Il fiore che sboccia nell'oscurità [SOSPESA - IN REVISIONE]

di Elaine Doyel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


*** SERVONO A SEGNARE I PoV DI ADE E PERSEFONE

 

È strano come a distanza di anni non si sa ancora come sia iniziato tutto. La maggior parte crede che fu quella "scampagnata" nelle pianure che i mortali chiameranno Enna, ma io so per certo che non fu quello il motivo. Bisognerebbe guardare più indietro in cerca della vera ragione.

 

«Persefone guardi cosa ho trovato!»
È una calda giornata e come sempre mi trovo in compagnia delle ninfe. Non che la cosa mi dispiaccia, solo che mi piacerebbe passare un po' di tempo con mia madre, che ovviamente come tutti gli dei è piena di impegni.
«Fa' vedere.» prendo il fiore che Ciane mi porge. «Che strano. È cresciuto fuori stagione.» lo rigiro nelle mani prima di restituirlo a Ciane.
«Oh no, tenetevelo.» dice con un sorriso «Potete donarlo alla nostra signora.»
Lo poggio delicatamente all'interno del cesto di vimini pieno di fiori di stagione e insieme a Ciane e le altre ninfe risaliamo i prati dell'Olimpo, seguite da qualche fauno che - attratto dalla bellezza delle mie accompagnatrici - suona qualche melodia con il suo strumento di legno. Siamo arrivati al sentiero di pietra che spunta innaturale dalla distesa erbosa quando Pluto sbuca fuori dal nulla. Mi fa uno dei suoi sorrisi sarcastici, prima di andarsene, mentre io mi dirigo verso casa.
Sto camminando a testa bassa, immersa nei miei pensieri, e senza rendermene conto vado addosso a qualcuno. Quando alzo lo sguardo vedo un dio dalla pelle diafana, una ribelle chioma nera e dei caldi occhi scuri paragonabili ad un pozzo profondo, con indosso una toga dal colore della notte.
«Scusatemi.» dico con un po' di imbarazzo prima di dirigermi velocemente verso casa, seguita da Ciane che mi chiama per farmi rallentare.

* * * *

Erano anni che non salivo sull'Olimpo, e se adesso mi trovo qui è per un motivo ben preciso - anzi un piccolo capriccio personale. Mentre mi avvio nel luogo dove Zeus è solito tenere le sue riunioni con gli dei che qui risiedono la giovane dea che ammiravo dalla mia residenza sbuca fuori dal nulla. Ha i lunghi capelli ondulati - di colore castano scuro – trasformati in una massa disordinata contornati da una corona di fiori colorati. I suoi occhi sono delle stesso colore delle foglie secche, mentre la sua carnagione baciata dal sole risalta a pieno la sua bellezza, valorizzata anche da una lunga toga color lavanda.
«Scusatemi.» dice con un lieve imbarazzo prima di andare via, seguita a ruota da una ninfa la cui bellezza però non riesce ad arrivare ai livelli della fanciulla.
«Persefone! Aspettate!» Ecco qua è il suo nome! 
La seguo andarsene con lo sguardo prima di continuare la salita verso Zeus.

«Ade. Fratello!» Zeus ha un tono stanco mentre si avvicina a salutarmi con un grande sorriso sulle labbra.
«Salve Zeus.»
«Come si sta nell'oltretomba?» dice con l'ombra di un sorriso nel volto.
«Non sarebbe male, se non fossi così sommerso di lavoro!» Zeus scoppia in una fragorosa risata, dandomi una pacca sulla spalla.
«Allora.» dice tornando serio «Di cosa volevi parlarmi?»
«Ecco, l'Ade è un posto alquanto tranquillo, ma solitario. Un po' di compagnia non mi dispiacerebbe.»
Gli occhi azzurri di mio fratello sono puntati su di me e sembra quasi sbalordito.«Mi stai chiedendo di trovarti moglie?» oltre a sbalordito sembra anche stordito.
«Sì. Cosa c'è di male?» chiedo con noncuranza.
«Niente, niente.» dice mentre mi fa cenno di sedermi vicino al suo trono pensieroso. «È solo che non me lo aspettavo. Hai qualche preferenze?» sto per rispondere, quando vengo bloccato da un gesto della sua mano «Prima che tu parli voglio avvisarti che Afrodite è già sposata con mio figlio Efesto. Non accetterò il suo nome come risposta.»
«Sai fratello.» dico trattenendo una risata. «Per quanto la sua "bellezza" possa essere mozzafiato io avrei già in mente qualcuno.» e mentre continuo faccio uno dei miei rari sorrisi. Ripenso alla giovane dea e alle volte che la guardavo dall'oltretomba – in uno dei miei rari momenti di riposo – raccogliere fiori in compagnia delle ninfe nelle distese erbose dei mortali. Se non fosse stato per quella ninfa ora non saprei il suo nome.
«Persefone.» dico, ed è in questo momento che la preoccupazione che leggo nel volto di mio fratello diventa concreto.
«Cosa?!»

