Solo uno fra tanti.

di kikka_67
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un segno del Destino. ***
Capitolo 2: *** Una proposta indecente. ***
Capitolo 3: *** Leonard. ***
Capitolo 4: *** Solo uno fra tanti. ***



Capitolo 1
*** Un segno del Destino. ***


Il vento freddo entrava attraverso le fessure dei vetri rotti, in un primo momento non riuscii a ricordare la dinamica dell’incidente, ricordavo solo che le lacrime m’impedivano di vedere bene la strada. Era stato un attimo, la macchina aveva sbandato sull’asfalto bagnato e poi un terribile boato pieno di lamiere contorte e schegge di vetro affilate.
Provai a muovermi, ma il dolore lancinante al braccio e alla spalla non mi permise di sollevarmi per vedere dove fossi finita. Con un sospiro mi abbandonai di nuovo sul sedile, mentre gli eventi di questa mattina ritornavano a torturarmi. Dopo l’ennesimo litigio, Peter uscii dalla porta di casa con una valigia senza degnarsi di salutare. Voleva il divorzio, mi aveva detto con voce incolore, era innamorato di una collega e voleva vivere con lei, non provava più nulla per me né per il bambino che da quasi cinque mesi portavo in grembo.


Noi ci siamo conosciuti al college, ho sempre creduto che fosse stato un colpo di fulmine per entrambi, dopo pochi mesi eravamo marito e moglie e per aiutare Peter a realizzare le sue aspirazioni, cercai un lavoro e rinunciai a seguire le mie. Dopo la laurea Peter trovò un impiego in un piccolo studio legale, ma lo stipendio non era sufficiente a pagare tutte le spese e anche i miei studi, quindi dovetti ancora rinunciare a terminare gli studi. E quando finalmente sembrava che le cose stessero andando per il verso giusto rimasi incinta e dal quel momento iniziò il calvario.
Lui voleva che abortissi, diceva che eravamo troppo giovani per diventare genitori e che era stufo di privarsi di ogni cosa. Le discussioni erano all’ordine del giorno, interminabili.  L’unica cosa che mi rimane di anni di illusioni e sacrifici è una rabbia incontenibile verso un essere che mi rifiuto di chiamare uomo, che non merita le mie lacrime né il mio dolore, vorrei addormentarmi per non pensare più a nulla e magari trovare la pace.





All’improvviso un lieve movimento, come un battito d’ali, mi sfiora l’addome, il bambino si è mosso. E’ la prima volta che lo sento, e il mio cuore inizia a battere più forte e una strana voglia di ridere e di piangere si fa impellente e mi brucia dentro. E alla fine piango e rido e mi dispero perché non riesco a muovermi per accarezzare la pancia dove riposa il mio cucciolo. Non posso mollare, non posso arrendermi, devo vivere per lui. Presi a dibattermi debolmente, e poi ad urlare e non so per quanto tempo continuai senza fermarmi, finché esausta rinunciai.
Nel silenzio immobile del mio inferno personale ad un tratto mi parve di sentire dei rumori vicino alla mia auto, qualcuno parlava in modo concitato mentre cercava di aprire le porte dell’auto, eravamo salvi, poi ci furono delle mani caritatevoli che mi strapparono dall’oblio, un corpo caldo a cui appoggiarmi ed una voce a cui aggrapparsi, “non mollare piccola, ti aiuto io” e poi più nulla, l’incoscienza.
 
 


 
§§
 


La trovai sepolta sotto il sedile, ferita, senza forze, ma viva. Mi sembrava di tenere in braccio un uccellino talmente era piccola e fragile, ma quello che più di tutto mi sconvolse fu vedere il leggero rigonfiamento del suo addome, quella che a me pareva una bambina troppo cresciuta, era in realtà una donna incinta. Rimasi con lei tutta la notte, mentre la medicavano e parlai con i medici che avevano creduto che fossi un suo parente.
 
 
  • La signora ha un braccio rotto, la spalla lussata, qualche contusione e graffio, ma nulla di allarmante. – snocciolò il medico con voce petulante.
  • E… il bambino? – chiesi esitante.
  • Il bambino sta bene, sua moglie è molto debilitata e stremata, avrà bisogno di molte cure e coccole quando tornate a casa. –
  • Io non sono il marito. L’ho trovata in mezzo al rottame che è la sua macchina. – affermai pacato.
  • Lei l’ha salvata ma non è il marito?  Questo sì che è un segno del destino. – scherzò il medico.
  • Se lo dice lei, quando la dimettete? –
  • Domani mattina se le analisi sono in ordine. Stia tranquillo si riprenderà. – concluse sorridendo.
 
 
 
Dopo aver passato tutta la sera a discutere con l’unico parente che mi riteneva un essere inutile, non ero dell’umore adatto per calarmi nei panni del buon samaritano né tanto meno di improvvisarmi eroe, ma alla fine anche se di malavoglia, scesi dall’auto in tempo per salvare quella donnina da morte certa. Mi era stato riferito dagli addetti del soccorso stradale che il serbatoio era danneggiato e stava perdendo gasolio, era un miracolo che l’auto non fosse esplosa appena dopo l’impatto.
Per un attimo rivedo il suo viso dolce, chissà cosa le era saltato in mente di girare da sola di notte invece di rimanere in casa tra le braccia di suo marito. La risposta era chiaramente una sola, quella donna stava scappando da qualcosa o da qualcuno. Aveva capelli castani che le sfioravano le spalle, la pelle candida, un piccolo nasino e un’espressione truce quasi sofferente in viso. Era bella, tenera, una di quelle donne da accudire, una di quelle da cui tornare dopo ogni tempesta, una donna inavvicinabile per lui.
 
 


La notte passò in fretta e mentre Cloe, così si chiamava la mammina, dormiva, parlai di nuovo con i medici, sembrava tutto in ordine, anche il bambino stava bene. Con un sospiro di sollievo misto ad una nuova sensazione di disagio, uscii fuori dal pronto soccorso, l’odore degli ospedali mi soffoca, potevo andarmene, non era necessario che restassi oltre, la mia presenza accanto a quella donna era ormai inutile. Ero già seduto in macchina, quando un’infermiera venne verso di me correndo, la mammina si era svegliata e venendo a conoscenza dei fatti di ieri sera, insisteva per ringraziarmi di persona.
Lo sguardo sollecito e gentile dell’infermiera che aspettava perché la seguissi non mi lasciò scelta, non avevo voglia di ricevere dei ringraziamenti per un’azione che solo io sapevo compiuta con un’indolenza meschina, dovuta per lo più al timore di trovare dei cadaveri e quindi di precipitare di nuovo nel baratro nel mio peggiore incubo, l’incidente in cui morì il mio migliore amico.
Il viso della donna era girato verso la finestra mentre le sue mani accarezzavano il pancino, mi fermai sulla porta della stanza restio ad entrare e quindi disturbare quel suo momento di pace.  Probabilmente è il tonfo dei miei passi a distrarla dai suoi pensieri, si gira verso di me lentamente con un sorriso dolce a piegarle le labbra, mi fermo sull’uscio totalmente spiazzato dallo stupore.  Quella donna è più bella di quello che ricordassi. Ieri sera non l’avevo osservata bene, i suoi occhi trasparenti mi guardano dolcemente e quasi subito si riempiono di calde lacrime che le bagnano le guance morbide. Per un attimo rimango a fissarla come un’idiota finché, spinto da chissà quale istinto cortese mi avvicino a lei sorridendo.

