What kind of man

di StClaire
(/viewuser.php?uid=164593)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Hey there. ***
Capitolo 3: *** Help! ***
Capitolo 4: *** 1st Day ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** 3d Day. ***
Capitolo 7: *** Beer. ***
Capitolo 8: *** Smoke ***
Capitolo 9: *** Sparkling. ***
Capitolo 10: *** French Toast ***
Capitolo 11: *** Closer ***
Capitolo 12: *** Skittles ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Upstairs ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Ruins. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

*
 
«Mamma, mi spieghi perché devo dividere la stanza con Alice?», sbraitai. Era prima mattina, e lei non era abituata a fare cose del genere, ma proprio non riusciva a capire. Sua madre l’aveva appena informata che avrebbe dovuto lasciare la sua camera, la sua adorata camera, perché sarebbe arrivata la figlia di Paddy, il compagno di Catelyn, e lei sarebbe finita in camera con la sua dolce sorellina di quattordici anni.
«Non può dividerla la figlia di Paddy la camera con Alice?», domandò ancora.
Sua madre, in risposta scoppiò a ridere, «Maisie, Alexis, la figlia di Paddy, ha ventidue anni e deve studiare per preparare la tesi di laurea. Come pensi che posta stare tranquilla in camera con Alice?»
«Se ha proprio bisogno di spazio e tranquillità, perché viene a stare proprio da noi?».
Catelyn sospirò, «In realtà è stato Paddy a insistere. Da quel che so lei non era molto entusiasta all’idea», sospirò ancora, «Ma lui ha insistito tanto!»
Maisie incrociò le braccia e alzò gli occhi al cielo, “Grazie Paddy, grazie tanto”.
«E poi», riprese Catelyn, «Comunque Alexis per il matrimonio dovrà essere qui», disse sorridendo, «Io e Paddy ci sposeremo dopo la sua laurea, e quindi, finito questo, riavrai la tua stanza!»
«Mamma! Ma vi sposate tra più di un anno!», esclamò Maisie.
«Vedrai che volerà, tesoro», disse Catelyn abbassandosi verso sua figlia e baciandole la fronte. I suoi capelli neri solleticarono il naso di Maisie, che sbuffò per risposta. Quando Catelyn fu uscita dalla stanza Maisie si alzò dal divano e si precipitò in camera sua, buttandosi sul letto. Tra una settimana avrebbe dovuto dirgli addio, quindi voleva passare un po’ di tempo insieme.
 
*
 
Maisie continuava a far tremare la gamba, seduta a braccia incrociate sulle scomodissime sedie dell’aeroporto. Non bastava il fatto che aveva dovuto lasciare in modo estremamente generoso, la sua camera. Paddy l’aveva perfino trascinata all’aeroporto a dare il benvenuto ad Alexis. Neanche la conosceva e già l’odiava! L’aveva privata della sua camera!
«In cosa si laurea tua figlia?», domandò tanto per ammazzare il tempo.
«Ah», esclamo Paddy, come se si fosse ripreso da chissà quale sogno onirico, «In fotografia, all’Accademia di Belle Arti», poi si voltò verso Maisie, «Hai presente quel trittico di fotografie in bianco e nero nel soggiorno?», domandò
Maisie annuì con un cenno del capo. Certo che aveva presente, quelle immagini l’avevano sempre suggestionata. Erano bellissime. Erano dei paesaggi magnifici. Si perdeva il confine tra cielo e terra. Spesso, anni fa, quando le foto erano apparse su quella parete, aveva spesso desiderato di vedere di persona quel posto.
«Beh, quelle fotografie le ha scattate Alexis», disse Paddy con un sorriso di puro orgoglio, «Me le ha regalate per il mio compleanno qualche anno fa».
Alexis. Le piaceva tantissimo come nome. Maisie non aveva mai conosciuto né visto la figlia di Paddy. Ormai erano anni che Paddy e sua madre formavano una coppia, lei aveva otto anni, quindi immaginava che Alexis all’epoca ne avesse tredici. Sperava che fosse almeno simpatica.
«Ecco i gate che si aprono!», esclamò Paddy. Sembrava nervoso e felice al tempo stesso. All’apertura dei cancelli un’intera fiumana di gente si riversò verso di loro. Gente che gesticolava, gente che piangeva, gente che urlava. Maisie si guardò intorno quasi impaurita. Paddy continuava a saltellare e allungare il collo alla ricerca della figlia, anche Maisie iniziò a guardare le facce che le venivano contro, ma non avrebbe mai potuto riconoscere la figlia di Paddy.
«Vado a vedere se è uscita dall’altro cancello!», disse Paddy e Maisie si limitò ad annuire incrociando le braccia e iniziando a camminare verso il gate. Magari la sua valigia aveva tardato e lei si era intrattenuta, guardai verso Paddy, che continuava a far su e giù col collo. Tra un po’ gli si sarebbe staccata la testa.
«Ahia!», urlò sbattendo a terra con il sedere. Alzò lo sguardo per vedere contro quale energumeno s’era scontrata e ammutolì. Di fronte a lei si ergeva uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto. Aveva dei lineamenti così delicati e decisi allo stesso tempo che sembrava una donna. Aveva i capelli cortissimi legati dietro una piccola coda, e dei ciuffi ribelli che gli incorniciavano il viso. Il capelli erano tinti di biondo chiarissimo, platino da sembrare quasi bianchi e si notava la ricrescita nera, che però andava a confondersi perfettamente con la parte tinta. Era altissimo, almeno venti centimetri più di lei ed era magro. Aveva due gambe lunghissime avvolte da un jeans nero slabrato e indossava una t-shirt grigia e troppo grande per lui che gli lasciava le braccia scoperte così da lasciare intravedere dei tatuaggi davvero belli. Le sue braccia erano completamente tatuate. Maisie continuò a fissarlo a bocca aperta, mentre il ragazzo la guardò inclinando la testa di lato, con espressione curiosa.
«Tutto bene?», le domandò, «Non ti ho vista proprio, scusami», disse con la voce incrinata da uno sbadiglio, mentre le porgeva una mano anellata con fascette d’argento. Maisie arrossì vistosamente, lei arrossiva sempre in maniera imbarazzante, alzandosi e borbottando un “grazie”. Il ragazzo le sorrise e Maisie non poté far a meno di notare che due dolcissime fossette gli si erano create agli angoli della bocca. Sorrise a sua volta.
«Maisie!», sentì Paddy chiamare.
Si voltò verso l’uomo che avanzava gaio e sorridente, ma solo. Dov’era sua figlia?
«L’hai trovata prima tu!», esclamò ridendo, «Ciao Alex!», disse abbracciando l’amore a prima vista di Maisie. L’uomo dei suoi sogni. Maisie li guardò sbigottita e confusa. L’uomo dei suoi sogni era Alexis? Cioè, l’uomo die suoi sogni, che era una donna, che era la figlia di Paddy e che adesso sarebbe venuta a vivere in casa sua?
Maisie credeva di star per svenire, sbiancò.
«Maisie, tutto ok? Sei bianca!», le domandò con apprensione Paddy, poggiandole una mano sulla spalla. Maisie, in realtà, non riusciva a staccare gli occhi da Alexis, che la guardava di rimando curiosa e sorridente. Sembrava quasi imbarazzata da tutta quell’attenzione. Maisie abbozzò un sorriso, «In realtà non avevo capito che fosse lei», rispose.
«Ci siamo scontrate», aggiunse Alexis interrompendo quel contatto visivo.
L’uomo sorrise, «Alexis, lei è Maisie, la figlia maggiore di Catelyn. Maisie, lei è Alexis, la mia unica figlia», disse facendo le dovute e un po’ ovvie presentazioni, «Hai preso tutti i bagagli?».
Alexis annuì con un semplice cenno del capo. Così uscirono tutti e tre dall’aeroporto dirigendosi alla macchina.
 


Ciao a tutt*!
È una nuovissima storia. Ed è anche la prima volta che scrivo una FlemSlash! Quindi per il momento non ho molto di cui scrivere qui adesso. Spero che la storia vi intrighi!
A presto,
StClaire
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Hey there. ***


Capitolo 1
- Hey there -
 
«Così adesso sei in camera con tua sorella? Sai che seccatura?», esclamò Jody, una delle mie migliori amiche.
Maisie sbuffò, prendendosi la testa tra le mani, ancora non ci credeva! Non poteva accettare il fatto che avesse scambiato la sua “sorellastra” per un ragazzo. Un bellissimo ragazzo! Ovviamente aveva tenuto quelle considerazioni per se, non l’aveva detto né a Mia né a Jody. Ne avrebbero sicuramente riso per poi prenderla in giro con domande ironiche riguardo il suo orientamento sessuale. Lei era etero! Era colpa di Alexis se era un uomo!
«Che tipa è?», chiese Mia.
«In che senso?», domandò Maisie, sperando che non le chiedessero una descrizione fisica. Sarebbe andata in panico!
«È simpatica?»
Maisie alzò le spalle, «Non saprei. Non è quasi mai in casa, è sempre all’accademia».
Mia e Jody annuirono, per poi sistemarsi meglio sulle sedia.
«Comunque», esordì Jody, «Che dobbiamo fare per l’Escalation?»
L’Escalation Music Festival, ovvero l’EMF, era un festival di musica rock/indie al quale avevano deciso di partecipare.
«Devo ancora parlarne con i miei», sospirò Maisie. Sua madre non le avrebbe mai permesso di allontanarsi di casa. Il festival durava tre giorni, un fine settimana, dal venerdì alla domenica notte. Ci volevano poco più di due ore di treno e bastava una tenda, e sarebbero state bene. La campanella suonò e così iniziarono a riversarsi verso il corridoio e scendere lentamente le scale, raggiungendo il cortile e la libertà. Salutarono i loro compagni di classe e proprio mentre chiacchieravano del più e del meno uno di loro emise un pesante fischio di apprezzamento.
«Che tipa…», mormorò uno di loro in modo poco carino. Maisie si voltò verso l’indicazione che lo sguardo sognante del suo amico le indicava e fu percorsa da un brivido. Appoggiati al muretto di fronte scuola c’erano due persone. Una era una ragazza, bellissima, con i capelli lunghi e corvini e un fisico statuario. Le calze nere avvolgevano due gambe lunghe e affusolate. Rideva, poggiando la spalla contro l’altra figura. Che era Alexis, vestita con una delle sue solite t-shirt monocolore e oversize e i suoi jeans slabbrati, che le rendevano le gambe, se possibile, ancora più lunghe. Maisie andò in panico, cosa ci faceva lei lì fuori? E chi era quella ragazza?
Improvvisamente, la ragazza in questione si staccò da muretto e corse incontro a una sua miniatura maschile. Dovevano essere fratelli, e dovevano condividere gli stessi geni segreti di bellezza. Maisie sospirò, pensando ai suoi stupidi capelli di uno stupido color bruno.
«Andiamo?», domandò alle sue amiche. Loro annuirono e poi iniziarono a incamminarsi.
«Maisie!», squittì Jody, «Sbaglio o quel tipo fighissimo ti sta fissando?», domandò portandola a incrociare lo sguardo con Alexis. La ragazza la guardò e le fece “ciao-ciao”, con la mano, sorridendole. Maisie la guardò, cercando di non arrossire, e ricambiò il saluto, per poi voltarsi. Non avrebbe retto il suo sguardo un solo secondo di più. Iniziò a camminare velocemente, e fu raggiunta dalle sue amiche sorprese.
«Mi stai dicendo che conosci quel figo?», le domandò Jody con espressione estasiata e al contempo gelosa.
“Quel tipo tostissimo è la mia sorellastra!”, pensò, ma non lo disse. Lo sguardo d’invidia che Jody e Mia le avevano rivolto, l’aveva rallegrata. Di solito erano loro quelle cui i ragazzi dedicavano la loro attenzione. Maisie, con il quasi metro e sessanta di altezza, di certo non era paragonabile a una modella. Ci pensò su.
«Lo conosco un po’», disse alzando le spalle imprimendo quelle poche parole di leggera malizia.
 


Ciao a tutt*
Pubblico anche il primo capitolo, anche se non è granchè, diciamo che è come un'introduzione a tutto ciò che succederà dopo! Lunedì postero il primo e vero capitolo!
Innanzitutto vorrei ringraziare: Akemi32, dreamer183, Lebanese4ever, ReadingPassion27, ZiaBern e tutit gli altri che hanno letto!
Spero che la storia continui ad incuriosirvi.
Un bacio,
StClaire

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Help! ***


Capitolo 2

- Help -
 

Quand'è che abbiamo iniziato a parlare?


- Maisie, puoi palesemente dimenticarti di quel concerto! Non esiste, non ti ci mando! Sei troppo piccola perché tu stia un fine settimana fuori, in mezzo a chissà quali droghe e drogati! -
- Mamma! Ma ho diciassette anni! E poi non ci andrò mica da sola! Starò con Mia e Jody! Io voglio andarci, devo andarci! -
- NO! Tu credi che la tua presenza sia indispensabile, ma credimi, non lo è! E comunque hai solo diciassette anni - sbottò Cate, la madre di Maisie.
Cate era la tipica donna che non si arrabbiava mai, ma quando succedeva, non c’erano santi. Quell’amorevole conversazione fu interrotta dall’arrivo di Paddy e Alexis che trasportavano degli scatoloni enormi.
- Ehilà! - salutò Paddy - Maisie, ci dai una mano? - chiese ancora con il sorriso sulle labbra.
- Mmmmh - annuì Maisie, dirigendosi fuori, verso la macchina di Paddy, dove c’era Alexis intenta a scaricare altra roba.
- Ciao Alexis… -
Un’occhiata fu tutto quello che ricevette per risposta.
Maisie s’imbarazzava quando era con lei. Il pensiero di averla scambiata per un uomo le frullava per la testa ogni volta che la guardava. Aveva notato che guardandola bene era chiaro che fosse una donna. I suoi occhi erano grandi, ma un po’ a mandorla, scuri. Forse ad alimentare quel disguido era che non indossava un filo di trucco, o il modo di vestire.
- Mi aiuti? - chiese improvvisamente Alexis, sventolandole una mano davanti agli occhi.
Maisie sussultò. Come sempre si era imballata in sua presenza. Non sapeva perché, ma Alexis aveva su di lei una certa influenza. La metteva in soggezione. Forse era semplicemente perché la conosceva poco.
- S-si… - balbettò prendendo degli scatoloni che si trovavano ai suoi piedi - Che cos’è questa roba? - domandò facendosi coraggio.
- Luci per la fotografia - rispose semplicemente lei avviandosi verso l’ingresso.
S’inoltrarono dentro casa, ma nello stesso attimo in cui Maisie appoggiò il suo piede sul pavimento, la madre si materializzò dinanzi a lei.
- È inutile che mi fai chiamare dall’intero branco delle tue amiche! Non ti ci mando a quel concerto! - sbraitò.
Maisie la guardò sconcertata con ancora le luci fotografiche di Alexis in mano. Mentre lei, Aelexis, ignorò del tutto la sparata della madre e continuò a salire le scale dirigendosi in camera sua.
- Non so di cosa tu stia parlando! - mentì Maisie. In realtà sapeva benissimo che Mia, alla quale i genitori avrebbero accordato sicuramente il permesso di andare, avrebbe chiamato per convincere la signora Cate.
Cate si limitò a guardarla furiosa. Odiava che la sua posizione di matriarca fosse incrinata.
- Che succede? - chiese flebilmente Paddy spostando lo sguardo tra le due donne.
- Questa scellerata vorrebbe andare a un festival lontano tre ore da casa! Un intero fine settimana, da sola! - sbraitò scuotendo la testa.
Maisie sbuffando appoggiò le luci fotografiche di Alexis per terra.
- Mamma era solo un’idea - sbottò - Hai detto no, e io non ho replicato. Puoi anche dimenticare questa storia! - si sentiva trattata come una stupida bambina e questo le dispiaceva!
Alexis nel frattempo era scesa di nuovo dal secondo piano.
- Stavate parlando dell’EMF? - chiese abbassandosi per controllare il materiale che Maisie aveva poggiato a terra.
Maisie fece cenno di sì con la testa incrociando le braccia.
- Io ci vado - disse - Vado come fotografa “ufficiale” - disse mimando le virgolette con le mani - Se vuoi venire, mi puoi fare da assistente - finì la frase salendo le scale.
Maisie arrossii all’istante. Perché tutta quella generosità? Era un mese che vivevano insieme, ma avevano parlato pochissimo.
Cate sembrò calmarsi, le piaceva tanto Alexis, e così ritornò in cucina.
Paddy  appoggiò una mano sulla spalla di Maisie e aggiunse - Vedrai, che se vai con Alex, tua madre ti lascerà andare. Cercherò di mettere una buona parola - disse facendole l’occhiolino.
Maisie sorrise. Magari era la volta buona!
 
*
 
Durante la cena, Maisie aveva beccato Alexis a guardarla, ma solo per un momento. Brevissimo. Alexis le aveva sorriso appena e poi era tornata al suo cellulare. Maisie le avevo risposto, ma nello stesso momento Alexis aveva distolto lo sguardo, e Maisie aveva sentito le guance accaldarsi un po’.
Poi Alexis si era alzata, aveva salutato tutti ed era uscita. “Chissà se doveva vedersi con la mora dell’altra volta. Forse era una compagna di corso.” Si ritrovò a pensare Maisie.
Alla fine la madre, sotto insistenza di Paddy, aveva acconsentito a lasciarla andare all’EMF. Ma a condizione che avrebbe aiutato veramente Alexis e che non le avrebbe creato problemi. Lei aveva, ovviamente, accettato. Rimaneva solo da ringraziare Alexis per quell’opportunità. Il suo dubbio era sul come avrebbe mai potuto aiutarla. Di fotografia non conosceva nulla.
Salita in camera, inviò un messaggio a Mia e Jody, le sue amiche, e non dovette attendere molto per una loro risposta.
Quella sera andò a dormire con il sorriso sulle labbra e un quesito in testa. Come mai Alexis le aveva fatto quella proposta?  Nel dubbio, era comunque felice.
*

La notte si svegliò di colpo. Quel giorno aveva bevuto tantissimo. Aveva letto che bere due litri di acqua al giorno faceva benissimo. Ma a quanto pare ti portava a far pipì ogni venticinque minuti.
Si alzò dal letto, cercando di non fare il minimo rumore per non svegliare Alice, e uscì dalla camera dirigendosi verso il bagno. Decise di andare a fare un altro sorso d’acqua, così scese al piano di sotto. Arrivata al salone, dovette trattenere un grido di spavento.
Alexis era seduta scompostamente sul divano, completamente al buio, se non per la flebile luce proveniente dallo schermo del cellulare, che le illuminava i lineamenti in modo inquietante.
- Scusa se ti ho spaventata - disse alzandosi e mettendosi a sedere composta. Aveva abbandonato le sue scarpe da skate ai piedi del divano. Avevo i capelli sciolti e portati all’indietro. Le arrivavano giusto sotto le orecchie.
Maisie accennò un sorriso, ma in quel buio sarebbe stato difficile vederlo. Così sussurrò un “niente..”
- Ti ho svegliata io? - chiese Alexis passandosi una mano fra i capelli. Con quel gesto Maisie notò che aveva un altro tatuaggio all’altezza del bicipite destro. Chissà quanti ne aveva.
- No - rispose - Ero scesa perché avevo sete - disse avanzando di qualche passo - Vuoi qualcosa? - le chiese passando l’arco che collegava il salone alla cucina.
- Si, un po’ d’acqua grazie. Stasera ho fumato troppo - rispose Alexis schiarendosi la gola.
Andò alla dispensa e prese due bicchieri. A casa aveva uno di quei frigo che ti dispensano l’acqua direttamente dalla porta. Maisie trovava la temperatura dell’acqua sempre molto gradevole.
Riempì i bicchieri e tornò in salone. Alexis si spostò sul divano in modo che potesse sedersi anche lei, che accettò silenziosamente l’invito, ma si sedette il più possibile vicino al braccio del divano. Si sentiva ancora imbarazzata.
- Non sapevo fumassi - disse, per spezzare quel silenzio che le iniziava a pesare.
Lei fece un lungo sorso d’acqua.
- In effetti di solito non fumo molto, ma quando sono circondata da persone che fumano mi sale la voglia - le disse rivolgendole una lunga occhiata.
Maisie annuì imbarazzata. Le sembrava che avesse indugiato lo sguardo sulle sue gambe, lasciate scoperte dal pantaloncino. Ma era buio, probabilmente se lo era solo immaginato.
- Ah, a proposito! Volevo ringraziarti per prima. Con mia madre, per quella proposta. - sclamò ad un tratto Maisie.
Alexis scrollò le spalle.
- Beh, ho bisogno realmente di un’assistente. E poi mi è piaciuta la tua risposta. -
- La mia risposta? -
- Quando hai detto che era ok, che avevi accettato il suo giudizio. Una normale adolescente avrebbe dato di matto, urlando che sua madre era lì solo per rovinare la sua vita e tutte quelle cose lì. Tu sei stata molto matura. Nonostante so che volevi andarci veramente a quel concerto. Poi mi hai dovuto anche lasciare la camera. Prendilo come un ringraziamento da parte mia -
Maisie le sorrise. Questa volta il sorriso le uscì più naturale. Meno imbarazzato. Non avevano mai parlato così, di solito c’eravamo limitate a cose come ciao, tutto bene, buongiorno e buonanotte.
Forse era il buio che l’aiutava a essere meno timida, chissà.
- Ah, ma per te venerdì è un problema uscire prima da scuola? Nel contratto ho accettato di scattare anche per il backstage, quindi venerdì dovremmo partire prima. Verso le 11.00, tanto con la macchina ci vuole un’ora scarsa -
- Non sapevo andassimo con la macchina! - esclamò Maisie.
- Beh, io ho tutta l’attrezzatura da portare, per non parlare della tenda. Ho bisogno di più spazio -
- Beh, per me non è un problema. Devo solo avvisare le mie amiche. Noi avevamo pensato di andare insieme in treno. Sai, nessuno di noi guida - si grattò la testa con imbarazzo. Si sentiva improvvisamente piccola.
- Se avessi avuto posto in macchina sarebbero potute venire con noi, ma i sedili di dietro saranno pieni. Mi dispiace - rispose, in modo molto gentile.
- Oh figurati, capiranno! -
- Ma queste tue amiche sono quelle che erano con te l’altra volta, fuori scuola tua? - chiese incuriosita.
Maisie fece cenno di sì, iniziando ad avvertire il senso di pericolo.
- Mi guardavano in modo strano -
Maisie avvampò. Ovviamente dopo quella piccola omissione sulla sua conoscenza con Alexis e sul suo vero sesso aveva cercato di non tornare più sull’argomento, ma loro  avevano provato a spillarle più e più informazioni.
- Ah-ah-ah - cercò di ridere e sembrare il più naturale possibile. Ma dall’espressione interrogativa di Alexis, non credeva di esserci riuscita.
- Scusa se quel giorno ti ho appena salutato, ma ti ho riconosciuto all’ultimo - disse.
- Figurati - rispose lei, felice di poter cambiare discorso - Ma volevo chiederti una cosa -
Alexis le fece cenno di continuare.
- Io spero di aiutarti veramente per il festival, ma di fotografia non conosco niente! Non vorrei esserti di peso! - disse tutto in un fiato.
Lei sorrise, almeno credeva. L’unica fonte di luce era la luna. E in quel punto della stanza non ne arrivava molta.
- Non preoccuparti, ti assegnerò tutti compiti semplici - esclamò ridendo Alexis.
Continuarono a parlare del più e del meno, della scuola per Maisie e dell’Accademia per Alexis, sembravano tranquillizzarsi sempre di più e poi, vista l’ora, decisero di andare a dormire.
- Comunque mi farò firmare un permesso da mia madre, per uscire prima - disse Maisie alzandosi dal divano.
- Ok, va benissimo -
Salirono le scale e si divisero. Maisie si fermò prima, in camera di Alice. Si augurarono la buona notte e lei tornò in camera a dormire con il sorriso sulle labbra e niente domande in testa.
 
*
 
- Che significa che non vieni con noi? Tua madre non ti aveva concesso il permesso di venire? - la voce di Mia quella mattina era particolarmente fastidiosa. La notte precedente, aveva passato la notte a parlare con Alexis, lasciando pochissimo tempo al sonno.
- Non è che non vengo, è che partendo prima vado con la macchina! -
- La macchina di chi, scusa? - insisté Mia.
Jody improvvisamente emise un urlo - Non dirmi che vai con quel tipo dell’altra volta! -
Maisie la guardò con gli occhi sgranati. Ormai era fissata!
- C-cosa? - balbettò, nel vano tentativo di acquisire tempo.
- Su, ammettilo. Anzi e soprattutto spiegaci come TU hai trovato un tipo del genere! Dove l’hai pescato? Come hai fatto? - chiese Jody in preda all’isteria mantenendo le mani sui fianchi.
Si sentì offesa dalle parole delle sue amiche. Per loro era impensabile che lei, la piccola e anonima Maisie, avesse potuto attirare un ragazzo. Ok che Alexis era una ragazza, ma ricordava in tutto e per tutto un ragazzo. I lineamenti, il modo di parlare, i tatuaggi, i vestiti. Jody era abituata ad attirare i ragazzi, spesso con mezzi poco ortodossi come mini-mini-mini gonne e top scollatissimi. Le piaceva essere guardata. E spesso ci riusciva, quindi per lei era un affronto che Maisie frequentasse un ragazzo che era palesemente più grande e che lei non aveva mai visto.
- L’ho conosciuto per caso - farfugliò.
- Che significa per caso? Come e dove l’hai conosciuto! - chiese Mia alzando la voce.
Iniziava a essere insopportabile.
- L’ho conosciuto in libreria! -sbottò inventando al momento - Ci siamo incontrati più volte lì! - Le sembrò una stupidata, ma non voleva dare la soddisfazione della certezza che lei mai sarebbe stata capace di attrarre un ragazzo. Che poi era vero, vista la sua piattissima vita sentimentale.
- E che fa? Come si chiama? Quanti anni ha? - chiesero in coro le due amiche.
Maisie le guardò con aria di sfida.
- Si chiama Alex, ha ventidue anni ed è un fotografo professionista! - sbottò - E se non vi basta, è stato lui a chiedermi di andare al concerto con lui! Dopo che ci siamo incontrati qui a scuola! -
Era insopportabile. La situazione, le sue amiche, la pressione per avere un ragazzo. Dove stava scritto che dovevi avere per forza un ragazzo per essere in pace con il mondo?
Era forse colpa sua se non aveva mai conosciuto un tipo che l’attraesse? Connor, a parte ovviamente. Ma lui era un altro discorso. Lui era irraggiungibile, lui era il “tipo più figo della scuola”. Che speranze avrebbe mai avuto lei con lui? Anzi, all’inizio neanche lo aveva notato. Ma poi, gridolino una volta, risatina un’altra, anche Maisie l’aveva iniziato a guardare con occhi diversi. E da lì era stata la fine.
E comunque, qualunque ragazza sarebbe capace di attrarre qualsiasi ragazzo aprendo semplicemente le gambe!
Jody e Mia accusarono il colpo.
- E tua madre non dice niente? - serpeggiò Mia.
Maisie scosse la testa.
- Ovviamente sa che vengo con voi - disse dando un tono sicuro alla sua voce. Certo.
La giornata passò come le altre, noiosa e lenta. Ma almeno era condito dal gusto della vittoria in confronto a quelle due sceme.
Il problema sarebbe stato poi una volta al festival. Quant’era vero che le bugie hanno le gambe corte…
- Maisie e dimmi una cosa - Maisie le fece cenno di continuare, pur continuando lei stessa a posare le sue cose nella cartella - E Connor? -
Alzò la testa di scatto e poi cercò di riottenere il controllo di se stessa.
- Cosa c’entra Connor adesso? - chiese con nonchalance.
- Beh, credevamo ti piacesse, davvero tanto, da come ci hai riempito la testa in questi quattro anni -
- Beh, rimane sempre un bellissimo ragazzo - “oh, eccome”! - Ma non saprei, Alex ha qualcosa in più! - disse chiudendo con un colpo secco la cartella - Ora scappo a casa, ci sentiamo! -
Sentiva il bisogno di allontanarsi il più in fretta possibile da quelle due. Buttò uno sguardo all’indietro e ovviamente notò che si erano avvicinate a Connor e il suo gruppo. Stronze.
 
*
 
Il fatidico venerdì era finalmente arrivato. Non aveva chiuso occhio nelle nottate precedenti.
L’ansia era troppa. Come avrebbe spiegato ad Alexis le cose, una volta che al festival si sarebbero presentate quelle due megere a riempirla di domande e a trattarla come se fosse un ragazzo? Avrebbe fatto una figura pazzesca. Aveva quasi pensato di simulare un malanno, ma sarebbe stato inutile, prima o poi Alexis sarebbe tornata a casa e sicuramente in cerca di spiegazioni. Tante spiegazioni.
Era una bella giornata, e per essere ottobre le giornate erano ancora calde. Ormai era vero, le stagioni erano veramente impazzite.
Mancava solo poco più di mezz’oretta all’arrivo di Alex, e l’ansia iniziava a salire. Mia, Jody e gli altri, sì, perché quelle due stronze alla fine avevano invitato anche Connor e i suoi amici, sarebbero partiti quello stesso pomeriggio in treno. Maisie iniziava a sentire le sue Dr Martens impressionatamene pesanti. O forse erano le calze al ginocchio. O forse ancora, e molto più probabilmente, era l’ansia.
Quando la lezione finì scattò in piedi e consegnò al professore il permesso, lui registrò tutto sul diario di classe e le diede la sua benedizione a lasciare l’aula e la scuola.
- Ragazze, ci vediamo stasera allora? - chiese in tono estremamente gentile. Meglio preparare il terreno per il perdono che avrei dovuto implorare da lì a poche ore.
Loro annuirono.
- Arriveremo io, Mia, Connor, Jack e Andrew verso le 20.00 - disse Jody masticando il suo chewingum. Diceva che la faceva sentire sexy.
Maisie annuì.
- Hey Maisie, tu come mai parti già adesso? - chiese Connor.
Maisie perse per un attimo il contatto con la realtà. Non era da lui rivolgerle la parola. In quattro anni non avevano mai parlato. Veramente mai!
- Perché Maisie ci va col fidanzato! - squittì Mia - Che essendo più grande non ha tempo da perdere con noi giusto? - disse in modo quasi infantile. Maisie poteva annusare da miglia di distanza la sua gelosia.
- Partiamo adesso perché lui è il fotografo ufficiale dell’evento - disse con tono di voce tagliente.
- Ah, allora a stasera - disse Connor.
Maisie annuì e lanciò un ultimo saluto generale.
Help.

 

Ciao a tutt*
Mi fa molto piacere che la storia vi intrighi, sono iper-felice! È un tipo di storia completamente nuova, rispetto a ciò che ho già scritto, ed è quindi per me una vera sfida! 
Ringrazio tutti, chi ha letto, recensito, seguito, ricordato e preferito!
Grazie mille!
E per ringraziarvi, vi lascio un piccolo spoiler :)

- S-scusami - disse asciugandosi gli occhi e cercando di darsi un contegno - Scusami se rido, ma è una storia troppo assurda! -
- Ma è vera! - ribattè Maisie. 
- Questo l’ho capito - disse sorridendo - Non volevo offenderti! -
- No! Io non volevo offenderti! -
- Offendere me? - chiese Alexis con fare interrogativo. Era seria? La guardai.
- Beh, ti ho appena dato dell’uomo. Ogni ragazza si offenderebbe per una cosa del genere! -
- No, forse una ragazzina che fa dell’aspetto fisico tutto, si offenderebbe - disse improvvisamente seria - io ormai ho ventidue anni. A cose come queste non do peso. Sono sempre stata definita come dire, androgina - si fermò e poi riprese - L’ho sempre usata come una sorta di difesa - abbassò lo sguardo per un attimo - Anzi è anche divertente! Devi vedere le facce delle ragazze che ci provano con me quando poi scoprono che in realtà sono una donna! - disse riprendendo a ridere - Ora come hai intenzione di proseguire? - mi chiese ancora con il sorriso sulle labbra.
Non avevo idea. 



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 1st Day ***


Capitolo 4

- 1st Day -


 

- Non hai parlato per tutto il viaggio - esclamò a un tratto Alexis - Stai bene? -
Era vero. Non aveva aperto bocca. L’ansia la paralizzava. Erano in autogrill, poco lontani dalla loro meta, ma Maisie si sentiva completamente in subbuglio. Apprezzava quella pausa, ritardava l’ora della sua fine, Alexis sosteneva di avere fame, e di non volere arrivare troppo presto al festival, così mentre si aggiravano per gli scaffali Maisie notò che due ragazze le spiavano da dietro alcuni scaffali. O meglio spiavano Alexis. Che l’avessero presa per un ragazzo anche loro?
- “Ma com’è possibile? Come fa a non accorgersene?!” - Si domando Maisie sbalordita.
- Che c’è? - le chiese Alexis seguendo il suo sguardo. Il suo si andò a posare sulle ragazze, che appena si accorsero che il soggetto dei loro gridolini isterici le stava guardando arrossirono come due pomodori.
- Ah - disse semplicemente ignorandole completamente e agguantando un pacco gigante di patatine e continuando il suo giro di acquisti.
- “Ah” - pensò Maisie - “solo questo?” -  
- Tu non prendi niente? - le chiese Alexis facendola rinvenire.
Maisie la guardò, anzi, la studiò. Era bella. Se la si guardava attentamente, si notava che le labbra, gli occhi e gli zigomi si adattavano più a una donna che a un uomo. Ma le fossette che si formavano agli angoli della bocca quando sorrideva avrebbero fatto impazzire chiunque, maschio o femmina.
- Che hai? Sei tutta rossa a un tratto - chiese Alexis e in un gesto inaspettato si abbassò verso di lei. Era molto alta e filiforme per essere una ragazza, forse questo anche portava a scambiarlo per un ragazzo, era alta più di un metro e settantacinque, quindi almeno 20cm più alta di Maisie!
- Non scotti, meno male. Iniziavo a preoccuparmi! - la guardò - Sicura di non volere niente? -
Maisie scosse il capo con energia e Alexis annuì, pagò e uscirono dall’autogrill dirigendosi verso la macchina.
- Manca poco per raggiungere il posto - disse iniziando ad aprire il pacchetto di patatine - I tuoi amici quando arriveranno? -
“Spero mai!” si ritrovò a pensare Maisie. Come diavolo avrebbe fatto? - Stasera, verso le 8.00 - borbottò.
Alexis annuì e iniziò a dirigersi verso la macchina.
Improvvisamente la suoneria del cellulare di Maisie riecheggiò per tutto il parcheggio.
Maisie mandò in play il messaggio vocale che le era arrivato, ma si pentì subito del fatto.
Delle urla pazzesche riempirono il parcheggio:
 
“MAISIEEEEEEE, SEI ARRIVATA A DESTINAZIONE O TI SEI FERMATA IN QUALCHE MOTEL CON IL TIPO??!?!”
 
Il tutto accompagnato da risate di sottofondo.
Sarebbe voluta sprofondare in quel preciso instante. Alexis si era voltata con ancora mezzo braccio nella busta di patatine.
Maisie vedeva Alex che la fissava con gli occhi sgranati e un punto interrogativo in faccia.
Lei posò il cellulare e la guardò.
- Devi vederti con qualcuno? - chiese Alexis.
Maisie la guardò. Ora era il suo turno di essere a bocca aperta. Balbettò un diniego. Possibile che non avesse capito?
- E di che parlava la tua amica? - le chiese avvicinandosi.
Ok, non aveva capito. Incredibile!
 Ma visto che il discorso era in mezzo tanto valeva confessarle tutto.
- Senti… - esordì.
Alexis chiuse la busta di patatine e Maisie abbassò lo sguardo imbarazzato.
- Hai presente quando hai detto che ero stata matura? - le chiese.
Alexis annuì senza riuscire a capire dove Maisie volesse arrivare. In effetti stava facendo un ragionamento che non aveva senso.
Così le raccontò tutto. In piedi, nel bel mezzo del parcheggio di un autogrill, mentre Alexis continuava a mangiare patatine, le raccontò di com’era stata stupida, di cosa si era inventata. Le raccontò di come Mia e Jody l’avevano scambiata per un ragazzo, e di come dopo che lei l’aveva salutata, quel giorno fuori scuola, avevano iniziato a riempirla di domande, di come si era sentita offesa quando avevano insistito che un tipo come lui, anzi lei, non si sarebbe potuto avvicinarsi a lei. Le raccontò della storia della libreria, di come si erano conosciuti e di come avevo nascosto il fatto che in realtà si trattava semplicemente della sua sorellastra. Raccontò tutto in un fiato, con le lacrime che iniziavano a pizzicarle gli occhi. L’espressione di Alexis era intraducibile. Non sembrava né offesa né arrabbiata. Maisie abbassò lo sguardo per concentrarsi sull’evaporazione delle sue lacrime, ma improvvisamente sentì una delle risate più cristalline e sincere che avesse mai sentito.
Alzò lo sguardo di botto e vide Alexis con le lacrime agli occhi e piegata in due, ma dalle risate.
- O-oddio! - continuò a ridere. Più si piegava e più si sentivano le patatine rompersi nella busta.
Maisie si guardò intorno scandalizzata. La gente le guardava in modo interrogativo. Non riusciva a capire, le aveva appena dato dell’uomo e lei rideva come una matta!
- S-scusami - balbettò Alexis tra le risate asciugandosi gli occhi e cercando di darsi un contegno - Scusami se rido, ma è una storia troppo assurda! -
- Ma è vera! - ribatté Maisie!
- Questo l’ho capito - disse sorridendo - Non volevo offenderti! -
- No! Io non volevo offenderti! -
- Offendere me? - chiese con fare interrogativo.
- Beh, ti ho appena dato dell’uomo. Ogni ragazza si offenderebbe per una cosa del genere! -
- No, forse una ragazzina che fa dell’aspetto fisico tutto, si offenderebbe - disse improvvisamente seria - io ormai ho ventidue anni. A cose come queste non do peso. Sono sempre stata definita come dire, androgina - si fermò e poi riprese - L’ho sempre usata come una sorta di difesa - abbassò lo sguardo per un attimo - Anzi è anche divertente! Devi vedere le facce delle ragazze che ci provano con me quando poi scoprono che in realtà sono una donna! - disse riprendendo a ridere - Ora come hai intenzione di proseguire? Io e le tue simpatiche amiche ci incontreremo per forza in questi giorni - mi chiese ancora con il sorriso sulle labbra.
Maisie non ne aveva assolutamente idea.
- Non saprei - disse - Avevo pensato di scomparire e di non farmi vedere. Questa volta l’ho fatta veramente grossa! Non so con quale coraggio potrò guardare le mie amiche! Loro credono che tu sia il mio ragazzo! -
Quando mi accorsi di cosa aveva detto arrossii all’istante.
- Perché arrossisci? - domandò Alexis in tono canzonatorio.
- Beh - Maisie cercò le parole adatte - Non lo so! - si arrese infine.
- Facciamo una cosa - disse improvvisamente lei - Per questi tre giorni portiamo avanti questa cosa se ti fa stare meglio - continuò mentre Maisie la guardava allibita - Sarò il tuo fidanzato per tre giorni - disse ridendo - Poi quando tornerai a scuola dirai che abbiamo litigato, che siamo troppo diversi e tutte quelle stronzate che portano una bella coppia a dividersi. Ok? - e riprese a mangiare le patatine.
Maisie sentì come un groppo sciogliersi nella gola. Era salva! La sua idea era geniale!
- Alex! Grazie! -
Lei in tutta risposta sventolò una mano, con tanto di patatine, mentre si dirigeva verso l’auto.
Adesso Maisie avrebbe potuto godersi il concerto e la sua compagnia!
 
 
*
 
Alla fine Maisie come assistente non doveva fare granché. Aveva una borsa, dove ogni tanto Alexis tirava fuori un flash, o un obiettivo diverso e altra roba di cui Maisie non conosceva neanche il nome. Alexis era molto professionale, si muoveva con cautela e sembrava studiare tutto nel minimo dettaglio. Ogni tanto le faceva vedere degli scatti, e anche in quel trambusto di casse, tende e materiale vario, sembravano raccontare ognuno una storia.
Ogni tanto arrivava un tipo stranissimo, in là con l’età, con dei baffoni e una barba veramente fuori dal comune, a chiedere qualcosa ad Alexis. Confabulavano un po’, di solito era lui che parlava, lei si limitava ad annuire e poi si allontanava. Alexis le aveva spiegato che era uno degli organizzatori.
- Che ne dici se adesso andassimo a montare la tenda? - chiese improvvisamente Alexis.
Maisie annuì semplicemente. Anche se ovviamente lei non sapeva montare una tenda.
- Tu sai montare una tenda? - chiese.
Alexis annuì - Dovrei. Ho preso una di quelle che si apre lanciandola. O almeno così ho capito - disse sorridendo.
Raggiunsero la piazzola che l’organizzazione le aveva riservato. Il che era un gran bene. Avevano a disposizione dei bagni privati (anche se per tutta l’organizzazione. Ma vuoi mettere tra dividere il bagno con altre venti persone e un bagno diviso con migliaia di persone?) un angolo cottura e tutti quei piccoli beni primari indispensabili per un buon campeggio.
Alla fine c’erano voluti un paio di lanci per far aprire la tenda. Ma erano stati venti minuti davvero esilaranti. Alla fine sistemarono tutta la loro roba, al sicuro nelle casse iper sorvegliate dell’organizzazione e le ultime cose nella tenda.
- Oh! - esclamò Maisie uscendo dalla tenda. Una delle sue calze era rimasta incastrata in qualche pezzo della tenda. Alexis si girò verso di le chiedendole se andava tutto bene.
Maisie scoppiò a ridere spiegandole che non riusciva a liberarsi senza distruggere le calze. Le piacevano, ci teneva. Erano un regalo di sua sorella.
Alexis si avvicinò e inizio a maneggiare con le calze. Improvvisamente si abbassò. Maisie sentiva le sue mani sulle gambe e iniziò a imbarazzarsi. Forse è perché premevano forte o forse perché le sembravano così… esperte?
- Hey! - una voce femminile richiamo l’attenzione delle due - Non è neanche buio e già state nel pieno del divertimento? -
- Credo siano atti osceni in luogo pubblico! - aggiunse Mia.
Oddio. Ora iniziava la messa in scena. Alexis, anzi, ora Alex era ancora piegata. Con la testa arrivava all’altezza del Ventre di Maisie. In effetti era una posizione ambigua, se non si conosceva la precedente storia.
Alex alzò gli occhi velocemente e guardò Maisie, che però non riuscì a tradurre quello sguardo, poi con un gesto secco, divise la calza dalla zip, intatta.
- Ecco fatto - disse. Poi si avvicinò ai miei amici che erano rimasti a guardare.
- Voi dovete essere gli amici di Maisie - disse presentandosi. Era così naturale! - Com’è andato il viaggio? - strinse le mani a tutti, tranne a Jody e Mia che si avvinghiarono a lei salutandola con un bacio.
- Bene, bene - esordì Connor squadrando Alexis - credevamo ci volesse più tempo. E qui è anche vicino alla stazione -
Alex annuì. Sembrava perfettamente a suo agio. Continuò a chiacchierare del più e del meno, spiegando bene il posto ai ragazzi, mentre io dovevo subire il terzo grado dalle ragazze.
- Dio, Maisie. Te lo sei scelto proprio bene! È un po’ magrolino, ma sicuramente ha altre doti! Devi dirmi la libreria in cui l’hai beccato! Devo farci un giro anch’io! -
Maisie cercò di sorriderle nel modo più naturale possibile.
- Ma quindi - disse Mia guardandola intensamente negli occhi - Stanotte diventerai una donna? - sussurrò.
Maisie sbiancò. Non ci aveva pensato. Non aveva pensato che si sarebbero aspettate una cosa del genere.
- No! Lo conosco da così poco! -
Lo sguardo deluso che le rivolsero la fece rabbrividire. In tutta quella sceneggiata un qualcosa di vero voleva pur mantenerlo.
- Non sono pronta! - sbottò. Forse un po’ a voce troppo alta, visto che i “ragazzi” si girarono verso di loro.
Alex le lanciò uno sguardo. Ma era diverso da tutti gli altri che si eravamo scambiati fino allora. Gli altri erano stati tutti fugaci. Ma questo, oh, questo era diverso. I loro occhi s’incatenarono. C’era qualcosa di diverso in quelli di Alex. Forse era la notte a rendere ancora più profondi i suoi occhi già neri. Fu un attimo. Un sorriso, le fossette che si formarono e poi la luce riflessa su uno dei suoi piercing all’orecchio mentre si voltava.
Anche Mia e Jody esitarono un paio di secondi.
- Tu non sarai pronta… - iniziò Jody - …Ma lui sì - completò Mia.
Quella volta Maisie non seppe cosa ribattere.
 
*
 
Finalmente riuscirono a staccarsi da quel gruppo. Alex aveva parlato per tantissimo tempo con i ragazzi. Era perfetta in mezzo a loro. E loro non sospettavano minimamente niente.
La serata passò tranquilla. Si erano alternate tante di quelle band sul palco che ormai Maisie aveva perso il conto. Il lavoro di Alex si svolgeva principalmente dietro le quinte. Fotografava i musicisti, ci scambiava qualche parola, qualche volta le aveva chiesto di scattarle delle foto con qualche musicista. E le chiedeva sempre se anche lei volesse una foto con qualcuno. A Maisie piaceva guardarla lavorare.
A una certa ora i concerti finirono, per la quiete pubblica, e Maisie si sorprese dell’ora tarda che si era fatta. Non accusava neanche un po’ di stanchezza. Mentre Alexis sistemava le sue cose Maisie andò a farsi un giro, alla ricerca dei suoi “compagni”. Li trovò in fila allo stand delle birre.
Si mise in fila con loro e iniziarono a chiacchierare. Si sentiva strana. Stava liberamente parlando con Connor. Di solito quando parlava con lui, cosa rarissima, perdeva il controllo. Bocca e cervello si scollegavano. Ma quella sera era diverso. Sentiva una sorta di protezione attorno. E pensava che quella protezione fosse la sua messa in scena con Alexis. Maisie e Connor parlarono così tanto da perdere la fila. Mia e gli altri erano andati avanti mentre lei e Connor si misero da parte e continuarono a chiacchierare. Lui era incredibilmente carino e gentile. Improvvisamente il suono di una risata li fece voltare verso lo stand. C’erano Alex, Mia e gli altri. E Alex sembrava divertirsi tantissimo. E sembrava aver anche bevuto parecchio. Alex aveva sottobraccio Mia, e intanto portava due birre.
Alex si avvicinò e le fece l’occhiolino. Fu un attimo. Si abbassò verso di lei e sussurrò - Dio, non si stacca - all’orecchio allontanandosi.
Maisie accennò una risatina, ma quella che le uscì fu davvero nervosa. Sentiva ancora il calore del corpo di Alex così vicino al suo, aveva ancora il suo profumo addosso.
Lo sguardo d’invidia di Mia la riportò alla realtà. Probabilmente Mia doveva averci provato. Stronza.
Con la sua più studiata nonchalance Maisie si appoggiò ad Alex, e subito dopo sentì il suo braccio intorno alle sue spalle, mentre continuava tranquillamente a parlare con Connor e gli altri.
Come se fosse un gesto del tutto naturale per lei. Ma doveva ammetterlo, che tra le sue braccia si sentiva bene.

 

Ciao a tutt*!
Che bello essere ritornata a scrivere! Mi dispiace non aver aggiornato prima, ma sono stata via l'intero mese di Agosto, ma fortunatamente sono riuscita ad andare avanti con la storia, delineando quasi l'intero arco. Non mi resta che scrivere!
Comunque, spero che questo capitolo valga la lunga attesa!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito, preferito, seguito e ricordato, siete davvero tanti e la cosa mi rende veramente felice!
Per ringraziarvi vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo!

 

Una voce la fece gridare. Si girò di scatto e si ritrovò Alexis che rideva a crepapelle appoggiata a un albero.
- Ehi! Mi hai fatto venire un infarto! - alcuni ragazzi le stavano guardando, aveva urlato e adesso si sentiva in imbarazzo.
- Scusami, avevi una faccia così assorta. A che pensavi? - chiese Alexis.
- Ti stavo cercando! -
Alexis alzò un sopracciglio.
- Mi cercavi? Perché? - chiese incrociando le braccia e appoggiandosi all’albero.
L’attenzione di Maisie fu attirata da un codino rosa che spuntava al polso, nella marea di braccialetti di Alexis. Non le sembrava il suo stile.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


- Capitolo 5 -

2nd Day

*


Erano andate a dormire tardissimo. Ma quando Maisie si svegliò, Alex non era nella tenda. Preparò le sue cose e si diressi verso le docce e fu lì che l’incontrò. Alex si stava vestendo, e al momento indossava solo uno dei suoi soliti jeans e un reggiseno, di quelli sportivi, che le fasciava il seno e stava indossando una t-shirt maschile che le nascondeva le forme. La schiena nuda era attraversata da un’unica linea nera d’inchiostro che partiva da sotto la nuca e arrivava alla fine della schiena.
Era il tatuaggio più strano che avesse mai visto.
«Ehi» disse a mo’ di saluto indossando la maglietta «Dormito bene?»
Maisie fece cenno di assenso con la testa «Onestamente? Credevo peggio. Non avevo mai dormito in tenda.»
«A volte la stanchezza aiuta a dormire» disse mentre raccoglieva i corti capelli bianchi in una coda. «Ieri è stato divertente comunque!» aggiunse.
Maisie le sorrise «Mi è sembrato di capire che Mia ci abbia provato con te» buttò lì, fingendo totale indifferenza per l’argomento. In realtà moriva dalla voglia di sapere.
Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo «Beh, si. Piuttosto spudoratamente in effetti. Non vorrei insinuare dubbi…» iniziò «Ma non mi sembra comportamento da buona amica» disse mentre indossava una felpa grigia fumo «Se io e te fossimo amiche, non ci proverei con Connor. Non so se mi spiego.»
Maisie avvampò.
«Cosa c’entra Connor?» chiese nervosamente.
Alexis la guardò.
«Maisie, le capisco certe cose quando le vedo. Ieri ti cercava ogni cinque minuti, ti seguiva con lo sguardo e siete stati un’ora e più a parlare da soli. Mi sono sentita abbandonata!» disse ridendo.
Maisie sarebbe voluta sprofondare!
«Perché arrossisci? È una cosa del tutto normale! E poi è un bel ragazzo, quindi, divertiti» rise.
«Ma ieri ci ha viste insieme!» esclamò Maisie improvvisamente in panico. Non aveva pensato a quello. In realtà Connor a quel festival neanche doveva esserci.
Alex la guardò «Se c’è una cosa vera, è che in amore vince chi fugge.» esclamò in modo molto serio.
Maisie le sorrise, aveva capito dove Alexis voleva arrivare.
«Mi dispiace che Mia ti ronzi intorno.» disse per cambiare argomento.
Lei alzò le spalle «Perché lo fa?» chiese stiracchiandosi.
«Perché crede che io non possa mai…» come avrebbe potuto dirglielo? «Attirare un bel ragazzo come te!» sussurrò in preda all’imbarazzo.
Alexis scoppiò a ridere e Maisie arrossì ancora di più. Aveva una risata bellissima. Cercò di nascondere l’imbarazzo, così si voltò e iniziò a spogliarsi. Almeno così non poteva vederla arrossire!
«Ora vado!» esclamò improvvisamente Alexis raccogliendo velocemente le sue cose «Ci vediamo fuori!» e se ne andò lanciando un cenno di saluto con la mano. Maisie la guardò andare via di corsa, poi si buttò sotto la doccia.
 
*
 
Maisie uscì dalle docce ancora pensierosa. Dove era corsa Alexis? Uscì a posare le sue cose nella tenda e poi si avviò verso le altre piazzole. Iniziò a guardarsi intorno, si vedevano i residui della giornata precedente. Era ancora presto e molte tende erano ancora chiuse e occupate, molti dormivano ancora probabilmente. Maisie continuò a guardarsi intorno alla ricerca di Alex, ma di lei neanche l’ombra.
«Ehi Maisie!»
La voce di Connor la fece sobbalzare.
«Scusami! Non volevo spaventarti!» esclamò il ragazzo.
«No, scusami tu. Ero sovrappensiero»
«Uh, ho interrotto qualcosa?» chiese sorridendo. Il bianco dei denti contrastava perfettamente con lo scuro della carnagione. Più volte Maisie si era domandata se nel suo sangue scorresse qualcosa di esotico.
Maisie rise «No, niente di che, stavo cercando Alex»
«Ah, sì... Immagino» Connor sembrava in disappunto «Mi dispiace, non l’ho visto!»
Maisie alzò le spalle «Sarà in giro a lavorare». Si sentiva terribilmente in imbarazzo. Ripensò alle parole di Alexis, sul fatto che adesso che lei era “impegnata” Connor sembrava interessarsi a lei.
«Sai che oggi c’è il concerto degli Hearts?» domandò Connor improvvisamente.
Maisie sorrise, felice che quel momento d’imbarazzo fosse stato spezzato.
«Oh! Si ne avevo sentito parlare, ma non sapevo quando fosse! Tu ci vai?»
«Certo! Sono uno dei miei gruppi preferiti. Tu? Ci vieni?»
Maisie alzò le spalle.
«Credo di si, mi piacerebbe! A che ora è?»
«Alle 21.00. Che dici, ci andiamo insieme? John, Mia e Jody vanno da un’altra parte a sentire non so chi. Mi hanno lasciato solo!» disse ridendo.
Aveva un sorriso dolcissimo agli occhi di Maisie.
«È all’area 3…» iniziò Connor, ma fu interrotto dall’arrivo di Alex.
«Ehilà» disse ridendo.
Maisie arrossì, aveva capito che Alexis rideva perché c’era Connor.
«Che si dice?» chiese Alexis ancora con il sorriso sulle labbra.
«Oh, niente di che» iniziò Connor cercando di impostare la voce «Parlavamo del concerto degli Hearts stasera» concluse guardandosi intorno.
«Ah, si, gli Hearts! Non piacciono anche a te Maisie?» chiese Alexis.
Maisie la guardò sconvolta. Non avevano mai parlato dei loro interessi musicali.
«No?» chiese di nuovo Alexis, alzando un sopracciglio «Mi sembrava che mi avessi detto che ti piacessero».
Finalmente Maisie capì.
«Aaaah!» esclamò «Si, si, certo, molto!» esclamò annuendo fortemente con la testa.
Alexis si trattenne dal ridere. Connor spostava lo sguardo da Maisie e Alexis in continuazione.
«Quindi, ci andate stasera?» chiese nuovamente Alexis. Maisie avrebbe voluto ammazzarla.
Maisie e Connor si guardarono.
«Credo di si» balbettò Maisie.
«Ottimo, ottimo! Ci si vede in giro! Vado a lavorare!» disse Alexis voltando le spalle e allontanandosi.
«C-ciao» balbettò Connor «Sicuro che vada bene? Che per Alex vada bene?»
Maisie alzò le spalle.
«Certo, nessun problema!» sorrise.
Lui le sorrise di rimando «Raggiungiamo gli altri?»
Maisie annuì e s’incamminarono.
 
*
Maisie aveva visto Alexis solo un paio di volte quella giornata. Sembrava evitarla! Quando finalmente avevano avuto un minuto per loro, Maisie aveva cercato di offrirle il suo aiuto, ma lei si era limitata a farle qualche domanda su Connor. Ormai era già ora del concerto e voleva almeno avvisarla. Era stato carino da parte sua aiutarla con il suo compagno di classe, ma allo stesso tempo Maisie non si sentiva a suo agio, era venuta qua per aiutarla e alla fine era Alexis ad aiutare lei.
«Buh!»
Una voce la fece gridare. Si girò di scatto e si ritrovò Alexis che rideva a crepapelle appoggiata a un albero con la macchina fotografica a tracolla.
«Ehi! Mi hai fatto venire un infarto!» alcuni ragazzi le stavano guardando, aveva urlato e adesso si sentiva in imbarazzo.
«Scusami, avevi una faccia così assorta. A che pensavi?» chiese Alexis.
«Ti stavo cercando!»
Alexis alzò un sopracciglio «Mi cercavi? Perché?» chiese incrociando le braccia e appoggiandosi all’albero.
L’attenzione di Maisie fu attirata da un codino rosa che spuntava al polso, nella marea di braccialetti di Alexis. Non le sembrava il suo stile.
«Beh, mi sento in colpa! Avrei dovuto aiutarti in questi giorni e invece sei tu che aiuti me!» finì la frase abbassando il tono.
Alexis sorrise e le fossette tornarono sul suo viso.
«No problem, ho tutto sotto controllo, poi mi hanno raggiunto degli amici dell’accademia, quindi al massimo schiavizzerò loro» disse ridendo «Vai e divertiti. Così quando torneremo diremo che ti ho lasciato perché ero troppo geloso! No?» concluse ridendo.
Maisie rise.
«Grazie» disse poi semplicemente.
Alexis la guardò a lungo e Maisie iniziò a sentire le guance arrossire.
«Prego. Adesso vado» concluse sorridendo.
Maisie le sorrise di rimando e poi si allontanò verso il palco.
 
*
Il concerto era stato fantastico. Maisie si sentiva ancora un po’ stordita dalla baraonda di gente che l’aveva spinta. Connor aveva provato a proteggerla, beccandosi pure qualche gomitata, ma lui l’aveva sempre presa a ridere. Qualche volta, con la scusa della marea di persone che accalcavano il prato, Maisie l’aveva sentito molto, ma molto vicino, ma aveva cercato di non farci caso e di non arrossire.
«Raggiungiamo gli altri? Credo che anche il loro concerto sia finito!»
Connor annuì, ma sembrava un po’ deluso. Iniziarono a camminare verso l’area del ristoro, e, infatti, ritrovarono gli altri a uno degli stand delle birre.
«Ehi!» Mia urlò e sventolò una mano con così tanta enfasi che schizzava birra ovunque «Com’è andato il concerto?»
«Bene!» esclamò Maisie «Il vostro?»
«Una bomba!» urlò Mia ridendo. Doveva aver bevuto molto «Dov’è Alex?» chiese ghignando. Il che non era nulla di buono.
Maisie si aspettava quella domanda.
«Alcuni amici dell’accademia sono qui. Immagino che sia con loro in giro. Se i concerti per oggi sono terminati, ha finito di lavorare»
«Amici? Se sono fighi quanto lui deve presentarceli!» esclamò Jody.
Maisie alzò lo sguardo al cielo. Quelle due non si sarebbero mai arrese. Non vedeva l’ora che quella storia finisse.
«Vado a cercarlo» sbiascicò arrendendosi.
Questo era un altro problema. Come avrebbe fatto se i suoi amici e gli amici di Alexis si fossero incontrati? Di certo Alexis non aveva raccontato ai suoi amici del suo folle piano. Era in panico.
Maisie continuò a cercare Alexis in quel mare di gente. Le sembrava che ci fosse ancora più gente del giorno precedente. Continuò a guardarsi intorno inutilmente, così decise di tornare alla loro tenda.
Camminò velocemente, voleva avvisare Alexis di quella situazione imbarazzante. Magari i loro rispettivi amici non si sarebbero mai incontrati. Magari.
Una volta raggiunta la tenda si fermò di colpo. Dalla tenda stava uscendo una ragazza che Maisie pensava di aver già visto, seguita da Alexis.
«Ehi» disse Alexis fermandosi di colpo quando si accorse di Maisie.
«Ehi» ripeté Maisie. Non sapeva cos’altro dire.
La ragazza continuava a guardarla insistentemente. Finalmente Maisie si ricordò di lei. Era la ragazza che a scuola era in compagnia di Alexis. Maisie la guardò, era bellissima. Aveva gli occhi verdi che s’intonavano perfettamente con il nero corvino dei capelli raccolti in una treccia. Maisie sgranò gli occhi. Una fitta le attraversò il corpo. Ma non sapeva cose le stesse succedendo.
«Ciao!» esclamò la ragazza «Io sono Emma, tu devi essere Maisie!» disse avvicinandosi e porgendo la mano.
Maisie lanciò uno sguardo ad Alexis poi allungò la mano a stringere quella di Emma «Piacere» si limitò a dire. Non riusciva a staccare gli occhi da quella ragazza.
«Emma è una mia compagna di accademia» disse Alexis. Sembrava in imbarazzo.
Emma sorrise giocando con la punta della sua lunga treccia. Una treccia chiusa con un codino rosa.
«Ah. Studi anche tu fotografia?» chiese Maisie tanto per dire qualcosa. Continuava a fissare quel codino.
Lei sorrise. I suoi denti erano perfetti e bianchissimi, in un bellissimo contrasto con il rosso delle labbra.
«Oh, no. Io studio moda. Abbiamo solo un corso in comune con Fotografia»
«Già» aggiunse Alexis guardandosi intorno «Gli altri dove sono?»
«In giro a bere. Mi dispiace avervi interrotto, ero venuta a prendere una felpa» inventò al momento. Non voleva dire di essere venuta a cercare lei.
Alex non le sembrava a suo agio, quindi voleva andarsene il più velocemente da lì.
«Oh! Ma non preoccuparti!» esclamò Emma.
Alex la fulminò con uno sguardo.
«Stavamo parlando di un progetto per l’accademia» disse semplicemente Alex.
«Immagino che sia interessante» disse Maisie.
Emma guardò in direzione di Alexis «Molto. Devo preparare un book fotografico con dei vestiti creati da me e Alex si occuperà delle foto!» Emma sembrava confusa, ma entusiasta di parlare del progetto. A Maisie, invece, non interessava per niente. Voleva solo andarsene e cacciare quella strana sensazione dal suo corpo.
Maisie si sforzò di sorriderle. Quella ragazza era troppo perfetta. Si sentiva a disagio. Entrò in tenda e acchiappò la prima felpa che trovò e uscì velocemente.
«Io vado, raggiungo gli altri» disse.
«Ok, ci vediamo in giro» Alexis la guardò, ma Maisie evitò il suo sguardo.
«Ok. Ciao Emma, è stato un piacere» Maisie si voltò senza neanche aspettare una risposta e se ne andò a grandi passi con la felpa tra le braccia.

 
Ciao a tutt*!
Ecco il quinto capitolo! Ogni volta che devo pubblicare mi emoziono! Spero che la storia continui a piacervi!!!
Come al solito ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito, preferito, ricordato e seguito! Mi rendete felice!!!
Fortunatamente sto andando molto avanti con la storia, quindi non avrò ritardi con le pubblicazioni!
Adesso vi lascio al solito spoiler! 
Grazie ancora!

 

- E con Connor? - domandò Alexis - Novità? -
Maisie cercò di non arrossire.
- Niente di che - disse imbarazzata - Forse al concerto ci ha provato un po’, tutto qui, era più vicino del dovuto - sentiva che stava arrossendo - Ma credo fosse terrorizzato che tu saltassi fuori in qualsiasi momento -
Alexis rise.
- E gli hai dato corda? - chiese voltandosi.
- In che senso? -
- Quando si… avvicinava… tu ci stavi? - chiese Alexis evitando il suo sguardo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 3d Day. ***


Capitolo 6

- 3rd Day -

*

 

Quel giorno Maisie si svegliò di botto, ansimando. Sentiva il proprio corpo in fiamme. Aveva fatto un sogno, ma non un sogno qualsiasi. Aveva sognato Alexis e su questo non c’era niente da ridire. Ma il sogno che aveva fatto lei era osceno! Il suo subconscio le giocava brutti scherzi, davvero di cattivo gusto. Non le era mai capitata una cosa del genere, e la cosa l’aveva sconvolta davvero tanto.
Fortunatamente, come ogni mattina, Alexis non era in tenda. In realtà Maisie non era neanche sicura che fosse ritornata quella notte. Magari era andata a dormire altrove, con i suoi amici, o con quell’ Emma. Aveva un’espressione sorpresa quando le aveva incontrate alla tenda. Come se volesse nascondere qualcosa. Che avessero una relazione, o qualcosa? Alexis le era sembrata troppo poco a suo agio l’altro giorno. L’idea le procurava un certo fastidio...
I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della zip della tenda che si alzava.
«Ehi, buongiorno» esclamò Alexis entrando in tenda.
«B-buongiorno…» borbottò Maisie cercando di non arrossire. Il ricordo di quel sogno era ancora così vivido.
«Hai bevuto ieri sera?» domando Alexis all’improvviso, mentre le passava un caffè.
Maisie sussurrò un grazie, mettendosi a sedere composta. Si sentiva un po’ in imbarazzo. Indossava solo una maglia sopra un paio di slip neri e questa cosa non l’aiutava di certo a dimenticare ciò che aveva sognato.
«Un po’» ammise infine. Sì che aveva bevuto. Si era sentita talmente arrabbiata ieri che si era sfogata sulla birra, accompagnata ovviamente dai suoi amici. Forse era colpa dell’alcool, se aveva vagato tanto con la testa. Il suo io interiore doveva essere ubriaco.
Alexis rise.
«Da cosa si capisce?» chiese Maisie dopo un lungò sorso di caffè.
«Mmmmh… sia dal fatto che sono le 12.00 e adesso ti sei svegliata, come penso i tuoi amici, poiché non li ho visti, e sia dal fatto che stanotte sono entrata per dormire, sono inciampata, ti sono caduta addosso e tu per tutta risposta mi hai detto “Non voglio andare a scuola mamma…”» concluse scoppiando a ridere.
Maisie sputò metà del suo caffè «Dimmi che non è vero!» urlò mettendosi le mani in faccia. Si sentiva terribilmente in imbarazzo.
«Oh, invece è verissimo!» esclamò continuando a ridere Alexis.
Maisie si unì alla sua risata «Hai detto che sono le 12.00? È tardissimo!» esclamò.
Alexis alzò le spalle.
«Tanto oggi è l’ultimo giorno, finalmente! Non ce la faccio più» disse stendendosi e iniziando a trafficare con il cellulare.
Maisie continuò a bere il suo caffè.
«Mia e Jody volevano conoscere i tuoi amici» buttò lì «Hanno detto che se sono fighi come te glieli devi presentare.»
Alexis scoppiò a ridere.
«Beh, una di loro è Emma, ma non credo che loro siano interessate alle donne» iniziò Alexis continuando a scrivere qualcosa al cellulare. Maisie al solo sentire pronunciare quel nome si snervò «Uno è gay, Logan, quindi salta, forse Mark potrebbe soddisfare le loro esigenze. Ma poi che fanno, se lo passano?»
Maisie sorrise.
«No, Jody prende Mark e Mia si concentra su di te, no?»
«Ah giusto! Mi ero dimenticata della mia spasimante!» disse ridendo e posando il cellulare.
Maisie finì il suo caffè «Vado a farmi una doccia» disse cercando di indossare un pantalone con estrema difficoltà.
Alexis annuì «A dopo.»
«A dopo.» disse finalmente alzandosi e uscendo dalla tenda.
 
*
 
«Maisie! Ma che fine avevi fatto?» la voce di Mia la stonò. Aveva un mal di testa terribile.
«Mi sono svegliata tardissimo» rispose «E poi mi sono fermata a preparare le ultime cose per il ritorno»
«Già» esclamò Connor sorridendole «Che brutto che sia già finito.»
Maisie annuì.
Già, era brutto che fosse finito così presto. Dopo tutto era stato divertente. Aveva conosciuto meglio Connor, ma soprattutto aveva conosciuto Alexis. Nonostante tutto era stato un viaggio fruttuoso.
Passarono il resto della giornata insieme. Alexis era ancora in giro a sistemare le ultime cose, il festival sarebbe finito con l’ultimo concerto delle 22.00, ma il campeggio sarebbe rimasto aperto fino al pomeriggio seguente. Alex aveva però deciso di partire alla fine del concerto. Sembrava stremata e ansiosa di andarsene.
«Tutto ok?» domandò Maisie mentre Alexis liberava la cassaforte.
«Mmmmh» annuì lei semplicemente «Sono stanca» disse sbadigliando «In tre giorni avrò dormito più o meno, sei ore?»
«Ti do una mano» esclamò Maisie, e iniziò a piegare le sue cose «In effetti, tornavi sempre tardi in tenda.»
«Grazie» sussurrò Alexis «Eh si» continuò «Un po’ stavo in giro e un po’ aspettavo che si facesse un’ora decente per chiamare mia madre. Da quando sono qui, pretende che la chiami ogni giorno. Solo che da qui a Washington ci sono cinque ore di differenza. Quindi posso chiamare solo in alcuni orari» concluse. Aveva un’espressione malinconica.
«Ma tu sei inglese o americana?» le chiese Maisie.
«Ho il doppio passaporto, ma sono nata qui» sorrise «Mia madre è americana, così dopo il divorzio è voluta tornare lì, dalla sua famiglia»
Maisie annuì.
«Quindi, dimmi, ti è piaciuto? Era come te l’eri aspettato?» le chiese Alexis prima che Maisie potesse chiederle qualsiasi altra cosa.
Maisie alzò le spalle.
«Si, credo di si. Lo avrei vissuto con meno ansia se non ci fossero stati i miei compagni» disse ridendo.
«In effetti, le due tipe sono dei martelli» rise.
«Non dirmi che ci hanno provato ancora!» esclamò Maisie.
«In realtà no, sembravano più che altro interessate a tutta la mia vita» disse Alexis con aria pensierosa «Come se avessero intenzione di capire qualcosa.»
Maisie strabuzzò gli occhi. Che cosa avevano in mente quelle due?
«E con Connor?» domandò Alexis «Novità?»
Maisie cercò di non arrossire.
«Niente di che» disse imbarazzata «Forse al concerto ci ha provato un po’, tutto qui, era più vicino del dovuto» sentiva che stava arrossendo «Ma credo fosse terrorizzato che tu saltassi fuori in qualsiasi momento.»
Alexis rise.
«E gli hai dato corda?» chiese voltandosi.
«In che senso?» chiese Maisie fissandole la schiena.
«Quando si… avvicinava… tu ci stavi?» chiese Alexis evitando il suo sguardo.
Maisie ci pensò su.
«Non credo. Cioè, non ci ho fatto caso, ma non credo»
Alexis annuì e poi le sorrise.
«Sta per iniziare l’ultimo concerto» tamburellò le dita su una valigetta «È meglio che vada» aggiunse mettendosi la reflex a tracolla.
«Vengo con te» esclamò Maisie prendendo la felpa che aveva lasciato fuori dalla borsa.
«Non c’è bisogno. Non vuoi rimanere con i tuoi amici? Con Connor?» disse Alexis alzando un sopracciglio in modo canzonatorio.
Maisie alzò gli occhi al cielo.
«Mi credi? Non li sopporto più! Non vedo l’ora di tornare a casa!»
Alexis scoppiò a ridere «Andiamo?»
«Andiamo!»
 
*
«Non ci credo che è finito!» singhiozzò Mia. Era completamente ubriaca, Maisie la guardò con spavento. Ormai era notte inoltrata.
«Non sarebbe meglio portarla a dormire? Per domani mattina non ce la farà ad affrontare un viaggio in treno…» chiese a Jody.
La sua amica per risposta alzò le spalle.
«Credimi, ci ho provato. Ma è irremovibile.»
«Aaaaleeex!» gli occhi di Mia s’illuminarono.
«Ehi Mia, come va? Ti trovo in forma!» esclamò Alexis sedendosi affianco Maisie.
Maisie cercò di sopprimere una risata.
«Sei perfida» le sussurrò Maisie all’orecchio, ma Alexis in quel momento si stava voltando proprio verso di lei per dirle qualcosa, così le loro labbra si sfiorarono. Fu un attimo ma Maisie si sentì improvvisamente ardere.
Si guardarono per qualche secondo, Alex sembrava sorpresa.
«S-scusa» balbettò Maisie arrossendo vistosamente.
Alex le sorrise e poi spostò lo sguardo verso Mia che richiamava la loro attenzione.
«Ehi! Ehi! Io sono gelosa!» Mia iniziò a urlare impugnando la birra come se fosse un’arma «E poi Maisie perché non ci hai mai detto che in realtà…»
«Va bene! Va bene! È ora di andare a nanna Mia!» Jody scattò in piedi e prese la sua amica per il braccio, iniziandola a trascinare per tutto il campeggio, che si riempì delle sua urla ubriache.
«Ma che è successo?» chiese Alexis guardando allibita la scena e cercando di non scoppiare a ridere.
«Non ne ho proprio idea» disse Maisie, che con la testa era rimasta all’attimo prima. Aveva voglia di toccarsi le labbra.
«Voi tornate domani?» chiese Alexis a Connor e gli altri.
«Sì, con le due pazze. Si prospetta un ottimo viaggio. Spero solo che Mia non vomiti» esclamò Connor con aria afflitta.
«Dai! Che schifo!» urlò Maisie.
«Guarda che già è successo una volta!» disse Connor «Te lo giuro!» aggiunse sorridendo, vedendo lo sguardo incredulo di Maisie.
Maisie si voltò ridendo verso Alexis. Ma lei era assorta a guardare in modo strano Connor. Quasi in cagnesco. Poi Alexis si accorse di Maisie e le sorrise.
«Che dici, iniziamo a caricare la roba in macchina?»
Maisie annuì ma Alexis si era alzata prima che lei potesse aggiungere qualcosa. Salutarono velocemente i suoi amici e fecero ritorno alla tenda.
 
