Il cuore di un drago

di Mick_ioamoikiwi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


IL CUORE DI UN DRAGO

 

PREFAZIONE
 
La storia di Rivellion, terra magica popolata sia da razze intelligenti, come gli umani, e da altre razze meno intelligenti, come i Goblin, é suddivisa in cinque ere: l’Età dell’Inganno, L' Età dei Dannati, L' Età della Rinascita, L' Età del Caos ed infine L' Età delle Menzogne.
 
Per capire dove inizia la nostra storia bisogna tornare indietro di migliaia di anni, durante l’Età delle Menzogne, nel Ducato di Ferol, un tempo chiamato "Terra dei Due Fiumi".
Sono tempi duri: le ombre del caos, della guerra, del terrore e della pestilenza incombono su Rivellion. La Malvagità si cela ovunque ed é difficile discernere tra bene e male, perché quella che si credeva essere una persona amica in un battito di ciglia potrebbe tramutarsi in un carnefice: il Ducato di Ferol si trova ora sull'orlo di una catastrofe che presto travolgerà ogni cosa: la guerra, causata dall'odio razziale scaturito improvvisamente fra le varie fazioni é ormai imminente; nani, elfi ed umani presto si daranno battaglia, se le cose non cambieranno. Maghi e Streghe stanno già lottando con ferocia ma la progressiva scomparsa dei primi lascia intendere che queste abbiano in serbo qualcosa di veramente terribile per il mondo intero; come se non bastasse anche l'esercito orchesco é sul piede di guerra. Queste sono le piaghe che affliggono senza tregua il mondo e presto lo inghiottiranno, consegnandolo al potere dell'Anello Nero.
Per riportare l’ordine, i membri del Consiglio Dei Sette, si sacrificano in una lotta contro un gruppo di maghi traditori, passati al lato oscuro della magia. Per ricordare il Consiglio Dei Sette, venne fondato L'Ordine Divino, il cui compito era quello di passare la conoscenza dei saggi alle future generazioni.
 
Secoli dopo, il male, sotto forma di Culto dell’Anello nero, si riaffaccia sul mondo di Rivellion, con lo scopo di far rinascer il signore oscuro nel corpo di un infante. L’unica speranza risiede in un'antica profezia tramandata dall’ordine: un divino salvatore nascerà e porterà la pace al mondo delle sette razze. Lucian è il nome del predestinato, eletto dai Sette Dei come loro campione e difensore del Bene, ai cui comandi viene posto un intero ordine di cavalieri, chiamati i Paladini del Divino, i quali, dopo la sua morte, fonderanno l'ordine degli Ammazzadraghi. Egli, dopo estenuanti battaglie e perigliosi viaggi riesce a sconfiggere l’Anello Nero ma non ad impedire che il Dannato si reincarni nel piccolo. Asceso ormai a semi-divinità e conosciuto ai più con l’appellativo di “Divino”, non riesce, per la sua salda moralità, a donare la morte al neonato, e decide così di allevarlo. Gli da il nome di Damian, vivendo, per anni, in tranquillità e felicità. Ma forse non c'è scampo alla predestinazione, ed i sotterfugi dei malvagi sono sempre in agguato. Stavolta la minaccia prende le sembianze di Ygerna, un ragazza incaricata di guadagnarsi la fiducia e l’amore del giovane, cercando di riportarlo sulla via della perdizione. Con il passare del tempo, ed il legame fra i due sempre più forte, i malefici poteri di Damian iniziano piano piano a risvegliarsi. Non passa molto tempo perchè si trovino prove che legano la giovane alle nuove propaggini dell’Anello Nero, e la condanna a morte diventa così l’unica scelta possibile. Ma proprio mentre la sentenza viene eseguita, il Dannato fa la sua comparsa, giurando vendetta al padre adottivo. Seguono anni di guerra, che si rivolsero a favore del Divino, il quale imprigionò Damian ridonando prosperità al popolo. Ma si sa, il male non ha mai fine: durante la sua prigionia il prescelto dalle tenebre cresce in forza e potere, riuscendo nell’impossibile: fuggire dalla roccaforte del Divino. Ricostruì la sua armata e scatenò nuovamente una guerra contro le forze del bene. L’esito della battaglia fu a lungo incerto, ma poi accadde l’impensabile: un cavaliere-drago tradì ed uccise il Divino.
Damian, che aveva ottenuto la sua vendetta, ordinò al suo esercito di ritirarsi: questioni più urgenti lo attendevano.
 
[...] Sono ormai passati diversi anni di pace e serenità: il vasto e affascinante paesaggio, ricco di rovine, testimonia il passaggio delle tante guerre e devastazioni.
A Rivellion, Hannah, un’ammazzadraghi, inizia la propria missione per il completamento del rituale per divenire membro effettivo del proprio ordine.
 
Ed è qui che inizia la nostra storia. O meglio, la storia di Hannah.







Spazio kiwi.
Ho acquistato Divinity II in un game stop all'Auchan a Torino convinta che fosse un normale GDR basato su Dungeons and Dragons.
Oggi mi accorgo che mi da una forte dipendenza, sia per le ambientazioni sia perchè sono in astinenza da D&D ma, detto ciò, passiamo alla storia.
Hannah è un nome a caso che ho deciso di dare al personaggio perchè, quando si inizia una nuova partita, viene richiesto di dare un nome e un aspetto fisico al proprio personaggio (maschio/femmina, taglio dei capelli, ...). Ad esempio nel gioco il personaggio standard fornito inizialmente è Slayer, giovane ragazzo dai capelli biondi, mentre il mio personaggio si chiama Sulfirya ed ha i capelli castani. Quindi vi lascio spazio all'immaginazione, non voglio condizionarvi nell'immaginarvi un certo tipo di ragazza. Accennerò soltanto a qualche caratteristica fisica ogni tanto.

