Il
vento faceva rotolare i granelli di sabbia.
L’uomo
guardava dritto davanti a sé, piegato sulla sporgenza di una
rupe: il piede
della gamba sinistra era appoggiata su una enorme roccia, la gamba era
piegata
al ginocchio, il gomito del braccio sinistro appoggiava sul ginocchio
della medesima
gamba e il mento del viso dell’uomo era posato sul pugno
della mano sinistra.
Lo
sguardo era perso nel nulla, come se fosse in meditazione: davanti a
sé un
deserto, immenso, piatto, senza alcuna duna, bianco e luccicante, di
cui si vedeva
solo la linea dell’orizzonte verso l’infinito,
mosso dall’aria calda che da
esso saliva verso il cielo.
Il
vento caldo saliva anche dal deserto verso la montagna, investendo
l’uomo.
Alle
sue spalle si era lasciato delle alte montagne, con enormi distese di
verde e
le vette innevate da nevi perenni, da cui un’aria fredda
scendeva lungo il
crinale.
Era
nell’emisfero sud di un pianeta, in piena estate, a lui
sconosciuto e quella
zona del pianeta era secoli che non vedeva acqua.
L'uomo,
all’improvviso, sentì uno sbuffo di calore sulla
sua spalla sinistra: passò il
dorso della mano destra sulla quella spalla più volte, come
per scacciare via
qualcosa.
Riportò
la mano destra sul pomolo della sua spada, che aveva un’elsa
elaborata ed era inserita
in un fodero nero, con una riga di color rosso scuro nel mezzo:
l'impugnatura
era nera come la pece, con degli strani riflessi blu, mentre il pomolo
della
spada era costituito da un rubino rosso, grosso quasi come il pugno
dell’uomo.
L'armatura
dell'uomo era anch’essa nera, con strani riflessi blu,
formata da varie placche
sovrapposte una sull'altra, dando però
l’impressione di una struttura unica, che
la rendeva resistente ai colpi di molteplici armi, sia da fuoco che da
taglio, ma
anche leggera e pratica da utilizzare.
Il
mantello, che gli copriva la schiena dalle spalle fino quasi ai piedi,
era di
colore rosso scuro, con uno stemma d’orato, disegnato sulla
spalla destra.
L'elmo
era di forma cilindrica, che finiva a cono, con la visiera che copriva
completamente il volto: la particolarità di
quell’elmo era che non vi era
nessun tipo di fessura e al posto dei fori per gli occhi vi erano due
rettangoli di un colore più chiaro dell'elmo.
Lo
sbuffo caldo giunse ancora una volta sulla sua spalla sinistra
dell’uomo e i
due rettangolari dell'elmo dell'uomo passarono da un blu scuro al rosso
vivo.
L'uomo
si rialzò dritto, torse il busto verso sinistra e
alzò verso sinistra la testa:
il muso triangolare di un enorme drago, con la pigmentazione nera,
completamente ricoperto di una armatura dello stesso colore e dello
stessa
struttura di quella dell’uomo, gli stava davanti a pochi
centimetri dalla sua
testa.
Il
drago sbuffò ancora dell’aria calda dalle narici,
leggermente colorata di nero.
L’uomo
fu investito da quell’aria calda, nauseabonda e gli occhi
dell'uomo divennero
gialli, così come gli occhi dell'elmo del drago.
L’uomo
si girò completamente verso il drago, muovendo la mano
sinistra davanti
all’elmo, cercando di allontanare quell’aria scura
e puzzolente.
I
due si guardarono per alcuni secondi.
Poi
l'uomo si accorse di una figura, posta alla destra del drago, con una
armatura
simile alla sua, ma di colore rosso, con un mantello di color oro.
La
figura era decisamente femminile, date le sue forme e la grazia con cui
si
muoveva: a sinistra della cinta aveva una spada, con un’elsa
elaborata e un
pomolo formato da una pietra di color blu cobalto, grossa quasi come un
pugno;
il fodero era rosso con una riga nera che la percorreva per tutta la
lunghezza.
Dietro
a lei, un po' più in alto, un altro drago fece capolino da
dietro una rupe, con
una pigmentazione rossa e una armatura del medesimo colore.
L'uomo
guardò la donna, mentre il drago, poggiato solidamente sulle
sue quattro zampe
fornite di zampe con dita provviste di poderosi artigli,
alzò completamente la
testa e il suo lunghissimo collo, aprendo contemporaneamente le enormi
ali: il
drago era lungo più di venticinque metri dalla punta del
naso alla coda, la
quale terminava con un palla piena di aculei, mentre ogni ala era lunga
quanto
il suo corpo, formata da una dura membrana.
Il
drago, muovendo le ali, lanciò un urlo che
echeggiò contro le pareti della
montagna.
Più
in alto un'altra armatura, di color blu, fece capolino da dietro un
masso, accompagnato
dal testone di un drago dello stesso colore.
La
donna vestita di rosso si avvicinò all'uomo.
“Perché
ci hai portato fino a qui? Non ti andava bene la pace o il solo suono
di quella
parole continua a darti fastidio?”
Gli
occhi dell'uomo divennero azzurri.
“Sai
benissimo che non avremmo avuto un futuro, se non quello di morire in
silenzio,
chissà quando.”
“Preferisci,
allora, portarci a morire
lontano da
casa?” Disse lei, con voce suadente.
L'uomo
non rispose.
