Twins

di obidoia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Tutto era successo all'incirca tre anni e mezzo fa, quando all'improvviso Ares scoprì di avere un fratello. Un gemello per giunta, una persona uguale, identica a lui, aveva pensato. Non sarebbe più stato se stesso, perché ora, c'era qualcuno come lui. Non era affatto contento della notizia, anzi il contrario. Perché proprio adesso dopo 13 anni doveva spuntare così fuori dal nulla? Perché doveva trasferirsi da loro? Perché doveva accettare l'esistenza di un essere che nemmeno conosceva e che per giunta lo rispecchiava? In realtà non poteva essere sicuro che gli somigliasse al cento per cento, aveva solo visto una sua immagine di quattro anni fa, ma per quel che ne sapeva poteva essere cambiato tantissimo. Tuttavia quella foto non mentiva, raffigurava un ragazzino timido con gli occhi chiari e i capelli mori come i suoi, solo che lui li teneva un po' più lunghi di Eros. Ares detestava il nome del fratello, era praticamente uguale al suo, senza originalità. Scommetteva che i genitori avessero voluto prendersi gioco di loro. Cosa volevano fare, un gioco di parole? Era venuto a sapere da suo padre che si sarebbe trasferito in quella casa pochi giorni prima del suo arrivo. A quanto pare prima abitava con la madre, la loro madre, la quale era morta di malattia in quei giorni. Per questo ora che era rimasto orfano doveva trovare un'altra sistemazione. In teoria anche Ares era rimasto orfano, ma i loro genitori si era separati poco dopo la loro nascita e ognuno aveva preso con sé un gemello. Fino ad ora aveva visto solo una foto di sua madre. Doveva ammettere che era molto bella e graziosa. E un po' lui le somigliava, avevano lo stesso naso leggermente all'insù. Comunque non aveva mai avuto modo di incontrarla o conoscerla e questo fece si che non si creassero legami fra loro. Per questo motivo la sua morte non lo turbò affatto. Anzi lo infastidì quasi, perché ora per colpa della sua morte dovevano prendersi in casa uno sconosciuto. Detestava quella persona anche non conoscendola, gli stava rovinando la vita. Aveva avuto una bellissima infanzia fino ad ora, perché gli doveva succedere questo? A scuola era il più popolare e molte ragazze lo ammiravano . Era bravo negli sport, suo padre gli aveva insegnato il tiro con l'arco e dopo circa due anni di allenamento era diventato uno dei migliori. Non andava molto bene a scuola, ma riusciva a non farsi bocciare e questo bastava per ora. Tra lui e suo padre c'era una grande intesa, si capivano, anche se la decisione di prendere in casa Eros no, quella non l'avrebbe mai capita.

Non l'avrebbe mai considerato un fratello, non l'avrebbe mai riconosciuto come tale. Questa fu la prima frase che rivolse al “fratello” appena arrivato a casa. Si era subito una sfuriata dal padre, ma non gli importava, voleva chiarire fin da subito quali erano i confini della loro relazione. La prima impressione che ebbe fu di fastidio, perché Eros era veramente uguale a lui per quanto riguardava l'aspetto, teneva ancora i capelli corti come nella foto. C'erano due cose che dopo un'attenta analisi Ares notò diverse tra loro due e questo lo fece sollevare un po'. La prima era che Eros aveva le lentiggini, anche se ne aveva poche e avendo la pelle scura non si notavano fin da subito; la seconda era il colore degli occhi, lui li aveva azzurro scuri, quasi blu, mentre Eros li aveva più sul verde. Quel bambino era davvero timido come si mostrava nella foto, il padre cercava di metterlo a proprio agio facendogli delle domande e portandolo in giro per la casa, ma lui biascicava a malapena qualcosa, e quando lo faceva la sua voce era talmente flebile e insicura da farlo irritare. Non lo sopportava. Unica nota positiva al riguardo era che la loro casa era abbastanza grande da permettere ai gemelli di avere ognuno una camera per sé. Questo avrebbe risolto grandi problemi. Col passare del tempo sembrava che Eros si fosse finalmente abituato alla casa nuova e alla convivenza con suo padre, ma i rapporti tra i fratelli non erano affatto migliorati, non si parlavamo quasi e se lo facevano era perché strettamente necessario, questo era Ares a volerlo ovviamente. C'erano delle volte in cui Eros tentava di parlargli, di iniziare una conversazione e fare qualcosa, ma a lui semplicemente non gli importava, per cui ogni volta chiudeva la sua iniziativa in modo freddo. Dopo un po', quando Eros capì di non avere speranze, smise di provarci. Loro padre cominciò a stare spesso fuori casa per lavoro, sia perché la sua carriera stava migliorando e sia perché ora aveva più bocche da sfamare. Delle volte stava via anche due-tre giorni lasciandoli soli in casa. Questa routine continuò così per tre anni.

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


 

Ares si trovava in compagnia di amici vicino al cancello della scuola, parlavano liberamente fra loro. Dopo tre anni era diventato ancora più bello, somigliante alla madre. Non aveva un corpo robusto ma snello come quello dei nuotatori e il suo dolce viso incantava la fila di ragazze che gli andavano dietro, la quale con il passare degli anni era aumentata notevolmente. Gli occhi però tradivano la sua bellezza, nonostante fossero blu mare si posavano sugli altri con fare altezzoso e superbo, come di chi sa di essere un re in confronto agli altri. Erano quasi meschini. Aveva un sorriso che poteva sembrare dolce a prima vista, ma dalla sua bocca uscivano parole taglienti, che spesso ferivano gli altri. Probabilmente era il ragazzo più popolare e ammirato del liceo, tuttavia era anche il più odiato. Le persone gli erano invidiose e lui se ne prendeva gioco. Cambiava spesso giro d'amici perché nessuno riusciva ad instaurare un vero rapporto con lui. Ares in primo luogo si approfittava degli altri e non permetteva a nessuno di avvicinarsi. Quel giorno, coi suoi nuovi amici, stavano decidendo il da farsi per la sera, dato che era il suo compleanno. O doveva dire il loro...

<< Qualche idea brillante? >> chiese uno.

<< Il bowling? >> << Noioso. >> sentenziò Ares.

<< Che ne dite di un aperitivo tutti insieme sul tardi e poi discoteca? >>

<< Non male.. >> Ares non sembrava poi così interessato.

Alla fine decisero di riunirsi alle undici per la via centrale. In quel momento passò di fianco a loro Eros con una ragazza mentre parlavano di scuola.

<< Ehi Eros! Sta sera organizziamo qualcosa per la festa di Ares, perché non vieni anche te? In fondo è anche il tuo compleanno. >>

Ares era abbastanza sconvolto, da quando in qua il suo gruppo di amici invitava suo fratello per un'uscita? Anche Eros pareva meravigliato e nervoso all'idea. Indeciso lanciò un'occhiata in direzione di Ares come per valutare la situazione, sapeva che il fratello non voleva la sua presenza.

<< Mi dispiace ragazzi, ma proprio sta sera ho un gran lavoro da fare come rappresentante degli studenti e per il consiglio di classe... >> si tirò su gli occhiali con l'indice.

Ormai era da quasi due anni che teneva gli occhiali, Ares fu felice quando venne a sapere che suo fratello doveva indossarli, perché era un'altra cosa che li distingueva. Doveva ammettere comunque che non gli stavano bene, doveva sceglierne un paio più moderni, quelli lo facevano sembrare un nerd. Quando tirò in ballo la storia del consiglio di classe la ragazza che era con lui gli rivolse uno sguardo confuso come per dire “ma cosa stai dicendo?”, tuttavia non parlò. Il tizio che l'aveva invitato rimase deluso dalla sua risposta.

<< Dovresti svagarti ogni tanto e non stare sempre a dormire sui libri, sennò ti verrà la scogliosi. >> lo stuzzicò Ares.

Il fratello alzò le sopracciglia. << Tu invece dovresti studiare di più e non saltare le lezioni o rimarrai bocciato. >> detto questo se ne andò, in direzione di casa.

<< Certo che voi due non vi potete proprio vedere eh? E poi mi fa strano pensare che siate gemelli, ok di aspetto vi assomigliate, ma le vostre personalità sono completamente opposte. >> disse una ragazza del gruppo.

Ed era vero. Ares aveva una terribile personalità, al contrario di Eros che sembrava piacere a tutti. Il primo era il più popolare e gli piaceva saltare le lezioni, infrangere le regole ( tra cui fumare a scuola ), il secondo non aveva la stessa bellezza del fratello ed era il rappresentante degli studenti, e spesso era lui a doverlo rimproverare per ogni infrazione. Eros aveva sempre eccelso negli studi, da quando era arrivato si era messo in quattro per farsi accettare e avere attenzioni dal loro padre, come se da un momento all'altro avesse potuto abbandonarlo.
Ares aveva cominciato ad odiarlo di più, e per farsi notare anche lui dal padre usò il metodo contrario. Iniziò a saltare gli studi e ad andare male a scuola. Ma non era solo quello a renderli diversi, anche i loro gusti lo erano. Ad Ares piaceva farsi notare e si vestiva sempre seguendo la moda del momento, mentre suo gemello non sembrava preoccuparsi di quelle cose, si vestiva semplicemente. Nonostante l'indifferenza nei confronti del gemello che cercava di dimostrare, Ares era invidioso, ma non sapeva di cosa. Cercava sempre di primeggiare quando c'era lui nei paraggi, come se volesse determinare che lui era migliore. Eros faceva finta di niente di fronte alle sue provocazioni e questo lo irritava ancora di più. Perché non poteva far finta che il fratello non esistesse e basta? Ares schioccò la lingua e lasciò quelli che per il momento chiamava amici.

La sera il padre era tornato presto, così da poter festeggiare tutti e tre insieme il diciassettesimo compleanno dei gemelli. Fu una cena alquanto silenziosa tranne che per qualche parola scambiata tra Eros e il genitore. Ares era irritato, sentiva quella sensazione di fastidio per tutto il corpo. Non vedeva l'ora di uscire, ubriacarsi e perché no, portarsi una ragazza a casa. Ormai era cresciuto ed esperienze del genere erano una cosa del tutto normale per lui, e per Eros? Ares scommetteva che il fratello neppure sapeva come usare l'arnese in questione. Dubitava perfino che facesse delle cose da solo. Non lo aveva mai sentito, e nonostante dormissero in stanze separate i muri erano sottili, per questo Ares quando era solo nella sua camera e senza avere il padre in giro per casa si abbandonava spesso al piacere e lo faceva rumorosamente, vicino alla parete che condivideva col fratello. Lo trovava un metodo efficacissimo per disturbare la quiete di Eros. Si ricordò di quella volta che andò avanti per più di un'ora e il fratello incominciò a tirare colpi al muro e a inveire contro di lui, mai come quella volta si era sentito più appagato.

A fine pasto il padre consegnò loro una chiave, era la chiave di una Mercedes nuova di zecca. Era il loro regalo di compleanno, unico problema della macchina? Era di ambedue i gemelli, dovevano condividerla. Poco dopo il padre uscì avendo ricevuto una chiamata urgente che lo vedeva costretto a ritornare a lavoro, e non sarebbe rientrato prima dell'indomani sera. I fratelli per cui rimasero soli in casa. Ares diede un'occhiata all'orologio, erano le 10.30. Da casa sua alla via principale ci volevano ben venti minuti a piedi, ma con una Mercedes... neanche cinque.

<< Sta sera prendo io la macchina. >> sentenziò rivolto a Eros. Egli d'altro canto capì dal tono perentorio del fratello che non aveva possibilità di ribattere. Fece spallucce e rientrò in camera. Ares era soddisfatto. Salì anche lui su in camera e si cambiò, non aveva di intenzione di vestirsi elegante per andare a una semplice discoteca, un paio di pantaloni neri lunghi, strappati e una camicia bianca sarebbero bastati, un po' di profumo e il gioco era fatto. Non aveva neanche bisogno di sistemarsi i capelli, le ragazze a quanto pare lo preferivano con i ciuffi sbarazzini e spettinati.
Salì in macchina e mise in moto il bolide per iniziare la sua corsa, andava che era una meraviglia, e in più era nera, il suo colore preferito. In un batter d'occhio arrivò nel luogo di ritrovo dove c'erano già i suoi amici ad aspettarlo, i quali appena videro la macchina tirarono dei lunghi fischi di compiacimento. Ares sorrise.
Dopo aver girovagato per i locali lungo la via centrale entrarono in una discoteca li vicino. Il buttafuori li fece entrare subito senza neanche controllare i documenti, ormai erano diventati clienti abituali. La musica era assordante ma almeno era orecchiabile.
Alcuni dei suoi amici non persero tempo, si erano già lanciati in mezzo alla pista a scatenarsi insieme a un gruppo di ragazze che già da come erano vestite si capiva la loro intenzione per la notte. Ares invece aveva bisogno di bere e si diresse verso il banco dove il barista preparava i cocktail. Ordinò un Negroni, il primo di una lunga serie. Aveva bisogno di rilassarsi e lasciarsi andare. Vivere con Eros gli procurava uno stress incredibile che neanche lui sapeva spiegare.
Per un attimo si domandò cosa stesse facendo il fratello a casa tutto solo il giorno del suo compleanno, magari data l'assenza di Ares si era portato a casa una ragazza? Forse la ragazza che lo aveva accompagnato il pomeriggio stesso dopo scuola? Impossibile, non era una persona così audace. Probabilmente se ne stava seduto sul divano a guardare un film o più probabile ancora a studiare. Ares si tirò un pizzicotto sulla gamba, doveva smetterla di pensare al fratello e preoccuparsi per se stesso.
I ragazzi con cui era venuto a ballare avevano già una ragazza ciascuno se non addirittura due. Anche lui doveva darsi da fare, ma prima ordinò un altro drink, lo stesso di poco fa che trangugiò in un baleno. Sentì l'effetto dell'alcol dopo pochi minuti. Si sbottonò un po' la camicia per far intravedere il suo petto. Grazie al tiro con l'arco gli erano venuti dei pettorali mica da ridere e anche gli addominali erano ben messi. Tuttavia la sua struttura rimaneva sempre esile e sembrava che scivolasse furtivo in mezzo alla pista anziché camminare. In un angolo del locale adocchiò una ragazza dai capelli lunghi biondi e occhi grandi, anche di fisico era ben messa sia davanti che dietro. Ares iniziò a parlarle ma dopo neanche un minuto si ritrovarono in mezzo alla pista da ballo con le labbra appiccicate e le lingue in movimento, mentre i bacini si scontravano sensualmente.
Non erano neanche le tre di notte quando Ares e la ragazza, di nome Eveline, salirono in macchina presi dalla foga dirigendosi verso casa di lui. Talmente erano presi l'uno dall'altro che non si staccarono neanche un secondo andando dritti nella camera da letto e dimenticandosi perfino di chiudere la porta della stanza. Totalmente immersi nel piacere cominciarono a spogliarsi e ad ansimare sempre più forte.
Mentre si donavano l'uno all'altro Ares sentì una sensazione strana espandersi nel suo corpo e ne capì il motivo quando girando lo sguardo intravide Eros dietro la porta che li fissava, negli occhi gli si leggeva stupore e imbarazzo. Il rossore sulle sue guance aumentò quando si rese conto che suo fratello Ares si era accorto di lui che li osservava, e lo stava fissando mentre continuava a muoversi sopra quella ragazza. Tuttavia Eros non riuscì a muovere neanche un muscolo, rimase lì seminascosto tra l'ombra e la porta a spiare suo fratello gemello che faceva sesso. Ares non appena vide il fratello sentì dei brividi percorrergli la schiena, erano brividi di piacere, e questo crescette quando si accorse che Eros aveva un rigonfiamento nei pantaloni bello evidente. Aumentò la velocità sentendosi sempre più eccitato e mentre raggiungeva il culmine del piacere sorrise a Eros abbandonandosi all'estasi del momento. Dopo aver ripreso fiato per alcuni secondi Ares si girò in direzione del fratello, ma questi era sparito. Si alzò dal letto ancora nudo e uscì dalla stanza nonostante le proteste di Eveline che lo invitavano a fare un altro giro. Si fermò davanti alla camera di Eros e con un orecchio si appoggiò alla porta. Un nuovo senso di piacere lo pervase quando attraverso la porta sentì suo fratello gemere.

