Niger Corvus

di michi TheRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** con la fine, l'inizio ***
Capitolo 2: *** magia nera ***
Capitolo 3: *** amico o nemico ***
Capitolo 4: *** stranezze ***
Capitolo 5: *** La pagina perduta ***
Capitolo 6: *** nascosta per sempre ***
Capitolo 7: *** la trappola ***
Capitolo 8: *** veri amici ***
Capitolo 9: *** Visite notturne ***
Capitolo 10: *** la voce ***
Capitolo 11: *** Il messo ***
Capitolo 12: *** lacrime nere ***
Capitolo 13: *** rapimento ***
Capitolo 14: *** la resa ***
Capitolo 15: *** il viso del demone ***
Capitolo 16: *** Green Light ***
Capitolo 17: *** invasione ***
Capitolo 18: *** i demoni non supplicano ***
Capitolo 19: *** rifiorir dei ricordi ***
Capitolo 20: *** nuova aurora ***
Capitolo 21: *** niger corvus ***



Capitolo 1
*** con la fine, l'inizio ***


La distruzione regna sovrana, proprio come nelle visioni che da tempo tormentavano i miei sogni, le mie meditazioni, i miei pensieri.
La fine del mondo, ho sperato per anni di non vederla mai, invece ora è riflessa nella trasparenza delle mie lacrime.
Soprattutto ho sperato per molto tempo di non trovarmi mai dove sono ora.
Mio padre è qui davanti a me, mi scruta dall’alto della sua potenza, si erge al di sopra delle macerie della città.
Siamo faccia a faccia.
Sto tremando.
Ho paura.
Non posso affrontarlo da sola.
Chiamo i nomi dei miei amici, uno alla volta, ma non mi risponde nessuno.
Cerco di smuovere Robin, ma anche lui è sdraiato a terra, pancia sotto con aria esausta dopo aver lottato fino ad ora, dopo avermi protetta, dopo avermi cercata, dopo aver creduto in me.
Adesso anche lui è prossimo a lasciare ogni speranza, anche lui giace svenuto, come tutti gli altri attorno a me. Vederli in queste condizioni mi strazia il cuore, senza di loro nulla ha più senso per me, ho perso tutto.
Una lacrima s’accumula a lato dell’occhio per poi secarmi la guancia e giungere a penzolare dal mento. Un vento caldo spira contro di me, scopre il mio volto in lacrime, ma non ha importanza che la mia identità non sia più celata.
Adesso devo fare la mia ultima mossa, non cadrò senza lottare, e al mio momento, morirò a testa alta.
Penserò a loro, mentre il mio corpo si sgretolerà, come cenere al vento.
Penserò a come abbiano riempito la mia vita di emozioni che non ho potuto provare con loro, ma ho potuto sentire attraverso loro.
Non avrai alcuna soddisfazione, non supplicherò, non mi umilierò… mai!
Ti conosco padre! Pensi che m’inchinerò a te! Non hai capito nulla! Frangar non flectar, mi spezzerai, ma non mi piegherai! Il gioco non finisce finché c’è anche solo una pedina in piedi!
Voglio vedere la tua faccia, voglio che mi guardi negli occhi prima di uccidermi, padre! Sangue del mio sangue! Devi sentirmi perire dentro le vene, voglio che tu senta la mia morte sotto la pelle, sarò il tuo veleno!
Io sono parte di te come tu sei parte di me, padre! Forse te ne sei dimenticato, ma non puoi liberarti di me senza che un po’ dei tuoi poteri svaniscano! Mi hai creata tu! Io sono il vaso di pandora!
Gli occhi di mio padre s’illuminano d’inferno e gli ultimi momenti che mi rimangono da vivere non posso che dedicarli a loro, i miei amici, la mia squadra, la mia famiglia. Avete dedicato l’ultimo giorno della vostra vita a preoccuparvi per me, ed io non posso che ricambiarvi il favore pensando a voi nei miei ultimi secondi.
D’altro canto cos’altro potrebbe fare una bambina?
…Ricordare…
Posso solo ricordarvi, com’eravate quando vi ho conosciuti… e così, forse, la morte sarà più dolce….
Do uno sguardo alle macerie della mia città, quella che ho protetto per tanto tempo per espiare il peccato a cui sono stata destinata da quell’antica profezia. Rivedo un vicolo, a me familiare… ricordo che fu proprio lì che tutto cominciò… do infine uno sguardo a Robin, ancora immobile sotto la mia mano, poggiata sulla sua spalla e ricordo che fu lui il primo con cui ebbi il coraggio di rivolgere parola….
 
 
 
"Siamo giunte!" avverte mia madre;
"ti ringrazio madre per avermi accompagnata! Da qui in poi me la caverò da sola!" rispondo ormai fuori dal suo portale;
"sarai per sempre la benvenuta ad Azarath, figlia mia! Ti lascio un volume sulle arti magiche, dentro c’è tutto quanto ti manca ancora da imparare sui tuoi poteri!" afferma porgendomi un vecchio libro di circa 2000 pagine;
"mi sei stata di grande aiuto in questi anni, Arella! Ho imparato molto e spero di fare del bene, per quanto mi sarà possibile!";
"mantieni il controllo e andrà tutto bene!";
Mia madre rientra nel tunnel dimensionale, mentre io indosso degli indumenti della gente di qua, quali dei jeans attillati lunghi fino alla caviglia, scarpe da ginnastica, una canottiera blu e una felpa nera.
Mi copro buona parte del volto con il cappuccio di quest’ultima e con il grosso libro stretto al petto, mi mischio alla gente normale che passa rada per le strade nell’ora notturna.
Cerco di imitare la loro spontaneità, quando, passando davanti ad una pizzeria, mi blocco vedendo una stramberia di cui i monaci di Azarath non mi avevano mai parlato.
Rimango a fissare, dal vetro che mi separa dagli interni, un ragazzo completamente verde che indossa abiti parecchio colorati e una maschera, che ne risaltano la carnagione. Pare essere adorato dalle frequentatrici del ristorante, le quali sembrano essere di gonnella facile.
Rimango colpita dai suoi grandi occhi color di smeraldo, più che da ogni altra stranezza verdolina sul suo corpo, come le orecchie appuntite.
Sembrerebbe che le anormalità qui siano bene accette, ma questo non mi esorta a mostrarmi, siccome quel ragazzo non rappresenta assolutamente una minaccia, anzi, a primo impatto, lo definirei…dolce.  
Alzo un sopracciglio nel vederlo soddisfatto delle conquiste facili come quelle che ha attorno e non appena, d’un tratto, si volta nella mia direzione io distolgo lo sguardo, fortunatamente mascherato dal cappuccio.
Proseguo stringendo il libro al petto.
"Pff!" è il mio commento freddo nel udire i suoi pensieri allettati da tanta bassezza delle sue ‘fans’.
Me ne vado scuotendo la testa, infischiandomene dell’insulto alla dignità femminile che costituiscono quelle ridicole. Quel tipo piuttosto, era verde, ma era l’unico, anche i personaggi che incontro al bar poco dopo la pizzeria non hanno quel colorito di pelle così bizzarro.
Eppure era così pieno di vita, così fiero di essere se stesso, nessuna insicurezza, sembrava un giocherellone, non credo che ci andrei mai d’accordo.
Malgrado ciò avrei voluto parlargli, solo per sapere, come fosse diventato di quella tonalità. Inoltre, anche se i suoi pensieri non erano dei più intelligenti, non c’era malizia verso quelle ragazze e poi avrei voluto vedere il suo volto da vicino.
Pura curiosità che mi farò passare senza alcuna difficoltà.
Proseguo la passeggiata serale e sfilo con calma e silenzio di fronte al bar, facendo gli affari miei anche se riesco a sentire le emozioni di tutti e quelle di alcuni non sono esattamente il massimo.
Ci sono: curiosità, verso la mia persona incappucciata; disorientamento per l’aspetto mascolino datomi dalla felpa, ma smentito da altri particolari femminei; diffidenza, perlopiù delle donne presenti; perversione, per le mie natiche e le mie labbra chiare.
Quest’ultima avrei preferito non sentirla, anche perché quattro di loro ora mi stanno seguendo. Impreco pensando che non posso difendermi o rischierei di uccidere qualcuno, ma non posso nemmeno permettergli di farmi del male.
Aumento il passo e loro fanno lo stesso.
"Maledizione!" esclamo e comincio a correre; "mantieni il controllo! Mantieni il controllo!" mi ripeto, perdendo progressivamente il fiato, finché uno non mi afferra, seguito dall’altro.
Perdo l’equilibrio e cado sulle ginocchia.
Fortunatamente il libro non mi scivola dalle mani e non si rovina, ma il cappuccio si leva scoprendo i miei capelli violacei.
I tizi rimangono più colpiti dalla gemma rosso fuoco sulla mia fronte e dalla mia carnagione troppo chiara, per essere di una viva, gli sembro di porcellana e non con torto.
Fortunatamente hanno ignorato gli occhi, il particolare più inumano.
Tuttavia mi trovano attraente e credono di potersi divertire con me.
Mi rialzo e cerco di fuggire, ma l’omone mi trattiene con forza.
Io penso solo a rimettere il cappuccio mentre questo m’immobilizza le braccia frattanto che l’altro cerca di sfilarmi i pantaloni da dietro.
Gli altri due mi spingono in un vicolo cieco e se la ridono chiamandomi ‘bambola’ e dicendo che sarà l’esperienza più bella della mia vita.
Mi sento toccare ovunque, la concentrazione si fa sempre più difficile da mantenere, se perdo il mio baricentro è finita per loro.
"BASTA! SMETTETELA O MORIRETE!" sbraito disperata e qualche scaglia del mio potere comincia a svincolare dalla mia gemma sulla fronte. I tizi non se ne avvedono e mi scherniscono.
sussurro accorgendomi che mi sta sfuggendo di mano la situazione, i miei occhi emettono scintille, si fanno tremendamente minacciosi.
"FERMI!" urla qualcuno distraendoli ed io ne approfitto per sferrare un calcio con tutta la mia forza nei gioielli a quello dietro di me che ha osato scoprirmi.
Un luminare incandescente seca l’aria, svicolando dal mio cappuccio mentre abbasso il capo per non far intravvedere gli stessi occhi di mio padre.
Quattro occhi, cosparsi di fuoco, iniettati di sangue.
Il secondo sconosciuto che mi bloccava gli arti superiori, mi lascia per paura ed io m’inginocchio immediatamente, stringo il cappuccio con entrambe le mani per cercare di acquetare la paura che mi pulsa nelle tempie e m’imbruttisce il viso demoniaco. L’uomo ormai si è accorto che in me c’è qualcosa di estremamente perfido e indietreggia di fronte al rossore proveniente da sotto il mio cappuccio.
Chiudo gli occhi per concentrarmi.
Fortunatamente l’uomo non ha nemmeno il tempo di riflettere su cosa fossi che viene immediatamente tramortito da un gigantesco toro verde che si tramuta in un secondo attimo nel ragazzo verde di prima il quale non esita e sistema a cazzotti gli altri.
Lo stupore sostituisce la rabbia, nel notare che il verdolino è un muta-forma.
Rimango in ginocchio osservandolo in azione di sottecchi finché non riacquisto il controllo.
"c’è mancato poco!" constato inavvertitamente ad alta voce;
Quando ritorna umano, tutto trafelato, mi accorgo che le vesti che portava l’omino verde sono ridotte a pochi stracci strappati mentre l’unica cosa che porta addosso è una divisa viola e nera, probabilmente fatta apposta per le sue metamorfosi, sta attillata al suo corpo asciutto e muscoloso come fosse una seconda pelle.
Mi guarda con quegli occhioni verdi, i capelli dello stesso colore tutti spettinati e con un sorriso ampio e rassicurante da cui spunta un canino appuntito.
"Devi essere nuova di qui! Questo quartiere non è il massimo per girare da sole, specialmente di notte!" mi rimprovera;
Appena lo vedo avvicinarsi, tenendomi inquadrata con quei due smeraldi così amichevoli stringo forte il libro, mi alzo e mi giro di spalle per riallacciare i pantaloni, scesi tanto da far vedere di che colore ho l’intimo a brasiliana.
Sento i suoi occhi addosso, probabilmente mi stanno squadrando dall’alto al basso.
"Bel tatuaggio!" commenta la sua voce in tono scherzoso alle mie spalle, facendomi arrossire sotto il cappuccio. Non lo ringrazio del complimento al corvo nero che porto sui lombi, vergognandomi che lui l’abbia notato insieme al resto.
Abbasso la felpa per coprirmi.
"Stai bene?" chiede, sentendosi in imbarazzo per il mio silenzio e prima che possa sfiorarmi corro via.
"Aspetta! Non volevo offenderti!" mi dice, ma non lo ascolto e mi rifugio nel primo vicolo cieco che trovo, approfitto della mia amata penombra per aprire un portale e scomparire nel buio.
Ricompaio sul tetto di quello stesso palazzo e osservo il cespuglio di capelli verdi dall’alto perdermi di vista e dire che ero strana….
Sorride e si trasforma in un cane verde, annusa il mio odore fino entro il vicolo. Con ciò posso notare che è un ragazzo determinato e molto, troppo curioso per i miei gusti. Attratto da ciò che gli sfugge, da ciò che non comprende, dai segreti ed io ne ho tanti da cui tenere lontano il mondo intero.
Sento le sue emozioni e non mi sbaglio: curiosità, entusiasmo, ingenuità e molta generosità.
"Ti ritroverò, strana ragazza!" esclama; "ormai conosco il tuo profumo, non mi scappi!" conclude con le mani sui fianchi e ritorna da dove era venuto, io posso così prendere un respiro di sollievo.
"Ficcanaso!" è il mio commento leggermente irritato.
Voglio rimanere sola, cerco un posto per la notte, isolato da tutto e lo trovo in una foresta, alla base di una cascata, lontana dalla città. Qui posso riposare sul prato morbido mentre mi godo la vista della città illuminata. Essa presenta un ponte di collegamento con un isolotto che sbuca dall’acqua, un’area verde incontaminata.
La luna, candida e pura illumina tutto di una luce perlacea che si riflette in lamine argentee nell’acqua e rischiara la leggera brezza della cascata rinfrescante. Il suo infrangersi impetuoso è quasi terapeutico per i miei nervi scossi.
Qui posso essere me stessa.
Lascio il libro a terra.
Abbasso il cappuccio e tolgo la felpa.
Mi godo una ventata d’aria fresca che sembra potermi attraversare da parte a parte il petto, ne ricavo una sensazione di sublime piacere. Un connubio di sollievo, purificazione, rinascita, mescolata ad un brivido fastidioso, come fossi stata attraversata da un fantasma e come se la mia anima l’avesse seguito fuori dalle mie scapole.
Mi sento fredda e vuota, ma al contempo rilassata e rigenerata.
Chiudo gli occhi e comincio a levitare, mi porto poi in mezzo allo specchio d’acqua e intraprendo la mia meditazione ripetendo la mia formula.
La luce tenue della luna che m’illumina le palpebre, lo scroscio perpetuo dell’acqua, il vento tra i capelli, mi fanno raggiungere il mio centro e nel mio universo meditato continuo a vedere il ragazzo verde e a rivivere come abbia salvato me, e quei quattro da me…. a come sia stato... dolce.
Inevitabilmente il ripetersi di quella scena solleva gli angoli della mia bocca in quella che sembra profilarsi timidamente come una punta di felicità.
Non ho potuto nemmeno ringraziarti omino verde, spero tu capisca…
Anzi… no…
In realtà spero che tu non capisca mai…

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Capitolo 2
*** magia nera ***


L’indomani mi sveglio presto, dopo aver riposato su di un giaciglio di frasche che ho creato piegando i rami degli alberi con diversi incantesimi di base.
Ho bisogno di fare colazione, vado in città e riesco ad avere tranquillamente la mia tisana mattutina in un bar.
Non c’è più traccia dello strano uomo verde in giro ed io ho stranamente malinconia di lui, non lo conosco neanche, ma aveva un non so che di interessante, senza contare il fatto che qui sono completamente sola e avere qualcuno da osservare sarebbe stato un buon passatempo. Lui può permettersi di ridere, piangere, emozionarsi, io invece sono costretta a racchiudermi in una crisalide di ghiaccio, ad avere il cuore di pietra, a non esternare odio o amore, men che meno dolore. E forse è questo che mi attrae proprio verso di lui, l’anelito di sentimenti, quelli sono pienezza della vita umana, che m’appartiene solo per metà. 
Placo immediatamente il mio interesse ingiustificato, tornando alla mia prigione di freddezza, pensando che si tratti solo del fatto che fino ad ora è stato la cosa più stramba che abbia visto.
Al di fuori del bar decido di vagare per la città chiedendo informazioni a persone a caso, in cerca di una biblioteca. 
Non sono una molto socievole e m’irrita alquanto dover chiedere, ma non ho alternativa, non conosco il posto. Mia madre me l’ha descritto semplicemente dicendo che è il miglior pianeta che lei conosca, e che è il luogo dov’è nata.
Seguendo le indicazioni datemi arrivo in prossimità di una biblioteca abbandonata ormai da tantissimo tempo, ne resto delusa, giacché v’è il divieto d’accesso per via del tetto pericolante.
Essa è collocata tuttavia in un luogo poco trafficato, passerei inosservata se volessi osare una scappatella dentro. Più i libri sono antichi più il sapere che contengono è prezioso. Vale la pena di rischiare un po’ per strapparne un nonnulla d’inesauribile segreto da quegli scaffali polverosi che v’immagino dentro.
Muovo un passo di troppo.
Avverto improvvisamente una strana sensazione, un’oppressione mi grava addosso, come se l’aria si stesse cementando attorno al mio corpo, non riesco a muovermi.
Una fitta improvvisa mi colpisce al petto, non riesco a respirare.
Di punto in bianco una visione mi si para davanti, sono gli orrori del futuro, ci sono: sangue e lacrime, urla strazianti soffocate brutalmente, fumarole che si elevano dai palazzi cadenti, ceneri di alberi bruciati che si sollevano in cielo svolazzando in alto ancora accese di fiamme, sfiorano sagome delle persone, immobili in posizioni naturali, inconsci di essere morti, di essere stati pietrificati.
I fiumi sono torrenti di lava incandescente, le fonti sono vulcani, il calore del fuoco e la devastazione del contesto mandano in visibilio l’autore, mio padre,  il mio acerrimo nemico nonché demone più crudele dell’intero universo, quello che il mio popolo chiama…
“Trigon!” esclamo ad alta voce.
Un marchio luminoso si palesa nel palmo della mia mano ed io capisco che quello è il luogo, da lì lui ritornerà, più sono vicina e più mi sembra che la parete dimensionale tra il mio e il suo universo si assottigli, è tremendamente vicino.
Devo andarmene prima che il mio corpo riveli sulla mia pelle il segno della maledizione che mi fregia sin dalla nascita.
Corro via prima che una bambina incuriosita mi chieda qualcosa attirando su di me l’attenzione del genitore che la tiene per mano. Continuo a camminare finché il segno non svanisce.
Decido che è meglio se leggo il libro di Azarath che mi ha consegnato mia madre da dove ho lasciato. Lo cerco nella borsa nera a tracolla che ho portato.
Cammino per un po’ senza meta, presa dalla lettura.
A fine giornata ho visitato si e no mezza città interrompendomi a tratti dalla lettura per trattenere nella memoria dei punti di riferimento. 
Improvvisamente la terra ha un tremito, avverto la sensazione di precarietà alle gambe per pochissimi secondi.
S’interrompe.
Un tremore più forte lo segue, tanto che devo abbassarmi per rimanere in equilibrio.
Le scosse aumentano d’intensità, ma sono come ritmiche, prevedibili.
“Un terremoto!” odo gridare dai presenti;
“no!” smentisco a bassa voce “Questo… non è un terremoto!”
Le scosse di terremoto non si comportano così …
“Sono dei passi!”
Un'altra scossa mi toglie equilibrio e devo poggiarmi a terra con una mano e rimanere accucciata.
“Dei passi…. Di qualcosa di molto grosso!”
Rimango immobile a guardare l’incrocio stradale: da una delle due direzioni proviene la fonte delle scosse.
Il battito del mio cuore aumenta, non capisco cosa sia, ma devo cercare di stare calma, tocca a me fare qualcosa, sono qui per questo.
Si sentono delle grida mescolate farsi gradualmente più sonore e noto ben presto le persone che vociano quelle grida sbucare in una corsa disperata in mezzo all’incrocio, altre che abbandonano le auto e fanno lo stesso. 
È il panico totale.
Mi rimetto in piedi attaccandomi ad un angolo del negozio cui sono vicina.
Fortunatamente sono abituata a rimanere impassibile all’agitazione generale, ma devo ammettere che sono a bocca aperta e vengo percossa da brividi caldi quando vedo un ombra allungarsi su un palazzo e divenire sempre più imponente. 
Improvvisamente un fragore potentissimo si diffonde tra le vie della città, un urlo inferocito da far accapponare la pelle. Rimango ancora impassibile e fisso il punto da cui dovrebbe farsi vivo a momenti, ma da quel punto vedo solo provenire una macchina, scaraventata a gran velocità in mezzo all’incrocio, accartocciata. Presenta delle pieghe come se fosse materiale friabile e fosse stato impugnato con forza da qualcuno, o meglio qualcosa.
La gente corre, urla a squarciagola e mi scontra, ma io rimango lì, scruto nelle vicinanze, curiosa di sapere che stia succedendo.
Tengo stretto il libro e il cappuccio, contrasto le scosse come posso, ma noto, per caso, che inspiegabilmente non sono l’unica ad essere rimasta immobile, c’è un'altra persona, sul marciapiede opposto al mio che probabilmente si sta chiedendo come mai io non stia scappando così come io mi chiedo cosa stia aspettando.
Un uomo altissimo e decisamente piazzato, porta un cappello che m’impedisce di vederlo bene in faccia e un cappotto lungo fino al ginocchio, dai colori tendenti al marrone chiaro. Rimane impassibile mentre la gente lo scontra senza muoverlo di un millimetro, il cappotto gli fa da mantello, spostato all’indietro dalla folla che gli corre di fianco, in direzione opposta rispetto a quella cui sta puntando.
A giudicare dal poco che vedo esso è di colore, pare non avere la minima paura.
Non capisco se sia paralizzato dalla paura o se abbia un asso nella manica.
Mi giunge una spallata forte e a questo punto spicco il volo, levandomi dalla calca e supero il negozio di souvenir cui stavo passando a fianco prima del trambusto.
Rimango in aria a osservare la creatura fatta di blocchi di pietra che finalmente giunge al centro dell’incrocio sotto i miei occhi. Un altro urlo quasi mi rompe i timpani, riesce a spaccare i vetri delle finestre sugli edifici più prossimi. Addirittura mi s’incrociavano gli occhi, mi sono sentita svenire per qualche attimo.
Il mio sguardo si posa sull’uomo di prima, che ora è piegato in avanti, percorso da piccole scosse che sembrano prendergli una mano e la parte del volto che non riesco a vedere. 
Rifletto sul da fare con quello scoglio gigante finché non vedo una bambina attraversare tra i suoi piedi enormi per andare dalla madre.
“No!” esclamo.
“Azarath Metrion…” non faccio in tempo a finire la formula che una chioma corvina abbigliata di giallo e verde ha afferrato la bambina e grazie ad una corda che usa come liana riesce a portarla via prima che venga calpestata.
Mi poso sul tetto dell’edificio e rimango ad ammirare il ragazzo visibilmente allenato con quella divisa da supereroe e i capelli tirati a lucido dalla brillantina che restituisce la bambina ai genitori e comanda loro di andarsene con un cenno della mano.
Porta una R sulla divisa.
Cerco di vedere il suo viso, ma è coperto da una maschera, non posso scorgere i suoi occhi.
Rimango ad osservare, curiosa di sapere quale sia il suo potenziale, alternando nel mio mirino anche l’uomo di colore di prima che però pare ancora in lotta con quello che sembrerebbe quasi un cortocircuito.
Il ragazzo dai capelli scuri con coraggio rimane in piedi davanti all’enorme ammasso di pietra ambulante, anzi sta sorridendo.
Gli lancia contro delle bombe a mano che dopo un attimo esplodono attorno alla faccia del blocco di pietra.
“Megablock!” lo chiama col suo nome;
“Oh, criminale di fama nella città dunque!” constato e i due prendono a lottare.
“Sei solo…. Un umano!”
Anche se non lo posso manifestare, rimango impressionata dall’abilità di quel ragazzo, così giovane, senza alcun potere superominico, caduco come tutti gli altri umani, eppure così impavido e sprezzante del pericolo.
Più di me… che non dovrei avere alcun timore a questo mondo…
Sembra essere una persona protettiva e leale, ma io non posso affezionarmi a nessuno, finirei col fare del male, lo so.
La folla si è dileguata, adesso il campo di battaglia è sgombero.
Megablock colpisce il ragazzo ‘R’ scaraventandolo lontano.
L’uomo di colore s’inginocchia e il rumore metallico che fanno le sue gambe nel poggiarsi attira l’attenzione del mega blocco di roccia che si dirige verso di lui.
“Alzati! Avanti! Va via!” lo esorto a bassa voce da quassù, nulla, non riesce a muoversi.
Il supereroe moro salta alle spalle del grosso masso, ma com’è ovvio non riesce a sbilanciarlo col suo peso nullo in paragone.
Megablock chiude a pugno una mano fatta di grossi detriti, sta per colpire.
Non posso stare a guardare quel poveretto che viene schiacciato.
Spicco il volo, atterro in mezzo alla strada.
Oriento una mano verso il pugno di pietra e lo colpisco con i miei poteri, amputando il polso al mostro.
Faccio volteggiare il mio libro d’incantesimi, che si sfoglia autonomamente fino alla pagina che mi occorre, tendo le mani e sussurro una formula, il getto d’acqua potentissimo di un idrante colpisce l’enorme ammasso di cemento e l’uomo riesce ad alzarsi e allontanarsi incolume.
Il pietrone si preoccupa dell’idrante, mentre io chiedo allo sconosciuto se si senta bene, lui mi fa cenno di sì col capo, ma poi la sua espressione si fa preoccupata.
“ATTENTA!”
Mi volto e l’idrante mi colpisce in pieno, lanciato dall’ammasso di pietra.
Cado a terra.
Batto violentemente la testa e mi duole il volto per il colpo, fortunatamente sono un demone e ci vuole ben altro per ferirmi.
Del sangue mi cola dal labbro, ma non m’importa.
Mi poggio sui gomiti e vedo il mio libro nell’acqua di una pozzanghera.
Lo raccolgo immediatamente e mi rendo conto che un’intera pagina è andata perduta, è ora illeggibile.
In quel libro c’è tutta la mia vita, i miei poteri, mia madre, la mia patria, senza di quel libro io sono una minaccia, non so padroneggiare me stessa senza i miei vecchi libri.
“Me la pagherai!” ringhio a bassa voce e avverto un impulso di rabbia irrefrenabile.
“Ehi, va tutto bene?” chiede il moro alle mie spalle e si allontana quando volto la testa di scatto e lo inquadro con un’iride color cremisi semi nascosta sotto il cappuccio.
Si lontana da me.
L’odio mi ribolle nelle vene, monta dentro di me, mi logora, mi sale alla testa.
Quel primordiale istinto demoniaco di distruzione manifesto nel mio aspetto degenerato è irrefrenabile.
Rimango immobile mentre l’ira aumenta.
Attorno a me, tutto ciò che non è ben ancorato a terra comincia a levitare: frammenti di asfalto, cocci di vetro, l’acqua nelle pozzanghere, l’idrante lanciatomi addosso e persino auto e camion parcheggiati per strada.
I miei capelli si sollevano lentamente da sotto il cappuccio, gli occhi sfavillano come lumi nella penombra, il mio potere si sprigiona.
“Ite!” ordino e tutto ciò che sono riuscita a sollevare si schianta contro il nemico che inevitabilmente si trova ad indietreggiare, ma ancora non cade.
Chiudo una mano a pugno la sollevo, preparando un colpo, essa si ricopre di diversi strati di una patina nera come la mia anima.
Colpisco repentinamente l’asfalto sotto di me con tutta la mia forza, sfiatando uno sfogo.
La terra ha un tremito e si screpola in numerose direzioni, sprofonda leggermente sotto di me mentre vi penetro al di sotto, impiantandovi radici nere.
Allargo la mia intrusione nel substrato in tutte le direzioni, sollevando l’asfalto dal suo interno, dopo di che, quando sono abbastanza dentro, seguo con lo sguardo l’inarcarsi del terreno, si fende in superficie delineando un percorso che porta fino al gigantesco pietrone e metto un sorriso malsano, innaturale nello sprofondare più internamente nella terra, in prossimità di lui.
Estraggo la mano dall’asfalto, leggermente ferita, ma ancora ricoperta di un velo di oscuro potere, rivolgo il palmo verso l’alto.
Megablock mi guarda, come anche gli altri due umani rimasti, li sento inspirare la calma momentanea ed espirare ansietà.
Il mio sguardo è più rilassato ora e proprio quando sento gli animi più quieti velocemente chiudo la mano a pugno.
La terra trema ancora mentre quelle radici che avevo piantato, comandate dalla mia mano, si sollevano da sotto terra, racchiudono l’enorme blocco di pietra in una morsa di energia. 
“Non puoi più sfuggirmi!” la voce di rabbia di somma alla mia in un sussurro minaccioso.
Al mostro viene a mancare la terra sotto i piedi, sprofonda lentamente in un oblio di pece nera, i miei tentacoli di fumo scuro si arrampicano su di lui, lo trattengono malgrado i suoi sforzi per liberarsi, lo costringono ad inchinarsi al mio cospetto rivolgendomi una supplica inespressa per la vita, implorandomi pietà e perdono per ciò che ha fatto.
Ma io non ne ho.
Avvolgo il blocco di pietra quasi interamente nella mia aura nera, ma all’improvviso il ragazzo mascherato sbuca alle sue spalle e devo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non ingerirlo nelle tenebre della mia mente, da cui non saprei più come tirarlo fuori e dove potrei involontariamente di privarlo di felicità, calore, vitalità.
Dischiudo leggermente le dita, ma devo lottare contro la parte peggiore di me per poterlo risparmiare. 
È solo questione di tempo, non riuscirò a contrastarla a lungo, deve scendere!
Il ragazzo fortunatamente è veloce, piazza una bomba tra una pietra e l’altra nel collo di Megablock, dopo di che salta giù da lui ed io lo posso racchiudere interamente in una bolla di energia.
Contengo l’esplosione assorbendone la potenza di fuoco e ritorno me stessa, piano piano riassorbo tutto il male che ho sprigionato.
L’uomo di colore s’appropinqua intimidito, mi restituisce il libro, mostrandosi gentile.
Io abbasso ancora di più il cappuccio sugli occhi non appena è prossimo e rimango muta.
Piuttosto il moro  con la R sulla divisa s’avvicina anch’esso, facendo danzare alle sue spalle il mantello nero, non ha alcuna paura nemmeno di fronte alla devastazione che ho lasciato.
“Quella era magia nera!” mi smaschera; “Come ti chiami? Dove hai imparato a padroneggiarla così bene?” chiede ed io faccio un passo indietro; “sta tranquilla! Voglio solo…” non lo faccio finire e sono già in fuga, giacché so che piega avrebbe preso la conversazione di lì a poco.
Il ragazzo m’insegue, ma io prendo il volo e atterro su un condominio, sicura che non possa prendermi.
“Fermati!” mi bercia un ordine e inaspettatamente mi accorgo che è riuscito a salire, in un batter d’occhio.
Comincio a correre da un tetto all’altro, mostrandomi agile quanto lui.
Non riesco a staccarlo abbastanza da poter aprire un portale senza che lui non riesca a prendermi, non mi resta che correre e sperare che si stanchi, ma io ho già il fiatone mentre lui sembra essere ancora pieno di energia.
La distanza che ci separa diminuisce, al che mi dirigo verso il cornicione di un palazzo e volo di nuovo fino a terra, ma il giovane non si da per vinto, riesce a raggiungermi saltando da un balcone all’altro e infine sulla tettoia di un ristorante.
“Accidenti è bravo!” ammetto, ansante e ricomincio a correre.
Riesco ad infiltrarmi in un vicolo e lui pare non avermi vista, va dritto.
Ne approfitto per riprendere fiato, infine mi arrampico su delle scale antincendio di metallo.
Tossisco leggermente per la corsa e mi sento afferrare la mano.
“Posso aiutarti?” chiede la voce ormai familiare, è il supereroe R ed io rimango interdetta nel rivederlo davanti ai miei occhi, ma come ha fatto?
“…no!” mi limito a rispondere, ma lui è testardo e mi aiuta lo stesso; 
“che cosa vuoi?” chiedo acida;
“solo parlare! Posso vedere il volto della persona con cui sto parlando?”;
“lasciami in pace!”;
“Come ti chiami?”; 
“non sono affari tuoi!”;
“d’accordo! Allora dimmi cosa ci fai qui?” lo guardo senza capire; “è evidente che non sei un’umana! Non abiti la terra! Da dove vieni?”;
“Ho detto: lasciami in pace!” ribadisco;
“posso almeno ringraziarti?”;
“per cosa?”;
“per aver preso Megablock e aver salvato quell’uomo!”;
“oh! Ehm! Non c’è di che!” rispondo impreparata; “ma non dovresti ringraziarmi e non dovresti neppure stare troppo nelle mie vicinanze!”;
“e perché?” chiede con un sorriso rassicurante;
“perché quello che hai visto non è un bene! Se non mi fossi fermata pure tu saresti stato inglobato e quel tipo di magia, quel vortice fumogeno di tentacoli neri che hai visto, è in grado di risucchiare la linfa vitale di qualsiasi cosa respiri e sia viva! È stato solo per questo che la tua bomba l’ha messo K.O.! Non aveva più energie! Se avessi continuato ti avrei ucciso!”;
“non l’hai fatto! Tu l’hai fermato! Forse non posso capire cosa significhi un così grande potere, ma so che l’hai usato per il bene e...";
“non sempre le buone intenzioni si realizzano!" lo interrompo; "Spesso anche con delle buone intenzioni si rischia di fare del male!” gli faccio notare;
“era una cosa da dire!” mi risponde con un sorriso; “ma sei di sicuro una brava persona, chiunque tu sia!”;
“non sai quello che dici!” rispondo;
“non mi terresti lontano!”;
“huh?”;
“non mi terresti lontano!” ripete; “Se tu fossi cattiva e fossi cosciente del tuo potenziale cercheresti di avvicinarti alle persone per fare loro del male, tu invece ti isoli, sei scappata via da me e non mi hai neppure detto il tuo nome! Hai paura di ferire la gente, perché sai di essere quello che sei!”;
“…. Raven!”;
“come?” chiede disorientato;
“è il mio nome!”; 
“oh! Raven, piacere di fare la tua conoscenza! Mi chiamo Robin!”; 
Mi dice allungando la mano per stringere amicizia ed io annuisco, ma indietreggio, mettendo le mani in tasca, cosciente delle conseguenze da cui vorrei proteggerlo.
Lui sembra comprendermi, anche senza vedere come lo sto guardando, sembra poter andare al di là di ciò che vede, sembra conoscermi.
“Voglio che tu prenda questo!”  mi porge un aggeggio tondo; “con questo potrai chiamare ogni volta che ti servirà aiuto!”;
“Non ho bisogno d’aiuto!” è la mia risposta fredda e a quel punto prendo il volo;
“Aspetta!” esclama Robin e corre su per le scale antincendio velocemente, ma rimane all’ultimo piano con la testa rivolta a me, mentre io volo sempre più in alto.

