
"Dove andiamo?"
"All'istituto John Emilton"
"Il collegio?"
Non ricevette risposta e partirono.

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Capitolo 3
*** Cose mai sapute ***


Ciao a tutti! Belli e brutti! XD no dai scherzo siete tutti bellissimi!  Ecco il nuovo capitolo, come sempre ho il problema del PC che mi verrà ridato la prossima settimana perciò questo è l'ultimo capitolo che farò con il cellulare promesso.
Buona lettura e spero vi piaccia...baciiiiii.



Michael impiegò due giorni effettivi per arrivare all'istituto John Emilton.
Aveva guidato per ben dodici ore senza sosta poi aveva lasciato il tutto in mano a KITT, che si era fermato appena era scesa la notte.
KITT non aveva parlato per tutto il viaggio, ma si limitava a tenere sotto controllo i battiti del cuore di Michael.
Acceleravano di continuò per via della rabbia, che sfogava tempestivamente ogni dieci minuti sul cruscotto della macchina, seguita subito dopo da un indole tranquilla che gli faceva accarezzare il volante. Evidente segno di scusa.
Ma come si era ridotto in quel modo? Nemmeno KITT aveva le risposte chiare, non capiva neanche lui.
Michael non aveva toccato cibo, non si fermava neanche per sgranchire le gambe, le uniche volte che bloccava la macchina era per andare al bagno e poi si rimetteva in marcia.
KITT si teneva pronto ad ogni evenienza.
Parcheggiò in prossimità dell'istituto e rimase per un po’ ad osservarlo.
Si chiese chi fosse l'alunna da recuperare e perché era così importante che Michael consegnasse il bustone intatto al direttore.
Non negò che l'impulso di aprirlo era forte, ma si trattenne. Dopotutto aveva degli ordini e non aveva voglia di disobbedire.
Penso potesse essere la figlia di Aimish Brown, il capo meccanico dell'officina, aveva sentito che ne aveva due e che non li aveva mai conosciuti.
Sicuramente era così.
Diede dei piccoli colpi sul tettuccio di KITT, facendogli capire di restare in zona e pronto ad ogni eventualità.
L'istituto si presentava come un enorme villa che, all'apparenza, aveva si e no una quarantina di stanze da letto più tutte le altre.
La facciata era color grigio perla ed il tetto blu scuro.
Un vero e proprio palazzo reale.
Prese il bustone e salì lungo la scalinata che lo divideva dall’ingresso, un enorme portone in legno di ciliegio.
Quando entrò, si ritrovò davanti ad un lungo corridoio e nel completo silenzio.
Passarono due bambini e nel vedere Michael si spaventarono e scapparono via.
"Ne hanno chiamato un altro"
Li sentì bisbigliare.
-Perfetto- pensò.
Neanche il tempo di arrivare e già veniva adocchiato e titolato.
Se avesse avuto Devon sotto il naso lo avrebbe ucciso.
Cercò l'ufficio del direttore ma venne fermato da un signore, che aveva tutta l'aria di essere il custode.
"Mi scusi, questo è un collegio per studenti lei chi è?" Aveva i capelli bianchi e aveva tutta l'aria di uno a cui bastava un soffio per cadere e spezzarsi.
"Sono Michael Knight e lavoro alla fondazione per il rispetto della legge, mi hanno incaricato di venire qui per parlare con il direttore"
Il vecchietto sembro illuminarsi "Oh sì, il signor Knight" sorrise con fare amichevole "è vero, mi avevano riferito del suo arrivo, prego mi segua" si incamminò lungo il corridoio
"È grande questo posto" commentò Michael per conversare.
"È il più grande dello stato" disse fiero il custode "Approposito io sono Hank, se ha bisogno qualcosa mentre è qui chieda pure a me, conosco ogni angolo di questo istituto"
"La ringrazio, è da tanto che lavora qui?"
"Vediamo...Dal 1958, ci sono cinquantacinque stanze comprese quelle dei professori e la mia, cinque riservate a noi e le restanti cinquanta per i ragazzi e possiamo ospitare fino a duecento studenti, quattro per camera"
Hank proseguì nel discorso per tutto il corridoio, che a Michael sembrò infinito.
Le sue orecchie erano come tappate e la voce del custode era diventata un suono lontano; la sua mente era concentrata sui dettagli della villa.
Soffitti a volta e quadri costosi di famosi pittori.
Arrivò persino a chiedersi quanto fosse costata e quanto si pagava di retta.
Giunti davanti all'ufficio del direttore, Hank si fermò "Eccoci qua, signor Knight, spero di esserle stato utile e di non averla annoiata con i miei discorsi"
"La ringrazio e stia tranquillo è stato di ottima compagnia e istruzione"
Hank sorrise e infine aprì la porta, rivelando un enorme ufficio, pieno di librerie e con un lungo divano sulla destra appena entrati.
Al centro c'era una grande scrivania in legno di noce e due sedie altrettanto uguali.
Il direttore era lì, in piedi, che parlava al telefono.
Era scoppiata la moda dei telefoni portatili ma ancora qualcuno usava i fissi e questo fece molto piacere a Michael, visto che per lui l'orologio che aveva al polso e che comunicava con KITT era come un portatile.
Quando il direttore finì la chiamata sospirò di sollievo e lo guardò
"Oh, signor Knight, prego si accomodi" Indicò una sedia davanti alla scrivania "Hank, la stanza quindici per favore"
"Subito signore" disse Hank con un lieve inchino "signor Knight" ed uscì.
"Wow, mai vista tanta cortesia"
"Hank è il migliore, venne assunto dal mio predecessore e senza di lui mi sentirei perso" sorrise fiero "Io sono il direttore Jones, ho sentito molto parlare di lei"
"Dal signor Miles, immagino"
"Non solo"
A Michael venne da chiedere chi avesse mai parlato di lui, ma si trattenne; voleva solo sbrigarsela e tornare alla fondazione.
"Approposito” disse Michael, prima di dimenticarsene “Il signor Miles mi ha detto di consegnare questa busta a lei" passò il bustone al direttore, che rise
"Ah Devon, sempre il solito" disse appoggiando il bustone senza neanche aprirlo.
Michael si sentì infervorare, se neanche lo apriva poteva almeno farlo lui.
"Mi fa sempre avere cose in più nonostante gli dica che non servono"
"È un uomo molto preciso"
"Può dirlo forte!" Ammiccò accendendo un sigaro molto costoso "Gradisce?"
"No grazie, non fumo"
"Oh bene, perché mi creda è un brutto vizio ma purtroppo non riesco proprio a smettere" disse facendo una bella aspirata "mia moglie alla fine è scesa a compromessi e mi ha comprato questi dicendo di fumare solo se non riesco proprio a resistere e mi sento morire...diciamo che ne fumo uno ogni due giorni"
"È già un buon traguardo, tra qualche mese potrebbe arrivare a fumarne uno a settimana"
"Sarebbe un miracolo"
Si sentì bussare alla porta
"Avanti!"
Quando si aprì fece capolino la testa di una bambina
"Oh, Amelia, vieni mia cara accomodati"
La bambina entrò.
Michael rimase sorpreso.
Aveva sì e no dieci anni, i capelli lunghi ondulati e castani e due enormi occhi azzurri e...un’aria molto familiare.
"Vieni, siediti, non aver paura" la bambina di sedette sulla sedia di fianco a Michael.
"Allora, come stai Amelia?"
"Bene signore" rispose timidamente
"Le lezioni? Riesci a seguirle"
"Sì signore, ho migliorato in calligrafia, signore"
"Eccellente, mia cara, eccellente" poi guardò Michael "Migliora di giorno in giorno ed è la migliore in scienze e nel campo della meccanica"
La bambina abbassò lo sguardo arrossendo e facendo sorridere i due uomini.
"Comunque, mia cara, ti ho chiamato per quanto riguarda tua madre"
La bimba alzò lo sguardo "È peggiorata, signore?" chiese preoccupata.
"Purtroppo si, Amelia, e come ben sai mi ha incaricato che quando sarebbe stato il momento saresti potuta uscire e andare da lei" Amelia non rispose "Andrai alla fondazione come stabilito e proseguirai i tuoi studi lì, verrai affidata al solo ed unico parente che hai, il signor Knight per l'appunto"
Michele spalancò gli occhi e la bocca "No un attimo, mi scusi, a me?"
"Certo" rispose il signor Jones come se fosse la cosa più ovvia del mondo "Devon le avrà spiegato la situazione"
Michael si sentì morire, oltre che infuocare, ma cercò di stare calmo "No...” deglutì “Non mi ha detto nulla, ma penso di aver capito"
E in quel momento l'intero mondo gli crollò addosso

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Capitolo 4
*** Amelia Jane Knight ***


Appofitto a pubblicare oggi che il computer è miracolosamente tornato!!!
Per festeggiare assieme a voi vi posto questo nuovo capitolo, il 5 è già in lavorazione...muahahahah
 
 
“Pensi sia giusto Michael?” chiese Bonnie indietreggiando e toccando la parete.
Gli sguardi incrociati e il respiro irregolare, come il battito del cuore.
“Lo è” rispose semplicemente lui
“Ha senso?”
“Nulla ha senso” Michael si avvicinò a lei e allungò le braccia vicino al suo viso impedendole di muoversi “non ne posso più Bonnie”
Si erano sempre cercati ma mai si erano avvicinati.
Forse per paura, forse per stupidità, ma in quel momento non importava più nulla…erano solo loro due.
Lui sfiorò il viso di lei, che chiuse gli occhi.
Entrambi non avevano mai provato nulla di simile.
Lui aveva ormai la fama di Don Giovanni, tutte le donne cadevano ai suoi piedi, mentre lei era l’amante della meccanica.
Per lei l’unico di cui prendersi cura era KITT e i computer, la tecnologia era il suo mondo e tutto quello che Michael le faceva provare era nuovo.
Devon li aveva sempre appoggiati e sapeva bene di ciò che scorreva fra di loro.
“Ti fidi di me?”
“…Si…”
Lentamente, Michael, iniziò a baciarle il collo salendo sulle labbra mentre le mani scendevano attorno alla vita di Bonnie.
Anche se non andava fiero, aveva avuto abbastanza esperienze con le donne da sapere come attirarle.
Per un attimo Bonnie pensò che la prendesse in giro, ma sapeva bene che Michael non si era mai spinto oltre ad un semplice bacio con nessuna.
Si sentiva strana…si sentiva al sicuro.
“Michael…” sussurrò tremando
“Lasciati andare” la strinse a se e la baciò.
Dopo pochi minuti caddero sull’enorme letto della stanza Michael.
 
