L'adulterio

di Emily Darcy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'adulterio ***
Capitolo 2: *** Conseguenze ***



Capitolo 1
*** L'adulterio ***


L’adulterio
Il 17 novembre Michael Johansen era molto nervoso. Lui si era sempre definito – oltre ad esserlo veramente – un uomo tranquillo e pacato, non aveva mai avuto sbalzi d’umore repentini, né era incline a sprofondare in stati d’animo che gli facessero pensare di non essere in grado di controllare e gestire al meglio le sue emozioni.
Quella sera aveva una cena di lavoro, a cui avrebbero partecipato la moglie e l’amante: una situazione alquanto patetica, ma non aveva potuto evitarla. Il giorno prima, il 16 novembre, aveva chiesto a Sofie Larsen, la sua amante – o meglio donna da una notte soltanto – di seguirlo nel suo ufficio. Lei si era avvicinata a lui muovendo il corpo sinuosamente, gli aveva messo una mano sulla spalla e l’aveva fatta scivolare vicino alla cintura dei suoi pantaloni. Michael, con uno sguardo serissimo e affatto amichevole, le aveva comunicato che non aveva intenzione di tradire nuovamente sua moglie. “Non succederà più”, disse, “Domani alla cena ci sarà anche lei e non voglio che lei sospetti niente.”
Lei, intuendo le paure di Michael, lo rassicurò: “Mi comporterò in maniera impeccabile. Non le rivolgerò nemmeno la parola.”
Michael però non si sentiva affatto rassicurato da quelle parole. Lei le aveva pronunciate mantenendo uno sguardo molto provocante e aveva provato di nuovo ad avvicinarsi a lui. Michael le disse gentilmente: “Sofie, io amo mia moglie e soltanto lei. Non c’è niente che mi possa far dimenticare che la amo.”
Sofie alzò un sopracciglio, ricordandogli che lei era invece riuscita a fargli dimenticare non solo l’amore per la moglie, ma anche il rispetto per lei. Abbozzò un sorriso, allungando un angolo della bocca.
“Ho fatto un errore. Mi sono pentito di averlo fatto. Non voglio divorziare per una stupidaggine simile.”
“Stai tranquillo”, rispose Sofie infastidita. Si scostò i capelli neri e morbidi dietro la spalla, corrucciando la fronte. “Non temere, non ho intenzione di rovinare il tuo matrimonio. Volevo solo divertirmi. Amici come prima?”
Michael non strinse la mano affusolata della donna. Lei si congedò velocemente da lui, che sfortunatamente non si rese conto del rossetto che la dea della discordia aveva fatto scivolare di nascosto nella tasca della sua giacca. Il simbolo dell’infedeltà che avrebbe generato sospetti e litigi.
Michael si rilassò quando Sofie fu fuori dal suo ufficio, e ripensò a come aveva stupidamente fatto in modo che il rapporto formale fra loro degenerasse. Erano colleghi di lavoro da molti anni: entrambi avvocati di successo, avevano spesso lavorato insieme e partecipato a conferenze in cui avevano fatto i relatori. Circa un mese prima del 17 novembre, avevano preso parte ad una festa di lavoro. Michael era in piedi accanto al bancone, vicino a lui qualche drink vuoto. Stava chiamando la moglie, che però non aveva risposto.
“Chi stai assillando di chiamate?”, chiese Sofie, che si era avvicina nel suo abito rosso che si modellava perfettamente al suo corpo.
“Mia moglie. Non mi risponde.”
“Non sapevo che fossi un tipo apprensivo.”
“Non lo sono infatti”, si difese Michael. Aveva notato anche lui in realtà, di essere diventato particolarmente inquieto e ansioso quando la moglie non gli rispondeva, ma non riguardava certo Sofie. “Volevo solo sapere come stava.”
“Starà bene. Tua moglie è un’avvocatessa audace e decisa, e come donna non è da meno.” Sorrise. “Come me del resto”, aggiunse.