*
 
Finalmente la via di casa!
Maisie aveva sempre trovato rilassante viaggiare in macchina. Amava ammirare il paesaggio che scorreva veloce dal finestrino. Di solito dormiva, ma quella notte si sentiva più sveglia del solito.
«Quindi…» iniziò «Ti occupi anche di moda?» chiese Maisie. Voleva saperne il più possibile riguardo Emma. Aveva il sospetto di qualcosa, ma non riusciva a capire cosa!
«Non proprio. Non è un campo che mi interessa particolarmente… Finché si tratta di ritrattistica e paesaggistica sono felice… ma Fashion Photography, proprio…» lasciò la frase in sopseso, aspirando una gran quantità di fumo.
A Maisie piaceva l’odore del tabacco.
«…ma Emma me l’ha chiesto, ha un bello stile, e poi non ho potuto dirle di no.» riprese.
Maisie sgranò gli occhi. Che cosa significava?
«Ah. Beh… sembra avere gusto. Nel vestire intendo.»
«Si, credo di sì. Io non sono una gran modaiola, non saprei giudicare!» esclamò Alexis.
Maisie rise «A chi lo dici! Proprio non mi va, odio fare shopping, soprattutto con Mia e Jody!»
Alexis rise «Immagino!»
Maisie si sistemò meglio sul sedile.
«Si! Con loro è impossibile, sono capaci di provarsi l’intero negozio! Io odio provare i vestiti! Prima se li provano, poi devono specchiarsi, poi sfilare, poi pensare agli abbinamenti! È un incubo!»
Improvvisamente il telefono di Alexis iniziò a squillare. Lei lo prese senza staccare gli occhi dalla strada e rispose.
«Pronto?» Alexis ascoltò la voce dall’altra parte «Mmmmh» Maisie non riusciva a sentire niente «Sono in macchina, sto guidando» Ancora una pausa «Ti chiamo quando arrivo, tu fai attenzione, un bacio…» e attaccò il telefono.
Maisie evitò accuratamente di chiedere chi fosse. Non le sarebbe dovuto interessare, ma una mezza idea le era venuta.
«Quanto ci manca?» chiese tanto per dire qualcosa.
«Poco. Hai fame? Ci fermiamo da qualche parte?» chiese Alexis.
Maisie annuì. Non voleva tornare a casa. Le piaceva stare in compagnia di Alexis.
Si fermarono in un autogrill quasi deserto, acquistarono dei panini e si sedettero su alcuni sgabelli vicino a un tavolino rotondo.
«Non ho mai capito perché vendono tutti questi oggetti in autogrill» esclamò improvvisamente Alexis.
«In che senso?»
«Beh, se stai viaggiando in macchina, sei alla guida o meno, perché dovresti comprare un libro? Per esempio, io leggo tantissimo, ma mai in macchina. Sto male se leggo in macchina, è assurdo»
Aveva un’espressione serissima. A Maisie scappò una risata.
«Perché ridi?» le chiese Alexis da sopra la sua lattina di Coca-Cola.
«Mi sembra che quest’argomento ti stia a cuore» rispose ridendo.
«So che è una stronzata, ma ho un sacco di stronzate a cuore.» disse guardando nel vuoto, ma con sguardo assorto.
«Comunque…» continuò «Non assomigli molto a tua madre»
Maisie la guardò. Era una domanda che non si aspettava!
«No, in effetti no. Mia madre dice sempre che assomiglio a mio padre» rispose «Ho visto qualche sua foto, e un po’ è vero… Anche perché non me lo ricordo molto bene. Se ne è andato quando ero molto piccola, pensa che Alice doveva ancora nascere…» Maisie accennò un sorriso. Era un argomento che le metteva sempre soggezione.
«Non hai provato a contattarlo, o altro?» le chiese Alexis.
Maisie scosse la testa.
«Onestamente? No. Non mi va. L’unica cosa che ricordo di quel periodo, è che mia madre stava molto male. Piangeva in continuazione… A quel tempo non capivo, ma adesso… è brutto se ci penso…»
Alexis annuì, aveva l’espressione assorta.
Giustamente, anche Paddy se ne era andato via, quando aveva conosciuto sua madre. Era stata una stupida, avrebbe dovuto evitare l’argomento.
«Scusa…» borbottò Maisie imbarazzata.
Alexis alzò lo sguardo e la guardò stupita.
«Di cosa?»
«Beh, parlavo di quando mio padre se ne è andato… e.. beh… insomma…» Maisie si sentiva imbarazzatissima. Voleva aggiustare le cose e invece le sembrava solo di peggiorare la situazione.
«Ah!» Alexis sorrise. Aveva un bel sorriso. Quando sorrideva le si illuminavano gli occhi. Era sincera.
«Non preoccuparti, davvero. I miei erano comunque già “separati”, anche se vivevamo tutti quanti insieme. Il che non è una bella cosa, credimi. Sembrava di essere in gabbia…»
Maisie la guardò, sembrava serena. Non sapeva come facesse, per Maisie era sempre una ferita aperta.
«Mi sono sempre chiesta perché abbiano deciso di sposarsi, adesso… dopo tanti anni» chiese Maisie.
Alexis fece un altro sorso di Coca-cola.
«Credo che Paddy abbia ottenuto il divorzio da mia madre…»
Maisie annuì e la guardò. Lo aveva pronunciato come se quella cosa non le appartenesse.
«È veramente buio fuori» esclamò improvvisamente Alexis.
Ma aveva ragione, era davvero buio, così pulirono il tavolo sul quale si erano appoggiate e ripartirono.
 
*
 
Erano arrivate finalmente. Avevano percorso tutta la strada, dopo la sosta, senza fermarsi. Ormai era buio pesto, e le stelle splendevano sopra di loro.
Maisie aiutò Alexis a scaricare tutto il materiale. Iniziò a guardare la casa. Ecco, quella era la fine. La fine di quella che a Maisie era parsa un’avventura infinita. Era salva! La sua reputazione era salva, e tutto grazie ad Alexis. La guardò mentre continuava a scaricare la tenda dalla macchina.
Si ricordò improvvisamente del loro primo incontro. Mai avrebbe pensato che sarebbero arrivate a quello, a quel fine settimana, a tutta quella messa in scena. 
«Devo chiederti scusa!» urlò improvvisamente.
Lei si girò «Scusa per cosa?» chiese curiosa fermandosi sul vialetto di casa.
«Anch’io quando ci siamo scontrate all’aeroporto ti ho scambiato per un ragazzo!» lo disse tutto in un fiato. Ma sentiva il bisogno di confessare.
«L’avevo capito» sorrise, e le fossette spuntarono insieme al sorriso «Beh, almeno ti piacevo?»
La domanda la spiazzò.
Ma la risposta usci da sola.
«Si!» forse lo disse con troppo entusiasmo, perché lei rise.
«Questo è l’importante» disse avviandosi verso casa.
Maisie sorrise, ma le batteva forte il cuore.

 
Salve!
Ok, prima di tutto, vi ringrazio tutt* per aver letto, preferito, recensito, seguito e ricordato! E anche per avermi scritto! Davvero, mi avete stupito!
Ho un rapporto particolare con questo capitolo, un po' mi sa di passaggio, un po' non voglio correre troppo cone la storia!
Ma vi assicuro che dal prossimo capitolo (come testimonierà lo spoiler) finalmente succedere qualcosa!
Non vedo l'ora che arrivi la settimna prossima!!!
Grazie ancora di tutto!
StClaire

«Maisie? Maisie sei ancora nel bagno?» la voce di Jody filtrava attraverso la porta.
«Cinque minuti ed esco, sto aggiustando il trucco!» mentì. In realtà stava cercando di non rovinare il trucco con le sue stupide lacrime.
«Esci da quel bagno idiota! C’è Alex!»
«Che cosa?»
«Di fronte! Il locale di fronte! Esci subito razza di idiota!»
Non se lo fece ripetere due volte.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Beer. ***


Capitolo 6

- Beer -
 
 
Maisie era tornata a scuola tranquillamente, con il cuore in pace e la sensazione che il peggio fosse passato. Solo una cosa le dispiaceva, ed era che Alexis fosse continuamente in Accademia, ma come ripeteva Paddy, sembrava presissima dalla laurea. E forse, pensava Maisie, anche da quello stupido book fotografico di Emma. Cosa c’era di tanto interessante nei vestiti? Non lo avrebbe mai capito.
In classe tutto era tornato come prima, con la sola differenza che adesso sembrava aver acquisito la facoltà di parola. Era quasi inquietante come la sola idea che avesse un ragazzo l’avesse riscattata agli occhi della classe. Maisie era sempre stata considerata la stralunata della situazione, quella che non aveva gli interessi che tutte le adolescenti sane di testa sembravano avere: i vestiti, i ragazzi e il sesso. Ma le ultime due cose potevano benissimo essere unite.
Solo Mia e Jody, probabilmente, non ne era molto sicura, non l’avevano mai etichettata più di tanto. Credeva che si fossero avvicinate semplicemente perché, in primis, era stata proprio lei a non additarle, come invece avevano fatto le altre compagne di classe. Mia e Jody erano amiche dalle elementari, e avevo alimentato l’una nell’altra, gli interessi adolescenziali standard. Erano belle e sapevano come attirare l’attenzione, e per questo, erano vittime delle invidie delle altre ragazze della classe, della scuola e probabilmente di qualsiasi altro posto nel quale avrebbero potuto mai mettere i piedi.
Dopo il festival, le sue due amiche l’avevano riempita di domande, come il solito, e di complimenti. Cosa che l’aveva stupita. E soprattutto l’aveva stupita che anche loro avessero notato un cambiamento negli occhi di Connor nei suoi confronti. Davvero bastava così poco a far cambiare opinione alle persone? Una relazione, fittizia, tra l’altro, è il tuo status sociale cambia completamente? Le sembrava un po’ triste come cosa. Si domandava, anche troppo spesso in quei giorni, se nel caso non avesse mai immischiato Alexis nella sua vita privata, se Alexis non fosse diventata Alex, Connor l’avrebbe mai guardata? Le avrebbe mai rivolto la parola?
Si sarebbe mai interessato a lei?
Negli anni, aveva fatto, anzi, Mia e Jody avevano fatto l’impossibile per far capire a Connor l’interesse che lei provava per lui. Sarebbe stato impossibile non capirlo, doveva essere davvero stupido in caso contrario. Ma all’improvviso, appena spunta un fantomatico ragazzo, ecco che lui si risveglia, e scopre improvvisamente il suo interesse in lei. Com’era possibile? Maisie si riteneva la stessa dei mesi precedenti. Sempre la stessa Maisie alta un metro e tanta voglia di crescere, la stessa Maisie con gli stessi capelli bruni e poco interesse nel vestire. Ma no, lui se n’era accorto solo adesso, che cosa strana.
«A cosa pensi?»
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Jody.
In tutta risposta alzò le spalle «Niente di che…»
«Scommetto che pensi ad Alex!» rise la sua compagna.
In effetti, sì. In quel mese era riuscita a tenere a bada i bollenti spiriti delle sue due amiche, e a non far organizzare appuntamenti a quattro, uscite, serate e via dicendo insieme. Aveva quasi paura che mettendo fine a quella storia, fantomatica storia, la colpa la si sarebbe addossata a lei. Aveva passato intere giornate chiusa a casa a inventare discutibili scuse e ancor più discutibili descrizioni di serate passate con Alex. Forse era meglio terminarla lì e non portarla troppo a lungo o non ne sarebbe mai venuta a capo.
«Io e Alex abbiamo deciso di non vederci più» lo disse lapidaria. Forse un po’ troppo, perché lo sgomento che scese sul volto delle sue amiche era allarmante. Credeva che neanche respirassero.
«C-cosa?» balbettò Jody.
«Perché mai?» urlò Mia. Era sempre molto melodrammatica.
Maisie alzò le spalle. Già, perché?
«Non so bene…» sussurrò.
«Ti ha lasciato lui? O tu? O avete deciso insieme?»
«È una decisione che abbiamo preso insieme.» disse assumendo un tono triste.
Sì. Le sembrava la scelta adatta. Non avrebbe né fatto la parte della pazza, a lasciare un figo come Alex, né la parte di quella sedotta (che parolone) e poi abbandonata.
«Perché? Eravate così una bella coppia! Eravate così affiatati!»
Le parole di Mia le fecero spuntare un sorriso in volto. Cercò di celarlo, ma era troppo tardi.
«Semplicemente non andava, sì, stavamo bene insieme, ma siamo così diversi!»
«Forse è colpa dell’età! Troppa differenza!»
«Già. Troppi progetti diversi. Io sono ancora a scuola, mi manca ancora un anno, escludendo questo che è appena iniziato. Gli sarei stata solo d’intralcio»
Seguì solo silenzio a quello che disse. Maisie sperava che la questione finisse lì.
«Sai cosa dobbiamo fare?» chiese improvvisamente Mia.
Maisie la guardò. Mia aveva uno strano luccichio negli occhi, cosa che la preoccupava alquanto.
«Dobbiamo andare a bere!» urlò alzando le mani e con l’espressione estasiata.
Maisie la guardò con espressione sconvolta, ma poi si unì alla sua vivacità.
Alla fine che male le poteva fare un po’ d’alcool?
 
*
Era di fronte la porta di casa da cinque minuti a suonare ininterrottamente e nessuno veniva ad aprire. Come aveva fatto a dimenticare le chiavi di casa?
Quando la porta di casa si aprì improvvisamente, ebbe un sussulto.
«Ehi»
Alexis era in piedi sull’uscio della porta e sembrava si fosse vestita di tutta fretta.
«Non c’è nessuno?» chiese Maisie insospettita dallo strano silenzio. Di solito, a quell’ora quando tornava, la televisione era accesa, e c’era Alice spaparanzata sul divano che la seguiva distrattamente mentre messaggiava con le amiche e sua madre era in cucina.
«No, tua madre e tua sorella sono andate a fare una visita medica, credo. Non saprei dirti. Non credevo tornassi così presto» aggiunse.
Maisie trovò strana quell’affermazione, era come se Alexis non trovasse adatta la sua presenza in quel momento,  ma annuì leggermente.
«Il corso di oggi è saltato» disse a voce bassa «E comunque hai la maglia al contrario.»
«Ah.» mormorò Alexis guardandosi la maglia.
C’era qualcosa che non quadrava, una strana sensazione aleggiava…
«Ciao Maisie!»
La voce di Emma la fece sussultare per la seconda volta in poco tempo. Ma non per lo spavento, ma per il nervoso. Guardava quella ragazza e vedeva tutto ciò che lei non era, e soprattutto vedeva i suoi capelli arruffati. Voleva vederci chiaro. Cosa c’era tra quella ragazza e Alexis?
«Ciao Emma» tentò di sorriderle «Che bel vestito…»
Maisie si domandò se quella ragazza avesse conoscenza dei pantaloni.
«Grazie! Che si dice?» le domandò Emma con il sorriso sulle labbra, mentre si sistemava le pieghe della gonna.
Maisie cercò di darsi un contegno e rispondere più amichevolmente possibile.
«Niente di che, solite cose. Scuola, studio, amici…»
Si pentì subito. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Così faceva semplicemente la parte della ragazza casa e scuola, di una noia mortale. E poi, davanti a una che probabilmente passa le sue giornate in negozi di moda e le sue serate in qualche locale universitario.
«Un fatto tranquillo.» rispose Emma.
«Già…» esitò un attimo, poi aggiunse «Spero di non avervi disturbato, è che proprio non trovo le chiavi!»
«Figurati…» borbottò Alexis legandosi i capelli.
«Figurati!» le fece eco Emma «Stavamo… ehm… guardando i disegni delle mie creazioni, per scegliere quelli da utilizzare per il book.»
Maisie si sforzò di sorridere e di mostrarsi interessata.
“Creazioni”, “Book”, erano tutte parole che la infastidivano. E non sapeva perché. Non era mai stata così cinica.
«A proposito! Venerdì andiamo a scattare delle foto al St. James, hai presente? È quel locale un po’ psichedelico in Baker St.»
Maisie annuì e camuffò la sua totale ignoranza in campo di locali cool.
«Comunque, dicevo, venerdì scattiamo lì qualche foto, c’è una serata, perché non vieni?» le chiese sorridendo.
Maisie cercò di nascondere la sua sorpresa, guardo velocemente Alexis, che esaminava insistentemente il muro e poi ritorno in sé.
«Mi piacerebbe! Ma purtroppo ho già un impegno!»
«Ah» la faccia delusa di Emma sembrava sincera «Spero che almeno ne valga la pena!»
«Lo spero anche io…» disse sorridendo «Mi vedo con un amico.»
Lo disse così. Lo sputò fuori, non contenta di tutte le balle che aveva già detto. Ma quando lo sguardò di Alexis saettò su di lei, si pentì immediatamente del suo gesto.
«Ti vedi con Connor?» le chiese stravaccandosi sul divano.
«Già» disse senza troppo entusiasmo.
«Ok» disse distogliendo lo sguardo e tornando a fissare il muro. Maisie perse un battito. I suoi occhi le creavano sempre qualche problema.
«Già» ripeté «Vi lascio continuare, vado sopra. A dopo» aggiunse riprendendosi. Salutò e salì di corsa le scale.
Si chiuse la porta alle spalle. Iniziò a saltare per tutta la stanza.
Che cazzo aveva combinato? Ma cosa le era saltato in testa. Connor? Ma quale Connor! Oddio!
Improvvisamente la suoneria del cellulare prese a suonare e lei scattò per rispondere.
«Maisie?»
La voce di Jody era resa metallica dal disturbo nella linea.
«Jody? Mi senti?»
«Si! Senti Mia doveva accompagnarmi a fare shopping ma aveva il dentista e quindi mi ha appesa…»
«E…?»
«Vuoi venire tu?»
Maisie ci pensò un attimo.
«Si. Certo» In realtà voleva semplicemente uscire nuovamente da quella casa.
«Ci vediamo tra poco in piazza! A dopo!» e staccò la telefonata.
Maisie raccolse le sue poche cose essenziali, cellulare e portafoglio, e le buttò in uno zainetto di pelle sintetica nera.
Scese le scale facendo più rumore possibile.
«Io esco! Ciao! » urlò in direzione del salone e uscì di corsa senza aspettare risposta.
 
*
 
«Quindi, per venerdì siete tutte d’accordo?»
Maisie rizzò le orecchie. Si sentiva prontissima, carica e impaziente. Nonostante la “piccola” bugia che aveva detto ad Alexis. Ma tanto, come l’avrebbe mai scoperto?
«Dove andiamo?» chiese.
La sua mente stava partorendo un’altra idea malsana. Si era andata a documentare sul locale in Baker St e aveva scoperto che in quella via c’erano solo locali e pub. Perché non andare in uno di quelli, così, tanto per cambiare?
«Pensavamo di andare al solito, al Labor, no?»
«Mmmmh» Maisie assunse un’area pensierosa «Che ne dite di andare a Baker St?» chiese candidamente.
Le sue amiche la fissarono e lei si affrettò ad aggiungere «Frequentavo un paio di locali in quella zona, quando uscivo con Alex» cercò di dare un tono sicuro alla sua voce.
«Maisie… » esordì Jody «Non è che vuoi incontrare Alex?»
Lei sbiancò. Da quando Jody era diventata così acuta e perspicace? Ma doveva ammettere a se stessa che era vero, che era tentata.
Cercò di riconquistare un po’ di contegno «Certo che no! A parte che è già successo!» mentì di nuovo.
Jody e Mia assunsero un’espressione divertita. Ma cosa avevano da ridere tanto?
«Un giorno dovrai chiederci perdono in ginocchio, sappilo!» esclamò Jody mente Mia annuiva con vigore.
Maisie strabuzzò gli occhi. Cosa intendevano?
«Allora: Baker St sia!» esclamarono in coro prima che lei potesse chiedere spiegazioni.
 
*
 
Maisie si era preparata per bene. Aveva trovato un pub famoso per la sua birra al caramello, posto perfettamente di fronte al locale, dove sarebbero andate Alexis ed Emma. Con un po’ di fortuna avrebbe capito qualcosa in più su Alexis.
Indossò la sua giacca a vento prese il borsone con i vestiti per la serata e si diresse al piano di sotto.
«Ti auguro buona serata» la voce di Alexis la fece sussultare. Era appoggiata al muro e indossava il pantalone di una tuta e una canotta, sicuramente maschile, dato il taglio. Aveva le braccia incrociate, ma la canotta le permetteva di vedere uno dei tatuaggi sulla spalla destra, sembrava una stella, o un fiore stilizzato.
«Anche a te» rispose rinvenendo e respirando profondamente.
«Non mi sembri vestita per un appuntamento» notò Alexis inarcando il sopracciglio destro. Lo faceva sempre, era una di quelle cose che Maisie aveva subito notato.
Maisie scosse la testa.
«Non è un vero è proprio appuntamento» mentì. In realtà non sapeva neanche dove fosse Connor in quel momento, e poco le interessava «E poi sto andando da Jody. Ci vediamo lì e poi stasera usciamo.»
Alexis annuì. Maisie notò che si stava mordendo il labbro e questa cosa le procurò una strana sensazione. Portava i capelli all’indietro e aveva gli occhi cerchiati dalle occhiaie. Le sembrava che qualcosa la tormentasse.
«Ok. Fai attenzione»
Maisie la guardò per alcuni secondi.
«Va bene…»
Alexis le sorrise debolmente e poi rientrò nella sua camera.
 
*
Il pub era veramente bello. Era uno di quei tipici pub inglesi, poco illuminati ma, dove alla fine vedevi benissimo. Fortunatamente, nonostante Mia avesse invitato anche Connor e i suoi amici, erano solo loro tre. I ragazzi erano impegnati con una partita o roba del genere. Da un lato era un bene, Maisie iniziava a trovare seccanti le attenzioni di Connor nei suoi confronti, ma dall’altro, l’assenza del “maschio” nel gruppo rendeva Jody, e soprattutto, Mia, esagitate e pericolose.
Era ormai tarda serata quando riuscirono nella loro impresa. Maisie aveva passato, e si era ripromessa di passare il resto della serata, con la famosa birra al caramello. In realtà era davvero buona, il problema è che Maisie si sentiva davvero stupida. Cosa aveva pensato di fare? Arrivare fin laggiù a che pro? Avrebbe fatto meglio ad accettare l’invito di Emma e andare lì se proprio voleva spiarle. Ma poi, spiarle per cosa? Se Alexis aveva una relazione con quella ragazza, buon per lei. Ma poi, lei che ne sapeva? Magari era tutto frutto della sua immaginazione. Magari Alexis ed Emma erano solo buone amiche. Magari era lei voleva che Alexis fosse… beh…
Batté con forza il bicchiere sul tavolo schizzando birra ovunque.
«Maisie tutto ok?» le chiese Jody.
Lei annuì.
«Sì, tutto ok, mi è solo scivolato il bicchiere.»
Jody annuì ma non sembrava perfettamente convinta.
«Vado in bagno!» esclamò alzandosi.
Si diresse velocemente ai bagni che erano dietro spesse porte scorrevoli, sempre di legno. Iniziava a trovare odioso tutto quel legno. Avrebbe voluto sciacquarsi la faccia, ma poi avrebbe rovinato il trucco che Mia le aveva fatto con tanto impegno. Si sarebbe sciolto, e lei sarebbe stata solo peggio. Voleva andare a casa, correre in camera e dormire. Tanto comunque non aveva risolto niente. Era mezzanotte passata e lei era nel bagno di un pub a fissarsi nello specchio. Il trucco che le aveva fatto Mia non le donava, troppo forte per i suoi lineamenti. Si guardò intorno, non c’era neanche una salviettina. Voleva struccarsi. Non sopportava più nulla di quella serata!
«Maisie? Maisie sei ancora nel bagno?» la voce di Jody filtrava attraverso la porta.
«Cinque minuti ed esco, sto aggiustando il trucco!» mentì. In realtà stava cercando di non rovinare il trucco con le sue stupide lacrime.
«Esci da quel bagno idiota! C’è Alex!»
«Che cosa?»
«Di fronte! Il locale di fronte! Esci subito razza di idiota!»
Non se lo fece ripetere due volte.
Uscì dal bagno a una velocità disumana.
«Maisie! C'è Alex! Qua di fronte! Guarda, il pub di fronte! Il marciapiede!»
Maisie scattò verso la finestra. Non era stata un’ottima idea, data la quantità industriale di alcool che le girava per il corpo, dopo le bevute fatte per "dimenticare" proprio lui e la loro fantomatica rottura. Ma in realtà era davvero lì. Maisie la poteva vedere lì di fronte in compagnia Emma.
Alexis sembrava contrariata, stavano discutendo. Emma mise su un broncio cui difficilmente si sarebbe potuto resistere e Alexis si voltò dall’altra parte. Una strana fitta le attraversò il corpo quando Emma abbracciò Alexis da dietro e un sorriso le spuntò in volto. Alexis era lì con i suoi soliti vestiti che le esaltavano l'esile figura e lei invece era nel pub di fronte, ubriaca fradicia e con la faccia schiacciata contro il vetro. Le veniva da piangere. Ma non sapeva il perché.
La voce di Mia la riportò alla realtà.
«Ma chi è quella?» domandò la sua amica.
«Non lo so…» mormorò. Davvero ormai non ne aveva idea.
«Un'amica?» suggerì Jody.
«Un'altra?» esclamò Mia.
Maisie la guardò malissimo. Sarebbe dovuta essere dalla sua parte!
Continuò a guardare verso Alex. Per il tempo che c’era, era vestita troppo leggera. Le bruciavano gli occhi. Ma proprio non riusciva a capire il perché. Un po' si era sentita triste quando la loro recita era finita. E in quel momento l'alcool nutriva la sua malinconica.
In uno scatto improvviso, Maisie raccolse la sua giacca e si avviò verso l'uscita del pub. Ignorò le voci delle sue amiche e aprì la porta del locale così forte investì un paio di persone che si trovavano fuori da locale.
«Ehi! Fai attenzione!» urlò una ragazza.
Maisie borbottò una scusa, mentre cercava di indossare la giacca, litigando con le maniche.
Ma improvvisamente si accorse che la voce della ragazza aveva attirato troppa attenzione.
Alex la stava guardando.
Maisie era in piedi con la faccia sconvolta, metà del cappotto indossato e le guance rosse rigate dalle lacrime. Alex la guardò a lungo cercando di capire cose stesse succedendo.
«Maisie...?» disse flebilmente.
Maisie vide Emma aprire la bocca per dire qualcosa, ma nello stesso momento Alex le fece segno di stare in silenzio.
Maisie si sentì terribilmente in imbarazzo. L’immagine di Emma e Alexis abbracciate le faceva male e non riusciva a fermare le lacrime, così iniziò a camminare velocemente. Sentiva Alex chiamarla. Ma più sentiva pronunciare il suo nome più le veniva da piangere. Così iniziò a correre. Improvvisamente sentì una mano che la tratteneva. Uno strattone la portò a fare diversi passi indietro, portandola a sbattere contro una figura. Era Alexis.

 
Salve a tutt*!
Non vedevo l'ora di aggiornare!!!
Vi ringrazio, come sempre, per tutto l'affetto dimostrato! Spero che questo capitolo vi piaccia!
Il prossimo sarà mooolto importante!
Finalmente!!!

Vi lascio allo spoiler!
«Ciao Alexis!» cinguettò Alice «Stavamo parlando dell’appuntamento di Maisie di ieri! Non vuole dirmi se è succes…» Maisie le tappò la bocca.
«Non credo che ad Alexis interessi la mia vita sentimentale» borbottò.
Alexis la guardò appoggiata con la schiena sulla porta che si era richiusa dietro. Erano tutte e tre nel bagno e Maisie si sentiva in imbarazzo. Alexis la guardava, ma aveva uno sguardo indecifrabile, non era caldo come sempre. Sembrava freddo e distaccato.
«No, anzi, tutt’altro. Sei uscita con Connor?» chiese incrociando le braccia.
Maisie annuì, incapace di fare altro.
«Tu lo conosci?» chiese sbalordita Alice.
Alexis annuì.
«Sì. E sono certa che non faccia per Maisie. È solo uno stupido ragazzino.»
Maisie la guardò a bocca aperta, ma prima che potesse rispondere Alexis voltò le spalle e se ne andò.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Smoke ***


Capitolo 7

- Smoke -

*

 
 Maisie era in piedi con la faccia sconvolta, metà del cappotto indossato e le guance rosse rigate dalle lacrime. Alex la guardò a lungo cercando di capire cose stesse succedendo.
«Maisie...?» disse flebilmente.
Maisie vide Emma aprire la bocca per dire qualcosa, ma nello stesso momento Alex le fece segno di stare in silenzio.
Maisie si sentì terribilmente in imbarazzo. L’immagine di Emma e Alexis abbracciate le faceva male e non riusciva a fermare le lacrime, così iniziò a camminare velocemente. Sentiva Alex chiamarla. Ma più sentiva pronunciare il suo nome più le veniva da piangere. Così iniziò a correre. Improvvisamente sentì una mano che la tratteneva. Uno strattone la portò a fare diversi passi indietro, portandola a sbattere contro una figura. Era Alexis.

 
*
 
«Maisie tutto ok?» la voce di Alexis le sembrava realmente preoccupata.
Lei fece cenno di sì con la testa e Alex le asciugò le lacrime dal viso.
«Ho solo bevuto un po' troppo. Mi prende sempre male» inventò Maisie.
Alex le sorrise dolcemente.
«Sicura?»
Maisie la guardò. Non sapeva cosa la prendesse ma aveva un’irrefrenabile voglia di abbracciarla. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma invece di parlare, si alzò sulle punte dei piedi e l'attirò a sé baciandola. Sentiva le labbra morbide di Alex, sapevano di fumo, ma erano ferme.
In un istante Maisie realizzò ciò che aveva fatto. Si staccò dal corpo di Alex, come se avesse avuto una scossa e iniziò a ridere nervosamente. Non aveva il coraggio di alzare la faccia e guardare Alex negli occhi. Non sapeva perché l'aveva baciata, e non sapeva perché lei l'aveva rifiutata.
«Maisie... » iniziò Alexis avanzando di qualche passo verso di lei, ma Maisie la interruppe.
«S-scusami» balbettò Maisie «Veramente, non so...» lasciò la frase in sospeso.
Teneva gli occhi fissi sulle punte delle sue scarpe.
«Ti accompagno a casa, andiamo.» Alex fece per muoversi. Ma Maisie la bloccò di nuovo.
«No! Non preoccuparti, vado da sola»
«Sei completamente ubriaca! Non posso mandarti a casa da sola!»
Le parole di Alexis furono come un macigno per Maisie, Alexis pensava che fosse ubriaca e quel bacio fosse dettato dall'alcool. Anche Maisie credeva fosse così, ma tutto a un tratto, non ne era più convinta.
«Sto bene, davvero. Prenderò un taxi.» Si guardò intorno. Erano lontane dal pub, aveva corso molto.
«Allora te lo chiamo io e ti aspetto» disse dopo una manciata di secondi. Forse aveva capito il suo stato d’animo. Alexis iniziò a telefonare e a guardarsi intorno alla ricerca del numero civico. Parlò velocemente. Maisie ascoltava distrattamente, solo quando Alex lasciò il suo cognome si riprese. Aveva il cognome diverso da quello di Paddy. Questa cosa la lasciò perplessa, ma non ebbe il coraggio di chiederle niente. Aspettarono diversi minuti, durante i quali Maisie aveva troncato ogni tentativo di Alexis di parlare. Si sentiva terribilmente in imbarazzo, solo quando scorse la sagome del taxi iniziò a respirare un po’. Alexis parlò con il tassista, pagando anticipatamente la corsa, poi si abbassò verso il finestrino posteriore sorridendole.
«Mi chiami appena arrivi?» le chiese.
Maisie annuì appena, ma non riusciva a sostenere il suo sguardo. Quando finalmente l’auto partì, si concesse di ripensare a ciò che aveva fatto.
Eppure, Alexis non si era arrabbiata, anzi, sembrava gentile come il solito.
Inviò un messaggio per rassicurare Mia e Jody, e poi si lasciò andare in un silenzioso pianto.
Avrebbe preferito che il viaggio in auto durasse a lungo. Il ritmo incalzante della macchina la rilassava, sentiva le palpebre pesanti e Morfeo avvicinarsi.
Appena arrivata a casa si buttò sul letto, senza neanche spogliarsi. Si sentiva vuota. Terribilmente vuota. E stanca. Aveva gli occhi rossi e gonfi, ma le lacrime non volevano saperne di smettere. Soffocò i suoi singhiozzi nel cuscino, l’ultima cosa che voleva era svegliare sua madre. Per fortuna Alice era andata a dormire da un’amica, sennò non sarebbe neanche potuta tornare a casa.
Non riusciva a fare altro che a pensare a quei momenti. A quel decimo di secondo che aveva cambiato tutto. Come avrebbe potuto guardarla? Come avrebbe potuto tornare a parlare con lei?
Si sentiva terribilmente stupida. Cosa le era saltato in mente?
Improvvisamente scattò a sedere. La porta di casa era stata aperta e richiusa, il che poteva significare solo una cosa: Alexis era tornata a casa. A quell’ora della notte la casa era silenziosissima, ma lo scricchiolio degli scalini rimbombava nella sua testa. Alexis stava salendo le scale. Maisie trattenne il fiato. Il suono dei passi di Alex si era attenuato ma Maisie percepiva la sua presenza davanti alla porta, ma forse si stava immaginando tutto. Poi finalmente sentì la porta della camera di Alexis chiudersi e le molle del letto piegarsi.
Maisie finalmente tornò a respirare, si sdraiò docilmente sul letto, cercando di fare il minimo rumore e lentamente si addormentò.
Si svegliò direttamente la mattina dopo, la testa martellata dalla voce di sua sorella.
«Maisieeeee! Vuoi svegliarti?»
Maisie bofonchiò qualcosa d’incomprensibile e si girò di lato.
«Eddai! Maisie! Mamma ti vuole di sotto, è ora di pranzo! Ma che hai bevuto ieri sera? Sei ancora vestita!» esclamò sua sorella tirando via le coperte.
«Hai anche rotto le calze! Sei senza speranze!» continuò uscendo dalla stanza.
Maisie si fece forza e si alzò dirigendosi verso il bagno. Appena fu davanti allo specchio il suo stato disastrato, le ricordò gli avvenimenti della sera prima. Una fitta allo stomaco la prese. Scosse la testa per scacciare via il ricordo e poi iniziò a struccarsi. Era meglio non alimentare in sua sorella l’idea che qualcosa fosse realmente successo la notte precedente. Forse era l’adolescenza, ma era diventata pettegola, pettegola come solo una ragazzina di quattordici anni può essere.
Impiegò dieci minuti buoni per togliersi tutto il trucco che Jody le aveva messo in viso. Non che lei non si truccasse, ma non era ai livelli di Mia e Jody. Una volta pronta inspirò profondamente e discese le scale. Ogni gradino era un battito di cuore mancante. Arrivò in sala da pranzo tremante e quando notò Alexis seduta al suo solito posto credette di svenire.
Cercò assumere un’espressione normale, ma sentiva che i muscoli del suo viso faticavano, e pure tanto.
«Ciao» balbettò.
Paddy le dedicò un sorriso, sua sorella l’ignorò completamente, presa com’era dal suo stupido cellulare, e Alexis le sorrise leggermente. Maisie arrossì all’istante e distolse lo sguardo. Il pensiero di ieri era ancora troppo forte. E bruciava.
«Maisie ma che hai fatto agli occhi?»
La voce di sua madre la distrasse dai suoi pensieri di fuga e la guardò senza capire a cosa si riferisse.
«Hai gli occhi gonfi e rossi. Sembra che tu abbia pianto!» Sua madre non avrebbe potuto scegliere parole peggiori.
«O magari è colpa dell’alcool, mamma. Dovevi vedere in che condizioni era stamattina. Ha dormito vestita e ancora truccata. Era pietosa»
Maisie fulminò sua sorella con gli occhi. Ma cos’era una congiura contro di lei? Sua sorella per risposta alzò semplicemente le spalle.
«È vero!» esclamò, come se la cosa sistemasse tutto.
«Maisie!» urlò sua madre mentre si sedeva a tavola «Quante volte ti ho detto che non voglio che bevi! Alexis, tu che sei più grande e responsabile, dille che non deve bere! Soprattutto se poi se ne torna da sola!»
«Credo di non essere la persona più adatta per dare un consiglio del genere.» Disse guardando nel suo piatto. Che era vuoto.
Maisie si prese la testa tra le mani, non avrebbe retto un secondo di più.
«Non ho fame, vado di là» soffiò.
Si alzò da tavola e se ne andò in soggiorno e accese la televisione per sovrastare le voci della sua famiglia. La sua idea era quella di non parlare mai più di quella serata e la sua famiglia non faceva altro che ricordargliela. Davanti ad Alexis poi! Sua sorella aveva anche docilmente decantato lo stato pietoso nel quale era andata a dormire. Poteva essere mai più sfortunata?
Iniziò a girare i canali della televisione. Ovviamente, grazie al suo incredibile karma, quella era l’ora dei soliti film e telefilm romantici. Baci, sguardi languidi e sentimento ovunque. Era una sorta di punizione divina nei confronti del suo atto. Ormai ne era sicura.
«Non c’è niente d’interessante in TV?»
Alexis si era appena lasciata cadere sulla poltrona. Maisie trattenne il fiato.
«N-no. Niente di che» balbettò non sicura delle sue facoltà mentali.
«Prova il canale sull’arte» disse mentre sorseggiava qualcosa che doveva essere gassosa.
Maisie eseguì meccanicamente, ancora troppo in panico per dire o fare qualcosa.
Quando la TV fu sintonizzata sul canale desiderato Maisie dovette sopprimere un attacco di cuore.
Stavano trasmettendo uno speciale sui “baci” nella storia dell’arte. In quel momento stavano esaminando quello di Klimt. Maisie sarebbe voluta sprofondare nel divano.
Anche Alexis assunse un’espressione strana. Cosa che non aiutò di certo Maisie.
«Comunque…» esordì Alexis «A fine mese c’è una mostra all’accademia. Io espongo delle foto, ma ci saranno anche cose tipo performance, gente che espone quadri, sculture e via dicendo. Ci vieni?»
Maisie annuì automaticamente, ma non sicurissima della cosa. Non sapeva se trovare l’atteggiamento di Alexis positivo e negativo. Era positivo, perché Alexis stava cercando di parlare come avevano sempre fatto. Ma dall’altro era negativo perché significava che voleva mettere alle spalle ciò che era successo la scorsa notte. E Maisie non era sicura che fosse ciò che voleva.
«Che guardate?»
Fortunatamente Alice spezzò quel silenzio ambiguo e imbarazzante.
«Ma che è sta roba?» esclamò quando il documentario artistico passò al bacio di Munch.
«Dammi qua, che mo’ dovrebbero trasmettere “Mai stata baciata”» esclamò impossessandosi del telecomando «È il mio film preferito!» esclamò rivolta ad Alexis.
Maisie trattenne un gemito di dolore. Era davvero un complotto.
 
*
 
Maisie sperava che quella sera a cena non si ripetesse lo spettacolo del pranzo.  Era stato così imbarazzante! Per sua, immensa, fortuna, Alexis dopo un po’ era uscita, ovviamente non lasciando dichiarazioni su dove doveva andare o con chi dovesse uscire. Ma era più che normale. Ma la cosa irritava parecchio Maisie.
Maisie si sedette a tavola, senza la presenza di Alexis riusciva addirittura a respirare normalmente.
«Alexis non cena con noi?» chiese con il tono più distaccato che poteva avere mentre ammiravo una forchetta.
«No, è uscita con un amico se ho capito bene» disse Paddy mentre si sedeva al suo solito posto. Osservandolo, Maisie si accorse che Alexis e Paddy non si somigliavano per niente. Anzi, erano completamente opposti. Paddy era chiaro, capelli biondi e occhi azzurri. Quante volte aveva sentito sua madre sospirare e decantare l’azzurro cielo e bla, bla, bla. Alexis invece era scura. Occhi neri e capelli neri, o almeno quelli che si vedevano dalla ricrescita. Probabilmente doveva somigliare molto più alla madre.
«Ma è il fidanzato? La viene sempre a prendere!» la voce di Alice per poco non fece soffocare Maisie.
Paddy sembrò pensarci su.
«Non saprei» esclamò «So che quando era a Washington si vedeva con un tipo, la madre diceva che uno poco raccomandabile, forse convivevano pure. Ma credo che non sia finita molto bene»
La sua testa si bloccò. Uno? UNO? Cioè una persona di sesso maschile? Cioè, maschio. Uomo. Oddio.
«Non ci sarebbe da meravigliarsi, nuova città, nuova vita!» rise Catelyn.
Che cazzo c’aveva da ridere!
«È così una bella ragazza, normale che abbia trovato qualcuno anche qui» poi mi guardò «Che c’è Maisie, perché quella faccia?»
Maisie si riprese. Sentire parlare sua madre di Alexis era sempre un colpo al cuore.
«Niente»
«A me non sembra interessata ai ragazzi» esclamò improvvisamente Alice.
Maisie la fulminò con gli occhi mentre Catelyn e Paddy sbiancarono Che cosa voleva insinuare?
«Insomma! Di solito quando una è in cerca di uomo, o frequenta qualcuno, si trucca, si veste in modo particolare, curato, no?»
Maisie vide il sollievo dipingersi sulle facce della madre e di Paddy. Anche loro avevano capito una cosa per un’altra.
«Non tutte le persone sono uguali, Alice.»
«Che ne sai tu? Non esci mai con nessuno, non ti piace mai nessuno, non ti ho mai visto con un ragazzo!»
Maisie dovette respirare profondamente per non perdere il controllo.
«Una persona non deve per forza sbandierare la propria vita ai quattro venti» esclamò sentendosi molto matura.
«Sarà…» borbottò sua sorella.
Maisie ritornò a pensare alle parole di Paddy. Alexis aveva un ragazzo a Washington! Un ragazzo! Si sentiva sempre più combattuta.
La vibrazione del cellulare la fece sobbalzare, Maisie afferrò l’apparecchio e dovette rileggere più volte quello che c’era scritto per comprendere bene.
«Maisie quante volte ti ho detto che non voglio i cellulari a tavola?»
Maisie ascoltò distrattamente la voce della madre.
«Si scusa, mamma. È che mi ero dimenticata di un appuntamento. Devo andarmi a preparare»
Si alzò di scatto e corse in camera sua. Appena seduta sul letto rilesse il messaggio col quale Connor le chiedeva di uscire. Un appuntamento! Maisie non poteva crederci, ma decise di accettare. Dopotutto, quella era la cosiddetta prova del nove. O la va, o la spacca, pensò Maisie.
Aprì velocemente il suo armadio. Cosa avrebbe potuto indossare? Non voleva sembrare provocatrice, anche se con i suoi abiti poco rischiava, ma neanche andare in jeans e felpa.
Così optò per una minigonna nera e un pullover nero. Cose da tutti i giorni, non voleva suggerire nulla di nulla a Connor. Si legò i capelli e indosso un paio di orecchini, si aggiustò il trucco che già aveva e scese.
«Io vado! Torno presto, giuro!»
Dopo la serata precedente era meglio non esagerare.
 
*
 
Iniziava a maledire questa malsana idea che aveva partorito. Connor era una compagnia piacevole, ma Maisie aveva la testa da tutt'altra parte. Il tempo sembrava non passare mai. Avevano parlato a lungo, della scuola, degli amici, del futuro. Maisie ascoltava distrattamente. Aveva anche cercato di prestare attenzione, ma a nulla erano valsi i suoi tentativi. Connor era anche carino, ma niente, Maisie proprio riusciva a provare nulla di nulla. E quando finalmente la serata volse al termine. Connor, da buon cavaliere, l'accompagnò fino a casa.
«Beh, allora buonanotte» disse lui.
Maisie accennò un sorriso. Ma prima che potesse rispondere Connor la stava baciando.
Maisie sgranò gli occhi. Poi si lasciò andare, aspettando quel brivido caldo che aveva provato quando aveva baciato Alexis. Ma attese invano.
«Buonanotte» sussurrò Connor.
«N-notte» balbettò Maisie ancora sconvolta.
La prova del nove era notevolmente fallita.
Entrò velocemente in casa, salì di corsa le scale e si buttò sul letto a piangere.
«Maisie tutto ok?» la voce assonnata di sua sorella la spaventò. Si era completamente dimenticata di lei.
«Sì, torna a dormire»
«Sicura?»
«Sì»
«O-ok» balbettò sua sorella, ma non le sembrava convinta.
Odiava Alexis! Odiava che le riempisse la testa, che fosse costantemente presente nei suoi pensieri.
Imprecò se stessa e abbandonò la testa sui cuscini e pianse fino ad addormentarsi.
 
*
Quella domenica Maisie si svegliò più tardi del dovuto. Non aveva la forza di affrontare quella giornata e quelle a venire. Si alzò e si guardò allo specchio. Era la seconda notte di seguito che si addormentava vestita, doveva davvero riprendersi. Acchiappò le prime cose al volo che trovò e si diresse al bagno. Una bella doccia era quello che ci voleva. Lasciò scorrere a lungo l’acqua sul suo corpo, era una cosa che rilassava tantissimo. Improvvisamente qualcuno bussò alla porta. Maisie chiuse l’acqua e uscì dalla doccia indossando l’accappatoio. Quando aprì la porta si ritrovò sua sorella di fronte.
«Permesso!» esclamò entrando nel bagno «Allora? Che cosa è successo ieri?»
«Niente Alice, non è successo, niente!» esclamò Maisie stancamente.
Alice incrociò le braccia e la guardò.
«Sono gli ormoni?»
«Cosa?» chiese Maisie iniziandosi a vestire.
«Non so, hai avuto uno sbalzo di ormoni?» allo sguardo di Maisie si affrettò ad aggiungere «Dai! Per piangere così, qualcosa deve essere pur successo! Non eri uscita con quel tipo?» insistette Alice.
«Credimi, non è successo nien…» Maisie si bloccò. Qualcuno bussava alla porta.
«State facendo una riunione?» la voce di Alexis era ovattata dalla porta.
Maisie sbiancò e cercò di impedire ad Alice di aprire la porta. Ma non fu abbastanza veloce.
«Ciao Alexis!» cinguettò Alice «Stavamo parlando dell’appuntamento di Maisie di ieri! Non vuole dirmi se è succes…» Maisie le tappò la bocca.
«Non credo che ad Alexis interessi la mia vita sentimentale» borbottò.
Alexis la guardò appoggiata con la schiena sulla porta che si era richiusa dietro. Erano tutte e tre nel bagno e Maisie si sentiva in imbarazzo. Alexis la guardava, ma aveva uno sguardo indecifrabile, non era caldo come sempre. Sembrava freddo e distaccato.
«No, anzi, tutt’altro. Sei uscita con Connor?» chiese incrociando le braccia.
Maisie annuì, incapace di fare altro.
«Tu lo conosci?» chiese sbalordita Alice.
Alexis annuì.
«Sì. E sono certa che non faccia per Maisie. È solo uno stupido ragazzino.»
Maisie la guardò a bocca aperta, ma prima che potesse rispondere Alexis voltò le spalle e se ne andò.
«Ok!» esclamò Alice «Sono solo opinioni. Non ricominciare a piangere!»

 
Hola!
Buonasera! 
Oggi aggiorno dopo solo cinque giorni, apprezzatemi! Scherzi a parte, nonostante questo sia un capitolo che da una svolta alla storia, in un certo senso, è anche di passaggio! Poi mi avete dimostrato così tanto affetto, che volevo ringraziarvi in qualche modo, quindi, ta-dà!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, e vi ringrazio ancora per i commenti e le varie aggiunte, siete sempre di più e io sono sempre più felice!!!
Fatemi sapere cosa ne pensate, vi prego!
Con affetto,
StClaire!

p.s. Il prossimo capitolo è importantissimo!!!

Ogni volta che Alexis la guardava, in Maisie avveniva un’esplosione di sensazioni. A volte pensava di non poter reggere il suo sguardo per più di alcuni secondi.
«Mi dispiace per oggi. E per il mio comportamento negli ultimi tempi. E per l'altra notte» disse improvvisamente. Non riusciva più a trattenersi.
Alexis alzò lo sguardo di scatto dal suo bicchiere.
«Andiamo a parlare da un'altra parte. Prima che tornino tua madre o Paddy o qualcun’altro» disse. Poi fece una cosa che Maisie non si sarebbe mai aspettata e che le fece perdere un battito cardiaco. Alexis la prese per mano e la guidò per tutta la sala. Arrivarono al lato opposto dal quale Maisie era entrata.
Uscirono su un corridoio e continuarono a camminare. Anche se il corridoio era vuoto, Alexis non lasciò la mano di Maisie. Improvvisamente Alexis si fermò ed entrò in un’aula.
«É l'aula di Estetica, qui dovremmo poter parlare tranquillamente.» 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sparkling. ***


Capitolo 8

- Sparkling - 


Quel giorno il sole era davvero alto. C’erano stati dei giorni veramente bui, la pioggia aveva bagnato tutto e le nuvole avevano oscurato il cielo. L’inverno si stava avvicinando. Maisie sospirò. Erano un paio di giorni che tornava a casa a piedi. Si scocciava di aspettare l’autobus, fare il tragitto, ascoltare le persone. Non ne aveva davvero voglia. Anche a scuola, Mia e Jody si erano accorte del suo stato d’animo. E ovviamente l’avevano attribuito ad Alex. Connor fortunatamente ancora le rivolgeva la parola, nonostante Maisie gli avesse detto che al momento non aveva intenzione di frequentare nessuno. Lui era stato carino, gentile e comprensivo. Ogni tanto sembrava che volesse invitarla a uscire, ma poi sembrava ripensarci. Meglio così, Maisie non aveva nessuna voglia di vedere gente.
A casa, sua sorella continuava a tartassarla di domande, e grazie a lei, la madre le chiedeva continuamente se stava frequentando qualcuno. Doveva aver origliato qualche loro conversazione. Lei e Alex da quel giorno non avevano più parlato. O meglio, Maisie non le aveva più parlato. Appena spuntava Alexis in qualche stanza, Maisie guardava fisso in un’altra direzione o scappava. Fortunatamente Alexis era sempre in Accademia o fuori, ma quelle poche volte in cui era in casa, Maisie sentiva il suo sguardo addosso.
Il tragitto, che ogni giorno percorreva, era abbastanza lungo, ma in compenso era tranquillo. E in quel periodo aveva bisogno di tranquillità. Passava sempre in una zona della città che era piena di fiori, le piaceva quella zona, c’erano tantissime boutique carine, e soprattutto, c’era la sua libreria preferita. Quella nella quale, nella sua fantomatica versione dei fatti, aveva conosciuto Alexis.
Si avvicinò alla vetrina, magari avrebbe trovato qualche libro in offerta che avrebbe potuto rallegrarle la giornata.
«Ma che stai facendo?»
Maisie si bloccò, con ancora la testa e mezzo busto inclinati. Non si era resa conto della posizione assurda che aveva assunto guardando i libri. Ritorno in sé e si voltò. Alexis la guardava con la sua solita aria canzonatoria, cosa che fece avvampare Maisie come il solito.
«Ciao comunque» disse sorseggiando una bibita.
«C-ciao» balbettò Maisie.
«Allora, che fai?» chiese di nuovo Alexis sistemando la borsa a tracolla che probabilmente ospitava la sua reflex. Maisie la guardò. Era davanti alla vetrina di una libreria, cosa avrebbe mai potuto fare?
«Stavo guardando i libri…» esordì Maisie indicando la vetrina alle sue spalle, ma Alexis subito la interruppe scuotendo il capo.
«Non intendevo adesso» esclamò facendo poi un altro sorso «Volevo sapere se avevi finito di evitarmi come se avessi la peste.»
Maisie accusò il colpo. Lo aveva detto con una naturalezza disarmante, ma allo stesso tempo, Alexis sembrava terribilmente seria.
«Io non ti sto evitando!» balbettò Maisie cercando di dare un tono sicuro alla sua voce.
Alexis la guardò di sbieco.
«Ma dai, davvero? E come mai quando ti parlo mi rispondi a monosillabi. Quando ti guardo tu eviti il mio sguardo. E infine, ti invito alla mostra e tu dici di non poter venire? Che diamine mai avrai da fare giovedì sera per non passare almeno cinque minuti all’accademia?» proruppe arrabbiata.
Maisie non aveva mai sentito Alexis alzare la voce. La guardò boccheggiando. Si sentiva veramente stupida.
«Giovedì ho un appuntamento» inventò al momento «Ma cercherò di passare, se ci tieni…»
«Ti vedi con Connor?» domandò sferzante Alexis, interrompendola.
«F-forse»
Alexis alzò gli occhi al cielo e poi si leccò il labbro inferiore. Maisie aveva notato che lo faceva ogni volta che stava per dire qualcosa ma poi decideva di trattenersi. Ma ogni volta che Alexis lo faceva, Maisie rischiava lo svenimento.
«Ok. Ciao» sbuffò Alexis alzando le mani in segno di resa «Ci vediamo a casa… forse» e se ne andò senza aspettare risposta.
Maisie rimase lì, imbambolata. Non sapeva cosa pensare. Non capiva il comportamento di Alexis, non capiva del suo improvviso astio verso Connor. Era stata proprio lei a spingerla a fare un passo avanti. Guardò la sua figura allontanarsi e appena sparì dalla sua vista cominciò a camminare, molto, ma molto lentamente, verso casa.
 
*

«Maisie, che ne dici di questo?»
Sua madre richiamò la sua attenzione mentre lei passava di fronte alla camera di sua madre. Catelyn aveva in mano un vestito rosso, molto acceso. Maisie la guardò sgranando gli occhi.
«Mamma, non starai pensando di indossare quello per il matrimonio? E poi pensavo che avresti comprato qualcosa di nuovo! Manca quasi un anno!»
Catelyn scoppiò a ridere.
«Ma quale matrimonio! Stavo pensando di mettermi qualcosa di carino per la mostra di stasera!»
«Ah» mormorò Maisie.
«Tu vieni vero? Non sta bene che tu non venga. Dopo tutto, Alexis è sempre stata carina con te. Le ho comprato un regalino! Da parte nostra, ovviamente.»
«Mamma, ne ho già parlato con Alexis, ho un appuntamento dopo, ma se ce la faccio passo. E poi non è una vera e propria mostra» borbottò.
«Che c’entra!» squittì sua madre «È comunque una cosa carina, frutto del suo lavoro!»
«Cerco di venire, ma non prometto niente!» esclamò lasciando la stanza.
Si chiuse la porta della camera alle sue spalle. Quella situazione iniziava a degenerare.
Salì mestamente le scale e si addentrò in camera sua. Si guardò intorno, avrebbe dovuto mettere in ordine, ma non era quello il momento. Si buttò sul letto iniziando a pensare a qualche inevitabile scusa da usare per non andare a quella stupidissima mostra e piano piano si addormentò.
Si svegliò improvvisamente, qualcuno bussava alla sua porta. Imprecò, stava sognando. Non ricordava cosa, ma le sembrava bello. Bussarono nuovamente alla porta, Maisie si alzò innervosita e aprì di scatto la porta. C’era Alexis fuori la sua stanza, che la sovrastava in altezza, anche di parecchio. E aveva un’espressione abbastanza arrabbiata.
«Hai visto che ore sono?» chiese algida. Era un tono che non le aveva mai sentito.
Maisie non capì la domanda, sentiva ancora gli occhi pieni di sonno.
«Sono quasi le otto. Non avevi un appuntamento che t’impossibilitava ad avvicinarti all’accademia?» disse in un soffio.
Maisie la guardò, ma non riusciva a proferire parola.
Alexis si allontanò, aveva lo sguardo scocciato o forse ferito.
«Non mi piace che la gente mi menta Maisie. Non mi piace. Sei hai qualche cosa da dire, dilla. Preferisco la verità, sempre»
E se ne andò. Maisie la vide scendere le scale, e poi il rumore della porta di casa chiudersi. Attese un paio di minuti, e poi rientrò in camera. Si lasciò cadere sul letto e iniziò a piangere. Ultimamente sapeva fare solo quello. Le parole di Alexis l’avevano ferita, nonostante non avesse detto niente di cattivo, anzi. Il suo sembrava più un invito, quella ferita sembrava proprio lei.
Maisie si alzò di scatto, aveva deciso che continuare a ignorare Alexis non era ciò che voleva. Non faceva bene né a lei né ad Alexis. Avrebbe affrontato la situazione di petto. Alexis voleva la verità? Lei gliel’avrebbe detta! Iniziò a vestirsi in fretta. Indossò velocemente un maxi maglione nero direttamente sopra i suoi leggins e non si attardò neanche ad allacciarsi le sue Dr Martens. Buttò i lacci all'interno dello stivaletto e uscì di corsa.
Rincorse l'autobus che era appena partito dalla fermata e implorò l'autista di fermarsi e aprirle la porta e una volta su ringraziò all’infinito l’uomo. Si guardò intorno e riprese a respirare normalmente specchiandosi nel finestrino e solo allora si accorse del suo stato disastroso. L'eyeliner era sbavato e lei cercò di sistemarselo al meglio levando le sbavature con le mani. I suoi occhi suggerivano che aveva pianto, e pure tanto.
Il percorso da casa sua all'accademia non era molto, ma lei impiegò tutto il tempo a pensare cosa avrebbe detto ad Alexis.
Probabilmente lì ci sarebbe stata tutta la sua famiglia. Ci sarebbero stati sua madre, Alice e anche Paddy. Forse non era il posto adatto, ma il momento si, Maisie sentiva che se non l’avesse fatto in quel momento, non lo avrebbe fatto più.
Finalmente raggiunse l'accademia e salì di corse le scale, più gradini alla volta e arrivò al grande portone con il fiato esaurito.
Attraversò di pochi passi l’androne guardandosi intorno spaesata e improvvisamente la voce di sua sorella la fece sussultare.
«Alice! Dove sono tutti?» le domandò Maisie ancora con il fiatone.
«Maisie ma come sei conciata?» Alice la squadrò da capo a piedi. In effetti, sembravano tutti messi a tiro per l’evento. L’androne era grandioso. Era così illuminato che sembrava fatto di oro puro.
«Stai zitta» sbottò Maisie, iniziava a sentire l’ansia che saliva.
«Dove sono mamma, Paddy e Alexis?»
«Al piano di sopra» rispose Alice continuando a squadrarla.
Maisie non si fermò a chiacchierare ulteriormente con la sorella. Riprese a salire freneticamente le scale e seguì le indicazioni che l'avrebbero portata alla sala dell'esibizione.
«Maisie!»
Di nuovo fu chiamata da una voce femminile.
«Ehi, mamma» Maisie iniziava a trovare irritante il fatto che continuassero a chiamarla tutti.
«Alla fine sei venuta! La mostra è bellissima! Alexis è davvero brava!»
Maisie trovava inquietante l'amore che sua madre provava per Alexis. A volte pensava che fosse il senso di colpa. In effetti, sua madre era la colpa del divorzio dei suoi genitori, o almeno così pensava.
«Vieni a vedere le fotografie?» le chiese sua madre porgendole il suo bicchiere di prosecco.
Maisie bevve tutto il contenuto del bicchiere, magari l’alcool l’avrebbe aiutata a sentirsi meglio «Si, ma Alexis dov'è?» chiese spazientita, guardandosi intorno.
«In giro da qualche parte immagino»
Sua madre la trascinò attraverso una sala enorme e piena di gente.
Arrivarono alla zona espositiva di Alexis.
«Vado a prendere qualcosa da bere. Mi aspetti qui?» chiese Catelyn prendendole il bicchiere vuoto dalle mani.
Maisie annuì e ritornò ad ammirare le fotografie.
Dopo un paio di minuti che aveva passato a osservare le bellissime fotografie di Alexis, un’altra voce la chiamò.
«Maisie... ?»
Questa volta non sussultò, fu il suo cuore a tremare. Anzi si fece forza e coraggio e si voltò.
«Ciao Alexis…» balbettò Maisie.
Si guardarono per qualche secondo. Gli occhi di Maisie si persero nel nero di quelli di Alexis. Poi fu Alexis a rompere il silenzio.
«Ti piacciono le fotografie?»
«Molto. I paesaggi sono bellissimi. Dove le hai scattate?» domandò Maisie ostentando sicurezza. Ma in realtà la sua gola era più secca del deserto.
«Alcune le ho scattate qua vicino, altre le ho scattate a Washington, prima di partire per qui» disse sorridendo.
Giusto. Washington.
«É bella Washington?»
«Molto. È completamente diversa da qui, dovresti visitarla per capire» le sorrise «Alla fine sei venuta» disse sorridendo. Il suo era un sorriso quasi imbarazzato. Forse, proprio come Maisie, stava pensando a ciò che era successo in stanza poco tempo prima.
Maisie sorrise, ma all'improvviso iniziava a sentire caldo e tutta la sua sicurezza stava svanendo.
«Ho fatto del mio meglio. Mi dispiace solo non avere un outfit più adatto all'evento»
Alexis la guardò e rise.
«Stai bene così, fa molto artista incompresa. Sei nel posto giusto» esclamò indicando intorno.
Maisie sorrise. Ogni volta che Alexis la guardava, in Maisie avveniva un’esplosione di sensazioni. A volte pensava di non poter reggere il suo sguardo per più di alcuni secondi.
«Mi dispiace per oggi. E per il mio comportamento negli ultimi tempi. E per l'altra notte» disse improvvisamente. Non riusciva più a trattenersi.
Alexis alzò lo sguardo di scatto dal suo bicchiere.
«Andiamo a parlare da un'altra parte. Prima che tornino tua madre o Paddy o qualcun’altro» disse. Poi fece una cosa che Maisie non si sarebbe mai aspettata e che le fece perdere un battito cardiaco. Alexis la prese per mano e la guidò per tutta la sala, arrivando al lato opposto dal quale Maisie era entrata. Uscirono su un corridoio e continuarono a camminare. Anche se il corridoio era vuoto, Alexis non lasciò la mano di Maisie. Improvvisamente Alexis si fermò ed entrò in un’aula.
«É l'aula di Estetica, qui dovremmo poter parlare tranquillamente.»
Alexis guardò Maisie. Le aveva lasciato la mano e si era seduta su un banco. E ora Maisie sentiva tutta l'ansia delle sue scelte.
«Mi dispiace per l'altra volta» ripeté Maisie intrecciando le dita.
Alexis scosse la testa, passandosi le mani in faccia.
«Non devi scusarti... »
«Non ero ubriaca!» sbottò Maisie interrompendola.
Alexis alzò un sopracciglio. Sembrava sorpresa.
«So che l'ho detto io!» continuò Maisie «Ma ti giuro che quello che ho fatto l'ho fatto perché volevo farlo!»
Alexis la guardò intensamente incrociando le braccia.
«Fammi capire… volevi baciarmi?» chiese, in un tono indecifrabile.
Detta così, faceva uno strano effetto.
«S-si.»ammise Maisie.
«Perché?»
Maisie sgranò gli occhi. Già, perché l'aveva baciata?
«Beh... Mi andava?» disse grattandosi la testa. Se sentiva in imbarazzo, in terribile imbarazzo.
«Ti andava? Così, ti andava e basta?» sembrava che Alexis stesse cercando di non ridere.
«Cioè, non è che ci avevo pensato. Ma quando ti ho visto, è scattato qualcosa!»
«Ma tu quella sera stavi piangendo!» sembrava sentirsi in colpa.
«Perché tu mi hai messo in una situazione imbarazzante!»
Alexis la guardò intensamente.
«Io?» disse indicando sé stessa «Perché?»
«Si! Da quando sei entrata nella mia vita mi hai…» Maisie fece una pausa cercando le parole adatte «…aperto gli occhi? Mi hai fatto riflettere su cose cui non aveva mai dato importanza.»
«E come?» Maisie aveva la sensazione che Alexis la stesse quasi prendendo in giro. Come se in realtà avesse capito tutto, ma lo volesse sentire dalla sua bocca.
«Mi piaci.» lo disse tutto in un fiato. Alexis sembrava sorpresa, come se questa specie di dichiarazione, non se la aspettasse.
«Tu mi hai fatto accettare che non avevo mai guardato veramente un ragazzo. Era una cosa a cui non davo corda. Pensavo che ancora non avevo incontrato la persona giusta, ma forse, in realtà…»  Si sentiva rossa dall’imbarazzo «Tu me lo hai fatto capire...» ripeté.
Alexis la guardò con un lieve sorriso sulle labbra.
«Cosa ti fa pensare che anche a me piacciano le donne?»
Maisie pensò un attimo. Non poteva dirle dei suoi sospetti su Emma.
«Niente» esclamò «Niente me lo fa pensare. Io so solo che tu mi piaci!»
Il sorriso sul volto di Alexis si accese un po’ di più.
«Se non sei mai stata con un uomo, come fai a essere certa che ti piacciono le donne?»
Maisie tentennò per un secondo.
«Ho baciato Connor!» confessò.
Alexis assunse un'aria sorpresa.
«Che cosa? Avevi detto che non era successo niente!» urlò Alexis alzandosi. Sembrava contrariata.
Maisie agitò le mani avanti.
«Ma non è stato niente, giuro! Era umido!» Maisie la guardò. Non riusciva mai a decifrare lo sguardo di Alexis, ma improvvisamente lei scoppiò a ridere.
«E invece, quando hai baciato me?» le chiese in tono canzonatorio.
Maisie la guardò arrossendo.
Alex si avvicinò, molto. Maisie iniziò a sentire il respiro pesante. Alexis era molto più alta di lei e agli occhi suoi era bellissima. Non riusciva a sostenere il suo sguardo. Maisie trattenne il respiro nel momento in cui Alexis appoggiò le mani sul banco sul quale lei era seduta.
«Quindi?» chiese Alexis avvicinando di molto il suo viso a quello di Maisie.
«Quindi?» ripeté Maisie, completamente incantata.
Alexis rise e Maisie fu catturata dalle fossette che si formarono intorno alla sua bocca.
Si sentiva incredibilmente timida.
Alexis la guardò negli occhi con aria canzonatoria. Fu un attimo e Alexis annullò la distanza tra loro. Maisie rimase imbambolata un paio di secondi. Era un bacio dolcissimo e lento, ma piano piano diveniva sempre più passionale. Alexis passò una mano dietro la nuca di Maisie e l'attirò ancora di più a sé, così Maisie si alzò sulle punte in modo di assaporare ogni attimo di quel bacio e passando le braccia dietro il collo di Alexis e si aggrappò a lei.
La bocca di Alexis era dolce e Maisie si chiedeva, estasiata, se avrebbe mai più provato una sensazione tanto vibrante.
«Sai di spumante!» disse Alexis schioccando la lingua.
Maisie rise. Sentiva le guance in fiamme.
«Che c’è? Sei tutta rossa» la canzonò Alexis.
«Beh, era il mio primo bacio» confessò Maisie.
Alexis la guardò sorridendo.
«Quando ti ho baciato la prima volta, tu non hai risposto. Connor ha fatto tutto lui, quindi non lo considero nemmeno! Quindi questo è stato il mio primo bacio.»
Alexis sorrise e si abbassò a baciarla di nuovo.
«Allora sono felice che questo onore sia capitato a me.»
Maisie arrossì ma fu interrotta dallo squillo del suo cellulare.
«Oh, è mia madre. Mi ero dimenticata!» esclamò.
«Rispondi, dille che ti ho portato a fare un giro dell'edificio.» le disse sorridendo.
Maisie rispose e liquidò velocemente la madre.
«Solo una cosa, prima di andare» Alexis aveva un'aria veramente seria «Sai che questo…» fece una pausa «…Non lo deve sapere nessuno della nostra famiglia. Di quello che è appena successo. Lo sai, vero?»
Maisie la guardò a lungo, ma cercò la forza di annuire. Presa com’era dal suo stato d’animo e dalle sue paranoie, non aveva mai pensato a come sarebbe stato, una volta che le cose si fossero chiarite. Ma adesso le cose iniziavano ad avere un senso per lei, e la sensazione di stretta allo stomaco, era difficile da decifrare.

 
Sono in panico!
Innanzitutto vi chiedo scusa per il ritardo!
Spero che questo capitolo vi piaccia, io sono in panico! Scrivo e sospiro in continuazione! Vi prego, siate clementi! Spero veramente che vi piaccia!
Comunque, come al solito vi ringrazio tutt*. Siete sempre in tanti ad apprezzare la storia, che mi sta venendo una crisi! Ma allo stesso tempo mi rendete felice e vi amo!
Vi prego, fatemi sapere cosa pensate!
Con affetto,
StClaire.

Alexis fece cenno di no con la testa, mentre maneggiava la reflex.
«No, mi dispiace, dovrai aspettare finché non le svilupperò. Questa qui…» disse indicando la macchina fotografica «È analogica…. Quindi devi aspettare!» disse sorridendo «Dove vuoi andare stasera?»
Maisie non fece in tempo a rispondere che qualcuno aprì di scatto la porta.
«Ehi Alexis ma allora do…» Emma si bloccò di colpo non finendo la frase.
Maisie sgranò gli occhi. Non sapeva che anche Emma facesse parte di quel gruppo. Appena la vide, una strana sensazione la invase.
«Ciao Maisie… non sapevo che ci fossi anche tu.» Sembrava quasi infastidita. 
«Ciao» rispose semplicemente Maisie cercando di mantenere il controllo. 


p.s. guai in vista?