*****************
 
Il signor Jones non diede molte spiegazioni, li congedò affidando Amelia a Michael.
Gira e rigira il direttore era stato molto chiaro, tra lui e le bambina c’era un grado di parentela e Michael aveva ben capito quale.
In effetti gli occhi erano i suoi mentre il resto era, praticamente, tutto di Bonnie.
“La valigia della signorina Amelia è vicino alla sua macchina signor Knight” disse Hank, senza essere ascoltato.
Amelia lo salutò al volo e corse dietro a Michael.
Michael uscì al volo dall’istituto arrivando a KITT ed inciampando esattamente sulla valigia di Amelia, che prese e la mise sui sedili posteriori.
Amelia lo seguiva affannata, lui era adulto e con passi più grandi dei suoi.
Entrò in macchina “Chiama Devon…subito” disse senza cercare di nascondere tutto il suo rancore.
KITT eseguì e poco dopo sullo schermo apparve l’immagine di Devon.
“Michael! Sono due giorni che non ti fai sentire, sei arrivato? È andato bene il viaggio?”
“Perché non me lo hai detto?” disse tagliente Michael.
Devon gli doveva parecchie spiegazioni.
Era tutto così confuso, tutto troppo surreale per essere vero.
“Direi che sei arrivato” cercò di sdrammatizzare, ma ricevette solo un occhiataccia da parte di Michael.
Devon sospirò “Vedi Michael…” quando Devon iniziava un discorso così, non sarebbe mai arrivato al dunque e avrebbe tergiversato in tutti i modi.
Ma Michael non aveva voglia di sentire giri di parole.
“PERCHE’ NON ME LO HAI DETTO?!” sbottò furioso, ignorando che la bambina era fuori dalla macchina e che attendeva ordini su cosa fare.
“Perché non potevo” rispose Devon con aria abbattuta.
Si aspettava che Michael reagisse male, ma non in quel modo.
“Perché?”
“E’ stata Bonnie a volerlo”
Si sentì ancora più tradito e usato di prima.
Lui aveva amato così tanto Bonnie e lei gli aveva fatto questo, gli aveva tenuto nascosta una bambina.
Non si fidava di lui? Allora perché si era lasciata andare? Perché si era concessa a lui se poi non voleva che fosse il padre di sua figlia?
Il tutto andava oltre i pensieri di Michael.
Non disse altro e chiuse la comunicazione, tirando infine un pugno sul cruscotto di KITT.
“Sfogare la tua rabbia così non servirà”
“Tu stai zitto!” disse “tu sapevi tutto e non hai mai detto nulla, sei come Devon, quindi evita di parlare o finirai peggio di quanto immagini” non ci fu risposta.
Fece dei profondi respiri ma non servirono a molto, era sempre più furioso.
Guardò Amelia, che stava ancora aspettando
“Vieni, entra” disse cercando di apparire calmo e dolce, non poteva prendersela con una bambina innocente.
Amelia non centrava nulla.
La bambina entrò, si sedette e agganciò la cintura.
“Wow…che macchina stupenda”
“Si lo è” rispose Michael evitando qualsiasi altro tipo di commento poco rispettoso.
“Quante luci, chissà a quanto viaggia”
“Viaggia più di quanto immagini e anche fin troppo”
“E’ davvero sua?”
Li sì che poteva rispondere come voleva.
“No” disse “è della Fondazione dove lavoro e dove adesso siamo diretti” sapeva che così KITT si sarebbe offeso, ma in quel momento non gli importava.
Loro gli avevano fatto del male e lui avrebbe risposto, anche se tutto ciò significava abbassarsi al loro livello.
“Anche la mia mamma lavorava lì…così mi ha detto”
Michael tremò
“E…adesso?”
“La mia mamma si trova al Hugo Hospital”
Michael tremò ancora…era l’ospedale per malati terminali.
Sparita…sparita per quasi undici anni per poi venire a scoprire che era malata terminale.
Avrebbe voluto urlare.
“Mi dispiace”
“Lei è…è davvero il mio unico parente?” chiese la bambina, riferita a ciò che il direttore aveva annunciato nel suo ufficio.
Cosa poteva risponderle?
Come poteva dirle di sì se anche lui faticava a capirlo? Non poteva neanche dirle di no, però.
Era in un mare di guai.
Sospirò e mise in moto partendo.
Non ottenendo risposta, Amelia si rassegnò e rimase muta.
Sarebbe stato un viaggio di ritorno più lungo dell’andata.
Passò un quarto d’ora poi, dopo che la noia era diventata insopportabile quanto il silenzio, Amelia si mise più dritta e iniziò ad osservare KITT in ogni dettaglio.
Per un attimo, Michael, si aspettò che iniziasse a toccare tutti i bottoni e invece si stupì nel vedere che osservava silenziosamente e…pensava.
Pensava come se stesse cercando di capire le componentistiche della macchina.
Gli sguardi erano uguali a quelli di Bonnie, esattamente gli stessi di quando studiava KITT per ripararlo.
“La luce del…” lesse attentamente “dell’espulsore del suo sedile è difettata” disse Amelia
Michael gli diede un occhiata “La farò controllare appena arriviamo alla fondazione” ecco perché KITT ogni tanto lo sputava fuori senza motivo.
“Non c’è bisogno lo faccio io” e allungò una mano verso il pulsante
“Ehi ferma aspetta…” ma non fece in tempo a finire la frase che Amelia aveva sistemato il problema in men che non si dica, mostrando infine un piccolo sassolino “ma come…?”
“Questo lo bloccava e faceva contatto” disse lei semplicemente “a giudicare da quello che leggo sul bottone, lei rischiava di essere espulso dalla macchina giusto?”
Michael si limitò ad un sorriso.
KITT aveva già provveduto ad espellerlo fuori e tutto per colpa di un sassolino che nemmeno i meccanici erano riusciti a trovare.
Sicuramente era un sassolino del deserto dove si allenava con KITT.
“Giusto”
“Ha altre funzioni?”
“Molte, ma le scoprirai pian piano”
“Sì” sorrise la piccola rimettendosi composta “comunque le prometto che non tocco più niente”
“Facciamo così, io ti permetto di toccare quando vuoi solo se mi dai del tu”
“Va bene” accettò lei felice
“Io sono Michael” disse allungando la mano verso di lei, anche se Amelia sapeva bene il suo nome era giusto ripresentarsi nella maniera più corretta e rispettosa.
Lei rise “Amelia Jane Knight”
Michael impallidì…Bonnie le aveva dato il suo cognome.
Le mani tremarono sul volante e Michael pregò che KITT non facesse niente
“Ma preferisco Amy” concluse la bambina.
“Ed Amy sia” rispose Michael cercando di apparire normale.
Poco dopo si sentirono alcuni strani BIP da parte di KITT.
“KITT, che succede?”
“E’ Devon, ti sta chiamando da dieci minuti ma tu mi hai detto di stare zitto”
Michael avrebbe voluto ucciderlo, ma era più facile a dirsi che a farsi.
“Disattiva la linea” e così fu.
Amy aveva la bocca spalancata e gli occhi illuminati.
“La macchina ha parlato!”
“Sa fare anche questo” disse come se niente fosse
“Mamma me lo aveva detto che aveva una macchina che parlava, ma io non ci credevo”
“Tua madre ti ha spiegato tante cose immagino”
“Non molto” disse la bambina abbassando lo sguardo “mi ha detto che lavorava in questa fondazione, con una macchina parlante e che ad un certo punto ha dovuto andare via”
-E senza preavviso…senza un biglietto…o un bacio- pensò Michael
Bonnie era stata molto riservata anche con Amy e forse era un bene; meno la bambina sapeva meglio era.
“E non mi ha mai detto…niente di…di te”
“Beh Amy, vedi…” e adesso? “Non c’è molto da dire su di me” non c’era assolutamente niente da dire.
Amy capì che Michael non le avrebbe dato tutte le risposte così facilmente, cambiò discorso “Come…come hai chiamato questa macchina?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché tutti danno in segreto un nome alla propria macchina” disse Amy alzando le spalle “Hank chiamava il suo taglia erba Herbie”
“Si chiama Knight Industrial Two Thousand”
“Cosa?”
Michael rise “Chiamalo semplicemente KITT”
“KITT…mi piace! Già ti adoro KITT” non ottenne risposta “KITT?”
“Lascia stare Amy, non penso che ti risponderà…per ora”
“Perché?”
-Perché ci ho litigato e gli ho detto di non rispondere, altrimenti lo frantumavo- pensò con un sospiro “Perché…ti sta studiando, prima impara a capirti e poi ti risponde”
Che altro poteva dirle?
Il viaggio proseguì.
 
*************
 
“Forza, signora Barstow, manca poco”
Bonnie respirò a fondo e chiuse gli occhi.
Non stava bene, andava tutto male e avrebbe preferito morire piuttosto che continuare.
Pensò a Michael, lo voleva con lei e voleva poterlo stringere.
-Oh Michael- pensò fra se e se –dove sei? Aiutami, Michael-
Ma lui non appariva…e come poteva?
Non sapeva nulla di dove lei fosse, della bambina che stava dando alla luce…di quello che provava.
-Ti volevo con me…dovevi esserci…è colpa mia…non ci rivedremo più-
“Ancora un po’ signora Barstow”
Bonnie gridò e poco dopo lo udì…udì il pianto della sua bambina…sua e di Michael.
Amelia Jane Knight

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Capitolo 5
*** La fabbrica ***


Buongiorno!!! Andiamo per punti.
Ho modificato l'introduzione (o la trama, chiamatela come volete) l'altra era pessima in tutti i sensi
Ho un sacco di storie ferme e sto impazzendo, se dovessi ritardare nel pubblicare significa che sto seguendo le altre, ma non mi dimentico state tranquilli.
Buona lettura! 




Il mattino seguente, Michael, si svegliò sentendosi dolorante.
Non era la prima volta che dormiva in macchina, ma ultimamente stava perdendo colpi...Invecchiava.
Invecchiava come tutti, ma allo stesso tempo non riusciva ad accettarlo e voleva fare le solite peripezie insieme a KITT, che invece era sempre lo stesso.
Amy si era addormentata al calar del sole e non si era svegliata da allora, dormiva come un angioletto.
Lui invece aveva guidato finché gli occhi non avevano implorato pietà e si era fermato in uno spiazzo sul lato della strada; essendo abbastanza deserta nessuno li avrebbe disturbati.
Si massaggiò il collo infine si tolse la giacca e la mise ad Amy, spostandole i capelli da davanti al viso.
Faceva freschino, ma lui lo poteva sopportare.
Scese dalla macchina e si stiracchiò, felice di poter muovere le gambe dopo ore di guida.
Respirò l'aria mattutina a pieni polmoni facendo un po' di stretching con le braccia, era da poco sorta l'alba.
Intravide, a pochi metri di distanza, un cartello che indicava la città più vicina, ad un miglio da lì.
Era decisamente l'ideale per fare una bella colazione.
Non mangiavano dalla sera prima, perché Amy si era addormentata e lui non aveva neanche un po' di fame.
Sbadigliò e poi osservò la piccola.
Assomigliava così tanto a Bonnie che per un attimo penso che si fosse miniaturizzata.
Non ebbe il coraggio di svegliarla.
Si appoggiò a KITT che, come sempre, era in allerta.
Osservò l'orologio "Se non troviamo traffico, partendo subito dopo la colazione, dovremmo raggiungere la fondazione entro sera"
Non ricevette risposta.
"KITT?" ancora nulla.
Michael sospirò "Mi dispiace...Essendo una macchina molte cose non puoi giustamente capirle e spiegare sarebbe lungo ma...Per un attimo mi sono sentito usato capisci?"
Ma niente, KITT non rispondeva.
"Ti prego, KITT, rispondimi" era naturale che fosse offeso, macchina o no capiva le minacce e gli insulti e lui l'aveva offeso pesantemente non considerandolo più suo amico "Va bene...Lasciamo stare" non volle proseguire, era meglio stare zitti.
Entrò in macchina e sospirò accarezzando il volante.
Se insisteva lo avrebbe irritato di più.
Si voltò infine verso Amy e allungò una mano per svegliarla
"Amy...Svegliati, piccola"
Amy si lamentò e lentamente aprì gli occhi
"Ben svegliata dormigliona"
"Michael" si mise dritta notando di avere la giacca di lui addosso "Grazie"
"Di niente" Amy fece per dargliela ma lui la fermò "tienila pure, fa abbastanza fresco la mattina, me la darai più avanti"
"Va bene"
Michael mise in moto "Adesso raggiungiamo la prima città e facciamo una bella colazione"
"Oh sì, ho una fame" rispose euforica, svegliandosi del tutto.
"Vedo che ci capiamo" sul cibo andavano d'accordo.
Partirono raggiungendo la prima città.
Era abbastanza deserta, solo qualche macchina viaggiava, ma erano rare anche quelle.
I negozi erano ancora chiusi, tranne i bar e i fast-food.
Alle sette del mattino, di sabato, era anche normale.
Cercarono un parcheggio e lo trovarono esattamente davanti ad un piccolo bar.
Quando scesero, Amy si accorse di ballare dentro alla giacca di Michael
"Mi va grande" rise alzando le braccia e mostrando le maniche che coprivano, di almeno dieci centimetri, le mani piccole della bambina.
Rise anche lui e solo in quel momento si accorse di ogni dettaglio di Amy.
Aveva una piccola macchia chiara sul collo, uguale a quella che aveva scoperto a Bonnie durante la fatidica notte.
Indossava un semplice paio di jeans e una camicia alla boscaiola, proprio come quelle che piacevano a Michael.
"Bella camicia" disse
"Grazie, mi piacciono le camice così" almeno qualcosa, oltre agli occhi, l'aveva presa da lui.
Non aveva mai avuto a che fare con bambini e non sapeva come comportarsi, cosa gli piaceva e cosa no.
Avrebbe dovuto imparare in fretta, dopotutto era l'unico parente che aveva...così aveva capito.
"Un bel bicchiere di latte lo vuoi?"
"Oh sì, per favore"
Entrarono nel bar, Michael ordinò e si sedettero al tavolo.
Amy sbadigliò e si guardò attorno curiosa.
Poi il suo sguardo si posò su KITT "Perché non parla più?"
Michael sospirò, era meglio spiegare qualcosa alla bambina, non nei dettagli ma quanto bastava a farle capire.
"Vedi, Amy, KITT è una macchina ma...allo stesso tempo ha sentimenti e quando viene offeso riesce anche a non parlare per due giorni"
"E tu l'hai offeso?"
"Diciamo che, in un attimo di rabbia, ho detto cose che non pensavo" guardò verso KITT, che aveva i sensori attivi e vigilava la zona.
Lo guardò avvilito, senza sapere cosa dire o fare.
Era il suo migliore amico, l'unico che lo capiva...e lui l'aveva trattato come se fosse uno scarto.
Si sentiva così in colpa che avrebbe voluto urlare.
Quando arrivò il loro ordine, fecero colazione, guastandosi a pieni sorsi il loro latte e una piccola brioche, che Michael aveva ordinato apposta per Amy.
"Cioccolato!" Esclamò "fantastica!"
"Sapevo che ti sarebbe piaciuta"
La mangiò di gusto e finì il latte, ritrovandosi con i baffi.
"Direi che non sei amante del latte" disse Michael sarcasticamente, prendendo un tovagliolo e aiutandola a pulirsi "ora andiamo, tu esci io arrivo subito e non muoverti dalla macchina"
"Si" ed uscì avvicinandosi a KITT "ciao KITT"
"Ciao, Amy" salutò l’auto.
"Ma allora parli!"
"Certo, ti aspettavi diversamente?"
Scosse la testa "Michael mi ha detto che avete litigato"
"Non avrei usato questo termine" rispose KITT "Ma aveva le sue buone ragioni e credimi, non contraddirlo mai"
"È cattivo?"
"Assolutamente no, ma quando si arrabbia nessuno lo ferma"
"Oh..."silenzio per alcuni istanti "te l'hanno mai detto che sei fantastico?"
"In tanti" rispose "ma da parte tua è meglio che dagli altri"
Amy rise "La mia mamma mi ha parlato di te"
"Davvero?" Domandò con tono sorpreso "E come sta adesso?"
"Non sta bene" Amy abbassò lo sguardo
"Mi dispiace, ma sicuramente troveranno un modo per farla stare meglio"
"Speriamo....Michael è dispiaciuto per averti offeso"
"Ho sentito tutto, dispiace anche a me"
Amy mise un mano sul cofano di KITT per accarezzarlo, ma quando l'appoggiò sentì due enormi braccia avvolgerla e tirarla su.
"KITT!" Gridò allungando le sue braccia, come se volesse raggiungerlo "KITT!"
"AMY! Michael hanno preso Amy" comunicò KITT attraverso l'orologio.
Michael uscì immediatamente, facendo appena in tempo a vedere un pick-up allontanarsi "Seguili KITT!" Sali in macchina e sgommando partì seguendo il rapitore.
Amy era sul retro, che si teneva aggrappata al bordo per evitare di finire fuori.
Il pick-up era veloce, Michael dovette attivare l’alta velocità per raggiungerlo.
"Traccia la rotta e stagli dietro KITT"
"Subito" sul monitor apparve la mappa della zona e le due possibili strade che il pick-up avrebbe potuto percorrere "c'è una fabbrica di metallo a un miglio da qui, sono diretti la"
"Anche noi" rispose Michael.
Nonostante il turbo, non riuscirono a stargli particolarmente appiccicati e in più Michael non voleva rischiare di farlo finire fuori strada o avrebbe fatto male ad Amy.
Meno di ventiquattro ore e come padre aveva già fallito.
Raggiunsero la fabbrica e si fermarono dietro a dei cespugli per non farsi vedere.
"KITT, scansione la zona"
KITT fece come gli era stato ordinato e sul monitor fece apparire una mappa della fabbrica.
"Ci sono sei persone nella zona ovest, in quelli che un tempo dovevano essere uffici"
"Bene, vado a prendere Amy tu guardami le spalle"
"Michael, aspetta!" Ma niente, era già andato.
Nel frattempo, nei vecchi uffici.
"Capo!" L'uomo che aveva preso Amy, un bestione di almeno novanta chili, si avvicinò ad una scrivania trasandata.
C'era una sedia, di quelle girevoli, rivolta verso il muro.
"E Knight?"
"Seminato al bivio"
La sedia girò, rivelando il volto di chi stava dietro.
L'uomo enorme teneva Amy per un braccio e non accennava a mollare la presa.
Un signore, della stessa corporatura di Michael, forse più muscolosa, con baffi, pizzetto e le mani incrociate sotto al mento, osservò la bambina con uno strano sorriso stampato in volto.
"Ci rivediamo, Amelia"
Amy sgranò gli occhi e tentò di dimenarsi con insuccesso
Quello che uscì dalle sue labbra fu solo un lieve mormorio, simile al pigolio di un pulcino.
"Garth Knight"

