I numero sei

di Valentinahobbit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***



Capitolo 1
*** I ***


I

Entrò in quel liceo, il liceo che sognava sin da quando ne aveva conosciuto l'esistenza, sin da quando aveva letto manga e visto dei film che mettevano in risalto quanto fosse bella la vita dei liceali. I suoi capelli erano lunghi, perfettamente stirati e fluenti. Il suo trucco era preciso, senza sbavature o eccessi scomodi, fondotinta perfettamente steso, eyeliner dritto, ciglia lunghe e sopracciglia ben definite. Fianchi perfetti, neanche un chilo di troppo, abiti firmati e un'altezza che slanciava delle gambe a dir poco perfette. Ragazzine della sua età, molto più brutte di lei, la osservavano con la luce e l'invidia nello sguardo. Le dicevano che volevano essere come lei e lei rispondeva con un sorriso ampio e splendente, fatto di denti dritti e bianchi come pochi. I ragazzi facevano commenti su di lei e litigavano tra loro per avere tra le mani quel bel bocconcino dalle guance rosee. Gli anni a seguire in quel liceo sarebbero stati perfetti se solo quella mattina non avesse suonato la sveglia. Spalancò gli occhi e dopo averli strofinati fino a renderli rossi, spostò il lenzuolo e si sedette a lato del letto sbadigliando. Il pigiama le stava stretto, si era ripromessa che quest'estate prima di iniziare il liceo sarebbe riuscita a perdere qualche chilo ma non ci era riuscita e si era stancata dopo una sola settimana di “sforzi” con stuzzichini notturni. Si alzò e si mise davanti allo specchio, accese la luce e guardò con stupore ciò che era riflesso. Mise una mano tra i capelli arruffati e sospirò con gli occhi lucidi, poi disse -Sono un mostro-.

Fece un sorriso forzato e uscì dalla stanzetta. In cucina si stava svolgendo un'allegra colazione di famiglia alla quale la ragazza fece a meno di unirsi, la madre e il padre con in mano una tazzina di espresso caldo e la sorella che spalmava marmellata sulle fette biscottate. Andò dritta a farsi una doccia calda, mise sul letto dei jeans nuovi, una felpa verde scuro come i suoi occhi e una maglietta bianca da metterci sotto. Levò l'etichetta dai pantaloni e li infilò saltellando e canticchiando -I lost my way oh baby, this stray heart… went to another… Can you recover baby?- cadde con il sedere sul pavimento gelido, la sorella infastidita da tutto quel baccano aprì la porta e la vide sul pavimento con la faccia di chi si è fatto male ma non vuole ammetterlo per nulla al mondo -Non cambierai mai, Nicole-.

Finì di prepararsi e per niente soddisfatta del risultato si avviò verso il portone e partì verso il suo primo giorno da liceale.

 

Nello stesso tempo, in una realtà completamente diversa, altri tre ragazzi si preparavano a questa esperienza. Un giovanotto dai capelli rossi, passava le sue ore davanti allo specchio pettinando la morbida capigliatura e aggiustando la camicia perfettamente stirata e pulita. Poi si fermava e guardandosi con uno sguardo che a lui sembrava attraente diceva -Ti va di uscire? Sei davvero bellissimo!- in seguito udì una voce su per le scale -Francesco, farai tardi!-. Un accento sudamericano lo chiamava, Gracia. Gracia lavorava per la famiglia Lombardo come cameriera da quando era nato Francesco. Quattordici anni di servizio, ormai faceva parte della famiglia anche se il signor Lombardo continuava a trattarla come una schiava. La sua pelle esotica e le mani rovinate dal troppo lavoro, i capelli scuri sempre raccolti e gli occhi neri e profondi, il volto affaticato e il sudore sulla fronte anche d'inverno. Aveva allevato Francesco come un figlio e forse lui voleva più bene a lei che a sua madre. Quest'ultima era troppo impegnata con la sua carriera per pensare a suo figlio, così come suo padre che di lui si era dimenticato. I suoi genitori si ricordavano di lui solo per rimproverarlo.

Baciò lo specchio e scese giù per le scale anche lui cantando -Everything that I want… I want from you... but I just can't have you-. Ad attenderlo nella sala da pranzo c'era una tavola imbandita di frutti e dolci di ogni tipo, Gracia aveva preparato tutto con cura, preso i croissant dal bar e lucidato la frutta in modo da far venire l'acquolina in bocca a chiunque. Tutto quel ben di Dio stava lì e lo si poteva mangiare anche solo con gli occhi. Il signor Lombardo stava seduto a capotavola con in mano il quotidiano, controllava la borsa mentre la signora Lombardo mangiava il suo cornetto integrale con tanto di tè verde.

-Buongiorno Francesco, accomodati- gli disse il padre scostando per un secondo il giornale dal viso, i suoi occhi azzurri e penetranti gli squarciarono l'anima. Il ragazzo si sedette, addentò un croissant al cioccolato e fece un sorriso forzato alla madre che non lo guardò neanche. Dal salone Gracia guardò il ragazzo tutto a disagio come se fosse in mezzo a due estranei.

-Io vado, non ho molta fame- disse il ragazzo dai capelli rossi.

-Vai? Ti accompagno io in macchina-

-No, grazie… Vado a piedi come al solito così passo a prendere…- le parole gli si bloccarono in gola, non lo disse, guardò il pavimento impaurito per l'errore appena commesso, magari suo padre non ci aveva fatto caso, magari non aveva capito, magari…

-Dustacci? Passi a prendere Simone?- disse il padre guardandolo dritto negli occhi, con quello sguardo da nazista.

-Ascoltami Francesco, te lo dirò per l'ultima volta, non ne farò mai più parola. Tu sei il primogenito e unico erede della famiglia che governa questa misera cittadina di gente inutile. Il tuo amico Simone non è inutile, è il figlio di una famiglia che supera i limiti dell'inutilità e del degrado. Ti rendi conto che non potete essere amici? Ci sono tanti ragazzi ricchi in questa città, non quanto te ma ci sono. Nancini per esempio ha un figlio della tua età… Come si chiama quel ragazzo?-

-Paolo- disse senza sentimento.

-Ecco, Paolo! Quella gente dovresti frequentare, non quello scarto, quell'abominio-

Francesco neanche rispose, prese lo zaino dallo studio e uscì dalla villa a passo fiero e convinto sotto le urla e i rimproveri di suo padre.

Simone era ancora nel letto nonostante l'orario, i suoi occhi erano aperti e il suo sguardo afflitto era rivolto al soffitto, nessuna voglia di respirare.

L'appartamento in cui viveva era disordinato, cataste di oggetti sovrastavano negli angoli più bui della casa e i piatti ancora sporchi stavano nel lavello mentre una ragazzina con i capelli raccolti li lavava. Non era una ragazzina, era una bambina, aveva undici anni su per giù ma sembrava esperta in quanto a pulizie di ogni tipo. Il frigorifero era vuoto, nessun quadro, nessuna foto, nessun ricordo. La mente del ragazzo steso sul letto era uguale allo scenario dell'appartamento. Non ricordava l'ultima volta in cui aveva visto sua madre pulire quelle piccole stanze e non ricordava neppure quand'era stata l'ultima volta in cui gli aveva detto di portare fuori l'immondizia. Simone si morse le labbra, toccò il suo piercing freddo e dolorante si girò nel letto cercando di addormentarsi per far si che quel mondo non lo disturbasse più del dovuto. Si aprì la porta della sua stanza ed entrò un esserino dai lunghi capelli biondi, la stessa ragazzina che fino a qualche minuto fa stava pulendo i piatti nel lavello. Elisa era la sua sorella più piccola, era una bambina esile come un filo d'erba, dalla carnagione bianca come il latte e due occhi azzurri azzurri che sbucavano in mezzo ad un groviglio di lentiggini che decoravano un nasino piccolo e all'insù. La ragazzina scostò i capelli neri del fratello in modo delicato

-Alzati, dobbiamo andare e Fra' passa tra poco-

Simone annuì e senza nessuna voglia di farlo si alzò dal letto. Simone era pallido quanto la sorella e aveva due intensi occhi azzurri con delle ciglia lunghe, i suoi capelli erano neri come pochi, un nero intenso come le sue pupille che spiccavano al centro di quegli occhi color gelo. Si mise una maglia nera e un paio di vecchi jeans.

I due fratelli uscirono dall'appartamento e vennero intravisti dal portinaio che fermò Simone -Simone, quando avete intenzione di pagare l'affitto?-

il ragazzo non lo guardò neanche e continuò a camminare guardando il pavimento mentre Elisa guardava impotente gli occhi del portinaio.

-Sempre il solito, non cambi mai- .

Usciti dal portone videro Francesco spalle al muro che mentre stava appoggiato alla parete teneva in mano il suo smartphone di ultima generazione. Indossava una maglia bianca con sopra una camicia nera aperta su di essa, nel vederlo Elisa avvampò. Simone gli fece una smorfia piuttosto schifata e gli disse -Ma come ti sei vestito?- la voce di Simone era calda e roca.

-Pensa a te piuttosto, non rimorchierai vestito così!-

-Rimorchiare? Non mi interessano le ragazze- Elisa smise di ridacchiare e Francesco si allontanò di un passo.

-Ditemi che non avete capito ciò che io penso che voi abbiate capito- disse Simone seccato. I ragazzi risero e iniziarono a camminare, Elisa andò alla scuola media “G. Pascoli” e i due amici si avviarono con il vento tra i capelli verso il liceo, i loro pensieri, le loro speranze e le loro ambizioni volarono via con la brezza di quel mattino di settembre.

