La tua vera bellezza

di Cecile Balandier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quello che provi ***
Capitolo 2: *** Dove diventi eternità ***
Capitolo 3: *** Brezza d'infinito ***



Capitolo 1
*** Quello che provi ***


379200
Quello che provi

12 
luglio 
1789
Hai gli occhi chiusi... 
e con tutta te stessa li vorresti tenere così. 
Per riuscire a riposare, per fingere di poterti staccare dalla realtà che è mutata ferocemente in tutto ciò che non credevi mai potesse diventare. 
Vorresti separarti da tutto... ma una forza strana spinge per cercare la luce. Una forza o solo un'immagine che se la guardi da dentro fa troppo male... allora riapri gli occhi, fissi lo sguardo al soffitto del baldacchino, come se fosse semplice farlo senza pensare ad altro oltre quel tetto di fiori chiusi in una bella trama di stoffa. 
Un lamento... scrive un urlo nel silenzio della tua camera. 
Proviene da te, ma tu non distingui più il dolore dalla malattia, perché sono diventati un unico disarmante plotone.
Fosse sereno almeno il tuo respiro, ora che brucia nel petto e allaga di veleno tutto il tuo torace, ora che sospiri e con un brusio nascosto sotto le lenzuola ruvide di lino lo chiami, ripeti il suo nome, dove quasi non ti puoi sentire neanche tu. 
Hai passato la notte a Palazzo, l'hai trascorsa sveglia, perché da mesi ormai non dormi più... forse solo qualche ora, qualche straccio di sogno tra la tosse e la febbre, per poi cadere sfiancata sulle braccia poggiate alla scrivania del tuo ufficio, quando non ne puoi più, quando nessuno ti può vedere. 
Ma questa notte hai solo pensato, tu lo sai a chi. Tu sai di chi è quel volto che prende forma nella notte che soffre, nella notte che prega, nella notte che a volte brama con dolore insopportabile il suo amore di uomo. 
Il volto e il corpo, il cuore e la voce di chi ha abitato ogni tuo giorno e che ora ha rubato anche le tue notti, in cui ogni sogno riesce ad essere esanime, al confronto del pensiero che si riempie di lui. 
Pensi alla sua voce, a quello che provi quando lui è accanto a te, a quando rincorri attenta i corridoi della caserma in cerca del suono della sua risata, sempre più rara.
Pensi a lui, che riesce a farti sentire il suo abbraccio senza doverti per forza toccare.
A lui, povero di ogni cosa inutile e unico re del tuo cuore.
"Del mio cuore."
L'hai detto ad alta voce e hai lasciato libera una lacrima di rigarti lo zigomo e di finire sul cuscino.
Il giorno sta arrivando, lo
vedi anche al di là delle pesanti tende del baldacchino, anche se non ti muovi, anche se lo sguardo è sempre lì, fisso in un punto indistinto. Pensi alla sera del giorno che non esiste più e un sorriso amaro come il sapore della sconfitta vibra senza anima sul tuo viso.
Pensi a te, che stai per morire... pensi che sei finita, che sei mesi sono davvero troppo pochi.
Scuoti la testa, ti sollevi brusca dal letto e quasi strappi una tenda, per scansarla con rabbia e uscire da quel cumulo di buio.Ti sei coricata vestita, perché ieri sera non sei riuscita nemmeno a lavarti e a spogliarti. 
Non dopo quella notizia...
Ti siedi sul bordo del letto, sotto il saluto del sole di un'estate vibrante. 
C'è luce. 
C'è tanta luce...
"André!"
Le mani tra i capelli, la disperazione di sapere che soffre da solo.
Nel ricordare il verdetto di Lassonne. 
Vorresti spaccare qualcosa, come qualcosa sta facendo col tuo cuore.
Perché non l'hai capito prima?
Perché?
A questo pensi ora. 
Questo ti tormenta... e capisci che l'amore per lui supera anche la paura di morire. 
Ti alzi in piedi, come una guerriera respingi l'idea della debolezza. Stringi i denti, serri i pugni e decidi che se è vero che ti ha nascosto la verità per così tanto tempo, adesso tu quella verità la guarderai in faccia!
Ti avvicini alla finestra, il sole ti punge la pelle, discioglie quasi un poco dell'amarezza di questa notte. 
"Perché non me l'hai detto?"
La testa all'indietro, chiudi gli occhi, inspiri profondamente e decidi di metterlo in trappola. 
Decidi di stanarlo, per sapere, perché non hai paura della tisi che ti prenderà a morsi la vita... ma ne hai per lui... 
Lo aiuterai a modo tuo, l'unico che conosci, l'unico che può funzionare, ti ripeti. Senza farglielo capire, senza ledere la sua dignità.
Respiri l'odore intenso dei giardini e delle rose mischiate all'aria del mattino... 
Dolci e pungenti effluvi che si toccano.... e mai come oggi vorresti sentire scivolare via quella sensazione strana che scalda subito il cuore e lo fa sorridere, quando pensi a lui.
****
"Che strano... prima mi fa chiamare e poi se ne va!"
Ora che sono riuscito a mettere a fuoco vedo solo la tua scrivania vuota e niente altro nella ridotta cornice scura che circonda la mia vista e che si restringe sempre di più. Mi sento uno stupido per essermi messo a parlare e a ridere davanti ad una sedia vuota... 
Avrei giurato di aver sentito il tuo odore, quell'inconfondibile profumo di rose, di candore, ma anche di donna, di pelle accaldata dal sole che asciuga i capelli durante una cavalcata.
L'avrai lasciato qui, tra le pareti di questo umido ufficio, dove rimbalza ancora la leggerezza della mia risata.
Avevo davvero voglia di regalartela, di salutarti, perché sono giorni che non riesco a scambiare nemmeno una parola con te, e ne ho bisogno Oscar... maledettamente bisogno. Come ho bisogno di poter vedere il tuo viso distendere improvvisamente i tratti nel riconoscermi e aprirsi in un sorriso irrefrenabile, seppur breve e stanco. 
Sei stanca, amore mio... lo so, lo sono anch'io. 
Esco dal tuo ufficio e richiudo la porta con gentilezza, poi seguo il gioco di luci e ombre nel corridoio che arriva alla Piazza d'armi. 
Mentre cammino nel bianco e nel nero mi chiedo se un uomo può decidere senza rimpianto di mentire per amore... perché tu non dovrai mai sapere, non dovrai mai conoscere la mia debolezza, anche se è sempre più difficile per me nasconderla. 
Cerco di non pensarci, di non pensare a me, soprattutto in questi giorni... la situazione è davvero grave. Con i miei compagni stiamo discutendo già da settimane degli ordini che potrebbero giungere da un momento all'altro e che probabilmente quasi tutti vorranno disattendere. 
Reagire con la forza sulla folla, sui rivoltosi armati, sul popolo ribelle, sugli amici e i parenti del Terzo stato.
Siamo in allerta, dominati da un costante stato di ansia e preoccupazione. 
Esco sul piazzale e il sole mi colpisce con tutto il suo fulgore caldo e violento... troppo per il mio occhio e la sua fragile linea di luce.
"André! Immagino mi avrai cercata nel mio ufficio... mi sono dovuta allontanare un momento, scusa."
Sei sbucata dal nulla come i raggi impietosi. 
"Non importa. Cosa volevi, Oscar?"
Ti rispondo mentre mi raggiungi sugli scalini e ti fai vicina, molto vicina... e sento quelle rose... e vedo quasi bene il tuo splendore.
"Siamo in attesa di ordini, così... pensavo di rientrare a casa con te."
"So a quali ordini ti riferisci... e preferisco rimanere qui con i miei compagni."
Devo pensare al futuro della Francia, devo capire cosa sta succedendo, per poterti difendere.. per esserti d'aiuto nel caso in cui... 
Non ho nemmeno il tempo di realizzare questi pensieri che le tue mani hanno già catturato la mia.
Sono state svelte e io... io ora non capisco...
"No, André. Stavolta voglio che tu venga con me."
Devo venire... con te.
No... tu vuoi, hai detto che vuoi... 
"Sai, le strade sono molto pericolose in questi giorni... e io ho paura! Ah ah ah!"
Tu hai paura? 
Lo dici ridendo, ma fai sentire ridicolo me che ti volevo dire di no. 
E fai brillare i tuoi occhi, che mi sembrano persino più grandi e più azzurri.
Come hai fatto, Oscar?
Tieni ancora la mia mano, imprigionata tra le tue dita, che stringono e non sembrano attendere in realtà una risposta. 
Ma quale risposta potrei mai darti, adesso?
"Va bene. Torno a casa con te."
Avevo deciso di fare altro... ma hai vinto ancora Oscar, solo con questa risata così... strana.
Era ammaliatrice... te ne sei resa conto?
Lasci la mia mano, continui a sorridere ma abbassi il volto, lo sguardo a cercare la punta degli stivali bianchi. Indietreggi piano, fino a voltarti e ad offrirmi la schiena, coperta dai riccioli biondi, lunghi... sembrano danzare sulle tue spalle, oscillando ad ogni tuo passo. 
Certo che vengo con te. 
"Ci ritroviamo qui con i cavalli. A dopo."
Torni ad essere più asciutta, ma in realtà questo non fa che risaltare ancora di più la dolcezza che hai usato con me pochi istanti fa.
Torno velocemente alle baracche, senza quasi capire cosa sto facendo. Riprendo le mie armi e il mio diario, meccanicamente, sospinto però da una strana ansia interiore.
"Hai una tale faccia da ebete... Cosa ti prende?"
Alain mi guarda con la coda dell'occhio, mentre lancia qualche carta nel suo berretto. 