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Capitolo 6
*** Che fare? ***


Perdonate il super ritardo, spero che il capitolo vi piaccia.





Amy giocava, con una piccola palla, sulle scale del condominio popolare.
I muri cadevano a pezzi e a volte qualche calcinaccio le finiva in testa e lei fingeva stesse cadendo la neve.
Quattro anni e tutta una vita davanti, sognare e giocare erano le uniche cose che sapeva fare bene.
La sua mamma si era trasferita lì quando l'aspettava e non si erano mai mosse.
La sua palla era colorata e quando la lanciava si immaginava di veder apparire un arcobaleno.
Ad un certo punto la palla le cadde di mano, rotolando per le scale, Amy scese ma si fermò quando vide un uomo che l'aveva presa.
Era alto e dai capelli castani e ricci, pizzetto, baffi e occhi azzurri.
Aveva un aria distinta ed era raro che qualcuno vestito bene venisse in quel palazzo.
"È tua questa palla?" Domandò accennando un sorriso alla bimba, che annuì.
Lui gliela porse "Non perderla"
Amy sorrise e scosse la testa.
"Ti hanno mangiato la lingua?"
"La mia mamma non vuole che parlo con gli sconosciuti"
"La tua mamma è saggia" allungò la mano "io mi chiamo Garth Knight"
"Anche io mi chiamo Knight!" Esultò la bambina stringendo la mano a sua volta “Amelia Jean Knight!”
Garth sorrise appena.
Le era stato dato il nome del padre che nemmeno sapeva della sua esistenza.
"Amy!" La voce della mamma di Amy si udì per le scale
"Sono qui, mamma!"
La donna si affacciò sulla tromba delle scale e guardò nella direzione da cui arrivava la voce della bambina, due piani più giù.
Quando vide con chi era tremó e scese di corsa, bloccandosi a pochi gradini da Amy.'
"Mi era caduta la palla! Il signore me l'ha ridata" sorrise la piccola indicandolo.
"Salve, signora Barstow"
Bonnie deglutì "Amore, ti ho preparato la merenda vai di sopra io ti raggiungo"
"Si, mamma" sali i gradini poi si voltò rivolgendo un "Grazie, signore" e poi scomparì in casa e mormorando "merenda, merenda " tutta felice.
Bonnie respirò a fondo "Tu eri morto" disse rivolta a Garth
"Ti sembro un tipo facile da uccidere?" Sali i gradini avvicinandosi sempre di più a lei, che indietreggiò fino al muro.
"Che cosa vuoi Garth?"
"Solo il tuo aiuto"
"Con tutte le donne al mondo?"
L'uomo rise "Non è per quel motivo, non sei neanche il mio tipo" rise per poi tornare serio "Voglio che tu mi aiuti a ricostruire ciò che mi è stato levato...che Michael mi ha tolto"
Bonnie ebbe un flash e spalancò gli occhi "No...no non puoi!"
"Sì che posso e tu mi aiuterai" la bloccò al muro "Non vorrai che, a qualcuno di innocente e indifeso, capiti qualcosa vero?"
"Sta alla larga da mia figlia!" Fece per dargli uno schiaffo, ma ebbe un capo giro e le gambe le cedettero, facendola inginocchiare.
Garth si chinò su di lei, pronto comunque ad intervenire, aveva bisogno del suo aiuto.
"Mettiamola così, se mi dai una mano ti posso garantire che a tua figlia, quella dolce pargoletta, non mancherà nulla e che tu potrai avere le cure che ti servono" Bonnie lo guardò "Sì, so tutto mia cara" l'aiutò ad alzarsi "Tu pensaci, ti do tre giorni e, qualunque sia la risposta, voglio che tu venga nella mia villa fuori città a dirmi cosa hai scelto"
Bonnie aveva il respiro affannoso ma sostenne lo sguardo
"Salutami la bambina"
E se ne andò.
Bonnie rimase immobile qualche istante, passandosi le mani sul volto e fra i capelli.
Che cosa poteva fare?

***********


"Lasciami andare!"
"Non è così semplice, signorina" Garth sembrava tranquillo "Vedi, la tua mamma non ha portato a termine il lavoro che le avevo chiesto e tu sei l'unica che può continuare, hai le mani piccole e arriveresti bene ai circuiti della centralina"
Amy tentò di liberarsi dalla presa degli uomini di Garth "Michael verrà a prendermi"!"
"Oh, mia cara, stai riponendo la tua fiducia nell'uomo sbagliato"
Si alzò dalla sedia e si avvicinò a lei con passo lento.
"Da quando ti conosco ti ho sempre dato tutto, vestiti, giocattoli, istruzione, un letto per dormire e da mangiare" spiegò Garth "hai sempre avuto tutto ciò che sognavi eppure mi hai sempre odiato e adesso stai preferendo un altro a me"
"Io non voglio i tuoi giocattoli!" sbottò Amy "Michael è il migliore e poi ha una macchina parlante e potente con lui, verranno a prendermi!"
"Voglio svelarti un segreto" si inchinò alla sua altezza e fece cenno agli uomini di lasciarla andare e mettersi davanti alle porte.
"A Michael non importa nulla di te, ha lasciato la tua cara mamma quando aveva più bisogno di lui, non gli interessa della sua unica figlia" spiegò fingendosi sconfortato e con una parlata fin troppo comprensiva "lui ti lascerà ancora"
"No, non è vero, smettila" si mise le mani alle orecchie per non ascoltare
"Non ti vuole, Amy" continuò "ti abbandonerà ancora"
"No!"
"Tu vuoi che la tua mamma stia bene, giusto? Allora rendila felice e lascialo stare"
Amy piangeva, le lacrime scendevano copiose.
Non sapeva a chi credere e cosa pensare.
Garth era cattivo ma doveva ammettere che Michael non c'era mai stato e lo aveva conosciuto solo poche ore prima, scoprendo che era suo padre.
Un padre mai esistito, un padre che non c'era alla sua nascita e quando la sua mamma aveva attacchi durante la notte.
A chi doveva credere? A Garth o a Michael? Che, comunque, si era mostrato gentile nei suoi confronti.
Se pensava al fatto che Garth, nella sua infinita cattiveria, le aveva comunque dato una vita piena di fronzoli e divertimento, poteva definire Michael un intruso e impostore.
Ma doveva anche ricordarsi che Michael non aveva preteso nulla da lei, nemmeno di farsi chiamare papà e non l’aveva forzata a fare nulla.
Si strinse nelle braccia e tastò la giacca di Michael, che ancora aveva addosso.
Che cosa doveva fare?

******

"Hai sentito?" Domandó KITT.
"Ho sentito" il suo istinto di vendetta era diventato tale da non poterlo più contenere "Chiama Devon e digli di venire al paese"
Garth aveva tenuto Amy per tanto tempo, ma l'aveva fatto con uno scopo ben preciso e non per amore.
Montò in macchina e tornò indietro, pregando che Garth non la toccasse con un dito.
Non era un comportamento degno di un padre e nemmeno degno di un essere umano, andarsene via così era una cosa umiliante.
Ma aveva bisogno di fare le cose con la giusta calma, anche se lui sarebbe partito in quarta, la sua unica certezza era che Amy non avrebbe corso alcun pericolo di vita.
Era l'unica speranza che lo teneva fermo, dopotutto Garth l'aveva cresciuta al posto suo.
Amy però voleva il suo aiuto, quello di Michael Knight e non Garth.
"KITT, che devo fare?"
"Aspetta Devon e poi agiamo" rispose la macchina "E’ stata una buona idea la ricetrasmittente nella giacca"
"Si...un ottima idea" se Bonnie fosse stata lì l'avrebbe ucciso.
Aveva fallito come amante, fallito come uomo e stava già fallendo come padre.
E se fosse sceso a compromessi? Avrebbe salvato la bambina?
Scosse la testa e inchiodò. Doveva fare qualcosa
"Michael! Che stai facendo?" Domandò KITT allarmato.
Michael si tolse l'orologio e lo posò sul sedile del passeggero, poi uscì.
"Michael!"
"Vai in città e aspetta Devon" ordinò.
"Ma..."
"Non contraddirmi KITT!" E tornò verso la fabbrica, lasciando che KITT tornasse indietro senza di lui.
Camminava a passo svelto, voleva a tutti i costi salvare Amy dalle grinfie di Garth...o almeno, così sperava.
Era invecchiato e di combattere non aveva più voglia.
Che avrebbe fatto?

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Capitolo 7
*** Pessime decisioni ***


Scusate il capitolo corto, a presto!!