La prefazione è stata frutto di copia e incolla da siti che fornivano la storia di Rivellion insieme a delle ottime recensioni; per citarne qualcuno spaziogames.it, gameback.it, wikipedia e molti altri, mescolando e rimestando anche con parole mie il tutto.

Grazie a tutti quelli che recensiranno <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

 
“Più dritta con quella schiena!”
Era riuscita a parare l’ultimo colpo quasi alla perfezione, quasi perché l’uomo che aveva di fronte era riuscito, lo stesso, a prenderla in pieno stomaco con il suo bastone di legno.
“Se vuoi diventare un’Ammazzadraghi, degna di questo nome, dovrai fare meglio di così.”
La ragazza lo guardò in cagnesco, sembrava una belva inferocita. Sputò un po’ di sangue: cadendo si era tagliata il labbro, dal quale colava, impercettibile, un rigolo di sangue; si rialzò in fretta per schivare un altro colpo: il vecchio era ancora agile nonostante i centodue anni.
“Sono tre ore che non faccio una pausa, come puoi pretendere che io ce la faccia a schivarti come prima?” Si avvicinò a un barile di acqua piovana lasciato vicino alla rastrelliera, le lame degli spadoni e delle asce a doppio manico rilucevano alla luce del sole.
“Lo pretendo, mia cara, perché se fossi uno degli uomini di Damian non ti lascerei di sicuro andare a bere, anzi, probabilmente ti avrei già sferrato un colpo netto alle spalle.” Il vecchio si appoggiò al bastone. “Che il Divino ti protegga, Hannah, tu mi fai dannare.”   
La ragazza si sciacquò il viso e bevve un sorso avido di acqua. Zandalor pretendeva molto, ma non poteva non biasimarlo. Il rituale di iniziazione era una faccenda estremamente importante e delicata, specie perché il capitano Rhode l’aveva presa sotto la sua ala protettrice e deluderla era l’ultimo dei suoi desideri.
“No, hai ragione. Ricominciamo da capo.” Si fasciò le mani con delle bende pulite in modo da non far scivolare il manico della spada.
Zandalor tirò su il manichino da addestramento il quale, dopo qualche parola magica pronunciata dal mago nella lingua degli Antichi, si animò. Hannah allargò le gambe in modo da avere più stabilità e aspettò qualche istante prima di colpire il suo finto avversario.
“Non distogliere mai il contatto visivo, ogni minimo errore può costarti caro.” Il mago orchestrava i movimenti del suo fantoccio in modo esemplare. “E ricordati cosa ti ho detto.”
Hannah seguiva ogni movimento del manichino: ‘Cerca il suo punto debole.’
Le parole del suo addestratore le risuonavano nella testa come una profezia, mancò un attacco e lo vide: il punto debole le oscillava davanti agli occhi, come aveva fatto a non notarlo? Il manichino inciampava ogni volta che tentava un affondo, sarebbe bastata una spinta per mandarlo a gambe all’aria e poi finirlo.
Si abbassò in tempo per schivarlo un’altra volta e, quando fu nel punto giusto, si alzò improvvisamente: il manichino, come previsto, cadde all’indietro; Hannah gli piombò addosso e lo trafisse con la spada, in pochi minuti smise di muoversi e tornò al suo stato iniziale di immobilità.
Zandalor ciondolò per poi sedersi su una delle panche di legno. “Non ho più l’età per certe cose.” In fondo era vero, manipolare i manichini richiedeva comunque una quantità ingente di mana e lui non era più in grado di tenere un certo passo. Hannah gli si sedette davanti, con le gambe incrociate sul battuto di terra. Il vecchio la guardò da dietro gli occhiali. “Vedo che mi hai ascoltato.”  
Hannah si asciugò il sudore dalla fronte. “Non credevo fosse così faticoso quando mi hanno detto che sarei dovuta diventare un’Ammazzadraghi.”
Il mago davanti a lei si aggiustò la veste blu, poi si alzò. “È stata dura anche per il Divino... Adesso vai, per oggi può bastare: domani riprenderemo l’addestramento e dovrai essere al pieno delle tue forze.”
Hannah alzò lo sguardo su di lui. “C’è altro?”
Zandalor meditò un po’ fissando il vuoto. “Il capitano Rhode ti sta aspettando nella sala centrale.”

La ragazza si alzò in piedi e rientrò nella torre che dominava l’intera cittadina di Valle Rotta: vide subito Rhode che conversava animosamente con il capitano delle guardie della città, Rodney.
Hannah tossì per annunciare la sua presenza: i due si zittirono subito e guardarono verso di lei. Rodney fece un inchino.
“Felice di vederti, Ammazzadraghi.”
Rhode si limitò a un cenno del capo. “Non è ancora un Ammazzadraghi ma lo sarà presto.” Sorrise. “Come è andato il primo giorno di addestramento?”
Hannah piegò la testa da un lato e si massaggiò la spalla destra. “Zandalor mi farà tirare le cuoia molto prima che io diventi un membro effettivo. Per il resto non c’è male.”
Rhode sorrise di nuovo, la coda del drago argentato tatuato sulla parte sinistra del viso sembrò animarsi. “Sì, Zandalor può sembrare severo ma è un ottimo insegnante.”
Il capitano delle guardie guardò fuori dalla finestra, il sole era sul punto di tramontare. “Ho fatto preparare una stanza e un bagno caldo per voi. Spero di vedervi a cena insieme a me, al capitano Rhode e alle mie guardie.”
La ragazza fece un mezzo inchino. “Ne sarò onorata, signore.”
“Molto bene.” Rodney fece un fischio, qualche secondo dopo apparve un servo sulla porta. “Accompagna la signorina Hannah nella sua stanza, bada bene che le sia fornito tutto ciò che desidera.” Il servo annuì, rimanendo impassibile.
“Grazie dell’ospitalità, Capitano Rodney.”
“Voi siete una celebrità in questa valle, è un piacere potervi ospitare.”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 