 
  • Non piangere, è finita adesso. Siete salvi. – sussurro a voce bassa.
  • Grazie, se non fosse stato per te, io e mio figlio non saremmo sopravvissuti, ti dobbiamo la vita! Posso sapere il tuo nome?  – mormora con voce strozzata stringendomi la mano con forza.
  • Robert… mi chiamo Robert, non devi ringraziarmi, però devi promettermi che ti prenderai cura di tutti e due, con più attenzione, non sempre avrò la fortuna di percorrere la tua stessa strada. -   certo che quando voglio mi trasformo in uno scimunito melenso!
  • Io non ho molto, anzi non ho più nulla da ieri sera, ma se ti servisse il mio aiuto per qualsiasi cosa, non esitare a chiedere. Questo è il mio numero.  Grazie. –
 
 


 
 
§§
 
 


 
 
 
Sono passati due mesi da quella notte e solo ogni tanto l’incubo dell’incidente mi fa gridare nel sonno, anche se inevitabilmente finisce sempre nello stesso modo, le mani di Robert, il mio prezioso salvatore, mi accarezzano mentre la sua voce leggermente roca mi sussurra parole che non riesco ad intendere.   E’ un uomo attraente, alto e con una corporatura atletica che difficilmente passa inosservato, un uomo con un meraviglioso sguardo trasparente e un sorriso mozzafiato, un uomo pericoloso, uno uomo di quelli che se ti avvicini troppo ti bruci, insomma un uomo da evitare. Gli uomini belli sono sempre latori di dolore, non sono mai di una sola donna, sono infidi, affascinanti, dei seducenti ma letali incantatori, come il mio ex marito.
   Quando sono ritornata a casa, ho buttato tutte le cose di Peter dentro a delle scatole e le ho lasciate davanti ad una chiesa, ho regalato tutto ciò che negli anni mi aveva portato dai suoi viaggi, ho firmato e spedito al mittente i documenti per il divorzio. Ho fatto ridipingere la casa, cambiato la disposizione dei mobili, creato una cameretta per il mio bimbo e dulcis in fundo mi sono rinchiusa in un salone di bellezza. Naturalmente ero cosciente che con tutti questi cambiamenti cercavo di ingannare me stessa, perché in fondo sapevo che non sarei riuscita a sfuggire alla solitudine e alla rabbia che mi rodeva ancora nel petto, ma dovevo farmi forza e andare avanti, mia madre diceva sempre che c’era rimedio ad ogni male tranne che a uno, la morte, e aveva ragione.
 


 
 
 
§§
 
 
 
 


 
Nonno Leonard stava morendo e l’unica cosa che mi chiedeva con insistenza era di dargli l’occasione di conoscere la mia donna, voleva essere sicuro che io avessi una vera famiglia, il che non sarebbe stato un problema, se ne avessi avuta una. L’ultima relazione duratura risaliva a qualche anno prima e dopo quella storia, avevo frequentato solo donne vuote e disincantate come me. Ero e sono un bastardo, le amo all’inizio, ma inevitabilmente mi stanco ed infine sparisco.
Erano donne che non avrei mai potuto presentare a mio nonno, che era un convinto assertore del matrimonio, visto come un’istituzione duratura e gratificante per una coppia, come lo erano stati lui e mia nonna. Prima di morire, mi diceva, voleva essere sicuro che la donna che avevo intenzione di sposare fosse degna di entrare a far parte della famiglia. Il vecchio era furbo, mi aveva chiaramente fatto capire che se non lo avessi accontentato mi avrebbe escluso dal testamento. Solo l’affetto che sentivo per mia nonna, mi trattiene dal mandarlo al diavolo. Solo per lei, andavo a trovarlo e sopportavo le sue critiche “costruttive” sul mio lavoro che non riteneva un mestiere degno di un uomo e nonostante fosse a conoscenza delle mie attività secondarie, “fare il burattino davanti a migliaia di persone”, testuali parole, non era accettabile per un uomo adulto.
Non avevo bisogno dei suoi soldi, ma la scorsa notte, credendo che fosse in punto di morte, promisi che gli avrei presentato la mia futura moglie, incinta di mio figlio. Perché il panico ti porta a fare gesti inconsulti? La risposta è semplice. Gli ho mentito perché, non volevo deluderlo ancora, non volevo che morisse, senza accondiscendere a questa semplice richiesta, perché in fondo gli sono affezionato.
Inaspettatamente quella notizia gli aveva dato la forza di reagire alla crisi che lo stava sopraffacendo, si era ripreso più velocemente di quello che il medico stesso avesse mai creduto possibile, mio nonno era di nuovo in sé, di buon umore e prepotente come al solito e mi aveva spronato a mantenere la promessa fatta.  Certo, per me non sarà affatto semplice trovare una donna, convincerla a fingere di essere mia moglie, di essere incinta e soprattutto trovarne una che non mi crei problemi. Che casino!
Sono un patetico omuncolo bugiardo e insensibile, lo sono perché mentre parlavo con mio nonno, stavo descrivendo Chloe, ero sicuro che lei mi avrebbe aiutato, che non avrebbe rifiutato l’opportunità che intendevo sottoporle in cambio di pochi momenti vicino al mio scorbutico parente.  Mi spiaceva usare in questo modo una persona indifesa come lei, mi spiaceva riconoscermi un essere subdolo e senza scrupoli che stava progettando di approfittare della sua buona fede e soprattutto riconoscermi ansioso di rivederla.
 
 
 
 


§§ 
 
 
 
 
 
 
La telefonata di Robert mi aveva molto sorpresa, non mi aspettavo che mi chiamasse dopo tutti questi mesi solo per avere notizie mie e del bimbo. Ma forse sono io che sono in malafede, forse al mondo esiste ancora qualcuno sincero e disinteressato. Gli avevo proposto di vederci a casa mia, ormai faceva troppo caldo per uscire e mi stancavo sempre più facilmente, ero entrata nella 34ma settimana ed ero gonfia come l’omino della Michelin.  Ero nervosissima, un po’ per il caldo e un po’ perché tra poco avrei rivisto l’uomo che ancora questa notte mi aveva salvata dalle lamiere contorte della mia auto, stranamente questa notte l’incubo aveva preso nuove sfumature più morbide, lui mi stringeva a sé a lungo e questa volta sono riuscita a sentire ciò che mi sussurrava, “non mollare, piccola, ti aiuto io.”
Alla fine decisi di fare una doccia veloce, indossai un vestitone leggero e quando tornai in cucina sentii il campanello suonare, prima di aprire sbirciai dalla finestra e attraverso il sottile velo della tenda lo vidi. Giubbotto in pelle nera, jeans aderenti, barba incolta e occhiali da sole che nascondevano malamente il viso, stranamente la sua espressione sembrava leggermente contrariata. Andai ad aprire dondolando leggermente, feci un profondo respiro ed aprii la porta.
Guardava assorto verso l’alto, perso in chissà quali pensieri, il suo profilo perfetto si stagliava sull’azzurro del cielo, e quando si volse per guardarmi accennò a un sorriso sbarazzino. Notai il suo sguardo chiaro scivolare lentamente sulla mia figura appesantita e registrare i cambiamenti avvenuti sul mio corpo.
 


 
  • Ciao, benvenuto. Cos’hai da guardare così? – chiesi nervosamente, lo sapevo già di essere una mongolfiera alta un tappo e mezzo, non c’era bisogno di fissarmi a quel modo!
  • Ciao, ehm…scusami e che sei cambiata molto dall’ultima volta che ti ho vista. – mormora sorridendo sinceramente divertito dalla mia reazione.
  • Sono incinta di otto mesi, diamine! Che ti aspettavi?  Che andassi in giro con i tacchi e abiti aderenti? – risposi risentita.
  • Hai frainteso ciò che volevo dire, sei cambiata in meglio, hai tagliato i capelli, stai benissimo. Mi devi credere! – ridacchiò seguendomi in soggiorno.
 