“Già!” rimembro; “Nemmeno Beast Boy con la sua parlantina era riuscito a costringermi a spiccicare parola, mentre tu si Robin” mi rivolgo al leader dopo questo primo ricordo felice, anche se lui sembra non potermi udire, ha preso davvero un duro colpo alla testa per colpa di Trigon. Rivolgo uno sguardo a Beast Boy, anche lui svenuto, ovviamente a bocca aperta, non rinuncia ad essere comico anche in questo momento. Non posso che permettermi un sorriso intenerito, uno dei pochi da quando ci conosciamo. L’ho sempre trattato male anche quando cercava di essere gentile, ma dovevo, l’ho fatto solo perché gli volevo un gran bene e, forse, se non finisse tutto ora, avrebbe potuto essere di più…

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Capitolo 3
*** amico o nemico ***


Dopo quell’avvenimento, sul far della sera, ritorno nel bosco, in culla alla sua calma mi do alla riflessione sull’accaduto. Ancora una volta gli avvenimenti non sono stati in grado di dirmi chi sono veramente.
Chi sono?
O meglio…
Che cosa sono?
Un’umana o un mostro?
Di nuovo l’ambivalenza della mia natura mi mette di fronte ad un bivio di giudizio su me stessa. Pur avendo salvato un uomo, ne ho messo a rischio un secondo.
Dubito che verrò mai a capo di me, sarò sempre a metà, sospesa tra male e bene, in bilico tra pazzia e ragione.
Prendo un profondo sospiro, espellendo ogni cruccio.
Chiudo gli occhi e mi abbandono per qualche secondo ai rumori della natura, un’armonia sinfonica, curativa per il mio mantra sconvolto.
Rivolgo lo sguardo color ametista al cielo, fattosi nuvoloso, ingrigito e irrequieto.
Mi cade il cappuccio sulla schiena, lasciando che i miei capelli violacei si muovano al vento freddo, quasi tagliente eppure così piacevole.
Quel gelo, portatore di pioggia, rivela un calore persistente, nascente dal mio labbro ed esteso sul mento.
Mi porto le dita all’angolo della bocca mentre raddrizzo la testa e quando mi guardo i polpastrelli, rimango stupita per qualche attimo, non per essermi ferita, quanto per il colore del mio sangue, rubicondo, così vivo e così umano, mi fa sentire una di loro… Un’umana anch’io.
Mi accorgo poi che sulle nocche ho altre due ferite, pur esse vermiglie.
Il loro colore vivido risalta sulla mia pelle candida, che nuovamente smentisce la mia umanità, eccessivamente pallida per velare un’essenza umana.
Lavo le ferite con l’acqua fredda ai piedi della cascata, il mio sangue si diluisce immediatamente ed ho come un minuto senso di colpa per aver inquinato la sua purezza con sangue demoniaco.
Levo la felpa e vado a riporla nella caverna retrostante la cascata, ben nascosta dalla spuma del torrente che s’infrange perenne.
Ripongo anche il mio libro di Azarath e stringo i pugni lungo i fianchi nel ricordare che una pagina è irriconoscibile adesso.
Decido di meditare per sedare rabbia, che sta lottando dentro di me per reprimere le altre emozioni corvine, quelle che ho dovuto confinare in una dimensione parallela, ma pur sempre comunicante con la mia mente.
Volteggio sull’acqua cristallina e mi trasferisco mentalmente nella calma e nel silenzio dell’universo, isolandomi da tutto.
 
Dopo un’ora di meditazione riacquisto pieno controllo di tutte loro, ma me ne assicuro consultando lo specchio maledetto in cui ho trasferito il portale d’accesso diretto alle corvine emozioni.
La pace sembra essere ristabilita.
Un tuono mi fa sobbalzare e guardo immediatamente il cielo per scorgervi il lampo.
Una goccia di pioggia mi colpisce la guancia, seguita un'altra davanti a me, e una sulla mano, poi altre tre sui pantaloni, si fanno più numerose e picchiettano nell’acqua sotto di me.
Senza motivazione alcuna, una lacrima mi solca la guancia, intiepidita da non saprei quale emozione corvina, io non posso provarne. Inspiegabilmente quella lacrima ha avuto il coraggio di emergere dai miei occhi, forse perché protetta dalle gocce di pioggia ad essa analoghe, che la rendono irriconoscibile, indistinguibile su un volto costellato d’acqua dal mal tempo. Confusa in quella miriade di lacrime fredde di cielo, una lacrima calda di emozioni non si vede, la loro trasparenza è la mia invisibilità, e va bene così.
Sgrano gli occhi…
Sento dei pensieri…
“Qualcuno…è vicino…” sussurro;
Nessuno viene nel bosco al tramonto e per di più con questo acquazzone…
Mi sta cercando…
Si trova a circa un chilometro di distanza da qui.
Chiunque sia, qualunque cosa voglia, non dovrà cercare per molto, se vuole rogna gliela farò trovare.
Non deve venire in questo posto!
Spicco il volo e seguo i frammenti di pensiero che mi vociano nella testa sempre più chiari e completi man mano che mi avvicino.
“ti troverò!....”; “chi sei?....”; “ci sono quasi… ti ho fiutata, mia cara… non andrai lontano”; “non mi sfuggi… ti prenderò!”
Ci sono, ho trovato il punto da cui proveniva quella voce, ma non c’è nessuno.
Atterro.
Sento che c’è qualcuno, ma non capisco dove sia, si sta spostando velocemente.
Sta cercando di confondermi.
Mi gira attorno.
La pioggia rende tutto più difficile.
Non vedo in lontananza, inoltre si sta facendo sera e la visibilità si riduce notevolmente ogni secondo che passa.
Sono fradicia da testa a piedi, comincio a tremare di freddo e i pantaloni appiccicati alle gambe sono pesanti e fastidiosi, ma continuo a guardarmi alle spalle, girando su me stessa in cerca di un bersaglio.
So che tra poco sbucherà da qualche parte, vuole colpire alle spalle.
Sento il cuore battermi nelle tempie.
Il respiro mi si affanna, emetto dei gemiti sconnessi.
L’ansia mi divora.
“Che cosa vuoi da me?” mi chiedo a bassa voce e decido di fermarmi;
Smetto di cercare e presto ascolto, come i monaci mi hanno insegnato.
Benché abbia il cuore in gola, il fiato corto e la paura in corpo mi sforzo di rimanere impassibile, immobile, a sguardo basso, a distinguere ciò che odo.
“Controllo, Raven! Controllo!” mi ripeto;
“Trascendi la pioggia, il tuono, il vento, il battito, il respiro… la paura.”;
Odo un pensiero…
Un pensiero diverso dai precedenti…
Un’altra mente…
non è venuto solo…
“Tutto quel potere deve essere mio! Voglio un alleato forte ed io ottengo sempre ciò che voglio!” sento chiaramente questo ultimo pensiero minaccioso e di sicuro chi l’ha espresso è il duce dell’imboscata.
Sollevo repentinamente lo sguardo in una direzione precisa, inquadro un punto dove le fronde degli alberi d’infittiscono.
“Trovato!” esclamo con un sorrisetto furbo;
Prendo a correre in quella direzione, lo tengo sotto tiro tramite i suoi pensieri.
Improvvisamente, qualcosa di grosso compare tra i cespugli, ruggendomi addosso, mi tramortisce.
Sfiato un urlo, spaventata.
Atterro nel fango e cerco immediatamente di rialzarmi.
Non ho nemmeno il tempo di realizzare cosa mi abbia colpito che un’ombra gigantesca, proiettata a terra dalla luce tenue s’ingrandisce alle mie spalle fino a superare e inglobare la mia.
Mi rendo conto della vaga forma animalesca della sagoma e sbianco in volto sentendomi in trappola, prima che quell’essere enorme mi sollevi un arto.
Vedendo quel gesto riflesso nell’ombra davanti a me, cerco di voltarmi a guardarlo, ma la pioggia mi entra negli occhi, i capelli bagnati mi si appicciano alla faccia e la figura appare in ombra, alle spalle ha gli ultimi spiragli di luce, non lo riesco a vedere.
La bestia separa le dita rivelando degli artigli acuminati.
A quel gesto reagisco.
Un tuono sorprende l’animale che per un secondo attende e nel lampo che segue gli lancio addosso una manciata di fango, prendendolo dritto negli occhi e infierisco con i miei poteri colpendolo in pieno volto, esso rivolta il muso all’indietro.
Preparo un altro colpo più forte, ma immediatamente mi blocca, riesce a schienarmi, si poggia su di me col suo peso, sprofondo nel fango.
Non riesco a respirare, la vista mi si appanna forse per la pioggia negli occhi forse perché sto per svenire.
“non…respir….” Sbiascico senza voce con alcune ciocche di capelli davanti alla bocca.
L’essere si scansa leggermente, per permettere alla luce che traversa le nubi di mostrargli la mia identità, ma uso i miei poteri per mascherarmi il volto con una cupola scura.
“Azarath… metrion… zintos!” pronuncio la formula con le ultime forze rimaste e il mio potere agisce, colpisce la bestia pelosa al petto e lo scaraventa lontano da me.
Liberata dal peso, prendo una sonora bocconata d’aria e smetto finalmente di ansare.
Mi riprendo in un batter d’occhio, scatto in piedi.
Avanzo un passo verso la bestia, ma mi blocco istantaneamente.
L’animale è verde, quel verde inconfondibile.
Lo guardo a bocca aperta mentre da tigre in cui si era tramutato, ritorna alla sua forma semiumana.
“No!” esprimo inavvertitamente il mio disappunto nel comprendere che colui che mi ha attaccato per uccidermi è lo stesso che mi ha salvata tempo prima.
“Perché?” mi chiedo a bassa voce.
Il ragazzo verde si riprende ed io reprimo immediatamente il mio dispiacere, anche se sono costretta a tenermi una mano al petto per il colpo al cuore.
Lui che sembrava così buono e ingenuo, lui che pareva essere dolce e solare, una persona di cui fidarsi, un amico.
Proprio lui ha pensato quelle cose…
non ci credo…
Non ho tempo per i dubbi!
Non posso tirarmi indietro!
Cammino con calma verso di lui, ancheggiando con la sensualità e l’insensibilità del malvagio. Plasmo una prolunga appuntita di potere dalla mia mano e non appena si volta per alzarsi gliela punto alla gola.
La pioggia nel frattempo si è fermata e gli occhi di smeraldo del ragazzo sono puntati su di me, sprizzano coraggio e lealtà, ma a quanto pare sono parecchio abili a mentire.
“Chi sei e perché mi stavi cercando?” chiedo;
“Cosa?! Tu chi sei e perché mi stavi seguendo?” chiede stizzito ed io rimango disorientata;
Lo afferro brutalmente per il collo e lo tengo fermo mentre gli punto un ginocchio sul petto e avvicino ancora di più la punta nera.
“Mi sta mancando la voglia di essere gentile con te! Mi hai attaccata! Perché?” chiedo in un ringhio;
D’improvviso mi afferra per i capelli e ribalta la situazione sedendosi sul mio ventre e bloccandomi le mani a terra.
“Comincia tu! Col dirmi cosa vuoi dalla ragazza misteriosa? Mi hai seguito perché sapevi che ti avrei condotto a lei! Dimmi perché? Chi ti manda? Cosa vuoi da lei?” me lo soffia sulle labbra, scandendo bene le ultime parole ed io riesco a reggere il suo sguardo solo attraverso la patina scura che mi difende;
“Nessuno!”;
“Balle! Parla!” mi ordina stringendo i miei polsi e piantandovi le unghie, facendomi emettere piccoli lamenti;
Ribalto nuovamente la situazione con il mio potere, sedendomi su di lui e immobilizzandolo con una fascia oscura che ne mummifica le braccia lungo il busto.
Lo afferro per la divisa che gli fa da seconda pelle nelle mutazioni e lo sollevo leggermente, questo si dimena, ma alla fine mi guarda fisso negli occhi attraverso l’oscurità della mia maschera.
Mi avvicino per penetrare la sua mente e non sta mentendo, è sincero, le sue intenzioni sono delle migliori. Mi ha attaccata davvero per questo motivo, e anche le prime voci che ho sentito erano sue.
Il petto mi si alleggerisce di colpo, il nodo alla gola si scioglie, quasi si nota che sono sollevata.
Ma….
Allora quell’ultimo pensiero….
Di chi era?
Mi chiedo e guardo nel punto in cui stavo correndo, in quel punto buio, verso cui ammetto di provare una certa angoscia.
Non siamo soli qui…
Qualcuno ci sta osservando…
“Che cosa stai guardando?” chiede il ragazzo verde dimenandosi un poco per vedere anche lui;
“Broccolo!…”;
“mi chiamo beast boy!” m’interrompe seccato;
“d’accordo, broccolo! Hai detto che conosci il suo odore, non è vero?!” chiedo;
“Si! E tu come lo sai?” chiede dapprima disorientato, ma poi alza le sopracciglia in un espressione stupita, avendo capito.
“Oh!” è tutto ciò che proferisce;
Lo sciolgo dalle catene oscure.
Mi afferra la nuca e inaspettatamente mi ritrovo sdraiata su di lui che come un cane mi annusa la testa e poi sul collo.
“Si sei proprio tu! La pioggia deve avermi fatto perdere le tracce, non avevo capito che fossi tu!” mi spiega con un sorriso di scuse da una parte all’altra del volto e si gratta la nuca con la mano;
Mi levo immediatamente da lui e comincio a camminare verso quel punto oscuro con un brutto presentimento ad accompagnare il mio silenzio.
Procedo lentamente, rimango col fiato sospeso, temendo che qualcosa sbuchi all’improvviso.
“Dove vai?” mi chiede il ragazzo verde ed io non rispondo;
cerco piuttosto di guardare se vedo qualcuno o qualcosa muoversi, ma adesso è davvero molto buio, non riesco a vedere molto solo con la luce della luna.
Non odo più alcun pensiero, anche a causa del continuo borbottare del ragazzo verde, eppure so di non essermi sbagliata, so cos’ho sentito e per sta notte conviene che io non faccia rientro, non voglio che qualcuno sappia dove mi trovo.
“Allora… ehm… “ comincia il ragazzino ed io non smetto di indagare con lo sguardo; “è qui che vivi?” chiede ed io odo di nuovo una presenza nelle vicinanze;
“NO!” mi appresto a dire con tono forse troppo nervoso;
mi schiarisco la voce e ripeto con calma: “no!” sperando che chiunque ci stia osservando non venga più a cercarmi qui;
“e… cosa ci facevi qui tutta sola?”;
“voi della terra fate sempre così tante domande?” chiedo a mia volta;
“cercavo solo di essere gentile!” mi dice;
“perché non andiamo via di qui?” gli chiedo, lasciandolo senza parole;
“noi? Insomma… io e te?” chiede arrossendo in volto;
“vedi qualcun altro in questa foresta?”;
“no…cioè… insomma, ecco…” si schiarisce la voce; “Beh, se me lo chiedi così baby, non posso che accettare!” fa il gradasso;
sbuffo
“andiamo sempreverde!” affermo e prendo a camminare verso il sentiero che porta alla città mentre lui si lamenta di come l’abbia chiamato;
 
camminiamo in silenzio per un po’ e il ragazzo verde continua ad osservarmi in silenzio, scansionandomi da ogni angolazione.
“Ti sei ferita?” chiede;
“no, è solo il frutto della tua immaginazione!”;
“che caratterino! Ti ricordo che ti ho salvato e non mi hai nemmeno ringraziato!”;
“non mi hai salvata! Non avevo bisogno d’aiuto…”;
“a me pareva di si!” m’interrompe;
“forse hai salvato loro da loro stessi!” il verdolino non capisce cosa voglia dire, ma continua a seguirmi.
“Sei fradicia! Dovresti cambiarti d’abito!”;
“e tu dovresti stare zitto!”;
"mi preoccupo perché sono tuo amico!";
"non sapevo che gli amici cercassero di ucciderti!";
"è stato un errore! Dai non te la prendere!";
"non me la prendo se chiudi quella bocca!"

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Capitolo 4
*** stranezze ***


Quando arriviamo in città, essa appare deserta, il verde non ha smesso un attimo di farmi domande, ma non ho risposto nemmeno ad una, piuttosto mi sono concentrata per localizzare i miei libri, pergamene, filtri per incantesimi e quant’altro e a racchiuderli entro un campo di energia ben protetto e potente.
Tappo la bocca al verde con un dito.
“Sta…zitto!” esclamo esasperata e lui incrocia le braccia sul petto;
Mi massaggio le tempie e rifletto.
“…Da cosa stai scappando?” chiede coraggiosamente il verde;
“non ti avevo detto di stare zitto?!”;
“Più o meno per tutto il viaggio! Che pizza!... Posso aiutarti! Insieme possiamo affrontarlo, qualsiasi cosa sia!” esclama con un sorriso sulle labbra, dalle quali svicola un dente appuntito. Quegli occhioni verdi sono puntati su di me ed ho come la fastidiosa sensazione: non solo che la maschera che mi sono creata sul volto sia stata infranta, ma che addirittura lui possa leggermi dentro e cavarne fuori quelle emozioni che così ostinatamente reprimo.
La sua spensieratezza e allegria sono quasi contagiose, ma su di me non se ne deve vedere la minima nota.
Mi rendo conto solamente ora che mi ha preso una mano tra le sue, la tiene delicatamente all’altezza del petto ed io stranamente non riesco a dire taluna parola acida per allontanarlo, ne riesco a sottrarmi a quel tocco gentile, come se il mio castello di ghiaccio si fosse sciolto nel calore delle sue mani.
“N-non toccarmi!” esecro esitante e faccio per ritrarre la mano, ma lui me la stringe;
“stai tremando!”;
“io…n-non…”;
Il momento viene interrotto da un grido in una lingua che non conosco, in seguito una luce m’acceca…
 
 
La testa mi gira, vedo tutto sdoppiarsi, quadruplicarsi per apparirmi poi sfocato.
Distinguo a malapena una macchia verde dalle sembianze mutevoli per forma e dimensione, delle luci tondeggianti scoccare nella sua direzione e sollevare un polverone attorno a lui.
Vedo delle sagome mostruose accerchiarlo, hanno in mano… forse… delle lance.
Poggio la testa, mi rendo conto di essere sul marciapiede, attorno a me ci sono dei mattoni, devo aver battuto violentemente il capo, lo sento dolermi dietro la nuca.
Per fortuna la mia identità è ancora protetta dalla patina scura e il mio corpo si sta curando autonomamente, ma sento le forze scemarmi in corpo…
Il ragazzo verde cade a terra, si raccoglie in posizione fetale…
“n…no!”
Sono le ultime parole che riesco a dire prima che tutto s’appanni nuovamente…
 
Mi sembra di aver dormito tre ore, in realtà sono pochi minuti, sono rinvenuta quasi subito.
Cerco di sollevare il busto, ma non riesco, non ancora.
Il verdolino si è trasformato in un enorme T-Rex e sta stritolando tra le fauci o colpendo a codate, chiunque gli capiti a tiro.
Ora riesco a vedere meglio chi stiamo combattendo.
Sembrano dei lucertoloni giganti, un misto tra pesce e rettile, presentano delle armature e degli elmetti di protezione, alle mani hanno delle lunghe lance che sputano dardi luminosi da un’estremità, come quello che mi ha colpita.
Con i miei poteri sollevo da terra tutti i mattoni che mi sono caduti addosso, li scaravento contro quegli orripilanti mostri, mettendone a nanna sei o sette.
Quello che evidentemente dev’essere il loro capo mi si avvicina a lancia tratta, parlando di nuovo in quella lingua sconosciuta.
“Che volete da me? Perché mi stavate seguendo nel bosco?” chiedo e questo senza rispondermi mi afferra per i capelli dietro la nuca e mi osserva con i suoi grandi occhi scarlatti privi d’iride e pupilla.
Sembra che mi stia studiando, mi prende il volto con una mano squamosa e me lo ruota per guardarmi meglio.
Infine mi scansiona con uno strano aggeggio che ha sul petto che mostra quasi nell’immediato una scritta rossa, lampeggiante.
Infine clicca un pulsante.
“Nostre più sentite scuse all’umana! Riscontro negativo, pericoloso criminale di Tamaran, non trovato! Tua maschera è pericolosa per te stessa, umana! Noi tenere mutaforma per suo fiuto!” mi dice una voce robotica che dovrebbe tradurre per lui.
“No, rancore!” conclude, i suoi scagnozzi non lasciano andare il coso verde, anzi lo sottomettono.
Il suo respiro pesante aggrava anche il mio, è esausto, ha smesso di divincolarsi. Ora è lì a terra, sdraiato, schiacciato da tante delle loro mani, che mi guarda senza alcuna implorazione per un aiuto, ma piuttosto con un invito inespresso a fuggire mentre una gabbia elettrificata lo racchiude.
Non riesco a vedere quegli occhi così, sommessi, schiavizzati tra le sbarre fredde di una cella per animali. Quella gabbia annulla la sua umanità, riducendo all’inesistenza la parte più importante di ogni uomo, la volontà. Nessuno può abrogarsi il diritto alla libertà di un uomo, anche se lo è solo per metà.
Quegli occhi mi fissano come fosse l’ultima volta e l’idea di non rivederli mai più stracolmi di gioia come li ho conosciuti, che non mi scrutino più curiosi, profondi, giocherelloni, mi manda il sangue al cervello.
I demoni chiamano…
Senza che me ne renda conto gli occhi attraverso quella patina nera che ho creato sono raddoppiati sulla mia fronte, sono stati ingeriti nel rossore infernale paterno ed emanano quel caratteristico bagliore di sangue che, filtrato dall’oscurità della mia maschera oscura, assume un’aria innaturale, quasi potessi uccidere con le iridi.
I denti s’allungano spropositatamente e in men che non si dica la parte bassa del mio corpo si è scissa in una moltitudine di tentacoli neri, si estendono come una nebbia scura attorno a me, che cresco in altezza assimilando le sembianze di un cupo mietitore.
Lancio i miei tentacoli fumanti all’attacco e ne acchiappo due o tre, che piantano le unghie in terra pur di non essere ingeriti nella pece.
Altri corrono via, ma li racchiudo immediatamente estendendo la mia aura.
“Ve ne andate di già? La festa è appena cominciata!” mi esprimo con voce sdoppiata per via di rabbia che porta alla luce le tenebre della mia anima.
I miei tentacoli sollevano da terra un palo della luce, entro il quale imprigiono il loro capo che aveva preso il volo, sperando di sfuggirmi.
Lo accerchio poi con degli oggetti pesanti.
“FERMATI!” urla la voce di beast boy e la mia parte peggiore viene immediatamente sedata, miracolosamente, senza alcuna difficoltà.
Riduco il mio potere, continuando a tenere in pugno il capo e con un tentacolo penetro nel sistema operativo sul suo petto, lo inverto per tradurre nella loro lingua ciò che ho da dire.
“Lasciate andare il verde e finisce qui! Altrimenti il lucertolone sarà il primo di tutti voi a capire quanto possa essere crudele!” esclamo e li guardo tutti dal primo all’ultimo, attraverso la maschera nera.
Ognuno di loro fa un passo indietro non appena sentono su di loro la minaccia del mio sguardo.
Il traduttore fa il suo lavoro e gli altri lucertoloni buttano le lance a terra in segno di pace, alzano le mani e comunicano con il loro comandante che evidentemente ordina loro di allontanarsi.
“Beast boy!” lo chiamo non appena viene rilasciato e lui, una volta libero, corre verso di me felicemente, se potesse scodinzolerebbe addirittura.
Io abbasso con una mano tutti gli oggetti pesanti che avevo puntato contro la lucertola troppo cresciuta.
Con l’altra lancio quella specie di iguana ancora immobilizzata contro i suoi compari.
“SPA-RI-TE!” scandisco bene le parole che vengono tradotte come le ho dette.
Un luminare rossastro muta per un secondo i miei occhi, questi trasalgono e sento uno di loro pronunciare la parola “Scath” seguita da altre parole nella loro lingua aliena prima che questi prendano il volo e si dirigano lontano.
“A quanto pare la tua fama ti precede!” affermo inavvertitamente ad alta voce, rivolgendomi a Trigon.
Immediatamente penso che colui che mi spiava nella foresta non poteva essere il capo di quegli alieni, i pensieri che ho sentito erano nella mia lingua.
Chiunque sia non sa a cosa va incontro.
Rivolgo uno sguardo al verde che mi guarda un po’ inquieto.
“Allora…cosa volevano da te?” chiede curioso;
“Si sono sbagliati! Non cercavano me!” esclamo, anche se non molto sicura;
“bene, allora abbiamo vinto! Ti va una pizza?” chiede sorridente;
“no! Voglio stare sola!” dico e faccio per prendere il volo, ma lui mi agguanta per il braccio;
“aspetta, cos’era quella cosa che sei diventata?” chiede ed io ruoto il capo altrove, avvertendo come delle coltellate alla schiena al pensiero di cosa sono e cerco ancora di prendere il volo; “non andartene! Solo perché sei diversa non vuol dire che tu non possa avere amici!”;
“ti sbagli!”;
Cerco di andarmene ancora, ma lui non mi lascia, io esasperata mi volto verso di lui.
“Vuoi sapere qualcosa su di me?” chiedo e lui annuisce facendomi gli occhioni da gattino; “ Poi mi lascerai in pace?” ;
annuisce di nuovo, poi ci pensa, “solo per questa notte!” corregge facendomi l’occhiolino;
io sbuffo, “sempre meglio di niente!”;
“avanti, sono curioso! Fammi vedere chi sei?”;
“questo no!”;
“uff! E va bene!”;
“apri bene le orecchie a punta, sempreverde, perché ti dirò solo due parole…
…niger corvus”
 
 
 
Ricordo che dopo averlo lasciato lì, assillato da milioni di domande, vidi una cometa di una strana gradazione di colore verde sfrecciare molto lontano dalla terra e desiderai che la terra mi perdonasse per esser nata.
Però si… niger corvus, corvo nero, questo gli dissi!
Sapevo che anche se avesse tradotto quelle parole dal latino, non avrebbe capito che cosa significasse per me.
Niger corvus, sono io…
Il corvo nero è il mio simbolo, la mia firma, il mio marchio, quel che sono e sempre sarò…
mai più Rachel…
quello è il nome della giovane maledetta, della gemma che è il suo portale, di colei che è stata l’origine della distruzione che si profila ora davanti ai miei occhi.
Io non volevo essere questa…
Io non volevo essere Rachel… non quella…
Io sono Raven…

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Capitolo 5
*** La pagina perduta ***


Rivolgo ora uno sguardo a Cyborg, sdraiato supino, con un braccio semi staccato, l’occhio robotico spento e l’altro serrato, le labbra di colore chiuse in una linea dura, l’espressione corrucciata e una gamba poggiata su un masso, i cui circuiti sono scoperti della loro lastra protettiva trasparente, sfondata dalla botta.
L’uomo metà robot, metà umano che vidi per la prima volta durante il mio scontro con Megablock.
Esatto, era lui l’uomo che ho salvato quando la sua parte meccanica era in preda al cortocircuito proprio nel momento meno opportuno, e fu sempre lui quello che andò più vicino di tutti a capire chi fossi…
 
 
 
Quando le prime luci dell’alba illuminarono la città, ad anima trascesa, io avevo appena scansionato tutto il bosco circostante il luogo dove avevo scelto di vivere, ma non c’era traccia alcuna di colui che mi stava cercando l’altra notte.
Ho ispezionato anche da cima a fondo la radura dove ho incontrato Beast boy e anche il punto buio su cui mi ero focalizzata, dove non ho avuto il coraggio di avventurarmi, da dove venivano pensieri funesti, ma niente.
Come se fosse scomparso nel nulla…
Che strano…
Reclamo la mia anima dentro di me e apro gli occhi, smetto di volteggiare sul tetto di una casa, dove avevo scelto di appostarmi per la meditazione e la ricerca.
Decido di tornare alla grotta di persona.
Raggiungo l’antro tramite un portale ed immediatamente cerco il mio campo di forza, è ancora lì, negli interni della caverna.
Non è stato toccato nulla.
Sciolgo la magia con un contro-incantesimo e mi cambio gli abiti, ormai asciutti.
Sono riuscita a prendermi il mal di gola, nulla di più probabile.
Opto per un’ennesima canottiera, nera, leggins scuri con sopra un maglione lungo color prugna, metto un cappellino dello stesso colore, tirato sopra la pietruzza rossa che porto sulla fronte come segno del terzo occhio, una sciarpetta marrone e un paio di occhiali dalle lenti tondeggianti scure in modo che coprano il color pervinca delle iridi.
Prendo il libro di Azarath per portarlo con me e immediatamente ne cadono alcuni fogli volanti sotto il mio sguardo.
“accidenti!”;
Immediatamente li raccolgo e li ripongo in ordine al suo interno, aggiustandoli con i miei poteri.
Nel farlo noto una cosa che mi fa rabbrividire, mi paralizza letteralmente.
Noto che manca una pagina, ma non una pagina qualunque…
ne è rimasto un esiguo frammento di poche parole, bastanti a stringermi la trachea in un nodo che mi toglie il respiro.
Nessuno è entrato qui e il mio campo di forza non è stato toccato, la pagina non è stata rubata, me ne sarei quantomeno accorta se qualcuno avesse penetrato la mia cupola oscura.
Forse si è strappata… d'altronde questo libro è vecchio e trasandato…
Magari è qui intorno…
Mi metto a cercarla, ma non è da nessuna parte.
“No!… No! No! No!” ripeto finché la voce non viene a mancarmi, mettendo sotto sopra tutte le mie cose.
Quella che si bagnò l’avevo già letta, era una delle prime, ma questa….
Questa è una delle pagine più pericolose che questo libro possa contenere…
Una profezia criptata…
Un’antica maledizione…
Un orrendo preludio della fine…
Fortunatamente è stata scritta in simboli che solo la mia gente o pochi al mondo conoscono, ma devo trovarla prima di questi pochi.
Se quelle parole venissero pronunciate ad alta voce, lui potrebbe essere evocato e la catastrofe sarebbe inevitabile.
“Devo trovarla!”
“…Subito!”
Consulto immediatamente il mio libro, scorrendo le pagine fino agli incantesimi di localizzazione più complessi.
Sarà difficile trovarla in tutta Jump City, o, chi lo sa, magari anche altrove.
Devo comunque provarci.
Prendo a volteggiare a gambe incrociate ed eseguo più volte diversi incantesimi, ma è davvero complesso imparare a memoria formule così lunghe, accostarvi procedimenti mentali così complessi e orientarvi la magia nera.
Il massimo cui sono arrivata, è fare in modo che nelle vicinanze della sua parte complementare il rimasuglio di carta ancorato al manuale arda di fuoco magico in grado di fondere insieme le due parti e ottenere nuovamente un uno.
Provo con un ultimo incantesimo che forse può aiutarmi.
Pronuncio ad alta voce la formula.
Posiziono la mano sul rimasuglio della facciata e entro in essa, percorro le sue scritte a bordo pagina e leggendo dall’interno del libro trovo la continuazione delle parole lasciate a metà, fino allo stralcio finito chissà dove.
L’inchiostro sulla carta ingiallita diventa la mia finestra sul mondo, sto osservando l’ambiente circostante dal foglio strappato di un vecchio libro.
Una cosa sorprendente, persino per una strega.
Una luce accecante svicola dalle scritte entro le quali sono nascosta, sbircio dall’inchiostro nero della pagina e riconosco degli arnesi puntatimi addosso.
Poi, dal buio, compare un lume rosso, s’appropinqua e s’ingrandisce, mostrandosi affiancato da un occhio umano, color nocciola.
L’uomo di colore che vidi durante lo scontro con Megablock rivela un volto per metà umano e metà robotico.
Regola con due dita l’obbiettivo del suo occhio artificiale con cui esamina la pagina, mentre con l’altra si mette davanti al volto un microscopio e da qui il suo occhio marroncino appare enorme.
“mmh!” esordisce il mezzo robot;
“che hai trovato?” chiede la voce di qualcuno che non vedo;
“Oltre ad inchiostro e carta? Acqua sporca, della pozzanghera in cui è caduta, residui d’asfalto, di dove l’abbiamo trovata, stoffa di vestiti, probabilmente di miss stranezza, fibre di un altro tessuto più resistente, probabilmente la borsa dove lo teneva eeee…. roccia sedimentaria”;
“come scusa?” chiede la voce divenendo più vicina;
“guarda tu stesso amico! Roccia sedimentaria! Questo libro è stato su una montagna, più probabilmente in una grotta.” Dice e si leva mentre un occhio azzurro sostituisce quello nocciola.
Quando si sposta riconosco l’eroe R, che se non erro si chiamava Robin, mentre si rimette la maschera sugli occhi.
“Cioè mi stai dicendo che quella ragazza vive in una grotta su una montagna?” chiede incredulo;
“improbabile!” risponde l’altro; “Però non c’è traccia di null’altro qui sopra, nessun residuo di polvere o altro che mi facciano pensare ad un’abitazione.”;
“e per quanto riguarda le impronte?” chiede Robin;
“le ho rilevate, ma non c’è nessun riscontro con i profili di tutta la città, ora estendo il campo di ricerca alle città circostanti!”;
“a tutto lo stato se occorre!” afferma il moro;
“… e sia!” risponde l’uomo di colore e segue un momento di silenzio.
“Come ti chiami?” chiede il ragazzo mascherato per rompere il ghiaccio;
“Gli amici mi chiamano Cyborg!”;
“e come mai la stai cercando?”;
“forse non l’hai notato, amico, ma quella ragazza mi ha salvato la vita! Inoltre mi è sembrato di rivedere in lei me stesso quando ho scoperto il mio corpo in queste condizioni. Aveva paura di se stessa! Non si è mai amata così com’è! È sempre stata quella diversa, mentre avrebbe voluto essere qualcun altro se il fato glielo avesse permesso! Anche io mi sono chiesto molte volte perché fosse accaduto a me di essere quello che sono! Ma tu non puoi capire!” confessa mentre continua le ricerche, premendo a gran velocità i tasti del computer;
“Perché?”;
“perché tu sei normale! Non un fenomeno da baraccone come me o quel mostriciattolo verde che zampetta per la città divertendosi a cambiare animale a seconda dell’umore” continua freddamente;
Il ragazzo mette una mano sulla spalla all’omone robotico.
“Il ragazzo normale capisce! E poi, considera il lato positivo! Ti è stata data una seconda possibilità! Senza contare il fatto che hai ancora ciò che contraddistingue l’umano dall’oggetto: un cuore che batte e la volontà, ora sei in grado di fare cose che molti umani possono solo immaginare! Vorrei che questa possibilità fosse stata data anche ai miei genitori! Invece loro sono morti!”;
“mi dispiace!”;
“non dispiacerti!” gli dice impassibile e riprendono entrambi a guardare il computer che da responso negativo.
“Posso provare con tutto lo stato, anche se questo significa acherare illegalmente i database di una fetta di continente! Mi serve il permesso del supereroe!”;
“accordato!” afferma senza alcuna esitazione l’eroe e aggiunge: “Mi assumo ogni responsabilità!”;
Il mezzo robot riprende la ricerca, obbedendo all’ordine.
“Invece tu?” chiede Cyborg; “…perché tu, paladino della giustizia, metti a repentaglio anche la legalità che tanto difendi per quella ragazza?”;
“perché se il suo potere finisse nelle mani sbagliate, se lei decidesse di intraprendere la via del crimine, ci sarebbero serie conseguenze!”;
“tutto qui?”;
“certo che no! Quella ragazza è la prima ad avere bisogno di aiuto! Deve imparare a controllare i suoi poteri, voglio darle tutto il supporto possibile! E soprattutto non voglio che sia sola! Crede di non meritare degli amici, ma si sbaglia!”;
“…la troveremo!” lo rassicura Cyborg, ma il computer ancora una volta da responso negativo.
“Maledizione!” ringhia il giovane eroe battendo un pugno sul tavolo.
Viene verso lo stralcio di pagina e lo osserva per qualche attimo.
“Sappiamo almeno che cosa c’è scritto?”;
“no! Non lo sappiamo! Quello che vedi non è semplicemente una lingua antica difficile da decifrare, è un insieme di simboli, una formula magica o una maledizione, un messaggio criptato che probabilmente ha, a sua volta, una lingua originale, sola ed unica, in cui può essere traslata e solo da quella lingua, probabilmente molto antica, una lingua morta, potremmo essere in grado di ricavarne una traduzione forse nemmeno troppo sensata.”;
“e il disegno? È una mano?”;
“si lo è! Secondo un’antica usanza di maghi e streghe, i loro libri venivano scritti ponendo raffigurazioni degli oggetti o dei viventi che dovevano essere maledetti…”;
“quindi abbiamo la formula per maledire una mano! Potremo schiaffeggiarci a vicenda una volta che avremo capito la frase rituale !” ironizza il moro; “Non abbiamo in mano nulla!” ammette esasperato;
“…un’altra usanza invece suggerisce che venissero introdotte le immagini degli altari su cui venivano effettuati gli incantesimi o le maledizioni, gli stessi sui quali le maledizioni potevano essere sciolte.”;
“e la mano cosa centra?”;
“non c’è solo una mano, ci sono anche delle statue incappucciate ad accerchiarlo, quello è un posto! La mano è probabilmente di pietra! E le statue sono dei pilastri, questo suggerisce che con molta probabilità si trova sotto terra! Inoltre non dobbiamo dimenticare un particolare: sotto all’immagine c’è un corvo nero ad ali spiegate e la nostra amica, hai detto che si chiama Raven, alias corvo! Forse c’è un collegamento più profondo di quanto pensiamo tra lei e questa formula, nonché con il posto”;
Accidenti, è più intuitivo di quanto pensassi…
“Mi sembra un collegamento molto azzardato, ma di sicuro ci potrà dire di più rispetto a qualsiasi ricerca su cose e persone terrestri. Non abbiamo scelta!” esprime il moro;
“la chiave, è la formula!”

