Cuballs 2

di Lucash99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È di nuovo in mezzo a noi ***
Capitolo 2: *** I 9 mesi della verità ***
Capitolo 3: *** Giovani talenti crescono ***
Capitolo 4: *** Giv, non puoi più sbagliare ***
Capitolo 5: *** Lo sguardo dell'odio ***
Capitolo 6: *** Traditori, bugiardi ed occasionali ***
Capitolo 7: *** Quella porta qualsiasi ***
Capitolo 8: *** Pronta a correre ***
Capitolo 9: *** Debolezze utili, inutili e letali ***
Capitolo 10: *** Gli occhi del padrone ***
Capitolo 11: *** Il linguaggio del cuore ***
Capitolo 12: *** Quello che comunemente voi chiamate amore ***
Capitolo 13: *** Nostalgia di qualcosa di frizzante ***
Capitolo 14: *** Il sentiero ritrovato ***



Capitolo 1
*** È di nuovo in mezzo a noi ***


Erano passati circa tre mesi da quel giorno speciale nel quale i ragazzi avevano salvato la loro amicizia finita sull'orlo di un precipizio, tutto era tornato alla normalità nel gruppo, che si era poi diviso durante le vacanze estive per ritrovarsi successivamente all'inizio dell'anno scolastico, Neiv non aveva più ripensato a quelle voci nella sua testa e si era lasciato quell'istante di malessere alle spalle, anche se in quel periodo non ne aveva compreso il significato. Dalla parte opposta c'era Dortmund, impegnato in tribunale per difendersi dalle accuse di corruzione, l'esito del processo era atteso impazientemente dai giovani giocatori di Cuballs di tutto il mondo, sarebbe stato un gran sollievo quello di sapere che colui che aveva cercato di bruciare Giv non avrebbe più messo piede ad alcun torneo:

«Ci siamo quasi, altri pochi minuti e conosceremo la sentenza, il sito Cuballs.it ci aggiornerà prontamente.»

«Cuballs.it?»

«Già, é un sito dove poter seguire tutti gli eventi riguardanti le Cuballs.»

Pochi secondi li dividevano, ormai, dal conoscere la verità...

«Ecco qui, leggiamo... Dortmund supera il processo, assurdo!»

Erano rimasti tutti letteralmente basiti, soltanto Grey non sembrava affatto meravigliato:

«Ovvio, c'era da aspettarselo.»

La ragazza non comprendeva:

«Come può essere ovvio? Dopo ciò che ha causato meritava una punizione.»

«Non lo metto in dubbio, Zadi. Quello che é ovvio é che avrebbe superato il processo indenne, avrà sicuramente corrotto anche gli stessi giudici.»

Mentre loro cinque, indignati, discutevano del caso appena conclusosi, Gord pensava, come suo solito, a tutt'altro, soltanto che stavolta non appariva allegro e disinvolto, al contrario il suo volto era desolato e avvilito, la sua amica ne fu preoccupata:

«Gord, come mai quel viso così cupo? Non ti avevo mai visto così abbattuto, cosa é successo?»

«Stanotte ho visto un film, era davvero tristissimo... si chiamava Dramma drammatico.»

Si intromise Giv:

«E cosa sarebbe?»

«Un film di genere drammatico.»

«Grazie mille, questo lo avevo appreso da solo.»

La conversazione tra i due era così “interessante” che Zadi volle interromperla con una sua personale osservazione:
«Aggiungerei alla vostra descrizione un mio parere individuale, cioé che magnifico titolo, devono aver ragionato anni per scegliere il più adatto e incisivo, avranno speso più tempo per quello che per girare lo stesso film.»

La capacità di Gord nell'interpretare esattamente le parole della compagna erano infime, sembrava quasi farlo volontariamente, eppure non era così, era serissimo quando replicava alla valutazione in questo modo:

«Già, concordo.»

L'estrema arguzia del giovane avrebbe lasciato chiunque stecchito, chiunque tranne una persona, colei che anche dopo una affermazione del genere aveva pronta una freddura da far lacrimare perfino un cactus:

«Congorda, congorda.»

Il livello del dibattito aveva raggiunto livelli esorbitanti e Giv volle farlo risaltare ancor di più:

«La tua battuta é più deprimente di lui, chiudete questo scambio di idee prima che si scateni una manifestazione contro umorismi e titoli squallidi.»

Zadi, ridendo, acconsentì:

«Come vuoi tu, la smettiamo, anche perché... Gord si é nuovamente immolato nei suoi pensieri e credo sia complicato riportarlo alla realtà.»

Boost, rimasto in silenzio fino a quel momento, si apprestava a parlare, ma l'amica gli fece segno di attendere, era evidentemente accaduto qualcosa.

La preadolescente continuava a navigare sul web, apprendeva diverse notizie per passarle in seguito ai ragazzi, apriva ancora altre pagine internet e gli altri la osservavano incuriositi, Grey era il più attento, scorgeva frasi riguardanti scienziati e scoperte storiche, qualcosa di importante si era verificato nel mondo delle Cuballs.

«Cosa hai scoperto di nuovo?»

«Dortmund si é messo alla ricerca del suo cubo, vuol dire che lo rivedremo ben presto.»

Il concetto non era chiaro al giovane, c'era qualcosa che non quadrava:

«È assolutamente impossibile! L'abbiamo vista distruggersi davanti ai nostri occhi, perciò che motivo avrebbe di cercarla se non esiste più?»

«Grey, sembrava strana anche a me questa notizia, per questo mi sono voluta informare meglio, vedere per credere, guardate cosa c'é scritto in questo articolo.»

L'elaborato recitava, in termini semplici, codesto concetto: “ogni qualvolta una Cuball scompare, sia essa sfrantumata o carbonizzata, se ne riforma una identica ubicata casualmente sulla superficie terrestre, perciò il numero di queste nel mondo non può mai essere modificato in alcun modo; inoltre, quando una Cuball ha completato il processo di rigenerazione può essere sottoposta ad un cambio di proprietario, vale a dire che il nuovo possessore potrà essere differente dal precedente. Una cuball rigenerata, però, conserva soltanto il suo simbolo, non le tecniche apprese prima di decomporsi.”

Giv aveva finalmente svelato molti dei suo dubbi:

«Allora i cubi che Dortmund ha bruciato, il mio e il tuo, erano gli stessi che ho ritrovato io successivamente?»

Zadi confermò l'intuizione del compagno:

«Esatto, proprio così. Ma adesso torniamo sulle novità, perché non sono terminate qui, non vi interesserà come la scoperta passata, ma é ugualmente importante.»

Stavolta si parlava della provenienza delle Cuballs, da dove arrivavano questi misteriosi oggetti che nei tempi odierni erano adibiti a tornei e gare? Il materiale da cui erano formate non era identificabile e questo faceva pensare a due probabili opzioni, o questo materiale poteva essere scomparso da secoli o poteva darsi fosse di origine aliena. Si ragionava anche sul motivo della loro creazione, perché esistevano? Non essendo in quella forma già presenti in natura, rimaneva una sola possibilità, vale a dire che gli uomini le avevano lavorate, ma a quale scopo? Si ipotizzava potessero essere di uso domestico o di svago per i più piccoli.

Insomma, tanti misteri si aggiravano attorno a quegli strani aggeggi di ignota provenienza, l'unica certezza all'interno del gruppo era, però, che uno di quelli in particolare avrebbe creato ancora seri problemi a loro e al resto del mondo, la sfida a Dortmund si apprestava a ricominciare; erano pronti, dopo una giornata di relax e di ritrovo ospiti dei genitori della loro amica, a frequentare nuovamente l'edificio scolastico ed anche il loro più grande nemico. E se qualcuno avesse trovato l'oggetto di distruzione prima di lui, cosa sarebbe avvenuto?

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Capitolo 2
*** I 9 mesi della verità ***


Dopo tre mesi di vacanza ed un giorno di riposo a casa di Zadi era arrivato il momento di tornare a frequentare la scuola, non si poteva certo oziare per l'intero anno, il periodo di ferie non poteva durare per sempre e dunque rieccoli lì, nello stesso edificio che molto bene avevano conosciuto durante l'anno passato e che ancora meglio avrebbero esplorato nella stagione che si apprestavano a cominciare, stavolta erano più maturi di un anno, facevano parte della seconda classe, ma i compagni erano sempre gli stessi, anche se qualcuno, tra questi, era ampiamente cambiato, Gord si era talmente immedesimato nell'atmosfera cupa di quel film che l'aveva vissuto quasi fosse un protagonista dello stesso, rimanendone fortemente scosso; ma ciò che tornava con grande impatto nella vita dei ragazzi non era solamente il panorama studentesco, facevano comparsa anche le nuove competizioni alle quali loro, senza ombra di dubbio, avrebbero partecipato:

«Venite ragazzi, Giv, Zadi, Grey, Neiv, Gord, Boost, ascoltatemi!»

Si diressero dalla loro amica Oster per capire cosa era successo di così speciale.

«Ho una bellissima notizia da darvi, si tratta di un evento che probabilmente non conoscete, un torneo di Cuballs che durerà da domani fino all'ultimo giorno di Maggio, io ovviamente vi parteciperò.»

La ragazza in quei mesi si era appassionata anch'essa al mondo delle Cuballs, da quando ne era venuta a conoscenza non aveva più pensato ad altro, era diventato per lei essenziale, non riusciva a starne senza, si dedicava notte e giorno nell'allenamento allo scopo di diventare una grande campionessa, sognava di vincere l'importante competizione che si avvicinava sempre più.

«Un torneo? Mi sembra molto strano, non ho letto niente del genere sul mio pc.»

«È ovvio non se ne parli sul web, l'annuncio non é stato ancora divulgato, lo sappiamo soltanto io, voi e gli organizzatori, un mio amico fa parte dello staff e me l'ha comunicato in segreto, quindi acqua in bocca, colleghi!»

Grey volle rassicurarla:

«Di lui puoi fidarti, non ha ascoltato nulla, non spargerà la voce.»

Indicò Gord, che nel frattempo era intento a fare tutt'altro, fissava qualcosa all'interno dello zaino, osservava profondamente delle fette di mortadella... ma chissà qual'era il motivo di quell'intenso sguardo all'indirizzo del salume.

Contemporaneamente il professore fece il suo ingresso nell'aula, Oster ripose il portatile nella borsa ed ognuno tornò al suo posto, l'unico ancora distratto era Gord, che non distoglieva gli occhi da quel cibo per lui così significativo, il perché era ignoto.

Mancavano poche ore all'avviso ufficiale del nuovo trofeo di Cuballs, ben presto tutti i giocatori del mondo avrebbero ricevuto la notizia e si sarebbe suscitato grande fervore tra questi.

E così, come preannunciato, al ritorno a casa degli alunni, il noto sito internet mostrò in primo piano il “Cuballs International Tournament”, chiunque avrebbe potuto iscriversi, anche se ovviamente l'affluenza sarebbe stata maggiore dai luoghi circostanti allo stadio, un solo giorno restava da attendere, dopodiché avrebbero avuto luogo le emozioni di battaglie senza precedenti.

 

Il pomeriggio seguente:

“Sono pronto, stavolta ce la farò, sarò io ad essere proclamato vincitore, niente mi intralcerà, non mi dovrò occupare di nessun secondo lavoro, non ho sentito nominare Dortmund, a quanto pare sarà assente stavolta, é alla ricerca del suo cubo e non potrà ostacolare il regolare svolgimento delle gare, perciò tutto dipende solo da me, é il mio momento e non posso fallire, anche se i miei avversari saranno superiori io li sconfiggerò ugualmente, mi concentrerò e troverò il loro punto debole, mi basterà esclusivamente mantenere la calma e concentrarmi soltanto sulle strategie da usare, ci riuscirò.”

E mentre Neiv si sentiva sollevato dalla mancanza del loro maggior nemico, quest'ultimo a sua volta sfruttava l'occasione ricevuta: “perfetto, ci voleva proprio questo campionato di Cuballs, tutti saranno distratti ed io intanto avrò a disposizione il tempo necessario per recuperare la mia carbonizzatrice, dopodiché... porterò a compimento la vendetta. Preparatevi, perché sto per tornare all'attacco.”

C'era qualcun'altro che invece non si applicava per nulla sull'evento, estraeva triste un coltello dallo zaino, il gesto allarmò Giv:

«Cosa fai Gord!? Non dirmi che vuoi suicidarti!»

L'adoscelente bloccò la sua mano e si voltò stranito all'indirizzo dell'amico:

«Suicidarmi... e perché mai? Non sono andato fuori di senno, tranquillizzati.»

«E allora quello cosa significa?»

Gord, prima di rispondere, tirò fuori anche il suo amato salume:

«Questa mortadella non si taglia da sola.»

Zadi non riusciva ad interpretare la psicologia del ragazzo:

«Mortadella?»

Con amarezza il giovane svelò la motivazione:

«Era il cibo preferito da Joe, lo adorava. Non doveva morire così, non é stato giusto, il finale di Dramma drammatico é stato a dir poco... drammatico.»

«Congratulazioni per la varietà del tuo lessico, le tue capacità di dialogo sono sorprendenti.»

Ma lui non lo seguì, era troppo dedito ad affettare insaccati.

E così il momento era giunto, i concorrenti fremevano dalla voglia di scoprire quale sarebbe stato l'avversario che avrebbero incontrato, l'attesa per gli ottavi di finale cominciava!

«Gli abbinamenti del primo turno stanno per essere mostrati, buona fortuna a tutti voi!»

Il maxischermo si accese e comparve su di esso la prima coppia: Mino VS Saber

Gord rimase non poco sorpreso:

«Mino!? Dove sei, Mino?»

Una bambina si avvicinò a lui e lo rimproverò con voce indispettita:

«Mi avevi assicurato che mi avresti avvisato nel caso fosse stata organizzata una competizione di Cuballs e invece non me ne hai parlato, se non lo avessi appreso per puro caso ne sarei rimasta fuori. Eppure ti avevo ricordato più volte che ci tenevo tantissimo!»

Lui replicò imbarazzato:

«Ehm... scusa, me n'ero dimenticato.»

«Sappi che sono molto offesa, non ricordi mai ciò che ti dico!»

«Eheh, io non ricordo nulla, sorellina, loro possono confermare.»

Zadi, a scopo di difenderlo, gli diede ragione:

«È vero, si distrae sempre anche durante le nostre discussioni.»

La piccola si tranquillizzò e tornò ad utilizzare un tono pacato, che rispecchiava la sua indole mite:

«Va bene, allora sei perdonato.»

Il rapporto non appariva idilliaco dopo quel diverbio, ma la realtà era che quel legame era molto intenso, anche migliore di tanti altri. In seguito alle presentazioni Giv volle mettere in allerta Mino:

«Non sembri per nulla preoccupata del tuo avversario, devi sapere che...»

L'altra lo interruppe calmandolo:

«So tutto riguardo Saber, mio fratello me ne ha parlato, ma io adoro le sfide difficili!»

Quest'ultimo ribadì quanto detto dalla sua parente:

«Non mente, lei é una tipa forte, non si abbatte davanti a nulla, é consapevole delle sue capacità e sa che se si impegna é in grado di qualunque cosa.»

«Allora ne vedremo delle belle.»

Aggiunse Grey.

Match numero due: Laysa VS Giv

Neiv commentò sarcasticamente:

«Che fortuna, la campionessa in carica di dieci tornei consecutivi...»

«Capitano sempre a me gli incontri più insignificanti, dopo Dortmund e Saber non potevo trovarmi di fronte persona più debole.»

Laysa era una diciottenne straniera affermata in tutto il mondo, che aveva deciso di confrontarsi con altri differenti avversari per mettersi nuovamente alla prova, non riusciva a comandare più Cuballs contemporaneamente, ma lavorava egregiamente con quella singola, pur non essendo quella dotata di simboli.

Oster VS Boost, per la prima volta si fronteggiavano due compagni scolastici, Grey si volle leggermente sbilanciare:

«Credo Boost sia ancora superiore a tutti noi, ma non posso darlo come favorito con certezza, non ho mai visto la nostra amica combattere e perciò sono molto curioso di valutarla.»

Sindi VS Sand

Dalla sala si levò un assordante urlo di gioia:

«Sìììì! Sindi contro Sand!»

La maggior parte dei presenti non comprese il significato di tale euforia, Giv, malauguratamente per lui, sì: “Già... così potrà ripetere Sindi Sand.”

Grodig VS Zadi

Si guardò attorno e lanciò un'occhiata verso la sua prossima rivale: “é quella lì... sarà facile sconfiggerla, adotterà una tecnica facile da contrastare, so già come agire.”

Zadi si sentì subito sotto pressione, lo sguardo misterioso del ragazzo la intimoriva, era una situazione anomala, non aveva mai avvertito quella sensazione; come mai Grodig era così sicuro dei suoi mezzi, che ci fosse sotto qualcosa di losco?

Neiv VS Sommy

«Sì, deve essere quello lì che ha fermato Dortmund, sarà divertente!»

“È bello sapere che si ricorda di me grazie ad un fatto positivo e non per la squalifica.”

Restavano soltanto quattro giocatori, vennero mescolati in questa maniera: Gord e Rubeth, Faut e Grey.

I due non investirono tempo nel rintracciare i futuri oppositori e si avviarono insieme alla massa in direzione degli spalti, Mino e Saber presero un'altra strada e si incamminarono per il campo da gioco. C'era grande attenzione da parte del pubblico, il possente adolescente capace di dominare due cubi ispirava fiducia, ma a sua volta la piccola, con il suo coraggio, trasmetteva sicurezza, pur essendo giovanissima era vista da tutti con ammirazione ed era valutata in grado di dare filo da torcere ad un vero fuoriclasse, uscito precedentemente solo a causa di un imbroglio; Mino avrebbe soddisfatto le aspettative della platea? Pochi secondi e il duello avrebbe avuto inizio, chi sarebbe diventato il vincitore?

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Capitolo 3
*** Giovani talenti crescono ***


Buongiorno cari lettori, con questo capitolo chiudiamo il 2013, spero sia da voi gradito, detto questo non mi resta che augurarvi buona lettura e soprattutto buon anno nuovo!

Il “Cuballs International Tournament” stava per avere inizio, i due primi sfidanti erano pronti ad accendere da subito la competizione, nel frattempo nelle vicinanze degli spalti Oster organizzava il tifo. Il campionato si suddivideva così: durante la giornata d'apertura si sarebbe svolta una metà degli ottavi di finale, i quali si sarebbero poi conclusi precisamente un mese dopo, nei mesi di novembre e dicembre si sarebbe chiusa la seconda fase, a febbraio e marzo si tornava sul campo per disputare le semifinali e l'ultimo giorno del quinto mese dell'anno era quello predisposto per proclamare il vincitore, l'unico in grado di sbaragliare l'intera concorrenza.

Giv notò una massa di persone tra il pubblico con tra le mani svariati striscioni e cartelloni:

«Oster, mi sapresti dire chi sono questi... tifosi?»

«Certo che lo so, é il fan club composto dai ragazzi e dalle ragazze della nostra classe, sono qui per incitarci.»
Dopo questa risposta il giovane rimase allibito:

«So che non dipende da te, ma... se ne sentiva il bisogno?»

L'altra lo corresse:

«È qui che ti sbagli, sono stata proprio io ad invitarli, é stata una bella iniziativa, vero?»

Lui, al contrario dell'amica, non gradiva molto il supporto di tanta gente:

«Ehm, certamente, però se devo esprimere un mio parere personale... credo che proverò imbarazzo quando durante la mia gara mostreranno le mie gigantografie e inneggeranno al mio nome.»

Oster però fece comprendere al compagno che ci teneva moltissimo:

«Vedrai che ti farà soltanto del bene essere supportato da loro, mi conosci bene e conosci bene anche il mio carattere, adoro sentirmi al centro dell'attenzione, sarò dieci volte più motivata durante il mio match, sono intraprendente, non ci posso fare nulla.»

Mentre i due discutevano cominciava ufficialmente il “Cuballs International Tournament”:

«Muoviti casualmente nell'arena di gioco!»

La strategia era chiara, stava cercando di confondere l'avversaria nella stessa maniera con la quale, circa un centinaio di giorni prima, aveva messo alle strette Giv, ma Mino non si faceva cogliere impreparata e immediatamente trovò la contromossa giusta da usare in quella situazione:

«Immobilizzala!»

Saber non era sicuramente uno sprovveduto e senza lasciare tempo alla controparte per elaborare un'efficace sequenza di tecniche lanciò il nuovo ordine:

«Fai comparire spine sul contorno del contenitore della battaglia!»

I muri del “contenitore della battaglia”, vale a dire il gigantesco cubo nel quale le Cuballs si sfidavano, venne disseminato di acuminate sporgenze, letali per qualunque dei due protagonisti l'avesse sfiorate; la ragazzina cominciava a temere ancor di più il suo rivale, ma nonostante ciò non demordeva:

«Ricopri tutte le punte di gelatina!»

Nessuno dei due aveva intenzione di lasciare nulla al caso, il tasso strategico era alto e il livello della lotta altrettanto, la quantità di abilità conosciute da entrambi era elevatissima e loro riuscivano ad utilizzarle nella combinazione migliore, erano da elogiare indipendentemente dall'esito ultimo.

“Accidenti, adesso non avrò più modo di sconfiggerla scaraventandola sulle pareti, oppure sì...”

«Trasformati in sfera e spingila in direzione retta!»

«Non ti servirà, le tue spine adesso sono innocue.»

Saber la sorprese:

«Questo lo credi tu! Devi sapere che il metallo delle quali sono composte é riscaldato e la sostanza che hai applicato alle estremità é quasi completamente sciolta.»

Il cubo si schiantò e cadde a terra, la bambina uscì sconfitta, ma dopo un'egregia prestazione, l'ingegno e la velocità di ragionamento del robusto maschio gli avevano permesso per l'ennesima volta di trionfare, e in questa occasione nessun fattore esterno aveva agito a suo discapito; benchè avesse avuto stupendamente successo l'adolescente fece dinanzi all'intera platea le sue congratulazioni all'altra partecipante, regalandogli un bellissimo momento di gloria che difficilmente avrebbe dimenticato, avendo dato all'esordio molto filo da torcere ad un campione già affermato da anni.

Dunque era giunto il momento di assistere allo scontro di Giv: Laysa era abbastanza tranquilla, il suo sfidante invece era alquanto teso, sapeva di non poter fallire anche in quella occasione, era carico e contemporaneamente impaurito dal possibile risultato negativo, ma doveva provarci, doveva concentrare tutte le sue energie nervose nel disegnare un buon piano d'attacco, tutto dipendeva esclusivamente da lui e da nessun'altro, il suo destino era nelle sue mani, la sua Cuball era nelle sue mani, il suo destino era racchiuso nella sua Cuball.

Oster annunciò al fan club di intonare i cori dedicati a Giv e quest'ultimo udendo i canti pronunciò:

«Ah... voglio morire.»

Gord, dato il suo cambiamento, rimase sconvolto dalle ultime parole dell'amico e volle metterlo in allarme:

«Non ripeterlo continuamente, sai che certe volte i desideri si avverano.»
L'altro prima di scendere in campo sussurrò a Zadi:

«Inizio a credere che forse lo preferivo prima.»

Lei osservò invece il lato positivo della faccenda:

«Bah, non che fosse un granché di genialità... quantomeno adesso sembra più colto, non pensi?»

«In realtà non mi convince nessuna delle due versioni, però... se tu affermi che la seconda custodisce alcune parvenze umane, va bene.»

Chiusa questa parentesi piuttosto futile si poteva dare il via alla gara, Laysa contro Giv, era l'ora della verità!

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Capitolo 4
*** Giv, non puoi più sbagliare ***


“È giunto il mio momento, non posso più fallire, questa é una grande occasione, devo dimostrare quali sono le mie vere potenzialità. Tutti i miei amici sono al mio fianco, non devo aver paura, non é da me.”

Aveva smesso di tremare, era consapevole di essere davanti a una delle concorrenti più forti del torneo, ma era sicuro che troppa tensione lo avrebbe soltanto disconcentrato e questo avrebbe portato ad un esito negativo, niente più ripensamenti, era l'ora di combattere; Giv, non puoi più sbagliare!

Terminate le presentazioni la gara ebbe inizio ed il ragazzo partì subito in quarta:

«Lancia pezzi di gomma appiccicosa su tutte le pareti dell'arena di gioco, in seguito scaglia delle stalattiti di ghiaccio su di questi!»

“Cosa ha intenzione di fare? Non mi é chiara la sua strategia, ma non voglio rischiare, perciò...”

«Colpisci quelle scaglie di ghiaccio utilizzando dei macigni!»

Le tecniche si susseguivano ad una velocità impressionante generando una serie di emozionanti colpi di scena e continui ribaltamenti di fronte:

«Anticipala scatenando una bufera di vento!»

Le punte d'acqua solidificata furono spazzate via ed alcune di loro convergerono sul cubo della diciottenne, che però non esitò neppure un secondo prima di mettere in atto una nuova sequenza di

azioni rapidissime:

«Teletrasportati posteriormente rispetto alla Cuball di Giv, catturala con una ventosa e falla urtare continuamente su e giu sulle pareti.»

Il cubo del giovane stava venendo letteralmente massacrato, la fine si avvicinava sempre più, ne scaturì che il preadolescente andò totalmente nel pallone, non sapeva cosa fare, le sue idee erano offuscate, ormai non era più in grado di ragionare, l'ansia di uscire nuovamente sconfitto lo attanagliava, era incapacitato ad agire, cosa sarebbe successo?

I cori di incitamento erano tutti per lui, ma lui era assente, il suo cubo era sempre più a rischio, la disfatta era non molto lontana, bisognava riacquistare in fretta coscienza, non si poteva ancora resistere a lungo, Giv doveva sbrigarsi.

«Lo sapevo che eri capace di vincere solo usando sporchi trucchi, sei un buono a nulla!»

Quell'esclamazione di Neiv offese non poco il giocatore e fu chiaro fosse stata pronunciata proprio a quello scopo, così lui rinsavì e riuscì dopo quei numerosi istanti di panico ad architettare un piano efficace: “no, non é vero che non valgo niente, devo far vedere a tutti di che pasta sono fatto, Oster assieme ai miei compagni e al fan club mi sta supportando, non posso deludere chi tifa per me, io posso trionfare... io posso rimontare... io posso battere Laysa, adesso ne sono certo!”

«Trasformati in sfera!»

La situazione cambiò radicalmente, in pochi secondi fu la Cuball di Giv a passare in vantaggio, sfruttò la ventosa a suo favore e grazie ad essa trasportò il cubo avversario da un lato all'altro del campo, batté più volte contro il muro e la circostanza divenne parecchio simile alla precedente, però a ruoli invertiti; l'unica differenza stette nel fatto che, anche grazie all'esperienza accumulata, la campionessa non si lasciò sopraffare ed effettuò subito la contromossa adatta:

«Teletrasporta altrove l'oggetto che hai attaccato a quella Cuball e poi affondala con un missile quando te lo ordinerò.»

Trascorse meno di un secondo e il comando arrivò:

«Ora!»

La circonferenza venne sbalzata via e attratta dallo strumento posizionato intelligentemente alcuni minuti addietro, perciò si bloccò ed il ragazzo si trovò nuovamente alle strette; stavolta pareva esserci ben poco da attuare, dato che Laysa tenne ancor più rigida la sfera grazie ad un'altra delle sue ventose, in seguito la donna sistemò il suo cubo al di sopra di quello della controparte e decise di concludere la sfida:

«Siccome hai consumato tutte le energie, vai in modalità tonda e abbattila!»

Giv avrebbe desiderato un esito diverso, ma era purtroppo obbligato a rimanere in quella versione a causa dell' esaurimento di forze, e perciò, pur avendo lottato strenuamente fino all'ultima battuta, il ragazzo fu eliminato per l'ennesima volta.

Era stato cosciente fin dalla partenza del fatto che la differenza tecnica era ampia, ma non aveva voluto mai mollare e questo l'aveva lasciato molto affranto dopo la disfatta; cadde a terra incredulo, non voleva capacitarsi di aver assistito di nuovo alla stessa scena, la vincitrice comprese il suo sconforto e andò per tendergli la mano, ma lui continuava a fissare la Cuball terminata al tappeto.

«Non é un atteggiamento da grande giocatore questo, non deve essere questa l'immagine che la gente qui dovrà imprimersi in mente, non rispecchia la tua vera natura, su alzati.»
Quelle parole di consolazione, pur essendo molto profonde, non incoraggiarono né commossero Giv, che non aveva intenzione di tirarsi su:

«Io un grande giocatore? È un sogno che non si avvererà mai, anche se in passato avevo creduto fosse davvero possibile.»

«E dovrai insistere nel farlo, non puoi rassegnarti così facilmente, io non sto scherzando, al contrario... non sono mai stata così sincera, erano mesi che non incontravo qualcuno così agguerrito, nella tua espressione ho potuto riammirare lo spirito che avevo da ragazzina, mi mancava un sacco rivivere quei meravigliosi tempi.»

Lei era sincera, l'altro invece non sapeva esserlo con se stesso:

«Ma ho perso ed é quello che conta.»

Una volta sollevatolo Laysa gli fece intendere definitivamente qual'era il vero significato di quelle numerose gare:

«Sbagli di grosso, sono l'impegno e la volontà che ti hanno guidato le cose che contano, anch'io inizialmente ero combinata male, non producevo nulla, ero ben peggio di te, ma non mi sono mai abbattuta, non ho mai calato le mie ambizioni e sono divenuta col passare degli anni ciò che avevo sempre agognato, molte persone credono sia nata predestinata, ma stanno commettendo un grande errore, con quella mentalità non raggiungeranno mai la vetta, tu sei diverso da loro, non sprecare il tuo futuro, ascolta il mio consiglio e tienilo con te sempre, un giorno mi ringrazierai ed io verrò finalmente a conoscenza di aver osservato la nascita di un fuoriclasse.»

Annuì semplicemente, ma questa volta era sicuro, Laysa era stata in grado di trasmettergli uno dei più importanti insegnamenti della sua vita, precedentemente nessuno si era mai proposto a lui in quella maniera e con quel registro, aveva incontrato un individuo così maturo appena maggiorenne, che anche se per poco si era calato nell'incarico di suo maestro.

Lasciò il campo e non più triste andò da Oster ad augurargli buona fortuna:

«Adesso é il tuo momento, anche se non potrò ricambiare il tifo ti aguro ugualmente di divertirti, che vinca il migliore tra te e Boost!»

«Vi lasceremo a bocca aperta, tranquillo, non vi deluderemo.»

Al passaggio dell'altro concorrente usò la stessa affermazione:

«In bocca al lupo anche a te e che vinca il migliore!»