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** French Toast ***


Capitolo 9

- French Toast - 
 
 
 
Il Natale si stava avvicinando sempre di più e Maisie adorava quel periodo. Le piacevano la corsa ai regali, le strade affollate, i bar del centro sempre pieni e le luminarie in città. Erano così luminose che sembravano riscaldare anche dal freddo pungente del tempo. E poi quest’anno avrebbe avuto un regalo in più da fare, ma ovviamente, non aveva la più pallida idea di cosa regalare ad Alex.
Ogni qualvolta che poteva, quando usciva da scuola, oppure durante un semplice giro con le amiche, guardava con attenzione ogni negozio in cui metteva piede, ma non trovava mai qualcosa di adatto. Non poteva chiedere consiglio a nessuno! Nessuno sapeva di Alexis… E poi c’era un’altra cosa che l’assillava.
Da quando era successo quel che era successo durante la mostra in Accademia, al solo ricordo Maisie diventava rossa, lei e Alex non avevano avuto un attimo per stare da sole. Per parlare almeno. Alex era sempre fuori, con un gruppo di suoi amici universitari avevano affittato un appartamento che aveva adibito a studio fotografico, Alex le aveva promesso di portarla, glielo aveva raccontato con tanto entusiasmo che Maisie si era sentita felice per lei, ma da allora, Alex o era in Accademia per i corsi, o era in quello studio a organizzare chissà che cosa.
Maisie si fermò davanti all’ennesima vetrina e sospirò. La nuvoletta di fumo che si formò la fece sorridere. Le ricordava di quand’era piccola, lei e Alice si sfidavano a chi formava la nuvola più grande. E sua madre doveva fare da giudice. Il pensiero le fece stringere i pugni. Ultimamente stare con sua madre la metteva in soggezione. Maisie ci aveva messo un po’ a capire le ragioni di Alexis. All’inizio aveva pensato che magari aveva paura del giudizio degli altri, ma poi aveva capito il reale motivo, per il quale Alexis non voleva far sapere della loro “relazione”. Stavano per diventare una famiglia. I loro rispettivi genitori si stavano per sposare. Ogni volta che Maisie ci pensava, una morsa allo stomaco non le permetteva di respirare. Per questo si sentiva strana ogni volta che la madre le parlava del matrimonio. Prima sembrava volerci un’eternità, ma adesso la data le sembrava terribilmente vicina.
Improvvisamente la sua attenzione fu catturata da un negozio cui non aveva mai badato prima.
Era piccolino, con una sola piccola vetrina quadrata. La vetrinetta era piena di bracciali, collane e orecchini fatti a mano. Le etichette suggerivano che fossero in argento puro e alcune cose erano davvero belle. C’erano dei bracciali formati da maglie d’argento intrecciate tra loro, uno in particolare attirava il suo sguardo. Era largo, forse quattro o cinque centimetri, ed era formato da piccole e numerose maglie che si intrecciavano tra tutte loro. Le ricordava un po’ Alexis, i suoi polsi erano pieni di bracciali, di ogni tipo, magari quello le sarebbe piaciuto.
Aveva intenzione di entrare e chiedere il prezzo, ma la suoneria del suo cellulare la fece desistere. Cercò in fondo, tra i meandri della sua borsa, e quando finalmente trovò il cellulare sussultò.
Era la prima volta che Alexis la chiamava sul suo numero.
«P-pronto?» rispose timidamente, ma con il sorriso sulle labbra.
«Ehi» la voce di Alex le sembrava lontana, sovrastata dalla musica che si sentiva in sottofondo «Dove sei?»
«Sono in giro, alla ricerca di regali»
«Ah, già. I regali.» Alex fece una pausa «Ma sei impegnata?»
«No, non proprio. Era giusto per fare un giro.»
«Ti va di venire a vedere lo studio? Ho appena finito di sistemare la mia stanza. Magari dopo ci andiamo a mangiare una cosa insieme, io e te.»
Maisie ci mise un po’ a realizzare, quello sarebbe stato il loro primo appuntamento!
«Ok!»
«Ok» sentì Alexis ridere «Vuoi che ti venga a prendere? Sai la strada?»
«Ehi, sei tu la forestiera qui, non io!»
«Giusto!» esclamò ridendo Alexis «Allora ti aspetto»
Fortunatamente il posto non era molto lontano e in strada iniziava a fare freddo. Arrivò sotto il portone del palazzo, a Maisie piaceva quel palazzo, sembrava di nuova costruzione. Si specchiò, per quanto possibile, nel grosso vetro per controllare che fosse tutto in ordine e poi compose il numero che Alexis le aveva detto sulla tastiera del citofono.
«Chi è?»
Maisie non riconobbe la voce metallica che aveva risposto.
«Ehm, ciao, sono Maisie… un’amica di Alexis»
La voce non rispose subito.
«Ah, si, si! Ti apro, terzo piano»
Maisie aprì il pesante portone e si ritrovò in un atrio ben illuminato. Iniziò a salire le scale, benché ci fosse l’ascensore, ma a Maisie quelli chiusi del tutto non erano mai piaciuti. Arrivò col fiato corto. Ma una volta sul pianerottolo ad attenderla trovò Alexis.
«Ehi» disse a mo’ di saluto.
«Ciao» rispose Alexis «Vieni, entra»
Alexis le tese la mano e Maisie l’afferrò. Era un po’ stupita, non era abituata a tutto ciò. A casa Alexis era più distaccata, anche se alla fine Maisie sapeva perché.
Entrarono, l’appartamento era grande e molto luminoso. Nonostante tutti gli scatoloni ancora in mezzo a Maisie sembrava la cosa più bella che avesse mai visto. C’era aria di libertà lì.
«Ehi!» una voce maschile la fece voltare «Ciao!»
«Ciao» Maisie rispose imbarazzata.
«Quello del citofono» sorrise il ragazzo indicandosi.
«Ah! Scusami, è che non avevo riconosciuto la voce…»
«Figurati! Comunque, piacere Ethan» disse il ragazzo biondo.
Maisie gli strinse la mano e si presentò.
Non sapeva il perché, ma pensò subito a Mia e Jody. Sembrava proprio il loro tipo.
«Scusaci un attimo, torniamo subito» disse Alexis facendo cenno a Maisie di seguirla.
Maisie salutò il ragazzo e seguì Alexis.
Entrarono in una nuova camera, era quella più ordinata e luminosa, aveva alte pareti bianche e una libreria ancora metà vuota. Un divano era vicino a una delle pareti e in mezzo c’erano un treppiede e dei fari.
«Questa è la tua stanza?» chiese Maisie facendo qualche passo.
Alexis annuì battendo le mani.
«La voglio usare come studio. Gli altri, come Ethan, ci vivranno pure. Io per il momento ho solo un divano letto» disse indicando il divano.
Maisie si voltò e sorrise. Se lei non si era trasferita, significava che voleva rimanere a casa.
Alexis si avvicinò e le prese le mani.
«Volevo inaugurarlo con te» sussurrò guardandola negli occhi.
Poi si allontanò a prendere uno sgabello che posizionò di fronte al treppiede.
Maisie la guardò, tornando a respirare.
«Che vuoi fare?» chiese, anche se già sapeva la risposta.
«Voglio farti una foto, no?» disse ridendo «Togliti la giacca e siediti. Io prendo la macchina fotografica»
Maisie si tolse la giacca, imbarazzata, non le piaceva essere fotografata, non si trovava abbastanza fotogenica. Appoggiò la giacca sul divano e tirò su la manica della maglia. Indossava una di quelle maglie dallo scollo largo che pendono sempre da un lato o dall’altro e al momento la trovava scomodissima.
S’imbarazzava a essere sola in stanza con Alexis. Non era abituata. Si andò a sedere sullo sgabello, ma le veniva da ridere.
«Che c’è?» chiese sorridendo Alexis fissando la reflex sul treppiede.
Maisie scosse la testa.
«Niente… mi vergogno!» ammise.
«È solo un attimo!»
Alexis si posizionò dietro la macchina fotografica. Ma non sembrava convinta.
«Anzi… aspetta un attimo…» borbottò.
Poi avanzò verso Maisie, che era ancora seduta. Si avvicinò e poi le afferrò il viso tra le mani. Fu un attimo, Maisie non se lo aspettava, ma appena si riprese ricambiò il bacio. Quando Alexis si staccò, ritornando alla reflex, Maisie doveva ancora riprendersi del tutto, ma improvvisamente sentì il rumore della reflex che scattava. Non si era resa conto di niente.
Alexis la guardò.
«Sei bellissima quando sei imbarazzata»
Maisie diventò rossa, sentiva il suo viso paonazzo. Il tono di Alexis era stato caldo e sensuale. Scosse la testa per togliersi dalla testa quei pensieri.
«Posso vederla, almeno?» chiese fflebilmente.
Alexis fece cenno di no con la testa, mentre maneggiava la reflex.
«No, mi dispiace, dovrai aspettare finché non le svilupperò. Questa qui…» disse indicando la macchina fotografica «È analogica…. Quindi devi aspettare!» disse sorridendo «Dove vuoi andare stasera?»
Maisie non fece in tempo a rispondere che qualcuno aprì di scatto la porta.
«Ehi Alexis ma allora do…» Emma si bloccò di colpo non finendo la frase.
Maisie sgranò gli occhi. Non sapeva che anche Emma facesse parte di quel gruppo. Appena la vide, una strana sensazione la invase.
«Ciao Maisie… non sapevo che ci fossi anche tu» Sembrava quasi infastidita. 
«Ciao» rispose semplicemente Maisie cercando di mantenere il controllo.
«Stavo dicendo…» continuò Emma rivolgendosi con tono austero ad Alexis, che nel frattempo era sbiancata «Dopo allora vieni a darci una mano? Ethan dice che l’hai promesso» lo disse in tono canzonatorio, come se avesse avuto le persone di cui parlava in pugno.
Alexis passò lo sguardo da Emma a Maisie.
«Devo proprio?» chiese alzando il sopracciglio, seccata.
Emma alzò le spalle, adesso sì, che sembrava parecchio infastidita.
«Dovresti chiederlo a Ethan, non a me» rispose acida voltandosi e uscendo dalla stanza.
«Beh, a parte i suoi gentilissimi modi, se devi andare vai» disse Maisie, non riuscendo a evitare di lanciare una frecciatina.
Alexis sorrise.
«Me ne ero completamente dimenticata» disse posando la macchina fotografica «Il problema è che non credo che Ethan mi perdonerebbe mai. Lui ed Emma non vanno molto d’accordo»
«Ah… Mi sembrava un po’ nervosa… o irritata… o tutte e due»
Alexis rise, ma in modo nervoso.
«Beh, probabilmente ha i suoi motivi…»
«Sì… sicuro…» Maisie sentiva come se Alexis stesse nascondendo qualcosa «Comunque, davvero, vai. Io ritorno al mio giro» disse, impostando la voce in modo naturale.
«Sicura?» chiese Alexis avvicinandosi.
«Mmmmh» annuì Maisie.
«Ok» rispose prendendole le mani «A proposito, che vuoi per Natale?» domandò.
Maisie la guardò stupita. Non si aspettava quella domanda.
Alzò le spalle.
«Non so» rispose.
«Ehm» una voce alle loro spalle le fece sussultare.
«Scusatemi» Ethan le sorrise «Noi stiamo per andare»
Alexis annuì.
«Cinque minuti e arrivo»
Maisie si avvicinò al divano e indossò la sua giacca iniziando a raccattare le sue cose. Ethan aveva assunto un’aria veramente sorpresa, quando le aveva viste insieme.
«Mi dispiace» disse Alexis.
«Ma figurati…» cercò di non lasciar tralasciare la sua delusione. Si sentiva un po’ triste. Aveva immaginato da tempo un serata insieme, ma a quanto pare, non era ancora il momento.
«Ci vediamo a casa?» chiese Maisie.
Alexis annuì.
«Ci vediamo a casa»
 
*

Era rimasta un po’ delusa da quella sera. Nei giorni seguenti lei e Alexis non avevano avuto un solo minuto di tempo per poter parlare, o potersi organizzare, magari per un nuovo appuntamento. Maisie si sentiva insicura. Non sapeva come comportarsi. Da un lato provava un’irrefrenabile voglia di correre da Alexis, dall’altra non riusciva a capire come avrebbe potuto reagire lei. Sembrava distaccata. Maisie non sapeva se Alexis provasse davvero qualcosa per lei.
«Maisie!» la voce di sua madre l’allontanò dai suoi pensieri.
«Mamma!» esclamò Maisie «Che ci fai alzata a quest’ora?»
Erano solo le sei del mattino, un orario impossibile per la madre di Maisie.
«Devo aver mangiato qualcosa che mi ha disturbato. Ho avuto la nausea» Catelyn rabbrividì al solo pensiero.
«Tu piuttosto, come mai già sveglia?»
«Devo andare a scuola…» rispose Maisie.
«Si, ma mi sembra un po’ presto per i tuoi standard»
Maisie alzò le spalle.
«Non saprei…» rispose.
In realtà erano i dubbi che non la lasciavano dormire.
«Ma chi è questo Connor?»
Maisie sputò metà del suo succo d’arancia.
«Mamma!»
«Shhh… che gli altri dormono….»
Allo sguardo esterrefatto di Maisie si convinse a continuare.
«Non guardarmi così, me ne ha parlato Alice!»
Alice! Avrebbe dovuto strozzarla nel sonno!
«È solo un amico, niente di particolare…» borbottò.
«Ma Alice ha detto che ti ha ferito!» la mamma di Maisie congiunse le mani a mo’ di preghiera «Che cosa ti ha fatto?»
«Mamma! Ma non è vero! Non stare a sentire quella stupida, si riempie di film drammatici e poi li riversa su di noi! Non è successo niente!» sbraitò. Alice l’avrebbe pagata cara, molto cara.
«Sicura?»
«Sì, mamma, sicurissima!»
«Ma uscite insieme?» le chiese.
«No, mamma….»
Maisie iniziava a sentirsi in imbarazzo.
«Me lo diresti vero, se uscissi con qualcuno?»
Maisie sgranò gli occhi.
«Sai… ci sono quelle cose di cui non abbiamo mai parlato…»
Il succo d’arancia iniziava ad avere un gusto molto acido per Maisie.
«Mamma, davvero, te lo dico se inizio a uscire con qualcuno…» disse sospirando.
«Me lo presenti?»
Gli occhi allegri della madre erano una fitta allo stomaco.
«Sì, mamma…»
«Ok! Ti vanno dei French Toast?» le chiese sorridendo «Improvvisamente, ho una voglia!»
«Buongiorno»
La voce di Alexis la fece sobbalzare.
«B-buongiorno» balbettò Maisie.
«Alexis! Ti vanno dei French Toast?»
«No grazie Catelyn, vado di fretta…»
Alexis si sedette all’altro lato della tavola, cosa che fece rimanere male Maisie, avrebbe potuto sedersi affianco a lei!
«Come procede il book di quella tua amica? È tanto carina… com’è che si chiama?» chiese Catelyn ad Alexis, mentre era intenta a girare i French Toast.
«Emma» rispose velocemente Alexis, evitando lo sguardo di Maisie.
«Già, Emma… ha detto che conosce anche Maisie» continuò Catelyn servendo i toast a Maisie.
«Si, ci siamo conosciute al Festival, poi credo che abbia un fratello a scuola»
«Si, il fratello più piccolo»
Maisie la guardò ma Alexis si alzò di scatto.
«Io vado, grazie» disse ringraziando Catelyn che si sciolse in un sorriso «Ci vediamo dopo» e se ne andò.
Maisie si sentì ignorata e arrabbiata!
Non riusciva a capacitarsi. Per Emma riusciva a trovare tutto il tempo di questo mondo, mentre lei doveva sperare nell’intervento del destino. Era furiosa.
«Che hai Maisie, non ti piacciono i toast?» chiese sua madre.
«No, è tutto ok…»
In realtà non era tutto ok, era gelosa. Maisie non era mai stata gelosa in tutta la sua vita, ma in quel momento sì.

 
*

«Comunque urge shopping natalizio!» esclamò Mia mentre era intenta a laccarsi di rosso le unghie.
«In che senso?» domandò distrattamente Maisie mentre sfogliava le pagine di un giornale di moda che aveva trovato sul letto di Jody.
«Beh, tra poco è Natale!» esclamò Mia «Ti sei dimenticata della festa che danno ogni anno a scuola, il ventiquattro?»
«Chiamarla festa è un’esagerazione…» borbottò Maisie.
Non se ne era dimenticata. Ogni anno, la sua scuola, organizzava un ballo di Natale, la sera della vigilia. Era una cosa senza pretese, ma, dove i ragazzi e le ragazze della scuola si esagitavano più del dovuto.
A Maisie non andava più di tanto, ma le vacanze natalizie erano appena iniziate, quindi, qualsiasi cosa pur di ammazzare il tempo.
«Ok, io ci sto» acconsentì alla fine.
«Ottimo!» esclamarono Mia e Jody all’unisono. A volte sapevano essere inquietanti.
Così adesso Maisie si ritrovava a essere sbattuta da un negozio all’altro del grande Centro Commerciale. A volte poteva essere anche divertente, ma dopo un paio d’ore no. Assolutamente no.
«Provati questo!» Mia sbucò da dietro una colonna con uno striminzito abito nero.
Maisie la guardò allibita.
«Perché proprio quello?» domandò.
«Non vorrai indossare uno dei tuo soliti maglioni XXL a questo ballo, vero?»
«Ok, va bene che non sono mai venuta particolarmente elegante ai precedenti balli, ma mai con il maglione!» esclamò.
«Se non era un maglione, era qualcosa di simile…» borbottò Jody.
«Grazie tante…» rispose sarcasticamente Maisie strappando il vestito da mano a Mia.
Si recò al camerino e cercò di infilarsi quel pezzo di stoffa nera.
Quando finalmente ci riuscì emise un gemito. Non era per niente abituata a quel tipo di vestiti aderenti.
«Allora?» gli occhi azzurri di Jody sbucarono da dietro la tenda.
«Wow!» esclamò. «Sembri un’altra! Ma ci vogliono dei tacchi!» esclamò scomparendo di nuovo. Maisie tirò di nuovo la tenda e sbuffò. Però guardandosi meglio, forse non stava davvero male. Solo che quel vestito non lo sentiva suo.
«Ta-dà!»
Maisie dovette reprimere le urla. Era talmente assorta nei suoi pensieri, che quasi le era venuto un infarto.
«Quante sceneggiate!» esclamò indispettita Mia «Tieni! Prova queste!» continuò mostrandole un paio di decolleté nere, molto semplici, ma anche molto alte.
«Sembrerò un trans…» borbottò Maisie calzando le scarpe.
«No, sembrerai finalmente una ragazza con qualche curva. Questo vestito ti fa addirittura le tette!» esclamò Jody.
«Già immagino la faccia di Connor quando ti vedrà!»
Per poco Maisie non cadde dai quei trampoli.
Connor. Aveva provato a eliminarlo dalla sua mente, ma purtroppo per lei era in perenne agguato, eppure pensava che dopo averlo completamente ignorato, avesse capito qualcosa!
«Comunque…» si guardò allo specchio «Prendo questo…» concluse sospirando.
«Ah! Altro che Connor, se ti vedesse Alex con questo!» Mia e Jody si guardarono e risero.
Maisie sbiancò.
Sforzò un sorriso, ma non era sicura del risultato.
Avrebbe tanto voluto confessare tutto alle amiche, spiegare la situazione, chiedere consiglio.
Ma alla fine, cosa aveva da raccontare? Avrebbe dovuto parlare di quanto si sentiva ignorata?
Sospirò e poi iniziò a spogliarsi.
Improvvisamente aveva mal di testa.

 
Hello!
Prima di tutto, vi ringrazio tutti! Siete la mia tanica di benzina! Vi adoro! Mi rende felice che la storia vi piaccia e le vostre riflessioni, commenti e pensieri mi esortano ad andare avanti, sempre! Vi adoro!
Vorrei ringraziarvi uno a uno, ma fortuanatamente siete tanti, e quindi mi risulta un po' difficile! Ma sappiate che lo sto facendo con il pensiero!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, anche se più che altro è da introduzione al prossimo, che vi prometto, aggiungerò Martedì!
Siate clementi, vi adoro!
Con affetto,
StClaire!
 

«Stai andando a…?»
«A scuola… alla festa…» sbottò Maisie interrompendola.
«Che c’è? Che ti prende improvvisamente?»
«Niente! Sei tu che mi stai facendo questo inutile terzo grado! Da quando t’importa ciò che faccio e dove vado?» sbraitò in modo quasi isterico cercando di non alzare troppo la voce.
Alexis la guardò, aveva un’espressione ferita, ma durò un attimo soltanto. All’improvviso tornò il suo sguardo indecifrabile di sempre.
«Va bene, divertiti» sussurrò indietreggiando e raggiungendo i suoi amici.
Maisie cacciò indietro le lacrime e poi riprese a camminare verso la scuola.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Closer ***


- Capitolo 10 - 

Closer


Il giorno del ballo era, purtroppo, arrivato.
Quella mattina Maisie non si era alzata dal letto. Era rimasta stesa a fissare il soffitto, pensava ancora alla possibilità di confessare tutto alle sue amiche. Si sentiva sola, terribilmente sola.
E soprattutto non ci capiva niente!
Non sapeva come comportarsi con Alexis, non sapeva se stavano insieme, se lei ad Alexis piaceva o se era una cosa così, senza impegno.
A Maisie quest’opzione non stava bene, ma dal comportamento di Alexis, non poteva pensare ad altro. Era vero che avevano avuto pochissimo tempo per parlare, chiarire o fare qualsiasi altra cosa. Ma Alex, da quella sera allo studio, non l’aveva più invitata, né lì, né altrove. E il pensiero che Emma fosse sempre lì, la faceva ribollire dalla rabbia! Non poteva neanche chiedere nulla ad Alexis, con quale scusante? Erano forse una coppia loro due? No!
Sbuffò e si girò a pancia all’aria. Il soffitto era ancora lì, immutato. Come la sua situazione.
«Sei viva?»
Maisie si alzò di scatto.
Alexis era appoggiata alla porta. Quando era entrata?
«S-sì» balbettò. Che risposta del tutto inutile, era palese che fosse viva...
«Tutto bene? Non sei scesa né a colazione, né a pranzo.»
Maisie annuì, mettendosi a sedere composta. Si sentiva in imbarazzo, come sempre.
«Tua madre mi ha detto che stasera vai a un ballo» riprese Alexis mentre ciondolava per la stanza.
«Già…»
A guardarla, Alexis sembrava perfettamente a suo agio.
«Vai con Jody e Mia?»
«Sì… è il ballo organizzato dalla scuola per Natale. Quindi ci sarà tutta la scuola, più o meno…» rispose Maisie «All’Accademia non hanno organizzato niente?» domandò.
Alexis si fermò un attimo davanti alla libreria scrutandola con attenzione. Poi scosse la testa.
«No… allo studio credo abbiano organizzato una festicciola, ma non so cosa…» si voltò e le sorrise.
«E senti…» incominciò Alexis. «…ci sarà anche Connor quindi, a questa festa?»
Il sorriso sul volto di Maisie si gelò.
Era seria?
«Si» rispose, lapidaria.
Alexis la guardò, ma Maisie evitò il suo sguardo.
«Ok…» la sentì mormorare.
Maisie percepiva ancora il suo sguardo addosso, ma finse di star scrivendo qualcosa sul cellulare.
«Ci vediamo di sotto…» disse Alexis uscendo dalla stanza.
Maisie si stese di nuovo. Ancora una possibilità di stare insieme, sfumata.
Ottimo. Quindi mentre lei sarebbe stata in balia di Mia e Jody, Alexis sarebbe stata alla “festicciola”, magari con Emma. E lei non era invitata. Si sentiva presa in giro, ma in fondo di cosa?  Alexis non le aveva mai “confessato” niente. Aveva fatto, e continuava a fare tutto lei.
Lei l’aveva baciata, lei era stata male, lei aveva confessato i suoi sentimenti. Alexis non aveva mai detto niente a riguardo. Maisie guardò il vestito che aveva acquistato per quella sera, ma improvvisamente, non aveva nessuna voglia di uscire. Si accoccolò meglio tra le coperte e ritornò a dormire.
Si svegliò tartassata dalla suoneria del suo cellulare.
Rispose fiaccamente e si accusò tutte le lamentele da parte di Jody.
«Sono quasi pronta, giuro!» borbottò cercando di calmare l’amica.
Finalmente riuscì a chiudere la telefonata e pesantemente si trascinò verso il bagno.
«Alice!» urlò bussando alla porta del bagno «Muoviti! Mi devo preparare!»
«Fottiti!» le rispose gentilmente Alice «Ho già dato la precedenza ad Alexis, non la do pure a te!»
Maisie sospirò.
Quindi Alexis era già andata via.
Dovette aspettare un’altra decina di minuti prima di poter entrare in bagno a prepararsi.
Si muoveva a rilento, si sentiva stanca. Pensava che le cose tra lei e Alex, prima o poi avrebbero preso una piega migliore. Ma al momento non era così. Aveva la sensazione che Alexis la ignorasse.
Continuò a prepararsi per la festa, indossò il tubino nero che aveva comprato con le sue amiche, ma improvvisamente le sembrava troppo corto. Non le piaceva come le cadeva. Sospirò guardandosi nello specchio, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Indossò le scarpe e si sentì ancora più idiota. Sarebbe caduta, se lo sentiva.
Si guardò un’ultima volta allo specchio cercando di sorridere e poi scese le scale, molto lentamente.
In casa non c’era nessuno. Paddy e sua madre erano fuori per qualche evento e Alice era a festeggiare a casa di qualche sua amica. E Alexis… beh Alexis era a festeggiare con Emma.
Iniziò a camminare in strada. Per fortuna sua non nevicava, anzi, l’aria pungente la faceva sentire bene. Aveva sempre amato il freddo. Le piaceva seppellirsi sotto montagne di vestiti e coperte. Sarcasticamente, le piaceva il freddo perché le permetteva di stare al caldo.
Arrivò alla fermata dell’autobus… ai suoi aveva detto che sarebbe arrivata a scuola con Mia e Jody, e alle sue amiche aveva raccontato che sarebbe stata accompagnata da Paddy.
In realtà voleva stare da sola. Riusciva a pensare meglio con la sua sola compagnia.
Salì sull’autobus quasi senza accorgersene. I tacchi già le facevano male. Appoggiò la testa al finestrino e cercò di non pensare a tutto quello che stava succedendo. Era passata dalla felicità alla disperazione in meno di un mese. In tutto questo, il matrimonio di sua madre si avvicinava sempre di più. I suoi voti erano scemati, così come la sua soglia di attenzione.
Scese dall’autobus e continuò la sua camminata solitaria, la scuola distava poco dalla fermata, guardandosi intorno, di sera le cose cambiavano completamente, nonostante la via fosse ben illuminata, la strada non era calda e accogliente come sempre.
Si lasciò scappare un sospiro. Mezza idea di non andare alla festa le era balenata in testa, ma subito si era ricreduta. Non avrebbe sopportato le ramanzine di Mia e Jody, e poi, fortunatamente, le feste della scuola duravano sempre poco.
Si sentiva un’idiota a camminare su quei tacchi. Doveva camminare lentamente e non poteva far altro che guardarsi i piedi, per vedere dove andava.
Improvvisamente, lo scoppio di una risata le fece alzare di scatto la testa.
Un gruppo di persone venivano verso di lei, ma dalla direzione opposta.
Maisie continuò il suo cammino, ma una voce richiamò la sua attenzione.
«Ehi!»
Maisie non riconobbe subito chi le stava parlando.
«Sono Ethan, ci siamo conosciuti un po’ di tempo fa, con Alex!»
Maisie guardò il ragazzo cercando di sorridere.
«Ciao…» disse stringendosi di più nella sua giacca «Sì, mi ricordo!»
Maisie si sentiva in imbarazzo. Due o tre facce che non conosceva la guardavano.
«Stai davvero bene!» esclamò il ragazzo. Maisie s’imbarazzò, non era abituata ai complimenti «Non passi alla festa, dopo? Allo studio?» domandò Ethan.
«Mmmmh, no, non credo. Sto andando alla festa che organizza il liceo…» spiegò senza tanto entusiasmo.
«Ah! Bellissimo… Ormai sono anni che non partecipo…» disse sorridendo.
Maisie gli sorrise, ma gli avrebbe volentieri ceduto il posto…
«Maisie…»
Maisie sentì il sorriso spegnersi sul suo volto.
Aveva Alexis di fronte, con Emma a braccetto.
«C-ciao» balbettò.
Alexis si divincolo dalla ragazza e si staccò dal gruppo.
Maisie fece qualche passo indietro, cosa che ad Alexis non sfuggì.
«Che c’è?» domandò Alexis.
«Niente» rispose Maisie, forse troppo velocemente.
Alexis la squadrò.
«Non ti ho mai vista vestita così…»
«Così… come?» l’interruppe Maisie.
«È troppo…» Alexis si fermò in cerca della parola adatta «…provocante. Sei venuta da sola qui?»
Maisie guardò gli amici di Alexis alle sue spalle. Si sentiva osservata.
«Sì, ho preso l’autobus» disse a bassa voce.
Alexis sospirò.
«Perché non hai…?»
Maisie sbuffò interrompendola.
«Che c’è? Che ti prende improvvisamente?»
«Niente! Sei tu che mi stai facendo questo inutile terzo grado! Da quando t’importa ciò che faccio e dove vado?» sbraitò in modo quasi isterico cercando di non alzare troppo la voce.
Alexis la guardò, aveva un’espressione sconvolta e ferita, ma durò un attimo soltanto. All’improvviso tornò il suo sguardo indecifrabile di sempre.
«Va bene, divertiti» sussurrò indietreggiando e raggiungendo i suoi amici.
Maisie cacciò indietro le lacrime e poi riprese a camminare a grandi falcate verso la scuola.
L’aria fredda le congelava le lacrime agli occhi.
Arrivò finalmente all’ingresso della grande palestra, dove veniva organizzata la festa, ogni anno.
Lasciò la sua giacca all’insegnate che si occupava del guardaroba.
«Tutto bene, tesoro? Sembri un po’ scossa…» le chiese la donna mentre le porgeva il ticket per ritirare la giacca a fine serata.
Maisie annuì e subito entro nella palestra.
Era decorata davvero bene, forse in un momento diverso le sarebbe anche piaciuta. Ma Maisie non riusciva a non pensare che anche una perfetta estranea si era resa conto del suo stato. Si guardò intorno alla ricerca delle sue amiche. S’inoltrò di qualche passo e poco dopo le vide. Mia indossava un brillantissimo vestitino verde come i suoi occhi mentre Jody si era affidata a un più sobrio rosa antico.
«Maisie!»
Mia agitò un braccio pieno di bracciali per attirare la sua attenzione. Maisie ricambiò a stento il saluto, ormai le lacrime avevano vinto.
«Maisie! Ma che succede?»
«Maisie!» Jody corse ad abbracciarla «Che cosa succede?»
L’abbraccio di Jody provocò in Maisie un’ondata di lacrime.
«É-é colpa di Ale-xis» confessò lei. Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. Sentiva che sarebbe scoppiata.
Mia assunse un’espressione meravigliata.
«Alexis?» chiese «Parli di Alex?»
Maisie tremava ancora. Il corpo era un continuo sussulto.
«S-si» ammise infine «Alex che in realtà è Alexis» Il solo pronunciare il suo nome la metteva in crisi.
«Finalmente l'hai ammesso!» esclamò Mia alzando gli occhi al cielo.
Jody le lanciò un’occhiataccia.
«Che cosa?» balbettò Maisie, ora toccava a lei essere senza parole.
Poi Jody riprese «Lo sapevamo già. Di Alexis intendo. L'ho scoperto per caso, l'ultimo giorno del festival. Per sbaglio ho origliato una conversazione tra due persone del gruppo di Alexis e… niente ne parlavano al femminile. All'inizio non capivo, poi...» Jody alzò le spalle.
Maisie le guardava sconvolta. Aveva smesso di piangere e ora sentiva le lacrime fredde sul viso.
«Poi... Niente» continuò Mia sorridendole «Abbiamo pensato che forse non volevi parlare del tuo orientamento sessuale! Certo, l’idea era proprio idiota, lasciatelo dire. Anche se io lo dicevo da sempre!»
«Che cosa?!» urlò sbalordita Maisie.
«Beh... Si… dai Maisie. Non ti abbiamo mai, mai, mai vista interessata a un uomo. Neanche a una donna, vero. Hai visto Connor solo quando te lo abbiamo fatto vedere.»
Maisie era senza parole.
«Certo siamo un po' offese. Ci hai nascosto tutto! Siamo le tue amiche! Avresti dovuto dircelo!»
«Ma voi ci avete anche provato!» ribatté Maisie.
«Dettagli!» esclamò Mia agitando le mani «Non avresti dovuto nasconderlo e basta!»
«Non è che ci sia molto da raccontare…» sospirò Maisie.
«Beh, almeno dicci com'è il sesso!» esclamò ridendo Mia.
Maisie sorrise un po'. Mia era la persona più giuliva che conoscesse.
«Non saprei… a stento mi guarda» sospirò.
Improvvisamente Mia e Jody si fecero serie.
«C'è qualcosa che non va?»
Gli occhi di Maisie si riempirono di lacrime.
«Non lo so. Mi ignora. A volte sembra che ci tenga a me, altre volte sembra che non sopporti neanche la mia vista. Non so che pensare. Mi sento una… bambola usa e getta» disse allargando le braccia in segno di resa.
«Oh Maisie!» le sue amiche l'abbracciarono stretta e le sussurrarono parole carine.
«Sediamoci e raccontaci tutto…»
Così raccontò tutto. Ma davvero tutto.
«C’è anche un’altra cosa» Maisie sospirò «Alexis è la mia sorellastra.»
Si accorse di avere le mani chiuse strette a pugno. Vedeva le sue nocche bianche.
«Alex è la figlia di Paddy?» l’espressione di Jody era indecifrabile. Mia si portò le mani alla bocca.
«Cazzo…» mormorò Mia portandosi le mani alla bocca.
«Già…» sospirò Maisie.
«Beh, senti… che c’entra! Non avete mica legami di sangue!» esclamò Jody «Certo, potrebbe essere imbarazzante, ma, che altro?»
«Già…» ripeté Maisie fissando un punto indefinito della sala.
«Sentite!» esclamò Mia alzandosi. Le luci riflettevano fin troppo sul suo vestito brillantinato «Siamo venute qui per divertirci…» guardò Maisie e Jody «Quindi… balliamo!» esclamò trascinando le sue amiche in pista.
Per un po’ Maisie pensò davvero di lasciare tutto alle spalle. Mia e Jody erano contagiose. La musica era divertente, e per sua fortuna era ancora troppo presto per i lenti. Immaginava che sarebbe stato difficile ballare un lento a tre.
«Vi devo ringraziare!» urlò improvvisamente Maisie.
«Ma che sei scema?» rise Jody «Avevi dubbi? Tanto sarai sempre la nostra solita Maisie!» le disse abbracciandola.
Mia si aggiunse «Poi caso mai ci fai provare!» urlò.
Scoppiarono a ridere, disturbando anche qualche persona sulla pista.
«Ehi, ragazze!»
Si voltarono insieme verso la voce. Connor le guardava sorridendo.
«Ciao Maisie.»
«Ciao…»
Maisie avvampò dall’imbarazzo.
«Sei splendida stasera» disse. Sembrava quasi imbarazzato.
«G-grazie» balbettò Maisie. Da quando si erano baciati, aveva sempre cercato di evitarlo. Non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli.
Improvvisamente Connor le tese la mano.
«Posso avere un ballo?» le domandò in modo galante. Maisie sorrise e accettò, per sua fortuna, non era un lento, e, anzi, si divertì molto con lui.
«Sai…» esclamò improvvisamente Connor «Credo di aver capito una cosa» disse attirandola di nuovo a sé e facendole fare una specie di giravolta, che ovviamente, non le venne molto bene.
«Che cosa?» domandò curiosa Maisie.
«Stai ancora pensando a quel tipo…»
Maisie lo guardò sorpresa.
«Non fraintendermi!» esclamò lui «Non lo dico in maniera negativa! Dico solo…»
«Scusami!» esclamò Maisie «Mi sono comportata io male… Scusa.»
«Fa niente» le sorrise «L’importante è essere sinceri, no?»
«Già» rispose Maisie sorridendogli. Essere sinceri, le piaceva quel concetto.
Così continuarono a ballare, la musica era alta, ma non assordante. Le luci illuminavano i loro lineamenti e mettevano in risalto l’arcobaleno di vestiti.
«Che ne dici, raggiungiamo gli altri?» le domandò Connor.
Maisie annuì, ma mentre si avviavano, furono raggiunte da Mia e Jody.
«Ehi, stavamo venendo da voi» esclamò Maisie sorridendo alle sue amiche.
«Ah… si!» Mia sembrava nervosa, continuava a guardare oltre le spalle di Connor.
«Ma che c’è?» chiese Maisie «Che avete?»
«Oh…» il viso di Jody trasudava sgomento «Noi adesso dobbiamo proprio andare…»
Maisie le guardò senza capire. Avevano assunto tutte due un’espressione sorpresa e preoccupata allo stesso tempo.
«Ciao Alex!» squittirono in coppia «Tu vieni con noi!» sussurrarono a Connor prendendolo per la giacca e tirandolo verso di loro, poi arretrarono fino a scappare per tutta la pista da ballo.
Maisie si bloccò. Improvvisamente si sentiva osservata. Cercò la forza e si girò molto lentamente.
«Ehi»
Alexis era di fronte a lei, ancora con il giubbino addosso e l’espressione indecifrabile di sempre.
Maisie non riuscì a dire una sola parola. La guardava e tutto ciò che sapeva è che stava impazzendo. Avrebbe voluto correre da lei, ma allo stesso tempo non voleva soffrire. Aveva paura di essere rifiutata.
«Ti stai divertendo?» le chiese Alexis.
Maisie dovette sbattere un paio di volte le palpebre per riprendersi, poi annuì lievemente.
«Possiamo parlare un attimo?»
Maisie si sentì mancare. Aveva imparato dai film che quando qualcuno chiedeva “possiamo parlare?”, la situazione finiva sempre male.
Maisie annuì di nuovo, impossibilitata a fare altro. Era bloccata.
Si spostarono verso il muro della palestra, lontane dai lustrini, le coppie, i balli e le persone.
«Senti…» esordì Alexis «Non so come iniziare…» esitò un attimo.
Maisie sentiva il respiro pesante, sentiva che doveva prepararsi al peggio.
«Non sono brava con le parole… lo avrai capito questo ormai…» continuò Alexis «Mi dispiace se ti ho ferito in qualche modo… ma vedi…» Alexis si portò le mani in faccia. Poi aprendole creò uno spiraglio dal quale la guardò.
«Ma non capisco…»
«Non capisci?» urlò Maisie interrompendola «Io non capisco niente!» sbraitò «Prima mi rifiuti, poi mi baci! Poi, improvvisamente, inizi a ignorarmi completamente, a stento mi saluti, a casa non ci sei mai. Poi m’inviti in quel cazzo di studio e mi baci di nuovo, ma in realtà non mi hai mai neanche detto che ti piaccio. Con te ho solo dubbi. Non so cosa pensare. Non so cosa vuoi, non so se ci tieni a me. E poi pretendi che io sia educata nei tuoi confronti? Dov'è l'educazione nei miei? Non sono una stupida bambina! Non puoi usarmi a tuo piacimento e poi buttarmi via!»
Maisie scoppiò a piangere. La voce era incrinata dalle lacrime e i singhiozzi. La odiava. Odiava Alexis perché la faceva sentire debole.
Alexis si avvicinò e le prese il volto tra le mani.
«Scusami» disse in un sussurro «Io non volevo farti soffrire. É colpa mia hai ragione» Alexis sospirò «La prima volta che mi hai baciato, non ho ricambiato perché non pensavo che fosse una cosa giusta. Avevo, e ho, la testa piena di dubbi» Alexis si portò le mani in faccia «Sei così giovane e innocente! Mi dicevo che la tua era un'infatuazione passeggera. Che era dovuta a quella recita… Che io non ero adatta a te. Troppo grande e troppo diversa. Ho visto che m’ignoravi a casa, pensavo che sarei riuscita a sopportarlo.»
Sospirò.
«Ma non era vero. Stavo male nel vederti soffrire. Poi, improvvisamente, sei apparsa a quella mostra. Quando abbiamo parlato, ho dovuto accettare i miei sentimenti. Tu mi piaci Maisie, Dio se mi piaci, mi dispiace non avertelo detto prima! Ma se vuoi saperlo credo di averlo capito prima di te. Da quando ogni mattina, in quella dannata tenda, mi svegliavo abbracciata a te. Tu non te ne sei mai accorta, ma io ogni mattina dovevo scappare da lì» fece una pausa.
Maisie pendeva letteralmente dalle sue labbra.
«Mi dispiace se ti ho creato problemi. Mi dispiace essermi comportata male con te. Avrei voluto invitarti stasera a quella stupida festa. Ma tua madre mi ha detto del ballo. E niente…» sospirò ancora. Sembrava sentirsi in colpa «Ho pensato di lasciarti venire. Sapevo che se ti avessi invitato, saresti venuta. Ma non volevo che ti perdessi queste cose… normali.»
Alex le sorrise e le prese le mani, Maisie iniziava di nuovo a sentire il sangue scorrere nelle vene.
«Sai…» iniziò «Volevo davvero invitarti. Volevo stare con te. Poi quella mattina ti ho sentito parlare con tua madre, di Connor, dei ragazzi. Mi sono sentita…» Alexis lasciò la frase in sospeso, ma Maisie aveva capito, cosa intendeva. Cercò di sorriderle, ma sentiva le lacrime che scendevano giù per il viso.
Alexis asciugò le lacrime di Maisie.
«E poi non sopporto di vederti con quel tipo.»
Maisie scoppiò a ridere.
«Credo che abbia capito…» le disse Maisie.
«Che non lo sopporto?» domando Alexis sorridendole.
«No!» Maisie rise «Che non ha speranze!»
«Ottimo» esclamò Alexis continuando a scrutare la sala con gli occhi.
«C’è una cosa che devo dirti però…» Maisie sciolse l’intreccio fra le loro dita. Aveva paura di confessare e di certo, l’espressione interrogativa di Alexis non la spingeva a farlo.
«Che c’è? Sembri… terrorizzata.» mormorò Alexis.
Maisie fece un respiro profondo.
«Ho raccontato a Mia e Jody di noi. Ho raccontato tutto. Ho detto anche che in realtà sei la mia sorellastra.»
Chiuse gli occhi aspettandosi la sfuriata. La canzone che stavano passando era una delle sue preferite, ma cercò di non distrarsi.
«E quindi?» chiese Alexis.
Maisie la guardò sbalordita.
«T-tu mi avevi detto di non parlar…»
«No» Alexis la interruppe «Io ti avevo detto di non parlarne a casa, che è diverso.»
Si guardarono.
«So che è una richiesta difficile…» Alexis riprese il suo discorso «Ma non so come la prenderebbero gli altri» Alexis sospirò e abbracciò Maisie, poggiandole un dolce bacio sui capelli. «Dopo tutto siamo una famiglia ormai»
«Già. Siamo una famiglia…»
Alexis le accarezzò il viso.
«Mi dispiace chiederti questo. Ma non sarà per sempre… prima o poi le cose cambieranno.»
Maisie tentò di sorriderle. L’idea di mentire a sua madre le faceva male. Catelyn c’era sempre stata. Sempre. Sentiva come se la stesse tradendo, ma allo stesso tempo, aveva paura di ferirla ancora di più parlandole di Alexis.
«Che c’è? Sembri triste.»
Maisie scosse il capo.
«Ero solo soprappensiero» la rassicurò Maisie.
Alexis annuì, ma non sembrava del tutto convinta.
«Dato che siamo qui…» esclamò guardandosi intorno «Perché non raggiungiamo le tue amiche e ci divertiamo un po’?»
Maisie la guardò sbalordita.
«V-vuoi davvero andare dai miei amici?»
Maisie non poteva crederci! Sarebbe stato come ufficializzare la cosa!
Alexis alzò le spalle «Si… se per te non ci sono problemi.»
«N-no» Maisie era ancora sbalordita «Nessun problema.»
«E poi…» continuò Alexis. Sembrava stesse scrutando qualcosa all’interno della palestra «Voglio che Connor capisca ancora meglio come stanno i fatti»
Maisie sorrise.
«Va bene. Andiamo!» esclamò, ma Alexis la bloccò.
«Solo un attimo…» sussurrò Alexis.
Poi fece una cosa che Maisie non si sarebbe aspettata.
Alexis si abbassò verso lei e la baciò. Era un bacio dolce e romantico. Maisie si sentì profondamente colpita. Fortunatamente quei maledetti tacchi avevano una funzione utile, oltre a cercare di romperle una caviglia. Almeno dimezzavano la spanna di differenza in altezza che aveva con Alexis. Non poteva crederci. Era in mezzo alla palestra della sua scuola e stava baciando Alexis. Credeva che una cosa così non le sarebbe mai successa. Si sentiva felice. La loro relazione era in sostanza ufficiale! Non avrebbe più dovuto nascondersi dalle sue amiche, e se mai avesse dovuto avere un problema, adesso, poteva confidarsi con loro.
«Ok!» sussurrò Alexis «Ora possiamo…»
Maisie sorrise, ma sapeva di essere ormai di colore rosso.
«Ma perché sei coperta di brillantini?» domandò improvvisamente Alexis.
Maisie dovette riprendersi dal suo incanto.
«Ah… beh…» balbettò guardandosi «Credo siano del vestito di Mia!»
«Carini» Alexis annuì sorridendo «Andiamo?»
«Andiamo!»

 
Hey there!
Perdono! So che avevo detto che avrei aggiornato martedì, ma ho avuto un problema e quindi, eccomi qui, ora! Spero che questo capitolo, che io credo sia molto bello, ma sono di parte, vi piaccia! Sono tutta un fremito!
Comunque, vi ringrazio davvero tanto! Siete sempre di più ad apprezzare la storia e questo mi porta sempre ad andare avanti e cercare di fare del mio meglio!
Grazie a tutti!! Vi voglio bene!

StClaire

p.s. Se vi interessasse, la canzone che piace a Maisie è "Goodbye" di Tegan&Sara! Io l'adoro!

Sua madre e Paddy le avevano regalato un nuovo portatile, e lei era stata entusiasta della cosa. Il suo era oramai da rottamare.
Alice aveva contribuito ancora all’imbarazzo generale quando Maisie, scartando il regalo da parte sua, aveva scoperto che la sua amata sorellina di soli quattordici anni, le aveva regalato un completo intimo.
«Magari lo usi con qualcuno!» aveva innocentemente esclamato.
Maisie aveva visto Alexis ghignare nascosta nel suo bicchiere e la cosa l’aveva completamente mandata in tilt. Poi aveva guardato lo sguardo allibito di sua madre e Paddy e aveva liquidato la faccenda con un semplice “grazie”.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Skittles ***


Capitolo 11

- Skittles -


Il Natale era passato, e con esso anche le feste natalizie. Ciò significava che era tempo di tornare a scuola per lei e tempo di tornare in accademia per Alex.
La cosa le metteva un po’ di tristezza. Aveva passato delle vacanze fantastiche con Alex. Si era sentita per la prima volta come una coppia vera. Tranne che a casa, ovviamente. La sera di Natale era stata davvero imbarazzante, soprattutto quando si erano scambiati i regali. Alla fine Maisie aveva comprato quel bracciale in argento che aveva visto, ma Alice come il solito, si era subito insospettita.
«Sembra molto caro!» aveva esclamato, strappandolo da mano ad Alexis.
In effetti le era costato un po’, ma non c’era bisogno di urlarlo alla sua famiglia. Maisie aveva alzato le spalle e poi aveva continuato a scartare i suoi regali.
Sua madre e Paddy le avevano regalato un nuovo portatile, e lei era stata entusiasta della cosa. Il suo era oramai da rottamare.
Alice aveva contribuito ancora all’imbarazzo generale quando Maisie, scartando il regalo da parte sua, aveva scoperto che la sua amata sorellina, di soli quattordici anni, le aveva regalato un completo intimo.
«Magari lo usi con qualcuno!» aveva innocentemente esclamato.
Maisie aveva visto Alexis ghignare nascosta nel suo bicchiere e la cosa l’aveva completamente mandata in tilt. Poi aveva guardato lo sguardo allibito di sua madre e Paddy e aveva liquidato la faccenda con un semplice “grazie”.
Ma il regalo più bello era stato, ovviamente, quello di Alexis.
Le aveva regalato la fotografia che le aveva scattato quel giorno allo studio, incorniciata. Maisie aveva sentito il suo cuore perdere un battito. Non se lo aspettava. Quasi non si era riconosciuta. Aveva un’espressione che sul suo viso non si era mai vista. Poi si era ricordata il perché di quell’espressione ed era arrossita. Ovviamente sua madre aveva decantato la bravura di Alexis, e Maisie si era sentita stringere lo stomaco. Se avesse conosciuto il resto della storia…
Ma ora, quella fotografia era in camera sua e ogni volta che Maisie la guardava, si domandava come fosse cambiata in così poco tempo.
«Sono a casa!» urlò una volta arrivata.
Sua madre spuntò dalla cucina e le fece segno di raggiungerla.
«Com’è andata?» le domandò Catelyn.
«Come il solito» rispose sedendosi vicino al bancone della cucina che era ricoperto di farina.
«Che stai combinando? Fai un dolce?» domandò Maisie con gli occhi che le brillavano. Sua madre era bravissima a fare i dolci. Già aveva l’acquolina in bocca.
«Sto facendo una torta…» rispose sua madre mentre misurava la quantità giusta di un qualcosa.
«Qual è l’evento?» chiese Maisie rubando un quadratino di cioccolata bianca.
«Maisie!» la richiamò sua madre «Oggi è il compleanno di Alexis!»
Maisie per poco non si soffocò.
«Davvero?»
«Sì, davvero!»
«Non lo sapevo…» mormorò Maisie.
«Neanche io!» esclamò Catelyn «Me l’ha detto Paddy stamane. È arrivato un pacco dall’America per lei.»
«Sarà un regalo da parte della madre.»
Alexis non le aveva detto del suo compleanno! Perché mai?
«Va beh» esclamò «Vado a cambiarmi.»
Poi tornò indietro. «Ma non le abbiamo regalato niente?»
Non aveva tempo per farle un regalo, e neanche i soldi!
«Ha detto Paddy che ci pensava lui…» rispose sua madre intenta a girare l’impasto.
«Ok…» mormorò, dirigendosi in camera sua.
Si sentiva un po’ triste. Un compleanno era un evento importante, perché non le aveva detto niente? Magari avrebbe potuto chiederle di passarlo insieme, anche con i suoi amici! Gettò le sue cose sulla sua sedia-armadio, cosa che sua madre odiava, e indossò qualcosa di più comodo, si buttò sul letto e iniziò a perdere tempo con il suo nuovo portatile. Ogni tanto guardava l’ora, ma di Alexis neanche l’ombra. La cosa la metteva un po’ a disagio.
Quando fu ora di cena, uscì dalla sua stanza e scese le scale sconsolata.
«Ehi»
La voce di Alexis la fece sobbalzare.
«C-ciao» balbettò.
«Che c’è?» le domando Alexis. Stava aprendo il pacco che le era arrivato su un tavolino nel soggiorno. Sembrava non farle né caldo, né freddo.
«Niente» si precipitò a rispondere Maisie «Solo che non ti avevo sentito entrare in casa.»
Alexis le sorrise.
«Sono tornata con Paddy. Io credevo che tu stessi dormendo.»
Maisie alzò le spalle.
«Più o meno…» mormorò in risposta.
Non sapeva se doveva farle gli auguri. Cioè, normalmente glieli avrebbe fatti, ma c’era qualcosa nei suoi occhi, mentre scartava il regalo di sua madre, che la fece desistere.
«È pronto!» urlò Catelyn dalla sala di pranzo.
«Dopo di te» disse sorridendo Alexis.
Maisie notò che aveva lasciato il pacco ancora lì, senza aprirlo del tutto.
Si sedettero a tavola e la cena fu come tutte le altre cene. Sua madre aveva, sì, cucinato qualcosa di diverso da solito, ma molto probabilmente riponeva tutta la sua fiducia nel dolce che aveva preparato.
«Allora…» esordì Paddy «Che fai stasera?» chiese ad Alexis.
Lei in tutta risposta alzò le spalle.
«Credo che vedrò un film.»
«Non esci?» le domandò Catelyn.
Alexis guardò tutti e due.
«No, non credo… Perché?» domandò passando lo sguardo dall’una all’altro.
«Ah. Beh, sai, pensavo che saresti uscita a festeggiare…» rispose Paddy sorridendo.
In quel momento Catelyn arrivò con la torta.
«Auguri!» strillò tutta felice.
Alexis assunse un’espressione strana. Tra lo sbalordito e il divertito.
«Aaaah…» mormorò «Grazie Catelyn, ma non dovevi…»
«Ma figurati!» esclamò la donna «È stato un piacere! Io amo preparare dolci, torte e cose così…» disse ponendole la torta davanti. Maisie pensò che, in effetti, era davvero una bella torta. Era alta e ricoperta di panna, con sopra una fantasia di frutta. E ben ventitré candeline.
Alexis sembrava realmente imbarazzata. Forse non se lo aspettava.
Maisie le sorrise e Alex ricambiò.
«Aspetta!» improvvisamente Paddy si alzò da tavola «Torno subito!»
Si allontanò dalla stanza e ritornò dopo un paio di minuti.
«Auguri!» esclamò Paddy mettendole una scatola quadrata e grossa tra le mani.
Alexis prese il regalo. Sembrava imbarazzata da tutte quelle attenzioni.
«Grazie…» sussurrò.
«Forza! Non lo apri?» squittì Alice, che già stava battendo le mani.
Maisie si sentiva l’unica a non sapere cosa fosse stato regalato ad Alexis.
Alexis sorrise, ma il suo era un sorriso strano. Quasi di circostanza.
Scartò delicatamente il pacco, e una volta scartato la sua espressione cambiò.
Sembrava non avere parola.
«W-ow» balbettò «Grazie».
Paddy sembrava entusiasta.
«È stata una faticaccia» esclamò «L’ho dovuta ordinare tempo fa. Alice mi ha aiutato con internet» disse sorridendo «Io di queste cose non ci capisco nulla.»
«Ma che cos’è?» domandò Catelyn, rubando le parole da bocca a Maisie.
«È un nuovo modello di Reflex» disse Alexis, che intanto aveva tirato già fuori il corpo della macchina.
«Grazie, davvero.»
Maisie la guardò. Sembrava davvero felice. Chissà perché non aveva detto a nessuno del suo compleanno.
«Dai! Adesso mangiamo la torta!» esclamò Catelyn.
La torta, oltre che essere bella, era anche buonissima.
Maisie, come gli altri, se la gustò. Ma c’era quella strana sensazione che ancora aleggiava. Perché tanto mistero? Perché Alexis non festeggiava il suo compleanno? Eppure era una di quelle persone che escono quasi tutte le sere. Ultimamente era addirittura uscita con lei e i suoi amici!
«Che ti ha inviato tua madre?» chiese improvvisamente Alice.
Maisie sgranò gli occhi.
«Varie cose…» rispose evasiva Alexis «Mi ha anche inviato delle cose che avevo lasciato lì.»
Alice annuì, anche se era palese che la risposta di Alexis non aveva appagato la sua curiosità.
«Quindi non esci?» continuò Alice «A festeggiare, intendo…»
Alexis la guardò sorridendo.
«No… non sono in vena. Credo che mi stia per venire l’influenza.»
«Se vuoi ti preparo una camomilla!» esclamò Alice.
Maisie la guardò stupita. L’altruismo non era tra le doti di Alice.
«Ti ringrazio, ma non c’è bisogno. Tu non esci stasera?» chiese Alexis.
Alice scosse il capo.
«Mamma non mi fa uscire in settimana!» esclamò mettendo su il broncio.
«Tu?» domandò Alexis a Maisie.
Maisie avvampò. Aveva ancora qualche problema a relazionarsi con lei, quando intorno c’erano altre persone. Era che a volte si perdeva a guardarla.
Maisie scosse il capo.
«Io ho comprato un film» esclamò Alexis «Se volete vederlo, possiamo guardarlo insieme.»
«Che film è?» chiese Alice, precedendo Maisie.
«Un film francese, è in bianco e nero ma è del 1990. In realtà già l’ho visto, ma oggi l’ho trovato in offerta e l’ho acquistato.»
«Non ero neanche nata nel 1990!» esclamò Alice, come se la cosa fosse molto strana.
«È un bel film, però.»
«Come se avessi accettato!» squittì Alice «Ma stasera danno Pretty Woman in TV. Non posso perdermelo» sorrise «È il film preferito della mamma» sussurrò.
Maisie si alzò a sparecchiare.
«E tu?» le domandò Alexis.
«Ci mettiamo in camera mia… cioè tua… dove stavi prima… va beh, ci siamo capite…» disse sorridendo.
Maisie ci pensò un attimo.
«Va bene».

*

«Fa come se fossi a casa tua!» esclamò Alexis aprendole la porta della camera e dandole la precedenza.
«In realtà sono a casa mia» constatò ironicamente Maisie «E questa dovrebbe essere ancora la mia camera!»
«Giusto…» sorrise Alexis.
«Il mio amato letto!» esclamò Maisie gettandosi sopra «Mi sei mancato!»
Alexis rise e iniziò a trafficare con il DVD e il televisore.
Maisie si mise a sedere sul letto, e poco dopo Alexis spense la luce e si sedette con lei, sistemando i cuscini.
Maisie ringraziò il cielo per le luci spente. Sennò Alexis si sarebbe accorta della forte colorazione rossa del suo viso. Non che non ci fossero stati momenti intimi tra di loro, ma non si erano mai trovate su un letto, in una camera chiusa, al buio.
«Di che parla il film?» domandò Maisie per scacciare l’imbarazzo.
«Guardalo, sennò che sfizio c’è?» rispose ridendo Alexis.
«Ah!» esclamò Maisie improvvisamente.
«Che c’è?» domandò Alexis voltandosi. La televisione le illuminava il volto con una luce argentea.
«Auguri…» mormorò Maisie persa nello sguardo di Alexis.
«Grazie» rispose Alexis.
«Posso chiederti una cosa?»
Alexis annuì.
«Perché non hai detto che era il tuo compleanno?»
Alexis la guardò.
«Perché di solito non lo festeggio… tutto qui» Lo disse con uno strano tono, quasi a non ammettere repliche.
Maisie annuì.
«Beh, avrei potuto farti un regalo, se me lo avessi detto.»
Alexis sorrise e poi alzò il braccio destro.
«Me l’hai già fatto» disse facendo tentennare il bracciale d’argento.
«Ma era per Natale!» ribatté Maisie.
«Beh, c’è una cosa che puoi fare adesso» esclamò Alexis socchiudendo gli occhi.
«Che cosa?» domandò Maisie completamente incantata.
«Beh… potresti darmi un bacio!» rispose Alexis in tono canzonatorio.
«Non so se te lo meriti!» rispose a tono Maisie, fingendo totale indifferenza, ma dentro, moriva.
«Allora me lo guadagno!» ribatté Alexis, e in un attimo annullò le distanze tra loro.
Maisie conservava gelosamente il ricordo di ogni loro bacio. I baci di Alexis erano sempre dolci e romantici. All’inizio Maisie aveva quasi paura di baciarla, non avendo esperienza, aveva paura di essere una terribile baciatrice. Ma poi, ogni qualvolta che incontrava la sua bocca, tutto svaniva.
Eppure, quella volta, c’era qualcosa di diverso. Improvvisamente, Maisie si rese conto che era stesa, e che stava abbracciando Alexis.
Quello non era uno dei soliti baci. Era pieno di passione. Non sapeva da cosa dipendesse, ma inaspettatamente, tutto il suo imbarazzo era scomparso. Forse era anche aiuto del buio.
Si sentiva completamente presa. In sottofondo sentiva il discorrere del film. Alexis l’attirò ancora più a sé, e se fosse stato possibile, Maisie si sarebbe avvicinata ancora di più. Sentiva il proprio corpo ardere, e le mani di Alex erano come ghiaccio che si posava sulla sua pelle.
Alexis si portò sopra di lei, e la cosa procurò una scarica di sensazione sconosciuta a Maisie.
I loro baci si fecero sempre più esigenti, Maisie, intanto, aveva capito che quella strana sensazione era eccitazione. Dovette trattenere un gemito quando improvvisamente, Alexis passò a baciarle il collo.
«Shh…» sussurrò Alexis «Ci sentiranno…» disse smorzando una risata nel suo collo.
La scia di fuoco che i baci di Alexis lasciavano sul suo corpo, erano troppo per Maisie. Pensava che non avrebbe resistito.
Lentamente, Alexis insinuò una mano sotto la maglia di Maisie che stranamente non si sentì imbarazzata. Anzi, tutt’altro.
«Vedo che non hai indossato quel bellissimo completino che ti ha regalato Alice!» disse in tono canzonatorio Alexis.
Maisie fece segno di no con la testa, incapace di emettere un suono che non fosse di piacere.
Alexis la guardò per un tempo che a Maisie parve infinito.
«Sei bellissima» le sussurrò.
Maisie arrossì, poi si fece coraggio e si avvicinò a lei baciandola, prima dolcemente, poi fu presa dalla passione. Sentiva che non le sarebbe bastato mai.
Alexis era piacevolmente colpita dalla sua presa di posizione. E in un istante Maisie si ritrovò stesa nuovamente sul letto. I baci di Alexis si erano fatti più famelici, Maisie sentiva le proprie labbra gonfie, ma quella sensazione le piaceva. Alexis tracciò una scia di baci dal suo collo al suo ventre e le sue mani arrivavano ovunque potessero arrivare e l’eccitazione di Maisie era ai massimi livelli.
Finché qualcuno non bussò alla porta.
Maisie e Alexis balzarono in piedi insieme. Alexis accese velocemente la luce, così Maisie poté ritrovare la sua maglietta. Indossandola colpì il comodino al fianco del letto, provocando un piccolo terremoto. Una scatolina cadde a terra e Maisie si abbassò a raccoglierla. Quando la raccolse, Maisie notò che era accompagnata da un biglietto di auguri. Maisie lesse velocemente il contenuto, poi tornò a sedersi sul letto.
«Scusate ragazze!» la voce di sua madre «Volev-»
Maisie la interruppe.
«Devo andare in bagno» sbottò Maisie alzandosi e uscendo dalla stanza.
Si lasciò alle spalle sua madre e Alexis, ma sentiva il loro sguardo addosso.
Entrò velocemente in camera sua e chiuse la porta.

*

«Vi rendete conto?» esclamò con la testa tra le mani.
«Maisie, ma magari è semplicemente un’amica!» rispose Jody, continuando a limare le sue unghie.
Maisie scosse il capo.
«A me sembra qualcosa in più di un’amica!» sbottò.
«Ma non era un semplice biglietto di auguri?» domandò Mia.
Maisie annuì.
«Che c’era scritto di preciso?»
«Auguri di buon compleanno» rispose Maisie «Firmato “Emma”, accompagnata da un cuoricino!»
«E quindi? Anch’io e Jody ci scambiamo cuoricini, non vuol dire che scopiamo!» esclamò Mia.
«Shh!» intimò Maisie.
Non voleva rendere partecipe tutta la caffetteria della sua situazione. Alzando lo sguardò dalla sua tazza di caffè, passò in rassegna la gente che era in sala con loro. Era il loro bar, quello vicino alla scuola. Infatti era pieno di ragazzi e ragazze, più o meno della loro età. Sperava che nessuno avesse sentito il loro discorso.
«Forse hai ragione… Ma perché lei sapeva del compleanno e io no?» mormorò facendo un altro sorso di caffè. Il problema è che Maisie quel dubbio lo aveva sempre avuto. Fin dall’inizio, fin da quando aveva conosciuto Emma.
Le aveva viste insieme fuori scuola. Le aveva viste insieme al festival. Ancora si ricordava del codino rosa, che da un momento all’altro era passato dal polso di Alexis ai capelli di Emma.
Per non parlare di quella volta a casa sua, quando Alexis aveva aperto la porta e indossava una maglia al contrario. E quell’abbraccio fuori al pub. E poi Emma sapeva del suo compleanno!
Maisie sgranò gli occhi. Tutti i pezzi del puzzle stavano andando al loro posto.
Scosse il capo cercando di allontanare quella sensazione di oppressione, ma solo allora si rese conto che una ragazza, seduta al tavolino opposto al suo, la stava fissando. Aveva un volto familiare, ma Maisie non ricordava dove l’aveva incontrata. La ragazza continuò a guardarla dritta negli occhi, e poi improvvisamente, le sorrise. Aveva un sorriso dolcissimo. A Maisie venne naturale sorriderle in risposta.
«Ma senti…» la voce di Jody la riportò in sé «Alex ieri non ha detto niente che non sei tornata in camera?»
Maisie la guardò.
«Mi ha mandato un messaggio, chiedendomi se era tutto ok.»
«Un messaggio?» Jody sembrava sorpresa.
«Sì. Di certo non poteva venire in camera, c’era Alice.»
Jody annuì, ma sembrava pensierosa.
Maisie intanto continuava a sentirsi osservata.
«E dimmi!» squittì Mia «Com’è?» le chiese con un sorrisone stampato in faccia.
«Com’è cosa?» chiese Maisie.
«Il sesso tra donne!» esclamò Mia.
Maisie la guardò sbalordita.
«Non è che ci siamo spinte… fin là…» balbettò buttando un’occhiata al tavolo della ragazza, che chiacchierava animatamente con un ragazzo e una ragazza seduti con lei.
Quando la ragazza si accorse di essere spiata, le rivolse un altro dei suoi sorrisi aperti. Maisie ne accennò uno di risposta, ma imbarazzata per essere stata scoperta, distolse subito lo sguardo.
«Ma con chi…» Jody si voltò indietro, curiosa di vedere con chi stava interagendo Maisie.
«Maisie!» soffiò a bassa voce ritornando a fissare la sua amica.
«Che c’è?» domandò Maisie, colpita dal cambio di tono e di espressione della sua amica.
«Vieni qui a decantare la tua tristezza per Alexis, e ti metti a flirtare con Amber?»
Mia scosse il capo con disapprovazione.
«Che cosa? Non so neanche chi sia Amber!» sbottò Maisie. Ma si sentiva terribilmente in imbarazzo.
«Amber è la ragazza alla quale stai sorridendo da quindici minuti, quella seduta esattamente dietro di me!»
Jody aveva assunto il tono da pettegolezzo.
Maisie scosse il capo.
«Non è vero, non la conosco neanche!»
«Beh, di vista sicuramente la conosci. È della nostra scuola, ma non abbiamo lezioni con lei».
«E comunque è stata lei a sorridermi, potevo mai ignorarla?» sbottò Maisie, a mo’ di scusa.
«No, per carità, dico solo che è molto carina»
«Molto» assecondò Mia.
«Non capisco…» mormorò Maisie. Ma in realtà capiva benissimo. Era vero. Amber era molto carina, era stato il suo primo pensiero, appena aveva incrociato i suoi occhi. Si sentiva terribilmente in colpa.
«Povera Alexis!» mormorò improvvisamente Mia.
«Perché “povera Alexis?” A me non ci pensi?» sbottò Maisie.
«Maisie, pensa che prima stavate per fare quello che sai e poi tu sei scappata via. Si sentirà un verme! Penserà di aver esagerato a metterti “le mani addosso!”»
Jody le tirò una gomitata fortissima.
Maisie si lasciò scappare un gemito, a quello non ci aveva pensato. Ma non era vero, era stata benissimo! Finché non aveva trovato quel maledetto scatolino, con quell’ancora più maledetto bigliettino di auguri. Perché Emma era a conoscenza del compleanno di Alexis, e lei no?

*

Ormai il freddo entrava nelle ossa. La mattina, Maisie odiava dover lasciare il letto, le sue coperte e il suo calore per prepararsi e recarsi a scuola. E invece, una volta a scuola, odiava l’idea di lasciare i locali riscaldati per imbattersi nel freddo, e tornare a casa. Era una guerra senza vincitori e vinti.
Quel giorno il cielo era grigio, era stancante tutto quel grigio. Mancavano pochi minuti alla fine della campanella, e Maisie già stava pregustando la cioccolata calda che si era prefissata di prendersi prima di lasciare la scuola. Aveva incontrato, da quella volta al bar, nuovamente Amber. Si incontravano spesso nei corridoi, lei era sempre con Jody e Mia e Amber sempre con i suoi amici del bar. Mia le aveva detto che erano del loro stesso anno. Quindi dovevano avere la loro stessa età. Ogni volta che si incontravano, lei e Amber si salutavano, e ogni volta, appena Amber spariva dal loro campo visivo, Maisie doveva beccarsi una ramanzina da parte di Jody e Mia. Maisie non capiva il problema. Non poteva mica evitarla! Se Amber la salutava, non poteva mica fare la parte dell’antipatica e ignorarla.
«Invece devi ignorarla!» sbottò Jody, mentre scendevano le scale, pronte ad andare via.
«Ma come faccio?» chiese estenuata Maisie.
«Maisie noi lo diciamo per te!» continuò Jody.
«Continuo a non capire il problema»
Mia e Jody si fermarono di botto e fermarono anche lei.
«Ascolta bene» Jody fece un sospiro profondo «Amber è lesbica, dichiarata. E anche tu lo sei! Dopo quel bacio appassionato che vi siete date tu e Alex al ballo, quindi, vacci piano con tutte queste moine! Potrebbero essere fraintese!»
«Ai nostri occhi è palese questo vostro flirt, credi che Alexis sarebbe così scema da non capirlo nel giro di un millesimo di secondo?» continuò Mia.
Maisie rimase a bocca aperta. Secondo Jody e Mia, lei e Amber stavano flirtando! Si sentiva male! Si sentiva cattiva.
«Si, ok, ma non sbiancare adesso» Jody aveva l’aria preoccupata.
«Non lo sapevo che le piacciono le donne!» sbottò Maisie.
«Se per questo, neanche Connor sapeva che a te piacciono le donne! Deve ancora riprendersi! Povero cucciolo… »
Maisie continuò a camminare come un automa fino all’uscita della scuola.
«Che cos’è quest’aria preoccupata?» una voce femminile la fece sobbalzare.
Maisie sbiancò appena capì a chi apparteneva quella voce.
Amber era da sola, e le stava rivolgendo parola.
«A-ah, ciao» mormorò Maisie, completamente in panico. Dov’erano Mia e Jody quando servivano?
«Ciao. Ultimamente diciamo solo quello» esclamò sorridendo Amber. Aveva una risata cristallina. Era la tipica ragazza che avrebbe fatto girare un sacco di ragazzi al suo passaggio. Aveva i capelli biondo cenere che le scendeva i morbide onde e un paio di occhi miele.
Maisie le sorrise imbarazzata.
«Già, è vero»
«Comunque, piacere, io sono Amber» disse spigliatamente, porgendo la mano.
«Maisie» rispose semplicemente Maisie, stringendole la mano.
«Lo so» ribatté sorridendo Amber «Ora devo andare, ciao!»
Maisie la salutò con un cenno della mano e appena Amber si fu allontanata, ritornò a respirare.
«Chi è?»
Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
«Alex!» la voce di Maisie tradiva il panico più totale.
Alexis scoppiò a ridere.
«Scusami, non volevo spaventarti» disse abbracciandola.
Appena fu tra le sue braccia, Maisie dimenticò tutto il resto. Si dimenticò di Jody, Mia e anche Amber. Alexis era Alexis.
«Che ci fai qui?» le domandò Maisie, prendendo una caramella che Alexis le offriva.
«Sono venuta a prenderti, ti va di andare a fare un giro? Così mi faccio perdonare di averti spaventato?» le chiese prendendo a sua volta una caramella.
«Va bene, cercherò di perdonarti, dall’alto della mia magnanimità» acconsentì Maisie, alzandosi sulle punte per raggiungere le labbra di Alexis.

*


«Quindi…» esordì Alexis mentre giocarellava con una bustina di zucchero «Sono perdonata?».
Maisie la guardò assottigliando gli occhi.
«Mmmmh» mugugnò lei, trattenendo il cucchiaino in bocca «Forse»
«Forse?» ripeté sorridendo Alexis, appoggiandosi completamente al tavolo.
«Si ma solo perché mi hai preso il dolce» rispose Maisie affondando il cucchiaino nel parfait di fragole.
Alexis scoppiò a ridere.
«Comunque…» Alexis esitò per qualche secondo «Chi era quella ragazza fuori la scuola?»
Maisie scattò «Una di scuola»
Alexis assottigliò lo sguardo.
«Quando sono arrivata vi stavate stringendo la mano. L’hai conosciuta da poco?» domandò cercandola con gli occhi, ma Maisie era irrimediabilmente attratta dal suo dolce.
«Quindi non la conosci…» mormorò Alexis.
«Perché lo vuoi sapere?» domandò Maisie alzando lo sguardo.
«Così… mi domandavo se fosse una nuova amicizia» mormorò Alexis incatenando i suoi occhi a quelli di Maisie, che si sentì avvampare.
“…Credi che Alexis sarebbe così scema da non capirlo nel giro di un millesimo di secondo?
Le parole delle sue amiche le rimbombavano nella testa.
«Ehi» Alexis la richiamò «Che c’è?»
«Sei già stata fidanzata?»
Le uscì spontanea, la domanda. Ma anche troppo velocemente. Aveva tanto paura che Alexis si insospettisse di Amber, da dimenticarsi quasi di Emma. Ma quel pensiero l’aveva colpita forte in faccia, come un schiaffo rumoroso.
«Che intendi per “fidanzata?”» le domandò Alexis dopo un paio di secondi.
«No, niente, lascia perdere…»
«Maisie?»
Maisie alzò lo sguardo al gentile richiamo di Alexis. Sembrava preoccupata.
«Non sei arrabbiata?»
«No. Perché dovrei?»
Maisie alzò le spalle.
«Così…»
«Maisie è normale che io abbia più esperienza di te. Sono più grande, ho sette anni di vantaggio. Di cosa hai paura?»
Lo aveva ammesso, praticamente. Non con chi e quando, ma Maisie ci pensò sù. Ma in fondo aveva ragione, di cosa aveva paura?
«Perché a Washington vivevi con un uomo?»
La domanda le uscì di getto, ma da quando l’aveva saputo se lo era domandata spesso. E soprattutto voleva cambiare argomento.
Alexis rimase spiazzata.
«Tu come lo sai?» domandò. Sembrava sorpresa.
«L’ha raccontato Paddy una volta. Mamma voleva sapere se eri fidanzata.»
«E come fa Paddy a sapere che vivevo con Steph?» lo domandò più a sé stessa che a Maisie.
«Glielo ha detto tua madre…» aggiunse Maisie raschiando quello che era rimasto del parfait.
Alexis sembrò pensarci su poi annuì.
«Comunque vivevo con Steph semplicemente perché non mi andava di vivere con mia madre. Mi stava sulle palle il suo compagno» raccontò alzando le spalle.
«Paddy diceva che era un poco di buono» continuò Maisie.
Alexis scoppiò a ridere.
«Era mia madre che lo diceva, sempre. Anche io in realtà per lei sono una poco di buono»
«Perché?» domandò Maisie. Certo, agli occhi di qualche bigotto, i capelli tinti e i numerosi tatuaggi di certo non suggerivano chissà quale idea, ma Alexis sembrava di tutto, tranne che una poco di buono.
«Perché sono lesbica» disse inarcando un sopracciglio.
«Ah. Quindi tua madre lo sa?»
Alexis annuì.
«La peggiore sciagura che potesse capitarmi» disse sconsolata, ma non triste.
«Perché glielo hai detto?»
«Non glielo ho detto, l’ha capito da sola, il che è peggio» sbuffò.
«E non glielo avresti detto?»
«Certo che glielo avrei detto, ma non nel momento in cui l’ha capito lei»
«E Paddy invece?»
«Paddy non lo sa»
Maisie annuì.
«Andiamo? È mezzanotte passata…» domandò Alexis alzandosi.
Maisie guardò fuori dalla vetrata del ristorante.
Aveva passato un’intera giornata fuori con Alexis, uno dei suoi sogni ricorrenti, eppure c’era qualcosa che le stringeva la testa.
«Ok» mormorò Maisie, seguendola.
Alexis pagò il conto. Maisie aveva notato di come molte ragazze avevano seguito Alexis con lo sguardo. Ancora pensava alle prime volte, quando ancora non si capacitava. Lei adesso era abituata alla sua bellezza, anche se le creava ancora qualche imbarazzo guardarla.
Camminarono chiacchierando del più e del meno, abbracciate. Alexis voleva sapere sempre di Connor. Maisie non avrebbe dovuto dirle del bacio. Alexis era forse… gelosa?
Entrarono in casa cercando di fare il minimo rumore. Le luci erano tutte spente, il che significava che dormivano tutti.
«Ehi aspetta» Alexis la fermò prima che Maisie arrivasse all’ultimo scalino.
«Che c’è?» sussurrò Maisie sorpresa.
«Manca il bacio della buona notte» disse Alexis per poi baciarla.
Maisie sorrise tra i baci. C’era un lato di Alexis che adorava.
«Era molto sensuale quel giochetto che facevi con il cucchiaino…» le sussurrò Alexis.
«Q-quale?» domandò Maisie con un filo di voce. Non voleva fare la parte della stupida.
Alexis si staccò guardandola. La fissò per un paio di secondi poi soppresse una risata.
«Non ce la potrò mai fare con te…» disse sghignazzando.
«Perché?» le chiese Maisie. Non sapeva se offendersi o meno.
«Sei l’emblema dell’innocenza, veramente» rispose Alexis continuando a sorridere.
«È una cosa brutta?»
«No. Per niente» sussurrò Alexis accarezzandole il viso «Sei, come dire, ingenua. Ma è perché sei giovane. La cosa non è brutta, ma mi preoccupa»
Maisie la guardò.
«Perché ti preoccupa?» le domandò Maisie.
Alexis alzò le spalle.
«Ne riparliamo al momento giusto, se ci sarà mai» rispose semplicemente. Le schioccò un veloce bacio e poi si allontanò in camera sua.
Maisie entrò nella sua stanza, evitando di svegliare Alice, con ancora quelle parole in testa. Come al solito. C’era un lato di Alexis che adorava, letteralmente, e c’è n’era un altro, che era un completo mistero.


Salve!
Scusate di nuovo il ritardo, ma ultimamente sono piena di impegni!
Allora, che dire, capitolo un po' lungo, e un po' incasinato, che apre a mooolte possibilità. Mi sto rendendo la vita difficile!
Che dire, cme al solito spero che il capitolo vi piaccia! Sono in panico!!!
E soprattutto vi ringrazio per tutto! Ringrazio chi ha letto, chi ha recensito (vi adoro!) chi ha seguito, preferito e ricordato! Siete davvero tanti e la cosa mi rende veramente felice!
Ah, il titolo si riferisce agli Skittles, le mie caramelle preferite!
Alla prossima!
Grazie di tutto!

«Non mi vedo con nessuno, giuro!» rispose, cercando di dare un tono sicuro alle sue parole. Quando erano più piccole, Maisie e Alice, erano solite condividere le loro cotte. Era divertente decantare lo stesso “amore” ma per soggetti diversi. Sarebbe stato bello farlo ancora.
«Sai secondo me chi è che esce con qualcuno?»
Un lieve sogghigno si aprì sul viso di Alice.
«Chi?» domandò tentennando Maisie. Aveva paura di sapere già la risposta.
«Alexis!» squittì sua sorella, con la tipica espressione di chi non vede l’ora di parlare di qualcosa. Pettegola!
«Ma dai…» Maisie cercò di evitare l’argomento, ma non resistette a lungo «Cosa te lo fa pensare?» domandò.
«Sospira!» esclamò Alice, come se la cosa fosse palese al mondo intero.
Maisie la guardò.
«E quindi?»