* * * *

Tento di rimettere a posto i capelli, che per colpa di quei giochi nei campi sono diventati una massa informe, ma senza successo. Ecco perché Pluto si è messo a ghignare. 
«Tesoro cosa ti è successo?» mi chiede mia madre non appena mi vede.
«Oh niente. Non preoccupatevi.» dico dandole un bacio nella guancia prima di allontanarmi per prendere il fiore. «Guardate cosa ha trovato Ciane. Ha deciso di donarlo a voi.»
«Che pensiero carino.» mi fa una carezza sulla guancia. «Ringrazia Ciane da parte mia.» dice mentre posa delicatamente il fiore dentro un vaso insieme a quelli che ho raccolto.
«Ehm, madre?» dico un po' titubante.
«Sì cara?»
«Ecco... volevo dirvi che domani andrò nel mondo mortale... nei prati della Sicilia con le ninfe. Non vi dispiace vero?» chiedo nervosamente.
Sembra pensarci su, per poi farmi un sorriso raggiante paragonabile a una di quelle giornate calde.
«Certo! Vai pure.»
Le vado incontro, gettandole le braccia al collo, ringraziandola felicissima. Dopo averle raccontato cosa abbiamo fatto esco con una corona di fiori in mano. Afrodite mi aveva detto che mi avrebbe aspettato al lago, così decido di non farla aspettare più di tanto.
Quando arrivo nei pressi del lago la trovo immersa nell'acqua fresca che le arrivava alle caviglie. I suoi lisci capelli biondi le ricadevano delicati lungo la sua veste porpora che faceva sembrare la sua carnagione chiara quasi color del latte. Mi siedo vicino al lago e quando si accorge che sono arrivata si avvicina.
«Cos'hai combinato ai capelli?» mi chiede mentre arriccia il naso. Sorrido alla sua espressione. Per lei una dea deve sempre essere in ordine, e trovarsi con capelli pieni di foglie dopo aver rotolato nel prato è indecente.
«Ho solo giocato un po' con le mie accompagnatrici.» dico con noncuranza. Sta per ribattere quando io le porgo una corona di rose e papaveri che avevo intrecciato. Dopo che si è placata iniziamo a parlare del più e del meno, proponendo anche di venire con me nei campi mortali.
«Mi dispiace, ma rotolarsi nell'erba e fare corone di fiori non fa per me.»
Ridacchio alla sua affermazione, e quando guardo oltre la sua spalla vedo Zeus con il dio sconosciuto che camminano tranquillamente nel prato.

* * * *

Sono tornato presto nel mio regno, dato che i morti non aspettano. Le parole di mio fratello sono rimaste impresse nella mia mente, come se fossero marchiate a fuoco; ho avuto il suo consenso, ma so che è preoccupato della reazione di Demetra se scoprisse qualcosa. Sappiamo entrambi che nostra sorella non consentirebbe mai di portarla con me nell'Ade, così Zeus ha pensato ad un modo per accontentare la mia richiesta. L'unica cosa che mi resta da fare è aspettare domani.
Cerbero mi vede camminare un po' distante da lui e inizia a piangere. Mi sorprendo sempre quando un cane a tre teste, il mio cane a tre teste, a guardia degli inferi si comporta come un comune cane. Allungo la mano verso di lui e subito poggia il suo muso su di essa.
«Da domani avremo compagnia.»dico in tono calmo e pacato, ma a quanto pare non ho il tempo per godermi un attimo di tranquillità che subito arriva la barca di Caronte con- altre anime.
Sospiro rassegnato, ritornando ai miei doveri.