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Ares si risvegliò la mattina, ancora nudo e con il letto disfatto. Mentre cercava di tirarsi su, memorie della nottata appena passata gli tornarono alla luce. La ragazza se n'era già andata e al suo posto rimaneva solo un bigliettino con su scritto nome e numero di telefono, che Ares buttò senza degnare di uno sguardo. Ancora non poteva credere a quello che era successo. Era sconvolto dal fratello, ma soprattutto era sconvolto per le sue stesse reazioni. Da quando si era accorto di Eros che li spiava si era sentito strano per tutto il resto della notte. Probabilmente tutto ciò era stato causato dalla grande quantità di alcol ingerita, ma Ares cercava di giustificare le sue azioni inutilmente e lo sapeva.

<< Che tu sia maledetto Eros! >> imprecò improvvisamente infastidito.

Si alzò in piedi mettendosi solo un paio di boxer addosso e scese al piano di sotto per farsi una doccia. Si sentiva sporco di sudore e altre cose per cui non vedeva l'ora di lavarsi e spazzare via tutto. Una bella doccia calda gli sarebbe anche servita per schiarirsi i pensieri e rilassare il corpo. Guardò per un attimo l'orologio che era appeso in cucina, erano le 11. Ormai era troppo tardi per andare a scuola per cui Ares decise di prendersi un giorno di pausa. Avrebbe passato tutto il tempo davanti al computer o alla TV mangiando cibo spazzatura. Un vero paradiso, e poi non avrebbe visto suo fratello, che sicuramente sarebbe stato impegnato fino a tardi come rappresentante degli studenti. Aprì la porta del bagno senza neanche bussare dato che era solo, ma in realtà non lo era perché davanti a lui si ritrovò Eros con addosso solo un asciugamano legato alla vita intento a sistemarsi i capelli davanti allo specchio del bagno. Ares rimase senza parole e perfino il gemello sembrò essere in imbarazzo. Eros con solo quell'asciugamano addosso metteva in risalto il busto che al contrario del gemello era ben scolpito e anche abbastanza muscoloso. Ares non aveva mai visto suo fratello nudo e di certo non poteva sapere che sotto tutti quei maglioni si nascondesse un bel fisico, inoltre adesso che era senza occhiali, i suoi occhi sembravano ancora più verdi e il suo viso diventava piuttosto sexy. Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla voce di Eros che gli stava parlando.

<< Che ci fai qua? Non hai visto che era occupato? >>

Sembrava una persona completamente diversa rispetto a quella notte, era calmo e composto, niente a che vedere con quel ragazzino eccitato dietro alla porta. Ares sembrò riprendersi dai suoi pensieri ma non riusciva a staccare gli occhi dal corpo del fratello, tuttavia, sapeva di essere lui il più sexy dei due e con addosso solamente i boxer il suo sex-appeal saliva alle stelle, tutti sarebbero caduti per lui sia ragazze che ragazzi, ma Eros non lo stava minimamente guardando e questo infastidiva non poco il fratello.

<< Voglio farmi una doccia no? Tu, piuttosto, non dovresti essere a scuola? >>

Eros guardò il fratello con fare interrogativo e poi sospirò alzando gli occhi.

<< Oggi è domenica pirla. >>

Ares si sentì preso contropiede e sbuffò come se non gli importasse.

<< Comunque devo farmi una doccia. >>

<< Non puoi aspettare un secondo che esco? In due stiamo stretti e fa caldo. >>

Ma Ares non lo ascoltò minimamente e si tolse l'intimo aprendo l'acqua calda nella doccia.

<< Perché dovrei aspettare? Ti piace così tanto vedermi nudo. >> e ridacchiò buttando i boxer nel lavandino davanti al fratello ed entrando nella doccia.

Eros arrossì lievemente davanti alle azioni del gemello ma cercò di non darlo a vedere. Si vergognava tantissimo per quello che era successo, avrebbe dovuto andarsene subito senza restare li fermo come un fesso, ma non ce l'aveva fatta. Come se non bastasse si era perfino eccitato e non aveva saputo aspettare, era corso in camera a placare i suoi ormoni. Non lo faceva spesso, almeno non tanto quanto il fratello, ma quando si lasciava andare lo faceva solo se non c'erano Ares o il padre per casa. Quella notte era rimasto rapito dal suo corpo, era suo fratello per giunta gemello, ma lo aveva trovato tremendamente sexy e seducente in quella situazione, tanto che strani pensieri gli offuscarono la mente. Pensava a come sarebbe stato esplorare quella pelle morbida e lucente dove avrebbe potuto lasciare segni, segni che dimostrassero che Ares era di sua proprietà e di nessun altro, o a come far aumentare i suoi gemiti fino a farlo rimanere senza respiro dal troppo piacere. L'espressione del gemello mentre si lasciava andare al piacere era bene impressa nella sua mente, e non se ne sarebbe mai andata. C'era qualcosa che non andava in lui e lo sapeva, per questo Eros aveva deciso che d'ora in avanti avrebbe cercato in tutti i modi di evitare il gemello, ma quella situazione non era per niente adatta al suo obiettivo. Cercò in tutti i modi di non guardare, neanche di striscio, quel corpo perfetto che ora era completamente bagnato sotto la doccia, ma non riuscì a resistere ai suoi impulsi e solo un'occhiata fugace bastò a far ribollire il suo sangue. Ares lo stava fissando, vedeva la sua immagine riflessa nello specchio, dove poteva ammirare la cascata di capelli corvini che gli ricadevano sul viso e il petto esile e pallido, poi puntò lo sguardo nei suoi occhi, che al contrario dei suoi erano di un azzurro scuro con sfumature che rimandavano al blu del mare. Lo sguardo del fratello per una volta non rivelava scherno o presunzione, le labbra appena socchiuse sembravano volessero proferire parole impronunciabili. Era come se per un momento il tempo si fosse fermato lasciandoli soli nell'universo. Distolse lo sguardo dallo specchio. Sentì la temperatura corporea salire vertiginosamente. Doveva allontanarsi da li e il più in fretta possibile. Lasciò spazzola e gel sul lavandino uscendo dal bagno senza voltarsi indietro. Si vestì di corsa e uscì fuori per una passeggiata nel parco vicino casa. Aveva bisogno di calmare i bollenti spiriti. Sapeva che in qualche modo sinistro Ares si stava prendendo gioco di lui, lo stava manipolando, lo conosceva fin troppo bene ormai. Fin dalla prima volta che si erano incontrati Ares aveva messo in chiaro le cose, per lui non valeva nulla, era come un estraneo, ed Eros ci aveva fatto l'abitudine. Ci aveva provato all'inizio, a fargli cambiare idea, ma si era rivelato del tutto inutile e ora cercava di procuragli il minor fastidio possibile. Tuttavia Ares continuava a sentirsi come surclassato dalla sua presenza e in ogni situazione cercava di attaccare briga con battutine provocatorie. Eros provava in tutti i modi a non rispondere alle provocazioni, e ora dopo quel che era successo quella notte era più che intenzionato a evitare il fratello.

Nel frattempo Ares era ancora sotto la doccia. Aveva cercato di attirare l'attenzione del fratello, di istigarlo, ma non ci riuscì fino a quando i loro sguardi non si incrociarono attraverso il riflesso dello specchio e in quel momento rimase come paralizzato dagli occhi verdi, penetranti del fratello. Eros lo stava guardando. Un brivido gli attraversò tutto il corpo, gli piacevano quegli occhi magnetici puntati su di lui, sul suo fisico. Ma il tutto durò solo un attimo perché il fratello se ne andò, uscendo dal bagno di fretta e lasciando tutto a mezzo. Ares emise un sospiro, ma si irrigidì improvvisamente quando si accorse di avere un'erezione, eppure erano passate solo un paio d'ore dal rapporto con la ragazza.

Uscì dalla doccia come rinato vestendosi poi con una maglietta larga e un paio di pantaloncini corti. Visto che non doveva uscire di casa decise di non indossare intimo, così da potersi sentire più libero e fresco là sotto. Prese una ciotola che riempì di popcorn e si buttò a capofitto sul divano spremendosi contro i cuscini. Accese il grande schermo a 50 pollici e l'X-box, scegliendo un gioco a caso da inserire. Era in quei momenti che Ares si sentiva il più realizzato possibile, e inoltre non aveva di meglio da fare. I compiti per lui erano ormai considerati inutili a quel punto dell'anno scolastico, mancavano pochi mesi alla fine della scuola, ma per Ares era come se il suo destino fosse già stato scritto, doveva ripetere l'anno. Solo un miracolo divino avrebbe potuto salvarlo da quella terribile, che poi tanto terribile per lui non era, sorte. Di fare pulizie in casa non se ne parlava proprio, non osava neanche toccare una scopa. “È tutta fatica sprecata” diceva, questo solo perché era stato abituato fin da piccolo ad avere una donna che si occupasse delle faccende di casa e che pensasse a riordinare il casino che lui lasciava due volte alla settimana. Ora perfino Eros era fuori e questo significava che lui era il re indiscusso della casa. Mentre iniziava a giocare il pensiero tornò al fratello, per colpa sua ora si sentiva strano quando stavano vicini. Finora aveva condotto una vita pacifica senza intromissioni da parte dell'altro, ma adesso Ares si sentiva in qualche modo cambiato. In fondo sapeva di essere stato sempre un po' narcisista e adorava essere al centro dell'attenzione. Oggi però c'era qualcosa che non andava. Si sentiva frustrato se Eros non lo guardava, come se non fosse soddisfatto, e invece se lo faceva, sentiva quegli occhi sul suo corpo come se fossero baci incandescenti e gli piaceva. Voleva essere guardato da lui. Non gli era mai importato del fratello e adesso tutti quei pensieri lo scombussolavano così tanto che non si rese conto di cadere tra le braccia di Morfeo.

Era ormai pomeriggio inoltrato quando Eros tornò finalmente a casa. Non si era accorto di aver fatto così tardi. Era rimasto completamente immerso nei suoi pensieri e il tempo era come volato. Non si era nemmeno accorto di avere fame fino a quando non entrò in cucina, decidendo di prepararsi uno spuntino. Alle sue orecchie arrivò una musichetta, gli suonava piuttosto familiare. Seguendo quelle note arrivò fino al salotto dove scoprì l'origine di quel suono. La televisione era accesa e le parole “GAME OVER” lampeggiavano senza sosta sullo schermo. La melodia che Eros aveva udito prima era la colonna sonora di un video game con il quale era abituato a giocare sin da bambino. Notò inoltre alcuni popcorn sparsi per il pavimento e il joystick anch'esso lasciato per terra di fianco a un ammasso di cuscini. Questa era sicuramente opera di Ares. Toccava sempre a lui riordinare il disordine provocato dal fratello. Eros stava per raccogliere un cuscino quando per poco non urlò alla vista di un cadavere sul divano. Quel corpo esanime spaparanzato sul sofà si rivelò essere non altro che suo gemello. Nonostante l'esasperazione, Eros trovò la situazione che gli si parava davanti piuttosto divertente. Non solo Ares si era addormentato mentre giocava, ma perfino mentre era intento a strafogarsi di cibo. Una mano infatti ricadeva senza forza nella ciotola semipiena di popcorn, mentre due di questi erano rimasti incastrati tra i suoi capelli. Eros non voleva neanche domandarsi come avessero fatto ad arrivare fin li. Spense la TV e cercando di fare il più piano possibile e provò a togliere quei rimasugli di popcorn dai capelli del fratello. In quel momento trovò Ares estremamente infantile. Aveva un'aria serena in volto tranne per quando qualche ciuffo non gli ricadeva sugli occhi il che gli provocava un'espressione di fastidio alquanto buffa, sembrava un vero neonato, anche per il modo in cui si stringeva al cuscino. Quello era il vero volto di suo fratello, pensò Eros, e non quella maschera di superiorità che indossava di solito. Senza neanche rendersene conto le sue dita si mossero ad accarezzare quel viso che addormentato, sembrava quasi angelico.