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Capitolo 2
*** II ***


II
Varcarono il cancello tutti e tre contemporaneamente ma nessuno di loro ci fece caso. Una folla immensa di studenti, una folla immensa di adolescenti in foga che aspettavano il suonare della campanella. Erano tutti uguali, nessuna differenza tra di loro. Le ragazzine quasi tutte magre, truccate così tanto da sembrare una la copia dell'altra, con i loro lunghi capelli piastrati dalle punte bruciacchiate e i loro vestiti dai colori appariscenti, le dita sempre tra le ciocche e gli sguardi offuscati dalle mille sciocchezze delle quali si riempivano. I ragazzi tutti esattamente identici, Nicole si guardava intorno spaesata, non capiva più nulla, gli sembravano tutti così diversi da lei e tutti così impantanati in una sorta di sistema che li costringeva a vivere le stesse vite all'infinito. Prese in mano il telefono dalla tasca e controllò l'orario, mancavano due minuti. Si sentì di colpo osservata e si girò di scatto, degli occhi azzurri tra la folla.

 

-Quante belle gnocche- disse Francesco passando la lingua sotto i denti com'era solito fare.

-Trovati qualcuna dai, non puoi passare la tua vita da solo… Simone?-

Il ragazzo stava di spalle a lui e guardava dritto a destra. In tutta quella folla il suo sguardo era riuscito a mettere a fuoco una sola cosa, la più bella lì presente, la più diversa, la più rara.

Suonò la campanella.

Francesco strinse Simone da un braccio e lo strattonò fino alla porta della classe, sembrava l'unico entusiasta di trovarsi lì in quel momento.

-Voglio i posti migliori, quelli in fondo. Quindi tu adesso stai qui, fermo e io prendo di corsa gli ultimi posti a destra vicino alla finestra, arrivato ti chiamo e tu mi raggiungi, ci siamo capiti?- lo sguardo di Francesco era così serio da far sembrare quel concetto assurdo sensato.

-Tu hai problemi seri- .

Fu così che partì la corsa all'oro di Lombardo, corse in mezzo alla classe con le sue lunghe gambe e si sedette all'ambito ultimo posto, arrivato sventolò la mano verso l'amico che guardò a lato della classe e lesse “3C”

gli venne da ridere. Non disse nulla Dustacci, si fece solo quattro risate tra sé e sé mentre la classe si riempiva di alunni molto più grandi di loro che guardavano il ragazzo con i capelli rossi che sventolava la sua mano verso la porta.

-Potevi anche dirmelo, sai?- camminava tutto triste per le vie dei corridoi con affianco Simone fiero di essersela spassata.

Entrarono nella loro aula (quella giusta) ed ebbero il tempo di sistemarsi nei posti ambiti da Francesco. Davanti a loro stava un banco vuoto, nessuno aveva occupato quel posto e nessun altro quello accanto. Si sedettero tutti e la professoressa Monteverdi, incitando i ragazzi al silenzio osservò il posto vuoto. Francesco neanche la vide la Monteverdi, vide solo le ragazze che popolavano la classe, poi la sua attenzione venne richiamata da uno strano avvenimento. Stavano tutti zitti, si sentivano i soliti bisbigli e starnazzi, Simone giaceva con la testa poggiata sul banco, apparentemente morto.

-Bene, non arriva- disse la professoressa guardando la porta della classe, poi proseguì -Buongiorno ragazzi, da oggi siete ufficialmente alunni del liceo Giosuè Carducci e ciò non è da molti, anche se quest'anno abbiamo fatto qualche eccezione… Sbaglio Dustacci?- Francesco ebbe una fitta allo stomaco e Simone fece finta di nulla.

-Comunque sia non sarà facile per nessuno di voi, compreso il signorino Lombardo seduto in fondo e il caro signorino Nancini qui davanti, la qualità si nota da piccole cose signor Lombardo, sbaglio?- Simone guardò Francesco che andava a fuoco dalla rabbia. La donna sorrise -Nella mia classe, in modo più assoluto sono proibiti i ritardi di ogni tipo-

Si spalancò la porta e una ragazzina sbucò da essa, tutta affannata e con le guance rosse disse -Vi prego ditemi che sono in 1C-.

Risero tutti quanti, la rabbia di Francesco si dissolse e si trasformò in una sonora risata. Simone rimase fermo, incredulo, era lei la ragazza che aveva visto tra la folla, la ammirò da capo a piede e di lei colse ogni singolo particolare. Notò le sue spalle piegate all'ingiù e quel viso dal colorito roseo, vide quel corpo ben proporzionato e uno strano pensiero lo invase, proseguì con il rossore in volto e notò le sue goffe articolazioni ma soprattutto notò quello sguardo impaurito e indifeso.

-Si sente spiritosa lei, signorina?-

-Per niente, ho solo girato mezza scuola perché non riuscivo a trovare l'aula giusta-

-Un quarto d'ora di ritardo per me è un avvertimento, nome?-

-Ni...Nicole- Simone continuava a guardarla affascinato e catturato dai suoi modi strambi.

-Si sieda, Nicole-.

Adesso, l'unico banco libero era quello davanti ai nostri baldi giovani ed è li che si sedette la ragazza ma restò sola, poiché erano dispari.

-Come vedete, quest'anno abbiamo fatto delle eccezioni e non c'è da stupirsi se una ragazza ha il coraggio di arrivare in ritardo il primo giorno, non oso immaginare che accadrà nei prossimi allora- tossì per schiarirsi la voce mentre Nicole quasi afflitta la guardava con disprezzo.

-Oltre ai ritardi, non sono ammessi…-

-Psst- Nicole sentì un bisbiglio, ma dubitava di essere lei l'interessata.

-E mi raccomando ai…-

-Psssst- di nuovo.

-Ricordate sempre tutto l'occorrente…-

-PSSST- non capiva più nulla.

-Il silenzio deve regnare nelle mie lezioni- finì quella tutta soddisfatta.

-NICOL- urlò Francesco nel silenzio più assoluto, tutti si girarono e le parole rimasero bloccate nella gola di Francesco che sotto lo sguardo infuriato della professoressa cercava di riparare -A… Nicola… Un mio caro amico sordo muto, lui di certo sarebbe il suo alunno ideale-.

 

Si ritrovò fuori, in corridoio, il primo giorno di liceo mentre in classe Simone si contorceva dalle risate.

-Cari ragazzi, non ci sono parole… Vi illustrerò il programma di quest'anno- disse quella donna. La Monteverdi era una signora sulla cinquantina convinta di sapere tutto riguardo al mondo e alla società, sempre truccata, con ampie scollature e gioielli sfarzosi che gli venivano regalati da ogni suo spasimante.

Mentre parlava, nell'aula echeggiavano mormorii assordanti, ragazzine con poco cervello che ridacchiavano e ragazzi idioti che le commentavano. Chi guardava il pavimento, chi le finestre e chi si era perso tra la scollatura della professoressa, Nicole ascoltava le parole della Monteverdi insieme ad altri tre alunni e addirittura una ragazza infondo si sistemava il trucco. Due persone, due sole si scambiavano delle occhiate tra le più ossessive. Paolo Nancini fissava Simone che ricambiava con fare insolito.

Suonò l'intervallo e i ragazzi si dispersero per la scuola.

Francesco e Simone, usciti dall'aula si diressero verso i bagni, Simone aspettò fuori poiché le ultime parole di Francesco furono “ci metto un po'”.

Stava poco distante dal muro e si guardava intorno, cercava Nicole, sforzo invano poiché lei se ne stava tutta tranquilla in classe a sorseggiare Sprite.

Vide Paolo avvicinarsi con due ragazzi, uno dei quali molto grosso. Non ci fece molto caso ma per qualche strana ragione iniziò a sudare freddo sperando che Francesco uscisse al più presto, si girò dall'altra parte, l'ansia gli stava smangiando lo stomaco, la paura lo stava soffocando. Di colpo venne sbattuto spalle al muro, una presa molto forte lo tenne incollato alla parete con forza, il volto di questo gli si avvicinò e con un ghigno malefico stampato in viso, lo stesso di anni e anni prima, disse

-Non ti resta molto-.

Gli sputò in faccia.

 

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Capitolo 3
*** III ***


Passarono buone buone due settimane. I professori iniziavano a spiegare, i compiti iniziavano ad aumentare e i ragazzi iniziavano ad averne le scatole piene. In due settimane Simone aveva notato ogni singolo particolare della ragazza seduta sola, in disparte davanti a lui. Aveva notato che sta sempre con la pancia in dentro per qualche strana ragione e che tende ad essere molto aggressiva e poco socievole con le altre ragazze della classe che tra di loro sembravano già molto legate.

Francesco invece si era procurato in due settimane sette appuntamenti, tutti con sette ragazze diverse, nei suoi sogni ovviamente. Ci aveva provato però con quasi tutte le sue compagne di classe, tutte tranne Nicole. Si era procurato due schiaffi in faccia, un pugno da un fidanzato geloso e tanti inviti per un viaggio in un certo paese. Simone iniziava a sembrargli strano, era sempre assente, sempre assorto tra i suoi pensieri, con la testa per aria. Fatto sta che nella prima settimana di ottobre avvenne un fatto strano strano.

 

Era un lunedì mattina, il primo lunedì di ottobre. Di buon ora, Francesco camminava verso il condominio in cui viveva Simone come era solito fare da anni, sin da quando aveva conosciuto il suo migliore amico. La pioggia picchiettava sul suo ombrello rosso e il ragazzo mostrava a tutti coloro che lo incontravano un ampio sorriso. Arrivato alle porte dell'edificio suonò il citofono ben otto volte, quel vecchio condominio era un vero disastro.