* * * *

I campi della Sikelía sono coloratissimi, pieni di fiori di tutti i tipi. Sedute nel campo, io e le ninfe intrecciamo i fiori più belli e colorati per farne corone.
«Oh. Siete davvero abile Persefone.» mi dice con un sorriso una ninfa d'acqua. Ricambio il sorriso continuando ad intrecciare i fiori, quando mi viene un'idea.
«Che ne dite di fare una gara?» dico mettendomi in piedi e indossando la corona finita. Lo sguardo di tutte le presenti è rivolto su di me, in attesa che riveli di che tipo di gara si tratti. «Una gara a chi raccoglie più fiori.»
Sembrano tutte entusiaste della gara che ho proposto, seppure infantile.
Quando inizia prendiamo tutte delle direzioni differenti, ma senza allontanarci troppo, raccogliendo solo i fiori che catturano la nostra attenzione. Mentre sono intenta a raccogliere papaveri la mia attenzione viene catturata da un narciso, unico fiore diverso. Mi chino per raccoglierlo, ma una volta strappato la terra sotto i miei piedi trema, prima di aprirsi in una voragine proprio sotto i miei occhi. Torno indietro terrorizzata, quasi correndo, quando sento dietro di me il suono degli zoccoli di cavalli e il rumore della biga.
Cerco di correre più veloce, ma la mia veste color avana è troppo lunga e mi rallenta. Vengo raggiunta da quattro cavalli dal manto nero come la notte, che trainano una biga dello stesso colore. Non riesco a vedere chi la guida perché un braccio forte mi afferra dai fianchi e mi carica all'interno di essa.
«Lasciatemi!» urlo mentre picchio con un pugno la schiena dell'auriga. Sono quasi del tutto sopra la sua spalla, verso i campi, e non riesco a vedere il volto del mio rapitore, dato che indossa un elmo anch'esso nero come la sua armatura. Discendiamo la voragine e, tra le mie lacrime, urla e preghiere rivolte a Zeus, vedo lo squarcio chiudersi sopra di me facendomi entrare nell'oscurità. Durante la breve discesa i miei occhi si sono abituati al buio, anche se riesco a distinguere solo le sagome.
Quando la biga si ferma su un terreno roccioso l'auriga mi poggia delicatamente al suolo e, quando le sue fredde mani non toccano più i miei fianchi, cerco di correre il più lontano da lui.
«Fermatevi.» dice mentre mi afferra il polso. La sua voce è calma, anche se riesco a notare quasi una supplica celata.
«Ti prego...»la frase muore sulle mie labbra. La mia voce, invece, è quasi un sussurro mentre le lacrime continuano a rigarmi il volto. Lui non dice una parola mentre mi asciuga le lacrime col pollice. Ci incamminiamo lungo la piana, illuminata da torce con una fiamma blu, fino ad arrivare ad una porta immensa di legno scuro. Quando si aprano mi ritrovo in un lungo corridoio, illuminato anch'esso da torce con fiamme blu.
«Ti porto nelle tue stanze.» dice mentre si toglie l'elmo con una mano. Ne approfitto per vedere il volto del mio rapitore, ma con la strana luce riesco a vedere una massa di capelli scuri e la parte superiore del viso coperta da un panno.
«Dove mi trovo?»
«Siete nell'Ade.» dice con naturalezza.
Cosa? Oh per gli dei! «Quindi voi siete Ade.» tento di restare calma, ma nella mia voce si sente ancora una nota di disperazione.
La figura davanti a me non risponde, camminando nei corridoio tenendomi ancora per il polso delicatamente, senza farmi male.
«Cosa volete da me?» tento di fargli un'altra domanda senza aspettarmi una risposta, che però arriva.
«Voglio che tu diventi la mia sposa.»dice con il suo tono calmo. Cosa?!
Ci fermiamo davanti ad una porta e quando la apre capisco che sono le stanze di cui aveva parlato.
«Ritorno ai miei doveri.» dice facendomi entrare «Tu riposati.»
Mentre chiude la porta riesco a intravedere lo scintillio dei suoi occhi, ma solo per un breve istante. Mi dirigo in quello che, per colpa di queste fiammelle (che a quanto pare illuminano tutto il palazzo di Ade), sembra la forma di un inquietante letto. Mi metto a sedere su di esso, affondando il viso nelle ginocchia che ho portato al petto.

 

Dovrebbero essere passati otto o nove giorni, non so dirlo con sicurezza. Qui le giornate sono sempre uguali e ho perso il conto.
La porta si apre, ma io rimango sdraiata con le spalle rivolte all'ingresso, giocherellando con la corona di fiori.
«Non volete mangiare? È da quando sei arrivata che non tocchi cibo.» mi chiede Ade.
«Non ho fame. E poi non sono venuta di mia spontanea volontà! Siete stato voi a rapirmi.» dietro di me sento Ade entrare all'interno della stanza. 
«È vero. Vi ho rapito dal mondo di sopra, ma se fosse stato un vero rapimento non vi avrei lasciato libera di andare dove volevate. Voi avete preferito rimanere segregata qui dentro.» la sua voce è calma come sempre, ad un passo da me. Rimane alzato, in silenzio, e sento il suo sguardo su di me come se fosse bollente.
«Mio signore.» dice una voce gracchiante «Mi dispiace interrompervi, ma deve tornare ai suoi doveri.»
«Arrivo subito. »
La voce gracchiante se ne va, mentre Ade resta qualche secondo nella stanza, esitante, per poi andarsene borbottando tra se e se qualcosa del tipo "Quanto lavoro." chiudendo la porta. Vorrei piangere, ma ormai sono a corto di lacrime. Dopo quelle che per me sembrano ore mi metto a sedere, cercando di trovare un modo per tornare da mia madre, quando le parole sussurrate di Ade mi risuonano in testa.
«Troppo lavoro eh?»
Mi dirigo verso una delle due porte, aprendo nel modo più silenzioso possibile. Il corridoio è illuminato da fiamme blu – come il primo giorno – ed è completamente vuoto. Lo percorro per tutta la sua lunghezza, ma quando sento dei passi entro dentro la prima stanza alla mia sinistra, chiudendo gli occhi e ascoltando i rumori provenienti dall'altro lato. Sento i passi diventare flebili quando il suono di una cesoia mi fa accapponare la pelle. Nella stanza, insieme a me, ci sono tre vecchiette; una lucida un paio di cesoie d'oro, mentre le altre due filano. Ricordo di aver sentito parlare di loro tre.
«Voi siete...»
«Sì, le Moire.» mi interrompe la vecchia con le cesoie precedendo la mia domanda.
«È sappiamo cosa stai cercando.» dice una che fila.
«Esci da questa stanza e percorri il corridoio fino alla fine, ti troverai fuori da questo palazzo.» continua l'altra.
Esco velocemente dalla stanza, senza chiedermi come fanno a saperlo, correndo per il corridoio e trovandomi in un attimo fuori dal palazzo.

