Stop Doubting

di Yutsu Tsuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


Buonciuorno, buonciuorno. Innanzitutto grazie mille per essere entrata qui :)
Fa davvero strano tornare a pubblicare dopo mesi...anni...non so nemmeno quanto è passato. Per farmi perdonare per l'interminabile attesa dell'ultimo capitolo di NaC, vi regalo questa breve fanfiction, che è il seguito di Stop Joking. Naturalmente fa sempre parte della serie Devil in Paradise, che ha come coppia la dolcetta e Castiel.
L’ultima volta ci eravamo lasciati con loro due che si erano dichiarati a vicenda, e Cass aveva promesso che avrebbe smesso di punzecchiare la nostra protagonista.
Ora la smetto di parlare e vi lascio alla storia, che, vi dico subito, sarà di tre o quattro capitoli.
Buona lettura ;)














I




Quando mio fratello maggiore si laureò e di conseguenza decise di lasciarci per andare ad abitare in un appartamento tutto suo, fu uno dei traumi più grandi della mia vita. Non potevo accettare che la persona con cui ero stata più a stretto contatto fin dalla nascita, da un giorno con l’altro mi avrebbe abbandonata, costringendomi a tenere testa ai miei genitori da sola.

Nonostante la lontananza si faccia sentire, però, ancora oggi riesco a trovare dei lati positivi nella sua partenza.
Come ad esempio il poter usufruire del suo appartamento quando lui non c’è ed organizzare quindi festini di ogni genere senza le lamentele dei nostri genitori. Che è proprio quello che ho deciso di fare stasera.

...In realtà non si tratta di chissà quale party trasgressivo al limite della legalità, ma di una semplice pizzata fra compagni di scuola!
Siccome però so come le notizie volino nel mio liceo - il penultimo picnic, a cui contro la mia volontà finì per autoinvitarsi mezza classe e non chi mi interessava, ne è la conferma - questa volta sono stata più previdente, spiegando alla carissima Rosalya che il monolocale in cui abita mio fratello è veramente piccolo e che non può ospitare più di cinque persone. Il che dopotutto è vero.

Per questo motivo ho scelto poca gente, quelli con cui tutto sommato vado più d’accordo: Rosalya, Kim, Lysandro e naturalmente Castiel.
La serata, devo dire, è trascorsa parecchio bene. Mi sono sentita a mio agio per tutto il tempo; cosa che credevo impossibile data la presenza allo stesso tempo piacevole e ansiogena del mio compagno dai capelli rossi.

È passata solo una settimana da quel giorno in cui io, dopo un’attenta riflessione, avevo deciso di confidargli i miei sentimenti e in cui poi lui, senza previsione, li aveva dichiarati a me.
In questo breve lasso di tempo le cose non erano andate esattamente come avrei sperato. I due giorni successivi, devo dire, erano stati tranquilli. Dalle nostre prime conversazioni si vedeva come Castiel avesse messo la testa a posto, piantandola finalmente di trattarmi come una bambina. Era evidente che il mio monito avesse sortito l’effetto desiderato. Ma dal terzo giorno, chissà perché, il suo comportamento era cambiato di punto in bianco.

Quella mattina di giovedì mi era parso insolitamente più distaccato.
Non dico che avesse cercato di evitarmi, ma sicuramente l’assenza delle sue solite frecciatine si era fatta sentire più del solito. Come se proprio a causa di questo ravvedimento, l’attenzione che era solito riporre in me fosse calata.
Forse era stata solo una mia impressione, o forse il motivo era del tutto diverso.

Durante gli intervalli di questi ultimi giorni, infatti, aveva sghignazzato molto meno del solito, lasciando spazio ad espressioni stranamente serie e pensierose, che, confesso, mi avevano preoccupata (ebbene sì: nonostante il mio carattere di ferro, questa volta mi ero sentita un po’ triste per quell’atteggiamento inaspettato).
Che si fosse pentito per quello che mi aveva detto quel pomeriggio dopo la scuola?
Che avesse in mente di fare marcia indietro e di rimangiarsi ciò che aveva ammesso di provare per me?
Annoverando tutte le volte in cui la Dea Bendata aveva scelto di stare dalla mia parte, non sarebbe stato poi così impensabile. Come potevo rimanere impassibile di fronte a quelle ipotesi? Tutto il coraggio che mi ero fatta per dirgli che mi piaceva, tutto il discorso sulle prese in giro, tutto il sequestro sull’autobus si sarebbero rivelati inutili.

Dal canto mio, però, avevo deciso di non volerne parlarne con lui o chiedergli che cosa provasse. Più per la paura di una risposta sgradita, che per quella di un confronto verbale, devo ammettere.
Mi ero limitata ad osservarlo, ogni tanto, durante le lezioni e nelle pause di ricreazione, stando attenta ai suoi gesti e alle reazioni diverse dal solito, e cercando di capire che cosa passasse per quella mente per me ancora criptica.
Mi ero detta che il motivo sarebbe comunque saltato fuori, prima o poi.

Finché, di venerdì, mio fratello mi avvisa che sarebbe stato via per il weekend a causa del suo lavoro. E come non approfittare di questa grande opportunità?
Ottenuto il consenso di usare casa sua, decido che avrei invitato più persone anziché solo Castiel: sia per evitare di metterlo a disagio, sia per non sembrare troppo invadente. In ogni caso, anche se erano presenti più ospiti, grazie ad una cena fra amici avrei potuto analizzarlo meglio.

Ora che la serata sta volgendo al termine, posso dire che il suo atteggiamento non si è dimostrato troppo insolito. Come tutti noi ha riso di gusto quando Kim ci ha raccontato dell’ambiguo e compromettente regalo ricevuto dal suo nuovo ammiratore segreto, e come tutti noi ha sorriso affascinato quando Lysandro ci ha recitato la sua ultima meravigliosa poesia.

Seduti un po’ sul divano, un po’ per terra, ci siamo razzolati in un battibaleno le tre pizze da asporto che avevamo ordinato, e in seguito abbiamo passato il resto del tempo a parlare del più e del meno in totale spensieratezza.
Una seratina tranquilla, insomma. “Onesta”, come direbbe Rosalya.

Ad una certa ora Lysandro ci comunica che deve tornare a casa, dato che abitando lontano ci impiega molto tempo a tornare. Lo salutiamo calorosamente e spendiamo i minuti che ci rimangono a spettegolare fra di noi sulla presunta affinità che parrebbe intercorrere fra lui e la nostra cara Violet.

Dopo una mezz’oretta è già mezzanotte inoltrata. Con molta fatica ci salutiamo l’un l’altro, ci ringraziamo a vicenda per il bel sabato sera passato insieme, e ci auguriamo la buonanotte.
Accompagno i miei amici fuori di casa fino ai loro motorini. Rosa e Kim sono venute con uno solo che usano insieme; mentre Castiel ha il suo.
Dopo l’ultimo addio la moto delle ragazze parte e se ne va.
Ma non quella di Castiel.