Il sole era alto e cocente, la testa di Michael era un mucchio di pensieri e confusione.
Si avvicinò alla fabbrica, sorvegliata da due omoni alti, più grossi di lui e armati.
Lui non aveva nulla, come sempre.
Una volta nella loro visuale, i due uomini tirarono fuori le pistole e le puntarono contro Michael, che alzò le braccia.
"Non sono armato!" si affrettò a dire "Voglio parlare con il vostro capo" 
Non mancò una bella perquisizione di fino, che a Michael non andò giù, dove i due uomini toccarono ogni parte del corpo.
Michael giurò che uno dei due avesse tentato di mettere le mani nelle mutande, per fortuna aveva la cintura che teneva i pantaloni ben appiccicati alla vita.
Una volta finito lo scortarono all'interno della fabbrica.
Appena dentro, si ritrovò in quella che sembrava un autofficina, piena macchinari e ponti, poi entrarono in una porta laterale, che dava su un lungo corridoio il cui unico sbocco si trovava a circa tre metri.
Aprirono la porta opposta e si ritrovarono in un ufficio.
"Aspetta qui" dissero i due uomini ed uscirono.
Michael rimase fermo ed osservò ogni minimo dettaglio, a partire dalla telecamera di sorveglianza e del monitor alla quale era connessa; assieme ad altre cinque telecamere, di cui una spenta.
Michael notò che c'era persino una telecamera nel bagno; se c’era lì dentro, come mai la sesta telecamera non riprendeva? Cosa poteva esserci di più privato di un bagno?
Era forse una cantina? Era più logico lì che nel bagno, ma Michael non volle mettersi a capire come funzionasse la mente di Garth.
Gli bastava sapere che era contorta e non poco.
La porta dell'ufficio si aprì poco dopo e Garth fece capolino.
"Michael Knight" disse sorridendo ben poco amichevole "Che piacere rivederti"
"Non posso dire lo stesso" rispose secco
"È il modo di rispondere al tuo ex nemico?" Gli fece cenno di sedersi e poi prese una scatola "Sigaro? È cubano"
"No grazie"
Garth alzò le spalle e lo accese, ignorando se a Michael desse fastidio o no
"Sorvegliare una fabbrica vuota e un bagno non mi sembra utile" disse Michael indicando il monitor.
"Ho le mie ragioni" Garth fece una bella aspirata e lo guardò "Arriva al dunque, Michael, perché sei qui?" Domandò, anche se dal tono si capiva che già sapeva il motivo.
Voleva proprio sentirselo dire, voleva vederlo strisciare.
Quell'uomo era più subdolo di quanto immaginava, se poi si contava che era anche furbo stava a cavallo.
"Sono qui per Amy" disse "La rivoglio indietro"
Garth rise.
Si stava abbassando a tanto? A chiedere invece che prendere?
Non era da lui, sapeva che si stava comportando da stupido, ma voleva fare le cose con le buone.
Aveva sentito che Garth aveva curato la bambina e le aveva permesso un istruzione e una vita agiata, lui era molto più ricco di Michael.
La sua unica certezza era che non le avrebbe mai fatto del male, che fosse per amore o perché aveva bisogno di lei non gli era dato saperlo, ma era certo di quello.
"Sembra che tu mi stia chiedendo indietro una statua, caro Michael, non una persona a te cara" disse facendo un’altra aspirata e poi spegnendo il sigaro.
"Voglio Amy" ripeté
"Temo sia difficile che ciò accada" mise le mani incrociate sotto al mento "vedi, per la legge, io sono il suo tutore, colui che si è e si prenderà cura di lei"
"Bonnie ha fatto esplicita richiesta di affidarla a me!" replicò Michael a denti stretti
"Bonnie è malata e ormai non le resta tanto da vivere, anzi..." Guardò l'orgoglio "per quanto ne so potrebbe anche essere deceduta da un ora" Garth rise ma venne preso per il colletto della camicia da Michael, che aveva fatto un balzo oltre la scrivania e lo aveva sbattuto contro al muro.
Garth, però, continuava a ridere, come se non gli importasse niente di quelle reazioni.
Rideva ancora, ignorando lo stato d’animo di Michael.
"Michael, Michael" disse con tutta la calma del mondo "Non funziona mio caro, i violenti non ottengono mai le custodie dei bambini"
"Ridammi mia figlia!"
"Oh, adesso è tua figlia? Ma se poco fa era una statua" replicò Garth, ma si ritrovò in pugno in pieno volto e il naso iniziò a sanguinare
"Dimmi dove si trova o ti giuro che non resterà molto della tua faccia"
"Se mi uccidi, non saprai mai dove si trova la bambina" un altro pugno in pieno volto e infine lo lasciò andare, anche se il suo istinto era quello di ucciderlo seduta stante.
Riprese fiato e attese che Garth si rimettesse in piedi "Hai vinto tu" disse Michael all’improvviso.
Garth sembrò non capire.
Michael sembrò aver realizzato che il coltello dalla parte del manico l’aveva solo Garth.
Doveva trovare un’alternativa, ma non gliene vennero in mente tante.
"Hai vinto” Ripeté “Tieni la bambina, avrai più cura te di lei"
Garth rimase sorpreso ma allo stesso tempo soddisfatto "Hai già cambiato idea?"
"Non ci sono stato fino ad ora, posso anche non esserci affatto" commento stringendo a pugno le mani "Ma se le torci un solo capello giuro che..."
"Giuri che cosa, Michael?" Lo zittì Garth "Che mi uccidi? Ne dubito fortemente"
Uno schiocco di dita e i due uomini di Garth lo afferrarono da dietro, iniziando a prenderlo a calci e pugni fino a stenderlo.
Infine lo presero per le gambe e le braccia e lo portarono fuori, gettandolo a terra come uno straccio e senza troppi complimenti.
Michael era indolenzito e gli faceva male dappertutto.
Lo avevano colpito sulle gambe e sulla schiena, perciò qualunque tipo di livido nessuno lo avrebbe visto, lui però li sentiva e anche parecchio.

*****

Amy era in un angolo, seduta, che piangeva e si sentiva tradita e arrabbiata.
Fissava un monitor che inquadrava l'ufficio dove Garth stava seduto.
Due casse da stereo erano attaccate ad esso e le facevano sentire tutti i rumori che Garth emetteva mentre spostava gli oggetti sulla scrivania.
I due uomini, che avevano sbattuto fuori Michael, entrarono e la presero.
Amy si dimenò e scalciò ma era tutto inutile, erano più grossi e forti e lei piccolina e minuta.
"Lasciatemi!"
Ma la portarono via.

******

Michael raggiunse la città.
Aveva percorso un miglio di strada a piedi e senza forze, pentendosi di non aver l'orologio con se.
Non voleva che KITT lo sentisse, che provasse a contattarlo o altro, voleva cavarsela da solo ma aveva solo combinato un disastro.
Si era sentito, per un attimo, debole senza l'aiuto del suo migliore amico e quella debolezza lo aveva spinto a non reagire ai colpi dei due scagnozzi di Garth e cedere la bambina a lui.
Va bene avere la certezza che non le avrebbe mai fatto del male, ma aveva sbagliato e solo in quel momento se ne rese conto.
Giunto all'ingresso della città, vicino al marciapiede, trovò KITT ad attenderlo.
Si avvicinò trascinando le gambe e mise una mano sul tetto
"Ehi amico" biascicò riprendendo fiato.
"Michael!" Esclamò KITT "Cosa è successo? I miei sensori rilevano lividi e contusioni"
"Nulla di grave" si sforzò di sorridere 
"Devi andare in ospedale"
"KITT, sto bene" tagliò corto Michael salendo in macchina e sedendosi.
Chiuse la portiera e tirò un sospiro di sollievo
"Dov'è Amy?"
Michael non rispose. Non sapeva cosa dire.
-L'ho venduta come un idiota- pensò.
"Poi ti spiego" e prese il suo orologio, ancora sul sedile del passeggero.
KITT fece per parlare ma alcuni bip lo fermarono
"Michael, è Devon"
Michael schiacciò il bottone per lo schermo e apparve l'immagine di Devon sul camion della fondazione.
"Dimmi, Devon"
"Che ti è successo? KITT mi ha detto tutto" era preoccupato
"KITT fa troppo la spia" e di nuovo avvertì la sensazione di alterazione.
Avrebbe spaccato la macchina se non fosse indistruttibile.
"E la bambina?"
"È una storia lunga, ma sta bene"
"Non venire a dire le bugie a me, Michael, solo i bambini fanno certe cose e tu non sei nella posizione per fare dell'ironia" stavolta fu Devon ad inalberarsi.
A Michael, però, non sembro fare effetto
"Vorrà dire che sono un bambino!"
"Tu sei..." E si zittì, respirando profondamente ed evitando altri tipi di commenti "Ti affido a KITT e dovete raggiungermi immediatamente"
KITT inserì il pilota automatico e blocco le serrature.
"Un momento, che significa? E Amy?"
"Tu raggiungimi e ne discutiamo"
"Non puoi farlo!" E KITT intanto era partito a tutto gas
"Io no ma Bonnie si"
Michael si bloccò e guardò lo schermo come se avesse visto un fantasma
"Cosa?"
"Si tratta di Bonnie...vuole vederti"

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Capitolo 8
*** Tutto svanisce in un attimo ***


Nuovo capitolo! Spero vi piaccia e...preparate i fazzoletti, io mi sono pentita e...meglio se sparisco


 

"Michael smettila!" La sua voce era ferma ma il sorriso che aleggiava sulle sua labbra lasciava intendere che non gli dispiacesse.
"Oh mi scusi signorina, sa sono un po accecato e devo aver sbagliato a toccare" rise lui
"Un po' troppo accecato" si arrese Bonnie "la mia mano era un po più a destra"
"Io ho trovato di meglio al centro" gli diede un lieve pizzico alle natiche, facendola sobbalzare
"Sei uno stupido" e si voltò, baciandolo con dolcezza "e adesso al lavoro
"Agli ordini signora" e, salito su KITT, dopo l'ultimo bacio al volo, partì per la sua missione.
Aveva uno strano sorriso sulle labbra.
"I miei sensori rilevano un battito cardiaco accellerato"
"Ebbene sì mio caro KITT"
"Ed è normale?"
"Si lo è, si chiama amore"
Silenzio "E cosa si sente?"
Altro silenzio "Ci si sente liberi"