“Allora,
ci muoviamo?”
L’urlo,
roco, arrivava da un uomo posto il alto, a destra del cavaliere nero:
era un
tipo piccolo, tarchiato, con un elmetto verde scuro in testa, con il
sottogola
slacciato, un tuta di color kaki e un enorme sigaro in bocca, che
bucava una
maschera collegata, con un tubo, ad un parallelepipedo legato alla
cintura.
Il
cavaliere si ricordò di quando aveva conosciuto
quell’uomo, sul suo pianeta.
Era
arrivato in un giorno di inverno, per l’emisfero nord del
pianeta ove vi era la
capitale, freddo, anche se era una giornata priva di nuvole e con il
sole a
picco sopra lo zenit del castello del re, su un veicolo che solcava nel
cielo.
Lui
aveva visto solo i draghi volare e di oggetti che volavano ne aveva
sentito
parlare solo dai maghi più anziani, come leggende: ma quelle
che aveva davanti a
lui non erano leggende, ma cose vere.
L’uomo,
che sembrava un militare, era sceso da quel veicoli, camminando in modo
strano,
con le gambe arcuate, trattando tutti, compreso il re, con fare
superiore.
Data
la struttura del pianeta, con una bassa densità ed una
atmosfera rarefatta, il
militare e i suoi uomini si muovevano sempre con quella strana maschera
in
faccia e un macchinario che faceva si che non si alzassero in volo
senza ali.
Quella cosa aveva divertito tutti, ma si erano anche resi conto che
rispetto a
quegli uomini, loro erano molto più alti, grossi: per quanto
riguardava la
forza fisica, se non fosse stato per le loro dimensioni (il cavaliere
era alto
più di tre metri, quasi un persona normale su quel pianeta)
spesso, in una
lotta corpo a corpo con gli uomini del generale, anche se pur piccoli a
loro
confronto, avrebbero miseramente perso.
Il
militare voleva sfruttare il pianeta per l’estrazione di
qualche oscuro e raro
materiale, se mai esisteva.
Di
certo era una scusa bella e buona per sottometterli.
Ma
il cavaliere aveva pensato che, anziché essere sfruttati,
l’ideale era di usare
i nuovi arrivati e cogliere l’occasione che da tempo
aspettavano lui e i suoi
simili.
Da
tempo, anzi da secoli, la discussione tra l’uso della magia e
della tecnologia
sul suo pianeta era in corso tra coloro che possedevano la magia e
quelli che,
per un volere del fato, o di chissà chi, non ne avevano il
dono.
E
spesso si era fantasticato su un pianeta da cui tutti provenivano:
quello su
cui vivevano non era, a detta di molti documenti in possesso dei maghi,
il loro
pianeta natale.
L’idea
del cavaliere era andare sul loro remoto pianeta natio, ammesso che
ancora
esistesse, la cui posizione era stata scoperta per caso guardandolo su
antiche
mappe da parte di alcuni scienziati non maghi: scoprire cosa era
realmente
successo e tornare con qualcosa di concreto alle innumerevoli domande
che da
tempo si facevano, abbandonando, poi, eventualmente, al suo destino il
militare
e chi era con lui.
Al
cavalieri gli ci volle parecchio per convincere tutti, anche
perché l’idea non
era piaciuto a nessuno: il militare, oltra
a dover modificare le navi per trasportare gli abitanti
del pianeta,
abituati ad atmosfera e gravità diverse dalle sue, doveva
portare i draghi
sulle astronavi cargo e poi sbarcarli sul pianeta, con non si sa quale
mezzo (i
draghi erano enormi per qualsiasi traghetto spazio/terra in uso alle
navi
spaziali); i cavalieri non volevano viaggiare con i draghi rilegati in
spazi
angusti, (diventano poco socievoli e, comunque, si dovevano trovare dei
volontari, che quasi sicuramente sarebbero stati i più
scavezzacolli delle
tribù); i maghi avevano paura di scoprire cose non gradite e
i non maghi erano
in pensiero perché il loro poco potere, se scoperto qualcosa
di importante, avrebbe
potuto finire nel nulla.
Il
cavaliere, alla fine di parecchi giorni di discussione,
riuscì a mettere tutti
d’accordo, promettendo al generale un compenso in oro
ragguardevole, di cui,
ovviamente, il generale non ne fece parola con nessuno.
Il
generale, su dei disegni segreti in possesso solo dei maghi, fece
costruire alcune
navette per il trasporto dei draghi dal pianeta a delle navi cargo
speciali,
fatte venire apposta da un pianeta miniera, uniche navi spaziali che
potevano trasportare
quegli animali.
Quindi
partirono solo pochi cavalieri, circa un centinaio, con i loro draghi,
alcuni
maghi, nessun non mago (il cavaliere nero si era
“prestato” a far da giudice
sul materiale raccolto), il militare, i suoi uomini e tutto il
personale
addetto alle parecchie navi spaziali che presero parte alla missione.
Il
pianeta fu subito identificato e rintracciato nello spazio cosmico.
Era
un pianeta simili a quello da cui provenivano i maghi e i cavalieri,
con bassa
densità e aria rarefatta.
Il
luogo di discesa per il primo approccio sul pianeta lo aveva scelto il
generale.
“E’
un posto carino e simpatico!” Aveva detto: cosa ci vedesse di
carino e
simpatico in una pianura, circondata da alberi, vicino ad alte
montagne, lo
sapeva solo lui.