Questo si voltò e rispose:

«Grazie mille, comunque volevo dirti da parte dell'intera classe che ci é dispiaciuto molto per il tuo duello.»

«Non preoccuparti, é acqua passata, l'unica cosa importante adesso é chi ci regaliate un piacevole spettacolo, mi raccomando ad entrambi.»

Ambedue presero posto ed il match poteva cominciare!

Ma... proprio mentre si apprestavano ad entrare in scena una voce si udì in tutto lo stadio:

«A causa di un inconveniente la gara che si stava per disputare verrà rinviata dando priorità a quella che vedrà rivaleggiarsi Sindi e Sand, buon proseguo di giornata a voi.»

Oster e Boost quindi indietreggiarono e fecero spazio ai loro sostituti, quest'ultimo fu curioso di venire a conoscenza della motivazione del cambio di programma, il giovane dai capelli color sabbia svelò il dubbio:

«Devi scusarmi, il problema sono io, la realtà é che ho una faccenda da sbrigare in fretta a casa e perciò ho fatto una richiesta agli organizzatori che hanno voluto soddisfarla.»

L'unico gioire dopo quell'annuncio fu Gord:

«Sì! Questi sono gli avvisi che mi rendono felice, potrò assistere prima del tempo a Sindi Sand, é eccezionale!»

Coinvolse anche Giv all'interno della valutazione:

«Non credi anche tu sia una notizia eccezionale?»

«Sì, eccezionale...»

Era carichissimo, l'avvio della sua consonanza preferita era a distanza di qualche giro di lancette!

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Capitolo 5
*** Lo sguardo dell'odio ***


Mino aveva raccolto tanti applausi e si era goduta dei bellissimi istanti, Giv aveva ricevuto un grande insegnamento dalla diciottenne Laysa, insomma entrambi erano usciti da quel torneo con qualcosa nella bisaccia, un ulteriore passo in avanti verso la gloria, una nuova esperienza mirata ad ingrandire ancor di più il bagaglio, memorie che sarebbero rimaste indelebili nel tempo, un'altra avventura che mai avrebbero dimenticato e della quale avrebbero portato dentro durante il percorso la morale, certamente non parole al vento quelle dei loro avversari, che pur avendo negato a loro il trionfo al suo posto gli avevano donato qualcosa di molto più importante, che non sarebbe svanito entro pochi giorni; il loro momento era quindi passato e toccava a qualcun'altro vivere un periodo di felicità, quell'individuo si chiamava Gord; esatto, proprio lui si apprestava ad attraversare alcuni minuti magici, perché pur trovandosi ad affrontare una delle tappe più difficili e tragiche della sua esistenza, causa la morte di Joe in Dramma drammatico, non poteva fare a meno di sorridere al pensiero dell'abbinamento Sindi Sand, non era chiara la motivazione per la quale quella sfida lo rendesse così di buon umore, ma l'effetto era alquanto positivo e perciò...

«Finalmente, non resistevo più, l'attesa mi stava logorando, già ci penso... Sindi Sand Sindi Sand...»

Ebbene sì, il giovane emanava allegria da ogni lato, qualcun' altro invece non era tanto ilare: «Dobbiamo sopportarlo per tutta la durata dell'incontro?»

La ragazza gli rispose:

«Giv, inizio a credere che tu pretenda troppo, o bere o affogare, o nero come la morte oppure suonato come adesso, decidi.»

«Gradirei di selezionare una terza opzione.»

«Ah... quanti vizi, mi spiace ma non è disponibile.»

Oster improvvisamente interruppe la discussione:

«Amici, mi é sorto un dubbio, mi chiedevo del perché non stiate utilizzando una delle migliori tecniche, quella del blocco di dieci secondi.»

Zadi, che era la più informata, svelò la soluzione:

«Semplice, successivamente ad alcuni dibattiti la federazione ha deciso di bandirla da qualsiasi evento ufficiale, mi ritrovo d'accordo, garantiva una vittoria quasi certa se sfoderata.»

Ed ora carico di attese da una parte e dall'altra, ma in particolare da quella di Gord, il match poteva avere inizio; era secondo le statistiche l'unico del primo turno già disputato durante il torneo precedente.

«Installa subito un microchip sulla sua Cuball!»

Sindi, che aveva ormai perso l'abitudine di dare ordini solo con gesti del corpo, diede l'avvio alla contesa, ma Sand non stette lì ad aspettare e prontamente controbatté:

«Fermalo sparando un missile.»

Sfumò la prima offensiva sferrata dalla piccola, che però ragionò in fretta sul secondo attacco da effettuare e scoprì una delle sue carte migliori:

«Tira fuori la tua ventosa e muoviti velocemente in grado da arrivare dietro al suo cubo!»

A differenza di Laysa lei sfruttava diversamente quell'oggetto, era capace di controllare ottimamente i suoi movimenti e posizionare dove voleva la sua Cuball; aveva sviluppato personalmente quella mossa e nessuno era mai riuscito ad imitarla, una qualità da apprezzare in lei era infatti l'intelligenza con la quale architettava delle strategie incredibili con poche opportunità a disposizione.

«Lancia un missile dietro di te!»

I movimenti dell'avversaria, purtroppo per Sand, erano difficili da seguire e c'era da aggiungere anche che questa era largamente migliorata dall'ultima competizione, così come tutti coloro che si erano presentati a quell'importante evento.

Fu in quel modo che il cubo si ritrovò nuovamente in posizione adeguata per colpire, infatti:

«Trasformati in sfera e vai verso il basso!»

Una gara giocata esclusivamente sui posizionamenti però venne conclusa alla stessa maniera:

«Passa anche tu in modalità rotonda e va verso l'alto!»

Lo scontro venne vinto dalla parte maschile che schiacciò sulla parete con la sua circonferenza quella nemica, la disputa si concluse ed il saluto dei due rivali venne accompagnato da uno scroscio di applausi. Per la seconda volta il ragazzo aveva trionfato, con un'unica differenza, tutti ne erano a conoscenza, anche Zadi:

«Stavolta nessuna passeggiata durante gli incontri?»

Lei comprese subito il senso della frase:

«Preferirei non ritrovarmi nella stessa situazione, ne ho avuto abbastanza di litigi durante l'ultima coppa.»

I due ridevano mentre nel contempo c'era chi aveva appena smesso di divertirsi: “é già terminato l'avvenimento più fantastico della giornata, che significato ha continuare a rimanere qui?”

Tornato al suo stato d'animo tipico Gord cercò di attirare l'attenzione dei compagni con l'intento di convincerli a seguire la sua strana idea:

«Amici! Cosa ne dite di abbandonare lo stadio e tornare a casa?»

Il primo a captare il suono fu Boost, questo risultò a lui piuttosto stonato:

«E perché mai?»

La giustificazione fu tra le più spiazzanti che si potessero ricevere in quella circostanza:

«Sindi e Sand non si troveranno faccia a faccia ancora una volta , perdiamo ore preziose stazionando qui dentro senza un motivo.»
Le cause degli altri componenti del gruppo sembravano però essere “leggermente” più attendibili delle sue:

«Ti ricordo che noi un motivo per restare lo abbiamo, ed é di maggiore rilevanza rispetto al tuo, abbiamo un torneo da disputare, al quale anche tu partecipi.»

Un'altra persona si aggiunse alla critica:

«Non vorrei che dimenticassi che io devo scendere in campo proprio in questo preciso momento, ci vediamo dopo!»

Gord rimase largamente deluso delle loro repliche:

«Ah... che noia, sprecate la vostra vita come meglio vi aggrada, io con la mia mortadella sarò molto più contento senza ombra di dubbio.»

E Zadi, la quale arrestò la sua corsa, gli rispose per le rime:

«Va bene, fa pure, e poi saremmo noi quelli strani...»

Purtroppo l'altro partecipante non primeggiava in perspicacia:

«Sì, molto strani, devo darti ragione.»

Ma l'adolescente si era già dileguata e non fece ad ascoltare, così da puntualizzare nuovamente.

Mentre Gord, pur non mangiandolo, si dedicava esclusivamente a fissare tristemente il suo salume, i due concorrenti cominciavano a darsi battaglia!

Diversamente da come era accaduto precedentemente il tifo era indirizzato in un solo verso, anche se lei sembrava essersi completamente pietrificata, cosa le stava succedendo?

Grodig penetrava con il suo sguardo negli occhi dell'oppositrice e grazie a questa sua singolare dote era in grado di percepire le sue emozioni e future intenzioni, era da definirsi quasi un potere paranormale; aveva trionfato in più occasioni con quella tecnica unica, conosceva ancor prima di osservarle le mosse avversarie, anticipandole tempestivamente.

Zadi perciò era sotto pressione ed in evidente difficoltà, Grodig se ne stava accorgendo.

“Non smette neppure per un istante, questa sensazione di disagio mi sta perseguitando, c'é qualcosa di anomalo in lui, sono minuti che non distoglie la vista da me, mi inquieta... perchè?”

Avrebbe intimorito anche il più temerario dei guerrieri, al suo interno non vi erano sentimenti come coraggio e forza di volontà, erano racchiusi sentimenti in assoluto opposti a quelli, il più chiaro era l'odio, odio profondo, ma per quale motivo ne avrebbe dovuto provare per la giovane alunna? Quale atto aveva compiuto colei che il maggiorenne apparentemente disprezzava? Era quel fattore che faceva cadere la giovane alunna in una terribile angoscia, ma qual'era quel misterioso elemento di contrasto tra i due? Forse presto lei si sarebbe sbloccata così da volgere all'attacco e scacciare via tante preoccupazioni, oppure in una diversa ottica l'ansia l'avrebbe attanagliata e paralizzata ulteriormente in maniera da esprimere una dolorosa sentenza riguardo il proseguo dell' International Cuballs Tournament, la disfatta; l'intera faccenda si sarebbe risolta, con risvolti negativi o positivi, entro alcuni giri di lancette, il fan club perserava nell'incoraggiare l'amica, ma chissà se quegli aiuti sarebbero serviti, era tutto da scoprire...

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Capitolo 6
*** Traditori, bugiardi ed occasionali ***


Era cominciata da poco la sfida tra Grodig e Zadi, anche se soltanto in apparenza, dato che nessuno dei due aveva ancora mosso un dito né aperto bocca; chi però, pur non proferendo parola, stava agendo intaccando notevolmente il morale della controparte era il ventenne, la studentessa, infatti, si sentiva sotto pressione come accaduto già antecedentemente in giornata: “é la stessa sensazione che ho provato quando hanno svelato il mio abbinamento, fin da quei momenti ero così a disagio, é una situazione terribile... ma devo reagire, punto a scoprire qual é il motivo di tutto ciò, non accetto di abbandonare così facilmente i miei obiettivi, non devo assolutamente comportarmi come fatto tempo fa dopo il litigio con Grey, il mio spirito si é fortificato in questi mesi, devo sbrigarmi!”

Finalmente si era convinta, non era affatto il caso di abbattersi, a quanto pare le esperienze passate le erano state molto utili per divenire più sicura di se stessa, meno titubante e capace di affrontare senza paure i problemi che avrebbe senza alcun dubbio incontrato durante il cammino, fu in questa maniera che riacquistò lucidità mentale ed escogitò una strategia per dare il via alla dispute: “ci sono, posizionerò dei piccoli tappeti elastici nell'intero campo da gioco e in seguito lancerò una raffica di missili che continueranno a colpire il suo cubo rimbalzando sui tappeti, anche se in primo luogo dovrò utilizzare l'abilità capace di rimpicciolire la mia Cuball, così da renderla immune ai colpi da me sferrati, é un'idea fantastica.”

Mentre lei ragionava e si apprestava a mettere in atto quella geniale illuminazione, l'altro aveva già compreso quali erano i suoi piani: “So cosa progetti di fare stupida mocciosetta, te lo leggo negli occhi, la tua espressione non é più la stessa.”

Sembravano poteri paranormali i suoi, ma non lo erano, non era certo in grado di vedere ciò che si celava nella mente degli avversari, ma riusciva a comprendere lo stato d'animo, le intenzioni e la loro psicologia esclusivamente fissandoli.

“A quanto pare non é più intimorita da me, perciò devo passare all'attacco e batterla sul tempo.”

«Aumenta l'ampiezza della sua Cuball con la tua abilità dell'ingrandimento.»

Rimase parecchio meravigliata da quella iniziativa così ingegnosa del rivale: “io volevo renderla meno voluminosa, lui per contrastarmi ha causato l'effetto opposto, questa non é una semplice coincidenza, mi ha beffato anticipandomi, ma come avrà fatto... come é possibile che sappia come sto per muovermi prima che ciò accada, chi é realmente questo individuo?”

Era senza ombra di dubbio qualcuno che era riuscito a paralizzarla in più occasioni, i misteri nella sua mente si infittivano, non si sentiva sicura e come al solito la controparte lo captava: “come sei fragile piccoletta, non ti facevo così facilmente condizionabile, ma adesso... é arrivato il momento di ammutolirti definitivamente.”

Era pronto a chiuderla, pochi attimi e si sarebbe conclusa un'altra avventura, le speranza della ragazza diminuivano sempre più, pietrificata lì da uno sguardo carico d'odio a lei indirizzato, era giunta la fine?

L'intero gruppo di suoi amici urlava a squarciagola allo scopo di aiutarla a risvegliarsi da quella strana circostanza, a quello si era unito addirittura Gord, un evento più unico che raro, erano presenti tutti i presupposti per la sua vittoria, erano presenti i suoi compagni ad incitarla ed era presente la sua intelligenza con la quale avrebbe potuto sfuggire al pericolo che incombeva su di lei, ma ogni elemento risultava inutile se era essa stessa ad essere assente, non era adatta forse a fronteggiare Grodig, era purtroppo, come lui aveva intuito, altamente fragile, era sprofondata nuovamente, dopo un'apparente ripresa, in una condizione di confusione totale, così come era avvenuto successivamente alle sconcertanti rivelazioni di Neiv mesi addietro. Il futuro vincitore si rallegrava dinanzi a quell'immagine, i sogni infranti dell'adolescente davano l'impressione di metterlo di buon umore, un'anomalia; si godeva quegli istanti in attesa di spezzare radicalmente quelle ambizioni, ma chissà da dove proveniva tale infamia, se non sicuramente da trascorsi passati dei due... da dove? Qual'era il nesso che univa persone che non si erano mai trovate faccia a faccia prima? Si stava per scoprirlo, perché il match terminava lì:

«Sconfiggila con un masso gigante.»

Passò accanto alla sconfitta, ma quando codesta gli tese la mano lui voltò il capo e si dileguò, anche se la sua corsa venne frenata da un Giv largamente infuriato:

«Perché non hai salutato la mia amica? Cosa ti disturba in lei?»

L'altro replicò stuzzicandolo ancor di più:

«Amica? Osi chiamarla amicizia questa?»

Il giovane non comprendeva il senso di quelle parole:

«Cosa intendi dicendo ciò? Cosa ci sarebbe di anomalo nel nostro rapporto?»

Mentre tutti osservavano la scena attoniti, il maggiorenne prolungava la polemica illustrando il suo movente:

«Ritieni necessario conoscere il fattore che più disprezzo nei ragazzini della vostra età? È la falsità, già... vi definite amici di chiunque, però appena arriva l'occasione giusta... siete pronti ad approfittare l'uno dell'altro. Non ci sono distinzioni da fare, vi fingete leali compagni in attesa di pugnalare chi non vi ha mai tradito, senza porvi problemi, perché in seguito inventerete ogni genere di scusa allo scopo di far credere alla massa che avete soltanto commesso un innocente errore, penseranno tutti “non fa nulla, é piccolo, tutti sbagliamo qualche volta da piccoli”. Ti rispecchi perfettamente in questa descrizione, anche se la tua indole sleale non ti permetterà mai di ammetterlo.»

Giv, raggiunto quel punto, non seppe più trattenersi, Grodig faceva di tutta l'erba un fascio e questo a lui non andava proprio giù:

«Non ti rendi conto che hai adesso commesso tu un gravissimo errore, potrebbe sembrarti strano sentire da me che non tradirei per alcuna causa un compagno, ma é la verità.»

Il suo nemico (ovviamente sotto il profilo concettuale) non demordeva e spingeva avanti la sua tesi:

«Complimenti, ottima interpretazione, reciti benissimo rispetto a molti, ma questo non ti rende migliore, stupido presuntuoso. Hanno utilizzato gli stessi termini già in precedenza nei miei confronti, poi si sono rivelati per ciò che erano nel profondo.»

«Ti consiglio di piantarla, non ci conosci da vicino e non ti permetto di dare giudizi a nostro riguardo. Stai generalizzando, ed il fatto che qualcuno abbia sbagliato anni fa non ti concede il diritto di scaricare la rabbia su di noi!»

Gli spiriti erano letteralmente infuocati e nessuno desiderava interrompere l'acceso scambio di opinioni:

«Dovrei smetterla... e perché dovrei? Cosa mi accadrebbe in caso contrario? Forza, dimmelo!»

Zadi soffriva interiormente alla vista di quella “oscena” scena nella quale il ventenne sollevava per il colletto della maglia il suo coetaneo, eppure lei, al completamento di certe giornate grigie, aveva quasi creduto di non poter più ammirare in vita sua ad altri episodi simili, per altro su di un palcoscenico così spettacolare come quello del “Cuballs International Tournament”, ed invece si stava verificando l'identica storia, le pareva quasi una replica, con nuovamente protagonista Giv.

“Viene afferrato bruscamente ed alzato dal terreno, in seguito subisce accuse prive di fondamento, é tutto identico a quella volta, tutto... siamo già arrivati al limite della rottura mesi fa e adesso le crepe formatesi in quel periodo potrebbero riaprirsi, noi ci troveremmo ancora di fronte alle stesse difficoltà, ma potrebbe non andare ogni cosa per il verso giusto anche stavolta, se l'ostacolo fosse troppo arduo da superare il filo che ci lega potrebbe spezzarsi. Io non voglio che tali mie predizioni si tramutino in realtà, ma sono presenti innumerevoli somiglianze tra le due situazioni e questo mi porta ad avere un brutto presagio, spero solo di aver torto.”

E sotto gli occhi allibiti degli spettatori il triste spettacolo proseguiva:

«Hai esaurito la voce? Oppure hai finalmente notato che chi si trova dalla parte del torto sei unicamente tu? Non so se hai fatto caso ad un particolare molto importante che caratterizza questa vicenda... dove sono i tuoi “amici”? Non si precipitano a liberarti dalle mie grinfie? Mi risulta bizzaro ti stiano abbandonando proprio nella fase del bisogno, e mi sorprendo specialmente di quella tipetta, non eravate profondamente uniti? Non dovrebbe correre qui in tuo aiuto al posto di restare lì impalata a fingere di star male per te? Questi dettagli non coincidono a pieno con quella carinissima storiella fatta di fiducia e principi morali, vero Giv?»

Aveva sempre mantenuto un tono moderato e pacato, ma l'arroganza di Grodig, che stava toccando un argomento per lui fondamentale, era smisurata ed aveva mutato radicalmente l'espressione del suo volto:

«La voce non l'ho persa, la pazienza sì... ti suggerisco vivamente di sospendere la discussione e domandare scusa loro, recepisci il messaggio?»

Nonostante quella rabbia, il maggiorenne persisteva nel deriderlo:

«Scusarmi con dei mocciosetti e con quella lì che continua a frignare? Sognalo pure.»

Giv controbatteva tentando di illustrargli la complessa personalità di Zadi:

«Ignorante, lei é sensibile e sta piangendo proprio a causa del diverbio che stiamo avendo, le abbiamo fatto tornare alla mente alcuni ricordi che avrebbe voluto cancellare per sempre, sta soffrendo perché é impaurita, teme che il passato possa riproporsi oggi. Chiudiamo questo inutile siparietto adesso, lei non sopporta vedere me attaccato violentemente da un'altra persona ed io non sopporto più di vedere lei ridotta così. Basta, freniamo certe ostilità, non ce n'é la necessità.»

Il suo tentativo di riappacificazione fu però vano, le provocazioni si facevano a mano a mano più pesanti e la faccenda degenerava ancora:

«Sensibile lei? Non farmi ridere, il solo termine adatto alla frignona é “egoista”, sta mettendo in piedi quella recita unicamente per scansarsi dal dovere di venire in tuo soccorso, ma come al solito tu non vuoi accettare l'amara realtà, così ti fai facilmente abbindolare da una banda di ipocriti. Sei tu l'ignorante, ti stanno sfruttando e manipolando a loro piacimento, ma... d'altronde é il classico comportamento di chi rientra nella vostra fascia d'età.»

«Hai ampiamente sorpassato il limite, é l'ultima occasione in cui te lo ripeterò... basta... ora taci!»

L'urlo fu udito da ognuno nello stadio, attraversò le mura e raggiunse quasi anche coloro che erano situati al di fuori della struttura, la curiosità del pubblico poi fece sì che tutti gli sguardi si spostassero e fossero puntati sui protagonisti dello scontro ben diverso da quelli svolti precedentemente.

«Qual terribile sciagura si abbatterebbe invece sul mio corpo qual'ora non eseguissi i tuoi ordini?»

Nonostante l'ira, che progressivamente cresceva, Giv riusciva comunque a conservare quel briciolo di lucidità che gli era rimasto:

«Ti sei fatto un'idea di me non proprio corretta, non potrei mai scegliere di risolvere la faccenda tramite la violenza, il tuo fisico può stare tranquillo, non subirà attacchi. Ti piacerebbe vedere dimenarmi e tirare pugni a vuoto, giusto? Avresti l'occasione per confermare la tua tesi contro noi giovani, ma ho l'impressione che la perderai.»

«E tu... con un trucco talmente banale auspichi di ingannarmi? Credi non sappia che attenderai io abbassi la guardia per colpirmi?»

Con ribrezzo lo scaraventò sul terreno e cercò di dileguarsi, ma un gruppo di addetti alla sicurezza lo bloccarono e lo portarono via; l'evento passò però in secondo piano per i ragazzi, che si preoccuparono principalmente delle condizioni del compagno, lo accerchiarono ed Oster gli domandò:

«Giv, stai bene?»

Ma lui pareva essere indifferente a qualunque quesito gli veniva posto, guardava fisso nel vuoto, era inerme.

«Stai male? Giv, rispondi!»

L'appello fu improduttivo, il giovane aveva la testa da tutt'altra parte: “ha osato definirci dei traditori, bugiardi ed occasionali, come é possibile pensare ciò di noi... daremmo anche la vita se fosse necessario ad aiutarci a vicenda, Zadi lo ha fatto per me... ed io per tale motivo non accetto l'affronto di Grodig, inoltre... ci ha feriti nello spirito, lei continua a versare lacrime ed io non posso capacitarmene, era tornata di buon umore ed ora... a causa di un imbecille rivive le dolorose esperienze che avrebbe voluto eliminare. Perché... perché... si era ristabilito un equilibrio nel nostro gruppo, perché quell'essere infame ha voluto rovinarci, perché? Cosa potrà averci guadagnato? Avverte un senso di sollievo nell'offendere degli adolescenti privi di ogni crimine? Non... non... non riesco a togliermelo dalla mente, il suo é stato un gesto deplorevole...”

Mentre lui esaminava i fenomeni appena verificatisi, Neiv provvedeva ad avvisare gli uomini dell'infermeria, che furono immediatamente lì:

«Il vostro giovanotto é sano come un pesce, mostra un piccolo graffio sanguinante rimediato in seguito alla caduta e null'altro, gli applicheremo una fasciatura e avremo risolto.»

“Ciò che lo turba non é la leggera ferita, non é la botta fisica subita ad estraniarlo da noi, ma quella morale.”

L'analisi svolta dal biondino era sfortunatamente corretta, avevano davanti una nuova peripezia da combattere assieme: degli alunni di seconda media sarebbero stati pronti a respingere l'ennesima minaccia oppure il sottile filo si sarebbe definitivamente sciolto?

«La bendatura é apposto, ti lascio con i tuoi amici.»

Con un “filo” di voce giunse il riconoscimento:

«Uhm... grazie mille.»

«Non c'é di che, giovincello.»

L'atteggiamento socievole del medico non bastava per risolvere la sua inquietudine interiore, infatti lui, trascorsa una breve quantità di secondi, cominciava a scalciare, le panche modificavano collocazione ogni istante, erano smosse senza tregua da quella stessa gamba malandata, il cui non perfetto stato non infastidiva Giv, concentrato su pensieri di natura totalmente dissomigliante; i coetanei, affacciati alla porta, osservavano l'affligente avvenimento e assimilavano al volo il concetto: ne uccide più la lingua che la spada.

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Capitolo 7
*** Quella porta qualsiasi ***


Un'altra sfida era terminata, con l'ennesimo esito negativo, Giv, Zadi e Mino erano già fuori dai giochi, due di questi seguivano, affacciate alla porta, le conseguenze dell'ultimo match, l'altro le viveva ancor più intensamente; i primi incontri non erano stati certamente tutti rose e fiori, ma avevano regalato importanti insegnamenti per il futuro ai perdenti; era stato in seguito all'ultima gara, però, che si era consumata la vera tragedia, quando il saluto della giovane era stato volutamente evitato dal vincitore, quell'atipico evento aveva attirato l'attenzione dell'amico dell'appena sconfitta Zadi, il quale era stato intenzionato a venire a conoscenza del motivo che aveva spinto all'indelicato gesto: 

«Perché non hai salutato la mia amica? Cosa ti disturba in lei?» 

Le risposte non erano state a lui gradite e s'era infervorato non poco, ma ciò non aveva per nulla toccato Grodig che aveva persistito nel difendere la sua tesi: 

«Sensibile lei? Non farmi ridere, il solo termine adatto alla frignona é “egoista”, sta mettendo in piedi quella recita unicamente per scansarsi dal dovere di venire in tuo soccorso, ma come al solito tu non vuoi accettare l'amara realtà, così ti fai facilmente abbindolare da una banda di ipocriti. Sei tu l'ignorante, ti stanno sfruttando e manipolando a loro piacimento, ma... d'altronde é il classico comportamento di chi rientra nella vostra fascia d'età.» 

Tali insinuazioni avevano innalzato l'astio tra i due a livelli estremamente elevati, talmente elevati da far degenerare totalmente la situazione: 

«Hai ampiamente sorpassato il limite, é l'ultima occasione in cui te lo ripeterò... basta... ora taci!» 

La vicenda era poi terminata in maniera ancor peggiore, con Giv accasciato al suolo riportante una piccola ferita esterna ed altre ben più gravi interne, quest'ultime causa del suo stato di irrefrenabile ira. 

“Secondo lui i miei compagni sarebbero dei traditori e degli sfruttatori pronti a voltarmi le spalle... io un allocco facilmente ingannabile, e tutto ciò senza alcuna prova, senza neppure averci mai conosciuto, niente di niente. Forse io potrei anche sorvolare sulle sue affermazioni, ma Zadi no, lei non ci riesce, deve sentirsi così profondamente legata a noi ed in particolare a me che quelle parole diventano per lei un colpo al cuore, ma nonostante questo quell'essere spregevole insiste nell'offenderci e nel deridere la sua fragilità, ha osato chiamarla vigliacca, quando ha rischiato anche la vita per me. Non é affatto giusto che una persona più debole venga definita egoista soltanto perché ha paura di ciò che potrebbe accadere, aveva riacquisito tranquillità dopo gli ultimi eventi negativi, ed adesso per quello lì... no, io non posso accettarlo!” 

Continuava a calciare panche e sedie, non manteneva più il controllo, era divenuto indomabile; chi non sopportava l'attuale contesto non era però esclusivamente lui, Zadi in quegli istanti soffriva anch'essa, soffriva nel vedere il suo migliore amico ridotto in quelle condizioni, il suo dolore era forse meno vistoso e più represso, ma con alte probabilità addirittura più acuto; in realtà nessuno aveva piacere nell'assistere a tale scena da Boost fino ad arrivare a Gord e alla sua sorellina, ma c'era tra di loro qualcuno meno passionale, al quale la circostanza provocava non un senso di commozione, quanto più di nervosismo, nella quale mente non era concepibile che un individuo di quell'età reagisse con un tale atteggiamento a determinati fatti; lui, spinto da quelle emozioni, fu il primo a varcare l'ingresso della stanza. Volle immediatamente attirare l'attenzione di Giv, che distratto dalle sue perpetue riflessioni non aveva nemmeno sollevato lo sguardo al suono sempre più intenso dei passi, così senza pensarci su due volte gli strinse con impetuosa forza il braccio e lo fece tornare finalmente alla realtà: 

«Ah! Ma cosa ti salta in mente, sei uscito fuori di senno? Perché mi stritoli il braccio improvvisamente?» 

Neiv rispose inveendogli contro: 

«Devi smetterla di comportarti come un neonato, non mi fai pietà né con i tuoi pianti, né con i tuoi sfoghi di collera, cresci un po' ed impara a non fare il bambino viziato. In ogni occasione che si presenta reagisci nello stesso modo, ti metti in disparte e cominci a frignare.» 

Giv si eresse in piedi e assunse anche lui una rigida posizione: 

«Non sono frasi che può permettersi di pronunciare chi abbandona i compagni nel momento del bisogno, stai largamente esagerando con queste tue accuse, forse non capisci cosa vuol dire angosciarsi per chi ti sta a cuore, dato che di noi non te ne é mai importato nulla.» 

Il dodicenne aveva premuto un tasto assai dolente, la questione era in una fase ormai critica e sarebbe stato difficile, arrivati a quel punto, far finta che niente fosse mai accaduto per tornare indietro, anche se sarebbe stata l'idea migliore vista la piega che la faccenda stava per prendere. 

Ma... purtroppo si sa che una volta rotti i freni e oltrepassato il limite si esclama ciò che di più malvagio e falso si ha rinchiuso nell'anima: 

«È forse il caso che ti rinfreschi un po' la memoria? Dovresti ricordare che non saresti qui ad imputarmi colpe che non ho se io non avessi impedito a Dortmund di bruciarti, ingrato. Anche se... ragionandoci bene ammetto che non hai pienamente torto, ho commesso un errore in passato, un gravissimo errore, sai quale?» 

Tacque per pochi secondi, poi svelò agli spettatori quel che da tempo credeva di Giv: 

«Quello di aver permesso il proseguo dello svolgimento di un'esistenza inutile ed inoltre dannosa, dannosa alla pace di un affiatato gruppo costantemente disturbato da quella presenza.» 