Lo guardo da lontano: sta cercando di farla partire ma a quanto pare senza successo.
Un po’ titubante, decido di avvicinarmi a lui.

«La candela è andata», annuncia con irritazione sferrando una manata sulla sella.
«Che significa?» gli chiedo senza nemmeno tentare di nascondere la mia totale ignoranza in materia di motori.
«Se è danneggiata, la scintilla nella camera di scoppio non può essere detonata e quindi la carburazione non avviene. In altre parole la moto non può partire», mi espone, con lo stesso tono di un maestro delle elementari verso un suo alunno.
«Sei sicuro che non si possa riparare?»
«Ci sarebbe bisogno di cambiarla, ma dubito che a quest’ora ci sia un meccanico aperto. Posso provare ancora un po’, ma temo che non si accenderà mai.»
Rimaniamo un altro quarto d’ora a tentare di far partire la moto, ma ogni sforzo risulta vano. Anche questa volta la Fortuna non è dalla mia parte.
...O forse sì.
Dipende dai punti di vista.

Immagino che tornare a piedi sia impensabile, dal momento che abita dall’altra parte della città. Perciò gli domando «Non c’è nessuno che può portarti a casa?» alludendo a qualche amico o conoscente - dato che l’opzione genitori l’avevo esclusa già da subito - o comunque a qualcuno disposto ad uscire all’una di notte per scortare a casa un povero cristo con la candela della moto defunta.

Lui scuote la testa sconsolato.
«E se prendessi un autobus?» Anch’io, nel mio piccolo, mi do da fare per vagliare tutte le ipotesi possibili.
«Non passano più a quest’ora», risponde lanciando uno sguardo preoccupato alla strada buia e completamente deserta.

Mi rendo conto che le alternative stanno purtroppo scarseggiando.
Sposto lo sguardo dalla strada a lui, e scopro che mi sta fissando con un’espressione abbastanza imbarazzata, come a dire: “Sarei contento se lo dicessi, ma non sei obbligata”.
Afferro al volo ciò che sta pensando, e senza troppi giri di parole lo assecondo: «Allora mi sa che dovrò ospitarti per questa notte.»
Un adorabile sorriso gli solca parte del volto, ma, arrossendo impercettibilmente, guarda verso terra e ribatte: «Non fa niente, cercherò un albergo qui vicino.»
«Ma no, ti pare?» esclamo, «anche se l’appartamento è piccolo, ci stiamo in due.» Non so di preciso cosa sia preso alla mia bocca, ma pare abbia deciso di agire senza il consenso del cervello.
«Beh, se proprio insisti, allora accetto», dichiara con una certa solennità, che non può non lasciarmi sfuggire un sorriso.

Mentre insieme rientriamo a casa, capisco che è ormai troppo tardi per cambiare idea.
È deciso: io e Castiel passeremo la notte sotto lo stesso tetto.

...
Che cosa ho appena fatto?!




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Capitolo 2
*** II ***


II




L’abitazione di mio fratello è un monolocale. Ciò significa che gli unici due arredamenti su cui è possibile dormire - il divano e il letto - si trovano nella stessa camera.
Questo dettaglio l’avevo trascurato.

Giusto per far credere di avere la situazione sotto controllo e che sappia badare agli ospiti, cerco in un armadio un cuscino e delle coperte, che vado subito a sistemare sopra al divano.
Poi, sempre dall’armadio, estraggo un pigiama nero e azzurro, e lo porgo a Castiel.
«Tieni», gli dico. «È di mio fratello, ma non se la prenderà se lo usi. E in quanto a taglia, dovrebbe andarti bene.»
«Non ce n’è bisogno, grazie. Posso levare i jeans e stare in maglietta», afferma con noncuranza, guardandosi intorno.
«Err... No grazie, non ci tengo a vederti in mutande», rispondo con prontezza, simulando una voce forzatamente gentile.
Lui mi guarda con un sorriso sornione e, inclinando la testa da un lato, fa per tirar giù la zip dei pantaloni dicendo: «Ti assicuro che cambieresti idea se...»
«Lì c’è il bagno, se vuoi cambiarti», lo interrompo subito alzando la voce e premendogli il pigiama sul petto, aspettando che lo afferri.

Dopo una breve sghignazzata, riprende: «Sì, forse è meglio», e si avvicina alla stanza che gli avevo indicato.
«Non vorrei traumatizzarti troppo», aggiunge voltandosi di scatto verso di me.
Rimango senza parole e mi appoggio una mano sulla fronte.
Mica starà tornando il Castiel di sempre!?

Pochi secondi dopo esce dal bagno con indosso il pigiama che gli avevo consegnato. Forse le maniche sono un po’ lunghe, ma a parte questo noto che non gli sta affatto male.
«Quanti anni ha tuo fratello?» mi domanda curioso.
«Ventitré. Ora se non ti dispiace tocca a me» e, camicia da notte in mano, mi dileguo dentro al bagno senza aggiungere altro.

Oltre a cambiarmi, ne approfitto per struccarmi e lavarmi i denti. Dopo essermi assicurata che il mio stato sia presentabile, torno nell’altra stanza. Faccio per avvicinarmi al letto, ma, senza aspettarmelo, ci trovo sopra, tutto spaparanzato e comodo, Castiel.

Non appena mi vede, mi squadra da capo a piedi, soffermandosi senza un minimo di pudore all’altezza delle mie gambe scoperte. I rapidi ghigni che si formano in successione sul suo volto mi lasciano intendere che nella sua testa c’è tutt’altro che un pensiero casto e puro.
Dovrei quantomeno sgridarlo, ma sono ancora troppo turbata per averlo trovato sul mio letto.

«Che stai facendo, scusa?» domando con visibile sconcerto.
Dopo aver distolto lo sguardo dal mio corpo, torna finalmente a guardarmi in faccia.
«Dovrò pur dormire da qualche parte», ribatte con un tono talmente innocente, che per un attimo mi fa quasi credere nella non depravazione delle sue intenzioni.

L’osservo per qualche secondo un po’ confusa. Poi decido che è meglio lasciarlo fare, per evitare discussioni inutili. «Vorrà dire che starò io sul divano.»
«Ma non è un po’ troppo piccolo per dormirci?» domanda con semplicità.
Non posso che corrucciare la fronte davanti a quel suo intervento. «Pe-Pensavi che avremmo condiviso lo stesso letto?!» esclamo incredula ma al tempo stesso un po’ divertita.

Lui si stiracchia lentamente alzando le braccia e portandole dietro alla testa, sempre col suo solito sogghigno stampato sulle labbra. «Che c’è, hai paura di me?»
Ecco che ritorna il Castiel sfacciato che conoscevo!