Ma
nessuno discusse e furono scaricati tutti i draghi con i cavalieri e
molte
macchine terrestri che procedevano alcune con enormi ruote, altre con
cingoli e
con torrette, alcune rotanti e altre fisse, armate da armi diverse per
forma e
grandezza.
Scavalcarono
le montagne in men che non si dica, senza trovare nulla di
interessante, e
senza che nessuno gli fermasse, seguendo le indicazioni che provenivano
dalle
navi spaziali.
Ora
bisognava attraversare quel deserto, enorme: un tipo di terreno che sul
pianeta
dei maghi non esisteva.
La
donna risalì la montagna e accarezzò il muso del
suo drago, salendogli sulla
sella, posta davanti all’attaccatura delle ali.
L'uomo
fece lo stesso, dando poi un leggero colpo coi tacchi degli stivali al
corpo
del drago, che, lanciando l’ennesimo urlo contro il cielo,
aprendo d’improvviso
le enormi ali, si alzò in volo.
Lo
seguì la donna con il drago rosso, il cavaliere con il drago
azzurro e tutti
gli altri draghi, di colore, dimensioni dei corpi e forme delle ali
diverse,
tutti cavalcati da cavalieri con armature colorate e armi, alcune poste
sul
fianco delle selle, di vario tipo.
Intanto,
dalla montagna, incominciarono a scendere, verso il deserto, i vari
mezzi
corazzati.
In
uno dei veicoli ruotati vi era l'uomo che aveva sollecitato la
partenza, con
due donne e, oltre all'autista e al motorista, alcuni uomini armati.
“Cosa
ti è venuto in mente di metterti d’accordo con
questi tizi?” disse la donna
vicino all'uomo, togliendosi momentaneamente la maschera, sporgendosi
verso di
lui e sottolineando la parola “accordo”: la donna
indossava una tuta aderente
di colore nero e stivali alta con tacco, con la solita cintura con
attaccata la
scatola.
Portava
lunghi capelli neri, la pelle del viso era chiara, indossava occhiali
scuri con
le lenti riflettenti di forma ovale e le labbra, carnose, erano
ricoperte da un
rossetto rosso fuoco e faceva di tutto per non nascondere tutta la sua
femminilità.
L'uomo
girò la testa verso la donna, con quell'enorme sigaro
puzzolente stretto tra i
denti, passante per un foro della maschera e, con un fare da padrone,
picchiettò la sua mano sinistra sulla coscia destra della
ragazza.
La
ragazza cacciò la mano dell'uomo e lo guardò di
traverso, rimettendosi la
maschera e ansimando rumorosamente.
“Non
ti preoccupare!” disse l'uomo “Io so come trattare
con certe persone. Ho mai
tradito la tua fiducia e quella della compagnia?”
La
donna fece una strana smorfia con il viso e si voltò verso
l'altra donna, in
ombra all’interno del mezzo, che giocava distrattamente con
un'astina di
metallo lunga circa cinquanta centimetri.
La
donna sbuffò, girò la testa verso l'autista e
appoggiò la testa allo schienale,
chiudendo gli occhi, cercando di dormire un po’, mentre il
blindato, durante la
discesa, sbatteva di qua e di là i suoi occupanti.
I
draghi volteggiavano nel cielo, in ordine sparso, a varie quote e
distanziati
tra di loro.
L'uomo
sul drago nero non fece caso alla disposizione dei suoi compagni,
preoccupato
più di curare il cielo e la terra, con i mezzi corazzati che
correvano sotto di
lui, verso il deserto, uno dietro l’altro.
Si
erano già allontanati parecchio dalla montagne, ma la
colonna dei mezzi corazzati
continuava a scendere dalle montagne.
Cosa
serviva un tale schieramento con così tanti mezzi, quando
sarebbero bastati lui
e metà dei suoi compagni inviati sul pianeta per
sottomettere qualsiasi tipo di
primitivo nemico?
L'uomo
si girò a guardare i suoi compagni: subito gli ultimi
quattro draghi si
alzarono di quota, facendo ampi cerchi sopra gli altri draghi.
L'uomo
riguardò giù e controllò la colonna
dei blindati, che aveva finito di scendere
dalla montagna, e ora si disponevano a ventaglio sul terreno, alzando
alte
nuvole di sabbia.
Il
cavaliere si alzò di quota, per poter vedere il
più lontano possibile.
A
poco a poco incominciò ad intravvedere la fine del deserto,
con delle alte
montagne che si avvicinavano lentamente, di un colore, per colpa del
sole alto
e del riflesso di esso sulla sabbia, non ben definito.
Ma
una cosa, mano a mano che si avvicinavano alle montagne,
attirò la sua
attenzione: una struttura, enorme, di forma semi sferica, che si
stagliava
davanti a lui, all'inizio di una profonda gola posta tra le montagne.
Il
cavaliere rimase stupido da quanto enorme fosse quella struttura,
adagiata su
una roccia a strapiombo sul deserto, mentre, dietro ad essa, una nube,
prodotta
dall’acqua che cadeva dalle alte montagne, formando una
enorme cascata, creava un
incredibile arcobaleno nel cielo.
Era
la cosa più strana che avesse visto: si chiese subito dove
tutta quell’acqua
andava a finire, visto che davanti alla cascata vi era
quell’enorme terra
bruciata dal sole.