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
- Mall -


 
 
L’insistenza del cellulare a squillare costrinse Maisie ad alzare gli occhi dal libro di filosofia.
Sbuffò attraversando la stanza, con le ciabatte che strusciavano sulla moquette creando un suono veramente strano.
«Pronto?» Maisie rispose svogliatamente.
«Maisie?»
Maisie stette in silenzio per una manciata di secondi, poi riconobbe la voce.
«Jody?» domandò, ancora non sicura.
«Si!»
«Ma perché sussurri? E di chi è questo numero?» le domandò basita.
Senti l’amica sospirare.
«Oh, Maisie! Tu non hai idea di quello che è successo!» sospirò «Posso venire da te?»
Aveva un tono di voce strano, pieno di ansia.
«C-certo! Ti aspetto!»
«Alexis già è ritornata?» domandò la sua amica, sempre sussurrando.
«N-no… aspetta. Come fai a sapere che era fuori?» le domandò.
«Ti spiego appena arrivo» esclamò Jody e poi attaccò la telefonata.
Maisie si alzò e iniziò a ciondolare per la stanza. Che cosa era successo a Jody? E come mai sapeva di Alexis? Dopo il quinto giro in circolo della stanza, Maisie iniziava a spazientirsi. Sentiva un blocco all’altezza della bocca dello stomaco. Jody non era tipo da allarmismi, doveva essere successo davvero qualcosa. Quando finalmente il campanello suonò, Maisie si precipitò, veloce come una furia, verso la porta di casa. Scese le scale correndo, cercando di non rovinare per tutti i gradini, ma arrivò sana e salva alla porta, spalancandola, ritrovandosi di fronte la sua amica, tutta imbacuccata in strati di lane e piumini. Ormai era inverno inoltrato, e il tempo era freddo.
«Ciao…» mormorò Jody entrando «Non c’è nessuno?» domandò, iniziando a liberarsi dei vari indumenti.
«No, nessuno. Ero da sola, a studiare» rispose Maisie.
Jody annuì.
«Ok, ok… senti. Non so come dirtelo!» Jody nascose il viso tra le mani «Però in tutto questo c’è un lato positivo!»
Maisie la guardò a bocca aperta. Non ci stava capendo nulla, di che stava parlando Jody?
«Sediamoci sul divano!» strillò la sua amica in preda al panico.
«O-ok…» balbettò Maisie. Continuava a non capire niente. Prima diceva che era successo qualcosa di gravissimo, poi parlava di lati positivi. Che diamine era successo?
Maisie si sedette sul divano del soggiorno e Jody la seguì, inspirando profondamente.
«Ok…» Jody la guardò fissa negli occhi, Maisie si sentiva quasi in soggezione.
«Ho visto Alexis baciare quella ragazza, Emma».
Jody lo disse così velocemente che Maisie ci mise un po’ a comprendere.
Rimasero in silenzio per un po’.
«C-cosa?» balbettò Maisie. Sentiva improvvisamente molto caldo.
«Allora, aspetta!» Jody alzò le mani, posizionandole di fronte a lei «Non iniziare a piangere! La storia non è ancora finita!»
Maisie si sentiva la testa vuota, il cuore le batteva a mille e sentiva gli occhi bruciarle. La guardò esortandola a continuare.
«Mi sono espressa male!» Jody inspirò «È stata Emma a baciare Alexis!»
Maisie continuò a non capire.
«E questa cosa dovrebbe rendermi la cosa meno dolorosa?» rantolò asciugandosi le lacrime. Si sentiva la gola arida.
«Oh, Maisie! Certo!» esclamò Jody.
Maisie scosse il capo continuando a sentire il proprio corpo sussultare.
«Non fare così! Alexis l’ha allontanata nel giro di due secondi!»
Maisie alzò la testa di scatto.
«Vuoi dire che l’ha rifiutata?»
«Sì! E sembrava anche piuttosto contrariata…»
«Ma dove è successo? Quando?»
«Oggi pomeriggio, verso le tre, credo. Era al centro commerciale con i miei… e improvvisamente ho visto Alexis, stavo per andarla a salutare, ma poi ho visto che era in compagnia. Ma non erano sole!» si affrettò ad aggiungere Jody, vedendo l’espressione di Maisie «C’era anche un ragazzo con loro, anche carino!»
«Forse era Ethan…» mormorò Maisie.
«Fammi sapere chi era…» Jody sorrise «…Comunque» riprese il discorso «Questo tipo si è allontanato. Alexis e Emma hanno iniziato a discutere, Alexis aveva un’espressione veramente scocciata. Poi, improvvisamente, appena Alexis si è distratta un attimo, quella troia le si è avventata addosso come una cozza allo scoglio!»
Maisie intanto, nel sentire il racconto, cercava di formulare le cose nella sua testa. Alla fine ci aveva visto bene. Tra Emma e Alexis c’era qualcosa, oltre l’amicizia.
«Comunque non temere… Alexis l’ha allontanata, anche bruscamente» le disse sorridendo.
«Davvero?» domandò Maisie con un filo di voce.
Jody annuì vigorosamente.
«Certo. Infatti per questo ti ho chiesto se Alexis fosse già a casa. Ho visto che discutevano e poi là piantata lì, nel bel mezzo del centro»
Maisie annuì lievemente, ma aveva i pensieri che le martellavano la testa. Provava una strana sensazione. Da un lato i suoi sospetti avevano avuto una conferma, dall’altro, l’idea che Alexis avesse baciato un’altra persona le faceva un male assurdo.
«Pensi che ne debba parlare con Alexis?» domandò Maisie.
Jody alzò le spalle.
«Secondo me sì, ma non tanto per il bacio in sé» fece una pausa «Ma per chiarire tutta la situazione! Non puoi vivere la tua storia con Alexis, all’ombra di questa Emma. Alexis è dolce, e si vede che ti vuole bene. Però dovrebbe essere chiara nei tuoi confronti, onesta! Non so se mi sono spiegata! Puoi dirle tranquillamente che io le ho viste… Meriti delle spiegazioni.»
Maisie le sorrise leggermente.
«Si, certo che ti sei spiegata. E credo che tu abbia ragione…» sostenne Maisie.
«Come stai?» le domandò Jody con voce dolce.
Maisie sospirò.
«Onestamente? Non lo so… È sempre tutto così complicato, difficile… Stancante. Ogni volta c’è sempre qualcosa… Con Alexis, poi, è impossibile parlare! Ogni volta risponde a monosillabi, oppure dice che non è importante… È sempre sulle sue, inizia a dirti qualcosa, e poi cambia idea…»
Maisie si sfogò un po’. Jody le sorrise comprensiva.
«Comunque… cambiando discorso. Cosa stavi studiando?»
«Ah… Stavo scrivendo il tema di Filosofia» rispose Maisie, sorridendole. Ma aveva un fortissimo mal di testa.
«Oh, mi fai dare un’occhiata, vero?» domandò Jody a mani giunte.
Maisie rise.
«Certo!»
Salirono al piano di sopra dirigendosi verso la camera di Maisie.
«Vado un attimo in bagno!» esclamò Jody.
Maisie annuì e si recò in camera sua.
Alzò il laptop del suo portatile, e iniziò a rileggere ciò che aveva scritto.
«Maisie…»
Jody era rientrata in camera, Maisie si voltò verso di lei.
«Di chi è questo?»
Maisie si avvicinò, lentamente, focalizzando la cosa che Jody aveva in mano.
Era una confezione rettangolare, tutta spiegazzata, vuota.
Maisie sgranò gli occhi.
«L’ho trovato nel mobile sotto il lavello, cercavo i rotoli, per sostituire quell’altro» fece una pausa «Ho spostato una cosa, e ho trovato questo».
Maisie strappò dalle sue mani la confezione vuota.
«Escludendo che non sia tua, e che non sia di Alexis…»
«Dici che è di Alice? Ma ha solo quattordici anni!»
Maisie continuò a fissare la confezione vuota del test di gravidanza.
«Oddio…» sussurrò, poi improvvisamente Jody e Mia sentirono la porta di casa aprirsi. Maisie nascose velocemente la confezione nell’ultimo cassetto del suo comodino.
«Non parlarne con tua madre! Parlane prima con Alice!» squittì Jody.
Si sedettero velocemente sul letto appena sentirono qualcuno salire le scale.
«Fa finta di niente! Chiunque sia!» le sussurrò Jody.
Maisie annuì e cercò di assumere una postura rilassata.
Quando la porta si aprì, Alice fece capolinea nella stanza, entrando, con l’aria un po’ sorpresa.
«Ciao Jody» salutò sorridendo.
«Ciao Alice!» Jody cercò di ricambiare il sorriso, ma quello che le uscì aveva una venatura di nervosismo.
Maisie iniziò a tamburellare freneticamente le dita sul letto. Non creavano nessun rumore, ma l’aiutava a pensare.
«Ehm…» Alice mormorò qualcosa «Tutto bene?» domandò. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
«N-niente» borbottò Maisie.
La squadrò, le sembrava la stessa Alice di sempre.
«Sei ingrassata ultimamente?» domandò Jody.
Alice si girò di scatto con la bocca spalancata «Come scusa?»
Maisie si morse il labbro, forse non era stata la domanda giusta.
«Chiedevo…» mormorò Jody.
Alice assottigliò lo sguardo.
«Che c’è?» le domandò sua sorella.
Maisie la guardò senza rispondere. Cosa avrebbe mai potuto dirle?
«Ti vedi con qualcuno?» le domandò.
Alice inarcò il sopracciglio destro incrociando le braccia. In quel momento assomigliava terribilmente alla loro madre. I lunghi capelli neri e gli occhi verdi brillanti. Anche nel fisico erano uguali.
«Cosa ve lo fa pensare?» domandò Alice scuotendo il capo, cosa che creò un’onda di movimento nei suoi lucidi capelli stirati con cura.
«Che… ultimamente ti vedo particolarmente bella» esclamò Maisie, inventando al momento.
Alice era vanesia, terribilmente vanesia. La versione femminile di Narciso stesso.
Infatti, Maisie vide subito un sorriso nascere sulle labbra della sorella.
«Comunque no. I ragazzi che conosco sono tutti stupidi» mormorò «C’è un tipo che mi piace, ma è più grande, è dell’ultimo anno».
Alice andò a sedersi sulla sedia vicino alla sua scrivania.
«Sai» riprese Alice «Anche tu sei diversa ultimamente» gli occhi verdi di sua sorella guizzavano da tutte le parti «Sei più femminile, più curata. Spesso sei fuori casa. Ti vedi con qualcuno?» le domandò facendole verso.
Maisie avvampò e Jody iniziò ad ammirare con febbrile passione il copriletto.
«In che senso, diversa?» balbettò Maisie.
«Più curata, più femminile» Alice arricciò le labbra «È quel tipo dell’altra volta?»
Maisie scosse la testa.
«Non mi vedo con nessuno, giuro!» rispose, cercando di dare un tono sicuro alle sue parole.
«Già, non si vede con nessuno» Jody le diede man forte.
Quando erano più piccole, Maisie e Alice, erano solite condividere le loro cotte. Era divertente decantare lo stesso “amore” ma per soggetti diversi. Sarebbe stato bello farlo ancora.
«Sai secondo me chi è che esce con qualcuno?»
Un lieve sogghigno si aprì sul viso di Alice.
«Chi?» domandò tentennando Maisie. Aveva paura di sapere già la risposta.
«Alexis!» squittì sua sorella, con la tipica espressione di chi non vede l’ora di parlare di qualcosa. Pettegola!
Maisie sentì Jody trattenere una risata e la cosa la mandò in tilt.
«Ma dai…» Maisie cercò di evitare l’argomento, ma non resistette a lungo «Cosa te lo fa pensare?» domandò.
«Sospira!» esclamò Alice, come se la cosa fosse palese al mondo intero.
Maisie la guardò.
«E quindi?»
«Non l’hai vista prima! Era fuori la sua porta che guardava fissa la maniglia, e si è lasciata andare un lungo e profondo sospiro. Uno di quelli che dicono “Sto impazzendo!”. Credo che stia attraversando un brutto periodo…» Alice finì la frase annuendo energicamente con la testa.
«Ah» mormorò Maisie.
Alexis era in casa. Doveva essere tornata quando era tornata Alice. E se sospirava, di certo non sospirava per Maisie. Ma forse per Emma? Qualcosa la preoccupava?
Quando il campanello di casa suonò, Alice si fiondò giù per le scale, ad aprire la porta. Maisie, invece, rimase in camera, scambiando un’occhiata d’intesa con Jody. Non era riuscita a scoprire niente. Sua sorella le aveva detto che non frequentava nessuno. Ma allora come poteva trovarsi in casa quel test? L’idea di un rapporto occasionale le fece girare la testa. Alice era poco più di una bambina. E poi nonostante il carattere ironico e saccente, era una ragazza con la testa sulle spalle.
Decisero di scendere anche lei al piano di sotto. Rimanere in camera con la testa martellata dai dubbi e dalle delusioni, non era il massimo per una serata. Scesero le scale lentamente, recandosi in cucina, dalla quale provenivano i più svariati rumori, ma di Alexis neanche l’ombra.
«Ciao» salutò Paddy e sua madre.
«Ehi, buonasera» salutò Paddy «Aspetta Cate, faccio io!» esclamò correndo ad aiutare Catelyn «È pesante per te…»
Maisie lasciò la cucina e buttò un occhio al salone. Spesso aveva trovato Alexis con un libro o guardare la televisione. Alexis adorava i programmi televisivi più strani. Ma, ovviamente, quella volta non c’era. Si sedettero, sbuffando, sul divano e iniziò a girare i canali in modo ipnotico, finché la vibrazione del cellulare non la distrasse dalla sua occupazione.
«Secondo te?» sussurrò Maisie a Jody, alzando il volume della televisione più del dovuto.
Jody scosse il capo.
«Non saprei. A me è sembrata tranquilla e anche sincera. Sai come sono le ragazzine, se succede qualcosa non vedono l’ora di raccontartelo. Penso che se fosse successo qualcosa, non l’avremmo vista così calma…»
Maisie annuì appena. Non riusciva a trovare la sua, di calma. Era la giornata più strana della sua vita. Era certa che emozioni del genere non sarebbe riuscita a reggerle. Appena cercava di non pensare ad Alice, l’idea di Alexis che baciava Emma le piombava davanti agli occhi e le faceva venire da piangere. E se non voleva pensare ad Alexis, l’idea che sua sorella potesse essere incinta, le faceva girare la testa. Non sapeva neanche badare a sé stessa, figurarsi a un bambino!
«Jody, cara, ti fermi a cena con noi?» la voce di Catelyn le fece sobbalzare.
«Ehm… n-no, signora. Torno a casa, avrei dovuto avvisare prima!»
Catelyn annuì sorridendo e poi tornò in cucina.
Maisie agguantò Jody per una manica e la trascinò nuovamente sul divano.
«Mi lasci qui da sola a reggere il tutto?» soffiò in preda al panico.
«Ovvio! Non voglio acchiappare Alexis! Non reggerei!»
Maisie lasciò andare il braccio di Jody.
«Grazie tante… e io che dovrei dire?» sbuffò Maisie.
«No, tu non devi dire niente, devi chiedere, anzi esigere, delle spiegazioni!»
Jody si alzò sistemandosi i vari strati di lana pura nei quali si era fasciata.
«Per qualsiasi cosa, chiamami!»
Se ne andò, salutò Paddy e Catelyn e poi schioccò un bacio affettuoso a Maisie, che rimase a pensare sul divano. La tivù trasmetteva un qualche talent strano. Come avrebbe dovuto fare?
Poteva mai andare lì da Alexis e chiederle spiegazioni? Come avrebbe fatto? In casa c’era anche tutta la santa famiglia!
Sbuffò.
«Mamma… io non ho fame, vado a dormire…» disse affacciandosi alla porta della cucina.
«Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo?» le domandò Catelyn, ma Maisie scosse il capo. L’unica cosa che voleva era dormire e non pensare a niente.
Salì mestamente le scale, cercando di fare il minimo rumore, per non dar segni della propria presenza. Per quanto ne sapeva, Alexis era ancora in camera sua.
Anche questo era strano. Da quando era tornata, non era venuta a cercarla. Di solito con una scusa o l’altra, riuscivano a passare un po’ di tempo insieme. Ma non oggi. Proprio oggi no.
Si svestì velocemente, era uno dei momenti peggiori della giornata. Quella manciata di secondi in cui doveva mettersi il pigiama, la sua pelle veniva percorsa da brividi di freddo, facendola fare d’oca. Le aveva sempre fatta ridere quest’espressione. Sua sorella diceva pelle di pollo. Ma lei preferiva “d’oca”.
 
*
 
«Allora? Che è successo?» Mia si affiancò con un grosso cornetto grondante cioccolato tra le mani.
Maisie all’inizio non capì a cosa si riferisse, presa com’era dal chiedersi come fosse possibile che quella ragazza mangiasse cose del genere e non ne risentisse minimamente.
«N-niente» mormorò Maisie.
«Come niente?» sbottò Jody.
«Non le ho ancora parlato!» sospirò Maisie «Devo pensarci bene»
«E cosa farai, in questo lasso di tempo che ti prendi per pensare?» continuò Jody mentre percorrevano il corridoio principale della scuola.
Maisie alzò le spalle.
«Non so»
«Penserà» rispose Mia sollevando una nuvoletta di zucchero a velo «L’ha appena detto!»
Maisie rise e Jody sbuffò.
«Intendevo come pensava di comportarsi con Alexis!»
«Aaah» Mia sorrise imbarazzata «La eviterà, è ovvio!»
«Non è vero!» esclamò Maisie sentendosi chiamata in causa.
«No, ha ragione. Già sappiamo come sei…»
Maisie sospirò rassegnata. Tanto avevano ragione. Lo aveva pensato anche lei. Sapeva che se fosse rimasta un solo secondo con Alexis sarebbe scoppiata a piangere. Meglio evitare.
Anzi, sentiva come se fosse Alexis a evitarla… o almeno, la sera precedente non si era vista.
La giornata a scuola fu lunghissima e noiosa. Maisie fissava in continuazione il cellulare, una volta per l’ora, una volta nella speranza che lo schermo s’illuminasse, dicendole che era Alexis, che le voleva parlare, spiegarle il tutto e farsi perdonare, ma non successe niente. Il tempo non passava e Alexis non chiamava.
Non sapeva cosa le facesse più male, il fatto di sapere cosa era accaduto o il fatto che Alexis lo nascondesse. Se non l’avesse mai saputo, non sarebbe mai stata male. Jody aveva giurato che Alexis aveva allontanato Emma con modi neanche tanto gentili. Forse Alexis pensava questo, occhio non vede, cuore non duole. Ma purtroppo lei sapeva, e voleva saperne ancora. Maisie avvertiva il bisogno di sentirlo raccontare dalla bocca di Alexis, voleva sentire le sue ragioni.
Alzò gli occhi al cielo, salutando distrattamente le sue amiche. Il tempo faceva schifo. Forse era meteoropatica, perché più il tempo faceva schifo, più lei si sentiva da schifo.
Rimase bloccata un paio di minuti fuori al cancello principale della scuola. Non aveva voglia di tornare a casa, ma Mia e Jody erano andate via già. Maisie si guardò intorno, non c’era una sola persona che conoscesse in giro. Neanche Connor. Con lui era stato davvero imbarazzante. Quando Mia e Jody gli avevano aperto gli occhi su “Alex” era rimasto imbambolato per un bel po’. Maisie sorrideva al solo pensiero. Ma alla fine era stato davvero carino, aveva detto che tutto ciò aveva alzato la sua fama tra i suoi amici.
Maisie alla fine decise per il bar, si sarebbe fermata un po’, si sarebbe schiarita le idee e poi sarebbe tornata a casa. Le avrebbe fatto bene stare un po’ da sola. Raggiunse il locale velocemente, era vicinissimo al suo liceo, e si sedette al suo tavolo preferito, quello vicino alla grande vetrata.
«È occupato questo posto?»
Maisie era così presa a fissare il via-vai della gente, che non si era neanche resa conto della presenza di Amber.
«Ehi» Maisie rimase un po’ sbalordita «Siediti pure» si affrettò a rispondere.
«Che ci fai qui da sola? Non ci sono le tue amiche?» domandò Amber sedendosi con grazia al tavolino.
Maisie scosse il capo.
«No, sono dovute andare via, ma io non avevo voglia di tornare, così… eccomi qui» rispose facendo spallucce.
Amber sorrise.
«Credo di capire come ti senti» disse «Come vedi, anche io sono da sola! Avevi una strana espressione prima, problemi di cuore?»
Maisie sgranò gli occhi. Era così palese? Tutti quanti riuscivano a vedere cosa provava, tranne Alexis?
«Una cosa del genere…» ammise Maisie.
«È la ragazza del ballo di Natale?» le domandò Amber. All’espressione meravigliata di Maisie si affrettò ad aggiungere «Un bacio del genere fatica a passare inosservato» sorrise «Sembri sorpresa!».
Maisie si sentì in tremendo imbarazzo, ma annuì.
«Sì, sai, credevo fosse passato più inosservato. Sai, lei non è molto, come dire, femminile. Tu sei una delle poche che subito ha capito che fosse una ragazza. Io per prima ho pensato che fosse un ragazzo!»
Amber rise, aveva una risata cristallina, una risata che le accendeva il volto.
«Ne so qualcosa! Posso capire perfettamente… Beh, comunque mi dispiace che ci siano dei problemi, spero niente di serio…»
Maisie la guardò per una manciata di secondi. C’era qualcosa in quella ragazza che le diceva di fidarsi, ma in testa, improvvisamente le rimbombavano i richiami delle sue amiche.
«No, niente di serio. Cioè, non lo so ancora!» Maisie scosse il capo. Era la verità. Non sapeva se fosse davvero seria la cosa. Per lei era seria eccome, ma non sapeva una parte della storia. Quella parte che sapevano solo Alexis ed Emma.
«C’è qualcun altro in mezzo?» le chiese Amber dando una smossa ai suoi capelli. Aveva dei capelli lucidissimi. Era davvero carina. Maisie si sentì un verme. Era la seconda ragazza di cui notava la bellezza, seconda solo ad Alexis. Anche se era una bellezza completamente diversa da quella di Alexis. Amber era molto femminile.
«Forse…» mormorò Maisie.
«Situazione di merda, eh? Succede lo stesso a me»
«Ah, mi dispiace…»
Maisie iniziò a zuccherare il suo caffè, che nel frattempo era arrivato.
«Anche a me, è una situazione stranissima. Un giorno prima, tutto fila liscio come l’olio, e il giorno dopo sei nel completo panico» Amber sorseggiò il suo caffe «Il problema più grande è quando non riesci a stabilire la colpa di chi è… Anche se penso che la cosa migliore da fare sia, almeno all’inizio, aspettare che l’altro faccia il primo passo. Giusto per dare una possibilità. Anche se credo che questa volta tocchi a me fare la prima mossa…» concluse con un sorriso imbarazzato.
Maisie la guardò e penso alle parole che aveva appena pronunciato. Forse Amber aveva ragione. Almeno sulla prima parte.
«Ora devo proprio andare…» Amber le sorrise e Maisie ricambiò «Dovremmo rifarlo, è stato piacevole parlare con te»
Maisie annuì sorridendo «Perché no!»
«Alla prossima allora…»
Amber si avvicinò a Maisie e le diede un veloce bacio sulla guancia. Ma Maisie sentì le sue labbra vicinissime all’angolo della sua bocca. La cosa la sconvolse, e non poco.
Accennò un segno di saluto quando Amber uscì dal bar.
Le parole di Mia e Jody le rimbombavano in testa. E anche il suo cuore si scatenava.
Maisie finì di bere il suo caffè, ormai freddo.
“…Credi che Alexis sarebbe così scema da non capirlo nel giro di un millesimo di secondo?
 
*
 
«Ciao!»
Maisie si lasciò cadere sul divano alla sinistra di Alice.
«Ehi»
Alexis, che si trovava alla destra di Alice, la salutò. Maisie provò come una fitta.
«Che guardate?» domandò Maisie prendendo una manciata di popcorn.
Alice alzò le spalle.
«Robaccia varia, che palle…» sbuffò Alice.
«Stasera che fate?» domandò di getto Maisie. Voleva capire, in un colpo solo, cosa avrebbero combinato tutte e due.
Alexis fece spallucce.
«Boh, so solo che devo passare allo studio a posare delle cose…» sbuffò stropicciandosi gli occhi.
Maisie cercò il suo sguardo, ma Alexis le sembrava estremamente vaga.
«Maisie!»
La voce di sua madre per poco non la fece strozzare con i popcorn.
«Che c’è?» disse alzandosi e voltandosi verso sua madre.
«Si può sapere che fine hai fatto oggi? È venuta tua nonna e voleva vederti. Ti ho chiamato per tutto il tempo, non sei neanche tornata a casa dopo scuola!»
Maisie sbiancò.
«Scusami, mi ero dimenticata di oggi. Sono andata a prendere un caffè con un’amica…».
Maisie fece attenzione a evitare lo sguardo di Alexis, voleva sprofondare, parlare della giornata con lei presente era come avere puntata al capo la canna di una pistola.
«Va bene, ma la prossima volta abbi almeno la decenza di avvisare».
Maisie annuì e poi ritornò a sprofondare sul divano. Sentiva lo sguardò di Alexis addosso. Percepiva come una strana aurea. Brutta.
«Eri con Mia o con Jody?» le domandò Alexis appena Alice si fu allontanata.
Maisie cercò di prendere tempo masticando infinitamente i suoi popcorn.
Avrebbe dovuto dirle la verità, o mentire? Non sapeva il perché, ma aveva paura.
«In realtà ero con Connor»
Alexis la guardò, e Maisie si pentì subito della risposta data. Alexis era gelosa di Connor, almeno questo l’aveva capito.
«Hai appena detto che eri con un’amica» mormorò Alexis. Sembrava irata e Maisie si dispiaceva di tutto questo.
«Non volevo che mia madre iniziasse a sparlare di ragazzi di nuovo!» sbottò Maisie, cercando di mantenere basso il tono di voce.
«Fa come vuoi, io vado a prepararmi» sentenziò Alexis dopo un momento di silenzio.
Alexis si alzò di scatto, negandole la possibilità di chiarire il tutto.
Maisie la seguì su per le scale.
«Ehi, Alex, possiamo parlare?»
Alexis in tutta risposta entrò in camera sua, lasciando aperta la porta. Maisie l’interpretò come un invito.
«Sei strana oggi….» mormorò Maisie, appoggiandosi con le spalle alla porta che aveva appena chiuso.
«Mmmmh» mugugnò Alexis togliendosi la felpa e la maglia contemporaneamente, rimanendo in reggiseno.
Maisie arrossì all’istante, mentre Alexis sembrava perfettamente a suo agio. Iniziò a cercare tra l’armadio e i cassettoni del mobile, qualcosa da indossare. A ogni movimenti i suoi tatuaggi seguivano le forme del suo corpo.
«Che devi posare allo studio?»
«Luci e fatti vari. Vuoi venire? Di solito c’è sempre qualcuno»
Alexis indossò, finalmente per l’auto controllo di Maisie, una shirt rossa e una felpa grigia e si legò i capelli. Le stavano crescendo, non erano più cortissimi come prima.
«O-ok, sicura che vada bene?» domandò Maisie.
Alexis la squadrò.
«Sicura che vuoi venire?» le domandò a sua volta. Aveva un tono diverso dal solito.
«S-sì. Se a te non dispiace…» mormorò Maisie. Il tono di Alexis l’aveva ferita. Si stava stancando forse di lei? Era ancora colpa di Emma?
Alexis si avvicinò e le scostò una ciocca di capelli dal viso.
«Scusami, ho avuto una giornataccia…»
Maisie le sorrise, il profumo di Alexis l’inebriò.
«Però pure tu, che domande del cazzo…»
Maisie scoppiò a ridere.
«Ma scusa, sembravi incazzata fino ad un millesimo di secondo fa, e non capivo perché!»
«Ma io sono incazzata» esclamò Alexis scostandosi, come se di fosse appena ricordata di qualcosa.
«P-perché?» balbettò Maisie.
«Perché la mia ragazza va in giro a prendersi caffè con il suo ex… o almeno credo…».
A Maisie si bloccò il respiro. Dovette riformulare più volte, nella sua testa, le parole che aveva appena udito.
“…la mia ragazza… la mia ragazza… la mia ragazza…”
«Hai detto “la mia ragazza”?» ripeté Maisie con il fiato sospeso.
Alexis la guardò.
«Si, ho detto “la mia ragazza”. Perché? Non va bene?» Alexis aggrottò la fronte.
«No, è ok. È ok, va benissimo. È che non l’avevi mai detto prima».
Alexis alzò le spalle.
«Non sapevo ci fosse bisogno di mettere le cose in chiaro. Almeno che tu non ti veda anche con qualcun’altro».
Maisie sgranò gli occhi. Glielo stava domandando seriamente?
«N-no» mormorò «Non mi vedo con nessuna. Tu?»
Maisie si accorse solo dopo averla fatta, che la domanda suonava davvero strana.
«Io?» domandò Alexis. Era sorpresa.
Maisie annuì. Ripensò alle parole di Amber, stava offrendo ad Alexis la possibilità di confessare tutto.
«No, non mi vedo con nessuna, oltre te».
Occasione andata in fumo.
«Ci sarà anche Emma stasera?»
Alexis esitò un attimo, Maisie lo notò.
«Non ne ho idea. Perché?»
Maisie alzò le spalle.
«Così» mormorò.
Alexis si avvicinò a Maisie.
«Che c’è?» le domandò.
«Niente…»
«Vuoi cambiarti prima di andare?» le domandò Alexis.
«O-ok… sì, penso di sì».
In realtà Maisie non sentiva nessun bisogno di cambiarsi, ma doveva tornare un attimo a respirare.
Aveva bisogno di calmarsi

 
Hello!
Buonasera! 
Eccoci qui, sono riuscita a essere puntuale!E soprattutto, ho una voglia matta di aggiornare! Il prossimo capitolo lo adoro, e presenterà anche un importante novità! Un po' di suspense non guasta mai!
Comunque, vorrei ringrarvi, come sempre, tutt*. Siete l'amore! Mi rende troppo felice che la storia vi piaccia! Lo so, sono ripetitiva, ma vi adoro!
In realtà, questo è un capitolo e mezzo, ma li ho uniti, per rendere più scorrevole la cosa. So che possono sembrare strani, gli vvenimenti di questo capitolo, ma ho ponderato molto bene le mie scelte, scrivendo e riscrivendo determinate cose. Sono tutte proiettate al futuro! 
Adesso vi saluto, e spero che il capitolo sia di vostro gradiemnto! 
Con affetto,
StClaire.

«C’entra! Tra te e Connor c’è stato qualcosa… Lo so benissimo. Io ero l’idiota che ti ha retto il gioco, per fare cosa? Conquistarlo? Mi sembra il lavoro abbia funzionato. Siete usciti insieme e vi siete baciati… Me lo hai detto tu!» Alexis alzò la voce, fermando ogni tentativo di Maisie di interromperla «Eppure tu te ne vai in giro con lui. Che dovrei pensare?»
«È vero, tra me e Connor c’è stato solo uno stupidissimo, insignificante bacio! Ma non eri tu quella che mi diceva che io non dovevo pensare alle tue esperienze passate? Perché tu non puoi farlo con me?».
«Perché io non me ne vado in giro con le mie esperienze passate!»
Maisie accusò il colpo. Le stava mentendo, spudoratamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Upstairs ***


Capitolo 13
- Upstairs - 

 

“C’è sempre qualcuno”
Queste erano state le parole di Alexis.
Qualcuno. Inteso probabilmente come "poche persone".
Doveva farsi spiegare meglio il concetto di “poche persone” che aveva Alexis.
Sembrava di stare in discoteca. Il fumo riempiva la stanza e Maisie si ritrovava schiacciata tra Ethan e un suo amico, che continuavano a parlarle contemporaneamente di cose completamente diverse tra loro e le ciccavano nel bicchiere di birra, che sempre loro le avevano offerto e che lei aveva attentamente evitato di bere. Non si sentiva al sicuro.
Alexis era presa in una fitta discussione con un ragazzo altissimo e di colore, con lunghi dread che gli arrivavano al di sotto della cintola. Non l’aveva mai vista fumare, eppure, si era persa incantata a seguire i movimenti della sua mano e della sua bocca. Trovava il suo modo di fumare molto erotico.
S’imbarazzò da sola, al suo solo pensiero. Il problema è che da quella volta in camera di Alexis, il pensiero non se ne era mai andato. Erano state sensazioni nuove per Maisie, e le erano piaciute. E le piaceva Alexis.
«…Allora Maisie!»
Ethan attirò la sua attenzione.
«Hai già deciso cosa fare dopo il liceo?»
Maisie scosse il capo.
«Sinceramente? Non ne ho la più pallida idea!»
Era vero. Non si era mai posta la domanda.
«Dovresti iniziare a pensarci! O vuoi prenderti un anno sabbatico?»
Maisie scosse il capo.
«Ho ancora un anno di tempo. Sono al penultimo anno».
«Ah, pensavo fossi più grande».
Maisie lo guardò, forse con un’espressione strana, perché lui si affrettò ad aggiungere.
«Cioè, sembri più matura! Quanti anni hai?».
«Diciassette».
«Wow, sei giovanissima…» mormorò Ethan al suo orecchio.
Maisie annuì. Sentiva che la situazione stava prendendo una strana piega.
«Ciao Ethan!»
Maisie sbiancò. Si sentiva come se qualcuno l’avesse colpita alla gola. Ai suoi occhi si era appena materializzata Emma, in tutto il suo splendore.
«Ciao Emma, che diavolo vuoi?» rispose sprezzante Ethan.
Maisie si ricordò che Alexis le aveva raccontato che fra i due non scorreva buon sangue.
«Salvarti da una colossale figura di merda… Non dovresti provarci con una ragazza già impegnata!» squillò Emma, guardandoli con i suo occhi verdi.
Ethan sbuffò.
«Alexis non mi aveva mica detto che sua sorella era impegnata già. E poi stavamo solo chiacchierando, vero Maisie?»
«Ah, Alexis non ti ha detto che la sua sorellina è impegnata già? Capisco…»
Lo disse con un tono così beffardo, che Maisie si sentì presa in giro.
Ethan pensava che lei fosse la sorella di Alexis. Non qualcosa di più vicino. Di diversamente vicino.
Emma dedicò loro un’occhiata feroce e si allontanò, scuotendo la voluminosa chioma di capelli neri.
Maisie si alzò dal divano con una scusa. Si era stancata della presenza ingombrante di Ethan. Le parole “Alexis + sorella” le avevano sortito uno strano effetto.
Maisie si rintanò fuori a uno dei balconi. Fuori faceva freddo, ma era meglio che stare dentro a soffocare dalla quantità eccesiva di fumo.
Si lasciò andare a un lungo sbadiglio.
«Hai sonno?»
Maisie si voltò, Alexis l’aveva appena raggiunta, e annuì.
«Tutto quel fumo mi ha fatto venire sonno. È normale?» domandò.
«Probabile. Come va la serata?» le domandò aspirando dalla sigaretta, mentre con l’altra mano reggeva un bicchiere di birra.
Maisie alzò le spalle.
«Normale. Ho dovuto subirmi Ethan, il suo amico, le due domande idiote e… ah, pure farmi prendere in giro da Emma. Direi che va benissimo» sbottò Maisie. L’aveva infastidita. Si sentiva presa in giro, e in più, Alexis continuava a comportarsi come se non fosse mai successo niente.
Alexis assunse un’espressione interrogativa e preoccupata allo stesso tempo.
«Perché Emma dovrebbe prenderti in giro?»
«Non ne ho idea. Forse perché Ethan ci stava provando con la tua “sorellina?”» sbottò Maisie, imitando il tono di voce che Emma aveva assunto.
Alexis scosse il capo, sembrava irritata.
«Che cazzo significa che Ethan ci ha provato?» esclamò Alexis «Brutto stronzo, non ci credo…»
«Io non ci credo che lui non sappia di me e di te, ma Emma sembra sapere sempre tutto!» sbottò interrompendola, Maisie, riferendosi anche al compleanno di Alexis. Ma Alex non afferrò l’allusione.
«Ethan non lo sa semplicemente perché non è tenuto a saperlo. Sono una persona riservata, e credevo che l’avessi capito!»
«Si, talmente riservata da non dirmi neanche che sarebbe stato il tuo compleanno, talmente riservata da non poter ammettere di avere una fidanzata! Però Emma lo sa! Non sono neanche veramente tua sorella! »
«Con Emma è... Maisie, non voglio che persone qualsiasi sappiano di noi. Lo sai bene che la nostra è una situazione delicata, che la gente potrebbe correre a conclusioni affrettate e poi sei anche più piccola di me. Mi da fastidio che la gente debba mettere bocca su cose nostre!»
«A te danno fastidio tantissime cose, ed Emma sembra saperle tutte!» scoppiò Maisie alzando la voce.
«Ma si può sapere che diavolo hai contro Emma?» sbottò Alexis.
Maisie scosse il capo.
«Non è Emma il problema!»
«E allora qual è? Mi sembri nervosa!»
Maisie sbuffò. Non aveva voglia di parlare.
«Sono solo stanca. Ti dispiace se vado a casa?»
«Non puoi evitare le discussioni andandotene!»
«Io non sto cercando di evitare nessuna discussione! Sei tu che dovresti dire qualcosa, ma non la dici!»
«A cosa ti riferisci?»
Alexis posò il suo bicchiere di birra su uno dei tavolini.
Maisie alzò le spalle.
«Non so. Hai qualcosa da dirmi?» le domandò Maisie.
«E tu?»
«Io?»
Maisie aveva avuto la sensazione che Alexis volesse evitare la sua domanda.
«Si, tu. Hai qualcosa da dirmi?»
Maisie scosse il capo.
«Che ne so, riguardo cosa?»
Alexis allargò le mani.
«Non saprei, che ne dici… di Connor?»
Maisie alzò gli occhi al cielo.
«Che c’entra Connor adesso?»
«C’entra! Tra te e Connor c’è stato qualcosa… Lo so benissimo. Io ero l’idiota che ti ha retto il gioco, per fare cosa? Conquistarlo? Mi sembra il lavoro abbia funzionato. Siete usciti insieme e vi siete baciati… Me lo hai detto tu!» Alexis alzò la voce, fermando ogni tentativo di Maisie di interromperla «Eppure tu te ne vai in giro con lui. Che dovrei pensare?»
«È vero, tra me e Connor c’è stato solo uno stupidissimo, insignificante bacio! Ma non eri tu quella che mi diceva che io non dovevo pensare alle tue esperienze passate? Perché tu non puoi farlo con me?».
«Perché io non me ne vado in giro con le mie esperienze passate!»
Maisie accusò il colpo. Le stava mentendo, spudoratamente. Maisie sapeva che c’era stato qualcosa tra Alexis ed Emma, oltre a quel bacio rubato. Lo aveva capito dal momento in cui Emma si era palesata a lei ed Ethan.
«Davvero?» le domandò fissandola negli occhi.
«Già, davvero…» rispose Alexis dopo un istante di silenzio, buttando via la sigaretta, ormai ridotta a un mozzicone.
Maisie scosse il capo, cercando di non darla vinta alle lacrime che si affacciavano ai suoi occhi.
«Sono davvero stanca, vado a casa, ti dispiace?».
Alexis si avvicinò prendendole la mano.
«Vengo con te…» mormorò.
«No, davvero, non voglio rovinarti la serata».
Alexis lasciò andare la mano di Maisie.
«Fai prima a dirmi che vuoi stare da sola per stasera» sibilò Alexis.
Maisie la guardò.
«Non lo so… davvero, sono stanca».
Alexis annuì.
«Ti chiamo un taxi».
Maisie andò a prendersi la sua giacca e poi ritornò nel salone. Vide Emma che la fissava da un angolo della stanza, ma decise di ignorarla completamente. L’idea che fosse caduta nel suo trucchetto la destabilizzava. Raggiunse Alexis all’ingresso e scesero insieme le scale, in silenzio.
Una volta salita in taxi, Alexis si abbassò all’altezza del finestrino.
«Quindi non è successo niente oggi?»
«Intendi con Connor?»
«Sì».
Maisie la guardò, si sentiva una perfetta idiota ad aver mentito. Ma aveva paura, come dicevano Mia e Jody, che Alexis si sarebbe fatta un’idea sbagliata di Amber.
«No, non è successo niente».
Alexis annuì.
«Ci vediamo a casa. Io finisco un servizio e poi torno».
«Ok, se non mi addormento, ti aspetto».
Alexis le sorrise.
«Ok, a dopo».
Il tassista mise in moto. Non sapeva il perché, ma i taxi nella loro relazione, non erano mai positivi.
Aveva mentito ad Alexis. Per cosa poi, niente.
Ma anche Alexis aveva mentito a lei.
Si stavano mentendo a vicenda. E la cosa la faceva star malissimo.
 
*
 
Alexis risalì di corsa le rampe di scale. Rientrò come una furia all’interno dell’appartamento e si guardò intorno alla ricerca di volti noti. Di solito le era indifferente la presenza di persone a lei estranee in quella sottospecie di casa, ma al momento avrebbe voluto mandare tutti quanti al diavolo.
«Ethan!» appena lo vide, sbraitò.
Ethan si voltò verso di lei, con stupore, lasciando traboccare un bel po’ di birra dal suo bicchiere.
«Oh…»
«Che cazzo fai? C’hai provato con Maisie?» sbottò Alexis interrompendolo, qualsiasi cosa stesse per dire.
Alexis aveva alzato la voce, e alcuni presenti si erano girati a seguire con interesse la scena, compresa Emma.
Ethan sbuffò.
«Senti, non lo sapevo che era già impegnata, cazzo ne so, me l’ho ha detto Emma all’ultimo…»
«Sei un coglione» soffiò Alexis.
«Ma io che ne sapevo, cazzo, se è impegnata che ci fa qua il venerdì sera?»
Alexis scosse la testa e si allontanò. Era inutile parlare con lui. Altri due minuti della sua voce e l’avrebbe picchiato. Si recò nella sua stanza e afferrò il cappotto, indossandolo velocemente. Maisie aveva detto che l’avrebbe aspettata. Sperava solo che non le avesse mentito.
«Vai già via?»
Una voce femminile la fece voltare. Alexis chiuse la zip con un gesto secco.
«Secondo te?»
Emma sbuffò.
«Sei sempre via… Una volta tanto rimani…»
Alexis la guardò di sbieco.
«Devo andare a sistemare i casini che tu hai combinato, quindi, per stasera passo».
«Io?» strillò Emma «Che cazzo ho fatto?»
«Che hai fatto? Metterti in mezzo! Ecco che hai fatto! Ti ringrazio di aver fermato Ethan, ma potevi limitarti a fare quello senza sputare stupide frecciatine!»
Emma impallidì.
«Non è colpa mia se ti sei messa con una bambina che non riesce a capire neanche a capire se un coglione ci sta provando o meno!»
Alexis sbuffò, ma Emma aveva ragione. Lasciare Maisie camminare da sola in un covo di psicolabili come quello, era stato davvero imprudente. Ma non era quello il punto.
«Non si tratta di Ethan! Fra le due, la bambina mi sembri proprio tu!» sbottò Alexis.
«Io? E perché mai?» domandò Emma incrociando le braccia e posizionandosi davanti alla porta, impedendo ad Alexis di lasciare la stanza.
«Spostati» le intimò Alex.
Emma fece cenno di no.
«Perché sarei io quella infantile? E magari non tu? Che prima ti metti con una e poi non hai le palle di dirle la verità e affrontare la situazione? Glielo leggo in faccia che di me e di te non sa un cazzo!»
Alexis la guardò. Voleva andarsene, voleva raggiungere Maisie e cercare di chiarire la situazione. Era stata una giornata da incubo. Sapeva di aver sbagliato parlando di Connor, doveva fidarsi di Maisie.
«Perché non c’è nulla da raccontare!» infuriò Alexis.
Emma accusò il colpo, Alexis glielo leggeva negli occhi verdi, lucidissimi. La vide ingioiare a vuoto, qualcosa, l’aria, forse le parole, l’odio. Alexis non lo sapeva, ma le dispiaceva. Qualsiasi cosa fosse.
«Emma…»
La ragazza la zittì con un solo gesto della mano.
«Non c’è niente da dire…?» sussurrò, più a sé stessa che ad Alexis.
Alexis sospirò.
«Sai in che senso…»
Emma scosse il capo.
«In che senso?» domandò, aggrappandosi a quelle poche parole per rimanere lucida.
«Ne abbiamo già parlato, a suo tempo» bisbigliò Alexis.
«Allora devo aver capito male…» mormorò Emma con la voce spezzata.
«Mi dispiace…» ma dall’espressione di Emma capì di aver scelto delle pessime parole.
«Ti dispiace? Che cazzo significa che ti dispiace?» Emma da bianca lattea che era, era diventata paonazza.
«Emma…»
«No dimmi!» Emma la interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa «Ti dispiace di cosa in particolare? Di avermi preso in giro? Di aver scopato con me? Di avermi mollato così, senza tanti complimenti per una stupida ragazzina che fino a dieci minuti fa non sapeva neanche che le piacessero le donne? Di cosa ti dispiace?!»
«Emma, che cazzo, io e te non stavamo insieme! Eravamo d’accordo su questo, no? Non siamo mai state una coppia!»
Emma la guardò con il viso rigato dalle lacrime.
«Sparisci!» l’urlò fortissimo e poi se ne andò via, uscendo dalla stanza, spalancando la porta, che batté vicino al muro.
Alexis ci mise un po’ a riprendersi. Si sentiva malissimo, stava commettendo un errore dietro l’altro. Aveva sbagliato con Maisie, e in precedenza, con Emma. Anche se era vero, avevano chiarito tutto all’inizio. Non erano mai state una coppia, ma forse Alexis non era stata brava a interpretare le cose.
Era sicura che le persone fuori quella camera avessero sentito tutto, ma ignorò gli sguardi dei presenti e si precipitò via da quella casa, giù per le scale, diretta verso casa. Salì velocemente in macchina e percorse correndo, anche troppo, la strada.
Parcheggiò senza tanti complimenti nel vialetto, lasciando metà della macchina sul giardino, curatissimo, di Catelyn. Le aveva anche ammaccato un cespuglio di rose.
«Cazzo…»
Scendendo dalla macchina, aprendo la portiera aveva dato il colpo di grazia.
Sbottò e poi cercò di aprire la porta di casa senza fare eccessivo rumore.
Entrò lentamente in casa, quasi di soppiatto, si sentiva una ladra. Nel silenzio della notte sentiva il cuore scatenarsi nella gabbia toracica. Lo sentiva forte nelle orecchie. Stette un paio di minuti ferma, pensando a cosa fare.
Le luci erano spente, e se Maisie era in camera, era la fine. Alice si sarebbe svegliata. E tutto ciò che Alexis voleva, non era di certo che Alice le beccasse a discutere nel cuore della notte.
Si tolse lentamente la giacca pensando a cosa fare. Avrebbe potuto mandarle un messaggio per vedere se era sveglia.
Attraversò la stanza e raggiunse il salone, si buttò a peso morto sul divano, ma si rialzò immediatamente. Aveva colpito qualcosa di vivo.
«Ma che cazzo…» sbottò, forse a voce troppo alta, accendendo la torcia del suo cellulare.
Gli occhi assonnati di Maisie reagirono con fastidio all’esplosione di luce.
«Maisie…? Ma che cazzo ci fai qui?» disse piegandosi sulle ginocchia in modo da essere all’altezza del divano.
«Ti stavo aspettando…» sbiascicò con la voce impastata dal sonno.
«Scusami se ti ho fatto aspettare» bisbigliò Alexis sorridendole.
Maisie le ispirava sempre una tenerezza infinita. A volte si ritrovava a sorridere al solo suo pensiero.
«Che dovevi fare?» le domandò stropicciandosi gli occhi.
Alexis si alzò da terra e si sedette affianco a Maisie sul divano. Scrollò le spalle.
«Sistemare delle cose in camera…» mentì. Era una bugia idiota e scarna. Ma che poteva fare? Maisie era diventata in quei mesi, la sua ancora. E lei la stava rovinando. Glielo leggeva negli occhi, soprattutto in quei giorni. Ma non riusciva a capire quale fosse il problema. Forse era lei stessa. Sua madre glielo ripeteva sempre. Sei tu il problema.
Alexis si abbassò verso di lei e le posò un bacio dolce sulla guancia.
«Scusa per prima…» le sussurrò all’orecchio.
«Mmh…» rispose laconicamente Maisie.
Alexis percepì quel distacco nella voce.
«Che c’è?» le domandò.
Maisie sbadigliò.
«Niente… solo che mi chiedevo una cosa…»
Alexis la guardò in silenzio per un po’, poi si fece coraggio.
«Che cosa?» domandò. Anche se già sapeva la risposta.
«Hai detto di essere una persona riservata… e poi…» Maisie distolse in suoi occhi da quelli di Alexis. Alexis si sentì mancare. Gli occhi erano la cosa che più le piaceva di Maisie. Maisie era bassissima, una vera tappa per la sua età, e quindi Alexis era abituata a guardarla dall’alto e a sentirsi osservata da quegli occhi castani e grandissimi. Sembravano sempre sorpresi di qualcosa. Sempre accesi. Sempre bellissimi.
«Poi?» la incalzò Alexis riprendendosi.
«E poi Emma sa tutto» esclamò Maisie «Sa di me, di te, del tuo compleanno…»
«Che c’entra adesso il mio compleanno?» domandò.
«C’entra! Lei lo sapeva e io no! Perché lei sì e io no?» rispose adirata Maisie.
«Ti stai focalizzando su una stronzata, Maisie! Chi diamine se ne fotte del compleanno!» sbottò Alexis alzandosi dal divano.
«Non si tratta del compleanno! Si tratta del fatto che dici di essere riservata, di non voler parlare di noi, e poi, Emma, che conosci da quando conosci pure Ethan probabilmente, tra parentesi, lo sa! E non ha paura di dirlo a quanto pare, dopo quello che ha fatto stasera! Le sue battutine erano al limite del ridicolo!»
Alexis le fece segno di abbassare la voce.
Sentiva come se Maisie non le stesse dichiarando tutta la verità. Sentiva come si stesse mantenendo qualcosa, di troppo grosso però, per le sue spalle.
«Tu le piaci?» domandò Maisie con un filo di voce.
Il cuore di Alexis mancò un battito. Allora era quello il problema.
«Come, scusa?» mormorò, una volta ripresasi.
«Hai sentito benissimo…»
«Perché me lo chiedi?»
Maisie alzò le spalle.
«Così, per capire… Perché avrebbe dovuto trattarmi come mi ha trattato stasera?»
Alexis sbuffò, cercando di mantenere il controllo.
«Ha semplicemente preso in giro Ethan…» mormorò, neanche lei sicura di ciò che stava dicendo.
«Oh, una cosa è sicura, stava prendendo in giro, ma non lui…»
Alexis si spazientì.
«E allora Connor? Che mi dici? Tu gli piaci?» sbottò.
«Che cosa?» esclamò Maisie avvampando «Ancora con questa storia?»
Alexis annuì.
«Sì, ancora. Visto che non mi hai voluto neanche dire cosa è successo oggi!»
«Non è successo niente! Che pensi che sia successo?»
«Non lo so! So solo che la mia fidanzata se ne va in giro con il suo ex, che fino a poco tempo fa ancora le sbavava dietro!» sibilò Alexis.
«Oddio!» Maisie sbottò alzandosi dal divano con stizza «Non ero con Connor, va bene? La cosa ti tranquillizza? Ero con Amber, ok?»
Alexis rimase di stucco.
«Chi diamine è adesso Amber?»
Amber.
Era sicura di non aver mai incontrato nessun Amber. Il giro di amicizie di Maisie non era numeroso, e lei era certa che nessuna di nome Amber ne facesse parte. Perché Maisie avrebbe dovuto mentirle?
Maisie stava per ribattere, quando la luce si accese improvvisamente, investendole entrambe.
Alexis dovette sbattere più volte le palpebre per abituarsi.
«Ragazze, tutto bene? È notte fonda! Che succede?»
Alexis vide Maisie sbiancare.
«Niente, non succede niente, scusaci se ti abbiamo svegliato…» improvvisò Alexis.
Cate le guardò con gli occhi ancora pieni di sonno.
«Avevo sentito delle voci…» la donna sbadigliò «Stavate litigando?»
«No, mamma, no…» si affrettò a rispondere Maisie «Stavamo parlando, abbiamo alzato troppo la voce. Torna a dormire»
Cate non sembrava del tutto convinta. Ma le salutò sbiascicando un “buonanotte”.
Appena Cate fu scomparsa dalla loro vista, Alexis tornò a fissare Maisie. Ma le sembrava che cercasse di fuggire al suo sguardo.
«Maisie? Chi è Amber?» le domandò a voce bassissima.
Maisie alzò le spalle.
«Una mia amica di scuola…» rispose vagamente, iniziando a raccogliere le sue cose dal tavolino del soggiorno.
Alexis le si avvicinò.
«Allora perché mi hai detto che eri con Connor?»
«Non lo so. Tu perché non mi hai detto di Emma?»
Alexis ammutolì.
«Buonanotte» mormorò Maisie dandole le spalle e salendo di corsa le scale.
Alexis aprì la bocca per dire qualcosa, ma non le uscì nessun suono di senso compiuto. Faceva fatica a respirare.
Si accasciò sul divano e lanciò via il cellulare.
“Perché non mi hai detto di Emma”?

 
Tadà! 
(non so se si scrive così, ma nel dubbio, concedetemelo!)
Panico! Molt* di voi mi avevano chiesto di scrivere anche dal punto di vista di Alexis... e così... ecco! Spero che vada bene!!! Era una cosa a cui avevo già pensato in realtà, ma volevo anche mantenere quel particolare ostracismo che la caratterizza. Però, per me, ci sta, anche per far capire un po' di più Alexis. Spero che sia di vostro gradimento! Sto soffrendo a farle litigare! Ma è tutto a favore della storia! Ho dei gusti melodrammatici, io.
Che dire, vi ringrazio comunque sempre di tutto, siete sempre di più, e non me lo sarei mai aspettato! Mi sono affezionata alla storia, ai personaggi e a voi! 
Grazie di tutto! 
Con affetto,
StClaire
«Ehm, senti Jody…»
Jody si riprese dai suoi pensieri e si voltò verso il suo interlocutore.
«C’è un ragazzo strano che ti sta fissando, lo conosci?»
Jody si voltò verso la direzione che le veniva indicata.
«Cazzo!» mormorò spalancando gli occhi.
«È il tuo fidanzato? Se vuoi ci parlo io, glielo dico che stavamo solo chiacchierando…»
«No, figurati, non c’è problema. Non è il mio ragazzo!» esclamò Jody alzandosi di botto «Ma adesso devo proprio andare, scusa. Alla prossima»
E si allontanò senza neanche aspettare una risposta.
Attraversò il locale di fretta, chiedendo scusa a destra e manca.
«Alex!» esclamò sorpresa di trovarla proprio lì. Da sola.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
- Ring -

*
 

«Allora?» l’incalzò Jody «Che è successo? Hai una faccia bruttissima, ma hai dormito?»
Maisie scosse la testa. Aveva un mal di testa terribile.
«No, non ho dormito» iniziò «Venerdì sono andata con Alexis allo studio e poi quando siamo ritornate a casa, abbiamo discusso… e niente… non ho dormito.»
Maisie si stropicciò gli occhi. La luce che filtrava dalla grande finestra della classe le bruciava gli occhi. E più teneva gli occhi chiusi, più le veniva da dormire.
«Perché avete discusso?» le domandò Mia.
«Per il solito fatto… Emma.»
Ormai aveva la nausea al solo pronunciare quel nome. Sentiva di odiarla.
«Che cosa è successo?»
«Venerdì allo studio c’era anche lei» esordì Maisie giocarellando con la matita, e poi continuando raccontò delle battutine infelici di Emma, della reazione di Alexis, del fatto che Ethan pensasse che lei, Maisie, fosse solo la sorella di Alexis. Del continuo difendere Emma, da parte di Alexis. E di come alla fine, Maisie avesse ammesso di non essere mai andata a prendere un caffè con Connor, ma con Amber.
«CHE COSA?» urlarono all’unisono Mia e Jody.
Maisie sbiancò, non si aspettava una reazione del genere.
«Quando è successo?» sbraitò Mia.
«S-sempre venerdì, dopo scuola…» balbettò per risposta «Ma è stato un caso! Ero andata al bar, è lei era già lì! È venuta a sedersi al mio tavolo. Potevo mai cacciarla?»
Jody sospirò, rassegnata.
«E che voleva?»
«Niente…» mormorò «Abbiamo parlato del più e del meno…» poi, visto lo sguardo poco convinto delle sue amiche, aggiunse «…e delle rispettive situazioni sentimentali…»
Jody sospirò e Mia si batté una mano in fronte.
«Su questo torneremo dopo… Ma perché diavolo hai detto ad Alexis che eri andata al bar con Connor, se invece sei andata con Amber?» le domandò Jody.
Maisie boccheggiò per un po’.
«Perché voi dicevate sempre che si vede che flirtiamo! Avevo paura che s’ingelosisse!» confessò Maisie.
«Era ovvio che s’ingelosisse, avrebbe anche fatto bene, ma Alexis è gelosa anche di Connor! Perché non hai detto che eri con noi?» esclamò Mia.
«Non lo so…» balbettò Maisie. Era vero, non lo sapeva. Aveva agito d’impulso.
«E allora perché poi hai ritrattato?»
«Perché non posso accusarla di mentirmi, se la prima a farlo sono io!» scoppiò Maisie piangendo. L’idea che Alexis le mentisse la distruggeva. Il dubbio che Emma fosse importante per lei, era inconcepibile. Jody l’abbracciò, mentre Maisie si lasciò andare a un lungo pianto.
«Hai ragione…» sussurrò Jody mentre le accarezzava i capelli.
«N-non so che fare!» balbettò Maisie in preda ai singhiozzi «Quella notte mamma ci ha sentito anche litigare! Ieri mi ha anche chiesto cosa fosse successo! Sa che venerdì ero andata in quel posto con Alexis! Mi si è bloccata la gola, non sapevo che risponderle!»
«E Alex?» domandò Mia.
Maisie scrollò le spalle.
«Sabato è uscita di casa prestissimo, ed è ritornata solo stanotte. L’ho sentita rincasare tardissimo. Mi sta evitando» mormorò Maisie.
Lo sentiva, ma non capiva il perché. Era lei che doveva sentirsi ferita, di certo non Alexis. 
Guardò fuori dalla finestra, verso l’immenso cortile interno della scuola. Quel giorno c’era il sole, pallido, ma c’era. Ma in quel momento neanche il sole più alto avrebbe potuto scacciarle da dosso il freddo che provava.
«Che devo fare?» domandò, a bassa voce, più a sé stessa che alle sue amiche.
Mia e Jody non ebbero tempo di risponderle, dato che la professoressa era appena entrata in classe.
Maisie sospirò, alzando a stento la mano, quando, durante l’appello, l’insegnante chiamò il suo nome. Ripensò improvvisamente, a quando la prima volta aveva sentito Alexis lasciare il suo cognome alla compagnia dei taxi. Non portava lo stesso cognome di Paddy. Almeno a voce. C’erano tante cose che Maisie non conosceva di Alexis. Cose che sembrava che Alexis preferisse rimanessero nell’oblio.
Diede uno sguardo veloce alla classe. Connor le dedicò un saluto che Maisie ricambiò con affetto.
Di scatto, alzò la mano.
«Prof. Posso uscire?»
L’insegnante annuì distrattamente, così Maisie si alzò velocemente e uscì dalla classe, ignorando gli sguardi interrogativi di Mia e Jody.
Percorse a grandi falcate il corridoio del quinto piano, raggiungendo i bagni. Lì faceva sempre più freddo. Si buttò in uno dei locali vuoti e prese il cellulare, e con mano tremante, compose un breve messaggio, che inviò ad Alexis.
Si sedette su uno dei sanitari coperti e attese una risposta. Cinque, dieci minuti. Sospirò. Forse era lezione, e non poteva rispondere. Oppure non l’aveva dietro, il cellulare. Spesso l’aveva visto buttato per casa, giorni e giorni, sempre lì. Come se non esistesse.
Guardò l’ora sullo schermo del cellulare. Era fuori da già troppo tempo, così si alzò e uscì dal suo nascondiglio. Il corridoio era desolato, era la prima ora, ancora, ed erano tutti dentro.
«Maisie?»
Maisie si voltò di scatto, sorpresa, verso la finestra.
C’era Amber, intenta a fumare una sigaretta slim, appoggiata alla finestra, lasciata aperta.
«Ciao…» disse Maisie.
«Ehi» sorrise Amber. Aveva legato i capelli in una lunga treccia «Anche tu già fuori?»
Maisie sorrise.
«Già…» guardò il cellulare «Cercavo di fare una chiamata… ma niente. Tu?»
Amber scrollò le spalle.
«Fumavo una sigaretta… E mentre tu cerchi di farle, le telefonate. Io cerco di evitarle.» disse sorridendo. Ma aveva un sorriso triste, malinconico.
Abbassò gli occhi per un momento.
«Tutto ok?» domandò Maisie.
Amber fece un’ultima boccata di sigaretta, poi annuì.
«Abbastanza. È un po’ complicato, sai? A volte succede che ti entra una persona in testa, e niente, non ti esce più. Non importa quanto poco la conosci. Succede. Un fulmine a ciel sereno!» disse buttando fuori dalla finestra il resto della sigaretta «Il problema è quando un’altra persona se ne accorge» sospirò «Oh, scusami! Ti sto intrattenendo con i miei vaneggiamenti!» esclamò improvvisamente.
Maisie le sorrise.
«Ma figurati!»
Poteva capirla benissimo, per un certo senso. Le era successo qualcosa di simile con Alexis. Solo che qualcuno era entrata nella testa di Alexis. Non la sua.
«Oggi che fai?» le domandò sorridendo Amber.
Maisie fu presa alla sprovvista.
«N-niente... credo» balbettò per risposta.
«Ti va di andare a fare un giro?» le domandò candidamente.
«Ok» rispose Maisie. Che c’era di male? Avrebbe provato a Mia e Jody che si sbagliavano su Amber.
«Allora ci vediamo dopo».
«A dopo» le sorrise Maisie.
Amber ricambiò il sorriso poi rientrò in una delle classi lì vicino.
 
*
 
Andare all’università iniziava a diventare una tortura per Alexis. Iniziava a maledire il giorno in cui aveva accettato l’invito, anzi, le pressioni di suo padre. Avrebbe fatto meglio a rimanere per il resto della sua vita a Washington, lontana da quell’uomo che non le aveva mai portato nulla di buono nella sua vita. A parte un’unica cosa.
Alexis rilesse il semplice messaggio di Maisie. Riprovò a chiamarla, ma il telefono squillava a vuoto. Riattaccò sospirando. Qualcuno passò salutandola e lei a stentò ricambiò il saluto.
Riprovò di nuovo a chiamare Maisie, mentre scendeva la grande scalinata dell’accademia. Niente.
Guardò l’orologio. Era tardi per andare fuori la sua scuola. Se fosse stata fortunata l’avrebbe trovata a casa. Magari sarebbero riuscite a parlare. Magari.
Alexis continuava a maledirsi per non averle detto di Emma fin dall’inizio. Ma che diamine avrebbe dovuto dirle? Avrebbe dovuto iniziare la sua relazione con Maisie parlandole di Emma?
Scosse il capo.
Scese velocemente la grande gradinata che portava alla strada e poi imboccò il grande viale alberato, diretta verso casa. Era così assorta dai suoi pensieri che quasi non si accorse che il suo cellulare stava vibrando.
Guardò lo schermo dello smartphone e imprecò.
“Ci mancava solo questa…”
«Pronto?» rispose, con il tono più distaccato che poteva assumere.
«Alexis? Dove sei?» la voce di sua madre le martellò il timpano.
«Adesso sono uscita dall’Accademia. Sto tornando a casa. Che c’è?»
«Che c’è? Ma come si fa! Alla loro età!»
Alexis sbuffò.
«Appunto, sono due persone adulte e vaccinate. Sono cavoli loro…» sbottò Alexis.
Quella situazione stava degenerando. Ma come era venuto in mente a Paddy di raccontare tutto a sua madre? Non gli bastava la sofferenza che le aveva già causato?
«Ma tu cosa ne pensi, tesoro?»
Tesoro.
Non la chiamava mai così, tranne quando aveva bisogno di qualcosa in cambio. E in quel momento a sua madre mancavano informazioni.
«Non penso affatto, non mi interessa…» mormorò Alexis. In realtà lo pensava ogni giorno, ogni fottuto minuto. Fino ad adesso la situazione era stata “complicata”. Adesso era terribile.
«Tesoro ma come! Ma hai capito che praticamente stai per…»
«Mamma, scusami, ma adesso devo proprio attaccare!» esclamò improvvisamente Alexis, chiudendo la telefonata e negando alla madre qualsiasi risposta.
Si bloccò, così, in piedi, in mezzo alla strada, con il braccio ancora a mezz’aria e con lo sguardo fisso verso la vetrina del bar.
Si bloccò guardando Maisie, seduta a un tavolo, ridere con le lacrime agli occhi, come lei non la vedeva ridere da tempo. Era in compagnia di una ragazza che non conosceva, bionda. Anche lei rideva. Erano sedute a uno di quei tavolini con i divanetti, vicine, troppo vicine. E ogni volta che ridevano, in Alexis una fitta le attraversava il cuore. Improvvisamente, la ragazza appoggiò una mano sul braccio di Maisie, chinandosi per dirle qualcosa all’orecchio. Maisie riscoppiò a ridere.
Alexis si sentiva soffocare. Era lì, immobile e non sapeva che fare. Non sapeva che pensare. Quella ragazza doveva essere Amber. Chi altri sennò. Più le guardava e più capiva il perché Maisie le avesse mentito. Si sentiva gelosa, come mai le era successo in vita sua. Si guardò intorno. Lanciò un ultimo sguardo alle due e poi lentamente si voltò e continuò la sua strada verso casa. Doveva allontanarsi da lì. Prima di impazzire.
 
*
 
«E niente…» Amber sorrise «Io e Rose ci siamo conosciute così! Grazie a una Vodka Lemon e un bagno occupato!» continuò a ridere.
Maisie si asciugò le lacrime. La storia che le aveva raccontato Amber aveva dell’assurdo.
«Ma adesso basta parlare di me!» esclamò improvvisamente Amber «Tu e Alexis come vi siete conosciute?»
Maisie fece un sorso della sua coca-cola. Sentì le sue guance prendere fuoco. Oltre a Mia e Jody, nessuno sapeva che lei e Alexis erano sorellastre.
«Ci siamo conosciute in aeroporto» rispose vagamente.
«E…?» la incalzò Amber.
Maisie rise.
«E niente. Ci siamo scontrate in realtà!» Maisie sorrise al pensiero «All’iniziò l’avevo scambiata per un ragazzo» confessò sorridendo lievemente.
Amber sorrise.
«Beh, sai… è la prima ragazza con cui sto! Cioè, che mi attrae…» balbettò «Va beh, hai capito!» Maisie sprofondò nel suo bicchiere di coca-cola. S’imbarazzava troppo a parlarne. Ma non per qualche forma di vergogna. Anzi. Aveva accettato, più o meno senza grossi problemi, il suo interesse per Alexis.
«Sai, è tutto così strano» continuò «Prima d’ora non mi era mai capitato. Non avevo mai provato interesse verso una ragazza. Con lei è stato…» Maisie sospirò «…diverso. Ovvio».
Amber la guardò. Ma questa volta non aveva il solito sorriso sornione. Sembrava molto sera.
«Hai lo sguardo davvero triste…» mormorò.
«Davvero?»
Amber annuì.
«Hai gli occhi stanchi e il sorriso triste… state passando un brutto periodo?»
Maisie annuì, girando il bicchiere tra le mani.
«Abbastanza…»
«Se ti va di parlarne…»
Maisie sorrise lievemente.
Le andava? Forse sì, forse no. Magari parlarne con una persona estranea alla situazione le avrebbe schiarito le idee.
«È che c’è… non so neanche come spiegarlo!» Maisie nascose il viso tra le mani.
«Un’altra?» le domandò Amber sorridendo, con un tono particolare.
«Un’ex!»
«Un’ex? Ma non avevi detto che si è trasferita praticamente quando l’hai conosciuta?»
«Il fatto è che… lei non me l’ha mai detto. Ma io l’ho capito».
«Da cosa?»
«Le ho incontrate, prima che iniziassimo la nostra storia, insieme, più volte. Anzi…» Maisie sgranò gli occhi, come se avesse capito improvvisamente qualcosa «Forse è stato proprio quando ho iniziato a vederle insieme che ho capito che Alexis mi piaceva…» Maisie scosse la testa «Il problema è che non so né quando è iniziata, né quando è finita. In realtà Alexis non mi ha detto mai niente. Ma io lo so. Sai quando ti senti qualcosa?» domandò rivolgendosi ad Amber che annuì «Beh, io me lo sento… e glielo ho detto».
«E lei?»
Maisie alzò le spalle.
«E niente, lei è stata zitta. Anzi, credo che mi stia evitando…»
«Mi dispiace…» mormorò Amber.
Già. Anche a Maisie dispiaceva. A volte pensava di esagerare. Era solo che il pensiero di Emma e Alexis insieme la faceva impazzire. Si sentiva terribilmente gelosa.
Forse Amber si accorse dei suoi pensieri, perché cambiò velocemente discorso. Passarono il resto della giornata così, a chiacchierare del più e del meno, evitando accuratamente di ricadere nei discorsi dei propri problemi di coppia.
Quando si salutarono, Maisie ebbe il piacere di incontrare Rose, che le dedicò un’occhiata tutt’altro che amichevole. Era abbastanza alta e portava i capelli cortissimi, rasati. Amber le aveva raccontato che giocava a basket. Si trascinò praticamente via Amber, lasciando Maisie, da sola, sul marciapiede. Aveva fame. Aveva bevuto solo una coca cola e mangiato quello che il barista aveva portato come stuzzicheria. Fortunatamente il bar dove Amber l’aveva portata era sulla via di casa, così s’incamminò. Aveva il cellulare scarico e non sapeva neanche da quanto tempo. Già s’immaginava la ramanzina che sua madre le avrebbe fatto! Chissà se Alexis era in casa… chissà se l’aveva richiamata.
Quando bussò alla porta di casa, venne proprio sua madre ad aprire. Maisie stava già partendo in quarta con le scuse, ma lo sguardo stanco e triste della madre la fermò.
«C-ciao mamma…» balbettò insicura Maisie.
«Ciao cara…» le rispose in tono laconico e con lo sguardo vuoto andandosene poi in cucina.
Maisie rimase in mezzo all’ingresso per alcuni secondi. Poi, scorgendo la testa della sorella sul divano, si precipitò da lei.
«Alice!» esclamò sedendosi vicino alla sorella «Che ha mamma?»
Alice la guardò sospirando, poi si voltò indietro per vedere se qualcuno era nei paraggi.
«Oggi Paddy e Alexis hanno litigato. Pesantemente!» sussurrò «Si sentivano le urla addirittura fuori da casa! Quando io sono entrata, la mamma era qui sul divano che si teneva la testa tra le mani, e si sentiva Alexis che diceva di tutto a Paddy!»
«In che senso “di tutto?”» domandò Maisie, mantenendo un tono basso.
«Non saprei dirti in realtà! Ho sentito che parlavano della madre, di Alexis intendo. Alexis deve avergli rinfacciato qualcosa, a proposito del matrimonio e mamma ha sentito…»
Maisie sgranò gli occhi.
«Non ci credo, non credo che Alexis possa fare una cosa del genere!»
Alice alzò le spalle, ritornando a guardare la televisione.
«Come fai a dirlo… puoi dire di conoscerla veramente?» le domandò Alice.
Maisie non rispose.
Alice non aveva tutti i torti. Alexis era riservata, ermetica. Ogni volta che aveva provato a chiederle qualcosa del suo passato, inventava sempre qualcosa per cambiare discorso. Aveva adottato la stessa tecnica anche per quanto riguardava Emma.
«E Paddy adesso dov’è?» domandò Maisie.
«È andato a comprare qualcosa per cena. Mamma non si sente troppo bene, non aveva voglia di cucinare. Secondo me è triste per quello che deve aver sentito…» mormorò Alice.
Maisie annuì.
Si sentiva dispiaciuta. Guardò sua sorella, la copia identica di sua madre, e si sentì triste. Avrebbe voluto chiederle di quel test, ma non era il momento adatto.
«E Alexis?»
«Credo sia in camera. Quando è tornata sembrava nervosissima, si è chiusa dentro sbattendo la porta e ha iniziato a sentire sempre la stessa canzone a ripetizione. Sono scesa giù per disperazione.» borbottò Alice.
Maisie annuì. Alexis era nervosa. Per cosa?
«Vado a mettere il cell in carica…» disse congedandosi.
Salì mestamente le scale. Che cosa era successo quel giorno? Aveva sempre visto Alexis e Paddy aver un comportamento amichevole tra loro. Di cosa avevano potuto discutere? Del matrimonio? Era una cosa che si sapeva da secoli! Anche se ormai il tempo stava passando davvero velocemente.
Entrò in camera e subito si precipitò a mettere il cell in carica. Voleva capire se Alexis l’aveva cercata quella giornata.
«E accenditi!» sbottò continuando a premere il tasto d’accensione del suo telefono.
«Parli anche con i cellulari adesso?»
La voce di Alexis le fece alzare la testa di scatto.
«Ehi» fu l’unica cosa che riuscì a dire.
«Ho provato a chiamarti oggi» disse Alexis appoggiandosi allo stipite della porta.
«Davvero?» domandò Maisie. Si sentiva serena dopo questa cosa «Avevo il cell scarico…»
«Squillava quando ti ho chiamato, ma forse eri impegnata» sibilò Alexis.
«N-no, non ero impegnata. Probabilmente avevo il silenzioso» mormorò Maisie. C’era aggressività nel tono di Alexis.
Alexis annuì.
«Come mai sei ritornata così tardi?» le domandò Alexis.
«Sono andata al bar…» rispose Maisie. Intanto il cellulare si accese.
«Oh, bene… questa volta con…?» l’incalzò Alexis.
Maisie valutò bene la situazione. L’ultima volta mentirle non era stata una scelta saggia.
«Con Amber» confessò.
Alexis chiuse gli occhi per un attimo.
«Amber, di nuovo» pronunciò in modo conciso.
«Non vedo cosa c’è di male!» sbottò Maisie, infastidita dal tono di Alexis.
«Non lo so, solo che quando si tratta di questa ragazza sei sempre molto evasiva… la prima volta mi hai mentito Maisie! Che cosa dovrei pensare?» soffiò Alexis avvicinandosi.
Maisie incrociò le braccia.
«Anche tu sei evasiva quando si tratta si Emma! Che cosa dovrei pensare io?» sbottò, cercando di non alzare troppo la voce.
«Maisie» Alexis fece una pausa, sembrava adirata e stanca allo stesso tempo «Non c’è niente da raccontare per quanto riguarda Emma. Niente. Ed io sono stanca, molto stanca, delle tue paranoie adolescenziali.»
Maisie sgranò gli occhi. Il suo cellulare iniziò a squillare, in continuazione.
«Non rispondi?» le chiese ironica Alexis per poi lasciare la stanza.
Maisie guardò lo schermo del cellulare. Era un numero che non aveva salvato in rubrica. Doveva essere Amber, al bar si erano scambiare i numeri. Maisie lo lasciò squillare, e poi sprofondò nel letto, cercando di non darla vinta alle lacrime. Si rigirò sul letto chiudendo gli occhi. Solo quando sentì Alexis scendere le scale di corsa e la porta di casa chiudersi si lasciò andare, piangendo fino ad addormentarsi.
 