Paura? In realtà non potrei desiderare di meglio. Ma non posso certo dirglielo, e tantomeno accettare di dormire insieme a lui! Sebbene, nonostante tutto, non mi dia l’impressione di essere un pazzo maniaco, non penso di essere ancora completamente conscia di ciò che sarebbe in grado di fare. O di farmi.
Perciò, dato che le risposte banali non hanno mai fatto per me, gli rispondo: «Ovviamente sì. Ne dubitavi?» e sfoggio il mio più bel sorriso, che lui prontamente ricambia.

Senza insistere ulteriormente, mi avvicino al divano e lo sistemo stendendoci sopra la coperta.
Mi domando se non gli avessi dovuto offrire fin da subito di dormire sul letto. Dopotutto è pur sempre un ospite e gli ospiti andrebbero trattati con particolare riguardo.
Pure se si tratta di Castiel.

Finito di sistemare il mio giaciglio, cerco di coricarmi sul divano, ma ben presto capisco che il mio compagno di classe aveva ragione. È decisamente troppo corto per potersi stendere comodamente.
Mi rigiro più e più volte per trovare la posizione migliore, anche se stare con le gambe piegate non è per nulla confortevole. Inoltre col bracciolo sotto al cuscino, la testa è così alta da far venire il torcicollo.
Come mi è venuto in mente di lasciare il letto a Castiel?!

Proprio quando la speranza di una notte non insonne mi sta per abbandonare, sento la sua voce giungere dall’altra parte della stanza. «Dai, torna a letto. Ci dormo io lì.»
Mi giro e lo vedo già in piedi che sta per raggiungermi.

«È...è scomodo; sei sicuro?» balbetto con una punta di imbarazzo per la pessima figura che sto facendo.
Ma a lui non sembra importare troppo, anzi, mi dice con una gentilezza tanto insolita quanto sospetta: «Non lascio certo dormire una ragazza su un divano.»

Sgrano gli occhi, di stucco: «Tu! Che ne hai fatto del vecchio Castiel?» mi viene spontaneo esclamare.
«Forse non sembra, ma anch’io posso essere educato, ogni tanto», sussurra in un tono tanto dolce da farmi quasi sciogliere.
«Allora accetto con piacere l'offerta», rispondo con incredulità e soddisfazione. Non lo avrei mai creduto capace di cotanta generosità!

Mi alzo contenta e vado a riappropriarmi del mio letto.
Ma proprio quando sto per poggiare la testa sul cuscino, il mio corpo si blocca, immobilizzandosi di colpo, mentre i miei polmoni vengono istantaneamente invasi da qualcosa di misterioso.

In un primo momento rimango un po’ intontita. Sento una fragranza, piacevolissima, ma mai sentita prima. È strana, confusa, ma allo stesso tempo unica.
Che cos’è?

Ma è logico: non può che essere il profumo di Castiel rimasto sul cuscino, quando pochi istanti prima si era disteso sul letto.
Lascio che si faccia largo tra le mie narici, per capire meglio di che gusto si tratti. Ci provo più e più volte, ma alla fine non sono in grado di individuare un sapore preciso.
Non ha un odore ben definito. Sembra più un incrocio di tanti aromi mischiati insieme secondo un principio ragionato ed equilibrato.
E a dirla tutta non è nemmeno leggero o fresco; anzi è piuttosto pesante, a tratti soffocante. Pensandoci bene, non sembra affatto un profumo da uomo.

Se dovessi descriverlo con le immagini, mi verrebbe in mente una strada notturna, percorsa in moto, con l’aria che, battendo con forza contro il naso scoperto, quasi non permette di respirare.
Data la sua pesantezza, credo che una persona qualsiasi lo considererebbe solo un odore fastidioso, da cacciare via.
Ma con me, non so perché, produce l’effetto opposto.

Faccio un grande respiro e la strana sostanza si spande per tutti i miei polmoni. Rimango per diversi secondi mezza paralizzata, totalmente inebriata da questa nuova fragranza, da questa essenza afrodisiaca.
Così presa, da non accorgermi delle parole che arrivano dall’altro lato della stanza.

«Allora?»
Quando torno in me, noto che Castiel si è sistemato sul divano, il cuscino sul bracciolo e le gambe piegate, ma in una posizione decisamente più comoda e pratica delle diecimila che avevo assunto io. «Sì o no?»
«Che cosa?» domando un po' frastornata.
«Posso spegnere la luce?» Nella confusione non avevo notato il suo braccio allungato verso il muro e l’interruttore.
«Ah, sì... Sì, certo!» rispondo velocemente.
Neanche il tempo di riacquistare il controllo dei miei pensieri e delle mie parole, che subito la luce si spegne.

Devo stare più attenta, accidenti! Sarebbe a dir poco imbarazzante se Castiel venisse a sapere che cosa ne penso riguardo al suo odore... In quel caso sì che avrebbe un valido motivo per prendermi in giro!

Mi accoccolo fra le coperte e chiudo gli occhi.
Finché, grazie anche al buonissimo profumo da lui lasciato, pian piano prendo sonno.




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Capitolo 3
*** III ***


III




Io di solito non mi sveglio mai durante la notte. Fin da quando ero piccola, ho sempre avuto sonni tranquilli e beati. Al limite capitava che mi svegliassi più presto del solito e che aspettassi facesse giorno leggendo un libro o svolgendo altre attività, ma erano comunque eventi piuttosto rari.
Sta di fatto che questa volta - sarà per la presenza inconsueta del mio compagno di classe, sarà per uno strano presentimento - inspiegabilmente apro gli occhi.

Ancora un po’ assonnata, mi metto a pancia in su e sbircio verso l’altro lato della stanza.
Le poche luci che dall’esterno illuminano l’ambiente avvolto dall’oscurità rivelano un’ombra sinistra, rannicchiata sulla poltrona accanto al divano vuoto a due metri da me, che sembra guardare, immobile, nella mia direzione.

Caccio un urlo spontaneo, destandomi completamente. «Castiel! Che stai facendo lì?» esclamo spaventata.
«Niente, non riesco a dormire», risponde tranquillamente lui, continuando ad osservarmi.

Sbuffo.
Eppure gliel’avevo detto che il divano era scomodo, ma lui ha voluto insistere!
Lancio un’occhiata al mio letto, che pare decisamente più morbido e confortevole.

...Dopotutto è ad una piazza e mezza, mentre il divano è molto più corto, oltre che duro. E la poltrona non è certo un giaciglio su cui è concepibile dormire.

So già prima di parlare che me ne sarei pentita.
«Dai, vieni. C’è posto anche per te», sospiro, facendo spazio nel letto.
Lo vedo sorridere lievemente, ma tornare serio subito dopo. «Non fa niente, sto bene qui.»
«Davvero, insisto.»
«E la tua paura?»
«Uhm... Cercherò di superarla», rispondo scrutandolo con leggera diffidenza.

Senza dire nulla, si alza pigramente dalla poltrona e, con lentezza, si avvicina a me.
Prima ancora che mi sia accanto, vengo invasa nuovamente dall’odore di poco fa.
Profumo? Shampoo? Non m’importa di cosa si tratta, sta di fatto che mi piace da morire. È incredibile come abbia il potere di pietrificarmi.
Ho deciso: da oggi è diventata la mia nuova droga.
...Cioè, non che prima che ne avessi mai assunta una!