Nessuno scese le scale, nessuno rispose, nessuno affacciò dal terzo piano. Il portinaio, incuriosito quanto disturbato da quel ragazzo che non sapendo cosa fare batteva ripetutamente la mano contro la vetrata del portone con un'espressione angosciata, andò ad aprire. Francesco, sollevato, tirò un lungo sospiro. Il portinaio, tutto impacciato, porse la sua mano al giovane dicendo – Signor Lombardo, quale onore!-, Francesco strinse la mano dell'uomo, quest'ultimo iniziò ad aggiustarsi quei pochi capelli che aveva, inforcò gli occhiali da vista e dopo essersi asciugato il sudore con la manica della sua sudicia camicia sorrise mostrando un dente in meno all'appello. L'uomo magro, stava ricurvo sulla schiena e guardava a destra e sinistra impaurito.

-Sì, buongiorno, posso salire al terzo piano?- era tutto agitato

-Prego, prego vada, vada pure!- rispose il portinaio indicando al ragazzo le scale, le scale che il ragazzo ovviamente conosceva già.

Sull'uscio della porta vi era Elisa, con un certo colorito scarlatto e gli occhi rivolti verso il pavimento. Teneva i suoi lunghi capelli biondi stretti in una treccia fatta per bene ed indossava abiti leggeri anche se faceva freddo. La biondina non si era accorta della presenza di Francesco e fra sé e sé farfugliava qualcosa ma più il ragazzo si sforzava di capire, meno capiva. Elisa si bloccò, fece un lungo sospiro e guardò dritto davanti a sé. Alzati gli occhi vide Francesco che la guardava con le sopracciglia aggrottate. Tutta imbarazzata divenne rossa, Francesco la guardò per un attimo, poi arrossì insieme a lei. Non sapendo che fare iniziò a guardare il soffitto mentre la piccola ragazza stava alla sua metà.

-Si...Si...Simone?-

-Non verrà, ha detto che devi portarmi tu-

volse al ragazzo il suo sguardo innocente e lui dopo averla vista guardò di nuovo il soffitto.

-Forza, andiamo-.

Francesco era alto circa il doppio di Elisa e camminando insieme, lui avanti e lei dietro, la ragazzina neanche si vedeva.

Così il ragazzo camminava fiero come se la stesse scortando. Usciti dal condominio Elisa venne pervasa da un brivido di freddo. Aveva solo una maglia addosso mentre Francesco indossava un giacca a vento verde e sotto era riscaldato da un sottile maglioncino.

Si incamminarono. La ragazza, sprovvista di ombrello, cominciò a seguire Francesco che teneva il suo aperto per ripararsi. Si voltò

-Prendi il mio ombrello- Elisa fece no con il capo e il ragazzo infastidito lo chiuse e glielo lanciò addosso rischiando di romperle il naso.

-Non ci stiamo in due, quindi prendilo, cammina e stai zitta-.

Fecero non più di venti passi, Francesco camminava con le mani nelle tasche e la pioggia ora picchiettava tra i suoi capelli rossi. Sentì il forte battito dei denti di Elisa. Si fermò nuovamente, si tolse la giacca e le lanciò anche quella -Prendila, non mi serve-. La giacca sbatté contro il viso di Elisa che disse -No, questo è troppo-

-Tu ora stai zitta, te la metti e cammini, stupida-.

 

Per tutto il tempo non si scambiarono neanche una parola, arrivati al cancello della scuola media dovettero salutarsi.

-Fa' la brava- le disse mettendole una mano sulla testa.

-Ma la giacca e l'ombrello?-

-Facci quello che cazzo ti pare-.

 

Due ore dopo, in classe, Francesco controllò il telefono, c'erano tre messaggi e uno di questi era di Simone, incuriosito lo aprì e lesse “Tocca mia sorella con un dito e sei morto”, pensò alla mano poggiata sulla testa di Elisa e si sentì venir meno. Dopo avergli risposto che la pedofilia è un reato entrò in classe la Monteverdi e crollò il silenzio.

La donna, dopo essersi seduta ben comoda, guardò la disposizione degli alunni. Nicole si alzò ed uscì per andare in bagno. Notata l'assenza della ragazza, la professoressa chiamò Francesco a sé.

-Lombardo, vieni qui-. Udite queste parole, tutti concentrarono lo sguardo verso la cattedra.

-Senti, tu sei dietro di lei dopotutto, mi spieghi che ha che non va quella ragazza? Non ha parlato con nessuno in classe e sono passate due settimane… Mi chiedevo se avesse parlato almeno con te e quello, quello scarto che abbiamo accettato- Francesco si trattenne, lei proseguì guardando anche gli altri -Non è normale, nessuno di voi ha neanche il suo numero di telefono, voglio dire, questa ragazza deve avere dei problemi- Non se ne era accorta, Nicole era in piedi davanti alla porta appena chiusa, alcuni se ne accorsero e andarono in panico, la donna proseguiva -Non è normale, non lo è per niente… Non so se abbia un concetto ben chiaro di normalità- guardò Francesco – Tu sei abituato ai disagiati ormai, no? Cerca di parlare anche con lei!- tutti risero, Francesco ebbe una fitta allo stomaco e la Monteverdi mise a fuoco la ragazza dietro, davanti alla porta, con le gambe che le tremavano e lo sguardo perso nel vuoto. Si accorse dell'errore commesso.

Un ragazzo tra gli studenti alzò la mano -Posso dire una cosa? I ragazzi come te Nicole e come Simone non dovrebbero neanche starci in questo liceo. Tu non hai niente di normale, neanche parli. Sei solo un'altra come Simone, un altro problema-.

Francesco strinse i pugni, non ci vide più dalla rabbia

-Senti Nancini, perché non te ne vai un po' a fanculo?- era rosso in volto, ci fu lo scompiglio generale, continuò -tutti questi vostri ragionamenti del cazzo sulla normalità, dovete lasciarla in pace,Nicole e Simone non sono normali- Nicole strinse i denti -ma sono belli per questo-.

 

Fuori, dopo due settimane era di nuovo stato mandato fuori con tanto di nota ma con lui questa volta c'era Nicole poiché aveva protestato contro la Monteverdi per la faccenda della nota.

-Sei davvero stupido…Dovevi lasciar correre-

-Tu sei stupida, non parli con Simone-

-Simone?-

-Sì, Simone-

-Perché dovrei parlare con Simone?-

-Perché sembra attratto da te- Nicole arrossì, non le sembrava possibile.

-Tu fatti i cazzi tuoi- disse a Francesco ridendo.

Era simpatica dopotutto, un po' mascolina nei modi ma simpatica.

-Francesco, perché l'hai fatto? Ti faccio pietà perché sono una sfigata?-.

Francesco non rispose, poggiò la testa contro il muro, lei lo guardò per un secondo. Stavano spalle al muro e parlavano come se si conoscessero da una vita intera.

-Perché?- riformulò, lui guardò per terra.

-Perché no?-.

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Capitolo 4
*** IV ***


Nicole e Francesco rientrarono in classe a testa bassa sotto lo sguardo incuriosito di tutti. Paolo lanciò uno sguardo di sfida al ragazzo dai capelli rossi che ricambiò generosamente, una volta arrivato al banco, con un bel dito medio. Erano le 10:30 e i minuti non passavano mai, il tono di voce monotono della professoressa e il chiacchiericcio indelebile di sottofondo avevano congelato il tempo. La luce filtrava dalla finestra e si poggiava sulle teste dei ragazzi seduti accanto ad esse, aveva smesso di piovere e il sole si era fatto largo tra le nuvole scure, succedeva sempre anche nella vita. Ma proprio quando a tutti stavano per addormentarsi ecco che suona la campanella ed ecco che all'intervallo tutti si sparpagliano per la scuola.

Francesco vide con amarezza tutte le ragazze della classe andar via e Nicole restargli davanti.

-Non esci?- Nicole si girò rapidamente, guardò Francesco e scosse la testa.

Doveva agire, era la sua buona occasione per cambiare qualcosa, l'occasione giusta per cambiare tutto con un semplice gesto. Prese la ragazza per un polso e se la trascinò dietro sino alle porte dell'auditorium del liceo.

-Ma...Ma che cazzo fai, non abbiamo mica il permesso di starci qui-

-Apri di nuovo la bocca e ti chiudo qui dentro fino al concerto di Natale-

Francesco tolse dalla sua tasca un enorme mazzo di chiavi. Che ci faceva uno come lui con così tante chiavi?

Nicole iniziò a sudare freddo, ad occhio e croce Francesco voleva approfittare del suo giovane corpo, tremava tutta, non stava neanche su due piedi. Francesco trovò la chiave e spalancò la porta d'ingresso.

Nicole strinse gli occhi tutta impaurita, li riaprì e non vide nulla, le luci erano spente e intorno a lei regnava la più completa oscurità, il portone si chiuse alle sue spalle e Francesco accanto a lei non c'era più. Non gridò, una mano le tappava la bocca, i suoi occhi si spalancarono come in un urlo ed iniziarono ad inumidirsi, cercò di liberarsi , cercò di scappare, non avrebbe dovuto parlare con Francesco, non avrebbe dovuto avvicinarsi a delle persone, non avrebbe dovuto…

Tic, Francesco accese le luci e Nicole rimase senza fiato.

Un'immensa distesa di poltrone rosse venne illuminata, tutte vuote, tutte rivolte verso un grande e ricco palcoscenico con le tende chiuse, le tende dello stesso colore delle poltrone con dei frangi decorativi color oro sul loro finire. La galleria che affacciava sull'immensa platea e quel silenzio, quel vuoto. Le guance di Nicole si arrossarono dallo stupore e i suoi occhi lucidi non la smettevano di ammirare tutto quello che avevano davanti.

-Okay, è tutto bellissimo, ma tu come fai ad avere le chiavi?- Nicole si girò verso Francesco che la guardò con un'espressione stordita e persa. Indicò una targhetta attaccata al muro accanto alla porta d'ingresso. La ragazza si avvicinò e lesse ciò che era inciso su quella targhetta color oro “Auditorium Lombardo”.