Proprio
in quel mentre, la seconda ragazza all'interno del blindato smise di
giocherellare con il pezzo di metallo, alzando la testa, come se si
stesse
mettendo all'ascolto di qualcosa.
La
donna in nero notò quello strano cambiamento nella ragazza
e, spaventata, continuando
a guardare la ragazza, cercò a tentoni la spalla destra
dell’uomo e la picchiò,
con la mano sinistra: l’uomo si girò da quel lato,
guardandola la donna con il
suo solito fare sgradevole: la donna girò la testa verso il
militare e indicò,
con un cenno del capo la ragazza e l'uomo, fissandola, si tolse il
sigaro dalla
bocca e dalla maschera.
Sulla
astronave madre, posta in orbita bassa del pianeta, successe lo stesso
ad uno
dei maghi presenti sul ponte di comando.
Si
chiamava Joirk: era alto, magro, con il viso scavato e un naso adunco,
occhi
azzurri, e stava fissava il nulla.
Lui
ed altri maghi erano in una zona confinata della sala comando,
rivestita di
vetro per poter vedere tutto quello che succedeva nella sala, con
un’atmosfera
e gravità modificata apposta per loro.
Il
comandante della nave, un certo Kirk Delano Koneig, che stava
controllando su
alcuni video il viaggio dei draghi e dei blindati sul pianeta, non si
accorse
subito del fatto: glielo fece notare una attendente, che tocco la
manica al
comandate e gli indicò il mago.
Il
comandante si avvicinò ad un punto della parete in vetro
dove vi era un
interfono, ma fu anticipato da una figura, più bassa del
mago, incappucciata e con
una abito nero lungo fino ai piedi, che blocco l’interfono.
Il
comandante si fermò e rimase lì, incapace di
capire cosa stesso succedendo.
Ad
un certo punto il mago si risvegliò dal suo torpore e si
avvicinò all’interfono,
mandando via il nuovo venuto con un cenno della mano.
“Cosa
è quella cosa sul fondo di quella gola?” chiese
Joirk, indicando un monitor
dove veniva visualizzata quanto visto da una telecamera posizionata sul
primo
blindato della colonna.
L'animazione
nella sala controllo fu grande: quella struttura era visibile sul
video, ma non
era stata evidenziata dai rilievi del terreno effettuato dai satelliti
messi in
orbita per mappare velocemente il terreno del pianeta.
Ad
un più attento esame, la struttura aveva una base a forma
ovale, con le mura di
cinta a strapiombo delle rocce, con strani pilastri semi curvi, che si
alzavano
sopra la struttura, verso il cielo: all'interno del recinto della
struttura vi
erano palazzi, grattacieli, ogni altro tipo di abitazione, vie, piazze
e
fontane ancora funzionanti.
Tutti
gli edifici risultavano in ordine e immacolati, come se gli abitanti
non se ne
fossero mai andati: in realtà non si muoveva una mosca e non
si vedevano né
mezzi né esseri viventi muoversi sul terreno.
La
definizione di enorme, per quella struttura, era esatta: dalle
misurazioni di
un addetto della sala di controllo, l'ovale era, nella sua direttrice
maggiore,
lungo più di cinquanta chilometri e, nella direttrice
minore, era larga
venticinque chilometri e i pilastri semi curvi erano alti alcuni
chilometri.
“Come
ha fatto a non essere mappata dai satelliti?” Chiese il
comandate, guardando
l'enorme città.
Uno
dei monitor incominciò a emettere uno strano sibilo:
l'addetto guardò il
monitor e schiaccio subito il tasto dell'allarme.
Il
comandante si diresse alla postazione e sul monitor apparvero dei dati
non molto
rassicuranti.
“Avvisate
la colonna!” Urlò agli addetti delle
comunicazioni. ”Ditegli di stare lontani
da quella città!”
“Non
vi preoccupate.” Disse Joirk, con voce calma. “Turk
e Nail sono già stati
avvisati!”
Sul
pianeta l'uomo in nero indicò ai dragoni di indirizzarsi
verso destra, per
tenersi lontano dalla città, e lo stesso fecero i blindati,
indirizzati dalla ragazza
con la bacchetta nel blindato.
I
draghi erano nervosi e i cavalieri ebbero il loro da fare a tenerli
calmi.
I
draghi atterrano in una ansa della enorme gola, posta tra le due
montagne ai
cui piedi vi era la città, dove si formava un enorme
altopiano, lontani da quel
luogo misterioso, mentre i blindati, seguendo una strada battuta,
salivano la
gola fino alla zona dove si erano fermati i draghi.
Appena
il blindato del generale si fermò, Turk, il cavaliere
vestito di nero, e Lyla,
la cavallerizza vestita di rosso, si avvicinarono con fare minaccioso.
Turk
si era tolto l'elmo e mostrava il suo viso, ovale, senza capelli, con
il naso
schiacciato e delle enormi narici, con una pigmentazione scura, con una
cicatrice verticale sulla guancia destra ed una cicatrice orizzontale
sulla
guancia sinistra, che partiva dal sotto l'occhio e arrivava
all'orecchio.
Lila,
invece, aveva un viso rettangolare, mascella squadrata, occhi chiari e
capelli
neri, legati a coda di cavallo.
Tutte
e due erano molto più alti dei soldati del militare,
tenevano i loro elmi sotto
braccio, mentre le mani libere erano appoggiate sulle elsa delle loro
spade.
