La rosa bianca

di Altair13Sirio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova vita ***
Capitolo 2: *** Un compleanno diverso dal solito ***
Capitolo 3: *** Arte ***
Capitolo 4: *** Il Mondo di Guertena ***
Capitolo 5: *** Dentro al labirinto ***
Capitolo 6: *** Intrappolati nell'incubo ***
Capitolo 7: *** Secchi di vernice ***
Capitolo 8: *** Dietro a uno specchio ***
Capitolo 9: *** Di nuovo libera ***
Capitolo 10: *** Attraverso i pericoli ***
Capitolo 11: *** In giro con Mary ***
Capitolo 12: *** Mi hai salvato ***
Capitolo 13: *** Un'amica in questo inferno ***
Capitolo 14: *** La rosa finta ***
Capitolo 15: *** Svegliati Ib! ***
Capitolo 16: *** Avanti per salvare un amico ***
Capitolo 17: *** Un papà ***
Capitolo 18: *** Di nuovo in marcia ***
Capitolo 19: *** Bevendo nella Notte ***
Capitolo 20: *** Amici insoliti ***
Capitolo 21: *** Di fretta ***
Capitolo 22: *** La tela bruciata ***
Capitolo 23: *** Album dei disegni ***
Capitolo 24: *** Riunione movimentata ***
Capitolo 25: *** Finalmente insieme ***
Capitolo 26: *** La propria sfida ***
Capitolo 27: *** Degno di fiducia? ***
Capitolo 28: *** Un pericolo per noi ***
Capitolo 29: *** Una rosa per una donna ***
Capitolo 30: *** Abbandonata ***
Capitolo 31: *** La verità ***
Capitolo 32: *** Una famiglia con cui restare ***
Capitolo 33: *** Fuori ***
Capitolo 34: *** La casa del Maestro ***



Capitolo 1
*** Una nuova vita ***


La bambina era diventata una grande appassionata d’arte. I quadri e le sculture non avevano segreti per lei. Sua madre era molto fiera di lei; era davvero felice di averla portata a quella mostra quando era piccola. Più la bambina accresceva le sue conoscenze artistiche, più somigliava alla madre. La passione con cui studiava ore e ore i quadri più complessi, capaci di far venire il mal di testa anche agli adulti più intelligenti, lasciava senza parole. Continuava a scrutare quel quadro di fronte a sé finché non ne trovava un difetto o un qualche aspetto nascosto dal pittore in attesa che qualcuno come lei lo scovasse.
Di solito era sempre attenta a ciò che le accadeva intorno, e aveva sempre la risposta pronta; questo era un aspetto del suo comportamento che aveva suscitato qualche dubbio nei suoi genitori; non era mai stata una bambina loquace. Proprio dopo essere tornata da quella mostra, però, aveva cominciato ad essere più vitale; apprezzava di più ogni aspetto della vita. I genitori non potevano dire di non essere contenti, poiché si fossero a lungo preoccupati per lei e per il suo carattere chiuso e timido. Tuttavia, nonostante il suo cambio di carattere, la bambina aveva faticato a fare amicizie, il ché l’aveva spinta a restare spesso a casa, con i genitori, oppure, molto più frequentemente, con un uomo che aveva conosciuto a quella mostra. Il padre non poteva non inquietarsi all’idea che la sua piccola bambina frequentasse un uomo molto più grande di lei, e che ci passasse tanto tempo assieme come se fossero due buoni amici. Stava così spesso con lei da essere diventato una specie di fratello maggiore. E sperava che rimanesse così.
La sua passione per la pittura e per la scultura l’aveva spinta a provare a creare, e i risultati l’avevano ripagata del duro lavoro che aveva impiegato. La natura era la sua tela: dipingeva fiori, rose specialmente, ma anche oggetti della propria vita quotidiana, come le bambole di pezza che teneva in casa, oppure ancora tentava di creare sculture con l’argilla, dando forma a oggetti piuttosto difficili da comprendere per gli altri e dall'aspetto a volte grazioso, altre volte grottesco. Altre volte ancora aveva provato a dipingere dei quadri astratti, creando cose talmente complesse da risultare incomprensibili. Ci si chiedeva come una bambina della sua età potesse creare simili capolavori, ma con il tempo la meraviglia scomparve, lasciando spazio al solo apprezzamento dei suoi lavori.
Il ragazzo che frequentava, al contrario di lei, era piuttosto refrattario all’arte; sembrava addirittura provare un certo timore verso i quadri e le sculture. Era un tipo strano, raffinato, gentile e stravagante, e con il tempo, nonostante la diffidenza iniziale, i suoi genitori impararono a fidarsi di lui. Inoltre Ib sembrava volergli davvero molto bene…
Erano sempre assieme. Dal giorno in cui erano usciti da quella galleria d’arte, Ib e Garry avevano cominciato a vedersi sempre più spesso, passando il tempo assieme, confidandosi segreti che non avrebbero detto a nessuno… Era un comportamento strano, e i genitori della bambina si erano per un po’ chiesti se non ci fosse qualche problema, ma un giorno conobbero Garry e impararono a vederlo come lo vedeva Ib; un ventenne solitario, non molto coraggioso, goffo, dai capelli insoliti e con il vizio del fumo. Non era una persona pericolosa. Anzi, da come trattava Ib, da come sembrava amarla, era la persona di cui più si potevano fidare.
Sia la bambina che il ragazzo avevano pochi amici; il loro affetto li fece avvicinare sempre più fino a che Garry non finì per andare a casa di lei tutti i giorni, e Ib fece lo stesso con la casa di lui.
I genitori all’inizio si erano preoccupati anche di questo, ma alla fine avevano imparato a fidarsi molto di Garry – grazie anche alle parole della figlia
 così da chiamarlo quando Ib doveva rimanere sola a casa, o da lasciare la bambina in sua compagnia quando erano impegnati…
Così crebbe Ib. Crebbe assieme ai suoi genitori, assieme a Garry, assieme alle sue opere… Casa sua sembrava un museo pieno di creazioni stravaganti; tutti quei quadri e statue davano un’atmosfera inquietante alle stanze, ma Ib sembrava invece stare perfettamente a suo agio ad essere circondata da loro.
La cosa che preoccupava di più i genitori della ragazza, col tempo diventò un’altra: gli altri. Le persone parlavano di Ib. I suoi compagni di scuola le parlavano alle spalle, dicendo cose davvero cattive sul suo conto: dicevano che era stata raccomandata per passare la scuola con voti alti senza studiare; dicevano che era una strega; dicevano che i suoi genitori non erano veramente suoi genitori; dicevano che aveva una relazione segreta con Garry, il ragazzo che passava sempre a prenderla a scuola, o le portava qualcosa fino in classe, o che passeggiava assieme a lei tutti i giorni; dicevano che non le importasse di niente e nessuno a parte sé stessa, che fosse un mostro

I bambini, gli adolescenti e anche gli adulti sapevano essere crudeli, a volte…
Lei li lasciava parlare. Lei era un’artista; era incompresa dalla maggior parte della gente. Non era stata affatto raccomandata; studiava con devozione e interesse. Le piaceva la scuola, da quando era tornata da quella mostra… Forse non passava molto tempo con i suoi genitori, ma non significava che non gli volesse bene; erano spesso assenti di casa, ma lei approfittava di ogni momento libero per passare del tempo con loro. Voleva bene a Garry, era vero, ma come potevano pensare che avesse qualche tipo di relazione diversa dalla semplice amicizia? Certo, quando lo vedeva fare irruzione nella sua classe per portarle i libri che aveva dimenticato a casa o per portarle la merenda che aveva perso, il suo cuore sussultava pieno di eccitazione; era contenta di vedere che quel ragazzo tenesse così tanto a lei, che provasse un sentimento di protezione come un fratello maggiore… Garry era adorabile, chi poteva negarlo?
Che non le importasse di niente e nessuno era completamente falso. A lei importava molto dei suoi genitori, del suo papà e della sua mamma, e anche di Garry, ma come poteva importarle di gente simile che non faceva altro che sparlare senza conoscere veramente i fatti? Era vero che restandosene chiusa in sé stessa avesse attirato su di sé le malelingue, ma era fatta così: non poteva farci niente…
E poi lei aveva rischiato la vita: questo l’aveva profondamente cambiata. Il mondo di Guertena, il regno dell’arte
Ora che se n’era appassionata, le sarebbe piaciuto rivedere quel posto una volta sola. Rivedere quelle strane statue senza testa e quei quadri di donna che strisciavano sul pavimento… Rivedere tutto quello che non aveva potuto vedere con calma e apprezzare da vera artista…
Nessuno aveva mai saputo del suo viaggio con Garry in quel mondo totalmente folle. Avrebbe voluto parlarne, ma era una cosa da mantenere segreta; il primo e più importante segreto tra lei e Garry.
Ogni anno Ib diventava sempre più grande, ogni anno quel suo desiderio di conoscenza cresceva con lei, finché non riuscì più a reprimerlo, e allora espresse il suo desiderio…

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Capitolo 2
*** Un compleanno diverso dal solito ***


<< Buon compleanno, Ib! >> Esclamò Garry entrando in casa quando si ritrovò proprio la bambina ad aprirgli la porta. Portava qualcosa di grosso tra le braccia, coperto da un cartone bianco, e aveva una busta di carta appesa al braccio sinistro. Indossava sempre quel suo vecchio cappotto – ora si poteva dire – rovinato. Nonostante fosse solo una scelta di stile, Ib continuava a pensare che fosse da buttare Portava sempre una rosa blu su di esso; falsa, ovviamente.
Ib si mise sulle punte per baciare le guance di Garry che sorrise divertito.
<< Sei cresciuta, ma come sei piccola ancora! >> Commentò ridendo. Ib gli rispose a tono.
<< Non sono più una bambina, ormai! >> Disse con un sorrisetto. << Oggi compio diciotto anni! Smettila di trattarmi come se avessi ancora nove anni! >> Giusto. Non era più una bambina.
Garry ammiccò. << Scusami. Mi dimentico sempre che sei grande, ormai. Io però ti vedrò sempre come quella piccola bambina che eri un tempo! >> Come avrebbe potuto essere diversamente… Lui era altissimo, in confronto a lei; anche se cresciuta, Ib era rimasta piccola di statura, e Garry era un gigante per lei; quella differenza nella statura si era invevitabilmente riflessa nella loro differenza di età, e a Garry era sembrato che Ib rimanesse piccola per tutto quel tempo.
Dall’altra stanza si sentì una voce maschile. << E’ davvero Garry? Entra ragazzo! >> Lo invitò il padre di Ib. Garry rispose dall’entrata mentre Ib chiudeva la porta dietro di lui.
<< Ho portato qualcosa per festeggiare… Cioè, non per festeggiare, si festeggia anche senza, però era per… Ehm… >> Entrò nella sala da pranzo e pose il cartone sul tavolo, non sapendo come dscrivere la sua posizione. << Ecco, ho fatto questa torta per Ib. >> Disse sorridendo leggermente imbarazzato.
La madre di Ib sorrise contenta. << E’ un pensiero carino da parte tua, Garry! >> Disse entrando nella stanza dalla cucina.
Il padre di Ib sorrise abbassando lo sguardo, strofinandosi il mento con le dita. << Già. E’ la nona, ormai… >> Alzò lo sguardo e disse:<< Le tue torte sono sempre ottime. >>
Garry si sentì lusingato. Si guardò intorno e vide su un mobile una statuetta fatta da Ib. Quella se la ricordava: era una ballerina che eseguiva un passo su una gamba sola, secondo lui, ma Ib continuava a sostenere che si trattasse di un’altra cosa. Lo aveva sfidato a scoprire cosa fosse, ma non ci era mai riuscito… Dall’altro lato, accanto alla finestra, c’era un quadro fatto sempre da Ib. Raffigurava delle rose rosse e blu circondate dalle spine dei loro stessi steli. Erano soffocate da loro stesse.
Garry si ricordò della busta che teneva al braccio. << Oh! Questa… E’ un regalino per Ib. >> Pose la busta sul tavolo accanto alla torta e ne estrasse un oggetto alto una trentina di centimetri avvolto in una carta da regalo. << Pensavo che ti sarebbe piaciuto… >> Disse a Ib. La ragazza lo guardò curiosa e sorrise a Garry grata per quel regalo.
<< Grazie Garry. >> Disse contenta. Il ragazzo sorrise spostando un attimo lo sguardo.
Il padre della ragazza la incitò a vedere cosa fosse; allora Ib si mise a scartare il regalo. Quando lo ebbe aperto, Ib rimase a bocca aperta.
Era un carillon con sopra una ragazza vestita con una camicetta bianca e una gonna rossa. Le mani unite, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli lunghissimi. I suoi occhi rossi mettevano in soggezione, e i suoi tratti delicati facevano pensare a qualcosa di fragile. Quella era proprio Ib. Vestiva spesso a quel modo, finiva sempre per assumere quella posizione, qualunque cosa accadesse, e i suoi occhi scrutavano sempre l’infinito, persi nei suoi ragionamenti…
<< Garry… >> Mormorò Ib. Il ragazzo sorrise un po’ imbarazzato.
<< L’ho fatta fare da un… Esperto in materia… >> Disse mettendosi una mano dietro la testa, non volendosi prendere il merito. << Io non avrei saputo neanche da dove cominciare… >>
I tre adulti aspettavano la reazione di Ib. << E’ bellissimo… >> Disse infine senza sapere cosa dire. Garry sorrise, ma non seppe dire se la reazione della ragazza fosse sincera o meno
… Non sapeva mai cosa passasse per la testa di quella piccoletta, che quel giorno sembrava essere assente.
<< Oh, e non hai ancora sentito che musica fa. >> Afferrò la statuetta e girò la molla sotto al piedistallo; un paio di giri sarebbero bastati, una volta riposta sul tavolo.
Una musica delicata, acuta, dolce fuoriuscì dalla piccola base del carillon. Era semplice e lenta, ripetitiva, ma quando cominciava a far credere di essere tutta lì, cambiava introducendo una diversa melodia, per poi tornare a quella iniziale, concludendo mentre il meccanismo rallentava, e la musica faceva di conseguenza…
Ib rimase affascinata da quella musica. Alzò lo sguardo e sorrise a Garry. << Buon compleanno, Ib. >> Disse lui facendole allargare il sorriso, prima di ricevere un caloroso abbraccio da parte sua.
 
*
 
Dopo il pranzo, Garry e il padre di Ib discutevano sempre su diversi argomenti. Quella volta erano finiti per parlare di arte.
<< Io non sono mai stato molto simpatico all’arte… >> Borbottò il ragazzo mostrando insicurezza nell'affrontare l'argomento.
<< Ib sembra aver sviluppato la sua abilità all’improvviso qualche anno fa… >> Disse l’uomo alzando una mano. Garry annuì. Entrambi sapevano che non fosse stato un caso, ma solo uno di loro conosceva il vero motivo di quello.
<< E’ vero. Da quando ho cominciato a frequentarvi ho visto che la vostra casa si è riempita di statuette, quadri e tantissime opere simili, tutte fatte da lei. >> Si girò verso Ib, che stava portando alcuni piatti sporchi in cucina. << Ib, per caso quella statuetta è un angelo? >> Chiese indicando l'oggetto della loro scommessa con un dito. Ib si fermò in mezzo alla stanza e scosse la testa con un sorrisetto in volto.
<< Sei ancora lontano Garry. >> Gli disse divertita riprendendo la sua marcia verso la cucina. Garry si rigirò schioccando le dita.
<< Allora è una ballerina! >> Protestò suscitando l’ilarità del padre di Ib; non riusciva a capire cosa altro potesse essere, vista la sua particolarità. Riassunse un certo contegno e riprese a parlare con calma. << Comunque i primi giorni che sono venuto qui la vostra casa era molto diversa… >> Disse all’uomo poggiando la testa sulle nocche della mano destra. Quello annuì con le mani giunte.
<< In effetti, la nostra vita è stranamente cambiata in poco tempo. >> Guardò di lato. << Vai a una mostra d’arte e il giorno dopo ti ritrovi alla porta un ventenne che dice di dover restituire un fazzoletto di pizzo a tua figlia… >> Garry sorrise imbarazzato.
<< E’ passato parecchio tempo
>> Mormorò cercando di cambiare argomento; non riusciva a giustificare quella situazione, ma pensava che con il tempo il padre di Ib si fosse convinto della sua onestà.
<< E cominci a preoccuparti per lei: chi è quel tizio che sembra conoscere tua figlia così bene? Perché tu non sai chi sia? >> Garry si inquietò, sentendo il tono amichevole dell'uomo cambiare in qualcosa di più cupo e minaccioso. Sembrava che gli stesse facendo un interrogatorio. << E allora ti chiedi: sta succedendo qualcosa? >>
I due rimasero a fissarsi per qualche istante. Il padre di Ib sembrava volerlo accusare di qualcosa. Inizialmente non si fidava di Garry, ma il ragazzo pensava che col tempo avesse imparato ad apprezzarlo… Fu Ib a interrompere i due dalla conversazione, che ormai si era fatta piuttosto pesante…
<< Garry, prima della torta, potresti venire con me un secondo? >> Chiese ammiccando asciugandosi le mani. Garry alzò lo sguardo sorpreso e sollevato. Il padre di Ib li chiamò ridendo.
<< Vedete di tornare in tempo, o dovrò mangiare la torta tutto da solo! >> Garry si alzò sorridendo intimorito e seguì Ib fino alla sua camera.
<< Credo che tu mi abbia appena salvato la vita… >> Borbottò il ragazzo dietro a un orecchio della ragazza. Ib guardava avanti.
<< Ora che ho compiuto diciotto anni pensa che potresti sentirti il diritto di fare qualche stupidaggine con me. E’ normale per un genitore pensare una cosa del genere quando sua figlia cresce. >> Garry rimase zitto; anche Ib sembrava rimproverarlo, e quel suo ragionamento gli sembrò insolitamente cinico da parte sua.
La camera di Ib aveva una parete nera e altre tre dipinte di rosso. I mobili avevano diverse tonalità di grigio: l’armadio era molto scuro, mentre la scrivania su cui vi erano poggiati alcuni libri era grigio chiaro. Il pavimento era grigio scuro, e sopra di esso c’era un largo tappeto rosso. C’erano delle mensole alle pareti – anch’esse grigie – piene di libri e statuette, mentre una di queste era riservata a bambole di pezza di diverse dimensioni e colori. Sul muro nero vi si appoggiava il letto: coperto da morbide coperte bianche, sembrava essere sempre immacolato. Secondo Garry, la ragazza non ci dormiva mai sopra, oppure, quando dormiva non si muoveva per niente, perché non c’era nessun segno che qualcuno vi ci fosse mai sdraiato sopra…
Mentre Garry si guardava intorno, sempre strabiliato da quella stanza ogni volta che vi entrava, Ib si diresse verso il comodino nero accanto al letto e ne tirò fuori un foglietto di carta ripiegato in modo ordinato.
<< Volevi parlarmi, Ib? >> Chiese Garry guardandosi intorno con l'aria di chi aveva la situazione in mano. La ragazza si voltò spingendogli il foglio sul viso e sorridendo estasiata.
<< Apriranno una mostra dei quadri di Guertena nella capitale, Garry!!! >> Esclamò eccitata facendo vedere bene quel foglietto al ragazzo.
<< Cosa? >> Chiese Garry cercando di toglierselo dal viso. Lo prese tra le mani e lesse.
 
Il mondo di Guertena apre finalmente i battenti e si stabilisce, dopo tanto girovagare, nella nostra bellissima capitale! Che cosa aspettate a visitare i saloni artistici del grande pittore? Inoltratevi nell’arte del maestro Weiss Guertena e perdetevi tra i suoi quadri astratti! Ammirate i suoi ritratti e le sue sculture più maestose! Tutte le opere del Maestro in una sola galleria, che potrete visitare con la famiglia, i vostri amici o anche da soli, quando vorrete! E’ un peccato lasciare che l’arte sia dimenticata, quindi non perdete altro tempo, venite nel mondo di Guertena!
 
<< Oh… >> Mormorò Garry abbattuto una volta finito di leggere.
<< Non sono più riuscita a visitare una sua mostra da quella volta! >> Disse Ib piena di eccitazione girando su sé stessa. << Sarei felicissima di tornarci, e questa volta potrei conoscere tutti i suoi quadri, non solo quelli che abbiamo visto l’ultima volta! >> Ib si voltò contenta verso Garry appoggiandosi al suo petto. Il ragazzo non la respinse, ma la guardò un po’ sconcertato, cercando di trasmetterle i suoi pensieri. Quando lei se ne accorse alzò lo sguardo confusa e chiese:<< Che c’è? >>
Garry sospirò. << Vorresti tornare lì, quindi? >> Chiese girandosi e posando il volantino sulla scrivania.
<< Garry… >> Mormorò Ib. << E’ solo una mostra d’arte… >> Garry non si voltò. << Non… Andrà come l’altra volta… Sono passati tanti anni ormai. >>
<< Chi ti assicura che non succederà di nuovo, Ib? >> Chiese Garry voltandosi. Ib si zittì. << In fondo stiamo parlando di Weiss Guertena, l’artista che ha creato non solo sulla tela, ma anche dentro la tela! Sei sicura di voler rischiare ancora una volta? >> Ib abbassò lo sguardo dispiaciuta. << Quel mondo ha fatto di tutto per non farci andare via, e ora tu ci vuoi tornare? >>
Ib si girò e andò a sedersi. Mantenne lo sguardo basso. << Hai ragione, Garry… >> Disse con vocina triste. << Forse dovrei contenere il mio entusiasmo e pensare a quello che faccio… I fondo si tratta di una cosa seria; è anche un viaggio difficile da affrontare per arrivare alla capitale
>>
Garry si mise una mano al fianco. Adesso si sentiva in colpa per aver alzato la voce con Ib.
<< Però, sai, a volte mi chiedo come avremmo vissuto se non fossimo finiti là dentro… Non ci saremmo mai conosciuti… >> Garry dondolò lateralmente ascoltando le parole di Ib. << Io sarei andata a casa e sarei cresciuta da sola, come ora in fondo, ma davvero da sola! >> Garry sbuffò sapendo già dove volesse andare a parare. << Tu avresti continuato a fumare, senza mai dire che avresti smesso un giorno. Senza una famiglia che ti vuole bene come adesso… >> Non era stata una tale disgrazia per loro, in fondo

Garry non voleva farsi convincere da Ib, ma le sue motivazioni erano valide.
<< E allora ho pensato: e se potessimo perdere qualcosa, mancando questa occasione? >> Chiese Ib con sguardo basso. << Se fosse proprio questo il motivo per cui esiste l'arte di Guertena; per cambiare le vite della gente? Non vuoi scoprirlo? >> Ib alzò la testa, sfoderando il suo sguardo triste che aveva sempre avuto sin da bambina. Pochi riuscivano a resisterle. Garry non faceva parte di quel piccolo gruppo.
Furono due minuti interminabili. Garry si contorceva per cercare di trovare una scappatoia. Aveva paura delle opere di Guertena, lo avrebbe ammesso senza giri di parole, ma in quella situazione non sarebbe bastata una motivazione simile. Per lui fu difficile scegliere, ma dopo aver alzato lo sguardo, essersi massaggiato la fronte con una mano e aver sospirato profondamente, il ragazzo disse:<< In fondo è solo una mostra d’arte… Che vuoi che succeda? >> E in quell’istante Ib si alzò dal letto scagliandosi contro Garry e abbracciandolo con forza, ringraziandolo, lanciando urletti  di eccitazione e baciandolo in preda all’emozione.
<< Grazie Garry, grazie! Vedrai, sarà fantastico! >> Continuava a dire piangendo.
Dopo alcuni minuti di urla e abbracci, Garry riuscì a liberarsi dalla stretta di Ib e disse ammiccando:<< Allora è deciso: io e i tuoi genitori verremo alla mostra con te. >>
<< Eh? >> Fece Ib portando indietro la testa. << Ma i miei genitori hanno da fare. Non possono venire. >> Garry aprì la bocca a metà. Significava quello che pensasse lui?
<< Allora immagino che saremo solo noi due… >> Mormorò preoccupato, accettando quell'idea senza protestare. << Speriamo che i tuoi genitori siano d’accordo… >> In fondo a lui non creava nessun fastidio; sarebbe stato meglio rimanere solo con Ib, che assieme ai suoi genitori

<< Perché non dovrebbero? >> Chiese Ib ingenuamente.
Garry tentò di sviare il discorso e la spinse verso la porta. << Oh, sai, il primo viaggio da sola. Sarà difficile d’ora in poi, dato che sei diventata un’adulta a tutti gli effetti.>> Pensò: Certo, questa bambina è sempre stata un’adulta. Ma dove basterebbe un po’ di coscienza umana per decidere la maturità, invece ci si affida ai numeri… Ammiccò di nuovo. << Ora torniamo in cucina, prima che tuo padre si spazzoli tutto: devi assaggiare la torta che ho portato. Vedrai, ti piacerà un sacco! >> Le disse spingendola fuori dalla stanza mentre la ragazza tornava a esultare, questa volta per l'idea del dolce che li attendeva.

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Capitolo 3
*** Arte ***


Ib scese dall’automobile e richiuse lo sportello in fretta. Garry la rimproverò dicendole di aspettare. Le disse che era pericoloso essere così irruenti, soprattutto in un posto grande come quello, dove le automobili sfrecciavano nelle strade e nessuno si fermava per i pedoni. Lei era dal lato del marciapiede, ma Garry non si sentiva sicuro in ogni caso, e le disse che nelle grandi città come quella i rapimenti erano all’ordine del giorno. Era evidente che fosse nervoso
<< Ma io non sono una bambina, Garry! >> Disse raggiante la ragazza saltellando dall’eccitazione.
Comincio ad avere dei dubbi al riguardo… Fu il pensiero di Garry a quella vista. Batté le mani per attirare la sua attenzione e calmarla. << D’accordo, Ib. Ora stammi vicino e non ti allontanare. Nella galleria non andartene in giro da sola e non toccare niente, intesi? >> Parlò come una guida turistica che elencava le regole di un museo.
Ib continuava a ridacchiare, a canticchiare e a non dare ascolto a Garry, cosa che lo fece infastidire.
<< Dico sul serio, ragazzina! >> Esclamò quello assumendo una posa contratta per buttarla sul comico.
Ib si volto ridacchiando, mostrando però di aver capito con un piccolo cenno. << Forza Garry. >> Disse ammiccando. << Andiamo a fare i biglietti! >> Stava già partendo per raggiungere il museo.
Garry le rivolse uno sguardo incredulo, poi si grattò dietro la testa e sospirò abbattuto. Cercò di prendere tempo dicendo che avrebbe voluto fumare una sigaretta prima di entrare; Ib sbuffò scocciata e si appoggiò alla macchina. Garry, poco distante da lei, mise una mano in tasca e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette; era mezzo vuoto. Ne prese una e lo rinfilò nella tasca, poi mise la mano nell'altra tasca del cappotto e prese l’accendino. Si ricordò di quando aveva usato quell’accendino, tanto tempo fa, per bruciare il quadro di Mary, la bambina incontrata nel Mondo di Guertena; lei era un quadro come tutti gli altri che avevano incontrato nella galleria, ma a differenza di quei ritratti di donne anonime, sembrava avere qualcosa di speciale… Aveva qualcosa in più di loro, come se potesse riuscire a provare emozioni umane… Era solo una bambina, ma aveva cercato di ucciderlo con una spatola da pittore! Non era una bambina come le altre: era capace di cose che un adulto non sarebbe riuscito a fare. Non distingueva il bene dal male…
Garry si fermò un attimo a fissare la sigaretta che teneva tra le dita, chiedendosi perché quella ragazzina incontrata nel Mondo di Guertena fosse diversa dagli altri quadri: alcuni nemmeno si muovevano, altri avevano la capacità di muoversi, di respirare, ma non parlavano… Erano semplicemente inespressivi e seguivano solo un obiettivo senza pensarci. Non come Mary: lei era più sofisticata. Possibile che il pittore avesse impiegato più cura nel suo ritratto, tanto da conferirle una personalità propria?
Quando Garry sentì un borbottio proveniente da Ib accanto a lui, che lo stava fissando con occhi torvi e spazientita, capì di essersi soffermato sulla sigaretta un po’ troppo. Sorrise imbarazzato e la accese. Era incredibile come semplicemente afferrando quell’accendino la sua mente lo avesse portato a pensare a Mary e agli altri quadri di Guertena, così lontano dal presente
 E ora stava per incontrarli di nuovo; e in più adesso ce n’erano di altri, quelli che né lui né Ib avevano mai visto.
Inspirò il fumo dalla sigaretta e lo soffiò via. Guardò l’enorme museo bianco che si stagliava di fronte a loro, dalla quale Ib era rapita. C’era una larga scalinata che portava all’entrata, dove sette colonne sorreggevano un portico centrale, sotto la quale c’era un portone socchiuso, e vicino ad esso, una cabina dove stava una signorina un po’ annoiata. Sulla facciata del museo c’erano grandi finestre a sbarre che inquietarono Garry; non avrebbe mai voluto rimanere bloccato lì in caso i quadri e le sculture avessero dovuto cominciare a muoversi per i corridoi.
<< Solo qualche minuto. >> Disse Garry a Ib per farla calmare. La ragazza stava esplodendo dall'impazienza.
Garry girò un po’ la testa a destra e a sinistra, guardando la gente che passava veloce sul marciapiede, ignorandoli e tirando dritto senza neanche alzare lo sguardo. Pensò che la cosa brutta delle grandi città fosse questa: la solitudine. Lui era un tipo riservato, e non gli piaceva quando gli altri ficcavano il naso nei suoi affari, ma a volte pensava che in città del genere la gente si sentisse troppo sola…
<< Tu dici che ci sarà molta gente? >> Chiese Garry. Non riusciva a pensare di dover rimanere lì da solo con Ib in mezzo a tutte quelle opere inquietanti. Ib girò la testa verso Garry e lo guardò insicura.
<< Il museo è aperto da poco, quindi ci sarà ancora parecchia gente… >> Alzò lo sguardo un po’ abbattuta. << Ma non vedo nessuno da qui… >> Quello era un altro segnale della ragazza per far capire a Garry di voler entrare.
Garry tirò di nuovo dalla sigaretta. << Devi mettere in conto il fatto che Guertena non sia un pittore molto famoso. I suoi quadri sono per la maggior parte sconosciuti. >> Ib si girò di scatto e cominciò ad alzare la voce.
<< Ma i suoi più grandi quadri sono conosciuti in tutto il mondo! Abisso del Profondo, La Donna in Rosso, Mondo Fabbricato, e il suo Autoritratto sono famosissimi! >> Disse infastidita contando sulle dita i nomi dei quadri.
<< Certo. >> Disse Garry cercando di farle abbassare un po’ la voce. << Ha anche saputo come rendersi interessante… Ritrarre in modo distorto ciò che dà la vita è… >> Guardò Ib accanto a sé. << Furbo. >> Disse sorridendo semplicemente.
<< Guertena non voleva niente! >> Ribatté Ib con tono di chi non la dà vinta. << La sua arte è un modo per esprimere i suoi pensieri, i suoi sogni e le sue paure. Non dipingeva per soldi. Guertena ha sempre vissuto nella povertà! >> Disse in tono saccente.
<< Doveva essere una persona complicata… >> Disse Garry togliendo la sigaretta dalla bocca e guardandola con indifferenza. Si spinse in avanti, alzò una gamba e schiacciò la sigaretta contro il tacco della scarpa per spegnerla, poi la buttò in un cestino dei rifiuti lì vicino. << Andiamo o vuoi restare ad ammirare la facciata del museo? >> Chiese in tono di sfida.
Ib ridacchiò e lo raggiunse con un salto. Salirono le scale in pochi secondi e raggiunsero l’entrata rapidamente, destando l’attenzione della ragazza nella cabina che li accolse con un sorriso smagliante.
<< Benvenuti nel mondo di Guertena, signori. >> Disse la ragazza con tono amichevole.
<< Due biglietti. >> Disse Garry appoggiando un braccio al bancone. << Uno intero e uno ridotto. >> Si voltò verso Ib con un sorrisetto, che si allargò quando la vide sbuffare.
<< Ehi! >> Sbottò infastidita la ragazza.
<< Sto scherzando! >> Rise Garry allargando le braccia e tornando a guardare la signorina nella cabina, che aveva assunto un sorriso più sincero, questa volta.
<< Siete fratelli? >> Chiese la ragazza sorridendo mentre strappava un biglietto da un rotolo che aveva lì accanto. Garry la guardò sorpreso. << Scusate… Forse sono troppo impicciona… >> Si scusò la ragazza abbassando lo sguardo e arrossendo di colpo.
Garry scosse la testa. << Non è questo: è curioso che ci abbia scambiati per fratelli. >> Prese il biglietto che le diede la ragazza e lo diede a Ib. << Siamo solo dei buoni amici da tanto tempo… Lei ha compiuto diciotto anni da poco, e desiderava davvero tanto venire a visitare questa mostra, quindi… >> Lasciò a metà la frase, sapendo di aver fatto intendere la situazione.
<< E’ carino… >> Disse la signorina fermandosi a fissare Garry con uno sguardo strano. Scosse la testa un po’ confusa e sorrise imbarazzata. << Il fatto che le abbiate fatto questo regalo, intendo… >> Si sbrigò a spiegarsi.
Ib ridacchiò dietro le spalle di Garry. Il ragazzo colpiva i cuori di parecchie ragazze ogni giorno. Non ci fece caso e continuò a sorridere. << Quant’è? >> Chiese mantenendo il sorriso per rassicurare la ragazza facendole capire che non c’era nessun problema.
Dopo aver pagato i biglietti, Garry e Ib entrarono nel museo con lei che lo teneva da un braccio e lui che camminava a testa alta e con una mano in tasca.
<< Devi fare colpo anche quando non siamo a casa? >> Chiese scherzosa Ib. Garry fece un sorriso storto.
<< Non è colpa mia se sono incredibilmente attraente! >> Disse abbassando lo sguardo verso Ib e stringendola a sé. La ragazza ridacchiò; si voltò a guardare un attimo il portone socchiuso dietro di sé.
<< Comunque quella ragazza era carina… Potresti chiederle il numero di telefono. >> Sorrise di nuovo.
<< Se non fossimo a cento chilometri da casa sta’ sicura che ci proverei. >> Disse guardando avanti. In realtà non lo avrebbe fatto nemmeno se quella ragazza fosse stata la sua vicina di casa. In nove anni che si conoscevano, Ib non lo aveva mai visto con una ragazza al suo fianco, a parte lei; Garry era sempre stato circondato da ragazze sognanti che avrebbero voluto tanto portarselo via e nasconderlo come se fosse stato un prigioniero, ma lui le aveva sempre respinte, come se non fosse interessato a nessuna. Aveva continuato a prendersi cura di Ib come un fratello andando avanti e indietro da casa sua a quella di lei. Era molto solo, e questo impensieriva Ib

Nella sala d’entrata c’era un bancone di legno dietro alla quale stava un uomo di mezza età vestito elegantemente. Fece un piccolo cenno quando li vide e si avvicinò di più al bancone, su cui c’era un registro aperto e una penna stilografica poggiata su un supporto a spirale. Prese gentilmente la penna e gli disse:<< Per regolamento sono tenuto ad annotare i vostri nomi e a controllare i vostri biglietti. Spero che siate comprensivi. >>
<< Certo. >> Disse Garry prendendo il suo biglietto e porgendolo all’uomo. << Il mio nome è Garry. >> Disse mentre l’uomo controllava il biglietto. Glielo restituì sorridendo e annotò il nome sul registro. Ib diede il suo biglietto all’uomo e Garry parlò per lei. << E lei è Ib. >>
<< La signorina è maggiorenne? >> Chiese l’uomo esaminando il biglietto prima di scrivere il nome sul registro.
Garry annuì. << Sì. Da ieri. >>
L’uomo si rialzò dal registro e restituì il biglietto sorridendo. << Complimenti, allora! >> Disse con un sorriso. Ib annuì leggermente prendendo il biglietto con mani tremanti e si avviò verso la porta che portava finalmente nella galleria, lasciando confuso Garry, che si ritrovò a correrle dietro.
<< Che ti è preso? >> Le chiese allibito. << Hai completamente ignorato quell’uomo! >>
<< Mi sento a disagio quando un uomo come quello mi guarda a quel modo… >> Mormorò Ib cercando di ristabilire il respiro. Aprì la porta e la richiuse alle sue spalle senza preoccuparsi di accompagnarla.
<< Che cosa aveva? A me è sembrato normalissimo… >> Disse guardando dietro di sé per un istante, nonostante la porta fosse chiusa.
<< Un uomo molto più vecchio di me che mi guarda e mi fa i complimenti per aver compiuto diciotto anni nonostante non lo abbia mai visto prima ti sembra normale? >> Sbottò sottovoce Ib irritata.
<< Solitamente si fanno gli auguri a chi compie gli anni! >> Ribatté Garry trattenendo un sorriso incredulo. << E poi perché ti crea problemi che sia molto più grande di te? Non è successo niente! E’ stato come scambiare qualche parola con tuo padre… >>
<< E’ vecchio! >> Esclamò Ib fermandosi e guardando Garry negli occhi.
<< Non te lo devi sposare! >> Sbottò Garry allargando le braccia di scatto; non riusciva a credere che stesse avendo quella discussione con Ib. << Ti ha chiesto il tuo nome, non ti ha abbordata in una discoteca offrendoti una bevanda! >> Esclamò Garry sul punto di scoppiare per l’incredulità. Le tirò una frecciatina per punzecchiarla. << E poi anche io sono molto più grande di te… >>
<< Solo dieci anni! >> Sbottò Ib alzano un dito.
<< Undici! >> La incalzò Garry alzando a sua volta l’indice. Le rivolse un sorrisetto furbo come per dirle di aver vinto.
Ib cercò di sostenere lo sguardo di Garry, ma non ci riuscì e le sfuggì una risata. << Lasciamo perdere… >> Disse coprendosi la bocca con una mano e andando avanti. << Godiamoci questa mostra. >> Garry annuì e la seguì, lasciandosi alle spalle l'arrabbiatura di prima.
Davanti a loro si apriva una grande sala piena di opere del Maestro Guertena che mandarono la giovane Ib in estasi. C’erano sculture e dipinti, tutti ordinati in modo da comporre un complicato disegno astratto, per rendere più interessante la mostra; in un incavo di una colonna c’era appeso un quadro che Garry conosceva molto bene: L’Uomo Appeso, quel quadro che aveva dato loro la combinazione per aprire la porta nel Mondo di Guertena, tanto tempo fa…
Nella galleria c’erano diverse persone, ma non quante Ib si sarebbe immaginata; c’era poca gente, nonostante Guertena fosse un ottimo artista e quella fosse la sua più grande mostra. Sembrava che al pubblico non interessasse molto la sua arte…
Al centro di una sala grande, su di una pedana stavano le statue Morte dell’Individuo. Ib aveva ascoltato il parere di uno sconosciuto su quell'opera, nove anni prima: diceva che secondo lui quell’opera, che presentava tre manichini vestiti con abiti da donna e privi della testa, significava che la vita dell’individuo era nel viso di ognuno, e che senza quello l’individuo era morto. Ib non sapeva chi fosse quell’uomo, ma era un’ipotesi parecchio interessante; doveva trattarsi di una persona molto intelligente… A quei tempi lei aveva risposto che le statue le trasmettevano solo paura, e così era stato, nel Mondo di Guertena. Che cosa faceva più paura di una statua priva di testa che tentava di ucciderti?
Nella sala non c’erano solo Morte dell’Individuo, comunque; su una parete c’era Un Inferno Ben Intenzionato. Quel quadro era piuttosto oscuro agli occhi di Ib quanto a quelli di Garry. Sembrava mostrare una persona – una donna dall’abbigliamento, forse – che sgridava un bambino seduto di fronte a una specie di tastiera. L’approssimazione dei soggetti dava a Garry il malditesta, quindi aveva deciso di evitare di farsi altre domande su quel dipinto, mentre Ib aveva immaginato che si trattasse davvero di una donna, anzi una madre, che sgridava suo figlio per aver fatto qualcosa che non doveva fare, anche se con delle buone intenzioni; questo, almeno, avrebbe giustificato il titolo dell’opera…
Attorno a Morte dell’Individuo c’erano anche Posto Riservato, quello strano divano su cui si era seduta Ib nel Mondo di Guertena, prima di venire attaccati dai quadri, e all’entrata della sala, ai due lati del corridoio, c’erano a destra la Mano Destra della Sposa Benedetta, assieme allo Sposo Benedetto, e a sinistra la Mano Sinistra della Sposa Benedetta, assieme alla Sposa Benedetta. Ib pensò che fosse una cattiva idea separare quei due

C’era Scintillio di Cristalli di Stelle accanto al Posto Riservato, e L’Albero che Aggiusta il Palato era dall’altro lato; quel buffo albero fatto con lunghi fili colorati a simboleggiare le foglie faceva sorridere Ib ogni volta che lo vedeva; e Scintillio di Cristalli di Stelle era davvero un’opera complicata: si trattava di due banconi di cristallo; Ib li aveva scambiati per delle panche su cui sedersi, la prima volta che aveva visitato la mostra.
Fusione era non molto lontano da queste opere; Ib pensò che quel titolo fosse molto adatto all’opera in questione: un essere dalle sembianze umane sul punto di sciogliersi, appariva grottesco e inquietante, ma Ib rimaneva sempre affascinata dall’idea…
<< Vuoi andare a vedere un’altra stanza? >> Chiese Garry sorridendo. Ib annuì sorridendo, ma prima di uscire si bloccò fissando qualcosa in un angolo, lontano da tutti.
La scultura di una grande rosa rossa piena di petali dall’aspetto vivo, il cui stelo formava una spirale; le spine erano grandi e inquietanti, ma la vista del fiore rassicurava l'animo. Era l’Incarnazione dello Spirito, e se ne stava in un angolino, ignorata da tutti. Ib si diresse da quella parte come spinta da una forza misteriosa, guardando la rosa con occhi sognanti; si sporse al vetro che teneva lontano il pubblico dalle opere e chiese:<< Garry… >> Garry era accanto a lei. << Perché questa rosa… Questa bellissima scultura non è ammirata da tutti nel pieno della sua bellezza? >>
Garry la guardò con tristezza, conoscendo il significato dell'opera. << Non lo so, Ib… >> Mormorò. Ib sembrava davvero triste per quel fatto. Quella rosa era stata la sua vita, nel Mondo di Guertena, quindi per lei era una cosa bellissima, da preservare e di cui avere cura, ma tutti quanti passavano senza neanche guardarla, senza apprezzarne la bellezza e la grazia… Era un po' come la vita stessa: gli uomini correvano senza fermarsi un attimo a godere di quello che gli era stato concesso, senza vedere la verità, e rimpiangendo di non averlo fatto una volta arrivati al termine del viaggio

<< E’ una scultura così bella… E la gente non gli dà nessuna importanza. >> Mormorò la ragazza continuando a fissare la rosa. Garry le posò una mano sulla spalla.
<< Andiamo avanti, Ib. Ci sono ancora un sacco di opere da vedere… Se non possono capire la vera importanza, è inutile provare a fargliela comprendere… Non possono sapere. >> Disse tirandola con sé fuori dalla stanza. Ed era vero: non si poteva tentare di spiegare cosa fosse veramente quella rosa a una persona che non aveva mai visto quello che loro avevano visto
… Lasciarono così l’Incarnazione dello Spirito, da sola, in un angolino, ignorata dalla maggior parte dei visitatori.
La sala che raggiunsero era piena di colonne su cui erano appesi molti quadri di Guertena, come il Giocoliere, uno dei quadri di maggior valore di Guertena, essendo uno dei pochi che rappresentavano persone reali. C’era anche La Tua Oscura Figura, il dipinto del viso di un gatto nero, visto per metà, che sembrava scrutare l’osservatore con curiosità.  Accanto a questo c’era Preoccupazione, un altro quadro che rappresentava solo un particolare: l’occhio inquietante di una persona, che riusciva ad opprimere chiunque lo osservasse. Sembrava che quei due quadri fossero stati messi vicino di proposito

La galleria era piena di dipinti che Ib conosceva benissimo, ma che non aveva potuto ammirare con attenzione la prima volta, e così tentò di trattenersi il più possibile quella volta.
In fondo a un corridoio era posta La Donna in Rosso, uno dei quadri più famosi di Guertena, e lungo il corridoio vi erano le altre versioni del dipinto. Guertena non dipingeva mai persone reali, e quel quadro era uno di quelli alla quale, dopo averlo realizzato, il Maestro doveva essersene affezionato, decidendo di ridipingere quel busto di donna dai capelli lunghi e lo sguardo ammaliante, il sorriso enigmatico, con un abito di diverso colore: prima rosso, divenne poi blu, poi giallo e poi verde. A Ib piaceva molto la versione rossa del quadro, secondo lei più profondo e significativo. Mentre si avvicinava all’ultimo dipinto guardava tutti gli altri, ma solo quello lì la faceva incantare, la lasciava stupita e rapiva la sua mente, che si fermava a fissare gli occhi rossi e profondi della donna ritratta in esso, che la ammaliavano e inquietavano allo stesso tempo. Lo stesso colore dei suoi occhi e lo stesso effetto del suo sguardo sulla gente…
C’erano tantissimi dei quadri di Guertena all’esposizione, Ib sapeva già che si sarebbe divertita un mondo, passando l’intera giornata a vagare per quelle sale, ammirando quelle meravigliose opere… Garry forse si sarebbe annoiato, ma avrebbe mantenuto la bocca chiusa per non rattristare la ragazza…
A un certo punto i due ragazzi raggiunsero una zona dove vi erano raggruppati parecchi visitatori; fissavano tutti una guida che, davanti a un nastro rosso, parlava a voce alta, gesticolando e indicando una cornice dietro di sé; la tela era strappata, ma accanto alla guida c'era un leggio con sopra una copia cartacea dell'opera.
<< Questo dipinto fu l’ultimo del Maestro, prima della sua scomparsa. Purtroppo un incendio lo ha quasi cancellato del tutto, e oggi abbiamo a disposizione solo poche copie. Rappresentava una bambina di circa nove anni con grandi occhi blu e lunghi capelli biondi, la sua espressione è fissa in un leggero sorriso che ispira fiducia e amicizia, come una vera bambina di nove anni, in fondo. Indossava un vestito lungo verde, colore che indica spensieratezza e libertà, caratteristiche della vita di una bambina di quell’età…>>
<< Bugie! >> Gridò una voce femminile nella sala. Tutti si voltarono a guardare Ib, sudata e provata. Quello che aveva detto la guida l’aveva terrorizzata. Persino Garry la guardava con occhi stupiti.
La guida era esterrefatta, e anche un po’ spaventata. << Come, scusi? >> Chiese, pensando o sperando di non aver compreso bene. Ib la fissava con occhi furiosi; aveva capito bene quello che la ragazza voleva dire, purtroppo.
Nella mente di Ib in quel momento stava avvenendo un complesso processo che nemmeno lei sapeva spiegare. << Mary non era libera, né spensierata! State tutti fraintendendo il vero significato delle opere del Maestro! >> Li accusò puntandogli contro l’indice come se avessero commesso un grave crimine. Detto questo si voltò e si allontanò da lì con grandi falcate, lasciando al centro della scena Garry, che indietreggiò imbarazzato, incerto sul da farsi.
Dopo quella scenata il ragazzo perse di vista la ragazza, e la ritrovò accucciata in un angolo, nascosta da tutti, poco distante dal gigantesco quadro "Mondo Fabbricato". Si avvicinò lentamente e scoprì che stava piangendo, o quasi…
<< Ehi… >> Cercò di chiamarla lui assumendo un’espressione compassionevole.
Ib si asciugò le lacrime e mantenne lo sguardo basso. << Non c’è bisogno che tu mi guardi con quegli occhi. >> Garry non la stava fissando in nessun modo in particolare; si abbassò alla sua altezza e le spostò le mani per rivelare il suo viso.
<< Hai ragione tu. Loro non sanno la verità su questi dipinti, ma è inutile provare a dirglielo; non ci crederebbero. >> Disse apprensivo cercando di calmarla.
<< Non ce la faccio… >> Mormorò Ib alzando lo sguardo. << Non ce la faccio a continuare così… >>
Garry si guardò intorno confuso. Mise una mano in tasca e ne tirò fuori il fazzoletto di pizzo con sopra ricamato il nome di Ib. << Me lo avevi dato prima di arrivare qui, ricordi? >> Disse mostrandoglielo. Poi, lentamente, si mise ad asciugarle le lacrime. << Quel posto in cui siamo stati… >> Mormorò cercando di non farle male agli occhi. << Era triste. I suoi abitanti erano tristi e avrebbe reso tristi anche noi, se non fossimo usciti da lì. >>
<< Mi ricordo Mary… >> Mormorò debolmente Ib. << Era buona… E noi abbiamo… >>
<< Mary voleva prendere il nostro posto in questo mondo reale, così da poter diventare umana e… Vera. >> La precedette Garry serio. << Era come quegli altri quadri che cercavano di prenderci le nostre rose e strapparne tutti i petali senza motivo. >> Sospirò tirando indietro la mano con il fazzoletto. << Solo un po’ più complicato… >>
<< Era diversa… >> Disse Ib trattenendo altre lacrime. Avevano raggiunto la stessa conclusione.
<< Era come gli altri, solo che agiva diversamente. Ecco tutto. >> Rispose Garry cercando di far capire a Ib che non doveva rattristarsi per quello. << Il suo desiderio di vivere una vita vera era più che legittimo, ma il modo in cui raggiungerla… >> Garry si alzò aggiustandosi i pantaloni. << Siamo vivi e stiamo bene, Ib. Questo è importante. >>
Ib annuì sconsolata e si fece aiutare per rialzarsi. << Però non ce la faccio… >> Mormorò abbattuta. Garry non aveva ancora capito di cosa parlasse. << Non ce la faccio a vagare per queste sale; quando siamo arrivati qui pensavo che fosse solo la mia immaginazione, che sarebbe passato nel giro di pochi minuti, ma poi mi sono resa conto che più andavo avanti, più mi sentivo osservata. >> Garry la guardò confuso. << Non osservata dai visitatori, ma dai quadri! >> Disse scuotendo la testa. << Mi guardavano, inespressivi ma furiosi, odiandomi perché ero riuscita ad uscire da quel mondo in cui loro erano intrappolati. E… >> Si interruppe cercando di trovare le parole. << Non ce la faccio a sopportare questo… >> Garry la guardava allibito. << Ti prego Garry… >> Lo supplicò avvicinandosi a lui. << Andiamo via… >>
Garry era stupito. << Ma… Volevi venire qui a tutti i costi, adori l’arte di Guertena, quindi perché andarsene via così presto…? >> Garry aveva capito che Ib si sentisse a disagio, ma pensava che non ci sarebbero stati problemi. << Vedrai che la tua sensazione passerà non appena avrai visto i quadri nell’altra sala! >> La prese da una mano e la fece rialzare. La ragazza si alzò con riluttanza e gli rivolse uno sguardo di supplica. Garry rispose con un sorriso rassicurante.
Ib si rassegnò a dover continuare con la visita, pur sapendo che ogni singolo dipinto in quella galleria le avrebbe ricordato il mondo che aveva tanto cercato di dimenticare. Ma mentre i due cercavano di raggiungere le sale che avevano lasciato dietro di sé, tutti i loro visitatori e le loro opere esposte sembrarono sparire. Ib non avrebbe voluto dire niente riguardo a quella inquietudine crescente in lei, ma si sentiva davvero come se stesse per succedere qualcosa di brutto, e anche Garry cominciava a dubitare della propria sicurezza.
<< Garry… >> Chiese infine Ib dubbiosa. << Devo andare in bagno… >>
La scusa del bagno serviva a controllare che ci fossero altre persone nella galleria; sicuramente ci sarebbe stato qualcuno nei bagni, Ib sarebbe entrata, si sarebbe sciacquata la faccia dopo essere stata rincuorata dalla vista di qualche ragazza come lei nel bagno delle donne, e poi sarebbe uscita per continuare il giro della mostra con Garry. Sarebbe andato tutto bene.
<< Il bagno… Dovrebbe essere di qua! >> Disse Garry indicando un corridoio prima di imboccarlo. Quando ebbero raggiunto una piccola porticina che conduceva a un antibagno prima di dividersi in due tra donne e uomini, Garry schioccò le dita e indicò la porta. << Eccolo qua. Bagno! >>
Ib scostò leggermente la porta e si voltò verso Garry, rivolgendogli uno sguardo stanco. << Faccio in un attimo… >> Disse sperando che si trattasse davvero di un attimo.
<< Ma certo. >> Rispose lui sorridendo. << Io ti aspetto qua. >>
Così Ib chiuse la porta dietro di sé, senza nascondere un'espressione preoccupata sul volto. Garry si appoggiò con la schiena al muro e si mise a fischiettare durante l’attesa; in fondo quella visita non si era rivelata tanto brutta come aveva pensato all’inizio… Non era molto entusiasta di andare alla mostra, ma Ib aveva davvero insistito tanto, sembrava che il suo sogno potesse avverarsi lì, quindi Garry aveva deciso di andare; in fondo che sarebbe potuto accadere? L’unico imprevisto erano stati i sentimenti della ragazza, che aveva avuto un cedimento: i suoi nervi dovevano essere tesi come corde di violino, forse aveva portato con sé il peso della colpa di aver distrutto Mary in quel mondo da essersi distrutta dentro, fino a quel momento, quando non aveva più potuto sopportare gli sguardi dei quadri addosso a sé… Su una cosa aveva ragione, però: quei quadri avevano davvero uno sguardo inquietante.
Era tutto a posto, sarebbero tornati dalla guida a chiedere scusa e avrebbero ripreso la loro visita alla mostra, magari riposandosi un po’ prima di riprendere ad ammirare quei capolavori che Ib avrebbe sicuramente apprezzato…
Erano passati alcuni minuti e Garry non aveva visto passare nessuno da lì; sembrava che in quel corridoio non passasse molta gente, forse perché effettivamente non c’erano opere da visitare, si trattava solo della strada per i bagni, e evidentemente nessuno ne aveva bisogno… Però la cosa lo inquietava un po’. Ib era entrata da parecchio, ormai, e non sembrava avere intenzione di uscire, ma perché? Stava davvero tanto male? Se avesse avuto bisogno di qualcosa avrebbe potuto chiedere a Garry, si sarebbe occupato di tutto lui. Ma era preoccupato senza sapere niente in quel momento, quindi sperò che la ragazza potesse comprendere la sua irriverenza e mise la mano sulla maniglia della porta dei bagni per aprirla; era preoccupato per lei.
Stava già cominciando a chiedere scusa alla ragazza per essere entrato, ma si rese conto che la porta fosse bloccata. Cosa? Tirò con gentilezza, magari qualcuno la stava tenendo dall’altro lato, ma quando capì che quella porta non si sarebbe mossa cominciò a tirare con forza con entrambe le mani. Strattonava la maniglia ogni volta con più foga di prima, sperando che fosse semplicemente bloccata, sperando che non fosse chiusa… Erano due cose diverse.
Garry finì per tirare la maniglia con entrambe le mani, mentre con un piede si spingeva dal muro per cercare di aprire la porta, ma niente; avrebbe voluto sfondare la porta, ma qualcosa lo distrasse, costringendolo a concentrarsi su quello che stava accadendo attorno a lui.
Il corridoio non era più bianco e luminoso come prima; le pareti erano diventate blu scuro, e non c’erano fonti di luce naturali, nonostante il corridoio fosse visibile, anche se immerso nell’ombra. Un'altra caratteristica che prima il ragazzo non aveva notato era che adesso quel corridoio appariva senza fine, e dei suoni confusi provenivano dall’oscurità in fondo ad esso.
<< No… >> Mormorò terrorizzato, temendo che fosse successo ciò che temeva. Dei cigolii e dei sospiri provenivano dal buio, Garry sapeva di essere in pericolo, sentiva una strana sensazione nel petto e un brivido gli percorse la colonna vertebrale. Quando furono illuminate, vide nel corridoio delle statue senza testa e abbigliate con vestiti dai colori sgargianti che si avvicinavano a passi incerti e con le braccia alzate verso di lui: erano Morte dell’Individuo, e come adesso, anche in passato lo avevano seguito desiderose della sua vita.
Garry fece un passo indietro. Guardò prima le statue, poi la porta del bagno chiusa e poi di nuovo le statue. Aprì la bocca a metà quando vide la statua al centro accelerare il passo. << Ah…! >> Quella poi scattò rapidamente verso di lui allungando una mano con l’intenzione di afferrarlo. << MALEDIZIONE! >> Gridò spostandosi di lato e abbassando la testa, sperando di schivare l’attacco. Si girò verso la statua, che sembrò infastidita dal fatto di aver mancato il suo bersaglio e la spinse con un piede verso la porta, facendogliela sfondare. << Ib! Vieni via da qui! >> Urlò non appena vide il legno cedere. Si avvicinò a ciò che restava della porta, ma scoprì di non poter andare da nessuna parte: dove doveva esserci il bagno, c’era solo un muro di cemento ben compatto che sembrava essere sempre stato lì. No!
Garry sentì qualcosa stringergli la caviglia e abbassò lo sguardo vedendo che la statua che aveva spinto contro la porta era ancora lì; girò la testa e avvistò le altre statue corrergli incontro. Trattenne un’imprecazione e strattonò forte la gamba, liberandosi dalla presa della statua, che si dimenò per afferrarlo di nuovo. A quel punto Garry si mise a correre senza pensare a dove stesse andando, desiderando solo di allontanarsi da lì.
Furono pochi istanti, ma Garry sentì come se avesse corso per ore. Quando si fermò dopo aver girato diversi angoli e dopo essere entrato in una grande stanza apparentemente vuota, il ragazzo si concesse una pausa, piegandosi sulle ginocchia e riprendendo fiato ansimando pesantemente. Non poteva essere vero, non poteva essere accaduto di nuovo.
Ib era sparita, significava che era ancora nel mondo normale oppure che era stata portata da un’altra parte? Quelle statue sembravano essere interessate solo a lui, ma avrebbero potuto mettersi alla ricerca anche di lei. E cosa avrebbe fatto da sola, Ib? Piccola com’era, non sarebbe mai riuscita a sfuggire in eterno a quei mostri. Ma era cresciuta, Ib non era più una bambina; continuava a dimenticarselo! E, diversamente da quegli esseri senza cervello, Ib era intelligente, molto più di tanti altri adulti, e poteva ingannare facilmente quei mostri. Ma era pericoloso…
Garry alzò lo sguardo avvistando qualcosa in fondo alla sala: c’era una scritta sul muro, realizzata in caratteri grossi, ma difficile da leggere a distanza. Si avvicinò e si rese conto che quello che era stato usato per scriverla non era del semplice inchiostro rosso.
 
BENVENUTO NEL MONDO DI GUERTENA

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Capitolo 4
*** Il Mondo di Guertena ***


Ib si guardò intorno dopo essersi sciacquata il viso con l’acqua del lavandino. Si stava preoccupando per niente: era solo una mostra, niente di più, doveva stare calma. I quadri non potevano prendere vita e le statue non scendevano dai loro piedistalli; tutto quello che aveva visto non c’era mai stato realmente e non ci sarebbe stato mai più! Si era trattato solo di un brutto sogno, anche se tremendamente reale. Aveva avuto paura di quelle cose e aveva provato a farsele amiche cercando di conoscerle meglio. Pensava che avesse funzionato, pensava di aver superato la paura, finalmente… Ma si era sbagliata. Una volta arrivata lì si era resa conto di quanto fosse lontana dall’essere “amica” di quelle creature, quanto la odiassero per essere scappata da quel mondo in cui erano imprigionate. E perché avrebbero dovuto odiarla? Erano frutto della sua immaginazione, no? Ma erano allucinazioni reali, facevano male, facevano paura, e una volta di fronte a loro Ib si sentiva impotente.
Già, Ib aveva cercato di dimenticare, aveva cercato di andare avanti senza badare a ciò che era successo nel Mondo di Guertena, ma ogni cosa attorno a lei le aveva sempre ricordato quegli eventi. Aveva cercato di convincersi che si fosse trattato solo di un incubo, ma ormai quella bugia vacillava nella sua mente, non era più abbastanza. Le servivano prove concrete che quello che era accaduto fosse falso, e che non sarebbe accaduto più; per questo doveva uscire da quel bagno e affrontare quei mostri della sua mente e dimostrar loro di essere più forte!
Ib annuì vigorosamente fissando i propri occhi rossi nello specchio e si girò verso la porta. Sono pronta. Disse nella sua mente mettendo la mano sul pomello. Inspirò a fondo e il suo sguardo finì per posarsi su quel pomello in ottone che stava stringendo con forza eccessiva. Un pomello? Ma prima alla porta c’era una semplice maniglia, non un pomello in ottone così raffinato. Mentre un dubbio assaliva la sua mente, la ragazza tirava involontariamente il pomello, aprendo la porta e scoprendo che il corridoio fuori di esso era cambiato.
Ib fece un piccolo passo fuori dal bagno e si guardò intorno nel buio corridoio apparentemente senza fine. Guardò a destra e poi a sinistra, non riusciva a vedere niente nell’oscurità. Si voltò verso la porta che aveva lasciato aperta dietro di sé nella speranza di poter tornare a rifugiarsi nel bagno, ma le si mostrò una orribile visione: la porta non c’era più lì. La parete era liscia e immacolata, di un colore rosso scuro che Ib non aveva visto da nessuna parte nella mostra.
Il cuore di Ib cominciò a battere con più forza. No… Si avvicinò al muro alzando le mani e tastandolo delicatamente, cercando di trovare almeno una traccia di quella porta da cui era uscita. No… Quella sillaba continuava a risuonare nella sua mente all’infinito, forse con l’intento di convincere Ib di stare sognando. Sbatté i palmi sulla parete, producendo uno scroscio e si sentì persa quando sentì solo un solido muro rispondere ai suoi colpi; nessun rimbombo, nessun segno che le facesse capire di poter tornare nell’altra stanza. << NO!!! >> Gridò terrorizzata Ib girandosi e scivolando istantaneamente sulla porta, mettendosi le mani ai capelli e cercando di non guardare attorno a sé. Non voleva vedere cosa si nascondeva nell’ombra, pronto a saltarle addosso e ucciderla. Era di nuovo bloccata lì, era vero; l’aveva pensato così tanto che alla fine era successo per davvero… All’improvviso un pensiero attraversò la sua mente. << Garry…! >> Disse alzando la testa senza preavviso e trattenendo il respiro. In un attimo le sue paure sparirono, spazzate via dal pensiero di Garry ad attenderla fuori dal bagno. Lui non era entrato lì con lei, ma se fosse stato portato anch’egli in quel posto, allora sarebbe stato tutto solo, e chissà cosa gli sarebbe potuto capitare! Garry era un fifone, Ib lo conosceva troppo bene, e sapeva che, per quanto ci provasse, non sarebbe riuscito a mantenere la calma e sopravvivere. Senza di lei, Garry si sarebbe perso, avrebbe continuato a girovagare senza mai trovarla, finendo per essere ucciso, prima o poi; e la colpa sarebbe stata sua, perché non si era fatta trovare.
Si alzò. Doveva trovare Garry. Lei si prendeva cura di lui, e lui di lei; era sempre stato così: se stavano insieme erano imbattibili, ma se venivano divisi la strada di fronte a loro sarebbe stata piena di pericoli. Si incamminò senza sapere dove stesse andando, senza mai spostare lo sguardo.
Si era fatta coraggio semplicemente pensando a Garry. Quando era rimasta bloccata nel Mondo di Guertena, tanti anni prima, Ib aveva incontrato Garry in bilico tra la vita e la morte e lo aveva salvato. E poi Garry aveva salvato lei, più volte. Gli doveva molto, l’aveva sempre fatta sorridere, doveva trovarlo!
Pensò che, in fondo, se era riuscita a scappare da lì già una volta, perché non avrebbe dovuto riuscirci una seconda volta, ora che era adulta e cosciente delle sue azioni, ora che era in grado di affrontare le sfide di quel labirinto. Si fermò un secondo a pensare: quando era piccola, ancora non capiva cosa stesse succedendo intorno a lei, comprendeva la situazione spaventosa e i pericoli che correva, ma tutto quanto le era apparso fumoso ed estraneo, come se non ne fosse completamente coinvolta; adesso possedeva la coscienza, comprendeva realmente i pericoli che correva, era più vulnerabile, in un certo senso… Questo pensiero la mise di pessimo umore, e i suoi passi furono più lenti e insicuri.
Sono… In pericolo, non è vero…? Si chiese fermandosi e tormentandosi le mani fisse di fronte a sé. Era in pericolo, era indifesa, era sola, cos’altro mancava? Fino ad ora non aveva incontrato nessun pericolo, quindi non aveva ancora rischiato la vita, ma presto sarebbe accaduto, presto avrebbe visto la morte in faccia, la paura l’avrebbe attanagliata, si sarebbe persa in quelle sale… Però c’era qualcosa di diverso dall’ultima volta… Qualcosa che Ib sentiva fosse importante.
A un certo punto cominciò a controllarsi le tasche, colpendo anche con forza ogni punto dove avrebbe potuto trovare qualcosa. Mancava la cosa più importante di tutte che potesse esistere in quel mondo: mancava la rosa che la manteneva in vita. << “Quando la rosa appassisce, anche tu marcirai…” >> Mormorò terrorizzata. La rosa era la sua vita in quel posto. Ogni petalo perso corrispondeva a una ferita, se avesse dovuto perdere tutti i petali, la ragazza sarebbe morta. Ma la rosa dov’era? Dov’era la sua sicurezza, la cosa da tenere al sicuro ad ogni costo?
Ib cominciò a girare in tondo persa, cercando la rosa da stringere forte al proprio petto, da proteggere e nascondere. Dov’era? Si sentì senza aria e si accasciò a terra spossata. << Non è possibile… >> Mormorò ansimando mantenendo lo sguardo fisso a terra. << Non c’è…? >> Chiese a sé stessa confusa. Non aveva una rosa con se nella galleria, quindi pensava che l’avrebbe trovata lì, ma più i secondi passavano, più Ib sentiva come se quella rosa non si sarebbe mai mostrata a lei. Cosa poteva fare? Non poteva avanzare senza di essa, sarebbe stata esposta al pericolo. Ma se non si fosse mossa non avrebbe trovato Garry, e se fosse comparsa qualche opera di Guertena, qualche mostro, sarebbe stata in pericolo…
Ib girò la testa a destra e a sinistra cercando di avvistare qualcosa che potesse aiutarla a ritrovare la sicurezza che aveva trovato e perso poco prima. Non c’era niente, solo quel vuoto corridoio dalle pareti rosse, senza nessun tipo di decorazione ai muri e nessuna porta in vista, né una possibile fine a quell’incubo…
Dopo un periodo di tempo molto lungo, forse pochi secondi che però a Ib sembrarono durare tutta una vita, la ragazza decise di alzarsi e di mettersi a camminare. Prima o poi, sarebbe uscita da quel corridoio, avrebbe trovato qualcosa, avrebbe fatto qualcosa
 Si stava basando su ipotesi incerte, nebulose, offuscate dal timore di rimanere lì per sempre; non sapeva cosa la attendesse, ma Ib non voleva restare lì, e nonostante la paura di avanzare, si sarebbe mossa, perché sapeva che c’era qualcuno che aveva bisogno di lei, e di cui lei aveva bisogno.
Dopo aver camminato per parecchio tempo, Ib sentì la stanchezza aumentare, le gambe appesantirsi e la concentrazione abbandonarla. Non aveva idea di quanto avesse camminato, e nonostante tutto, il paesaggio non accennava a cambiare; era ancora tutto rosso, tutto dritto… A Ib sembrava di camminare sempre nella stessa stanza, senza muoversi mai, come se fosse incollata al terreno, oppure come se il pavimento sotto i suoi piedi stesse scorrendo in direzione opposta a lei, facendola rimanere sempre nello stesso punto. Era frustrante e odioso. Si sentì mancare, ma riuscì a rimanere in piedi fermandosi e allungando il piede destro in avanti, aumentando la sua base di appoggio e tenendosi la testa con una mano, chiudendo gli occhi e cercando di fissare la sua mente su qualcosa di stabile. Che cosa era stabile in quella situazione? Che cosa la poteva sorreggere in quel corridoio infernale?
Che cosa fa un artista, quando crea? Si chiese. Non sapeva nemmeno perché si stesse facendo quella domanda, le parole comparvero nella sua testa senza un motivo. Pensa fuori dagli schemi. Fugge alle regole. Quindi cosa aveva a che fare con la sua situazione? Ib stava ancora aspettando una spiegazione, quando si accorse di cosa avesse appena detto; si girò a guardare l’altra parte del corridoio che teoricamente aveva lasciato alle sue spalle. Doveva pensare in modo diverso, inaspettato. Eccola, la sua risposta!
<< Cambia direzione! >> Esclamò mettendosi a correre lungo il corridoio, dalla parte opposta che aveva seguito fino a quel momento.
Se Ib aveva ragione, doveva pensare proprio come un artista, come Guertena stesso, che aveva creato tutto quello pensando diversamente dagli altri, in modo unico. Era difficile pensare come lui, era quasi impossibile, ma Ib sapeva come comportarsi adesso, e sapeva dove andare. Sentiva che presto avrebbe trovato qualcosa che l’avrebbe aiutata, qualche indicazione, o magari qualche pericolo… Qualunque cosa avrebbe trovato alla fine del corridoio, Ib avrebbe fatto un passo in avanti, sarebbe stata più vicina ad uscire da lì. Dall'eccitazione per aver pensato a qualcosa in quella situazione, la ragazza sentì tutta la stanchezza che si era creata nel suo corpo svanire, come se più si inoltrasse in quel corridoio, più si sentisse meglio

Correndo, Ib vide le pareti del corridoio sfrecciare attorno a sé, mentre una fine si faceva sempre più vicina; aveva ragione, era giusto! Quando arrivò alla fine del corridoio si fermò rallentando e guardando il muro di fronte a sé, completamente rinvigorita dalla corsa.
Era blu, non c’era nessun tipo di sfumatura del rosso delle pareti, ma semplicemente, quando queste raggiungevano la fine del corridoio, il muro diventava istantaneamente blu. C’era una piccola porta di legno dipinta di un blu più scuro al centro. Su di essa, come grattate con le unghie, vi erano incise delle lettere, stranamente definite e precise.
 
Il passato attende il futuro.
 
Ib aveva già letto queste parole. Aveva già sentito più volte quella frase, come un motto che le era rimasto impresso nella mente. E infatti si trattava proprio di un motto: il motto con cui Weiss Guertena si era presentato al mondo e aveva creato la sua arte. Era strano che non fosse nel museo, quella piccola frase, nemmeno su un cartellino all’entrata. Era come se la gente si limitasse a vedere solo ciò che aveva un aspetto piacevole o quello che era appariscente; qualcosa che attirava subito l’attenzione grazie alla sua particolarità: Ib pensò subito a Morte dell’Individuo; quelle tre statue avevano un senso molto profondo che veniva spesso incompreso e ignorato; così le statue, pur essendo una delle più famose opere di Guertena, venivano lasciate in disparte, ignorate dalla maggior parte del pubblico, che si concentrava su altre opere più appariscenti, come Bevendo nella Notte. Sicuramente, quella scultura era molto bella, a Ib piaceva molto, ma non nascondeva un significato grande come Morte dell’Individuo; si trattava probabilmente di una cosa a sfondo creativo, Guertena aveva voluto provare a creare qualcosa senza darsi nessun freno, sbizzarrendosi durante l’ideazione della scultura, o forse c’era un significato che Ib non aveva ancora scoperto… Di sicuro era una bellissima opera, e Ib era contenta che esistesse, ma pensava che altre statue di merito non ricevessero abbastanza visibilità come quella… Proprio come quel motto che l’aveva guidata per anni.
Rileggendo quel motto sulla porta, Ib sentì come se si riferisse a lei, in qualche modo: il passato si celava dietro quella porta, e si trattava delle opere di Guertena che lei aveva incontrato da piccola e si era lasciata alle spalle; il futuro era lei stessa, ed era attesa da quelle opere, che volevano fare i conti con lei. Ebbe l’impressione che non se la sarebbero fatta sfuggire tanto facilmente questa volta… Nonosante tutto, la ragazza spinse la porta con decisione, finendo in una stanza quadrata dalle pareti blu, con al centro di essa un piccolo piedistallo su cui era posato un vaso di vetro sottile pieno d’acqua, dentro la quale giaceva una bellissima rosa rossa in fiore. Eccola lì, la sua vita, inondata da una luce eterea della quale Ib non individuò l'origine. La cosa che aveva cercato da prima, per la quale si era quasi presa uno spavento terribile che le aveva fatto quasi abbandonare da subito tutto quello, era lì di fronte a lei, e sulla destra era appeso al muro un quadro raffigurante un vaso di vetro simile a quello in cui era posta la rosa: Benedizione Eterna. Sulla parete opposta della stanza c’era una porta di colore azzurro.
Ib fece un passo in avanti, allungando la mano per afferrare la rosa, ma si fermò, notando meglio un particolare della stanza: nell’angolo in fondo alla stanzetta, alla sua sinistra, c’era un altro vaso, scuro e sporco, privo di acqua, contenente una rosa rossa quasi appassita. Che accidenti ci faceva una rosa in quello stato, assieme a quell’altra rosa nella stanza? Perché ce n’erano due? Doveva forse scegliere? Era ovvio che avrebbe scelto la rosa in fiore, quella che le avrebbe dato più possibilità di sopravvivenza in quell’inferno. Però, un secondo dopo l’altro, la curiosità prese il sopravvento su di lei, facendole chiedere perché quella piccola rosa rinsecchita fosse lì, invece che nel vaso pieno d’acqua, insieme all’altra rosa; si ricordò di una cosa che aveva letto nel Mondo di Guertena, quando vi era entrata la prima volta: "Tu e la rosa siete legati. Conosci il peso della tua vita." La prima volta non aveva compreso quel messaggio, non conoscendo alcune parole di esso, ma ora che sapeva bene cosa intendesse, capiva che una volta raccolta la rosa non sarebbe più potuta tornare indietro… Significava che doveva scegliere con attenzione la sua rosa, perché avrebbe dovuto portarla con sé per il resto del suo viaggio… In ogni caso, avrebbe sempre scelto la rosa fiorita, ma un dubbio la scosse: se quella fosse stata una prova? Magari la rosa rigogliosa era una trappola, e l’avrebbe uccisa dopo essere stata raccolta, mentre quella rovinata avrebbe potuto essere reale, ma in ogni caso sarebbe stata molto più vulnerabile con una rosa rovinata come quella… Tuttavia, se avesse scelto la strada più facile avrebbe potuto ricevere una punizione per fuggire alle difficoltà, anche se prendere la strada più difficile sarebbe stato un segno di incoscienza, avventatezza… Guertena era sempre stato molto combattuto in questo campo.
Ib rimase a lungo di fronte a quella rosa rigogliosa, dubbiosa sul da farsi, ma alla fine preferì andare dalla rosa all’angolo; voleva essere sicura di quello che faceva, e avrebbe preferito partire con un po’ di petali in meno, che rischiare subito la morte in una trappola. In fondo devo pensare diversamente… Si disse per farsi coraggio un attimo prima di sollevare la piccola rosa dallo stelo, facendo attenzione a non pungersi con le spine.
Quando ebbe portato la rosa davanti al suo viso, Ib tirò un sospiro di sollievo vedendo che niente fosse successo; si lasciò andare a un sorriso rilassato scrutando la rosa che aveva tra le mani e si voltò, con l’intenzione di confrontarla con l’altra rosa.
Davanti ai suoi occhi, Ib vide stagliarsi un grosso fiore con diverse radici piene di spine che scendevano dal piedistallo su cui era poggiata e si muovevano dotate di vita propria in tutte le direzioni; sembrava che la rosa di prima si fosse gonfiata e fosse uscita da quel piccolo vaso, e ora era lì, sul punto di attaccare la piccola Ib.
Ib gridò e allungò la gamba destra verso il piedistallo per calciarlo, portando istintivamente la rosa al petto per proteggerla; il piedistallo, data la poca stabilità dovuta alla mole della rosa su di esso, barcollò e cadde a terra. Il vaso in cui era rimasto ormai ben poco della rosa si ruppe e versò tutta la sua preziosa acqua a terra; la rosa gigantesca appassì istantaneamente una volta fuori dal vaso, e sembrò esalare il suo ultimo respiro quando si contorse sul pavimento blu.
Ib rimase a guardare quel cadavere di fiore che rinsecchiva a velocità impensabile con occhi terrorizzati. Si chiese cosa sarebbe successo se per qualche ragione avesse scelto di prendere quell'altra rosa invece di quella che adesso teneva tra le mani. Senza voler indugiare oltre su quella macabra vista, la ragazza si voltò ed uscì dalla stanza dalla porta dipinta di azzurro.
Era dentro. Ora era davvero dentro al Mondo di Guertena, e non avrebbe dovuto commettere nessuno sbaglio; si sarebbe dovuta guardare le spalle con cura e avrebbe dovuto proteggere la sua rosa ad ogni costo. Si sentì vulnerabile, come se qualunque cosa potesse comparire all’improvviso e attaccarla, ponendo fine così alla sua vita, o bloccandola, costringendola a rimanere per sempre lì, a vagare senza una meta sola e sconsolata, piena del suo dolore… Ora stai esagerando, Ib, non c’è niente qui! Si ricompose, ancora scossa dallo spavento di poco prima, e si guardò intorno.
Ib era in una larga stanza dalle pareti azzurre, il colore, come nella stanza precedente, dipendeva dalla porta. Sembrava estendersi per una decina di metri, e poi le pareti si stringevano creando un piccolo corridoio che portava chissà dove; ai muri erano appesi alcuni quadri che Ib riconobbe subito, come Preoccupazione, La Tua Oscura Figura, Milk Puzzle e tanti altri dipinti che Ib aveva visto per la prima volta alla mostra con i suoi genitori, tanti anni prima… Se non fosse stata in quella situazione, probabilmente si sarebbe fermata a fissare i quadri anche per ore, ma adesso doveva muoversi. La paura di fare un passo falso era grande, e anche tra quei quadri innocui Ib si sentì in pericolo; con una rosa così appassita, la paura che il pericolo potesse arrivare da qualsiasi angolo era grande, e Ib non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare…
Al centro della stanza c’era una scultura che aveva sempre affascinato molto Ib: Fusione; si trattava di un corpo dall’aspetto umano che sembrava essersi sciolto come la cera delle candele, ed era rimasto fermo in quella posizione, come se fosse stato bloccato dai suoi stessi resti, condannato all’eternità, solitaria e triste. A Ib quell’opera piaceva molto, pensava che volesse trasmettere il senso di intrappolamento che provava Guertena quando la scolpì, dopo essere passato attraverso una crisi che aveva quasi bloccato la sua produzione artistica. Da una parte le incuteva un po’ di timore, avendo un aspetto inquietante, ma pensava che non sarebbe successo niente di brutto, quindi si avvicinò per ammirarla meglio.
I contorni della statua erano morbidi e opachi, le pieghe erano così realistiche che la ragazza non riusciva a capire di che materiale si trattasse. Sembrava vivo, o meglio, sembrava che la vita dell’essere intrappolato al suo interno non si fosse ancora del tutto spenta…
Inaspettatamente, un profondo gorgoglio uscì dalla cavità semisigillata che avrebbe dovuto rappresentare la bocca; un occhio vuoto si chiuse e si riaprì sulla testa della statua, mentre le braccia si alzavano staccandosi dal terreno e cominciando ad agitarsi freneticamente; ogni movimento schizzava via gocce molli della stessa statua, le quali, fatte di quel materiale indefinibile, caddero a pochi centimetri dai piedi di Ib, e la ragazza ebbe il buonsenso di non toccarle.
Fusione cominciò a dimenarsi e a cercare di alzarsi in piedi, ma il suo corpo era fissato al terreno, e l’unica cosa che poteva provare a fare era colpire la ragazza con quelle gocce sciolte che colavano dai suoi arti; nonostante fosse quasi innocuo, Ib cadde a terra per lo spavento, e ogni volta che sentì il suo urlo cercò di tapparsi le orecchie, terrorizzata da quel suono spaventoso.
Ib indietreggiò sul pavimento senza mai distogliere lo sguardo dalla statua urlante. Cercò di urlare anche lei, ma dalla sua gola uscirono pochi suoni smorzati. Ignorando la cosa che si dimenava di fronte a lei, la ragazza si alzò e scattò via, uscendo dalla sala e allontanandosi da quella cosa, lasciando dietro di sé quei quadri e quel mostro urlante, forse solo in cerca di aiuto, di qualcuno che potesse liberarlo dalla sua tortura…
Non le interessava. Non le interessava niente se quell’essere intrappolato in quella creazione era un’altra vittima del Mondo di Guertena. Non le interessava se avrebbe potuto aiutarlo o no. Non le interessava se sembrasse inumano da parte sua fuggire così. Aveva paura, e voleva andare a casa!
Ib si fermò appoggiando la schiena al muro. Non pensava di avere mai avuto così tanta paura in vita sua… Il suo cuore le martellava il petto, le mancava l’aria che i suoi polmoni continuavano a chiedere con tanta disperazione, la vista si appannava per la corsa prolungata e le gambe cominciavano a cedere; non avrebbe sopportato altro di tutto quello, specialmente in quelle condizioni… Doveva trovare un vaso in cui mettere la sua rosa per farla rifiorire, così sarebbe tornata nel pieno delle forze, e forse la sua paura sarebbe diminuita di un po’…
Il suo sguardo si posò su una scritta rossa sulla parete di fronte. Una frase che aveva già letto e che aveva dimenticato per tanto tempo, credendo che fosse poco importante…
 
Vieni Ib
 
Le lettere erano ordinate e il colore rosso spiccava sull’azzurro delle pareti, facendo quasi sembrare come se la scritta fosse in rilevo. Era un richiamo, si sentì quasi tirare da quella frase, una forza che la costrinse a rialzarsi senza credere di poterci riuscire e che la mise in cammino lungo il corridoio. E se fosse stata una trappola? Sentì quasi come se fosse impossibile: quella piccola scritta era innocua, forse c’era qualcuno che voleva parlare con lei, magari era Garry, che le aveva lasciato un messaggio dopo essere passato di là… Doveva continuare ad andare avanti, doveva trovare un’uscita, doveva ritrovare Garry…
Più camminava, più Ib si rendeva conto di vedere la scritta ogni volta che girava lo sguardo; prima era là sul muro, poi era comparsa sul soffitto, poi era andata dall’altra parte della parete, e poi era scesa sul pavimento, fino ad arrivare davanti ai suoi piedi, facendola fermare.
 
VIENI IB
 
Quella non poteva essere una semplice scritta. Non poteva essere un messaggio lasciato da Garry per farli rincontrare. Era diverso, l’aveva già vista in passato, anche se diversa; ora era rossa come il sangue e sembrava essere stata schizzata sul pavimento liscio, i caratteri si erano ingranditi e le lettere stesse sembravano trasmettere odio.
Non era un messaggio.
Era una trappola!
Ib fece un passo indietro muovendosi convulsamente cercando di notare qualcosa che non aveva notato prima. Oh no! Pensò. Che cosa sarebbe arrivato? Stava per scattare qualche meccanismo che l’avrebbe uccisa, come la ghigliottina del Processo di Esecuzione? Oppure sarebbe arrivato qualche mostro con l’intento di rubare la sua rosa e strapparne tutti i petali, o peggio fare a pezzi lei? Si sentì in trappola, circondata, come se fosse già condannata; sentiva un suono profondo e lontano, qualcosa di simile a un battito cardiaco. Si inginocchiò a terra e si mise le mani alle orecchie per cercare di attutire quel suono disturbante. Urlava per cercare di non pensare a quello che stava per accadere, ma ogni secondo passato le ricordava che era in trappola ormai. << No, no, no! Non voglio tutto questo! >> Gridò disperata chiudendo gli occhi, per non vedere ciò che l’avrebbe colpita tra un attimo.
Ehi, signorina! A un tratto Ib sentì una voce. Smise di urlare, scoprendo che quel battito che aveva sentito fino a quel momento era scomparso, e aprì gli occhi, vedendo di fronte a sé, a pochi centimetri dalle sue ginocchia, una piccola formica nera. Nonostante fosse ancora tesa, rilassò un po’ i muscoli, staccando le mani dalle orecchie e piegandosi un po’ di più per vedere bene la formica.
Ti sei persa, signorina? Chiese la formica alzando una zampetta verso di lei. Il tono di voce era cordiale e non sembrava voler farle del male – e poi una formica che male avrebbe potuto farle?
<< Ehm… Credo proprio di sì… >> Mormorò Ib poggiando la mano destra a terra, poco distante dalla formica. << Tu fai parte della galleria…? >> Chiese confusa e spaventata.
La formica girò lo sguardo verso la mano della ragazza, come se stesse decidendo se fidarsi di lei o no, e poi fece guizzare un’antenna. Della galleria…? Oh, sì! Sono famoso, sai? Disse in tono amichevole. Ib sentì la tensione lasciarla andare sempre di più, tanto da potersi concedere un sorriso di fronte all’entusiasmo di quella formica.
<< Eh… Fai parte del quadro Formica, se non sbaglio… >> Esalò Ib piegando leggermente le labbra.
La formica sembrò eccitarsi quando sentì nominare il proprio nome. Lo conosci, lo conosci! Esclamò contenta saltellando sulle zampette sottili. Sono sempre stato fiero di quel quadro, è proprio bello! Disse senza preoccuparsi di essere modesta.
Ib cercò di portare la formica dalla sua parte. << Ehm… Io mi chiamo Ib, e… Avrei bisogno di una guida… >>
La formica la guardò interrogativa. Una guida?
Ib annuì e allargò le braccia. << Vedi, non appartengo a questo mondo, io… Sono stata portata qui per sbaglio… >> Cercò di spiegare senza ferire i sentimenti della formica.
E vorresti tornare a casa. Concluse la formica col tono di chi la sa lunga.
Ib sorrise grata alla formica per aver compreso la sua situazione e annuì. << Ecco, sì. >> Mormorò pregando che la formica accettasse di accompagnarla in quelle sale oscure. Sarebbe stato molto diverso se avesse potuto viaggiare con un compagno.
La piccola formica sembrò soppesare molto attentamente l’offerta fattale da Ib, girò in tondo per qualche minuto, incrociò le zampette anteriori e grattò il terreno con le stesse zampe. Alla fine si avvicinò di più a Ib e disse che l’avrebbe guidata lungo la strada per l’uscita, assumendo un tono rassicurante.
<< Grazie! >> Disse Ib sollevata allungando un dito verso la formica. Quella salì sull’indice della ragazza e si fermò a metà della seconda falange.
Nessun problema! Saremo come una squadra! Disse entusiasta di aver ricevuto quell’incarico di guida. Ib se la mise sulla spalla sinistra e si mise a camminare nella direzione indicata dall’insetto, che sembrò prendere subito molto seriamente il suo incarico.
Ib si sentiva sollevata ora che aveva qualcuno con cui parlare un po’, anche se si trattava di una piccola formica, ma aveva anche meno paura di perdere la vita, dato che essendo in compagnia riusciva a pensare ad altro. Le due compagne non incontrarono altre opere di Guertena per un po’ di tempo, quindi approfittarono della situazione per chiacchierare.
E’ così alto da qui… Commentò la formica, parlando della spalla di Ib.
La ragazza sorrise. << Se pensi che io sia alta, allora dovresti vedere il mio amico Garry! >> Disse rilassata. Sembrava quasi che si fosse dimenticata della situazione attuale e stesse semplicemente chiacchierando con una formica – come se fosse una cosa normale…
Il tuo amico? Chiese girandosi verso di lei.
Ib annuì. << Sì, il ragazzo con cui sono venuta alla mostra. >> Spiegò Ib allungando un braccio in avanti.
E questo tuo amico è più alto di te? Chiese strabiliata la formica.
Ib ridacchiò. << Se pensi che io sia alta, mi sa che non hai ben chiare le misure di un umano! >> Disse ammiccando e facendo ridere anche la formica.
Bé, effettivamente non ci sono tanti umani qui, e quelli che potrebbero essere definiti “umani” sono… Strani… Mormorò la formica con uno strano tono di voce. Ib notò il suo cambiamento di umore così rapido, e le chiese cosa intendesse. Sai, ci sono tante ragazze, sempre in giro a cercare qualcosa, ma alcune di loro nemmeno ti salutano quando gli passi vicino, e poi sono sempre lì a strisciare a terra, quasi come se volessero imitare me, con la mia perfetta camminata…
<< Stai parlando della Donna in Rosso…? >> Chiese Ib pensierosa, non riuscendo ad accostare l'immagine della ragazza strisciante a nessun'altra opera di Guertena.
La formica annuì. A dire il vero, lei è la meno strana di tutte… Commentò girando su sé stessa, sulla spalla di Ib. Comunque ci sono altri tizi che non parlano, non ridono, non pensano e non fanno niente di niente! Dalla suo tono, sembrò che la formica volesse far ridere la ragazza. Camminano avanti e indietro con le loro zampe di sopra distese, senza una meta…
Morte dell’Individuo… Pensò Ib senza interrompere la formica, che continuò a parlare

Ma ci sono altri tizi un po’ meno strani che girano per la galleria… Alcuni sono simpatici, ma nessuno riesce a competere con me… Di certo quella formica aveva una bella parlantina. Almeno, pensò Ib, non avrebbe sofferto la solitudine…
<< Non hai mai visto un vero umano? >> Chiese Ib incuriosita; sapeva di averla incontrata la prima volta che era venuta nel Mondo di Guertena, ma voleva scoprire se lì dentro fossero state intrappolate altre persone, prima o dopo di loro.
La formica agitò lateralmente una zampetta. E’ difficile trovare un umano passeggiare per queste sale, però tempo fa venne una piccola umana nella galleria… Disse cambiando tono rapidamente. Gli umani si somigliano tutti… Sono grossi, camminano con solo due zampe e hanno questi strani fili che gli spuntano dalla testa. Disse la formica tirando un capello di Ib, alla quale piaceva tenerli lunghi.
Ib rise. << Ma no, non siamo tutti uguali! Se vedessi altri umani capiresti quanta diversità c’è tra noi… >> Cercò di convincere la formica di essere in errore, ma quella continuò a parlare.
Noi formiche siamo migliori! Siamo tutte uguali e perfette! Fece rapidamente con tono che non ammetteva risposte. Tornando a parlare di quella umana che venne qua, mi ricordo che era più piccola di te… Aveva uno sguardo strano nei suoi occhi, ma i lineamenti del suo viso erano simili ai tuoi… Anzi, anche il tuo sguardo è uguale al suo! Esclamò sorprendendosi mentre si girava per esaminare il viso della ragazza.
Ib sorrise divertita dallo sconcerto della formica. << Questo perché ero io quella bambina! >> Disse con tono divertito. Per un attimo la formica sembrò non ricevere l’informazione, poi fece un cenno impercettibile e si voltò.
Ah, ecco… Mormorò tra sé e sé imbarazzata.
Ib sperava di non aver offeso la formica o di averle fatto perdere sicurezza nelle sue convinzioni, e avrebbe detto che era tutto a posto, ma cosa poteva saperne lei, non riusciva a notare nessun cambio nell’espressione della formica, non riusciva nemmeno a vederne la faccia…
Mi stavo chiedendo cosa le fosse successo… Mormorò di seguito la formica, continuando a guardare in avanti.
Ib si affrettò a spiegare cosa le fosse successo dopo aver incontrato la formica nel Mondo di Guertena, la prima volta:<< Sono riuscita a scappare, alla fine, con l’aiuto del mio amico, ma poi, un giorno siamo venuti a vedere la mostra, e ci siamo divisi… E ora sono qui, da sola… >> Bastarono davvero poche parole per riassumere la sua avventura avvenuta nove anni prima, molto meno di quanto si sarebbe immaginata.
Già… Sei tornata qui, sfortunatamente… Mormorò con voce bassa la formica. Ma non sei sola: ci sono io!
Ib sorrise sollevata. << Già. Grazie per essere venuta con me. >> Ringraziò la formica per la sua gentilezza.
Oh, non ti preoccupare. Disse con tono amichevole la formica, tornando a guardare davanti a sé con orgoglio.
Rimasero in silenzio per un po’, Ib continuava a camminare in avanti, dove le aveva detto la formica, ma con il passare del tempo cominciò a chiedersi se dovesse continuare a camminare dritto. << Vado sempre da questa parte? >> Chiese a un certo punto alzando un dito verso la strada che stava percorrendo.
Ovvio. Rispose con tono seccato la formica; aveva qualcosa di diverso adesso… A un certo punto attirò la sua attenzione. Senti… Disse per cominciare a parlare. Quando venisti qua, prendesti il mio quadro, vero? Chiese girandosi verso di lei.
Ib guardò la formica confusa. << Ah, sì, il tuo quadro! Mi è stato molto utile. >> Disse sorridendo, grata alla formica per avere avuto un quadro da darle; in realtà il quadro non le era stato dato, ma era l’unico che Ib riuscì a staccare dal muro e a usare come ponte per superare un dirupo. All’improvviso Ib si sentì strana, come se avesse paura di qualcosa.
Oh, ho visto come ti è stato utile… Mormorò infastidita la formica.
Il quadro si è strappato dopo esserci passata sopra… Ricordò improvvisamente Ib. Quando aveva visto la tela strappata e rovinata, l’unica cosa di cui si era preoccupata era stata la possibilità di cadere nel vuoto, ma adesso si rendeva conto di avere un problema, e sperò che la formica non fosse arrabbiata per quel fatto.
Sai, quel giorno mi sono preoccupata. Disse la formica agitando le zampette in avanti. Quando non ho più visto il mio quadro appeso al muro, sono andata a cercarlo in giro, e l’ho trovato fatto a brandelli, poggiato sopra a un buco!
Accidenti! Dal tono della formica, non sembrava per niente disposta a perdonare il gesto di Ib.
La formica sembrò addolorata, per un attimo. Perché lo hai rotto? Chiese. Perché hai rotto il mio bellissimo quadro?
Ib cercò di giustificarsi velocemente, prima di finire nei guai. << E’ stato un incidente! >> Cercò di dire. << Non… Non volevo rovinarlo, mi serviva solo qualcosa per attraversare quella buca, e quando ci sono salita sopra… Si è strappato… >> Mormorò costernata.
La formica sembrò ricevere una coltellata dritta al cuore.
<< Mi dispiace… Davvero tanto… >> Cercò di scusarsi Ib. << Non pensavo che quel quadro fosse così importante per te… >>
Hai… Hai rotto il mio quadro… Mi piaceva così tanto, con quello tutti mi avrebbero potuto vedere e sarei diventata famosa, sarei diventata importante… Ma tu lo hai strappato… Perché ti serviva per attraversare un precipizio! Il tono della formica si fece minaccioso in breve tempo, e presto Ib si sentì in pericolo, senza sapere bene perché.
<< Mi dispiace… >> Mormorò sperando di poter calmare la formica.
Non ti perdonerò mai!!! Gridò la formica fuori di sé. Ib non sapeva perché si sentisse così minacciata da quella minuscola formica, avrebbe potuto schiacciarla con un dito se avesse voluto, ma sentiva di avere quasi paura di lei… All’improvviso Ib sentì un pizzico acuto e profondo alla spalla sinistra, che si affievolì rapidamente senza però sparire del tutto. Si lamentò e automaticamente si scrollò via la formica di dosso con una mano.
<< Che hai fatto? >> Chiese Ib allarmata mentre la formica si rigirava sulla schiena. La ragazza si scoprì la spalla dalla manica della camicetta e vide una piccola goccia di sangue su di essa che si ingrandiva lentamente. Cominciò a sentirsi strana, la testa le girava e il suo cuore sembrava voler uscire dal suo petto a forza di martellarlo. << No… Che mi hai fatto? >> Ripeté Ib esasperata tenendosi la testa con una mano.
Quello che ti meriti per aver distrutto il mio quadro! Rispose la formica da terra. Ma non ti preoccupare, quello è niente in confronto a ciò che ti farò tra poco! All’improvviso, Ib non sapeva bene perché, la formica cominciò ad ingrandirsi. Crebbe fino a diventare più alta di Ib stessa, molto più alta di lei, fino a tre metri di altezza. Ora quella formica le incuteva davvero terrore, non era più innocua come prima, lei avrebbe potuto schiacciarla in un attimo questa volta, e le avrebbe frantumato le ossa.
Ib si accasciò a terra stringendosi la testa tra le mani, cercando di alleviare il dolore pulsante ad essa. Devo scappare… Cercò di pensare a un modo per salvarsi; non era in grado di uscire da quella situazione da sola, era indebolita, e sarebbe bastato un attimo perché la formica strappasse l’ultimo petalo della sua rosa o la facesse a pezzi. L’unica cosa sensata che le venne in mente fu lanciarsi in una corsa folle infilandosi nel primo spazio vuoto che riuscì a vedere, e così fece, senza sapere nemmeno lei come riuscì a rialzarsi. La spinta che Ib si diede per scappare da lì fu così forte che credette di non essere stata lei a provocarla.
Non scappare! Urlò la formica voltandosi con difficoltà nel corridoio. Ora che era più grossa non era molto in vantaggio, in termini di mobilità.
Ib cominciò a correre a perdifiato senza sapere dove andare, con l’unico obiettivo di allontanarsi dalla formica gigante che la voleva uccidere. Una volta che la sua inseguitrice fu riuscita a voltarsi, cominciò a correrle dietro, coprendo facilmente la distanza che si era creata tra loro due in poco tempo. Nonostante fosse molto più ingombrante di prima, la formica vantava una velocità maggiore a quella di Ib, e la ragazza si sentiva sempre più stanca e confusa a causa del suo morso…
A un certo punto Ib si sentì cadere il mondo addosso: il corridoio finiva in un vicolo cieco, e niente sembrava poterla aiutare a fuggire da lì. La ragazza stava rallentando sempre di più, cominciava a correre in modo sempre più scoordinato e la testa le girava senza lasciarle un attimo di tregua; anche il respiro si era fatto pesante e affannato, Ib era allo stremo, sentiva che era giunta la sua ora.
Prima di arrivare alla fine del corridoio, la ragazza cadde esausta a terra, graffiandosi le ginocchia e cercando inutilmente di spingersi con i palmi delle mani. Si voltò e avvistò la formica proprio dietro di lei che rallentava; sembrava convinta di averla presa, si era fermata a pochi passi da lei. Ib le rivolse uno sguardo di supplica ansimando pesantemente, sperando che a quella vista l'avrebbe risparmiata.
La vista era annebbiata, le cose che vedeva erano fumose e tremavano, tutto quanto ruotava attorno a Ib; la ragazza cadde sulla schiena, rivolgendo lo sguardo al soffitto. Cominciò a piangere disperata, sapendo di non avere più via di scampo.
Mentre la formica si avvicinava e lei cercava di allontanarla dimenandosi in ogni modo, Ib notò nel muro che poneva fine al corridoio un buco abbastanza grande da farla passare strisciando. Il suo sguardo si posò su quel buco nel muro dall’aspetto tetro e inquietante, ma in quel momento ai suoi occhi apparve come una luce di salvezza; se solo avesse avuto la forza necessaria per infilarsi là dentro, la formica non sarebbe riuscita a seguirla… Ma era esausta, aveva i muscoli intorpiditi, la testa annebbiata, non capiva cosa stesse succedendo al suo corpo, tremava come se stesse congelando, ma allo stesso tempo sudava come mai le era capitato; non sarebbe riuscita a salvarsi, non avrebbe avuto la forza per strisciare nel buco…
Vuoi morire così, quindi? Disse una voce nella sua testa. Era lei che parlava a sé stessa o qualcuno le stava parlando? Ma come era possibile? Sei sopravvissuta a questo inferno nove anni fa per morire qui? Alzati e scappa, idiota! Muoviti!!!
Fu come se avesse ricevuto una scossa elettrica: Ib spalancò gli occhi e vide la formica sopra di lei, sul punto di schiacciarla; si girò sulla pancia e strisciò con tutte le sue forze fino al buco, incredibilmente senza venire afferrata dalla formica. La sentì urlare infuriata, la formica. Era riuscita a sfuggirle, e non pensava che si sarebbe infilata là dentro dopo essere diventata così grande… Poteva considerarsi salva da morte imminente, forse, ma la stanchezza tornò a farsi sentire nel suo corpo, quasi come se l’avesse lasciata solo per qualche istante, giusto il tempo per sfuggire alla formica gigante…
<< Ce l’ho fatta… >> Mormorò ansimando e rivolgendo lo sguardo al buco dove si affacciava la formica. << Ce l’ho fatta… >> Ripeté euforica, ma esausta. Dalla stanchezza, Ib non riuscì nemmeno a tenere la testa alzata, le palpebre si abbassarono come se fossero di piombo, e la ragazza svenne lì, in quella cavità oscura, da sola, indifesa.
 