L'altra parte non mandava giù tali affermazioni e controbatteva in modo ugualmente pesante: 

«Qui l'unico che destabilizza la quiete comune sei tu, che a quanto pare dimentichi anche più in fretta di me, sfascia amicizie! Chi fu che divise il gruppo raccontando a Zadi dei miei fantomatici trucchi per vincere, chi? Non era forse un certo Neiv?» 

Si era toccato definitivamente il fondo, mentre tali cattiverie venivano emesse nella testa della ragazza riemergevano le vecchie cicatrici dei suoi giorni più tormentati, era come se d'improvviso un ciclone creduto totalmente spento si abbattesse nuovamente su di lei allo scopo di farle ancora del male: “sta succedendo, sta succedendo per davvero... mi riaffiorano le immagini del primo litigio tra loro, e mi accorgo che... non ci sono differenze, é tutto identico. Non doveva, non doveva... io non voglio guardarli, sento un dolore fortissimo... ed é tutto vero, il mio presagio si è rivelato quindi corretto, niente e nessuno potrà evitare ora che il nostro legame si sgretoli, è destinato a finire, anche se io non vorrei... è finito, è finito tutto." 

L'adolescente fuggì via in lacrime, passò di fianco ad Oster che tentò di aggrapparsi a lei per arrestarne la corsa, ma il tentativo fu vano, così Zadi si fece man mano più distante agli occhi dei coetanei. 

"Perché tanto inutile astio? È assolutamente illogico rovinare ciò che di più bello possediamo per delle piccole sciocchezze, non me ne capacito ma simultaneamente non ho la più pallida idea di come risolvere il problema, magari basterà cercar di rallegrare l'aria ormai divenuta troppo arida, chissà." 

Così la direttrice del tifo scelse di intervenire allo scopo di sdrammatizzare la cosa: 

«Colleghi, cosa sono quelle facce scure? Date un taglio allo stupido dibattito e godetevi il torneo, nessuno trarrà profitto dai vostri reciproci rancori, perciò riappacificatevi e lasciatevi dietro quel che vi divide. Siamo una famiglia, ed in una famiglia non ci si tradisce, al contrario ci si supporta, specialmente quando uno dei componenti di quella si trova in difficoltà, giusto?» 

Giv comprese e prontamente ammise lo sbaglio compiuto: 

«Grazie mille Oster, adesso mi è tutto più chiaro, è giunto per me il momento di agire, devo stare vicino a Zadi, ha bisogno del mio aiuto, perciò... ci vediamo presto!» 

Si dileguò alla ricerca della ragazza fuggita, mentre Neiv meditava riguardo la sua recente reazione che si era accorto essere stata alquanto eccessiva, ma nonostante fosse volenteroso di scusarsi con chi lo affiancava il suo smisurato orgoglio gli faceva evitare di ammetterlo in pubblico. 

Così Giv cominciò ad ispezionare l'intera area dei corridoi, girava in lungo in largo la struttura ma di Zadi non ce n'era traccia, pareva esser scomparsa, volatilizzatasi nell'aria. 

“Sono stato un idiota, un idiota di dimensioni colossali, ho colpito Zadi nella sua più grande debolezza senza neppure accorgermene, devo riparare all'errore prima che sia troppo tardi, ma se non la trovo al più presto...” 
Percorreva più volte le stesse zone e ad ogni passo si faceva più nervoso, incerto e preoccupato, fino a quando non avvistò una sagoma di fianco alla porta dell'uscita, avvicinandosi quell'immagine si faceva allo stesso tempo più nitida e più cupa... era proprio la sua amica, non v'erano titubanze, ma appariva distrutta, affranta, sconsolata. 

«Tirati su Zadi, sono Giv ed in questo preciso attimo... desidero una sola cosa, poterti vedere di nuovo felice. Io e Neiv abbiamo chiarito, non avverrà nuovamente ciò che é avvenuto mesi fa, so che stavi pensando a quello, il tuo volto non sa mentire.» 

Lei pareva non aver udito nulla e la sua replica tardava a venir fuori, restava poggiata al muro, con la testa rivolta verso il pavimento grigio, grigio come il suo spirito logorato dagli assillanti dubbi. 

I minuti trascorrevano ed entrambi restavano ammutoliti, il giovane preferiva assecondare la scelta dell'amica e quindi attendere che fosse l'altra parte ad agire per prima. 

Il silenzio fu spezzato da una voce che annunciava: 

«Si facciano avanti i prossimi concorrenti, Oster e Boost.» 

I concorrenti però tardavano a presentarsi ed il motivo era ovvio: 

«Dovremmo sbrigarci, altrimenti rischieremo la squalifica.» 

«Se vuoi dirigerti verso il campo fa pure, ma io rimango qui. Non suppongo sia giusto disputare questo scontro con un tale ambiente, non gioverebbe allo spettacolo e ad entrambi noi, io pazientemente li aspetterò, perché so che faranno il loro ritorno. È da quando ho potuto conoscervi meglio che ho appreso qual è il vero significato del concetto di gruppo per voi, così esso è divenuto mia parte integrante. Perciò non meravigliatevi troppo del fan club e del mio irrefrenabile tifo, io considero tutti voi un dono immenso, forse il più grande che abbia mai ricevuto, siete essenziali per me e non voglio perdervi.» 

Gord si introdusse nel discorso col suo consueto fare gioioso: 

«Inutile é illudersi, non potremo mai più vivere il piacere di averli con noi, dobbiamo rendercene conto e...» 

Mino lo interruppe con tono di rimprovero: 

«Fratellone, non credi sia abbastanza inappropriato questo tuo commento?» 

«Carissima sorellina, quest'osservazione è più che esatta e scaturisce da una mia triste esperienza passata.» 

La consanguinea, seccata, pose la fatidica domanda: 

«E quale sarebbe codesta tua memoria?» 

«Il mio ricordo riguarda... la visione di Dramma drammatico. In quell'occasione Joe, successivamente alla partenza, non si è più ripresentato a casa, è stato così... drammatico.» 

L'ipotesi dell'afflitto era momentaneamente azzeccata, infatti dall'altro lato dell'edificio ancor non si captavano rumori, la speranza era però che quella previsione fosse presto svalutata. 

«Sai, devo confessarti che... ho iniziato ad essere un po' diffidente, ho meditato molto e sono sorte in me varie perplessità. Ho realizzato che forse Grodig non aveva tutti i torti e che la relazione che ci unisce non é così forte ed indissolubile come ci eravamo illusi fosse. Sono insicura, intimorita dal futuro.» 

Giv aveva già afferrato il significato di quelle confuse dichiarazioni, ma volle formulare ancora lo stesso quesito al proposito, magari, di farle cambiare opinione: 

«Dunque, confidi maggiormente nelle sue parole che nelle mie?» 

Lei, anche posteriormente all'ennesimo implicito appello che supplicava d'invertire rotta, perseverava nella sua condizione di indeterminazione: 

«Potrebbe darsi, però... ecco... comincio a notare troppa fragilità nel nostro rapporto e perciò... non sono più certa di voler prolungare quest'amicizia, anche se io...» 

Futile era insistere, la sentenza, almeno secondo il suo parere, era oramai stata emessa e non c'era possibilità di revocarla: "quando in un amicizia viene a mancare la fiducia... viene a mancare tutto, a mai più rivederci." 

Esteriormente si fece freddo come il ghiaccio, l'autenticità però era che tratteneva a stento le lacrime: 

«Soltanto questo? Beh, potevi parlarne anche prima, non sarà mica poi tanto rilevante la cosa, oppure no? Sono dilemmi da sbrogliare frettolosamente, evitando di crearsi troppi tarli, corretto?» 

Il timbro vocale, poi, variò di colpo da quello quasi irrisorio a quello misto tra serio e malinconico: 

«Sei libera di gestire la tua vita come meglio reputi, io... ero semplicemente convinto la reputassi gradevole e divertente condivisa con noi, evidentemente erravo.» 

Il volume calava gradualmente e la discussione s'apprestava alla conclusione: 

«Come ultimo favore, però, ti chiedo di...» 

Ruotò il corpo e le mostrò le spalle, perchè in una situazione del genere avrebbe detestato mettere ancora una volta in risalto il suo difetto, l'essere troppo emotivo; c'era una grande incongruenza in ciò che era pronto a fare, una dichiarazione spiazzante che non ammetteva repliche accompagnata da copiose lacrime, sfortunatamente non di giubilo: 

«Ti chiedo... anzi esigo che tu non dimentichi il tragitto percorso insieme, quello che abbiamo rischiato l'uno per l'altra, questo e nulla più. Perciò ti saluto, lì c'è la porta dell'uscita, l'uscita dalla tua vita, addio ex amica.» 

Già, quella porta, una delle tante, insomma una porta qualsiasi che andava a chiudersi per colpa di un litigio qualsiasi, generato da baggianate partorite da un tizio qualsiasi in un momento ed in un contesto qualsiasi, tanti elementi qualsiasi che causavano l'appassimento di un legame senza eguali. Purtroppo capita, e senza neppure accorgersene ci si lascia sfuggire l'essenziale per il  futile, é assurdo eppure reale; capitava che inconsapevolmente lui, afferrando il manico della porta, confermava la teoria che riteneva star smentendo, rompeva ogni tipo di dialogo con colei che lo aveva rinnegato per dare peso alle fanfaronate uscite dalla bocca del primo cialtrone sbucatole dinanzi, e che aveva colto al volo la prima buona opportunità per voltargli le spalle, un effettivo paradosso. Una realtà fittizia la si poteva definire dato che nessuno dei due avrebbe mai disertato l'altro in fase di lucidità cerebrale, l'aria che si respirava non era però delle migliori e di conseguenza l'irrazionalità la faceva da padrona. 

«Fermo, non andare... può darsi tu mi abbia fraintesa, io necessitavo solamente di un po' di...» 

«Nessun fraintendimento, ed ora per favore... va via! Ah... e se ti darà sollievo cambierò scuola, città, nazione, pianeta, universo... sarai lieta di non incrociare più il mio sguardo, dato che dopo un anno insieme non siamo ancora "compatibili", tanti saluti.» 

Desiderava ardentemente bloccarla... quella porta qualsiasi, ma a quale fine? Fiato sprecato sarebbe stato, non le servivano altri "no", due le erano già bastati; già, le erano bastati per desumere qual era la gravità dell'accaduto, per riorganizzare le idee e per inginocchiarsi e battere, ripetutamente, i pugni contro il muro. 

Nel mentre il suolo vibrava, erano i suoi compagni, che stufi di starsene con le mani in mano erano accorsi lì per documentarsi in maniera diretta di quel che stava verificandosi: 

«Zadi, come mai sei seduta a terra? E Giv dove si è cacciato?» 

Lei, ascoltato l'interrogativo, squadrò il panorama che le si prospettava oltre "quella porta" e disse: 

«È fuori... sotto la pioggia...» 

«Mi stai dicendo che è scappato? Tsk, dopo aver combinato guai fa pure la parte dell'offeso, vorrei dir...» Gli troncò bruscamente il monologo: 

«No!»                                                                       

E si imputò ogni colpa: 

«Neiv... hai da arrabbiarti con me e con nessun'altro, sono l'unica ad aver sbagliato... con tutti voi.» 

«Ultimo avviso per Oster e Boost, si consiglia ai due partecipanti di recarsi subito nell'arena di gioco.» 

La voce dell'altoparlante fece guizzare il biondino: 

«Su, scattate, non c'è più un minuto da perdere.» 

Oster annuì e comunicò la notizia anche a Zadi: 

«Noi ci dirigiamo sul campo, a dopo.» 

Non fece neanche per salutarli, che già era assorta nei suoi depressi pensieri: 

di nuovo colpa mia, colpa mia... non sono degna di avere gente così affidabile ed onesta con me, sono un'irriconoscente, Giv aveva fatto qualunque cosa per proteggermi, ed io come l'ho ripagato per gli sforzi operati? L'ho scaricato come fosse l'ultimo dei rifiuti di questo mondo e l'ho allontanato dai suoi veri amici senza che né lui, né loro lo meritassero... è una cosa ingiusta, devo farmi perdonare riportandolo indietro. 

Non avrà alcun rilievo il numero di opposizioni che incasserò, io lo guiderò qui... dai suoi compagni, se vorrà o non vorrà assolvere me, beh... quello sarà un caso minore... se non vorrà più starmi accanto lo compatirò, ma, dovesse venire l'apocalisse, lo porterò qui, lo farò... ad ogni prezzo." 

E mentre lei si avventurava in analisi così complesse... c'era chi traeva, con cadenza poetica, conclusioni abbondantemente più brevi e concise: 

«Come da me presunto... non rincaseranno mai più alla nostra corte...» 

«Basta fratellone, basta! E soprattutto non impegnarti oltremisura per rendere i tuoi periodi più articolati, è palese che fatichi ed incespichi in continuazione.» 

«Ma... lo stai facendo anche tu adesso!» 

«Perlomeno lo faccio bene, non come te.» 

Gord, spiazzato, sbuffava e gli altri ridicolizzandolo gli ridevano in faccia, dimenticando, anche se per poco, le tante difficoltà del momento.

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Capitolo 8
*** Pronta a correre ***


Paradossale è pensare che tutto possa sfuggirti in pochi istanti, che un'atmosfera quasi idilliaca possa divenire catastrofica senza neanche un preciso motivo. Un episodio sgradevole tira l'altro e succede che da un piccolo screzio viene a formarsi un disastro di dimensioni colossali che in un batter di ciglia ti allontana da quel che è realmente importante per te, dalle persone più care che possiedi. Sono le conseguenze del non saper gestire gli eventi, quegli eventi che improvvisamente ti travolgono e che vanno affrontati con calma, perché altrimenti ti sfuggono di mano e riescono ad avere le meglio su di te. Era ciò che era accaduto a loro, Grodig aveva posseduto il potere di mettere Giv contro chiunque gli fosse attorno, prima contro il sottoscritto, poi, avvalorando la sua tesi, contro due dei suoi stessi amici, tutto grazie ad un semplice gesto di rifiuto nei confronti di Zadi.

 

Assurda è anche la rapidità con la quale gli eventi cambiano completamente volto, si passa dal difendere ad attaccare lo stesso individuo in un lasso di tempo piccolissimo, dall'appoggiarlo al contrariarlo; perché questo accada deve essere presente un fattore intermedio causa del capovolgimento di idea, quell'episodio o dichiarazione sconcertante che aziona un meccanismo nel cervello, un meccanismo automatico, quasi impossibile da bloccare; può capitare addirittura che i fattori intermedi siano molteplici ed in quella situazione si abbisogna di una personalità estremamente razionale e raramente intaccabile affinché il meccanismo venga stoppato. Si verificava esattamente questo in quella loro breve eppure intensa storia, v'era una gran differenza tra inizio e fine, una differenza provocata da alcuni fattori intermedi strettamente legati tra loro, la reazione di Neiv al pianto di Giv, il conseguente litigio tra i due ed il contraccolpo subito da Zadi nell'assistere all'oscena scena; avvenimenti concatenati che portavano al ribaltamento di opinione del giovane, che passava così dal proteggere strenuamente la fedele compagna, dal concordare con lei, all'attaccarla, al contrariarla e lasciarla sola coi suoi dubbi; quei dubbi provenienti a loro volta dal primo fattore intermedio, vale a dire il dibattito che aveva visto protagonisti i suoi amici. Un ragionamento riguardante i fatti che, poiché dipendente dalla "ragione" totalmente assente nel periodo esposto, mai avrebbero potuto ponderare i ragazzi coinvolti negli stessi. Ovvio era che avessero potuto effettuarlo si sarebbero resi conto di quanto banale era stata la causa della loro separazione, molto banale dato che frutto di pura casualità; già... perché si parla di casualità, di coincidenze, quando i fatti sono dettati dalla mancanza di calma e dall'irrazionalità... che l'aveva fatta, purtroppo, fino a quel momento da padrona. Capita che senza neppure accorgersene ci si lascia sfuggire l'essenziale per il futile.

 

«Siamo pronti ad assistere al match che determinerà la conclusione della prima appassionante giornata del Cuballs International Tournament. Vi ricordiamo inoltre che la seconda parte degli ottavi di finale si svolgerà ad un mese di distanza oggi, precisamente il 16 ottobre, buon divertimento.»

 

C'era chi entrava e chi usciva, chi in campo e chi dalla porta, c'era chi aveva il morale a terra e nessuna voglia di combattere, c'era chi con uno stato d'animo peggiore aveva ancora la forza ed il desiderio di correre, correre per inseguire ciò che aveva ingenuamente perso.

 

Fuori il buio era calato in ampio anticipo, la pioggia scrosciante non cessava di cadere ed alcune saette si abbattevano violentemente al suolo, le serrande erano tutte abbassate ed ognuno se ne stava nella propria abitazione, pochi corpi umani si aggiravano con quelle condizioni per strada, era una scelta logica eppure... tra quei pochi vi era quello di Giv, quello che andava riportato indietro anche a costo di andare incontro a grossi rischi.

 

"Non ho intenzione di demordere nemmeno con questo tempo, niente può allontanarmi dal mio obiettivo, adesso è l'ora di partire... senza alcuna paura."

 

Zadi, in seguito a tante sofferenze, spronava se stessa a ricucire quel filo che a furia di essere teso era rimasto spezzato; Oster invece, per la prima volta, dava l'impressione di voler definitivamente gettare la spugna, non sapendo però che qualcosa di insolito avrebbe causato uno stravolgimento di idee in lei, e quel qualcosa era nient'altro che l'ennesimo di quei sorprendenti fattori intermedi.

 

"Non mi ero mai sentita così, non mi ero mai abbattuta, ero stata sempre più forte di qualunque cosa stesse avvenendo, ero sempre rimasta allegra nonostante l'aria di astio alcune volte presente, avevo sempre avuto una voglia matta di lottare contro i miei avversari fino all'ultimo secondo, fino a quando non avrei avuto più voce per gridare ordini alla mia Cuball, avevo avuto in ogni occasione quello stimolo che mi spingeva ad impegnarmi al massimo, a mostrare a tutti le mie abilità. Oggi invece... sento che tra quei tutti manca qualcuno, qualcuno di importante per me, perciò... che senso avrebbe esporre le mie qualità se uno dei miei amici non può assistere alla manifestazione?"

 

Boost non era certo capace di leggere il pensiero, ma per comprendere i sentimenti dell'adolescente bastava osservare i suoi occhi che in quel momento parlavano per lei. Così, si veniva a scoprire che il fattore intermedio che avrebbe fatto mutare entro pochi secondi le sensazioni della ragazza veniva azionato da essa stessa.

 

"Oster non è concentrata sul match, la sua testa è da tutt'altra parte, è evidente che è molto presa dalla vicenda di Giv e che non riesce a pensare ad altro, sarebbe triste e scorretto cominciare a combattere mentre lei è in queste condizioni, non proverei nessuna soddisfazione nel vincere questa sfida ed inoltre pugnalerei una compagna alle spalle. Esiste una sola cosa giusta da fare in questo momento e sono deciso a farla."

 

Sollevò il braccio e dichiarò a gran voce:

 

«Io do forfait.»

 

All'udire quelle parole si azionò quell'ultimo meccanismo nella mente della direttrice del tifo che le suggeriva di agire allo scopo di fermare il gesto che la controparte andava compiendo. In sintesi ben tre azioni, l'una dipendente dall'altra, si erano susseguite e avevano portato al capovolgimento di idea stavolta ben più gradevole. "Nonostante tutto... non posso e non devo rovinare questo magnifico torneo, abbiamo atteso ore per l'inizio di questo incontro, siamo passati lungo rinvii e rischi di squalifiche a causa dei nostri ritardi, insomma... si può dire che ne abbiamo vissute di ogni genere precedentemente al nostro ingresso sul palcoscenico e... non sarebbe giusto lasciar concludere l'intera storia con un nulla di fatto, siamo giunti fin qui ed abbiamo il diritto e il dovere di giocarci l'accesso ai quarti di finale lottando dal primo all'ultimo secondo. L'onestà di Boost, che vorrebbe evitare di combattere un avversario non in forma, non ha fatto altro che donarmi ulteriore energia per affrontare questo appuntamento, ho fiducia nei miei amici, ho fiducia nei confronti di Giv, di Zadi, di Boost e degli altri, ho fiducia in tutti loro ed è questo il motivo per il quale li tifo, mi sento parte integrante di questo gruppo e dell'intera classe, non sento più ciò che sentivo un minuto fa... al contrario sono estremamente positiva ed avverto che i problemi adesso presenti si risolveranno al meglio, al meglio ed in fretta. Sono fatta così, non resisto a brutte sensazioni per più di qualche attimo, non è da me star male e non è da me far star male chi mi sta a cuore, non è da me non essere ciò che sono sempre stata."

 

Mentre lei nelle sue immaginazioni prospettava un roseo futuro... il pubblico, stanco dei troppi tentennamenti da parte dei due rivali, cominciava a rumoreggiare, facendo sì che la concorrente si desse finalmente una mossa:

 

«Io sono pronta... tu?»

 

Boost non lo sembrava, infatti chinò il capo e malinconico pronunciò:

 

«Ma loro...»

 

Aveva bisogno di un' iniezione di vitalità, Oster seppe dargliela:

 

«Non preoccuparti collega, non assillarti troppo... basta avere fiducia ed ogni cosa sarà risolta, loro torneranno, ne sono sicura!»

 

Lui allora annuì:

 

«Mi hai convinto, facciamo divertire questa gente, dobbiamo dare spettacolo!»

 

I fattori intermedi avevano manovrato la loro sorte in due occasioni differenti, agendo quindi su di essi sia in maniera negativa che positiva; la differenza tra le due circostanze era però stata dettata dagli interpreti, in un primo caso l'estrema fragilità di questi ultimi aveva lasciato piena libertà di manipolazione del contesto ad elementi interni ed esterni, nel secondo invece uno dei due interpreti col suo ottimismo e la sua fermezza di pensiero era riuscito nell'impresa di far invertire direzione ai fattori, facendo divenire fortuna una possibile sventura e comandando il proprio destino, evitando la realizzazione del contrario; perché si è veramente forti nello spirito quando si è capaci non di farsi condizionare da quel che c'è attorno, ma di fare l'esatto opposto.

 

Sull'altra sponda c'era invece una ragazza sprezzante di ogni pericolo e volenterosa di andare fino in fondo, una ragazza che non avrebbe permesso a nessun ostacolo di contrapporsi a lei e alla sua corsa, neppure al più forte temporale al quale aveva mai assistito; i tuoni parevano volerla impaurire, metterla alla prova, parevano voler vedere fin dove si sarebbe spinta per portare a compimento la sua impresa. Qualunque sfida era accettata, qualunque angoscia superata, qualunque barriera annientata, nulla era più forte della sua volontà e dei sensi di colpa che l'avevano pervasa, neppure una pianta appena rovinosamente caduta.

 

"Sono pronta a varcare questa porta e sono pronta a cadere e rialzarmi ripetutamente senza mai arrendermi, io... sono pronta a tutto. Ed anche se dovessi vagare nell'oscurità di questi vicoli per ore ed ore... io giuro che non tornerò qui senza aver trovato e convinto lui, lui che adesso è via e che va riportato obbligatoriamente indietro dai suoi amici, tra i quali... chissà... potrei essere presente anch'io. Sono pronta a partire, è finalmente giunta l'ora di farlo."

 

Così proprio nell'istante nel quale lo stadio veniva adeguatamente protetto dalla copertura, lei ne oltrepassava l'uscita rifiutando ogni tipo di riparo ed addentrandosi nelle intemperie; dimostrava, come già fatto nell'occasione del crollo della grotta, grande coraggio e smentiva, se mai ce ne fosse stato il bisogno, chi aveva osato definirla una vigliacca.

 

"Non si vede a un palmo dal naso..."

 

Cominciava a calare anche la nebbia e la missione si faceva sempre più ardua, Giv con quel tempo aveva quasi sicuramente già optato per rinchiudersi tra le mura di casa e l'idea di arrendersi all'evidenza per la prima volta sfiorava Zadi: "sarebbe da folli insistere nel camminare senza una meta precisa, forse farei meglio a mollare..."

 

La sua coscienza però gli suggeriva tutt'altro e fortunatamente la faceva tornare subito sui suoi passi: " sì... certo, potrei mollare ed avvalorare quindi la teoria di Grodig, sarei una traditrice... un'egoista che ha a cuore soltanto la propria di incolumità, sarei tutto ciò di cui sono stata accusata. In alternativa potrei scegliere di correre e di mettere a repentaglio la mia salute al fine di salvaguardare quella altrui, potrei scegliere di essere ciò che meritano coloro che mi stanno accanto... vale a dire una vera amica."

 

Superati quei pochi attimi di smarrimento poteva nuovamente focalizzare l'attenzione sulla ricerca del giovane: "non devo farmi prendere dal panico, devo soltanto riflettere, riflettere... riflettere su dove possa essersi cacciato un individuo voglioso di rincasare ma che non è ancora probabilmente riuscito a farlo, dove? In un luogo il quale offra la possibilità di compiere un breve tragitto fino alla propria abitazione... un autobus, perciò Giv potrebbe star attendendo l'arrivo di un autobus alla fermata! Ed io devo assolutamente rintracciare questa fermata prima che sia troppo tardi!"

 

Le condizioni metereologiche sembravano andare di pari passo col suo umore, la visibilità infatti andava lentamente migliorando, pur essendo la foschia ancora molto fitta, e le forme di una sagoma andavano delineandosi sempre più.

 

"Vista l'altezza mi pare scontato non sia Giv, ma si dovrebbe trattare... di una persona adulta e quantomeno potrò chiedere informazioni sulla via da dover imboccare."

 

Non le restava altro da fare che andare incontro a quella misteriosa figura e poi... sperare in bene; simultaneamente tra il pubblico che stava osservando lo svolgimento della gara nascevano vari interrogativi e timori, tali da far schizzare il tasso d'agitazione di alcuni alle stelle:

 

«Sto perdendo la pazienza, non posso più aspettare senza muovere un dito... Zadi e Giv sono esposti al freddo e al nubifragio mentre noi siamo qui a girarci i pollici, dobbiamo tassativamente aiutarli, hanno un imminente bisogno di noi!»

 

Grey, pronto a mobilitarsi per arrivare al raggiungimento di un buon proposito, sollevò il proprio corpo dal sediolino, ma venne immediatamente fermato da una mano che andava ad arpionare il suo braccio e a renderlo immobile, anche se stavolta non alla finalità di arrecare dolore.

 

«Perché mi stai impedendo di soccorrerli? Loro necessitano di noi!»

 

La risposta fu spiazzante:

 

«Mi domandi perché? Perché sono stufo di questa stessa trama che continua a ripetersi ogni qualvolta Giv si caccia nei pasticci, non possono andarci sempre di mezzo gli altri per assecondare i suoi capricci, deve imparare a cavarsela da solo!»

 

Il giovane rimase stupito e irritato da quel comportamento recidivo di Neiv:

 

«Dunque non ti sei mai pentito di quella tua orrenda esibizione, ma hai soltanto finto di farlo?»

 

«No, non l'ho mai fatto e mai lo farò, infatti non mi sembra di aver mai chiesto scusa né a lui, né a te e né ad altri per l'atteggiamento mostrato!»

 

Per un carattere solitamente pacifico ed amante della giustizia non doveva essere facile trattenere le emozioni di rabbia che erano andate a crearsi dopo l'aver udito certe scioccanti dichiarazioni, il sangue ribolliva nelle sue vene, l'ira si stava impossessando di lui, doveva oramai solamente lasciarsi andare ed esplodere in tutta la sua collera:

 

«Dato che hai deciso di alzare i toni... ti accontento subito! Vorrei rammentarti che sei stato tu stesso ad appiccare questo incendio cogliendo alla sprovvista un compagno che stava soffrendo!»

 

Era chiaro serbasse rancore nei confronti del biondino sin dal giorno in cui quello aveva infamato il nome di Giv basandosi su indizi inconsistenti, questa nuova avventura pertanto non faceva altro che peggiorare ulteriormente l'idea che di lui si era fatto; Oster, percepite le urla si voltava e guardava attonita lo scontro: "Neiv... povero Neiv, non comprendi ancora che questo tuo non saper tenere a bada una indole troppo irascibile potrebbe portarti all'auto danneggiamento. Vorrei discutere faccia a faccia con te per spiegarti che non è con certi sfoghi nei confronti dei tuoi coetanei, i quali posseggono d'altronde la tua stessa fragilità, che si risolvono i loro ed i tuoi problemi, e sintetizzando... é con la violenza e l'odio che non si è mai risolto e mai si risolverà nulla. "

 

«Ah, adesso sarei anche colpevole di aver tentato di far ragionare un cerebroleso?»

 

«Ed il cerebroleso sarebbe lui? L'unico cerebroleso qui sei tu ed io ne sono sempre più convinto.»

 

Neiv era oramai letteralmente fuori controllo ed incapace di controllare i propri impulsi, l'odio verso Grey era improvvisamente balzato a livelli stratosferici, lo identificava adesso come una minaccia, come qualcuno che lo stava ingiustamente aggredendo, dimenticando di essere stato lui stesso soltanto pochi minuti prima l'artefice del dibattito; l'immagine che era disgraziatamente andata a formarsi nel suo cervello era ora quella di una coalizione organizzata contro lui che ad ogni buona occasione lo assaliva verbalmente e lo metteva dalla parte del torto, allo scopo di denigrarlo e di posizionarlo ai margini del gruppo, facendogli vivere la sensazione di essere niente più di un inutile scarto. Tali supposizioni erano assolutamente false e prive di fondamento ed anzi c'era da chiedersi anche il motivo per il quale esse s'erano generate, però è purtroppo risaputo che il male, una volta preso il sopravvento, fa dimenticare noi ciò che eravamo al fine di imporci la sua distorta visione della realtà; era quindi propenso a sferrare un violento pugno verso il volto di Grey, la spalla era alta, il polso fermo e la mano chiusa, sarebbe bastato a quel punto soltanto un rapido movimento del busto per decretare la fine di un rapporto che, anche nell'eventualità della mancanza di un atto così estremo, sarebbe stato comunque destinato a cessare in tempi più o meno brevi. Ogni briciolo di bontà rimasta nel cuore dei due nei confronti dell'altro era costretto a svanire, i ricordi di un anno "sprecato" insieme inclini all'essere gettati nel dimenticatoio nel quale trasformarsi in spazzatura ed il futuro divertimento dovuto ai futuri duelli di Cuballs destinato a rimanere una stupida illusione.