Nell’attimo in cui Castiel sale sul letto, le nostre braccia e le nostre gambe si sfiorano a causa della poca ampiezza a disposizione, e ciò mi provoca una fastidiosa ma gradita sudorazione che cerco di contrastare in silenzio.

Dopo essersi steso completamente, mi rendo conto che il letto di mio fratello è molto meno largo di quanto mi aspettavo e non so se esserne preoccupata o contenta. In ogni caso non posso che stare immobile a trattenere il fiato, sapendo che a meno di un decimetro di distanza da me si trova la persona che più di tutte desidererei avere sempre accanto.

Non oso girarmi da nessuna parte. Sia per non doverlo guardare, sia per non lasciargli le spalle, nel timore che possa combinare cose strane.
Dopo diversi minuti non ne posso più, e mi decido a spostare appena la testa quanto basta per sbirciare verso di lui con la coda dell’occhio.
Mi aspetto uno scambio di sguardi imbarazzante, e invece me lo ritrovo che sta già dormendo.

Chissà da quanto tempo era sveglio sulla poltrona. Anche lui deve aver trovato difficoltoso prendere sonno sul divano, poveretto. Quasi quasi mi sento in colpa per avergli rifilato il posto più sfortunato.

Osservandolo meglio, scopro che ha un'aria così innocente mentre dorme, con i tratti del viso più distesi e la bocca leggermente socchiusa. Non l’avrei mai detto, ma... oh, che tenero, sembra un angioletto!
...Ecco, diciamo più un diavolo finito in Paradiso!

Mi convinco che ormai non potrebbe farmi nulla di male, perciò mi giro dall'altra parte e, soddisfatta, prendo sonno anch’io.




Non so quanto tempo sia passato, credo pochi minuti, ma magari anche mezz'ora, sta di fatto che vengo lentamente svegliata da qualcosa di estraneo che sento farsi largo fra le coperte e il mio corpo.
In un battibaleno mi ritrovo entrambi i fianchi cinti da due braccia forti e rigide, che si allungano sempre di più fino a circondare... la mia tavola da surf!

Quando mi sono completamente svegliata e resa conto di ciò che è successo, è troppo tardi.
In un istante prendo fuoco ed ogni mio senso viene annullato dai brividi che percorrono ovunque la mia pelle, soprattutto quella a contatto con gli arti ed il petto di Castiel, che nel frattempo si è schiacciato contro la mia schiena.
Ho il cuore che sembra una bomba ad orologeria sul punto di esplodere, mentre non c’è zona del mio corpo che risponda più ai miei comandi.

Ma la cosa che mi preoccupa maggiormente è un’altra. Che non mi viene istintivo di levarmelo subito di torno.
Devo proprio dirlo: non mi facevo così depravata!

Anche se, ad essere onesta, credo che il motivo sia un altro.
Ammettiamo per un attimo che io voglia liberarmi dalla sua stretta: ebbene non ne sarei fisicamente in grado. È fin troppo ferrea per muscoletti striminziti che mi ritrovo.

Non ho nemmeno il tempo di pensare a cosa fare - sempre che ne sia in grado, di pensare, in questa situazione - che sento le sue braccia stringermi ancora di più e un sussurro provenire da dietro la mia testa.

«De-Debrah...»

Impallidisco.
Mi basta solo quel nome per riprendere pienamente il controllo dei miei sensi.
E in un attimo mille pensieri mi si accavallano nella mente.

Gli piace ancora Debrah? Pensa ancora a lei?
Non può essere veramente interessato a me, se non si è dimenticato di quella disgraziata! E io non posso stare con uno, se a questo piace ancora un’altra.
Che cosa ci faccio qui? Che senso ha tutto ciò? No. Non può continuare così.
Credevo andasse tutto bene, ma mi ero solo illusa. Sono stata semplicemente una sciocca a fidarmi delle sue parole. Dovevo aspettarmelo.

«Debrah...»

Questa è la goccia che fa traboccare il vaso.

Indignata, faccio per scrollarmelo di dosso, ma la stretta di Castiel si fa ancora più forte, tanto da impedirmi di allontanarmi da lui.
Comincio veramente a perdere la pazienza, ma proprio quando sto per sferrargli una gomitata fra le costole, mi sento stringere fino quasi a non riuscire più a respirare e allo stesso tempo odo un’altra frase.

«Come hai potuto?!»

Mi fermo appena in tempo.

«Perché l’hai fatto? Ti odio!»

Vorrei avere un momento per poter rielaborare i miei pensieri, collegare le azioni alle parole, capire che la realtà è un’altra.
Poi vorrei poter riavvolgere il tempo, per rimangiarmi tutto quello che ho pensato giusto un secondo fa e dedurne che in verità Castiel odia ancora Debrah.
E vorrei tirare un sospiro di sollievo, ridere della mia inutile preoccupazione, cacciare ogni idea negativa che mi ero fatta.

Ma tutto questo non mi è possibile farlo, perché nel frattempo l’altro braccio di Castiel è finito attorno alla mia gola e il rischio di venire strangolata non mi consente di formulare altri pensieri.

Tento di liberarmi con tutte le mie forze, ma più mi dimeno e più la sua stretta sembra bloccarmi fino ad impedirmi di muovere un solo muscolo.
Il mio collo è talmente in balìa del suo bicipite, che sono costretta a trattenere con le due mani libere il secondo, per evitare che il primo si spezzi.

Nonostante i miei sforzi, però, la forza di Castiel supera di gran lunga la mia e in pochi secondi avverto che l’aria che fino a un momento prima respiravo senza problemi, comincia a farsi più rarefatta.
Con un movimento del tutto involontario, una delle mie mani lascia andare il suo braccio e inizia a vagare dovunque possa servire per evitare che il mio compagno di classe finisca inconsciamente per soffocarmi.

Proprio quando ogni speranza sembra ormai perduta e l’ultima molecola di ossigeno è giunta con fatica ai miei polmoni sfiniti, ecco che tocco qualcosa dietro di me che pare essere una testa.
Senza un attimo di esitazione, stringo in un pugno e tiro più forte che posso.

In quell’istante Castiel smette di strizzarmi.
«Ah! Che c’è!?» esclama destandosi di scatto e liberandomi finalmente dalla presa.

Riacquistato il possesso del mio corpo, posso con mio grande sollievo tornare a respirare. Anzi, a tossire.
E, tra un colpo di tosse e l’altro, mi ritrovo un’abbondante ciocca scarlatta fra le dita.

Ci metto un po’ a riprendermi, perché ciò che è appena successo è avvenuto con una rapidità a cui non ero per niente preparata.
Non so proprio a cosa pensare, ora come ora. Immagino che la scelta migliore sia di evitare conversazioni imbarazzanti, fare come se non fosse accaduto nulla e tornarsene a dormire.
Anche se devo ammettere che adesso la voglia di sapere come passavano il tempo Castiel e Debrah quando stavano insieme, è un tantino cresciuta.