Dal
blindato scesero prima Nail, la ragazza che giocava con la bacchetta,
anche lei
alta come Lyla, poi la donna, la cui testa arrivava
all’altezza della cinta di
Nail, e il generale.
Nail
si diresse vero la cavallerizza e, prendendosi per mano, si scambiarono
un
bacio sulle labbra, poi si voltarono verso la donna, che, in pedi,
mostrava
tutto il suo corpo veramente da mozzafiato.
“Non
ci pensate nemmeno!” Disse a loro, con fare preoccupato,
tenendosi con la mano
la mascherina per respirare, nascondendo il rossore del viso.
Le
due donne risero.
“Lei
è mia sorella!” Disse Nail indicando Lyla.
Turk
fece un mezzo sorriso, ma poi guardò truce l’uomo.
Turk
aveva sentito chiamare la donna, che era scesa dal blindato, Hunter, ma
non ne
era molto sicuro di quello strano nome.
“A
quanto pare i tuoi sistemi tecnologici non
funzionano così bene come dicevi!” Disse Turk,
guardando torvo il generale.
L'uomo,
che arrivava al femore di Turk, alzò la testa, con il suo
puzzolente sigaro in mano,
guardandolo con fare da uno che sa il fatto suo e si mise ad urlare a
causa
della maschera.
“Ti
avevo detto che poteva non essere un passeggiata, mi sembra. Anzi, ti
avevo
detto che il pericolo sarebbe stato il tuo solo pensiero! Quello che si
cerca prima
o poi, se non addirittura spesso, si trova!”
“Sì.
Ma quello è più di un pericolo! Non vedi, anche
gli animali ne stanno lontani!”
disse Lila, indicando degli animali con le ali che, avvicinandosi a
quei strani
pali, se ne scappavano di gran fretta, urlando con le loro stridule
voci.
“Come
è possibile ?” disse Nail.
Il
Generale si grattò il mento, mentre si girava a guardare
quella strana città.
“Tu
e i tuoi maghi come mai non lo avete “sentito” il
pericolo?” gli disse la donna
rivolta a Turk.
“Perché
non è un pericolo! Ma di certo c’è
qualcosa che non va. Non è abitata, gli
animali non si avvicinano e anche i draghi sono
nervosi. E non so
neanche se sarà possibile usare armi come quelle che avete
voi in città!” Gli
rispose Nail, sfregandosi il mento pensierosa.
Nail
si avvicinò a Turk.
“Sei
sicuro che non si senta niente? Io non sono molto esperta, ma Joirk
dice che
non era visibile neanche ai satelliti. Sei sicuro che la magia in
quella città
non sia più forte di quello che pensiamo. Non è
il caso che...”
Turk
la zittì con una mano.
Il
sole stava calando dietro le montagne e il freddo e il buio della notte
avanzavano, silenzioso e inesorabili.
“Accendete
i fuochi! Per stanotte dormiremo qui.” Incominciò
ad urlare Turk. “Lyla,
organizza turni di guardia tra i nostri e gli uomini del generale. Uno
dei
nostri, con il suo drago, e tre di loro. Non si sa mai...”.
Il
generale non controbatté e con Hunter si diresse verso il
blindato.
Sulla
nave spaziale il comandante parlò via radio con Hunter,
organizzando il
controllo della zona con satelliti a bassa quota e droni, inviati di
gran
fretta nella bassa atmosfera, e decidendo l'invio, per il giorno dopo,
di
veicoli volanti sul pianeta con altri militari armati.
Turk
guardò Nail e Lyla.
“Prendete
le bacchette, ditelo anche agli altri! Fate tutto il possibile
perché nessuno
di avvicini...” disse Turk, mentre un urlo lancinante
squarciò il silenzio, seguito
da un latrato e poi un altro più lontano.
“Meglio
fare presto! La notte sarà lunga.” Disse Turk.
Hunter
uscì dal blindato di corsa, verso Turk.
“Cos'era
quell'urlo?”
Turk
la guardò con dolcezza.
“Non
lo so. Ma stia dentro il blindato. Ci pensiamo noi!”
Turk
si mise l'elmo e se ne andò.
Lyla
guardò con un mezzo sorriso Hunter che entrava nel blindato
e eseguì gli ordini
di Turk.
I
draghi lanciarono alte urla, cercando di far paura a chi latrava.
I
latrati si spostarono, poi, verso la città, lasciandosi alle
spalle la
comitiva.
I
fuochi, scoppiettanti, erano stati accesi intorno e dentro al campo dai
draghi,
che lanciavano fiamme sui fasci di legna raccolti dai militari.
Gli
uomini del generale si erano divertiti a quel modo di accendere i
fuochi, per
poi venire subito richiamati all'ordine dai vari sub-comandanti.
I
cavalieri tolsero l'armatura ai draghi che non erano stati messi di
sorveglianza del campo.
Turk
e altri cavalieri, insieme alla maga Nail, fecero magie tutto intorno
al campo
per più di mezz'ora e, alla fine erano stanchi, ma
soddisfatti del lavoro:
nessuno si poteva avvicinare al campo senza mettere in allarme
cavalieri,
draghi e maga.
La
notte trascorse tranquilla, con qualche rumore da parte di animali
all'esterno
al campo e il brontolio sordo dei draghi che dormivano.
Il
Generale, all'interno del blindato, con Hunter, controllò i
rilievi in 3D all’infrarosso
dei satelliti sull'interno della città, che rilevarono un
numero imprecisato di
strani esseri che vi si aggiravano in modo sospetto.
