A Shooting Star may fall

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giorno come tanti ***
Capitolo 2: *** La prima stella cadente ***
Capitolo 3: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 4: *** I castelli in aria si sgretolano ***
Capitolo 5: *** Il fantasma del Castello Northwest ***
Capitolo 6: *** L'ultima stella cadente ***



Capitolo 1
*** Un giorno come tanti ***


A Shooting Star may fall

Un giorno come tanti

 

Era stata una giornata come tante, non c’era stato proprio nulla di strano, e questa era la cosa peggiore.

Di solito, quando accadeva un evento tragico, lo si sentiva nell’aria, c’era sempre quella sensazione di stordimento, quello strano peso sul petto, che spesso veniva ignorato, ma che comunque metteva sull’attenti, spaventava.

Invece Dipper non l’aveva sentito, e il giorno prima che la sua vita cambiasse radicalmente, fu un giorno come tutti.

Aveva passato la mattinata a studiare mentre la sorella provava l’abito che avrebbe indossato al matrimonio combinato con il primogenito di una delle famiglie più importanti della piccola cittadina scozzese di Gravity Ville, i Gleeful.

Avevano poi passato il pranzo insieme, e Mabel aveva deciso di organizzare un picnic e aveva portato il fratello ai confini della proprietà, in mezzo al boschetto di alberi di pino che davano prestigio alla famiglia e che avevano coniato il cognome.

Avevano chiacchierato parecchio, parlando del futuro, del matrimonio imminente che Mabel non apprezzava affatto e degli studi di Dipper.

Poi avevano giocato a chi sarebbe arrivato per primo a casa, e Mabel aveva vinto con parecchio scarto, pur portando scarpe non molto comode e il vestito lungo e pesante.

Sua madre si era vista parecchio infastidita da quel comportamento infantile, ma a Mabel mancavano così pochi giorni di libertà che aveva deciso di lasciar correre e farla vivere in allegria, dato che il futuro marito non avrebbe certo tollerato un comportamento del genere.

Il pomeriggio era passato con altri preparativi da parte dei genitori. Mabel era rimasta a casa a tessere e Dipper era stato costretto a sostituire il padre come controllore per il trasporto dell’ultimo carico di legna in città.

Lui e sue sorella erano tredicenni, e gli unici discendenti della famiglia Pines, un tempo una delle famiglie più importanti della città perché mercanti di legname, uno dei maggiori prodotti da asporto del villaggio.

Dopo alcuni scandali erano finiti sul bordo del precipizio, ma il matrimonio combinato di Mabel Pines avrebbe risollevato la famiglia.

Anche se sarebbe più corretto dire avrebbe dovuto.

Infatti quella notte accadde l’inevitabile.

Dipper si ricordava gli ultimi momenti di quella che sembrava normalità come se nella sua testa li continuasse a rivivere all’infinito.

Dopo un’elegante cena offerta dai domestici, lui e sua sorella erano risaliti nelle loro camere, e si erano salutati come al solito non appena arrivati alle rispettive porte, che erano l’una davanti all’altra.

Si ricordava chiaramente che Mabel, che si sarebbe dovuta sposare dopo pochi giorni e lasciare la casa della sua famiglia, lo aveva sconsideratamente abbracciato, e gli aveva dato in dono il suo portafortuna: una catenella d’argento con un ciondolo che raffigurava una piccola stella cadente.

Dipper non sapeva perché avesse scelto proprio quel giorno, ma non l’aveva chiesto, e non ebbe più l’occasione di farlo.

Forse, a differenza sua, Mabel aveva avvertito quel peso sul petto e la sensazione che sarebbe potuto essere il loro ultimo addio.

Un altro ricordo vivido nella mente di Dipper fu il proprio saluto, stanco, quasi dato per scontato, visto che era assonnato quella notte e il giorno dopo si sarebbe dovuto svegliare molto presto per aiutare il padre a tagliare la legna, dato che non aveva lezioni.

Si era messo la catenella al collo quasi distrattamente, con l’intenzione di toglierla prima di dormire, ma si era appisolato sul momento, non appena ebbe chiuso gli occhi.

E li riaprì dopo quelli che parvero pochi secondi, perché l’aria si era fatta improvvisamente troppo calda, e il respiro più affannoso.

Non capì subito quello che stava succedendo, anzi in un primo momento sembrò solo un sogno parecchio vivido e quasi doloroso.

Ci mise qualche secondo a rendersi conto che la sua stanza era completamente avvolta in fumo nero, che quasi gli impediva la vista e che era scaturito da muri di fiamme che lentamente stavano consumando il legno.

Balzò fuori dal letto, ancora poco lucido, ed inciampò nelle coperte di lana, cadendo con la faccia nel pavimento.

Non ricordò, a posteri, cosa pensò in quel momento, ma era abbastanza sicuro che non fosse il salvataggio di sua sorella, quanto il proprio.

Era stanco, non respirava ed i suoi occhi sembravano bruciare quanto la gola.

Strisciò verso la porta, il più velocemente possibile e cercando di non respirare troppo fumo.

Tirò con se la coperta per coprirsi davanti alla bocca, e raggiunse in fretta la sommità delle scale.

Fu solo a quel punto che, sentendo un urlo, si ricordò della sorella nella stanza davanti alla sua.

Era tradizione chiudere a chiave le stanze delle giovani ragazze, soprattutto se erano in età da marito e dovevano sposarsi a breve.

“Mabel?” pensò con l’ultima parte di suo cervello che ancora era razionale.

Prima che potesse anche solo pensare di andarla ad aiutare la scala su cui si era posato un attimo assalito dall’incertezza non resse più, e il ragazzo cadde in un mare di fiamme ancora più alte.

Non capì come fece a salvarsi, ricordava solo che ce la mise davvero tutta, e i suoi sforzi vennero ricompensati.

La fine delle scale era proprio davanti alla porta, quindi bastò un leggero sforzo di volontà per raggiungere l’uscio, e al resto pensarono le robuste mani del padre, che lo presero con forza e lo portarono lontano dal fuoco, nel freddo della notte d’inverno che sembrò tutt’altro che gelida, dopo quel caldo infernale che lo aveva avvolto.

Ci mise qualche secondo a capire appieno quello che stava succedendo, mentre sentiva sua madre piangere disperata in ginocchio vicino alla casa, i lamenti demoralizzati e devastati dei domestici che da una parte cercavano di consolarla, dall’altra erano spaventati e sconvolti ben più di lei, visto che alcuni di loro erano ancora dentro, e visto che non avrebbero più avuto lavoro vista la tragedia.

Il padre lo abbracciava, sollevato di poterlo ancora stringere tra le braccia.

-Mabel?- chiese Dipper, in un sussurro, quasi non riusciva a parlare.

Il padre sciolse l’abbraccio, guardando preoccupato la casa, che come carta al fuoco stava lentamente piegandosi su se stessa e crollando inesorabilmente.

-Mabel?- chiese ancora il ragazzo, iniziando ad acquistare lucidità ed iniziando a sentire nel petto quel peso che non aveva avvertito dalla mattina, o che forse aveva sentito ma di cui non aveva voluto tener conto.

Di lì a poco, non sarebbe rimasto che un mucchio di cenere, ma Mabel non poteva essere lì, forse era uscita, e Dipper si era immaginato tutto.

Il padre si avviò velocemente verso la casa, prendendo qualche domestico fedele e disposto a rischiare la vita per una eventuale missione di soccorso, ma proprio in quel momento gli ultimi sostegni della casa cedettero, e tutto crollò in un enorme falò di fuoco, cenere e morte.

Il capofamiglia Pines si portò la mano alla bocca, tenendosi ad un servo per non cadere in ginocchio, e lasciando andare qualche lacrima.

Dipper continuava a non capire, o forse semplicemente il suo cervello si rifiutava di crederci.

Doveva essere un sogno, un bruttissimo sogno, ma allora perché non si svegliava?

-Mabel!- cercò di correre, inciampando parecchio, verso la casa ormai distrutta, senza neanche pensare di credere che sua sorella potesse essere intrappolata, senza possibilità di salvezza, forse già… 

No! Non poteva essere, c’era sicuramente una soluzione, e lui l’avrebbe salvata.

-Dipper, no!- suo padre lo prese appena in tempo, prima che si precipitasse in soccorso, e il tredicenne provò a dimenarsi con la massima forza possibile per un ragazzino così provato.

Mano a mano la consapevolezza di quello che era accaduto iniziò a farsi breccia dentro di lui, contemporaneamente alle lacrime che iniziavano ad uscire, senza contegno.

Cercò di trattenerle, dando a loro la colpa di quella disperazione, senza sapere che erano solo una conseguenza, la conseguenza di un futuro distrutto, di una persona che se n’era andata via per sempre dalla sua vita, della sorella che non aveva neanche potuto salutare che era completamente scomparsa inghiottita da fuoco e cenere.

I singhiozzi del ragazzo furono persino più forti di quelli della madre, che continuava a disperarsi con la testa tra le mani lamentandosi che la loro famiglia era maledetta.

Dipper si portò una mano al petto, constatando che la catenella regalatagli da Mabel era ancora lì, completamente integra nonostante il caldo che aveva dovuto subire.

La strinse forte, nonostante fosse cocente, e gli sembrò quasi di sentirla vibrare, come se un piccolissimo cuore di metallo battesse all’interno dell’argento.

Come se sua sorella fosse lì e cercasse di rassicurarlo.

“Andrà tutto bene” sembrava comunicargli.

Ma Dipper non le credette.

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Capitolo 2
*** La prima stella cadente ***


La prima stella cadente

 

Caro diario,

Mi ha abbandonato ormai da un po’, mi ha lasciato solo, e mi manca davvero tantissimo. Ogni volta che mi addormento spero al mattino di risvegliarmi a casa mia, con la sua figura accanto e la sua risata di chi mi ha appena battuto sul tempo nello svegliarsi.

Era quasi una gara, ed io perdevo sempre.

Mi manca tantissimo giocarci insieme, parlarci o anche solo guardare le stelle in sua compagnia. Ci mettevamo sempre sul tetto e cercavamo di contarle. Certo, io ne contavo sempre di meno, ma solo perché ogni volta venivo distratto da qualcosa, come un gufo in lontananza o una stella cadente e quindi perdevo il conto. Ogni volta che ne vedevamo una diceva che le stelle cadenti sono anime del cielo che tornano sulla terra per vegliare sui loro cari.

Mi manca così tanto, e ora il nome della famiglia è macchiato, e so per certo che i nostri genitori avrebbero voluto che fossi morto io al suo posto.

Avrebbe risollevato la famiglia, invece io non sono nessuno, e non conto proprio nulla.

E non sono gli unici a pensarlo, avrei decisamente preferito essere io quello a morire.

Vorrei tanto che fosse ancora qui con me, soprattutto in questo periodo difficile.

 

Niente andò meglio, questo era certo.

Dopo la distruzione della casa di famiglia e la rottura dei rapporti con i Gleeful che si lamentavano del mancato matrimonio, i Pines caddero nel baratro.

Mentre il capofamiglia e la moglie erano stati costretti a cambiare città per cercare fortuna altrove utilizzando alcuni contatti che avevano con paesi vicini, Dipper rimase lì, ed iniziò ad essere un servo presso la famiglia più potente del villaggio: i Northwest.

Erano i fondatori di Gravity Ville, e avevano un castello nel punto più alto della città, come fossero il re e la regina e dovessero controllare tutti i loro sudditi.

Certo, Preston Northwest avrebbe preferito usare il termine “vegliare”, ma era chiaro che utilizzava il suo immenso potere solo per scopi personali, e la sua corruzione si vide anche dall’assunzione di Dipper.

Infatti non lo prese per i suoi requisiti o per le sue abilità, ma perché aveva contatti, dato che il posto fu raccomandato dal capo della servitù, Stanley Pines, prozio del ragazzo.

Il suo ramo della famiglia si era spezzato tempo addietro, e i genitori di Dipper si erano sempre tenuti alla larga da lui e non facevano che parlarne male, anche se nella miseria era comunque riuscito ad ottenere una posizione d’élite per i poveri.

Naturalmente, ora che erano diventati poveri anche loro, le lusinghe erano volate come come farfalle in primavera, e anche se Dipper non approvava, non faceva commenti.

Dopo la morte della sorella sentiva dentro di sé un vuoto incolmabile, e si sentiva ogni giorno in colpa per non aver passato più tempo con lei. Avrebbe potuto assecondarla quando gli chiedeva in tono supplicante di farla salire a cavallo. Dopotutto, anche se era una ragazza, era corretto farla almeno provare, e non avrebbe dovuto badare troppo al giudizio e ai probabili richiami dei genitori.

Forse se avesse insistito per stare nella stessa camera con lei anche dopo superati gli otto anni, come Mabel spesso aveva chiesto, si sarebbero salvati entrambi.

E se non avesse proposto, sotto richiesta di Mabel, di spostare le nozze di un paio di mesi per avere un periodo migliore, adesso la sorella sarebbe viva, sposata infelicemente, ma viva.

Ogni giorno della sua vita si sentiva in colpa, infelice e senza scopo.

Non riusciva a dormire bene, mangiava davvero poco e parlava ancora meno, infatti erano passati alcuni mesi e ancora non aveva stretto amicizie, e a stento conosceva il nome dei colleghi con cui lavorava più spesso.

Anche se, oltre al prozio che essendo il suo capo e suo protettore doveva conoscere per forza, aveva parlato più volte con il tuttofare del palazzo, un tale spagnolo di nome Jesus che, per il nome considerato parecchio blasfemo, veniva chiamato da tutti Soos.

Era privo di ogni diritto ed era considerato uno schiavo, più che un servo, dato che era stato catturato dagli inglesi durante un attacco spagnolo.

Non era un soldato, ma semplicemente il figlio molto piccolo di un uomo ucciso dai cannoni inglesi, perciò, per mostrare clemenza, e, motivo principale, per avere uno schiavo da poter mostrare come un’attrazione turistica ai nobili degli altri paesi, i Northwest lo avevano preso a lavorare con loro, ed aveva imparato molto in fretta il lavoro.

I Northwest erano convinti di essere per lui dei benefattori, dei modelli, quasi delle figure paterne, ma non ci era voluto molto a Dipper per capire che l’unica figura paterna della vita di Soos era Stan, che infatti gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva.

Settantatré giorni dopo la morte della sorella, Dipper era con gli altri domestici a fare colazione, di mattina presto, visto che dovevano iniziare tutte le faccende all’alba, e, come al solito, era in un angolo, sperando di non essere chiamato in causa.

-Allora, oggi voi due vi occupate della sala dei ricevimenti. Tu, tu e tu pensate a servire la colazione. Voi tre vi occuperete poi di rifare le camere da letto e poi vi dirigerete nel salone per preparare l’arrivo dei Gleeful, che verranno questo pomeriggio per una riunione strategica…- Stan iniziò ad assegnare i vari incarichi della mattinata ai domestici riuniti al tavolo, e Dipper per poco non si strozzò con il latte che stava bevendo sentendo quel cognome.

-Soos…- chiamava intanto il prozio.

-Si, signor Pines- si mise immediatamente sull’attenti il tuttofare, appena arrivato trafelato.

-…devi riparare una porta nelle stalle, chiedi a Wendell quale- continuò Stan, senza neanche guardarlo, concentrato sul foglio dei vari incarichi.

Poi sembrò ripensarci, e sollevò lo sguardo, puntandolo verso Dipper.

-Porta il ragazzo con te- aggiunse infatti, indicandolo appena, prima di tornare agli altri.

Dipper annuì distrattamente, e Soos, prendendo la sua colazione, si sedette accanto a lui.

-Che bello, mi sa che ci toccherà lavorare insieme, amico- affermò, contento. Dipper annuì lentamente, concentrato sul suo pasto.

-Tu hai già conosciuto Wendell?- chiese poi Soos, allegro.

Dipper scosse la testa, senza alzare lo sguardo.

-Allora devi assolutamente conoscerlo, è un tipo proprio in gamba. È lo stalliere reale, ma si sveglia più tardi di noi, quindi magari potremmo lavare i piatti noi due finché non si sveglia- propose Soos, tirandogli una pacca amichevole sul braccio.

Dipper alzò le spalle, ma Stan, dopo aver finito il suo giro, si rivolse nuovamente al pronipote.

-Dipper, va subito nelle stalle, sei incaricato anche di pulirle da cima a fondo prima e dopo aver aiutato Soos a ripararle- gli impose, indicandogli la porta, burbero.

Dipper posò il piatto quasi del tutto pieno sul tavolo e si alzò per eseguire gli ordini, senza dire una parola.

-Aspetta, vengo anche io- Soos mangiò velocemente e si alzò a sua volta per aiutarlo, ma Stan lo bloccò.

-Tu resta qui a lavare i piatti. Fa fare al ragazzo il suo lavoro- gli ordinò, secco.

Soos sembrava dispiaciuto, ma poi annuì.

-Certo, signor Pines- prese il suo piatto e quello del ragazzo appena uscito e li portò alla tinozza d’acqua per lavarli.

-L’altra tinozza, Soos, quella è dell’acqua da bere- lo rimproverò Stan senza neanche guardarlo, ormai abituato agli sbagli frequenti del tuttofare.

-Oh, certo, mi scusi- Soos si corresse subito, e mangiò anche gli scarti di Dipper per non far sprecare nulla.

Stan accennò un sorriso esasperato, alzando gli occhi al cielo, poi piegò il foglio con gli incarichi e se lo mise in tasca.

La capacità di scrivere e leggere erano le uniche cose che gli erano rimaste del suo passato da nobile, per il resto era un uomo ormai solo ed esclusivamente di servitù, come dimostravano anche i modi un po’ bruschi e il comportamento secco e abituato a dare ordini.

Per anni aveva ricercato il successo e la fama, ma ormai si era arreso all’idea che non l’avrebbe mai avuta.

Però, in fondo al cuore, sapeva più o meno cosa stesse passando, almeno in parte, il nipote, e sapeva anche che, in quei momenti, era molto meglio stare da soli, anche se una persona come Soos era un’ottima compagnia per dimenticare ed andare avanti. 

Ma, chiaramente, Dipper non era ancora arrivato a quel punto.

 

Il ragazzo in questione aveva raggiunto, non senza una certa difficoltà, le stalle, un luogo dove ancora non era stato, anche se sapeva perfettamente come metterci mano.

Infatti, nella sua vecchia casa, aveva avuto alcuni begli esemplari purosangue e Mabel adorava prendersi cura di loro al posto dei domestici per stringere amicizia e toccarli in qualche modo, visto che nessuno le premetteva di imparare a cavalcare.

Prese il necessario per pulire e si avviò all’interno, per cominciare da lì e mano a mano spingersi fuori.

I cavalli sembravano nervosi al suo passaggio, ma Dipper non ci badò, e li ignorò.

Dopo aver fatto il suo lavoro per un’oretta circa, decise di uscire un attimo per prendere un po’ d’acqua al pozzo, e, mentre ci si dirigeva a sguardo basso e con le mani nelle tasche dei pantaloni, vide un’ombra abbattersi su di lui, e per poco non ebbe un colpo al cuore, mentre alzava gli occhi per posarli su un cavallo imbizzarrito che gli stava venendo addosso.