"Niente... torno a Palazzo Jarjayes. Oscar vuole che vada con lei. Ha detto che ha paura di muoversi da sola."
Scuote la testa e una risata gli fa tremare addirittura le spalle. 
"Robe da pazzi le donne!!"
Io davvero non so come rispondergli, allora sorrido, mi infilo il copricapo da soldato della Guardia e me ne vado, dicendogli solamente che qualsiasi cosa succederà, io rimarrò al tuo fianco. 
Annuisce con l'aria di chi quelle parole le conosce a memoria e non aggiunge altro, non ne ha bisogno. 
Dice solo che mi aspetterà lì dove si trova. Lo saluto sorridendo, con una pacca sulla spalla, ed esco dalla camerata. 
Quando ci ritroviamo con i cavalli sei silenziosa, ma non ombrosa.
"Possiamo andare Comandante!"
Ti faccio il saluto militare appena ritorno in Piazza d'armi, già in sella al mio cavallo.
"Sì... andiamo André."
Lo dici senza formalità, prima di tirare le redini di Cèsar, per farlo voltare alla tua destra e indirizzarlo al cancello. 
Per tutto il tragitto preferisci restare dietro di me, imponendo tacitamente ad entrambi un passo molto lento. Il mio cavallo mi porta fedele, come d'abitudine, verso casa. Una passeggiata serena, se non fosse per le immagini che mi circondano, che a volte si offuscano. 
Respiro... la tua presenza mi rinfranca sempre e ripenso al passeggiare pigro o a una cavalcata veloce... al piacere di cantare o di respirare il vento contro, che diventa rugiada sulle labbra, tra le ciglia e i tra i capelli, nella corsa verso sera, a piegare il verde delle radure.
Un'immagine pulita, un sogno che vibra nelle mie notti insonni, mentre la realtà del giorno si affievolisce sempre di più, come in un lento ed angustiante addio. 
Ma tu non dovrai mai sapere, non dovrai mai sentirlo, Oscar, il logorio della paura che mangia i bordi dell'anima, che arriva ad essere panico che si muove nelle viscere e immobilizza ogni emozione. 
Non lo dovrai mai sapere, amore mio, che sto diventando cieco...
Improvvisamente sei al mio fianco, lo posso udire prima che vederlo e quando mi volto verso di te, incrocio il tuo sguardo deciso e azzurro. 
Sono certo che non mi parlerai, come fai spesso ultimamente, presa da troppe preoccupazioni e da troppo lavoro. 
Invece ti avvicini ancora.
"Finiremo per addormentarci così!"
Nascondi un sorriso in queste parole, lo so anche se ora ti sei lanciata al galoppo.
Ti seguo, felice di averti dinnanzi al mio cammino, di sentire la tua volontà vibrare nell'aria ferma dell'estate e tumultuare la terra. 
Mi getto nel vento con te, che sembri aspettarmi mentre cavalchi. Anche se ad occhi chiusi, respirando la polvere limosa sotto il sole cocente e le ombre frondose delle querce scure e danzanti, capisco con intensa felicità che siamo a casa...
Mi basta averti vicina, dopotutto, per sentire il calore di un legame che ha spezzato i fili della diversità di rango. 
E nelle scuderie avverto la tua presenza farsi pienezza, benché ti abbia detto che avrei pensato io ai cavalli, come sempre.
"Hai bisogno di qualcosa, Oscar? Ho quasi finito."
Non rispondi, ma sei a pochi passi da me e con una mano sfiori il bordo del cuoio della sella di Cèsar, sistemata su una panca. Sembra che tu stia fissando il vuoto, non riesco a mettere bene a fuoco. Proprio ora, che vorrei cogliere il più piccolo segno di coinvolgimento in te. Invece mi devo accontentare di una figura immobile, sottile e vestita di blu. 
Ma forse... mi sto solo illudendo.
Mi volto, interiormente spazientito dal mio disagio, e provo a levare i finimenti del mio cavallo. Sei ancora ferma alle mie spalle e credimi, oggi mi stai confondendo.
"Rientro in casa..."
Fermo i miei movimenti e trattengo il respiro, perché la tua voce ha tremato, Oscar...
Mi alzo in piedi, getto a terra le briglie, e dopo un sospiro mi volto per avvicinarmi a te. Qui non sei più il mio comandante. 
"Qualcosa non va, Oscar?"
Ti chiedo con delicatezza, perché non ho voglia di vederti allontanare. Tu respiri senza mostrare affanno, senza mostrarmi altro che uno sguardo lucido e cerchiato di grigia stanchezza. 
"Nulla."
Non aggiungi niente a ciò che hai fatto e detto, e ti allontani, semplicemente. 
La confusione inizia a scaldarmi le mani e il volto, passo una mano tra i capelli e mi rimetto immediatamente al lavoro, con la tua risata che mi vibra ancora nelle vene. 
Fa molto caldo e ho bisogno di bere e rinfrescarmi. 
"Qui ho finito."
Sospiro di sollievo, desiderando ardentemente di levarmi la divisa pesante da soldato della Guardia e infilarmi una camicia fresca e pulita. 
L'entrata del Palazzo che porta alle camere della servitù è la stessa da cui entro da anni, dopo aver lavorato alle scuderie o dopo essere stato a Versailles con te, in qualità di tuo attendente. La stessa che conosco come le mie tasche e che posso ritrovare senza fatica. 
Mentre oltrepasso l'uscio della porta lo sbalzo dalla luce all'ombra della casa mi provoca uno sbandamento e devo aspettare per qualche attimo che il mio occhio si abitui a questo cambiamento repentino. 
La mia mano sa che può appoggiarsi ad una madia in castagno, subito dopo l'entrata, mentre attendo che qualcosa lentamente ritorni... 
Il pavimento... una scacchiera bianca e nera, come la realtà che vivo e che la ricorda. A volte bianca, quando posso starti vicino, quando rischiari solo con un respiro i momenti oscuri in cui prevale il nero, l'eterna notte senza luna.
Una scacchiera... e io pedina senza peso, che oscilla nel vuoto delle sue debolezze... ma poi cade in piedi, perché nell'incertezza compie il suo destino. 
Il respiro si riempie di odori familiari, rassicuranti, mentre la mia mano si stacca dal legno del mobile per asciugare il sudore sulla fronte.
Ora vedo solo un po' annebbiato e cerco di raggiungere la mia camera. 
"Oscar!"
Sorrido mentre pronuncio sorpreso il tuo nome, ma in realtà ho paura che tu ti sia accorta della mia difficoltà di poco fa, perché solo ora ho visto la tua sagoma poggiata alla parete di fronte alla mia stanza.
Ti avvicini, camminando con le braccia basse e rilassate. Hai un vantaggio e credo tu lo sappia perfettamente. Anche se spero di sbagliarmi...
"Ti sei dimenticata di dirmi qualcosa?"
Non riesco a dire altro, perché la tua mano si solleva lentamente per accarezzare la mia guancia. Uno sfiorare leggero delle dita, dallo zigomo al mento... 
Tu non mi guardi, osservi invece rapita quello che stai facendo.
"Grazie.. per essere tornato a casa con me."
La tua voce vive di sola aria... sei leggera, sei eterea come un sentimento, una bellezza che sfuma nel sogno... 
E non c'è timidezza in te, solo un'improvvisa naturale dolcezza.
"Non devi neanche dirlo."
Ti rispondo senza esitare e mi rendo conto che basterebbe solo un'altra tua parola, in questo preciso istante, e finiresti tra le mie braccia per sempre. 
O almeno è ciò che io vorrei più di ogni altra cosa...
Avrei voglia di sfiorare il tuo polso, con dolcezza stavolta, come se tenessi tra le dita una piccola colomba bianchissima, stanca di volare sola. Ma non ci riesco... e faccio ricadere la mia mano, che avevo sollevato solo un poco, nascondendo ancora una volta la mia passione, il mio amore...
O forse... no... il mio amore non lo nascondo più.
Nessuno dei due indietreggia, a nessuno sembra una stranezza stare così vicini, abituarsi ad un contatto nuovo eppure così familiare, vivo nel passato di due amici. 
Avrei tanta voglia di dirtelo, proprio in questo momento, che sei ancora l'unica donna che potrei amare. 
Sembra che le onde impetuose racchiuse nel mio cuore si dispieghino rovesciandosi dentro il tuo. Nonostante tutto, avverto che c'è qualcosa che vorresti dire, in punta di anima ti guardo e ti vedo diversa.
E bella, amore... sempre così bella...
La tua mano scivola via, l'orlatura della tua divisa sfiora il mio petto mentre scappa lungo il fianco. 
Schiudo le labbra, vorrei parlarti, vorrei almeno dirti di non preoccuparti, di non temere il domani, mai... perché io ci sarò sempre.
Ma non mi riesce di parlarti, e ti lascio allontanare, silenziosa, sul nero e sul bianco della scacchiera.
****
Poteva essere sufficiente quel tocco leggero sulla sua barba appena ricresciuta, poteva bastarti per impazzire o addirittura morire di felicità! 
Nel silenzio pesante della tua camera, ti sei appena liberata dell'uniforme e delle armi, diventate in un momento troppo pesanti per i tuoi arti stanchi.
Un tonfo mentre ti getti sul letto, i capelli biondi risplendono lontani dal tuo volto arrossato, umido di lacrime che nessuno deve vedere, che ti bruciano la gola, che parlano di te, di te con lui... 
Di lui che è tutto dentro il tuo cuore.
Della crudele decisione della tua coscienza di tenerlo all'oscuro di questo amore, che ti sembra non avere limite oltre l'orizzonte di un mare lontano.
Perché ora, quello che provi è più forte di quello che sei. 
"Eterno... André..."
Lo ripeti gemendo con una mano sulla gola e una sul petto.
"...eterno amore per te."