*****

Per tutto il viaggio, Michael ebbe continui tuffi al cuore e lo stomaco che gorgogliava, non per niente aveva impostato il pilota automatico e avrebbe fatto fare tutto a KITT.
Si sentiva incatenato ad uno scoglio con l'acqua che saliva lentamente.
Non sentiva neanche il dolore delle botte appena ricevute, sentiva solo una sensazione strana.
Non poteva crederci, dopo quasi undici anni, perché?
Perché farsi sentire solo adesso? Perché convocarlo adesso?
Un pensiero gli passò per la mente, Amy gli aveva detto che era malata.
Senti gli occhi inumidirsi, Bonnie se ne stava andando.
Se ne andava e lo lasciava definitivamente solo a prendersi cura di Amy.
Ma che cosa le avrebbe potuto garantire? Lui era sempre in giro per lavoro e viveva alla fondazione.
Che vita avrebbe fatto? Affidata ad altro mentre lui la vedeva si e no ogni tanto? 
Comunque in quel momento era talmente confuso e vigliacco da non rendersi conto che tutto ciò che pensava non si sarebbe mai avverato.
Per prima cosa, Amy era con Garth e non con lui e in secondo luogo...Bonnie non ci sarebbe stata.
Non avrebbe più potuto abbracciarla, baciarla, poter sentire quel profumo di gelsomino e fragoline che emanava ogni volta che gli passava di fianco.
KITT non avrebbe più avuto nessuno che lo riparasse come si deve.
Michael non avrebbe avuto più nessuno da amare.
Quante donne lo avevano baciato e quante ne aveva portate a letto, ma Bonnie era unica e nulla avrebbe potuto colmare il vuoto che gli aveva lasciato e che lascerà dopo l'incontro.
I suoi capelli e i suoi occhi da cerbiatto impaurito, che però sapeva gestire ogni situazione nella calma e nella pazienza più totale.
Quando lui aveva sofferto, quando KITT era finito nell'acido, lei lo aveva fatto tranquillizzare e aveva preso in mano la situazione gestendola con destrezza nonostante anche lei si sentisse distrutta e sul punto di una crisi.
KITT guidò ad una velocità massima con tanto di turbo boost e nel giro di sera erano arrivati da Devon, che li attendeva fuori dall'ospedale.
"Michael" lo accolse "la bambina?"
"Dov'è?"
"Rispondimi!" Ribattè Devon quasi urlando "dov'è la bambina?"
"E al sicuro, va bene?!" Sbottó Michael.
Le persone che passavano si voltavano a guardarli.
"Michael che cosa hai fatto?"
"Ho risposto alla tua domanda e adesso dimmi dov'è Bonnie!"
"Michael..."
Ma Michael non lo lasciò finire ed entrò in ospedale con passo deciso, avvicinandosi al bancone della reception.
Era già abbastanza difficile sapere che la sua unica figlia era nelle mani del maniaco omicida Garth Knight, se poi Devon faceva di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote non gli andava più bene.
Non aveva un minimo di ritegno, non gli bastava aver nascosto a Michael la verità insieme a KITT, voleva vederlo impazzire.
Gli avevano provato di stare vicino a Bonnie, gli avevano privato di assistere alla nascita di Amy, di vederla crescere.
Di poterla stringere fra le sue braccia e dirle -Il tuo papà è qui, non temere-
Gli hanno tolto undici anni della sua vita e nessuno glieli potrà restituire.
"Desidera?" Chiese una giovane dottoressa che, nonostante l'aria poco amichevole di Michael, sorrise cercando di dimostrarsi il più disponibile possibile.
"La stanza di Bonnie Barstow per favore" cercó di riprendere fiato
"Lei è il signor...?"
-Cristo santo anche questa ci si mette? Dimmi la stanza e basta!- "Michael Knight"
"Oh signor Knight, la stavamo aspettando, ci era stato detto del suo arrivo"
-Ecco brava, adesso dimmi la stanza o questo bancone finisce fuori dalla finestra-
La dottoressa cercó nell'elenco "Trasferita stamattina nella stanza 394, in fondo al corridoio, sopra le scale a destra" poi lo guardò e assunse in aria desolata "non le rimane molto, non l'affatichi"
L'ultima frase non la senti nemmeno, fece la strada indicatogli e le scale a due a due.
Giunto nel corridoio iniziò a scorrere le stanze fino anche non la trovò.
Ebbe ennesimi tuffi al cuore e avrebbe voluto solo sprofondare nelle viscere della terra.
In quel momento rutta la rabbia che provava nei confronti di Devon, di KITT e anche un po di Bonnie, sparì.
Sparì del tutto dopo che un altro pensiero gli balenó nella testa.
Ma lui, aveva mai fatto qualcosa per cercarla?
Aveva mai provato a mettersi in contatto o fare una ricerca personale per ritrovarla?"
Non aveva fatto niente e si sentiva così idiota che si chiese con che faccia si poteva presentare da lei.
Fece un respiro profondo e cerco di rilassarsi poi afferrò la maniglia ed entrò.
Venne accolto da un profumo di gelsomini e fragoline, il profumo di Bonnie, dal bip del macchinario che segnava i battiti cardiaci...e infine dalla visione di lei, della sua amata Bonnie.
Era sdraiata sul letto, la testa rivolta verso la finestra a guardare le poche stelle che erano apparse.
I capelli castani che gli ricadevano lungo il cuscino.
Non sembrava neanche stare male, era così bella, così unica.
Bonnie voltò lentamente la testa e quando vide Michael alcune lacrime scesero lungo le guance.
Mostrava i segni della malattia in maniera pesante e aveva due occhiaie che sembrava non dormire da giorni.
Ma a Michael andava bene lo stesso e gli sorrise, gli sorrise come non faceva da anni.
Sorrise alla sua amata e si commosse, cercando di non darlo a vedere.
"Ciao Bonnie"
"Michael...oh Michael"
Subito lui si avvicinò e prese la sua mano, stringendola delicatamente e baciandogliela.
"Sei qui"
"Non potevo non venire" tremava, le sue mani erano un movimento unico e non solo sentiva un amore immenso per lei, ma era entrato con la consapevolezza di non vederla mai più.
"Amy? Lei dov'è?"
"Sta bene" mentì "è già alla fondazione" che altro poteva dirle? -Ho lasciato nostra figlia a Garth come un deficente-?
Non voleva farla stare peggio di quello che già era.
"Meno male...non voglio che mi veda così"
Gli era andata bene ma chissà Amy come si sarebbe sentita.
"Devon è già stato qui?"
"È da stamattina che è qui" ebbe dei colpi di tosse
"Non sei cambiato" gli disse lei con un filo di voce, accarezzandogli il volto con la mano libera.
"Tu invece sei stupenda" e lo era, era la visione più bella degli ultimi undici anni.
Il suo angelo.
"Non essere stupido" sorrise lei "sembro un panda"
"Un bellissimo panda allora"
Bonnie rise, tra un colpo di tosse e l'altro "Se solo tu sapessi quanto mi sei mancato"
"Mi sei mancata anche tu Bonnie" deglutì, ricacciando indietro il groppo alla gola.
"KITT? Lui come sta?"
"Sta bene, aspetta" maneggió con l'orologio "KITT, riesci a sentirmi?"
"Forte e chiaro Michael"
"Qualcuno vuole sentirti" avvicinò il polso a Bonnie 
"Ciao KITT" sorrise lei, avrebbe tanto voluto vederlo, ma la voce le bastava
"Bonnie!" Esclamò KITT "che piacere risentirti"
"Oh KITT, non sai quanto mi sei mancato anche tu" era felice, Bonnie finalmente era felice "ti trattano bene?"
"Certo..."
"Sicuro?"
Silenzio "Michael mi ha preso a pugni la carrozzeria"
Bonnie guardò Michael, che fece l'innocente
"Oh povero KITT"
"Va bene, KITT, mi hai messo nei guai abbastanza" cercó di non ridere "ci sentiamo dopo"
"Ok, ma non è finita qui" rispose "ciao Bonnie"
"Ciao KITT" e la comunicazione si chiuse.
"Che gli hai fatto?"
"È una storia lunga, prima o poi te la racconterò" sapeva che non avrebbe mai potuto dirgliela, ma voleva incuterle speranza.
Solo che lei sembrava di tutt'altra opinione
"Lo sai...che non durerò abbastanza per ascoltarla"
E li, Michael, non ebbe il coraggio di aggiungere altro.
"Mi dispiace Michael" disse dopo un po' Bonnie "...mi dispiace" iniziò a lacrimare
"No" prese un fazzoletto e gliele asciugò "no Bonnie, non dispiacerti, io non ho fatto nulla per aiutarti e capirti, sono io che devo dispiacermi"
"No ascoltami" lo fermò lei "ti ho tenuto nascosto il mio problema, Amy...ti ho tenuto nascosto il frutto della nostra unione come una stupida...per paura...paura che tu non l'accettassi o che..." Ci furono colpi di tosse violenti
"Shh" le accarezzò i capelli "piano" le baciò la fronte, respirando a fondo il profumo della sua amata.
Aveva paura che non accettasse la bambina.
La colpa era sua e del suo spirito libero, Bonnie pensava sicuramente a questo quando se n'era andata.
Lui non aveva fatto nulla nemmeno per farle capire che faceva sul serio, aveva pensato più volte di chiederle di sposarlo, ma non aveva detto niente e se ne pentiva amaramente.
Poi la guardò negli occhi ed entrambi ebbero lo stesso pensiero.
Michael si avvicinò e la baciò con dolcezza.
Piano, assaporando ogni istante di quel bacio che, entrambi, avevano sospirato e agognato fino a quel momento.
Era magico, unico, Michael ebbe una visione degli anni felici che avrebbe potuto passare con lei.
Avrebbero avuto una casa, lui si sarebbe cercato un lavoro normale.
I natali e le feste, Amy che cresceva e giocava nel giardino di casa e, perché no, magari anche un mini Michael.
Una bella famiglia felice.
Una famiglia che non sarebbero mai stati.
"Michael, voglio che mi prometti una cosa"
"Qualunque cosa" e qualunque cosa lei le avrebbe chiesto, lui avrebbe eseguito anche se fosse dovuto andare in capo al mondo.
"Proteggi Amy" disse tossendo "proteggila da Garth...la sta cercando...non fare..."
Michael volle morire.
Chi glielo dice, adesso, che Amy era già nelle mani di quel farabutto?
Si sentiva male...molto male.
Avrebbe salvato Amy, avrebbe portato sua figlia alla fondazione e l'avrebbe protetta per sempre.
Si sentiva un verme.
"Non temere Bonnie" disse, sempre accarezzandole i capelli "penserò io ad Amy" le bacio ancora la fronte "comunque complimenti, hai fatto un bel lavoro, assomiglia a te tantissimo"
"Ma ha la testa di suo padre...ed è questo che mi preoccupa"
"Non sono poi così testardo"
"Ho molto da ridire" disse "almeno posso dire...di averti rivisto...un ultima volta" ancora e la tosse era sempre più violenta "Michael..." Strinse la mano di lui in maniera convulsiva "Michael"
"Bonnie" gliela strinse "stai calma, chiamo un infermiera"
"No!" Lo fermò "no...Michael..." Lo guardò negli occhi "ti amo Michael...Michael..." Ci fu silenzio e, lentamente, la mano di Bonnie scivolò giù, colpendo il materasso...senza muoversi.
"Bonnie?...Bonnie!" La scrollò lievemente per le spalle, accorgendosi solo in quel momento del bip prolungato della macchina segna battiti.
"No no no, Bonnie!" Tento di rianimarla "Bonnie, ti scongiuro non lasciarmi così, Bonnie!"
Entrarono di corsa alcuni infermieri, richiamati dalla macchina dei battiti che era collegata ai loro cerca persone.
"Signor Knight esca per favore"
"Che cosa le fate? Bonnie!" Vide gli altri armeggiare con il corpo della donna, tentare la rianimazione.
Anche se l'avevano dichiarata ormai alla fine, tentavano lo stesso di darle ancora qualche istante di vita.
Ma niente.
"Non c'è più nulla da fare"
Michael sentì le gambe pesanti ed uscì di corsa dalla stanza, saltando gli scalini e superando Devon, che stava in sala d'attesa.
Sali immediatamente su KITT e mise in moto guidando a tutta velocità e ignorando i richiami di KITT per farlo fermare.
Giunto al di fuori della città, dove stava una piccola spiaggia isolata e dove non c'era nessuno, scese dalla macchina e andò verso la riva.
Lanció un urlo che fece tremare la carrozzeria di KITT e infine si lasciò andare.
Per la prima volta, dopo anni, Michael mostró tutta la sua debolezza, il suo rancore e la sua voglia di distruggere tutto ciò che lo circondava.
Michael, dopo anni, pianse.

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Capitolo 9
*** Rimorsi assemblati ***


Capitolo corto e forse non importante ma servirà.
Siamo ormai agli sgoccioli, ho il dubbio su quanti capitoli fare ancora, uno o due...ve lo dirò con il prossimo.
Ciauuuuu




L'urlo di Michael poté udirsi per quasi un chilometro, KITT giuro di non averlo mai visto così disperato.
Se ne stava in ginocchio sulla sabbia, gli unici suoni udibili erano la risacca e i qualche singhiozzo soffocato di Michael.
Era davvero distrutto, non era mai andato oltre alla rabbia, nemmeno quando Bonnie era andata via.
Tentò di calmarsi ma non era facile, aveva rivisto la donna che amava dopo undici anni e l'aveva vista morire fra le sue braccia nel giro di pochi minuti.
Fece dei respiri profondi e lentamente si mise in piedi, osservando sempre il mare.
Era azzurro come gli occhi della sua Bonnie...come gli occhi di Amelia.
Per qualche secondo ebbe l'istinto di buttarsi a mare e lasciarsi annegare o morire di ipotermia, non riusciva a sopportare l'idea di averla perduta per sempre.
Si sentiva un debole ma poco gli importava, era un essere umano come tutti gli altri.
Cerco di scacciare quel pensiero e tornare alla realtà.
Non poteva lasciarsi andare, non in quel momento.
Aveva fatto una promessa e intendeva mantenerla.
Avrebbe portato via Amy a Garth, lo avrebbe fatto per Bonnie, per la bambina e anche per lui.
Amelia era tutto ciò che gli rimaneva di Bonnie e comportarsi da irresponsabile era a dir poco deplorevole.
Fece un altro respiro profondo e tornò verso KITT, che sorvegliava la zona con i sensori e cercava di tenersi pronto ad eventuali scatti di ira da parte di Michael.
Invece percepiva i battiti cardiaci più calmi, il respiro regolare.
Da uno sbotto alla calma in pochi istanti, KITT non credeva che un essere umano riprendesse così velocemente il controllo.
Michael guardò il suo amico, con sguardo serio, KITT aveva capito tutto già prima che lui venisse a sapere che Bonnie lo cercava.
"KITT..." La sua voce, però, era flebile e si sentiva che cercava in tutti i modi di non urlare "Mi dispiace"
Silenzio
"Non devi dispiacerti" rispose tranquillamente KITT "dispiace a me"
"Mi sono comportato da idiota e..."
"Michael" lo interruppe KITT "non dire altro, non serve"
Michael annuì e salì in macchina.
"Andiamo a prendere Amy" mise in moto e sfrecciò in direzione della fabbrica.

****
"Avanti nanerottola" Garth era in piedi e tamburellava con le dita sopra ad un tavolo da lavoro, trattenendosi dal gridare come un isterico per via del lavoro non finito"non ho tempo da perdere quanto ci vuole?"
Amy era sdraiata sotto un enorme camion con rimorchio, tremava per paura che qualcuno lo facesse partire o che le facessero qualcosa.
Maneggiava con dei fili e osservava i loro colori per poterli assemblare.
Aveva solo dieci anni ma per lei quello era un lavoro da niente, glielo aveva insegnato la sua mamma.
Faticava a vedere, a volte, per via delle lacrime che le inumidivano gli occhi.
Era stata lasciata lì, lontano dalla madre e da colui che doveva essere suo padre.
Le era stato più di una volta spiegato che tutto quello che suo padre faceva era per un motivo, ma non avendolo mai conosciuto prima di due giorni non sapeva nulla di lui e non si fidava.
Si sentiva abbandonata, usata, sola e senza nessuno.
Ma in quel momento avrebbe voluto che Michael entrasse e la portasse via da lì, avrebbe voluto stringerlo e sentirsi al sicuro.
Garth era cattivo e non voleva stare con lui.
Ma Michael non arrivò, nemmeno lo sentì in lontananza.
"Allora!?" Esclamò Garth, con meno pazienza, facendola ridestare dai suoi pensieri "mi rispondi!?"
"Ho...ho quasi finito" si asciugò le lacrime e collegò i fili al computer centrale del camion "fatto"
Venne tirata fuori, dagli stessi uomini che l'avevano portata lì, rimessa in piedi e in ordine.
Il tutto sotto lo sguardo soddisfatto di Garth, che osservava la sua creazione come se fosse un angelo caduto dal cielo.
"Non farai male a nessuno vero?"
"Mia cara bambina" sorrise Garth, accarezzando la carrozzeria "io non faccio niente a nessuno, ma lui lo farà" riferito al camion.
Amy, in quel momento, realizzò che aveva aiutato Garth a costruire un mostro, lo stesso mostro da cui sui mamma l'aveva sempre messa in guardia.
"Sei cattivo!"
Garth rise "Ti svelo un segreto" si inginocchiò alla sua altezza "quello che un tempo consideravo padre, ha scelto un uomo qualunque come suo erede invece che me e questo stesso uomo ha cercato di uccidermi molti anni fa, voglio restituirgli il favore. Lui è il vero mostro, non io"
Amy ci mise qualche secondo a capire di chi stava parlando "Michael..."
"Sveglia la marmocchia" rise e mentre rideva i due omoni presero la bambina, che tentò di dimenarsi invano, e la misero di peso sul sedile del passeggero, legandola ad esso.
"Non dimenticatevi la bocca" ricordo Garth "non voglio sentire la sua voce stridula e urlante"
Amy si ritrovò completamente immobilizzata e, poco dopo, udì il motore del camion accendersi e rombare per tutta la fabbrica.
Nessuno lo guidava o lo muoveva, faceva tutto da solo...come KITT.
"Mh mmh" non riusciva a parlare a causa dello scotch argentato che le avevano messo sulla bocca.
"Vai mio caro, vai dove ti è stato ordinato e attendi il mio segnale, io arriverò presto" accarezzò il camion, che subito dopo sfrecciò fuori dalla fabbrica, in direzione delle montagne, con Amy sopra.
Garth salì su una macchina lì vicino "Sapete cosa fare" disse ai due omoni e seguì il camion.