-Ah, quindi tu sei il famoso figlio di papà?- disse ridacchiando, poi risero insieme. Poi Francesco si schiarì la voce e volse uno sguardo serio, almeno si impegnò a farne uno, alla ragazza che gli stava accanto.

-Senti, Nicole, hai impegni dopo scuola?-

Nicole tornò nel baratro della tensione, ci provava anche con lei?

-Eh…- la lingua le si inceppò in bocca e non riuscì in nessun modo a trovare scuse plausibili per rifiutare una possibile proposta di uscire -Non saprei… Oggi è… vediamo lunedì… Io- un po' patetica e un po' goffa.

-Perfetto, ora ne hai uno-.

 

 

Alle due meno un quarto in punto suonò l'ultima campanella. Studenti e professori stanno stretti come sardine nei corridoi della scuola.

Spintoni, persone troppo vicine, studenti usciti dalla palestra e la loro forte puzza di sudore che stagnava nelle narici di ogni alunno e insegnate lì presente. Pochi riuscivano ad evitare tutto quel trambusto, pochi saggi aspettavano un paio di minuti dopo il suono della campanella per uscire. Il resto degli adolescenti restava bloccato tra il sudore e le gomitate.

Nicole stava tutta stretta in mezzo a quella gente e cercava di seguire Francesco che camminava fiero come se niente fosse.

Una volta usciti dalla folla iniziarono a camminare lungo il viale che collega il liceo alla scuola media.

-Siamo in ritardo- iniziò a farneticare il ragazzo -sarà già uscita da un quarto d'ora- sembrava preoccupato, lo sguardo gli era diventato triste e cupo. Nicole non capiva ma soprattutto non ascoltava neanche, guardava il marciapiede tendendo gli spallacci dello zaino con le mani, sembrava così piccola.

Arrivarono davanti al cancello della scuola media, Nicole si fermò e guardò Francesco scorrere lo sguardo preoccupato verso quei pochi ragazzini che stavano nel cortile, ma lei dov'era? Si guardava intorno tutto angosciato con il sudore che a momenti gli gocciolava dalla fronte. Non riusciva a vederla. Iniziò ad avvertire un lieve tremolio alle mani e le sue sopracciglia si incupirono.

-Sei uno di quei pervertiti che adescano le ragazzine innocenti?- gli chiese ridendo Nicole che continuava a chiedersi che ci faceva in giro con quel ragazzo ma soprattutto perché quel ragazzo sudava e si preoccupava davanti al cancello di una scuola media. Francesco né rise né rispose, continuava a cercare la biondina, era così teso, così agitato e non sapeva neanche lui il perché di tutta quell'ansia.

Poi la vide. Aveva sciolto la treccia e i suoi lunghi capelli le arrivavano sino ai fianchi, tra le braccia teneva la giacca di Francesco e il suo corpicino esile rischiava di volar via con una folata di vento. E poi quel sorriso così dolce, quel sorriso così puro rivolto ad un ragazzino della sua età, un ragazzino basso e grassoccio con gli occhiali. Lo stomaco di Francesco fece qualche violenta capriola dopo averli visti insieme e dopo averla vista sorridere a quel modo ad un marmocchio quando con lui non l'aveva mai fatto.

-Ah, lei! Mi sembra troppo bella per uno come te…-

-Si, adesso figurati se mi interessa la sorella di Simone-

-Cazzo, quella è la sorella di Simone?-

-Si, sono solo venuto a prenderla per riportarla a casa e prendermi Simone-.

Questa volta fu lo stomaco di Nicole a fare qualche capriola, sentì il viso andarle a fuoco, era tutto un tranello.

Francesco si era distratto un attimo e non si era accorto che Elisa era vicino a lui e che stava parlando con quel ragazzino.

-Bene, Nicholas grazie per gli appunti, ci vediamo domani-, gli sorrise di nuovo con quel viso innocente macchiato di lentiggini.

-Attento mentre torni a casa Nicholas!- disse Francesco agitando la mano al bambino che lo guardò tutto intimorito. Da quel giorno, lo giuro, non parlò più con Elisa.

-Elisa lei è Nicole, Nicole lei è Elisa-. Nicole rimase affascinata, non aveva mai stretto la mano ad una ragazza così bella.

Mentre camminavano, Francesco stava accanto ad Elisa e Nicole rimase dietro. Lì sentì dirsi qualcosa.

-Ehi, ma questa qui è la tua nuova ragazza?-

-No, è quella di Simone-

-Ma che diavolo vai dicendo?- gli urlò Nicole. Elisa e Francesco risero, era tutta rossa.

Arrivati alle porte del condominio avevano tutti delle strane espressioni. Nicole aveva un forte mal di pancia, era così agitata, perché aveva accettato l'invito di quello scellerato? Sul suo volto l'angoscia. Francesco era tranquillo come al solito, sorrideva e citofonava a non finire. Elisa si chiedeva se Simone sarebbe sceso.

-Francesco, io non credo che Simone abbia voglia di farsi vedere… Poi se sa che c'è anche lei… No fidati, non verrà-

-Che ingenua, non lo sa che c'è lei-

-Certo che tu sei proprio un dannatissimo stronzo- le parole di Nicole.

Francesco rise ed Elisa pensò che anche Simone avrebbe detto la stessa cosa. Poi qualcuno scese dalle scale, qualcuno aprì il portone. Qualcuno in men che non si dica sconvolse ancora di più quei tre adolescenti. Francesco nel vedere Simone spalancò gli occhi, Elisa non fece nulla, doveva averlo già visto, Nicole fece la stessa faccia di Francesco. L'unico problema è che anche Simone spalancò gli occhi nel vedere che con loro c'era anche Nicole. Così dopo una lunga serie di crampi allo stomaco qualcuno decise di parlare e di rompere il ghiaccio.

-Ti stanno bene-.

 

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Capitolo 5
*** V ***


V

-Non ci siamo… Non ci siamo per niente- sospirò Francesco -Che colore è?-.Simone si trattenne un attimo, poi la sua pelle pallida assunse un certo colorito, lo stesso colorito che assumeva quando guardando Nicole la sua mente formulava strani pensieri. Sbottò.

-Ma c'è bisogno di chiederlo?-

-Sì, sono sbiaditi-. Ci fu silenzio.

A parlare era stata Nicole che guardando i sanpietrini consumati sotto le sue Chuck Taylor continuava a camminare. Francesco rise, non riuscì a trattenersi e Simone, confuso, si chiese se lei veramente pensasse che i capelli gli stessero bene così.

-Forza, non manca molto- esortò Francesco.

-Ma di preciso dove andiamo?- chiese Elisa, Francesco e Simone si girarono guardandola come se avesse detto chissà quale assurdità, poi all'unisono le risposero -Al Green Door-.

 

Il Green Door era un locale dimenticato da Dio. Un vecchio pub dove non entrava molta gente. All'esterno, accanto ad una porta in legno scuro si estendevano delle vetrate luride che impedivano di guardare bene all'interno e in alto accanto alla porta cigolava una vecchia insegna, anch'essa in legno, raffigurante un uomo su di un cavallo imbizzarrito che con la sua spada cercava di trafiggere un grosso drago verde. All'interno, dietro alla porta stava un campanellino arrugginito che suonava ogni volta in cui qualcuno entrava. La struttura non era messa bene, c'era polvere ovunque, sul bancone, sugli scaffali, tra gli intagli del legno, sui pochi e poco raccomandabili clienti, sulla cassa e su ogni singolo tavolo. Dietro il bancone, davanti a tutte quelle bottiglie di alcolici stava una donna dal seno parecchio prosperoso e i capelli ricci e rossi come quelli di Francesco. Stava sempre lì a pulire boccali con uno strofinaccio sudicio. Le luci erano molto offuscate, forse perché i paralumi erano sporchi ma dentro a quel pub sembrava tutto molto sospetto. Pochi erano i clienti e per la maggior parte signori di una certa età che, avendo perso il lavoro, avevano iniziato a puzzare di alcool più della madre di Elisa e Simone. Entrando il forte odore di whisky entrò nelle piccole narici della fanciulla con i capelli biondi che tossì forte.

Alla puzza di alcool si aggiunse il forte odore del fumo e tossì anche Nicole. Nelle orecchie dei ragazzi passò il testo di una vecchia canzone

“Midnight one more night without sleepin' watchin' till the morning comes creepin' green door what's that secret you're keepin'?” scoprirono solo dopo una mezz'ora di tempo che quella stessa canzone non faceva altro che ripetersi e ripetersi fino alla nausea.

-Ehi Rose!- disse Francesco avvicinandosi alla ragazza che puliva i bicchieri.

-Oh, finalmente! Vi aspettavo!- rispose lei, la sua voce aveva un nonsochè di sensuale, pensò Nicole, somigliava parecchio a Francesco.

-Si, abbiamo una new entry!- Francesco indicò Nicole che sbalordita guardava le dimensioni del seno della ragazza. Accortasi della figuraccia divenne rossa come i capelli di Rose e sorrise.

-Nuova cliente, la prima dopo secoli ed è anche una bella ragazza-

Nicole sorrise ma non arrossì, dal canto suo Simone era diventato un peperone.

-Com'è che ti chiami, dolcezza?-

-Mi chiamo Nicole-

-Nicole… Come?-

-Nicole Moretti-

-Come la birra?-

-Sì, come la birra-.

Rose sorrise e poi guardando Simone si accorse di come stavano le cose. Il ragazzo infatti sembrava essere entrato in un'altra dimensione. Stava perso tra le spalle di Nicole, conosceva ogni suo singolo particolare ormai.

-Beh, accomodatevi dove vi pare ma non date fastidio a tutti i miei clienti-

lei e Francesco si fecero l'occhiolino e i quattro ragazzi si sedettero ad un tavolo a fondo sala, il numero 6. Simone accese una sigaretta.