*
 
Jody, da quella serata non si aspettava niente di nuovo. Era nel suo solito locale preferito, con le sue amiche, tranne Mia e Maisie. Le mancavano in certi momenti. Ma Maisie era probabilmente con Alexis e Mia era alle prese con un primo appuntamento.
Rise a una stupidissima battuta di un ragazzo che aveva conosciuto proprio quella sera. Era carino, ma Jody si era stancata di seguire solo le apparenze. Voleva trovare qualcuno che non la facesse annoiare. Qualcuno che le facesse scoprire nuove cose, che la portasse a vedere dei film nuovi, qualcuno che le facesse nascere nuovi interessi. Ma quella non sembrava la serata giusta.
«Ehm, senti Jody…»
«Si?»
Jody si riprese dai suoi pensieri e si voltò verso il suo interlocutore.
«C’è un ragazzo strano che ti sta fissando, lo conosci?»
Jody si voltò verso la direzione che le veniva indicata.
«Cazzo!» mormorò.
«È il tuo fidanzato? Se vuoi ci parlo io, glielo dico che stavamo solo chiacchierando…»
«No, figurati, non c’è problema. Non è il mio ragazzo!» esclamò Jody alzandosi di botto «Ma adesso devo proprio andare, scusa. Alla prossima»
E si allontanò senza neanche aspettare una risposta.
Attraversò il locale di fretta, chiedendo scusa a destra e manca.
«Alex!» esclamò «Che ci fai qui? E dov’è Maisie?»
Alexis la guardò.
«Ciao Jody, ti ho disturbato?» domandò, evitando accuratamente di rispondere alla seconda domanda.
Jody scosse il capo.
«No, no… non preoccuparti. Ma come sapevi che ero qui?».
«In realtà non lo sapevo, ti ho visto entrando».
Jody annuì, insicura su tutta la situazione.
«Ti va di fare un giro?» le domandò Alexis.
Jody si limitò ad annuire e indossò la giacca.
Una volta fuori al locale, Alexis si sentì davvero stupida. Era piombata nel mezzo della serata di quella ragazza, per chiederle cosa. Se la sua fidanzata la tradiva?
«Devi scusarmi, se ti ho sballato la serata…» esordì Alexis.
Jody fece spallucce.
«Non mi sto perdendo niente, credimi…»
«Ok, meglio, sai, mi sentirei in colpa…» disse sorridendo.
«Ma dov’è Maisie?»
«A casa…» mormorò Alexis mettendosi le mani in tasca.
«C’è qualcosa che non va?» le domandò Jody.
Alexis sorrise, amaramente.
«È così palese?» domandò.
«Abbastanza…» affermò Jody «Colpa di Emma?» domandò.
Alexis si bloccò, era sconvolta.
«Non fare quella faccia!» sbottò Jody «Sono una delle sue migliori amiche, è ovvio che io sappia tutto!»
Alexis la guardò, sospirando. Jody notò che non aveva, almeno in quel momento, quell’aria sicura che l’aveva sempre caratterizzata. Anzi, sembrava veramente stanca, gli occhi erano cerchiati di rosso ed era pallida.
Alexis guardò l’insegna luminosa di un bar.
«Ti va di entrare? Beviamo qualcosa e parliamo. Qua fuori fa freddo. E poi non capisco come tu faccia a camminare su quei tacchi».
Jody scoppiò a ridere e annuì.
«Tutta questione di portamento!» esclamò entrando nel locale.
Alexis la seguì a ruota. Era un bel locale, forse fatto per gente più grande di loro. Ma al momento se ne sbatteva. Si sedettero a un tavolino appartato e ordinarono due Martini.
«Devo chiederti una cosa…» esordì Alexis appena il cameriere si fu allontanato.
Jody annuì, invitandola a continuare.
Alexis fece un sorso del suo Martini. Era dolcissimo.
Jody le dedicò un timido sorriso.
«Cosa volevi chiedermi?»
Alexis sospirò profondamente. Aveva quasi paura a fare quella domanda. Sentiva che la risposta non le sarebbe piaciuta
«Chi è Amber?»

 
Chiedo umilmente perdono! Sono in stra-ritardo!
Ma come già ho detto ad alcun* di voi che mi hanno scritto, questa settimana è stata superimpegnativa! È stato anche il mio compleanno! Quindi perdonatemi!!!
Allora, no, la situazione non si è ancora chiarita! E Alexis non ne azzecca una, nè con Maisie nè con la sua pseudo-famiglia, ma forse ha capito che strada intraprendere... 
E Maisie è smepre super ingenua! Ah, l'inesperienza, che bella cosa...
Comunque, il finale forse è un po' strano, ma ho diviso il capitolo, anche perchè era venuto fuori un coso lunghissimo con troppi sconvolgimenti dentro! No, scherzo, niente panico!
Sono in fase di revisione dle prossimo, che è ancora lunghissimo, perchè si è aggiunta la parte tagliata da questo. Ma ho pensato a una cosa che mi piace troppo!
Allora! Vi lascio con i miei super mega ringraziamenti a tutti voi! A chi legge, a chi recensice (vi adoro!), chi ricorda, chi segue e chi preferisce! Siete tantissim* e io sono iper felice!
A voi spoiler!
Con affetto,
StClaire!

p.s. la canzone che ascoltava Alexis è dei Cold War Kids e si intitola First. Io l'adoro e credo rispecchi molto i sentimenti di Alexis in questo momento!
Mia si schiaffò una mano in fronte.
«Assurdo…» borbottò Mia ritornando a sedere..
«Quello che intende dire Mia è che Alexis aveva i suoi grandissimi motivi per non dirlo. Che avrebbe dovuto dirti? “Ciao Maisie, tu mi piaci, ma devo dirti che dieci secondi prima di te stavo con un’altra, e a Washington ancora un’altra, e a tredici anni ancora un’altra…!” e così via!».
«Così tante?» mormorò Maisie.
Jody alzò gli occhi al cielo.
«Ti prego dammi la forza…» mormorò, sembrava incredula «Maisie, non ho idea con chi sia stata Alexis, ma ti stai focalizzando su una sciocchezza. Se non ci fosse stata Emma, ci sarebbe stata qualcun’altra, magari a casa sua, a Washington! Vuoi continuare a farti le pippe mentali per tutto ciò?»

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Ruins. ***


Capitolo 15

-Ruins-

 
 
 
 

Era un bel locale, forse fatto per gente più grande di loro. Ma al momento se ne sbatteva. Si sedettero a un tavolino appartato e ordinarono due Martini.
«Devo chiederti una cosa…» esordì Alexis appena il cameriere si fu allontanato.
Jody annuì, invitandola a continuare.
Alexis fece un sorso del suo Martini. Era dolcissimo.
Jody le dedicò un timido sorriso.
«Cosa volevi chiedermi?»
Alexis sospirò.
«Chi è Amber?»

*


Alexis guardò bene Jody, forse per la prima volta. Era così diversa da Maisie. Gli occhi pesantemente truccati le sembravano fittizzi. Era priva di quell’innocenza e dell’ingenuità che caratterizzavano fortemente Maisie. Spesso si era domandata come fossero diventate così amiche, ma a volte, a certe cose non c’era spiegazione.
«Amber?» ripeté con voce incerta Jody.
Alexis notò l’espressione di Jody guizzare da un lato all’altro e capì di aver toccato il punto giusto «…È biondina, credo abbia la vostra età, gironzola intorno a Maisie…».
Alexis notò che Jody tentennava, sorseggiando il suo Martini. La guardò a lungo.
«È una ragazza della nostra scuola. Credo che Maisie la conosca da non più di un mesetto, anche meno. Perché me lo chiedi?»
Alexis sospirò. Sì sentiva terribilmente stupida, ma non sapeva il perché.
«Ultimamente è sempre con lei, e non sarebbe neanche un problema, ma Maisie mi ha mentito, proprio a proposito di questa ragazza, ma immagino che tu sappia tutta la storia, no?» Alexis notò l’espressione confusa di Jody, e seppe con certezza, che era per la strada giusta.
«Sì…» ammise Jody, giocarellando con l’oliva del suo drink.
«Solo che oggi…» Alexis si prese un attimo.
«Solo che?» Jody l’invitò a continuare.
«Solo che Maisie non sa che io l’ho vista in quel cazzo di bar con quella ragazza».
Jody sgranò gli occhi.
«I-io non so…»
«È lesbica?» domandò fulminea.
Jody tentennò un attimo.
«Jody?»
«Sì, e se per questo credo anche che abbia puntato Maisie» rispose, bevendo un lungo sorso di Martini.
Alexis scosse il capo.
«Lo sapevo…» si passò le mani tra i capelli. La testa le scoppiava. Si sentiva una perfetta idiota. Lo sapeva. Non c’era bisogno di andare a disturbare Jody, per farsi dire cose che già sapeva.
«Tu le vuoi bene? A Maisie intendo…»
Alexis alzò di scatto la testa.
«Certo».
Le metteva sempre soggezione parlare di cosa provava. Ogni volta le uscivano sempre monosillabiche risposte.
«Ah» Jody inspirò profondamente «Non è che si capisce eh! Detto sinceramente…»
«Come, scusa?» Alexis sperava di non aver capito bene.
«Scusami eh, Alex. Sei piombata improvvisamente qui, per chiedermi se Maisie ti tradisce? Ma stiamo scherzando?»
Alexis si sentì impallidire, non aveva mai visto Jody così arrabbiata. Di cosa stava parlando?
«Cosa ti fa pensare che io non voglia bene a Maisie?» mormorò.
«Il fatto che te ne vai in giro a baciare la tua ex? Hai idea di come l’abbia fatta sentire?» Jody si pentì quasi subito di essere scoppiata e averle detto tutto. Era una decisione che spettava a Maisie. Ma non ce la faceva. Vedeva Maisie soffrire e Alexis impazzire. Qualcuno doveva pure dare una smossa.
Alexis, dal canto suo, sentì il fiato mancare.
«Come fa Maisie a sapere di…» balbettò.
«Di Emma? Del bacio? È colpa mia, mi dispiace. Vi ho visto al centro commerciale, quella volta. Era mio dovere dirglielo Alex. Mi sei simpatica, ma non ammetto che la mia amica venga presa in giro…» Jody continuò, interrompendo ogni possibilità di contro-risposta di Alex «Si, so cosa vuoi dirmi!»
Alexis ammutolì all’istante.
«L’hai rifiutata, lo so» Jody continuò «E lo sa anche Maisie. È stata la seconda cosa che le ho subito detto. È solo che…»
«Che si è sentita tradita?» concluse Alexis per lei.
Jody annuì.
«Io mi sono sentita uno schifo!» esplose Alexis, alcune persone sedute al tavolo vicine si girarono, ma loro le ignorarono «Hai idea di come mi senta adesso? L’ho appena lasciata dicendole che non avevo niente da dirle! Sa che ho mentito!»
Aveva il cuore che batteva a mille. Ma non era quell’accelerazione che avvertiva quando era con Maisie. No, questo era panico puro. Aveva paura di aver rovinato tutto.
Sentiva lo sguardo di Jody addosso.
«Allora torna da lei e dille tutto. Non pensare ad Amber. Che ti frega di quella! Maisie non è mica così frivola da farsi abbindolare! Ha rotto il cazzo per mesi con “Alex di qua, Alexis di là”!»
Alexis si lasciò scappare sorriso amaro. Sembrava passata un’eternità da quando le aveva retto quello stupido gioco al festival.
«Senti…» Jody si fece improvvisamente seria «Non so che hai visto in quel bar, e non voglio saperlo, io so solo che Maisie sta passando un periodo particolare. È terrorizzata all’idea di perderti, o di perdere la sua famiglia… Ti vuole bene, e tu lo sai. Se ha fatto qualche sciocchezza, l’ha fatto in buona fede, lo sai anche tu che è idiota in campo di relazioni, è ingenua e quindi qualsiasi persona, anche una stupida come Amber, ne saprebbe approfittare».
Alexis annuì. Jody non era solo eyeliner e frivolezza. C’era della sostanza sotto i quintali di trucco che usava. Aveva ragione.
«Hai ragione…» mormorò.
«Ovvio che ho ragione!» esclamò Jody finendo il suo Martini «Io ho sempre ragione.»
Alexis accennò un sorriso.
«Immagino che questa conversazione non ci sia mai stata» disse Jody.
Alexis alzò le spalle.
«Non ti chiederò di mentire a Maisie. È una decisione che spetta a te» rispose Alexis massaggiandosi le tempie. Le faceva male la testa e sentiva la gola in fiamme per quanto aveva urlato con Paddy. Sperava che non si fosse sentito niente.
«Preferisco che non sappia niente, di questa sera. Non dovevo dirti io di Emma, mi è sfuggito, ma non mi pento. Cocciute come siete sareste finite male!»
Alexis alzò lo sguardo verso Jody e la ragazza le sorrise, forse il primo sorriso sincero che le vedeva nascere in volto.
«Grazie Jody» disse semplicemente Alexis.
«Figurati» rispose Jody allungandosi a prendere il drink praticamente intatto di Alexis «Ma la prossima volta che la farai soffrire, non ti parerò il culo. Sappilo.»
Alexis rise.
«Spero che non ci sarà una “prossima volta”».
Jody sorrise.
«Ottimo».
 
*
 
La mattina seguente Maisie non aveva alcuna forza di alzarsi e affrontare la giornata. Aveva paura di incrociare lo sguardo triste di sua madre, e non voleva incontrare lo sguardo arrabbiato e bugiardo di Alexis. Si sentiva arrabbiata. L’aveva ferita. Non era mai stata arrabbiata con Alexis. Ma il giorno precedente Alexis aveva superato il limite.
Scese svogliatamente le scale, con ancora il pigiama addosso. Si sentiva un vero schifo.
«Buongiorno cara» la salutò sua madre con un dolce sorriso.
«Mmmh» borbottò Maisie per risposta lasciandosi cadere sulla sedia. Aveva freddo, ma almeno sua madre aveva il solito sorriso stampato in faccia.
«Che c’è?» le domandò sua madre.
«Ho freddo» rispose semplicemente Maisie, allungandosi a prendere la brocca del latte caldo.
«Freddo?» esclamò sua madre «Ma se ci sono i riscaldamenti al massimo!»
Improvvisamente, Alexis si materializzò sotto l’arco che portava dall’ingresso alla cucina. Si fermò di botto, guardò prima sua madre e poi lei, e poi si voltò andandosene.
Maisie tacque, concentrandosi sulla sua tazza per non piangere. Si sentiva avvampare. Alexis la stava spudoratamente evitando. Adesso sì, che si sentiva veramente male.
«Ma avete litigato?» domandò Cate.
«Credo che oggi starò a casa. Non mi sento molto bene…» mormorò a sua madre evitando accuratamente di rispondere.
Cate annuì, senza staccarle gli occhi da dosso.
«Vai a riposarti, a letto, su!»
Ma prima che Maisie potesse alzarsi, qualcuno bussò alla porta. Paddy che era all’ingresso, andò ad aprire.
«Paddy!»
Maisie si voltò verso la voce.
«Jody?» domandò.
«Saaalve!» esclamarono Jody e Mia, una volta entrate.
Le sue amiche si fiondarono in cucina sedendosi affianco a Maisie.
«Ragazze! Che ci fate qui? Dovreste essere a scuola!» le rimproverò Cate.
«Signora!» esclamò Mia addentando un biscotto «Ma oggi è assemblea alla prima ora! Possiamo andare più tardi!»
Jody annuì.
«Ma io ho la febbre…» rispose vagamente Maisie.
Mia e Jody si girarono di scatto a guardarla.
«La febbre?»
Maisie annuì, quasi imbarazzata.
Jody alzò le spalle.
«Oggi abbiamo il compito d’inglese!» esclamò Jody «Come farai?».
Maisie alzò gli occhi al cielo. Era vero. La sua insegnante non glielo avrebbe mai fatto recuperare. E un “non classificato” era l’ultima cosa che le serviva.
«Vado a prepararmi…» borbottò «Venite con me?»
Salirono le scale, per poi andare in camera sua. Maisie iniziò a cercare gli abiti più pesanti che avesse.
«Com’è possibile che tua sorella abbia un arsenale di trucchi più dotato del tuo? Ed è anche più piccola!»
«Ma molto più vanitosa!» ribatté stanca Maisie.
Mia andò a chiudere la porta.
«Allora? Novità?» domandò Jody.
Maisie pensò un attimo. C’erano novità? No, affatto.
«No…»
«Come no?» la interruppe Jody.
«No, a parte che…»
«A parte che?» domandarono all’unisono Mia e Jody, quest’ultima con il mascara a mezz’aria.
«Stamattina ha accuratamente saltato la colazione per evitarmi….» concluse Maisie confusa.
«In che senso?» domandò Mia.
«Ieri mi ha detto che ero paranoica ed evasiva, e stamattina è arrivata in cucina, ha guardato me e mia madre e niente, se n’è andata.»
Maisie si sedette sul letto sospirando.
«E adesso dov’è?» le domandò Jody riponendo il trucco.
«Alexis? In accademia, credo».
«Ah, in accademia…» mormorò Jody «Non hai paura che incontri Emma?»
«Certo…» disse Maisie lisciando le pieghe del letto «La odio! Se non fosse stato per lei, adesso non sarei in questa condizione!»
Maisie non pensava di poter arrivare a odiare una persona che non conosceva neanche, ma era anche colpa di Alexis.
«Io so per certo che c’è stato qualcosa, e lo sapete anche voi!» continuò Maisie «Perché non me l’ha detto?».
«Maisie! Sii seria!» sbottò Mia.
Maisie strabuzzò gli occhi.
«Io sono serissima!» ribatté.
«No che non lo sei!» esclamò la sua amica alzandosi in piedi «Regola numero uno di un rapporto felice: mai parlare delle relazioni precedenti!» strillò alzando l’indice.
«Io non ho avuto relazioni precedenti!»
Mia si schiaffò una mano in fronte.
«Assurdo…» borbottò ritornando a sedere.
«Quello che intende dire Mia» riprese Jody «È che Alexis aveva i suoi grandissimi motivi per non dirlo. Che avrebbe dovuto dirti? “Ciao Maisie, tu mi piaci, ma devo dirti che dieci secondi prima di te stavo con un’altra, e a Washington ancora un’altra, e a sedici anni ancora un’altra…!” e così via!».
«Così tante?» mormorò Maisie sentendosi sempre più piccola.
Jody alzò gli occhi al cielo.
«Ti prego dammi la forza…» mormorò, sembrava incredula «Maisie, non ho idea con chi sia stata Alexis, ma ti stai focalizzando su una sciocchezza. Se non ci fosse stata Emma, ci sarebbe stata qualcun’altra, magari a casa sua, a Washington! Vuoi continuare a farti le pippe mentali per tutto ciò?».
Maisie la guardò ascoltandola.
«Io c’ero quel giorno al centro commerciale, e credimi, quel bacio per Alexis non ha significato niente!» continuò Jody «Se vuoi sapere davvero qualcosa, non aspettarti che lo faccia lei. Per com’è fatta, a lei non interessa, quindi non te lo dice. E soprattutto non vuole farti soffrire. Quindi smettila di piangerti addosso e chiediglielo!».
«Ma fino ad adesso ha sempre mentito!» sbottò Maisie.
«Ma fino ad adesso lei non aveva la certezza che tu lo sapessi! Voleva risparmiarti un colpo inutile! Sono certa che se tu l’affrontassi, lei confesserebbe tutto».
Maisie ripensò alle parole delle sue amiche e dovette infine ammettere che non avevano mica tutti i torti.
Sospirò, guardando fuori dalla finestra.
Magari, come avevano detto Jody e Mia, avrebbe potuto affrontarla.


*
 
Alla fine, l’insegnate di Inglese non era venuta, anche lei malata. Maisie dovette ricorrere a tutto il self-control per non dare in escandescenze, quando glielo avevano riferito. Avrebbe potuto passare tutta la mattinata al letto, al caldo del suo piumone, con il benestare di sua madre e invece no, era andata a scuola per un compito che alla fine non c’era stato. Si sentiva la testa ovattata ed era stanca, ma almeno la giornata era finita.
«Vuoi che ti accompagniamo a casa? Non vorrei saperti svenuta da qualche parte in giro per la città…» disse Jody «Sei bianca cadaverica!»
Maisie abbozzò un sorriso.
«Credo di riuscire ad arrivare a casa!» rispose mentre varcavano il portone d’ingresso.
«Ciao ragazze!»
Amber arrivò scuotendo la sua chioma di capelli biondi.
«Ciao cosa…» borbottò Jody con tono astioso.
Maisie la fulminò con lo sguardo.
«Ehm…» Maisie tossì in imbarazzo «…Ciao Amber».
Amber accennò un sorriso, ma si era accorta del tono poco amichevole di Jody e delle occhiatacce di Mia.
«Tutto bene?» domandò la ragazza.
Ma prima che Maisie potesse rispondere, le facce sconvolte e spaventate di Mia e Jody la portarono a voltarsi.
Alexis, con un’espressione tutt’altro che felice, era proprio dietro di lei. E sembrava molto contrariata.
Non disse una parola, dedicò un’occhiataccia ad Amber, che impallidì, e afferrò Maisie per un braccio e iniziò a trascinarla lontana dal gruppo.
«Alex, ma che diavolo ti prende?» esclamò Maisie cercando di liberarsi dalla sua presa.
«Che mi prende?» sbottò Alexis lasciando il braccio di Maisie una volta allontanatesi dal gruppo «Cosa succede a te! Si può sapere perché quella ragazza ti gira sempre intorno?».
Maisie la guardò allibita. Non aveva mai visto Alexis così arrabbiata.
«È una mia amica! Proprio come Jody e Mia! Mi sembra che all’inizio non ti piacessero neanche loro, ma non le conoscevi!».
«È vero, ma Jody e Mia non ti guardavano con gli occhi a cuoricino!» sbottò Alexis ad alta voce.
«Stai scherzando vero? Amber non mi guarda con gli occhi a cuoricino!» esclamò Maisie.
Alexis la guardò incrociando le braccia.
«Ah, no?» domandò in tono sarcastico «Vogliamo parlare di come ti si attaccava addosso in quel bar ieri?».
Maisie sgranò gli occhi.
«C-che ne sai?» borbottò Maisie. Era sconvolta.
«Io? Io non so niente! Perché c’è qualcos’altro che devo sapere, oltre al fatto che Amber ci prova con te?» sibilò Alexis.
«Amber non ci prova con me! Se proprio lo vuoi sapere sai perché stiamo così tanto insieme? Perché abbiamo lo stesso problema! Anche tra loro c’è un’altra persona!» scoppiò Maisie.
Alexis sgranò gli occhi.
«Maisie, non c’è nessuno. Io non ho nessuno, a parte te» mormorò dopo un minuto di silenzio Alexis.
Maisie rimase in silenzio. Quelle parole avevano un suono così malinconico.
«Vorrei parlarti…» sussurrò Alexis.
Maisie alzò lo sguardo.
«Di cosa?» domandò.
«Lo sai benissimo di cosa dobbiamo parlare…»
Era vero. Lo sapeva, ma sola idea le faceva venire da piangere, ma cercò di non farlo. Era stufa di piangere.
«Maisie…» esordì Alexis, avvicinandosi, ma Maisie alzò una mano per fermarla.
«Non so se lo voglio sapere ancora» mormorò. Si sentiva così triste.
Alexis impallidì.
«Maisie, mi dispiace… avrei dovuto dirtelo prima, lo so, ma non sapevo come l’avresti presa» si affrettò a dire Alexis.
Maisie alzò di scatto la testa.
«Come pensi che avrei dovuto prenderla?» Era allibita.
«Maisie, è successo tutto prima…»
«Non m’interessa!» urlò Maisie interrompendola.
«Sto provando a spiegarti come stanno le cose!» scoppiò Alexis «Io e te neanche ci parlavamo!»
«Non voglio sapere nulla!» sbraitò Maisie «Ho accettato il fatto che tu non abbia voluto parlarmene prima, accetta il fatto che io non ne voglia parlare adesso!»
Maisie si pentì quasi subito del tono che aveva usato. Alexis aveva confessato e adesso la stava guardando e per la prima volta le sembrava più che dispiaciuta. Sembrava che avesse quasi paura, paura di aver sbagliato. Il cuore di Maisie si strinse in una morsa ferrea. Avrebbe voluto correre da lei, abbracciarla, baciarla e raccontarle tutto, dei suoi dubbi e delle sue paure.
Alexis incatenò i suoi occhi a quelli di Maisie.
«Io te ne voglio parlare. Non adesso, come vuoi tu…» disse alzando le mani a mo’ di resa «Ho già sbagliato una volta, nascondendoti qualcosa che per me non vale niente, credimi. Non voglio farlo di nuovo».
Maisie sentiva che non avrebbe retto ancora. Cercò di dire qualcosa, ma le uscì solo un profondo sospiro.
«Voglio andare a casa…» disse semplicemente.
Alexis annuì facendosi da parte, per lasciarla passare.
Maisie iniziò a camminare lentamente. Aveva la testa bombardata dai dubbi. Da un lato avrebbe voluto avere la forza di ascoltare ciò che Alexis aveva da dire, senza sentirsi ferita o altro, dall’altro… niente. Aveva paura.
Alexis stava camminando dietro di lei, in silenzio. Maisie sentiva il rumore dei suoi passi. Avrebbe voluto girarsi e correre da lei, ma non aveva la forza. Avrebbe preferito non capire mai di Emma e Alexis, anche se era stato proprio quando le aveva viste insieme, che aveva capito che Alexis le piaceva. Sospirò.
«Maisie?»
La voce di Alexis era bassa, ma Maisie la ignorò continuando a camminare.
«Maisie vuoi ignorarmi per il resto della giornata?» le domandò Alexis.
Maisie si voltò continuando a camminare, Alexis era a una decina di passi dietro di lei.
«Come hai fatto tu questa mattina?» domandò.
Alexis si fermò.
«C’era tua madre!» sibilò Alexis.
«Non hai detto neanche “buongiorno!”» sbottò Maisie riprendendo a camminare velocemente.
«Maisie!» Alexis la chiamò.
Maisie in tutta risposta incalzò il passo e sentì Alexis imprecare.
Continuarono così per tutto il tragitto.
«Maisie! Adesso basta!»
Era quasi arrivata alla fine del vialetto privato nel quale abitava, che Alexis le diede un forte strattone che la portò a fare un paio di passi all’indietro, sbattendo contro lei.
«Se continui a correre così a cazzo vai a finire sotto una macchina» le disse, senza lasciarla andare.
«Lasciami andare» disse Maisie tentando di asciugarsi le lacrime.
Alexis mollò la presa, lentamente. Maisie si voltò, alzando lo sguardo. Il cielo era grigio, anzi, era argenteo. C’era qualcosa nelle nuvole, quel giorno, che Maisie non aveva mai notato prima. Forse era la fioca luce che filtrava che dava questa sensazione di racchiuso. Inspirò profondamente prima di trovare il coraggio di guardare Alexis. Stava pensando che forse avrebbe dovuto ascoltare ciò che lei aveva da dire, prima di correre ai ripari dal nulla. In effetti, anche Jody aveva detto che in fondo, il peggio era passato. Alexis aveva rifiutato il bacio di Emma. Il problema era che a Maisie mancavano i pezzi per capire quel gesto. C’era stato qualcosa tra Emma e Alexis, e lei voleva saperlo. Sentiva di dover sapere.
«Ehi» Alexis la guardò. Come al suo solito era in total black. Le uniche cose che aveva visto colorate su Alexis erano un paio delle sue t-shirt sformate.
«Ciao» mormorò Maisie. Non sapeva che dire.
«Posso dirlo?» le domandò Alexis.
«Che cosa?» rispose Maisie confusa.
Aveva freddo, e in quel momento non c’era anima viva in quel viale. Non filtrava un solo raggio di sole.
«Che mi dispiace» rispose Alexis.
Maisie sospirò. Era stufa di tutte quelle scuse.
«Ti dispiace? Di cosa?» sbottò Maisie.
«Maisie! Cazzo, sto provando a spiegarti delle cose!» sbraitò Alexis «Prima dici che le vuoi sapere, poi quando cazzo sto per farlo tu mi tratti uno schifo!»
«Che c’è da sapere? Fino ad adesso hai sempre detto che erano solo delle paranoie adolescenziali! Non hai detto così?» strillò Maisie «Tanto già lo so! Già lo so da un pezzo di te ed Emma!» continuò alzando la voce.
«Che significa?» domandò Alexis, ma prima che Maisie potesse rispondere, lei riprese «Anzi no, senti, non m’interessa» sbottò alzando le mani «Quello che m’interessa in questo momento, quello che voglio farti capire, è che con Emma è finita. Finita ancora prima di cominciare, non è neanche mai iniziata! Ho messo in chiaro da subito le cose con lei dopo quella sera in accademia, dopo che io ti ho baciata!» Alexis fece una pausa «Vuoi sapere come sono andate le cose? È andata che mi sono trasferita qua, all’improvviso, perché quello stronzo di mio padre si deve sposare! E dopo avermi abbandonato all’età di tredici anni se n’è uscito che IO gli dovevo almeno questo. Venire qui, in questo posto sperduto del cazzo! E mi sentivo sola!» sbraitò Alexis «E all’inizio sai chi ho incontrato?»
«Emma?» mormorò Maisie con le lacrime fredde agli occhi. Non si aspettava una reazione del genere, così forte.
«No, ho incontrato te» sussurrò Alexis «E in quel momento ho capito che ero fottuta! Completamente fottuta!» sbottò.
Alexis si passò le mani tra i capelli. Alcuni ciuffi di capelli erano sfuggiti alla sua coda.
«È vero, con Emma c’è stato qualcosa…» mormorò «Ma non è stato niente di, come dire, sentimentale…» concluse Alexis. Sembrava in imbarazzo.
Maisie la guardò.
«Sentimentale? Vuol dire che…» Maisie non era sicura di voler sapere esattamente cosa intendesse Alexis.
«Vuol dire quello che vuol dire, lascia perdere questa storia.» disse Alexis evitando di guardare Maisie negli occhi. Alexis si morse il labbro, sembrava che stesse facendo un grande sforzo per dire quello che stava per dire.
«Mi dispiace. Per tutto. Per averti creato tutti questi dubbi. Da quando è iniziato tutto, non ho fatto altro che incasinarti la vita» Alexis prese tra le mani il viso di Maisie, che stava ardentemente combattendo per non scoppiare a piangere, ma improvvisamente vicino ad Alexis, il tempo non le sembrava più così freddo.
«La verità è che tutto più bello da quando ci sei tu» confessò Alexis sorridendole «La prima volta che ti ho visto, non avrei mai immaginato che saresti diventata così importante per me. Non avevo idea che saresti diventata essenziale, che mi avresti resa felice solo sorridendomi. Sei vitale per me, Maisie. Mi dispiace non avertelo detto prima. Dovrei dirtelo ogni giorno, ogni momento. Sono così stufa di guardarti da lontano».
Alexis la guardò negli occhi, Maisie se li sentiva lucidi e pieni di lacrime.
«Stai tremando» sussurrò Alexis con tono preoccupato.
«Credo di avere la febbre» mormorò Maisie asciugandosi le lacrime.
«Ah. E io che credevo che fossero stata la mia dichiarazione romantica a farti emozionare»
«Idiota…» sbottò Maisie, senza però riuscire a nascondere una risatina.
Alexis l’abbracciò, stringendola forte.
«Scusa» mormorò Maisie, ricambiando l’abbraccio. Sembrava passata una vita dall’ultima volta che si erano abbracciate.
«Shhh» l’ammonì Alexis «Sono io che devo chiederti scusa.» disse, dandole un bacio sui capelli «Mi perdoni?» le domandò guardandola negli occhi.
Maisie annuì sorridendo. Sentiva come se si fosse svegliata da un brutto incubo.
Alexis si abbassò e la baciò. Era il bacio più bello che Maisie avesse ricevuto, condito dal sapore salato delle sue lacrime. Le parole di Alexis l’avevano emozionata a tal punto che non si era neanche accorta di star piangendo, ma nonostante tutto, Maisie cercava le labbra di Alexis e viceversa. Erano pochi i momenti ai quali potevano concedersi e in quel momento, erano da sole, nel viale di casa. Maisie sentiva il muro duro e freddo dietro la sua schiena, ma non le importava. Era tra le braccia di Alexis, ed era felice.
«Non pensavo di baciare così male…» scherzò Alexis vedendo il viso di Maisie rigato dalle lacrime.
«Idiota» sbottò Maisie, abbracciandola e nascondendo il viso contro il suo petto. Alexis le diede un dolce bacio sui capelli.
«Andiamo a casa?» le domandò Alexis.
Maisie annuì.
«Possiamo andare insieme o devo seguirti a distanza come un maniaco sessuale come prima?»
«Sei proprio idiota!» sbottò Maisie dandole un pugno sul braccio, ma con il sorriso sulle labbra e intrecciando le sue dita a quelle di Alexis.
Anche se per un brevissimo tratto, a Maisie piacque tantissimo tornare a casa mano nella mano con Alexis.
Sperava che presto sarebbe potuta diventare la normalità e non l’eccezione.

 
Hello!
Eccomi qui! Con il quindicesimo capitolo! Sono emozionata! Non pensavo di arrivare a tanto. Cioè, più o meno ho delineato in testa tutta la storia, ma giusto per grandi linee! Mi sto apllaudendo da sola!
Allora, che dire, spero come al solito che questo capitolo vi sia piaciuto! Spero la prossima volta di continuare ad aggionrare il venerdì, ma questo fine settimana è stato impossibile, però eccomi qui! La domenica, un giorno insolito! In questo capitolo un po' la situazione si è camata, ma ci sono ancora dei problemini da risolvere! E ovviamente, visto che questo è stato definito "il più grande lesbodramma di EFP" (hauhauahauahauhauahauahauhauahuahua adoro questo fatto!) ce ne sono altri in arrivo! E soprattutto arriverà uno pseudo/nuovo personaggio! Ma non vi anticipo niente più! 
Vi ringrazio come sempre per tutto l'interesse che mostrate per questa storia! Sono seria quando dico che non pensavo sarei arrivata fin qui! Grazie a tutt*! Vi voglio bene!!!
Alla prossima!
Con affetto,
StClaire.

«Ma va tutto bene?» le domandò sua madre improvvisamente.
Maisie alzò lo sguardo dai suoi compiti.
«Sì» annuì sorridendo. Una volta tanto che le cose andavano bene! «Perchè me lo chiedi?»
Sua madre la guardò per un attimo.
«Perchè stamattina ho incontrato Mary, e niente...» sua madre fece una pausa «...mi ha detto che l'altro giorno ha sentito te e Alexis litigare qui fuori. Quindi mi chiedevo se fosse tutto ok. È da un po' che vi vedo strane!» disse abbozzando un sorriso.
Maisie si sentì gelare. Mary era una signora che abitava nel loro stesso viale, qualche casa più in là, verso la strada principale. I ricordi le si affiacciarono agli occhi. Se Mary le aveva viste litigare, probabilmente le aveva viste anche baciarsi. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito. Che avrebbe dovuto dirle?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
-Nights-

*
 
Sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che aveva visto il sole. Quel giorno era alto, luminoso e anche abbastanza caldo. Sembrava che la primavera si fosse anticipata un po’. Maisie guardò fuori dalla finestra della sua stanza, seduta sul letto con i libri di testo intorno. Aveva da studiare troppe cose, neanche si ricordava quando gli insegnanti avessero spiegato tutta quella roba.
Sbuffò lasciandosi cadere sul letto. Non aveva nessunissima voglia di studiare, il cielo la invitava a uscire, ma con chi? Mia e Jody erano chissà dove con chissà chi. E in casa non c’era nessuno. Alex le aveva detto che sarebbe tornata in serata e che voleva vedersi un film con lei.
Maisie avvampò al solo pensiero. Solo una volta avevano deciso di guardare un film insieme, e della trama ci aveva capito ben poco.
Stava quasi per addormentarsi con il sorriso sulle labbra, quando improvvisamente Maisie sentì la porta di casa spalancarsi con furia. Si alzò di scatto dal letto e si avvicinò alla porta per scendere giù, ma le voci che sentì la fecero tornare sui suoi passi.
 «Cate! Ragiona, non vedo il perché di questo…»
Paddy. Erano Paddy e sua madre.
Sua madre stava rispondendo qualcosa, ma Maisie non sentiva niente. Aprì la porta lentamente e cercò di avvicinarsi alla rampa di scale facendo meno rumore possibile. Voleva capire di cosa stessero parlando. Sua madre era entrata in casa come una furia e non aveva mai sentito, in tutti quegli anni, Paddy e sua madre discutere così. Le voci erano alte ma indefinite.
Mentre Maisie scendeva un paio di scalini, la porta di casa si aprì nuovamente e sua sorella Alice entrò in casa. Era bianchissima. Alice lanciò un’occhiata alla cucina e poi salì le scale.
«Che ci fai in mezzo alle scale?» le domandò con voce stanca.
Maisie la guardò entrare in camera e la seguì. Era bianca come la neve.
«Ma ti senti bene?»
Alice fece segno di no con la testa. Maisie sentiva il cuore che le batteva forte. Se fosse stato un malore dovuto a…
«Mi è venuto il ciclo, fortissimo, sto male!» sospirò Alice.
Maisie sentì come se il nodo alla gola si fosse sciolto.
«Menomale!» esclamò.
Alice strabuzzò gli occhi mentre lanciava il suo zaino sul letto.
«Come meno male?» sbottò Alice «Ti sto dicendo che mi sento malissimo!»
«Va beh!» balbettò Maisie «Almeno non sei incinta!» esclamò. Lo disse così, velocemente, senza pensarci.
Alice la guardò con la bocca spalancata.
«Maisie, ma sei scema? Come potrei essere incinta!» Alice aveva lo sguardo paonazzo «Lo sai come funzionano certe cose, vero?».
Maisie arrossì imbarazzatissima. Farsi fare la predica da sua sorella non era il massimo a cui aspirare.
«Stavo scherzando!» rispose prontamente Maisie «Ti prendevo in giro!» aggiunse cercando di dare un tono sicuro alla voce.
«Va beh…» Alice si sedette sul letto «Che succede di sotto?» le domandò, riferendosi a Paddy e alla loro madre.
Maisie alzò le spalle.
«Non lo so. Li ho solo sentiti entrare e sbraitare a proposito di qualcosa d’indefinito».
Non le piaceva quando due persone litigavano. Da quando lei e Alexis avevano, più o meno, chiarito, cercavano sempre di evitare il discorso Emma/Amber. Almeno tra loro due, ma Maisie sentiva che c’era qualcosa che ancora non andava. Il problema è che lei avrebbe incontrato Amber a scuola e Alexis avrebbe incontrato Emma all’università. Alexis le aveva fatto promettere che sarebbe stata con gli occhi ben aperti e attenta ad Amber, ma a Maisie sembrava una sciocchezza.
Alexis sarebbe stata attenta a Emma?
«Ultimamente stanno litigando spesso, non trovi?» le domandò Alice. Sembrava quasi triste.
Maisie alzò le spalle, ma non ebbe il tempo di rispondere perché la porta di casa si aprì di nuovo, con forza.
Lei e Alice si alzarono di scatto.
«MA TI SEI FOTTUTO IL CERVELLO?».
Alexis, quella era Alexis.
Maisie e Alice uscirono velocemente dalla camera e si affacciarono alle scale.
«Dico io, ma che cazzo ti è saltato in testa?» continuò Alexis rivolta al padre. Dire che era adirata era un eufemismo. Maisie e Alice si azzardarono a scendere ancora un po’, ma nessuno le notò.
«Che succede?» domandò Cate.
«È quello che vorrei sapere anch’io!» sbottò Alexis, rivolgendosi a Paddy, lanciandogli il proprio cellulare.
Paddy lo prese al volo, con stupore.
«Leggi…» gli intimò Alexis. Tremava dalla rabbia.
L’espressione di Paddy passò dallo stupore, all’incredulità, alla… colpa. Maisie non gli aveva mai letto tutte quelle cose in faccia. Anzi, Paddy era stato, per lei e Alice, un padre, ma adesso, che porgeva il cellulare ad Alexis, aveva un’espressione che lo rendeva irriconoscibile.
«Ma dico io, come ti è venuto in mente di dirglielo!».
«Dirgli cosa?» sussurrò Alice a Maisie, forse a voce troppo poco bassa, visto che Cate alzò la testa di scatto.
«Ragazze!» esclamò incredula «Che cosa ci fate qui?» ma prima che Maisie e Alice potessero rispondere, Cate aggiunse «Andate in camera vostra! Subito!».
Alice fece una faccia offesa e sì voltò facendo ondeggiare i lucidi capelli neri. Maisie rimase ancora un secondo, Alexis alzò lo sguardo e le sorrise impercettibilmente. Era un sorriso stanco ma Maisie si sentì quasi rassicurata da quel sorriso, così si fece forza e si voltò tornando in camera sua.
Alice si era già sdraiata a letto, lamentandosi dei crampi alla pancia.
«Secondo te che è successo?» le domandò Maisie.
Alice si alzò, appoggiandosi ai gomiti.
«Non lo so. L’ultima volta Alexis e Paddy hanno litigato per lui aveva detto qualcosa alla madre».
«Che cosa?» domandò Maisie.
«Non lo so» rispose Alice «Mo’ che ci penso, Alexis aveva urlato qualcosa tipo “Non lo volevo sapere neanche io, sei pazzo!” o roba del genere…».
Maisie annuì. Di sotto non volava una mosca. Maisie si ricordò di quello che le aveva detto Alexis “Mi ha costretto a venire qui, diceva che gli dovevo almeno questo”.
Doveva costarle davvero tanta fatica stare in quella casa. All’inizio Maisie non ci pensava, e poi lei aveva sempre fatto la parte della ragazza forte. Anche nell’autogrill, la prima volta che ne parlarono, lei disse che non le importava niente, ma forse non era così.
Diede un ultimo sguardo al suo tema, ma lo distolse subito. Non era dell’umore adatto per lo studio. E poi erano in pieno week-end.
Guardò Alice che si era addormentata. Aveva delle ciglia lunghissime. Le sembrava così piccola. Aprì lentamente il cassetto, tra le cartacce varie c’era ancora la confezione vuota. Avrebbe dovuto disfarsene.
Improvvisamente il cellulare iniziò a squillare. Maisie si precipitò a rispondere, non voleva svegliare sua sorella.
«Alex?» sussurrò.
«Ehi, che fai?»
«Ma dove sei?»
«Al parco, fuori casa».
Aveva un tono di voce bassissimo.
«Che ci fai lì?» domandò Maisie.
«Niente, ero uscita. Ti va di andare fuori a fare un giro?»
«O-ok» balbettò semplicemente Maisie.
«Ti aspetto qui allora, a dopo.»
«A dopo».
Maisie chiuse la telefonata. Le sembrava così strano. Si preparò velocemente, il cielo fuori era diventato scuro e già sapeva che il calore del sole di quel giorno era andato via. Indossò il suo giaccone e uscì dalla stanza. Scese velocemente le scale e si affacciò alla cucina.
«Mamma, io esco…».
Paddy e Cate erano seduti al tavolo della cucina. L’uomo si teneva la testa tra le mani e sembrava che non l’avesse nemmeno sentita parlare.
«Va bene, tesoro. Non fare tardi» le rispose sua madre dedicandole un sorriso tirato.
Maisie annuì appena e poi lasciò la casa.
Fuori faceva ancora freddo ed era già buio. Avanzò il passo per riscaldarsi un po’. Il parco non era lontano, era alla fine del viale provato di casa loro ed era ben illuminato.
Appena arrivò all’entrata del parco, Maisie la notò subito.
Era seduta a gambe incrociate sul serpentone di marmo intorno all’albero principale del parchetto. Aveva tirato su lo scalda-collo, e le si vedevano solo gli occhi. Erano, se possibile, ancora più neri.
«Ciao» mormorò Maisie.
Fu come se Alexis si fosse ripresa da qualche incanto.
«Ehi» rispose abbassandosi lo scalda-collo «Tutto ok?».
Maisie annuì.
«A te?» le domandò. Si sentiva quasi in imbarazzo.
«Ho passato momenti migliori» ammise, alzandosi e prendendole le mani «Sei gelata» aggiunse.
Maisie annuì, ma era sorpresa. Di solito Alexis rispondeva sempre in modo preciso e conciso. Lapidaria. Non diceva mai qualcosa che lasciasse intendere altro. A parte questa volta.
«Dove vuoi andare?» le domandò Alexis.
«Non lo so» rispose Maisie. Era vero. Avrebbe voluto essere in camera sua, con Alexis. Al caldo.
«Io direi di andare in uno dei soliti bar, di cui questo paese è pieno» consigliò Alexis.
«Guarda che è una città, non un paese» ribatté Maisie.
Alexis la guardò sorridendo.
«Lo so, ma un giorno ti porto a Washington con me, e ti faccio capire perché dico così!».
Maisie sorrise.
Alexis non parlava quasi mai di Washington, né del suo passato lì, ma l’idea di visitarla, con Alexis, era un sogno a occhi aperti.
Iniziarono a dirigersi verso il centro, parlando di tutto, tranne che della loro famiglia. Alexis aveva messo un braccio intorno alle spalle di Maisie e lei si sentiva al sicuro, protetta.
Il cellulare di Alexis aveva squillato numerose volte, e lei, numerose volte aveva rifiutato.
«Chi è?» domandò Maisie spazientita, data che era già la terza volta da quando si erano sedute al bar.
«Gelosa?» le domandò ghignando Alexis.
Maisie sbuffò.
«Non è nessuno. Sono mia madre e Paddy che si alternano al telefono…» mormorò stanca.
«Cos’è successo?» le domandò Maisie.
Alexis alzò le spalle.
«Non lo so neanche io, in realtà» sospirò «Paddy ha detto a mia madre del matrimonio, e di un altro fatto loro e lei non l’ha presa molto bene» disse sorridendo amaramente.
Poi senza che Maisie dicesse niente continuò.
«Mia madre non si è mai ripresa del tutto, da quando Paddy se n’è andato. Quando siamo ritornate in America è andata in cura. Non mangiava, era sempre più magra, non si alzava dal letto e non usciva di casa.» Alexis si fermò solo perché la cameriera portò loro quello che avevano ordinato «Si era creata una prigione, perfetta. Il nostro medico di famiglia disse che era depressa, e che avrebbe dovuto assumere determinati farmaci, ansiolitici, antidepressivi e cose così» sbottò versando lo zucchero nel suo caffè «I miei nonni materni cercavano di non farmelo pesare, ma io vivevo con lei, ed eravamo sole. Ero abbastanza grande per capire che stava male, che stava soffrendo, per colpa di mio padre» Alexis fece un sorso. Maisie, per conto suo, non aveva ancora toccato niente. Era la prima volta che Alexis si apriva così. Le vedeva gli occhi lucidi, fissi su un punto indefinito del tavolo di legno.
«Ma forse» continuò «Non ero abbastanza grande per capire che a volte la colpa non è di una sola persona. Così, eccomi qui, sono cresciuta odiando mio padre e provando pietà per mia madre.» Alexis assunse un’espressione frustrata «Con il tempo le cose sono migliorate, più o meno. Mia madre ha provato a rifarsi una vita, io continuavo a esistere cercando di non ricordarle con chi mi aveva concepito» continuò a sorridere amaramente «Il problema è che lei se lo ricordava, oh, eccome. Abbiamo un rapporto strano, io e mia madre. Una specie di amore e odio. Più odio che amore. Siamo una famiglia, irrimediabilmente e siamo legati, indissolubilmente, e facciamo parte ognuno della vita dell’altro. Per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscita a staccarmi né da mia madre né tantomeno da mio padre, visto che sono qui.»
Maisie l’ascoltava, rapita. Non aveva mai pensato che la situazione di Alexis potesse essere così… stancante. La ammirava. La guardava e vedeva una ragazza che era dovuta crescere da sola. Lei non ci sarebbe mai riuscita.
«Paddy parlava sempre di te…» disse Maisie.
«Davvero?» le domandò Alexis sorpresa.
Maisie annuì.
«È vero. Quando avevo tipo dieci o undici anni, tu ti sei diplomata, e mi ricordo che Paddy non parlava d’altro. Non ti avevamo mai conosciuta, neanche mia madre, ma sapevamo tutto di te, che voti prendevi, cosa studiavi, che corsi frequentavi, quale macchina fotografica ti aveva regalato lui per natale, dove eri andata in vacanza, cosa avevi fatto in vacanza. Tutto.»
Maisie fece una pausa, per studiare l’espressione di Alexis. Sembrava sinceramente sorpresa.
«Dicevo, tu ti sei diplomata e dovevate fare una conversazione su Skype. Perché lui non era potuto venire, per colpa del lavoro, al tuo diploma.»
Alexis annuì.
«È vero, mi ricordo. Mi ricordo anche…»
«Che quella conversazione non c’è mai stata, perché tu non hai mai chiamato, o risposto.» concluse Maisie «Ti giuro, è stato bruttissimo per lui» aggiunse poi «Credo si sia ripreso solo quando gli hai regalato quelle fotografie. Ha fatto disegnare le cornici e le ha costruite lui. Le spolvera lui personalmente lo sai?»
«Non l’ho fatto per torto o altro. C’era una ragione per cui non lo chiamai né mi feci sentire in qualche modo. E lui lo sa» Alexis aveva lo sguardo molto serio «Spesso» continuò «Mia madre ha, come dire, delle crisi, degli esaurimenti nervosi…» disse insicura «Il che significa che deve riprendere “la cura”» disse sprezzante «Quindi praticamente ricomincia tutto un ciclo fatto di dottori, sedute, psicofarmaci e il resto…»
Alexis sospirò, sembrava stanca.
«Non puoi darti la colpa di tutto questo!» esclamò Maisie.
«Non è che mi do la colpa, è solo che adesso mia madre ha avuto un’altra delle sue crisi, e io sono qui, lontana miglia e miglia» mormorò «Per questo mi sono incazzata!» esclamò a un tratto «Paddy sa quanto è fragile mia madre, e lui che fa? La chiama per invitarla al matrimonio e per dirle…» Alexis si bloccò guardando Maisie «Ai miei occhi è stato perfido» sbottò concludendo.
«Mi dispiace» mormorò Maisie.
Alexis aggrottò le sopracciglia.
«Perché?» domandò.
Maisie alzò le spalle, iniziando a balbettare qualcosa d’incomprensibile.
«Per quello che è successo alla mia famiglia?» le domandò Alexis posando la tazza di caffè sul tavolo.
Maisie annuì impercettibilmente.
Alexis sorrise dolcemente.
«Non è mica colpa tua, o di tua madre. So a cosa stai pensando» aggiunse vedendo l’espressione di Maisie «Che se Cate e Paddy non si fossero mai incontrati, tutto ciò non sarebbe successo.»
Maisie la guardò in silenzio, annuendo. Aveva sempre pensato che Paddy fosse stato una specie di dono dal cielo, per sua madre, ma la sua felicità era costata la tristezza di qualcun altro. E quel qualcuno, era Alexis.
«L’ho pensato anch’io, sai?» ammise Alexis sistemandosi sulla sedia «Ma non ha senso. La verità è che a volte le persone impazziscono a stare insieme. I miei erano finiti prima che Paddy incontrasse tua madre.»
«Perché pensi che Paddy l’abbia invitata al matrimonio? Io non credo che l’abbia fatto per… cattiveria» domandò Maisie.
Alexis inspirò profondamente.
«Perché con ogni probabilità, mia madre verrà alla mia laurea. Subito dopo c’è il matrimonio. Forse voleva fare il carino, ma ha sbagliato completamente strada».
«Ma tua madre già sapeva del matrimonio, no?»
C’era qualcosa che non quadrava in tutta quella situazione.
Alexis la guardò, intensamente, come se avesse capito qualcosa. Si morse il labbro inferiore.
«Certo che lo sapeva. Ma c’è un’altra cosa… Ma non credo stia a me dirtela o meno…» disse abbassando lo sguardo.
Maisie la guardò.
«Che cosa?» domandò Maisie, quasi infuriata «Alex, che cosa?» ripeté «Avevamo detto che tra noi non ci sarebbero stati più segreti…»
Alexis si allungò verso di lei.
«Ma questo non è un segreto, Maisie!» Alexis sospirò «Non lo so neanche io…»
Alexis si lasciò cadere all’indietro, sul divanetto del bar.
«Non guardarmi così…» disse poi abbozzando un sorriso con tanto di fossette al seguito.
Maisie arrossì.
«Così come?» domandò spaesata. Come la stava guardando?
«Mi sta guardando con quegli occhi da lemure offeso… e niente…»
Maisie si mosse nella sua posizione.
«L-lemure offeso?» ripeté ancora più spesata «Che significa?»
Ma prima che Alexis potesse rispondere, due figure, ben conosciute, si avvicinarono al loro tavolo.
Maisie vide l’espressione di Alexis contrarsi e iniziò ad andare in panico.
«Maisie!» la squillante voce di Amber riempì il locale.
Amber aveva legato i suoi folti capelli biondi in una lunga treccia morbida. Era mano nella mano con Rose.
«C-ciao Amber» balbettò Maisie, presa alla sprovvista, spostando lo sguardo da Amber ad Alexis.
«Ehm» Amber sembrava in imbarazzo. Alexis e Rose avevano più o meno la stessa espressione. Cagnesca.
«Rose, questa è Maisie…»
«Già ci conosciamo» rispose lapidaria la ragazzona bruna dedicandole un’occhiata.
«Alexis, lei è Amber» disse Maisie.
Alexis fu molto più socievole di Rose. Allungò la mano e la strinse, presentandosi sia ad Amber che Rose.
«Che fate di bello?» domandò sorridendo Amber, una volta che le presentazioni furono concluse.
Maisie alzò le spalle. Sentiva lo sguardo addosso, sia di Alexis che di Rose.
«Niente, eravamo qui a chiacchierare» rispose per lei Alexis «Voi?» aggiunse.
«Noi siamo appena arrivate» rispose Amber, sorpresa dal fatto che Alexis le stesse rivolgendo la parola «Non abbiamo grandi progetti per stasera».
«Anche noi» ammise Maisie.
Era felice che Alexis non sembrasse arrabbiata, o almeno non tanto, ma voleva assolutamente sapere cosa Paddy avesse detto alla madre di Alexis.
«Credo che andremo a mangiare qualcosa» aggiunse improvvisamente Alexis.
Maisie la guardò sorpresa. Era tardi per cenare, almeno per lei.
Amber annuì, abbozzando un sorriso.
«Allora, vi auguro buona serata!» esclamò, ma sembrava delusa dal fatto che stessero per andare via. Rose, invece, sembrava felice.
Alexis ricambio con un sorriso abbozzato, lasciando sul tavolo due banconote da dieci sterline.
Maisie si alzò e Amber la salutò schioccandole un veloce bacio sulla guancia, prima di essere trascinata via da Rose.
Alexis alzò un sopracciglio contrariata.
«E poi vuoi farmi credere che non ci abbia provato con te?» sbottò, una volta fuori dal locale.
«Non ci ha provato! Già te l’ho detto…» rispose sulla difensiva Maisie.
«Sì, certo, la storia della terza incomoda…» borbottò accendendosi una sigaretta.
Maisie alzò gli occhi al cielo, era buio e le luci dei locali sembravano essere triplicate.
«Pensavo che avessimo detto che non ne avremmo più parlato» disse Maisie mettendosi di fronte a lei.
«Infatti non ne stiamo parlando».
«Davvero?» domandò sarcastica Maisie.
Alexis la guardò intensamente.
«Odio questo posto, finisci sempre per incontrare qualcuno che non vorresti vedere.» disse Alexis aspirando.
«Mi sembra che avevamo affrontato anche questo discorso» ribadì Maisie.
Alexis scosse il capo.
«Tu non capisci…»
«Che cosa?»
«Maisie, ti è mai passato per l’anticamera del cervello che il terzo incomodo nella loro relazione fossi tu?» esclamò Alexis guardandola «Ho visto come ti guarda! E soprattutto ho visto come ti guarda Rose. Se avesse potuto, ti avrebbe fulminato con gli occhi!»
Maisie la guardò incredula.
«Non penso» rispose poi, risoluta.
«No? Perché?»
«P-perché…» balbettò Maisie. Non sapeva che dire. Lo sguardo di Alexis l’aveva mandata in tilt.
«Perché non vi conoscete bene?» suggerì, in tono sarcastico, Alexis «Ti conosco abbastanza da sapere che stai pensando questo.» aggiunse «Le persone non sono tutte uguali Maisie, non tutte s’interessano all’inizio a una persona per il carattere o perché le hanno conosciute bene».
«Che intendi dire?» chiese Maisie confusa.
«Che magari le piaci, che la attiri fisicamente. Succede, che una persona s’interessi semplicemente per un fatto fisico».
«Come te ed Emma?» domandò Maisie, le uscì spontaneo.
Vide Alexis bloccarsi. Era come se una secchiata d’acqua gelata l’avesse investita all’improvviso.
«Andiamo a casa.»
Fu l’unica cosa che disse Alexis, prima di iniziare a camminare. Maisie la seguì a ruota, combattuta, tra il seguirla in silenzio, urlarle di tutto o rimanere lì, da sola.
Ma c’era stato qualcosa nel tono che Alexis aveva usato, un lampo nei suoi occhi, che la spingeva a seguirla, mansueta, cercando di capire.
«Avevi ragione, avevamo deciso di non parlarne più…»
«Solo quando fa comodo a te» sbottò Maisie interrompendola.
Alexis si bloccò di scatto.
«A me non fa comodo per niente. Tu hai detto che non volevi sapere altro e io ho accettato. Anche perché non c’è niente da capire. Abbiamo un accordo, anche se mi sembra stupido. Non mi piace scendere a compromessi. Io evito Emma, tu stai attenta ad Amber. Ma il problema adesso non sono loro».
Alexis sembrava stanca, improvvisamente Maisie si accorse delle occhiaie profonde intorno ai suoi occhi.
«Voglio farti vedere una cosa» aggiunse «Per questo voglio andare a casa.»
Maisie annuì appena e seguì Alexis. Camminarono, una affianco all’altra, in silenzio. Fino a casa.
Maisie si stava dirigendo verso la porta d’ingresso, quando Alexis la fermò.
«Che fai?» le domandò.
Maisie la guardò confusa.
«Volevo entrare…» rispose.
«Aspetta un attimo qui» disse Alexis, per poi allontanarsi verso la sua macchina.
Aprì la portiera e iniziò a cerca qualcosa dal lato del passeggero, nel cruscotto. Maisie si guardò intorno, era tutto buio. Le luci di casa erano tutte spente, segno che dormivano già tutti. Fuori faceva freddo, e Alexis era ancora intenta a cercare qualcosa in macchina.
Il rumore della portiera che si chiudeva la fece rinsavire. Guardò Alexis che avanzava verso di lei, con un sorriso stampato in faccia. Sembrava imbarazzata.
Alexis si avvicinò e sospirò.
«Non so perché, ma mi sento stupida».
Maisie la guardò senza capire. Alexis in mano non aveva niente.
«So che ti potrà sembrare strano, o non so, avventato, o un altro aggettivo a tua scelta. Ma quando l’ho visto ho pensato a te. Cosa che tra l’altro faccio sempre, ed è strano. Non mi era mai capitato prima.».
Maisie continuò a guardarla senza capire, ma sentì gli angoli della sua bocca andare in su.
«L’ho comprato qualche giorno fa, ma aspettavo il momento giusto, e forse è arrivato.»
Alexis mise una mano in tasca e cacciò un piccolo scatolino ricoperto di velluto e glielo porse.
Maisie lo prese con titubanza. Quello scatolino le ricordava vagamente qualcosa.
«Apri» la esortò Alexis.
Maisie la guardò, sorpresa.
«Apri! Quest’ansia mi sta uccidendo!» continuò Alexis.
Maisie aprì lentamente la scatolina, e una volta aperta, la sua bocca si spalancò.
Rimase forse un minuto così, con la bocca spalancata dalla sorpresa.
Era un anello, l’anello più bello che Maisie avesse mai visto. Era una fedina d’argento, sormontata da un diamante che sembrava splendere di luce propria.
Maisie iniziò a balbettare qualcosa, ma non sapeva che dire. Apriva e chiudeva la bocca, di continuo, ma non le usciva niente.
Avrebbe dovuto dire qualcosa, ma sentiva solo gli occhi inumidirsi.
«Non so se prendere le tue lacrime come una cosa buona o cattiva».
Maisie sorrise, asciugandosi le lacrime.
«N-non so che dire…» balbettò.
«Allora non dire niente…» sorrise Alexis.
Le prese lo scatolino dalle mani e tolse l’anello dal suo supporto.
«Sai perché s’indossa all’anulare sinistro?» le chiese mentre le prese la mano sinistra.
Maisie scosse il capo.
«Perché si dice che lì passi una piccola arteria, che risalendo il braccio, arriva direttamente al cuore» concluse, facendole indossare l’anello.
«Non voglio che nessuno s’intrometta tra me e te» aggiunse Alexis prendendole il viso tra le mani «Non voglio assolutamente perderti per cose che riguardano il passato, o per qualsiasi cosa accadrà nella nostra famiglia. Mi prometti una cosa?» le domandò Alexis.
«Cosa?»
«Che domani parlerai con tua madre».
Maisie la guardò confusa.
«Di cosa?» domandò.
Alexis scosse il capo.
«Non lo so» rispose, ma Maisie sapeva che significava “non posso dirtelo” «So solo una cosa, adesso.» aggiunse Alexis.
«Che cosa?»
«So solo che dovresti dormire con me, stanotte.» rispose Alexis guardandola intensamente negli occhi. Sembrava una spupplica.
Maisie arrossì all’istante.
«Non è una proposta oscena, eh!» esclamò Alexis, percependo l’imbarazzo di Maisie.
«Lo so!» rispose ridendo Maisie «È che… come facciamo?»
«Entriamo in casa, saliamo le scale e andiamo in camera mia» rispose Alexis, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
«Dico per domani mattina…»
«Io mi devo svegliare presto, che inizio a togliere delle cose dallo studio, poiché dopo la laurea lo lascerò. Ti sveglio io e ti spedisco in camera tua.»
Maisie annuì sorridendo.
Alexis la prese per mano e si avviò verso casa. Aprirono la porta in silenzio, e ancora più silenziose salirono le scale che portavano al piano superiore.
Quando Alexis aprì la porta di camera sua, Maisie si bloccò.
«Che c’è?» sussurrò Alexis.
«Non ho il pigiama!» esclamò a bassa voce Maisie.
Maisie vide Alexis nascondere una risata. A lei la questione del pigiama sembrava una cosa seria.
«Ti do io qualche cosa…» mormorò Alexis entrando in camera.
Entrarono in camera chiudendo la porta.
Alexis accese la luce, e dopo tutto il buio, fu quasi accecante. Maisie approfittò del momento in cui Alexis cercava qualcosa da darle, per guardare meglio l’anello. Le si mozzava il fiato. Non aveva mai ricevuto un regalo tanto bello e tanto impegnativo.
«Ti piace?» le domandò Alexis, che si era accorta dello sguardo sognante di Maisie.
«Tantissimo…» rispose Maisie.
Alexis si avvicinò, porgendole una felpa e il pantalone di una tuta.
«Sono felice che ti piaccia» disse abbassandosi e baciandola.
Maisie ricambiò con dolcezza quel bacio, abbracciandosi i vestiti. Avrebbe passato il resto della notte così.
«Posso indossarlo sempre?» domandò Maisie ad Alexis.
«Certo» rispose Alexis, iniziando a svestirsi.
Maisie avvampò.
«Non pensi che…»
«Che se ne accorgeranno?» terminò Alexis per lei, indossando un pantalone e una maglia a mezze maniche.
Maisie annuì.
Alexis si sedette sul letto sospirando.
«Se siamo fortunate non se ne accorgeranno. Se dovessero farlo, beh, ci inventeremo qualcosa. Anche se credo che prima o poi dovremmo dirglielo, non pensi?» le domandò, piegando la testa di lato.
Maisie annuì.
«Dopo il matrimonio?» le domandò, titubante.
«Vuoi metterli alle strette?» scherzò Alexis.
Maisie scosse il capo.
«Non voglio che questa cosa diventi più grande di noi. Siamo io e te, giusto?»
Alexis si alzò avvicinandosi.
«Giusto» ripeté attirandola a sé e baciandola.
Maisie si alzò sulle punte, per ricambiare e godersi al meglio quel momento.
Alexis le prese da mano i vestiti che lei stessa aveva dato, e li gettò, senza staccarsi da Maisie, all’indietro, verso il letto. Poi, improvvisamente, Maisie si sentì alzare. Alexis l’aveva presa in braccio e lei intrecciò le sue gambe, dietro la schiena di Alexis.
«Così non rischio il colpo della strega ogni volta che voglio baciarti…» le sussurrò guardandola negli occhi.
«Sei tu che sei troppo alta» borbottò Maisie.
Alexis rise, lasciandola andare giù.
Maisie le fece la linguaccia, andandosi a riprendere la felpa che era finita sul letto.
Sentiva lo sguardo si Alexis addosso, e s’imbarazzava a spogliarsi. Era già successo una volta, ma erano al buio. Ma questa volta no.
Maisie prese i lembi della sua maglia e se la tolse, avrebbe voluto indossare velocemente la felpa di Alexis, ma non riusciva ad aprire i gancetti del suo reggiseno. Si sentiva stupida, stava lì, in preda al panico e con il viso paonazzo, mentre cercava di liberarsi dal quel dannato indumento. Avrebbe dovuto comprarsi quelli con i gancetti sul davanti.
Improvvisamente, il tocco delicato delle mani di Alexis la fece irrigidire.
«Ti ho spaventato?» sorrise Alexis da dietro mentre le districava i gancetti.
«N-no, è che hai le mani fredde» rispose Maisie, mentre cercava di togliersi finalmente quel coso da dosso, con meno movimenti possibili, ma il calore della bocca di Alexis sul suo collo la bloccò.
Alex disegnava piccoli cerchi con i suoi baci sul collo di Maisie, che sentì un brivido percorrerle tutto il corpo. Alexis l’abbracciò.
«Scusami» mormorò Alexis abbracciandola «Ma non ho resistito».
Maisie non rispose, si voltò quel che bastava per incontrare le labbra di Alexis e baciarla. Assaporò ogni millimetro delle labbra di Alexis, dolcemente, con calma. Le mani di Alexis l’esortarono a voltarsi, cosa che Maisie fece, senza staccarsi un solo attimo da lei. Lasciò cadere l’indumento intimo ai suoi piedi, per poi essere avvolta, di nuovo, dalle braccia di Alexis. Maisie sentiva le mani di Alexis accarezzarle con delicatezza la schiena e i fianchi, fino a su, a sfiorarle il seno nudo. Il suo corpo era percorso da fremiti di piacere.
Fecero, insieme, comandate da niente, un paio di passi verso il letto. Maisie si ritrovò sdraiata, con le mani intrecciate a quelle di Alexis, che stava delineando una scia di baci dal collo al ventre. Maisie si lasciò scappare un sospiro di piacere, quando, improvvisamente, Alexis si alzò di scatto, staccandosi, come se si fosse scottata. Afferrò la felpa che era scivolata a terra e la porse a Maisie.
«Vestiti» le disse con voce roca, ma gentile. Sembrava stranamente scossa.
Maisie afferrò la felpa che Alexis le porgeva e l’indossò velocemente. Si sentiva rossa dall’imbarazzo. Su di lei quella felpa era ridicolmente lunga.
«Non oso immaginare il pantalone» mormorò alzandosi e allargando le braccia. Le maniche erano talmente lunghe che le sue mani non si vedevano.
Alexis abbozzò un sorriso e poi si avvicinò per rimboccarle le maniche.
Maisie la lasciò fare, continuando a guardarla.
«È ora di andare a nanna» esclamò Alexis una volta finita l’operazione.
Maisie annuì in silenzio.
«Destra o sinistra?» domandò Alexis.
«Come scusa?»
«In che lato preferisci dormire?»
«Ah» Maisie ci pensò un attimo «Destra» rispose.
Alexis le fece segno di accomodarsi, alzando le coperte.
«Lo sai che era da tanto che volevo farlo?» le domandò abbracciandola da dietro, una volta che furono sotto le coperte.
«Davvero?» le domandò sussurrando Maisie.
Alexis annuì.
«Davvero».
«Perché prima ti sei… fermata?» domandò Maisie, incapace di trattenersi.
«Perché sì…» rispose Alexis dopo un po’ «Ehi, voltati» aggiunse.
Maisie ubbidì e si voltò a guardare Alexis che si era alzata, appoggiandosi ai gomiti.
Si perse nei suoi occhi così neri.
«È giusto così» le disse accarezzandole il viso, per poi porgerle un dolce e casto bacio sulla fronte.
«Dormiamo?» le domandò poi.
Maisie annuì, sorridendo leggermente.
Si accoccolò contro di lei, seguendo con la punta delle dita le linee delle figure impresse a inchiostro sulla pelle di Alexis, addormentandosi poi seguendo il regolare ritmo del suo petto.
 
*
 
Quella notte aveva dormito più che bene. Non le era mai successo di dormire con qualcuno. Certo, spesso aveva dormito con Jody e Mia, ma di certo non era stata la stessa cosa. Ora, nel suo letto, si sentiva quasi sola. Il respiro regolare di sua sorella l’accompagnava in sottofondo. Alexis l’aveva svegliata veramente presto, prima che si svegliassero tutti, molto prima. Per precauzione, aveva detto lei, prima di andarsene.
Chissà perché andare lì così presto. Si rigirò nel letto, guardandosi l’anello. Cosa significava quel regalo? La loro storia era seria, certo, ma non ufficiale, chissà se lo sarebbe mia stata. Aveva pensato, ripetutamente, a come sarebbe potuto succedere. Come si dice una cosa del genere a un genitore? Inspirò profondamente. La felpa era satura del profumo di Alexis. Gelsomino misto a qualcosa di fresco. Cosa avrebbe dovuto farne, dell’anello? Indossarlo sperando che nessuno se ne rendesse conto? Le piaceva davvero tanto quell’anello…
Decise di tenerlo, non vedeva l’ora di mostrarlo a Jody e Mia. Si sentiva come la protagonista di uno di quei film americani. Sperava solo nel lieto fine.
«Buongiorno…» mormorò sua sorella sbadigliando.
Maisie, che era seduta sul suo letto tra i libri di scuola alzò gli occhi sorridendole.
«Buongiorno. Dormito bene?»
Alice annuì.
«Come ti senti?» le domandò Maisie, riferendosi ai dolori mestruali del giorno precedente.
«Molto meglio, molto» esclamò sua sorella, con un grosso sorriso stampato in faccia. La stava fissando apertamente.
«Che c’è?» domandò Maisie posando la penna e guardandola «Perché mi fissi così?» le domandò.
Il sorriso sulle labbra di Alice si fece ancora più luminoso.
«Hai fatto tardi ieri, vero?».
Maisie sbiancò.
«Mi sono svegliata stanotte, verso l’una, e tu ancora non c’eri» le disse continuando a sorridere.
«Non lo dico a mamma, non preoccuparti!» aggiunse poi vedendo che Maisie non rispondeva.
Maisie balbettò qualcosa di indefinito cercando di prendere tempo. Che cosa avrebbe dovuto inventarsi?
«Sicura che non fossi in bagno?» domandò, cercando di sembrare sicura.
Alice si alzò di scatto andandosi a sedere sul suo letto. Avvicinò il suo viso a quello di Maisie.
«Sicurissima» sussurrò «Dimmi, con chi eri?» domandò ancora con uno strano scintillio negli occhi.
«Ma con nessuno, i soliti amici!» esclamò Maisie.
Alice arricciò il naso in modo terribilmente uguale alla loro madre.
«E quale dei tuoi amici…» iniziò avvicinandosi «Ti ha fatto questo?» domandò indicando qualcosa tra il collo e la scapola di Maisie.
«”Questo” cosa?» domandò Maisie senza capire.
Alice si allungò verso il comò affianco al letto e ne afferrò il portagioie. Lo aprì e glielo mise di fronte, in modo che Maisie potesse specchiarsi.
Maisie spalancò gli occhi, incapace di emettere qualsiasi suono.
«Oh cazzo…» mormorò.
Sul suo collo faceva bella mostra di sé un succhiotto.
Alice scoppiò a ridere alla vista dello stupore di Maisie.
«Qualcuno ha messo la firma, eh?» esclamò ridendo.
«Ma quale firma!» sbottò Maisie alzandosi e cercando un paio di pantaloni.
Ma cosa era passato per la testa di Alexis?
«Chi è?»
«Nessuno!» rispose lapidaria Maisie. Sua sorella era pericolosa e aveva già visto troppo.
Alice inarcò un sopracciglio.
«Mi stai mentendo spudoratamente!» ghignò Alice «Sei fortunata solo perché ho fame e adesso scenderò a fare colazione, ma sappi che non mi scappi!» esclamò per poi alzarsi dal letto e uscire dalla camera.
Appena fu fuori Maisie ritornò a respirare. Iniziò a saltellare sul posto in preda al panico. Cosa doveva fare? Adesso non solo doveva nascondere l’anello, ma anche quello! Corse velocemente al bagno. Qualche volta aveva visto Jody e Mia nasconderli con del fondotinta. Cercò in tutti i cassetti, ma niente. Lei non aveva mai usato un fondo tinta.
Forse tra le cose di Alice…
Corse in camera, ma si fermò di botto.
«Mamma!» esclamò, cercando di alzare il più possibile la felpa.
«Ero venuta a chiederti cosa volevi per colazione» disse sua madre sorpresa dal tono di Maisie.
«Ehm… non so, adesso scendo e vedo» balbettò avvicinandosi alla scrivania e facendo finta di controllare qualcosa tra i libri e i quaderni.
«Ma va tutto bene?» le domandò sua madre improvvisamente.
Maisie alzò lo sguardo dai suoi compiti.
«Sì» annuì sorridendo. Una volta tanto che le cose andavano bene! «Perchè me lo chiedi?»
Sua madre la guardò per un attimo.
«Perchè stamattina ho incontrato Mary, e niente...» sua madre fece una pausa «...mi ha detto che l'altro giorno ha sentito te e Alexis litigare qui fuori. Quindi mi chiedevo se fosse tutto ok. È da un po' che vi vedo strane!» disse abbozzando un sorriso.
Maisie si sentì gelare. Mary era una signora che abitava nel loro stesso viale, qualche casa più in là, verso la strada principale. I ricordi le si affacciarono agli occhi. Se Mary le aveva viste litigare, probabilmente le aveva viste anche baciarsi. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito. Che avrebbe dovuto dirle?
«È tutto ok. Siamo tornate a casa insieme, ma non stavamo litigando, no…» rispose semplicemente, cercando di suonare sincera e sicura.
Cate sospirò.
«Sicuro? Eppure Mary sembrava così convinta. Neanche io le avrei creduto, è solo che ultimamente Alexis è molto… Non vorrei che ti avesse detto qualcosa, o non saprei…»
Cate scosse il capo.
«Niente, lascia perdere» disse per poi andarsi a sedere sul suo letto.
Maisie avrebbe voluto sprofondare. Sua madre voleva davvero farle qualche discorso su Alexis?
Invece di iniziare a parlare, cacciò qualcosa dalla tasca. Sembrava terribilmente in imbarazzo.
A Maisie quel cartoncino le ricordava vagamente qualcosa.
Sua madre la guardò, e poi guardò il suo comodino.
Allora Maisie realizzò.
«Ma mamma!» scattò in piedi «Non hai capito niente! Non è mica mio!» urlò rossa in viso.
Maisie si aspettava di tutto, tranne che sua madre scoppiasse a ridere. Ma era una risata quasi amara.
«Lo so che non è tuo!» esclamò «Mi chiedevo semplicemente dove l’avessi trovato.»
«C-come?» balbettò Maisie. Che significava?
«Dove l’hai trovato?» ripeté sua madre.
«Nel mobile sotto il lavello» rispose, continuando a non capire. O forse il suo era un rifiuto.
Cate sospirò.
«Ero salita qui su perché non c’era nessuno» esordì sua madre «Paddy era di sotto e volevo esserne sicura, prima di…» sospirò.
«Poi credo che sia tornata proprio Alexis, e ho buttato la confezione sotto il mobile.» concluse guardandola «Devo essermelo dimenticato, sai, avevo altro a cui pensare.»
Maisie incrociò le braccia.
«V-vuoi dire che…» balbettò Maisie.
Non riusciva a realizzare. In cuor suo sapeva di aver capito. Ma aveva bisogno di sentirselo dire da sua madre.
«Già.» disse toccandosi delicatamente la pancia.
«Sapevo che Alexis aveva capito qualcosa. Glielo leggevo negli occhi. Una sorta di ammonimento!» dichiarò Cate con le lacrime agli occhi.
«Mamma, non dire questo!» esclamò Maisie avvicinandosi alla madre «Alexis non direbbe mai niente di male!».
Sua madre tirò su col naso.
«Hai ragione» ammise Cate «Infatti lei non ha mai detto niente, ma fino adesso non ne aveva la certezza. Oh! Quella ragazza è troppo intelligente.»
«Appunto, è intelligente, non direbbe mai niente per offenderti!»
Le faceva un po’ impressione essere vicino alla madre in quel momento. Ma non impressione in senso negativo, era così strano pensare che…
«Quindi…» cominciò Maisie.
«Quindi?»
«È sicuro?»
Cate annuì, e Maisie vide subito i suoi occhi diventare languidi e addolcirsi. Una fitta di calore le attraversò il cuore. Sua madre era così bella! Certo, aveva passato, anche se di poco, i quaranta anni, non era nel fiore della giovinezza. Ma forse era vero quello che dicevano. La gravidanza rendeva le donne più belle.
«Alice lo sa?» le domandò Maisie.
Cate scosse la testa.
«Forse temo più il suo giudizio che quello di Alexis.»
«Ma mamma, perché Alexis dovrebbe giudicarti?»
«Oh, Maisie, tu non conosci tutta la storia, della famiglia di Alexis, di sua madre… È complicato. Alexis ha sofferto molto per via di Paddy, e anche per colpa mia… credi che un fratello sia quello che le manchi?»
Maisie accusò il colpo. Improvvisamente il pavimento le sembrò diventare molle. E come se avesse improvvisamente realizzato ciò che la madre le aveva detto.
«F-fratello…» mormorò allontanandosi dalla madre.
«O sorella, manca ancora un pochino per saperlo.»
Maisie annuì, come un automa. Era troppo sconvolta per dire qualsiasi altra cosa.
«Devo dirlo anche ad Alice, ti prego, stalle vicina se dovesse prenderla male.» Maisie continuò ad annuire, senza aggiungere altro e continuando a guardare il pavimento.
«Maisie?»
«Sì?»
«Credo che quella felpa sia di Alex, devo avertela messa nell’armadio per sbaglio».
Maisie la guardò, ma sentiva il suo sguardo vuoto.
«O-ok» rispose mormorando incrociando le braccia.
Appena la madre fu uscita dalla stanza, Maisie si accasciò a terra, lasciandosi andare in un irrefrenabile pianto.