***

"Garth!" La voce di Michael echeggiò per tutta la fabbrica "Garth!"
Ma non ottenne risposta.
L'unica cosa da cui venne accolto, era l'odore inconfondibile di pneumatici e scarico da camion.
-camion?- 
Si osservó attorno e trovó solo una foto di un enorme camion nero distrutto e da rottamare, seguito da un altra in cui c'era lo stesso camion ma nuovo e ripulito e piu...forte.
"Goliath...Amy!" Uscì fuori e salì su KITT mettendo in moto "KITT cerca un enorme camion"
"Enorme camion?" Nel frattempo iniziò a cercare nelle zone.
"Abbiamo un vecchio nemico in giro"
KITT si fermò "Oh no..."
"Lo so KITT, ma devi farti coraggio" disse mentre KITT rilevava Goliath "dobbiamo farlo per Amy"

*****

ANNI PRIMA.

Bonnie lavorava ad un enorme circuito, formato da fili e lucine.
Usava delle pinze e maneggiava tutto con cura.
Sudava, nonostante fosse pieno inverno e tarda notte, si sentiva male ed era stanca, la malattia stava progredendo rapidamente.
Si fermò due secondi e prese le pastiglie che le erano state prescritte dall'ospedale, respiro a fondo e si sedette un attimo.
Estrasse dalla tasca dei pantaloni una fotografia, in cui venivano ritratti lei, Devon e Michael.
Sospiró e accarezzò la foto dove stava Michael.
"Mamma...." Amelia, a soli sei anni, si era svegliata "ho fatto un brutto sogno"
"Vieni qui" la prese in braccio e la strinse "me lo vuoi raccontare?"
"C'era un enorme camion che mi inseguiva"
Bonnie rabbrividì e la strinse più forte "O ma che cattivo questo camion, adesso ci pensa la mama e lo sconfiggiamo con una bella tazza di latte caldo e cacao, va bene?"
Amy si illuminò "Si!"
Bonnie si alzò e andò in cucina a preparare due belle tazze.
Amy, nel frattempo, osservò il circuito, trovandolo interessante e curioso.
"Mamma che cosa è?"
"Niente" disse sperando che non toccasse "è il lavoro di mamma"
"Mi insegni?"
"No tesoro meglio di no" porto le due tazze e le mise sul tavolo
"Per favore" la implorò Amy.
Bonnie vide nel suo sguardo gli stessi occhi di Michael quando la implorava e la convinceva.
Se aveva portato via questa caratteristica dal padre stava fresca.
Ma a Michael non era mai riuscita a dire di no e a sua figlia...neanche.
Non voleva insegnarle ad assemblare pezzi che erano destinati ad un mostro che lei non poteva rivelare a nessuno, ma se la bambina veniva affidata alla fondazione magari avrebbe potuto farsi strada senza avere paura.
"E va bene, ma dopo il latte"
"Si" e in men che non si dica, Amy aveva già finito la sua tazza.

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Capitolo 10
*** Vendetta Knight ***


Nuovo capitolo!!! E penultimo, come promesso è arrivato presto (l'ho scritto contemporaneamente al precedente)
Detto questo vi lascio alla lettura e....vi voglio bene a tutti lo giuro.


KITT sfrecciò a tutta velocità nella direzione di Goliath e seguiva ogni traccia lasciata sul terreno.
Michael si sentiva infervorare e poteva percepire, dal silenzio che aleggiava in macchina, quanto KITT non si sentisse pronto ad affrontarlo.
Ci avevano messo mesi per dimenticarsi quella brutta esperienza e quel maledetto camion, vederlo tornare nella loro vita era l'ultima cosa che volevano, anche se si fosse trattato di pochi secondi.
KITT aveva avuto meno paura quando lo avevano riassemblato dopo che era stato sciolto nell'acido.
Una esperienza che a Michael non era ancora passata.
Quante volte aveva perduto KITT e quante volte si era sentito perso senza di lui, il suo unico amico, suo fratello.
Poteva sentire la paura di quella macchina ma sapeva che assieme potevano affrontare qualsiasi cosa.
Loro erano inseparabili.
Poco dopo, raggiunsero un enorme spiazzo, dove alcuni container erano abbandonati e dove un alto precipizio dava sulla valle sottostante, circa ottocento metri più sotto.
Non c'era altro.
"Michael i miei sensori lo rilevano qui ma non riesco a vederlo"
"Nemmeno io" disse scendendo "sta attento" gli diede due colpi di incoraggiamento sul tettuccio e chiuse la portiera.
Si avvicinò verso il centro, facendo attenzione a dove metteva i piedi.
-La troverò Bonnie- pensó tra se e se dandosi il coraggio necessario per affrontare ciò che gli sarebbe aspettato -la troverò-
Per un istante risentì le lacrime salire ma le ricacciò indietro, quello non era il momento di lasciarsi andare, doveva essere sveglio e pronto.
C'era vento, non molto forte ma fastidioso, la terra si alzava e gli entrava negli occhi ed era troppo buio.
Solo i fari di KITT illuminavano la zona.
Ogni tanto capitava qualche suono di uccellini insonni.
Erano cinguettii dolci ma per Michael sembrava di trovarsi in un film western in cui, se non stavi attento, rischiavi di essere ucciso da uno sparo alle spalle.
-Perché no?- si chiese Michael -almeno la smetto di rovinare la vita alle persone, ormai sono troppo vecchio -
"Michael sopra di te" lo mise in guardia KITT.
Michael alzò lo sguardo e uno dei due uomini, che alla fabbrica lo avevano pestato, saltò giù da un masso nascosto, parandosi davanti a lui.
Michael rimase pronto, nonostante non vedesse chiaramente, osservando i movimenti e quando l'uomo si avventò su di lui inizió la prima parte della lotta.
Essendo grande e grosso erano più quelle che Michael prendeva che quelle che dava.
Un pugno ben assestato sullo stomaco e Michael era già a terra.
L'uomo estrasse una pistola e gliela puntò contro.
Michael si stava girando e si preparava a reagire, ma l'uomo venne bloccato e messo a terra dalla portiera aperta di KITT
"Chiedo scusa, ho problemi hai circuiti, devo farmi riparare"
Michael si alzò appena in tempo per calciare la pistola lontano e prendere a pugni l'uomo.
Quando lo vide esausto, lo tirò su dal colletto della giacca e lo guardò negli occhi
"Dov'è la bambina?" Non ottenne risposta "non sono dell'umore, dimmi dov'è!"
"N...nel...nel camion" rispose 
"E dove si trova?"
L'uomo indicó verso la montagna e subito dopo ricevette un ennesimo pugno da Michael, che lo stese.
Assicuratosi che non si alzasse più, si avvicinò al punto indicato mentre KITT si metteva con la ruota sopra un lembo della giacca, per tenerlo fermo.
"Grazie amico"
"Di nulla, i miei sensori lo rilevano all'interno della roccia"
"Adesso controllo"esaminò l'intera parete rocciosa, ma non trovò nessun interruttore e nessuna serratura.
Doveva essere chiusa dall'interno.
Diede dei piccoli pugni e senti che era roccia vuota, plastica ricoperta di terra.
"Amy!" Chiamó, sperando in una risposta "Amy, riesci a sentirmi!?"
Un pensiero balenó nella sua testa.
-Ti prego fa che stia bene-
"KITT riesci a vederla?"
"No Michael, rilevo solo Goliath ma non vedo neanche lui"
Michael tremó, allora dove si trovava?
Un altro pugno sulla schiena e Michael fu ancora un altra volta a terra, con il secondo uomo in ginocchio su di lui e pronto a dare il resto.
Era spuntato dal nulla ma allo stesso modo che era apparso venne steso...da un colpo alla testa.
KITT aveva la portiera del passeggero aperta "Non capisco perché si ostinano a colpire alle spalle"
Michael si alzò e, una volta ripreso il controllo, prese l'uomo e lo spostò.
"Hai adottato la stessa tattica"
"Io ho colpito alla testa non alle spalle"
Michael cercò di non ridere "Non so se parli sul serio o scherzi" disse "in ogni caso...grazie KITT"
"Figurati" chiuse la portiera.
Michael fece per parlare ma il terreno sotto i suoi piedi iniziò a tremare e la roccia vuota davanti a lui iniziò ad aprirsi.
Una luce, proveniente dall'interno, lo abbagliò a tal punto che dovette mettersi un braccio sugli occhi per evitare di rimanere accecato.
Un rombo e infine rumore di pneumatici che si muovevano.
"Oh no" KITT indietreggió qualche metro seguito da Michael, che si mise vicino a lui, percependo il pericolo e la paura del suo amico.
Ignorarono i due uomo appena stesi, che per fortuna loro non si trovavano davanti alla roccia vuota ma sul fianco.
L'enorme figura di Goliath fece capolino fuori dalla montagna e si mostrò in tutta la sua grandezza.
Michael non riuscì a vedere nulla finché il camion non si fermò e non spense le luci, accendendo quelle all'interno della cabina.
Amy, al suo interno, legata al sedile del passeggero che cercava di liberarsi e che guardava Michael implorante.
"Amy!"
Si avvicinò a Goliath con passo deciso, ma quando cerco di aprire la portiera risultò bloccata.
Tirava più che poteva ma sembrava indistruttibile, tentò persino di rompere il vetro ma anche lì risultò vano.
Amy si dimenava a e cercava di indicargli qualcosa con gli occhi e quando se ne accorse, rimase immobile alcuni istanti.
Sul sedile del guidatore c'era un piccolo ordigno che segnava lo scorrere del tempo.
Più precisamente un conto alla rovescia e mancavano dieci minuti.
Nonostante il continuo dimenarsi, Amy risultava lucida e conscia di tutto, anche se i suoi occhi lacrimavano e mostravano tutto quello che gli passava per la testa.
Michael tremó, cosa sarebbe successo se perdeva anche Amy?
Avrebbe smesso di vivere.
Tiró dei pugni contro il vetro ma ancora nulla.
"KITT riesci ad aprirlo?" Silenzio "KITT?"
"Non posso Michael" rispose KITT "non esiste serratura"
"Ma qui c'è la maniglia!" Osservó meglio e in effetti poté notare che non esisteva il buco per la chiave.
La maniglia era solo per bellezza.
Era tutto comandato da lontano.
"Amy, sta tranquilla ti farò uscire da lì, non aver paura"
Amy annuì e cerco di calmarsi.
"KITT usa il..." Ma non riuscì a finire la frase che venne colpito alla testa da qualcosa.
Gli ci volle qualche istante per riprendersi e mettere a fuoco la zona, sentiva solo mal di testa.
Ebbe un giramento e dovette inginocchiarsi per evitare di cadere.
Sentì dei passi avvicinarsi a lui, un calcio e un piede posarsi sul suo stomaco, stranamente in modo delicato.
"Mio caro Michael" era la voce di Garth "che piacere, ti credevo disperso o dalla tua cara Bonnie"
Michael strinse i denti.
"Immagino sia stato facile rintracciarmi ma poco importa"
"Lasciala andare"
"Perché dovrei?" Domando lui "perché sei suo padre? Fino ad oggi tu dove sei stato?"
Ci fu un attimo di silenzio.
"Vuoi sapere una cosa?" Anche se la risposta sarebbe stata no, gliela disse lo stesso "lei avrebbe dovuto lavorare per me e non per Devon Miles" disse "non avendo mai voluto ed essendosi sempre rifiutata ho dovuto in qualche modo...vendicarmi" il piede iniziò a premere sul suo stomaco facendogli emettere un gemito.
"Così è bastato attendere il giusto momento e quando lei si è ammalata ho potuto portarla nella mia tenuta e li l'ho mantenuta in vita per potermi aiutare...e così la marmocchia" ancora più pressione "e quando non mi è servita più, mi è bastato farla sprofondare nel più peggiore degli incubi e ridurla a tal punto che non si reggeva più in piedi" poi tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un piccolo telecomando con tre pulsanti "ma ora è tutto cambiato, la mia creazione servirà a mettere fine a tutto questo, l'ho modificato e, se decidessi di farlo esplodere, si rovinerebbe solo cabina all'interno e...tutto ciò che essa contiene, la fondazione Knight non esisterà più e tu con essa" 
Michael si sentì ribollire lo stomaco e la pressione del piede sembró non fargli più male, anzi lo fece innervosire ancora di più.
"Maledetto bastardo!" Con uno scatto si voltò su un fianco, obbligando Garth a levare il piede per non cadere.
Si alzò e gli tirò un destro ben piazzato allo sterno, facendogli perdere la presa sul telecomando.
Altrettanto velocemente lo prese e si avvicinò a Goliath e iniziò a premere i pulsanti.
Il primo che schiacciò mise in moto il camion, che iniziò una corsa lungo la strada da cui erano arrivati.
Come inizio era pessimo - Cavolo! -
"KITT seguilo e fermalo! Tieniti pronto a tutto"
"Si Michael!" KITT mise in moto e iniziò l'inseguimento.
Michael schiacciò un altro pulsante e poté udire una specie di clacson e l'aumento di velocità da parte di Goliath.
"Dov'è diretto?" Domandó guardando Garth, che sembrava tranquillo "dove!?"
Garth rise "Verso la sua definitiva fine" disse "vuoi salvarla?" Indicó il telecomando "premi l'ultimo pulsante e provvedi...se ci riesci, mancano..." Guardò l'orologio "cinque minuti"
Anche se diffidente, Michael schiacció l'ultimo pulsante.
Poco dopo sentì la voce di KITT
"Michael le portiere si sono aperte"
Michael guardò Garth e senza attendere parola corse giù dalla strada, riuscendo ad intravedere le luci dei fari di KITT e Goliath.
Si fermò all'inizio di una curva, da cui la visuale era ottima.
"Trova un modo per aiutarla e portala via, hai meno cinque minuti KITT"
"Certo" sgommò e andò più avanti mettendosi di traverso, attendendo che Goliath fosse più vicino.
Non appena fu pronto, lanció il rampino di traino, facendolo agganciare esattamente fra il sedile del passeggero e quello del guidatore di Goliath, poi riprese la corsa tenendosi vicino alla portiera.
"Amy, usalo per tagliare le corde"
Amy annuì e si girò, cercando di tagliare le corde che legavano le mani, ottenendo però un sacco di tagli a causa delle continue buche nel terreno.
Quando fu libera si levò lo scotch dalla bocca.
"KITT!"
"Sgancia il rampino" Amy eseguì "salta Amy, ti prendo io" aprì il tettuccio
Amy si mise in piedi sul gradino, tenendosi ben salda alla portiera.
Mancavano pochi secondi.
Esitò un attimo poi saltó, atterrando esattamente sul sedile posteriore di KITT, che chiuse il tettuccio appena in tempo.
Un boato, proveniente da Goliath, rimbombó per tutta la zona e fiamme alte illuminarono a giorno tutto intorno.
Goliath continuò la sua corsa di fuoco, per poi cadere dritto in un altro precipizio lì vicino.
Gli sbalzi presi fecero gridare Amy e misero momentaneamente KO la centralina di KITT, che aveva beccato in pieno una fiammata prima di riuscire a spostarsi.
Quando non udirono più nulla Amy si tirò a sedere e si osservó attorno, notando la luce delle fiamme proveniente dal burrone.
"Stai bene?" Gli chiese KITT 
"Si...dov'è Michael?"
"È rimasto indietro, vieni davanti e reggiti forte" Amy si mise sul sedile del passeggero e si mise la cintura, mentre con le mani stringeva la giacca di Michael, che indossava dalla prima volta che lo aveva visto.
Ancora non aveva realizzato del tutto che fosse davvero suo padre, ma la sola idea di perderlo la fece stare male, con lui si sentiva al sicuro.
Nel frattempo, Michael cercava di mettersi in contatto con KITT, ignaro che la centralina era momentaneamente fuori uso.
"KITT riesci a sentirmi? KITT!!!"
La risata di Garth alle sue spalle lo fece rabbrividire.
"Povero illuso" disse "giù Goliath, giù anche la tua stupida macchina e giù anche la bambina"
Michael scosse la testa, confidava sempre in KITT ma pregó che non fosse successo nulla a nessuno dei due e non capiva come mai aveva ricreato da capo il suo amato camion per poi farlo finire in fiamme in quel modo.
Osservó lungo la strada ma non riuscì a vederli, ne KITT ne Goliath, solo una luce di fiamme che arrivava da valle.
"KITT rispondimi amico" ma ancora nulla "KITT!! AMY!!"
Strinse i pugni, aveva perso anche loro? 
Se era così, non aveva più nulla d perdere.
Con movimenti veloci, si scagliò contro Garth dando vita ad un corpo a corpo senza pietà.
Erano alla pari come forza, ma Michael aveva la sola intenzione di farlo fuori e il rancore che provava in quel momento erano tali da renderlo più tosto di quanto fosse in realtà.
Vennero interrotti dal suono di un clacson...e non era né Goliath né KITT.
Dalla valle si intravidero le luci del camion della fondazione, Devon stava arrivando e sicuramente era stato KITT a mandare il segnale...prima di cadere fra le fiamme.
Per un attimo fu sollevato ma, a causa della sua distrazione, sentì improvvisamente un dolore lancinante al fianco sinistro.
Si portò istintivamente la mano sul punto colpito e avvertì qualcosa di metallo misto al caldo sangue, che sgorgava dalla ferita.
"La fondazione Knight cesserà a breve di esistere" sussurrò Garth, alitandogli sul collo "porta i miei saluti a Bonnie" 
Con un movimento secco tirò via la lama dal fianco di Michael, facendolo gemere di più, poi corse via.
Per qualche istante, Michael cerco di camminare e raggiungere il camion della fondazione ma le sue gambe cedettero e si ritrovò con la faccia sul terreno.
Non gli importava della terra che lo sporcava, non gli importava nemmeno del dolore.
Aveva perso Bonnie, aveva perso KITT e aveva perso Amy.
Non li vedeva e non sentiva niente, neanche un rumore, solo il camion della fondazione.
Se era così, non valeva neanche la pena di lottare e restare sveglio.
La sua vista iniziò ad annebbiarsi, la testa gli girava.
Tentò di trascinarsi ma se allungava il braccio, il fianco gli faceva più male e la vista scompariva più velocemente.
"KITT....Amy...." Un altro gemito poi si arrese.
"Michael!"
"Michael!"
Avvertì una sgommata ed infine buio.