* * * *

«Mio signore.» vicino al mio trono compare Megera, una delle tre Erinni.
«Cosa c'è?» sono un po' seccato per l'interruzione. D'altronde se non giudico io le anime chi lo fa?
«Le Moire vogliono parlare con voi. Questione di vita o di morte.»
Cos'è questa storia? Mi alzo dal mio trono e mi dirigo verso la stanza delle Moire, vicina alla sala del trono.
«Mi avete fatto chiamare, signore?» vedo Atropo alzare lo sguardo dalle cesoie che costantemente lucida.
«Sappiamo che avete deciso di prendere Persefone come sposa.»
«E che l'avete lasciata libera di girare per il palazzo.» proseguì Cloto, mentre continua a filare lo stemma della vita.
«E con questo?» chiedo, non capendo dove vogliono arrivare.
«Sei sicuro che lasciarla libera senza qualcuno che la sorvegli sia un bene?» questa volta è Lachesi a parlare, mentre avvolge il filo nel fuso.
«Siate più chiare. Cosa sapete che io non so?»
«Vai da Cerebro, prima che scateni ulteriormente l'ira di Demetra.»
Le ultime parole di Atropo mi fecero uscire di corsa dalla stanza e dal palazzo, cercando di raggiungere Cerbero.

Quando arrivo vicino al suo enorme corpo riesco a vedere la sagoma di Persefone – come pietrificata –  e la testa di un serpente, che costituisce il manto del cane a tre teste, morderle il polso
«Istemi!» ordino alla testa. Il serpente si stacca dal polso, ma anche se sono stati in contatto per un benissimo istante il veleno sembra esserle entrata in circolo, facendola accasciare al suolo.
Mi avvicino e la prendo tra le braccia per riportarla nelle sue stanze e, per la prima volta dopo che l'ho condotta nel mio regno, vedo i suoi occhi scrutare i miei prima che perdesse i sensi.

 


NOTE

Ciane
 era una ninfa reagì al rapimento di Persefone aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una doppia sorgente dalle acque color turchino. Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso unisce le sue acque a quelle del fiume Ciane, prima di sfociare insieme nel Porto Grande di Siracusa.

Pluto: Dio della ricchezza, il cui culto, di carattere agrario, aveva come sede principale l'isola di Samotracia. Era figlio di Demetra e Iasione (o Giasone), nipote di Dardano fondatore di Troia.

Σικελία (Sikelía) era il nome dato dai greci alla Sicilia.

Ἵστημι (istemi): fermo, fermarsi


 
Angolo Autrice:

Salve! Spero che questo primo atto vi sia piaciuto. Ci ho lavorato molto cercando di curarla in ogni piccolo dettaglio. Ade e Persefone sono la mia coppia mitologica preferita e mi auguro di aver ricreato bene un mito che mi appassiona.
Mi piacerebbe avere un vostro commento per poter migliorare i prossimi atti qualora ci fosse qualche errore. Grazie per aver letto 




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Capitolo 2
*** Atto II ***


*** SERVONO A SEGNARE I PoV DI ADE E PERSEFONE    

 