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Capitolo 2
*** Dove diventi eternità ***


379200
Dove diventi eternità 

12
luglio
1789

L'elsa è fredda tra le dita roventi e quando la impugni forzi il polso per sollevare la spada.
Sei seduta su una poltrona in camera tua e non hai toccato nessuna delle pietanze che ti sono state servite più di un'ora fa. 
Accosti al viso la lama, è fosca l'immagine che riflette, sono tuoi gli occhi che ti guardano... belli, azzurri, si perdono nel grigio freddo dell'acciaio e quasi non riesci a leggervi nessun sentimento, nessuna vibrazione. 
Nessuna anima.
Sarà così che li vede lui, adesso? 
Ti bagni le labbra, hai sete, oggi più del solito. Osservi il calice che tieni nell'altra mano, lo fai oscillare per guardare le onde scarlatte del vino soverchiare quasi il bordo di cristallo. 
Poi guardi di nuovo te stessa nel ritratto che ti rende la spada, tenendola ancora davanti al viso, davanti agli occhi, che senti tremendamente pesanti e stanchi. Vorresti vederci Marte, il dio della guerra... inclini il capo, alzi di poco l'angolo delle labbra. 
Vedi una donna in realtà... una donna che si priva dei sogni, dei sorrisi, della libertà.
"Libertà... "
Sussurri senza fiato e nel medesimo istante getti la spada a terra, che rotea fino ad incagliarsi nello stipite della porta. Poi spalanchi gli occhi, perché la senti arrivare, una crisi che ti farà tossire con violenza incontenibile. Balzi in piedi per provare a calmarti e il calice di vino cade a terra e va in frantumi.
Continui a tossire e porti un braccio sulla bocca, per soffocare i tuoi singulti. La manica rimane macchiata di sangue, segno inconfondibile della tua malattia. Lentamente il respiro entra ed esce nuovamente morbido e con una mano provi ad asciugare il sudore che ti imperla la fronte e scivola sul collo. 
Ti senti svuotata e ti senti sola.
Vorresti le sue braccia, quando invece sono solo le tue a stringersi per cercare sostegno. 
Vorresti il suo calore, vorresti udire ancora quella frase... 
- Credo di averti sempre amata... Oscar... -
La vorresti udire all'infinito tra i capelli, sulle labbra, prima di donargliele, incondizionatamente...
Ma cosa gli puoi donare veramente? 
La tua morte?
Lo ha detto lui stesso che non potrebbe sopportarlo...
Strofini la manica della camicia sulle labbra, asciughi in fretta gli occhi perché senti bussare alla porta. 
"A... Avanti!"
Lo dici mentre raccogli la spada che ne blocca l'apertura.
"Oscar! Cosa è successo?"
Nanny non deve sapere, su questo non nutri nessun dubbio. 
"Ho fatto cadere un calice e mi sono macchiata di vino."
"Aspetta, ti prendo una camicia pulita. È arrivato il pittore, Oscar! Avanti, non farlo aspettare!"
Dice spiccia, portandoti una camicia bianca e linda.
"Sì... arrivo, dammi un istante per cambiarmi, ho combinato un disastro!"
Le sorridi, fingi, e inizi a sbottonarti la camicia, mentre lei esce indaffarata dalla tua camera, ignara di ogni verità. 
Ti spogli e prima di indossare la camicia pulita getti nel camino quella macchiata di sangue, poi ti guardi allo specchio, da una distanza che non ti permette di affrontarti, ma solo di osservarti in una realtà simile a un'illusione.
Sei dimagrita, questo è innegabile, come lo è il fatto di avere quel seno piccolo e perfetto e quella voglia, che ti porta sempre solo brividi, di sentire il calore della sua pelle sulla tua. 
Lui lo vorrà ancora?
Lui ti amerà ancora?
Forse sei di nuovo solo una cara parte della sua vita... 
Tremi a questo pensiero e fissi immobile il parquet, mentre il cielo alle tue spalle si riga di bianco e oro, e un fragile respiro abbraccia il caldo corpo del sole. Sei nuda e la tua pelle sottile appare iridescente quando la luce ne risalta i riflessi di perla. Lo sguardo fisso, inerme se visto dall'esterno, ma penetrato in quell'immagine che ti porta ancora più dentro, sempre più dentro di te.
Non ti lascia scampo, ma tu glielo lasci fare, perché gli appartieni.
Lui... i contorni del suo volto abbronzato, gli occhi verdi come il mare che mischia le sue correnti dopo una burrasca, le sue labbra... erano morbide, le ricordi bene, anche se hai finto di voler dimenticare. 
Ti chiedi cosa proveresti a dire ti amo all'uomo della tua vita, almeno una volta... almeno una...
Raccogli tra le mani la lunghezza biondissima dei tuoi capelli e li porti al viso, per cercare il tuo odore.
"Profumano di sole..."
Sussurri e sorridi a questo pensiero così intimo, insieme ad un fremito delle ciglia lunghe e scure. 
Te lo diceva sempre lui da bambino ed eri felice quando lo faceva.
Inspiri, ricacci indietro ogni anelito di vita e riporti i capelli sulle spalle, che cascano in lunghe volute morbide e indomate. 
Poi ti rivesti. Non devi provare desiderio. Non devi provare e mostrare nulla, ti ostini a ripetere.
Non è giusto, cosa hai da offrirgli? 
No, non lo farai soffrire ancora.
Devi scendere e raggiungere il pittore, così, ferma nell'immobilità imposta, sarai solo respiro e non più pensiero. 
Perché ora sai che basterebbe poco, molto poco, forse solo la spinta di un soffio di brezza estiva, per confessarglielo...
Per diventare donna. 
Adesso... donna davvero.
****
"Nonna! Dove vai così di fretta?"
Le chiedo ridendo della sua perenne corsa a qualche cosa da sbrigare.
"È arrivato da un po' il pittore, André!"
Parla dopo essersi affacciata dalla portafinestra che ho lasciato aperta, per venirmi a sedere sui gradini che portano al giardino del Palazzo. Ho sentito il bisogno di stare all'aperto, tra i colori più vivaci che potevo trovare, per provare a dare vita ad una vista che mi tormenta ogni giorno di più. Ma sono quasi arreso, perché mi sembra ormai chiaro di non poterla più salvare in alcun modo. 
"Davvero?"
Le rispondo disarmato, perché non so cosa fare, perché vorrei correre da te e ammirare con lo sguardo di un tempo ogni pennellata che è riuscita a creare la tua viva impronta su quella tela. Invece mi trattengo, perché ho paura, perché sono solo nella mia menzogna. 
Solo, per continuare.
Solo, perché ti amo.
"Vado a controllare se ha ultimato il quadro, il Generale lo vuole vedere appeso immediatamente nella sala grande."
"Ti raggiungo. Voglio... voglio vederlo anch'io."
Se ne va mentre le rispondo, lo capisco perché la sagoma viola del suo abito preferito sparisce all'improvviso. Mi alzo dai gradini un po' ombreggiati dai rami di una quercia che si protrae fino ad accarezzare la casa con le fronde piene. Inizio a muovermi, conosco bene il percorso, ma per continuare devo trovare il confine di questo nuovo infinito, che come un pozzo fondo e scuro sembra volermi inghiottire ad ogni passo. 
Cerco appoggio alla parete del corridoio che porta al centro del Palazzo. Le mani camminano e mi portano lentamente dove voglio arrivare, ma non esiste riparo per le mie paure. 
Mi devo esporre, devo trovare il modo, amore mio, perché voglio raggiungerti, perché tu oggi mi hai cercato e ora... ora voglio cercarti io e guardare il ritratto della donna che amo più della mia vita. 
Non posso peggiorare proprio oggi.
Non posso..
"Non adesso... non ancora... "
Lo vorrei urlare e non solo gemere, qui, nell'ombra del corridoio, tra l'ingombro di statue, vasi di rose, quadri e specchi lussuosi e fregiati d'oro. Lo vorrei gridare insieme all'amore che mi divora... ma resta tutto in silenzio, dentro di me, è il prezzo da pagare per averti accanto. 
Eppure mi basta... lo giuro... mi basta saperti parte della mia vita, perché dopotutto, anche in questo modo sei mia. 
Quando giungo finalmente all'ingresso della sala più luminosa del Palazzo, le sagome della persone e i colori dei loro abiti pulsano e muoiono nel medesimo momento. 
So che sei ancora in posa perché mi sembra di ritrovare la corona dorata dei tuoi capelli biondi proprio davanti al pittore, che riceve i complimenti di tuo padre e mostra l'orgoglio per quel quadro magnifico che immediatamente provvedono ad appendere alla parete accanto alla finestra, da cui entra una luce ottimale...
Catturo ogni movimento o parola con gli altri sensi, che sono diventati più audaci adesso. 
Parlano tutti tranne te, Oscar... 
"Cosa fai lì André? Vieni a vedere il ritratto della nostra Oscar!"
Mia nonna sembra agitarsi dall'emozione.
"Sì certo, arrivo."
Azzardo qualche passo per raggiungere il centro della sala. Sono bravo, ho imparato a fingere destrezza, l'ho imparato per poterti stare vicino, per non essere considerato inutile, per non essere compatito e allontanato da te.
Mi fermo proprio davanti al quadro, sollevo il mento, provo a forzare la poca vista che mi rimane, sbatto le palpebre e arresto persino il respiro... ma la disperazione inizia a stringermi la gola, perché dentro quella grande cornice preziosa, issata così alta e lontana... io... io non riesco a trovarti.
