Hidden Truth

di Horror_Vacui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


hidden truth 1
HIDDEN TRUTH
By Horror_Vacui




Lord, this bitter Earth
Yes, can be so cold
Today you are young
Too soon you're old
But while a voice
Within me cries
I'm sure someone
may answer my call
And this bitter earth
May not, be so bitter after all

(Dinah Washington, Max Richter - This Bitter Earth)

«Melissa! Melissa, ti prego, promettimi che lo salverai»
«Malia, io...»

«Salvalo, ti prego!»
«Va bene... ci proverò»


Si svegliò con l'eco di quelle parole a risuonarle nelle orecchie.
Il sole entrò dalla finestra, le illuminò il viso, ma lei non riuscì a sentirne davvero il calore.
Era fredda, dentro e fuori, una vuota bambola di porcellana dai gelidi occhi di vetro.
Aveva sofferto, amato, lottato e infine perso la guerra con il mondo, ma era troppo stanca per chiedere la rivincita. Non c'era più nulla da conquistare, nulla per cui valesse la pena combattere, aveva deciso di averne abbastanza, si era chiamata fuori dai giochi e tanti saluti.
Sospirò rigirandosi nel letto e con un occhio ancora chiuso gettò un'occhiata al comodino: farmaci, un bicchiere d'acqua vecchia, fazzolettini usati e il cellulare.
Quell'aggeggio infernale non la voleva smettere di vibrare e squillare come una tromba, ma era inutile, non aveva voglia di rispondere.
Non sentiva nulla, immersa in un nebuloso torpore dei sensi.
Sollevò le braccia in alto e vide che le bende avevano già iniziato a colorarsi di rosso, di nuovo. Il gesto le causò una fitta di dolore alle spalle, dove altri cerotti e altre bende nascondevano tagli meno profondi ma più propensi a riaprirsi. Si lasciò sfuggire il sospiro, in fondo non le importava davvero.
Un'auto aveva appena parcheggiato nel vialetto, sentì le ruote raschiare contro la ghiaia, il colpo secco di uno sportello sbattuto e dei passi decisi e pesanti: Braeden non sembrava contenta.
«Ehi, buongiorno» le disse entrando nella sua stanza, come ogni mattina negli ultimi due mesi.
Braeden Reed, la sanguinaria mercenaria dei licantropi, ridotta a semplice infermiera. In altre circostanze forse avrebbe sorriso pensandola in uniforme blu e sabot bianchi.
«Ho trovato questo docciaschiuma, dovrebbe essere meno aggressivo di quello che abbiamo usato l'ultima volta, contenta?» disse mostrandole la confezione con entusiasmo.
Contenta? No, non riusciva a esserlo, ma accennò un mezzo sorriso per non deluderla e la seguì in bagno.
Le prime volte era stato strano, spiacevole, ma ormai avevano entrambe fatto l'abitudine e la doccia mattutina era una routine meccanica simile a tante altre. Lei si toglieva i vestiti, Braeden le toglieva le bende, puliva con pazienza ogni ferita, lavava i capelli e poi la riavvolgeva nelle garze come una mummia in vacanza alle Hawaii.
«Sai, stavo pensando che potremmo andare nel bosco oggi» disse, finendo di fasciarle la gamba sinistra.
«A far cosa?»
«Una passeggiata. Ti farà bene respirare un po' d'aria pulita, questa casa ormai puzza di ospedale»
«Non mi va» disse secca.
«Malia, ascolta...»
«Ti ho detto che non mi va, non insistere, ti prego» la voce le tremò come la corda di un violino pizzicata da mani inesperte.
Ufficialmente si trovava in Arizona, ospite di Marion Tate, sorella di suo padre e, se avesse incontrato qualcuno, non era nelle condizioni di spiegare perché fosse ancora a Beacon Hills, fasciata dalle spalle alle ginocchia, con tanto di badante al seguito.
Braeden si alzò in piedi e la guardò per pochi attimi, negli occhi un pensiero che non riuscì a decifrare.
«Hai fame?» disse tranquilla, come se quello scambio di battute non fosse mai avvenuto.
Malia passò in rassegna tutti i cibi che le venivano in mente, ma il suo stomaco non ne voleva sapere di collaborare e per ogni pietanza le restituiva un vago senso di nausea.
«Sì, certo» rispose però svelta e si alzò precedendo l'amica in cucina.
«Cosa vuoi mangiare?» le chiese Braeden mentre lei si sedeva al tavolo con movimenti lenti e controllati.
Saltare i pasti era fuori discussione, doveva fare la brava per non perdere gli attimi di solitudine che si era conquistata a fatica. Era in stato di semi-libertà per "buona condotta", ma sapeva che agli occhi di suo padre e dell'amica mercenaria era ancora il coyote mannaro fuori controllo. Un passo falso e le sarebbero stati di nuovo addosso come guardie carcerarie.
«Latte e cereali, vanno bene quelli con le scagliette che hai comprato ieri»
Braeden prese una ciotola, la riempì per metà di cereali, vi versò una generosa quantità di latte freddo - come piaceva a Malia – e poi gliela piazzò sotto il naso.
«Mi aspetto di trovarla vuota al mio ritorno» disse minacciosa, un sopracciglio così alzato da perdersi quasi nell'attaccatura dei capelli.

«Dove vai?» chiese più per educazione che per reale interesse, troppo concentrata a mandare giù la colazione senza sputarla.
«Ho un appuntamento con un cliente, a quanto pare un lavoretto facile» rispose l'altra stringendo la cinghia del fodero della pistola sotto il giubotto di pelle.
«Sarò nelle vicinanze, quindi chiamami se ti dovesse servire qualcosa, okay?»
Nelle vicinanze. Malia sollevò la testa e la guardò dritta in faccia.
«Tranquilla, non mi vedrà nessuno, a quest'ora saranno tutti a scuola»
«Va bene» disse dopo un attimo di esitazione: non aveva voglia di discutere.
Quando l'amica chiuse la porta, Malia lasciò il cucchiaio. In fondo Braeden le aveva detto di mangiare tutto, ma non aveva specificato in quanto tempo.