Quando riapro gli occhi mi ritrovo nella stanza dove mi aveva condotto Ade il giorno del rapimento e il dialogo con le Moire e lo spaventoso cane a tre teste che mi bloccava la strada sembra quasi essere stato un sogno.
    «Oh, vi siete svegliata.» vicino al mio letto c'è una giovane donna con i lunghi capelli neri scompigliati e degli inquietanti occhi castani, che brillano di una luce quasi dorata. No, color rubino. Indossa una lunga toga color prugna che, insieme ai capelli, risalta la sua pelle color avorio.
«Chi sei? E cosa ci fai qui?» le chiedo mettendomi a sedere e allontanandomi da lei.
La sconosciuta si mette a ridere «Sono Eris, ma non credo che abbiate sentito il mio nome sull'Olimpo.» dice in modo aspro «Ero solo venuta a vedere chi era l'ospite di cui Ade continua a lamentarsi. Non fa altro che dire di quanto sia seccante badare ad una bambina che si è fatta mordere da una delle teste di serpente di Cerbero, restando incosciente per una luna» aggiunge con noncuranza
Le sue ultime parole mi colpiscono come se fossero di pietra. Ora so per certo che non è stato un sogno. Ero uscita dal palazzo e corso in cerca di un modo per poter risalire, per poi imbattermi nell'enorme cane a tre teste, dopo una fitta al polso, però, non ricordo più niente, se non due occhi neri come il fondo di un pozzo. Ormai non guardo più Eris ed istintivamente porto la mano dove avevo sentito la fitta. La porta si apre con un cigolio quasi sinistro, e una voce familiare rompe il silenzio che si era creato in quel momento.
    «Che ci fai qui Eris?»nella voce di Ade si nota che non ha più quella calma che la caratterizza, anzi si può sentire una nota di rabbia.
«Ero solo curiosa di vedere la ragazza.» il suo tono è diventato più docile, come se avesse paura di lui.
«Vattene e ritorna al tuo lavoro!»dice irritato.
Sento Eris andarsene e quando la porta inizia a cigolare mi riscuoto dai miei pensieri.
«Aspettate!» tento di mettermi in piedi, ma le gambe mi cedono e io ricado seduta sul letto.
«Sono ancora indolenzite, non devi sforzarle.» la sua voce si è addolcita di nuovo.
    Tengo lo sguardo fisso sui miei piedi,a disagio per colpa di quello che mi ha detto Eris. «M-mi dispiace. Avevate ragione. Mi sono comportata come una bambina.» non oso guardarlo non solo per quello che avevo sentito dire di Ade nel mondo mortale, ma soprattutto perché mi sono comportata da sciocca. La curiosità di vere la sua espressione, però. Prende il sopravvento e, titubante, alzo lo sguardo. Quando lo vedo riconosco in lui il dio che ho incontrato nell'Olimpo. Nel suo viso leggo una sorta di confusione, come se non sapesse di cosa stia parlando. Poi i suoi lineamenti si rilassano, come si si fosse ricordato di qualcosa, qualcosa di importante. Abbasso il capo, iniziando a sentirmi sempre più stupida.
    «Non credere mai a tutto ciò che ti dice Eris. Lei è la dea della discordia, e vedere litigi la fa stare bene.» alzo il capo mentre parla. Mi fa uno strano sorriso quando finisce per poi uscire dalla stanza, chiudendosi la porta alle sue spalle. Mi siedo più comodamente nel letto, fissando ancora l'uscio. Non sembra cattivo come pensavo.

Qualche ora dopo riesco a rimettermi in piedi e sento la necessità di rivedere le Moire. Quando esco dalla stanza noto che il corridoio è ancora deserto, come il giorno della mia fuga mancata, ma questa volta non devo scappare. Percorro il corridoio in tutta tranquillità e, quando arrivo di fronte alla stanza delle tre vecchie, apro la porta senza esitare.
    «Salve Persefone.» dice la vecchia con le cesoie.
«Come si sente oggi?» mi chiede quella che fila
«Meglio.» rispondo, mentre mi guardo intorno. Quando sento le cesoie stridere un brivido mi percorre la schiena. «Volevo chiedervi una cosa, ma magari è un po' stupida...»
«Volevi sapere se eravamo a conoscenza del tuo fato.» mi interrompe l'unica vecchietta che non aveva ancora parlato «Vedi mia cara, era destino che accadesse.»
«Per questo abbiamo chiamato Ade.» continua la vecchia con le cesoie.
«Devo dire che si è arrabbiato molto con noi quando ha scoperto che vi avevamo indicato l'uscita.» dice tra sé e sé la vecchia che fila.
    «Quindi non ce l'ha con me?» chiedo, titubante.
La vecchia con le cesoie alza uno sguardo verso di me, una strana luce brilla nei suoi occhi «Certo che no! Anzi credo proprio che sia contento di sapere che ora state bene.»
«Sì. Immagino di sì.» dico poco convinta, voltando il viso dal lato opposto.
«Abbiamo soddisfatto la vostra curiosità? O volete che vi togliamo di dosso anche il peso dell'ultimo dubbio che vi affligge?» mi chiede la vecchie che fila.
Ritorno a guardarle. L'ultimo dubbio riguarda Eris e le sue parole, ma ormai non mi chiedo come fanno a saperlo. «Vorrei solo sapere se mi devo fidare di Eris e delle sue parole.»
La vecchia che avvolge il filo mi guarda, facendo uno strano sorriso che mi fa venire i brividi. «La qualità di Eris è riuscire ad inimicare le due parti. Non bisogna mai dare ascolto alle sue parole, sia che esse siano vere oppure no.» dice mentre avvolge il filo. Il dubbio inizia ad insidiarsi nella mia mente, e quando continua mi sento più sollevata. «In questo caso questo caso la menzogna che vi ha raccontato era per rendere i vostri rapporti con Ade più sottili di quanto già non siano.»
    È vero. Da quando Ade mi ha condotto qui non gli ho reso la vita facile con tutti i miei capricci e, soprattutto, con la mia fuga. Rimango immersa nei miei pensieri per qualche secondo, prima di rivolgere un saluto cordiale alle Moire. «Vi ringrazio per aver dissipato ai miei dubbi.»
Esco dalla stanza e inizio a guardare in torno, per poi decidere di tornare nella mia camera.