 
Chiedo immensamente perdono per questo ritardo! Ma tra i giorni di festa, gli impegni personali e cene di vario tipo, sono stata super impegnata! 
Allora, come al solito spero che questo capitolo vi sia piaciuto. È un po' più lungo degli altri, ma non credo vi dispiaccia! 
Allora, molt* di voi mi hanno chiesto se ho già definito di quanti capitoli sia la storia. La risposta è no! Vi spiego il perchè...
Ho inizato a scirvere questa storia, non dico per scherzo, ma così, per caso! Ho iniziato a scriverla così e poi ho pubblicato i primi capitoli, l'ho continuata a scrivere, per grandi linee, quest'estate mentre ero in vacanza in America (per questo Alexis è di Washington!) Ho già deciso come finirà la storia, ma non so quanti capitoli impiegherò per concluderla. Anche perchè, scrivendo, a volte le idee cambiano!
Comunque non preoccupatevi! Non credo sia nelle prossime settimane la conclusione!!
Come sempre, finisco ringraziando tutti quelli che hanno scritot, recensito, letto, preferito, seguito e ricordato! Mi fate sorridere ogni volta!!
Grazie a tutt*!
Con affetto,
StClaire.

«Sei pallida» constatò Maisie.
Alexis annuì, con lo sguardo nel vuoto.
«L'avresti mai detto, che sarebbe successa una cosa del genere?»
Maisie la guardò.
«A cosa ti riferisci?»
«A tutto. A tua madre, mio padre, a noi.»
Le faceva sepre uno strano effetto quando parlavano della loro relazione. Era così solida, così vera, così vissuta. E non lo sapeva nessuno.
«Sono preoccupata» esordì improvvisamente Alexis.
«Di cosa?» domandò Maisie avvicinandosi a lei.
«Mia madre e il suo compagno hanno acquistato i biglietti per venire qui, per la laurea.»
«E questo ti preoccupa?»
«Molto» confessò Alexis. Intrecciò le sue mani a quelle di Maisie.
«Ho paura, perchè ci vedrà insieme. Secondo te quanto ci metterà a capire tutto? Mia madre è sempre stata bravissima in certe cose...»

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17
- Glass -
 
«Hai sentito tua madre?»
«Non si bussa prima di entrare?» borbottò Alexis senza neanche girarsi verso suo padre.
«La porta era aperta…»
«No. Era socchiusa, il che è completamente diverso» continuò imperterrita guardando avanti.
“Che cosa voleva ancora da lei quell’uomo?”
«Volevo solo sapere come sta...»
«Sta bene, non preoccuparti, tanto mi sembra un po’ tardi per iniziare a farlo. Anzi…» Alexis si voltò verso Paddy «Magari è arrivato il momento di iniziarsi a preoccupare almeno di un figlio…» soffiò ritornando a guardare lo schermo del suo portatile.
Paddy chiuse violentemente la porta alle spalle.
«Vuoi insinuare qualcosa?» sbottò avvicinandosi ad Alexis, che si alzò fronteggiandolo. Fortunatamente aveva ereditato l’altezza del padre, l’unica cosa buona che le aveva lasciato.
«Non sto insinuando niente…»
«A me non pare…»
«Non insinuo perché è così!» sbraitò guardandolo negli occhi. Era così diverso da lei. L’aveva sempre ritenuta una grande fortuna.
«Che cosa vuoi dire?»
«Sulla soglia dei cinquant’anni ti stanno venendo i rimorsi di quando ne avevi di meno? Che cosa speri che io pensi di te? Te ne sei andato quando neanche capivo che cazzo succedeva a mia madre! Mi hai rispedito in America e non mi hai più neanche considerato! Quante volte sei venuto a trovarmi?» urlò con quanto fiato avesse in gola «Cosa speri di ottenere chiedendomi adesso, che ho una mia vita, come va? Sei in ritardo di dieci anni!».
«Ti ho chiesto mille volte di venire qui, in passato!»
«E chi avrebbe pensato a mia madre? La nonna? Se potevo salire io su un aereo, avresti potuto farlo anche tu! Ma non mi sembra che tu l’abbia fatto o che tu abbia insistito.»
«Allora perché hai accettato, questa volta?» le domandò Paddy.
Alexis sospirò. Non era la prima volta che glielo chiedeva, ma fino a quel momento era sempre riuscita ad evitare il discorso…
«Era il prezzo da pagare per cambiare cognome…» mormorò tornandosi a sedere.
«Che cosa?»
«La nonna ha accettato di firmare le pratiche per darmi il suo cognome, solo quando le ho mostrato il cazzo di biglietto per questo posto!» poi proseguì «Sai com’è, no? Lei e tutte quelle storie e fissazioni sul perdono…»
«Vuoi cambiare cognome?» le domandò Paddy con un filo di voce.
«Io già l’ho cambiato. Finita la laurea, finito il matrimonio, me ne torno a Washington e termino le pratiche!» esclamò sbattendo le mani.
«Non mi offenderai così!»
«Me ne sbatto di offenderti!» sbraitò Alexis «Tu non capisci! Vieni qui, improvvisamente e mi chiedi come sta mia madre, quando te ne sei altamente sbattuto per dieci lunghissimi anni!» Alexis cercò di darsi una calmata «Che c’è?» riprese «Ti sta venendo l’ansia da prestazione per il bambolotto? Hai paura di fallire di nuovo?»
Alexis non lo percepì neanche lo schiaffo che la colpì in pieno viso. Solo dopo un po’ iniziò a sentire il bruciore sulla guancia colpita. Vide lo sgomento estendersi su tutto il viso di Paddy.
«S-scusa…» mormorò l’uomo arretrando di qualche passo.
Alexis si limitò a guardarlo.
«Sei comunque in ritardo di dieci anni».
 
*
 
L’inverno aveva lasciato il cielo alla primavera. Sembrava veramente passata un’eternità dall’ultima volta che aveva visto un sole così bello. Adorava la primavera, le giornate erano magnifiche, ma non faceva mai troppo caldo. Finalmente poteva dire addio a quegli ingombranti cappotti!
«A che pensi?» le domandò Mia, che come lei, era seduta nel cortile della scuola.
Maisie scosse il capo.
A che pensava?
«Niente in particolare…» rispose evasiva. Alle loro amiche ancora non aveva detto niente, a proposito di sua madre, anche se ormai il pancione iniziava a vedersi. Non sapeva il perché di questo suo rifiuto. I primi giorni, da quando sua madre le aveva raccontato tutto, per Maisie non era cambiato niente, ma più il pancione si notava, più Maisie realizzava. E la cosa la spaventava. Non sapeva il perché, non era il bambino in sé, era tutto ciò che avrebbe comportato nella sua vita e nella sua storia con Alexis. Sua sorella Alice aveva avuto veramente una strana reazione. Si era chiusa in camera, senza urlare, senza strepitare, senza parlare. Poi, improvvisamente, era uscita dal suo rifugio, era entrata in sala da pranzo e aveva esclamato “Spero per voi che sia maschio, non voglio piccole pesti vicino ai miei trucchi” e se ne era andata, lasciando nostra madre con le lacrime di commozione agli occhi.
Solo lei sentiva una stretta allo stomaco ogni volta che ci pensava?
«Alexis?»
La voce di Jody la riportò alla realtà.
«Cosa?» domandò confusa.
«Che dice?»
Maisie alzò le spalle.
«È impegnatissima per la stesura della tesi…»
Era vero. Maisie pensava che fosse solo dovuto al fatto che anche lei non sapeva come avrebbe dovuto prendere tutta quella situazione. Un paio di sere fa l’aveva sentita parlare al telefono con la madre. Aveva un tono di voce stanchissimo. E poi aveva litigato di nuovo con Paddy. Litigavano continuamente ultimamente.
Continuavano a dormire insieme la notte, almeno quello avevano deciso di concederselo, anche se finivano sempre per parlare fino a notte fonda. Il tempo di addormentarsi e già dovevano lasciarsi. Non riusciva a capire cosa Alexis pensasse di tutta quella situazione. Era diventata ancora più distaccata. In casa non c’era mai, e se c’era, si rinchiudeva in camera. C’era qualcosa che le pesava sulle spalle, qualcosa che la tormentava. E come sempre, Alexis si era rinchiusa in sé stessa senza esprimersi.
Il trillo della campanella invase tutto il cortile, uno stuolo di studenti si alzò svogliatamente dalle loro postazione e iniziò a riversarvi vero l’interno dell’edificio. Maisie li seguì senza battere ciglio.
«Ma si può sapere che hai?» le domando Jody affiancandola.
«Niente.» rispose semplicemente Maisie. Era vero, non aveva niente. Non sentiva niente, solo una grossa apatia incomberle addosso «Che abbiamo adesso?» domandò cambiando discorso.
«Educazione fisica!» strillò Mia tutta eccitata. Adorava mettere in mostra le proprie gambe e guardare i ragazzi in tuta.
Maisie, dal canto suo, gemette. L’unica cosa che le piaceva fare di Educazione Fisica, era pallavolo, ma adesso il suo insegnante aveva deciso che dovevano esercitarsi nel basket, e lei era completamente negata per tale disciplina.
Si recò mestamente verso gli spogliatoi, dove le ragazze della lezione precedente si stavano cambiando.
«Maisie!»
«Amber!» esclamò Maisie sorpresa, entrando non l’aveva proprio notata.
Guardandola, Maisie si ricordò delle parole di Alexis riguardo l’attrazione fisica. Le aveva un po’ aperto gli occhi. Anche lei, doveva ammetterlo, la prima volta che aveva visto Amber aveva pensato che fosse molto carina, ma non aveva mai pensato a lei in quel modo.
«Non mi hai visto proprio, eh?» le domandò sorridendole.
Maisie scosse il capo, evitando di guardare Mia che da dietro imitava Amber.
«Scusami, sono un po’ stonata oggi…» si limitò a rispondere sedendosi su una panca.
«Solo oggi?», Amber la guardò «L’altro giorno sei passata davanti al bar, ti ho chiamata, ma non mi hai sentito! Eppure praticamente urlavo!»
Maisie si stupì. Davvero non l’aveva sentita? Cosa le passava per la testa quella volta?
«Scusami…» rispose imbarazzata, iniziando a legarsi i capelli in una coda alta, ma proprio mentre stava tirando su alcune ciocche sfuggite all’elastico, Amber le afferrò la mano sinistra.
«Wow!», esclamò sorpresa «È bellissimo!», poi le lasciò andare la mano «Un regalo di Alex?».
Maisie annuì.
«Allora è una cosa seria…»
«Serissima!» esclamò Jody con gli occhi fiammeggianti «Ora scusaci, ma dobbiamo proprio andare!», e detto questo, afferrò Maisie trascinandola fuori dai camerini.
«Non la sopporto! È un’oca! Un’oca!» strillò attraversando a grandi falcate la palestra «E tu!» esclamò fermandosi e voltandosi verso Maisie «Farai meglio a ficcarti in testa che quella non porterà niente di buono! “Allora è una cosa seria!”», strillò facendo il verso ad Amber «Smorfiosa…» concluse.
Maisie rimase abbastanza sconvolta da tutto ciò, anche se una cosa l’aveva colpita. Il tono di Amber quando aveva detto “…è una cosa seria…”.
Sembrava quasi ironica… sprezzante. Che avesse avuto ragione Alexis? A volte le persone si rivelano per quello che sono.
 
*
 
Quando Maisie tornò a casa, aleggiava uno strano silenzio, eppure le luci erano accese.
«Maisie.»
Per poco la voce di Alexis non la fece sobbalzare.
«Alex!» sbottò.
«Ce c’è?»
«Mi hai spaventato!»
«Ti ho semplicemente chiamato…» ribatté Alexis «Sei entrata con lo sguardo perso nel vuoto.»
Maisie la guardò. Allora doveva essere vero, era completamente fuori.
«Tutto bene?» le domandò Alexis avvicinandosi.
Maisie annuì togliendosi la giacca.
«Normale.»
«Normale?»
«Normale» ripeté Maisie andandosene verso il soggiorno.
«Sicura?» le domandò in tono apprensivo Alexis.
«Sì, è solo che oggi ho dovuto giocare a basket e sono distrutta…».
Maisie non finì neanche di parlare che Alexis era scoppiata a ridere, sbellicandosi dalle risate.
«Tu? A basket?» domandò sarcastica continuando a ridere «Quanto era alto il canestro, uno e settanta?».
«Ma sei proprio stronza!» urlò iniziandola a prendere a pugni.
Alexis la bloccò continuando a ridere.
«Beh, non puoi negarlo» disse sedendosi sul divano e trascinando Maisie con lei.
Maisie s’imbronciò.
«Sfotti pure, grazie mille…» rispose ma cedendo e sedendosi sulle ginocchia di Alexis.
«E senti una cosa…» esordì Alexis cingendole la vita «Indossi i pantaloncini durante educazione fisica?» le domandò inarcando il sopracciglio.
Maisie annuì arrossendo.
«Sì, perché?»
«Sto cercando di immaginarti…» mormorò Alexis leccandosi il labbro inferiore e accarezzandole le gambe «Ma l’unica immagine che mi viene è la palla che rimbalza più in alto di te!» esclamò riprendendo a ridere.
Maisie fece per alzarsi indispettita, ma Alexis l’afferrò zittì le sue proteste con un bacio. Maisie perse subito la sua lotta per divincolarsi, praticamente si arrese, cedendo al fascino di Alexis.
«Non azzardarti mai più a farmi un succhiotto!» strillò improvvisamente staccandosi «È stato imbarazzante chiedere ad Alice il fondotinta per nasconderlo!»
«Ma io devo pur marcare il territorio…»
«Marcare il territorio? Ma che sei, un cane?» contestò Maisie.
«Mettere la firma? L’antifurto? Un marchio? Come preferisci chiamarlo?»
«Ok, ok, ho afferrato il concetto…»
«Ecco, brava…» l’interruppe Alexis, riprendendo a baciarla «Mi sei mancata…» sussurrò passando a baciarle il collo e lambendole con la lingua il lobo dell’orecchio.
Maisie stava giusto valutando che dopotutto, un succhiotto poteva essere nascosto benissimo, quando improvvisamente la porta di casa fu aperta, e lei per lo spavento rovinò a terra.
Alexis scoppiò di nuovo a ridere.
«Ma che fai…» mormorò aiutandola ad alzarsi «Stai tranquilla…».
«Ragazze!» chiamò Catelyn che si era voltata verso il soggiorno sentendo il trambusto «Che succede?»
Maisie era rossa dall’imbarazzo e il fatto che Alexis continuasse a ridere la mandava in panico.
«N-niente!» esclamò «È solo Alexis che mi prende in giro…» disse tirandola una gomitata.
«Alexis!» la richiamò Paddy.
«Non la stavo prendendo in giro», disse Alexis cambiando espressione, «Semplicemente esprimevo le mie perplessità sulle capacità di una ragazza alta meno di un metro e sessanta di giocare a basket!» concluse per poi andarsene verso le scale, ma prima di salirle fece un cenno a Maisie.
Maisie aspettò che sua madre finisse di parlare di qualcosa di cui lei non aveva capito nulla e poi si precipitò verso il piano di sopra.
Alexis e Paddy avevano avuto delle espressioni bruttissime. La tensione tra loro era palese.
Bussò alla porta che Alexis aveva chiuso e poi sentì la chiave girare nella toppa.
«Da quando ti chiudi in camera?» le domandò cercando di mantenere un tono ironico.
«Da quando Paddy mi fa i blitz in camera… e anche da quando dormiamo insieme» rispose sorridendole.
«Siete ancora ai ferri corti?»
Alexis annuì.
«Essenzialmente inesistenti.» sospirò «Sapevo che si sarebbe rivelato un disastro venire qua, ma onestamente, stiamo andando oltre qualsiasi mia immaginazione.»
Maisie la guardò, sembrava stanchissima.
«Sei pallida» constatò Maisie.
Alexis annuì, con lo sguardo nel vuoto.
«L'avresti mai detto, che sarebbe successa una cosa del genere?» aggiunse dopo un minuto di silenzio.
Maisie la guardò.
«A cosa ti riferisci?»
«A tutto. A tua madre, mio padre, a noi.»
Le faceva sempre uno strano effetto quando parlavano della loro relazione. Era così solida, così vera, così vissuta. E non lo sapeva nessuno.
«Sono preoccupata» esordì improvvisamente Alexis.
«Di cosa?» domandò Maisie avvicinandosi a lei.
«Mia madre e il suo compagno hanno acquistato i biglietti per venire qui, per la laurea.»
«E questo ti preoccupa?»
«Molto» confessò Alexis. Intrecciò le sue mani a quelle di Maisie.
«Ho paura, perché ci vedrà insieme. Secondo te quanto ci metterà a capire tutto? Mia madre è sempre stata bravissima in certe cose...»
«Hai paura della sua opinione?»
Alexis scosse la testa.
«No, non è per quello…. Mia madre lo sa da anni. Anzi, dice che è stata la mancanza di una figura maschile nella famiglia a farmi diventare lesbica. Stronzate! Lo sono sempre stata, non ci sono diventata…»
Maisie andò a sedersi affianco a lei sul letto.
«Ho paura che usi la mia vita e la nostra storia contro di lui. E so che lui ci crederebbe, non ho idea di come la prenderebbe, ma ci crederebbe… Ma soprattutto…» era come se Alexis si fosse ricordata qualcosa «Chi cazzo è Mary?»
Maisie sgranò gli occhi sorpresa.
«Mary? Intendi la nostra vicina?».
«Penso di sì. Paddy dice che ci ha viste litigare. Ovviamente la colpa è mia…»
«Me l’ha detto anche mia madre» confessò Maisie interrompendola. Avrebbe voluto dirglielo prima, ma aveva paura.
Alexis inarcò il sopracciglio destro, cosa che faceva ogni volta che era in disappunto.
«Perché non me l’hai detto prima?»
Maisie alzò le spalle.
«Non lo so…»
«Cosa ti ha chiesto?»
«Mi ha detto che Mary le aveva parlato, che le aveva detto che ci aveva viste litigare, ma Mary è un po’ la pettegola del quartiere, a volte inventa storie per farsi raccontare altre cose…»
«Ma quella volta noi abbiamo litigato veramente…»
«Lo so! Comunque mia madre mi ha chiesto cosa fosse successo, e io le ho detto che non avevamo litigato, ma lei ha detto che, dato i tuoi ultimi comportamenti, voleva sapere se fosse tutto ok. Ha detto che era preoccupata, perché tu avevi capito che lei era… beh… incinta. E lei non l’aveva ancora detto a nessuno.»
Alexis annuì.
«E tu che hai risposto?»
«Che non era vero, che non stavamo litigando e che tu non avresti fatto niente per ferirla.»
Alexis sembrò sorpresa da quest’ultima frase.
«Ma io lo sto facendo, invece.»
Maisie la guardò con gli occhi sgranati.
«Non pensi che quando le diremo di noi si sentirà… ferita?».
Maisie la guardò senza rispondere.
Era un dubbio che l’attanagliava da troppo. Guardò dritta negli occhi neri di Alexis. Pensò a tutto quello che le aveva regalato. Si era sorpresa a capire che il respiro le mancava se solo pensava a lei.
E pensò irrimediabilmente a sua madre. A tutto quello che Cate aveva fatto per proteggerla e crescerla da quando suo padre era andato via.
Sospirò.
«Io non voglio scegliere…» mormorò cercando di nascondere le lacrime.
Alexis l’abbracciò mormorando parole che Maisie non comprese.
 
*
 
Maisie aveva ormai accettato la realtà.
La realtà era che sua madre stava per sposare l’uomo che era stato per lei come un padre. E quell’uomo era il vero padre della persona di cui si era… innamorata? Maisie non si era mai innamorata prima d’ora, non sapeva cosa provassero due persone innamorate. Si era sempre ritenuta una persona innamorata dell’amore, ma i libri e i romanzi che aveva divorato, l’avevano fatta innamorare di un amore che lei mai pensava di poter trovare, ma forse Alexis era l’altro personaggio chiave.
Quella notte, dopo settimane, non era riuscita ad andare a dormire con Alexis. Quando si era alzata dal letto per raggiungerla, Alice le aveva chiesto dove stesse andando. Aveva risposto n bagno, per uscire, e poi ritornare a letto dopo pochi minuti. Così era dovuta rimanere in camera sua, con sua sorella.
Il problema è che si sentiva sola, tremendamente sola, non era più abituata. Sentiva freddo senza le braccia di Alexis a cingerle il corpo. Non riusciva a prendere sonno se non ricalcava con le dita i tatuaggi di quelle braccia che l’avvolgevano.
Aveva passato la notte a fissare le ombre ferme sul soffitto e a pensare alle parole di Alexis.
“L'avresti mai detto, che sarebbe successa una cosa del genere?”
E chi avrebbe mai potuto immaginarlo?
All’inizio era più che spaventata, quando aveva capito i suoi sentimenti per Alexis. Lei era cresciuta con l’idea della coppia tradizionale. Una ragazza incontra un ragazzo, e niente, s’innamorano.
Era vero ciò che aveva detto ad Alexis, all’inizio, quando le aveva confessato i suoi sentimenti. In quel momento li stava confessando anche a sé stessa. Non si era mai innamorata di nessuno, mai nessuno l’aveva attratta, interessata. Con Alexis era successo qualcosa di strano. Alexis era una sconosciuta ai suoi occhi. Era la sua sorellastra, basta, ma lei si era sentita inesorabilmente attratta da quegli occhi scuri.
Fino a capire cosa significava quell’attrazione.
«Neanche tu riesci a dormire?».
La voce di Alice le fece aprire gli occhi mentre si rigirava nel proprio letto.
«Tu?» le domandò.
«No», rispose sua sorella «Questa notte no».
Maisie si alzò sugli avambracci.
«Perché questa notte no?».
«Perché oggi ho visto il pancione della mamma. È così strano. È vecchia per avere figli!» esclamò.
«No che non è vecchia! Adesso le donne partoriscono anche a più di cinquant’anni…»
«Allora è vecchio Paddy!»
«Per gli uomini è diverso, Alice.»
Sua sorella sbuffò, accendendo poi la luce sul suo comodino.
«Tu sei pronta ad avere un “coso” in famiglia?»
Maisie sospirò.
Era pronta? No, assolutamente no.
«Non lo so… ci sono così tante…» Maisie non trovava la parola adatta.
«Così tante… cosa?» la incalzò sua sorella.
«Non lo so…» ripeté Maisie «Ci sono tanti fattori… per quanto mi riguarda…».
Quel bambino o bambina sarebbe stato un suo fratello o una sua sorella. E lo stesso valeva per Alexis.
Era normale avere una relazione così? Era socialmente accettabile?
Erano troppe le domande che le frullavano per la testa.
«Ho sentito che tra un po’ arriverà la madre di Alexis» disse Alice.
Maisie annuì.
Sarebbero dovute stare lontane, almeno in sua presenza. Alexis sembrava non provare dolore nel mentire alla madre.
Perché non poteva essere così anche per lei? Non voleva mentire a Cate, ma almeno non soffrire così. La paura le paralizzava lo stomaco.
«Chissà com’è…»
«In che senso?» domandò Maisie riprendendosi dai suoi pensieri.
«Beh, Alex è completamente diversa da Paddy, quindi immagino che deve assomigliare alla madre.»
«Anch’io ci avevo pensato…» ammise Maisie.
«Chissà che tipo è… Come dovremmo comportarci con lei? Intendo alla laurea di Alexis».
Maisie scrollò le spalle.
«Non ne ho la più pallida idea.»
Le testuali parole di Alexis erano state: “Evitala”.
Ma come avrebbe potuto?
Alla fine entrambe cedettero al sonno. Maisie si arrese all’idea di dormire da sola, sperando che la notte successiva avrebbe potuto passare un po’ di tempo con Alexis.
Quando si risvegliò gli occhi verdi di sua sorella la fissavano languidi.
«Che c’è?» domandò sbiascicando le parole.
«Shopping!» esclamò esaltata Alice.
«C-cosa?» domandò Maisie.
«Ha detto mamma che oggi andiamo a comprare i vestiti per il matrimonio!»
Se c’era qualcosa che metteva di buon umore Alice, era proprio fare shopping, cosa che Maisie invece odiava, dal profondo del suo cuore.
Sospirò alzandosi da letto.
«Muoviti!» strillò Alice che era già pronta.
Maisie trascinò se stessa in bagno, raccogliendo le prime cose che le si paravano davanti nel suo armadio.
Forse indossava davvero troppe cose nere. Sua madre non le avrebbe mai permesso di comprare qualcosa di nero per il suo matrimonio.
Si guardò allo specchio raccogliendo alla meglio i capelli e si preparò psicologicamente a quella che sarebbe stata una lunghissima giornata.
I centri commerciali non le erano mai piaciuti, le davano sempre un senso di disorientamento. Da piccola si era persa e quando se ne era accorta, era scoppiata a piangere, in modo frenetico e assordante, come solo i bambini sanno fare. Aveva avuto così paura, ma c’era stata sua madre a rassicurarla. Ultimamente i ricordi della sua infanzia si affacciavano con violenza ai suoi occhi. Le venivano in mente tutti i momenti nei quali sua madre era stata presente. Tutte le volte che sua madre l’aveva salvata.
«Tesoro, hai già in mente qualcosa?»
«Come scusi?» chiese Maisie riprendendosi.
«Qualche idea sul vestito che ti piacerebbe indossare?»
Maisie fissò la donna bionda. Le dava l’idea di quelle commesse di altri tempi, con i capelli racconti uno chignon perfetto. Certo non come quello che si era fatta lei, che le pendeva da un lato.
Maisie scosse la testa.
«Qualcosa di semplice…» mormorò.
La commessa annuì e poi sparì dietro nuvole di vestiti e colori.
Si girò verso sua sorella, Alice aveva gli occhi a cuore.
«Io amo l’Italia!» esclamò improvvisamente Alice.
«Ma se non ci sei mai stata…»
«Maisie, guarda questi abiti. È sartoria italiana! Se solo gli abiti sono così, pensa a come deve essere il resto!»
Maisie scosse la testa, e poi scattò in piedi quando la commessa ritornò con un paio di vestiti appesi a delle stampelle di velluto.
«Inizia a provarti questo» l’esortò la donna.
Maisie prese il primo vestito e si recò nel camerino, seguita da sua madre.
Indossare quel coso era un’impresa, Maisie aveva paura di stracciarlo.
«Allora? Che te ne pare?» domandò Cate entrando nel camerino di prova di Maisie, mentre Alice, dall’altro lato del negozio, faceva impazzire le commesse con mille domande.
Maisie si guardò allo specchio. Il vestito era molto bello, ma al contempo, semplice, color cipria. A Maisie piaceva quel colore.
«Non saprei…» mormorò.
«A me piace», sorrise Cate, «Ti slancia!».
Maisie abbozzò un sorriso.
«Grazie tante…» borbottò un po’ piccata. Era anche colpa sua se lei era bassa…
«Allora?» domandò ancora sua madre dopo qualche minuto di silenzio.
«Non lo so…» ripeté Maisie.
«È il vestito che non ti convince, o qualcos’altro?» le domandò sua madre. Aveva uno sguardo strano, serio e preoccupato allo stesso tempo.
Maisie guardò il riflesso di sua madre nello specchio.
«Non è per niente del genere…»
«Alexis ti ha detto qualcosa?» domandò sua madre interrompendola.
«Come, scusa? In che senso?» domandò allertandosi Maisie.
«Non so…», Cate la guardò e poi entrò in cabina con lei, chiudendo le tende «Passate così tanto tempo insieme… che, niente. Mi chiedevo se ti avesse detto qualcosa, che magari ti abbia, come dire, fatto cambiare idea.»
Maisie guardò sua madre con stupore.
«Perché dovrebbe farmi cambiare idea? Quale idea, poi?»
«All’inizio, quando io e Paddy abbiamo deciso di sposarci, sembravi entusiasta della cosa! E sono sicura che saresti stata entusiasta anche del bambino!» mormorò sua madre con gli occhi lucidi «Ma da quando hai conosciuto Alexis, sembri cambiata», Cate fece una pausa per calmarsi «Non fraintendermi, non lo intendo in negativo. È che sembri… preoccupata» sua madre la guardò con i suoi occhi verdi «C’è qualcosa che ti preoccupa?», le domandò ancora «Sai che con me puoi parlare, di qualsiasi cosa.»
Maisie la guardò, cercando di nascondere l’ansia che le impediva di respirare regolarmente.
Quanto avrebbe voluto confessarle tutto! Sentiva il bisogno di dirlo, di dirlo a sua madre, di condividere la sua felicità. Lei era felice con Alexis. Ma quanto le sarebbe costata questa felicità, a discapito degli altri? Della sua famiglia?
«N-non è niente, mamma, giuro», mormorò «Devo solo realizzare ancora, tutto qua. È ovvio che sono felice!» rispose cercando di sorridere. Sentì la sua bocca incurvarsi, ma il sorriso non raggiunse mai i suoi occhi.
Cate annuì, sorridendo appena.
«Comunque dovresti prendere questo. Ti sta benissimo.» disse accarezzandole il braccio.
Maisie annuì.
«Sì, mi piace…» mormorò passando le mani su quella morbidissima stoffa. Ed era vero, quel vestito le piaceva.
 
*
 
Alice entrò sbuffando in camera mentre Maisie cercava le ultime cose da buttare alla rinfusa nella sua cartella.
«Non si sopportano più, speriamo che finisca presto tutto questo!» sbottò Alice prendendo gli auricolari dalla sua scrivania.
«Che succede?» le domandò distrattamente Maisie cercando il suo libro di filosofia «Ma dov’è l’ho messo…» borbottò.
«Alex e Paddy. Litigano ancora, di nuovo, in continuazione!».
Maisie alzò la testa di scatto.
«Perché?»
«Oggi arriva sua madre con il compagno e Paddy vuole andare all’aeroporto con Alex, e lei non vuole.»
«Ma non dovevano arrivare solo fra un paio di giorni?»
«Già! Anche Alexis sembrava sorpresa. Anzi, più che sorpresa era contrariata… valla a capire.»
«Magari volevano farle una sorpresa…»
«Una sorpresa per niente gradita a quanto pare… Va beh, io me ne vado. Ciao.»
Maisie guardò sua sorella andarsene e poi afferrò la sua borsa, recandosi anche lei al piano di sotto.
Trovò Alexis con le braccia incrociate e lo sguardo fisso verso il muro dov’erano incorniciate alcune sue fotografie.
«Tutto ok?» le domandò Maisie.
Alexis annuì semplicemente muovendo la testa, senza proferire parola.
«Sicura?» domandò Maisie avvicinandosi, ma Alexis le fece segno di fermarsi.
«C’è tua madre di là…» sussurrò indicando verso la cucina.
«E quindi?»
«E quindi, a quanto pare, io t’influenzo troppo. Negativamente, ovvio».
«Che cosa?» esclamò incredula Maisie.
«Shhh!» sibilò Alexis «Senti, ho avuto una mattinata di schifo, tra poco arriva anche mia madre all’aeroporto, già mi sono dovuta sorbire le stronzate di mio padre e le frecciatine di tua madre. Ti prego!» Alexis si massaggiò le tempie «Accompagno mia madre in albergo e ti passo a prendere a scuola, ok?» sussurrò.
Maisie annuì, per poi guardarla salire le scale.
«Maisie!»
La voce di sua madre la fece sobbalzare.
«Oggi torna direttamente a casa, ok? Ho bisogno di una mano».
La voce di sua madre non ammetteva repliche.
«Ok…» mormorò per poi guardarla tornare in cucina.
 
*
 
Quando finalmente la campanella suggerì la fine dell’ultima lezione della giornata, Maisie si precipitò fuori dalla classe, senza neanche aspettare Mia e Jody.
Alexis le aveva detto che sarebbe passata a prenderla e lei non voleva farla attendere. Infatti, Alexis era già nel cortile, seduta intorno a una delle aiuole.
«Alex!»
«Ehi…» Alexis si alzò appena la vide «Tutto ok?» le domandò.
«Sì, a te?»
Alexis non rispose, si limitò a baciarla, abbracciandola stretta. Maisie fu quasi stupita da quel gesto. Alexis non era certamente il tipo da effusioni in luoghi pubblici.
«Adesso sì…» mormorò sorridendole.
Maisie arrossì, sorridendo a sua volta.
«Ma che carina, ancora ti imbarazzi…» rise Alexis, abbracciandola ancora.
«Come mai sei qui?» le domandò Maisie.
«Approfitto del fatto che mia madre e il suo tipo stiano riposando per passare del tempo con te. Vuoi venire con me allo studio? Mi aiuti a scegliere le foto per la tesi…»
Maisie la guardò.
«Mamma stamattina mi ha detto di tornare a casa…» mormorò, guardando Alexis negli occhi.
«Fa’ come vuoi…» borbottò Alexis dopo alcuni di silenzio.
«Non ti arrabbi?»
«Che devo dire Maisie? Da qui a una settimana sarà impossibile vederci. Volevo passare un po’ di tempo con te, almeno oggi. È che stavo pensando che… niente. Ci vediamo domani, allora?» le domandò mettendo le mani in tasca.
«D-domani? Perché? Stanotte non possiamo dormire insieme?»
«Non so a che ora torno, esco con i miei. Non voglio farti aspettare…»
«Ok» mormorò Maisie «Allora a domani.»
«Allora io vado allo studio, se mi cerchi, mi trovi lì.»
Maisie annuì, per poi vedere Alexis allontanarsi dalla scuola.
«Ehi…»
Mia e Jody si erano avvicinate.
«Tutto ok?» domandò Jody.
Maisie sospirò.
«Non lo so. Sta diventando tutto più grande di me…» sussurrò Maisie con le lacrime agli occhi.
Mia e Jody si guardarono senza capire.
«Maisie, ma cosa stai dicendo?»
Maisie guardò le sue amiche. Sentiva come un groppo in gola che le impediva di parlare.
«Maisie, respira e calmati! Stai tremando!»
«Mamma è incinta…» mormorò in un fiato. Lo disse così, senza emozione, lo lasciò cadere dalle sue labbra, cercando di non pensare a tutto ciò che significava per lei.
Neanche notò gli sguardi sbigottiti che Mia e Jody si scambiarono. Continuava a guardare fisso il punto dove Alexis era sparita.
«C-cosa?»
«Mamma aspetta un figlio da Paddy» ripeté sospirando «Cosa devo fare?».
«Vai da Alexis!» strillò Jody.
«Cosa? Che c’entra?»
«C’entra eccome! Se stai così è per lei, non è vero? Hai paura che tutto quello che sta succedendo a tua madre possa rovinare quello che c’è tra te e Alexis!»
Maisie guardò la sua amica. Era sbalordita.
«È così palese?»
«È normale! Ma Maisie, ascoltami bene…»
Jody l’afferrò per un braccio e la portò sotto uno dei porticati dell’edificio.
«So che hai paura, te lo si legge negli occhi, e hai tutta la mia comprensione, ma non puoi mandare all’aria la tua relazione con Alexis solo perché tua madre aspetta un figlio da suo padre!»
«Ma cosa direbbe mia madre?» strillò in preda al panico Maisie.
Jody la stava mettendo di fronte a tutte le sue paure. Ed era doloroso.
«C-come glielo dico? La farò solo soffrire! Mamma adesso è felice con Paddy! Come potrei essere così egoista?» continuò Maisie.
«Maisie!» Mia le afferrò le braccia e la scosse «Hai diciassette anni! Hai tutto il diritto di essere egoista!»
«E poi tu la ami, vero?»  continuò Jody.
Maisie le guardò, si sentiva il viso rigato dalle lacrime, e Jody, aveva uno sguardo così serio, uno sguardo che mai avrebbe pensato di vederle.
«Vai da lei! Che aspetti?!» l’esortarono entrambe.
 
*
 
Maisie non se l’era fatto ripetere due volte, aveva iniziato a correre con la borsa a tracolla che le sbatteva sulle gambe. Non ricordava di aver mai corso così tanto in tutta la sua vita. La sua scuola non era molto lontana dallo studio di Alexis, il problema era che Alexis era andata sicuramente in macchina, quindi era avvantaggiata.
Fortunatamente, Maisie conosceva una scorciatoia, un parco, che attraversò di corsa, facendo alzare in volo uno stuolo di uccelli. Quando finalmente arrivò sotto il portone, iniziò a bussare con tutta la foga che aveva in corpo.
«Chi è?»
La voce stizzita di Emma le fece perdere tutta la determinazione che aveva messo nella corsa.
«Ma che è uno scherzo…?» la sentì borbottare non ottenendo nessuna risposta.
«Ehm, sono Maisie… Alex è sopra?»
Adesso toccò a Emma rimanere in silenzio. Maisie stava per parlare quando sentì il portone aprirsi. L’interpretò come un sì, e riprese a correre, salendo le scale. Quando raggiunse il pianerottolo trovò la porta già aperta. Probabilmente Emma aveva preferito evitarla. Cosa che Maisie apprezzò.
Entrò in silenzio e timorosa, manco fosse una ladra. Non si sentiva un solo rumore, e la cosa le parve davvero strana. Tutte le volte che era stata lì c’era sempre una gran confusione. Attraversò la cucina e il corridoio, e dopo aver respirato a fondo bussò alla porta di Alex, dalla camera proveniva della musica.
Dopo pochissimo sentì la serratura scattare.
Quando Alexis aprì la porta, Maisie notò con piacere un sincero stupore sul suo viso.
Emma non l’aveva “annunciata”.
«Che ci fai…»
Maisie non le lasciò terminare la frase. Si gettò su di lei aggrappandosi alle sue spalle e baciandola. La baciò come se fosse proprio quell’atto a mantenerla in vita. Alexis inizialmente fu sorpresa, ma poi ricambiò con passione il bacio.
Maisie chiuse la porta alle spalle e poi ci si abbandonò sopra, attirando a sé Alexis, che la liberò dal peso della borsa incastrandola con forza alla porta, le sue mani si stringevano attorno ai fianchi di Maisie con determinazione e il suo corpo si premeva perfettamente contro quello di lei.
«Ehi…» Alexis si staccò improvvisamente, aveva il respiro affannato, «Che succede?» le domandò scostandole una ciocca di capelli dal viso.
«Niente…» mormorò Maisie, un po’ scossa dal suo stesso comportamento.
«Sei piombata qui come una furia solo per baciarmi?» le domandò Alexis inarcando il sopracciglio «Beh, che dire… sono onorata!»
Maisie sorrise, ma si sentiva stranamente in ansia.
«No, è che volevo dirti una cosa…» continuò Maisie iniziando a balbettare.
La domanda di Jody le aveva mosso qualcosa dentro, un’irrefrenabile voglia di confessare i suoi sentimenti ad Alexis.
Non si erano mai dette quelle “due parole”, e fino a quel momento, Maisie non ne aveva mai sentito il bisogno. Le bastavano i suoi sentimenti, il resto avanzava, ma adesso ne sentiva davvero il bisogno. Voleva dirglielo.
«Che cosa?» domandò Alexis sorridendole e prendendola per mano, allontanandosi dalla porta.
Maisie fece per aprir bocca, ma il suo cellulare iniziò a squillare, così guardo Alexis che le fece cenno di rispondere e Maisie iniziò a cercare con frenesia nella sua borsa a tracolla.
Borbottò qualcosa, ma quando prese il cellulare e notò il nome che il display le rimandava, sentì il suo viso irrigidirsi.
Rimase così, bloccata, con lo sguardo fisso e impaurito verso il cellulare.
«Maisie? Tutto ok? Chi è?» le domandò Alexis preoccupata.
Maisie alzò lievemente lo sguardo.
«È mia madre…» mormorò.
«Ah, bene. Rispondile…»
«N-non voglio, non so che dirle.»
«In che senso?» Alexis sembrava non capire.
«Mi aveva detto di tornare subito a casa dopo scuola, aveva bisogno di una mano…»
«Dille che sei qui un attimo e che adesso torni…» rispose Alexis andandosi a sedere sul divano.
«N-non voglio…» rispose Maisie quando il cellulare finì di squillare.
«Non vuoi cosa?» le domandò Alexis passandosi una mano tra i capelli «Non vuoi tornare, o non vuoi dirle che sei qui?»
Maisie sospirò, e il cellulare riprese a squillare. Sentiva che i suoi occhi iniziavano a inumidirsi.
«È che tu dici che lei pensa che tu mi influenzi… e…» Maisie sentì le prima lacrime solcarle il viso.
«”E” cosa, Maisie? È vero?» le domandò Alexis alzandosi di scatto.
«No!» tuonò Maisie «È che non voglio che lei lo pensi! Io non voglio…» il cellullare ritornò muto.
«Non vuoi cosa Maisie? Che capisca? Ti fa così tanto paura che ci scopra?», il tono di Alexis sembrava ferito «Maisie, io devo sapere. Che cosa sto rischiando? Per cosa sto rischiando?»
«Alexis…» Maisie l’interruppe e poi inspirò profondamente «Glielo voglio dire io. Non voglio che lo venga a scoprire per caso. Non voglio che pensi che io glielo abbia nascosto. Voglio farle capire che è importante. Per me sei importante.»
Alexis si morse il labbro inferiore guardandola. Le sembrava che volesse dire qualcosa, ma si vedeva, si tratteneva. Si avvicinò lentamente, accarezzandole il viso.
«Anche per me sei importante…» mormorò baciandola dolcemente e lentamente, come se in quel momento, volesse assaporare tutto «Andiamo, ti accompagno a casa, ti inventerai qualcosa per strada», disse sorridendole «Senza citarmi, ovvio.»
Maisie l’abbracciò, appoggiando la testa al petto di lei.
«Mi dispiace…» sussurrò.
«Non dirlo neanche per scherzo» l’ammonì Alexis cullandola «Non ti chiederei mai di fare una cosa così difficile, forzatamente. Io so cosa significa… Ho capito cosa vuoi, e lo rispetto.»
Maisie la guardò ancora nei suoi occhi neri, e poi sorrise, alla vista delle fossette sul viso di Alexis. Quelle fossette! Erano la prima cosa di cui si era innamorata.
Quando arrivarono vicino casa, Maisie insistette per scendere prima dalla macchina e continuare a piedi.
«È una cosa stupida Maisie!» ribatté Alexis con ancora le mani sul volante. Avevano accostato poco prima di svoltare verso il viale privato nel quale abitavano.
«Sarà anche stupida, ma non voglio che mia madre t’incolpi di nuovo!» ripeté Maisie «Non voglio più sentirle dire che tu mi hai cambiato!»
«In che senso?» domandò Alexis, girandosi verso di lei.
Maisie si liberò dalla cintura di sicurezza e si sedette scompostamente sul sediolino.
«L’altro giorno, quando eravamo a comprare i vestiti per il matrimonio, ha detto che ha notato che io e te passiamo molto tempo insieme e che mi vede cambiata… Ma non in senso negativo!» si affrettò ad aggiungere vedendo l’espressione di Alexis cambiare.
«In che senso allora?» domandò in modo ironico.
«Beh… questo non lo so…»
«Maisie», Alexis la interruppe «Ti ha parlato più della vostra vicina?»
Maisie si bloccò.
«Mary?»
«Non mi ricordo il nome, ma Mary mi sembra un nome abbastanza da pettegola, quindi sì, quella che ci ha viste litigare.»
«N-no, non me ne ha più parlato. Perché?»
«Così… curiosità», disse guardando fuori dal finestrino, «Semplice curiosità».
Maisie annuì.
«E senti…» Alexis riprese a parlare, ma si voltò verso di lei, con un’espressione curiosa «Che volevi dirmi oggi?».
«Oggi?» domandò confusa Maisie. Era stata una giornata così lunga!
«Quando sei venuta allo studio… A proposito, chi ti ha aperto? Io avevo la musica ad alto volume, non ho sentito niente».
«Emma, mi ha aperto Emma.»
Alexis annuì.
«Non mi ha detto niente...»
Maisie la guardò, non le sembrava per nulla turbata.
«Neanche a me».
«Quindi?» domandò ancora Alexis.
«Cosa?»
«Cosa volevi dirmi?»
«Ah», Maisie arrossì «N-niente…».
Alexis inarcò, come suo solito, il sopracciglio, ma sembrava aver colto l’imbarazzo di Maisie.
«Che c’è?» chiese sorridendo.
Maisie guardò la fossetta crearsi sul lato sinistro del suo viso e sentì di impazzire.
«Una cosa per la quale vale la pena rischiare, credo», disse, cercando di sembrare convinta. Lei sentiva di esserlo.
Il sorriso sul volto di Alexis si aprì, illuminandole gli occhi.
«Vieni qui…» le sussurrò, facendole cenno di avvicinarsi.
Maisie si avvicinò e Alexis le passò una mano dietro il collo, attirandola a sé. Maisie si inebriò del suo bacio e del suo profumo, avvicinandosi il più possibile a lei. La bocca di Alexis era sempre morbidissima e invitante, e ultimamente i loro baci erano diventati più passionali, più famelici.
Maisie sentì i suoi capelli intrappolati nel pugno di Alexis, dietro la sua testa, e la cosa le provocò una strana ed eccitante emozione. Fino a che qualcuno non bussò al finestrino dal lato di Alexis.
Sobbalzarono insieme, Maisie ritornò a sedersi al suo posto e quasi batté con forza vicino la portiera. Quando ebbe il coraggio di vedere chi c’era fuori dall’auto, le si mozzò il respiro in gola.
Due occhi perfettamente contornati dall’eyeliner nero la stavano fissando sorpresa e curiosa. Due occhi che lei credeva di conoscere benissimo.
«Mamma?!» gorgogliò confusa e sorpresa Alexis.

 
Sono in un ritardo pazzesco, lo so!
Mi dispiace tantissimo, vi chiedo perdono!
Ho cercato di farmi personare con un capitolo abbastanza lungo in compenso!
Confesso che ogni qualvolta che devo aggiornare mi emoziono, sento un po' di ansia da prestazione! È che a volte ho bisogno di leggere e rileggere determinate cose, perchè o non mi convincono, o credo che non sia il momento giusto! Ma credo di essere arrivata a un equilibrio in questo capitolo!
Spero vivamente che questo capitolo vi piaccia, vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, perchè ho bisogno di capire!
Stiamo arrivando ai momenti clou!!! Panico!
E soprattutto, spero che abbiate passato buone feste, e vi aguro buon anno nuovo, e vorrei approfittare per ringrarvi ancora! La storia è smepre più letta e la cosa mi riempie di gioia! Sono felice di poter scrivere! Grazie a tutt* di cuore!
Con affetto,
StClaire.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
-Vallet-

 
Maisie sentì i suoi capelli intrappolati nel pugno di Alexis, dietro la sua testa, e la cosa le provocò una strana ed eccitante emozione. Fino a che qualcuno non bussò al finestrino dal lato di Alexis.
Sobbalzarono insieme, Maisie ritornò a sedersi al suo posto e quasi batté con forza vicino la portiera. Quando ebbe il coraggio di vedere chi c’era fuori dall’auto, le si mozzò il respiro in gola.
Due occhi perfettamente contornati dall’eyeliner nero la stavano fissando sorpresa e curiosa. Due occhi che lei credeva di conoscere benissimo.
«Mamma?!» gorgogliò confusa e sorpresa Alexis.

*
 
La donna abbozzò un sorriso, per nulla scandalizzato, anzi, sembrava più che altro imbarazzata per averle interrotte. Allargò le braccia fasciate in un’elegante giacca e disse qualcosa, che Maisie non recepì, il finestrino era tirato su, e Alexis in quel momento sembrava troppo sconvolta per fare qualsiasi cosa.
«Alex…?», mormorò Maisie.
Alexis si girò verso di lei, sembrava incredula e… arrabbiata.
«Scendi», disse semplicemente aprendo la portiera.
Maisie annuì e poi si affrettò a scendere dall’auto. Si sentiva terribilmente fuori posto. Alexis e sua madre erano perfettamente uguali. Solo che la madre era la sua versione donna adulta e più femminile ma anche più bassa. Ma gli occhi, quegli occhi neri, erano perfettamente identici. Maisie si voltò con imbarazzo, verso Alexis e sua madre, che era accompagnata da un uomo alto e robusto. Doveva essere il suo compagno.
«Che ci fai qui?», domandò Alexis accendendosi una sigaretta, sembrava aver ritrovato tutta la sua calma.
«Tuo padre e Catelyn ci hanno chiamato per invitarci a cena, questa mattina, così… eccoci qui!», disse sorridendo, ma non sembrava molto convinta della situazione.
«E voi avete accettato?», domandò incredula Alexis ma sua madre la guardò senza rispondere.
Maisie guardò verso la donna, la trovava bellissima, gli occhi e i capelli scuri incorniciava un ovale perfetto, due zigomi alti e le labbra carnose, lasciate naturali, senza trucco. Maisie si sentì improvvisamente sciatta e sperava che il suo eyeliner non fosse tutto sbavato come il solito.
«E questa graziosa signorina…», iniziò guardandola sorridendo, «Chi è?».
Maisie vide Alexis irrigidirsi.
«Piacere signora, il mio nome è Maisie…», si affrettò a presentarsi Maisie porgendole la mano, cercando di simulare un sorriso sincero. Aveva paura. Per un attimo aveva temuto che a bussare al finestrino fosse stata Alice, Paddy o peggio, sua madre.
«Piacere Maisie!», esclamò la donna, «Il mio nome è Ella, lui…», indicando l’uomo che l’accompagnava e che le dedicò un sorriso e si avvicinò per stringerle la mano, «…lui è Chris».
Ella, la madre di Alexis, congiunse le mani in grembo, e tornò a dedicarsi a sua figlia.
«Quindi, Alexis…», riprese Ella, spostando lo sguardo da Maisie ad Alexis, «Immagino che Maisie sia…»
«La mia fidanzata, sì», terminò Alexis per lei, incrociando le braccia.
«Ah!», squittì sorpresa, «Sono felice di conoscerti!», Ella le sorrise e Maisie ricambiò in imbarazzo, ma Alexis improvvisamente afferrò la madre per un braccio e le sussurrò qualcosa.
«Scusateci un attimo», proferì Ella sorpresa, allontanandosi con Alexis.
*
«Perché diavolo sei qui!», sibilò Alexis alla madre.
«Te l’ho già detto! Stamattina, quando te ne sei andata, Paddy mi ha chiamato per invitarci a cena! Non potevo rifiutarmi!», rispose contrariata Ella.
«Avresti potuto eccome! Sparavi qualche stronzata sul jet-lag!», sbottò Alexis.
«Ci avevo pensato! Ma non eri tu quella che mi aveva detto di mostrarmi superiore a tutto questo? Sarebbe sembrato che stessi scappando! E poi, Alex, quante volte devo dirti di non parlare in questo modo!»
Alexis si girò velocemente verso Maisie, che parlava con Chris. Sembrava imbarazzata.
«È molto carina…», commentò Ella sorridendo, seguendo lo sguardo di Alexis, «Forse un po’ giovane… perché non me ne hai parlato prima?»
Alexis si voltò verso sua madre. Ecco. Il momento che avrebbe voluto rimandare per sempre le si era parato davanti con prepotenza, senza un minimo di preavviso.
«Perché è la figlia di Catelyn».
Lo sputò fuori, e se ne pentì subito. Alexis guardò il sorriso di sua madre gelarsi.
«C-cosa?»
Alexis scrollò le spalle, non sapeva che rispondere.
«Alex, che significa? C-credevo che il nome uguale fosse una coincidenza… Tuo padre sa…»
«No!», sbottò Alexis, «Non sa niente! E preferirei, che non lo sapesse!»
«Alex… È la sua figliastra! Che significa che non sa niente?»
«Significa, letteralmente, che nessuno della sua famiglia sa di me e della nostra relazione!»
Ella sospirò e Alexis si rabbuiò, vedendo l’ombra della preoccupazione scendere di nuovo sul volto di sua madre. Quell’espressione l’aveva accompagnata tutta una vita.
«Ok. Parlerò con Chris, noi non sappiamo niente, ma Alex…», riprese Ella, dopo quella che ad Alexis parve un’eternità di silenzio.
«Che c’è?», domandò Alexis accendendosi un’altra sigaretta, quando era nervosa poteva fumarsi un pacchetto dietro l’altro.
«Lei è così giovane, quanti anni ha? Sedici, diciassette? Ti sei cacciata in una situazione davvero spiacevole, tesoro…», sua madre la guardò, e Alexis conosceva bene quello sguardo, «Non me l’aspettavo proprio da te, Alexis. Dopotutto quello che noi abbiamo passato… credevo di venire per un’occasione di gioia, non di trovare altri problemi», concluse, lasciandola lì, con la sigaretta, e raggiungendo il suo compagno e Maisie, che era ancora appoggiata alla macchina.
*
Quando Ella e Alexis erano tornate, Maisie aveva tirato un sospiro di sollievo. Ella le aveva dedicato un sorriso tirato, sembrava preoccupata. Alexis doveva aver “spiegato” qualcosa alla madre.
«Andiamo», disse semplicemente Alexis rientrando in macchina. Maisie salì in auto seguendola, ma questa volta si mise al posto posteriore. Non sapeva perché l’aveva fatto. Chris, invece, si sedette affianco ad Alexis, che le lanciò uno sguardo interrogativo dallo specchietto retrovisore. Percorsero pochi metri, in silenzio, giusto il tempo di arrivare fuori alla loro villetta.
«Credo che sia meglio bussare, così si preparano psicologicamente all’evento…», borbottò Alexis premendo il campanello. Dopo pochi secondi, Alice aprì la porta.
«Ciao Ale…!», cominciò, poi vedendo Ella e Chris che le sorridevano si affrettò ad aggiungere «Buonasera!», sfoderando uno dei suoi sorrisi più accattivanti, che scomparì notando Maisie, «Maisie! Mamma ti sta cercando da ore! Mi sta facendo una testa tanta! Non la subisco più!»
Maisie sbiancò, si era dimenticata di avvisare sua madre, di inventarsi una qualsiasi scusa.
Entrò di corsa in casa, senza dire niente, ma sentiva lo sguardo di Alexis addosso. Chissà che espressione aveva. Chissà se le aveva creduto quando le aveva detto che avrebbe voluto dirlo lei a sua madre.
«Maisie!»
La voce di sua madre l’investì appena mise piede in casa.
«Ti ho chiamato tutto il giorno, ti avevo chiesto di tornare subito a casa…»
S’interruppe subito, con ancora un mestolo in mano, quando dietro di Maisie si materializzò Alexis.
«Buonasera Cate…», disse, con tono distaccato.
Maisie vide sua madre diventare livida, cercando di mantenere la rabbia. Lo stava facendo, stava incolpando Alexis del suo mancato ritorno a casa, stava per dire qualcosa, inventandosi qualche scusa, quando Ella la precedette.
«Ehm, buonasera Catelyn!», iniziò Ella facendo qualche passo entrando in casa, «Devi scusarci, è colpa mia e di Chris se Maisie non è tornata a casa, ci siamo incontrati in città e devo dire che Maisie è una guida molto più preparata di Alexis…», concluse sorridendo, «Comunque grazie dell’invito!», squittì la donna con tono sincero.
Maisie vide sua madre sbiancare e abbassare di colpo il mestolo. Quello era il loro primo “incontro ufficiale” da dieci anni. In casa scese una terribile imbarazzo.
«Ah, no, ma figurati! È che mi ero preoccupata, non rispondeva al cellulare…», riprese poi Catelyn.
«Avevo il silenzioso, scusa mamma…», mormorò Maisie.
«Va bene, va bene…», borbottò Cate, poi guardò Ella e Chris, «Paddy sarà di ritorno fra un attimo. Siamo molto felici che abbiate accettato l’invito, nonostante siate arrivati solo oggi. Accomodiamoci in salotto, e scusatemi la mise casalinga!»
Cate, Ella e Chris, se ne andarono in salotto. Maisie e Alexis li guardarono allontanarsi e comportarsi con cortesia.
«Spero finisca presto questa cena…», borbottò Alexis, guardando con astio verso sua madre.
«È stata carina a coprirmi…», sussurrò Maisie ma Alexis, per tutta risposta, alzò le spalle.
«Vedremo…», disse lanciando un’ultima occhiata al salotto. Il suo sguardo s’incrociò con quella di Ella, «Non ci voleva!», sbottò, andandosene verso le scale.
«Cosa non ci voleva?», domandò Maisie seguendola.
«Secondo te?», le domandò di rimando Alexis. Sembrava nervosa.
Maisie si mosse come un automa e la seguì raggiungendo tutti gli altri in salotto. Alexis era la solita maschera d’inespressività, rispondeva a monosillabi, e sembrava stanca. Ella cercava di sembrare tranquilla, ma si vedeva che non era vero. Quando Paddy era rientrato, si era come, irrigidita, e non faceva altro che guardare verso Alexis. E come se stesse cercando di realizzare qualcosa. Catelyn quella sera si era superata, aveva preparato una cena magnifica, e Chris, che era manager di un ristorante, le aveva fatto i suoi più sinceri complimenti. Alice, invece, pendeva dalle labbra di Ella, che lavorava per una casa di moda francese, lì a Washington, e le stava raccontando i punti salienti della sua carriera. Era visibile che fosse una donna di classe. Era davvero bella. Quel tipo di donna che ti fa pensare che un uomo sia un pazzo a lasciarla, ma Paddy l’aveva fatto. Per Catelyn, sua madre. E anche sua madre era bella.
Aveva un ricordo di suo padre, o meglio della sua voce. Quando se ne era andato, Maisie era ancora piccola. Si ricordava che le diceva sempre che sua madre era la donna più bella che lui avesse mai incontrato. Glielo diceva sempre, da quel che si ricordava. Poi, man mano aveva iniziato a dirlo sempre meno, fino a sparire. Quand’era piccola se lo era domandata spesso. Perché era andato via? Forse, com’era successo tra Paddy ed Ella, anche lui aveva incontrato un’altra? E perché scomparire così?
Crescendo, aveva capito che farsi quelle domande a cui era impossibile dare una risposta, era inutile. Procurarsi quel dolore, era inutile. E quindi aveva iniziato a domandarselo sempre di meno. E sua madre l’aveva sempre aiutata a non sentire il bisogno di fare domande.
«Un penny per i tuoi pensieri…», Maisie fu riportata alla realtà dalla voce di Ella, che, allo sguardo confuso di Maisie aggiunse, «È un modo di dire che abbiamo noi americani. Significa che sarei disposta a pagare per sapere a cosa stai pensando».
Maisie sorrise, mentre Ella le sedette accanto con eleganza sul divano. La cena era finita ed erano ritornati tutti in soggiorno, sistemandosi sui divani e sulle poltrone, Maisie lanciò un veloce sguardo ad Alexis, che stava giocando al cellulare sfidando Alice.
«Niente in particolare…», mormorò imbarazzata Maisie.
«Avevi uno sguardo molto assorto prima… Mi dispiace averti interrotto».
Maisie scosse il capo, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Hai un anello bellissimo», Ella le prese la mano, «La persona che te l’ha regalato deve avere davvero buon gusto», continuò facendole l’occhiolino. Maisie sorrise. Aveva già capito. Alexis aveva ragione, probabilmente, se non le avesse “scoperte” in macchina, l’avrebbe capito da sola. Ella gettò un’occhiata verso la cucina, dove Cate e Paddy erano intenti a preparare qualche cosa da bere, e si avvicinò a lei.
«Sono felice che Alexis qui abbia… te. È sempre stata una ragazza riservata, di poche parole, ma quando ti ha presentato come la sua ragazza, mi sono quasi commossa. E non scherzo», le sussurrò, era sincera, ma sembrava preoccupata, «Lei pensa che io non accetti la sua omosessualità, ma non è vero. All’inizio, forse, ho sbagliato, ho faticato ad accettarlo, ma ero spaventata, ma non da lei! Avevo paura, per la vita che le si sarebbe parata davanti. A volte leggo cose terribili. Sono sua madre, e mi preoccupo, è normale», concluse sorridendo, ma era un sorriso diverso, da quelli che le aveva dedicato quella sera. Era un sorriso amaro, come se quelle cose le avesse volute dire prima, ma non a lei. Quando sua madre e Paddy rientrarono, Ella indossò nuovamente la sua maschera di tranquillità. Alexis la stava guardando, e si scambiarono un sorriso.
«Ella, Alexis ti ha fatto vedere le sue fotografie?», domandò improvvisamente Paddy mentre versava a lui e Chris un Whiskey, Ella ebbe un guizzo negli occhi.
«Mmmmh, no, non ancora…» rispose la donna, sistemandosi a sedere sul divano. Sembrava che si sentisse fuori posto.
«Alexis vai a prendere le fotografie e mostrale a tua madre», disse Paddy versandosi un altro Whiskey.
Alexis ebbe un momento di nervoso.
«Vuoi ordinarmi anche qualche altra cosa?»
«Alexis!», urlarono all’unisono Paddy ed Ella.
Alexis sbuffò alzandosi e lasciando il cellulare ad Alice ed era uscita borbottando qualcosa sul “ritorno al passato”. Era scesa nella stanza una strana sensazione d’imbarazzo. Paddy ed Ella, per un attimo, erano tornati la coppia di dieci anni fa. Quelli che erano stati i genitori di Alexis. La sua famiglia. Era stato così strano, Ella e Paddy si lanciarono un sguardo veloce, senza soffermarsi troppo. Ritornarono tutti quanti a parlare solo quando Alexis ritornò con in mano i vari album.
«Vuoi vedere i ritratti o i paesaggi?», domandò Alexis sedendosi alla destra di sua madre.
«I ritratti!», esclamò Ella, «Sono sempre stati i miei preferiti, lo sai».
Alexis prese uno degli ultimi album, rilegato in nero, e lo porse alla madre, che le sorrise. Sembrava davvero felice.
«Sono sempre stata una fan dei suoi ritratti», spiegò a Maisie, che era seduta alla sua sinistra.
«Questi sono nuovi però…», continuò Alexis.
«Ne ha scattato uno anche a me», sorrise Ella.
Ella sfogliava con grazia le pagine dell’album dove erano risposte con cura, una ad una, singolarmente, i vari ritratti che Alexis aveva scattato e stampato, rigorosamente in bianco e nero, guardandoli davvero, soffermandosi su ogni particolare con gli occhi. Maisie aveva riconosciuto qualche volto, che aveva visto in giro allo studio.
«Che bella ragazza!», esclamò Ella, soffermandosi sul ritratto di Emma.
Maisie si sentì mancare il fiato, Ella si stava soffermando a guardare una foto di un primo piano di Emma. E Maisie doveva darle per forza ragione, era bellissima.
«Chi è?», domandò Ella.
Alexis lanciò un fugace sguardo a Maisie.
«Una mia compagna di accademia, ho scattato delle foto per un suo book fotografico, studia moda», spiegò Alexis, «Infatti dopo questa ci sono tutte quelle delle modelle».
Ella sembrò davvero interessata, dopo tutto lei lavorava nel campo della moda. Appena girò la pagina, a Maisie sembrò di ritornare a respirare, era vero, dopo il ritratto di Emma, ne seguirono altri, tutti femminili.
«Le ho scattate a Baker St queste», disse rivolta verso Maisie accennando un sorriso.
Maisie la guardò.
«B-baker St?» ripeté.
Alexis annuì, cercando di non ridere, Maisie si sentì avvampare.
Quindi le aveva scattate quella sera che lei aveva deciso di seguirla. La sera che l’aveva baciata…
«C’è qualcosa di questa Baker St che devo sapere?», domandò sorridendo Ella, «C’eri anche tu quella sera?», chiese Ella a Maisie.
Alexis ridacchiò ancora.
«Non proprio», aggiunse Maisie a denti stretti.
«Maisie era al locale di fronte… a bere…», Alexis sembrò pensarci su, «Cos’era? Birra al caramello?»
Maisie annuì, distogliendo lo sguardo. Era una cattiveria prenderla in giro in quel momento!
«Oh!», esclamò improvvisamente Ella, «Ma questa sei tu!», disse rivolgendosi a Maisie.
Maisie guardò con sorpresa alla foto che Ella le indicava. Non l’aveva mai vista. Era lei!
E stava… dormendo?
«Non l’avevo mai vista…», mormorò. Le faceva sempre strano vedersi nelle fotografie. Ne aveva pochissime, di lei. Era una cosa che la imbarazzava.
«Davvero?», domandò Alexis grattandosi la guancia, sembrava imbarazzata, «Te l’ho scattata a quel festival. Eravamo in tenda».
Maisie sperò che il rosso che arrivava alle sue guance non fosse troppo palese. Avrebbe dovuto dirle di non guardarla negli occhi, che sennò sarebbe impazzita. Sua madre si era alzata a guardare la foto di cui lei, Alexis ed Ella stavano parlando.
«È molto bella», commentò semplicemente.
«A me piace quella che hai in camera!», esclamò Alice, che era venuta, anche lei, a guardare la fotografia.
«Quale?», domandò curiosa Ella.
«Una che le ho scattato allo studio…», disse Alexis alzandosi dal divano, «Era poco prima di Natale, credo».
«E non è possibile vederla?»
Maisie annuì e corse in camera sua a prendere la foto. Si sentiva un po’ in imbarazzo, in realtà. Quella foto era un caro ricordo. L’inizio della loro storia. Scese le scale molto più lentamente di come le aveva salite. Stava per mostrare un pezzo della sua intimità. La vedeva così. Quando Alexis gliel’aveva regalata, per Natale, l’aveva fatta incorniciare. Quella cornice le piaceva tantissimo, era nera e lucida, di un materiale particolare. Alexis le aveva spiegato che l’aveva disegnata un suo compagno all’Accademia. Arrivò in soggiorno, dove sua madre continuava a chiacchierare con Paddy e Chris ed Ella continuava a sfogliare gli album delle fotografie. Si avvicinò lentamente al divano, e appena Ella si accorse che era ritornata, le porse la fotografia incorniciata.
«Wow», esclamò, «Sei bellissima», le disse sorridendo. Maisie sorrise di rimando, senza riuscire a nascondere l’imbarazzo.
«Posso solo cercare di capire…», iniziò, ma lasciò la frase in sospeso. Lanciando un fugace sguardo verso Paddy, e incrociando quello di Catelyn, «Hai un’aria veramente… sognante!», esclamò, cambiando discorso.
«Brava Alexis», disse guardando sua figlia, «Sei sempre stata brava a leggere le persone».
«Ma alcune sono impossibili da capire…», commentò malinconicamente Alexis. Ella alzò le spalle, evitando accuratamente lo sguardo di sua figlia, e poi sentenziò che si era fatto tardi, e che avevano bisogno di riposare, ma che almeno erano felici di aver rispettato il fuso orario.
«Vi accompagno», esclamò Alexis alzandosi dal divano.
«Non se ne parla proprio, hai bevuto e non puoi guidare. Chiameremo un taxi», rispose Ella.
«Non ho bevuto», ribatté offesa Alexis, sembrava che avesse veramente voglia di accompagnare sua madre. Ella aggrottò la fronte, in una maniera che a Maisie ricordò terribilmente quando Alexis inarcava le proprie sopracciglia. Alla fine acconsentì. Maisie fu un po’ triste, sperava solo che tornasse presto, prima che lei cedesse al sonno. Ella la salutò con un abbraccio, che a Maisie imbarazzò, e non poco. Chris e Paddy si salutarono con una stretta di mano e una pacca molto virile, e sua madre ed Ella, con un classico bacio sulla guancia. Le fece davvero strano quel momento.
Mentre Alexis era via, Maisie aiutò sua madre a sparecchiare e a mettere a posto. Il pancione diventava sempre più grande e le dispiaceva vederla affaticata.
«Come farai con il vestito?», le domandò Maisie.
«Se ci sarà bisogno lo allargherò», rispose sua madre.
«Non ti aspettavi di sposarti con il pancione, vero?»
Sua madre sorrise.
«No, per niente».
«Però è carina come cosa…»
«Davvero trovi?», le domandò sua madre. Sembrava farle piacere discutere con lei.
«Sì».
Ed era vero. Quel matrimonio era un inizio, quale modo migliore di celebrare una nuova nascita, con un nuovo inizio?
*
«Possiamo parlare un attimo?»
La voce di sua madre la bloccò, proprio mentre stava per aprire la portiera. Si guardò intorno. Chris era già entrato in hotel.
«Ok», acconsentì Alexis.
Ella sospirò, avvicinandosi a lei.
«Avevo deciso di partire prima per farti una sorpresa, ma a quanto pare, sono io che mi sono dovuta sorprendere», disse guardando Alexis negli occhi.
Alexis si appoggiò alla macchina.
«Che vuoi dire?»
«Sai benissimo che voglio dire», ribatté Ella.
«Invece no, non lo so. Io non so mai cosa ti passa per la testa e non l’ho mai saputo. Con te è sempre stato difficile», Alexis guardò sua madre incrociare le braccia.
«Maisie», disse semplicemente Ella.
«È un bellissimo nome», rispose ironica Alexis. Ovviamente aveva capito già che sua madre voleva parlare di quello, ma a lei non andava.
«Che significa questa storia Alex?», le chiese Ella.
«Quale storia?».
«Alex, non farmi arrabbiare! Sai benissimo cosa intendo, perché devi farmi sempre preoccupare?»
«Preoccupare di cosa, mamma? Di cosa ti preoccupi?».
Era stanca, veramente stanca. Avrebbe preferito che quel momento non fosse mai arrivato.
«Mi preoccupo per te, è ovvio, e per quella ragazzina!», affermò sua madre, «Non merita tutto quello che...»
«Quello che, cosa?», Alexis interruppe sua madre staccandosi dalla macchina e avvicinandosi a lei, «Cosa pensi che possa succedere?».
«Mi sembra una cosa molto stupida quella che stai facendo!», urlò Ella.
Alexis si guardò intorno, fortunatamente era sera inoltrata, e quindi in strada non c'era nessuno, a parte il vallet dell'albergo, che si teneva a debita distanza.
«Cos'è che starei facendo, mamma?», domandò sprezzante Alexis, «Dimmi, tu che mi conosci così bene!»
«Stai andando contro tuo padre, Alex! Mi sembra una vera cattiveria nei confronti di quella ragazza!»
«Mamma adesso basta!», urlò esasperata, «La devi smettere di idolatrare quell'uomo! A me non me ne fotte di ferirlo o altro, o tutto ciò che pensi. Paddy se n'è andato, mamma, e non tornerà, è inutile che continui a chiedermi di comportarmi bene con lui, non sono io la colpa del suo tradimento! E la mia relazione con Maisie non è una stupida e abominevole vendetta nei suoi confronti! Io me ne sbatto della sua nuova vita, del suo matrimonio e di suo figlio! E lo stesso dovresti fare tu! Tutto quello che stai dicendo mi sta facendo incazzare!», concluse Alex ansimando. Guardò sua madre, pallida, con gli occhi lucidi.
«Mamma...», cominciò, ma Ella la interruppe.
«Perché Alex, vorresti dirmi che ne sei innamorata?», le domandò stirandosi delle immaginarie pieghe sulla perfetta gonna del tailleur, sembrava scossa.
«Sì, mamma... », mormorò Alexis, era esausta, «Ti sembra così strano?»
«Onestamente?», Ella guardò sua figlia sorridendo malinconicamente, «Sì. Ricordo ancora quando mi chiamarono dal tuo liceo perché eri finita in mezzo a una rissa tra due tue amanti», rispose amaramente Ella, «Sei sempre stata complicata, Alex, apatica nei sentimenti, mi viene difficile pensare che la prima ragazzina sia riuscita a cambiarti».
«Magari non era sua intenzione... A volte le cose succedono e basta, no?», Alexis tirò su la zip della sua felpa, iniziava a sentire freddo, quel ricordo la imbarazzava e le parole di sua madre la ferivano, «Non è quello che mi hai detto tu quando Paddy fece le valigie e se ne andò?»
«Era diverso!», sbottò Ella, «Cercavo di consolarti...»
«Io non avevo bisogno di essere consolata», inveì Alexis,«Avevo bisogno di una madre! Per me fu una liberazione quando Paddy se ne andò! Non vi subivo più! Tutte quelle giornate a sentire solo le vostre urla!», Alexis iniziò a urlare, «Mi dispiace dirlo, ma speravo che avresti fatto lo stesso anche tu!»
«Sono stanca, vado a riposarmi», mormorò Ella.
«Mamma...», sussurrò Alexis, ma Ella le fece segno di tacere, aveva gli occhi lucidi.
«Non adesso, Alexis...»
«Avevo sperato che tu fossi stata sincera questa sera, con Maisie, ma devo ricredermi. Sei sempre la solita falsa».
Ella incatenò i suoi occhi a quelli di Alex.
«Sei tu mi dici che la ami veramente, io non dirò più niente».
«Allora inizia a stare zitta, e non azzardarti a parlarne con Paddy».
*
Quando Alexis rientrò a casa, Maisie si era quasi lasciata andare sul divano. In TV avevano trasmesso un film che lei aveva visto almeno dieci volte, e l'entusiasmo iniziava a passare, ma fortunatamente, era riuscita a resistere.
«Alex?», mormorò Maisie, chiamando Alexis che era appena entrata in casa.
«Mh?», Alexis sembrò riprendersi dai suoi pensieri, «Che ci fai ancora alzata?»
«Ti stavo aspettando», disse Maisie, «Tutto bene?».
«Non potevo immaginare serata peggiore», borbottò Alex accasciandosi sul divano, «È stato terribile», poi guardò verso Maisie prendendole le mani, «A te?»
«È stato tutto abbastanza imbarazzante», constatò Maisie, «A volte mi viene da pensare...»
«Cosa?»
«Se i nostri genitori non si fossero mai incontrati, sarebbe stato lo stesso per noi?»
Alexis la guardò, «In che senso?»
«Se i nostri genitori fossero rimasti insieme, le nostre rispettive famiglie non si fossero mai sciolte, tu saresti rimasta qui», osservò Maisie, «Ci saremmo mai incontrate?»
Alexis la guardò e poi avvicinandosi a lei, le accarezzò con dolcezza una guancia.
«Io dico di sì», sussurrò.
«Dici davvero?»
Alexis annuì chiudendo gli occhi e appoggiando il viso a quello di Maisie, che le sorrise.
«A volte sembra tutto più grande di noi...», mormorò Alexis, «Ma...», Alexis non finì la frase, ma si abbassò per baciare Maisie. Dolcemente, lentamente, come se quel momento fosse importante per lei.
«Com'è andata con tua madre?», le domandò Maisie tra i baci.
«Preferirei non parlarne...», mormorò con astio Alexis, allontanandosi da lei.
«Beh, mi sembra che l’abbia presa bene…», sussurrò Maisie.
«Si, benissimo…», borbottò ironica Alexis, mentre si abbassava la zip della felpa, «Adesso inizierà un’altra battaglia, non sai cosa mi ha detto Maisie!»
«E allora dimmelo!», sbottò Maisie, cercando di non alzare troppo la voce, ma iniziava a spazientirsi.
«Ha detto che “dopo tutto quello che abbiamo passato noi”, io e mia madre, non avrei mai dovuto fare una cosa del genere!»
Maisie la guardò, ma non capiva cosa volesse dirle Alexis.
«Per lei tutto questo, la nostra storia, finirà male, già lo so! Inizierà di nuovo con le solite pippe mentali, che lei non è stata in grado di mantenere Paddy in casa, di non avermi fatto crescere con una presenza maschile! Sono dieci anni che mia madre s’incolpa, ripetendosi che la colpa è sua se Paddy si è innamorato di un’altra donna!», Alexis lanciò la felpa dall’altro lato del divano, «Pensa che questa sia una stupida vendetta nei confronti di mio padre. È una cosa che mi manda in bestia!»
Maisie la guardò, stringendo i pugni. Non aveva capito quanta sofferenza c’era dietro quella facciata di educazione.
«Io non credo che la tua sia una vendetta…», le disse Maisie.
Alexis sorrise e le si avvicinò.
«Mia madre è così… vede del male in tutto», mormorò abbracciandola, «Ha sofferto molto…»
Maisie inspirò e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da Alexis.
«Pensi che dobbiamo aspettare davvero dopo il matrimonio?»
Alexis la guardò.
«In che senso?»
«Secondo te dovremmo dirglielo prima o dopo?».
Alexis si prese un attimo per pensare.
«Mi sembra che hai deciso tu di dirglielo dopo, no? Quando ne abbiamo parlato la prima volta», Maisie si sedette sul letto, «Se vuoi dirglielo prima, puoi. Nel caso, ho dove andare.»
Maisie la guardò confusa.
«Che intendi?»
Alexis sospirò, «Che saprei dove andare, nel caso tu decidessi di dire a tua madre di noi».
«Continuo a non capire…», Maisie era confusa.
Alexis rise, ma nervosamente.
«Maisie, pensi che quando confesseremo, io sarò ancora la benvenuta in questa casa?», scrollò il capo, «Non illuderti, io voglio che tu lo dica, ma solo quando te la sentirai, ma per me sarà solo un po’ più difficile. Hai visto anche tu come tua madre si comporta con me. Io credo che la tua vicina le abbia detto qualcosa in più, oltre la semplice litigata», Maisie guardò fisso nel vuoto, «Solo che probabilmente non ci crede, o non vuole crederlo. Solo che sta, come dire, aprendo gli occhi. Inizia a notare cose, che prima non notava», continuò Alexis, «L’hai detto tu, no? Lei ti ha detto che io ti ho cambiata, in qualche modo. E io credo di aver capito in che modo intende lei».
Maisie non rispose, aveva sempre considerato sua madre una donna intelligente, e disposta a sopportare tutto per le sue figlie, ma Alexis aveva ragione, aveva notato un comportamento diverso. Sua madre sembrava sospettosa riguardo Alexis e tutto ciò che la riguardava.
*
«LIBERE!»
La voce gracchiante di Mia si unì allo stridio della campanella, distruggendole il timpano.
«È finita, Maisie, capisci o no che è finita?», continuò ad urlarle Mia, prendendola per le spalle e scuotendola.
«Sì, Mia, sì».
Maisie annuì, arrendendosi alle sue amiche. Avevano deciso che avrebbero festeggiato quella sera la fine delle interrogazioni. Sarebbero andati tutti in un locale al centro, un pub, dove avrebbero trovato musica, cibo e, con somma gioia di Jody e Mia, alcol e testosterone.
«Dì ad Alexis di non mancare!», le urlò Mia quando si divisero, «Sarà come le prime volte!», concluse ridendo. Maisie le sorrise, annuendo con un gesto del capo. Cosa avrebbe dato per ritornare a prima, quando ancora tutto quello non era successo. In effetti, pensandoci, a che pro sarebbe tornata indietro? Per soffocare i suoi sentimenti, preservando la felicità della sua famiglia? Quella situazione diventava ogni giorno più ingestibile, ma fortunatamente, la laurea di Alexis era sempre più vicina e quindi, anche il ritorno di Ella in America. Quella donna le aveva fatto una buona impressione, era stata carina e comprensiva con lei, ma dal suo arrivo, Alexis era diventata nervosa e scostante, e Maisie, aveva capito che quel suo assurdo mutamento, dipendeva proprio da quella donna. Mandò un messaggio ad Alexis, spiegandole la situazione, della serata che i suoi compagni di classe stavano organizzando e lei le rispose con un laconico “Ok”.
Maisie sospirò, tornandosene a casa. Fortunatamente le interrogazioni erano finite, quindi i giorni di scuola che rimanevano sarebbero stati leggeri da sopportare, tutti programmati già al prossimo anno, che sarebbe stato l'ultimo. Quando rientrò in casa, Maisie sentì Paddy borbottare e imprecare nel suo studio, «Paddy, è tutto ok?»
«Questo sito mi sta facendo impazzire, non riesco a capire se la transizione per il biglietto aereo è andata a buon fine o meno!», sbuffò l'uomo.
«Prepari il viaggio di nozze?», gli chiese Maisie sorridendo.
«Ah, nono», mormorò Paddy sorridendo, «Non è per le nozze, è il biglietto di ritorno per Alexis, per Washington».
Maisie sentì il suo sorriso affievolirsi, sentì come se fosse finita sotto una cascata di acqua fredda, ma cercò di mantenere un tono normale.
«Quando riparte?»
«Subito dopo il matrimonio», sospirò Paddy, «Sembra che abbia voglia di andare via...», Paddy la guardò, «Sembri triste», constatò.
«Mi ero abituata a lei», rispose Maisie, con tono laconico, sospirando.
«Ho notato che avete legato, mi fa molto piacere», disse guardandola, «Alexis è sempre stata una ragazza... difficile. Credo che sia stata anche colpa mia, ovviamente, per ciò che ho fatto», Paddy sospirò, «Quando io ed Ella abbiamo divorziato, Alexis praticamente non mi ha rivolto la parola per cinque anni. Ti immagini? Cinque anni senza poter parlare con tua figlia. Poi ho scoperto che, appena compiuti i diciott'anni, se n'era andata di casa. E io non ne sapevo nulla».
Maisie si sentiva quasi in imbarazzo. Non le piaceva parlare di Alexis, senza Alexis stessa. Soprattutto si sentiva un mezzo. Ella e Paddy le parlavano di Alexis, senza capire che quelle parole le avrebbero potuto dire direttamente alla loro figlia. Cosa che probabilmente Alexis aspettava da anni.
«Quando chiamai Ella per chiedere spiegazioni, lei mi disse che Alexis la incolpava per quello che io avevo fatto, che l'avevo abbandonata. È probabilmente è vero. È vero che io l'ho abbandonata», sospirò, «Alexis non è molto, come dire, comunicativa, tende a tenersi tutto dentro, e questo mi preoccupa», Paddy la guardò, aveva lo sguardo triste, «Spero che tornerà, prima o poi».
«Lo spero anche io», mormorò Maisie cercando di trattenere le lacrime.