Non ebbe il tempo neanche di urlare. Cadde a terra portandosi le mani alla testa e strizzando gli occhi spaventato, ma stranamente nessuno zoccolo si abbatté contro di lui.

-Hey, amico, tutto bene?- chiese il cavallo.

Dipper spalancò gli occhi, ma per fortuna non era impazzito, non era stato il cavallo a parlare, ma il ragazzo che lo montava.

Inizialmente Dipper non vide che la sua immagine controluce, e quindi dovette sbattere gli occhi un paio di volte per mettere a fuoco la figura che stava scendendo e stava cercando di calmare il cavallo.

Dipper non capì minimamente perché, ma appena vide il ragazzo gli si strinse lo stomaco.

Era un sedicenne, forse diciassettenne, non si capiva molto bene, ed aveva capelli rossi coperti da un cappello, e un accenno di baffi e barba che, a dire la verità sembravano un po’ strani.

Il fisico era snello ma muscoloso, ma anche se era magro per l’ideale di bellezza del tempo, Dipper, non capiva perché e non voleva capirlo, lo considerava molto carino.

Cercò di non interrogarsi né soffermarsi su quel pensiero.

Lo stalliere gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi, e Dipper la prese senza guardarlo negli occhi verdi e magnetici.

-Sei quello nuovo, vero? Io sono Wendell, piacere di conoscerti. Perdona Gompers, diventa nervoso in compagnia di persone negative- dopo avergli stretto la mano accarezzò delicatamente il muso del cavallo, che mano a mano si calmò, pur continuando a squadrare Dipper con un po’ di sospetto.

Il ragazzo non disse nulla, e continuò a guardare lo stalliere e il cavallo senza sapere bene cosa fare.

Wendell si rivolse a lui, aggrottando le sopracciglia.

-Sicuro di stare bene?- gli chiese, guardandolo con attenzione e prendendogli il volto per scrutarlo meglio.

Dipper annuì, si scansò e decise di continuare per la sua strada fino al pozzo.

Ma una frase tranquilla di Wendell lo bloccò sul posto.

-Mio padre e i miei fratelli erano lì, sai?- disse infatti, incrociando le braccia.

-Cosa?- chiese Dipper, con voce roca. Era la prima parola che proferiva in tutta la giornata.

-La mia famiglia sono i Corduroy, e lavorano da sempre con i Pines. Hanno rischiato molto anche loro. So che si prova- spiegò lui, avvicinandosi, e mettendogli una mano sulla spalla.

Dipper si arrabbiò, e tolse la mano.

-Non è vero- sussurrò a denti stretti -Tu non ne hai idea- e poi si avviò al pozzo, senza più voltarsi indietro.

 

Una volta tornato alle stalle, Soos era arrivato ed aveva già iniziato a riparare una delle porte.

Chiacchierava amabilmente con Wendell, che nel frattempo stava dando da mangiare ai cavalli.

-Ciao Dipper!- salutò il nuovo venuto, che gli fece un cenno e si affrettò ad aiutarlo.

-Quindi è Dipper il tuo nome? Eri così occupato a voltarmi le spalle che non ti eri presentato- scherzò lo stalliere, accennando al loro incontro di poco prima.

-Quindi vi siete conosciuti?- chiese Soos, guardandoli sorridente.

Dipper annuì.

-Cosa ti serve, Soos?- chiese poi al tuttofare, cercando di cambiare argomento e di ignorare lo, stranamente attraente, stalliere.

-Devi solo passarmi gli strumenti che ti indico. Adesso mi servirebbe il martelletto. Io e Wendell stavamo parlando dei Gleeful e della riunione di questo pomeriggio- disse il tuttofare con semplicità, prendendo l’attrezzo che Dipper gli porse.

-Soos, vorrei ricordarti che la sorella del ragazzo doveva sposarlo- disse sottovoce il rosso all’ispanico, che rimase in silenzio, preoccupato di aver detto qualcosa di troppo.

-Io odio i Gleeful- confidò a sorpresa il tredicenne, a bassa voce.

-Sai, credo che il signor Pines ti abbia assegnato il turno delle stalle proprio per non farteli incontrare- osservò Soos, incerto -Mi potresti passare un altro chiodo per favore?- chiese poi, indicando la scatola dei chiodi nella cassetta degli attrezzi.

Dipper gliene porse uno.

-Rispetto molto quell’uomo- commentò Wendell, uscendo per andare a prendere dell’acqua al pozzo per abbeverare i cavalli.

-Non credo di interessargli a tal punto- affermò invece Dipper, che non aveva avuto una bella impressione del prozio, che considerava corrotto, brusco ed incredibilmente ingiusto.

-Il signor Pines è davvero una bravissima persona, e sono sicuro che ti vuole bene. Lui vuole bene a tutti noi, ci protegge come fossimo una grande famiglia. E ne fai parte anche tu, amico- Soos gli sorrise, incoraggiante, ma Dipper non voleva essere felice, accettato e andare avanti. L’unica famiglia che voleva era sua sorella, e lei non c’era più, e non ci sarebbe mai più stata.

Abbassò lo sguardo, e non disse nulla.

Il sorriso di Soos scomparve, e il tuttofare allungò una mano, per chiedere l’attrezzo successivo -Mi passeresti il martello più grande, per favore?-

Dipper glielo passò, senza dire una parola.

Soos ci mise qualche ora per finire il lavoro, e Wendell non era ancora tornato quando decise di tornare all’interno del castello e vedere se a Stan servisse qualcosa.

Dipper perciò rimase per un po’ solo nella stalla, cercando di finire il lavoro il prima possibile.

Tutti quei cavalli gli ricordavano parecchio sua sorella, e gli facevano sentire ulteriormente la sua mancanza.

-Quanto vorrei che tu fossi qui- sussurrò, stringendo forte la catenella della sorella che teneva sotto i vestiti.

Neanche il tempo di finire di parlare che, stranamente, una balla di fieno da un enorme mucchio cadde in un frastuono, allertando i cavalli, e facendo prendere un colpo a Dipper, che si avvicinò per controllare.

-Allora, finito di riparare? Dovrei rimettere dentro Waddles, l’ho dovuto tenere fuori tutta la notte, questo birbante- l’arrivo repentino di Wendell, che teneva una grande catenella d’acqua in una mano e nell’altra guidava per le redini un bellissimo cavallo marrone chiaro con delle macchie più scure sull’occhio e sul posteriore, interruppe le investigazioni del tredicenne, che si girò verso di lui.

-Si, Soos ha finito poco fa. Ho quasi finito anche io- disse il ragazzo, lasciando perdere lo strano segnale e affrettandosi a finire di pulire la stalla.

-Mi sarebbe piaciuto salutarlo, ma Waddles stava correndo in giro e ho dovuto riacchiapparlo, senza contare che la signorina Northwest…- si bloccò, e scosse la testa -Diciamo che non nutro molta simpatia per lei ed è reciproco- si giustificò semplicemente, alzando le spalle.

Dipper annuì, continuando con il suo compito.

Era stanco e sudato, per niente abituato a fare quel tipo di lavori, ma non si lamentava e non dava segni della sua fatica.

Wendell però era abbastanza intuitivo.

-Stai lavorando da un bel po’. Ti va di fare una pausa? Ti prendo il pranzo e possiamo mangiare al lago. E’ un bel posto ed è difficile che ci trovino in fretta, quindi possiamo battere un po’ la fiacca- propose infatti, piegandosi all’altezza del ragazzino per guardarlo negli occhi, con un sorriso incoraggiante.

Dipper sentì una morsa al petto che non riuscì a spiegarsi. Quel ragazzo lo convinceva sempre meno e non capiva il perché. Distolse lo sguardo prima ancora di incrociarlo, senza dire nulla.

-Capisco, scusami per qualsiasi cosa ti abbia fatto. Probabilmente non sarei dovuto essere così invadente, non ho la più pallida idea di cosa tu abbia passato- Wendell si alzò, e fece per uscire.

-Cosa?- chiese Dipper, alzando lo sguardo senza capire.

-Mi sono scusato, stupidotto. Mi sembrava il minimo che potessi fare. Mi rendo conto di essere risultato un po’ rude- gli sorrise, appoggiandosi vicino alla porta a braccia incrociate.

Dipper piegò la testa.

Wendell indicò l’esterno delle stalle.

-Allora, vuoi la pappa d’avena o la farinata d’avena? Credo debbano essere la stessa cosa ma Susan ama sempre mettere ingredienti extra nella sua parte- gli chiese, con un occhiolino.

-Non dovevi scusarti. Anzi, sei stato davvero molto gentile- Dipper scosse la testa, rigirandosi il ciondolo della catenella tra le dita -È che… per me è molto difficile- ammise, con le lacrime agli occhi.

-Capisco che ora hai bisogno dei tuoi spazi e questa situazione è difficile per te, ma sappi che per qualsiasi cosa potrai sempre contare su di noi, siamo una grande famiglia allargata. Pappa d’avena sia, comunque, torno tra poco- e dopo un cenno di saluto si avviò verso il castello per prendere il pranzo.

Dipper sorrise tra sé, arrossendo leggermente e stupendosi di ciò.

Che gli stava succedendo?

 

Passò un bel pomeriggio con Wendell, che gli presentò tutti i cavalli e gli fece pure fare un giro su Waddles, quello che lo aveva fatto dannare tutta la mattina scappando.

Dipper finì di lavorare che ormai stava calando la sera, ma era felice di avere poche possibilità di incontrare quello che sarebbe dovuto diventare il suo futuro cognato.

Purtroppo più si allontanava da Wendell più quei momenti di gioia che aveva passato con lui si fecero un ricordo sofferente, un momento singolo in mezzo a un mare di dolore che non appena raggiunse la sala dove si era tenuto il banchetto per svuotare il camino dalla cenere lo colpì dritto nello stomaco.

-Dipper Pines, quanto tempo- gli disse con rabbia a mo’ di saluto un dodicenne dai capelli biondo platino e lo sguardo falsamente angelico che sembrava aspettarlo seduto su un divanetto alla fine della stanza.

Dipper rimase un attimo fermo immobile, mentre osservava il famoso e potente Gideon Gleeful, quello che in un’altra vita sarebbe stato il marito della sorella che gli mancava da morire.

Vedere la possibilità che avrebbe potuto farla sopravvivere gli fece molto più male di quanto avrebbe mai voluto ammettere, ed abbassò lo sguardo, cercando di comportarsi da servo, cosa che ormai era.

-Mi scusi signor Gleeful, non credevo che qui ci fosse qualcuno. Tornerò più tardi- Dipper fece per uscire, ma Gideon lo trattenne.

-No, pulisci, servetto- gli ordinò, indicando il camino, e mettendosi comodo ad osservarlo mentre si spaccava la schiena per raccogliere tutta la cenere -Sto solo aspettando che i miei genitori finiscano di parlare con i Northwest. Sarà questione di poco, prima che decidano di darmi in sposa la signorina Pacifica- aggiunse poi con amarezza, e guardò il castano come se fosse colpa sua.

Dipper non parlò.

-Mabel doveva essere mia, e per colpa tua non lo sarà mai!- esclamò il biondo, tirando un pugno contro il muro, a pochi centimetri da Dipper, che sobbalzò, e lentamente si girò a guardarlo.

Gli lanciò una profonda occhiata d’avvertimento, poi tornò al suo lavoro.

Sotto i vestiti iniziava a sentire la catenella riscaldarsi, ma suppose fosse solo una sua impressione.

Gideon iniziò a camminare avanti e indietro, a braccia incrociate.

-Se non avessi spostato la data delle nozze ora lei sarebbe mia, solo mia. La mia preziosa sposa, e nessuno me l’avrebbe portata via. Ma tu…- si fermò e puntò un dito contro il ragazzo, che cercò di mantenere la calma -…Tu hai deciso di cambiare la data delle nozze. Per colpa tua e solo tua ora lei non c’è più e non potrà più essere…- cominciò il biondo, furioso.

-Non dirlo, Gideon- sussurrò Dipper a voce così bassa che non si sentì neanche lui.

-…MIA- concluse il ragazzino con fare possessivo, a pochi centimetri dal volto del servo, che si voltò e lo spinse a terra, cogliendolo del tutto impreparato.

-Lei non sarebbe mai stata tua, lei era solo sua, ti odiava, ti aveva sempre odiato e non ha mai voluto sposarti- gli urlò in faccia, finalmente dando libero sfogo a tutto quello che aveva sempre pensato del ricco spasimante di sua sorella, e con le lacrime che stavano sfuggendo dai suoi occhi.

Cercò di asciugarle, mentre Gideon si alzava, ancora più furioso.

-Ti farò impiccare per questo, aspetta solo che io ne parli con i miei genitori, bugiardo che non sei altro. Mabel mi amava!- esclamò con convinzione, minaccioso per quanto potesse essere minaccioso un bambino di dodici anni più basso di Dipper di venti centimetri buoni.

Il ragazzo però non poteva ribattere, era in una posizione sociale parecchio inferiore rispetto al nobile davanti a lui, ma dopotutto che senso aveva una vita così, ora che non aveva più nessuno.

La catenella si fece bollente sotto i vestiti, e prima che il ragazzo potesse decidersi a rispondere a tono o chinare umilmente la testa, fu costretto a cacciarla fuori, attirando subito l’attenzione di Gideon.

-Ma quella… è della mia Mabel- osservò, mentre Dipper se la sfilava dal collo scottato per metterla in una tasca.

Tese la meno per prenderla, ma Dipper la strinse a se, senza badare al fatto che era davvero doloroso.

-Non ti avvicinare- gli intimò, indietreggiando vicino ad una finestra che mostrava il cielo stellato.

-Dammela subito e valuterò l’idea di non farti giustiziare per la tua impudenza- gli ordinò Gideon, avvicinandosi, e alzando una mano come a volerlo picchiare.

Dipper vide solo di sfuggita la luce di una stella cadente che sferzava il cielo notturno prima di chiudere gli occhi aspettandosi uno schiaffo che però non venne.

Invece Gideon indietreggiò ed emise un’esclamazione sorpresa, prendendosi i volto tra le mani.

Dipper aprì lentamente gli occhi, per notare che tutta la cenere del camino si era sparsa su Gideon, o almeno così vide attraverso una figura evanescente e rossa davanti a sé.

Alzò lo sguardo cercando di carpiarne i contorni, ma era molto sfocata.

La catenella nella sua mano pulsava come un cuore umano.

-Te la farò pagare, Pines!- esclamò Gideon strofinandosi gli occhi, dove la cenere lo aveva colpito.

Per tutta risposta la figura rossa fece un movimento con la mano e un soprammobile cadde da sopra il camino, frantumandosi ai piedi del nobile e facendolo cadere a terra.

-C_come fai?- chiese Gideon, terrorizzato, guardando Dipper come se fosse lui il responsabile.

Il ragazzo non sapeva che rispondergli.

La figura parlò per lui.

-Sta lontano da mio fratello, viscido nanetto!- intimò verso il nobile.

-Mabel?- chiese Dipper incredulo, Gideon lo guardò confuso, ma Dipper non poteva sbagliarsi, aveva sentito sua sorella usare quel soprannome un milione di volte.

Il nobile si alzò in fretta, togliendosi la cenere dai vestiti.

-Niente di tutto questo è successo!- esclamò con voce insolitamente acuta, prima di scappare via dalla stanza, spaventato a morte e borbottando qualcosa su case infestate.

La figura rossa incrociò le braccia e fece la linguaccia al ragazzo appena uscito, per poi girarsi verso il castano, che la guardava incredula.

I contorni del suo volto e della sua corporatura si fecero più nitidi, e il colore cambiò lentamente dal rosso al bianco, mentre si apriva in un grande sorriso verso il ragazzo davanti a se.

-Dipper, mi sei mancato tanto- disse, avvicinandosi commossa.

-Mabel- sussurrò il ragazzo, mentre le lacrime iniziavano ad uscire senza che lui potesse controllarle -Sei proprio tu, sei proprio…- iniziò a singhiozzare, incapace di trattenersi, mentre la sorella gli metteva una mano sulla spalla, trapassandolo.

-Oh- ritirò la mano di scatto, diventando leggermente violetta, e abbassò lo sguardo.

Dipper si rimise la catenella, poi guardò la sorella ancora incredulo, e per la prima volta da quando era caduto in disgrazia sorrise, sorrise davvero, con pura e autentica felicità che non aveva provato neanche durante quello stesso pomeriggio con Wendell.

-Mi sei mancata infinitamente anche tu- sussurrò alla sorella, con voce rotta.

-Non me ne andrò più via, te lo prometto- la sorella gli fluttuò accanto e accennò un abbraccio pur sapendo che non si sarebbe sentito.

Dipper ridacchiò e ricambiò, sentendosi una piccola nuvola svolazzante i cui pesi erano stati tutti tolti dal petto.

Ma si sa, le nuvole preannunciano tempesta.

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Capitolo 3
*** Di nuovo insieme ***


Di nuovo insieme

 

Caro diario,

So che non ci crederai mai ma non sono più solo, il suo spirito è tornato e adesso è qui con me.

All’inizio ero un po’ spaventato, non riuscivo a crederci, ma non potrei essere più felice.

Mi mancava così tanto, ogni giorno e ogni ora sentivo la sua mancanza, mi sentivo responsabile della sua morte, ma adesso è di nuovo al mio fianco.

Possiamo giocare insieme, e chissà, magari dato che non ha più un corpo vincerò un po’ di volte anche io. Anche se effettivamente fluttua e muove oggetti, a quanto pare.

Gli altri domestici mi vedono strano questi giorni, ma a me non importa il loro giudizio. Finalmente sono di nuovo felice ed è grazie alla sua compagnia. Continuano a dirmi di andare avanti, ma non ne ho la minima intenzione, non adesso.

Perché ora è con me, ora non ho bisogno di andare avanti, non ho nulla da temere e da rimpiangere.

Non riesco a credere a quanto io sia fortunato.

Ora mi è accanto, ed farò in modo che non vada più via, e che mi resti accanto per sempre.

Perché, se devo essere sincero, non credo che ce la farei mai a lasciarmi tutto dietro, ora che so che posso restare e vivere così.

 

 

Dipper iniziò a sorridere, con il passare del tempo, e il suo prozio trovava la situazione parecchio strana, anche se non era il tipo d’uomo che giudicava.

-Dipper, devi pulire la sala da pranzo da cima a fondo e poi occuparti di prendere della legna per il camino- ordinò un paio di settimane dopo il grande cambiamento del ragazzo, che con un sorriso annuì.

-Certo, prozio Stan. Vado subito- acconsentì, lavando il suo piatto e salutando allegro Soos, che entrava in quel momento.

Stan lo guardò uscire socchiudendo gli occhi, per niente convinto da quel comportamento.

-Soos- chiamò, rivolto al tuttofare, che subito si mise sull’attenti.

-Si, signor Pines?- chiese infatti, dedicandogli la massima attenzione.

-C’è un tavolo traballante nella sala da pranzo, va lì- gli ordinò, scrivendo qualcosa sul foglio che aveva in mano.

-Certo signor Pines- Soos, che non aveva neanche mangiato, si avviò in fretta verso l’uscita, ma venne fermato da una delle cuoche.

-Almeno prendi un po’ di zuppa di farro, Soos- lo richiamò, offrendogli una ciotola, con un sorriso.

Soos fece per prenderla, ma lanciò uno sguardo verso Stan, come a chiedergli il permesso.