Hannah seguì il servo del capitano Rodney fino alla porta della sua stanza, poi lo lasciò libero di andare a preparare la cena.
Appena entrata avvertì subito il calore del camino acceso; le donne che lavoravano alla torre le avevano lasciato dei vestiti puliti sul letto insieme ad una grossa tinozza piena d’acqua in cui potersi lavare.
Per prima cosa si tolse l’armatura di dosso, cominciava ad avvertire il senso di stanchezza dovuto all’intenso allenamento. Appoggiò i pantaloni sul letto, poi si sedette per slacciarsi gli stivali e la corazza, che cadde sul pavimento con un tonfo sommesso.
Rimase nella tinozza per un bel po’, in modo da lasciare che il suo corpo riprendesse elasticità; aveva già qualche livido nei punti in cui Zandalor l’aveva colpita con il suo bastone: se li toccava gli procuravano abbastanza dolore, ma tutto ciò era nulla in confronto a quello che avrebbero potuto fargli i seguaci del Dannato; non voleva nemmeno pensarci.
 
[...] Quando fuori cominciarono a vedersi le prime stelle in cielo, Hannah uscì dalla tinozza per vestirsi. Sentiva il vociare delle guardie al piano di sotto che, probabilmente, avevano già iniziato a bere qualche boccale di birra proveniente dall’osteria della città.
Rimase una decina di minuti nuda davanti al caminetto, in modo da asciugarsi i capelli e mettere un po’ di lozione sui lividi.
Sentì bussare alla porta, era il servo di prima che le annunciava che la cena era pronta.
Indossò i vestiti che erano stati adagiati sul letto; nulla di così appariscente, erano dei normali abiti civili: una blusa grigia sulla quale strinse un corpetto blu e un paio di pantaloni color cachi. Dopo aver fatto un lungo e profondo respiro, allacciò la spada al fodero, di quei tempi non si poteva mai sapere cosa sarebbe potuto succedere in pochi istanti. Dove diavolo erano finiti gli stivali?
 
Passarono ancora un paio di minuti prima che scendesse al piano di sotto. Arrivò appena in tempo per vedere i servi entrare in sala con le portate della cena: il capitano Rhode e Rodney erano seduti a tavola con l’intero corpo delle guardie. Appena varcò la soglia della porta calò il silenzio, tutti si girarono a guardarla. Rodney si alzò in piedi e fece un inchino. “Benvenuta, Hannah. Siediti accanto a me, al posto d’onore.”
“La ringrazio capitano, ma detesto queste smancerie... rischierei di stare un’intera serata a parlare di tattiche militari. Preferisco sedermi in mezzo a questi uomini e bearmi delle loro conquiste.” Dal tavolo si levò un gran brusio. “Ben detto Ammazzadraghi!”, “Non fossi già impegnato ti farei la corte!”, “Su, vieni a farti una bella bevuta con noi!”. Erano solo alcune delle frasi che le guardie dissero in quel momento. Due uomini si spostarono da un lato, in modo da farla sedere in mezzo a loro.
 
Alcune guardie raccontarono delle  donne che avevano conquistato nei paesi limitrofi durante le missioni.
“Ah, e così vi date un gran bel da fare!” esordì Hannah parlando con uno di loro.
“Puoi ben dirlo!” Rispose questo. “Ma la mia vera donna è qui, a Vallerotta, però lei non mi si fila.”
“Ammazzadraghi, tu che sei una vera donna, dai un consiglio a questo povero uomo che soffre d’amore!” Una delle guardie che le sedevano vicino le appoggiò la mano sulla spalla, indicando, con l’altra, l’uomo con cui aveva appena parlato.
“Potrei elencarti le mille informazioni che ho raccolto negli ultimi tre anni di servizio, ma dell’amore proprio non so nulla.”
Tutti risero eccetto Rhode e Rodney, che stavano parlando tra di loro a bassa voce, tenendo sempre lo sguardo impassibile.
“Tipico di Rhode.” Pensò Hannah, che si stava già immaginando l’argomento della discussione.
La sua attenzione però venne distolta da una giovane guardia con i capelli mori dall’altro lato della tavola; stava fissando il suo boccale di birra vuoto. Non si era accorta di lui perché non aveva ancora aperto bocca e gli altri suoi compagni sembravano non curarsi di lui. Provò un senso di rimorso nei suoi confronti per non avergli ancora parlato.
“Ehi Peavy.” L’uomo al suo fianco si girò verso di lei, era l’unico ancora sobrio o che, per lo meno, riuscisse a reggere un po’ l’alcol. “Chi è il ragazzo laggiù?”
Peavy alzò lo sguardo sull’interessato. “L’ultimo arrivato in caserma.”
“E perché lo lasciate sempre in disparte?”
Prima di parlare, Peavy si scolò mezzo boccale di birra. “Hidan è arrivato qui direttamente dall’Ordo Novus perché ha disobbedito al suo comandante.”
Hannah si girò a guardarlo e con sorpresa vide che lui aveva già lo sguardo posato su di lei ma si girò immediatamente. “Timido il ragazzo.” Pensò, poi guardò Peavy. “E sarebbe un male?”
“Lo teniamo d’occhio appunto per questo. Nessuno disobbedisce al proprio comandante se è un membro dell’Ordo Novus, a meno che non abbia un valido motivo.”
“Glielo avete chiesto?”
“No, è un tipo molto strano. Non parla con nessuno e nessuno vuole averci nulla a che fare.”
Hannah venne distratta da una delle guardie che era appena crollata sul tavolo a dormire, l’alcol cominciava a fare effetto.
“Sinceramente ti consiglio di stargli alla larga, come dice il tenente Louis ‘Di questi tempi non sai mai chi ti sta davanti’.” Buttò giù l’ultimo sorso di birra rimasto nel boccale davanti a lui, mentre Hannah stava già studiando un modo per scoprire chi fosse questo Hidan.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 
 