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


 

Passarono diverse settimane dall'ultimo incontro ravvicinato dei gemelli. Dopo tutto quello che era accaduto nessuno dei due osava avvicinarsi all'altro più di quanto non fosse dovuto. Erano lì insieme, nella stessa stanza, ma nel frattempo era come se non ci fossero. Ognuno ignorava l'esistenza dell'altro e non avere una figura paterna in casa, in quel momento particolarmente pieno di tensione, che potesse in qualche modo calmare le acque, non era di aiuto. Il padre infatti, rinomato chirurgo, era stato chiamato a partecipare a un convegno di due settimane in un'altra città, lasciando i fratelli in balia della solitudine. Non che Ares fosse profondamente intristito dall'assenza del padre. Passava le sue giornate fuori con gli amici e tornava solo a tarda notte senza neanche preoccuparsi di avvisare il fratello. Quella mattina in particolare si sentiva abbastanza ispirato da andare a scuola, luogo dove ormai raramente metteva più piede, ma si pentì subito di quella scelta. La prima ora la passò a sentire la solita ramanzina del professore che lo rimproverava per il suo scarso impegno verso gli studi e il poco rispetto che dimostrava di avere, deludendo docenti e familiari. Il professore infine per concludere il tutto con bellezza lo paragonò a suo fratello, uno studente onorevole che si era conquistato le grazie di tutti in poco tempo e che ognuno ammirava.

“Perché non prendi esempio da Eros? Non vedi quanto si impegna?” o ancora “Se solo fossi tuo fratello o almeno cercassi di comportarti come lui le cose sarebbero diverse!”. C'era solo un piccolissimo problema. Lui NON era suo fratello, non era Eros, ma un'altra persona. Perché la gente non riusciva ad accettarlo per com'era? Perché doveva vivere nell'ombra di uno che non era nessuno? Si alzò in piedi senza degnare il professore di una parola o sguardo. I compagni di classe lo guardarono ammutoliti rabbrividendo al pensiero che qualcosa stesse per succedere. Ma non accadde nulla. Ares uscì dall'aula senza voltarsi indietro chiudendosi la porta alle spalle nonostante le proteste inutili del docente. Era stanco. Neanche un'ora aveva passato li dentro che già ne aveva le scatole piene. Aveva bisogno di rilassarsi e di colpo gli arrivò la soluzione. Scrisse velocemente un messaggio e aspettò. Dopo un paio di minuti vide un ragazzo uscire da una classe in fondo al corridoio avvicinarsi piano. Era alto, robusto e portava i capelli biondo platino, inoltre aveva un piercing sul labbro destro superiore che riluceva a ogni suo minimo movimento. Non disse niente quando gli si avvicinò, gli pose solo una piccola busta in mano, Ares soppesò il peso.

<< Quanto? >> domandò tirando fuori il portafoglio.

<< 50. >>

Ares non rispose e tirò fuori una banconota porgendola al biondo, poi se ne andò. Salì fino all'ultimo piano dove ormai le classi erano usate come magazzini e nessuno più ci saliva se non per andare fin su dal tetto. Si infilò in un bagno e chiuse la porta, incominciando a trafficare con la cartina e a mischiare dell'erba verde con il tabacco. Quando ebbe finalmente finito si sistemò su uno sgabello li vicino accendendo con assoluta calma la canna. Non era la prima volta che fumava, ma non era neanche un dipendente. Raramente se ne faceva una, preferiva piuttosto ubriacarsi di brutto e andare a donne, ma in momenti come quelli, quando si sentiva particolarmente irritato o infastidito non riusciva a farne a meno. Subito la sua mente si schiarì e i suoi muscoli iniziarono a rilassarsi mano a mano che aspirava. Perse la condizione del tempo, e tutti i suoi problemi sembravano sciocchezze adesso. Si mise a ridere di gusto assaporando il momento, neanche lui sapeva perché rideva. Anche dopo che ebbe finito restò seduto li dentro per un po' senza pensare a niente di particolare. Ma quello fu l'errore più grande. Sentì dei passi e delle voci in lontananza. Era ancora sotto gli effetti della canna, si sentiva intorpidito e pesante, tuttavia era mentalmente cosciente e riuscì a riconoscere in quelle voci, quella di suo fratello.

<< Merda! >> imprecò, tra tutti proprio Eros gli doveva capitare!

Ares non fece in tempo a inventarsi qualcosa che la porta si aprì e si scatenò il finimondo. Eros era con il vicepreside ed erano insieme proprio per cercare lui dopo che se n'era andato dalla classe in quel modo. Il vice notando il mozzicone a terra iniziò a sbraitare, gesticolando all'impazzata e divenendo rosso dalla furia. Eros d'altro canto sembrava scioccato, era pallido e guardava il gemello con uno sguardo pieno di rancore e vergogna, non osava neanche parlare. Ares intanto pensava che una volta per tutte potesse essere sbattuto fuori da quell'edificio e di non doverci tornare mai più. Si invocò un'assemblea straordinaria, quella stessa mattina per decidere le sorti dell'alunno. Eros era chiamato a partecipare come rappresentante degli studenti, mentre Ares doveva aspettare il responso finale in un'altra aula. Quella volta si era davvero cacciato nei guai, perfino suo padre non se ne sarebbe stato zitto, lo avrebbe deluso sicuramente, come del resto faceva sempre nell'ultimo periodo. Si immaginava la sua espressione affranta che avrebbe avuto una volta appresa la notizia, una faccia distrutta. Solo una volta aveva visto quell'espressione sul suo viso, quando circa tre anni fa ruppe davanti ai suoi occhi, un arco nuovo di zecca che gli aveva regalato. Quando aveva deciso che il tiro con l'arco per lui era morto. In quel momento il padre sembrava un uomo a cui avessero tolto tutto. Perché l'arco, per entrambi, era il legame che li teneva uniti, e con quel gesto aveva rotto ogni rapporto. In verità non voleva deluderlo così di nuovo, non voleva causargli altro dolore, non se lo meritava. Mentre rimuginava sui suoi pensieri la porta si aprì e venne chiamato dentro. Radunati attorno a un tavolo la commissione lo guardava con sguardo truce e severo, solamente Eros non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, come se non volesse credere di essere suo fratello.

Il preside parlò: << A causa dei recenti avvenimenti e delle infrazioni commesse a tuo nome, il collegio docenti ti condanna a una settimana di sospensione dall'istituto scolastico, con il divieto di frequentare il cosiddetto istituto fino a data prescritta. Pertanto l'alunno Ares... >>

Ma per Ares le altre erano solo parole senza senso, perché lui ce l'aveva fatta. Non sapeva come, ma non era stato espulso, e se in un primo momento desiderava esserlo ora era felicissimo che ciò non fosse accaduto. I momenti successivi apparvero confusi e frenetici, non prestava più attenzione a niente, solo alla fine di quello che doveva essere stato un discorso bello lungo Ares si sentì tirare per il braccio da suo fratello, che tenendo la presa ben salda lo portò in un aula vuota e lo sbatté per terra senza nessun riguardo.

<< Ma che cazz?! >> imprecò Ares cercando di tirarsi su. << Sei pazzo per caso?! >>

Ma disse proprio quello che non doveva dire. Eros infatti lo stava guardando con astio profondo trattenendo a stento la collera e il forte desiderio di picchiarlo.

<< IO?! Ti è per caso dato di volta il cervello?! Hai idea di quanto sei coglione? Di quello che hai rischiato?! >>

Ares lo vide avvicinarsi con fare minaccioso, non aveva mai visto il fratello così arrabbiato.

<< Non farne una tragedia era solo una sigaretta... e vedi di abbassare i toni con me. >>

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

<< Solo una sigaretta? Ti va bene che il vicepreside non senta gli odori perché si sentiva puzza di erba per tutto il corridoio! Ed è solo per questo che non sei stato espulso e non c'è la polizia lì fuori in questo momento! Perché IO come al solito ti paro il culo! Ahaha ma dopo questa te lo puoi anche scordare che ti copra di nuovo le spalle, te ne ho perdonate tante ma dopo oggi... sei una vergogna, mi hai proprio deluso, ma soprattutto hai deluso nostro padre, dopo tutto quello che lui ha fatto per te. >>

Dopo quelle parole neanche Ares seppe trattenersi e scattò su in piedi fronteggiandosi col fratello.

<< MIO padre non centra niente con tutto questo! Non fare il santarellino solo perché sei il cocco di papà! Di certo non sei tu a darmi ordini, sono libero di fare quello che voglio! E non osare a farne parola con mio padre se no- >>

Ma Ares non riuscì a finire la frase che Eros lo colpì con un pugno proprio all'altezza della mandibola facendolo finire di nuovo a terra. Il sangue cominciò a sgorgare dal labbro inferiore che probabilmente si era rotto. Ares gemette per il dolore, ma il fratello non lo degnò di uno sguardo allontanandosi verso la porta.

<< Papà starà via ancora per dieci giorni, fino ad allora non ti voglio vedere in casa, puoi prenderti la macchina ma per il resto, per quanto mi riguarda, puoi dormire sotto un ponte. >> detto questo Eros uscì sbattendo la porta.

Ares rimase per qualche minuto disteso sul pavimento, agonizzante, solo quando il dolore venne meno e il sangue cessò di uscire ebbe la forza fisica e morale ti tirarsi in piedi. Dove poteva andare? Quel bastardo gli aveva proibito di tornare a casa, non che gliene fregasse più di tanto, anche lui avrebbe pagato tutto l'oro del mondo pur di non rivederlo mai più, ma adesso doveva trovare una soluzione, e al più presto.

Dopo aver pensato per un po' gli venne un'idea. Avrebbe chiesto a una ragazza del suo gruppo, Erica, di ospitarlo per qualche giorno. Se si ricordava bene anche lei era a casa da sola senza genitori in questo periodo per cui nessuno avrebbe fatto domande strane. Ares non era poi così allettato da quell'idea, ma in fondo era l'unica opzione che aveva. Per fortuna la ragazza accettò senza troppe proteste, di certo avrebbe preteso qualcosa in cambio e Ares gli avrebbe concesso praticamente tutto pur di non tornare a casa dal fratello o di non dormire per strada. I primi giorni passarono tranquilli, Erica era così occupata tra scuola, esami e sport che non considerò affatto Ares, il quale passava le sue giornate sonnecchiando sul divano ed esaurendo le scorte di cibo offritegli dalla ragazza. In men che non si dica era già passata una settimana e quindi era tempo di ritornare a scuola. Da quando era successo tutto il casino non aveva più visto o sentito suo fratello. Non ne sentiva affatto la mancanza, tuttavia dopo gli ultimi avvenimenti tra di loro si sentiva irrequieto. Era arrabbiato con Eros ma si sentiva in ansia senza di lui, e la notte a volte sognava il suo sguardo, e in quei momenti si sentiva come nudo e indifeso di fronte a quegli occhi verdi. Stessa sensazione che provò la mattina quando ricominciò le lezioni. Si ritrovarono l'uno di fronte all'altro e incrociarono lo sguardo solo per un brevissimo istante senza dire niente. Eros era ancora molto arrabbiato e Ares lo sapeva, non lo avrebbe perdonato così facilmente. Il pomeriggio ritornò a casa della ragazza che però non era ancora arrivata, per cui si buttò su un letto ad ascoltare la musica con le cuffie, doveva smetterla di pensare al fratello. Si addormentò senza rendersene conto e dopo alcune ore si risvegliò in preda alla fame. In cucina trovò Erica intenta a cucinare.

<< Due minuti ed è pronto... e poi dopo se hai voglia possiamo consumare un po' di calorie... >> sorrise maliziosa. Ares sorrise di rimando e la baciò velocemente sulle labbra, un bacio privo di significato.

Dopo aver cenato andò a farsi la doccia e quando ritornò in camera trovò Erica stesa sul letto col solo intimo addosso. Non disse niente, si tolse la maglietta e si sdraiò di fianco alla ragazza cingendole la vita con le braccia. Dopo un po' di baci per riscaldare l'atmosfera passarono ai preliminari veri e propri. A dire il vero Ares non era per niente attratto dalla bionda, ma un po' di attività sportiva non gli avrebbe fatto certo male. Il problema arrivò quando la ragazza gli si mise sopra intenta a fargli un lavoretto là sotto, e lui anziché vedere la bella bionda vide suo fratello che lo fissava, fremente di desiderio, con il petto scolpito e il respiro ansimante. Chiuse gli occhi cercando di eliminare l'immagine di Eros e concentrarsi invece sul piacere che Erica gli stava concedendo. Senza però alcun risultato. Il suo amichetto là sotto si rifiutava di svegliarsi. Eppure non aveva alcun problema di quel genere, delle volte bastava anche solo uno sguardo di suo fratello per...

Si alzò di scatto e si rivestì senza proferire una parola. Era così immerso nei suoi pensieri che non sentì neppure gli insulti della ragazza mentre usciva da quella casa. Salì in macchina e accese il motore della Mercedes. Non era sicuro di quello che stava per fare, ma doveva verificare alcune cose e, c'era come un peso sul petto dal quale si voleva liberare. Inoltre aveva freddo, molto freddo, tremava. Doveva assolutamente vedere suo fratello. Parcheggiò vicino al vialetto di casa e facendo il meno rumore possibile entrò dentro. Il salotto era buio così come la cucina, e non vi era alcun rumore, solo silenzio completo. Questo voleva dire che Eros era già a dormire... e se invece fosse fuori da qualche parte? O se fosse in camera sua a spassarsela con qualche ragazza? Ares sentì il suo battito cardiaco accelerare in preda all'ansia. Salì al piano di sopra sorpassando la sua stanza e avanzando verso quella del fratello. La porta era socchiusa e così poté sbirciare dentro. Con suo grande sollievo Eros era da solo e stava dormendo. Ares aprì piano la porta cercando di non farla cigolare e si intrufolò dentro camminando lentamente verso il fratello. Tremava, ma ormai non aveva altra scelta, non poteva tornare indietro. Sollevò il copriletto e il fratello mugolò per il freddo improvviso. Quando Ares si coricò sul letto facendo pressione sul materasso Eros si tirò su di botto per lo spavento trattenendo a stento un urlo.

<< Ma che cosa...? >> gli ci volle un po' per capire che quello semidisteso di fianco a lui fosse Ares, e si stupì non poco nel vederlo così all'improvviso.