 


§§
 
 
 
 


 
La prima cosa che notai furono le sue labbra leggermente socchiuse, probabilmente era affannata per essere venuta ad aprirmi la porta, il suo viso risplendeva di quella luce particolare che solo le donne in attesa possiedono. Invece nei suoi occhi albergava ancora un velo di tristezza, così come notai gli sguardi ansiosi con cui mi osservava, non sapeva cosa aspettarsi da questa visita, forse aveva addirittura paura di me.  Era bellissima, buffa e tenera al contempo. Non avevo il diritto di distruggere la sua tranquillità. Ero quasi deciso a non dirle più nulla, quando la vidi arrossire di piacere davanti al mio complimento. Ero già perso di lei e ancora non lo sapevo, come una falena che gira intorno alla luce, la seguii docile dentro casa sua.
 
 
 

 
  • Posso chiederti se vivi sola in questa casa? – chiesi guardandomi in giro.
  • Perché lo vuoi sapere? – rispose sulla difensiva.
  • Pensavo solo che ci sono solo i vicini che possono aiutarti in caso di bisogno, non hai nessuno che pensa a te? –
  • Che strana espressione Robert, non ho bisogno di nessuno, per ora riesco a fare la spesa da sola e quando non ci riesco, me la faccio portare a casa e quando ci sarà il bambino in qualche modo mi arrangerò.  –
  • E poi cosa sarai, tornerai a lavoro e manderai il piccolo in un asilo?! – chiesi allibito.
  • Certo, se voglio mantenerci, è una situazione che affrontano in molti sai? Ma dove vivi? – domandò pungente, sicuramente per lei questo era un argomento difficile da affrontare.
  • Scusa non volevo essere inopportuno. Non sono venuto qui per farti arrabbiare. –
  • Scusami tu, non volevo risponderti in quel modo, ma per me è difficile pensare a cosa farò dopo che il bambino sarà nato, ho deciso che è meglio fare un passo alla volta. Mio marito se ne è andato di casa da qualche mese e nonostante sia felice di non averlo più tra i piedi, le questioni pratiche gravano solo sulle mie spalle. Se gestirò bene gli alimenti e il mio stipendio ce la farò. Ma lasciamo perdere, vuoi qualcosa da bere?  Temo di non avere nulla di alcolico. –
  • No, ti ringrazio. Se ne è andato la sera del tuo incidente? – chiesi con voce dura.
  • Si. – ammise abbassando gli occhi.
  • Chloe, sono venuto qui anche per un altro motivo. Ho un favore da chiederti.  Ma vorrei parlartene a cena domani sera se ti fa piacere uscire con me. – proposi sorridendo.
  • Uscire con te? Perché non me lo dici adesso? –
  • Purtroppo adesso devo andare, ho un appuntamento importante. Ci vediamo domani sera? – dissi alzandomi.
  • Va bene, a che ora? E spero tu abbia una macchina perché io non posso salire su quella moto che hai parcheggiato nel mio vialetto. – mormorò accompagnandomi alla porta.
  • No, non ce l’ho l’auto, ma la chiederò in prestito a mio nonno, stai tranquilla. A domani. – risposi, sporgendomi a sfiorarle la guancia con un bacio.
 
 
 
 
 
 

Perché…perché l’ho fatto? Ci conosciamo appena, e forse adesso penserà che sono un maniaco e sono sicuro che più tardi mi chiamerà per disdire l’appuntamento. Ma la verità è che non ce l’ho fatta a fermarmi, volevo, dovevo sapere se la sua pelle era morbida come immaginavo, ed in effetti mi sbagliavo, era molto meglio, era soffice e vellutata come la seta. Non capisco il motivo, ma quella donna mi attrae in un modo che va oltre la fisicità, se i miei amici mi vedessero fare gli occhi dolci ad una donna con il pancione, incinta di un altro uomo, si farebbero due sane risate e mi accompagnerebbero nel reparto psichiatrico dell’ospedale più vicino. Averla vicino, così piccola e tenera, mi suscitava una tenerezza immensa e uno strano desiderio di proteggerla e di assisterla nelle difficoltà, e tutto questo non mi piaceva per nulla.
 
 

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Capitolo 2
*** Una proposta indecente. ***


Avevo preso in mano il telefono mille volte, pronta a digitare il suo numero, pronta a propinargli una scusa qualsiasi, abbastanza valida per disdire l’appuntamento di questa sera, ma mille volte avevo annullato la chiamata per lo stesso motivo, quel bacino senza importanza mi aveva scossa, emozionata, sentire le sue labbra sulla mia guancia mi aveva provocato una scarica di deliziosi brividi ovunque. E’ risaputo che le donne incinte sono bisognose di coccole e di affetto, in questo momento più che in altri, perché ci sentiamo goffe, abbruttite, ridicole con i vestitini larghi e i sandali comodi per non affaticare le caviglie e le gambe, ma io rappresentavo forse un’eccezione alla regola, forse non avendo più un marito, sono più sensibile ad un qualsiasi gesto gentile.  Non posso permettermi di perdere di vista la dura realtà, Robert è e sarà sempre un uomo molto al di fuori della mia portata e qualsiasi sia il favore che mi vuole chiedere, il suo invito a cena è solo un gesto di calcolata cortesia. Assodato questo fatto inconfutabile, cosa mi metto?  
 
 
 
Da qualsiasi angolazione mi guardassi sembravo sempre una mongolfiera, il vestito che indossavo era comodo, leggero e adatto per la mia “taglia”, avevo lavato e asciugato i capelli, messo un po’ di trucco e indossato delle paperine basse, non potevo far altro per migliorare il mio aspetto, sono una donna incinta dopotutto e se gli viene da vomitare quando mi vede, peggio per lui.
Alle sette in punto un macchinone nero si ferma davanti al mio cancello, era lui, vestito con un completo scuro, camicia azzurra e un meraviglioso sorriso sulle labbra.  Wow!
 
 
 
  • Ciao sei puntualissimo. – lo saluto con un sorriso.
  • Ciao, anche tu, non ho mai incontrato una donna che fosse già pronta all’orario giusto. Questi sono per te. – mi disse porgendomi dei fiori.
  • Oh grazie, ma che gentile, puoi aspettarmi un attimo? Li porto dentro, mi spiacerebbe parecchio se appassissero subito, voglio godermeli un pochino. – mormoro imbarazzata rientrando in casa per cercare un vaso
  • Va bene ti aspetto qui. – rispose cortese.
 
 
 
 
§§
 
 
 
 
Tranquillo Evans, sii sereno, cortese e gentile e vedrai che ti aiuterà, non so perché ma sono nervoso ed è da un’ora che aspetto parcheggiato dietro l’angolo, ho preferito venire prima per… non lo so neanche io perché sono venuto prima. Era bellissima e dolcissima con quel vestitino leggero che le segnava le curve dolci del seno e dell’addome.  Le lasciai il tempo per sedersi sul sedile con calma e le chiusi la porta, da vero gentiluomo, anche perché sospettavo che non ce l’avrebbe fatta da sola.   Era nervosa anche lei, lo capivo da come stringeva la maniglia della portiera. Al ristorante ci accompagnarono subito al tavolo e dopo aver ordinato, Chloe iniziò a guardare tutti gli altri clienti presenti in sala tranne che me.
 