“Tu e mia moglie siete molto diverse come donne, forse sul lavoro avete la stessa determinazione, ma nella vita privata non saprei…”
Sofie assottigliò gli occhi. “Mi piacerebbe conoscerla, tua moglie. Non fai che parlare di lei a tutti.”
“Lei fa parlare di se anche da sola.”
“Sì, questo è vero.” Sofie si avvicinò di più a lui, ma sempre rispettando lo spazio minimo che doveva dividere due colleghi. “Avrai questo atteggiamento tutta la sera?”
“Quale atteggiamento?”, chiese Michael aggrottando le sopracciglia.
“Quello del disperato che non sa perché la moglie non le risponde. Insomma, sarà occupata! Forza, vieni con me a divertirti!” Sofie pronunciò quelle parole con la disinvoltura sufficiente, da non farle risultare né offensive né innopportune.
Michael infatti, mise in tasca il cellulare e disse: “Hai ragione, non la richiamerò più.”
Michael e Sofie quella sera chiacchierarono piacevolmente, anche se Sofie aveva notato che Michael era distratto da pensieri di cui lei non era l’oggetto. Nonostante questo fu contenta di flirtare con lui: in realtà fu un flirt leggero e giocoso, per niente volgare né esplicito. Si erano scambiati due o tre battutine allusive, ma le allusioni erano state molto sfumate.
Michael non gli diede molto peso, ma per tutta la settimana successiva Sofie gli aveva lanciato degli sguardi penetranti, aveva approfittato più volte di una discussione per toccargli la spalla o la mano, gesti che chiaramente aveva sempre fatto, ma adesso il secondo fine era più che evidente. Aveva cominciato a scrivere messaggi leggermente allusivi, ma se fossero stati letti da sua moglie, l’allusione sarebbe stata più che chiara e lei non sarebbe stata contenta.
Michael non la rifiutò esplicitamente, né la assecondò, ma si limitò a dirle che sarebbe stato meglio evitare questo genere di messaggi. Preferiva non offendere o ferire Sofie dicendole che non era interessato a lei, sperava che lei potesse capire quanto fossero inopportuni i suoi messaggi e tutti i suoi atteggiamenti civettuoli: lui amava sua moglie. Di fronte alla sua indifferenza, Sofie non si arrese, al contrario trovò intrigante dover essere lei a sedurre un uomo come Michael: farlo cadere in tentazione sarebbe stato divertente.
Fu per questo che Sofie si propose come accompagnatrice di Michael ad un conferenza che si sarebbe tenuta in quel fine settimana, in una località marittima. Fecero il viaggio insieme: fu un viaggio particolarmente snervante per Michael perché, nonostante lei si comportasse in maniera perfettamente educata, la formalità fra i due era scomparsa.
Michael trovava che i suoi tentativi di seduzione fossero fastidiosi e inopportuni, dato che lui era sposato. Aveva perfettamente capito l’interesse di Sofie, e aveva provato educatamente a dirle che era meglio se fossero tornati alla formalità di prima. Sofie aveva riso, dicendo “Oh santo cielo, ma di cosa parli? Siamo solo due colleghi che parlano del più e del meno.”
Michael cercò di distrarsi, pensando alla moglie, alla prima volta che l’aveva vista. L’aveva conosciuta durante l’erasmus di lei, che dall’Italia aveva deciso di giungere in Norvegia, proprio nell’università dove studiava lui. Frequentavano un corso in comune ed erano diventati subito amici, soprattutto perché lei non si era scoraggiata di fronte alla riservatezza di lui. Era una ragazza esuberante, che amava stare al centro dell’attenzione e conoscere nuove persone, delle qualità che a Michael piacevano. A distanza di molti anni, poteva dire che aveva conservato queste qualità, ma negli ultimi tre mesi lei era diventata più distante, si era concentrata sul suo lavoro talmente tanto che non riuscivano neanche per fare colazione insieme. Lei gli aveva detto che il caso che stava affrontando l’aveva particolarmente coinvolta, ma le dispiaceva averlo trascurato. Tuttavia Michael sospettava che la moglie gli nascondesse la verità: aveva dovuto affrontare casi ben più difficili di questo e credeva che lei avesse deciso di immergersi, anima e corpo, nel lavoro, solo per evitare di affrontare il vero problema che la affliggeva. Questa però, era solo una supposizione.