You are a memory
i was calling
for the last time
we'd been here before
they found pictures in the snow
i could tell your eyes
looked beneath the blue
i woke underneath the trees
for the first time

(Message To Bears - You Are a Memory)


Non c'erano clienti da incontrare, nè lavoretti da sbrigare, doveva parlare con Deaton e doveva farlo subito, prima che Scott iniziasse il suo turno.
Parcheggiò l'auto in una stradina secondaria e si diresse a piedi alla clinica veterinaria, guardandosi intorno di tanto in tanto per essere sicura che nessuno la stesse seguendo.
La porta cigolò sui cardini e il campanello trillò stridulo annunciando la sua presenza. La sala d'aspetto era vuota e non c'era nessuno dietro il bancone.
«Arrivo» disse Deaton dall'altra stanza.
Fu sorpreso di vederla e allo stesso tempo preoccupato.
Perché?
«Ehi, tutto bene? È successo qualcosa?» le chiese sottovoce.
«Si tratta di Malia, non sta migliorando, anzi peggiora ogni giorno di più e...»
L'uomo tossicchiò e sgranò gli occhi facendo cenno di no con la testa.
«Non è il momento di fare il druido enigmatico, ci serve una soluzione e anche in fretta. Sta dimagrendo a vista d'occhio. Alan, mi ascolti?»
Il trambusto proveniente dall'altra stanza le fece intendere che non erano soli, mentre la faccia sconsolata e il sospiro di Deaton le urlarono "allarme rosso".
«Di cosa state parlando?» disse Stiles spalancando la porta della saletta operatoria.
La raggiunse in poche falcate, seguito a ruota da Scott e Lydia.
Fantastico. Le uniche tre persone che non avrebbe voluto incontrare erano tutte lì, proprio alla clinica, proprio nel momento in cui anche lei aveva deciso di far visita a Deaton.
Doveva aver fatto qualcosa di dannatamente ingiusto perché il karma le si rivoltasse contro in quel modo...
«Niente che ti, anzi, che
vi riguardi quindi restatene fuori» si giocò la carta dell'aggressività.
«E perché mai dovrebbe riguardare te o lui?» disse Stiles facendo un cenno verso il druido.
«Dimmi dov'è Malia, subito» il tono e lo sguardo volevano essere minacciosi, ma lei era abituata a trattare con criminali, licantropi e famiglie di cacciatori, quindi...
«Sembri un chihuahua con la rabbia» disse con tono di sufficienza.
«Vaffanculo!»
«Stiles, basta!» intervenne Scott, trattenendolo per una spalla prima che le si avvicinasse troppo.
Scott McCall, il pacifico alfa adolescente di un branco di ragazzini. A volte provava pena per lui, costretto a tenere a bada i suoi amici e le loro pessime decisioni. A quel pensiero, lo sguardo cadde subito sull'unica persona che non aveva ancora aperto bocca; era in piedi dietro Scott e la fissava con i suoi grandi occhi lacrimosi, la faccia sconvolta e impaurita di chi ha appena visto un fantasma. Tanto per cambiare. Non ricordava di averle mai visto fare un'espressione diversa, ma forse era perché si erano incontrate solo in momenti di pericolo.
Braeden ci mise poco a fare due più due.
«E tu che ci fai qui?» chiese a bruciapelo. Gli occhi dei presenti balzarono tutti su Lydia, che si passò una mano tra i capelli a disagio. Bingo.
«Io... io sto avendo delle visioni.»
«Che tipo di visioni?»
Lydia tentennò, guardò Scott e dopo aver ricevuto il suo silenzioso assenso si decise a parlare.
«All'inizio erano confuse, c'era del sangue e odore di disinfettante, ma erano flash che avevo all'improvviso, di giorno. Stanotte però ho fatto un sogno, o meglio, un incubo. Aprivo la porta del bagno e c'era una persona immersa nella vasca piena di acqua e... sangue» la voce le tremò sull'ultima parola e di nuovo gli occhi le si riempirono di lacrime.
Deaton scoccò a Braeden un'occhiata carica di sottintesi, su tutti una richiesta che lei non poteva soddisfare. Malia si sarebbe svegliata dal suo sonno e le avrebbe tranciato le gambe di netto.
Stiles sbuffò impaziente e provò a divincolarsi senza successo dalla stretta dell'amico.
«Quella persona era Malia. Malia, immersa nel suo sangue, capisci? Dimmi dov'è e cosa le è successo, dannazione!»
«Braeden, ti prego, siamo preoccupati per lei. Abbiamo incontrato suo padre stamattina, ha detto che Malia sta bene» disse Scott.
«Perfetto, la fonte mi sembra attendibile» a quelle parole, Stiles diede altri strattoni per liberarsi.
«Non prenderci per il culo, stronza!»
«Ehi, peluche, modera i toni»
«Ha mentito, il battito del suo cuore era troppo veloce. E ora tu dici che sta peggiorando, quindi per favore, dimmi cosa è successo» continuò Scott ignorando l'amico.
E Deaton rincarò la dose «Ha ragione lui, ormai il danno è fatto, è giusto che sappiano la verità»
«Cazzo, Alan! Lei si fida di te, come puoi tradirla così? E tu sta' zitto!» disse rivolta a Stiles, prima che la aggredisse di nuovo a parole.
«Non la sto tradendo, la sto aiutando. Deve risolvere questa situazione, non può più rimandare»
Guardò Deaton come se fosse un alieno verde appena atterrato sul pianeta.
«Stai dicendo sul serio?»
«Sì» rispose, la mascella rigida e le narici dilatate.
«Sì?! E cosa avresti fatto se non fossi arrivata io? Avresti raccontato ogni cosa, ogni dettaglio?»
«No, non ogni cosa, ma avrei iniziato a spiegare loro cosa è accaduto!»
«Spiegare cosa?! Forse tu non ti rendi conto...»
«Morirà!» il mite druido di Beacon Hills urlò così forte da far tremare le pareti della stanza, o forse fu il messaggio a travolgerli tutti con la sua potenza.
«Morirà,» ripetè «se le ferite non guariranno entro qualche giorno, inizieranno ad infettarsi e allora non ci sarà niente che possiamo fare per lei. Il suo sistema immunitario si sta normalizzando, è sempre più vicino a quello di un semplice essere umano e sono certo che è destinato a scendere ancora. Ho dalla mia parte i risultati delle sue analisi del sangue e la statistica» prese una piccola cartella gialla dalla scrivania e gliela porse «Ecco, controlla tu stessa».
Braeden allungò la mano, ma Stiles fu più veloce, strappò i fogli dalle mani di Deaton e li lesse avidamente, come se quel gesto potesse avvicinarlo in qualche modo a Malia.
Nel frattempo gli altri due ragazzi la imploravano con lo sguardo.
«Non ti sto chiedendo il permesso. Se non glielo dirai tu, lo farò io».
Cara Braden, ti devi arrendere...
Chissà, forse un giorno Malia l'avrebbe perdonata.
«E va bene!» sbuffò, odiava perdere. «A casa sua. È rimasta a casa tutto il tempo».
Stiles abbandonò le analisi sul bancone e corse fuori dicendo «Lo sapevo, dannazione!»
«Aveva un piano per intrufolarsi di nascosto a casa di Malia, sai per cercare indizi» spiegò Scott.
«Già, lui ha sempre un piano» aggiunse Lydia, proprio mentre la Jeep accelerava sgommando davanti alla clinica.