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Capitolo 5
*** Dentro al labirinto ***


Garry era ancora confuso. Non capiva come fosse finito nella stanza dove era ora: sembrava che camminando non si fosse reso conto del cambiamento del colore delle pareti e delle luci che facevano da cornice alle sale, mentre i quadri che vedeva gli sembravano sempre gli stessi. Si sentiva in trappola, come se stesse girando in tondo, senza mai raggiungere un traguardo significativo. Guardò l’orologio al polso automaticamente per capire che ora fosse, ma lo trovò fermo.
<< Maledizione! >> Sbottò dando un pugno alla parete alla sua destra. << Dove diavolo sono finito, e dov’è Ib? >> Rimase in silenzio guardando un punto fisso del pavimento.
Dal fondo del corridoio Garry sentì provenire un cigolio. Sbiancò in viso e si voltò verso il rumore; sapeva cos’era: una statua Morte dell’Individuo lo stava seguendo. Trattenne un’imprecazione quando sentì il cigolio farsi più insistente e si gettò in una strada laterale, stretta e riparata; sembrava fare un giro su sé stessa prima di rientrare nel corridoio centrale, ma prima di quello, c’era un piccolo spazio che permetteva a qualcuno di nascondersi; forse avrebbe potuto ingannare Morte dell’Individuo, in quel modo, e poi sarebbe potuto tornare sulla sua strada alla ricerca di Ib.
Il ragazzo aspettò tutto il tempo che fu necessario: il cigolio, da basso e lontano, si fece più vicino e marcato, quasi come se la statua avesse accelerato il passo; Garry la sentì passare nella stradina in cui si era infilato lui, ma invece di raggiungere il nascondiglio dove si era rintanato, quella passò dritta, uscendo e continuando per la sua strada. Quando il suono si fu allontanato di nuovo, il ragazzo poté tirare un sospiro di sollievo e uscire dal nascondiglio.
Tirò un lungo sospiro di sollievo e si piegò sulle ginocchia, sperando di potersi rilassare qualche secondo. A un tratto sentì una voce stridula entrargli in testa. Ehi, Garry! Sobbalzò terrorizzato e si guardò intorno con furia, preoccupato che ci fosse qualche altro mostro. Ma non vide niente di strano attorno a sé. Sono qui!
Abbassò lo sguardo rendendosi conto che la vocina provenisse da sotto, e vide a pochi centimetri dai suoi piedi una piccola bambola di pezza blu dagli occhi rossi, abbigliata con un leggero vestitino rosa; aveva i capelli neri spettinati e rivolti in tutte le direzioni, e in viso c’era stampato un sorriso inquietante. << Ah! >> Strillò schifato quando la vide, e saltò indietro per evitare che quella cosa lo toccasse. Non gli erano mai piaciute quelle bambole.
La bambola si mosse e sembrò mimare una risatina, coprendosi la bocca. Sei davvero buffo! Disse tornando a guardarlo con quel suo sorriso inquietante.
Garry ansimò per alcuni secondi, prima di riprendere il proprio contegno. << Ma… Ma che diavolo vuoi da me! >> Urlò infuriato cercando di sembrare minaccioso. Si ricordava quella bambola, se le ricordava tutte.
La bambola però non sembrò volergli fare del male, né provò a spiegare cosa ci facesse lì, ma semplicemente si limitò a stendere le braccia verso di lui e mormorare con vocina amichevole: Portami con te!
Dopo un primo istante di confusione in cui Garry cercò di connettere le parole del coso con il suo gesto e la loro situazione corrente, il ragazzo piegò indietro la schiena, come per stiracchiarsi, prendendo aria per poi buttarsi in avanti con il peso, verso la bambola, riversando su di essa tutto il suo odio. << Scordatelo! Non mi porterei mai a spasso una mostruosità come te! >>
La bambola sembrò non sentirlo e si alzò in piedi, continuando a tendere le braccia verso la sua faccia. Dai! Disse sempre con voce gioiosa. Si molleggiò sulle gambe paffute come per raggiungerlo.
<< No! >> Fece infastidito Garry girandosi e incrociando le braccia con decisione. Un “no” era un “no”, aveva troppi problemi a cui pensare. E poi quella cosa lo stava facendo spaventare non poco!
Si girò per andarsene, e così fece, ignorando la presenza della bambolina blu ferma a pochi metri dalla sua schiena, ma sentendola saltellare allegramente al suo seguito pochi istanti dopo. Quella cadde goffamente dopo pochi metri e si lamentò con un verso di sorpresa. Lo chiamò di nuovo, con più forza. Garry!
Garry si bloccò e si girò di scatto. << CHE C’E’?! >> Le gridò contro assumendo un’espressione furiosa, sperando di far intendere alla bambola il suo stato d’animo.
Quella allungò di nuovo le piccole braccia paffute e prive di dita. In braccio! Disse gioiosamente, sperando nel ritorno del ragazzo. Garry rispose sbuffando con forza su quel ciuffo di capelli sempre lì a coprirgli un occhio. Conosco un sacco di amici! Se vieni ci divertiremo tutti insieme!
Garry sorrise isterico e allungò una mano alzando un dito. << Oh, no no no, mia cara! Non cadrò più nello stesso stupido trucchetto del cavolo! >> Fece scuotendo la testa compulsivamente, riferendosi a quando fu attirato in una stanza piena di quelle piccole atrocità. << Ho chiuso con le cose piccole e inquietanti come te, non mi farò più trarre in inganno! >>
La bambola sembrava guardarlo con sufficienza; non aveva notato quella cosa, ma adesso il suo viso si era imbronciato. Quella piccola bambola alzò un braccio puntandolo ai piedi di Garry. Attento. Disse con tono seccato, come se stesse facendo qualcosa controvoglia.
Garry strinse le spalle e sorrise furbamente, come per dire che qualunque cosa volesse dirgli, non gli interessava. Si girò e all’improvviso sentì il terreno mancargli sotto ai piedi. Sbatté con la faccia contro un pavimento estremamente duro e rimase bloccato in una posizione ridicola per alcuni istanti prima di rendersi conto di quello che era successo. Dopo un po’ cominciò a rotolarsi a terra, contorcendosi dal dolore e lamentandosi per la botta.
Io ci ho provato… Disse delusa la bambola, assumendo una posa di resa, ma trattenendo una risatina.
Garry si girò sulla schiena e si strinse con forza il naso, ringhiando infuriato. << Lo trovi divertente? >> Chiese con tono minaccioso. La bambola non sembrò per niente intimidita, e rispose sollevandosi su un braccio e rimanendo in equilibrio a testa in giù sul bordo del pavimento, dove si apriva la fossa in cui era caduto Garry.
Sì! Cinguettò divertita quella prima di scansare un tentativo di afferrarla da parte di Garry. Il ragazzo si alzò in piedi velocemente e fece guizzare la mano destra per prendere quell'odioso pupazzetto. Purtroppo non riuscì nemmeno a sfiorarla e si ritrovò a dare un colpo all’aria, mentre il suo obiettivo saltellava indietro, allontanandosi dal buco nel pavimento.
<< Sei così fastidiosa… >> Ringhiò Garry lasciando incompleta la frase. Se fosse riuscito a prendere quel piccolo diavolo l’avrebbe fatto a pezzi fino a non vedere più quel suo ghignetto irritante.
Dei passi attirarono la sua attenzione. Erano dei passi metallici e trascinati, pesanti tanto da far tremare Garry a ogni colpo, accompagnati da quel fastidioso e stridulo cigolio che aveva sentito pochi minuti prima. Stava tornando quella statua che aveva seminato; doveva essersi accorta del trucco. Era in trappola!
Garry cominciò ad agitarsi avanti e indietro, sbattendo alle pareti lisce di quella fossa per cercare di arrampicarsi e uscire di lì, ma fu tutto inutile. Che stai facendo? Chiese la bambola girando intorno al bordo del fosso. Garry avrebbe preferito ignorare le inutili domande della bambola e continuare a tentare di arrampicarsi. Ora mi ignori di nuovo? Chiese dispiaciuta piegandosi verso di lui. Peccato, potevo aiutarti a uscire da qui…
Garry sentì cosa gli disse, ma non volle credere alle sue parole; non doveva fidarsi di niente in quel posto, sapeva già come finiva a prestare fiducia agli sconosciuti là dentro… << Come no… >> Mormorò sarcastico senza voltarsi, mentre continuava a tentare di arrampicarsi; i passi si facevano sempre più forti, ormai non c’era molto tempo.
Dico sul serio! Io voglio aiutarti. Ribatté la bambola sedendosi a terra e poi mettendosi una manina paffuta sul petto, come per giurare.
Garry ringhiò arrendendosi a quella parete impossibile da scalare. << Oh, certo! Vuoi aiutarmi, così puoi portarmi a casa tua, nel tuo meraviglioso mondo immaginario, dove circondato da disgustose bamboline di pezza potrai farmi a pezzi! >> Esclamò fuori di sé voltandosi verso la bambola. Quella sembrò contrariata e scosse la testa più volte, sperando che Garry le credesse. << Sai cosa ho imparato, in questo maledetto inferno? Non fidarsi di niente e nessuno, per qualunque ragione! Questo mondo crea illusioni in modo da far perdere la strada a chi cerca di uscire; ci è mancato poco la prima volta, non mi farò raggirare da qualche altra mostruosità anche ora! >>
La bambola sembrò dispiaciuta dalle parole di Garry; indietreggiò abbassando piano la mano dal petto e il suo viso si intristì lentamente, ma un attimo dopo comparve un ghigno furbo sul suo visino, e sembrò pregustare in anticipo la sua vittoria. Neanche di Ib? Chiese con voce maliziosa, sapendo che non appena avrebbe sentito quel nome, Garry avrebbe cambiato atteggiamento.
<< Che cosa? >> Chiese Garry mascherando la sua inquietudine. Dopo essersi bloccato si voltò lentamente verso la bambola di pezza. << Che vuoi dire con questo? >> Adesso voleva sapere tutto, era lui a cercare il contatto con lei.
La bambolina si mise a camminare rasente al bordo, alzando lo sguardo furbamente e agitando una mano. Sorrise a Garry con malizia e disse: Ciao! Cominciando ad allontanarsi da lui.
Garry non avrebbe voluto rimanere da solo, anche se era quello che aveva cercato fino a quel momento, ma ora che quella bambola lo aveva lasciato in sospeso con quella frase lui non poteva non desiderare una risposta. << Aspetta! >> Esclamò correndo dall’altro lato della fossa. Cercò di arrampicarsi, ma non ci riuscì e chiamò di nuovo la bambola. Quella però sembrava essere sparita, e probabilmente aveva deciso di lasciare il ragazzo al suo destino; sicuramente tutta quella messinscena era stato solo un modo per prendersi gioco di lui e farsi qualche risata alle sue spalle, per poi abbandonarlo al suo destino. Quel mostriciattolo non aveva mai voluto aiutarlo per davvero!
<< Maledizione! >> Urlò Garry sbattendo un pugno a terra dopo essersi accasciato lungo il muro. Era finito, non c’era nessuna via di uscita. Quel cigolio odioso si faceva sempre più insistente, segno che Morte dell’Individuo si era accorta di lui, e quando sarebbe arrivato là davanti la statua si sarebbe buttata in quel buco, attaccando Garry e uccidendolo in pochi istanti. Come avrebbe potuto difendersi da quella mostruosità, in fondo? Era impotente di fronte a quella statua così pesante; era abbastanza forte da spostarne una ferma, ma non poteva certo affrontarne una animata a quel modo; se avesse avuto una qualche arma, forse…
Imprecò di nuovo sbattendo il pugno con più forza, questa volta contro il muro alle sue spalle. << Mi dispiace, Ib… >> Mormorò sconfortato. << Sono stato uno sciocco… >>
Ormai Garry si era rassegnato a dover morire per mano di una statua priva della testa, vestita con un abito rosso, o blu, o verde… Chissà… In fondo non l’aveva ancora vista; poteva essere la stessa statua che lo aveva inseguito prima, oppure poteva essere un’altra statua, totalmente differente da quella di prima… Stava solo aspettando di poterla vedere. Sentì un brivido lungo la colonna vertebrale non appena sentì i passi strascicati della statua farsi chiari. Era ormai arrivata.
Sentì un movimento alle sue spalle, qualcosa lo toccò piano, come se qualcuno stesse spingendo il muro dietro la sua schiena. Garry si guardò intorno confuso. Psss… Fece una vocina dietro di sé, attutita, come se fosse coperta da qualcosa. Garry pensò che stesse cominciando a vedere cose che non esistevano, ma un’altra volta ci fu la stessa voce, più forte di prima e visibilmente infastidita, che lo fece sobbalzare e convincersi del fatto che non fosse un sogno.
Spostati, idiota! Esclamò quella da dietro il muro. Garry saltò da seduto non appena sentì la voce e si voltò verso la parete, di cui vide una piccola sezione rettangolare sollevarsi e mostrare uno stretto cunicolo buio, dalla quale sbucava una bambolina sorridente che sembrava riuscire a sollevarla senza problemi. Garry rimase allibito per un istante, fissando confuso la bambola, incapace di connettere quello che stava succedendo. Vedendo che il ragazzo non si dava una mossa, la bambola gli fece segno di seguirlo e disse: Sbrigati! Vieni con me.
Garry la vide girarsi e gattonare lentamente verso l’interno di quel cunicolo. Rimase a fissare quel buco rettangolare per alcuni istanti, chiedendosi cosa volesse da lui quella strana bambola blu. Non sarebbe mai passato da lì, era troppo stretto! << Ehi…! >> Cercò di chiamare quella per farglielo notare. La bambola smise di avanzare e si girò, tornando all’uscita del tunnel.
Cosa c’è ora? Chiese infastidita.
<< Non posso passarci! >> Fece Garry cercando di trattenere la voce. Sentì quel cigolio dei piedi della statua che si faceva sempre più vicino. Ormai era lì davanti, e forse il salto l’avrebbe rallentata un po’.
Sì che puoi! Fece la bambola con tono fiducioso, facendo intendere di non avere tempo da perdere.
<< No, non posso! >> Ribatté Garry con un’espressione decisa e infastidita.
E allora vuoi morire qui? Fece la bambola alzando un braccio in direzione della statua, che cominciava a fare capolino da sopra la voragine. Garry si girò un istante, ma si pentì subito dopo di quel gesto, decidendo di tornare a rivolgere lo sguardo alla bambola, che sembrava davvero intenzionata ad aiutarlo. Forza, puoi farcela! Lo incitò la bambola, che dopo un gesto di incoraggiamento riprese a inoltrarsi in quel cunicolo. Garry ringhiò combattuto prima di fare la sua scelta – non che ne avesse molta…
<< E va bene! >> Sbottò il ragazzo schiacciandosi a terra e cominciando a strisciare dentro al buco. Proprio nel momento in cui Morte dell’Individuo era scesa nella fossa, Garry era riuscito a infilare la testa nel buco. Sentì poi tirarsi dai piedi, e a quel punto cominciò a gridare e ad agitarsi istericamente. << AH! MI HA PRESO! AIUTO! AH!!! >> Urlò come se lo stessero uccidendo. In realtà, la statua alle sue spalle riusciva a malapena ad afferrargli una caviglia, ma essendo un fifone la paura aveva ingigantito tutto.
Quando lo sentì gridare, la bambola si voltò di nuovo alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa delusa. Sospirò bofonchiando qualcosa mentre tornava indietro per la seconda volta e mise le mani sulla faccia di Garry. Lo spinse con forza, riuscendo a farlo indietreggiare. Prima le braccia, idiota! Esclamò infuriata facendolo uscire allo scoperto.
A quel punto Garry si ritrovò di nuovo fuori dal cunicolo, con alle spalle una statua dal vestito rosso che si sbracciava per afferrarlo. Lanciò un gridolino non appena la vide e si rituffò dentro al buco nel muro, questa volta infilando prima le braccia per poter strisciare in avanti con più facilità. In breve tempo, avanzando furiosamente come se fosse ancora inseguito, Garry si rese conto che il cunicolo in cui la bambola lo aveva portato non era stretto come pensava: sembrava essere stato disegnato per esseri minuscoli, proprio come quella bambola, ma lui riusciva a passare senza troppi problemi, trattenendo il fiato e respirando poco. Ovviamente, se avesse voluto girarsi per controllare la situazione dietro di sé avrebbe avuto qualche problema, come anche se avesse voluto sdraiarsi sulla schiena per riprendere fiato: a malapena riusciva a muovere le spalle per avanzare; quella sensazione gli dava fastidio e non vedeva l’ora di uscire da lì.
Sei stato bravo, soldato! Scherzò con tono divertito la bambolina. Quando sentì la sua voce, Garry sussultò per un attimo, ricordandosi subito dopo di quella maligna bambola di pezza che gli aveva salvato la vita. Non avrebbe mai creduto che fosse stato un gesto disinteressato, e presto quella cosa gli avrebbe portato guai, ma al momento era salvo… Doveva essere grato a quella bambola di pezza, per il momento

<< Non… Non infierire… >> Supplicò Garry esausto lasciandosi andare a un sospiro che sembrò portargli via anche l’anima. << Dammi solo… Un momento. >> Si mise una mano sul cuore e respirò a fondo, finendo per assumere una posizione ridicola. Adesso che aveva potuto respirare, voleva sapere che stava succedendo. << Che hai detto, prima? >> Chiese ansimando e alzando lo sguardo verso la bambola, che ora si era girata per metà verso di lui.
Cosa? Chiese quella senza capire di cosa parlasse.
Lo sguardo di Garry si inasprì. << Hai fatto il nome di Ib. Che cosa volevi dire con quella cosa? >> Prima che lo lasciasse da solo, la bambola aveva nominato Ib, ma il ragazzo, per il nervosismo non aveva capito bene cosa volesse dire.
La bambola sembrò non ricordare, si mise una manina sulla guancia e girò lo sguardo dall’altra parte prima di rispondere con tono pensieroso. Oh, sì, ora mi ricordo!
<< Bene. >> Fece Garry riprendendo fiato, sollevato dal fatto che la bambola non lo avesse preso in giro. << Quindi? >> Chiese spazientito, sperando di non dover aspettare oltre.
La bambola lo guardò con quei suoi occhi rossi inquietanti e il suo sorrisetto fisso, strinse le spalle e disse: Non lo so. Quella risposta non soddisfò per niente Garry, che si lasciò andare allo sconforto facendo cadere di colpo la testa sul pavimento.
<< Che vuol dire “non lo so”?! >> Esclamò infuriato e con la fronte pulsante, stufo di tutti quei giochetti con la bambola.
Quella allungò le braccia per farlo calmare e disse: Ehi, calmati, sto solo scherzando!
Garry si sentì sollevato quando disse quella cosa. << Bene. >> Ripeté ansimando. << Allora? >> Non ce la faceva più, se avesse ricevuto un’altra risposta insoddisfacente avrebbe potuto distruggere quella bambolina dalla rabbia. Ma questa volta rispose in modo serio.
Bé, quando hai detto di non volerti fidare di me, hai affermato che non ti saresti fidato di niente in questo posto. Garry stava ad ascoltare con attenzione, sperando che si trattasse di qualcosa importante; ricordava quella parte. E allora ho pensato: “se dice di non volersi fidare di niente e nessuno, non si fiderà nemmeno di Ib se dovesse incontrarla”!
Adesso Garry capiva cosa intendeva quella bambola quando gli aveva fatto quella domanda, e adesso capiva di aver detto una cosa stupida. Abbassò lo sguardo deluso mentre la bambola continuava a parlare.
In fondo è una mossa astuta: è vero che questo mondo crea delle illusioni per impedire agli ospiti di andarsene, e una di queste potrebbe assumere le sembianze della tua amica… Abbassò lo sguardo verso il ragazzo, vedendo che era completamente schiacciato a terra dalla delusione. Ehi! Sbottò pensando che non la stesse ascoltando.
<< Scusa… >> Mormorò Garry rialzando la testa da terra. << Scusami, Ib… >>
Ma mi stai ascoltando? Chiese la bambola confusa quando sentì i discorsi del ragazzo rivolti a nessuno che fosse presente. A un certo punto Garry sembrò riprendersi da quella sua strana depressione e alzò la testa con sguardo indagatore.
<< Come sai di Ib? >> Chiese con tono inquisitorio. << Come fai a conoscerla? >>
La bambola sembrò colta di sorpresa. Cosa vuoi dire? La conosco e basta! Rispose indietreggiando un poco. Garry scosse la testa non convinto.
<< Quando venimmo qui la prima volta, Ib non incontrò mai qualcuna di voi bambole: non ebbe il tempo di vedervi per quello che eravate davvero. >> Avanzò piano, come se fosse un animale selvaggio, pronto a balzare sulla sua preda.
Ehm… La bambola non riuscì a rispondere in nessun modo alla domanda di Garry; aveva una bella parlantina, ma quando esauriva le idee era molto facile da ingabbiare.
<< Non puoi aver saputo niente dalle altre bambole, né da statue come Morte dell’Individuo o dipinti come La Donna in Rosso… >> Garry continuava ad avanzare con una strana luce negli occhi, mentre la bambola, in risposta, continuava a muoversi a retromarcia.
Come fai a dirlo? Chiese spaventata guardandosi intorno, sentendosi improvvisamente in trappola. Potrebbero avermelo detto…!
<< Non credo proprio, visto che l’unico obiettivo di quegli abomini sembri essere strappare tutti i petali delle nostre rose; dubito che vadano in giro a raccontare le storie delle loro prede ad altre opere! >> Adesso Garry era sicuro di aver preso la bambola per il verso giusto; l’aveva colta di sorpresa e con una mossa abbastanza rapida avrebbe anche potuto bloccarla. << Voi bamboline invece siete più complesse, maligne… >>
La bambola era visibilmente in difficoltà, e non solo nella retorica. Ehm… Va bene, me ne ha parlato qualcuno, ma…
<< Ma…? >> La incitò Garry con un sorriso eccitato. Alzò piano una mano per afferrare quella perfida e soffice bambolina, sperando che non se ne sarebbe accorta.
Con uno scatto rapido come un fulmine, la bambolina si voltò e cominciò a correre, approfittando del vantaggio di avere più spazio per muoversi del grosso umano. Addio! Disse con poca convinzione prima di mettersi a correre a gambe levate. In risposta, Garry allungò di colpo il braccio, afferrando il vestitino rosa della bambola e lanciando un gemito di soddisfazione; la bambola però lo colpì in faccia con una delle sue paffute braccia, e si liberò dalla presa, togliendogli così la possibilità di far luce sulla faccenda. Ma subito dopo aver perso il bersaglio, il ragazzo allungò l’altro braccio per mettersi all’inseguimento della bambola.
Il cunicolo in cui era finito non era troppo lungo, e nonostante il poco spazio, il ragazzo riusciva a strisciare abbastanza rapidamente; vide alla fine della strada, la bambola che spingeva un pannello come quello che aveva aperto dall'altro lato. << Ti vedo! >> Esclamò determinato a raggiungere di nuovo la preda per tirarle fuori tutte le risposte che voleva.
La bambola lanciò un urletto quando si accorse di avere Garry alle spalle e cominciò a spingere con tutte le sue forze, facendo scivolare i piedini di pezza sul pavimento liscio. Riuscì a fuggire da quel cunicolo sollevando il pannello un attimo prima che Garry la afferrasse, ma il ragazzo non si arrese ed infilò il braccio attraverso la porta che aveva aperto lei stessa, e riuscì ad afferrare la bambola e a bloccare la sua fuga. Quando strinse il corpicino della bambola tra le sue dita, quella lasciò andare un gemito di paura, seguito da un’esultanza del ragazzo, dall’altra parte del muro.
<< Ti ho presa! Questa volta non mi scappi! >> Dichiarò stringendo con forza la bambola nella mano. Quella cercava di liberarsi facendo forza sulle dita del ragazzo, ma non era tanto forte da poterlo smuovere così facilmente. Con un po’ di fatica, Garry riuscì a sgusciare fuori dal tunnel, senza mai allentare la stretta sulla bambolina. Quando si fu rimesso in piedi, il ragazzo tirò due rapidi respiri e guardò con soddisfazione la sua preda, che tremava terrorizzata.
<< Ora… >> Sussurrò affaticato. << Mi dirai tutto quello che sai. >>
Ti prego… Lo supplicò quella cercando di dimenarsi nel frattempo. Garry rise e scosse un dito proprio davanti al viso della bambola.
<< No no no no no! Ti ho presa e ora mi rispondi! >> Fece con tono simpatico, nascondendo una certa antipatia, con la quale però non avrebbe ottenuto nulla.
La bambola singhiozzò con voce infantile. Mi fai male… Mormorò cercando ancora di liberarsi dalla stretta del ragazzo. Gli occhi di Garry erano fissi sul viso minuscolo della bambola, che ora cercava di intenerirlo con i suoi occhi rossi. Erano inquietanti, ma in qualche modo riuscivano a turbarlo in modo diverso dal solito.
Dannazione… Pensò cercando di non mostrare il suo dispiacere nell’aspetto esteriore; si sforzò di mantenere una faccia impassibile, ma si sentì male per trattare così quel piccolo esserino. E perché? In fondo quel “piccolo esserino” lo avrebbe ucciso in un attimo senza pensarci! Non doveva farsi prendere dalla compassione. Però quel “piccolo esserino” gli aveva anche salvato la vita, poco prima…
Mentre gli occhioni rossi della bambola cercavano di smuovere la coscienza di Garry, il ragazzo non riuscì più a trattenersi dall’assumere una faccia dispiaciuta, e alla fine cedette. << Ah! E va bene! >> Esclamò allentando la presa. << Non ti farò niente, ma ti prego, dimmi chi ti ha mandato da me! >> Supplicò con tono debole. Era troppo buono, non riusciva a fare il duro, e in più non aveva la forza per esigere qualcosa. Ib sarebbe scoppiata dal ridere se lo avesse visto in quel momento…
La bambola sembrò sollevata dall’improvvisa scomparsa della forza che le stringeva il corpo un attimo prima e assunse un’espressione gioiosa. Grazie. Disse con voce acuta e raggiante, mostrando un piccolo e tenero sorrisetto.
<< Smettila e sbrigati a rispondermi! >> Disse stringendo i denti per evitare che quelle sue moine facessero altri effetti su di lui.
Va bene… Mormorò la bambola ridacchiando un po’ per la reazione del ragazzo. Si guardò intorno e pensò un po’ alla risposta. Facciamo che ti ci porto?
Garry fissò perplesso la bambolina mentre scrutava i dintorni e attese alcuni istanti prima di poter rispondere; non che avesse scelta, avrebbe detto di sì, ovviamente, ma voleva valutare con attenzione quella proposta: avrebbe potuto essere una trappola. << E va bene. >> Disse sospirando e lasciando andare completamente la presa sul corpo della bambola.
La bambola sembrò felice di essere di nuovo libera e di essere scampata a quella situazione; lanciò un piccolo urletto di gioia alzando le braccia con enfasi e saltellando in cerchio, ma poco dopo si tornò a guardare intorno persa, rimanendo in piedi sulla mano del ragazzo. Però… Mormorò pensierosa facendo preoccupare Garry. Il modo in cui mi tenevi prima era comodo… Non è che potresti portarmi così?
A quella richiesta il ragazzo di lasciò andare a un lungo sospiro sollevato; per un attimo aveva temuto che la bambola ci avesse ripensato e che sarebbe scappata via in un istante come prima. Per fortuna sembrava essere non solo spiritosa, ma anche onesta. E chissà perché, a Garry diede l’impressione di una bambina piccola che voleva solo giocare e scoprire il mondo…
Così i due si avventurarono nel labirinto del Mondo di Guertena, guidati dalle indicazioni della bambola portata in mano da Garry; durante la loro camminata scambiarono qualche parola di tanto in tanto, l’uno conoscendo così alcuni piccoli aspetti della vita dell’altro. Garry scoprì che nel Mondo di Guertena il tempo non passava: un umano che vi rimaneva intrappolato smetteva di invecchiare; era per questo che il suo orologio si era fermato tutte e due le volte che vi era entrato. Le opere di Guertena non vivevano tutte assieme e non sempre andavano d’accordo tra di loro: i quadri di donne, per esempio, erano sempre in competizione con le statue senza volto, che a loro volta invidiavano le teste di manichino per avere un viso, ma essendo inespressive e incapaci di spostarsi come loro, queste ultime piangevano sempre.
I quadri che non possono staccarsi dal muro possono sempre spostarsi nei loro paesaggi e tra una cornice e l’altra. Diceva a voce alta la piccola bambolina. Non sembrava essere per niente turbata dall’atmosfera cupa della galleria, che invece stava facendo andare fuori di testa Garry. Ci sono delle siepi, alcune di loro pungono! I fiori sono colorati ma non profumano; non possono neanche muoversi: sono così tristi… Mormorò tristemente abbassando lo sguardo. Solo le rose dei visitatori hanno un bell’odore! Disse subito dopo illuminandosi.
Parlando di fiori, a Garry venne in mente la rosa che portava sulla giacca; si ricordò di come funzionassero le cose in quel posto, la rosa che portava con sé una persona era la sua vita, e andava protetta ad ogni costo. Se quella rosa fosse stata la sua rosa, allora avrebbe potuto considerarsi fortunato per avere con sé la propria vita.
<< Ehi. >> Chiamò piano Garry per attirare l’attenzione della bambola. Quella si girò verso di lui, mentre il ragazzo continuava ad avanzare nella direzione che gli aveva indicato. << Questa rosa ha un buon odore? >> Chiese mostrandole la rosa blu che staccò dal cappotto.
La bambola fissò la rosa con confusione per un attimo, poi assunse un largo sorriso e disse: Sì… Quella sì… Con un tono di voce quasi inquietante. A Garry sembrò quasi che la bambolina fosse attratta dalla sua rosa in modo ossessivo; lo capì dallo sguardo che comparve sul suo volto, nonostante fosse un viso di pezza, e i suoi occhi fossero dei semplici pallini rossi; non sapeva se fosse un buon segno o no…
Garry sentì il bisogno di mettere la propria rosa al sicuro, prima che a quella strana bambola venisse in mente qualche idea folle, e lo avrebbe fatto subito, ma il richiamo di quella lo bloccò. Puoi… Farmela annusare un po’…? Chiese timidamente, come se temesse la reazione del proprietario del fiore.
Garry fu sconvolto. Non riusciva a credere che quella bambola malefica gli avesse chiesto una cosa del genere, e non credette più di essere in sé quando, lentamente, avvicinò il fiore alla mano dove stava seduta la bambola; stringendo delicatamente lo stelo, Garry piegò il fiore per farlo avvicinare al viso della bambola. Quella allungò le mani come una bambina a cui si donava un giocattolo e la tirò delicatamente da due petali, affondando il viso tra di essi e inspirando con forza. La sua espressione gioiosa diede uno strano effetto a Garry, che provò tenerezza per quel piccolo esserino. E perché, poi? Lui odiava quei mostriciattoli, avrebbe preferito vederli bruciare tutti! Ma quello era diverso, in qualche modo…
<< Immagino che tu non sia abituata a questa sensazione… >> Mormorò lui dopo che la bambolina ebbe lasciato andare i petali della rosa. Gli sembrò dispiaciuta quando si vide il fiore allontanarsi dal proprio viso, come se rimpiangesse di non averlo più vicino.
La bambola mosse piano la testa a destra e a sinistra, guardando sconsolata il cappotto di Garry. Già… Qui sotto è tutto così triste e silenzioso, non c’è aria fresca e noi non possiamo certo bere l’acqua per dissetarci… Spiegò con rammarico la bambola, che alzò una manina per mostrare al ragazzo dove si trovassero: una stanza vuota. L’unico piacere che abbiamo è sentire un buon odore, ogni tanto, ma non c’è nulla a emanare un simile profumo, qua sotto! Si tese in avanti per annusare un’altra volta la rosa che teneva in mano Garry. Vedendola così disperata, il ragazzo decise di abbassare un’altra volta il fiore per farglielo annusare di nuovo. La bambola sembrò sorpresa e lo ringraziò con lo sguardo tornando ad annusare, assaporando ogni istante di quel momento.
Questo profumo… Disse con voce sognante. E’ un dono. Conservalo con cura…
Garry non comprese appieno le parole della bambola, ma pensò che avesse ragione: in quel luogo non c’era nulla di piacevole, e l’arte non poteva essere considerata tale, in quel caso. Per qualcuno dotato di una coscienza, quel posto era un inferno, era triste e solitario, e più lui pensava a quella cosa, più gli veniva in mente la ragazzina accasciata a terra, con le spalle al muro e la testa bassa, in preda alla disperazione e allo sconforto, che aspettava il suo ritorno. Doveva andare da Ib!
<< Ib… >> Mormorò spaesato dopo che l’immagine della ragazza gli fu comparsa nella mente. La bambola alzò lo sguardo interrogativa ed emise un verso di domanda. Garry tornò a guardare la bambola e tornò a pensare obiettivamente:<< Dobbiamo muoverci! >> Esclamò attaccando la rosa al cappotto ed alzando lo sguardo per guardare avanti a sé. << Ib potrebbe essere in pericolo, e la persona che ti ha mandata da me potrebbe aiutarci! >>
La bambola si girò un po’ riluttante dovendo dire addio a quella bella rosa, ma il suo sguardo divenne deciso una volta che fu rivolta verso la strada. Sì! Disse annuendo. Alzò un braccio paffuto e lo puntò davanti a sé, scegliendo una strada tra le tre che si aprivano di fronte a loro. Andiamo! Disse incitando Garry a partire.
Il ragazzo stava per scattare rapido lungo il corridoio, ma lo sconcerto immediato della bambola lo frenò. Quella si guardò intorno confusa e fece una voce preoccupata: Ma dove siamo? Chiese a voce troppo alta per non volersi far sentire.
Garry non riusciva a credere alle sue orecchie. << Che?! >> Esclamò sentendo la pressione tornare a farlo ansimare. Si erano davvero persi? << Ma non dicevi di conoscere la strada?! >> Gridò alla bambola, che data la forza della sua voce si mise le mani alle orecchie.
Oh, no: mi sono distratta mentre parlavamo e tu sei andato avanti senza pensare! Si lamentò preoccupata la bambolina guardandosi intorno e schiacciandosi le mani alla testa. Dopo un attimo di panico, la bambola sembrò ritrovare la sicurezza che aveva sempre mostrato e puntò il dito contro il ragazzo che la trasportava. E’ colpa tua!
<< Che cosa? >> Fece Garry incredulo. << Pensavo che la strada fosse giusta perché tu non mi hai dato altre indicazioni! >> Esclamò puntando il proprio dito, molto più grande del corpicino della bambola, su di lei.
La bambola tornò a preoccuparsi. Accidenti, è vero! Si lamentò girandosi di nuovo verso la strada. Il paesaggio era cambiato decisamente: le pareti erano arancioni e di tanto in tanto spuntavano delle strane lampade da esse, che però rimanevano spente; in fondo ad ogni corridoio c’era un’oscurità inquietante e uno strano disegno sul pavimento sembrava prendersi beffe dei due viandanti, con l’unico intento di confonderli.
L’immagine rappresentava un viso pallido distorto che rideva mostrando i denti e la lingua: aveva addosso un trucco inquietante, con gli occhi colorati di nero e delle lacrime dello stesso colore che scendevano da essi. Aveva uno strano copricapo che a Garry ricordò un altro quadro che aveva visto nella galleria: Frutto Amaro.
<< Stupido pagliaccio…! >> Ringhiò Garry guardando a terra. La bambola fu attirata dall’esclamazione del ragazzo e posò lo sguardo sul disegno.
Non fa niente! So perfettamente dove andare! Esclamò alzandosi in piedi e puntando un braccio sulla strada a sinistra. Sei in ottime mani, Garry! Non ci succederà niente! Detto questo incitò il ragazzo a partire.
<< Se lo dici tu… >> Mormorò lui mettendosi in marcia. Così il ragazzo si avventurò nel corridoio a sinistra, dopo aver lasciato la stanza del pagliaccio, e il suo sguardo inquietante.
La bambola sembrava sicura di quello che faceva, ma dopo pochi passi sembrò già perdere la sicurezza che aveva mostrato un attimo prima; nonostante Garry le ebbe chiesto se fosse sicura che quella fosse la strada giusta, la bambola reagì in modo scontroso, dicendogli di fidarsi di lei. A quella reazione, Garry fece roteare gli occhi; in fondo non sapeva nemmeno perché si stesse lasciando guidare da una bambola di pezza per quei corridoi: magari avrebbe anche potuto scegliere la strada sbagliata di proposito, per farlo perdere…
Camminando, i due si trovarono davanti agli occhi, una pallina colorata posta in mezzo alla strada. Garry si fermò a guardarla da lontano, incerto se raccoglierla o no, mentre la bambola fu lieta di vederla e cominciò a saltare sulla mano del ragazzo piena di eccitazione. Te l’ho detto che è la strada giusta! Te l’ho detto! Ripeteva contenta, ma sollevata per non aver preso un vicolo cieco; in fondo si poteva vedere benissimo che non aveva la più minima idea di dove andare.
Il ragazzo si avvicinò con diffidenza mentre la bambolina non riusciva a contenere l’emozione per quel ritrovamento; in realtà Garry non si spiegava tutta quella eccitazione, la pallina colorata avrebbe potuto significare qualcosa di buono, oppure l’esatto contrario… Tuttavia la bambola continuava a ripetere di raccoglierla, facendo pensare a Garry che non ci fosse nessun pericolo.
La pallina era di un bel colore verde scuro che a Garry ricordò l’erba di campo; era lucida e uniforme, sembrava avere una consistenza molle, ma rimaneva perfettamente immobile e solida sul posto. Il ragazzo sentì il desiderio di raccoglierla quando si rese conto di quanto fosse particolare quella sfera, ma non appena la ebbe afferrata e sollevata in alto, la sfera scomparve tra le sue dita.
Non sembrava avere peso, nonostante al tocco fosse solida, e la sentì svanire gradualmente: le sue dita si strinsero sempre di più finché quella pallina non fu sparita, lasciandolo a mani vuote. Garry aprì piano la bocca, perplesso, mentre invece la bambola, che si era arrampicata sulla sua spalla, sembrava su di giri. << Che cosa è successo? >> Chiese con semplicità, ricevendo in risposta nient’altro che silenzio. La sua domanda risuonò priva di spessore nel corridoio vuoto.
Andiamo avanti! Cinguettò felice la bambola, facendo muovere Garry, che non chiese altro. Data la sua eccitazione, Garry immaginò che si trattasse di qualcosa di buono

Tornarono a camminare. Presto si ritrovarono in una sala ampia, con alcuni pilastri alla quale stavano attaccati alcuni quadri; c’era anche una scultura, una lampada da tavolo grigia con una lampadina spenta attaccata di sopra, più alta di Garry. Metteva in soggezione, ma la bambola gli disse di ignorarla; il ragazzo non sapeva se sarebbe riuscito a ignorare una cosa tanto grande, sapendo che in quel posto tutto poteva prendere vita.
La bambola guidò il ragazzo in quella sala, facendo da guida turistica e descrivendo le varie opere appese ai muri: c’era un quadro che ritraeva uno strano strumento musicale a corda, dall’aspetto simile a una chitarra, ma più snello e lungo, e munito di alcuni accessori di cui Garry non comprese l’utilità; era poggiato accanto a uno sgabello vuoto e a un leggio in uno sfondo viola, e il titolo era “Nota Sorda”. Al ragazzo trasmise una strana malinconia, e preferì allontanarsene e continuare a seguire la lezione della bambola: gli mostrò Filo Divino, che rappresentava un semplice filo pendere dall’alto, su uno sfondo bianco su cui erano proiettate delle strane ombre; a Garry piaceva quel quadro, nonostante non ne capisse molto di arte: la definizione delle ombre era l’elemento che lo attirava di più.
E qui invece c’è il Pescatore. Disse con orgoglio la bambola, mostrando con un braccio il quadro di un omino in piedi sopra una scogliera, intento a fissare lo spettatore.
Garry esaminò il quadro come se stesse cercando qualche elemento mancante. << Ma… Non sta pescando… >> Mormorò incerto.
La bambola si schiaffò una mano sulla fronte. Quello sbadatone lo perde sempre! Disse stringendo le spalle, come per dire che non ci fosse nulla da fare. Che cosa perdeva sempre?
Le onde del mare nel quadro si infragevano sulle rocce, la figura del pescatore si muoveva impercettibilmente, il quadro sembrava vivo, e probabilmente lo era; quando una voce provenne da esso, Garry ne fu convinto. Non è colpa mia! Disse stanco il pescatore del quadro. Garry si spaventò un po’ quando sentì la voce dell’omino, ma si ricompose pensando che in fondo non ci fosse niente di strano in quello… La voce del pescatore era profonda e roca, come se appartenesse a un vecchio. Quello alzò un braccio; nonostante fosse poco caratterizzato, poteva almeno muovere gli arti e andare avanti e indietro nel suo quadro. E’ l’amo che se ne va via ogni volta! A me serve per pescare, ma senza non posso fare niente!
Giusto. Annuì la bambola comprensiva, mettendosi una mano al mento. In tutto quello, Garry si chiese come fosse finito a fare simili conversazioni con dei quadri.
Ragazzo, sembri un tipo sincero; per favore, se dovessi trovare il mio amo, lo riporteresti indietro? Lo supplicò l’omino muovendo su e giù le braccia. Garry si sentì chiamato in causa, nonostante se ne sentisse completamente estraneo. Nonostante ciò, pensò che non fosse un grosso problema riportare il suo amo a un vecchio pescatore…
<< Se lo troverò, non sarà un disturbo riportarglielo. >> Rispose sorridendo leggermente, facendo saltare il pescatore dalla gioia.
Sul serio? Grazie mille, ragazzo! Cominciò a ringraziarlo lui chinando la testa più volte. Garry non capì perché fosse così importante per quel pescatore, ma si sentì lusingato nel ricevere tutti quei ringraziamenti.
Quando si furono allontanati, i due tornarono a parlare. Vuoi davvero trovare l’amo del Pescatore? Chiese la bambola sdraiandosi sulla spalla di Garry.
Il ragazzo rispose con sicurezza:<< Se dovessi trovarlo da qualche parte, perché non riportarlo al proprietario? In fondo potrei riuscire a guadagnare qualche alleato in questo labirinto… >> Mormorò stringendo le spalle. Un attimo dopo, non riuscì a credere a quello che avesse detto: pensava davvero di fidarsi di altre opere della galleria? Era forse impazzito? Scosse la testa mettendosi una mano sulla bocca, come per rimangiarsi le parole appena pronunciate, ma fu troppo tardi: la bambola lo squadrava già con occhietti furbi. Il ragazzo ricambiò con uno sguardo minaccioso e alzò un dito:<< Non una parola! >> Disse a denti stretti, facendo ridacchiare la bambola, che annuì complice.
La bambola gli mostrò qualche altro quadro mentre andavano avanti, poi Garry notò qualcosa di luccicante in un angolo e si avvicinò curioso: era un’altra pallina colorata come quella che avevano trovato prima, ma questa era blu. Il ragazzo la raccolse sotto le incitazioni della bambola e la guardò svanire tra le proprie dita come prima; ancora non capiva di cosa si trattasse, ma se la bambola era così eccitata nel trovare tutte quelle palline, allora significava che erano importanti…
Garry capì presto di essere finito in una stanza senza via di uscita, ma date le insistenze della bambola, pensò che dovessero rimanere lì ancora un po’, quindi riprese a camminare, cercando con attenzione nella sala qualcosa che avrebbe potuto mancare. Dovettero passare di nuovo vicino alla lampada gigante, e mentre Garry affrettava il passo nervosamente, la bambola continuava a dirgli di ignorarla. Vicino all’entrata della stanza, al lato della porta da cui erano entrati, Garry trovò un’altra pallina colorata: brillava di un giallo luminoso e intenso. La raccolse come le altre, e come le altre due, la vide sparire nell’aria. Senza spiegarsi il motivo di quella reazione, Garry tornò indietro, continuando a cercare.
Quando passarono vicino alla statua della lampada, Garry poté vedere una targhetta su cui stava scritto il titolo dell’opera.
“Solitario”. Perché una lampada da tavolo avrebbe dovuto prendere un nome così altisonante? E perché era così esageratamente grossa e inquietante? In fondo, cosa aveva di anormale, quella lampada?
<< Solitario…? >> Mormorò pensieroso il ragazzo fermandosi a fissare per qualche istante la stauta.
Ti ho detto che non devi guardarla! Esclamò la bambola arrabbiandosi con Garry e tirandolo dalle guance per fargli distogliere lo sguardo. Il ragazzo si lamentò dicendo di aver capito e se ne andò, ma per la bambola lui non aveva ancora capito…
Sulla destra della sala, poco prima di raggiungere il muro che segnava la fine di quella piccola mostra, Garry trovò una porta che non aveva notato prima: era grigia e sentì stranamente l’urgenza di spingerla. La bambola non si oppose – doveva avere la sua approvazione per fare qualcosa, apparentemente – quindi decise di entrare a testa alta nella prossima stanza.
<< Come ho fatto a mancare questa porta… >> Si chiese incredulo, girando lo sguardo a destra e a sinistra per osservare la stanza: c’era un piccolo spazio dove poteva camminare, e poi c’era un vuoto insuperabile che spaventò Garry a prima vista. Non pensava che fosse tutto lì, le pareti della stanza andavano avanti, nonostante non potesse vedere nell’oscurità che avvolgeva l’altra parte della stanza, e al centro della stanza partiva uno strano ponte colorato, sottile e incredibile.
Il ponte aveva i colori delle palline che aveva raccolto il ragazzo e la bambola sorrise a vederlo. Questo ci porterà dall’altra parte, ma non è ancora pronto… Spiegò con calma, facendo intendere di non poterlo ancora attraversare.
<< Perché non è pronto? >> Chiese Garry facendo un passo verso di esso. La bambola reagì di scatto e si mise a urlare, agitando le braccia davanti al viso del ragazzo.
Mancano ancora dei colori! Attualmente è instabile! Disse velocemente per fermare immediatamente Garry dall’avvicinarsi ancora. Il ragazzo alzò le mani in segno di scusa e si girò verso la porta, dicendo che allora sarebbe stato meglio trovare quelle palline mancanti. Una volta raggiunta la porta grigia, il ragazzo tirò con leggerezza e attraversò la soglia, scoprendo di non poter passare.
Alzò lo sguardo e vide che qualcosa di grosso bloccava la strada; qualcosa di grosso e minaccioso.
Era Solitario, la sua lampadina si era accesa e sembrava scrutare il ragazzo con curiosità. La bambola si congelò sulla spalla del ragazzo, mentre lui fissava stupefatto la gigantesca lampada di fronte a sé. Non ti muovere! Scandì la bambola, facendo intendere che non sarebbe stato saggio farlo.
La lampada continuava a fissare Garry in modo sempre più insistente, finendo addirittura per annusarlo, in qualche strano modo. Purtroppo, quella non fu una buona notizia per il ragazzo, che imprecò un attimo prima di potersene rendere conto: Solitario avvertì l’odore della sua rosa e istantaneamente alzò la “testa” per emettere un ruggito gutturale e inquietante che scosse il soffitto e fece cadere indietro il ragazzo, che perse la bambola dalla spalla.
La bambola urlò. Garry urlò molto di più e cercò di rialzarsi, girandosi verso il ponte, la sua unica via di fuga. La lampada si avvicinava a salti goffi e lenti, ma la strada di ritorno era bloccata dalla sua mole enorme ed era fuori discussione come via di uscita. La bambola però non sembrò condividere il suo piano di scappare usando il ponte; alzò un braccio verso Garry mentre tentava di rialzarsi e gli urlò di non andare. Non reggerà il tuo peso!
Garry rispose rapidamente, sentendo l’adrenalina scorrere nelle sue vene e dargli una spinta incredibile. << Lo so! >> Rispose girando la testa indietro per un secondo. << Ma è la mia unica opportunità! >> Urlò buttandosi a capofitto sul ponte colorato. Le tre strisce colorate sembrarono diventare ancora più sottili una volta che lui vi ebbe messo i piedi sopra; sembrava vetro. Dovette fare attenzione a non perdere l’equilibrio per avanzare, guardando ogni istante i propri piedi e il ponte su cui li poggiava. Nonostante tutto, non sembrava tanto male; forse si sarebbe salvato senza rischi. Ma la bambola continuava a seguirlo con lo sguardo, preoccupata e spaventata, immobile per non attirare l’attenzione di Solitario, che l’avrebbe frantumata se l’avesse notata.
La gigantesca lampada, da parte sua, sembrò riluttante a salire sul ponte fatto di colori, forse rendendosi conto di non poter essere sostenuta da quello, e rimase a guardare a terra, alzando poi lo sguardo verso il ragazzo che si affrettava ad allontanarsi dal bordo.
Una volta che Garry si fu reso conto della situazione, girò lo sguardo verso la lampada e ghignò infervorato. << AH! Te l’ho fatta! >> Urlò girandosi velocemente per un momento, mantenendo il suo equilibrio precario. Sembrava sicuro di sé, ma quello fu il suo errore.
Appena dopo che ebbe urlato quella frase, le tre lastre di colore che formavano il ponte produssero un suono raccapricciante, come un vetro che andava in frantumi, e il ragazzo sentì il terreno mancare sotto ai propri piedi. Si sentì precipitare e cercò inutilmente di aggrapparsi a qualcosa per fermare la caduta. Poté vedere i frammenti del ponte liberarsi nell’aria attorno e sé e cadere con lui.
Nella sua caduta nel vuoto, Garry riconobbe solo due suoni: il primo era il ruggito di Solitario, frustrato per aver perso la sua preda; il secondo era l’urlo della bambolina di pezza, che disperata chiamava il suo nome.

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Capitolo 6
*** Intrappolati nell'incubo ***


Ib era bloccata. Era chiusa in uno stanzino stretto, senza una luce sopra la sua testa, e spinta a una porta priva di serratura. Era freddo, il legno su cui si schiacciava. Lei aveva freddo, ma non tanto da non poter sudare per la tensione; quell’oscurità le dava le vertigini, gli spazi stretti le facevano mancare l’aria. Stava male, non riusciva a muovere un dito, come se fosse stata sedata; voleva urlare per liberare la propria paura in qualche modo, ma l’unico suono che proveniva dalla sua gola era un lamento sforzato, privo di profondità. Le bruciava la gola, doveva bere qualcosa, si sentiva il petto schiacciato da una forza invisibile che la portava a terra; tuttavia era ancora in piedi, schiacciata contro il freddo legno della porta senza maniglia, immobile e dolorante.
Se avesse potuto, avrebbe distrutto quelle pareti che la costringevano in quello spazio esiguo, si sarebbe dimenticata della sua debolezza e la sua piccola statura e avrebbe demolito quello stanzino minuscolo che la lasciava senza aria. Non le importava se anche quello era parte delle opere di Guertena, nessuno avrebbe dovuto creare una simile prigione! Ma non sarebbe stata in grado di fare quello che avrebbe voluto fare, proprio a causa della sua mancanza di forza, ma anche a causa della sua impossibilità di muoversi; l’unica possibilità per andare via da lì era sperare nell’arrivo di qualcuno che l’avrebbe liberata da quell’inferno.
Ma chi poteva salvarla? Chi le diceva che quella fosse una stanza, e non una bara in cui era stata chiusa e sepolta per sempre? Chi le diceva che avrebbe rivisto la luce del sole, dopo quello? Avrebbe potuto morire asfissiata o la fame l’avrebbe consumata, prima che qualcuno si potesse accorgere di quello che stava accadendo lì dentro. E lei non avrebbe potuto chiamare nessuno, perché era bloccata, intrappolata, incapace di muoversi o di emettere un suono. Poteva solo contare i secondi che passavano, e vedere quanto ci mettesse la vita ad abbandonare il suo corpo…
Adesso si sentiva legata. Sentiva i nodi stretti ai polsi e alle caviglie, le corde che sfregavano alle sue gambe e ai suoi fianchi, e il sangue che rallentava per raggiungere le estremità dei suoi arti. Non pensava che potesse essere così doloroso. Non sentiva niente di tutto questo, in realtà: il dolore e la sensazione di oppressione che le davano le corde erano come dei rumori lontani, trasportati dal vento; Ib percepiva solo l’idea che le dava quella sua impossibilità di muoversi. Sentiva di essere anche bendata, e di avere qualcosa in bocca per impedirle di emettere dei suoni; questo avrebbe spiegato perché non potesse parlare, ma alla ragazza sembrò molto più semplice immaginare di essere stata drogata e rinchiusa lì.
In fondo era stata avvelenata. Quell’idea aveva un suo senso, nonostante tutta la follia che la circondava; chi si sarebbe preoccupato di trascinare una ragazza morta fuori da un buco e metterla in un altro buco, ancora più isolato per giunta? Forse qualcuno aveva avuto pietà di lei e aveva volto darle una sepoltura rispettosa… Ma chi avrebbe avuto tanta umanità, in quel luogo? C’erano solo mostri assassini, non c’erano buoni samaritani pronti a fare del bene – e poi, sarebbero stati anche abbastanza stupidi per non chiedersi se fosse viva o morta…
Ib non voleva rimanere in quel posto, voleva andare via; ma dove? Non poteva muoversi, non poteva chiamare aiuto, e non poteva certo liberarsi con le proprie forze. Era da sola, come non si era mai sentita prima, e pensava che la sua vita sarebbe finita così, senza un epilogo, senza un senso, ma solo con la morte per mano del morso di una formica.
Odiava quella formica, odiava sé stessa per essere stata così stupida, odiava quel luogo, odiava Guertena, odiava quel giorno che era il suo compleanno e che le aveva dato quella possibilità di andare a morire. Non voleva più pensare a nient’altro, se non a quello che odiava profondamente; tutto quello che era rimasto dentro di lei era odio. Non vi erano altre emozioni, ormai. Era intrappolata nel proprio odio; non aveva neanche paura ormai, perché sapeva di essere morta, indipendentemente da quello che sarebbe successo. Ma a un certo punto la paura tornò a farsi sentire, e con grande prepotenza.
Percepì un tonfo; un colpo che rimbombò nello stanzino, facendo vibrare le sue stesse membra. In un primo momento la ragazza fu confusa, non capì cosa significasse quel rumore. Poteva essere qualunque cosa, ma decisamente non era qualcosa di buono. Ne sentì un altro più forte, questa volta fece tremare tutta la bara in cui era rinchiusa Ib. Cosa poteva essere? Perché non la lasciavano in pace, cos’altro volevano da lei ancora? Ci fu un altro colpo e poi un altro ancora, uno più forte dell’altro, sempre crescenti e sempre diretti a fare del male alla mente di Ib, spaventandola e facendole perdere la ragione a poco a poco.
Non ne poteva più, ogni istante passato in quella tomba era una tortura, i colpi si erano fatti ormai costanti e veloci, sempre più forti e spaventosi. Si era creato un frastuono che martellava i timpani di Ib e distruggeva le poche cellule sane rimaste nel suo cervello. Non ce la faceva più, le faceva male, era stanca, voleva andare a casa, voleva morire. E avrebbe anche accettato la morte, se fosse servita a liberarla da tutto quello; ma chi aveva architettato quella tortura non doveva aver considerato l’eventualità che lei potesse morire. No, Ib doveva essere viva fino all’ultimo istante, così da perdere completamente la ragione fino a non provare più niente; ma lei non voleva che quello accadesse, non voleva far vedere di essere debole. Lei avrebbe combattuto fino alla fine, avrebbe dimostrato a chiunque si stesse divertendo a farla soffrire che lei non aveva paura e che era più forte di chiunque altro.
Per questo decise aprire gli occhi. E nello stesso istante in cui aprì gli occhi, spalancò la bocca per urlare e i suoi polmoni si riempirono istantaneamente di aria nuova. Il suo grido risuono forte nella stanza dalle pareti rosse in cui si trovava e fece sussultare la persona che stava seduta dandole le spalle a meno di un metro da lei.
In un attimo Ib capì di non essere rinchiusa in una bara, di non essere legata e di potersi muovere quanto volesse; aveva solo un cappotto pesante addosso che le limitava i movimenti ed era sdraiata a terra sul fianco sinistro, ansimante e spaventata, mentre guardava con occhi sgranati la schiena di uno sconosciuto. Quello stesso sconosciuto si voltò colto alla sprovvista, e si inginocchiò accanto a lei per controllare che stesse bene: era un uomo sulla cinquantina, aveva i capelli biondi, raccolti in una coda liscia dietro la nuca, con alcuni ciuffi liberi davanti alla fronte; i suoi occhi erano azzurri come l’oceano e il viso era segnato da rughe che davano l’impressione di uno che aveva visto molto nella sua vita; la barba ispida cresceva su tutta la parte inferiore del viso, dandogli una espressione più marcata e severa.
L’uomo indossava una leggera camicia bianca dall’aspetto consumato, mentre quel cappotto che copriva il corpo inerme di Ib dava una sensazione diversa; la ragazza non pensò che appartenesse a lui. << Ehi… >> Mormorò alzando una mano verso il viso della ragazza, ancora confusa, e ora, anche terribilmente imbarazzata per aver lanciato quell’urlo. << Stai meglio, finalmente! >> Commentò dopo averle tastato la fronte con le dita. Ib non capì perché dovette tastarle la fronte per capirlo, ma immaginò che prima stesse molto peggio. Non sembrava sorpreso per il suo urlo di poco fa
… Che avesse fatto altri versi nel sonno?
La ragazza si guardò intorno muovendosi un po’ sotto quel cappotto pesante, spaesata. << Uhm… Io… >> Cercò di scusarsi per quel suo gesto oppure di fare qualche domanda, ma non riuscì a dire nulla.
L’uomo sembrò intuire da solo la sua incertezza e si preoccupò di rassicurarla in fretta:<< Non temere: non sono come quei mostri. >> Disse assumendo un sorriso amichevole, che stranamente rincuorò la ragazza. Era strano come ogni volta, Ib finisse per fidarsi di sconosciuti da pochi, effimeri indizi; quella era una qualità della quale si sentiva orgogliosa, ma la gente la reputava ingenua e avventata: una qualità del genere non l’aveva aiutata in precedenza, quando aveva incontrato la formica che l’aveva messa in quelle condizioni, ma le aveva probabilmente salvato la vita, anni addietro, quando ebbe incontrato Garry.
Ib volle mostrare un po’ di riconoscenza all’uomo, nonostante non le avesse ancora detto niente, e annuì piano, mormorando qualcosa di impercettibile. << Grazie… >> Lo ringraziò specialmente per averle detto di non essere parte della galleria, come la formica che aveva cercato di ucciderla, o molte altre opere che non si sarebbero fatte scrupoli a schiacciarla in quel momento di debolezza. Era semplicemente felice di condividere quella stanza con un altro essere umano; non aveva pensato neanche per un momento al fatto che potesse mentirle…
L’uomo sorrise di nuovo al suo ringraziamento e si alzò senza staccarle gli occhi di dosso. << Eri in condizioni gravi, quando ti ho trovata, nascosta in un buco nel muro… >> Spiegò camminando verso una parete, osservando qualcosa fuori dal campo visivo della ragazza. << Avevi la febbre alta e deliravi. >> Aggiunse tornando da lei. Una volta che si fu inginocchiato di nuovo accanto a lei concluse la sua spiegazione:<< Il massimo che ho potuto fare è stato portarti al sicuro e prendermi cura di te… >>
Ib mosse piano gli occhi a destra e a sinistra, esaminando la stanza in cui si trovava: sembrava essere una semplice stanza quadrata, di piccole dimensioni, con al centro una strana fonte di luce rossastra che si muoveva incessantemente, proiettando strane ombre sulle pareti rosse; in un angolo c’era una piccola libreria, e in un altro vide uno sgabello di legno. Con fare stanco, Ib si spinse improvvisamente con le braccia per mettersi a sedere, ma riuscì solo a rimanere sospesa per alcuni secondi, tenendo le braccia tese. La sua debolezza la lasciò spiazzata, ma non lo diede a vedere e si concentrò sul circondario; lo sconosciuto sembrò non condividere la sua idea di alzarsi così presto, ma lei cercò di ignorarlo. Capì quindi che la strana fonte di luce era un fuoco posto al centro della stanza: scoppiettava ed emanava calore che con la sua danza faceva sentire ancora più piacevole. Girando la testa, si rese conto che su una parete stava appeso il quadro Separazione, ma a parte quei pochi elementi, la stanza appariva vuota.
Le braccia della ragazza cedettero e lei si ritrovò di nuovo con il viso a terra; digrignò i denti per la propria infermità e si abbatté, rimanendo a terra a fissare il pavimento di fronte ai suoi occhi. << Fai piano… >> Disse l’uomo mettendole una mano sotto la testa e facendole scivolare di sotto qualcosa che Ib identificò come un cuscino. << Anche se la tua rosa è rifiorita non puoi sforzarti troppo. >> Spiegò allontanandosi un po’.
Ib alzò lo sguardo  incredula quando quello nominò la sua rosa; ebbe un fremito al solo sentire la parola e cominciò a chiedersi dove fosse, ricordandosi quanto fosse fragile e delicata. Forse sul suo viso si dipinse un’espressione di terrore, per questo lo sconosciuto si affrettò ad assicurarla. Mise una mano dietro la schiena e tirò fuori da una tasca una bellissima rosa rossa in fiore. Assunse un’espressione di disappunto, ma sorrise subito dopo dicendo:<< In realtà ho dovuto solo… Metterla in un vaso pieno d’acqua… >> Sembrò così innocente e sincero quando le sorrise posando la rosa accanto al suo viso. << Non preoccuparti: adesso siete entrambe al sicuro. >> Disse con voce rassicurante prima di tornarsene al suo posto davanti al fuoco scoppiettante.
Ib osservò la schiena di quell’uomo mentre se ne stava girato dall’altra parte, a fissare le fiamme danzanti; stranamente, le diede l’impressione di una brava persona, semplice e sincera: le sue parole l’avevano rassicurata in pochi minuti, e quel suo gesto di restituirle la sua rosa in quel modo, mettendola accanto a lei, la fece sentire meglio; in una situazione del genere, qualcuno avrebbe potuto prendere la rosa di un viandante come lei e tenerla per sé, come assicurazione per la vita, merce di scambio, o oggetto di minacce… Lui invece gliel’aveva restituita senza nessun problema. Che avesse qualche intenzione losca?
Ib non poté credere all’eventualità che quell’uomo fosse malvagio, e pensò che avrebbe dovuto ringraziarlo, come minimo, per il suo gesto. Nonostante lo avesse già fatto, un semplice “grazie” non sembrò sufficiente a Ib. << Signore… >> Mormorò debolmente alzando di poco la testa dal cuscino. L’uomo si voltò spalancando gli occhi. << Mi chiamo… Ib. >> Disse sorridendo grata; non voleva far credere che non le importasse quello che aveva fatto per lei, probabilmente sarebbe morta senza il suo aiuto… << La ringrazio per tutto quello che ha fatto per me… >> La sua voce flebile non sembrò molto convincente, ma l’uomo sorrise annuendo piano.
<< Non serve che tu mi ringrazi. Lo rifarei senza indugio. >> Rispose con calma quello, che non si mosse dalla sua posizione, intuendo che Ib avesse altro da dire. Prima però si volle presentare. Si girò verso di lei e si mise una mano sul petto. << Il mio nome è Elias Dawson, e come te ero un visitatore della mostra del maestro Guertena… >> Dunque era vero. Il viso di Ib si spense in desolazione; quello che aveva sperato fosse solo un malinteso era stato confermato da quell’uomo; erano stati visitatori della mostra di Guertena: adesso erano prigionieri del Mondo di Guertena.
Il signor Elias sembrò comprendere il dispiacere della ragazza e cercò di chiederle se sapesse già cosa fosse quel posto. Lei rispose trattenendo a stento le lacrime:<< Rimasi intrappolata qua… Tanto tempo fa… >> Mormorò tra un singhiozzo e l’altro.
Il signor Elias sembrò sconvolto. << Sei così giovane… Come hai fatto ad uscirne la prima volta? >> Chiese facendo scorrere lo sguardo dalla testa ai piedi della ragazza, anche se coperti dal lungo cappotto.
Ib piagnucolò qualcosa di incomprensibile. << Sono stata aiutata… Da una persona… >> Disse cercando di asciugarsi gli occhi, da cui ora sgorgavano lacrime di dolore. << Eravamo tornati per il mio compleanno… Ma sono stata una stupida! >> Diede un colpo al pavimento, causando un piccolo colpo secco. << Ora ci siamo divisi, e io non so cosa fare… >>
L’uomo guardò con compassione la povera ragazza che giaceva di fronte a lui; cosa sperava di ottenere piangendo come una bambina? Sperava forse che mosso dal suo dolore, quello sconosciuto avrebbe semplicemente risolto tutto? Doveva svegliarsi, e ricordare che ormai era un’adulta, non poteva più piangere! << Mi dispiace, Ib… >> Mormorò a testa bassa Elias Dawson. << Vago per queste sale da un po’, e tu sei l’unica persona che ho incontrato. >>
Ib non ci sperava nemmeno in una risposta diversa. Si sorprese di non aver ricevuto la notizia della morte del suo amico, piuttosto… << Non fa niente… >> Mormorò tristemente abbandonandosi al cuscino che le aveva dato l’uomo.
Lui la guardò con dispiacere mentre chiudeva gli occhi e si abbandonava al proprio dolore; sembrava che darle quell’informazione lo avesse scosso molto più di lei. Non era sicuro che Garry fosse morto, ma le possibilità di rincontrarsi quanto avrebbero potuto essere basse? Sicuramente quei pensieri attraversavano la mente del signor Elias, oltre che quella di Ib, che non voleva provare a dire altro.
L’uomo sospirò tristemente e tornò a girarsi verso il fuoco. Ib aprì gli occhi per vedere se si fosse girato di nuovo e lo scrutò di nascosto; era così strano, le dava una sensazione di fiducia e sincerità che poche volte aveva provato prima. Fissava il fuoco con un leggero broncio stampato in volto, e le mani pendevano dalle ginocchia inerti, dove stavano poggiate. Lo vide estrarre da una tasca una rosa bianca e fissarla con nostalgia, rigirandola con le dita. Quella doveva essere la sua “Incarnazione dello Spirito”, la rosa da proteggere a costo della vita per poter sopravvivere… Era così bella… I suoi petali bianchi si accostavano alla sua camicia, ma diversamente da questa erano immacolati, perfetti, ed era proprio questo loro contrasto che la rendeva ancora più bella. Davano un senso di purezza che Ib non aveva mai provato prima…
Ib aveva letto che ogni fiore avesse un proprio significato, e le rose ne avevano diversi a seconda del loro colore; aveva ipotizzato che la rosa che portasse con sé fosse colorata dal suo stesso animo, e quindi quello avrebbe potuto mostrare i tratti più profondi e nascosti di una persona; nel caso di quell’uomo, sarebbe stata appunto la purezza…
Avrebbe voluto sapere di più su quell’uomo, sul perché la sua rosa fosse bianca, cosa ci facesse lì… Ma era stanca. Non sapeva dove fosse e non aveva la più pallida idea di quando le sarebbe capitato di nuovo di poter riposare così, quindi i suoi occhi appesantiti dalla stanchezza la costrinsero a cedere a quella forza e a dormire, per recuperare le forze, per prepararsi a qualcosa di più duro, una prova che la attendeva in quel mondo. E lei ne aveva paura, ma avrebbe dovuto affrontarla per salvarsi.
Chiuse gli occhi respirando profondamente con serenità, permettendo a quel torpore che aveva invaso il suo corpo precedentemente di tornare a prenderla con sé… Ma non funzionava.
Non riusciva ad addormentarsi perché la sua mente era piena, era troppo concentrata per potersi rilassare e dormire; la paura l’aveva bloccata, non riusciva a distogliere l’attenzione da quella stanza, nonostante fosse al sicuro. A quel punto sarebbe stato meglio alzarsi e uscire da lì alla ricerca di Garry, ma il signor Elias non glielo avrebbe permesso. E inoltre la paura non se ne sarebbe andata, Ib non si sarebbe calmata…
Proprio quando pensava che non sarebbe riuscita ad addormentarsi e l’idea di alzarsi da lì stava per arrivare al suo cervello, un canto cominciò a riverberare nella stanza. Era il signor Elias, girato di spalle, che cantava una dolce melodia che fece sentire una insolita nostalgia a Ib.
<< Dormi serena, bambina mia… >> Cantava lentamente, senza mai staccare gli occhi dalla propria rosa. A Ib, quella melodia ricordò qualcosa, come se l’avesse già sentita. << Dormi tranquilla, non ti spaventar… >> Sembrava una ninna nanna cantata apposta per far calmare Ib, ma la ragazza sapeva che non era così semplice. << Chiudi gli occhi, non temere. Rimango qui con te, io veglierò sul tuo riposo… >> La voce dell’uomo risuonava nella stanza vuota, dandogli un tono ancora più solenne, nonostante stesse cantando a bassa voce, quasi sussurrando. Di certo non voleva farsi notare… << Stringiti a me, non devi temere; io veglierò su di te, rimarremo sempre insieme… >> Dopo quel verso, l’uomo si limitò a canticchiare a bocca chiusa il motivetto della ninna nanna, deludendo Ib, che avrebbe voluto conoscere il resto delle parole, ma anche facendola stare meglio; infatti con quella sua ninna nanna, l’uomo aveva fatto distogliere l’attenzione della ragazza dal problema principale
 la galleria in cui erano finiti  e le aveva dato quella serenità che le serviva per dormire.
Ib non sapeva se lo avesse fatto intenzionalmente, oppure si fosse trattato di un caso, ma fu grata a quello sconosciuto per averla aiutata ancora una volta. Adesso l’unica cosa su cui voleva concentrarsi era il motivetto della ninna nanna, che cominciava a suonare da solo nella sua testa, facendole canticchiare a sua volta la musica. E sotto quelle note dolci e familiari, la ragazza riuscì a ritrovare la serenità e si addormentò, senza temere i brutti sogni.
 
*
 
Ib si mosse un poco per stiracchiarsi, senza volersi realmente alzare. Pensava che quella posizione che aveva assunto fosse perfetta, sarebbe rimasta lì immobile per ore, se non fosse stata in pericolo; il pavimento era duro, ma non era un grosso problema: a lei era bastato un piccolo cuscino e un cappotto a coprirla per potersi addormentare.
La ragazza sbadigliò tenendo gli occhi chiusi; sapeva che doveva alzarsi, ma non le andava. Se fosse stata egoista, si sarebbe anche concessa qualche minuto in più, ma una volta che il pensiero di Garry disperso nella galleria le fu balenato in mente, spalancò gli occhi e si alzò con la schiena, facendo ricadere il cappotto sulle proprie gambe.
Si guardò intorno spaesata. << Ben svegliata. >> La salutò il signor Elias sorridendole con complicità. Era in piedi, accanto ai resti del fuoco che sembrava aver spento da poco, e si stava scrollando i vestiti con le mani.
Ib si stropicciò gli occhi e rivolse un sorriso assonnato all’uomo prima di alzarsi. Si guardò intorno un momento e poi si trascinò dietro il cappotto che l’aveva coperta per restituirlo al signor Elias. << Il suo cappotto, signore… >> Mormorò lei alzando il braccio che lo teneva, mentre l’uomo continuava a battersi i vestiti, forse per cacciare della cenere proveniente dal fuoco acceso in precedenza.
<< Non è mio. >> Rispose scuotendo la testa con un po’ di incertezza. Ib si sorprese. << L’ho trovato su una sedia, dopo aver trovato te, e ho pensato che sarebbe stato utile… >>
Ib guardò prima il cappotto che teneva in mano, poi il viso dell’uomo, e sorrise; apprezzava molto il gesto, anche se in fondo non gli fosse costato nulla. << Quindi… Che facciamo? >> Chiese guardandosi intorno, continuando a tendere il braccio con il cappotto.
Elias Dawson strinse le spalle sbuffando prima di rispondere. << Portiamolo con noi, intanto. Potrebbe tornarci utile… >> Propose rivolgendo uno sguardo alla porta di legno che faceva strada all’uscita.
Ib era d’accordo con lui: quel cappotto era stato utile a lei, e sarebbe stato utile a chiunque altro, se mai ci fosse stato qualcun altro lì dentro, e se lo avessero incontrato loro, allora sarebbero stati preparati. << Lo vuole lei? >> Chiese porgendoglielo di nuovo. Qualcuno lo avrebbe dovuto comunque portare.
Il signor Elias scosse piano la testa indietreggiando, però. << Non soffro il freddo… Preferisco rimanere a maniche corte. >> Detto questo sorrise. << Però puoi metterlo tu, se hai ancora freddo. >>
Ib non avrebbe detto di avere freddo; in una situazione come la sua, quasi in fin di vita, una coperta sarebbe stata molto utile anche per farla sentire più al sicuro, mentre la sua mente affaticata avrebbe cercato di respingere quel dolore che la opprimeva. Oltretutto, era troppo grande per lei, e avrebbe finito per inciampare di continuo. << Non serve. >> Rispose scuotendo la testa. Allora il signor Elias si offrì di portarlo da sé, per evitare di affaticare la ragazza, che si era appena ripresa.
Quando Elias Dawson si fu caricato il cappotto sulle spalle, Ib si rese conto che l’uomo non fosse a maniche corte. << Ma lei ha le maniche lunghe! >> Commentò; in effetti, le maniche della camicia di Dawson erano lunghe, ma le aveva tirate fin sopra ai  gomiti, forse per lo stesso motivo accennato prima. In ogni caso, al commento della ragazza, il signor Elias si voltò imbarazzato.
<< Bé, sì… Non proprio, ma… In ogni caso ho caldo! >> Esclamò ammiccando confuso. Ib non riusciva a capirlo; aveva anche acceso un fuoco nella stanza! Poteva essere che lo avesse fatto sempre per lei? Ma allora perché se n’era rimasto così vicino alle fiamme, mentre a lei l’aveva lasciata in disparte? Che razza di impressione poteva aver suscitato la ragazza, per ricevere tante cure da uno sconosciuto?
Gli occhi di Ib si posarono sul bivacco ancora caldo; la cenere si spargeva sul pavimento in modo omogeneo, mentre erano rari i tizzoni ancora ardenti in mezzo ai resti del fuoco. << Che cosa ha bruciato per accendere il fuoco? >> Chiese a voce un po’ troppo bassa per farsi sentire. In ogni caso, la domanda raggiunse il signor Elias, che sembrò voler rassicurare la ragazza.
<< Non ho usato opere della galleria, se è questo quello che vuoi sapere. >> Rispose alzando le mani in segno di difesa. Quello fece tirare un sospiro di sollievo a Ib, che per un attimo fu raggiunta da un ricordo spiacevole. Elias alzò un pollice e lo puntò alle proprie spalle. << C’era una stanza piena di sgabelli, e dopo averti portata al sicuro ho pensato che ti avrebbe fatto piacere il calore rassicurante di una fiamma… >> Ecco perché aveva acceso il fuoco, ed ecco perché non aveva tenuto Ib troppo vicina alle fiamme: evidentemente non aveva dato l’impressione di aver bisogno di calore, ma quello a cui mirava Dawson doveva essere l’atmosfera che era in grado di creare il fuoco; in effetti era stato molto utile, Ib lo aveva apprezzato.
<< La ringrazio infinitamente per tutte le sue cure, signor Elias. >> Fece la ragazza mimando un piccolo inchino. Non pensava che sarebbe stata in grado di fare lo stesso per qualcun altro, al posto suo.
Il signor Elias mosse avanti e indietro la mano. << Lo rifarei senza indugio! Non si lascia una ragazza così giovane in pericolo! >> Disse scuotendo la testa. Sembrava che fosse una cosa ovvia aiutare qualcuno in quel posto. Ma Ib non pensò che fosse poi così normale…
<< Non penso che una persona si preoccuperebbe di uno sconosciuto in un posto come questo… >> Mormorò a testa bassa, senza nascondere le proprie insicurezze all’uomo.
Elias sembrò non credere a quelle parole. << Ma che stai dicendo? >> Chiese voltandosi verso di lei. Le spostò una ciocca di capelli che le andava davanti agli occhi e sorrise. << La gente ha bisogno di restare unita per poter sopravvivere. La vita non si può affrontare da soli, e come quella, anche questa galleria! >> Si abbassò alla sua altezza per poterla guardare negli occhi, e Ib schivò il suo sguardo. << Io lo rifarei, come lo farebbe chiunque altro dotato di una coscienza. Non hai detto di essere sopravvissuta a questo posto dopo aver incontrato qualcuno che ti ha aiutata, la prima volta? >>
Dawson aveva ragione. Anche se Ib non voleva ammetterlo perché aveva paura di fidarsi, le sue parole erano profonde e giuste. Nove anni prima, quella piccola bambina incapace di parlare agli sconosciuti trovò naturale mettere nel vaso di vetro “Benedizione Eterna” la rosa blu di uno sconosciuto incontrato in mezzo a un corridoio, in fin di vita; e quello stesso sconosciuto l’aveva aiutata ad andare avanti nel suo cammino, per uscire di lì. Ed era diventato il suo più caro amico, dopo quella vicenda, e Ib non voleva perderlo.
E chi le diceva che, come Garry, anche quell’uomo non sarebbe potuto diventare qualcuno di importante nella vita della ragazza? In fondo, gli incontri più speciali si facevano per caso… << Ha ragione… >> Mormorò abbassando un po’ la testa imbarazzata. << Andiamo. >> Aggiunse mettendosi a camminare in direzione della porta.
Dawson sembrò confuso dalla reazione della ragazza, ma pensò che fosse solo un po’ timida. Quando la vide indugiare di fronte alla porta chiusa, si mise accanto a lei per darle quella spinta che le mancava. << Sai già come funzionano le cose, vedo… >> Commentò con un sorriso che la sapeva lunga su quel posto.
Ib annuì senza preoccuparsi di rispondere affermativamente. << Non si può fare altro che continuare a camminare e andare avanti. Non cambierà niente se rimarremo qui a piangerci addosso. >> La sua voce suonò decisa e sicura, nonostante la ragazza avesse paura di varcare la soglia della porta.
Elias annuì soddisfatto, e dato che la ragazza sembrava incerta se avanzare o no, decise di fare il primo passo e aprì la porta con il cappotto su una spalla. Ib sembrò destarsi dal sonno quando lo fece, e per un attimo pensò di seguirlo, poi si ricordò del cuscino che le aveva dato per farla stare comoda e tornò indietro per prenderlo; avrebbe potuto tornargli utile. Non appena si fu voltata per uscire, Elias Dawson non c’era più.
Non se ne preoccupò tanto, poiché era sicura che fosse dietro l’angolo, ma una volta fuori dalla stanza si rese conto di essere da sola. Cominciò ad ansimare e a guardarsi intorno freneticamente. << Signor Elias? >> Chiamò preoccupata. La sua voce rimbombò lontano nel corridoio dalle pareti grigie. Si sentì persa, e quell’eco non fece che aumentare la sua paura. << No! >> Esclamò abbattuta mettendosi a correre radente alla parete, quasi come se avesse paura di perdersi, o di cadere da un bordo inesistente. Era di nuovo da sola, come era potuto succedere?
In pochi minuti Ib si ritrovò in una sala ampia, sezionata da piccoli pilastri a cui stavano appesi dei quadri, a correre come una matta, chiamando il nome del nuovo incontrato. Ma era tutto inutile; nessuno poteva sentire la sua voce, a parte i quadri.
Mentre Ib si sporgeva da un pilastro per controllare che Dawson non fosse dietro ad esso, la ragazza sentì un forte rumore di vetri infranti e un seguente tonfo. Sentì poi qualcosa strisciare e quando si rese conto che quel rumore si faceva sempre più forte e vicino, cominciò a urlare.
In pochi istanti, la ragazza risvegliò diversi quadri di donna che saltarono fuori dalle pareti e si misero all’inseguimento. Lei teneva stretta la sua rosa; non voleva che le cadesse e quelle bestie la annientassero. Dove passava, le sue urla facevano risvegliare un nuovo dipinto, che schizzava via dal muro, accompagnato da vetri infranti che sembravano uscire dalla tela, e cominciava a strisciare dietro di lei.
C’erano diverse Donne in Giallo e in Verde, alcune di meno avevano un vestito blu, ma c’era una sola Donna in Rosso, e guidava quell’armata, che lentamente bloccava le vie di fuga della ragazza.
Ib girava dietro a un angolo e si ritrovava due o tre quadri a sbarrarle la strada; doveva tornare indietro, ma la strada che aveva appena preso non era più un’opzione, e quindi doveva trovare un’altra strada per sfuggire alle donne. Andò avanti così per poco, relativamente poco, finché i dipinti non ebbero la meglio su di lei e riuscirono a spingere Ib in un angolo.
Era in trappola, finita. Tanto valeva consegnargli la sua rosa e lasciare che la distruggessero, massacrando lei di conseguenza. E per un istante sentì l’impulso di farlo. Per fortuna si trattenne, e cercò invece di trovare una via di fuga. Ma quale via di fuga? I quadri erano a decine, si ammassavano l’uno sopra l’altro per avvicinarsi a Ib e neanche volando sarebbe riuscita a fuggire; sembravano però frenati da qualcosa… Era come se la Donna in Rosso – al centro, davanti a tutte le altre – stesse dicendo di attendere con i propri movimenti del corpo. E in effetti, le altre donne, pur mantenendo un’espressione folle, incontrollabile, sembrarono più calme, attesero il segnale della loro guida.
La Donna in Rosso strisciò lentamente verso Ib, quasi come se volesse farla morire dalla tensione. Si fermò a pochi centimetri dal suo viso e le sorrise in modo ammaliante. Era bellissima, come Ib aveva sempre pensato: i suoi occhi rossi si fissarono su quelli della ragazza umana; a differenza dei suoi, quelli del quadro erano opachi, sembravano essere dipinti su di una tela, appunto.
Le accarezzò una guancia, sfiorandole la pelle con le sue unghie lunghe e affilate, facendole provare dolore, come antipasto a quello che avrebbe sentito tra un attimo. Perché le stava mettendo tutta quella pressione? Non pensava che quei dipinti fossero in grado di pensare o provare piacere dal dolore altrui… Quel suo sorriso malefico la fece quasi svenire, ma quei due rubini sul suo viso le impedivano di distogliere lo sguardo: Ib era sotto il controllo della Donna in Rosso.
La vide ridere in silenzio, come se non avesse voce con cui riprodurre quei suoni, ma nonostante quel silenzio insolito riuscì a incutere una grande paura nella ragazza, tanto da cominciare a farle tremare le gambe; aveva visto i suoi denti bianchi quando aveva riso, aveva visto com’erano affilati, come le sue unghie lunghe, che sembravano poter fare a pezzi un essere umano con facilità. Ib non conosceva la forza della Donna in Rosso, ma immaginò che non sarebbe stato un grosso sforzo per lei, ucciderla.
Ib cominciò a piangere e chiuse gli occhi con questa scusa; non voleva più vedere quegli occhi così cattivi, quel viso tanto perfido da desiderare il suo dolore. Ormai la Donna in Rosso aveva raggiunto il suo scopo, era riuscita a umiliarla, e tutti gli altri quadri di donna si erano messi a ridere. Le loro erano risate vuote, silenziose; non avevano voce, come il loro capo, quindi le risate che sentiva Ib erano tutte nella sua testa. Ora l’avrebbe uccisa, e quell’incubo sarebbe finito, se non si fosse prolungato all'infinito

Con un ghigno malvagio, smanioso di versare il sangue della ragazza, la Donna in Rosso alzò il braccio destro, pronta ad abbassarlo con violenza sul corpo indifeso di Ib. La ragazza non riusciva più a trattenersi e piangeva con forza, terrorizzata, addolorata… Stava per conoscere la propria fine, era ovvio che piangesse.
Ma un urlo risuonò nella sala, facendo vibrare violentemente i timpani di Ib e destando l’attenzione delle donne nei quadri. Tutte si girarono da una parte, mentre quel grido continuava a graffiare le loro orecchie, simile a un rumore di vetri infranti, graffiante e metallico.
Ib, incapace di sopportare quella tensione, alzò lo sguardo, rendendosi conto che anche la Donna in Rosso di fronte a lei si era voltata. Guardava alla propria sinistra, dove arrivavano di corsa due figure alte: il signor Elias e… Uno specchio?
Uno specchio alto due metri arrivò muovendosi su delle rotelle. Era lui a produrre quel suono. Era davvero fastidioso, ma sembrava non piacere neanche alle donne, che dopo pochi istanti cominciarono a tapparsi le orecchie e a dimenarsi come se fossero sotto tortura.
<< Andate via, brutte stregacce! O vi farò saggiare ben più di questo misero stridore! >> Urlò Elias, che assieme allo specchio continuava ad avanzare di corsa.
Alcune delle donne cominciarono a dileguarsi, spalancando le bocche e sgranando gli occhi, senza voltarsi neanche un istante; altre invece esitarono qualche istante, prima di seguire le loro compagne. Solo la Donna in Rosso esitava a lasciare la sala, ancora con la mano levata pronta a colpire. Guardava con disappunto e sdegno lo specchio che avanzava rapidamente verso di lei, ormai l’unica rimasta. La sua espressione divenne di rabbia furente quando se lo trovò a un passo da sé, e quando poi si fermò istantaneamente davanti a lei, come se avesse avuto dei freni.
Quando la donna vide la propria immagine riflessa nello specchio, sembrò spaventarsi: la sua espressione cambiò drasticamente, e la Donna in Rosso digrignò i denti e piegò indietro la schiena, sbilanciandosi e rischiando di cadere di dietro. Produsse un suono simile al soffiare di un gatto, e mostrando i denti si allontanò velocemente, spingendosi con tutta la forza che aveva nelle braccia.
Che diavolo era successo? Ib era ancora frastornata quando si vide arrivare addosso il signor Elias, che la scosse nervosamente prendendola per le spalle. << IB! Stai bene? Pensavo che fossi con me, finché non ti ho vista più! Che diavolo è successo? >> Chiese a voce alta ansimando. Stava sudando e Ib riuscì a vedere le vene del collo gonfie quando fu abbastanza vicino. Si era davvero preoccupato per lei.
La ragazza abbassò lo sguardo, sperduta. Era rimasta indietro per prendere il cuscino che le aveva dato lui, e poi non lo aveva più rivisto; era semplice da spiegare, ma per qualche motivo la testa della ragazza si riempì di pensieri che non le piacquero per niente: aveva pensato che l’avesse abbandonata di proposito, ma fino a quel momento era stata troppo spaventata per elaborare un pensiero sensato. Da come era arrivato in suo soccorso, però, sembrava che ci tenesse molto a lei, nonostante si fossero appena incontrati.
Ib alzò piano la mano destra per mostrare quel piccolo cuscino rosso che le aveva dato Elias Dawson per riposare che stringeva ancora con forza dopo quello spavento, e mentre il suo corpo cominciava a tremare senza freni, le lacrime ricominciavano a scendere dagli occhi della ragazza. Un debole lamento spezzato da piccoli singhiozzi uscì dalla sua bocca e la ragazza non riuscì più a rimanere in piedi; scivolò lungo la parete a cui era appoggiata e si scontrò con il pavimento. Pensò di essersela fatta addosso dalla paura, ma preferì rimanere in silenzio e pensare che si trattasse del tessuto della gonna rossa che portava, a stuzzicarle le gambe.
Vedendola piangere a quel modo, il signor Elias prima rivolse uno sguardo incerto allo specchio, che si mosse verso di lui, quasi come se gli stesse mandando la stessa occhiata, e poi si abbassò accanto a lei, cercando di farla calmare. << Non piangere, Ib… E’ stato un incidente, ma… E’ andata bene, no? Forza… Non fare così… Ho avuto paura anche io, ma non possiamo lasciare che la paura prenda il controllo sul nostro corpo! >>
Le parole del signor Elias avevano senso, ma Ib era troppo spaventata e triste per potergli dare conto. Voleva solo piangere, perché non avrebbe dovuto trovarsi lì, non avrebbe dovuto rimanere da sola, Garry avrebbe dovuto proteggerla, non sarebbe mai dovuta andare lì.
<< Morirò qui… Morirò qui… Morirò qui… >> Continuava a ripetere con voce impercettibile. Non appena Elias sentì quelle parole, si sentì ferito.
<< Ib. >> Chiamò con serietà. Aspettò che la ragazza alzasse lo sguardo di sua spontanea volontà, e quando lo fece vide gli occhi azzurri di quell’uomo fissarla con rimprovero. << Tu non morirai qui. >> Scandì chiaramente per assicurarsi che la ragazza comprendesse pienamente ogni parola.
In un primo momento, Ib sembrò quasi non credere alle parole dell’uomo, confusa da quella frase; poi abbassò di nuovo la testa, e dopo aver fatto alcuni sospiri riuscì a calmarsi. Rialzò lo sguardo deglutendo, come se stesse rinchiudendo le proprie paure nel profondo del proprio corpo, e sbattendo le palpebre con rapidità per far asciugare le lacrime. << Oh mio Dio, sono una frana… >> Commentò sforzandosi di sorridere. La sua voce suonò un po’ lamentosa, ma il signor Elias si sollevò nel sentirla reagire; non potevano lasciarsi assalire dalle paure, o sarebbe stata la fine…
Dopo che Ib si fu calmata, Elias gli spiegò cosa fosse successo. Diceva di averla sentita camminare dietro di sé per tutto il tempo, finché non si fosse reso conto di essere da solo, una volta entrato in una stanza e guardatosi allo specchio; doveva essere stato un trucco della galleria, che voleva che rimanessero separati: per fortuna aveva trovato aiuto da un’opera di Guertena che aveva incontrato per strada, così aveva potuto salvare Ib. Stava parlando dello specchio con le rotelle, ed era stato lui a urlare alle donne nei quadri, al loro arrivo.
<< Elias mi ha trovato nella mia stanza e nel riflesso si è reso conto di averti persa. >> Spiegò lo specchio muovendosi un poco sulle sue rotelle. Aveva la stessa voce dell’uomo, il ché lasciò non poco stupita la ragazza. << Prima di potersi vedere, però, ha pensato molto gentilmente di pulirmi da tutte quelle scritte e macchie che altre opere mi avevano lasciato nel tempo, quegli idioti… >> Sembrò nascondere un certo rancore verso le altre opere della galleria quando parlò di quella cosa. << Grazie a lui sono tornato pulito! Volevo sdebitarmi in qualche modo, e quando l’ho visto andare in panico per trovarti, ho pensato che potessi fare qualcosa; ma ero bloccato in un muro! >>
Ib non perse tempo per fare una domanda. << Come ha fatto a renderti… Mobile? >> Voleva dimostrare di essere tornata nel pieno delle facoltà mentali, nonostante il suo corpo fosse ancora scosso da tremori. Voleva far capire di non essere debole come prima.
Lo specchio sembrò annuire mentre si dondolava avanti e indietro con le sue rotelle. << E’ stato mitico! Gli è bastato dare un’occhiata alle cianfrusaglie nella stanza per creare in un attimo questa tavola mobile, su cui mi ha messo dopo avermi tirato via dal muro. >> Ib guardò con curiosità la tavola su cui era fissato lo specchio. Era fatta di legno, aveva un aspetto rudimentale, ma solido. << Grazie a lui adesso posso muovermi e andare dove mi pare! >> Gongolò girando in cerchio contento, mentre Elias era visibilmente imbarazzato dal suo entusiasmo.
La ragazza scosse la testa confusa. << Ma come fai a parlare, tu? E perché hai la stessa voce del signor Elias? >> Chiese puntandogli un dito contro. Lo specchio si avvicinò piegandosi leggermente verso di lei. L’immagine della ragazza su fece vivida sulla sua superficie, e quell’immagine sembrò quasi staccarsi dalla realtà e agire di propria volontà. All’improvviso la vide parlare, e dallo specchio non uscì più la voce del signor Elias, ma quella di Ib stessa.
<< E’ semplice, tesoro: sono anch’io un’opera di Guertena, e anche io ho una mente mia… Solo che funziono in modo diverso dagli altri quadri e statue… >> Spiegò con calma, stupendo la ragazza che saltò indietro dalla sorpresa. << Vedi, posso assumere la voce e l’aspetto della persona che rifletto, e con questi posso comunicare al mondo. >> L’immagine di Ib si muoveva freneticamente, gesticolando in modo ampio per provare quella tesi; era così strano vedere la propria immagine riflessa su uno specchio muoversi per contro proprio, e sentire parole mai uscite dalla propria bocca, pronunciate con la stessa voce e lo stesso accento personali. Ib si chiese se non fosse realmente lei a parlare.
<< Una volta perso il contatto visivo con quella persona, non posso più assumere il suo aspetto… >> Mormorò voltandosi, facendo intendere che la figura della ragazza fosse sparita dallo specchio. << Ma la voce rimane, e così posso ancora parlare con gli altri! L’unico problema è che non posso imitare la voce e le sembianze di un’altra opera della galleria, e qui ci passa pochissima gente… >> Sembrò quasi deluso, quando disse quelle cose. Non poteva parlare con nessuno finché non incontrava qualche visitatore, dunque.
Ib non riusciva ancora a capire una cosa: come poteva aver messo in fuga quell’esercito di donne, uno specchio? << Perché la Donna in Rosso è scappata a quel modo, dopo averti visto? >>
Lo specchio, dopo aver assunto di nuovo la voce e le sembianze del signor Elias per richiesta della ragazza, che trovava troppo strano sentire la propria voce venire da un altro corpo, fece l’occhiolino a Ib e disse con tono furbo:<< In fondo, cosa spaventa una donna, più del proprio riflesso? >>
Ib forse non fu abbastanza sveglia per capire cosa intendesse, forse era ancora scossa e incapace di intendere bene quello che le si diceva, ma vide Elias sorridere divertito a quell’affermazione, e allora piegò un labbro in segno di consenso.
<< Grazie per avermi salvata un’altra volta, signor Elias… >> Mormorò lei facendo un piccolo inchino all’uomo. Lui scosse la testa indietreggiando e indicò lo specchio accanto a sé.
<< E’ Chan che devi ringraziare! >> Disse mettendosi una mano sul fianco.
<< Chan? >> Chiese lei girando la testa verso lo specchio, che ammiccò con il viso di Dawson.
<< Pur essendo un’opera di Guertena, non ho mai avuto un nome proprio. Elias è stato davvero gentile a darmene uno… >> Spiegò rapidamente, suscitando un sorrisetto sul viso della ragazza. Come poteva non sorridere a una situazione del genere? Uno specchio, sempre costretto a riflettere le immagini delle altre persone, a imitarli completamente in ogni minimo particolare, aveva qualcosa di personale, poteva dire di avere qualcosa di unico, adesso. Le fece tenerezza il modo in cui sorrise, nonostante fosse l’immagine riflessa e alterata del signor Elias.
Dopo aver salutato un’ultima volta Chan, che finalmente poteva vagare libero nel Mondo di Guertena, capace di difendersi dalle opere che lo avevano sempre maltrattato, Elias e Ib rimasero da soli, e ripresero il loro cammino senza meta.
<< Se devo essere sincero… >> Cominciò Elias girando piano la testa verso Ib. << Ho avuto davvero paura di perderti. >>
Era una cosa insolita da dire a una sconosciuta, ma Ib pensò che non fossero poi tanto diversi; erano nella stessa situazione, in pericolo, ed era normale affezionarsi l’uno all’altra in circostanze simili – o almeno questo era quello che avrebbe pensato lei… << Anche io ho avuto paura di perdermi… >> Sospirò Ib abbattuta. Era stata troppo imprudente e si era lasciata accerchiare senza nessuna difficoltà. Non sarebbe uscita da lì, continuando così… Si chiese come avesse fatto a mantenere la calma nove anni prima.
<< Ib, se dovessi perderti, sappi che io sarò pronto a ritrovarti per farti uscire da qui! >> Le disse l’uomo prendendole una mano. E quello che significava? Voleva dire che lui l’avrebbe fatta tornare in sé, se avesse perso la testa un’altra volta?
<< Grazie… >> Mormorò non sapendo cosa rispondere. << Ora sarà meglio andare avanti… >> Propose imbarazzata.
Elias Dawson annuì. << Sì, c’è ancora tanta strada da fare… >> Commentò mettendosi le mani ai fianchi. << In fondo, siamo ancora intrappolati in questo incubo… >>

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Capitolo 7
*** Secchi di vernice ***


Garry borbottò qualcosa di incomprensibile. Era svenuto dopo essersi schiantato contro un terreno duro, e ora che stava finalmente riprendendo i sensi si sentiva tutto dolorante. Si mosse un poco, cercando di capire se avesse qualcosa di rotto. Sentì le ossa scricchiolare quando le spostò, irrigidite in quella posizione dopo la caduta.
Era faccia a terra, con le braccia in avanti, i gomiti leggermente piegati che puntavano entrambi nella stessa direzione e le gambe dritte e immobili. Si lamentò stiracchiando i muscoli; sembrava essere a posto, nonostante il dolore dappertutto.
Dopo aver acquistato un equilibrio precario, spingendosi con le mani per sollevarsi da terra, il ragazzo si mise a sedere, liberandosi con un sospiro. Si guardò intorno incrociando le gambe: era in una sala oscura, le pareti e il pavimento erano viola, e attorno a sé c’erano diversi frammenti colorati simili a vetro; dovevano essere i resti del ponte che aveva tentato di attraversare. Adesso cominciava a ricordare meglio…
Che stupido! Si rimproverò battendo un pugno all’aria. Non aveva dato ascolto alla bambola, e il suo continuo infastidire quel “Solitario” doveva averlo fatto infuriare. Non aveva neanche voluto ascoltare la bambola quando aveva deciso di attraversare il ponte: era ovvio che non lo avrebbe sostenuto; era troppo sottile! Non appena si era inoltrato un po’ di più nel buio sopra al ponte di colori, quello non aveva più retto il suo peso, e aveva ceduto. E ora era lì, tutto solo, senza più nessuno a dirgli dove andare… Non che la bambola sapesse quale fosse la strada da prendere; si era persa proprio come lui.
Però era piacevole avere qualcuno con cui chiacchierare durante il viaggio; vagare da solo in quell’oscurità senza qualcuno a cui rivolgere domande o rispondere, gli avrebbe fatto perdere la testa… Avrebbe voluto che Ib fosse con lui: lei sapeva sempre cosa fare, era più coraggiosa di lui, non si sarebbe mai lasciata sopraffare dalla paura come faceva sempre lui. Quando erano rimasti bloccati nel Mondo di Guertena insieme, lui non era stato di aiuto: era stata la ragazzina a risolvere tutti gli indovinelli, a trovare gli indizi sparsi per le sale, e a trovare la strada di casa… Probabilmente Ib avrebbe negato tutto quello, ma Garry era sicuro del fatto che stesse benissimo, e che probabilmente sapesse già come uscire da lì e l’unico ostacolo che la teneva ancora in quel posto era lui: lo avrebbe trovato prima lei, sicuramente, e lui avrebbe fatto la parte della “principessa in pericolo”.
A volte era fastidioso dover essere così fifone, incapace di fare una scelta senza l’aiuto di qualcuno… Ma Garry era così e basta, non c’era modo di cambiare le cose e doveva semplicemente convivere con quella sua caratteristica. Forse quel posto lo avrebbe fatto diventare più responsabile, finalmente…
A ventinove anni suonati potrei anche vivere senza dover dipendere da qualcuno… Commentò su sé stesso in modo sarcastico, sapendo però di non essere completamente a quel modo: viveva da solo, era un ragazzo indipendente – e il fatto che non avesse molti amici rendeva tutto quello molto più facile, non avendo nessuno su cui dipendere – e pur non avendo una famiglia vera e propria, aveva cresciuto Ib come una figlia – o una sorella minore, a seconda dei punti di vista – piuttosto bene; quello avrebbe dovuto significare una certa maturità da parte del ragazzo, che era in grado di badare a sé e a una bambina piccola da molti anni. Dopo l’imbarazzo iniziale, infatti, i genitori di Ib avevano cominciato a lasciare la bambina con lui, che si era guadagnato la loro fiducia, piuttosto che lasciarla a casa da sola; all’inizio il ragazzo si era sentito perso e aveva creduto di non potersi prendere cura di lei, ma con il tempo aveva capito di poter fare più di quanto credesse, e così imparò a trattare con i bambini… La maturità sopra la norma di Ib gli aveva sicuramente agevolato le cose, e lui non aveva mai smesso di trattarla come un’adulta.
Si grattò la testa sospirando, ripensando al passato. Non poteva rimanersene a piangere, aspettando che la sua vita quotidiana tornasse da sola; doveva alzarsi e dare il massimo per guadagnarsi la libertà. << E’ ora di andare… >> Mormorò alzandosi a fatica, ancora acciaccato, e voltandosi verso l’oscurità.
Quel corridoio vuoto faceva paura, chissà quanti pericoli nascondeva con sé; ma lui doveva affrontarli per salvare sé stesso e Ib. Non poteva continuare a scappare dal pericolo! Fece un passo avanti e cominciò ad avanzare, fermandosi subito dopo. Forse si trattava solo di un altro pretesto per non andare avanti, ma il ragazzo si rese conto di dover controllare la propria rosa, per informarsi se avesse perso qualche petalo; probabilmente era così, perché quella caduta non lo aveva lasciato illeso, ma pensava che non sarebbe stato un problema, e avrebbe potuto curarsi una volta trovato un vaso con un po’ d’acqua…
Il problema era che la rosa non c’era più. Cercò in ogni tasca del cappotto e dei pantaloni, la rosa non era più attaccata al suo cappotto e non c’era da nessuna parte attorno a lui; magari gli era caduta dopo essere precipitato, ma non c’era alcuna traccia di fiori lì a terra, tranne un piccolo petalo blu, che confermò la sua teoria, ma che gli fece anche capire che la sua rosa era stata rubata.
Qualcuno doveva averla trovata prima che lui si svegliasse e se l’era portata via; ma a quale scopo rubare una rosa che in un posto come quello significava la vita per il suo possessore? E se fosse stato uno di quei quadri di donna? L’avrebbero fatta a pezzi senza pietà! Si mise le mani tra i capelli cercando di calmarsi: se fosse stato uno di quei quadri a trovare la sua rosa, allora lui non sarebbe stato tanto in forma e lucido; doveva essere stato qualcun altro, forse un’opera più mansueta, oppure una con qualche secondo scopo…
<< Calmati, Garry… >> Mormorò chiudendo gli occhi e respirando profondamente. << Non sei ancora morto! Puoi ancora farcela… >> Era vero; nonostante fosse un fifone, era abbastanza forte per difendersi e poteva scappare se necessario; era sicuro di essere più veloce delle opere di Guertena, o almeno di una parte di esse…
Nonostante tutto, Garry si sarebbe sentito più al sicuro con un arma o un attrezzo per difendersi dagli attacchi dei mostri. Si guardò intorno per cercare qualcosa, ma lì non c’era molto, era da solo in quel corridoio vuoto: sicuramente poteva essere interpretata come una buona notizia, ma per quanto ancora?
Si mise a camminare, senza esattamente sapere dove stesse andando: essendosi alzato rivolto verso quella direzione, pensò che sarebbe stata quella la via da seguire, ma dopo pochi passi il ragazzo si ritrovò davanti a un muro. Era possibile che fosse la strada sbagliata, oppure quel muro segnava la fine del ponte di colori dall’altro lato? Non sapendo cosa pensare, Garry immaginò che ci fosse una strada dalla parte opposta, e quindi si girò e tornò a camminare.
Non fece in tempo nemmeno a coprire la distanza tra il muro e il punto in cui si era svegliato, che trovò davanti a sé un altro muro, alto e liscio. << Ancora? >> Chiese seccato guardando in alto. Era possibile che avesse attraversato il corridoio così in fretta? E perché non c’era una via di uscita? Doveva essercene una, quel posto non poteva essere semplicemente un buco!
Garry si appoggiò con entrambe le mani al muro di fronte a sé e provò a spingere. Poi diede qualche colpo con le nocche per sentire se fosse vuoto, ma il suono attutito che produsse cancellò quel pensiero dalla sua mente. Rimase a fissare con perplessità quella parete alta, cercando di scovare qualche segreto in essa, ma sembrò stranamente normale. Era troppo normale, per far parte di quel posto…
Anche da un muro Garry si sarebbe aspettato qualche tiro mancino, a quel punto, ma sembrava che le sue aspettative fossero state deluse. Quello che si stagliava di fronte a lui era solo un inutile, noioso muro viola, alto chissà quanti metri… Non c’era niente di pericoloso in esso, Garry non si sentiva neanche tanto preoccupato dal rimanere in quella stanza; era ovvio che dovesse uscire da lì, ma gli sembrava un luogo sicuro, dove non avrebbe potuto succedergli niente.
Decise di voltarsi e provare a trovare qualche indizio che non aveva notato prima; dopo pochi passi si rese conto di aver già raggiunto l’altra fine del corridoio. Come era possibile? Non era tanto corto, e lui in pochissimo tempo si era ritrovato al muro opposto a quello che aveva esaminato poco prima.
Si appoggiò ad esso e lo guardò con attenzione, dal basso verso l’alto. Non c’era niente di anormale, eppure questa volta Garry percepiva che qualcosa non andava bene. Quel muro non era lì prima, non era tanto vicino all’altro muro parallelo ad esso.
Si voltò rapidamente poggiando la schiena al muro. Guardò nell’oscurità con gli occhi spalancati, pieni di paura; era possibile che l’oscurità del corridoio gli facesse perdere il senso dell’orientamento e gli facesse credere di aver percorso meno strada? Si diede una spinta verso quell’oscurità, attraversando il corridoio a passi lunghi e decisi, ma quando raggiunse il muro, appena dopo essersi staccato da quell’altro, si rese conto di non essersi immaginato tutto.
Stranamente, si sorprese. Eppure si aspettava qualcosa del genere persino da un muro, perché adesso era così preoccupato? Forse perché non aveva idea di come uscire da quella situazione, visto che andando avanti e indietro per il corridoio non aveva notato nessuna via di uscita…
Forse era spacciato, ma non voleva pensarlo. Si appoggiò con la schiena a quel muro che sembrava spostarsi ogni volta che si allontanava; cosa poteva fare? Se si fosse mosso per cercare una via di fuga, le pareti si sarebbero avvicinate ancora di più, sarebbe rimasto schiacciato in mezzo a due muri.
Sospirò sbattendo con la nuca al muro. Che razza di fine… Pensò deluso. Aveva creduto che avrebbe lottato fino alla fine per difendere sé o Ib, che sarebbe morto da vero eroe dopo aver dato il massimo, e non che due muri lunatici lo avrebbero spiaccicato tra loro!
Mentre pensava a queste cose, vide in alto, alla portata delle sue braccia, una strana sagoma; era come se la parete fosse cava, e una piccola finestrella si muovesse impercettibilmente con le vibrazioni causate dai suoi movimenti: gli ricordò quel tunnel che aveva usato la bambola di pezza per tirarlo fuori dalla fossa, prima di fare quel patto; questo però era collocato in alto, e sembrava poco più largo di quello. Forse sarebbe riuscito a sfuggire a quella misera fine…
Il ragazzo si avvicinò alla parete laterale dove c’era quella piccola finestrella: fece prima una prova e la spinse piano, scoprendo così di poterci entrare. Annuì deciso e si aggrappò fermamente al bordo con la mano destra, mentre con la sinistra si lanciava dentro al tunnel. Riuscì a sollevarsi fino all’altezza del buco, ma dovette trovare un appiglio per poter infilare l’altro braccio; la mano sinistra si aggrappò con tutte le forze al pavimento del tunnel, e per fortuna Garry riuscì a infilare l’altro braccio per potersi tirare su e infilare la testa. Dopo che fu riuscito a far entrare il proprio busto, fu più facile che comodo sgusciare dentro alla galleria, che da dentro sembrava più stretta di quanto apparisse da fuori, dovendo far entrare le gambe insieme e agitandole freneticamente.
<< Ce l’ho fatta! >> Dichiarò affaticato una volta completamente dentro al tunnel. Era sfuggito ai muri, e quella galleria buia gli diede una strana sensazione di sicurezza, tanto da fargli quasi venire voglia di rimanere lì. Ma non ci sarebbe più cascato, non poteva fidarsi del proprio istinto in quel posto, doveva andare avanti e rimanere concentrato. Per questo decise di partire subito per uscire da lì: più si muoveva, meglio era.
Attraversò quello stretto tunnel in poco tempo; raggiunse una finestrella simile a quella da cui era entrato dopo pochi metri, e Garry fu più che felice di spingerla con una mano, per venire investito dalla luce di una torcia fissata al muro opposto, colorato di rosa.
Il ragazzo uscì a fatica dal tunnel e si schiantò con il terreno una volta spintosi troppo in là con il busto. Una volta a terra, si guardò subito intorno per controllare che non ci fossero pericoli, e si rese conto di essere in un piccolo corridoio cosparso di luci come quella che aveva accolto l’arrivo di Garry. Avrebbe potuto essere una buona notizia, ma Garry non volle rilassarsi, e rimessosi in piedi, si avviò per una delle due strade di quel silenzioso corridoio.
I suoi passi erano l’unico suono che scuoteva la quiete di quel luogo, e lui stesso ne era turbato; non gli piaceva sentire i propri passi riecheggiare in quel silenzio. Nonostante il frastuono che provocasse la sua marcia, però, sembrava essere al sicuro. Era solo una situazione momentanea, ma era meglio di dover scappare da dei mostri che avrebbero voluto la sua rosa.
Il ragazzo sussultò senza fermarsi. Si era scordato di aver perso la rosa blu, per un momento… Aveva dimenticato di essere in serio pericolo, ecco perché doveva continuare a camminare, sperando di trovare qualcuno o qualcosa che lo avrebbe aiutato ad uscire da lì.
Girato l’angolo, Garry si ritrovò di fronte una strana porta grigia: sembrava diversa da tutte le altre porte, era di metallo e non c’era una maniglia. << Che strano… >> Mormorò guardandola con attenzione per controllare che non ci fosse altro. Era perfettamente liscia e luccicava; poteva trattarsi di un’altra opera di Weiss Guertena in quel mondo?
Mise le mani sulla superficie fredda della porta e provò a spingere; era pesante, ma la porta si mosse lentamente. A poco a poco vide una sala spaziosa aprirsi di fronte ai suoi occhi; vi erano due file di colonne alla quale stavano delle statue immobili, e sopra di esse vi erano le solite torce che illuminavano più di quanto sembrasse possibile. C’erano anche dei quadri di donna che fecero venire i brividi a Garry, ma sembravano estremamente passivi, quindi pensò che non fossero pericolosi.
Entrò nella stanza nonostante tutte quelle statue che avrebbero potuto animarsi e ucciderlo; non si rese conto della porta che si chiuse da sola alle sue spalle a causa del proprio peso e avanzò piano verso il centro della sala. In fondo c’era qualcosa, ma non riusciva a vedere bene.
Il ragazzo attraversò la sala guardandosi intorno con circospezione, pregando che niente di brutto accadesse mentre rimaneva lì; lanciava occhiate preoccupate alle statue senza testa poste davanti a ogni colonna della sala e si voltava ogni cinque secondi per controllare che non ci fosse qualche quadro alle sue spalle, pronto a saltargli addosso. Il timore di morire lo accompagnò lungo tutta la stanza, finché non raggiunse la fine e trovò quello che stava cercando.
C’era una statua posta in fondo alla sala, al centro della parete, su di un piedistallo di marmo. Era un’armatura che ricordò molto a Garry un soldato medievale. L’etichetta sul piedistallo diceva: “Pedone”. Aveva una lancia nella mano, che faceva scorrere parallelamente al proprio corpo fino a terra; poggiato agli schinieri aveva uno scudo stretto e appuntito, e al suo fianco sinistro pendeva una spada scintillante.
Un’arma. Proprio quello che gli avrebbe fatto comodo. Allungò il braccio per afferrare l’elsa della spada e dopo averla stretta con fermezza la sfilò dal fodero in cui era posta. Quella venne via con un flebile sibilo metallico e il ragazzo saggiò il suo peso: era leggera, maneggevole e l’impugnatura sembrava essere perfetta per la sua mano. Si chiedeva se sarebbe stata abbastanza utile contro le statue di Guertena, ma sicuramente lo avrebbe aiutato abbastanza per salvargli la pelle.
Mentre ammirava la lama che aveva tirato fuori dal fodero del Pedone, sentì un cigolio sinistro e si rese conto di non essere solo come pensasse: la stessa statua alla quale aveva preso la spada si era animata, e sollevata la lancia stava per abbassarla con forza sulla testa di Garry. Il ragazzo riuscì a schivarla giusto in tempo buttandosi di lato, sbattendo però con il duro pavimento e perdendo la concentrazione per un attimo.
Da terra vide la statua raccogliere lo scudo posto ai propri piedi e scendere dal piedistallo con cautela, come se volesse evitare di cadere; impugnò poi la lancia con più fermezza e la puntò contro Garry, che era ancora a terra. In un attimo si chiese cosa stesse facendo ancora lì e perché non si fosse rialzato; la lancia calò di nuovo rapida su di lui, diretta al suo stomaco, e questa volta Garry non poté fare altro che levare la spada per deviare la traiettoria della punta. Distolse lo sguardo spaventato quando lo fece, quasi come se non volesse sapere l’esito di quella scelta, ma quando un attimo dopo sentì di essere ancora tutto intero decise di riaprire gli occhi all’istante: il Pedone era fermo, proteso verso di lui e con la lancia che superava il ragazzo e si incrociava con la spada. Era riuscito a bloccare l’attacco! Ora era il momento di rispondere.
Garry sollevò con più forza la spada, spingendo via la lancia del Pedone, e gli diede un calcio negli stinchi rialzandosi. La statua sembrò in difficoltà e si abbassò per coprirsi il punto colpito; un attimo dopo Garry gli dava una botta sull’elmo con l’elsa della spada, facendolo sbilanciare e cadere a terra privo di resistenza.
Sembrava esserci riuscito, ma Garry sapeva di avere molto da fare ancora… E non fu deluso. L’armatura si rialzò con fatica e puntò la lancia contro il ragazzo, tenendo il piccolo scudo vicino al fianco sinistro; si spinse contro di lui e Garry fece un salto laterale per evitare la punta della lancia e colpirla con la lama della propria spada. Riuscì a spostare la lancia del Pedone e lo colpì alla mano, approfittando dello sbilanciamento della statua. Quello però non sembrò sentire molto l’effetto del colpo, alzò il braccio sinistro con lo scudo e incrociandolo con la lancia diede una botta in testa a Garry, che cadde a terra sorpreso.
Il ragazzo indietreggiò cercando di sfuggire al Pedone, che si ricomponeva e avanzava lentamente. Quando si fu rimesso in piedi, a distanza di sicurezza, impugnò la spada con entrambe le mani e la punto contro di lui, facendo piccoli passi sul posto. Il Pedone sembrò schernirlo quando lo vide tremare a quel modo di fronte a lui; era vero, aveva paura, ma non era scappato. Questo era il pensiero che si fece strada nella mente di Garry e che lo spinse ad attaccare, urlando a pieni polmoni.
Garry sollevò la spada e la abbassò con forza sulla testa del Pedone, ma quello alzò lo scudo per parare la lama; la spada e lo scudo produssero un forte clangore e Garry fece scivolare la propria arma sul dorso dello scudo per poter continuare la sua discesa, prima che la statua lo attaccasse con la lancia. Colpì la spalla corazzata del Pedone senza causargli molti danni, ma salvandosi dall’imminente attacco della statua, che fu distratta. A quel punto Garry si lanciò di nuovo contro l’armatura e la colpì in pieno sull’elmo, facendoglielo saltare via.
Il Pedone perse tutta la forza che aveva acquistato dopo che Garry aveva preso la sua spada e cadde a peso morto a terra, mentre l’elmo rimbalzava alcuni metri più in là. Garry ammirò stanco l’armatura vuota, immobile ai suoi piedi, e si chiese se sarebbe tornata in vita.
Alzando lo sguardo sentì dei cigolii inquietanti, dei tonfi e rumori di vetri infranti che non fecero che aumentare la tensione nella sala. In un attimo Garry si vide le statue Morte dell’Individuo e i quadri di donne che erano appesi al muro avanzare minacciosamente verso di lui, come se volessero vendicare il Pedone appena sconfitto.
Indietreggiò spaventato, rendendosi conto di non poter andare da nessuna parte; l’unica via di uscita nella stanza era quella strana porta da cui era entrato. Avrebbe dovuto farsi strada in mezzo a quei mostri per uscire da lì.
<< Maledizione… >> Mormorò tra i denti, sentendo già le gocce di sudore scendergli dalle tempie. Quante altre volte avrebbe dovuto rischiare la pelle, per potersela salvare? Era stato colpito dal Pedone poco prima, e non si sentiva molto sveglio; non aveva con sé la sua rosa e se lo avessero ferito quelle altre opere come avrebbe potuto rendersi conto delle proprie condizioni?
Tirò indietro il braccio con la spada e ringhiò alle statue che avanzavano, più veloci dei quadri, che dovevano strisciare. Garry lanciò un urlo possente per darsi coraggio e si fiondò contro Morte dell’Individuo con l’intento di aprirsi un varco.
Mulinò la spada a destra e a sinistra cercando di essere minaccioso, ma sicuramente quelle cose non avvertirono quel suo intento e continuarono ad avanzare; la prima statua che colpì fu una statua con un vestito giallo: la spada non tagliò la scultura come sperava Garry, ma la fece sbilanciare e cadere a terra, e il ragazzo poté continuare ad avanzare. La seconda statua era rossa: il vestito di questa fu tranciato orizzontalmente e Garry le diede un calcio per farla cadere a terra, camminandoci sopra dopo averla abbattuta.
Dopo aver affrontato alcune statue, Garry si ritrovò di fronte una linea di Donne in Blu e in Verde: nei loro occhi bruciava la smania di strappare i petali della sua rosa, ma sarebbero rimaste deluse se avessero scoperto che Garry non aveva alcuna rosa; probabilmente sarebbero state talmente furiose da ucciderlo… In ogni caso, Garry non voleva rischiare di farsi ammazzare da quelle donne accecate dalla brama.
Sentì di poterle schivare facilmente, essendo loro di piccola statura e lente nello spostarsi; avrebbe anche potuto colpirle tenendosi a distanza di sicurezza, ma per due motivi preferì non prendere questa tattica: per prima cosa, abbatterle tutte avrebbe richiesto troppo tempo, e le statue che si era lasciato alle spalle lo avrebbero raggiunto, e poi, nonostante fossero solo dei quadri incapaci di provare emozioni, privi di un’anima, mossi solo dal desiderio di uccidere, Garry non era molto entusiasta di ferirle… Sapeva che fosse un sentimento stupido, ma non voleva finire per credere di essere un assassino per aver fatto del male a un quadro dalle sembianze umane, anche se quello era già successo, in realtà…
Con uno sforzo immane, Garry saltò per superare la schiera di donne che bloccava il suo cammino; non fu difficile, soprattutto grazie alla statura del ragazzo, e il suo gesto colse di sorpresa i quadri, che non ebbero il tempo di reagire. Sorrise guardandosi le spalle, mentre le donne si voltavano goffamente per riprendere l’inseguimento, inciampando tra di loro; non c’era molta distanza ormai tra lui e la porta.
Garry frenò improvvisamente, trovandosi di fronte un quadro di donna che era rimasto indietro: aveva un vestito rosso e il suo sguardo era diverso da quello delle sue simili. Gli occhi della Donna in Rosso sembravano essere stati dipinti su di una tela, non erano reali, ma erano più espressivi di quelli di un altro quadro nella sala… Quegli occhi così diversi fecero sentire una strana pressione a Garry, che deglutì temendo per la propria incolumità. E perché poi? Quello era un quadro solo, non sarebbe stato troppo difficile superarlo come aveva fatto con gli altri; dietro di quello c’era la porta che lo avrebbe condotto fuori da lì, sarebbe stato salvo.
Ma quella donna solitaria in mezzo alla sala che lo fissava con quello sguardo così determinato e quel sorriso impercettibile stampato sul volto gli aveva fatto gelare il sangue. Sapeva che sarebbe stato diverso, lei sembrava volergli dire che non sarebbe uscito vivo da lì, ma lui non voleva crederci.
Il sorriso della donna scomparve e al suo posto si fece strada una smorfia infuriata con la quale la Donna in Rosso si scagliò contro il ragazzo. Garry fece un passo indietro mentre l’urlo silenzioso della donna esercitava una strana pressione su di lui; strinse con forza l’elsa della spada e ci accostò anche l’altra mano, pronto ad afferrarla con due mani nell’eventualità. La schiena piegata leggermente in avanti, mentre il bacino era spinto indietro e le gambe si molleggiavano nervosamente. L’attesa per quell’attacco lo stava distruggendo.
Quando la Donna in Rosso fu vicina, alzò la mano destra munita di unghie lunghe simili ad artigli e si preparò ad abbassarla con forza addosso a Garry, che però era troppo alto; le unghie della donna graffiarono la gamba del ragazzo, facendogli uscire sangue istantaneamente e facendolo ringhiare dal dolore.
Indietreggiò tenendosi una mano sulla gamba ferita e guardò perplesso la Donna in Rosso: si passava le dita sporche di sangue sulle labbra con un’espressione compiaciuta. Garry si sentì preso in giro da quel gesto e si ricompose, deciso a rispondere al prossimo attacco. Si rese conto di essere rimasto da solo con la Donna in Rosso volontariamente, non perché ne era stato costretto. Che diavolo gli era preso? Oltretutto, tutti gli altri quadri e le statue che si era lasciato dietro erano rimasti immobili ad osservare lo scontro tra lui e la donna, quasi come se qualcuno gli avesse detto di non interferire…
<< Va bene… >> Mormorò ansimando, cercando di darsi coraggio. << Fatti sotto! >> Sbottò cercando di essere minaccioso. Non ci riuscì, dato che la Donna in Rosso rise fragorosamente al suo invito; in realtà la risata della donna fu solo visiva, non produsse alcun suono, ma riuscì a terrorizzare comunque Garry, come se avesse raggiunto le profondità del suo cervello.
Prima che potesse spaventarlo oltre, Garry si lanciò contro di lei e sollevò la spada, deciso ad attaccare. La donna non sembrò spaventarsi molto e poggiati i gomiti a terra si spinse di lato prima che il ragazzo potesse colpirla; il fendente di Garry fu esitante e la spada si conficcò nel pavimento dopo che la donna si fu scansata. Subito dopo la Donna in Rosso approfittò dello slancio del ragazzo per ferirgli il viso.
Garry scosse la testa infuriato e si allontanò dalla Donna in Rosso, mentre dalla guancia destra cominciava a scendere del sangue dai graffi profondi che gli aveva lasciato. Si lanciò un’altra volta contro di lei, levando la spada orizzontalmente e scagliandola con forza per colpirla, ma senza la reale intenzione di ferire la donna. Lei lo intuì e scansandosi un’altra volta, lo graffiò al fianco, facendolo poi cadere a terra e afferrandogli la caviglia.
Garry sbatté a terra e si ferì i gomiti. Perse la spada, che scivolò sopra la sua testa per mezzo metro; si voltò e vide la Donna in Rosso arrampicarsi sopra il suo corpo per immobilizzarlo: era una strana sensazione, essendo lei solo un busto che usciva da una tela. Sorrideva maliziosamente, inquietando Garry con i suoi sguardi. Nonostante tutto, avrebbe potuto essere scambiata per una donna umana, se non fosse stato per il fatto che le mancavano le gambe… Ma era così bella e reale… Non sembrava un mostro.
Gli puntò un’unghia alla gola e Garry piegò indietro il collo per sfuggirle. La Donna in Rosso sorrise dolcemente, quasi come se stesse contemplando una vecchia foto di famiglia. Con uno scatto fece un taglio sottile alla gola del ragazzo. Garry lottò per contenersi e la fissò intensamente negli occhi, sperando che potesse fermarla. Ma era senza pietà. Non lo avrebbe lasciato andare così facilmente.
Il ragazzo era bloccato, non poteva scappare alla Donna in Rosso, che mettendosi sopra di lui lo aveva immobilizzato; poteva però muovere un braccio, la mano destra tastava alla cieca il pavimento sopra la sua testa. Cercava la spada che gli era caduta e che avrebbe potuto salvarlo da quella situazione; doveva solo trovarla!
La Donna in Rosso sembrò dire qualcosa quando posò di nuovo le dita sulla gola di Garry: mosse le labbra come se stesse parlando ma dalla sua gola non uscì alcun suono, e lui non afferrò il significato di quel messaggio. Il suo sorriso dolce però sembrava volerlo rassicurare, nonostante stesse per ucciderlo.
Garry si sarebbe arreso molto tempo prima, se non si fosse deciso a reagire, se non avesse fatto la scelta di diventare più responsabile. Ora non si era ancora arreso, nonostante fosse a un passo dalla morte, e pensò di aver fatto la scelta giusta, perché nello stesso momento in cui sentì la pressione sulla gola farsi più forte, le sue dita trovarono la spada.
Con uno sforzo sovrumano, Garry si spinse in avanti per colpire la Donna in Rosso; lei fu sorpresa da quell’attacco, pensava che il ragazzo fosse incapace di fare sul serio. La colpì con il gomito alla tempia, e poi allungò la lama verso di lei, con l’intento reale di ferirla; la donna però si spostò lateralmente e la spada colpì la sua guancia, aprendo un taglio dalla quale schizzò fuori del sangue denso e caldo; anche Garry fu ferito, poiché spingendosi in avanti verso il quadro, precedette l’attacco della donna con l’unghia.
La Donna in Rosso spalancò la bocca e si buttò a terra coprendosi la ferita con una mano; il suo urlo silenzioso ferì Garry nell’anima, che nonostante sapesse di essere immerso nel silenzio, sentì chiaramente un grido di dolore. Ma non c’era tempo da perdere…
Si rialzò a fatica aiutandosi con la spada ancora sporca del sangue della Donna in Rosso, e si fiondò verso la porta, mentre dietro di sé le statue senza testa e i quadri di donne cominciavano a corrergli dietro. Una volta arrivato alla porta si rese conto di essere in trappola: quella porta non aveva una maniglia, non si poteva aprire dall’interno. Prima per entrare aveva dovuto spingere, ma la porta non si sarebbe mossa in entrambe le direzioni: era fatta in modo che chi entrasse non ne uscisse più senza l’aiuto di qualcuno dall’esterno. Si sentì perdere d’animo. Sospirò appoggiando la schiena alla porta di metallo.
Guardò le opere di Guertena caricarlo in lontananza; forse loro sapevano già di non poter uscire da lì, per questo dovevano essersi fermate ad aspettare: tanto non sarebbe andato da nessuna parte anche se fosse riuscito a neutralizzare la Donna in Rosso. Si chiese dove fosse il Pedone che aveva affrontato prima di cacciarsi in quel guaio, e si ricordò della spada che lo aveva aiutato a farsi strada tra tutte quelle opere di Guertena. La spada nella sua mano sembrava quasi parlargli…
Non è finita ancora, non provare ad arrenderti! Si disse in un attimo, ritrovando la determinazione che lo aveva protetto fino a quel momento. C’era ancora una speranza, ed era proprio quella spada.
Garry si voltò e ficcò con decisione la punta della spada nello spazio tra la porta e il muro, dove avrebbe dovuto aprirsi. Le statue senza testa si stavano avvicinando rapidamente, doveva fare in fretta; cominciò a fare forza per spingere la porta, ma quella era molto più pesante di quanto avesse stimato, la spada non era abbastanza per spostarla. Nonostante tutto, però, la vide aprirsi leggermente. Non era abbastanza per poterci passare, ancora solo la punta della spada ce la faceva, ma se fosse riuscito ad aprirla ancora un poco, forse avrebbe potuto trovare un punto su cui fare leva con più forza.
Le statue erano vicine, e dietro di loro c’erano i quadri di donne, con la Donna in Rosso che voleva sicuramente vendicarsi per quello che le aveva fatto; ma Garry non se ne curava. Non poteva permettersi di distrarsi in quel momento, doveva rimanere concentrato! A un certo punto sentì la porta spostarsi ancora e vide uno spazio abbastanza grande per poterci infilare le dita: senza esitare nemmeno un secondo, ritrasse la spada e mise le dita della mano destra per fare leva, prima che la porta si potesse richiudere. Da lì cominciò a fare forza e riuscì ad aprire la porta. Allargò il varco giusto il necessario per poterci passare. Incredulo di essere passato, Garry si voltò a guardare le statue che lo inseguivano.
<< Ci vediamo, bellezze! >> Esclamò ridendo istericamente. Non si accorse del braccio di una Donna in Verde che si era allungato per afferrare la sua caviglia attraverso la porta. Lanciò un urlo terrorizzato prima di scuotere la gamba con forza per liberarsi e ricacciare la mano della donna nell’altra stanza.
Quando la porta si fu chiusa da sola con un forte tonfo, Garry poté tirare un sospiro di sollievo. Si fermò un attimo e poggiò la schiena alla parete; chiuse gli occhi con aria sofferente e si liberò di tutto lo stress preso in quella stanza. Quando tutta l’aria che aveva immagazzinato nei polmoni fu esaurita, il ragazzo si sentì più leggero, ma cominciò anche a sentire un dolore che sembrava aver ignorato fino a quel momento: le ferite che gli avevano causato le opere nella sala gli facevano male, Garry se ne rendeva conto solo ora.
Non era invincibile, l’adrenalina lo aveva aiutato a superare il dolore fino a quel punto, ma adesso si rendeva conto di quanto fosse pericoloso affrontare le opere della galleria a quel modo, e quanto lui fosse debole rispetto a loro: persino la Donna in Rosso lo aveva mandato al tappeto senza troppi sforzi.
Sentì il sangue colare dai graffi che si era procurato poco prima e le gambe cominciare a reggerlo a fatica; si sarebbe seduto molto volentieri, ma non ne aveva il tempo, quindi si forzò a continuare ad andare.
Forse era la stanchezza a fargli vedere cose che in realtà non c’erano, ma Garry credette di vedere il colore delle pareti cambiare da rosa a nero; il colore rosa era ancora presente negli angoli e in alcuni punti sul pavimento, ma sembrava essere cambiato drasticamente. Garry non riusciva a vedere bene a causa della penombra che si era creata e pensò di camminare in discesa, inoltrandosi sempre di più in una grotta buia e silenziosa.
Prima di finire quella strana discesa trovò un vaso pieno d’acqua: si morse un labbro pensando che se avesse avuto con sé la propria rosa avrebbe potuto guarire usando quel vaso. Decise di non pensarci e continuare ad andare avanti, raggiungendo così il fondo della discesa.
Garry non riusciva a vedere più niente, sembrava essere in uno scantinato buio e silenzioso, era molto inquietante, ma pensò che uno scantinato vero sarebbe stato meno spaventoso… Si guardò a destra e a sinistra per cercare qualcosa che lo potesse aiutare a orientarsi, oppure una strada da prendere, ma c’era solo lui, apparentemente… Gli unici suoni che echeggiavano nel corridoio buio erano i suoi passi e il debole stridore della spada che si trascinava dietro, troppo esausto per poterla sollevare.
Pensò di prendere una strada a sinistra, ma subito dopo si chiese se non fosse a destra; si fermò un istante a ragionare e rischiò di svenire. Che diavolo gli stava succedendo? Era davvero conciato così male? Pensava di potercela fare a camminare, ma quando inciampò su qualcosa per terra non riuscì a trovare la forza per camminare; si tagliò le mani quando cadde a terra, scoprendo di essere circondato da vetri rotti. Pensò di rimanere lì e sperare che le forze tornassero dopo un po’, ma sapeva che non sarebbe stato così, e che se non avesse fatto qualcosa, sarebbe morto lì.
Probabilmente la sua rosa era quasi completamente appassita, e senza cure non avrebbe fatto altro che peggiorare, ma lui  non poteva farci niente: l’aveva persa e non aveva idea di dove si fosse cacciato adesso; era da solo, e nessuno avrebbe mai pensato di aiutarlo in quel posto, anche se fosse passato qualcuno di lì…
E invece, proprio quando stava per arrendersi e chiudere gli occhi, una voce acuta risuonò nella sua mente, esortandolo ad alzarsi.
<< Cosa…? >> Mormorò scuotendo la testa e guardandosi intorno. Non vedeva niente.
Ho detto di toglierti di dosso, babbeo! Suonò seccata la voce, che Garry si rese conto provenisse da sotto di sé. Che cosa c’era sotto di lui? Una cornice rovinata con dentro una tela bruciata, non pensava che potesse essere arte anche quello…
<< Chi… Chi sei? >> Chiese cercando di sollevarsi spingendo con le braccia. Alla fine si arrese e decise di rotolare su un fianco per spostarsi.
Quando si fu tolto di dosso, la voce tornò a parlare. Sei ferito! Sbrigati, se fai quello che ti dico posso aiutarti! Garry non capì bene perché avrebbe dovuto aiutarlo, ma era troppo stanco e confuso per fare tante domande.
<< Sei un’altra bambola…? Hai una voce diversa da quella di prima… >> Borbottò cercando di rialzarsi da terra.
Non importa chi sono io, adesso! Rispose adirata la voce. L’importante è che tu faccia quello che ti dico! Garry pensò che si trattasse di qualcos’altro di una bambola, perché se ne sarebbe accorto. Presto! Prendi quel secchio di vernice. Gli ordinò la voce senza indicargli dove fosse: era molto buio lì dentro e Garry non riusciva a vedere bene. << Dove? >> Chiese con tono stanco. La risposta spazientita della voce fu: Lì! In fondo alla stanza!
Il ragazzo si alzò a fatica e si avvicinò lentamente alla fine della stanza: aveva ragione, c’era un muro. Si chinò per raccogliere un secchio posto lì a terra e lo portò indietro. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, la voce lo fermò e gli chiese di che colore si trattasse. << E’ un… Secchio di vernice… Gialla. >> Rispose a tratti, alzando e abbassando la testa più volte.
D’accordo. Versalo piano sulla mia tela… Prima che la voce potesse finire la frase, Garry svuotò sulla tela rovinata tutto il secchio, facendo infuriare la voce.
MA CHE CAVOLO FAI? Urlò facendo male alle tempie del ragazzo.
Garry cercò di giustificare la sua irruenza. << Mi hai detto tu di versare… >>
Ti ho detto piano! Lo interruppe marcando con forza l’ultima parola. Versalo piano!
Garry sospirò stancamente. << Va bene. >> Fece per versare di nuovo la vernice, con cautela questa volta, ma la voce lo fermò.
Che stai facendo? Esclamò preoccupata. A Garry sembrava ovvio.
<< Verso la vernice… >> Ma la voce non sembrava essere d’accordo con lui.
Ne hai messa troppa! Basta così, buttalo via quello! Rispose cercando di fargli fare quello che diceva. A quel punto Garry capì di essere veramente esausto e decise di non contestare: lasciò cadere a terra il secchio di vernice, sporcandosi un po’ i pantaloni, e attese altri ordini dalla voce, senza sapere bene perché stesse facendo tutto quello.
Torna indietro e dimmi che altri colori ci sono lì. Disse con più calma, ma visibilmente irritata. Garry obbedì e tornò alla fine della stanza, dove i suoi piedi incontrarono altri secchi di vernice che prima non aveva notato. Si abbassò su di loro e quando sentì la voce alle proprie spalle chiedergli i colori, strizzò le palpebre per vedere meglio nell’oscurità.
<< C’è… Del rosso e del nero… >> Quando sentì quei colori, la voce si allarmò subito.
Butta via il rosso e prendi il nero. Portalo qui!
Garry annuì pur sapendo di non poter essere visto e, spostato il secchio con la vernice rossa, sollevò lentamente quello nero. Tornò indietro a passi lenti e strascicati, fermandosi davanti alla cornice e aspettando che la voce gli dicesse tutto, questa volta.
Comincia a versare piano il colore, ti dirò io quando fermarti! Si volle assicurare che Garry avesse capito bene, ma il ragazzo cominciò a versare senza preoccuparsi di quello. Andò tutto bene, questa volta, e quando la voce gli ordinò di fermarsi, lui si fermò, sollevando di nuovo il secchio e posandolo a terra.
La voce gli ordinò di tornare indietro e di prendere un secchio di vernice verde. Garry non fece storie e tornò indietro più velocemente di prima, sperando così di poter finire in fretta quel lavoro insensato. Raccolse rapidamente il secchio di vernice verde, rendendosi conto di sentirsi un po’ meglio, e tornò indietro per prendere gli ordini della voce; volendosi sbrigare, il ragazzo si ritrovò a barcollare un po’ a causa del peso del secchio; un po’ di vernice schizzò fuori dal secchio e gli macchiò il cappotto, mentre altre gocce cadevano a terra.
Attento con quella! Mi serve!
<< Scusa, scusa! >> Disse timoroso il ragazzo fermandosi per riacquistare la stabilità. La voce gli ripeté di fare attenzione al suo segnale, ma gli disse anche di essere più generoso con il colore, questa volta. Garry aveva perso un po’ di vernice per strada, ma sperò che bastasse quella che era rimasta nel secchio.
Stop. La voce acuta proveniente dalla cornice lo fermò proprio quando stava per esaurire la vernice; in realtà Garry aveva usato un po’ meno colore di quanto sarebbe servito, temendo di finirlo e di essere rimproverato dalla voce. Ora puoi andare a prendere il bianco e il grigio.
Garry si chiese se sarebbe riuscito a riconoscere la vernice bianca da quella grigia, con quel buio, ma preferì non dirlo alla voce. Si chiese invece cosa ci facessero lì tutti quei secchi pieni di vernice, aspettandosi una risposta dalla voce. Quella però gli intimò solo di sbrigarsi, senza scacciare i suoi dubbi.
<< E che cosa ci fai con tutti questi colori? >> Chiese poi Garry mentre versava una buona quantità di grigio sulla tela.
Tu pensa a mettere i colori giusti e della giusta quantità, al resto ci penso io! Rispose lei sbrigativa. Il ragazzo sentì una enorme pressione su di sé dopo aver sentito quella risposta e smise di versare il colore sulla tela. Che stai facendo? Chiese la voce perplessa quando si rese conto che la vernice non scendeva più.
Garry esitò un po’ prima di parlare. << Sei sicura che non vada bene così? >>
Ti ho detto che ti avverto io quando va bene, continua! Lo rassicurò la voce intimandogli di andare avanti.
Garry non si sentiva affatto sicuro di sé in quel momento, ma pensò che se avesse seguito le indicazioni di quella strana alleata sarebbe andato tutto bene. Così continuò a versare il grigio, e dopo aggiunse una piccola quantità di bianco.
Dopo del grigio e del bianco, la voce lo mandò a prendere il rosa, e dopo aver messo da parte anche quello, Garry dovette procurarsi l’ultimo colore.
Prendi l’azzurro. Mi raccomando, devi essere preciso: basta pochissimo colore per questo, quindi fai attenzione! Per come parlava la voce, sembrava si trattasse di una cosa veramente seria, e questo non aiutò Garry a sentirsi meglio.
Si alzò da terra per andare a prendere l’azzurro; con quel viavai aveva cominciato a sentirsi sempre più affaticato, trasportando secchi di vernice uno più pesante dell’altro; era anche ferito e non sapeva perché stesse facendo tutto quello; il rinvigorimento che aveva sentito qualche minuto prima era sparito. Quando raggiunse il muro che segnava la fine della stanza, il ragazzo avanzò a tastoni per trovare il secchio di vernice azzurra e quando lo trovò cercò di sollevarlo con una mano. Il secchio era più pesante di quanto pensasse e dovette usare due mani per portarlo alla cornice.
D’accordo, adesso fai molta attenzione, appena ti dico di fermarti tu devi tirare su il secchio, non mettere troppa vernice, va bene? La voce si volle assicurare che Garry non combinasse altri guai, ma il ragazzo non prestava attenzione: era troppo stanco, pensava solo a dopo che avrebbe messo la vernice sulla tela. Non guardava dove metteva i piedi e finì per inciampare su un secchio che aveva poggiato lui stesso a terra.
Garry lanciò un urlo di sorpresa, mentre la voce dalla cornice gridò spaventata quando si vide il ragazzone cadergli addosso, con un secchio intero di vernice azzurra che gli schizzava addosso quasi tutto il suo contenuto.
Dopo che il ragazzo si fu schiantato col suolo, sporcandosi tutti i vestiti nella vernice versata da lui, non trovò più le forze di rialzarsi; aveva finito, aveva sbagliato e sapeva che non sarebbe stata una buona cosa, ma non riusciva più a pensare, non era neanche in grado di preoccuparsene… Nonostante le insistenti minacce e i rimproveri della voce, Garry si estraniò completamente dal mondo.
Ma che diavolo fai? Non è così! Togliti di dosso, idiota! Togliti, togliti ho detto! Non è giusto! C’eravamo quasi! Adesso che faccio? Continuò a lamentarsi e a insultare Garry, dicendogli di essere un incompetente e di non riuscire a fare neanche le cose più semplici. Era furiosa e avrebbe voluto che il ragazzo le togliesse di dosso tutta quella vernice in eccesso, ma lui era svenuto, non poteva sentirla, e non gli importava nemmeno.
Sperava solo di potersi risvegliare.