 
 
  • Ti ricordi che ci sono anche io qui vicino a te? – chiesi ilare.
  • Scusa, sono un po’ nervosa, è la prima volta che esco con un uomo, ovviamente questo non è un appuntamento normale ma… sono imbarazzata lo stesso.  –
  •  Capisco, ma non ti preoccupare. Nessuno in sala sa per certo la verità, facciamo finta che siamo marito e moglie e godiamoci la serata. –
  • Cosa posso fare per te, Robert? –
  • Preferisco rimandare la questione a dopo il caffè, se non ti spiace, non vorrei rovinarti la cena. Ma non preoccuparti il favore che voglio chiederti non è nulla di illegale. Non vi metterei mai in pericolo, mi credi? – le chiedo con una punta di ansia nella voce.
  • Grazie per averlo chiarito, ero un po’ preoccupata, mi chiedo cosa posso fare per te in questo momento, dovrai aspettare che il bimbo nasca. –
  • Vedi, è una storia lunga, ma ho bisogno che tu sia incinta. Ti spiegherò tutto più tardi. – ripetei roso dal rimorso.
  •  
 
 
 
Dopo il caffè pagai il conto e le proposi una passeggiata nel parco vicino al locale, ma dopo pochi passi la sentii ansimare e decisi che forse per affrontare la questione era meglio che fosse in un ambiente a lei familiare. Mentre guidavo con calma, mi concentrai sulle parole che avrei usato per spiegarle il mio problema che alla fine sembrava proprio quello che era, uno spregevole inganno intentato ai danni di un vecchietto morente. Non mi aiuterà, sono spacciato!   Notai che apriva la porta con mano tremante, quindi poverina, l’attesa l’aveva preoccupata più di prima, e io che volevo metterla a suo agio. Mentre si rinfrescava, mi servii un bicchiere di liquore, non riuscivo a stare fermo, presi a camminare per la stanza. Perché non ho ingaggiato un’attrice professionista, ce ne sono a migliaia pronte a recitare una parte semplice come questa, perché?
 Dopo cinque minuti di snervante attesa, posai il bicchiere sul tavolo e feci per uscire dalla porta, quando Chloe ritornò e prese a fissarmi con uno sguardo attento, ormai ero quasi sicuro che avrebbe rifiutato di aiutarmi e la cosa più seccante che dopo avrei dovuto anche affrontare la delusione di nonno Leonard.
 
 
 
  • Roby, perché non ti siedi e mi racconti con calma qual è il tuo problema? – domandò sedendosi sul divano.
  • S-si certo…. Vedi, mio nonno è malato di cuore, il mese scorso ha avuto un infarto ed ero sicuro che non ce l’avrebbe fatta. Per cercare di tranquillizzarlo, gli ho fatto una promessa…eh... -
  • Che tipo di promessa? … -
 
 
Mi ha lasciato parlare fino allo sfinimento, continuavo a ripeterle era una bugia a fin di bene, che non intendevo far del male né a lei né al bambino, ma che avevo bisogno del suo aiuto per far felice il mio parente. Le offrivo una specie di accordo, lei avrebbe dovuto passare un po’ di tempo fingendosi mia moglie davanti a mio nonno ed io l’avrei ricompensata con una cifra che le avrebbe permesso di vivere tranquilla e badare a suo figlio finché non fosse stato abbastanza grande da andare in un asilo, senza soffrire la mancanza della madre. Con un gesto della mano fermò le mie chiacchere e in silenzio si alzò, fece due passi, poi tornò indietro, sembrava studiare bene le parole che prima o poi mi avrebbe rovesciato addosso.
 
 
 
  • Ci devo pensare su, ti chiedo un paio di giorni per riflettere. – mormorò infine con aria stanca.
  • Mio nonno non sta bene, tra due giorni potrebbe essere troppo tardi. Aspetterò fino a domani mattina. Ti prego pensaci bene…. Cosa succede? – le chiesi notando una leggera smorfia di dolore sul suo viso.
  • Nulla di preoccupante, si è mosso il piccolo. – rispose sfiorando il suo ventre ingrossato.
  • Posso sentire? – chiesi avanzando di un passo.
  • Certo, se ti va. – concesse sorpresa.
 
 
 
 
§§
 
 
 
 
 
Come ho detto prima noi donne durante la maternità siamo eccessivamente sensibili a ciò che ci circonda e sentire le sue mani sulla mia pancia enorme è stata una dolce tortura, le spostava lentamente cercando i piedini di mio figlio e sorrideva incantato da ciò che sentiva. Era meraviglioso averlo così vicino, il leggero aroma del suo profumo, mi solleticava le narici e senza vergogna approfittai di quei momenti per osservarlo meglio. Ha delle ciglia lunghissime, e le labbra piene leggermente socchiuse mostrano la dentatura candida, affascinata seguo la linea decisa della sua mascella, e il movimento lento con cui si sposta il suo pomo d’Adamo mentre mormora paroline inintelligibili verso la panciona.   Ad un tratto il piccolo scalcia con energia e lui scoppia a ridere divertito.
 
 
  • Junior ha un bel temperamento!! – esclama ilare.
  • Junior? –
  • Beh, non so il suo nome quindi lo chiamo Junior. Hai già deciso come lo chiamerai? –
  • Robert, come l’uomo che ci ha salvati da morte certa. – replico sicura.
  • Ma non devi… - risponde sorpreso.
  • Ho avuto molto tempo per decidere, se non fosse stato per te, noi non saremmo qui.  Non avrò mai parole sufficienti per ringraziarti di quanto hai fatto quella notte. – mormoro con le lacrime agli occhi.
 
 
 
 
Chi l’ha detto che una donna incinta non è sensuale? Non mi ricordo esattamente quando la mia mano dalla sua pancia è salita ad accarezzarle il viso, però mi ricordo perfettamente il gemito sommesso che le è sfuggito dalle labbra quando finalmente l’ho stretta contro di me. Il suo calore mi ha avvolto e segnato, la desidero nonostante la sua condizione. La posizione che abbiamo assunto sul divano non è delle più comode, io non riesco ad stringerla come vorrei per paura di farle male e Chloe dopo il primo fantastico momento di totale abbandono, in cui ha ricambiato il bacio e le carezze, si è lentamente allontanata da me ansante. Siamo rimasti per un lungo momento a scrutarci l’un l’altro, sappiamo entrambi che se ci fossimo incontrati in un luogo e tempo differenti, saremmo finiti a letto insieme. L’attrazione fisica è un’emozione potente e molto pericolosa. E di sicuro tutto questo complica di parecchio le cose. Maledizione! 
 
 
 
  • Non posso scusarmi per quello che ho fatto, avevo voglia di baciarti. – confesso a voce bassa.
  • Non devi scusarti, lo volevo anche io.  In un’altra occasione, non ti avrei respinto, e forse solo dopo, me ne sarei pentita, non sono mai stata una donna leggera. Adesso invece, devo ricordare chi sono, ho un figlio che sta per nascere e tu… -
  • Ed io non saprei come fare per renderti felice… non riesco a restare vicino a nessuno per troppo tempo, sono fatto così. Mi sentirei soffocare e ti farei soffrire senza volerlo. –
  • Buono a sapersi, adesso che abbiamo chiarito tutto, ti dico che ho deciso di aiutarti. Non voglio il tuo denaro, ti devo la vita e quella di mio figlio, ma ti prego non farmi innamorare di te, stammi lontano per quanto ti è possibile ed io farò altrettanto. Siamo d’accordo? – mi dice allungando la mano verso di me.
  • Siamo d’accordo. – concordo di malavoglia. 

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Capitolo 3
*** Leonard. ***


Leonard è un vecchietto simpatico, con lo sguardo trasparente come quello del nipote, mi ha squadrata per un lungo momento prima di stringermi la mano, poi ha iniziato a ciacolare come una gallina in piena cova. Aiutandosi con un bastone mi ha mostrato di persona, la villa enorme in cui vive.  Seduti nel patio, mentre una signora ci serviva delle bibite fresche, mi ha raccontato parecchi anetodi divertenti del suo passato e di quello di suo nipote.  Ero sicura che mi facesse il terzo grado, invece raccontandosi, ha mostrato solo il suo desiderio di far parte della vita di suo nipote e di quella che crede sia la sua futura moglie.  Rob dal canto suo, preferisce rimanere in disparte senza partecipare alle nostre chiacchere, ci osserva scherzare insieme con una strana espressione in viso.
 