Una luce calda taglia col suo oro il nero che si infittisce.
Sono i raggi incendiati di luglio quelli che sento arrivare in bassi soffi di sole sul viso. Raggi di un tramonto fulvo, dipinto nei colori della vita. Arrivano però troppo pacati, come un suono ovattato che non potrei dire di aver davvero afferrato.
Fossero invece fiamme, qui davanti a me, forse non farei tutta questa fatica, non proverei lo strazio di non riuscire a levare il velo di nebbia scura che mi separa ancora una volta da te e dalla tua bellezza, riportata sapientemente sulla tela dal pittore. 
Poco fa parlava con tuo padre del tuo sguardo limpido come l'acqua e del desiderio bruciante di battaglia che vi si legge.
Purezza e ardore.
Lo so bene, in fondo parlano della mia donna...
Sono solo parole per chi conosce persino l'odore dei tuoi pensieri. Fossero onde di vento o il vibrato dolce e toccante di una corda pizzicata da un arco, forse riuscirebbero a scuotere questo velo e lasciarmi in dono, almeno per una volta, la beatitudine di poterti ammirare.
Guardarti, solo questo... 
Chiedo poi tanto?
Cerco di forzare l'occhio, ma i miei sforzi non mi premiano.
Provo e sospingo ogni volontà, ma non ci riesco.
Trattengo ancora l'aria, per illudermi di avere una spinta in più, ma non serve a niente.
Il tuo volto sembra arrivare, meraviglioso, perfetto, e poi i tratti cadono, tutto sfuma e in un battito di ciglia non rimane niente, solo lacrime di sudore sul mio volto contratto e la sensazione di avere addosso il tuo sguardo che mi scruta in segreto, come poco fa nelle scuderie.
Sei rimasta seduta alle mie spalle, il silenzio e il vino a profumarti l'alito. Avrei voglia di confessarti tutto, Oscar, di chiederti di aiutarmi, di descrivermi tu la tua bellezza. 
Tu, che non sai nemmeno quanto puoi far male anche solo con un sorriso o con un gesto che proviene dalla tua innata eleganza.
Potessi, alzando una mano, levare una preghiera...
Dio!! Ti prego! 
Io voglio solo vedere il suo ritratto su quella tela...
Provo di nuovo, stringo i pugni, le dita si inceneriscono... e mentre supplico tutto il mio essere, con tutto l'amore che provo, di trovare un varco... il tuo viso improvvisamente si definisce e mi appare tra i raggi del sole, nel colore e nella vita.
E allora capisco che sei là dove vivi da sempre, là dove diventi eternità... e così, anche con lo sguardo che mi muore tra le mani, posso finalmente ammirare quell'oro baciato da luce viva e da una corona di verde allegrezza, il bianco e il candore della pelle e delle rose, e la soavità dello sguardo e di quel sorriso che mi confonde e da sempre mi sa incantare.
Io riesco a vederti solo con quello che sono e se potessi, oltre alla tua vera bellezza, ti proverei a descrivere questo mio infinito amore... ma lo farei con la fiducia e la freschezza di un fanciullo. Ti direi ancora che ti ho amata ogni giorno di più, dai primi timidi passi in questa grande casa non mia, perché anche se dirompeva e feriva, l'amore per te non era mai abbastanza.
Ma ora... l'azzurro dei tuoi occhi si sta espandendo attorno a tutta la tua figura raggiante! Diventa cielo aperto e tu corri incontro a tutta quella libertà...
Un debole sussulto alle mie spalle... forse sei emozionata per la bellezza del quadro. 
"E le rose bianche sono... sono un'infinità!"
Sorrido pieno di stupore mentre ti parlo. 
"Mi ricordano tanto la nostra Arras, i luoghi dove andavamo spesso da ragazzi. Non è vero, Oscar? Non la ricordano anche a te?"
Una pausa nel tuo respiro prima di parlare.
" Sì, ma io lo sapevo, già... infatti... il pittore.... mi ha chiesto di fargli uno schizzo di Arras prima di iniziare il quadro... "
"È bello al di là di ogni descrizione... Non dimenticherò mai la bellezza che traspira da questo quadro... come non dimenticherò mai la tua vera bellezza, Oscar. "
Lo dico celebrando ogni parola, senza fretta, senza freni, senza voltarmi, e mi sento felice di poterlo fare... davvero felice...
"Sei molto caro con me André... ti ringrazio di cuore... "
Ma perché ora piangi?
Sento... sento la tua voce traballare.
Forse per la bellezza di quelle rose? 
O per questo inno alla tua grazia trionfante? 
Perdonami, è nato per te e di te vive... e si imporpora di sangue che brucia nel desiderio più ardente e in un sentimento inesauribile. 
Lasciami dire ancora qualche parola, Oscar, solo qualche parola che tocchi le nostre anime all'unisono, in una stretta più forte di quella che freme tra due amanti. 
Siamo rimasti soli, non sento più voci o rumore di passi attorno a noi, solo il tuo respiro nascosto e l'odore del lento tramonto che mischia il suo colore alla bruma estiva, per i campi e i giardini accaldati. 
Sollevo una mano verso il quadro, mi sembra quasi di riuscire a sfiorarti una guancia!
Solo qualche istante, Oscar... qualche istante...
Il volto e il respiro immobili, fammi catturare quest'attimo, poiché il mio cuore batte impazzito nell'immutato intento di dipingerti di amore. 
****
Tu stai annegando... in un mare di dolore. 
O forse questa è proprio la vera morte... ma se lui potesse vedere le tue lacrime, se decidesse di voltarsi, sei certa che basterebbe solo il suo sorriso per poter rinascere di nuovo.
Lo senti parlare, sorridere. 
Come può sorridere ancora? 
Come può amarti ancora? 
Non è vero... non è così. 
Resti immobile, non gli dirai niente di più di quel grazie.
Non gli dirai che lui è l'unica luce della tua vita, perché tutta la luce che ti ha donato, ora brucia nel tuo cuore e ti fa sentire viva con una sofferenza inaudita.
Non parli, non riesci nemmeno a muoverti da quella poltrona, perché il
dolore te lo impedisce, perché farlo vorrebbe dire rompere il silenzio delle vostre anime vicine. 
Ti nascondi ancora, perché capirebbe troppo, forse ogni cosa, e non ti senti più padrona di te stessa. 
Un rapido sussulto e André si volta verso la finestra. 
"Stanno arrivando, Oscar..."
Ti asciughi in fretta gli occhi, lo scalpiccio di cavalli al galoppo annuncia l'arrivo di visitatori, probabilmente i tuoi soldati. 
Lui li ha sentiti arrivare per primo.
Annuisci col capo, gli occhi vibrano ancora di lacrime nell'intenso turchese che lo segue in ogni gesto. Ti alzi dalla poltrona e lo raggiungi alla finestra, posando in fretta il calice di vino su una consolle lì accanto. 
Sei consapevole che il momento di fronteggiare la realtà della Rivoluzione è arrivato e che le tue decisioni muteranno l'esistenza di molte persone. 
Ti volti per guardarlo... è accanto a te e osserva il tramonto, che dona riflessi meravigliosi ai suoi capelli d'ebano. Guardi il suo profilo perfetto e il respiro ti va in pezzi, perché anche lui attende di udire quale destino scuoterà la vostra esistenza... e tu non riesci nemmeno a pensare che possa accadergli qualcosa di brutto.
Si volta, dopo un sospiro, perché lo sa che lo stai guardando. Il suo sguardo è teso e ora completamente perso nel tuo, non vi sfiorate, ma solo un piccola distanza separa i vostri volti. 
Vorresti restare così in eterno, pensi. Vorresti restare così, persa nella sua anima, nella sua vera bellezza.
Lo guardi e pensi al desiderio di pronunciare quelle parole. 
- Io ti amo. - 
Ma non riesci a sostenere il suo sguardo, c'è troppo... troppo amore.
E nel momento in cui le labbra ti iniziano a tremare, ti volti, ingoiando il coraggio che si cela dietro il tuo silenzio, ancora una volta, perché non puoi.
Non puoi...
Non puoi...
Ti ostini a ribadirlo, forse perché lo sai che stai cedendo.
Cerchi di concentrarti per capire chi dei tuoi soldati è giunto a darti notizie.
"Sono in tre."
Dici sibilando, attenta a ciò che osservi, col cuore in gola, nel momento in cui, dal pulviscolo di polvere sollevata dai cavalli, emergono tre uomini in divisa. 
"È Alain!"
Ti precipiti al parapetto dello scalone, seguita da André, che ti raggiunge subito dopo.
Nell'atrio riflesso dal rosso del cielo, entrano Alain e altri due soldati della Guardia.
"Comandante Oscar François de Jarjayes, portiamo un messaggio dal Comando generale."
"Parla Alain!"
Non c'è tempo e senti le tempie pulsare maledettamente forte. 
"Alle otto di domani mattina il nostro reggimento deve equipaggiarsi e recarsi a Parigi per collaborare con le altre truppe. L'ordine... è di soffocare la rivolta armata."
Le sue parole giungono ardenti, per poi spegnersi nell'ultima frase.
"Doveva accadere..."
Il colpo che aspettavi, dopotutto.
"Purtroppo sì, Comandante."
Risponde mesto Alain, prima di fare un cenno ad André, per salutarlo. E ti accorgi che sembra stranamente raccolto e lucido. Ha paura, sì... ma non aspetta la tua decisione, Oscar. Lo sai che lascerà l'uniforme insieme ad altri dei tuoi soldati. 