-Non si fuma nel locale!- gridò Rose da dietro il bancone.

-Lo so!- le rispose Simone che continuò a fumare.

-Certo Elisa che hai proprio dei bei capelli- disse Nicole cercando di fare conversazione. Simone alzò lo sguardo tra il fumo per guardare meglio Nicole. Gli occhi azzurri di Simone sbucavano tra la nube grigia di fumo e avevano lo stesso colore dei suoi capelli. Elisa arrossì.

-Devi far colpo su un bel po' di ragazzi eh?- .

Francesco si innervosì di colpo.

-Ma chi la vorrebbe mai una così, ma per favore- Simone rise.

-Che c'è? Sei geloso?- disse Nicole prendendo in giro Francesco.

Simone smise di ridere. Elisa li guardava con lo sguardo perso.

-No, dico solo che è troppo piccola-

-Non sono problemi tuoi- rispose Simone mentre si guardava le ginocchia.

Ci furono trenta secondi di silenzio, nessuno osava dire nulla.

-King Kong vuole prendersi la bionda- disse Rose alzando la voce.

-Ma stai zitta…- sospirò Simone.

Nicole notò un po' di tensione. Rose arrivò al tavolo con una porzione fumante di patatine fritte. Si mise il vassoio sotto un braccio e si poggiò al tavolo.

-Allora? Che si dice a villa Lombardo?- disse a Francesco beffeggiandolo.

-Ma, niente di che. Mia madre ha iniziato un corso di yoga perché vuole stare in pace con se stessa- Rose iniziò a ridere mentre Francesco congiunse le mani davanti al suo petto -e mio padre ha conosciuto una certa Lucrezia che ha la metà dei suoi anni e ora anche lui si sente in pace con se stesso!- Rose rise ancora più forte insieme a Francesco. Elisa sembrava non capire e Simone sorrideva tra il fumo.

-Dai? E a casa Dustacci che si dice?- Rose sorrideva, Simone tossì per schiarirsi la voce -L'impiego di mia madre la tiene sveglia tutte le notti-.

Simone rise ma sembrò triste e Rose rise insieme a lui. Tutti ridevano delle loro tetre situazioni e intanto Nicole sgranocchiava patatine. Rose la guardò -E da te che si dice?- l'attenzione di tutti si spostò sulla fanciulla sporca di fritture che si insudiciava le mani in una grossa porzione di patate fritte.

-Oh, ieri mio padre ha ricevuto una promozione sul lavoro e allora io e mia madre gli abbiamo preparato una torta alle mele che poi è la sua preferita-.

Questa volta non rise nessuno. Simone sembrò colpito.

Passati altri trenta secondi di silenzio, Rose si chinò sul tavolo con i gomiti, guardò a destra e sinistra e poi sussurrò -E con la vecchia signora come va?-.

Francesco sorrise e nel suo sguardo brillò qualcosa così come in quello di Elisa e Simone ma nello sguardo di Nicole si formarono solo tanti punti interrogativi.

-Tutto benissimo- dissero i tre sfoggiando le loro dentature.

-La… Vecchia cosa?- chiese timidamente Nicole.

-La vecchia signora. L'hanno incontrata tutti almeno una volta nella vita. C'è chi le ha prestato attenzione, chi l'ha data per scontato e chi se ne è innamorato- Simone riprese fiato, non sapeva da dove gli venisse tutto quel coraggio -Io sono uno di quelli che si è innamorato della vecchia signora. La prima volta in cui mi padre mi ha messo in braccio Sally, posso giurare di aver perso la testa per lei- Nicole aggrottò le sopracciglia.

-Gelosa?- chiese Francesco per vendicarsi. Simone mandò giù della saliva e si pulì la bocca con un sorso di aranciata, poi riprese mentre Nicole tirava calci alle gambe di Francesco sotto il tavolo -La vecchia signora mi ha accompagnato in ogni momento e quando nessun altro c'era, lei restava. Lei mi fa uscire fuori di testa quando provo e riprovo ad andar meglio con Sally. Ho sputato sangue per la vecchia signora, ma non c'è stato giorno della mia vita in cui lei mancasse. Posso giurarlo, io amo la vecchia signora. Se lei non ci fosse stata io non sarei qui-. Ci fu di nuovo un lungo silenzio. Elisa prese parola, Nicole continuava a non capire -Sai, anche io mi sono innamorata di lei- arrossì. Francesco proseguì -Anche io vivo di lei-. Rose guardò Simone e lo vide perso negli occhi confusi di Nicole.

-Simone- i battiti del ragazzo iniziarono ad aumentare vertiginosamente -la vecchia signora, Sally…-

-Si?- la guardò ancora più intensamente.

-Sally è la tua ragazza?-.

Scoppiarono tutti a ridere, a ridere così forte da non riuscire a respirare. I pochi clienti di Rose si girarono e i ragazzi continuarono a ridere. Poi Simone guardò meglio Nicole -Oh, Nicole non ci siamo proprio-.

Simone si alzò, era parecchio alto. Passò dietro a Rose, Nicole iniziò ad avvampare. Si mise dietro di Nicole, lei si girò per guardarlo e lui le disse -Voltati, guarda dritto davanti a te- lei seguì le istruizioni, Simone le tappò gli occhi con le sue mani candide.

-Cosa vedi?-.

 

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Capitolo 6
*** VI ***


-Cosa vedi?- la voce di Simone era calma e controllata, sicura e fiduciosa.

-Niente, non vedo niente- Nicole invece era agitata, le sue guance calde e rosse riscaldavano le mani fredde del ragazzo.

-Ma sei proprio un genio, Nicole!- la canzonò Francesco. Simone sbuffò.

-Usa l'altro senso allora-

-Cosa?-

-Se non vedi con gli occhi, cambia senso-

-Beh… Sento le tue mani sulla mia pelle- Simone arrossì e Francesco si burlò anche di lui. Rose aveva poggiato le sue mani sulle spalle di Francesco, sembravano in perfetta sintonia sotto lo sguardo un po' confuso di Elisa. Capitava però delle volte che, tra le luci offuscate e la puzza di alcool e fumo del Green Door, gli sguardi dei due si incrociassero. Anche se Francesco vedendo spuntare tra le lentiggini gli occhi di Elisa cambiava subito traiettoria come se fosse scandaloso guardarla negli occhi. Ne restava sempre delusa.

-Cambia senso- si innervosì -ascolta, cosa senti?-

-La tua voce- sussurrò.

-Sforzati di più, scendi nei dettagli-

-I tacchi di Rose- Rose infatti si stava spostando per prendersi una birra.

-Ascolta meglio, maledizione-

-Sento il tuo battito cardiaco che accelera e le tue mani che iniziano a sudare-. Simone si sentì esplodere il cuore in petto. Sembrò quasi incazzato quando riuscì ad ingoiare la saliva e rimettersi a parlare normalmente.

-Non così, concentrati-

-Ma puoi liberarmi?-

-No, maledizione, Nicole ascolta!- urlò.

 

E ci riuscì, riuscì a sentirlo.

 

“There's an old piano and they play it hot behind the green door

Don't know what they're doin' but they laugh a lot behind the green door

Wish they'd let me in so I could find out what's behind the green door”.

 

Lo schioccare delle dita, il pianoforte, le mani che battevano a tempo, la batteria e la voce di Shakin' Stevens si diffusero nelle orecchie di Nicole. Fu musica.

Sentiva la voce del cantante gallese tra la musica e il respiro di Simone sulla pelle, sentiva l'odore di Simone, le sue mani, sentì le risate soffocate di Francesco e anche se non lo vedeva, immaginava il sorriso di Rose. Fu musica, furono troppe cose. Poi un sussurro nel suo orecchio,
Simone era così vicino -Ora hai capito?-

-Si… Ma una cosa mi sfugge- disse timidamente.

Simone le tolse le mani dagli occhi e andò a sedersi. Accese un'altra sigaretta. Mentre la teneva tra le labbra chinò il capo come a chiederle cosa le fosse sfuggito.

-Sally… Chi è Sally? Con la vecchia signora ci sono ma… Sally?-

-Oh- prese parola Francesco -Sally è la ragazza di Simone-.

-Ma vuoi stare zitto?- Simone prese la testa di Francesco sotto braccio e iniziò a strofinargli forte un pugno tra i capelli finché il ragazzo non iniziò a dimenarsi. Nicole apparve improvvisamente triste.

-Ni… Nicole?-

-Dimmi Elisa…-

-Non spaventarti, Sally è la Strato di Simone- sorrise.

-La… Strato?-

-Caster!- tutti e quattro all'unisono.

-Sarebbe… Una chitarra?-

Francesco non faceva altro che ridere ad ogni parola di Nicole e lei iniziava a sentirsi terribilmente a disagio.

-Te l'ho detto che questa ragazza è un genio!-

-Smettila- Simone ne prese le difese.

Rose si avvicinò a Nicole, quando camminava i suoi fianchi oscillavano a destra e a sinistra e i suoi tacchi picchiettavano rumorosamente sul parquet del pub. Le sue labbra erano violacee e carnose, aveva un rossetto molto forte ed appariscente.Nicole notò la presenza di un neo su uno dei suoi zigomi perfetti. Si avvicinò a Nicole e spostandole dolcemente i capelli sulla schiena e facendo bolle con la sua gomma da masticare, le disse

-Non trascurarla, non trascurare la musica. Io da giovane avrei dovuto perseverare ma non ne ero all'altezza. Mi limito ad ascoltarla ma anch'io la amo, sai?- prese fiato, i grandi occhi di Nicole la osservavano -Capiti pure al momento giusto!- Rose fece l'occhiolino a Simone che tra uno sbuffò di fumo sembrò sorriderle.