Stan si accorse di essere osservato, ed alzò gli occhi al cielo.

-Puoi mangiare, Soos, non è urgente- disse brusco, e il tuttofare prese la ciotola e si sedette.

-Grazie, Melody- sorrise alla cuoca, che arrossì leggermente.

-Dimmi se hai bisogno d’altro- affermò con convinzione prima di tornare in cucina ad aiutare la collega Susan.

-Soos, quando vai in sala da pranzo, tieni d’occhio Dipper, e riferiscimi tutto, va bene?- chiese sottovoce al fidato sottoposto, con uno sguardo di intesa.

-Certo signor Pines- acconsentì Soos, annuendo con vigore.

Stan era preoccupato, lo doveva ammettere, almeno a se stesso, ma non voleva pensare al peggio, ed aveva altro a cui pensare.

Ma sarebbe rimasto all’erta, e aveva occhi ovunque che l’avrebbero aiutato e gli avrebbero riferito ogni cosa.

Però non poteva minimamente immaginare che Soos non avrebbe trovato Dipper in sala da pranzo, una volta arrivato lì.

Infatti il ragazzo ci aveva messo molto poco a finire, e non per determinazione e bravura, ma perché aveva ricevuto un grandissimo aiuto molto efficace.

La sorella, infatti, era rimasta al suo fianco da quando era ritornata come fantasma, e lo aveva aiutato come nessuna persona viva lo avrebbe potuto aiutare.

In poco tempo aveva sviluppato i suoi poteri di telecinesi, e si era allenata a creare un vento da fantasma che spostava tutta la polvere da un lato in modo che fosse facilmente recuperabile, ed intere stanze venivano pulite in una mezzora o anche meno.

Questo lasciava a Dipper molto tempo libero, che passava spesso con la sorella a divertirsi come usavano fare da piccoli, prima dei doveri, prima degli obblighi, prima che la compostezza prendesse il sopravvento sulle loro vite.

Dipper aveva anche iniziato ad annotare interessanti informazioni sulla forma da fantasma della sorella, come ad esempio il fatto che era vestita come era morta e non poteva cambiarsi d’abito, quindi era costretta a rimanere per l’eternità in camicia da notte bruciacchiata.

Inoltre era semitrasparente, ma cambiava colore a seconda dell’umore e delle emozioni.

Ancora non conosceva tutti i colori che poteva assumere, perché non avevano sperimentato molto, e per ora conosceva solo il gioioso giallo che assumeva quando stavano insieme a divertirsi, e il bianco neutrale di quando era sovrappensiero e senza emozioni particolarmente forti.

-Allora, Dip Dip, cosa proponi di fare? E ti prego non dire scacchi che l’abbiamo fatto fin troppo e tu mi batti sempre- dopo aver sistemato tutta la sala, Mabel, di un bel giallo acceso, svolazzava intorno al fratello, che stava portando fuori le cose da buttare.

Dipper le sorrise.

-A dire la verità vorrei portarti alle stalle. Secondo me le ameresti alla follia, e oggi abbiamo abbastanza tempo- propose incoraggiante.

Aveva progettato di portare la sorella a visitare tutti quei cavalli già da un po’, ma non avevano avuto molto tempo.

Certo, Mabel avrebbe potuto andarci da sola, ma Dipper voleva guardare la sua faccia alla vista dei cavalli, e quindi non le aveva mai accennato nulla.

-Hanno delle stalle?! Allora dobbiamo andarci immediatamente!- esclamò raggiante, schizzando fuori dalla stanza attraverso il muro.

Dipper ridacchiò, e corse fuori a sua volta.

-Ehi, aspettami, Mabel! Non tutti fluttuano in giro!- obiettò ad alta voce, senza minimamente preoccuparsi che qualcuno potesse sentirlo, dopotutto i nobili dormivano ancora a quell’ora.

Ma non aveva badato alla servitù che in quel momento stava pulendo le altre stanze, che rimasero sconcertati all’udire quelle parole.

Ma si dissero che il ragazzo stava solo impazzendo, non poteva essere tornato, a distanza di trent’anni, il fantasma del castello Northwest.

 

Quando Dipper arrivò trafelato alle stalle Mabel stava già osservando le creature a bocca aperta, rendendo tutta la sua attesa inutile.

Per fortuna la sua faccia estasiata era comunque rimasta, e Dipper sorrise vedendo la sorella così allegra.

Il giallo che emanava era ancora più splendente.

-Dipper, questi cavalli sono fantastici! Come si chiama quello con le macchie?- chiese, indicandone uno, che sembrava vederla.

-Waddles, sono felice che ti piacciano, potrei chiedere a Wendell di fare un giro. Magari puoi metterti dietro di me e provare a fingere di cavalcare, anche se… insomma… non è proprio come se fosse vero- propose Dipper, un po’ incerto. 

Si sentiva ancora in colpa per non averle mai permesso di montare su uno qualsiasi dei cavalli che possedevano prima che tutto andasse a fuoco.

Il colore di Mabel si fece meno vivido, ma la ragazza cercò di non abbattersi.

-È una magra consolazione ma potrà andare, non preoccuparti. Questo cavallo già mi adora, vero Waddles?- chiese con voce tenera al cavallo, che piegò la testa e la sporse verso di lei.

-A quanto pare ti può vedere. Forse è una caratteristica dei cavalli- Dipper si avvicinò e iniziò ad accarezzare il muso di Waddles, curioso.

-Dipper, che piacere vederti da queste parti. Non sapevo ti toccasse il turno alla stalla- commentò una voce alle spalle del ragazzo, che sobbalzò.

-Oh, ciao Wendell. Sempre mattiniero- Dipper sorrise allo stalliere, arrossendo appena. 

Non si aspettava che fosse lì così presto.

Mabel soppesò la situazione, e studiò attentamente il ragazzo e il fratello, fluttuando loro intorno, consapevole che il rosso di capelli non poteva vederla.

-È carino- affermò la ragazza indicandolo, facendo arrossire ulteriormente il fratello.

-Stai bene? Ti vedo accaldato- commentò Wendell, avvicinandosi.

-Si, si, sto bene, sto bene. Comunque sono venuto qui perché ho finito prima il mio turno, e ho pensato…- Dipper sollevò le spalle, lanciando un’occhiata alla sorella che lo guardava curiosa e fluttuava intorno a Waddles, che la seguiva con lo sguardo.

-Mitico, allora ci facciamo un giro. Pensavo avessi deciso di ignorarmi per sempre- commentò lo stalliere, prendendo il necessario per fare una bella cavalcata.

A Dipper venne un leggero dubbio quando notò che le briglie usate dallo stalliere erano personalizzate, ed appartenevano al signor Northwest

-Ma si può fare? I cavalli non dovrebbero essere solo dei nobili?- chiese, anche se non era molto sicuro delle varie regole.

-Si, ma se non sanno nulla non ne soffriranno, giusto. E poi Waddles odia essere cavalcato da quella principessina viziata di Pacifica Northwest. Invece sembra impaziente di farsi guidare da te- Wendell gli fece un occhiolino, e Dipper sorrise, arrossendo appena.

-Beh, immagino che nessuno si farà male se facciamo prendere aria a questi poveri cavalli- commentò, guardando la sorella, che seduta, si fa per dire, su Waddles, lo stava già aspettando.

-All’avventura, Dippy Dip!- Mabel spronò il cavallo, che nitrì impaziente.

Dipper trattenne una risatina.

-Tieni, sai come imbrigliare e sellare un cavallo giusto?- Wendell porse a Dipper tutto il necessario, e lui annuì.

L’aveva già fatto molte volte, anche se ormai erano alcuni mesi che non si esercitava.

-Si, faccio subito- si avvicinò a Waddles, che era molto tranquillo.

Wendell iniziò a sistemare Gompers, il cavallo che avrebbe usato lui.

-Prima la sella, devi legarla sotto e tenerla in questo modo- Mabel iniziò a suggerirgli il metodo giusto, ma Dipper era parecchio fuori allenamento, così, alzando gli occhi al cielo divertita, la sorella schioccò le dita, e tutto si sistemò da solo.

Per fortuna Wendell non sembrò accorgersi di nulla, troppo impegnato.

-Grazie, sorellina- commentò a bassa voce, accarezzando il muso del cavallo.

-Figurati, sai che questo posto mi sembra familiare? Come se fossi venuta qui, solo che non ne ho un ricordo vivido- commentò la ragazza, guardandosi intorno.

-Forse prima di tornare definitivamente. Ti ho richiamato quello stesso giorno ed è successa una cosa strana ad una balla di fieno- ricordò Dipper, pensieroso.

-Forse… comunque è davvero carino Wendell. Non il mio tipo, ma a quanto pare, magari il tuo- Mabel gli fece un occhiolino eloquente, e Dipper passò dal rosso al bianco in pochissimo tempo, senza sapere cosa dire.

-È un ragazzo, Mabel- sussurrò, con un groppo in gola.

-Si, giusto. Sai, con la morte inizio a vedere le cose con molta meno compostezza. Dopotutto l’amore è amore, giusto? Io avrei preferito stare con una femmina da amare che con un ragazzo come Gideon. Certo, parlo solo per ipotesi, perché lo sai quanto mi piacesse quel bel Mermando che lavorava alla locanda- Mabel sospirò, ricordando i bei tempi andati, e Dipper cercò di non far vedere lo stravolgimento che lo stava attanagliando dopo quella assurda conversazione.

Wendell, dopo aver finito di sistemare Gompers, gli si avvicinò per aiutarlo.

-Allora, hai bisogno di… wow, sei stato un fulmine. Allora andiamo- gli diede un pugno amichevole sulla spalla, e portò il suo cavallo fuori dalle stalle, pronto per essere cavalcato.

Dipper fece lo stesso.

La giornata era soleggiata, piacevole, perfetta per andare in giro a oziare, cosa che Wendell amava fare.

Anche Mabel, che non aveva un corpo, sentiva il rilassamento di quella giornata.

-Dipper, grazie mille per essere ancora al mio fianco- sussurrò al fratello, brillando di un giallo così forte che a momenti oscurava il sole.

Dipper sorrise, e scosse la testa.

-Grazie a te. Non hai idea di quanto tu mi sia mancata- sussurrò, fuori dalla portata d’orecchi dello stalliere.

-Se questo mi permette di stare attaccata a te quanto voglio, andare dove voglio e fare quello che voglio… sono quasi contenta di essere morta- ammise la ragazza, mentre il fratello saliva sul cavallo.

Per poco Dipper non cadde rischiando di provocarsi una bella frattura.

Guardò la sorella sconvolto.

-Mabel, non dirlo mai più- sussurrò, a denti stretti, cercando di ricacciare indietro le lacrime.

-Scusa, ora che nulla ha più molto senso mi viene da dire tutto quello che mi passa per la testa. Forse più in là capirai anche tu quanto sia meglio così, ma per ora…- Mabel sorrise, come a cancellare tutto quello che aveva appena detto -…andiamo, prima che i Northwest ci becchino-.

 

La cavalcata fu piacevole, Dipper e Wendell passarono tutta la mattinata in giro a non fare nulla di utile, e Dipper adorava quello stile di vita, anche se a differenza di Wendell non voleva farci l’abitudine.

Anche perché, essendo a stretto contatto con lo stalliere, non aveva avuto molte possibilità di parlare con Mabel, che non poteva essere vista da nessun altro.

Il resto della giornata era passata nella più assoluta tranquillità, anche se Dipper non immaginava che Stan avesse mobilitato i suoi aiutanti più fedeli per tenerlo d’occhio, così come non sapeva che tra questi c’era pure Wendell stesso.

-Allora, notato qualche comportamento strano?- chiese Stan dopo cena, riuniti Soos e Wendell in camera sua.

-Nossignore, signor Pines- rispose attento Soos, con sicurezza e precisione.

-Nah, niente di che- Wendell non sembrava molto interessato, e guardava i fogli nella stanza di quello che era il prozio di tutti, in quel castello.

Lui non sapeva leggere, non aveva mai imparato e non aveva intenzione di imparare, ma quegli scarabocchi erano davvero curiosi.

-Non toccare quel diario- Stan tolse dalle mani di Wendell un tomo grande e polveroso, e lo mise dentro un cassetto -Allora, siete davvero sicuri che non sia successo nulla? Wendell, è stato con te per tutta la mattina, giusto?- chiese allo stalliere, cercando di non perdere la calma.

-È molto nobile da parte tua tenere così tanto a tuo nipote, ma non c’è niente di strano. Sta solo andando avanti. Dopotutto la sorella è morta da un sacco di tempo, doveva pur ricominciare a sorridere prima o poi. Certo, parla ogni tanto da solo come se la sorella ci fosse ancora, ma penso sia normale se erano legati- Wendell alzò le spalle, e si distese sul letto dove era seduto, rischiando di perdere il cappello ma riuscendo a salvarsi in tempo e a premerlo sulla testa.

Stan sbiancò.

-Davvero? Ne sei sicuro?- chiese, avvicinandosi e scrutando il ragazzo con preoccupazione.

-Si- Wendell non ci vedeva poi tutta questa stranezza, ma Stan era quasi atterrito, cosa davvero strana per un uomo rozzo e rude come lui, che aveva visto più cose di quante qualsiasi altra persona avrebbe potuto immaginare.

Stan diede le spalle ai due interlocutori, portandosi una mano al mento e facendo avanti e indietro nella stanza, pensieroso.

Wendell e Soos si scambiarono un’occhiata confusa.

-Signor Pines?- Soos si alzò, preoccupato.

-Che ci fate ancora qui? Andate, tra un po’ scatta il coprifuoco- li congedò con un brusco gesto della mano, e i due uscirono velocemente dalla stanza.

Soos era molto corrucciato.

-Amico, tranquillo, andrà tutto bene, sai com’è fatto Stan. Fa il duro ma ci tiene molto a noi. Probabilmente è solo molto preoccupato per Dipper- tentò di rassicurarlo Wendell.

-Già, ma io non sono stato per niente utile- si autocommiserò l’ispanico, rigirandosi il cappello da tuttofare in mano.

Wendell lo spinse giocosamente, senza smuoverlo di un centimetro.

Non devi preoccuparti di questo. Stan può sempre contare su di te- gli fece un occhiolino, cercando di essere il più incoraggiante possibile.

Soos alzò la testa, e notò una ciocca di capelli che usciva dal cappello.

-Stai attento- lo mise in guardia, riportando la ciocca al suo posto con tutta la delicatezza possibile.

-Grazie, sarà il caso di andare a dormire- con una pacca sulla spalla, Wendell si avviò verso camera sua, e Soos fece altrettanto.

Stan, dal canto suo, non sarebbe andato a dormire tanto presto.

Uscì lentamente dalla finestra ed utilizzò una strada accuratamente costruita nel corso degli anni per arrampicarsi sul tetto.

Non lo faceva da tempo, ma non aveva perso l’esercizio, per fortuna.

Aveva urgentemente bisogno di riflettere attentamente, e il tetto era sempre stato il suo rifugio sicuro.

Purtroppo per lui, il rifugio era già occupato, ma la cosa si rivelò più utile del previsto.

Dipper infatti, aveva deciso di arrampicarsi lassù con la sorella, a vedere le stelle come erano soliti fare a casa.

Era una vecchia tradizione di famiglia.

-Sai, prima che tu comparissi ho visto una stella cadente- stava dicendo il ragazzo, rigirandosi la catenella tra le mani.

-Davvero? Wow, che coincidenza. Sai, ho sentito che le stelle cadenti sono anime di persone che hanno superato la loro morte- rifletté la ragazza, guardando il fratello con un gran sorriso.

Lui rimase a guardare il cielo.

-Oppure sono angeli che cadono dal paradiso, io sapevo questa versione- commentò, continuando a rigirarsi la catenella tra le dita.

-Oppure sono anime che scendono sulla terra per vegliare sui propri cari- Mabel sollevò una mano per toccare il ciondolo, ma la ritirò, come scottata.

-Tutto bene?- chiese Dipper, mettendosi a sedere preoccupato.

Il colorito di Mabel divenne di un arancione acceso, Dipper si segnò mentalmente che era il colore della confusione.

-Si, cambiamo argomento. Oggi è stata una giornata impegnativa- Mabel si rimise sdraiata, per quanto un fantasma incorporeo possa essere sdraiato, e continuò ad osservare le stelle, tornando ad un neutro bianco.

-Già- Dipper sbadigliò -Credo sia il caso di andare a dormire, a dire il vero. Domani il prozio Stan continuerà a starci addosso e ad assegnarci ruoli sempre più difficili- commentò il ragazzo seccato, del tutto inconsapevole che l’uomo che stava insultando fosse dietro di lui, nascosto alla vista ma capace di sentire e vedere ogni cosa.

Per fortuna del ragazzo Stan stava pensando a tutt’altro.

-Io trovo che sia un uomo fantastico, ieri sono entrata in uno suo sogno dove ti salvava da uno strano triangolo sacrificando la sua vita- commentò Mabel, ricordando la stranezza di quelle immagini.

-Se non altro non gli manca la fantasia- ridacchiò il ragazzo.

-E a proposito di sogni, se vuoi mi intrufolo nel tuo e lo cambio in modo da farti sognare quel bel ragazzone di Wendell- Mabel gli fece un occhiolino, e Dipper arrossì.

-Cosa c’entra Wendell adesso? Perché mai dovresti farmelo sognare?!- si prese la testa tra le mani -È solo un amico, un amico simpatico e in gamba ma un amico. Se sono un po’ strano con lui è perché non sono abituato a parlare con ragazzi poco più grandi di me- cercò di giustificarsi, diventando se possibile ancora più rosso.

-Oh, qualcuno è innamorato- Mabel divenne di un bel colorito rosa acceso con striature gialle. Probabilmente il colore della malizia mischiato alla gioia.

-Possiamo parlare d’altro, per favore? È un ragazzo!- esclamò Dipper, parlando a scatti per l’imbarazzo.

Stan scosse la testa, aveva sentito abbastanza informazioni da bastargli per tutta la vita, ed ormai aveva capito che la faccenda era molto più seria del previsto, e che era esattamente ciò che temeva di più.

-Sai che farò? Controllerò Wendell domani. Così avremo la certezza che è un bravo ragazzo. Non posso permettere che mio fratello si sistemi con una persona non alla sua altezza, devo proteggerti, Dippy- iniziò a punzecchiarlo, senza poterlo davvero toccare, ma Dipper finse di avvertirla, anche perché la seccatura ci stava tutta.

-Va bene, va bene, ma non mi piace Wendell, ok? Cerca di non assentarti tutto il giorno, però, non so se riuscirò a stare senza la tua assillante e continua compagnia- la prese in giro, spintonandola per scherzo e trapassandola.

Ridacchiarono insieme, ma quella situazione in cui non potevano toccarsi in alcun modo era triste.

Dipper credeva che tutto sarebbe potuto tornare come prima, ma non ne era poi così sicuro.

 

Il giorno dopo, Mabel fece quello che aveva detto a Dipper, e lo lasciò solo per tutta la mattina.

E non era ancora tornata quando Stan raggiunse il pronipote in camera sua, poco dopo il pranzo.

-Prozio… signor Pines, cosa c’è? Ho fatto tutto il lavoro che mi ha assegnato- Dipper lo guardò in attesa di ordini, non lo vedeva se non come un capo.