Tell me this
Does any of this love exist
Or is it just a fire
Keeping out the cold
Fear of the unknown
Turning us to coal

Oh those lips
The heavy way we used to kiss
We'd set the world alight
Live years within a night
And memories never lie
Tell me that I'm right, tell me that I'm right

(Whitaker - My own)


La storia della zia in Arizona non l'aveva convinto fin dall'inizio.
Malia non aveva mai neanche accennato all'esistenza di parenti lontani, eppure molte volte aveva parlato di voler lasciare Beacon Hills, soprattutto quando una nuova minaccia si profilava all'orizzonte. "Dovremmo andarcene da qui, tutti quanti", "Va bene, ma dove?", "Ovunque!".
Ovunque era sempre stata la sua risposta.
Gli fu inevitabile ripensare alle calde serate estive passate sdraiati sul cofano della Jeep a guardare le stelle e pianificare il futuro. Stiles aveva la sua grandiosa "visione", mentre lei era semplicemente felice di farne parte.
Ovunque, purché insieme.
Malia era un'anima spezzata e Stiles aveva percepito la fragilità nascosta dietro la brutale aggressività del coyote. Ripensò ai suoi occhi, al mezzo sorriso che dedicava solo a lui e per poco non bruciò la frizione cambiando marcia. Avrebbe riso vedendolo, lo avrebbe preso in giro ma senza schernirlo davvero. Era sempre stata fiera di lui, anche del suo lato peggiore.
Sbuffò e sbattè le palpebre un paio di volte.
Calma, Stiles.
Non aveva bisogno di restare concentrato sulla strada, conosceva il percorso a memoria, ma quando giunse davanti alla piccola svolta che portava sul vialetto di casa Tate, il cuore gli schizzò in gola e fu costretto a inchiodare. I battiti impazziti gli tolsero il respiro e rimbombarono nelle orecchie, le mani divennero gelide e sudate e sentì una scossa all'altezza dello stomaco.
Era in ansia. Qualunque cosa le fosse successa non poteva che essere colpa sua, ne era certo.
I pochi momenti di pace vissuti da Malia iniziavano e finivano con lui, lo sapeva perché era stata lei a rivelarglielo una notte, poco prima di addormentarsi fra le sue braccia.
D'istinto tirò un pugno al volante e il dolore alla mano gli fece riprendere il controllo.
Calma, Stiles.
Abbassò il finestrino e prese una lunga boccata d'aria: era ora di andare.
Tra la strada principale e la casa di Malia c'era una stradina sterrata e in salita, il tratto era breve ma a lui sembrò lungo come la via verso il patibolo.
Parcheggiò vicino all veranda, forse un po' troppo, scese dall'auto e si diresse alla porta. Mandò giù il fiotto di veleno che gli si era riversato in bocca e alzò l'indice per suonare il campanello, poi però si bloccò in quella posizione.
Aveva agito senza riflettere e l'intuizione geniale era arrivata proprio lì, nel momento in cui le sue dita stavano per incontrare la plastica ingiallita.
Malia non voleva vederlo, aveva fatto di tutto per tenerlo a distanza e il signor Tate lo aveva anche avvisato quella sera in ospedale, che stupido!
Si passò una mano tra i capelli, in disordine come le sue idee.
Il presagio di Lydia, le parole di Braeden, quelle di Deaton, tutto si confuse in una gigantesca esplosione e l'onda d'urto generata spinse in avanti la sua mano indecisa.
Driiiin!
Era fatta, aveva suonato il dannato campanello.
Deglutì, mentre le gambe iniziavano a cedere sotto una potente scarica di adrenalina. Era pronto a veder comparire un coyote mannaro infuriato e deciso a sgozzarlo, ma non ricevette risposta.
Riprovò un'altra volta e poi un'altra ancora. Che fosse già successo l'irreparabile di cui parlava Deaton?
Mandò al diavolo l'ansia, afferrò la maniglia e aprì la porta fiondandosi letteralmente dentro.
La prima cosa che lo investì fu l'odore pungente di disinfettante. Gettò un'occhiata al salotto vuoto e poi alla cucina e la vide... ma non era lei.
Seduta a tavola, teneva in mano un cucchiaio con cui rimestava, indolente, la strana poltiglia dentro la ciotola che aveva davanti. Era magra, riuscì a notarlo nonostante i vestiti larghi e informi, il volto sciupato era incorniciato dai capelli scuri, lunghi quasi come quando si erano conosciuti.
Sembrava impossibile, ma non lo aveva visto o forse non le interessava.
Si mosse nella sua direzione con estrema lentezza, come se fosse di nuovo il coyote da non lasciarsi scappare.
«Hai fatto in fretta» disse Malia con voce roca quando fu a pochi passi da lei.
Stiles non sapeva cosa dire, nè cosa fare, sentiva solo gli occhi bruciare.
«Brae, non essere arrabbiata. Ho quasi finito i cereali, ma non...» le parole le morirono in gola quando alzò gli occhi su di lui.