 

Chissà... forse si erano arresi all'evidenza i due litiganti, loro erano approdati in quella fase di non ritorno nella quale entrambi capiscono che la soluzione di maggior convenienza é sciogliere un legame ormai diventato fasullo e che viene ancora retto in piedi con l'unico intento di non produrre tormento pure in chi non lo merita, probabilmente era proprio così... ma esclusivamente per quel che riguardava Grey, perché dalla parte opposta invece Neiv non aveva più a cuore nessuno, nessuno era in grado di guadagnarsi la sua compassione perché nessuno era al suo fianco, erano tutti nemici per un semplice motivo:

 

"Liberati di questi buoni a nulla. Tu sei un tipo ambizioso e desideri ad ogni costo vincere, questi idioti te lo impediranno, liberatene!"

 

Una voce simile a quella che si era infiltrata in lui durante il primo di giugno lo spingeva a stendere al tappeto il rivale con un gancio, ma qualcuno disposto ad impedirglielo c'era:

 

«Basta ragazzi, calmatevi! Datevi la mano e tutto sarà aggiustato.»

 

La prospettiva che una bambina ha di una specifica situazione può essere ben diversa rispetto a quella di soggetti più cresciuti, e Mino lo dimostrava perfettamente facendo palesemente notare che riponeva ancora speranza in un possibile esito pacifico della faccenda; quello spirito puro trasmetteva speranza anche ad Oster, che poteva spostare la sua attenzione di nuovo sul match:

 

«Possiamo procedere, collega!»

 

Qualcosa proseguiva e qualcosa terminava:

 

«Pff... ringrazia Mino, oggi non mi sporgo oltre per il solo motivo che ci sta guardando una bimba.»

 

Grey tirava un sospiro di sollievo, Neiv, almeno per il momento, non rappresentava più un impiccio e lui poteva indisturbatamente avviarsi verso i suoi veri amici:

 

«Su, muoviamoci!»

 

Con quel muoviamoci mirava, in maniera neppure troppo implicita, ad invitare a partecipare alla spedizione colei che lo aveva salvato dall'impetuoso colpo di Neiv ed il suo fratellone, che aveva così anche la possibilità di svegliarsi dopo ore dal lungo letargo:

«Sì, seguiamolo sorellina!»

 

Erano quindi in tre ad imboccare le scale, visto che il biondino preferiva rimanere fermo sulla sua posizione rifiutando anche l'ultima opportunità per poter cambiar rotta; il biondino... che con codesta condotta dava quasi definitivamente il suo addio ad un gruppo che non sentiva più parte di sé e che considerava cosa estranea e malvagia o perfino stupida. Grazie a lui quel racconto che narrava di un legame scalfito troppo spesso da malumori e contrasti interni acquisiva rilevanza e si avverava, mentre l'autrice, alla quale la notizia di aver azzeccato una vecchia previsione non sarebbe affatto interessata, si impegnava su ben altri fronti:

 

"Sono più vicina e la sagoma è sempre meglio delineata, spero in bene anche se temo di star per incappare in una fregatura."

 

Ed infatti così fu... una fregatura, un gigantesco smacco, uno smacco ad altezza uomo, uno smacco delle dimensioni di un comunissimo manichino appartenente ad un negozio d'abbigliamento... chiuso. L'unico sogno, perché tale era stato, al quale l'adolescente s'era aggrappata dimostrava di essere stato effettivamente solamente un sogno, una chimera, l'amara realtà invece era che di assistenza per la piccola non ve ne era affatto, continuare a cibarsi di illusioni era nient'altro che uno spreco di preziosi secondi e la sola via percorribile era quella di contare sulle proprie forze e su quelle di nessun'altra cosa vivente o non, neppure la sua Cuball era lì con lei per facilitarle il compito: "dannazione, non c'è anima viva qui e per di più ho anche riposto il mio cubo nel deposito dello stadio, si direbbe proprio che sono spacciata, ma di darmi per vinta non ho alcuna voglia, Giv potrebbe anche essere situato nelle vicinanze, ma senza indizi, se non grazie alla buona sorte, non potrò rintracciarlo, sono finita in un frangente piuttosto complesso e non ho..."

 

Un fragoroso botto investì il suo udito, un'immensa massa di carica elettrica si schiantava su una pianta che era sciaguratamente accanto a lei, stava per avvenire una terribile tragedia?

 

L'essere vegetale si scontrò con la povera ragazza prima che quella potesse scansarsi, non la centrò in pieno ma il vigore dello scontro fu comunque tale da scaraventarla via per un paio di metri, la sua gamba venne trascinata sul suolo bagnato e consumato riportando una grossa ferita, il dolore fu atroce e scatenò una ovvia reazione nervosa:

 

«Aaaaah! Ch... che dol... aah, è davvero straziante, insopportabile. Sto perdendo del sangue... ma devo ugualmente andare avanti, non posso cedere dopo tanti sforzi fatti, e poi chi si ferma è perduto... ed io oggi non perdo, mi tiro su e convivo con questo tormento, così avevo promesso e così sarà, dovesse crollarmi addosso l'intero paesaggio circostante non mi arrenderò.»

 

Il primo urlo fu così potente da essere udito anche da chi era nei paraggi, ed una sola persona era nei paraggi:

 

"Quella era la voce di Zadi, lei... è qui per me, per riavere me."

 

I fattori intermedi non smettevano di essere determinati in quel loro, oggettivamente stupendo, frammento d'esistenza, anche se stavolta accadeva l'inverso, una situazione catastrofica rischiava di divenire idilliaca, e per fare in modo che ciò s'avverasse serviva nuovamente la collaborazione degli interpreti che dovevano dimostrare che il loro profondo legame non si era in realtà mai spento.

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Capitolo 9
*** Debolezze utili, inutili e letali ***


“Quella era la voce di Zadi, lei... é qui per me, per riavere me.”

 

Due entità che desiderano ardentemente incontrarsi si attraggono a vicenda e grazie alla forza sprigionata disintegrano ogni ostacolo, pure di dimensione mastodontiche, che a loro si frappone; se l’uno cerca l’altra o viceversa può capitare l’esito sperato non veda mai la luce, ma se entrambi si cercano allora la probabilità di successo è pressoché del 100 per cento. Zadi era a terra, segnata da una profonda ferita lunga tutta la gamba che però mai e poi mai l’avrebbe fatta demordere, che pure se di dimensioni mastodontiche non l’avrebbe potuta nemmeno lontanamente allontanare dal suo obiettivo; Giv era alla fermata del bus, distante eppure vicino all’amica, distante materialmente e vicino con la mente alla ragazza della quale, per poco ma per fin troppo tempo, aveva avuto un’idea sbagliata, pronto a correre... anche lui. Aveva in mano un ombrello prestatogli poco prima da un passante che aveva avuto compassione di lui, ma comprendendo che quest’ultimo l’avrebbe soltanto intralciato durante la ricerca lo gettò sul suolo lasciandolo in balia del vento e della pioggia; in balia delle intemperie era pure Zadi che, nel preciso istante nel quale il compagno partiva, si rialzava e si sforzava d'ignorare un dolore che invece si faceva sentire e non poco:

 

“Devo tirarmi.. chh... su, a questo stupido taglio ci penserò in seguito, adesso ho qualcosa di ben più importante da fare.”

 

E non erano soltanto loro ad inseguirsi, anche qualche altro impaziente si era mobilitato inconsapevole che sarebbe però rimasto a bocca asciutta:

 

«Signore si faccia da parte, abbiamo una situazione urgente da risolvere!»

 

Ma il lavoro purtroppo non transige eccezioni e se l’ordine é di non far allontanare nessuno allora nessuno s’allontanerà:

 

«Mi dispiace giovanotti, il mio incarico é di non lasciar passare alcuna persona e perciò, dovesse voi anche avere il compito di salvare l’intera umanità dallo sterminio totale, non potrò permettervi di trasgredire le regole. L’unico mio obiettivo é quello di evitare che i presenti mettano a repentaglio la propria salute facendo qualche imprudenza, ed inoltre dovreste anche afferrare che qualora vi succedesse qualcosa la responsabilità sarebbe esclusivamente mia, che subirei gli effetti negativi delle vostre scelte. »

 

Grey, facendo affidamento sulle sue abbondanti capacità nel dialogare, provava allora a persuadere quella guardia così lige al dovere:

 

«I nostri amici sono all’esterno dell’edificio e non sono dotati di alcuna protezione, quindi se intende davvero salvaguardare l’incolumità degli iscritti al torneo deve seguirci ed aiutarci nella nostra missione.»

 

Tentativi vani, l’uomo, che fingeva di essere un duro al proposito di tenerlo a bada, era irremovibile:

 

«Ragazzo, lo vuoi capire o no che non posso allontanarmi dalla mia postazione? Se non ci sarò io qui, chi svolgerà poi la mia mansione? Qui dentro ci sono tantissimi minori, compresi voi, ed é proprio per loro che sono state adottate certe misure di sicurezza.»

 

Udite quelle parole l’adolescente sembrava voler ancora insistere:

 

«Anch’io sto parlando di minori, i miei compagni sono soli per strada ed io non so...»

 

Ma dopo pochi secondi, comunque consapevole di aver agito per un buon proposito, riuscì a mettersi per un istante nei panni della persona che aveva di fronte e ad accettare la realtà dei fatti:

 

«No... ha ragione lei, li aspetterò pazientemente davanti a questa porta, spero almeno questo mi sia concesso.»

 

L’uomo lo guardò negli occhi e percepì subito qual era il suo stato d’animo, dai suoi 190 centimetri si calò alla sua altezza e allo scopo di incoraggiarlo gli poggiò una mano sul capo:

 

«Ti compatisco ragazzo, non é affatto bello stare in pena per chi ti sta a cuore, però devi farti forza ed avere fiducia in loro, sono sicuro che presto torneranno perché non vorrebbero mai provocarvi sofferenza. Lo avessi saputo prima sarei subito corso in loro aiuto, ma ora come ora non posso rendermi utile in alcun modo, e se devo dirti la verità... mi piange il cuore quando mi trovo con le spalle al muro come adesso e non posso soccorrere chi è in pericolo, perché è stato proprio per questo ideale che ho scelto di intraprendere questa carriera. »

 

Grey, con gli occhi colmi di lacrime, annuì e si voltò poi all’indirizzo di Gord e Mino comunicandogli:

 

«Voi potete tornare sugli spalti a seguire il duello di Oster e Boost, io rimarrò qui per un po’.»

 

E così mentre il giovane dalla capigliatura color cenere illustrava l’intera vicenda al suo nuovo conoscente, gli altri due che erano con lui andavano a farsi spazio tra i supporter dell’Oster Fan Club per continuare ad assistere al match in corso che era intanto entrato nel vivo:

 

«Scatena un tornado sotto di te così da cominciare a fluttuare nell'aria!»

 

La giovane non possedeva una Cuball dotata di simboli speciali o di mosse particolarmente potenti, eppure riusciva a colmare il divario con i cubi rivali grazie ad un ingegno molto sviluppato che le permetteva di sfruttare abilità di un certo genere in maniera completamente differente, un esempio lampante era quello del ciclone, tipicamente offensivo, adoperato per far divenire la propria Cuball mobile e dunque ardua da colpire: "caro Boost, potrai anche essere il più forte della classe sulla carta, ma sul campo é il mio spirito da guerriera a vincere!"

 

La sua controparte tentava in vano di centrare il bersaglio i quali movimenti si facevano ogni volta più imprevedibili:

 

«Usa un missile esplosivo... ancora un altro ed un altro!»

 

Nessun attacco si concretizzava, ogni iniziativa risultava velleitaria ed Oster aumentava progressivamente il ritmo della sfida:

 

«Collega, beccati questa serie di razzi!»

 

Ognuno partiva da una posizione diversa e prendeva una direzione diversa, Boost non aveva neppure il tempo di riflettere che il suo cubo veniva colpito da una scarica di colpi, aveva in mente di usare i suoi scudi ma non sapeva né quando né in quale momento farlo, stava finendo completamente nel pallone... mentre la sua avversaria ammirava invece lo svolgimento dello scontro con espressione compiaciuta; nessuno lo aveva mai messo alle corde in quel modo, nemmeno il tremendo ed invincibile Dortmund, nessuno... esclusa una sua inesperta coetanea che era al suo primo torneo ufficiale e che aveva da poco avviato la sua avventura di "cuballer". Poteva essere la fine, poteva concludersi dinanzi ad una scarica di razzi il viaggio del possente adolescente nel Cuballs International Tournament, e quando in un duello di Cuballs sta per giungere l'epilogo rimane sempre e soltanto una soluzione... rischiare il tutto per tutto effettuando la trasformazione:

 

«In sfera!»

 

Ironia della sorte... l'unica scelta possibile si rivelava essere pure la più geniale, la palla che rimbalzava in maniera casuale da un lato all'altro del terreno di gioco bloccava alcuni dei missili sparati dall'oppositore schiacciandoli sulla parete e facendoli ripartire a velocità raddoppiata, così da arrecare danni ed inoltre bloccare la sortita dell'altro cubo. Grazie ad un fattore intermedio, inaspettato dallo stesso Boost che aveva gridato l'ordine esclusivamente perché obbligato, il contesto era adesso stato stravolto e chi era prima avvantaggiato si ritrovava a questo punto a doversi tirare fuori da un bel guaio, ma Oster non era affatto una sprovveduta ed infatti precedentemente non s'era esclusivamente goduta un gradevole spettacolo dove era stata temporaneamente padrona della partita, ma aveva anche elaborato un'efficace contromossa utile per difendersi ed aggredire in rapida successione, e questa contromossa nient'altro era che il solito ciclone, stavolta quindi adoprato come mezzo per respingere l'assalto altrui:

 

«Scatena di nuovo la tromba d'aria e rispedisci quei siluri al mittente!»

 

Si fermò per un istante e poi aggiunse:

 

«Che in verità non è proprio il mittente perché... in origine li avevo lanciati io e perciò... e perciò... e perciò lasciamo perdere questa riflessione.»

 

Oltre la simpatica scena c'era assolutamente da sottolineare il triplo utilizzo, ogni volta per uno scopo differente, del tornado, prima impiegato come supporto per il proprio cubo e poi in contemporanea come scudo e spada; e mentre Boost incassava una vera e propria "raffica" di cannonate, lei coglieva anche l'occasione per scherzare sul corrente andamento della gara:

 

«Collega, farai meglio ad usare meglio il tuo cervello, mi sembra leggermente assonato.»

 

Il cervello di cui qualcun altro si serviva molto bene e, contrariamente a ciò che spesso si insinua, in perfetta collaborazione col cuore, che le permetteva di proseguire nonostante i tagli presenti sul corpo e nell'animo, perché una volta caduti non si può restare a terra a fissare le proprie ferite, queste non guariranno con lo sguardo, anzi faranno solo più male, conviene rialzarsi e puntare all'orizzonte... dove c'è qualcosa di più bello che le farà dimenticare; due amici che miravano allo stesso obiettivo, allo stesso fine, ad incontrare l'altro che credevano d'aver perduto, non concependo che era invece impegnato nella stessa ricerca e che era anch'egli pentito per gli errori commessi, e in un litigio ognuno commette errori... ma é nella fase nella quale occorre riappacificarsi che li si è compresi e rifiutati, che si è volenterosi di abbatterli per finalmente oltrepassare quel muro che divide da chi ne ha malauguratamente pagato le conseguenze.

 

«Zadi... io vorrei dirti che... »

 

Venne immediatamente interrotto:

 

«Giv... sono qui non a nome mio, ma a nome di tutti coloro che avvertono la tua mancanza, a nome dei tuoi compagni preoccupati per ciò che ti potrebbe accadere e che vedono in te una parte di loro che non vogliono sparisca nell'oblio, perciò... se anche tu non volessi perdonare me e non volessi rivolgermi più la parola io lo accetterei, però fai marcia indietro... sono sincera... fallo per loro, ti supplico.»

 

Qualche lacrima, mista a pioggia, scorse sul suo viso e commosse colui che l'aveva perdonata già da tempo e che ora più che mai desiderava riabbracciarla, colui che per rendere quell' attimo ancor più speciale un'ultima volta voleva sottoporla ad una prova:

 

«No, attualmente non m'interessa nulla delle loro motivazioni, io pretendo ricevere le tue scuse e rilevare il dato che farebbe meritarti la mia assoluzione.»

 

Colse la vena comica di certe dichiarazioni, dove Giv pretendeva addirittura scoprire se lei meritasse realmente "l'assoluzione", ed accettò la sfida facendosi trovare con la risposta pronta:

 

«Questa basta per farti realizzare che tengo molto a te?»

 

Affermò con tono provocatorio indicando la recente lesione, ed oramai sì... entrambi lo avevano realizzato, avevano realizzato di esser voluti bene:

 

«Adesso ti riconosco, sei tornata ad essere quella di sempre... la vera Zadi che io conoscevo. Mentre ero solo ho meditato molto ed ho capito... che siamo stati due stupidi.»

 

Si unirono in un abbraccio, erano finalmente tornati ad essere quelli di sempre, erano tornati a scherzare, a sorridere ed... a volersi bene, che era il principio dal quale il resto delle belle sensazioni nascevano e che non sarebbe dovuto mai più venire a mancare, e adesso sì, si poteva fare marcia indietro, si era tornati alla normalità.

 

Mentre l'acqua si posava ancora sui loro capi, la nebbia s'era invece pienamente diradata, quasi come fosse stata davvero sconfitta e distrutta dal loro ardente desiderio di rincontrarsi che aveva trionfato su ogni peripezia, su ogni intralcio; si camminava... ma senza fretta, ora il cammino era chiaro, come era il loro legame, ora non c'era nessuno da salvare, ci si poteva godere con calma quei minuti, ci si poteva rilassare in attesa di fondersi nuovamente col resto del gruppo.

 

«Dà l'impressione di bruciare molto quella, eppure non hai né emesso lamenti, né fatto smorfie per il dolore, come mai?»

 

«Il graffietto sulla mia gamba? Fa appena il solletico e poi... di solito piango per problemi ben più gravi, non per le sciocchezze.»

 

Era strano irridesse le sue stesse debolezze che fino a poco prima l'avevano fatta star male, ma era forse proprio quello il primo passo da compiere per debellarle e farle diventare solo un vecchio e brutto, ma forse neppure troppo brutto dato che se ne faceva beffe, ricordo.

 

Tutto può sfuggirti in pochi istanti ed un'atmosfera quasi idilliaca può divenire catastrofica senza neanche un preciso motivo, un episodio sgradevole tira l'altro e succede che da un piccolo screzio viene a formarsi un disastro di dimensioni colossali che in un batter di ciglia ti allontana da quel che è realmente importante per te, dalle persone più care che possiedi, queste sono le conseguenze del non saper gestire gli eventi; ma stavolta no, i due interpreti non avevano lasciato libertà di manipolazione ad elementi interni ed esterni, non erano stati succubi delle loro fragilità, ma avevano al contrario reagito decidendo di modellare il loro destino con le loro stesse mani e non con quelle degli altri, avevano ripudiato quelle loro stupide debolezze servite quasi soltanto a minacciare la loro tranquillità e ad intralciarli nella prosecuzione del loro stupendo legame, quasi... perché in fondo li avevano anche ulteriormente forgiati nello spirito per il futuro. Perché se é vero che le debolezze causano afflizione e creano tanti dubbi in chi le possiede, è forse anche vero che in molti casi, dopo eliminate, aiutano chi ha convissuto con elle a crescere ed a prevenirle nel caso si riproponessero di nuovo facendo ancora una volta la corte; sono come una malattia, che alla prima occasione coglie alla sprovvista, ma che alla seconda e alla terza viene contrastata dal vaccino che abbiamo iniettato per combatterle, il vaccino contro le debolezze è lo studio delle stesse e dei suoi sintomi, da riconoscere subito nel caso in cui venissero a bussare alla porta del nostro cervello così da farle intrattenere sul pianerottolo fino al momento nel quale non avranno appreso che ogni tentativo di conquista è vano; Zadi e Giv erano tornati ad essere felici, e forse l'aver vissuto la sensazione opposta faceva apprezzare ancor di più a loro quella felicità, che sembra così comune quando la si possiede ma così rara quando si allontana da noi, perché ogni attimo, persona o cosa non ha un effettivo valore, ma assume quello che noi vogliamo attribuirgli, ed è per questo motivo che un individuo che ha sempre condotto un'esistenza serena ed agiata non potrà mai spiegarsi il sorriso di un povero che, pur guadagnando meno di lui, si è dichiarato in certe occasioni allegro; a fare la felicità non sono i soldi e forse, anche se sembra un paradosso, neppure la stessa felicità, è avere di più di quello che si aveva prima che fa la vera felicità.

 

Una ragazza bussò alla porta d'uscita dello stadio, l'uomo che era di fronte a quest'ultima le fece spazio e lei, alla visione di Grey, volle esordire con fare burlesco:

 

«Ho raccattato... questo vagabondo!»

 

Il suo compagno di scuola era però troppo entusiasta e non stette neanche ad ascoltarla, saltò dalla gioia e con grande euforia disse:

 

«Devo portare la lieta notizia a tutti, anche loro vorranno accogliervi!»

 

S'accorse solo un secondo più tardi, quando l'amica ormai sfinita dallo strazio si chinò sul pavimento, che era evidente sulla sua gamba una ampia escoriazione:

 

«Ma... la tua gamba sta sanguinando, va medicata immediatamente!»

 

Corse via veloce come una saetta, mentre la guardia Delph poté liberarsi di tutta l'ansia accumulata in quel periodo d'attesa:

 

«Non immaginate quanto sia sollevato adesso che siete qui, sono stato molto in pena per voi nonostante non avessi noto neanche il vostro nome. Grey mi ha raccontato quel che oggi vi ha coinvolti e... devo dire che mi ha colpito non poco, mi è dispiaciuto non poter essere stato a voi di sostegno. Quello che posso assicurarvi invece é che potete contare su una persona dal cuore d'oro, non l'ha mai sfiorato l'idea di abbandonare questo luogo, ha pazientato per minuti e minuti senza mai abbandonare la speranza, ha sempre creduto in voi ed avete avuto modo di ammirare quale reazione ha avuto alla vostra vista, tenetevelo stretto uno come lui, è raro incontrarne di così giusti e premurosi.»

 

No, non erano frasi di circostanza quelle, Delph le aveva enunciate con consapevolezza, aveva voluto inviare loro un messaggio significativo che suggeriva di non eseguire la sua stessa ingenuità, la sua ingenuità costatagli fin troppo cara in passato: "non ho avuto il fegato di narrare a questi piccoli di quel fatidico giorno, quando da imbecille patentato consentì a Huffson di avventurarsi da solo nel bosco in cerca della cena abbandonandolo agli animali che lo popolavano e che poi lo sbranarono, li avrei soltanto traumatizzati e non lo meritano. Quell'estate in campeggio mi segnò indelebilmente e fu da allora che volli intraprendere questo mestiere con l'aspirazione che nessuno più pagasse con la vita delle banalità, la vicenda di oggi rievocava in me quella terribile sera ed ero terrorizzato al solo ipotizzare una stessa tragica risoluzione, nascondevo la terribile angoscia per non caricare d'ulteriore pressione il giovanotto, ma ammetto che più trascorreva il tempo più mi sentivo mancare, fortunatamente il finale è stato lieto ed è l'unica cosa che realmente conta. Sono bambini all'apparenza, ma sono già assai maturi, non come lo ero io, non inciamperanno in tali leggerezze."

 

Già, i "bambini" non meritavano un'altra mazzata, era meglio tenerle segrete certe notizie lasciando loro il diritto di celebrare quel tanto agognato ricongiungimento senza troppi tarli per la testa, anche se prima di qualunque festeggiamento c'era un arto da medicare:

 

«Dov'è la paziente?»

 

L'infermiera si diresse verso di lei, si piegò sulle ginocchia ed iniziò ad analizzare l'abrasione, rimase esterrefatta:

 

«Come ti sei procurata una roba di tali dimensioni?»

 

«Ha strisciato lievemente sull'asfalto bagnato, ma non ne farei una tragedia.»

 

Lei si sforzava d'ignorare totalmente il fastidio impersonando il ruolo della temeraria, mentre l'operatrice sanitaria la invitava invece a non prendere esageratamente "sotto gamba" la faccenda:

 

«Nemmeno io ne farei una tragedia, ma ti consiglio comunque di non sminuire troppo un taglio simile, ha bisogno di essere disinfettato immediatamente. E ti consiglio anche di cambiare quella maglia fradicia, altrimenti domani rischierai seriamente di lottare con le coolballs.»

 

Zadi rimase basita:

 

«Una freddura nel vero senso della parola, una coolballs... che signorina simpatica.»

 

La simpatica signorina poi dopo aver spruzzato lo spray e stretto la fascia si congedò da loro:

 

«Ah, converrebbe anche al tuo... uhm... fidanzatino cambiare la maglia. Leice vi saluta!»

 

Abbondantemente divertita deviava cambiando direzione, e Zadi nel frattempo poneva quesiti esistenziali:

 

«È mai possibile che ogni ragazzo e ragazza debbano sistematicamente essere inquadrati come fidanzati? Forse sono i film che abituano a questo tipo di pensiero, ma attenzione... perché poi senza accorgersene si diventa come Gord.»

 

Delph ridacchiava:

 

«Haha, non dipende da ragazzi e ragazze o da fidanzati e fidanzate, Leice si comporta così in ogni occasione, lei adora punzecchiare chiunque le capiti a tiro. Da quando sono entrato in questo staff, rivoluzionato successivamente al caso Dortmund, ho incontrato persone meravigliose e semplici come me, ognuna con delle particolarità e con una storia diversa alle spalle, una delle più incredibili è stata proprio Leice, ho potuto subito avvedermi del fatto che è la meno seria dell'intera banda ed è proprio per questa sua caratteristica che è amata da tutti.»

 

Successivamente alla breve parentesi sulla sua socia sollecitò i due adolescenti a muoversi:

 

«Adesso credo ci sia qualcuno voglioso di rivedervi, o sbaglio?»

 

Zadi si mise in piedi con un lesto balzo, perseverando nel suo voler sottovalutare la lesione, e incitò Giv ad emularla:

 

«Dovrei essere io quella lenta e non tu, su svegliati!»

 

Il compagno le andò dietro, nel tragitto svelò la ragione per cui si era precedentemente distratto:

 

«Prima stavo riflettendo, mi chiedevo cosa fosse tanto esilarante in culballs? Aver aggiunto una elle era esilarante?»

 

Lei rimase allibita di fronte a tale domanda ed era ora divisa fra due forti tentazioni, poteva immedesimarsi nell'arrogante maestrina d'inglese oppure scegliere la più classica, da lei sempre gradita, via del sarcasmo; inevitabilmente optò per la seconda, come al solito troppo allettante:

 

«Già, chissà dove era situato l'umorismo in culbals... figurati, l'ho giudicata simpatica puramente per non risultare sgarbata e per darle soddisfazione.»

 

«Lo immaginavo.»

 

La sua missione era stata portata a termine, Giv ci era cascato in pieno:

 

«Complimenti sinceri, stai per farmi rimpiangere la vecchia versione di Gord.»

 

"Il sarcasmo consiste nel fingere di prendere in seria considerazione un'affermazione ritenuta errata per sottolinearne l'assurdità, come potrei non adorarlo?"

 

Zadi aveva rinnegato Giv, Delph si era curato troppo poco della protezione del più giovane ed inesperto Huffson, la prima lo aveva perso temporaneamente, il secondo purtroppo permanentemente, entrambi non s'erano accorti di quanto fondamentale fosse l'altro per loro, solamente posteriormente a determinate inadempienze avevano imparato l'essenziale lezione: non sottovalutare ciò che oggi possiedi, perché quando un domani te lo vedrai sottratto non potrai fare altro che piangerlo, conviene che lo valuti giustamente quando sei tu a detenerlo e non soltanto quando lo hai smarrito, a quel punto potrebbe anche essere tardi.

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Capitolo 10
*** Gli occhi del padrone ***


Una battaglia vinta contro la natura, un'altra ancora da vincere contro un fidato compagno, dei ragazzi finalmente sorridenti ed altri speranzosi che avrebbero a breve colmato quel vuoto che dentro di loro s'era creato, uno sguardo proveniente dagli spalti un po' nauseato e molto confuso, e la storia di un torneo, del quale stava per risolverrsi il primo capitolo, ancora tutta da scrivere: 

«Cuball, interrompi la tua offensiva!» 

Boost non comprese il senso della scelta dell'avversaria, perché bloccare l'attacco dei propri missili nell'istante in cui si è più vicini alla vittoria? Non c'era abbastanza tempo per ponderare un'adeguata risposta, i ritmi erano elevatissimi e non ci si poteva rilassare neppure per un attimo: 

«Torna un cubo e lancia un arpione risucchia energia!» 

Oramai il possente giovane sentiva di avere il match completamente in pugno, assaporava il gusto del trionfo e considerava già vinta la sua rivale: "l'arpione, restando infilzato nel suo cubo, l'annienterà pian piano sottraendogli tutta l'energia, l'unica maniera che Oster ha per contrastarlo è vincere in un lasso di tempo davvero breve, ma questa mossa non riuscirà ad attuarla... perché io sono pronto a difendermi con le unghie e con i denti." 

...ma si sbagliava di grosso, perché lei continuava a non rivelarsi una sprovveduta, al contrario si faceva trovare di nuovo preparatissima: 
«Un campione come te... suppone di mettermi in ginocchio con così tanta facilità? Oserei controbattere con la mia bolla di vetro, se permetti.» 

La bolla di vetro nient'altro era che un contenitore che imprigionava dentro di sé l'oggetto appena spedito, il quale, dopo esser rimasto rinchiuso e poggiato al suolo per una decina di secondi, schizzava poi fuori in direzione del primo mittente dell'attacco. 

«Ti aspetta una sorpresa!» 

Boost era capitato dinanzi ad un bivio, non poteva nè trasformare, secondo le regole dettagliate del Cuballs International Tournament, per la seconda volta in una gara il suo cubo in sfera, nè aggredire nuovamente senza riflettere sui fatti conseguenti; il frangente era alquanto spinoso e a lui non rimanevano che due possibilità: rendere il cubo liquido oppure limitarsi a difendersi dall'acuminato oggetto, due possibilità... ma quale delle due gli conveniva maggiormente? 

"All'apparenza la scelta più intelligente da attuare potrebbe essere quella della forma fluida, per sfuggire all'assalto e movimentare un po' il duello facendo divenire la mia Cuball veloce ed ardua da colpire. Al contempo però questa decisione potrebbe comportare dei rischi... già, perché sto purtroppo scontrandomi con una mente davvero geniale che è capace di ideare piani complessi sfruttando soltanto poche abilità, quindi... farò meglio a non sottovalutarla ed a ricorrere alla soluzione più semplice, fronteggiarla con una barriera." 

«Appena parte il colpo riparati con lo scudo!» 