Rimasero seduti a tavola fino a tarda notte, le guardie si convinsero ad andare a dormire solo quando i servi cominciarono a cambiare le candele che, piano piano, si erano completamente sciolte nei propri contenitori.
Hannah aveva passato l’intera serata a parlare con Peavy, apprendendo molte cose che non conosceva sull’Ordo Novus: questo fu anche uno dei motivi per cui, la sua curiosità nei confronti di Hidan, cresceva a dismisura. Fu quindi una degli ultimi ad abbandonare il tavolo, Rhode e il capitano Rodney si erano congedati molto prima di loro: il giorno dopo sarebbero partiti all’alba per una nuova missione.
Lei e tre guardie rimasero a giocare a dadi ancora per un bel po’, poi la stanchezza la costrinse ad andare a dormire.
Camminando lungo il corridoio notò che quasi tutte le stanze erano state adibite ad alloggi per le guardie: molti di loro provenivano dalle caserme delle grandi città come quella di Aleroth; altri erano semplici volontari. In fondo, Vallerotta era un piccolo villaggio situato in uno spiazzo verdeggiante circondato da montagne; i maggiori pericoli provenivano per lo più da qualche cinghiale che si avvicinava troppo alle case o dai goblin, che si divertivano a spaventare gli ignari viaggiatori.
 
Arrivò davanti alla porta della sua stanza, infilò la chiave ed entrò. L’aria fresca della sera aveva riempito l’intera camera, Hannah non poté fare a meno di rabbrividire; accese alcune candele che erano state appoggiate al tavolo e due delle torce che erano appese alle pareti, in modo da avere abbastanza luce per cambiarsi.
Prima di coricarsi si avvicinò alla finestra per chiudere le imposte; guardando fuori vide una figura scura, seduta su di un grosso masso, intenta a scrivere sopra un libro. Tentò di capire chi fosse, poi vide lo stemma dell’Ordo Novus sopra la corazza argentea. «Hidan.» Mormorò. Il ragazzo sembrò averla sentita perché giro, di qualche centimetro, la testa verso di lei. «È questo che vi insegnano all’accademia degli Ammazzadraghi?»
«Come, scusa?» Hannah impallidì. La prima cosa che le venne in mente fu il viso arrabbiato di Zandalor che la rimproverava per essersi fatta scoprire come una pivellina.
«Vi insegnano a farvi scoprire oppure sei tu ad essere un’incapace?» Il ragazzo richiuse il libro, riponendo penna e inchiostro dentro un astuccio in feltro per poi alzarsi in piedi.
«Non ti stavo propriamente spiando.» Tentò di giustificarsi Hannah. «È stato un caso.»
Il ragazzo si girò verso di lei: sembrava avesse gli occhi neri come la pece, se visti alla luce della luna. Le fecero venire la nostalgia, anche lei li aveva di quel colore. Uno dei tanti cambiamenti fisici che aveva dovuto subire prima di divenire membro degli Ammazzadraghi erano proprio gli occhi che, adesso, erano bianchi e vuoti.
«Allora vedi di prendere sul serio il tuo addestramento, non come stai facendo adesso.»
Hannah rimase impietrita. In accademia l’avevano sempre trattata, tutti, come se fosse lei a capo dell’ordine, le avevano sempre dovuto il rispetto che meritava; Hidan invece sembrava non curarsi della posizione che lei ricopriva in quel momento.
«Ascoltami bene, io non pretendo molto ma esigo un minimo di rispetto, all’Ordo Novus ve lo insegnano?»
Hidan rimase immobile. «All’Ordo Novus ci insegnano a portare rispetto soltanto a chi se ne dimostra degno. In questo momento tu non ne sei degna.» Alzò l’angolo destro della bocca in una specie di sogghigno. «Ora, se vuoi scusarmi, vado a dormire. Ci vediamo, aranel
Hannah, stizzita, chiuse le imposte senza rivolgergli più la parola. Si buttò sul letto, addormentandosi quasi subito.
 