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Capitolo 6
*** nascosta per sempre ***


 
I due escono dalla stanza per una pausa, anche se il supereroe oppone un po’ di resistenza, ostinato e cocciuto com’è, ma poi uno sbadiglio gli suggerisce la cosa più opportuna da fare.
Io ne approfitto e cerco di usare la magia, anche se sovrapporre gli incantesimi rischia di essere controproducente.
Localizzo a grandi linee il posto.
Riesco solo a comprendere che si trova sotto terra, in mezzo all’acqua.
Esco dal libro su cui ho ancora la mano appoggiata.
Sono di nuovo nella caverna.
Non mi resta che vagare per la città in cerca di quel segnale che bruci lungo il perimetro il residuo di pagina rimasto e avvalermi degli incantesimi minori.
Vado immediatamente in città.
Rifletto bene e passando vicino ad un tombino mi viene l’insana idea, ma la abbandono immediatamente siccome ho sentito che era in mezzo all’acqua.
Attraverso la città mentre leggo il mio libro, nella sezione di localizzazione, approfondendo questa parte prematuramente.
Tengo un’orecchietta sulle due pagine ai lati di quella mancante e ogni tanto le do uno sguardo, ma del lumino allo strappo nemmeno l’ombra.
Arrivo in un parco isolato, abbandonato, appena davanti al mare.
Qui posso riflettere da sola in mezzo all’erba alta.
Seggo su una panchina, raccolgo le gambe su di essa e mi poggio con la schiena al bracciolo in metallo, scrutando l’orizzonte blu su cui si riflettono lamine di sole e chiedendomi come potessero trovarsi nell’acqua e contemporaneamente sotto terra.
Prendo un profondo sospiro, svuoto del tutto i polmoni e anche la testa che comincia a dolermi…
Mi balenano nella mente insensate domanda, emergono prepotentemente nella molteplicità: per quanto ancora dovrò nascondermi? Quanto ancora dovrò rimanere segregata nella solitudine? Quanto ancora dovrò mantenere segreti?
la risposta è ovvia…per sempre.
Eppure non voglio rassegnarmi… mi piace fantasticare che mi aspetti qualcos’altro, forse qualcosa di meglio, un domani più sereno, un futuro più felice, ma poi il sogno ad occhi aperti finisce, ritorno alla dura realtà, quella in cui io non sono altro che il vaso di pandora su questa terra, ormai condannata.
Il mio scopo ultimo non è avere sentimenti, non è essere felice.
Non era previsto che io aspirassi ad altro…
Il mio scopo è solo quello di attendere quella data, il mio compleanno, ogni anno, per tutto l’anno, finché non comparirà un segnale, sfavillante sulla mia pelle, finché lui non sarà pronto a riemergere dagli abissi dimensionali.
Mi attende l’oblio…
Ma non è l’avere una data di morte stampata in fronte che mi pesa, sono tutte le altre date che quel giorno mi si attaccheranno alla pelle, tutte uguali alla mia, milioni e milioni di date, scritte una sull’altra sul mio corpo e scalfitemi nel cuore, milioni d’innocenti strappati alla vita, a cui non saprò mai come chiedere scusa.
Questa è la vera morte, l’essere la responsabile.
Le voci dei miliardi di morti urleranno nelle mie orecchie che è colpa mia, strazieranno la mia coscienza, divoreranno la mia anima.
Purtroppo non c’è nulla che può fermarlo…
ed io non posso ottenere alcun perdono per essere nata.
Soffermo lo sguardo sui passanti, ignari del mio scrutarli…
Le persone non possono immaginare quello che altre persone si portano dentro.
Le vedi camminare per strada, tutte uguali, tutte inespressive, irrigidite, spaventate dalla propria emotività, mascherate di evanescenza nel loro essere indistinti automi.
Ognuna di esse con un peso diverso legato al cuore che li differenzia…
Un peso che non si può vedere, udire o toccare, ma che esiste e pesa…
Il mio è questo…
questo è il mio peso…
il peso dell’umanità…
Quell’eroe, Robin, è davvero molto buono, ma non capisce, non sono fatta per l’affetto, per l’amicizia o per l’amore, sono cose altre rispetto a me, cose che non potrò mai nemmeno comprendere fino in fondo.
Vago con lo sguardo distratto e rammaricato e noto l’isolotto che mi colpì appena giunta qui da Azarath.
Improvvisamente ho un’illuminazione.
“In mezzo all’acqua, sotto terra!” esclamo a me stessa, avendo la soluzione.
Scavalco la recinzione in ferro trasandata, arrugginita e mi precipito subito a riva dove spicco il volo e con il libro stretto al petto volo sull’isola.
Atterro nel punto più alto e scruto la città, bellissima da qui.
Il mio libro è divenuto caldo e al suo interno la fiamma scoppietta attorno allo strappo, confermandomi che sia il posto giusto.
Odo dei pensieri, si trovano esattamente sotto i miei piedi, mi lascio guidare e uso il mio controllo sulla materia per oltrepassare la terra sottostante.
Giungo sino nei condotti d’aria e lì gattono fino ad una grata sotto di me, dalla quale vedo la pagina su un tavolino, tenuta tirata da delle pinzette e i due intenti a lavorare, uno al computer l’altro su di una scrivania piena di scartoffie.
Cerco di essere il più silenziosa possibile e di usare i miei poteri per togliere la pagina senza che i due se ne avvedano.
Però una mosca verde attira la mia attenzione, svolazza attorno alla pagina prima che la tocchi.
“Cosa? Che ci fa qui?” mormoro a bassa voce.
La mosca si tramuta in un uomo.
“Che bravi, state facendo un ottimo lavoro!” la sua voce fa sobbalzare i due che immediatamente reagiscono sulla difensiva.
“No, no, fermi! Non avete capito! Non sono in cerca di guai!” interviene il verde prima che le cose si mettano male.
“Tu sei il mutaforma! Non è così?” chiede Cyborg ritrasformando il cannone a propulsione nel suo braccio;
“si, sono io!”;
“come sei entrato nel mio covo?” chiede Robin deponendo il bastone allungabile.
“Mi sono trasformato in una mosca e sono entrato! L’erba finta non inganna uno come me!”;
“che cosa vuoi?” chiede freddamente Robin, irritato per l’intrusione.
“So che state cercando la ragazza misteriosa…”;
“chi?”;
“capelli viola, pelle pallida, fisco da urlo, sempre cupa, poco loquace, acida e sempre vestita di scuro… ah, quasi dimenticavo, spaventosi poteri da strega mangia bambini… vi dice nulla?”;
“come la conosci?”;
“dei tizi le stavano dando fastidio ed io sono intervenuto per difenderla! Poi ho visto quello che è stata in grado di fare con Megablock e ho notato l’interesse nei suoi confronti, soprattutto quello di Robin!” dice con uno strano tono stizzito nella voce; “Ho dedotto che la steste cercando! Così ho pensato che avremmo potuto collaborare per aiutarla!”;
“mmh!” interviene Robin; “tu cosa sai di lei?”;
“che ha qualche problemino di gestione della rabbia! E che vive nella foresta!” a quell’affermazione Cyborg e Robin si guardano; “non so precisamente dove, la pioggia di ieri ha cancellato il suo odore! Inoltre so che si estranea dal mondo perché è per metà umana e per metà…qualcos’altro! Una sorta di creatura, anche se non la direi propriamente tale, non saprei come altro definirla!”
il verde ha la lingua troppo lunga.
“Voi invece cosa sapete sulla ragazza misteriosa?” chiede;
“si chiama Raven! Padroneggia la magia nera con grande maestria, ha un fermo controllo sulla materia e una grande sfiducia in se stessa come nel resto del mondo!” risponde Cyborg per Robin;
“Sappiamo uno meno dell’altro! Come facciamo?” chiede Beast boy;
“dovremmo cercare altre informazioni, ma pare imperscrutabile! Quella ragazza è un enigma!” constata Robin; “Hai mai visto questi simboli prima d’ora?” chiede al verde riferendosi alla pagina strappata ed io alzo gli occhi al cielo, pensando che sia impossibile che ne sappia qualcosa;
“Ehm! No! Però… io ho parlato con lei ieri sera! E vi posso dire questo: cose orribili ha vissuto quella ragazza e se lei ci tiene così lontani non lo fa senza una ragione! L’ho vista tramutarsi in una cosa, una cosa spaventosa, non sembrava nemmeno lei! Come se avesse un mostro dentro e stesse cercando di liberarsene…”;
“che mostro?”;
“non te lo saprei spiegare, né credo che lei vorrebbe che ve lo dicessi… Però è buona e ne vale la pena, ne sono sicuro! Per starle accanto, credo che dovremo vedercela con i nostri peggiori incubi!”;
“lo sappiamo!” gli dice Robin con un sorriso;
“l’avevamo già messo in conto!” continua Cyborg;
“Allora è deciso!” afferma Robin; “ma se speriamo di cavare qualcosa dalla sua bocca siamo fuori strada!...”;
“Mi ha dato un indizio su di lei!” lo interrompe Beast boy stupendo tutti gli altri;
“Spara!” esclama Cyborg;
“niger corvus! Secondo voi che cosa vuol dire?” chiede ed io mi metto un palmo sulla fronte ripetendomi di essere stupida poiché adesso il robot saprà di per certo che c’è un collegamento tra me e quella maledetta formula.
“Latino! Posso documentarmi!” detto ciò Cyborg si mette immediatamente al lavoro.
 
“C’è dell’altro che dovreste sapere!” riprende Beast Boy;
“ossia?”;
“non so come, ma si è fatta parecchi nemici da cui dobbiamo proteggerla! Ieri sera siamo stati attaccati da un branco di lucertoloni alieni e lei mi ha salvato!” dice con occhi a cuore; “e… e poi quando sono andato a cercarla nel bosco, seguendo il suo odore, i miei sensi ipersviluppati di animale hanno captato qualcun altro oltre noi!”;
“chi?” chiede Robin;
“non lo so! Non l’ho visto, ma mi ha seguito per tutto il tragitto!”;
“e tu l’hai portato fino a lei?”;
“no! Avevo fatto una deviazione appositamente per evitarlo, ma è stata lei stessa a trovare noi! Nemmeno lei conosce il suo persecutore, era insicura e disorientata! Pensava che fossi io a volerla stanare!”;
“e tu perché la stavi cercando?” chiede Cyborg con un sopracciglio scuro sollevato;
“ehm, io?... Beh, ecco… in realtà perché mi andava la sua compagnia! È una ragazza interessante! Ovviamente non intendo nel senso…. Si insomma è… un enigma, come ha detto lui!” balbetta grattandosi la nuca sempre più agitato e impappinandosi con le parole.
Mentre loro, in particolare il robot, prendono in giro il broccolo per una fantomatica cotta, io ne approfitto.
“Azarath metrion zintos…” sussurro e la magia muta i miei occhi dandogli un colorito vitreo, violetto mentre delle spire di fumo nero strisciano fuori dalla grata, volano silenziosamente fino alla pagina.
Con un colpo deciso la strappano, mantenendo illesa la parte scritta.
Il rumore dello strappo attira i tre che subito accorrono.
“NO!” urlano in concomitanza, ma ormai essa è passata attraverso la sottigliezza della grata fino alle mie mani.
“Mi dispiace ragazzi, sarà per un’altra volta!” dico a bassa voce e apro un portale sotto di me, vi cado dentro di schiena con la pagina stretta al petto, un attimo prima che un pugno metallico sfondi la grata e richiudo subito il portale, senza lasciar traccia di me nel condotto.
Una volta fuori, con i poteri sfoglio il libro e lo strappo si mostra ricalcato da una striscia incandescente che rigenera la pagina non appena questa ne sfiora una favilla.
Mi sposto con un portale fino nella grotta e racchiudo nuovamente il mio libro, insieme a tutti i miei oggetti entro un campo di forza impenetrabile.
Ora che il pericolo è sventato decido di concedermi di pranzare dunque torno in città, sicura che l’olfatto del verdolino non possa trovarmi se mi sposto con i portali, inoltre la pioggia ha cancellato i miei tragitti e la grotta si trova in prossimità di una cascata, la brezza che provoca confonderà ulteriormente il suo naso.
Se il muta forma non mi raggiunge, chiunque mi stesse cercando quella sera, dovrà perlustrare parecchi ettari ed io prenderò le giuste precauzioni per quel tempo.

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Capitolo 7
*** la trappola ***


Dopo una pizza sulla terrazza triangolare di un ristorante che da sulla strada, rimango sotto un ombrellone in contemplazione del complesso cittadino e delle persone che passano di sotto, reggendomi il mento su una mano.
Ammiro e invidio l’inconsapevolezza del destino ad attenderli che ognuno di loro ha e soprattutto apprezzo intensamente ogni attimo ancora in cui mi è concesso di non essere carnefice per nessuno di loro.
Ringrazio la cameriera del conto che mi ha portato e riconduco immediatamente lo sguardo sulle strade che si congiungono in una sola davanti alla pizzeria, mentre sorseggio una bibita fresca dalla cannuccia.
Pago la pizza, ma decido di rimanere ancora un po’ seduta qui, in disparte.
La noia è una buona amica.
Ad un certo punto noto un energumeno sbucare da un vicolo, ha i capelli lunghi e il pizzetto ramati, un aspetto inquietante, la faccia squadrata da cavernicolo e indossa una divisa prevalentemente nera, i due grossi fori per le maniche sono ben attillati ad un fascio di muscoli pompati che costituiscono le sue braccia.
“Gigantesco, ma senza cervello!” commento con un sopracciglio alzato;
In seguito, dallo stesso vicolo sbucano otto zampe di ragno, sembrerebbero realizzate in ferro, sono ancorate al corpo di un ragazzo di bassissima statura, pelato, con un imbarazzante paio di occhialoni verdi da laboratorio sulla fronte, una divisa anch’essa verde cui è attaccato il congegno che muove le zampe.
“Minuscolo, ma intelligente!” commento di nuovo, più interessata, assumendo un espressione investigante;
Continuo ad osservare quella coppia stravagante mentre tutti quelli che incappano in loro si scansano come intimoriti e proprio per questo accantono l’idea ottimista che siano degli eroi, anzi a giudicare dalle reazioni che vedo, oserei dire che forse hanno anche troppa fama per le loro bravate.
Come volevasi dimostrare i due cominciano a fare casino mentre io studio le loro mosse attraverso le lenti oscurate dei miei occhiali, in tutta calma e silenzio.
I clienti della pizzeria si rifugiano immediatamente all’interno del ristorante non appena si accorgono del trambusto poco distante da noi, invitandomi a fare lo stesso e dandomi dell’incosciente, giacché non ho alcuna intenzione di muovermi da qui.
Non li calcolo minimamente.
Il gigante punta sulla forza, ma agisce a caso, totalmente guidato dal piccoletto che non si basa che sui suoi prodigi tecnologici, tolti quelli, è innocuo, ma forse è il più difficile da gestire dei due, mentre per abbattere quella montagna di muscoli occorre decisamente molto di meno.
Il cavernicolo gigante prende a calci le macchine, sradica pali della luce e scarica pugni sull’asfalto, così, senza uno scopo.
Il suo istinto gli dice di prende a lanciare in aria una fila di cassette per l’imbuco delle lettere, una dopo l’altra, seminando una pioggia di falene bianche svolazzanti.
Una di queste cassette saetta nella mia direzione a gran velocità, mi costringe ad abbassare la testa dietro il muretto su cui ero comodamente poggiata con un gomito.
La cassetta si conficca nell’insegna della pizzeria e dopo un rimbalzo sul muro si abbatte in avanti, trascina con sé nella caduta anche il cartellone colorato che si piega su se stesso da un lato.
Fortunatamente cameriere e clienti sono già stati raggruppati all’interno e non ci sono stati malcapitati feriti.
Faccio un resoconto dei danni causati: la cassetta della posta dipinta di blu si è letteralmente accartocciata ed è rotolata a poca distanza da me, l’insegna pare irreparabile, abbattuta sul pavimento da una parte, appesa per i cavi elettrici scoperti e pericolosi dall’altra, per non parlare dei tavolini sfondati e degli ombrelloni stortati.
“Non male!” commento ancora con indifferenza;
Sporgo nuovamente lo sguardo dal muretto, mentre un ragazzo da dentro il ristorante lancia delle grida a me indirizzate che m’intimano di scappare via, le ignoro, anche quando mi avvertono che c’è qualcuno alle mie spalle.
Devo dedurre che quei due cerchino l’attenzione di qualcuno, il piccoletto è troppo furbo, non lascia nulla al caso ed anche lui si sta dando da fare, servendosi del suo arsenale ipertecnologico.
Per chi è la trappola?
La gente prende la fuga ed io rimango immobile, serena agli occhi degli spettatori dietro di me, che stanno urlando più forte per farmi scampare il pericolo incombente.
Io però non ho alcuna palpitazione in più di fronte alla situazione, nemmeno uno straccio di adrenalina in corpo, nessuna paura.
Dopo poco però i due fenomeni da baraccone si bloccano, sentendo delle sirene in lontananza.
La partita sembrerebbe finita all’arrivo dei poliziotti, ma le loro facce spavalde suggeriscono che ci sia ancora parecchio da giocare.
I due si scambiano un’occhiata d’intesa quando vedono sopraggiungere sul posto le volanti, i fari lampeggianti rossi e blu sulle macchine li divertono, per non parlare delle armi puntate contro e la superflua elencazione dei loro diritti prima dell’arresto.
I due scoppiano a ridere in faccia alla legge, scattano le manette, ma subito il bestione senza cervello si fa avanti.
Quest’ultimo carica un paio d’auto, come fosse un toro, i proiettili degli agenti, sparatigli addosso, non lo scalfiscono e giunge illeso a schiacciare contro un muro due auto con una sola spallata.
Non potevo lasciare che i conducenti si facessero del male…
Riapro i portali in cui avevo risucchiato i due uomini in divisa con il semplice movimento di un dito e questi compaiono urlanti sulla strada, cadendo sul marciapiede uno sull’altro alle spalle del piccolo ometto dalle zampe di ragno.
Esso abbassa gli occhialoni sugli occhi e per qualche attimo sposta assiduamente lo sguardo dai due poliziotti, disorientati e sbiancati in volto, alle due auto, spappolate una contro l’altra, compresse tra il muro e il compagno più grosso, il quale se ne schioda con qualche difficoltà.
Ancora convinto di averli uccisi, il gigante stupido mostra il pollice con un sorriso ebete, il super genio invece pensa per un attimo di avere le trabecole e mi sembra di poter vedere le formule matematiche materializzarsi attorno alla sua testa pelata, mentre lui si gratta il mento con un dito, a sguardo basso e pensieroso.
“Principianti!” commento acida;
Il piccoletto osserva attentamente la reazione dei due poliziotti che ne sanno meno di tutti e si chiedono cosa sia successo, guardandosi attorno e scambiandosi vicendevolmente domande.
I due cattivi decidono di esagerare.
Il più piccolo indica al più grande uno scuolabus giallo, sbraitandogli qualcosa che non sento da qui e quello si avvicina, portando i bambini spaventati a cercare di slacciarsi la cintura per correre fuori dalla vettura, ma io glielo impedisco.
“Maestra! Le cinture sono bloccate!” emerge la voce di uno di loro tra le grida degli altri.
Posso sentire la loro paura, i battiti ravvicinati dei loro cuori, è doloroso avvertire i loro brividi sulla pelle, ma prima che la docente faccia qualcosa, imprigiono nelle cinture anche lei e il conducente.
I bambini sentono il bus tramare, afferrato da due grosse mani e urlano ancora, terrificati, sentendosi sollevare lentamente.
“Calmi!” intervengo nelle menti di ognuno loro ed essi, stranamente mi obbediscono alla prima, smettono di strillare come degli ossessi, permettendomi di rimanere concentrata, come se mi sentissero amica, come l’ultima ancora di speranza.
Addirittura tappano la bocca a quelli più presi dal panico.
Il gigante solleva lentamente il bus e man mano che questo si solleva da terra, i bambini vedono il pavimento inglobarli, senza far loro alcun male., come delle sabbie mobili.
Chiudono gli occhi e quando li riaprono, si rendono conto di essere all’aperto, sotto il sole e che lo scuolabus è sollevato al di sopra della testa del cavernicolo gigante, notano poi i sedili su cui sono seduti, volteggiare a pochi centimetri da terra su di una piattaforma scura.
Quando l’energumeno posa per caso lo sguardo sui giovani ai suoi piedi, s’accorge del prodigio: i bambini, seduti sui loro sedili, in ordine, cinture allacciate, hanno appena oltrepassato il motore e la carena di un veicolo e ora lo squadrano da testa a piedi con gran sicurezza, quasi sapessero di avere un angelo protettore.
L’autista ha ancora in mano il volante, staccato dal suo veivolo e ha un’espressione buffa in faccia.
L’omone enorme lancia il bus molto lontano e quando questo atterra, emette un tremendo frastuono prima di esplodere, avvolto dalle fiamme.
Le cinture si slacciano autonomamente per mio comando ei bambini corrono via insieme all’insegnante e al conducente, traumatizzato.
Il cavernicolo si gratta la nuca, sconcertato e rivolge lo sguardo interrogativo al piccoletto che ha la bocca spalancata da qualche minuto e si strofina gli occhi, avendo assistito a tutta la scena, in cui tutti principi della fisica che così ben conosce sono stati infranti, tira l’elastico degli occhialoni e li lascia andare, questi gli schioccano sulla faccia, dandogli una sberla che lo risveglia dal tilt d’incredulità.
“Mi venisse un colpo!” esclama, picchiettandosi la testa con le nocche per permettersi di ragionare.
Quest’ultimo però, comincia a guardarsi attorno, ha capito che c’è un trucco.
Aziona così un cannone e lo punta contro il ponte su cui passa la ferrovia…
“Scontato!” commento di nuovo;
Dopo averlo azionato, buona parte del cemento crolla portandosi dietro un pezzo consistente dei binari che si abbattono giù per il precipizio.
Il piccolo genio e il microcefalo rimangono a guardare il crollo soddisfatti mentre in lontananza mi par di udire lo sferragliare di un treno.
L’ha fatto per rivedere il fenomeno e capire da dove provenga il controllo a distanza e sto per intervenire, quando mi accorgo di una calma sospetta e di una presenza alle mie spalle farsi più viva e riconoscibile dal mio sesto senso.
Mi accorgo che le persone dietro di me hanno smesso di urlare, qualcosa li spaventa.
“E su di me cos’hai da dire?” chiede una voce femminile alle mie spalle in tono presuntuoso;
è la leader del gruppo che parla, quella che è sempre un passo avanti agli altri due, tant’è vero che mi ha trovata immediatamente, è lì da un po’, credeva di godere dell’effetto sorpresa.
“Penso che tu ti sia fatta lo shampoo nello zucchero filato!” le dico sincera, riferendomi alla strana acconciatura che le raccoglie tutti quei capelli rosa; “Ce l’hai fatta a farti avanti finalmente!” continuo, senza degnarla di uno sguardo;
“come sapevi che ero qui?” chiede la povera sprovveduta con voce indignata;
rispondo con una risatina sinistra e derisoria.
Il fischio di un treno s’ode in lontananza, stimola un risolino borioso nella ragazza.
“Però l’abito non è male, te lo concedo!” cambio argomento riferendomi al suo vestito nero e la sento indietreggiare di pochi passi, allarmata dal fatto che conosca il suo aspetto senza averla neppure mai guardata;
Si sforza di non farci caso, ma ha un vago timore di me.
“Il treno sta per fare una brutta fine e…”;
“tu dici?” la interrompo mentre i miei poteri sollevano da terra le macerie, esse cominciano a fluttuare, seguono il mio dito, lo muovo e gli oggetti riprendono gradualmente le loro postazioni.
Lo stupore aleggia sui volti di tutti i presenti: gli agenti, i cittadini curiosi, i due stramboidi esibizionisti e la ragazzina cotonata.
Qualcosa mi colpisce alle spalle…
perdo la concentrazione…
il colpo è così forte che sfonda la ringhiera di cemento della pizzeria, mi spinge nel vuoto e plana sul marciapiede.
L’impatto a così gran velocità con la terra mi toglie il respiro per qualche attimo.
Il fracasso che ho fatto nel cadere al suolo, crepandone l’asfalto, stimola sospiri preoccupati nei cittadini che assistono attoniti.
Sollevo quasi subito il busto dalla conca nella terra che ho scavato e mi scrocchio il collo, intorpidito.
Alzo lo sguardo…
Faccio giusto in tempo a coprirmi la testa con le braccia che mi ritrovo una pioggia di cemento addosso.
Mi sfugge un lamento di dolore, nel sentire il rumore secco delle mie ossa che si spezzano all’altezza delle costole e presso il femore.
Mi gira la testa sempre di più, sento il sangue scendermi vertiginosamente dalla testa con l’aumentare di fitte pungenti nei due punti.
La dolenza è insopportabile, stringo i denti e ad occhi chiusi mi sforzo per non urlare.
Non voglio darle alcuna soddisfazione!
Il dolore però è lancinante, ogni parte del corpo comincia a tremare, ogni movimento che tento per liberarmi delle pesanti lastre di muro pesanti sulle lesioni è vano e non fa che dolermi ulteriormente.
Più mi muovo e più il cemento sfonda le ossa e sprofonda causandomi dolori atroci.
La gamba cede… ancora quel rumore sinistro, la frattura alla gamba è peggiorata fino a scomporsi e non riesco a trattenere uno strepito che sfiato a squarciagola.
I miei gemiti sconnessi, ovattati dalla sepoltura, stimolano una risata diabolica, folle nel ragazzo con otto zampe, al che mi metto una mano sulla bocca per zittirmi.
Immediatamente il cristallo che ho impiantato nella fronte s’illumina e sfrutta i miei poteri per curarmi, ma ci vorrà qualche minuto di agonia per raddrizzare il femore e rimarginare le fratture e i fasci muscolari strappati.
Devo prendere tempo…
Tento di muovermi ancora, ma ottengo solo come risultato un’altra fitta al petto, di cui non riesco a trattenere un lamento ringhiato tra i denti…
Non riesco proprio a muovermi…
Cerco di limitarmi a respirare, tentando di non inalare la polvere…
Nel tentativo di distrarmi dal dolore, abbandono la testa a terra, sento per caso lo sferragliare sulle rotaie con l’orecchio poggiato al suolo.
Rimembro solo ora che macerie che avevo sollevato per riparare danno del ponte sono ricadute inevitabilmente a terra e che un treno in corsa si sta avvicinando.
Decido di tentare un ultima volta di liberare la gamba per permettere una guarigione velocizzata.
Cautamente avvicino la gamba fratturata al corpo per chiudermi in posizione fetale.
Emetto un guaito prolungato entro il palmo della mia mano, frattanto che una lacrima mi solca il volto.
Riesco finalmente nell’intento, il pezzo di cemento che mi a rotto la gamba si impunta nell’asfalto, generando una piccola frana di polvere e pietroline che mi cadono addosso, ma avverto relativamente del sollievo.
Però ho ancora la costola bloccata, riesco a malapena a respirare con un polmone bucato e l’altro compresso a terra dal peso delle macerie.
Avverto immediatamente un rumore metallico che mi distrae nel suo farsi propinquo, le zampe dell’omino si appostano da un lato e dal lato opposto si sente il lieve lamentarsi dell’asfalto sotto il peso ingente del gigante che fa capolino di fianco a me.
La ragazzina ridacchia di gusto in cima al terrazzo, mentre vengo circondata
“Sei proprio una ragazza sfortunata!” mi sfotte;
Mi concentro per svuotare la mente, per allontanarmi da ogni pensiero, per non concentrarmi né sul dolore né sul rancore.
I due compagni di lei se la ridono pure loro, vedo i loro piedi dai piccoli fori sotto il cemento.
Uso i miei poteri per arrotondare lo spuntone alla mia costola, finché non smette di comprimermi il petto, prendo allora un profondo respiro con il polmone buono.
Imprecando, mi pongo una mano sulla frattura alla gamba e l’altra su quella alla costola, toccando anche il polmone traforato con un dito.
“Il capo ci aveva detto di volere l’essere indomabile, demoniaco vivo!”;
le parole della ragazza bambola con i capelli rosa sono come un campanello d’allarme per me, non posso fare a meno di chiedermi come faccia a sapere tutto ciò, ma soprattutto mi prefiggo che scoprirò chi c’è dietro a tutto questo.
“Cura te ipsum!” esprimo la formula in latino per incrementare la forza dei miei poteri curativi e velocizzare il processo, ma ci vorrà comunque del tempo.
“Dove sono i tuoi amici? Ah, no, tu sei sola! Non hai amici!” afferma il cotton fioc rosa e se la ride;
So cosa stai facendo e non ci riuscirai…
Tu non sei nessuno per me…
le tue parole non mi toccano…
rabbia non si adira per una come te…
e soprattutto non per così poco…
le ho già sentite e risentite queste parole…
persino da me stessa…
non hanno più alcun effetto su di me.
“Dove sono gli altri bersagli?” interviene la voce del gigante che stranamente è in grado di formulare una domanda sensata.
Cosa?
Il bersaglio non ero solo io?
“allora chi…?”
Immediatamente capisco chi siano gli altri nel loro mirino e sgrano lo sguardo.
“No! Non ve lo permetterò!” affermo con voce arrochita e debole da dentro la mia bara di pietra.
“Non importa!” risponde la ragazza in rosa; “dovevamo liberarci di loro per prendere lei, ma è stato fin troppo facile!” canta vittoria troppo in fretta.
La sirena del treno suona ancora.
Ho il corpo imperlato di sudore e tremo ancora, la dolenza è ora ai limiti massimi della mia sopportazione, poiché le ossa si stanno riassestando, stringo i pugni.
“Beh, già che siamo qui, godiamoci lo spettacolo!” propone il mini genio.
Una voce familiare interrompe la loro febbricitante attesa del treno che si sfracella.
 “Che vigliacchi! Tre contro una!” è Robin che parla, da garante della giustizia, riesco a vederlo da uno dei piccoli buchi tra le macerie mentre si avvicina, affiancato da altri due eroi.
“No! No! No! vi prego! Andatevene!” piagnucolo e cerco le mie ultime forze per parlare;
“ANDATE VIA!” urlo;
“È UNA TRAPPOLA!” 

