la fine è solo l'inizio

di lila love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Malattia ***
Capitolo 2: *** Convalescienza e fine ***



Capitolo 1
*** Malattia ***


             LA FINE é SOLO L'INIZIO


Era una tiepida mattina di maggio.
Il sole splendeva alto in un cielo ravvivato dal volo disordinato di centinaia di rondini scure.  Fiori dai colori sgargianti avevano fatto capolino tra i duraturi fili d’erba, rendendo la monotonia del verde un vero e proprio arcobaleno  di colori.
Raito e Kanato erano giù in giardino a divertirsi insieme a rincorrere e catturare pipistrelli, Ayato purtroppo non era riuscito a raggiungerli a causa della madre che gli aveva imposto di stare in camera a studiare.
Le ore passavano molto lentamente, e Cordelia, stanca di stare vicino al figlio per accertarsi che studiasse decise di uscire andando successivamente in giardino a sedersi sotto un gazebo .
Arrivata sera, sia i due bambini che la madre ritornarono dentro la villa per cenare.
C’era una cosa, però, che Cordelia aveva notato con suo grande disappunto: Kanato gli sembrava molto più stanco del solito.
Questo non era del tutto normale per un vampiro di sangue puro, continuò a fissarlo per tutto il tragitto dal giardino alla sala da pranzo, decidendosi a parlare con la sua solita aria disinvolta.
-“Kanato… Stai bene?”- .
Aveva domandato un  Po’ preoccupata interiormente.
“s-si madre” aveva risposto il piccolo a bassa voce sedendosi a tavola.
-“Mi sembri… un po’ strano”- .
Si era trattenuta dal dirgli che gli sembrava spossato.
Non voleva di certo mostrarsi debole.
-“s-strano?? Non ho nulla”-.
Aveva risposto accennando un piccolo ed innocente sorriso,
-“mm……va bene” -.
Distolse lo sguardo dal figlio e iniziò a mangiare dopo aver chiamato giù anche Ayato.
Non aveva quasi toccato cibo.
Per tutto il tempo, aveva spostato i bocconi di carne da una parte all’altra del piatto, non trovando però la forza di portarli alla bocca, masticarli ed ingoiarli.
L’odore della cena gli aveva solo dato la nausea. 
Si era accorto che la sua famiglia lo stava osservando preoccupata, e questo perché il cuoco aveva cucinato tutti i suoi piatti preferiti.
Era profondamente a disagio.
Non avrebbe voluto sentirsi chiedere da tutti cosa c’era che non andava, e per questo si era sforzato di mandare giù alcuni bocconi, anche se questi, appena arrivati nello stomaco, non avevano fatto altro che far peggiorare quel fastidio che lo stava facendo impazzire.
Finita la cena si alzarono tutti e andarono nelle rispettive camere a prepararsi per la notte.
Cordelia aveva ordinato a tutti e tre di farsi la doccia prima di andare a dormire e i piccoli le obbedirono subito senza replicare in alcun modo.
 
 
 
 

Erano diversi minuti che Kanato se ne stava sotto la doccia.
Stava cercando di lavare via la stanchezza e la fatica di quella giornata, ma la cosa gli stava risultando più difficile del previsto.
Erano giorni ormai che si sentiva stranamente spossato.
Aveva poca fame e avvertiva uno strano fastidio allo stomaco.
Aveva provato a prendere qualcosa che lo aiutasse a lenire quel dolore, ma era stato del tutto inutile. Per di più, aveva  notato di aver perso peso di colpo, e la cosa non gli piaceva affatto.
Odiava stare male.
Sentiva di non essere del tutto padrone del proprio corpo, quando voleva, era davvero bravo a nascondere le cose, anche se stava iniziando a chiedersi per quanto tempo quel maledetto fastidio lo avrebbe tormentato. 
Uscì dalla doccia e si asciugò velocemente infilandosi successivamente il pigiama e ritornando in camera con Teddy tra le braccia.