La mattina arrivò più presto del previsto, il sole era appena spuntato nel cielo quando Hannah si svegliò: le articolazioni erano decisamente più doloranti del giorno prima.
Si massaggiò le spalle, non aveva dormito neanche un granché perché continuava ad avere dei sogni inquietanti che la svegliavano di soprassalto nel cuore della notte.
Alcune donne le portarono in stanza il necessario per fare colazione; «Non mi fa mancare proprio niente.» Pensò, riferendosi al capitano Rodney.
Buttò giù qualche sorso di latte e qualche pezzo di pane aromatizzato poi si sbrigò a vestirsi, Zandalor odiava i ritardatari. Scese di corsa nel cortile adibito ad arena di addestramento per le guardie: il mago era già lì che la aspettava, intagliando un ramoscello.
«Eccomi.» Esordì, tentando di non pensare ai brutti sogni che aveva fatto.
Il mago alzò lo sguardo su di lei. «Avverto un’aura irrequieta su di te.» Zandalor la fissava da dietro gli occhiali. «Qualcosa non va?»
«Nulla, maestro.» Sperò con tutta se stessa che il mago non potesse vedere nei suoi sogni più nascosti.
«Hannah, la telepatia sarà anche un dono riservato al popolo degli Antichi e a voi Ammazzadraghi ma, fino a prova contraria, sono stato io a insegnare a Isobel e a chi c’era prima di lei, come si usa questo potere.»
La ragazza sospirò. «Ho soltanto avuto un incubo.» Cercò di scacciare dalla mente l’immagine di quell’uomo che aveva i suoi stessi occhi. «Ti prego, continuiamo con l’allenamento. Ho bisogno di liberare la mente.»
Zandalor sorrise. «D’accordo, ragazza mia. Vieni, cerchiamo un posto tranquillo.» Hannah prese la sua spada dalla rastrelliera, i servi l’avevano lucidata a dovere dopo gli allenamenti del giorno prima e adesso sembrava come nuova. Oltrepassarono le mura della città tenute d’occhio dalle guardie: la ragazza ne salutò qualcuno ma, in realtà, si ricordava poco della sera prima perché i ragazzi le avevano offerto qualche bicchiere di birra di troppo; dall’altra parte, invece, riceveva molti saluti e ringraziamenti da parte degli abitanti, come aveva potuto constatare lei stessa le voci correvano velocemente per tutta la regione, a partire dalla capitale Aleroth fino ai sobborghi come Valle Rotta.
«Hannah non farmi diventare vecchio.»
La voce del vecchio mago la riportò alla realtà: gli corse in contro, dall’altra parte del fiumiciattolo che scorreva appena fuori dalle mura.
«Niente manichini?» Disse Hannah, ironicamente.
«Credo che la lezione di ieri ti sia stata di aiuto, dopotutto sei stata per mesi la prima della classe all’accademia. Non ti occorreranno più di tanto i miei insegnamenti sul combattimento corpo a corpo, sei già a un buon livello.»
La ragazza piegò la testa su un lato, per simulare un inchino. «Lo prenderò come un complimento.»
«Bene, da ora in poi sarà meglio lavorare sugli incantesimi. Ti potranno essere più utili in futuro, di certo non qui a Valle Rotta.»
Mentre parlava tracciò, nella terra morbida, un cerchio quasi perfetto con all’interno un pentacolo, servendosi del bastone; per ogni punta disegnò un simbolo diverso. Hannah lo osservava, curiosa di sapere a cosa servisse. Zandalor cominciò a camminare su e giù, pensando a come iniziare il discorso complesso che avrebbe dovuto affrontare.
«Ogni essere vivente, qui a Rivellion, possiede dentro di sé un’energia spirituale, proveniente dalla terra, dall’acqua, dalle piante... un’energia potente e nascosta di cui soltanto poche razze possono farne un saggio uso: essa è il mana.» Indicò il primo simbolo inciso nella stella. «Il mana controlla gli altri quattro elementi che governano il cosmo: acqua, terra, fuoco e aria.» Indicò gli altri quattro simboli. «Il mio compito è quelli di insegnarti ad usare questa forza e a padroneggiarla, in modo da fare di te una vera Ammazzadraghi.»
«Ma io non ho mai usato questa energia, né sapevo di averla! Come potrei-»
«Allenamento, figliola! E concentrazione, costanza, impegno mentale. Sono queste cose che distinguono i nostri cadetti dai normali soldati dell’Ordo Novus... gli Ammazzadraghi hanno servito e protetto i sudditi del Divino per anni senza l’aiuto delle guardie reali.»
Hannah impallidì: non era questo a cui pensava quando si era arruolata nelle fila dell’Esercito Reale: era stata scelta per l’Accademia per puro caso e ora doveva addirittura combattere il nemico da sola: Damian l’avrebbe spiaccicata come una normale blatta delle prigioni. Zandalor le puntò il bastone a pochi centimetri dal mento. «Nel cerchio. Muoviti.»
Hannah obbedì ma, appena oltrepassata la linea disegnata per terra, si sentì percorrere da uno strano brivido freddo. Il mago diede tre colpi col bastone per terra e, come per magia, le linee per terra si illuminarono di una strana luce violacea. «Cosa diamine-» Sentì il corpo estremamente leggero e fragile ma, in fondo, sapeva di essere diversa da prima.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 