Ma
non notarono nient'altro e decisero anche loro di andare a dormire: al
mattino
avrebbero deciso il da fare.
Al
primo sorgere del primo sole tutti si svegliarono.
L’animazione
per la partenza crebbe.
Ma
nessuno si accorse di una figura, piccola, magrolina, che si era
avvicinato ai
blindati, sistemati sulla parte della gola che dava verso il deserto:
aveva i
vestiti laceri ed era parecchio sporco.
Uno
dei draghi, svegliandosi, lo notò, e incominciò
ad emettere strani versi
all’indirizzo dello sconosciuto.
Questi
si fermo contro uno dei mezzi, cercando di nascondersi, estraendo da
sotto i
vestiti una strana bacchette in legno, non più lunga di
venti centimetri.
Uno
dei cavaliere sfoderò la spada e, insieme al drago che aveva
notato la figura,
con l’ausilio di alcuni soldati, si avventò contro
l'essere, che si mise subito
ad agitare la bacchetta, sprigionò lampi di luce arancione
contro i soldati, che
schivarono i colpi, mentre Nail colpì l’essere in
pieno petto con un fascio di
luce color rosso uscita dalla sua bacchetta.
L'essere
venne tramortito e cadde per terra, esanime.
Tutto
quel movimento fece sì che il campo fosse, in pochi minuti,
già in fermento.
L'essere
fu portato vicino al blindato del generale.
Aveva
degli strani calzari, dei pantaloni, una camicia e un giacca, tutti
alquanto
logori.
Turk
controllò la bacchetta di legno, alquanto rozza, e la
rigirò tra le dita per
alcuni momenti, per poi passarla a Nail, che gli si era avvicinata.
“Strana.
Non ne ho mai viste così. E penso che neanche i maestri le
usano più.” Disse
Nail, mentre Turk controllava l’essere: era un ragazzo, forse
sui quindici
anni, con un taglio degli occhi a forma di mandorla, una pigmentazione
della
pelle giallognola e le dita della mani erano lunghe e affusolate.
Lyla
gli diede una pedata, per vedere se era sveglio.
Il
ragazzo non si mosse, ma Nail capì subito che faceva finta
di essere svenuto.
“Io
direi di ucciderlo subito!” Disse Nail, inginocchiandosi e
sporgendosi in
avanti verso il ragazzo. “A cosa ci può servire?
Vivo o morto per noi è lo
stesso.”
Il
ragazzo aprì l'occhio destro per vedere cosa succedeva
intorno a lui e si
ritrovo il muso del drago nero a pochi centimetri.
Il
ragazzo non sembrava spaventato e disse qualcosa in una lingua
incomprensibile.
Il
drago sbuffò, poi si girò verso Turk.
“Parla
nella antica lingua!” Affermò il drago.
Tutto
i soldati rimasero stupefatti, compreso il Generale e Hunter: non
avevano mai
sentito parlare i draghi.
Turk
guardò il ragazzo: Hunter scrutava tutti i presenti e aveva
sempre creduto che Turk
usasse la telepatia per parlare con il drago.
Il
silenzio durò alcuni minuti, fino a ché un forte
rumore provenne dal cielo.
I
mezzi aerei, promessi la sera al Generale dal comandante dell'astronave
madre,
erano arrivati: erano una cinquantina e alcuni si fermarono su uno
spiazzo più
in alto del campo principale, mentre gli altri continuavano a ronzare
sul campo
e tra il campo e la città.
I
draghi rumoreggiarono e alcuni, infastiditi, lanciarono delle fiamme
verso il
cielo.
“Cosa
le ha detto?” Chiese Hunter a Turk.
“Non
adesso. Dobbiamo prima entrare in città per cercare dei
documenti. Voi restate
qui al campo..” Rispose Turk, con la faccia preoccupata.
“Non
se ne parla!” Disse Hunter, muovendo il dito indice della
mano destra verso il
naso di Turk. “Vengo con voi! E non ammetto
discussioni!”
“Come
volete, mia signora!” Disse Turk, facendo un inchino.
“Preparate
i draghi, si parte!” Urlò Turk ai suoi uomini e
tutti misero le armature ai
draghi.
Hunter
salì in sella con Turk, il ragazzo sali in groppa la drago
di Lyla e Nail
rimase al campo, contrariata, a protezione degli uomini del Generale.
Il
gruppo partì, in formazione serrata, verso la
città.
Da
uno dei veicoli volanti scese un mago, anziano, con un bastone munito,
in
testa, di una strana pietra, e si avvicinò al campo in
silenzio, senza farsi
sentire.
“Problemi
Nail?” Chiese alle spalle della ragazza.
“No,
Maestro.” Disse Nail, con fare indifferente, scrollando le
spalle. ”Ma non
capisco perché siete sceso sul pianeta?”
Nail
si girò a guardare l’anziano uomo, con i capelli
bianchi, sovrappeso, più alto
di lei, l’andatura claudicante e un occhio chiuso da una
ciccatrice.
“Devo
controllare… devo verificare.. una leggenda..”
Disse lui, pacatamente.
“Quale
leggenda?” Chiese Nail, preoccupata, scrutando il viso del
maestro per cercare
risposte.
L'uomo
non rispose, andando verso il blindato del Generale, mentre i soli
ormai
illuminava tutta la valle, scaldando l'aria.