Ares si infilò completamente sotto le coperte. Lo stupore del fratello aumentò quando si accorse che l'altro tremava, come un gattino impaurito, nascondendo il suo viso fra le ciocche dei capelli. Non disse nulla ma gli fece più spazio, Ares allora ne approfittò per poggiare la testa sul suo petto. Eros lo strinse a sé cingendolo con le braccia, trasmettendogli quanto più calore possibile per far terminare i suoi brividi. Gli accarezzò i capelli dolcemente, incrociò le sue gambe a quelle del fratello, aumentando il contatto fisico come per proteggerlo. E si addormentarono così, abbracciati, come se la vita di uno dipendesse dall'altro.

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


 

Ares si svegliò circondato dal profumo di muschio. Si sentiva intorpidito ed eccessivamente accaldato dalle coperte che lo stavano come soffocando. Aprì lentamente l'occhio sinistro, per poi richiuderlo subito, venendo investito da un fascio di luce che passava attraverso le tende. C'era un che di strano in quell'ambiente ed Ares si sentiva come se avesse dimenticato una cosa, una cosa importante che però continuava a sfuggirgli. Si stiracchiò cercando di riprendere mobilità nelle parti del corpo indolenzite, e nel movimento urtò qualcosa. Era caldo e morbido. Si girò lentamente nel letto ritrovandosi il viso di suo fratello a una distanza decisamente troppo ravvicinata. Si rimise subito nella posizione iniziale cercando di sembrare il più addormentato possibile. Cosa diavolo era successo ieri sera? Immagini della notte precedente cominciarono a riaffiorargli nella mente una dopo l'altra. Diventò rosso in meno di un nanosecondo. Si chiedeva dove avesse trovato il coraggio di fare una cosa del genere. Ed ora, come avrebbe affrontato la situazione a venire? Il cuore gli batteva all'impazzata, rimbombando nelle orecchie, per la paura di un possibile risveglio di Eros. Se si fosse svegliato in quell'istante sarebbe potuto morire di vergogna e farsi prete. Non sapeva affatto come gestire la situazione. Sentiva le sue gambe, il suo petto sfiorargli delicatamente il corpo, e lui non osava spostarsi di un millimetro per paura di spezzare quel magico momento. Sentiva anche qualcos'altro toccargli il fondo schiena, ma preferì non indugiare troppo su quel pensiero. Si rigirò verso il fratello con molta calma, respirando appena per fare meno rumore possibile. Eros dormiva ancora per fortuna. Sul viso aveva i segni rossi lasciati dalle pieghe del cuscino e i capelli erano più spettinati del solito facendolo sembrare infantile. Ad Ares scappò un sorrisetto. Cos'era cambiato nelle ultime settimane? Non sapeva darsi risposta. Osservava le piccole e chiare lentiggini sparse sul volto del fratello, le sue ciglia lunghe, gli occhi intensi che erano ora coperti ma che conosceva ormai così bene. Esaminò le sue labbra appena socchiuse, rosee, non troppo sottili che lo facevano sembrare sempre troppo sexy. Perso nei suoi pensieri non si rese conto di essersi avvicinato pericolosamente verso quelle fonti di desiderio. Era così vicino che bastava un movimento minimo per annullare le distanze. Eros strinse gli occhi e mugugnò qualcosa sorprendendo il fratello che ritornò velocemente a far finta di dormire beatamente. Ares lo sentì tirarsi su. Lo immaginò guardarsi attorno, spaesato, cercando di far mente locale su ciò che era accaduto. Eros si alzò e uscì dalla camera lasciando il letto vuoto e freddo. Il fratello invece restò fermo, immobile, avvolto tra le coperte e stringendo le lenzuola cercando di trattenere il calore restante. Sul cuscino riusciva ancora a sentire il profumo, leggero e intenso allo stesso tempo, del gemello. Ares avrebbe voluto rimanere lì per sempre, in quella magia, immerso tra i suoi pensieri. In quell'istante era tutto perfetto e scendere di sotto, avrebbe significato spezzare quel paradiso illusorio e affrontare la vera e crudele realtà. Si decise ad alzarsi solo quando udì lo scorrere dell'acqua nel bagno affianco, segno che Eros si stava facendo la doccia. Sedendosi sul letto, notò la sua giacca e il telefono sparsi per terra dove li aveva lasciati la sera prima. Il led azzurro del cellulare lampeggiava, sicuramente erano dei messaggi di Erica per esprimere la sua gratitudine per quello che era successo, ma di lei se ne sarebbe occupato più tardi.

Approfittò di quel momento di solitudine per guardarsi in giro. Dato il loro problematico rapporto non gli capitava mai di entrare in quella camera, la considerava una zona off-limits. Non che avesse mai avuto il desiderio di farlo, ma ora che si trovava lì da solo era incuriosito. Dopo tutto quello che era successo era desideroso di conoscere quella persona che fino a qualche giorno fa era stata come un estraneo per lui, come se volesse recuperare in pochi istanti tre anni di silenzio. Tranne che per una libreria stracolma di libri la stanza sembrava spoglia e poco personalizzata. Solo qualche fotografia segnava la presenza di qualcuno che ci vivesse. Ares si alzò dal letto avvicinandosi alle foto per osservarle meglio. Alcune ritraevano suo fratello da piccolo, un Eros che giocava con un cagnolino, Eros che si sbrodolava con un gelato, ma la foto che più lo colpì fu quella di suo fratello al primo giorno di elementari, vestito di tutto punto e con il naso rosso probabilmente per l'emozione, e accompagnato da una figura femminile elegante e dallo sguardo gentile, sua madre, la loro madre. Capelli neri come la pece e occhi chiari simili ai loro, Eros stringeva con la sua piccola mano la manica della madre come se fosse intimorito da qualcosa. Ares lo trovò estremante tenero e sorrise mentre lo osservava. Un bambino completamente diverso dal ragazzo che ora era diventato. Adesso assomigliava più a un uomo, serio, composto e con uno sguardo perforante.

L'acqua smise di scorrere e dopo qualche minuto Eros uscì dal bagno per andare in cucina al piano di sotto. Anche Ares doveva farsi una doccia, ma c'era solo un piccolissimo problema, non aveva un cambio di vestiti. I pantaloni della tuta erano riutilizzabili ma non il resto ed era sicuro di non avere vestiti adatti per stare in casa nel suo armadio, il resto degli abiti se li era portati dietro quando era andato a casa di Erica. Per cui non c'era altra scelta se non quella di prenderli in prestito da suo fratello. Frugò nel suo armadio cercando una maglietta il più semplice e il meno imbarazzante possibile. Ma ora Ares si trovava davanti a un'altra piccolissima difficoltà, ovvero l'intimo. Non aveva dei boxer di scorta e non poteva di certo andare in giro senza mutande... rimaneva un'unica opzione. Aprì un cassetto di fianco alla scrivania e ne tirò fuori un paio qualsiasi rimanendo poi fermo a fissarli in assoluto silenzio. Non c'era niente che non andava in quei boxer grigi, erano firmati Armani, puliti e profumati ma... erano i suoi. Poteva davvero indossarli? Cercò di pensarci il meno possibile mentre usciva dalla camera per andare nel bagno. Nella stanza aleggiava ancora il profumo di bagnoschiuma usato precedentemente dal fratello, soave e delicato, ma allo stesso tempo deciso. Entrò nella doccia completamente circondato da quella fragranza che lo avvolgeva dolcemente. L'acqua calda gli scivolava lungo il corpo portandosi via tutte le preoccupazioni. L'odore del bagnoschiuma che usò gli ricordò di Eros, e del fatto che in tutte le sue foto fosse solo, senza amici, parenti o persone a lui care. Una solitudine che sembrava molto simile alla sua, della quale rimaneva ancora una cicatrice nascosta nel profondo di ognuno di loro. Ma quella foto, quella, era diversa. Non aveva ricordi di sua madre ed era vero quando diceva di non aver sofferto per la sua perdita, ma lei era tutt'altra cosa. Uno sguardo che diceva: Io sono qua, resterò qua affianco a te e non ti lascerò; una mano gentile, e calda, che ti accarezza dolcemente il viso, una voce tenera che con un sussurro ti culla verso l'oblio, un sorriso che avrebbe semplicemente significato, io sono qui per te e ti amo. Ares non aveva pianto neanche una lacrima durante il funerale della madre, ma ora non riusciva a smettere di piangere e tremare, mescolando le sue lacrime alle gocce d'acqua e sussurrando un flebile “mi dispiace”.

Uscì dalla doccia più stanco di prima e con gli occhi leggermente arrossati, vestendosi in silenzio. Quando arrivò in cucina Eros non gli fece domande, non disse nemmeno una parola, pose semplicemente la colazione davanti al fratello e per questo Ares gliene fu grato. Probabilmente sospettava fosse successo qualcosa, in fondo era strano vederlo ridotto in quello stato, tuttavia capì che era meglio sorvolare il tutto, nel caso, sarebbe stato Ares stesso a parlare per primo. Questa quiete infatti rimase intatta finché Eros non si alzò a sparecchiare e si arrestò poi richiamato dalla voce lieve del fratello.

<< Eros... com'era mamma? >>

Si guardarono negli occhi e nonostante Eros fosse stupito dalla richiesta annuì.

<< Aspettami sul divano, torno subito. >>

Arrivò poco dopo con in mano un quadernone rosso e si sedette di fianco al fratello. Ares aveva già notato quella specie di raccoglitore la mattina stessa mentre curiosava per la camera del gemello, ma non aveva osato guardarne il contenuto, e adesso era molto curioso.

<< Cos'è? >>

<< È di nostra madre, l'ultimo ricordo che mi sia rimasto di lei. >>

Aprendolo, Ares vide una montagna di foto riempire il quaderno e anche alcune lettere, ma le foto ritraevano tutte la loro madre, da bambina, da adolescente, e da adulta fino a una scattata pochi giorni prima della sua morte. Ares ne prese una e la osservò da vicino, era ancora in bianco e nero e probabilmente sua madre non avrà avuto più di quattro anni, ma lui riusciva a percepire la somiglianza che c'era tra loro. Eros gli sorrise.

<< Avete la stessa espressione quando siete imbronciati >>

<< Ehi! >> lo punzecchiò Ares di rimando.

<< Ahaha guarda questa. >>

Eros gli porse un'altra fotografia, questa volta a colori, che raffigurava i loro genitori il giorno del loro matrimonio. Il padre era vestito in modo semplice ma elegante con uno smoking nero e la madre invece un lunghissimo abito bianco che pareva essere seta, con le maniche lunghe completamente di pizzo e un corsetto interamente ricamato a mano. Erano entrambi giovani e belli, ma soprattutto felici, felici e innamorati.

<< È stato circa vent'anni fa. Nostra madre frequentava il quarto anno di psicologia all'università mentre nostro padre l'ultimo anno di chirurgia. È lì che si sono conosciuti e, dopo pochi anni si sono sposati, e noi non siamo nati poi molto tempo dopo... è stato proprio mentre nostra madre era incinta che è iniziato tutto... fino al divorzio dopo nemmeno un anno dalla nostra nascita. >>

Ares non conosceva i dettagli di quello che era successo tra i suoi genitori, era troppo piccolo per potersene ricordare e quando lo domandava a suo padre lui cercava sempre di cambiare argomento. Comunque c'erano delle volte in cui Ares si chiedeva se sua madre l'avesse veramente mai amato, come in quel preciso istante. Eros parve accorgersene ed allungò una mano per accarezzare i capelli corvini del fratello in un gesto affettuoso. Ares arrossì imbarazzato volgendo lo sguardo verso il basso.

<< Sai Ares, nostra madre pensava spesso a te, non ti ha mai dimenticato e sono sicuro che ha sempre rimpianto il fatto di essersi dovuta allontanare da te. Qualche volta è anche capitato che mi chiamasse “Ares” anziché Eros, io ho sempre pensato che lei si fosse semplicemente sbagliata, ma ora, ne capisco il vero motivo. Avanti passami l'album devo farti vedere ancora una cosa. >>

Eros prese l'oggetto dalle mani del fratello il quale era come immerso in un silenzio meditativo. Aveva fatto bene a raccontargli tutte quelle cose? Eros aveva paura che fosse troppo da sopportare per Ares, troppe informazioni da digerire in una volta sola; ma non aveva altra scelta, si disse, ora doveva andare fino in fondo. Tra le varie buste Eros ne prese una di un color azzurro pastello e gliela diede.

<< Questa è per te da nostra madre. >>

Ares la prese un po' titubante con le mani che gli tremavano visibilmente.

<< Perché non me l'hai data prima? >> chiese Ares, non con un tono arrabbiato, forse solo un po' triste. Eros distolse lo sguardo.

<< Non mi sembrava il momento adatto... comunque – disse alzandosi – vorrai che ti lasci solo, vado di là. >> fece per andarsene quando si sentì tirare la manica.

<< No, resta qui. >> sussurrò appena Ares stringendo la stoffa fra le dita.

Eros non disse niente e tornò affianco al fratello che lentamente iniziò ad aprire la busta. La lesse in silenzio, scorrendo lo sguardo tra le righe e per alcuni minuti il tempo sembrò essersi bloccato. Quando ebbe finito di leggerla Ares piangeva di nuovo, lacrime silenziose che fuoriuscivano senza volersi fermare. Gli rigavano le guance lasciando i segni del loro passaggio e anche gli occhi cominciavano ad arrossarsi. La mano di Eros si mosse involontariamente, con la punta delle dita sfiorò la pelle delicata dell'altro, carezzandogli il collo. Ares sobbalzò sorpreso al contatto ma cercò di non darlo a vedere, i loro occhi si incrociarono in uno sguardo carico di bisogno. Eros si mosse quasi senza accorgersene avvicinandosi al fratello come attratto da una forza invisibile e con una lentezza quai sacrale poggiò dolcemente le labbra sull'occhio di Ares come per asciugargli quelle tristi lacrime. Dopodiché lo abbracciò stringendolo forte e accarezzandogli i capelli, calmandolo finché non ebbe esaurito tutte le sue lacrime e si addormentò sfinito. Eros non volle sciogliersi da quell'abbraccio, sapeva che era sbagliato ma non poteva lasciarlo, o più semplicemente non voleva. Mentre rimuginava su questi pensieri si accorse di qualcosa di inaspettato. Arrossì violentemente vedendo il fratello indossare il suo intimo, tanto da provocargli una certa reazione. Sperò con tutto il cuore che Ares non si svegliasse di lì a poco o non sapeva se sarebbe riuscito a controllarsi.