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Capitolo 8
*** veri amici ***


Nessuno di coloro che sono accorsi in mio aiuto, si smuove di un millimetro ed io non riesco più ad urlare, sono senza fiato, ansante.
Batto un pugno a terra, non so se per il male o per rabbia.
“Gizmo!” Cyborg chiama il nome del cervellone in miniatura;
“Mammoth!” Robin si rivolge dell’energumeno;
“Jinx!” Beast boy infine, con un tono di voce fortemente alterato, nomina la ragazza.
“AAAAH!” strillo inavvertitamente mentre la costola si espianta autonomamente dal mio polmone;
Mi aggrappo con una mano alla pavimentazione al di fuori del cunicolo in cui sono sotterrata e graffio l’asfalto per sfogarmi, lasciandovi incisi dei segni spaventosi, fino a ritrarre la mano.
“RAE!” mi chiama il verde preoccupato, dopo avermi sentita.
Avverto il soffitto di pietroni tremare, qualcosa vi è atterrato sopra…
È la vipera in rosa…
Sto sudando e ansimando per trattenere le urla, ma ora il peggio è passato, perlustro il mio corpo con lo sguardo.
Mi rendo conto che i miei occhiali sono ancora interi, hanno solo una crepa su una delle lenti, fortunatamente la mia identità sarà protetta ancora per un po’, però ho perso il cappello.
Non importa…
devo fermare quel treno…
Ascolto Jinx da sopra il mio giaciglio di cemento e asfalto.
“Siete proprio noiosi! Arrivate sempre nel momento più bello a rovinare tutto!” sbuffa e parte all’attacco.
“Cyborg! Il treno!” comanda Robin;
“ci penso io!” risponde lui, ma ad impedirglielo si schierano immediatamente Gizmo e Mammoth, interviene Beast boy, trasformato in uno pterodattilo verde, ad attaccare il più grosso.
Gizmo blocca Cyborg e i tre lottano senza esclusione di colpi.
Il treno è propinquo, la sirena suona…
“NO!” urla Robin.
Sollevo lentamente i blocchi di cemento che mi opprimevano, mi apro un varco tra di essi a mani nude e li spingo ai lati per dilatare una voragine.
Emergo lentamente dal sarcofago di macerie che mi era stato costruito addosso.
Ribalto i pietroni ed esco fino a metà busto.
Il mio volto è assolutamente impassibile…
Quello di Robin invece presenta un radioso sorriso nel vedermi viva e vegeta anche se ricoperta di polvere da testa a piedi, imperlata da una patina di sudore, i capelli sconvolti e impolverati, con le vesti tutte strappate e il corpo palesemente sofferente.
Mi guardo a torno con il semplice movimento degli occhi e tutti i presenti: amici e nemici, mostrano una certa inquietudine nel vedermi così seriosa, impassibile, fredda e quieta, quasi fossi una bomba pronta a detonare.
Ogni combattimento si è stoppato solo per assistere al mio riemergere…
il silenzio aleggia…
solo il battito del mio cuore ed il mio respiro…
profondo come il vento caldo che mi smuove i capelli sul volto.
Poggio l’orecchio su una spalla e il mio collo scrocchia sonoramente, dandomi sollievo.
Mi appoggio con le mani ai blocchi di marmo ed espianto prima una gamba e poi l’altra, salendo in piedi sul cumulo.
Rivolgo uno sguardo avvelenato con la coda dell’occhio alla ragazza dai capelli rosa che rimane a bocca aperta nel notare la vaga gradazione di rosso della mia iride, accompagnata da un sorrisino da squalo che svicola dalla sciarpa che mi appresto a tirare sopra il naso.
Scuoto la testa per far si che i capelli, impolverati, scendano davanti al volto, occultandone il terzo occhio di cristallo prima che qualcuno vi posi l’attenzione.
“Sembra comunque che una barbie ti abbia vomitato in testa!” dico, chiaramente rivolta a Jinx per innervosirla.
Mi scaglia contro altre due ondate rosa, ma questa volta schivo velocemente e il suo attacco fa scattare gli altri scontri.
Beast boy interviene a difendermi ed io ne approfitto per prendermi la rivincita.
Il pezzo di cemento più grosso viene ricoperto da un velo nero telecinetico, lentamente quel masso si solleva da terra con l’ausilio dei miei poteri.
Metto un ghigno divertito anche se nessuno lo può vedere…
La ragazza fa appena in tempo ad accorgersi delle mie intenzioni…
“azarath metrion zintos!”
il macigno sfreccia in aria, seguendo la traiettoria disegnata dalla mia mano, la colpisco in pieno e la scaravento insieme al masso entro ed oltre tre edifici, sfondandoli da parte a parte col suo corpo e atterrando lontano.
“stai bene?” mi chiede premuroso il verde, io non rispondo.
Faccio fluttuare una macchina e la scaravento contro Gizmo che stava trattenendo Cyborg.
Due delle sue zampe si rompono, ma lui ripara al danno con una velocità inaudita.
Riparte all’attacco contro di noi, ci spara addosso l’artiglieria pesante.
Beast boy si dirige contro di lui, coprendo me.
L’urlo di battaglia di Robin attira la mia attenzione, lo vedo saltare addosso a Mammoth, ovviamente lui sceglie sempre il più grosso.
“Aiuta Cyborg!” mi urla i suoi ordini ed io odo in quell’esatto momento un fragore assordante.
Era il rumore di una collisione.
Vedo Cyborg spuntare da dietro un palazzo, respinto dalla testa del treno.
Sta ritto con i piedi puntati a terra e le mani in avanti, proteso a respingere l’avanzata verso il burrone.
Il treno rallenta… sempre di più.
I piedi robotici di Cyborg spaccano una ad una le travi di legno delle rotaie e lui scava sempre più in basso nelle pietre con gli arti inferiori.
Nel bloccarlo, il mezzo robot si è incavato di qualche metro all’interno della cabina del macchinista.
Ringhia i suoi sforzi e butta un occhio alle sue spalle, dove le rotaie finiscono, mancano ancora poche travi di legno prima del tuffo nel vuoto.
Impreca mentre il terreno viene a mancargli sotto i piedi e si ritrova a volteggiare sospeso in aria, appeso al treno, impossibilitato ad opporsi in qualche modo alla caduta…
Il fato sembra però essere indeciso sul suo destino…
il treno si ferma totalmente…
a metà…
in bilico… tra vita e morte
Questione di pochi chili, uno sbalzo di vento, anche solo un passo errato e potrebbe cadere…
Il peso del treno lo schiaccerà…
Volo immediatamente verso di lui.
“COMPENSATE IL PESO! PRESTO! PRESTO!” urlo ai passeggeri e questi si mostrano collaborativi, si appostano sulla metà di treno rimasta sui binari, portando il vagone in linea retta.
Sono quasi arrivata…
Spero che resista…
Una gigantesca ondata rosa mi sorprende, mi scaraventa lontano dal mio amico e m’incava nell’asfalto. La paro per fortuna, incrociando gli avambracci uno sull’altro e incasso il colpo di schiena, scavando qualche metro nella terra, una lunga linea retta.
Un polverone si solleva e la bambolina in rosa con i capelli scompigliati, vestiti strappati e ammaccature sparse sul corpo, mi osserva tutta trafelata, con odio negli occhi color camelia.
Ci ha messo tutta la forza e la cattiveria in quella lamata.
La sua maledetta ondata di iella porta la bilancia del fato di qualche tacca verso la morte di Cyborg che sgambetta all’aria inutilmente.
I passeggeri del treno prendono a saltare sul posto per riportare verso il sole dell’equilibrio la bilancia, aumentano poi il loro numero sul piatto della vita.
Jinx, nel notarlo, si avvicina a lui, gli fluttua attorno come un avvoltoio.
“Che succede Cyborg, la fortuna non è dalla tua parte?!” commenta mostrando un’insana allegria.
Tolgo i brandelli d’asfalto di dosso e mi alzo, tremante, mentre lei, in volo, allontana la mano entro cui si plasma una nuova lama luminosa.
Cyborg ruota il volto nella direzione opposta, non potendo fare altrimenti se non sperare.
La ragazza in rosa sferra il colpo, ma a pochi centimetri dal bersaglio apro un portale, appena in tempo, inglobo l’attacco rosaceo e chiudo immediatamente il tunnel dimensionale, lasciando tutti di sasso.
Cyborg si volta di nuovo e dopo essersi reso conto di essere ancora vivo, mi rivolge con un sorriso quasi commosso, mi ringrazia animosamente e Jinx, a vederlo, mi rivolge la sua furia con gli occhi.
“Cominci ad irritarmi sul serio!” mi confessa alterata e prepara un’ennesimo colpo.
Io alzo un sopracciglio e rimango impassibile.
Le punto il pugno contro e divarico le dita, riaprendo il portale alle sue spalle.
La sua stessa onda la sorprende alle spalle, colpendola alla schiena.
Viene scaraventata verso di me ed io ricopro le mie nocche di una patina nera con cui le sferro un pugno in pieno viso cambiando in direzione opposta la sua caduta.
Il mio colpo la spedisce inavvertitamente contro il pilastro che regge Cyborg e il vagone di passeggeri ancora sospesi.
Esso trema, si abbatte in avanti.
La mano del destino si orienta nuovamente verso il trapasso…
Cyborg strepita, quello è il richiamo della morte…
Non posso permetterlo!
Volo veloce come una cometa oscura.
Mentre il treno cade, io sorvolo Cyborg e percorro il treno per tutta la sua lunghezza, separo le dita le une dalle altre.
Proietto al di fuori delle mie mani dei tentacoli di nero potere, essi prolungando le mie dita.
Li ancoro al treno, bucandone i finestrini.
Freno la caduta un attimo prima che Cyborg tocchi terra, rimane a penzoloni, sgambettando all’aria.
Sostengo il treno col solo controllo della mente e ne reggo il peso solo con il volo.
Reclamo tutte le mie energie per riuscire nell’intento di riportare il treno sui binari, lentamente vi riesco.
 
In men che non si dica, mi si para davanti di nuovo quella smorfiosa, con un occhio nero.
Si avvicina ed io non posso difendermi.
Stringo la presa delle mie tenaglie brune, in preparazione a chissà quale tortura vorrà sottopormi.
Dovrò resistere!
Le sputo addosso…
“Ti concio anche l’altro!” ruggisco minacciosa;
Mi prende per il maglione e con sguardo furbo, sorriso strafottente mi porta a pochi centimetri dal suo volto e mi leva la sciarpa, sapendo che non voglio rivelarle la mia identità….
“Non mi toccare!” sbraito;
“altrimenti? Ti arrabbi?”;
Si accorge di un lume lieve sulla mia fronte e le leggo negli occhi la curiosità.
Avvicina la mano per spostarmi i capelli…
“CAECUS!” le lancio contro una maledizione e dal mio cristallo, una scintilla oscura le colpisce il volto, accecandola.
Ella indietreggia e si lamenta per il dolore del mio incantesimo.
Ansimo come un animale per la fatica, ma riporto il terzo vagone sul ponte, in bilico.
Rimetto in discussione la partita contro il fato.
Non ce la faccio più…
La stanchezza mi debilita…
indietreggio di poco, esponendo di pochi centimetri il mio amico al burrone.
“Avanti! Ce la puoi fare!” m’incoraggia la gente, affacciandosi dai finestrini.
Alcuni sfondano le porte, o i finestrini, escono e cominciano a tirare, tutti insieme.
La loro determinazione, la loro speranza, anche di fronte all’impossibile, quasi mi commuove, mi ricorda che loro sono anche la mia razza e che non devo essere da meno…
Non mi arrendo!
Tiro e tiro…
La quantità di persone intervenute diventa consistente abbastanza da riuscire a contribuire davvero.
Riesco a riportare anche il secondo vagone a metà e continuo.
 
Mi sento afferrare la gamba…
“Ti ho presa!” esulta Jinx, ancora con le pupille dilatate, mentre la vista pian piano le ritorna nitida sull’immagine di me.
Le do un calcio in faccia, ma lei non demorde.
Mi pianta le sue unghie smaltate di rosa nel polpaccio e sento un calore doloroso penetrarmi dentro, risalire tutto il mio corpo, pervadermi dentro le vene.
I miei tentacoli ad uno ad uno cedono, non riesco a mantenere il controllo.
La mia pelle si scuce in alcuni punti da cui fuoriesce del miasma rosaceo.
Le contrazioni involute ai muscoli mi costringono a lasciare definitivamente la presa e una delle sue ondate mi colpisce nello stesso istante.
Mi ritrovo a rotolare sui binari in preda a convulsioni, col suo veleno rosa che trasuda dalle ferite apertesi dall’interno che mi bollono la pelle.
Sono sfinita, ma odo i sospiri dei passeggeri che assistono farsi eco e l’urlo di Cyborg strozzarsi.
Non posso mollare!
Da sdraiata a pancia sotto, dove mi trovo, lancio subito il braccio verso il burrone, inglobo del mio potere l’ultimo vagone che si sta allontanando.
Il treno mi da uno strattone, mi trascina giù, ma immediatamente reagisco e reggendomi alla corda oscura che ho creato, ruoto sulla schiena, m’impunto a terra e affondo i piedi tra le pietre, opponendo strenua resistenza.
Il vagone mi trascina per un po’, ma subito inglobo anche il secondo con una seconda corda mera, la controllo con l’altra mano e tiro, riprendo a tirare.
Mi sdraio a terra e con la forza della mia sola mente e delle mie braccia riesco a tenerlo fermo, ma non resisterò a lungo, riesco a malapena a respirare, tesa come sono.
Mi tremano braccia e gambe.
“Raven! Trova il tuo centro!” mi ripeto e chiudo gli occhi per meditare.
Sprigiono qualche emozione ed ecco che il mio cristallo emette energia in più, riesco a tirare finché quei due vagoni, nuovamente sulle rotaie, non mi passano sopra.
Rimango per qualche attimo sotto il treno, tra le ruote, per riprendere fiato.
Con una mano, uso le mie capacità di controllo sulla materia per fondere insieme le ruote del treno con i binari, ben ancorati al pavimento.
Il calore mi fa sudare in volto, ma in poco tempo i due metalli divengono una cosa sola, faccio lo stesso dall’altra parte e solo dopo aver finito, lascio la presa.
Questi si sollevano un poco da sotto le pietre e scricchiolano di precarietà, ma sembrano reggere efficacemente.
Da qui sotto localizzo Cyborg con la mente, è sepolto sotto il peso di tre vagoni, respira ancora, il suo cuore è forte, li sta sorreggendo tutti con la sola forza delle sue braccia, ma devo fare in fretta, prima che i binari si sradichino da terra.
Non reggerà per molto!
Devo liberarmi di lei!
Jinx è vicina, mi sta cercando, svolazza qua e là, attendendomi.
“dove ti nascondi piccola strega!” chiede;
Adesso basta!
Passo attraverso il pavimento del treno e poi oltre il soffitto.
“E chi si sta nascondendo?!” le dico con un ghigno;
Sbuco dal mezzo su rotaia sotto gli occhi della vipera che ne rimane stupita e terrificata mentre la raggiungo.
Grossolane scintille di fuoco nero sbucano da in mezzo alla mia fronte, attraverso i capelli e dalle mie mani, facendo indietreggiare Jinx.
Io la guardo negli occhi, attraverso i miei occhiali crepati, del tutto impassibile.
“CYBORG, RESISTI!” grido;
“SBRIGATI!” è la risposta ringhiata.
 
Improvvisamente, un ragno gigante colpisce il treno esattamente dove due vagoni si congiungono, il colpo destabilizza ulteriormente l’equilibrio già precario su cui Cyborg regge tutte quelle tonnellate di peso.
Gizmo, colpito da Beast boy, per vendetta spara contro il giunto su cui è atterrato, esso si spezza e i tre vagoni precipitano tutti sul mezzo robot, uno sopra all’altro, a rilento sotto i miei occhi disperati.
“NOOOO!” urlo mentre il robot viene schiacciato.
Faccio per raggiungerlo, ma Jinx mi salta addosso.
Prendiamo a lottare, ma io sono distratta, continuo a guardare verso Cyborg, mentre Robin cerca di comunicare con lui e Beast boy si occupa del più grosso e del più piccolo insieme.
Cerco di mantenere il controllo su rabbia, che sta spingendo dentro di me per uscire.
“Tu!...” ruggisco, fuori di me, contenendomi per un soffio; “Per chi lavori?” le chiedo;
“non sono affaracci tuoi!... non ancora!” esclama malignamente e mi lancia contro una raffica di lamate luminose, ma io mi faccio scudo con il mio potere impenetrabile.
Indietreggio in volo nel contrastare gli attacchi.
Allargo poi lo scudo, lo incurvo verso di lei e la inglobo in una sfera nera che controllo con le mie mani.
Jinx reagisce colpendo la sfera dall’interno, senza riuscire a causarle il minimo graffio.
Non può che guardarmi con odio da lì dentro ed io ricambio il suo sguardo erigendomi in volo sopra di lei.
Con alterigia e vanto in volto la scruto dall’alto, mostrando un sorriso dei più raccapriccianti.
“Facciamola finita!” dichiaro ad alta voce e lei mette un’espressione spaurita;
Restringo la sfera, riducendo lo spazio tra le mani, incontro il suo dimenarsi, ma ci metto tutta la mia forza per far aderire la patina nera al suo corpo come una seconda pelle, la irrigidisco articolando le dita, impedendole ogni movimento, persino la parola.
“FAI LA NANNA!” le urlo prima di sferrarle un calcio allo stomaco che la scaraventa entro il retro di un camion della polizia, incavandone l’interno e spostandolo di qualche metro in avanti.
Dopo l’atterraggio Jinx ha solo la forza di sollevare il capo per capire di essere stata arrestata per poi svenire.
Il nanetto intelligente sta per attaccare alle spalle Beast Boy, impegnato con la montagna di muscoli.
Non glielo permetto…
Si ritrova in un batter d’occhio immobile con il suo armamentario velato di pece.
Sbianca nel notarlo e congiunge le mani in segno di preghiera.
“Facciamo pace?” mi chiede ed io scuoto il capo, seria.
Stacco una ad una tutte le sue zampe robotiche, sbullono le sue costruzioni, smonto i suoi cannoni e le sue armi, lo spoglio persino della divisa verde lasciandolo in mutande, senza alcun asso nella manica.
“Ehi!” strilla indispettito e se ne corre via.
L’attimo dopo anche il bestione viene sconfitto dall’uomo verde ed io scendo di quota.
Cyborg non risponde a Robin.
Ed io avverto una fitta, sento come se una data di morte mi si stesse incidendo attorno alla gola, come un cappio al collo, mi stringe il respiro nei sensi di colpa.
Quel suo urlo è stato strozzato dal bacio della morte… non può essere!
“Niger corvus!”
declamo la mia formula magica ad alta voce..
evoco il volatile simbolo dei demoni…
il pennuto sulla spalla della morte…
il suo fedele amico…
Questo sono io…
Tutto il mio corpo si ricopre di oscurità.
Dietro la mia schiena si sporgono due ali nere immense, superano i palazzi per grandezza, le piego in avanti, adombrando tutti i cittadini presenti, le mie gambe sono sostituite da enormi zampe acuminate ed un gracchio rimbomba tra i palazzi della città.
La terra è come trasalita per un secondo al mio verso…
Quel suono… l’invocazione del diavolo…
E lui la sta ascoltando a volto levato…
Trigon…
Si sta muovendo… è qui.
Ficco i giganteschi artigli nel terzo vagone ormai vuoto di persone, apro le maestose ali nere con calma e le spiego in alto causando qualche danno ai palazzi nel divaricarle.
Comincio a batterle per alzarmi in volo, Robin e chiunque sia per strada rischia di essere spazzato via, ma devo assolutamente riuscire a vederlo, se la morte lo porterà via, lo farà davanti a me e vicino ai suoi amici, non da là, non incuneato sotto tonnellate di ferro.
Sposto con estrema facilità tutta la ferraglia distrutta dalla caduta.
Riesco a dissotterrare Cyborg, privo di sensi, sdraiato a terra.
Reclamo allora il mio potere e crollo in caduta libera a terra, esausta, accanto a lui.
Sento appena l’impatto, a pancia sotto.
Gattono verso di lui, accusando il colpo nella difficoltà di movimento.
Riesco a posare una mano sul suo petto di metallo duro e freddo.
“Cyborg!”
lui non risponde…
Lo scuoto per ridestarlo e cerco di svuotare la mente e non rendermi conto, per non provare nulla, per non avere emozioni, per non causare altri danni.
Mi sforzo di rimanere insensibile.
“Ti prego!”
la supplica sona flebile, seguita da attimi di sentito silenzio.
 
D’improvviso avverto una pulsazione sotto la mia mano, all’altezza del suo cuore.
Il suo occhio robotico riacquista lucore rubino e l’altro occhio si dischiude, i suoi circuiti si riattivano.
Mi alzo subito e mi allontano per permettergli di ossigenare pienamente i polmoni.
“Dove stai andando?” chiede, ancora rintronato, sollevando il capo;
“via! Perdonami!” gli dico impassibile nel tono e lui mi prende la mano;
“ti lascerò andare!” dice, alzando il busto con fatica; “ma solo dopo che avrai preso questo!” dice e sovrappone la sua mano alla mia, vi depone nel palmo qualcosa e quando toglie la mano vedo di nuovo quell’aggeggio che Robin mi aveva dato tempo fa, ma che avevo rifiutato di prendere.
“non voglio coinvolgervi!” mi giustifico e glielo rendo, allungando la mano;
“siamo già coinvolti! E vogliamo esserlo! E poi… mi devi un favore per aver lasciato che quel treno mi cadesse addosso!” mi dice, chiudendo le mie dita attorno al congegno tondeggiante;
“l’ho progettato io stesso! Ho visto quanto tu preferisca la solitudine per questo l’ho riprogrammato perché ti rintracci solo e soltanto quando avrai bisogno di noi! Quando premerai quel tasto!” mi dice mentre viene accerchiato da Robin e Beas boy;
Lo stringo tra le mani e lo apro, mostra uno schermo e dei tasti, tra cui quello rosso al centro per le emergenze.
Sposto di nuovo lo sguardo su Cyborg che mi guarda fiducioso.
“forse non potremo starti vicino come vorremmo per delle motivazioni sicuramente valide e se non vuoi dirci quali siano, va bene comunque! Però tra tanti nemici ti sei fatta degli amici, che ti piaccia o no!” afferma ed io accenno un piccolo sorriso; “…e poi hai salvato queste chiappe metalliche una volta! ti restituirò il favore, un giorno! Parola mia!” conclude alzandosi in piedi e mi fa segno di saluto con la mano, come anche gli altri due.
Io indietreggio con in mano il suo dono…
Vedo il verde allungare una mano verso di me e aprire la bocca per dirmi qualcosa, ma Robin gli pone una mano sulla spalla e lui riconosce la ragionevolezza del suo compagno e abbassa la mano, fa un passo indietro, rivolgendomi uno sguardo rattristato.
Vedere quegli occhioni verdi così dolci rabbuiarsi mi causa del magone che non manifesto minimamente, ma non posso fare altrimenti.
Scompaio in un portale.
 
Apro il portale che dà nella mia grotta e una volta richiuso mi sento mancare ogni forza.
Un giramento di testa.
Crollo a terra, mi sento debole, le gambe mi tremano, ho il fiatone e avverto come una sublimazione di sensazioni: il terrore allo stato puro che fa a cazzotti con la beatitudine e la gioia di vivere.
Le due, dapprima in discordia pare ora che si stiano abbracciando, non si distinguo l’una dall’altra, non riesco a capire se stia provando più paura o gioia, ma la cosa positiva è che queste due in opposizione annullano i miei poteri per cui spero che l’ambivalenza duri.
Respiro profondamente e mi appisolo in un canto, completamente esausta, sporca e ferita, straordinariamente felice e spaventata.

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Capitolo 9
*** Visite notturne ***


Mi sveglio nel bel mezzo della notte, riposata e rilassata, stranamente l’episodio non mi ha turbato nemmeno un po’, forse rivedere quegli occhi nocciola riaprirsi è stato così piacevole che ha cancellato ogni cosa.
Guardo il congegno che mi ha lasciato Cyborg, non potevo non accettarlo dopo quello che è successo, dopo che non sono stata capace di impedire tutto quel trambusto.

“Raven!” una voce sussurra nella testa il mio nome ed io non posso che trasalire nel riconoscerlo, il sussulto al cuore è tale che il congegno di Cy mi cade dalle mani;
“Che cosa vuoi?” gli chiedo, ricostruendo immediatamente il mio argine di impassibilità;
“solo, fare quattro chiacchiere con la mia figlioletta!”;
le sue parole sono accompagnate da scosse di mal di testa, così forti che mi annebbiano la vista, mi provocano un formicolio alle mani e ai piedi oltre alle vertigini.
“TU! LASCIAMI IN PACE!” gli ordino a gran voce;
“Non puoi rifuggire a ciò che sei! Non c’è bene che rimedi al tuo male! Non riuscirai a purificare la malvagità che vive in te! Guarda in faccia la realtà, Rachel, tu sei come me! Sei sempre la piccola bambina di tuo padre! Uno scrigno di meschinità e scelleratezze!”;
“sta zitto!”;
“non ti rendi nemmeno conto del tuo egoismo! Stai trascinando scientemente dei giovani nell’oblio, perfettamente consapevole che le tenebre, alberganti la tua anima, l’abisso infernale delle emozioni dentro di te, saranno la loro tomba! Tutti coloro che cerchi così disperatamente di proteggere finiscono col soffrire. Tu sei la causa del loro penare ed in fondo tu sai che non puoi che fare del male!”;
“BASTA!” urla rabbia al posto mio e quattro occhi spuntano sulla mia fronte;
“Oh! Si! Gli stessi occhi di tuo padre! Da quanto tempo non te li vedevo in viso! Tinti del sangue di chi è più debole, infiammati del fuoco di chi è più forte! Come quelli dei demoni purosangue!”;
“SPARISCI!” urlo ed il mio potere lo reprime immediatamente.
Non appena la sua voce scompare dalla mia testa, mi spoglio e rimango in canottiera e pantaloni, indosso il mantello Azarathiano di Arella, anche se il bianco non è il mio colore, mi fa sentire protetta da lei e dagli altri monaci.
M’incappuccio il viso, oscurandolo fin appena sopra le labbra.
Il tessuto morbido sulla pelle mi riporta alla mente molti ricordi, concilia la quiete al mio mantra.
Prendo a fluttuare in aria a gambe incrociate e palpebre chiuse, mi sforzo di meditare, ristabilendo le limitazioni al suo potere, imprigionandolo. 


Dopo una mezzoretta di meditazione vengo interrotta da qualcosa che mi tocca la coscia. 
Strizzo gli occhi, seccata dall’interruzione e né apro uno per guardare cosa sia.
Noto un camaleonte verde che passeggia beatamente sulla mia gamba.
“Broccolo! Cosa ci fai qui?” chiedo con nervosismo nella voce, ma gelidezza negli occhi;
Il camaleonte avvolge se stesso nella coda e trema un poco nel guardarmi dal basso, dalla sua reazione alla mia voce sdoppiata capisco che deve andarsene, subito! O saranno guai seri!
Se la sola presenza di un vivente di fianco a me aizza il mio lato demoniaco a palesarsi significa che devo meditare per parecchio più tempo.
Devo liberarmi di lui e anche alla svelta, non voglio avere il dispiacere di un'altra visitina telepatica di mio padre.
“Vattene!”;
il mio imperativo suona fortemente irritato nel suo essere ben scandito.
Il camaleonte salta giù e si trasforma nel mutaforma verde.
“Ti ho già detto di non chiamarmi così! Per gli amici sono BB, se t’interessa!” mi comunica offeso;
“No! Non m’interessa! Va via! Devo meditare!”;
chiudo gli occhi e provo a concentrarmi, ma la sua voce mi distrae nuovamente.
“Perché?”;
“Perché se no ti uccido!” rispondo con calma;
“Ha! Ha! Ha! La tua ironia non fa ridere nessuno!”;
“quale ironia?!” gli chiedo aprendo un occhio solo, anche se lui non può vederlo.
Il ragazzo verde alza un sopracciglio non troppo convinto che dica la verità, ma decide di sorvolare, mette i pugni sui fianchi e guarda in basso pensoso riguardo un altro possibile approccio mentre io richiudo entrambe le palpebre.
“Perché non ti lasci aiutare?” mi chiede, ma io rimango in silenzio, forse perché non voglio affrontare l’argomento con lui, forse perché se rimango muta se ne andrà via da me, fuori dalla caverna, fuori pericolo.
“Perché non ci permetti di vedere il tuo volto? Perché ci aiuti? E perché scappi sempre? Che cosa nascondi? Che c’è scritto su quella pagina? Che c’è scritto in quel dannatissimo libro? Perché ci tieni così tanto? E soprattutto… cos’era quella cosa? Cos’eri diventata? Che ti ha preso? O… meglio… ehm, che cosa c’è dentro di te che ti fa….?> si ferma, notando che non mi sono mossa di un millimetro, ma ho continuato a fluttuare.
Si sente ignorato, in realtà lo sto ascoltando attentamente e ogni risposta che mi tengo dentro è come un peso in più che mi grava sulle membra, addirittura il mio volo ne risente, levito a pelo dal terreno.
Una fitta di mal di testa mi colpisce d’improvviso il lobo sinistro del cervello.
Emetto un lieve lamento, anche se dentro sto urlando…
Sento lo scossone di dolenza ramificarsi istantaneamente lungo tutta la corteccia celebrale, il collo, la spalla sinistra, la schiena alta, si espande lentamente, come avessi della corrente elettrica sotto pelle. La fitta raggiunge la guancia, tutta la bocca, l’occhio, che prende a lacrimare, nel frattempo il dolore raggiunge tutto il braccio fino alla punta delle dita, mi sembra quasi che le unghie della mano sinistra si stiano staccando.
Cado a terra e mi metto in ginocchio.
Mi ripiego in avanti, spinta da un’altra scossa che va più in profondità, dentro il corpo, tra le ossa.
Gemo uno sfogo tra i denti…
Stringo le palpebre, mi sforzo di non aprire gli occhi....
Sto tremando terribilmente…
“Raven!” mi chiama il verde;
“beast boy, va…”;
non riesco a finire la frase che vengo interrotta…
Una risata sinistra raggiunge il mio udito dall’interno della mia testa…
riconosco la sua voce…
è qui!…
nei meandri della mia mente…
La mia pelle si riveste di brividi, quella risata torva e insana mi penetra fin nel cuore, mi duole nella testa, mi terrifica nell’anima.
Porto le mani alla testa…
“Raven? Che ti succede?” chiede la voce allarmata del verdolino;
Delle mani calde e gentili si poggiano sulle mie spalle, dolcemente. Inaspettatamente, invece che causarmi altro dolore, mi danno un sollievo immediato sulla spalla e sulla schiena, riesco così a raddrizzarmi, benché a fatica.
“No…” sussurra la voce nella mia testa; “inchinati a me!” ordina;
Mi accascio sulla spalla di BB, tremante, in cerca della cura al mio male in lui.
Poggio la testa nell’incavo del suo collo, incapace di reggerne ancora il peso, triplicatosi.
Il verde immediatamente mi passa una mano sulla testa, carezzandomi la tempia sinistra attraverso il cappuccio, donandomi una guarigione quasi subitanea, mentre anche il dolore lungo il corpo scema lentamente, ora che la sua origine è stata sedata dalle sue mani.
“Come hai…?” inavvertitamente esprimo parte del mio stupore ad alta voce:
“sta tranquilla! Ci sono qui io!” mi rassicura;
Mi accorgo che il mio volto ora è visibile, se lui abbassasse il capo potrebbe vedermi ed io non ho la forza di far nulla per impedirlo, ma non voglio che veda il mio aspetto.
L’abbaglio del demone…
Non deve vederlo nessuno…
È la bellezza che trae in inganno l’uomo, quella che lo porta al passo falso, a cadere nel tranello… non deve vederlo nessuno.
E soprattutto nessuno deve vedere che sono diversa, che non appartengo a questo mondo, voglio sforzarmi di sembrare una persona normale che aiuta la gente.
Il ragazzo verde si rende conto che il cappuccio ha indietreggiato dal mio volto e mi prende il mento tra il pollice e l’indice, sta per sollevarlo verso di se quando qualcosa lo blocca, un pensiero, una riflessione che posso sentire con chiarezza mentre si sviluppa nella sua testa, come un senso del dovere che si fa strada tra le mille domande, motivato solo dal dovere stesso, senza alcun fine ultimo se non quello di farmi del bene, di rispettarmi.
Quell’imperativo negativo predominante sulla sua curiosità, lo porta a poggiare di nuovo la mia testa sull’incavo del suo collo, mi avvolge la schiena con una mano e con l’altra mi copre il volto.
“Allora te lo ricordi il mio nome se vuoi!” esclama;
“… via!” mormoro;
“come?”;
“vattene via!”;
“ancora non l’hai capito?” chiede alzando il tono di voce alterato; “Sei cocciuta Rae! Non me ne vado! Smettila di dirmi cosa devo fare!”;
“sei tu che non capisci!”;
“cosa non capisco? Parla! Spiegamelo!” mi esorta esasperato;
“ti farò del male!”;
il verde sbuffa, “e sia!” afferma contrariato;
“adesso dimmi, per favore, che cosa ti è successo?” chiede;
In quel momento rabbia si muove dentro di me, è diversa, c’è Trigon a manovrarla nella mia testa, la peggiore delle corvine emozioni alle redini di mio padre, l’ira mi divorerà se non medito.
“Si… muove!” gli dico con uno sforzo nel trattenermi; 
“chi?”;
“quella cosa che hai visto!”;
“vuoi dire l’altra sera?” chiede ed io gli pianto le unghie in un braccio.
I miei occhi raddoppiano, si fanno incandescenti, il rancore mi divora, senza motivo, eppure sono furiosa.
“Devo meditare!” gli dico e lui non risponde allora gli do uno spintone. 
Lui mi guarda con quegli occhi verdi grandi e vagamente intimoriti oltre che dispiaciuti.
“…Corri!” esclamano tre voci dalla mia bocca, la mia che glielo chiede per vederlo salvo, le altre due sono Trigon e Rabbia che glielo ordinano per rendere la caccia più interessante.
Il verde si allontana strisciando sui gomiti, mi fissa ed io fisso lui, ma poi si ferma, mi guarda.
“No! Io resto!” afferma con grande coraggio;
Il fatto che non voglia lasciarmi sola m’innervosisce ulteriormente, ma per la prima volta non ho paura ad affrontare le tenebre della mia mente perché so che quel ragazzo verde, seppur così infantile, innocuo e ingenuo, sarà lì accanto a me.
“Azarath metrion zintos!” pronuncio la formula e torna immediatamente la calma, almeno al di fuori di me.
Riesco di nuovo a volare e medito nel silenzio assoluto.