Il corpo della ragazza, che fino a qualche minuto prima era freddo e leggero divenne, in una frazione di secondo, caldo e pesante. Zandalor aveva chiuso gli occhi e stava recitando a voce bassa lunghe formule di magia nella lingua degli Antichi, mentre i simboli disegnati nella terra si illuminavano a turno della stessa luce violacea che circondava Hannah: il simbolo dell’aria si era spento nello stesso istante in cui si era acceso quello del fuoco. Pochi minuti dopo toccò a quelli dell’acqua e della terra.
Terminati i quattro elementi magici, la ragazza sentì il corpo rilassarsi del tutto, come se fosse stato svuotato della sua stessa anima. Anche il vecchio mago aveva terminato la prima parte del rituale. «Come ti senti?»
«Bene, direi.» Hannah scrollò le spalle, non era abituata a stare ferma molto a lungo, di solito le sue giornate erano piene di movimento: quando non si allenava faceva la ronda lungo la valle e, di tanto in tanto, dava una lezione ai goblin che si avvicinavano troppo alle mura della città, spesso e volentieri lo faceva dietro compenso di qualche guardia troppo pigra oppure veniva incaricata da un certo Richard, che ricavava profitti maggiori rivendendo i cuori di goblin ai negromanti di Aleroth.
«Ottimo! Adesso, mia cara, concentrati: devi liberare la mente da ogni pensiero. Il mana deve essere l’unica cosa presente nella tua testa.»
Hannah chiuse gli occhi, si concentrò solo sul suo corpo e sulla sua mente, scacciando ogni immagine e conversazione avuta durante la mattinata. «Sono pronta.»
Zandalor annuì, silenzioso. Sollevò il bastone sopra la sua testa e fece un cerchio nell’aria: la luce violacea, che prima era sparita, ritornò a circondare la sua allieva poi, come era successo per i quattro elementi, anche il simbolo del mana si illuminò ma, questa volta, con più intensità. La luce, proveniente dalla terra, avvolse il corpo della ragazza, depositandosi sul suo seno destro all’altezza del cuore. Hannah, che durante la seconda fase del rituale sembrava essere entrata in una fase di dormiveglia, ebbe un sussulto: il cuore le batteva all’impazzata e ogni movimento che faceva le procurava uno strano formicolio. Cadde a terra carponi, piccole gocce di sudore le colavano dalla fronte lungo tutto il viso per poi precipitare sui fili d’erba. Si guardò le mani, chiudendole e riaprendole come se fosse la prima volta che le riutilizzava dopo una lunga convalescenza: il formicolio stava svanendo poco alla volta. «Cos’è successo?» Chiese quasi spaventata.
Zandalor, che stava in piedi davanti a lei, si era appoggiato al bastone con tutto il peso e parlottava con se stesso. «Dopo tutti questi anni...» Poi tacque, come se avesse trovato la soluzione a tutti i suoi problemi. Quando vide la ragazza a terra che lo guardava in cerca di spiegazioni le sorrise, quasi con tenerezza. «Non ti preoccupare Hannah. Hai superato il rituale alla perfezione.»
La ragazza ricambiò il sorriso. «Ne sono felice, maestro.» Tolse la polvere dai pantaloni con una manata. «Qual è la prossima mossa?»
Zandalor aprì la mano destra e, dopo pochi secondi, si formò una sfera di fuoco. «L’esercizio.» La sfera svanì in una nuvola di fumo. «Ma ora sarà meglio andare a mangiare qualcosa. Il mana richiede molta energia per essere manipolato.»
[...] La sala adibita a mensa non sembrava neanche la stessa della sera prima: tutte le guardie erano di ronda lungo le mura mentre i pochi seguaci che Rhode si era portata dietro erano stati mandati in missione lungo il fiume, al di là delle montagne che facevano da scudo a Valle Rotta. Le uniche anime che rimanevano dentro la torre erano quelle dei servi che andavano su e giù per tutto l’edificio a sbrigare le faccende domestiche. Zandalor e Hannah si rivolsero ad alcuni di loro solo per ricevere un po’ di cibo da portarsi dietro: in tempi bui come quelli potevano permettersi solo qualche pezzo di pane e formaggio, accompagnati da una bottiglia di vino... l’acqua l’avrebbero presa al fiume.
Quando il vecchio mago congedò la sua allieva per riposarsi, Hannah prese la sua razione di cibo e corse fuori dalle mura, arrampicandosi sopra la torretta di guardia che gli abitanti della città avevano costruito anni prima. Da lassù poteva ammirare buona parte della vallata, grazie ai suoi nuovi occhi riusciva a vedere più lontano degli altri: poco distante dalla città c’era la fattoria dei Jackson, i due proprietari erano marito e moglie con problemi matrimoniali. Ad Hannah non era mai venuto in mente di sposarsi e quei due gli avevano tolto ogni dubbio dalla testa: non lo avrebbe mai fatto. Spostò poi lo sguardo più avanti: dopo il fiume, al fondo della valle, spiccava una vecchia chiesa diroccata, i goblin avevano saputo rimetterne in piedi una parte ed ora faceva parte integrante del loro piccolo villaggio di tende. Li aveva sempre trovati buffi e al contempo divertenti ma, per la maggior parte dei casi, erano estremamente fastidiosi.
«Non capisco perché Damian voglia distruggere tutto questo.»
«Per amore.»
Hannah sobbalzò, girandosi verso l’albero che aveva alla sua destra: nascosto tra i rami e appoggiato al tronco c’era il ragazzo con cui aveva parlato la sera precedente, prima di andare a letto.  «Una volta mi diceste che non stava bene spiare le persone.»
«Non direi spiare, aranel, sono qui da prima che arrivaste voi.»
La ragazza si appoggiò al parapetto della torretta, tenendo le braccia incrociate. «In questo caso vi porgo le mie scuse.»
Hidan saltò giù dal ramo sul quale era seduto per atterrare in piedi sulla torretta, visto da vicino sembrava ancora più affascinante e misterioso.
«Basta con queste smancerie d’alta corte.» Il tono della voce risultò quasi lapidario a pochi centimetri di distanza. Il ragazzo si spostò un ciuffo di capelli dalla fronte. «Sei un soldato, no?»
«I-io...» Il loro discorso venne interrotto dall’arrivo di uno dei seguaci di Rhode che correva a perdifiato in direzione della città. Hannah lo riconobbe quasi subito perché era stato suo compagno di corso all’accademia degli Ammazzadraghi: Gunther.
«Sembra di fretta il tuo amico.»
Hannah si limitò a un piccolo cenno del capo e continuò a guardarlo correre: aveva uno strano sorriso in faccia. Appena oltrepassate le mura di cinta si infilò nella torre, probabilmente alla ricerca del capitano Rodney. «Chissà cosa sarà successo.»
«A giudicare dal sorriso che aveva in faccia direi qualcosa di buono.» Più parlava e più Hannah sentiva che in realtà non era così arrogante come voleva far credere. Lo guardò di sbieco, lui teneva gli occhi fissi sull’orizzonte, in un punto impreciso a metà delle montagne.
«E così ti hanno spedito qui dall’Ordo Novus.»
Hidan sogghignò. «Non sei nella condizione di porre domande.»
«Ho il diritto di sapere con chi sto parlando, gli Ammazzadraghi conoscono tutto del popolo degli Antichi proprio per non essere presi alla sprovvista.»
«Complimenti aranel, vedo che abbiamo fatto i compiti.» Si passò una mano tra i capelli. «Sono finito qui per volere del mio comandante. Ho disubbidito a un suo ordine.»
Hannah rimase pensierosa, aveva sempre sentito solo delle voci che giravano sulla sua caserma: si diceva che si praticassero allenamenti estenuanti e pericolosi ma, soprattutto, che i cadetti fossero addestrati a uccidere. Non a caso i membri dell’Ordo Novus erano spesso incaricati dai Signori locali per compiere missioni pericolose; nel peggiore dei casi quelli che venivano espulsi si facevano pagare per compiere omicidi su commissione.
«Suppongo tu avessi una buona ragione per disubbidire.»
«Lo credevo anche io... la prima cosa che ti insegnano all’Accademia è “Mors exorabit pro omnibus peccatis suis” e il mio comandante esige che questa regola venga rispettata parola per parola.»
Hannah rabbrividì. La morte non la spaventava ma c’erano alcune cose che la mandavano in bestia e uccidere per espiare i peccati rientrava perfettamente in quest’ultime. «E cosa ti hanno chiesto?»
«Di uccidere mio fratello.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
 