Stan si sedette sul letto del ragazzo, e indicò il posto accanto a lui per farlo sedere a sua volta.

Dipper eseguì, mantenendo un certo contegno.

-È passato un po’ di tempo, giusto? E non abbiamo mai parlato della tua situazione e della faccenda, sai no, di tua sorella- iniziò Stan, senza sapere bene come introdurre l’argomento.

Dipper si irrigidì, e non parlò, limitandosi a guardarsi i piedi.

-Senti, non giriamoci troppo intorno. È tornata, vero?- andò dritto al punto il prozio, e Dipper lo fissò di scatto, quasi spaventato da quella affermazione.

-Cosa? No, non è possibile, non è vero. Perché dici questo?- Dipper si ritirò dal prozio, alzandosi di scatto e iniziando a muoversi da un piede all’altro, incerto.

-Non devi ammetterlo, non mi interessa, voglio solo aiutarti, e… sappi che non è facile per me dirlo. I morti e i vivi non dovrebbero comunicare, quindi sarebbe meglio, per la tua sicurezza e per la sicurezza di tutti, in particolare di tua sorella, se tu la lasciassi andare- lo disse a testa bassa, come fosse un copione che doveva recitare a cui non credeva davvero.

E Dipper considerava questa affermazione come pura follia.

-Non ci penso nemmeno. Tu che ne sai di cosa si prova?! Non ti importa niente di me, non ti è mai importato niente di noi in tutta la nostra vita. Non puoi di certo chiedermi questo!- urlò furente, per poi avviarsi fuori dalla camera.

Venne però interrotto da Stan, che disse un’ultima cosa.

-Capisco, ma se mai dovessi cambiare idea, sotto un albero vicino al lago è seppellito un vecchio diario, e ci sono tutte le informazioni per liberarsi di un fantasma. Ti chiedo solo, quando avrai finito… di bruciarlo- le ultime parole le disse in un sussurro, come se lui per primo non volesse fare quel gesto che stava quasi pregando Dipper di fare.

-Liberarsi di…- Dipper scosse la testa, poi indicò la porta -Vattene, signor Pines. Ho bisogno di riposare prima di fare i miei lavori!- lo congedò.

Stan sospirò, e uscì, con un ultimo saluto.

-Pensaci, ok? L’albero si riconosce perché c’è un’incisione: S + C. Non chiedere, è una storia imbarazzante- e uscì, lasciando Dipper seccato e preoccupato.

Il ragazzo si rigirò la catenella tra le mani, ignaro di quello che stava succedendo appena fuori dalla porta.

Infatti Mabel aveva sentito tutto, e il suo spirito si era fatto rosso scuro.

-Ti ho giudicato male, Stanley Pines!- sussurrò a denti stretti, mentre lui camminava per i corridoi del castello.

Una fila di lampade ad olio si ruppero una dopo l’altra, mentre al rosso iniziava a sostituirsi il nero, che si diramava come inchiostro dal cuore di Mabel verso il resto del corpo.

Liberarsi di lei? Come se fosse della spazzatura da gettare il più lontano possibile.

Lei era tornata per stare con Dipper, Dipper era felice e non se ne sarebbe più andata.

Suo fratello non era il solo a non voler andare avanti, lei era terrorizzata quanto lui, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

-Se solo capiste che è meglio così. Io l’ho fatto quando era ormai troppo tardi- Stan parlava tra sé, ma Mabel poteva giurare che si stesse rivolgendo a lei.

Si irritò se possibile ancora di più, un’altra lampada si ruppe, e i pezzi andarono tutti a colpire la mano di Stan, che se la prese dolorante e scuotendo la testa, prima di scomparire dalla visuale della ragazza, che decise di tornare dal fratello.

-Liberarsi di me? Non si libererà mai di me, almeno fino alla sua morte- promise a bassa voce, quasi con minaccia, prima di entrare nella sua camera.

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Capitolo 4
*** I castelli in aria si sgretolano ***


I castelli in aria si sgretolano

 

Caro diario,

Mi stanno tutti evitando, come se una magia oscura mi circondasse, come se fossi una bestia di Satana, e perdona il mio linguaggio.

Non capisco proprio cosa ci sia di male a dire il vero, è solo un fantasma tornato per stare con me , non è una strega, o un mostro.

Anche se… anche se ultimamente stanno iniziando ad accadere cose strane in casa.

Mi dice che non c’entra niente in tutto questo, e stiamo cercando di capire cosa stia succedendo, ma inizio a temere che sia colpa sua, pure se non se ne accorge.

Quando il suo spirito era ancora nel suo corpo è sempre stato molto migliore di me, di una bontà unica, quindi mi pare improbabile che sia responsabile di quello che è accaduto ieri.

E, se anche fosse stato, probabilmente l’ha fatto incidentalmente, non di proposito.

Insomma, è sempre stata la persona migliore del mondo, è impossibile che abbia… non di proposito.

Anche se, effettivamente, sta diventando molto molto…

No, non è possibile, è stato un incidente, solo un incidente.

…Forse in quel diario c’è un modo per risolvere la sua situazione.

Si, controllerò e sistemerò tutto, senza necessità di separarci di nuovo.

 

 

Quando Mabel entrò nella camera, cercò di assumere un aspetto tranquillo e rilassato, e sfoggiò uno dei sorrisi più sfavillanti di tutto il suo enorme repertorio, ma Dipper si accorse subito che qualcosa non andava.

-Mabel, cosa c’è?- chiese preoccupato, notando la macchia nera che si espandeva dal petto della sorella.

-Nulla- rispose in fretta lei, per poi sospirare, mentre il neutro bianco che aveva assunto quasi con forza lasciava posto a un azzurro tenue e il suo spirito si posava sul letto, triste e pensieroso.

Dipper si sedette accanto a lei.

-Hai sentito me e Stan parlare?- chiese, sconsolato, prendendosi la testa tra le mani.

-Vuoi liberarti di me?- sussurrò Mabel, con voce spezzata.

Dipper alzò di scatto la testa, senza credere alle sue orecchie.

-Ma certo che no! Come puoi pensare una cosa del genere. Sei la cosa migliore della mia vita in questo momento- fece per metterle una mano sulla spalla, pur conscio di non poterlo fisicamente fare.

Il colore azzurro della ragazza si fece più forte.

-Il fatto è che… forse staresti meglio senza di me- mentre diceva queste cose, Dipper poteva notare la macchia nera che si faceva sempre più grande, e il fantasma assumere sfumature rosse.

Sapeva esattamente cosa significava il rosso.

-Senti, io non prenderò quel libro. Non ho la minima intenzione di “liberarmi di te”- disse l’ultima parte in un’imitazione scadente del prozio, schifando il termine che Stan aveva utilizzato. -Io voglio che tu mi stia accanto per sempre, io non voglio che tu te ne vada… a meno che…- abbassò lo sguardo, non volendo accettare l’idea -… a meno che non sia tu a volerlo fare-.

-No, non ho la minima intenzione di lasciarti solo. Voglio proteggerti, e stare insieme a te, ed essere al tuo fianco in ogni momento compreso il tuo futuro matrimonio con Wendell… oh, lo sai che ho scoperto una cosa fantastica su di... lui?!- Mabel dimenticò l’argomento molto in fretta, o almeno finse di dimenticarlo, perché nonostante il cambio di colore che passò dall’azzurro al giallo, una piccola macchia nera rimase sul suo petto, anche se quasi del tutto nascosta dalla luminosità della sua felicità.

-Oh, davvero? Non credo di volerlo sapere. Perché sei così fissata con Wendell?- Dipper arrossì e si alzò dal letto, pronto a tornare a lavoro e ad abbandonare l’argomento imbarazzante.

-Ma è un’ottima notizia, fidati, anche se sarebbe molto più divertente se lo scoprissi da solo- Mabel iniziò a pensare alle possibilità, mentre Dipper iniziava ad incuriosirsi.

Però, proprio in quel momento, il soggetto del discorso bussò alla porta.

-Dipper, Stan mi ha dato il tuo programma per questo pomeriggio. Si è dimenticato di consegnartelo quando ti è venuto a parlare- disse Wendell da dietro la porta.

-Grazie, ehm… puoi entrare, nessun problema- Dipper fece cenno verso la porta, e Wendell entrò, con il foglio in mano.

-Non ho idea di cosa ci sia scritto, spero che tu sappia leggere- commentò porgendoglielo.

-Si, lo so fare. Strano, sarei dovuto andare a raccogliere legna invece mi ha affidato di aiutarti nelle stalle e poi di assistere Soos a riparare delle lampade ad olio… in questo corridoio- lanciò uno sguardo a Mabel, che divenne di un rosso molto chiaro, diverso dallo scuro rosso che di solito rappresentava la rabbia.

Probabilmente era imbarazzata, e Dipper aggrottò le sopracciglia, chiedendosi se lei c’entrasse qualcosa con quelle lampade.

-È bello saper leggere?- chiese Wendell, sedendosi sul letto in modo casuale.

-Il tuoi principe è pronto per te- commentò Mabel maliziosa, passando al rosa e facendo un occhiolino al fratello, che arrossì e si morse le labbra per non risponderle.

Non gli andava che Wendell lo considerasse un pazzo.

-Si, è bello, anche se dipende da cosa si legge. Degli incarichi dati da un prozio che mi odia non sono il mio tipo di letture preferite- piegò il foglio e se lo mise in tasca.

-Non dire così, sono convinto che tuo zio voglia ti voglia bene- lo rassicurò lo stalliere, buttandosi sul letto per rilassarsi un po’.

Odiava lavorare, e si vedeva.

-Si, proprio convinto- Mabel mise molta enfasi sull’ultima lettera, e Dipper la guardò confuso, prima di avvicinarsi allo stalliere per spronarlo a ricominciare a lavorare.

Mabel fece un cenno verso il cappello di Wendell, come a toglierlo con telecinesi, ma prima che si sfilasse lo stalliere se lo calcò sulla testa.

Tentativo fallito, ma Mabel non si sarebbe arresa tanto presto.

-Wendell, forse dovremmo andare- Dipper indicò a Wendell la porta, prima che la faccenda potesse farsi maggiormente imbarazzante, e il ragazzo si alzò in fretta, annuendo.

-In due il lavoro sarà molto più rapido e divertente- commentò con un sorriso, prima di precederlo attraverso il corridoio, commentando, rivolto verso il Dipper che lo seguiva, un semplice -Chissà come hanno fatto tutte le lampade a rompersi insieme- che fece lanciare un’altra occhiata del ragazzo verso la sorella, che questa volta si degnò di rispondere.

-È stato un incidente, Dipper, ero un po’ arrabbiata con Stan- si discolpò lei, alzando le mani in segno di resa.

Dipper abbassò lo sguardo, pensieroso, poi lo rialzò verso di lei, con espressione comprensiva.

-Probabilmente l’avrei fatto anche io- sussurrò alla ragazza, lontano dalle orecchie indiscrete del pel di carota.

Mabel tornò a sorridere, ma la macchia nera sembrava impressa a fuoco sul suo petto.

Una cosa era certa, quella notte avrebbe fatto un bel giretto tra i sogni del prozio, e non sarebbe stata una visita piacevole.

 

Dopo aver assistito Dipper nei suoi lavori con Wendell cercando in tutti i modi di fargli capire il segreto dello stalliere, ed averlo aiutato discretamente a raccogliere tutti i pezzi delle lampade che aveva distrutto per sbaglio mentre ascoltava il fratello chiacchierare con il simpatico Soos senza poter intervenire ma commentando tutto, Mabel si ritrovò, di sera, davanti ad un dormente Stanley Pines.

Il suo corpo era rosso, e la macchia nera nel petto non era ancora sparita.

Si avvicinò lentamente, e Stan si rigirò nel sonno, come disturbato da un brivido lungo la spina dorsale.

Forse era solo una normale reazione agli spifferi di vento. Dopotutto stava diventando parecchio vecchio, anzi, per gli standard dell’epoca arrivare a 50 anni era un vero e proprio record.

Mabel gli si avvicinò maggiormente, e gli mise una mano sulla fronte, per entrare nel suo sogno.

A differenza della precedente volta, non si ritrovò in un tripudio di immagini e forme vagamente bizzarre, ma all’esterno di una catapecchia di legno che la ragazza non aveva mai visto prima.

Si guardò per bene intorno, prima di notare il prozio seduto su un’altalena vicino alla casa, che la osservava come se l’aspettasse.

-Ciao Mabel- la salutò, facendola sobbalzare.

-Cosa?- Mabel si girò, senza credere che il prozio potesse riferirsi a lei, ma Stan la guardava fisso, lasciando pochi dubbi al riguardo.

-Ti stavo aspettando, sapevo che saresti venuta. I fantasmi tendono ad odiarmi, è per questo che fingo di non credere nella loro esistenza e nell’esistenza delle cose sovrannaturali in generale- Stan alzò le spalle, dondolandosi appena sull’altalena.

-Forse ti odiano perché tu suggerisci ai loro familiari di liberarsi di loro- Mabel incrociò le braccia, e si accorse solo in quel momento di essere corporea. Si guardò le mani così nitide, e fissò sconvolta i suoi piedi che toccavano il pavimento.

-No, non lo faccio con tutti i fantasmi, anzi, spesso mi sono ritrovato odiato perché non…- Stan sospirò, facendo cenno a Mabel di raggiungerlo sull’altalena accanto alla sua.

La ragazza si avvicinò sospettosa e cauta, ma dopotutto non aveva nulla da temere da Stan, in parte perché lei era già morta, in parte perché era solo un sogno, quindi non ci sarebbero dovute essere conseguenze a quel confronto.

-Come mai non stai sognando?- chiese la ragazza, sedendosi sull’altalena.

-Ti stavo aspettando, come ti ho detto, e nel corso degli anni ho sviluppato una tecnica di sonno cosciente, anche se non la uso quasi mai. Allora, Mabel, hai qualcosa da dirmi?- chiese Stan, guardandola in attesa dell’inizio di una conversazione che non sarebbe piaciuta a nessuno.

-Si, ho qualcosa da dirti: sta lontano da me e Dipper e non immischiarti nel nostro rapporto. Forse vista la tua antipatia e la tua proziaggine non riusciresti a capire, ma io e Dipper ci vogliamo bene, ed io sono tornata solo per lui, quindi non ho la minima intenzione di andarmene, capito?- Mabel lo guardò con sfida negli occhi castani accesi di fuoco e rabbia.

-Capisco, ma io ho solo cercato di aiutare Dipper, e soprattutto di aiutare te- si giustificò Stan, distogliendo lo sguardo dalla pronipote.

-Tu sei l’ultima persona al mondo che aiuterebbe gli altri. Sono sicura che tu sia solo spaventato perché io sono potente, e per il tuo lavoro, e per… per altre faccende da vivi che a me non interessano. E poi a te non è mai importato nulla di noi, perché dovresti aiutarci?!- lo accusò Mabel, puntandogli un dito contro.

-Wendell è parente di persone che lavoravano per voi, sai? Una volta al mese gli chiedevo come steste andando, lavora per me da circa sei anni. Prima di allora non potevo avvicinarmi a voi, vista la mia situazione. Vi ho tenuto d’occhio per anni, per essere sicuro che non vi capitasse nulla- cominciò Stan, a voce bassa, come se quelle dimostrazioni di affetto fossero quasi una debolezza che non avrebbe mai voluto ammettere.

-Hai fatto proprio un bel lavoro- commentò sarcastica Mabel.

Stan scosse la testa.

-Tu sei una brava ragazza, Mabel, ma non è detto che tu lo sia per sempre, senza un corpo e senza qualcosa che ti ricordi costantemente cos’è giusto e cosa è sbagliato- continuò Stan, senza riuscire a credere che lui stesso stesse facendo quel discorso. Non era proprio il tipo adatto a farlo, era sempre stato qualcosa completamente fuori da lui.

-Tu vuoi davvero dirmi cos’è giusto e cosa è sbagliato? Sei un vecchio schiavo corrotto e sfruttatore che fa sempre lavorare gli altri al suo posto e che usa i suoi sottoposti per i suoi lavori sporchi. Se c’è una persona di cui tutti si dovrebbero liberare quella sei tu!- lo accusò, con rabbia, stupendosi delle sue stesse parole.

-Se tuo fratello disseppellisce quel libro fidati, vi libererete di me molto presto, ma non è questo il punto. Tutto quello che ho detto, tutto quello che ho fatto, è stato per rimediare ad un errore mio che non sono riuscito a cancellare. Tutto quello che voglio e salvare la mia famiglia, la nostra famiglia, e sappi che questo comporta dei rischi a tutte le persone che amo- Stan non era abituato a scoprirsi tanto, ma parlare con una ragazza morta non doveva compromettere troppo la sua reputazione, inoltre lo stava facendo durante il sonno, ovvero nel periodo della giornata in cui si era meno lucidi, perciò non poteva controllare molto bene le parole.

Mabel gli voltò le spalle, senza credergli, ma iniziava ad avere dei dubbi, e la sua rabbia stava sparendo.

-C’è davvero qualcuno a cui tu tieni davvero? Mi pare difficile da credere- commentò, chiudendosi a riccio.

-Lavoro con Susan da trent’anni, conosco Soos da quando era piccolo, l’ho cresciuto come un figlio per ventun’anni. Wendell è una delle poche persone di cui mi fido davvero e tutti i miei colleghi contano su di me per sopravvivere ai Northwest. E ho messo in pericolo tutti per aiutare te. Sarebbe stato molto più facile spedire Dipper in un altro punto del paese, ma io non voglio che voi due facciate la mia stessa fine- affermò con convinzione, mettendosi la mano sul volto -E soprattutto non voglio che tu faccia la stessa fine di…- si interruppe, incapace di continuare.

-Di chi?- chiese Mabel, incuriosita.

-Di una persona che amavo a tal punto da non volere assolutamente che mi abbandonasse, per nessun motivo al mondo- disse solo lui, facendo tornare lo sguardo sulla ragazza -Una persona che era seduta proprio lì, quando i tempi erano migliori- indicò l’altalena, e Mabel osservò quel posto, iniziando davvero a credere alla sua storia.

Ma non aveva intenzione di lasciare che Dipper l’abbandonasse, così scosse la testa.

-Prozio Stan, mi dispiace, ma io, io farò di tutto per impedire a Dipper di disseppellire quel libro. Io non posso perderlo, io non riesco a lasciarlo andare- gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime, che in quella forma poteva manifestare e sfogare, e si prese il volto tra le mani, singhiozzando.

Stan le mise una mano sulla spalla.

-Non mi metterò sulla tua strada, ma ti prego, non fare del male a Dipper- le chiese, prima di alzarsi ed avviarsi in casa.

Mabel sollevò lo sguardo, sconcertata.

Stan sapeva quando lei volesse bene al fratello, perché avrebbe dovuto farle quell’avvertimento.

Scosse la testa, senza accettare nemmeno l’idea, e si alzò dall’altalena, che si ruppe non appena lei si fu sollevata, sorprendendola non poco.

All’improvviso tutto, all’interno di quel sogno, si era fatto completamente abbandonato e distrutto, e la casa dove era scomparso Stan era diventato uno scheletro di assi di legno bruciate e distrutte.

Mabel spalancò gli occhi, e uscì dalla mente del prozio, confusa e decisa a non fare parola con Dipper di quello che i due si erano detti.