Dal suo punto di vista, Michael non sapeva cosa pensare di questo atteggiamento della moglie: era abituato ad alcune manifestazioni d’affetto che ora lei non gli riservava più. Prima di quei tre mesi lei lo baciava spessissimo: quando il marito usciva di casa e quando tornava, quando lui le sbrinava i vetri della macchina alle cinque di mattina perché lei non avesse problemi a guidarla, o semplicemente quando le andava. Ridevano e scherzavano spesso insieme, facevano gite in barca e lunghe passeggiate in montagna, facevano l’amore in luoghi sperduti e impervi. E poi lei all’improvviso era cambiata: sembrava detestare anche solo il minimo contatto con lui, la sua sola presenza.
Forse fu per questo che in quel fine settimana, Michael, particolarmente addolorato dall’allontanamento della moglie, pensò che tra loro non c’era speranza di recuperare il rapporto di prima e si lasciò convincere da Sofie ad andare a letto con lui: un’esperienza molto breve e vuota, che gli lasciò un senso di colpa che lo divorò per settimane fino al fatidico 17 novembre. Continuava a chiedersi il perché l’avesse fatto, se amava sua moglie. Forse non c’era nemmeno un motivo razionale. Mentre penetrava Sofie, aveva immaginato che fosse sua moglie la donna sotto di lui, ma sua moglie non faceva versi tanto osceni, non si muoveva in modo tanto orribile.
Sua moglie inarcava la schiena in modo molto sensuale quando era in piena estesi, i suoi respiri affannosi e le sue dita che gli sfioravano le cosce e le braccia e poi che stringevano le lenzuola erano tutte cose che Sofie faceva in modo diverso. Questa diversità disgustosa e volgare, agli antipodi rispetto alla sensualità e alla bellezza di sua moglie. Fare l’amore con la moglie era ogni volta un’esperienza sublime e poetica, una manifestazione del loro legame a livello fisico.
Sofie invece era la più rivoltante delle puttane. Michael aveva avuto difficoltà a guardare Sofie immersa nel piacere del suo orgasmo: non le piaceva quella donna e detestava se stesso per aver fatto sesso con lei.
Michael si rivestì velocemente dopo il coito, e senza neanche salutarla uscì. Sofie si addormentò beatamente ignara dei sensi di colpa di Michael, mentre lui nel buio della sua camera d’albergo pianse per il tradimento. Lo investì la paura irrazionale che sua moglie potesse aver scoperto già tutto e potesse lasciarlo. Pensò di chiamarla in preda al panico e di dirle che l’amava, lei e soltanto lei. Compose il numero con il telefono dell’albergo. Mentre attendeva la risposta, Michael si asciugò le lacrime e si schiarì la gola.
“Pronto?” La voce di sua moglie lo tranquillizzò.
“Sono Michael.”
“Ciao!”, lo salutò lei allegramente. “Come è andata la conferenza? È stata interessante?”
“Sì, molto. Tu cosa stai facendo?”
“Mi stavo rilassando, perché ho finalmente vinto la causa.” La felicità che trasmetteva non lo coinvolse, perché si sentiva schiacciato dal senso di colpa. In ogni caso le fece capire che era orgoglioso di lei.
“Fantastico! Perché non mi hai chiamato?”
“Ho provato due o tre volte, ma non hai risposto.” Lui ricordò di aver lasciato il telefono nella sua stanza durante la cena con Sofie e tutti gli eventi successivi ad essa.
“Era scarico, così l’ho lasciato in camera.”
Lei gli raccontò dettagliatamente come era riuscita a vincere la causa, quali prove aveva portato alla luce, tutte le cose che aveva scoperto. Michael sentiva che era molto soddisfatta di quello che aveva fatto. L’ascoltò con attenzione e orgoglio, pensando che la realizzazione di se stessi nel lavoro fosse un obbiettivo fondamentale nella vita di una persona.