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Dedico questa storia a Giulia (Doomsday_) e a tutte le fan della Stalia Italian Fanpage :)

La storia è divisa in due parti, la seconda parte sarà pubblicata domani.
Grazie per essere arrivati fin qui, se vi va lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate ^^  

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Capitolo 2
*** Atto II ***


hidden truth 2
 I can't help but love you
Even though I try not to
I can't help but want you
I know that I'd die without you

(Ruelle - War of Hearts)



Malia lasciò andare il cucchiaio, che cadde sulla tovaglia con un tonfo, e si alzò in piedi imprecando tra i denti, mentre una smorfia di dolore le deformava il viso.
«Che cosa ci fai qui?»
fece qualche passo indietro.
«H-ho... ho sentito Braeden parlare con Deaton. Di te.»
«Cosa?! No, non può essere, lei non l'avrebbe mai fatto, lei non...»
«Non è colpa sua, ho ascoltato per sbaglio la loro conversazione e poi quando è saltato fuori il tuo nome, io...» si schiarì la voce per sciogliere il groppo in gola «io avevo bisogno di vederti».
Lei lo guardò smarrita, aprì e richiuse la bocca ma non aggiunse altro, se non un lungo sospiro.
«Malia, dobbiamo parlare» provò ad avvicinarsi, ma più Stiles avanzava più lei indietreggiava, finché Malia non si ritrovò a sbattere contro il ripiano della cucina. Allungò allora un braccio per fermarlo, prima che fosse troppo vicino.
«Stiles, ti prego, va via».
Il rifiuto lo prese a pugni, ma lui non cedette sotto i suoi colpi, forte delle parole dette da Deaton. Il Druido era una persona saggia, forse la più saggia che avesse mai conosciuto e se per lui Stiles era la soluzione a qualsiasi cosa fosse capitata a Malia, non poteva far altro che tentare.
Avrebbe voluto abbracciarla e stringerla fino a romperle e rompersi tutte le ossa, ma non poteva.
Prese la sua mano ancora tesa a mezz'aria tra le proprie e ne baciò il palmo; a quel gesto Malia si ritrasse, come scottata.
«Che ti è successo?»
«È tardi per chiederlo» fu la secca risposta della ragazza.
«Malia, fino a poco fa credevo che tu fossi a Tucson e che probabilmente non ti avrei più rivista. Ci sei andata almeno in Arizona o era tutta una montatura?» la tristezza stava lasciando il posto a qualcos'altro.
«Non mi riferivo a questo» indicò se stessa con un ampio gesto «ma non ha importanza ormai».
«Starò bene, se è ciò che ti interessa sapere, quindi perché non torni a vivere la tua vita?»
«La mia... ma di cosa stai parlando? Non andrò da nessuna parte finché non mi dirai cosa cazzo hai fatto dalla sera in cui hai affrontato la Lupa del Deserto a oggi» era senza fiato, ma non stava urlando. Rabbia, preoccupazione e paura avevano aumentato i battiti del suo cuore.
Malia sorrise amara e gli si avvicinò, tanto che potè vedere le lacrime riempirle gli occhi e sentire sul viso l'odore dei cereali al cioccolato.
«Fottiti» disse decisa e fece per scansarlo, ma Stiles le afferrò d'istinto il polso.
Malia gridò dal dolore e lui la lasciò andare sorpreso.
«Scusa, mi dispiace io... io non sapevo che...» boccheggiò confuso.
Malia lo ignorò e sollevò invece svelta la manica della felpa, guardando il braccio fasciato da varie angolazioni.
«Le ferite di cui ha parlato di Deaton, sono queste?»
«Stiles, torna a casa» gli indicò la porta continuando a tastare le bende.
«Sai che non posso farlo...»
Malia alzò gli occhi su di lui per un lungo istante, in silenzio.
«Va bene resta pure, ma ho bisogno di sedermi» disse poi con tono neutro.
Si sentì disorientato da quel repentino cambio d'atteggiamento, ma evitò di farglielo notare e la seguì in salotto, sedendosi sul divano accanto a lei.
Malia appoggiò la testa sullo schienale e, da quella posizione, Stiles potè vedere i lunghi segni rosacei attraversarle il collo in senso verticale. La luce del sole, unita al colore scuro dei capelli, metteva ancora di più in evidenza il suo pallore cadaverico e le marcate occhiaie che le contornavano gli occhi stanchi.
Rimasero fermi per un tempo che a Stiles sembrò infinito. Lei lo conosceva bene, odiava aspettare, ma se sperava di sfinirlo si sbagliava, perché non si sarebbe arreso.
Non più, non dopo l'ultima volta.
«Sai cosa succede quando un licantropo trova la sua àncora?» gli domandò spezzando il silenzio.
«Riesce a controllare l'istinto di uccidere. Perché me lo chiedi?»
Lei non rispose, ma con uno strattone tirò la stoffa del pantalone, arrotolandola fin sopra il ginocchio. Stiles vide spuntare altre bende.
«Cristo...» imprecò a mezza voce «quanto sono estese?»
«Abbastanza» 
«Quanto?» disse allora aspro e quasi sentì un ringhio gorgogliare nel petto.
Alla sola idea che qualcuno le avesse causato tutte quelle sofferenze sentì il sangue arrivare alla testa. Raramente gli aveva dato quel genere di preoccupazione, ma si rese conto di quanto forte e diverso da tutti gli altri fosse il senso di protezione nei suoi confronti. 
«Prova a immaginare...» lo sfidò, le labbra incurvate in un falso sorriso.
L'immaginazione non era mai stata il suo forte, non in quel genere di situazioni. Afferrò con prepotenza la maglia di Malia e la sollevò, scoprendo che anche l'addome e il petto erano fasciati e macchiati di sangue.  