 
 

Era trascorsa una settimana, ma non c’erano stati miglioramenti.
Il dolore allo stomaco aveva continuato a tormentarlo, e ormai faticava a mandar giù persino l’acqua. 
Per di più, aveva perso dell’ulteriore peso, e la spossatezza lo stava logorando dall’interno.
Cordelia non aveva visto o aveva fatto finta di non vedere quello che gli stava capitando, ma c’era da dire che lui era stato molto bravo a non dare nell’occhio, tentando di mangiare ad orari diversi, passando più tempo in camera sua,senza incontrare i fratelli .
Quel giorno Raito e Ayato lo avevano invitato a giocare giù in giardino e lui per non dare troppo nell’occhio aveva accettato mascherando la smorfia di dolore con un sorriso.
Guardava i fratelli correre da una parte all’altra del giardino che si divertivano a rincorrere i pipistrelli , il dolore aumentava sempre di più ma nonostante tutto continuava a correre cercando di stare al passo con Ayato e Raito.
Non ce la faceva veramente più, sentiva il sapore del suo stesso sangue in bocca iniziò a girargli la testa e infine successe: senza alcun preavviso, cadde in ginocchio e si piegò in avanti, incapace di controllare il conato che era appena salito lungo il suo esofago.
-“KANATO!!!” -.
I fratelli si girarono spaventati e si precipitarono a soccorrerlo, inorridendo alla vista di ciò che  aveva appena rigettato.
Sangue.
C’ era tantissimo sangue sul terreno, e quel sangue era uscito dalla bocca del loro fratellino minore svenuto per terra.
-“Kanato!!! Ti prego rispondi!!!”-.
I bambini avevano le lacrime agli occhi, ed  in preda al panico corsero subito a chiamare la madre.
Si era svegliato con grande fatica.
Aveva le membra completamente intorpidite, e sentiva di non avere il totale controllo del proprio corpo.
La testa era diventata tremendamente pesante, e il dolore allo stomaco era come un peso attenuato da un cuscino.
Per di più, faceva fatica ad incamerare aria nonostante avesse capito di essere attaccato ad un respiratore.
Quando finalmente era stato in grado di aprire completamente gli occhi, aveva potuto scoprire che non si trovava nella propria camera da letto.
Quello in cui si trovava era un luogo sterile e impersonale.
L’odore di disinfettante gli era penetrato sin dentro alle ossa, e il “bip” incessante del macchinario che monitorava il suo battito cardiaco lo stava facendo agitare. Si trovava in un ospedale, era ovvio. Si trovava in uno di quegli stupidi ospedali terrestri.
Ma che ci faceva lì? Chi lo aveva portato in quell’ammasso di cemento e ferro dove venivano ricoverati i malati?.
Ricordava chiaramente di aver vomitato sangue e di aver perso i sensi, ma Cordelia non poteva averlo portato in un ospedale.
Perché lo aveva portato proprio lì?
Odiava la penombra, odiava il silenzio ostentato di quei posti, non gli piaceva essere bloccato su di un letto con aghi che gli penetravano le braccia e un respiratore che lo aiutava a rimanere in vita.
E poi, perché lo avevano lasciato solo? Dov’erano i suoi fratelli? Dov’era sua madre?.
In preda al panico, aveva cercato di tirarsi su a sedere, ma un’infermiera sbucata da chissà dove gli aveva posato entrambe le mani sulle spalle, intimandogli di stare sdraiato.
-“Non devi alzarti ragazzino altrimenti senti più dolore” -.
Non riusciva a capire.
-“Stai giù… Tra un po’ arriverà il chirurgo e inizieremo la procedura per l’intervento”-.
Kanato era rimasto di sasso udendo le parole della donna.
Intervento? Cosa voleva dire che dovevano prepararlo per l’intervento?
-“c-cosa significa?”-.
Aveva detto tremando terrorizzato, togliendosi con poca delicatezza la maschera dell’ossigeno dalla bocca.
Ma l’infermiera non si era scomposta, evidentemente abituata ad avere a che fare con i bambini, e con grande pazienza e tenacia era riuscita a riposizionare la mascherina al suo posto.
-“tranquillo cucciolo, Sono certa che il nostro chirurgo riuscirà ad asportarle il tumore che hai allo stomaco”-.
 
 
 

Il tragitto dalla stanza in cui era stato ricoverato alla sala operatoria era stato il più difficile che avesse mai intrapreso. 
I neon del corridoio spoglio stavano abbagliando i suoi occhi stanchi ma vigili. Il cigolare delle ruote della barella sembrava che volesse trapanargli il cervello, e i passi frettolosi degli infermieri che lo stavano scortando erano come il suono delle anime dell’inferno risorte per tormentarlo. Sembrava che ogni passo fosse un conto alla rovescia verso il patibolo.
Un tumore.
Aveva un tumore allo stomaco.
Aveva un tumore allo stomaco e doveva essere operato d’urgenza.
-“Il tumore è esteso” -.
Gli aveva detto il chirurgo, serio,
-“Dobbiamo intervenire immediatamente, o potrebbe non sopravvivere”-.
Rischiava di morire.
Non aveva avuto ne il coraggio ne la forza di replicare.
La notizia l’aveva sconvolto al punto di togliergli la parola.
Cordelia ovviamente non era venuta, questo se lo aspettava… ma i suoi pensieri ricaddero immediatamente sul suo unico amico di pezza che gli era stato sottratto prima di raggiungere l’ospedale.
Aveva sentito l’ago del chirurgo perforargli il collo per iniettargli il sonnifero .
Chiuse gli occhi ed iniziò a contare.
Dieci… Nove… Otto… Subito dopo, di nuovo il buio.
 