Mentre percorro il corridoio guado con più attenzione il palazzo. È costruito con dell'ossidiana che appare di colore violaceo alla luce delle torce con le fiamme azzurre. Arrivo davanti alla porta della mia camera e, quando sto per aprirla sento un rumore alla mia sinistra, dove si apre un lungo corridoio. Sembra non esserci nessuno così rientro nelle mie stanze. È in ordine come l'avevo lasciata, tranne per il letto che è stato rifatto. Ispeziono la stanza, dato che ho passato la maggior parte del mio tempo sdraiata a piangere. C'è una piccola rientranza alla destra della porta dove è posta un baule di legno scuro, mentre la parete di fronte alla porta è stata decorata con dei dipinti di prati. La stanza è illuminata non solo dalle torce con la fiamma blu, ma anche una larga finestra che si trova di fianco al baule. Esamino meglio il dipinto e noto una seconda porta, che è stata decorata insieme alla parete. Mi avvicino e la apro, ritrovo in un altro corridoi.
    Sono finita in un labirinto!
Di fronte si trova un piccolo pezzo di terra circondato da colonne ioniche. Mi avvicino per esaminarlo meglio. Il terreno è pieno di erbacce che si mischiano ai colori dei fiori selvatici. Sembra così spoglio.
Sento un rumore provenire alle mie spalle e noto una porta grande il doppio delle altre, socchiusa. Mi avvicino, notando di essere tornata nel corridoio dove si trova la mia camera, e dal piccolo spiraglio riesco a vedere solo una parte della stanza. 
    «Cosa ci fate qui?» dietro di me sento la voce di Ade, calma come sempre, ma nei suoi occhi si legge un velo di preoccupazione misto a sollievo. Non c'è traccia di rabbia, anche se già so cosa sta pensando.
«Stavo facendo un giro.» dico subito «Non stavo provando a fuggire di nuovo, ve lo giuro.»
Abbasso lo sguardo, mentre Ade non dice niente, e la cosa un po' mi preoccupa. «Va bene. Se avete bisogno di qualsiasi cosa chiedete pure a me. Fate come se foste a casa vostra.» si allontana da me, dirigendosi alla porta.
«Allora posso venire con voi?» che ti salta in mente? Anche se è stato gentile non vuol dire che puoi disturbarlo mentre lavora!
«Va bene.» dice aprendo completamente la porta, per poi rivolgersi direttamente a me «Se vi annoiate potete andare dove volete.»
    Mi fa entrare nella stanza, più grande delle altre e più illuminata. Noto che è presente una donna alata, con serpenti al posto di capelli e che in mano tiene un coltello di bronzo. Mi fermo, facendo un passo indietro, leggermente sorpresa.
«Non si preoccupi mia signora, Tisifone non le farà del male.» sussurra una voce al mio orecchio, una voce che non avevo mai sentito. Sussulto quando sento il soffio delle sue parole sul mio collo, ed istintivamente mi aggrappo al braccio di Ade. Si volta verso di me, alquanto sorpreso prima di guardare da sopra la mia testa.
Sei davvero sciocca. Mi rimprovero mentalmente, staccandomi dal suo braccio.
    «Thanatos sei in ritardo.» lo ammonisce Ade.
«Non è colpa mia!» si lamenta la voce. Mi giro per vedere di chi sia, ritrovandomi di fronte ad un ragazzo dai corti capelli neri e gli occhi grigi. Ha la pelle olivastra ed indossa una toga che lasciava la spalla destra scoperta, ricoperta da un tatuaggio bianco. «Hypnos non voleva alzarsi.» borbotta alquanto seccato.
Dietro di lui c'è un ragazzo con la stessa carnagione e corti capelli grigi. È alto quanto Thanatos, ma non riesco a vederli il viso, visto che sta dormendo con la testa poggiata sulla spalla del moro.
    Thanatos volge il suo sguardo verso di me facendomi sentire in imbarazzo. «Mi dispiace di avervi spaventato, mia signora.» si china leggermente, incurante del ragazzo dietro di lui che cade al suolo, mettendosi in piedi in fretta e furia. È uguale a Thanatos, ma il suo tatuaggio è nero e gli occhi sono castano scuri.
«Non c'è bisogno che mi dai quell'appellativo. Non sono così importante.»
«Certo che lo siete...» inizia il ragazzo, per poi interrompersi a causa di uno sbadiglio. Thanatos guarda suo fratello con aria di rimprovero, mentre Ade osserva i due spazientito.
«Mi spiace interrompervi, miei signori, ma Caronte ha portato altre anime.» dice Tisifone.
«Arrivo.» la voce di Ade ha assunto un tono serio, guardando i due fratelli «Thanatos, Hypnos iniziate a lavorare.»
    I due salutano rispettosamente sia Ade che me, prima di uscire dalla stanza. «Cosa posso fare io?» chiedo rivolta a lui.
«Non c'è molto da fare qui in realtà.» dice mentre si avvicina al suo trono.
«Vorrei fare qualcosa ugualmente.».
Mi guarda intensamente, come per capire quale sono le mie vere intenzioni, prima di sospirare «Se volete potete tenermi compagnia.» io annuisco, mentre lui si siede «Ricordate che se volete potete andare dove più vi aggrada.» continua.
    Vedo Ade fare un gesto con la mano e la pietra del palazzo sembra aver preso vita propria, trasformandosi sotto i miei occhi in un trono. Lo schienale non è molto alto e tutt'intorno sono presenti dei decori geometrici che gli donano un aspetto regale, come quello di Era. Sembra quasi di trovarsi di fronte alla sala del trono del padre degli dei. Mi fa sedere di fianco a lui, mentre aspettiamo che entrino le anime. La prima che entra mi ha fatto impressione. È un'ombra, vera e propria proiezione del suo corpo mortale. La sua pelle è candida, quasi trasparente, mentre gli occhi sono spenti. Indossa quelli che sembrano abiti da lutto, mentre tiene per mano un'ombra più piccola dall'aspetto di un bambino. Sento il cuore stringersi nel petto alla loro vista e non ascolto minimamente l'udienza. I miei occhi sono fissi sulle due figure e più li guardo più sento la tristezza invadermi. Alla fine mi viene detto che sono stati mandati nei Prati Asfodeli, e io mi sento un po' sollevata dato che adesso le due ombre potranno stare insieme.