Dopo ben tre ore mi sento rinascere, posso finalmente rilassare quella ruga al centro della fronte.
Prendo un profondo sospiro e apro gli occhi, poggio i piedi a terra e cerco il ragazzo verde nella grotta, ansioso di spiegazioni, ma non lo trovo da nessuna parte.
Me ne rimango lì in piedi, vagamente delusa di non vederlo qui a fissarmi con un sorriso accennato sulle labbra, da cui svicolerebbe sicuramente un dente acuminato più lungo degli altri.
Separo le acque della cascata con il mio potere e vi passo in mezzo, noto allora che nell’acqua sotto di me stia galleggiando a pancia in su il giovane dal colorito poco convenzionale.
Sembra sereno il suo riposo nell’acqua gelida, i suoi occhi chiusi comunicano la pace dei sensi, come la sua bocca leggermente piegata in un sorriso godurioso.
Svolazzo di fianco a lui e questo apre gli occhi per lo spostamento d’aria.
“AAAH!” si spaventa a vedermi, mi allontano immediatamente.
Va sotto più volte e ingoia acqua.
Alzo gli occhi al cielo e incrocio le braccia sul petto.
“BB sei anche metà pesce!” gli ricordo e in quel momento lui se ne rimembra e si trasforma in un pesciolino verde.
“Ci sei cascata!” scherza e ridacchia come un infante.
“Che ci fai qui?” gli chiedo seria e lui si ritrasforma, giungendo a riva e sedendosi su un masso;
“non mi piaceva l’idea di saperti sola! Gli altri… volevano che ti lasciassi i tuoi spazi, ma io…”;
“ma tu hai pensato bene di venire a ficcare il naso negli affari miei!” lo interrompo prima che possa intervenire per ammonirlo; “Ascoltami bene, sempreverde, perché te lo dirò una volta soltanto!... Sparisci!”;
Il verde incrocia le braccia sul petto.
La sua divisa ora è ancora più aderente al corpo atletico e slanciato, al di sopra di esso i suoi capelli arruffati e bagnati gli ricadono sulla fronte, incorniciando il suo sguardo verde brillante, quasi ipnotico e così sincero.
È davvero un bel giovane…
“Bla! Bla! Bla! Non mi fai paura! Ti ripeti sempre Rae!”;
gli do una sberla sulla nuca.
“Ahio! Ma che ho fatto?” si lamenta;
“Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così?”;
“ho pensato che fosse un nomignolo carino! Ti sta bene!” dice mettendomi una faccia da cucciolo bastonato, abbassando le orecchie appuntite e guardandomi fisso.
Sbuffo…
“Non hai pensato che magari qualcuno potesse seguirti?” gli chiedo;
“nessuno mi ha seguito!”;
“ne sei assolutamente sicuro?” chiedo ancora;
“sono un animale, sento gli odori anche a chilometri, carina!”;
“mmh!” esprimo la mia perplessità; 
Mi giro attorno, sposto l’attenzione a terra e sugli alberi.
Vago ancora con lo sguardo fino a incrociare gli occhioni del verdolino che mi guarda stranito.
“E lui chi è?” gli chiedo indicando un punto nell’ombra;
Beast boy si volta e scorge un uomo che corre via non appena lo individuo. 
Immediatamente una tigre verde parte all’inseguimento.
“Niger…corvus!” pronuncio la formula con estrema tranquillità e mi tramuto in un corvo dalle ali di fumo nero, mi confondo nella penombra della foresta e supero in volo la tigre fino all’individuo che si mostra agile nella fuga. 
Si crea ostacoli alle spalle, salta da un albero all’altro senza difficoltà, in un attimo riesce a seminare beast boy, bloccandolo sotto un grosso tronco, abbattuto con un pugno.
Anche lui non è di questo mondo, ne sono sicura, dopo questo.
Si ferma e torna indietro a rimirare lo spettacolo del suo avversario che si dimena sotto il peso del pino.
“ti ringrazio! Senza di te non l’avrei mai trovata!” gli dice, la sua voce sona canzonatoria e maligna.
Mi butto in picchiata alle sue spalle, precipito veloce come una meteora, mi schianto a terra e da un’esplosione di fumi neri che prolificano in grandezza ed egemonizzano il terreno intorno, prolungando in ogni direzione spire di nebbia ombrosa, emergo a braccia divaricate e dardi di pece tra le dita.
L’individuo si trova d’improvviso tra le mie grinfie, mentre cresco in altezza fino a superarlo. 
Lo osservo attentamente da sotto il mio cappuccio bianco: è quasi interamente vestito di nero, alto sul metro e novanta, ben piazzato, indossa una maschera interamente in bronzo con dei riquadri bianchi per gli occhi.
L’uomo indietreggia di pochi passi ed io frappongo una mano tra noi.
Il mio nemico si abbassa leggermente, pronto a schivare l’attacco frontale che si aspetta.
Ecco perché, grazie alla telecinesi, sollevo lentamente il tronco caduto sul ragazzo verde, che nel frattempo ha ripreso la sua forma umana.
Il soggetto non si avvede di nulla, continua a fissarmi in attesa.
Attiro verso di me il pino, colpendo il mio rivale alle spalle con il tronco.
Volo in alto per evitare il mio stesso attacco ed il tronco si schianta a gran velocità contro un altro albero più grosso, comprimendo il losco individuo.
Esso cade a terra in ginocchio.
Mi avvicino con lentezza e mi meraviglio per non udire alcun pensiero provenire da lui, nessun lamento…
nessuna fatica…
nessuna indignazione… niente.
Qualcosa non va in lui!
Il verdolino prende l’individuo per il collo e lo inchioda al tronco, tenendolo sollevato da terra.
“Chi sei tu?” chiede BB;
“O meglio…” intervengo io; “cosa sei?” chiedo, come correzione;
Il tizio mascherato rimane muto e si limita a dimenarsi animatamente.
BB decide allora di togliergli la maschera e rimane deluso nel trovarsi di fronte circuiti, fili, chip e quant’altro.
Il manichino robotico si spegne immediatamente, resettando ogni informazione, cancellando ogni contatto con la sede operativa.
“Un robot?” si chiede, Beast boy; “che vigliacco!”;
“in qualsiasi caso, io non posso più stare qui, dovrò andarmene!”;
“ah, io… mi dispiace!” si scusa ad orecchie basse il muta forma;
“le tue scuse non mi daranno un posto per dormire! Gira al largo, hai già fatto abbastanza!” dico dandogli le spalle e camminando verso la grotta;
“aspetta! Dove andrai?”;
“troverò un posto!”;
“perché non vieni da noi? Sarai al sicuro lì!” mi dice speranzoso
Io gli lancio un’occhiataccia con la coda dell’occhio.
“solo per la notte, dopo di che cercherai un altro posto, dove potrai stare sola soletta, come piace a te!” esclama, rizzando nuovamente le orecchiette e mettendo un sorriso da una parte all’altra del volto.
Alzo un sopracciglio, senza credere davvero che io stia prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi. 
Effettivamente non ho scelta, non posso restare qui, riceverei sicuramente una nuova visitina, magari del diretto interessato questa volta. 
Però non so nemmeno dove altro andare, è notte ormai ed io non posso lasciare che i miei libri, pergamene, intrugli magici e tutti i miei segreti vengano rubati.
“…Accetto! Solo una notte!” dico e vado a raccogliere le mie cose, seguita a ruota da un Beast boy euforico, incredulo, al settimo cielo per la felicità.

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Capitolo 10
*** la voce ***


Quando raggiungiamo il rifugio nel sottosuolo dell’isoletta, la porta di fronte a noi scorre repentina.
Sobbalzo, trovandomi inaspettatamente di fronte il vano centrale.
“Non ti sarai mica spaventata!” canzona BB ed io entro prima di lui, ignorando la scemenza.
La porta aperta dà su un largo corridoio, al posto delle mura vi è la roccia naturale, uno strapiombo verso l’interno.
Prendo a camminare al centro di una pista in cemento che si erge sul piano inferiore e dando uno sguardo sotto di me, noto che sto passando su una grata e vi scorgo attraverso simulatori, manichini, percorsi ad ostacoli, robots, tutti spenti e accuratamente riposti al piano inferiore.
Vago parecchio con sguardo curioso al piano sottostante inframezzato dai pilastri che sorreggono la pista su cui mi trovo e noto anche un lungo arsenale di armi di ogni genere e pericolosità, ai lati di ogni percorso.
“Quella che stai guardando è la palestra specializzata, adibita alla lotta contro il crimine!” m’informa BB.
Sollevo allora lo sguardo sul corridoio di cemento, presenta delle luci lungo il perimetro allungato, tutte puntate verso il centro per illuminarlo, dopo di che guardo oltre, sul nostro piano.
Noto che nella roccia viva sono stare scavate cavità entro le quali vi sono quattro porte identiche, tutte serrate, tranne una, il cui interno è in penombra.
“Quelle sono le nostre stanze! Ci arriviamo con i ponti allungabili!” continua BB ed io mi sporgo leggermente per vedere delle rampe spuntare appena sotto il cemento della pista, ce n’è una di fronte ad ogni porta, parallela alle altre, e perfettamente allineata all’ingresso corrispondente.
Sollevo invece lo sguardo più in alto, sopra le nostre teste e alla mia sinistra ritrovo una lunga serie di finestre che collegano il soffitto al pavimento di un terzo piano, al di là delle quali vi sono: tapis roulant, bilancieri, pesi e quant’altro.
“di sopra c’è la normo-gim! Invece là in fondo vedi la moto di Robin!” indica in fondo al corridoio verso cui ci approssimiamo, formato da una pavimentazione sulla quale approdano anche delle scale, una dal piano di sotto ed una dalla palestra di sopra, al centro vi è una moto rossa fiammante con una R gialla sopra, ricorrente anche sul costume dell’eroe cui essa appartiene, è illuminata dall’alto e pare il cimelio più prezioso del rifugio.
Al di là di questa, un grande semicerchio di schermi che mostrano la cartina della città e alcune invece sintonizzate sulle riprese di telecamere esterne e interne all’edificio sotterraneo.
Sul lato destro di questo stesso piano, attraverso altre finestre scorgo una serie di arnesi ipertecnologici e computer. Riconosco subito la stanza dove sono rientrata a prendermi ciò che è mio, la pagina perduta.
“Invece quello là è diventato il luogo di lavoro di Cyborg, al lato opposto, in quella stanza laggiù, c’è una sala ricreativa con tanto di videogames e la cucina.” Mi spiega e ad un tratto il robot, intento a lavorare al computer, solleva la testa dalle sue mansioni.
“Beast boy! Stai parlando da solo?” chiede, senza voltarsi;
“No, Cy! Ti stupirebbe sapere chi è venuto a trovarci sta sera!”;
“BB!” il richiamo di Robin suona severo e arrabbiato; “nessuno entra ed esce qui a suo piacimento, mi sono spie…!” s’interrompe quando, facendo il suo ingresso nel vano centrale, si rende conto della mia presenza lì.
Mi guarda a bocca aperta.
“R-Raven?” domanda il ragazzo e Cyborg ruota immediatamente sulla sedia girevole per sincerarsi che ci sia.
Mi guardano tutti e due sconcertati, prima di mettere un sorriso sorpreso.
I loro occhi addosso mi mettono in soggezione, arrossisco.
“Beh? Che avete da guardare?” chiedo acida;
“Come mai hai cambiato idea?” chiedono in concomitanza;
“BB ha attirato il nemico nel posto in cui vivevo, così me ne sono dovuta andare, non sapevo dove altro capitare!” espleto con indifferenza;
“sei la benvenuta qui!” mi dice Robin con un sorriso e mi poggia una mano sulla spalla, amichevole;
Mi irrigidisco al suo contatto, sposto lo sguardo dalla sua mano, al suo volto, nervosa.
Gli prendo un dito con la punta delle unghie e levo la sua mano da me.
“Prima regola! Non toccarmi!” esigo in tono deciso e intimidatorio;
Robin si scusa immediatamente, con un sorriso di circostanza, poi m’indica la porta che ho visto prima.
“Puoi sistemarti in quella camera, se desideri restare!” mi dice gentilmente e al mio assenso si offre d’accompagnarmi.
“BB, dopo io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata!” anticipa Robin al mostriciattolo verde, il quale sa di aver deliberatamente disobbedito e avermi messa in pericolo, e sa che pagherà con una ramanzina la sua testardaggine. Questo mi basta, sarò buona: non gliela farò pagare personalmente!
Dopotutto, è merito suo se Trigon ha perso possesso su rabbia! Già…è tutto merito suo!
Penso tra me e me, vagamente intenerita.
Una volta giunti, Robin mi mostra come usare il ponte.
“Grazie Robin!” dico addolcendo la limitazione che forse ho espresso con troppa severità poco fà.
“prego!” la sua voce suona rincuorata, soddisfatta e a dir poco gratificata.
Indietreggio, scomparendo nell’oscurità della mia camera.
L’eroe rimane lì sulla porta a guardarmi, indeciso se pormi delle domande, chiudo la porta con un pulsante, lasciandolo con una frase in sospeso nella bocca, rimasta aperta.
Apro un portale dimensionale entro cui avevo posto le mie cose e le dispongo nella stanza avvalendomi della telecinesi.
Mi sento tremendamente al sicuro adesso…
Qui…
dove ci sono loro…
i guerrieri di questa città, paladini della giustizia…i miei titani.
 
 
 
 
 
 
“La gemma per il fuoco ….il suo portale… la reclama… lo scrigno… mortale…”;
questa voce….
Nella mia testa….
No! no….
Basta! Smettila!….
“La gemma è nata… la gemma… la gemma… la gemma”
Mi sveglio di soprassalto con questi sussurri nella testa…
Spalanco gli occhi, ansimante…
Mi metto subito seduta, mi guardo intorno, nel buio più completo io riesco a vedere… non capisco dove mi trovo, ma man mano che distinguo le mie cose, ricordo come le ho disposte e subito dopo come sono arrivata.
Riprendo fiato e abbasso lo sguardo sulle mie gambe, riflettendo su cosa fosse quella voce, sembrava così reale.. sembrava l’avvisaglia di qualche pericolo imminente.
Mi guardo ancora attorno, la stanza semivuota è avvolta nel buio.
Avverto come un brutto presentimento, come se ci fosse qualcuno…
Qui con me…
Trigon…
Chiudo gli occhi e lo cerco nei meandri della mia mente, nelle prigioni dimensionali del mio cristallo, entro le tenebre da cui sono stata figliata.
Apro gli occhi, non avendolo trovato da nessuna parte.
“Dove sei?”;
Scandaglio il perimetro del mio letto, sapendo che lui è ancora qui, che non può essersene andato, che ha bisogno di me per avere accesso alla terra.
Improvvisamente una mano spunta da sotto il letto, si aggrappa alle lenzuola.
Indietreggio sui gomiti e rannicchio le gambe sino ad arrivare all’estremità opposta del letto.
Un secondo dopo la camera è avvolta nelle fiamme, esse bruciano nella mia immaginazione, ma il calore che emanano sembra tremendamente veritiero.
Un'altra mano risale il mio giaciglio ed io mi metto in ginocchio e mi preparo a combattere, anche se so, che è tutto il frutto della mia immaginazione.
L’individuo in nero sale pian piano…
Il suo volto consiste di una maschera in bronzo che gli copre metà volto con un buco per l’occhio e pochi per la bocca, l’altra metà del volto è nera.
Proprio questa notte ne ho vista una simile sul volto di quel sicario robotico… non può essere un caso!
“Chi sei tu?” chiedo, in iperventilazione;
“Io sono un nulla… ancora!” dice ed io penso di sapere cosa intenda;
“il messaggero!” esclamo e lo fisso immobile; “o meglio… colui che diverrà il messaggero!” gli dico e lui annuisce e vedo il suo occhio stringersi a fessura su di me.
“Tic Tac, Tic, Tac! Raven!”;
indietreggio mentre un nodo alla gola mi blocca il respiro.
“La gemma…” la voce di un terzo vocia di nuovo, pronuncia il principio della formula e si blocca bruscamente.
Riconosco questa voce e mi volto a guardare il punto da cui proviene, ovvero al di fuori della porta.
“Tu… non sei reale!” affermo, senza degnare nemmeno di uno sguardo l’individuo;
“io sono… ma non qui e non ora, e ancora non lo so!” mi corregge e sposto gli occhi su di lui, senza muovermi.
Mi squadra da testa a piedi.
“ma lui… lo è, è reale per te!” mi dice ed io ho paura a muovermi ora.
Le fiamme si raggruppano sul pavimento, generano il marchio di Scat, davanti ai miei occhi.
“La gemma è nata dal fuoco maligno….” Queste parole, ora più decise, mi fanno scattare giù dal letto;
Immediatamente dai palmi delle mie mani svicola una luce purpurea intensa, vi leggo il marchio all’interno.
“No!... chi è che sta…?” ;
non finisco nemmeno di domandarmi.
Indosso il mantello bianco frattanto che la voce evoca il demone più potente di tutti…
Devo fermarlo o si prenderà la mia mente!…
Esco immediatamente dalla mia camera, tutto è spento, non un’anima qui.
“La gemma diverrà il suo portale…” odo da dove proviene, l’unica luce in lontananza, rimbomba nella mia voce, proviene dal laboratorio di Cyborg.
Ed ecco palesarsi quelle parole sulle mie braccia e sulla schiena, del colore del sangue.
“No!” sussurro;
Volo immediatamente in quella direzione.
“adesso lui la reclama…”;
Le mie gambe prendono quel lucore che nascondo entro il mantello prima di irrompere.
Attraverso la parete e appaio alle sue spalle lo vedo leggere ad alta voce dallo schermo del computer, preparo un colpo.
“perché nel suo scrigno…”;
Mentre lui parla lentamente, il mio addome si dipinge dal basso, la formula compare, il lume rossastro risale il mio corpo..
Supera l’ombelico…
sulle costole..
oltre il cuore..
tra le clavicole…
non deve arrivare alla fronte! Non deve prendere il cristallo!
“ego te dirumpo!” sibilo;
un dardo ombroso sfonda lo schermo appena in tempo e Cyborg cade all’indietro sulla sedia.
Le scritte svaniscono immediatamente.
Cyborg si volta d’improvviso puntandomi un cannone contro, ma non appena mi vede, lo trasforma nel suo arto e muta anche di espressione.
Abbasso il braccio lentamente e sento la voce del futuro messaggero e quella di mio padre scemare nella mia testa.
Continuo a fissare il mio operato in silenzio finché la voce del robot, piagnucolante il suo prodigio tecnologico distrutto, non mi si rivolta contro, irata.
“MA SEI IMPAZZITA! HAI DISTRUTTO IL MIO COMPUTER!” urla;
Immediatamente ruoto il cappuccio nella sua direzione e lui si tappa la bocca inquietato.
Un attimo di silenzio aleggia frattanto che mi avvicino, fluttuo lentamente verso di lui e lui indietreggia sempre di più.
“Raven! Volevo dire…Non ti arrabbiare! non volevo urlarti contro! Non fa niente per il computer, sistemerò tutto non devi preoccuparti di nulla!” parla a raffica finché non sbatte all’angolo con la schiena.
Ammutolisce ed io fluttuo di poco più in alto rispetto a lui.
“Guai a te, se osi di nuovo, pronunciare quelle parole!” lo minaccio con voce scura, roca, non sembro nemmeno io, è rabbia; “Non hai idea di quanto le mie formule siano pericolose! Non hai idea delle conseguenze di ciò che stavi per dire! Non sai nulla di me! Non conosci il mio potere…”;
m’interrompe con delle scuse: “non lo sapevo! Scusa mi dispiace!” mette le mani in alto;
“regola numero due: non toccare le mie cose!”;
“non succederà mai più, te lo prometto!” sta sudando freddo e si sta facendo sempre più piccolo davanti a me che incombo su di lui.
Deglutisce.
“…è solo che… volevo capire!” a quelle parole mi calmo e rimetto i piedi per terra, tornando più umana;
“non cercare di capire.. non devi, mai, cercare di capirmi, di entrare nella mia testa… non capiresti più nemmeno te stesso!” le mie parole lo fanno deglutire di nuovo;
“desideravo trovare un modo per alleggerirti il fardello… insomma per liberarti del lato oscuro che ti perseguita!”;
“è gentile quello che vuoi fare! Però non esiste soluzione!”;
“Nulla è impossibile!”;
“esatto… tutto è possibile! Questa è la cosa di cui dovresti avere più paura!” gli dico e lui ammutolisce, pensando ragionevolmente che qualsiasi soluzione potrebbe liberarmi, o anche imprigionarmi per sempre.
La sconfinatezza di possibilità rende nulla ogni certezza. Nulla è impossibile che accada, tranne una cosa, esiste una cosa impossibile, è impossibile escludere una qualche possibilità… avere 0 possibilità è impossibile.
Ci dovrebbe essere anche per me una possibilità di sfuggire al mio destino, ma remota, ridotta all’appena esistente.
Questo solo mi fa sperare.
Decido di non prolungare oltre il silenzio e mi volto per andarmene.
“Raven! Aspetta!” mi chiama, mi fermo e rimango di spalle a lui; “so che sei molto legata a quella formula, l’ho notato in più occasioni: il corvo…” intende quando l’ho tirato fuori da sotto i vagoni evocando un corvo nero, presente anche in quella pagina; “…il cappuccio…” si riferisce alle statue disegnate nelle pagine, rassomiglianti la mia effige incappucciata.
“…Ma non andrò oltre!” esclama ed io mi volto verso di lui che mi mostra una chiavetta.
“avevo riposto tutto il materiale qui dentro! Voglio che tu la distrugga! Non voglio sapere più niente! Sei una mia amica e mi fido di te!”;
allunga il palmo e attende con un sorriso sulle labbra.
Io titubo qualche attimo, ma poi la faccio sollevare col gesto di un dito, la racchiudo in una bolla nera e al suo interno la chiavetta si scioglie e si smolecola.
Cyborg rimane a bocca aperta, leggermente scosso dalla mia capacità e infine esce dal laboratorio, dandomi la buona notte e dicendo che al computer penserà l’indomani.
 
 
 
 
 
 
 
Già, lui ci andò così vicino! Sarebbe anche riuscito a capire che la gemma sono io, ma ho cercato di tenerli all’oscuro di tutto per proteggerli… in vano.
Sono felice di morire tra voi, amici miei…
Almeno, finirò i miei giorni tra i familiari più affezionati e non tra le rocce fredde di quella grotta in cui mi ero rassegnata a morire, finché Robin non mi ha trovata.
Cerco con lo sguardo Starfire, la trovo in cima ad un cumulo di macerie, evidentemente precipitata a terra.
I suoi lunghissimi capelli rosso fuoco sono riversi sulle rocce a lei sottostanti, non ardono del loro solito sfavillio, sono di uno scarlatto spento, la testa poggiata su un ciglio di cemento, gli occhi verdissimi sono dormienti e la bocca leggermente dischiusa, un braccio a penzoloni come i capelli e un livido sulla spalla.
Nega starfire era parecchio potente, ha rischiato di essere sconfitta da se stessa, la parte più oscura di noi può essere davvero incontrollabile.
Tuttavia lei è rimasta, come sempre…
Un’amica davvero speciale, Star mi è stata vicina nonostante io la respingessi sempre, malgrado il mio carattere opposto al suo, sempre ombroso, ostile alle abitudini troppo femminili, suscettibile al suo entusiasmo e voglia di vivere.
In realtà l’ho sempre stimata molto, è un’aliena con grande senso dell’umorismo e affettuosa con tutti, il mio contrario.
In certe situazioni l’ho vista tramutarsi nel collante di questa squadra, era sempre lei a cercare di sedare gli animi bellicosi di noi Titans.
Tra me e BB, tra Cy e Robin o ancora tra BB e Cy, c’era sempre lei.
A primo impatto può sembrare una ragazza superficiale, senza cervello, a tratti persino folle o imbarazzante, in realtà ha solo un cuore grande e ci sono cose e persone del suo passato che la torturano.
Però nessuno le ha mai chiesto nulla, perché lei ha sempre quel sorriso radioso in volto, che fa pensare che lei non abbia mai avuto problema alcuno.
Finché il suo passato non è tornato da lei.
Sua sorella è crudele e benché Star abbia tentato di nasconderci la sua malvagità coprendo la natura della sorella con i suoi abbracci, questa non ha potuto che approfittarne per ingannarla.
Star ha sempre peccato di bontà e fiducia nelle persone, come con Terra.
Ricordo che una volta ci scambiammo il corpo per via di un criminale che voleva rinchiudere le nostre anime in dei burattini, nel fuggire da costui, entrammo nei corpi sbagliati.
Fu un brevissimo momento di pace per la mia continua lotta interiore con le mie emozioni e con mio padre. Dentro il suo corpo potevo permettermi di essere felice e lo fui molto, tanto da volare, potei provare per una volta fiducia in me stessa tanto da usare i dardi stella e infine ho potuto provare una furia incontrollabile senza provocare la fine del mondo, ma assumendo solo una forza sovrumana.
Desiderai egoisticamente di rimanere in quel corpo ed esitai un secondo solo a restituirlo, ma non avrei mai condannato lei alla mia sorte.
Ora siamo agli ultimi momenti, amica mia…
Vorrei che sapessi che ho sempre apprezzato ogni tuo gesto, ogni tua intrusione, interessamento, consiglio, sorriso e persino il soffocamento dei tuoi abbracci.
Tu arrivasti come una meteora sulla terra e come una cometa nelle nostre vite, è stato proprio dopo la tua comparizione che i Titans hanno trovato il loro ultimo componente, la propria completezza.
Sono felice che tu non abbia visto che cosa successe qualche tempo prima del tuo arrivo…

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Capitolo 11
*** Il messo ***


Mi alzo prestissimo, sono le cinque del mattino, sono stanchissima, ma non posso aspettare un minuto di più.
Metto i piedi giù dal letto, mi stropiccio la faccia e con la testa tra le mani ad occhi chiusi ripenso a tutto l’accaduto la scorsa notte.
Rimembro la sagoma parsami nell’immaginazione, colui che sarà il messaggero di mio padre porterà quella maschera.
Metà volto in bronzo, metà in nero, mi domando a chi appartenga realmente l’occhio che mi fissava dalla fessura bronzea, l’iride nera come la notte rendeva indistinguibile la pupilla, sembrava potesse ingerirmi solo con lo sguardo in quel buco nero, una cavità verso il nulla.
Ancora quell’uomo mascherato non sa che diverrà messo del peggior demone di tutti.
“La nera nemesi del creato lo richiamerà dal suo letto di morte, lo ingannerà! In cambio della sottomissione la sua anima riavrà carne ed ossa in cui giacere fino a nuovo perdimento… Così è stato scritto!”
Mi ritornano prepotentemente alla memoria le immagini di BB, il rischio a cui l’ho sottoposto era davvero troppo grande, subito dopo immagino quello che rabbia avrebbe potuto fare al povero animaletto verde, ma soprattutto non oso pensare a che cosa sarebbe successo se un terrestre come Cyborg avesse pronunciato quelle parole proprio qui, sulla terra… il posto dove lui risorgerà dai flutti dimensionali della sua prigione ultraterrena.
Il sacrilegio non avrebbe potuto compiersi, non prima della data prestabilita, ma…
Orribili cose succederebbero se anche un minuscolo, insignificante spiraglio del vaso di Pandora venisse aperto.
Non posso rischiare di fare del male a loro, loro che hanno differito dagli altri, che hanno rifiutato di seguire la razionalità, loro che nonostante abbiano visto l’orrore di cui sono capace, che hanno avuto paura di me, che hanno rischiato di essere uccisi dalla sottoscritta, che hanno avuto a che fare con la mia anima sporca di viltà e la bruttezza della mia personalità, così stupidamente si sono affezionati…
Potevano scegliere chiunque di molto migliore… hanno scelto me!
devo proteggere chi mi è amico!…
chi ha il coraggio di essere mio amico, amico di un mezzo demone!…
perché alla resa dei conti…su di loro posso contare…
or dunque devo andarmene!
Prima che sia troppo tardi… finché loro, possono essere risparmiati…
Decido di lasciare una lettera in camera di Robin, perché sappia che il mio non è un addio, che non sono loro ad essere sbagliati, ma che il problema sono io, o meglio una parte del mio io, che veglierò su di loro, sempre! Da lontano! Da dove non posso far loro del male!
La poso vicino al suo letto e osservo sonnecchiare il ragazzo moro, non pare sereno né goduto il suo sogno, sembrerebbe assillato anch’esso da dubbi e concentrato a riflettervi, instancabile anche il suo inconscio, non smette mai di cercare neppure nel sonno.
Do uno sguardo veloce alle mie parole scritte nero su bianco, pensando a quanto possa essere fantastico scrivere.
Inchiostro e carta mi permettono di essere umana, quello che la bocca non può dire e gli occhi esprimere, può essere scritto.
 
Infine raccolgo la mia roba e torno nella grotta, furtivamente la esploro, ma pare che non ci siano state altre visite notturne durante la mia assenza.
La mente che regge il gioco è più astuta di quanto si pensi.
Un robot come scagnozzo, i suoi pensieri non sono captabili e svolge le sue funzioni senza coscienza, senza opposizione, senza brame altere e soprattutto senza saperne lo scopo, inoltre ogni informazione su di esso può essere cancellata all’arresto delle sue funzionalità, niente confessioni estorte a forza.
Inoltre ha lasciato che noi lo catturassimo perché se fosse ritornato alla base l’avremmo seguito, invece così sa perfettamente dove colpire e gode dell’irreperibilità.
È invulnerabile, non agisce mai personalmente! Questo complica le cose!
Inoltre, non ne sono completamente sicura, ma credo che i tre malviventi, meta umani lavorassero per lui.
Non avevano scopi personali, avrebbero senz’altro attaccato una banca o una gioielleria.
Nel mirino c’erano i tre eroi, un’esca per arrivare a me.
Senza dimenticare che Jinx conosceva alcuni dei miei punti deboli: la rabbia, il mio volto, i miei tre amici…
Non poteva essere un caso che sapesse come portarli a farsi catturare per attirarmi in trappola.
Sono quasi sicura che quelle informazioni le abbiano reperite da qualcuno che sta studiando le mie mosse, i miei principi e le mie debolezze.
Mi domando cosa voglia da me! E soprattutto chi sia!
Decido di proteggermi con un incantesimo che padroneggio molto bene, insegnatomi da Arella.
Creo cinque piccole sculture dall’aspetto raccapricciante, fatte con teschi, ossa e ghirlande sacre ai demoni.
Tra le mie cose prendo un’urna, la faccio volteggiare e ne spargo le ceneri, miste a sabbie fini, magiche fino a formare un cerchio perfetto.
Pianto le sculture in cinque punti del cerchio.
Mi pongo al suo centro e pronuncio la formula antica a memoria.
Le ceneri del cerchio si sollevano e prendono a volteggiare fino a formare una stella a cinque punte sul pavimento, ciascuna punta corrisponde una scultura ed io sono il nucleo.
Infine il mio cristallo s’illumina, allora sollevo il volto in alto, dischiudo la bocca e lascio che da ciascuna delle statuette si sollevi un filo luminoso di energia, esso raggiunge la mia fronte, instaurando un collegamento.
Quando anche l’ultima delle punte è collegata alla mia mente tramite il cristallo ultimo la formula con una parola e le sculture indietreggiano rispetto al cerchio formando una linea retta, uscente dalle pareti, attraversano la roccia ed indietreggiano seguendo le mie direttive mentali.
Li estendo sino a racchiudere il cuore della foresta, con un gesto delle mani arresto la loro avanzata e faccio sì che s’incavino nel terreno.
Orientati verso l’esterno del perimetro che definiscono, eretti su dei paletti, le mie sentinelle.
I fili di luce si spezzano autonomamente e sul suolo lumina una stella a cinque punte racchiusa in un cerchio, in tutto e per tutto uguale a quella che ho disegnato, dopo di che il lucore rosso svanisce.
Adesso questo terreno è maledetto!
Chiunque valichi il cerchio invisibile, ne risponderà a me!
I miei occhi perdono di lume e tornano al loro colore naturale, il mio mantello smette di volteggiare.
Esco dal cerchio di sabbia senza toccarne i confini.
Decido di potermi godere una tisana adesso, dunque mi preparo: indosso canottiera e felpa nere, jeans attillati, ma comodi, a vita alta, occhiali scuri.
 