 
 

Stavolta, il suo risveglio non era stato solitario.
Si era accorto immediatamente della presenza dei fratelli e spalancò gli occhi quando vide anche la madre seduta vicino al suo letto che lo guardava tenendo in braccio Teddy .
Avrebbe tanto voluto parlargli ma non poteva a causa di un attrezzo infilato giù per la gola.
-“E’ andato tutto bene… Sei stato bravissimo , fratellino” -.
Gli aveva sussurrato Ayato accarezzandogli delicatamente i capelli,
-“Ora cerca di riposare… Presto tornerai a casa”-.
Aveva aggiunto Raito sorridendo.
Quando i fratelli uscirono Cordelia si alzò con gli occhi pieni di lacrime e gli appoggiò Teddy vicino per poi dargli un bacio sulla fronte ed uscire dalla stanza sul punto di piangere.
era veramente stupito dal gesto della genitrice ma sorrise felice guardandola uscire per poi richiudere gli occhi lasciandosi avvolgere dalle tenebre.

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Capitolo 2
*** Convalescienza e fine ***


                                                 Capitolo 2

 
 
 
 
Dopo una sola settimana dall’intervento, Kanato era già in piedi che smaniava di tornare a giocare, ma nonostante la sua reazione più che positiva all’operazione, il chirurgo gli aveva imposto di riposarsi il più possibile.
L’intervento era stato un vero successo, ma il tumore, la perdita repentina di peso, il dolore continuo che aveva sopportato per giorni e giorni e il decorso post-operatorio lo avevano molto debilitato, e non poteva davvero scherzarci su, ma proprio non ce la faceva a stare fermo. Fortunatamente, era giunto ad un compromesso con i fratelli , la madre e il suo medico: ovvero ricoprire la camera d’ospedale di peluche e bambole per poterci parlare e giocare mentre i fratelli gli leggevano varie storie ogni pomeriggio.
Doveva ammettere di non sentirsi proprio al massimo della forma.
Avvertiva ancora dolore, e la terapia farmacologica che stava seguendo non era una passeggiata, ma la stava affrontando con grande coraggio.
Non voleva causare altre apprensioni ai suoi cari.
Ayato e Raito lo avevano trattato per tutta la settimana come un impedito, e nonostante non si fosse lamentato più del dovuto non aveva intenzione di protrarre quella situazione troppo a lungo.
I primi giorni erano stati davvero tremendi, e li aveva lasciati fare senza fiatare. il maggiordomo lo aveva servito e riverito con eccessiva premura, e aveva sistemato i vari regali dai parenti nella stanza.
Si sentiva un po’ triste al pensiero che la famiglia lo guardassero con compassione’ ma in fondo non gli importava molto , perché finalmente sua madre lo degnava di attenzioni.
Non ne aveva mai ricevute tante in vita sua.
Ne era quasi affascinato e spaventato allo stesso tempo.
Ma ora stava bene, e tutto sarebbe presto tornato come prima.
Anche se, ogni volta che il maggiordomo lo aiutava a cambiarsi e vedeva la cicatrice sul torace rabbrividiva.
Tra tutte quelle che si stagliavano sul suo corpo a causa della madre, quella era di sicuro la più spaventosa.
Ma le cose non stavano andando così bene come era sembrato all’inizio…
Dopo alcune settimane di calma piatta, kanato aveva cominciato ad avere dei dolori atroci allo stomaco.
Il medico aveva detto che poteva essere normale, soprattutto nel momento in cui avrebbe dovuto riprendere a mangiare normalmente, e per questo aveva aumentato il dosaggio dei medicinali.
 