 

Stan rispettò la parola data a Mabel, e nei giorni seguenti non fece nulla di strano e non disse nulla a Dipper rispetto a Mabel, ma diede solo i soliti ordini nel classico tono burbero e menefreghista.

Naturalmente continuò a tenere d’occhio Dipper servendosi di Wendell e Soos, ma era molto discreto, e i due sottoposti agivano anche senza seguire ordini diretti, per loro preoccupazione personale.

Quel pomeriggio, però, Dipper era solo in compagnia di Mabel mentre puliva da cima a fondo lo studio di Preston Northwest, e dato che il signor Northwest era presente, la sorella non poteva aiutarlo, anche se cercò in tutti i modi di essere di compagnia.

Preston stava sistemando alcune carte, e sembrò non accorgersi minimamente di Dipper per quasi tutto il tempo che lui passò lì.

Almeno finché non entrò nel suo ufficio la figlia.

-Padre- lo chiamò rivolgendosi a lui con tono acido e viziato.

-Cosa c’è, tesoro?- rispose lui, senza degnarla di uno sguardo.

Lei gli si avvicinò a braccia incrociate, superando Dipper come se non fosse nella stanza, cosa a cui lui era abituato, anche se prima di allora aveva visto la nobile solo un paio di volte, e mai si era trovato nella stessa stanza con lei senza che ci fossero moltissime altre persone.

-Mi avevi promesso che avresti cacciato lo stalliere! Non tratta con i giusti riguardi il mio cavallo. Ogni volta Waddy cerca di disarcionarmi!- si lamentò, seccata.

Dipper sollevò la testa, all’erta. Sapeva della rivalità tra Pacifica e Wendell, ma credeva che fosse a senso unico, dopotutto non conveniva avere un nobile contro di se.

Comunque il rispetto di Dipper per Wendell aumentò solamente sapendo che anche Pacifica sembrava odiarlo con la sessa intensità.

-Si chiama Waddles, biondina senza cervello- commentò seccata Mabel, incrociando le braccia e guardando storto Pacifica.

I nemici di Wendell erano anche nemici suoi, dato che la ragazza aveva sviluppato in quel tempo un grande attaccamento affettivo verso i due colleghi più vicini al fratello.

-Pacifica, non posso licenziare Wendo senza un motivo valido, fa il suo lavoro e Stan lo ha raccomandato personalmente. Non è il caso di perdere un membro fidato come il signor Pines. È un tipo da tenere bene d’occhio- sussurrò, continuando a sistemare le sue carte.

Mabel iniziò a diventare rosso scuro, e non era un buon segno.

-Si chiama Wendell!- esclamò con rabbia, mentre un fermacarte sulla scrivania di Preston iniziava a muoversi pericolosamente.

-Mabel…- sussurrò Dipper a voce così bassa che nemmeno lui si sentì.

-Il signor Pines? E perché? A me sembra un vecchiaccio inutile che potremmo senza problemi gettare via- commentò la bionda, innervosita dal rifiuto del padre.

-Pacifica, non contraddirmi e torna a tessere o qualcosa del genere senza più parlare o lamentarti. Sto ultimando i preparativi per le tue nozze con Gideon Gleeful- Preston indicò la porta del suo studio, continuando a non guardarla, come se non fosse abbastanza importate da sprecarci uno sguardo.

Pacifica impallidì.

-Cosa?!- chiesero insieme Pacifica e Mabel, la seconda guardò la prima osservando più attentamente la sua reazione.

-Sembra che Gideon non piaccia a nessuno- commentò, indicando a Dipper la faccia schifata della nobile.

Dipper trattenne una risatina.

-Ma io credevo di essere promessa in sposa a Marius von Fundshauser, non è un barone d’Austria molto più importante di Gleeful?- chiese Pacifica cercando di mantenere un certo tono.

-Sbaglio o stai ancora parlando?- chiese Preston, prendendo una campanella e suonandola un paio di volte.

Gli occhi di Pacifica si riempirono di lacrime, le sue gote si fecero rosse e abbassò la testa, uscendo dalla stanza lentamente e senza dare la schiena al padre.

Dipper la guardò stupito, senza aspettarsi una simile reazione e questa totale sottomissione ai voleri del padre.

In famiglia, prima della morte di Mabel, vivevano in armonia, in una situazione certo non di confidenza assoluta, ma potevano parlare tutti tra loro senza temere reazioni troppo esagerate.

-Tu, torna a lavoro!- Dipper si rese conto di stare osservando la porta a bocca aperta da troppo tempo solo quando il nobile lo riprese, puntando i suoi occhi vuoti su di lui come non aveva voluto fare con la figlia.

Dipper non credeva fosse un buon segno.

Mabel si riscosse a sua volta, guardando Preston con un odio represso. Oltre al rosso classico di arrabbiatura, nel suo spirito iniziò ad estendersi la macchia nera come inchiostro che non si era tolta da quando si era arrabbiata con Stan qualche giorno prima.

Dipper si affrettò a tornare a sistemare, ma Preston si alzò dalla sedia, e gli si avvicinò lentamente, come a studiarlo.

-Non si dovrebbero ascoltare le conversazioni dei nobili, lo sai, schiavetto?- gli chiese lentamente, come se stesse parlando ad un bambino molto piccolo.

Dipper impallidì, spaventato da tutta l’attenzione che l’uomo più potente della città gli stava riservando, ed annuì semplicemente, borbottando un umile -Mi scusi- prima di concentrarsi interamente sul lavoro.

Altri oggetti della stanza iniziarono a muoversi. Mabel iniziò a guardare fisso Preston come a mandargli un messaggio telepatico. Non doveva permettersi di dire niente a suo fratello.

Ma Preston non sembrava molto ricettivo.

-La prossima volta concentrati meglio sul lavoro, capito?- gli intimò sovrastandolo dall’alto in basso.

Dipper annuì con vigore, e Northwest sembrava felice del terrore che aveva causato.

-Perfetto, sii grato al tuo prozio del fatto che sei qui, non avrei voluto accettare altra feccia dell’umanità, ma dato che sei un Pines… diciamo che sei stato fortunato che io abbia ricavato grandi profitti per merito tuo e del tuo spostamento di data per le nozze di tua sorella- si rimise seduto, sorridendo soddisfatto e ricontrollando vari fogli.

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Non solo quel nobile aveva ripreso Dipper e lo aveva quasi minacciato, ma aveva persino osato incolpare indirettamente Dipper della sua morte, e questo Mabel non riusciva ad accettarlo.

Inoltre l’espressione che gli rivolse Dipper in quel momento, un misto di senso di colpa, dolore e rabbia, fecero scattare qualcosa in Mabel, un sentimento mai provato prima ed una forza distruttiva che non pensava di avere.

Tutti i libri dello studio si abbatterono contro Preston, cogliendolo completamente di sorpresa e facendolo imprecare.

Dipper guardò Mabel confuso, deciso a dirle di smetterla per non rischiare guai, ma le parole gli morirono in bocca non appena la vide, completamente rossa e nera e con gli occhi vuoti e spaventosi, mentre sollevava una mano e rompeva dei soprammobili per terra e poi spediva i cocci di vetro verso la faccia di Preston.

Dipper si riscosse appena in tempo.

-Fermati!- esclamò rivolto alla sorella, gettandosi contro di lei come a volerla bloccare, e nonostante non potesse toccarla, lei sobbalzò, tornando in se, e lasciando cadere i cocci a terra.

Preston si liberò da tutti i libri, e guardò Dipper dalla testa ai piedi.

-Metti subito in ordine- gli ordinò a denti stretti, poi uscì dal suo ufficio diretto in un luogo non ben identificato.

Dipper guardò Mabel incredulo, e lei si guardò intorno, confusa e diventando di un colore arancione striato di viola.

-Ti aiuto- si propose la ragazza, cercando di darsi un certo tono e di sorridere, come se non fosse successo nulla.

-No, non fa niente, faccio da solo- Dipper però declinò la sua offerta, iniziando a raccogliere i libri senza distogliere lo sguardo da lei, quasi… spaventato?

Mabel spalancò gli occhi, come poteva Dipper essere spaventato da lei?!

-Dipper, io volevo solo…- provò a giustificarsi, avvicinandosi a lui, ma Dipper la allontanò.

-Faccio da solo, Mabel!- la cacciò, troppo confuso e scioccato per pensare lucidamente a cosa fare.

La confusione e la paura si trasformarono nuovamente in rabbia.

Era qualcosa che Mabel semplicemente non riusciva a controllare, la macchia nera ormai le stava prendendo tutto il petto.

Divenne nuovamente di un rosso scuro e forte, come una fiamma. Strinse i pugni.

-Va bene, sta pure solo!- esclamò furente, tutti gli oggetti della stanza che erano sopravvissuti caddero a terra: quadri, mobili e persino le tende.

Dipper venne seppellito proprio da quest’ultime, perciò non vide la sorella scomparire dalla porta.

Forse il prozio Stan aveva ragione, forse quel libro gli serviva. Perché Mabel stava iniziando a non essere più lei, e Dipper voleva assolutamente aiutarla.

Decise che quella notte, poco prima che scoccasse il coprifuoco, si sarebbe avviato al lago con Waddles e avrebbe preso il quaderno.

Era una decisione istintiva, ma dopotutto non potevano esserci conseguenze troppo gravi, e non aveva intenzione di lasciar andare Mabel, solo di vedere cosa stesse succedendo e provare a trovare una soluzione che non avrebbe comportato la distruzione della sorella.

Sperava solo che nessuno l’avrebbe ostacolato.

 

Stan stava sistemando delle carte quando Wendell bussò alla sua porta.

-Signor Pines, posso entrare?- chiese timidamente, chiedendosi perché aveva intenzione di riferirgli quello che aveva appena visto, dato che era dall’inizio di quella storia che trovava la situazione stupida ed inutile.

-Certo, certo- rispose Stan brusco, scrivendo una lettera.

-Volevo solo avvertirla che Dipper oggi era un tantino più strano e sudaticcio del solito, e che ha preso un cavallo per andare verso il lago, mi pare. Ho provato a fermarlo ma era abbastanza deciso e non credo possa fare nulla di male- lo avvertì, con un’alzata, convinta di ricevere come risposta un semplice “Ah, grazie, puoi andare” detto con distrazione e senza particolare convinzione. Invece Stan interruppe di scatto quello che stava facendo, e si girò lentamente verso Wendell.

-Ne sei sicuro?- chiese in un sussurro, che fece preoccupare il ragazzo.

-Si, ero lì, ma perché, c’è qualche problema?- chiese incerto, studiando l’espressione di Stan, che si rigirò, e si iniziò a massaggiare il mento, pensieroso.

Ci fu qualche secondo di silenzio, e Wendell conosceva abbastanza bene il suo capo da sapere che quello significava un congedo, così si avviò alla porta.

-Allora io vado- disse, aprendola e facendo un cenno di saluto a Stan, che però sollevò una mano per bloccarlo.

Wendell piegò la testa confuso, per niente abituato a quell’atteggiamento.

E quello che Stan fece dopo sorprese ancora di più lo stalliere, che iniziò a preoccuparsi.

Infatti Stan si alzò e abbracciò il ragazzo. Un abbraccio molto veloce, ma pur sempre un abbraccio, qualcosa che l’uomo aveva fatto si e no due volte in tutto il tempo che Wendell lo conosceva, e solo a Soos che glielo aveva chiesto come regalo di compleanno.

-Tutto bene, signor Pines?- chiese, ma Stan annuì, separandosi.

-Certo, grazie mille per l’informazione. Ti voglio bene, Wendell- gli mise una mano sulla spalla, e lo congedò.

-Ci vediamo domani- gli disse, ma il tono di voce era strano, come se non lo credesse davvero.

-A domani, signor Pines- lo salutò Wendell, uscendo, con un grosso peso nel petto che non riusciva a spiegarsi.

Forse avrebbe dovuto fermare Dipper.

Stan, una volta chiusa la porta, tornò alla scrivania, e finì di scrivere la lettera per poi posare la penna e girare la sedia in modo da essere di fronte all’uscio.

-Non mi aspettavo lo facesse così presto- commentò tra se, sperando di aver fatto tutto bene, e riponendo completa fiducia in Dipper per finire il lavoro nonostante quello che sarebbe successo di lì a poco.

Prese un diario che teneva dentro un cassetto, lo stesso diario che Wendell, qualche giorno prima, aveva preso senza sapere bene cosa fosse, e scrisse qualcosa nelle ultime pagine, senza distogliere lo sguardo dalla porta, conscio che probabilmente aveva poco tempo.

Quando ebbe finito rimise il diario al suo posto, e si mise a braccia incrociate, in attesa.

Un’attesa che non durò molto, perché pochi secondi dopo la porta e la finestra si spalancarono, e Stan sentì un profondo brivido lungo la schiena, pur non vedendo nulla.

-Allora, sei tornato- affermò, facendo passare lo sguardo da una parte all’altra della stanza, che però rimaneva del tutto vuota.

-Immagino che tu sia arrabbiato con me, come al solito. I fantasmi mi odiano, questo è proprio vero- commentò, abbassando lo sguardo e scuotendo la testa.

Tutto intorno a lui rimase fermo e silenzioso, ad eccezione del vento che faceva muovere le tende.

-Già, comunque Dipper ti aiuterà presto, gli ho detto come fare, e lui è un ragazzo in gamba. Spero solo che non ci metta troppo. E che la tua sete di sangue non decida di colpire anche i miei ragazzi. Dopotutto è me che vuoi, giusto?- chiese, rivolto al nulla.

Rimase zitto un attimo, in attesa di una risposta che non poteva sentire, poi scosse nuovamente la testa.

-Ma chi voglio prendere in giro. Tu non ti sazierai mai, non è così? Avrei dovuto bruciare quel diario quando ne ho avuto l’occasione, trent’anni fa!- affermò con convinzione, e sentì una forza contro il suo collo, che iniziava a soffocarlo.

Stan si portò le mani alla gola, come a salvarsi in qualche modo, mentre veniva alzato in aria e fatto soffocare.

-Per quello che vale…- iniziò a dire, con voce roca e con le forze che iniziavano ad abbandonarlo, mentre una figura completamente nera iniziava a formarsi sfocata davanti ai suoi occhi, come un presagio di morte, la mano alzata e lo sguardo furente e vuoto-…mi sei mancato, e…- le ultime parole furono dette con l’ultimo briciolo di voce che gli restava, in un sussurro così impercettibile che probabilmente fu l’unico a sentirlo -…ti voglio bene- 

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Capitolo 5
*** Il fantasma del Castello Northwest ***


Il fantasma del Castello Northwest

 

Caro diario,

Non so cosa sia successo, ma sono davvero spaventato.

Non riesco a credere che abbia fatto una cosa del genere, è impossibile, non è affatto il suo genere, non potrebbe mai…

Io non so assolutamente cosa fare, il libro mi offre la soluzione, ma non voglio coglierla, non voglio affrontare le conseguenze.

Sono troppo debole, non riesco a fare ciò che è giusto.

Ho la mente annebbiata, non ho più possibilità.

Insomma, tante cose terribili stanno succedendo, ed è solo colpa mia che non ho il coraggio di fermare tutto questo.

So di poterlo fare, ma come? Come fermo tutto questo adesso? Non posso semplicemente distruggere ciò che tiene il suo spirito ancorato qui e lasciarlo andare per sempre.

Forse potrei seppellirlo e in questo modo renderlo inoffensivo, incapace di ferire gli altri. Ma sarebbe come rinchiuderlo in gabbia per l’eternità.

Inoltre la storia si ripeterà, è solo questione di tempo, lo so già, e se non fermo la maledizione adesso, non so cosa potrebbe succedere.

Forse potrei aspettare? Aspettare che un altro Pines faccia quello che io non riuscirò a fare? 

È terribilmente egoista da parte mia, ma quali sono le alternative?! Io non riesco a fare il passo decisivo. Gli voglio troppo, troppo bene.

 

 

Mabel aveva sentito, dal tetto, un suono che l’aveva allarmata provenire dalla camera di Stan.

Non si sarebbe tanto preoccupata, a dire il vero, perché dopotutto non aveva grande simpatia per il prozio, ma negli ultimi tempi aveva iniziato a provare per lui una sorta di rispetto, ed inoltre anche la curiosità fece la sua parte, e quindi decise di andare a dare un’occhiata alla camera.

L’ultima cosa che certo si aspettava era di trovare il prozio a terra, ed una figura completamente nera identica a lui che scriveva qualcosa con il suo sangue.

Rimase a fissare la scena ad occhi sgranati per qualche minuto, ma prima che potesse decidere di scappare via ed avvertire il fratello, la figura sembrò notarla, e le parlò con voce profonda e molto cupa, come se avesse difficoltà a parlare per via di tutta l’oscurità che la circondava.

-Sei anche tu una maledetta come me?- chiese, senza girarsi a guardarla.

-Cosa?- sussurrò Mabel confusa e tremante. Il viola era vistoso sul suo corpo.

-Sei una Pines?- chiese il fantasma, voltandosi a guardarla e lasciando incompleto il messaggio.

Mabel annuì.

-Sai che sono stati i Northwest a farci questo? E Stan non mi ha mai permesso di fargliela pagare. Ora però sono libero!- esclamò contento, sorridendo con malvagità.

-Centra qualcosa il libro che Stan aveva detto a Dipper di disseppellire?- chiese Mabel, incerta.

Davvero Dipper lo aveva preso? Voleva liberarsi di lei?!

-Dipper è tuo fratello, giusto, e tu ti chiami Mabel- tirò ad indovinare il fantasma, osservandola con più attenzione.

-Come fai a…?- iniziò a chiedere la ragazza, ma la figura agitò una mano come se la cosa non fosse importante.

-Sei legata a lui da una catenella, vero? E non la puoi toccare- affermò poi.

Mabel annuì, senza sapere dove la conversazione sarebbe andata a parare, e cercando di ignorare il cadavere a terra.

-Ti va di fare un accordo? Se io prometto di tenere lontana il tuo ciondolo dalle fiamme, tu puoi fare in modo che il mio libro non faccia la stessa fine? Un tempo avrei voluto fermare la maledizione, ma ora voglio solo vendetta… e vivere, in un certo modo. Non lo vuoi anche tu?- le porse una mano, e Mabel la guardò titubante.

Abbassò lo sguardo.

-Dammi un po’ di tempo per pensarci, e poi magari attueremo la vendetta insieme- propose lei. Era brava a capire le persone, e quel fantasma si sentiva solo.

Forse poteva guadagnare un po’ di tempo ed avvertire Dipper.

-Va bene, ti do un giorno- acconsentì lo spirito, e tornò sui suoi graffiti di sangue.

Mabel uscì nuovamente dalla finestra, aveva bisogno di pensare, così tornò sul tetto, per metabolizzare quello che era appena successo.

 

Quando Mabel raggiunse la stanza di Dipper, il mattino seguente, il ragazzo era già in piedi, con la faccia di chi non ha dormito per tutta la notte, il libro in mano e una candela quasi del tutto consumata vicino.

-Dipper, sei sveglio- constatò la ragazza, un tantino incerta.

-Si, sono stato sveglio tutta la notte a leggere questo diario, chi l’ha scritto è un vero genio, non come il prozio Stan- affermò eccitato, trattenendo uno sbadiglio.