 
Hello!
Scusate se ieri non sono riuscita ad aggiornare, ma ho avuto un problema con la connessione!
Allora, che dire. Panico, il finale si avvicina!! Mi sento così triste, anche se non sarà il prossimo capitolo l'ultimo eh...! Sono triste, ma al contempo super eccitata!
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia! Ah, e mi scuso per non aver lasciato lo "spoiler" la volta scorsa! Sono una sbadata, ma veramente non riesco mai a trovare il tempo di aggiornare con calma! Per farmi perdonare, vi lascio un megaspoiler. Vi prego, nessun odio!
Grazie come sempre a tutti quelli che leggono, recensiscono, preferiscono, seguono e ricordano! Mi date grande gioia!
Con affetto,
StClaire

«Ah scusa, hai ragione tu. Su illuminami dall'alto della tua saggezza come avrei dovuto comportarmi! Come avrei dovuto comportarmi?», sbottò Alexis. Maisie non l'aveva mai vista così arrabbiata. Forse aveva sbagliato ad attaccarla.
«Forse la domanda giusta é: "Come avrebbe dovuto comportarsi Maisie conoscendo solo una parte della storia?"», riprese Alexis con tono ironico.
«Basta!», urlò Maisie.
«No Maisie, adesso non puoi tirarti semplicemente indietro! Tu...»
«BASTA!», urlò con quanto fiato aveva in gola. Cercò di non scoppiare a piangere. Non voleva darle questa soddisfazione, «Non puoi giocare con i sentimenti delle persone! Vorrei non averti mai incontrato!»,  urlò quest'ultima frase con tutto l'odio che aveva in corpo. Alexis la guardò, bloccandosi. Sembrava stremata. Aveva gli occhi cerchiati di nero. Ma Maisie se ne accorse solo in quel momento.
«Bene. Bene», ripeté, «Facciamo come se non fosse mai successo niente», la guardò a lungo, «Facciamola finita».

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19
- Degree -

*
 
«Ho l’ansia», mormorò improvvisamente Alexis.
«Mmh», annuì Maisie. Erano al bar dell’Accademia ed era il giorno della laurea di Alexis, Maisie si stava torturando le mani da ore e giorni. Ciò che Paddy le aveva rivelato era qualcosa, per lei, d’incomprensibile. Eppure, eccola lì, con Alexis. Alexis che in poco tempo sarebbe sparita, oltreoceano. Alexis, che ancora non le aveva detto niente. Neanche il minimo accenno alla sua partenza. Nulla.
«Prima ho incontrato Jody e Mia», continuò Alexis, «Mi hanno rimproverato perché indosso una shirt sotto la giacca, ma non ce la faccio, la camicia non la sopporto».
Maisie sentiva la gamba di Alexis tremare.
«Che hai?», le domandò Alexis facendola rinvenire dal suo torpore.
«Niente», si affrettò a rispondere, «Perché?»
«Perché sei completamente assente, Maisie», Alexis si chinò verso di lei, «Ecco che c’è».
Maisie scosse il capo, «Ho solo dormito poco, tutto qui».
«Sono giorni che dormi poco», constatò Alexis.
Maisie la guardò, avrebbe voluto dirle che lei sapeva. Sapeva che tra poco se ne sarebbe andata senza dirle niente, ma era il giorno della sua laurea e Maisie si morse la lingua.
Alexis stava per domandarle qualcosa, ma improvvisamente, un compagno di corso di Alexis, elegantemente vestito, le si affiancò, «Dobbiamo andare», affermò.
Maisie si alzò, seguendo Alexis.
«Paddy e tua madre sono già dentro?»
«Sì», annuì Maisie.
«Ottimo», mormorò Alexis, poi, senza dire nulla, afferrò il braccio di Maisie e la trascinò dietro una delle tante colonne del corridoio.
«C-che c’è?», borbottò Maisie, ma Alexis la zittì con un bacio, dolce, quasi casto. Maisie si sentì paralizzata. Non capiva il perché di quella sensazione, cercava solo di scrollarsi dalla mente quello che Paddy le aveva rivelato, per godersi quel momento rubato. Ma per la prima volta, nella loro relazione, Alexis non riusciva a prenderla.
«Che c’è?», le domandò Alexis preoccupata, «Perché piangi?»
Maisie scosse il capo asciugandosi le lacrime che erano scappate dalle ciglia.
«Niente…», mormorò mordendosi la lingua, «Sono felice per te».
Alexis la guardò per qualche secondo, in silenzio, fissandola negli occhi.
«Io e te dobbiamo parlare», sentenziò, «Ma non adesso».
Maisie la fermò, afferrandole il braccio, prima che Alexis potesse allontanarsi.
«Di cosa vuoi parlare?», domandò, con un filo di voce, ma speranzosa.
Alexis allargò le braccia.
«Di qualsiasi cosa tu stia pensando», rispose, «Ora dobbiamo proprio entrare».
Maisie annuì appena, seguendo Alexis per il lungo corridoio affollato. Quel giorno, insieme ad Alexis, si sarebbero laureate altre nove persone, e l’edificio era pieno di parenti e amici dei laureandi. Maisie alzò lo sguardo verso la sua famiglia. Alice era con Paddy, Ella e Chris e Cate, invece era un po’ più distante, affacciata a una delle grandi finestre che davano sulla piazza. Maisie guardò sua madre, sembrava assorta, lo sguardo che non guardava in realtà a nulla.
«Mamma», la chiamò Maisie.
«Maisie, sei tornata, dov’eri?», le domandò Cate dando le spalle alla finestra.
«Con Alex al bar. Era in ansia», rispose mesta Maisie. Anche lei era in ansia.
Cate annuì sorridendo appena.
«È comprensibile. Maisie», aggiunse, «In questi giorni vorrei parlare un po’ con te, di alcune cose che vorrei capire».
Maisie guardò sua madre, e il tono che aveva usato le aveva fatto venire i brividi.
«D-di cosa?»
Cate sospirò, Maisie stava per dire qualcosa, ma sua madre la precedette.
«Non è il momento adesso, dobbiamo entrare», rispose allontanandosi.
Maisie si girò, Alexis doveva essere già entrata e Alice le fece cenno di muoversi, tutti gli altri avevano già varcato la soglia. Alexis era seduta insieme ai suoi amici, tra cui Ethan. Maisie sbiancò alla sua vista, ricordando tutto ciò che era successo quella mezza volta durante la quale gli aveva parlato. Le era rimasto un certo sentimento di astio, verso quel ragazzo. Cercò di guardarsi intorno, senza farsi notare. Un dubbio le aveva attraversato la testa. Se era il giorno di laurea di Alexis ed Ethan, in sala poteva esserci anche Emma. Infatti, senza neanche farlo apposta, Maisie notò la ragazza una paio di file indietro alla sua. Bella come sempre. Maisie non aveva mai più chiesto che tipo di relazione avessero avuto Alexis ed Emma, ma con il tempo, aveva capito che era una domanda di cui conosceva già la risposta. Ritornò al suo posto. Era una cosa che la infastidiva, ovviamente, ma non per il fatto in sé, ma più che altro perché verso Maisie, Alexis sembrava avere delle restrizioni. Qualcosa che la bloccasse. Maisie sospirò. Si sentiva sempre più stupida. Pensava a certe cose, e poi l’idea del ritorno a Washington le si affacciava prepotente sui suoi pensieri, ricordandole che Alexis le nascondeva, ancora, qualcosa. Un applauso la riportò al presente, qualcuno aveva appena finito di discutere la propria tesi. Guardò la sua famiglia battere le mani e si unì a loro, aspettando, poi, paziente la volta di Alexis. Quando fu il suo turno, Maisie dovette trattenere la voglia di scappare e piangere. Parlava della luca e di altre cose di cui Maisie non capiva niente, ma la fotografia che il Rettore guardava annuendo era quella che Alex le aveva scattato allo studio, agli inizi della loro relazione. Non sapeva cosa pensare. Era innamorata di Alexis, nonostante la facesse soffrire. Come in quel momento. Era lì, a parlare della luce su suo volto consapevole che se ne sarebbe andata. Solo che non sapeva che Maisie sapeva.
Non sapeva come comportarsi. Quando Alexis ebbe finito di parlare, si unì agli applausi, insieme alla sua famiglia. Quando Alexis si voltò per tornare a sedere al suo posto, aspettando la formula di laurea, le dedicò un sorriso, sincero e liberatorio. Maisie le rispose, cercando di nascondere gli occhi lucidi dovuti ai cattivi pensieri, ma sentì il suo sorriso spegnersi subito. Sua madre la stava guardando, e questo la metteva a disagio. Anche Alexis se ne accorse, Maisie la vide rabbuiarsi in volto. Era forse per questo che se ne andava? Per quello che sarebbe potuto succedere una volta che Maisie avrebbe confessato tutto alla madre? Ingoiò a vuoto. Non voleva essere lei la ragione del suo stesso tormento. Sospirò, ascoltando senza troppo entusiasmo l’ultimo ragazzo cianciare della sua tesi. Quando fu finalmente il momento di dichiarare i voti, tutti i laureandi si alzarono in piedi. Alexis era davvero alta rispetto alle altre ragazze. Sorrise, ricordando il loro primo incontro/scontro all’aeroporto.
Applaudì quando ad Alexis fu conferita la laurea “magna cum laude”, si sentì addirittura orgogliosa di lei. Quando la giunta fu sciolta, Alexis si avvicinò accettando la corona di alloro che Alice le porgeva, per poi abbracciarla sorridendo.
«Spero che questo giorno non diventi un altro marchio sulla tua pelle, tesoro», ironizzò Ella, abbracciando sua figlia.
«Non posso prometterti niente, e mi hai dato un’ottima idea. È da quando sono qui che non mi tatuo», rispose Alexis aggiustando la corona che stonava con i suoi capelli ancora tinti di bianco/grigio.
«Non pensi a quando sarai vecchia?», continuò Ella.
«Sarò una vecchia molto figa», rispose prontamente Alexis, facendole una linguaccia. Sembrava felice.
Alexis le si avvicinò, e abbracciò anche lei. Maisie si sentì arrossire tutta. Sapeva che non era un abbraccio come era potuto essere quello che aveva scambiato con Alice. Maisie si sentì inebriare dal profumo di Alexis, e avrebbe preferito non staccarsi così presto. Ma lo sguardo imbarazzato di Ella e l’occhiata sospettosa di Cate, le suggerirono che era meglio così.
Dopo ancora un po’ di convenevoli tornarono tutti a casa. Alice aveva proibito di togliersi la corona d’alloro ad Alexis per tutto il viaggio di ritorno. Una volta in casa, Alexis si lasciò cadere, profondamente, sulla poltrona che aveva occupato negli ultimi dieci mesi.
«Oggi venite con me?», domandò inaspettatamente a Maisie ed Alice.
«Dove?», domandò prontamente Alice.
«In un locale al centro, io ed Ethan abbiamo affittato una parte della sala per festeggiare», rispose massaggiandosi le tempie.
Alice aveva gli occhi che le brillavano.
«Io ci sto!», annuì raggiante, «Tu vieni, vero, Maisie?».
Maisie annuì, improvvisamente timida. Avrebbe voluto fronteggiare Alexis, ma con Alice intorno, sarebbe stato impossibile.
«Vado di sopra, non mi sento bene. A dopo», disse velocemente Maisie, correndo via, evitando di guardare Alexis, ma aveva notato la sua espressione confusa. Si chiuse la porta alle spalle, lasciandosi andare a un profondo sospiro. Scosse il capo per riprendersi e poi si fiondò a letto, addormentandosi. Si svegliò solo quando la voce pungente della sorella le massacrava il timpano.
«Maaaisie!», lo voce di Alice ululava, «Svegliati! E che diamine, neanche i colpi di cannone ti svegliano a te!», continuò scuotendola.
«Ehi, ehi», Maisie alzò le mani a mo’ di resa, «Mi alzo», continuò, con la bocca impastata dal sonno.
«Dai, che se facciamo tardi facciamo tardare anche Alexis. È la sua festa! Non è giusto!»
Maisie si svegliò di colpo, all’improvviso. La festa di Alexis. Se ne era completamente dimenticata.
«Che mi metto?», domandò isterica alla sorella.
Alice la guardò.
«E io che ne so!», rispose candidamente.
Maisie sbuffò, alzandosi dal letto. Guardò fuori dalla finestra, era sera, ma il sole c’era ancora. Adorava il periodo primavera/estate, le giornate erano sempre così lunghe e luminose.
«Mamma e Paddy verranno?», domandò mentre riversava sul pavimento tutto ciò che scartava.
«Oh, no!», esclamò Alice, «Vanno a cena con Ella e Chris».
«Veramente?», Maisie si voltò di scatto, sorpresa e timorosa contmeporaneamente.
Alice si limitò ad annuire, seduta scomposta sul letto, facendo dondolare le gambe nude.
«Che ne dici di questo?», le domandò Maisie, mostrandole un vestitino blu con lo scollo a barca. Non lo aveva mai indossato.
«Uh, carino!», acconsentì Alice.
Maisie annuì e si recò in bagno a prepararsi.
 
*
 
Durante tutto il tragitto in macchina, Maisie era rimasta in silenzio, con le mani tra le gambe. Lo faceva sempre quando era nervosa. E il fatto di trovarsi in macchina con Alexis e sua sorella non la tranquillizzava.
«Che c’è?», le domandò Alexis, bloccandole il passaggio fuori all’ingresso del locale.
Maisie la guardò sbigottita.
«In che senso?»
«Sei strana».
«Non è vero».
«È tutto il giorno che mi eviti», Alexis sembrava terribilmente seria.
Maisie sospirò, come sempre, agli occhi di Alexis era un libro aperto.
«N-non è vero…»
«Maisie!», una voce familiare richiamò la loro attenzione. Maisie notò gli occhi scuri di Alexis ridursi a due fessure, vide le sue braccia irrigidirsi e buttare con foga ciò che rimaneva della sigaretta, ma Maisie era sorpresa quanto lei di vedere Amber lì, in quel momento.
«Ciao!», esclamò una volta che le ebbe raggiunte. Amber era con i due suoi amici, quelli che Maisie aveva visto qualche volta al bar una delle prime volte che aveva incontrato Amber. Di Rose, neanche l’ombra.
«Che ci fate qui?», domandò, ignorando lo sguardo scocciato di Alexis.
Maisie passò lo sguardò velocemente da Amber ad Alexis, poi si affrettò a rispondere, «Siamo qui per festeggiare la laurea di Alexis».
«Davvero! Auguri!», sorrise Amber. Alexis accennò un sorriso, che si spense subito, «Anche noi siamo qui per una laurea!»
«Ti aspetto dentro», fu l’unica risposta di Alexis. Maisie la guardò allontanarsi, le esili braccia che erano scoperte da una delle sue shirt over-size.
«Mmm, non sembra al massimo della felicità», osservò Amber, «È andata male la seduta di laurea?».
«Oh no, anzi, è andata benissimo», rispose prontamente Maisie, «È stanca, i queste notti non ha chiuso occhio».
Amber sorrise, «Beh, posso solo immaginare! Tra poco toccherà a noi fare le nottate per studiare!»
Maisie scoppiò a ridere. C’era qualcosa di frivolo in Amber che la portava sempre a sorridere.
«Fortunatamente ci vorrà ancora un po’!»
«Eh, non credere», continuò Amber, «Un anno passa veramente in fretta!», poi aggiunse, «Entriamo? I nostri rispettivi amici ci staranno aspettando!»
Maisie annuì e così varcarono insieme l’ingresso.
L’interno del locale era buio, in contrasto con il tramonto primaverile fuori. Si sentì un po’ triste per questo, non le piacevano i locali bui e rumorosi. Guardò verso Alexis che stava scartando il regalo che alcuni amici le avevano fatto. Sembrava serena. Perché non poteva esserlo anche lei?
«Prendiamo qualcosa da bere?», le domandò Amber.
Maisie stava per dirle qualcosa, ma quando notò Emma entrare nel locale e correre ad abbracciare Alexis, sentì la voce morire in gola. Stava giusto per dire che voleva prima avvisare Alex, ma improvvisamente non ne vedeva il motivo.
«Certo», rispose, «Perché no».
Poi si voltò nuovamente verso Amber, nascondendo con un sorriso il suo sgomento, «Andiamo?».
Amber e i suoi due amici le sorrisero.
«Non farti problemi, mi raccomando, abbiamo le consumazioni!»
Così si recarono al bar, e poi a un tavolino un po’ in disparte. Gli amici di Amber si chiamavano, Lucy e Jacob, ed erano molto simpatici. Erano ormai al terzo drink, e Maisie si era quasi dimenticata il vero motivo per il quale era lì. Ma non le importava. Finalmente si sentiva leggera, cosa che probabilmente era dovuta all’alcol, e non aveva voglia di rovinare tutto con i torbidi pensieri che ultimamente si affacciavano con prepotenza alla sua testa.
«Vado un attimo in bagno», esclamò rivolta alla sua nuova compagnia, che annuì sorridendole.
Attraversò il locale dirigendosi alle toilette, ignorando che Alexis la stesse seguendo.
Entrò, spingendo la pesante porta nera, che improvvisamente, si spalancò. Solo che di fronte non si trovò nessuno. Solo in un secondo momento, guardano il braccio tatuato che teneva aperta la porta, Maisie realizzò che Alexis era perfettamente dietro di lei.
«Entra», le ordinò.
Maisie eseguì, senza riuscire a decodificare il tono di Alexis.
«Si può sapere che succede?», la voce di Alexis la investì, portandola a fare diversi passi indietro, urtando uno dei lavandini.
«In che senso?», mormorò Maisie, l’alcol iniziava a darle alla testa.
«Sei sparita insieme ad Amber», Alexis la guardò, «Ancora», aggiunse.
Maisie scosse il capo.
«Sei tu che te ne sei andata, lasciandomi con loro!», sbottò Maisie.
«Davo per scontato che mi avresti raggiunta una volta dentro!»
«Ah, scusa! È che tu ed Emma eravate così carine abbracciate insieme, che non volevo disturbare!»
Maisie vide Alexis stringere con forza il bicchiere di birra che teneva in mano. Fortunatamente era in vetro, sennò avrebbe sparso birra ovunque.
«Maisie, non ricominciare di nuovo», mormorò Alex a bassissima voce, «Cosa dovrei dire io?»
«Cosa avresti da dire?», domandò con astio. L’alcol la rendeva molto più irascibile.
Alexis si avvicinò, gli occhi ridotti a due buchi neri.
«Me lo stai domandando veramente?»
Maisie annuì, «Ma non parlo di Amber o di Emma…», mormorò.
Alexis ebbe un guizzo d’incomprensione.
«Non ti seguo», palesò.
Maisie chiuse gli occhi, l’alcol continuava ad aumentarle la temperatura corporea. E la vicinanza con Alexis non aiutava di certo a raffreddare i suoi bollenti spiriti. Si alzò sulle punte, attirando Alex a sé, afferrando i lembi della sua maglietta. Sentiva ancora il sapore della sua caipiroska tra le labbra. Alexis, dal canto suo, appoggiò il bicchiere che teneva in mano, alla meglio, dietro la schiena di Maisie, su un angolo del lavandino. Sembrava sorpresa, piacevolmente, della piega che la loro discussione stava prendendo. Maisie, nonostante la sua innocenza, rimaneva un punto debole per lei. Molto debole. E quel vestito che indossava quella sera, non l’aiutava certo a mantenere la calma. Era già successo, qualche volta, di perdere il controllo, ma era sempre riuscita a controllarsi. Ma fino a quando ci sarebbe riuscita? E soprattutto, perché continuava a controllarsi? C’era qualcosa di diverso in Maisie, qualcosa che la spingeva a rendere le cose diverse, ad aspettare. Cosa? Non lo sapeva ancora. In quel momento c’erano solo lei e Maisie. E queste le bastava. Attirò Maisie a sé, continuando a baciarla. Maisie sapeva di fragola e vodka, il che denotava che aveva bevuto, e anche abbastanza. Era forse sbagliato fare quello che stavano facendo? Portò Maisie a sedersi su quel lavandino, e Maisie eseguì in silenzio, continuando a baciarla. Sentiva il respiro affannato di Maisie, così piccola rispetto a lei, e la cosa le procurò un certo piacere. Morse le labbra carnose di Maisie, scompigliandole i capelli raccolti, e con l’altra mano risalì la coscia di Maisie, scostando la gonna di leggera stoffa, fiondandosi sul suo collo. Maisie si lasciò scappare un gemito di piacere, per poi allontanarsi improvvisamente.
«Non parlavo di Emma», mormorò, le guance arrossate.
Alexis chiuse gli occhi e scosse il capo.
«Maisie, davvero, non ti seguo».
«Neanche io…», sussurrò con le lacrime agli occhi, per poi scendere da quella superficie, sobbalzando, quando la porta si aprì.
«Ehi…», Alice le guardò, interrogativa, «Ecco dov’eravate».
Maisie si sistemò al meglio il vestito, sbiancando, sperando che sua sorella non avesse ottime capacità di deduzione.
«Maisie non si è sentita bene, deve aver bevuto qualcosa che l’ha disturbata», inventò Alexis al momento.
Alice le guardò, confusa.
«In effetti, sei un po’ bianca», asserì Alice, «Vuoi andare a casa?»
Maisie ci pensò su, quasi quasi, sarebbe volentieri andata via, ma decise di restare.
«No, è ok. Ce la faccio, basta che non mi fate più bere».
«Ook», acconsentì Alice, ancora non del tutto convinta.
«Andiamo, torniamo in sala», disse Alexis, superandole e senza degnare di un solo sguardo Maisie, che sospirò, abbattuta.
«Sicuro che va tutto bene?», le domandò Alice.
Maisie annuì, «Certo».
«Ok».
Maisie si andò a sedere un po’ disparte su uno dei divanetti, aspettando che la serata giungesse velocemente al termine.
Dopo quella che le parve un’eternità, sua sorella le si sedette affianco.
«Io vado», disse semplicemente.
«In che senso?», le domandò riprendendosi.
«Vado a dormire da Annie, non ti ricordi? Te l’ho detto oggi!»
Era vero, gliel’aveva detto proprio poco prima di uscire.
«Ok», cedette Maisie alla fine, «Ti viene a prendere sua madre?»
«Sì, è già qua fuori».
«Vuoi che ti accompagni?»
«No, è ok», poi Alice la guardò, «Tu sicura di stare bene?»
Maisie le sorrise.
«Sì. Sono solo un po’ stanca».
«Ok. Ma perché non chiedi ad Alex di andare a casa? Neanche lei sembra molto presa dalla festa…», osservò Alice, guardando verso Alexis. Maisie seguì il suo sguardo, e dovette ammettere che aveva ragione. Alexis se ne stava seduta su uno dei divanetti, in compagnia di un bicchiere mezzo vuoto e una sigaretta spenta tra le dita con lo sguardo perso nel vuoto. Era lei, la causa di quello sguardo?
Stava quasi per alzarsi e andare da lei, quando una figura a lei ben conosciuta, dalle gambe longilinee la precedette. Alexis sembrò risvegliarsi dal suo stato di trance, ma per come la vedeva Maisie, si era seduta fin troppo vicino ad Alexis. Erano intime, e si vedeva. Da come Emma aveva accavallato le lunghe e sinuose gambe, da come la sfiorava mentre parlavano e scherzavano.
«Alice», Maisie richiamò l’attenzione della sua sorellina, «Se chiedo alla madre di Annie un passaggio, credi che accetterà?»
«Certamente! Tanto casa nostra è di strada», annuì.
«Allora me ne vengo con te», affermò Maisie in preda all’ira.
«Ok», rispose semplicemente Alice, non capendo l’improvviso cambio di umore della sorella, «Non dovremmo avvisare Alexis?»
«No».
 
*
Quando Maisie fu in casa, fu grata di non trovare sua madre e Paddy. In effetti, era abbastanza presto, e se sua madre era andata a cena con Ella e gli altri, avrebbe sicuramente tardato ancora. Andò di sopra a cambiarsi, indossando le prime cose che le capitavano sotto tiro, e poi scese di nuovo al piano di sotto, pronta per accoccolarsi sul divano, davanti a un bel film. Iniziò a fare zapping selvaggio in tv, non c’era niente che le interessasse, anche se in quel momento la sua testa era da tutt’altra parte. Era già da un po’ che era tornata e a quanto pare Alexis neanche si era resa conto della sua assenza. Che bello. Spense con foga il televisore, e si diresse al piano di sopra, ma proprio mentre stava per arrivare in cima, la porta di casa si aprì e Maisie riconobbe la figura gonfia di sua madre.
«Sto solo cercando di capire cosa ti abbia fatto cambiare umore così drasticamente!», stava dicendo Paddy.
Maisie si accovacciò sulle scale, cercando di capire di cosa stessero parlando Paddy e sua madre.
«Niente, Paddy, niente», la voce di Cate era tremante.
«Quando io e Chris siamo tornati, eri pallida come un fantasma», continuò Paddy, «Si può sapere…»
«Paddy, amore, davvero. Niente. Sono solo molto stanca, ormai sono in attesa avanzata, cambio umore per nulla».
«Ok», Paddy sospirò, «È che avevi uno sguardo così turbato… Avevo paura che Ella ti avesse detto qualcosa».
Maisie sentì il cuore saltare un battito, un po’ per le parole di Paddy e un po’ perché il suo cellulare prese a squillare insistentemente.
«Ma è il cellulare di Maisie?», sentì domandare da sua madre, che vide poi passare davanti alle scale, senza accorgersi di lei.
Maisie si maledì per aver lasciato il cellulare sul divano.
«È Alexis, ma non erano alla festa insieme?», domandò ancora Cate.
«Pronto? No, Alexis, sono Cate. Sono a casa, che domande! Maisie? Ma non è con te?».
Maisie continuò a maledirsi, mentre vide Paddy raggiungere sua madre.
«Che significa non la trovi? Alice? Alice è andata da un’amica, mi ha avvisato quando la madre è arrivata fuori al locale. Aspetta, controllo che Maisie non sia in camera sua. Forse hai ragione tu, si sarà fatta dare uno strappo dalla madre di Annie».
Maisie scattò su, e si recò velocemente in camera sua. Che situazione! Si buttò velocemente a letto, ringraziando almeno di aver avuto la brillante idea di cambiarsi. Cercò di regolare il respiro e di sembrare addormentata.
Dopo poco, sentì la porta della sua camera aprirsi impercettibilmente.
«Maisie? Maisie, dormi?»
“Che domande!”, pensò Maisie.
«Mmh?», mormorò voltandosi verso sua madre e assumendo un’espressione dormiente, «Che c’è?»
«Oh, niente», sua madre le sorrise, un sorriso tirato, «Hai dimenticato il cellulare giù. Come sei tornata a casa?»
«La madre di Annie mi ha dato un passaggio», sbadigliò Maisie, o almeno ci provò.
«E ti sei dimenticata di avvisare Alexis. Ti cercava sul cellulare».
«Ah, ok».
«Buonanotte».
«Notte».
Maisie guardò sua madre lasciare la stanza, e poi afferrò il cellulare, più sveglia di prima.
Alexis le aveva mandato vari messaggi.
“Dove sei?”, “Maisie?”, “Dove cazzo sei finita?”, “Perché te ne sei andata senza dirmi niente?”
Maisie lasciò cadere il cellulare. Che avrebbe dovuto dirle? E adesso? Avrebbe dovuto risponderle?
Digitò velocemente il breve messaggio.
“Non lo so, scusa”.
Questo fu tutto quello che riuscì a scriverle, per poi abbandonarsi veramente alle braccia di Morfeo. Tanto una risposta di Alexis non arrivò mai.
 
*
Quando la mattina si svegliò, Maisie fu colpita in pieno dalla consapevolezza della serata precedente. Si alzò mestamente dal letto, sua sorella, ovviamente, non c’era. E improvvisamente si era ricordata che aveva lasciato Amber senza neanche salutarla. Che pessima figura! Si affacciò sul corridoio, controllando che la via fosse libera. Il giorno precedente non aveva cenato, e adesso sentiva un vuoto allo stomaco. La porta di Alexis era chiusa, come sempre. Avanzò a piccoli e silenziosi passi, scendendo lentamente le scale. Quando riuscì nell’ardua impresa dovette reprimere un moto di tristezza. La tavola non era imbandita come ogni mattina, ma presentava solo un foglietto di carta.
 
“Maisie e Alex, io e Paddy siamo da ginecologo, non ho avuto il tempo di prepararvi granché, c’e qualcosa in forno e altro in frigo.
Scegliete voi,
Cate & Paddy”
 
 
Maisie avrebbe voluto piangere. In quei momento solo una super colazione di sua madre avrebbe potuto tirarle su il morale. Guardò l’ora. Erano le undici passate. A che ora era andata via sua madre?
«Buongiorno, eh».
Maisie trasalì. La voce di Alexis l’aveva fatta impaurire.
«C-ciao…»
«Si può sapere che ti è saltato in quella fottuta testa ieri? Mi hai fatto preoccupare! Se volevi andartene, bastava che venissi a dirmelo!», sbraitò Alexis investendola. Maisie batté contro il tavolo della cucina per indietreggiare.
«Perché non mi hai detto che te ne volevi andare? Perché mi hai lasciato lì, senza dirmi niente? Sono dovuta andare da Amber! E neanche lei sapeva nulla! Ti rendi conto di quanto mi sia preoccupata?»
«S-scusa», borbottò Maisie, «È che…»
«Cosa?»
«È che ti ho vista con Emma… e niente».
Maisie video Alexis mordersi il labbro. Stava trattenendo qualcosa.
«Maisie, come devo dirtelo…»
«No», Maisie la interruppe.
«”No”, cosa?», domandò confusa Alexis.
«In realtà non è per Emma».
«Maisie? Ancora? Già ho detto ieri che non ti capisco. Se non mi parli chiaramente, io come posso capire?»
Maisie si fece forza e inspirò profondamente.
«So che te ne vai».
Alexis la guardò senza dire niente, rimase lì, di fronte, senza dire niente. Sospirò.
«Perché non me l’hai detto prima?»
«Che cosa?», domandò Maisie sorpresa e confusa, «I-io avrei dovuto dirtelo? Non tu? Sei tu quella che se ne sta andando! Non io!»
«Esatto, saresti dovuta venire da me, a chiedermi il perché!», sbottò Alexis, «Invece di comportarti come una stupida ragazzina!», continuò urlando, «Saresti dovuta venire a parlarne con me, non mettere il muso e iniziare a delirare!»
Maisie la guardò sconvolta, «Tu mi nascondi le cose, e io sarei dalla parte del torto?»
«Ah scusa, hai ragione tu. Su illuminami dall'alto della tua saggezza come avrei dovuto comportarmi!», Alexis la guardò, «Come avrei dovuto comportarmi?», sbottò.
Maisie non l'aveva mai vista così arrabbiata. Forse aveva sbagliato ad attaccarla.
«Forse la domanda giusta è: "Come avrebbe dovuto comportarsi Maisie conoscendo solo una parte della storia?"», riprese Alexis con tono ironico.
«Basta!», urlò Maisie.
«No Maisie, adesso non puoi tirarti semplicemente indietro! Tu...»
«BASTA!», urlò con quanto fiato aveva in gola. Cercò di non scoppiare a piangere. Non voleva darle questa soddisfazione, «Non puoi giocare con i sentimenti delle persone! Vorrei non averti mai incontrato!», urlò quest'ultima frase con tutto l'odio che aveva in corpo. Alexis la guardò, bloccandosi. Sembrava stremata. Aveva gli occhi cerchiati di nero. Ma Maisie se ne accorse solo in quel momento.
«Bene. Bene», ripeté, «Facciamo come se non fosse mai successo niente», la guardò a lungo, «Facciamola finita», sibilò.
Ma proprio in quel momento, la porta di casa si aprì, spalancandosi. E sia Maisie che Alexis, capirono che quella stria non sarebbe finita lì.

 

Hello!
Mi scuso per il terribile ritardo, ma il mio computer ha deciso di abbandonarmi proprio all'ultimo, portandosi con se gli ultimi capitoli, quindi ho dovuto riscrivere alcune cose. Questo capitolo doveva essere più lungo, ma ho deciso di tagliarlo, in modo da avere già pronto un aggiornamente, mentre riscrivo il resto. Sono così deoslata. 
Detto questo...CI STIAMO AVVICINANDO ALLA FINE!
Sono così triste :(
Vi ringrazio come al solito di tutto il supporto e l'apprezzamento. Non avrei mai pensato di arrivare fin qui!
Mi dispiace scrivere questo breve messaggio, ma sono così triste! Non riesco a crederci che siamo quasi alla fine! Oddio! È una sensazione così strana!
Comunque vi abbraccio e ringrazio tutt* come al solito! Grazie di cuore!
StClaire

«E dimmi, quando avresti voluto rendermi partecipe di questa cosa?», le domandò Paddy.
«Quale cosa?», domandò in risposta Alexis, era terribilmente stanca. Non aveva chiuso occhio tutta la notte.
«Di... Come dire...»
«Della mia omosessualità? Vuoi sapere perché non ti ho detto che sono lesbica?», finì Alexis per lui.
«Si».
«Paddy, tu hai mai dichiarato di essere etero? Hai mai detto a qualcuno che ti piacciono le donne?»
«Che cosa? No!»
«Perché no?»
«Perché é una cosa normale. Non c'è bisogno mica di specificare!»
Alexis lo guardò, un sorriso beffardo in volto, «Ecco la tua risposta».
Paddy rimase in silenzio per un po', cosciente, che la figlia non aveva tutti i torti.
«Dimmi ancora una cosa», riprese Paddy, «Perché Maisie?»
«Che significa?»
«Perché proprio lei?»
«Ma che cazzo si domanda é?», sbottò infastidita Alexis.
«Dico io, fra tutte, proprio tua sorella?»
Alexis guardò suo padre. Le sembrava così buffo, tutto ciò, all'improvviso. Suo padre che era sparito per dieci anni, adesso era follemente interessato al suo cuore.
«Non scegliamo noi di chi ci innamoriamo, no? Non è quello che dicesti tu a mia madre?»

 



 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 19
- Adieu -
 

«BASTA!», urlò con quanto fiato avesse in gola. Cercò di non scoppiare a piangere. Non voleva darle questa soddisfazione, «Non puoi giocare con i sentimenti delle persone! Vorrei non averti mai incontrato!», urlò quest'ultima frase con tutto l'odio che aveva in corpo. Alexis la guardò, bloccandosi. Sembrava stremata. Aveva gli occhi cerchiati di nero. Ma Maisie se ne accorse solo in quel momento.
«Bene. Bene», ripeté, «Facciamo come se non fosse mai successo niente», la guardò a lungo, «Facciamola finita», sibilò.
Ma proprio in quel momento, la porta di casa si aprì, spalancandosi. E sia Maisie che Alexis, capirono che quella storia non sarebbe finita lì.

 
*
 
«Ragazze…», Paddy entrò allarmato in cucina, «Cosa succede?»
Maisie sentì il suo cuore mancare un battito e cercò di asciugarsi velocemente le lacrime, ma sua madre le aveva già notate.
«Maisie, tesoro, tutto bene?», Cate si avvicinò, l’espressione confusa, «Si sentivano le urla da fuori!»
«Alex, cosa hai fatto?», domandò Paddy voltandosi verso sua figlia.
«Cosa? Niente! Cosa pensi che abbia fatto?», sbottò Alexis, era veramente stanca di tutta quella situazione, di quel nascondersi continuamente. Paddy si avvicinò a lei e l’afferrò in malo modo il braccio, trascinandola verso il suo studio. Maisie la vide sparire oltre il corridoio. Non l’aveva neanche degnata di uno sguardo. Era davvero finita?
«Vieni Maisie, andiamo sopra».
Maisie sentiva la voce ovattata di sua madre, la testa le girava e sentiva il proprio cuore battere a mille. Seguì sua madre su per le scale, muta, la testa rivolta oltre. Appena entrò in camera si sedette come un automa sul letto e continuò a guardare verso il vuoto. Solo quando sentì il materasso piegarsi sotto il peso doppio della madre si riprese.
«Cos’è successo?», le domandò Catelyn.
Maisie scosse impercettibilmente il capo, «Niente», sussurrò.
«Maisie», sua madre la richiamò, «Cos’è successo?», ripeté, ma questa volta in tono perentorio.
«Mamma», mormorò Maisie finalmente voltandosi e guardando verso sua madre, «Che cosa vuoi sapere esattamente?»
 
*
 
Alexis sentiva ancora il peso della mano di Paddy dove l’uomo aveva stretto. Si era lasciata trascinare, senza fare domande. Le lacrime di Maisie, alla vista di sua madre, le avevano spezzato il cuore.
Stupida. Era stata una stupida a pensare che una ragazzina di diciassette anni potesse reggere al peso di una confessione del genere. Non avrebbe mai dovuto chiederlo, o avrebbe dovuto impedirle di formulare quel pensiero. Avrebbe dovuto soffocare i suoi sentimenti, mettendo a tacere anche i propri.
«E dimmi, quando avresti voluto rendermi partecipe di questa cosa?», le domandò Paddy.
«Quale cosa?», domandò per risposta Alexis, era terribilmente stanca. Non aveva chiuso occhio tutta la notte.
«Di... Come dire...»
«Della mia omosessualità? Vuoi sapere perché non ti ho detto che sono lesbica?», finì Alexis per lui.
«Si».
«Paddy, tu hai mai dichiarato di essere etero? Hai mai detto a qualcuno che ti piacciono le donne?»
«Che cosa? No!»
«Perché no?»
«Beh, perché è una cosa normale. Non c'è bisogno mica di specificare!»
Alexis lo guardò, un sorriso beffardo in volto, «Ecco la tua risposta».
Paddy rimase in silenzio per un po', cosciente, che la figlia non aveva tutti i torti.
«Dimmi ancora una cosa», riprese Paddy, «Perché Maisie?»
Alexis alzò lo sguardo verso suo padre, incrociando i suoi occhi. Era seduta, con le mani in grembo, come chi crede di star per ascoltare la storia del mondo.
«Che significa?», mormorò.
«Perché proprio lei?»
«Ma che cazzo si domanda è?», sbottò infastidita Alexis.
«Dico io, fra tutte, proprio tua sorella?»
Alexis guardò suo padre. Le sembrava così buffo, tutto ciò, all'improvviso. Suo padre che era sparito per dieci anni, adesso era follemente interessato al suo cuore.
«Non scegliamo noi di chi ci innamoriamo, no? Non è quello che dicesti tu a mia madre?»
 
*
 
Sua madre era ancora seduta, confinata sul letto. Le sembrava così distante in quel momento. Le sembrava così distante adesso che le aveva raccontato tutto. Nel silenzio sentiva solo il suo respiro pesante, ma regolare. Stava pensando. Invece, lei, non riusciva a pensare. Le parole di Alexis le rimbombavano nella mente, come fulmini.
“Facciamola finita.”
Si morse l’interno della guancia per non piangere. Non voleva piangere davanti a sua madre, farle capire quanto stesse male. Non riusciva a capire quanto male stava sua madre.
 
*
 
«Non so che dire», mormorò Paddy.
Alexis roteo gli occhi, «Non dire niente, è meglio».
«Alexis!», sbottò suo padre, «Pensi che tutto questo sia un gioco?»
Un gioco? Scosse la testa. Suo padre non avrebbe mai afferrato il suo stato d’animo in quel momento. Si sentiva vuota, terribilmente vuota.
Ripensò a ciò che aveva urlato.
“Facciamola finita.”
Scosse il capo cercando di cacciare via il momento e il senso di panico che s’impossessava di lei.
L’aveva detto davvero.
Lo pensava davvero?
 
*
 
«E da quanto?»
Maisie rinvenne, ritornando alla realtà.
«Cosa?», domandò guardando sua madre.
«Da quanto… state insieme?», domandò sua madre con un filo di voce.
Maisie sospirò, «Sei mesi. Più o meno».
«Sei mesi…», ripeté in un sussurrò Catelyn, guardando nel vuoto. Sembrava che stesse ripercorrendo all’indietro quel lasso di tempo, «È tanto tempo», mormorò alzando lo sguardo verso Maisie, «Non mi ero accorta di niente».
Maisie la guardò. Cosa avrebbe dovuto dirle? Le sembrava stanca. Avrebbe dovuto… consolarla forse?
 
*
 
«È una situazione delicata», affermò Paddy. Improvvisamente, nel silenzio.
L’uomo incatenò i suoi occhi azzurri a quelli neri di Alexis, che ricambiò lo sguardo.
«È tua sorella».
«Stronzate», ribatté Alexis.
«Legalmente», Paddy sospirò, «Sarete sorelle. Cristo, Alexis! Io e Catelyn aspettiamo un bambino! E quel bambino è tuo fratello, quanto il suo!»
 
*
 
«Mamma?»
Catelyn alzò nuovamente lo sguardo. Era pallida.
«Sei arrabbiata?»
Catelyn strinse tra le mani le lenzuola che coprivano il letto di Maisie, «No», mormorò, «Sono…», si bloccò, cercando le parole adatte, «Sono confusa».
Maisie abbassò lo sguardo.
Confusa. Anche lei lo era.
«Perché litigavate?»
Maisie sgranò gli occhi. Il tono, il tono che aveva usato! Sembrava una madre apprensiva. Una qualsiasi madre che chiedeva alla figlia come mai avesse litigato con il suo ragazzo.
Boccheggiò, insicura della sua risposta.
 
*
 
«Perché stavate litigando?»
Alexis schioccò la lingua.
«Non sono fatti tuoi», sibilò.
Paddy si alzò di scatto, con furia, facendo cadere la sedia sulla quale si era seduto, «Si che sono fatti miei, Alex! Devo sapere che cosa hai fatto a Maisie! Devo sapere, dimmi, cosa devo aspettarmi ancora da te? Non bastavano tutti i casini che hai combinato fino ad adesso? Tutte le volte che tua madre mi ha chiamato in lacrime perché tu avevi ancora combinato qualcosa? Perché eri stata cacciata da scuola? O perché te ne eri andata via di casa, andando a vivere con un drogato?»
 
*
 
Maisie e Catelyn sobbalzarono insieme, quando sentirono il rumore di una sedia rovesciata con forza e le urla indistinte che venivano da sotto, dallo studio di Paddy.
«Resta qui!», le ordinò sua madre, alzandosi a fatica. Aveva un pancione ormai grande. Uscì velocemente dalla camera chiudendosi la porta alle spalle. Maisie si lasciò cadere nuovamente sul letto, per rialzarsi subito, quando sentì la chiave girare nella toppa.
«Mamma!», urlò, precipitandosi alla porta e cercando inutilmente di aprirla, «MAMMA!», urlò più forte.
 
*
 
«Hai capito o no che aspetti, che aspettate, un fratello?», domandò ancora Paddy, a pochi centimetri dalla faccia di Alexis.
Lei lo guardò, gli occhi ridotti a due fessure, «Hai capito o no che me ne sbatto del bambino? Non è mio fratello», scandì bene e lentamente le ultime parole.
«Ti voglio fuori di qui», sibilò Paddy a un millimetro dal viso di Alexis, «Adesso».
Alexis mantenne lo sguardo di Paddy.
«Non te lo perdonerò mai, questo, Alexis. Mai», raschiò, ignorando completamente la voce di Catelyn, che era ritornata giù, che diceva a Paddy di calmarsi.
Quelle parole la fermarono.
«Cosa? Cosa?», ripeté, sentendo l’ira crescere dentro di sé, «Cosa non vuoi perdonarmi?»
Paddy la guardò, aprendo le braccia, il volto deformato dalla rabbia, «Questo!»
«Questo cosa?», Alexis esplose, spintonando con entrambe le mani Paddy, «Cosa? Il fatto che per una fottuta volta abbia trovato qualcuno che mi rendesse felice? Cos’è che ti fa tanto incazzare? Il fatto che tu non sia riuscito a rovinarmi come hai fatto con mia madre?»
«Che cosa succede?»
Alexis si voltò verso la porta. Alice era davanti a loro, gli occhi sgranati dallo stupore.
«Alice, vieni di sopra, raggiungiamo tua sorella».
 
*
 
Maisie era ancora intenta a bussare con forza contro quella stupida porta di legno quando questa si aprì magicamente.
«Stai con tua sorella», disse sbrigativa Catelyn facendo entrare frettolosamente Alice e richiudendo velocemente la porta.
«Mamma!», sbottò ancora Maisie, quando sentì di nuovo la serratura scattare.
«Maisie, ma che succede?», domandò sempre più confusa Alice.
Maisie sospirò, sentendo le guance bagnarsi di lacrime. Quella situazione stava peggiorando di momento in momento.
«Alexis e Paddy hanno litigato ancora, vero?», domandò ancora Alice, «Ma perché piangi? Maisie! Che succede?»
 
*
 
«Fuori di qui», ribadì Paddy.
«Paddy, tesoro, aspetta un attimo. Non ti sembra che tu stia precipitando le cose?», Catelyn si precipitò, mettendosi fra Alexis e Paddy che si guardavano in cagnesco.
«NO!», sbraitò Paddy, «Deve andarsene da qui!»
Alexis sentiva il suo respiro pesante e il battito accelerato, la testa le doleva e sentiva la gola graffiata dalle urla. Si sentiva come un animale in gabbia. Un animale che girava intorno al suo spazio, come un girotondo ipnotico.
«No», esclamò improvvisamente, richiamando l’attenzione di Paddy e Catelyn, «Me ne vado», continuò, «Non ha senso restare qui. Non voglio più rimanere».
Catelyn la guardò sconcertata, «E Maisie?»
Alexis tutto si era aspettata, tranne quella domanda.
 
*
 
Alice la stava guardando. I begli occhi verdi sgranati dallo stupore.
«Non l’aveva capito», mormorò, impercettibilmente, «Cioè…»
Maisie alzò lo sguardo, gli occhi arrossati le bruciavano, «Cioè, cosa?»
«Beh, ieri…», Alice si morse il labbro.
«Ieri, cosa? Alice? Cosa?», sbottò Maisie. Non ce la faceva più a sopportare i sotterfugi e le parole mezze dette.
«Beh! Io credevo che fosse una cosa a senso unico!», sbottò infastidita Alice.
Maisie sgranò gli occhi, «S-senso unico? Che significa?».
Alice inspirò profondamente, «Beh, ieri era così palese!»
«Palese? Che significa Alice?»
«Oddio, Maisie! Ma che cazzo! Ti sto dicendo che credevo che Alexis fosse interessata a te! Ma non sapevo che la cosa fosse reciproca!», sbraitò Alice, «Ieri non faceva che cercarti con lo sguardo e poi quando ti ha visto con quella tipa… Dio, che smorfiosa! Comunque, dicevo, quando ti ha visto con quella tipa si è annullata. Completamente!», Alice aprì le mani e mimò una specie di cerchio.
«Davvero?», sussurrò Maisie.
Alice la guardò, addolcendo lo sguardo. Sospirò, «Sì, davvero. Forse tu non te ne sei accorta e non so come tu abbia fatto. Era così strana ieri. Doveva essere felice, cioè, si era appena laureata! E invece sembrava… delusa», Alice fece una pausa, andandosi a sedere sulla sedia della sua scrivania, «Ti guardava. È li che me ne sono accorta», continuò Alice guardando Maisie negli occhi, «Ti ha guardato per tutta la serata, tu eri distratta, non te ne accorgevi. Lei si è andata a sedere su uno dei divanetti, in disparte. Era proprio di fronte a me, ma non mi vedeva. Era completamente presa da te. Ti guardava soprattutto quando ridevi, e per un attimo un lampo di rabbia le deformava la faccia, ma poi ritornava a guardarti, ti guardava, sembrava triste, eppure sul suo viso…», Alice si era imbarazzata a raccontare quella storia, quella sensazione che aveva provato, «Sul suo viso c’era amore».
 
*
 
«Alexis».
La voce di Catelyn la bloccò a due passi dall’armadio, si girò lentamente, inspirando profondamente. Non aveva nessuna voglia di iniziare una nuova battaglia.
«Non serve che te ne vada», mormorò Catelyn, appena realizzò che Alexis non le avrebbe risposto, «Puoi rimanere. È anche casa tua».
Alexis la guardò, un po’ sorpresa, ma sapeva quanto le costassero quelle parole, glielo leggeva negli occhi e nelle mani che Catelyn continuava a torturarsi.
Scosse il capo, «Preferisco andare via», sospirò, «Non credo di essere più benvoluta in questa casa».
Catelyn scosse il capo, in maniera stanca, portandosi entrambe le mani al ventre.
«Non c’è bisogno che ti sforzi», continuò Alexis, prima che Catelyn potesse dire qualcosa, «È una decisione che avevo già preso prima, comunque», concluse, aprendo le ante dell’armadio e afferrando un grosso borsone. Ci avrebbe infilato lo stretto necessario e se ne sarebbe andata.
«E Maisie?», Catelyn ripeté la domanda.
Alexis si bloccò, un paio di t-shirt in mano. Chiuse gli occhi, e si voltò, nascondendo il suo dolore agli occhi di Catelyn.
“Vorrei non averti mai incontrata!”
«Maisie ha già fatto la sua scelta».
 
*
 
 
Maisie non riusciva a non pensare alle parole di Alice. Era stata davvero così cieca? Era stata davvero così stupida? Strinse le ginocchia al petto, affondandoci la testa. Che stupida! Farsi sopraffare dalla gelosia e dalla paura. Aveva ragione Alexis. Avrebbe dovuto chiederle spiegazioni fin da subito. Si era comportata come una bambina. E adesso si sentiva abbandonata.
«Alexis ha deciso di andare via».
Queste erano state le sole e fredde parole che Paddy le aveva detto, quando finalmente sua madre aveva aperto la porta, liberandola da quella prigione improvvisata.
«Che cosa significa?», aveva domandato spostando lo sguardo da sua madre a Paddy. Tenevano entrambi gli occhi bassi. Non riuscivano neanche a guardarla negli occhi e Maisie sentiva i suoi riempirsi di lacrime.
«Quello che significa Maisie. Non preoccuparti, starà bene».
Maisie aveva evitato di rispondere ed era tornata di corsa in camera sua. Si era bloccata, alla vista di quella che era stata la sua camera e poi quella di Alexis. Quella camera che aveva abbracciato i loro momenti insieme. Ci era entrata velocemente, ed era ancora tutto lì. Come se lei non se ne fosse andata veramente. Ma in realtà lo aveva fatto.
E così, adesso era da sola, ancora sul suo letto. Seduta. Con la testa pesante.
«Ehi».
Maisie alzò lo sguardo al richiamo di sua sorella.
«Come va?»
Maisie guardò il cellulare, lo teneva vicino a sé, nella speranza che vibrasse, che desse un cenno di vita. Niente.
«Scusa, è stata una domanda stupida», si affrettò ad aggiungere Alice.
«No, non è vero», rispose laconica Maisie, «Non sto bene. O non lo so. Sembra tutto così irreale».
Alice la guardò in silenzio.
«Da quanto…?»
«Sei mesi».
«Wow. È tanto».
Maisie annuì. Sei mesi, tanto tempo. Davvero? Poteva mai “tanto tempo”, finire così?
«Adesso che succederà?», domandò più a sé stessa che a sua sorella.
Alice scrollò le spalle, «Paddy sembra arrabbiato, non so per quale motivo di preciso, mamma è esausta. Ha cercato di convincere Alexis a rimanere, ma non ci è riuscita».
Maisie alzò la testa di scatto.
«Cosa hai detto?»
Alice la guardò, «Su mamma?»
«Davvero ha cercato di tenere Alexis qui?»
Alice annuì, sorpresa dal tempestivo cambiamento di Maisie.
«Perché?»
«Non lo so», ammise Alice, «Ma sembrava triste, per qualcosa».
«L’ho resa triste io, vero?», constatò tristemente Maisie.
«Non lo so», ripeté in un sussurro Alice.
Rimasero in silenzio per tantissimo tempo. Fuori era ancora giorno. Maisie continuava a domandarsi dove fosse Alexis.
«Se provassi a chiamarla?», domandò improvvisamente a sua sorella che guardava fuori dalla finestra.
«Perché no, magari ti fai dire dov’è».
Maisie annuì, anche se un’idea se l’era già fatta.
Cercò tra le chiamate recenti e lesse il nome sul display. Alex, accompagnata dall’icona di una macchina fotografica. L’aveva aggiunta Alexis stessa, mentre sul suo cellulare il nome di Maisie era accompagnato da un anello.
Sorrise amaramente al ricordo, una fitta le trapasso lo sterno. Si guardò la mano sinistra, quella che indossava l’anello. Quell’anello. Non significava niente?
Toccò a malapena lo schermo, facendo partire la chiamata. Appoggiò il cellulare all’orecchio… Tum.
Staccato.
Lasciò cadere il cellulare, e lasciò cadere sé stessa, all’indietro, stendendosi sul letto. Era così da Alexis staccare il cellulare. Fedele alle sue scelte. Aveva deciso di andarsene, e se ne era andata.
 
*
 
«Mamma?», sussurrò appena, la bocca vicino alla cornetta.
«A-alexis?», balbettò la voce insicura, resa metallica dal ricevitore.
«Si mamma, sono io. Sei in albergo?», domandò Alexis, la voce le tremava e non riusciva a calmarsi. Sentiva gli occhi bruciarle, le lacrime che spingevano per uscire e dare sfogo al suo dolore.
«Sì, sono in albergo. Ma questo numero? Sei in una cabina telefonica? Tesoro, tutto bene?».
La voce di sua madre sembrava così sinceramente preoccupata.
«No, mamma, non sto bene», Alexis sentiva ormai le lacrime scenderle copiose sul viso, la testa appoggiata contro il vetro della cabina telefonica, «Non sto affatto bene… Posso passare da te? È importante, mamma, è importante…», mormorò lasciandosi andare ai singulti delle lacrime.
«Oh, Alexis!», gemette sua madre, con il tono di chi aveva capito tutto, «Vieni e non preoccuparti, andrà tutto bene».
Alexis annuì e poi riagganciò, rimanendo per un po’ con la fronte attaccata alla plastica del gabbiotto. Ancora non riusciva a credere a quello che era successo. Non riusciva a capire. Come si erano ridotte a quel punto, le cose? Uscì dalla cabina telefonica e si mise il borse in spalla, iniziando ad incamminarsi. Non aveva preso quasi nulla alla fine. Le era servito solo per prendere tempo, per cercare di pensare.
“E Maisie?”
La domanda di Catelyn le rimbombava prepotente nella testa.
Era sincera Maisie quando le aveva detto che avrebbe preferito non incontrarla mai? Oppure era stata una frase gettata lì, dovuta alla foga del momento? L’aveva colpita così forte. Non si era aspettata quella rabbia, non si era aspettata che lo scoprisse. E soprattutto, non si era aspettata che le nascondesse il fatto stesso di sapere. Perché doveva essere sempre così sospettosa? Se solo avesse saputo la verità…
Era quello che le aveva fatto perdere la testa!
Maisie non si fidava di lei! Aveva la mente troppo attanagliata dalla gelosia, da Emma. Non si era aspettata, dopo tutto quel tempo, che i dubbi le sarebbero tornati. Ma era veramente Emma il problema, o i sentimenti di Maisie nei suoi confronti stavano cambiando?
La sola idea le dava la nausea. Era questa la sua paura più grande.
Quando aveva litigato con Emma, quella volta allo studio, alcune parole della sua amica l’avevano colpita.
“…mi hai lasciato per una ragazzina che fino a dieci minuti fa non sapeva neanche che le piacessero le donne!”
Questo le aveva urlato Emma, insieme a una valanga di cattive parole, che le erano scivolate addosso. Ma quelle parole l’avevano colpita. Era vero, Maisie glielo aveva confessato. Alexis era la prima ragazza dalla quale lei si era sentita attratta. Prima di lei c’era stato soltanto Connor.
Ed era questa la paura di Alexis. Non voleva essere soltanto un capriccio adolescenziale di Maisie. Un brutto ricordo, un’esperienza da dimenticare.
Senza neanche rendersene conto, Alexis si ritrovò nella hall dell’albergo. L’attraversò a grandi e veloci passi, entrando velocemente nel primo ascensore che trovò.
«Che piano?», le domandò cortesemente l’addetto.
«Settimo», rispose laconica Alexis. Sperava solo che sua madre fosse da sola. Non sapeva perché era andata proprio da lei. Ella non era mai stata una madre presente, ma era la prima e unica persona che le era venuta in mente. Nonostante tutto.
Ascoltò silenziosa e attenta lo jingle che risuonava per radio diffusione nel cubicolo. Sembrava una canzoncina per la pubblicità di un cioccolato americano, di cui lei andava pazza da bambina.
Quando finalmente l’ascensore si arrestò e le porte si aprirono, Alexis si fiondò sulla sinistra e percorse il lungo corridoio, fino alla camera di sua madre.
Bussò appena, scontrando le nocche con la superficie di legno. Sentì dei passi leggeri ma precipitosi alla porta.
«Alexis», mormorò sua madre. Aveva un’espressione davvero preoccupata.
«Ciao mamma», disse semplicemente.
«Vieni, entra. Chris non c’è… L’ho mandato a fare delle commissioni. Siamo sole», disse Ella, lasciando entrare Alexis e soffermando il suo sguardo sul borsone di Alexis.
Alexis avanzò, lentamente nell’anticamera lasciando cadere il borsone ai suoi piedi.
«Hai gli occhi arrosati», constatò Ella, avvicinandosi e prendendo il viso di sua figlia tra le mani, «Hai pianto?», le domandò con dolcezza.
Alexis si morse il labbro, quasi a sangue, ma alla fine annuì e cedette di nuovo alle lacrime.
«Oh, tesoro!», mormorò Ella, la voce soffocata nel collo di Alexis, stringendola forte.
«La mia bambina», continuò accarezzandole la schiena, «Non ti ho mai visto piangere».
Alexis soffocò una risata nervosa e si staccò dalla madre.
«Che cosa è successo?», domandò Ella guardandola negli occhi. Com’era stata felice quando aveva capito che sua figlia aveva ereditato i suoi occhi.
Alexis scosse il capo, «Quello che tu hai detto che sarebbe successo».
Ella sospirò, «Sai che avrei preferito non succedesse, vero?»
Alexis annuì, «Sarebbe successo, prima o poi. È che non pensavo che sarebbe stato…»
«Così doloroso?», terminò Ella per lei.
Alexis annuì, sedendosi su una delle poltroncine nella stanza.
«Come l’hanno scoperto?», le domandò Ella sedendole affianco.
«Stavamo litigando. In casa non c’era nessuno, ma stavamo urlando e non li abbiamo sentiti arrivare», Alexis parlava guardando nel vuoto, «Non c’è stato neanche bisogno di dire niente. Hanno capito tutto».
«Alexis…», Ella le si avvicinò, «Loro già sapevano. O almeno Catelyn lo sapeva».
Alexis alzò lo sguardo curiosa, «Che significa?»
«Ieri sera, quando voi eravate al locale e noi al ristorante, in un momento in cui Paddy e Chris si erano allontanati, Catelyn mi si è avvicinata chiedendomi delle cose», fece una pausa, «Delle cose su te e Maisie, ma soprattutto su di te. Me ne ha parlato come se già sapesse tutto. Sapeva che eravate un coppia. Voleva solo una conferma».
Alexis la guardava, insicura dei sentimenti da provare.
«E tu? Cosa le hai risposto?».
«Nulla. Non le ho detto né di sì, né di no. Anche se così credo di aver dissolto ogni suo dubbio. Sai che non sono mai stata brava a mentire».
Alexis annuì lentamente, la testa appoggiata alla mano.
«Mi dispiace averti messo in questa situazione… Ma sapevo che Catelyn aveva capito», mormorò.
«Una madre capisce sempre cosa passa per la testa di una figlia. Nel bene e nel male. E comunque solo un cieco non avrebbe capito di te e Maisie», le sorrise Ella.
«Non ne sono così sicura…», mormorò Alexis mangiandosi le unghie. Lo faceva sempre quando era nervosa.
«Oh, credimi. Pende letteralmente dalle tue labbra come tu dipendi dai i suoi occhi. Ho visto come la cercavi, non sono stupida e non lo è neanche sua madre».
Alexis reclinò la testa all’indietro, lasciandosi andare a un profondo respiro.
«Paddy mi ha chiesto perché non gli ho detto che sono lesbica».
«E tu gli hai detto che non c’è bisogno di specificare?»
«Sì», Alexis sorrise, «Gli ho detto che non siamo noi a scegliere chi amare», aggiunse abbassando lo sguardo.
Ella la guardò con fare materno, «È quello che ti disse quando ti parlammo del nostro divorzio».
La sua infanzia, la sua intera vita, era girata intorno a quella frase.
«Già».
«Perché avete litigato?», domandò Ella dopo un minuto di silenzio.
«Ha scoperto del mio ritorno a Washington».
«E quindi? Non le hai detto…?»
«No», Alexis la interruppe, «Volevo farle una sorpresa», si giustificò, «Solo che lei l’ha scoperto giorni fa, e ovviamente non sa dei biglietti. Ma mi sono arrabbiata! Si è comportata normalmente, mi ha nascosto tutto, per poi scoppiare improvvisamente!», sbottò.
«Magari aspettava che tu confessassi. Ti stava dando un’opportunità, Alex. Non voleva aggredirti, non voleva accusarti. Voleva che fossi tu a fare il primo passo».
Alexis guardò sorpresa sua madre, «Lo pensi davvero?». Non ci aveva pensato.
«Si è messa contro la sua famiglia per te. È normale che voglia essere sicura prima di prendere qualsiasi decisione», Ella la guardò, «Sai Alexis, ho pensato molto a quello che mi hai detto quella sera, davanti a quest’albergo».
«Mamma, non volevo essere…»
«No», Ella la interruppe, alzando una mano ed accavallando elegantemente le gambe, «Avevi ragione, Alexis. Ho passato molto tempo della mia vita, anche dopo che il mio matrimonio con tuo padre era finito, a pensare e ripensare. Come sarebbe andata se fossimo rimasti insieme? Se tuo padre non avesse incontrato Catelyn? Se io non fossi stata debole?»
«Mamma…»
«Shhh», Ella le fece segno di stare in silenzio ed ascoltare, «Non sono stata una buona madre, Alexis, e lo riconosco. Hai ragione. Ho passato troppo tempo a preoccuparmi dei se, senza dare conto a quello che avevo, senza pensare a te. Non voglio che tu faccia il mio stesso errore, Alex. Non voglio che tu rimpianga qualcosa, qualsiasi cosa. Innamorarsi è una delle più grandi gioie della vita. Nessuno può portarti via il diritto di amare un’altra persona, nessuno. È un permesso che devi a te stessa. Non importa ciò che pensa tuo padre, o ciò che pensa Catelyn, o tutta l’intera società! Siete tu e Maisie, è la vostra vita e sono i vostri cuori. Pensaci bene, lo devi a te stessa e a lei».
Alexis guardò sua madre, non l’aveva mai vista così seria e convinta. Sentiva di nuovo gli occhi lucidi.
«Grazie mamma», fu l’unica cosa che riuscì a dire, sorridendole.
Ella le sorrise comprensiva, «Vuoi rimanere qui questa notte? Se vuoi posso allungare la prenotazione, puoi sistemarti qui fin quando vuoi».
Alexis scosse il capo, «Tornerò allo studio. Cercherò di anticipare la data della partenza».
«E il matrimonio?», le domandò Catelyn.
Alexis rise amaramente, «Non credo che Paddy avvertirà la mia mancanza», rispose sarcasticamente.
«Tesoro… Potresti pentirtene in futuro. È un giorno importante per lui».
«Ci sono stati giorni importanti anche per me», Alexis si alzò, «È lui non c’è mai stato. Non l’ho visto così pentito», sibilò.
Ella sospirò, profondamente, «Non sarò io a dirti cosa fare».
«Lo so, non lo hai mai fatto».
«Ma avrei dovuto, qualche volta avrei davvero dovuto», le disse guardandola negli occhi.
«Ci vediamo domani mattina, vi accompagno in aeroporto».
«Va bene», annuì Ella, accompagnandola alla porta.
«Ah! Alexis! Aspetta un attimo», Ella corse verso un comò della stanza, «Mi sono dimenticata di darti questo», disse afferrando un sacchetto di stoffa porpora, «È da parte di tua nonna. Per la laurea».
Alexis afferrò il regalo con curiosità. Era piccolino e sottile. Anzi, erano due cose sottili e piatte. Rovesciò il contenuto del sacchetto sul palmo della mano. Sorrise sorpresa.
«Sono le chiavi dell’appartamento di Maryland Ave. Ha detto che è molto orgogliosa di te. E immagino non si riferisse solo alla laurea».
Alexis sorrise, «Se sapesse cos’è successo oggi me le strapperebbe di mano».
«Non essere stupida! Tua nonna non ha mai perdonato Paddy, voleva solo essere sicura che tu non vivessi condizionata dal suo ricordo, come ho fatto io per tanti anni», le rispose Ella, «Ti ha sempre difesa, sempre».
Alexis le sorrise, «Andrò a trovarla appena torno».
«Sono sicura che quando le presenterai Maisie sarà entusiasta. È molto carina».
«Già», annuì Alexis, mordendosi il labbro. Chissà se ci sarebbe stata mai occasione.
Ella le si avvicinò e l’abbracciò, «Ti voglio bene», sussurrò.
«Anche io».
 