 
 
 
 
  • Avete deciso come chiamerete il piccolo? – chiede il nonno falsamente noncurante.
  • No, non abbiamo deciso. – risponde in fretta il nipote.
  • Robert. – mormoro decisa.
  • Ma davvero? Come tuo padre, molto bene! Mi pare giusto tramandare i nomi degli avi! E’ la stessa cosa che ho detto a mio figlio, quando ha deciso di chiamare lui…. Christopher, come mio padre.  – esclama soddisfatto.
  • Ma... –
  • Andiamo nonno, ti accompagno in camera, sei un po’ pallido. –
 
 
 
 
Ed ecco scoperto il primo inganno, maledizione! Non le ho mai spiegato che avevo dato un nome falso in ospedale e le ragioni per cui istintivamente cerco di evitare di attirare l’attenzione della gente. Dopo aver sopportato dieci minuti di prediche, in cui mio nonno mi ricordava l’importanza della famiglia ritornai sui miei passi preparandomi spiritualmente ad essere aggredito verbalmente. Chloe invece sembra accorgersi appena della mia presenza, è irritata, lo capisco dalla rigidità della sua figura goffa, vuole darsi un contegno ma è arrabbiata.
 
  • Scusami, non mi sono ricordato di parlarti… - mormoro in tono sommesso.
  • Non ti scusare, non mi devi nessuna spiegazione, se non fosse che la mia buona stella ti ha mandato da me proprio nel momento in cui avevo veramente bisogno di aiuto, non saremmo qui…. Vivi…Ti dobbiamo… -
  • Smettila di ripeterlo! Potevi rifiutare, avrei capito.   Non devi sentirti in debito con me, io ti ho chiesto aiuto perché… -
  • Perché sapevi che non avrei mai potuto rifiutare. Vorrei andare a casa, se non ti spiace, sono stanca. –
  • Mio nonno ci ha invitato a cena, se vuoi riposarti puoi usare la stanza degli ospiti. –
  • Va bene. –
 
 
 
 
§§
 
 
 
 
 
 
Non avevo più voglia di discutere con lui, il dolore sordo nel basso ventre poco alla volta era aumentato, adesso che il parto si avvicina, devo ammettere di aver paura, dovrò affrontare tutto da sola. Ho letto da qualche parte che una doccia calda aiuta in momenti come questi e anche se con fatica mi spoglio e lascio che l’acqua scorra su questo mio corpo appesantito, sperando che spazzi via anche la stanchezza, il dolore e le lacrime che non riesco a frenare. 
Solo dopo parecchio tempo mi accorgo di non essere più sola in bagno, Robert… anzi Chris è appoggiato allo stipite della porta con un accappatoio tra le mani, la cosa che più mi stupisce è che non m’importa che mi veda nuda, grossa e goffa, il mio più grande dispiacere in questo momento è riconoscere nel suo sguardo scanzonato, lo stesso desiderio istintivo, forse solo fisico, che mi brucia dentro, se non fossi incinta di otto mesi sarei già tra le sue braccia.    
Alzo una mano lentamente per spegnere il getto dell’acqua senza interrompere il contatto visivo, Chris lentamente si avvicina e la sua mano ferma la mia, senza dire una parola si spoglia davanti a me ed entra nella cabina. Tutto il mio mondo si ferma intorno a lui, alle sue labbra sulle mie, alle sue mani che accarezzano ogni mia curva e ad ogni sospiro che gli sfugge ogni volta che lo sfioro. Il suo corpo è un meraviglioso groviglio di muscoli che guizzano sensualmente sotto le mie dita, mi piace toccarlo.  Io non sono quel tipo di donna per cui gli uomini perdono la testa e quindi a maggior ragione sono stupita e lusingata, che lui reagisca così prontamente alle mie carezze. I suoi baci diventano più intensi, un po’ più violenti, e sul suo viso è palese la sofferenza che gli costa trattenere i suoi gesti vista la mia condizione.
 
  • Tesoro… non so cosa…non poterti toccare…sta diventando un’ossessione. – sussurra con voce roca.
  • Chris…. Ahi!! – strillo portando entrambi le mani sul pancione.
  • Cos’hai? Stai male? Devo chiamare l’ambulanza? – chiede impaurito.
  • Devi portarmi all’ospedale… subito. -
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo un’accurata visita il medico mi assicurò che il bambino stava bene, e che secondo lui, era ancora presto per il parto. Mi aveva imposto un periodo di riposo assoluto e di usare dei massaggi per alleviare il mal di schiena che non mi lasciava tregua.  Chris, ce l’ha con me, perché non gli ho detto che stavo male. So che ha ragione, ma sono stata tanto tempo da sola e ormai sono abituata a non chiedere aiuto a nessuno. Ho voluto che mi accompagnasse di nuovo a casa mia, ero stanca sia fisicamente che mentalmente e avevo un bisogno assoluto di restare da sola. Ma lui non sembrava dello stesso avviso.
 
 
  • Mi spiace darti noia, ma io non vado proprio da nessuna parte. Per questa notte dovrai sopportare la mia presenza. Abito troppo lontano per correre da te se ti capitasse qualcosa…e domani ti riaccompagno da mio nonno. Devo partire per un paio di giorni, non andrei via tranquillo se non ti sapessi vicino a qualcuno che ti può aiutare. -
  • Non devi preoccuparti per me, qui starò bene, chiamerò mia zia e le chiederò di restare con me per qualche giorno, non sarò da sola, va bene? –
  • Sei sicura? Guarda che dormirei sul divano, non te l‘ho proposto per trovare un modo per infilarmi nel tuo letto, non ho bisogno di questi sotterfugi, di solito le donne…-
  •  Ho capito, ma questo non c’entra molto… adesso, e comunque non avevo dubbi al proposito! Comunque ti ringrazio del pensiero. – borbotto stancamente, non me posso più di lui, voglio solo stare da sola e dormire.
  • Hai ragione. Se non ti spiace aspetto finché non sei pronta per andare a dormire. Vai a cambiarti mentre io bevo qualcosa, posso? – chiede indicando il frigo in cucina.
  • Ehm... ma certo, farò in fretta. –
 
 
 
L’attrazione che provo per lui va contro ogni logica, io sono una donna che partorirà il figlio di un uomo che non ci vuole, una donna che non ha mai fatto girare la testa a nessuno e che certamente non riuscirebbe mai a tenersi accanto un uomo come lui. Sono cosciente che la mia vita sarà colma di sacrifici e di rinunce, ma farò l’impossibile perché mio figlio cresca tranquillo. Non ho bisogno di nessuno per andare avanti, me la caverò da sola come ho fatto fin ora, ma so anche che vorrei un compagno, un uomo che ci stia vicino e che soprattutto ci ami e so perfettamente che quell’uomo non potrà mai essere Chris, devo stargli lontano, non devo innamorarmi di lui, non devo.
 