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Capitolo 11
*** Nuovo inizio ***


ULTIMI CAPITOLO!! Grazie a Yujo e Evelin80 che fino ad ora mi hanno seguito in questa pazzia. Prometto un seguito ma devo ancora lavorarlo bene. Chiunque voglia seguirmi mi fa piacere.
Ciauuuuuuu


Bianco.
Tutto bianco.
Michael si portò una mano sul fianco.
Non sentiva male, non c'era niente e la camicia ancora intera.
-Sono morto? Ti prego fa che sia morto, non voglio più vivere-
"Non sei morto Michael e devi vivere" una voce femminile...quella voce...
Si voltò di scatto cercando da dove provenisse.
La vide, lei era lì.
"Bonnie..." La bocca semi aperta, incredulo e senza parole.
Il suo cuore batteva così forte che per un attimo sembrava scoppiargli dal petto.
Che significava? Che ci faceva lei li?
"Stai meglio di quanto credi" si avvicinò lentamente"ma stai combattendo per riemergere"
Era bellissima, non aveva nessun segno della malattia e i suoi occhi erano raggianti e più azzurri.
I capelli castani lisci come la seta, che ricadevano sulle sue spalle, si muovevano ad ogni passo.
Un sorriso smagliante percorreva le sue labbra sottili e dolci.
Quando fu vicino a lui, gli accarezzò il viso.
Michael chiuse gli occhi e ancora una volta si lasciò andare, alcune lacrime uscirono.
"Bonnie" la strinse.
La strinse forte, senza paura di farle male.
La strinse quasi a soffocarla.
Quanto gli era mancato un contatto così, poterla stringere e sentire il suo profumo di chanel invadergli le narici.
Se quello era un sogno non voleva svegliarsi e se era una specie di stallo prima dell'inverno voleva restare lì, voleva goderlo, voleva la sua Bonnie.
"Perdonami" disse Michael "perdonami, non sono riuscito a fare il mio dovere e ho solo peggiorato le cose e adesso ho perduto Amy e ho perduto KITT e..."
"Shh" lei gli passò un dito sulle labbra "Amy sta bene e anche KITT, ti aspettano e hanno bisogno di te"
Bene? Stavano sul serio bene?
"D...davvero?"
"Davvero". Sorrise dolcemente lei
"Oh Bonnie..." Abbassò lo sguardo qualche istante.
Tutta quella situazione era così assurda.
Era lieto di sentire che KITT e Amy stavano bene ma ancora non credeva che Bonnie si fidasse così tanto di lui.
Aveva fatto tanti errori con la bambina che si sentiva inadeguato e incapace di fare il padre come si deve.
Quando rialzò lo sguardo, incroció i suoi occhi con quelli di Bonnie "Perché me Bonnie? Non ho fatto altro che del male alle persone e gli ultimi undici anni sono stati anche peggio, non ho più amici ho solo te che adesso assillerai i miei pensieri"
Bonnie scosse la testa "Hai Devon, hai Amy e hai KITT" gli mise le braccia attorno al collo "e devi tornare da loro, combatti Michael e torna da loro"
"Come posso tornare e guardarli in faccia? Come tornare da nostra figlia e spiegarle che suo padre è un idiota che l'ha lasciata nelle mani della persona sbagliata perché si sentiva incompetente?"
"Michael..."
"Perché non posso solo lasciarmi andare e stare con te?"
Bonnie sospirò
"Perché tu non sei un debole" rispose "e perché Amy senza di te si sentirebbe perduta, KITT si sentirebbe solo...ed io resterei infelice per l'eternità"
Infelice?
No mai, Bonnie aveva sofferto tanto e non si meritava un eternità infelice.
Michael voleva lasciarsi andare, ma allo stesso tempo amava così tanto la sua donna da non essere in grado di dirle di no.
Lo faceva per lei, per KITT ma soprattuto per Amy, che non avrebbe avuto nessuno se lui se ne andava.
"...Ti amo Bonnie..."
"Ti amo anche io" e a quel punto le loro labbra si unirono.
Un bacio dolce e pieno di amore, un ultimo bacio che Michael non si sarebbe mai scordato.
Quando si staccarono, Bonnie si allontanò "Combatti, torna a casa, torna da Amy"
"Bonnie...Bonnie aspetta ti prego!" Ma Bonnie scomparve e al suo posto si udirono voci maschili e femminili.
"Dottore, si muove!"
"Staccate il respiratore, aiutiamolo a svegliarsi" silenzio "signor Knight?...signor Knight mi sente?"
E il bianco svanì.
Un odore acre, di medicina, prese il posto del profumo di chanel di Bonnie.
Michael cercò di tenerlo ben impresso e usarlo per combattere quella puzza.
Un bip fastidioso e un dolore lancinante al fianco, che gli fece fare una smorfia contorta.
"Dategli l'anti dolorifico" qualcuno armeggiava sopra di lui.
Michael aprì lentamene gli occhi e mise a fuoco.
La stanza era bianca e l'unica luce era quella della finestra, sarà stato si e no pomeriggio inoltrato.
"Ben svegliato signor Knight" il volto di un medico anziano, con enormi baffi, sorrideva con fare amichevole.
Tutto il resto gli parve confuso.
Aveva ancora il ricordo e il sapore di Bonnie addosso e voleva mantenerlo fino a che non se ne andavano.
Penso a lei e ad Amy.
"Amy..." Mormorò.
Fu tutto ciò che riuscì a dire e a pensare.
"Come dice signore?" Domandò il dottore ridestandolo dai suoi pensieri.
"Amy...dov'è? Mia figlia..."
Il dottore realizzó "Sta benissimo, è in pediatria e la stanno medicando, tra poco potrà vederla"
Smise un altra volta di ascoltarlo e pregó che gli avessero detto la verità.
Li lasció armeggiare con i macchinari e con il suo corpo, notando che il dolore al fianco diminuiva lentamente grazie ai medicinali che gli avevano iniettato tramite flebo.
Si sentiva inerme ma constató che aveva seriamente bisogno di riposo.
Quando uscirono, un quarto d'ora dopo, tirò un sospiro di sollievo.
Finalmente solo.
Pian piano aprì bene gli occhi e cercò di riprendersi mentalmente.
La stanza aveva le pareti bianche, una scrivania marrone con sedia e una poltrona, con su i suoi vestiti, le scarpe e la giacca, che aveva dato ad Amy la mattina dopo il suo prelievo.
Sorrise.
All'improvviso udì due colpi alla porta e la vide aprirsi.
-Questa è una condanna- pensò tra se e se, convinti fossero ancora i medici.
"Ciao Michael" la voce che gli arrivò alle orecchie, invece, di Devon.
Finalmente una voce diversa e amichevole.
"Devon..."
"Come ti senti?"
"Come se mi fosse passato sopra un tir" mosse le braccia, faceva fatica ma con gli anti dolorifici non sentiva nulla quindi ne approfittava.
Devon rise "Il senso dell'umorismo non l'hai perso"
"Per aver riso significa che finalmente lo apprezzi"
"Solo questa battuta" precisó Devon "le prossime che farai so che saranno di pessimo gusto"
"Mi conosci bene" sorrise anche lui e cercò di mettersi seduto "scusami Devon"
"Non devi scusarti" rispose l'altro "dopotutto siamo stati noi a non dirti nulla, non volevamo farti soffrire"
"Non so cosa sia peggio" disse Michael con una nota di sarcasmo.
Il suo sguardo ricadde sulla giacca.
"Lei sta bene davvero?"
"Si sta bene" Devon si avvicinò "aveva dei tagli ai polsi dovuti al rampino di KITT ma nulla di grave fortunatamente" poi assunse un aria cupa "le è stato detto della madre, l'ha presa meglio di quanto credevamo, pare si aspettasse questo momento da parecchio anche se il colpo è stato comunque pesante, ha pianto per venti minuti"
"Ha passato troppo per una bambina della sua età"
"Si è vero..."
"E KITT?" Domandò Michael "sta bene anche lui?"
"Sta benissimo, Amy ci ha suggerito come sistemare in modo migliore i circuiti e nel giro di un ora ce ne siamo occupati" sorrise "è tornato come nuovo, è testarda come te ma ha il carattere di Bonnie"
"Lo so..."
Devon poté immaginare tutti i pensieri e le domande che premevano nella mente di Michael.
"Garth è stato preso" disse, sperando che quella potesse risultare una bella notizia "era ricercato per altri reati maggiori e con questo ha fatto il botto, la pena capitale è prevista per il prossimo mese"
Michael non rispose, i suoi pensieri erano ben altri.
Aveva fatto errori a non finire in due giorni da padre, chi gli assicurava che sarebbe andata meglio?
Ancora credeva che Garth sarebbe stato meglio di lui, alla fine le aveva dato da mangiare e l'aveva cresciuta.
Sorvolando sulla cattiveria era forse un padre migliore e...
Scosse la testa -Ma cosa sto facendo?- si chiese -sto davvero dicendo che Garth è migliore di me, dopo che ha quasi ucciso Amy?-
Ecco un esempio del peggior padre dell'anno.
Doveva farsi perdonare.
"Voglio vedere Amy"
Devon annuì "Vado a prenderla e...approposito, entro domani avremo le carte per l'affidamento esclusivo e dopo questa formalità abbiamo finito" Lo guardò negli occhi "sarai un buon padre Michael, devi solo avere fiducia" non ottenendo risposta uscì lasciandolo solo.
-Un buon padre? un buono a nulla forse-
Che vita avrebbe dato ad Amy? Che istruzione, che educazione ma soprattutto che cosa poteva offrirle?
Lavoro, guai e isolamento.
Sarebbe diventato protettivo, era tutto ciò che aveva è il solo pensiero di perderla lo uccideva, più la teneva segregata più sarebbe stato peggio.
Forse si faceva troppe fisse, magari era piu semplice di quanto pensasse e...
