You’ll fall... But not in love

di BrightIncubus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No Chance ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** No Chance ***


«Buon giorno Sparks. Anche oggi di pessimo umore vedo!» esclamò lui. Lei per tutta risposta alzò il dito medio in direzione del ragazzo e si avviò verso i distributori automatici per bere il terzo caffè della giornata. Era dipendente dalla caffeina poiché era l’unica in grado di farle recuperare le energie. 
«Ma perché deve scocciarmi già di prima mattina? Sembra che lo trovi addirittura divertente» borbottò Hanna.
Eccola qui:  Hanna Sparks, diciassette  anni. Non troppo alta, un metro e sessanta circa, abbastanza magra, capelli castano scuro e lunghi fino a metà schiena,  occhi nocciola e la carnagione abbastanza chiara. Figlia di Amanda e Alfred Sparks, rispettivamente una wedding planner e un impiegato di banca, cercano di non far mancare nulla alla loro pargola. Hanna ama i suoi genitori, ma purtroppo, non è molto brava a dare dimostrazioni di affetto e le sue amiche lo sanno bene, ma sanno anche che lei ci sarà sempre per qualsiasi cosa. Dafne Gomez, pur essendo la sua migliore amica dall’asilo, ha ricevuto solo trenta abbracci per i loro rispettivi compleanni, ma sa perfettamente che aveva, ha e avrà qualcuno su cui contare in ogni situazione. Dafne, anche lei diciassettenne liceale, era alta quanto Hanna solo che aveva qualche chilo in più rispetto all’amica è un seno più prosperoso. Aveva i capelli neri e gli occhi del medesimo colore. Per arricchire il tutto aveva una carnagione olivastra. I suoi genitori gestivano un piccolo bar insieme al loro figlio maggiore Lorenzo e la sua fidanzata Ingrid.
Quando Hanna e Dafne entrarono nelle scuole medie, incontrarono Marlene Preston e Jennifer Carter. Marlene era alta, magra, con i capelli verdi e blu e gli occhi castani. Lei era una sorta di “figlia dei fiori”, adorava gli animali e proprio per questo era diventata vegana. Sua madre era una casalinga ossessionata dallo shopping e suo padre era l’amministratore delegato di un’azienda farmaceutica famosa in gran parte degli Stati Uniti. Purtroppo Marlene non aveva un buon rapporto con i suoi per via delle scelte che aveva conseguito negli anni, quindi, le sue amiche si ritrovavano spesso e volentieri ad ospitarla per qualche giorno. Giusto il tempo di far abituare i genitori di Marlene alle “stramberie” (come le chiamavano loro) che combinava la figlia.
Jennifer Carter era ciò che si sarebbe definita perfezione vista da fuori. Era bellissima con dei lunghissimi capelli biondi e un paio di occhioni azzurri che avrebbero fatto sciogliere chiunque. Aveva la pelle come porcellana, era alta, magra e tremendamente dolce. Questo era ciò che Jennifer era destinata ad essere se non avesse mai conosciuto le sue amiche che le hanno gentilmente spiegato che le favole non esistono e tanto meno gli unicorni. Ora, alla veneranda età di diciassette anni, Jennifer ha sempre i capelli biondi però con un caschetto, gli occhi azzurri sempre grandi ed espressivi, la carnagione come la porcellana colorata da qualche tatuaggio ed infine, è una grande stronza con tutti quelli che non sono suoi amici, genitori compresi. Jennifer è cresciuta con sua nonna perché i suoi genitori erano troppo impegnati a viaggiare per il mondo per ricordarsi di allevare una figlia, così dopo tanti anni, la loro bambina ha deciso di fargliela pagare.
Ma, tornando a noi, Hanna sta bevendo il suo caffè e quando le sue amiche la raggiungono decidono di farle compagnia comprando qualcosa di caldo.
«Hanna, va tutto bene? Oggi tu e Maslow vi siete già visti e non avete ancora litigato» disse Dafne sorseggiando il suo The. «Ho passato una notte di inferno per studiare per il test di storia, non ho voglia di discutere oggi.»