 
 
 
Quella notte, però, non avevano avuto alcun effetto.
Kanato era stato male per tutto il tempo, ritrovandosi al mattino fradicio di sudore e stravolto dal dolore.
Non aveva emesso un lamento per tutta la notte per paura di svegliare Ayato che dormiva al suo fianco nel letto, ma arrivato alle prime luci dell’alba, non aveva più resistito.
-“A-ayato…”-
Aveva mugugnato,
-“Ayato… Ti prego… Aiutami…”-.
Ma il fratello non era stato in grado di fare molto.
Il medico era stato chiaro: non poteva prendere altre pillole se non trascorrevano un tot di ore, e l’unica cosa che poteva fare era cercare di alleviare il dolore tramite il calore.
Per questo, Ayato aveva preparato una borsa dell’acqua calda e gliel’aveva posta sulla zona dolorante, ma non sembrava aver sortito grandi effetti. Kanato aveva cominciato a tremare per il dolore, scoppiando subito in lacrime quando il fratello lo aveva lasciato per preparargli la borsa dell’acqua calda.
Non lo aveva mai visto in quelle condizioni.
Mai.
Perfino quando Cordelia lo puniva riusciva sempre ad alzarsi e ritornare a giocare…Ma stavolta tutto era diverso.
Stavolta era interno al suo corpo il male che lo stava divorando, e non capiva perché non volesse abbandonarlo in nessun modo.
Perché doveva continuare a soffrire? Perché? D’un tratto, aveva sentito sua madre parlare con qualcuno che aveva una voce tremendamente familiare.
L’avrebbe riconosciuta fra mille, quella voce, ma non riusciva proprio a capire cosa ci facesse lui lì. -“buonasera Cordelia , passavo da queste parti e mi chiedevo che cosa stessi combinando con kanato.”-.
Aveva affermato serio e autoritario Karlheinz, non appena si era accomodato .
Ma, nel notare quanto la donna fosse sciupata e quanto profonde fossero le sue occhiaie, si era bloccato di colpo, intuendo che qualcosa non andava.
-“Cordelia… Che cos’hai?”-.
Proprio mentre la moglie stava per rispondere, un tonfo seguito da un lamento straziante erano giunti alle orecchie dei presenti, facendoli rimanere di sasso.
-“Ma che succede?!!!” -.
Aveva chiesto il padre arrabbiato e allarmato.
Senza esitare un attimo, i presenti si erano precipitati al piano di sopra, trovandosi davanti ad una scena straziante….
 
 
 
 
Kanato in preda al dolore aveva alzato di colpo il busto e spinto il fratello per terra facendolo atterrare proprio su delle puntine che erano state rovesciate il giorno prima e sbattere la testa contro ad un mobile face dolo svenire.
I servi che erano corsi su dopo aver sentito il trambusto, spalancarono gli occhi alla vista di tutto ciò e presero subito Ayato portandolo subito in infermeria dopo aver iniettato a forza un grande quantitativo di anestetico al fratello minore che si era accasciato privo di sensi sul letto.
 Era stato uno shock venire a conoscenza della crudele verità.
Karl heinz non riusciva a credere alle parole della moglie.
-“kanato ha avuto un tumore allo stomaco. Era molto grave, ma lo hanno operato… E’ in via di guarigione, adesso”-.
In via di guarigione? Se quello che aveva visto era guarire, l’uomo non voleva sapere cosa significasse essere malati.
Non era mai stato particolarmente attaccato ai figli ma quella volta era riuscito a provare un senso di vuoto nel proprio cuore, voleva aiutarlo,voleva riuscire a dimostrargli che lui era li, e gli voleva bene.
Aveva provato di tutto.
Aveva provato a chiedere al migliore medico del giappone, aveva provato con la stregoneria, con la guarigione accelerata , ma nulla di tutti ciò era servito. Il figlio non aveva sortito nessun beneficio da tutto ciò.
Karl si sentiva sconfitto.
Non era riuscito ad aiutare Kanato a guarire.
 