-Io, mi sento un po' confusa…- Nicole aggrottò le sopracciglia tra gli sguardi penetranti di una bambolina, un donnaiolo, una ciminiera e una donna parecchio dotata. Come ci era finita lì?

-Ascoltami, bellezza- Simone abbassò lo sguardo tra le parole di Rose -i ragazzi hanno una band- Elisa rise, persino la sua risata era dolce, poi disse

-Chiamala band!-

-Okay, okay, hanno un piccolo gruppo- si guardò intorno in cerca di approvazione -Simone suona la chitarra elettrica, Elisa il basso e Francesco la batteria- Nicole sembrò colpita, i ragazzi annuirono -provano tutti i giorni e sono molto bravi, fanno qualche esibizione di tanto in tanto- Simone sembrò infastidito, infatti ribbattè -La nostra unica esibizione è stata nel tuo schifo di locale davanti ad un ubriaco ed un tossico-

-Non dimenticare il gatto!- dissero Francesco ed Elisa insieme, poi risero.

-Chi cantava?- chiese Francesco ridendo.

-Vanessa, non ti ricordi? Abbiamo cantato il mese scorso-

Rose scosse la testa, poi riprese.

-Basta parlare di Vanessa. Quello che sto cercando di dirti è che hanno bisogno di una vocalist-

-Che parolone. Ci serve solo qualcuno che canti qualcosa, anche male, purché canti- disse Simone schiacciando l'ultima cicca nel portacenere.

-Ripeto, non farci caso. Te la sentiresti?- alzò un sopracciglio.

Nicole rimase senza fiato. Le luci offuscate del Green Door e quella nube di fumo sulle loro teste, di certo non le erano di aiuto.

-Chi è Vanessa?- chiese timidamente, infine, con un filo di voce. Francesco arrossì un po', gli altri soffocarono le risate.

-Vanessa è…- cercò di rispondere Lombardo -Vanessa…-

-Rose, un'altra birra!- urlò un signore, ad essere sinceri l'unico signore, poggiato con i gomiti sul bancone. La barba incolta e il suo sguardo spento che assumeva un nonsochè di perverso al passare della bella cameriera.

-Comunque, ti andrebbe di cantare con noi? Anche per una sera… o per una sola prova- Simone non sembrava più tanto timido, Nicole riusciva a metterlo a suo agio. In così poco tempo, senza saperlo, avevano costruito un ponte che collegava le loro menti e che rendeva più facile la comunicazione. In quei pochi minuti, una solida costruzione era stata eretta tra i due e tutto sembrava più facile.

-Io, non lo so… Cioè-

-Hai paura?- gli occhi di Elisa la trafissero, aveva uno sguardo gelido e quando voleva veramente qualcosa era disposta a tutto pur di averla.

-No… Non ho paura-.

Francesco accese una sigaretta e iniziò a fumare.

-Lombardo!- Rose corse da lui, gli tolse la sigaretta di bocca e la buttò nel suo sudicio bicchiere pieno di Sprite.

-Ma che cazzo fai? Simone fuma, fumo anche io!-

-Vi avevo già avvertiti!-

-Ma andiamo, lo sappiamo tutti che fumi sotto il bancone quando non ti guarda nessuno!- disse Elisa ridendo. Scoppiarono tutti a ridere, anche Rose stessa. Nicole sorrise, si sentiva bene, il posto era squallido e le persone a prima vista potevano sembrare strane ma bastava stare anche solo un'ora lì dentro insieme a loro per dimenticare pensieri di ogni natura e sentirsi bene. Percepì una strana sensazione sentendoli ridere tutti insieme, sentì come un calore che le si estendeva per tutto il corpo e quando tra le risate dei suoi nuovi amici notò Simone guardarla sorridere, un vero e proprio incendio divampò nel suo petto, arrossì.

-Ci sto- disse coraggiosa, con un sorriso fiducioso stampato in volto, le risate si placarono.

-Ci stai?- disse Simone sorridendole incredulo -stai dicendo che canterai con noi per davvero?-

-Sì, prima però vorrei fare una prova- rispose facendo spallucce.

-Domani pomeriggio alle quattro a casa di Francesco!-

-Cosa?- disse Lombardo ridendo.

 

 

Così, dopo aver fissato la prova i ragazzi decisero di dividersi per le loro strade. Rose chiuse il locale in anticipo, scrostando quel vecchio alcolizzato dal suo bancone e accompagnò Nicole a casa in macchina. Salutarsi fu un po' complicato, si chiedeva se tutto ciò avesse avuto un seguito.

Nella vettura regnava un silenzio assordante, poi Rose disse qualcosa.

-Simone ci tiene-

-Lo so…- mormorò Nicole con il mento nella felpa.

 

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Capitolo 7
*** VII ***


Alzarsi dal letto ogni mattina alla stessa ora era uno sforzo disumano per Simone. A dargli ancora più fastidio era Elisa, lei si svegliava prestissimo tutti i giorni, anche d'estate e se Simone non si alzava dal letto entro l'orario prestabilito, in modo da avere il tempo di farsi una doccia, mangiare qualcosa ed uscire, iniziava a bussare incessantemente alla sua porta finché il ragazzo, quasi esasperato, si alzava e dava inizio alla sua routine. Iniziava la sua giornata svuotandosi la vescica, poi dopo essersi fatto una doccia fredda, beveva un caffè, lavava i denti, si lamentava della scuola e infine usciva. Uscito dal portone trovava sempre Francesco ad aspettarlo e tutto questo accompagnato da sua sorella.

Ma quel mattino qualcosa andò storto.

Quello stesso giorno di pomeriggio sarebbe dovuto andare a casa di Francesco per la prima prova con Nicole.

Era eccitatissimo, tant'è che non chiuse occhio per tutta la notte finendo per addormentarsi quando avrebbe dovuto svegliarsi. Successivamente in preda al panico uscì di casa con Elisa al seguito senza aver bevuto la solita tazza di caffè, lasciando il portafoglio sulla scrivania tra vecchi libri, plettri e lattine vuote e dimenticando infine il suo pacco di sigarette proprio sul comodino. Fu così che senza caffeina né nicotina in corpo vagò verso la scuola con quegli strani capelli in testa e le nere occhiaie sotto gli occhi blu come i suoi capelli.

-Cazzo, fatti guardare!-disse Francesco, si voltò a guardarlo meglio -quelle occhiaie ti stanno benissimo!-

-Chiudi quella fottuta bocca-

-E sei anche di buon umore…-

-Ti ho detto di chiudere il becco, ce l'hai una sigaretta?-

-No amico, mi dispiace…- Simone emise un breve ed acuto lamento, poi a spalle basse continuò a camminare. Elisa, dietro i due ragazzi, camminava in modo molto tranquillo e delicato, come sempre dopotutto. Era così spensierata quando percorreva quel viale, i suoi capelli ondeggiavano sempre a destra e a sinistra lungo la sua piccola ed esile schiena e il vento le accarezzava quasi gentilmente il viso pallido.

-Lisa, pomeriggio vieni?- Francesco di era portato le mani dietro alla nuca.

-Smettila di chiamarmi Lisa-

-E che cazzo tutti e due! Ma che vi prende?-.

Nessuno dei due gli rispose, Elisa si limitò a girare i tacchi e ad andare a scuola mentre Simone continuò a camminare stanco come non mai.

Arrivati davanti al cancello della scuola Francesco gettò lo sguardo in avanti e vide Nicole da sola accovacciata per terra che si allacciava le scarpe. Un paio di scarpette da ginnastica bianche e rosse.

Francesco le andò incontro e Simone si limitò a seguirlo.

-Ciao Nicole! Dimmi che almeno tu stamattina non mi darai addosso-

-Buongiorno- alzò il viso e dopo aver finito di allacciarsi le scarpe si alzò sistemandosi i capelli, era proprio carina quella mattina. Non aveva più i capelli scompigliati come al solito, li aveva legati parzialmente lasciando quelli di sotto sciolti e gli altri stretti in un grosso laccio rosso, aveva poi i suoi begli occhi contornati da un po' di trucco e le sue guance avevano lo stesso colore del nastro che teneva i suoi capelli. Poi se come Simone scendevi giù dal suo collo con lo sguardo notavi la sua pelle candida nascosta da un'enorme felpa rossa e un paio di jeans.

Sorrise a tutti e due una volta in piedi e Simone si riprese.

-Ehi, Fra'-

-Che c'è?-

-Ho bisogno di soldi, ce li hai un po' di spiccioli per il caffè?-

-Ma ora che cazzo fai, pure l'elemosina?- rispose l'ultimo frugando nelle tasche in cerca di denaro. Gli diede cinquanta centesimi. Poi con Nicole entrarono e una volta nell'atrio Simone mise gli spiccioli nella macchina del caffè. Ne aveva bisogno, più di qualsiasi altra cosa. Mentre aspettava che il caffè uscisse notò che Francesco e Nicole parlavano con una certa confidenza. La cosa un po', per qualche ragione lo turbò.

Si guardavano e sorridevano, scherzavano e si divertivano. Poi si avvicinarono a Simone che si era dimenticato, stanco com'era, del caffè che stava aspettando. Invece di prenderlo si accorse che Paolo stava venendo proprio verso di lui con i suoi soliti due amici. Gli tremarono le gambe, Francesco se ne accorse subito.

-Ehi Dustacci, buongiorno!- disse una volta arrivato, con la solita espressione perfida, poi girò lo sguardo e vide Nicole, finse stupore

-Oh, ma che carina che sei oggi!- Nicole arrossì, intanto Paolo con un movimento molto rapido aprì lo sportello della macchinetta del caffè, prese il bicchierino di caffè e andò via. Simone guardava intanto fisso nel vuoto.