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Capitolo 8
*** Dietro a uno specchio ***


<< Di qua. >> Disse il signor Elias indicando una strada alla propria destra. Ib si avvicinò lentamente a lui e guardò nel corridoio.
<< Come fa a sapere che sia la strada giusta? >> Chiese senza rifiutarsi di seguirla.
Elias Dawson sorrise annuendo piano. << Non lo so. Ho solo un presentimento, come se fosse la strada migliore da prendere in questa situazione… >> Ib pensava che affidarsi alle sensazioni fosse la via migliore per morire, in quel posto, ma non voleva sembrare scortese, quindi cercò di esprimere i propri pensieri in modo più educato.
<< Si affida sempre all’istinto lei? >> Chiese accelerando il passo per riuscire a stare al fianco dell’uomo.
Dawson annuì di nuovo guardando in avanti. << Non c’è niente di più genuino e reale di qualcosa schizzato fuori dal cuore nello stesso istante che è nato! Sarebbe sbagliato intraprendere un viaggio se si avesse un peso nel petto per tutta la sua durata… >> La spiegazione di Elias sembrò un po’ strana alla ragazza, che era più propensa a pensare a lungo, prima di agire.
<< Quindi lei non riflette molto sulle scelte? >> Chiese dopo qualche istante di silenzio. Elias sorrise di nuovo, come se sapesse cosa passasse per la mente di Ib.
<< Non direi di non riflettere… Pensare con attenzione alle cose è molto importante, ma io preferisco non aspettare per prendere una decisione: se il mio cuore mi ha portato in una certa situazione grazie alle mie scelte, allora ci sarà un motivo. >> Adesso Ib comprendeva meglio il pensiero di Elias; lui era a favore dell’azione disinteressata, del vivere seguendo le proprie sensazioni e desideri, senza calcolare più del necessario ogni minima cosa, cercando un vantaggio o uno svantaggio in ognuna di esse. Tuttavia non l’aveva ancora convinta. << Tu non la pensi così? >> Chiese voltando la testa indietro, sapendo che ci fosse ancora qualcosa a non convincere la ragazza.
Ib abbassò lo sguardo pensierosa. Dopo quella spiegazione, le sue parole sarebbero sembrate banali alle orecchie di Elias, e persino alle sue, ma decise di provarci lo stesso:<< Io preferisco riflettere sulle scelte importanti. Se fossi in una situazione grave e dovessi scegliere cosa fare per salvarmi, il mio istinto non mi aiuterebbe molto… >> Ib si stava confondendo da sola, ma continuava a parlare. << Ecco, se fossi circondata da tante opere della galleria, dovrei calcolare bene come agire, per non rischiare la vita… >>
<< E ne avresti il tempo, in una situazione come quella? >> Chiese Elias piegando un labbro e ricordandole la situazione da cui l’aveva salvata lui pochi istanti prima, uguale all’esempio posto dalla ragazza.
Ib si rese conto di aver scelto un pessimo esempio su cui basare la propria tesi; divenne rossa in viso e cercò un’altra spiegazione, ma non ci riuscì. << E’ solo che ho perso il sangue freddo e… Ho avuto paura! >> Disse esasperata perdendosi di aria.
<< Non te ne sto facendo una colpa. E’ normale avere paura. >> Disse calmo Elias senza girarsi.
Ib non era d’accordo: quando lei era rimasta intrappolata nel Mondo di Guertena con Garry, tanti anni prima, la bambina che era non aveva avuto paura, non si era neanche accorta di quello che era successo… Spaventarsi avrebbe solo peggiorato le cose; era mantenendo il sangue freddo che si sopravviveva in quel luogo, e lei non poteva più permettersi di bloccarsi come aveva fatto prima.
<< Io… Vorrei solo essere come il mio idolo… >> Mormorò tristemente, rendendosi conto di essere debole. Elias si voltò fermandosi e la guardò stupito.
<< Il tuo idolo? >> Chiese guardandosi intorno, chiedendosi se fossero fatti suoi.
<< Guertena. >> Disse Ib alzando la testa tristemente. << Vorrei riuscire ad essere come lui, nelle sue opere. >>
Elias ci mise qualche secondo a comprendere quello che voleva dire la ragazza. << Pensi che Guertena fosse un tipo riflessivo? >> Chiese con tono di voce stupito.
Ib annuì vigorosamente. << E’ ovvio! Le sue opere non possono non essere state create dopo un attento studio. >> Contestò credendo fermamente nelle proprie convinzioni. Dawson non sembrò essere d’accordo con lei.
<< Quindi credi che Guertena non mettesse il cuore nelle sue creazioni? >> Cominciò voltandosi e tornando a camminare. Ib non voleva dire quello: era ovvio che l’artista mettesse passione nelle proprie opere, ma non utilizzare il cervello per crearle sarebbe stato stupido.
<< Le opere di Guertena sono troppo complicate e profonde per essere frutto di una mente semplice! >> Disse arrancando dietro all’uomo, che sembrava aver accelerato il passo. << Ma non accusano assenza di sentimento! >>
Elias si fermò quando adocchiò un quadro sulla parete. Si mise al suo fianco e lo mostrò a Ib con una mano. << Che mi dici di questo? Pensi che sia stato fatto dopo un attento studio? >> Ib lo osservò con attenzione. Era il quadro Ferite al Cuore, rappresentava una freccia che trafiggeva un cuore azzurro da cui sembrava scolare la pittura, appena visibile a causa della somiglianza con lo sfondo.
<< Questo quadro rappresenta un cuore ferito, la freccia che vi entra dentro e vi rimane incastrata rappresenta la sua fragilità, ma allo stesso tempo la sua voglia di reagire alle sofferenze, e il fatto che sia dello stesso colore dello sfondo potrebbe significare che il cuore in questione appartiene a qualcuno la cui anima è talmente provata da sentirsi vuota, priva di qualunque caratteristica propria. >> Da come parlò, Ib si sembrò un guida turistica in un museo. Aveva praticamente imparato a memoria tutte quelle spiegazioni sui significati delle opere di Guertena, da quanto le piacessero. Aveva provato anche a dare qualcosa di proprio a quelle spiegazioni, ma ancora non era riuscita a dargli un senso logico; la ragazza era mossa da emozioni diverse dal resto del pubblico riguardo alle opere del Maestro, a causa del suo primo viaggio nel Mondo di Guertena e i suoi contatti con le diverse creazioni, e non poteva spiegarle al resto del mondo, sapendo che non sarebbe stata capita, quando ancora lei doveva comprenderle appieno; Ib amava l’arte di Guertena e provava un certo timore verso le sue opere, nonostante cercasse di emulare l’artista e le sue creazioni: sapeva che i suoi sentimenti sarebbero stati un problema in quel posto, quindi avrebbe dovuto limitarsi a parlare delle opere senza metterci un parere proprio.
Guardò il signor Elias, sperando che la sua spiegazione fosse stata soddisfacente, ma l’uomo non era del tutto convinto. << Un cuore ferito, eh? >> Disse annuendo, guardando prima lei e poi il quadro appeso al muro. << E dici quindi che Guertena si sentisse male dipingendo questo quadro? >>
La ragazza si girò a contemplare il dipinto un’altra volta. << Penso che sia stato un periodo difficile della sua vita… Come se si sentisse davvero giù. >> Alzò lo sguardo verso l’uomo, che non sembrò diffidente come prima, ma continuò a guardare prima lei e poi il quadro come se stesse cercando qualcosa da contestare.
Con le braccia incrociate, Elias Dawson prese la parola. << Vedo che le emozioni ti influenzano nell’illustrare l’opera. >> Sembrò quasi sollevato dall’aver notato quella cosa; sembrava che non volesse che Ib usasse la ragione per descrivere le opere di Guertena. Ib abbassò la testa imbarazzata, pensando che fosse una brutta cosa. << Vedi che in fondo non è la ragione a muovere il pennello dell’artista? >> Disse con voce dolce sorridendo in modo amichevole. << Guertena potrà anche aver pensato a lungo a come rappresentare i suoi sentimenti, ma è sicuramente stata una creazione mossa dal cuore. E’ da lì che deve nascere il lavoro di un artista; non si può rimanere fermi a calcolare tutto quanto, fino a che non si risolve ogni cosa. >>
Ib si sentì incredibilmente stupida. Il signor Elias aveva girato tutta la sua spiegazione fino a stravolgerne il significato e darle l’aspetto che desiderava; persino lei usava il cuore, al posto della ragione in quel frangente, e non se ne rendeva conto. L’arte di Guertena non poteva essere qualcosa di programmato, doveva avere un significato profondo, ma non poteva essere frutto di tanti ragionamenti così complessi: ognuno vedeva qualcosa di diverso in qualunque opera del maestro, ma neanche Guertena in persona poteva aver immaginato così tante sfumature del proprio lavoro; lui lo aveva creato pensando a come si sentiva dentro, e basta.
Ripresero a camminare, lasciandosi dietro Ferite al Cuore e tornando a parlare con leggerezza dell’arte di Weiss Guertena. Il signor Elias era interessato specialmente al motivo dell’amore della ragazza per l’arte.
<< Come mai sai così tante cose su Guertena? >> Chiese. << Voglio dire… Da come parli sembri saperne molto più di una persona normale. >> Si spiegò un attimo dopo. Ib non pensò di essere strana, ma comprese perfettamente il significato del termine "persona normale"; molte volte era stata vista come una "bambina prodigio" e definita "diversa" dagli altri, quando invece aveva sempre creduto di avere una passione normale che la facesse sentire viva

<< E’ stato dopo che mia madre mi ha portata a una sua mostra… Dopo essere rimasta intrappolata in questo luogo… >> La ragazza alzò lo sguardo sorridendo leggermente. << Credo che una parte di me sia rimasta qui con Guertena. >>
Elias sembrò quasi incredulo. << Con Guertena…? >> Chiese inarcando un sopracciglio. La ragazza rise in risposta alla sua faccia.
<< Lo spirito del Maestro è ovunque in questo posto. Sicuramente è qui. >> Disse felicemente continuando ad andare avanti. Era strano pensare che lo spirito del creatore di tutti quei mostri potesse essere ancora lì, a vegliare sul suo mondo. Il signor Elias non sembrò essere felice di quello.
<< Non pensi che Guertena abbia potuto creare questo luogo di proposito, per catturare gente come te…? >> Chiese con una strana luce negli occhi. Sembrava quasi triste di pensare quello. Ib non avrebbe mai potuto pensare una cosa del genere.
<< Mai! >> Disse indignata la ragazza portando indietro la schiena. << Sono sicura che l’unico desiderio di Guertena fosse quello di mostrare i suoi sentimenti al mondo e creare qualcosa che altra gente potesse amare.>>
<< Nessuno potrebbe amare dei mostri… >> Mormorò Elias con tristezza. Ib non voleva credere a quello che aveva appena detto: era vero, molte opere presenti in quel luogo erano pericolose e avevano cercato più volte di ucciderla, ma lei non pensava che quello fosse il loro vero significato.
<< Guertena non voleva fare del male a nessuno. >> Disse con voce flebile. Non le importava come il signor Elias avrebbe rivoltato quel significato, questa volta non gli avrebbe lasciato la vittoria.
L’uomo la guardò. << Come fai ad esserne sicura? >> Chiese con semplicità.
Ib inspirò con forza prima di rispondere a quella domanda:<< Anche se in questo mondo esseri come La Donna in Rosso e Morte dell’Individuo potrebbero essere visti come dei mostri, in realtà quello è solo come appaiono qui dentro, un posto che non esiste fisicamente, dove le leggi del tempo e dello spazio non contano; tuttavia, nel mondo reale, La Donna in Rosso rappresenta un bellissimo dipinto che affascina moltissima gente, è uno dei simboli dell’arte di Guertena, e persino un reduce di una tale esperienza non potrebbe dire di odiarlo. >> Ib prese fiato per un attimo, mentre Elias la seguiva con interesse. << Nel mondo reale La Donna in Rosso è un quadro, non un mostro. >>
Elias si guardò intorno. << Quindi come si spiega questo luogo? Che cos’è realmente il cosidetto “Mondo di Guertena”? >> Chiese curioso di conoscere la spiegazione della ragazza. Ib si sentiva interrogata, sembrava che l’uomo volesse sapere quanto conoscesse di Guertena e quanto potesse immaginare di lui. In realtà le piaceva quella situazione, la divertiva parlare della sua grande passione con qualcuno esperto della materia.
Tuttavia, la ragazza non sapeva come rispondere a quella domanda. << Io… Io credo che questo luogo sia un effetto collaterale di ogni creazione di Guertena… >> Rispose incerta. Elias capì subito che la ragazza non sapesse cosa dire. Le chiese se quello fosse ciò che le diceva il suo cuore, ma Ib scosse la testa dicendo di non esserne sicura.
A quel punto l’uomo alzò un dito sorridendo. << Ci provo io, questa volta. >> Disse con calma, suonando stranamente rilassato. << Alcuni dicono che Guertena avesse venduto la propria anima per diventare l’artista che è ora; seguendo quella teoria, questo potrebbe essere il risultato di quell’affare. >> Fece roteare il dito vero l’alto per mostrare il luogo in cui si trovavano.
Ib si guardò intorno. << Sta dicendo che vendendo la propria anima, Guertena avrebbe potuto creare una sorta di “arte maledetta”? >> La ragazza non riusciva a credere a quella teoria: le sembrava troppo fantasiosa.
<< In realtà non ci credo molto. >> Confessò lui abbassando la mano e riponendola nella tasca dei pantaloni. Scosse la testa e guardò la ragazza con la coda dell’occhio. << Secondo me, per qualche strano motivo, l’arte è semplicemente qualcosa di troppo complesso per noi uomini. Guertena potrebbe essersi spinto troppo oltre con il proprio amore per le sue opere, oppure quel sentimento potrebbe essere solo più forte di altri artisti nel mondo, e potrebbe aver creato questo posto senza volerlo, dopo aver creato qualcosa che lo rappresentasse… >>
Ib abbassò lo sguardo perplessa. << Perché dopo aver creato qualcosa che lo rappresentasse? >> Chiese cercando di capire perché fosse necessario quell’elemento.
Elias mosse una mano rapidamente mostrando attorno a sé. << Ogni opera di Guertena esiste in questo mondo, assieme al proprio gemello nel mondo reale: quindi deve esistere anche un gemello di questo luogo sulla Terra… >>
Ib afferrò all’istante cosa stesse cercando di dire:<< Mondo Fabbricato! >> Esclamò sgranando gli occhi, incredula di non esserci arrivata prima. Quell’enorme dipinto era il portale per quel mondo diverso dal loro, il signor Elias voleva dire che fosse stato proprio quello a creare il Mondo di Guertena.
<< E’ una porta per questo posto. Tu lo hai visto alla mostra, prima di finire qui? >> Chiese alzando un dito. Ib non ricordava di essersi avvicinata al quadro, se lo avesse fatto se ne sarebbe accorta, ma forse era successo in un momento in cui non stava prestando attenzione, mentre scappava via, spaventata dai resti di Mary…
<< Credo di sì. Non ne sono sicura, ma è la stessa cosa che è successa quando sono rimasta bloccata qui la prima volta. >> Spiegò con calma. Nonostante non sapesse di aver incontrato Mondo Fabbricato, sapeva di essersi fermata a guardare quell’opera la prima volta che aveva visitato una mostra di Weiss Guertena.
<< Ma certo… >> Mormorò Elias Dawson mettendosi una mano al mento. Tornò a guardare in avanti e a parlare di quella sua teoria:<< Vedi, Mondo Fabbricato potrebbe essere visto come una finestra che dà su questo mondo, dandone un’immagine semplice, frammentaria. Ma vedendo quell’immagine non si può dire di avere di fronte una finestra, perché ci mostra una visione in terza persona di quel mondo; parliamo quindi di uno specchio. Quando quel quadro diventa una finestra e noi ci passiamo attraverso, allora siamo dietro allo specchio, perché non possiamo più vedere cosa c’è dall’altro lato, ma solo il riflesso del Mondo di Guertena. Quando poi torna ad essere una finestra, allora chi sta nel Mondo di Guertena può vedere cosa c’è dall’altra parte, ma forse non può uscirne… >>
<< Io e Garry ne siamo usciti! >> Disse all’improvviso Ib interrompendo i pensieri dell’uomo. Quello la guardò sorpreso. << Credo che chi non appartenga a questo luogo possa ancora andarsene. >> Spiegò con testa bassa, cercando di sembrare più sicura.
Il signor Elias sorrise mettendosi le mani ai fianchi; dopo quella scoperta doveva sentirsi più sollevato. Dopotutto, per lui era la prima volta nel Mondo di Guertena. << Allora speriamo di poter trovare presto quel quadro. >> Commentò continuando a camminare, senza più voltare lo sguardo indietro. Sembravano aver esaurito argomenti di cui parlare, ma in pochi secondi Elias riprese a parlare, facendo una domanda a Ib. << Non mi hai parlato di questo ragazzo con cui eri. Si chiama Garry, se ho capito bene…? >>
Ib si sentì un po’ imbarazzata nel sentire quella domanda e si chiese perché fosse tanto interessato a Garry, ma pensò che fosse normale voler sapere qualcosa di più sulla persona che dovevano cercare. << E’ il ragazzo che mi ha aiutata a scappare da qui, nove anni fa… >>
<< Nove anni fa? Dovevi essere una bambina allora! >> Commentò incredulo il signor Elias. << Mi sembra impossibile pensare a una bambina tutta sola in queste sale… >> Mormorò guardandosi intorno, entrando in un’ampia sala con alcune sculture su dei piedistalli di legno.
Ib pensò che avesse ragione, riguardo alla bambina da sola, ma non credette che fosse tanto insolito… << Un sacco di bambini si perdono alle gallerie d’arte… >> Commentò con tono cupo.
<< Non ho mai sentito di bambini che si perdono in un’altra dimensione, in una galleria d’arte, però… >> Commentò ironico l’uomo, strappando un sorriso dalla ragazza.
Ib prese un bel respiro e si guardò intorno avanzando nella grande sala. << Siamo come fratelli, lui mi aveva accompagnata a questa mostra… E dire che lo avevo pregato tanto io. >> Disse con nostalgia, temendo di essere la causa di tutto quanto. << In ogni caso, ci siamo divisi appena finiti in questo posto, e ora non ho idea di dove possa essere. E’ un fifone, è forte ma non è certo in grado di affrontare le opere della galleria; non è neanche tanto bravo a nascondersi… Ho molta paura per lui… >> Spiegò tristemente Ib abbassando lo sguardo gradualmente.
Elias Dawson stava ad ascoltare con attenzione. Annuiva piano e faceva guizzare rapidamente gli occhi da una parte all’altra della sala, di tanto in tanto. << Non ho visto nessuno nella galleria a parte te, ma non perderei le speranze, per il momento. Non sappiamo cosa può succedere, ma se siete già usciti da questo posto, sicuramente non si arrenderà tanto facilmente. >> Cercò di incoraggiarla per non farle perdere le speranze. Aveva visto come fosse facile arrendersi per la psiche di Ib, e sicuramente non voleva che accadesse di nuovo; doveva mantenere alto lo spirito e farla rimanere concentrata.
<< Già… Lo spero. >> Rispose lei alzando lo sguardo e sorridendo grata all’uomo. Era felice di avere compagnia in quel luogo così inospitale, nonostante fosse un completo sconosciuto; quelle chiacchiere li stavano aiutando a conoscersi meglio, quindi l’imbarazzo iniziale stava già sparendo.
A un certo punto il signor Elias si allontanò da Ib per andare ad esaminare una delle statue su un piedistallo, al lato della sala; era un viso scolpito, molto grande, e la caratteristica più peculiare di quell’opera era l’espressione furba che affascinava e divertiva in parte la ragazza. Notò come l’uomo si piegasse in avanti per esaminarla con attenzione e non poté fare a meno di liberare la sua curiosità. << Mi sembra che lei sia molto esperto dell’arte di Guertena… >> Commentò piegandosi di lato per intercettare lo sguardo assorto dell’uomo.
Elias sembrava esaminare quella statua come se stesse cercando qualche imperfezione e la sua espressione era cambiata da prima. Si voltò imbarazzato verso la ragazza e sorrise. << Bé, non posso negare di sapere qualche cosa su di lui… >> Disse senza però raddrizzare la schiena.
<< E’ un suo grande ammiratore? >> Chiese la ragazza mettendosi accanto a lui per osservare meglio la statua, ma anche il suo viso concentrato, che in confronto a quella sembrava provenire da un altro pianeta.
Elias tornò a guardare la testa scolpita. << Potremmo dire di sì. In effetti sono molto vicino all’arte del Maestro per via del mio lavoro. >>
<< E’ un critico d’arte? >> Chiese la ragazza affascinata dall’idea di conoscerne uno. Il signor Elias dovette deluderla scuotendo una mano.
<< Non sono così fortunato! >> Disse sorridendo. << In realtà, mi considererei più una… Sorta di artista. >> Confessò riacquistando la compostezza di prima e tornando a guardare Ib senza più distogliere lo sguardo.
La ragazza aprì la bocca e gli occhi sognante e unì le mani incrociando le dita. << Sul serio? Ma è fantastico! >> Esclamò senza riuscire a credere di aver conosciuto finalmente un vero artista. Elias non sembrava essere d’accordo con lei.
<< Non sono un artista tanto famoso da potermi permettere di vivere grazie al mio lavoro, però… >> Commentò con un ghigno ironico, sofferente. Ib cercò di incoraggiarlo un po’.
<< Anche Guertena non era molto conosciuto, e non lo è tutt’ora; tuttavia la sua arte è considerata una delle più significative in tutto il mondo. >> A quelle parole il signor Elias sembrò lusingato e indietreggiò un poco.
Sorrise mettendosi una mano al mento e guardando la ragazza con sorpresa, non riuscendo a credere che ci fosse qualcuno tanto giovane e tanto attaccato all’arte. << E’ anche per questo che mi ispiro molto a lui nelle mie opere. Sarebbe bello se riuscissi a diventare quello che è diventato lui… >> Concluse alzando lo sguardo speranzoso.
Ib sorrise sicura di sé. << Dovrebbe farmi vedere qualche sua opera! >> Disse desiderosa di conoscere lo stile dell’uomo. << Sa, anche io ho cercato di creare qualche cosa ispirandomi a lui. >>
<< Davvero? >> Chiese sorpreso il signor Elias. << Allora dovremmo scambiarci qualche appunto, se usciamo vivi di qui! >> Rise, felice di aver trovato qualcuno con cui condividere una passione.
Anche Ib rise, perché non era più sola in quel posto così spaventoso, non era in pericolo, e aveva trovato una persona che sembrava capirla.
Ora dovevano solo trovare Garry.

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Capitolo 9
*** Di nuovo libera ***


Garry aveva freddo. Era estremamente stanco e le ferite che si era procurato continuavano a fargli male, era sporco di pittura ed era riverso a terra, ma non gli importava; non gli importava niente di quello che gli stava accadendo. Stava dormendo, e quello gli bastava per il momento.
Forse non sarebbe stato il luogo migliore dove riposare, ma era esausto! Non aveva più forze per continuare a correre senza una meta, si era stancato inutilmente in quei maledetti corridoi e quando aveva finito quel lavoro insensato che gli aveva fatto fare quella stupida voce, aveva avuto il colpo di grazia. E cosa ne aveva ricavato? Nulla. Era ancora immerso nell’oscurità, da solo, al buio, ferito e indifeso. Bell’aiuto! Pensava nel silenzio dell’oblio in cui era sprofondato. Era cosciente di quello che gli accadeva, ma non riusciva a muovere un muscolo e non avrebbe neanche provato a farlo, se non fosse stato in un luogo così pericoloso. Non voleva alzarsi, ma sapeva di non poter rimanere lì per sempre, e nonostante avesse perso la sua rosa avrebbe dovuto continuare ad andare avanti, perché doveva ritrovare Ib e uscire da lì.
<< Ib… >> Sussurrò debolmente nel sonno. Pensare a lei lo faceva stare meglio, gli dava forza per riprendere a camminare. Quella ragazzina era la sua salvezza, non poteva negarlo; ogni volta che la guardava vedeva una ragazza desiderosa di vivere e di scoprire il mondo: aveva dato una svolta alla sua vita e lui doveva molto a lei. Non l’avrebbe abbandonata in quella situazione.
Sentì dei passi vicino alla propria testa; c’era qualcuno lì con lui. Chi poteva essere? Sarebbe stata una buona notizia, oppure avrebbe fatto meglio ad alzarsi e scappare? Non ci sarebbe mai riuscito, in ogni caso… Era troppo debole, e non avendo la propria rosa con sé sarebbe stato troppo facile per il suo aggressore farlo fuori.
Sentì il respiro di quella persona farsi più intenso; forse si era avvicinata a lui. Aveva piegato la schiena e si era abbassata per guardarlo meglio. Voleva esaminare la sua preda prima di eliminarlo? Chi diavolo avrebbe potuto essere tanto cattivo da non lasciar riposare un ragazzo ferito?
Sentì dei colpi sul pavimento, come se lo sconosciuto stesse battendo delicatamente le mani a terra. Forse non era cattivo, forse era un visitatore della galleria come lui, e si era perso in quel posto senza sapere cosa stesse succedendo. Forse aveva bisogno di aiuto, o forse potevano addirittura aiutarsi a vicenda.
Sentì il suo respiro sulla sua faccia prima che pronunciasse le parole che avrebbero destato i suoi sensi e lo avrebbero tirato fuori da quella trance in cui era piombato. << Hai detto “Ib”? >> La voce che sentì era quella di una bambina, e Garry l’aveva già sentita prima.
Era la stessa voce che lo aveva guidato in quello strano lavoro di versare la vernice sulla tela, forse si era finalmente decisa a farsi vedere, ma Garry pensava di conoscere già quella voce…
Già prima di cominciare ad andare avanti e indietro per la stanza a raccogliere secchi di vernice per lei, il ragazzo aveva avuto un presentimento, come se l'avesse già sentita tempo fa…
Conosceva la persona a cui apparteneva quella vocina acuta, ma non riusciva a ricordare di chi si trattasse; pensava che fosse una buona notizia: c’era qualcun altro lì con lui in quel posto sperduto e poteva aiutarlo. Se solo fosse riuscito a ricordarsi a chi appartenesse la voce…
Garry avrebbe voluto aprire gli occhi per vedere la faccia della persona che stava di fronte a lui, ma non ci riuscì; era così stanco? Decise di provare a scoprire la sua identità interagendo con quella persona. << Sì. >> Rispose con calma lui, senza muoversi dalla posizione in cui era.
La voce ci mise un po’ a reagire a quella risposta, ma quando lo fece sembrò un po’ emozionata. << Che vuol dire “Ib”? >> Chiese come se non sapesse che fosse un nome. Garry si chiese se quella voce appartenesse a qualcuno dotato di una intelligenza simile alla sua, o se fosse una bambina ancora incapace di comprendere alcune cose.
<< E’ un nome. >> Rispose lui tenendo la voce bassa. Pensò che avrebbe dovuto avere pazienza.
La voce tornò più in fretta di prima, con un’altra domanda. << E di chi è? >> Chiese ingenuamente. A Garry sembrava di avere a che fare con una bambina piccola, curiosa e impicciona, e probabilmente era così; pensò di essere morto, dato che una ragazzina non sarebbe stata in grado di aiutarlo, in quelle circostanze.
<< E’ il nome della mia amica. >> Rispose mantenendo la calma il ragazzo. Non era sul punto di perdere la calma, pensava solo che fosse insolito intrattenere una conversazione simile con qualcuno. Non gli era mai capitato di essere al centro di uno scambio di domande e risposte simile…
<< E tu sei qui con lei? >> Chiese ancora la voce, che sembrò accelerare e diventare sempre più curiosa. Garry si sentì divertito nel pensare a quella bambina desiderosa di conoscere tante cose che non sapeva e rispose con gentilezza, cercando di assecondarla.
<< Sì, ma ci siamo persi. >> Garry si stava aspettando un’altra domanda che fosse collegata alla sua ultima risposta, ma quando la bambina parlò di nuovo, dopo un momento di pausa, lo sorprese.
<< Tu sei Garry? >> Quando sentì quella domanda, il ragazzo si sentì incredibilmente spaventato. Come faceva a sapere il suo nome quella bambina? Dov’era che aveva già sentito la sua voce, e perché continuava a fargli quelle strane domande? Non sapeva se avrebbe dovuto rispondere all’ultima domanda, ma Garry pensò che arrivati a quel punto non ci fosse altra via di uscita e decise di andare fino in fondo.
<< Sì. >> Rispose tremando, temendo di essersi cacciato in un guaio. Dopo la sua risposta, la voce sembrò zittirsi e non chiese più altro. Rimase immobile, tanto da rendere impossibile a Garry identificare la sua posizione. Non sentiva il suo respiro e non sembrava essere da nessuna parte vicino a lui. Il ragazzo aveva molta paura di aprire gli occhi, ma voleva sapere cosa stesse succedendo di fronte a sé. Se fosse stato in pericolo, avrebbe almeno dovuto saperlo; forse sarebbe stato in grado di scappare via, oppure avrebbe visto la morte in faccia. In ogni caso Garry non riusciva più a rimanersene lì fermo.
Aprì gli occhi e vide il viso dolce e curioso di una bimba dai grandi occhi blu schiacciato sul pavimento per poterlo osservare meglio; i lunghi capelli biondi ricadevano sulle spalle e si diramavano vaporosi sul pavimento, mentre qualche ciocca ribelle le stuzzicava le guance rosa. Aveva un vestitino verde molto grazioso e poco distante dalla sua testa c’era la spada che Garry aveva preso al Pedone. Come lo vide aprire gli occhi, la bambina sorrise contenta, ma quel sorriso spaventò Garry, che ricordò immediatamente chi gli ricordasse quella voce.
Mary?! In un istante il ragazzo si sentì in pericolo e cercò di sfuggire alla ragazzina, che lo guardava ancora sorridendo. Si spinse con le mani via dal pavimento, cercando di allontanarsi il più possibile, ma riuscì solo a sbattere con la testa a terra una volta che la forza di gravità lo ebbe tirato di nuovo giù e le sue ferite gli ebbero ricordato il suo stato.
Dolorante e confuso, Garry si rialzò da terra con rapidità e si allontanò dalla ragazzina, tenendosi premuto una mano sulla tempia, dove aveva sbattuto. Si fermò quando si poté sentire al sicuro da lei e riprese fiato ansimando; alcuni secondi dopo, si rese conto di aver ricevuto medicazioni alle ferite, e rivolse lo sguardo sconfertato verso di lei. La ragazzina si era tirata su dal pavimento ed era rimasta in ginocchio nello stesso punto dove Garry l’aveva trovata; lo fissava con stampato in viso un sorrisetto divertito, come se le piacesse vedere la paura del ragazzo.
<< Sorpreso di vedermi? >> Chiese con un sorrisetto innocente e una vocina languida. Garry cercò di riprendere fiato rapidamente e fallì nel formare una frase di senso compiuto. << Sì! >> Esclamò alla fine senza preoccuparsi di non farsi sentire da eventuali mostri.
Mary rise mettendosi una mano di fronte alla bocca, e la sua risata suonò così autentica; sembrava così innocente e pura, come una vera bambina, troppo carina per essere un mostro. Sicuramente non era stato difficile ingannarlo la prima volta, con quelle sue apparenze. << Strano, visto che sei stato proprio tu a farmi tornare… >> Mormorò mettendosi a sedere e rilassando le gambe, assaporando quella sensazione.
Garry la guardò confuso, sofferente per quel dolore che gli mozzava il fiato; non capiva di cosa stesse parlando. Lei gli rivolse uno sguardo deluso e mosse la testa di lato. << Oh, per favore! Non dirmi che non mi hai riconosciuta! >> Esclamò con tono di scherno. Si alzò e fece qualche passo verso il muro della stanza; a terra c’erano ammassati dei giocattoli, pastelli di cera e tanti fogli di carta pieni di scarabocchi, oltre che dei rotoli di bende strappati, che stonavano stranamente nella stanza. Raccolse uno dei colori e lo portò all’altezza del proprio viso; girò lo sguardo verso Garry e sorrise furbamente. << Immagino che fossi troppo stanco. >>
Garry si sentì improvvisamente imbrogliato, come se avesse fatto qualche sorta di patto con quella bambina e lei non avesse mantenuto gli accordi. << Sei stata tu a mandarmi contro tutte quelle statue…! >> La accusò alzando un dito contro di lei. Ma Mary lo smentì subito facendosi seria.
<< Quali statue? >> Chiese con tono disfattista. << Secondo te qualcuno mi avrebbe anche solo considerata, dopo quello che mi era successo? >> Lasciò cadere a terra il pastello di cera e si avvicinò al ragazzo, facendolo indietreggiare di conseguenza; non voleva avvicinarsi a lei. << Credi che avrei potuto parlare con qualcuno, in fondo a questo buco? >> Nella sua voce si poteva sentire l’odio che c’era verso di lui, e anche Garry non l’avrebbe biasimata per quello: era stato proprio lui a dare fuoco al suo dipinto, bruciandola viva.
Solo in quell’istante il ragazzo si rese conto di essere nella casa rosa, la casetta di Mary, dove c’era la sua cesta dei giocattoli e tutte le sue cose, bambole, vestitini e disegni… Non aveva idea di come fosse finito lì, ma sapeva che non era stato un caso; su quello era sicuro. << Perché sei ancora qui? >> Chiese alla fine, scegliendo la prima domanda tra le mille che aveva in testa. << Pensavo fossi scomparsa dopo quello che è accaduto! >>
Mary si voltò sorridendo. << Perché non dici pure che speravi fossi morta? >> Rise mettendo una grande paura a Garry, che si congelò sul posto. << Ti avrebbe fatto comodo, sicuramente, ma per tua sfortuna sono qua. >> Gli girò intorno e gli mise una mano sulla spalla, mentre con l’altra gli tirava una guancia; in realtà non sarebbe neanche riuscita a farlo, data la grande differenza di statura tra loro due, ma la postura di Garry le permetteva di raggiungerlo con le braccia, in quell’istante. La bambina si allontanò dal ragazzo e riprese a parlare. << Sì, ero morta. Ma dovresti sapere che qui niente muore mai per davvero… >> Si voltò rivolgendogli un sorrisetto malizioso, strofinandosi le mani come se stesse pregustando la sua vendetta.
Nonostante avesse voluto mantenere un certo autocontrollo, Garry scosse la testa e rispose fermamente:<< No. >> Facendo sparire il sorrisetto di Mary dal suo volto.
<< Bé, allora sei una vera delusione. >> Rispose prontamente la ragazzina, minando all’autostima del ragazzo. << Dopo che tu e Ib mi lasciaste da sola, agonizzante tra le fiamme, le uniche vere amiche che rimasero con me furono le mie bambole. >> Garry ebbe i brividi ripensando a quelle bambole inquietanti. << Mi tennero compagnia nonostante non fossi altro che un mucchietto di cenere, ormai… Ma c’è sempre una possibilità di tornare a essere libera, qui. >> Rivelò la ragazzina alzando un dito. Garry era impaziente di scoprirlo, nonostante pensasse di saperlo già. << Se qualcuno ricomponesse i pezzi di un’opera distrutta, quell’opera tornerebbe alla vita in questo luogo… >> Sorrise a Garry come se fosse un suo complice; in realtà non aveva ancora capito di cosa stesse parlando. << Non è necessario dipingere tutto il quadro daccapo o incollare tutti i pezzi di una statua, no… >> Lo rassicurò in fretta come se fosse direttamente interessato a quella cosa. << Nel mio caso, è bastato buttare tutti i colori giusti nelle loro esatte quantità sulla tela originale. >>
Ecco come Garry aveva fatto tornare in vita Mary: seguendo le istruzioni della sua voce, tra la stanchezza e il dolore delle ferite non si era curato di cosa stesse facendo e aveva rimesso insieme i pezzi per far tornare quella ragazzina alla vita. Si sentiva davvero stupido per essere stato preso in giro così facilmente, ma cercò di giustificarsi, dicendo di non avere avuto molta scelta…
<< Però c’è un problema… >> Disse la bambina assumendo un’espressione preoccupata e incupendo la voce. << L’operazione deve essere fatta da un essere umano, qualcuno che non appartenga a questo posto, con il dono della creatività… Abbiamo provato inutilmente con le mie bambole, ma non abbiamo ottenuto niente! >> Si mise una mano sulla testa e guardò da un’altra parte, chiudendo gli occhi e sorridendo con gusto. << Dove lo trovo un umano in questo posto, dopo tutto questo tempo? >> Si girò verso Garry e si mostrò sorpresa. Si coprì la bocca con la mano ed esclamò:<< Oh guarda: ne è comparso uno! >>
Garry si sentì preso in giro e cercò di sembrare minaccioso rivolgendogli uno sguardo d’odio, ma suscitò solo l’ilarità della ragazzina, che ridacchiò come una piccola peste.
<< Non appena ho saputo che eri tornato qui, ho mandato subito le mie bambole da te per condurti da me! Purtroppo non sono riuscite a portarti qui, ma sembra che tu lo abbia fatto da solo, alla fine… >> Adesso Garry capiva come mai quella piccola bambola di pezza fosse così cordiale e disposta ad aiutarlo. Si sentiva raggirato su tutti i fronti, adesso non restava che scoprire che anche Ib fosse coinvolta in quella farsa e l’umiliazione sarebbe stata completa.
Mary lo guardò nascondendo il proprio sorrisetto, godendo pienamente di quello spettacolo: Garry era mortificato, nonostante si sforzasse di guardarla negli occhi, era pieno di vergogna. << Sono stato preso in giro per tutto il tempo, allora… >> Commentò deluso di sé stesso. Non era molto piacevole sapere di essere stati imbrogliati da una bambina.
Mary mosse un dito lateralmente. << Non del tutto: la Donna in Rosso ti vuole ancora morto, così come le altre opere della zona. >> Sapeva anche di quello?
Perfetto. Commentò Garry nella sua mente rimanendo impassibile esternamente. Mary si voltò per raccogliere la spada che il ragazzo aveva preso al Pedone.
<< E sono sicura che il Pedone non sarà per niente contento di quello che gli hai fatto… Rivorrà la sua preziosa spada! >> Sorrise di nuovo a Garry, che desiderò ancora di più avere quella spada con sé vedendola tra le mani di quel diavoletto che se la stringeva al petto con forza.
All’improvviso si intromise nella conversazione un terzo elemento: una bambolina di pezza sbucò da una porticina posta a un angolo, in fondo alla stanza. Allora sei vivo! Esclamò sollevata uscendo allo scoperto e raggiungendo di corsa Garry. Il ragazzo non seppe se sentirsi sollevato nel vederla o no… In fondo anche lei gli aveva mentito.
Mary si abbassò allungando una mano per far salire la piccola bambola su di essa e quella non esitò un istante; la ragazzina la portò alla propria altezza e disse:<< Sei stata brava. >>
Spero che non ti sia dispiaciuto scoprire la verità. Disse la bambolina incrociando le manine paffute con imbarazzo.
Garry si guardò intorno fingendo sorpresa. << Chi, io? >> Chiese puntandosi un dito al petto. << No! Non mi dispiace affatto! Sono FURIOSO, infatti! >> Esclamò dando uno strattone con la stessa mano che un attimo prima aveva agitato davanti a sé per mostrare disinteresse. Spaventò la bambola, con la sua reazione, mentre provocò disappunto nel viso di Mary. << Sono finito in questo postaccio per non so quale ragione, vengo attaccato in continuazione da quadri e statue che mi vogliono morto, ho perso la mia rosa, sono da solo e non ho idea di come uscire da qui! Non credo che andrò da nessuna parte a questo punto, Mary! Grazie per avermi preso in giro! >> Cercò di mettere più forza nella voce quando pronunciò il nome della bambina, forse per farla sentire più in colpa, ma dubitava che potesse provare emozioni.
A quel punto Mary disse qualcosa che lo stupì, ammirando la spada che teneva tra le mani, saggiandone il filo con un dito. << Ti aiuterò ad andartene da qui. >> Nonostante il suo tono fosse seccato, quella bambina sembrò stranamente sincera. Garry non recepì il messaggio e sembrò ancora voler urlare contro la ragazzina, ma quando Mary gli rivolse un sorriso amichevole, il ragazzo perse tutto l’astio nei suoi confronti, chiedendosi perché facesse così.
<< Che cosa? >> Chiese incredulo, pensando di non aver capito bene.
<< Ho detto che ti aiuterò ad andartene. Non ti voglio tra i piedi, dopo quello che mi hai fatto. >> Ripeté con semplicità la ragazzina sorridendo ampiamente. << Hai detto di essere finito qui con Ib. La ritroveremo e ve ne andrete via di qui. Io non voglio più vederti in giro per le mie sale, armato di quel maledetto accendino! >>
Garry si ricordò dell’accendino che possedeva da tantissimi anni, ormai; ce l’aveva ancora in tasca, e avrebbe potuto essere una buona difesa in caso qualcosa fosse andato storto, ma non pensava che sarebbe riuscito a difendersi da Mary, con quella spada che gli aveva rubato. << Perché dovresti volermi aiutare? >> Chiese preoccupato della risposta; Mary sarebbe stata capace di eliminarlo una volta arrivati all’uscita e prendere il suo posto, come aveva già tentato di fare la prima volta… Garry avrebbe avuto mille ragioni per non accettare il suo aiuto!
La bimba sembrò divertita da quella domanda. << Credi di potercela fare a passare indenne attraverso queste sale? Sarai morto appena fuori di qui, se non ti lascerai aiutare! >> Spiegò facendolo sentire ancora più stupido. Garry non avrebbe mai voluto ammetterlo, ma nelle condizioni in cui era non sarebbe andato lontano, da solo. << Non lo faccio per te, voglio che sia chiaro! >> Aggiunse lanciandogli un’occhiataccia. Tirò fuori dal vestito una rosa gialla, munita di tante spine sullo stelo e di bell’aspetto, ma priva di odore. La guardò con nostalgia. << Voglio solo incontrare Ib un’altra volta… >>
Garry ricordava come Mary e Ib si fossero piaciute istantaneamente, la prima volta che si erano incontrate, ma non pensava che la bambina avrebbe ancora voluto incontrare Ib, dopo quello che era successo. Pensò che non fosse un’ottima idea intromettersi nei suoi pensieri in quel momento, ma non riuscì a trattenere la sua curiosità riguardo a una cosa:<< Hai detto che per ricreare un dipinto bisogna mettere i colori originali nelle quantità esatte… >>
Mary rispose annuendo, continuando a canticchiare beatamente e fingendo di annusare la sua rosa.
<< Ma io non ho messo le quantità di pittura esatte… >> Commentò alla fine il ragazzo, ricordando bene di aver creato un pasticcio con quei secchi, anche a causa degli insulti della voce che gli erano rimasti impressi nella mente.
Fu in quel momento che Mary gli sembrò per la prima volta diversa: la sua espressione cambiò rapidamente e la bambina sembrò arrossire per quella frase. << Certo che sì, perché sei un idiota! >> Gli rinfacciò lei puntandogli un dito contro. Sembrava voler provare a sembrare minacciosa, ma falliva miseramente, apparendo sempre più imbarazzata e goffa.
<< Quindi come mai sei qui? >> Chiese Garry allargando le braccia, senza comprendere il nesso tra quello che Mary gli aveva detto e quello che aveva appena constatato.
Mary sembrò arrabbiarsi, ma dopo aver lanciato un’occhiataccia al ragazzo si ricompose e cambiò completamente stato d’animo; sospirò voltandosi di spalle e poggiandosi la spada del Pedone su una spalla. << Sembra che sia stata fortunata. >> Disse con semplicità. << Un incapace come te avrebbe potuto rovinare tutto, ma non è andata così! >> Non perse l’occasione per insultare di nuovo Garry, e il ragazzo non diede nemmeno troppo peso a quello che gli disse.
Garry non credette a quello che gli disse Mary, pensò che ci fosse qualcos’altro sotto, ma quando Mary gli disse di sbrigarsi a seguirla, decise di non fare altre domande; sentiva che ci fosse qualcosa di più, ma non sarebbe stato in grado di scoprirlo subito.
<< Questa la porto io! >> Disse la piccola con cattiveria riferendosi alla spada che sventolava in giro camminando, godendo di vedere Garry disarmato. << Ho sempre voluto avere una spada! >>
<< Guarda che non è un giocattolo… >> La punzecchiò lui, curioso di conoscere la reazione della bambina, ma soprattutto volendosi accertare che Mary sapesse cosa stesse facendo.
<< E quindi? E’ mia lo stesso! >> Esclamò col tono di chi non ammetteva repliche. Mary sembrava voler mettere in chiaro chi fosse a comandare lì con qualunque pretesto. << E ti taglierò la testa se farai qualcosa di sbagliato! >>
Garry non si aspettava quella minaccia, ma stranamente le sue parole non sembrarono per niente intimidatorie; il suo tono era semplicemente poco credibile, come se stesse bluffando. Il ragazzo preferì annuire non contraddirla, e la seguì fino alla porta della stanza rosa, dove uscirono per andare alla ricerca di Ib. << Comunque, sei stata tu a medicare le mie ferite? >> Chiese prima di lasciare la stanza.
Mary rimase in silenzio per qualche secondo. << No…
>>
 

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Capitolo 10
*** Attraverso i pericoli ***


<< Che cosa hai detto? >> Chiese il signor Elias girando lo sguardo verso la ragazza che lo seguiva a passi rapidi. << Mi sono distratto… >> Spiegò scusandosi per non aver ascoltato la domanda di Ib. Era come se fosse sovrappensiero.
Ib guardò il terreno di fronte a loro: al momento c’era uno spiazzo libero, ma presto avrebbero ripreso a saltare da una roccia all’altra sulla superficie di un lago d’acqua scura e inquietante. Si avvicinò al bordo e guardò giù prima di ripetere la sua domanda. << Le ho chiesto quale pensa sia l’opera migliore di Guertena. >> Disse fissando attentamente l’acqua, piegata su sé stessa per vederla più da vicino, ma senza osare mai toccarla.
Elias alzò lo sguardo e cercò di vedere attraversò l’oscurità del luogo per avvistare qualcosa alla fine di quel lago. << Questo stagno conta? >> Chiese ridacchiando e puntando un dito ai propri piedi.
Ib sorrise e si rialzò in piedi, allontanandosi dal bordo. << Se fosse una sua opera, sarebbe impressionante… >>
Elias annuì completando quello che voleva dire la ragazza. << Sarebbe come se fossimo dentro la stessa opera! >> Ib alzò lo sguardo sorpresa e guardò l’uomo per qualche secondo a bocca aperta.
<< Esatto. >> Disse sorridendo, incredula del fatto che avessero pensato la stessa cosa. Era strano, non le era mai capitato prima di essere così in sintonia con uno sconosciuto… Ma considerava ancora Elias Dawson uno sconosciuto?
Il signor Elias sorrise alla ragazza annuendo come se avesse capito quello che stesse pensando. << Tornando alla tua domanda… Penso che una delle creazioni più grandi di Guertena sia Mondo Fabbricato, semplicemente per il fatto che racchiude un intero mondo parallelo… >>
Ib capì cosa intendesse, ma non fu d’accordo:<< Questo però conta solo per chi conosce questo mondo, una persona che lo vede per la prima volta non può immaginare che esista qualcosa di simile, dall’altra parte di un quadro. >> Elias sembrò comprendere il suo punto di vista e le chiese quale fosse l’opera migliore secondo lei. << Dire che c’è un’opera superiore a tutte non è fattibile… >> Mormorò lei strofinandosi il mento con le dita.
<< Concordo su questo. >> Disse fermamente il signor Elias nella pausa di Ib.
La ragazza riprese a parlare cercando di portare a mente tutte le opere di Guertena a lei conosciute. << Un dipinto come Abisso del Profondo è un’opera maestosa che lascia senza fiato… >> Disse tenendo alto lo sguardo, non sicura della propria scelta. << Ma a me piacciono opere più semplici, come La Donna in Rosso. >> Concluse girandosi verso Elias, che allungò una gamba fino a una roccia nell’acqua per tastarla e vedere se fosse sicuro salirci sopra.
<< Come mai proprio lei? >> Chiese spingendosi in avanti per salire sulla roccia. << Ce ne sono altre uguali. >> Le consigliò curioso di capire perché tra tutti i quadri di donna che aveva dipinto Guertena, lei avesse scelto proprio quello.
Ib lo seguì con lo sguardo saltare da una roccia all’altra sul pelo dell’acqua, prima di fare lo stesso per andargli dietro. << Non so… La Donna in Rosso è stata la prima che ho incontrato, quando venni qui a nove anni. >> Spiegò spostandosi da una roccia all’altra. << Ha un qualcosa di familiare… Nonostante abbia cercato tante volte di farmi del male, nei suoi occhi vedo qualcosa… Di diverso dalle altre. >> Neanche Ib sapeva bene cosa volesse dire con quello; non ci aveva pensato abbastanza, avendo avuto poco tempo per farlo.
Elias sembrò pensieroso, si fermò alcuni secondi su una roccia a riflettere su quello che gli aveva detto la ragazza. << Alcuni suoi dipinti mi trasmettono davvero un gran senso di pace e amore… >> Mormorò tenendo lo sguardo basso. << Come La Donna in Rosso e Mary. >> Disse voltandosi di tre quarti verso di lei.
A sentire il nome della bambina protagonista del quadro che lei e Garry avevano bruciato tanto tempo fa, Ib sentì un colpo al cuore, come se le si fosse creato un grande vuoto nel petto per un momento e le avesse bloccato ogni movimento. Le sembrò, in particolare, che Elias sapesse già quello che aveva fatto al quadro e che con quel suo tono la stesse accusando di qualcosa. In realtà né il tono dell’uomo, né la sua espressione erano scontrosi, ma Ib si sentì in pericolo. Cercò di non far trasparire quel suo stato d’animo e si comportò come se nulla fosse, mandando avanti quella conversazione. << Già… >> Balbettò lisciandosi i capelli che poggiavano su una spalla. << Hanno un’aura… Speciale… >>
Elias annuì tristemente e si girò per tornare a guardare avanti. << E’ un peccato che Mary sia andato perso… >> Disse guardando la roccia su cui sarebbe salito dopo.
Ib sentì come se dovesse dire la verità a quell’uomo e confessargli di aver distrutto il dipinto di Mary con le sue stesse mani; non sapeva perché, se lo avesse detto avrebbe potuto trovarsi in una situazione simile a quella della formica, aveva tolto qualcosa di importante a centinaia di persone, e da come ne parlava il signor Elias, sembrava essere ancora più importante per lui. Dopo averlo visto in quello stato così triste, Ib sentì il bisogno di confessare le sue colpe. << Signor Elias, io… >>
Elias la zittì alzando una mano e soffiando tra i denti. << Ascolta. >> Sussurrò senza muoversi, spostando a malapena i bulbi oculari da un lato all’altro della sala per intercettare qualcosa. << Qualcosa si muove… >> Disse girando piano la testa, aguzzando la vista per vedere meglio attraverso l’oscurità.
Ib non aveva sentito niente, ma improvvisamente si bloccò cercando di fare meno rumore possibile, lasciando che Elias identificasse il pericolo. Bloccò la colonna vertebrale perfettamente dritta e non staccò gli occhi dalla schiena dell’uomo, che stava leggermente incurvato in avanti, intento a captare altri suoni estranei. Neanche respirava per permettere ad Elias di capire cosa fosse stato quel suono che aveva sentito poco prima. Però i secondi passavano, la tensione cresceva e niente sembrava accadere. Ib si sentiva braccata da qualcosa di invisibile e il fatto che non sapesse nemmeno se fosse vero la faceva stare sempre peggio.
Il signor Elias girò lentamente lo sguardo da una parete all’altra del corridoio, come se stesse cercando qualcosa, poi, alzando un dito alle labbra per indicare alla ragazza di fare silenzio, tornò a guardare davanti a sé. Fece un salto sicuro sul sasso successivo e atterrò senza sollevare un suono. Fece segno a Ib con la mano di seguirlo e la ragazza cominciò a tremare. Non credeva di potercela fare, se c’era davvero qualche pericolo in agguato lei non sarebbe sopravvissuta. Si guardò intorno immaginandosi mostri inesistenti che saltavano fuori dall’acqua e la trascinavano giù con sé. All’improvviso quell’acqua le sembrava molto più scura di quanto lo fosse già, e c’era di più…
Era come se nell’acqua ci fosse qualcosa di diverso da prima, come se qualcosa la smuovesse da sotto. Vide delle bolle affiorare in superficie e le vennero i brividi. Poi qualcosa la spinse a saltare: con la coda dell’occhio vide un riflesso sott’acqua, come se ci fosse stato uno specchio o qualche altra superficie riflettente che la abbagliò per un istante. A quel punto Ib saltò senza neanche guardare dove andasse, atterrando in modo scomposto sulla roccia successiva e lanciando un piccolo urlo spaventato. Quello stesso urlo divenne più potente e riempì la sala dopo che un grosso pesce ebbe eseguito un salto ineguagliabile, accompagnato da abbondanti schizzi, che superò l’altezza della ragazza e cadde a mezzo metro da lei, dopo aver mancato l’obiettivo che sarebbe dovuto essere lei.
Ib si bagnò tutti i vestiti dopo che il rientro in acqua del pescione ebbe sollevato altri schizzi, ma non se ne curò per la paura che provò. << Ib, scappa! >> Urlò Elias dietro di lei, incitandola a non lasciare che la paura prendesse di nuovo il sopravvento sul suo corpo.
Questa volta Ib diede ascolto a Elias, alle voci nella sua testa che le strillavano di andare via, e voltandosi eseguì un salto che la portò su un altro sasso nel fiume. Quando fu atterrata sentì altri schizzi alle sue spalle e comprese che il pesce aveva saltato di nuovo.
Vide Elias Dawson urlarle contro e farle segni per raggiungerlo, ma non sentì la sua voce, come non sentì gli schizzi che avrebbero dovuto seguire quelli che segnavano l’uscita del pesce dall’acqua; non sentì il suono delle proprie scarpe che colpivano la roccia e non sentì le proprie urla di terrore mentre fuggiva da quel mostro. La paura le aveva tolto l’udito.
Percepiva le vibrazioni di ogni sua azione, quando toccava sulle rocce con i piedi, quando si alzavano gli schizzi dal fiume, ma non riusciva più a udire tutti i suoi che accompagnavano quelle vibrazioni. Era come se tutti quei suoni si fossero scontrati fino ad annullarsi nella testa di Ib; sembrava che fosse diventata sorda.
E a un certo punto, come aveva perso l’udito, quello tornò e la ragazza fu investita da decine di suoni assordanti che la fecero confondere e spaventare di più. Gli schizzi alzati dall’enorme pesce che si infrangevano contro le rocce e le pareti, le urla di Elias che cercava di farla avvicinare a sé, le sue stesse urla che non si erano fermate un istante da quando erano cominciate… Impaurita e infreddolita, Ib saltò con l’intento di raggiungere l’altra roccia per avvicinarsi a Elias, ma qualcosa saltò fuori dall’acqua travolgendola e trascinandola sott’acqua con sé.
La ragazza urlò, ma non appena si rese conto che dalla sua bocca usciva un suono rauco, la richiuse per evitare di sprecare aria. L’acqua era fredda, le pungeva la pelle e sentiva qualcosa muoversi attorno a sé. Girò su sé stessa per guardarsi intorno, ma nell’oscurità non riuscì a scorgere niente; le sembrava di essere immersa a chilometri di profondità, nel bel mezzo dell’oceano. Era una discreta nuotatrice, quindi il fatto di trovarsi sott’acqua non la spaventava più di tanto: era il fatto di essere da sola sott’acqua, probabilmente con qualche mostro che la osservava da poco distante, che la terrorizzava.
Ib cominciò a nuotare verso la superficie e non ci volle molto che poté di nuovo respirare a pieni polmoni.
<< IB! >> Urlò il signor Elias non appena la vide uscire dall’acqua nera.
<< Signor Elias! >> Rispose la ragazza cercandolo senza trovarlo, con l’aria che le bruciava gli occhi dopo essere stati aperti sott’acqua così a lungo.
<< Sto arrivando! >> Urlò preparandosi a tuffarsi in acqua. Stava già per saltare, ma la ragazza cercò di fermarlo.
<< Non lo faccia! C’è qualcosa nell’acqua, è pericoloso! >> Si guardò intorno cercando di rimanere a galla. << Posso… Posso farcela da sola…! >> Mentì per evitare che l’uomo rischiasse la vita per lei. Non poteva farcela, ma non voleva che il signor Elias rischiasse la vita per salvare la sua.
Prima che Elias potesse ribattere, probabilmente dicendole che si sarebbe tuffato comunque, la ragazza sentì qualcosa toccarle la caviglia, poi un forte dolore pungente, e subito dopo fu tirata di nuovo sott’acqua.
Ib non aveva avuto il tempo di prendere aria, si era morsa la lingua quando quella cosa l’aveva afferrata alla caviglia, tirandola con sé sott’acqua. Era dolorante e confusa mentre quel mostro la portava sempre più giù, facendole sprecare ossigeno e togliendole sempre di più la speranza di uscire viva da lì.
Ib cercava inutilmente di nuotare verso la superficie, ma si rese conto presto che l’unica cosa che otteneva era più stanchezza, mentre la pressione dell’acqua aumentava, facendola sentire sempre più oppressa. Decise di aspettare che accadesse qualcosa, e quando sentì la morsa abbandonare la sua caviglia, avvertì un sollievo ineguagliabile, subito accompagnato da un forte bruciore e dei brividi che percorsero tutta la sua colonna vertebrale. Piegandosi per esaminare la gamba, Ib vide l’acqua tingersi di rosso e capì di essere stata ferita gravemente. Per un attimo si sentì persa, guardandosi intorno come per cercare qualcosa che la aiutasse a lasciare quel posto, ma poi tornò ad essere obiettiva e cominciò a nuotare verso sopra.
Mentre nuotava, mettendo tutta la forza che le era rimasta nelle braccia, la ragazza avvertì uno spostamento della corrente sotto di sé; fece appena in tempo per vedere l’enorme pesce scheletrico di Abisso del Profondo che la caricava e spostarsi dalla sua traiettoria prima che la afferrasse, mordendola con le sue fauci.
Il pesce andò avanti e uscì dall’acqua facendo un salto; quando tornò indietro la spinta lo fece scendere ancora più in fretta, spaventando Ib che si agitò in modo scomposto per spostarsi. La mancò un’altra volta, ma non sarebbe stata tanto fortunata per sempre; non mancava molto alla superficie, se avesse nuotato con tutte le sue forze si sarebbe salvata. Non guardava più nemmeno alle sue spalle per vedere dove fosse il mostro; sentiva i suoi versi grotteschi e spaventosi, però, e questo non faceva che metterle più pressione. Credette di essere afferrata dal mostro un’altra volta, quando invece un braccio la afferrò dal colletto della camicetta, tirandola fuori dall’acqua.
Ib si schiantò sul pavimento di un’altra isola come quella sulla quale si erano fermati prima lei e il signor Elias, tossendo e annaspando, cercando l’aria che le mancava da troppo tempo ormai. << Stai bene? >> Urlò il signor Elias preoccupato, mettendosi vicino a lei dando le spalle all’acqua. La ragazza non rispose. Riprese fiato in breve e mise una mano nella tasca dove teneva la sua rosa: aveva perso un paio di petali, forse a causa della mancanza di ossigeno, oppure era stata strattonata con forza durante la fuga. La sua ferita alla caviglia non era troppo grave, però le faceva male.
Ib tossì ancora cercando di ringraziare l’uomo per il suo intervento, ma prima che potesse dirgli qualsiasi cosa, qualcosa che uscì dall’acqua lo tirò giù con sé, spaventando a morte Ib, che lanciò un urlo sconfortato chiamando il suo nome.
Vide il viso dell’uomo scomparire nell’oscurità dell’acqua nera, poi il nulla; non sentì un suono, un segno di vita, vide solo delle bolle d’aria scoppiare sulla superficie, liberate dai polmoni del suo compagno di viaggio. Dopo pochi istanti le bolle scomparvero, e niente smosse più l’acqua. Ib cominciò a temere il peggio quando dopo alcuni minuti non ricevette nessun segnale da parte dell’uomo; cominciò a pensare che avrebbe dovuto lanciarsi per salvare il suo amico, ma si rese conto di non essere in grado di aiutarlo in quella situazione, e difficilmente sarebbe stata in grado di aiutarlo in qualsiasi occasione, date la sua statura e la sua forza.
Proprio quando stava per perdere le speranze, Ib vide affiorare altre bolle d’aria sulla superficie; inizialmente si spaventò, pensando che fosse di nuovo il pesce, ma poco dopo vide la sagoma di Elias Dawson avvicinarsi rapidamente con le braccia tese in alto. L’uomo uscì dall’acqua tirando un grande respiro a pieni polmoni, sollevando alti schizzi.
Si buttò sul bordo dell’isola e si girò rivolgendo il viso al soffitto; Ib lo vide respirare con fatica, tossendo e sputando acqua, e si sentì in colpa per non averlo aiutato.
<< Sta bene? >> Chiese tirandolo fuori dall’acqua, dentro la quale era ancora immerso per metà. Elias non era in grado di parlare, ma annuì un paio di volte ansimando. Si diede qualche colpo sulla tasca dei pantaloni in cui teneva la rosa bianca. Ib lo guardò senza capire cosa volesse, poi quando lo vide infilare la mano dentro la tasca annuì e sfilò la rosa con rapidità: aveva perso molti petali, ne rimanevano solo sei. << Oh, no… >> Mormorò preoccupata la ragazza, tenendo in mano la rosa.
Non riusciva a credere che quello stesse accadendo proprio a loro, erano delle persone normali che non avevano fatto niente di male per meritare quella tortura. Si guardò intorno in cerca di un vaso in cui mettere la rosa per curare l’uomo, ma non c’era niente. C’era solo acqua scura e profonda, dentro la quale nuotava un gigantesco mostro infuriato.
Elias tossì violentemente e cercò di avvicinare a sé la ragazza. << Il pesce non sarà più un problema… >> Spiegò ansimando. << Vai avanti e trova il tuo amico. >>
Ib ci mise alcuni secondi a capire cosa le avesse detto l’uomo. << No! >> Esclamò senza ammettere repliche. << Non la abbandono qui, dopo che ha salvato la mia vita due… Tre volte! >> Disse a voce alta, rendendosi conto di essere stata salvata per l’ennesima volta da quell’uomo. Non lo avrebbe mai lasciato da solo in una situazione come quella.
Ib cominciò a sollevare lentamente l’uomo, aspettando che lui collaborasse e lo fece appoggiare alla sua spalla. La caviglia le faceva male, e dovette rinunciare a quel tentativo.
Ib si sedette a terra ed esaminò la propria caviglia, dove la pelle era stata lacerata dai denti aguzzi del pesce di Abisso del Profondo; stava sanguinando seriamente, e se non avesse fatto qualcosa per fermarlo avrebbe potuto perdere i sensi. Non aveva niente per bloccare il sangue, così strappò un pezzo di stoffa dalla propria gonna e lo legò ben stretto attorno alla ferita. Era dello stesso colore del sangue, quindi non sarebbe nemmeno stato un problema, scherzò mentre si fasciava.
Una volta finito il lavoro, Ib fu in grado di alzarsi in piedi senza provare dolore e riprovò a sollevare il signor Elias. << Forza, si appoggi… Usciremo insieme da qui! >> Disse per rassicurarlo. La sua voce tremante non riusciva a dare sicurezza, ma Elias apprezzò gli sforzi per farlo rimanere con lei, anche se forse, il vero motivo per la quale Ib stesse facendo tutto quello era perché non volesse rimanere sola…
Con estrema cautela, saltando lentamente da una roccia all’altra, Ib riuscì a portare il signor Elias alla fine del corridoio pieno d’acqua; senza l’intervento dell’uomo, che aveva fermato il pesce, probabilmente Ib non sarebbe riuscita a tirarlo fuori da lì. Quando arrivarono davanti alla porta, le gambe di Ib non la ressero più e la ragazza cadde portando con sé l’uomo, che la schiacciò sotto il suo peso. Erano arrivati alla fine del fiume, quindi poteva concedersi un attimo di riposo, ma non poteva durare a lungo…
<< Andiamo avanti… >> Mormorò stancamente cercando di rialzarsi, aiutando il signor Elias semicosciente a rimettersi in piedi. Una volta tirato su, Ib aspettò che l’uomo si fosse appoggiato con stabilità a lei e avanzò spingendo la porta marrone, che li fiondò in una stanza completamente diversa: le pareti erano di un colore ciano spento e due statue senza testa facevano la guardia all’entrata in una sala più larga, dove le pareti si allargavano e diversi muri con dipinti appesi ad essi si stagliavano fino al soffitto, rivolgendosi proprio verso di loro.
Ib si sentì prendere dallo sconforto. << Queste sale… Sono tutte uguali! >> Esclamò senza riuscire più a sopportare quella confusione. Era sempre la stessa storia: se non attraversavano un lungo corridoio vuoto, finivano dentro a una sala grande piena di opere in esposizione, oppure in una specie di labirinto pieno di trappole. Quel luogo non aveva niente di normale, era pericoloso andare avanti, e nella loro situazione non sarebbero andati lontano.
<< Signor Elias… Non so se riuscirò a proteggerla… >> Mormorò debolmente, preferendo essere sincera con  lui.
Elias era cosciente, anche se parlava con tono impercettibile e non riusciva a sostenersi da solo. << Non fa niente… Se sei nei guai, scappa via. >> Le disse cercando di farsi abbandonare un’altra volta.
Ma Ib non voleva lasciarlo solo, glielo disse di nuovo con rabbia:<< Non la lascerò morire da solo in questo posto! Usciremo insieme da qui e potrà mostrarmi le sue opere una volta tornati a casa! >> Sicuramente si trattava di un programma alla quale l’uomo non aveva pensato, ma lo fece sorridere, dandogli la motivazione per continuare.
<< Va bene. >> Disse. << Andiamo avanti, allora…>>
Ib aiutò Elias ad avanzare, passando davanti alle due statue senza volto che sembrarono essere inanimate. Li lasciarono andare senza problemi, ma Ib non credette nemmeno per un secondo di essere al sicuro: sapeva che quelle statue potevano animarsi da un momento all’altro, e quando sarebbe successo non sarebbe stato facile uscire da lì; dovevano sbrigarsi a trovare una via d’uscita.
Mentre camminavano parallelamente ai muri alla quale stavano appesi diversi quadri di Guertena, Ib notò che i passi del signor Elias si facevano più affrettati e scomposti, come se avesse recuperato un po’ di energie e volesse fare più in fretta. Cercò di dirgli di calmarsi, ma l’uomo sembrò non volerla ascoltare e continuarono così ad avanzare nella sala con passo incerto e traballante.
All’improvviso qualcosa attirò l’attenzione di Ib, spaventandola e facendola inciampare per sfuggire a un eventuale pericolo; era un quadro raffigurante il viso di un uomo che tossiva sonoramente, quel suono che aveva tanto spaventato la ragazza era proprio la tosse dell’uomo, che continuava a diventare sempre più forte e fastidiosa. L’uomo nel dipinto sembrava sofferente e cercò di parlare a Ib, tra un colpo di tosse e un altro. << Ragazza… >> La sua voce fu interrotta da un colpo di tosse, e quando parlò di nuovo fu roca e sommessa. << Per favore, potresti darmi qualcosa per placare questa tosse? >> La implorò tornando a tossire subito dopo.
L’Uomo che Tossisce… Pensò la ragazza riconoscendo il dipinto. << Ehm… >> Si sentì un po’ in imbarazzo a parlare con un quadro. << Purtroppo non ho niente con me… >> Spiegò spostando una mano, mostrandola vuota.
<< Lo immaginavo. >> Disse L’Uomo che Tossisce, trovando una tregua in quei colpi di tosse così violenti. << Ma non è un problema: nella galleria c’è uno sciroppo per la tosse, nascosto da qualche parte… >>
<< Uno sciroppo per la tosse? >> Chiese la ragazza, ignorando l’esistenza di una opera di Guertena che potesse rappresentarlo.
<< Sì, uno sciroppo! Quel simpaticone del mio creatore deve aver pensato di tenerlo lontano da me per tutto questo tempo… Non è che potresti portarmelo, così che questa tortura… >> Un altro colpo di tosse lo interruppe improvvisamente. << Possa finire…? >> Concluse respirando a fondo per riacquistare il controllo su di sé.
Ib non sapeva cosa dire: avrebbe voluto aiutare quel quadro, poiché le sembrasse davvero in pena, ma non aveva idea da dove cominciare per cercare lo sciroppo per la tosse, e aveva Elias a cui badare; non potevano rischiare troppo. << Farò quello che posso… >> Rispose abbozzando un sorriso stanco, suscitando la felicità dell’Uomo che Tossisce.
Allontanandosi dal quadro che tossiva, Ib ed Elias furono chiamati da un altro quadro che sembrò voler parlare con loro con molta insistenza. La ragazza si avvicinò lentamente, riconoscendo il disegno folle della Porta Blu: quello strano quadro rappresentante un viso con un ghigno deforme e pittura azzurra che cola dai suoi occhi. << Ehi piccola, ciao ascoltami… >> Disse rapidamente facendo guizzare da una parte all’altra le sue pupille nere. << Ho sentito la tua conversazione con quel tipo e, sai, posso aiutarti a trovare quello che cerchi! >>
Ib immaginò che stesse parlando dello sciroppo per la tosse da dare all’Uomo che Tossisce, ma la sua priorità in quel momento era trovare una Benedizione Eterna per far guarire Elias. Non voleva neanche fidarsi troppo di quel dipinto, conoscendo già i suoi fini. << Di cosa stai parlando? >> Gli chiese inarcando un sopracciglio, volendo fargli confessare le sue intenzioni.
<< Ehi, non guardarmi in quel modo così sospetto, non ti faccio nulla! >> Ridacchiò con tono stupido. << So bene quello che pensi, e so bene quello che vuoi, quindi se mi ascolti potrai ottenere tutto quello che ti serve! >>
Ib cercò di farlo sbrigare a dirle cosa volesse. << Quindi che cosa vuoi da me, e perché dovrei aiutarti? >>
Porta Blu sorrise guardandola intensamente, come se sapesse che la ragazza conoscesse già la risposta. << Sai, mi piacerebbe tanto un fiorellino da sgranocchiare… >> Ib fece un passo indietro, sapendo che quel coso si sarebbe potuto mangiare la sua rosa. Ma il quadro cercò di tranquillizzarla:<< No, calma; non voglio il tuo fiorellino! >> La ragazza si aspettava quella frase, ma rimase a distanza di sicurezza, aspettando che la Porta Blu continuasse. << Se potessi andare da quella Pettegola dall’altra parte della parete, e la convincessi a darti uno dei suoi fiori, allora io potrei aiutarti a trovare quello che cerchi… >> La voce del quadro sembrò sprezzante quando nominò la Pettegola.
Ib si ricordò di quel quadro rappresentante una bocca umana, si ricordò anche di come fosse pericolosa e mordace; perché mai avrebbe dovuto andare dalla Pettegola per lui?
<< So cosa stai pensando. >> Disse la Porta Blu continuando a ghignare come un matto. Rise. << “Perché dovrei aiutare questo tizio che sicuramente non rispetterà l’accordo e vorrà solo riempirsi la pancia?” >> Rise di nuovo, sul punto di scoppiare. << Ma vedi, io non sto mentendo: ti darò davvero quello che cerchi. >>
<< Come posso sapere che dici il vero? >> Chiese Ib prendendolo alla sprovvista. Il quadro sembrò deluso dalla sua mancanza di fiducia.
<< Tu vuoi lo sciroppo per la tosse per L’Uomo che Tossisce… E anche qualcos’altro… >> Con quelle parole Porta Blu riuscì ad attirare l’attenzione di Ib, che tese le orecchie per ascoltare meglio. << Portami quel fiore, e li avrai entrambi. >> Concluse con voce languida, finendo con un sorrisetto storto e bloccandosi in quella posa ignorando qualunque tentativo di Ib di comunicare con lui.
La ragazza non si fidava di Porta Blu, ma non aveva molta scelta: se diceva la verità, sarebbe stata fortunata, altrimenti non avrebbe perso molto; il signor Elias era semicosciente e stabile, al momento, quindi anche se non avesse trovato la Benedizione Eterna, sarebbero riusciti a cavarsela in qualche modo…
Ib allora si allontanò dal quadro blu e nero, trascinandosi dietro Elias che obbediva ai comandi della ragazza senza discutere, e si mise alla ricerca della Pettegola, che a detta di Porta Blu, era dall’altro lato del muro su cui era esposto il quadro. La riconobbe subito quando arrivò lì: due labbra carnose e perfettamente serrate erano rinchiuse in una cornice modesta, sotto la quale stava la targa “Pettegola”.
Non appena la ragazza si avvicinò alla bocca, quella tentò di morderla. Ib scattò via sentendo i battiti cardiaci accelerare in un attimo e si fermò a distanza di sicurezza dal quadro.
<< Ho… Fame… >> Pronunciò lentamente la Pettegola con una voce grottesca e roca. Ib ricordava la prima volta che tentò di avvicinarsi a quella bocca e di come la morse, dichiarando sempre di essere affamata. Quella volta la bambina le diede una mela finta per placare la sua fame, ma questa volta non aveva idea di dove prendere qualcosa con cui sfamarla.
Ib balbettò un po’, non sapendo come comportarsi in quella situazione. << Ciao… >> Mormorò con voce tremante. << Ho sentito dire che hai tanti bei fiori… >> Disse la ragazza fingendo di essere interessata all’argomento. << Potresti darmene uno? Mi piacciono tanto… >>
La Pettegola esitò alcuni istanti prima di dire qualcosa riguardo alla richiesta di Ib. << Fiori… Io ho… >>
Il viso della ragazza si illuminò quando sentì quelle parole, nonostante ancora non avesse detto “sì”.
<< Tu… Vuoi? >> Chiese notando il suo cambio di umore.
Ib annuì in ritardo, non aspettandosi quella domanda. << Uhm… Sì! >> Rispose pensando di non poter essere vista e che quindi un semplice cenno non sarebbe servito.
La Pettegola rimase in silenzio a lungo, come se stesse valutando attentamente l’idea di dare o no un fiore alla ragazza. Dopo quasi un minuto passato in silenzio, durante la quale Ib non fece che sentirsi sempre più isolata e sotto pressione, la bocca parlò:<< Io ti do fiore… >> Disse con voce pacata, ma decisamente insolita. Per un attimo Ib si sentì quasi euforica, sapendo di aver trovato il modo per curare il suo amico, ma poi fu delusa dalla sua stessa impulsività quando sentì il resto di quello che aveva da dire la bocca nella cornice. << Ma prima tu dai a me qualcosa. >>
Ib si sentiva come se la stessero prendendo in giro, mandandola avanti e indietro per quella sala alla ricerca di qualcosa che non esisteva nemmeno e che non l’avrebbe aiutata minimamente nel suo viaggio, ma non aveva nessuna idea di come uscire di lì, e quella era l’unica strada che poteva prendere; avrebbe dovuto accettare le condizioni che le avrebbe imposto la Pettegola, e sperare che avrebbe mantenuto la promessa. << Ma… >> Mormorò confusa. << Io non ho niente da darti… Che cosa vuoi? >> Chiese, sperando di ricevere qualche indicazione in più.
<< Io voglio… Cibo… >> Scandì lentamente con voce robotica la Pettegola. << Tu hai cibo? >> Chiese dopo per chiedere conferma di quello che avesse appena detto la ragazza.
Ib scosse la testa rispondendo poco dopo. Sarebbe stato troppo facile se fosse stato così.
La Pettegola sembrò pensare a una soluzione dopo aver ricevuto quella risposta. << Allora tu vai a trovare cibo. >> Disse in modo più sciolto. Ib non aveva idea di dove trovare del cibo per quella bocca, e cosa avrebbe potuto mangiare poi?
<< Dove posso trovare qualcosa da darti? >> Chiese debolmente, con poche speranze in una risposta positiva.
La Pettegola rimase in silenzio qualche istante. << Io non so… >> Rispose piano. Prima che Ib potesse abbattersi del tutto, quella riprese a parlare:<< Prova chiedere a formica bianca. >>
Per un attimo, quando sentì pronunciare la parola “formica” Ib sentì un brivido correrle lungo la schiena, ma si contenne e chiese alla Pettegola se sapesse dove fosse la formica bianca di cui parlava. Ricordava di aver incontrato una formica bianca, nel suo primo viaggio nel Mondo di Guertena, e aveva subito avuto un’impressione diversa da quella della prima formica che aveva incontrato…
<< Sta sempre vicino a sua casa. Non so dove. >> Disse in fretta la Pettegola, quasi come se volesse sbrigarsi a mandare via i due estranei. Ib capì che non avrebbe ricevuto altre informazioni, quindi decise di andarsene, portando con sé il signor Elias e sperando che quella sarebbe stata l’ultima loro fatica.
<< Mi dispiace di doverla trascinare avanti e indietro per questa sala, ma non mi piace l’idea di lasciarla da solo mentre vado alla ricerca di qualcosa per curarla… >> Mormorò Ib costernata al signor Elias, che per risparmiare le forze era rimasto in silenzio per tutto il tempo. L’uomo alzò debolmente la testa e abbozzò un sorriso dolorante.
<< Non c’è problema; credo di poter guarire anche con il tempo… >> Disse senza voler far sentire Ib in colpa per non aver trovato un vaso in cui mettere la sua rosa. In realtà la ragazza si sentì ancora più inutile e debole.
Ib camminava lentamente in mezzo alla sala, girando la testa a destra e a sinistra per avvistare la piccola formica bianca che avrebbe potuto darle qualcosa da mangiare. A un certo punto avvistò un quadro raffigurante una natura morta: Frutto Amaro.
I frutti rappresentati sulla tela avevano un aspetto invitante e Ib pensò subito che avrebbe potuto dare uno di quelli alla Pettegola per sfamarla. Stava per allungare la mano per afferrare uno dei frutti nel quadro, ma Elias la fermò:<< Non farlo. >> Disse con fatica senza alzare lo sguardo. Doveva aver intuito le sue intenzioni, forse aveva intravisto il dipinto in qualche modo e aveva pensato che non fosse una buona idea. Ib però non capiva perché volesse fermarla. << Se si chiama “Frutto Amaro” ci sarà un motivo che ha portato Guertena a dargli questo nome… >> Spiegò senza muoversi. Adesso Ib comprendeva cosa intendesse l’uomo. << Potrebbe non piacere alla Pettegola. >>
Ib dava ragione ad Elias Dawson, quindi lasciò a malincuore quel dipinto, tornando alla ricerca della formica bianca; forse avrebbero potuto rendersi la vita più facile portando quel frutto alla Pettegola; magari la bocca non avrebbe fatto caso al suo sapore e tutto sarebbe andato bene, ma in quel posto e nella loro situazione era meglio non rischiare…
Ib continuò a vagare per la sala, sotto gli occhi di diverse opere di Guertena, apparentemente inanimate. Cercava la formica bianca, sperava che sarebbe stata comprensiva e l’avrebbe aiutata, ma non aveva idea di dove andarla a trovare. Si ricordava che viveva in un quadro chiamato “Formicaio” su cui era disegnato un piccolo foro nella terra dove solo la formica riusciva a passare, ma non vedeva quel quadro da nessuna parte, e non c’era niente che sembrasse darle indizi su come trovarlo.
All’improvviso qualcosa attirò la sua attenzione. Un urlo la costrinse a fermarsi. ALT!!! Ib si bloccò istantaneamente e si girò su sé stessa per capire da dove venisse quella voce.
<< Chi sei? >> Chiese pensando di avere a che fare con un fantasma. La voce che aveva udito era flebile e sembrava essere attutita da qualcosa. La sentì di nuovo.
Grazie per esserti fermata. Disse con sollievo. Non sarei riuscita a scansarmi.
Ib continuava a guardarsi intorno. << Ma… Dove sei? Non ti vedo. >> Cercò di trovare qualche anomalia nel paesaggio, una presenza insolita nella sala, ma non notò niente di strano.
Sono qui, mi vedi? A quel punto la ragazza si rese conto che la voce proveniva dal basso e guardò a terra. C’era una piccolissima formica bianca che agitava una delle zampette per farsi vedere. Quaggiù! Chiamava.
Ib fu sollevata nel vedere che ad averla incontrata fosse proprio la formica bianca che stava cercando. Si lasciò sfuggire un sorriso liberatorio che lasciò perplessa la formica. << Sei tu la formica bianca che vive nel quadro, vero? >> Chiese abbassandosi per vederla meglio e puntandole un dito contro. Voleva essere sicura di aver trovato la formica giusta, ma ancora prima di sentire la risposta, Ib sapeva già che sarebbe stato un “sì”.
E chi dovrei essere? Chiese ridacchiando, suscitando un altro sorriso sul viso di Ib. Voi chi siete? Gli chiese dopo avvicinandosi piano, guardando con curiosità Ib, ma soprattuto il signor Elias, che non dava l’idea di stare bene.
Ib si mise una mano sul petto e poi guardò l’uomo che si appoggiava alla sua spalla. << Io sono Ib e lui è Elias… Stavamo cercando te… >>
Me? Chiese sorpresa. Nessuno mi ha mai cercata… Disse tra sé e sé.
Ib sospirò sperando che quella formica fosse più ragionevole dell’altra che aveva incontrato. << Abbiamo bisogno del tuo aiuto… >> Mormorò debolmente.
Ah. Fece la formica, quasi delusa da quella frase, come se si fosse aspettata qualcosa del genere. Guardò prima l’uomo e poi la ragazza. Ma… Come posso aiutarvi…? Chiese confusa. Sono solo una formichina, e non so niente di voi umani…
Ib la guardò con curiosità. << Non sei spaventata da noi? Non ti sembra strano che degli umani passeggino per queste sale? >>
La formica scosse la testa. Ib non poté vedere chiaramente quel movimento, ma l’impressione che le diede fu abbastanza per farglielo immaginare. Forse quella formica non sarebbe stata pericolosa come l’altra… Forse, in fondo, non tutte le formiche erano veramente uguali…
<< Non importa. >> Disse Ib sospirando e cambiando argomento. << Tornando al discorso di prima, siamo stati mandati dalla Pettegola per chiederti qualcosa di buono da mangiare. >> Come lo disse, sembrò un po’ strano. La formica però non sembrò farci caso.
Oh! Commentò sorpresa. Ma perché non è venuta lei stessa? Lo sa che per me non ci sono problemi… Borbottò tra sé e sé voltandosi e camminando un po’.
Ib cercò di mantenere il contatto con la formica. << Forse perché non può muoversi… >> Suggerì timidamente. La formica si voltò guardandola con sorpresa.
Hai ragione. E’ un quadro. Pronunciò con voce meccanica, come se si fosse ricordata solo ora di quel particolare e si vergognasse ad ammetterlo. Bé, non cambia niente, in ogni caso! Si voltò di nuovo e si allontanò da Ib.
La ragazza la seguì lentamente; la formica non poteva andare molto lontano, era ovvio che un piccolo passo sarebbe stato sufficiente per starle dietro. << Che vuol dire che non cambia niente? >> Chiese preoccupata. Temeva che la formica non li avrebbe aiutati.
Non riesco più a trovare la mia casa, ed è lì che tengo la mia polvere di stelle. Spiegò senza fermarsi. Ib si ricordò che il piatto preferito della formica fosse proprio la polvere di stelle caduta da un quadro, e ricordò anche la sua abitudine nello smarrire la propria casa.
<< E se ti aiutassi io a ritrovarla? >> Suggerì la ragazza abbassandosi per essere più vicina alla formica. Quella si voltò e la guardò con stupore.
Dici sul serio? Chiese tendendosi in avanti. Ib annuì sorridendo, divertita dall’innocenza della piccola formica. Sapeva che non doveva abbassare la guardia e che c’era da aspettarsi di tutto, ma le sembrava impossibile dubitare di quell’esserino così piccolo.
Ib si rialzò e si guardò intorno con attenzione; la sua salvezza dipendeva dal ritrovamento di Formicaio; doveva aguzzare la vista per avvistare il quadro scomparso, ma pensava che non sarebbe stato troppo difficile: il quadro doveva per forza trovarsi in quella sala, e se la formica bianca non riusciva più a trovarlo, significava che qualcuno lo aveva spostato dal suo luogo abituale; magari era stato appeso al muro.
<< Trovato! >> Esclamò con decisione, allungando un braccio e puntando il dito contro un quadro marrone appeso a un muro in fondo alla stanza.
Dici sul serio? Chiese eccitata la formica saltando sul posto. Si tese verso la direzione che aveva indicato la ragazza. Ma come fai a vedere così lontano? Fece meravigliata, mettendosi a scorrazzare per raggiungere la propria casa. Anche Ib cominciò a camminare per raggiungere il quadro della formica bianca, e quando entrambe furono arrivate davanti alla cornice verde dell’opera, la formica bianca non stette più nella pelle. Portalo giù! Portalo giù! Continuava a ripetere eccitata.
Ib rise nel vedere l’emozione della formica nel rivedere la proprio casa e le disse di attendere solo un attimo; fece poggiare Elias a una parete e staccò il quadro dal muro, adagiandolo delicatamente davanti alla formica bianca, che si fiondò subito dentro al buco al centro della tela.
Dopo pochi istanti la formica tornò portandosi dietro un mucchietto di polvere di stelle scintillante. Questo è il mio ringraziamento! Disse commossa dando la polvere dorata alla ragazza, che la accettò incredula.
<< Sei sicura che non sia troppo? Tu che mangerai? >> Le chiese preoccupandosi per lei.
La formica sembrò non preoccuparsene. Ne ho ancora un sacco a disposizione! Disse muovendo una zampina come per dire che non si trattava di un problema. Poi sembrò farsi seria. Però non datela tutta alla Pettegola. Disse piegandosi in avanti e abbassando la voce. Ib si avvicinò di più, come se quello che le stesse confidando fosse un segreto. La maggior parte è per voi: potrebbe tornarvi utile nel vostro viaggio…
Ib non credeva alle sue orecchie; la formica bianca era davvero gentile e buona, non aveva niente di simile alla formica nera che aveva incontrato all’inizio di quel viaggio; le era riconoscente per aver ritrovato la sua casa ed era generosa, non era vanitosa e altera come l’altra, era docile e curiosa. Non poteva collegare lei a quell’altra formica che aveva tentato di ucciderla; era sicura che si trattasse di due formiche completamente differenti, non sarebbero mai state uguali come diceva l’altra…
Ib ringraziò ancora una volta la formica e tornò con il signor Elias dalla Pettegola, che avrebbe dovuto dargli uno dei suoi fiori con cui fare contenta la Porta Blu, che gli avrebbe dato una Benedizione Eterna per poter salvare il suo compagno di viaggio. Ib non stava più nella pelle, sarebbe riuscita ad aiutare l’uomo, finalmente!
Dopo aver dato la polvere di stelle alla bocca nel muro, che sembrò molto soddisfatta di quello, Ib ed Elias ricevettero in dono uno splendido tulipano rosa, che diede una strana impressione alla ragazza quando lo prese in mano; il fiore non aveva nessun odore ed era freddo al tatto, il suo stelo era ruvido e, in qualche modo, sembrava morto. La ragazza pensò che fosse solo l’atmosfera del luogo a darle quell’impressione, anche perché quando lo diedero alla Porta Blu, quello lo accettò molto volentieri, leccandosi i baffi dopo averlo annusato più volte e divorato in un attimo.
<< Eheheh… Era davvero squisito! >> Commentò la Porta Blu ghignando come un matto. Ib avrebbe volentieri saltato quella scena in cui il quadro si rilassava dopo il pasto e cominciava a elogiarlo, ma purtroppo non poté farlo; per sua fortuna, però, il quadro smise di parlare in fretta e arrivò al sodo:<< Ti ringrazio per avermi portato quello spuntino delizioso… >> Ridacchiò un’altra volta. << Adesso puoi prendere quello che cercavi. >> Detto questo, due angoli della cornice si staccarono dal muro, proprio come una porta, e dietro al quadro si scoprì un vano in cui stava riposta una boccetta di sciroppo per la tosse.
Nient’altro? Chiese nella propria testa la ragazza, fissando impassibile quella boccetta di vetro scuro contenente la medicina tanto desiderata dall’Uomo che Tossisce. C’era solo uno sciroppo per la tosse là dentro? Non gli aveva detto che avrebbero trovato quello che cercavano? << Mi hai imbrogliata! >> Disse alzando la testa di scatto, imbronciandosi.
Il quadro era girato quindi non riusciva a vederla tanto bene, ma sembrò immaginarsi la sua reazione, e rise di gusto a quell’accusa. << Tu credi? Ma non stavi cercando uno sciroppo per la tosse? >> Chiese prendendosi gioco di lei con un tono da ubriaco.
Era stata raggirata! Aveva attraversato quella sala senza sapere dove andare solo per portare un pasto a uno stupido quadro che le aveva mentito! Perché si era fidata? Era stata così ingenua da credere che la Porta Blu l’avrebbe aiutata!
<< Io voglio una Benedizione Eterna per aiutare il mio amico! >> Esclamò Ib mostrando il corpo debole di Elias Dawson appeso alla sua spalla sinistra. << Tu hai detto che ce l’avevi! >>
<< Io ho detto che avresti avuto lo sciroppo per la tosse e… Un’altra cosa… >> Ripose velocemente la Porta Blu muovendo quella sua bocca storta, deformandola in un ghigno impossibile da trattenere. Ib si sentì esplodere. << E infatti ti darò un’altra cosa: la mia gratitudine. >>
Che cos’era, uno scherzo? Pensava che fosse divertente? Ib avrebbe potuto fare a pezzi quel quadro, se non avesse avuto rispetto per le opere di Guertena. Si limitò ad afferrare lo sciroppo per la tosse da restituire all’Uomo che Tossisce e ad andarsene indignata, in silenzio; era inutile discutere con la Porta Blu, era folle e insensato, quindi non sarebbe mai riuscita a farlo ragionare…
Adesso erano tornati daccapo e non avevano uno straccio di idea su come poter curare il signor Elias; Ib dubitava che uno sciroppo per la tosse sarebbe bastato a farlo stare meglio, e forse sarebbe stato meglio aspettare per usarlo, ma la ragazza pensava di non avere alternative: le uniche cose che avevano ora, a parte le loro rose, erano una manciata di polvere di stelle e quella boccetta di sciroppo. Non era molto…
Ib sospirò. << Almeno possiamo portare questo all’Uomo che Tossisce per farlo stare meglio… >> Mormorò guardando lo sciroppo che teneva in una mano; non gli sarebbe servito, e la tosse non era un problema così grave come per il quadro che era nato malato. Decise di tornare dall’Uomo che Tossisce, la prima opera che avevano incontrato in quella sala, per finire quel giro tremendo di consegne.
<< Lo hai davvero trovato! >> Esclamò incredulo L’Uomo che Tossisce quando Ib gli mostrò la bottiglietta di vetro scuro piena di uno strano liquido; non sembrava tanto contenta di dargli il ricavato del suo girovagare, ma la ragazza dovette rassegnarsi a lasciare lo sciroppo al quadro. In fondo stava facendo qualcosa di buono…
L’Uomo che Tossisce fu interrotto da alcuni colpi di tosse, prima di prendere la medicina; non avrebbe più avuto quel problema, se lo sciroppo avesse avuto effetto… Lo vide prendere un respiro profondo, subito dopo aver bevuto un po’ della medicina, e istantaneamente lo vide cambiare: il suo viso non fu più contratto dal dolore e gli occhi furono più rilassati e amichevoli. Sembrò gradire molto il sapore della medicina, ma Ib non ci avrebbe creduto: pensava che tutte le medicine avessero un gusto orribile…
<< Ti devo la vita, ragazza… >> Sussurrò sorridendo il dipinto. Ib si sentì lusingata, nonostante la situazione fosse grave per lei. << Senza di te non avrei mai sconfitto questa maledizione. >>
Ib cercò di negare i propri meriti. << Non ho fatto niente di speciale… >> Disse scuotendo la testa, mentre Elias rimaneva aggrappato alla sua spalla. << Ho solo pensato che fosse giusto aiutare qualcuno in difficoltà… >>
L’Uomo che Tossisce rivolse lo sguardo con dispiacere al signor Elias, che si reggeva in piedi a fatica. << Già… Sei una ragazza buona, e meriti di uscire da qui. >> Ib sorrise, mostrando di apprezzare quell’augurio del quadro, ma non capì esattamente quello che volle intendere. A un certo punto si mosse qualcosa ai loro piedi: un piccolo pannello si sollevò dal muro e mostrò un minuscolo vano dove stava nascosto un vaso di vetro pieno di acqua cristallina. Una Benedizione Eterna.
Ib non poteva credere ai suoi occhi. Guardò strabiliata L’Uomo che Tossisce più volte per cercare di capire cosa fosse successo, ma quello le rivolse solo uno sguardo incoraggiante. << Mi dispiace di non avertela data prima, ma… Volevo capire che tipo fossi. >> Si scusò il dipinto, attendendo che Ib raccogliesse la Benedizione Eterna dal vano del muro; le fece anche qualche cenno col mento per farla andare avanti, ma la ragazza fu lenta a reagire. Ancora non riusciva a credere di aver trovato la Benedizione Eterna che aveva tanto cercato per tutto quel tempo; con quella avrebbe potuto guarire il signor Elias e avrebbero potuto continuare il loro viaggio.
<< Grazie… >> Mormorò in lacrime la ragazza. Non capì perché stesse piangendo in quel momento, le circostanze erano a suo favore e doveva sbrigarsi a prendere il vaso e curare l’amico, ma non poté non fermarsi un attimo a liberarsi da quel peso che l’aveva oppressa per tutto quel tempo.
A Ib servì qualche minuto per ricomporsi e riprendere il controllo sul proprio corpo. Non appena riuscì ad avere un aspetto presentabile, ringraziò ancora una volta L’Uomo che Tossisce, che aveva acquistato una voce sempre più forte e limpida, grazie allo sciroppo, e prese la Benedizione Eterna, portandola con sé con l’intento di darla al signor Elias una volta al sicuro.
<< Tra un poco starà meglio, signor Elias. >> Gli diceva cercando di mantenerlo sveglio. L’uomo però continuava a blaterare cose senza senso, lasciando un po’ sconcertata la ragazza, che temeva stesse già morendo.
<< Fai attenzione… >> Disse a un certo punto l’uomo alzando la testa. Questa volta Ib capì quello che disse, e un attimo dopo sarebbe stata felice di quello. << Stanno arrivando… >>
In un primo istante la ragazza non comprese cosa volesse dire con quello, ma dopo un secondo sentì provenire dal fondo della sala uno stridore acuto e inquietante, che le graffiò i timpani e le fece venire la pelle d’oca. I suoni venivano dall’entrata della sala, dove due statue senza testa stavano a guardia della porta; prima vi erano passati davanti e quelle non si erano mosse, adesso dovevano aver attivato qualcosa che le aveva fatte risvegliare, oppure era stata tutta una strategia di quelle statue per coglierli di sorpresa.
Maledizione! Fu l’unico pensiero della ragazza, che subito dopo aver pensato di essere finalmente al sicuro, si ritrovò a dover scappare ancora una volta da degli inseguitori. << Andiamo, Elias… Dobbiamo sbrigarci! >> Esclamò la ragazza cercando di tirare con più forza l’uomo per farlo andare più veloce; si pentì di non aver messo subito la sua rosa nel vaso che lo avrebbe fatto stare molto meglio. Ora non c’era tempo per farlo.
L’uomo arrancò dietro di lei annuendo a fatica per farle capire che avesse capito, e Ib pensò per un primo momento di potercela fare ad uscire da lì, ma poi qualcosa distrusse le sue speranze: dall’oscurità di un angolo della sala, qualcosa di grosso gli fu lanciato contro come un proiettile vagante. L’oggetto colpì in pieno la tempia della ragazza, che fu spinta a terra dall’impatto e perse l’orientamento per alcuni secondi; la caduta le diede un forte dolore alla caviglia ferita. Ib scosse la testa con vigore e cercò di rialzarsi, tirando su anche Elias che era crollato a terra con lei, dopo lo scontro con il misterioso proiettile: rialzandosi, la ragazza poté notare che a colpirla era stata la testa di un manichino, che aveva stampato in volto un sorriso inquietante, innaturale.
La ragazza sentì l’impulso di calciare via la testa di manichino, ma dovette trattenersi per non perdere tempo; si rimise a correre zoppicando, con Elias Dawson appoggiato alla sua spalla che non riusciva più a sopportare tutto quello. Le statue senza volto sarebbero arrivate se si fossero fermati a riposare, però; non potevano perdere altro tempo.
Da questa parte! Disse una voce familiare a Ib. A un tratto vide la formica bianca che saltava per farsi notare dalla ragazza e le indicava una porta che non aveva ancora visto nella sala. Li stava aiutando?
Ib portò con sé l’uomo mentre la formica li guidava verso la porta. La ragazza la aprì rapidamente scoprendo così un corridoio lungo e stretto dove avrebbero dovuto correre per poter sfuggire ai loro inseguitori. << Grazie! >> Disse rapidamente la ragazza, voltandosi un attimo verso la piccola formica bianca.
Sbrigatevi! Li tratterremo noi per un po’! La incitò quella voltandosi verso le statue.
Noi? Pensò Ib. Curiosa di capire chi intendesse la formica bianca, la ragazza alzò lo sguardo verso la sala, dove vide i quadri che aveva aiutato prima fare di tutto per rallentare le due Morte dell’Individuo al loro inseguimento: c’era L’Uomo che Tossisce, che allungava le braccia fuori dalla cornice e tirava a sé una delle due statue, e da un’altra parte c’era la Pettegola che lanciava morsi famelici all’aria, con l’intento di afferrare una delle statue se fossero passate da lì, e poi la Porta Blu, che aveva bloccato tra le proprie “fauci” la seconda statua, e la tratteneva in modo precario dall’inseguire i due umani.
Andate! Urlò la formica bianca facendo un altro salto per incitare la ragazza a sbrigarsi. Ib afferrò il messaggio e annuì con decisione prima di chiudere la porta dietro di sé, rivolgendo lo sguardo al lungo corridoio che li attendeva. Li stavano aiutando; le opere di Guertena stavano trattenendo quelle statue che avrebbero potuto far loro del male… Che stava succedendo?
Ib non si fece più domande: non aveva senso continuare a farsene. Decise di accettare tutto quello che stava accadendo senza contestarlo troppo. Era strano, non si aspettava un simile comportamento dalle opere della galleria, ma Ib era contenta che fosse così; significava che esisteva un po’ di umanità in quel luogo e forse avrebbero potuto ricevere qualche aiuto per uscire da lì.
Mentre pensava a queste cose, Ib non prestava molta attenzione alla strada, e fu colta di sorpresa da una mano nera che sbucò dalla parete, spingendo lei e il signor Elias a terra; Ib lanciò un urletto di sorpresa quando ricevette la spinta e gemette quando si scontrò con il pavimento, ma il dolore della caduta non sarebbe stato niente, quando si sarebbe accorta di quello che era successo: ci fu un suono di vetri infranti e Ib si ritrovò in una pozza d’acqua. Le vennero i brividi nel sentire le proprie mani bagnarsi su un pavimento che avrebbe dovuto essere asciutto, e quando poi vide i resti del vaso che aveva portato con sé fino a quel momento, la ragazza si fece prendere dal panico.
<< Non è possibile! Non è vero! >> Urlava terrorizzata, respingendo l’idea di aver perso l’unica possibilità di salvare Elias Dawson. Cercò inutilmente di rimettere insieme i frammenti del vaso sparpagliati per terra, ma finì solo per tagliarsi le mani con i vetri. << No! >> Strillò sbattendo le mani a terra come una bambina capricciosa. Stava andando tutto così bene, e per una sua svista avevano perso tutto. Ma c’era di più: Ib sentiva di essere stata egoista per non aver lasciato usare la Benedizione Eterna ad Elias quando avrebbe potuto; voleva aspettare di essere al sicuro, ma avrebbe dovuto sapere di non poter essere al sicuro da nessuna parte in quel posto. E agendo così aveva condannato l’uomo che le aveva salvato la vita, e indirettamente, anche sé stessa, che senza il suo aiuto sarebbe presto morta.
Un rumore assordante fece destare la ragazza: una statua senza testa con indosso un vestito rosso aveva appena aperto con furia la porta che conduceva nel corridoio; sembrava adirata. Dietro di quella ce n’era un’altra; dovevano essersi liberate dalle altre opere che le avevano rallentate. Adesso non avevano nessuno, di nuovo. Dovevano correre.
<< Signor Elias… Dobbiamo andare. >> Sussurrò distrutta e con voce tremante la ragazza. Lo sapeva di aver combinato un casino, ma non poteva lasciarlo lì da solo; forse avrebbero trovato un altro vaso e tutto si sarebbe sistemato.
<< Vai senza di me… >> Sussurrò senza più forze l’uomo, senza però opporsi ai tentativi di tirarlo su di Ib.
Ma la ragazza non lo ascoltò nemmeno:<< DOBBIAMO ANDARE! >> Urlò stufa di sentirsi dire cose come quella, ignorando le lacrime che le rigavano il viso. Adesso era il momento di farsi sentire, non sarebbero andati da nessuna parte se l’uomo avesse continuato a tirarsi indietro, dicendo di essere solo un peso e offrendosi di sacrificarsi per lei. Ib non voleva più sentirlo dire qualcosa del genere e gli trasmise tutto quello con quell’urlo, che gli fece alzare lo sguardo stupito e lasciarsi guidare dalla ragazza.
Si misero a correre, per come potevano. Ib stava davanti e tirava da una mano Elias, che arrancava con difficoltà alle sue spalle; la ragazza lo guidava in quel corridoio stretto, apparentemente senza una fine. Sembrava che fossero costretti a rimanere lì per sempre, inseguiti da due statue che, a poco a poco, si avvicinavano sempre di più. Fortunatamente non era così, e a un certo punto Ib credette di essere arrivata alla fine: infatti, attraverso l’oscurità del corridoio, la ragazza poté vedere un muro farsi sempre più vicino; era la fine, c’era una porta chiusa su di esso, se l’avessero superata avrebbero potuto sfuggire a quei mostri, forse…
Ma ancora una volta, il destino si fece beffe di Ib.
A circa due metri dalla porta, la ragazza mise il piede su qualcosa di fragile, qualcosa che si spezzò non appena lei lo toccò con la scarpa. Tutto a un tratto, la ragazza si sentì sprofondare nel vuoto, portando con sé il signor Elias, completamente ignaro di quello che stesse accadendo, e lasciando di stucco le due statue, che si fermarono sul bordo di quel buco a guardare le due figure umane rimpicciolirsi sempre di più.
Ib lanciò un urlo mentre cadde, non lasciò mai andare la mano del signor Elias, nel timore che potesse perderlo una volta arrivati a terra.
 