«Dimmi chi è stato e ti giuro che andrò a cercarlo di persona»
«E poi lo ucciderai?» chiese beffarda costringendolo a mollare la presa.
«Forse».
Malia gli andò vicino, a pochi centimetri dal viso, per poterlo guardare dritto negli occhi. Era il suo modo du fargli capire che non poteva scappare da ciò che stava per dire. L'aveva già fatto un'altra volta, su quello stesso divano. Ricordava tutto di quella notte: l'asfissiante caldo estivo della California, il profumo della sua pelle, le goccioline di sudore tra i suoi seni nudi, la sua risata, quello sguardo e il "ti amo" sussurrato a fior di labbra.
«Sono stata io» disse con tono piatto e l'immagine di quel dolce ricordo sfumò via, cancellata dalla nuova terribile consapevolezza.
«Cosa?» chiese senza rendersene conto.
«Hai capito bene, sono stata io» disse dopo essere tornata al suo posto.
Era stata lei. Lei si era ridotta in quelle condizioni. Scartò le domande ovvie e scontate, ce n'era una più importante, forse l'unica che contasse davvero.
«Perché non stai guarendo?»
Malia lo guardò di traverso.
«Conosci la risposta»
«Voglio sentirla uscire dalle tue labbra»
«È già uscita dalle mie labbra. Andiamo Stiles, tu sei un detective, sai fare di meglio»
«Ti sembra il momento di scherzare?»
«Non sto scherzando, è solo che... è difficile» battè un pugno sul bracciolo del divano imprecando.
Quelli che a chiunque sarebbero sembrati sbalzi d'umore non erano altro che il maldestro tentativo di nascondere le sue vere emozioni. Lo faceva spesso quando stavano insieme: indossava la maschera di cinico sarcasmo e fingeva che il dolore non la toccasse. Peccato fosse davvero una frana a recitare.
Si asciugò gli occhi e sospirò per impedirsi di continuare a piangere. Stiles provò ad accarezzarla, ma lei lo scansò brusca.
Dentro il suo cuore Malia era ancora sua e lui le apparteneva, ma non riusciva a staccarsi di dosso la sensazione di essere diventato un intruso.
«Sto bene, non sei obbligato a toccarmi» disse fra le lacrime.
«Credi che io mi senta in dovere di fare una cosa del genere?»
Malia non sembrò ascoltarlo. Si era sollevata e non faceva che torturare l'orlo della felpa, che riconobbe – era la sua –, guardando fuori dalla finestra con il volto corrucciato. Stava pensando a qualcosa di molto importante e allo stesso tempo doloroso e Stiles decise di aspettarla senza farle pressioni.
«Tu... tu eri la mia àncora» disse infine, dopo una lunga pausa.
Sarà stata la disperazione malcelata in quelle parole, la lacrima solitaria che le solcò il viso proprio mentre provava a regalargli un sorriso – nonostante tutto –, Stiles sentì il cuore frantumarsi.
«Ma io sono la tua àncora, lo sarò sempre» le disse con voce tremante.
Malia scattò in piedi e prese a girare per la stanza, parlando più a se stessa che a Stiles.
«No, non funziona così. No. Io ti amavo così tanto e tu non c'eri, non ci sei stato quando avevo bisogno di te, poi ho saputo che lui sarebbe arrivato» prese fiato e si fermò «ho visto una speranza, ma non era destinata a durare. Forse io non avrò mai la mia occasione, forse me lo merito» il corpo scosso dai singhiozzi, Stiles non le permise di cadere, la prese fra le braccia e la strinse forte al petto.
«Perdonami» sussurrò con il volto immerso tra i suoi capelli, finché Malia non si calmò e fece un passo indietro. Stiles non la lasciò comunque andare, trattenendola per le spalle.
Aveva voglia di piangere, ne sentiva il bisogno, ma non poteva crollare senza trascinarla con sé.
«Malia, perché l'hai fatto?» chiese cauto.
«Ho perso il controllo. Senza di te a tenermi ancorata alla mia forma umana mi sono trasformata all'improvviso, in pieno giorno e... e allora ho ricordato le parole di Scott»
«"Il dolore ci rende umani"» ripetè meccanicamente la frase che molte volte aveva sentito pronunciare al suo migliore amico.
«Ha funzionato, ma non avevo messo in conto qualcosa di fondamentale: il motivo per cui avevo dato di matto mi avrebbe anche impedito di guarire»
«E qual è questo motivo?»
Malia sospirò e abbassò per un attimo lo sguardo.
«Io sono una falla nel sistema, non sarei dovuta venire al mondo. No, non dire niente, ascoltami. Se io non fossi mai nata, la famiglia Tate sarebbe ancora viva e tu... tu non saresti coinvolto in questa storia, potresti vivere il tuo vero amore senza sensi di colpa»
«Il mio vero amore? Malia, che stai dicendo?» le prese il volto tra le mani, per impedirle di fuggire ancora una volta, e lo strinse fino a sentire la forma dei denti attraverso le guance scarne.
«Sei tu il mio vero amore» poggiò la fronte contro la sua e si costrinse a non baciarla, sapeva che l'avrebbe scacciato se avesse osato tanto.
«Ipocrita» la cupa rassegnazione sul suo viso gli riempì il cuore di angoscia.
«No, Malia ascolta, sono stato stupido. Avevo paura che nessuno potesse capirmi e credevo che in fondo tu meritassi di meglio e...»
«Smettila, è solo il mucchio di cazzate che racconti a te stesso. Tu ami ancora Lydia e io ti ho concesso tutto il tempo e lo spazio per capirlo, che altro vuoi da me?» lo spinse via, ma lui non ci fece caso, troppo spiazzato, la mente in subbuglio per far combaciare i pezzi del puzzle e vedere il quadro completo.