A quanto pare, però, i miei guai non sono finiti.
«COS’È SUCCESSO?!» vengo girata di scatto su me stessa e mi ritrovo davanti il volto letteralmente scioccato del mio compagno di classe, che mi guarda con due occhi sbarrati, quasi stessi morendo proprio davanti a lui.
Deglutisce, non appena il suo sguardo terribilmente preoccupato si posa sul mio collo.

Senza avere il tempo di rispondere alla sua domanda, lo sento farsi più vicino a me e poggiarmi una mano sotto al mento con una delicatezza che non gli era mai appartenuta.
Poi pian piano mi alza la testa, e con l’ausilio della poca luce che entra dall’esterno, controlla che il mio collo sia a posto.
Avverto la sua mano tremare appena e il calore del suo respiro affannato sfiorare la mia pelle, mentre esamina minuziosamente il danno da lui provocato.

Io, che speravo di poter finalmente tornare a respirare, mi ritrovo di nuovo a dover trattenere con imbarazzo il fiato, data l’improvvisa vicinanza fra il mio volto e quello di Castiel. Ma non voglio dargli l’impressione di scompormi per lui, perciò decido di farmi coraggio poggiando la mia mano sulla sua.

«Va tutto bene, Castiel. Non è successo nulla di grave, per fortuna», gli dico tutto d’un fiato mentre la allontano dal mio mento. Il mio compagno resta a guardarmi attonito e in silenzio. Si vede che è veramente preoccupato: ha un’espressione che non aveva mai avuto prima.
Penso sia la prima volta che colgo del senso di colpa nei suoi occhi.
La prima volta che gli sento provare costernazione.
La prima volta che, veramente, riesco a decifrare il suo sguardo.

«Dovresti davvero avere paura di me», ammette qualche minuto dopo, spostandosi e tornando sulla sua parte di letto.
Scuoto la testa. «Non l’hai fatto apposta, hai solo...»
«...Cercato di strozzarti, mentre pensavo a un’altra persona?» esclama, voltandosi all’improvviso.

Il suo intervento mi lascia un po’ di stucco; tuttavia il mio pensiero va immancabilmente a Debrah, e questo mi fa tornare in mente l’inguaribile curiosità di poco fa. Senza riflettere, gli domando con spontaneità: «Dormivi spesso con lei?»
L’espressione un po’ interdetta che Castiel assume subito dopo mi fa rendere conto di quanto quella domanda fosse a dir poco inopportuna; perciò cerco, con molta vergogna, di rimangiarmi le parole. «Scusa, non volevo chied-», ma non ho il tempo di ritirarle, che lui subito mi interrompe.
«Preferirei dormire con un cinghiale affamato piuttosto che condividere di nuovo il letto con quella.»

La sua risposta decisa e ferrea mi fa sorridere. Sembra che la tensione si stia alleggerendo: meglio approfittare di questo momento.
«Il cinghiale affamato è per caso un’allusione a me?» domando rivolgendogli un sorrisetto malizioso.
«Ovviamente sì. Ne dubitavi?» ribatte prontamente.
«Ah, adesso mi copi le battute?!» protesto ridendo di gusto.

Per tutta risposta, Castiel mi si avvicina con nonchalance e, con uno scatto improvviso, si getta sui miei fianchi a riempirmi di solletico.
Come per magia lo spiacevole evento di poco prima si volatilizza dalla mia mente, per lasciare spazio solo ad un’incontrollata risata. Dannazione! Come faceva a sapere che il mio più grande punto debole è il solletico?!

Ma non voglio essere da meno, così lo provo a pizzicare anch’io da qualche parte, nell’intento di ripagarlo con la sua stessa moneta.
Non appena si accorge della mia iniziativa, però, Castiel si ferma all’istante e, senza battere ciglio, assume un’espressione impassibile mentre io continuo a sfiorargli il collo e i fianchi, evidentemente per dimostrarmi come, su di lui, il suo gioco non funzioni.
Questa scena mi fa incavolare ogni volta che mi capita! Ho sempre invidiato quelli che non soffrono il solletico... mentre io sono costretta a patire le loro torture.

«È inutile che ci provi. C’è solo un punto in cui lo soffro...» mi sussurra con un tono di voce decisamente ambiguo.
Lo guardo curiosa, anche se capisco al volo dove vuole arrivare, il birichino.
«...Ed è ben nascosto sotto la stoffa del pigiama», conclude infatti. «Vuoi vedere?»
Gli rivolgo uno dei miei migliori sorrisi, ma, dopo essermi ricomposta, gli declino gentilmente l’offerta.

«Dai, perché non provi?» insiste lui, provocandomi afferrando una mia mano e avvicinandola di straforo al suo ventre.
«Neanche per sogno, grazie!» esclamo tirandola subito indietro.
«Allora non avrai scampo al mio prossimo attacco. Preparati.»

In un attimo mi ritrovo nuovamente sopraffatta dal suo solletico, ma, non potendo colpirlo a mia volta, l’unica cosa che posso fare è accovacciarmi come un uovo per limitare i danni.
Sebbene sia completamente in preda a singhiozzi spasmodici, riesco comunque ad accorgermi di una cosa.
Sento che Castiel, che fino a poco prima aveva fatto ben attenzione ad evitare zone troppo inappropriate del mio corpo, adesso si sta facendo sempre più... sfacciato.

Colta dall’imbarazzo, cerco di rotolarmi in un altro punto del letto, ma il mio compagno di classe non molla la presa, anzi, mi rimane incollato abbracciandomi ancora di più, e finisce per ruzzolare di lato insieme a me.
«Sei sotto il mio controllo, piccoletta. Potrai liberarti solo quando lo deciderò io», sussurra poi nel mio orecchio, dopo avermi schiacciato contro il materasso. Non oso contraddirlo.

Dopo un’ulteriore dose di solletico, lo sento allentare appena la presa ed è in quel momento che ne approfitto per voltarmi e mettermi a pancia in su.

Non capisco perché l’abbia fatto. Di certo non è stata un’idea geniale, dato che così facendo me lo ritrovo esattamente sopra di me, faccia a faccia.
In seguito a quel gesto Castiel smette finalmente di torturarmi e, con aria sorpresa, sposta i suoi occhi sui miei.
Il nuovo contatto visivo, unito alla distanza quasi inesistente che ci separa, mi fa credere che io stia bene o male evaporando dalla vergogna. Tuttavia, osservandolo meglio, mi sembra di cogliere una sorta di spaesamento nel suo sguardo, come se in un certo senso fosse catturato dal mio.

I nostri volti sono così vicini, che sento le punte dei suoi lunghi capelli rossi pungermi delicatamente le guance, e questo purtroppo mi fa perdere piano piano la lucidità.