Oster intanto ridacchiava pensando al sempre meno distante futuro glorioso: "amico mio, stai facendo esclusivamente il mio gioco, attendevo solo che sferrassi quell'attacco per ribattere e scaraventarti spalle al muro." 

E così fu, lo scudo venne infranto dal violentissimo impatto a velocità doppia dell'arpione che quindi rimase incastonato nel cubo dell'adolescente. 

«Non adoro infierire ma debbo porre fine a codesto duello, adopero un modesto ciclone, sempre se permetti.» 

Perciò l'epilogo giunse così, fu il colpo di grazia, una combinazione letale che non lasciò scampo allo sconfitto che dovette arrendersi alla superiorità della collega; mentre scroscianti applausi si levavano dagli spalti ed in particolare dall'Oster fan club, i due si stringevano la mano e dibattevano sulla gara appena conclusasi: 

«Un omaccione così vigoroso sconfitto da una dilettante? Che profonda delusione, collega...» 

«Sono errori di cammino in cui anche i campioni possono incappare, ricordalo... in questa classe regnerà sempre e solo Boost, il più forte di tutti! Conviene non dimenticarlo.» 

La sua migliore amica cercava di stuzzicarlo, con un piglio esageratamente irrisorio: 

«Ah che strano, il più forte del gruppo... che cade in una trappola così banale, cede il pallino del gioco al nemico prima che esso termini le energie, così da fargliele recuperare e poi portare anche la vittoria a casa con un'elementare controffensiva. I miei più vivi complimenti... al campione.» 

«Ero un po' sovrappensiero... ed inoltre preferisco non sfoderare tutti i miei colpi migliori per una principiante. Ma tralasciando le battute, devo porti le mie più accese congratulazioni per... quel tuo linguaggio raffinato, e principalmente per la tattica con cui mi hai messo al tappeto, sembrava l'avessi studiata durante la notte, io non avrei saputo fare di meglio.» 

Oster se la rideva: 

«Tu dici che "sembrava" l'avessi studiata durante la notte? Durante una sola notte poi? Questo è irrispettoso da parte tua, in realtà sono giorni che mi alleno preparando una replica efficace per ogni situazione che abbia la possibilità di verificarsi sul campo, è il mio primo torneo ufficiale questo e non potevo certo arrivare impreparata. Ed inoltre... tu staresti alludendo al fatto che trascorri le ore notturne dormendo?» 

L'altro si grattava il capo e poneva il suo quesito: 

«Beh, non sarebbe ciò che fa ogni persona sana di mente?» 

Ma forse lei non si riteneva tale: 

«Suvvia, riposare è noioso ed è una cosa da vecchi!»  

 Boost a quel punto si vedeva costretto ad appoggiarla: 

«Perfetto, se lo dici tu non vedo perché dovrei contraddirti, vorrà dire che sono un vecchio.» 

Mentre il battimani da parte del pubblico proseguiva, i due chiudevano in bellezza la gara con una leale stretta di mano e s'avviavano verso il bordocampo, ignari che ad attenderli lì c'erano, con vestiti finalmente asciutti, due applauditori ben noti: 

«Credevate fossimo già salme?» 

Esordiva vivacemente Zadi, e Boost ne risultava meravigliato: 

«Ah, ti piace anche scherzarci su?» 

Al siparietto partecipava anche l'altro naufrago delle perturbazioni: 

«Quando un episodio drammatico si risolve diventa automaticamente un fatto divertente... per chiunque, è logico.» 

«Per tutti sarà anche da sbellicarsi... ma io questo ragionamento lo trovo leggermente anomalo.» 

Al "campione della classe" replicava la biondina: 

«Lo sai che non mi aspettavo d'avere un collega che trasudasse così tanta anzianità?» 

Gli trattenne la maglia: 

«Vieni con noi e soprattutto... smettila di fare il vecchio!» 

«Allora mi impegnerò.» 

Avere più di ciò che si aveva prima fa la felicità, coltivare la propria passione fa la felicità, molte cose fanno la felicità ed ognuno quest'ultima la scopre in qualcosa di diverso, molti la localizzano nella famiglia, negli amici, nelle persone che li vogliono bene, più o meno simili che siano da loro, che li vogliono bene. Ma qualcuno lì che felice non era c'era, di nome faceva Neiv ed era colui che in quel momento voluto bene, da chi gli era intorno, non si sentiva; era assorto nelle sue riflessioni, in quelle riflessioni prodotte da qualcosa di estraneo, qualcosa che di lui non faceva parte ma che di lui s'era impossessato e che ora totalmente lo stava dominando... opprimendo il suo vero essere e non lasciando spazio a quella sua personalità, sì diffidente ed assai irritabile, ma comunque pura. C'era qualcosa che picchiava forte dentro lui, che lo affliggeva, che lo confondeva affibbiandogli quella distorta visione della realtà che lo portava a riconoscere il vero artefice del misfatto proprio in chi più a cuore lo aveva, nei suoi amici che di quell'atteggiamento non ne intuivano origine e scopo: 

«Neiv, ti sei divertito vero?» 

Grey si approcciava adesso a lui con fare amichevole, aveva compreso che attaccarlo non poteva fare altro che adirarlo maggiormente, afferrato che la miglior risposta all'agitazione è la calma. Riceveva però il silenzio, il biondino fingeva di non udir alcun suono ed egli cominciava a spazientirsi, rischiava di esplodere in una nuova polemica, ma anche grazie all'incoraggiamento proveniente dal retro riusciva a trattenere la rabbia, Oster gli posava una mano sulla spalla al fine di incitarlo a non mollare e lui accoglieva la proposta: 

«Dietro di me ho la vincitrice dell'ultimo match, ha riscosso congratulazioni da ogni dove ma non dall'inventore della tecnica... polverosa.» 

Neiv stavolta non si limitò ad ignorare le parole del compagno, bensì gli rifilò un vero e proprio rifiuto tramite un movimento del capo. L'altro, anche per rispetto di chi lo circondava, non volle scomporsi e si congedò quindi dal ragazzo con estrema serenità, senza alzare ulteriormente i toni ed anzi con voce modulata: 

«Bene, comportati come meglio ritieni, se questa è la tua decisione allora la accolgo. Perdonami Oster e perdonatemi tutti, ma non posso far finta di tenere ancora così tanto ad un ingrato del genere, che rifiuta il ragionamento e che preferisce, invece di indagare la realtà, inquadrare come suoi maggiori nemici le persone che per lui hanno fatto di più, perché se andasse un po' a più a fondo della questione capirebbe che il suo unico ed effettivo nemico qui... è lui stesso. Neiv, io ti saluto... senza rancore.» 

Le parole di Grey erano chiare e rese ancor più intense dalle numerose brevi pause ch'egli inseriva tra loro, sarebbe occorso in quel momento un messaggio impetuoso capace di smuovere la coscienza di un individuo che aveva ormai deciso di bloccare ogni dialogo con i suoi nemici, quei nemici localizzatigli dal suo padrone. Purtroppo quando si è sotto al controllo di un padrone la mente si offusca ed in automatico si chiude, respingendo così le informazioni derivanti dagli "sconosciuti" che il padrone aveva detto di rifiutare, e non esiste altra dottrina al di fuori di quella del padrone. Ma il padrone, per la maggior parte dei casi, è in incognito e fa illudere i sudditi di essere dotati di un pensiero proprio ed indipendente, mentre invece inculca in loro il suo... cinico e contaminato. Per scacciare via un'idea tanto potente serviva quindi un fattore intermedio, servivano delle parole, parole più incisive di quelle già pronunciate, nemmeno troppo complesse... ma efficaci, utili a coprire ed a sostituire, a sovrapporsi a quelle errate, capaci di colpire dritto nel profondo e di far dissolvere quella nebbia generata dalle pregiate mani del padrone. Ma chi... chi avrebbe avuto la stoffa e l'audacia per elaborarle ed enunciarle, chi si sarebbe caricato sulla groppa una così enorme responsabilità? Una voce abituata a placare gli animi, una voce nettamente più matura della altre, abile ad analizzare i sentimenti altrui... 

«Senza rancore... accogli la sua decisione? Lo dici con convinzione o fingi? Opterei per la seconda alternativa, altrimenti non mi capaciterei della tua espressione.» 

«Non me ne importa nulla di Neiv, festeggiamo senza di lui la tua vittoria.» 

 ...e consapevole di poter sconfiggere anche quel dannato padrone: 

«Dissento collega, è scorretto far festa in assenza di un invitato, se dovremo celebrare questa stupenda sfida lo faremo tutti insieme, Neiv compreso. E lo faremo, fidati di me.» 

Un suono si levò dall'altoparlante: 

«Si pregano i presenti di abbandonare la struttura, il personale addetto vi condurrà fino alla porta d'uscita a gruppi per consentire un ordinato deflusso, ricordiamo che la seconda parte del primo turno si disputerà esattamente tra un mese, il 16 ottobre. Grazie a tutti per la partecipazione.» 

Il primo blocco, vale a dire quello occupante la prima fila, era proprio il loro; Giv e gli altri componenti della classe si avviavano quindi verso la porta d'uscita, quella che tanto significato aveva avuto soltanto alcuni minuti prima. Ad accompagnarli v'era il già incontrato in precedenza Delph, che sfruttava l'occasione per socializzare anche con i restanti membri della banda; l'uomo notava un giovane ancora seduto e stranamente isolato dai compagni, immobile, che non reagiva ad alcuno stimolo esterno, a gran voce lo chiamava percependo però replica nessuna, insisteva nel sollecitarlo ma reazione non avvertiva, cominciava allora ad allarmarsi e convocava uno qualsiasi dei ragazzi a lui antistanti, augurandosi potesse essergli di supporto; si fece avanti Giv, il quale si mosse in direzione di Neiv affermando: 

«Ehi, non potrai accamparti qui per quattro settimane, lo sai vero?» 

Neiv era duro da atterrare, nemmeno una cannonata pareva poterlo smuovere da lì: 

«C'è gente che aspetta te, quanto intendi farli penare?» 

Con atteggiamento brusco cercò ancora d'allontanarlo: 

«Dal canto mio possono anche penare da qui fino alla fine dei loro giorni, io non ho nulla a che vedere con certa gente.» 

«Nulla a che vedere? Certa gente? Si può sapere cosa ti è successo, ti ha dato di volta il cervello?» 

«Ho semplicemente aperto gli occhi.» 

E il suo tono di voce non assomigliava neanche più al suo, era quasi robotico... mono nota, chiaro segno che i concetti che egli esprimeva non erano meditati ma preimpostati, come scelti tramite un telecomando... senza opzione di risposta.

Giv era letteralmente scioccato, neppure nella sua più bizzarra fantasia avrebbe potuto plasmare una realtà talmente contorta, appena rientrato da una turbolenta avventura si ritrovava faccia a faccia con l'individuo che credeva avesse dimenticato ciò che s'era anteriormente verificato, e che al contrario pareva ampiamente più incollerito ed agguerrito di prima. 

«Hai... aperto gli occhi? Beh, avrei preferito si fossero mantenuti serrati...» 

I suoi occhi invece erano schiusi, aperti per metà... che lasciavano giusto lo spazio utile per far scendere le sue lacrime; il biondino lo guardava fisso, ma non con occhi comuni come quelli che avrebbero identificato in lui un essere triste, afflitto dalla notizia che uno dei suoi migliori amici non l'aveva mai perdonato per uno sciocco problema e che invece osservava addirittura schifato lui ed il resto della classe per una misteriosa causa, no... lui lo guardava con i suoi "spalancati" occhi che tutto vedono, quegli occhi spalancatigli dal padrone che con sdegno avvistavano un nemico tornato alla riscossa per tentare un nuovo attacco, un nuovo impetuoso attacco... mascherato: 

«Noto che te la cavi ancora bene nel recitare, anche mentre sei stato via non hai disimparato ed anzi... opino tu ti sia allenato ancor più. Ma io non ci casco, attore.» 

Una certezza rimbalzava impetuosa nella sua testa: "Io non so recitare... io non so recitare... io non so recitare..." 

«Io non so recitare!» 

Le lacrime copiose bagnavano il suolo, di fronte ad un Neiv che rimaneva concentrato sulla "sua" idea: 

«Strano, perché ti smentisci da solo.» 

Un turbinio di ricordi lo attaccavano: "Smettila... smettila di recitare... io e te abbiamo chiuso... smettila con questa pagliacciata." 

Erano i ricordi legati all'ultimo torneo da lui disputato, quel torneo parso maledetto dove era stato accusato di recitare da Zadi; ora avvertiva di rivivere le stesse emozioni, perché un ragazzo sincero come lui... doveva essere accusato di fingere, perché? Era davvero straziante, avrebbe proseguito per l'eternità nello spiegare la sua innocenza ma comprendeva che era inutile, doveva soltanto farsi forza... farsi forza per andare avanti e troncare quel dibattito, perché le parole adatte non le possedeva lui ma qualcun altro. 

«In ogni caso... non puoi stazionare qui, devi smammare da questo stadio!» 

Lo arpionò per il braccio provando anche a trascinarlo con sé, ma lo sforzo fu però inutile; Neiv se lo scrollò di dosso e si sollevò poi di sua volontà, sottolineandolo anche: 

«Sappi che se ho optato di tirarmi su è perché è ciò che io ho voluto fare,  non perché un mio sabotatore mi ha invitato a farlo. Chiarisci a quel tuo ottuso cervello che io con te ed i tuoi collaboratori non ho più nulla in comune, nulla!» 

Così lo salutò, scaricandolo lì, pietrificato dall'ultimo addio, quello definitivo che lui non avrebbe saputo mai più sciogliere; a lui, per donargli un po' di conforto, si appropinquo Zadi, mentre Neiv ricercava disperatamente un punto il più distante possibile dai suoi antagonisti, facendosi spazio tra la folla ed ignorando chiunque dei suoi vecchi compagni. 

Una scena orribile andava a comporsi: un adolescente che pur passando corpo a corpo tra i suoi amici più cari non annusava nell'aria emozioni e quegli stessi suoi ex colleghi che, quasi costretti, simulavano lo stesso suo disinteresse calando lo sguardo al terreno e non incrociando quindi volutamente quello di lui. Tanto distacco che neppure degli sconosciuti avrebbero mostrato, dato che loro almeno, non odiandosi e temendosi, avrebbero accennato un timido saluto. 

Neiv aveva scavalcato tutti i suoi problemi, era finalmente arrivato ad essere capofila, avrebbe desiderato scappare in tutta fretta evitando ulteriori contatti umani ed avrebbe anche parecchio volentieri evitato l'ennesima discussione, ma Delph non gli concesse di realizzare codesti sogni, lo frenò: 

«Fai marcia indietro, fuggitivo! Non sei autorizzato a dileguarti prima degli altri, potrebbero originarsi spiacevoli disordini, e non ne vale la pena per tre minuti perduti, no?» 

Ma non era certo quello il suo effettivo intento, l'uomo mirava ad una chiarificazione col fuggiasco, sperava di scambiare soltanto due innocenti chiacchiere con lui: 

«Sei tu... quel tipo che si infuriò per il piagnucolare di Giv? Deduco che psicologicamente non hai ancora superato quella circostanza, giusto?» 

Aveva dinanzi, purtroppo, lo stesso muro in cui si erano imbattuti gli altri, ogni volta sempre più robusto, che non si frantumava mai, nemmeno un microscopico sassolino permetteva precipitasse; lui, anzi, rincarava la dose: 

«Avete ingaggiato una nuova recluta, eh? Reputate possa essere intimorito da lui solo per la corporatura più robusta? Mi spiace...  ma non potrete mai vincermi, nemmeno un discorso tenuto da Dante in persona potrebbe incantarmi, rassegnatevi e gettate a terra le armi!» 

E sembrava davvero stessero eseguendo il comando, rassegnati e devastati... così apparivano loro; occhi bassi, camminata lenta privata d'ogni minimo rumore, piedi di piombo che si posavano sulla superficie quasi a non voler rovinare la solennità del momento, ci si sentiva come ad una marcia funebre, tanto marcia quanto funebre. 

Ma in mezzo a tanti sguardi vuoti e svigoriti risplendevano ancora occhi vispi, vivi e brillanti, di chi sognava e si convinceva di poter dare una botta in grado di sovvertire gli equilibri della vicenda, una botta clamorosa... inferta a suon di parole, le già oltremodo sottovalutate parole. Chi dispone di uno spirito guerriero ed ottimista volendolo potrà compiere qualunque impresa, basterà faccia valere le sue qualità e sarà in condizione pure di capovolgere il mondo con un dito, basterà volerlo e saperlo fare.   

Oster sfoggiava grande sicurezza, avanzava a testa alta e spalle larghe, immersa anima e corpo nel perfezionare le ultime poche lettere della sua personale conferenza. Il timore che qualcosa vada storto è enorme in certi casi ma lei non risultava neanche lontanamente impaurita, forse perché in vita sua aveva già dovuto affrontare problemi ben peggiori, era preparata per occasioni di quella specie, tanto giovane eppure già addestrata a fronteggiare guai più grandi di lei, era quella la sua ora ed era consapevole di non poter sbagliare, anzi... di non sbagliare!

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Capitolo 11
*** Il linguaggio del cuore ***


Uno sguardo che intimorisce, un rifiuto che infastidisce ed un litigio che traumatizza, la rabbia che innervosisce... porta ad un altro litigio che ancor di più fa soffrire; la mente che ragiona e si pente, la ricerca che scova chi è fuggito, i dubbi che sconvolgono e il definitivo addio. E c'è il desiderio di non arrendersi che urta di faccia contro la consapevolezza dell'essere oramai inutili, la disperazione e l'imputazione delle colpe, la sofferenza ed il ripensamento... che dona la forza di oltrepassare ogni ostacolo. La sensazione, sull'altra sponda, di voler mollare, poi l'ennesimo fattore intermedio che scaccia quel disagio e permette ancora di sperare. L'apertura della porta e il varco della linea, un immenso spazio sconosciuto che dalla meta divide, la nebbia che scende e in pensieri inopportuni fa smarrire, la propria coscienza che al male si oppone... si lascia indietro gli errori e su di loro prevale.
 
E ora sii te stessa, quella che merita chi ti affianca, corri forte ignorando ogni pericolo anche mortale, persegui il tuo obiettivo, fatti guidare dai sentimenti che ardono dentro, cadi e rialzati, ma ritrovalo e a lui ricongiungiti, sii te stessa... una vera amica. Fondi spirito e mente... perché di null'altro necessiterai, insisti e saprai tagliare pure quella nebbia che tanto vuole ostacolarti. E c'è chi da lontano per te e per chi insegui si assilla, spazientito dalle vostre mancanze scatta via ma viene stoppato... ancora da uno degli artefici di tale trambusto, colui che stanco di lacrime e debolezze smentisce pure le scuse che aveva mentalmente avvicinato; e allora il rancore quasi dimenticato sale di nuovo a galla, in risposta ad un'inconsapevole chiamata si ripropone e infiamma ulteriormente la contesa, con foga si tirano in ballo lampanti sbagli... che qualcuno però non reputa più tali. E mentre entità esterne al dibattito, volenterose di intervenire, osservano attonite, accuse gravi volano senza freno alcuno, spinte da coscienze estenuate dalle ingiustizie o contaminate dalla malvagità che attacca e spegne il cervello.
 
E c'è ogni cosa, che potrebbe sgretolarsi in seguito ad un gesto estremo, ci sono la rassegnazione e l'odio che pur facendo a testate lungo il percorso si accorgono di guardare entrambe alla stessa meta, c'era il passato che si dimenticherà, ci sarà il futuro che futuro non ha, e c'è il presente che entrambi beceramente ha macchiato. Una voce pura frena la grande esplosione e spiana la strada di chi spera, ma non abbatte il muro d'ignoranza eretto da chi rimane saldo sulle sue decisioni. 
 
Imprevisti ed illusioni abbondano, esseri umani o vegetali pongono limiti invalicabili, contrattazioni ponderate o urla istintive cercano di cambiare o cambiano le cose. Ci sono momenti in cui ci si deve fermare e pazientare ed altri in cui si deve perseguire il proprio obiettivo, con coraggio ed anche incoscienza, sorvolando su ciò che brucia esternamente e concentrandosi su ciò che arde dentro, il desiderio di riaverlo e di riabbracciarlo.
 
I sentimenti vivi che non fanno demordere, un'idea sbagliata da cancellare, due entità che si cercano a vicenda, la corsa di entrambe verso l'altro e l'altra, poi l'incontro e la supplica. 
Il tempo del perdono è passato, gli errori commessi già compresi e gettati, è arrivata l'ora della commozione, dello scherzo, del sorriso, del ritorno alla normalità, tutto racchiuso in un unico grande abbraccio. La nebbia che, perfino lei, si arrende al loro sentimento così intenso, seguendo l'esempio di quegli elementi esterni che erano riusciti a dominare le loro giovani menti solo fino a quando quelle non avevano deciso di ribellarsi; il vaccino trionfante sulla malattia, il periodo di convalescenza terminato, la quiete dopo la tempesta. 
Con passo lento si fa ritorno verso casa, dove le calde braccia di chi ti ha a cuore desiderano condividere con te quel calore, perché a te è destinato. C'è la lieta sorpresa che fa accendere l'euforia, poi un cenno d'estenuazione che temporaneamente la frena, ora nuovamente bisogna sfrecciare... ma col sorriso sulle labbra a fare da accompagnatore. E si fa spazio alle cure e alle parole, tante parole: parole d'elogio, parole di stupore, parole di riso, e parole anche d'amore.
 
Squarci di luce si fanno spazio tra l'oscurità ampliandosi sempre più, assalgono il terreno nemico ma falliscono nella prova di contagio. Il male, riconoscendosi inferiore, crea un'enorme cappa di buio allo scopo d'evitare che i suoi confini vengano varcati e che l'invasione venga compiuta; la malvagità ha portato a compimento le sue conquiste, ed ora che le sue colonie sono minacciate da entità a lei estranee raddoppierà le forze difensive, indurirà la corazza. Egli ha attuato l'assalto in condizioni a lui favorevoli, quando il terreno non era del tutto maturo, egli non ha puntato al tronco dell'albero... bensì alla sua radice; il male è vigliacco e vive di inganni, mai opterebbe per mirare ad un forte fusto rafforzatosi nel corso degli anni, mai tenterebbe di attecchire ad una secolare quercia, mai mostrerebbe il suo vero volto... poiché sa di non aver fascino. Ha poca forza, ma sopperisce a quella mancanza rubandone a chi ne possedeva già in minoranza rispetto a lui; il male è metodicamente geniale, è un freddo calcolatore capace di elaborare terribili piani, ma non dispone di coscienza e non conosce alcuna pietà, carica a testa bassa senza farsi scrupoli, senza chiedersi di quel che sarà della vittima, è mosso esclusivamente da un primordiale impeto espansionistico. Il bene invece sa colpire chiunque, abbisogna solo di tempi maggiori, ma sa che prima o poi dovrà esplodere emanando una luce a cui non ci si potrà sottrarre; lui, al contrario del nemico, non abbisogna di alcun inganno, perché è attraente per natura e non ha bisogno di trucchi. Così, anche se in certe occasioni sembrerà voler dichiarare resa e piangendo parrà dichiararsi sconfitto... nell'intimo sempre saprà di essere il più forte, e prima o poi vincerà, ma servirà pazientare.
 
Il bene, come il male, è abile nel ragionare ed architettare eccezionali strategie offensive, ma da lui si differenzia poiché possiede un'arma in più, la più potente ed inarrestabile che esista al mondo, un'arma che sa puntare dritto al cuore del proprio bersaglio. È un'arma che non vedi ma c'è, dentro di te. O almeno non la vedi fin quando non la lasci libera. E quando sarà libera allora potrai vederla, a meno che non ti abbagli e ti travolga. E se travolgerà allora sarà davvero libera. E sarà condivisa, non più confinata. Avevi bisogno soltanto di lei, così spontanea e genuina, ma non te ne eri accorta. 
                                                                                                                          
E così, entrambi impettiti e sicuri di sé, sono pronti a fronteggiare la controparte, per contendersi l'oggetto tanto ambito ed in fine trionfare, per giungere alla vittoria della guerra o di una semplice battaglia. 
 
Il bene contro il male, Oster contro il male, il passato contro il futuro; c'è chi si è aggiudicato il primo punto e chi si vede costretto a ripartir quasi da zero, c'è chi dovrà basarsi sull'inganno e chi si affiderà alla purezza, c'é chi dovrà attaccare e chi dovrà difendere. Questo é ben più rilevante di un match di Cuballs, in palio non c'é un trofeo... c'é una vita!
 
"È fondamentale che non realizzi che il mio obiettivo principale è lui, devo assolutamente evitare di fare il suo nome. Considerata la sua diffidenza una buona riuscita non è del tutto sicura, ma se non mi arresi quel maledetto giorno... vorrà dire che non demorderò neppure oggi. Neiv, durante la mia vita ho risollevato chi era caduto molto più in basso di te, saprò riportarti in alto." 

L'area - o arena che dir si voglia - da loro impiegata appariva vuota e solitaria, come se fosse stata creata per concedere alle loro ricche parole di volare libere, senza che nessuno si permettesse di frenarle. Il deflusso del restante pubblico era stato molto rapido ed ordinato, agli occhi dei ragazzi addirittura inesistente; questo grazie alle numerose pratiche uscite della struttura, ben costruita e ben gestita, ed al loro esteso ritardo. 
 
Un'area o arena vuota, priva di turisti o residenti del posto, poiché di abitazioni non ve n'era neppure l'ombra; l'evento stava per realizzarsi, lontano da occhi indiscreti... ma solo da quelli indiscreti. Tutto sembrava essere pronto ed anzi tutto era realmente pronto - nonostante l'aria illusoria - e non mancava niente per renderlo un momento memorabile. Tutto era pronto, e soprattutto lei era pronta... Oster, era pronta. 
 
"Sono... pronta!" 
 
La giovane ragazza, nella quale si erano riaccesi antichi ricordi, afferrò una cassa da frutta che era lì gettata, la pose dinanzi a sé e si sollevò su di essa, quasi ad ergersi capopopolo.
 
"Questa è una buona occasione per aiutare anche gli altri ragazzi, non bisogna dimenticare che è proprio dai problemi di Giv e Zadi che sono scaturiti certi comportamenti, se non aiuterò loro e Grey a cambiare mi sarà impossibile condizionare i ragionamenti di Neiv e farlo tornare ad amare il bene. Siamo un gruppo, e dato che del gruppo sono io la più matura è compito mio andare in contro ai problemi di ogni diverso componente, non posso dedicarmi esclusivamente a Neiv soltanto perché adesso l'attenzione è focalizzata principalmente su di lui, noi supereremo questo momento... insieme. Si è pianto insieme, ci si è arresi insieme, si è odiato insieme, ma adesso insieme andremo avanti. Insieme combatteremo, insieme ci aiuteremo, insieme cammineremo e cresceremo, insieme rideremo ed insieme saremo felici, insieme saremo tutti... non uno di meno. Perché, come in una guerra, sarebbe forse più facile lasciar morire i compagni più deboli che con le sole proprie forze non riuscirebbero ad avanzare, ma proprio come in guerra sarebbe da vigliacchi farlo, perché... se si è perso insieme, allora insieme si vincerà, tutti insieme." 
 
La piccola leader preparò le proprie corde vocali, lanciò una veloce occhiata ad ogni spettatore presente e poi diede finalmente il via al discorso: 
 
«Cari colleghi, quest'oggi abbiamo vissuto una vicenda ricca di inconvenienti e di... » 
 
Ma venne subito bruscamente interrotta, e a quanto pare l'area creata ad arte per contenere le sue parole era stata nulla più di una suggestiva ipotesi: 
 
«No, zitta! Io non ho alcuna intenzione di sprecare ulteriore tempo con voi dormienti, ho una missione da compiere e queste buffonate da leader politici non sfiorano neppure lontanamente i miei interessi. Vi saluto... perdenti.»
 
Tentava in vano di allontanarsi dimenticandosi di chi con la forza l'aveva trattenuto lì: Delph lo teneva per il busto e non si slegava, sapeva di essere l'unico che poteva fisicamente reggerlo. Ma il suo aiuto era oramai considerato superfluo ed inutile, Oster glielo lasciava intendere
chiaramente: 
 
«No. Per favore mollalo, hai già profuso troppe energie in un problema che non ti riguarda, questa storia appartiene a noi... ed odio che terzi ne rimangano coinvolti. Ti ringrazio per ciò che hai fatto, ma adesso ti prego di staccarti da lui, mostrarci le spalle ed avviarti verso la tua auto con cui tornerai a casa dalla tua famiglia, non preoccuparti per noi... perché ce la caveremo. Mollalo.»
 
L'uomo mise per la prima volta da parte quella rigidità da coriacea guardia che da qualche tempo lo contraddistingueva, sganciò il suo braccio dal corpo di Neiv e si voltò, esaudendo le volontà dell'adolescente; aveva compreso il suo stato d'animo, gli era bastato avvertire quella scolorita tonalità d'implorazione. 
 
Mentre la colonna sonora si limitava ad un grigio rombo d'auto che andava scemando man mano, un deserto d'asfalto faceva da sfondo ad un palco sfollato di chiunque non fosse protagonista di quella sempre più reale tragedia. Corpi immobili, occhi spenti, cuori infranti, e nulla pareva poter spezzare quel silenzio, pure chi prima si era riempito di tante parole di speranza adesso si ammutoliva, forse proprio nell'attesa che fossero altri a compiere un passo verso di lei, considerato che i suoi erano già stati frenati una volta; alcuni secondi e quel movimento arrivò: una delle sette figure cominciò a distanziarsi da quelle alle sue spalle, ora non più nella direzione ad ella opposta, bensì in quella che portava proprio faccia a faccia con lei.
 
Chissà che forse quei toni così miti non avessero raggiunto i sentimenti di chi aveva precedentemente deciso di aprire gli occhi, chiudendo però le porte del cuore. Lui avanzava lentamente, mirando dinanzi a sé, con volto né cupo né sereno, facendo salire la tensione ad ogni centimetro che percorreva; lei attendeva pazientemente, scorgendo qualcosa di nuovo all'orizzonte, con occhi speranzosi, sognando di scendere il prima possibile quel gradino che divideva dalla gioia; il terzo osservava silenziosamente, fissando il centro, quel punto d'incontro dove avvertiva che un avvenimento importante avrebbe avuto presto luogo, col cuore che correva a mille, sempre più in apprensione ogni qualvolta che la lancetta dei secondi batteva, pronto a scattare... perché ne respirava già il bisogno, pur mancandogli l'aria. 
 