*
 
Ib mosse le mani cercando di far sparire l’intorpidimento; non si sentiva più le braccia e le gambe, le faceva male dappertutto e la testa le stava esplodendo. Doveva essere svenuta, ma ricordava di essere precipitata in una specie di fossa e di essersi schiantata contro qualcosa di duro. Come diavolo faceva ad essere ancora viva? Vide qualche petalo rosso davanti ai suoi occhi; se era ancora cosciente significava che la sua rosa era ancora intera, no? La vista era offuscata e le girava la testa ovunque guardasse. Si lamentò con un gemito, cercando di sbloccare le articolazioni e tentò di sollevarsi.
La ragazza riuscì a mettersi a sedere, in qualche modo, e scoprì di essersi fatta diversi tagli sulle gambe e le braccia; perdeva sangue lievemente dalla maggior parte delle ferite, anche se due o tre erano più gravi, e pensava di avere qualche taglio anche sul viso, ma non si preoccupò molto di quello; la caviglia le faceva malissimo, temeva che le sue condizioni fossero peggiorate, ma il suo pensiero andò al suo compagno, che non era lì con lei. Era circondata da frammenti di vetro tanto sottili da risultare invisibili; era stata davvero fortunata, pensò. Cercò di girarsi per dare un’occhiata alla zona, ma non riuscì a capire dove si trovasse, poi qualcosa la fece congelare: c’era Elias Dawson accanto a lei, disteso supino, e aveva un vetro conficcato nel fianco.
La ragazza si buttò su di lui chiamandolo disperata, cercando di capire se fosse ancora cosciente. La sua espressione sembrò rispondere da sola, e il modo in cui respirava faceva capire che fosse già svenuto. Dalla ferita usciva molto sangue, Ib non sapeva cosa fare per fermarlo, non aveva niente con cui bendarlo, non sapeva nemmeno se sarebbe stata in grado di estrarre il vetro dalla ferita. Una cosa era sicura: non poteva rimanere a guardarlo morire, dopo quello che aveva fatto per lei fino a quel momento.
Tremante e spaventata, la ragazza cercò di respirare profondamente per acquistare stabilità, ma fu tutto inutile; mise una mano sull’addome dell’uomo e trattenne il respiro, fissandolo intensamente, sperando che non le venisse da distogliere lo sguardo; l’altra mano strinse il vetro che aveva ferito Elias. Avrebbe dovuto essere veloce a coprire la ferita, una volta estratta la scheggia che si era conficcata nella carne. E poi cosa avrebbe fatto, una volta completata l’operazione? Non sarebbe stata in grado di rimanere ferma per tutto il tempo necessario a far stare meglio il signor Elias, bloccando il sangue con le proprie mani, non si fidava nemmeno a togliere il vetro dal suo stomaco per come le tremavano. Non avrebbe voluto pensarci, se avesse potuto, si sarebbe fatta da parte e avrebbe lasciato il lavoro a qualcun altro, ma non c’era nessuno lì, era da sola adesso, e solo lei poteva fare qualcosa.
Senza neanche pensarci, la ragazza emise un grido tirando via il vetro insanguinato dallo stomaco dell’uomo e coprì rapidamente la ferita con la mano destra, sporcandosi di sangue per un attimo. Sentì il cuore battere all’impazzata, i suoi polmoni cominciarono ad espandersi e a restringersi con una velocità tale da farla quasi svenire; l’unico suono che percepiva era quello dei suoi respiri. Cosa doveva fare ora? Come poteva bendare la ferita dell’uomo? Era in una stanzetta minuscola, dove non c’era altro che vetro! Non poteva usare nulla là dentro e non riusciva nemmeno a vedere se ci fosse veramente qualcosa di utile.
Avrebbe utilizzato il suo fazzoletto di pizzo, ma era troppo piccolo per una ferita come quella, non sarebbe bastato, e avrebbe dovuto legarlo con qualcosa per tenerlo premuto sul ventre dell’uomo; non aveva lacci o bende che avrebbero potuto aiutarla, e questa volta la sua gonna non sarebbe stata utile. Dove poteva trovare qualcosa di lungo e resistente in quel posto?
Si guardò intorno, ottenendo solo un malditesta che si fece più forte quando cercò di tenersi la fronte con la mano libera; si sporcò il viso di sangue facendo così e si guardò la mano sinistra: era sporca di sangue, stringeva ancora quel vetro che aveva ferito il signor Elias. Si stava tagliando il palmo dalla forza con cui lo stringeva, eppure non lo lasciava cadere a terra. Perché?
Lo fissò intensamente per alcuni secondi, poi si rese conto dei propri capelli lisci che le erano rimasti sulle spalle e sulla schiena per tutto quel tempo. Erano lunghi e forti, e quel vetro poteva tagliare molto bene…
Non aveva altro per bendare la ferita di Elias Dawson, e se fosse andata avanti così sarebbe morto; non aveva scelta. Doveva agire subito.
Così si raccolse i capelli in un’unica coda e vi avvicinò il vetro; la fece più lunga possibile, in modo da averne a sufficienza per bendare la ferita. Vi avrebbe applicato sopra il suo fazzoletto, poi, ma prima avrebbe dovuto prepararli per avvolgervi l’addome di Elias.
Era deciso ormai. Non c’era altro modo per salvare Elias. Trattenne il respiro e pregò di avere ancora la mano abbastanza ferma per poter fare quel taglio senza ferirsi.
Un taglio netto.

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Capitolo 11
*** In giro con Mary ***


<< Non vuoi proprio lasciarmi la spada? >> Chiese Garry seccato fissando la bambina dai capelli dorati giocherellare con la spada che aveva tolto al Pedone.
Mary scosse la testa con forza dopo essersi girata per tre quarti verso di lui. << E’ mia! >> Disse eccitata, stringendosela al petto. Garry alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa avesse fatto di male per finire in compagnia di quella ragazzina. Per lo meno, fino a quel momento non gli era capitato niente di brutto, e sembrava anche essersi ripreso dalle ferite di prima.
Camminavano l’uno distante dall’altra: dato che Mary era armata e conosceva il posto, Garry lasciava che andasse avanti lei, così da poterlo guidare senza trovarselo tra i piedi. La ragazzina però non voleva rimanere in silenzio durante il cammino, e continuava a canticchiare e a far roteare la spada come se fosse un leggero e innocuo rametto.
<< Dì un po’, hai un certa dimestichezza con quella, non è vero? >> Le chiese Garry notando che i volteggi che continuava a fare con la spada diventavano sempre più ampi e complessi, e il ragazzo temeva che l’elsa della spada sfuggisse dalle sue manine così piccole.
Mary si fermò piantando la spada nel terreno e fissando impassibile il ragazzo, che fu inquietato da quello sguardo. << No. >> Disse piegando la testa, mantenendo quello sguardo vuoto. << Però mi piace. >> Aggiunse ammiccando. Non era molto rassicurante

Garry non capiva se stesse cercando di farlo spaventare o lo stesse prendendo in giro; era così dinamica che non faceva in tempo a tradurre le sue espressioni. Si ricordò di averla vista maneggiare una spatola da pittore come un’arma e tentare di ucciderlo, la prima volta che lui e Ib finirono in quel posto; era strano che a una bambina piacessero le armi, per quanto potesse essere folle e mentalmente instabile. << Come mai ti piacciono tanto le armi? >> Chiese senza smettere di camminare, mentre Mary saltellava allegramente lungo il corridoio.
<< In che senso? >> Cinguettò senza voltarsi. << Perché non dovrebbero piacermi? >>
<< Perché alla tua età dovresti giocare ancora con le bambole! >> Le rispose con un po’ di risentimento il ragazzo, facendo un cenno alla piccola bambola di pezza che stava seduta sulla sua spalla sinistra.
Mary fece una piroetta a braccia larghe e Garry dovette indietreggiare per non farsi colpire dalla spada. Era evidente che la ragazzina si stesse divertendo un mondo in quel momento. << Ti dà forse fastidio? >> Chiese canticchiando e tenendo chiusi gli occhi.
Garry non ebbe la forza di rispondere, sapendo che avrebbe potuto puntargli la spada alla gola in risposta. Non che sarebbe stata capace di spingerla fino in fondo; per qualche strano motivo, Garry sentiva che la bambina si stesse comportando in modo insolito: mostrava una sicurezza snervante, ed era ovvio che fosse felice di poter camminare di nuovo sulle proprie gambe e respirare l’aria stantia di quelle sale, ma nonostante continuasse a mostrarsi pimpante a quel modo, Garry aveva l’impressione che Mary stesse recitando una parte, come se non fosse realmente felice o sicura di sé… O aveva un piano, oppure non aveva idea di dove stessero andando.
<< Comunque, io non ho la mia rosa con me… >> Cercò di parlarle a un certo punto il ragazzo, sapendo di essere ignorato pesantemente dalla bambina. Quella glielo fece pesare ancora di più mettendosi a fischiare, segno che le importasse ben poco della sua rosa. Strano, visto che per avere quella rosa blu avesse architettato un piano diabolico, la prima volta che si erano incontrati.
La bambola di pezza ridacchiò girando lo sguardo verso Garry, curiosa di conoscere la reazione del ragazzo. Lui era visibilmente infastidito dalla continua mancanza di attenzione da parte di Mary, ma non le avrebbe dato la soddisfazione di vederlo arrabbiarsi. << Lo sai cosa significa la rosa per chi non fa parte del Mondo di Guertena. >> Disse seccato cercando di alzare la voce per farsi sentire. A quel punto Mary lo sorprese.
<< “L’Incarnazione dello Spirito, quando la rosa appassisce anche tu marcirai!” Bla, bla, bla! Lo so benissimo che significa quella stupida rosa! >> Esclamò infastidita voltandosi e puntandogli contro un indice sottile e affilato, mentre si metteva la mano con la spada al fianco. Nei suoi occhi Garry intravide una luce di odio represso e capì che ce l’avesse con lui in quel preciso istante. << Ma se io volessi tenerti alla larga da quella rosa? >> Chiese piegando un labbro con malizia, cercando di sembrare più perfida possibile.
Garry rimase immobile a quella domanda. Non pensava che la bambina lo avrebbe fatto, ma pensava che quella fosse la reazione che avrebbe desiderato vedere lei…
Mary rise compiacendosi della sua malvagità e di come avesse fatto gelare il sangue al ragazzo, che adesso si rilassava. << Sarebbe davvero un peccato se tu morissi all’istante perché qualcuno ha allungato troppo le mani, vero? >> Chiese trattenendo un’altra risata e girando su sé stessa, continuando a lanciare occhiate languide e inquietanti a Garry, molte delle quali non sembrarono per niente naturali: sembrava che la bambina stesse cercando di spaventare Garry, facendogli credere di essere spietata e senza cuore, ma molte delle occhiate che faceva non intimidivano il ragazzo, essendo troppo surreali e ridicole per passare come “cattive”. In un attimo Mary sorrideva come chi la sapeva lunga con quel suo sguardo profondo a scrutare l’anima di Garry, e un attimo dopo spalancava le palpebre e piegava le labbra ancora di più, quasi a formare l’espressione euforica di un pagliaccio. Garry non riusciva a capire perché a momenti quella bambina potesse trasmettergli una paura immensa semplicemente guardandolo, senza forzare minimamente il viso, mentre poi tentasse di spaventarlo per davvero, fallendo miseramente con quelle sue facce ridicole… Sembravano una bambina piccola che giocava con un adulto, la quale non faceva che assecondare ogni piccola cosa che facesse la bambina; c’era un misto di innocenza e tristezza, in quello…
Ma che stava pensando?
Mary era l’essere più subdolo e pericoloso che avesse mai incontrato; non aveva idea del perché la stesse seguendo, quando alla bambina sarebbe bastato voltarsi e infilzarlo con la sua spada per toglierlo di mezzo. Garry non era mai stato bravo a fidarsi delle persone giuste, quella era solo un’altra occasione per dimostrare di non saper riconoscere il bene dal male… Eppure, nonostante avesse quel peso nel petto a dirgli che stava sbagliando, una morsa allo stomaco che rendeva una tortura ogni passo, Garry sentiva anche qualcosa di diverso; una strana simpatia verso quella piccola bambina che tentava di apparire cattiva e finiva per mostrare tutta la propria ingenuità senza volerlo. Una cosa così l’aveva provata solo un’altra volta, quando aveva incontrato Ib nel Mondo di Guertena…
Mary si voltò di nuovo verso Garry; aveva tirato fuori la propria rosa falsa e stava stuzzicando uno dei petali per infastidire il ragazzo, mentre con lo sguardo gli lanciava occhiate languide e sorrisetti furbi. Si stupì quando vide l’espressione insolita sul volto del ragazzo. << Perché mi guardi così? >> Chiese inarcando un sopracciglio, smettendo di tirare i petali della propria rosa.
Garry scosse la testa; si era assopito nei propri pensieri? << Così, come? >> Chiese cercando di nascondere l’imbarazzo per quella scena.
Mary lo guardò con sospetto prima di tornare a girarsi, facendo spallucce per dimenticare la faccenda. << Comunque non ti devi preoccupare per la tua rosa: non voglio perderti all’improvviso senza avere avuto il piacere di prenderti in giro ancora un po’… >> Disse schietta, facendo chiedere a Garry che cosa volesse fargli veramente. Si girò verso il ragazzo e con la spada poggiata su una spalla, schioccò le dita puntandole alla bambolina di pezza che se ne stava sopra alla spalla di Garry. Quella si alzò e saltò giù dai vestiti del ragazzo; una volta a terra, la bambola si stiracchiò un poco prima di dirigersi verso un punto preciso nel muro, dove con una leggera spinta poté aprire un minuscolo pannello che portava in un tunnel come quello che aveva attraversato Garry per salvarsi.
Il ragazzo fissò la scena senza dire una parola, senza però capire cosa stesse succedendo. Quando la bambolina fu sparita dal corridoio, salutando ampiamente i due umani con un braccio, Mary spiegò tutto quanto:<< Le mie bambole cercheranno la tua rosa; così avremo qualche possibilità di tenerti in vita anche senza avercela qui con noi. Se la troveranno, te la riporteranno subito. >>
Garry era davvero sorpreso da quel gesto; non si sarebbe aspettato un simile aiuto da parte di Mary. << Ci si può fidare? >> Chiese piegando di lato la testa.
Mary rise alla sua domanda. << Se vuoi, puoi fidarti dei Bugiardi! >> Urlò con tono di scherno. << In questo posto nessuno si fida di nessuno! >> Gli spiegò facendosi seria un attimo dopo. Da come lo disse, sembrò che quella fosse una situazione particolarmente pesante; la fiducia non doveva essere un sentimento conosciuto nel Mondo di Guertena…
La ragazzina andò avanti facendo girare lo sguardo da un lato all’altro del corridoio, dove stavano appesi diversi quadri che sembrarono attirare la sua attenzione. La bambina si fermò ad osservare un piccolo dipinto di un fiorellino bianco su sfondo bordeaux che stava poggiato su un vaso di vetro trasparente, privo di acqua; nonostante l’assenza di liquido nel vaso, il fiore sembrava pieno di vita. Sulla targa sotto alla cornice c’era scritto: “Tenacia”.
Garry rimase a fissare perplesso la bambina per alcuni secondi, prima di avvicinarsi un po’ a lei. Stava canticchiando spensieratamente mentre ammirava quel quadro che, a giudicare dal suo sguardo, le piaceva molto. Vedendola così, per un attimo sarebbe passata inosservata in mezzo a tanti altri bambini reali; poi Garry vide di nuovo la spada che teneva dietro la schiena, con una familiarità innaturale. Era davvero strana…
Garry si schiarì la voce con incertezza. << Grazie. >> Mormorò dopo essersi messo accanto a lei a guardare il dipinto. Mary si voltò verso di lui, sconvolta. Garry cercava di non incrociare il suo sguardo; stava cercando di essere più convincente possibile per farle capire che apprezzava quello che stava facendo per lui, ma dopo l’incertezza iniziale lo sguardo della bambina si fece di nuovo aspro.
<< E… E di che? >> Esclamò voltandosi con tono duro. Forse si trovò in difficoltà, ma cercò di non farlo notare. << Non lo faccio per te! Non vedo l’ora di toglierti di torno per poter tornare ad essere la principessa di questo posto… >>
“Principessa”? Pensò Garry sconcertato. Aveva immaginato che la bambina avesse una posizione speciale in quel mondo, ma si considerava davvero una principessa? Quel titolo non avrebbe forse minato alla reputazione da “cattiva” che stava cercando di costruirsi con Garry?
<< E in ogni caso non ti posso assicurare niente. >> Aggiunse alla fine incrociando le braccia e spostando lo sguardo da un’altra parte in modo che Garry non lo intercettasse. Il ragazzo non aveva nessuna intenzione di farla sentire ancora più in imbarazzo; si limitò ad annuire, fingendo di aver capito che la ragazzina fosse un essere spregevole e senza cuore.
<< D’accordo… >> Mormorò sorridendo, facendo qualche passo lento e ampio per accostarsi alla bambina. Si fermò a osservarla girata di spalle: il suo vestitino verde si allargava in tutte le direzioni con pieghe delicate e i suoi lunghi capelli davano l’impressione di qualcosa di morbido e profumato; la sua figura così piccola vista da quel lato dava un senso di tenerezza incredibile. Si avvicinò piano alla sua testa e le sussurrò:<< Vuoi rivedere Ib, vero? >>
A quella domanda, la bambina si voltò come terrorizzata sgranando gli occhi e spalancando la bocca; fece qualche passo indietro senza staccargli gli occhi di dosso e attese alcuni secondi per rispondere; forse non sapeva cosa dire e cercava i prendere tempo… << Pensi che io sia così sentimentale? >> Chiese chiudendo la bocca e rilassando i muscoli del viso. Sorrise con furbizia, come per lasciare intendere a Garry che niente potesse turbarla e che non le importasse niente di lui o Ib. << Perché dovrei voler rivedere Ib? >> Chiese voltandosi, assumendo un’espressione altera.
Garry sorrise vedendo i tentativi di Mary di nascondere la verità. << Eravate molto amiche… >> Suggerì alzando un po’ il tono di voce.
Mary scosse testa come una bambina capricciosa piegando la schiena verso di lui. << Era solo un mezzo per uscire da qui! Se foste morti entrambi, io sarei stata anche più felice! >> Anche se i suoi occhi stessero guardando con intensità il ragazzo, Garry poté percepire che quelli non fossero i pensieri reali della bambina, che veniva tradita dalla propria voce e dai movimenti del proprio corpo: non appena aveva sentito il nome di Ib, Mary aveva avuto un tremito, come se sentirlo nominare avesse scosso la sua anima in profondità. Magari avrà odiato lui, ma Mary non odiava Ib, Garry ne era sicuro.
<< Voglio solo dirle, una volta che l'avremo trovata, di non farsi strane idee! >> Protestò ad alta voce. << Così potrò vedere la delusione nei suoi occhi un'ultima volta, prima di mandarvi via per sempre! >>
Quando la bambina riprese a camminare con passo svelto, mostrandosi visibilmente stizzita, Garry le andò dietro rimanendosene a distanza di sicurezza, sapendo di averla irritata almeno un poco; sarebbe stato meglio non esagerare a stuzzicarla, o Mary si sarebbe potuta infuriare… Non sapeva come avrebbe potuto reagire, quanto si sarebbe potuta spingere oltre la linea degli insulti e minacce e commettere veramente qualcosa di brutto, ma Garry non ne era tanto convinto quanto prima: da quando si erano incontrati, Mary aveva mostrato un atteggiamento diverso; prima era altezzosa e sicura di sé, mentre adesso poche parole del ragazzo bastavano a mandarla in crisi. Anche le sue parole riguardo a Ib non avevano senso alle orecchie del ragazzo. Nascondeva qualcosa, oppure non voleva dire la verità…
Senza rendersene conto, le pareti cambiarono colore, il corridoio si allargò e i due viandanti si ritrovarono in una sala dal colore ciano, piena di strane sculture. La prima, che dalla sua posizione in mezzo alla strada sembrava accoglierli in quella galleria, era molto alta e inquietante; attirò subito l’attenzione di Garry.
Rappresentava una donna tra le braccia di uno scheletro abbigliato come un re, e sorrideva beata, come se quell’incontro fosse l’unica cosa che volesse. Lo scheletro aveva una corona sulla testa e un lungo mantello rosso sulla schiena, il quale avvolgeva il suo corpo esile, ma incredibilmente maestoso; in una mano brandiva una spada dorata con un rubino sull’elsa, mentre con l’altra accarezzava delicatamente la testa della donna, che a sua volta poggiava le proprie mani sul petto del suo cavaliere. Fuoriuscivano entrambi da una cornice posta sotto i loro piedi, e il “re” sorrideva alla donna in modo rassicurante, nonostante non avesse un’espressione per renderlo verosimile; trasmetteva quell’impressione…
<< Come si chiama questa scultura? >> Chiese Garry guardandola dal basso verso l’alto. Ma Mary non sembrava esserne interessata, infatti passò davanti senza neanche degnarla di uno sguardo. Così il ragazzo la seguì senza soffermarsi oltre; certo, era un po’ fastidioso a volte, dover sottostare agli ordini di una ragazzina che sembrava voler solo giocare, ma in fondo doveva comprenderla: era stata bloccata lì per chissà quanto tempo, era ovvio che avrebbe voluto muoversi, comandare e andare dove più le piacesse…
C’erano tante altre sculture strane nella sala: una grande pietra semiovale e dall’aspetto insolitamente morbido, una scultura di una donna che piegando la schiena formava un cerchio, e poi la scultura che probabilmente piacque di più a Garry; si trattava di un grosso bicchiere di cristallo dentro la quale si riversava un liquido blu scuro; questo liquido scuro cadeva nel bicchiere e anche sul pavimento, da cui si dava sostegno; sopra al bicchiere, da dove colava il liquido, c’erano gemme brillanti a rappresentare le stelle nel cielo notturno. Garry pensava che fosse incredibile come un uomo potesse immaginare cose simili e riuscire a rappresentarle; ancora di più, ad impressionare altre persone con queste opere.
La scultura si chiamava “Bevendo nella Notte” e Garry si fermò ad ammirarla con più attenzione questa volta, tanto da costringere Mary a fermarsi, quando la bambina si rese conto di non averlo più al seguito. << Che cavolo fai? >> Chiese raggiungendolo e guardandolo con astio.
Garry non riuscì a staccare gli occhi da quel capolavoro e rispose con sguardo sognante:<< E’ meraviglioso… >> Non era un grande ammiratore dell’arte di Guertena, dopo quello che aveva passato non aveva tanta voglia di guardare le sue opere, ma doveva ammettere che quella rappresentazione era davvero bella. << Non so cosa voglia rappresentare, ma mi piace un sacco… >> Spiegò ancora con sguardo sognante.
Mary sembrò guardare con ribrezzo prima il ragazzo e poi la scultura. << Ci sono cose migliori di un bicchiere mezzo vuoto… >> Rispose disfattista. La sua risposta non sfiorò minimamente la coscienza di Garry, che rimase immobile di fronte a quel bicchiere. << Ma se ti piace tanto, fermiamoci un po’ a riposare, così potrai ammirarlo meglio. >> La bambina si allontanò dalla scultura e si sedette con la schiena al muro, rivolgendo uno strano sorrisetto a Garry, che le fu grato per quella concessione.
In realtà non sapeva cosa gli stesse succedendo: non gli era mai piaciuta così tanto l’arte, e di certo non si sarebbe fermato ad ammirare un’opera in particolare con tanta meraviglia, ma in quel momento sentiva una grande attrazione verso quella scultura, come se avesse qualcosa da dirgli, come se fosse più di un semplice bicchiere mezzo vuoto, con dentro uno strano liquido… E forse era così. In fondo, quello era il Mondo di Guertena.
Ti ringrazio per le tue parole dolci, straniero. Disse all’improvviso una voce femminile proveniente dal bicchiere. Garry indietreggiò all’istante turbato. Oh, non avere paura! Si preoccupò di calmarlo la voce. A un certo punto il liquido scuro che riempiva il bicchiere cominciò a scorrere come una cascata, riempiendo fino all’orlo il cristallo e poi straripando da esso; cominciò a prendere una forma umana e a un certo punto Garry poté riconoscere un corpo femminile dalla lunga chioma di capelli. A poco a poco, quella figura cominciò ad essere sempre più dettagliata e finì per prendere l’aspetto di una giovane donna dai lunghi capelli azzurri come il cielo e con un bel vestito blu che con le sue pieghe riempiva tutto il bicchiere dentro la quale stava; era molto largo e non si riuscivano a vedere le gambe della donna, mentre il suo viso era perfettamente visibile: aveva un’espressione vivace, ingenua, e sorrideva in modo semplice, mostrando simpatia per quel ragazzo che si era spaventato alla sua apparizione. Aveva un fermaglio azzurro a forma di cuore per impedire ai lunghi capelli di andarle davanti al viso, e portava un paio di orecchini della stessa forma.
Sembrò divertirsi quando Garry ebbe uno scatto indietro per timore che si trattasse una trappola, ma la sua stessa risata la rese degna di fiducia al ragazzo. << Salve… >> Mormorò imbarazzato. << Non sapevo che ci fosse qualcuno lì dentro… >> Cercò di giustificare il suo comportamento di un attimo fa.
La donna rise di nuovo e si appoggiò con i gomiti ai bordi del bicchiere. << Sei davvero gentile, straniero! Mi dispiace di averti spaventato. >>
Garry deglutì e cercò di apparire più sicuro di sé. << Non mi ha spaventato… >> Cercò di spiegare, ma a quel punto anche Mary gli rise dietro, sgonfiando del tutto il suo orgoglio.
Vedendo la bambina ridere del ragazzo, la donna trattenne una risatina e tornò a rivolgersi a Garry. << Da dove venite? >> Chiese curiosa, sorridendo amabilmente. << Non mi sembra di avervi mai visti da queste parti… >>
Garry si ricompose, capendo di avere avuto una seconda possibilità per fare una figura decente e si mise una mano sul petto. << Io mi chiamo Garry, e vengo dal mondo… Esterno. >> Disse soffermandosi un attimo per trovare una buona definizione del luogo che aveva sempre chiamato “casa”. Non era facile far capire a un abitante di quel luogo che esistesse un altro mondo, diverso da quello, dove la gente non doveva temere di venire uccisa da esseri innaturali, creati dalla fantasia di un artista. Poi puntò il pollice verso la ragazzina che se ne rimaneva in disparte, con la schiena poggiata al muro. << Lei invece è Mary… >> Disse spostandosi un po’ per farla vedere alla donna. << Qual è il tuo nome…? >> Chiese infine pensando che gli fosse concesso dare a quella donna – parte del Mondo di Guertena come Mary – del “tu”.
Ma a quella domanda la donna sembrò sorprendersi. << Io… Non so cosa sia… >> Mormorò confusa facendosi piccola nel suo bicchiere. << Non ce l’ho un nome… Sono solo io. >>
Sentendo quelle parole, senza sapere come mai, Garry provò una grande tristezza, come se in un attimo avesse capito che tipo di esistenza conducesse quella donna nel bicchiere, e non gli sembrò una vita felice. << Sei da sola…? >> Chiese facendo un passo in avanti, rivolgendole uno sguardo triste. Non era possibile che gli avrebbe risposto negativamente.
Infatti la risposta della donna fu un debole cenno, mentre la sua espressione si faceva cupa e sconfortata.
Garry avrebbe voluto dire che gli dispiaceva, che forse un giorno avrebbe trovato qualcuno per farle compagnia, ma invece le chiese perché:<< Perché sei da sola? >>
A quella domanda la donna sembrò non sapere come rispondere. << Perché sì… >> Mormorò guardandosi intorno con fare incerto. << Non c’è nessuno qui. >>
C’erano tante altre opere di Guertena lì, invece, ma forse non erano coscienti? E se si fosse sentita sola, perché non avrebbe pensato di andarsene da quel posto e cercare altre persone con cui parlare? << Ma… Perché non te ne vai? >> Chiese pensando che la donna si stesse frenando da sola.
Ma quella rispose ancora una volta sconcertando Garry; si abbassò fino a nascondere metà del viso tra le pieghe del proprio vestito, lasciando solo gli occhi allo scoperto e tenendosi ai bordi del bicchiere con delicatezza. << Non posso. >> Rispose semplicemente, spiando il ragazzo con quei suoi occhi scuri. Per qualche motivo, quella donna sembrò a Garry un bambina incapace di scavalcare una staccionata attorno alla propria casa; era solo una scusa, oppure c’era qualche motivo più profondo per non uscire? << Non ho mai visto niente fuori da questa sala. >> Aggiunse dopo uscendo un poco dal bicchiere, raddrizzando la schiena e guardandosi intorno.
<< Perché non lo hai mai fatto? >> Chiese lui senza capirne il motivo.
La donna lo guardò con serietà. << Perché non posso. >> Rispose con voce atona. << Non posso uscire da questo bicchiere, e non c’è modo per me di muovermi… >>
In un attimo quella donna nel bicchiere trasmise a Garry una enorme tristezza e solitudine; non aveva mai pensato che un’opera di Guertena potesse essere così triste, e forse avrebbe dovuto rivedere le proprie idee su molte cose in quel posto… << Non puoi camminare sulle tue gambe? >> Chiese scuotendo la testa con poca convinzione.
La donna si guardò la parte inferiore del corpo con sorpresa prima di stringere le spalle. << Non lo so. >> Certo che no; non poteva uscire da lì, perché era parte di quella scultura, e non poteva certo dividersi. Garry ancora non capiva che cosa ci facesse lì dentro, visto che la scultura rappresentasse solo un bicchiere dentro la quale veniva versato del liquido.
<< Mi dispiace… >> Mormorò non sapendo cosa dire. Sarebbe sembrato così banale, ma la donna sembrò rallegrarsi di quelle sue scuse.
<< Grazie. >> Mormorò sorridendo leggermente.
Garry non capì che cosa la rendesse tanto contenta, ma si rese conto rapidamente di quello che aveva fatto: lei non aveva mai incontrato nessuno prima di loro, e non aveva potuto raccontare a nessuno della sua situazione; lui era la prima persona che mostrava interesse in lei, e addirittura le aveva mostrato dispiacere per quella storia; era la prima volta che veniva a contatto con un po’ di umanità, era ovvio che fosse contenta!
Il ragazzo si voltò verso Mary, ancora a terra e lontana da loro due; tornò a guardare la donna nel bicchiere e si avvicinò a lei. << Vieni con noi. >> Disse facendole un segno di seguirlo con la mano.
<< Cosa? >> Chiese incredula. << Ma non posso! >> Protestò nascondendosi tra le pieghe del proprio vestito per evitare che quel ragazzo la potesse raggiungere.
<< Possiamo costruire una piattaforma per farti muovere, così potresti andare dove vuoi… >> Cominciò a immaginare Garry. << Oppure potremmo chiedere aiuto a qualche altra opera più gentile per spostarti in un posto più frequentato… E poi ti daremo un nome, e potrai vedere tutta le gente che vorrai… >>
Mary se ne stava a guardare la scena con disappunto dal suo angolino riparato, mentre Garry sembrava spremersi le meningi per trovare una soluzione a quel problema; aveva davvero intenzione di portare quella donna con loro? Non la conosceva neanche! Mary pensò che gli umani – e gli uomini in particolare – fossero stupidi.
Vedendo che le insistenze del ragazzo crescevano soltanto, la donna sembrò credere di più nelle sue parole e si sporse dal bicchiere. << Mi… Porterai davvero con te? >> Chiese tremante, arrossendo un po’.
Garry sorrise. << E’ naturale! Non posso lasciare una ragazza da sola in questo modo. >> Rispose lui annuendo rapidamente.
La donna sembro commuoversi per la gentilezza mostrata da Garry; sul suo viso comparve un ampio sorriso e delle lacrime inumidirono i suoi occhi neri. << Allora… >> Mormorò. << Voglio provare a dare il massimo! >> Disse allungando un braccio verso Garry, sporgendosi per poterci arrivare meglio. Inizialmente il ragazzo non capì cosa stesse succedendo, ma le parole della donna nel bicchiere gli fecero capire tutto:<< Aiutami, Garry. >> Disse. << Voglio uscire da qui! >>
Garry la fissò confuso per alcuni secondi. << Ma… Hai detto che non puoi… >> Cercò di protestare, senza però rifiutarsi di aiutarla.
La donna scosse la testa continuando a sorridere. << Se non provi, non puoi mai saperlo. >> Rispose semplicemente. Forse quella donna poteva uscire da lì, o forse era solo un’illusione, ma era il suo desiderio più grande e lui non poteva negarglielo; magari sarebbero riusciti a tirarla fuori di lì, oppure avrebbero fallito, ma valeva la pena tentare.
Garry sorrise allungando la mano verso la donna. << Sì. >> Sussurrò contento di aver risvegliato il desiderio di lottare nell’animo della donna. Non appena le loro mani si furono incontrate, Garry strinse con forza quella della donna; a sua volta, lei strinse ancora più forte le dita di Garry. Quello che accadde dopo fu talmente veloce che il ragazzo non ebbe il tempo di comprenderlo.
Il sorriso pieno di speranza della donna nel bicchiere si trasformò in un ghigno perfido e spietato; mentre la stretta si faceva più forte e il ragazzo sentiva una strana forza tirarlo via, Mary accorse urlando e sguainando la spada tra lui e la donna. Con un colpo netto mozzò il braccio della donna nel bicchiere fino al gomito, facendola urlare di dolore e rintanare nel proprio bicchiere. Garry non capì perché stesse succedendo quello, ma si spaventò vedendo quella scena e tutto quel liquido blu scuro che macchiò il suo cappotto. Sangue? Indietreggiò barcollando, mentre le dita della donna stavano ancora strette fermamente attorno alla sua mano; dovette scrollare il braccio per liberarsi da quella macabra stretta.
L’urlo della donna nel bicchiere raggiunse note altissime, lacerando i timpani di Garry, che pensò di impazzire per quel suono. Si rese conto che la sala si fosse messa a tremare, e la donna non era più nascosta tra le pieghe dell’abito, ma stava con la schiena eretta e gridava a pieni polmoni, mettendo tutta la forza possibile nella voce; sembrava mirare a stordirli entrambi con le sue grida, che facevano venire i brividi a Garry per quanto fossero brutali. Fu Mary a destarlo da quella situazione prendendogli la mano e tirandolo a sé.
<< CORRI! >> Urlò, ma la sua voce fu appena udibile a causa delle grida di dolore della donna che sovrastavano ogni suono.
Garry non fece domande e seguì la bambina, che sembrava avere tutto sotto controllo. Sentì un gran fracasso alle proprie spalle e si voltò un istante per guardare cosa stesse accadendo: la donna si era spinta sul bicchiere e lo aveva ribaltato, finendo a terra; sembrava che stesse cercando di strisciare verso di loro, urlandogli contro e lanciandogli maledizioni, ma purtroppo per lei, non riuscì a spostarsi di molto. Garry tornò a guardare davanti a sé, dove c’era la chioma ondulata di Mary che sventolava a ogni passo, e decise di non pensare più a quella donna che aveva stregato il suo cuore.
Ci era cascato di nuovo.

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Capitolo 12
*** Mi hai salvato ***


<< Ma che diavolo ti è preso?! >> Gli urlò contro Mary mentre Garry riprendeva fiato, piegato sulle ginocchia.
Il ragazzo non capiva ancora cosa fosse successo pochi minuti prima, in quella sala piena di sculture di Guertena; sapeva solo di essere stato attirato in una trappola, come al solito, e che Mary aveva dovuto tirarlo fuori dai guai. All’inizio non se n’era neanche accorto, ma poi quando aveva sentito le urla della donna nel bicchiere, dopo aver visto quel suo ghigno impaziente, aveva sentito qualcosa che lo aveva fatto spaventare, ma non aveva connesso in fretta tutti i punti; Mary invece lo aveva fatto, e a quanto pare aveva intuito molto in anticipo il tranello della donna, che sembrava quasi aver riconosciuto.
<< Sei proprio uno stupido! Come hai fatto a cadere in una trappola tanto ovvia!? >> Esclamò di nuovo battendo la punta della spada sul pavimento, facendola tintinnare in modo confuso.
Garry alzò lo sguardo mentre stabilizzava la respirazione. Cercò di ribattere:<< Perché sarebbe stupido? Tu come hai fatto a… >> Non ebbe il tempo di finire la frase che la bambina gli rivolse un’occhiataccia piena di sdegno.
<< I vostri sentimenti umani sono davvero una rottura! Quella strega stava solo cercando di impietosirti! >> Sbottò sbracciandosi per far capire bene la situazione a Garry. << E per poco non ti prendeva! E io che ho anche dovuto salvarti la pelle… >> Sembrò pentirsi del suo gesto eroico, ma Garry non avrebbe detto che fosse tanto dispiaciuta; dalla prontezza dei riflessi della bambina, sembrava che si fosse aspettata quell’attacco da parte della donna nel bicchiere, e forse aveva anche immaginato che Garry non sarebbe riuscito ad accorgersi della trappola in tempo, quindi aveva deciso di agire per salvargli la vita.
Eh sì. Gli aveva davvero salvato la vita. << Mi hai salvato la vita…! >> Mormorò ansimante alzando un dito verso di lei. << Mi hai davvero salvato la vita! >>
Mary gli rivolse uno sguardo assassino, rimanendo con le braccia incrociate e il collo piegato leggermente verso il basso, guardandolo di sbieco. << Non provarci! >> Gli intimò a denti stretti, sapendo che avrebbe cominciato a sparlare di cose senza senso per lei. Ma Garry aveva di più da dire.
Raddrizzò la schiena completamente e barcollò un po’ per trovare l’equilibrio giusto. << Se mi hai salvato la vita, vuol dire che non mi vuoi morto… >> Disse incerto stabilizzando la respirazione completamente.
Mary mantenne le braccia incrociate. << Non ti voglio morto: ti voglio fuori da qui! >> Gli rimbeccò lei mantenendo gli occhi serrati. Sembrava volerlo picchiare con lo sguardo. Probabilmente quella grande pressione che sentì Garry fu proprio dovuta all’intensità con cui lo guardava la bambina, ma non gli importò.
<< E se non mi vuoi morto… >> Disse scuotendo la testa. << Vuol dire che un po’ ci tieni a me… >> Concluse allargando le braccia rapidamente con un sorrisetto fiducioso. Non era sicuro di quello che stesse facendo, pensava che fosse un po’ azzardato dire cose del genere, ma ormai lo stava facendo, perché non avrebbe dovuto tentare di tirare fuori la verità?
Mary lo minacciò senza muoversi di un millimetro:<< Stai scherzando con il fuoco! >> Sussurrò con voce tagliente. Era ovvio che la bambina non volesse parlare dei propri sentimenti, né esprimerli in nessun modo, ma Garry non poteva fare a meno di pensare a come si era svolta la scena di qualche minuto prima: dopo aver tagliato il braccio alla donna, Mary aveva preso per mano Garry e lo aveva portato via di lì, di corsa, più in fretta possibile per portarlo al sicuro. Se alla bambina non avesse importato niente del ragazzo, non avrebbe reagito così prontamente per salvarlo.
Per non indispettire ulteriormente la ragazzina, Garry si limitò a sorriderle ingenuamente, come per sottintendere che ci fosse qualcosa sotto, oltre al semplice desiderio di vederlo andare via da lì. La reazione a quello sguardo di Mary fu impagabile: la bambina girò rapidamente la testa dall'altro lato, facendo ondeggiare i lunghi capelli dorati, mantenendo un’aria superiore.
<< Non farti strane idee. >> Disse con calma senza rivolgergli lo sguardo. << Tu sei un umano, e io ti odio. L’unico motivo per cui sei ancora vivo è perché io ho bisogno di te: tu sei solo il mezzo con cui raggiungere uno scopo, non dimenticartelo! Quando avrò fatto quello che devo fare ti, lascerò da solo! >> Cercò di farlo sembrare impotente, un oggetto senza valore, ma il ragazzo non si sentì così: per una volta, credette di essere qualcosa di più che un semplice “mezzo” per la piccola Mary.
<< Certo. >> Annuì senza fare più pressione su di lei, accettando le scuse che gli aveva rivolto riguardo al suo salvataggio. << Immagino che tu abbia ragione; siamo troppo differenti… >> Commentò avvicinandosi a lei.
<< Esatto. >> Ribatté lei senza muoversi, annuendo di scatto.
<< E in fondo non credo che tu possa provare sentimenti umani… >> Aggiunse il ragazzo fingendo di non sapere di cosa stesse parlando.
Mary rispose schietta, come se non volesse perdere tempo su quello. << Ne sono felice. >>
Dopo alcuni istanti di silenzio, Garry sospirò e aggiunse un altro pensiero:<< Però… Mi hai salvato la vita. >> Disse rapidamente, ma facendo in modo che le parole rimanessero bene impresse nella mente della bambina. Non seppe se funzionò o no, perché da Mary non arrivò nessuna risposta per alcuni secondi.
<< Sì. >> Disse infine lei, senza spostare lo sguardo dall’oscurità del corridoio che sembrava non finire mai. << Sei stato fortunato. E quindi? Voi umani siete così stupidi da non potervela cavare da soli? >> Garry poteva percepire dell’astio nella sua voce, ma anche imbarazzo per essere stata spinta all’angolo dalle parole del ragazzo.
<< Certo che sì… E possiamo anche aiutare gli altri, come hai fatto tu con me… >> Suggerì sorridendo.
<< Bravo! Magari non sei del tutto inutile. >> Ribatté burbera la bambina, ancora una volta senza rivolgere lo sguardo al ragazzo.
Garry sospirò di nuovo e sorrise più ampiamente. << Purtroppo per te, io sono un tipo alla quale non piace avere debiti con qualcuno… >> Disse cercando di farle capire cosa intendesse; forse ci riuscì, ma la bambina respinse il suo invito.
<< Scordatelo; non succederà mai più. >> Rispose schietta lei. Il modo in cui cercava di evitare il suo sguardo era adorabile, e il suo tono rendeva quella situazione esilarante.
Garry soffiò fuori l’aria. << Ne sono contento, ma per questa volta dovrò sdebitarmi in qualche modo… >>
Mary si voltò confusa, guardandolo con timore come per chiedergli cosa avesse in mente, ma prima che potesse dire qualunque cosa, Garry la sollevò di forza da terra, facendola salire sulle proprie spalle. << Ehi! Che cavolo fai…? >>
<< Ti porterò io d’ora in poi, così non ti stancherai camminando. >> Disse con tono gioviale il ragazzo, cominciando a incamminarsi.
Mary protestò dandogli calci non troppo forti, ma tenendo alla larga la spada che teneva nella mano destra. << No! Che cavolo significa tutto questo? Lasciami andare! Non voglio toccarti! >>
Le proteste della bambina furono inutili contro la forza del ragazzo, che riuscì a sopportare facilmente i colpi, e non fece che ridere sentendola sbraitare. << Non è molto, ma è qualcosa per cominciare… >> Aggiunse Garry, lasciando intendere che non la stesse ascoltando. Voleva farle capire che non si sarebbe fermato solo perché lei lo avrebbe voluto. Si stava comportando in modo un po’ prepotente, ma aveva come scopo capire cosa avesse in mente la bambina, e forse mostrandosi amichevole sarebbe riuscito a capire cosa stesse passando per la mente di Mary.
Ma perché voleva capire tanto come mai si comportasse così? Non erano affari suoi, probabilmente; lei era un dipinto, non avrebbe neanche dovuto esistere! E lui da quando era così espansivo con la gente? Stava rischiando molto, facendo simili mosse, ma sembrava che non gliene importasse…
Nonostante le urla della ragazzina, Garry continuò ad avanzare nel corridoio vuoto, fischiettando allegramente e ignorando le continue proteste di Mary, che prima o poi si sarebbe dovuta arrendere alla sua forza di volontà, e avrebbe dato un po' di pace alle braccia di Garry che aveva colpito ripetutamente con i piedi…

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Capitolo 13
*** Un'amica in questo inferno ***


Ib era accovacciata in un angolo della stanza buia; aveva gli occhi puntati contro il corpo inerte di Elias Dawson, fasciato attorno al busto da quello che restava dei suoi capelli. Ancora non si era abituata a quella sensazione… Le sembrava che le mancasse qualcosa, dopo averli tagliati il più possibile per poter legare il suo fazzoletto di pizzo alla ferita dell’uomo e bloccare così l’emorragia. Sapeva che era un pensiero egoista, ma le dispiaceva aver dovuto tagliare via i suoi capelli.
Aveva freddo, ma preferiva rimanere ferma in quel punto, piuttosto che muoversi rischiando di attivare qualche trappola o di incontrare qualche altro mostro. Aveva lasciato che il signor Elias tenesse il cappotto che avevano trovato, così da farlo stare meglio, e aveva poggiato la sua testa su quel cuscino che aveva accolto quella di Ib precedentemente. La ragazza aveva freddo ed era spaventata, ma non avrebbe mai preso qualcosa ad Elias per stare meglio: lui aveva più bisogno di lei di quelle cose.
L’oscurità limitava i pensieri della ragazza, che di ora in ora si sentiva sempre più intrappolata e in pericolo; pensava che ci fosse qualcosa nascosto nell’ombra pronto a colpirla quando avrebbe abbassato la guardia, e non riusciva a immaginare cosa fosse: a poco a poco, l’oscurità di quella stanza comprimeva sempre di più il suo cervello, rendendola sempre più mansueta e inconsapevole, come una bambola che avrebbe fatto qualunque cosa le venisse ordinata.
Questa era la paura più grande di Ib: essere usata. Non temeva il dolore, o la morte; se quelle cose colpivano solo lei, allora andava bene, ma quando erano gli altri a soffrire, Ib si sentiva in colpa. Se fosse stata lei a causare quel dolore, poi non sarebbe riuscita a sopportare quel peso.
Aveva sonno. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando era finita laggiù, bloccata con il signor Elias senza poter scambiare qualche parola, aspettando che impazzisse in quella gabbia. Non sapeva nemmeno se il tempo scorresse in quel luogo triste e silenzioso; forse no, e quello rendeva ancora più stressante il passare dei minuti e delle ore… Temeva che cedendo alla stanchezza avrebbe perso il controllo sul proprio corpo; aveva paura che qualcosa potesse accadere una volta abbassate le palpebre, che qualche essere entrasse nella stanza e li uccidesse senza che lei potesse fare niente, o ancora, che non potesse più svegliarsi. Ma rimanendo lì, in quello stato, temeva che potesse perdere la ragione e uccidere il signor Elias o sé stessa in preda all’isterismo.
Che cosa doveva fare? Cedere al sonno e diventare schiava del riposo, rischiando di non destarsi più da quel sonno profondo che avrebbe invaso il suo corpo, oppure rimanere sveglia, diventando così una bestia priva di autocontrollo o ragione, che avrebbe finito per annientarsi? Entrambe le scelte sembravano pessime a Ib, che cominciava a manifestare segni di cedimento dopo quelle riflessioni così complesse per il suo cervello affaticato, ma una delle due la spaventava di più: non voleva addormentarsi. L’idea di chiudere gli occhi per non aprirli mai più la spaventava troppo, come se non ci fosse più niente dopo, e lei non si accorgesse nemmeno di essere morta; succedeva semplicemente nello stesso istante in cui la ragazza perdeva coscienza e non si rendeva più conto di quello che accadeva attorno a lei; la sua mente cominciava a viaggiare lontano, esplorando i luoghi più remoti del proprio pensiero e sognando cose impossibili… E chi le diceva che non fosse così anche la morte? Magari era proprio come addormentarsi, sognare, vivere un’altra vita di cui non si è protagonisti, ma spettatori inconsapevoli… A Ib sarebbe andato bene, perché in fondo non aveva mai vissuto una vita da considerare bella o felice…
Per un attimo pensò di arrendersi, di chiudere gli occhi e scivolare nel sonno che la tentava da ore ormai, ma poi pensò a dove si trovasse; era nel Mondo di Guertena, in fin di vita, e se fosse morta lì, i suoi genitori non avrebbero mai saputo cosa le fosse successo; o peggio ancora, sarebbe stata cancellata dai loro ricordi, diventando il fantasma di una bambina mai esistita… Non poteva lasciare che accadesse… Non voleva essere dimenticata, per quanto forse sarebbe stato meglio…
La ragazza si sistemò meglio per evitare di cadere nel sonno per colpa di una posa troppo comoda e spalancò gli occhi con tutte le sue forze; non poteva lasciare che si addormentasse proprio ora, sprecando tutti i sacrifici fatti dal signor Elias per salvarla, tutto quello che Garry e i suoi genitori avevano fatto per lei, perché crescesse forte e intelligente… Era il momento di mostrare veramente chi fosse Ib, e avrebbe dato il massimo per resistere, per dimostrare di essere più forte delle avversità.
Ma dopo pochi secondi, la sua colonna vertebrale si piegava in avanti, le sue palpebre si rilassavano e il suo respiro si faceva più lento; era in svantaggio, non poteva rimanere concentrata in quella situazione! Così sarebbe svenuta dalla stanchezza senza neanche accorgersene.
Forse pregò perché qualcosa accadesse, o forse qualcuno decise che Ib non sarebbe morta in quella stanzetta buia, da sola, sopraffatta dal sonno, perché a un certo punto qualcosa destò la sua attenzione, spaventandola e svegliandola.
Stai bene? Era una voce femminile che aveva già sentito precedentemente; non riusciva a capire da dove provenisse e non riusciva a ricordare a chi appartenesse, ma era sicura di averla già sentita prima.
Dopo alcuni istanti di esitazione, Ib si guardò intorno e chiamò:<< Dove sei? >> Dalla disperazione non chiedeva nemmeno più con chi stesse parlando; voleva solo vedere qualcuno.
Sono qui, accanto a te. Rispose subito la voce, assumendo un tono amichevole. Ib si guardò intorno con più foga, strizzando le palpebre per capire se la voce le stesse mentendo o no.
<< Non ti vedo… >> Si lamentò sconfortata.
La voce si affrettò a rassicurarla. E’ buio, ma non ti preoccupare: io sono qui con te. Sembrava degna di fiducia, e Ib sapeva che era così, ma avrebbe voluto vedere in faccia la persona che le stava parlando.
<< Come sei arrivata qui? >> Chiese la ragazza, sentendo la stanchezza andarsene a mano a mano che parlava. La voce rispose rapidamente, come se si fosse aspettata quella domanda.
Vi ho seguiti. Sembra che ve la siate cavata… Disse probabilmente guardando il corpo fasciato e inerte di Elias Dawson.
Ib si sentì a disagio, pensando di poter essere vista nell’oscurità. << Riesci a vedere nel buio? >> Chiese sentendo l’ansia farsi spazio dentro di sé; l’idea di non poter vedere la persona con cui parlava ma di essere vista nello stesso momento la faceva stare male.
Un pochino… Rispose quella, forse percependo l’ansia della ragazza. Ma non ti preoccupare: non c’è niente qui attorno che potrebbe farti del male.
Le parole della voce fecero sentire meglio Ib, che pensò di aver trovato qualcuno di cui fidarsi, finalmente; ma avrebbe dovuto tenere alta la guardia. Provò a fare altre domande alla voce:<< Perché sei qui? >>
La voce sembrò non capire la domanda. Che cosa intendi? Chiese confusa.
Ib sentì uno strano bruciore al petto quando pronunciò quelle parole:<< In questo posto tutti quanti sembrano volermi uccidere… Tu sei qua, ma non mi hai fatto niente ancora. >>
Ora il fatto che vivo qui dovrebbe rendermi un mostro senza cuore? Chiese indignata. Ib non voleva dire quello, ma la voce sembrò rassicurarla. Sono venuta qui perché voglio aiutarti, non mi sembra giusto che fatichiate così tanto per poter andarvene da questo posto… Sembrava sincera, ma Ib non fu sicura di potersi fidare ancora.
<< E… Perché vuoi aiutarci? >> Chiese con voce tremante, pensando di essere troppo insistente. << Perché dovresti volere questo? >>
Ci fu un attimo di pausa dopo la domanda della ragazza. Ib pensò di aver offeso la voce e che quindi non avrebbe ricevuto altre risposte; tirò un sospiro frustrato, pensando di essere rimasta da sola, ma fu sorpresa da quella voce un’altra volta: Questa non è casa vostra. Disse con innocenza. Io so quanto può far male essere lontani da casa, e non voglio che qualcuno provi lo stesso; se posso aiutare, lo farò senz’altro!
Ib era commossa. Non pensava di poter trovare tanta solidarietà in un posto come quello, ma a quanto pare c’erano esseri capaci di provare compassione anche lì… << Grazie… >> Mormorò sorridendo, pensando di potersi finalmente fidare. << Io mi chiamo Ib. Qual è il tuo nome? >> Chiese guardando al suo fianco, dove sentiva provenire la voce.
A quel punto la voce esitò un istante. Io… Non ho un nome… Mormorò imbarazzata. Sono così piccola e insignificante che nessuno mi presta attenzione. Aggiunse con tono di sconforto. Ib provò dispiacere; avrebbe voluto fare qualcosa per lei, ma non sapeva cosa.
<< Che ne diresti se ti dessi un nome? >> Chiese a un certo punto, sentendosi illuminata da quella idea.
Eh? Apostrofò lei incredula. Ma… Si può fare? Per un attimo sembrò crederci, ma poi si rifiutò subito di ricevere un nome da Ib. No, no, no! Non posso farlo… Io… Il suo tono era incerto però; Ib insistette un po’, dicendo di volersi sdebitare con lei. Alla fine la voce cedette sospirando. D’accordo… Che nome vorresti darmi, quindi? Chiese un po’ curiosa di scoprire come si sarebbe chiamata.
Ib non ne aveva proprio idea, in realtà: aveva solo pensato che avrebbe potuto fare quel piccolo gesto per ricambiare l’aiuto che le aveva dato svegliandola dal suo torpore, e non era molto brava a dare nomi a cose o persone… Forse fu perché la sua mente non fosse completamente funzionante, o forse perché il colore bianco avesse occupato in gran parte i suoi pensieri negli ultimi tempi, ma alla fine scelse un nome semplice e insolito:<< Bianca. >>
Ib pronunciò il nome con soddisfazione, sentendo di averlo azzeccato. La voce sembrò dubbiosa. Bianca…? Mormorò incerta. Sì, credo che potrà andare! Rispose alla fine con eccitazione.
La voce la ringraziò con entusiasmo, dicendo che se avesse potuto, l’avrebbe abbracciata come facevano gli umani. A Ib non avrebbe dato fastidio un caldo abbraccio in quel momento, ma a quanto pare non fu possibile. Era stanca, ma aveva paura di chiudere gli occhi, e ora che aveva Bianca con sé forse poteva rimanere sveglia più a lungo…
Ib…? Chiese a un tratto la voce. Sei stanca?
Ib pensò di essere davvero in un brutto stato, se anche la voce che le stava parlando se ne fosse accorta. << No, io… Io sono solo un po’ debole… >> Mentì. Stava crollando.
Non va bene. Non puoi sforzarti così! Sbuffò infastidita Bianca che cercò di suonare convincente. Riposati, rimarrò io a fare la guardia.
Ma Ib si rifiutò di seguire il consiglio della sua nuova amica. << No! Se mi addormento… >> Lasciò la frase in sospeso. Bianca se ne accorse.
“Se mi addormento…”? Ripeté curiosa.
Ib scosse la testa diventando rossa in viso; per fortuna al buio non si poteva vedere quella sua reazione. << Niente… >> Cercò di cambiare argomento, ma la voce continuò a spingere su quella domanda.
Che succede se ti addormenti? Chiese facendo molta pressione su di lei. Ib pensò di non poter evitare quella situazione e decise di rispondere con sincerità, sperando di non essere presa per pazza.
<< Io… Ho paura di morire… >> Sussurrò quasi senza voce, come se dovesse svelare un segreto. La voce non rispose subito; ci volle qualche secondo per farla reagire, ma Ib era sicura che a quel punto sarebbe stata trattata diversamente… E invece fu sorpresa.
E che male c’è? Chiese come se si trattasse di un nonnulla. E’ normale avere paura di quello, ma non ce n’è motivo! Spiegò con calma. Come faceva ad esserne sicura? Sembrò allontanarsi prima di tornare a parlare. Guarda: la tua rosa è ancora in buone condizioni, e il tuo amico laggiù non sembra essere in pericolo. Se dovesse succedere qualcosa, ti avvertirò subito, salvandoti così la vita, ci stai? Chiese con tono gioviale, quasi come se stesse sorridendo. Per un attimo Ib rivolse lo sguardo a dove nella stanza si sarebbe dovuto trovare il signor Elias, che con il suono del suo respiro riempiva la stanza.
Non sapeva che dire; non riusciva a vedere la propria rosa in quell’oscurità, ma pensò che Bianca avesse ragione: non si sentiva male e il suo corpo, nonostante l’affaticamento, era ancora in buona salute. Forse avrebbe dovuto accettare l’offerta della voce e riposare un po’; chissà quando le si sarebbe presentata di nuovo quell’occasione…
<< Va bene, Bianca… Seguirò il tuo consiglio. >> Disse muovendosi un po’ sul posto per trovare una posizione più comoda. << Svegliami se dovesse succedere qualcosa… >> Si assicurò un’altra volta sdraiandosi sul fianco, poggiando la testa sul dorso di una mano.
Non c’è problema! Disse la voce eccitata.
Ib chiuse gli occhi abbozzando un sorriso e cercò di addormentarsi. Adesso che ne aveva la possibilità, il sonno però tardava ad arrivare… La ragazza pensava che non sarebbe stato un problema sprofondare nel riposo, ma a quanto pare si sbagliava.
Cosa posso fare… Si chiese. Per prendere sonno?
Dopo alcuni secondi di silenzio, nella mente di Ib si formò un pensiero, legato a un ricordo recente: la ninna nanna di Elias.
Le dolci note di quella canzone cominciarono a risuonare nella mente di Ib, e la ragazza cercò di ricordarne le parole.
Dormi serena bambina mia;
Dormi tranquilla, non ti spaventar.
Chiudi gli occhi, non temere.
Rimango qui con te, io veglierò sul tuo riposo.
Stringiti a me, non devi temere; io veglierò su di te,
Rimarremo sempre insieme…

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Capitolo 14
*** La rosa finta ***


Garry rivolse lo sguardo a destra e a sinistra, cercando di ricordare se fossero già passati da là. << Riconosci questo posto? >> Chiese dubbioso, sperando che Mary rispondesse affermativamente. Ma la bambina dovette deludere le sue aspettative, scuotendo leggermente la testa. << Non sai un accidente di queste sale, dì la verità! >> La attaccò a quel punto cercando di non sembrare troppo offensivo.
Mary rispose a tono indignandosi. << Scusa se sono stata bruciata e costretta a rimanere immobile per tutto questo tempo! Sai, è difficile orientarsi quando non hai un corpo! >> Garry si sentì un po’ in colpa per quello, ma cercò di ribattere senza bloccare la discussione sui fatti di nove anni prima.
Scosse le spalle per farle perdere un po’ l’equilibrio e attirare la sua attenzione. << Intanto dovresti essermi grata per aver rimesso insieme il tuo dipinto! E di solito, quando qualcuno muore non può sbucare dai quadri così! >> Cercò di dare un tono scherzoso alla sua voce, ma non riuscì a capire se Mary gli stesse reggendo il gioco oppure fosse irritata.
<< Ma quale gratitudine! Lo hai rovinato! >> Esclamò ad alta voce facendo uno sguardo cattivo al ragazzo. In effetti, Garry aveva dosato male i colori del dipinto, ma sembrava che il risultato finale fosse stato comunque soddisfacente… Anche se era da quando l’aveva rivista che Garry avesse uno strano presentimento, come se la bambina fosse in qualche modo diversa…
Garry avrebbe risposto a tono, per mandare avanti quella discussione esilarante, ma furono interrotti da uno strano rumore strisciante che gli fece alzare lo sguardo verso la strada che si apriva di fronte a loro. Era inquietante e fastidioso, dava un bruttissimo presentimento a Garry; sembrava che ci fosse qualche strano animale nascosto nell’oscurità e stesse finendo i resti della carcassa di una delle sue prede…
<< Fammi scendere. >> Sussurrò Mary, che già sventolava la spada in aria. Garry obbedì senza protestare, ma quando la vide avanzare con cautela nel buio non poté non pensare che avrebbe dovuto essere lui a farlo…
Mary si guardava intorno con circospezione, faceva attenzione al circondario come se quei muri nascondessero qualcosa, e i suoi movimenti rapidi la facevano sembrare un giocattolo che stava per rompersi. Teneva la spada con entrambe le mani, stretta saldamente tra le sue dita piccole, e il modo in cui la maneggiava faceva sembrare che sapesse esattamente come usarla; ma la cosa di lei che colpì di più il ragazzo fu il suo sguardo: Mary era concentratissima e sembrava voler dire di non aver paura. Era fantastica, pensò Garry; nonostante non fosse umana e avesse tentato di fargli del male, non riusciva a non pensare che fosse davvero speciale…
Garry se ne stava immobile, nell’attesa che Mary capisse cosa fosse quel rumore; dopo che la bambina ebbe fatto alcuni passi in avanti, si fermò di fronte a un muro dalla quale sembrava provenire il rumore. Diede qualche colpetto alla parete con la punta della spada e improvvisamente quel rumore scomparve, come se il tintinnio della lama l’avesse fatto andare via.
Mary si voltò verso Garry; strinse le spalle e disse:<< Se n’è andato… >> Fece per tornare da lui, ma a un tratto un artiglio nero come la pece sbucò dalla parete, dove Mary aveva battuto la spada, e afferrò un braccio della bambina, strattonandola con forza.
<< MARY!!! >> Urlò Garry scattando verso di lei, che colta dalla sorpresa non riuscì a reagire in tempo per liberarsi. Il ragazzo la raggiunse all’istante e mise una mano sulla sua spalla, afferrando il polso dell’artiglio nero con l’altra e strattonandolo con forza, staccandolo da Mary.
Tirando via la mano nera, però, il braccio di Mary fu graffiato dai suoi artigli acuminati e la bambina gemette debolmente indietreggiando e lasciando cadere la spada. Garry diede un calcio all’artiglio, che si piegò debolmente e non si mosse più. << Maledetto… >> Mormorò lui fissando con odio per alcuni secondi, prima di voltarsi verso Mary a chiederle come stesse.
<< Ahia… >> Gemette la bambina tenendosi la mano destra sul punto dove l’artiglio l’aveva afferrata, poco più in basso della spalla sinistra. Stringeva con forza la carne tra le dita, come per opprimere il dolore, ma così facendo era solo peggio.
<< Fa’ vedere… >> Mormorò Garry inginocchiandosi accanto a lei. Allungò una mano per farle scostare la sua, ma Mary sembrò non volerlo fare. << Ti voglio aiutare, Mary! >> Le disse lui guardandola negli occhi, rassicurandola.
Lentamente, la ragazzina scostò piano le dita dalla ferita, scoprendo così che la manica del vestito verde era stata strappata; sotto i quattro graffi nel tessuto si vedevano chiaramente altrettanti tagli sulla pelle chiara e candida della bambina, da cui colava un poco di sangue. Le ferite non erano profonde, ma una bambina non riusciva a sopportare il dolore come un adulto…
<< Fa male… >> Borbottò infastidita Mary, sottintendendo la richiesta di non toccare la ferita.
Garry capì e prese delicatamente il braccio dove non vi erano graffi, lo alzò piano per poter esaminare meglio le ferite. << Dobbiamo curarti. >> Disse alzando lo sguardo verso di lei e instaurando un contatto visivo. << Hai la tua rosa? >> Chiese suscitando un dubbio in Mary.
Lei lo guardò come se avesse detto qualcosa di strano, ma dopo un attimo mise una mano nel vestito per tirarne fuori la sua rosa gialla, in ottime condizioni. Come era possibile?
<< La mia rosa non è come le vostre… >> Spiegò lei mentre Garry la prendeva tra le sue mani e la esaminava stupito. << Non sono umana, quindi non ho una rosa vera con me… Questa è solo una riproduzione; l’unico motivo per la quale la porto sempre con me, è perché è stata dipinta assieme a me. >>
Era vero: Mary non era una bambina vera, non poteva avere una rosa vera, dunque. Garry se l’era scordato, anche se era stato proprio lui a scoprire il suo inganno e a riconoscere come falsa la sua rosa; adesso che la teneva in mano, in effetti, non percepiva la stessa sensazione che gli dava un fiore vero: quella rosa era dura e fredda, come se fosse di pietra, i petali erano dritti e incollati, e non profumava come una rosa normale… Passare del tempo assieme a Mary, stuzzicandola e trattandola come una persona normale, gli aveva fatto dimenticare le sue origini…
<< E’ vero… >> Mormorò Garry come se se ne stesse rendendo conto solo ora. La guardò con dispiacere, ma Mary rispose con uno sguardo interrogativo, senza capire cosa volesse.
<< Quindi? >> Chiese a un certo punto, ridestando Garry dalla piccola trance in cui era caduto. Poteva anche non essere umana, ma era stata ferita e dovevano ancora occuparsi di quello

Il ragazzo scosse la testa e restituì la rosa alla bambina. A che stava pensando? << Dobbiamo curarti in qualche modo… >> Disse alzandosi in piedi e guardandosi intorno. Mary si guardò intorno allo stesso modo, senza sapere esattamente cosa stesse cercando. Sembrava così persa, come una vera bambina che era rimasta da sola con uno sconosciuto e non sapeva come fare per tornare dai suoi genitori. A un tratto Garry sentì un moto di pietà e porse il braccio a Mary, come per darle un po’ di forza.
La bambina guardò prima lui e poi la mano del ragazzo con curiosità, ma poi gli rivolse uno sguardo schifato e rifiutò il gesto di Garry, che stranamente non si aspettò quella reazione. << Ci serve una sorta di tessuto per coprire i graffi. >> Disse girando lo sguardo da un’altra parte.
Garry la fissò con delusione per alcuni secondi, poi si rese conto di avere proprio quello che serviva: il fazzoletto di Ib. Mise una mano in tasca per prenderlo, ma non lo trovò. Lo aveva perso? Era stato davvero così distratto da perderlo in giro per quelle sale? Non poteva essere; l’ultima volta che lo aveva tirato fuori era stato per asciugare le lacrime a Ib, quindi poteva essere che lo avesse lasciato a lei senza volerlo… Di solito era lui a tenere il fazzoletto con il nome di Ib ricamato sopra, semplicemente perché la ragazza aveva deciso di regalarglielo qualche tempo prima, dopo essere tornato a casa sua per restituirglielo; era un simbolo che rappresentava il loro legame, finché lui aveva qualcosa di Ib con sé, si sarebbero rincontrati per restituirglielo, ma ora che lui non lo aveva più, significava che non si sarebbero potuti ritrovare?
<< Ehi! Mi stai ascoltando? >> Chiese Mary dandogli un pugno sulla mano, che era praticamente l’altezza che riusciva a raggiungere con la testa, essendo lei molto piccola e lui molto alto.
Garry abbassò lo sguardo e rispose:<< Sì, certo! >>
Mary si piegò a raccogliere la spada che le era caduta e parlò:<< Meno male, temevo che fossi rimasto traumatizzato. >> Disse sarcastica senza guardarlo. Garry le rivolse uno sguardo di sufficienza, ma lasciò perdere; era normale che Mary lo trattasse a quel modo un po’ antipatico. Non cambiava il suo dovere verso di lei.
<< Trovato! >> Esclamò lui facendo voltare Mary.
<< Che cosa? >> Chiese avvicinandosi piano, cercando di capire cosa stesse facendo. Garry si tolse il cappotto e lo distese a terra; ne strappò un lungo pezzo dicendo che lo avrebbero usato per la ferita di Mary. << Eh? >> Chiese lei indietreggiando contrariata. Non sembrava voler avere su di sé neanche un pezzo di indumento appartenuto al ragazzo.
<< Andiamo, non fare la difficile! >> Disse lui cercando di immobilizzarla.
<< NO! Non lo voglio quel coso schifoso! >> Protestò lei allontanandosi. Gli puntò contro la spada, ma non servì a intimidire il ragazzo, che sorrise e la spostò delicatamente. Chissà perché, sentiva che non gli avrebbe fatto niente.
Il ragazzo si inginocchiò di fronte alla bambina, che incrociò le braccia con fare scontroso tenendogli il broncio, e le tirò su la manica sinistra. Le legò il pezzo di cappotto strappato attorno alle ferite in modo abbastanza stretto per non farla sanguinare oltre e per lasciare a riposo il braccio, poi abbassò di nuovo la manica e le rivolse un sorriso rassicurante. << Passerà presto. >> Disse mettendole una mano sulla testa e scompigliandole un po’ i capelli. << Questo è per ricambiare le medicazioni che hai fatto a me prima
… >> E dicendo questo chiuse il discorso facendo arrossire Mary, che questa volta reputò inutile negare il fatto.
Dopo che Garry ebbe tolto la sua mano dalla testa della bambina e si fu rialzato, Mary si arruffò i capelli come per togliersi di dosso qualcosa che le avesse trasmesso lui e distolse lo sguardo nascondendo l'imbarazzo. << Grazie… >> Borbottò con difficoltà senza incontrare lo sguardo di Garry.
Lui sorrise senza rispondere, aspettando che la bambina fosse pronta per ripartire.

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Capitolo 15
*** Svegliati Ib! ***


Svegliati, Ib! Svegliati!
La voce di Bianca risuonava nella testa di Ib, ma la ragazza ancora non riusciva a riconoscerla nella realtà; pensava stesse sognando, e che quelle voci che continuavano a chiamarla fossero solo frutto della sua immaginazione. Anche il freddo che le attanagliava le gambe, credeva di esserselo immaginato, ma in realtà era tutto vero: era vero il dolore alla testa che le era venuto, era vero il freddo che la faceva tremare nel sonno, ed era vera la voce che cercava di svegliarla, forse per avvertirla di un pericolo. Pensando a quell’eventualità, la ragazza aprì gli occhi all’improvviso, ricordandosi della loro situazione. Non vide niente nell’oscurità e quindi cercò di non reagire in modo impulsivo. Sul suo fianco sinistro saltellava nervosamente una formica bianca, come se volesse attirare la sua attenzione in ogni modo.
La ragazza alzò piano lo sguardo e la riconobbe:<< Bianca… >> Chiamò ancora un po’ frastornata. << Che succede? >> Adesso aveva riconosciuto la formica, mentre prima aveva creduto di parlare con qualcun altro

Bianca smise di saltare sul fianco della ragazza e scese rapidamente a terra, mettendosi davanti al gomito su cui si poggiava la ragazza. Il tuo amico… Gli sta succedendo qualcosa! Ib comprese subito che stesse parlando di Elias e si alzò rapidamente per raggiungere il corpo sdraiato dell’uomo, dall’altra parte della stanza.
Elias Dawson scuoteva la testa con violenza e digrignava i denti; stava sudando copiosamente e sembrava voler dire qualcosa. Biascicava parole senza senso mentre Ib gli tastava la fronte per saggiare la sua temperatura. << Sta male. >> Disse senza preoccuparsi di spiegare la situazione alla formica, che la guardava preoccupata.
Che cos’ha? Chiese guardandosi intorno. Ib avrebbe dovuto metterla al corrente della situazione; in fondo voleva aiutare.
<< E’ stato ferito mentre scappavamo… Non riesco a trovare un vaso per far rifiorire la sua rosa… >> Ib sapeva che se non avesse fatto qualcosa in fretta, il signor Elias sarebbe morto. Non voleva rimanere sola di nuovo.
La formica bianca girò attorno ad Elias per ispezionarlo e poi tirò fuori da una sua tasca la rosa bianca. Aveva pochissimi petali attaccati, e non avevano un bell’aspetto: sembravano essere attaccati con precarietà e lo stelo era scuro e rattrappito. Se questa perde tutti i suoi petali… Lui muore? Chiese rivolgendo lo sguardo all’uomo con timore.
Ib guardò Bianca trattenendo il respiro. Avrebbe voluto dire di no, che sarebbe andato tutto bene, ma non poteva mentire a sé stessa. << Sì. >> Disse come se si fosse liberata di un grande peso che opprimeva il suo petto.
E allora andiamo a cercare qualcosa per farlo stare meglio! Disse quella sollevando la rosa indebolita. Andare a cercare qualcosa? Era il piano di Bianca, e a Ib sembrò l’unica idea sensata che avrebbe potuto venir loro in mente. Ma non poteva lasciare da solo il signor Elias. Lo guardò con dispiacere.
<< Non posso abbandonarlo… >> Mormorò tornando a guardare Bianca. << Sarà in pericolo… >>
Lo abbandonerai solo se rimarrai qui ad aspettare la sua morte! Ribatté Bianca con forza, cercando di far capire i suoi ragionamenti alla ragazza. E aveva ragione. Non poteva rimanere lì a vegliare su di Elias – sarebbe stata inutile, pur facendolo – e uscendo da lì avrebbe potuto trovare qualcosa per curare il suo amico. Se fosse andata fuori avrebbero avuto più possibilità di sopravvivere!
<< D’accordo Bianca. >> Disse a un certo punto annuendo. Mise la mano sulla spalla di Elias, che al momento sembrava essersi rilassato. << Andrò fuori. >>
Sì! Esultò eccitata la formichina, prima di porgerle la rosa bianca. Se Ib l’avesse avuta con sé, si sarebbe potuta rendere conto della situazione di Elias. Andiamo! Fece Bianca incamminandosi in una direzione. Ib la fermò mettendole una mano davanti.
<< Dove credi di andare? >> Chiese inarcando un sopracciglio.
Perché? Chiese contrariata quella saltando sul posto. Non vorrai andare da sola?
Ib guardò la parete che stava cercando di raggiungere Bianca e solo in quel momento si accorse della porta che avrebbe condotto fuori da quello stanzino. << Devo farlo. >> Disse con tono pensieroso.
Non conosci queste sale! Ti perderai… Cercò di convincerla Bianca. Forse aveva buone intenzioni, ma Ib aveva colto una particolare eccitazione nella sua voce, quando aveva accettato di uscire; forse la formica stava solo cercando un’avventura.
<< Ho bisogno che tu stia qui a vegliare su di lui. >> Le chiese fissandola intensamente, sperando che la formica non le dicesse di no.
Ma… Bianca voleva uscire con lei, ma capiva di non poter lasciare completamente solo l’uomo.
<< Ci sono sempre delle occasioni per vivere una storia fantastica, Bianca. La tua è già cominciata. >> La rassicurò, facendole intendere che quell’incarico era parte della sua “avventura”.
Bianca non sembrò essere tanto felice di quello, ma dopo alcuni momenti di incertezza si arrese e si sedette accanto al signor Elias, fingendo di avercela con Ib. Vedi di tornare tutta intera, però! Le disse con voce burbera, suscitando un sorriso da parte di Ib.
La ragazza raggiunse la porta e la aprì con decisione, prima di ritrovarsi in un posto completamente diverso da quello in cui era stata fino a quel momento; i suoi occhi abituati all’oscurità furono abbagliati dall’eccessiva illuminazione nella sala e Ib alzò una mano per coprirsi. Sentì una sensazione insolita quando non percepì i propri capelli toccarle le spalle in quel movimento; in fondo non ce li aveva più lunghi come prima…
Una grande stanza dalle pareti bianche con al centro un grosso lampadario di cristallo che pendeva in modo suggestivo si stagliò davanti agli occhi di Ib; c’erano tantissime colonne alla quale stavano appesi dei quadri di persone, mentre delle transenne li isolavano dal resto della stanza. La ragazza cominciò a sentire un borbottio continuo e crescente provenire dal centro della sala, ma non si fece scoraggiare e cominciò a camminare.
Quei quadri erano strani: si muovevano tutti in modo frenetico, assumevano espressioni disperate e si contorcevano con orrore; alcuni erano rappresentazioni intere di persone, altri erano solo busti, ma tutti quanti avevano stampata un’espressione terrorizzata sul viso. Si rese conto che quel mormorio che riempiva le sue orecchie proveniva proprio da loro. Ne vide uno che sembrava volersi nascondere dalla luce, che faceva capolino poche volte per controllare che l’oscurità fosse tornata; piagnucolava miseramente. Ib cercò di avvicinarsi al dipinto dell’uomo, che era rappresentato con un completo scuro e un cilindro in testa, mentre fumava un sigaro.
<< Stai bene…? >> Chiese timorosa alzando una mano per toccarlo. Si scontrò con la transenna che bloccò il suo passaggio. La ragazza abbassò lo sguardo verso di essa con l’intento di spostarla, ma quando vi mise le mani sopra, il dipinto si voltò verso di lei con impeto, ringhiando con un animale selvaggio e mostrando i denti. I suoi occhi iniettati di sangue fecero capire a Ib che non fosse amichevole.
Ib indietreggiò lanciando un urletto dallo spavento e rimase a guardare a distanza di sicurezza quel dipinto che tornava a nascondersi dalla luce, piagnucolando e sussurrando parole incomprensibili. La ragazza riprese fiato ansimando e si guardò intorno. Una miriade di parole sconnesse e senza senso attraversava la sala, confondendo sempre di più Ib, che cominciò a provare fastidio per quel rumore che si era evoluto in un notevole frastuono.
<< Uccidimi… >>
<< Non guardarmi… >>
<< Dammi un nome… >>
<< Vattene via! >>
Quelle parole prive di significato per lei la stavano facendo spaventare; Ib cominciò a scuotere la testa come per comunicare il proprio desiderio di non voler avere niente a che fare con quei quadri. Indietreggiò cercando una via d’uscita e si mise le mani alle orecchie per potersi isolare da quella situazione incredibile, ma sembrò risultare inutile. Il frastuono cresceva, la ragazza non ne poteva più; sarebbe impazzita se non fosse uscita da lì, se non avessero smesso di parlare. Forse c’era un modo, forse avrebbe solo peggiorato le cose, ma Ib non riuscì più a trattenersi, e dovette urlare.
<< BASTA! >> La sua voce sovrastò quelle di tutti i quadri relegati in quella stanza, ma solo per un secondo. Un attimo dopo, da ogni cornice si levarono grida sguaiate, risate folli e fischi taglienti che ferirono le orecchie di Ib. La ragazza si piegò ancora di più su sé stessa e cominciò a correre a testa bassa, con le orecchie tappate e gli occhi semichiusi per poter sfuggire da quell’incubo.
Fece lo slalom in mezzo ad alcune colonne cercando una porta da cui uscire, ma non vide niente di tutto ciò. Doveva concentrarsi, c’erano troppi elementi in quella sala e Ib non sarebbe riuscita a fare nulla se si fosse lasciata prendere dal panico.
Quei quadri non potevano farle niente, le loro urla erano fastidiose, ma poteva sopportarle per un po’; se fossero riusciti a staccarsi dalle pareti, quello sarebbe stato un vero guaio.
Si mise a correre senza guardare negli occhi i dipinti terrorizzati; girava lo sguardo solo per decidere quale strada imboccare, sperando che una di quelle vie in mezzo a quel labirinto di colonne l’avrebbe condotta alla libertà. Urlava per contrastare le grida di dolore o di terrore dei quadri senza nome, dicendogli di stare zitti e di lasciarla in pace, senza riuscire nell’intento, ovviamente…
A un tratto avvistò una porta di un colore sgargiante in fondo alla strada; era di un verde luminoso che attirava subito lo sguardo, e sapeva che era la sua via di fuga. Si fiondò in fondo alla sala per poterla raggiungere il più rapidamente possibile; correva con tutte le sue forze, desiderosa di lasciare dietro di sé quei folli esseri. Nella corsa le veniva meno l’aria, che recuperava respirando affannosamente con rapidità, e le facevano male le gambe per lo sforzo, ma non se ne curava; si sarebbe riposata una volta fuori da lì, non aveva tempo per fermarsi proprio ora che aveva trovato la via d’uscita!
Mentre correva le sua labbra si increspavano in un sorriso sempre più eccitato, desideroso di andare via. Allungò le braccia verso la porta senza neanche rallentare, sapendo che non ci sarebbe riuscita; le urla dei quadri le passarono accanto a una velocità inaudita prima che la ragazza raggiungesse la porta, afferrasse il pomello e spingesse con tutto il proprio peso, facendola aprire e scoprendo di aver quasi rischiato la vita.
Un baratro in una stanzetta vuota si apriva sotto ai suoi piedi, e l’unica cosa che ancora teneva in alto Ib era il pomello della porta alla quale era rimasta saldamente attaccata; quella si era aperta con uno scricchiolio e la ragazza si era vista sfilare il vuoto sotto ai piedi, mentre la porta la tirava con sé. Si lasciò sfuggire un urlo di sorpresa, oltre che di spavento, durante tutta l’oscillazione; un altro urlo lo lanciò quando la porta sbatté violentemente contro il muro facendo echeggiare il colpo nel vuoto di quella stanza, cominciando a vibrare pericolosamente e mettendo una seria pressione sulla ragazza, che tremando si strinse ancora di più al pomello; poi la porta scivolò indietro lentamente, facendo riavvicinare la luce della sala bianca e le urla dei suoi dipinti.
Finché la porta non fu quasi completamente chiusa, Ib non si azzardò a muovere un muscolo, poggiando il piede delicatamente e con sospetto sul pavimento liscio e scintillante della sala. Richiuse la porta con le poche forze che le erano rimaste nelle braccia e si sedette a terra, poggiando la schiena al muro accanto ad essa. Tirò un lungo sospiro pieno di nervosismo e paura, poggiando la testa alle proprie mani giunte, a loro volta poggiate mediante i gomiti sulle sue ginocchia.
Stava tremando. Pensava che il suo cuore si fosse fermato per un secondo, non appena avesse visto quel baratro buio e senza fondo; in un colpo, aveva rischiato di giocarsi la propria vita e quella del signor Elias. Doveva stare attenta…
Era troppo tesa per potersi rialzare, dovette attendere parecchi minuti prima di poter riprendere il controllo sui propri muscoli; in quel lasso di tempo si rese conto che i quadri non strillavano più: adesso ridevano, tutti quanti, e la guardavano con espressioni piene di ilarità, come se fosse stata una scena esilarante alla quale assistere. Peccato che non lo fosse stato per niente. Risate sguaiate di ogni tipo riempivano la sala ora, ed erano molto più fastidiose delle urla di dolore. Ib si costrinse ad alzarsi prima che la sua psiche cedesse. Con le gambe ancora tremanti, la ragazza si sentì ancora più vulnerabile e sola in quel posto maledetto; aveva paura di fare anche un solo passo, ma era suo dovere farlo. Cercò di mostrare un’espressione fiera e, gonfiato il petto, riprese ad avanzare tra le cornici che, questa volta, ridevano di lei.
Svegliati Ib! Si disse nella mente per cercare di concentrarsi. Devi fare attenzione: qui ogni cosa può essere una trappola! Devi stare calma!
Attraversò lentamente la sala, ignorando i quadri che si mostrarono delusi dal suo nuovo modo di comportarsi, facendo girare rapidamente lo sguardo da una parte all’altra in cerca di una via di fuga. E la trovò: una porta grigia dall’aspetto smorto. Sembrava essere molto vecchia, il legno era rovinato e nemmeno la forte luce sembrava riuscire a darle un aspetto decente. Ib pensò subito che fosse quella la sua via di fuga, e se ne avvicinò con calma, senza mai degnare di uno sguardo quei quadri che cercavano di innervosirla.
In realtà aveva paura. Il suo cuore andava a mille all’ora e la ragazza non aveva idea di come facesse a trattenere il respiro così a lungo; però doveva farlo, perché solo mantenendo quell’atteggiamento distaccato sarebbe riuscita a passare indenne in mezzo a tutti quei ritratti.
Raggiunta la porta, Ib girò il pomello e vi entrò con calma, abbandonandosi a spasmi compulsivi e colpi di tosse dovuti alla poca aria non appena la ebbe richiusa alle proprie spalle, stringendosi una mano sul petto come per lenire un dolore straziante.
<< C’è mancato poco… >> Mormorò senza sapere bene di cosa stesse parlando. Si riferiva alla sua perdita del controllo? A come avesse rischiato di morire? Oppure a un eventuale attacco dei quadri?
Una voce nella stanza la fece sobbalzare, interrompendo i suoi pensieri e il suo rifornimento di ossigeno. << Cielo, hai proprio un aspetto orribile… >> Era una voce maschile profonda, con una lieve punta di sarcasmo.
<< Chi sei? >> Esclamò tremante la ragazza spingendosi contro la porta e cercando allo stesso tempo di sembrare minacciosa. Solo in quel momento riuscì a dare un completo sguardo alla stanza: non era molto grande, e le pareti erano dello stesso colore della porta, come aveva immaginato; c’era un piedistallo che raggiungeva l’altezza delle sue costole e su di esso stava un quadro con un sostegno, leggermente piegato verso l’alto. Una lampada pendeva modestamente dal soffitto, irrorando con la sua lieve luce la cornice bruna. Sulla tela c’era dipinto un uomo che avrà avuto tra i trenta e i quaranta anni, abbigliato in modo elegante e con uno sguardo inquisitore che ispirava poca simpatia; aveva le braccia incrociate e un paio di baffetti sottili sotto al naso, accostati ai capelli lisci e scuri che ricordavano una pettinatura che andava di moda parecchi anni addietro. I suoi occhi erano castano scuro, e si confondevano con l’atmosfera della stanza.
Il dipinto squadrò Ib dalla testa ai piedi. << Orribile… >> Commentò aggiungendo l’aggettivo alla sua frase di prima. << Deve essere stata dura passare in mezzo a quei pazzoidi… >> Disse tra sé e sé, facendosi sentire da Ib.
La ragazza si guardò i vestiti sporchi e rovinati, rendendosi conto di non presentare un'ottima immagine di sé. Volse poi le braccia alle proprie spalle, dove c’era la porta, a indicare proprio la sala che aveva lasciato. << Quei dipinti nell’altra stanza? >> Chiese incredula, non pensando che un’altra opera della galleria potesse conoscerli. << Che cosa sono? >>
L’uomo non esitò a rispondere. << Sono ritratti che Guertena ha abbandonato, reputandoli inappropriati o imperfetti. >> Quella risposta lasciò parecchie domande a Ib.
<< Ma… Perché sono così? >> Chiese dopo indicando la porta con un pollice. Non sapeva nemmeno perché stesse parlano con un quadro, ma al momento non voleva andare da nessuna parte.
<< Perché sono pazzi. Hanno perso la ragione quando Guertena, dopo un momento di follia in cui li ha generati, decise di buttarli senza una spiegazione valida. >> Alzò un dito piegando un labbro compiaciuto. << Ma nel Mondo di Guertena non scompare nulla… >>
Ib voleva sapere così tante cose su quei quadri di cui non aveva mai sentito parlare. << E tu chi sei? Perché sai così tante cose su dei quadri che non dovrebbero esistere? >>
L’uomo si schiarì la voce con fare rapido prima di parlare. << Io sono il Guardiano. Il mio nome è Fry. >> La ragazza abbassò lo sguardo, notando una piccola targhetta posta davanti alla cornice. Diceva: “Guardiano – Fry”.
Ib alzò di nuovo lo sguardo, ancora più confusa, mentre Fry continuava a spiegare il suo ruolo. << Quei dipinti che hai visto qui fuori erano diventati incontrollabili in questo luogo, volevano vendicarsi di Weiss. Il Maestro, non potendo eliminarli in nessun modo dal suo Mondo, decise di creare qualcuno in grado di domarli, relegandoli in quella sala e mettendo questo qualcuno a far loro la guardia. Io, per l’appunto. >> Ib notò come il quadro si riferisse al suo creatore come un vecchio amico…
<< Sono incontrollabili, ma… Che cosa fanno? >> Chiese cercando di trovare un motivo per temere quelle opere così strane, a parte la loro follia.
Fry abbassò lo sguardo per alcuni secondi prima di rispondere. << Sicuramente hai provato sulla tua stessa pelle quanto possono essere fastidiosi e irritanti… Tanto da rendere impossibile anche il solo pensare. >> Ib non riusciva ancora a capire come facessero quei quadri ad essere pericolosi. << E sei sicuramente stata colpita dai loro insulti e dal loro scherno; quei dipinti mirano a ferire l’animo di chi incontrano, ma se fosse solo questo il loro potere, non sarebbero un grosso problema… >> Scosse la testa chiudendo gli occhi.
Ib azzardò una domanda per dimostrare di essere in grado di pensare a un’ipotesi da sola:<< Possono inseguirti? >>
<< No. >> Rispose secco Fry rialzando lo sguardo. << Quello che possono fare è cancellare ogni traccia di razionalità nel tuo cervello, possono renderti vuota e farti dimenticare la tua missione; rimanendo in quella stanza ad ascoltare tutte le loro lamentele, finiresti per perdere la ragione e ucciderti per il troppo stress, o nasconderti per sempre in qualche angolino, in attesa dell’arrivo di un’opera che porrà fine alla tua vita, ormai inutile. >>
La descrizione dell’uomo nel quadro la lasciò senza parole. Ib era terrorizzata da quello che quei quadri erano capaci di fare, e non riusciva a credere ancora che Guertena avesse potuto creare simili atrocità. Forse la sua espressione parlò da sola, perché Fry le rivolse uno sguardo di rimprovero e la ammonì.
<< Non pensare che io sia più buono! Guertena non era certo tanto generoso con i suoi lavori… >> Quelle parole rivolte indirettamente a Guertena fecero irritare Ib, che vedendo il Maestro come una persona dalla personalità brillante, una creatività ineguagliabile e una bontà infinita, non poté lasciare che una sua stessa opera ne infangasse così il nome.
<< Guertena non era un uomo cattivo! >> Esclamò avanzando un po’ verso il dipinto.
Fry non si scompose. << Sei cieca, se dici così. >> Commentò guardando da un’altra parte. << Lui era come tutte le sue opere: egoista e incosciente! Non si è mai preoccupato di noi… >>
<< Questo perché non sapeva della vostra esistenza! >> Esclamò la ragazza in risposta. << Vi avrebbe amati e accuditi come figli, se solo vi avesse visti in questo luogo. Forse sarebbe addirittura riuscito a cambiarvi… >> Fry non sembrò del suo stesso parere, e glielo espresse molto chiaramente.
<< Fandonie! Sapeva benissimo di questo posto e di tutte le creature che vi aveva messo dentro, ma non ha mai fatto niente per noi. Tutto quello che è stato in grado di fare, è stato riempire questo posto fino all’orlo, creando opere sempre più aggressive e pericolose! >> La voce dell’uomo non nascondeva l’astio verso il proprio creatore, ma come poteva odiarlo così tanto? Ancora una volta, Fry sembrò leggere la domanda nel viso di Ib, e subito abbassò i toni. << Non lo odio. >> Disse rassicurandola. << Io sono stato messo qui per sorvegliare i miei simili, ed è giusto così, ma se fosse stato responsabile si sarebbe occupato personalmente della faccenda. >>
Ib aveva esaurito le battute. Non aveva abbastanza informazioni per sostenere la propria tesi. << E’ vero, ma come fai a sapere che non avesse nient’altro di cui occuparsi? >> Quella sua domanda sorprese l’uomo nel dipinto, che attese un chiarimento. << Hai detto che Guertena ha creato tutti quei dipinti in un momento di follia… Forse stava male. >>
Il ritratto la squadrò con disappunto; sembrava non volere ammettere che avesse azzeccato la risposta giusta. << Ricordo che stesse attraversando un periodo difficile… Era impegnato da tempo in un grosso lavoro, ma… >> Si interruppe sbuffando con fastidio. Ib era desiderosa di sapere di più, ma il quadro non parlò. Non reagì a nessuno stimolo che gli diede la ragazza, e lei non poté fare altro che arrendersi, sperando che potesse cambiare idea dopo qualche istante. Decise di esaminare la stanza, nel frattempo; non c’era molto da vedere, in realtà, a parte una porta grigia, di una tonalità un po’ più chiara delle pareti, di cui Ib si accorse solo in quel momento. Cercò di aprirla, ma quella produsse uno scatto metallico ovattato.
<< E’ inutile. >> Tornò a parlarle Fry, girato di spalle e con tono esasperato. La ragazza tornò di fronte a lui per poterlo guardare in faccia mentre gli spiegava la situazione. << Se vuoi proseguire dovrai andare a parlare con la Dea e farle un’offerta. >>
La Dea? Si chiese Ib facendo mente locale per un secondo, cercando di ricordare un’opera con un nome simile. Si doveva trattare di quella scultura in marmo di una donna nuda, il quale corpo era coperto da un velo leggero, che svolazzava mentre questa eseguiva un passo di danza. Le piaceva molto quella scultura e non aveva mai avuto la possibilità di vederla dal vivo. << Dov’è la Dea? >> Chiese con determinazione.
L’uomo alzò lo sguardo ferale verso la porta bianca che aveva condotto Ib in quella stanza. Lì fuori? Con tutti quei dipinti che potevano trasformarla in un essere senza volontà? Si voltò rivolgendo uno sguardo incredulo al ritratto. Quello strinse le spalle, come per dire che non lo aveva scelto lui. << Assieme a me, fa la guardia ai nostri fratelli. >> Spiegò dopo con calma.
Ma era un suicidio! Ib non poteva credere che Guertena avesse messo tutte quelle trappole e mostruosità nello stesso posto, così da rendere mortale anche il semplice atto di respirare.
<< Che sfida sarebbe, se fosse tutto facile? >> Chiese Fry piegando la testa di lato. In fondo aveva ragione: non si otteneva niente, senza dare in cambio niente; doveva rischiare per poter andare avanti e trovare quello che stava cercando.
<< Devo trovare una Benedizione Eterna per curare il mio amico… >> Mormorò con addolorata mostrando la rosa bianca straziata. Fry non sembrò sorpreso, ma non rimase impassibile.
<< Va’ dalla Dea e ti potrà aiutare. >> Disse con semplicità. Fece un piccolo cenno, indicando la porta alle proprie spalle. << Oltre questa porta, ne troverai altre; ognuna ha una speciale serratura che si può aprire in un modo soltanto, e alla fine troverai quello che cerchi. Ma fai attenzione… >> La ammonì facendosi serio. << Se le tue intenzioni non sono nobili, se dici il falso, verrai punita. >>
Ib lo fissò per un secondo con occhi vuoti, poi annuì decisa. Aveva capito, ma non pensava che sarebbe stato un problema: lei sapeva di seguire una giusta causa.
<< Un’ultima cosa… >> Fece l’uomo prima che Ib potesse lasciare la stanza. La ragazza girò la testa di scatto, pensando che volesse dirle il resto della storia. << La Dea ha bisogno di un pegno della tua onestà, per essere contattata. >>
Ib rimase delusa da quella dichiarazione, che altro non fece che renderla ancora più nervosa. Annuì ringraziando il ritratto e lasciò la stanza con riluttanza, sapendo che avrebbe potuto non tornarvi.