 
 
 
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Sono stufo di aspettare, saranno perlomeno due ore che è uscita da questa stanza e ancora non è tornata!  Ma in bagno mi aspetta solo il profumo del suo bagnoschiuma. Senza nessuna remora  apro la porta di fronte ed entro in quella che diventerà la stanza del piccolo, le mura azzurro pallido e i decori fatti a mano le avranno portato via tanto tempo, e dai piccoli cumuli di cavi, latte di vernice e pennelli che ancora giacciono in terra immagino che Chloe sia intenzionata a finire da sola questi piccoli lavoretti di manutenzione ma che molto probabilmente non ne abbia avuto la forza, viste le dimensioni del suo ventre non mi stupisco più di tanto, ma possibile che non abbia nessuno che occupi di lei?
 Visto che la casa è piccola, la porta che ancora non ho aperto dev’essere la sua stanza. Busso leggermente ma nessuno risponde, quindi sbircio all’interno e la trovo sul letto che dorme profondamente. Sembra una bambina, con le labbra socchiuse, le guance rosee e le braccia intorno al cuscino, dev’essere quel tipo di donna che dorme meglio appoggiata a qualcuno, perché ha bisogno di sentirsi protetta, al sicuro. Lentamente mi avvicino a lei e non riesco a reprimere l’istinto di accarezzarle il viso, è così piccola eppure è in grado di custodire dentro di sé un bambino. La tenerezza che mi spinge verso di lei è una sensazione pericolosa, io non potrei mai accudirla come merita, la mia vita è già incasinata così, non posso certo farmi carico della responsabilità di una famiglia che alla fine non è neanche la mia. Già, perché lei non è mia moglie e quel bimbo non è mio.  Ma d’altro canto, lei non mi ha mai chiesto nulla e forse è proprio questa realtà che mi lascia l’amaro in bocca più di qualsiasi altra cosa.  
 
 
 
 
 
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La rilassante sensazione di benessere che intesse tutti i miei pensieri, viene spazzata via all’istante dall’odore acre della vernice. Balzo a sedere come una molla, beh si insomma cerco di alzarmi velocemente e mi fiondo in camera di mio figlio, ero sicura di aver chiuso tutte le latte di vernice, avrei voluto finire i lavori prima del parto, ma ultimamente mi stanco con facilità e non sono andata avanti con la decorazione.     
Quello che vedo, aprendo la porta della cameretta, mi riporta alla memoria una serata di tanti anni fa, io e le mie amiche eravamo entrate in un locale dove chiunque poteva esibirsi sul palco, noi ovviamente ci andavamo perché non era raro assistere a delle performance di striptease maschile e Chris senza camicia fa concorrenza ai migliori strippers professionisti. I muscoli della schiena e delle braccia guizzano armoniosamente mentre sparge la tinta sul muro, è leggermente sudato e come un’idiota mi ritrovo ad osservare affascinata una gocciolina che dalla nuca scivola sulla spina dorsale per poi sparire tra le pieghe della cintura dei jeans che gli fascia meravigliosamente il deretano.
 
  • Se vuoi posso mettere un sottofondo musicale. – mormora divertito.
  • Cosa? Oh… scusami ecco. È che sono venuta a dare un’occhiata e… No! Volevo dire. Ho sentito l’odore della vernice… e… - borbotto con gli occhi bassi, mentre la mia faccia diventa bollente dalla vergogna.
  • Sembrava che ti stessi godendo lo spettacolo…. – insinua ridacchiando chiaramente compiaciuto.
  • Che cosa? Sono rimasta stupita tutto qui e comunque cosa stai facendo? Perché ti sei messo a dipingere? – chiedo fissando il muro.
  • Se ti ricordi, quattro ore fa, mi hai lasciato in salotto dicendomi che andavi a rinfrescarti e che saresti tornata subito, ma visto che non arrivavi sono venuto a cercarti e ti ho trovata beatamente distesa sul tuo letto e per ingannare l’attesa ho pensato di darti una mano a finire i lavori per la stanza del piccolo. -
  • Oh no, mi sono addormentata?! Scusami, ma ero stanchissima, quanto mi spiace!!  Beh visto che è tardi e che hai lavorato tanto, lascia che ti ringrazi offrendoti la cena, ti va? – gli chiedo sorridendo.
  • Per me va bene, mi devi promettere però che non toccherai nulla finché non sarò di ritorno, scusami se te lo dico, ma nelle tue condizioni potrebbe essere pericoloso, e poi… ti aiuto volentieri. – aggiunge vedendo che stavo per aprire la bocca per protestare.
 
 
Durante la cena ho cercato di sapere qualcosa di più su di lui, insomma che lavoro fa, dove ha studiato, domande stupide ma mirate a conoscerlo meglio. Chris ha risposto in modo molto evasivo sul suo passato, ma si è lanciato con entusiasmo nella descrizione dettagliata del suo nuovo progetto che aveva intenzione di realizzare in quelle province in cui era presente un alto tasso di disoccupazione. I suoi impegni nei prossimi giorni lo portavano appunto a sondare e forse ad ottenere il benestare delle autorità.  Se le trattative fossero andate bene, avrebbe costruito dei magazzini di stoccaggio per le merci che i suoi mezzi trasportavano per i clienti, la sua società di trasporti avrebbe ampliato il giro d’affari e lui avrebbe potuto assumere parecchio personale.
Decisamente mi sono sbagliata su di lui, non solo è un uomo caritatevole e coraggioso abbastanza da salvare degli estranei dai rottami di una macchina, ma si prodiga anche per il prossimo utilizzando le sue risorse. Un uomo altruista, sexy e che bacia meravigliosamente bene. Certo che il mio specialissimo piano per non innamorarmi di lui sta funzionando alla grande!  
 
 
 
 
 
 
Nei due giorni successivi accaddero più cose contemporaneamente, inaspettate e assolutamente allarmanti. Mia zia non poteva venire da me perché si è rotta una caviglia giocando a golf, a metà mattinata ho ricevuto la telefonata di Chris che mi chiedeva di andare all’ospedale da suo nonno, era stato ricoverato di nuovo quella mattina e lui non sarebbe riuscito ad arrivare prima di sera perché avevano annullato alcuni voli a causa del maltempo ed io sentii il primo di una lunga serie di doloretti al basso ventre. 
Leonard aveva avuto una ricaduta, il suo cuore era affaticato e il suo medico sembrava seriamente preoccupato. Sono entrata nella sua stanza, in punta di piedi, gli strumenti a cui era collegato bippavano ininterrottamente, era pallidissimo e sembrava respirare appena. Mi sono avvicinata piano e gli ho accarezzato una mano, ma lui non ha reagito, eppure il suo cuore batteva ancora e il suo petto anche se molto lentamente si muoveva, una sensazione di panico m’invase, e se fosse morto prima dell’arrivo di suo nipote? Se avesse ripreso conoscenza avrei dovuto dirgli la verità? Forse era meglio tacere, che diritto avevo di distruggere la fiducia che il nonno riponeva nelle parole del nipote, e solo per liberare la mia coscienza dal rimorso di avergli mentito come ho fatto finora?
 
  • Chloe.. – bisbigliò con voce stanca.
  • Ciao Leonard, come ti senti? Sono venuta appena ho saputo. –
  • Dov’è… Chris...? –
  • Sta arrivando. Era fuori città e visto il maltempo non è riuscito a partire subito, ma vedrai che arriverà presto. Mi ha chiamata questa mattina e mi ha chiesto di raggiungerti. – gli spiego con voce rassicurante.
  • Si…Chloe, dimmi… tu lo ami? –
  • Ma… - non sapevo cosa rispondere. Non me la sentivo di continuare con tutte queste bugie, non in questo momento.
  • Senti...Leonard, io e Chris abbiamo uno strano rapporto, è un uomo tanto complicato e alcune volte mi chiedo se lui… - oddio mi sto emozionando, ma perché devo mentirgli, scusami Leonard.
  • Lui...ti ama, l’ho capito da come parla di te, solo che ci sono troppe cose in sospeso nella sua vita e forse non vuole coinvolgerti… ma ti ama…. Ricorda...non lo abbandonare. – sussurra con voce addolorata, chiudendo gli occhi.
  • Non lo farò, adesso riposati. –
 
 
 
 Chris è arrivato trafelato nelle prime ore della sera, mentre parlava con il medico, sono uscita dalla stanza per lasciargli la possibilità di parlare con il nonno da solo. Mi raggiunse in sala d’aspetto dopo qualche ora, sembrava che non ci fosse più nulla da fare.  Vederlo seduto con le mani tra i capelli, mi straziava, sembrava così disperatamente avvilito che decisi di rimanere vicino a lui. I medici lo cercarono più volte durante la notte, ed io lo rividi solo all’alba. Non avevo la forza di corrergli incontro, ma gli tesi le mani e lui si inginocchiò davanti a me e si lasciò abbracciare. Non potevo far altro che tenerlo stretto tra le braccia per fargli capire che gli ero vicina, che poteva contare su di me, che non l’avrei lasciato affrontare tutto questo da solo.
 