“Non vedo l’ora che torni a casa. Voglio farmi perdonare, visto che sono stata troppo concentrata sul mio lavoro e non su di noi.”
“Tu non hai niente da farti perdonare.”
“Invece sì! Voglio che tu sappia che mi sei mancato tanto anche tu e che mi dispiace non avertelo fatto capire. Sono stata pessima.”
“No…” A Michael vennero le lacrime agli occhi, ma non voleva che sua moglie capisse che era sul punto di piangere.
“Tesoro, cos’hai? Hai una voce strana.”
“Niente, sono solo un po’ stanco.”
“Ho capito. Allora ti lascio andare a dormire.”
“Buonanotte.”
“Ti mando un bacio enorme. Buonanotte.”
Michael riuscì ad addormentarsi molto tardi e non arrivò in tempo per ascoltare la seconda parte della conferenza, che si tenne la mattina. Quando fu il momento di partire, Michael evitò di fare il viaggio di ritornò con Sofie. Lei capì che lui si era pentito, perciò gli scrisse:
Non c’è alcun problema se vuoi dimenticare quello che è successo. Non dobbiamo per forza parlarne. Torniamo ad essere semplicemente colleghi.
Quando Michael giunse a casa, la moglie era tornata ad essere la donna di sempre. Durante i giorni precedenti al 17 novembre, lui si tormentò chiedendosi se doveva confessare o meno. Il 16 novembre però, l’intervento esterno di Sofie, che aveva infilato il rossetto nella tasta della giacca, rese inutili i tormenti di Michael. Il caso volle infatti, che la moglie di Michael trovasse il rossetto.
La donna rimase solo molto sorpresa di trovare un rossetto nella tasca della giacca del marito, nei primi secondi della scoperta. Pensò che quel rossetto non era suo. Ipotizzò che fosse un regalo che Michael le aveva comprato e che ancora non aveva impacchettato, ma il marito sapeva che lei non amava truccarsi, tantomeno con colori così appariscenti e accesi.
Quando aprì il rossetto, notò che era già stato usato. Lo fissava sconcertata e non faceva che pensare che quel rossetto fosse di un’altra donna. Richiuse il rossetto e lo nascose. Mentre Micheal guardava la televisione, lei ne approfittò furtivamente per prendergli il telefono e guardare se tra i suoi contatti, tra le sue conversazioni ci fosse un nome o qualcosa di sospetto.
Non le sembrò di trovare nulla, la formalità caratterizzava la maggior parte delle conversazioni che Michael aveva con chiunque, persino con le donne. Trovò solo un messaggio inviato da una certa Sofie Larsen, su cui indugiò particolarmente: Non c’è alcun problema se vuoi dimenticare quello che è successo. Non dobbiamo per forza parlarne. Torniamo ad essere semplicemente colleghi.
Mise il telefono dove l’aveva trovato e pensò di andare da Michael e chiedere chiarimenti. Per qualche motivo però, sua moglie cambiò idea: non aveva senso che lui l’avesse tradita. Non era necessario alcun confronto con lui, perché quel rossetto non era di un’altra donna, ma un regalo che Michael aveva fatto a lei. Dimenticò persino che quel rossetto era già stato usato e decise che quel messaggio poteva essere fraintendibile se non calato nel contesto preciso della conversazione. Quella sera guardò con Michael la televisione, poi andarono a dormire e il giorno dopo, quando si svegliarono, era il 17 novembre.
La mattina di quel giorno, Michael si recò a lavoro e trovò di fronte al suo ufficio Sofie, spaventata e nervosa. Aveva un’espressione così dispiaciuta, che Michael non ebbe il coraggio di mandarla via.
“Ho fatto una stupidaggine ieri.”
Michael aveva un’espressione impenetrabile. “Cosa?”, le chiese annoiato.