-Ma sei stupido?- Francesco non credeva ai suoi occhi -Ma insomma ti ho prestato cinquanta centesimi per farti fottere un caffè da quel figlio di puttana?- Simone scosse la testa lentamente con un'aria da pesce lesso. Nicole diventò ancora più rossa, strinse i pugni e corse dietro Paolo sotto lo sguardo scosso di Francesco che le corse dietro tenendo Simone per un polso, nessuno di loro stava pensando a quello che stava facendo.

Nicole corse dietro Paolo e quando lo raggiunse fece quasi un salto per afferrargli una spalla più forte che poteva. Il ragazzo sussultò e fu stupito vedendola affondare le sue unghie nella sua pelle, poi lei parlò

-Che cazzo ti dice il cervello?- Francesco andò dai due

-Dai il caffè a Simone!- lui si mise a ridere, prese la sua mano e la spostò dalla spalla, poi guardandola fissa negli occhi disse

-Dovrei risputarlo nel bicchierino che ho buttato, tesoro?- i suoi amici risero insieme a lui.

-No, glielo ricompri- era così determinata, talmente determinata da lasciare sia Francesco che Simone senza parole. Il ragazzo con i capelli biondi sorrise nel vederla così decisa e con le sopracciglia aggrottate, decise di abbassarsi piegando un po' la schiena e guardando Simone fisso negli occhi le diede un bacio sulla guancia.

Fu un attimo.

Simone gli saltò addosso e iniziò a pestarlo. Gli diede un destro in pieno volto e dopo averlo steso per terra gli saltò addosso per dargli il resto delle botte. Francesco intanto lo teneva dalla vita e cercava di allontanarlo mentre il ragazzo si avventava sul corpo di Paolo riducendolo a momenti in mille pezzi. Tutti cercavano di staccarlo dalle sue mani ma Simone continuava a prenderlo a pugni senza fermarsi neanche per prendere fiato.

-Smettila, cazzo!- urlò Francesco esasperato.

Ma Simone teneva Paolo con il viso incollato al pavimento, il ragazzo con i capelli biondi iniziò a sanguinare macchiando il pavimento mentre incassava un pugno dopo l'altro gemendo.

Simone alzò di colpo gli occhi e vide Nicole guardarlo con gli occhi spalancati, spaventata a morte. Iniziò a piangere e corse via a gambe levate , correva come una matta per il corridoio mentre tutti guardavano storditi.

Uscì dall'uscita di sicurezza e si accovacciò dietro ad una station wagon grigia in cortile. Stava accovacciata sul selciato con degli enormi lacrimoni che le scendevano giù per le guance. Udì la porta aprirsi. Poi udì dei passi sulla ghiaia, e alzando lo sguardo vide Francesco in piedi davanti a lei.

 

Il rosso si sedette accanto a lei.

-Hanno portato Simone in presidenza…- mormorò preoccupato -questa volta l'ha fatta grossa- Nicole lo guardò, intanto lui guardava per terra.

-Gli sta bene, l'ha pestato a sangue-

-Ma smettila, gli ha solo dato qualche pugno e poi è colpa tua-

-Colpa mia? Non gli ho detto io di picchiarlo!-

-Senti, Nichi, Simone è fatto così-

-Ma così come? Cioè tu pesti qualcuno nell'atrio della scuola perché sei fatto così? E poi come cazzo mi hai chiamata, scusa?-

Francesco rise -Nichi, ti ho chiamata Nichi-.

Le mise un braccio sulle spalle, lei sussultò, piano piano però iniziò a sentirsi a suo agio

-Credo che per te Simone picchierebbe tutti gli uomini presenti sulla faccia della terra- rise anche lei -ora dai, asciugati le lacrime e andiamo in classe-

-Fra', grazie…- lui si limitò a farle l'occhiolino e infine andarono in classe.

 

 

 

-Ma che bisogno c'era di sospendermi?- la testa di Simone penzolava dal divano, si era spaparanzato in camera di Francesco e oltre a quest'ultimo era l'unico a suo agio in quella stanza. Nicole se ne stava su di una sedia in un angolo mentre Elisa leggeva seduta sul letto, del tutto indifferente.

Simone non aveva più parlato con Nicole, si guardavano ogni tanto ma nessuno dei due aveva voglia di parlare con l'altro.

La ragazza con gli occhi grandi osservava lo sfarzo di quella stanza, qualsiasi cosa lì dentro era costosa, persino quel piccolo portapenne con le macchinine disegnate tutte intorno.

-Dico che bisogno ce n'era?-

-Hai pestato a sangue un tuo coetaneo… Perché poi?- chiese Elisa dal canto suo. Nicole e Francesco si guardarono e annuirono.

-Perché tuo fratello è un coglione- risposero poi all'unisono. Simone guardò stranito Nicole.

-Senti Nicole, innanzitutto sei stata tu ad istigarmi-

-Ad istigarti? Stavo solo cercando di farti dare indietro quel fottuto caffè!-

-Appunto, potevi farti i cazzi tuoi, ora proviamo…-

Nicole si alzò di scatto, prese la borsa dal pavimento, aveva gli occhi lucidi -Non proviamo, io me ne vado. Francesco potresti accompagnarmi all'uscita?-

Simone non disse una parola, lei uscì dalla porta accompagnata da Francesco.

-Conosci la strada di casa?- disse lui prima di farla andar via.

-Sì, non preoccuparti- e andò via.

Nicole non riusciva a pensare, camminava a passo svelto con mille pensieri in testa. Trasportata dal vento, con lo sguardo triste e spento.

 

-Ma ti rendi conto di cosa dici quando parli? Accidenti a te!-

-Non volevo offenderla, dannazione!-

-No, il problema è che sei un grandissimo coglione!-

Elisa voltò pagina, alzò per un momento lo sguardo dal libro e vide Francesco in piedi con i pugni serrati, arrossì tra le pagine del libro.

Simone si alzò, aprì la porta ed uscì. Lui sapeva dove si trovava l'uscita.

Francesco si voltò, piuttosto preoccupato e vide Elisa seduta sul suo letto.

-Guarda che Simone è andato via…-

C'era un velo d'imbarazzo nella voce di Francesco. Con tutti faceva lo spavaldo, era sempre disinvolto, con tutti riusciva a parlare senza sembrare impacciato, senza alcun pudore, ma con lei no, non ci era mai riuscito.

Elisa alzò gli occhi dal libro e penetrò il ragazzo con lo sguardo.

-Sicuro che non sia ancora in casa? Magari finisce come l'altra volta…-

Il ragazzo si avvicinò alla finestra con fare tranquillo e guardò fuori dalla finestra sul vialetto. Vide Simone allontanarsi verso il cancello e uscire dalla sua proprietà. Notò quei capelli sbiaditi e arruffati, quella camminata violenta, quasi come se ad ogni passo calciasse l'aria.

-No, se ne sta andando proprio…- deglutì. La ragazza chiuse il libro.

-Portami a casa-

-Cosa? Non vuoi restare un altro po'?-

-Perché dovrei?-

-Perché non dovresti?-

-Se ne sono andati tutti!-

-Ma non puoi restare?-

-Perché dovrei?-

Francesco si coprì gli occhi con una mano, dopo aver girato su se stesso andò a sedersi accanto a lei sul letto. Elisa diventò tutta rossa.

-Chiama Simone…- mormorò.

-Come? Perché dovrei?- disse girandosi verso di lei con le sopracciglia aggrottate.

-Perché non è al sicuro. Stando a quanto mi avete raccontato stamattina ha pestato Paolo Nancini, qualcuno potrebbe pestare lui quindi chiamalo!-

-Ma che cazzo stai dicendo?-

Qualcuno bussò alla porta.

-Avanti- disse il ragazzo.

Entrò Gracia con un cumulo di vestiti tra le mani, poi vide la bionda seduta sul letto accanto a Francesco. Sobbalzò e dopo un piccolo urlo disse

-Scusi, scusi, le chiedo perdono signor Lombardo!-

Allora arrossì anche Francesco

-Ma no, no, non si preoccupi! Non ha interrotto nulla, lei è la sorella di Simone-

-Ah, tu sorella Simone? No somiglia per niente!-

-Beh, un po', gli occhi…- disse Francesco quasi sottovoce.

-Ma voi fidanzati? Cose così…-

Saltarono tutti e due in aria -Assolutamente no!- dissero insieme.

-Ah, io esce che devo lavorare-

Elisa sembrava piuttosto stordita, il suo sguardo si muoveva tra il ragazzo e la cameriera. Poi la donna uscì tutta imbarazzata.

-Almeno chiama Nicole, dille di fare la strada al contrario e di portare Simone al sicuro con una scusa…-

-Ma come ti vengono?-

-Chiama e stai zitto, maledizione…-

-Siete fratelli dopotutto…-

Francesco prese il telefono e chiamò Nicole, le aveva dato il numero quella mattina stessa, mentre Simone era in presidenza.

Dopo qualche squillo, la ragazza rispose

-Nichi, sono Francesco…-

-Si, dimmi-

-Torna indietro verso casa mia, dev'esserci Simone sulla strada-

-E quindi?-

-Torna indietro e portalo al Green Door o dove ti pare-

Riattaccò.

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Capitolo 8
*** VIII ***


-Ciao, dove te ne vai?-

Simone alzò lo sguardo e non fu per niente stupito nel vederla. Conosceva il rumore dei suoi passi e aveva notato le sue scarpette da ginnastica, giacché camminava sempre e solo a testa bassa. Gli occhi verdi della ragazza erano così grandi e scuri da intimorirlo.

-Che ci fai qua?-

-Niente, facevo la strada al contrario!- fece spallucce e la codina che aveva in testa penzolò da un lato all'altro

-Tu hai qualche problema e io non voglio averci niente a che fare…-

-Che ne dici di andare a bere qualcosa?- sorrideva.