 
 
  • Come sta? – chiedo accarezzandogli i capelli.
  • Per adesso è vivo. Sono riuscito a parlargli e mi ha chiesto di te.   Mi ha detto che devo sposarti prima che lui muoia. – mormora alzando il viso per guardarmi tristissimo.
  • E… tu cosa gli hai risposto. – balbetto incredula.
 
 

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Capitolo 4
*** Solo uno fra tanti. ***


Il commesso della gioielleria guarda Chris con uno sguardo bramoso ogni volta che prende in mano un anello costoso e me con uno risentito ogni volta che disdegno l’oggetto proposto, mi sono lasciata convincere a portare avanti la messa in scena a beneficio della salute di Leonard che miracolosamente si era ripreso apprendendo la notizia dell’imminente cerimonia. Mi ha trascinata per tutta la mattina a cercare un anello adatto, siamo entrati in parecchie gioiellerie ma non sono riuscita a convincerlo ad acquistare un anellino da poco, ritenevo inutile spendere una cifra considerevole solo per convincere il nonno. Ma lui non era molto d’accordo.
 
                                      
  • Ma perché non vuoi capire? Non voglio un anello costoso, va benissimo un vera normalissima. –
  • Mio nonno si aspetta di vedere un anello di fidanzamento e una fede sulla tua mano ed è ciò che avrai, quindi non farmi perdere tempo e scegli qualcosa! – sibila irritato.
  • Va bene! Voglio questo! – sbraito con veemenza indicando una vera intrecciata di oro bianco sottilissima.
  • Dia alla signora ciò che vuole! – ordina al commesso con voce dura, decisamente scontento.
  • Certo signore. – il quale risponde altrettanto scontento.
 
 
 
Dopo essere usciti dal negozio, ci siamo fermati in un pub a prendere qualcosa da bere e mentre mi aiuta a sedere, un gruppetto di ragazze ci sono passate accanto e non hanno mancato di fare la radiografia al mio “fidanzato”.  Non posso dargli torto oggi Chris è particolarmente affascinante, indossa una camicia blu scuro come il giubbotto che gli fascia le spalle larghe alla perfezione. Mentre io sembro un fagotto stropicciato vicino a lui riconosco con un sospiro afflitto. Lui non sembra essersi accorto di aver catturato l’attenzione di ogni donna nel locale e ritorna verso il tavolo con i nostri bicchieri in mano tranquillissimo.
 
 
  • Perché sospiri? Ti sei pentita di aver preso quell’anellino ridicolo? Non ho mai incontrato una donna che rifiuta dei gioielli! – esclama divertito.
  • Non mi va di farti spendere tutti quei soldi per un anello che userò per poche ore. E poi non era per quello che sospiravo. –
  • Sarebbe stato un regalo, il tuo aiuto in questo momento è molto prezioso. Ma non ho più voglia di insistere.  Comunque cosa altro turba i suoi pensieri mia cara? – replica ilare.
  • Davvero non ti sei accorto di avere tutti gli occhi addosso da quando sei entrato qui dentro? Beh… tutti gli occhi delle signore intendo! –
  • Che cosa? No, non ho fatto caso, e poi sono con te non potrei mai guardare un’altra donna! –
  • Si certo…come no! – ribatto ironica.
  • Mi pare di averti dimostrato, in più di un’occasione, che ti trovo attraente. – ribatte muovendo le sopracciglia in modo allusivo.  
  • Ma davvero?! Infatti mi sposi, per finta, e solo per far felice tuo nonno, altrimenti non lo faresti maii! – ribatto pungente. Non so neanche il perché, ma questa ovvia constatazione mi irrita.
  • Senti…  per uno che di matrimonio non ne vuol sentire parlare tutto questo è un…. un’eccezione che conferma la regola, mai dire mai, ma se ci fossimo conosciuti in un’altra occasione… -
  • Non mi avresti considerata e se invece fosse capitato, sicuramente sarebbe successo in una di quelle sere buie e tempestose in cui non avevi impegni, o mentre eri sbronzo e magari in preda ad un attacco di depressione…! –
  • Non ci crederai ma è stato esattamente così, quella notte in cui ti ho trovata mezza assiderata tra le lamiere della tua auto, ero furioso, depresso forse no, ma sicuramente infelice. Trovare te e aiutarvi mi ha salvato dalla desolazione in cui stavo affondando. – mormora guardandomi intensamente.
  • Potresti evitare di guardarmi a quel modo? Mi metti a disagio e le ragazze qui dietro stanno soffrendo! – scherzo per darmi un contegno.
  • Ma lo sai che sei veramente ridicola? – ridacchia scuotendo la testa.
 
 
 
 
 
Eh... si sono veramente ridicola! Sono stata scaricata da un uomo che mi ha giurato … “insieme…finché morte non ci separi” ed invece è scappato con una collega, partorirò un bimbo che tra vent’anni mi abbandonerà per un’altra donna, e mi vado ad innamorare di un uomo che tutte vorrebbero accanto!  Perché le cose non vanno mai per il verso giusto? Se ci fosse una giustizia divina, amerei un uomo tranquillo, semplice, che non abbia null’altro in mente che amare me e mio figlio.
 Andremmo a trovare i parenti durante le festività e loro verrebbero da noi. Cosa c’è di strano nell’aspirare una vita tranquilla, sicura e decisamente noiosa...certo… ma quel tipo di noia che alla fine ha qualcosa di rassicurante, che sa di… “per sempre”.
Invece con Chris tutto sarebbe incerto, improbabile, eccitante, sfibrante e penso assolutamente meraviglioso. Perché ritengo meraviglioso, avere un uomo accanto che ti spoglia con gli occhi, che promette il paradiso con parole carezzevoli e che poi a casa, riesca anche a soddisfare le tue più alte aspettative, penso che sia il più grande desiderio di ogni donna e se poi incarna anche la corporatura di un Dio greco tanto di guadagnato!
 
 
Leonard ci aspettava a casa, seduto su di una poltrona nel patio, ci sorrise stancamente, ma il suo sguardo acuto non manca di notare l’anello di fidanzamento e la vera lucidissima. Dopo pranzo andò a riposarsi e visto che anche Richard doveva assentarsi per un’urgenza in uno dei suoi magazzini, colsi l’occasione per entrare nella piccola biblioteca per dare un’occhiata e magari trovare un libro interessante.
Mentre leggo il tempo diventa un accessorio di poca importanza, mi estraneo completamente dal mio presente per immergermi in quel mondo fatato che è la letteratura, solo un forte boato mi distoglie dal mio intento, un tuono in lontananza, ma abbastanza forte da far vibrare i vetri. Io adoro i temporali, è una sensazione meravigliosa osservare la forza della natura scatenarsi, quando sei al sicuro dentro casa. Con difficoltà riesco ad alzarmi dalla poltrona e una volta raggiunta la finestra sentii qualcosa bagnarmi i vestiti e colare lentamente lungo le gambe, si sono rotte le acque!
Ho paura! Non sono pronta, non so che fare! Ma in un attimo ripresi il controllo di me stessa, c’era un’unica cosa più importante di me, il motivo per cui avevo sopportato le nausee, i chili di troppo, la stanchezza, l’insonnia, il mio piccolino, e se lui era pronto per venire da me, io non potevo deluderlo, dovevo essere forte e prepararmi ad accoglierlo.
Con una lucidità e una tranquillità di cui mi stupii io per prima,  presi il cellulare e avvertii l’ospedale di mandarmi un’ambulanza, andai in bagno a cambiarmi, era da mesi che mi portavo dietro un cambio per ovviare a situazioni come quella e alla fine chiamai anche Chris, nessun altro, solo lui, mi rendo conto che in quest’occasione ho bisogno di lui e di  nessun altro,  in fondo ci ha salvati da morte certa e sento che assistere alla nascita di mio figlio lo avrebbe legato un po’ di  più a noi. Non mi ricordo cosa gli dissi né cosa mi rispose, ma fu la sua voce rassicurante a infondermi coraggio mentre entravo in ospedale e quando arrivò da me fu tra le sue braccia che sopportai tutte le contrazioni e solo grazie ai suoi incoraggiamenti che finalmente partorii mio figlio.
 