La giornata si può dire che sia stata alquanto monotona, e l'unica cosa che ho visto sono anime di defunti. So che la morte fa parte del ciclo naturale delle cose, ma a volte sembra così ingiusta. Come le prime anime che ho visto che mi hanno indotto a chiedermi come mai una madre e suo figlio hanno raggiunto i loro antenati così presto. 
    «Mia signora cosa ci fate qui?» Thanatos è apparso dal nulla, o forse io non mi sono accorta che si stava avvicinando.
«Pensavo. È l'unico posto dove riesca a riflettere.» il mio sguardo continua a perdersi per l'intero prato che dalla porta del palazzo si estende fino a dove l'occhio può giungere. A quanto pare non esistono solo l'ingresso da dove sono arrivata, e quello da dove sono fuggita - scoperto a mie spese che non sono lo stesso - ma anche un altro, e questo mi ha reso meno speranzosa di trovare l'uscita. Così ho deciso di uscire a prendere un po' di aria dall'ingresso da cui sono arrivata. Il primo giorno non ci avevo fatto molto caso, ma oggi ho notato che tutt'intorno crescono piante di ogni genere, anche se le condizioni non sono adatte alla loro fioritura. Sono per lo più piante da frutto, come l'albero di melograno sotto il quale sono seduta, e questo mi fa ricordare quello che mi disse una volta Ermes quando gli chiesi del suo lavoro.
    "Nell'Ade crescono piante da frutto e chi ne mangia anche solo uno è condannato a restarci per l'eternità." Abbastanza inquietante, seppur la vista di queste piante sia incantevole. Certo ho fatto una piccola modifica al prato, ma proprio pochissimo.
    Chiudendo gli occhi mi sembra di essere nei prati mortali, anche se manca quella sensazione di calore che si ha quando la pelle è sotto i raggi caldi del sole. Qui riesco a sentire l'aria fresca che muove l'erba e le foglie, trasportando quel dolce profumo di fiori appena sbocciati. Sembra una di quelle giornate dove Elio soffia leggero tra le vaste pianure, una di quelle giornate dove passi la mattina distesa sull'erba a guardare il moto delle nuvole e il volo degli uccelli, ma qui l'unica cosa che si può vedere è il nulla sopra la mia testa. Alzo gli occhi verso quel nulla, per poi ritornare a guardare il prato sospirando. Mi manca il mondo di sopra.
    «Cosa sta succedendo nel mondo mortale?» chiedo ripensando a tutte quelle anime.
«Le solite cose. Malattie e morte. Bambini che giocano e adulti che lavorano. Nulla di eccezionale.»
Mentre Thanatos mi racconta cosa fanno gli uomini vedo sbucare fuori dal nulla Hypnos. Ha la testa piena di foglie, indice che si è appisolato in qualche prato. Sembra che sia un suo vizio, ma sapendo che è il dio del sonno inizio a pensare che sia normale. Si avvicina a noi facendo un grande sbadiglio, per poi sedersi di fronte a me, e poco ci manca che non si addormenti di nuovo, ma questa volta riesce a resistere. Sembra alquanto sorpreso di vedere i papaveri che ricoprono il terreno scuro dell'Ade. E come dargli torto, prima non c'erano.
    «Da dove sbucano questi?» chiede sfiorando un petalo scarlatto, interrompendo il fratello.
«Me lo stavo chiedendo pure io.»
Alzo di poco le spalle, titubante «Ho dato loro solo una mano. Sembrava così spoglio.»
I due fratelli mi sorridono. Che la pensano al mio stesso modo?