Quelle ovviamente furono le ultime parole famose perché durante la pausa pranzo, in sala mensa si stava scatenando la terza guerra mondiale ed ovviamente i protagonisti erano James Maslow e Hanna Sparks. Tutto era iniziato perché il ragazzo stava fissando la ragazza mente mangiava, pur sapendo che la cosa la infastidisse parecchio. «Maslow, Sparks! In presidenza, subito!» esclamò il professore di arte moderna entrando nella sala mensa.
James e Hanna si diressero verso l’ufficio del preside in completo silenzio senza guardarsi negli occhi. Appena arrivarono bussarono e dopo un “avanti” pronunciato dal preside entrarono nell’ufficio.
«Io non ci posso credere ragazzi. La scuola è iniziata da due mesi e voi siete stati qui almeno trenta volte. Qual è il problema stavolta?» domandò il preside con una nota di disperazione nella voce. Non riusciva a capacitarsi che due dei suoi migliori studenti litigassero in continuazione.
«Il problema è che tuo figlio non smette di darmi fastidio. Mi conosce da quando sono nata e sa perfettamente che quando qualcuno mi osserva mangiare mi infastidisce e lui lo fa solo per il puro gusto di vermi perdere le staffe» sbottò lei. «Io stavo guardando la tua amica non te» rispose lui mentre sbadigliava. A quelle parole Hanna divenne bordeaux «Sappi che la mia amica non verrà mai a letto con te come il novantacinque per cento delle studentesse di questa scuola! Pervertito!»
«Sei gelosa per caso?» chiese lui ghignando. «Ragazzi per favore, non iniziate. Il fatto che tu sia mio figlio e tu la figlia del mio migliore amico, non vi autorizza a parlare delle vostre cose qui dentro. Penserò ad una punizione adatta per voi. Ora, andate a lavarvi e cambiarvi a casa, ci vediamo stasera» disse il preside per poi farli congedare.
Appena arrivata a casa Hanna mandò subito un messaggio alle amiche per dar loro appuntamento al bar di Dafne nel pomeriggio.
A casa Maslow, James stava facendo la stessa cosa. Era scocciato perché sarebbe dovuto rientrare prima quel giorno per via della cena a casa degli Sparks. Carlos, Kendall e Logan risposero subito affermativamente. James adorava far arrabbiare Hanna, era il suo gioco contro la noia. Quando erano piccoli si adoravano, ma appena entrati al liceo le cose cambiarono radicalmente.
Alle cinque e mezzo del pomeriggio gli otto ragazzi avevano tutti appuntamento nello stesso bar, ma loro questo, non lo sapevano. O almeno, non ancora.
«Tu?» chiesero in coro Hanna e James. «Che ci fai qui?» chiese lui. «Questo bar appartiene ai miei genitori, le ho invitate io. Piuttosto, voi che ci fate qui? Non è una caverna e a quanto ne so, i cavernicoli è lì che vivono» rispose Dafne per l’amica. «Ah ah, molto simpatica Gomez! Non sai che i clienti si trattano con rispetto?» domandò Logan con una faccia strafottente. «E tu non sai che bisogna rispettare chi si rispetta? Ah giusto, le capre non capiscono queste cose» aggiunse Jennifer maligna. «Dai ragazzi calmiamoci, possiamo stare tutti qui. Noi in una parte del locale e voi nell’altra. In questo modo eviteremo anche eventuali danni causati da James e Hanna che litigano» disse Carlos cercando di calmare le acque. «Pena ha ragione, su ragazze andiamo» a parlare fu Hanna che aveva solo bisogno di rilassarsi, non di perdere tempo con delle scimmie retrograde.
Ciò di cui nessuno si era accorto, erano gli sguardi che Kendall lanciava a Marlene e viceversa.
«Adesso che ci siamo rilassate, puoi dirci cosa è successo?» chiese Marlene con dolcezza per non irritare l’amica che quando si trovava nelle vicinanze di Maslow diventava molto più irascibile di quando già non fosse. «Quello stupido! Lo detesto! Vi rendete conto che oggi ceneremo insieme? Giuro che lo affogo con il cibo se prova ad urtarmi» rispose Hanna cercando di non urlare o parlare a voce troppo alta. Aveva il terrore che James potesse sentirla e non voleva discutere con lui nel bar dei genitori di Dafne. 