Lei parlava mentre lui sistemava i documenti sulla sua scrivania.
“Ho messo il mio rossetto nella tasca della tua giacca.”
Lui rimase in silenzio, in attesa che lei aggiungesse altro. Il suo sguardo si fece sempre più cupo e minaccioso. Chiuse gli occhi e ripensò alla sera prima, a dove aveva messo quella giacca, se la moglie l’aveva presa in mano o se avesse avuto degli strani comportamenti. Non ricordava niente di particolare che potesse confermare l’ipotesi che la moglie avesse trovato un rossetto non suo.
“Mi dispiace.” Sofie continuava a parlare, gesticolando nervosamente con le mani. “Non so perché ho fatto una cosa tanto stupida. Ero arrabbiata, non so come mai, poi però mi sono sentita in colpa.”
“Per favore, esci.” La sua voce era neutrale, i suoi occhi comunicavano rancore e odio.
Michael si sedette sulla sua scrivania e pur essendo convinto che la moglie non avesse scoperto nulla, decise di chiamarla al cellulare. Si disse che se lei gli avesse risposto amorevolmente, voleva dire che non aveva trovato nulla. Magari, rifletté, avrebbe potuto dire alla moglie che una sua collega aveva messo un rossetto nella tasca della sua giacca, pensando che fosse quella di qualcun altro. Oppure avrebbe potuto dirle che aveva preso per sbaglio la giacca di un collega, perciò il rossetto era di una donna legata a lui.
Prima di arrivare al momento in cui la moglie di Michael risponderà alla chiamata del marito però, è necessario dire che dopo l’iniziale incredulità della donna di fronte all’idea di un eventuale tradimento del marito, lei aveva cominciato a maturare i primi sospetti. Da questi sospetti nacquero le prime fantasie e saltare a conclusioni affrettate fu facile: Michael aveva spesso dovuto assentarsi da casa per partecipare a numerose conferenze, sempre in luoghi lontanissimi da casa. Chissà quante volte aveva approfittato per tradirla. Con donne diverse o sempre con la stessa? Forse aveva fatto sesso con l’amante anche nel loro letto, e dopo averlo fatto con questa, aveva avuto addirittura il coraggio di farlo, magari senza neanche lavarsi, con lei.
La moglie di Michael, nonostante si facesse spesso prendere dalla rabbia, quella mattina si impose di pensare razionalmente. Presentarsi nell’ufficio del marito, urlargli contro e spaccare tutto quello che aveva davanti a sé sarebbe stato solo imbarazzante. Decise che quella sera, alla cena, avrebbe portato il simbolo dell’infedeltà con sé e magari lo avrebbe anche messo. Andò in bagno e si provò il rossetto: guardandosi allo specchio pensò che non le si addiceva affatto.
Proprio in quel momento arrivò la telefonata di Michael. Rispose amorevolmente, come se non avesse scoperto assolutamente nulla sul tradimento del marito. Lui in effetti le aveva fatto le solite domande di routine, su come si era svegliata, se era già a lavoro. Dicendogli che era in ritardo, riuscì a riagganciare senza troppi problemi. Tornò a guardarsi allo specchio e mentre stringeva forte la punta del rossetto, questa si spezzò cadendo nel lavandino. Scoppiò a piangere. 

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Capitolo 2
*** Conseguenze ***


Quella sera, quando giunsero Michael e sua moglie alla cena, Sofie era tesissima. Conosceva di fama la donna, ma non l’aveva mai vista e fu presa da un moto di gelosia, quando notò che era esteticamente molto bella. Essendo la bellezza oggettiva, nessuno avrebbe potuto affermare il contrario, ma chiaramente qualcuno avrebbe potuto preferire un tipo di bellezza diverso. Aveva un viso ottocentesco, i capelli castani le ricadevano in morbidi riccioli, a tratti disordinati, sulle spalle, la pelle molto chiara. Appariva una donna molto attenta alla cura del suo corpo, ben vestita e come ebbe modo di osservare, socievole e pronta a chiacchierare con tutti. Nonostante fosse l’unica a non conoscere nessuno, riuscì a non isolarsi e a divertirsi. Forse Michael aveva ragione, non aveva proprio scoperto assolutamente niente: una donna che ha scoperto un tradimento non si avrebbe allegramente accompagnato il marito ad una cena di lavoro.