«Tu non puoi dire sul serio... non puoi! Io e Lydia siamo solo amici, devi credermi. Perché sarei qui?»
«Non lo so, probabilmente ti senti in colpa. Ma non devi, ero già un disastro prima di incontrarti» asciugò le ultime lacrime con la manica della felpa.
La sua felpa blu portafortuna. Una mattina aveva trovato accanto a sé Malia, dormiva stringendola tra le braccia come se fosse un orsacchiotto di peluche. Sentì una fitta allo stomaco.
«Cosa vuoi che faccia?» allargò le braccia esasperato, i nervi sfilacciati e pronti a cedere.
«Torna alla tua vita, continua a fare quello che hai fatto fino ad oggi, io non resterò ancora per molto a Beacon Hills» disse lei con semplicità. Fin troppa semplicità.
«Che idiota, avevo già la soluzione...» biascicò tra i denti «Be', immagino ci sia una zia ansiosa di conoscerti che ti aspetta in Arizona» gli sembrò di poter sentire il veleno sgorgare tra le labbra, ma Malia ignorò il sarcasmo.
«Seguirò Braeden. Non ho doti eccezionali, ma sono forte e posso lavorare per lei»
«Ah, va bene. Passerai il resto della vita a muoverti da un posto all'altro uccidendo persone che non conosci per soldi, mi sembra un buon piano»
«Lo è!» disse risoluta.
«E non pensi che sia da egoisti?» sbottò «Non pensi alle persone che...?»
«Persone?! Quali persone?» lo fronteggiò con occhi fiammeggianti.
«T... T-tuo padre!»
«Mio padre starà meglio senza di me, l'ho quasi ucciso due volte da quando ho ripreso ad avere gli incubi» si portò una mano alla bocca e masticò un'imprecazione: le era sfuggito qualcosa di troppo.
Stiles respirò a fondo, il momento della resa dei conti era arrivato. Stava per tuffarsi nel mare in tempesta dalla cima di una scogliera alta decine di metri, sotto di sé c'erano scogli appuntiti e acqua scura come la notte, ma doveva farlo.
«Me» disse in un sospiro «pensa a me»
Malia non esitò neppure un istante a rispondergli.
«L'ho fatto, Stiles. Ho pensato a te, più di ogni altro, e ho messo la parola fine a questo capitolo – il nostro capitolo – per il tuo bene»
Testarda e orgogliosa come una Hale, lo sfidava con lo sguardo, proprio come un tempo aveva fatto Derek.
Lui però non aveva ancora raggiunto gli scogli.
«Dunque è questo che sono per te? Un capitolo chiuso?»
«Chiuso» ribadì.
Stiles accorciò la distanza che li separava, avvolse tra le dita uno dei lacci sdruciti, che penzolava molle dal cappuccio della felpa – la sua felpa, la felpa di Malia - e lo tirò piano verso di sè.
«E allora perché indossi ancora i miei vestiti?»
Non c'era cattiveria, non c'era vittoria in quella domanda, solo una richiesta, l'ultimo disperato tentativo di far breccia nel muro che li divideva.
Malia si morse le labbra «Sono oggetti come altri, non hanno alcun valore».
Stiles tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il suo mazzo di chiavi: attaccati all'anello principale c'erano un portachiavi con un pupazzetto dai colori sgargianti e la linguetta argentata di una lattina.
«Vedi questi? Sono oggetti molto importanti, mi ricordano una persona speciale. Da quando l'ho persa ho deciso di portarli sempre con me, per non dimenticarla, per non dimenticare il sorriso che aveva la sera del nostro primo appuntamento. In quel periodo mio padre era pieno di debiti e non potevo permettermi di portarla a cena in un bel ristorante. Provai a spiegarle la situazione, ma lei rise, mi guardò come se fossi matto e mi disse di prenderle un Happy Meal e una lattina di cola» fece una pausa e deglutì per scacciare il nodo in gola che era tornato a fargli visita. Malia invece era immobile e fissava le chiavi con gli occhi lucidi e le sopracciglia aggrottate.
«Non mangiava un hamburger da più di otto anni» proseguì «e, a quanto pare, aveva dimenticato il sapore delle bibite gassate, perché reagì con stupore al primo sorso di coca-cola e mi guardò sorpresa come una bambina. Ho...ho pensato che fosse la persona più dolce e... e pura che avessi mai incontrato» non era abituato a versare lacrime e aveva gli occhi e la gola in fiamme.
«Noi due non possiamo essere un capitolo chiuso, non così, non in questo modo»
«Stiles, ti prego non rendere tutto più difficile» disse con voce rotta.
«Non capisci? Io non voglio perderti» lei scosse la testa. Testarda come una Hale.
Le mise una mano sulla nuca per attrarla a sé e, inaspettatamente, non incontrò alcuna resistenza. Disegnò con il pollice un arco dalla guancia fino alle labbra morbide, che si schiusero al suo tocco.
«Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami; se lo fai ti prometto che uscirò da quella porta e non mi vedrai mai più» sussurrò ad un soffio dal suo viso e raccolse con un bacio le ultime lacrime salate che lo bagnavano.
Lei allora si sgretolò tra le sue braccia come un castello di sabbia, smise di lottare contro se stessa si abbandonò a lui in un bacio frenetico che sapeva di disperazione.
Malia che lo baciava, Malia che lo toccava, accarezzava, mordeva, non sentiva altro che lei, dentro e fuori di sé, il mondo sarebbe potuto crollare in quell'istante, Stiles non se ne sarebbe accorto.
Si lasciò cadere tra i cuscini del divano trascinando con sè Malia. Era finalmente a casa, aveva schivato gli scogli, affrontato la corrente gelida ed era arrivato incolume sulla riva.