Improvvisamente i cellulari di Hanna e James suonarono “Cambio di programma. Usciamo a cena fuori, torna subito a casa. Mamma” «Non capisco perché continua a firmarsi nei messaggi. So perfettamente che è lei! Comunque ragazze, devo andare. La cena non si farà a casa mia, ma andremo a cena fuori quindi devo tornare per prepararmi. Ci sentiamo dopo» annunciò Hanna congedandosi dal gruppo ed uscendo dal locale.
«Ragazzi io devo andare, non ceno più a casa di Hanna, andremo a cena fuori» disse James alzandosi e lasciando i soldi del suo drink sul tavolo per poi uscire e dirigersi a casa sua.
 
«Hanna tesoro fai in fretta! È tardissimo» urlò la signora Sparks dal piano inferiore della casa. «Scendo subito mamma, un secondo!» esclamò lei che si stava finendo di truccare. James avrebbe sbavato tutta la sera, si era fatta bella proprio per farlo impazzire e dargli due di picche subito dopo. Indossavano vestitino vertiginosamente corto e stretto, senza spalline rosa pesca decorato con una fascia nera sotto il seno. Aveva ritirato i capelli in una treccia laterale che le stava divinamente. Si era messa del mascara sulle ciglia e un rossetto rosso acceso. Indossava una collana d’oro bianco e alcuni bracciali. Per finire aveva delle scarpe con il tacco bianche abbinate ad una borsetta non molto grande.
Appena scese le scale rimasero tutti a bocca aperta. Il più sorpreso di tutti era James che rimase incantato ad osservare la ragazza. «Non vorrai uscire conciata così spero!» strillò il padre con una vena pulsante alla tempia. «Io penso che sia fantastica, se qualcuno ci proverà con lei, ci penserò io. Stai pure tranquillo» disse James guardando il signor Sparks è porgendo il braccio verso Hanna che lo guardò con un ghigno malizioso e lo sorpassò senza neanche parlargli.
Durante il viaggio in macchina James e Hanna si scambiavano occhiate maliziose e messaggi al cellulare. “Sei sexy Sparks, ma non serviva vestirsi così per irretirmi” Hanna rise e subito rispose “Mi sarebbe bastato meno?” James la guardò e si leccò le labbra, lei sorrise e si girò verso il finestrino.
Arrivati al ristorante rigorosamente italiano si sedettero tutti e sei e ordinarono poco dopo. I tempi di preparazione del ristorante erano particolarmente lenti quindi James propose ad Hanna di uscire a prendere un po’ d’aria. Lei accettò con garbo sotto lo sguardo stranito dei quattro genitori che negli ultimi anni li avevano visti solo litigare.
«Allora Maslow, come mai questo cambio di atteggiamento?» chiese Hanna in tono suadente. «E tu Sparks, come mai questo cambio di... Personalità?» chiese lui con lo stesso tono guardandola da capo a piedi ed infine, avvicinandosi a lei. «Fermati Maslow prima che succeda l’irreparabile» disse Hanna indietreggiando sempre di più. «Ma io voglio che succeda» disse lui ormai ad un palmo dalla faccia di lei. «James! Hanna! Su entrate, hanno portato le nostre ordinazioni» disse la signora Maslow.
Inizialmente la cena si svolse in silenzio, però dopo il signor Maslow iniziò a parlare «Allora ragazzi, vi anticipo quale sarà la vostra punizione riguardanti la pessima condotta che avete a scuola. Abbiamo parlato tutti insieme e la cosa migliore è sospendervi per almeno due settimane in maniera che possiate riflettere. Come preside questa è la mia decisione che vi verrà comunicata domani.»
«Come genitori invece – continuò il signor Sparks – abbiamo deciso di mandarvi alla casa in montagna nelle due settimane in cui non frequenterete la scuola. Lì i cellulari non prendono e siccome siamo quasi in inverno, ci sarà molto più freddo. Potrete contare solo su di voi, noi verremo a farvi visita massimo due volte per portarvi delle cose che potrebbero servirvi»
«Se dopo queste due settimane il vostro rapporto sarà ancora così travagliato allora ci rinunceremo e voi vi ignorerete» finì il discorso la signora Sparks.