Lo sai perfettamente.
"Tornate pure in caserma, noi vi raggiungiamo tra un po'..."
Hai bisogno di tempo... solo un altro po' di tempo...
"Agli ordini Comandante!!"
Dicono quasi in coro i tuoi soldati, sudati e accaldati, prima di obbedire e riprendere i cavalli. 
Ti senti schiacciata dalla realtà e quello in cui credi davvero sta ormai prendendo sovranità nel tuo animo.
"Vado ad indossare la divisa, André."
Lo dici senza guardarlo, con un gracile filo di voce, e non gli chiedi di venire con te, ma non ti allontani... perché con tutta te stessa vuoi che te lo dica lui, che nell'inferno di Parigi sarà al tuo fianco.
"Ci vediamo tra poco alle scuderie, Oscar."
Ti volti di scatto, lo guardi, senza maschere tra voi, ora.
Lui viene con te... viene con te... e tu lo sapevi che l'avrebbe detto.
Lo sapevi.
Non ti chiede nemmeno cosa hai deciso di comandare alla tua Compagnia, perché lui ti conosce e ha fiducia in te, l'ha sempre avuta, anche quando ti ha voluto mostrare la fame e la miseria, e l'ardimento di un popolo che quella fame e quella miseria le stava innalzando a simulacro di orgoglio e fierezza. 
"André."
Devi dirgli che deve restare, perché conosci la sua condizione e non gli devi permettere di rischiare la vita per te.
Invece non aggiungi altro.
"Oscar."
Il suo sguardo, lontano e oltre le tue spalle poco fa, ora sembra centrare il tuo, come una freccia appuntita, che sa dove colpire, per aprire un varco profondo.
"Devi salutare tua nonna."
Stai già dandogli le spalle mentre parli e ti precipiti in camera tua, perché avverti improvvisamente il bisogno di tossire. Ci arrivi di corsa, appoggi la schiena della porta, chiudendola prima a chiave con le dita tremanti.
Nella tua bocca solo i colpi malati della tisi, quando ora vorresti soltanto ritrovare la forma dei suoi baci, quelli che accoglieresti senza riserve... e devi indossare l'uniforme, mentre sul tuo corpo vorresti solo avvertire il peso del suo amore. 
Vorresti soltanto dirgli che sei sua e chiedergli di perdonarti, perché sei egoista, perché senza di lui saresti già un'anima senza vita.
Ma se venisse ferito? 
"No... voglio che vivi... voglio che vivi André!"
Continui a ripeterlo poggiando le mani e la fronte alla porta. Non vuoi condurlo verso il pericolo, con te, perché sai che non ti tirerai indietro se ci sarà da combattere, da sparare contro persone reali, dal cuore pulsante, e sai che da domani, gioire sarà quasi impossibile.
"Dove ti sto portando?"
Non è giusto, un soldato sa fare delle rinunce!
"Non ci riesco... "
Lascialo libero. Lascialo a casa. 
"Non posso!"
Un sibilo che urla, la tua voce, sul dolce manto ramato del sole basso, addossato alle pareti della tua grande stanza. 
"André."
Stridi tra le dita della mano, mentre ammetti alla vita, all'ordito ingiusto dei tuoi giorni, che sei solo una donna innamorata.
E non puoi lasciarlo... perché pensi a lui e torna la voglia di ridere, la voglia di gioire, di vivere ancora.
Lo vuoi, sull'orlo della tua vita, lo vuoi disperatamente.
Non era la tisi quella che poco fa sentivi opprimerti il respiro. Era il coraggio, che bussava impellente alla porta del tuo cuore, per lasciarlo finalmente libero.
Guardi un'ultima volta dentro te stessa, le mani scivolano dalle tempie lungo i fianchi.
Sai cosa fare.
Non farai mai del male a quella gente, lo hai sempre saputo, come hai la certezza che non abbandonerai mai i tuoi soldati alle loro scelte. 
Indossi in fretta la divisa blu da comandante, forse per l'ultima volta.
Vai allo scrittoio, prendi la penna d'oca e su un pezzo di carta scrivi poche righe, quelle più sincere che tu abbia mai lasciato a qualcuno. 
Ed è tremendamente facile farlo.
È facile anche lasciare la tua stanza, la tua casa, le persone che hanno fatto parte della tua vita, forse perché quella più cara al tuo cuore ti starà ancora accanto...
La lettera è per tuo padre e tu la vuoi consegnare a Nanny, l'unica persona di cui ti puoi fidare davvero, oltre suo nipote. 
"D'accordo Oscar. Ma... cosa... cosa succederà domani a Parigi? Dimmelo!"
Dice con i singhiozzi che le danzano sul petto, mentre stritola tra le dita la tua missiva. Cerchi di sembrarle serena e le lasci un bacio sulla fronte, aggrottata dagli anni e da troppa apprensione. 
"Niente... Cosa dovrebbe succedere?"
Le sorridi e con dolcezza raccogli la lacrima che le riga senza difese una guancia. 
Poi vai, senza indugiare.
Ascolti le sue preghiere e le sue raccomandazioni, allontanandoti svelta da lei e dal suo incommensurabile affetto, lasciandole il saluto fugace di chi sa che non farà mai ritorno e non trova il coraggio di dirlo.
"Addio... cara Nanny..."
Lo sussurri che sei già per le scale, perché lì non ti può più udire... e cerchi di non assecondare il nodo che ti serra deciso la gola e vorrebbe sciogliersi nel calore di un conforto.
Lei non ti segue e tu rallenti i tuoi passi agili, fino a fermarli del tutto, davanti alla sala in cui troneggia il tuo ritratto, nell'ombra tiepida del tramonto, che sta per vibrare un'ultima volta. Ti avvicini furtivamente alla parete dove è stato appeso, per non essere vista da nessuno. Lo sguardo alto... ti stai cercando.
Hai dinnanzi a te la tua perfetta rappresentazione... eppure non ti trovi.
Non ti riconosci.
"Dove sono... le rose di Arras?"
Sorridi mentre il suono della tua voce si disfa lentamente, perché ti senti parte distante da quella superba meraviglia.
Abbassi lo sguardo, ti senti diversa.
Ti senti sua...
Senti di vivere solo attraverso il suo amore... e questa consapevolezza è dolce e potente allo stesso tempo.
La tua vera bellezza la vede soltanto André.
Indietreggi, lo sguardo è veloce quasi quanto le tue gambe a staccarsi da quella fredda riproduzione di te stessa.
Arrivi svelta alle scuderie, non vuoi essere vista da tuo padre, ma lo trovi che parla proprio con André. 
Ti fermi all'ingresso delle scuderie, gli senti dire qualcosa. A modo suo gli dichiara il suo affetto e la sua gratitudine e spera che non gli accada niente. 
Ti nascondi dietro la porta di legno, solo accostata, per non incontrarlo al suo passaggio. Avevi già deciso che non lo avresti salutato, perché non ci riusciresti, oggi. Ti nascondi e attendi che lui se ne vada, forse in cerca di te, da qualche parte nella sua bella residenza... e quando i suoi passi si fanno pesanti e lente falcate nella ghiaia, rimani per un attimo col cuore in gola e un sordo dolore si prende parte del tuo respiro.
"Vi ringrazio... padre..."
La voce sporcata da un addio clandestino, mentre vorresti poterglielo dire, rincorrerlo per abbracciarlo, un'unica volta in tutta la tua vita. 
Invece preghi solamente e speri che si ricordi di quello che sei stata con tutta te stessa, con tutta la tua buona volontà.
Una figlia devota, che ha cercato di non disonorare mai il suo nome.
Sua figlia... semplicemente.
"Sono qui, André. Sono pronta."
Lo dici a voce piena, subito dopo averlo visto uscire dalle scuderie con i vostri cavalli.
Ti guarda, socchiude un po' lo sguardo, come se lo avessero colpito nel profondo queste parole, il cui significato sorge nuovo come un'alba spumosa nel suo pallido chiarore al termine di una notte attraversata solo da tenebre striscianti.
"Allora andiamo, prima che faccia buio."
La sua sicurezza, il suo coraggio incendiano la tua anima. 
Non ha paura.
Lui che dovrebbe essere terrorizzato, non teme affatto il suo destino.
Lui ha provato sulla pelle la vera libertà... lui ha scelto di restarti accanto sempre... lui sa amare.
Quale privilegio può superare questo immenso dono?
Afferri le redini di Cèsar, infili la punta dello stivale nella staffa, ma prima di saltare in sella e partire al galoppo, lo vuoi guardare... per la prima volta da donna libera.
Il tuo uomo. 
Se solo sapesse ora, quanto lo ami...
Monti in sella al tuo cavallo e lo aspetti, come sempre.
Cavalcate insieme verso Parigi.
Non sai cosa succederà da questa sera... avverti solamente una strana follia emergere dal centro del petto e scaldarti il volto e il respiro, e quasi ti senti più forte, perché nelle vene scorre finalmente la fierezza di aver deciso per te stessa, per ciò che reputi giusto fare, perché sei dalla loro parte.
Tu sei dalla parte del popolo ribelle e da domani sarai accusata di alto tradimento. 
Ma non t'importa.
Non fermerai più la voce che ti parla e ti fa sentire che esiste un'altra vita, la tua.
La voce che ha fatto cadere le paure e le differenze.
La voce che parla di giustizia, di generosità e fratellanza.
Che parla di amore. 
Che conosce solo un nome.
André Grandier.
Lo porti con te... che Dio ti perdoni...
Non puoi lasciarlo.
Infine, ha vinto il cuore, Oscar. 
Ha vinto la libertà. 