Now I learned a lot from my mistake
Never let a good thing slip away
I've had a lot of time to look back
And my only regret is

Not telling you what I was going through
You didn't even know that
I try to speak but you got me tongue-tied

(NF - Paralyzed)



Si rese conto di aver vissuto per mesi in apnea quando riprese finalmente fiato, rubandolo a lui.
L'aveva baciato e baciato ancora, fino a sentire le labbra bruciare, poi aveva adagiato la testa nell'incavo dell sua spalla ed erano rimasti fermi in quella posizione per minuti, forse ore.
Stiles le accarezzava la schiena, mentre lei tracciava ghirigori sul suo viso, dove era appena visibile un accenno di barba.
Le sembrò di essere uscita da un'opaca bolla di sapone, Stiles l'aveva fatta esplodere e lei era tornata a vedere i colori del mondo, a sentirne i suoni e gli odori. Ciononostante c'era una macchia sulla sua anima, che le impediva di trovare la pace. Il segreto che aveva nascosto gelosamente per mesi avrebbe distrutto ogni cosa.
Stiles spostò alcune ciocche dei suoi capelli, portandole dietro l'orecchio, e con il pollice iniziò a disegnare piccoli cerchi sulla pelle morbida appena sotto il lobo.
Era distante, perso in un intricato groviglio di pensieri a lei inaccessibili. O forse no.
«Malia...»
«Sì?»
«Chi è lui? Prima hai detto che sapevi che lui sarebbe arrivato».
Gli aveva mentito per tenerlo al sicuro, aveva preso la decisione di sopportare da sola il peso di quel fardello perché, se la sua vita era sempre stata un disastro, quella di Stiles aveva ancora qualche possibilità di migliorare. Il suo piano, tuttavia, si stava dimostrato un fallimento su tutta la linea.
«C'è una cosa che devi sapere» sussurrò piano, come se qualcuno avesse potuto sentirli.
Stiles girò un po' la testa e la interrogò con lo sguardo.
«Resta qui» gli disse e poi andò di sopra, in camera sua, e prese un piccolo portagioie che giaceva sepolto in un cassetto sotto una pila di vestiti.
Vederlo le causò una fitta allo stomaco e indugiò qualche secondo sulle scale prima di scendere e tornare in salotto. Non sapeva come impostare il discorso, da dove partire e dove finire.
Si accoccolò al suo fianco e Stiles le avvolse un braccio attorno alle spalle, sfiorandole le labbra con le proprie. Malia approfondì quel contatto e registrò mentalmente ogni dettaglio per poterlo portare per sempre con sé, come se fosse il loro ultimo bacio.
«Cos'è?» le chiese con voce roca, indicando la scatola di legno che teneva in grembo.
Malia sospirò «Promettimi che non ti darai la colpa di ciò che sto per raccontarti»
«Mal, di cosa stai parlando? Che c'è in quella scatola?»
«Ti prego, è importante che tu mantenga la calma, non perdere la testa»
«Non perdere la testa? Sono bravo a questo gioco» provò a scherzare, ma fu tradito dal ritmo martellante del suo cuore.
«Stiles!»
«Okay, va bene» sbuffò e iniziò a far saltellare un ginocchio. Odiava quel gesto, le dava ansia, ma non poteva dirgli di smettere o sarebbe imploso.
Si sentiva strana. Aveva passato così tanto tempo a pensare e ripensare a quel momento, l'attimo in cui i proiettili le avevano attraversato il ventre, a cosa avrebbe potuto fare per ripararsi dagli spari e poi al futuro, a ciò che sarebbe potuto essere e che non sarebbe mai stato.
«Allora?» le chiese impaziente, strappandola ai propri pensieri.
«Sì, scusa è che non trovo le parole, non so da dove cominciare» sospirò «forse è meglio che guardi con i tuoi occhi» tolse il coperchio intarsiato e gli mise la scatola tra le mani.
Si aspettava una reazione esagerata, aveva visto Stiles arrabbiarsi e fare a pezzi qualcosa per molto meno, e invece lui rimase immobile, sospeso tra incredulità e angoscia.
C'erano tre oggetti, le tracce del suo passaggio in quel mondo senza pietà. Stiles li esaminò uno alla volta – più volte – come se potessero dargli le risposte alle domande che vorticavano impazzite nella sua testa. Si rigirò tra le mani il test di gravidanza per un po', guardò le due ecografie e, quando una lacrima riuscì a superare la barriera delle sue ciglia scure, Malia l'asciugò con la punta delle dita.
«Quella sera in ospedale non hanno estratto solo i proiettili, non è vero?» fece un pausa per schiarirsi la voce «È per questo che tuo padre mi ha detto di andar via, non volevi che lo venissi a sapere».
Paralizzata dal senso di colpa, un pugno piantato nello stomaco a impedirle di respirare. Avrebbe voluto tirare fuori tutte le parole che non gli aveva mai detto, ma queste si affollarono, crearono un terribile ingorgo nel passaggio dal cervello alla lingua e non riuscì a fare nulla a parte ricambiare il suo sguardo risentito, sforzandosi di non piangere.