I
draghi volavano verso la città: Turk era preoccupato e il
ragazzo, con cui
parlava mentalmente, lo indirizzò verso una zona della
città considerata
sicura.
Era
una enorme piazza, vero il deserto, su cui si affacciavano degli
edifici abbastanza
importanti della città.
Turk
atterrò nel mezzo della piazza.
Tutto
era rimasto intatto: il lastricato di pietra, i palazzi ai bordi della
piazza e
anche una fontana al centro di essa, anche se senza acqua, non dava la
minima
idea che la città fosse stata abbandonata da tempo.
Turk
suddivise la compagnia in vari gruppi, per controllare gli edifici che
circondavano la piazza.
Il
ragazzo indicò, scendendo di corsa dalla sella del drago, un
edificio basso,
posto sul lato nord della piazza: lui lo chiamava “il
laboratorio
dell'alchimista”.
Turk
conosceva alcuni alchimisti del suo pianeta, ma non avevano mai
raggiunto
grandi successi senza la magia.
Il
ragazzo, da quanto aveva capito Turk, era uno dei discepoli di un
alchimista,
un certo Kilmi, che però non lavoravano più nella
città, ma in un remoto paesino
al di là delle montagne.
Entrando
nell'edificio, Turk notò molti quadri sui muri che
ritraevano dei famosi
alchimisti di tutti i tempi passati, ma i loro volti erano diversi:
alcuni avevano
i volti rotondi e i corpi tozzi, altri avevano fisionomie quasi
scimmiesche,
altri ancora avevano volti lunghi e scarni.
“Uno
assomiglia a Joirk,
non ti pare Turk?”
Disse Lila, alle spalle di Turk.
Turk
si avvicinò al quadro, insieme a Hunter.
Il
volto del quadro era esattamente quello del mago rimasto sull'astronave.
“Allora
è vero!”
Ma
la voce di Turk fu soffocata da uno sbuffo di un drago di color giallo,
che
aveva infilato la testa attraverso la porta principale.
Il
drago riferì un messaggio telepatico e Turk e si ritrasse.
“Meglio
uscire da qui! Non siamo al sicuro.”
Turk
si incamminò verso la porta, ma Hunter ebbe da ridire.
“Siamo
qui, perché andar via?” Urlò Hunter.
“Se
volete, spiegatelo voi a quello!” Esclamò Lila,
indicando qualcosa che si
muoveva dietro a Hunter.
Hunter
vide un ombra che si muoveva alle sue spalle: la figura assomiglia
vagamente ad
un enorme lucertolone.
Hunter
evitò di girarsi e corse verso l'uscita, mentre
l’animale, rumorosamente,
usciva dal suo nascondiglio.
Hunter
si girò per vedere l’animale: assomigliava a un
grosso varano, lungo dieci
metri, che fiutava l'aria con la sua lingua, enorme e biforcuta,
aprendo la
bocca e mostrando un fila di denti affilatissimi.
“Ma
non è un drago!” Disse Hunter a Turk, correndogli
dietro verso l’uscita.
“No.
Non è un drago! Ma lo poteva divenire, con le cure idonee.
Ora è solo un mostro
da uccidere!”
Ma
il ragazzo, in quel momento, entrò di corsa e
andò incontro al mostro, agitando
la bacchetta.
Il
mostro si fermò, annusando l’aria con la lingua.
Ma
all'improvviso, da una finestra del corridoio, il drago nero
infilò la testa e
uccise il varano, mordendoli il corto collo e soffocandolo.
Il
ragazzo urlò inferocito contro il drago, che
mollò la presa.
Hunter
rientrò cautamente nel corridoio, guardando il corpo
dell'animale a terra,
ormai morto, mentre il ragazzo lanciava strani anatemi contro il drago,
agitando la bacchetta da cui uscivano lampi di ogni colore, vanamente.
Il
drago scansò ogni colpo e si ritrasse dalla finestra.
Turk
entrò, prese il ragazzo, cercando di calmarlo e portandolo
fuori dall’edificio.
Hunter
assistette alla scena, non sapendo cosa fare.
Ma
a lei interessava ciò che era appeso ai muri del corridoio e
incomincio a
filmarli con la video camera.
I
cavalieri erano intanto accorsi al rumore, con le spade sfoderate,
pronti ad
intervenire.
Quando
videro il lucertole, tirarono un sospiro di sollievo.
“Forza,
ragazzi, incominciamo a cercare quello che sapete!”
Turk
invitò i suoi amici a cercare i documenti segreti, di cui si
parlava da tempo
nelle loro leggende.
Tutti
incominciarono a guardarsi intorno e, scavalcando il corpo
dell'animale,
iniziarono a cercare nei vari armadi, dai piani più alti
fino alle cantine.
Nei
vari armadi trovarono libri, mucchi di libri antichi, non molto ben
conservati
e con scritte, alle volte, cancellate dal tempo.
Ma
le cose più interessanti furono trovate nelle cantine.
In
un stanza, con armadi metallici non molto alti e lunghi, sbucarono
fuori
disegni di strane apparecchiature, disegni in bianco su enormi fogli
blu,
alcuni piegati altri distesi, stranamente ben conservati.
In
un armadio, dei disegni enormi riportavano delle macchine, con
all'interno dei
draghi.