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Capitolo 3
*** Brezza d'infinito ***


379200

Brezza d'infinito

12
luglio
1789

Una frangia di nuvole scarlatte imporpora l'orizzonte davanti a voi. 
Si specchiano nel canale, insieme agli alberi alti e al sole che si spinge lento verso il basso, verso l'acqua, dove l'incontro col suo riflesso appare stagnante, al contrario del fiume irrazionale di ribelli urlanti e armati di ogni mezzo possibile, diretti al Palazzo degli Invalidi. 
Tiri le redini, freni la corsa di Cèsar, e immediatamente tutto ti è chiaro.
"Ma certo! Al Palazzo degli Invalidi ci sono munizioni, fucili e persino dei cannoni, André!"
Credi di essere abbastanza lontana per avere il controllo e il tempo necessario per allontanarti insieme a lui, nel caso dovessero accorgersi della vostra presenza. Ma proprio mentre lo pensi e ne sei quasi convinta, due spari alle vostre spalle tuonano come cannonate, ma vanno a vuoto nell'acqua quasi statica del canale. Non hai il tempo di rifiatare, perché la folla inferocita, si getta su di voi.
"Guardate!! Due soldati della Guardia! Prendiamogli le armi!!!"
Non è possibile, ti dici... 
Sono già armati di così tanto odio?
Non così in fretta... non così...
Dagli occhi spalancati e urlanti di quella gente corri ai suoi, così smarriti... e cerchi immediatamente la risolutezza che ti contraddistingue da sempre. 
"André! Qualsiasi cosa succeda, resta vicino a me!!"
Non guardi nemmeno l'effetto che sortiscono le tue parole, solo il suo piccolo sussulto brucia nella tua gola un dispiacere che si dissolve e scivola sul tuo cuore. 
Inizi ad attraversare il canale con il tuo cavallo, seguita da lui. La corrente per fortuna è calma, non piove da settimane.
In fretta... dovete fare in fretta, perché iniziano a lanciare senza tregua pietre, bastoni e oggetti contundenti. 
Siete quasi arrivati alla sponda, pensi di avercela fatta, ti parla quella sicurezza, quella convinzione che ti porta il fatto di aver scampato tanti pericoli insieme. Ancora un poco, ci siete quasi ma non è così semplice... e l'urlo di André ti strappa improvvisamente dalla speranza. 
Ti volti di scatto a cercarlo.
"André!! Che cosa ti hanno fatto??André!!"
Urli, scansi e fendi con la spada una forca diretta alle tue spalle. 
"André!! André.."
Ti disperi, perché lo hanno colpito proprio alla testa ed ora si lamenta riverso sul cavallo. Ne afferri le redini e lo trascini per quei pochi metri che vi permettono di uscire dal canale e mettervi in salvo al galoppo. 
Dopo un tratto che consideri abbastanza lungo per poter stare al sicuro, ti inoltri in una stradina che si nasconde in un gruppo di querce, un boschetto che segue un canale d'acqua fino al suo arrivo alla Senna.
Fino a Parigi. 
Rallenti il passo dei cavalli, fino a fermarli del tutto. Smonti da Cèsar, ti senti più tranquilla ora, nonostante qualche colpo improvviso di tosse spezzi il silenzio del bosco. Ti allontani di qualche passo e copri con la mano la bocca. Ingoi il tuo affanno, vuoi contenerlo... ci devi riuscire... lui non deve assolutamente sapere.
Sembra passare...
Con il volto sudato e ansimante ti volti a guardare André. Ormai il sole è tramontato del tutto ma uno spicchio di luna ti consente di vedere quasi ogni cosa, attraversata dalla sua luce evanescente. 
Ti avvicini al suo cavallo.
"André..."
Lo chiami bisbigliando, perché in realtà non sei ancora sicura di aver seminato del tutto i ribelli. Sembra tornare in sé anche se ti risponde soltanto con un mugugno, e noti che la sua tempia è striata di sangue. Lo senti poi gemere mentre lo aiuti a smontare da cavallo. 
"Forza André... "
Sembra ancora confuso, ma riesce a saltare giù con la sua solita agilità. Lo aiuti a sedersi su una roccia coperta di muschio e nella semioscurità azzurra della sera, tu rimani ferma come una statua di marmo, a chiederti perché sei stata così egoista.
Perché, Oscar? 
Lui non vede più il pericolo, questa è la verità, insieme a quella ancora più devastante per te, che presto la tua stessa immagine non si potrà più riflettere nella purezza del suo sguardo. 
E tu ti senti disfare da questa verità. 
Ma non ti frena ancora, perché ne esiste un'altra... la più potente di tutte.
Lo ami perdutamente.
Le braccia lungo i fianchi, lo sguardo basso, i tacchi degli stivali infilati nella terra brulla e asciutta, tra i cespugli che diventano macchie sempre più scure man mano che passano i minuti.
Lo senti inspirare, lamentarsi per il colpo alla testa, con le mani sugli occhi, e ti si stringe il cuore, avverti un dispiacere infinito.
Poi d'improvviso sussulta e balza in piedi. 
"Oscar! Tu... tu stai bene, vero?"
Corruga la fronte mentre parla convulso, fermandosi in piedi davanti a te, con una mano aperta sulla ferita e l'altra che vorrebbe arrivare con premura forse inconsapevole alla tua spalla. Ma avvolto dalla notte proprio non ci riesce... perché non ti trova.
"Sì... sto... sto bene André."
Lo strazio di vedere che non riesce a toccarti. Balbetti, sei confusa per questo contatto così tanto voluto da entrambi, ma così difficile da accendere.
Allora ti avvicini, solo quel poco che gli permette di trovare le frange della tua uniforme, all'altezza della spalla. Trattieni il respiro, ma forse tutto di te ora gli parla di questo amore che non ne vuole più sapere di restare custodito, al sicuro, come un bambino. 
Brama di nascere, piangere, camminare. Vorrebbe parlare, baciare, ridere, donare... donare tutto...
"Sono contento che tu stia bene."
Sfiora appena l'aria della sera la sua voce, con la dolcezza che solo lui possiede, mentre l'altra mano gli scivola via dalla ferita e cerca l'altra tua spalla. 
È quasi un abbraccio... quasi un vero abbraccio... e accende una fiammella nel tuo petto... e rimani senza fiato.
Guardi il movimento delle sue labbra, si schiudono, vorrebbe dirti qualcosa... ma alla fine si frena.
Vorresti che continuasse, invece... che ti tirasse a sé e tra le braccia ti facesse sentire i suoi battiti furiosi e tutta la forza del suo amore.
Amore...
Osservi il suo sangue... e pensi che l'amore che provi per lui è in realtà il suo più grande nemico. 
Devi soffocarlo, condannarlo!
Devi dimenticarlo... 
Devi farlo tornare immediatamente a casa. 
Non c'è tempo da perdere, continuerai da sola... 
Da sola...
Muori dentro... ma lo devi fare... e te lo ripeti fino a non poterne più.
Continuare da sola... 
Fai un passo indietro, e lui abbassa le mani. 
Senti quasi dolore mentre lo fa.
"Mi sento meglio Oscar. Dobbiamo continuare, è già notte."
Ti vuole dimostrare di non essere d'intralcio. 
Diglielo ora, farà in tempo ad andarsene, a ritornare da Nanny, a fuggire lontano dalla Rivoluzione, a curarsi, rifarsi una vita, creare una famiglia... magari... 
Incenerisci il tuo cuore con questi pensieri.
"È molto pericoloso continuare per te André... sei... sei ferito."
"No, sto bene."
Sorride e la sua voce ostenta una sicurezza che in realtà non può più possedere.
Guardi a terra... tra i sassolini e i fiori spontanei.
"Allora... vado a controllare la strada principale."
Fuggi svelta da lui.
Ancora un instante per pensarci, ancora soltanto un piccolo istante per capire cosa fare...
Senti delle voci, lo immaginavi che non dovevano essere poi tanto lontani. Immobile, da dietro un cespuglio, ascolti parlare con fervore un gruppo di ribelli attorno al fuoco, mentre sbocconcellano qualcosa da mangiare. Di certo non permettono un passaggio indisturbato, perciò decidi di proseguire a piedi, lungo il canale, sotto le fronde protettive degli alberi e la luce della luna a indicarvi la strada.
Quando torni da André lo trovi pronto, con le redini dei vostri cavalli tra le mani. 
"È impossibile passare, cambiamo strada."
Mentre camminate, il silenzio si adorna della vostra presenza. Al frinire dei grilli si unisce il rumore degli zoccoli dei cavalli e a quello degli animali notturni, i tuoi sospiri trattenuti, che a te sembrano essere strilli acuti nella tenerezza di un sogno.
Un profumo umido e intenso ti arriva alle narici, pervaso da tutta la profondità che lascia il sole quando scioglie resina e linfa durante il giorno, per farle spumare nella notte.
"La ferita alla testa ti fa male?"
Lo chiedi che quasi non te ne accorgi. 
"È soltanto un graffio Oscar. Non ti preoccupare."
Quel sorriso costante che usa per rassicurarti, non lo riesci quasi ad accettare più. 
Basta... dovrai ferirlo, lo sai... usando la sua più grande debolezza per convincerlo... solo per salvarlo.
Solo perché lui conserva la tua vita in sé. 