 
Ho portato con me il mio libro di Azarath e da dentro un piccolo bar lo leggo davanti all’acqua calda della mia tisana.
Davvero rigenerante la calma che aleggia qui dentro…
Poco al di fuori della vetrata un via vai di persone affolla le strade, i clacson delle macchine suonano imperterrito al traffico intenso, il clima frenetico di città non influenza questo posticino così propinquo al caos e al contempo così lontano da esso, un’oasi d’ordine.
Anche la musica, benché non sia di mio gusto, è tranquilla e ripetitiva, si accoppia perfettamente con la mia tazza calda e il mio buon libro.
Ora che sono così rilassata, mi rendo conto del sonno che mi pesa sulle palpebre.
Mi accoccolo sul divanetto circolare posto attorno al tavolino, raccolgo le ginocchia su di esso e la vecchietta dietro al bancone mi guarda con un sorriso intenerito mentre versa il caffè ad un cliente.
Guardo al di là del vetro, le persone che conducono la loro vita normalmente, le invidio.
Chiudo gli occhi per riposarne le palpebre, ma inevitabilmente entro nel dormiveglia e poggio la testa sulle mani incrociate sopra lo schienale del divanetto.
Avverto i pensieri di tutti coloro che sono per strada, posso sentire la loro anima transitarmi davanti, spiriti evanescenti.
Vorrei avere anche io preoccupazioni come queste, problemi minuscoli che sembrano enormi e una volta risolti, vorrei guardare al passato con un sorriso in volto e una battuta in bocca per prendersi in giro.
Ecco perché spesso e volentieri pare che io odi il mondo, la mia è semplicemente invidia repressa, oltre che un modo per tenere tutti al sicuro da me.
Spesso ho desiderato di morire, come loro e spesso ci ho provato, ma ogni volta che mi tagliavo le vene, queste guarivano da se, rimanevo ore e ore a penzolare con una corda legata al collo, aspettando di soffocare, ma anche senza respiro il mio corpo rifiutava di morire.
Finché non si sarà compiuto il mio destino com’è stato profetizzato, potrò anche essere fatta a pezzi in più e più modi.. ma non morirò!
Il mio corpo tornerà a ricomporsi perché l’incompiuto non esiste nelle arti magiche..
nessuna scusa..
nessun errore
tutto va come è stato predetto e non c’è nulla che si possa fare.
Nemmeno un contro incantesimo può sciogliere una profezia, il malocchio più potente.
Tutti i miei tentativi sono stati vani, o sono stati bloccati dall’intervento di mia madre e degli altri monaci.
Morire sarebbe troppo facile, solo vivendo sconterò la morte, è più semplice mettere fine alla propria esistenza che vivere con un fardello.
Da poco mi sono rassegnata al fatto che sono costretta a esistere e a esistere facendo del male.
In un attimo il mio dolore diventa troppo forte, lo sento indebolirmi il corpo, stringermi la gola, bruciarmi lo stomaco e schiacciarmi il petto.
Fa male, scava una voragine di solitudine e sconsolatezza nel mio cuore.
Gli occhiali e il cappuccio abbassato contribuiscono a mascherare il mio viso poco espressivo, alterato leggermente da un rattristo.
“Qualcosa non va signorina?” la voce della vecchia signora mi fa sobbalzare;
“Huh..eh..no! Va… tutto bene! Si, la ringrazio!” mentre parlo lei allunga una mano lentamente e la poggia sulla mia spalla e poi sotto il mio mento, lo solleva dolcemente con quattro dita finché non la guardo in faccia attraverso gli occhiali scuri.
Una signora dai capelli bianchi legati in uno shignon basso dietro la nuca, il volto abbellito da grinze, che ne rendono rassicurante il sorriso e dolci gli occhi azzurro cielo.
Noto che una delle due maniche della sua veste è vuota di un braccio.
Non mi permetto di chiedere!
Indossa due grossi occhiali da signora, legati al suo collo con una catenella.
Mi guarda attraverso le lenti spesse con un sorriso accennato solo con le labbra.
“Signorina, lei non me la da a bere nemmeno un po’! Ho una certa età, sa? Sono stata ragazza anche io, ne ho raccontate tante di bugie, soprattutto quando soffrivo le pene dell’amore!”;
le sue parole orientano inspiegabilmente i miei pensieri su Beast Boy, improvvisamente quel dolore insopportabile si dissolve dal mio petto e slega la mia gola.
La donna anziana, snella e abbigliata come una cameriera, siede di fronte a me con calma, poggia il suo vassoio e mi guarda con un gomito sul tavolo.
“Lo sa, in questo posto vengono persone di ogni tipo, ognuno con una vita diversa, dolori diversi e un numero non indifferente di scheletri nell’armadio! Persone anche molto stravaganti, tanto che lei mi sembra nella norma…… a parte per i capelli viola!”;
allora si notano…accidenti!
“già, ragazzina, li ho visti!” mi dice soddisfatta mettendo un nuovo bel sorriso; “ad ogni modo, molti che vengono a sedere qui hanno un passato tortuoso alle spalle! Alcuni hanno anche fatto del male in passato! Storie ne ho sentite parecchie! Il suo volto mi è familiare, devo avervi già vista altre volte! O meglio devo aver già avuto la stessa sensazione che ho ora davanti a voi!”;
“quale sensazione provate?”;
“che ci sia di più!... Che appaia troppo poco! Mi rendo conto però che sia ovvio che una ragazza giovane come lei non può che avere altro problema se non pene d’amore! Forse è solo il cappuccio basso a rendermi questa sensazione!”mi dice con un amabile sorriso protettivo;
“ne è sicura?” chiedo freddamente, senza riuscire però a darmi quel tono antipatico che allontana le persone;
“mi sbaglio forse? Non è l’amore?” chiede ed io rimango a labbra dischiuse, con uno sfogo pronto ad uscire tutto d’un fiato, è proprio sulla punta della lingua, trattenuto dalla consapevolezza che nessuno deve sapere.
“da dove viene?” mi chiede, vedendomi in difficoltà;
“da… da molto lontano!”;
“capisco!” risponde abbassando lo sguardo, lievemente delusa.
Si alza e s’incammina in direzione opposta a me.
D’improvviso avverto un pericolo.. si avvicina..
La colpirà!
“non ho pene d’amore!” le dico e questa si blocca, si volta verso di me con un sorriso e s’appropinqua chiedendomi di che si tratta.
“Diciamo che ho qualche problema irrisolto con mio padre!”;
Sto davvero per raccontarle tutto… stringo le dita attorno alla tazza, sentendo quel pericolo dietro l’angolo.
“e per quale motivo? Non sarà la fine del mondo, se gli parli sono sicura che…”;
“può fare ancora un passo in avanti?” la interrompo e questa, un po’ disorientata dalla richiesta, lo fa comunque.
Non appena stacca il tallone da terra una palla di fango misto a residui di ferraglia e cemento sfonda la vetrina del bar, provocando grossi danni agli interni di mezzo locale.
L’anziana si difende con una mano sulla testa, dopo di che si volta attonita e pone una mano davanti alla bocca, realizzando che se non le avessi detto di avvicinarsi e si fosse trovata quel metro più indietro, sarebbe stata colpita in pieno e sarebbe morta sul colpo.
La donna rimane immobile a guardare i clienti nel panico, si scansano dall’accaduto, altri che cercano di emergere dalla poltiglia, tutti vogliono immediatamente di scappare fuori mentre alcuni trovano rifugio sotto i tavolini o in bagno.
Io abbasso la barriera protettiva che avevo eretto davanti all’anziana con la mano.
Questa si volta con i capelli scompigliati sul volto ed il terrore in viso, occhi sgranati, bocca spalancata e quando mi alzo lei ha un cedimento alle gambe che la costringe a mettersi seduta sul divanetto di fronte al mio.
“Metà umana e metà…”;
“metà come mio padre!” rispondo alla sua domanda inespressa e questa, ora, immagina il perché del mio rancore;
“sei tu! La ragazza sui giornali! Hai salvato le persone su quel treno, i bambini sullo scuolabus e mandato dietro le sbarre una dei peggiori! Io sto dalla tua parte, non è stata colpa tua!” mi dice, buttando il giornale sul tavolino, la prima pagina mostra Jinx dietro le sbarre con un’espressione per nulla contenta.
Non leggo il titolo, ma intravedo una foto di Cyborg con un braccio attorno al collo di Robin e BB che lo sorregge per il busto dall’altra parte.
Tuttavia, non capisco cosa voglia dire la donna con le sue ultime parole.
“sapevo di averti già vista da qualche parte! La nostra nuova eroina!” mi distrae immediatamente il titolo che mi ha dato;
“…non sono io! Io non sono un’eroina! Quelli sono eroi!” esclamo ed indico con un dito Robin, Beast Boy e Cyborg sul giornale.
“Io ho visto cos’hai fatto ieri! Devi credere in quello che vuoi essere, non in quello che sei! Non importa come sei nata!” afferma guardandosi il braccio mancante ed io rimango ferma a scrutarla, ammirata, rimugino su ciò che mi ha detto.
Ha ragione lei, ma…
Le urla provenienti dal di fuori della caverna scavata, richiamano la mia attenzione.
Prendo il libro dal tavolo e lo ripongo nella tracolla.
Uso i miei poteri per permeare nel pavimento.
“Aspetta!” alza la voce la donna;
“mettetevi al riparo!” le dico prima di scomparire del tutto.
Riemergo in un vicolo e scruto la situazione.
Sporgo la testa e vedo solo una baraonda di gente correre all’impazzata, si catapultano urlanti sulla strada, per fuggire al pericolo.
La folla si smembra per le vie…
Poi, d’improvviso spunta…
L’ombra di un essere enorme mi copre il sole alto nel cielo…
sollevo lo sguardo e rimango a bocca aperta.
Indietreggio leggermente..
Un gigantesco mostro fatto di… qualcosa di non meglio definito.
Parrebbe un colloide di fango, petrolio e melma. Ha la schiena pervasa di pustole verdi, intrappola ogni cosa nella sua consistenza, cose e persone vengono inglobate al suo interno.
Si ferma esattamente davanti a me e si volta nella direzione opposta alla mia.
Respira rumorosamente e le sue alitate potrebbero sverniciare i ponti.
Rimango immobile, muta, sperando non si volti verso di me.
Il mostro annusa l’aria e con la bava alla bocca si allontana, al che mi sporgo dal vicolo per seguirlo con lo sguardo.
L’essere poltiglioso si esprime a versi, anzi oserei dire a ruggiti, ha i denti tutti storti e ingialliti e una gran fame a giudicare dal rumore che emette il suo stomaco.
Rimango in silenzio mentre mi sfila davanti, col fiato sospeso per l’odore nauseante che emana, mentre migliaia di persone appiccicate alla sua essenza che si divincolano e mi lanciano le braccia in avanti implorando aiuto.
Il mostro sembra essere interessato esclusivamente ad un punto, in mezzo alla strada, a cui gira attorno.
Anche se parrebbe non esserci assolutamente nulla che possa interessargli, la creatura paludosa si china per annusare il suolo e in fine solleva le mani in aria, con un urlo scarica tutta la sua forza sull’asfalto, rompendolo.
Scava nella crepa, veloce come nessun altro.
Giunge fino al tubo delle fogne che preleva da sotto terra.
Spezza il canale in ferro a suon di colpi e questo spurga i rifiuti organici di buona parte della città miscelati assieme.
Immediatamente dei lampeggianti blu e rossi s’avvicinano, le auto della polizia si svuotano e le strade si arricchiscono di uomini in divisa e artiglieria pesante.
 
L’essere raccapricciante scaglia tutto ciò che la sua pelle collosa ha raccolto per strada, si accanisce contro chiunque gli si pari davanti con quelle sue palle fangose e appena può si abbevera dell’acqua salmastra delle fogne.
Un conato mi assale, ma cerco di trattenermi all’odore, anche se lo scenario mi fa accapponare la pelle.
 “Ancora Plasmus!” constata quello che parrebbe essere il comandante della pattuglia sul posto più vicina al mio vicolo.
Gli ufficiali non sparano per paura di colpire le persone bloccate nel catrame delle sue braccia giganti.
Il mostro allora genera ancora protuberanze sui palmi fangosi e lancia palle di lordura contro la polizia, dentro ci sono cassonetti dell’immondizia, cassette postali, idranti, qualsiasi cosa sia riuscito a racimolare per strada.
Non sembra che agisca con criterio, pare che voglia solo nutrirsi.
Ciò che gli si appiccica al corpo non lo considera come un ostaggio, non distingue tra vivente o oggetto, lo usa indistintamente solo come arma per difendersi.
“Fate attenzione! Ci sono delle persone dentro quel coso!” avvisa un sott’ufficiale;
“non solo!” ribatte il comandante; “quel mostro è una persona! Non dobbiamo fargli alcun male! Non colpite nel petto o lo ucciderete!”
Cosa? Quel coso è una persona?
“Dobbiamo rimetterlo a nanna! Non deve nutrirsi! Deve rimanere a secco di energie per addormentarsi!” afferma infine.
Proprio in quel momento un ragazzo esce allo scoperto da un nascondiglio dietro a una vettura, corre per mano alla sua fidanzatina, ma Plasmus se ne avvede immediatamente e li considera come una potenziale arma.
Il giovane, accortosi di essere braccato da una mano gigante, spinge via la sua lei e si lascia catturare dall’arto fangoso che lo immobilizza subito, lo solleva da terra.
Decido di intervenire, sovrappongo i polsi, intreccio i pollici delle due mani e unisco le restanti dita tra loro proiettando sul pavimento l’ombra tetra di un volatile.
Con i miei poteri questo si stacca da terra e s’ingrandisce mentre prende il volo.
Il corvo nero gracchia attirando l’attenzione di tutti e attacca il Plasmus.
Passa attraverso il suo polso, segandolo in due parti.
La parte mutilata crolla a terra, la mia ombra pennuta afferra il ragazzo tra le zampe, lo estrapola dalla prigione appiccicosa con la forza delle sue ali e lo riporta alla fanciulla prima che cada rovinosamente.
Lo sbalordimento prende il posto della paura ed il mostro rigenera il suo arto senza mostrare alcuna dolenza o ira.
Il mostro non si fa scoraggiare e si china in avanti per gustarsi la melma che fuoriesce dalla fognatura.
Intervengo subito, genero più volatili, alcuni vanno a distrarlo per impedirgli di nutrirsi, poiché quello schifo lo fa diventare più grande.
Altre delle mie ombre salvano le persone incastonatevi dentro.
Plasmus indietreggia, disorientato e arrabbiato, cercando di afferrare con le grosse mani le mie ombre pennute senza riuscire a toccarne la trasparenza.
In un gesto di disperazione plasma una nuova mistura di ferraglia e fango, includendovi un cassonetto dell’immondizia.
Lo scaraventa nella direzione delle volanti, ma un robot colpisce la poltiglia con un pugno, essa si sforma ed il cassonetto ritorna al mittente spezzandogli un ginocchio.
“BOOYA!” esulta Cyborg, ma l’essere pare essere un ottimo rigeneratore, si rimette in sesto in un attimo.
Viene allora attaccato alle spalle dalle bombe a mano lanciate da Robin, che scavano voragini nel corpo limaccioso e subito dopo colpito al volto dalla testata di un enorme T-rex verde, che rimane infangato e non riesce a spostare di troppo la fanghiglia umana.
Reclamo le mie ombre e li lascio combattere, limitandomi a coprire loro le spalle.
Robin attacca di nuovo Plasmus, con un bastone allungabile, ma vi rimane incastrato e in men che non si dica, gran parte del suo corpo finisce inglobato nella poltiglia.
“Aiut…”;
la sua invocazione viene strozzata dal soffocamento dato dalla mistura di catrame e residui terrosi.
“non potrà trattenere il fiato a lungo!” avverte Cyborg e attacca il mostro;
“dobbiamo tirarlo fuori da lì!” afferma BB;
Plasmus, vedendo corrergli contro i due eroi gli sbraita contro un ruggito spaventato e corre nella direzione opposta, i due gli vanno dietro, senza dargli tregua, rivogliono il loro amico vivo.
Spicco subito il volo e perseguo anche io la creatura, ma mentre i due si fermano sfiniti io proseguo e giungo fino ad una discarica, dove sorprendo nuovamente Plasmus intento ad assumere in se qualsiasi cosa possa essere usato come arma.
Atterro alle spalle dell’essere, in un posto ben nascosto.
Uso i miei poteri per trovare Robin al suo interno, dopo di che chiudo gli occhi, scindo la mia anima dal corpo, fluttuo e penetro nel corpo con facilità.
Lo trovo quasi subito, sta disperatamente cercando di nuotare, con una mano alla gola.
I polmoni di Robin sono quasi sull’orlo del collasso.
Gli vado davanti, anche se lui non può vedermi per via del catrame che svicola nella maschera e gli entra negli occhi.
Soffio una bolla d’aria verso di lui e la ingrandisco fino a poterlo includere interamente.
Lo afferro per il costume, lui, pensando che io sia una minaccia, cerca di attaccarmi, ma la densità della melma lo impedisce, posso quindi tirarlo dentro la bolla e lui prende un sonoro respiro.
Riprende fiato mentre io adatto la bolla al suo corpo.
“G-grazie Raven!”;
Con la mia imbracatura oscura s’immerge più in profondità, scava alla cieca nel fango fino a quando non s’imbatte nel volto di un uomo che aderisce al mio scudo semitrasparente.
Il ragazzo è in intimo e tutto il suo corpo è un tutt’uno con la fanghiglia.
Il volto sporco di fango mostra un’espressione spaventata e smarrita, è ricoperto di quella lordura negli occhi, nella bocca, nel naso, ovunque, ma la cosa sembra non dargli alcun fastidio siccome lui stesso le genera, sono come una componente della sua essenza.
“Dev’essere lui!” constata Robin; “dobbiamo farlo dormire!” mi dice;
“come intendi fare?” gli chiedo telepaticamente;
“così!” risponde egli sferra un pugno in faccia così forte da farlo svenire.
La sua pelle fangosa si stacca dal suo volto ed io inglobo anche il ragazzo nella bolla oscura, man mano che la patina di fango si scrosta dal suo corpo.
Plasmus all’esterno ha smesso di cibarsi, si abbatte in avanti e perde la sua forma vagamente umana.
BB e Cy sono arrivati, cominciano a cercare il loro amico disperatamente, scavano in punti diversi del fango senza trovarlo finché da una montagnetta di quello schifo non emerge autonomamente.
I due accorrono immediatamente nella sua direzione e lo chiamano, gli chiedono se stia bene.
Questo risponde affermativamente e si alza in piedi sollevando tra le braccia l’uomo seminudo sporco di fango, dormiente, con un occhio nero.
I tre eroi avanzano trionfalmente verso i concittadini che li acclamano ed io non potrei essere più felice per loro, da qui, dietro le quinte.
Sorrido lievemente, gioendone dentro.
Il ragazzo viene immediatamente portato via e i tre eroi dopo essere stati acclamati e ringraziati dai superstiti nonché dai poliziotti se ne vanno in direzione opposta.
“Cos’è successo là dentro, insomma come hai fatto a trattenere il respiro così a lungo?” chiede Cy;
“è stata Raven! Mi ha protetto! Ve l’avevo detto che non se ne sarebbe andata mai per davvero! È ancora qui, vicino a noi!”;
“perché non viene con noi?” chiede BB rattristato;
“lo farà! Quando sarà pronta!”;
Dice e se ne vanno tutti insieme con un sorriso rincuorato, ma una vaga sconsolatezza negli occhi.
Prendo in mano il localizzatore che mi ha donato Cyborg, lo apro.
Sto per inoltrare una chiamata a Robin per farmi trovare e rimanere con loro per non andarmene più, ma poi mi fermo a guardarli…
Avverto una strana presenza alle mie spalle..
penso di sapere di chi si tratta…
Ora osservo lo schermo spostando le dita dal tasto rosso di annullamento e quello verde d’invio.
Avverto un battito di mani alle mie spalle.
E proprio per questo chiudo il mio aggeggio e lo metto in tasca prima di voltarmi a guardare.
“Ammirevole!” si complimenta una voce e scorgo un occhio fissarmi dalla penombra;
“Stai mentendo!” gli faccio notare con un sorriso sinistro; “sei rimasto più impressionato in passato da me!”;
Lui rimane in silenzio a guardarmi.
“Non credi che sia giunto il momento di farsi avanti? È da tempo che ti limiti ad osservare i miei punti deboli, mentre il lavoro sporco lo fai fare a qualcun altro! Mi stai seccando!”;
“oh! Lieto che tu ti sia accorta delle mie attenzioni!” esclama e si fa avanti dalla penombra con mani dietro la schiena e fare pacato; “ma di certo non m’interessano le tue debolezze, quanto, se mai, i tuoi punti di forza!”
Lo squadro da testa a piedi… finalmente!
Sospettavo che fosse lui!
Non mi sbagliavo!
…Il messo!

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Capitolo 12
*** lacrime nere ***


Il pedinatore che finalmente ho avuto il piacere di incontrare è lo stesso che mi è parso nella visione.. lui sarà il messaggero!
Chissà perché non mi stupisce vederlo?!
Però adesso un timore mi assale: che ci sia già lo zampino di mio padre dietro il suo operare?
“Come ti fai chiamare?” mi rivolgo alla mezza faccia in bronzo;
“Slade! Lieto di conoscerti.. Raven!”;
“mmh! Non sembri avere alcuna dote particolare, Slade! Chissà per quale motivo lui ha scelto te!” l’uomo d’altissima statura rimane perplesso dalle mie parole, glielo leggo nella mente.
Metto un sorrisetto deridente.
“Deludente, Slade!” gli dico;
“desolato di non soddisfare le tue aspettative come avversario, ma esserlo non rientrava nei miei interessi! È da qualche tempo che desidero un’apprendista!”;
“e cosa dovrei apprendere da uno come te?” chiedo;
“il controllo, Raven! Naturalmente! Ma, se preferisci, puoi continuare a fare del male ai tuoi amici fin quando non arriveranno ad odiarti! O finché non li ucciderai con le tue stesse mani, scegli tu!”;
La verità che mi viene dettata in faccia m’innervosisce, soprattutto da un villano come lui.
Tendo una mano nella sua direzione e sferro un attacco che provoca la frana di una montagna di immondizia alle sue spalle.
Lui evita l’attacco.
“questo non succederà mai!”;
Sollevo i residui caduti a terra e glieli schianto contro, evita anche quelli.
“ne sei sicura? Dimentichi che è da tempo che ti sto osservando! Io so… che cos’hai fatto! So la verità! So che hai quasi ucciso quelli che ti definiscono ‘amica’!”;
“non è vero! È stato un incidente!”
“Per salvare la città da Megablock hai messo a rischio la vita di Robin!...”
 lo attacco nuovamente.
“mi sarei fermata!” mento;
Slade schiva ancora.
“sappiamo entrambi che non è vero!” dice corre via, parto all’inseguimento.
Cerco di colpirlo con dei dardi oscuri, ma li schiva abilmente.
“L’avresti ammazzato, se non fosse stato abbastanza veloce, l’hai detto tu stessa!”;
volo più veloce, lo raggiungo.
Inaspettatamente lui si arresta e si volta, mi afferra i polsi.
Mi tira verso di se, mi fa volare sopra la sua testa, per poi sbattermi violentemente a terra.
Rimango senza fiato qualche secondo, a bocca spalancata, occhi strabuzzati e pochi versi sordi.
Mi trattiene per le braccia e subito, prima che  potessi prendere una bocconata d’aria, mi ficca un piede sull’addome e mi comprime al suolo.
Prendo a ribellarmi come posso, ma lui stringe la presa ai polsi, facendomi male.
“Saresti stato fagocitato da un vortice di magia nera in grado… di risucchiare la linfa vitale di qualsiasi cosa sia viva! Queste sono state le tue parole… Corvina! Ho prestato attenzione! Ho prestato, molta, attenzione! E ti posso dire che questa è stata.. in assoluto, la parte che ho preferito di più!”;
“s-smettila!” gli ordino a fatica.
Cerco di dimenarmi, ma ho poche forze.. sono prossima allo svenimento..
non respiro!
“altrimenti? Cosa fai? Mi uccidi, Corvina? Se lo farai, dimostrerai che quel che dico è solo la verità, che non sei in grado di controllare i tuoi poteri, che sei un pericolo per i tuoi amici, una bomba a orologeria pronta ad esplodere appena la si sfiori nel punto giusto…”;
“NON LO FARÒ!” urlo con le ultime forze rimastemi;
“oh davvero? Non ne sarei così sicuro! Il tuo aspetto sta già cambiando! Anche se ti nascondi, io so chi sei! Ricordalo!” cerco di controllarmi dopo quello che ha detto e lo guardo da dietro gli occhiali, tentando di arrestare qualsiasi emozione; “tu non hai.. niente, per costringermi a fermarmi! L’atto si può placare, la voce si può ammutolire, ma il pensiero… non si può spegnere! Se anche tu m’impedissi di parlare, sentiresti ugualmente ciò che penso nella tua testa, non puoi farne a meno! E sai che quello che penso è la verità! Non potrai negarlo per sempre!”;
Pongo una mano sul suo avambraccio e non si accorge nemmeno di essere stato imprigionato, se non quando inizia a volteggiare in aria.
Lascia andare i miei polsi ed io lo guardo fisso negli occhi mentre lui fluttua in alto, consentendomi finalmente di respirare.
Mi alzo in piedi ed ora che non si può muovere mi avvicino alla mezza faccia in bronzo, confrontandomi veramente con quell’occhio così scuro.
“Non importa quello che sono, ma quello che voglio diventare! E poi… credo proprio che Jump City mi ringrazierà se ti uccido!” dico e lo scaravento contro una ruspa.
Prendo il volo per avvicinarmi, atterro di fronte a lui.
Faccio librare in aria i rifiuti più pericolosi.
“Dici che Jump City ti ringrazierà? Questa città non sa nemmeno che esisto! Mentre ha già conosciuto te! Colei che per salvare un solo uomo, ha spazzato via una quarantina di cittadini, trasformandosi in un volatile gigantesco e spiccando il volo nel centro della città! È vero, un gesto nobile il tuo, hai salvato una vita, ma a quale prezzo? 34 feriti tra coloro che non erano stati coinvolti dai tre malviventi! L’opinione pubblica si divide! Nemmeno io avrei saputo fare di meglio!”;
gli lancio contro tutto quanto ho trovato, urlandogli addosso uno sfogo, ma di nuovo non lo colpisco e provoco altri crolli.
“34 feriti per una sola vita! E non sei nemmeno riuscita a salvarlo! Se la sua armatura di metallo fosse stata meno resistente sarebbe morto sul colpo! Non sei stata tu a salvarlo, si è salvato da solo, quando ha deciso di rinforzare la sua corazza con un doppio strato di titanio!”
Rimango a bocca aperta, il colpo al cuore mi toglie il fiato, rimango immobile.
“Per proteggerli te ne sei dovuta andare!” continua, avvicinandosi, cerco di convincermi che quello che dice siano tutte fandonie.
Sollevo entrambe le mani in aria e sferro un’ondata di potere che scatena un terremoto sotto di lui, la terra si crepa.
“Sei così pericolosa che hai dovuto maledire la terra in cui vivi per tenere la gente al sicuro da te…”
“BASTA!” bercio e la mia rabbia comincia a ridisegnarmi il viso;
“…e non tu da loro!”
Altri due occhi rossi si presentano sulla mia fronte.
Mi elevo in volo, stendo il braccio verso l’alto e apro bene la mano, dischiudo le dita.
Dal mio palmo emergono neri fulmini ed un richiamo si ode lontano.
I miei capelli viola cominciano a volteggiare sotto il cappuccio.
Stormi di corvi s’avvicinano nella nebbia, gracchiano all’unisono e Slade richiama a se un piccolo esercito di robot per difendersi.
I corvi mi volano attorno, disegnando un turbine oscuro entro cui mi sento nel mio elemento.. il buio.
Abbasso la mano e questi si spostano imitando il mio movimento.
Spingo il palmo in avanti e lo stormo vola contro gli uomini di metallo come le mie dita gli impongono.
L’esigua squadriglia non può nulla contro i miei volatili.
Mentre il combattimento è cominciato io divarico le braccia e dei lumi scuri nascono dalle mie mani.
“Ascendite ab inferum, animae, et me servite!” declamo la formula ad alta voce e nessuno degli avversari può avere idea di cosa li aspetti nell’aldilà.
I corvi non fanno che schivare i robot che già si stavano impegnando per colpirli.
Tuttavia questo attacco era solo per distrarli e funziona, si rendono conto di ciò che ho fatto, solo quando la terra sotto di loro comincia a creparsi in diversi punti.
Da quegli spazi emergono creature oscure, bucano il terreno con le grinfie e si appigliano a qualsiasi cosa per riuscire a tirarsi fuori dal baratro da cui li ho richiamati.
Quando riescono ad arrampicarsi, palesano la loro bruttezza, ciascun dannato ha un volto nero irriconoscibile, identico per tutti i mostri, con due file di occhi rossi e denti aguzzi, completamente asserviti a me.
Cercano in tutti i modi di portarsi sotto terra gli avversari, dagli stessi buchi da cui sono venuti.
Uno dei robot per liberarsi di uno dei demoni inciampa e cade in una delle fenditure, provocando una voragine più larga entro cui vengono gettati anche gli altri, uno alla volta, finché non rimane nemmeno uno.
Lo spettacolo è terrificante, persino delle semplici macchine senz’anima come quei robot parevano temere, ma non lui, non quell’uomo che attende a braccia incrociate sul petto, che mi fissa con quell’occhio nero severo e crudele, e con in mente un orrendo proposito.
A lavoro finito schiocco le dita e i demoni si sciolgono, penetrando nuovamente nel terreno sottostante, intanto i corvi si dileguano nella vastità del cielo grigio.
Slade è davanti a me.. faccia a faccia
Assolutamente immobile.
“Perfetto!” afferma;
“Ora a noi due!” esclamano due voci dalla mia bocca.
Mi tuffo in avanti e mi sciolgo in un turbine nebbioso che in un secondo riplasma la mia persona a due centimetri da lui.
Gli sferro un pugno in faccia che lo scaraventa lontano, incavandolo in un’ennesima montagna di rifiuti montagna di rifiuti che gli crolla addosso.
“mi credevi un’ingenua?!” dico spostando lai lati a roba che ha addosso; “pensavi che fosse così facile ingannarmi?!” chiedo e sposto gli ultimi oggetti rotti ed eccolo che cade faccia a terra.
“Pensavi davvero che ti avrei creduto?!” chiedo e gli giungo davanti, esso solleva il volto e nota i miei piedi di fronte a sé , alza lo sguardo fino ad incontrare il mio.
“Pensavi che mi sarei unita alla feccia se mi avessi fatta sentire come tale?!”;
Lo prendo per il collo con la forza del mio potere e lo faccio volteggiare.
“Spiacente! Io non sono come te! Non starò mai dalla tua parte! Non ti permetterò di sfruttarmi per fare del male!”
“Guarda cos’hai fatto!” mi dice ed io mi rendo conto solo ora di aver perso il controllo, comincio a tremare nel tentativo di riacquisirlo; “Questo è ciò che sei! Non lo puoi cambiare! Puoi solo accettarlo e sfruttarlo a tuo favore e io.. io posso aiutarti a farlo!”;
“io non ho bisogno di te!” affermo e stringo ancora;
la mia voce è tornata normale, dicendo quella frase.
“tu credi di possedere questi poteri, ma in realtà di sbagli, sono loro a possedere te!”;
“No!” lo sbatto con la schiena a terra e lo tengo fermo con i poteri;
“Guardati intorno! Guarda come hai ridotto questo posto!” mi suggerisce ed io so che sta solo cercando di circuirmi, ma consapevole che non ero in me lo assecondo e mi guardo a torno.
La devastazione regna sovrana, ho distrutto tutto, anche se erano cose in disuso che andranno presto smaltite, non posso fare a meno di pensare se invece che montagne di spazzatura ci fossero stati dei palazzi della città e se ci fossero state delle persone, e se avessero visto i demoni, avrebbero avuto paura di me o avrei potuto far loro del male.
“Questa è la realtà, Raven! Osservala attentamente! Questo è ciò di cui i mostri sono capaci! Chi è in grado di fare tutto ciò, viene etichettato come un malvagio, non un eroe!”;
“e dovrei convincermi a farlo solo perché sono in grado?!”
“tu credi di controllare ciò che sei, ma poi, bastano poche provocazioni e non riconosci più l’amico dal nemico! Rassegnati, questo non è umano e gli umani lo disprezzeranno!”
a queste ultime parole io lo guardo fisso negli occhi.
Ha ragione!
“sei troppo diversa da loro! Non capiscono che il diverso non è da disprezzarsi! Che è speciale! Vale davvero la pena di soffrire per qualcuno che ti odierà comunque!? Vieni con me!”;
Lui ha ragione, io sono questo… e non c’è antidoto che possa cambiarmi!
Lo guardo mentre la pioggia comincia a cadere.
“Non dovrei più controllarmi!” realizzo;
“esatto!”;
“non avrei più bisogno di nascondermi!”;
“certo!”;
“e…potrei essere libera!”;
“si!”;
“niente limitazioni! Niente regole! Niente pensieri! Niente di niente!”;
“potrai fare tutto ciò che vuoi!”
rimango in silenzio e lo libero.
Chiudo gli occhi ed immagino tutto ciò.
… sarebbe magnifico!
Sorrido leggermente sotto le gocce di pioggia fresca, immagino un mio sorriso ampio e sinceramente felice.
Lui si alza in piedi e si spolvera la veste.
Si avvicina e mi carezza una guancia.
Apro lentamente gli occhi, trovandomi di fronte al suo, troppo vicino, mi fa sentire risucchiata in un abisso menzognero e così piacevole, riflesso nello specchio della sua anima.
“Allora, che cosa rispondi, corvo nero?” domanda mentre mi sposta una ciocca di capelli violacei dietro l’orecchio.
Apro gli occhi.
Mi volto verso di lui..
lo agguanto per la veste scura all’altezza del collo..
 lo costringo ad abbassarsi alla mia statura..
“…..Va all’inferno!” sussurro al suo orecchio.
Lo spingo via, e faccio pochi passi indietro con aria di sfida e infine mi volto, prendo a camminare in direzione opposta, lasciandolo lì.
“Lo prendo come un no!” sento che confabula;
Ripenso a quello che mi ha detto lungo il tragitto e spero con tutto il cuore di non essermi sbagliata, mi ripeto che un errore simile non si ripeterà.
Nell’avanzare con calma calpesto qualcosa che emette un rumore come di foglie secche schiacciate.
Quando guardo a terra per accertarmene mi rendo conto che ho posato il piede sulla prima pagina di un giornale, tutto spiegazzato, lambito dal vento.
Mi soffermo inevitabilmente sul titolo a caratteri cubitali, occupa un quarto della pagina.
Arreca scritto: ‘SCONOSCIUTA CON POTERI PARANORMALI ARRIVA IN CITTÀ’ Sospetto immediatamente che si parli di me, allora sono portata a leggere il sottotitolo, scritto più piccolo.
‘Buona maga o cattiva strega, l’opinione pubblica si divide:”
Mi accuccio e prendo il giornale tra le mani per leggere il seguito.
Sibilo le parole che leggo veloci fino al punto che m’interessa e rimango stupita e impietrita allo stesso tempo.
‘salva 25 bambini, più di 250 passeggeri su un treno, ma provoca 34 feriti trasformandosi in un enorme bestia alata. Robin, il protettore di Jump City ed ex apprendista di Batman, informa le autorità che la ragazza non è una minaccia. I familiari dei feriti insorgono..’.
M’inginocchio a terra mentre leggo, desiderando di scomparire lentamente.
Do uno sguardo ad una foto di me, mi ritrae fino alla cinta, leggermente piegata in avanti, pronta per prendere il volo, espressione impassibile e seria come sempre, irriconoscibile, con una lente degli occhiali crepata, capelli sconvolti, vesti stracciate e lividi su tutto il corpo.
Di fianco, una foto più grande, ritrae il treno caduto, immortalato da un lato, e un corvo enorme ad ali a mezz’asta che lo solleva.
In seguito leggo l’esito di quattro interviste in cui due persone mi descrivono con buone parole, mentre altre due sono adirate.
‘Se costei vuole aiutare Jump City, deve andarsene!’
Poggio il giornale a terra lo tengo fermo con le mani, perché il vento non me lo porti via.
“allora è vero!”
ho gli occhi lucidi, non riesco a trattenere alcune lacrime.
Lacrime nere…
Scendono timidamente lungo le mie guance..
Mi bruciano la pelle, da cui si elevano fievoli miasmi odorosi di carne cotta.
Sopporto il bruciore dei rivoli di pece mentre secano in verticale il viso.
Si staccano dal mio mento e precipitano sul giornale, questo ne rimane bucato nei punti in cui è stato macchiato.
Le emozioni inacidiscono le mie lacrime, purtroppo non ho altro modo per far uscire il mio potere senza portare sconvolgimento e danni se non quello di piangerlo.
Più io piango la mia natura più essa avvelena le mie lacrime…
Cerco di contenermi più che posso, mi asciugo il viso con le maniche, che ne risentono in misura minore.
Immediatamente i solchi rossastri scavati sulle mie gote si rimpolpano autonomamente.
Mi tolgo gli occhiali, ormai non ha più senso nascondersi, è più dignitoso, per me, mostrarmi e scusarmi per quello che ho fatto per poi andarmene via e finire i miei giorni in solitudine finché l’ora non arriverà.
Del resto io sono solo un portale.
Quella donna si sbagliava, non conta chi vuoi diventare.
Una persona mutila di un arto, non lo può recuperare…
Un mostro non diventa mai un eroe…
La magia nera non diventa magia bianca…
Sento Slade avvicinarsi alle mie spalle, so cosa vuole fare, ma non voglio impedirglielo, in fondo lo merito.
Spero mi faccia molto male.
Lo merito davvero! Anzi è una punizione fin troppo leggera!
Ricevo una botta secca alla nuca e mi accascio a terra…
gli occhi mi ruotano all’indietro ogni volta che sbatto le palpebre….
non riesco a stare sveglia…
e tutto è terribilmente sfuocato…
la testa mi gira…