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Capitolo 16
*** Avanti per salvare un amico ***


Ib passò in mezzo ai ritratti dei folli con calma, mantenendo il proprio autocontrollo in modo da non mostrare debolezza. Quelli la guardavano con occhi sgranati e le bocche mezze aperte, in attesa di assistere a qualcosa di eccezionale. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere, fuggire o urlare; questa volta teneva la testa alta e attraversava la sala respirando profondamente, con sguardo deciso.
La Dea doveva trovarsi al centro della sala, quindi significava che si sarebbe ritrovata circondata da decine di quadri che avrebbero potuto farla andare fuori di testa, e non sarebbe stato facile controllarli; per il momento erano calmi, ma chi le diceva che non avrebbero cominciato a strillare, una volta addentratasi nella sala?
Ib poteva solo mantenere la calma il più a lungo possibile, non lasciare mai trasparire alcuna emozione sul proprio viso, e pregare che andasse tutto bene. Fry le aveva detto che avrebbe dovuto “pagare” in qualche modo la Dea, ma non aveva idea di cosa potesse trattarsi…
Vide al centro della sala, alcune decine di metri da lei, una statua dell’altezza di una persona normale, posta su di un piedistallo in marmo per conferirle più monumentalità. Ib avrebbe voluto affrettare il passo, ma dovette contenersi per non suscitare le urla dei quadri, che cominciavano a borbottare tra loro qualcosa di incomprensibile; forse la presenza della ragazza li stava infastidendo, oppure erano delusi dal fatto che non si mostrasse spaventata. Ib in realtà stava morendo dalla paura, ma avrebbe affrontato quello e altro per salvare Elias.
Raggiunse con calma la statua, che mostrava una donna dai lunghi capelli lisci, con indosso una leggera e lunga veste semitrasparente che lasciava intravedere il corpo nudo, intenta nell’eseguire una sorta di passo di danza; aveva il collo piegato indietro, rivolgendo così lo sguardo al soffitto, e la mano sinistra si innalzava con leggiadria verso l’alto; l’altro braccio scendeva armoniosamente, parallelo ai fianchi in torsione e una gamba era leggermente spostata in avanti rispetto all’altra, e la Dea si reggeva sulle punte dei piedi. Ib la ammirò con timore, temendo che potesse trattarsi di una trappola, e provò a parlarle.
La statua però rimase impassibile al suo posto, come se non sentisse le parole della ragazza. In quel momento sembrò che Ib fosse stata presa in giro dall’uomo nel ritratto, ma poi ripensò a quel “pegno” che avrebbe dovuto darle per provare le sue buone intenzioni; che cosa poteva essere? Ib non aveva niente di valore con sé, e la Dea non sembrava volersi svegliare senza nessun tipo di pagamento. La ragazza tirò fuori da una tasca la sua rosa; era in buone condizioni, non era perfetta, ma sembrava aver recuperato alcuni dei petali che aveva perso fuggendo con il signor Elias. Poteva davvero dare uno dei suoi petali alla statua?
Era una decisione seria. Fece spostare lo sguardo dalla rosa rossa alla statua priva di colore più volte, prima di prendere una decisione e strappare con delicatezza un petalo rosso del proprio fiore. La ragazza sentì una fitta lacerarle il petto quando tirò via quella parte di sé, ma cercò di non farci caso; mentre i quadri attorno a lei cominciavano ad agitarsi e a ridere per il suo gesto sconsiderato, Ib allungò la mano tendendo il petalo verso la statua. Non successe niente e la ragazza cominciò a temere di essere stata raggirata, o di non aver fatto la cosa giusta…
Dopo alcuni minuti passati in quella posizione, il braccio di Ib cominciò a tremare a causa della stanchezza, oltre che dalla paura di cedere alle provocazioni dei dipinti. Incapace di sopportare più quella tensione su di sé, Ib lanciò a terra il petalo con uno scatto furioso e si accovacciò ai piedi della statua, lasciandosi prendere dallo sconforto; cominciò a singhiozzare debolmente, pensando di aver perso tutto quanto con quel semplice gesto, mentre i quadri della sala cominciavano a ridacchiare della sua debolezza d'animo. E in quello stesso momento Ib cominciò a maledirsi per aver ceduto all’ira; tutto quello che aveva fatto fino a quel momento per salvare sé e il signor Elias era stato inutile, si era spazientita di fronte a una statua che non si era animata come tutte le altre in quel maledetto posto, e ora per colpa di quel suo scatto rabbioso i quadri erano a conoscenza della sua debolezza, e l’avrebbero usata per farla impazzire.
Mentre pensava a queste cose, piangendo e facendo scuotere con forza il proprio petto dai sospiri, sentì come un calore insolito avvolgerla, e poi un movimento alle proprie spalle. Forse c’era qualche mostro che stava per saltarle addosso, o forse si stava avvicinando qualcosa di diverso, ma Ib preferì ignorare tutto quello, pensando di non essere in grado di affrontare qualunque cosa ci fosse lì. Poi sentì una mano posarsi sulla propria spalla, mentre una voce calda e rassicurante le chiedeva cosa avesse.
Ma lei non volle rispondere. Non voleva mandare avanti quella folle corsa verso la morte; avrebbe fatto un favore a sé stessa e al signor Elias se avesse strappato tutti i petali delle rispettive rose. L’unica cosa che la tratteneva dal fare ciò era la sua codardia, e improvvisamente Ib si sentì incapace di osare, di affrontare il pericolo e di provare a scoprire cose nuove. E le andava bene così, in fondo: era una codarda, e le andava bene, perché non era in grado di affrontare il pericolo; aveva paura, ed era vero, perché non voleva morire; si sentiva una delusione, perché aveva fallito nella sua missione, e il signor Elias sarebbe morto per colpa sua. Non avrebbe più voluto alzare lo sguardo, per evitare di vedere qualcos’altro che la potesse terrorizzare, ma quella voce di prima la fece ridestare da quella depressione in cui era caduta così rapidamente, e Ib si chiese a che cosa stesse pensando.
<< Ragazza! >> La mano che si era posata sulla sua spalla la strattonò con forza per farle alzare lo sguardo. Ib ruotò il collo per vedere chi le stesse parlando e mostrò così il proprio volto rigato dalle lacrime. Il viso della donna si stupì e un leggero broncio si formò su di esso non appena vide l’espressione addolorata della ragazza; lei aveva un’aria mistica, sembrava perfetta: i suoi lineamenti delicati le conferivano un’espressione dolce e gli occhi leggermente a mandorla, dal colore azzurro cristallino, facevano sembrare che potesse scrutare nell’anima di chi le stesse davanti; ora che il suo corpo aveva acquistato colore ed era diventata "viva", quella veste tanto leggera sembrava aver acquistato più consistenza, coprendo le nudità della donna, e i biondi capelli mossi le ricadevano lungo la schiena e le spalle scoperte. << Ti sei persa? >>
Ib si rese conto in pochi secondi che la persona di fronte a lei fosse proprio la Dea di Guertena, e quando vide la compassione nei suoi occhi non poté trattenersi dall’abbracciare le gambe della donna, che si stupì per quella sua reazione.
Le due aspettarono che Ib potesse calmarsi, mentre la Dea ristabiliva il silenzio nella sala con pochi, semplici ordini ai quadri, che ammutolivano istantaneamente come sentivano la sua voce, e quando si fu seduta accanto alla ragazza, senza mostrare la superiorità che ci si sarebbe aspettati da una “Dea”, bensì mostrandosi dolce e apprensiva come una madre, cominciò ad ascoltare con molta attenzione il suo racconto.
<< E Fry mi ha detto di parlare con te per poter ottenere la chiave della prossima porta… >> Concluse la ragazza dopo aver raccontato tutto il suo viaggio dalla mostra fino alla fuga con Elias. La Dea era stata molto paziente, annuendo leggermente mentre ascoltava le parole di Ib e aspettando che finisse di parlare, prima di poter cominciare a rivolgerle domande.
<< E’ stato Fry a mandarti da me. >> Commentò con voce calma. << Ti ha dato qualcosa? Forse un messaggio? >> Chiese piegando le labbra in un sorriso curioso. Ib però non aveva idea di cosa stesse parlando.
<< L’unica cosa che mi ha detto su di te è che avevo bisogno di una sorta di pagamento, per poterti parlare… >> Spiegò scuotendo piano la testa. La Dea sembrò delusa e abbassò la testa rimuginando in silenzio; quando poi Ib trovò il petalo di rosa caduto a terra, glielo mostrò:<< Ho pensato che questo fosse sufficiente per risvegliarti, ma forse mi sono sbagliata… >>
La Dea alzò lo sguardo e scrutò incredula il petalo delicato che Ib le porgeva; lo prese tra le sue mani e lo guardò con stupore, ansimando come se avesse appena visto qualcosa di emozionante. Sembrava che fosse sul punto di scoppiare in lacrime, poi alzò lo sguardo verso Ib e le chiese:<< Questo era tuo? >>
Ib annuì dopo un attimo di esitazione. A rafforzare la sua risposta ci fu la sua rosa rossa, che sporgeva da una tasca della camicia di Ib, a mostrare i pochi petali rimasti su di essa. La Dea sembrava non riuscire a credere ai suoi occhi; doveva essere la prima volta che incontrava qualcuno disposto a togliere del tempo a sé stesso pur di salvare qualcun altro. Ib però non poté credere che lei non sapesse del suo sacrificio:<< Pensavo che lo sapessi… >> Mormorò confusa. << Altrimenti perché ti saresti svegliata? >>
La Dea scosse la testa riprendendo fiato. << Io mi risveglio quando qualcuno prova le sue buone intenzioni con un pegno, ma il compito di giudicare non spetta a me… >> Spiegò senza rivolgerle lo sguardo, rimanendo fissa a contemplare quel piccolo petalo che teneva tra l'indice e il pollice.
Ib non capiva. << E a chi spetta, allora…? >>
La Dea alzò lo sguardo con solennità. << Io sono stata creata proprio per giudicare i viandanti e aiutare coloro che necessitano aiuto, ma il giudizio avviene prima che io possa esserne cosciente; è stabilito dal modo di pensare del mio creatore, se una persona è sincera o no.>> Fece una pausa per poter dare il tempo a Ib di assimilare quel concetto.
Ib la guardò da capo a piedi con occhi sgranati. << Guertena decide chi può parlare con te…? >> Chiese incredula, non riuscendo a pensare che l’artista potesse ancora vivere nelle proprie creazioni in quel modo.
La Dea sorrise tristemente. << In un certo senso… E’ come se il mio creatore mi avesse insegnato a distinguere i giusti dai malvagi per poter svolgere il mio compito. >> Ib era strabiliata. Non solo Guertena era riuscito a creare un mondo intero dove le sue creazioni vivevano come esseri umani normali, ma era anche riuscito a superare la morte e lasciare parte della propria personalità in esse. Più scopriva del Maestro, più lo amava…
Sorrise pensando che una parte di Guertena stesse sedendo accanto a lei in quel momento. << E’… Strano… >> Mormorò non sapendo cosa dire.
La sua reazione soprese un poco la Dea, che credette di stare ancora parlando del modo di “pagare”. << E’ ingiusto. >> La corresse mettendole una mano sopra alla sua. << Non importa quanto si sia buoni o malvagi, questo luogo attira tutti quanti, e nessuno merita di rimanerne intrappolato. Il tuo gesto ha sicuramente mostrato la tua determinazione, ma è stato troppo: non puoi rischiare di ferire te stessa per salvare gli altri… >> Cercò di spiegarle quanto fosse stato avventato strappare un petalo della propria rosa.
Ib non credette di avere la determinazione di cui lei parlava. << Mi sono scoraggiata subito, pensavo di essere stata raggirata… >>
<< E’ giusto che tu lo abbia pensato! >> La rassicurò la Dea. << Non puoi passare attraverso questa galleria e aspettarti che tutti ti aiuteranno con piacere; devi aspettarti i pericoli, i tranelli, gli inganni… Devi essere forte per affrontarli tutti! >>
Ib abbassò lo sguardo sconfortata. << Ma io non sono stata forte… >> Mormorò quasi sul punto di rimettersi a piangere.
La Dea sorrise dolcemente. << E’ per questo che ci saranno degli amici a sostenerti. Non puoi uscire da qui da sola, Ib, ma contando sui tuoi amici e lasciando che loro contino su di te, potrai salvarti.>> Alzò una mano mostrando una chiave grigia della stessa tonalità della porta che Ib doveva aprire. Sorrideva in modo espansivo mentre gliela mostrava, e non appena la vide, Ib spalancò la bocca per la sorpresa. La guardò come per chiederle se fosse davvero per lei, e quando la donna gliela lasciò in una mano continuando a sorridere, Ib non riuscì più a trattenersi e la abbracciò con forza, ringraziandola tra le lacrime. La Dea non si sottrasse all’abbraccio e le fece gli auguri, perché potesse tornare sana e salva.
<< Non posso guarire te o il tuo amico… >> Mormorò alcuni istanti dopo la Dea, risalendo sul suo piedistallo. << Ma posso augurarti buona fortuna e sostenerti con le mie preghiere, se serviranno a qualcosa… >>
<< Grazie, Dea. >> Disse Ib, rendendosi conto di non averla ancora chiamata per nome da quando si erano incontrate. La Dea rise agitando una mano e si affrettò a correggerla.
<< Non chiamarmi così, mi metti in imbarazzo! >> Ammiccò un istante prima di addolcire la propria espressione. << Il mio nome è Minerva. >>
Minerva… Ib non aveva mai sentito quel nome tra le opere di Guertena. Era sicura che non facesse parte del titolo della statua, ma non se ne preoccupò tanto… << Grazie, allora… Minerva. >> Mormorò voltandosi per tre quarti, prima di partire definitivamente verso la vecchia porta. Non ci volle molto, però, che la Dea la chiamò di nuovo.
<< Ib… >> Chiamò col tono di chi vuole chiedere qualcosa. La ragazza si voltò di nuovo sorridendo. << Potresti recapitare questo messaggio al Guardiano? >>
Ib le guardò le mani ma vide che non c’era niente, quindi immaginò che fosse un messaggio vocale. << Quale sarebbe? >> Chiese curiosa.
Minerva sorrise mettendosi a sedere sul piedistallo e dondolando delicatamente le gambe nel vuoto. << “C’è ancora tempo.” >> Sussurrò con un leggero sorriso stampato sul volto. Piegò la testa di lato dicendo:<< E’ tutto. >>
Ib rimase perplessa da quella frase, ma evitò di fare domande; avrebbe potuto essere vista come un’impicciona, e non le andava tanto di immischiarsi in faccende personali che non la riguardavano, quindi decise che avrebbe recapitato il messaggio senza fare domande. << D’accordo. >> Rispose annuendo. << Grazie ancora. >> Si congedò voltandosi e dirigendosi finalmente verso la porta.
In saluto, la Dea le parlò mentre si allontanava:<< Sarò qui, se dovessi avere ancora bisogno del mio aiuto. >>
Ib non rispose né annuì a quella frase, ma pensò che in qualche modo la sua figura avrebbe trasmesso un consenso alla Dea, che infatti non attese una risposta. Attraversò così la sala tenendo la testa alta e stringendo la chiave tra le mani, sorridendo decisa e scrutando con soddisfazione i quadri che le rivolgevano occhiate omicide, invidiosi di come fosse andata a lei. Sapeva che quella era solo la prima parte di una cosa molto più lunga, ma era soddisfatta di sé e pensava di poter affrontare qualsiasi altro ostacolo, grazie alle parole della Dea.
Ib tornò nella stanza del Guardiano tirando un sospiro di sollievo, prima di sorridere con soddisfazione al ritratto che la guardava dal centro della stanza. Gli mostrò poi la chiave stringendola con forza tra le dita e dicendo:<< La Dea è davvero meravigliosa… >>
Fry sembrò sorridere leggermente; Ib non avrebbe pensato che quel tipo potesse mostrare simpatia verso qualcosa, ma fu l’impressione che le diede in quel momento. << Sì, eccome se lo è… >> Mormorò pensieroso. << Quindi è andata bene. >> Concluse annuendo e guardando con serenità la ragazza sorridente.
<< Già. >> Disse lei ammiccando. Poi fece qualche passo laterale e si guardò intorno:<< Per qualche motivo, si aspettava che avessi qualcosa da dirle… >>
<< Tu? >> Chiese senza capire cosa intendesse.
Ib scosse la testa. << Tu. >> Lo corresse puntandogli un dito contro, sorprendendolo. << Mi ha chiesto se avessi qualche messaggio per lei da parte tua… >>
Fry la fissò con occhi sgranati per alcuni secondi, poi spostò lo sguardo e piegò le labbra in una sorta di sorriso sorpreso. << Ah! >> Disse trattenendo un ghigno mesto. Ib sembrò notare qualcosa nel suo tono di voce che attirò la sua curiosità.
<< C’è qualcosa che non va? >> Chiese piegando la testa di lato, avvicinandosi piano a lui.
Fry scosse la testa chiudendo gli occhi. <> Lasciò intendere di non volerne parlare, e quindi Ib non fece altre domande. Si ricordò piuttosto di dovergli recapitare quel messaggio, e quindi attirò di nuovo la sua attenzione.
<< Voleva che ti dicessi questo… >> Fry si voltò verso di lei interrogativo e attese che la ragazza parlasse. << “C’è ancora tempo.” Mi ha detto di dirtelo… >>
Ib non sapeva se fosse stata la sua frase a provocare quella reazione nel ritratto, oppure qualcos’altro avesse appena fatto cambiare l’espressione impassibile del Guardiano, ma Fry sembrò non credere alle proprie orecchie e la fissò con occhi sgranati per alcuni istanti, forse cercando di dare un senso a quelle parole. Dopo un po’, però, l’uomo sembrò semplicemente rassegnarsi e abbassò lo sguardo sorridendo mestamente. << Ci crede ancora… >> Mormorò a voce bassa, chiaramente senza volersi far sentire. Ib non avrebbe voluto intromettersi, ma c’era qualcosa di strano nello sguardo dell’uomo, e non solo: il suo atteggiamento distaccato e superiore era cambiato improvvisamente dopo aver sentito quelle parole.
<< Tutto a posto…? >> Chiese avanzando piano. Ma lui scosse la testa facendole segno di allontanarsi.
<< Non fa niente. Grazie per il messaggio. >> Abbozzò un sorriso, nonostante il suo animo fosse visibilmente spezzato. << Ora faresti meglio ad andare… >> Le indicò con un cenno la porta alle proprie spalle e si bloccò nella sua posa di prima, rimanendo impassibile, aspettando che Ib lasciasse la stanza.
La ragazza si era quasi dimenticata della sua missione. << D’accordo… >> Mormorò la ragazza non convinta. Le sembrò che Fry fosse stato precipitoso e che avesse voluto cacciarla il più presto possibile, ma pensò di non doversi immischiare nei suoi affari e si diresse verso la porta.
Rivolse un ultimo sguardo confuso alla cornice girata verso l’altra parete prima di infilare la chiave nella sua toppa e aprire finalmente quella porta con uno scatto metallico. Una lunga sala dello stesso colore grigio chiaro della porta si mostrò ai suoi occhi, facendole venire lo sconforto data la sua immensità. Sarebbe riuscita a trovare quello che stava cercando, oppure avrebbe ceduto prima di arrivarci? Ecco che ricominciava; doveva smetterla di essere tanto pessimista! Solo provandoci avrebbe scoperto come sarebbe andata a finire quella storia.
Testa alta, Ib! Si disse per farsi un po’ di coraggio, prima di cominciare a camminare; ma c’era un altro particolare del corridoio che la inquietò e la fece fermare: si guardò intorno, rendendosi conto di essere circondata da decine e decine di quadri uguali, interrotti solamente ogni tanto da qualche lampada a muro. Non c’era un particolare che ne distingueva uno dall’altro, tutti quanti erano perfettamente uguali, e rappresentavano la stessa donna dai capelli neri raccolti in una corta coda che ricadeva sulla spalla sinistra, vestita di nero, con un sorriso inquietante stampato in volto. La particolarità di questo dipinto era che la donna presentasse un solo grande occhio sulla fronte, con la quale sembrava scrutare l’osservatore. Questa era una caratteristica inquietante del quadro, ma secondo Ib, anche la più intrigante; e in una situazione come quella, con decine di quadri uguali che sembravano fissarla da qualsiasi angolazione, Ib si sentì accerchiata da una folla silenziosa e impertinente.
Sorriso Ciclopico… Pensò sorridendo divertita. Le piaceva quel quadro, le trasmetteva simpatia, non timore. Ma quando c’erano tutte quelle sue copie a tappezzare le pareti della sala, le cose diventavano un po’ più complicate e l’atmosfera che respirava Ib si faceva pesante. Sembrava che quelle donne volessero avventarsi su di lei da un momento all’altro, ma Ib si rese conto di essere troppo paranoica; cominciò a camminare in avanti, sapendo che si sarebbe abituata a quella sensazione.
Ma più andava avanti, più un pessimo presentimento si faceva strada nella sua testa, e il pessimismo la conquistava sempre di più; sembrava che quel corridoio non finisse mai, e oltre a una stanchezza che si faceva lentamente largo nel suo corpo, Ib avvertiva anche una strana sensazione: si sentiva osservata, ed era diverso da quella sensazione che le trasmettevano gli occhi di tutti quei dipinti sulla parete; questa volta sentiva che qualcuno la stesse davvero spiando di nascosto. Quella sensazione cresceva ogni minuto di più, Ib non riuscì più ad andare avanti, sentendo quella pressione su di sé; cominciò a guardarsi intorno rapidamente, cercando di avvistare qualcosa di insolito nel paesaggio, qualcosa che potesse farle capire cosa fosse sbagliato, ma la sua ricerca fu vana e finì per accovacciarsi nascondendo la propria testa per non farsi vedere in volto.
Lo stava facendo di nuovo. Stava di nuovo perdendo il controllo. Che fine aveva fatto la determinazione di prima, le belle parole della Dea che l’avevano riempita di sicurezza, il desiderio di salvare Elias? Era un fallimento! Non era in grado di controllare neanche le proprie emozioni. Era una codarda, più grande persino di Garry, e il pensiero del suo amico in pericolo non servì a darle forza questa volta; Ib aveva ormai capito di non essere forte come pensava, di non essere coraggiosa, che quella bambina sprezzante del pericolo e incapace di spaventarsi in un luogo pauroso come quello era scomparsa, e tutto quello era dovuto alla sua ingenuità che l’aveva abbandonata con gli anni. Sentiva un ronzio crescere nella stanza, come se tutte le donne di quei quadri stessero producendo un leggero suono con la gola e alzassero la voce sempre di più per farla impazzire. Era insopportabile ormai, Ib forse se lo stava immaginando, ma non poté fare a meno di lanciare un urlo di dolore, sperando che potesse sovrastarlo e farlo andare via.
Non appena la ragazza si fu liberata della propria voce, il silenzio calò di nuovo nel corridoio. Era un silenzio strano, inaspettato, e ora che era arrivato, quasi le mancava quel ronzio di poco prima. Ma c’era qualcos’altro in quel silenzio; era come se il suo urlo avesse fatto scattare qualcosa tra quei quadri, e che adesso ci fosse qualcosa di diverso. Si sentiva come se potesse vedere meglio tra tutti quei ritratti uguali, e potesse quindi distinguere meglio il vero dal falso.
Si mise a scrutare i dintorni con attenzione e curiosità, cercando qualcosa che non sapeva esistesse. A un tratto notò qualcosa: un bagliore, un movimento impercettibile, e la ragazza subito puntò l’indice in alto. << Trovata! >> Esclamò incredula. << Terza fila dal basso, settimo quadro dall’ultima lampada! >> Si sentiva molto meglio, ora che aveva individuato quell’errore, ma quella sembrò non badare a lei e con un movimento rapido si spostò. Ib tornò a guardarsi intorno e la localizzò subito, puntandole contro il dito un’altra volta. << Nell’ultima fila, prima della prossima lampada! >> Esclamò quasi divertendosi di essere diventata così brava. Sembrava un gioco, ma non lo era; era una questione di vita o di morte.
La figura si mosse ancora, e Ib la perse di vista per un istante. Cominciò a guardarsi intorno, temendo di averla persa, ma poi a un tratto sentì un movimento alle proprie spalle. Sorrise e si voltò lentamente: c’era il ritratto della donna dal sorriso ciclopico che la guardava sbattendo le ciglia e le rivolgeva un larghissimo sorriso. La ragazza allungò piano l’indice dicendo:<< Prima fila dal basso, di fronte a me. >>
Il sorriso della donna si increspò di più, prima che anche il resto del suo viso cambiasse: ammiccò stiracchiandosi e rispose con tono vivace. << Finalmente mi hai trovata! >> Esclamò eccitata. << Per un attimo ho pensato che non mi avresti individuata, ma poi sei riuscita a vedere attraverso l’illusione… >>
Sorriso Ciclopico parlava? E’ il Mondo di Guertena, in fondo… Pensò. << Non vuoi farmi del male? >> Chiese indietreggiando piano. Si era eccitata in quella sorta di partita a nascondino, ma adesso si ricordava quanto fosse pericoloso quel posto.
<< Cosa? E perché? >> Chiese incredula la donna assumendo uno sguardo corrucciato. << Non potrei far male a una mosca! >> Rise ammiccando. Sembrava davvero non avere brutte intenzioni, ma Ib non poteva esserne sicura.
<< E… Perché ti nascondevi? >> Chiese cercando di imparare nuove informazioni sul ritratto che le rivolgeva la parola.
Sorriso Ciclopico sembrò pensarci su per un po’, prima di rispondere. << Mi divertiva, vederti così presa da quella ricerca… >> Ib non avrebbe detto di essersi divertita allo stesso modo, ma doveva ammettere che quel effimero momento l’aveva distratta quel poco che bastava per farle comparire un sorriso sul viso. Cercò di nasconderlo, ma la donna la beccò:<< Ah! Ti ho vista! >> Disse sbattendo le ciglia e sporgendosi verso di lei.
Ib lasciò andare quel sorriso che aveva cercato di celare dietro a una mano e rilassò i muscoli, credendo di non essere più in pericolo. << D’accordo… Mi sono divertita, un po’… >> Cercò di non sbilanciarsi, ma la reazione gioiosa del ritratto la fece spaventare.
<< Lo sapevo! Era da un sacco che non riuscivo a far sorridere qualcuno! >> Esclamò stringendo i pugni e ghignando soddisfatta. Dopo alcuni secondi passati a esultare, la donna si ricompose e, data una sistemata alla coda che le scendeva su una spalla, sorrise alla ragazza. << Allora… >> Disse con l’aria di chi voleva cominciare un discorso. << Che cosa stai cercando? >>
Ib fu sorpresa da quella domanda, alla quale non rispose istantaneamente; non pensava che ci fosse un’opera della galleria tanto desiderosa di aiutarla senza nemmeno chiedere qualcosa in cambio; era stata aiutata in precedenza ad altre opere di Guertena, ma quella era la prima che, appena incontrata, le offriva subito il suo aiuto. I sospetti di Ib tornarono a galla, ma durarono poco.
<< Sto cercando una Benedizione Eterna per guarire il mio amico. >> Spiegò rapidamente mostrando la rosa bianca sfiorita. Sorriso Ciclopico si agitò vedendo il fiore e cominciò a guardarsi intorno scuotendo le mani.
<< Mettila via, o qualcuno te la porterà via! >> Sibilò assicurandosi che Ib seguisse il suo consiglio.
<< Chi? >> Chiese ingenuamente. << Ci siamo solo io e te, qua dentro… >>
La donna annuì corrucciando la fronte. << Io, te e tutte le mie gemelle. >> La corresse facendo ruotare il collo. Come? Ib pensava che quelle copie fossero inanimate. << Lo sono, solitamente… >> Spiegò quella dopo che Ib le ebbe rivolto la domanda. << Ma quando un fiore entra nella galleria – un fiore vero –, sono capaci di sfilartelo dalle tasche senza che tu te ne accorga! >>
Ib si sentì improvvisamente più vulnerabile e si allontanò da entrambe le pareti tappezzate dai quadri. << Come faccio a proteggerlo? >> Chiese preoccupata.
La donna strinse le spalle. << Tu non puoi fare molto, se non tenere la rosa sotto gli occhi per tutto il tempo, ma io posso tenerle alla larga da te: attorno a me non oseranno agire. >> Spiegò sorridendo benevola.
Ib avrebbe voluto crederle, ma non poté fare a meno di porsi dei dubbi:<< E se fossi tu, una copia? >>
Sorriso Ciclopico assunse un’espressione indignata, ma in qualche modo sembrò aspettarselo; era giusto essere un po' diffidenti. << Io sono l’originale, fidati: tutte le altre copie non possono muoversi dalla propria cornice! >> Allungò un braccio di lato per mostrarle ciò: la mano passava dietro la cornice del dipinto e compariva nella tela accanto, dove una esatta copia del Sorriso Ciclopico se ne stava fissa a sorridere in modo inespressivo. Quella cosa la rassicurò un poco e le fece credere nel ritratto, ma preferì rimanere a distanza dalle pareti.
<< Va bene. >> Sospirò un po’ meno tesa. Ora cosa doveva fare?
<< Andiamo. >> Disse Sorriso Ciclopico.
Ib si guardò intorno. << Dove? >> Chiese.
<< Avanti. >> Ribatté con un sorrisetto la donna nel dipinto.
<< Ma… >> Ib non seppe come spiegarsi. << Ho camminato per tutto questo tempo, e non ho visto nessun cambiamento nel paesaggio… >> Voleva intendere che non avesse la più pallida idea di come uscire da lì.
<< Per forza: hai bisogno di me! >> Sbottò il ritratto piegando le labbra in un sorrisetto orgoglioso. Ib non capì cosa intendesse. Quella cominciò a spiegarsi con loquacità. << Vedi, questo corridoio è come un binario che non finisce mai; tu continui a camminare, ma torni sempre al punto di partenza! >>
<< Mi sto muovendo in cerchio? >> Chiese incredula Ib. Non era possibile, c’era una porta che l’aveva condotta lì, ed era all’inizio del corridoio; una fine doveva esserci!
<< Più o meno, è questo il senso… >> Annuì la donna del quadro. Ib non ci capiva niente, stava per chiedere spiegazioni a Sorriso Ciclopico, ma la donna la precedette. Alzò le mani come per dirle di calmarsi e parlò con calma:<< Io posso trovare delle tracce che ti condurranno alla prossima porta, senza di me non potresti trovare quegli indizi. >>
<< Perché? >> Chiese Ib incrociando le braccia, cercando di sembrare sicura di sé.
<< Perché quegli indizi sono nascosti negli altri dipinti. >> Disse con calma e un po’ di riluttanza Sorriso Ciclopico. Ora Ib capiva perché avesse bisogno di lei: solo la donna nel quadro poteva entrare nelle altre cornici e cercare gli indizi per raggiungere la prossima porta, ma c’era un problema; se si fosse dovuta allontanare per raggiungere un quadro irraggiungibile per Ib, la ragazza sarebbe stata esposta ad attacchi da parte degli altri ritratti. Come avrebbero fatto?
Sembrò che la donna nel dipinto avesse intuito perfettamente i pensieri della ragazza, e non poté non incupirsi. << Ci penseremo dopo… >> Mormorò con voce tetra. Consigliò di cominciare a mettersi in marcia, e poi si sarebbero preoccupate delle cose da fare una alla volta. Ib accettò, non sapendo perché stesse facendo tutto quello, ma capì che dare ascolto a quella donna fosse l’unico modo per poter andare avanti e salvare Elias Dawson.
<< E come farai a trovare le tracce? >> Chiese Ib dopo aver fatto qualche passo nella stessa direzione che aveva seguito fino a quel momento. Sorriso Ciclopico passò davanti a una sua copia, che diversamente da lei, sembrò essere attaccata alla tela e piatta; l’originale ci passava di sopra come se fossero solamente degli sfondi dipinti, ma Ib aveva capito che sarebbero state pericolose quanto qualunque altra opera della galleria, se non avesse fatto attenzione.
La donna sorrise. << Gli indizi lasciano una traccia che solo io posso percepire. Come con l’olfatto di un cane… >> Fece un esempio.
Ib si guardò intorno intimorita. << Allora… Immagino che dovrò fare affidamento su di te. >> Mormorò ancora poco convinta di quella idea.
Nonostante tutto, si misero in marcia e ripresero ad avanzare; Ib camminava al centro del corridoio, mentre Sorriso Ciclopico le sfilava parallelamente, da una cornice all’altra. Di tanto in tanto, la donna del ritratto si fermava e cominciava a cercare nei ritratti vicini, alla ricerca di uno di quegli indizi che le avrebbero condotte alla porta; Ib non aveva capito bene come funzionasse quella cosa, ma non volle farsi troppe domande, pensando che avrebbe fatto meglio ad accettarlo senza domande… A un certo punto, Sorriso Ciclopico si fermò di nuovo.
<< Ferma… >> Sussurrò mettendosi in una posa con le braccia larghe. << Sento qualcosa… >>
Ib si allarmò e rimase vicina al ritratto. << Che succede? >> Chiese guardandosi intorno.
Sorriso Ciclopico attese qualche secondo prima di rispondere, quando lo fece con uno sguardo serio in viso, sembrò dover confessare qualcosa di terribile. << Questa traccia è più forte delle altre… >> Disse pensierosa.
Ib si sentì sollevata per un momento; aveva creduto che ci fosse qualche pericolo imminente, ma a quanto pare si era sbagliata… << E’ una cosa buona? >> Chiese sospirando rilassata.
Sorriso Ciclopico non le rivolse lo sguardo, che mantenne fisso verso l’alto. << Forse. >> Rispose senza sbilanciarsi troppo; poteva essere un indizio importante, oppure avrebbe potuto essere una trappola. Ib pensò di chiedere qualcosa di più alla donna.
<< Dov’è? >> Quando il ritratto della donna allungò una mano, indicando una cornice molto lontana da lì, posta in alto nella parete, la ragazza capì perché fosse così preoccupata. << Cosa? >> Chiese incredula. In effetti, era abbastanza ovvio che le tracce si trovassero in posti più difficili da raggiungere, Ib non si sarebbe dovuta sorprendere tanto, ma se Sorriso Ciclopico fosse andata a cercare, lei sarebbe rimasta scoperta.
Vedendo il suo sconcerto, la donna si impietosì e cominciò a chiederle se andasse bene. << Sei sicura di volerlo controllare? Potrebbe non essere niente… >> Cercò di evitare di doversi allontanare da lei, ma Ib sembrò troppo risoluta, e respinse quell’idea. << Potrebbero essercene altre, più avanti… >>
<< No. Questa è diversa, lo hai detto tu. >> Rispose Ib cercando di mostrare coraggio. << Potrebbe trattarsi di un indizio importante, magari ci dirà dov’è la porta! >> La determinazione di Ib convinse Sorriso Ciclopico, anche se con riluttanza. Il ritratto accettò quindi di andare a controllare, dicendo alla ragazza di tenersi lontana dalle pareti fino al suo ritorno. << Non ti preoccupare. >> La rassicurò con un sorriso lei.
<< Mi raccomando! >> Cercò di dirle la donna. La sua espressione sembrò estremamente realistica, il suo unico occhio, molto più grande di uno normale, dava molta espressività al suo viso, e in qualche modo Ib sentì che quella donna del quadro ci tenesse veramente a lei…
Ib annuì un’ultima volta, prima che Sorriso Ciclopico potesse partire con sguardo risoluto sul viso, decisa a tornare indietro più in fretta possibile. Mentre attendeva guardandola con speranza sfilare tra una cornice e l’altra, Ib cominciò a sentire una forte pressione su di sé, come se ci fosse una presenza inquietante capace di farla sentire a disagio senza fare nulla. Era ovvio che si stesse condizionando per essere rimasta da sola in quel corridoio, circondata da copie di Sorriso Ciclopico, ma aveva vagato da sola in quel corridoio prima di incontrare l’originale, e non le era successo niente di brutto; perché adesso le sarebbe dovuto capitare qualcosa?
I minuti passavano e Sorriso Ciclopico non tornava. Ib cominciava a credere che fosse successo qualcosa, ma dovette ricredersi quando si ricordò che la donna fosse un dipinto di Guertena, e che nulla avrebbe potuto accaderle, circondata da suoi simili; era lei, quella ad essere in pericolo. Per controllare che stesse andando tutto bene, ma soprattutto per sentire una qualsiasi risposta, Ib chiamò a gran voce:<< Tutto bene lassù? >>
Un secondo dopo, la voce del quadro tornò a lei. << Sì… Ci sto mettendo un po’ più del previsto, ma qui c’è decisamente qualcosa di grosso! >> Disse. Poi si volle informare sulla sua situazione. << Tu come stai? >>
<< Ancora tutto a posto. Fai con calma, tu. >> La rassicurò, sentendosi sollevata dalle premure del dipinto. Le sembrava strano che un’opera di quella galleria potesse preoccuparsi per lei, ma sembrava che fosse proprio così, e Ib non poteva negarlo, era una sensazione piacevole avere qualcuno che si preoccupasse per lei, pur essendo parte di quel mondo… Ancora non capiva perché avesse questo comportamento con lei, ma forse avrebbe dovuto farsi meno domande, e cominciare a pensare che nel Mondo di Guertena ci fossero animi buoni, oltre a mostri assetati di sangue.
A un certo punto, la ragazza cominciò a sentire uno strano scricchiolio, come se qualcuno stesse grattando con insistenza il muro alle sue spalle. Si voltò per controllare cosa fosse, ma non appena si fu girata, quel suono smise di farsi sentire; in compenso, un altro suono simile nacque nell’altra parete. Questa volta Ib si voltò con più impeto, ma non riuscì comunque a cogliere sul fatto cosa stesse provocando quel rumore; e ogni volta che si girava da un lato, il muro alle sue spalle cominciava a produrre un suono sempre più fastidioso e insistente. Ib cominciò a credere che si stesse immaginando tutto, finché non vide qualcosa che la inquietò all’istante: mentre si voltava, vide di sfuggita uno dei ritratti alle sue spalle muoversi; fu un movimento impercettibile, un labbro che si piegava per riprendere l’espressione di prima, ma Ib lo vide chiaramente. Cominciò a pensare che quell’attesa stesse durando troppo e provò a richiamare Sorriso Ciclopico, che rispose dicendo di aver quasi finito.
<< Per favore… Sbrigati… >> Mormorò spaventata, cercando di mantenere sempre una distanza di sicurezza da entrambe le pareti.
<< Ib! Sta succedendo qualcosa lì? >> Chiese la voce della donna dall’alto.
La ragazza non seppe se rispondere o no; forse si stava immaginando tutto, o forse era tutto vero, e negandolo avrebbe potuto condannare sé stessa. Pensò di dire ciò che pensava senza allarmare troppo Sorriso Ciclopico. << Sento degli strani rumori… Potrei essere stanca… >> Ipotizzò sapendo di essere in errore.
<< Ehi, se credi di essere in pericolo avvertimi subito! >> La avvertì la donna. << Non rischiare! >>
Ib annuì pur sapendo di non poter essere vista. Non rispose subito perché intenta a concentrare lo sguardo su un ritratto di fronte a sé, che sembrava fissarla con troppa insistenza. << D’accordo… >> Mormorò con voce tremante. << In questo caso… >> La pupilla dell’occhio dipinto sulla tela si mosse lentamente, come se fermo da molto tempo; il sorriso sul viso della copia si allargò fino a mostrare i denti bianchissimi, e poi aprì la bocca in un ghigno malvagio, pieno di eccitazione. << POTRESTI TORNARE SUBITO QUI?!? >>
Ib urlò con tutte le sue forze, mentre le copie di Sorriso Ciclopico attorno a lei cominciavano ad agitarsi e a produrre sibili con la gola, allungando le braccia per tentare di afferrare la ragazza; in realtà non potevano uscire dalle tele come La Donna in Rosso, ma Ib pensò bene di non rischiare e rimanersene al centro del corridoio, dove forse sarebbe riuscita a salvarsi. Era sicura che non fosse la forza fisica, quella da temere di quelle donne.
<< Ib!!! Stai bene? >> Gridò da lontano Sorriso Ciclopico; sembrava sotto sforzo, forse stava facendo qualche sorta di lavoro. In tutta risposta, Ib lanciò un grido acuto accucciandosi a terra e coprendosi la testa per non dover vedere quei ritratti ghignanti rivolti verso di lei. << RESISTI! >> Urlò con voce roca la donna del quadro.
Ib non avrebbe fatto niente, si sarebbe limitata a rimanersene al suo posto, isolata dal mondo, a pregare che non le accadesse niente di brutto. Ma avrebbe dovuto muoversi invece, quando si sentì punzecchiare da qualcosa alle proprie spalle; con riluttanza, pensando che fosse peggiore la curiosità che la rodeva per capire di cosa si trattasse della incertezza su quella cosa, Ib girò lo sguardo, scoprendo che ad averla toccata era stato… Niente!
Non c’era niente lì accanto a lei a toccarle la schiena, eppure la ragazza sentiva chiaramente una pressione, e non riuscì a trattenere l’impulso di urlare. C’era decisamente qualcosa che tentava di entrare in contatto con lei, forse una presenza malvagia, oppure erano quelle donne dei quadri che avevano questo potere inaspettato. Si lanciò a terra, allontanandosi strisciando sulla schiena da quel punto dove aveva sentito la pressione; le sembrò di vedere una mano sottile e affilata fluttuare eterea nell'aria, e a quel punto, dopo aver riconosciuto i suoi movimenti in quelli della mano di una delle donne nelle cornici, Ib non ebbe più dubbi e cominciò a correre parallela al corridoio, urlando e risvegliando tutti i quadri che incontrava, ignorando le grida della sua caviglia fasciata.
<< IB! >> Il Sorriso Ciclopico originale la chiamava ripetutamente per assicurarsi che stesse bene, ma le uniche risposte che riusciva a sentire erano urla di terrore. La ragazza non aveva idea di cosa stesse succedendo lì in alto, ma immaginò che la donna avrebbe compreso la situazione e l’avrebbe raggiunta il prima possibile per proteggerla. Sfortunatamente, Ib scoprì con la morte nel cuore di aver raggiunto la fine del corridoio; un muro perfettamente liscio e di colore rosso si stagliava altissimo di fronte a lei; altri dieci metri, forse, e sarebbe stata in trappola; non c’erano quadri su quel muro, ma non ci sarebbe voluto molto perché la prendessero, una volta in trappola.
La ragazza corse incontro a quella parete, schiacciandoci sopra i palmi e battendoli con nervosismo, urlando al nulla di aprire una porta, di farla passare, che non poteva morire così. Si voltò rivolgendo lo sguardo al corridoio che si era appena lasciata dietro: i dipinti sulle pareti erano in agitazione, e tutti quanti erano rivolti verso di lei, sbraitando e contorcendosi con disegnate in volto espressioni malvagie. << Aiuto… >> Piagnucolò lei inutilmente. Scuoteva la testa debolmente, non riuscendo a credere che stesse accadendo di nuovo. Sperava che succedesse qualcosa che impedisse alle donne di raggiungerla; sarebbe stato esilarante, se non fossero state in grado di stendersi abbastanza per afferrarla, ma immaginò che fosse una possibilità molto improbabile. Piuttosto, avrebbe dovuto sperare nell’arrivo del vero Sorriso Ciclopico a salvare la situazione, ma sembrava che non avrebbe fatto in tempo.
Ib poggiò con rassegnazione la testa al muro alle proprie spalle, rivolgendo lo sguardo verso l’alto. Non sarebbe stata una morte rapida, né indolore, e in più aveva provato ancora una volta di non poter essere di nessun aiuto in situazioni del genere. Che razza di persona poteva sopravvivere in quel luogo, con quella tattica?
Si era ormai arresa, sapeva di non poter sfuggire, ma un urlo potente riempì il corridoio, sovrastando le voci delle donne nei quadri; era la stessa voce di Sorriso Ciclopico. Ib vide qualcosa sfrecciare veloce come un fulmine, scendendo dall’alto di una parete, passando di cornice in cornice; era proprio l’originale di Sorriso Ciclopico, ed era arrivata per salvarla. Si posizionò più vicina possibile a lei, nell’ultimo quadro alla sinistra di Ib e rivolse lo sguardo alle copie che stavano cercando di afferrarla; sul suo viso c’era dipinta un’espressione di odio e una furia che Ib non aveva mai visto prima, non in un quadro.
Poi Sorriso Ciclopico urlò con forza verso e copie, che si erano congelate nella loro posa iniziale non appena l’avevano vista. << NO!!! >>
Quell’urlo segnò Ib in profondità, facendole pensare di aver sempre pensato la cosa sbagliata su quei quadri che l’avevano tanto spaventata; alcuni di loro, almeno, sembravano essere diversi. Sembravano provare emozioni.
Dopo quel lungo urlo, la donna rimase immobile a riprendere fiato, senza mai staccare gli occhi dal corridoio, ora sprofondato in un silenzio innaturale. Ib non riusciva a credere di essere stata salvata ancora una volta, avrebbe voluto nascondersi dalla vergogna, ma invece dovette ringraziare la sua salvatrice. << Ehm… >> Cercò di attirare l’attenzione della donna nel quadro, che sembrò accorgersi di lei solo in quel momento. << Grazie… >> Mormorò timidamente, vedendo che l’espressione di Sorriso Ciclopico non era cambiata.
La donna aspettò alcuni secondi per rispondere. << Non devi neanche preoccupartene… >> Rispose con voce esile. << Non voglio che accada qualcos’altro di brutto… >> Quelle parole lasciarono un po’ di sconcerto in Ib, che non seppe come reagire.
<< Cosa? >> Chiese per cercare di capire cosa volesse dire.
La donna sembrò ridestarsi da una trance e tornò a sorridere. << Oh, scusa! No, non importa, stai tranquilla… >> Sembrò come se volesse nascondere qualcosa. << Non hai niente di rotto, vero? >> Chiese controllandola da capo a piedi per assicurarsi che stesse bene.
<< No, sto bene… >> Rispose ancora stranita la ragazza, mentre la donna nel quadro si ricomponeva. << Hai… Trovato qualcosa? >> Si azzardò a chiedere, pensando che forse non fosse la cosa migliore da chiedere in una situazione come quella.
La donna però alzò una mano stringendo con fermezza una piccola chiave rossa, come la parete alla quale si era appoggiata Ib, e assunse un sorrisetto furbo. << Ecco il nostro passaporto, signorina! >> Disse con tono scherzoso mentre Ib la guardava con stupore, incredula del fatto che l’avesse trovata davvero.
Sì, era una chiave, ma non c’era una porta dove metterla… La donna del dipinto non sembrò preoccuparsene, quando la puntò contro il muro dove Ib si era appoggiata. La chiave entrò nella cornice, come se ci fosse una toppa proprio lì, e un attimo dopo si sentì uno scatto; sulla parete comparve lentamente una porta rossa fino ad acquistare profondità e particolari, staccandosi dal muro e diventando reale. Anche una piccola chiave rossa si formò nella sua serratura, e Ib vide la donna sorriderle benevolmente. Ecco perché aveva bisogno di Sorriso Ciclopico per trovare l’uscita: era l’unica che poteva aprirla. << Grazie… >> Sussurrò incredula. Non riusciva ancora a credere che quella donna del quadro, pur essendo una perfetta sconosciuta, l’avesse aiutata con tanta gentilezza. Ormai l’idea che avesse qualche secondo fine era totalmente estranea alla ragazza, vedeva solo un’amica in quel ritratto, e se avesse potuto, l’avrebbe abbracciata con tutte le sue forze.
Sembrò imbarazzata. << Non morire, Ib… >> Le augurò arrossendo. Era uno strano modo di rivolgersi a una persona, ma Ib aveva capito cosa intendesse: era stata in pericolo tante volte, aveva rischiato fino al limite, e ne era uscita quasi per miracolo, ogni volta; non avrebbe potuto contare sugli altri per sempre, e avrebbe dovuto farsene una ragione più presto possibile. << Sei molto importante per noi… >>
Quell’altra cosa invece non la capì. Quando Sorriso Ciclopico ebbe concluso il suo messaggio con quella frase, Ib le rivolse uno sguardo interrogativo. << Che cosa intendi, scusa? >> Chiese curiosa di sapere di più.
Sorriso Ciclopico si limitò a sorridere dolcemente. << Sei come una bambina, dispersa nella galleria… E cerchi aiuto da chiunque possa sembrarti abbastanza buono. Molti di noi credono in te, sei speciale; anche lui crede in te… >>
Quando sentì quella cosa, Ib sentì un tuffo al cuore. << Lui… Chi? >> Chiese tremante. Non poteva essere vero, non poteva veramente trattarsi di “lui”…
Sorriso Ciclopico sbatté le ciglia un paio di volte. << Weiss Guertena. >> Rispose con semplicità. Lo aveva detto. Aveva dato quella risposta alla ragazza, e ora Ib non avrebbe più smesso di cercare la verità, nonostante fosse in quella situazione, nonostante rischiasse la vita ogni istante; se Weiss Guertena credeva in lei, significava che la poteva vedere, che sapeva dove fosse, e significava quindi che anche lui era lì, da qualche parte.
<< Weiss Guertena è qui? >> Chiese incredula.
La donna rise alla sua reazione. << Guertena vive in ognuno di noi. >> Rispose con calma, facendo svanire una parte dell’entusiasmo della ragazza. << Chi di più, chi di meno, siamo tutti invasi dall’animo del nostro creatore. Nostro padre… >> Ib non capiva, ma rapidamente le tornò in mente la Dea e quello che le aveva detto. Era come se lo spirito di Guertena vivesse ancora in loro, in modo più o meno autonomo…
Si sentì un po’ delusa per aver creduto che Guertena in persona potesse averla vista, ma la ragazza non si preoccupò tanto di ciò e tornò a parlare con la donna nel quadro. << Comunque… Come mai siete così… >> Faticò a trovare la parola giusta, estranea a quella sensazione. << Gentili, con me? >> Concluse optando per un termine semplice.
Sorriso Ciclopico fece roteare la pupilla prima di posarla di nuovo sul viso della ragazza. << Tu sei uscita da qui, hai affrontato centinaia di pericoli per salvare te e il tuo amico, e ora stai facendo lo stesso, anche se hai paura. >> Spiegò. << Tanta determinazione è ammirevole, e non possiamo permettere che tu perda la vita qui, dopo aver già rischiato così tanto… >>
Non sapeva cosa dire, era letteralmente senza parole. Non credeva che quei quadri potessero pensare a cose del genere, ma forse doveva trattarsi proprio della coscienza di Guertena ad avere un effetto sull’animo di quelle opere… E se invece avessero avuto una propria personalità?
La donna sembrò notare la sua indecisione. << Sei sorpresa? >> Chiese continuando a sorridere.
<< Ecco… Io non so… Cosa dire… >> Mormorò balbettando la ragazza. Scosse la testa ripensando al passato. << Quello che ho sempre pensato su di voi… Era sbagliato. >> Concluse alzando lo sguardo grata a quel ritratto per averle aperto gli occhi.
<< Fai attenzione, Ib. >> La ammonì lei. << Non tutti sono così, in questo posto. Lo hai già sperimentato. >> Ib deglutì ripensando alle numerose volte che si era salvata per miracolo da delle opere della galleria. << C’è chi ti vuole morta solo per il fatto di essere diversa da noi… >> Mormorò fissandola con espressione seria. << C’è chi ti odia… >> La ragazza non riuscì però a capire perché qualcuno dovesse odiarla, là dentro. << E c’è chi tenterà di prendere il tuo posto. >>
Quell’ultima frase la lasciò spiazzata. Sapeva che sarebbe stato così, era già capitato, ma Ib non avrebbe potuto credere che sarebbe successo di nuovo. Dopotutto, Mary era morta… << Ho capito. >> Mormorò per tutta risposta, sentendo una strana tristezza scendere su di lei. << Grazie per tutto quanto… >>
La donna del dipinto sorrise mestamente e piegò la testa di lato. << Oltre questa porta ti sta aspettando una prova molto dura, e dovrai affrontarla da sola… >> Non era molto rassicurante, ma Ib aveva capito che era arrivato il momento di mostrare ciò che poteva fare. << Se sopravvivrai, allora potrai tornare dal tuo amico; se non sarà così… >> Lasciò la frase a metà, sapendo che la ragazza avrebbe compreso perfettamente cosa volesse dire.
Ib annuì cupamente. << D’accordo. Ho capito. >> Rispose con voce tremante.
Sorriso Ciclopico sembrò riluttante a lasciarla così. << Io… Ti aspetterò qui, così potrai tornare indietro sana e salva. >>
Ib sorrise. << Grazie. >> Poi, senza neanche guardarsi indietro, spinse la porta, lasciandosi alle spalle il corridoio pieno di copie del ritratto “Sorriso Ciclopico”.
La stanza in cui si ritrovò non era molto grande; era una stanzetta quadrata con i muri dipinti di colori vivaci e immagini che ricordarono a Ib il quadro “Tre Corvi e Cinque Pesci”. E infatti era proprio quel quadro, rappresentato sulle pareti della stanza come se si trattasse di un ciclo infinito, andando sempre a ricominciare. Al centro della stanza c’era un piccolo piedistallo con poggiato sopra un vaso di vetro pieno di acqua cristallina. Eccolo! Pensò sollevata. Ib soppresse l’impulso di lanciarsi incontro a quello, tenendo a mente le parole di Sorriso Ciclopico. C’era ancora una prova da affrontare.
Ci incontriamo ancora… Suonò stranamente metallica una voce nella stanza. Ib fece scorrere lo sguardo da destra a sinistra e viceversa, ma non vide nessuno. Continui imperterrita per la tua via, senza nemmeno cercare redenzione.
Ib abbassò lo sguardo e avvistò un puntino nero di fronte al piedistallo. Quel puntino si mosse e Ib comprese di essere di nuovo faccia a faccia con la formica che l'aveva accolta nel Mondo di Guertena. A un tratto si sentì sudare e dovette lottare per mantenere la calma; dopo quello che le aveva fatto passare quella formica, non aveva nessuna intenzione di farsi mordere un’altra volta.
La formica si voltò verso di lei, fissandola intensamente. Finalmente sei arrivata, Ib. La salutò con voce pacata. Hai tagliato i capelli? Ti stanno bene… Le disse con tono di scherno. Per qualche ragione, Ib immaginò che sapesse perché si fosse tagliata i capelli.
<< Tu… >> Sussurrò Ib ignorando i suoi falsi complimenti e nascondendo una certa rabbia per quello che era successo. << Che cosa vuoi da me? >> Chiese a denti stretti, stufa di dover accettare tutta quella paura e quelle minacce.
Voglio solo giustizia per il mio quadro. Rispose con calma la formica, che non si mosse dal suo posto.
Ib si portò una mano alla tempia, esasperata. << Senti: mi dispiace per il tuo quadro! Ho provato a non rovinarlo, passandoci sopra, ma non ci sono riuscita, d’accordo? >> Mosse le mani in modo scattante pronunciando queste frasi. Era come se stesse perdendo la calma, stufa di sentirsi accusata di qualcosa che non aveva causato intenzionalmente. << Non sono riuscita a non rovinare quel dannatissimo quadro, perché ero troppo spaventata per preoccuparmi di simili cazzate! >> Si stava davvero infuriando con una formica? La rabbia che le era cresciuta dentro all’improvviso stava uscendo tutta quanta, e Ib si sentiva bene nel lasciarla andare. Era come se si stesse liberando di un peso che l’aveva tormentata per tanto tempo. << Puoi essere arrabbiata con me, puoi non rivolgermi più la parola, ma perché devi farmi del male? Non volevo che questo accadesse, d’accordo?! Non volevo farti un dispiacere, non capivo neanche cosa stesse accadendo, accidenti! >> Si guardò intorno, pensando che non fosse possibile che una formica potesse provare tanto rancore per una cosa tanto effimera. Si sentì più debole, la voce le mancava e la gola le bruciava, ma Ib continuava a riversare il proprio odio su quella formica nera, sapendo che non l’avrebbe aiutata ad uscire da lì indenne. << Ero una bambina, ero sola e avrei rischiato di morire! Ma tu niente, pensi solo al tuo stupido ritratto! >> Sentì le lacrime bagnarle gli occhi, sapeva già che si sarebbe messa a piangere per lo sforzo, se avesse continuato. << Ti chiedo scusa, e tu puoi reagire come vuoi! Ma, ti prego, LASCIAMI STARE!!! >>
Ib rilasciò quell’ultimo sprazzo di rabbia con molta più potenza, prosciugando i propri polmoni dell’aria rimasta e sforzando le corde vocali; sentì il petto comprimersi, quando tentò di respirare, e per un attimo pensò di collassare, ma riuscì a rimanere in piedi e a superare quella vertigine. Ora non aveva più neanche la forza di parlare, il suo odio era svanito, ma sarebbe tornato presto, se quella formica non avesse cambiato il proprio atteggiamento verso di lei…
Sembrò che le sue parole avessero avuto qualche effetto sulla formica, forse avevano mosso la sua coscienza in qualche modo, ma dopo un silenzio inaspettato, la formica cominciò a parlare. Hai finito? Chiese con sarcasmo. Sembrava che non le importasse niente di quello che Ib aveva da dire, non voleva vedere ragioni. Per quanto mi riguarda, tu hai distrutto il mio dipinto, mi hai privato della cosa più importante della mia vita, e meriti di morire. Elencò quelle cose con una tale calma da risultare innaturale.
Non l’avrebbe ascoltata. Ib cambiò la propria espressione; in un attimo divenne da incredula a furiosa e caricò la formica con l’intento di scavalcarla per raggiungere la Benedizione Eterna che stava sul piedistallo. << E allora non hai capito proprio niente! >> Urlò scattando. La schiacciò senza esitazione, spingendo bene il tallone a terra per assicurarsi che non potesse sopravvivere, poi estrasse la rosa bianca da una tasca e ne affondò lo stelo nel vaso di vetro. Niente esitazioni questa volta! Pensò, preparandosi a voltarsi per scappare da lì. Un grande senso di liberazione la invase nel momento in cui schiacciò la formica, ma nonostante si sentisse finalmente al sicuro, la ragazza avrebbe voluto lasciare la stanza il più in fretta possibile.
Vide la rosa bianca rifiorire in un istante, assorbendo tutta l’acqua nel vaso; adesso Elias sarebbe guarito. La tirò fuori dal vaso e la mise al sicuro nella tasca, ma quando si voltò trovò la figura imponente e minacciosa della formica davanti a sé che la fissava con odio.
Non uscirai da qui. Scandì con voce grottesca prima di sollevare una delle lunghe e sottili zampe. Ib si lanciò di lato gridando per schivare quell’aculeo, prima che potesse schiantarsi con il pavimento, provocando un forte frastuono. Sei senza speranza! Cercò di metterle pressione la formica, ma Ib non la ascoltò.
Si rialzò da terra rapidamente e si portò con la schiena a una parete, appoggiandovisi sia con quella che con le mani, pronta a spingersi per sfuggire. Seguì con lo sguardo la massa della formica gigantesca girarsi goffamente verso di lei e prepararsi ad attaccarla; come diavolo aveva fatto a non morire?
Quando una delle zampe della formica fu puntata contro il ventre di Ib e quella si fu spinta contro di lei con l’impeto di un toro, Ib lanciò un altro grido e si gettò di lato per schivare l’attacco, mantenendo l’equilibrio per non cadere e dirigendosi verso la porta per andare via da lì. La formica era lenta e le sue dimensioni la mettevano in svantaggio in un luogo così stretto, quindi Ib aveva il tempo per spostarsi da una parte all’altra della stanza senza preoccuparsi. Raggiunse la porta a grandi passi, quasi ridendo, sapendo di essere riuscita a sfuggire ancora una volta alla formica, ma quella schiantò la propria zampa contro il legno di colore azzurro sbiadito, frenando improvvisamente la corsa della ragazza. Ib le rivolse contro lo sguardo esausto e terrorizzato; sapeva che doveva fare attenzione, ma aveva sperato di potersi salvare in fretta. Prese un bel respiro ripensando a come gabbare quella stupida formica: non era molto veloce, il suo vantaggio era la forza smisurata, che però non poteva controllare in quegli spazi; se gli fosse girata intorno e l’avesse confusa, sarebbe stata abbastanza veloce per poter oltrepassare la porta prima di essere presa?
Era un piano folle, ma Ib non aveva in mente nient’altro. Scattò verso la propria sinistra, rapidamente, ma assicurandosi che la formica la seguisse sempre con lo sguardo; voleva farla voltare, per evitare che potesse tenere sotto occhio la porta. Una volta che fu dall’altro lato della stanza, rallentò mantenendo la calma, sapendo di essere scoperta, ma sapendo anche che la formica avrebbe attaccato in modo prevedibile e scomposto, rischiando di incastrarsi da qualche parte. E così fu: la formica allungò la zampa verso la testa di Ib, ma la ragazza si abbassò coprendosi la testa con le mani e scattando di lato, continuando la corsa che aveva interrotto un attimo prima, dirigendosi verso la porta, che presentava adesso una grossa crepa sul legno. Come aveva sperato, la formica era rimasta incastrata con una zampa nel muro e si era distratta per potersi liberare; Ib aveva la strada libera. Riaffiorò quel sorriso beffardo sul suo volto quando riuscì a mettere finalmente le mani sulla maniglia della porta e ad aprirla.
NO!!! Sentì l’urlo della formica che evidentemente l’aveva vista sgattaiolare via. Prima di lasciare la stanza, Ib rivolse lo sguardo alla formica, che ebbe così un’immagine della ragazza che la prendeva in giro per essere riuscita a raggirarla.
Le fece una smorfia prima di chiudere con decisione la porta, e Ib poté giurare di sentire un urlo disumano dalla stanza, seguito da un forte impatto che scosse la porta e tutta quanta la sua parete; probabilmente, la formica aveva tentato di sfondarla lanciandosi contro di essa. Passarono due secondi di incertezza, Ib non riuscì a pensare a niente, se non al fatto che avesse sentito ogni singola parte del proprio corpo bruciare, ogni pelo rizzarsi per la tensione, e una incredibile sensazione di leggerezza e vitalità che aveva invaso il suo corpo e la sua testa; era stata in pericolo, ma era stata viva. Aveva affrontato il nemico con sprezzo del pericolo e si era fatta valere, facendosi addirittura beffe della formica gigante. Fu quella sensazione, ancora forte nel suo corpo, a farle alzare il braccio con soddisfazione e a farla saltare di gioia, gridando:<< SI’! >>
Passarono alcuni minuti durante la quale tutto quello che Ib fece fu saltellare in preda alla gioia e gridare per la soddisfazione. Quando si fu finalmente scaricata, si ricordò della sua missione e mise una mano nella tasca per poter contemplare la rosa del signor Elias, ormai rifiorita. Missione compiuta! Pensò con un sorrisetto soddisfatto stampato in volto. Non riusciva ancora a credere di averlo fatto, eppure era così: era riuscita a raggiungere il suo obiettivo e lo aveva fatto da sola!
Si voltò in cerca di Sorriso Ciclopico, che aveva detto che sarebbe rimasta ad aspettarla, ma nel corridoio ci fu una sorpresa ad attenderla: tutte le cornici erano vuote. << Cosa…? >> Mormorò incredula facendo qualche passo in avanti. Tutte le cornici appese alle pareti erano vuote, le tele presentavano solo uno sfondo rosa. Non c’era più nessuno, né l’originale, né le copie.
Provò a chiamarla, ma la sua voce rimbombò senza ricevere risposta. Si mise ad attraversare il corridoio, continuando a guardarsi intorno cercando di trovare qualche indizio, ma si rese conto con molta delusione che il corridoio era in realtà cortissimo, e dopo pochi passi aveva raggiunto già l’altro lato con la porta grigia. << Sorriso Ciclopico… >> Mormorò triste, sperando di ricevere una risposta in ultimatum, ma niente.
Era tutto finto? Si era immaginata quel corridoio e i suoi dipinti oppure era successo qualcosa a Sorriso Ciclopico? Ib era dispiaciuta per la sua nuova amica e avrebbe voluto indagare, ma non aveva tempo; non poteva restare lì. << Mi dispiace… >> Sussurrò prima di aprire la porta grigia e di andarsene.
C’era il Guardiano, nella stanza grigia, sempre rivolto verso la prima porta, che però si accorse di lei dal suono della porta. << Sei tornata… >> La accolse con voce autoritaria. Aveva ragione, era tornata, ma Ib si sentiva troppo giù di morale per potersene rallegrare. << E’ andato tutto bene? >>
La ragazza si mise di fronte alla cornice per poter guardare in faccia il ritratto dell’uomo e annuì piano, mostrando poi la rosa rifiorita. << Ho ricevuto un po’ di aiuto… >> Disse con voce debole.
<< Non sembri contenta. >> Constatò lui ispezionandola con un po’ di cura in più.
Ib non lo era. << Non so cosa sia successo… >> Mormorò triste, non volendo però parlarne. Il Guardiano sembrò intuire quel suo desiderio di rimanere in silenzio e abbassò lo sguardo sospirando.
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, durante la quale Ib si chiese cosa stesse facendo ancora lì. Quando Fry riprese la parola chiamandola, sembrò volerle dire qualcosa di importante:<< Ascolta, ragazza… >> Cominciò assicurandosi che il suo sguardo si fosse fissato su di lui. << Mi rendo conto di essere stato scortese, prima, quando ci siamo incontrati. >> Ib non ricordava nemmeno come fosse andato il loro primo incontro, né se ne sarebbe risentita; le sembrava fosse passata un’eternità. << Ho detto delle cose ingiuste sul conto di Guertena, e il modo in cui lo hai difeso mi ha sorpreso. >> Adesso Ib cominciava a ricordare la loro conversazione sul creatore di quel luogo e su come fosse realmente; né lei né il ritratto potevano sapere la verità, forse… << Ti ho detto che Guertena stava attraversando un momento difficile, quando dipinse quei quadri nell’altra stanza, ed è vero: la sua rabbia, tristezza… Ogni sentimento negativo presente nel suo animo si era riversato sulla tela. >> Immediatamente Ib provò pietà per quel quadro, come se fosse lui la vittima in quel racconto. << Weiss non riusciva più ad essere un artista, e per un momento pensò di lasciare perdere tutto quanto… >> A quelle parole, Ib pensò come sarebbe stato se Guertena avesse veramente abbandonato l’arte, e in un attimo si sentì mancare il respiro.
<< Ma non è successo, vero? >> Chiese cercando una conferma, come se non conoscesse realmente la storia del suo idolo.
Fry scosse la testa. << E’ stato un momento buio della sua vita, ma Weiss ne uscì, anche se a fatica. Fu proprio l’arte a dargli la forza che gli mancava; inizialmente, lui vedeva solo le cose brutte attraverso Mondo Fabbricato, che portavano caos e distruzione nel suo mondo… Poi però vide anche qualcosa di diverso… >> Prese fiato cercando di ricordare. << Non so bene cosa fosse, ma fu abbastanza da fargli cogliere le cose belle esistenti in questo posto. Fu così che si fece coraggio e decise di ritrarre me: io sono stato l’ultimo dei suoi errori. >> Cosa voleva dire con quello? La spiegazione non tardò ad arrivare, lasciando disorientata e dispiaciuta Ib. << In me, Weiss riversò tutte le sue delusioni e il suo odio, prosciugando il proprio corpo; mi mise poi a guardia degli altri ritratti folli, pensando di aver risolto il problema… E in effetti era così. Ma poi pensò che non fosse abbastanza, e pieno di speranza, scolpì la Dea, mettendola a guardia degli altri quadri assieme a me…>>
Adesso Ib capiva perché le personalità delle due opere fossero così diverse, ma anche molto simili; entrambi erano nati dopo che Guertena avesse recuperato il senno e avesse ripreso a vedere la luce nei propri lavori, però Fry era pessimista, essendo nato dal dolore e la delusione rimasti di Guertena, mentre Minerva era piena di speranza. Era strano vederli a quel modo, ma potevano essere considerati “fratelli” o “anime gemelle”, per qualche motivo… Una cosa che ancora Ib non capiva era cosa avesse causato quella depressione nell’artista, tanto da fargli quasi abbandonare il suo lavoro. << Ma che cosa è successo di tanto terribile, da segnare così profondamente il Maestro? >> Chiese sperando di ricevere una risposta esaustiva.
Il Guardiano la squadrò con un sopracciglio inarcato. << Un lutto. >> Rispose con tono serio. << Guertena perse qualcuno molto importante, forse un’amante o un parente… >> Sembrava sapere poco anche lui, ma se riusciva a ricordarlo Fry, che portava solo un riflesso dei ricordi e delle emozioni di Guertena, allora perché lei non ne sapeva nulla? Nei libri che aveva letto non aveva mai sentito parlare di parenti o amanti del Maestro, solo ipotesi; la vita privata di Guertena era quasi completamente sconosciuta, infatti…
<< Capisco… >> Mormorò annuendo. << Grazie per avermi raccontato questo, ma… >> C’era ancora qualcosa che non riusciva a comprendere. << Perché parli di lui come se lo odiassi? >> Chiese a un certo punto.
Fry sembrò sorpreso. << Non odio il mio creatore. >> Disse con un sorriso leggero sul volto. << Penso solo che non fosse perfetto, e che abbia sbagliato tante volte. >>
<< Per esempio? >> Chiese Ib cercando di metterlo alla prova.
<< Per esempio, non avrebbe dovuto ritrarre me. >> Rispose con voce seccata l’uomo, che rivolse un’occhiataccia alla ragazza. Ib si sentì improvvisamente sotto pressione e sentì come se Fry ce l’avesse con lei; se non si fosse messo a ridere poco dopo, avrebbe pensato di aver detto qualcosa di sbagliato. << Lascia perdere… >> Disse scuotendo la testa e agitando una mano. << Hai compiuto la tua missione; dovresti tornare dal tuo amico, ora. >> La incitò con un sorriso.
Era vero, quasi se ne dimenticava. << Grazie ancora, Fry! >> Disse facendo un piccolo inchino al quadro, che rispose con un cenno impercettibile accentuato dal battito di palpebre dell’uomo. Fece per voltarsi e uscire dalla stanza, ma la voce del Guardiano la chiamò un’altra volta.
<< Ib. >> Chiamò facendola voltare di nuovo.
<< Sì? >> La risposta di Ib.
L’uomo sembrava indeciso. Nonostante non ci fosse molta luce, Ib vide che le sue guance si erano colorate di più, spiccando sulla sua carnagione pallida. << Tornando indietro, potresti recapitare un messaggio a… Minerva? >> Chiese esitando un momento prima di pronunciare il vero nome della Dea.
Ib aveva fatto lo stesso per la scultura, perché non avrebbe dovuto farlo per lui? << Certo, cosa devi dirle? >>
Fry esitò alcuni istanti, inspirando ed espirando con calma; attese di poter riacquistare il controllo prima di parlare. << Dille semplicemente: “forse”. >>
Ib lo fissò in silenzio per alcuni secondi. << “Forse”? >> Ripeté chiedendo conferma. La risposta dell’uomo fu un semplice cenno. << Capirà. >> Aggiunse un attimo dopo guardando la porta bianca della grande sala con i quadri pazzi dall'altra parte. Ib si girò per tre quarti guardando la stessa porta con aria di mistero. Non aveva idea di cosa volesse dire quella parola, ma pensò che avesse qualche significato per loro due; avrebbe voluto sapere di più su quei due, avrebbe voluto conoscere la loro storia e la loro relazione, ma si rese conto di non essere a casa sua e di non stare leggendo un romanzo; lì molte cose erano destinate a rimanere un mistero, e Ib non avrebbe potuto cambiare le regole. Sarebbe stato scortese chiedere altro al Guardiano, quindi decise di accettare tutto così, congedandosi da lui per l’ultima volta.
<< Grazie di tutto, Fry. >> Disse ancora una volta sorridendo, ricevendo un sorriso in risposta da quell’uomo così freddo e cinico; anche lui aveva un cuore, sotto sotto…
<< Buona fortuna, Ib. >> La salutò mentre si voltava e apriva la porta che l’avrebbe riportata nella prima sala, quella dalle pareti bianche e le numerose colonne con appesi sopra i quadri folli.
La sala era proprio come la ricordava Ib: ampia, luminosa, affollata, rumorosa… Ma c’era qualcosa di diverso, adesso che aveva compiuto la sua missione; sentiva come se quei quadri folli e desiderosi di vederla morta non potessero farle nulla ormai. Avanzava lentamente con un sorriso fisso stampato in volto, diretta verso il centro della stanza, dove la Dea attendeva seduta sul suo piedistallo. Quando la vide arrivare, si aprì un largo sorriso sul suo volto, e la donna si alzò per accoglierla. << Ce l’hai fatta! >> La salutò allargando le braccia per stringerla.
Ib accettò quell’abbraccio lasciando che il calore della donna la rincuorasse. << Grazie per avermi dato fiducia… >> Mormorò lei in quel momento.
Minerva la guardò sorridendo. << Sono davvero contenta che tu sia tornata sana e salva… >> Sussurrò trattenendo una sorta di pianto. Era davvero emozionata.
Ib sorrise abbassando lo sguardo. << Sono stata aiutata un po’… Non ce l’avrei fatta da sola. >>
<< E’ per questo che sapevo che ce l’avresti fatta! >> Disse la Dea con tono di incoraggiamento. Ib non capì. << Ho visto qualcosa in te che non avevo mai visto in nessun altro soggetto: non sei come una delle opere della galleria, ma non sei nemmeno come un normale umano; tu sei capace di farti amica qualsiasi creatura! >>
Ib sentì la propria autostima crollare. Non era vero. Non era in grado di farsi amici, eppure sentiva che quella donna avesse in qualche modo ragione… Aveva subito conquistato la sua fiducia, quando l’aveva incontrata, il Guardiano non era stato molto amichevole, ma alla fine si era lasciato avvicinare dalla ragazza e le aveva parlato di tante cose personali; Sorriso Ciclopico doveva essere più espansiva di loro, ma in ogni caso doveva essere stata la personalità di Ib a farla aprire così tanto a lei, a farla affezionare a quella ragazza con cui non aveva mai parlato prima… Persino i dipinti della sala bianca, adesso sembravano meno scontrosi verso di lei. << Forse hai ragione… Non lo so. >> Mormorò in risposta lei.
La Dea si sorprese. << Come? Tu sei così, ti viene naturale trovare degli amici sinceri, e non c’è niente che ti possa fermare, nonostante creda di sì. >> Quelle parole la riempirono di determinazione; era vero, la ragazza temeva molte cose e pensava di non essere all’altezza di molte prove, ma allo stesso tempo, quello diventava un incentivo per superare gli ostacoli che si ponevano fra lei e il suo traguardo. La Dea lesse sul suo viso quando Ib comprese quella cosa. << E’ un grande dono, Ib. Devi sapere come usarlo per fare del bene. >>
Come poteva aiutarla a fare del bene, riuscire a farsi amici? Ib non capì il nesso tra le due cose, ma lasciò perdere, giurando di tornarci una volta finita quell’avventura. << Grazie. >> Disse sorridendo sinceramente.
Minerva sorrise di nuovo stringendole le spalle con forza. << Hai portato il mio messaggio al Guardiano? >> Chiese con tono dolce. Ib annuì vigorosamente.
<< Mi ha anche dato una risposta. >> Disse con il tono di qualcuno che aveva qualcosa da consegnare; solo che lei doveva solo dire a voce quel messaggio. << Ha detto: “forse”. >> Quella risposta lasciò sconcerto sul volto della Dea, che sembrò assentarsi per alcuni istanti. << Non so cosa voglia dire, ho pensato che fosse qualcosa che solo voi possiatecomprendere
Però stava sorridendo, quando mi ha dato il messaggio. >> Aggiunse con vitalità alzando un dito.
L’attenzione della Dea tornò sulla ragazza. << Sorrideva? >> Chiese incredula. Ib annuì contenta. A quel punto, la ragazza vide un graduale ma inesorabile cambiamento sul viso della donna; il suo stupore si tramutò in gioia in pochi istanti, mentre gli angoli delle sue labbra cambiavano verso e le sue palpebre si sollevavano di più. Anche la sua voce divenne più squillante e non riuscì a trattenersi dall’abbracciare con forza Ib, che non capì il motivo di quella reazione. << Grazie mille, Ib! Grazie! >> Esclamò quella con sospiri gioiosi.
La ragazza vide delle lacrime scendere dai suoi occhi, mentre le parole scorrevano veloci e uscivano dalla sua bocca confondendo Ib. In conclusione, la donna era felice di aver ricevuto quella risposta dal Guardiano, e la sua gioia sembrava essere tale da non poter essere contenuta; sembrò trasmettersi anche ai quadri circostanti, che sorrisero leggermente guardando quella scena così dolce.
Ib non aveva ancora capito cosa fosse successo, ma all’ennesimo ringraziamento della Dea, non poté non rispondere così:<< Grazie a te, Minerva! Grazie per avermi capita. Mi hai fatto capire un sacco di cose, e non solo tu… Ho capito che qui ci sono tantissimi animi buoni, si nascondono, ma possono venire fuori se riesco ad aiutarli. >> Sembrava quasi che le parole della Dea avessero fatto effetto.
<< Sì! Sì! >> Ripeté la donna stringendole entrambe le mani con forza. << Puoi fare quello che vuoi, proprio come hai fatto oggi! E grazie a te tornerà tutto come prima! >> Esclamò gioiosa.
Ib si fermò. << Cosa intendi? >> Chiese perplessa.
La donna arrossì e cercò di nascondere quella reazione. << Un tempo, io e Fry vegliavamo insieme su questi quadri… >> Fece un gesto ampio per mostrare i dipinti appesi nella sala. << Ma eravamo troppo diversi, e questo compito richiedeva due guardiani che potessero concentrarsi: così, alla fine, Fry si allontanò da me, relegandosi in quella stanzetta buia, dicendo di non poter restare a contatto con loro; ma in realtà non voleva rimanere assieme a me… >> La sua voce si intristì. << Eravamo sempre in disaccordo, e questo secondo lui avrebbe migliorato le cose. Non voleva farmi del male con la sua personalità, e allora si inventò qualche stupidaggine di dover “controllare l’uscita” o qualcosa del genere… >> Ib adesso capiva perché, pur essendo il “Guardiano”, Fry stava così lontano da quei quadri. << Così sbloccò la prima porta, della quale aveva la chiave, e non lo rividi più… >>
Ed ecco perché la prima porta era aperta: Fry aveva la chiave, ed era stato lui ad aprirla tempo addietro, così che non risultasse necessario trovare una chiave per passare, come per le altre porte… << Quindi voi… >> Mormorò Ib con voce sognante. << Eravate fatti per stare assieme… >>
<< Lo pensi anche tu? >> Chiese la Dea sorridendo. Sospirò girando attorno al proprio piedistallo. << Anche se siamo stati creati in due momenti distinti, e siamo nati così diversi l’uno dall’altra, credo che anche nostro padre volesse vederci assieme… >>
Ib sorrise non sapendo cosa dire; quel modo in cui chiamò il proprio creatore la lasciò senza parole. In effetti Guertena era come un padre per quelle opere, ma era stato detto così per usare un sostantivo a caso, oppure c’era un significato più profondo in quel nome?
La Dea sembrò ricordarsi di qualcosa, e dopo essersi poggiata al piedistallo si voltò per prendere un oggetto alle sue spalle. << Oh, quasi dimenticavo… >> Fece girandosi. Quando tornò a rivolgersi verso la ragazza, Minerva teneva in mano una rosa blu in condizioni decenti.
Ib la guardò stupefatta, riconoscendo immediatamente il colore della rosa del suo amico Garry.
<< L’ho trovata qui per terra, prima… Ho pensato che forse sarebbe stata più utile a te… >> Spiegò porgendogliela senza farsi nessun problema. Avrebbe potuto essere finta, avrebbe potuto essere una trappola, ma sia la Dea che Ib credevano che fosse una vera rosa, e la ragazza sapeva già a chi appartenesse.
La accettò fissandola ancora con stupore e cominciò ad esaminarla con perizia; cercò di capire quanti petali mancassero, se fosse veramente in buone condizioni e se portasse con sé qualche indizio sullo stato di Garry. Vedendola così scrupolosa nel suo controllo, la Dea sorrise. << E’ di qualcuno che conosci? >> Le chiese.
Ib non esitò nemmeno un secondo; alzò lo sguardo e:<< Sì. >>
Minerva sorrise. << Allora vai a cercarlo, e tienila sempre con te! >> Le disse facendole un cenno con la mano, indicandole la porta da cui era arrivata la prima volta. Ib seguì con lo sguardo il suo movimento della mano e tornò a guardare con stupore la donna. Finiva così? Aveva incontrato tantissime opere di Guertena, ma quelle non la volevano morta; la Dea le aveva addirittura consegnato la rosa del suo amico. Che cosa stava succedendo laggiù?
<< Grazie, Minerva. >> La ringraziò lei stringendosi alla donna un’ultima volta.
<< Forza, non temere. >> Le sussurrò dolcemente quella, stringendola con forza al proprio petto. Le dispiaceva doverla salutare, ma era così che doveva andare tra loro; non avrebbe saputo la fine della storia di Minerva e Fry, ma avrebbe potuto immaginarla, avrebbe sognato un futuro roseo e bello per tutti e due. Ora doveva lavorare per il proprio futuro e quello dei suoi amici, e adesso che aveva con sé la rosa di Garry, tutto sembrava più facile…
Padre… Quella parola echeggiò nella mente di Ib per molto tempo, anche dopo essersi congedata dalla Dea per l’ultima volta. Era così che quelle opere vedevano Weiss Guertena: un padre. Era quello che gli aveva dato la vita e gli aveva permesso di passarla in quel luogo, in qualche modo… Forse non era stato un padre presente, ma da quello che aveva capito, Guertena aveva cercato di interagire con loro in qualche modo, di aiutarli a vivere meglio… Così come tutti quei dipinti andati male: non li aveva abbandonati; vi aveva messo dei “fratelli” a vegliare su di loro, così che potessero essere controllati…
Una lacrima attraversò la guancia della ragazza nel momento in cui mise la mano sul pomello della porta. Lui era stato un padre premuroso e buono, e lei aveva trucidato una delle sue figlie… Guertena l’avrebbe odiata per quello.
Decise di non pensarci e spinse la porta, chiamando il nome del signor Elias, sperando di trovarlo sano e salvo nella stanza.

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Capitolo 17
*** Un papà ***


Garry fece una smorfia di dolore quando Mary gli tirò via le bende dalle ferite. Le garze pizzicavano un po’ al contatto con i tagli, ma grazie a quelle era riuscito a riprendersi; anche se le ferite erano ancora visibili, non si trattava di niente di grave ormai.
<< Oh, non fare il bambino! >> Esclamò stizzita Mary, che era già infastidita dal fatto di doverlo aiutare a togliersi quelle bende.
<< Sembra che tu sappia il fatto tuo… >> Commentò Garry ghignando per nascondere una smorfia.
Mary si alzò da terra e si voltò per buttare via le bende macchiate di sangue. << In realtà, l’unico motivo per cui so come fare queste cose è perché alcune volte mi sono ritrovata a dover ricucire le mie bambole… >> Garry pensò di non aver avuto bisogno di punti di sutura, fortunatamente: una bambola non era esattamente la stessa cosa di un corpo umano. << E spesso rinforzavo le loro braccia con dei nastri; così erano anche più carine! >>
Il ragazzo pensò a una di quelle strane bambole con dei nastri colorati legati alle braccia. Non riusciva a immaginarlo senza ridere. << Dì la verità: sei stata tu a darmi queste bende. >> La stuzzicò lui facendo roteare un braccio per saggiare l’elasticità della spalla.
<< Ancora con questa storia? >> Fece lei girandosi verso di lui per tre quarti. << Non so di cosa parli! >> Esclamò facendogli la linguaccia.
<< Certo, certo… >> Borbottò Garry rialzandosi e mettendosi il cappotto addosso. << Però sento come se avessi una sorta di istinto… >> Mormorò tra sé e sé, facendosi sentire da Mary.
<< Ma davvero? >> Fece quella ghignando sarcastica. << E che tipo di istinto sarebbe? >> Chiese avvicinandosi e mettendosi le mani ai fianchi.
Garry esitò un attimo per farla attendere un po’. << Materno. >>
Lo schiaffo che ricevette fu talmente veloce che il suono arrivò un attimo dopo del bruciore alla guancia. Garry cadde a terra di nuovo e la ragazza gli urlò contro. << Ma sei scemo? Sei fortunato che non ho voglia di sporcarmi, altrimenti non te la saresti cavata così! >> Si voltò piantandosi le mani nei fianchi. << E poi io non l'ho mai avuta, una mamma
… >>
Garry si rialzò dolorante toccandosi la guancia rovente con una mano. Scherzava, non era veramente arrabbiata; lo vedeva dai suoi occhi. << Però devi ammettere di essere molto premurosa con quelli a cui tieni… Proprio come una madre >> Tentò di dire raddrizzando la schiena.
<< Certo! Perché non dovrei? >> Sbottò lei, infastidita da quella parola.
Garry sorrise. << Mi hai anche salvato da quella strega, prima… >> Con quelle parole, la bambina si congelò lì di fronte a lui. Sgranò gli occhi e non si mosse aspettando che il ragazzo continuasse, così da trovare un modo per uscire da lì. Ma Garry non avrebbe continuato, e allora Mary dovette inventarsi qualcosa.
<< Sei… >> Balbettò ringhiando. << Sei davvero fastidioso! >> Fece infine voltandosi, facendo sibilare la lama della spada che aveva raccolto da terra un attimo prima. << Non mi interessa se muori o no! L’importante è che tu mi porti dove voglio arrivare! >> Sbottò senza rivolgergli lo sguardo.
<< Ovvero, da Ib… >> Disse lui con un sorriso pieno di divertimento.
Mary voltò lanciandogli un’occhiataccia. << Anche se fosse, cosa te ne importerebbe? >> Chiese a denti stretti avvicinandosi a lui.
Il ragazzo avrebbe avuto un milione di ragioni per poter risponderle in modo affermativo, ma preferì lasciare la domanda in sospeso. << Vuoi rivederla… >> Mormorò sorridendo dolcemente.
A quel punto la bambina perse il controllo e cominciò a sbattere i piedi a terra e ad agitare le braccia. << Sì, voglio vederla! C’è qualcosa di strano? E’ forse vietato? >> In quel momento Garry vide Mary non come un’abitante di quel mondo, un ritratto che non avrebbe dovuto parlare, ma come una bambina con le sue incertezze e i suoi desideri. Sentì una profonda pietà, rendendosi conto che forse, quella bimba non fosse tanto cattiva.
<< Scusa, Mary… >> Mormorò sentendosi in colpa per averla presa in giro. << E’ solo che… Penso non ci sia nulla di male nel mostrare i propri sentimenti per come sono realmente. >> Cercò di dire sperando che Mary non lo fraintendesse.
Si sarebbe aspettato un altro schiaffo, qualche giustificazione che avrebbe detto: “credi che io mi vergogni a mostrare i miei sentimenti?” Non era tanto difficile da immaginare, ma Garry fu sorpreso quando la bambina rimase in silenzio. Cercò di intercettare il suo sguardo, ma i suoi occhi erano bassi. << Non ho mai avuto nessuno come me… >> Sussurrò con la voce rotta dal pianto. A quel punto Garry capì che stava piangendo. << Quando è arrivata lei… E’ stato come se qualcuno mi donasse una nuova vita. >>
Garry non avrebbe voluto vederla piangere; avrebbe preferito essere picchiato ancora, piuttosto che sentirsi responsabile per aver fatto piangere una bambina. << Stai bene…? >> Provò a chiederle avvicinandosi piano.
Mary scoppiò tutto a un tratto. << E TU ME L’HAI PORTATA VIA! >> Urlò rivolta a Garry, lanciandosi addosso a lui e colpendolo al petto con i piccoli pugni stretti con forza. Garry fu talmente sorpreso che cadde all’indietro e si ritrovò con la piccola Mary sopra di lui. << Lei era diventata mia amica, era buona con me… E tu… E tu l’hai trascinata via con te! >> Esclamò continuando a colpirlo, senza però fargli male; quei colpi miravano più a scaricare la bambina dalla tensione, piuttosto che a ferirlo. << Sarebbe stato così bello, qui da noi, e anche nell’altro mondo…! >> Si interruppe all’improvviso abbassando la testa e smettendo di colpire il corpo del ragazzo. Garry ne approfittò per respirare. << Ma immagino che ognuno debba rimanere al suo posto… >> Mormorò senza tono un istante dopo.
<< Cosa…? >> Balbettò Garry confuso. << Ascolta, Mary: capisco che tu possa esserti affezionata a Ib, ma togliere di mezzo me non era sicuramente la scelta migliore! >> Esclamò tirandosi su con la schiena e lasciando che la bambina giacesse in mezzo alle sue gambe. Mary aveva un aspetto triste, sconsolato; lanciò un’occhiataccia a Garry. << Chi ti dà il diritto di togliere la vita a qualcuno? >> Le chiese cercando di farla ragionare.
<< Ma tu avevi già vissuto a sufficienza una vita degna di essere chiamata tale! >> Ribatté prontamente lei ad alta voce. << Io invece… >> Si sconfortò e spostò lo sguardo. << Io non ho mai avuto niente di quello che avete avuto voi! >> Piagnucolò imbronciata.
Garry era dispiaciuto, sapeva di avere ragione, ma in parte anche il discorso di Mary era giusto. Una bambina come lei, poi, non poteva capire realmente quanto valesse una vita, per lei sarebbe potuto sembrare tutto molto più facile… Cercò di assumere una posizione più comoda, ma la ragazzina in braccio a lui gli rendeva i movimenti difficili. << Ascoltami… Che cosa credi che ti manchi? >> Le chiese, volendo sapere come cominciare.
Mary, che aveva cominciato a strofinarsi gli occhi con violenza, mise le mani giù e rivolse uno sguardo triste al ragazzo. Inspirò con il naso tappato e mormorò:<< Sono sola… >>
Era vero, e Garry non poteva farci niente al riguardo. Mary non aveva nessuno lì, e per quanto potessero valere le bambole che la circondavano, non potevano essere la stessa cosa di un’amica reale. Garry sospirò. << Ecco, ma che cosa ti fa sentire sola? Non hai amici? >> Chiese.
Mary abbassò lo sguardo pensando un poco alla risposta. << Io ho amici… Ma… >> Mormorò senza sapere cosa dire. In realtà lei sapeva cosa dire, ma non sapeva se potesse farlo. Fu Garry a dirlo per lei.
<< Ma pensi che non siano abbastanza, vero? >> La bambina alzò lo sguardo incredula, prima di lanciargli un’occhiataccia furiosa. Alla fine, però, annuì con sconforto nel viso.
<< Sì. >>
Garry alzò un dito. << Per questo Ib è così importante: diversamente da tutti gli altri qui dentro, lei è più simile a te, e riesci a vedere in lei una più grande amica… >>
Mary annuì, ma sembrò voler precisare una cosa. << Non è solo questo… >> Mormorò alzando lo sguardo. Garry la guardò interrogativo. << Quando ci incontrammo la prima volta… Lei non mi rifiutò. >> Disse.
<< E’ normale… >> Cominciò Garry, volendo precisare che si trattasse di una situazione che avrebbe messo insieme anche cani e gatti, ma la bambina ci tenne a concludere subito la sua riflessione.
<< Non in quel senso! >> Disse agitando le mani davanti al proprio viso. << Lei non sapeva che io fossi un… >> Sembrò pronunciare a fatica quella parola. << Un dipinto… Eppure pensavo che sarebbe stata spaventata di me… Invece no; lei mi ha accolta subito come un’amica. >> Sussurrò quelle parole con stupore, come se non riuscisse ancora a credere che fosse andata così.
Garry strinse le spalle sorridendo. << E’ tipico di Ib. >>
<< E’ speciale. >> Gli fece eco Mary, perdendosi con lo sguardo nel vuoto. Garry sorrise alla bambina e le scompigliò i capelli affettuosamente. In realtà sembrò strano, anche Mary gli rivolse uno sguardo perplesso toccandosi la testa, ma non si pentì di averlo fatto.
<< E invece, che impressione ti ho dato io, la prima volta che mi hai visto? >> Chiese qualche secondo dopo girando lo sguardo da un’altra parte. Aveva un po’ di paura a sentire il giudizio di Mary, ma a quel punto si era incuriosito.
Mary lo squadrò, quasi come se stesse cercando un modo per descriverlo con una sola parola. << All’inizio ho pensato che fossi fortunata ad avere anche te… >> Cominciò guardandolo con un sopracciglio inarcato. Garry si sarebbe aspettato di peggio… << Perché così sarei potuta uscire assieme ad Ib. >> Concluse la frase.
Garry assunse un sorriso forzato per non dare soddisfazione a Mary, che lo stava stuzzicando con un sorrisetto. Avrebbe dovuto aspettarselo…
Anche Mary sorrise soddisfatta per essere riuscita a spiazzare il ragazzo, ma alcuni secondi dopo il suo sorriso si addolcì. << Ti odiavo, perché eri così deciso a fare l’eroe… >> Gli confessò a bassa voce accarezzando il suo vecchio cappotto. << E ti odio ancora, sia chiaro! >> Si affrettò a precisare alzando un dito e inasprendo immediatamente lo sguardo.
Garry strinse le spalle per rispondere.
Mary sbuffò. << Però… Dopo avermi fatta rinascere, sei stato diverso… >> Mormorò quasi timorosa di dire quelle parole. Garry ascoltò con attenzione, curioso di conoscere quella parte. << Pur essendo un completo idiota… E’ come se fossi stato più buono con me… Mi sono divertita, in un certo senso… >> Alzò lo sguardo abbozzando un sorriso. Garry ripensò al momento in cui aveva deciso di portare sulle spalle Mary; nonostante avesse protestato vivacemente, Garry era riuscito a intravedere nel viso della bambina un leggero sorriso.
Piegò un labbro vedendo quanto fosse imbarazzata Mary in quel momento. << Come mai? >>
Mary arrossì non sapendo come descrivere quella sensazione. << Non lo so… Mi sono sentita bene, credo…! >> Borbottò scuotendo la testa. << Come se ci fosse stato qualcuno pronto a proteggermi e a farmi stare meglio… >>
<< Come un papà? >> Chiese Garry, suscitando lo sconcerto nel viso di Mary.
<< Non… Lo so… >> Rispose lei tristemente.
Garry si fece cupo. << Non hai mai avuto un padre? >> Certo che no. Mary aveva sempre vissuto da sola nel Mondo di Guertena, l’unica persona che avrebbe potuto chiamare padre era morta.
<< Io… Non lo so. Ho dei ricordi confusi, ma… >> La bambina sembrava in difficoltà, come se trovare una risposta a quella domanda richiedesse un grande sforzo mentale.
Garry la fermò. << Neanche io ho un papà. So come ti senti. >> Le confessò con tono dolce. Mary lo guardò incredula. Anche gli umani non avevano i papà? Pensava che succedesse solo lì…
<< Non ce l’hai? >> Chiese con un filo di voce. << E come hai fatto a crescere? >>
Nella sua voce c’era una grande incertezza, sembrava che Mary dovesse mettersi a piangere da un momento all’altro. Garry cercò di parlare per mantenere il controllo sul suo umore:<< Bè… Mi ha cresciuto la mia mamma… E poi ho dovuto imparare da solo come diventare un adulto. >> Ecco in poche parole il riassunto della sua vita. Si rese conto di non aver molto da dire…
Mary sembrò sconfortarsi nuovamente. << Io non ho nemmeno una mamma… >> Mormorò abbassando lo sguardo, ripetendo ciò che aveva detto prima.
Sentendo di non essere riuscito a farla stare meglio, Garry cercò di rassicurarla un altro po’; le mise una mano sulla spalla e le fece alzare lo sguardo. << La mia mamma non c’è più: se n’è andata quando diventai adulto, ma non significa che non mi abbia voluto bene; è sempre rimasta a guardarmi dall’alto, a vegliare su di me… >> Sorrise. << Proprio come il tuo papà. >>
Gli occhioni azzurri di Mary si inumidirono. << Dici davvero? >> Chiese con voce tremante.
Garry annuì. << Davvero. >> Continuò a parlare:<< Chi ci vuole bene non ci abbandona mai, rimarranno sempre a vegliare su di noi. >>
Un altro dubbio si fece spazio nella mente della bambina, che tornò ad essere pessimista dopo aver quasi pianto. << Ma… Io non sono una bambina normale… >> Disse. << Io non ho un papà o una mamma. >>
Garry piegò un labbro in disappunto. << Hai detto di avere dei ricordi di tuo padre. >> Cominciò. Mary annuì, mormorando che fossero perlopiù misere reminescenze che veri e propri ricordi. << Però ci sono! >> Fece lui puntandole un dito al petto. << Anche se non lo ricordi bene, c’è; che cosa senti quando ci pensi? >>
Mary lo fissò confusa per alcuni secondi. Quando la domanda raggiunse il cervello della bambina, chiuse gli occhi inspirando profondamente, cercando di immaginare o di ricordare le sensazioni che le davano quei ricordi confusi. Quando riaprì gli occhi non parlò, si limitò a fissare con sguardo di ghiaccio il viso del ragazzo, inquietandolo; poi, lentamente, si sporse in avanti e gli cinse il petto con le braccia, abbandonando il proprio corpo al sostegno di quello di Garry. << Caldo. >> Mormorò beatamente chiudendo gli occhi. << Un calore piacevole che mi riempie il petto e mi fa venire i brividi… E poi, qui… >> Alzò la testa e si indicò il viso. << Non riesco a non sorridere. >> Concluse incurvando leggermente le labbra in un sorriso puro.
La bambina tornò ad abbracciare Garry, quasi come se fossero diventati amici. Il ragazzo pensò di non interrompere quel momento che avrebbe fatto sicuramente del bene a lei e cercò di darle un po’ più di calore stringendola a sé, a sua volta. << Sei stanca… Riposiamoci un po’ qui. >> Disse per prendere tempo.
Il corpo di Mary sussultò e in un primo momento, Garry pensò che avesse annuito in risposta alla sua proposta, ma poi si rese conto che quel movimento era ripetuto e continuo; un debole lamento cominciò a provenire dalla faccia della bambina, che affondava tra i vestiti del ragazzo. Stava piangendo. Garry non capì come fosse possibile, e soprattutto perché lo stesse facendo, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu cullare delicatamente il corpicino della bimba per farla calmare.
Non aveva mai visto Mary in quello stato; non pensava che potesse provare simili emozioni, quella bambina, eppure era così. Si era messa piangere dopo aver parlato di suo padre, Weiss Guertena. Era sola, non aveva mai avuto nessuno, e doveva essere davvero insolito per lei potersi confidare così con qualcuno – che poi si trattava praticamente di un estraneo… Anche Garry non riusciva a credere di aver parlato così facilmente della propria famiglia; di solito non toccava mai quell’argomento, nemmeno con Ib, ma questa volta gli era venuto naturale, come se fosse la cosa giusta da fare, come se avesse già saputo che sarebbe servito a qualcosa…

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Capitolo 18
*** Di nuovo in marcia ***


Ib aprì la porta e si ritrovò di fronte una scena surreale. Al centro della stanza se ne stava girato di spalle il signor Elias, che sembrava guardarsi intorno con interesse, mentre ai suoi piedi zampettava Bianca; poco distante da loro due c’era uno strano scrigno di vetro che alzava e abbassava il suo coperchio mostrando grandi denti affilati, come se si trattasse di una bocca; le pareti colorate di un azzurro vivace erano decorate con immagini dei pianeti del sistema solare, e sembravano essere vive. In un angolo si potevano vedere il cappotto che Ib aveva dato ad Elias e il cuscino che aveva usato per dormire, ripiegati con cura. L’uomo aveva quella fasciatura fatta con i capelli della ragazza a tenergli il fazzoletto che premeva ancora sulla ferita, ormai guarita. Si voltò sentendo la porta chiudersi alle proprie spalle, e quando vide Ib il suo viso di illuminò.
<< Ib! >> Esclamò sollevato di vederla sana e salva.
Ce l’hai fatta! Gli fece eco Bianca mentre i due si avvicinavano alla ragazza, ancora confusa su quello che stesse succedendo. Pensava che Elias ci avrebbe messo un po’ per riprendersi completamente, ma sembrava che non fosse mai stato meglio in quel momento.
<< Signor Elias… >> Mormorò guardandolo incredula. I suoi occhi si posarono sulla fasciatura che aveva rudemente applicato alla ferita; quelli erano i suoi capelli, com’era possibile che Elias Dawson non provasse disgusto nel tenerli addosso a sé?
L’uomo sembrò intuire i suoi pensieri e sorrise imbarazzato. << Mi dispiace molto di averti costretta a tanto per tenermi in vita… >> Ib lo guardò incredula, ancora stralunata. All’improvviso sentì l’irrefrenabile bisogno di avere contatto fisico con un umano e si lanciò addosso a lui, stringendolo con forza. Era come se gli fosse grata per non essere morto, per aver creduto in lei, ma avrebbe anche potuto essere semplicemente un crollo emotivo che l’avrebbe portata a cercare affetto da qualcuno, dopo l’avventura che aveva appena vissuto.
Elias non seppe cosa dire. << Ehi… >> Mormorò imbarazzato cercando di non scacciare la ragazza, ma facendo attenzione a non fare movimenti bruschi; forse era ancora un po’ dolorante. << Non fare così, adesso… Sei stata grandiosa. >> Le sussurrò affettuosamente.
Ib non riuscì a trattenere le lacrime e cominciò a singhiozzare addosso alla camicia dell’uomo. << Non lo faccia più… >> Lo supplicò piangendo. Non voleva che si facesse male un’altra volta e rischiasse di morire di nuovo, oppure non voleva rimanere ancora da sola? C’era un misto di egoismo e affetto in quel pianto.
Non sapendo come reagire, Elias si limitò ad accarezzarle la testa con affetto. Sopraggiunse Bianca, che dalla spalla dell’uomo esclamò: Ib! Sei tornata!
Ib si rese conto di starsi comportando in modo inopportuno e decise di mollare la presa; si concentrò sulla formica bianca e le sorrise. << Ci sono riuscita, Bianca! >> Disse ammiccando.
Io lo sapevo! Le rispose con tono gioioso quella. Fece un paio di saltelli sulla spalla di Elias e scese lungo il braccio per raggiungere il viso di Ib. Tu puoi fare qualsiasi cosa! Le disse tutta eccitata.
Ib allargò il proprio sorriso. << Anche tu, Bianca. La prossima volta ci sarai tu con me! >> Le disse trattenendo delle urla di gioia. Ora che si era liberata di quel peso riusciva a ridere, riusciva a respirare a pieni polmoni e si sentiva finalmente in grado di superare gli ostacoli.
Il signor Elias abbassò lo sguardo e notò la stoffa insanguinata e stretta attorno alla sua caviglia. << Ti sei ferita…? >> Chiese preoccupato.
Ib si guardò il piede. Si era completamente dimenticata di quella cosa; aveva ignorato quel dolore fino a quel momento, pensando di non potersi permettere di perdere la concentrazione. In realtà non faceva molto male, ma ora che Elias glielo aveva fatto notare, quella ferita aveva ricominciato a darle un po’ di fastidio. << Non è niente. >> Mentì Ib con un sorriso. << Mi sono fatta male prima, quando stavamo scappando da Abisso del Profondo, ma ora è tutto a posto. >>
Elias sembrò incupirsi e abbassò lo sguardo con tristezza. Si fissò su quella sua ferita, la gonna strappata per tamponare il taglio e le sue gambe che avevano preso a tremare da qualche istante, dopo essersi finalmente rilassata. << Hai un aspetto terribile… >> Mormorò alzando di nuovo lo sguardo all’altezza del suo viso. Anche quei capelli così corti erano un grande cambiamento, e il signor Elias non poteva fare a meno di pensare che fosse tutto quanto colpa sua.
<< Buffo. >> Ribatté Ib pimpante, dando poca importanza al commento; sembrava davvero cambiata, dopo quell'avventura
<< E’ la stessa cosa che mi hanno detto prima… >> Ripensò al Guardiano per un momento; era così che l’aveva accolta nella sua stanza.
Nonostante l’uomo volesse parlare delle condizioni della ragazza, riuscì a comprendere il suo desiderio di non parlarne; Ib sembrava voler ignorare la propria debolezza e continuava a comportarsi come se niente fosse, sperando forse che passasse dopo un po'. Pensò quindi di lasciar perdere, per il momento… << Non riesco a credere che tu abbia davvero corso così tanti pericoli per me… >> Mormorò pensieroso.
Ib sorrise avvicinandosi ad Elias. << Ha fatto tanto per me… Se non ci fosse stato lei, a quest’ora io non sarei qui. Quindi… Dovevo farlo. >>
Elias sorrise a sua volta portandola un po’ più vicino al proprio corpo. Avvicinò il viso a un orecchio della ragazza e le sussurrò:<< Sei stata grandiosa, Ib. >>
Quelle parole riempirono di orgoglio e gratitudine la ragazza, che non poté non sorridere commossa dalla fiducia del signor Elias. Quel momento durò poco, quando i due furono interrotti dalla piccola formica bianca che volle parlare con Ib. Ib! Mentre eri via abbiamo fatto conoscenza con loro… La condusse al centro della stanza per farle vedere i pianeti sui muri e quello strano scrigno con i denti. Ib ricordava i pianeti di Nascita della Rivoluzione Copernicana e Custodia della Tentazione, ma era sempre una sorpresa scoprire che quelle opere avevano una mente propria.
Complimenti, Ib! Disse una voce proveniente dal muro, che si rivelò essere uno dei pianeti. Bianca ci ha parlato molto bene di te, e a quanto pare non si sbagliava…
Ib non sapeva cosa dire. Era la prima volta che si ritrovava a conversare con un corpo celeste. << Grazie… >> Mormorò timidamente. Il signor Elias sopraggiunse per farle coraggio, mettendosi accanto a lei.
E così hai attraversato la galleria per salvare Elias, eh? Fece un altro pianeta con tono amichevole. A quel punto Ib cercò di prendere la parola.
<< Sì, ho dovuto superare diverse prove che non avrei mai creduto possibili per me… Ho conosciuto tanti amici che mi hanno aiutata… >> Parlando di quello, Ib si sentì un po’ nostalgica ripensando a Fry, Minerva e Sorriso Ciclopico che aveva dovuto lasciare indietro, ma pensò che avrebbe potuto rivederli, una volta rimessasi in marcia.
Sentendola parlare di quello, il signor Elias si sorprese. << Amici…? >> Chiese incredulo.
Ib annuì vigorosamente. << Alcune opere di Guertena che mi hanno fatto capire tante cose… >> Alzò la mano per farvi salire sopra la piccola Bianca e la sollevò in alto. << Tutte le opere di Guertena sono infuse con il suo spirito. In qualche modo, una parte di lui vive in loro… >>
Elias si guardò esterrefatto prima di tornare a guardare la mano della ragazza.
<< Alcuni portano con sé i sogni e i bei ricordi del Maestro, altri… >> Ib si incupì. << Altri sono lacerati dal suo dolore. >> Concluse a bassa voce mentre Bianca la guardava interrogativa. << Mi hanno parlato di Guertena e di alcune cose che accaddero nella sua vita… Ma manca ancora qualcosa… >>
<< Davvero? E cosa? >> Chiese curioso il signor Elias, con gli occhi che si illuminavano.
Ma Ib scosse la testa. << Non lo so ancora. >> Rispose a bassa voce. Non poteva dare una risposta chiara; sapeva solo che tutti quei dipinti di persone impazzite fossero frutto di un periodo buio della vita di Guertena, e che in quello stesso periodo l’artista fosse impegnato con un grande progetto… Ma cosa poteva essere?
I suoi pensieri furono interrotti da una voce amichevole che provenne dalla Custodia della Tentazione. << E’ stato pericoloso? >>
Ib alzò lo sguardo interrogativa, cercando di capire chi le avesse rivolto quella domanda. << Sì. >> Disse. << Molto. >> Si lasciò sfuggire un sorrisetto nervoso. << Io stessa non so ancora come ne sia uscita… >>
Ci furono delle risatine tra i presenti e in pochi istanti la stanza piombò nel silenzio. Ib aveva una domanda per quei pianeti e lo scrigno. << Voi siete rimasti qui per tutto il tempo? >> Chiese girando su sé stessa. Ci furono diverse risposte positive alla sua domanda. << E ci avete visti arrivare? >>
Lo scrigno esitò alcuni secondi prima di rispondere. << Non proprio… Abbiamo sentito dei rumori e delle voci, ma poi c’è stato silenzio per molto tempo, fin quando non si sono accese le luci e abbiamo conosciuto Bianca ed Elias… >> Spiegò lentamente, esaurendo la curiosità della ragazza.
Ma c’era ancora una domanda che assillava Ib, e un po’ la sua possibile risposta la inquietava. << Ma perché non volete farci del male? >> Chiese con voce un po’ tremante. Era una cosa strana da chiedere, solitamente si interrogava sul perché quelle opere fossero ostili, ma quella situazione era così surreale che Ib non riusciva più a pensare che si trattasse di un caso, come con lo specchio Chan

La Custodia della Tentazione sembrò sorpresa. << Non vogliamo farvi del male perché non siamo così! >> Rise. << Insomma, puoi dire di me che sono un opportunista, un essere subdolo e senza scrupoli, ma non significa che tragga piacere nel vedere il dolore di una ragazzina… >>
Ib fu lusingata nel sentirsi definire ancora una “ragazzina”; pensava che una volta diventata adulta sarebbe stata solo una donna agli occhi del mondo, ma probabilmente si sbagliava… La sorprese sentire quelle parole uscire dalla bocca dello scrigno, ma in un certo senso se lo aspettò. Era la stessa regola che valeva per Fry, la Dea e tutte le altre opere che aveva incontrato… << “Subdolo e senza scrupoli”? >> Chiese confusa.
La Custodia della Tentazione sembrò annuire dal movimento che fece. << Sì, in fondo tengo dentro di me… >> Esitò un momento. << Dei peccati. >>
Quelle parole suonarono oscure alle orecchie di Ib, che volle saperne di più. << In che senso? Che tipo di peccati? >>
Ma lo scrigno non sembrò volerne parlare. << I peccati e i desideri segreti di Guertena… Ma… >> Si ammutolì senza più muovere le “labbra”. Ib fu delusa da quel suo silenzio e assunse un’espressione triste per trasmettere quel suo stato d’animo. Non sarebbe servito a niente, anche perché a un certo punto il signor Elias si sarebbe intromesso.
<< Comunque, ora dobbiamo andare. >> Disse con tono autoritario mettendo un mano sulla spalla della ragazza. La spinse delicatamente verso la porta guardandola con occhi severi. Che aveva fatto di male? << Grazie di tutto, ragazzi. Dobbiamo riprendere il nostro cammino… >>
Un po’ sconcertati, i pianeti al muro e la Custodia della Tentazione alzarono la voce per salutarli un’ultima volta, ma Ib ed Elias Dawson non lasciarono subito la stanza. << Quasi dimenticavo… >> Fece la ragazza cercando tra le proprie tasche. Porse la rosa bianca in fiore all’uomo, che la accettò con sorpresa. << Questa appartiene a lei. >> Gli disse ammiccando.
Proprio come al loro primo incontro, adesso era la ragazza a restituire la rosa all’uomo, ed era lui a non spiegarsi il perché quel gesto fosse così forte su di lui. Ci mise alcuni secondi a reagire prendendo la rosa dallo stelo e mettendola nella tasca dietro i pantaloni, dove la teneva sempre. Prima di farlo, però, la fissò con malinconia, comparando la sua bellezza al corpo debole e ferito della ragazza che gliela porgeva; era un tale contrasto da lasciare senza parole. Ib aveva rischiato la vita attraverso decine di pericoli per curare quella rosa e riportargliela. Lui come poteva sopportare quella vista?
<< Grazie. >> Disse tenendo basso lo sguardo. Non le parlò, sentendosi indegno di sostenere il suo sguardo, e Ib pensò che avesse qualcosa contro di lei.
La ragazza, dopo essersi ricordata della rosa bianca, si ricordò anche della rosa blu donatagli dalla Dea poco prima di tornare indietro. La tirò fuori così come aveva fatto con quella di Elias e la scrutò con mistero. L’uomo la notò e le chiese dove l’avesse trovata. << Me l’ha data qualcuno… >> Rispose con tono pensieroso.
<< Non dirmi che è quella del tuo amico… >> Disse incredulo il signor Elias. Ib annuì con poca convinzione. Non lo sapeva, ma ne era sicura.
C’erano quei petali mancanti che non riusciva a spiegarsi. Garry stava bene? Era in pericolo? Non mancavano troppi petali dal fiore, ma le condizioni della rosa davano a pensare che il ragazzo avesse avuto problemi, e chi diceva che non ne avesse ancora in quel preciso momento? Quella era una rosa da custodire con estrema gelosia e cautela, poiché il suo proprietario era assente e Ib non poteva sapere quali fossero le sue reali condizioni.
<< Dobbiamo trovarlo il più presto possibile! >> Disse risoluto Elias facendo un altro passo verso la porta. Ib stava per dire quello che era uscito dalla bocca dell’uomo, ma si limitò ad annuire con aria spaesata quando lo vide ripartire. Lo seguì con calma, allungando un braccio alle proprie spalle e chiamando la formichina:<< Bianca, andiamo! >>
Quella ebbe uno scatto repentino non appena sentì chiamare il proprio nome e salì fino alla spalla di Ib arrampicandosi sulla sua gamba.
Quando Bianca fu posizionata sulla spalla sinistra della ragazza, e Ib fu dietro il signor Elias, l’uomo poté finalmente spingere la porta della stanza e uscire da lì, ma ad aprirsi di fronte ai loro occhi non fu il paesaggio che Ib si sarebbe aspettata…

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Capitolo 19
*** Bevendo nella Notte ***


La sala che Ib si sarebbe aspettata di vedere non c’era più. Né le numerose colonne con appesi i quadri folli, né le pareti bianche e le luci abbaglianti erano più lì. Era tutto diverso; c’era poca luce e le pareti avevano assunto un colore ciano spento. C’erano delle grandi sculture al centro della sala, e Ib avrebbe potuto elencarle tutte quante.
Pietra Flessibile, Convegno Dopo la morte, Donna con Anello… Conosceva ognuna di quelle opere e sapeva tutto quanto su di loro, ma adesso non ne sarebbe stata tanto sicura.
Elias sembrò notare la sua esitazione a proseguire. << Qualcosa non va? >> Chiese girandosi di tre quarti verso di lei.
Ib scosse la testa. << E’ solo che… >> Dopo un lungo silenzio scosse di nuovo la testa. << Non importa, non lo so… >>
Sembrava confusa, e quel suo stato d’animo non fece che preoccupare il signor Elias, che però guardò avanti. C’era anche un’altra opera nella stanza, e quando la vide l’uomo sembrò bloccarsi attonito. Bevendo nella Notte, con le sue forme morbide e malleabili attirava lo sguardo di chiunque passasse, e fece sorridere Ib che ricordò come piacesse a Garry quella particolare opera di Guertena.
Un attimo dopo, quella scena di poco prima sembrò ripetersi a parti invertite. Ib notò l’inquietudine dell’uomo e gli chiese che cosa avesse. << No… E’ come se avessi visto un fantasma… >> Rispose vago lui ricomponendosi. Ib non capì cosa volesse dire e continuò ad avanzare. Si mise a girare intorno al grande bicchiere di Bevendo nella Notte e lo sfiorò con la punta delle dita. Elias si teneva a distanza dall’opera, fissandola con sguardo ambiguo, in attesa che Ib tornasse indietro.
Ma la ragazza esitava, sentendo come se ci fosse qualcosa a tenerla attaccata a quella scultura; sentiva come se Garry fosse lì.
A un certo punto udì dei suoni. Dei sospiri addolorati, ripetuti e deboli, sembravano appartenere a una giovane donna e Ib cominciò a guardarsi intorno per capire da dove provenissero. << Chi è là? >> Chiese ad alta voce, causando un’irregolarità nei sospiri. Sentendo che i pianti si erano un po’ calmati, la ragazza provò a comunicare ancora con quella voce. << Perché piangi? >>
Dopo un lungo silenzio, una voce di donna armoniosa e dolce, ma evidentemente affaticata dal pianto, fece la sua domanda. Chi… Sei? Ib quasi tirò un sospiro di sollievo per aver ricevuto quella risposta e sorrise, nonostante non potesse essere vista.
<< Mi chiamo Ib. >> Disse mantenendo la voce alta. << Tu chi sei? >> Si girò intorno. << Non riesco a vederti… Perché non vieni fuori così possiamo conoscerci? >> Perché stava mostrando tutta quella simpatia verso qualcuno di cui non riusciva nemmeno a vedere il volto? Forse gli ultimi incontri che aveva fatto nel Mondo di Guertena l’avevano resa incauta?
Ci fu un altro lungo silenzio che fece dubitare a Ib di aver convinto la voce, ma dopo che un insolito suono di liquido che scorre ebbe cominciato a riempire le sue orecchie, la ragazza si rese conto di essere proprio accanto a quella persona che piangeva, e indietreggiò un po’ allontanandosi dal grande bicchiere dentro la quale si riversava tutto il liquido scuro dell’opera.
Dal bicchiere fece timidamente capolino la figura di una bellissima donna dai lunghi capelli azzurri, con fermagli e orecchini azzurri a forma di cuore. I suoi occhi scuri erano spenti e sembravano chiedere aiuto. << Chi sei? >> Chiese di nuovo come se non avesse sentito la presentazione di Ib.
La ragazza si sorprese e cercò di mostrare un sorriso. << Non sapevo che fossi lì dentro… >> Mormorò avvicinandosi piano. La donna sembrò indietreggiare spaventata non appena la vide avvicinarsi, ma Ib cercò di calmarla – non che avesse molto spazio dove muoversi, dentro a quel bicchiere… << Aspetta! Non voglio farti del male, sono un’amica… >> Le disse con tono rassicurante alzando una mano.
La donna sembrò volersi fidare delle sue parole e tornò a sporgersi delicatamente dal bordo del bicchiere, tenendo gli occhi fissi su di lei come un animaletto impaurito.
<< Come ti chiami? >> Chiese di nuovo Ib, sperando di ricevere una risposta questa volta.
La donna non rispose. Rimase a fissarla per un lungo periodo di tempo finché non si fu convinta che non fosse pericolosa. << Io non ho un nome. >> Rispose senza un tono preciso. << Tutto quello che sono, lo puoi vedere qui. >>
Niente nome? Pensò Ib dispiaciuta. Che esistenza poteva condurre un essere senza nome? << Io sono Ib… >> Ripeté un’altra volta per stabilire un legame. Indicò alle sue spalle. << Quello lì è il signor Elias. >>
La donna allungò all’improvviso un braccio, facendolo uscire dal bicchiere che si era riempito di una sorta di tessuto azzurro, e puntò con un dito la spalla della ragazza. << Quella cos’è? >> Chiese quasi spaventata, intimando con il tono di non avvicinarsi oltre.
Ib non capì, ma poi si ricordò della piccola formica bianca sulla sua spalla. << Questa è Bianca. >> Disse con un sorriso rassicurante. << Anche lei è un’amica! >>
Ciao. Salutò la formica alzando una zampetta.
La donna alzò ancora un po’ di più la testa. << Amica…? >> Chiese intimorita. Sembrava non sapere se fidarsi o meno. Ib sorrise cercando di rassicurarla.
<< Sì! >> Disse allungando una mano. << Persone che non ti farebbero del male e che ti aiuterebbero. >> Spiegò avanzando lentamente. La donna sembrava convinta; nonostante rimanesse nascosta nel suo bicchiere, Ib poteva avvicinarsi senza provocare nessuna reazione ostile in lei. << Tu non hai amici? >> Chiese la ragazza con tono triste.
La donna scosse la testa in silenzio. << Perché? >> Chiese con tono ingenuo. Era strano che a quella poveretta fosse estraneo persino il significato della parola “amico”.
Ib la esaminò alcuni secondi. << Senza amici… Non si può essere felici. >> Spiegò con voce bassa. Per qualche motivo, quelle parole scossero la sua stessa anima.
<< Tu hai tanti amici? >> Chiese la donna facendo capolino ancora un po’ dal bicchiere.
Ecco, quelle parole furono il colpo di grazia per Ib. Non aveva tanti amici, ma ne aveva qualcuno molto importante… << Non esattamente… Però il signor Elias è mio amico, e anche Bianca! >> Disse indicando prima l’uomo alle sue spalle e poi la formica sulla sua spalla. Si intristì e abbassò lo sguardo. << Ho un altro grande amico, disperso per queste sale… Il suo nome è Garry. >>
Nella testa della donna sembrò accendersi una lampadina e alzò subito lo sguardo interessata. << Garry?! >> Chiese allarmata con occhi spalancati.
Ib non riusciva a crederci. << Lo conosci? >> Chiese balbettando.
<< L’ho incontrato un po’ di tempo fa… E’ un ragazzo molto gentile… >> Spiegò lei annuendo più volte e facendo volteggiare un braccio. << Voleva portarmi con sé e darmi un nome. >> Disse sorridendo leggermente.
Ib fu sorpresa da quella descrizione; non avrebbe pensato che Garry sarebbe stato tanto propenso a portarsi appresso un’opera di Guertena, e così grande poi… Che anche lui avesse fatto qualche incontro che gli avesse fatto cambiare idea su di loro? << Bé, è insolito da parte di Garry… Ma se si è fidato di te, allora penso che dovremmo farlo anche noi! >> Constatò raggiante la ragazza. << E come mai non sei andata con lui? >>
La donna nel bicchiere scosse la testa disfattista. << Sembra che io non possa uscire da questo bicchiere… >> Mormorò con sconforto. << Dovrò passare il resto dell’eternità qui, da sola… >>
Da sola? Si intromise Bianca. Guardò le altre opere nella stanza, non molto distanti da Bevendo nella Notte. E le altre statue? La donna però sembrò ignorarla.
Ib incrociò le braccia a lungo, pensando attentamente a qualcosa di cui non riusciva a venire a capo. Alla fine il suo volto si illuminò e alzò un dito. << Se Garry non è riuscito a darti un nome, dovremmo farlo noi! >>
<< Voi…? >> Chiese stupita la donna, che squadrava la ragazza con i suoi grandi occhi neri.
Ib annuì. << Lascia fare a me! >> Disse piena di sé, pensando che quella fossa già la seconda volta che dava un nome a qualcuno. Cominciò a girare in tondo per la sala, tenendosi una mano al mento e pensando ad alta voce. << Dunque, che ne diresti di Azzurra…? >>
Bianca, accanto a lei, commentava in diretta ogni sua idea. Non hai molta fantasia con i nomi, vero? Chiese con tono seccato.
Ib sembrò imbarazzarsi. << Zitta, mi deconcentri! >> Ribatté irritata. Quella si ammutolì. Ib tornò a pensarci alcuni minuti, facendo sprofondare la sala in un silenzio imbarazzante. Ogni tanto trovava un nome e lo scartava da sola con un commento. << Ariel? No, è troppo melenso… >> Rimuginò a lungo, prima di trovare un nome adatto e alzare una mano schioccando le dita.
Il rumore attirò l’attenzione della donna, mentre Ib sorrideva rassicurante. << Sirena. >> Pronunciò con sguardo sicuro di sé. Aveva la sensazione che quello fosse il nome giusto per quella donna; il suo aspetto, la sua situazione, tutto quanto le faceva pensare a una sirena, e perché non darle quel nome?
La donna la fissò impassibile per alcuni istanti. << Cos’è una Sirena? >> Chiese con voce innocente. Ib non si sarebbe aspettata quella domanda, ma non si fece prendere alla sprovvista.
In un attimo cercò un buon modo per descrivere una sirena alla donna. << Si tratta di una donna leggendaria… >> Cominciò andando con cautela. << Una donna per metà con il corpo di un pesce, che vive nelle profondità dell’oceano lontana da tutti, nella solitudine. Un essere che trasmette molta tristezza per la sua condizione, ma dalla grazia ineguagliabile e una bellissima voce. >>
La descrizione che Ib diede di quel nome fece arrossire la donna nel bicchiere, che si portò una mano sulle labbra e sgranò gli occhi stupita. << Non ho mai pensato che fosse così… >> Mormorò incredula. Ib le rivolse un sorriso amichevole in risposta, prima di tenderle la mano con fiducia. << Ti ringrazio molto, Ib. Sei molto gentile… >> Sorrise, e in un attimo trasmise una strana sensazione alla ragazza. << Se ci fosse solo una cosa esatta nelle tue parole! >>
A un tratto Sirena allungò il braccio per afferrare il polso di Ib e tentò di tirarla a sé. La ragazza, non appena si sentì sollevare da terra, cercò di divincolarsi da quella stretta che le faceva male al polso. Sul viso di Sirena si era disegnato un ghigno malvagio che sembrava trarre divertimento da quella situazione; la sua faccia spaventata la faceva ridere ancora di più, mentre Ib non capiva perché stesse facendo quello.
<< Aiuto! >> Cercò di urlare con poco effetto la ragazza. Per fortuna arrivò il signor Elias in suo aiuto. Afferrò con forza il braccio della donna e lo strattonò con forza per farle mollare la presa. Una volta liberata Ib, l’uomo si mise in mezzo per proteggerla, ma Sirena riuscì ad afferrarlo e a graffiarlo con le sue unghie.
<< Maledetto! >> Urlò inviperita la donna, che sembrò voler uccidere Elias con lo sguardo.
<< Non la avrai, strega! >> Urlò con forza lui. Si divincolò dalla sua presa e spinse il bicchiere con un calcio; quello andò in frantumi e la donna finì per terra, ferendosi con i frammenti di cristallo che le caddero addosso.
Sirena cercò di rialzarsi con fatica mentre gemeva dal dolore e dallo sforzo. Ib vide i tagli sulla sua schiena e notò che il suo sangue non era rosso, bensì blu come il liquido che si riversava nella scultura Bevendo nella Notte. Un’altra particolarità del suo aspetto le fece venire i brividi: alla donna mancava una mano. Sembrava essere stata mozzata di recente, la carne era ancora viva, e la ragazza si chiese come potesse essere così forte una donna che aveva una ferita simile.
<< Non ti lascerò scappare! >> Gridò isterica la donna alzandosi in piedi e voltandosi verso i due. Il suo vestito scendeva fino a terra e le nascondeva le gambe; Ib non era ancora riuscita a vedere se le avesse come una persona normale, ma il fatto che fosse in piedi doveva essere una risposta affermativa…
Elias le rivolse uno sguardo torvo mentre quella lo caricava furiosa. A un tratto, Sirena evitò l’uomo e lo spinse di lato, avventandosi addosso a Ib, che piccola com’era si vide arrivare addosso quella donna impazzita. Elias urlò nel tentativo di rialzarsi; Ib spalancò la bocca ma non riuscì a emettere nessun suono mentre Sirena le saltava addosso e la schiacciava al pavimento, facendo cadere Bianca dalla sua spalla.
Rideva follemente mentre la spingeva a terra bloccandole le braccia in una morsa che la ragazza non aveva mai sentito prima; cadendo, la ragazza sentì anche dolore alla caviglia, ricordandosi di non essere al massimo della forma. Sirena la fissò intensamente negli occhi, prima di fare un verso sforzato che avrebbe dovuto somigliare a una risata. << Mi hai chiamata “Sirena”… >> Disse ghignando con i suoi denti bianchissimi, mentre della saliva le colava dalla bocca. << Ma non ti sei chiesta cosa fossero le sirene per i marinai? >> Avvicinò il viso alla spalla di Ib e a un tratto la ragazza si sentì svenire dal dolore.
Un dolore lancinante le fece bruciare la spalla sinistra e un brivido le corse lungo tutta la schiena, fino a scaricarsi nelle gambe che ebbero violente convulsioni senza nessun risultato; Ib gridò liberando tutto il suo dolore e la sua tensione, ma trovandone sempre di più ogni secondo che passava. L’aveva morsa, la donna nel bicchiere di Bevendo nella Notte l’aveva morsa, dopo tutto quello che aveva fatto per lei, dopo averle dato un nome e averla aiutata, quello era ciò che riceveva.
Ib! Gridò Bianca allarmata che poteva fare ben poco in quella situazione; se ne poteva solo restare a guardare lei, incitando il signor Elias a rialzarsi il più velocemente possibile.
E all’improvviso ci fu qualcosa che tirò via la donna di dosso a Ib; i segni dei suoi denti sulla sua spalla rimasero visibili attraverso la camicetta che avevano strappato, bagnati dalla saliva della donna e dal sangue di Ib. La ragazza ebbe la forza di alzare lo sguardo per vedere Elias che afferrava dalle spalle la donna e la spingeva con forza lontano da lei, urlandole:<< E’ ME CHE VUOI! >> Però Sirena non sembrò per niente spaventata o preoccupata di fronte all’uomo; semplicemente si limitò a fissarlo con sguardo di sufficienza, quasi deluso.
Con un rapido movimento del busto, la donna si liberò dalla stretta di Elias e lo spinse via. Sul suo viso si dipinse uno sguardo feroce, nella quale c’era più di una semplice rabbia impetuosa, ma un profondo odio represso che sembrò affiorare non appena vide l’uomo. Spalancò la bocca e alzò il braccio per attaccare, ma una voce chiamò l’uomo e distrasse tutti quanti per un secondo.
<< Usa questa! >> Disse ad alta voce lo scheletro abbigliato come un re della scultura Convegno Dopo la Morte, lanciando la spada dorata a Elias. L’uomo alzò un braccio e afferrò saldamente l’elsa della spada, sorprendendosi per i suoi riflessi, poi la fece roteare puntandola contro la donna e spinse la lama nel suo ventre senza esitare nemmeno un secondo.
Un brivido percorse la spina dorsale di Ib quando vide quella scena, e la sua espressione si specchiò sul viso di Sirena, che spalancò istantaneamente gli occhi e fissò il viso dell’uomo di fronte a sé. Sembrò intristirsi lentamente, mentre Elias le rivolgeva il suo sguardo duro e minaccioso, che lasciava intendere che fosse finita. Debolmente, la donna alzò la mano rimanente e la avvicinò al viso dell’uomo, ma prima che potesse sfiorarlo, quello estrasse la spada e lasciò che la forza di gravità la tirasse giù con sé.
La donna cadde pesantemente a terra lasciando una inquietante macchia blu scura sulla parete. Rivolse gli occhi al cielo, cercando di fissarli sul viso di Elias. Mosse piano la testa come se fosse stata tradita e mormorò con un filo di voce:<< Io volevo solo amarti… >> Dopo di quello, i suoi rantoli strozzati si fecero sempre più deboli e la sua testa si abbassò lentamente, fino a che la donna non rimase immobile accasciata a terra, in mezzo a una pozza di sangue blu che andava ad allargarsi lentamente. Elias rimase immobile di fronte a lei per alcuni secondi, stringendo ancora la spada come se dovesse usarla da un momento all’altro; poi sembrò pentirsi del suo gesto e la lasciò cadere a terra, sollevando un forte clangore che riempì la sala per alcuni secondi, prima di farla sprofondare nuovamente nel silenzio.