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Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


Dopo l'accaduto, la vita dei gemelli iniziò lentamente a cambiare; se in meglio o in peggio neanche loro potevano dirlo. Semplicemente la vita di uno cominciò a far parte di quella dell'altro, diventando sempre più consapevoli della presenza di un'altra persona e iniziarono a conoscersi, come se prima d'ora fossero stati semplicemente estranei. Rincominciarono da zero, parlarono tanto, di cose importanti, del più e del meno, non importava di cosa, alla fine l'importante era parlare e crearono così un nuovo legame. Cominciarono a consumare le colazioni e i pasti assieme, dividendosi i compiti e le faccende domestiche, e persino ad andare a scuola insieme con la macchina. Questo nuovo rapporto portò in casa un'aria serena che prima non c'era mai stata, tuttavia c'erano alcuni momenti di difficoltà, come quando una volta Eros sorprese il fratello senza la maglietta addosso e non poté fare a meno di fissare quel bel corpo sensuale. Lì iniziavano i problemi perché non potevano dimenticare, non dopo tutto quello che era successo. Si trovavano come in bilico su un filo sottilissimo, e bastava un niente per far si che i gemelli cadessero nell'oscurità più buia e piacevole, verso il punto di non ritorno, e non potevano certo immaginare che quel punto non fosse poi così lontano.

Tutto successe una mattina, una come tante altre, dopo aver passato la sera e buona parte della notte a giocare alla Play, Ares si era addormentato nella sua stanza insieme al fratello, che era a metà tra lo sdraiato e il seduto mentre lui aveva cercato la comodità poggiando la testa sulle gambe di Eros. Quanto tutto questo sarebbe durato? Non potevano saperlo e neanche lo volevano, vivere questa felice illusione era sicuramente più soddisfacente. Spezzare l'armonia non era un'opzione, loro non avrebbero mai desiderato uscire da quella piccola bolla di felicità che era diventata la routine quotidiana, ma si dice che quando una persona è troppo felice, la sfortuna sia dietro l'angolo ad aspettarla. Quella mattina i gemelli si erano svegliati che il sole era già alto nel cielo, come sempre si erano diretti in cucina per fare colazione dopo una lunga doccia, quando un suono improvviso attirò la loro attenzione. Si trattava di un email arrivata sul computer di casa con mittente loro padre. La sua assenza da casa era stata prolungata a causa di alcuni disguidi a lavoro e non sarebbe tornato che dopo dieci giorni, per cui quale poteva essere il motivo di quell'improvvisa email? Doveva essere per forza qualcosa di grave o lui non avrebbe mai scritto. L'aprirono assaliti da mille dubbi e domande. Non era affatto lunga, dopotutto il padre non era il tipo da perdersi in chiacchiere inutili. Essendo sempre di fretta per lavoro era diventato un uomo coinciso e preciso in quello che faceva, valeva a dire impeccabile.

 

Ora: 02.14

Mittente: Papà

Oggetto: Importante!

Testo: Scusate se velo dico con così poco preavviso ma è una questione urgente. Ares ti ricordi di

Michael? Eravate molto legati da piccoli anche se sono passati molti anni dall'ultima volta

che vi siete visti... comunque mi hanno chiesto un favore a cui non posso assolutamente

rifiutare e si tratta di ospitare Michael per alcuni giorni a casa nostra. Non so dirvi

esattamente per quanto tempo perdurerà questa situazione, ma almeno finché la sua famiglia

non si sarà sistemata. Quindi siate ospitali e cercate di non combinare casini in mia assenza.

Dovrebbe arrivare domani per mezzogiorno circa.

Buona notte

 

Ares mugolò disperato.

<< Con domani a mezzogiorno non intenderà... >>

<< Tra mezzora precisa. >> sospirò Eros.

<< Avvisarci prima no, eh? Quel vecchiaccio... >>

Eros rise alle esasperazioni del fratello.

<< A proposito chi è Michael? >>

<< A giusto tu non puoi conoscerlo, in fondo avevo otto anni l'ultima volta che l'ho incontrato. Michael è mio cugino, cioè... tecnicamente è nostro cugino anche se non lo conosci affatto. Da come lo ricordo è un tipo sportivo e solare, tuttavia è un po'... >>

<< Un po'? >>

<< No, niente. >> Bisbigliò rivolgendo lo sguardo altrove.

Dopo poco squillò il campanello e la porta si aprì rivelando un ragazzo alto dai capelli biondi e gli occhi azzurri che sembrava essere appena uscito da una fiaba. Anche Eros pur essendo un maschio dovette ammettere che non era affatto un brutto ragazzo, anzi era abbastanza figo. Michael sorrise.

<< AARREEEESSS! ♥ >> Urlò precipitandosi ad abbracciare Ares quasi stritolandolo e stampandogli un bacio sulla guancia senza guardare minimamente Eros.

<< E staccati! >> si dimenò Ares ma il cugino non si mosse.

Eros si sentì improvvisamente turbato da quel gesto espansivo. Nemmeno lui osava fare tanto nonostante fosse suo fratello, anche se forse aveva fatto o almeno pensato a qualcosa di diverso. Michael si accorse subito dello sguardo infastidito del cugino e ne sembrò compiaciuto.

<< Ma mi sei mancato così tanto! >>

Ed Eros ebbe l'impressione di vedere un sorrisetto divertito rivolto proprio a lui.

Seguirono altre effusioni prima che il nuovo arrivato facesse le dovute presentazioni rivolgendo finalmente lo sguardo a Eros.

<< E così tu sei il vociferato gemello? >> disse porgendo la mano.

Eros gliela strinse deciso. Michael sorrise e lo attirò a sé in modo che solo loro due potessero sentire.

<< Ares mi ha parlato tanto di te, ci divertiremo un mondo in questi giorni. >>

Eros si scostò piano dalla stretta osservandolo attentamente. Non sapeva quale fosse il suo piano ma di una cosa era certo, non si fidava affatto del sorriso di quella persona.

Michael ritornò a importunare Ares restandogli sempre più vicino del dovuto.

<< Sta sera dormo in camera tua vero? >>

Ares lo guardò di traverso mentre il fratello ascoltava il dialogo in silenzio.

<< Veramente credevo dormissi in salotto... abbiamo anche un comodissimo divano-letto. >>

<< E daiii! In fondo anche quando eravamo piccoli dormivamo assieme e abbracciati. >>

<< Ma... >>

<< Ti pregoooo. >> Lo interruppe facendo gli occhi dolci.

<< E va bene – si arrese infine Ares – ma dov'è Eros? >>

Non si era reso conto che nel frattempo suo fratello se n'era andato lasciandoli soli. Michael ridacchiò compiaciuto.

<< Mmmh, avrà avuto di meglio da fare. >>

I problemi non fecero che aumentare col passare delle ore. Michael restava sempre appiccicato ad Ares impedendo ai fratelli di avvicinarsi e stroncando sul nascere ogni conversazione tra i due. Ares sembrava non accorgersi di niente o forse era solo abituato agli atteggiamenti espansivi e provocatori del cugino. Eros invece era quasi al suo limite, Michael lo irritava altamente e non sopportava di vederlo così vicino a suo fratello. Era gelosia? Ma di cosa in fondo? Ares era suo fratello gemello, non si erano scambiati una parola per quattro anni e ora tutto a un tratto avrebbe volentieri tirato un pugno a quell'estraneo che metteva le mani dove non ci dovevano stare. La goccia che fece traboccare il vaso arrivò esattamente nel momento in cui Michael decise di andare a fare il bagno insieme ad Ares “come quando erano piccoli”. Eros si mosse senza rendersene conto trascinando per i capelli il cugino fuori dal bagno ignorando i suoi lamenti di dolore.

<< Puoi fartelo benissimo dopo! >> aveva urlato involontariamente.

Nessuno dei presenti si era aspettato una reazione del genere, neanche lui stesso. Ares che era rimasto leggermente impaurito si chiuse in bagno senza dire una parola. Eros era paonazzo in viso e col fiato corto, non sapeva spiegarsi quello che era successo, al contrario di suo cugino che rideva divertito.

<< La gelosia è una brutta cosa vero? >>

Quella sera ognuno andò a dormire nella stanza che gli era dovuta in assoluto silenzio, ma Eros non riuscì a chiudere occhio neanche per un secondo.

L'indomani mattina tutto sembrò essere tornato alla “normalità”. Ares era tranquillo e si comportava come al solito, sembrava essersi completamente dimenticato dell'accaduto ed Eros ne fu sollevato. Per fortuna era lunedì, il che voleva dire restare a scuola e quindi non vedere la faccia di Michael per gran parte della giornata. Eros non era mai stato più felice di andare a scuola in vita sua.

Purtroppo le cose belle durano sempre troppo poco e infatti le due arrivarono in un baleno. Non aveva per niente voglia di tornare a casa, sentiva ancora l'irritazione che gli provocava suo cugino attraversargli i nervi delle mani. Era una situazione pericolosa, lui era pericoloso. Ormai non si riconosceva più. Che cosa stava diventando? La gelosia probabilmente lo stava consumando dentro, ma in fondo, lui non aveva alcun diritto di essere geloso. Il suono della campanella lo destò improvvisamente dai suoi pensieri. Raccolse le sue cose e lo zaino uscendo dalla classe. In lontananza vide Ares aspettarlo appoggiato al cancello d'ingresso della scuola. Indossava un paio di pantaloni aderenti neri e una maglietta bianca, ma anche con quel semplice abbigliamento Eros lo avrebbe volentieri divorato... e in tutti i sensi. Anzi a pensarci bene quei vestiti erano decisamente di troppo, in quel momento avrebbe tanto voluto strapparglieli di dosso per poter ammirare ciò che nascondevano.

Non andava affatto bene. Doveva smettere di fare questi pensieri perversi su suo fratello. Era una bestia, un mostro e lo sapeva, sapeva di non essere normale. Se solo anche Ares fosse stato “anormale” come lui allora... ma questo era del tutto impossibile. Una volta che lo ebbe raggiunto Ares gli sorrise salutandolo ed ad Eros gli si strinse il cuore.

<< Andiamo? >>

Non voleva tornare a casa. Il solo pensiero di suo fratello tra le braccia di Michael lo faceva ribollire, non avrebbe sopportato quella visione e non voleva spaventare di nuovo Ares facendo qualcosa di sconsiderato. Doveva inventarsi una scusa.

<< Scusa ma... sono sorti dei problemi. Roba da rappresentante d'istituto sai... mi devo trattenere fino a tardi non so esattamente per quanto ma non aspettatemi per cena. >>

Eros distolse involontariamente lo sguardo, consapevole di star mentendo non riusciva a guardarlo negli occhi.

<< Ok. >> gli rispose semplicemente.

Non disse altro anche se probabilmente sapeva che quella era una scusa bella e buona, e se ne andò via con alcuni compagni di classe. Eros sospirò sommessamente. Era il peggiore.

Passò il pomeriggio a girovagare per la città senza una meta precisa fermandosi su una panchina di tanto in tanto per riposarsi. Era rimasto in giro per evitare di pensare ad Ares ed invece era proprio quello che stava facendo da quando si erano lasciati davanti all'ingresso della scuola. Tentò di distrarsi in ogni modo possibile ma fu inutile. Non poteva dimenticarsi di quegli occhi blu mare, quelle labbra sottili, quella pelle morbida e inviolata. Non poteva dimenticare il dolce calore che emanava il suo corpo bisognoso, non dopo quella notte almeno. Il detto “occhio non vede, cuore non duole” era decisamente una cazzata, ed Eros poteva confermarlo. Tornò a casa solo quando furono le nove passate e dopo essere passato in un bar a prendere qualcosa da mangiare. Trovò Ares e suo cugino intenti a giocare alla play in salotto, li salutò con tono indifferente. Ares se ne accorse e si girò verso di lui per osservarlo di sottecchi. Michael prendendo la palla al balzo lo abbracciò con fare capriccioso.

<< Areees! Non è giusto, mi stai stracciando voglio la rivincita! >> piagnucolò tra le sue braccia.

Eros non sentì la risposta chiudendosi direttamente in camera sua, era meglio così.

Passò un'ora buona prima che i rumori provenienti dal salotto si affievolissero segno che i due erano andati a dormire. Eros si distese sul letto immergendosi nei suoi pensieri, cosa che ultimamente faceva troppo spesso. Il silenzio era assoluto, interrotto solo dai ticchettii costanti dell'orologio fino a quando pochi minuti dopo non sentì qualcuno bussare piano alla porta. Si tirò su a sedere giusto in tempo per vedere la testa di suo fratello sbucare da dietro la porta.

<< Posso? >>

<< Entra. >>

Ares entrò cercando di fare il meno rumore possibile ed a Eros sembrò di avere un déjà-vu. Si avvicinò al letto iniziando a parlare.

<< Michael si è addormentato, ma è scomodo dormire con lui, occupa tutto lo spazio e tira perfino i calci mentre dorme, credo di avere un livido dietro la schiena! Per cui... mi chiedevo se... non potessi rimanere a dormire qua con te... so che ti reco solo fastidio ma.. ecco... dormire con te è molto più... piacevole... >>

Ares aveva il viso completamente rosso dall'imbarazzo, cosa che Eros trovò estremamente dolce e sexy. Non si fece ripetere due volte la richiesta facendogli spazio nel letto. Mentre Ares si coricava sentì dei brividi percorrergli il corpo e allo stesso tempo la temperatura corporea aumentare

<< Grazie. >> sussurrò Ares accoccolandosi al suo petto.

Eros lo circondò con le braccia e non passò molto tempo prima che suo fratello si addormentasse profondamente permettendogli così di osservarlo attentamente senza essere disturbato. Osservò i lineamenti delle guance, del naso, della labbra, fino a scendere dal mento alla cavità del collo dove avrebbe tanto voluto marchiarlo. Cosa voleva Ares da lui? Ma soprattutto, cosa lui voleva da Ares? Cosa si aspettava da lui? Non fece in tempo a collegare i pensieri che già aveva intrappolato quelle labbra in un casto bacio, un contatto fugace e quasi inesistente che però cancellò ogni dubbio o indecisione.

<< Tu dovresti essere solo mio. >>

 

Ares si risvegliò all'improvviso che erano appena passate le sei di mattina trovando lo spazio del materasso accanto a sé vuoto. Si alzò dal letto per andare a cercare suo fratello quando sentì delle voci provenire dal corridoio davanti la camera.