-Perché dovrei?-

-Dai, andiamo dove siamo stati ieri!- aveva le guance tutte rosse.

-Ma sei scema? Io e te da soli al Green Door insieme ad una cameriera impicciona e due clienti vecchi e ubriachi?-

-Non hai tutti i torti…-

Simone la guardò dritta negli occhi, poi dopo aver accavallato un sopracciglio le chiese -Dobbiamo per forza bere qualcosa?-.

 

Elisa pose delicatamente il libro nella sua borsa a tracolla. Era un vecchio libro dalla copertina rigida, con gli angoli tutti smussati.

-Biblioteca?- le chiese curioso mentre osservava l'accuratezza con la quale lei deponeva il libro.

-Si, sono tutti rovinati e pieni di polvere, la gente ha poco rispetto per i libri…

-Pff- sbuffò -è solo un oggetto!

-No, non è solo un oggetto. Stiamo parlando di un libro, non di un oggetto qualunque. Ogni libro contiene una storia e ogni storia forma molteplici emozioni- le sue guance rosee dicevano tutto riguardo al suo amore per la lettura.

-Mah! Sarà!- rispose lui stirandosi -Non potevi comprarlo nuovo?

-Non siamo tutti come te…- detto questo, con un filino di voce, si alzò dal letto con garbo e si avvicinò alla porta. Dopo averlo salutato agitando la mano sinistra e accennando un pallido sorriso, uscì dalla porta e scendendo le scale andò via dalla villa.

Francesco si distese sul letto un po' pensieroso. Nella sua testa, un turbinio di emozioni sconvolgeva la sua mente. Chissà che faceva Simone, chissà se Nicole era riuscita a trovarlo. Tra tutti questi pensieri però, uno, in particolar modo attirò la sua attenzione. Così, preso un po' dall'euforia, uscì di casa e si diresse in centro con lo scooter. Guidava con sicurezza, i suoi bei capelli rossi venivano accarezzati dal vento e i suoi occhi, benchè socchiusi, erano attenti e vigilanti. Le sue lentiggini venivano baciate dal sole e il sorriso sempre accennato in volto, simbolo della sua enorme fiducia in sé.

Mentre Francesco trasformava in atto un suo desiderio, Simone e Nicole camminavano l'uno dietro all'altro. Era Simone a guidare la ragazza, così le camminava davanti portandola tra i faggi centenari che circondavano parco Mazzini. Oltrepassato il parco, si estendeva robusto un enorme salice piangente. I suoi enormi rami si distendevano sulle teste dei ragazzi che affascinati, osservavano la bellezza della folta e verde chioma dell'albero. Simone si sedette su una delle grandi e grosse radici che ancoravano l'albero al suolo estendendosi verso le rive di un piccolo stagno poco limpido. Poi alzò gli occhi verso Nicole che si sedette accanto a lui, sulla stessa radice. Nessuno dei due aveva voglia di sciupare un momento così lieto con delle parole. Spesso le parole non sono necessarie. La lieve brezza autunnale accarezzava la loro giovane pelle e i loro cuori battevano allo stesso momento, il loro sguardo si perdeva un po' tra le acque stagne del laghetto e la cornice era data da un profondo silenzio.

-Vengo spesso qui- accennò, un po' rauco, Simone e vedendola semplicemente annuire continuò -quando il mondo mi sta stretto, intendo-

si accese una sigaretta, Nicole lo guardò un po' costernata quando lo vide agitare la sigaretta nel senso di offerta -Capisco, capisco… Sei piccola!-

e sorrise ancora per metà, lei alzò un sopracciglio -Ma se siamo in classe insieme!- rispose alzando un po' la voce, lui sorrise facendo uscire il fumo dalle labbra.

-Quindi secondo te abbiamo per forza la stessa età?

-No…- disse un po' sbigottita -magari sei straniero e hai iniziato un anno dopo!

-Sbagliato!- questa volta rise, poi, dopo aver fatto un altro tiro, le spiegò -sono stato bocciato due volte-.

Non sembrava deluso, provato, imbarazzato o cose del genere. Non sembrava neanche che se ne stesse vantando. Semplicemente lo aveva ammesso senza provare emozioni decifrabili dall'esterno.

Se le emozioni di Simone si nascondevano così bene tra i suoi occhi azzurri, quelle di Nicole erano talmente palesi da lasciare che tutti le capissero. Infatti spalancò sia gli occhi che la bocca ed esortò un goffo e insensibile -Davvero?!

-Davvero, davvero… Una volta in prima media e l'altra in primo superiore

-Posso sapere perché?- era anche parecchio invadente, del tutto sfacciata.

-In primo superiore sono stato bocciato perché sono stato coinvolto in una rissa e le conseguenze furono parecchio gravi… Infatti bocciarono anche Francesco!- Nicole si mise a ridere, del tutto inopportuna.

-E in prima media?- si strinse le gambe al petto, facendo si che le ginocchia le arrivassero sotto il mento -perché ti bocciarono?-.

Le mani di Simone si strinsero in due pugni. Il suo sguardo tranquillo si incupì e la sua bocca assunse una smorfia poco raccomandabile.

-Non ti riguarda…

Il sorriso di Nicole si capovolse rapidamente. Calò nuovamente il silenzio, il vento spirava più forte e delle nuvole iniziarono a coprire il sole.

-Così le prove sono saltate…- mormorò Nicole.

-Già… Ti chiedo scusa per prima- le rispose quasi sottovoce.

-Come?-

-Niente, niente… Ti va se torniamo da Francesco?

Quest'ultimo, con una busta di carta in mano, tornava al suo scooter, parcheggiato nei pressi del parco. Mentre camminava con la testa tra le nuvole e gli occhi fissi sullo schermo del telefono si sentì chiamare

-Fra!- era una ragazza, voltandosi, gli si illuminarono un po' gli occhi

-Vanessa!- disse sorridendo, lei gli si fiondò addosso abbracciandolo, cosa che lui decisamente non si aspettava.

-Allora! Come stai, amico?- gli occhi neri della ragazza brillavano e i suoi capelli, tinti di viola, erano ormai ormai cresciuti fino ai fianchi. Era truccata pesantemente, come sempre, i suoi vestiti neri sembravano quasi di cartapesta e quando apriva bocca per parlare, si intravedeva qualcosa brillare sulla sua lingua, il suo nuovo piercing.

-Quello l'hai fatto con i soldi dell'incasso di quella sera?- non si era mai visto un Francesco così serio. Non sorrideva, i suoi occhi non erano lucidi e spalancati, ma stretti e seriosi. Vanessa sorrise.

-Ma andiamo! Tesoro, ancora con questa storia?- gli poggiò una mano sul braccio facendogli gli occhi dolci, conosceva bene i suoi punti deboli.

Lo sguardo della ragazza cambiò direzione e si rivolse verso la busta che con cura Francesco teneva in mano. Sebbene fosse arrossito per aver sentito la mano di una così bella ragazza sul braccio, tornò serio.

-Che hai in quella busta?- disse curiosa, con il suo solito sguardo da gatta morta. Francesco arrossì di nuovo, non sapendo che dire, dette per buona la prima.

-Una cazzata, una cazzata così a cazzo- lei rise

-Non sei cambiato da quando uscivamo insieme, eh?

-Pensa, pensa…- rispose sarcastico con una mano alla nuca

-Ci divertivamo molto insieme io e te, ricordi amore?- questa volta, il tono di voce della ragazza divenne del tutto diverso. Silenziosamente, approfittando della distrazione del ragazzo, gli prese la mano e sfilò velocemente la busta. Uscito di colpo dal paese delle meraviglie, spalancò gli occhi -Ridammelo!

-Aspetta, aspetta, aspetta… Vediamo!

La malizia della ragazza era del tutto insaziabile. Quando vide il contenuto della busta, rimase un po' delusa. Infatti, senza fare storie, diede al ragazzo ciò che era suo e aggiunse -pensavo che si trattasse di un completino di lingerie per qualcuna, eri più licenzioso una volta- rise un po' istericamente -una volta inteso come tre mesi fa- lei si passava le dita tra le ciocche dei capelli. Francesco non rispondeva affatto, voleva solo andar via e nel più presto possibile, ma la ragazza continuava a parlare.

-Ricordi che tipo di regali mi facevi? E ora ti becco in centro, da solo, con un libro in una busta!- rise di nuovo -andiamo a casa tua Fra?-.

Un colpo al cuore. Era parecchio tentato. Vanessa continuava a fissarlo intensamente negli occhi. Inizio a sentire il sudore gocciolargli giù dalla fronte. Stava per cedere quando ripensò a tutto ciò che era successo.

-No, magari ci vediamo un'altra volta. Ciao Vanessa!- disse allontanandosi a passo fiero, sentendola ancora ripetere il suo nome. Quasi correndo, arrivò al motorino. Dopo essersi dato trenta volte dello stupido, si decise a partire. Nel frattempo, Simone e Nicole, dopo aver scoperto che Francesco non era a casa si divisero e tornarono ognuno alla propria abitazione.

Entrato nell'appartamento, Simone, iniziò a chiamare la sorella, lei non rispondeva, così, camminando verso il soggiorno, venne bloccato sulla porta da una visita del tutto inaspettata

-Che cazzo ci fai tu qui?-.

 

Elisa uscì dalla biblioteca comunale all'orario di chiusura e scendendo lentamente per la gradinata principale, notò un ragazzo dai capelli rossi seduto su di una panchina davanti alla biblioteca. Notò che stava fumando, si avvicinò accelerando il passo, un po' stupita.

-Finalmente sei uscita! Non ne potevo più di aspettare!- sembrò sollevato.

-Fra, che stai facendo?- Francesco, formalmente, le mise in mano la busta di carta che aveva scarrozzato per tutta la città.

-Questo è per te, buon compleanno Lisa.

 

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