Sofie cercò di sedersi il più lontano possibile da Michael e sua moglie, e di non parlare con nessuno dei due. Chiaramente non era sfuggita alle presentazioni. Quando pronunciò il suo nome, la bella moglie di Michael sgranò gli occhi; per un attimo Sofie restò col fiato sospeso per l’ansia.
“Piacere, mi chiamo Emilia”, si presentò la donna sorridendo.
“Sì, lo so. Michael ci ha parlato molto di te.”
Sofie notò che Michael la guardava esterrefatto e con lo sguardo le intimava di smettere di parlare.
“Spero che abbia detto solo cose belle, allora.”
Infatti era proprio così: sicuramente quella donna nascondeva dei difetti, ma Sofie non riusciva a credere che Michael l’avesse tradita. Lui avrebbe potuto accusarla di aver insistito troppo, ma poiché era stati in due quella sera a stropicciare le lenzuola di quel letto d’albergo, Michael non poteva certo sottrarsi alla colpa.
Verso la fine della cena, Sofie si alzò dal tavolo dichiarando che sarebbe andata un attimo fuori a prendere una boccata d’aria. Una volta fuori dal ristorante, pensò che la cena era quasi finita, sarebbe tornata a casa, si sarebbe rilassata. Mai più a letto con gli uomini sposati, si ordinò mentalmente.
Sentì la porta del ristorante aprirsi, ma non si voltò pensando che fosse un cliente qualsiasi. Mentre si accendeva una sigaretta, sentì la voce di Emilia.
“Sono uscita anch’io perché dentro cominciava davvero a fare molto caldo.”
“Hai ragione.” Sofie buttò fuori dalla bocca il fumo.
“Ho notato”, disse Emilia, “che abbiamo lo stesso rossetto.”
Sofie notò che la donna aveva tirato fuori dalla tasca un rossetto della stessa marca di quello che aveva lasciato scivolare nella tasca di suo marito. “È vero”, ammise Sofie con un sorriso forzato.
Anche Emilia aveva un leggero sorriso, ma gli occhi spenti. “Per caso condividiamo anche qualcos’altro oltre al rossetto?” Adesso non sorrideva più, ma aveva piegato leggermente la testa e assottigliato gli occhi.
“A parte la professione, non saprei”, disse Sofie sulla difensiva.
“Forse mi sbaglio. Spero di sbagliarmi e se fosse così mi scuso in anticipo, ma devo proprio chiedertelo. Per caso vai a letto con mio marito?”
I suoi occhi tristi esigevano una risposta. Sofie rimase in silenzio. La sua sigaretta stava piano piano bruciando, la cenere diventava sempre di più, ma non cadeva, finché all’improvviso qualcun altro ancora non aprì la porta: l’adultero.
“Penso che sia il caso di tornare a casa”, disse Michael alla moglie.
Lei non disse niente, lo fissò e si avviò senza aspettare che lui la raggiungesse. Andava a passo svelto, ma Michael aveva capito che voleva stare da sola e cercò di camminare lentamente per lasciarle i suoi spazi.
Emilia continuava a interrogarsi su una questione che l’aveva tormentata da quando aveva scoperto che il marito le era infedele: aveva sempre pensato che un uomo tradisce la moglie perché non la ama; se la amasse avrebbe il coraggio di affrontare una crisi che arriva oppure in onore dell’amore provato avrebbe potuto dirle che il loro matrimonio era finito. Ma possono esistere uomini che continuano ad amare la moglie anche quando tra le braccia stringono un’altra donna? Era possibile che Michael avesse usato il tradimento come una forma di legittima difesa, per superare il dolore di qualcosa che si era rotto in casa? Se lui fosse stato felice con lei, non l’avrebbe certo tradita. Solo quando una relazione è segnata dall’apatia e dall’incomprensione, si tradisce.