«Perché non me l'hai detto? Avevo il diritto di sapere...»
Il suo tono lieve e stonato era solo il preludio di ciò che stava per accadere, Malia non doveva far altro che aspettare il momento in cui avrebbero attraversato il confine sulla via del non ritorno.
«Non volevo darti questo peso» disse a fatica, l'aria era satura dell'angoscia di entrambi e sentì mancare il respiro.
Stiles non rispose, si alzò in piedi e si mosse in giro per la stanza fino a fermarsi davanti alla finestra, così come aveva fatto lei in precedenza. Artigliò con entrambe le mani il davanzale e poggiò la fronte contro il vetro.
«Stiles...»
«Un peso? È questo che era per te?» la fulminò con lo sguardo «Non me l'hai detto perché credevi che se l'avessi saputo io ti avrei impedito...» si interruppe bruscamente.
«Cosa? Abbi il coraggio di completare la frase».
Era precipitata nella bocca dell'inferno ed era tornata indietro per lui, perché lo amava e sapeva quanto avrebbe sofferto, ma a cosa era servito?
«Mi avresti impedito di uccidere mia madre? Dai, dillo, so a cosa stai pensando!»
Stiles non rispose e lei lo schiaffeggiò con tutta la forza che aveva in corpo; fosse stata nel pieno delle sue energie gli avrebbe rotto l'osso del collo, ma era debole e l'unico risultato fu vedere il segno della sua mano stampato sul viso del ragazzo che mai avrebbe smesso di ferirla.
«Tu non hai idea di cosa ho passato, sei solo uno sciocco ragazzino che si crede il centro del mondo» disse tagliente con l'unico obiettivo di fargli del male, tanto quanto ne stava facendo a lei.
«Ho scoperto di essere incinta la sera in cui sono quasi morta, mentre tu eri ad Eichen House. Sì, è inutile che mi guardi così, ero incinta quando Theo mi ha sparato, ero incinta quando ti ho seguito dentro quel fottuto manicomio, ma tu non te ne sei accorto, io ero l'ultimo dei tuoi pensieri».
Vide il volto di Stiles cambiare colore ed espressione ad ogni rivelazione, come un camaleonte gettato in un caleidoscopio. Sconvolto, triste, arrabbiato. Non disse nulla, si passò le mani tra i capelli e li tirò, quasi a volerli strappare, sopraffatto dalla piena delle sue emozioni.
«Hai ragione, non volevo che venissi a saperlo perché ero convinta che non t'importasse più niente di me» si strinse nelle spalle. «Tutti mi credevano solo un'assassina senza cuore, pensavo che anche tu...»
«No, non è vero! Sai che non ho mai, nemmeno per un attimo, dubitato di te» disse, gli occhi lucidi e rossi. «Ho sempre voluto proteggerti, da te stessa e dal giudizio della gente»
«E allora perché non mi sei rimasto accanto?»
«Credevo di aver ucciso una persona e...»
«Lo sapevo e ti ho già detto che non mi importava!» sbottò esasperata.
«Ma è questo il punto! Mi sentivo sopraffatto e non volevo coinvolgere nessuno, volevo affrontare da solo tutte le conseguenze di ciò che avevo fatto. Senza mio padre, senza Scott, senza te. E poi la situazione è precipitata e niente aveva più senso, quel che contava era sopravvivere»
«E siamo sopravvissuti tutti. Più o meno...»
Stiles sospirò «Se solo avessi saputo quel che so oggi avrei fatto di tutto per tenerti lontana da lei»
«Non ha più importanza ormai...»
Era esausta, sfibrata, voleva solo gettare le armi e alzare bandiera bianca. Gli cinse la vita tra le braccia e poggiò il viso sulla sua spalla.
Sentì il sangue ribollirgli nelle vene e pulsare in fretta attraverso le arterie e poi un singhiozzo, seguito da un altro, finché Stiles non si sciolse in un pianto dirotto. Si aggrappò a lei per non annegare in quella pozza di fango e dolore, erano due anime solitarie in balìa della loro personale tempesta.
«Malia, dimmi cosa devo fare? Io... io non so più cosa fare» 
Lei accolse il suo volto tra le mani e gli disse ciò che ripeteva ogni mattina a se stessa: «Andare avanti».

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Ed eccoci qua con la seconda parte!
Un ringraziamento speciale va a Doomsday_ che ha letto ogni versione di questa storia e ha sopportato tutti i miei scleri <3
Ringrazio tantissimo anche tutte le persone che hanno letto e apprezzato questa piccola storia :)

Vi anticipo che tre momenti importanti del passato di Stiles e Malia, che ho solo accennato, saranno trattati separatamente in una raccolta di one-shot!
Per rimanere sempre informati seguitemi sulla mia pagina Facebook: Horror Vacui.

A presto ;)

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