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Capitolo 20
*** Amici insoliti ***


Mary era tornata vispa come non mai e aveva dato un pugno a Garry per averla toccata, dicendo di essere disgustata da lui e di non sapere cosa le fosse successo prima. Avevano continuato il loro viaggio senza parlarsi, guardandosi intorno alla ricerca di qualche segnale che gli avrebbe indicato la strada giusta.
<< Sei sicura di sapere dove andare? >> Chiese Garry dopo aver visto una piccola scultura nera posta su un piedistallo che era sicuro di aver già visto.
Mary scosse la testa come per ignorarlo e gli rivolse un’occhiata torva che il ragazzo vide solo per metà. Non lo preoccupava più tanto la volubilità della bambina, quanto il fatto che ancora non si fidasse di lui. Forse aveva qualche altro motivo per ignorarlo, ma Garry non riusciva a stare tranquillo senza sapere quello che passasse per la mente della ragazzina.
Mary si guardò intorno con circospezione, cercando qualcosa che sembrava non riuscire a trovare da parecchio tempo; aveva un’aria persa, ma la sua espressione e le sue movenze nascondevano quel particolare. Il suo viso si illuminò quando avvistò una porta rosa ad alcuni metri da loro. << Eccola! >> Esclamò ritrovando la sua giovialità.
La raggiunse di corsa facendo tintinnare la spada che teneva appesa alla vita e cercò di aprirla. Vedendola lottare contro quella porta che non sembrava volersi aprire tanto facilmente, Garry si offrì di darle una mano. << Vuoi che lo faccia io? >> Chiese allungando un braccio verso di lei, ma ricevette solo un’occhiataccia in risposta. Quando Mary fu tornata a lavorare alla porta, Garry si lasciò sopraffare dall’impazienza e sbuffando mise una mano tra la bambina e la porta, facendola da parte e mettendo le mani sul pomello della porta. Dopo aver saggiato la resistenza della porta, Garry tirò con forza per sbloccarla dal muro e ci riuscì, facendosi da parte e lasciando che Mary passasse. << Dopo di te. >> Disse con gentilezza che mascherava un leggero scherno.
Mary avanzò a testa alta con sguardo superiore, borbottando:<< Era bloccata perché non si usa da tempo, per questo non riuscivo ad aprirla… >>
<< Certo, certo… >> Rispose Garry seguendola e chiudendo la porta dietro di sé.
La bambina sembrò ritrovare il suo tono solare quando fu chiusa nella stanza con Garry; lì alzò le braccia e sorrise guardandosi intorno. << Ti presento la mia famiglia! >> Esclamò a voce alta. Nella stanza abbastanza ampia ma poco spaziosa, da innumerevoli cunicoli alle pareti posti sopra alcune mensole di legno e da scatole piene di cianfrusaglie sbucarono decine di minuscole bambole di pezza blu dagli occhi rossi. Sorridevano come facevano sempre, ma in quel momento quelle loro espressioni sembrarono diverse, più amichevoli di quelle alla quale era abituato Garry.
Mary!
E’ tornata Mary!
Evviva!
Una marea di saluti dai toni striduli inondò la stanza, facendo venire il malditesta a Garry mentre tutte quelle bamboline agitavano le braccia in segno di saluto alla bambina. I suoi occhi si posarono su una gigantesca cornice appesa alla parete opposta della porta che avevano aperto: c’era raffigurato un busto di bambola, i quali particolari più agghiaccianti erano senza dubbio gli occhi grandi e rossi come il sangue, mentre il suo sorriso e i capelli lunghi e disordinati davano una strana sensazione, come se il dipinto fosse reale. E fu uno shock quando Garry vide la testa della bambola ritratta fare capolino dalla tela e prendere dimensioni realistiche, tirando fuori, in seguito, anche le braccia che allungò verso di lui.
Per un attimo pensò che sarebbe svenuto, ma poi riuscì  mantenere il sangue freddo mentre quella cosa gli dava qualche colpetto sulla testa, come se si trattasse di un cucciolo. Mi ricordo di te. Disse facendo tremare tutta la stanza con la sua voce. Garry si sentì mancare quando sentì quella voce roca e cavernosa, che sembrava avere un sistema di amplificazione proprio capace di renderla ancora più forte di quanto fosse.
Il ragazzo avrebbe preferito dimenticare, ma una cosa come quella non si poteva scordare mai! “Occhi Rossi” era il nome di un dipinto che ritraeva proprio una di quelle bambole orrende di Mary, le stesse bambole che Ib riteneva “carine”.
E’ il tuo nuovo giocattolino, Mary? Chiese rivolgendo lo sguardo alla bambina, mentre questa si avvicinava con le mani ai fianchi.
La ragazzina soffiò via dal suo viso un ciuffo dorato, nascondendo un sorrisetto imbarazzato. << Può darsi… >> Rispose con l’aria di chi tramava qualcosa. La bambola di Occhi Rossi ridacchiò guardando Garry, suscitando in lui un grande terrore che dovette nascondere ridendo a sua volta.
Una bambolina di pezza saltò sulle spalle di Mary abbracciandola. Mary! Sei tornata! La accolse felice quella stringendosi a lei. Mary le mise una mano sulla testa rivolgendole un sorriso rassicurante. Quando sei tornata? Chiese un’altra che le si aggrappò alla caviglia.
Mary la prese con l’altra mano e la tirò su all’altezza del proprio viso. << Sono riuscita a convincere qualcuno a ricreare il mio ritratto… Ed eccomi qui! >> Disse con semplicità stringendo le spalle. Le bambole sembrarono volere di più. La bambina sospirò guardandole con rassegnazione. << E… Dovete ringraziare lui, se sono tornata. >> Disse rivolgendo lo sguardo a Garry, mentre le bambole si giravano tutte verso il ragazzo con gli occhi sgranati.
Un imbarazzante silenzio cadde sulla stanza, e Garry non seppe se interpretarlo come una buona notizia o no. Qualche istante dopo, le bambole esultavano circondando Garry e stringendolo con le loro braccia paffute, gridando parole di incoraggiamento e sorridendo amichevoli.
Che bravo!
Grazie, amico!
Allora sei buono tu!
Tutti quei complimenti e quelle congratulazioni destabilizzarono Garry, che si perse d'aria per un attimo e pensò di svenire un'altra volta, circondato da quei mostriciattoli; ma alla fine fu lasciato in pace, anche grazie all'intervento di Mary, che fece da parte alcune delle bambole. La ringraziò con lo sguardo e lei rispose con un sorriso. La bambola più grossa però, quella del quadro Occhi Rossi, continuò a stringerlo con le sue grosse mani, e allora gli disse qualcosa che turbò il ragazzo: Benvenuto, allora! Ti divertirai qui con noi…
Garry la guardò con occhi confusi e spostò gli occhi più volte da quella a Mary, che sembrò vergognarsi di incrociare il suo sguardo. << Che cosa? >> Chiese pensando di aver male interpretato quel messaggio. Si voltò verso Mary. << Che cosa significa? >> Chiese cercando nel frattempo di liberarsi dalla stretta di Occhi Rossi.
Mary sembrò in difficoltà. << Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere, conoscerli… >> Mormorò timidamente senza spiegarsi realmente; stava solo sviando il discorso centrale.
<< Mary, che significa "ti divertirai qui con noi"? >> Le fece pressione lui sperando che non si trattasse di niente di serio, che fosse solo un modo di dire.
Mary rimase in silenzio. A rispondere alla domanda di Garry ci fu la grossa bambola che lo teneva nella sua stretta, che lo girò verso di sé e gli puntò gli occhi addosso: Come, "che significa"? Mary è tornata da noi, e tu che l'hai aiutata rimarrai per sempre qui con noi!
Quelle parole fecero provare a Garry un brivido indescrivibile, come se stesse vedendo tutta la sua vita sgretolarsi di fronte ai suoi occhi. Non poteva rimanere lì con quei cosi, doveva tornare da Ib e andarsene via, non era umanamente possibile che lui restasse lì!
Un sorrisetto inespressivo comparve sul suo volto, ma in pochi istanti si tramutò in un'espressione terrorizzata, e voltandosi verso Mary sperò che potesse rispondergli chiaramente:<< Mary, non dirai sul serio…? >>
La bambina alzò lo sguardo dispiaciuta. << E' che… E' come se… >> Ma Mary finì per non  dire nulla di sensato, dalla sua bocca uscirono solo scuse confuse, prima di tornare in silenzio. << Non è per rubare il tuo posto, lo giuro! >> Si giustificò subito cercando di non far credere a Garry che volesse attuare di nuovo il suo vecchio piano. << Anche io resterò qui… >>
<< Ho capito, ma io non posso rimanere qui! >> Ribatté Garry sporgendosi dalle mani del grosso pupazzo blu. Nella stanza nacquero mormorii increduli e le bambole squadrarono con sospetto Garry. Mary sembrò dispiaciuta nel sentire quella protesta. << Non è per te, Mary, ma… Io sono un umano, non posso stare qui! >> Spiegò con difficoltà, pensando di essere in una posizione molto precaria; chissà cosa avrebbero potuto fare tutte quelle bambole, se si fossero spazientite…
<< Pensavo che avessi cambiato opinione su di me… >> Mormorò Mary con le lacrime agli occhi.
Garry non capì. << Io non…! >> Che cosa stava succedendo? Quella bambina impertinente e piena di sé che lo aveva accompagnato fino a quel momento sembrava essersene andata, lasciando il posto a una piccola bambina indifesa e sentimentale. << Di che parli, Mary? Questo va oltre l'opinione che uno ha dell'altro. >> Disse cercando di divincolarsi dalla stretta di Occhi Rossi, ma evidentemente non sarebbe stato lasciato così facilmente. La bambina lo guardò con gli occhi spalancati. << Devo tornare da Ib e riportarla a casa dai suoi genitori. >>
Mary abbassò la testa. << Quindi te ne vuoi andare? >> Chiese con lo sguardo basso. << E mi lascerai sola… >>
Garry scosse la testa. << Che stai dicendo? Non hai appena detto che loro sono la tua famiglia? Ti reputi davvero sola, dopo tutto quello che hanno fatto per te mentre non c'eri? >>
Mary si voltò con occhi addolorati verso tutte le sue bambole che le sorridevano fiduciose, felici del suo ritorno. Certo erano affettuose e lei gli voleva bene, ma… << Io non voglio essere dimenticata! >>
Garry sentì come se quello fosse tutto colpa sua. Era stato lui a bruciare il ritratto di Mary, al principio di tutto; era stato lui a cercare di cancellare la sua memoria nel mondo degli uomini, ed era stato lui a ricrearlo una volta tornato. Ora si sentiva un po' più vicino a lei e per qualche motivo pensava che quella bambina fosse cambiata; forse era stato il tempo passato in solitudine, oppure qualcos'altro ad averla fatta maturare, ma non poteva dire di voler restare per sempre lì con lei. Anche se fossero diventati amici, come avrebbero potuto vivere per sempre lì?
In un attimo pensò che forse Mary avesse veramente cambiato opinione su di lui, ma quell'idea non gli piacque. Si fece serio improvvisamente. << Mary… >> Mormorò tristemente. << Io e te non possiamo rimanere insieme. Tu sei un dipinto di Guertena, mentre io sono un umano. Per quanto possa sembrarti ingiusto, ognuno di noi ha un proprio posto, e il mio non è qui con te. >>
Quelle parole ferirono Mary nel profondo dell'animo, che strinse tra le proprie mani la sua rosa gialla e trattenne a stento dei singhiozzi. << Vattene. >> Sussurrò senza voce.
Garry non cercò di giustificarsi. Si era comportato male con Mary, ma doveva capire che non poteva rimanere lì. Forse era cambiata e quello era un modo per farglielo capire, ma il ragazzo non poteva assolutamente fermarsi proprio ora. Lasciò che la presa attorno al suo petto si allentasse e si allontanò da quel quadro, passando accanto a Mary immobile con lo sguardo basso. Aprì la porta e uscì dalla stanza senza voltarsi. Aveva lasciato Mary così, l’aveva tradita nonostante non avesse fatto nulla di male. Forse aveva sbagliato a cercare di fraternizzare con lei, avrebbe dovuto lasciare che lo conducesse all’uscita e andarsene senza rivolgerle la parola.
Si sentiva incredibilmente vuoto e solo, ora, ma era anche deciso a trovare Ib e andarsene da lì. Alzò lo sguardo mentre camminava nel corridoio vuoto e cercò qualcosa che potesse dargli qualche indicazione. In pochi istanti capì di essersi perso.
<< Dannazione! >> Diede un pugno al muro ferendosi la mano, ma non gli importava. Aveva perso la sua guida e si sarebbe perso in quel labirinto. Non riusciva a immaginare come potesse peggiorare la sua situazione, ma ironicamente accadde: un cigolio fastidioso e insistente cominciò a riempire il corridoio in cui si trovava Garry. Il ragazzo non vi diede molto peso all'inizio, ma quando sentì che era molto vicino cominciò a preoccuparsi e fu allora che decise di voltarsi.
Non troppo distante da lui c'era il Pedone con il suo scudo e la sua lancia tenuti saldamente all'altezza dei fianchi. Lo guardava con la testa bassa e muoveva la lancia avanti e indietro, come se volesse attaccarlo.
Grandioso. Pensò soffiando via un ciuffo di capelli che gli copriva la visuale. Si era quasi dimenticato di quella statua che lo voleva morto. E non aveva nemmeno più la sua spada, dato che era Mary a tenerla!
Garry cominciò a fare qualche passo indietro, indugiando un poco per comprendere meglio le intenzioni del Pedone. Cercò di farlo scoprire e indurlo ad attaccarlo, ma quello sembrò solo volersi avvicinare il più possibile; Garry non era d'accordo con quell'idea e decise di voltarsi e scappare più lontano possibile da lì. Non appena ebbe cominciato a correre verso il buio corridoio, il Pedone si mise al suo inseguimento, sollevando un grande baccano con la sua armatura cigolante. Ogni passo era accompagnato da un clangore assordante che metteva sempre più pressione a Garry. Per qualche strano motivo, il ragazzo pensò di essere svantaggiato, e quando cominciò a sentire il rumore dei passi dell'armatura farsi sempre più vicini, si rese conto di essere più lento.
Si voltò rapidamente e si gettò a terra, schivando un tentativo del Pedone di colpirlo con la lancia. Si rialzò in fretta e tornò a correre per guadagnare qualche metro di sicurezza tra sé e la statua, ma si fermò dopo poche falcate voltandosi di nuovo e lanciando un'occhiata minacciosa al Pedone. Gli fece segno di attaccarlo per mettergli pressione, forse sperando di sembrare più sicuro di sé, ma l'unica cosa che ottenne fu una carica del Pedone, che puntò la sua lancia proprio verso di lui e fece uno scatto furioso per raggiungerlo.
Con un urletto non molto virile Garry si scansò dalla traiettoria del Pedone e tornò a correre. << Accidenti! >> Commentò ringraziando il cielo di aver schivato quell'attacco. Non si aspettava che fosse così veloce, con tutta quella bardatura addosso. Non sarebbe riuscito ad affrontarlo senza un'arma; l'unica cosa che poteva fare era tentare di seminarlo oppure di confonderlo, ma tutto quello che c'era lì era un gigantesco e vuoto corridoio, e Garry non era nemmeno in vantaggio in termini di velocità. Non poteva vincere.
Correndo, Garry raggiunse la fine del corridoio, dove vide con stupore che vi era una larga e profonda fossa; per poco non vi cadde dentro frenando tardi. Che diavolo succede, con tutti questi buchi!? Si voltò rapidamente e sorrise beffardo al Pedone. Forse aveva trovato un modo per eliminarlo, almeno temporaneamente…
Anche l'armatura si fermò a pochi metri da lui; imbracciò con più fermezza la lancia e si preparò ad attaccare di nuovo. Garry aveva una sola occasione: doveva aspettare il momento giusto per schivare l'attacco del Pedone così che cadesse nel baratro. Forse era una follia e il Pedone non sarebbe mai caduto in un simile trucco, oppure sarebbe stata la sua salvezza, ma a Garry non importava: era la sua ultima speranza e doveva provarci, qualunque fosse l'esito.
Così fissò il suo sguardo determinato sull'armatura scintillante, nel tentativo di dimostrare che non avesse paura. Se la stava facendo sotto dalla fifa, ma non lo avrebbe fatto notare almeno finché non sarebbe stato al sicuro. Si preparò a saltare di lato piegando le ginocchia e inarcando la schiena in avanti, sperando sempre che il suo avversario non intuisse le sue intenzioni e trovasse un modo per impedirgli di fuggire. Mancava pochissimo allo scontro.
Al momento giusto, un attimo prima che la punta della lancia colpisse il petto di Garry, il ragazzo scattò di lato con un balzo olimpionico e fece in modo che l'arma fendesse l'aria, ma le cose non andarono come aveva sperato Garry… Il Pedone doveva aver immaginato la sua mossa, e prima che potesse cadere nel vuoto aveva piantato i piedi a terra, fermandosi istantaneamente; si voltò poi verso destra dando una gomitata a Garry, che si sbilanciò e cadde a terra. A quel punto era fatta: il Pedone era con la lancia sollevata, pronto a colpire il ragazzo, e Garry non avrebbe fatto in tempo a scansarsi un'altra volta. Questa volta era davvero morto. Alzò un braccio inutilmente con il tentativo di fermare l'attacco, ma qualcos'altro lo sorprese ancora una volta e cambiò le carte in tavola.
Dal corridoio arrivò correndo una bambina dalla folta chioma dorata, che armata di spada investì in pieno il Pedone e lo spinse dentro al baratro; la massa di ferro cigolò pesantemente al momento dell'impatto e Garry vide alcuni pezzi della corazza spezzarsi quando la spada si scontrò contro questa. La lancia cadde più rapidamente, roteando nell'aria, e il Pedone la seguì più tardi, ma non era ancora finita. Lo slancio era stato troppo, e Mary non era riuscita a frenare in tempo per evitare di cadere: Garry si dovette sporgere drasticamente per afferrare il polso della ragazzina che lanciò un urlo quando si rese conto di aver rischiato di cadere.
Il ragazzo la tirò indietro e quella si schiantò contro il suo corpo, facendogli perdere l'equilibrio e cadendo insieme a lui. Si lamentò, ma la sua voce fu sovrastata dalle domande di Garry:<< Mary! Stai bene? Perché sei tornata? >>
<< Stupido idiota! Non sai stare senza di me nemmeno cinque minuti, vero?! >> Lo colpì con la sinistra sul petto senza fargli male e cercò di allontanarsi da lui, mostrandosi disgustata.
Quando si fu rialzata, Mary si scrollò l'abito con furia, forse cercando di scaricare la rabbia in quel modo. Garry la guardava a bocca aperta. << Sei tornata… >> Mormorò con aria stupita.
A quel punto gli rivolse un'occhiataccia superiore. << Bah! E tu mi avresti fatto rischiare la vita per questo… Coso?! >> Garry non capì con chi stesse parlando. A un certo punto, da dietro la spalla della bambina venne fuori una delle sue bamboline blu, la stessa che aveva incontrato prima Garry e che lo aveva guidato nella galleria.
Bé, mi sembrava che fossi piuttosto preoccupata… Mormorò quella con un sorrisetto furbo stampato sul volto.
Mary si voltò verso di lei arrossendo istantaneamente e gridò:<< Stai zitta! >> Poi si girò e rimase a guardare il baratro dentro la quale il Pedone era sparito. << Bé, è andato… >> Commentò senza molto entusiasmo. Quando si girò per tornare a parlare con Garry, dopo essere riuscita a controllare il proprio colorito, Mary ebbe una sorpresa.
Garry si era alzato rapidamente e le era corso incontro, abbracciandola con forza. Quando se lo sentì così vicino, la bambina cercò immediatamente di scacciarlo, ma non riuscì nel suo intento. << Grazie. >> Sussurrò lui dall'alto. << Anche se non merito questo… >>
La bambina si arrese e lasciò che il ragazzo la abbracciasse; quando si sarebbe stancato l'avrebbe lasciata, pensò. Ma quel momento non sembrò arrivare tanto presto. Fu così che la bambola decise di interrompere quella situazione di stallo.
Garry! Ho grandi notizie per te! Lo chiamò saltandogli in testa e stringendosi a lui. Il ragazzo dovette lasciare andare Mary per evitare che la bambola lo graffiasse e cercò di prenderla con le mani.
<< Ehi, calma…! Piano! >>
Nel frattempo, Mary approfitto di quella distrazione per fare qualche passo indietro, lontano dal ragazzo.
<< Insomma, cosa c'è? >> Chiese Garry con una punta di astio nella voce dopo essere finalmente riuscito a contenere l'eccitazione della bambola.
Garry! Ripeté quella. Ho finalmente trovato la tua rosa! E la tua amica!
Gli occhi di Garry si illuminarono non appena sentì quelle parole. << Sul serio? >> Chiese incredulo. Si guardò intorno pensando che non fosse vero e chiese:<< Insieme? >>
Quella annuì contenta. Lei ha trovato la rosa, e ora la tiene con sé!
Garry strinse a sé anche quella bambola, impedendole così di muoversi. Era davvero contento di sapere che Ib fosse vicina, in qualche modo. Ora doveva solo trovare un modo per raggiungerla.
Non appena ha sentito la notizia, Mary si è fiondata a cercarti. Aggiunse poi la bambolina alzando una manina. Garry la guardò perplesso, facendo poi scorrere lo sguardo verso la bambina che se ne stava a pochi passi di distanza da lui, spalle al precipizio.
<< Ehe… >> Ridacchiò timidamente Mary stringendosi il più che poté. Forse non era cattiva, ma come una bambina normale era difficile da capire.
Garry sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di dare un senso a ciò che aveva appena sentito. Mary era andata alla sua ricerca perché voleva impedirgli di trovare Ib, oppure perché voleva aiutarlo a incontrarla? Si mise la bambola sulla spalla e avanzò verso la bambina, che si ritrasse non appena lo vide avvicinarsi, come se avesse paura che la picchiasse. << Mary… >> Cominciò mettendole una mano sulla spalla. << Il motivo per la quale sei venuta qui… Qual è? >>
La bambina fece tornare lo sguardo lentamente sul volto del ragazzo, finché non mostrò tutta la sua paura e tristezza. Aveva paura di dire qualcosa di sbagliato che le facesse perdere quell'occasione, ma voleva anche dire la verità e rivelare ciò che provava. Cosa doveva dire?
<< Io… Non voglio che rimani a vagare per sempre in questo luogo… >> Mormorò con timore. Garry sorrise benevolo.
<< Mi dispiace Mary. Non deve essere stato facile scegliere… >> Mormorò accarezzandole i capelli. << Per quanto mi dispiaccia, io non posso stare qui, e tu… >> Si fermò, sapendo che avrebbe detto qualcosa di cattivo.
Fu Mary a completare la sua frase. < >
Garry annuì in silenzio.
Ci fu un attimo di imbarazzo, rotto per un secondo da un ironico colpo di tosse della bambola. Poi la bambina alzò lo sguardo e si girò di scatto sorridendo furbamente. << Bé… In fondo perché credi che sia venuta a prenderti? >> Chiese a voce alta, molto più alta del normale. << Sono l'unica persona su cui puoi contare! Ora voglio sbarazzarmi di te il più presto possibile, quindi… >> Sorrise allargando le braccia con disinvoltura. << E poi sei stato tu a capire tutto male! >> Disse con tono leggermente più accusativo. << Pensavi davvero che volessi rimanere per sempre con te? >> Soffiò via l'aria con presunzione. << Io ti avevo portato lì per rimanere al sicuro in attesa di notizie! >>
Garry sorrise mestamente mentre Mary continuava a girarsi avanti e indietro con le mani ai fianchi. Non era cattiva, quella bambina; forse non lo era mai stata ed erano loro a non averla capita. In ogni caso, c'era qualcosa di diverso che non riusciva a comprendere appieno, qualcosa di familiare e bello da immaginare. Lo faceva sentire bene, pensare che quella piccoletta potesse provare qualcosa per lui; un affetto nuovo, che provava per la prima volta, e quindi era naturale che provasse a cercare di più spingendosi al di là di quello che le diceva la testa…
Si misero a camminare mentre Mary parlottava senza freno di quanto fosse stupido Garry e di quanto invece fosse brava e intelligente lei, senza la quale non avrebbe potuto fare niente; non la ascoltava con molta attenzione, non era necessario darle tanta corda anche in quei momenti, ma si limitava a sorridere, pensando che forse, un fondo di verità in quello che diceva la bambina, ci fosse. La bambola di Mary aveva trovato una posizione comoda sulla spalla di Garry, e lì sarebbe rimasta per guidarli a ritrovare Ib.
Proprio mentre pensava che tutto andasse per il meglio, che stessero finalmente andando da qualche parte, Garry sentì una fitta profonda nel petto. Si fermò e cominciò a piegare la schiena in avanti, tremante. Mary si accorse di quella cosa e voltanosi gli chiese cosa avesse.
<< No… Non lo so… >> Mormorò debolmente Garry stringendosi una mano al petto, cercando di lenire il dolore. Ora era praticamente inginocchiato a terra e si reggeva a malapena. Rimase alcuni minuti in quella posa, aspettando che quella fitta passasse; poi, lentamente, il dolore si affievolì.
Garry lasciò andare la stretta al petto, che stava cominciando a fargli male, e si fissò la mano, ancora tremante. Con calma si alzò da terra e riprese a respirare regolarmente, mentre Mary gli chiedeva come stesse:<< E' finito? >>
Il ragazzo avrebbe detto di sì, ma il fatto che non sapesse cosa fosse lo spaventava molto. << Dove hai detto che è Ib? >> Chiese rivolgendosi alla bambola sulla sua spalla, che rispose in ritardo.
E'… Nella sala con le pareti di colore ciano.
Fu Mary a prendere la parola subito dopo di lei. << Lei ha la tua rosa! Se ti senti male, vuol dire che le sta succedendo qualcosa! Dobbiamo sbrigarci! >>
L'improvviso allarmismo di Mary sorprese Garry, ancora frastornato, e quando lo prese per una mano la bambina lo costrinse a mettersi a correre lungo il corridoio.
Non era ancora finita.

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Capitolo 21
*** Di fretta ***


Ib si avvicinò al signor Elias, ancora fisso di fronte al corpo immobile di Sirena. Sembrava triste. Chiunque lo sarebbe stato in una situazione come quella… Per quanto fosse stato nobile il suo motivo, Elias Dawson doveva sentirsi a pezzi.
<< Grazie… >> Mormorò la ragazza mettendosi accanto a lui. L'uomo sembrò non accorgersi della sua presenza. << Lei… Sta bene? >>
Lentamente, Elias si voltò verso la ragazza e mostrò nei suoi occhi tutta la sua tristezza. Era distrutto, non sembrava neanche voler parlare. << Non mi sono fatto niente. Tu stai bene? Quella strega ti aveva morsa… >>
Ib si mise una mano sulla ferita alla spalla. La tensione di quel momento gliel'aveva fatta dimenticare per un istante. << Non fa troppo male… Ho solo perso un petalo, non credo che sarà grave. >> Lo rassicurò sorridendo lievemente. Elias la guardò da capo a piedi.
Ib era in condizioni pietose, aveva una caviglia ferita che era stata medicata male, gli abiti bagnati strappati e sporchi del suo sangue che era fuoriuscito da diversi tagli, si reggeva a malapena nei suoi tremori inarrestabili, e infine l'aveva costretta a tagliare i suoi capelli per lui. Sembrava davvero che, invece di aiutare quella ragazza, la stesse solo lentamente portando alla rovina…
<< Mi dispiace… >> Mormorò abbassando la testa e stringendo i pugni. << Non sono abbastanza forte… >>
Ib cercò di non farlo demoralizzare. << Non si abbatta! Siamo ancora vivi, no? >> Ma anche il suo tono non era molto convinto. Prima che la situazione degenerasse, lo scheletro di Convegno Dopo la Morte li chiamò pregandoli di restituirgli la sua spada.
<< Giusto. >> Mormorò annuendo Elias girandosi per raccogliere la spada dorata con la quale aveva trafitto il ventre di Sirena. Si fermò un istante con la mano tesa sull'elsa, rivedendo nella propria mente quella scena e il viso addolorato della donna dai capelli blu. Sentì improvvisamente un sentimento di repulsione verso quell'arma e non riuscì a raccoglierla da terra. Fu un attimo, niente parole, senza nessuna spiegazione Ib capì cosa stesse succedendo e si avvicinò a lui; gli rivolse uno sguardo fiducioso e raccolse la spada al posto suo con delicatezza. Poi si voltò e si diresse verso la statua, lasciando che Elias la fissasse con occhi pieni di incertezza mentre sfilava in mezzo alla sala. Quella spada era ancora sporca del sangue blu e denso di Sirena… Si sentì un idiota a non poterla raccogliere.
<< Ecco a te. >> Disse gentilmente Ib allo scheletro porgendogli la spada, sulla quale era rimasto un po’ del sangue di Sirena. Quello fissò la punta della lama con sguardo corrucciato e la pulì con un fazzoletto che gli passò la donna al suo fianco.
<< Sono felice che vi abbia aiutati. >> Disse sorridendo, anche se effettivamente uno scheletro non avrebbe potuto sorridere.
<< Perché lo hai fatto? >> Chiese Ib confusa. Molti dubbi avevano attraversato la sua mente quel giorno, e aveva fatto quella domanda innumerevoli volte ormai, ma ancora non riusciva a capire il perché.
Lo scheletro attese alcuni secondi prima di rispondere; quando Elias fu arrivato dietro di Ib, quello cominciò a raccontare:<< Il mio creatore… Weiss Guertena mi mise qui proprio per vegliare sui miei fratelli. >>
Proprio come Fry e Minerva… Pensò Ib senza staccare lo sguardo dallo scheletro, mentre la sua compagna si stringeva a lui.
Mentre parlava, alzò un braccio verso le altre sculture nella sala, che sembravano aver preso vita in quel momento. << Pietra Flessibile, Donna con Anello e… >> Rivolse lo sguardo triste ai frammenti del bicchiere di Bevendo nella Notte, non volendo andare oltre e vedere il corpo inanimato di Sirena, accasciato a un muro più in là. << Lei. >> Disse con voce roca. << Era un’opera particolare, e anche una molto importante per Weiss. >>
Ib guardò con tristezza il corpo della donna. << Ma perché ha fatto questo…? >> Chiese pensando che avrebbe potuto andare diversamente.
Lo scheletro di Convegno Dopo la Morte abbassò lo sguardo. << Era fatta così… Guertena l’aveva creata per liberarsi di un… Peso. >> Spiegò cercando con cura la parola giusta da usare. << Bevendo nella Notte è nato per ricordare a Weiss Guertena un suo errore… In modo da non commetterlo più. >>
Ib guardò i resti del bicchiere riverso per terra e cercò di capire di più di quella storia. << D’accordo, ma perché c’era una donna, dentro al bicchiere? E perché ha cercato di ucciderci? >>
Lo scheletro alzò lo sguardo e sembrò posarlo sul viso provato di Elias. Quello gli rivolse uno sguardo di sfida in risposta, come se volesse provocarlo. Tornò poi a guardare Ib e disse:<< Quello era proprio l’errore di Guertena, ma… Non so risponderti sul perché fosse così. >> Come il Guardiano, anche Convegno Dopo la Morte non era in grado di ricordare tutto quello che la parte di Guertena dentro di lui aveva portato con sé. Sarebbe stato troppo complicato scavare nel passato del Maestro per scoprire il motivo di tutto ciò: avrebbe dovuto capire in quali circostanze fossero state create quelle opere, quando, perché… Ib in quel momento non riusciva a pensare a nient’altro che allo spavento che aveva avuto.
Lo scheletro alzò lo sguardo verso Elias Dawson. << Sembri sconvolto… >> Commentò senza nessun tono particolare.
Elias sospirò rimanendo distante. << Solo un po' di iperventilazione… >> Spiegò distogliendo lo sguardo. Ib si voltò verso di lui e gli chiese se fosse ferito.
<< Ora che ci penso, mi è sembrato che la sua reazione fosse molto emotiva… >> Commentò Ib confusa. Sapeva che Elias non avrebbe permesso a nessuno di farle del male, ma anche il solo modo in cui si era rivolto a Sirena, le cose che aveva urlato, sembravano avere un altro significato… << Che cosa ha detto quando ha attaccato Sirena? >> Chiese esitando un attimo a pronunciare il nome che aveva dato alla donna.
Elias scosse la testa mettendosi una mano alla fronte. << Non so… Dev'essere stata l'adrenalina che mi ha fatto dire cose senza senso… >>
<< E cos'era quel gesto che ha fatto lei, dopo che la ha… Colpita? >> Ib non voleva usare la parola "uccisa", le sembrava innaturale dopo aver assistito a quella scena. << Che cosa aveva detto…? >>
Elias ricordò la carezza che gli aveva dato la donna dopo che lui l'avesse trafitta con la spada. << Non lo so… Forse qualcosa che aveva a che fare con la sua storia… Non si sa mai da quali sentimenti nascono queste opere, forse mi ha scambiato per qualcun altro… >> Sembrava nervoso, ma anche abbastanza sicuro di ciò che diceva. Ma mentre diceva questo, lo scheletro guardiano della sala non sembrava essere tanto convinto delle sue parole, quasi deluso. Gli lanciò uno sguardo di sfida per metterlo alla prova, ed Elias rispose allo stesso modo.
Mentre Ib faceva andare lo sguardo da destra a sinistra, a sua volta poco convinta e confusa, una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione. Ib! Era Bianca. Ib si voltò e la vide avvicinarsi lentamente con sulla schiena la rosa blu di Garry. Quando le era caduta?
Mentre si chinava a raccogliere la rosa così che la formichina potesse riprendere fiato, Bianca disse: Ha perso un petalo!
Non appena sentì quelle parole, Ib sentì un brivido attraversarle il corpo e si mise subito a controllare con attenzione la rosa blu. Notò un piccolo spazio alla base dei petali e assunse un'espressione terrorizzata quando si rese conto della veridicità delle parole di Bianca. E ora che doveva fare? La rosa aveva perso un petalo per colpa sua, oppure era successo qualcosa a Garry? Cominciò a prendersi di panico, ma si ricompose subito rivolgendosi al signor Elias con autorità. << Dobbiamo trovare Garry in fretta! >> Lo supplicò preoccupata.
Lui annuì. << Muoviamoci! >>
Subito Ib raccolse da terra Bianca e se la mise sulla spalla, cominciando a correre. Ringraziò lo scheletro per l'aiuto che gli aveva dato e sparì con Elias al seguito, imboccando il corridoio al centro di una delle pareti. Inutilmente lo scheletro tentò di fermarli richiamandoli; Ib era troppo distratta per pensare a qualsiasi cosa a parte Garry e non c'era più tempo da perdere. Non aveva ancora capito bene cosa fosse successo tra il signor Elias e Sirena, ma era decisa a scoprirlo, una volta trovato Garry: c'erano ancora delle cose che non capiva, e il fatto che Elias avesse tentato di sfuggire alle sue domande in quel modo la insospettiva ancora di più.
Avrebbe capito tutto, poi. Ora dovevano trovare Garry, alla svelta.

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Capitolo 22
*** La tela bruciata ***


Ib e il signor Elias camminavano rapidamente fianco a fianco nel corridoio. I colori delle pareti erano cambiati gradualmente, lasciando un nero inquietante con delle macchie di rosa messe a rendere più vivace l'atmosfera di tanto in tanto; peccato che servissero solo a rendere ancora più tetro il corridoio che stavano percorrendo.
Ib aveva come la sensazione di aver già camminato per quelle sale, di essere già passata in quel corridoio nero e rosa, tanto tempo fa, e non era una sensazione piacevole sentire tutti quei ricordi – e il rimorso – tornare a farsi sentire. Fece di tutto per non far notare quel suo stato d'animo, per non far vedere di avere paura di camminare per quel corridoio vuoto e sinistro, ma sentì che sarebbe arrivato presto il momento in cui avrebbe dovuto affrontare la realtà.
Anche Elias Dawson, per qualche ragione, sembrava attraversare un momento difficile. Il suo sguardo era fisso di fronte a sé, ma il modo in cui si muoveva, la sua voce, tutto sembrava voler dire che l'uomo stesse soffrendo a causa di qualcosa, e che fosse ormai sul punto di impazzire… Ib non riusciva a capire cosa passasse per la mente di quella persona. A malapena riusciva a comprendere la sua di mente, quindi come poteva pensare di mettersi nei panni di una psicologa e provare a comprendere il signor Elias? Era qualcosa oltre la sua portata, ma forse facilmente intuibile, eppure Ib si sentiva incapace di aiutarlo: voleva provarci, parlargli e cercare di capire in qualche modo cosa lo tormentasse, ma Ib pensava di non avere le abilità oratorie necessarie per far aprire il cuore di Elias. Pensava che fosse già tanto il fatto di essere riuscita a capire sé stessa e avesse cambiato comportamento appena in tempo per essere finalmente di aiuto, prima che accadesse qualcos'altro che le impedisse di mostrare le sue abilità. Non sarebbe stata in grado di aiutare il signor Elias a superare quell'incertezza che aveva lasciato trasparire nel momento di raccogliere la spada da terra, nella sala di prima; ognuno doveva sconfiggere le sue paure da solo, come lei aveva fatto con le sue e si era finalmente decisa ad affrontare la formica gigante…
A un tratto, forse le sue paure furono più forti del signor Elias, e l'uomo si fermò fissando il vuoto. Ib si accorse di quella cosa con un secondo di ritardo, e si voltò per capire quale fosse il problema. << Che succede? >>
Elias era pallido, e il suo respiro si era fatto più intenso. Tutto a un tratto, quell'uomo le parve molto più vecchio di quanto fosse. << Ib… >> Sussurrò con voce roca. Era strano vederlo in quelle condizioni, dopo averlo conosciuto come una persona sicura di sé e molto acculturata; nel profondo della sua anima qualcosa doveva averlo scosso. << Questa potrebbe sembrare una domanda folle, in quanto la stia ponendo a una ragazzina… >> Quelle parole la inquietarono un po'; che cosa voleva chiederle? << Tu hai mai… Fatto del male a qualcuno senza volerlo? >>
Aveva i sensi di colpa per quello che era successo prima? Per un attimo Ib pensò che non fosse tanto normale ritrovarsi in una situazione del genere, ma poi si ricordò della sua esperienza, e allora seppe come rispondere. << Sì… Molto… >> Non aveva mai detto la verità sulla fine del quadro di Mary ad Elias, e Ib sentiva che quello sarebbe stato il momento di farlo, per aiutarlo un po' con la sua situazione, molto simile a quella della bambina nove anni prima. << La prima volta che venni qui… Incontrai questo ritratto di Guertena… >>
Elias ascoltava attentamente la storia di Ib, rapito dalle sue parole e sollevato dal fatto che avesse qualcosa da dire; era anche un po' dispiaciuto per il fatto che Ib avesse avuto la sua stessa esperienza.
<< Sembrava tutto così bello e vero, io credevo di aver fatto veramente amicizia, per una volta… >> Anche Bianca, sulla sua spalla, ascoltava ogni parola con gli occhi spalancati – anche se impossibili da vedere – curiosa di conoscere la storia del primo viaggio di Ib nel Mondo di Guertena. << Alla fine, scoprimmo che si trattava di un inganno, qualcosa atto a prendere il nostro posto nel mondo reale… E allora io e Garry fuggimmo. >>
<< E' stato pericoloso? >> Chiese Elias parlando impulsivamente. Ib alzò lo sguardo un po' disorientata prima di rispondere.
<< Sì. Aveva un'arma, e ho quasi rischiato di perdere la mia rosa proprio mentre eravamo inseguiti… >> Sospirò ripensando alla paura di non avere più la propria sicurezza. << In ogni caso, raggiungemmo la sua "casa" e trovammo la sua cornice vuota. >> Il viso di Elias Dawson si fece più teso quando Ib pronunciò queste parole. Sembrava che sapesse cosa venisse dopo quella parte. << Era proprio lì, dietro di noi, e c'era un solo modo per salvarci; così Garry prese il suo accendino e… Diede fuoco alla tela. >>
Quelle parole sembrarono arrivare in ritardo alle orecchie di Elias, che ci mise parecchio ad elaborarle e a trovarne il significato. << Quindi… >> Mormorò appena quella parola, prima che Ib potesse passargli davanti e continuare il cammino, sapendo ormai dove si trovasse. Il signor Elias la seguì in silenzio, pensando che ci fosse qualcosa che Ib volesse mostrargli; e infatti era così.
Camminarono per poco tempo, svoltarono un angolo e poi si ritrovarono in una piccola stanza vuota, con una porta socchiusa al centro di una parete alla quale dei piedi stavano dei rovi inceneriti. Sembravano essere rimasti lì per tantissimo tempo.
Ib spinse la porta con delicatezza, entrando nella lunga sala che portava dove si era consumato quel barbaro omicidio. Ormai Elias aveva compreso a chi appartenesse il quadro che Ib e Garry avevano distrutto; Ib sapeva quanto fosse importante per lui, e sperava solo che non la prendesse troppo male. Quando anche lui fu entrato nella sala ed ebbe richiuso la porta, la ragazza riprese a parlare, aspettandolo per continuare a camminare verso il fondo della sala:<< Quel quadro che ho distrutto… Quella persona che ho ucciso… >> Fece una pausa deglutendo a fatica. Era un'impresa dire quel nome, ma sarebbe stato peggio lasciargli vedere la scena senza dire niente. << Mary. >> Impiegò tutte le sue forze per pronunciare quel nome e i suoi polmoni si svuotarono non appena lo fece, ma Ib si sentì un po' meglio dopo che ebbe concluso il suo discorso. Ora poteva rimanere in silenzio; non aveva nient'altro da dire, aspettava solo la sfuriata incredula del signor Elias, che l'avrebbe accusata di aver distrutto il suo dipinto preferito di Guertena.
Eppure dall'uomo non arrivò nessuna reazione, nessun suono. Ib aspettava a testa bassa che le dicesse qualcosa, messa in disparte per lasciargli vedere la cornice carbonizzata del quadro: tutto ciò che restava di quell'opera stupenda. Fu sorpresa di non sentire niente, il silenzio continuo di Elias la preoccupò e allora la ragazza alzò timidamente la testa, scoprendo che l'uomo stava fissando proprio una tela appesa alla parete dalla quale sembrava essere saltato via il proprio soggetto; era la stessa immagine che aveva visto Ib la prima volta che aveva visto la tela di Mary.
C'erano secchi di vernice sparsi per la stanza e grandi macchie di colore sul pavimento, unite alle solite bambole, giocattoli e disegni che aveva creato Mary tanto tempo fa. Non c'erano più tracce della vecchia tela bruciata, non c'era la cenere per terra, non c'era niente che ricordasse alla ragazza quelle cose così brutte che aveva fatto. Tutto era perfettamente normale.
<< Ib… >> Mormorò di nuovo Elias con lo sguardo fisso sulla tela al muro. << Tu hai dato fuoco al ritratto di Mary? >>
Quella domanda venne fuori dalla bocca del signor Elias con tanta facilità che sembrò non avere alcun peso. Ib si sentì a disagio nel dover rispondere a una simile domanda, ma annuì in silenzio, pensando che l'uomo volesse sgridarla. Ancora non capiva, nonostante avesse capito che fosse successo qualcosa.
<< Se tu hai bruciato quel quadro, allora… Perché è ancora qui? >> Sembrò quasi che non avesse un'intonazione mentre faceva quella domanda. Fissava solo il quadro senza disegno, ma intatto. << E se questo quadro è ancora intatto, significa che Mary è viva, in giro da qualche parte… >>
In un attimo Ib sentì un tuffo al cuore. Fu come se tutto si fermasse, Elias non le parlava più, e non sentiva più nemmeno i leggeri passetti della formichina bianca sulla sua spalla. Era passato tutto in secondo piano, anche il salvataggio di Garry, per un istante non fu più tra i suoi pensieri. Mary era viva. Era lì.
Quando Ib tornò a percepire ciò che le accadeva intorno, disse:<< E' impossibile… >> Ma la sua convinzione in quelle parole era pari a zero. Cominciava a dubitarne anche lei; e in fondo, come poteva essere diversamente? Era passato così tanto tempo, avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa! Ma come aveva fatto ad accadere proprio quella cosa?
<< Dobbiamo muoverci… >> Mormorò l'uomo indietreggiando come se avesse visto qualcosa di terrificante. Ib avrebbe fatto la stessa cosa, ma i dubbi che aveva non le davano pace; non riusciva a capire perché fosse tornata. << Ib! >> Quando Elias la chiamò con più insistenza, la ragazza lasciò la tela guardandola con sguardo oscuro.
Ib raggiunse Elias alla fine del corridoio, poi lasciarono la stanza chiudendosi dietro la porta. Ora dove andavano? Tornare indietro era rischioso, e la porta che si mostrava di fronte ai loro occhi dava una brutta impressione alla ragazza. Tuttavia, Elias decise di andare da quella parte, e lei non si oppose. Sembrava aver ritrovato la sicurezza che aveva prima, anche se ancora teso e spaventato; il signor Elias stava facendo di tutto per mantenere la situazione sotto controllo, non poteva lasciare che Ib perdesse di nuovo la speranza o che lui  esitasse ancora. Era risoluto e deciso a mostrarsi tale, ma quando varcò la soglia di quella porta, entrambi non poterono trattenere lo sconforto.
Erano in una gigantesca area buia, il pavimento era disegnato con dei pastelli a cera e gli ambienti attorno a loro erano creati allo stesso modo; riuscivano a vedere a malapena pochi metri in avanti, il resto era oscurità. Come si sarebbero orientati in quel posto?

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Capitolo 23
*** Album dei disegni ***


Dopo pochi passi, Garry e Mary si erano resi conto che il ragazzo fosse più veloce della bambina, e che sarebbe stata solo una perdita di tempo se avessero dovuto correre entrambi, quindi decisero che Garry avrebbe portato sulle spalle la ragazzina per andare più veloce. Arrivarono nella grande sala dalle pareti di colore ciano con un brutto presentimento: lì erano stati attaccati da quella donna nel bicchiere, e il ragazzo temeva che fosse accaduta la stessa cosa a Ib. Quando arrivarono, però, notarono che la vista nella sala era molto cambiata: non c'era più la scultura Bevendo nella Notte, ma moltissimi frammenti di cristallo sparsi per il pavimento, e in un angolo il corpo esanime della donna dai capelli turchini, immersa in una larga pozza di sangue blu, denso come inchiostro.
<< Che cosa è successo qui? >> Disse esterrefatto il ragazzo, temendo che Ib fosse stata ferita.
Mary interpellò la bambola che stava sulla sua spalla, ma quella sembrò sorpresa quanto loro. Non lo so, io ho solo visto che erano qui, poi sono venuta ad avvertirvi…
Quelle parole attirarono l'attenzione di Garry, che alzò lo sguardo contrariato. << “Erano”? >> Chiese cercando di incrociare lo sguardo della bambola, molto sopra la sua testa. << Che cosa vuol dire? >>
La bambola sembrò in difficoltà. Non lo so! C'era un uomo con lei, ma… Si interruppe coprendosi il viso con le manine paffute, non sapendo più come continuare.
Garry si guardò intorno preoccupato, temendo che potesse esserci qualche trappola in agguato, mentre la bambola di pezza si lamentava e Mary aguzzava lo sguardo per intravedere qualcos'altro nella sala. A un tratto allungò una mano indicando qualcosa sul pavimento. << Quello cos'è? >> Disse facendo alzare lo sguardo di Garry e della bambola contemporaneamente.
Il ragazzo ci mise un secondo per allungare il passo in modo da avvicinarsi a quella piccola macchia blu sul pavimento azzurro. Era un petalo di rosa blu, e non c'erano altri segni attorno ad esso che avrebbero potuto dare qualche indizio ai tre.
Però di una cosa era certo Garry:<< Questo è il petalo che mi ha fato sentire quella fitta, poco fa… >> Sussurrò facendo scendere Mary e piegandosi per raccoglierlo. Lo esaminò, vedendo quanto fosse immacolato, nonostante fosse ormai staccato dalla sua rosa. Era perfetto, ma era anche morto.
<< Significa che Ib era qui poco fa! >> Concluse la ragazzina con occhi sgranati, sentendosi un po’ rincuorata nel pensare quello.
Garry alzò lo sguardo tenendo ancora il petalo tra l'indice e il pollice. << Sì, ma dov'è andata? >>
Si guardarono intorno. Non c'era nessun indizio che potesse dar loro una pista, nessuna impronta o macchia, c'era solo il corpo della donna con una ferita orizzontale nel fianco che lasciava intendere che fosse stata uccisa. Un movimento ondulatorio attirò la loro attenzione, seguito poco dopo da un richiamo:<< Ehi! Venite qui. >> Subito Garry e Mary si resero conto che a chiamarli era stato lo scheletro della scultura Convegno Dopo la Morte, agitando una mano bianca e sottile. Prima pensarono che fosse una trappola, ma pochi istanti dopo i loro sospetti svanirono, e i tre si avvicinarono.
Lo scheletro e la sua compagna li accolsero cordialmente. << Siete arrivati presto, per fortuna… >> Disse invitandoli a mettersi comodi.
<< Che cosa è successo qui? Siamo passati non molto tempo fa e… >> Garry non seppe come continuare la frase, e lo scheletro lo interruppe raccontandogli quello che voleva sapere.
<< La ragazza che stavi cercando è passata di qua. >> Quelle poche parole bastarono a far comparire un ampio sorriso sulla faccia di Garry. Anche la bambola sulla spalla di Mary sembrò esultare. << Era assieme a un uomo e una formica bianca. >>
<< Un uomo? >>
Una formica?
Mary e la bambola di pezza reagirono assieme a quella rivelazione. Garry si voltò con uno sguardo insoddisfatto verso la bambola, che cercò di nascondersi. Non avevo visto la formica, lo giuro! Cinguettò quella impaurita.
Garry sospirò e tornò a rivolgersi alla statua. << Chi è quest’uomo? In che rapporti sono con Ib? >>
Lo scheletro scosse la testa. << Non lo so. Non conosco il suo nome, ma sembra tenere molto alla ragazza. >> Fece una pausa. << Le ha salvato la vita, in fondo… >>
Garry sgranò gli occhi. << Le ha salvato la vita… Da cosa? >> Un attimo dopo aver formulato quella domanda, si pentì di averlo fatto, volgendo lo sguardo verso il corpo inanimato della donna nel bicchiere. Anche Ib doveva essere caduta nel suo tranello, conoscendo la sua bontà.
Lo scheletro assunse un’espressione mesta e annuì. << Sì. >> Dopo alzò la sua spada per farla vedere a Garry. << Li ho dovuti aiutare io, però… Altrimenti non sarebbero riusciti ad andarsene tanto facilmente. >>
Mary sembrò voler attaccare lo scheletro. << Perché non hai aiutato anche noi, prima? >> In effetti, quando loro erano stati attaccati dalla donna nel bicchiere, lo scheletro era rimasto immobile al suo posto.
Quello sembrò quasi sorridere alla bambina, e la indicò con un dito. << Bé… Sembrava che tu sapessi già tutto. >> Mary sbuffò mostrandosi contrariata; forse lei era già al corrente della vera identità della donna, ma avrebbe preferito ricevere qualche tipo di aiuto in ogni caso.
<< Non importa. >> Tagliò corto Garry. << Ib e quell’uomo, dove sono andati? >> Chiese frettoloso, desideroso di incontrarla di nuovo.
Lo scheletro alzò la mano e indicò la via da cui erano arrivati loro la prima volta. << Sono andati di là, ma… >> Garry era già un passo in direzione della strada, ma aspettò che lo scheletro finisse di parlare. << State attenti. Ho un brutto presentimento… >>
Garry rivolse prima uno sguardo sconcertato a Mary, poi annuì piano allo scheletro. La bambina si avvicinò piano alla scultura, e mentre parlava, la donna che stava assieme allo scheletro si piegava in avanti verso di lei e le sorrideva dolcemente. << Perché? >> Chiese confusa con le mani dietro la schiena.
Lo scheletro alzò lo sguardo corrucciato verso il corridoio che avevano imboccato Ib e l’uomo misterioso prima. << E’ successo qualcosa di strano, quando quei tre erano qui… >> Mormorò risvegliando l’interesse di Garry, che era già con la mente in quel corridoio. << Quell’uomo ha avuto una strana reazione… Esagerata. E in più ha detto delle strane parole… >>
<< Che parole? >> Chiese Mary spingendosi sulle punte dei piedi.
Lo scheletro rimase in silenzio per alcuni secondi, prima di cominciare a parlare. << Sembrava come se conoscesse già Bevendo nella Notte… Per questo non ho voluto parlare con loro delle sue origini, ma penso che sia meglio farlo con voi. >> Mary guardava lo scheletro con occhi spalancati, mentre anche Garry cominciava ad assumere un’espressione più interessata. La bambina si sedette a terra a gambe incrociate, con accanto la bambola di pezza, mentre Garry rimase in piedi al suo fianco, con la schiena ben dritta e una mano sul fianco. << Bevendo nella Notte è una scultura che rappresenta un grande bicchiere di cristallo dentro la quale si versa uno strano liquido blu somigliante a un cielo stellato, lo conoscete… >> Cominciò con una rapida descrizione della scultura. << Guertena creò questa opera per liberarsi del rimorso che lo attanagliava a causa di un errore che non riusciva a perdonarsi… >>
<< Che errore? >> Chiese Mary, evidentemente interessata all’argomento. Forse perché riguardava suo “padre” e le avrebbe dato qualche informazione in più su di lui?
Lo scheletro guardo con tristezza la bambina. << Tradì la sua famiglia. >> Rispose con voce addolorata. A quelle parole, Mary e Garry chiesero di sapere di più con lo sguardo, e lo scheletro li accontentò, mentre la donna accanto a lui lanciava occhiate tristi. << Weiss Guertena aveva una moglie che amava alla follia, ma molto tempo fa, alla ricerca di ispirazione, una notte se ne andò di casa. Uscì e si mise a vagare in una grande città, non sapendo dove andare né cosa fare. Alla fine, si fermò in un’osteria dove rimase quasi tutta la notte, bevendo fino a ubriacarsi… >> Garry abbassò lo sguardo pensieroso; Ib non gli aveva mai detto niente su una moglie di Guertena, ma sapeva che era conosciuto molto poco sulla vita privata del Maestro… << Quella notte, nell’osteria, Weiss incontrò una donna molto più giovane di lui. Una ragazza esuberante, molto espansiva. Forse anche lei aveva bevuto un po’ troppo
 Da quello che so io, la donna si innamorò perdutamente del mio creatore, e lo portò a casa sua dicendo di volerlo sposare e vivere con lui per sempre… >> Fece una pausa abbassando lo sguardo un po’ contrariato. << Guertena rimase con lei, quella notte… Ma il giorno dopo se ne andò, tornò a casa. Da allora, però, il rimorso continuò a consumarlo, e non solo quello: continuava a vedere ovunque il viso di quella donna, come se lo stesse cercando. Arrivò a non voler più uscire di casa per non vederla, ma lei lo trovò comunque… >> Fece un’altra pausa, questa volta più lunga. << La ragazza era in lacrime. Aveva scoperto che lui era sposato, e minacciava di togliersi la vita se non se ne fosse andato con lei. Guertena non voleva che la ragazza si uccidesse, ma non era nemmeno tanto entusiasta di lasciare sua moglie. Non sarebbe riuscito a risolvere la situazione, se sua moglie non fosse tornata a casa proprio in quel momento… >>
Mary sussultò un momento, come se fosse venuta a conoscenza di un colpo di scena nella trama di un racconto. Sembrava che quella storia la stesse veramente prendendo. << Che cosa è successo dopo? >> Chiese desiderosa di sapere di più.
Lo scheletro rivolse uno sguardo triste alla ragazzina, che sembrava davvero in pena per l’attesa. << Guertena dovette spiegare tutto a sua moglie. Lei non sembrò volerlo incolpare per quello che era successo, anzi si mise accanto a lui e lo strinse più che poté… Era una donna forte, e lo amava incondizionatamente. Quel gesto fece infuriare ancora di più la giovane ragazza, che cominciò ad accusare la donna di averlo stregato, che se non ci fosse stata lei, allora Weiss sarebbe stato tutto suo. Minacciò di ucciderla, e il Maestro non poté che cercare di proteggerla con il proprio corpo. In quel gesto, la giovane donna vide più che semplice amore… Qualcosa la trattenne dal premere il grilletto contro la moglie di Guertena, ma niente la poté fermare dall’abbandonare tutto e suicidarsi dalla disperazione. >>
Mary era strabiliata. Non riusciva a credere a quello che aveva sentito. Quello era un episodio della vita di suo padre, e aveva scoperto così tanto sentendo solo quel racconto; chissà quante altre informazioni avrebbe potuto darle Convegno Dopo la Morte… Ma avrebbe dovuto attendere per quello, perché non era ancora il momento per le storie…
Garry guardò prima la bambina seduta a terra, temendo che il racconto avesse potuto sconvolgerla, poi si rivolse allo scheletro. << Quindi… La ragazza è morta? >>
<< Sì. >> Rispose secco lo scheletro. << Ma Guertena non poteva vivere con questo peso, e quindi decise di creare Bevendo nella Notte, per poter scaricare il suo senso di colpa, ma involontariamente diede una vita alla sua opera, e quella ragazza tornò a vivere in questo mondo, aspettando la vendetta… Per questo fui messo in seguito a vegliare su di lei e sui miei fratelli in questa sala. >>
Mary prese la parola contrariata. << Aspetta, ma lei amava Guertena! >> Protestò con un po’ di sorpresa sentendosi pronunciare il nome del suo creatore. Cercò di ignorare quella sensazione e continuò. << Perché avrebbe dovuto cercare vendetta? >>
Mary forse era troppo sognatrice per capire, ma Garry non poté non provare compassione per quella sua innocenza. << Lo hai visto: attacca chiunque non appartenga alla galleria, perché estraneo a Guertena. Infatti, noi che siamo suoi “figli” siamo al sicuro. >>
Garry aprì la bocca sorpreso, poi la richiuse senza dire niente. Ecco perché quando erano passati di là, l’obiettivo della donna era stato solo lui: Mary e tutte le altre opere nella galleria erano al sicuro. Ib però era in pericolo, e infatti era stata attaccata. Questo avrebbe spiegato la perdita del petalo dalla rosa blu, che Ib stava tenendo con sé, a detta della bambola di pezza.
Lo scheletro però continuò a parlare. << Però c’è qualcosa di strano… >> L’attenzione tornò tutta su di lui, e anche la donna al suo fianco sembrò turbata. << Bevendo nella Notte attaccava gli umani perché temeva che potessero portarle via Guertena, ma… >> Si guardò intorno con una mano al mento. << Perché non ha attaccato l’uomo che era con Ib? >>
Garry lo guardò confuso. << Non lo ha attaccato? Ma… >> Si interruppe. Non aveva idea di chi fosse quell’uomo, eppure sentiva che ci fosse qualcosa sotto.
<< E’ stato lui a ucciderla. >> Disse freddamente lo scheletro mostrando la spada. << Con questa. >>
Mary indietreggiò spaventata. << L’ha… Uccisa? >> Mormorò sentendo un impulso di allontanarsi da quella lama. Se quella spada aveva ucciso un’altra opera della galleria, sarebbe stata in grado di uccidere anche lei, ma perché si poneva quel dubbio? Notando il suo disagio, lo scheletro abbassò la lama.
<< Per questo ho voluto avvertirvi. Non so perché la donna non gli abbia fatto niente, né perché lui abbia reagito con tanta ira nel difendere Ib, ma… >> Lo scheletro guardò Mary con incertezza, preoccupato per lei. << State attenti. >>
Garry si mise le mani ai fianchi. Si guardò intorno sperduto e mormorò:<< “State attenti…” Grazie… >> Alzò lo sguardo verso lo scheletro sorridendo leggermente. << Ma perché avvertirci? >> Chiese poi con una punta di sospetto nella voce.
Lo scheletro non sembrò sorpreso da quella domanda. << Io non voglio vedere morire un’altra mia sorella. >> Disse fermamente fissando con intensità il ragazzo. Quello rispose allo stesso modo, cercando di fargli capire di non avere cattive intenzioni. Alla fine sorrise debolmente. << Sei un bravo ragazzo, Garry. Proteggi Mary, per favore. >>
Garry non si sarebbe aspettato quella richiesta, ma dovette annuire per forza. Certo, l’avrebbe protetta, ma non sarebbe potuto rimanere lì per sempre… Si voltò, deciso a seguire la strada che gli aveva indicato lo scheletro, ma dovette aspettare che Mary fosse pronta per partire; infatti, dopo essersi alzata da terra, la bambina era stata avvicinata dalla donna di Convegno Dopo la Morte, che le aveva consegnato qualcosa con tanta rapidità da non permettere a Garry di capire cosa fosse, forse intenzionalmente. Il suo sorriso genuino e silenzioso fu l’immagine che rimase impressa di lei nella mente di Mary, che non seppe come reagire a quel dono.
Quando Mary fu di nuovo al fianco di Garry, con la sua bambola sulla spalla destra, il ragazzo evitò di parlare di quel biglietto che – forse – avrebbe dovuto essere qualcosa di privato, e riprese a camminare tenendo la bambina per mano. << Forza, dobbiamo fare in fretta! >> La incitò guardando avanti, mentre Mary lo seguiva a passi rapidi in silenzio. Dovevano trovare Ib prima che potesse succedere qualcos'altro.
Erano già passati da lì, sapevano cosa li aspettava a quel punto e per questo non furono sorpresi quando videro cambiare il colore delle pareti in nero, contornato da rosa acceso. Garry non ricordava bene come fosse arrivato lì la prima volta, ma sapeva che stava per tornarci, e anche Mary; lei conosceva benissimo quelle stanze.
Ma i tre non andarono nella stanza dove era custodita la cornice di Mary. Lì non avrebbero trovato nulla, o almeno era quello che pensavano, e poi Mary non sembrava molto felice di tornare lì dentro. Decisero di uscire dalla casa rosa, invece, e si ritrovarono in un immenso spazio buio, formato interamente da colori a cera. I colori che li circondavano erano così sgargianti e forti che, nonostante la sala fosse immersa nell'oscurità, Garry sentì fastidio agli occhi. I colori a cera erano ovunque, la strada era fatta di colori, le pareti della casa da cui erano appena usciti erano fatte di colori, e anche il sole, che sembrava un adesivo appiccicato al soffitto, privo di volume o luminosità, era fatto di colori a cera.
Garry si sentì scoraggiare da quella visione così tetra e pensò che non avrebbero mai trovato Ib, ma quella convinzione durò poco: lanciò un urlo chiamando il nome della ragazza, destando l'attenzione di Mary che sembrò alquanto irritata.
La bambina gli diede uno schiaffo e lo tirò verso di sé. << Stai zitto! Non sappiamo cosa si nasconde nell'oscurità! >> Gli disse a denti stretti.
<< Dobbiamo trovare Ib! >> Esclamò lui in risposta.
<< E' stata bene fino ad ora, non c'è bisogno di metterci fretta! >> Ribatté la ragazzina cercando di essere convincente con lo sguardo. Garry capiva che Mary non volesse metterli in pericolo, ma non poteva pensare a Ib da sola in quel luogo, con uno sconosciuto di cui non sapevano se fidarsi. Avrebbe tanto voluto rispondere a Mary, dicendole che non gli interessava di quanto fosse sopravvissuta Ib fino a quel momento, ma dovette stare zitto, pensando che molto probabilmente avrebbe avuto una risposta pronta per lui.
<< Come ci orientiamo? >> Chiese liberandosi dalla morsa delle dita di Mary, che gli stringeva una guancia. Si guardò intorno senza un vero motivo: non riusciva a vedere niente, e anche se avesse potuto non sarebbe riuscito a orientarsi. Doveva riporre la sua fiducia in Mary, che si mise subito a ruotare con il busto, scandagliando con lo sguardo la zona.
In realtà c'era poco da vedere lì, ma la ragazzina sembrò avvistare un luccichio e si lanciò verso sinistra, dicendo a Garry di seguirla. Attraversarono un'ampia zona in pochi secondi, correndo mentre ansimavano sonoramente, sentendo l'eco dei loro respiri nel vuoto della sala. In breve, la bambina condusse Garry a uno strano laghetto, fatto anch'esso di colori a cera, ma incredibilmente munito della stessa consistenza dell'acqua reale.
Si inginocchiò sulla riva e fece sguazzare un po' le mani in quella strana acqua, che si muoveva a scatti in risposta ai movimenti della bambina. Per qualche strana ragione Garry vide i riflessi dell'acqua sul viso di Mary come se si trattasse di un vero stagno. Lei si girò di tre quarti e sorrise entusiasta a Garry. << Hai sete? >>
Il ragazzo fece un passo indietro. << Non sono sicuro che quell'acqua si possa bere… >> Rispose agitando un indice in fretta.
Mary sembrò stupita. << E perché? Cos'ha di strano? >> Evidentemente la bambina non sembrava avere ben chiaro il concetto di "liquido", o forse era Garry a mancare qualcosa. Lei tornò a giocare con l'acqua, mentre persino la piccola bambola di pezza si metteva al suo fianco e agitava l'acqua con le sue piccole manine. << E' divertente… E i pesciolini sono simpaticissimi! >>
Pesciolini…? Pensò confuso Garry. Non vedeva nessun pesce nello stagno. Era solo una forma priva di spessore su un piano perfettamente liscio. Cominciava a temere che Mary stesse allucinando o qualcosa del genere…
La bambola si voltò verso di lui rivolgendogli un largo sorriso. Sei confuso, vero? Chiese senza smettere di guardarlo come se conoscesse già la risposta. Garry strinse le spalle. Era tanto ovvio?
Quella ridacchiò e tornò a giocare un po' con l'acqua. Mary ha un cuore d'oro! Pur non essendo veramente una bambina, ha la sua stessa ingenuità e i suoi stessi sogni…
Garry non capiva che cosa avesse a che fare tutta quella storia con il salvataggio di Ib… Gli sembrava che stessero perdendo tempo.
La bambola si voltò di nuovo per sorridergli brevemente un'altra volta. Prova a chiudere gli occhi per un secondo, pensa a quando eri anche tu un bambino, e vedrai… Che cosa significava tutto quello? Per un attimo Garry si sentì quasi in pericolo, minacciato nuovamente da quella bambola che continuava a inquietarlo, ma poi si tranquillizzò e chiuse gli occhi respirando profondamente.
Sotto le palpebre vide come una luce provenire dal basso. C'era qualcosa di splendente e grande ai suoi piedi. C'era anche Mary, rannicchiata su una delle sponde di quella larga macchia azzurra, assieme alla bambola inginocchiata lì accanto. Riconobbe la forma dello stagno, e poi vide qualcos'altro: un prato verde, sabbia, alghe, pesci che nuotavano fieri nello stagno e confusi attorno alle mani impetuose di Mary. Vide la bambola girarsi verso di lui e sorridere, ma soprattutto, vide Mary: la bambina si voltò verso di lui rivolgendogli il sorriso più sincero che avesse mai ricevuto da lei, come se gli stesse finalmente dicendo che i loro litigi erano finiti… Ovviamente no, ma sembrò così dal suo sguardo, e Garry non poté trattenere le labbra dal piegarsi leggermente a quella vista.
Sentiva una grande pace, immerso nel silenzio e nell'oscurità, mentre finalmente capiva quello che intendesse Mary poco prima: forse era lei ad essere in grado di vedere cose diverse da lui, oppure era proprio perché lei fosse innocente come una bambina, ma il ragazzo capiva ora perché sembrasse così felice mentre faceva sguazzare le mani nello stagno.
Per pochi istanti, il ragazzo sentì uno strano calore invadergli il petto, e pensò che in fondo quel posto non fosse così brutto come pensava… Poi però si ricordò di Ib e aprì gli occhi all'improvviso, perdendo quasi l'equilibrio, ritrovandosi nell'oscurità di quel mondo fatto di colori a cera. Che cosa stava cercando di dimostrargli Mary, agendo così? << Mary… >> Cominciò venendo interrotto subito dopo da un gesto della bambina.
Sembrava che sapesse già cosa volesse chiederle Garry, e dopo un attimo di silenzio passato a far ruotare un indice nell'acqua in modo mistico, la bambina si rialzò tornando da Garry. Il suo sorriso era appena accennato, ma sincero. << I pesci ci aiuteranno. >> Disse senza quasi muovere le labbra.
Garry non capì in un primo momento cosa quello volesse dire, ma quando tornò a guardare lo stagno, vide dei segni affiorare sul colore, come se qualcuno stesse disegnando dall'altro lato del pavimento: una piccola scritta nera si formò sulla superficie del laghetto e Garry riuscì a leggere chiaramente “Garry e Mary sono stati qui”.
Il ragazzo rimase a bocca aperta, mentre Mary faceva salire su di sé la bambola di pezza e si rimetteva in marcia, aspettandolo a pochi passi di distanza. Forse non era molto, e quel messaggio avrebbe anche potuto passare inosservato, ma era già qualcosa, e Garry avrebbe dovuto apprezzare quello che Mary stava facendo per lui e Ib…
 
*
 
Ib guardò le farfalle svolazzare calme nel cortiletto affianco della casa. Anche quelle erano fatte di colori a cera, ma sembravano così vere che non le avrebbero mai messo paura. E poi erano così simpatiche, mentre ondeggiavano in aria senza una meta precisa.
Ib? La voce di Bianca sulla sua spalla la destò dai suoi pensieri. Si era immersa così profondamente nella propria mente che si era dimenticata dell'obiettivo primario. Anche il signor Elias si era fermato a guardarla confuso, chiedendosi cosa stesse facendo.
Si voltò sorridendo benevola alla formica. << Scusa, Bianca. Stavo solo pensando che quelle farfalle sembrano davvero felici, pur essendo intrappolate quaggiù… >>
Bianca sembrò confusa dalla risposta fumosa della ragazza. Elias le chiamò dicendo di non fermarsi troppo a lungo. << Non sappiamo cosa potrebbe saltare fuori dall'oscurità in qualunque momento… >> Disse voltandosi e dirigendosi verso la casa con il tetto viola. Poggiò una mano sul pomello disegnato e lo sentì come se fosse reale; quel posto gli dava i brividi…
L'uomo entrò nella casetta seguito da Ib e Bianca che si guardavano intorno con aria di meraviglia: la casa da dentro sembrava molto più grande di quanto apparisse dall'esterno. Forse era un'illusione di quel luogo, oppure c'era qualcosa di più, ma Ib non riuscì a trattenere un'esclamazione di sorpresa, quando fu nel soggiorno della casa. L'arredamento era scarno e c'era un muro vuoto a dividere la stanza; la finestra che da fuori appariva come un largo vetro azzurro, dentro era segnata da delle sbarre decisamente differenti dall'esterno, mentre accanto alla porta c'era un appendiabiti disegnato con un pastello marrone. C'era un tavolo con un vaso pieno di fiori sopra, e dietro alla parete che divideva la stanza c'erano un secchio e uno strano pupazzo appoggiati a una cassettiera. Il signor Elias si appoggiò al tavolo con aria di disfatta.
<< Speravo di trovare almeno qualche indizio… >> Mormorò deluso.
Bianca si agitava sulla spalla di Ib. Questo posto mi fa paura… Mormorò inquieta. Ib le chiese cosa avesse, ma la formica bianca non seppe rispondere con esattezza. E' così vuoto e silenzioso, e l'ambiente che dovrebbe trasmettere un'aria familiare… Tutti questi disegni lo rendono ancora più inquietante.
La ragazza si guardò intorno, capendo finalmente cosa volesse dire Bianca. In effetti, quella stanza aveva un'aria inquietante e innaturale, nessuno avrebbe immaginato di vivere in quel posto. Cominciò a sentire anche lei quella stessa sensazione e pregò il signor Elias di uscire da lì.
Sembrò riluttante a farlo, ma dato che non avevano trovato niente di utile, accettò, accompagnando Ib e Bianca alla porta.
Una volta fuori dalla casetta, i tre si guardarono intorno, chiedendosi dove fosse preferibile andare per trovare una via di uscita. Prima di poter prendere una decisione, però, furono interrotti da un'inquietante clangore che attirò la loro attenzione.
Quel suono fastidioso e preoccupante era lontano, ancora, ma Ib sentì subito una forte pressione su di sé, come se sapesse già che significasse guai. << Andiamocene… >> Mormorò spaventata tirando una manica del signor Elias. Quello annuì dirigendosi verso sinistra, ma le farfalle che Ib stava ammirando pochi minuti prima si misero davanti a lui, producendo una sorta di ruggito che fece venire la pelle d'oca alla ragazza.
Bianca lanciò un piccolo urlo acquattandosi sulla spalla di Ib, mentre il signor Elias allargava le braccia per proteggere Ib alle sue spalle. << Corri! >> Ordinò voltandosi e spingendola con forza. Ib non sapeva nemmeno perché dovessero scappare da delle farfalle, ma si mise a correre a perdifiato senza lasciarselo ripetere due volte. In quel mondo anche la più innocua delle creaturine poteva essere un mostro spietato e assetato di sangue, e lei ne aveva avuto la prova, quindi sarebbe stato meglio continuare senza guardarsi indietro.
Raggiunto un incrocio, la ragazza si lanciò a sinistra lungo una strada in salita che la costrinse a rallentare gradualmente. Quando fu in cima si rese conto di essere tornata al punto di partenza, dove si erano trovati quando erano entrati nella sala, e decise di prendere la strada che non avevano preso prima, senza fermarsi troppo a pensarci. Elias la seguiva senza dire niente, quindi immaginò che fosse d'accordo con lei.
Ib sperava di poter seminare le farfalle, prima di non riuscire più a correre dalla stanchezza, e si sentì un po' sollevata vedendo avvicinarsi uno stagno colorato con i pastelli. Non sapeva bene perché, ma pensava che si trattasse di una buona notizia.
Il suo presentimento fu confermato dall'urlo di Elias, che la spaventò comparendo accanto a lei e gridandole di gettarsi in acqua. Ib non seppe perché, ma obbedì senza esitazioni, sapendo di non avere molto tempo per pensarci.
L'acqua era stranamente reale, nonostante fosse fatta di colori a cera; forse c'era qualcosa di più della semplice apparenza in quel mondo, ma Ib non riusciva a capire cosa fosse esattamente… Sentì il freddo liquido bagnarle i vestiti e i capelli – era strano non sentire più i capelli lunghi appiccicarsi alla schiena – e trovò molto difficile rimanere a galla, come se quell’acqua la costringesse ad andare giù. Dopo di lei si buttò il signor Elias, che la portò sott’acqua con sé senza preavviso. La ragazza ebbe difficoltà a trattenere il respiro a lungo e quando finalmente l’uomo la ebbe lasciata andare, tirò un forte respiro per riempire i polmoni. Anche Bianca sulla sua spalla sembrava aver passato un momentaccio.
<< Se ne sono andate… >> Commentò respirando a fondo Elias. Si voltò verso Ib che tossiva pesantemente e si scusò. << Mi dispiace per averti trascinata giù all’improvviso, ma non c’era tempo per spiegare… >>
Ho le zampe tutte bagnate! Si lamentò Bianca cercando di scrollarsi di dosso l’acqua. Ib invece non si lamentò molto, comprendendo i motivi del signor Elias, ma volle sapere perché l’acqua avesse mandato via le farfalle. Fu Bianca a risponderle, mostrandole la propria situazione come esempio: Per noi insetti l’acqua è un grande nemico; avere le ali bagnate non è proprio una bella sensazione…
Il signor Elias guardò sorpreso la piccola formica sulla spalla della ragazza. << Scusami, mi ero dimenticato di te… >> Si issò sulla riva e si inginocchiò di fronte a Ib per aiutarla a uscire.
Ib si avvicinò a fatica al bordo dello stagno e si fece tirare su dal signor Elias, che prendendole una mano la sollevò facendo uno sforzo. Non fa niente. In fondo ci ha salvati…
Ib si sdraiò una volta fuori dall’acqua con le braccia larghe e le ginocchia puntate verso il cielo inesistente; accanto a lei, Elias prese un po’ d’acqua con le mani e se la spruzzò sul viso. << Controlla la tua rosa. >> Le disse mettendo mano alla tasca dove teneva la sua. Stava ancora ansimando per la corsa.
Ib non capì cosa intendesse e prese la propria rosa. Quando la vide, notò che alcuni petali erano appassiti. Che cosa? Fu il pensiero che le balenò nella mente, e improvvisamente sentì una stanchezza inaspettata rendere una tortura anche i più semplici movimenti.
<< Quest’acqua non è molto amichevole… >> Commentò con un’espressione di rimorso in viso, fissando l'acqua con incertezza. << Forse non avrei dovuto dirti di tuffarti… >>
Ma Ib pensò che se era per salvarli dalle farfalle, allora ne era valsa la pena. << Non si preoccupi, signor Elias. >> Gli disse per rincuorarlo. << Sto ancora bene… >> Mentì senza intonazione. Poi un dubbio le saltò alla mente e mise l’altra mano nella tasca dove teneva le due rose che aveva con sé, tirando fuori questa volta la rosa blu di Garry. Anche questa aveva perso alcuni petali, nonostante sembrasse ancora in condizioni decenti, ma quella vista fece sentire terribilmente in colpa Ib, che immediatamente si interrogò sulle condizioni del suo amico.
Mentre la ragazza cercava di riprendere fiato e darsi una calmata, il signor Elias notò una strana immagine nell’acqua e si rese conto rapidamente che si trattava di una scritta. << Ehi, Ib… >> Chiamò facendo un piccolo cenno verso la sua direzione. << Come si chiamava il tuo amico? >>
Ib si mise a sedere rivolgendogli uno sguardo interrogativo. << Garry, perché? >>
Il signor Elias guardò di nuovo la scritta sull’acqua, disegnata con un pastello nero da quelle che sembravano mani insesperte e infantili: c’era scritto “Garry e Mary sono stati qui”.
 
*
 
<< Lo hai sentito anche tu? >> Chiese Garry voltandosi verso Mary. Non voleva pensare che si fosse immaginato quel suono. Ma Mary confermò i suoi sospetti, suggerendo subito un’ipotesi.
<< Era il Pedone, vero? >> Garry la guardò preoccupato e annuì lentamente. Ecco cosa gli mancava: una statua che ce l’aveva con lui e che lo avrebbe fatto a fettine in un istante; questa volta non era nemmeno armato! Soprattutto ora che era stato colpito da nuove fitte, cosa avrebbe potuto fare contro quel mostro?
<< Dobbiamo andarcene da qui… >> Mormorò strabuzzando gli occhi per vedere meglio nell’oscurità, ma non servì a niente. Imprecando sottovoce, si mise una mano in tasca e afferrò il suo vecchio accendino. << Per fortuna ho questo! >> Disse ghignando e cercando di accenderlo.
Non appena la bambina vide le scintille, si lanciò addosso a lui togliendogli dalle mani l’accendino. << Che cosa pensi di fare? >> Lo ammonì con tono di superiorità.
<< Volevo solo fare un po’ di luce! >> Protestò lui cercando di riprenderselo.
<< Questi aggeggi sono vietati nella galleria! Requisito. >> Disse schietta la bambina allontanandosi in fretta dal ragazzo per evitare che se lo riprendesse. Garry protestò, ma sapeva già quanto fosse inutile tentare di ragionare con lei.
<< E allora come dovremmo orientarci? >> Chiese seccato rimanendo sul posto, mentre Mary continuava ad avanzare.
La bambina fece qualche saltello prima di fermarsi, girandosi verso di lui. << Oh, lascia fare a me. >> Disse con un sorrisino che non diceva nulla di buono a Garry.
<< Pensavo che ti fidassi di me, dopo tutto quello che abbiamo passato… >> Si lamentò il ragazzo facendo qualche passo verso di lei. Mary, che si era girata, si voltò di nuovo verso di lui e lo fulminò con lo sguardo.
<< Ehi! Sono io che comando, o no? >> Fece autoritaria sventolando in aria la sua rosa gialla. La bambola di pezza ridacchiò a quelle parole, vedendo la reazione esasperata di Garry.
Garry stava per ribattere, ma un sinistro cigolio interruppe i due litiganti e gli fece ricordare la loro situazione: dovevano scappare dal Pedone, non litigare per chi fosse il capo.
<< Da questa parte? >>
<< Ottima idea! >>
Quindi Garry decise di non contestare più le decisioni di Mary e lasciò che lo guidasse in quel luogo buio e spaventoso. Mary sembrava sapere esattamente dove andare, ma a Garry sembrava di essere sempre nello stesso posto. Finirono di fronte a una casetta bianca col tetto rosso, circondata da fiorellini. << Entriamo qui. >> Consigliò Mary sorridendo e contemporaneamente spingendo la porta. Garry entrò rapidamente, richiudendo la porta alle proprie spalle, sperando che al Pedone non venisse in mente di andare a cercarli là dentro.
<< D’accordo… E ora? >> Chiese girando di poco la testa per scorgere Mary, voltata di spalle.
La bambina stava ammirando gli interni della casetta, anch'essi disegnati come il resto di quel posto: non c'era molto da ammirare in realtà, visto che le uniche cose disegnate nella stanza erano un tavolino di legno con due sgabelli ai lati, una libreria a un angolo piena di libri colorati, un quadro raffigurante un uomo sorridente e un orologio a pendolo fermo. La bambina, nonostante tutto, sembrava strabiliata.
Garry cercò di parlare con lei, ma quella sembrò non sentirlo. Invece di rispondergli, Mary andò a sedersi su uno degli sgabelli e si guardò intorno con aria sognante. La bambolina sulla sua spalla saltò sul tavolo e si sdraiò con le gambe all'aria. La bambina, invece, si girò verso Garry accavallando le gambe e dando qualche colpetto con la mano al tavolo al suo fianco, invitandolo a sedersi con un sorrisetto leggermente inquietante.
Il ragazzo non seppe cosa dire e andò a sedersi senza protestare, sperando che a quel punto Mary gli dicesse il piano, ma invece, una volta sullo sgabello, la bambina si girò verso di lui con aria sognante e gli prese una mano tra le sue. << Questa casa l'ho disegnata io. >> Disse senza mai staccargli gli occhi di dosso. << Ho disegnato tutto qui, io… >> Aggiunse facendo roteare la testa leggermente. << Questo posto sarebbe perfetto per te, e ci sono anche due sgabelli, quindi potrei venire qui a trovarti, e potremmo giocare insieme con le mie bambole… >> Garry non riusciva a crederci. Stava ancora sperando che lui accettasse la sua proposta? << Ma ci sono anche tanti libri! Quindi avresti qualche passatempo diverso, e potresti anche insegnarmi a leggere, e poi passeggeremo insieme tra gli alberi e andremo a pescare nel laghetto qui vicino, e annaffierai i fiori del tuo giardino ogni giorno, e… >>
Per quanto lo ferisse farlo, Garry dovette interrompere i sogni ad occhi aperti della ragazzina. << Mary! >> Lei lo guardò delusa, quasi come se fosse stata scoperta a disobbedire agli ordini dei genitori. Lui sospirò abbassando la testa; non riusciva nemmeno a guardarla in faccia… << Mi dispiace davvero tanto, ma io non posso restare qui… >> La bambina sembrò delusa. Le sue labbra si piegarono rapidamente verso il basso e i suoi occhi si arrossarono. << Sei stata sfortunata a nascere in questo mondo, e io ti voglio bene, ma… >> Fece una pausa sospirando pesantemente. Quelle parole erano più pesanti di un macigno da liberare, e non aveva idea di cosa sarebbe successo dopo di quello. La bambola di pezza li guardava rattristata dalla sua posizione in mezzo a loro. << Non posso farti da papà. >>
Mary rimase in silenzio. Dopo quelle parole le sue speranze dovevano essere andate completamente in frantumi. Abbassò lo sguardo dispiaciuta, un misto tra la tristezza e l'imbarazzo, come se si vergognasse di ammettere di aver sperato che Garry potesse accettare la sua proposta. Di sicuro ci teneva molto a lui, anche se non lo mostrava. Ritirò le mani lasciando andare Garry e cominciò a torturarsi le dita senza nessun criterio. A vederla in quello stato di profonda indecisione, Garry cercò di parlarle, ma lei fu più veloce. << Okay. >> Disse con vocina flebile. Alzò lo sguardo sorridendo impercettibilmente, rassegnata. << Non posso costringerti a rimanere qui, ed è vero il fatto che io sia stata sfortunata a nascere qui… Ci ho provato perché… Lo speravo… >> Sospirò abbassando lo sguardo per un attimo, ma tornò a guardare Garry negli occhi subito dopo, causando una forte repulsione in lui, che diversamente da lei non riusciva a sostenere il suo sguardo. << Comunque va bene così. >> Disse tornando a sorridere debolmente. << Sono felice che tu sia stato sincero con me, e ti aiuterò a tornare a casa, qualunque cosa accada. >>
<< Mi dispiace, Mary… >> Sussurrò costernato Garry, ma la bambina gli mise un dito sulle labbra.
<< Ora non fare quella faccia; non è mica morto qualcuno! >> Rise lei facendogli l'occhiolino. Gesto alla quale il ragazzo non poté che sorridere tristemente. La bambina si alzò da tavolo e andò verso la libreria all'angolo della stanza. Garry non lo aveva notato, ma c'era un piccolo recipiente contenente dei pastelli di cera sopra di essa. Ne estrasse un colore giallo e tornò al tavolo. Poi si mise a scrivere sul legno: "Mary e Garry sono stati anche qui".
Il ragazzo la guardò sorridendo mestamente. Era troppo buona con lui. Era cambiata completamente, da quando si erano incontrati la prima volta, nove anni prima. Garry non riusciva a capire perché quella bambina fosse così diversa da allora.
E quel suo sorriso enigmatico e innocente continuava a fargli increspare le labbra. Le voleva bene, o la stava solo usando?
Chi era il mostro, tra loro due?

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Capitolo 24
*** Riunione movimentata ***


<< Ma perché Mary è ancora viva? >> Chiese Elias Dawson incapace di trovare un senso a tutto quello. Se a lasciare quel messaggio sull'acqua era stato davvero Garry, che ci faceva con Mary?
Ib cominciava ad avere dei dubbi. E se quella fosse stata una trappola? Se Mary in realtà fosse morta, e a lasciare quel messaggio fosse stata un'altra opera della galleria per depistarli e tendergli una trappola? Oppure era il Mondo di Guertena stesso a lasciare quei messaggi per far sentire male Ib? Miravano a farle provare ancora quei sensi di colpa della quale aveva tanto cercato di liberarsi. Era troppo silenziosa, ed Elias lo aveva notato appena avevano letto quel messaggio.
<< Pensa che si tratti di una trappola? >> Chiese Ib dubbiosa tenendo una mano di fronte alla bocca. Dawson scosse la testa stringendo le spalle; come poteva saperlo? Ib prese in considerazione l'idea che lo fosse:<< Ma perché mettere anche il nome di Garry? >>
A quella domanda il signor Elias fu rapido a rispondere. << Ovviamente perché sanno che non andremmo mai da Mary, mentre invece ci fermeremmo a cercare Garry; perché entrambi, piuttosto? >> E si mise una mano al mento scrutando la scritta sull'acqua. C'era qualcosa che non convinceva entrambi di quella storia, ma non sapevano cosa fosse ancora. Bianca tentò di dare una spiegazione, timidamente.
E se Mary e Garry fossero veramente insieme? Quell'idea parve impossibile sia a Ib che al signor Elias, che rivolse uno sguardo incredulo alla formica sulla spalla della ragazza.
Però, dopo alcuni istanti, Elias sembrò valutare quell'ipotesi più attentamente. << Ib, Garry era con te quando bruciasti la tela di Mary, vero? >>
La ragazza rispose di sì, pensando di averglielo già raccontato.
Elias incrociò le braccia pensieroso. << Quindi lui sa quanto è pericolosa Mary. E allora perché dovrebbe essersi messo con lei? >>
Quelle ipotesi sembravano tutte improbabili alle orecchie di Ib, sia per il fatto che Garry non si sarebbe mai messo assieme a Mary, sia per il fatto che la bambina non potesse essere ancora viva. Tuttavia, nonostante il suo scetticismo, anche Ib fece una ipotesi simile:<< E se fosse stata solo Mary, a lasciare il messaggio? >> Elias la guardò dubbioso. << Mettiamo che esista qualche copia di lei, da qualche parte, o che in qualche modo sia stata riportata in vita… Avrebbe potuto lasciare il messaggio per tenderci una trappola? >>
Elias non sapeva cosa rispondere. Non sapeva quello che sapeva lei, quindi non poteva dare una risposta precisa alla sua domanda. << Sicuramente è capace di un simile stratagemma… >> Commentò guardando dritto davanti a sé.
Ib sentì un tremore nelle gambe e abbassò lo sguardo per qualche secondo. Quando lo rialzò verso il viso di Elias Dawson, le sue parole risuonarono piene di incertezza:<< Quindi cosa dobbiamo fare? >>
Nessuno voleva provare a parlare, temendo di dire qualcosa di affrettato o errato. Tutti e tre i presenti volevano attendere qualche sorta di rivelazione, qualcosa che gli avrebbe spiegato meglio tutto quello che stava accadendo, così da poter fare la scelta giusta, ma era ovvio che non sarebbe arrivato niente e rimanersene fermi ad aspettare il nulla in silenzio sembrava proprio la scelta sbagliata. Per questo il signor Elias prese la parola. << Andiamo avanti. Non c'è molto altro da fare… >> Spiegò con tono mesto. Purtroppo aveva ragione; non potevano sapere cosa stesse succedendo realmente. Ib annuì lentamente, con tristezza. << Se riusciremo a mettere insieme qualche altra informazione, forse capiremo qualcosa di più di questa storia… >> E detto questo, l'uomo le mise una mano dietro le spalle e la condusse via dal laghetto.
C'era qualcosa che non la convinceva appieno, ancora, ma Ib non riusciva a capire bene perché avesse quella sensazione opprimente. Era come se qualcosa che aveva sentito o detto non la rassicurava per niente. Si sentiva in pericolo, come se potesse arrivare qualsiasi cosa da qualunque punto in quella sala buia. Si fidava del signor Elias, ma anche le sue parole l'avevano fatto sentire a disagio, in qualche modo. << Signor Elias… >> Cercò di parlargli. Quello si voltò sorridendole leggermente. << Come fa a sapere che Mary è in grado di ingannare la gente? >>
L'uomo non sembrò aspettarsi la risposta e fece una faccia strana quando se la sentì arrivare. Tuttavia non perse la calma e distolse lo sguardo scuotendo la testa. << E' un opera di Guertena. Non può essere docile! >>
Ib girò la testa per guardare la piccola Bianca sulla sua spalla e aggrottò la fronte. << Non sono tutte così… >> Commentò pensando che stesse generalizzando ingiustamente.
<< E' molto probabile che lo sia… Ricorda che in questo mondo, finché non conosci meglio chi ti trovi davanti, non puoi mai essere sicura della loro amicizia. >> La sua voce era dura e i suoi ragionamenti cinici non piacquero alla ragazza, che ribatté con stizza.
<< Quindi, seguendo il suo ragionamento, neanche io dovrei fidarmi pienamente di lei! >> A sentire quelle parole, l'uomo smise di camminare. Rimase fermo per alcuni secondi, la testa bassa, prima di ruotare il collo lentamente e rivolgere uno sguardo di contesa alla ragazza con la coda dell'occhio.
<< Puoi pensare quello che vuoi. >> Rispose gelido. << Ma io ti ho salvato la vita e ti ho restituito la tua rosa… Perché avrei dovuto mandare avanti questa messinscena tanto a lungo, se avessi voluto ucciderti? >> Aveva delle buone ragioni per dimostrare di essere una persona affidabile, ma quelle sue parole avevano innescato un meccanismo offensivo nella ragazza che le vietava di indietreggiare tanto facilmente.
<< Potrebbe essere in attesa del momento migliore per togliermi di mezzo, magari quando saremo di nuovo assieme a Garry per eliminarci tutti e due nello stesso momento, oppure io sono solo un "mezzo" per raggiungere altri scopi… >> Ipotizzò Ib con un leggero sorriso di sfida disegnato sul viso. Voleva vedere se l'uomo avrebbe risposto alle sue provocazioni; voleva di più!
Elias rimase in silenzio mentre parlava Ib, poi alzò la testa e si spiegò con calma:<< Le opere di Guertena non sono così complesse! Non architettano piani per uccidere le loro prede: lo fanno e basta! >> A quelle parole, il sorriso di Ib si allargò: lo aveva indotto all'errore.
<< Mary lo fece con me; e poi c'era qualcosa nel suo comportamento che la rendeva stranamente sincera, nonostante volesse andarsene via di qui… Era come se, alla fine, volesse davvero essere mia amica… >> Alzò lo sguardo pensierosa, ma lo posò di nuovo rapidamente su Elias con un sorrisetto sicuro di sé. << Ma nonostante tutto, lei ha detto che ne era capace… Fingere. >>
Il signor Elias digrignò i denti respirando profondamente. Sembrò non gradire le insinuazioni della ragazza, che era riuscita a spingerlo ad un angolo. Si voltò e riprese a camminare senza rispondere, sorprendendo Ib per una simile reazione. Se l'era davvero presa per quello che aveva detto, oppure c'era qualcos'altro sotto?
 