Tutto sommato l'atmosfera è però quieta, i protagonisti vivi ma senza agitazioni, le variazioni moderate che fan presagire solo qualcosa di positivo, pure lo spettatore comincia a limitare la sua eccessiva ed insensata ansia.
 
Ma è una fase dell'evento destinata a durare poco. D'un tratto niente è più come prima: passi più decisi, maggiore attesa, battiti più frequenti.
  
Come un nuovo Big Bang, dopo l'infinita tranquillità c'è quel frangente brevemente immenso, quasi inesistente ma più che reale, che pur essendo padrone di pochi millesimi di secondo domina il palco per un'eternità; per un istante tutto si ferma, il vento non soffia e non fa rumore, il tempo arresta il suo infinito corso... come se si stesse preparando anche lui per quell'interminabile attimo, un ulteriore secondo ed ogni cosa si trasformerà.
 
Il sole va in stand-by e i ghiacciai non si stanno sciogliendo, le nuvole, senza venti, non sono più spinte, e il mondo non gira più, deve vivere quegli attimi con gli occhi puntati sulla scena, come ogni grande evento... anche lui deve goderselo fino in fondo. L'universo, per colpa di quell'eterno lavoro di espansione, è dovuto mancare già a troppe dirette storiche, perciò in questa occasione si permetterà anche lui una piccola eccezione, uno stop dalle sue eoniche fatiche; stavolta la differita non gli basterà e pretende il fascino del live, anche se in futuro dovrà farsi perdonare quei micron di spazio che ci sottrarrà.
                             
Il cuore per un istante non batte, dacché deve prepararsi allo sprint più forte che abbia mai affrontato; il busto interrompe la lieve flessione verso il basso, perché l'alta tensione ha causato un'istantanea paralisi dei muscoli, pur non essendo di quella elettrica; la gamba resta sospesa a mezz'aria, senza lasciar intendere a nessuno le sue future intenzioni, anche se quel sangue che pompa impetuoso ne sta prevedendo già di disastrose.
 
L'esito del quadro è incerto, ma nessuno ha timore di osservare il tutto con le pupille sgranate. In ogni grande scena prende forma sempre lo stesso dubbio che secondo logica dovrebbe allontanare lo spettatore, ma che invece, sfruttando la sua impotenza, causa l'effetto opposto alimentando ulteriormente l'attenzione che era nata in lui. La positività o la negatività del risultato finale non modificano questo parametro, in entrambe le eventualità nessuno potrà sottrarsi dal tenerle lo sguardo incollato addosso, ed è quello che fa di lei una grande scena; la strana sensazione che assale nei momenti di suspence, qualunque sia la percentuale di rischio di un esito sgradito, sopraffarà sempre la paura.
  
L'immutabilità apparentemente eterna è giunta al termine, farà spazio alla vera azione; dopo la suggestiva, illusoriamente immensa, attesa... giunge il tempo della fulminea risoluzione, come in un calcio di rigore.
E come in un calcio di rigore la gamba è sospesa a mezz'aria, e adesso scatta... ma non per colpire un pallone. Il crollo di una cassetta fa crollare le speranze, un calcio che abbatte fa battere il cuore, uno scatto d'ira fa scattare in corsa, poi scattano tutti. Pure il mondo scatta... una fotografia, che in pochi avranno il coraggio di guardare. 
 
Oster, a terra, che istintivamente si sfiora la coscia ha dinanzi a sé un fierissimo Neiv, che ormai totalmente posseduto dal suo insensato odio ignora pure chi sta per coglierlo alle spalle. Tutti gli spettatori presenti, ampiamente scossi dall'accaduto, si sono mossi, ma soltanto uno è avanzato in prima linea; Giv, sotto l'effetto di un'incontenibile ira, è ora capace di qualsiasi gesto, non ha più il controllo del suo corpo... che agirà soltanto d'istinto ignorando ogni possibile conseguenza, pure la più devastante che si possa immaginare. 
 
Il big bang ha generato un universo che adesso i suoi stessi pianeti, collidendo tra loro, distruggeranno. Non è più un semplice litigio, non è più neppure una lotta tra bene e male, non è il preludio di un addio, è qualcosa di ben più grande e grave. Ma non sarà neppure la fine del mondo... perchè agli occhi di chi la vive è più terrificante, il peggior disastro naturale non è neanche lontanamente comparabile a ciò che rappresenta nel cervello e nel cuore dei protagonisti quella forsennata rissa.
 
Tutto si è assurdamente ribaltato, ma il fattore intermedio in questa occasione non è stato frutto di una casualità, è stato maledettamente voluto da qualcuno o qualcosa di non ben identificabile. Corpi che prima si trovavano in fase di staticità sono adesso coinvolti in una situazione d'attività oltremodo estrema: chi in un folle assalto, chi in un'impossibile difesa e chi in un disperato tentativo di arresto della lotta, sono tutti impegnati. Volano mani, che colpiscono, si proteggono, trattengono, tremano. Al vento... tutto, ciò che si era costruito, che si era pianificato, che si era sfiorato. Al vento nuove lacrime, che stavolta nessuno raccoglierà, nessuno noterà; lacrime disperate bagnano mani disperate, che vanamente tentano di raccogliere la poca dignità che è rimasta. Le mani vengono trascurate, e nel trambusto pure scacciate, tanto chi le noterà? Qualcuno le ha mai realmente notate? Forse solo in parte. 
 
E mentre quelle mani, inumidite da lacrime stanche, arretrano dove nessuno le cercherà, altre mani continuano a dimenarsi dimenticando pure il perché della loro presenza lì.
Bisogna stoppare quel groviglio di mani, che in soli pochi secondi hanno già generato l'irreparabile, e serve una voce che le schiacci, che potentemente le sovrasti; di nuovo quella voce, che era stata prima pronta, poi attiva, dopo spezzata ed infine spenta. Ora il black out vocale è finalmente concluso, una volta riconnesse le corde il circuito può tornare in funzione: 
 
«Questo non è un far west, smettetela! Vi siete trasformati in bestie?» 
 
Una voce che dopo tanti tentativi si impone, con le sue vibrazioni paralizza le mani, i corpi, le menti. E paralizza l'aria, che nessun'altro oserà occupare con la propria voce. Tutti fermi, tutti muti, pure i più irrefrenabili. Tutti immobilizzati, tutti zittiti, da un urlo capace di scioccare chiunque. 

«Guardatevi dico, guardatevi!» 
 
Tutti con gli occhi bassi, tutti a guardare le proprie mani, capaci di qualcosa di cui neppure loro si rendevano più conto. Tutti partiti con uno scopo e rimasti per non averne, tutti inizialmente consci di ciò a cui andavano in contro ma in chiusura inconsapevoli delle oscenità che stavano andando a produrre. Tutti tranne Neiv, che le proprie mani non scrutava, ma che comunque
avvertiva una strana sensazione di disagio, che lo lasciava impietrito ed incapace di reagire con la sua tipica sfacciataggine. Grey e Boost, vicini tra loro, venivano catturati con aria di rimprovero dalla compagna, indignati delle loro stesse azioni: 
 
«Grey - ci furono pochi istanti di pausa che volevano introdurre il discorso - sempre pacato e ragionevole, nonostante il tuo rancore verso Neiv tu eri chiaramente partito con il solo scopo di dividere i due litiganti. Non si può negare che l'azione fosse condita anche di un pizzico di inevitabile odio, però... malgrado tutto restava più che ammirevole il tuo sforzo di mettere da parte i problemi personali per porre al primo posto quelli di squadra. Insomma eri nient'altro che tu, che ti mettevi in gioco per preservare la stabilità del gruppo, rinunciando alla vendetta che aspettavi e che ora ti era stata servita su un piatto d'argento. Queste buone intenzioni poi però devono esserti cadute di tasca, dato che dopo non le hai trovate più, pare. E così... una volta entrato nella mischia hai dimenticato tutto, e non agivi più da spartiacque, bensì scagliavi tutto l'odio represso nei confronti del tuo avversario. È pazzesco pensare che tu sia riuscito ad avverare proprio tutto quel che volevi evitare.» 
 
Una tonalità del genere non la si era mai udita prima, mista tra amarezza, rimprovero e, nonostante il tentativo di celarlo per conservare una figura autoritaria, anche molto affetto.         
 
I suoi stupendi occhi azzurri scolorivano al contatto con quell'aria contaminata d'indecenza, che con la sua pesantezza andava invece a piazzarsi nella sua gola. Era sì la più matura mentalmente ed anagraficamente, l'unica che aveva avuto il coraggio di stringere tra le mani le redini del gruppo ed ora pure compostamente arrabbiata, ma si evinceva che rimaneva comunque non immune a certe sensazioni, che assalgono ad ogni età e dovunque ci si trovi. 
 
Si concesse alcuni secondi di pausa nei quali non perse l'occasione di scrutare ancora una volta gli occhi di Grey, la cui colorazione diventava sempre più simile a quella dei suoi; amari e ottenebrati apparivano, almeno attenendosi all'immagine che si riuscì a catturarne... prima che essi calassero definitivamente verso il suolo per la vergogna. 
 
Poi riprese, facendo il punto su un diverso protagonista. E pareva incattivirsi, ma certamente non per assaporare il gusto di sentirsi superiore al compagno: 


«Poi c'eri tu, Boost. Nulla mi sorprese mai più di questo tuo comportamento, di questa tua insensata trasformazione. Tu non serbavi rancore nei confronti di nessuno, e posso esserne sicura perché ho imparato a conoscerti, sei un collega di cui non dubiterei mai, che se tu mi dovessi dire che il fuoco non è pericoloso non esiterei a metterci la mano sopra. È proprio per questo che non posso capacitarmi di ciò che ho visto, le tue mani che spaziavano di qua e di là colpendo chiunque gli si trovasse affianco senza alcun pretesto logico, come se fossero controllate da un joystick sul quale camminava un gatto. Non ho capito più se quello eri tu oppure una tua controfigura, non ho voluto neppure capire fino in fondo dove sei realmente voluto andare a parare con quei tuoi movimenti sconnessi. Come è stato realizzabile che uno come te si sia lasciato travolgere da quel parapiglia, da quella baraonda? Uno come te che mi aveva dato la forza di tornare a credere in voi, in noi, che mi aveva fatto ritrovare la voglia di lottare e di sperare ancora nel bene. Cosa e come è potuto accadere?» 
 
Una domanda che non cercava una risposta comunicata con parole, ma che andava a cogliere inevitabilmente quella dell'espressione facciale, che distintamente, anche con l'aiuto di una movenza del capo, trasmetteva un umiliato "non lo so". 
 
Un intermezzo più breve attese le parole dedicate a Giv, che arrivarono molto più austere ed intransigenti rispetto alle antecedenti: 
 
«Giv, per te spenderò poche parole, il tuo comportamento è stato letteralmente inaudito. Sappiamo tutti che sei molto impulsivo ed un po' irruento, ma io mai avrei voluto vederti come un'autentica belva che non risponde delle proprie azioni e si fa guidare solo dall'istinto. Non siamo un branco di animali... se nell'impeto te ne sei accorto.» 
 
Poi frenò sul nascere qualunque suo tentativo di risposta, velenosamente: 
 
«E per questa volta fai qualche respiro profondo prima di agire o rispondere in maniera avventata e non consona.»
 
Parole di rimprovero più o meno pungenti che stavano a descrivere un far west, come l'aveva definito lei, che l'aveva lasciata in una condizione di stupore non molto positiva.
Ma chissà che quel far west non potesse avere anche riscontri positivi, che lei non considerava. 
 
Quell'arena, durante lo svolgersi dei fatti, aveva subito ripetute variazioni di tonalità: in partenza un rigoglioso verde speranza si era lanciato nel tentativo di diffusione, con i suoi rampicanti che man mano crescevano ed invadevano ogni zona limitrofa; seguentemente però un'ardente fiamma rossa d'odio era improvvisamente esplosa autoalimentandosi ed aveva raso al suolo ogni macchia di vegetazione presente, lasciando dinanzi a sé un terreno totalmente arido colorato soltanto di alcune foglioline appassite. L'estintore intento a contenere il divampare delle fiamme - almeno per quanto potesse rientrare nei suoi poteri - era invece stato reputato superfluo, considerato anche che ciò che poteva dare l'aveva già dato; perché un enorme potere d'azzurro vivo avrebbe presto inondato tutto il paesaggio, ammutolendo le rosse fiamme e permettendo alla fiorente vegetazione d'abbracciare ogni angolo coi suoi larghi rami. E dopo una lunga lotta, dove per qualche istante l'incendio pareva dovesse conquistare l'intero pianeta, quel verde così colmo di speranza aveva finalmente trionfato, anche se abbastanza prepotentemente; e purtroppo quella sua irruenza l'aveva fatto apparire a degli occhi un po' offuscati e troppo stanchi come un severo grigio scuro; anche se c'era chi, con occhi nuovi bagnati da quella fresca e limpida acqua azzurra, aveva riacquisito a pieno le sue capacità visive e riusciva ora a cogliere quello splendido ed abbagliante colore.
Ma solo uno tra tutti quegli sguardi aveva afferrato il vero messaggio che era stato voluto trasmettere, mentre i rimanenti restavano profondamente feriti dalla cupezza di quel grigio: c'era chi fissava le sue mani e le sue braccia per comprendere se quel dannato corpo sporcato d'indecenza fosse effettivamente ancora il suo, c'era chi il coraggio di guardare se stesso lo aveva invece pure perso, e c'era chi percepiva sul dorso il peso dei propri errori come un distruttivo macigno che era caduto sul loro mondo di amicizia. Ognuno di loro viveva negativamente quel clima, ognuno a modo suo: chi si sentiva confuso, chi in colpa e chi era malato senza neppure capirne la causa, che colpe sicuramente non aveva... perché di certo non aveva fumato; ma forse sarà che il fumo passivo fa addirittura più male di quello attivo.
 
Però quelle parole, seppur potessero essere sembrate maligne, non erano state plasmate per raggiungere tale scopo; Oster, che ora piantava i palmi delle mani sull'asfalto per darsi spinta verso l'alto, ci teneva fortemente a precisarlo; passarono solo alcuni secondi, che la tredicenne sfruttò per ricomporsi, prima delle parole di chiarimento.
 
«Ah... amici, con lo scorrere del tempo le nuvole sono state scacciate via dal soffiar del vento, e adesso si può ammirare uno splendido cielo stellato. Credo sia arrivato anche per noi il momento di mandar via tutti questi musi lunghi, magari proprio a partire dal mio.», affermava tornando ad indossare nuovamente il suo proverbiale sorriso.
 
Avvertiva una strana sensazione in quel preciso momento, ma la ignorava e proseguiva: 
 
«Su, muovete quelle gambe! Dai, che sembrate tutti usciti da una scena tragica d'un qualche scadente film d'amore!», affermava con voce squillante e solare. 
 
Comprese che così non avrebbe ricevuto alcuna reazione dai suoi compagni imbambolati, ed allora tentò l'atterraggio nel campo delle offese gravi... 
 
«Quelli tratti dall'omonimo libro, noiosi da far cascare le braccia. Con la stessa trama delle venti pellicole precedenti, con i bulli, il fratello dispettoso e il diario segreto. E una regia degna del cane che non ho. Un cane ubriaco, sia chiaro.» 
 
…notando però che nemmeno quest'approccio gli strappava una flebile risata. E allora tornò sui suoi passi, passando nuovamente il microfono di scena al proprio cuore; dolcemente, come una mamma saprebbe fare, si piegò sulle ginocchia e si propose a loro con tono delicato ed alquanto rassicurante: 
 
«Ma riesco ad intendere che state vivendo una situazione complicata, beh... non certo come quelle immaginarie dei viziatelli da romanzo rosa.»
 
Spezzava con quella battuta, che racchiudeva un significato che veniva probabilmente non colto, e poi proseguiva sulla sua linea:  
 
«Però avete bisogno di rimanere tranquilli, dato che tutta questa agitazione non fa altro che ingigantire ulteriormente i problemi che già esistono. In fondo siete... non piccoli, ma comunque... giovani, e quindi siete ancora molto vulnerabili. Non è un qualcosa da usare come scusante per qualunque fatto si verifichi, ma non è neppure una vostra colpa. Insomma... è una vostra caratteristica, che va analizzata e corretta, con calma. E poi dobbiamo renderci conto di ciò
da cui tutto questo è scaturito...»
 
Ed arrivata in quella porzione di discorso si avvicinò, non proprio casualmente, a Giv, per farlo sentire più vicino al punto che stava toccando:      
 
«… e chiederci se ne è veramente valsa la pena, di svenarci e di mettere in dubbio i nostri migliori amici per un'idiozia pronunciata da una persona che... o ha perso la testa oppure aveva un po' di tempo libero da occupare.» 
 
Chinando il capo in direzione di Giv percepiva subito che sentir parlare di Grodig lo rendeva ancora nervoso: 
 
«E so che certe illazioni possono infastidire e pure non poco, ma ne è pieno il mondo di idiozie – si chinò nuovamente sulle gambe ponendosi faccia a faccia con l'amico – e noi non possiamo comporre un'apocalisse ogni qualvolta che una di queste ci sfiora personalmente.» 
 
Forse fu un eccesso di confidenza con lui... ma, dinanzi all'espressione sconsolata del suo volto, le venne spontaneo di accarezzare delicatamente il suo capo; sarebbe stato un modo di approcciarsi più indicato per una scena tra madre e figlio, ma poca importanza avevano le formalità in quel quadro così brillantemente armonioso. 
Quella mano, in seguito all'affettuoso gesto, gliela porse per fargli segno di rialzarsi, sia tecnicamente che figuratamente; con l'aiuto di Oster egli si tirò su, mentre anche gli altri emulavano la sua mossa. 
 
«Abbiamo bisogno soltanto di rilassarci, tornare lucidi. Oggi si è creata una gran confusione e quella confusione ha travolto un po' tutti, addirittura io in principio mi ero fatta assalire da essa. Gli eventi si sono concatenati ed i guai sono raddoppiati per ognuno di questi che si è verificato, si sono oltrepassati dei limiti che non si vorrebbero e non si dovrebbero mai superare e... ed è andata come è andata. Impareremo a fermarci e ragionare prima di varcare le soglie che ci dividono da ciò che ci fa del male.»
 
Piccola nella statura, giganteggiava con le sue profonde parole; adulta nel pensiero, conservava la stessa sensibilità con la quale era nata e cresciuta. Cos'altro narravano quelle labbra, se non la storia di una guerriera che ha trionfato e trionfa in battaglie di spirito contro le beffe e gli scherzi del crudele destino e del pensiero umano, che nella sua immensità tanto spaventoso può diventare? Quegli occhi, nei quali si poteva leggere ancora la stessa purezza della sua bambinesca età, riferimento ideale per chiunque cercasse riparo dai propri dolori e dubbi, che avevano dato a chi la attendeva con impazienza la tanto agognata risposta, finalmente autentica e sincera. 
 
Dopo tante stupide, complesse e ricercate... ma in fondo vuote, parole, frutto di un artificio intento a convincere con ogni mezzo, è bastato lasciarsi andare a quel profondo potere; un solo
sguardo e l'utilizzo di quell'arma hanno saputo dire tutto ciò che andava detto, senza necessità di sforzi mirati per sviare, poi confondere e poi... in fondo ingannare. 
 
Il bene non incarna certi atteggiamenti, o almeno non ha efficacia nel caso ne faccia uso. 
Il bene produce un effetto duraturo soltanto se il microfono di scena lo impugna il cuore, altrimenti è un inganno... come potrebbe esserlo il male. 
 
E la sua interprete solo parlando senza macchia aveva fatto colpo, aveva finalmente donato ciò che nel silenzio le era stato chiesto in regalo. L'aveva compreso, e aveva accettato, senza ormai più paura di fallire, la recondita proposta.  
 
Chi gioca le sue carte col cuore in mano non fallisce mai, neppure se ai più sembra uscire sconfitto dal campo. E chi sa leggere gli occhi, chi sa leggere il cuore... dichiara vincitore chi ha parlato il suo stesso linguaggio.

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Capitolo 12
*** Quello che comunemente voi chiamate amore ***


Un'arma che non vedi ma c'è, dentro di te. O almeno non la vedi fin quando non la lasci libera. E quando sarà libera allora potrai vederla, a meno che non ti abbagli e ti travolga. E se travolgerà allora sarà davvero libera. E sarà condivisa, non più confinata. Avevi bisogno soltanto di lei, così spontanea e genuina, ma non te ne eri accorta.  
  
In quella poderosa arma, ricoperta d’un benevolo bagliore, erano rimaste racchiuse tutte le risposte in vano cercate. E finalmente era stata lasciata libera ed aveva travolto, ma senza abbagliare. Ed anzi aveva affascinato... quella verità, così bella da far innamorare tanto che splendeva. Che oramai parlava pure senza aprir bocca, ed incantando si faceva scegliere senza nemmeno chiederlo, perché era attraente per natura. 
 
Lui aveva finalmente deciso da che parte stare, grazie a quello schermo di luce che, proprio sul confine, lo aveva invitato a ripensarci e a non oltrepassarlo... quel confine, la fatidica linea che separa due mondi opposti. Perché in fondo il male è fatto così, lui ti dice di provarci giacché non nuoce. Tanto tentar non nuoce, si sa. E se poi nuoce? Tu non ne sei sicuro... non lo sai, non lo hai mai provato. Lui lo sa, sa che nuoce. Ma senza inganno non vive, ed ha bisogno che tu venga a conoscenza del contrario. Tanto... dopo aver provato non importa più nulla a nessuno se nuoce, oramai ci sei dentro e non ne esci più. Sei caduto nella stessa trappola degli altri 999 ingenui che ti hanno preceduto, ora sei invischiato anche tu in quella immensa ragnatela di truffe e raggiri, dove dovrai vivere e convivere con l'anonimato e col terrore che qualcuno alle tue spalle sia pronto a metterti nel sacco. Adesso nuoce? E perché non te lo sei domandato prima? Credevi fosse inclusa una garanzia? Soddisfatto o rimborsato? No... nessuno ti renderà indietro la tua vita, e se sei rimasto insoddisfatto dell'offerta poco conta, fattene una ragione. Ciò che non uccide poi fortifica... ma tu dentro stai già morendo. E quando torni a casa non racconti più della tua giornata, sempre se ci torni a casa. E se ci torni? Forse nemmeno ne avevi voglia... di farti vedere in quello stato, rabbuiato come non mai. 
 
Ma uno su mille ce la fa. Ad uscirne? Probabilmente no. A prevenire quel male incurabile? Se il cuore capta il segnale... sì, ma è doveroso che lo faccia prima che si giunga fuori zona, quando il misuratore di campo, come un bicchiere, è ancora mezzo pieno. 
 
E quell'uno ci era riuscito, aveva captato il segnale tornando a riempire di bianco tutte le tacche del proprio cuore. Ma se quelle particolari onde erano state captate soltanto da un individuo, lo stesso non si poteva affermare per quelle vocali, che si propagavano in quell'aria deserta fino ad arrivare ad orecchie piuttosto indiscrete: 
 
«Dannata impicciona, oramai lo avevamo in pugno il mezzo ribelle. Adesso invece si schiererà sicuramente contro di noi e ne guadagneremo soltanto altre seccature.» 
 
«Fidati, è meglio che sia andata così. Non saremmo riusciti a tenerlo a bada un tipo del genere, con quel carattere ci avrebbe causato più seccature di quante ce ne abbia già portate da nostro nemico.» 
 
«Ma tu sei pazzo. O forse non hai compreso bene la situazione? Per quanto possa essere fastidioso per colpa della sua indole, sarebbe almeno ideologicamente dalla nostra parte. Potrebbe rivelarsi forse troppo avventato, magari deciderebbe di intraprendere qualche iniziativa personale, ma male che vada...» 
 
«Ma dico io, stai scherzando?» tuonò, facendo sobbalzare il proprio collaboratore.
Poi, moderando il tono della voce, riprese: 
 
«Chi lo vuole un viziato del genere con sé? Abbiamo i nostri equilibri da preservare e non possiamo esporci a certi rischi solo per mantenere il piccolo Che Guevara. Questo qui io non lo voglio con me.» 
 
«Capisco, ma anche averlo contro non gioverebbe a...» 
 
«E lasciami parlare per carità, se mi interrompi ancora una volta sta sicuro che ti spacco la faccia.» 
 
Lui pose le mani avanti, come per chiedere scusa. 
 
«Io questo qui non lo voglio con me, ma questo non implica che lo voglia contro - indicò se stesso - di me. Devo renderlo inerme, voglio averlo stretto nel mio pugno. Il biondino diverrà il mio robot, nulla potrà fare al di fuori di quello che io – batté la mano sul petto – gli comanderò. Non lo avrò né con me né contro di me, ma semplicemente al di sotto di me.» 
 
«Non ho chiara in mente la maniera con cui attuerai il piano, ma sono sicuro di potermi fidare.» 
 
«E fai bene a fidarti, mi conosci e sai perfettamente che non ho mai fallito nessun obiettivo. Per uno come me sarà poco più d'uno scherzo incastrare quel moccioso.» 
 
Ma per fortuna – o per sfortuna forse -  i protagonisti del lieto evento non erano a conoscenza della presenza dei quattro inattendibili occhi che da tempo li monitoravano, e perciò potevano godere con tranquillità del loro momento di riappacificazione: 
 
«Hey, sta a vedere che nel mezzo di questa baraonda d'emozioni rischiavo di dimenticare i tre poveretti che sono lì dietro.» 
 
Accompagnata da un delicato sorriso e dal suo ritrovato ottimismo, con molta calma, si appropinquò all'atipico trio formato da Zadi e la sua principale fonte d'ilarità, con l'aggiunta di una new entry: una piccola bimba, sorella di Gord, trovatasi coinvolta emozionalmente in una vicenda della quale non conosceva alcun dettaglio e sulla quale non possedeva alcuna colpa; chissà quale impatto potevano avere avuto su di lei quegli scossoni di nervosismo e paura, che senza dubbio l'avevano colta di sorpresa, chissà che effetto applicavano su una mente così giovane; giovane ancor più delle altre, sulle quali parevano averne avuti alcuni che se non si voleva definirli negativi si poteva dire certamente che fossero stati l'esatto contrario di positivi. Glielo si doveva domandare, perché d'altronde era l'unica maniera esistente per scoprirlo: 
 
«C'è questa dolce donzelletta – esordiva con tono vivace e spiritoso – che oggi ne ha passate e combinate di tutti i colori. Carissima amica mia, che ho visto piangere, piangere ed ancora piangere, che ha sofferto tanto e si è rivelata tanto debole, anche se poi – la urtò col gomito - correva forte quando cercavo d'afferrarla.» 
 
E fu in quel caso che alla giovane scappò la prima risata della serata, inopportuna forse, considerato che andava a prendersi gioco di una situazione certamente poco rosea del suo recente passato, ma sicuramente genuina per il suo spirito; ed anzi quel suo essere inopportuna rendeva ancora più l'idea che Oster fosse riuscita a riportare serenità nell'ambiente, poiché pure del "black humor" poteva provocare reazioni benefiche. 
 
«Di ciò che è successo nel mezzo non ho informazioni, non so in che modo e con quali maniere tu abbia riportato dietro Giv... ed in realtà non ho chiaro nemmeno il motivo per cui tu lo abbia fatto scappare, ma attenendomi a ciò che tu hai detto devi aver sbagliato qualcosa. Magari sarei potuta restare lì con te per chiedertelo - accennò un sorrisino imbarazzato – invece di piantarti in asso, però pare che i fatti siano filati bene così e perciò io me la sono cavata.» 
 
Sotto gli occhi a dir poco incantati del redento, la giovane entrava sempre più in quel suo ruolo di leader che aveva sempre sognato d'interpretare e per il quale pareva essere modellata ad hoc; totalmente immersa nel suo enunciato, cominciò pure a gesticolare ed a camminare in tondo sul posto come un presentatore sul suo amato palco: 
 
«In fondo l'importante è che mi sia piaciuto il finale: tu, zuppa dalla testa ai piedi come un polpo messo a mollo nella pentola, con lo stanco Giv appoggiato alle tue spalle come trofeo finale di un lungo e pericoloso viaggio. Sì sì, sembravi un po' il protagonista di un videogioco che salva la principessa rinchiusa nel castello!» 
 
Zadi, notando la clamorosa gaffe, rischiò seriamente di cadere preda d'un forte attacco di riso, ma riuscì a contenersi e a trasformare le risate in un'espressione facciale che voleva dirle "fai sul serio?". 
Ma dal momento che Oster non era ancora arrivata a comprendere il perché di quella faccia perplessa, ne chiarì lei il motivo concedendosi pure un ghigno d'accompagnamento: 
 
«Ch... ch...  principessa? Ch...»  
 
Comicamente imbarazzata, con una mano a tapparsi la bocca ed una in aria con l'indice alzato a far segno di no, provò a giustificarsi: 
 
«Ovviamente a parti invertite.» 
 
...ma senza successo: 
 
«Fino a prova contraria, non ho ancora fatto il cosplay di Zelda!» 
 
Finalmente era tornata ad accarezzare i volti dei ragazzi quella buon aria fresca di armonia, che per troppo tempo era stata soffocata dai gas tossici del fuoco precedentemente appiccato; gli sguardi felici erano tornati ad abitare negli occhi dei ragazzi, che sentivano di essere tornati di nuovo a casa dopo lo smarrimento tra i vicoli del dubbio e della sfiducia. 
 
Ora che pure Giv aveva cancellato e dimenticato quel livore che aveva macchiato il suo viso ed il suo cuore, era giunta anche per Neiv l'ora di svegliarsi dal suo stato d'incanto: 
 
"Devo ringraziare voi, perché so che fino a quando sarete con me io non sarò in pericolo. Chissà quale brutta fine mi avrebbe atteso se non mi aveste fatto tornare a ragionare, chissà dove mi avrebbero portato quei miei pensieri malati ed insensati. Adesso, grazie a voi, ho capito che vincerò senza aver alcun bisogno di quello stupido odio che mi spingeva a proseguire da solo. Ma grazie soprattutto a te, che con le emozioni regalatemi mi hai curato dal mio male." 
 
Pensando ciò sorrise, e poi ripeté a bassa voce quelle parole che avevano pervaso la sua mente: 
«Grazie a tutti.» 
 
Oster, dalla sua posizione, udì solo un sibilo e perciò ignorò che potesse rappresentare qualcosa di importante, anzi, proseguì in piena libertà la sua digressione su Zadi: 
 
«Adesso, volendo evitare di continuare a ridere della mia... ch... ch...» 
 