-Il prozio Stan, che c’entra il prozio Stan?- chiese la sorella fluttuando accanto a lui, assumendo un colorito arancione misto a violetto, paura e confusione.

Chissà perché era così strana!

-È lui che mi ha dato le indicazioni per trovare il diario, probabilmente conosceva l’autore, anche se mi pare improbabile che una persona come Stan possa conoscere un uomo dotto ed intelligente come l’autore di questo diario- spiegò lui, continuando a sfogliare le pagine ingiallite.

-A proposito di Stan e di quel diario, Dipper ieri è successa una cosa- Mabel si incupì, ed iniziò a giocherellare con il lembo del vestito che però trapassava.

Dipper non la ascoltava, troppo eccitato.

-E poi ho scoperto che i fantasmi hanno caratteristiche innate, tipo la telecinesi e l’entrare nei sogni, che valgono per tutti i fantasmi, mentre una particolarità che coincide solo con quello che il fantasma sapeva fare meglio da vivo, nel tuo caso credo sia una cosa riconducibile al causare crisi di nervi- ridacchiò, prendendo in giro la sorella, come se non avessero mai litigato.

Probabilmente l’epicità del libro gli aveva fatto passare di mente il motivo per cui l’aveva disseppellito, e soprattutto quello che era successo il pomeriggio prima.

-Dipper…- sussurrò a denti stretti la ragazza, sempre più tesa e dai colori sempre più mutevoli, che passavano dal viola, all’arancione fino ad arrivare all’azzurro.

-Sembra che i fantasmi tornino per qualche maledizione, la scrittura in questa parte è molto confusa, ma credo che l’unico modo per spezzare la maledizione e far passare oltre un fantasma sia fare un falò e bruciare l’oggetto al quale il fantasma è legato, tipo una collana, un libro o dei vestiti di alcun genere- il tono era casuale, ma Mabel divenne completamente viola, segno di terrore profondo.

-Dipper, ti prego…- supplicò, iniziando a tremare.

-Ah, no, aspetta, solo raramente è una maledizione, e in quei casi bisogna bruciare il luogo dal quale la maledizione è partita. Che cosa complicata. Mi chiedo comunque perché Stan era a conoscenza di questo diario e perché voglia che io lo distrugga- rifletté Dipper, leggendo attentamente le pagine -Non ci sono nomi, ma non credo possa…- 

-DIPPER!- Mabel richiamò l’attenzione del fratello urlando il suo nome, e lui si girò, confuso.

-Che c’è, Mabel?- chiese lui, piegando la testa in attesa di una risposta.

-Stan è…- ma proprio in quel momento, un urlo fece sobbalzare i due ragazzi, uno più dell’altra.

-Soos!- Dipper riconobbe subito la voce, che veniva da qualche piano di distanza, ma chiaramente nella zona dei domestici.

Il ragazzo prese il libro come in un riflesso incondizionato ed uscì correndo dalla porta, per aiutare l’amico che probabilmente era in difficoltà.

Mabel divenne del tutto viola, terrorizzata, e seguì il fratello, cercando di fermarlo.

-Aspetta, Dipper, non è un bello spettacolo!- lo avvertì, seguendolo, poco prima che lui raggiungesse la porta dalla quale provenivano i lamenti ed i singhiozzi del tuttofare.

-Cosa? Di che stai parlando, tu sai qualcosa?- chiese Dipper, guardando confuso ed indagatore la sorella, che assunse qualche sfumatura azzurra e rosso acceso, quello che indicava l’imbarazzo.

-No, cioè, si, ma ti devo spiegare per bene- asserì con convinzione la ragazza, e Dipper si fermò, a metà corridoio, per guardarla con più attenzione.

-Spiegarmi cosa?- chiese, schivo.

Il rosso divenne più scuro, difficile da mascherare, ma prima che Mabel potesse giustificarsi, Wendell fece la sua comparsa in corridoio, con i capelli schiacciati sotto il cappello e i vestiti del pigiama ancora addosso, conditi con degli stivali da caccia e una giacca molto larga.

-Dipper, cosa è successo?- chiese incrociandolo, lui lasciò perdere la sorella.

-Non ne ho idea, ma sembra essere stato Soos. Proviene da quella parte- Dipper indicò la stanza alla fine del corridoio, sforzandosi di non arrossire pensando a Wendell in quello stato così disordinato ma concentrandosi invece sulla situazione problematica che si stava andando a creare.

Wendell impallidì.

-È la stanza di Stan- disse solo con voce tremante, prima di correre nella direzione da Dipper indicata, seguito dal castano.

Non appena entrarono, la scena che si presentò loro davanti fu orrenda.

Soos si precipitò piangendo copiosamente tra le braccia di Wendell, che lo strinse a se senza parole.

Dipper si portò una mano alla bocca, sconvolto e pieno di sensi di colpa.

Perché solo fino a qualche minuto prima continuava a lamentarsi del prozio, di quanto fosse stato pessimo, stupido e superficiale. 

Ed ora, quello stesso prozio, era a terra, in un mare di sangue ed in una situazione che si poteva trovare solo nei più tetri incubi.

Sul muro dietro di lui, c’era una scritta rossa che solo Dipper in tutta la stanza era in grado di leggere, in quanto l’unico ad aver imparato questa abilità: “Ora non c’è più nessuno a proteggervi, Northwest”.

Dal colore non ci voleva molto a capire con cosa era stata segnata, e a Dipper venne da vomitare.

Il libro che teneva ancora in mano gli cadde a terra, e Mabel approfittò della distrazione per spostarlo sotto al letto con una discreta magia telecinetica.

Dipper non si accorse di niente.

-Come… come…?- il ragazzo non riusciva a parlare, e Mabel si rivolse a lui, accennando a mettergli una mano sulla spalla.

-Te lo stavo per dire, Dipper- ammise Mabel, abbassando la testa, del tutto azzurra in quel momento -È un peccato che sia stato proprio Soos a trovarlo, lui teneva così tanto a Stan-

Dipper sembrò accorgersi della sua presenza solo in quel momento, e si ritirò dalla mano che comunque non poteva toccarlo, guardando la sorella incredulo.

-Dobbiamo subito avvertire qualcuno. Dipper, va a chiamare il signor Northwest, io mi occuperò di Soos- Wendell si riprese in fretta, e subito prese in mano la situazione, pur restando sempre abbastanza pallido.

-Dipper? Mi stai ascoltando?- gli sventolò una mano davanti al viso per attirare la sua attenzione, ma lui tenne lo sguardo fisso su Mabel anche durante la sua risposta.

-Si, ho sentito, vado ad avvertire il padrone- disse in un sussurro, uscendo dalla stanza lentamente, come se temesse di fare un passo falso.

L’azzurro di Mabel tornò ad accendersi di arancione.

-Perché mi guardi così, Dipper?- chiese, senza capire, poi arrivò alla soluzione in un lampo, cambiando tra vari colori che si susseguivano troppo velocemente per essere identificati.

-Credi che sia stata io?!- chiese poi incredula, arrivando ad una conclusione dal suo punto di vista davvero assurda -Dipper, io non potrei mai fare una cosa del genere, davvero credi che ne sia capace?!- insieme alla rabbia, la tristezza, la confusione e la paura anche un leggero verde la colorava, il disgusto, e probabilmente, in quel momento, anche Dipper, se fosse stato un fantasma, avrebbe avuto quelle esatte emozioni.

Guardò la sorella senza dire niente per qualche altro secondo, poi le diede le spalle, e corse ad avvertire qualcuno della scoperta.

 

Non appena ebbe informato il signor Northwest, Dipper si diresse in cucina, pallido come un fantasma, beh, un fantasma neutro.

-Dipper, mi dispiace tanto, te lo avrei detto subito, ma non mi lasciavi…- stava dicendo Mabel sconvolta quanto lui e molto nervosa, glielo si leggeva nei movimenti e negli occhi molto più che nei colori, che erano così confusi da mischiarsi tra loro.

-Mabel, ho paura- ammise il ragazzo, guardando fisso la sorella come se non la riconoscesse.

Lei lo guardò a bocca aperta.

-Hai paura di me?- chiese, indietreggiando, alternando vari colori tra l’arancione, il viola e l’azzurro, con prevalenza di quest’ultimo.

La macchia nera sul suo petto era sempre lì.

-Ho paura per te- corresse Dipper, continuando per la sua strada -Gli avvertimenti di Stan, quel libro, la macchia nera sul tuo petto. E se… e se tu stessi cambiando, se stessi diventando sempre meno umana?- ipotizzò Dipper in un sussurro, come se nemmeno lui volesse credere in quell’eventualità.

-Ma io sono tua sorella, Dipper, puoi fidarti di me- Mabel fece per mettergli una mano sulla spalla, ma anche se non poteva toccarlo lui la scansò ugualmente.

-Non lo so, Mabel, forse è qualcosa che non puoi controllare- rifletté Dipper preoccupato.

Mabel si spaventò ulteriormente, conscia di quello che probabilmente il fratello stava pensando, e rimase zitta, anche perché non aveva la minima intenzione di dire al fratello il luogo dove aveva spinto il libro.

Il fratello però non aprì di nuovo bocca, anche se sembrava sempre in procinto di farlo fino al raggiungimento della cucina.

Ma una volta aperta la porta e iniziato ad ascoltare quello che si stava dicendo al suo interno, le parole morirono definitivamente in bocca ai due ragazzi.

-È stato il fantasma del castello Northwest. La maledizione della famiglia Pines- stava infatti dicendo Susan, rivolta ad un chiaramente scettico Wendell, che sorseggiava un po’ di zuppa calda seduto al grande tavolo della servitù.

Soos era poco lontano, e piangeva copiosamente con la testa tra le mani.

Melody cercava di rassicurarlo accarezzandogli le spalle, ma tra tutti era il più sconvolto, dato che Stan era sempre stato come un padre per lui.

-Susan, è solo una stupida leggenda, inoltre se anche fosse, Stan è sempre riuscito a controllare il fantasma, cosa può essere cambiato da un giorno all’altro- obiettò lo stalliere.

Nessuno nella stanza si accorse di Dipper, che guardò Mabel ad occhi sgranati, conscio che in quel momento i suoi sospetti stavano avendo conferma.

Mabel iniziò a scuotere la testa, non voleva accettare quello che Dipper stava pensando.

-Maledizione della famiglia Pines?- chiese, entrando nella stanza.

Tutti sobbalzarono, e lo guardarono cauti e preoccupati. Poi si guardarono tra loro, come ad accordarsi su cosa dire, o a chiedere il sostegno reciproco per far uscire le parole.

-Niente, Dipper, è solo una leggenda. Una storia che Stan si divertiva a raccontare quando era giovane. Con il tempo anche lui ha affermato che fosse una follia, quindi non devi dargli peso. Un po’ di zuppa?- Susan cercò di tagliare corto prima ancora che il discorso cominciasse, e porse una ciotola fumante, che Dipper prese titubante. Si sedette sul tavolo, poi sollevò nuovamente lo sguardo sulla cuoca.

-Raccontamela- la incitò, deciso a scoprire di più di quel mistero.

Susan cercò l’aiuto dei membri della stanza. Soos non si era nemmeno accorto di quello che stava succedendo, e Melody era troppo impegnata a consolarlo per aiutarla. Wendell, dal canto suo, beveva la zuppa a testa bassa, cercando di non dare alcun segno di debolezza. Scosse la testa, quel discorso non gli piaceva per niente.

-Su, io sono un Pines, lui era il mio prozio, se c’è una maledizione su di me mi piacerebbe saperlo- affermò battendo un pugno sul tavolo, e facendo sobbalzare nuovamente la cuoca, che sospirò.

-Trent’anni fa Stan venne assunto qui. Io lavoravo già da una decina di anni, dato che ero figlia della precedente cuoca e quindi ero stata assunta molto presto. Stan aveva una ventina d’anni, ma non si era mai sposato. Se non ci fosse stato l’incendio probabilmente si sarebbe dato alla vita da chierico, comunque…- iniziò a raccontare Susan, prendendo una ciotola di zuppa e sedendosi accanto a Dipper. Il ragazzo la interruppe subito.

-L’incendio?- chiese, incredulo.

Susan abbassò lo sguardo.

-L’incendio che mandò in bancarotta i tuoi bisnonni. Tuo nonno si era già staccato e nel vecchio maniero della famiglia Pines, con i genitori era rimasto solo Stan, beh… Stan e il suo gemello- affermò, in un sussurro, come se solo nominandolo potesse tradire la fiducia dell’amico ormai morto.

Wendell alzò lo sguardo, confuso.

-Aveva un fratello gemello?- chiese, incredulo.

Dipper era semplicemente senza parole, e Mabel si portò le mani alle orecchie, scuotendo la testa con più forza.

-Si, non amava parlarne perché era rimasto molto sconvolto dalla sua morte. Quando è venuto qui era devastato- rispose Susan, tenendo lo sguardo fisso sulla ciotola.

-Il fratello è morto nell’incendio?- chiese Dipper, con voce spezzata.

-Si, esattamente come tua sorella- ammise Susan, sollevano appena lo sguardo per lanciargli un’occhiata intenerita.

-Se c’è qualcuno che poteva veramente capire quello che hai passato quello era Stan- sollevò una mano per stringere il braccio di Dipper in segno di affetto, ma lui la scansò, asciugandosi gli occhi che avevano iniziato a riempirsi di lacrime.

-Continua- la incitò solamente, e la cuoca prese un sorso di zuppa, prima di proseguire con il racconto.

-Accadde che un giorno, qualche mese dopo l’arrivo di Stan, iniziarono ad accadere cose strane: quadri che si stracciavano, stanze che venivano messe a soqquadro… si iniziò a pensare che ci fosse una strega nella servitù. Stan sembrava diverso in quel periodo, meno triste, più allegro, ed iniziò a dimostrare anche quanto fosse brillante e carismatico. Iniziò a frequentare moltissimo la biblioteca- Susan continuò, ma venne interrotta nuovamente da Wendell.

-Una biblioteca, c’era una biblioteca qui?- chiese la ragazza, confusa.

-Era un’enorme biblioteca- annuì Susan -Sorgeva nell’ala est del castello, ma un giorno Stan trovò qualcosa al suo interno. E questo lo fece imbestialire- gli occhi di Susan iniziarono ad inumidirsi mentre ricordava i bei tempi.

-Cosa accadde?- chiese Dipper, sempre più convinto che quello che era successo a Stan si stesse ripetendo con lui e Mabel, che dal canto suo era sempre meno convinta di tutta la faccenda, e continuava a scuotere la testa.

-Stan non mi disse molto, solo che aveva scoperto che i Northwest avevano maledetto la sua famiglia, i Pines, da secoli, in modo da governare indisturbati su Gravity Ville. Era furioso, e da quel momento, anche la strana creatura che sembrava infestare il castello, divenne inquieta, crudele-

-Il fantasma del Castello Northwest- provò ad indovinare Dipper, abbassando lo sguardo e poi lanciando una brevissima occhiata alla sorella, che aveva smesso di scuotere la testa e se la stava solo tenendo tra le mani, ad occhi chiusi come a non voler sentire.

-Falla smettere, Dipper- supplicò il fratello, sottovoce, ma lui voleva risposte, perciò lasciò che la cuoca continuasse.

-Già, iniziò a distruggere intere stanze, e a ferire i nobili. Spesso mi sono ritrovata a sentire Stan che sembrava parlargli, ma non capivo mai cosa gli dicesse, e la maggior parte dei discorsi sembrava assurda- continuò Susan, prendendo un altro sorso di zuppa.

Dipper fece lo stesso, qualcosa di caldo gli serviva proprio per soffocare il gelo che stava provando in quel momento nel suo petto.

-Poi un giorno accadde- Susan chiuse gli occhi, e prese un bel respiro.

-La biblioteca andò a fuoco, l’incendio sembrava volersi spargere per tutto il castello, ma fu Stan a fermarlo. Parlò chiaramente con la creatura, una creatura invisibile che però lui sembrava vedere. Gli disse che doveva smetterla, che non lo riconosceva più, poi tutto si spense. L’incendio si placò, e Stan crollò a terra, molto provato- Susan interruppe un attimo il racconto per posare gli occhi su Soos, che aveva alzato la testa e stava ascoltando tutto.

Gli lanciò uno sguardo materno, e fu lui a continuare, con voce spezzata dai singhiozzi, guardando Dipper con un sorriso appena accennato.

-Nessuno capisce cosa sia successo quella notte. Ma una cosa era chiara, Stan poteva controllare quel fantasma, e così ha fatto per trent’anni, proteggendo tutti noi- concluse commosso. L’ammirazione che provava per lui non trovava davvero nessun ostacolo.

-Ed ora è morto!- sbottò Wendell, mettendo all’attenzione di tutti che quella storia non aveva cambiato come stavano le cose.

Soos ricominciò a piangere, mentre Wendell si prese la testa tra le mani, cercando di restare forte ma con il labbro inferiore che tremava.

-Che sia stato un fantasma o una persona, Stan è morto. E non tornerà- le lacrime iniziarono a salire anche a lui -Ormai è finita per tutti noi- affermò con convinzione, asciugandosi gli occhi.

Soos gli mise un braccio intorno alle spalle.

-Non è finita per noi- gli lanciò uno sguardo di intesa, e Wendell sospirò.

Mabel approfittò di quel momento di calma per avvicinarsi a Dipper.

-Dipper, io non diventerò così. Devi fidarti di me, io sono una brava persona, non farò del male a nessuno, devi credermi- se fosse stato fisicamente possibile, di certo Mabel avrebbe pianto, ma non ci riusciva, e tutto ciò che aveva per dimostrare la tua devastazione era il colore azzurro vivido con tracce viola e la voce impastata e tremante.

La paura però superò la tristezza quando Dipper alzò la testa, determinato, e si spinse lontano dal tavolo come ad andarsene.

-Devo riprendere quel diario!- affermò con convinzione, guadagnandosi occhiate confuse da tutti i presenti, e un terrore cieco da parte di sua sorella.

Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, il ragazzo era già fuori dalla porta

-Dipper, ti prego- lo supplicò Mabel, seguendolo fluttuando.

-È per il tuo bene, Mabel. Se dovessi diventare come il fratello di Stan, io…- Dipper non poteva neanche pensare a come potesse essere vivere con un rimpianto simile. Non c’era da meravigliarsi che Stan fosse così scorbutico.

-Mi vuoi davvero morta?!- Mabel si portò le mani davanti al viso, come ad asciugarsi lacrime che non poteva avere.

-No, Mabel, io voglio solo aiutarti. E comunque non… non so cosa farò. Per ora voglio solo trovare il libro e fare qualcosa contro il fantasma del castello. Non prenderla sul personale, ok?- cercò di rassicurarla, ma Mabel sembrava sulla via di non ritorno per un collasso nervoso, o per la dannazione eterna.

La macchia nera sul suo petto si espanse un po’, e Dipper le si avvicinò per essere sicuro che stesse bene, che lo avesse sentito. Non voleva perderla o lasciarla andare, era solo confuso e molto sconvolto per quello che era accaduto, oltre ad essere anche molto spaventato.

E la paura aumentò quando vide che effettivamente qualche lacrima era uscita dagli occhi della sorella. Lacrime nere che avevano iniziato ad oscurare anche il suo viso.

-Mabel!- esclamò, portandosi una mano alla bocca.