Si impose di non volerlo perdonare. E comunque anche se l’avesse fatto, come avrebbe potuto fidarsi ancora di lui? Chi le avrebbe garantito la sua fedeltà? Ormai continuare a porsi delle stupide domande non aveva più senso. Così sopraffatta e ferita, camminava: dove sarebbe andata se non avessero stabilito di dirigersi verso la macchina? Che il dolore mi soffochi!
Raggiunsero la macchina in silenzio, senza parlare né guardarsi negli occhi durante il tragitto. Michael mise in moto, mentre la moglie cominciò a piangere. Lui non se ne accorse subito, perché piangeva in silenzio e con il volto girato verso il finestrino. Neanche un singhiozzo, neanche un movimento veloce delle dita per asciugarsi le guance che lo rendesse consapevole delle lacrime silenziose che le colavano dal viso. Si rese conto che stava piangendo solo per caso, ma rimase in silenzio. Tradire la donna che amava era stato come tradire se stesso e la sua coscienza.
In quel momento moglie e marito condividevano un dolore, ma ognuno dei due voleva isolarsi nel proprio. Lei sperava che lui rompesse quel silenzio fra loro, che le dicesse che era stata una stupida anche solo a pensare che lui potesse tradirla. Lui continuava a non dire niente. Emilia decise che sarebbe stata la prima a parlare, ma prima voleva smettere di piangere, un discorso come quello non poteva essere interrotto da nessuna lacrime.
Quando arrivarono sul vialetto di casa, lui aprì la portiera. Lei disse: “Chiudila”con un filo di voce. “Vai a letto con lei?”, chiese a voce bassissima.
“Te l’ha detto lei?”, domandò lui sconsolato.
“No, ma tu me lo hai appena confermando.”
Si guardavano confusi, come se fossero due estranei. Lei non riusciva più a riconoscerlo come la persona che aveva sposato e lui la guardava, cercava di capire cosa pensasse. Il suo volto era tutt’altra che impassibile: aveva gli occhi arrossati dal pianto, le era tremata la voce quando gli aveva chiesto se andava a letto con lei. Percepiva il suo dolore, e solo quello: non riusciva però, a capire quali sentimenti provasse nei suoi confronti. Li poteva immaginare certo, ma le persone reagiscono in maniera diversa a questo genere di eventi.
“Da quanto vai a letto con lei?”, chiese senza guardarlo negli occhi, ma tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
“In realtà è successo una volta, e me ne sono pentito. È stato uno stupido errore, un incidente che…”
A quello parole si voltò verso di lui, guardandolo come un rapace che osserva che la sua preda poco prima di ucciderla. “Un incidente?”, chiese Emilia contrariata. “Cadere dalla bicicletta è un incidente, non scopare con un'altra!”
“Mi sono spiegato male. Intendevo dire che mi sono pentito.”
Lei ignorò cosa aveva detto. Avrebbe voluto affrontare la discussione con calma, ma ormai aveva perso le staffe. “Quando si fa un incidente, in genere non lo si vuole davvero commettere. Per caso eri inconsapevole di fare sesso con un’altra?” Cercò di non alzare troppo la voce, ma non riuscì a nascondere l’alterazione.
“No.”
“Quando hai fatto sesso con lei, lo volevi fare?”
Michael non rispose; voleva dare le sue spiegazione e farle capire il perché aveva fatto quel che aveva fatto. Lei lo incalzò a rispondere. “Sì”, si trovò costretto a confessare lui.
“Questo è sufficiente per dire che non è stato un incidente.” Distese la schiena sul sedile e ricominciarono a scenderle le lacrime.
“È stato uno sbaglio enorme, questo intendevo dire. Me ne sono pentito amaramente.”
“Possiamo entrare in casa?”, lo interruppe lei.                                    
“Sì.”