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Capitolo 13
*** rapimento ***


Mi sveglio, ma fatico ad aprire gli occhi..
Mi sento debole...  ho le palpebre pesanti..
E che dolore alla testa!
Mi domando dove mi trovi, ma immediatamente i ricordi riaffiorano veloci, uno di seguito all’altro.
Sento il pavimento freddo sulla guancia, sono sdraiata a terra.
Accenno qualche movimento cauto e solo dopo mi porto una mano al viso per stropicciarmi gli occhi e massaggiarmi la testa dolorante.
Apro gli occhi, ma attorno a me è il buio più totale ed un silenzio sospetto.
Un attimo dopo mi accorgo di un rumore come di catene, proviene dai miei polsi, mi accorgo soltanto adesso di avere delle manette.
Con una mano tocco il catenaccio grossolano attaccato al mio polso e mi accorgo con stupore che le due manette non sono ancorate tra di loro, bensì libere.
La cosa m’insospettisce immediatamente!
Perché incatenarmi se le manette non sono legate a niente?!
C’è qualcosa di strano! Conviene chiamare rinforzi!
I primi a cui penso sono i miei amici, i titani, ma non posso far loro combattere una battaglia mia… non questa!
Quello sarà il messaggero di mio padre.. devo occuparmene io! La responsabilità è mia!
Decido allora di chiamare una delle mie sentinelle, le altre quattro basteranno a difendere il terreno maledetto.
Disegno una stella a cinque punte sul palmo della mia mano con un dito, senza usare la magia, e soffio sopra la quinta punta.
Il quinto bambolotto inghirlandato che avevo costruito per l’incantesimo della cascata maledetta si anima e una volta staccatosi dal paletto ficcato a terra che lo reggeva, questo cresce in grandezza, divenendo il mio guardiano.
Il suo risveglio è accompagnato da un ruggito di battaglia..
Ci metterà un po’! Il bosco è lontano da qui e non sarà facile ad un fantoccio fatto di ossa, alto tre metri passare inosservato come esigo!
Converrà aspettare e vedere cosa succede!
Poggio le mani a terra e mi alzo lentamente, mi rendo conto di avere ancora il cappuccio sulla testa, ma sono confusa.
Slado voleva conoscere la mia identità, come tutti, ora sono legata e poco fa ero priva di sensi… perché non mi ha smascherata?
Cos’ha in mente?
D’improvviso sento un qualcosa stringermi la gola.
Immediatamente porto una mano al collo e sento un collare rigido in metallo attorno ad esso.
Toccandola sento un’ennesima catena attaccata, la prendo per la sua lunghezza e mi accorgo di averci messo per sbaglio l’altra mano sopra con tutto il mio peso.
Scopro che anche questa catena è talmente lunga che pare non abbia alcunché all’altro capo.
Mi metto in ginocchio e inavvertitamente con il capo interferisco nella traiettoria di un raggio laser rosso.
Me ne accorgo quando una sirena suona due volte.
Parrebbe quella che avverte di un bombardamento aereo.
Dei brividi mi pervadono…
Sembra annunciare la notte del giudizio!
Uno schermo si accende alle mie spalle, mentre l’ultima sirena si arresta.
Mi volto tenendo il cappuccio basso sul viso con due dita.
Slade…
Il suo volto è ingigantito dallo schermo, il suo occhio si sposta su di me.
“Ben svegliata, cara Raven! Ho ritenuto opportuno continuare la nostra conversazione in un luogo più intimo, dove non potremo essere disturbati! Perdonami per la botta in testa, spero che questo non leda la nostra amicizia!”;
“gli amici incatenano altri amici?” chiedo cinica;
“beh! Considerata la tua attitudine a far rischiare la vita a tutti i tuoi amici, sono sicuro che puoi capirmi!”;
“Senti, se devi uccidermi datti una mossa, Slade!” affermo;
“oh no! Non voglio ucciderti! Voglio che tu faccia quello che ti ordino!”;
“credevo di essere stata sufficientemente chiara!”;
“credo di poterti convincere!”;
Un rumore, come l’avvio di più macchinari, mi rimbomba nelle orecchie, da entrambi i lati, la cosa non mi spaventa, almeno in superficie, o almeno, così credo.
Improvvisamente odo il rumore delle catene e capisco che è un riavvolgitore.
Non ho la forza per oppormi…
Le catene cominciano a sollevarsi, mi sollevano per le braccia.
Le catene si fermano quando ormai sono in piedi e i macchinari arrestano il fastidioso fragore.
Rimango a testa bassa, cercando di acquistare equilibrio, reggendomi ai catenacci.
Dopo qualche attimo ferma a guardare il buio assoluto, ancora nessun ombra di lui.
Prendo un respiro di sollievo.
Una luce accecante mi fa sobbalzare e dietro ad essa tutte le altre, mettono in luce quello che parrebbe un piccolo magazzino.
Improvvisamente avverto una presa crudele alla nuca, mi tira indietro il cappuccio di malo modo, il lume mi brucia gli occhi e sono costretta a chiuderli.
Abbasso la testa, ma subito una mano mi afferra per i capelli a lato della testa e mi costringe a sollevare il viso.
Lentamente apro gli occhi, rivolgendoli a Slade che ne rimane colpito.
“Quale sublime bellezza emani!” afferma mentre si allontana con la catena collegata al mio collo tra le mani.
Se la lascia scorrere tra le dita mentre indietreggia.
Senza smettere un attimo di fissarmi.
Raggiunge un altro riavvolgitore posto a terra proprio di fronte a me e, a mano, accorcia la catena fino a quando non è ben tirata.
Lo guardo impassibile, mentre lui viene verso di me.
“Capelli violacei, viso candido e dolce, labbra carnose dalle tonalità della pervinca, una gemma rosso fuoco sulla fronte e due grandi occhi color ametista! Bella come un angelo e letale come un demone!”;
“Soddisfatto?”;
“alquanto, piccola Raven!”;
Si allontana e prende un congegno, una sorta di casco.
Torna vicino a me.
“Dunque dov’eravamo rimasti? Ah, si! Stavo per farti vedere i tuoi amici!”;
uno schermo alle sue spalle si avvia e mostra Robin, un altro di fianco a questo mostra Cyborg, e un altro ancora al lato opposto mostra BB.
Sono per la città, stanno mangiando la pizza tutti insieme, non sembrano incombere pericoli su di loro.
“LASCIALI IN PACE SLADE! È UNA COSA TRA TE E ME!” ringhio intuendo vagamente le sue intenzioni e mi dimeno;
“mi dispiace cara strega, ma vedi mi hai costretto tu a farlo! Sei stata unicamente tu a coinvolgerli! Di nuovo non ti smentisci! Raven, li hai messi nei guai! Ma adesso sta a te!” dice e si avvicina ancora, porgendomi il casco; “Farai di nuovo del male a degli innocenti? A dei tuoi amici? Oppure ti unirai a me? Scegli!”;
sgrano gli occhi alla sua proposta, comincio a tremare e trattengo il respiro, ma subito mi devo ricomporre.
Guardo lui, poi il casco e poi i miei amici…
“Tic Tac, Tic Tac! Raven!”;
sbianco in volto non appena sento ripetermi quelle parole e un marchio di scat appare momentaneamente stampato sulla sua fronte.
Gli sputo in faccia, senza riuscire a prendere il suo occhio per un pelo.
“NON OBBEDIRÒ MAI AD UN SERVO DEI DEMONI!”;
Slade si ritrae disorientato, è allora che do un calcio al casco e questo vola in aria.
Mi reggo alle catene, balzo e con entrambi i piedi calcio il petto del mio futuro messaggero, il quale viene scaraventato contro il riavvolgitore di fronte a me.
Il casco gli cade dalle mani, davanti ai miei piedi…
“NO!” urla Slade e lo schiaccio sotto un piede finché non si spacca.
Slade sposta lo sguardo dal casco a me, mi sembra di leggere l’odio proiettatomi addosso, ma al contempo una strana quiete, da quell’unico occhio nero.
“Bene! Allora sappi che sei unicamente tu la causa di quanto sta per accadere!” mi avverte in tutta calma ed estrae un telecomando;
“perché vuoi a tutti i costi che io acconsenta se tanto intendi costringermi?!”;
“sai Raven: la maggior parte dei, così detti, civili, sono solo dei perbenisti, falsi e ipocriti! Sostengono che farebbero di tutto per chi amano! Chi è così è un buono, si direbbe! Ma la verità è un’altra! Solo spingendo una persona tra le braccia del panico puoi capire chi sia! E ti assicuro…che una volta nel baratro della paura, chi hai davanti non è lo stesso di prima!..... Ho visto persone abbandonare tutto! Persino chi dicevano di amare alla follia!” dice e si graffia la maschera in bronzo, lasciandomi intendere che forse l’ha sperimentato sulla sua pelle e quella maschera nonché la sua folle malvagità ne è il traumatico risultato; “la paura svela le persone! Non sai mai chi ti troverai davanti! Io mi limito a creare quelle situazioni per smascherare la gente! Sarai la mia apprendista in qualsiasi caso, ma prima… voglio sapere chi sei veramente! E per te ho preparato una paura speciale: quella di scegliere!” risponde e preme un pulsante sul telecomando.
“Da chi cominciamo?!” si domanda; “ah! Dal robot che è andato in bagno adesso!”;
Vedo Cyborg andare nel bagno degli uomini e dirigersi verso una delle toiellettes libere, ma passando davanti allo specchio si blocca, nota qualcosa.
Si avvicina ed io stringo le catene, scuotendo il capo.
Sperando che non avvenga nulla.
Si guarda allo specchio e si mette di profilo coprendo dalla sua visuale, la parte robotica.
Ammira i suoi lineamenti con un sorriso soddisfatto, ma poi, quando si specchia frontalmente il suo sorriso svanisce, sostituito da malinconia dei bei tempi andati.
Però subito ritorna tutto d’un pezzo.
Ora sembra esserci qualcosa nello specchio ad incuriosirlo, poggia le mani sul marmo del lavandino e si sporge per vederlo.
D’un tratto lo specchio si spacca e ne fuoriesce uno dei robot di slade, questo lo colpisce facendogli sfondare la porta in legno di un bagno, per fortuna vuoto.
I due prendono a combattere.
Cyborg sembra quasi esserne entusiasta.
“Slade! Adesso mi sono stancata dei tuoi giochetti! Vuoi la guerra?! E guerra sia!”
sciolgo qualche limitazione a rabbia e i miei poteri emergono dalle mie mani.
Nel momento stesso in cui cerco di sferrare un attacco però qualcosa non va…
Mi sento afferrare i piedi, strillo, ma quando mi guardo non c’è nessuno a tirarli…
Tento ancora di usare i poteri per difendermi.
“TU SEI UNA DISGRAZIA!” mi urla qualcuno, è la voce di mia madre…
“Mamma?” la chiamo, ma non la vedo da nessuna parte…
Cerco di individuarla pronunciando un incantesimo.
“ego te vid- AAAAAAAAAAAHHH!” strepito;
Un bruciore insopportabile mi sorprende all’improvviso alla schiena, come se mi stessero marchiando a fuoco tutta la schiena.
Piango dal male inumano.
Mi sforzo di reagire e cerco di creare uno scudo protettivo…
Subito un’altra voce mi distrae.
“È inutile che ti affanni!” è la voce di Slade proviene dalla sua sagoma girata di schiena che si gode lo spettacolo sullo schermo mentre io ansimo per riprendermi.
E malgrado voglia scoraggiarmi io cerco di attaccarlo…
Lui si volta di scatto e invece della mezza faccia in bronzo vedo il volto di mio padre montato sulla sua divisa scura.
“TU! CHE COSA CI FAI QUI?! LASCIAMI IN PACE! IL TEMPO NON È ANCORA VENUTO! DEVI ANDARTENE! VATTENE! VATTENE VIA!” urlo;
“pensavi davvero che ti avrei permesso di usare i tuoi poteri sapendo quanto possano essere pericolosi, cara Raven?” mi chiede la voce di Slade dalla bocca di mio padre;
“non è reale!”;
“esatto mia cara!” esclama la voce di Slade, ma questa volta è un lucertolone alieno come quelli che mi attaccarono una sera con Beast Boy.
“CHE COSA MI HAI FATTO?!”;
“una cosetta per tenerti buona! Se tu cerchi di usare i tuoi poteri, intervengono.. come dire… delle distrazioni, a farti perdere il controllo! Più energia rilasci più il loro effetto è devastante per i tuoi nervi!”;
“f- falle smettere!” lo imploro, ma la mia paura adesso sprigiona potere, non riesco a controllarla.
Mi formicolano le mani…
Vedo rabbia davanti a me, ride con la voce di mio padre…
“Non è reale! Non è reale!..” continuo a ripeterlo, ma non sento le mie stesse parole, sento dei bambini ridere, anzi deridere, me.
Lungo le catene che mi tengono vedo dei ragni scendere in gruppo e raggiungermi, mi camminano ovunque, ma non sento le loro zampette puntellarmi il corpo.
Avverto piuttosto un improvviso.. devastante.. dolore atroce al cuore…
Come un infarto…
Crollo a penzoloni sfinita…

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Capitolo 14
*** la resa ***


“Svegliati….svegliati…svegliati!”
sento una voce fievole chiamarmi, pare lontana e sussurrante.
Mi viene rovesciata dell’acqua in faccia, per qualche minuto ho difficoltà a capire se sia reale.
Poi coordino udito, tatto e vista… tutte combaciano… è acqua vera… le allucinazioni sono finite.
Tossisco ripetutamente.
“Svegliati!” mi ordina ora quella voce profonda, è Slade;
Rinvengo, ancora agitata, sto tremando come una foglia… ho la nausea, le vertigini, sento freddo, mi pulsano le tempie, mi sento assolutamente priva di forza, ma subito, impiego tutto il mio autocontrollo per non provare emozioni.
Uso le catene per rimettermi in piedi, ma con grosse difficoltà date dai tremori e dalla sensazione di vertigine, come fossi in piedi sul vertice di un grattacielo.
“Che cosa…che cos’erano?” sbiascico;
“allucinazioni! Nulla di tutto quanto hai percepito era reale! Vedi ho impiantato un chip nella tua testa, proprio all’attaccatura del midollo osseo! Funziona con il tuo potere! Quando rileva indici superiori ad un determinato limite intacca la tua sfera sensoriale! Genera stimoli tattili, visivi e uditivi irreali! Senza controllo, non puoi gestire i tuoi poteri e io posso usufruirne!”;
“che vuoi dire?”;
“guarda tu stessa!”;
M’indica lo schermo e vedo Cyborg sdraiato a terra, di fronte a lui un robot con dei dardi oscuri alle mani…
“stai usando i miei poteri”;
“…quasi! Quella che ti ho messo è anche una trasmittente, assorbe il tuo potere quando rimane nella norma, ossia quando non ne rileva un quantitativo utile ad attaccarmi o a generare incantesimi. È direttamente collegata alle mie macchine! Sei tu a renderle imbattibili se usi i tuoi poteri! Dunque sei ancora una volta tu che ferisci i tuoi amici! non io!”;
“..bastardo!”;
“Da ciò intuirai…”;
“che mi torturerai fino a farmi usare i poteri per ucciderli e per portare me alla pazzia così da farmi accettare di divenire un automa al tuo servizio! Sei spregevole”;
“arguta!... Sai quello che voglio! Puoi cambiare la tua decisione in qualsiasi momento! Non rinuncerò a te tanto facilmente!”;
Cerco di raggiungere il collo con la mano, ma le catene sono spesse e quella al collo mi tiene bloccata, non ci arrivo.
“Allora?”;
rimango in silenzio
“come vuoi!” e schiaccia un altro bottone.
Sta volta è BB.
Dove diavolo si è cacciata la mia quinta punta?
Mi chiedo dove possa essere, anche per distrarmi dal mio compagno messo schiena al muro.
Dovrebbe essere qui a momenti!
Lui sarà solo un diversivo! Devo riuscire a prendere il regalo di Cyborg e inviare l’allarme a tutti e tre, così forse riconosceranno i miei poteri e capiranno che mi stanno costringendo a usarli contro di loro.
 
D’improvviso la terra comincia a tremare.
Slade se ne allarma.
“ma..che succede?”;
“ho chiamato qualche amichetto, ti dispiace?!” chiedo e attendiamo;
D’improvviso un essere imponente, uno scheletro con quattro occhi rossi in volto e una dentatura appuntita sfonda un muro con una spallata, ruggendo come un animale.
Porta indosso delle collane con simboli satanici che ricorrono sui bracciali, sulla cinta e sulle cavigliere. Ha inoltre una scheggia di cristallo rossa, più piccola della mia, incastonata in fronte, simbolo della sua sottomissione a me, il suo agire sono io.
Slado si prepara a combattere ma il mostro con una manata lo fa sbattere contro la macchina che mantiene tesa la catena alla mia sinistra.
Rimane tramortito.
Io resto abbandonata alle catene, l’unica cosa che mi regge in piedi in questo momento, con la testa in avanti, esausta.
Il mio mostro s’inchina al mio cospetto e con una mano mi solleva il volto.
Io lo guardo e apro gli occhi a fatica.
“Datemi un ordine!” mi dice la sua voce;
Io sollevo il volto dal suo aiuto, lo guardo fisso negli occhi, mentre l’odio che non posso manifestare, ora men che mai, lumina per un solo secondo nelle mie iridi.
“Finiscilo!”
slade che nel frattempo si è alzato, schiva i colpi e comincia a difendersi.
È agile!
Quasi subito irrompono Megablock e Plasmus, sfondano la parete da un altro punto e si lanciano contro la mia creatura.
Io nel frattempo cerco di far uscire dalla tasca della mia felpa il regalo di Cyborg, la mia unica speranza.
Sto ballando in maniera ridicola per farlo uscire, ma non c’è niente da fare.
Ci provo e ci riprovo..  il tempo non è dalla mia parte, la mia creatura è in difficoltà.
Osservo lo schermo, mostra Beast boy che combatte contro un robot, ancora privo dei poteri che gli verrebbero forniti da me.
È in netto vantaggio… ma se dovessi trasferire al robot il mio potenziale, la situazione verrebbe ribaltata.
Abbasso lo sguardo… sto tremando!
È l’unico modo!
Devo usare i poteri!
BB sii forte!
Ti prego, non perdere!
Chiudo gli occhi e faccio partire una lieve scossa dal mio cristallo.
“AAAAAH!”;
patisco un dolore lancinante come se mi avessero spaccato il femore con una spranga di ferro.
Sbaglio il colpo.
Mi rimetto in piedi…
Assorbo le lacrime per non disperdere potere.
Devo soffrire ancora un po’.
Ci riprovo.
Il mio cristallo s’illumina.
Le visioni cominciano, chiudo gli occhi.
Odo suoni differenti mescolarsi nelle mie orecchie, e degli spilli conficcarmisi in tutto il corpo…
“trova il tuo centro!” mi ripeto in uno sforzo.
Sento tocchi, graffi, ferite… mi isolo.
Prendo a levitare a gambe incrociate… faccio ciò che so fare meglio… medito!
Le distrazioni ammontano, ma io ho già lasciato questo universo.
Incanalo il potere…
La scossa colpisce precisamente il mio fianco.
Dalla tasca cade il marchingegno.
Apro gli occhi e ci metto sopra il piede.
Esattamente solo ora mi accorgo che Slade ha visto tutto e ha schiacciato anche l’ultimo bottone.
Robin e BB stanno fronteggiando due robot con il triplo dei poteri di quello che aveva Cyborg.
“No!” esclamo con le ultime forze rimastemi, incapace di ritrovare quel baricentro e quell’armonia d’animo un’altra volta.
Schiaccio un pulsante col piede e il cercapersone si apre.
Sto per chiamare..
“Che cosa pensi di fare Raven?” mi chiede Slade; “Anche se li chiamassi, non verrebbero, stanno combattendo contro dei nemici imbattibili, nemici che hai creato proprio tu!”;
“non voglio che vengano! Voglio che sappiano che non ho mai voluto dare i miei poteri per fare loro del male! Voglio che sappiano che è tutta colpa tua!”
Premo il pulsante rosso con il pollice del piede e il coperchio lampeggia insistentemente.
Mi abbandono senza forze, giacché l’ultima cosa che potessi fare l’ho fatta.
La mia creatura muore con un sorriso in volto perché è morta per difendermi…come promesso ho liberato la sua anima..
Mi lascio appesa per le braccia, con la testa a peso morto all’indietro e la luce accecante puntatami sulle palpebre.
Silenzio… quiete…
Posso anche morire qui…
 
 
 
“Raven!” mi chiama una voce, non è Slade, è una voce gentile, che ripete il mio nome, la sento vagamente.
Pian piano si fa più vivida nella mia mente.
Apro gli occhi e fisso la luce, ormai non mi brucia più le orbite.
“Raven!” mi chiama ancora…è Robin.
“Robin…sei vivo!” comunico con lui telepaticamente e con gioia tale da piangere mentre sorrido gli dico che sono felice che ce l’abbia fatta.
Avverto altre voci più fioche, che chiamano il mio nome.
“Robin! Gli altri…dimmi la verità!”;
“Gli altri sono qui, Raven! Ti stanno chiamando! Li senti?”;
“RAVEN!” urla Cyborg con le lacrime agli occhi; “CHE LE AVETE FATTO?!” bercia mentre carica di pugni un robot ormai in pezzi, sotto di lui, arrabbiato, sconsolato.
“Sono qui Cy!” gli dico e immediatamente solleva la testa, sgrana gli occhi scuri e lucidi, rimane a bocca aperta;
“allora stai bene!”;
“RAEEEE! RAEEE! RISPONDI TI PREGO!”;
“BB non urlare! Ti sento forte e chiaro!”;
“che bello sentire la tua voce!”;
“siamo qui Raven!” mi dice Robin; “ci siamo tutti! E non ce ne andiamo!” continua Cyborg; “non senza di te!” termina BB;
“Veniamo a prenderti!” dicono all’unisono
 
“no…no…scappate via!” sussurro inavvertitamente ad alta voce.
Sollevo la testa, sfinita più che mai.
Loro sono stati il mio baricentro, pensare a loro mi ha fatto trovare le forze per meditare.
Slade, avendomi sentito si volta verso gli schermi, crepati per via dello scontro nel magazino.
Tutti loro sono sopravvissuti… ne rimane impressionato…
Immediatamente si ricompone.
“Avremo ospiti! Accogliamoli come si deve!” afferma, richiama Plasmus e Megablock con un cenno, cui si aggiungono Mammoth, Jizmo e quella smorfiosa di Jinx.
“Chi si rivede!” mi dice e ridacchia;
“Vipera in rosa! Quanto tempo?! Nessuno ti ha usato come scopino del water in prigione?!” le chiedo;
“Tu brutta…” viene trattenuta da Mammoth ed io sorrido con irriverenza e derisione.
“Avremo visite! Pensateci voi!” ordina Slade;
“È inutile che temporeggi, prima o poi succederà!” dice mentre mi si avvicina; “che stai facendo con le dita?” chiede poi, notando che sto disegnandomi i palmi con i pollici.
Soffio prima su una e poi sull’altra.
“Te ne accorgerai!” gli dico, avendo richiamato altre quattro sentinelle; “sarà un combattimento tra pari.. Slade!” gli dico con un sorrisetto acuminato e sadico.
Slade viene verso di me di buon passo, ma adesso non può farmi paura in nessun modo.
Lo attendo con la testa accasciata al braccio e un sorrisetto presuntuoso.
“Sarà un gran piacere accoglierli alla mia maniera! Ma prima.. permettimi di passare ancora un po’ di tempo insieme a te!” esclama malignamente;
Calpesta il localizzatore, spaccandolo il segnale viene interrotto.
“Carogna!” lo insulto;
“ho bisogno di uomini per fronteggiare la situazione! E tu mi aiuterai ad ottenerli!”;
So cosa intende e non riuscirò a reprimere le mie emozioni se mi sottoporrà di nuovo ad un trattamento come quello.
Una soluzione ci sarebbe…
La medito meticolosamente mentre Slade abbatte in avanti uno degli schermi che ora proiettano solo interferenze, questo va in corto e prende fuoco.
Dietro ad esso si trova un garage, Slade inserisce un codice a 5 cifre per aprirlo e lentamente la porta si solleva rumorosamente man mano che una parata di robot ne fuoriesce.
Saranno all’incirca duecento.
Sulla fronte di ognuno s’illumina il ricettore collegato al mio collo.
Decido di tentare un’ultima possibilità, ma riuscirò a controllarlo per poco tempo.
“Cominciamo!” esclama Slade e indossa un paio di guanti di ferro con cui intende stimolare rabbia… è perfetto!
 
La tortura comincia, ricevo botte fino a sputare sangue, ma le mie ferite si rimarginano con ira del mio avversario, non mia.
“Inetto!”;
slade indietreggia alla mia affermazione, alzo la testa, lo guardo con uno zigomo nero e del sangue che esce dal labbro.
“Mi hai pedinato per così tanto tempo e ancora non sai cosa m’innervosisce?!”;
“oh no, ti sbagli! Lo so perfettamente!” dice ed io alzo un sopracciglio senza capire
Finché non giunge poi un robot con in mano la mia borsa.
La porge a Slade che la apre e guarda dentro.
“Ottimo lavoro!”;
Estrae il libro di Azarath…
“No!”;
immediatamente la rabbia sale, si triplica quando lui lo apre e comincia a leggerne la prima frase d’introduzione.
L’ira permuta il mio volto, comincio a sprigionare il mio potere e i primi due robot ne risultano ricaricati.
“Nessuno tocca il libro!” ringhio e i robot raggiungono il massimo della loro forza.
Avverto una presenza oscura accompagnare la corvina emozione più pericolosa in assoluto.
Prosciolgo 3 delle limitazioni che trattengono quello spirito demoniaco.
Crollo a peso morto, frattanto che le mie vene mutano di colore, pervase da un veleno mortifero.
I miei capelli s’allungano…
La pepita rubiconda in mezzo alla fronte brilla…
Qualcosa sta cambiando…
Sollevo il capo e mostro un ghigno sinistro e quattro occhi rossi, ma questa volta non sono i miei.
Trigon… è dentro di me…
Mi fa stringere i pugni ed emettere una quantità di potere tale che la prima fila di robot esplode, mentre gli altri si accaniscono tra di loro.
Si distruggono a vicenda
“Cosa? Tu! Cos’hai fatto?” Slade è impietrito;
“taci! Schifoso umano! Non hai diritto di parola in mia presenza, non sei degno di parlarmi con quell’insolenza!” parla la voce di mio padre dalla mia bocca.
Con gli occhi emetto un raggio inceneritore inseguo Slade con lo sguardo, lui scappa via, schiva abilmente.
Con il semplice gesto di una mano riesce a bloccarlo e a farlo volteggiare vicino a me. Usa i miei occhi per preparare un altro raggio, ma poi si ferma, riconoscendolo.
“Ringrazia la mia nobile razza se sei il prescelto e per questo ti viene risparmiata la vita! Le cose devono andare com’è stato predetto! Tu non puoi opporti, mero scarafaggio! Lascia in pace il cristallo o la pagherai cara!”
Mio padre usa la mia mano per scaraventarlo lontano.
“Ci rivedremo!” afferma Slade e corre via;
“ci vediamo all’inferno!” è la risposta di Trigon
Uso tutta la mia forza per reprimerlo.
“AAAAH!” urla lui, ma progressivamente la sua voce torna ad avere il mio tono;
Le mie vene riprendono il loro colore, man mano che il cristallo risucchia al suo interno lo spirito di Trigon.
Torno me stessa e resto a penzolare…
gli occhi mi si chiudono…
sono sfinita… voglio solo riposare un pochino

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Capitolo 15
*** il viso del demone ***


Avverto delle voci, chiamano il mio nome…
Invenzione o realtà?...
Sono nella mia testa… o stanno arrivando davvero?
Apro gli occhi e mi rendo conto che le voci sono vere, chiamano il mio nome.
Vogliono che dia un segno.
Vorrei urlare aiuto, ma solo degli ansimi sconnessi escono dalla mia bocca.
Sono stati sentiti..
“Raven siamo noi! Continua a farti sentire!” ordina Robin.
Sentire la sua voce è come un’alba…
Una gioia infinita è sentire poi le voci di Cyborg… e in particolare quella di BB…piangerei se ne avessi la forza.
“Sono qui!” riesco a blaterare;
Rimango col capo chino finché un contatto gentile non mi sfiora il capo.
“Raven!” è Cyborg; “oh mio dio, cosa ti hanno fatto?” chiede e trasforma il suo braccio in un cannello; “ragazzi! Venite! Credo di averla trovata!”
Immediatamente fanno capolino altre due persone.
“Cy, sei sicuro che sia lei?” chiede Robin;
“non ha i capelli così lunghi! Che Slade le abbia fatto qualcosa?! Che sia cambiata davvero come ha detto?!” esprime il suo dubbio BB;
“il segnale veniva da qui! E poi non dimentichiamo che Slade è un efferato criminale! Dargli credito è una buffonata! Il mio localizzatore non sbaglia mai le coordinate! Vi dico che è lei!” mi difende Cyborg;
Usa la fiamma ossidrica per sciogliere la prima catena.
Nel frattempo cerco di muovermi, mi reggo alle catene per rimettermi in equilibrio.
Lentamente sollevo il capo e apro gli occhi.
Per la prima volta vedono il mio volto da quando mi conoscono ed è deformato dalle botte, che credo in fondo di essermi meritata per quell’imperdonabile errore, costato ferite, forse gravi, a 34 persone e per aver messo in pericolo la vita dei miei amici.
Tutti e tre mi guardano meravigliati, stupiti dal mio aspetto e soprattutto dal potere rigenerativo in atto che riduce visibilmente ematomi, gonfiori e risucchia il sangue entro la ferita al labbro.
Non appena guarisco del tutto ecco che scorgo una vena di sospetto ed esitazione nei loro occhi.
La prima volta che osservano in viso un metademone, ne paiono abbagliati, invece i loro volti a me paion nuovi, malgrado li conosca bene.
“Raven, sei tu?” chiede Robin, mentre Cy riprende a lavorare sulla catena;
annuisco.
Beast boy è rimasto ancora imbambolato a fissarmi.
“Non ne sono sicuro!” esprime ancora il suo dubbio;
Sposto lo sguardo su di lui e cerco un qualche elemento che possa dargli la certezza, usando i suoi occhi di smeraldo come fonte d’ispirazione.
“Beast boy” chiamo il suo nome;
“si?”;
“sbottonami i pantaloni!” gli ordino e rimangono tutti a bocca aperta e occhi sgranati.
“C-c-cosa?” chiede Cyborg facendomi arrossire ed io metto un’espressione contrariata per il fraintendimento;
“Raven, ehm, ne sei sicura?” domanda Robin;
“si!” rispondo inflessibile;
“Raven non mi avrebbe mai chiesto una cosa simile! E poi non mi chiama mai per nome!”;
stringo i pugni e cerco di controllare l’istinto di dargli una sberla.
“non te lo chiederò una seconda volta, sempreverde! Datti una mossa!” ordino acidamente, frattanto che Cyborg ridacchia sotto i baffi per il titolo che gli ho appioppato.
Io continuo a fissarlo silenziosa e seria.
“Ok! Questo è già più da Raven!” si convince e si avvicina.
Arrossiamo entrambe mentre mi sbottona il jeans a vita alta e la cerniera.
Nel farlo gli leggo in volto un lampo di genio.
“Ho capito!” esclama entusiasta e si apposta alle mie spalle.
Mi abbassa i pantaloni e cerco di ignorare il fatto che Robin mi abbia visto l’intimo e che stia diventando paonazzo dall’imbarazzo.
BB mi mette le mani sui fianchi, in quel momento ho un tremore, il cuore mi batte a mille, ma non m’imbarazza per nulla se a toccarmi è lui.
Solleva la maglietta scoprendomi i lombi fino ad intravvedere un grosso corvo nero tatuato sulla bassa schiena.
“Rae! Sei tu!” esclama BB con entusiasmo e mi abbraccia da dietro felice come un bambino a Natale.
Finalmente Cy riesce a staccare la prima catena e posso abbassare il braccio.
“Finiscila, broccolo!”
alle mie parole si stacca e sollevo di nuovo i pantaloni.
“Quindi, questo è il tuo aspetto!” constata Robin;
“si!” affermo evasiva.
Quando Cy scioglie anche la seconda catena immediatamente sposto i capelli davanti ad una spalla e mi tocco la nuca finché non trovo una protuberanza metallica.
Strappo via con cattiveria quel congegno dal mio collo, avvertendo appena il dolore.
Sbriciolo tra le mani quel marchingegno con goduria e rabbia allo stesso tempo.
Riavere la libertà di usare i miei poteri mi conferisce una nuova energia.
Afferro il collare di ferro che ho alla gola e con l’ausilio dei miei poteri lo spacco a metà e infine mi libero del tutto delle catene ai polsi.
“Grazie ragazzi!”;
“no! Grazie a te!” dice Robin a nome di tutti;
“per cosa?”;
“abbiamo ricevuto aiuto da degli enormi cosi che continuavano a ripetere ‘per il volere di Raven’, ‘per il volere di Raven’. Senza di loro non ce l’avremmo fatta contro tutti quei brutti ceffi!” racconta il verdolino;
Ora che tutto è finito, mi sento mancare le forze.
Fortunatamente tutti e tre gli eroi intervengono ad aiutarmi.
Esco da quel posto infernale barcollante, con BB a tenermi un braccio e Robin l’altro.
 