 
Hannah era sbiancata: lei non rammentava niente della sua famiglia, non ricordava neanche se avesse avuto dei fratelli o delle sorelle. Sapeva solo di essere morta e di essere stata riportata in vita per mezzo degli Ammazzadraghi. Forse in quel momento qualche fratello stava piangendo sulla sua tomba senza neanche sapere che lei era viva e senza ricordi. «Perché  mai ti avrebbero chiesto una cosa simile?!»
«Quando disubbidisci a un ordine devi pagare con la morte. All’Ordo Novus ti insegnano che tutti possono essere dei nemici e quindi devi uccidere senza pietà chiunque ti si pari davanti, indipendentemente che essi siano uomini, donne, bambini, fratelli, padri, madri, sorelle, figli... tutti possono ucciderti.»
La ragazza deglutì, aveva ucciso centinaia di persone e creature magiche nel corso della sua vita. Quanti di loro erano stati figli? Quanti fratelli? Le si formò un nodo allo stomaco, stava rimettendo in discussione tutto ciò in cui aveva creduto e forse era più giusto smettere, sia con il rituale che con l’accademia degli Ammazzadraghi, Rhode avrebbe capito.
«Mio fratello voleva smettere con l’accademia, non riusciva a tenere duro come me, lui neanche voleva andarci in quel posto. Un giorno si è ribellato al nostro comandante perché dovevamo prendere ogni figlio maschio della città in cui eravamo in missione e portarlo in caserma, dove sarebbe stato addestrato.» Strinse i pugni sul parapetto. «Quando si è rifiutato, un nostro compagno lo ha aggredito e mio fratello si è difeso, uccidendolo. Il nostro comandante lo ha afferrato per un polso, storcendoglielo e spezzandolo, lo ha portato in mezzo al nostro accampamento dicendomi che doveva espiare il proprio peccato... mi gettò la sua spada ai piedi. Ricordo gli occhi di mio fratello che mi supplicavano di aiutarlo.»
Hannah ascoltava, impietrita di fronte a tutta quella crudeltà. Avrebbe dato di stomaco da un momento all’altro e sarebbe scappata di certo per piangere, dove nessuno l’avrebbe vista.
«Ho gettato la mia spada accanto a quella di mio fratello. Tentai di oppormi con tutto me stesso ma non avrei comunque cambiato nulla, se non avessi ucciso mio fratello  avrebbero ucciso prima me e poi sarebbe comunque toccato a lui.» Hidan aveva gli occhi lucidi e fu costretto ad abbassare lo sguardo sul fiume che scorreva tranquillo per non piangere. «Mi ha sorriso, probabilmente aveva capito che non sarebbe cambiato nulla...» Strinse i pugni fino a che le nocche non divennero bianche. «È morto tra le mie braccia pochi minuti dopo.»
Hannah rimase in silenzio. Le erano passate in testa migliaia di parole per dirgli che piangere i morti avrebbe soltanto arricchito il suo cuore di odio o che suo fratello ora era felice da qualche altra parte, che il Divino si sarebbe preso cura di lui sicuramente. No, qualsiasi cosa avesse detto avrebbe provocato nel ragazzo solo dolore, come rigirare un coltello rovente in una ferita infettata. Si fermarono entrambi a guardare il sole che stava lentamente scendendo dietro il picco più alto delle montagne: erano quasi le tre del pomeriggio.
Hannah appoggiò la sua mano su quella di Hidan. «Non è stata colpa tua, tuo fratello lo aveva capito.»
Hidan accennò un sorriso ma era evidente il dolore che provava in quel momento. «Vorrei solo dirgli che mi dispiace.»
«Lui lo sa già.» Erano pochi quelli che erano a conoscenza del fatto che gli Ammazzadraghi potessero vedere lo spirito dei morti. Hidan ne aveva uno che si portava dietro senza saperlo ma si trattava per lo più di un alone che emanava una fioca luce bianca.
«Come fai ad esserne certa?»
Hannah ostentò  un sorriso di conforto. «Ti ha sorriso poco prima di morire, sapeva che avevi tentato di salvarlo.» Guardò il ragazzo che aveva di fronte a sé: gli occhi scuri la fissavano tristi, sentì di nuovo quel senso di nostalgia che tanto l’aveva affascinata la sera prima ma cerco di concentrarsi sui movimenti del viso. Hidan sorrise.
«Mi stupisci sempre di più, aranel, ma ti devo soprattutto delle scuse.»
«Non ce n’è bisogno.» Hannah guardò in basso e vide il sacco di tela del pranzo che ancora era pieno di cibo, Zandalor sarebbe passato a chiamarla da un momento all’altro e lei non aveva ancora pranzato. In quello stesso istante sentì il suono di una campana, probabilmente quella della chiesa di Valle Rotta.
Hidan guardò in quella direzione poi puntò gli occhi sul cielo. «Devo andare.» Si tirò su in piedi, mentre Hannah lo guardava pensierosa. «Tra poco inizia il mio turno di guardia... ci vediamo in giro, aranel.» Fece un mezzo inchino poi scivolo giù, lungo la gracile scala a pioli appoggiata alla torretta di guardia.
Hannah lo guardò allontanarsi mentre attraversava il ponticello che collegava le due sponde del fiume. “Come può un uomo sopportare tutto questo dolore?” Pensò mentre tirava fuori dalla borsa una delle pagnotte di pane aromatizzato alle erbe e la fiasca di vino.
 