«State scherzando vero?» domandò Hanna saltando in piedi dalla sedia. «No cara» rispose con semplicità la signora Maslow. «Io sono d’accordo. Ci sarà da divertirsi!» esclamò James con un sorriso che partiva da un orecchio e finiva nell’altro. Tutti, tranne Hanna ovviamente, annuirono contenti ed orgogliosi della geniale idea che gli era venuta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quella mattina erano partiti prestissimo con un’unica macchina, quella di Alfred. Lui e  Mike avevano deciso di accompagnare insieme i ragazzi alla casa in montagna per lasciargli anche i viveri e staccare qualsiasi cosa che avrebbe potuto creare contatti con la realtà esterna, avrebbero dovuto contare l’uno sull’altra e loro erano sicurissimi che sarebbe andata così.
«Ragazzi stiamo arrivando! Come avete potuto notare i cellulari già non prendono, sarete solo voi due» annunciò Alfred entusiasta.
«Mi sono accorta papà, ma è davvero necessario?» domandò Hanna senza ottenere risposta da nessuno. Ottenne solo un sorriso malizioso da parte di James che già pregustava il loro soggiorno “di pace” nella casa.
«Allora ragazzi, vi direi di chiamarci per qualsiasi cosa, ma non potete, quindi, fate attenzione e buon divertimento» disse il signor Maslow dando una pacca sulla spalla del figlio.
«Ciao tesoro, ciao James» disse il signor Sparks mentre si avviava con il suo amico alla porta. Lanciarono un ultimo sguardo ai figli e poi andarono via lasciandoli finalmente soli.
«Allora ragazzina, che si fa? Partita a carte?» domandò James. Lei lo guardò male iniziando a caricare la risposta, ma lui la anticipò «Scherzavo, non c’è bisogno di prendersela così».
«Io non me la prendo affatto! Vivremo insieme per due settimane e ti chiederei la cortesia, anche se dubito che tu conosca questo termine, di non provocarmi» disse lei con la solita acidità che la caratterizzava quando parlava con James.
«Allora io me ne vado in camera, ci vediamo per il pranzo» le rispose James con garbo prima di sparire per le scale. Dal piano di sotto Hanna sentì solo la porta chiudersi.
James si sedette sulla sedia della scrivania insieme ad un quaderno, che all’apparenza sembrava normale, ma realmente non lo era. Era un quaderno di appunti con fotografie e frasi dedicato ad una persona. Lo cambiava una volta all’anno e in ogni pagina scriveva la giornata della persona alla quale era dedicato. James teneva moltissimo al suo segreto, nessuno avrebbe mai dovuto scoprirlo altrimenti sarebbe stata la sua fine e lui lo sapeva bene. Cioè, sapeva che se qualcuno fosse venuto a conoscenza del quaderno lo avrebbe preso per pazzo, ma non riusciva a smettere, non che ci avesse provato, ma ne era sicuro.
«James, senti, che dici di scendere?» domandò Hanna dall’altra parte della porta. Lui si affrettò a nascondere tutto e andò ad aprirla.
«Come mai questo cambio di umore?» domandò fissandola intensamente come se volesse esplorare il suo interno.
«Staremo solo noi due per due settimane... Ci ho pensato ed è il caso di costruire un rapporto pacifico per evitare di scannarci, quindi proporrei una tregua» disse lei imbarazzata e lui annuì, quella sarebbe stata l’occasione giusta.
«Quindi cuciniamo insieme e giochiamo agli sposini?» domandò lui in tono provocatorio.
«Non dire stupidaggini Maslow! Non farmi pentire di ciò che ho appena fatto» rispose lei.
«Sarebbe stato eccitante vederti adempiere ai tuoi doveri coniugali» disse in tono di scherno James. Si guadagnò un’occhiata truce da parte di Hanna che non rispose e iniziò a scendere le scale.