 
 
Il mio piccolo Robert è un bambino dolcissimo, tranquillo e coccolone, finché non si risveglia il suo appetito e in quelle occasioni si fa sentire. Guardarlo mentre dorme è una cosa meravigliosa, come è possibile che questo esserino indifeso, si abbandoni fiducioso tra le mie braccia? Sarò in grado di badare a lui, difenderlo e guidarlo nelle intemperie della vita? Si, ce la farò perché lui è tutto il mio mondo adesso e per lui userò fino all’ultima goccia di determinazione perché cresca sereno. Per un attimo gli occhi di Chris mi sfiorano la mente, era venuto a trovarci la prima sera con tanti palloncini e un modellino di una Harley-Davidson per il piccolo. Era rimasto in silenzio a guardare il bambino dormire e dopo una decina di minuti era andato via.
 
Sono due settimane che siamo a casa ed io e il piccolo abbiamo raggiunto una dolce ruotine piena di poppate, ruttini, pannolini e notti in bianco. La pediatra dice che i pianti notturni dipendono dalle coliche e mi ha raccomandato di avere pazienza e di coccolarlo senza sosta. Quindi per recuperare le forze, quando dorme lui, dormo anche io. Mia zia è rimasta con noi per una settimana e adesso siamo di nuovo da soli. Fortunatamente in questo momento dorme e sono decisa a fare una doccia veloce prima che si svegli, ma naturalmente qualcuno sta bussando alla porta.  Attraverso le tendine vedo Chris che mentre aspetta fuori dalla porta, si aggiusta la camicia e si pettina con le dita i capelli, chiude gli occhi e muove la testa come a schiarirsi le idee, che strano!
 
  • Ciao. – mi accorgo di non aver nulla altro da dire, tanto sono impegnata a fissarlo.
  • Ciao... posso entrare, devo parlarti. – mormora esitante.
  • Veramente stavo per fare la doccia. – rispondo molto stupidamente.
  • Ehm… va bene, posso aspettare dentro? E’ importante. –
  • Bene, certo, scusami. Sono un po’ stanca e i miei riflessi vanno a rilento. Vuoi qualcosa da bere? –
  • No, grazie. E il piccolo? Sta bene? –
  • Si, è in camera sua, si è appena addormentato. Non abbiamo dormito molto questa notte, soffre per le coliche. Ha mal di pancia. Non digerisce bene… - concludo notando lo sguardo vacuo con cui mi fissa.
  • Ah ecco, ci sono. Vai pure ti aspetto nel soggiorno. –
 
 
 
 
Ho la mente completamente vuota, stordita, non so cosa pensare, non si è fatto vivo finora e adesso viene a chiedermi un favore… un altro! Approfitterò dell’occasione per restituirgli gli anelli che non avevo ancora avuto il coraggio di sfilarmi dal dito. Mi sono lavata e vestita in tempo di record e torno in soggiorno con il fiatone e i capelli bagnati.  Sotto il suo sguardo attento preparo due bicchieri di spremuta ed in silenzio gli porgo il suo. Richard posa il bicchiere sul tavolo quasi subito e mi guarda a disagio.
 
 
 
  • Il favore che devo chiederti è molto semplice, verresti a vivere con me? – chiede deglutendo nervosamente.
  • Cosa? La nostra ultima messa in scena non ha convinto tuo nonno? Digli la verità, è la cosa più giusta da fare. Digli che io non sono tua moglie e che il bimbo a cui ha comprato la cameretta non è tuo figlio. – lo prego accorata.
  • Sei fortunata che non è venuto a sapere che hai rifiutato il suo regalo. Ci sarebbe rimasto molto male e comunque gli ho già detto tutta la verità prima che tu partorissi. –
  • E quando? Ma perché? – esclamo esterrefatta.
  • Leonard è malato ma non è uno stupido, ha capito che c’era qualcosa che non andava tra noi e mi ha chiesto di dirgli la verità e così ho fatto. Gli ho raccontato come ci siamo conosciuti, che ti eri decisa ad aiutarmi solo perché ti sentivi in debito con me e che tuo figlio non è mio. – mormora serio.
  • E lui come l’ha presa? –
  • Non ti biasima per avergli mentito e mi ha fatto di nuovo una ramanzina sui rapporti familiari e poi mi ha chiesto cosa avevo intenzione di fare con te e in quel momento ho capito cosa intendeva, cosa voleva sapere.  Mi... sono …. Innamorato di te Chloe. Ti amo. Amo anche tuo figlio.  Sarei felice di fargli da padre, mio nonno dice che avendolo visto nascere ho più diritti del padre biologico. E vorrei veniste a vivere con me, la mia vita è un casino ma... per voi cercherò di migliorare. – promette sorridendo.
  • Tu mi ami…? Perché non ti sei fatto più vedere?  – mormoro con le lacrime agli occhi.
  • Si, ti amo e solo che … avevo paura, ho paura. Ma non posso più starvi lontano.  Dormo in macchina da qualche notte, parcheggio qui davanti e… ho rischiato di essere arrestato dalla polizia che non voleva credere alla mia versione dei fatti… Ti amo e vorrei al più presto regalare una fratellino o una sorellina a Roby…. Voglio fare l’amore con te… se mi vuoi... – sussurra sfiorandomi dolcemente una guancia.
  •  Se ti voglio? Saresti sorpreso di sapere chi ho sognato tutte le notti! – rispondo accarezzandogli il petto.
  • Me? Ti voglio adesso, Chloe,  so che hai avuto appena un figlio e che vorresti aspettare ma… sei così bella quando sei più tonda che lunga …- mi assicura baciandomi sul serio.
 
 
 
 
 
Beh, non ho potuto rifiutare, e ho fatto bene.  La nostra vita non è stata sempre tranquilla, ma siamo felici, insieme con i nostri figli, Roby adesso ha un fratello e una sorellina che lo adorano e un bisnonno che ancora non se la sente di abbandonare i suoi bis nipotini. Chris spesso è lontano da casa e spesso è fotografato accanto a donne meravigliose, ma finora non mi ha mai sfiorato il dubbio che appena smessi i panni da Star, non impugni il cellulare per chiamarci o che non si affretti a prendere il primo aereo per raggiungerci, perché siamo la sua vita e lui è la nostra.
 
 
Grazie di aver seguito il racconto fin qui, e proseguo nel dirvi che cito persone per nome, che purtroppo non conosco e che ciò che ho scritto è il frutto della mia immaginazione irrequieta e per questo chiedo venia a Mr. Evans. E concludo dicendo che qualsiasi riferimento a cose e persone realmente esistenti è puramente casuale. A presto. Kikka.  

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