Solo per amore, semplicemente.
"Perché mi hai mentito per tanto tempo?"
La verità ora... ne senti il profumo pungente... e l'audacia... perché a te piace essere diretta e vera. 
"Come?"
Non si aspettava questa domanda. 
"Il dottore mi ha raccontato tutto. Vedi con molta difficoltà, non è vero?"
Arresta i suoi passi, lo devi convincere una volta per tutte. Gli dirai di ritornare a casa e fingerai di essere abbastanza forte da poter continuare da sola. 
E deve essere un ordine.
"Vorrei... vorrei che tu lasciassi l'uniforme André. Comunque domani, quando andrò con il mio reggimento a Parigi, preferirei che tu non venissi. Vorrei che tu tornassi a casa, dove tua nonna si prenderà cura di te."
Ti avvicini a lui, perché ti possa vedere il meglio possibile e perché vuoi che senta bene la tua presunta sicurezza aleggiare tra le vostre risposte. 
Ma inizi a tremare davanti alla sua fermezza... e hai l'impressione che lui se ne renda perfettamente conto. 
Supplichi te stessa con tutta la forza che hai di continuare a parlare, di controllare quella maledetta fiamma prendere sempre più anima e forma nel tuo petto.
Non vuoi, non devi sentire quanto sta bruciando.
"Ti supplico di darmi retta André, non puoi combattere in quelle condizioni! Cerca di capire... non posso permettere che ti succeda qualcosa."
Perché non parla? 
Perché non dice qualcosa?
Qualsiasi cosa... ma non che ha smesso di amarti... preghi questo nella vastità del silenzio impregnato di sospiri nascosti. 
E come si alza quella fiamma ora... come prende vigore...
"No. Vengo con te, come sempre."
Quel fuoco ora diventa lava incandescente e salendo nella tua gola ne brucia le pareti.
Schiudi le labbra, osservando il luminoso gocciolio delle lucciole che si specchia nel suo sguardo. 
"Sono sempre stato con te in ogni occasione, non posso certo cambiare adesso, ti pare?"
Si è sciolta, vero Oscar? 
La lava sta diventando acqua cristallina che cerca l'etere attraverso i tuoi occhi grandi e indifesi.
E diventa verità che si impone ancora nelle parole che non riesci più a frenare. 
"André, io... una volta sono stata innamorata di Fersen, anche se sapevo chiaramente che tu mi volevi molto bene.. che mi amavi. È mai possibile che tu... possa ancora amare... una donna come me, André?"
Adesso sei solo cuore, corpo e anima, che diventano parti di un'unica sfera celeste, simile alla luna piena o a una bolla trasparente, che oscilla imperfetta nella brezza d'estate. 
"Certo Oscar... io amo tutto di te... da sempre... e per il resto della mia vita."
E respiri... perché senti che il respiro è diventato illimitato come il mondo e tu stessa puoi essere tutte le cose del mondo solo aggrappandoti al confine del suo petto.
Solo pronunciando quelle parole.
Ora lo puoi fare.
Ora, tra le lacrime, puoi conoscere la vera felicità.
"Oh... oh... André... anch'io... anch'io ti amo... ti amo André!"
Le tue dita scavano nel suo petto, per non cadere, ma la sua mano le raccoglie nella sua calda stretta. 
"Questo l'ho saputo da sempre, Oscar. Davvero, l'ho saputo da sempre... adesso niente potrà più dividerci."
Piangi, il fuoco che ardeva e che divorava la vita non esiste più... esiste solo pioggia e canto stellato che lava via il dolore e che lui asciugherà col suo alito e le parole che riserverà solo a te. 
Freni i singhiozzi, sollevi il capo, lo vuoi guardare. Le mani scivolano aperte sul quel petto di uomo che urla la felicità. 
La felicità che straripa anche nel tuo cuore. 
Non aspetti, chiudi gli occhi... gli vai incontro... vai incontro alle sue labbra... 
E più lui ti stringe a sé, più è dolce il gusto della felicità.
Più simile all'acqua che al fuoco... ora... Perché bagnata di un piacere inesauribile.
Le labbra tremano quando si schiudono di più alle sue, e ti sembra che una musica vibrante si generi da ogni vostro movimento o che ogni respiro fuso a quello dell'altro accenda una stella o una delle piccole luci che incorniciano questo momento. 
Ti stringe forte, ti bacia profondamente... e giuri che potresti morire in questo momento e che non avresti rimpianti.
Morire di felicità.
Morire di amore. 
"Ti amo."
Lo ripeti, vuoi vedere il suo viso esplodere di gioia.
E lui lo fa, esplode e sorride.
Sorride il tuo uomo mentre ti guarda e forse un raggio di luna gli permette di aprire un piccolo spiraglio sul tuo viso innamorato affamato di quell'amore che ti strazia le carni. 
"Dimmi ancora... che mi ami."
Dita lunghe e forti attorno al tuo viso, la cornice più preziosa per il tuo volto, l'unica che desideri.
"Ti amo Oscar."
La voce così bassa, mischiata al tuo sapore... 
Ed esplode anche sul tuo viso una luce divina...
Ora lo sai, cosa significa essere davvero felice.
E ora vuoi di più.
Vuoi tutto... tutto di lui.
****
Forse sono nato per vivere davvero solo in questa notte.
Ti voglio bene... 
Ti amo... 
E se esistesse un sentimento più elevato o più forte ancora dell'amore, allora pronuncerei il suo nome a chiara voce, offrendotelo tra il cuore e il dolore... perché sto volando con te Oscar.... e non mi voglio più fermare. 
Non questa notte.
Piangi ancora, sul mio petto, che non vuoi più lasciare.
"Oscar... non piangere..."
Un piccolo gemito, l'emozione che vibra nella mia voce e nelle mie mani, che vogliono muoversi ancora teneramente tra le dune di sabbia dorata della tua nuca. 
Ti bacio la fronte, il capo, ti abbraccio di nuovo...
"Perché non me lo hai detto prima?"
Una domanda insieme ad un sorriso.
"Non lo so... io... avevo paura per te..."
Sussurri e sei dolcissima.
"Paura per me?"
"Sì. "
Un bacio dopo quest'ultima sillaba. 
Un bacio esigente, un bacio che riduce le forze. 
"Stringimi ancora."
La tua voce si sbriciola sul mio fiato e nella sua debolezza mi ricorda la brezza del mare, quando arriva leggiadra sul viso e sul collo, incostante, perciò imperfetta... ma sempre preziosa, sempre inebriante... e imperitura. 
Ad ogni bacio schioccante ci fermiamo, per guardarci, accarezzarci il viso e ripetere parole d'amore.
Amore...
Che sensazione strana porta la felicità di poterlo assaporare... sembra di cadere e insieme di volare.
Ti stringo tra le braccia, come avrei voluto fare da anni... senza paura, senza fretta... e ci baciamo per un tempo che non ha misura, e imparo a conoscere la tua voglia di me. 
Tu mi vuoi, tu sospiri per me, tu sussulti e poi trattieni il fiato quando le mie mani iniziano ad esplorare le tue forme. 
Solo la vita e l'ansa lieve dei fianchi... 
Vorrei spogliarti, desidero con prepotenza averti, cedere al desiderio che prende forza ed estensione, che scansa ogni paura o difetto... ma fermo le mie carezze, aspetto che sia tu a dirmi cosa fare.
Ti volti e ti allontani solo di un passo, lasciando scivolare via lentamente le dita dalle mie. Sganci la spada dalla cinta, la getti a terra, insieme alla pistola e agli stivali, che sfili in fretta. Poi ti fermi, e guardi davanti a te, dandomi ancora le spalle. Mi avvicino, respirando profondamente, poi getto il copricapo da soldato e le mie armi dove hai lasciato le tue cose e inizio a slacciare la mia uniforme, mantenendola però ancora addosso. 
Sei ad un soffio da me, sei davanti al mio respiro... che non controllo più, ora che si fa prossimo ai tuoi capelli, che raccolgo tutti e li porto chiari e morbidi al viso. 
Chiudo lo sguardo, respiro con tutta la voglia che ho di te...
Respiro i tuoi capelli e penso ai prati di settembre, quando il sole diventa meno abbagliante ma lascia la sua essenza in ricordo dell'estate sui lunghi fili d'erba e sulla pelle delle braccia abbronzate. 
"Profumano di sole..."
Trema la mia voce... e tremi tu... che sorridi e forse gemi, mentre appoggi il capo al mio petto.
"André... fammi tua..."
Le dita perse nei bottoni della tua giubba non appena lo dici, mentre le mie labbra riarse cercano sulle tue gote le lacrime di gioia che hai deciso di donare a quest'uomo assetato... che ti ama più della sua vita. 
La slaccio agilmente tra il tintinnio delle medaglie e delle mostrine. Non ho bisogno di vedere bene per farlo... l'ho immaginato migliaia di volte... l'ho avviluppato nei miei pensieri e desideri più intimi di uomo.
Te la sfilo e in un attimo la prendi tra le mani e la getti a terra.
"Continua."
Lo mormori appena, ma tradisci il tuo nervosismo. Accarezzo il tuo mento e ti faccio voltare solo con il viso, in cerca dei tuoi baci. 
"Io... non... non ho mai... io non so.."
Lo confessi proprio sulle mie labbra e non riesci a celare l'imbarazzo e la tensione. Ti accarezzo una guancia, sei un corpo che freme e un'anima desiderosa di spiccare il volo... con la mia.