La casa era parecchio carina anche se non troppo grande. Aveva un salotto, una cucina con un tavolo abbastanza grande è un bagno nel piano terra, poi aveva un primo piano con due camere matrimoniali, due camerette e un bagno. Fuori si trovava un giardino munito di posto auto e un barbecue. Era stata acquistata da Mike e Alfred per passare le giornate insieme, ovviamente con l’accordo delle mogli, anch’esse amiche da bambine. Infatti quando Alfred conobbe Amanda se ne innamorò subito e la invitò ad una festa che si sarebbe tenuta nel weekend. Lei accettò e gli chiese se con se poteva portare la sua migliore amica Cathy, lui acconsentì e la sera della festa anche Mike e Cathy si conobbero. Era stata tutta una catena ed alla fine eccoli qui. Il sogno delle madri, sin da quando Hanna e James erano piccoli, era quello di vederli sposati insieme, ma due persone che non riuscivano a stare nello stesso ambiente per più di due minuti, non avrebbero mai potuto costruire nulla. Infatti pian piano si stavano arrendendo all’idea che non sarebbero state consuocere.
«Che ti va di mangiare?» domandò James mentre frugava le buste della spesa lasciate dai genitori.
«Mi è passato l’appetito» sputò lei. «Dai Hanna, stavo solo scherzando» disse lui per farsi perdonare. Lei alzò lo sguardo stupito tant’è che lui sospettò di avere qualcosa sulla faccia.
«Erano anni che non mi chiamavi per nome» bisbigliò in evidente imbarazzo. Ma lei non poteva imbarazzarsi. Il ragazzo davanti a lei era James, il suo amico di infanzia e il suo nemico nell’adolescenza, doveva riprendersi!
«Ti chiami così, no? Dai ora dimmi che ti va di mangiare, cucino io! Tua madre non ti fa una buona pubblicità quando si tratta di cucina» disse lui prendendola in giro.
«Io sono un’ottima cuoca se ci tieni a saperlo» rispose lei alzandosi e avvicinandosi. Cercò di prendergli la busta ne teneva in mano, ma non riuscì propriamente nel suo intento. Lui battè la coscia sullo spigolo del tavolo della cucina e siccome lei stava cadendo sopra di lui, si sorresse alla pancia di James con il suo gomito. 
«Se volevi farmi male, ci sei riuscita alla perfezione» rise James cercando di non pensare al dolore sulla coscia e tenendo Hanna per i fianchi.
«Avrei dovuto impegnarmici e non permettere che accadesse per puro caso James, avresti dovuto vedere la tua faccia! Ti avrei dovuto fare una foto!» rise lei non rendendosi effettivamente conto della posizione nella quale si trovavano.
 
In città le cose andavano come sempre, Dafne, Jennifer e Marlene proseguivano la loro vita e quel giorno, in sala mensa, si trovavano sedute al tavolo con Logan, Carlos e Kendall. L’assenza dei due amici che stavano in campagna, si faceva sentire parecchio.
«Io non ho ancora capito il motivo per il quale siamo sedute a questo tavolo» mormorò Dafne che era stata l’unica a declinare l’invito dei ragazzi, ma che poi aveva dovuto cedere perché le amiche avevano accettato.
«Non sei costretta a restare» rispose Logan. «Chiudi il becco Henderson» si limitò a rispondere lei. Carlos e Kendall diedero una leggera gomitata a Logan che iniziò a mangiare.
«Chissà che staranno facendo adesso» mormorò Marlene.
«Stai tranquilla, sono sicura che Hanna sta benissimo. Sa cavarsela» disse Jennifer.
 
«Pensi sul serio che scolarci tutto il loro alcol servirà ad evitare tutte le punizioni future?» domandò Hanna incerta. Lei e James avevano trovato tutte le cose che i loro genitori utilizzavano per le feste e secondo James, far sparire un po’ di roba, gli avrebbe fatto passare la voglia di dare queste punizioni assurde che neanche il più pazzo sulla faccia della Terra farebbe.
«Ci divertiremo! Hai paura Sparks?» domandò James in tono di scherno.
«Assolutamente no! Mettiamo pure tutto nel frigorifero» rispose.