Entrambi scesero; lei corse velocemente verso la porta di casa, lui la osservava triste mentre lei con la mano tremante apriva la porta. Quando furono entrati, lei gli disse che voleva stare qualche minuto da sola. Corse su per le scale, entrò nella loro camera da letto, che era comunicante col bagno. Si chiuse a chiave dentro al bagno e cominciò a piangere, a sfogarsi come non era riuscita a fare prima di quel momento.
Si chiese, mentre piangeva seduta sul water, se il motivo per cui credeva ad ogni parola di Michael solo perché lo amava ancora. Non poteva pensare di non aver saputo giudicare per così tanti anni la persona che aveva sposato. Avrebbe ascoltato le sue spiegazioni, le sue scuse, per capire se era possibile salvare il loro amore. Forse era possibile, in base alle circostanze, distinguere quali tradimenti perdonare e quali no.
Emilia finalmente lo raggiunse in salotto, lui era seduto sul divano: stava piegato in avanti, con i gomiti sulle gambe e il viso nascosto dalle mani. Quando lui la sentì arrivare, si alzò in piedi. Lei notò che anche lui aveva pianto.
“Vorrei ascoltare cosa mi devi dire”, disse lei. “Voglio sapere tutto: dove e come è successo, cosa avete fatto… no”, si corresse, “cosa avete fatto non lo voglio sapere. Voglio sapere se provi qualcosa per lei, se era programmato o è successo per caso, se la trovi bella.”
Lui inizialmente si sentì preso alla sprovvista, poi cominciò a raccontarle quando aveva cominciato a sospettare di piacerle, come aveva reagito, del viaggio insieme e del sesso. Le spiegò come si era sentito cercando di essere più preciso e sincero possibile.
“Quando l’ho fatto, non ho pensato alle conseguenze, non ho pensato che avrei potuto ferire te o me, l’ho solo fatto. È successo a causa della mia debolezza: non si tratta di una debolezza dovuta al fatto che mi sentivo attratto da lei, ma al fatto che mi sono sentito insicuro e poco amato.”
“Poco amato?”, ripeté lei. Nella sua voce non c’era scetticismo né sarcasmo.
“Io ho notato che ci siamo allontanati molto negli ultimi mesi. Tu l’hai attribuito alla causa che stavi affrontando, ma in realtà avevamo cominciato già da prima a comportarci come se non ci amassimo più.” Michael fece un sospiro. Voleva stare attento a usare le parole in modo tale che le sue affermazioni non suonassero come delle giustificazioni al tradimento. “Non mi baciavi più, non facevamo più l’amore, non volevi neanche che ti toccassi. Ogni volta che mi avvicinavo a te, tu mi respingevi educatamente. Mi dicevi che avevi da fare o che non era il momento opportuno. Io pensavo di non piacerti più. Non posso però dirti che l’ho fatto perché lei mi desiderava; io volevo essere desiderato da te. Forse volevo solo non pensare a niente, ma non ho fatto altro che sprofondare ancora di più. Quando ho notato che eri tornata come prima, ho scelto di non dirtelo perché volevo evitare di farti stare male e allontanare di nuovo da me.”
Emilia aveva seguito il suo discorso scegliendo di guardarlo negli occhi e di cercare di capirlo.
“Se hai l’impressione”, continuò lui, “che io ti stia dicendo che è colpa tua se ti ho tradito, non è così. Io mi prendo le mie responsabilità e accetterò qualsiasi tua scelta sul futuro. Io mi rendo conto che, avendoti ferita e delusa, non posso pretendere il tuo perdono né il tuo amore né che le cose tornino come prima. Se tu volessi però cercare di risolvere questo problema insieme, ne sarei felice e te ne sarei eternamente grato.”
“Io vorrei rimanere sposata.”
Michael deglutì, esitò e poi non le disse nulla. Le parole non sempre possono essere il mezzo giusto per esprimere i propri sentimenti, per questo il silenzio che calò nella stanza non era un silenzio tetro e imbarazzante, ma un silenzio che segnava l’inizio di un nuovo capitolo della loro vita.  

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