-Tu odi me! Hai paura di me! Ma i veri cattivi sono i Northwest! Se conoscessi la storia che lui mi ha raccontato…- cominciò a dire lei, bloccandosi però subito, e voltando le spalle al fratello.

-Che storia? Un momento, tu ci hai parlato?- chiese Dipper incredulo, avvicinandosi.

Mabel si irrigidì, poi scomparve attraverso un muro, senza aggiungere nient’altro.

Dipper fece per inseguirla, ma una campana iniziò a suonare.

Non l’aveva mai sentita prima, ma sapeva il suo significato: tutti gli abitanti del castello dovevano riunirsi nel grande salone principale.

Di solito quella campana significava un bel licenziamento di massa, a detta di Wendell quando gli aveva spiegato la procedura, ma qualunque cosa fosse successa, a Dipper quel suono non piaceva.

Dopotutto lui era lì solo grazie a Stan, ed ora che il suo protettore era morto, Wendell aveva ragione, poteva davvero essere la fine.

 

Non ci misero molto a radunarsi tutti, e Dipper poté constatare che i nobili nella sala erano tanti quanto i domestici, e che molti di loro non erano veri e propri nobili, ma uomini di chiesa.

Era per caso una specie di funerale anticipato per Stan?

Preston iniziò ad avvicinarsi, nervoso.

Pacifica aveva uno sguardo soddisfatto, e guardava Wendell convinta che sarebbe stato licenziato su due piedi.

Il ragazzo aveva lo sguardo basso e i denti stretti.

Dipper era proprio accanto a lui, e stava cercando parole per confortarlo, pure se lui per primo era davvero giù di corda.

-Il fantasma è stato liberato, ed abbiamo ragione di credere che sia stato esso ad uccidere il nostro caro Stanley Pines- iniziò a dire, senza peli sulla lingua.

A quanto pare quella leggenda era di dominio pubblico. Forse Dipper era l’unico a non esserne stato a conoscenza fino a quel momento.

-Mi sono confrontato con il prete della città Toby e la conclusione è una soltanto: nella servitù c’è una strega che ha liberato il fantasma e ne ha assunto il controllo, quindi tutte le domestiche verranno sottoposte ad una prova così da scoprire chi tra loro è la strega e condannarla al rogo- disse il signor Northwest, scatenando un mormorio concitato e confuso.

Wendell alzò la testa, disgustato.

-Non starete mica dicendo sul serio! È una cosa barbara ed inutile. Nessuno di loro è una strega, lavorano qui da anni, se avessero saputo come fare…- cominciò ad obiettare, ma Preston, avvicinandosi a lui con sguardo freddo, lo interruppe.

-…Probabilmente è un piano che va avanti da anni, ma cosa ne può sapere uno stalliere raccomandato come te. A proposito di ciò, sei licenziato- gli diede una spinta, e Dipper sgranò gli occhi.

Dalla faccia di Wendell, Dipper capì che si aspettava una cosa del genere, e dagli occhi soddisfatti di Pacifica il ragazzo dedusse che finalmente i suoi sogni si erano realizzati.

-Wendell ha ragione. Non è possibile che sia una di loro- Soos prese le difese delle donne, tenendo la mano di Melody come a proteggerla, ma Preston non sembrava voler sentire ragioni.

-Soos, dopo tutto quello che abbiamo fatto per te- si rammaricò Preston, in un tono che non tradiva emozioni. Si avvicinò al tuttofare, che iniziò ad indietreggiare leggermente, poi prese Melody, e la lanciò verso la calca di ecclesiastici, per sottoporla al test.

-Fermi!- provò ad aiutarla Soos, ma venne spinto indietro.

L’attenzione di Dipper venne catturata da una figura che proprio in quel momento entrò trapassando il muro alle spalle dei nobili.

-Dipper!- lo chiamò. Sembrava davvero spaventata, e si guardava indietro.

Rimase stupita da quello che stava succedendo, passando dal viola all’arancione.

Le macchie nere che si erano formate fino a quel momento, al contrario, rimasero le stesse.

Dipper stava per farle un cenno o qualcosa che passasse inosservato, ma venne distratto da Wendell, che si era precipitato a salvare Melody, superando tutte le guardie in un modo davvero incredibile.

-Fermatelo!- ordinò Preston, ed il ragazzo venne bloccato da alcune guardie.

Provò a dimenarsi, ma non era abbastanza forte.

-Wendell- sussurrarono preoccupati Dipper e Mabel all’unisono.

Melody era tornata al sicuro tra le braccia di Soos, che cercava di proteggerla, e che perciò non poteva aiutare l’ex stalliere.

-Pagherai davvero molto caro questo affronto- minacciò, e sollevò una mano.

Dipper non ebbe tempo nemmeno di cacciare fuori una sillaba prima che il potente schiaffo si abbattesse sul volto dell’amico, togliendogli il cappello e ferendogli a sangue la guancia per quanto era forte.

Ci fu un attimo di puro silenzio.

Infatti sotto il cappello c’era una lunga chioma fulva.

Dipper capì all’improvviso il grande segreto di Wendell che Mabel non gli aveva voluto rivelare, e se da una parte si sentì quasi sollevato, dall’altra non era minimamente positivo che tutti l’avessero scoperto.

Infatti Wendell non era un ragazzo, ma una ragazza. Una bellissima ragazza, a parer di Dipper.

Wendell, o almeno quello che diceva di chiamarsi Wendell, sputò un po’ di sangue a terra, e proruppe in un sorriso di sfida.

L’accenno di barba e baffi si tolsero dal suo volto.

-Sorpresa- il tono non faceva trasparire alcuno timore, ma gli occhi, gli occhi erano rassegnati ad un destino che probabilmente da anni si aspettava.

-Vedo che…- Preston si pulì le mani, come se toccarla l’avesse sporcato, cercando di rimanere impassibile -… vedo che abbiamo trovato la strega- affermò, con un sorriso soddisfatto.

Poi si rivolse ai tipi che la tenevano legata, due cavalieri di nome Blubs e Durland.

-Bene, portatela sul rogo- ordinò.

Wendell incrociò per un decimo di secondo lo sguardo di Dipper, che intervenne, e non fu il solo.

Come se fossero parte della stessa anima, lui e Mabel fecero la stessa identica cosa nel medesimo momento.

Solo che i risultati che sua sorella provocò furono molto più devastanti dei propri.

I gemelli sollevarono entrambi una mano, come per fermare l’ordine di Preston.

-Non osate toccarla!- dissero insieme, e un enorme lampadario cadde verso i nobili, investendo in pieno i cavalieri.

Wendell venne spedita verso il resto dei domestici, dritta tra le braccia di Soos.

Ma la sorpresa non si mise molto ad esaurirsi.

Preston si voltò verso Dipper.

-Allora sei tu ad aver preso il controllo del fantasma. Avrei dovuto capirlo, cattivo sangue non mente- l’uomo si lanciò verso Dipper, ma venne preso per la gola da una forza invisibile prima ancora che potesse sfiorarlo.

-Non lo farei se fossi in te!- esclamò Mabel, con la mano sollevata diretta verso di lui.

Venne sbattuto dall’altra parte della stanza, provocandosi una brutta botta alla testa.

Altre persone provarono a prendere Dipper, ma Mabel creò un muro invisibile tra la servitù e la nobiltà.

Ed iniziò a braccare uno ad uno tutti i potenti con vari oggetti della stanza, in un mare di terrificante caos distruttivo.

-Mabel, smettila!- provò a fermarla Dipper, cercando di avviarsi verso di lei, ma venne preso di peso da qualcuno, che lo trascinò velocemente fuori dalla stanza.

-Finché sei in pericolo non si fermerà mai- gli disse la persona allontanandosi il più possibile da quel posto.

-Wendell?- chiese Dipper, incredulo. Immaginò che avesse iniziato ad usare la sua voce normale, perché non riconobbe il tono, ma quel modo di parlare lo conosceva abbastanza bene.

-Wendy, piacere di conoscerti, Dipper- lei gli fece l’occhiolino, e lui le sorrise, seguendola.

-Allora, spiegami in pochissime parole quello che sta succedendo- lo incitò la neo-ragazza, mentre correvano trafelati diretti il più lontano possibile da lì.

E Dipper iniziò a raccontare.

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Capitolo 6
*** L'ultima stella cadente ***


L’ultima stella cadente

 

Caro diario,

Ho seppellito il diario.

Poi sono tornato nel castello, ma lui gli stava dando fuoco per spezzare la maledizione. 

Il problema è che per spezzarla serviva che io bruciassi il diario, ma… ma non potevo disseppellirlo e tornare e… e non sapevo cosa fare. 

Se avessi spezzato il legame con Ford e avessi anche bruciato il mio luogo, il luogo dove appartengo adesso… che cosa avrei fatto?! Sarei stato solo, senza un piano di riserva, senza nessuno da cui andare e nulla da poter fare.

Lo so che sono terribilmente egoista, va bene? 

So che probabilmente ho sbagliato, ma non ce l’ho proprio fatta, ed ora Ford mi odia, i Northwest mi ritengono responsabile di tutto e ho condannato un mio futuro nipote o pronipote o comunque membro della famiglia ad un destino infame e ad un sacco di dolore.

Infatti un qualsiasi Pines che proverà a risollevare l’onore della famiglia subirà la stessa sorte di Ford, e solo il parente a cui sarà legato potrà spezzare la maledizione.

Che cosa ho fatto?!

Mi sento così terribilmente in colpa… e Ford mi manca già così tanto!

Che cosa ho fatto?! Che cosa ho fatto?! Ma ormai è troppo tardi!

 

 

-Ok, strano- commentò Wendy dopo aver sentito il discorso pazzesco che Dipper le fece mentre correvano attraverso i lunghi corridoi del castello per sfuggire alla folla inferocita di nobili spaventati e furiosi.

-La stai prendendo davvero molto bene- commentò sorpreso Dipper, iniziando davvero ad ammettere a se stesso quella cotta abissale che provava dal primo incontro avuto con la fulva.

-Quasi quanto tu hai preso bene lo scoprire che io sono una ragazza, pensavo che avresti perso fiducia nei miei confronti- ridacchiò lei.

-Se devo essere sincero ti ammiro almeno dieci volte di più- Dipper si sorprese delle sue stesse parole, ma erano completamente sincere, dato che mai aveva incontrato una ragazza così temeraria, sfrontata e coraggiosa, ad eccezione di sua sorella, e non poteva essere che felice di quello che era successo.

-Molto dolce da parte tua. Comunque, qual è il piano?- chiese velocemente Wendy, per non perdere troppo tempo.

-Devo prendere il diario con tutte le informazioni sui fantasmi ed usarlo per controllare mia sorella e lo spettro del castello- spiegò Dipper, iniziando a pensare al luogo dove lo aveva lasciato, ma trovando un vuoto di memoria.

-Avevi un diario quando siamo andati in camera di Stan, stamattina- ricordò Wendy, pensierosa.

A Dipper venne un guizzo.

-Già, l’ho lasciato cadere e poi… probabilmente Mabel l’ha nascosto da qualche parte approfittando della mia distrazione. Devo andare in camera sua. Tu distrai le guardie- Dipper cambiò direzione per dirigersi nell’ala della servitù, e Wendy lo fermò un attimo, prima di andare verso la direzione opposta.

-Fa attenzione, Dipper. Ti raggiungo- gli assicurò, e prima che Dipper potesse obiettare scomparve alla sua vista.

Il ragazzo percorse velocemente le ultime rampe di scale e corridoi che lo separavano dal suo obiettivo, ma una volta raggiunta la camera del prozio capì che sarebbe stato difficile trovare il diario.

Infatti la stanza era completamente in disordine, con mobili gettati in aria e vestiti alla rinfusa. Probabilmente Mabel o il fantasma erano passati e in un impeto di rabbia avevano sfasciato tutto.

Dipper era abbastanza sicuro che fosse stata la sorella, ma decise di non pensarci, ed iniziò a rovistare tra le varie cianfrusaglie e vestiti, alla ricerca della copertina bordeaux con una mano a sei dita sul davanti.

Più andava avanti nella ricerca più scopriva dettagli sulla vita personale del prozio che avrebbe felicemente fatto a meno di sapere, ma procedette senza darsi per vinto e senza fermarsi, trasalendo di tanto in tanto per uno spiffero di vento o per lo scricchiolio di un mobile.

Aveva paura di starci mettendo troppo tempo, temeva che il fantasma del castello fosse lì, ma tenne duro e fece il più in fretta possibile.

Ci fu solo un oggetto che lo distrasse, ma fu meglio per tutti in questo modo.

Infatti, dentro un cassetto, c’era un diario del tutto uguale a quello che cercava solo che privo di mano dorata.

Lo prese aggrottando le sopracciglia, e lo sfogliò velocemente.

Era il diario segreto di Stan.

Convinto di trovarci solo altri segreti imbarazzanti fece per metterlo a posto, ma lesse di sfuggita, su una delle pagine, qualcosa che lo bloccò.

“…spezzare la maledizione”.

Così era vera la leggenda?

Decise di sfogliarlo velocemente, forse avrebbe potuto trovare qualcosa di interessante da quella lettura, e così fu.

Stan aveva passato la stessa identica cosa che ora premeva lui e sua sorella, e non aveva fatto nulla per bloccarlo.

Dipper si sentì tradito e ferito dal più profondo del cuore.

Se avesse avuto il prozio davanti probabilmente l’avrebbe ucciso di nuovo in un impeto di odio e rabbia.

Come aveva osato trasferire la maledizione su di loro quando avrebbe potuto spezzarla!

Dipper avrebbe voluto gettare il quaderno via, ma si bloccò di nuovo, osservando l’ultima pagina, scritta velocemente e con una calligrafia parecchio confusa.

Ci mise molto a capirla, ma il testo gli apparve chiaro come se lo stesse scrivendo in quel momento, dicendogli le parole una ad una nell’orecchio.

 

“Dipper, spero proprio che troverai questo diario.

So che hai disseppellito il libro, devo dire che non mi aspettavo lo avresti fatto così presto, o che lo avresti fatto in generale.

Stanford era mio fratello, è morto in un incendio quando avevamo vent’anni, e pochi mesi dopo è tornato sotto forma di fantasma. La sua capacità in più era quella di conoscere moltissime cose che in vita non conosceva. Il diario che hai disseppellito è ciò che lo teneva qui e tutto ciò che mi era rimasto di lui, e con il tempo ha continuato ad aggiornarlo con tutto quello che ha scoperto, anche se non mi faceva leggere molto.

Abbiamo anche scoperto insieme in biblioteca che i Northwest hanno secoli fa lanciato una maledizione sulla nostra famiglia, poiché insieme a loro siamo la famiglia fondatrice della città, solo che nessuno lo ricorda più.

Non è molto importante il come, probabilmente hanno fatto un accordo con un demone o qualcosa del genere, fatto sta che l’unico modo per fermare la maledizione ed evitare che altri Pines subiscano la nostra stessa sorte è bruciare per intero il castello e gettare tra le fiamme ciò che tiene i fantasmi legati alla terra. Inoltre dovrai spezzare il legame con Mabel.

Dopo averlo fatto potrai ancora vederla, ma solo toccando l’oggetto che la tiene confinata qui.

Ti prego, prenditi cura di Soos e Wendell da parte mia, e di loro che il piano B è sempre valido.

Ti voglio bene.”

 

Dipper crollò a terra, vicino al letto, conscio di quello che avrebbe dovuto fare ma senza volerlo accettare.

Era da un po’ che si preparava all’idea che avrebbe dovuto lasciar andare Mabel, ma non credeva di riuscirci, ed ora doveva pure distruggere il castello dei Northwest senza nessuna prospettiva per il futuro.

Inoltre non aveva la più pallida idea di quello che teneva sua sorella legata a quel mondo.

Avrebbe voluto distruggere il diario che gli aveva fornito così tante brutte notizie, ma prima che potesse decidersi a liberarsene una volta per tutte fu attirato dallo scintillio di una copertina dorata sotto al letto, di cui stranamente prima non si era accorto.

Prese il libro con cautela, come se un piccolo movimento potesse risvegliare lo spirito inquieto che stranamente non aveva dato molti segni di se dopo l’omicidio di Stan.

L’ultimo oggetto che a Stan era rimasto di suo fratello.

Gli venne un lampo di consapevolezza, ed in un riflesso incondizionato, si portò la mano al ciondolo con la stella cadente che come sempre teneva sotto i vestiti, realizzando la sua funzione e trovando consapevolezza di ciò un una visione spaventosa che gli si presentò davanti dopo quel contatto.

Vide l’immagine sfocata di sua sorella, con occhi luminosi e vuoti ed il corpo quasi completamente nero ad eccezione di qualche macchia rossa tra i capelli e in alcuni punti sparsi del corpo che, con una mano sollevata, teneva Preston Northwest per il collo, soffocandolo lentamente.

Il nobile si dimenava con forza, ma nulla poteva contro quella forza sovrannaturale.

E Dipper, che oltre alla collana aveva in mano anche il Diario di Ford, vide una figura ancora più spaventosa che osservava Mabel a distanza, con un sorriso malvagio e divertito.

Era completamente nera, e da quel poco che Dipper riusciva a capire era del tutto identica a Stan, forse solo un tantino più giovane e con sei dita per ogni mano invece che cinque.

-Su, Mabel, fallo- la incitò la figura nera, e Mabel, con un sorriso che non prometteva nulla di buono, strinse la presa invisibile sul collo di Preston, che si dimenò con più forza.

-Finalmente una Pines che capisce cosa si deve fare- commentò quello che Dipper iniziò ad appellare mentalmente come Ford, Stanford Pines, un altro suo prozio.

Era stranissimo pensare di essere imparentato con una creatura del genere, strano e spaventoso.

Ma la cosa che lo sbloccò da quella visione spaventosa fu la consapevolezza che Mabel, di lì a poco, sarebbe diventata esattamente come lui.

-Mabel, fermati!- esclamò preso dal momento, anche se non credeva che la sorella lo avrebbe sentito.

Lei però rimase immobile, come bloccata dalla forza delle sue parole.

Ford si guardò intorno, seccato, come a chiedersi la fonte dal quale proveniva quella distrazione, e sembrò per un attimo fissare Dipper dritto negli occhi.

-Tranquilla, Mabel, mi libererò io dello scocciatore, così potremo poi finire il compito, e vivere per sempre. Così come promette il nostro accordo- la voce del fantasma nero era roca e ridondante, come se venisse dal più profondo girone dell’inferno, e Dipper impallidì, spaventato a morte da quella minaccia.

Poi Ford uscì velocemente dalla stanza.

Dipper lasciò andare il ciondolo così in fretta che non notò ciò che accadde alla sorella non appena ebbe udito le parole del prozio fantasma.

Infatti la ragazza sgranò gli occhi, come se si fosse ripresa da una trance, e lasciò andare il nobile che si portò le mani alla gola e fu circondato dalla famiglia, che continuava a guardarsi intorno.

Mabel osservò quello che aveva fatto, incredula, e si portò una mano alla bocca, diventando viola e azzurra.

Non riusciva a crederci, non era da lei.

Iniziò a credere che Dipper avesse avuto ragione su ogni cosa, forse davvero stava venendo controllata da qualcosa di più grande di lei, qualcosa che non riusciva a tenere a bada.