Su Castiel, perché non ti fai avanti? Devi solo sporgerti di qualche centimetro; so che lo vuoi anche tu.
È il tuo orgoglio che ti frena? La tua scorza dura che ti impedisce di baciarmi?

Ti prego, fallo. Non puoi immaginare quanto stia patendo in questo momento.
Spero solo che quest’agonia finisca presto, in un modo o nell’altro.


Ma nonostante le mie preghiere, Castiel non sembra intenzionato a muovere un muscolo. Che sia troppo imbarazzato? Eppure non è da lui.
Pochi secondi dopo, però, lo vedo accennare un leggero sorriso, e, come se si fosse ricordato di qualcosa, mi guarda in un modo diverso. Con lo stesso sguardo serio che aveva avuto in classe fino a ieri.

Senza dire nulla, si stacca lentamente dal mio corpo, mi aiuta ad alzarmi e ritorna sul suo lato di letto.






Ciao a tutti :D Spero che la storia vi stia piacendo ;)
Volevo solo dire che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, sebbene originariamente avrebbe dovuto far parte di questo terzo. Il problema era che se non li avessi divisi, sarebbe venuto fuori qualcosa di troooppo lungo xD
Nient'altro. Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa storia... Al prossimo capitolo ;)

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Capitolo 4
*** IV ***


IV




Anche se col buio vedo ben poco, mi volto verso di lui a bocca aperta.
Perché?
Semplicemente, perché?


Passano molti secondi in cui entrambi rimaniamo in silenzio.
Perché non l’hai fatto, Castiel? Questo non fa che causarmi più dubbi, adesso.
Se non è Debrah, dev’essere un altro, il problema. Che cosa passa davvero per la tua testa? Io ti piaccio veramente?


Mentre mi faccio queste domande a cui con tutta probabilità non avrò mai risposta, cerco di far rallentare il battito cardiaco che nel frattempo è salito all’impazzata.
E intanto penso.
Penso a giovedì e a venerdì, al modo stranamente distaccato con cui si era comportato. Penso che forse è il caso di mettere in chiaro le cose il più presto possibile.

«Senti, Castiel. C’è una cosa che volevo dirti», gli confido con tutta la decisione che sono in grado di trovare.
Il mio compagno di classe si gira verso di me con una certa curiosità.

«Mi sei sembrato diverso durante questa settimana», annuncio, andando dritta al punto.
«Ovvero?» dice lui, senza nascondere un’aria piuttosto interessata.
«Ecco... Non eri più... socievole come prima», balbetto, soppesando bene le parole.
«Beh, ho fatto quello che mi hai chiesto, no? Non ti prendo più in giro. Ora non dirmi che preferivi come stavano prima le cose», ribatte lui con veemenza.
«No no, non è questo il problema. Hai fatto benissimo ad ubbidir... ad ascoltarmi. Il punto è che... mi sembra ci sia dell’altro.»
«Non c’è nient’altro. Che dovrebbe esserci?» replica subito. La sua risposta veloce mi porta a credere che si stia mettendo sulla difensiva. E che quindi ciò che sostiene non sia del tutto vero.

Ciò che mi chiedo, allora, è questo: se non c’erano particolari impicci, per quale arcano motivo si era dimostrato così indifferente verso di me?
E se invece avesse proprio frainteso la mia richiesta? Se con “non prendermi più in giro” lui avesse inteso “non rivolgermi più la parola”!?

Perché diamine è sempre così difficile farsi capire dagli altri?
Proprio quando sembra che le cose stiano finalmente andando per il verso giusto, devono sempre rovinarsi!

Sommersa dai miei pensieri, quasi non mi accorgo della frase che nel frattempo esce dalla bocca di Castiel. «D’accordo, ci proverò.»
Non capisco che cosa voglia dire.

Strizzo gli occhi nel tentativo di vedere meglio il suo volto avvolto dal buio, e mi sembra che stia cercando di formulare delle parole.
«Il fatto è che dopo quel giorno lì mi sono messo a ragionare», mi spiega con un’espressione corrucciata.

In un primo momento mi scappa quasi da ridere; ma evito di fare battute circa l’incredibilità di un’azione del genere da parte di uno come Castiel e mi limito a mutare il mio risolino iniziale in un colpo di tosse ben assestato.
In ogni caso, immagino che con “quel giorno lì” lui intendesse il giorno della nostra reciproca dichiarazione.

«E...?» lo spingo a continuare il discorso.
«E sono giunto ad una conclusione.» Sto in ascolto.

«Noi siamo troppo diversi per stare insieme.»

Nell’attimo in cui odo quelle nefaste parole, sento il cuore frantumarsi in un milione di pezzi.
Sgrano gli occhi, sconcertata. Prego? Non può averlo detto sul serio.
Dev’esserci un errore, un malinteso. Da quando in qua Castiel dà peso a questioni del genere?

Non può che essere un altro dei suoi scherzi. Sono stata fregata un’altra volta dal suo bislacco senso dell’umorismo, è chiaro.
Eppure questa sembra tutt’altro che una menzogna.
Il suo sguardo è serissimo. Come non lo era mai stato.

«Diversi, dici?» sbotto senza nascondere l’indignazione.
Castiel mi guarda in faccia con severità. «Avanti, chi vogliamo prendere in giro? Tu sei intelligente, seria, praticamente una studentessa modello. Io... in confronto a te sono un mascalzone. Sei carina, per carità; però per quanto possiamo andare d’accordo, faremo sempre parte di due mondi diversi.»

Rifletto con attenzione su ciò che ha appena detto.
Va bene, non ha tutti i torti: abbiamo dei modi di fare un po’ differenti, e sicuramente lui ha un altro tipo di... approccio verso la scuola e i compiti.
Ma non per questo dobbiamo rinunciarci senza nemmeno provare!

«Pensi che ti avrei permesso di dormire con me, se ti considerassi un mascalzone?» domando con fermezza.
«Non in quel senso, lo sai» lo sento sbuffare.
«In ogni caso è assurdo arrendersi così solo per una differenza di carattere. D’accordo, hai un animo ribelle che io non ho; però ti assicuro che, se lo voglio, posso diventare molto più trasgressiva di quanto immagini», esclamo riscoprendo in me un coraggio che non avrei mai giurato di possedere.

Per un attimo il mio compagno di classe sembra rivolgermi uno sguardo di meraviglia e ammirazione, ma torna serio subito dopo. «Sarei davvero curioso di vederti... Ma ciò non toglie che non potrebbe mai funzionare.»
Ahia, un’altra pugnalata al cuore.

Comincio davvero a non poterne più di questa discussione; ma allo stesso tempo non posso dargliela vinta così facilmente.
Dev’esserci un modo per fargli cambiare idea.

«Ascoltami bene», pronuncio scandendo al meglio le parole. «La cosa fondamentale non è trovare una persona con i nostri stessi gusti e interessi. Non capisci? È proprio grazie alle differenze che ci contraddistinguono, che può emergere ciò che abbiamo in comune!»