<< Eh così? – rimbombò la voce di Michael – non solo sei uno schifoso omosessuale, ma anche un maniaco pervertito che ci prova con suo fratello? >>

Ares perse un battito.

<< Non sto di cosa stai parlando. >> rispose glaciale Eros.

<< Ah no? Eppure non ero io quello che stava baciando Ares prima, che strano. Ma lascia che dica una cosa depravato, ad Ares non importa un cazzo di te, per lui sei inutile. Non ti ha mai considerato parte della famiglia. Ti odia, ti ha sempre odiato e avrebbe preferito che tu non fossi mai esistito. >>

 

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


Ares trattenne il respiro. Un silenzio agghiacciante predominava per la casa. L'unica cosa appena percettibile era il respiro affannoso di Michael. Perché si era arrivati a quel punto? Cosa era successo?

“Ti odia, ti ha sempre odiato e avrebbe preferito che tu non fossi mai esistito.”

Quelle parole risuonavano senza sosta nella mente di Ares come un disco rotto che continua inesorabilmente la sua dilaniante melodia.

Ma tutto quello che Michael aveva detto, era vero? Poteva dire qualcosa a sua discolpa? No, non poteva. Quelle parole lui le pensava, o meglio, le aveva pensate in un passato neanche tanto lontano. E ora? Non le pensava più? Perché... ? Cos'era cambiato?

Eros fissava Michael negli occhi con un'espressione impassibile, ma in fondo era terrorizzato e profondamente scosso. Lo sentiva dalla sua temperatura corporea che stava pian piano aumentando a causa della sua agitazione e dalle mani accaldate e sudate, anche se in realtà dentro si sentiva freddo, quasi morto. Quella frase lo tormentava, lentamente. Una sofferenza pungente che accresceva la sua angoscia di secondo in secondo, una pugnalata al cuore. Un dolore che fiorisce come se fosse l'ultimo battito d'ali.

Girandosi per andarsene da quel posto Eros incrociò gli occhi tristi e colpevoli di suo fratello, erano solo sguardi infelici per urlare la loro solitudine.

Quando Ares sentì la porta di casa sbattere uscì allo scoperto deciso ad affrontare il cugino che non appena si accorse della sua presenza gli sorrise con fare spavaldo.

<< Vedo rabbia nei tuoi occhi, perché? È successo qualcosa? >>

Michael lo prendeva in giro ridicolizzandolo nel porgergli quelle domande retoriche.

<< Non ne avevi il diritto. >> sibilò Ares.

<< Il diritto per fare cosa? Per dire quello che penso? Da quanto ne so la libertà di pensiero è un diritto nel nostro paese. >>

<< Non provare a prendermi per il culo Michael sai benissimo cosa intendo. >>

Ares non era sicuro di poter controllare la propria rabbia, in quel momento avrebbe volentieri tirato un pugno a suo cugino. Non sapeva se quel gesto avrebbe poi portato a un qualche tipo di sollievo ma l'avrebbe comunque fatto se non fosse rimasto un attimo spiazzato per la frase che seguì.

<< Scommetto che avresti preferito essere stuprato da quel bastardo. >>

Ares non era mai stato un tipo violento. La violenza era qualcosa che non concepiva. Certo come tutti quelli della sua età aveva fatto a botte con qualcuno a volte, ma erano state solo ragazzate. Adesso era tutto diverso. La sua vista si annebbiò velata dall'ira, e tutto accadde in pochi secondi. Ares non ricordò molto di quello che successe, seppe solo che alla fine si ritrovò con un labbro rotto e una guancia gonfia di un color violaceo poco promettente, oltre che a un corpo dolorante e indolenzito. Non era esattamente fiero di quello che aveva fatto ma lo considerava comunque giusto e anche Michael non era uscito proprio indenne da quello scontro. Per le ore seguenti non gli rivolse neanche una parola e quella sera stessa suo cugino decise di andarsene.

<< Lo capisco da me quando non sono più desiderato. >> aveva asserito prima di partire, e Ares non lo aveva fermato.

 

Ares aspettò il ritorno di suo fratello alzato quella sera, ma di lui neanche l'ombra. Si addormentò sfinito sul divano solo quando ormai erano passate le cinque di mattina. Tuttavia al suo risveglio di Eros non c'erano ancora tracce. Sentiva la sua preoccupazione annebbiargli la mente non permettendogli di pensare lucidamente. Dove poteva essere? Lo chiamò una, due, tre e altre innumerevoli volte, lasciandogli perfino numerosi messaggi che però non ottennero risposta. Ares cominciava a temere il peggio.

“E se, se ne fosse andato via per sempre? Come poteva accettare una cosa simile? O peggio, e se gli fosse successo qualcosa?”.

L'agitazione iniziava a prendere il sopravvento e senza pensarci neanche due secondi Ares si infilò le prime cose che gli capitarono davanti e uscì di casa senza guardarsi indietro. Avrebbe cercato suo fratello dappertutto, persino su un altro continente se ce ne fosse stato bisogno.

Come prima cosa controllò la scuola, ricordandosi solo una volta giunto sul posto che quello era un giorno infrasettimanale e che a scuola doveva esserci anche lui in qualità di studente, ma Ares non aveva tempo per queste cose. Aveva altri pensieri per la mente, ben più importanti. Entrò dentro l'edificio cercando di non farsi vedere dai suoi professori o bidelli, impresa alquanto difficile e che gli costò più di un quarto d'ora prima di raggiungere la sala destinata ai rappresentanti d'istituto. Non era per niente sicuro di poter trovare lì suo fratello, ma tanto valeva controllare. Entrò nella stanza senza neanche bussare trovando però al suo interno solo la rappresentante che l'altro giorno Eros stava accompagnando fuori della scuola. La ragazza, di nome Jocelynn, fu non poco sorpresa dal suo improvviso arrivo.

<< Risparmiami quella faccia, hai per caso visto mio fratello? >>

Jocelynn non sapeva dire se essere più sconcertata dal fatto che Ares stava cercando suo fratello o dal fatto di averlo chiamato come tale ad alta voce. Parole che nessuno avrebbe neanche mai sognato di sentire uscire dalla sua bocca.

<< Allora sai dov'è o no?! Ho un po' di fretta sai?? >> Ares era spazientito, non sapeva spiegare il perché ma quella ragazza non gli era mai andata a genio.

<< Vedi di stare calmo Ares, comunque no, oggi tuo fratello non si è visto. Mi domando se non sia ancora per la stessa faccenda dell'altro giorno. >>

<< L'altro giorno? >>

<< Si quando era... l'altro ieri mi sembra, Eros non aveva una bella faccia, non che la tua sia messa meglio a quanto vedo, e si è comportato in modo strano per tutto il giorno... e per questo ho un favore da chiederti. >>

<< Cosa vuoi. >> Ares non vedeva l'ora di andarsene da quel posto e cercare Eros da un'altra parte, ma l'espressione seria di Jocelynn lo trattenne ad ascoltare la sua richiesta, per quanto assurda potesse rivelarsi.

<< Voglio che stai lontano il più possibile da Eros, so che siete gemelli e tutto, ma per quanto sia possibile voglio che tu gli stia lontano. Sei un brutto esempio per lui, lo porti sulla cattiva strada. Guarda, sei appena stato riammesso dalla sospensione e già marini la scuola. Eros non ha bisogno di uno come te, ha un grande futuro davanti e la tua presenza accanto a lui non farà altro che rovinarlo. Poche settimane fa quando ognuno di voi ignorava l'esistenza dell'altro, Eros era un'altra persona e non capisco cosa sia cambiato adesso, ma sono certa che in qualche modo la colpa sia tua, quindi vedi di stargli alla larga. >>

Durante tutto questo monologo Ares era riuscito ad entrare in modalità zen evitando così qualsiasi azione avventata nei confronti di quel piccolo essere che avrebbe volentieri insultato, tuttavia cercò di mantenere la calma e di risponderle nella maniera più educata e gentile che al momento gli fosse possibile.

<< Senti un po' brutta racchia, non sta a te dire cosa devo e non devo fare. Quello che succede tra me ed Eros sono affari nostri e te non ti devi intromettere, capito? >> detto questo Ares girò i tacchi e uscì dalla scuola senza proferire altre parole.

Non restava che cercare Eros nei luoghi restanti, valeva a dire biblioteca e altri posti del genere. Ma dopo aver cercato in ogni angolo di quella polverosa biblioteca non trovando tracce di suo fratello, Ares si sentiva piuttosto abbattuto. Dove altro poteva cercarlo? In fin dei conti si rendeva conto che ancora non conosceva tanto bene Eros quanto credeva, o a quest'ora sarebbe già riuscito a trovarlo. Il sole cominciava a calare e le idee di dove potesse trovarsi a mancare. Ares non era più tanto sicuro sul da farsi. Prima di tutto,era certo del fatto che eros volesse essere trovato? Le cose tra loro erano cambiate, questo era un fatto evidente a tutti quelli che li avevano conosciuti da anni. Ma dopotutto, potevano davvero considerarsi fratelli? Lo erano? Erano come passati da un estremo all'altro, prima due sconosciuti e adesso... cosa erano diventati? In fondo Ares sapeva di non poter biasimare il fratello per essersene voluto andare. Loro in questo momento non erano niente, sperava solo che con il tempo il tutto si ribaltasse completamente. Tuttavia potevano non essere ancora pronti a compiere questo grande cambiamento che ora come ora, era ancora il fatto che li divideva. Era una questione delicata che dovevano risolvere da soli, ma insieme. Insieme, Ares sorrise al pensiero di quella parola che per lui non era mai esistita. Non c'era mai stato alcun “insieme” per Ares, esisteva solo l'Io, da solo come essere superiore a tutti in tutto. Un pensiero infantile, frutto di una mente corrotta dal narcisismo e dalla sete di superiorità della quale Ares si vergognava vivamente, ma dalla quale non poteva scappare essendo essa il suo stesso passato.

 

<< Ares vieni a giocare a palla? >>

Eros lo guardava con fare speranzoso. Aveva gli occhi lucidi e teneva lo sguardo abbassato davanti a suo fratello che gli incuteva timore solo standogli vicino. Non avevano mai giocato con la palla assieme. Ares rifiutava costantemente ogni invito del gemello dal giorno del suo arrivo senza neanche una ragione precisa. Eros nonostante tutto tentava continuamente di convincere Ares seppur con scarsi risultati. Ares lo rifiutava ed Eros insisteva. Questo era il loro costante ma precario rapporto, un invito e un rifiuto.

Quel giorno Ares era particolarmente irascibile e provava nei confronti di suo fratello un'irritazione sempre crescente.

Perché quell'essere continuava a importunarlo? Perché continuava a cercarlo malgrado tutti i suoi dinieghi? E perché lo faceva se solo la sua presenza bastava a terrorizzarlo tanto da farlo piangere? Perché era così debole?”

Eros tremò piano spaventato.

<< Facciamo qualcosa insieme? >> Gli sussurrò appena. Ares rise.

<< Insieme? Insiemeee??! Non esiste nessun insieme Eros. Ricorda, tu non sei nessuno. >>

 

Ares gemette sofferente, aveva riaperto una vecchia cicatrice.

Il treno fischiava mentre proseguiva ininterrottamente la sua corsa. Nessuno lo avrebbe fermato. Mentre guardava impassibile il paesaggio che mutava davanti a suoi occhi Eros avrebbe desiderato che tutto il mondo si fosse fermato in quell'istante, anzi prima. Avrebbe voluto riavvolgere le ultime ore e riviverle in modo totalmente differente. Avrebbe voluto cambiare tutta la sua vita se possibile. Perché la sua non era vita, lo era mai stata? In fondo nessuno lo voleva.

Fin da piccolo era stato un bambino non desiderato, uno in più che quasi nessuno si aspettava, forse nemmeno i suoi stessi genitori. Perché lui in realtà era nessuno.

Però aveva sperato. Lo aveva fatto grazie a Lui. Aveva sperato, aveva pensato che le cose potessero cambiare, che lui potesse essere finalmente qualcuno. Eros pensava che forse, finalmente qualcuno avesse bisogno di lui, del suo appoggio, del suo calore, del suo amore.

Invece si era sbagliato. Era riuscito a strappare quel sottilissimo e fragile filo che li teneva uniti. Lui lo aveva reciso e per sempre. Ora non poteva più tornare indietro... ma dove sarebbe andato? Esisteva un posto dove anche lui, seppur un'ombra di qualcun altro, era ben accetto? Sarebbe riuscito a trovarlo?

Il solo pensare ai suoi occhi, di quella stessa mattina gli facevano pensare a una risposta negativa. L'aveva ferito, aveva oltrepassato quel confine che doveva essere invalicabile e ora ne subiva le conseguenze. Era un mostro e lo sapeva. E ora? Cosa poteva fare? Redimersi? Non ne valeva la pena.

Il tempo continua a scorrere non importa quante volte porti la lancetta indietro, essa continuerà ad andare avanti indifferente a tutta la sofferenza che provoca. Non poteva cambiare il passato. Poteva forse cambiare il futuro? Non ne era certo, forse si, ma adesso sicuramente non ne sarebbe stato capace perché privo della forza necessaria a compiere quell'ultimo grande passo. L'unica cosa che gli rimaneva da fare adesso era scappare.

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


Si dice che i gemelli siano in qualche modo collegati, non solo fisicamente, ma si crede infatti che uno provi addirittura le stesse emozioni dell'altro. Sono come due facce della stessa medaglia, uno complementare dell'altro. Nati come essere singolo e fatti per diventare una cosa sola. Ares non concepiva queste parole o più precisamente non le aveva volute concepire. Perché in fondo aveva sempre avvertito una certa mancanza, vuoto che si riempì quando aveva appena tredici anni, colmandolo all'improvviso e lasciandolo senza respiro, la sua altra metà.

Ma quando era piccolo ignorava tutto ciò che poteva comportare quella mancanza, la considerava una situazione momentanea che si sarebbe risolta senza tanti sforzi, forse sarebbe scomparsa da sola, col tempo, dimenticata nell'angolo più remoto del subconscio. Ma per quanto piccola e insignificante possa sembrare è impossibile dimenticare una parte di noi stessi, e Ares lo aveva compreso. Lo aveva accettato, era sbagliato, ma lo aveva accettato.