Probabilmente Stan aveva ragione, i morti e i vivi non dovevano incontrarsi.

E soprattutto… lei non poteva permettere che a Dipper e agli altri venisse fatto qualcosa di male.

Strinse i pugni, mentre una determinazione tutt’altro che negativa iniziava a scorrerle nel corpo semitrasparente, diradando il nero che l’aveva quasi del tutto sommerso.

Si mise all’inseguimento del fantasma, decisa a raggiungere Dipper prima di lui.

Per far finire quel caos non doveva eliminare i Northwest, ma fermare Ford.

 

Dipper prese i diari e cercò una via d’uscita il più in fretta possibile. 

La porta della camera era del tutto esclusa, e se ci fossero stati passaggi segreti senz’altro Dipper non li avrebbe trovato tanto presto.

Decise di optare per la finestra, e prese velocemente legna e vestiti per poter appiccare un incendio sul tetto del castello Northwest.

Arrivato alla finestra una chioma lunga e rossa lo fece sobbalzare e cadere all’indietro.

-Dipper, hai trovato qualcosa? Quasi tutti i nobili sono scappati in città, e la servitù è nascosta in cucina, spaventata… è il materiale per un incendio?- chiese Wendy entrando con un balzo ed osservando tutto.

Dipper si era quasi dimenticato del fatto che fosse una ragazza, ad annuì velocemente, tenendo stretti i due diari e guardandosi intorno spaventato.

-Ford vuole uccidermi. Devo bruciare il castello per fermare la maledizione. Evacua tutti e, Stan mi ha scritto di dirvi che il piano B è sempre valido, qualsiasi cosa significhi, io devo… fare ciò che è giusto, e pensavo di andare sul tetto- spiegò brevemente il ragazzo, in completo panico.

Si accorse solo in quel momento che il sole stava tramontando. Era stato in giro per tantissimo tempo, eppure sembravano passate pochissime ore.

Sembrò che un enorme peso si togliesse dal petto di Wendy.

-Grazie al cielo, non ci aveva fatto sapere nulla, temevamo che… per fortuna Stan pensa sempre a tutto. Buona fortuna allora, evacuerò tutti il prima possibile, quando hai finito ci vediamo al porto- Wendy gli mise una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento ed uscì dalla finestra.

Dipper rimase parecchio sorpreso da quella affermazione.

-Come?- chiese, confuso.

-Il piano B. Vieni con noi, giusto? Insomma, se fossi in te non rimarrei qui dopo aver bruciato il castello della famiglia più importante della città- gli diede una spinta amichevole, ma il sorriso si spense non appena vide lo sguardo di Dipper, pieno di lacrime.

-Ehi, non penserai mica che ti lasceremmo qui, dopo tutto quello che hai fatto per noi. Siamo una grande famiglia, non dimenticarlo- lo guardò dritto negli occhi, cercando di trasmettergli tutto l’affetto che provava per lui.

Dipper arrossì, e abbassò lo sguardo.

-Ah, e vedi di tornare, capito!- Wendy gli diede un lievissimo bacio a fior di labbra che fece diventare Dipper più rosso di un peperone maturo, e poi si avviò definitivamente alla finestra.

Il ragazzo era completamente senza parole, ed annuì solamente, incapace di aggiungere altro.

Wendy gli fece un occhiolino, prima di sparire.

Il primo pensiero lievemente razionale di Dipper fu che doveva assolutamente dire a Mabel quello che era successo, poi, pensando alla sorella, si ricordò la situazione, e si affrettò a salire sul tetto, tenendo attaccati a sé gli oggetti che gli servivano con una corda improvvisata con le coperte di Stan.

Quel breve incontro con la fulva gli aveva dato determinazione, e gli aveva anche fatto capire una cosa importante.

Lui, a differenza di Stan, aveva un posto dove andare, una famiglia acquisita con cui avrebbe potuto ricominciare anche dopo aver salvato Mabel.

Non voleva usare altri termini per indicare quello che stava per fare.

Raggiunto il tetto ebbe il tempo solo per provocare la prima scintilla necessaria al falò, prima che una forza lo prendesse da dietro e lo gettasse via.

Perse la presa sul diario di Ford, pur tenendo sempre stretto quello di Stan, perciò non vide la figura che gli aveva provocato un bel bernoccolo.

Non che vederla avrebbe fatto qualche differenza, dopotutto l’unico modo per sconfiggerla era gettare il suo quaderno tra le fiamme.

Dipper si sentì una morsa al petto, come se tutte le sue costole si stessero piegando su se stesse per frantumargli i polmoni.

Strizzò gli occhi, preparandosi al peggio, ma esso non arrivò.

-Giù le mani da mio fratello!- esclamò una voce furente davanti a lui, la presa si fece più leggera.

Il ragazzo aprì leggermente gli occhi.

-Mabel?- sussurrò incredulo.

Subito si accorse che il nero si era diramato, ed ora era visibile solo nel petto e agli estremi degli arti.

-Dipper, mi dispiace- si scusò lei, con occhi da cerbiatto, passandogli con uno schiocco di dita il libro di Ford, che permise al ragazzo di vederlo di nuovo.

-Pensavo avessimo un accordo, ragazzina. I Northwest devono pagare!- esclamò furente quell’immagine quasi identica a Stan.

Dipper quasi gettò il diario per non vederla più, tanto era spaventosa.

-La distruzione del castello di famiglia mi sembra una punizione sufficiente, e se Pacifica sposa Gideon sarà anche meglio- commentò la ragazza, cercando di sembrare tranquilla, ma con tanti dubbi ancora per la testa.

Di una cosa era certa, Dipper doveva salvarsi.

-Brucia il diario- sussurrò al fratello, gettandosi contro il fantasma che avrebbe fatto di tutto per fermarlo.

Dipper si alzò velocemente in piedi e si avviò verso l’incendio appena appiccato, sperando in cuor suo che il fatto che fossero fantasmi non mettesse in pericolo Mabel.

Purtroppo la fisica dei fantasmi funzionava in una maniera tutta sua, e Ford era uno spettro molto più potente e vecchio di Mabel, quindi non ci mise molto a bloccarla ed a raggiungere Dipper, scuotendolo in modo da fargli nuovamente lasciare il diario con gli appunti, e bloccandolo a mezz’aria, pronto a finire entrambi i fratelli.

Dipper sollevò la mano libera che non teneva l’unico diario che era riuscito a conservare, ovvero quello di Stan, verso la sorella, come a tenerla stretta nei suoi ultimi momenti, e lei fece altrettanto.

Sembrò quasi che i due si potessero toccare, poi accadde qualcosa di strano, una stella cadente squarciò il cielo, e Ford perse la presa su Dipper, che cadde a terra.

Lo spettro oscuro, per la sorpresa, lasciò andare Mabel, che riprese in fretta l’equilibrio e guardò sorpresa la figura che era appena comparsa davanti al fratello, e che si guardava le mani, confuso e sorpreso.

-Speravo che fosse finita- commentò quasi seccato.

-Prozio Stan?- chiesero insieme i due ragazzi.

-Stanley!- mormorò a denti stretti Ford, seccato, stringendo i pugni in segno di rabbia.

-Speravo davvero che quelle sarebbero state le mie ultime parole. Immagino che adesso dovrei fermarti. Non posso avere un po’ di pace neanche da morto- sospirò Stan, provando a sollevare il libro abbandonato sul tetto con la telecinesi ma fallendo nel tentativo. Evidentemente non aveva ancora sviluppato poteri di telecinesi.

-Fermare me? Non credo proprio che un neo fantasma come te possa anche solo pensare di potermi battere- Ford bloccò Stan come aveva fatto prima con Mabel, e sollevò nuovamente la mano per prendere Dipper che non poteva vederlo e non aveva nemmeno assistito a tutta la conversazione. Era parecchio confuso, e Mabel stava iniziando a temere questa situazione. Voleva aiutare Dipper, ma poi… Dipper avrebbe dovuto bruciare anche lei. Era così combattuta che non fece in tempo nemmeno a provare a proteggere Dipper dalla presa di Ford, ma non ce ne fu bisogno, perché il ragazzo era diventato intoccabile.

-Cosa?- Ford era parecchio confuso, e provò nuovamente, senza risultati.

Dipper stringeva convulsamente la collana e il diario di Stan, senza sapere bene cosa fare.

-A quanto pare la mia capacità particolare da fantasma è proteggere le persone che amo con la semplice forza del pensiero. Abbastanza umiliante, ma tanto sono già morto- osservò Stan, ancora bloccato dalla magia telecinetica del gemello -Dipper, prendi il diario- incoraggiò poi il ragazzo, che con le gambe che tremavano, si alzò per raggiungere il luogo dove il libro era caduto, trovandolo, però, vuoto.

Mabel, quasi inconsciamente, lo aveva portato verso di sé, ed ora lo teneva sollevato in modo tale che sembrasse tra le sue mani.

-Dipper? Bruciamo il diario, e poi?- chiese sottovoce al fratello, la voce tremante e preoccupata e il corpo completamente viola. Il nero sembrò tornare ad espandersi.

-Mabel…- Dipper non sapeva che risponderle.

-Ti distruggerà, butterà quella collana nelle fiamme! Ma se lo uccidiamo saremo entrambi liberi, per sempre!- cercò di convincerla Ford, che porse la mano verso di lei come a chiederle di dargli il diario che comunque lui non avrebbe potuto prendere.

-Divertente pensare che tu inizialmente volevi che io ti uccidessi bruciando quello stesso diario nell’incendio che avevi fatto scoppiare in biblioteca con tutte quelle persone rinchiuse- commentò Stan, prima di aggiungere qualcosa a sua volta, diretto verso la ragazza -Mabel, finché noi saremo in circolazione le cose per la nostra famiglia andranno solo male-.

-Ma ormai siamo morti, cosa vuoi che ce ne importi!- esclamò Ford, infervorato.

-Appunto perché siamo morti dobbiamo pensare alle persone a cui volevamo bene in vita e fare il meglio per loro- continuò a dire Stan, pensando a Soos e a Wendy.

-A che scopo, se loro sono le prime ad odiarci?- provò a metterci un po’ di logica Ford.

Mabel tremava, mentre il nero prima si espandeva poi sembrava ritirarsi, e ad occhi chiusi non aveva la più pallida idea di cosa fare.

-Mabel…- Dipper provò nuovamente a parlare, e Mabel  alzò lo sguardo su di lui, aspettandosi una qualche rassicurazione -Io voglio spezzare la maledizione, ma qualsiasi scelta tu farai… io l’accetterò- Dipper abbassò lo sguardo, pronto a qualsiasi cosa e tenendo stretta la collana tra le mani.

-Ricordi cosa ti avevo chiesto di non fare?- chiese Stan, guardando la pronipote con uno sguardo eloquente e quasi supplicante.

-Prozio Stan…- Mabel, guardò il libro, poi il falò, Dipper, ed infine il prozio, ricordando la loro conversazione notturna -…mi fido di te- cedette poi, e, mentre tutto il nero scompariva quasi di botto dal suo spirito, lanciò il diario tra le fiamme.

-No!- urlò Ford, cercando in qualche modo di impedire l’inevitabile, ma i suoi poteri non funzionavano con l’oggetto che lo teneva in vita.

Stan venne lasciato andare, e il nero sul corpo di Ford evaporò come fumo, lasciando la figura di un ventenne che lentamente scomparve nella luce.

Si guardò intorno come spaesato, e puntò lo sguardo su Mabel, Stan e Dipper.

-Grazie…- sussurrò, prima di sparire in un lampo di luce.

Una stella cadente sferzò il cielo.

Stan sospirò. Probabilmente se fosse stato umano avrebbe pianto, ma per fortuna non poteva, così la sua reputazione non ne avrebbe risentito ulteriormente.

Il suo spirito però si accese di azzurro.

-Dipper?- si avvicinò al pronipote, e si chinò alla sua altezza, indicando il diario ancora ben stretto tra le sue braccia -Potresti farmi questo ultimo favore?- gli chiese indirettamente, e Dipper annuì lentamente, e con mano tremante e occhi lucidi gettò il diario tra le fiamme, che si iniziavano ad espandere.

Non aveva molto tempo, se voleva riuscire ad allontanarsi da lì.

-Vi voglio bene ragazzi- con queste ultime parole, anche Stan scomparve in un lampo di luce con una stella cadente a segnalare la sua ascesa, o discesa, verso qualsiasi cosa ci fosse al di là.

-Mabel…- Dipper si diresse lentamente verso la sorella, che fissava il falò cercando di farsi forza -…forse per spezzare la maledizione non c’è bisogno che tu te ne vada- provò a dire. Non credeva di riuscire a farlo, ora che se lo trovava davanti.

Aveva già perso sua sorella una volta, perché doveva perderla di nuovo?

-Invece devo farlo, Dipper. Io sono morta, e questo non si può cambiare. Sono stata bene con te, e mi sono divertita come mai avevo fatto da viva, ma adesso… è giunta la mia ora, e se questo potrà salvare te e il resto della famiglia, che ben venga- Mabel gli fece uno dei sorrisi brillanti che avevano sempre caratterizzato la ragazza quando era viva.

Dipper pensò a tutti i momenti che avevano passato insieme in quei tredici anni.

Le cacce alle streghe quando erano piccoli, i vari compleanni, le notti passate a vedere le stelle, i segreti detti sotto il tavolo, le confidenze fatte prima di dormire, prima che venissero separati…

Le lacrime iniziarono a scorrere sulle sue guance senza che neanche se ne accorgesse.

-Mabel, io non ce la faccio- sussurrò, tra i singhiozzi.

Non riusciva a rivivere quel dolore di nuovo, a lasciarla andare per la seconda volta, semplicemente non ci riusciva.

-Se Stan avesse spezzato la maledizione trent’anni fa…- cercò di asciugarsi le lacrime, ma erano molte più quelle che uscivano di quelle che Dipper riusciva a togliere.

Mabel gli si avvicinò.

-Dipper, è difficile anche per me, ma tu starai bene. Vedi solo di ricordarti di me al tuo matrimonio con Wendell- ridacchiò, con voce alquanto spezzata.

Dipper accennò una risata.

-Si chiama Wendy, sai- le rivelò, con voce tremante.

-Un bellissimo nome, molto appropriato anche- commentò, sorridendo.

Pensare al futuro era peggio che concentrarsi sul presente, perché Dipper non riusciva proprio a capacitarsi di dover dire addio alla persona più importante della sua vita.

-Mabel, io non riesco a vivere in un mondo dove tu non ci sei- le rivelò, in un sussurro, e lei aprì la braccia.

-Abbraccio imbarazzato tra fratelli?- chiese, anche se era fisicamente impossibile.

-Abbraccio imbarazzato tra fratelli- Dipper le si precipitò addosso, e mimarono un abbraccio che sembrarono quasi sentire.

-Pat pat- dissero insieme, come da tradizione, dandosi delle pacche sulla schiena in simultanea.

-Mi mancherai tantissimo- sussurrò Dipper alla sorella, mentre sfilava la collana dal suo collo e la avvicinava all’incendio che ormai aveva preso buona parte del tetto -Spezzo il legame- sussurrò poi, controvoglia.

-Io sarò sempre con te- gli promise lei, simulando un bacio sulla fronte.

Lui si impose di rimanere con gli occhi aperti mentre avvicinava ulteriormente la catenella alle fiamme.

E si guardavano negli occhi quando la lasciò andare, ed essa cadde, ed iniziò a sciogliersi.

Mabel fece uscire una singola lacrima perlacea quando scomparve in un lampo di luce, e l’ultima stella cadente della notte solcò il cielo notturno, luminosa come nessun’altra stella Dipper avesse mai visto.

Ogni volta che qualche spirito scende dal cielo per vegliare su un proprio caro o ritorna nell’oltre, una stella cadente sferza il cielo notturno, come lacrime di luce su guance blu. Qualcuno esprime un desiderio… e qualcuno si asciuga gli occhi, perché sa di aver perso o guadagnato, un custode davvero speciale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note d’Autore:

Ho davvero amato scrivere questa fanfiction, anche perché è partita in un modo ed è continuata quasi da sola.

Ho cercato come sempre di mantenere i personaggi IC e a proposito di questo ho qualche piccolo appunto da fare.

Le età sono, rispettivamente: 13 anni per Dipper e Mabel. Mi sono informata sui matrimoni nel medioevo ed è risultato che partivano da un’età di 12 anni e mediamente le spose ne avevano 14. Gideon l’ho fatto dodicenne, diciamo che era impaziente di sposare Mabel. Stan ne ha 50. Per gli altri l’età è quella canon. Non potevo permettermi di far avere a Stan un’età troppo avanzata perché per gli standard dell’epoca già 50 anni era un’età davvero avanzata, specialmente per un uomo di servitù.

I colori delle emozioni di Mabel sono ispirati in parte ad Inside Out, o almeno quelle principali.

Per quanto riguarda i caratteri dei personaggi ho cercato anche di adattarli all’epoca.

Perciò la maggior parte della servitù è analfabeta, compresi Soos e Wendy, e a proposito di quest’ultima, non ho messo l’avvertimento Gender bender perché non lo è, e già dall’inizio si capiva che c’era qualcosa che non andava.

E poi non sapevo bene se metterlo o no perché alla fine si scopre che non lo è.

Wendy l’ho resa una ragazza che ha cercato in tutti i modi di non essere una semplice cameriera ma di sentirsi libera, e in un mondo di quel tempo le donne non avevano molte altre alternative.

Wendy è l’unica che poteva tenere quel teatrino per così tanto tempo e reagire a testa alta anche nella situazione più disperata.

Un personaggio per me importante e difficile da rappresentare è stato Stan, dato che è un personaggio che si capisce bene dal suo passato, e qui il passato è diverso.

La sua storia è molto più statica, ma comunque ha sofferto e ciò lo ha portato a diventare il brontolone che conosciamo. Però dato che lavora a stretto contatto con tutti la sua maschera è un po’ crollata, e tutti sanno che tiene davvero tanto alle persone che ha intorno, come si vede abbastanza nel cartone.

Spero di averlo reso bene, perché è il mio personaggio preferito.

Le pagine di diario all’inizio di ogni capitolo sono sue, e non di Dipper come ho voluto far intendere all’inizio. Infatti ho usato pronomi neutri per il fantasma così si poteva intendere sia Mabel che Ford.

E a proposito di Ford, il suo carattere è completamente corrotto dall’oscurità, quindi è come se ci fosse un Bill a controllarlo, pur mantenendo in un certo modo un po’ del suo carattere.

Poi Dondolo l’ho chiamato con il nome originale Waddles perché sono più abituata a quello.

Poi ho messo alcuni riferimenti a scene di Gravity Falls, come l’abbraccio imbarazzato tra fratelli e soprattutto riferimenti alla 2x11, che è una delle mie puntate preferite.

Un’ultimo accorgimento che ho solo un po’ accennato senza dirlo esplicitamente è l’abilità da fantasma di Mabel.

Così come Ford ha l’abilità di sapere le cose perché da vivo era un grande studioso e Stan protegge con la sola forza della volontà perché da vivo proteggeva tutti, così Mabel, che è pura di cuore, riesce a sconfiggere l’oscurità anche quando sta avendo la meglio su di lei.

Credo sia tutto, spero che la storia piaccia e che sia bene strutturata.

Un bacione e alla prossima :-*

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