*
 
Garry chiuse la porta della casetta bianca pesantemente, facendo sbattere la porta senza preoccuparsi di frenarla. Mary non sembrava turbata dalla conversazione che avevano appena avuto lì dentro, ma lui non riusciva a smettere di tormentarsi per la propria scelta; cosa gli dava il diritto di rifiutare l’invito della bambina, dopo tutto quello che aveva fatto per farlo stare in vita? Avrebbe dovuto esserle grato, invece di maltrattarla a quel modo, però non poteva lasciare tutto così e abbandonare anche Ib, persa in quel posto spaventoso.
Quando pensò alla ragazza alla sua ricerca accompagnata da uno sconosciuto, Garry tornò determinato come prima, impaziente di salvarla dal pericolo e portarla via di lì. Mary sembrava già pronta ad andare, quindi non si preoccupò di attirare la sua attenzione per cominciare a camminare. << Dove andiamo, ora? >> Chiese fermandosi un attimo ad osservare il buio della galleria. Non si riusciva a vedere niente, oltre pochi metri.
Anche Mary si fermò accanto a lui e si mise una mano sopra alla fronte, strizzando le palpebre. << Non riesco a vedere niente che possa aiutarci a trovare la strada giusta… >> Borbottò infastidita. A quelle parole, Garry ne approfittò per provare a riprendersi il suo accendino.
Soffiò un po’ d’aria per spostare un ciuffo di capelli dal viso e disse:<< Se avessi ancora il mio accendino, non saremmo in questa situazione… >>
Mary non sembrò gradire quel commento, ma rispose con freddezza senza nemmeno rivolgergli lo sguardo. << Ce la siamo cavata benissimo fino ad ora, non abbiamo bisogno di quell’aggeggio infernale. >> Dal suo tono di voce lasciò intendere che la conversazione fosse conclusa, ma Garry avrebbe voluto continuare a parlare, anche per capire veramente come si sentisse la ragazzina.
<< In effetti è andata abbastanza bene, fino ad ora, ma chi può sapere cosa accadrà nei prossimi dieci minuti, dove finiremo… >> Sbuffò guardandosi intorno, perso. << Se dovessero attaccarci, come ci difenderemo? >> Quello era un problema: dopo l'ultimo incontro con il Pedone, Mary aveva lasciato cadere la spada nel precipizio e l'unica sorta di arma su cui Garry avrebbe potuto contare era nelle tasche della bambina, e anche se fosse stata in suo possesso non lo avrebbe aiutato molto…
Mary sembrò infastidita dalle chiacchiere del ragazzo, ma gli rivolse un sorrisetto che sembrò volergli dire di smetterla, e disse a denti stretti:<< Se continui a farti tutti questi problemi, collasserai prima per lo stress! >> Un modo simpatico per dirgli di chiudere il becco e lasciarla concentrare. Garry non rispose, limitandosi a guardarla con sguardo sconcertato, prima di vederla esultare e indicare un punto di fronte a sé, nell'ombra. << Ecco! Andiamo lì. >> Disse cominciando ad avanzare, facendo segno a Garry di seguirla.
Non lo guardò nemmeno con la coda dell'occhio per vedere se la stesse seguendo, tanto sapeva che avrebbe fatto tutto quello che gli avrebbe detto, e Garry notò con fastidio che tutti quanti ormai lo avevano capito, anche la bambola di pezza sulla spalla di Mary, che lo guardava sghignazzando e coprendosi la bocca con le manine paffute.
Mentre avanzavano, sentirono un cigolio familiare e sinistro. A Garry vennero i brividi quando lo sentì per l'ennesima volta e rivolse uno sguardo di supplica a Mary, pregando che non mancasse molto alla fine del loro cammino. << Di qua. >> Fece la bambina mantenendo il sangue freddo e andando dritta a un bivio. Era ammirevole come Mary riuscisse a mantenere la calma in quella situazione, nonostante fosse solo una bambina e quel posto facesse tanta paura.
Dopo pochi passi, nell'ombra cominciò a distinguersi una grande costruzione dalle pareti bianche e immacolate. Senza indugio, Mary spinse Garry dentro e chiuse la porta con decisione. Il ragazzo non riuscì a vedere all'interno della casa finché i suoi occhi non si furono abituati all'oscurità ancora più fitta che stava lì dentro. Quando fu in grado di distinguere le forme, Garry poté vedere dei grandi disegni sulle pareti fatti con dei pastelli a cera: c'erano lui e Ib con le loro rose tra le mani, e poi dall'altro lato della sala c'erano Mary, dall'aria contenta, e una bambolina di pezza che le porgeva la rosa gialla. Quelli li ricordava, Mary doveva averli fatti al loro arrivo, tanti anni prima. Lo sguardo di quei graffiti lo metteva un po' in soggezione. << Che dobbiamo fare qui? >> Chiese voltandosi verso Mary, venendo rapidamente zittito dalla bambina.
Dietro la porta si sentirono dei passi metallici e strascicati, ritmici e fastidiosi. Garry riconobbe subito la camminata del Pedone e si congelò sul posto per non farsi sentire. Anche Mary rimase immobile, trattenendo il respiro, schiacciata contro la porta per poterla trattenere se l'armatura avesse dovuto provare a sfondarla; non era molto forte, ma forse gli avrebbe dato qualche vantaggio…
La statua del soldato sembrò fermarsi per alcuni secondi davanti alla porta. Garry sentì dei cigolii, come se l'armatura stesse girando il collo per guardarsi intorno, poi i passi ripresero a suonare ritmici e forti come prima, diventando via via più lontani e attutiti. Quando non si sentì più nulla, Garry respirò a pieni polmoni, portando la schiena al muro e accasciandosi a terra.
Mary lo imitò e si lasciò scivolare lungo la superficie della porta alla quale era rimasta appoggiata. Sembrava provata. Aveva avuto paura? Sicuramente, aveva preso a respirare con più frequenza e nervosismo, e forse quello sarebbe anche stato normale da parte di una bambina piccola, ma Garry non avrebbe pensato che fosse capace di spaventarsi tanto per una cosa del genere…
<< Stai bene? >> Chiese facendole alzare lo sguardo sorpresa. Smise di ansimare tutto a un tratto, non appena si accorse che Garry la stava osservando.
<< Perché? >> Chiese serrando le labbra con fare interrogativo.
Garry si stiracchiò. << Sembravi preoccupata. >> Commentò senza guardarla in viso. Sentì il suo desiderio di distogliere lo sguardo e decise di non metterla più a disagio di quanto fosse.
<< Pensavo che ci avrebbe trovati. >> Rispose senza problemi la ragazzina. << Ma a quanto pare siamo stati fortunati… Ringraziami se sei ancora vivo, perché ti avrò salvato il sedere un milione di volte, ormai! >> Garry rise dopo che Mary gli ebbe puntato contro un dito con tono accusatorio. << Non scherzo! >> Cercò di farsi prendere sul serio lei.
Il ragazzo rise ancora un po', ma alla fine annuì. << Hai ragione… >> Rispose sorridendo sinceramente. << Sin da quando ci siamo incontrati, tu mi hai salvato la pelle. Eppure avresti avuto tantissimi motivi per lasciarmi morire… >> Si spinse un po' in avanti. << Che cosa ti ha spinta ad aiutarmi? >>
Mary lo guardò con disappunto.
<< Andiamo! >> Commentò deluso lui tornando indietro con la schiena. << Non dirmi che non te ne frega niente di me, dopo tutto quello che hai detto e fatto… >> Non poteva finire tutto con un commento sarcastico che avrebbe solo denigrato la posizione di Garry e fatto apparire lei come una dea.
Le labbra della bambina tremarono leggermente prima di piegarsi in un sorrisetto impacciato. << Gratitudine? >>
Quella parola, nominata con tanta semplicità, colpì Garry come un macigno. Non se lo sarebbe aspettato, e non pensava nemmeno che Mary lo avrebbe ammesso, ma era riuscito a farla parlare sinceramente. Si limitò a rivolgerle uno sguardo incredulo, a occhi sgranati.
Mary arrossì. << Non guardarmi come se fosse qualcosa di strano! >> Scosse la testa coprendosi una guancia mentre la bambola di pezza le scendeva in grembo e si sdraiava a pancia in giù sul suo vestito, abbracciandola con le sue braccia tozze. << E' grazie a te se sono di nuovo qui, d'accordo? E io… Volevo ringraziarti in qualche modo, credo… >>
Garry era ancora più incredulo. Notò un sorrisetto compiaciuto della bambola blu in braccio a Mary che sembrò volergli dire che tutto quello che aveva creduto della bambina fosse diventato improvvisamente errato.
<< E poi non credere che io sia così cattiva e spietata come sembri… Non traggo mica piacere dalla sofferenza altrui! >> Borbottò abbassando lo sguardo e poggiando le mani sulle proprie ginocchia. << Insomma, parlo da dura e dico sempre di volerti vedere morto, ma… Non mi piace rimanere da sola. >> Mormorò a voce così bassa che Garry dovette piegarsi in avanti per sentire. << E se tu dovessi morire, io sarei di nuovo da sola quaggiù… >>
Garry era a bocca aperta. Non sapeva cosa dire. Era stato nell'ignoranza sin dal primo momento che aveva visto Mary, oppure qualcosa che gli era capitato durante la loro convivenza l'aveva resa quello che si mostrava ora ai suoi occhi? Si appoggiò di nuovo al muro alle sue spalle e piegò un ginocchio per poterci poggiare sopra il gomito. Schiacciò il pugno contro la propria guancia e alzò lo sguardo al soffitto, come per pensare a qualcosa. << Potrebbe non avere molto senso, detto da me, ma… >> Borbottò senza pensare molto alle parole da usare. << Sei cambiata, Mary. >>
La bambina lo guardò con la bocca mezza aperta, cercando di capire cosa volesse dire. Era la prima volta che si sentiva dire qualcosa del genere, ed era una sensazione nuova che le scaldava il cuore…
 
*
 
<< Di qua. >> Disse con tono serio il signor Elias. Non le aveva parlato per tutto il tempo, quasi come se ce l'avesse con lei. Ib non aveva voluto dire altro per non peggiorare la situazione, ma la preoccupava il silenzio dell'uomo; per questo, quando lo sentì indicarle la strada da prendere, si sorprese. Erano ancora immersi nell'oscurità di quella grande sala, ma Ib cominciava a sentirsi meglio, non aveva più paura come prima – in fondo non poteva più mostrarsi spaventata – e tentava di rimanere concentrata sull'obiettivo: trovare Garry.
Che poi, se fosse stato solo Garry, il loro problema, Ib non si sarebbe minimamente preoccupata… Ma lì dentro, in quella specie di caverna, c'erano altri esseri pericolosi e assetati di sangue, e soprattutto, c'era Mary. Non sapeva ancora come fosse potuto succedere, né cosa fosse accaduto esattamente, ma Ib ormai era sicura del fatto che la bambina di Guertena non fosse più cenere, ed era determinata a vendicarsi.
C'è qualcosa che ti preoccupa, Ib? Sussurrò a un certo punto la piccola Bianca sulla sua spalla. Ib si era quasi dimenticata di stare portando la formica con sé, dato il suo silenzio.
 Pensando che non volesse farsi sentire dal signor Elias, anche Ib rispose a bassa voce. << Elias si comporta in modo strano… >>
Bianca lo scrutò con attenzione rimuginando profondamente. Forse anche lei aveva notato qualcosa di diverso. Siamo tutti un po' tesi… Nessuno si aspettava una simile rivelazione.
Ib annuì. << Sì, ma lui non ha reagito per la scoperta su Mary, bensì su quello che ho detto io! >>
Che hai detto? Le chiese Bianca volendo capire che cosa avesse infastidito tanto il signor Elias. Sinceramente, la formica pensava che niente potesse fare arrabbiare quell'uomo…
<< L'ho fatto contraddire. >> Rispose la ragazza a bassissima voce, pentendosi di aver fatto quella cosa. Ora era una situazione molto più complicata e pesante di prima, chissà come si sarebbe comportato con loro da quel momento.
Per quello dovrebbe avercela con te? Chiese incredula la formica.
Anche a Ib sembrava una motivazione assurda, ma era l'idea che le aveva trasmesso il comportamento di Elias; non era abituato a farsi cogliere impreparato a quel modo, e a meno che non avesse qualcosa per la testa, Ib avrebbe detto che fosse risentito per qualcosa.
Si fermarono di fronte a una casetta bianca circondata da dei grandi fiori. L'uomo la guardò con sospetto dalla base fino alla punta del tetto, poi fece segno a Ib di entrare dopo di lui e aprì la porta. La ragazza e la formica bianca lo guardarono sparire dietro di essa con grande timore. Nemmeno una parola.
Dentro l'arredamento era scarno, come nell'altra casa, e gli unici particolari interessanti potevano sembrare un quadro che mostrava una persona sorridente e un orologio fermo, ma Elias Dawson non sembrava interessato a niente di tutto quello. Se ne stava di fronte a un tavolo, fissandolo a testa bassa, in silenzio. Ib, curiosa, si mise accanto a lui, e scoprì che avevano trovato un altro messaggio come quello sull'acqua: questa volta diceva "Mary e Garry sono stati anche qui".
<< Che significa? >> Mormorò preoccupata la ragazza indietreggiando piano. Tutto a un tratto, quella casa le trasmetteva ancora meno sicurezza di prima.
<< Significa che qualcuno ci sta prendendo in giro… >> Rispose cupo Elias. << Oppure è la verità, e il tuo amico ha incontrato Mary. >> Quella ipotesi fece reagire istintivamente Ib.
<< Ma non è possibile! >> Esclamò rifiutandosi di credere a quell'idea. Mary era morta, e Garry non se ne sarebbe mai andato in giro con lei per quel posto.
<< Sei sicura di quello che chiami "verità"? >> La incalzò lui con una leggera ira nella voce. Ib si zittì immediatamente, spaventata da come le si rivolse. << Weiss Guertena ci ha mostrato molte volte che la verità non è sempre ciò che vediamo, ma ciò che esiste dietro a uno "specchio"! Forse tu hai visto solo una parte di quello che accadde in quella stanza, nove anni fa, e magari in seguito qualcuno è tornato e ha ricreato il dipinto. >>
Ora a Ib sembrava che Elias stesse solo inventando scuse. << Che cosa significa…? Io so quello che ho visto! >> Protestò pensando che lui la stesse accusando di aver modificato in qualche modo i propri ricordi. << E poi… Che senso avrebbe, ricreare un'opera per far tornare in vita il suo soggetto? Non… Non funziona così! >> Cercò di dare un senso a tutto quello che stavano dicendo, ma semplicemente non ci riuscì.
<< Ah, no? >> Sbottò Elias con un sorriso folle. << Siamo in un mondo dove i quadri escono dalle cornici e se ne vanno a zonzo completamente liberi, tutto può succedere! >> Ib scosse la testa con forza, incapace di crederci. << Per ricreare un dipinto non basta niente: un po' di colori, le giuste dosi, e tutto si risolve da solo! >>
<< Che sta dicendo…? >> Mormorò Ib, ora spaventata. Anche Bianca si stava spaventando per il comportamento dell'uomo, ma non pensava che la situazione sarebbe degenerata in qualcosa di più grave. Pensava ancora che quello fosse un uomo buono.
Elias sembrò lottare per non esplodere. << Sto cercando di spiegarti che qui, in questo mondo, tutti possono creare! >>
Quelle parole dovevano avere un senso, anche se a un primo esame non sembrava; Ib avrebbe voluto chiedere di più, avrebbe voluto capire cosa stesse dicendo quell'uomo, ma era troppo spaventata per chiedere altro, temeva che si sarebbe infuriato con lei, o che avrebbe potuto reagire in modo inaspettato. Non voleva farlo arrabbiare, e non voleva nemmeno che succedesse qualcosa di brutto, quindi cercò di calmare gli animi dicendo solo:<< Mi sta spaventando, signor Elias… >>
L'espressione di Elias mutò rapidamente, e i suoi occhi si intristirono non appena sentì quelle parole; le sue labbra si rilassarono e assunsero una piega opposta a quella che avevano preso prima, durante il suo discorso. Raddrizzò la schiena e cercò di allungare una mano verso la ragazza:<< Ib… >> Mormorò costernato. << Mi dispiace… >>
Ma la ragazza non era ancora sicura di potersi fidare di lui in quelle condizioni, quindi si girò verso la porta e la aprì di scatto, senza neanche pensarci, mettendosi a correre fuori dalla casa.
<< IB!!! >> Elias fu subito dietro di lei. Uscì dalla casa spingendo con un braccio la porta e si mise a correre alle sue spalle, a grandi passi, senza però bloccarla, nonostante ne avesse la possibilità. Forse capiva che la ragazza non volesse essere toccata. Passarono rapidamente attraverso un bivio e senza guardare dove andavano si lanciarono contro un grande edificio bianco. Quando furono lì, ci sfilarono rapidamente di fronte, ma Ib frenò istantaneamente quando sentì un rumore sinistro dietro l'angolo della strada: c'era uno sferragliare inquietante che riempiva l'aria e faceva battere sfrenatamente il cuore della ragazza. Ib ci mise due secondi a comprendere cosa stesse succedendo, durante la quale cercò di riprendere fiato, e nello stesso istante in cui vide sbucare dall'angolo una grossa armatura medievale con in mano una lunga spada affilata, capì di essere in pericolo.
Riconobbe subito il profilo del Pedone di Guertena, e in quei due secondi che rimase immobile, la statua la fissò intensamente negli occhi, come per farle capire di essere diventata la sua prossima preda. Sarebbe rimasta immobile in quel punto, con quella sua espressione pietosa, se le grida di Elias Dawson non l'avessero ridestata.
<< IB! QUI DENTRO, MUOVITI!!! >> La incitò mettendo la mano sul pomello della porta che conduceva dentro all'edificio. La ragazza inspirò un'ultima volta prima di voltarsi a correre verso Elias, provocando così una reazione nella statua, che si mise a correrle incontro, sollevando un forte clangore.
Elias aprì la porta e spinse Ib dentro prima di buttarsi dietro di lei e chiudere rapidamente la porta alle proprie spalle. Il rumore della porta che sbatteva rimbombò nella grande sala vuota che costituiva l'edificio, assieme ai loro respiri affannati. Si voltò dando le spalle alla porta e si vide comparire davanti agli occhi il viso di un ragazzo sulla trentina, minaccioso, in pessime condizioni. Era spaventato, ma non sembrava volerlo dimostrare. I suoi vestiti erano sporchi e rovinati, la faccia butterata suggeriva che non dormisse da giorni, mentre la corta barbetta trascurata lasciava intendere che non avesse avuto il tempo di occuparsene. Ma nonostante il suo aspetto, quel ragazzo non sembrava cattivo, anzi trasmise simpatia ad Elias. Probabilmente lui non gli trasmetteva la stessa sensazione, ma quando abbassò lo sguardo e vide la ragazza stretta al braccio dell'uomo, quello cambiò espressione.
<< Ib? >> Esclamò incredulo sgranando gli occhi tutto a un tratto. La ragazza era immobile a bocca aperta; sembrava incerta se rispondere al suo richiamo o no. Poi lo riconobbe: aveva un cappotto vecchio e rovinato, sporco di ogni tipo di pittura, e come avrebbe potuto dimenticare i suoi particolarissimi capelli?
<< GARRY! >> Gli saltò addosso con entusiasmo aggrappandosi al suo collo, portandolo a cadere a terra.
<< Ma… Come ti sei combinata? Che ti è successo? Quasi non ti riconoscevo! >> Cercò di dire Garry, tentando di farsi guardare in faccia da un'eccitata Ib. La ragazza era molto diversa da prima di arrivare lì, in effetti; aveva tagliato drasticamente i suoi capelli e i suoi abiti erano ridotti a brandelli, in più era piena di tagli e ferite che facevano dubitare come facesse a stare in piedi.
<< Non è niente, adesso che ci sei tu! E poi ti sei visto tu?>> Rispose sorridendo felice Ib prima di affondare il viso nel petto del ragazzo, ridendo incontrollabilmente. Elias non capiva proprio come avesse fatto a cambiare così rapidamente l'umore della ragazza, ma si sentì sollevato nel vederla sorridere. Una piccola figura appoggiata al muro opposto attirò la sua attenzione, e quella della ragazza in seguito.
Quando Elias riconobbe la bambina che se ne rimaneva immobile con gli occhi sgranati ad osservare la scena, ebbe quasi l'impulso di scappare dall'edificio. Si schiacciò alla porta, invece, e si limitò a rivolgerle uno sguardo incredulo. Anche Ib rimase a bocca aperta quando la vide, e in un attimo una miriade di sentimenti confusi e diversi riempirono il suo cuore. Sentiva paura per quella bambina che aveva rischiato di ucciderla, ma provava anche compassione e dispiacere, oltre che una forte nostalgia. Stranamente, però, Mary non sembrava aver fatto molto caso alla ragazza, quanto all'adulto che adesso continuava a fissare con occhi pieni di curiosità; c'era qualcosa nel suo viso che la affascinava molto…
<< Mary…? >> Esalò Ib cercando di incurvare la schiena per poterla vedere meglio. La bambina si voltò di scatto e questa volta riconobbe a sua volta la sua vecchia amica. Rimase a bocca spalancata senza emettere un suono, ma non ebbero il tempo di dire o fare nulla, perché dopo di quello qualcosa colpì violentemente la porta.
Il signor Elias si voltò e fece qualche passo indietro, allontanandosi da essa. Nello stesso istante in cui Ib e Garry si rialzavano e Mary si avvicinava al gruppo, un guanto corazzato sfondava la parte superiore della porta di legno, disegnata con pastelli; e dopo di quello, un altro colpo distruggeva completamente la porta, facendola cadere violentemente a terra. Il Pedone entrò calciando via la sua carcassa ormai inutile e si fece strada nella sala apparentemente vuota a passi lunghi e minacciosi. Il signor Elias allargò le braccia e cercò di coprire tutti quanti dietro di sé. Voleva proteggerli, ma come avrebbe fatto, e perché era tanto determinato a fare così?
Il gruppo si spostò quasi al centro della stanza, spinto dalla figura scura e minacciosa del Pedone, prima di fermarsi assieme a lui; quello non sembrava voler combattere. La sua armatura presentava numerosi graffi ed era ammaccata in più punti, segno che avesse attraversato parecchie avversità per arrivare fin lì
Stringeva la sua spada nella mano destra, mentre la lancia pendeva dalla schiena, ma non dava l'impressione di volerle usare contro qualcuno. Alzò invece la mano sinistra, disarmata, e puntò l'indice contro Garry, dietro la spalla destra di Elias, intento a nascondere Ib dietro di sé. Il ragazzo fu sorpreso di vedersi puntare contro il dito a quel modo, ma neanche troppo: aveva intuito che quella statua fosse ormai fissata con lui, come se avesse un conto in sospeso da chiudere una volta per tutte. E solo lui era il suo bersaglio, apparentemente.
Garry mise una mano sulla spalla dell'uomo di fronte a sé per dirgli di lasciarlo passare e rivolse uno sguardo rassicurante a Ib e Mary, che lo guardarono entrambe piene di paura. Si mise in mezzo, schiena dritta, stringendo i pugni e mantenendo lo sguardo fisso sulla visiera del Pedone. << E' me che vuole. >> Disse con fermezza annuendo piano all'armatura, che sembrava compiaciuta della sua complicità. << Voi fatevi da parte e non interferite. >>
<< Garry, no!!! >> Urlò Mary cercando di allungare un braccio verso di lui, ma Elias la bloccò e la trascinò lontano senza dire una parola. Ib rimase immobile a guardare prima la scenata della biondina, poi il ragazzo che sembrava così sicuro di sé: era sua abitudine immolarsi per salvare gli altri, ormai lo aveva appurato, ma era anche tanto stupido da ingaggiare una lotta senza speranze di vittoria? Al richiamo del signor Elias, la ragazza si allontanò a testa bassa, augurando tutta la fortuna possibile al suo amico.
Garry e il Pedone si guardavano intensamente, ma Ib avrebbe detto che il più coraggioso, almeno in quella situazione, fosse il ragazzo: era disarmato, affrontava a viso scoperto l'avversario, che invece poteva contare su un arsenale notevole e un'armatura che gli nascondeva il viso. Era uno scontro ingiusto, e Ib ebbe quasi l'impulso di mettersi in mezzo per fermarli, ma poi successe una cosa che la ragazza non si aspettava: il Pedone alzò la mano con la spada puntandola verso il ragazzo, ma invece di attaccare, la fece roteare, porgendogli l'elsa dell'arma. Garry sorrise e afferrò l'impugnatura della spada con freddezza, portandola al fianco e stringendola con forza. Il Pedone, poi, alzò il braccio e afferrò la propria lancia, indietreggiando un po' per non dare nessuno svantaggio all'avversario, che aveva un'arma dal raggio più corto. Rimasero a guardarsi per alcuni secondi, interminabili, terrificanti, tesi. Sembrava che non volessero cominciare a lottare, ma poi qualcosa emise un suono, e come la campana di un ring, gli diede il via.
Fagli vedere chi sei, Garry! L'urlo proveniva dalla schiena di Mary, ma Ib non riuscì a capire subito cosa fosse. Nello stesso momento in cui la ragazza si girò per vedere cosa avesse urlato quell'incitazione, Garry e il Pedone cominciarono a lottare, facendo scattare rapidamente la testa di Ib, che perse l'equilibrio e quasi cadde a terra per cercare di localizzare di nuovo i due sfidanti.
Garry tentò subito un attacco dal basso verso l'alto, stringendo la spada con entrambe le mani per cercare di spezzare la guardia del soldato di fronte a sé, ma dopo un rimbalzo, quello indietreggiò per poter fare un affondo con la sua lancia, sfiorando il fianco di Garry, che si spostò appena in tempo per schivare l'attacco. Dopo essere tornato a terra, Garry diede un colpo secco alla lancia del Pedone, sperando di poterla spezzare o in ogni caso di togliergliela dalle mani, ma la presa della statua era molto più solida di quanto si aspettasse, e il Pedone si abbassò per poterla tenere in mano. Una volta messosi in ginocchio, il Pedone alzò il braccio con tutta la sua forza, facendo sbilanciare Garry, che dovette indietreggiare per poter ritrovare l'equilibrio.
Quando lo vide barcollare, Ib lanciò un urlo pieno di nervosismo, che soppresse non appena vide lo sguardo del ragazzo: era deciso, determinato. Mai lo aveva visto più serio e sicuro di sé; era un po' nervoso, e si poteva vedere lontano un miglio che avesse paura, ma nonostante ciò continuava a lottare. Lo stava facendo per lei?
Garry alzò la spada di fronte a sé, tenendola orizzontalmente pronto ad usarla per parare un colpo. Il Pedone raddrizzò la schiena e fece volteggiare la lancia, prima di farle sfiorare con la punta della lama il pavimento attorno a sé, descrivendo una circonferenza perfetta. Quando ebbe finito quell'insolito ballo, puntò la lama contro Garry e piegò le ginocchia, pronto a guizzare. Saltò con una furia che Ib non avrebbe immaginato di vedere in una statua di Guertena, tentando un affondo con la complicità della spinta; Garry non poté parare l'attacco e si vide costretto ad arretrare, sollevando la lama per cercare di deviare il colpo. E così fece. La fortuna venne in suo aiuto nello stesso momento in cui incespicò nei passi, e il ragazzo cadde all'indietro, schivando la punta dell'arma per un soffio e spingendo involontariamente in alto la spada, che con una forza inaspettata fece sfuggire la lancia dalla mano del Pedone, che si vide disarmato. Garry cadde a terra e con la sorpresa che lo aveva colpito non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto del volo che aveva preso la lancia: non fece in tempo a scansarsi dalla traiettoria dell'arma, che dopo essere salita verso il soffitto, stava riscendendo a gran velocità verso di lui.
Ib urlò, e lo fece anche Mary, mentre Elias rimase a guardare con occhi sgranati quella scena. Prima che la lancia potesse trafiggere il collo del ragazzo a terra, un guanto corazzato si allungò per afferrare l'asta dell'arma e frenare la sua discesa letale; era il Pedone, e sembrava molto più calmo di prima. Rimase immobile alcuni istanti prima di togliere la lancia dalla verticale sopra il corpo di Garry, per offrirgli la mano in un secondo momento. Il ragazzo rimase a guardarlo con sospetto per qualche istante, prima di stringergli il guanto e ricevere l'aiuto del Pedone per rialzarsi. Una volta in piedi, Garry si ritrovò a sorridere a quell'armatura che gli aveva causato tanti problemi fino a quel momento. << Volevi solo uno scontro leale, non è vero? >> Chiese continuando a stringere il guanto del Pedone.
Quello annuì in silenzio, non potendo parlare.
Garry si sentì molto più sollevato dopo aver ricevuto quella risposta; forse il Pedone non aveva mai voluto fare del male a lui o a Mary, oppure durante la sua caccia aveva sviluppato dei sentimenti amichevoli nei loro confronti; in ogni caso, adesso non era più un nemico. Era una situazione strana e alquanto imbarazzante, dopo tutto quello che era successo. << Bé… Grazie per le forti emozioni! >> Disse ridendo, mentre la statua sembrava apprezzare quel suo commento.
Dopo di quello, il Pedone sembrò non avere più niente da fare lì, e si rivolse verso la porta d'ingresso, ridotta ora a un buco nel muro, ma Garry lo fermò restituendogli la spada. << Questa è tua d'altronde, e io te l'ho sottratta ingiustamente… >> A quella confessione, il Pedone si limitò ad annuire piano in modo amichevole, prima di lasciare per sempre quella stanza e chi vi stava dentro.
Ib, Mary ed Elias erano pietrificati, guardavano il ragazzo con occhi sgranati e pieni di stupore. Anche lui non riusciva a credere a quello che fosse appena successo, ma quando si voltò verso di loro non riuscì a liberarsi con un sospiro di sollievo o con un gemito di stanchezza; si limitò a rivolgergli un sorrisetto isterico e ad esalare un:<< Eh… >> Prima di sentire le proprie gambe cominciare a tremare.

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Capitolo 25
*** Finalmente insieme ***


Dopo che si fu calmata la situazione, il signor Elias ebbe riparato in modo maldestro la porta di ingresso all'abitazione, e tutti furono riusciti a rilassarsi un po', arrivò il momento delle spiegazioni da parte di Garry e Mary, seguite poi da quelle di Ib ed Elias.
<< Pensavo che non fossi finita qui, dato che quando ho aperto la porta del bagno, tu eri sparita… >> Cominciò il ragazzo ricordando come fosse arrivato in quel mondo; era cominciato tutto una volta che si erano divisi, forse ora che si erano riuniti sarebbe anche finita quella storia? << Ho cominciato a vagare alla ricerca di un'uscita, ma ho incontrato solo lei… >> E detto questo indicò la piccola bambola di pezza che sonnecchiava sulla sua gamba destra. Sembrava essersi affezionata particolarmente a Garry, e il ragazzo non poteva fare a meno di sentirsi bene per quello…
<< La bambola? >> Chiese Elias, che ancora non si era presentato. Era ancora un estraneo per Garry e Mary.
<< Ma tu non avevi paura di loro? >> Chiese sorridendo incuriosita Ib, ricordando quanto timore avesse il ragazzo per quegli esserini apparentemente innocui, oltre che per il resto delle opere di Guertena in generale.
Il ragazzo ghignò. << Ho ancora una fifa matta di questo diavoletto, ma… >> Abbassò lo sguardo sorridendo involontariamente. << Mi ha aiutato a seguire la strada giusta, in un certo senso… >>
A quel punto Mary intervenne. << Senza contare che è grazie a lei se vi abbiamo trovati! >>
Ib fu sorpresa nel sentire la sua voce, quando si girò verso la bambina la sua espressione fu a metà tra la sorpresa e l'infastidita senza volerlo. << Ma tu come fai ad essere… >> Si bloccò un attimo. Voleva davvero dirlo?
<< Viva? >> Mary concluse la sua domanda senza farsi troppi problemi, facendo provare un profondo imbarazzo alla ragazza che glielo aveva chiesto. Piegò indietro la schiena fino quasi a sdraiarsi e rivolse un ampio sorriso a Ib, che non capì bene cosa stesse facendo. << Questa è casa mia, e conosco ogni segreto della vita quaggiù! Con l'aiuto di Garry ho potuto riprendermi ciò che un tempo era mio… >>
Ib si sentì accusata di qualcosa, ma ciò che disse Mary la colpì di più. << Con l'aiuto di Garry…? >> E rivolse al ragazzo uno sguardo interrogativo per chiedere spiegazioni. Non pensava che lui avrebbe mai aiutato Mary a riprendere il proprio corpo con tanta leggerezza, ma sembrava stare benissimo accanto a lei in quel momento.
Il ragazzo sospirò sentendosi tirato in mezzo alla discussione. << Sembra che esista un modo per "ricostruire" un'opera di Guertena che è andata perduta in questo mondo: bisogna ricreare le condizioni perché quella possa riprendere forma. Nel caso di Mary ho dovuto versare sulla sua tela le giuste quantità di pittura, e al resto ci ha pensato lei… >> La bambina diede una gomitata a Garry quando disse la parola "giuste".
Il signor Elias sembrò attirato da quel discorso. << Quindi l'hai ridipinta tu? >> Chiese alzando la testa. << E chi ti ha convinto? A cosa stavi pensando nel momento in cui lo hai fatto? >>
Garry sembrò non sapere come rispondere. << C'era una voce nella stanza, e… Stavo male. Non so bene cosa mi stesse passando per la mente, in quel preciso istante… >>
Elias sembrò perdere tutto l'interesse che aveva acquistato non appena Garry ebbe confessato di non sapere molto sui propri pensieri nel momento che aveva ricreato la tela di Mary. Ib invece fu molto interessata. << Ma perché Mary ti ha accompagnato fino a qui? >> Si rivolse direttamente alla bambina. << Qual è il tuo scopo? >>
La piccola sembrò intimorita dal tono di voce usato da Ib e cercò di nascondersi dietro la schiena di Garry, che però di spostò per farle prendere coraggio. << Ah, quello non l'ho capito nemmeno io… Però penso che lo dirà a te. >> E detto questo le puntò contro un dito con indifferenza. La bambina sbuffò rivolgendosi a Garry, mentre Ib sgranava gli occhi.
<< Che vuol dire? >> Chiese mentre Mary arrossiva e cominciava a girarsi i pollici.
Sotto l'influenza del ragazzo, Mary cominciò timidamente a parlare. << Ib… Po… Potresti venire con me un attimo…? >> Ib rivolse alla ragazzina un'occhiata interrogativa mentre quella si alzava per allontanarsi dal gruppo. Non voleva dirle di no, non sospettava di lei dopo tutto quello che aveva detto Garry, ma era semplicemente sorpresa dalla sua richiesta. Fece scendere Bianca dalla sua spalla e le disse di aspettarla là, prima di alzarsi e seguire la bambina, che adesso era molto più bassa rispetto a lei. Garry ed Elias le guardarono entrambi mentre si allontanavano da quel punto dove si erano riuniti poco prima e rimasero assieme alla bambola di Mary e alla formica bianca. Era l'occasione per parlare da solo con Dawson e capire chi fosse veramente.
<< Quindi sei stato con Ib tutto questo tempo? >> Chiese senza riferirsi a un evento in particolare, rammentando solo ciò che gli era stato riferito.
Elias spostò lo sguardo dalle due ragazze che si allontanavano e si rivolse a Garry. << Sì… E' strano arrivare qui, dopo tutto quello che abbiamo passato. >>
Garry non era sicuro di potersi fidare di quell'uomo; era uno sconosciuto per lui quanto per Ib, e doveva capire bene cosa fosse successo durante la sua assenza. << Avete rischiato la vita? >>
Anche questa volta, l'uomo rispose di sì. Garry si chiese se avrebbe mai negato qualcosa.
<< E tutte quelle ferite sul corpo di Ib? Come mai tu sei illeso? >> Provò a punzecchiarlo un po', tentando di fare leva su ciò che vedeva: la ragazza era in condizioni terribili, ferita, fradicia, persino i suoi capelli erano stati tagliati; Elias Dawson, invece, rispetto a lei sembrava non essere stato toccato da niente.
Sembrò notare ciò che voleva insinuare, ma l'uomo rispose con tono amichevole. << Già… Quella ragazzina ha rischiato la sua vita per mantenermi in vita, e io cos'ho fatto per lei…? >> Sembrò incolparsi di qualcosa. << L'ho difesa, per quanto ho potuto, ma Ib ha molta più forza di quanto creda: ha attraversato l'inferno per mettere la mia rosa in un vaso d'acqua, ed è tornata sana e salva nonostante tutto! >>
<< E allora quei graffi come si spiegano? >> Chiese Garry accarezzandosi con un dito la guancia, dove Ib aveva dei tagli, ma volendo indicare tutti i segni lasciati sul corpo della ragazza.
Elias non ebbe alcuna difficoltà a rispondere. << Abbiamo avuto parecchie disavventure… La maggior parte prima che Ib mi salvasse. >> Fece una pausa intristendosi. << Non sono stato in grado di difenderla come ha fatto lei con me… >>
E' stato bravo, signor Elias. Lo rincuorò Bianca alzando la testa verso l'uomo accanto a sé. Non pensava che Garry fosse cattivo, ma le sue parole sembravano mirate a screditare l'uomo con cui aveva trascorso la maggior parte di quel viaggio, e voleva difenderlo in qualche modo.
Garry fu sorpreso dal sentire una formica parlare e si abbassò per poterla vedere meglio. << Tu come li hai incontrati? >> Chiese cercando di risultare amichevole.
Bianca si voltò sbattendo un paio di zampe sul pavimento. Li ho aiutati a scappare da dei mostri. Disse tutta orgogliosa del suo gesto. Poi li ho seguiti per accertarmi che stessero bene…
<< Tu non c'eri quando siamo stati attaccati, Bianca… >> Disse all'improvviso Elias, interrompendo la formica. Lei li aveva incontrati quando l'uomo era già in pessime condizioni.
Garry alzò lo sguardo confuso verso Elias, che guardava da un'altra parte, e Bianca prese la parola in risposta all'uomo: Però ho visto come ha difeso Ib da quella ragazza azzurra…
Elias borbottò qualcosa di incomprensibile mentre Garry spalancava gli occhi e si rivolgeva incredulo alla formichina. << Quale ragazza azzurra? >> Esclamò avvicinandosi ancora di più alla piccola Bianca.
La formica alzò la testa. Bevendo Nella Notte nascondeva un essere folle e vendicativo che ha cercato di uccidere Ib! Spiegò ricordando quegli istanti di terrore in cui cadde dalla spalla della sua accompagnatrice. E il signor Elias l'ha salvata con una spada!
<< Non serve ricordarmi come è andata, Bianca! >> Sbottò scontroso lui agitando nervosamente una mano, sorprendendo sia Garry che Bianca per la sua reazione.
Scusi… Mormorò intimorita la formica, facendosi piccola piccola.
Mary si guardò alle spalle per controllare che nessuno potesse ascoltare la loro conversazione; gli altri sembravano impegnati a parlare di altro, quindi non ci sarebbero dovuti essere problemi. Tornò a guardare Ib e si sentì strana nel dover alzare lo sguardo per poterla guardare negli occhi; non si aspettava che la sua vecchia amica fosse cresciuta così tanto, e all'inizio non l'aveva riconosciuta immediatamente, nonostante indossasse abiti simili a quelli di allora e i suoi tratti delicati fossero sempre visibili. << Sei cresciuta… >> Mormorò intimorita, pensando di non potersi più comportare come un tempo.
Ib sorrise tristemente. << E' passato tanto tempo… >> Dal tono che usò, Mary credette che ce l'avesse con lei. Perché?
<< Io… Non ne sono sicura… >> Rispose dondolandosi un po' con le mani unite dietro la schiena. Non aveva idea di come passasse il tempo per gli umani, lei era rimasta sempre la stessa. << Però mi è sembrato non passare mai… >>
Ib si intristì. La guardò da capo a piedi. << Sei… Diversa. >> Mormorò con un lieve sorriso di sorpresa.
<< Davvero? >> Chiese Mary perplessa allargando il solito vestitino verde e roteando sul posto per farsi vedere meglio, ma Ib si corresse.
<< No, no. Non nell'aspetto. >> Disse. << C'è qualcosa nel tuo sguardo… Più profondo… >> Mormorò fissandola negli occhioni blu che rimasero spalancati a fissare con sorpresa la ragazza dai capelli corti lì davanti a loro.
Mary arrossì spostando lo sguardo a lato e mormorò. << Ti volevo vedere… >> Ib non se lo aspettava. O meglio, se lo aspettava, ma diversamente da come si stesse sviluppando la scena in quel momento; sembrava che Mary fosse solo una vecchia amica con la quale non si parlavano da tanto.
<< E…? >> Chiese lei curiosa di conoscere il motivo del suo desiderio.
Mary deglutì e fissò Ib negli occhi per parecchio tempo. La ragazza temette che stesse per accadere qualcosa di brutto, ma si rese conto presto che quella fosse solo una supposizione errata; invece non riuscì a credere ai suoi stessi occhi quando la bambina le si lanciò addosso per abbracciarla.
<< Eh?! >> Fu l'unico suono che riuscì a riprodurre la gola della ragazza, mentre l'abbraccio di Mary si faceva più stretto.
<< Mi mancavi. >> Sussurrò lei affondando il viso nella pancia della ragazza. Sembrava quasi che tutto ciò che seguiva la loro separazione nella galleria nove anni prima non fosse mai successo, e che fossero in circostanze perfettamente normali. Quel mondo caotico e folle era sparito per un attimo, si era fermato; c'erano solo loro e quell'abbraccio eterno che non c'era mai stato, e che forse avrebbe dovuto esserci molto tempo prima…
Quando Mary si fu finalmente scollata da Ib, si rese conto che tutti nella sala la stavano fissando, chi con sorpresa, chi con divertimento. Si imbarazzò un poco per quello: aveva mostrato la sua natura, i suoi più profondi e segreti sentimenti, e ora non era più quella cattiva bambina che voleva rubare il posto degli umani nel loro mondo, non poteva più vestire quel ruolo. Una Ib ancora un po' confusa la riaccompagnò al centro della stanza, dove erano seduti ancora Elias, Garry, Bianca e la bambola di pezza.
Mary si prese la sua bambolina e la strinse a sé, come per nascondere l'imbarazzo del gesto precedente, mentre Ib faceva risalire Bianca sulla propria spalla. Vide quella bambola dal vestito rosa e non poté trattenere la sua curiosità:<< Garry, ma tu non avevi paura di quelle cose? >> Non si rese conto di aver già fatto quella domanda e in breve si misero tutti a ridere. Anche Ib scoppiò a ridere quando si accorse di ciò che aveva detto.
<< Piuttosto, la vostra accompagnatrice, Bianca… >> Riprese il ragazzo rimandando indietro la domanda dell'amica. << Come l'avete incontrata? >>
Ib sorrise piegando il collo per vedere la testa di Bianca, con le sue antenne che dondolavano avanti e indietro non appena captavano qualche suono. << Bianca ci ha salvato la vita. >> Disse con semplicità facendola salire sul proprio palmo e mostrandola a Garry. << Non aveva neanche un nome, prima di incontrarci… >>
E' stata Ib a darmi un nome! Commentò lei facendo ticchettare le antenne. Originale, vero?
Garry rise al commento di Bianca mentre Ib la ritirava indietro cercando di farla stare zitta. Le risate durarono poco e gli occhi stanchi di Garry si posarono sulla caviglia fasciata e insanguinata di Ib. << Sei ferita gravemente… >> Mormorò passando con lo sguardo da lì a tutto il resto del suo corpo.
Ib cercò inutilmente di nascondersi le ferite. << Non è niente… Mi ci sono abituata ormai. >>
Ma Garry non credeva che fosse qualcosa da niente: Ib era ferita, e in quella stanza era la persona in condizioni peggiori di tutti; dovevano curarla!
A quel punto Mary intervenne con una domanda del tutto scollegata dall'argomento della discussione. << Garry, che cos'è questa? >> Fece poggiandogli la punta dell'indice sul mento, dove cresceva la sua rada barbetta. Il ragazzo inarcò un sopracciglio mentre il dito spingeva di più sulla sua pelle. << Prima non ce l'avevi così, e il signor Elias ce l'ha diversa… >> Stava davvero parlando della sua barba?
Garry si radeva sempre, non gli piaceva avere la barba, lo faceva sembrare più vecchio di quanto fosse, però non aveva avuto la possibilità di radersi laggiù, assieme a Mary e tutte le altre opere della galleria; non pensava che la bambina non sapesse nemmeno cosa fosse una barba, e fu impreparato per quella domanda. << Ecco, vedi… Questa peluria sul mio viso è chiamata "barba", e cresce solo a noi maschi… >>
Mary lo precedette curiosa. << Quindi Ib non potrebbe avere la barba? >> La sua domanda innocente fu posta con un tono troppo solare, e i presenti non poterono trattenere una risata mentre la ragazzina si guardava intorno confusa.
<< Per fortuna, no! >> Commentò la ragazza dal suo posto con un po' di imbarazzo.
Mary non capì. << Ma perché prima non ce l'avevi? >> Chiese ancora ricordando al loro primo incontro laggiù nel Mondo di Guertena.
Garry sorrise. << E' un po' complicato da spiegare, ma alcune persone preferiscono tenere la barba corta, come me che la taglio ogni giorno, mentre altre la lasciano lunga, come il signor Elias, e… >> Non sapeva bene continuare, ma non ce ne fu bisogno, poiché la curiosità della bambina sembrò essere appagata finalmente.
La bambolina di pezza in braccio a Mary si dimenò un poco dalla stretta della bambina e bofonchiò: Basta…! Voglio dormire! Tutti quanti risero a quell'affermazione, pronunciata con un tono decisamente infastidito ed esausto.
<< La piccola peste ha ragione… >> Disse Elias con un sorriso sereno in viso sdraiandosi su un fianco. << Faremo meglio a riposare, prima di andarcene da qui. >> Detto questo si sciolse la coda di cavallo, liberando i capelli lisci che scesero lungo le spalle.
<< Buona idea. >> Acconsentì Ib, che già si stava sdraiando a terra. L'uomo però le porse un piccolo cuscino dalla superficie lucida che Ib riconobbe subito; pensava che lo avesse perso, dopo tutto quel tempo.
<< Prendi questo. >> Le disse con un sorriso benevolo. La ragazza preferì non fare l'eroina e decise di accettare il dono, sistemandoselo a terra dove avrebbe poggiato la testa. Stava per tornare a sdraiarsi, quando Elias la fermò di nuovo. << E anche questo, avrai freddo… >> Le porse il cappotto che avevano trovato prima, che avevano usato entrambi per scaldarsi durante il sonno. << Visto che la porta non è molto resistente
… >> Abbozzò una giustificazione. Ib accettò anche quello senza fare storie.
Vedendola adagiarsi su quel piccolo ma comodo cuscino e sparire sotto al vecchio cappotto anonimo, Garry quasi sentì invidia nei confronti dell'uomo che le aveva fatto quei doni, e si rese conto di avere anch'egli qualcosa di utile. Si sfilò il cappotto dalle spalle, rimanendo in canottiera, e lo offrì a Mary. << Tieni. >> Disse sorridendole. << E' sporco e impolverato, ma… E' meglio di niente. Se non hai freddo, puoi usarlo come cuscino, oppure… >> Cercò di trovargli un utilizzo ad ogni costo, ma la bambina lo accettò senza bisogno di tutte quelle informazioni.
Mary lo portò al petto rimanendo a fissare il vuoto di fronte a sé. Dopo qualche istante distese il cappotto a terra e fece per infilarsi di sotto. << Grazie, Garry… >> Mormorò prima di coprirsi con il suo grande cappotto. Un flebile sorriso affiorò sul suo viso, facendo increspare di conseguenza le labbra del ragazzo, che credette che quella bambina fosse ormai molto cambiata.
Lui era l'unico ancora seduto e non sdraiato a terra. Vide la bambola di pezza sgattaiolare sotto il suo grande cappotto assieme a Mary, facendo uno strano verso. Era proprio ora di riposare. Una volta poggiata la schiena al pavimento duro e freddo, alzò un dito al soffitto, dicendo:<< Quando ci sveglieremo, andremo alla ricerca di una Benedizione Eterna per Ib! >> Ma nessuno sentì la sua dichiarazione; solo un leggero ed esilarante russare proveniente dalla bambolina di pezza si propagava nella stanza.

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Capitolo 26
*** La propria sfida ***


Quando Garry si svegliò scoprì di non essere il primo ad essersi destato, diversamente da quanto aveva programmato: la piccola formica Bianca era sveglia e vigilava sui quattro umani addormentati. La vide girarsi su sé stessa al centro del cerchio formato da loro e quando incontrò il suo sguardo la chiamò per avvicinarsi.
<< Che fai? >> Chiese curioso, mantenendo bassa la voce per non svegliare gli altri.
A Bianca sembrò ovvio. Vi tengo d'occhio! Non si sa mai cosa può succedere qui, e qualcuno che rimanga sveglio deve esserci sempre…
<< Non hai riposato? >> Chiese confuso. Non sapeva veramente quanto dovesse riposare una formica, ma immaginava che anche a lei non avrebbe fatto male un po' di sonno.
Non mi serve. Rispose noncurante quella voltandosi dall'altra parte. Non sono come voi umani… Non ho bisogno di tutto questo tempo per riposare.
Garry aggrottò la fronte. << Non capisco, eri con Ib… >> Ib si era addormentata con la formica a farle compagnia sotto al cappotto di Elias Dawson, perché si era allontanata? A un certo punto un dubbio balenò nella mente di Garry:<< Vuoi stare sola? >>
La domanda venne spontanea e la formica quasi si offese per quello, ma non lo diede a vedere. Si limitò a scuotere la testa a destra e a sinistra senza dare una risposta chiara al ragazzo.
<< Ma allora perché ti sei allontanata? Pensavo che ti facesse piacere la compagnia di Ib… >> Cercò di dire il ragazzo. La formica tirò fuori la stessa spiegazione di prima.
Dovevo fare la guardia, tutto qua! Sbottò infastidita senza voltarsi. Ma Garry non credeva a quella scusa.
<< Siamo chiusi in una casa fatta di pastelli, Bianca… Non credo che ci siano pericoli imminenti. >> Alzò una mano come per mostrarle il posto. La formica sembrò credere un po' di meno nelle proprie convinzioni e abbassò lo sguardo. << C'è qualcosa che ti preoccupa? >> Garry voleva parlare con lei, almeno si sarebbe reso utile, se fosse riuscito ad aiutarla.
Bianca sembrò sorpresa da quella domanda. Perché avrebbe dovuto esserci qualche problema, pensava, e perché avrebbe dovuto confidarlo proprio a lui, che l'aveva appena conosciuta? La formica parlò senza sapere perché lo stesse facendo… E' che… Non mi sono riuscita a rendere molto utile, da quando ho incontrato Ib. Garry si avvicinò un po' per sentire meglio la formica e metterla meglio a fuoco allo stesso tempo. L'unica cosa che ho saputo fare è stato rimanermene a guardare la gente, mentre gli altri facevano tutto il lavoro… Sembrava risentita, ma verso nessuno in particolare. Insomma, sono solo una formichina! Nessuno si era mai aspettato niente da me, e neanche ora… Quindi perché mi sento così male per non poter fare niente?
Garry sentì dei singhiozzi nella voce di Bianca, come se stesse piangendo. Avvicinò un dito e la accarezzò delicatamente per farla calmare un po'. << Ehi, non c'è niente per cui piangere! Tranquilla… >> Le sussurrò consolandola. << Ognuno ha i propri limiti, ed è ovvio che ci sono cose che una formica come te non potrà mai fare… Ma a parte questo, Ib ha detto che le hai salvato la vita! >> Si ricordò della loro conversazione di gruppo con tutti gli altri.
Bianca non sembrò essere d'accordo. Sì, da sola non avrei fatto proprio un bel niente! Si lamentò sforzando la voce, come se non riuscisse a respirare. Garry poté giurare di aver visto la piccola formica bianca asciugarsi una lacrima con una zampetta. C'erano L'Uomo che Tossisce, la Porta Blu e la Pettegola ad aiutarmi. Senza di loro non mi avrebbero nemmeno vista! Ecco perché li ho seguiti, dopo… Volevo provare a rendermi veramente utile. Fece una pausa. Ma tutto quello che ho fatto è stato rimanermene al buio con un vecchio mezzo morto!
Garry girò lo sguardo per scorgere il profilo di Elias Dawson addormentato; doveva trattarsi di quando Ib era andata a cercare una Benedizione Eterna per curarlo. << E non è stato un compito appagante? >> Chiese Garry con un mezzo sorriso. Bianca quasi gli saltò addosso dall'ira. << Che c'è? E' la stessa cosa che stai dicendo di fare adesso! >>
Aveva ragione, ma Bianca non voleva accettarlo. Non le piaceva rimanere in disparte, ma non voleva nemmeno deludere gli altri. E' che a volte vorrei dare qualcosa di più… Vorrei vivere un'avventura anche io… Alzò lo sguardo sconsolata. Ib aveva detto che la mia occasione sarebbe arrivata presto. Dov'è…?
Garry non sapeva cosa dire. Era dispiaciuto per la piccola formica e al contempo pensava che si stesse preoccupando per niente; era meglio rimanere sani e salvi, piuttosto che rischiare e vivere "un'avventura", ma forse lui pensava in modo diverso da Bianca… In ogni caso, temeva che rimanere in silenzio sarebbe stato peggio che dare un brutto consiglio, quindi cercò di leggere nelle sue parole e trovare il consiglio giusto che necessitasse di sentire. << Non smettere mai di cercarla… >> Disse cominciando a rialzarsi da terra. << Può sembrare una ricerca lunga e infruttuosa, ma lo sarà solo se ti arrendi. Prima devi trovare la tua strada, e poi, quando avrai intrapreso quella strada, ti capiterà qualcosa che ti cambierà la vita. >> Quando fu completamente in piedi, le sorrise rassicurante. << Chissà che non l'abbia già trovata, quella strada… >>
Bianca lo scrutò con curiosità mentre andava a svegliare gli altri, riflettendo su ciò che le aveva detto.
Dopo aver dato una pacca sulla spalla di Elias Dawson, con i capelli lunghi sciolti e riversi sulle spalle, che si svegliò istantaneamente senza fare domande, Garry si avvicinò a Ib e si inginocchiò accanto a lei. << Ib? >> Chiese scuotendola piano. << Ib! Dobbiamo andare… >> La accompagnò nel risveglio con tono calmo e rassicurante, senza volerle mettere fretta. Gli era capitato molte volte di doverla svegliare, quando la sera era da lei e i suoi genitori non erano ancora tornati, e l'aveva dovuta accompagnare a letto; sapeva come volesse essere risvegliata, quella ragazza. Ib non era una ragazza irascibile di prima mattina, cominciava ogni giornata col sorriso, e a qualunque ora la si svegliasse lei era sempre rilassata, come se non notasse la differenza tra il sonno e la veglia, ma bisognava essere cauti nel svegliarla: una volta Garry era stato troppo irruento e l'allora piccola Ib di soli nove anni aveva aperto gli occhi pieni di orrore, e avevano passato i seguenti quindici minuti a farla calmare dopo una crisi respiratoria. Il suo sonno avrebbe potuto sembrare sereno, ma la notte in realtà sognava quel posto, quel mondo in cui era rimasta intrappolata; sognava di non riuscire a fuggire da lì, di restare intrappolata per sempre, torturata dai mostri del suo animo.
La ragazza schiuse di poco le palpebre. << Andare…? >> Chiese con un leggero sorrisetto. Sembrava che non volesse staccarsi dal pavimento, dove evidentemente aveva trovato una posizione molto comoda.
<< Sì… Dobbiamo tornare a casa, no? >> Ribatté lui con un altro sorriso che nascondeva del divertimento. Quando sentì quelle cose, la ragazza si tirò su facendo forza con il gomito sinistro e si stiracchiò un poco per riacquistare mobilità. << Ci sei? >> Chiese sorridendo il ragazzo.
Ib si mise a sedere completamente e sorrise annuendo a Garry. Prima che il ragazzo potesse dire qualcos'altro, Bianca si mise in mezzo zampettando vivacemente.
D'accordo, ci penso io a tirarla fuori dal regno dei morti! Tu sveglia quelle due, o non ce ne andremo mai… Fece un cenno a Mary accucciata sul fianco; stringeva al petto la sua bambola di pezza, che sembrava allargare le braccia nella sua direzione. Garry sorrise a quella scena e fece un cenno alla formica bianca mentre si rialzava.
Lasciate Ib e Bianca a parlare, Garry si avvicinò a passi lenti e felpati alla sagoma di Mary, immobile e silenziosa: si poteva notare a malapena il suo respiro profondo, che le faceva alzare e abbassare le spalle con regolarità. Sembrava così beata e tranquilla nel suo sonno che quasi gli dispiaceva svegliarla.
<< Mary…? >> La sfiorò appena sulla spalla. Non appena la bambina fu in contatto con la sua mano, si svegliò di soprassalto, girandosi verso di lui e rivolgendogli uno sguardo terrorizzato. Dal movimento che fece con le dita sembrò che stesse cercando di afferrare qualcosa, mentre la bambola si ribaltava per il suo movimento improvviso. Garry non si aspettava quella reazione, e anche per questo arretrò con la schiena parando le mani di fronte a sé. << Calma… >> Le sussurrò con uno sguardo rassicurante.
Il viso di Mary era il ritratto del terrore. Aveva avuto un brutto sogno? Il tocco di Garry l'aveva spaventata? Qualunque cosa avesse innescato quella sua reazione, la bambina sembrò molto dispiaciuta, oltre che spaventata. La sua faccia si intristì rapidamente e scoppiò a piangere gettandosi addosso al ragazzo per nascondere il proprio viso tra i suoi abiti. Garry non si aspettava una simile reazione, non si aspettava niente di tutto quello, eppure non reagì con sorpresa; lasciò che Mary si scaricasse su di lui, stringendolo più forte che potesse, prima di esalare l'ultimo sospiro e lasciare finalmente la presa.
<< Scusami… >> Mugolò triste la bambina, asciugandosi le lacrime che le scendevano dagli occhi. Era imbarazzata, ma questa volta il rossore del suo viso dipendeva dal pianto alla quale si era abbandonata.
Garry non le fece pesare quel suo gesto e cercò di capire invece perché avesse fatto così. << Ti ho spaventata? >> Chiese temendo che fosse colpa sua.
Ma Mary scosse la testa rassicurandolo. << Non è stato il risveglio… Vedere te mi ha rincuorata. >> Gli confessò con un leggero sorriso. << Ho fatto un brutto sogno. >> Concluse finalmente rilassando le spalle.
<< Vuoi parlarne? >> Le chiese Garry avvicinandosi un po’. La bambina sembrò incerta se raccontare o no a Garry la trama del suo incubo, ma poi sembrò vedere qualcosa alle spalle del ragazzo che le fece cambiare idea.
<< No… >> Disse con una punta di rimpianto nella voce. Si alzò da terra raccogliendo la bambola di pezza che si era capovolta nel suo risveglio e si allontanò dal ragazzo.
Garry la guardò confuso finché non sentì qualcosa alle proprie spalle; vide Elias Dawson allontanarsi rapidamente, come se avesse qualcosa da nascondere. Aveva un brutto presentimento, come se qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
<< Siamo pronti? >> Chiese Elias guardandosi intorno; ora aveva i capelli legati nella sua solita coda. Ib si stava scrollando la camicetta dalla polvere del pavimento, con Bianca sulla spalla sinistra; i suoi vestiti si stavano asciugando finalmente, ma erano ancora freddi ed era una sensazione spiacevole dover andare in giro a quel modo. Mary fissava timidamente i suoi compagni di viaggio, da un angolo della stanza, come se avesse paura di loro, e la sua bambola sembrava volerla consolare da quel suo brutto sogno abbracciandole la spalla con scarsi risultati. Garry fissava Elias con sospetto, ancora inginocchiato a terra; non sapeva se fidarsi o no di quell’uomo, e in quel momento riecheggiarono nella sua mente le parole dello scheletro nell’altra sala: “State attenti. Non voglio veder morire un’altra mia sorella.
Il signor Elias non aspettò una risposta e si avviò alla porta per aprirla. Ib lo seguì rivolgendo un sorriso a Garry e Mary alle sue spalle. Il ragazzo si alzò in piedi raccogliendo il suo cappotto e volgendo lo sguardo alla bambina le offrì la mano. << Vieni, Mary. Stai vicino a me. >> Le disse con un sorriso rassicurante. Non sapeva cosa avesse scatenato quel suo incubo, e non poteva immaginare cosa la preoccupasse in quel momento, ma voleva aiutarla, farle capire che la avrebbe protetta, quindi non sarebbe successo niente. Forse funzionò un poco, perché Mary accettò la sua mano molto volentieri, mostrandogli un ampio sorriso mentre uscivano dall’edificio con i suoi disegni sulle pareti.
Il paesaggio era sempre lo stesso, un immenso spazio vuoto e buio si estendeva attorno a loro, e solo per pochi metri si poteva vedere la strada su cui camminavano, mentre gli edifici più lontani si potevano scorgere solo una volta cominciato il cammino. Nonostante non avessero idea di dove andare, il signor Elias li guidò per la strada di destra, appena usciti dall’edificio. Quella casa era più larga delle altre casette nella zona, forse era anche qualcosa di più di una semplice abitazione, data la sua mancanza di arredamento, e quando la parete bianca non li seguì più parallelamente, Garry si sentì un po’ meno al sicuro; prima se fossero stati in pericolo, avrebbero almeno potuto rintanarsi di nuovo nell’edificio, ma adesso erano totalmente scoperti, e non si poteva più tornare indietro.
Raggiunsero una curva e cominciarono a salire lungo una strada sempre più ripida; era strano, Ib non ricordava tutta quella inclinazione. Quando ebbero raggiunto un bivio, il leader del gruppo non si fermò nemmeno a domandarsi dove andare e continuò dritto per la sua strada, nonostante Mary sembrasse avere un’opinione diversa su quale via intraprendere. Rimase in silenzio e continuò a seguire il gruppo, mentre Garry la guardava confuso; sembrava quasi avere paura di quell’uomo all’apparenza così burbero… Ma se Ib diceva che era una brava persona, magari avrebbe potuto essere solo il suo aspetto.
Arrivati in cima alla salita, stremati, Elias alzò lo sguardo per esaminare la costruzione che si ergeva di fronte a loro. Era una casa dalle pareti blu, il tetto più alto e schiacciato delle altre; sopra alla porta c’era uno strano segno bianco, che a Garry ricordò un mezzo disegno di un occhio, ma lui non ne capiva molto. L’uomo che guidava il gruppo sembrò sicuro di sé mentre si avvicinava alla porta, ma Ib sembrò quasi volerlo fermare, terrorizzata da uno strano presentimento.
<< Cosa c’è? >> Chiese Elias con la mano sul pomello della porta.
Ib respirava a fatica e il suo viso aveva una strana ombra, ma non era a causa della salita ripida. << Questa casa mi dà una brutta impressione… >> Mormorò preoccupata. Erano già passati davanti a quella casa blu prima, ma non si erano fermati andando di fretta; la sorpresa di ritrovarsi in un luogo come quello li aveva fatti passare diritti, ignorando quella alta abitazione.
<< E’ solo una casa disegnata con dei pastelli a cera! >> La rassicurò lui sorridendo. << Tutte le altre case che abbiamo visitato erano vuote, quindi perché dovrebbe esserci qualche pericolo in questa? >>
Ib gli rivolse uno sguardo serio, ma incerto. << Proprio per questo, non dovremmo sfidare la fortuna… >>
Elias non riusciva a credere alle sue parole. Aveva sempre ascoltato i pareri di Ib in quel posto, ma questa volta gli sembrava una stupidaggine fermarsi per un semplice sospetto; e se l’uscita fosse stata oltre quella porta? Oppure se avessero trovato una Benedizione Eterna? Voleva assicurarsi di non lasciare niente dietro di sé. Ignorando le deboli proteste di Ib, Elias spinse la porta con decisione.
L’interno della casa aveva lo stesso colore dell’esterno, però era più buio; non si riusciva a vedere bene, a parte uno strano disegno sul pavimento che a Ib ricordò tanto una mappa. Elias Dawson sembrò soddisfatto nel notare che non ci fosse nessun pericolo e rivolse un sorriso pieno di sé alla ragazza, che però non si mostrò sollevata. E in fondo non era l’unica a non sentirsi al sicuro là dentro: anche Mary continuava a guardarsi intorno con paranoia, mentre Bianca, sulla spalla di Ib, sembrava su di giri, pronta a scattare contro qualcosa che non si vedeva. Garry non capì che cosa le stesse facendo agitare tanto, ma pensò di comprendere il loro stato d’animo in quel momento; non era sensibile come loro, aveva una mente troppo semplice per poter intuire i pericoli imminenti, però notava le espressioni delle ragazze vicino a lui, e capiva che non doveva esserci niente di buono in quella casa.
A un certo punto la stanza si illuminò ed Elias si immobilizzò allargando le braccia per proteggere Ib alle sue spalle, ma non vide niente di anormale che potesse attentare alla loro vita: c’erano solo degli strani simboli disegnati sulla parete in una spirale in senso orario. << Siamo ancora al sicuro…? >> Commentò poco convinto quello rilassando i muscoli.
Tu credi? Una voce fastidiosa echeggiò nelle loro teste facendo venire i brividi a Ib. Conosceva troppo bene quella voce, e non si sorprese quando non vide nessun’altro in quella stanza.
<< Chi ha parlato? >> Chiese allarmato Elias girando su sé stesso rapidamente. Ib non si mosse e individuò subito la piccola sagoma della formica dall’altra parte della stanza.
Ciao Ib. La salutò con simpatia mentre gli altri cercavano di individuarla nella stanza. Rimase in silenzio finché tutti non la ebbero vista.
<< Una formica? >> Sbottò incredulo Garry, che non si sentì tanto preoccupato. Quanto poteva essere minacciosa una formica come quella?
<< Cosa vuoi ancora? >> Chiese infastidita la ragazza, che la squadrò con occhi ridotti a fessure. Tutti quanti intuirono quanto poco fosse gradita la presenza di quella formica a Ib.
E me lo chiedi così? Non sei contenta di rivedere un vecchio amico? Fece con voce irritante quella. Oltre a Ib, anche Bianca provò una profonda repulsione per la formica nera.
<< Ib, chi diavolo è questa formica…? >> Chiese Elias un po’ confuso piegandosi verso di lei. Ib rispose senza staccare gli occhi di dosso dalla formica.
<< Un mostro. Ce l’ha con me per aver rovinato il suo ritratto e mi insegue da quando sono arrivata qui. >> Le parole affilate come lame trasmisero tutto l’odio della ragazza per quel minuscolo insetto, e la formica sembrò quasi addolorata nel sentire quelle parole su di sé.
<< Una formica?! >> Ripeté ancora più incredulo il ragazzo alle sue spalle. << Come può farti del male una formica? >>
<< Fidati: non è come sembra. >> Fu tutto ciò che disse lei in risposta. Non voleva parlare troppo, sapeva quanto fosse pericoloso rimanere fermi con quella formica nei paraggi.
Una risata glaciale risuonò nella stanza, nei crani dei presenti. Era quella formica, e non sembrava per niente rassicurante. Esatto Garry: non è mai come sembra! Esclamò facendo interrogare il ragazzo sul perché conoscesse il suo nome. Non c’è mai solo quello che vedi: incontri una ragazza nella galleria, tutta sola e spaventata, e allora il tuo buon cuore ti fa decidere di aiutarla; ma poi quella ragazza si rivela essere un’assassina senza scrupoli che tenta anche di schiacciarti sotto la sua scarpa, e a quel punto non hai altra scelta che punirla per i suoi crimini. Garry non capì una sola parola di quello che disse la formica, mentre Ib sembrò visibilmente irritata per il suo racconto.
<< Ora basta! >> Esclamò facendo un passo avanti, pentendosene quando si sentì allo scoperto. << Mi hai perseguitata abbastanza! Non hai niente di meglio da fare che tormentarmi per uno stupido quadro? >> Non ne poteva più di tutta quella situazione. Era sempre stata attaccata dalla formica quando era sola, ma adesso c’erano i suoi amici e sapeva che sarebbe andata diversamente. Non aveva più paura di lei!
<< Ib! Che cosa vuole questa formica? >> Chiese il signor Elias voltandosi verso di lei.
La ragazza continuò a rivolgere il suo sguardo pieno di odio verso la formica, mentre raccontava all’uomo il motivo della sua ira. << Nove anni fa, quando arrivai nel Mondo di Guertena per la prima volta, incontrai questa formica che si vantava tanto del suo ritratto. >> Mentre parlava, il signor Elias pronunciò il titolo del quadro a cui si riferiva Ib. << Successe che dovetti usare la tela come ponte per superare un fosso, ma quando ci passai sopra la tela si strappò, e una Morte dell’Individuo completò l’opera sfondandola con il suo peso. Non è mai stata mia intenzione rovinare il tuo “capolavoro”… >> Disse con tono ironico quasi per prendere in giro la formica, che evidentemente si era impuntata su una questione futile. << Ma a vedere dal tuo comportamento così egoista, forse sarebbe stato meglio se quel dipinto non fosse MAI ESISTITO! >> Strillò fuori di sé la ragazza finendo il suo discorso. Ne aveva abbastanza di quella formica, ne aveva abbastanza di tutto ormai…
La formica era attonita. Fissava Ib con stupore, quasi come se avesse detto una cosa che mai si sarebbe aspettata. Dopo qualche istante, però, il suo tono si fece minaccioso, e la sua voce suonò piena di rabbia nella testa della ragazza. Sei tu quella che non avrebbe mai dovuto esistere, brutta stronzetta petulante!
Dei brividi attraversarono la schiena di Ib quando si sentì chiamare a quel modo, e subito dopo continuarono a causa della trasformazione della formica, che divenne improvvisamente alta tre metri e cominciò a incuterle il terrore che aveva soppresso fino a quel momento. Garry esclamò spaventato:<< Che diavolo è quello?! >> Mentre un attimo prima era pronto a fare un passo avanti per difendere Ib dall’insulto della formica.
Elias Dawson alzò lo sguardo incredulo mentre la formica alzava una zampa per colpire con tutta la sua forza gli umani davanti a lei. Urlò a tutti quanti di buttarsi a terra e si voltò per spingerli via da lì, prima che la zampa della formica potesse schiantarsi su di loro. Subito dopo si rialzò aiutando Ib a fare lo stesso e la spinse indietro, facendola allontanare dalla formica. Voglio solo quella piccola ladra! Urlò infuriata quella mentre Garry e Mary raggiungevano l’angolo dove si erano messi Elias e Ib, e il ragazzo proteggeva la bambina con il proprio corpo.
Era il momento di lottare fino allo stremo, di rischiare tutto pur di salvarsi. Garry pensava che sarebbe arrivato quel momento, ma ora che era lì si sentiva un po’ riluttante ad agire, sapendo che sarebbe morto; lo avrebbe fatto comunque per salvare Ib, ma avrebbe voluto che ci fosse un modo per scappare.
Ma bisognava affrontare i pericoli. E i propri mostri e paure. E fu proprio questo che fece Bianca, saltando giù dalla spalla di Ib e passando sotto alle gambe del signor Elias. Dovrai passare sul mio corpo! Urlò autoritaria piantando le zampette nel terreno, mettendosi tra la formica gigantesca e il gruppo di umani alle sue spalle.
<< Bianca, che stai facendo? >> Chiese allarmata Ib cercando di riprenderla da dietro la schiena del signor Elias. << Torna qua, ti schiaccerà! >>
Ma Bianca non si mosse. No, Ib. E’ arrivato finalmente il mio momento. Mi sdebiterò per tutto quello che hai fatto per me, trattenendo questo farabutto!
<< Non c’è niente per cui sdebitarti! Siamo amiche! >> Esclamò disperata la ragazza cercando di convincere la formica a tornare indietro.
Ma Bianca rimase lì a fissare con sguardo di intesa la formica nera, che in risposta la fissava con scherno. Esatto! Siamo amiche, e io ti salverò la vita. Si voltò verso di lei e la sorprese a piangere disperata. Forse quella visione la fece stare bene, sapendo che ci fosse qualcuno in grado di piangere per lei; ma le lacrime di Ib non bastarono a farla tornare indietro. Esci di qui e vivi una vita lunga. Le incitò prima di voltarsi per l’ultima volta.
Il tempo si fermò per un istante. La ragazza non riusciva a credere di dover abbandonare lì la sua amica, dopo tutto quello che avevano passato. Si sentì una traditrice e volle morire per quello. L’uomo davanti a lei, che le impediva di avanzare, aspettava un segnale da parte della formichina bianca, che però rimaneva immobile a fissare l’avversaria. Il ragazzo che stava accanto a lui era senza parole; sapeva che quello era un gesto disperato della formica, ma sentiva di essere stato lui a spingerla a fare quella scelta. La bambina dietro di lui assisteva a quella scena senza dire una parola, interrogandosi su come dovesse essere abbandonare un’amica in una situazione del genere. La sua bambola di pezza, infine, per la prima volta aveva smesso di sorridere.
Garry, grazie per avermi dato ciò che mi mancava per osare. Mormorò Bianca un attimo prima di inarcare la schiena verso l’altra formica, che sembrò ridere a quel gesto. Signor Elias, andate via ora!
A quell’urlo, Elias reagì prontamente tirando da un polso Ib, che però si dimenò urlando. Per evitare di perdere tempo, Garry la sollevò di forza e seguì l’uomo, dicendo a Mary di seguirlo a sua volta. Si avvicinarono alla porta, ma la formica nera sembrava decisa a non lasciarli andare.
Pensate di poter scappare così? Credete che basti una formichina a fermarmi? Fece per correre verso di loro, ma con uno scatto fulmineo Bianca si mise di nuovo in mezzo a loro, rivolgendogli uno sguardo di ghiaccio che la immobilizzò.
Sei un disonore per tutta la nostra nobile razza! Scandì disgustata lei, mentre l’altra formica si agitava sul posto con impazienza.
TOGLITI DI MEZZO, TRADITRICE!!! L’urlo della formica nera fu l’ultimo suono che Ib sentì echeggiare nella propria testa, prima di vedere la porta chiudersi sull’immagine di Bianca che si impuntava di fronte all’altra formica per salvarle la vita.

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Capitolo 27
*** Degno di fiducia? ***


Ib non si opponeva più alla forza di Garry. Aveva smesso di dimenarsi da tempo, da quando avevano lasciato la casa con dentro Bianca e la formica nera; aveva capito che non potevano tornare indietro, che Bianca aveva fatto la sua scelta e che avrebbero solo rischiato di rendere vano il suo sacrificio, ma non riusciva ad accettarlo… << Come abbiamo potuto lasciarla là… >> Piagnucolò mentre Garry svoltava a un angolo seguendo le indicazioni di Elias. Il ragazzo non rispose, dispiaciuto nel vedere la sua amica tanto addolorata, e continuò a correre finché non raggiunsero una strana scala in mezzo a un incrocio di strade.
<< Scendiamo. >> Disse rapidamente il signor Elias, mettendosi da parte e facendo passare prima Mary, poi Garry, chiudendo la fila e scendendo gli scalini rapidamente.
Quella discesa però era interminabile. Non sembrava arrivare mai una fine a quelle scale, e Ib che se ne stava in braccio a Garry perché priva della volontà di andare avanti con le proprie gambe, si sentì un peso per tutti i problemi che stava causando. Tuttavia non smise di fare la bambina, e quando il gruppo ebbe raggiunto la fine della scalinata e si fu fermato per riprendere fiato, sentendosi al sicuro da eventuali attacchi, lei scese e si rifiutò di rialzarsi.
<< Mi dispiace, Ib… >> Mormorò l'uomo cercando di farle capire che non c'era altro modo. Ib però se ne rimase con le braccia incrociate, seduta a terra, senza sapere cosa stesse aspettando.
<< Bianca aveva già scelto. >> Sopraggiunse Garry con tono stranamente sicuro di sé. << E se si è offerta, vuol dire che sapeva di potercela fare! >> Ipotizzò con un sorriso.
No. Bianca non poteva farcela. Era solo una piccola formica bianca. "Sono solo una formichina". Riecheggiavano ancora nella sua mente le parole con cui si era presentata a lei. Senza nessun preavviso, senza sapere esattamente perché, Ib scosse la testa con vigore e si mise a piangere.
Garry ed Elias rimasero ad assistere impotenti a quella scena, mentre Mary decise di riporre la bambola a terra e sedersi accanto alla ragazza. Senza dire nulla, la bambina abbracciò le spalle di Ib affondando il mento sul suo braccio; il petto della ragazza era scosso da convulsioni irregolari che facevano sobbalzare la bambina a sua volta. Rimasero solo a guardare, Garry, Elias e la bambola di Mary, mentre Ib riacquistava lentamente l'autocontrollo e si calmava. I suoi respiri si fecero più rilassati e Mary smise di sobbalzare a ogni suo singhiozzo.
<< Non possiamo farci niente, Ib. >> Mormorò a malapena la bambina rimanendo con il viso schiacciato alla sua spalla. << Bianca lo ha fatto per salvarci, e noi non possiamo deluderla così… >>
Ib cercò di liberarsi dalla stretta di Mary, non per rifiutarla, ma per guardarla negli occhi. Mentre i suoi erano arrossati e gonfi, pieni di lacrime, quelli della bimba erano lucidi e appannati, ma profondi; Mary diceva la verità e sapeva cosa andava fatto per non sprecare il sacrificio della formica bianca.
La ragazza inspirò a fatica col naso. << Scusatemi… >> Mormorò cercando di asciugarsi le lacrime con una manica della camicetta. Quando si rese conto di stare solo peggiorando la situazione, lasciò perdere. Mary venne in suo aiuto.
<< Puoi usare questo. >> Tirò fuori da una piccola tasca del vestitino un fazzoletto di pizzo con due lettere ricamate sopra. Quando lo ricevette, Ib riconobbe subito quel suo fazzoletto che pensava di avere con sé. << Te lo volevo restituire in una pausa… >> Abbozzò un sorriso mentre Ib lo prendeva tra le sue mani e lo guardava con occhi pieni di stupore.
<< Quello è il tuo fazzoletto? >> Chiese Garry sorpreso. << Pensavo che ce lo avessi tu… >> Sembrava quasi che quel fazzoletto avesse vita propria e se ne andasse dove volesse.
<< Lo aveva usato per tamponare una mia ferita… Ora è stranamente pulito. >> Commentò Elias facendo un passo verso le due ragazze. Mary si fece da parte, ancora intimorita dall'uomo, ma Ib la prese per mano e le chiese di restare con un sorriso; lei non voleva che si allontanasse.
<< Dove lo hai trovato? >> Chiese la ragazza mentre si asciugava le lacrime che le avevano rigato il viso.
Mary rispose in modo vago. << Me lo ha dato una statua, prima di incontrarvi. >>
<< Una statua…? >> La ragazza si fermò a guardare il vuoto, pensando a chi avesse potuto dare quel fazzoletto a Mary; prima pensò subito alla Dea, ma dovette ripensarci, poiché quando aveva conosciuto Minerva, il fazzoletto era rimasto con il signor Elias. Allora i suoi pensieri passarono a Bevendo nella Notte, ma quella donna nel bicchiere non sembrava tipo da dispensare regali; avrebbe potuto rubarle il fazzoletto nella loro colluttazione però…
<< Potrebbe esserti caduto dopo essere stata attaccata da Sirena… >> Ipotizzò Elias ricordando tristemente quel nome. Ib annuì pensierosa.
<< Ma chi è stato a raccoglierlo? >> Chiese alzando lo sguardo verso l'uomo, ma rivolgendosi a Mary accanto a lei.
La bambina ammiccò. << Convegno Dopo la Morte. >> Rispose con voce solare. Quello tolse ogni dubbio dalla mente di Elias Dawson, che però non sembrò contento di quella risposta. Tutto a un tratto sembrò sentirsi in pericolo e si voltò verso il piccolo corridoio che continuava di fronte a loro.
<< Sbrighiamoci! Non possiamo restare qui… >> Mormorò alzando una mano per invitare gli altri a seguirlo. Quel suo gesto diede una strana impressione a Ib, alla quale sembrava si stesse comportando in modo strano da un po’ di tempo, e anche a Garry, già sospettoso per conto suo. Nessuno volle obiettare per evitare di contrariarlo, e il ragazzo porse la mano prima a Ib e poi a Mary per aiutarle a rialzarsi da terra.
<< Bel lavoro. >> Sussurrò all’orecchio della biondina quando si fu tirata su. Si limitò a rivolgerle un ampio sorriso quando lei si voltò sorpresa verso di lui, facendole intendere di aver apprezzato quel suo gesto verso Ib. La bambina si voltò sorridendo imbarazzata e andò a raccogliere la bambola di pezza prima di seguire Ib e Garry per quel corridoio in  cui si era addentrato Elias Dawson.
A poco a poco, le pareti del corridoio si fecero più scure, e l’atmosfera attorno a loro gli ricordò una notte buia e silenziosa. C’erano delle grandi finestre a un lato del corridoio, che improvvisamente si era fatto più spazioso e curato; alla sinistra del gruppo c’erano delle colonne in marmo che dividevano numerosi archi, sotto i quali sembravano esserci delle larghe porte di legno, che però erano solo disegnate sul muro. Affacciandosi a una finestra Ib non riuscì a intravedere nulla: era tutto buio e vuoto fuori da quel luogo, come se fossero rinchiusi in una prigione senza via d’uscita…
<< Che posto è questo? >> Mormorò inquietata Mary, guardando fuori dalla finestra assieme a Ib. Garry arrivò dopo che la ragazza ebbe già distolto lo sguardo e commentò con un sospiro abbattuto quella vista.
<< Sembrava che fossimo finalmente fuori, e invece… >> Garry si faceva demoralizzare facilmente, da quando era tornato assieme a Ib. Possibile che si sentisse più al sicuro, ora che era di nuovo con lei?
<< Non lasciamoci prendere dallo sconforto. >> Li incitò Ib guardandosi a destra e a sinistra, cercando di stimare la lunghezza di quel corridoio così diverso dal resto della galleria. Garry e Mary si voltarono verso di lei, e in quello stesso momento tutti e tre si accorsero di una cosa.
<< Dov’è finito Elias? >>
Ib si guardò attorno con più foga, come se potesse riuscire a vedere più lontano così, ma non riuscì a trovare la figura dell’uomo da nessuna parte. Si mise a camminare rapidamente lungo il corridoio, seguendo la stessa strada che avevano preso prima di fermarsi, e fece segno a Garry e Mary di rimanere vicini a lei.
Guai in vista… Commentò la bambolina di Mary al suo orecchio, mentre la bambina si avvicinava a Ib.
Garry chiamò Ib. << Aspetta. >> Le disse.
<< Cosa c’è? >> Chiese ansimando la ragazza. Era visibilmente preoccupata, e a Garry sarebbe bastato molto meno per rendersene conto.
<< Quell’uomo, Elias… >> Cominciò guardando prima Mary per cercare la sua complicità; forse non sarebbe stato necessario, ma aveva bisogno di un supporto in caso le sue parole non dovessero piacere a Ib. << Che tipo è? >>
Ib non capì la domanda. << In che senso? >> Chiese rivolgendogli uno sguardo confuso, con un occhio mezzo chiuso.
<< E’ una brava persona? >> Chiese in seguito il ragazzo per essere più preciso. Ib si guardò intorno confusa.
<< Sì, certo che lo è! Mi ha salvata! >> Rispose quasi indignata. Si sentiva spinta in un angolo da Mary e Garry, che sembravano volerla far sentire in quel modo di proposito.
Garry rivolse un’altra occhiata incerta a Mary. << Ti ha salvata, in che modo? >>
Ib non sarebbe mai riuscita ad elencare tutte le volte che l’uomo le aveva salvato la vita, ma fece uno sforzo mentale per richiamare alcuni momenti più eclatanti che le erano rimasti in mente:<< Mi ha curata da un avvelenamento della formica nera, quando mi ha trovata in un condotto di aerazione… >> Mormorò pensierosa.
<< Aerazione? >> Ripeté Mary confusa. << Non ci sono condotti di aerazione qui. >>
Ib la guardò incredula. << Dici sul serio? Io ho strisciato attraverso uno di questi per salvarmi… >> Ricordava bene quello che aveva fatto e come lo aveva fatto, anche se in quel momento era stata malata.
<< Sicuro! Non esistono condotti di aerazione nel Mondo di Guertena. >> Ripeté Mary sicura delle proprie idee.
<< Ma io sono passata attraverso uno stretto cunicolo a un muro… >> Commentò confusa la ragazza. Anche Garry lo aveva fatto, ma preferì non intervenire, essendo più interessato a ciò che aveva da dire Ib riguardo all’uomo che l’aveva accompagnata.
La bambola di pezza alzò una mano e spiegò a Ib cosa fosse quel cunicolo in cui era finita lei: Quello in cui sei capitata tu, forse era uno dei tunnel utilizzati da noi bambole per spostarci rapidamente per le sale… E’ così che ti abbiamo trovata, altrimenti non saremmo mai riuscite a perlustrare ogni zona della galleria! Quella spiegazione fece annuire Ib, mentre Garry si irritò leggermente.
<< D’accordo, andiamo avanti ora? >> Chiese insistente, desideroso di sapere quanto fosse degno di fiducia Elias Dawson.
Ib annuì sorpresa e tornò ad elencare le volte che il signor Elias le aveva salvato la vita:<< Una volta mi ha salvata dalla Donna in Rosso, che assieme ad altri quadri mi aveva accerchiato, e lui è arrivato con uno specchio in mio aiuto… >>
Garry annuì impaziente, mentre Mary commentò confusa:<< Uno specchio…? >>
<< Si è gettato in uno stagno per tirarmi fuori dall'acqua e poi si è rituffato per lottare con il pesce gigante di Abisso del Profondo. >> Disse Ib ricordando quel momento di panico che aveva avuto quando si era ritrovata immersa in quell’acqua scura, spiata da un pesce mostruoso deciso a ucciderla; a quel ricordo, la sua caviglia ferita, fasciata con un lembo della sua stessa gonna intriso di sangue, pizzicò in modo fastidioso. << E poi mi ha difesa dalla donna nascosta in Bevendo nella Notte, dopo che questa mi aveva attirato in una trappola… >>
Garry conosceva la tattica di quella donna nel bicchiere, aveva immaginato che Ib avesse fatto il suo stesso errore, ma la sua preoccupazione fu accertarsi di come la avesse salvata Elias. << Che cosa ha fatto per difenderti? >> Era una domanda strana, Mary pensò che Ib non avrebbe capito subito cosa volesse intendere il ragazzo, ma Garry sapeva che lei aveva già capito. Glielo lesse negli occhi, prima ancora che potesse rispondere in qualunque modo. E forse, a Ib quella domanda non piacque molto.
Rispose lentamente, forse cercando un modo per giustificare la condotta dell’uomo durante lo scontro che aveva preceduto il loro incontro. << Io… Sono stata attaccata, e Sirena mi ha anche dato un morso… >> Alzò la spalla dove la camicetta era stata lacerata dai denti della donna e mostrò i segni dell’attacco. << Dopo aver visto questo, Elias si è lanciato contro di lei e l’ha allontanata da me… >> Sembrava in difficoltà, mentre parlava. << Le ha urlato contro qualcosa, prima di ricevere la spada di Convegno Dopo la Morte e… >> Si fermò, lasciando intendere ai due che il seguito era qualcosa che non ricordava tanto volentieri.
<< Perché non ha attaccato a lui? >> Chiese rapidamente Garry, non volendo certamente ricordare qualcosa di spiacevole all’amica; aveva bisogno di sapere di più su quell’uomo però!
Ib scosse la testa. << Che vuol dire? Sirena ha attaccato me perché mi sono mostrata più amichevole, mentre Elias se ne è tenuto lontano… >> La ragazza si rese conto di aver detto qualcosa di significativo, anche se ancora non capiva perché.
<< E perché lui è rimasto in disparte? >> Chiese di seguito il ragazzo. Forse stava diventando troppo insistente, faceva troppe domande, quasi come se ora volesse giustificare la condotta delle opere di Guertena e condannare coloro che cercavano di sopravvivere, ma si preoccupava per lei.
Ib si sentì messa alle strette. << E… E io che ne so! Perché tutte queste domande, Garry? Andiamo a cercarlo, piuttosto! >> Fece per incamminarsi lungo il corridoio, ma Garry la afferrò per il polso e bloccò il suo tentativo di evadere quelle domande.
<< Aspetta. >> Le intimò con uno sguardo serio, mentre Mary accanto a lui faceva volare lo sguardo da una parte all’altra, preoccupata. << Ib. >> Scandì Garry con sguardo serio. La ragazza si sentì sotto pressione semplicemente dovendo guardare negli occhi il ragazzo. << Tu ti fidi di Elias? >>
Quella domanda era così inappropriata in quel momento, Ib pensava che Elias si fosse conquistato la sua fiducia tempo fa, ma perché Garry aveva tanta difficoltà a fidarsi di lui? << Certo che mi fido di lui! >> Protestò inasprendo lo sguardo. << Perché non mi credi? >>
Dopo quelle parole, Mary intervenne chiamando il suo nome. << Ib. >> Disse timorosa di dire qualcosa che la ragazza potesse fraintendere. << Quell’uomo ha ucciso Bevendo nella Notte, vero…? >>
La ragazza la fissò con occhi sgranati. A che serviva mentire? Era successo quello, e loro probabilmente lo avevano anche visto… << Sì, ma non è come credete… >> Cercò di giustificare di nuovo le azioni dell’uomo. << Lui… Lo ha fatto per difendermi… >>
Garry non mise in dubbio il fatto che lo scopo di Elias Dawson fosse difendere Ib, ma volle avvertirla riguardo a ciò che avevano sentito dalla statua di Guertena nella sala dalle pareti color ciano. << Ib. Convegno Dopo la Morte ci ha parlato, quando siamo arrivati in quella sala e ci siamo trovati davanti quella scena così incredibile… >> Spiegò lentamente non volendo che Ib fraintendesse le sue parole. << Ci ha detto che quella donna era una persona esistita veramente, una ragazza con la quale Guertena ebbe una storia, e che si suicidò per il suo amore… >> Mentre Garry le raccontava brevemente la storia che lo scheletro aveva raccontato in precedenza a loro, Ib sgranava gli occhi incredula. << Ci ha detto che cerca vendetta in questo mondo, che attacca chiunque possa portarle via il suo amato, quindi qualsiasi visitatore… >>
Ib temeva di aver già capito dove volesse arrivare il ragazzo, e in una sua pausa sussurrò debolmente:<< Perché non lo ha detto a noi? >> Riferendosi allo scheletro di Convegno Dopo la Morte.
Garry aspettò che ebbe alzato di nuovo lo sguardo, prima di parlarle di nuovo. << Perché Elias non è stato attaccato? >> Chiese di nuovo, non aspettandosi una risposta. Ib non provò nemmeno a menzionare il fatto che la ragazza non avesse neanche opposto resistenza all’uomo, prima di essere uccisa, ma ormai era fatta; i sospetti di Garry erano diventati una certezza, e Mary sembrava stare dalla sua parte, il signor Elias non era nei paraggi, e lei era sola in quella discussione. << Ib, tu sei sicura che Elias sia davvero un umano? >>
La ragazza alzò di scatto la testa. << Sì, te lo giuro! >> Esclamò unendo le mani in segno di preghiera. << Ha quasi rischiato di morire, io stessa ho visto la sua rosa rovinarsi in modo irreparabile. >>
La sua rosa profumava? Si intromise a un tratto la bambola di pezza.
<< Cosa? >> Chiese Ib sorpresa dal suo intervento.
La rosa. Ripeté quella sorridendo ingenuamente. Se il fiore emana un profumo, significa che è un fiore del mondo reale. Se non ha nessun odore, allora è un falso… Spiegò gesticolando poco.
<< Come il fiore di Mary. >> Puntualizzò Garry per farle un esempio. << Allora, Ib… Il suo fiore profumava? >>
La ragazza non sapeva cosa rispondere. Non aveva mai annusato la rosa bianca, e se lo aveva fatto, di certo non se lo poteva ricordare. Ma non voleva credere che quello fosse un falso, non voleva credere che fosse stato tutto una bugia. << Io… >> Balbettò sentendo le lacrime invaderle gli occhi un’altra volta. << Io… Non lo so… >>
Garry non voleva accusare nessuno per niente; non avevano prove per affermare che Elias Dawson fosse un abitante del Mondo di Guertena, e Ib sembrava fidarsi così tanto di lui che non avrebbe retto una tale rivelazione; in più, sarebbe stato davvero un brutto colpo scoprire di essere caduta nello stesso tranello due volte, dopo la sua prima avventura in quel posto. Garry non voleva vederla demoralizzata, proprio ora che dovevano rimanere concentrati per ritrovare la via d’uscita.
Mary era dispiaciuta nel vedere Ib di nuovo in quello stato. Cercò di dire qualcosa per farla stare meglio, ma a quel punto la ragazza fece qualcosa che né lei, né Garry avrebbero previsto.
Tutto a un tratto, Ib si voltò schivando i loro sguardi e cominciando a correre lungo il corridoio deserto, urlando a gran voce il nome dell’uomo che l’aveva accompagnata e protetta in quel luogo per tutto il tempo.
<< Dannazione! >> Imprecò Garry, che fu colto di sorpresa dal gesto impulsivo della ragazza. Chiamò Mary alle sue spalle e si lanciò all’inseguimento, sperando di poter raggiungere la ragazza prima che le succedesse qualcosa di brutto.

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Capitolo 28
*** Un pericolo per noi ***


<< Sbrigati Mary! >> Chiamò Garry ansimando, ansioso di tenere il passo con Ib. La ragazza era scappata senza preavviso, non volendo credere alle loro accuse mosse contro Elias, ma che sarebbe successo se si fosse persa in quel posto? E dov'era finito Elias Dawson, colui che aveva scatenato quella situazione pur senza agire direttamente?
<< Aspettami Garry! >> Urlò preoccupata la bambina, che correva a perdifiato a qualche metro di distanza da lui; l'avrebbe già seminata, se non avesse rallentato per aspettarla. Purtroppo però, facendo così Garry aveva perso di vista Ib.
La vide l'ultima volta girare dietro un angolo, prima che sparisse da quel luogo; quando Garry arrivò a quell'angolo, infatti, il corridoio che si apriva di fronte a lui era vuoto, debolmente illuminato da una strana luce che entrava dalle grandi finestre alle sue spalle. Mary lo raggiunse ansimando pesantemente, grata che si fosse fermato, ma quando vide che Ib era sparita si rese conto di aver rallentato il ragazzo un po' troppo. E ora dove andavano? Dov'era finita Ib? << Scusami, Garry… >> Mormorò dispiaciuta, sperando che il ragazzo non si arrabbiasse. Si sentiva in colpa per avergli fatto perdere tempo, e ora anche Ib.
Garry rimase a fissare il corridoio vuoto con delusione. << Ib… >> Sussurrò alzando una mano, come se davanti a lui ci fosse una figura tangibile. << Proprio ora che ci eravamo riuniti… >>
Mary e la sua bambola lo guardarono tenendo la testa bassa, vergognandosi per aver rovinato tutto. Un attimo dopo, però, Garry mise una mano sulla testa della bambina, accarezzandola delicatamente.
<< Non è colpa tua, Mary. >> Le disse con tono gentile. Si abbassò e le sorrise tristemente. << Io le ho fatto tutte quelle domande… Si è sentita accusata di qualcosa ed è scappata. Quando ha paura di qualcosa, Ib non scappa mai per davvero, ma si allontana per prepararsi ad affrontarla! Forse è andata alla ricerca del signor Elias per fargli delle domande… >>
Mary sembrò allarmarsi non appena sentì quelle parole. <<  Ma se il signor Elias è cattivo? >> Ebbe un sussulto immaginandosi la sua amica venire attaccata da quell'uomo. << Dobbiamo trovarla! >>
Garry annuì con decisione. << Ed è quello che faremo. Ib è ferita, e non può affrontare il pericolo da sola. >> Si alzò e guardò in fondo al corridoio, che andava via via a farsi sempre più scuro. << Chissà quanti pericoli si nascondono nell'oscurità di queste sale… Speriamo solo di essere i primi a trovarla! >>
Detto questo, Garry prese per mano Mary e cominciò a camminare lungo il corridoio, guardandosi intorno con occhiate fugaci, cercando qualcosa di diverso nel paesaggio monotono, formato da porte disegnate sui muri, racchiuse in mezzo ad archi e colonne, intervallate ogni tanto da ritratti di uomini e donne vestiti elegantemente, tutti con uno sguardo inquisitorio stampato in volto, quasi ad accusare chi passava di là… Mary era un po' inquietata da quei dipinti che nella penombra del corridoio sembravano molto più spaventosi di quanto realmente fossero, e si strinse a Garry per farsi proteggere; a volte si dimenticava della sua indole guerriera, delle parole cattive nei confronti del ragazzo e dell'ostentazione che faceva sempre vedere, e si mostrava per ciò che era: una bambina impaurita.
Un improvviso suono di vetri infranti fece lanciare un gridolino a Mary, mentre attirò l'attenzione di Garry, che guardò con più attenzione nel corridoio, alla ricerca di cosa avesse prodotto quel rumore. Da una delle porte laterali uscì girato di spalle l'uomo che aveva abbandonato il gruppo poco prima, lasciandoli indietro mentre aspettavano che Ib e Mary si rialzassero: Elias Dawson.
Uscì sbattendo la porta con la schiena e tenendosi la mano destra, grondante sangue. Aveva un'espressione affaticata e furiosa in viso. Rimase qualche secondo ad ansimare e recuperare la sua compostezza, fissando qualcosa per terra nella stanza che aveva appena lasciato. Quando girò la testa e vide i due fermi a fissarlo a pochi metri di distanza sembrò sorpreso. << Garry… >> Chiamò con voce bassa, ignorando la ragazzina che strinse ancora di più la mano del ragazzo. Aveva paura di quell'uomo, ormai Garry lo aveva capito.
<< Dawson. >> Rispose secco Garry. Neanche lui si fidava di quell'uomo, preferì mantenere le distanze sia fisicamente che personalmente, chiamandolo per cognome.
L'uomo continuò ad ansimare. Nei suoi movimenti, Garry intravide un luccichio sulla sua fronte; stava sudando. << Siete da soli? >> Chiese senza staccare gli occhi da quella cosa che era rimasta nell'altra stanza.
<< Ib è sparita. La stiamo cercando. >> Rispose con frasi brevi e concise il ragazzo, volendo scambiare meno parole possibili con lui.
A quel punto Dawson alzò lo sguardo verso il ragazzo. << Sparita? >> Chiese incredulo. Scosse la testa espirando e digrignando i denti. << Dannazione… >>
<< Perché sei andato avanti senza aspettarci? >> Chiese Garry alzando un po' il tono della voce. L'uomo sembrò sorpreso di sentirsi quella domanda. Con gesti rapidi della mano sana, indicò le proprie spalle ruotando un po' il busto.
<< Pensavo che foste subito dietro di me, ma quando mi sono accorto di essere da solo mi ero già allontanato troppo. >> Spiegò tornando a guardare Garry negli occhi. Lo sguardo del ragazzo si posò sul sangue che colava dalle dita dell'uomo.
<< Sei ferito? >> Chiese senza staccare gli occhi da quella mano.
Il signor Dawson fece una smorfia e alzò la mano aprendo e chiudendo il pugno più volte. << Ho avuto uno scontro… >>
<< Con chi? >> Chiese Garry. Ma forse la domanda più adatta sarebbe stata: "con cosa?"
Elias Dawson rivolse lo sguardo alla stanza da cui era uscito prima e parlò:<< Con lui. >> Curioso di capirne di più, Garry avanzò lentamente, stringendo con forza la mano di Mary, che si fece più piccola possibile nascondendosi dietro di lui. Quando il ragazzo fu accanto all'uomo – Mary si mise alla destra di Garry per stare più lontana possibile da Dawson – vide una miriade di frammenti e schegge di vetro riversi sul pavimento della stanza. I pezzi più grossi sembravano ricordare le forme di un corpo umano, e allora la spiegazione di Dawson arrivò in suo aiuto:<< E' una scultura di Guertena. Il "Corpo Infrangibile". >> Così si chiamava quella massa di pezzi di vetro che stava osservando ora Garry. Si voltò confuso verso l'uomo alla sua sinistra.
<< "Infrangibile"? >> Chiese senza aggiungere nient'altro. Tutte le opere di Guertena avevano un titolo strano, ma quello non aveva senso per lui.
<< Doveva esserlo. >> Rispose con sguardo basso Dawson, fissando intensamente le schegge brillanti della statua ormai distrutta. Sembravano milioni di minuscoli diamanti puri, pieni di sfaccettature diverse sulla quale si rifletteva la luce; Mary li avrebbe anche trovati carini, se non fosse stata terrorizzata da quella vista.
C'era del sangue su alcuni frammenti, quelli più piccoli. << E lo hai rotto tu? >> Certo che sì, idiota. Si insultò da solo.
Per tutta risposta, Elias alzò la mano destra e allargò le dita, stringendo i denti con sofferenza. Garry annuì mentre l'uomo si allontanò da quella scena a passi rapidi. Mary lo fissò spaventata, mentre il ragazzo si rendeva conto di essere stato lasciato indietro e alzava un braccio per chiamarlo; la bambina però lo bloccò prima che potesse chiamare.
<< Ho paura, Garry… >> Mormorò preoccupata lei, facendogli piegare la schiena verso di lei. << Quello… Ha ucciso un altro dei miei fratelli… >>
Garry avrebbe voluto capire se si fosse trattato di legittima difesa oppure di un omicidio – se così si poteva definire – volontario, ma le parole della bambina lo convinsero che ci fosse qualcosa di sbagliato nelle azioni dell'uomo. << Non ti preoccupare, ci penserò io. >> Le disse per farla calmare un po'. Le fece segno di restare vicino e cominciò a camminare nella stessa direzione presa dall'uomo, che non aveva rallentato di un passo per aspettare loro due. A poco a poco il gruppo si ricompattò, e la piccola Mary si sentì sempre più nervosa a stare vicino al signor Dawson.
<< Sai dove stai andando? >> Chiese Garry posizionandosi accanto a lui.
<< No. >> Rispose secco il signor Dawson con lo sguardo fisso nel vuoto. << Ma da qualche parte dovremo pur andare, se vogliamo ritrovare Ib. >>
Facendo così avrebbero buttato chissà quanto tempo per rintracciare la ragazza. Garry sarebbe tornato indietro al luogo dove si erano divisi e avrebbe cercato di ricostruire il percorso di Ib… << Non sarebbe più facile trovare qualche indizio, oppure chiedere a un quadro nella zona… >>
Elias gli rivolse uno sguardo pieno di odio, fermandosi in mezzo al corridoio. << "Chiedere a un quadro"? >> Tuonò incredulo. Fece qualche passo verso Garry e fermò il proprio viso a pochi centimetri dalla faccia del ragazzo. << Tu crederesti alle parole di uno di questi mostri? >>
Mary si fece minuscola, nascondendosi dietro alla schiena di Garry, solida e dritta, che si ergeva più in alto del signor Dawson. << Non sono tutti malvagi, signor Dawson. >>
Il ragazzo calcò con forza il cognome dell'uomo, come per rimarcare la distanza che c'era tra loro due, e stranamente quello sembrò quasi indignarsi a quel gesto, ma erano le sue parole ad averlo sconvolto. << Non sono tutti… >> Lasciò incompleta la frase, senza fiato. Fece un passo indietro e si guardò intorno, cercando qualcosa da portare come prova a Garry. In fretta, avvistò un dipinto appeso al muro, che ritraeva una donna un po' grassoccia abbigliata con vestiti costosi di colore rosso, i lunghi capelli neri boccoluti le ricadevano sulle spalle e l'espressione sprezzante si rivolgeva a chiunque osasse incrociare il suo sguardo. Afferrò la cornice con due mani senza pensarci troppo e la staccò dal muro. La gettò poi a terra, in mezzo al corridoio, mostrandola a Garry, gli occhi pieni di rabbia.
Dopo aver rivolto un'occhiata furiosa al ragazzo, l'uomo urlò:<< Pensi che non siano tutti malvagi? >> Dopo di questo pestò un piede con forza sul lato inferiore della cornice, spezzandola. Mary sentì un gran dolore al petto, vedendo un'altra opera di suo padre venire torturata a quel modo. Garry sentì sicuramente il suo dolore e reagì subito. << Smettila! >>
Elias ghignò follemente prima di andare a staccare un altro quadro dalla parete e buttarlo sopra all'altro; quando quello si schiantò con un sonoro schiocco, la tela si lacerò dall'interno e Mary si voltò non riuscendo a sopportare quella vista, tenendosi le mani alle orecchie per non sentire i suoni strazianti della tela che si strappava. << Allora? >> Chiese con fervore l'uomo alzando lo sguardo verso Garry. << Quanti quadri dovrò distruggere per convincerti che sono nostri nemici? >> Mentre diceva questo si stava già dirigendo verso un altro quadro per staccarlo dal muro.
Dopo che l'ennesimo quadro fu distrutto, Mary si inginocchiò lanciando un urlo di terrore, continuando a schiacciarsi le mani sulle orecchie per non sentire quei terribili suoni; ma il dolore arrivava lo stesso. La sua bambola cercava di calmarla con scarso successo, e le sue grida attirarono l'attenzione del signor Dawson, che la fissò per alcuni secondi con lo sguardo perso nel vuoto. << La bambina… >> Sussurrò tra sé e sé.
A un certo punto Garry vide Dawson sfilargli davanti a passi pesanti, diretto verso il corpicino di Mary inginocchiato ad alcuni metri da loro. << Tu… >> Le disse con rabbia, strattonandola da un braccio. La bambina lanciò un urlo terrorizzata quando si rese conto di essere stata presa da quell'uomo che le faceva tanta paura; nello stesso momento, la bambola di pezza fu sbalzata via dalla sua spalla. << Tu non avresti mai dovuto esistere! >> Tuonò fuori di sé.
Garry fece per intervenire, esortato dalle suppliche disperate di Mary che tentavano inutilmente di sovrastare le accuse del signor Elias, ormai evidentemente uscito di senno. << Hai rovinato la mia vita! Non ti perdonerò mai per questo! >>
<< LASCIALA STARE!!! >> Gridò infuriato Garry tirando indietro la spalla e ruotando il busto per sferrare un pugno diretto alla mandibola dell'uomo. Il colpo risuonò secco nel corridoio vuoto, e al contatto Elias Dawson lasciò andare la presa sulla spalla di Mary e rotolò a terra dolorante. Istantaneamente, Garry prese Mary e la nascose dietro di sé, guardando torvo Elias che si metteva a sedere e poggiava la schiena a una parete.
Stranamente l'uomo lo guardava con un mezzo sorriso. Una goccia di sangue colò dal labbro ferito e lui si mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni; tirò fuori la sua rosa bianca e la osservò mentre un piccolo petalo immacolato si staccava dallo stelo. Rise rimettendosela in tasca e passandosi una mano sul sangue colato dalla ferita. << Complimenti, Garry. Ti sei fatto raggirare un'altra volta… >> Gli disse senza staccargli gli occhi di dosso.
Il ragazzo rivolse uno sguardo premuroso verso la bambina, aggrappata a lui, che guardava con timore l'uomo seduto davanti a loro,  e poi lo squadrò con occhi pieni di disgusto. << No. >> Era sicuro di quello che stava dicendo. << Mary non ha mentito. >>
Una risata sonora riempì il corridoio, mentre Elias si rialzava da terra barcollando. << Come no! >> Commentò lui senza credere alle parole del ragazzo. << E' un mostro, come tutti gli altri! Ti sta solo usando per andarsene da qui, come ha fatto la prima volta! >>
<< Non è così! >> Ribatté con fermezza Garry stringendo a sé la bambina. La determinazione nello sguardo.
<< E tu come fai a saperlo? >> Chiese inarcando un sopracciglio, squadrandolo da capo a piedi. Garry deglutì prima di rispondere, la tensione lo stava distruggendo.
<< Mary… Lei è cambiata da quando è tornata. >> Respirò profondamente. << Ha sbagliato nove anni fa, ma non significa che la si debba condannare per tutta la vita! Mi ha insegnato tante cose, mi ha… >> Le rivolse un sorriso benevolo. << Aperto gli occhi… >> Mary sorrise in risposta, felice del fatto che lui stesse dalla sua parte. Garry tornò a guardare Elias Dawson con durezza. << Ha sofferto già abbastanza, quindi se vorrai farle del male dovrai prima fare i conti con me! >> I suoi occhi erano pieni di determinazione, la sua voce era ferma e imponente. Tutto in quel ragazzo avrebbe suggerito che fosse sicuro di quello che stesse facendo, e che avrebbe concluso ciò che aveva iniziato, ad ogni costo.
Tutta quella sicurezza e quella forza mostrata da Garry avrebbero sicuramente impressionato chiunque a vederlo così, ma invece di ammirarlo per la sua scelta, senza cercare di comprendere il suo punto di vista, il signor Elias si lanciò contro di lui, cercando di afferrargli la testa. Subito Garry spinse via Mary e si fece da parte per schivare la massa di Elias che gli sfilò a pochi centimetri dal viso e si fermò prima di scontrarsi con la parete dall'altro lato. L'uomo si voltò con gli occhi iniettati di sangue e respirò profondamente prima di attaccare di nuovo. Questa volta Garry affrontò a viso aperto l'uomo e, in risposta al suo tentativo di placcarlo, lo bloccò cercando di spingerlo via; ma la forza della spinta di Elias era maggiore di quella opposta da Garry, che cadde all'indietro e venne bloccato dal corpo dell'uomo. Quello cominciò a prenderlo a pugni sul viso, gridandogli parole che il ragazzo non comprese; se non fosse arrivata Mary a tirarlo fuori da quella situazione, forse sarebbe anche stato ucciso. La bambina diede in testa a Dawson una delle cornici rotte, fracassando ciò che rimaneva di essa, e lo spinse via per liberare Garry; il ragazzo si rialzò in fretta nonostante il dolore e le ferite al viso e si mise davanti a Mary per proteggerla.
<< Non capisci? >> Sbraitò quello cercando di rialzarsi in modo scomposto un'altra volta. << Sei solo una pedina! Quella… Strega ha un piano ben preciso! >> E puntò l'indice insanguinato verso Mary che si nascondeva di nuovo dietro a Garry. Elias avanzò senza però mostrare l'intenzione di attaccare. << Sta aspettando il momento in cui ci saremo annientati tra noi e poi prenderà il nostro posto nel mondo reale! Il posto di Ib, Garry! Che cosa faresti se dovesse farle qualcosa? >>
A quelle parole Garry si ricordò di Ib dispersa per quelle sale, ma solo per un momento: ora la sua priorità era Mary, e non poteva lasciare che i timori e le incertezze offuscassero il suo giudizio. Elias Dawson stava tirando in ballo qualunque motivazione per mettere la bambina in cattiva luce. << Non è così! >> Scandì a denti stretti il ragazzo riversando tutta la propria rabbia in quelle poche parole.
Con un urlo disumano, Elias Dawson si lanciò un'altra volta verso di loro, e Garry reagì prontamente allo stesso modo di prima, allontanando Mary e spostandosi dall'altra parte per disorientare l'avversario, ma questa volta l'uomo reagì con previdenza: bloccò la sua avanzata a metà strada e scattò rapidamente verso Mary, che Garry pensava di aver messo al sicuro; non aveva visto il signor Dawson raccogliere una scheggia di vetro da terra, nasconderla nella mano sinistra, e puntarla al collo della ragazzina un attimo dopo averla afferrata con forza.
<< FERMO!!! >> Gridò disperato il ragazzo alzando una mano. Perché Dawson era così folle?
<< Ora mi ascolterai, Garry? >> Chiese spingendo la punta della scheggia sulla delicata pelle della piccola Mary, tremante e terrorizzata da quella situazione.
Garry ringhiò per trattenere il proprio odio. << Che cazzo vuoi, razza di psicopatico?! >> Gli urlò contro riuscendo a non scattare verso di lui per agguantarlo. Elias ghignò.
<< Sapevo che con le buone ne avresti parlato… >> Mormorò rilassando i muscoli. << Ora voglio sapere esattamente perché credi che questa bambina sia cambiata. E non tirare fuori stronzate come: "mi ha cambiato la vita", "vuole solo un po' di affetto"… >> L'uomo fece una voce acuta e fastidiosa quando fece gli esempi per Garry. Il ragazzo non riusciva a credere che fosse capace di prendere in ostaggio una bambina indifesa pur di avere ciò che voleva.
<< Sei un verme… >> Gli disse infuriato mentre la bambola di Mary assisteva impotente alla scena, con le mani davanti al viso.
<< Sto aspettando. >> Disse Elias spingendo ancora un po' la punta del vetro sul collo di Mary. Un rivolo cremisi uscì dal punto di contatto tra il vetro e la carne.
Garry soffocò un'imprecazione e si costrinse a riacquistare la calma. Strinse i pugni, giurando a sé stesso che se Dawson avesse fatto del male alla bambina, lo avrebbe ucciso. << Maledizione… Che cosa vuoi sapere? >> Chiese urlandogli contro.
Elias non si scompose e parlò rapidamente:<< Rispondimi una volta per tutte: come hai fatto a farla tornare in vita? >>
Garry si era già sentito porre quella domanda, e aveva anche già risposto, perché non andava bene la risposta che aveva dato la prima volta? << Ti ho già detto che stavo vagando per le sale della galleria, quando una voce mi ha detto di fare quello che mi diceva, se avessi voluto sopravvivere… >>
<< Sopravvivere? Dunque eri ferito? >> Chiese l'uomo non appena Garry ebbe pronunciato quella parola. Il ragazzo rimase a fissarlo per un attimo, perplesso, poi rispose:<< Sì, ero ferito. >>
Prese fiato rapidamente senza mai staccare gli occhi dal viso della bambina impaurita, che inutilmente tentava di allentare la stretta dell'uomo attorno alle sue spalle; doveva farle molto male, date le smorfie che faceva per trattenere le grida, oppure stava solo cercando di non urlare dal terrore. << A quel punto ho seguito le istruzioni della voce e ho versato su una tela dei secchi di vernice… >>
<< Che secchi? >> Chiese interrompendolo di nuovo Elias. << Di che colore erano? >>
Garry si bloccò un istante per rammentare tutti i colori che aveva utilizzato per ricreare il dipinto di Mary. << Verde, giallo, nero, bianco, grigio e azzurro. >> Rispose tutto ad un fiato. Elias sembrò riflettere rapidamente su qualcosa.
<< Ovvio… >> Commentò tornando ad alzare lo sguardo. << E che cosa hai fatto poi? Hai versato le giuste quantità di ogni colore, così che potesse essere uguale a prima, non è vero? >>
Sembrava quasi che sapesse già di cosa stesse parlando, più di lui e Mary, ma Garry scosse la testa poco convinto. << In realtà… >> Mormorò incerto. << Le quantità non erano esatte… Ho messo un po' più di vernice di un colore e meno di qualche altro… >> Commentò titubante, ricordando la grande stanchezza che lo aveva sopraffatto in quel momento e la confusione che ancora regnava nella sua mente.
Elias rimase immobile, forse rielaborando attentamente le parole che il ragazzo gli aveva rivolto. << Hai versato le quantità sbagliate… >> Mormorò incredulo. Abbassò lo sguardo e fissò con occhi quasi addolorati la bambina, che ormai piangeva in silenzio dopo aver abbandonato l'idea di sfuggire alla presa dell'uomo, e vide i grandi solchi lasciati dalle lacrime sulle sue guance rosse. Rimase a bocca aperta per qualche secondo, prima di rialzare lo sguardo sprezzante e scuotere la testa con forza. << Deve esserci… Qualcos'altro! >> Tentò di dire con forza, ma fallendo nell'intento. << A cosa stavi pensando in quel momento? >> Chiese con più voce.
Ancora quella domanda. Garry si chiese seriamente se lo avesse mai ascoltato prima di quel momento. Fece roteare gli occhi prima di rispondere. << Non lo ricordo, te l'ho detto! >>
Per tutta risposta, Elias spinse ancora di più il vetro sul collo di Mary.
Quel gesto bastò a costringere Garry a fare uno sforzo di memoria, che si ricordò istantaneamente della posizione precaria in cui era posta la ragazzina. << D'accordo…! >> Esclamò alzando una mano pregandolo di fermarsi e cominciò a ricordare. << Ero molto stanco… Confuso… >> Cominciò senza sapere bene cosa dire. Poi acquistò più sicurezza. << In quel momento ero ferito, quindi avrei fatto qualsiasi cosa pur di salvarmi, ma stavo pensando anche a… >> Fece una pausa per cercare di ricordare qualcos'altro. << Stavo pensando a Ib, lontana, da sola… E poi… Quella voce che mi diede le istruzioni per ricreare il dipinto, mi ricordò una persona alla quale non pensavo da tempo… E quella persona era Mary! >> Disse con un po' di sorpresa nella voce, rendendosene conto solo in quel momento. << E' incredibile come, dopo tanto tempo passato a non pensarci, io sia tornato qui e sia pronto a dare la vita per lei… >>
Ciò che diceva sembrava non avere senso per Elias, che continuava a scuotere la testa violentemente. << No… No, no, no… NO! >> Continuava a ripetere senza una vera e propria intonazione, come se si stesse semplicemente rifiutando di capire. << Non è possibile! >> Come faceva quell'uomo a conoscere la procedura per ricostruire un'opera di Guertena? E perché continuava a urlare a quel modo, come se Garry gli stesse mentendo? Il ragazzo non ci capiva più niente, ma sapeva che avrebbe approfittato della prima distrazione di Dawson per cambiare le carte in tavola.
<< TU MENTI! >> Urlò alzando il pezzo di vetro verso di lui, che strinse ancora più forte nella mano, arrivando a ferirsi con i suoi bordi taglienti. Garry rimase impassibile mentre Elias gli scaricava ogni suo pensiero contro. << Questa bambina non può essere cambiata! >>
<< Dimmi che cosa sai, e forse potrò darti una conferma! >> Cercò di farlo ragionare Garry, ma l'uomo non lo ascoltò. Continuava a scuotere la testa con furore, ormai Mary era più confusa che spaventata, e quello continuava a strattonarla involontariamente a destra e a sinistra a ogni suo movimento.
<< Questa bambina è un pericolo per tutti noi! Non possiamo lasciarla in vita! >> Urlò agitando la mano con il pezzo di vetro. Sembrò quasi che volesse farla finita e tagliare la gola di Mary, con un gesto del braccio che trasmise un brivido a Garry, ma un urlo proveniente dal corridoio lo bloccò, e il ragazzo poté approfittare della sua distrazione per salvare la bambina.
Guardate! Era stata la bambola di pezza a urlare, indicando un punto imprecisato del pavimento dove si potevano vedere alcune macchie rosse indefinite. Garry vide subito che il braccio di Elias si fermò a mezz'aria, e non perse tempo; con uno scatto repentino diede un pugno all'uomo, facendolo cadere di lato e facendogli perdere la presa su Mary, che prontamente strinse a sé per farla allontanare da lui. Dopo di quello Garry lasciò la bambina con difficoltà, che volle stringersi a lui più forte possibile, e si diresse verso Elias Dawson, ancora a terra dolorante. Si inginocchiò e gli diede un pugno in pieno viso, e poi un altro, e un altro ancora, riempiendolo di ferite e tagli; in quei pochi secondi in cui la rabbia prese il sopravvento sulla ragione, Garry non sentì più niente se non un forte desiderio di colpire l'uomo il più forte possibile. Urlò senza sapere bene perché, e poi afferrò il colletto della camicia di Dawson, avvicinando il suo viso pieno di ferite a sé.
<< Non toccarla mai più. >>
Quelle parole risuonarono forti e chiare nelle orecchie dell'uomo, che sbatté con la testa al pavimento quando il ragazzo ebbe mollato la presa. Era distrutto, incapace di muovere un muscolo, ma Garry non aveva voluto ucciderlo; non si sarebbe macchiato di quel delitto, e poi non sarebbe stato giusto nei confronti di Ib, che avrebbe voluto chiarirsi con lui… Tornò lentamente da Mary, che gli corse incontro e gli chiese se fosse ferito, ispezionandogli le ferite che aveva ricevuto nello scontro con Elias.
<< Va tutto bene. Sono solo graffi, e… >> Le parole rimasero a vagare nell'aria, mentre Mary lo zittiva abbracciandolo più forte che poteva. La sentì sussultare in modo irregolare e si rese conto che stesse piangendo; la bambina stava cercando di liberarsi di quella grande paura che l'aveva attanagliata in quei lunghi e intensi momenti, e Garry non poté fare altro che stringere le proprie braccia attorno alle sue spalle. << E' tutto a posto… >> Le sussurrava mentre lei non riusciva a smettere di piangere. << Non lascerò che ti accada nient'altro di brutto. >>
Mentre Mary sfogava su di lui la propria tensione, il ragazzo rivolse uno sguardo perturbato verso l'uomo riverso a terra, a pochi metri da loro. I suoi occhi vuoti guardavano nella loro direzione, e sembrava quasi che stesse piangendo anche lui, alla vista di quella scena…