Contagiata pure lei dal clima di divertimento che s'era andato a creare, scoppiò a ridere rumorosamente; ricompostasi, qualche secondo dopo, puntualizzò sulla manovra attuata dagli amici: 
 
«Bravi bravissimi, siete riusciti a rovinare il mio momento poetico.» 
 
Si guardò intorno e poi, con la voce spezzata dalle risate, continuò a punzecchiarli:  
 
«E dalle facce soddisfatte deduco che non vi dispiace nemmeno, vero?» 
 
Nonostante tutto, però, riuscì a riconquistarsi il suo spazio ed a sfruttarlo nella miglior maniera possibile: 
 
«Beh, tutta questa disamina... solo per dirti che ti apprezzo davvero tanto.» 
 
Le si gettò contro, per poi abbracciarla con delicatezza. 
 
"Ho per caso una calamita addosso oggi?" 
 
«Per il coraggio che hai dimostrato, per la voglia che hai avuto di riparare al tuo errore e...» 
 
Lei, quasi imbarazzata e tentennante, la interruppe: 
 
«Era quello che sentivo di dover fare, sapevo che... insomma, non so come dirlo. Dovevo farlo e l'ho fatto, era ciò che provavo e... mi sono lasciata guidare.» 
 
«… e per la tua spontaneità.» 
 
Poi, sussurrando, decise di farle venire i brividi: 
 
«Credimi, sei unica.» 
 
Mollò la presa e la lasciò libera; lei osservò la fasciatura che era stata apposta alla sua caviglia e, con quello sguardo, fece una promessa a se stessa. Nessuno fiatò per qualche istante, fino a quando non fu Giv a scegliere di rompere quel silenzio, molto ironicamente: 
 
«E grazie per aver deciso di condividere la tua futura influenza con me!» 
 
«Oh, di nulla. L'ho fatto solo perché sarebbe stato un peccato sprecare il numero di assenze che ci concedono a scuola!» 
 
Si agisce spesso così tra amici: le dichiarazioni più serie si esprimono con una risata. È raro che qualcuno trovi il coraggio di esternare la propria gratitudine verso un compagno in maniera esplicita, ed è per questo che la si maschera con battute o simili. Non è affatto vero che tra amici si dicono solo stupidità, tra amici si dicono tante cose serie ma senza fare sul serio, eccezion fatta per i poeti... che con le parole ci sanno fare e non hanno alcun timore di dimostrarlo: 
 
«Lo capisci perché mi piaci così tanto?» 
 
Zadi, meravigliata dalle sue straordinarie capacità dialettiche, si voltò nuovamente verso di lei, curiosa di scoprire come le avrebbe utilizzate in quell'occasione. 
 
«Tu tratti un'impresa eroica come un fatto insignificante, banale, semplice. Ti comporti come se non avessi compiuto nulla di speciale, come se ti fossi limitata a... non so, a... prestargli una penna durante il compito di matematica, ecco. Guarda che certi scrittori, con molto meno, scrissero intere opere e...» 
 
«Ma io non ho fatto nulla di speciale, l'ho già detto prima che ho fatto soltanto ciò che sentivo... e niente di più. Insomma...» 
 
Avvertendo di avere tutti gli occhi puntati addosso abbassava lo sguardo per provare a sfuggirli, consapevole che quello stato di soggezione non l'avrebbe comunque abbandonata; pur se esitando, riuscì a trovare le giuste parole: 
 
«… io credo che i gesti di amicizia debbano essere spontanei. Altrimenti sarebbero – si fermò per qualche secondo facendo battere più volte tra di loro gli indici  delle mani – forzati, quindi non d'affetto. Avrebbero qualche altro significato, ma non lo stesso che ho trasmesso io prima.» 
 
Al di fuori di Oster che sorrideva soddisfatta della reazione della ragazza, chiunque in quell'angolo di piazza era del tutto immerso nell'ascolto delle sue parole, anche se lei pareva non gradire tanta attenzione: 
 
«E voi volete smetterla di fissarmi?», disse alzando gradualmente il tono della voce, comunque non
arrivando ad urlare. 
 
«Mi mettete a disagio.», concluse abbassandolo. 
 
E d'improvviso spuntò una voce che era stata poco udita fino a quel momento, di un personaggio che poco aveva udito... da sempre: 
 
«Sicura che siamo stati a noi a metterti in imbarazzo?» 
 
«Cosa staresti insinuando?» 
 
«Lo sai.» 
 
«No!», esclamò con timbro più acuto. 
 
«Sì che lo sai.» 
 
«Non lo so.» 
E si voltò, evidentemente appagato, verso la sua vicina di posto. 
«Hai colto nel segno, fratellone!» 
 
Paff, batticinque! 
 
Ma le sue allusioni non erano andate giù a Zadi, che perciò controbatteva: 
 
«Tutto d'un tratto ti sei svegliato dal torpore? Adesso sei tu a prendere in giro me?» 
 
"Chissà che significa precisamente torpore... bah." 
 
«La vendetta è un piatto che va servito a sangue freddo.», esclamò borioso, senza notare l'evidente errore nella sua frase. 
 
«Va servito freddo, senza sangue.» 
 
«Tu sei piccola e non lo capisci. I piatti al sangue sono più gustosi.» 
 
Mino fece scorrere lentamente il palmo della mano sul suo volto: 
 
«Lascia perdere...» 
 
E mentre loro due portavano avanti una discussione alquanto inutile, un biondino, posto in posizione defilata, vedeva ridipingersi sul viso un sorriso che era invece più che utile, per il suo benessere – e per quello altrui futuro – e la sua salute; e loro tutti erano riusciti a ridipingerlo quasi senza accorgersi di aver impugnato il pennello, che in realtà avevano adoperato davvero egregiamente. 
 
Non ci si accorge di quanto bene si fa agli altri senza neanche intenderlo, di quanta gioia si diffonde vivendo con semplicità ed essendo solamente se stessi. Senza sforzarsi, a volte, si possono raggiungere obiettivi che altri farebbero risaltare come grandi imprese, soltanto perché se li erano prefissati.  
 
Non stanchiamoci mai di elogiarci e ringraziarci per i sorrisi ed il bene che doniamo, ogni giorno nella nostra quotidianità, senza neppure volerlo, perché checché se ne dica... non rappresenta un atteggiamento di vanità, ma consapevolezza di essere parte integrante del bene di questo mondo. 
 
Neiv ruotava leggermente la testa a destra e a sinistra per constatare quanto fosse effettivamente cambiato il colore dell'area e dell'aria intorno a sé: una zona cupa e desolata, come era quella esterna all'immenso stadio, si trasformava tutto d'un tratto in uno di quei luoghi intrisi di magia e poesia, al pari dell'ermo colle di Leopardi. Ci sono luoghi, gesti, oggetti, segni... che perderanno il loro mero valore originale per acquisirne uno ben più speciale, quello dei ricordi a cui sono legati; ognuno lì già sapeva, o avrebbe poi scoperto, che quei pezzi d'asfalto, di plastica, di fibra sarebbero divenuti parte integrante della loro vita, così che ogni volta che li avrebbero osservati avrebbero potuto ripensare all'unicità di quella giornata. 
 
Ma quanto male si subisce senza notarlo? Perché è fondamentale non farsi notare: 
«Per quanto ancora dovremo sorbirci le pagliacciate degli allegri...» 
 
Paff! Un altro cinque che batte, sulla faccia stavolta. 
 
«Dannazione, devi smetterla di coprire quelle poche parole che arrivano! Zitto e ascolta, tutto può esserci utile.» 
 
«Cosa me ne faccio del...» 
 
«Ho detto zitto! L'esperto sono io e so io come lavorare. Tu limitati a fare ciò che ti dico io o giuro che ti faccio licenziare seduta stante, sei un dilettante e da tale ti devi comportare.» 
 
Ogni tanto lasciava trasparire il suo ego smisurato e il suo atteggiamento da vecchio lupo, ma riusciva comunque a mantenere sempre la calma col suo sottoposto, che nulla faceva per agevolargli il lavoro. 
«Secondo me dovremmo attaccarli subito direttamente, senza temporeggiare così tanto. Sai cosa intendo, vero?» 
 
«So benissimo cosa intendi, ma bisogna muoversi con cautela. Prima si capisce come agire, e poi si agisce. Questo non è un lavoro per ragazzini esaltati, se vuoi diventare come me allora devi prima imparare a lavorare con serietà, io da giovane non ho mai fatto di testa mia.» 
 
Adesso, invece, poteva illudersi di farlo; sono questi i vantaggi d'essere un gran veterano. 
 
… 
 
«Comunque, secondo me si vergogna solo di Giv, perché ne è...» 
 
Zadi avvertì il pericolo giusto in tempo, giusto in tempo per evitare il più grande imbarazzo della sua vita: 
 
«Ferma!», urlò. 
 
La bimba, divertita, si ammutolì. 
 
«Non provare a dire ciò che stavi per dire. Io so cosa stavi per dire.» 
 
Gord si intromise nuovamente nel dibattito: 
 
«Perché hai la coda di paglia.», aggiunse con tono saccente e tenendo l'indice alzato, manco fosse la bocca della verità. 
 
E nella sua inutilità generale, riuscì quantomeno a far uscire Zadi da quella fase di scarsa disinvoltura che poco le si addiceva, anche se era chiaro non fosse il suo reale intento. 
 
«Hey, voi due in coppia vi rivelate davvero letali. Ed io che pensavo di sapere tutto di Gord...» 
 
Fece prima un passo avanti, poi cominciò a scuotere leggermente la testa mentre mandava strane occhiate all'amico; distolse lo sguardo da lui e cominciò ad elencare le sue numerose "malefatte": 
 
«Le distrazioni durante i sorteggi, Sindi e Sand, la mortadella, il Dramma Drammatico...» 
 
E mentre lei proseguiva nello stilare la lista, i due consanguinei confabulavano tra loro: 
 
«Ma cosa sta dicendo?» 
 
«Cose vere, fratellone.» 
 
Zadi, avendo udito la discussione tra i due, arrestò il suo monologo, sollevata dall'idea che fosse tutto finito; ma, purtroppo per lei, fratello e sorella avevano ancora varie frecciate al loro arco: 
 
«… che servono per provare a cambiare argomento.» 
 
«Esatto, altrimenti si sentirebbe a disagio, perché vorrebbe fingere...» 
 
«Ma al cuor non si comanda!» 
 
Zadi, un po' indispettita, batteva il piede per terra... 
 
«Perché è un muscolo involontario.» 
 
«Fratellone, vuoi smetterla di rovinare i miei interrogatori con queste considerazioni buttate giù a caso?» 
 
...e, giunta al limite della sopportazione, decise di intromettersi: 
 
«Ma quali interrogatori? Cosa c'entrano adesso gli interrogatori? Ho un legame speciale con Giv e non mi vergogno affatto a dirlo.» 
Ed era evidente che non mentisse, non dava infatti nessun segno di nervosismo o imbarazzo stavolta, neppure un leggero arrossimento. Chi forse trovava un po' più scomoda la situazione era invece l'altro protagonista della vicenda, sul quale si erano istantaneamente spostati tutti gli sguardi dei presenti. 
 
"E adesso cosa me ne faccio delle cotte studentesche di questi qui? Il gran visir dice di avere tutto sotto controllo, ma chissà se ha davvero trovato una validità in tutto ciò. Secondo me inizia a non capirci più nulla... però non vuole perdere credibilità, quindi recita la parte di quello sicuro dei propri mezzi." 
 
"Ho oh, legame speciale. Dopo averlo fatto intendere più e più volte, lo conferma a parole. Era proprio questo che volevo sentirti urlare!" 
 
«Compagno, secondo me non ne caveremo...» 
 
Ed era proprio mentre il collaboratore cercava di fargli notare il contrario, che lui si era definitivamente convinto di aver agito al meglio: 
 
«Siamo a cavallo! E da ora in poi continueremo a segnare solo punti a nostro favore! Ne sono certo al cento per cento, amico caro.» 
 
E pronunciò erroneamente quella parola "amico" che poco coincideva col tipo di rapporti che solitamente instaurava. Ma era stato probabilmente soltanto uno scherzo giocato dall'euforia. 
 
"Forse sa davvero quello che fa. Anche se io continuo a non capire... bah, ma d'altronde è lui quello esperto. Adesso spero solo di poter fare ritorno a..." 
 
E non ebbe neppure il tempo di elaborarlo, che il suo sogno subito venne mandato in frantumi: 
 
«Adesso non ci resta che continuare le nostre indagini alla solita maniera. Mantieni in funzione l'amplificatore della Cuball, perché ho il presentimento che ne sentiremo ancora delle belle.»
 
Pure aprir bocca diventava impossibile quando l'esperto vulcano era in eruzione: 
 
«Ma adesso raffreddiamo i bollenti spiriti, ricomponiamoci, rimaniamo tranquilli. Non vorrei certo che la troppa esaltazione condizionasse il tuo lavoro.» 
 
"In realtà è lui che si è esaltato, io non..." 
 
«Sei lucido?» 
 
«Io non ci ho ancora capito nulla, a dir la verità.» 
 
«Ti fai prendere dall'emozione, si vede. Ma adesso ricompattati, non posso fare sempre tutto io.» 
 
Marcò molto, come al solito, quell'ultima parola. Come marcato, a vista, era Giv da parte di tutti i suoi compagni... 
 
«È un gioco a chi si vergogna di più?» 
 
Nessuno fiatò. 
 
«Ed ho l'impressione che vogliate far vincere me, vero ragazzi?» 
 
Nessuno fiatò per la seconda volta, in modo da non rovinare la sacralità del momento. 
 
«Ma non raggiungerete il vostro obiettivo a quanto pare. Io sono dello stesso parere della mia migliore amica, dal momento che non mi vergogno di dire che lo è.» 
 
Rimasero tutti alquanto spiazzati, più per la scioltezza con cui avevano dato la risposta che per la risposta in sé; ci sarebbe stato sicuramente tutto un altro gusto nell'osservare due mocciosi impacciati, e fu proprio quella beffa a non andare giù ai ragazzi. 
Sia Giv che Zadi sorrisero divertiti dall'esito della vicenda, l'uno si diresse verso l'altra, che gli indirizzò un occhiolino come a dire "ben fatto", lui sollevò la mano e attese l'arrivo del batticinque; un bello schiaffo morale per coloro che avevano creduto di aver avuto a che fare con due ragazzini normali! 
 
«La vita non è sempre come un libro sdolcinato con gli adolescenti che arrossiscono.», esclamò lei con chiaro atteggiamento di superiorità. 
 
«Sappiatelo.», concluse allargando le braccia in avanti. 
 
Ad interrompere il tutto dovette arrivare la paladina dell'amicizia, anche perché altrimenti le discussioni si sarebbero protese fino a tarda notte. 
 
«Scusate, potrei avere la vostra attenzione?» 
 
Si voltarono verso di lei. 
 
«Io non vorrei fare la guastafeste che rovina gli attimi di compiacimento di Zadi e Giv, tra l’altro meritatissimi, però ho un piccolo sentore che mi dice che arriveremo a fare le ore piccole se continuo a lasciarvi comporre gag in tutta libertà, e considerando che il sole ci ha già abbandonati... direi che sarebbe conveniente cominciare ad incamminarsi.» 
 
Ognuno si guardò intorno... confuso, pure per cercare gli sguardi altrui a cui chiedere "cosa si fa adesso?" 
 
«Anche perché credo che nessuno qui abbia avvisato a casa del possibile ritardo, o sbaglio?» 
 
«Ed è pericoloso lasciare una bambina piccola per strada a quest'ora, giusto?» 
 
Mino proibì il diritto di replica ad Oster e decise di difendersi autonomamente: 
 
«Semmai è pericoloso lasciare te per strada, non si può mai sapere che ti incammini per cercare la casa del protagonista di Dramma Drammatico.» 
 
«Quindi mi staresti dicendo che...» 
 
La biondina intervenne ancora con la sua voce prorompente: 
 
«ALT! Era proprio questo che stavo cercando d'evitare.» 
 
«Scusaci.», le risposero all'unisono. 
 
«Quindi questa strana giornata è giunta al termine.» 
 
«Pare di sì, Grey.» 
 
Respirò profondamente. 
 
«Bene, allora dobbiamo salutarci. Tanto domani dovremmo comunque rivederci a scuola, e quindi i due – metteva adesso tra virgolette - migliori amici potranno di nuovo stare insieme.» 
 
«Non finirà mai più questa storia, vero?», commentò, pungente, Zadi. 
 
«Ne dubito.», le confermò Boost. 
 
«Prendiamo le nostre strade. A domani!» 
 
Tutti fecero un cenno di congedo e imboccarono vie diverse, solo una persona rimase ferma al suo posto, da cui non si era in realtà mai smosso; questo fece incuriosire Oster, che allora frenò il suo passo e si rivolse a lui: 
 
«Neiv, tu rimani qui?» 
 
«Ehm...» 
 
Era non poco titubante. 
 
«Hai qualche problema per caso?» 
 
«No, è che...» 
 
«Che...?» 
 
«Che vorrei... insomma... dirti alcune cose. E dal momento che c'è, che poi... abbiamo una parte di tragitto in comune, potrei dirtele adesso.» 
 
Un periodo disordinato e dei movimenti molto poco spigliati, si vedeva lontano un miglio che era messo sotto pressione. Chissà da cosa poi. 
 
«Sai che non ti credevo così insicuro?» 
 
Fece uno sforzo per riacquistare la calma, così che riuscì quantomeno ad articolare una frase di tre parole senza incespicare su ognuna di esse: 
 
«Non lo sono.» 
 
Oster avrebbe potuto anche dirgli "chi vuoi prendere in giro?", ma preferì farglielo intuire. 
«Di solito.» 
 
«Di solito no? Adesso invece sì?» 
 
«No, non è così...» 
 
Lei portò la mano sinistra in avanti, in segno di stop. Forse non aveva voglia di sorbirsi un elenco infinito di scuse, che poi non erano altro che toppe apposte su una scucitura di vergogna. 
 
«Forse prima non hai recepito bene il messaggio? Vorrei non facessimo notte con gag da quattro soldi. E con gag da quattro soldi intendo anche questo, io che ti faccio domande scomode e tu che finisci nel pallone perché... boh, il perché lo conosci soltanto tu. Poi scomode – roteò la mano - si fa per dire.» 
 
«Sì, scusa.» 
 
«E sbloccati, dai! Non mi piace parlare con gli imbranatoni!» 
 
Neiv, sollecitato dalla compagna, si sbloccò: 
 
«E tu sei molto schietta a quanto pare.» 
 
«Mi costringi ad esserlo, sennò tu rimani impalato!» 
 
«Quindi lo sei!» 
 
Attese qualche istante per dare all'esclamazione successiva un'enfasi tipicamente teatrale: 
 
«E quindi mi ritieni... imbranatone?» 
 
«La smetti, Totò?» 
 
«Ah, allora sei un intenditrice.» 
 
Le indirizzò un occhiolino in segno di stima, ma lei, stufa di tanti temporeggiamenti, neppure lo notò. 
 
«Sì, la smetti.» 
 
Lo prese per il braccio e cominciò a trascinarselo con sé. 
 
«Altrimenti inizio davvero a credere che tu abbia timore di esprimere ciò che pensi.» 
 
«E va bene.», disse rassegnato.
Lo mollò, e così si incamminarono sulla via di casa. 
 
… 
 
«E allora? Mi pare che volessi dirmi qualcosa. Suppongo sia importante.» 
 
Annuì. 
 
«Beh, volevo solo ringraziarti.» 
 
«Ringraziarmi.», disse col tono di chi pensa ad alta voce.  
 
«Ringraziarti, sì.»,  
 
«E perché poi?» 
 
Bisognava proprio soffermarsi ed analizzare a fondo quella scena, che possedeva delle caratteristiche                    davvero singolari. Si era formato un quadro davvero particolare, dove si discuteva di argomenti
 - almeno secondo le premesse - seri, in seguito ad alcuni avvenimenti quasi melodrammatici, ma avvolti da un aria tutt'altro che tesa, anzi... piuttosto distesa. 
 
Sembrava di osservare due colleghi di ritorno da un bar che ammazzavano il tempo parlando del più e del meno, di cosa avevano mangiato a cena o di che tempo faceva, eppure non parlavano certamente di roba del genere. Ed infatti pure loro lo sottolineavano... 
 
«Perché, insomma, nessun altro avrebbe saputo tirarmi fuori da quel guaio. Spesso sono scontroso anche nei momenti di tranquillità, non sono un tipo che accetta consigli e che si fa convincere dalle chiacchiere altrui. Tu invece, in una situazione così complessa, ce l'hai fatta.» 
 
Oster non ribatteva, ma si limitava ad ascoltare con estrema attenzione. 
 
«Forse perché... le tue non erano chiacchiere...» 
 
Modificò impostazione vocale, calò lo sguardo: 
 
«Quando, dopo la nostra rissa, hai parlato tu ho avvertito qualcosa di diverso, che nulla aveva a che fare con ciò che avevo sentito all'inizio del primo discorso. Le tue parole mi hanno catturato, mi hanno fatto sentire bene... di nuovo, perché ero stato tanto male. Grazie a te, senza rendermene conto... ho capito di aver sbagliato, e non ne ho compreso pienamente il motivo, ma so che è stato qualcosa di straordinario.» 
 
Oster, dal canto suo, non seppe dire altro che: 
 
«Capisco.» 
 
Ma Neiv era un fiume in piena, pieno di sentimenti: 
 
«Forse è che... nessuno era stato ancora così sincero con me. Tutti mi avevano affrontato come se avessero preparato un copione per farlo, perché il loro obiettivo era convincermi a tutti i costi. Tu non hai fatto così, perché hai reagito in maniera così naturale...» 
 
Oster era visibilmente colpita dalle parole dell'amico. 
 
«Ed allora ho capito che ciò che dicevi significava davvero qualcosa per te, e non era più un discorso da leader politico, come lo chiamavo io, che mirava a farmi cambiare idea con espressioni e intonazioni convincenti. Nessuno voleva più ingannarmi...» 
 
«Neiv...» 
 
«… come avevano sempre fatto tutti.», concluse con voce strozzata. 
 
«Va tutto bene?» 
 
«Adesso sì. Scusami se ho avuto questo sfogo proprio con te.» 
 
E strofinò i polsi sugli occhi per arrestare quel principio di lacrima che era appena nato. 
 
«Forse, se avessi avuto un'altra persona affianco non avrei saputo fermarmi.» 
 
Un morbido sorriso si allargò nuovamente sulle sue labbra. 
 
«Ma con te riesco ad essere tranquillo, spensierato. La tua energia positiva mi contagia e mi trasporta, come è successo qualche istante fa.» 
 
Mosse altri due passi con velocità media, poi uno allentato e poi nulla più; lei pure interruppe il passo. 
 
«Sei qualcosa di straordinario, e non capisco come... come si possa essere così straordinari.» 
 
Ci rifletté per un secondo, inspirò ed espirò.  
 
«Dietro c'è una lunga, lunghissima storia composta da personaggi ed avvenimenti unici. E prometto che la racconterò al ragazzo che più ha creduto in me, e solo ed esclusivamente a lui.» 
 
Neiv sentì dentro di sé una gioia talmente forte, che non poté evitare di esternarla: 
 
«Sai che ti voglio così bene da amarti?» 
 
Ed Oster non potè fare altro che rispondere ironicamente: 
 
«E poi chi era quella schietta?» 
 
Lui allargò le braccia, mentre col volto diceva "non lo negherai proprio a me un abbraccio?" 
 
E fu il terzo abbraccio amichevole della giornata, che il biondino sfruttò anche per comunicarle un messaggio ravvicinato: 
 
«Da collega a collega, ovviamente.» 
 
«Ah, Da collega a collega. È così che tu rimedi a certe dichiarazioni?» 
 
Una volta lasciatisi, Oster gli diede una scherzosa spintarella: 
 
«La prossima volta rifletti sul senso di certe paroline magiche, invece di rimediare usando i termini da me coniati.» 
 
«Lo conosco il senso.», gli rispose "offeso". 
 
«Su, riparti. Prima che mi venga voglia di approfondire l'argomento.» 
 
«Ma io ho detto solo ciò che sentivo e...» 
 
«E smettila di rubare le battute altrui!» 
 
«E va bene, ti accontento.» 
 
… 
 
"Sfoghi dovuti a chissà quale vecchio ricordo, lunghe storie da origliare, rapporti molto stretti..." 
 
«Questo qui ce lo lavoreremo per bene.» 
 
«Adesso capisco cosa intende. Questi ragazzi non avranno più pace...»

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Capitolo 13
*** Nostalgia di qualcosa di frizzante ***


Ore 22:00: nel piccolo monolocale si respira un aria fin troppo fredda per essere un inizio di settembre; solo le fioche luci dei lampioni provenienti dall'esterno rendono l'area della stanzetta percettibile, che altrimenti sarebbe illuminata soltanto dall'intensa e concentrata luce del laptop; le pupille stanche continuano a fare su e giù, come la rotella del mouse, in cerca di qualche altra informazione utile; gli archivi sono affollati e confusi, prima o poi toccherà riordinarli, magari la mattina dopo.

«L'affare Cuballs è stato già preparato sottobanco, anche se ufficialmente non se ne sa ancora nulla. Sono anni che lavorano in questa maniera, tutti i miei dati lo confermano. Immischiarsi nei loro imbrogli non conviene a nessuno, ma non posso lasciare che anche quest'altra operazione vada in porto. Tutto questo schifo non posso più sopportarlo, e se la polizia non si mobiliterà... allora vorrà dire che porterò avanti questa battaglia da sola.»

Batte il pugno sul tavolo con molto autocontrollo; nell'espressione rimane impassibile, ma nella testa già suona un'intera orchestra di nervi; il busto e le gambe sono estenuati, gli occhi e la testa pure, ma sono solo i frutti di un lavoro infame. Eppure lei non è una che ci pensa su, da quando si è messa in testa quella pazza idea non è più tornata indietro, nonostante i consigli.

Distende tutti gli arti per trovare un po' di sollievo, mentre la sua lunga treccia si libera al di dietro della sedia; si concede un sorso d'acqua, poi si arrotola i capelli attorno all'indice destro, al letto non dà nemmeno uno sguardo, e allora torna subito a lavorare. Il suo lavoro sarà pure infame, ma lo ha scelto in piena libertà senza mai lamentarsene; dice di esserne innamorata, nonostante contempli solo il dare e non l'avere. Forse la definivano pazza per una buona ragione.

«Pare che siano attivi anche sull'International Cuballs Tournament, ma chissà se cercano qualcosa di preciso oppure se stanno soltanto sondando il campo.»

Apre una pagina Internet e scorre in fretta tra un enormità di voci: luoghi, date, partecipanti, numero di spettatori. Rimane sempre imperturbabile, non le trema neppure un dito, e si limita a ripetere una sequenza di azioni: consulta, leggi, scrivi, consulta, leggi, scrivi. Chissà se si rivelerà davvero utile quell'ammasso di dati, ma intanto lei continua ad appuntare consapevole di saper fare il proprio lavoro. Il ciclo va avanti, nonostante la stanchezza; gli occhi restano aperti, ignorando il peso delle innumerevoli fatiche; il cervello non va un attimo in stand by, rimane sempre attivo. Tutto gira perfettamente, nulla può fermarla.

"Mino, Neiv..."

La pagina rallenta per qualche secondo.

«Dai, scendiamo un po' più giu.»

"e Oster."

«Oster?»

Balza dalla sedia provocando un forte rumore.

«Oster!»

Ma subito riesce a riconquistare la calma, ragionando:

"Boh, magari è solo un omonimo."

Clic sul nome per aprire la scheda del profilo.

«Cavolo, è inconfondibilmente lei! Però è rimasta proprio identica a come era da bambina, ha un volto che riconoscerei tra mille.»

Distolto lo sguardo dalla foto, passa ad un veloce giro panoramico tra le sue generalità, di cui una in particolare risveglia il suo senso dell'umorismo:

«E anche in altezza non è che sia lievitata.»

Ma messe da parte le spiritosaggini, immediatamente scatta un meccanismo nostalgico:

«Ah, che bei tempi però...»

Allunga il corpo sulla sedia quasi come se si trovasse su una sdraio da mare, dimenticandosi di quanto può essere rigido uno schienale di ferro; alza il capo verso il soffitto, fissandolo come se fosse un bel cielo accesso d'estate, quando in realtà è a malapena visibile; finalmente dona un po' di pace al suo sistema nervoso, che aveva un grande bisogno di spezzare il ritmo; i pensieri che circolano nella sua mente adesso sono più frivoli, ma di certo non meno importanti.

«Sembravo la paladina della giustizia, soprattutto quando la difendevo dai bulli. Passavo ore ed ore a parlarle del coraggio, della fiducia in se stessi... e lei mi ascoltava in silenzio come se fossi la bocca della verità, quando in realtà ero solo una povera pazza. Quante volte mi sono messa nei guai e le ho prese di santa ragione per difendere lei, per difendere le mie idee e la mia dignità... già, quante volte.»

Si alza nuovamente in piedi e, tra la morbidezza del pigiama in cotone che le accarezza la pelle e il lieve rumore delle pantofole che incontrano il suolo, comincia a girare per tutto l'appartamento.

«Sarà stato pure un periodo bizzarro, ma sembra quasi che mi manchi. Non avevo ancora bisogno di studiare come oggi, anzi... lo studio lo evitavo in ogni maniera possibile, ed ero proprio una frana se si parlava di voti. Sarà per questo che poi l'ho abbandonata la scuola, non mi andava a genio l'idea di studiare qualcosa che non avevo scelto io. Se ci penso intensamente riesco ancora a sentire la ruvidità del terreno fangoso su cui ruzzolai, mi avevano spinto per vendetta e, caspita, avevo anche i calzoncini a tre quarti. Però, alla fin fine credo di aver pareggiato tutti i conti in sospeso, qualche questione credo di averla chiusa addirittura in attivo.»

Entra in cucina e schiaccia con l'indice l'interruttore della luce, mentre le memorie passate continuano a scorrere nella mente come l'acqua nel bicchiere. Il suo sguardo dubbioso è puntato verso l'alto, lentamente allontana il bicchiere dalle labbra e poi con un solo scatto lo fa picchiare con vigore contro la tavola.

«No, non ho pareggiato tutti i conti, con lui proprio no.»


«Prof, non credo che andremo molto d'accordo.»

«Giovane, mi stai minacciando?»

«È una questione di punti di vista.»

«Scherza poco con me, non sono per nulla indulgente.»

«È intimorita da me per caso?»

«Ha! Ma senti questa. Cosa mi farai? Non ho paura dei maschi che potrebbero fare a botte con me, figurati se ho paura di una femmina.»