 
 
 
Erano trascorsi quattro mesi dal giorno dell’operazione.
Le cose non erano ancora tornate alla normalità, e probabilmente questo non sarebbe più successo. Kanato era sempre più magro e sempre più stanco.
Ormai aveva quasi del tutto rinunciato ad alzarsi dal letto.
Il suo fisico gli si era completamente ribellato.
Dalle analisi era purtroppo risultato che si erano formate delle metastasi, e la chemioterapia che era stato costretto a fare lo stava consumando lentamente.
Non aveva quasi più il coraggio di guardarsi allo specchio.
L’unica cosa che percepiva quando si toccava erano le ossa che sporgevano senza alcuna pietà.
La pelle era diventata giallognola, gli occhi erano sempre arrossati, e aveva perso diverse ciocche di capelli.
Ogni mattina, al suo risveglio, trovava il cuscino cosparso da centinaia di sottili fili neri. Trascorreva più tempo che poteva rinchiuso nella camera da letto, in quella penombra che tanto odiava.
Cordelia aveva assunto un’ atteggiamento più gentile nei suoi confronti e suo padre gli stava appiccicato ogni secondo della giornata.
Tutte queste attenzioni non gli dispiacevano affatto, anche se avrebbe preferito riceverle quando era ancora salute.
Non capiva cosa fosse quel trambusto.
Erano le dieci del mattino quando aveva aperto gli occhi dopo una notte trascorsa quasi del tutto insonne, e non riusciva davvero a capire perché dovessero fare proprio tutta quella confusione. Ormai, alzarsi dal letto era diventata un’impresa. trascorreva quasi tutta la giornata sdraiato sul letto, cercando di dare meno fastidio possibile alle persone che aveva attorno e che si prendevano cura di lui.
A fatica, era riuscito ad arrivare alla finestra, sbiancando nell’istante in cui si era reso conto che in giardino c’era tutta la ciurma di amici di famiglia che erano venuti per festeggiare il suo compleanno.
Era felice ma triste allo stesso tempo, finalmente dopo tanti anni se lo erano ricordato, ma gli dispiaceva molto il fatto che lo facevano esclusivamente perché era malato.
Qualcuno lo stava osservando, in silenzio.
Si era accorto immediatamente di chi si trattasse.
Era ridotto ad uno straccio, ma era ancora perfettamente in grado di percepire le presenze altrui. Almeno quello, gli era ancora concesso. si girò verso la porta e sussurrò un “avanti” dopo aver sentito bussare, un po’ sorpreso di trovarsi davanti suo zio Richter.
-“non credevo che un moccioso come te potesse causare così tanti problemi sai?!”-.
Disse avvicinandosi per poi alzare un sopracciglio non avendo avuto nessuna risposta.
-“ma visto che oggi è il tuo compleanno potrei anche chiudere un’ occhio con te”-.
Lo prese dal colletto da dietro come si faceva di solito con i gatti e lo trascino fuori abbastanza seccato.
Dopo interminabili minuti di silenzio tirò leggermente la manica dello zio non volendo andare per alcuna ragione alla festa.
L’uomo si fermo visibilmente arrabbiato e lo lasciò cadere per terra.
-“è cosi che ringrazi i tuoi genitori per questo pensiero?!?!?!?!?! Sei solo un bambino viziato e arrogante!!!. Avevo detto a cordelia di ucciderti appena eri nato ma lei dava ascolto solo a quell’idiota di Karl heinz!”-.
Disse urlando.
Il bimbo troppo spaventato e dolorante non aprì bocca per contestare ,cosa che fece arrabbiare ancora di più suo zio.
-“BENE! FAI COME TI PARE!“- ,
Disse prima di rinchiuderlo a chiave in uno sgabuzzino buio e andarsene.
Kanato respirava a malapena e non riuscendo più a muoversi continuava a guardare il soffitto con occhi socchiusi sperando che qualcuno accorresse in suo aiuto.
Fuori gli amici di famiglia erano venuti…si , ma non sapevano che era il suo compleanno e di certo non volevano avere mocciosi tra i piedi.
Erano passate diverse ore da quando era stato lasciato li , e aveva constatato che l;unica via di salvezza era una finestra non troppo alta che si trovava vicino a lui, con grande fatica riuscì ad alzarsi tenendosi al muro per non cadere raggiunse la finestra che aprì subito.
La stanza era al secondo piano ma avrebbe preferito buttarsi piuttosto che stare ancora la dentro. Fuori il tempo non era dei migliori, infatti pioveva a dirotto, e tutti gli invitati decisero di rientrare per non bagnarsi . si guardò dietro per qualche minuto per poi uscire tenendosi attaccato al bordo della finestra senza staccare gli occhi dal suolo spaventatissimo .
Gli occhi gli si inumidirono subito e nel giro di pochi minuti scoppiò a piangere disperato on riuscendo più a rientrare .
Era bloccato li.
Le sue mani iniziavano a scivolare ma nessuno si accorgeva di lui.
Guardò per l’ ultima volta i fratelli per poi cadere nel vuoto e chiudere gli occhi appena le mani decisero di non reggerlo più…..

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