Dopo quel giorno Ares non ebbe più notizie dal fratello. Non rispondeva alle chiamate e non visualizzava i messaggi. Gli aveva lasciato non sapeva quanti messaggi vocali nella segreteria telefonica, ma dall'altra parte niente, solo un silenzio ostinato. Solo dopo alcuni giorni, quando il padre tornò finalmente a casa, seppe da lui che Eros si trovava a casa dei nonni paterni, i quali abitavano a circa due ore di macchina da loro.

Non lo biasimava per essere scappato. In fondo capiva perché lo aveva fatto, e se all'inizio aveva cercato di fermare il fratello ora era felice di non esserci riuscito. Anche lui aveva bisogno di pensare e la sua vicinanza non gli era d'aiuto, anzi era una grande distrazione. E gli mancava, doveva ammetterlo, quella distrazione.

A scuola chiedevano di lui, tutti era meravigliati da quel comportamento. Per nessuna ragione al mondo il famoso e diligente rappresentante d'istituto aveva mai saltato dei giorni di scuola. La sua assenza era tanto sconvolgente quanto lo erano lo strano silenzio e la mansuetudine di Ares. Sembrava essere stato finalmente domato. Tutti a scuola l'osservavano di sottecchi, come fossero impauriti da una possibile e improvvisa esplosione di collera da parte sua. Solo Jocelynn lo guardava altezzosa con un sorrisetto divertito stampato sulle labbra, ma Ares non aveva neanche voglia di litigare.

Quando quel giorno tornò a casa notò che qualcosa era cambiato. Sapeva che Eros era tornato. Perché la presenza di qualcun altro in casa si nota dai più piccoli cambiamenti, anche se questa persona rimane invisibile agli altri. Per questo Ares aveva percepito la presenza del fratello appena varcata la soglia. Era ora di porre fine a quell'assurda situazione. Era ora di parlare. Ormai era chiaro a tutti, o perlomeno a loro due, che ci fosse una sorta di attrazione tra di loro. Quegli sguardi non mentivano. Il corpo di Ares reagiva involontariamente e istintivamente a ogni pensiero e tocco di Eros. Non c'erano più scuse. Dovevano affrontare le loro paure, anche a costo di perdere sé stessi. Sarebbe stato o il tutto o il niente.

Ares rimase impietrito all'ingresso della sala da pranzo per qualche secondo quando, sceso per andare a cenare, trovò seduti al tavolo sia suo padre che suo fratello, il quale ricambiò lo sguardo esitante di Ares. Quest'ultimo si sedette a tavola esortato dal padre, ma in quel momento avrebbe volentieri vomitato tutta la bile che aveva in corpo, tant'era l'agitazione che lo attanagliava. Avrebbe avuto il coraggio necessario? Mandò giù un boccone di carne senza neanche masticarla, chiuso in un muto silenzio. Sentiva lo sguardo perforante di Eros guardarlo dentro, come se davanti ai suoi occhi fosse stato nudo. Arrossì imbarazzato dai suoi stessi pensieri. Una sensazione calda e piacevole invase tutte le sue membra. Quegli occhi verdi sarebbero stati la sua rovina. Assorto da questi pensieri si riprese solo quando il padre incominciò a parlare.

<< Sono stato via tanto, non avete niente da raccontarmi? >>

Ares non rispose, in quel momento non aveva voglia di instaurare alcuna conversazione. Al suo posto ci pensò Eros.

<< Mah, niente di che. È stato tutto come al solito. >> Anche lui sembrava essere di poche parole.

<< E Michael? Come sta, vi siete divertiti insieme? >>

<< Simpatico. >>

“Simpatico” sarebbe stata l'ultima parola che in realtà avrebbe usato Eros per descrivere suo cugino, ma non voleva discutere con suo padre per quello così preferì mentire. A tavola tornò sovrano il silenzio fino a quando dopo qualche minuto non fu Eros stesso a romperlo.

<< Ho una comunicazione da farvi. >>

Il padre lo guardò curioso ma aspettò in silenzio che continuasse. Dal tono che aveva usato doveva essere qualcosa d'importante. Ares non lo guardò affatto ma smise di mangiare aspettando ciò che aveva da dire suo fratello. Le mani gli tremavano visibilmente.

<< Mi sono fidanzato con Jocelynn. >>

E mentre il padre lo riempiva di elogi per la splendida notizia, ad Ares sembrò di sentire qualcosa spezzarsi. Si alzò da tavola per uscire da quella stanza. E tra le lamentele del padre non sentì la voce di suo fratello. Eros non lo inseguì, né lo richiamò.

Aveva scelto per entrambi. Aveva scelto il niente.

 

La mattina dopo, in un paio d'ore, tutti gli alunni sapevano del “fidanzamento dell'anno”. Si, era stato battezzato esattamente così. Anzi Ares giurava di aver sentito in giro qualcuno parlarne addirittura come il gossip “del secolo”. In fondo loro erano LA coppia. Tutti trovarono solo più che naturale e lecito quel lieto fine. Eros era intelligente, serio e sexy, Jocelynn non eguagliava la sua bellezza ma aveva il suo bel caratterino, anche se Ares la trovava più una troietta in calore con la faccia da cavallo... ma quelli erano solo dettagli del tutto insulsi.

A scuola erano ormai diventati il golden boy e la golden girl per eccezione, mentre Ares continuava ad essere il solito teppistello di turno, il cui unico scopo era quello di rovinare la reputazione del fratello. Ovviamente questo a detta di tutti quelli che sostenevano i “Jocero” o i “Lynnos”. Ad Ares veniva il voltastomaco ogni volta che sentiva quei nomignoli. Gli sembrava di essere dentro una fottuta fanfiction.

Per sua fortuna, delle volte aveva delle piccole distrazioni, e una di quelle era il gruppo di amici con cui era andato a festeggiare il compleanno. Ares si meravigliò di quanto potesse essere duratura un'amicizia. Fino ad ora loro erano stati i suoi amici più longevi e a quanto pare, i più propensi a sopportare il suo caratteraccio. Con tutto quello che era successo col fratello si era ritrovato involontariamente ad evitare quel gruppo, ma forse in quel momento fu felice che loro non l'avessero abbandonato.

Erica, la ragazza che lo aveva ospitato quando Eros lo aveva cacciato di casa, si era fidanzata e sembrava aver perdonato Ares per tutto quello che aveva fatto, disposta inoltre ad allacciare un rapporto di amicizia. Ares si sentì un po' in colpa. Non gli stava particolarmente antipatica, sempre meglio di Jocelynn comunque, solo che fin da subito per lui era stata solo un passatempo e non si era preoccupato affatto dei sentimenti di lei quando quella sera l'aveva abbandonata di punto in bianco. Si chiedeva se meritasse davvero tutta quella comprensione. Oltre a lei un altro ragazzo gli sembrò particolarmente affezionatogli. Non era un ragazzo che amava mettersi in mostra e infatti tra tutti quelli del suo gruppo forse era quello che conosceva meno.

Quella mattina Ares arrivò a scuola per l'ennesima volta giù di morale. Non aveva ancora ben elaborato le parole del gemello, tuttavia quella frase continuava a rimbombargli nella mente. E mentre rimuginava in disparte su quello vide da lontano una faccia conosciuta appena. Dei boccoli rosso porpora, due occhi verdi dorati e una pelle quasi troppo pallida per essere viva. Gli si avvicinò silenziosamente, salutandolo solo quando fu a pochi passi da lui. Ares non aveva la più pallida idea di che cosa volesse. Avevano lo stesso giro di amici ma non avevano mai avuto una vera e propria conversazione. Notò con spiacevole sorpresa di essere una decina di centimetri più basso di lui. Era stanco di sentirsi quasi un nanerottolo vicino agli altri, nonostante la sua altezza di un metro e settantatré. Il ragazzo si appoggiò alle sbarre del cancello della scuola di fianco a lui. Frugò con le mani nelle tasche tirandone fuori un qualcosa che offrì ad Ares. Era una caramella al miele. Ares accettò il regalo non capendo tuttavia il motivo di tale gesto. Il ragazzo sorrise facendo comparire due fossette ai lati delle labbra. Ares dovette ammettere che aveva un sorriso piuttosto bello e contagioso.

<< Su con la vita, i brutti momenti passano per tutti. >> detto questo se ne andò via sempre sorridendo.

Ares era allo stesso tempo sconvolto e meravigliato. Quel ragazzo era riuscito a metterlo di buon umore, manco fosse un bambino, con una caramella al miele e una frase che sembrava uscita dai biscotti cinesi della fortuna. Rise tra sé e sé. Quel ragazzo si chiamava Xavier.

A pausa pranzo Ares si ritrovò seduto al tavolo con Xavier e di fronte Erica con il suo ragazzo, un certo Mike mediocremente banale, ma sopportabile. Non era decisamente abituato a tutta quella gente vicina a lui. Prima non era affatto così. Ares era abituato a stare in un gruppo numeroso dove lui aveva una certa autorità. Era vicino a tanti ma allo stesso tempo riusciva a tenerli lontani. Invece lì si sentiva quasi soffocare nonostante fossero solo in quattro seduti a quel tavolo. Era come essere importanti ma al contempo non lo essere. Lo trovava strano.

Con Eros era diverso. Sapeva di essere l'unico oggetto dei suoi pensieri, e gli piaceva. Ares era consapevole di essere in parte un narcisista. Perché sapeva di essere attraente, se ne rendeva conto e ne approfittava. Fu anche per quello che quella notte quando Eros lo aveva guardato fare sesso si era sentito particolarmente eccitato. Era come se Eros lo adulasse. Era come un animale bramoso, famelico, desideroso di divorare la sua preda, che in tal caso era lui stesso. Con suo fratello nei paraggi si sentiva come se fosse sempre sotto a dei riflettori. Due riflettori verdi, passionali e puntati esclusivamente su di lui, o almeno lo erano.

Ares non sapeva spiegarsi dove suo fratello avesse trovato il coraggio di mettersi insieme a quella lì. Era convinto che in realtà Eros non provasse niente nei confronti di lei. Ma quando la sera prima lo aveva sentito pronunciare le parole “fidanzamento” e “Jocelynn” era come se gli fosse mancata la terra sotto ai piedi. Era rimasto ferito, perché per la prima volta dopo tanto tempo si era sentito unico, speciale per qualcun altro. E quel qualcun altro era suo fratello. Ora Eros lo aveva abbandonato e lui era di nuovo solo.

Durante il pranzo Ares non prestò molta attenzione alla conversazione instaurata dagli altri tre. Si trattava per lo più di chiacchiere superficiali, sulle lezioni, sui professori, su un nuovo centro commerciale aperto in quei giorni e altre cose di scarsa rilevanza. Ad Ares non importava niente di tutto quello, non fingeva neanche di sembrare interessato. Il suo sguardo era fisso su un tavolo dall'altra parte della mensa.

Jocelynn se ne stava seduta sulle gambe di suo fratello con le braccia attorno al suo collo, neanche fosse stata un polpo, e totalmente incurante del contesto scolastico in cui si trovavano. Era il colmo, Ares che se n'era sempre fregato di rispettare le regole, che saltava la scuola e si faceva le canne nei bagni, lui che da tutti veniva definito come un delinquente si arrabbiava per il comportamento poco consono di suo fratello e la sua fidanzatina, che in realtà non stavano facendo poi niente di male. I due rappresentanti probabilmente si sentirono osservati poiché si voltarono verso di lui.

Ares affondò negli occhi di Eros, attratto da quei due pozzi magnetici come una falena dalla luce. Non si scambiarono parole ma quello scambio di sguardi bastò ad entrambi per fomentarli. Ares si sentì come un fuoco pronto a divampare. Suo fratello era l'eros in persona. Poi qualcosa cambiò. Jocelynn sussurrò qualcosa nell'orecchio del compagno ed Eros rise di rimando. Ares ebbe come la spiacevole sensazione che quella cosa riguardasse lui. Non sopportava quella situazione. Si sentiva ingannato, si sentiva come se fosse stato tradito da sé stesso. E si odiava per quello.

Non si accorse neanche di avere gli occhi lucidi fino a quando non sentì Xavier parlargli.

<< Tutto a posto? Hai gli occhi rossi. >>

Si sporse in avanti per osservarlo meglio e Ares constatò che gli era quasi fin troppo vicino.

<< Sto bene, sto bene. >> ripeté cercando di allontanarlo con una mano.

Mike riprese il filo del discorso abbassando la voce quasi a non volersi far sentire.

<< Avete sentito l'ultima bomba su quei due? >> chiese tutto esaltato. Ovviamente tutti sapevano chi erano “quei due”.

<< No, avanti spara. >> intervenne Erica tutto a un tratto curiosa. Le donne vivevano per i gossip.

Mike abbassò ancor di più il tono.

<< Pare che Jocelynn sia stata invitata a casa vostra questa notte... non so se mi spiego... >> e ridacchiò facendo l'occhiolino.

<< Wow subito il primo giorno? Che ragazzini precoci!! >> scherzò Xavier scoppiando poi a ridere seguito a ruota da Mike.

Erica sussultò facendo un'espressione disdegnosa, come se lei stessa fosse una santarellina, ovviamente non ricordandosi del piccolo “incidente” con Ares. Quest'ultimo d'altro canto sembrava perso nei suoi pensieri, come in trance. Xavier gli diede una gomitata.

<< Sta notte ti divertirai un sacco!! >>

Ares lo guardò storto.

<< Si infatti non vedo l'ora guarda. >>

<< Eddai almeno non avrai bisogno di video oggi, sarà tutto in diretta! >>

Ares lo fulminò con lo sguardo chiedendosi se al posto del cervello, Mike non avesse delle noccioline. Xavier invece sembrò capire in qualche modo il disagio che quella conversazione gli stava provocando, infatti fece cenno al compagno di smetterla con gli scherzi. Il rosso si girò sorridente verso di Ares, gli era venuta un'idea.

<< Senti Ares ma perché stasera non ti fermi da me? I miei non sono in casa al momento, e ho appena comprato il nuovo gioco di Assassin's Creed, stavo giusto aspettando qualcuno con cui provarlo. >>

Ares lo guardò titubante, indeciso se accettare o meno la proposta dell'amico.

<< In più – continuò Xavier – i piccioncini non ti infastidiranno... >>

Ares si voltò verso il fratello, ma questi era totalmente preso da Jocelynn. Bene, se Eros aveva preso la sua decisione anche lui aveva preso la sua.