Mi stupisco io stessa dell’acutezza del pensiero che ho appena concepito, ma a quanto pare nemmeno questo sembra smuovere la decisione di Castiel.
«Fidati, l’ho già passato. All’inizio è facile dire così, ma ti assicuro che prima o poi non mi sopporterai più e vorrai farla finita con me.»
«Ma cos...» Rimango quasi a bocca aperta dallo sconcerto.
Le sue parole mi feriscono. Come può dire una cosa simile!?

Sono a dir poco esterrefatta, ma non devo demordere. «Credi che non sappia a cosa vado incontro? Non sarei arrivata fino a questo punto se non fossi convinta delle mie azioni!», protesto avvicinandomi di più a lui per la foga.
«Questo punto?» mi domanda con uno sguardo profondo.
«Insomma, potevo lasciare che andassi in un albergo, invece ti ho invitato a casa mia, ho…h» di colpo mi mancano le parole. Sento che stanno per arrivare le lacrime, ma non posso assolutamente permettermi di piangere davanti a lui. Perciò prima che sia troppo tardi continuo a parlare.

«Sinceramente non me lo sarei mai aspettato da te», confesso dopo aver ricacciato dentro ogni traccia di pianto e preso un bel respiro. «Non sei tipo da preoccuparsi di queste cose.»
«Vuoi dire che ti sembro uno superficiale? Che si fa la prima che capita fregandosene delle conseguenze?» esplode avanzando di scatto verso di me.
«Non intendevo in quel senso!» esclamo arrossendo e indietreggiando nel letto. «È che... Non puoi essere certo al 100% che andrà male.»
Dopo avermi osservato per un attimo con severità, Castiel si gira sbuffando dall’altra parte.

Non posso credere che la situazione sia precipitata così da un minuto con l’altro.
Fino a un attimo prima eravamo lì a punzecchiarci come due bambini di sei anni, e ora quasi non ci mettiamo a litigare. Mi chiedo che cosa abbia mai fatto per meritare un trattamento simile.

Ora che ci penso, ecco spiegato il motivo della sua freddezza a scuola. Lui non aveva mai avuto intenzione di approfondire la nostra storia; gli era chiaro fin dall’inizio.
E chissà per quanto tempo me lo avrebbe tenuto nascosto, se non glielo avessi chiesto io.

Non so più che fare. Ciò che sostiene lui lo considero inconcepibile e stupido, mente io ho cercato di convincerlo con motivazioni a mio avviso fondate; ma nemmeno queste hanno funzionato.
A meno che...

«Quindi è davvero ciò che tu vuoi?» Improvvisamente ho un flash, e capisco al volo quello che devo fare. Ma certo, è l’unica soluzione.
Castiel si volta verso di me e con assoluta impassibilità risponde: «Sì.»

«Allora così sia», annuncio infine. «Se il tuo volere è questo, lo accetterò.»
La sua espressione si fa prima stupita, poi soddisfatta. Sicuramente non se lo aspettava.
«Certo, non lo condivido», continuo, «ma lo rispetto. Prima o poi scoprirai quello che ti sei perso e allora sarà troppo tardi per tornare indietro; ma fino a quel momento... la vita è la tua e io non ho alcun diritto ad obbligarti a fare qualcosa che non vuoi.»

Dopo un lungo respiro mi sforzo di sorridere, ma l’effetto che ottengo è solo quello di inumidirmi ancora di più gli occhi. Ringrazio il cielo che almeno ci troviamo nel buio e non debba preoccuparmi di nascondere la faccia.

Sebbene sia stata una sofferenza indescrivibile pronunciare quelle parole, sono convinta di aver fatto la scelta migliore mettendo in chiaro le cose fin da subito. Qualsiasi problema, non appena individuato, dev’essere affrontato il prima possibile.

Sto ancora pensando fra me e me, quando dalla mia destra odo un rumore simile ad una risatina.
Mi volto sbalordita e scopro che è proprio Castiel che si sta trattenendo dal ridere.

«Ridi!? Che ci trovi di divertente?» sbotto furiosa e sconcertata.
Lui non riesce più a contenersi e comincia a sghignazzare nel suo solito modo.
Ormai non posso più fare nulla per frenare le lacrime, perciò abbasso ogni difesa scoppiando in una serie di singhiozzi incessanti.

Questi che sto vivendo adesso, sono e saranno senza dubbio i secondi più umilianti della mia vita.
Perché rappresentano non solo il dramma del rifiuto che ho ricevuto, ma anche il crollo di ogni mia certezza.

Vorrei poter scomparire nel nulla, ora, in questo momento, sotto il lenzuolo come in un trucchetto di magia. Ma, come sempre, la realtà con me è troppo crudele per concedermi un tale privilegio.

Trascorsi questi pochi secondi, che su di me hanno però pesato come cinquanta interminabili anni, sento di nuovo la voce tagliente e amara del mio compagno di classe.
«Okay, basta, è durata abbastanza», proclama fra un ghigno e l’altro, riprendendo fiato per l’eccessivo spasso. «Sarei troppo cattivo se continuassi.»

«Che significa!?» urlo disperata e confusa.
E lui di nuovo giù a ridere.

Il mio cervello non ne vuole sapere di tornare a funzionare, ma ecco che d’improvviso un lampo di lucidità si fa largo fra le sue parole e mi colpisce in testa come un fulmine, rendendomi la situazione chiara ed evidente.

«No...» sussurro con voce tremante; non oso credere che sia vero.
«Ti sei inventato tutto?» scandisco con severità.

«Però ammetti che il discorso era credibile!» esclama Castiel, al settimo cielo.

La prima cosa che mi viene istintiva di fare è afferrare il cuscino e affondarlo nelle vie respiratorie del mio avversario.
Questa volta non può passarla liscia. Lo voglio morto. Ora.

Spingo con tutta la forza che ho in corpo l’ammasso di piume contro la sua faccia, senza preoccuparmi se lo stia soffocando veramente. «Sei il re degli infami, Castiel. Ah!» Io, che mi ero illusa di poter ottenere ciò che volevo, ovviamente non avevo tenuto in considerazione la sua potenza. Ed è così che dopo neanche tre secondi di predominio, i ruoli si capovolgono e mi ritrovo ribaltata sul letto, con il mio compagno di classe che mi tiene ferma serrandomi i polsi, da sopra di me.
Ma io sono troppo infuriata per provare imbarazzo a causa della posizione a dir poco compromettente.

«Cosa credi di fare, piccoletta? Non hai ancora imparato?» sogghigna stringendo e portando le mie braccia più in alto.
«Possibile che non cambierai mai?» gli sbraito dimenandomi da ogni parte.

In risposta al mio tentativo di evasione, Castiel mi preme con forza sul letto, facendo aderire ancora di più il suo corpo sul mio.
Giuro che attorno a me sta per scoppiare un incendio, ma che è solo grazie alla collera sempre presente, se non rischio di andare a fuoco.