Hannah finì il suo pranzo in fretta perché il suo stomaco non smetteva più di emettere strani borbottii ma, alla fine, passò una buona mezz’ora prima che il suo maestro passasse a chiamarla: il sole si era già inabissato dietro il picco più alto quando lo vide attraversare il ponte a grandi passi, esattamente come aveva fatto Hidan un’ora prima.
Quando Zandalor fu sotto la torretta, Hannah scivolò giù lungo la scala, procurandosi tanti piccoli taglietti sulle mani ricoperte di placche callose, dovute per lo più agli allenamenti con la spada.
«Spero ti sia riposata a sufficienza, mia cara.»
La ragazza annuì soffiando, le mani cominciavano a bruciarle. «Sì... mentre pranzavo ho incontrato-»
«Lo so.»
Hannah assunse un’espressione corrucciata. «Lo sai?»
«Sì, l’ho sentito parlare di te con una delle guardie sul ballatoio della torre.»
A queste parole l’allieva arrossì. «S-sul serio? E cosa stava dicendo?»
Zandalor sorrise dolcemente ma appena Hannah abbassò la guardia le diede il bastone in testa. «Zucca vuota di un’ammazzadraghi, niente distrazioni al momento! Un uomo di cui innamorarsi è la peggiore delle sventure che ti possono capitare.»
Hannah poté solamente coprirsi la testa dopo la botta, massaggiando il punto in cui era stata colpita. «Ahi! Non c’era bisogno di darmelo in testa... so obbedire agli ordini.»
«Lo so, ma è sempre meglio ricordare quali sono le nostre priorità e tu, mia cara, sei la nostra priorità. La priorità di tutta Rivellion.»
«Sì, lo so, non ripetermelo...» Fece qualche passo verso il fiume. «Avanti, facciamo questi esercizi.»
Zandalor si appoggiò al bastone, annuendo con la testa. «Vieni.» L’uomo si incamminò in direzione della vecchia chiesa diroccata. Hannah guardò verso le mura, cercando con lo sguardo Hidan, ma il suo maestro la stava già chiamando a voce alta, era meglio non farlo esasperare. «Maestro... posso porle una domanda?»
L’uomo assunse un’espressione accigliata. «Dimmi.»
«Damian, fa tutto questo per amore?»
Zandalor si fermò di colpo, aggrappandosi al bastone. «Mi sorprende che tu mi abbia fatto questa domanda.» La sua espressione divenne seria e cupa. «Non c’è mai stato amore dietro le sue azioni ma solo un sentimento carico di vendetta nei confronti di suo padre. Ora che il Divino è morto, a Damian resta solo il  desiderio di morte e di potere.»
Hannah non sembrava del tutto convinta. «Maestro, con tutto il dovuto rispetto. So quando ho ragione, Damian è spinto dall’amore, ma non so per cosa o per chi.»
Il vecchio si fermò, sospirando. «Il Divino è stato buono con lui, lo ha allevato come un figlio e Damiam, per ripagarlo, lo ha tradito per una donna. Non c’è null’altro da dire.»
Hannah tacque, non era quella la risposta che voleva sentire.

 

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