Nel frattempo che le bibite sfreddavano dentro il frigorifero, loro due avrebbero sistemato le stanze per la notte. Essendo solo loro due ed avendo due genitori non tanto simpatici, furono costretti a preparare il letto matrimoniale visto che i loro vecchi si erano limitati a delle lenzuola ed eventuali piumoni adatti solo ad un letto a due piazze.
«Sei assurdo Maslow! Non sai neanche sistemare un letto!» esclamò Hanna chinandosi per sistemare in lenzuolo e dando a James una perfetta visuale del suo sedere. Lui apprezzò silenziosamente, se lei si fosse accorta avrebbe potuto castrarlo chimicamente e non ci teneva affatto.
«Bravissima! Vedi che potevi farlo anche da sola?» domandò in tono strafottente James.
«Se tieni alla tua salute ti conviene smetterla!» lo minacciò lei avvicinandosi. 
«Sto tremando di paura» rispose lui ridendo ed uscendo dalla stanza. Lei sospirò. Quelle due settimane sarebbero state davvero troppo lunghe. Decise di dormire un po’, si sdraiò e sprofondò tra le braccia di Morfeo.
 
Inizio sogno
James e Hanna erano solo due bambini, avevano solo otto anni per la precisione e stavano giocando nel prato di casa Maslow con una bella tovaglia stessa per terra, una bambola su una carrozzina e loro due che fingevano di essere sposati.
«Quando mi sposerò, vorrei che mia moglie fossi tu» disse lui tenendole le mani. Lei le strinse e gli diede un bacio sulla guancia. «Va bene, sarò io tua moglie»
«Bambini cosa state facendo?» domandò Amanda raggiungendo i pargolini di casa per vedere se fosse tutto a posto.
«Ho chiesto ad Hanna di sposarmi un giorno e lei lo farà» rispose fieramente James. La signora Sparks sorrise e lasciò i bimbi giocare tranquillamente. Era ancora troppo presto per parlare di matrimonio, erano solo due bambini, ma non le sarebbe affatto dispiaciuto se vent’anni dopo avessero avuto le stesse intenzioni.
Fine sogno
 
Hanna si svegliò di soprassalto e decise di non scendere a mangiare. James si sarebbe sicuramente arrangiato, ma lei non aveva nessuna voglia. Aveva completamente rimosso quella giornata, ma se scavava un po’ nei ricordi, riusciva a ricordare qualcosa di quella giornata e stupidamente si trovò a pensare che non sarebbe stato male sposare James se non fosse diventato così, ma i tempi passano per tutti e se loro non stavano insieme, vuol dire che non era destino.
«Ehi, non vieni a mangiare qualcosa?» chiese James aprendo la porta ed entrando in camera.
«No, non ho fame» rispose lei girandosi per guardarlo.
«Ah va bene, ma è tutto apposto?» domandò lui e lei annuì cercando di forzare un sorriso.
«James?» chiese e lui si girò e le fece cenno di andare avanti. «No nulla, ci vediamo dopo?» chiese per sviare il discorso.
«Sto salendo e mi sdraio pure io, così magari ti riscaldo» mormorò malizioso leccandosi le labbra. Hanna ti rimangiò tutti i pensieri sui buoni propositi con James, ma si ritrovò a pensare che ora che lo poteva guardare con occhi diversi, era diventato veramente bellissimo e magari, una notte con lui non sarebbe stata da buttare. Stava decisamente delirando, ma pensare a lui in quel modo la fece stare estremamente bene. Sentì le coperte scostarsi e James sdraiarsi coprendosi subito, lì su in montagna faceva un po’ di freddino.
«Hai freddo?» domandò James. Lei annuì sbattendo i denti e quando lui aprì le braccia nella sua direzione, lei si fiondò subito.
«Non illuderti Maslow, ho solo freddo» disse Hanna.
«Dovresti ammettere il fatto che mi trovi irresistibile» rispose lui.
«Buonanotte James» disse lei ignorando ciò che lui aveva detto poco prima. 
«Buonanotte Hanna» disse lui. Si addormentarono presto in quel modo, abbracciati, ma si sa che la calma viene prima della tempesta.

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