Turk
e tutti gli altri cavalieri, che avevano partecipato alla ricerca dei
documenti, fissarono in silenzio quel disegno: le diciture erano
illeggibili,
scritte in una scrittura non più in uso, ma lo stupore fu,
per tutti, grande.
Vedere
un drago disegnato in un veicolo spaziale era qualcosa di
più di quello che i
cavalieri speravano di trovare.
Ma
Hunter non era molto interessata a quello che i cavalieri avevano
trovato.
Incominciò
a cercare, da sola, nei vari locali dei piani seminterrati.
In
un armadio trovò prima un modellino e poi dei disegni,
formule e documenti
ancora più interessanti.
Li
guardò con calma, mentre il rumore delle voci dei cavalieri
si avvicinavo.
All’improvviso
il rumore del chiacchiericcio aumento e Hunter, preoccupata,
cercò qualcosa in cui
nascondere i documenti.
Trovò
lì vicino una borsa e infilò dentro i documenti,
alla bene meglio, compreso lo
strano modellino.
Cercò
una via di fuga attraversando i locali vicino, scivolo alle spalle dei
cavalieri, che scendevano le scale, e scappò ai piani di
sopra.
Uscì
in fretta dall’edificio e si infilò nel blindato
del Generale, che era fortunosamente
appena arrivato in piazza.
Il
Generale la squadrò, ma comprese, quando vide Hunter
nascondere la borsa
all’interno dell’armadietto armato del blindato,
che aveva trovato qualcosa di
veramente interessante.
I
documenti della cantina furono ammucchiati con gran chiasso da parte
dei
cavalieri e messi in enormi casse portate dal Maestro con uno dei
veicoli
volanti.
I
cavalieri caricarono le casse sullo stesso veicolo e, insieme alle
casse, salirono
il Maestro e Nail.
Quando
il veicolo partì, tutti i cavalieri con i loro draghi si
radunarono sulla
piazza, intorno alla fontana, e incominciarono a discutere,
mentalmente, con il
ragazzo sul destino della città e del suo presunto declino.
Dopo
quello che era successo, Turk decise di riportare il ragazzo dal suo
maestro:
lo fece salire sul drago e partì, anche se lo strano
incidente con il varano
aveva suscitato parecchio clamore tra i cavalieri e i soldati, ma tutto
fu
messo a tacere.
Per
i giorni seguenti, i blindati del Generale batterono tutta la
città, mentre i
cavalieri, con i maghi scesi dalle astronavi, continuavano le loro
ricerche dei
documenti negli edifici, mentre Hunter
continuava a cercare, segretamente, documenti nei vari sotterranei,
senza dare
notizia del ritrovato ai maghi o ai cavalieri, che non si accorsero di
nulla.
Hunter
trovò parecchi documenti interessanti, che
trafugò su di una astronave
logistica, dove i cavalieri e i maghi non avevano avuto accesso.
Cosa
trafugò fu visibile solo al Generale, che decise di liberare
la principessa del
pianeta, da dove provenivano i cavalieri, e uno strano uovo bianco.
Turk
tornò dopo alcuni giorni, dopo che tutti i draghi e i
cavalieri, oltre cento,
portati dalla astronavi, erano scesi tutti sul pianeta.
Le
ricerche sul pianeta continuarono per giorni, alla ricerca di qualsiasi
cosa
interessante per i cavalieri e i maghi, ma oltre a quella
città trovarono solo
piccoli villaggi, ove vivevano contadini, fabbri, commercianti e
qualche mago o
alchimista e i loro apprendisti.
Dopo
un mese di ricerca, i maghi, i cavalieri e i loro draghi si riunirono
sulla
piazza.
Turk
guardò tutti e si accorse di non sapere cosa dire.
Per
lui parlò il suo drago.
“Siamo
noi, maghi, cavalieri e draghi, i diretti discendenti di quelli che
hanno
vissuto qui.” disse il drago nero.
Tutti
annuirono.
Il
drago lanciò un alto urlo, seguito da una fiamma lunga e
luminosa, così come
fecero tutti gli altri draghi.
I
maghi alzarono al cielo le loro bacchette e i cavalieri le loro spade.
Dai
pilastri semi curvi che circondavano la città,
all'improvviso, si sprigionò una
luce intensissima, che correva da palo a palo, costruendo una
visibilissima
cupola di forza intorno alla città.
Dallo
spazio la cupola che si formava intorno alla città fu
visibile a tutti i
componenti delle navi, che si spaventarono e non capirono.
Il
Generale ed Hunter guardarono quell’evento dalla loro
astronave, alquanto
preoccupati.
“Senza
di noi non potranno fare molto, Generale.” Disse Hunter.
“Non
gli serviamo più, mia cara.” Disse il Generale,
voltando le spalle al video.
”Ora hanno quello che volevano!”
“Anche
noi ,Generale.” Disse soavemente Hunter.
“Sì.
Ma basterà a tenerli a bada? Ora che sanno, chi li
fermerà? Non basta la
tecnologia, per certe cose.”
Hunter
sbuffò, ben sapendo che il Generale aveva ragione: potevano
anche aver scoperto
qualcosa che potevano usare, ma di certo la potenza della magia dei
loro
avversari li avrebbe sconfitto in men che non si dica, se non avessero
trovato
qualcosa di alternativo.
Sul
pianeta, tutti festeggiavano e si preparavano a rientrare sul loro
pianeta: le
loro scoperte avrebbero certamente cambiato il modo di vivere sul loro
pianeta.
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