Restiamo nel giardino per un po'. Sto insegnando a Hypnos a fare delle corone di fiori, anche se noi abbiamo usato solo papaveri. Thanatos si è rifiutato di farle, ha detto che preferiva guardare, ma credo che la ragione sia un'altra. Ho scoperto che lui è il dio della morte, e di conseguenza se tocca anche solo un petalo quello appassisce in un secondo, e questo mi rende un po' triste. Trovo lo stesso divertente passare un po' di tempo con qualcuno che sembra avere più o meno la mia età, anche se un po' mi mancano le mie compagne.

* * * *

È passata sì e no una settimana da quando Persefone si è ripresa ed ha iniziato a seguire le udienze con i morti. Sembra essersi abituata alla vista di queste ombre, anche se ancora non riesco a capire cosa le passa per la testa, dato che a fine giornata la vedo uscire da uno dei tre ingressi per prendersi cura delle piante senza mai provare a scappare. L'osservo passare da una pianta all'altra con quell'entusiasmo, chiedendomi da dove viene tutta questa energia, e dalla finestra del deposito riesco a vedere bene come si affanna. Ed è in questi momenti che mi piacerebbe quasi essere lì con lei per rivedere quel sorriso che catturò la mia attenzione.
    «Perché non chiedi ad Efesto se vi crea uno dei suoi stupendi gioielli?» dice una voce stridula da bambina. Sospiro senza distogliere lo sguardo da Persefone. «Vi ho detto mille volte di avvisare quando venite.»
Mi ignora come sempre, ma ormai non vale più la pena arrabbiarsi con lei. La bambina si avvicina ai pilastri della finestra, arrampicandosi per vedere meglio la chioma castana della ragazza. «Però! È davvero bella.» e mentre lo dice ridacchia. Distolgo lo sguardo da Persefone, che ormai sta intrecciando corone di papaveri, per guardare il viso tondo di Ecate incorniciato da una riccia chioma nera. I suoi occhi verdi fissano ancora la figura di Persefone e uno strano sorriso le si dipinge in volto.
Poggia i piedi a terra, per poi iniziare a girare attorno alla scrivania sorridendo, mentre io riposo il mio sguardo sulla figura di Persefone che ha iniziato a correre scalza sull'erba.
    «Quella ragazza non sembrava fatta per l'oltretomba.» dice la voce seria da donna di Ecate.
«Cosa intendete?» la guardo stupito. Mi aspettavo che dicesse che "non è fatta per l'oltretomba", come mi disse quella volta mio fratello, e non il contrario. Insomma l'ho rapita con l'aiuto di Zeus, ma è stato perché non sono fatto per corteggiamenti e tutto il resto – e questo mio fratello lo sa bene – poi c'era anche il fatto che Demetra non avrebbe mai acconsentito.
«Qualsiasi persona che viene rapita non passa le sue giornate come se non fosse successo niente, anzi...»
«Tenterebbe di scappare.» completo «L'ha già fatto.»
    Ecate sorride appena «Tenterebbe sempre di scappare. Fate come vi ho detto, fatele un regalo.» si avvicina alla porta «E poi chissà, magari potrebbe sbocciare qualcosa e di sicuro non vedrà più la sua permanenza nell'oltretomba come qualcosa di obbligatorio.» continua con una risata cristallina, prendendosi beffa di me.
Quando sto per ribattere lei non c'è più, torno così a riporre la mia attenzione su Persefone distesa sull'erba.
Forse Ecate ha ragione. Dovrei provare a non essere quel freddo blocco di ghiaccio il quale – per colpa della solitudine – sono diventato.




 


NOTE

Le abitazioni greche possedevano al centro un cortile circondato da delle colonne chiamato peristilio.

Thanatosa è la personificazione della morte, figlio della Notte e fratello gemello di Hypnos.

Hypnos è  dio del sonno, figlio di Erebo e fratello gemello di Thanatos.

Thanatos e Hypnos venivano raffigurati come due giovani alati con in mano dei papaveri

Ecate è la dea della magia, degli incantesimi e degli spettri, raffigurata come triplice (giovane, adulta/madre e vecchia).  Divinità , in grado di viaggiare liberamente tra il mondo degli uomini, quello degli dei ed il regno dei Morti. Spesso è raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti


Angolo Autrice:

Salve a tutti !!! Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione. Era pronto da un po' e bastava solo controllarlo, ma più lo leggevo più non lo vedevo "all'altezza" del I atto.

Un grazie a tutti voi che avete letto il primo atto e commentato




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