-No...fare il padre non è semplice, non devo montarmi la testa-
Specie se si faceva il conto che aveva a che fare con una bambina già pensante e autosufficiente.
Sarebbe stata dura ma ce l'avrebbe fatta.
Cinque minuti dopo senti qualcuno bussare alla porta.
Si ridestò dai suoi pensieri e cerco di mettersi composto "Avanti"
La porta si aprì e fece capolino la testa di Amy, che era in pigiama e pantofole con i capelli raccolti in una treccia, fatta da qualche infermiera di pediatria.
"Amy..." 
"Michael!" Gli corse incontro e istintivamente lo strinse, facendolo gemere dal dolore.
Ma a Michael non importó, Amy era più importante di qualsiasi ferita di arma da taglio.
Quella reazione, poi, era l'ultima cosa che si aspettava.
La strinse a sua volta e l'aiutó a salire e sedersi vicino a lui.
"Meno male che stai bene" disse la piccola "avevo paura che non ti svegliassi"
"Ehi, sono duro io" sorrise e poi la guardò.
Il suo sguardo cadde sui polsi di Amy.
Erano fasciati stretti e le garze erano macchiate di sangue.
"L'infermiera ha detto che i primi giorni sanguineranno poi basta e devo cambiarla tutti i giorni fino a che non mi tolgono i punti"
Michael volle morire. La colpa era solo ed esclusivamente sua.
"Ma tu piangi" Amy allungó una mano e gli accarezzò la guancia per asciugare l'unica lacrima che scendeva. Ultimamente si mostrava debole, non doveva essere debole.
"Non è nulla"
Amy non era convinta e si sdraiò vicino a lui, rannicchiandosi.
"Non preoccuparti adesso ti farò sorridere io" disse convinta 
-Tu mi farai rivivere-
"Il signor Devon mi ha detto della mamma" aggiunse tristemente "però, lei un giorno mi ha detto che avrei dovuto fare la brava bambina, essere forte e stare vicino a te ed io manterrò la promessa"
Ogni parola un colpo al cuore, piacevole ma pur sempre un colpo.
Fece per parlare ma Amy continuó il discorso.
"E mi ha anche detto di prendermi cura di KITT, il signor Devon mi ha detto che è parcheggiato qui fuori e che sta bene"
"KITT è forte più di quanto immagini e un giorno ti farò vedere tutte le sue potenzialità"
"Oh sì non vedo l'ora!" Rispose raggiante "approposito ti ho ridato la giacca" la Indicó sulla poltrona.
"Ho visto, grazie"
Era tutto così strano, troppo bello per essere vero.
Amy stava vicina a lui e teneva un braccio intorno alla vita di Michael, che era talmente euforico da non sentire più male e da fregarsene dei punti che tiravano e che, sicuramente, sanguinavano.
"Michael..."
"Si Amy?"
La bambina sospiró "Grazie"
"Di cosa?" -Di averti quasi fatta uccidere?-
"Di avermi salvata" disse "mamma me lo diceva sempre che potevo fidarmi di te"
-Trattieniti Michael, non sei più un bambino!-
"Non fidarti troppo di me Amy, tua madre esagerava"
Scosse la testa "Io dico di no" e lo strinse piano, come a fargli capire che sbagliava "Ti voglio bene"
Michael non si sentì più lo stesso

***
Il giorno seguente, Michael inizió lentamente a muoversi.
Non gli importava del dolore o del parere dei medici, voleva solo alzarsi e tornare in forze per Amy.
Purtroppo, all'inizio, erano più i gemiti di dolore che i movimenti normali.
"I tuoi lamenti non sono molto orecchiabili Michael" disse KITT attraverso l'orologio, che Michael si era rimesso al polso.
"Voglio essere forma al più presto KITT" una volta in piedi iniziò a camminare, ma sembrava che le gambe non volessero saperne.
"Secondo il tuo battito cardiaco e stando a ciò che dicono i medici, non potresti tornare quello di prima se non fra un mese"
"Ed io ti dico che ce la farò entro domani"
Fece solo un passo, prima di essere interrotto dalla porta che si apriva.
"Sei impazzito!?" Era Devon "dovresti stare a letto e riposarti!"
"Buongiorno anche a te Devon"
"Buongiorno un cavolo" appoggió una valigetta sulla poltrona e si avvicinò di corsa a Michael per aiutarlo.
"Non sono un bambino" disse Michael respingendolo
"Lo sei, se ti comporti in questo modo, vuoi far saltare i punti?"
"Dimmi piuttosto perché sei qui"
Devon rimase zitto alcuni istanti, per evitare di dire tutto quello che pensava, poi sospirò
"Ti ho portato le carte per l'affidamento" armeggiò con la valigetta e prese dei fogli, che porse a Michael con una penna.
Lui li osservò e lesse qualche riga qua e là.
Sapeva che Devon li aveva già letti e sapeva a memoria tutte le clausole.
Ancora aveva dubbi sulla sua idoneità di padre e per questo una domanda gli sorse spontanea
"Cosa succede se non firmo?"
Devon capì a cosa andava a parare "Verrà affidata ad un istituito e...verrà dichiarata adottabile, finirà in un altra famiglia"
Michael rabbrividì.
No, in un altra famiglia no. L'avrebbero umiliata e trattata diversamente e lei avrebbe di certo dovuto fare l'impossibile per farsi valere e dimostrare chi fosse.
Senza più esitazioni firmò

****
Il silenzio che aleggiava dentro KITT era quasi spettrale.
L'unico suono proveniva in lontananza dal prete che dava l'ultimo saluto, assieme ai membri della fondazione, a Devon e Amy, a Bonnie.
Michael non aveva il coraggio di scendere e mostrare la sua debolezza, aveva bisogno di KITT in quel momento.
Dentro di lui si sentiva al sicuro.
"Dovresti andare anche tu Michael"
"Non serve KITT" rispose "attendo qui e poi ho intenzione di portare Amy giù alla spiaggia"
"Con questo nuvolo?" Domandò la macchina "e poi non mi sembra corretto"
"Ho bisogno di stare solo con lei" e KITT non Ribattè.
Vedeva Devon, con il capo chino e le mani congiunte.
Amy, vicino a Devon, cercava di trattenersi e reggeva in mano due rose rosse, una era di Michael.
Finita la predica si avvicinò alla tomba della madre e ci mise le rose sopra e stessa cosa fecero gli altri membri.
Quando tutti se ne andarono, Amy e Devon rimasero ancora fino a che i signori che avevano provveduto alla buca non finivano il lavoro.
Sulla lapide la scritta -Ti ricorderemo sempre-
Amy guardò Devon, la voce strozzata e qualche lacrima sul volto "Dov'è Michael?"
Che poteva dirle? Che suo padre non amava quel tipo di cerimonie? Che se doveva mostrarsi umano lo faceva in solitario?
"È stato trattenuto" rispose "ma sta arrivando...ecco guarda è già qui"
Ovviamente May non se l'era bevuta ma le importava solo che lui ci fosse e non fece altre domande.
Una volta conclusi i lavori corse verso KITT, che prontamente aprì la portiera per farla salire.
Anche Devon li raggiunse.
Guardò Michael con sguardo di intesa, sorrise appena e sospiró.
"Vieni con noi?" Chiese Michael
"Torno con il camion, voi fate con calma" gli fece capire che li avrebbe lasciati soli e gli avrebbe dato tutto il tempo che volevano.
"Ci vediamo alla fondazione" KITT chiuse la portiera e partirono.
Rimase in silenzio, mentre Amy cercava di calmarsi, per tutto il tempo.
Michael si fermò alla spiaggia, la stessa spiaggia dove due giorni prima aveva dato di matto.
Per un attimo ne ebbe il ricordo, poi lo ricacciò indietro.
Scesero e andarono sulla sabbia, togliendosi le scarpe.
Era si nuvoloso ma non c'era minaccia di pioggia.
Camminarono lungo la riva, con i piedi a mollo nell'acqua.
Voleva cominciare un discorso ma non sapeva come.
L'aiuto arrivi presto, fu Amy a cominciare
"Tu resterai con me vero?"
Michael la guardò "Si Amy, non intendo andarmene"
"Per sempre?" Michael annuì ed Amy gli si avvicinò prendendogli la mano.
Michael tremó "Amy...devo dirti una cosa" la fece fermare e si inginocchiò alla sua altezza.
Era tutta la notte che ci pensava. Le parole vennero fuori da sole.
"So che non riuscirai mai a vedermi come un padre, so di non esserci mai stato e di non essere ciò che ti aspettavi" disse "capiró se non vuoi saperne nulla di me o se un giorno vorrai andartene, so di non essere stato nulla nella tua vita"
Amy fece per ribattere ma lui la fermò
"Fammi finire...non sono e non sarò mai un buon padre ma qualunque cos tu decida, Amy, io ti giuro...ti giuro su KITT e sua tua madre che mai...ripeto, mai ti abbandonerò, non ti accadrà mai nulla e ti proteggerò con tutto me stesso"
Amy era rimasta senza parole e non sapeva cosa dire.
"Vuoi...continuare a camminare?" Chiese Michael, sapendo di aver esagerato.
Forse non era pronta per certi discorsi, forse...
"Si" rispose Amy, mentre sulle sue labbra si formava un sorriso "si...papà"
Adesso era Michael a sgranare gli occhi
"Come hai detto?"
"Papà!" Ripetè Amy gettandogli le braccia al collo.
Sua madre glielo aveva sempre detto -Capirai che è tuo padre quando, in sua presenza, ti sentirai protetta- e aveva ragione.
"Oh Amy" Michael la strinse a sua volta e la tirò su, facendola volteggiare per aria.
KITT, in disparte, li osservava.
"L'amore umano resterà sempre un mistero per me" commentó per poi accendere il motore e andare verso il camion della fondazione, che attendeva in disparte.

FINE

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