*
 
Aveva passato due giorni chiusa, serrata, in camera sua, evitando sua madre e Paddy. Era rimasta stesa tra le lenzuola, impassibile, gli occhi sgranati dal terrore. Era quello che provava, terrore. Più i minuti passavano più la sua mente realizzava, passo dopo passo, ciò che era successo. Non aveva più lacrime. Sentiva i suoi occhi secchi, privi di tutto. Percepiva solo un grande vuoto nella sua testa. E al suo fianco. Da quanto tempo non dormiva da sola? Certo, era già capitato, con la sola differenza, che nelle volte precedenti, c’era la speranza di riuscire a risolvere i diverbi, le discussioni. Come si risolvevano le storie finite?
«Maisie?», chiamò Alice.
«Mmh», brontolò Maisie, «Che c’è?».
«Mamma ha detto che devi scendere a fare colazione, sei digiuna da due giorni».
Maisie si alzò a malapena, sostenendosi sui gomiti, «Non ho fame».
«Maisie…»
«Non ho nessuna intenzione di vedere Paddy», sbottò. Dire quelle parole le faceva male. Paddy era stato come un padre per lei. Un ottimo padre per lei, ma pessimo per Alexis. Che cosa succedeva nella sua vita?
«Paddy non c’è. È uscito».
La voce di sua madre le fece sussultare.
«Ciao», mormorò Maisie. Sentiva stranamente la sua voce incrinata.
«Alice, ci lasceresti un attimo da sole?», domandò Catelyn alla più giovane delle sue figlie. Alice annuì in silenzio, e lasciò la stanza, lanciando uno sguardo muto verso sua sorella.
«Dov’è Paddy?», le domandò di getto.
Catelyn ingoiò a vuoto, non era abituata a sentire quel distacco con sua figlia.
«Dov’è Alexis?», domandò ancora Maisie, alzandosi dal letto.
Catelyn si blocco, entrambe le mani appoggiate sul ventre.
«Non lo so», ammise infine.
«Davvero?», domandò Maisie scuotendo il capo.
«Sì, davvero».
«Mamma, perché hai permesso che andasse via?», le domandò isterica.
Catelyn scosse il capo, «Maisie non potevo fermarla! Non sono sua madre e non è stata una mia scelta!»
«Avresti potuto evitare di rinchiudermi qui dentro!», sbraitò, «Perché lo hai fatto?»
«Maisie…», Catelyn avanzò di qualche passo, «Cerca di capirmi! Sono tornata a casa e ti ho trovata in lacrime! E poi… poi…», Catelyn si passò una mano sul viso, sembrava stanza, «E poi mi hai detto di te e Alexis», emise in un soffio di voce Catelyn, «Non capivo nulla. Non avevo la forza di affrontare tanti problemi alla volta».
Maisie guardò sua madre, si sentiva terribilmente in colpa.
«Ero divisa tra la voglia di ascoltarti e starti vicina, e la strana consapevolezza di quello che avevo appena scoperto. Anzi, avevo appena avuto la conferma a un mio… dubbio? Non so neanche come definirlo. Non so che cosa pensare, Maisie».
Maisie accusò le parole di sua madre, pesanti come macigni. Cosa avrebbe dovuto dirle.
«Non volevo che Alexis se ne andasse, non so neanche il perché. Quando ti ho vista piangere avrei voluto tirarle un pugno in faccia», continuò Catelyn, «Ma la sua espressione mi ha fermato. Sembrava così stanca e triste. Come se stesse sopperendo sotto qualcosa più grande di lei. E poi ho capito cos’era», Catelyn guardò sua figlia negli occhi, «Credo che Paddy sia andato a cercarla».
«È stato lui a cacciarla, l’ho sentito», mormorò Maisie.
«Si è pentito, Maisie. Era sotto-shock. Neanche lui sapeva…»
«Tu non lo sapevi?», le domandò Maisie interrompendola, «Eri strana nei suoi confronti».
Catelyn sospirò.
«Avevo qualche dubbio», confessò Catelyn.
«Mary», disse semplicemente Maisie e Catelyn annuì.
Maisie guardò verso sua madre, «Non mi hai mai detto niente».
«Non sapevo se potevo fidarmi di quella pettegola», sussurrò Catelyn, «E poi non capivo».
«Cosa?»
«Maisie, ho sempre pensato di essere stata una buona madre, ho sempre dato tutta me stessa per te e per tua sorella».
«Non ho detto il contrario», si giustificò Maisie.
«Non capivo il perché del tuo silenzio, Maisie. Ci siamo sempre dette tutto. Non capivo perché una cosa… così importante dovevo apprenderla da una sconosciuta».
Maisie incrociò le braccia, imbarazzata.
«Quel giorno ho deciso di guardarvi, bene. E stavo male», sussurrò Catelyn.
Maisie sgranò gli occhi, cosa significava?
«Stavo male nel vederti soffrire», continuò Catelyn, «C’erano giorni in cui i tuoi occhi brillavano di felicità, e altri, durante i quali eri muta e triste. E tu non sei mai stata così. Ti vedevo cambiare, ti vedevo dipendere da lei», Catelyn sospirò, «E non so perché, questa cosa mi faceva paura! Sapevo di essere incinta, sapevo di aspettare vostro fratello!»
«È questo il problema, quindi…», mormorò Maisie, accasciandosi sul letto, «Credi che non ci abbiamo pensato?»
«Maisie, io non so niente».
Maisie sospirò, prendendosi la testa tra le mani, «Neanche io», lamentò.
«Maisie», esordì sua madre, ma lei si alzò di scatto.
«Ho bisogno di farmi un giro. Devo uscire di qui».
 
*
 
«Hai concluso qualcosa con il biglietto?», le domandò Chris afferrando una delle valigie che Alexis gli porgeva.
«Sì», annuì Alexis, «Sono riuscita ad anticipare la partenza».
«Bene», le sorrise l’uomo.
«Alex tesoro, non c’è bisogno che ci accompagni all’aeroporto, è fuori città…», iniziò Ella.
«E io non ho più la macchina, lo so», concluse Alexis per lei.
«Tanto ci rivedremo presto», le disse sorridendo sua madre.
«Quando torni organizziamo una bella cena al ristorante con tua nonna, così possiamo festeggiare insieme la tua laurea», disse Chris.
«Ci conto», rispose Alexis, per poi abbracciarlo.
«Quando parti?», le domandò Ella.
«Lunedì».
«Quindi hai deciso di andare al matrimonio. È sabato, no?»
«Sì, è sabato, ma non credo di andarci».
«Alex…»
«Ne abbiamo già parlato, mamma. Adesso dovete andare, o al check-in sarà un inferno».
Ella annuì, «Che farai adesso?»
«Torno allo studio e aspetto che arrivi lunedì», disse con un sorriso tirato.
«Promettimi che chiamerai Maisie».
«Mamma…»
«Promettimelo», disse Ella guardando negli occhi sua figlia.
Alexis sospirò, «Lo prometto».
 
*
 
«Alex! Alex!», continuò a urlare Paddy, ignorando la folla di gente per strada che lo guardava, «Alex! Non puoi evitarmi!», urlò ancora.
Come diavolo aveva fatto a trovarla?
«Certo che posso!», sbraitò Alexis girandosi di scatto verso l’uomo, lanciò un’occhiata alle persone che si erano fermate a guardarli e poi s’incamminò di nuovo, finché Paddy non la bloccò afferrandola per il gomito.
«Mi dispiace, ok?», esclamò Paddy con voce affannata, «Voglio rimediare», mormorò.
Alexis guardò suo padre negli occhi. Erano lucidi e rossi e sembrava sincero.
«Non puoi», sibilò liberandosi dalla presa di suo padre.
«Alex…»
«Mi hai urlato contro, hai detto che MAI mi avresti perdonato, mi hai ordinato di andarmene e io l’ho fatto! Rispettando il tuo stupido orgoglio! Non ti ho chiesto niente, niente, per anni! Adesso ti sto solo chiedendo di lasciarmi andare… Non puoi avere tutto, Paddy. Non puoi».
«Alexis, ti sto chiedendo scusa!», urlò esasperato Paddy.
«Non le voglio le tue scuse! Non mi interessano! Me ne fotto delle tue scuse, come cazzo devo fartelo capire?», latrò Alexis, fottendosene delle persone che rallentavano per assistere a quella lite.
«Alexis non dire così… non le pensavo veramente quelle cose, ero sorpreso, non capivo! Avevo appena scoperto di te! E…»
«E cosa? Pensi che io abbia passato notti felici e spensierate al pensiero che mio padre mi aveva cacciato di casa perché sono lesbica?», ironizzò Alexis, «Si gente! Sono lesbica!», urlò alle persone che si erano fermate a guardarli, «Adesso ve ne potete anche andare pure tutti a fanculo! Questa è la storia!»
«Alex!», Paddy la bloccò, «Smettila! Non ti ho cacciato perché sei lesbica, non me ne frega…»
«Ah giusto», lo interruppe Alexis, la testa le scoppiava, «Mi hai mandata via perché mi sono permessa di innamorarmi!», ringhiò Alexis, «Scusami tanto se sono stata così egoista!»
Paddy scosse il capo, «Alex, aspetto un figlio! Tuo fratello! Il fratello di Maisie! Ci hai mai pensato a questo?»
Alexis respirò profondamente, «Uno: è il mio fratellastro. Io e questo coso non siamo usciti dal mezzo delle stesse gambe…»
«Alex!»
«Due», Alexis ignorò completamente il richiamo del padre, «Davvero credi che non ci abbia pensato? Cosa pensi? Che io e Maisie ci facessimo grosse risate dietro le vostre spalle? Non credi che io mi sia sentita una merda, vedendo Maisie soffrire per questa storia? Sentiva che stava tradendo sua madre! Avevamo deciso di parlarne con voi! Volevamo essere sincere! Volevamo una fottuta parola di conforto! Volevamo sentirci dire che sarebbe andato tutto bene! Non ci aspettavamo che una finisse rinchiusa in camera e l’altra cacciata. Quindi, caro Paddy, le tue scuse non le accetto. Non m’interessa quanto tu sia stato folgorato dalla notizia!», terminò con il fiatone.
«Alex, davvero. Parliamone!»
«Ne abbiamo appena parlato», sussurrò Alexis, «Più di quanto abbiamo mai fatto in ventitré anni, papà».
Paddy la guardò. Quelle ultime parole l’avevano ferito. Eppure sapeva che aveva ragione. Non era mai stato un buon padre. Non era stato affatto un padre.
«Non preoccuparti, lunedì parto e sarà tutto come se niente fosse successo…»
«C-cosa? Lunedì? Questo lunedì?»
«Si! Ho anticipato i biglietti… Me ne vado! Adieu!», sbottò isterica.
«Torniamo a casa e parliamone…»
«Ancora? Insisti?», domandò incredula e stanca Alexis, «Che cosa credi di risolvere? Se tornassi a casa non si risolverebbe nulla! Catelyn è sempre incinta e io continuo a non poter amare Maisie!», sbraitò.
«Qu-quindi la ami», osservò Paddy.
Alexis inspirò profondamente, «Si, Paddy. Non è una stupida ripicca nei tuoi confronti o qualsiasi cosa tu abbia pensato…»
«Allora perché te ne vai?», le domandò.
«Mi hai costretto tu, Paddy. Siamo una famiglia, no? Non posso amarla se siamo una famiglia…»
«Alexis…»
«Ti prego, basta», mormorò Alexis con gli occhi lucidi. Si sentiva svuotata di ogni forza vitale. La consapevolezza di star perdendo Maisie la uccideva.
«Verrai almeno al matrimonio?», domandò con un cenno di speranza, «Mi sembra di capire di no, dato il tuo silenzio», concluse con un rantolo. Si sentiva terribilmente stupido.
«Devo sistemare delle ultime cose per partire», continuò Alexis, «Quelle che ho lasciato da te me le dovrai spedire».
«Va bene», acconsentì con dolore Paddy, «ma se cambi idea puoi tornare quando vuoi…»
«Sì, ma non succederà. Auguri Paddy, congratulazioni», mormorò lanciando un’ultima occhiata a suo padre per poi dargli le spalle e andarsene.
 

Hello!
Ancora una volta in ritardo, lo so! Ma spero sempre che mi perdoniate!
Allora, è un capitolo un po' diverso questo, almeno nella prima parte. Spero di essere riuscita a comunicarvi una certa sensazione di frenesia, quella che ho provato mentre lo scrivevo e quella che hanno provato Maisie, Alex e le altre persone a loro vicine! Sono così triste!
Credo che ormai manchi veramente poco...
Aaaah, visto che molt* di voi mi hanno chiesto a chi mi sono ispirata per il personaggio di Alex, vi comunico che l'illuminazione per questa storia mi è venuta dopo aver visto la foto di una modella, Tasha Tilberg, ecco la foto
Per me è proprio ALexis, con parecchi tatuaggi in meno e gli occhi chiari!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante la stranezza! Vi lascio al prossimo spoiler!
Un abbraccio, 
StClaire!

«Beh, scusa, allora vai», esclamò improvvisamente Mia.
Maisie alzò gli occhi di scatto, guardando prima le sue amiche e poi sua sorella. Quel cubicolo era troppo piccolo per tutte e quattro.
«C-cosa?», balbettò.
«Alexis è allo studio, no?», domandò retoricamente Jody guardando le altre, «Prendi un taxi e vai!»
«Cosa?», esclamò Maisie, «Come faccio ad andarmene da qui?»
«Ti copriamo noi, no?», continuò Alice guardando verso Mia e Jody.
Maisie ripassò lo sguardò su ognuna di loro.
«Dite che posso?»
«Devi!», urlarono loro all’unisono.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21
-Tickets-

*

 
 
«Sei molto bella».
Maisie alzò gli occhi, incrociando quelli azzurri di Paddy.
«Grazie», mormorò imbarazzata. Eppure quell’uomo l’aveva cresciuta. Era stato suo padre, ma nel giro di pochi giorni era diventato l’uomo che forse odiava.
«Dobbiamo andare», Paddy l’invitò ad alzarsi e Maisie ubbidì, sistemandosi delle immaginarie pieghe sulla gonna del suo vestito cipria.
Quanto tempo aveva atteso questo matrimonio? Quante volte si era stesa accanto a sua madre sognando di quel giorno? Eppure, la realtà era l’esatto contrario della sua immaginazione. Quel giorno segnava il continuo del suo incubo, della sua incredulità. Da quando ne aveva parlato con Alexis, sapeva che non lo sarebbe potuto godere, ma pensava che avendola accanto si sarebbe fatta forza.
Alexis.
Erano giorni che il suo cellulare era staccato. Non aveva mai provato a chiamarla? Non aveva mai pensato che avrebbe potuto chiamarla? Non le importava? Era davvero finita?
“Non piangere”, si ordinò mentalmente, mordendosi l’interno della guancia per resistere. O il trucco si sarebbe sciolto. Avrebbe dovuto piangere quando sua madre avrebbe scambiato la promessa d’amore eterno, per la sua felicità, non per la sua tristezza.
Sospirò, le scarpe che le dolevano. I ferretti che le tenevano su il raccolto disordinato le premevano contro il cranio, infastidendola. Avrebbe volentieri girato sui tacchi e sarebbe tornata a letto, a piangere le ultime lacrime che le erano rimaste in corpo. Si sentiva tra estranei. Non avevano più parlato dall’ultima volta. Tutti quanti, sua madre, Paddy, Alice, le si rivolgevano con gentilezza, come se niente fosse mai successo. Come se Alexis non fosse mai esistita. Come se Maisie non ne fosse perdutamente innamorata. Sospirò ancora, salendo in macchina, attenta a non urtare con quella stupida coroncina di fiori il telaio dell’auto.
Sospirò mettendosi a sedere, ubbidiente e paziente. Paziente per quella giornata che le sembrava durare già da un’eternità.
 
*
 
«Ehi».
Jody e Mia le si avvicinarono, occupando le sedia che lei aveva tenuto libere per loro.
«Non dovresti essere in prima fila?», domandò sottovoce Mia. Ovviamente Maisie aveva spiegato tutto alle sue amiche, pregandole di non mancare alla cerimonia.
Maisie scosse il capo, «Non ho la forza di sopportare ancora tutto questo…», sussurrò.
«Maisie», Jody appoggiò la sua mano su quella di Maisie, a trasmetterle la sua forza, «Capisco, ma è un giorno importate per tua madre e…».
«Non mi guarda neanche negli occhi», disse sottovoce Maisie, «Nessuno dei due. Si comportano come se nulla fosse successo, sono gentili, si preoccupano per me, ma fingono. E lo fanno male. Preferirei che mi parlassero schiettamente, invece di trattarmi come una stupida», terminò scuotendo il capo. Aveva voglia di urlare, di strapparsi quella stupida coroncina di fiori dall’acconciatura e andarsene. Dove, non lo sapeva, ma sentiva il bisogno di allontanarsi da quella cappa di perbenismo e buone maniere. Voleva ritornare alla realtà, è la realtà era che Alexis le mancava terribilmente.
«Hai provato a parlarne con loro?»
Maisie rise, una risata nervosa, «Certo», annuì, «Ma la risposta è sempre la stessa», Maisie guardò verso Paddy che parlava con l’ufficiale del comune, «”eravamo sorpresi, è solo…”».
«Solo?», domandò Mia.
Maisie alzò le spalle, «Non lo so», mormorò, «Lasciano sempre inconclusa la frase».
Mia e Jody si scambiarono uno sguardo, «Alexis? L’hai sentita?»
Maisie scosse il capo, «No. Ha il cellulare staccato. Paddy l’ha cercata, dice che si è pentito di averle urlato contro», Maisie guardò ancora l’uomo, «So che l’ha incontrata. L’ho capito quando è tornato a casa, ma ovviamente non mi ha detto niente…»
«Signori!»
Una voce le fece voltare entrambe, l’ufficiale si stava schiarendo la voce, «Possiamo dare inizio alla cerimonia».
Maisie inspirò profondamente e cercò di mantenere lo sguardo alto per tutta la funzione civile. Cercando di tenere i ricordi lontani dalla sua mente.
 
*
 
Alla fine aveva pianto, veramente. Per un attimo era stato davvero come se nulla fosse accaduto, come se fossero ancora la famiglia che erano sempre stati. Maisie si era emozionata a guardare gli occhi lucidi di sua madre, colmi d’amore per l’uomo che le era di fronte. Sembrava una ragazzina innamorata mentre l’ufficiale del comune procedeva con la formula. Si era anche ingarbugliata con le parole, mentre le recitava con emozione. Aveva riso, Maisie, come se per un attimo si fosse dimenticata di tutto, ma poi, quando aveva incrociato gli occhi di sua madre, qualcosa, la consapevolezza forse, l’aveva colpita forte, mozzandole il respiro.
«Sei pallida».
Catelyn si era avvicinata, sedendosi vicino a sua figlia, «Avresti potuto unirti al nostro tavolo».
«Non mi andava di lasciare Jody e Mia da sole…»
«Davvero? È la verità? O non vuoi stare vicino a me e Paddy?», le domandò sua madre in tono serio.
Maisie alzò lo sguardo, incontrando quello di Catelyn, «Vuoi farmene forse una colpa?», domandò in un sibilo.
Catelyn chiuse gli occhi e scosse la testa.
«Io voglio che le cose tornino come prima, Maisie. Abbiamo sempre parlato di questo giorno, abbiamo sempre detto che saremmo state vicine», mormorò Catelyn, «Eppure oggi mi sembri più distante che mai».
«Non sono io che l’ho voluto mamma», mormorò Maisie con la voce tremante, «Per me non è cambiato niente. Ti voglio bene come sempre», sussurrò, le lacrime calde che le rigavano il viso «Ma non credo che per te sia lo stesso, come per Paddy».
«Oh, Maisie!», Catelyn le si avvicinò, prendendole le mani e asciugandole gli occhi, «Non è vero! Non è cambiato niente! Neanche per me! Neanche per Paddy!»
«Devo andare alla toilette», sussurrò Maisie interrompendo il discorso, alzandosi e tirando su con il naso, «Scusami».
Non avrebbe retto un secondo di più.
Si allontanò dalla sala del ricevimento a grandi passi, mantenendo lo sguardo basso e ignorando la voce di sua madre. Voleva rimanere da sola. Attraversò la sala e si diresse verso i bagni, sperando di trovarlo vuoti, almeno il tempo di rinchiudersi da qualche parte. Aprì lentamente la porta, poggiando completamente il palmo sulla superficie e spiando quel che poteva per trovarlo vuoto.
«Che stai combinando?»
La voce di Alice la fece sussultare.
«Alice!», sussurrò voltandosi verso sua sorella.
«Che c’è?», domandò Alice, parlando sottovoce anche lei.
«Shh!», le intimò Maisie, facendole segno di seguirla.
Entrarono nel locale e poi Maisie scelse uno dei cubicoli e ci si fiondò dentro, chiudendosi la porta alle spalle.
«Che ci facciamo nel bagno?», le domandò Alice, appoggiandosi con la schiena alla porta.
Maisie sospirò, sedendosi sul sanitario, «Evito mamma e Paddy».
«Maisie!», la richiamò Alice, «È il giorno del loro matrimonio! Non puoi rinchiuderti qua per sempre!»
«In realtà era proprio quella la mia idea», commentò sarcasticamente Maisie, «Senti, ho solo bisogno di calmarmi un attimo…»
Maisie si zittì, sentendo la porta principale del bagno aprirsi. Fece segno ad Alice di non fiatare e rimase in ascolto, cercando di capire chi fosse appena entrato.
«Maisie?», la voce di Jody la fece ritornare a respirare, «Maisie se qui?»
Alice guardò Maisie e poi aprì la porta.
«Qui», disse semplicemente.
«Ehi», Mia si affacciò al loro cubicolo, «C’è posto anche per noi?»
Maisie fece cenno di sì col capo e così Mia e Jody riuscirono ad entrare nel bagno.
«Non potevi scegliere una gonna meno vaporosa, Alice?», mormorò Jody, mentre le si sistemava al fianco.
«Che succede?», domandò Mia.
«Momento di crisi esistenziale», rispose Alice, guardando le amiche di sua sorella.
«Sapevamo sarebbe successo, per questo siamo qui», rispose Jody, «Hai parlato con tua madre?»
Maisie annuì appena, «Ho provato».
«E…?»
«E niente», sospirò Maisie, «Continua a dirmi che andrà tutto bene…»
«Perché è vero Maisie!», esclamò Alice, «È quello che vuole dirti!»
«Lo so!», sbottò Maisie, «Lo so!», ripeté iniziando di nuovo a piangere, «È solo che…», Maisie inspirò profondamente, «Mi manca Alexis. Terribilmente. Non riesco a pensare ad altro!»
«Maisie…», Alice s’inginocchiò di fronte a lei, «È normale, ma non concluderai niente rimanendo qui a piangere sul gabinetto del ristorante».
«Lo so…»
«Alexis è allo studio», disse tutto in un fiato Alice, «E lunedì parte per Washington».
Maisie sgranò gli occhi, stupefatta, «C-cosa?»
Alice annuì, «È così».
«Come lo sai?»
«Ho sentito, anzi origliato», ammise Alice, «Mamma e Paddy che ne parlavano. Credo che il tentativo di Paddy di far pace con Alex non sia andato a buon fine…»
Maisie rimase, per quella che le sembrava un’infinità di tempo, con la bocca aperta dallo stupore.
«Beh, scusa, allora vai», esclamò improvvisamente Mia.
Maisie alzò gli occhi di scatto, guardando prima le sue amiche e poi sua sorella. Quel cubicolo era troppo piccolo per tutte e quattro.
«C-cosa?», balbettò.
«Alexis è allo studio, no?», domandò retoricamente Jody guardando le altre, «Prendi un taxi e vai!»
«Cosa?», esclamò Maisie, «Come faccio ad andarmene da qui?»
«Ti copriamo noi, no?», continuò Alice guardando verso Mia e Jody.
Maisie ripassò lo sguardò su ognuna di loro.
«Dite che posso?»
«Devi!», urlarono loro all’unisono.
 
*
 
«È permesso?»
Alexis si voltò verso la porta, «Ehi, Emma, certo, entra», rispose stropicciandosi gli occhi.
«Sei a buon punto?», le domandò la ragazza.
Alexis si guardò intorno, passando lo sguardo da uno scatolone all’altro, «Abbastanza».
«L’indirizzo?»
«Sì…», Alexis si voltò verso la scrivania ormai sgombra, occupata solo da un libro e da un foglio di carta, «Ecco», disse porgendo il foglio a Emma, «Questo è l’indirizzo. Mi dispiace disturbarti così…», mormorò Alexis grattandosi la nuca.
«Oh! Figurati, per così poco…»
«Se avessi avuto più tempo, avrei pensato io alla spedizione ma…», Alexis lasciò cadere la frase, sedendosi su uno degli scatoloni già imballati.
«Ehi», Emma si sedette di fronte a lei, «Che è successo? Perché parti con così poco preavviso?»
Alexis le sorrise. Aveva trattato da schifo quella ragazza, eppure lei era ancora lì, a chiederle come stava, ad aiutarla.
«Problemi a casa».
«A Washington?»
«No, qui», rispose Alexis, e poi, vedendo l’espressione confusa di Emma, aggiunse, «Mio padre aspetta un figlio da Catelyn».
«Oh…», mormorò sorpresa Emma.
«E come se non bastasse hanno scoperto di me e Maisie. Mentre ci lanciavamo addosso di tutto», Alexis sospirò. Al solo ricordo una fitta le attraversava il cervello, «È stato tutto più grande di noi», mormorò, più a sé stessa che a Emma.
«Mi dispiace…», mormorò la ragazza.
«Davvero?», domandò ironicamente Alexis.
«Sì, brutta miscredente», rispose a tono Emma, «Come minimo», continuò, «Devi sistemare la situazione».
«Veramente?», domandò sarcasticamente Alexis accendendosi una sigaretta.
«Sì, veramente», Emma sospirò, «Senti Alex, io mi sono comportata male, sia con te che con Maisie».
Alexis iniziò a tossire, strozzandosi con il fumo della sigaretta che aveva appena aspirato, non si aspettava una cosa del genere, «Senti…»
«No! Senti tu!», la interruppe Emma, «Dicevo… mi sono comportata uno schifo. Mi sono messa in mezzo, vi ho portato a litigare. Provavo qualcosa per te», confessò Emma, lo sguardo tenuto in basso per l’imbarazzo, «È la cosa mi faceva arrabbiare».
«Emma…»
«No», Emma scosse il capo, «Non mi arrabbiavo per i miei sentimenti, mi arrabbiavo perché sapevo, l’avevo capito dal primo istante in cui vi avevo visto insieme, che non avevo speranze. Contro Maisie non avrei mai potuto vincere», mormorò alzandosi, «Capisci cosa voglio dire?»
Alexis la guardò, ignorando completamente la sigaretta che bruciava abbandonata tra le sue dita, «Sì, credo di sì», mormorò sottovoce.
«Bene. Io ora vado, ti farò sapere per quando è prevista la consegna», disse Emma avviandosi alla porta.
«Emma», la chiamò Alexis ancora seduta.
«Sì?», domandò Emma voltandosi.
«Grazie».
«Figurati. Mi mancherai, Alex».
«Anche tu».
 
*
 
Maisie arrivò sotto il portone del palazzo con l’ansia a mille. Era sicura che il tassista l’avesse presa per folle. Non aveva fatto altro che piangere per tutto il tragitto. Era sicura di averlo sentito borbottare qualcosa quando era scesa dall’auto e aveva pagato.
Rimase imbambolata di fronte al citofono per diversi minuti. Che cosa avrebbe fatto se Alexis non le avesse aperto il portone? Se avesse rifiutato di vederla?
Sospirò, quando improvvisamente il portone si aprì, lasciando uscire un signore con un bel cane a seguito.
«Oh!», esclamò l’uomo, «Prego!», disse mantenendole la porta per permetterle di entrare.
«G-grazie», rispose timidamente Maisie. Orami era dentro.
Inspirò profondamente, iniziando a salire le scale, lentamente. I tacchi le facevano male e lei aveva un pessimo equilibrio, così si mantenne al manico che continuava verso tutte le scale.
Arrivò al piano tremando, l’ansia le corrodeva l’anima. Inspirò profondamente e poi si fece forza, premendo appena il campanello. Attese silenziosa che qualcuno, qualsiasi persona le venisse ad aprire. Sentì dei passi veloci per la stanza e il suo cuore perse un battito.
 
*
 
«Ciao», mormorò, le mani giunte avanti.
Alexis sembrava sorpresa ma Maisie non riusciva a comprendere se in senso positivo o negativo. La guardò dall’alto in basso, soffermandosi sul suo capo.
«Che cos’hai in testa?», le domandò, la porta ancora socchiusa.
«Cos-», Maisie si portò una mano in testa, toccando la coroncina di fiori, «Ah, niente», rispose con un filo di voce, «Non mi fai entrare?», le domandò.
Alexis sospirò, chiudendo gli occhi, «Potrei pentirmene», mormorò aprendo la porta e dandole le spalle. Solo allora Maisie capì che era senza maglia. Indossava un jeans e un top, di quelli sportivi. Maisie si ritrovò di nuovo di fronte a quello strano tatuaggio. Alexis continuò a camminare, recandosi nella sua stanza, era piena di scatoloni.
«Perché sei andata via?», le domandò con voce tremante e spezzando il silenzio che si era creato.
«Sai benissimo perché…», mormorò Alexis, sedendosi sul divano-letto della sua stanza.
Maisie la guardò, avrebbe preferito non piangere, ma lo sguardo stanco e lontano di Alexis le pizzicava gli occhi.
«È colpa mia?», domandò ancora, la voce le tremava.
«No, Maisie, certo che no», rispose Alexis guardandola.
«Allora è colpa di mia madre!»
«Maisie, no», Alexis si alzò dal divano e si avvicinò a lei.
«E allora perché te ne vai?», singhiozzò Maisie.
«Maisie, sarebbe successo comunque, devo sistemare delle cose a Washington…»
«Quindi sapevi che saresti andata via!», l’accusò Maisie.
«Era ovvio Maisie, credevo che lo capissi…»
«E invece no! Perché non me l’hai detto prima?», urlò allontanandosi da Alexis.
«Perché con te deve essere sempre tutto più difficile, Maisie? Perché?»
«Quindi adesso la colpa sarebbe mia?»
«Certo che no!», urlò Alexis, girandosi verso la scrivania e iniziando a scavare tra i cassetti, li apriva e li chiudeva, innervosendosi sempre di più e blaterando imprecazione che a Maisie sfuggivano, poi, l’attenzione di Alexis fu attirata dall’unico e grosso libro che c’era sulla scrivania, lo aprì esattamente alla meta e ne cacciò una busta da lettere.
«Tieni», disse, «Con te è impossibile fare progetti», continuò sventolando la busta in direzione di Maisie.
«Che cos’è?», domandò Maisie, quasi impaurita, afferrando la busta.
«Aprila».
Maisie la guardò e Alexis incrociò le braccia, appoggiandosi con il bacino al piano della scrivania. Notò che la busta non era sigillata, quindi non doveva essere qualche segreto o qualche raccomandazione giunta da Washington per Alex. Inspirò e l’aprì lentamente, cacciando due ticket. Dovette guardarli più volte per assimilare bene cosa ci fosse scritto.
«…da London Gatwick a Washington Dulles International», lesse a mezza voce, «Che cos’è?», domandò alzando gli occhi dalle carte.
«Sei seria?», domandò Alexis guardandola di sbieco, «Sono i tuoi biglietti per Washington, genio. Parti il 22 luglio, mi raggiungi, e per i primi di settembre sei di nuovo qui, pronta per la scuola».
«N-non capisco», balbettò Maisie, «Che significa?».
Alexis sospirò, «Significa che non ti avevo detto del mio ritorno a Washington perché volevo regalarti questo fottuto viaggio!», sbottò.
«Ma allora perché te ne sei andata di casa?», mormorò ancora sconvolta Maisie.
«Per quello che è successo! Perché non sopporto l’idea di essere io il motivo di disagio tra te e tua madre!», Alexis la guardò, in quel momento era veramente seria, «Tu avevi detto che non volevi scegliere, e io non volevo costringerti a farlo. Non sarà il modo più ortodosso di agire, ma al momento è il migliore. Non saremo legate alle nostre famiglie per sempre Maisie, e non voglio che questo ci condizioni».
Maisie la guardò, abbassando le mani ma stringendo ancora i biglietti.
«Mi dispiace», mormorò, «Mi dispiace!», ripeté dando sfogo alle lacrime, «Mi sono comportata da stupida! Avrei dovuto chiedere a te direttamente!», Maisie guardò Alexis, «È che ho avuto paura. Avevo paura di perderti…», sussurrò tra le lacrime. Alexis le si avvicinò, catturando tra le sue dita le lacrime di Maisie.
«Shhh… Non sopporto vederti soffrire», le sussurrò all’orecchio, abbracciandola, «Non sopporto di essere io la causa del tuo dolore», continuò, inspirando a pieno il profumo di Maisie, «Hai lasciato il matrimonio per venire qui?».
Maisie sgranò gli occhi. Il matrimonio! Se ne era completamente dimenticata.
«Sì», ammise.
«Sei troppo emotiva Maisie», la rimbeccò, «Cosa penserà tua madre?»
«Non lo so», sussurrò Maisie, la sua bocca a pochi millimetri da quella di Alexis, «Non mi importa».
«Non è vero, certo che t’importa».
«Forse, ma non adesso», Maisie alzò il viso, incontrando quello di Alexis. Si guardarono per un attimo, ognuna specchiata negli occhi dell’altra. Poi Alexis avvicinò lentamente la sua bocca a quella di Maisie, baciandola dolcemente, come se volesse assaporarne ogni centimetro. Maisie si lasciò andare. Quanto le erano mancate le labbra di Alex. Il suo calore.
«Mi sei mancata», mormorò accaldata Alexis.
«Anche tu», rispose Maisie, sorridendole.
«Non capisco il perché tu abbia dei fiori in testa, ma sei bellissima. Sei sempre stata bellissima ai miei occhi».
Maisie sorrise, imbarazzata, «Neanche io lo so», rise, «È stata un’idea di Alice».
«Mmh», apprezzò Alexis ridendo, «Ha un futuro».
«Se volevi che venissi a Washington, perché parti prima?», le domandò Maisie, incapace di godersi il momento. Doveva sapere.
«Il tentativo di ricucire un rapporto con mio padre è miseramente fallito», mormorò Alexis, «A certe cose non c’è rimedio».
«Mi dispiace, anche se sembrava triste per quello che era successo».
«Davvero?»
«Sì».
«A casa come va?», domandò Alexis.
Maisie scrollò le spalle, «Va. Come se niente fosse successo. Aleggia una strana aura di cortesia. Come se nulla fosse successo», ripeté.
Alexis abbozzò un sorriso, «Il classico», le spostò una ciocca di capelli dal viso, «Vuoi che ti accompagni di nuovo al matrimonio?».
«Rimarrai con me?»
Alexis scosse il capo, guardandola dolcemente, «Vorrei evitare tentati omicidi in un giorno di festa».
«Allora no. Voglio rimanere con te. Posso?», domandò, passando le braccia dietro la schiena di Alexis.
«Assolutamente sì», rispose sorridendo, «Mi sei mancata terribilmente», le disse per poi appoggiare la sua bocca su quella di Maisie, cominciando a baciarla, lentamente, con dolcezza. Per la prima volta non avevano l’ansia di essere scoperte, ormai, nel bene o nel male, loro erano una coppia. Alexis assaporò ogni aspetto di quel momento, inebriata dal profumo di vaniglia di Maisie.
Era così piccola rispetto a lei. L’afferrò con leggerezza e la prese in braccio, venendo avvolta dall’abbraccio di Maisie. Rimasero così, abbracciate per qualche minuto.
«Mi mancherai», mormorò Maisie guardandola negli occhi.
«È meno di un mese. Poi saremo di nuovo insieme», rispose Alexis, poggiandole un dolce bacio sulla guancia. Avanzò di qualche passo, e la portò a stendersi delicatamente sul letto sfatto, intrecciando le mani alle sue. Maisie rise allo strano stridio che le giunture del letto emisero sotto il loro peso. Alexis le stava sopra, baciandola delicatamente e accarezzandole con dolcezza i capelli, e Maisie sentiva il bisogno di abbracciarla forte, stringersi a lei, sentire i loro cuori che battevano all’unisono, la sentiva vicina e avrebbe voluto non staccarsi più. A ogni bacio ne seguiva un altro, poi un altro e poi altri cento ancora, le mani di Alexis si stringevano attorno ai suoi fianchi con determinazione e il suo corpo si premeva contro quello di Maisie con passione.
«Facciamo l’amore…», le sussurrò Alexis guardandola negli occhi, con il sorriso sulle labbra. Maisie sentiva le sue gote in fiamme, e le piaceva. Annuì appena, sorridendo e baciandola. Non si era mai sentita così sicura in tutta la sua vita.
 
*
 
Quando Maisie aprì gli occhi, coccolata ancora dal calore del corpo di Alexis, la prima cosa che notò è che fuori il cielo era ancora luminoso. Si voltò verso Alexis che dormiva ancora beata, l’espressione rilassata come non la vedeva da qualche tempo. Tentò di muoversi facendo meno rumore possibile, cercando di liberarsi dalle braccia tatuate di Alex senza svegliarla. Si guardò intorno alla ricerca dei suoi indumenti. Un’ondata d’imbarazzo l’investì in pieno. Era completamente nuda e dei suoi vestiti non c’era traccia. Si tirò la coperta al petto, provocando un incosciente moto di protesta da parte di Alexis, che si voltò dall’altra parte. Maisie si bloccò, ma quando si rese conto che il respiro di Alexis continuava regolare e assonnato, si fece forza e appoggiò le punte dei piedi a terra, toccando quello che una volta era stato il vestito per il matrimonio di sua madre.
Fece per piegarsi quando la voce assonnata di Alexis la fece sobbalzare, «Ma che diavolo stai cercando di fare?»
«M-mi vesto…», balbettò imbarazzata Maisie.
«Vuoi vestirti con il lenzuolo? Tipo toga romana?», sbiascicò Alexis stropicciandosi gli occhi.
«No, è che… beh…», Maisie si sentì arrossire fino alle punte.
«È che sei nuda?», terminò per lei Alexis.
Maisie annuì in preda all’imbarazzo totale, tirando a sé più stoffa possibile.
«Tanto ho visto tutto», ghignò Alexis, improvvisamente sveglia e con gli occhi pieni di malizia.
«T-tutto?», borbottò Maisie.
«Tutto. Maisie, la mia faccia ha passato bellissimi momenti tra le tue gambe a due millimetri dalla tua…»
«ALEXIS!», urlò ormai all’apice dell’imbarazzo Maisie lanciandole un cuscino e colpendola con forza e zittendola.
Alexis per tutta risposta scoppiò a ridere, abbracciandosi all’improvvisata arma di Maisie, «Mi devo voltare?», domandò sarcasticamente.
Maisie annuì appena, con gli occhi bassi, «Sì per favore», mormorò stringendosi le braccia al petto.
«Oook», acconsentì Alexis, voltandosi dall’altra lato, «Che peccato però…», borbottò in tono dispiaciuto.
«Goditi i bellissimi ricordi degli altrettanto bellissimi momenti passati…».
«Si ma dal vivo è tutto meglio!», ribatté Alexis, «Io domani devo partire, devo pur avere qualcosa sui cui fantasticare in sei ore di viaggio!»
«Alexis!», la richiamò nuovamente Maisie.
«È vero!»
«Ma fai come tutte le altre persone! Leggi, ascolta la musica! Oppure cerca di dormire…», borbottò Maisie raccogliendo le sue cose.
«Nah, e poi se chiudo gli occhi mi sembra di risentire i tuoi sospiri…»
«Alex!»
«Oddio, sei rossa. Ti senti bene?», la prese in giro Alexis.
«M’imbarazzi!», sussurrò Maisie.
Alexis le sorrise, ancora nel letto, «Posso avere almeno un bacio?».
Maisie la guardò, «Non so se te lo meriti…»
«Per favore», piagnucolò Alexis.
Maisie sospirò arrendendosi e avanzò verso il letto a piccoli passi, cercando di non inciampare nel lenzuolo che si era avvolta intorno al corpo. Appena fu abbastanza vicina Alexis l’afferrò e l’attirò a sé, facendo perderle l’equilibrio. Alexis l’abbracciò e la baciò con passione, catturando i capelli di Maisie tra le dita.
«Questi giorni non passeranno mai», le mormorò all’orecchio, la voce roca.
«Mi manchi già», sussurrò Maisie guardandola negli occhi.
«Anche tu», rispose Alexis delineando il contorno delle labbra di Maisie con la punta delle dita, «Sei bellissima».
Maisie sorrise ma prima che potesse dire o fare qualcosa Alexis la baciò ancora.
«Soprattutto nuda!», aggiunse ridendo.
«Alex!», ripeté ancora Maisie, di nuovo rossa dall’imbarazzo, «Vado a prepararmi».
«Va bene…», rispose Alexis continuando a ridere e lasciandosi cadere di nuovo a letto.
Maisie si alzò e ritornò verso la porta, diretta verso il bagno.
«Maisie», la richiamò Alexis.
«Si?», domandò con tono ironico Maisie.
«Credo che queste dovresti indossarle…», sussurrò in tono malizioso Alexis mostrandole le sue mutandine.
Maisie avvampò e si avvicinò ad Alexis strappandole l’indumento da mano, «Grazie», borbottò.
«Prego!»

 
Ho fatto di nuovo tardi, lo so! I'm so sorry!
Spero che questo capitolo mi faccia perdonare!
Ammetto che il ritardo era dovuto a grande insicurezza. Ero indecisa, soprattutto per la parte finale... Non so! Fatemi capire voi! E poi ho deciso di dividere il capitolo diversamente. Credo proprio che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e spero che vi piacerà e che sia all'altezza delle vostre aspettative che amo! Davvero, non avrei mai pensato di arrivare fin qui!
*sospira*
Sono triste!!!
Vi prego, siate clementi, che ho paura!
Un ringraziamento, come sempre, a tutti quell* che leggono, recensiscono, seguono, preferiscono e ricordano! Grazie mille, di cuore! E buon San Valentino!
Con affetto,
StClaire

«Mi ricordo tutto, tutto, dei nostri momenti insieme. Le nostre mani che si sfioravano, i tuo sguardi curiosi, le tue risate che mi scatenavano emozioni contrastanti. La tua dichiarazione senza senso, quella sera, in accademia. Dio, com’ero felice».

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

-Goodbye for the very first time-


Maisie inspirò profondamente davanti alla porta di casa. Le luci erano ancora spente il che suggeriva che la sua famiglia non era ancora tornata. Non aveva avuto il coraggio di riaccendere il cellulare e adesso lo stringeva nella tasca della felpa oversize, soprattutto per lei, che Alexis le aveva lasciato, prestandole dei vestiti. Si guardò indietro. Il viale era buio e Alexis se n’era andata, ormai doveva già essere allo studio a preparare le ultime cose. Si fece coraggio e attraversò il vialetto, aprendo velocemente la porta. La casa buia e silenziosa rendeva forte e prepotenti i sentimenti che combattevano in lei in quel momento. Si guardò intorno, la fioca luce che entrava dalle finestre rendeva tutto molto triste. Sospirò e iniziò a salire le scale recandosi direttamente nel bagno. Aprì lentamente la porta, come se qualcosa potesse sbucare dal nulla. Ma era sola in casa e l’unica cosa che sentiva era il battito forte del suo cuore in ansia.
Ripensò a quello che era successo poco prima, guardandosi a lungo allo specchio. Non si vedeva diversa. Si vedeva solo stanca e triste, le veniva da piangere. Alexis l’indomani sarebbe partita e la cosa la destabilizzava, nonostante tutto. Sospirò al suo riflesso e iniziò a spogliarsi lentamente, non voleva che il profumo di Alexis la lasciasse. Ripiegò tutto con cura, appoggiando tutto al pouf nel bagno. Sentì il suo cuore perdere un battito quando si accorse delle macchie rosse nel suo interno coscia. Sangue.
«Oddio», mormorò a sé stessa. Entrò velocemente nella doccia e subito si fece avvolgere dal calore dell’acqua, la faceva sentire meno sola. Guardò il rosso sparire dalla sua pelle, scivolando sulle sue gambe e improvvisamente scoppiò a piangere. Si sentiva in colpa, terribilmente. Si sentiva tra due fuochi. Felice con Alexis, felice della sua relazione, si sentiva felicemente innamorata. E dall’altro lato si sentiva terribilmente triste. Avrebbe voluto sua madre con lei. Dalla sua parte. Come sempre. Come quando da piccola la rassicurava sempre contro i bambini che la prendevano in giro in classe. Si appoggiò con entrambe le mani al vetro della doccia, lasciando che le sue lacrime scorressero veloci con l’acqua. Rimase immobile nella doccia finché non sentì le sue dita increspate. Uscì dalla doccia e si vestì lentamente, perdendosi più a volte a guardare nel vuoto. Quando si fu rivestita, indossando di nuovo la felpa di Alexis, si recò in camera.
«Mamma», mormorò sorpresa di vederla lì. Quanto tempo aveva passato nel bagno?
«Ciao Maisie», mormorò Catelyn, il sorriso tirato e con addosso ancora l’abito del matrimonio, «Tutto bene?».
«Mamma», incominciò Maisie, «Non fare finta di nulla. Cosa c’è?»
Catelyn scosse il capo, «Mi stavo domandando se fossi davvero così una cattiva madre», mormorò, «Mi sono arrabbiata, Maisie. Prima mi sono arrabbiata e poi si sono sentita profondamente triste quando ho capito cosa avevi fatto. Perché te ne eri andata. Mi sono sentita abbandonata».
«Mamma…»
«Maisie», Catelyn la interruppe, «Poi ho capito. Ho avuto questa bruttissima fantasia, Maisie. Ho pensato che quello che avevo provato io. La sensazione di abbandono, di smarrimento, d’incredulità… era quello che stavi provando tu. Quello che io ti stavo infliggendo! È solo che non capisco…»
«Mamma, qual è il problema? Cos’è che non capisci?», mormorò Maisie guardando sua madre, «Io sono ancora la stessa, sono ancora tua figlia. Sono semplicemente innamorata».
«Di Alexis», sussurrò sua madre abbassando lo sguardo.
«Sì, è anche Alexis è sempre la stessa», rispose Maisie stringendo i pugni, «È sempre la stessa ragazza che hai voluto accogliere qui, alla quale preparavi i biscotti al burro perché erano i suoi preferiti. La stessa alla quale hai fatto la torta di compleanno», continuò Maisie, «È sempre la stessa».
«Quell’anello te l’ha dato lei?», mormorò Catelyn dopo un po’, alzando lo sguardo e guardando la sua mano.
Maisie guardò l’anello e poi sua madre, «Sì».
Catelyn sospirò, portandosi una mano al capo, «Maisie, non capisci…»
«Cosa?», Maisie inizia a risentirsi.
«Quello che non mi riesco a spiegare», Catelyn inspirò, «È perché tu non me lo abbia detto prima».
Maisie scosse il capo, «È una storia lunga…»
«Appunto».
«Mamma! Non c’è niente da spiegare! Mi sono innamorata! Semplicemente! Com’è successo a te, com’è successo a Paddy, come succederà ad Alice! Non vedo perché il problema dovrei essere io! Perché non posso essere innamorata di Alexis?», domandò urlando Maisie, con le lacrime agli occhi, «È perché siamo due donne?», domandò con un filo di voce Maisie, «È per questo?», domandò ancora, la paura che l’attanagliava lo stomaco. Non avrebbe mai pensato che sua madre fosse stata contraria per quello.
«No, Maisie… certo che no. Non è per quello», Catelyn si affrettò a rispondere alzandosi dal letto.
«Allora… Qual è il problema?», domandò Maisie.
«Oh, Maisie!», sussurrò Catelyn avvicinandosi a Maisie, «Non c’è nessun problema», disse con voce spezzata, «Ho solo bisogno di tempo…»
Maisie annuì, tirando su col naso, «Domani Alexis riparte per Washington», disse con voce spezzata.
«Lo so».
Maisie inspirò profondamente, «Parto anche io».
«Cosa?», domandò Catelyn strabuzzando gli occhi.
Maisie scosse il capo, «Non domani. Il ventidue luglio», disse con tono sicuro, «È un regalo di Alexis».
Catelyn scosse il capo, «Hai la scuola a settembre».
«Tornerò per settembre, è ovvio», mormorò.
«Perché te ne vai?», le domandò Catelyn, gli occhi lucidi.
«Mamma, hai detto che non ti ho confessato niente. Credi che io sia stata felice ad agire alle tue spalle? Non pensi che io abbia sofferto nel nasconderti una cosa che per me è importantissima? Nasconderti i miei sentimenti? La mia felicità? Pensi che per me e Alexis sia stato facile convivere sotto lo stesso tetto e allo stesso tempo dover stare lontane?», Maisie guardò sua madre con gli occhi lucidi, «Doverci comportare come se nulla fosse, annullare i nostri sentimenti. Hai idea di quante incomprensioni si siano create? Hai minimamente idea? Di tutte quelle volte che ci siamo sentite sbagliate? Che mi sono sentita sbagliata? Quando ho capito cosa provavo per Alexis ho avuto paura! E non potevo parlarne con nessuno! Secondo te la voce nella mia testa non mi ripeteva in continuazione che Alexis era la mia sorellastra?», Maisie singhiozzò, «Quando mi hai detto di essere incinta mi sono sentita uno schifo! Mi sono sentita sporca! Ho pensato di mollare tutto!».
«Ma non l’hai fatto», constatò Catelyn con un sussurrò.
«No, non l’ho fatto».
«Perché?»
«Perché ne sono innamorata, mamma», sussurrò Maisie, «E a luglio andrò in America, non m’interessa. E vivrò la mia storia con Alexis, alla luce del sole. Sono stanca di nascondermi mamma, sono stufa di avere paura. Non ho intenzione di sacrificare la mia felicità. E a settembre tornerò qui. Sperando che il tempo ti sia bastato per capire».


*

«Jody?»
Jody rimase in silenzio per un po’, il telefono ancora vicino il suo orecchio, incapace di riconoscere quella voce. Mia la guardò interrogativa, mimando con il labiale le parole “Chi è?”
«A-alexis?», domandò. Mia scattò su sentendo quel nome, «Sei tu?».
Alexis rise, «Si, sono io. Ti disturbo?».
«Ma perché fai sempre queste entrate in scena così?», sbottò ridendo Jody, «Hai rubato il mio numero dal telefono di Maisie?».
Alexis rise di nuovo, «Esatto».
«Dal tuo tono direi che fra te e Maisie è tutto ok…», Jody sorrise guardando Mia.
«Sì, abbiamo chiarito», Alexis sospirò, sentiva ancora il profumo di Maisie tra le lenzuola, «Fortunatamente, tutto è finito per il meglio».
Jody percepì una nota di tristezza nella voce di Alexis, «Hai chiamato solo per questo?».
Alexis rise, una risata amara, «No, certo che no. Per questo ci penserà Maisie», sorrise, «Domani me ne vado, Jody. Volevo chiedere un favore a te e Mia».
Jody e Mia si guardarono negli occhi, e Mia fece cenno a Jody di far continuare Alexis.
«Dimmi, Mia è qui con me, puoi parlare con tutte e due se vuoi, metto il vivavoce».
Alexis inspirò, «Ho chiesto a Maisie di venire con me a Washington, e lei ha accettato. Ma ovviamente a settembre dovrà tornare qui, per la scuola», fece una pausa, «Quando io sarò lì, lei tornerà qui, e so che potrebbe sentirsi sola, e io non sempre potrò contattarla subito, e sono certa che lei non me lo farebbe mai pesare».
Mia e Jody ascoltarono in silenzio, Alexis aveva dannatamente ragione.
«Non potrò starle vicina come vorrei, non potrei accorgermi dei suoi cambiamenti, anche i più minimi», riprese Alexis, «Ma so che in ogni caso può fare affidamento su di voi, vero?».
«Certo», rispose Mia.
«Vi prego, ditele che i miei sentimenti per lei non cambieranno mai», Alexis lasciò ciondolare il capo all’indietro. Avrebbe volentieri distrutto la stanza.
«Mi sento uno schifo a lasciarla in questo momento. Com’era Catelyn al matrimonio?».
Mia alzò le sopracciglia, imbarazzata, «Una furia».
«Sì», annuì Jody, «Quando ha scoperto che Maisie era scomparsa non ci ha messo niente a fare due più due».
«Non è una donna stupida».
«No», asserì Mia, «Ma credevo avrebbe dato di matto».
«Invece ci ha solo guardate, ha guardato Alice, e ha continuato come se nulla fosse», proseguì Jody, «Ma credo ci avrebbe volentieri ammazzato».
Alexis smorzò una risata al telefono, «Immagino», disse, «Sentite, sono davvero felice di avervi conosciute».
«Anche noi siamo felici di aver conosciuto Alexis, e non solo Alex», rispose Mia ridendo.
Anche Alexis si lasciò andare una risata, «Io ero contraria fin dall’inizio!».
«Sarà, ma io e Mia c’eravamo accorte subito che Maisie ti piaceva, non è vero?».
Alexis accusò il colpo, ma con il sorriso sulle labbra, «Già», ammise «L’unica a non accorgersene era stata proprio Maisie».
«Vabbè, figurati!», esclamò Jody, «Con il suo inesistente acume!»
Alexis rise.
«Alla fine non è neanche questo», continuò Jody, «È che lei proprio non se l’aspettava».
«Neanche io», confessò Alexis.
«Glielo hai detto?»
«Cosa?»
«Beh, questo. Le hai detto dei tuoi sentimenti?»
Alexis si prese un attimo per pensare, «No. Non le ho detto tutto».

*

«Guarda che puoi piangere se vuoi», ironizzò Alexis prendendole e stringendole la mano.
Maisie scosse il capo, «Non voglio», sussurrò continuando a guardare fuori dal finestrino della navetta che le stava portando inesorabilmente verso l’aeroporto. Alexis sospirò accarezzandole il palmo della mano che stringeva nella sua, «Hai sempre pianto, non vedo perché tu non voglia farlo adesso».
«Non voglio», ripeté Maisie.
«Ho un asciugamano in borsa, davvero».
Maisie cedette e si girò, «Che ci fai con un asciugamano in borsa?»
«Precauzione».
«Precauzione?»
«Tu non vuoi piangere, non dare per scontato che non voglia farlo io», mormorò Alexis guardandola negli occhi, «Sarà solo per poco».
Maisie annuì, stava per dire qualcosa, quando la navetta si fermò, suggerendole che erano arrivate a destinazione. Alexis prese la sua valigia e poi afferrò di nuovo la mano di Maisie, «Non lasciarmi», le sussurrò all’orecchio e Maisie annuì, sentendo gli occhi iniziarle a pizzicare. Scesero dalla vettura e si ritrovarono catapultate nella frenesia dell’aeroporto, pullulante di taxi e persone. Maisie inspirò a fondo, improvvisamente le sembrava tutto così reale.
«Ho detto a mamma del tuo regalo», confessò improvvisamente mentre entravano nella grande hall.
Alexis si fermò di botto, guardandola, «Che ha detto?».
Maisie ripensò a sua madre, a quello che non aveva detto.
«Niente», mormorò Maisie, «Che a settembre ho la scuola».
Alexis annuì, «Senti, l’idea di lasciarti qui, in questo momento, mi rode», Alexis posò in terra il suo zaino, «Ma è tua madre. Al momento non capirà, o le sarà difficile. Ma non fare come me, non rinunciare. Ok?»
Maisie la guardò, «Ok», mormorò. Sapeva che Alexis aveva ragione, «Non voglio farlo».
«Lo so», disse Alexis, per poi abbracciarla.
“I PASSEGGERI DEL VOLO LWA01S07 DIRETTO A WASHINGOTN DULLES INTERNATIONAL, SONO PREGATI DI RECARSI AL CHECK IN”

La voce metallica dell’hostess fece alzare lo sguardo a entrambe.
«Già?», si allarmò Maisie. Diventava sempre tutto più reale. Domani si sarebbe svegliata con Alexis a kilometri di distanza. La cosa la faceva sentire assolutamente sola.
«Jody e Mia ancora devono arrivare», continuò guardandosi intorno. Non voleva rimanere da sola. Non avrebbe retto, lo sentiva.
«Ehi», Alexis afferrò Maisie per le spalle, cercando di calmarla, «È tutto ok, arriveranno. È meno di un mese, volerà», disse poggiandole un bacio sui capelli.
«L-lo so», balbettò Maisie, «Ma…»
«Avevi detto che non volevi piangere!».
La voce strillante di Mia le fece voltare.
«Siete arrivate», disse Alexis abbracciandole.
«Ovviamente, qualcuno deve pur riportare Maisie a casa», scherzò Jody.
Alexis annuì, riconoscente. Il suo cuore era un po’ meno pesante, sapendo che Maisie non sarebbe rimasta sola.
«Adesso, però andiamo a prendere un caffè, al bar. Al volo. Un attimo», esclamò Mia, spostando lo sguardo da Maisie ad Alexis, che la guardava incapace di capire lo strano comportamento.
Jody e Mia la stavano fissando.
«Ah!», esclamò improvvisamente, «Sì, certo!».
«Volete qualcosa?», domandò Jody.
«No, per me niente», disse Alexis e anche Maisie scosse il capo per poi guardare Mia e Jody che si allontanavano di gran fretta, superando il caffè più vicino.
Quelle parole rimbombarono nella testa di Maisie. Era tutto vero. Stava partendo. Alzò gli occhi, se li sentiva lucidi.
«Ehi, che c’è?».
Maisie scosse il capo, «Niente».
Alexis la guardò, «Davvero?».
«Davvero».
«Sei una pessima bugiarda Maisie, e lo sai».
Maisie lasciò scappare la prima lacrima dalle sue ciglia, «Non voglio che tu vada via», confessò, «Lo so che tra un po’ verrò anch’io. Ma anche quei giorni passeranno veloci e io tornerò qui. Per un anno. E per un anno saremo lontane e… e…».
«E niente», l’interruppe Alexis poggiando le mani sulle spalle di Maisie, «Non pensare al futuro, per il momento. Proseguiamo a piccoli passi. Si, è vero, tu a settembre tornerai qui e io rimarrò lì, ma io verrò appena ne avrò la possibilità. Magari a Capodanno», cercò di rassicurarla Alexis, catturando le sue lacrime con le dita, «Non pensarci».
«Mi mancherai», sussurrò Maisie, ormai in preda alle lacrime.
«Tu già mi manchi», le sussurrò Alexis, «Mi manchi da impazzire», disse stringendola forte, cercando di calmare i singulti del suo corpo in lacrime. Maisie era così piccola tra le sue braccia. Aveva la sensazione che le potesse scivolare via, «Mi mancherà non vederti, mi mancherà il tuo sorriso, non potermi specchiare nei tuoi occhi. Sei la prima persona di cui posso avvertire già la mancanza. La prima che mi abbia capito. La prima che mi abbia amato», sussurrò continuando ad accarezzarle i capelli, «Mi dispiace averti stravolto la vita, ma credimi, tu hai stravolto la mia, come mai avrei pensato potesse succedere. Sei la mia occasione d’oro, Maisie», continuò stringendola ancora più forte. Poi si lasciò andare a una risatina, «È assurdo che siamo di nuovo qui. Ancora mi ricordo la prima volta che si siamo incontrate. Eri distratta, e mi sei arrivata addosso e mi hai guardato con quegli occhi spauriti», rise guardandola, «Mi ricordo tutto, tutto, dei nostri momenti insieme. Le nostre mani che si sfioravano, i tuo sguardi curiosi, le tue risate che mi scatenavano emozioni contrastanti. La tua dichiarazione senza senso, quella sera, in accademia. Dio, com’ero felice».
Maisie la guardò, mordendosi le labbra, non voleva piangere, ma Alexis non le era d’aiuto.
«All’inizio ho avuto paura», confessò guardando Alexis negli occhi, «E adesso ne ho ancora di più», mormorò tra le lacrime. Alexis l’abbracciò ancora più a sé. Nonostante fossero circondate da centinaia di persone, in quel momento c’erano solo lei e Maisie. Nessun’altro.
«Ieri pensavo a una cosa», continuò Maisie, le parole soffocate contro il petto di Alexis, «Mamma mia ha chiesto perché fossi innamorata di te. Come se ci fosse un perché», sussurrò piano Maisie. Sussurrò piano la sua confessione.
«Non c’è?», le domandò Alexis, il suo viso ancora appoggiato al capo di Maisie.
«Non lo so», sussurrò Maisie alzando lo sguardo verso Alexis, «È successo. È successo e basta».
Alexis le sorrise, catturando tra le sue dita le lacrime che rigavano il suo viso.

 
“ULTIMO AVVISO: I PASSEGGERI DEL VOLO LWA01S07 DIRETTO A WASHINGTON DULLES INTERNATIONAL, SONO PREGATI DI RECARSI AL CHECK IN”

Alexis si morse il labbro, guardandosi intorno. La gente sfrecciava, incurante di loro, verso i check-in. Alexis era abituata a viaggiare in aereo, da sola, ma in quel momento, una strana morsa allo stomaco non le permetteva di respirare bene, e la tristezza sembrava schiacciarla.
«Devo andare», mormorò sottovoce Alexis, continuando ad accarezzare Maisie, che annuì semplicemente, lasciando scivolare via le lacrime.
«Devi andare», ripeté con un filo di voce.
Alexis l’abbracciò, forte, come se stesse abbracciando la vita stessa, «E adesso ascoltami bene, perché non te lo potrò dire ancora per molto, finché non tornerai da me», disse chinandosi verso Maisie e prendendole il volto tra le mani, «Ti amo», sussurrò guardandola negli occhi, «Sono follemente e liberamente innamorata di te».
Maisie sentì le sue guance andare a fuoco. Tutto il suo corpo andava a fuoco. Vedeva la sua faccia sorpresa specchiata negli occhi neri di Alexis.
«Potresti anche dire qualcosa», disse sarcasticamente Alexis, «Non puoi mandarmi in un viaggio di sei ore senza…»
Maisie non le dette il tempo di finire ciò che stava dicendo, le gettò le braccia al collo e la baciò con tutto il trasporto che aveva in corpo. Non le importava niente in quel momento. Non le importava che la gente potesse guardarle, sorridere, indignarsi, divertirsi o chissà cosa. In quel momento c’era solo Alexis per lei. C’erano solo loro due. Sentì le mani di Alexis stringersi intorno ai suoi fianchi e si aggrappò con forza al suo collo.
«Cough-cough».
Alexis e Maisie si voltarono, verso il suono, arrossendo sul posto.
«Questo è un aeroporto ragazze mie, non un motel!», ridacchiò Mia nascondendo il ghigno dietro la sua tazza di caffè.
«Ma se ne sta andando!», ribatté Maisie completamente imbarazzata.
«Me ne sto andando», le fece eco Alexis abbracciandola forte.
Ancora una volta, la voce metallica chiamò il volo di Alexis, che sospirò.
«Facciamo una cosa veloce, odio gli addii», mormorò Jody. Nonostante tutto, con Alexis si era instaurato un certo rapporto di amicizia, di complicità. All’inizio forse l’aveva presa a male, ma dopo gli ultimi eventi, Jody non aveva più dubbi sui sentimenti di Alexis verso Maisie.
Alexis si avvicinò e le abbracciò.
«Tanto torno, non vi libererete di me facilmente!», scherzò.
«Ecco, brava, torna! Sennò chi se la mantiene quella musona?», scherzò Jody facendo l’occhiolino a Maisie.
«Non sono una musona!», ribatté piccata.
«Fai buon viaggio Alex», augurarono Mia e Jody ad Alexis.
«Grazie», mormorò Alexis, prima di voltarsi di nuovo verso Maisie.
«Devo andare», sussurrò avvicinandosi, «Adesso devo proprio andare».
Maisie annuì, le lacrime che lottavano per uscire a rigarle il viso.
«Ok», mormorò semplicemente.
«Ricorda quello che ti ho detto», continuò Alexis, «Ti amo».
«Anche io», mormorò tra le lacrime Maisie, «Anch’io ti amo», disse buttandole di nuovo le braccia al collo.
«Shhh», sussurrò Alexis cullandola, «È solo per poco. Tra un po’ saremo di nuovo insieme».
Rimasero abbracciate per quello che sembrò un’eternità, ma la voce gracchiante dell’hostess spezzò quel morbido legame.
Alexis si staccò lentamente da Maisie, inspirando a pieno il suo profumo e inspirò profondamente, «Ti chiamo appena atterro».
«Promesso?»
«Promesso», le sorrise Alexis per poi abbassarsi e stamparle un bacio in fronte, «Fa la brava».
«Come sempre», sorrise Maisie.
Alexis iniziò a indietreggiare, cercando di mantenere ancora il contatto con la mano di Maisie, ma sentì, piano piano, le sue delicate dita scivolarle via dalla mano.
«Già mi manchi», disse allontanandosi.
«Anche tu!», rispose Maisie, sentendo il tocco leggero della mano di Jody sulle sue spalle.
Maisie sentì distrattamente le voci delle sue amiche che salutavano Alexis, mentre respirava profondamente, cercando di mantenere il controllo sulle sue emozioni. Seguì Alexis con lo sguardo, fino a quando, poco prima di sparire, lei non si voltò a salutarla un’ultima, almeno per quel momento, volta.
Presa da un improvviso quanto inspiegabile impulso, Maisie si portò le mani alla bocca, «ALEX TI AMO!», urlò. La sua voce riempì l’area. Alcune persone erano sobbalzate, ma adesso sorridevano alla scena. Alexis aveva il sorriso più dolce di tutti.
«Anche io!», esclamò, per poi mandarle un bacio e scomparire alla sua vista.
Maisie rimase per una quantità di tempo indefinito ferma, a fissare il punto nel quale Alexis era sparita, fino a che la voce di Mia non la riportò alla realtà.
«È poco più di un mese», disse Mia.
«Già», rispose laconica Maisie.
«Volerà, vedrai», la rassicurò Jody, «E noi faremo di tutto per non farti pesare la sua assenza».
Maisie si lasciò andare a un sorriso, «Immagino con quali metodi poco ortodossi…»
«Oh no, non ti faremo ubriacare», scherzò Jody, «Io pensavo di iniziare parlando di quello che è successo tra te e Alexis…», continuò la sua amica in tono malizioso.
Maisie la guardò sgranando innocentemente gli occhi, «Cosa intendi?»
«Beh», Jody e Mia le si pararono di fronte, «L’altro giorno eravate sull’orlo dell’omicidio reciproco e oggi eravate tutte “I love you”…»
Maisie si accorse che stava arrossendo, «Beh, abbiamo chiarito», balbettò Maisie, mentre con le amiche ripercorreva a ritroso l’aeroporto, «Tutto qui».
Mia e Jody la presero, ognuna da un lato, sottobraccio.
«Maisie, sei una pessima bugiarda», Mia scosse il capo, «L’altro giorno, al matrimonio, noi ti abbiamo aiutato a fuggire. E sei sparita. Alice ci ha detto che eri veramente strana a casa…»
«Distante», disse Jody.
«Sognante», le fece eco Mia.
«La testa altrove».
«E non sembrava per la tristezza», sottolinearono con malizia.
Maisie percepì il rossore dominarle il viso. Che cosa aveva combinato Alice?
«Non è successo niente…», mormorò Maisie.
Mia e Jody si fermarono, improvvisamente, lasciando di stucco Maisie e bloccandole il passaggio.
«Ah, Maisie!», sospirò Jody, «Come sei… Non mi viene la parola!»
«Stupida?», suggerì Mia.
«Ehi!», urlò Maisie indispettita.
«No! Certo che no… come dire, ingenua!»
Maisie sospirò abbassando il capo, «Non sei la prima che me lo dice!».
Alexis glielo diceva sempre.
«E so io il perché!», rise Jody.
«E perché? Di grazia?»
Mia e Jody la guardarono. Avevano sul volto un ghigno animalesco, furbo, da iena. Maisie iniziava a preoccuparsi.
«Sei ingenua perché vuoi scappare via da due come noi!»
«C-cosa?»
«Oh, Maisie!», gracchio Jody, «Vuoi farci credere che ieri avete passato una giornata intera, da sole, a casa di Alex, a guardarvi negli occhi?»
«Sei diversa», continuò Mia, «Hai una strana luce negli occhi, hai l’espressione matura…»
Maisie cercò di mascherare l’imbarazzo in una risatina. Non era possibile che fosse diversa! E se se ne era accorta Alice, forse anche sua madre…
«Oh, Maisie!»
Mia e Jody si fermarono di botto guardandola.
«C-che?», balbettò.
«Sei diventata grande!», urlò Jody.
«Sei una donna adesso!», continuò Mia, ignorando completamente il fatto che metà delle persone che erano ai desk informativi si erano voltate verso quelle strilla giulive.
Maisie percepiva la propria faccia rossa, esageratamente rossa, balbettò qualcosa per calmare le sue amiche, ma fu tutto vano.
«La mia bambina è diventata donna!», continuò a strillare Jody, gonfiando la voce e assumendo un tono tra l’orgoglioso e l’addolorato.
«Jody! Ti prego!», Maisie tirò per le braccia la sua amica, che continuava a sghignazzare e a strepitare, ma appena Maisie riusciva a fermare Jody, Mia iniziava a decantare l’importante svolta sentimentale di Maisie.
«È cresciuuuuuta!», ululò Mia, «Non è più una bambiiiiina!».
«È cresciuuta! È un’adulta!», continuando a urlare e ad asciugarsi delle fantomatiche lacrime.
«Silenzio!», urlò a sua volta Maisie, indicando il suo cellulare.
«Pronto?», domandò con il sorriso sulle labbra.
«Ehi. Sempre in aeroporto?», domandò Alex.
«Sì, come mai puoi parlare?».
«Siamo ancora a terra, Maisie. L’aereo dovrebbe decollare tra poco».
«Giusto», rispose Maisie arrossendo. Era una fortuna che Alexis non fosse là in quel momento. L’avrebbe ripresa sicuramente per l’ingenuità e i suoi occhi lucidi.
«Tu piuttosto, perché sei ancora in aeroporto?»
Maisie trattenne a stento una risata, Mia e Jody erano ancora di fronte a lei a borbottare qualcosa in modo ironico sulla sua andata verginità, «Niente. Chiacchieravamo», mormorò cercando di affogare le risate.
«Non riesco a capire se stai ridendo o piangendo…»
Maisie non ebbe neanche il tempo di rispondere che Mia e Jody le strapparono il cellulare da mano.
«ALEX!», urlarono in coro, «MAISIE È DIVENTATA GRANDE!», sghignazzarono.
Maisie sentì prima Alexis farfugliare qualcosa in vivavoce e poi scoppiare a ridere, «Beh, che dire… lo so».


 

Anche se dopo mesi, ecco l’ultimo capitolo di questa storia!
Non so perché ci ho messo tanto, anche dopo i vari problemi tecnici superati. Forse mi fa un po’ male salutare questa storia. Mi sono affezionata tantissimo ad Alex e Maisie, che amerò per sempre, e mi sono affezionata anche a voi!
Vi voglio ringraziare ancora un’ultima almeno per il momento, volta.
Grazie! Davvero grazie di cuore!
In particolare vorrei ringraziare LJR e Bella_vida_avec_vous per avermi scritto e spronato a pubblicare quest'ultima fatica! Ma siete stati essenziali per il prosieguo di questa storia! Mi avete, anche senza saperlo, magari senza intenzione, spronato a proseguire, a scrivere e anche a pensare.
Non pensavo che questa storia avrebbe avuto un “pubblico” così caloroso. L’ho iniziata a scrivere una notte che non riuscivo a dormire, poi ho continuato durante una vacanza, (è per questo che Alexis è di Washington!!), e niente, avevo iniziato a scriverla senza pretese, forse un po’ per non pensare. Ma grazie a voi, questa storia invece di divenire uno scaccia-pensieri è diventata una cosa bellissima.
Ma è stato ancora più bello condividerlo con voi.
Ancora grazie, vi voglio tanto bene,
StClaire!
 

Fa strano pubblicare senza lasciare spoiler, ma un giorno, forse, chissà, sentirete ancora parlare di Alex e Maisie! 
Un bacio!


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3200682