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Capitolo 29
*** Una rosa per una donna ***


Garry esaminava il graffio lasciato sul collo di Mary da Elias Dawson; non era profondo né ampio, si trattava di un minuscolo segno da cui era uscito poco sangue, ma quando lo aveva visto il ragazzo era stato preso dai brividi. Anche ora che lo guardava da vicino e si rendeva conto che non fosse niente di grave, gli faceva impressione pensare che Mary avrebbe potuto rischiare di ricevere anche di peggio.
<< Ti ha fatto male? >> Chiese lui spostando delicatamente il viso di Mary con la mano. La bambina se ne stava ferma al suo posto, lasciando che Garry esaminasse la sua ferita.
<< Non proprio… >> Mormorò un po’ confusa. << In realtà non l’ho quasi sentito, ma mi ha fatto paura. >> Spiegò distogliendo lo sguardo dall’altra parte mentre il ragazzo le asciugava quel poco sangue uscito dal taglietto.
Non avevano niente per coprire la ferita, ma non sarebbe stato necessario. Garry si alzò sospirando e si mise le mani ai fianchi. << Mi dispiace che tu abbia dovuto passare questo momentaccio… >> Poi volse lo sguardo sprezzante a Dawson e lo vide assente. La sua espressione persa nel vuoto, gli occhi fissi sul soffitto, sembrava quasi che avesse abbandonato ogni idea di fare del mare a Mary o a qualsiasi altra opera della galleria. Sembrava che una marea di pensieri stessero viaggiando nella sua mente in quel momento.
Il ragazzo si alzò per andare da lui, deciso a risolvere quella situazione e capire perché avesse fatto tutto quello, ma Mary lo tirò da un manica, e rivolgendogli uno sguardo impietosito, lo supplicò senza parole di lasciar perdere. Per qualche strana ragione, quell’uomo che le aveva fatto tanta paura prima, adesso le trasmetteva solo una gran pena. Garry sembrò riluttante ad ignorare l’uomo per il momento, ma alla fine si arrese al volere della bambina, e la aiutò ad alzarsi per raggiungere la bambola di pezza, che sembrava voler mostrare loro qualcosa.
La bambolina era inginocchiata in mezzo al corridoio e sembrava piuttosto allarmata. Garry le chiese subito che cosa volesse, pensando che fosse rimasta ferita nello scontro appena passato. Ma la bambola scosse la testa e mostrò invece dei petali rossi sparsi per il pavimento. Questi appartengono a Ib. Disse con voce cupa alzando lo sguardo verso Garry e Mary sopra di sé.
Il ragazzo sgranò gli occhi e si inginocchiò per esaminare i quattro petali rossi sul pavimento. Un paio di loro erano accartocciati, e un terzo mostrava dei segni come se fosse stato quasi strappato. Non c’era dubbio che fossero i petali della rosa di Ib, solo lei aveva un fiore di quel colore, ed era improbabile che ci fosse qualcun altro lì con loro.
<< Ib è ferita…? >> Mormorò preoccupata la ragazzina mettendosi accanto a Garry. La bambola si arrampicò su di lei quando questa le offrì le mani.
<< Non lo so… >> Commentò Garry perso nei suoi ragionamenti. << Dannazione Elias, è tutta colpa tua! >> Esclamò a bassa voce, senza realmente voler accusare l’uomo. Sapeva che la colpa era in parte sua per aver spinto Ib a fuggire con le sue insinuazioni, però avrebbe voluto che l’uomo lì dietro si prendesse le sue responsabilità.
Dobbiamo trovarla! Cercò di cambiare argomento la bambola, condividendo il desiderio di Mary di non voler tornare a parlare dell’uomo che aveva appena cercato di farle del male. Garry annuì alzandosi e volgendo lo sguardo al corridoio.
<< Ovunque sia, dobbiamo sbrigarci… >> Mormorò speranzoso, pregando che stesse bene.
Si misero a camminare, intenti a lasciare indietro Elias Dawson, ma una voce li fece arrestare, e quando si furono voltati videro l’uomo che tentava di rialzarsi a fatica. << Voglio venire con voi… >> Esalò privo di forze per alzare la voce.
<< Scordatelo. >> Rispose secco Garry senza lasciargli il tempo di dire altro. << Pensi che ti lasceremo venire con noi dopo quello che hai tentato di fare? >>
<< Ho tentato di fare una cosa molto brutta, è vero… E tu Garry, avevi ragione… >> Ammise l’uomo a testa bassa. Il sangue sul viso gli conferiva un aspetto miserevole, le guance umide mostravano il pianto che lo aveva spezzato prima, dopo essere stato atterrato da Garry. Mary sembrò non capire di cosa stesse parlando, ma l’uomo continuò senza preoccuparsi di essere chiaro. << Hai ricostruito il quadro di Mary mettendo le quantità di vernice errate; questo ha causato un cambiamento nella personalità della bambina, che pur conservando il suo orgoglio ha sviluppato qualche sentimento nuovo e complesso… Vero? >> Si rivolse a Mary per un attimo. Quella si nascose dietro una gamba di Garry, immobile, e annuì piano dopo un attimo. Anche lui annuì in risposta a lei e riprese a parlare. << In più, Garry, hai detto che quando hai versato i colori sulla tela non eri sicuro di quello che stessi facendo: i tuoi pensieri, in pratica, erano molto confusi. >> Il ragazzo annuì pensieroso, cercando di capire cosa volesse dire. << Da questo è scaturita la grande indecisione di Mary, che sembrerebbe non sapere cosa voglia realmente. >>
Garry non sembrò credere a quella spiegazione. << Come fai a dire tutto questo? Perché dovrebbe avere un senso per te? >> Cercava qualcosa per contestare la spiegazione dell’uomo, ma la verità era che non ci aveva capito molto…
Elias sorrise debolmente, la schiena piegata in avanti, incapace di reggersi. << Non posso spiegarvi tutto ora, sarebbe solo una perdita di tempo, ma posso assicurarvi che so molto su questo posto e le sue regole… Pensavo che Mary fosse la stessa di un tempo, e per questo ho cercato di toglierla di mezzo, ma… >> E rivolse un sorriso benevolo alla bambina che si stringeva a Garry. << Sembra volerti davvero bene. >>
Garry non riusciva a spiegarsi quell'improvviso cambiamento nel comportamento di Elias, e per un attimo pensò di fidarsi, spinto anche dalle deboli incitazioni della bambina accanto a lui. << Non ti chiederò niente, per ora… Mi dirai tutto in presenza di Ib, più tardi. >> Rivolse lo sguardo verso Mary e dopo un attimo tornò a guardare l'uomo di fronte a sé, mostrando un cipiglio minaccioso. << Ma se proverai solo a sfiorare lei o Mary, te ne pentirai amaramente! >>
<< Non vi darò problemi. >> Lo rassicurò quello abbassando lo sguardo. << Voglio solo che Ib e Mary siano salve… >>
Garry non capì perché tutto a un tratto sembrasse così attaccato a Mary; le mandava sorrisi e occhiate dolci, come se la conoscesse da una vita, e peggio ancora la bambina sembrava credergli più di lui, quindi a volte rispondeva a quei sorrisi con impercettibili piegamenti degli angoli della bocca, mostrando un'intesa che prima non c'era stata. Se la situazione fosse sfuggita di mano a Garry ed Elias avesse tentato nuovamente di fare del male a Mary, come avrebbe tenuto sotto controllo la cosa?
<< Andiamo. >> Sentenziò voltandosi lentamente, rivolgendo ad Elias un ultimo sguardo minaccioso, prima di stringere la manina di Mary che si mise a trotterellare al suo seguito. Elias si mise a camminare lentamente a pochi metri da loro, e Mary si voltò per controllare che non stesse troppo male. Sul suo visino confuso e leggermente impaurito affiorò un sorriso fiducioso, leggero e quasi impercettibile, ma bastò a far stare un po' meglio l'uomo che ora si portava una profonda ferita sul cuore.
Camminarono per pochi minuti, abbastanza da fargli raggiungere una porta aperta nel corridoio. Dalla porta provenivano degli strani rumori. Garry e Mary si affacciarono per vedere cosa stesse succedendo al suo interno e un attimo dopo arrivò anche Elias. C'erano dei quadri di donna che litigavano con ferocia; La Donna in Blu stava cercando di strappare dalle mani della Donna in Rosso qualcosa che i tre non riuscirono a vedere. La bambola di Mary allungò una mano verso la donna dal vestito rosso quando si rese conto cosa si stessero contendendo i due ritratti.
E' la rosa di Ib! Esclamò vedendo un piccolo petalo cadere leggiadro da essa. Garry ebbe un brivido quando riuscì a vedere il colore rosso sangue del fiore nel buio della stanza.
Con una spinta violenta La Donna in Rosso allontanò definitivamente l'avversaria e si portò al petto la rosa rossa, rivolgendole uno sguardo minaccioso, pieno di gelosia. La Donna in Blu la guardò infuriata, ma si voltò e strisciò via senza protestare oltre; per qualche ragione, quella donna aveva più autorità delle altre… I suoi occhi rossi si concentrarono sui petali rimasti della rosa; sembrò delusa nel vedere che altri erano caduti durante la sua lite. Sospirando si appoggiò alla parete e rimase a fissare il fiore con aria sognante, rigirandoselo tra le dita.
<< Non possiamo lasciarla a lei! >> Esclamò allarmata Mary quando vide che la donna avrebbe tenuto con sé la rosa. Garry la stava scrutando attentamente quando si rese conto che quella era la stessa donna che aveva affrontato prima di incontrare Mary: aveva un graffio sulla guancia e sembrava quasi che lo avesse grattato con tanta furia da rovinare ancora di più la ferita; adesso il taglio era attraversato da numerose cicatrici perpendicolari ad esso. E nonostante ciò la sua bellezza era rimasta intaccata. << Che cosa facciamo? >>
La domanda della bambina suonò priva di spessore nel corridoio; mentre Garry era intento a contemplare la bellezza della donna e a chiedersi se avesse fatto un grosso errore nel ferirla, Elias Dawson la fissava con occhi inespressivi, perso nei propri ragionamenti, alla ricerca di chissà cosa. Mary si sentì ignorata e diede un pugno sulla spalla del ragazzo per ridestarlo dai suoi pensieri, mentre la sua bambola si preoccupò di dare una pacca sulla spalla all’uomo. Garry si voltò spaesato quando ricevette il colpo, mentre invece Elias non reagì quasi per niente: si limitò a raddrizzare la schiena e a dire:<< Ci penso io. >> Avanzando a passi decisi nella stanza dove c’era La Donna in Rosso.
Quando lo videro entrare con tanta leggerezza in quella stanza, Mary e Garry ebbero l’impulso di tirarlo a sé prima che potesse essere visto, ma non lo fecero; la figura dell’uomo sembrava indicargli di non interferire, con la sua sicurezza e compostezza. Arrivò di fronte alla Donna in Rosso a testa alta, fissandola dritta negli occhi anche prima che lei si accorgesse della sua presenza.
Quando la donna vide comparire di fronte a sé la figura slanciata dell’uomo, il viso segnato non solo dalle numerose ferite procurategli da Garry, ma anche dal tempo che sembrava essersi fatto sentire improvvisamente in quel momento, soffiò come un gatto, portando di nuovo al petto la rosa come aveva fatto prima. Alla sua reazione Elias non si scompose, e rimase a fissarla impassibile, mentre lei gli rivolgeva un’occhiata minacciosa, carica di odio; nonostante quello che volesse trasmettere la donna fosse probabilmente una grande cattiveria, Mary vide in quei due rubini che erano i suoi occhi qualcosa di più sincero di quella maschera che sembrava indossare: La Donna in Rosso aveva paura di Elias Dawson. Quella donna, in fondo, era molto simile a lei; entrambe cercavano un senso nelle proprie vite, e temevano ciò che potesse rappresentare un pericolo per la loro libertà. Con quell’occhiataccia non voleva fare del male, solo farsi lasciare in pace.
Elias però sembrò ignorare quel messaggio subliminale della donna e continuò ad avanzare finché non fu a un metro dalla sua cornice. Per mostrare sicurezza la Donna in Rosso non aveva arretrato, ma quando aveva visto che l’uomo non si sarebbe fermato aveva cominciato a guardarsi intorno, alla ricerca di una via di fuga sicura. Gli attimi che passarono dopo che Elias si fu fermato di fronte alla Donna in Rosso, furono una tortura per Garry e Mary, che si chiesero cosa avesse in mente quell’uomo che un attimo prima aveva rischiato di perdere la ragione. Perché si stavano fidando ancora di lui, dopo che aveva distrutto diverse opere di Guertena presenti nella galleria e aveva cercato di ferire Mary? Chi gli diceva che non avrebbe tentato di uccidere anche La Donna in Rosso?
A un certo punto, al culmine della tensione che si manifestò sul viso della donna, inaspettatamente, Elias crollò sulle ginocchia. La Donna in Rosso sussultò indietreggiando sorpresa, mentre l’uomo non faceva altro che rimanersene con la schiena dritta di fronte a lei. Anche Garry e Mary erano esterrefatti e non riuscivano a capire cosa stesse facendo. Voleva farsi uccidere?
Elias piegò la testa in avanti, tenendo lo sguardo basso come se non riuscisse più a guardare la donna negli occhi e con voce tremante sussurrò:<< Scusami… >>
Nessuno capì più niente. Mary e Garry assistevano alla scena con occhi e bocche mezze aperte, mentre la donna apriva i suoi grandi occhi rossi come per esaminare meglio e da più vicino l’uomo che si era inginocchiato di fronte a lei. << Non ho saputo mantenere la mia promessa… Ti ho delusa, e stavo per fare ancora un errore adesso… >> L'uomo alzò lo sguardo verso la donna, scoprendo un viso solcato dalle lacrime, e tirò fuori da una tasca la sua rosa. << Non è pura come la sua, non potrà mai prendere il suo posto, ma… Ti prego, dammi una possibilità… La sua vita è molto più importante della mia. >>
<< Che cosa diavolo sta dicendo? >> Sussurrò Garry perso, mentre Mary e la bambola guardavano la scena con occhi sgranati. << Vuole scambiare la sua rosa con quella di Ib? >>
E se La Donna in Rosso si tiene entrambe le rose? Oppure se strappa tutti i petali del signor Elias? Chiese la bambola voltandosi verso Mary. La bambina però rimaneva in silenzio, quasi come se non volesse perdersi neanche un istante di quella scena; c'era qualcosa che l'aveva rapita, qualcosa che stava cercando di comprendere.
La Donna in Rosso sembrò sorpresa nel vedere l'uomo che le offriva spontaneamente la sua rosa, e rimase parecchi istanti a contemplare il fiore, forse confrontandolo con quello che teneva in mano per vedere quale fosse migliore. La voce roca del signor Elias la fece sussultare quando parlò di nuovo, e si allontanò un po' da lui. << Un fiore come quello… Non è fatto per essere distrutto. >> Parlò con più calma nella voce questa volta. << Voi vivete quaggiù a bramare la vita reale che hanno tutti gli altri fuori da qui, e per questo siete attratte dalle nostre rose. Il vostro desiderio di appartenere alle nostre vite è tale da farvi distruggere le nostre, ma non vi rendete conto che così facendo perdereste solo quei fiori così belli che tanto desiderate… >> Fece una pausa abbozzando un debole sorriso. << Non sarebbe meglio conservare queste rose con gelosia, per avere qualcosa alla quale affezionarsi? >>
Rimase immobile a fissare il viso quasi perfetto della Donna in Rosso, che lo fissava a sua volta con stupore. Adesso stringeva con meno forza la rosa nella mano sinistra, quasi come se non sapesse più cosa fare. Allo stesso modo assistevano alla scena i tre in disparte, Garry, Mary e la sua bambola, che non avevano idea di cosa sarebbe potuto succedere; era la prima volta che vedevano quell'uomo così disperato, umano, ed era anche la prima volta che vedevano compassione negli occhi della Donna in Rosso. Quando poi Garry vide Elias riporre la propria rosa sul pavimento di fronte alla donna, pensò che fosse impazzito, che sarebbe successo qualcosa di terribile molto presto, ma fu sorpreso dal comportamento della Donna in Rosso.
La Donna in Rosso vide Elias Dawson indietreggiare con vergogna a testa bassa e rimase a fissare la sua rosa bianca per qualche istante. Dopo abbassò lo sguardo e incontrò i petali morbidi della rosa rossa che teneva in mano; non si era nemmeno resa conto che la rosa emanava un profumo celestiale, aveva solo pensato a tenerla per sé, ad ammirarla prima di distruggerla definitivamente. La portò lentamente al naso e inspirò a fondo chiudendo gli occhi in un'espressione deliziata. Quando riaprì gli occhi i suoi lineamenti si erano fatti ancora più dolci, più sereni; La Donna in Rosso sorrideva amabilmente all'uomo di fronte a sé, a Garry dall'altra parte della porta, e soprattutto, a Mary, che la fissava confusa, incapace di comprendere cosa stesse accadendo.
E la bambina all'improvviso sentì una grande nostalgia, come se avesse finalmente capito perché Elias stesse piangendo, e sentì un forte legame con quella donna e quell'uomo di fronte a sé. Assistette a bocca aperta allo scambio di rose tra La Donna in Rosso ed Elias Dawson; vide come quella pose la rosa rossa di fronte alle ginocchia dell'uomo e come portò al petto la rosa bianca, annusandola con più forza e rivolgendo un sorriso amorevole ad Elias, che adesso non riusciva più a frenare l'emozione e rideva piangendo, incredulo di essere riuscito a mostrare il lato umano della Donna in Rosso.

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Capitolo 30
*** Abbandonata ***


Buio.
Nient'altro la circondava in quello strano luogo.
Silenzio.
Nient'altro raggiungeva le sue orecchie, facendo vibrare i suoi sensibili timpani.
Paura.
Questo era ciò che provava. Ed era tutto ciò che bastava perché potesse sentirsi viva in quel posto. Tutti i brividi, le brutte sensazioni, le limitazioni poste dal suo stesso corpo, incapace di muoversi di un millimetro, passavano in secondo piano, al cospetto di quella paura che l'aveva attanagliata.
Dov'era? Che stava facendo? Non se lo chiedeva più ormai. Non serviva a niente saperlo. Bastava solo che fosse pienamente cosciente della sua impotenza e solitudine, che sapesse di essere una preda in quel luogo sperduto. E che non sarebbe più tornata a casa.
Delle strane vibrazioni riempirono l'aria. Era come se uno sciame di mosche si stesse gradualmente avvicinando a lei. Era insopportabile, ma non ebbe la forza di mostrare il proprio fastidio; rimase immobile, schiena dritta, a fissare il vuoto, nella speranza che si accendesse una luce e le mostrasse qualcosa. Niente. La sua attesa era vana. Sarebbe morta per la tensione.
Quando quel fastidioso ronzio ebbe raggiunto il culmine della propria forza, improvvisamente si arrestò, e Ib mostrò un misto di spavento e sollievo sul proprio volto. Non si rese conto di avere compagnia finché non sentì un passo alle proprie spalle. Si girò di scatto, spaventata da quel rumore inaspettato e si sorprese a vedere l'uomo che l'aveva difesa e accompagnata nel suo viaggio, Elias Dawson, che la fissava con un'espressione enigmatica in viso.
Ib sentì il cuore accelerare come se stesse correndo; era una sensazione terribile non poterlo controllare. Cercò di parlare, ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Cercò allora di avvicinarsi, ma le sue gambe non si mossero. Era costretta e rimanere lì, a lasciarsi fissare senza poter comunicare con nessuno, quasi come un animale raro rinchiuso in una gabbia.
Dopo uno sforzo immane che le strappò un gemito di dolore, Ib sembrò riuscire a liberare la propria voce da quelle catene che la imprigionavano e lanciò un urlo addolorato:<< Perché?! >> Chiese disperata, sperando che lui comprendesse. Ovviamente no, ma in verità l'uomo non sembrava neanche ascoltarla. << Perché fai così? >> Chiese in un secondo momento, quando il dolore si fu attutito un poco. Si costrinse a respirare profondamente, cercando di controllare i battiti cardiaci in quel modo, mentre Elias la fissava in silenzio senza mai cambiare espressione o posa.
Quando la ragazza ebbe aperto gli occhi, dopo che fu sicura di poter andare avanti senza collassare, vide l'uomo voltarsi lentamente fuggendo al suo sguardo. << Aspetta! >> Cercò di urlargli contro lei, ma la sua voce non smosse la sua coscienza. << Perché fai così? Perché l'hai uccisa? >> Di chi stava parlando? Si riferiva a Sirena? Perché era saltata direttamente a quella parte? Si trattava dell'evento che aveva scosso di più Elias, e da quel momento in poi l'uomo si era comportato diversamente, senza mai tornare lo stesso di prima. Era ovvio che lei c'entrasse qualcosa in tutto quello, ma perché?
Il signor Elias ignorò le sue domande senza neanche fermarsi e scomparve nel buio. Ib gli urlò inutilmente di non lasciarla sola, e si ritrovò nel buio un'altra volta, nel silenzio più totale dove i suoi battiti cardiaci erano perfettamente udibili, quasi innaturali. Sudava, spaventata da quella situazione così incredibile. Rilasciò un piccolo acuto impaurito quando una voce alle sue spalle le lanciò un'accusa.
<< Perché mi hai uccisa? >> C'era risentimento in quella voce, Ib la riconobbe subito e si voltò terrorizzata e confusa, senza capire perché parlasse con lei. Sirena era distante da lei, ma la fissava con asprezza e con occhi di ghiaccio, come se fosse a due passi dal suo viso. << Sirena… >> Mormorò impaurita la ragazza con voce tremante, che non capì che cosa volesse intendere con quella domanda.
<< Io non volevo fare niente di male, Ib. Non ho mai voluto fare del male a nessuno. >> Disse gesticolando in modo stranamente inespressivo. << Sono io quella che è stata tradita. Da te! >> La sua voce si fece più dura e la sua fronte liscia che un attimo prima esprimeva incredulità adesso mostrava odio. << Perché mi hai uccisa? Perché mi hai illusa per poi pugnalarmi alle spalle? >>
<< No, io non l'ho fatto… >> Tentò di dire Ib, incapace di alzare la voce a causa della vergogna che provava di fronte alla donna dai capelli turchini. Cosa poteva dirle per contestare le sue accuse? E quanto poteva credere alle sue parole?
<< Mi chiamavate strega, ma sembra che qui la vera strega sia tu! >> Alzò un dito sottile puntandolo verso di lei e rimase a fissarla con lo sguardo perso nel vuoto. Il suo lungo vestito azzurro cominciò a bagnarsi, partendo dal fianco che mostrò una pesante macchia blu scuro e andò ad espandersi fino a colare ai suoi piedi. Ib fissò terrorizzata quella vista, rivedendo di fronte a sé la morte della ragazza; cominciò ad ansimare con forza, cercando di calmarsi. Avrebbe urlato. Avrebbe urlato per liberare un po' della tensione accumulata da quella visione, ma delle voci fastidiose e cantilenanti la fecero bloccare. Erano voci che aveva dimenticato, messo da parte dove il suo cervello metteva le informazioni non necessarie o indesiderate, ma come un déjà vu tornarono a galla, inaspettate e irruente, facendosi largo tra i suoi pensieri con la forza.
Erano voci di bambini, sembravano divertirsi, ma lei sapeva che erano solo soddisfatti nel vedere la propria malizia in atto. Si voltò, notando che provenissero da dietro le sue spalle, e vide un gruppetto di piccole figure messe in cerchio a una decina di metri da lei; giravano intorno a una minuscola figura raggomitolata su sé stessa ripetendo all'infinito:<< Strega! >> I loro occhi erano vuoti, privi di compassione, ed era esattamente così che li ricordava Ib.
Malvagi. Una sua gamba si mosse indipendentemente verso di loro. La ragazza fu sorpresa da quella capacità che solo pochi momenti prima sembrava esserle stata negata e abbassò lo sguardo per guardarsi i piedi con sorpresa. Quando tornò ad alzare lo sguardo riuscì a riconoscere la figura centrale che rimaneva immobile in mezzo al cerchio di bambini, a piangere in silenzio nella propria vergogna. Una bimba dai capelli scuri e lunghissimi, che vestiva abiti leggeri, una camicetta bianca con una gonna rossa; stringeva in una mano un fazzoletto di pizzo tutto spiegazzato e cercava inutilmente di asciugare le proprie lacrime con questo. Era lei.
<< Cielo, hai proprio un aspetto orribile… >> Disse una voce fredda alle sue spalle. Ib conosceva quella voce. Si voltò di scatto, vedendo nuovamente il quadro "Fry – Guardiano" posto su di un piedistallo bianco che le rivolgeva uno sguardo impietoso; i suoi occhi però non erano puntati a lei, ma alla bambina che era un tempo. << Ti aiuterei, ma sembra che non abbiano tutti i torti… >>
La ragazza gli rivolse uno sguardo incredulo, quasi sul punto di scoppiare in lacrime senza nemmeno conoscerne il motivo. << Perché…? >> Piagnucolò con un filo di voce, ruotando il busto per guardare il dipinto alle sue spalle.
Fry continuò a parlare con quel suo solito tono che non risparmiava nessuno. << Per come ti sei comportata, direi che non meriti compassione… >> Nemmeno la guardò in faccia quando disse queste cose. Inutilmente Ib cercò di scuotere la testa per ribattere. << Te ne sei andata senza guardarti indietro, dimenticandoti di noi… >>
<< No… >> Mormorò incredula che quelle parole stessero uscendo dalla bocca di Fry. Lui era dalla sua parte, l'aveva aiutata ad uscire da lì, non poteva dire queste cose.
<< Ammettilo, Ib: sei una strega. >> Le disse spietatamente spostando gli occhi di poco così da poterla guardare dritto negli occhi. La ragazza si sentì impotente di fronte al suo sguardo gelido e non riuscì a trovare il coraggio di ribattere. Le voci dei bambini riempivano la sua testa impedendole di pensare chiaramente.
Una figura maestosa comparve accanto a Fry e la sua voce melodiosa fece sussultare la ragazza, che si voltò a fissarla incredula. << Ci hai dimenticati, Ib? >> Chiese Minerva con occhi pieni di tristezza. Il suo viso delicato mostrava il tradimento che provava la Dea in quel momento. << Non siamo stati forse buoni con te? >> Chiese piegando la testa di lato, rendendo ancora più triste il suo sguardo. << Forse abbiamo sbagliato? Avremmo dovuto ucciderti, per non essere feriti così da te? >>
<< Minerva, io… >> Ib tentò inutilmente di protestare, di spiegarle che non era sua intenzione lasciarli indietro, ma la Dea la ignorò totalmente, fissando il vuoto di fronte a sé, come se la ragazza fosse trasparente.
Un'altra voce entrò nella testa di Ib, facendole venire i brividi, ma per un secondo si sentì quasi sollevata nel sentire quella voce familiare e amichevole: era Sorriso Ciclopico, che alla sua sinistra la fissava con occhi delusi. Ib si voltò verso di lei, ignorando i due che l'avevano coperta di insulti e cercò un po' di compassione in quella donna che era stata sua amica. Ma lo sguardo del ritratto della donna con un occhio solo non era per niente rassicurante. << Hai abbandonato anche me… >> Mormorò sconfortata, scuotendo piano la testa. << Ti avevo detto che sarei rimasta ad aspettarti… Perché tu non mi hai aspettato, invece? >>
Ib parlò alzando la voce; non voleva che continuassero a farsi idee senza le sue spiegazioni. << Io non ti ho abbandonata! >> Urlò esasperata, pregando che almeno lei la ascoltasse. << Non volevo abbandonare nessuno! Ma tu eri sparita, non c'era nessuno nel corridoio… >>
Le voci dei bambini continuavano a risuonare prive di intonazione nella sua testa, sempre più odiose e spaventose, facendole venire una enorme tristezza. Era questo per loro: una strega. Li aveva lasciati indietro dopo averli usati, non era stata più umana di qualsiasi altro abitante della galleria. Possibile che non meritasse di tornare indietro…?
La ragazza si portò le mani alle tempie, spingendo con tutta la sua forza per fermare quel dolore che le stava dando le vertigini; le voci dei bambini la stavano facendo stare male, non riusciva più a sostenere gli sguardi delle opere di Guertena che l'avevano aiutata, proprio come se fosse colpevole. Piegò la schiena in avanti e schiacciò ancora di più i palmi alle tempie, sperando che quelle voci fastidiose la abbandonassero e che quegli sguardi pieni di rimproveri si spostassero.
A un certo punto le voci dei bambini si fermarono. Ib aprì gli occhi di scatto, scoprendo di essere rimasta da sola nel buio di quel luogo che ancora non aveva riconosciuto; non ricordava nemmeno come ci fosse arrivata lì. C'era solo lei e nient'altro in quella immensa distesa di oscurità…
Sei ancora qui?
Una vocina familiare destò Ib dai suoi pensieri, facendole dimenticare per un attimo tutti quei dubbi. La paura che l'aveva bloccata si era appena allentata e riuscì a muoversi il minimo indispensabile per potersi voltare e guardare la minuscola formica bianca ad alcuni metri da lei che la guardava con delusione.
A che cosa è servito, dare la vita per te? Non sei neanche in grado di uscire da questo posto, senza l'aiuto di qualcun altro! La accusò con tono infastidito. Non mi sono mai sentita tanto offesa.
Bianca si voltò per andarsene, ma Ib alzò una mano pregandola di non lasciarla sola. Chiamò il suo nome, ma non riuscì a dire altro.
Non hai neanche il coraggio di ribattere! Si lamentò quella agitandosi con frustrazione. E comunque, se tu avessi davvero tenuto a me, non mi avresti abbandonata. Quella fu l'ultima cosa che le disse, prima di sparire dalla sua visuale, venendo inglobata dal buio di quel luogo.
Ib era a pezzi. Tutti gli amici che aveva trovato nel Mondo di Guertena avevano smesso di credere in lei, ed era tutta colpa sua. Si inginocchiò e cominciò a piangere, lasciando che le lacrime scorressero lungo le sue guancie, fino a toccare le sue ginocchia stanche. Pensava che non potesse esserci niente di peggio che rimanere sola e abbandonata in quel posto, ma poi una risatina le fece alzare lo sguardo. Vide Mary e Garry, in lontananza, nel buio; si tenevano per mano e camminavano spensieratamente verso una destinazione che Ib non sembrò vedere.
<< Ormai manca poco per raggiungere l'uscita… >> Disse lui guardando Mary negli occhi con un sorriso piatto stampato in volto. << Vedrai, Mary: il mondo reale ti piacerà moltissimo! >>
<< E mi porterai ad assaggiare quei macarons di cui mi hai parlato prima? >> Chiese la bambina senza smettere di saltellare tenendosi dalla sua mano. << Scommetto che sono deliziosi! >>
<< Certo! E poi ti darò un sacco di giochi che Ib non usa più e ci divertiremo un mondo assieme! >> Continuò quello ammiccando.
<< A Ib non dispiacerà se la lasceremo qui, vero? >> Chiese Mary dubbiosa abbassando lo sguardo e fissandolo proprio sulla ragazza. Il suo sorriso le incusse un innaturale terrore.
<< Certo che no! A lei non interessano quei giocattoli, e poi è così noiosa ora che è cresciuta! Resterà qui, a prendere il tuo posto, così proverà quello che hai provato tu in tutti questi anni. >> Spiegò senza un briciolo di pietà. Anche Garry rivolse gli occhi a Ib per un istante, ma la ragazza non riuscì a vedere se la sua espressione fosse simile a quella della bambina.
<< Ehi, ho un'idea: che ne dici se bruciamo il suo corpo, prima di andarcene? >> Chiese eccitata Mary portando le mani al petto. << Così proverà davvero tutto quello che ho provato io! >>
Garry sembrò d'accordo con quell'idea. << Grande! Andiamo a prendere l'accendino! >> Disse mentre le loro sagome sparivano nell'oscurità.
Ib non riusciva a credere alle sue orecchie. Anche i suoi vecchi amici l'avevano abbandonata? Che era rimasto ancora per deluderla? Chi avrebbe dato il colpo di grazia al suo povero cuore ormai in pezzi? << Garry… Mary… >> Mormorò addolorata. << Perché? Tutto questo che senso ha?! >> Diede dei pugni al pavimento su cui stava inginocchiata. << Perché deve succedere tutto questo?! >> Urlò disperata.
Ib cominciò a mettersi le mani in testa e a tirarsi i capelli corti; era molto più difficile fare così dopo che aveva dovuto tagliarli per salvare il signor Elias. Lasciò perdere i capelli e si mise a sbattere la testa con il pavimento, coprendosi le orecchie con le mani per non sentire più i propri pensieri. Sentì un forte dolore alla testa, un fiotto di sangue le uscì dalla fronte e la sua vista si tinse di rosso. Cercò di bloccare quel dolore pungente mettendoci sopra le mani, ma non passò; allora tentò di concentrare i propri sensi su qualcos'altro più forte, e cominciò a graffiarsi il viso per superare quel dolore alla testa. Sentì la pelle graffiarsi, il sangue colarle sul viso, e il dolore lancinante che le bloccava i pensieri. Tornò a sbattere i pugni a terra, disperata per le proprie condizioni, per come fosse stata indotta a farsi da sola del male per dimenticare quel dolore che le avevano inflitto i suoi amici.
Sarebbe svenuta, se alcuni passi non le avessero fatto alzare lo sguardo, destando la sua attenzione dalle proprie urla. C'era Elias Dawson di fronte a lei, a qualche metro di distanza; se ne stava là a fissarla, con le mani in tasca e lo sguardo in parte dispiaciuto. Ib gli rivolse uno sguardo incredulo, confuso; ormai non capiva più niente. Chi era quell'uomo di fronte a lei? Qual era la realtà? Di chi si poteva fidare? Tutte quelle domande rischiavano di distruggere le pareti del suo cervello, se non le avesse liberate.
<< Signor Elias… >> Mormorò quasi sul punto di rimettersi a piangere. Se avesse pianto un'altra volta, sarebbe stata lasciata da sola definitivamente; a nessuno piace una persona che sa solo piangersi addosso. << Perché…? >> Mormorò. << Perché è scappato? Perché non mi dice la verità? >> Si ritrovò a urlare all'uomo, che si limitava però a fissarla con uno sguardo apprensivo. Sembrò quasi che non volesse risponderle per lasciarla morire nell'ignoranza, abbandonata da tutti e senza una speranza.
Ma a un tratto la voce dell'uomo fece sussultare Ib, che alzò lo sguardo per vedere le sue labbra schiudersi. << Ib… >> Disse con voce roca ma potente. La ragazza gli rivolse uno sguardo di supplica, l'ultimo che le era rimasto, con cui pregò che potesse ottenere una risposta, un aiuto, o anche una semplice parola di conforto. Sembrava quasi che la risposta dell'uomo avrebbe portato della luce in quel luogo, ma il suo sguardo si fece improvvisamente duro ed Elias sentenziò con voce fredda:<< Tu non meriti la verità. >>
Tutto fu investito da una luce innaturale, la figura di Elias Dawson scomparve e Ib si sentì trasportare da un'altra parte; era come se il luogo attorno a lei si stesse evolvendo, trasformandosi in un ambiente più illuminato e meno ampio. Durante quella transizione le venne il malditesta e le fecero male gli occhi per la luce troppo abbagliante, ma Ib rimase nella sua posizione, immobile, fissando a occhi sgranati il vuoto di fronte a sé, scioccata dall'affermazione dell'uomo. Solo quando tutto ebbe smesso di ruotare e il campanello di una porta ebbe suonato nelle sue orecchie, Ib sbatté le palpebre per mettere a fuoco la scena. Una voce familiare le fece venire in mente un ricordo che sembrava lontano di secoli, e la riportò alla realtà quasi senza che se ne accorgesse.
<< Ib, vai ad aprire alla porta tu? Deve essere sicuramente Garry. >> La ragazza sbatté le palpebre ancora e si guardò intorno. Era seduta nella cucina di casa sua, al tavolo dove pranzava sempre con i suoi genitori. Dall'altra parte del tavolo c'era suo padre che leggeva un giornale; le sorrise quando i suoi occhi si posarono su di lui. Alle sue spalle c'era sua madre, era stata lei a dirle di andare ad aprire alla porta, e stava preparando il pranzo, ne era sicura.
<< Mamma… Papà…? >> Mormorò incredula la ragazza, pensando di stare allucinando. In un istante Ib si sentì diversa: le ferite erano scomparse, i vestiti che indossava non erano più bagnati e strappati, ma erano tornati in perfetto stato, com’erano prima che entrasse nel Mondo di Guertena, e i suoi capelli erano di nuovo lunghissimi. La ragazza ricordava tutto perfettamente, i ricordi della sua avventura nel Mondo di Guertena erano impressi nella sua mente, perfettamente dettagliati, talmente reali da essere quasi tangibili; sentiva la stanchezza nel suo corpo, le gambe affaticate dalle lunghe marce e la testa le pulsava ancora, ma stava bene. Almeno esternamente, il suo corpo non mostrava ferite. Il suo cuore stava piangendo e nella sua mente erano ancora impresse le scene dolorose cui aveva assistito prima, ma nonostante il poco sconcerto dipinto sul suo volto, la ragazza aveva un aspetto presentabile…
<< Ib? Mi hai sentito? >> Chiese sua madre alzando un po’ la voce dalla cucina, destandola dai suoi pensieri confusi. << Vai ad aprire alla porta, per favore. >>
La ragazza ruotò poco la testa e annuì rispondendo qualcosa di confuso. Si alzò dalla sedia e uscì dalla cucina, dirigendosi verso la porta d’ingresso lungo il breve corridoio di casa sua. Mentre usciva, Ib sentì una voce borbottare irritata: Che stupida ragazza, non riesce nemmeno a comprendere le richieste più semplici…  In una situazione come quella Ib si sarebbe fermata e sarebbe tornata indietro per capire chi stesse parlando, ma in quel momento la sua mente era altrove, il suo corpo non rispondeva direttamente ai suoi ordini e rimase a pensare a quelle parole per poco.
Raggiunta la porta poggiò un secondo la mano sul pomello, tremante, temendo che potesse esserci qualcosa di spaventoso dall’altra parte ad attenderla; anche se fosse stato Garry, come aveva detto sua madre, come avrebbe fatto a guardarlo negli occhi dopo aver sentito quelle cose che lui e Mary avevano detto di lei? Aprì la porta sfoggiando un ampio sorriso e fuori dalla casa il ragazzo fece lo stesso, con una torta incartata tra le mani e una busta di carta appesa al braccio.
<< Buon compleanno, Ib! >> Esclamò lui entrando in casa e spingendosi in avanti per baciarla alle guance. Ib mormorò a malapena il suo nome, lasciando che facesse tutto lui. Quando la vide così confusa, il ragazzo chiese con tono di festa:<< Che succede; non mi riconosci più? >>
Ib non rispose chiudendo la porta dopo che Garry fu entrato e lasciò che suo padre lo invitasse ad entrare. Stupida ragazzina… Quella voce che arrivò all’improvviso la fece spaventare e Ib cercò di capire da dove venisse. Non ci riuscì e finì per seguire Garry senza dire una parola.
Entrati nella cucina, Ib assistette alla stessa identica scena che aveva vissuto pochi giorni prima, quando avevano festeggiato il suo diciottesimo compleanno: vide Garry salutare i suoi genitori con molta cordialità e dare la torta che aveva tra le mani alla madre di Ib; sentì i suoi genitori fargli i loro complimenti per i suoi dolci e poi vide il ragazzo donarle quel regalo che aveva fatto fare per lei. La statuetta nascosta sotto la carta da regalo sembrava quasi chiamarla, le diceva che quell’evento era già accaduto e lei non stava sognando; rimase a fissare con timore quella carta mentre Garry si aspettava una reazione.
<< Allora, Ib? >> Fece suo padre lievemente sorpreso. << Non sei curiosa di scoprire di che si tratta? >> La ragazza alzò lo sguardo riprendendo fiato e abbozzò un sorriso. Scosse la testa per far diradare le nubi che si stavano formando nella sua mente e rispose con cordialità.
<< Ma certo! >> Il suo sorriso spontaneo nascondeva in realtà un grande dolore che nemmeno lei riusciva a spiegarsi.
Ib cominciò a strappare la carta che avvolgeva il regalo, mentre nella sua testa si formavano i dubbi: e se il suo viaggio nel mondo di Guertena fosse stato solo un sogno? E se quell’episodio se lo fosse solo immaginato prima che accadesse realmente? Forse aveva previsto il futuro, oppure stava ancora sognando… C’era un solo modo per scoprirlo, ed era scartare quel regalo.
Dalla carta uscì fuori la stessa statuetta dalle sembianze di Ib che la ragazza aveva visto il giorno del suo compleanno; o quello era un sogno che le stava facendo ripetere tutto quanto, oppure il sogno era stato tutto il resto… Il regalo era uguale a come lo ricordava Ib, dettagliato in ogni minimo particolare. Rimase in silenzio ad osservare quell’oggetto persa nei propri ragionamenti; stava cercando di dare un senso a tutto quello che stava vedendo, cercava un modo per spiegare la sua confusione.
Garry la guardò più volte, aspettandosi una risposta. << Ti piace? >> Chiese con un sorrisetto. Ma la ragazza non disse nulla. Un po’ scoraggiato, il ragazzo continuò balbettando:<< E… E non è tutto! >> Disse mentre allungava una mano per attivare il meccanismo che avrebbe fatto partire il carillon.
Quando sentì la melodia, Ib non riuscì a trattenere il proprio stupore. Era proprio quella, era uguale alla musica che aveva sentito quando Garry le aveva regalato quella statuetta; ora non poteva più trattarsi di un caso, non poteva essere un sogno o un déjà vu. Stava accadendo realmente qualcosa di strano nella mente di Ib.
I suoi occhi non si mossero dal muro di fronte a lei, mentre tutto attorno a lei si riunivano Garry e i suoi genitori, a fissarla con sguardi confusi e preoccupati. << Ti senti bene, tesoro? >>
Patetica.
<< Non ti piace il regalo, forse? >> Chiese Garry incerto.
Non riesce nemmeno ad apprezzare un regalo.
<< Ib. >> Chiamò suo padre accanto a lei. La scosse un po’ mettendole una mano sulla spalla. << Dì qualcosa. >>
Adesso scappi, eh?
Sua madre si avvicinò e cercò di farle girare lo sguardo per farla guardare nei suoi occhi. << Tesoro, che cos’hai? >> Chiese con un’espressione piena di dolore in viso.
Fai sempre preoccupare gli altri per niente.
<< Ci stai facendo preoccupare, Ib! >> Sbottò suo padre scuotendola più violentemente.
Irresponsabile.
<< Ib! Ti prego, parla! >> La supplicò Garry preoccupato.
Sei solo un peso inutile.
<< Ib! >>
Perché non muori per davvero?
<< Ib! >>
Staremmo tutti meglio senza di te.
<< IB! >>
E finalmente ci vendicheremo!
Fu un attimo. Davanti agli occhi diventati vuoti della ragazza comparve un’immagine, uno scatto, qualcosa di inquietante e terribile che non avrebbe voluto mai vedere. Era come se centinaia di esseri la stessero fissando nel buio, con i loro occhi avidi e minacciosi e i visi contratti da ghigni malefici, in attesa che lei abbassasse la guardia per poterla uccidere. Per sempre. E quegli esseri erano tutti quelli che aveva incontrato, tutti quelli alla quale aveva rovinato la vita semplicemente conoscendoli: tutte le persone che erano state coinvolte nella sua vita, i suoi amici, genitori, persino Garry, e anche tutti gli abitanti del Mondo di Guertena, quelle opere alla quale aveva negato la possibilità di avere una vita propria, una vita libera, fuori da quel posto buio e spaventoso. Erano tutti lì, nascosti nell’ombra, ad aspettare il momento opportuno per eliminarla. Fu dopo questo rapido ragionamento che Ib non riuscì più a trattenere la propria rabbia, la propria paura, e scoppiò.
<< NO!!! >> Urlò facendo sussultare i tre adulti attorno a lei. Si alzò con impeto dalla sedia e rivolse lo sguardo infuriato verso quella statuetta che sembrava guardare proprio lei. La guardava e sorrideva. << BASTA! >> La afferrò con tutta la sua forza e la sbatté contro il tavolo di fronte agli occhi allibiti dei suoi genitori.
Quando la statuetta si schiantò contro il tavolo, andando in frantumi, Ib sentì quasi come se il suo stesso cuore stesse per distruggersi. Tutto cominciò a ruotare, la luce attorno a lei andava e veniva, i colori si mescolavano e le figure perdevano la loro forma. I suoi genitori non c’erano più, Garry non c’era più, ma Ib sentiva ancora decine di occhi fissi su di lei, che la guardavano per farle sentire tutta la loro pressione.
Dopo un attimo interminabile in cui tutto continuò a ruotare senza freni, Ib si ritrovò di nuovo al buio, immobile, a fissare il vuoto. In un istante si rese conto di quello che era successo e si mise le mani alla testa prendendo fiato; lanciò un lungo urlo disperato, inginocchiandosi a terra e piegandosi il più possibile per nascondere il proprio viso. Cercava di mandare via quegli occhi su di sé, cercava di dimenticare ciò che aveva appena vissuto, cercava di portarsi alla follia per non dover più provare quella tensione, quel dolore, quella paura. Ma era tutto inutile.
<< Ib! Ib! >> La voce di Elias Dawson la raggiunse mentre la ragazza liberava la sua paura. Si sentì afferrare dai polsi da mani invisibili e cercò di dimenarsi. Urlò con più forza, spaventata da quella sensazione di incatenamento e scosse la testa con forza, ma la voce continuò a chiamarla.
<< IB!!! >> La ragazza sentì un buffetto sulla guancia nello stesso momento in cui l’urlo di Elias si fece più forte. Aprì gli occhi venendo investita da una forte luce sopra la sua testa e vide di fronte a sé il viso contuso del signor Elias che la guardava stupefatto. Normalmente quella vista l’avrebbe rassicurata, ma la ragazza era troppo scossa e continuò a urlare, dimenandosi dalla presa dell’uomo, che non oppose resistenza, e mettendosi a sedere sul letto dove prima era sdraiata. Spinse via a calci Elias e continuò a scuotere la testa agitando le braccia, pregando che quella sofferenza potesse finalmente finire. Un’altra voce tentò di farla calmare; Garry si avvicinò chiamando il suo nome un paio di volte, prima di darle uno schiaffo deciso per fermarla.
Ib si zittì istantaneamente e rimase a fissare con occhi lucidi il viso del ragazzo; era ferito, ma quelle ferite sembravano essere niente in confronto a lei, data l’espressione preoccupata che aveva dipinto in viso lui. Passarono alcuni secondi senza suono, prima che Ib potesse buttarsi addosso al suo amico per abbracciarlo. Lui accolse il suo abbraccio senza opporsi e le diede qualche pacca sulla spalla per farla calmare, mentre lei piangeva e singhiozzava addosso al suo cappotto sporco di vernice. Mise una mano dietro alla sua testa per accoglierla a sé e abbassò il viso su di lei, baciandole delicatamente la fronte. << Non ti preoccupare, Ib… Ci siamo noi qui, ora… >> Le sussurrò rimanendo immobile, sostenendo perfettamente la ragazza che si disperava.
Aveva visto cose terribili, cose che non avrebbe mai voluto vedere un’altra volta. Le sue più grandi paure l’avevano sopraffatta in quel sogno incredibile e l’avevano portata quasi alla follia. Avrebbe preferito dimenticare tutto, piuttosto che parlarne a Garry o chiunque altro. Avrebbe preferito lasciare quel posto e non tornare mai più. Ma ormai aveva visto quelle cose, aveva scoperto le sue paure e non poteva fuggire.
Ma c’erano i suoi amici con lei, adesso. Non avrebbe più dovuto fuggire.

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Capitolo 31
*** La verità ***


Ib abbassò lo sguardo per guardare La Donna in Rosso che le sorrideva con simpatia. Ancora non aveva capito come fosse finita lì con loro, e come mai fosse così docile. La prima volta che l'aveva vista assieme ad Elias si era spaventata, pensando che volesse attaccarli di sorpresa, ma le parole usate dall'uomo per calmarla erano state abbastanza efficaci da darle fiducia nella donna nel quadro; le aveva detto che non c'era nulla di cui preoccuparsi, perché era riuscito a far tornare l'umanità in lei, o qualcosa del genere, e adesso era dalla loro parte. << Come mi avete trovata? >> Chiese senza staccare gli occhi curiosi dal viso della Donna in Rosso.
Mary e Garry sembravano tollerare la presenza di Elias Dawson nella stanza, quindi immaginò che si fossero chiariti o che avessero raggiunto un compromesso, per questo non si sorprese quando il ragazzo rispose:<< Ti stavamo cercando io e Mary, ma non avevamo idea di dove andare… E' grazie ad Elias se siamo riusciti ad arrivare in tempo. >> Sembrava deluso, ma nella sua voce c'era gratitudine verso l'uomo.
In tempo per cosa? Si chiese Ib senza capire di cosa stesse parlando. A un certo punto Mary le mostrò una rosa rossa quasi del tutto sfiorita. La sua rosa. << Quando l'abbiamo presa alla Donna in Rosso aveva perso qualche petalo a causa del trambusto, ma dopo averla riportata al sicuro ha incominciato ad invecchiare sempre più rapidamente… >> La porse alla ragazza esterrefatta, che non riuscì a trattenere un piccolo acuto per lo sconforto; i petali rimanenti si potevano contare sulle dita di una mano. << Non sapevamo perché stesse facendo così, e siamo andati nel panico… >>
Ib rivolse più occhiate alla sua rosa e alle tre persone di fronte a sé, senza mai perdere dal viso quell'espressione sconvolta che la vista della sua rosa le aveva portato. Si girò a guardare Elias interrogativa, pregandolo di avere una risposta. In effetti fu proprio lui a parlare:<< Sono riuscito a riprendere la tua rosa, e insieme ci siamo messi a cercare questa stanza, sperando di arrivare prima che i petali cadessero tutti. >>
<< Ma… >> Ib balbettò ingenuamente. << Ma come avete fatto a trovarmi…? Chi conosceva la strada? >>
Un gesto con il pollice dell'uomo indicò alla ragazza la responsabile del suo ritrovamento: La Donna in Rosso. Non solo erano riusciti a renderla docile, ma li aveva anche aiutati. Chi era davvero quella donna? << Lei conosce ogni anfratto di questo luogo; ha capito subito dov'era quando ha visto i petali cadere uno dopo l'altro. >>
Ib piegò la schiena in avanti e sorrise alla Donna in Rosso. << Quindi è te che devo ringraziare… >> Ma la donna ammiccò scuotendo la testa; dopo di quello rivolse uno sguardo che nascondeva qualcosa all'uomo accanto a lei, e Ib si voltò verso di lui confusa. Elias assunse un'espressione sofferente e si grattò la testa mentre gli altri lasciavano che fosse lui a spiegare. << Cosa vuol dire? >> Chiese Ib confusa.
Elias sospirò. Era arrivato il momento di dire la verità, di far capire a Garry perché avesse tentato di fare del male a Mary e riconquistare la fiducia di Ib. << E' giusto che sappiate tutto… >> Disse abbassando la testa e rivolgendo un sorriso mesto alla Donna in Rosso. Lei rispose con un altro sorriso fiducioso, come se fossero al corrente di qualcosa che gli altri presenti non conoscevano. L'uomo si voltò camminando lentamente e cominciò a spiegare:<< Conosco questo mondo come le mie tasche. >> Disse con una nota di rimorso nella voce. << Non è esatto dire che sono finito qui nello stesso momento in cui siete entrati anche voi… In effetti, io non sono mai uscito da questo posto, dopo esservi entrato la prima volta. Sicuramente questo mi ha fatto conoscere molte cose dei dipinti e delle sculture racchiuse in questo luogo, li ho studiati… Conosco ogni anfratto della galleria, ma pur non avendo vissuto qui per tutto questo tempo, saprei comunque dirvi tutto sul Mondo di Guertena e i suoi abitanti… Perché io sono Guertena. >>
A quelle parole i tre che non erano al corrente di quella cosa sussultarono increduli: Ib spalancò gli occhi immobilizzando la schiena, fissando incredula l'uomo che le aveva appena confessato quella cosa, mentre Garry e Mary ebbero una reazione simile; entrambi sussultarono facendo un passo indietro, ma mentre Garry non si sarebbe mai aspettato quella cosa, Mary sembrò quasi non sorprendersi più di tanto.
<< Tu saresti… >> Ib lasciò a metà la frase, senza fiato. Elias le rivolse un sorriso mesto, per niente sorpreso del suo stupore.
<< E' successo subito dopo che dipinsi il mio "Autoritratto", che il mio corpo venne risucchiato in questo mondo… >> Cominciò senza un tono particolare, solo quello di chi riportava alla memoria ricordi lontani. << Come avrete ormai capito, tutto quello che l'artista dipingeva, prendeva vita in questo mondo, con una coscienza propria delineata dai sentimenti e dai pensieri del suo creatore… >> Ib lo aveva capito da tempo, quando aveva incontrato Fry che le aveva parlato dei suoi fratelli folli.
<< E' per questo che la personalità di Mary è cambiata… >> Tentò di dire Garry, per dimostrare di averci capito qualcosa. Ib non capì bene cosa intendesse e inarcò un sopracciglio guardando Mary interrogativa; per sua fortuna Elias spiegò meglio la situazione.
<< Sì. Come vi ho detto prima, Mary ha cambiato personalità dall'ultima volta che siete venuti qui, e questo è grazie a te, Garry… >> Gli puntò un dito contro sorridendo.
Ib ancora non capiva una cosa:<< Ma… Perché sei… E' finito anche lei qui, Maestro? >> Si sentiva in imbarazzo ora, a dare del tu al grande Weiss Guertena.
<< Non serve che tu ti rivolga a me con quel tono, adesso Ib… >> Commentò lui scuotendo la testa. << Potrò anche essere un'altra persona da quello che ti ho detto, ma abbiamo comunque fatto amicizia e conosciuto cose l'uno dell'altra… Siamo ancora amici, Ib. >> Disse in un sorriso benevolo.
Ib annuì confusa. << D'accordo, E… Weiss… >> Fu così che si abituò a chiamare Weiss Guertena l'uomo che aveva conosciuto fino a quel momento come Elias Dawson.
Weiss alzò una mano. << Per rispondere alla tua domanda… Invece di creare una copia di me in questo mondo, per qualche strana ragione fui direttamente trasportato nella galleria dopo aver completato la mia ultima opera… >> Stava parlando del suo autoritratto. << Però ho conservato la mia mentalità, le mie passioni… Non sono un'opera di Guertena; sono Guertena in persona, rimasto bloccato nella sua stessa opera. >> Quelle ultime parole furono pronunciate con tristezza. << Una volta qui, incapace di tornare indietro, mi misi a vagare per le sale, scoprendo come vivessero le mie creature in questo mondo… >>
<< E perché alcune delle tue opere sono così aggressive? >> Chiese Garry. Adesso era un po' dispiaciuto per aver colpito Weiss Guertena, anche se un po' pensava che se lo fosse meritato…
<< E' per via di come le creai…>> Spiegò con calma Weiss. << Come questo letto; poco prima di finire il mio Autoritratto, creai questo "diamante nero", ossessionato dall'idea della morte incombente. >> Abbassò lo sguardo per vedere il letto romboidale su cui era ancora seduta Ib. << Pensavo che sarebbe stato il letto dove sarei morto… E questo è ciò che succede a chi vi si addormenta di sopra. >> Weiss ricordò agli altri le condizioni della rosa di Ib e istantaneamente la ragazza saltò giù dal duro materasso, spinta da un'improvvisa repulsione verso quell'opera. << Per quanto riguarda le altre opere che vi hanno attaccato nella galleria… Dovremmo entrare nei particolari di ognuna di loro, ma… >> Fece una pausa e cercò di ricordare. << Sapete tutti la storia di Bevendo nella Notte, vero? >> Ib e gli altri annuirono all'unisono, mentre la Donna in Rosso abbassava lo sguardo con tristezza riguardo a quella faccenda; anche lei sembrava conoscerla. << Ognuna di loro ha un motivo per… Odiarmi. >> A sentire quelle parole la donna nel quadro gli diede un gomitata infastidita. << Lo sai che è così! >> Ribatté lui voltandosi verso di lei.
<< Così come? >> Chiese Ib curiosa, desiderosa di una spiegazione più chiara.
Weiss sospirò ancora una volta e riprese a spiegare. << La Donna in Rosso potrà anche non odiarmi più, ma il dolore che riversai sulla sua tela quando la dipinsi esiste ancora, ed è stato quello a farla agire per farci del male… >> Scosse la testa riluttante a parlare di quello. << Vedete… La Donna in Rosso era… Era lei, mia moglie… >> A quella confessione Ib e Mary si mostrarono sorprese, mentre invece Garry non si scompose più di tanto; sembrava quasi aspettarselo. << Io… La amavo davvero tanto, anche se non sia mai stato bravo a mostrarlo; qualunque errore commettessi, nonostante la deludessi costantemente, lei non mi ha mai abbandonato. Era una donna fantastica, e quando la persi pensai che non avrei potuto vivere senza di lei… >>
Mary si intromise nella spiegazione dell'uomo; avrebbe potuto suonare scortese a fare quella domanda così invadente, ma aveva bisogno di sapere di più su Weiss Guertena. << Come è morta? >> Ib rivolse uno sguardo sorpreso alla bambina, mentre Garry si voltò tristemente verso di lei. Weiss sembrò aspettarsi quella domanda e annuì mestamente, senza fare troppe storie.
<< Morì di parto. >> Disse senza troppe cerimonie. << La Donna in Rosso è morta dando alla luce la mia unica figlia… >>
<< Figlia… >> Quella parola rimase impressa nella mente di Mary per molto tempo, nonostante il discorso andasse avanti.
<< Avevi anche una figlia? >> Chiese Ib strabiliata; stava conoscendo tantissime cose sulla vita del suo idolo che nessuno aveva mai sospettato.
Weiss annuì. << L'unico motivo per cui continuai a vivere dopo la morte di mia moglie… Mi fece promettere di proteggerla sempre e di non farle mancare niente, così che non dovesse mai chiedermi perché non avesse una madre. Odio dover ammettere di aver fallito… >> Concluse sospirando sconfortato.
Garry sapeva che tutti avrebbero voluto sapere il perché di quel commento, ma dovette fermare il discorso di Guertena. << Aspetta! Se La Donna in Rosso è tua moglie, perché è anche così… >> Il ragazzo si vergognò di continuare la domanda con il termine che aveva pensato, ma Weiss continuò quello che Garry non riuscì a dire.
<< Aggressiva? Semplice: il dipinto era già quasi completato quando lei morì… >> Garry arrossì un po' pensando di aver quasi insultato la moglie dell'artista, ma nessuno sembrò farci caso. << Nonostante fossi distrutto dal dolore, l'opera andò avanti con un sentimento nascosto che non presi in considerazione in quel momento e che solo molto più tardi si manifestò al suo massimo, nelle sue copie: l'odio verso quella bimba che mi aveva portato via l'unica persona in grado di capirmi. >> La sua voce si fece grave, ma una punta di rimorso si riusciva a sentire in essa.
Mary balbettò spaventata. << La… La odiava? >> Per qualche motivo quel particolare la preoccupava molto.
Weiss sembrò quasi ignorare la domanda della bambina e andò avanti nel suo racconto:<< La prima opera raffigurante mia moglie fu una via di mezzo tra il bene e il male, si potrebbe dire… Mentre in lei… >> E alzò una mano verso La Donna in Rosso. << Vi era ancora un po' di bontà che avevo dipinto quando era ancora in vita, che la rese unica, le altre copie furono sempre meno vive, sempre più cieche… Il dolore era molto più grande dei bei ricordi lasciati da mia moglie, e ossessionato dall'idea di ricrearne un'immagine per vederla ancora accanto a me divenni folle a tal punto da creare dei quadri privi di sentimento, mossi solo dall'odio e dal dolore. >> Per questo La Donna in Rosso era il più importante tra tutti i quadri di donna di Guertena, e tutte le altre donne sembravano riconoscerla come superiore e la rispettavano come tale.
Ib si abbassò per guardare La Donna in Rosso che, con un'espressione rattristata, ascoltava le parole di Weiss in silenzio; ora riusciva a vedere quanto fosse speciale rispetto alle altre
… Era umana.
<< E… E tua figlia…? >> Chiese timidamente Mary, temendo di essere ignorata ancora una volta dall'uomo. Lui però non riuscì a schivare la domanda questa volta, e controvoglia si ritrovò a raccontare la storia della bambina.
<< Da neonata non fui in grado di occuparmi di lei. Ero incapace anche solo di toccarla, temendo che le avrei fatto del male; anche inconsciamente pensavo che fosse colpa sua se mia moglie fosse morta, e sentivo una repulsione alla quale odio pensare persino oggi. Vedendola crescere, però, sentii uno strano sentimento diventare sempre più grande assieme a lei, e a un certo punto decisi di cambiare! >> Weiss sembrava triste, mentre raccontava quella storia, ma a un certo punto il suo tono cambiò e si fece più risoluto. << Decisi di diventare un padre per davvero; la accudii e le insegnai a disegnare. Per la prima volta dopo tanto tempo, tornai ad avere una persona alla quale chiedere consigli, alla quale mostrare e sottoporre a giudizio le mie opere, proprio come faceva lei quando era ancora in vita… >> Ancora una volta, Weiss mosse una mano verso La Donna in Rosso accanto a lui. << Avevo imparato ad amarla, e lei amava me… Sembrava voler seguire le orme di suo padre
… Eh… >> Commentò in tono triste. Tornò ad alzare lo sguardo:<< Proprio quando avremmo festeggiato il suo decimo compleanno, però, mia figlia si ammalò gravemente e morì… >> Il tono del racconto tornò cupo all'improvviso e Ib sentì una grande tristezza dentro di sé non appena scoprì la sorte della figlia di Guertena; questo era il motivo per cui non si sapeva niente della famiglia del Maestro: non erano sopravvissute.
Per qualche motivo, Mary in mezzo a tutti i presenti sembrò essere colpita di più da quella storia, e improvvisamente i suoi occhi si riempirono di lacrime. Garry notò quella sua reazione e le chiese se stesse bene. Ma la bambina non rispose, rimanendo in silenzio a riflettere su qualche dubbio che l'aveva tormentata fino a quel momento.
Weiss Guertena sembrò invece sapere perfettamente perché Mary piangesse, e le rivolse uno sguardo addolorato. << Mary… >> Mormorò trattenendo un singhiozzo. << Potrai mai perdonarmi? >> Chiese scuotendo la testa mentre anche i suoi occhi cominciavano a liberare lacrime amare.
La bambina a quella vista non poté trattenere le sue di lacrime, ma in ogni caso preferì non capire cosa volesse dire.
<< Per colpa mia tu sei morta due volte, e non solo… Ti ho privata della famiglia che avresti dovuto avere e ti ho condannata a un'esistenza di dolore in questo mondo orribile, e tutto questo perché il dolore e l'odio che dipinsi sulla tua tela furono più grandi dell'amore che mi desti prima che riuscissi a completarla… >> Quelle parole arrivarono al cuore di Mary come una lama. Un lampo, un'immagine di quel viso un tempo sorridente, quella canzone che aveva sentito ogni giorno dalla sua nascita e che le aveva sempre cantato per farla addormentare; la bambina non riuscì più a trattenere le lacrime e corse verso Weiss allungando le braccia. << Papà! >> Urlò disperata mentre l'uomo si inginocchiava per accoglierla in un abbraccio.
<< Mi dispiace tanto, piccola mia… >> Pianse lui mentre tutti gli altri assistevano a quella scena esterrefatti, ancora confusi, ma pronti a riordinare le idee in quella pausa.
In pratica Weiss Guertena era il padre di Mary; aveva creato il dipinto quando la bambina era ancora in vita come regalo per il suo decimo compleanno, ma sfortunatamente era morta prima che questo potesse essere completato, e l'artista aveva finito l'opera con il dolore del lutto e l'odio represso verso quella bimba che, morendo, aveva vanificato tutti i suoi sforzi per farla crescere. Questa fu la spiegazione che si diedero Ib e Garry più tardi, quando poterono parlare tra loro senza risultare dei ficcanaso.

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Capitolo 32
*** Una famiglia con cui restare ***


<< Potrai mai perdonarmi per quello che ti ho fatto? >> Fu la domanda che Weiss Guertena pose a sua figlia dopo che il loro lungo abbraccio fu terminato. La bambina non rispose immediatamente, ancora confusa da quello che stava accadendo, però lasciò intendere che avrebbe messo da parte ciò che era successo in precedenza tra loro per poter ripartire da zero. Voleva conoscere tutto di suo padre e perché avesse creato quel mondo, voleva vederlo all'opera e chiedergli consigli per poter diventare brava come lui, un giorno…
Il gruppo era ora in marcia per raggiungere la fine del loro viaggio, l'uscita da quel luogo di disperazione. Sembrava che ormai fosse finito tutto, nessuna opera del Maestro Guertena sembrava voler fare del male a Ib o a Garry, e La Donna in Rosso e Mary rimanevano amabilmente vicine a Weiss, quasi come se volessero riprendersi il tempo che avevano perso con lui in tutti quegli anni di lontananza. Guertena conosceva la strada per uscire da lì, dovevano raggiungere il dipinto Mondo Fabbricato e passarci attraverso, e ormai erano vicini.
Quando Weiss disse che mancava poco, Ib cominciò a notare delle somiglianze con il museo che lei e Garry avevano visitato nel posto in cui si trovavano; era come se quello fosse una riproduzione in negativo della vera mostra: l’unica differenza era che molti dei quadri appesi alle pareti erano animati, e alcune statue si erano spostate dalla loro posizione. La ragazza lo fece notare al’amico, e sentendo i loro discorsi, Weiss si intromise spiegando loro il perché di quella situazione.
<< Ricordi quando ti parlai della natura di questo mondo, Ib? >> Chiese l’uomo accarezzando la testa della bambina che gli camminava di fianco. << Ti dissi che questo mondo è un mondo parallelo al nostro, che siamo dietro uno specchio… >> E a quel punto la ragazza si ricordò della spiegazione del vecchio Weiss.
<< E quello specchio è Mondo Fabbricato… >> Concluse lei fissando con sorpresa i capelli dorati di Mary, che le dava le spalle. Si guardò intorno, come per cercare qualcosa che confermasse quella teoria.
Weiss prese la parola un’altra volta:<< Se ascolterai bene, potrai sentire sussurri dall’altra parte dello “specchio”. >> E detto questo si zittì fermando Mary e La Donna in Rosso. Weiss si voltò mettendo un dito davanti alle labbra e fece segno a Ib e Garry di ascoltare attentamente. Come calò il silenzio nella stanza, Ib poté sentire dei mormorii confusi e sovrapposti uno all’altro stranamente familiari: c’erano voci di ogni tipo, serie e pacate, ma anche risate di bambini alla quale importava poco della mostra, e sospiri di grandi ammiratori dell’arte di Guertena. Il mondo reale e il Mondo di Guertena erano collegati da quel sottile filo che era il passaggio posto nel Mondo Fabbricato e che proiettava non solo le persone in quel posto, ma anche le loro voci, i loro pensieri; era come se il Mondo di Guertena avesse due vite: nella mostra e dentro la galleria.
<< Stupefacente. >> Commentò Garry guardandosi intorno. << E pensare che siamo sempre stati così vicini al mondo esterno… >>
Weiss gli fece segno di seguirlo. << Andiamo, l’uscita è proprio qui. >>
Detto questo, l’uomo girò a un angolo, mostrando un lungo corridoio vuoto, dove l’unica sua opera messa in bella mostra era il gigantesco quadro “Mondo Fabbricato”. Diede una pacca alla cornice dell’opera fermandosi accanto ad essa e si voltò verso il resto del gruppo; Mary si fermò accanto a lui, guardando con timore l’enorme tela colorata. << Qui c’è la fine del vostro viaggio. >> Sentenziò allargando le braccia per mostrar loro il portale che li avrebbe riportati a casa.
<< E’ incredibile… >> Commentò Garry quasi commosso. Dopo aver rischiato la vita innumerevoli volte, aveva quasi smesso di credere che quell’avventura sarebbe finita. Rivolse a Ib un sorriso che rilasciò tutta la sua tensione. Anche la ragazza assunse un’espressione simile.
<< Quando saremo di nuovo fuori, molta gente vorrà sapere la tua storia, Weiss… >> Disse Ib sognante rivolgendo gli occhi lucidi al vecchio maestro. Guertena però non sembrò entusiasta di quello; anche Mary divenne istantaneamente triste in viso.
<< In realtà, preferirei che tenessi la bocca chiusa sulla nostra avventura e… Su tutto il resto. >> Disse imbarazzato Weiss mettendosi una mano dietro al collo.
Ib non capì. << Certo, sarai tu a raccontare i dettagli…! >> Garry la fermò cercando di farle capire cosa volesse dire veramente l’artista.
Weiss sospirò e sorrise amaramente. << Sai, non credo che sarebbe facile spiegare il mio ritorno dopo tutto questo tempo… Ormai sono vecchio, se dovessi andarmene da qui, dove il tempo non scorre, probabilmente non ci vorrebbe molto perché anche il mio corpo mi abbandoni… >> Scosse la testa continuando a sorridere, mentre sul viso di Ib le labbra della ragazza si piegavano sempre di più per mostrare un’espressione disillusa e triste. << Sono stato un pessimo padre e marito, e per questo penso che sarebbe meglio se restassi qui con la mia famiglia, dato che ne ho di nuovo una… >> Detto questo si inginocchiò e mise una mano dietro le spalle di Mary, avvicinandola a sé, mentre con l’altra mano stringeva quella della Donna in Rosso.
Ib avrebbe voluto protestare, ma quella scena di quella famiglia finalmente unita e felice la commosse talmente tanto da toglierle la voce. Deglutì per mandare giù quel duro colpo e riprese fiato. << Capisco… >> Mormorò. << Hai ragione. Scusami Weiss, sono stata egoista. >>
Mary si avvicinò timidamente alla ragazza, mantenendo lo sguardo basso. << Ib… >> Mormorò timorosa sperando che la ragazza non la cacciasse. Ib abbassò lo sguardo verso la bambina e abbozzò un sorriso.
<< Prenditi cura del tuo papà, mi raccomando. >> Le disse incoraggiante abbassandosi un po’ su di lei. La bambina sorrise, ma non sembrò soddisfatta. A un certo punto si spinse in avanti cingendo i fianchi della ragazza con le braccia e affondando il viso sul suo ventre.
<< Grazie… >> Mormorò beatamente mentre Ib reagiva con sorpresa a quel gesto. << Per tutto quanto… >>
Ib rivolse uno sguardo confuso a Garry, che rispose stringendo le spalle, ma sorridendo. Non sentiva di aver fatto niente per meritare quel ringraziamento, quell’abbraccio… Sentiva solo di aver portato via un’altra opportunità a Mary, andandosene via da lì. Mise le mani dietro alla schiena della bambina e le diede qualche pacca affettuosa. << Grazie a te… E scusami. >> Si scusò nonostante Mary non capisse per cosa lo avesse fatto. La piccola alzò lo sguardo sbattendo le palpebre un paio di volte, mostrando gli occhioni blu confusi, ma non fece nessuna domanda. La voce del padre interruppe quel momento bruscamente, attirando l’attenzione di entrambe.
<< A dire il vero, ci sarebbe una cosa che non vi ho menzionato… >> Arrossì un po’ quando tutti gli sguardi dei presenti si furono posati su di lui, ma dal suo tono non sembrava che si trattasse di una cosa molto seria. << Sapete, il Mondo di Guertena è un “club” molto esclusivo… Nessuno può uscirne se non entra a farne parte qualcun altro… E’ il motivo per cui tu, Mary, tentasti di uccidere Garry tanto tempo fa, così da uscire da qui assieme a Ib… >> Weiss ricordò alla bambina quella volta che rischiò di fare qualcosa che adesso non si sarebbe mai potuta perdonare.
<< Sì… Le opere di Guertena non possono lasciare il proprio mondo, a meno che non prendano il posto di un umano. >> Disse Garry tutto a un tratto, la sua attenzione era stata destata proprio dalle parole dell’uomo.
Weiss annuì mentre anche Mary annuiva a sua volta, pensierosa. << Ma tu, Mary, non hai mai saputo della mia presenza qui in tutti questi anni; anche io, come Ib e Garry, sono considerato “di passaggio” in questo posto, quindi esiste un altro posto libero sin da allora… >> Gli occhi della bambina si riempirono di stupore mentre Weiss pronunciava queste parole. << Capisci quello che dico? Mary, prendendo il mio posto nel mondo reale potresti realizzare finalmente il tuo sogno e uscire da qui, vivere la vita che hai sempre sognato, avere dei genitori che ti vogliano bene… >> La Donna in Rosso sembrava sostenere il discorso del marito, pur con riluttanza; attraverso la sua maschera sorridente si poteva vedere la tristezza di una madre che non avrebbe più rivisto la propria figlia.
Mary non ascoltava più. Non credeva alle proprie orecchie. Tutto quello che aveva sempre desiderato, quello che aveva bramato dal primo momento in cui aveva visto Ib e Garry passeggiare per quelle sale tanto tempo prima, era sempre stato a portata di mano, e avrebbe potuto diventare suo adesso, se solo avesse deciso di accettare la proposta del padre.
Weiss sembrava combattuto, ma determinato a finire ciò che voleva dire. << Insomma, Mary… Se volessi uscire da qui e continuare a vivere assieme a Ib e Garry, io e tua madre saremmo felici della tua scelta e non tenteremmo di dissuaderti… >> La voce tremante tradiva il sorriso dipinto in volto e anche i suoi respiri, ora più rapidi, mostravano una certa commozione.
La bambina rimase in silenzio per un lungo periodo di tempo. Ancora attaccata al petto di Ib, Mary rimase a fissare con occhi sgranati il padre e la madre, mentre la ragazza accanto a lei cercava di intuire le sue intenzioni. Garry dietro di loro le guardava con incertezza, e lo stesso si poteva dire della bambola di pezza sulla spalla della biondina, che temeva che la sua migliore amica potesse andarsene da lì. Dopo un po’ Mary si voltò verso Ib e alzò lo sguardo con gli occhi lucidi. << Mi stai dicendo che potrei andare via da qui… Proprio ora… >> Mormorò con voce spezzata dal pianto. << Ma… Come potrei farlo…? >> Continuò a fissare Ib intensamente mentre pronunciava quelle parole.
Weiss cercò di spiegarsi meglio, di rispondere in modo esaustivo per non far sentire in colpa la bambina, ma sembrò non funzionare. << Mary… Noi staremo bene e ti penseremo sempre. >> Disse. << Saremmo più che felici se realizzassi il tuo sogno… >>
<< Non voglio! >> Esclamò zittendolo. Si voltò piangendo verso il padre e scosse la testa con forza. << Non voglio andarmene proprio ora che vi ho trovati! Io non voglio un rimpiazzo, voglio il mio papà e la mia mamma! >> Disse mentre le lacrime sgorgavano libere lungo le sue guance e la sua voce assumeva un tono cantilenante. << Non mi interessa se posso uscire da qui, io… Io voglio stare con voi! >>
<< Mary… >> Mormorò lusingato Weiss Guertena. << Potresti non essere felice di questa vita… >> Cercò di farle cambiare idea inutilmente.
<< E dici che dovrei essere felice di quella vita?! >> Esclamò lasciando andare Ib. << Lontana da voi e sola! Non voglio più rimanere sola, mai più! >>
<< Non sarai sola… >> Cercò di dire lui. << Ci sarà Ib… >> Ma ancora una volta, la figlia ebbe qualcosa da ridire sul suo commento.
<< Sì, Ib è mia amica, e io sono contenta di averla incontrata. >> Annuì sorridendo tristemente alla ragazza. << Ma… Ma Ib è cresciuta, dall’ultima volta che ci siamo incontrate. >> Spiegò spaventata, non sapendo come descrivere i propri sentimenti. << E’ cresciuta ed è cambiata… Questo è quello che succede a tutti quelli che vivono nel mondo reale, e io… >> Scosse la testa mettendosi a urlare. << Io non voglio crescere! Io voglio restare con voi! >>
Gli adulti rimasero a fissarla mentre la bambina si disperava in mezzo a loro. Mary era l'unica bambina del gruppo, l'unica a poter essere considerata "immatura", e quindi era stato quasi ovvio agli altri che volesse andarsene da lì, ma avevano ignorato i suoi sentimenti e deciso di testa propria per lei. Ma lei voleva scegliere da sola la propria strada, e voleva restare con i suoi genitori. Non lo avevano capito fino a quel momento.
Weiss si avvicinò e si abbassò all'altezza di Mary. << Hai ragione, Mary… >> Mormorò abbracciandola per farla calmare. La bimba sfogò i suoi ultimi singhiozzi sulla spalla del padre. << Perdonami. >>
Ib forse avrebbe dovuto sentirsi offesa: Mary non voleva diventare come lei, e dopo tutto quello che aveva fatto per provare a prendere il posto di Garry, questa scenata sarebbe stata impensabile, ma non riuscì ad arrabbiarsi con lei; dopotutto voleva solo stare con le persone che amava. Anche lei avrebbe fatto di tutto per restare assieme a Garry.
Buon ritorno a casa, Garry! Fece la bambolina di pezza stendendosi verso il ragazzo, dopo che la situazione si fu chiarita e Mary ebbe deciso finalmente dove restare. Quella bambola di pezza aveva instaurato un forte legame con il ragazzo, nonostante lui dicesse sempre di essere ancora terrorizzato da quelle cose.
<< Fai la buona, e ora che è finalmente tornata… >> Le disse lui, e si avvicinò fingendo di non volersi far sentire da Mary. << Da' un'occhiata a quella piagnucolona! >> Detto questo fece l'occhiolino alla bambola, che ridacchiò divertita e si voltò verso Mary, che, nonostante le lacrime ancora le solcassero le guance, si mostrò indignata.
Ib andò da Guertena, prima di separarsi da lui per l'ultima volta. << Maestro, io… >> Voleva dire tante cose, ma non sapeva da dove cominciare. << Ho sempre voluto conoscerti, anche se sapevo che fosse impossibile… Quando sei sparito dopo aver lasciato indietro Bianca, ho temuto che fosse successo qualcosa dentro di te, e allora sono andata a cercarti… Ma… >> Fece una pausa non sapendo più cosa stesse dicendo. << Non ho mai smesso di credere in te! >>
Weiss le sorrise. << Ne sono contento, anche se in questo momento dovrei essere la persona meno degna di fiducia… >> Rise imbarazzato e aspettò la reazione della ragazza.
Ib non sembrò però condividere la sua idea, e allora Weiss la aiutò a liberare un piccolo sorriso accarezzandole una guancia con la punta del dito.
<< Non smettere mai di credere, Ib. E' la cosa più bella che abbiamo tutti noi… >> Le disse con un sorriso rassicurante che le trasmise fiducia.
Ib annuì con più convinzione e lasciò che il sorriso sulla sua faccia si allargasse in modo naturale. << Capito. >> Rispose.
Garry, dopo essersi liberato da un forte abbraccio della bambola di pezza che quasi gli tolse il respiro, andò da Weiss per scusarsi. << So che tenterai di respingerlo, ma… Mi dispiace di averti riempito di botte. >>
Come immaginava Garry, Weiss si rifiutò di accettare le sue scuse, ma diversamente da come si aspettava. << Avevi tutti i motivi del mondo per prendermi a pugni: avrei fatto lo stesso nella tua situazione. >> Spiegò con calma. << Non devi scusarti per aver tentato di difendere Ib e… >> Girò lo sguardo verso la figlia, che lo guardava con un'espressione intimorita. << Bé… Dovrò impegnarmi per essere un miglior padre, d'ora in avanti… >>
Garry sorrise e gli tese la mano. << Buona fortuna. >> Disse con sincerità aspettando la stretta di mano dell'uomo. Quello non lo fece aspettare e gliela strinse con forza. Dopo aver salutato Guertena, Garry sentì il dovere di andare a scusarsi con La Donna in Rosso per quello che le aveva fatto.
Provava molto imbarazzo per averle fatto quella ferita tanto tempo prima. << Ehm… >> Non seppe come cominciare a scusarsi, quindi pensò di farlo e basta. << Mi dispiace di averti attaccata… >> Cambiò termine. << Ferita. >> Poi andò avanti con futili spiegazioni, mentre La Donna in Rosso lo fissava con dolcezza, divertita dall'impaccio evidente in lui. << E in realtà non so nemmeno quanto possano valere per te le mie scuse! Io ti ho ferita così, e ho quasi cercato di ucciderti… >>
La Donna in Rosso si mise una mano davanti alle labbra, ridacchiando in silenzio. Garry era confuso. Ib guardava entrambi con confusione; non sapeva dello scontro avvenuto tra loro. << Non può parlare, ma stai tranquillo… >> Sopraggiunse Weiss sorridendo. << Direi che ti ha perdonato. >>
Garry rivolse un ultimo sorriso incerto alla donna, mentre quella annuiva con accondiscendenza e gli faceva capire di non preoccuparsi. Dopo di lei, Garry andò a parlare con Mary. La bimba sembrava un po' delusa.
<< Alla fine non sei rimasto… >> Mormorò quasi come se volesse fargliene una colpa.
<< Non posso, lo sai… >> Rispose con leggerezza lui, sapendo che quella questione era ormai risolta. << E poi mi sembra di aver capito che d'ora in poi non sarai più sola! >> Alzò lo sguardo verso Weiss Guertena e sua moglie, che sorridevano alla coppia. Mary mostrò un largo sorriso.
<< Già! Quindi non farti più vedere da queste parti! >> Detto questo gli cinse il collo con le braccia e avvicinò molto il proprio viso al suo. << Grazie. >> Gli sussurrò a un orecchio prima di salutarlo con un bacio sulla guancia. << Buon ritorno a casa… >>
Garry fu sorpreso ancora una volta da quella bambina, ma non si fece prendere alla sprovvista; lentamente mise una mano dietro la schiena di Mary per accogliere il suo abbraccio e rispose con un sorriso:<< Non c'è di che! >> Dopo si rialzò e si avvicinò al gigantesco quadro che li aspettava in silenzio.
Ib si fermò davanti a Mary un'ultima volta, guardandola con tristezza. << Scusa se… >> Cercò con cura le parole giuste. << Se ho cercato di portarti via tuo padre. Abbi cura della tua famiglia, Mary. >>
La bimba in un primo momento sembrò non aspettarsi quelle scuse, poi però si lanciò contro Ib e la abbracciò con grande affetto, senza più lasciarla andare. << Siamo pari. >> Disse a bassa voce.
<< Eh? >> Chiese Ib senza capire.
<< Io ho tentato di portarti via Garry, quindi siamo pari… >> Ridacchiò la bambina lasciando andare la vita della ragazza. Ib non comprese subito cosa volesse dire Mary, e pensò che la bambina si stesse riferendo al loro primo incontro, ma un'occhiata d'intesa tra lei e il suo amico le fece pensare che ci fosse qualcos'altro sotto che lei non sapeva.
<< E' ora di andare, Ib. >> Sentenziò Garry poggiando una mano sulla cornice di Mondo Fabbricato. Non voleva metterle fretta o farle perdere l'occasione di dire addio a Mary e gli altri, ma pensava che il tempo che avevano avuto a disposizione per farlo fosse stato sufficiente.
<< Arrivo… >> Ib non si oppose e si voltò, ma l'artista alle sue spalle la chiamò un'ultima volta.
<< Aspetta. >> Le disse allungando una mano. Quando Ib si voltò, Weiss Guertena le si avvicinò tanto da farle chiedere cosa stesse facendo. Con rapidità, l'uomo le mise in mano una vecchia chiave. Tra lo stupore della ragazza, il vecchio le sussurrò qualcosa di dolce che Ib non avrebbe mai pensato di sentire:<< Hai un cuore splendido, Ib; ti permette di vedere il bene anche nei cuori più sporchi e feriti. Sei una vera artista, anche se potresti fraintendere il significato di questa parola… Questo dono… E' ciò che rende la tua rosa rossa. >> Marcò con forza quell'ultima parola e le rivolse un sorriso incoraggiante.
Nient'altro. Weiss Guertena, come si era avvicinato, si allontanò da Ib e tornò ad essere circondato dalle due donne della sua vita, la sua famiglia. Le abbracciò mentre aspettavano che i due visitatori lasciassero per sempre quel posto.
Ib sentì qualcosa toccarle la caviglia e abbassò lo sguardo: ai suoi piedi c'era la bambola di Mary che le chiedeva di chinarsi. Darò a tutti la notizia della tua partenza, non ti preoccupare! Bianca sarà così contenta…
A quel punto Ib pensò di aver capito male. << Bianca è viva? >> Chiese piena di stupore.
Certo, e anche tutti gli altri! Perché, credevi che non riuscisse a vincere? E detto questo la bambola tornò da Mary, arrampicandosi fino alla sua spalla per prendere posto e assistere alla partenza dei due ragazzi. Addio, Ib e Garry! Salutò agitando una manina paffuta.
Ib sentì una lacrima venire fuori da un occhio. Si passò un dito sulla palpebra prima che gli altri la vedessero piangere e salutò a sua volta quella famiglia che aveva finalmente trovato la pace. << Ciao! >> Disse debolmente. << Addio! >> Aggiunse con più sforzo, sentendo un male al petto per doverli lasciare.
Garry alzò una gamba e mise il piede sulla cornice del dipinto come se fosse uno scalino; ruotò il busto e allungò la mano per stringere quella di Ib. << Andiamo… >> Disse sorridendole. La ragazza stava piangendo, ma non si fece vedere dagli altri. L'espressione che si formò sul viso di lui mostrò tutta la sua compassione per lei in quel momento.
Sai, Ib… Piangere fa bene.
Queste parole risuonarono nella mente della ragazza nello stesso istante in cui varcò la soglia della tela. Chi era stato? Sembrava la voce di Guertena. L'aveva vista piangere? Aveva dunque mostrato la propria debolezza un'ultima volta… Eppure sembrava che non ci fosse niente di male nell'essere "deboli"… Anzi, sembrava quasi una qualità positiva, dal punto di vista del vecchio artista.
Bé, lo avrebbe preso in parola.

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Capitolo 33
*** Fuori ***


Ib riaprì gli occhi di scatto. Fu sorpresa nel vedere una folla di sconosciuti chinati su di lei ad esaminarla con occhi sgranati; studiò tutti i loro volti, senza riconoscerne i tratti di alcuno. La luce nella sala era molto forte e i suoi occhi ci misero parecchio tempo ad abituarsene; era ancora abituata alle ombre profonde del Mondo di Guertena, dove non esisteva luce naturale.
Si girò intorno ignorando le domande confuse e sovrapposte degli sconosciuti e riuscì a catturare con la coda dell'occhio il cappotto del suo amico Garry; era inginocchiato accanto a lei, e le sorrideva in modo innaturale. Sembrò sollevato quando la ragazza gli rivolse un piccolo sorriso per rassicurarlo. Ovviamente stavano bene entrambi, ma la ragazza doveva aver perso conoscenza nel passaggio dal Mondo di Guertena a quello reale. E fu quando fece quell'ipotesi, che si rese conto di cosa fosse successo.
Ib scattò a sedere e alzando lo sguardo verso l'amico che annuiva soddisfatto; assunse un'espressione incredula e si esaminò i palmi delle mani per capire se quello fosse un sogno o la realtà. Si mise le mani sulle guance mentre alzava lo sguardo estasiata verso il ragazzo. << Siamo fuori… >>
<< Siamo fuori. >> Rispose rassicurante Garry sorridendo ancora una volta. Ib gli saltò addosso trattenendo a stento le lacrime di gioia e dopo che si fu rialzata cominciò a ballare con lui tirandolo per le mani, lanciando urla di gioia ed esclamazioni piene di vita. Gli spettatori di quella scena furono non poco confusi quando videro l'incontenibile gioia della ragazza; erano uomini, donne, qualche bambino curioso in mezzo a loro… Alcuni indossavano divise blu, probabilmente erano della sicurezza del museo. Quando Garry gli fece un leggero cenno con la mano destra, il gruppo cominciò a dissiparsi, lasciando perplessa Ib che chiese spiegazioni.
Appena usciti dal quadro, Garry e Ib non erano stati notati da nessuno alla mostra, ma la ragazza aveva impiegato un po' di tempo in più di lui per aprire gli occhi; questo lo aveva allarmato da fargli chiamare aiuto a chiunque fosse nei paraggi. Era strano che Ib non si fosse risvegliata subito, ma in ogni caso Garry non aveva mai pensato che qualcosa avesse potuto andare storto; erano ancora tutti interi, erano fuori da lì, questo significava che non era successo niente di indesiderato… Garry era un po' pesto, la sua giacca era sporca di vernice e impolverata e aveva un colorito pallido, mentre Ib aveva ancora i suoi capelli corti, tagliati con quella scheggia di vetro per salvare l'uomo che l'aveva aiutata, i suoi vestiti erano ancora umidi e la caviglia le faceva male, ma entrambi stavano bene; non sentivano più il peso di quelle ferite come prima.
Mentre andavano via, i due ragazzi passarono davanti a un gruppo di gente radunata attorno a un quadro esposto dietro a delle transenne e davanti alla quale una guida ne illustrava la storia e le caratteristiche. << Il quadro "Mary" è uno dei più importanti ritratti di Guertena, nonché uno dei suoi ultimi lavori; lo sguardo furbo e amichevole della bambina lascia trasparire un'infanzia felice che potrebbe però essersi arrestata a causa la rappresentazione della bambina soltanto e non della donna cresciuta: le spine delle rose ai suoi piedi, infatti, denotano il dolore della scomparsa, ma i suoi occhi azzurri, accostati al piccolo fiocco che spicca sul petto della bambina, indicano speranza e una possibile "rinascita" della bambina, anche se non sappiamo ancora cosa il pittore volesse intendere con questo… >>
Ib ascoltò con attenzione le parole della guida, concordando con lei questa volta; si commosse per un istante, quando capì che Mary aveva avuto un'altra possibilità anche in quel mondo. Alzò la mano con curiosità, desiderosa di sapere cosa pensasse la guida riguardo a quella domanda che stava per fare:<< Pensa che il ritratto potrebbe rappresentare una persona vicina a Guertena? Magari una figlia? >> Garry si voltò sorpreso verso di lei e sorrise dolcemente. Non sarebbe riuscita a cambiare le cose nel mondo reale, come era avvenuto nel Mondo di Guertena, ma sapeva che ci avrebbe provato comunque.
La guida rispose con compostezza:<< E' un'ipotesi che è stata scartata da tempo, da quando si è capito che Guertena non rappresentasse mai soggetti realmente esistiti. Inoltre, il Maestro non ha mai avuto una famiglia. >> Ib sarebbe stata d'accordo con quella donna, una volta; ora non più.
<< Ma… Se invece non ne sapessimo niente noi? >> Chiese cercando di instillare il dubbio nella guida. << Guertena visse sempre lontano dai riflettori, rimanendo appartato e conducendo la propria vita con moderazione… Se fossimo noi a non sapere abbastanza su di lui? >> Gli sguardi della folla di visitatori si spostavano rapidamente dalla ragazzina alle loro spalle, alla donna che rispondeva con calma a ogni sua domanda. Quella discussione si era fatta interessante.
<< E' vero: Guertena è sempre stato un fantasma. >> Rispose con calma la donna. << Non accettò mai nessun allievo e visse sempre lontano dalla civiltà, ma abbiamo abbastanza informazioni su di lui per poter affermare quello che diciamo con abbastanza sicurezza! Se fosse così allora, non potremmo nemmeno essere sicuri della sua esistenza… >> Spiegò abbozzando un sorriso cordiale a Ib, che rispose annuendo comprensiva. Come immaginava, non sarebbe riuscita a cambiare le cose tanto facilmente, ma forse, col tempo…
Ib e Garry lasciarono la guida ringraziandola per le sue spiegazioni e quella tornò al suo giro. Passarono attraverso la galleria, salutando un'ultima volta le opere che avevano incontrato nel Mondo di Guertena: Ib vide "Fry – Guardiano" e "Dea" posti assieme nella stessa sala, e capì quanto fossero veramente uniti quei due; incontrò "Sorriso Ciclopico" e le chiese scusa mentalmente per non averla aspettata, ma la ringraziò anche per la sua grande bontà; trovò la "Porta Blu" e la ringraziò per averla aiutata, nonostante tutti i suoi trucchi per avere ciò che volesse; vide un gruppetto di bambole di pezza dagli occhi rossi, posizionate specificamente sotto al grande quadro "Occhi Rossi" e si chiese come avesse potuto credere che quelli fossero coniglietti, da bambina; pensava ancora che fossero carine, ma in modo diverso da allora…
Ib ritrovò "Incarnazione dello Spirito", "Bevendo nella Notte", "Convegno Dopo la Morte" e tante altre opere che ringraziò per il loro aiuto, o alla quale chiese scusa per il proprio comportamento. Passò davanti a "La Donna in Rosso" e lì quasi si commosse, pensando alla vita di quella povera donna che finalmente era riuscita a trovare la pace che cercava, con la sua famiglia. Accanto a questa c'era una scritta che Garry fece notare alla ragazza; prima non l'avevano vista, eppure era molto importante.
 
Essere soli è pauroso. Un gruppo di due può avere sollievo. Un gruppo di tre porta alla rovina.
 
Quelle frasi descrivevano perfettamente la loro situazione nel Mondo di Guertena: tutto era andato alla perfezione, finché erano stati separati, ma una volta riuniti, Mary e Garry hanno subito cominciato a sospettare di "Elias", e i loro sospetti hanno portato quasi alla "rovina"… Si guardarono sorridendo tristemente, pensando che ancora una volta, Guertena avesse previsto tutto.
Eppure, allo stesso tempo, la loro esperienza aveva anche smentito quella frase: insieme, erano riusciti a risolvere tutto quanto, e la stessa famiglia di Guertena era composta da tre elementi, e proprio quando si erano ritrovati tutti e tre insieme avevano raggiunto la felicità…
L'ultimo quadro che visitarono, però, fu "Autoritratto", il grande dipinto raffigurante un braccio dell'artista mentre lavorava; un modo particolare di rappresentare sé stesso, proprio nello stile di Weiss Guertena… Sotto al gigantesco quadro c'era un'altra citazione: "Il passato attende il futuro."
Ib sorrise prima di lasciare quella sala una volta per tutte, pensando al suo idolo e di come aveva avuto modo di incontrarlo.
Varcarono insieme la soglia del portone che li aveva proiettati nella mostra di Guertena e l'uomo che stava alla reception, quello che aveva inquietato Ib al loro primo incontro, fu confuso nel vedere quella stravagante coppia in quello stato. Quando poi la ragazza lo salutò allegramente senza dare alcun peso alle proprie condizioni, l'uomo non ci capì più niente. Anche la ragazza nella cabina fuori dall'edificio sembrò ricordare di aver visto i due entrare e uscire in condizioni diverse. Tuttavia, Ib e Garry non si preoccuparono di non farlo notare.
La felicità di poter essere di nuovo all'aria aperta, di poter respirare aria fresca, di poter accarezzare con la propria pelle i raggi del sole, era tale da fargli dimenticare tutta la stanchezza, tutto il dolore, tutte le lacrime versate. Non riuscivano ancora a credere di essere usciti indenni un'altra volta dal Mondo di Guertena, ma era così, e dovevano assaporare quel momento.
Ib si fermò in cima alla scalinata che portava al marciapiede e allargò le braccia inspirando profondamente l'aria fresca della libertà. Garry si girò per guardarla; non c'era bisogno di dire niente, nessuna parola era necessaria per capire cosa stesse pensando Ib in quel momento.
Dopo aver espirato, la ragazza ruotò il busto prima di cominciare a scendere la scalinata, e alzò una mano all'altezza del proprio petto per salutare qualcuno. << Ciao! >> Disse rivolta al museo, ma volendo salutare a quel modo Guertena, Mary e tutta la loro grande famiglia.
Erano liberi ancora una volta, e quella sensazione gli dava ancora più forza.
Prima di entrare nell’automobile, però, Ib si fermò sul marciapiedi, sentendo qualcosa nella propria tasca della camicia. Ne estrasse la vecchia chiave consegnatale da Weiss Guertena; a che cosa serviva?
Si voltò a guardare con sguardo enigmatico la facciata del museo. C’era ancora qualcosa che dovevano fare, prima di poter considerare quella storia conclusa; adesso il passato stava veramente aspettando che il futuro lo raggiungesse

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Capitolo 34
*** La casa del Maestro ***


Ib raggiunse la cima della collina di corsa, precedendo Garry che invece avanzava a passo lento alle sue spalle. Era davvero eccitata all'idea di entrare in casa di Guertena, ci avevano messo tempo per trovarla, ma finalmente erano là, e avrebbero scoperto cosa Weiss volesse far vedere a Ib.
<< Guertena ha sempre vissuto lontano da tutto e tutti, la sua vita è stata sempre un mistero perché si è tenuto lontano dai riflettori. >> Spiegò alzando la voce per farsi sentire dal ragazzo più in basso. << Per questo nessuno sapeva che lui avesse una figlia e una moglie. >>
<< Il fatto che morirono entrambe, poi, ha insabbiato tutto il resto… >> Concluse Garry mostrando di seguire il ragionamento della ragazza.
<< Esatto. Ma Mary è esistita! >> Ribatté lei in risposta. << Nessuno sapeva della sua esistenza, ma ha vissuto assieme a suo padre per nove anni, prima di ammalarsi. >>
<< E tu dici che Weiss avrebbe lasciato indizi di lei nelle proprie opere? >> Chiese Garry alzando una mano mentre si affrettava a fare gli ultimi passi sulla salita.
Ib abbassò lo sguardo pensierosa. << Io penso che lui non avesse mai tentato di nasconderle, più che altro avrebbe voluto renderle immortali con le sue opere, mostrare al mondo quanto fossero importanti per lui
 Ma la gente ha interpretato male il suo lavoro: credendo che Guertena non rappresentasse soggetti realmente esistiti, pensarono che fosse tutto un'invenzione. >>
Garry cercò di trovare qualcosa che non andasse in quella spiegazione:<< Ma Guertena rappresentava anche soggetti reali. Il "Giocoliere" ne è un esempio… >> Si ricordava particolarmente quell'opera, avendo letto qualcosa al riguardo nella galleria, la prima volta che erano rimasti intrappolati nel Mondo di Guertena. << Diceva che Guertena aveva rappresentato quel giocoliere dopo essere andato al circo con suo nipote… >>
<< Ma non si trattava di suo nipote; bensì di sua figlia! >> Esclamò Ib rettificando subito quella cosa. << E' sempre stato così, nessuno ha mai capito la verità; inizialmente Weiss si nascondeva al pubblico, e forse teneva nascoste anche sua moglie e sua figlia, ma a un certo punto deve essere cambiato qualcosa, e ha cominciato a esporsi… >>
<< Forse quando cominciò a provare sentimenti più forti per Mary, una volta cresciuta? >> Suggerì Garry appoggiandosi a una spalla della ragazza, molto più bassa di lui. Indossavano entrambi dei vestiti leggeri, entrambi avevano le braccia scoperte e la luce del tramonto faceva brillare il sudore sulla loro pelle.
Ib lo guardò dal basso verso l'alto e sorrise contenta. Non sorrideva a quel modo tanto spesso
<< E' probabile. >> Disse respirando il vento fresco che si alzò in quel momento. << Forza, andiamo. >> Disse avanzando verso la vecchia casetta in legno.
Garry osservò la piccola figura della ragazza avvicinarsi alla casa; con quel suo vestitino azzurro lungo fino alle ginocchia, che svolazzava spinto dalla brezza del tramonto, Ib sembrava essere tornata una bambina sia dentro che fuori.
Avvicinandosi alla porta di legno, Ib tirò fuori la vecchia chiave arrugginita dalla tasca del vestito. La osservò con curiosità per alcuni secondi, dando il tempo a Garry di avvicinarsi, prima di infilarla nella toppa e scoprire che funzionava; la chiave girò con fatica, cigolando pesantemente, e nonostante la porta sembrasse essere fragile e scardinata, Garry dovette spingere con tutte le sue forze per poterla aprire.
L'interno della casetta era scarno e malandato; il tempo sembrava essersi fermato lì dentro, come se l'abitazione stesse aspettando il ritorno del suo padrone. Ib fece un passo entrando nella casa, guardandosi intorno piena di meraviglia: nonostante fosse così in rovina, quel luogo le riusciva a suscitare grandi emozioni; lì era dove il suo idolo aveva creato i suoi capolavori, dove aveva dormito, dove la donna di Bevendo nella Notte aveva perso la vita, dove Mary era cresciuta… Non aveva mai pensato che sarebbe arrivata a scoprire tante cose su Guertena.
C'era uno spesso strato di polvere a ricoprire ogni cosa nella piccola abitazione, composta praticamente da una singola stanza, quasi a proteggere e preservare dal tempo tutto quello posto sotto di essa. Garry si avvicinò a un cassettone e soffiò via la polvere, pentendosene subito dopo; tossì voltandosi verso Ib e le chiese cosa stesse cercando.
<< Deve esserci qualcosa… >> Mormorò pensierosa guardandosi intorno. Non aveva ancora toccato niente, quasi timorosa di intaccare lo stato di conservazione di quel luogo.
Garry si guardò intorno disperso. << Cosa? >> Chiese stringendo le spalle. Non era entusiasta di trovarsi lì, ma pensava che non potesse essere pericoloso.
Ib guardò con attenzione il vecchio e polveroso letto da cui erano state portate via le povere coperte, e fece passare lo sguardo da lì fino a uno specchio infranto posto nell'angolo; c'era un cavalletto pesante e dall'aspetto consumato di fronte a questo. Un pennello macchiato pendeva dal cavalletto e accanto a uno dei suoi piedi c'era un secchio di vernice rinsecchita. << Quello era il suo posto di lavoro… >> Mormorò la ragazza. << Accanto alla finestra. >> Il suo sguardo scorse fino alla piccola finestrella dai vetri rotti che irradiava di luce la stanza e il cavalletto in particolare.
<< Lo specchio… >> Mormorò Garry cominciando a capire qualcosa. L'ultima opera di Guertena era stata proprio il suo Autoritratto, per la quale era necessario l'utilizzo di uno specchio – per quanto il viso dell'artista non fosse stato neanche minimamente accennato nell'opera.
Ib sembrò quasi vivere quella scena che si creò nella sua mente: Weiss stava dando l'ultima pennellata al quadro quando, improvvisamente, un improvvisa fitta al cuore lo costringe a piegarsi; l'uomo non capisce cosa succede e cerca supporto per appoggiarsi, ma trova solo lo specchio che colpisce con la mano, prima di dissolversi e sparire, per entrare nel suo mondo, come parte di esso.
Forse non andò come immaginava Ib, forse fu totalmente diversa l'entrata di Weiss Guertena nel suo mondo, ma la ragazza pensò che fosse giusto vederlo così: al lavoro fino alla fine. Si guardò intorno un po' persa e cominciò ad andare avanti e indietro nella stanza. Mise le mani sul letto, quello stesso letto freddo su cui avevano dormito Guertena, sua moglie e sua figlia, rovistò tra i cassetti di un comò, sperando di trovare qualche indizio, ma fu tutto inutile.
<< Perché Weiss mi ha dato questa chiave…? >> Si chiese ansimando quando smise di cercare. Rivolse uno sguardo deluso alla stanza che non sembrava avere niente per lei.
<< Forse voleva solo che tu vedessi il posto dove lavorava. >> Ipotizzò Garry facendo un passo in avanti. << Magari aveva intenzione di farne una sorta di museo… >>
Ib non credeva che l'ipotesi del ragazzo fosse corretta, anche perché l'artista era sempre stato molto riservato e avrebbe voluto essere lasciato in pace, per l'eternità, piuttosto che vedere trasformata in un museo la sua casa. Continuò a guardarsi intorno, aspettando che l'ispirazione la colpisse, proprio come un'artista in cerca di un'idea. E quell'ispirazione arrivò tramutata in una frase: Pensa fuori dagli schemi.
Ancora una volta quella filosofia di vita del Maestro le diede la soluzione a quel rompicapo: doveva cercare qualcosa che normalmente non ci sarebbe stato, avrebbe dovuto cercare qualcosa che non c'era, e non quello che avrebbe potuto esserci!
I suoi occhi si posarono su alcune assi del pavimento scardinate; erano lì quasi come se fossero state posizionate strategicamente. La ragazza si lanciò su di loro e cercò di sollevarle dal terreno, senza risultato. << Garry! >> Chiamò quando si rese conto di non avere la forza necessaria per quel lavoro. << Dammi una mano. >>
Il ragazzo si avvicinò senza fare domande e si piegò accanto a lei. In pochi secondi riuscì a staccare le assi dal pavimento di legno, che in realtà erano molto più resistenti di quanto si aspettasse Ib. Quando ebbe estratto dal pavimento un paio di assi di legno, Garry riuscì a vedere qualcosa che non si sarebbe aspettato di trovare: sotto al pavimento della stanza c'era qualcosa avvolto in un panno bianco.
Ib lo aiutò a staccare altre tavole per allargare il buco e quando poté finalmente tirare fuori da lì quell'oggetto rettangolare sentì una grande pressione su di sé. Il cuore le batteva forte, sudava copiosamente mentre reggeva quella cosa avvolta nel panno; rivolse uno sguardo incerto a Garry per chiedergli se fosse una buona idea scoprirlo e il ragazzo rispose con un rapido cenno serio: erano andati lì per quello.
Ib cominciò a spostare il panno lentamente, timorosa di scoprire qualcosa che non le sarebbe piaciuto; non aveva la più pallida idea di cosa ci fosse lì dentro, ma sapeva solo che in quel momento stava provando una grande paura. Era qualcosa che nessuno aveva mai visto prima, era qualcosa che era appartenuto a Weiss Guertena ed era stato lasciato là dall'artista specificamente perché lei – o qualcuno come lei – lo trovasse.
E la sorpresa fu grande quando scoprì la tela.
Era un dipinto. Un dipinto di quella stanza, con sullo sfondo il cavalletto su cui lavorava il pittore, in alto la finestra che riempiva di luce la scena, e in un angolo quel letto vecchio e polveroso, dall'aspetto un po' più curato di quello attuale. Era la rappresentazione di quella stanza come era quando Guertena ci viveva, e sembrava una casa come tutte le altre, chiunque avrebbe potuto viverci se non fosse stata fatta espressamente per Weiss Guertena: c'erano diversi secchi di vernice che davano un senso di disordine alla stanza e i mucchi di fogli e disegni appesi al muro e riversi per terra facevano capire che solo un uomo come Guertena avrebbe avuto i nervi per vivere lì. Tuttavia la rappresentazione non si fermava a quella stanza: c'erano tre soggetti al centro della scena, fermi, sorridenti, intenti a fissare di fronte a sé, nell'anima di Ib, che rimase spiazzata nel vederli.
C'erano, da sinistra verso destra, La Donna in Rosso, Weiss Guertena, e Mary. La donna era in piedi e teneva una mano sulla spalla del marito, che stretto in mezzo a loro due, stava seduto su una sedia di legno, con i pugni chiusi sulle ginocchia e l'aspetto trasandato, mentre la figlia, accanto a lui, piegava la schiena lateralmente per avvicinarsi un po' di più al padre. La bambina indossava il suo grazioso vestitino verde, mentre la donna aveva il suo solito vestito rosso sangue; l'uomo, infine, indossava una camicia bianca piena di macchie di vernice, con le maniche tirate in su, segno del lavoro inarrestabile. Mary stringeva una rosa gialla tra le mani, e tutti e tre sorridevano all'osservatore di fronte a sé, anche se ognuno in modo diverso: lo sguardo della moglie di Guertena era misterioso, mentre quello della figlia era semplice e genuina simpatia; sull'uomo era dipinta un'espressione di serenità, come se finalmente, dopo numerose e lunghe ricerche, avesse trovato la pace.
Ib sorrise a Garry mentre quello cercava ancora di intravedere qualche altro particolare nell'opera; quando i loro sguardi si incontrarono, il ragazzo seppe cosa volesse dire lei.
Quello era l'ultimo lavoro di Guertena, e alla fine, grazie a loro, i suoi sogni e desideri si erano avverati.

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