«Si figuri se io ne devo avere di un maschio come lei.»

«La penna ce l'ho in mano io, e decido io cosa scriverà.»

«Non ho mai avuto paura delle penne.»

«Faccio finta di non averti sentito per oggi, non ti considero nemmeno. Queste ragazzate le conosco bene, giusto il tempo di sentirsi più grandi e poi tutto cessa. Non durerà troppo questa sensazione, alla fine tornate piccoli piccoli come pecore, subito vi sgonfiate.»

«Credo invece che dalla pazzia non si guarisca.»

«Tutti pazzi, super fighi e ribelli a questa età, vero?»

Prese bene la mira con gli occhi e la avvisò:

«Femmina, è meglio che capisci come girano le cose prima che è troppo tardi e cominci a girare altro.»

«La sua raffinatezza mi fa venire i brividi, lei sì che è un vero maschio.»

Poi gli voltò le spalle.

«Ci vedremo quando, come dice lei, la mia sfrontatezza sarà terminata. Nel frattempo si faccia un ripasso del congiuntivo, non le farebbe male.»

 

Riprende in mano il suo bicchiere e per qualche secondo fissa le bollicine al suo interno.

«Domani tornerò a vivere finalmente...»

Beve un sorso.

«… qualcosa di frizzante.»

 

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Capitolo 14
*** Il sentiero ritrovato ***


Le lancette dell'orologio segnavano l'una del pomeriggio ed i ragazzi si erano già riversati tutti nel cortile, alcuni più velocemente di altri:

«Vi ho riuniti qui in fretta e furia dal momento che ero impaziente di darvi un annuncio!»

Si arrestò per numerosi secondi, davanti agli sguardi incuriositi dei compagni; cominciò a camminare da destra verso sinistra, e poi da sinistra verso destra, e poi
ancora da destra verso sinistra e...

E qualcuno diventava irrequieto a furia di seguire quei movimenti con le pupille; il tap tap del suo piede lasciava intuire un certo nervosismo. Ma la ragazza pareva infischiarsene, dal momento che continuando a muoversi iniziava pure a gesticolare in maniera alquanto singolare.

Un altro degli spettatori invece sorrideva, come nella giornata precedente d'altronde, e man mano imparava ad apprezzare quello strano stile e quei particolari atteggiamenti; rideva anche di gusto quando afferrava l'ironia di alcune mosse. Oramai osservava tutto ciò che faceva con occhi diversi. 

Ma non era l'ammirazione a far rumore, bensì l'agitazione:

«Ci hai fatto venire il fiatone per mostrarci un balletto?»

Con tono beffardo lei portava avanti lo spettacolo:

«Eh no no, non è così che funziona.»

Giv non ci capiva nulla:

«No no cosa? Cosa vorrebbe significare l'accompagnare tutto con quel movimento dell'indice?»

 Con fare da showman gli porgeva le sue eleganti spiegazioni:

«Vedi... è che, semplicemente, non si possono trasmettere annunci del genere senza un'adeguata preparazione. Se vi spiegassi l'intera situazione in poche parole, il tutto perderebbe di significato. E dal momento che non ho intenzione di rivelarvi quale sarà la sorpresa ho deciso di allungare l'attesa a dismisura.»

Concluse la parte "arronzando":

«Anche perché altrimenti la scenata che ho fatto prima si rivelerebbe insensata.»

«Quindi...?», domandò Giv.

«Quindi veniamo finalmente al dunque.»

«Quindi ci dai un'anticipazione del sequel di Dramma Drammatico?»

Oster si ritrovò spiazzata:

«Non si è ancora spenta la mania per quella cosa?»

«Lo fa gradualmente.»

«Ah, capisco.»

Purtroppo la spalla di Gord non era presente in quel luogo, altrimenti l'inutile dibattito si sarebbe potuto prolungare per secoli e secoli, fino a far stufare la "presentatrice".

«Insomma, oggi siete tutti invitati a casa mia!», tagliò corto.

Neiv si fece finalmente sentire:

«Melina per 89 minuti e poi azione in velocità nel finale quando gli avversari sono stanchi!»

«Esatto, analisi perfetta.», gli indirizzò un occhiolino.

«Quindi, quale era la sorpresa? È il tuo compleanno?»

«Niente di così banale, no no.»

"Non la smette di gesticolare..."

Con passo moderato e felpato si mosse verso Giv, ed una volta arrivata al suo cospetto gli schioccò le dita direttamente sulla fronte; lui rammentò quanto fosse fastidioso quel tipo di gesto.

«Ma cosa hai in testa oggi!?»

Ma lei non fornì risposta, si voltò e si mise a camminare con le mani incrociate dietro la schiena, che sembrava volesse mettersi pure a fischiettare.
Il contesto si era fatto man mano sempre più strano, fino a diventare inspiegabile logicamente. Era chiaro che Oster avesse sempre avuto un atteggiamento sbarazzino, ma così si esagerava! Forse non era lei al cento per cento, forse era influenzata da qualcosa o da qualcun altro, forse da qualche pensiero, o magari da qualche meccanismo naturale che neppure lei comprendeva.

Fatto sta che tutti erano più o meno divertiti da quei comportamenti, che funzionavano perfettamente come forma d'intrattenimento. Però più che ad una allegra, sarebbero stati più adatti ad una persona pazza, ma chissà quale.

«La vera sorpresa sarà svelata oggi, alle quattro, a casa mia. Venite puliti.»

«Dobbiamo venire... puliti?»

«O almeno evita di rotolare nel fango. Non sei un maialino, sai.»

Il giovane dai capelli neri credeva realmente di trovarsi di fronte ad una gigantesca presa per i fondelli:

«Certamente, sì.»

«Tu vuoi venire sporco per caso?»

«Fidati. Mi tiro a lucido entro le tre.»

«Non ti capisco...»

«Tu non capisci me? Perfetto, perfetto.»

Il silenzio la fece da padrone per qualche istante, lo spettacolo aveva lasciato il pubblico senza parole e l'attrice protagonista ne traeva appagamento.

«Tutto chiaro?», accompagnò il quesito con una lieve risata.

I suoi compagni si scambiavano sguardi straniti, e questo dettaglio la sollazzava parecchio.

«Allora io devo andare, ci vediamo oggi!»

D'improvviso cominciò a correre, ma rallentò subito il passo per ricordare agli altri un fattore fondamentale:

«Puliti vi voglio, mi raccomando. Soprattutto il più corto!»

«Anche tu non sembri una giocatrice di basket!»

«Non cambiare discorso e ricordati di venire pulito. Ciao!»

Mentre lei si dileguava, Giv si grattava la testa in cerca di una spiegazione; ma scervellarsi non serviva, perchè in fondo erano soltanto tre ore a separarli da quelle mirabolanti sorprese!



"Non ho precisato l'ora e non mi sono accertata che tutti sapessero dove abito. Non ho spiegato un bel nulla in pratica."

«In effetti mi era sembrato che volessero chiedermi qualcosa, ma ero così impegnata a far impazzire Giv che non vi ho prestato attenzione.»

Aveva un area dubbiosa.

«Non ho neppure chiesto a papà se posso ospitarli a casa per tutta la giornata, così come non ho chiesto a loro se possono stare da me per così tante ore. Mi sono
comportata in maniera alquanto bizzarra e... avventata.»

Si arrestò d'improvviso, come se il tempo si fosse fermato.

«Proprio come...»

Guardava fisso a terra, come se vi vedesse qualcosa all'interno; tutto d'un tratto era entrata in un altro mondo.

"Sì, proprio come lei..."

«Come Aimee.», pronunciò con voce fievole, mentre si era inconsciamente poggiata sulle ginocchia.

Era immobile, in una strada poco trafficata dove nessuno poteva accorgersi di lei. Ma proprio in quel momento passò alle sue spalle una giovane atletica e slanciata,
che non poté fare a meno di notarla:

«Hey ragazzina, è tutto apposto? Uhm?»

Oster parve non udire niente.

«Hai perso l'anello di fidanzamento o qualcos'altro...?», tentò un approccio simpatico.

«Se ti va ti posso aiutare nella ricerca.»

«Aimee, ora che ci ripenso... mi manca tanto.»

Lei rimase più che sorpresa:

«Oh, Aimee! È il nome del tuo cane? Si dà il caso che sia anche il mio nome.»

Le poggiò una mano sulla spalla:

«Tirati su, amica.»

Oster si svegliò di botto dal torpore:

«Aimee? Aimee? Come Aimee!?»

«Beh, mi chiamo co...»

Si voltò di scatto e realizzò di trovarsi realmente dinanzi a lei:


«Sei proprio tu, sì!»

Le balzò letteralmente addosso.

«Da quanto tempo non ci incontravamo. Non ci posso credere che sia tu in carne ed ossa!»

L'altra rimase interdetta:

«Ma, ma... è pazzesco, davvero pazzesco. Non scendevo giù in città da mesi e mesi, e quell'unica volta che ci torno guarda chi incontro! Ma lo sai che proprio ieri...»

«Che proprio ieri?»

Rimuginò per un istante sulla delicatezza del suo lavoro e preferì non proferirne parola:

«Oh no, niente, niente, ieri non è accaduto alcunché.»

La biondina era visibilmente emozionata dal singolare incontro e non riusciva a tenere a freno la sua agitazione:

«Come, come, come è bello rivederti. Davvero non so che dire!»

«Ahah, calmati un po', dai. Adesso non vorrei causarti un infarto.»

Le fece tirare un profondo sospiro, così da attenuare la velocità dei suoi battiti.

«Perbacco, che episodio assurdo. Stavo tornando a piedi da scuola, quando bruscamente ho interrotto il mio cammino ed ho iniziato a ricordarmi di te, e proprio mentre esclamavo il tuo nome... tu mi sei comparsa vicino!»

«La vita è strana, Oster.» disse con tono sapiente.

«Dopo gli anni delle elementari noi due non ci siamo più riviste, ed adesso, dopo tanti anni, ci incrociamo casualmente su di un marciapiede. Chissà quante son
cambiate per te da quei tempi.»

Con una voce serenamente malinconica Aimee asserì:

«Già, quante ne sono cambiate.»

Ma i primi cambiamenti che balzarono all'occhio furono di natura fisica:

«Uh, guarda lì!»

«Dove?»

«I tuoi capelli. Li hai tinti di blu e li hai raccolti in una treccia, e sono proprio come nelle tue vecchie fantasie.»

Non le concesse neppure due secondi per replicare, che prontamente rilevò un ulteriore differenza:

«Hai anche un nome tatuato sul braccio, affiancato da un cuore.»

Mutò leggermente il suo atteggiamento, ma senza accentuarlo troppo:

«Oh, questo? Non è niente.»

«Ma che nome particolare...»

«Sì, molto particolare.» aggiunse con voce asettica, quasi come se volesse evitare di trasmettere le sue sensazioni.

«Beh, a questo punto ti porterei volentieri con me.»

«Mi porteresti?» le chiese incuriosita.

«Sì dai, facciamo un giro insieme, rincaserò più tardi. Non mi capita tutti i giorni di incontrare una persona che non vedo da secoli.»

Ci pensò solo per un attimo, dal momento che non si nega mai una passeggiata ad una cara vecchia amica.

«Massì, per oggi mi concederò uno strappo alla regola che mi farà anche bene. Vai, portami dove preferisci!» 

Nella testa dell'adolescente si accese una lampadina:

«Seguimi!», e la afferrò per il suo polso tatuato.



Tanti passi, tanti passi, in cui si ripassava ciò che insieme si era passato; tanti passi, come quelli che un tempo si erano percorsi in fretta verso l'altra che non se la passava bene; tanti passi, come quelli che avevano fatto incontrare due diverse età e visioni del mondo, percorrendo un sentiero invisibile.

Su quello stesso sentiero i tanti passi si erano nuovamente ricongiunti, e passeggiavano con gioia e serenità ricordando quei giorni in cui c'erano stati passi che avevano avuto bisogno di qualcuno che li tenesse per mano, quel qualcuno che per farli reggere in piedi sarebbe caduto tante volte al loro posto.

Ognuna di loro portava addosso dei frammenti dell'altra: spensieratezza e follia, sogni ed ideali che un giorno lontano si erano fugacemente sfiorati, legandosi poi per l'eternità; erano state ben differenti le circostanze di quel primo incontro, quando di acqua sotto i ponti non ne era ancora passata, anche se di acqua e ponti dove fare il bagno non ne erano mai mancati:

«Mi volete lasciar stare? Cosa vi ho fatto?»

«Ti avevamo detto di non farci fare brutte figure, tu invece non hai mantenuto la parola data.»

«Io non vi avevo promesso un bel niente, e se avete perso è tutta colpa vostra. Andatevene via!»

Si fece avanti il più grosso dei tre:

«Ce ne andiamo se accetti la nostra sfida e la superi. Battici nella lotta libera.»

La bambina, senza un briciolo di paura addosso, rispondeva per le rime:

«Volete scontrarvi in tre contro uno soltanto perché sapete che altrimenti perdereste!»

Man mano che l'uno rispondeva all'altra l'atmosfera si faceva sempre più calda:

«Pare che hai paura, mocciosa!», esclamava l'adolescente cercando di mettere timore alla sua rivale.

Ma lei reagì in maniera tutt'altro che intimorita:

«Siete voi ad avere paura!», urlò mentre premeva i palmi delle mani sul petto del ragazzo.

La spinta si limitò a farlo sbilanciare leggermente, senza arrecargli alcun danno fisico; ciò che però l'aveva infastidito era stata l'indisponenza del gesto perpetrato nei suoi confronti più che il mero fastidio corporeo:

«Adesso ti sei spinta troppo oltre. Mi stai facendo arrabbiare seriamente.»

Lei, però, non arretrava d'un passo e insisteva nel controbattere con vigore alle loro minacce:

«Non me ne frega nulla della tua arrabbiatura! Anzi... sai che faccio adesso?». 

Strinse col massimo della forza il suo piccolo pugno, ma non ebbe neppure il tempo di muoverlo contro il ragazzo che le venne bloccato.

«Che cosa fai adesso? Eh?»

Lei cercava di liberarsene, ma l'altro stringeva così forte da toglierle le forze.

«CHE COSA FAI ADESSO? DIMMELO!», le urlò in faccia con l'arroganza e la sicurezza di chi sa di avere le spalle coperte.

«Tu non vali niente. Sei solo un prepotente.»

Gli altri due ragazzi non muovevano un muscolo, rimanevano immobili infischiandosene del dolore che provava la piccola, la quale continuava a lottare nonostante tutto.
Una ragazza dai lunghi capelli neri che s'era accorta dell'orribile scena non riusciva, invece, a trattenersi dall'intervenire e stava scendendo in grande fretta la ripida discesa che l'avrebbe portata sul luogo del crimine; uno dei tre giovani la avvistò e trasmise la notizia al leader del gruppo, che non ci pensò due volte a battere subito in ritirata...

… non prima, però, di aver ultimato il lavoro:

«E vedi di imparare la lezione.».

Con un rapido movimento del braccio scaraventò la bambina in acqua, poi fuggì a gambe levate accompagnato dai due compagni. Così facendo riuscirono ad evitare, almeno momentaneamente, il confronto con qualcuno che fosse finalmente più grande e possente di loro e che potesse insegnargli una lezione più vera di quella che avevano impartito loro.

«Dammi la mano, biondina.»

Lei fu ben contenta di essere aiutata e non esitò a porgerle la sua manina.

«Sei tutta zuppa, accidenti. Stai bene?»

Provocando grande sorpresa nella teen-ager, la biondina esplose in una risata:

«Ahahaha, ahahaha!»

«Come mai ridi?»

«Ma li hai visti quei tre? Che risate!»

L'adolescente non riusciva a comprendere il perché di tanta ilarità:

«Cosa mi dovrebbe far ridere? Ho solo visto che ti hanno trattato molto male.»

«Ma lo sai perché erano arrabbiati?», chiedeva ridendo.

«Effettivamente no, però...»

«Quelli non riescono ad accettare che io sia più brava di loro, quindi si vendicano così ahahaha!»

"Mah... non la sto capendo, mi sembra strano che una bimba reagisca così."

La fanciullina si sollevò da terra, facendo poi tornare sulla stessa la sua nuova amica che nel frattempo si era persa nei suoi pensieri:

«Hai qualcosa per farmi asciugare?»

«Sì, giusto! Vieni con me, così mi racconterai anche il resto della tua storia.»



«Grazie, signorina.»

«Non c'è di che, cara...»

Allargando il sorriso sulle sue labbra, le porse la mano:

«Oster!»

«Piacere di conoscerti, Oster.»

Ricevette indietro l'asciugamano, che poi ripose accuratamente nell'armadietto.

«Lo sai che sei un tipo davvero interessante?»

«Come mai?», le domandò con tipico fare fanciullesco.

«Quei tizi sembravano dei duri, ma tu non sembravi intimorita.»

«Non sono dei duri, sono solo dei poveracci.», disse con incredibile disinvoltura.

Alla giovanissima Aimee quasi brillavano gli occhi:

«Mi piace il tuo atteggiamento, sei una tosta!»

Per nulla lusingata, l'altra portava avanti la narrazione:

«Sono dei bulli falliti. Infatti mi avevano sfidato ad una partita di calcio contro la loro squadra, perchè credevano di essere i più forti, ma poi quando io ed i miei amici li abbiamo battuti sono andati su tutte le furie. Sono davvero uno spasso!»

Il suo ampio gesticolare faceva intendere quanta energia potesse stare concentrata in un esile corpicino, che prima aveva reso il confronto con altri molto più grandi.

«E come mai hanno preso di mira solo te?»

«Perché a dir la verità i miei amici erano degli scarponi nel giocare –fece una risatina- e quindi sono stata io a fargli perdere la testa.»

Aimee si stava letteralmente innamorando di quel concentrato di energia e diventava ogni secondo più curiosa di conoscerla:

«Pazzesco, quindi sei una calciatrice?»

«Non proprio. A me piace fare tante cose, e il calcio è una di queste.»

Nella testa e nel cuore della teen-ager si era accesa quella scintilla che si accende quando hai trovato la persona giusta per te; schizzò in piedi e, in preda
all'entusiasmo, afferrò la mano di Oster:


«Ho tante cose di cui parlarti, vieni con me e non te ne pentirai, ci divertiremo insieme!»

Aveva finalmente trovato la persona giusta con cui condividere le proprie follie tangibili e non: era l'ora di lasciar esplodere ogni assurdo ragionamento ed ogni utopica idea rimasta racchiusa nella mente, facendo in modo che colpissero un altro soggetto, che non era uno di quelli che non accettano "idee dagli sconosciuti". Spensieratezza e follia e sogni ed ideali stavano per incontrarsi... e da lì sarebbe sicuramente nato qualcosa di nuovo.

Ricordando del passato, Aimee trovò la giusta scorciatoia per spillare ad Oster le informazioni che le servivano:

«Uao, ti ricordi di quando giocavi anche a calcio da bambina? Al tempo avevi mille passioni ed ogni giorno ne facevi nascere di nuove, eri un concentrato di vitalità.»

Quelle parole le causarono un sorriso davvero genuino:

«Già, me lo dicevi sempre anche all'ora.»

«Scommetto che sei ancora così e ti appassioni sempre a cose nuove, vero?», affermava supportata dai fatti su cui lei stessa aveva indagato la sera prima.

Scrutando con i suoi occhi azzurro profondo il mare, la biondina rispondeva di gusto:

«Sì, in effetti ho conservato questa bella abitudine. Ad esempio, grazie ai miei nuovi amici, mi sto concentrando completamente sul gioco delle Cuballs.»

Con ritmo incalzante, senza quasi lasciarle finire il periodo, Aimee richiese una dinamica conferma:

«E scommetto che stai partecipando al torneo internazionale!»

«Sì!», esclamò Oster travolta dall'euforia.

Ma carpire informazioni utili non saziava del tutto la ventenne dalla treccia blu, il cui esaltato spirito giovanesco cercava sempre di farla da padrone:

«Ma adesso sono curiosa di vedere se sei ancora così brava come all'ora!»

«Ma ora cosa c'entra?»

«Beh, hai detto che vuoi passare un pomeriggio particolare con me, o no? Dovresti conoscere bene queste zone, giusto? Ci sarà pure uno spazio dove giocare a
calcio.»

«Sì, ma...»

«Non vorrei ti fossi concentrata troppo su una sola passione tralasciando le altre. La Oster che conosco io è multifunzionale e non si tira indietro così!»

«Va bene, allora ti dimostrerò che sono ancora, ehm, multifunzionale!»
 
Le due, dopo aver recuperato la bici che quest'ultima aveva parcheggiato pochi chilometri prima, si mossero verso uno dei più grandi parchi pubblici della città:

«Ma... credo che questa sia una bici per una sola persona, quindi potrei seguirti a piedi.»

Gesticolando platealmente Aimee espresse tutto il suo dissenso verso quell'atteggiamento così precisino e rispettoso della legge:

«Maddai, non soffermarti sui particolari!»

La sollevò letteralmente da terra e la pose sulla sella, senza curarsi del dettaglio che non fosse un comportamento molto gentile.

«Accidenti però, è vero che io peso quanto una foglia, però tu devi avere dei muscoli che fanno spavento!»

Aimee, senza nemmeno ascoltarla, mise i piedi sui pedali e partì sfrecciando:

«Bando alle ciance, ragazza!»

Oster, che ancora stava cercando la posizione più comoda, quasi rischiò di cascare:

«Hey, ma la legge non la conosci proprio?»

Prese una boccata d'aria e disinvolta le rispose:

«Fin troppo bene la conosco, tranquilla.»

«A me non sembra. Non hai messo neppure il casco!»

«Lo so che avrei dovuto mettere il casco.»

«E allora perché non ce l'hai?»

«Smettila di fare domande, sii rilassata e goditi il giro panoramico.»

«Quando ci fermeranno, spero che tu abbia almeno i soldi per pagare.»

E fu in quel preciso istante che Aimee esplose in una fragorosa risata:

«Ahahahaha, MULTARE ME! Sarebbe davvero divertente incontrare qualcuno che voglia multarmi.»

Le poggiò una mano sulla testa:

«Se qualcuno vuole multare me, io ho mille motivi in più per multarlo.»

Oster riusciva finalmente a comprendere la stato confusionario vissuto da Giv poco prima:

«Stai delirando!?»

«Avresti dovuto farci l'abitudine, cara. Non è mica la prima volta che succede.»

«Va bene, allora è come dici tu.»

Seguendo il suo consiglio, fece scaricare tutta la preoccupazione e si dedicò esclusivamente ad ammirare le meraviglie che la loro città offriva tra monumenti e spazi verdi, anche se la velocità abbastanza elevata le faceva ricordare di rimanere comunque allerta. Le due non si scambiarono più reciproche domande, almeno fin quando non si trovarono di fronte all'entrata del parco:

«Wow, è davvero immenso e ben curato!»

«E come mai ti sorprende tanto? Dovresti conoscerlo bene dal momento che è uno dei più importanti di Tiommeca.»

Mentre anch'ella smontava dalla bici, replicò con quel tono piatto che la contraddistingueva nei frangenti di non esaltazione:

«Da quando mi sono spostata in periferia, vivo poco la città. Non ho i mezzi per muovermi in continuazione.»

«E come mai oggi invece ti ho trovata in città?»

«Per una faccenda personale.»

Oster non stava gradendo particolarmente quei suoi modi di fare:

«E la smetti di fare la misteriosa con me?», protestò seccata.

Aimee si voltò, sempre trattenendo qualsiasi estetica reazione emotiva, stupita.

«Sembri tanto felice di rivedermi e ti comporti in maniera super espansiva con me, però appena desidero conoscere qualcosa della tua vita diventi fredda nei miei confronti. Credo sia una cosa carina essere interessata a ciò che sei diventata negli anni, dopo aver perso i contatti per così tanto tempo.»

Una volta udito il pacato sfogo, la ventenne rinsavì e capì che stava seguendo la via sbagliata: "tutto sommato ha ragione lei, non posso continuare a fare l'ambigua. Cercando di non destare sospetti, le sto creando più grattacapi di quanti gliene avrei creato raccontando delle semplici bugie. Se non la pianto con queste sciocchezze potrebbe infastidirsi davvero e allora dovrei vuotare il sacco. No, non posso rischiare che succeda di nuovo, adesso sono matura e non ci cadrò un'altra volta."

«Scusami, non era mia intenzione fare la misteriosa. Sono solo un po' stanca e ogni tanto mi comporto - tornò a sorridere – in modo strano, ma non ho nulla da
nascondere.»

Anche Oster si sentì sollevata in cuor suo:

«Va bene.», il suo volto si illuminò di un'allegria nuova.

«Mi interessa solo sapere che stai bene con me, è l'unica cosa che conta. Se vuoi che non faccia alcune domande allora le eviterò.», le indirizzò il sorriso più sincero
che potesse esistere.

«Niente affatto. Puoi farmi tutte le domande che vuoi, tesoro.»

Il "tesoro" fece una risatina e controbatté:

«Magari potresti evitare di chiamarmi come quando ero uno scricciolo, così l'uomo che ci sta guardando smette di credere che sia tua figlia.»

Chiamato in causa, anche lui si intromise:

«Non si preoccupi signorina, non sembra così anziana.»

Fece due colpi di tosse e fece anche in modo di ricordarle dell'intento con cui erano giunte lì:

«Ah, se non ricordo male eravate qui per chiedermi un campo di calcio, giusto?»

«Sì.», confermarono all'unisono.

«Non vorrei mettere fretta, ma vi avviso che il parco non resterà aperto per sempre.»

«Grazie mille, signore. Ha fatto bene a ricordarcelo.»

L'uomo barbuto porse loro un pallone e le fece dirigere in direzione di un campo non occupato.

Dopo pochi passi, potevano già calpestare l'erbetta verde e rivivere una sensazione diventata oramai antica.

«Sappi che sono un'imbranata con la palla tra i piedi, perciò non ti meravigliare se non saprò fare neppure due palleggi consecutivi.», esordì la giovane dai capelli blu.

«Anche io non gioco da secoli e non sono più un granché, non preoccuparti.», ma mentre lo diceva si stava già smentendo.

Un palleggio, due palleggi, palla sull'altro piede e poi sulla testa dove rimaneva per qualche secondo: sapeva gestirlo davvero bene. Eppure aveva assicurato di non essere un granché!

«E se tu sei scarsa, io voglio conoscere quelli forti! Sembri  uscita da una squadra professionale, sei bravissima.»

«Non scherziamo adesso, il massimo che ho raggiunto è stato il livello regionale, poi ho mollato.», ma mentre lo diceva centrava l'angolo alto della porta.

«Sin da giovane non mi capacito di come tu sappia fare così tante cose e tutte così bene, sei una forza della natura.»

Anche lei provò ad ammaestrare la sfera nera e bianca, ma fallì miseramente. Prese allora la giusta decisione di piazzarsi fra i pali:

«Forse è meglio che sia tu ad usare i piedi, considerato che io sono una frana.»

Però si dimostrò davvero abile a saltare da un lato all'altro della porta, respingendo due volte dei tiri ben piazzati.

«Tu invece sei elastica, ahah! Dove hai imparato a lanciarti così bene?»

«Beh, questo è merito dell'allenamento in palestra.», ammise.

«Quindi la più atletica non sono certo io qui.»

«Lo avresti dovuto capire da come ti ho maneggiato prima, no?»

Aveva deciso di non celarle più nulla, ed in effetti sembrava essere un metodo molto migliore sotto più punti di vista.

«A questo punto, se sei così brava, sono curiosa di vederti all'opera anche con le Cuballs.»

«Certamente!»

Dimostrava di poter unire i suoi obiettivi più segreti con quelli prettamente emotivi che si potevano orgogliosamente mostrare:

«Ho sempre pensato che con te mi diverto di più, sin da quando ci frequentavamo a scuola.»

In quel preciso istante nella mente di Oster si accese un'idea che faceva il paio con la sua prima bizzarria pomeridiana:

«Se te la spassi con me, allora ti divertirai ancora di più in compagnia del mio gruppo!»

«Il tuo gruppo di amici?», domandò una conferma abbastanza scontata.

L'altra annuì entusiasta.

«Per questo pomeriggio ho organizzato una bella riunione dove saremo presenti io ed i miei migliori amici. Ed ovviamente tu, se ne hai piacere.»

Aimee non era certamente il tipo di ragazza che provava imbarazzo a partecipare ad una festa o a confrontarsi con persone nuove, ma tentava in ogni modo di apparire cortese e lusingata, anche se spontaneamente avrebbe reagito in tutt'altro modo:

«Oh, ma non vorrei disturbarvi se è un evento che riguarda voi.»

Oster compì uno scatto repentino verso la compagna e poi vi si approcciò con fare da detective:

«Stai fingendo.», fu perentoria.

«Fingi spudoratamente, collega.»

La parola suonava come inedita alle sue orecchie:

«Collega?»

«Ah, ho così tanti aneddoti da raccontarti che non puoi assolutamente mancare. E poi... sbaglio o provi ancora un certo amore...»

"Ma non può certo saperlo..."

«… per il blu?»

"Ah, menomale."

«Non si nota, vero?»

«Dai tuoi capelli blu, dal tuo completo blu e le tue scarpe blu –ci rimuginò un po' su- direi assolutameeente... di no.»

La sua espressione di "implicita" ironia venne molto gradita dalla sua vecchia nuova collega:

«Se dimostri tutte queste qualità anche teatrali, posso solo chiedermi perché tu non sia ancora ricoperta di soldi.»

«Non fare l'esagerata!», imitò il gesto che le aveva rivolto all'inizio del viaggio d'andata.

«Se ti occupi anche di taglio e cucito io mi ritiro dalla scena.»

Oster rimase con gli occhi sgranati.

«Non ho indovinato mica, no.» affermò ormai convinta di trovarsi al cospetto di un alieno.

«No, no -accompagnò col movimento del dito- non l'hai fatto. Il problema risiede solo nel fatto che se prosegui nel tirare a sorte, rovini tutte le sorprese.»

«E va bene. Spero almeno sia blu.», si espresse con tono intimidatorio.

Saltellando e scivolando sul pallone, che era posto accanto al suo piede destro, e rovinando a terra, poté dichiarare felice un acuto «Sì!».

«Okay.»

Metabolizzò la notizia e...

«Io voglio essere a casa tua, ora.», fu più categorica che mai.

«Solo dopo che ti avrò ridicolizzata con un paio di dribbling!», le puntò il dito di sfida praticamente in faccia.

«Le palestrate posso essere pericolose sul prato verde, e soprattutto... non rimborsano i malleoli!»

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