«Lasciami andare! Sei stato un cretino a scherzare su queste cose!»
«In realtà più che uno scherzo, voleva essere un test» mi confida, ad un tratto tutto serio.
«E che cavolo volevi testare?» gli domando con cautela e diffidenza, senza però smettere di divincolarmi.

Lo sguardo di Castiel si fa progressivamente più cupo e la sua presa meno ferrea, il che mi porta a smettere di muovermi e ad ascoltare che cosa ha da dire.
«Come ben sai», comincia lasciandomi andare le braccia, «io ho commesso un errore a fidarmi di Debrah in passato.» I suoi occhi sono severi e al tempo stesso tristi. «Non so come sia potuto succedere, ma all’inizio non mi ero accorto di quanto fosse subdola e bugiarda. Una che usa le persone solo per proprio tornaconto personale e non tiene loro davvero. Quando finalmente ho capito che genere di ragazza era e la nostra storia è terminata, ho cominciato a diffidare di chiunque. Non potevo farci nulla: è stata una forma di autodifesa.»
Lo osservo commossa, incredula per il modo in cui si sta aprendo con me.

«E poi sei arrivata tu», sorride ad un tratto, fissandomi dritta negli occhi.
Arrossisco violentemente e guardo subito da un’altra parte, mentre il battito cardiaco comincia da solo ad accelerare.

«Ma prima di cominciare una nuova relazione», continua subito dopo, «volevo accertarmi che non ti dimostrassi come lei. Per questo sono stato un po’... scostante, durante questa settimana. Volevo capire per quanto avresti insistito e se avessi messo al primo posto i tuoi desideri o i miei. Sì, lo so che è stato un mezzo un po’ meschino per scoprirlo, e che, nonostante ti avessi promesso di non esserlo più, mi sono comportato da stronzo. Ma, devi capire, l’ho fatto perché non posso ripetere l’esperienza avuta con Debrah. Quella pensava solo a se stessa infischiandosene di ciò che volevo io. Arrivava persino a fingere di piangere, pur di abbindolarmi. Invece le tue sono lacrime vere, non di coccodrillo.»
Sento una mano poggiarsi con sicurezza sulla mia guancia, così giro velocemente la testa prima che diventi incandescente.
Ma Castiel non si ritrae e comincia a passarmi un pollice sull’occhio, per asciugarlo dal pianto.

È incredibile come non si renda minimamente conto dello stato in cui mi trovo.
Potrei sciogliermi come un ghiacciolo sotto al sole di agosto, se solo mi toccasse un’altra volta.

«E a proposito, scusami per averlo fatto», conclude infine, inclinando leggermente la testa e accennando un sorriso.
«No, ti capisco... È bruttissimo quello che Debrah ti ha fatto passare. Ma io non avrei mai motivo di usarti», emetto tutto d’un fiato, senza avere il coraggio di incrociare il suo sguardo.

«Lo so. Per questo ho capito che non era più necessario continuare con lo scherzo», sussurra, scostandomi un ciuffo di capelli dalla faccia e provocandomi - come se non fossero già abbastanza - ulteriori brividi.

Cerco di fare lunghi e lenti respiri per calmarmi, ma continuo a sentirmi i suoi occhi addosso e ciò mi mette profondamente a disagio.

Rifletto su tutto quello che ha detto, sulle ragioni che lo hanno spinto a comportarsi così.
Penso che sia buffo come i ruoli si siano invertiti. Credevo di essere io quella a dubitare del suo amore verso di me, quando invece era lui che voleva accertarsi che il mio fosse autentico.

Mi sento finalmente sollevata. Ogni tassello del puzzle si è incastrato alla perfezione ed ogni cosa ha assunto un significato. Il mio cuore è più leggero, ora.

«Sai, ti devo confessare una cosa», dice avvicinandosi di più a me. «È stato veramente difficile trattenermi, poco fa. Spero non te la sia presa.»
Deglutisco.

Per quanto mi infastidisca ammetterlo, non potrei mai negarlo. Sarebbe una bugia bella e buona. Perciò rispondo: «Caro Castiel, perché godi tanto nel farmi impazzire?»
«Perché ti amo».

Spiazzata, mi volto istintivamente a guardarlo, indecisa se scoppiare di nuovo in lacrime o collassare dall’emozione.
Sta sorridendo, con gli occhi che brillano intensamente, accarezzati appena dal chiarore lunare. Il suo viso ha dei lineamenti più dolci del solito... Dio, non è mai stato così bello!

Ma io, testarda come un mulo, ho ancora la forza di non scompormi.
«Non è un valido motivo per-»

Non mi è possibile completare la frase.
Le parole sono soffocate dalle labbra di Castiel premute sulle mie.

Prima che abbia il tempo di realizzare quello che è appena successo, i miei sensi vengono di nuovo travolti dal suo profumo, che adesso mi sembra più forte, ipnotico e seducente di prima.

Sono completamente paralizzata. Rimango immobile, con gli occhi ancora aperti, mentre Castiel, senza dubbio più esperto ed abile di me, fa il resto.
Mi bacia con una tenerezza che non avrei mai creduto possibile, mentre fa scivolare una mano sotto alla mia schiena e l’altra dietro alla testa.

Con il cuore che trabocca di gioia, trovo finalmente la forza per rispondere, anche se in un modo piuttosto goffo.
Lo sento sorridere senza staccarsi da me, così affondo le mani tremanti nei suoi capelli folti premendo appena per avvicinarlo di più.

Vorrei che questo momento non finisse mai, nel timore che si riveli essere solo un sogno.
E se per disgrazia dovesse esserlo, allora vorrei non risvegliarmi mai più.







Okay dopo averlo riletto a distanza di settimane, posso dire che sono negata con i finali o_o
A parte la schifosaggine della conclusione, spero che quest’ultimo capitolo vi sia piaciuto, e anche la storia in generale. Avevo in mente di scriverla da diverse centinaia di mesi… quindi sono soddisfatta di avercela fatta! (al contrario delle altre dieci mila fic mai finite *coff coff*)
Soprattutto, spero che tutta la questione di Castiel sia credibile T_T Ci tenevo a inventarmi qualcosa di più complesso del solito “io ti piaccio, tu mi piaci, ok mettiamoci insieme.”
Non so ancora se questa storia mi convinca…all’inizio la adoravo; ora che la rileggo per la millesima volta la trovo abbastanza stinfia… Che palle xD
E niente, non c’è altro da dire… Non so se continuerò a scrivere su Dolce Flirt (a parte Narcisismo al Cioccolato, che DEVO finire), più che altro perché ormai quasi nessuno sembra leggere le mie storie xD Non che scriva in base agli altri ovviamente, però un parere del pubblico è necessario per capire se una storia funziona o meno. Quindi scrivere senza sapere poi le opinioni a riguardo, non mi aiuterebbe a migliorare D:
Vedrò. Se vedo che c’è ancora qualcuno che considera questa storia, magari mi sarà da sprone… altrimenti nada xD

Grazie a tutti!
Alla prossima ;)


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