"Sai che ti amo."
L'unica cosa che ti serve sapere e io te lo sospiro sul collo, dopo aver nascosto le mani tra i tuoi capelli, chiari come la luna e le stelle che questa notte ci sta regalando come strada per raggiungere l'eternità. 
Anch'io sono nervoso... e voglio perdermi ancora un poco nei momenti più fluidi e innocenti. Sfioro il tuo collo, scivolando con le dita sulla tua pelle trasparente... un gesto che ti fa sorridere come da bambina, perché hai sempre sofferto il solletico in quel punto, nascosto dai boccoli biondi.
Sorrido, ti conosco bene.
Sorrido e in questa notte d'argento non ti vedo come vorrei. 
Eppure non m'importa.
Sei felice, questo soltanto conta.
Sei mia... l'unico mio sogno divenuto ora reale. 
Hai il respiro affrettato mentre inizi a sbottonarti la camicia. 
Deglutisco, l'eccitazione inizia a manovrare i miei pensieri...
Non ti volti ancora, ma sei urgente nel prendere le mie mani e portarle a cercare tra la stoffa la parte di te che mi porta al delirio.
E io credo di morire davvero quando inizio a sfiorarti le rotondità più morbide e desiderate.
Tu ansimi... e io sento di essere fatto di solo fuoco rovente. 
Stringo e sigillo piano le mie dita attorno ai tuoi piccoli e perfetti seni e poi ai capezzoli... e sono certo di stare bruciando.
Ti volti, in fretta, e ti sfili la camicia, facendola volare come un cigno bianco sul letto verde di un lago.
"Sei stupenda..."
Non rispondi e anch'io smetto di parlare, quando le tue mani cercano il mio petto e stavolta s'intrufolano e piccole e svelte fanno ciò che ho appena fatto io con te.
Le tue labbra schiuse e per nulla silenziose sono una tentazione troppo grande e ti bacio di nuovo, con più passione, dopo aver gettato a terra anche la mia maglia e poi, con affanno, tutto il resto dei nostri abiti. 
Sei ancora tra le mie braccia, nella mia bocca... e i nostri corpi ora li vedo celesti spiriti d'ombra... ma caldi, sudati, vogliosi d'infinito, tesi al terreno, con il respiro però alto, verso stelle che solo tu puoi vedere. 
Tu... ora sotto il mio corpo di uomo.
Tu amore... completamente nuda sull'erba piegata dal tuo bianco peso.
Tu... Oscar... la mia donna.
"Amore mio, quando siamo insieme... sento di vivere... io sento di vivere!"
Le labbra sfiorano dolci e struggenti queste parole e mentre parli e le mani si aggrappano alle mie spalle, spingo in te, amore mio... frenando il più possibile tutta la passione che vorrebbe urlare e liberarsi dentro il tuo corpo.
Una spinta che voglio diventi carezza profonda e desiderata da entrambi. 
"È pieno di lucciole, sai..."
Reclini la testa mentre sussurri e mi offri il collo... lo sento con le labbra.
"Davvero? E... sono belle?"
Lo percorro con la voce sulla tua pelle a ottenebrarmi la ragione. 
"Sì. Oh!!"
Gemi, soffochi un lamento e io cerco di soffocare il piacere che divampa inarrestabile, riempiendoti di baci.
Sono arrivato a te amore.
Sono arrivato al cuore del tuo corpo di donna... e l'ho sciolto, Oscar.
Bacio la tua fronte, sudata come la mia, e raccolgo i tuoi gemiti con le dita che rabbrividiscono insieme alle tue labbra piene.
Ricomincio a muovermi solo quando ti vedo sorridere e sento le tue mani tornare ad accarezzarmi i capelli.
Ti guardo per capire cosa provi... e mi sembra di cogliere un tremore nelle tue ciglia e nei tratti del tuo pallido viso, simile ad un battito d'ali. Sento con tutto me stesso che mi ami.
Sento che sei felice. 
E il mio cuore si spalanca.
Il tuo sorriso trema, perché ti sto facendo ancora mia, senza più frenare la forma e l'urgenza della mia virilità. 
Baci e mordi le labbra e stringi le gambe attorno ai miei fianchi.
Sussulto un po' e rido con te quando il morso adorabile si imprime di più nella mia carne. 
"Così impari..."
Sussurri, sei bellissima nella tua finta smorfia. 
"Scusami..."
Una breve risata sulle tue labbra, che diventa subito bacio sciolto di voglia... e continuo a spingere... e sento il tuo piacere mischiarsi alle nostre lingue.
"Ti amo."
Lo pronunciamo ancora... l'uno sul respiro dell'altra, muovendoci disperatamente... 
E disperatamente insieme urliamo e concediamo finalmente alle anime di vibrare e gioire all'unisono attraverso i corpi.
Sono pazzo di te, Oscar.
Sono quasi... dentro l'infinito.
****
Il dolore è lontano ora...
Ogni tipo di dolore, lui ha il potere di dissolverlo solo col suo amore.
L'avessi saputo prima, pensi...
Se avessi capito prima cosa vuol dire amarlo ed esserne riamata...
Ora il tuo seno preme contro il suo petto, che scivola sudato mentre spinge in te... e tu godi di lui... e diventi donna con lui.
Il tuo André... ansimante di piacere tra i tuoi capelli e l'erba scura.
Il tuo André... e tu pulsi ancora di lui.
Le sue spalle larghe sopra di te... e oltre vedi la Via Lattea. 
Gliela proverai a descrivere domani, quando tutto sarà finito...
Guarda come ti chiama quella splendida scia azzurra di brividi. 
Brividi della pelle del cielo che gioisce di voi due, finalmente allacciati dall'amore.
Chiudi gli occhi, ti riempi il respiro del suo odore caldo, taumaturgico e meraviglioso.
Esce da te e nel suo sorriso bellissimo vedi tutta la vostra vita scorrere lontana... 
Siete nati adesso... siete nati insieme.
Ti bacia e senti il cuore gonfiarsi ancora.
Ti stringe a sé e nel buio del bosco esistete solo voi e il presente.
Ma non il silenzio, perché tanto avete da dirvi...
"Sai... non dormo molto negli ultimi tempi... "
Lo ascolti parlare, senza osare staccarti dal suo abbraccio nudo e caldo.
"Allora... sogno ad occhi aperti."
Sorridi, guardi il riflesso di luna sui vostri palmi accostati.
"E cosa sogni?"
Bisbigli, e ti piace la dolcezza naturale della tua voce.
"Di rivedere il mare... e noi due che cavalchiamo insieme sulla riva."
Intrecciate le dita delle mani, le intrecciate forte e lui se le porta alle labbra mentre parla. 
"Poi?"
Vuoi sentire il più possibile solo la sua voce, in questo silenzio dolce... che tra poche ore diventerà rumore di rullo di tamburi e violento grido di battaglia. 
"Nel mio sogno c'è tanta luce... i raggi del sole ci attraversano... e io non sono cieco..."
Ti mordi le labbra, cerchi di trattenerti, non vuoi piangere proprio ora.
"... montiamo insieme su Cèsar... tu sei innamorata di me e io... l'uomo più felice del mondo."
Ti sollevi dal suo petto, il suo volto tra le mani.
"Promettimi che non mi lascerai mai sola, André."
Inspira e ti bacia, portandoti sopra il suo corpo, accarezzandoti le natiche e tra loro ancora la tua scia di donna, fino alla schiena, liberandola dai capelli. E quando senti la morbidezza della sua bocca schiusa muoversi nella tua, credi di impazzire... e ti domandi cosa fare...
Cosa devi fare?
Fuggire?
Sì...
Tu e lui... 
Dovete fuggire lontano, pensi... così vi metterete in salvo, almeno voi e il vostro amore.
Forse... forse guarirai... 
Perché tu non vuoi morire!
Ma subito avverti una fitta nella tua coscienza e un angolo del tuo cuore si contrae. Pensi alle persone che contano su di voi, alle persone disperate che vi aspettano per combattere insieme, per credere in quei valori che senti vibrare anche nel tuo cuore e in quello di André.
André... 
Lui non ti chiede ancora cosa hai deciso di fare.
Lui non sa ancora che tutto il mondo d'ora in poi ti vedrà come la donna di André Grandier... 
A tutti dirai che sei la sua compagna, che lo seguirai per sempre. 
Sì... se lui te lo chiederà, combatterete uniti agli amici... al popolo... per la libertà!
Farete questo.
"Dimmelo... amore mio... ho bisogno di sentirtelo dire."
La tua voce si salda al suo respiro.
"Te lo prometto... Non ti lascerò mai sola... "
I pensieri si placano.
Il tuo cuore ora ti dice solo di amare. 
Perché l'alba arriverà e si espanderà per infrangere il mondo in cui avete rinchiuso la vostra felicità.
Intanto amalo, Oscar.
Intanto sogna, ancora un po' tra le sue braccia. 
~
Siete felicità, cuore e carne, distesi e intrecciati, tra la gioia ormai irrefrenabile e le stelle che cadono nell'acqua e rinascono con voi in fluttuanti perle d'oro. 
E tu ancora non lo sai... 
ma sarete di più...
Sarete il coraggio e la fedeltà... il piombo e il valore... il sangue e il fuoco di un dolore che vi separerà solo il tempo di un grido disperato. 
Sarete il fulgore di una gloriosa stella cadente nel breve momento in cui disegna se stessa nella densa e mortale coltre di fumo. 

E sarete per sempre... 
imperfetta 
brezza d'infinito.
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Infinitamente grazie di aver letto...
Cecile

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