E mentre Mike protestava per non essere stato invitato, Ares accettò l'invito di Xavier.

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Capitolo 9
*** capitolo 8 ***


Dopo scuola Ares decise comunque di passare da casa a posare i libri e prendersi un cambio di abiti. Sospirò sollevato quando una volta entrato constatò che non ci fosse nessuno ad aspettarlo. Non se la sarebbe sentita di intavolare una conversazione, non in quel momento. Voleva solo andarsene da quel posto, quello era un luogo che gli ricordava tutto quello che in realtà avrebbe voluto dimenticare. I loro momenti felici erano durati poco ma per Ares erano diventati ormai ricordi preziosi.
Prima di chiudersi la porta alle spalle si guardò un'ultima volta indietro. Il salotto era silenzioso ed esprimeva una sensazione di solitudine quasi opprimente. Ma nulla era in confronto alla solitudine che lui avvertiva dentro. Provava dolore anche solo a vedere una casa vuota. Questo era ciò che gli aveva lasciato Eros. Un senso di vuoto. Ares scosse la testa impercettibilmente prima di avviarsi verso il cortile che lo avrebbe portato alla macchina.
Arrivò a casa di Xavier senza troppi problemi. La zona si trovava un po' in periferia rispetto alla sua ma era riconosciuta per le sue villette bianche in stile inglese e il quartiere alberato segno di uno stile di vita lussuoso. Non aveva mai immaginato che in realtà Xavier potesse essere un ragazzo nato e cresciuto nella bambagia.
Dopo aver parcheggiato raggiunse l'ingresso e suonò al citofono. Non ci volle tanto prima che la porta gli venisse aperta da un signore di mezza età in completo.

<< Oh mi scusi, sono Ares. Xavier mi aveva detto che i suoi genitori non erano in casa... >>

L'uomo non cambiò espressione ma con fare rigoroso gli fece segno di entrare.

<< Il Signorino la sta aspettando al secondo piano. Seconda porta a destra. >>

Gli sembrava di essere finito in uno strano sogno, in un'epoca ormai lontana e non realizzò il tutto fin quando non si trovò davanti a quella che doveva essere la porta della camera di Xavier. Entrò senza neanche bussare. Il rosso che aveva sentito la porta aprirsi si era girato verso la sua direzione sorridendogli. Xavier in quel momento stava probabilmente studiando e questo Ares lo dedusse dal fatto che la scrivania davanti a lui fosse ricolma di libri e che portasse sul naso un paio di occhiali da vista, i quali di per sé non avevano nulla che non andava, non fosse per il fatto che il modello era lo stesso che usava suo nonno. Richiuse la porta dietro di sé e non potendo più trattenersi scoppiò in una fragorosa risata, una di quelle che non aveva da tempo ormai.
Il rosso dapprima sbalordito parve poi preoccuparsi del suo amico vedendo che questi non accennava a smettere di ridere, anzi gli scendevano anche le lacrime dal troppo riso.

<< Ares ma ti vuoi calmare, che ti è preso? >>

Ma questo non fece che aumentare la risata ormai incontrollata di Ares, il quale facendo dei respiri profondi cercò di ricomporsi e non svenire per mancanza di ossigeno. Appoggiando le mani alle ginocchia guardò Xavier negli occhi.

<< No ma seriamente? SI-GNO-RI-NO? >>

Non riuscendo a controllarsi alla sua stessa battuta Ares ritornò a ridere come un forsennato tenendosi un braccio sugli addominali che iniziavano a dolere. Xavier che non aveva smesso un secondo di fissarlo si mise a ridere di rimando trascinato anche lui da quella voce allegra.
Quando riuscirono a calmarsi si accorsero dai rumori inopportuni delle loro pance che era ormai ora di cena.

<< Allora cosa ci fa di buono da mangiare il caro e vecchio maggiordomo? >> sghignazzò Ares.

Xavier lo guardò torvo. <>

<< Tu scherzi spero. Potrei mangiare pizza a colazione, pranzo e cena per giorni di fila senza mai esserne stufo. Ma... >>

Qualcuno suonò al campanello giù di sotto ed entrambi uscirono per vedere chi fosse.

<< Ma? >>

<< Birra? >>

Xavier lo guardò sorridendogli da in fondo le scale. << Che cos'è la pizza senza la birra? >>

Ares sorrise contento di trovarsi con lui in quel momento e la sua felicità aumentò quando una volta aperto il portone di casa il profumo delle pizze calde e appena sfornate lo investì completamente facendogli venire l'acquolina in bocca.
Decisero di portare cibo e bevande su in camera di Xavier così da iniziare a provare il nuovo gioco a cui aveva accennato durante la pausa pranzo. Avevano appena infilato il disco quando Ares sentì vibrare il telefono nella tasca dei pantaloni. Non riuscì a buttare giù il boccone di pizza che fino a quel momento stava masticando.
Il display indicava il suo numero di casa. Rimase qualche attimo col cellulare in mano non sapendo cosa fare. E se fosse stato Eros? Non voleva rispondere, ma se per caso fosse stato invece suo padre... scorse con fare netto il simbolo per aprire la chiamata prendendo un grande respiro.

'' Ares dove sei?''

Era suo padre... sospirò sollevato ricominciando a respirare.

<< Ehi pa' scusa se non ti ho avvisato prima mi sono dimenticato. Sono a casa di un amico, mi fermo qua. >>

''Non dico che tu non possa uscire ma almeno avvisa quando stai fuori, io ed Eros ti stavamo aspettando per la cena.''

Ares sobbalzò nel sentire quel nome...

<< Scusa pa'... >> rispose con voce flebile.

'' Tranquillo e divertiti, ci vediamo domani. ''

Ares riattaccò ma non trovò la forza di deporre il cellulare, il suo sguardo era perso nel nulla.

<< Ehi tutto a posto? >>

Xavier lo guardava sospettoso, lui sorrise facendogli segno che non era niente di cui preoccuparsi e l'altro non indagò oltre.
Giocarono ad Assassin's Creed per circa due ore, finché non fu Ares stesso a voler smettere.

<< È impossibile che io muoia dopo neanche 10 minuti a causa dei Templari! Il gioco sarà truccato. Mi rifiuto di giocare ancora. >>

Xavier sorrise vedendo Ares mettere il broncio.

<< Devo dire che hai una dote naturale per la sconfitta. >>

<< Ehi non infierire brutto...! >>

Iniziò una guerra solletico e cuscini che durò fino a quando entrambi non restarono senza fiato, lasciandosi andare sdraiati sul pavimento.

<< Non abbiamo più l'età per certe cose. >> ansimò Ares tra un respiro e l'altro.

Il rosso rise esausto anche lui. << Eh già. >>

Si tirò lentamente su a sedere. << Ti va di vedere un film in streaming? >>

Ares lo imitò. << Perché no? >>

Accesero il computer portatile e spensero la luce sedendosi comodamente sul letto.

<< Che cosa vorresti vedere? Horror? Thriller? Azione? O forse sei più il tipo da commedie sentimentali stile Cinquanta Sfumature di Grigio? >>

<< Ma smettila! Metti quello che vuoi prima che ti picchi. >>

<< Ahah okok. >>

Xavier girò un paio di siti internet prima di trovarne uno decente e che sembrasse funzionare, inserendo il nome di un film di cui Ares non aveva mai sentito parlare. Stava guardando il telefono quando sentì partire dal computer un rumore molesto.

<< Come scusa? >>

<< Non è colpa mia! Queste pagine si aprono da sole a volte lo sai... però guarda l'attrice non è niente male. >>

Sulla pagina internet che stavano guardando si era aperta una scheda che mandava direttamente a un video su Youporn e i due partecipanti sembravano godere, in tutti i sensi, del momento.

Ares arrossì << Chiudi sta cosa che è meglio. >>

Xavier ricambiò il suo sguardo sorridendogli malizioso.

<< E perché? È normale fare queste cose quando si è giovani no? >> dicendo questo mise la pagina a schermo intero adeguando il volume secondo i gemiti della donna.

Forse per Xavier tutto questo sarà parso anche normale ma per Ares si trattava della prima volta. Non aveva mai visto quel genere di video, forse perché con tutte le ragazze che gli giravano intorno non ne aveva mai sentito la necessità, ma soprattutto non avrebbe mai immaginato di vedere questo tipo di video con qualcuno che non fosse lui stesso. Tuttavia Ares non avrebbe mai ammesso di sentirsi in imbarazzo o di non essersi mai masturbato guardando quei video.
I due attori erano passati dai preliminari all'atto vero e proprio, mentre la donna iniziava ad ansimare più forte riempendo la stanza di quei suoni eccitati.
Ares sentiva il proprio calore corporeo salire vertiginosamente col passare dei minuti. Non riusciva a tenere la mente libera da pensieri potenzialmente pericolosi. La minima cosa avrebbe potuto farlo esplodere. Eppure non era un verginello, ma in quel momento anche solo il contatto appena percettibile tra le sue cosce e quelle di Xavier lo rendeva stranamente a disagio. Con la coda dell'occhio guardò se il rosso presentava o meno gli stessi suoi problemi e rimase di sasso quando non solo notò una notevole erezione nei suoi pantaloni ma i suoi occhi erano puntati su di lui. Ares arrossì imbarazzato indietreggiando involontariamente.

<< Se devi fare vai in bagno. >>

Xavier non rispose subito ma iniziò ad avvicinarsi, gli occhi fissi nei suoi. Ares non si rese conto di essere ormai arrivato alla fine del letto ma lo realizzò non appena la sua schiena aderì al muro della stanza. Continuò ad avvicinarsi ma senza toccarlo e questo quasi-contatto non faceva che agitare Ares.

<< Perché dovrei quando ci sei qua tu? >> Xavier sorrise malizioso. << Te l'ho detto no? È normale tra giovani... >>

Ares non si sentiva più le gambe ma percepiva invece il suo cuore battere all'impazzata. Il viso di Xavier iniziava ad essere sempre più vicino mentre una sua mano si posava sul suo ginocchio per scendere verso l'interno coscia.

<< N-no. >>

Ma la voce di Ares era troppo debole per poter essere distinta correttamente. Sarebbe finita a quel modo? Si sarebbe lasciato trasportare nell'abisso della lussuria dove l'unico dio era l'attimo presente?
Ares tremò al tocco delle labbra di Xavier sul suo collo. Riusciva a percepire ogni suo piccolo movimento, ogni sua piccola pressione. Ormai il video sul computer era stato messo in secondo piano rispetto a quello che si stava per compiere realmente in quella stanza. La mano che prima si era fermata esitante sul suo ginocchio iniziò una discesa più decisa verso il suo punto più debole. Ares aveva decisamente troppo caldo in quel momento ma rabbrividì non appena sentì una mano infilarsi nei suoi pantaloni e i suoi gemiti iniziarono a confondersi con quelli della donna nel video. Non voleva pensare a niente, non voleva pensare a Jocelynn, a Erica, a Mike, a Xavier o a suo padre...non avrebbe voluto pensare neanche ad Eros. Ma i suoi occhi verdi continuavano a tormentarlo, il suo sorriso a perseguitarlo e la sua voce a richiamarlo dal più profondo degli abissi. Perché si trovava lì in quel momento? Perché non era con Eros? Perché suo fratello non aveva scelto LUI?
Io ed Eros ti stavamo aspettando per la cena.”
Jocelynn non si trovava casa loro in quel momento? Oppure Eros lo stava aspettando?
Non si accorse neanche di essere venuto, non gli importava. In quel momento avrebbe voluto essere da un'altra parte, avrebbe voluto essere tra le braccia di un'altra persona.

<< Ares perché stai piangendo? >>

Non rispose. In fondo cosa avrebbe potuto mai rispondere? Non sapeva neanche lui perché stesse piangendo. Con una mano si asciugò via le lacrime.

<< Voglio andare a casa. >>

Xavier non gli fece domande e né lo fermò, forse anche lui aveva bisogno di riflettere.
Non appena Ares uscì di casa l'aria fredda della notte lo investì completamente portandogli una sensazione di sollievo apparente. Anche durante il tragitto verso casa lasciò i finestrini della macchina aperti nonostante l'umidità e la temperatura bassa. Doveva liberare la mente in qualche modo.
Una volta arrivato non era più così convinto della sua decisione. Da fuori poteva vedere che luci di casa erano tutte spente, sperava davvero che suo padre e suo fratello fossero già a dormire essendo comunque le due di notte. Cercò di fare meno rumore possibile mentre apriva la serratura della porta ma come ben presto scoprì la sua attenzione non era necessaria.
Infatti Eros era sul divano che guardava la tv. Sarebbe dovuto salire su in camera e fare finta di niente? Ma comunque sarebbe stato inutile visto che vivevano nello stesso posto e non avrebbero certo potuto andare avanti ignorandosi a vicenda. Ares strinse le dita delle mani avvicinandosi al divano.

<< Ehi. >>

Non ricevette alcuna risposta. Si avvicinò un altro po' e ben presto scoprì che in realtà Eros si era addormentato lì sul divano. Doveva svegliarlo e dirgli di dormire sul letto oppure lasciarlo lì dov'era? Al momento avrebbe volentieri evitato di avere un confronto con lui. Recuperò un plaid da una poltrona ricoprendolo in modo che non potesse prendere freddo durante la notte. Lasciò ancora per qualche istante la televisione accesa approfittando della luce emessa per osservare il fratello. Provava dei sentimenti per lui? E se si, questi potevano essere accettati dalla società in cui vivevano? Non voleva conoscere la risposta.
Si abbassò per prendere il telecomando e spegnere la tv quando una mano lo blocco. Il suo tocco era caldo e piacevole.

<< Sei tornato. >>

Due smeraldi lo stavano guardando ardentemente, ma Ares non voleva parlargli non adesso. Cercò di liberarsi della sua presa ed Eros non insisté.

<< Dillo se sei sveglio. >>

Ares voleva scappare ma smise di respirare non appena il fratello gli posò una mano al lato del collo.

<>

Ma lui non sentiva freddo, la voce calda e sensuale di Eros lo faceva ribollire, il suo tocco lo scottava. Doveva andarsene o non sarebbe più riuscito a tornare indietro. Eros avvicinò gli occhi a suoi.

<< Ares? >>

Era tutto finito.

 

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