 
 
 
Mi sveglio rinvigorita, sollevata, felice.
Quando apro gli occhi mi guardo e mi accorgo di essere in mutande e canottiera.
Sono in un letto ovale, con le coperte tirate sino al collo, la testa affondata in un morbido cuscino.
Capisco subito di trovarmi nella mia stanza, entro il nascondiglio segreto dei titani.
Mi hanno riportata qui.
E qui mi sento a casa.
Scorgo sui mobili tutta la mia roba: filtri, pergamene, libri, sono tutti disposti su un tavolo, ma non è stato toccato nulla, sono solo stati spostati.
Anche il libro di Azarath, che Slade mi aveva preso è tra quegli oggetti.
Al che mi posso calmare e abbandono nuovamente la testa sul cuscino, più rilassata che mai.
Mi stiracchio e nel farlo mi accorgo del localizzatore che Cy mi aveva regalato, è sul comodino.
L’ultima volta che l’ho visto era sotto i piedi del mio nemico, distrutto in mille pezzetti. Pare che l’abbia riparato.
Mi metto seduta e sposto i capelli davanti ad una spalla, li osservo e li pettino con le dita, trovandoli estremamente fastidiosi.
Vado al bagno e decido di farmi una doccia calda, dopo di essa mi taglio i capelli, tornando la Raven di sempre.
Oggi però voglio mostrare agli altri titani la vera Raven.
Prendo dalla mia sacca un lungo mantello blu, il mio colore preferito, e lo poggio sul letto.
Indosso un body nero a maniche lunghe, un paio di scarpe blu, infine lego il mantello sul petto con una spilla rossa, tiro il cappuccio sul naso ed esco dalla stanza con il localizzatore in mano.
Non appena esco, avverto come una gioia dilagante provenire da poco lontano, mi volto nella direzione di provenienza di questa sensazione ed eccoli là, i miei tre amici hanno interrotto ogni attività per guardarmi.
Cy stava per divorare un consistente panino, Beast boy giocava alla playstation, Robin stava lucidando il suo bolide su due ruote.
Salgo sulla rampa mobile e questa mi porta subito alla lunga pista che conduce a loro.
La percorro con calma, guardandoli uno alla volta.
Tutti poggiano ciò che hanno in mano e avverto i loro pensieri permeati di felicità farsi sempre più chiari nella mia testa.
Nella mutezza, impassibile solo in volto, li raggiungo.
Mi tolgo il cappuccio e riservo uno sguardo speciale ad ognuno di loro.
Spero che possano coglierne l’eterna gratitudine e benevolenza nei loro confronti anche attraverso la violacea freddezza delle mie iridi.
Cala un silenzio che non so come spezzare.
“Come ti senti?” chiede Robin, rompendo il ghiaccio al posto mio;
“..Bene!”;
“eri chiusa lì dentro da 24 ore, sei sicura di sentirti bene?” interviene BB;
“si! Ho meditato nel sonno! Adesso va bene!”;
“ho fatto una cosa per te!” esordisce Cyborg e mi porge un piccolo congegno dotato di una lucina rossa spenta; “ogni qual volta uno di noi sarà in pericolo e premerà il pulsante rosso del proprio comunicatore, la luce ed il segnale acustico degli altri tre si avvieranno! Invece se volessimo solo comunicare non dovremo fare altro che usare il comunicatore, come un normalissimo cellulare con videocamera incorporata!”;
“d’accordo!”;
“oh, lo devi portare sempre con te, quindi ti consiglio di integrarlo agli indumenti come hanno fatto Robin e BB, io invece lo porto dietro l’occhio bionico, per comodità, sai!”;
“certo!” rispondo, apro la spilla rossa che tiene uniti i due lembi del mantello e lo porgo all’interno, infine la richiudo e la sistemo.
“con questi saremo in grado di riunirci sempre, come una squadra! Insieme potremo difendere la città!” afferma Cy con entusiasmo;
“come degli eroi!” osservo con tono spento;
“esatto!” risponde Robin; “Sarai dei nostri?”;
Lo guardo dubbiosa, poi sposto lo sguardo su Cy, che mi accenna un caloroso sorriso, infine BB il cui sorriso mostra un dente a dischiudergli il labbro, i suoi occhioni dolci sono fiduciosi.
Torno su Robin, meditandovi un altro po’,
“Vi aiuterò!.. Però, non posso sottoporvi a certi pericoli!”;
“quali pericoli?” chiede subito BB, deluso; “Slade è stato sconfitto!”;
“Si, Raven! Non hai nulla di cui temere! Non tornerà!” conferma Cy;
“No! Questo era solo l’inizio! Purtroppo lui tornerà!” dico fissando un punto in basso, sapendo di che parlo, purtroppo;
“Raven ha ragione!” interviene Robin; “ha cercato lei perché è solinga, la più vulnerabile del gruppo! Ha studiato i suoi principi, le sue paure, i suoi valori e sperava che lei capitolasse! L’ha raggirata! Voleva roderne l’integrità morale convincendola che la città l’odiasse. Giuro che lo troverò!... Slade… Credo che sia il nuovo pezzo grosso del crimine a Jump City! Sarà molto più difficile avere a che fare con lui piuttosto che con tutti gli altri criminali della città messi assieme!... A lui non interessano le ricchezze, cerca qualcosa di più e voglio scoprire cosa, come, quando, perché, tutto!”;
lascio il beneficio del dubbio a Robin, preferisco che si scervelli su questo dilemma piuttosto che arrischiare la sua vita con qualche informazione di troppo.
“Quindi…tornerai nella grotta?” mi chiede BB;
rifletto sulla domanda..

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Capitolo 16
*** Green Light ***


Mi vengono in mente un milione di motivi per cui non devo, però..
“Resterò!...”;
“evvai!” esultano increduli a turno;
“però… ve lo dirò solo una volta!...”;
m’incupisco e li guardo torva, minacciosa, soprattutto BB.
“nessuno deve entrare nella mia stanza, per nessuna ragione, in nessun caso! Non mi ripeterò due volte!”;
le mie parole fanno indietreggiare tutti di più passi, mi guardano con delle facce buffissime e rispondono positivamente uno alla volta.
L’aria tesa che ho dovuto mettere è un dispiacere per me, ma per avvicinarmi a loro come desidero, è assolutamente necessario per la loro sicurezza.
Faccio per andarmene quando Robin mi richiama.
“Ho delle informazioni!... Per tutti voi!” dice e faccio retro front non appena enfatizza quel ‘tutti voi’.
Tutti gli schermi che abbiamo davanti si sintonizzano sulla medesima immagine.
Mostra una cometa verde, ne vidi una simile qualche tempo fa, la riconosco.
“Gli astronomi l’hanno nominata Green Light! Non sappiamo a cosa sia dovuto il colorito inusuale e non è stata chiaramente identificata, ma pare che si tratti di una forma di vita, aliena, che costeggia frequentemente la terra portando con se guai.”;
“che genere di guai?” domanda Cyborg;
“a quanto pare, ogni volta che Green Light passa, delle strane creature fanno visita da qualche parte sulla terra e terrorizzano le persone! Abbiamo avuto visite in Giappone, Italia, Gran Bretagna, Sud Africa e qui!” dice Robin e mostra delle immagini di quei lucertoloni che hanno attaccato me e BB.
In questo esatto momento ci scambiamo uno sguardo d’intesa, d’accordo nel comunicare quanto avvenuto.
“non è stato fatto del male a nessuno, ma dobbiamo scoprire se abbiano buone intenzioni e cosa sia Green Light, o meglio, chi?!”;
“Io ho visto quegli alieni!” esordisce BB;
“ne sei sicuro?” chiede Robin;
“li ho visti anch’io!” partecipo alla conversazione; “una notte abbiamo visto passare la cometa e poi sono comparsi quegli alieni! Ci hanno attaccati, ma non erano intenzionati ad ucciderci!”;
“già! Sembrava che avessero sbagliato persona! Miravano a Raven, ma dopo aver visto quello che i suoi poteri erano in grado di fare, gli alieni hanno fatto marcia indietro!”;
“non volevano farci del male! Volevano catturarmi! Non vedevano chi fossi, avevo il volto coperto! Poi hanno capito di aver sbagliato e se ne sono andati! Cercano qualcosa! E quella luce dev’essere la loro guida!” suggerisco;
“come hai fatto a capirlo?” chiede Robin;
“dal loro stato d’animo, ma potrei sbagliarmi! I pensieri non potevo capirli, erano nella loro lingua madre!”;
“null’altro di rilevante?” chiede Robin;
“No!” rispondiamo sia io che BB;
 
“Dobbiamo intercettare la cometa, appena si rifarà viva! E stare pronti!” afferma Robin;
“terrò d’occhio tutti i satelliti!” risponde Cyborg e va immediatamente a mettersi al lavoro.
BB mi guarda con un’espressione che mi da ad intendere che vuole passare del tempo con me, ma non deve affezionarsi.
“Se avete bisogno di me, sono nella mia stanza!” dico e scompaio.
Il verdolino sbuffa.
 
Non passò molto tempo e una notte quella cometa verde attraversò i cieli di Jump City, questa volta però si schiantò nel centro città e non la lasciò mai più.
Vidi l’esplosione dall’alto, di quel colore inconfondibilmente strano.
 
“Raven mi ricevi?” domanda l’eroe;
“forte e chiaro Robin!”;
“mi dirigo nel punto in cui è caduta!”;
“ti sto dietro!”;
Sotto di me vedo sfrecciare una moto rossa, alla guida c’è quello che sembra essere diventato il nostro leader.
Anche se sono la persona più lontana dal gruppo, persino io ho cominciato ad obbedire, quasi ciecamente. E lui invece pare concepirmi sempre di più come la sua consigliera, in caso di dubbio consulta quasi sempre me, prima degli altri due che io catalogherei come i giullari.
Non che questo li sminuisca, sono l’anima del rifugio, senza di loro il mondo sarebbe un posto più grigio.
Volo veloce tra i palazzi fino a raggiungere il centro, mi trovo davanti alla pizzeria che era stata ricostruita dopo l’attacco manovrato da Jinx.
Esattamente davanti ad esso un enorme buco nell’asfalto, le auto sbandano, un paio entro vetrine di un negozio, un camion dalla direzione opposta per poco non investe delle persone prima d’inchiodare, ma si cappotta per la manovra improvvisa, una motocicletta, per evitare il camion schianta contro un idrante che ora esplode in aria un getto d’acqua potentissimo, ripiove sui cittadini presenti.
Questi corrono al riparo oppure si fanno vincere dalla curiosità e non si allontanano come la saggezza dovrebbe dettargli.
L’uomo nel camion riesce ad uscire giusto in tempo prima che il telonato prenda fuoco per via di una perdita di benzina che lo fa esplodere, con scalpore di tutti.
A giudicare dal diametro della conca sembra che sia stato scavato da una meteora, mi avvicino per scorgerne la profondità, ma la mia vista si ferma a qualche metro, offuscata dal fumogeno verde in uscita dalla crepa.
Mi sembra d’intravedere in mezzo ai fumi densi, la fonte del bagliore, giurerei che siano due fori luminescenti, come cristalli di Kryptonite.
Le esalazioni verdognole si levano in alto lentamente, ma d’un tratto esse vengono secate da un’ombra che sfreccia repentina in obliquo per poi sparire entro il vapore verde.
Era un…cosa?
Subito dopo una frustata di luce rossa, anch’essa scompare, pareva come una lunga corda infuocata.
Forse green light ha bisogno di aiuto?!
Atterro in un vicolo, osservo la grossolana fumarola verde uscente dall’enorme foro restando nel mio amato buio.
Robin scende dal suo bolide e si ferma anche lui ad osservare per qualche attimo, frattanto che si forma una folla incuriosita.
Un grido di battglia fuoriesce dal buco…
Immediatamente dopo un frastuono metallico, poi il sotto suolo ha un tremito che destabilizza gli abitanti.
Questi indietreggiano.
Io mi aggrappo alla parete e fisso la fenditura con un lieve tratto di sfida negli occhi, appena percettibile nel mio volto, scarno di emozioni.
Per capire se il suo soffio vitale è puro, cerco l’anima dell’entità incuneata nel terreno, ma non è facile distinguere i sentimenti di cui essa si colora in mezzo a quelli simili della folla che l’accerchia.
Poi però odo dei pensieri, ma non capisco una parola, avverto i battiti di più cuori, provenire dalla stessa persona…
Sgrano gli occhi… stento a credere a me stessa…
“Alieno!” sussurro la mia supposizione inavvertitamente;
D’un tratto, dalla voragine emerge qualcuno, parrebbe una ragazza.
Pelle dal colorito vivo, occhi verde smeraldo, erano quelli i lucori smeraldini che ho visto, una lunghissima crine color rosso fuoco, e un’armatura addosso, nonché due grosse manette che le racchiudono tutti e due gli avambracci e che hanno l’aria d’essere parecchio pesanti.
La giovane sale sull’asfalto con qualche difficoltà, più d’una volta la terra gli crolla sotto i piedi, non avendo prensilità agli arti superiori cerca di appigliarsi come può.
Grida qualcosa nella sua lingua, ma tutti la ignorano, piuttosto la fissano curiosi, accorgendosi che sia solo un’innocua giovane dall’aspetto indifeso seppur molto arrabbiato.
Nessuno capisce una parola.
Sembra che stia cercando di avvisarci di qualcosa, sento la sua paura.
Un turista le scatta una foto e lei lo avverte come una minaccia, cerca di colpirlo con i grossi pesi alle braccia.
Quelle enormi manette sbattono a terra e crepano l’asfalto.
“decisamente pesanti!” penso a voce alta.
Per fortuna è proprio quell’ingente peso che salva la vita all’uomo, giacché le impedisce movimenti precisi.
La ragazza prende di mira qualsiasi cosa, colpisce ogni oggetto le capiti a tiro e inveisce nella sua lingua.
Macchine, cassette delle lettere, parchimetri, pali della luce, il marciapiede…
Sta cercando di levarsi di dosso quei cosi.
Le strade sfollano subito a vedere una tale furia incontrollata.
La ragazza adocchia la colonna che sorregge la terrazza della pizzeria, sopra vi sono dei clienti affacciati e questa vi si accanisce contro.
Robin interviene evitando il peggio e la colpisce in pieno viso con uno dei suoi boomerang da lui costruiti.
La ragazza si sbilancia e barcolla leggermente, ma riesce a rimanere in piedi.
L’aliena ha sentito male, sento il nervoso animare in lei una forza spropositata, qualcosa di assolutamente lontano dall’esser umano.
“Chi sei?” chiede Robin e si prepara a combattere;
lei lo intuisce come una minaccia, vedendo il ragazzo spostare il mantello per scoprire le spalle e mettersi in posizione da combattimento.
La rossa balza in aria, la sua chioma inaspettatamente lumina di rosse fiamme alle sue spalle, una scia stellare, come la coda di una cometa.
Mentre si trova in aria, solleva entrambe le mani sopra la sua testa e urla prima di colpire senza pietà.
Robin fortunatamente è veloce e schiva, ma osserva a dir poco stupito la fenditura nell’asfalto lasciato da quei grossi blocchi che le avvolgono le braccia.
Tuttavia nemmeno per un attimo gli attraversa la testa l’idea che possa essere anche lei una vittima, cosa che invece assilla me.
Robin è strano… non la colpisce.. non è da lui!
Come se avesse un debole per lei!
Ha intuito qualcosa! Come me!
Si limita a schivare finché lei non rende assolutamente necessaria una sua reazione.
Green Light colpisce un palo della luce che si abbatte, Robin lo evita per un soffio e guardando il suo operato, commenta: “chi sei t…?” non riesce a terminare la domanda che si ritrova colpito dall’aliena che lo scaraventa a terra, non molto lontano.
Non l’ha colpito con tutta la sua forza, ma ora tenta di finirlo…
Balza di nuovo per schiacciarlo sotto il peso alle braccia, ma Robin si leva appena in tempo.
La giovane urla qualcosa, sento i suoi pensieri farsi buoni per un attimo.
Riceve tuttavia un colpo dal bastone di Robin, la scaraventa con la schiena contro un’auto, il cui allarme prende a suonare nei timpani di lei.
Ora avverto in lei solo ulteriore ira, disorientamento, terrore.
Robin rimane impressionato quando scopre che nell’averla colpita il suo bastone si è spezzato di netto, come se avesse colpito un masso di cemento.
Green light lo guarda, i suoi occhi sfavillano di un lucore verde decisamente innaturale quanto affascinante e magnetico, Robin sembra esserne rapito per qualche attimo.
La ricciola rossa, non sopporta quel rumore così forte dell’allarme, evidentemente la disturba, lo percepisce come un pericolo imminente, al che, più furiosa che mai, si rialza, colpisce assiduamente la carrozzeria della macchina in cui è rimasta incavata forse in cerca di un modo, anche se poco ortodosso, per far tacere l’antifurto o forse per liberarsi dall’incastro.
Dopo un colpo ben assestato l’allarme tace e lei riesce a liberarsi.
Si scrocchia il collo e mostra un sorriso sicuro di se mentre esprime probabilmente qualche minaccia nella sua lingua.
La sua fluente chioma, lunghissima s’infuoca nuovamente mentre la giovane si sposta a lato dell’auto, pur tenendo sempre sott’occhio il moro.
Solleva la pianta del piede e sferra un calcio verso il basso, sul muso della vettura, questa si solleva dalla parte opposta.
Con pochi gesti dei piedi, la ragazza, in tutta calma, è in grado di portare l’auto in posizione verticale e di poggiare tutto quel peso sul collo del piede.
Robin e persino io, siamo decisamente a bocca aperta.
La ragazza invece sembra vagamente divertita dalla reazione così esagerata dell’avversario e altrettanto incoraggiata a ostentare la sua forza.
Solleva in aria l’auto con quello stesso piede e non appena il veicolo torna a terra, lei ruota su se stessa e colpisce la carena semidistrutta con l’enorme peso alle braccia, prima che tocchi terra.
Robin si vede arrivare addosso quell’enorme dardo di ferraglia a gran velocità, si abbassa e schiva per un pelo e si volta a guardare l’auto che si tuffa letteralmente entro la vetrata di un grattacielo, rimanendovi ficcata dentro fino a metà.
“Più forte di quanto sembra!” pensa lui ad alta voce;
“Robin, attento!” lo avviso telepaticamente.
Si volta e riceve un colpo dall’aliena rossa che con la sua forza sovrumana lo scaraventa sopra il parabrezza di un’automobile della polizia, fendendolo in mille frammenti.
La ragazza si avvicina, Robin sanguina dal labbro, ha subito un brutto colpo.
La giovane si blocca non appena scorge il sangue.
Rimane a bocca aperta.
Porta il peso enorme alle braccia all’altezza del viso, davanti alla bocca, sconvolta.
I suoi occhi perdono il bagliore e i suoi capelli si spengono, tornano a sembrare vagamente umani, si fanno dolci e innocenti.
Dice qualcosa nella sua lingua e poi abbassa il peso che la rende goffa, la appesantisce.
Riprende ad avvicinarsi con cautela, puntando il peso contro Robin, solo per difesa adesso.
Non ha intenzione di attaccare.
La giovane parla ancora…
sta tentando di comunicare con lui…
Non vuole fargli del male!
Robin però non è di questo avviso, avverto in lui il timore di lei e al contempo la volontà di metterla fuorigioco, montargli dentro.
D’improvviso un ariete verde tramortisce la rossa, scaraventandola lontano.
BB riprende immediatamente la sua forma umana e ha qualche giramento di testa, credo addirittura di poter vedere stelline e uccellini girargli attorno per la testata forte che ha dato.
Di sicuro non può averlo rimbambito più di quanto non lo sia già di suo.
“Accidenti! Ma che cosa ho incornato?! Di cos’è fatta?!” dice e traballa un poco prima di riprendersi;
“è un’aliena!” afferma Robin; “a quanto pare dura come il cemento!”;
“me ne sono accorto capo!”;
“smettila di chiamarmi così!” ordina Robin per l’ennesima volta.
Sono tre giorni che BB lo chiama con appellativi simili, la cosa lo irrita, non si sente assolutamente superiore a nessuno, men che meno a noi.
“ehi attenti!” urla il suo avviso Cyborg che è appena arrivato ed è stato anche l’unico ad essersi accorto che la rossa ha appena sollevato sulle sue sole braccia un autobus.
Lo scaglia contro i due che si scansano ai lati, mentre Cyborg, l’unico che possa avere una forza quantomeno pareggiabile a quella della strana aliena, corre incontro al pericolo e afferra il camion, striscia indietro sull’asfalto di qualche metro, ma riesce a fermarlo con poco sforzo, dopo di che lo ribalta di lato e lo sposta con una pedata.
“Non sei l’unica ad essere forte!” afferma soddisfatto Cy puntando i gomiti alle costole e contraendo i bicipiti parzialmente bionici;
Anche se la giovane non capisce la nostra lingua, sembra aver intuito ugualmente le sue parole.
Ricomincia allora a sbattere quel peso ovunque e su qualunque cosa trovi, fino a farsi venire il fiatone e facendo tremare la terra.
BB si gratta la nuca.
“ma…è impazzita?!”;
“non ne ho idea!” risponde Robin senza capire il motivo per cui lei non stia attaccando, finché finalmente lo strato pesante delle sue manette non cade al suolo.
Il tonfo che fa, lascia comprendere che ora viene il peggio.
Le sue braccia sono ammanettate dal polso al gomito, ma le mani sono libere.
La ragazza articola le dita e i polsi, dopo di che le punta entrambe verso gli eroi che osservano l’aspetto di green light mutare di nuovo.
La ragazza presenta le nocche sbucciate probabilmente dallo sfregamento contro il peso metallico.
Ella chiude i pugni, su di essi prendono forma dei dardi verdi e solo allora tutti si mettono in allerta.
Una scarica di scocchi luminosi, verdi, viene mitragliata su di loro.
Scappano via, schivando gli attacchi.
“Fermi!” ordino loro telepaticamente, ma sembrano non sentirmi, si dividono per costringerla a scegliere chi perseguitare, dando occasione agli altri di attaccarla.
“Non attaccatela!” continuo e non mi calcolano;
L’aliena riesce comunque a tenerli a bada, tanto che sono costretti a ripararsi dietro il bus ribaltato.
Essa si sfoga urlando mentre continua a tempestare di proiettili luminosi tutta la strada, i palazzi, i veicoli, lampioni, le vetrine dei negozi, tutto ciò che incontra.
Devasta il centro città.
Alla fine crolla sulle ginocchia, esausta, col fiatone.
Le sue mani fumano e lei si poggia sulle gambe, cerca di riprendersi.
I tre eroi, che nel frattempo hanno escogitato un piano, escono allo scoperto per attaccarla.
“No! Fermatevi!” dico loro ma per l’ennesima volta non mi danno retta.
Non devono farle del male!
“Niger Corvus!” esprimo la mia formula;
Un enorme corvo emerge dall’asfalto e si frappone tra l’aliena e gli eroi, gracchia imponentemente contro i tre e non contro l’apparente nemica.
“Raven! Dove sei? Che stai facendo?” chiede Robin;
“Forse combattere non è la risposta!” affermo, la mia voce rimbomba nel vento che percorre la via.
“Fatti vedere!” mi ordina BB, ma parrebbe più una supplica.
Il verdolino ha paura! Soprattutto quando ci sono, ma non può vedermi!
Compaio alle spalle della ragazza rossa, anche lei rimasta imbambolata a guardare quell’ombra gigantesca con una giusta paura, ma anche con un filo di curiosità e speranza.
Dice qualcosa nella sua lingua.
“shh!” le dico e questa sobbalza, si volta immediatamente verso di me e mi punta contro i suoi poteri; “non avere paura!” le dico con calma e la guardo, da sotto il mio cappuccio blu.
Questa mi guarda intimorita dal mio aspetto tetro, ma in qualche modo fiduciosa nel mio tono tutt’altro che minaccioso.
Ricambio il suo sguardo con la mia solita insensibilità.
Leggo nei suoi occhi ingenuità e bontà mentre questi perdono di lucore verdastro, come se si sentisse disarmata dalla mia presenza.
In un certo senso sente che sono molto più potente di chiunque, ma al contempo percepisce la mia volontà di pace.
Un’empatica, come me!
Meno, forse!
Cammino lentamente fino a giungerle di fianco, ma a debita distanza, affinché no si spaventi.
“Raven, cosa fai?!” cercano di dissuadermi gli altri.
L’espressione della rossa si fa più rilassata, notando che non sono per nulla intenzionata a cattiverie.
Continua a guardarmi negli occhi e lei invece, nei miei, parrebbe vedere di più di semplice freddezza, per lei, dal mio sguardo traspare forse dolcezza, poiché mi accenna un sorriso.
Dai suoi occhi sposto lo sguardo sulle sue mani e poi torno su di lei, non temo minimamente un suo attacco e lei sembra aver capito, dunque abbassa le braccia e arresta il suo potere.
Sposto ora lo sguardo alle nostre spalle, dove lei ha seminato le fiamme per via dei suoi lunghi capelli di fuoco.
Con una mano sposto il mantello blu, che scende dietro la mia spalla e allungo quella stessa mano verso le fiamme, le reprimo col semplice gesto delle mani.
La rossa rimane un po’ impaurita dal fatto che potrei mietere al medesimo modo la fiamma verde di cui lei risplende come una cometa nel cielo notturno.
Mi volto allora verso i ragazzi e mi apposto alle spalle della mia creatura ombrosa.
Divarico i due lati del mantello, assimilando il mio corvo nella posizione e le chiudo davanti a me, il corvo fa lo stesso e si ripiega su se stesso fino a sparire.
“Che hai fatto?” chiede Cy;
“non è cattiva! Non è una minaccia! Dobbiamo cercare di comunicare con lei!” dico e Robin si convince.
Robin mostra un cacciavite alla ragazza, ma questa immediatamente si alza e gli punta contro nuovi dardi stella.
Lui indietreggia e lei allora esita, mi guarda ed io scuoto il capo.
Questa sposta di nuovo lo sguardo su Robin che con le mani in alto, senza accennare movimenti bruschi che possano essere fraintesi, si avvicina nuovamente.
La ragazza spegne le sue mani e lascia che il moro scassi le manette, queste cadono a terra e lei può finalmente strofinarsi i polsi doloranti.
“Bene!” esclama l’eroe; “il mio nome è Robin, piacere di…” ;
la ragazza non lo fa finire e lo bacia sulle labbra con stupore di tutti noi.
Persino io credo di avere una faccia da pesce lesso.
Il bacio dura qualche attimo, dopo di che comincio a percepire i suoi pensieri nella nostra lingua.
“Ma che…” non finisco la frase che lei scansa via da se Robin, facendolo cadere a terra.
“Ascoltatemi bene! Se non volete essere distrutti! Dovete lasciarmi sola!” esclama e spicca il volo;
BB sbuffa, “Bene! Una Raven 2, la vendetta!” afferma e gli do un pugno in testa, comprendendo la sua battuta riferita all’acidità e all’ostinazione a voler rimanere sola che ci accomuna.
“Ahio! Guarda che è la verità!”;
“taci! Cetriolo con le gambe!”;
“strega psicolabile e mongo-sclerotica!”;
“ sei una zucchina ficcanaso e cocciuta!”;
“e tu sei una lugubre, misantropa e inquietante!”;
“…modestamente!..”;
“grrrr!”
“LA VOLETE FINIRE?!” strilla Cyborg;
obbediamo entrambi e smettiamo di ringhiarci contro.
“dividiamoci!” propone Robin; “Cyborg, vai con BB, Raven viene con me!” dispone e ci avviamo.
Dopo qualche metro però ci dobbiamo voltare.
“RAGAZZIIIII!” chiama BB, e vediamo immediatamente un’ombra incombere sui nostri due compagni.
Proviene da un enorme navicella spaziale che sta sorvolando la città.
“A quanto pare la ragazza ha degli amici!” afferma Robin;
“o dei nemici!” lo correggo io; “fantastico!” concludo ironicamente.

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Capitolo 17
*** invasione ***


L’enorme ombra si dirige verso l’acqua.
Io e BB spicchiamo il volo per scorgere la nave aliena fluttuare tra i palazzi.
Diffonde inquietudine con la sua mole, imponente ed imperiosa, eclissa tutti la città e fra gli abitanti di Jump City è subito curiosità, prima ancora che timore.
Sotto il nostro sguardo, la nave spaziale galleggia nell’aria, senza accennare la minima intenzione d’attacco nei confronti della terra.
Munisco le mani dei miei poteri, la tengo comunque sotto tiro.
Una folla è scesa per le strade, altre persone scorgono il tutto dalle finestre delle proprie case.
La navicella procede indisturbata e quieta, non una parola osa disturbare il suo incedere, nemmeno il vento pare avere il coraggio di alitare per paura di rompere un silenzio precario, in qualsiasi momento potrebbe scatenarsi l’inferno..
“Non attaccate!” sono le disposizioni di Robin;
L’ufo raggiunge le acque e le sorvola fino all’isolotto, dove si trova il nostro nascondiglio.
Ivi la monumentale navicella si arresta e dal suo ventre viene rilasciata un enorme capsula, questa s’impianta nel terreno, emettendo un frastuono.
Io e lo pterodattilo verde ci guardiamo perplessi.
“BB, Raven! Cosa vedete?” chiede Robin, avendo udito il tonfo.
Sollevo Robin su di un disco volante nero, frattanto che BB scende a prendere Cy.
“ma che diavolo…?” non termina la domanda Cyborg;
Dal suo apice si palesa un ologramma di dimensioni mastodontiche, visibile da ogni angolo della città…
Mostra un alieno in tutto e per tutto simile a quelli già incontrati in passato...
“Sono loro!” avverte subito BB; “loro ci hanno attaccati!”;
Non appena l’immagine si fa più nitida l’alieno parla nella sua lingua, blaterando qualcosa d’incomprensibile.
Dopo di che preme un pulsante sul suo petto.
“Abitanti della terra! Non siamo giunti sui vostri suoli per portare guerra! Veniamo per una prigioniera! Una pericolosa criminale sfuggita alla prigione su Tamaran. Sappiamo che si è rifugiata nella vostra città! Non temano alcun male alcuni di coloro che vivono questo pianeta, giacché non vi sarà arrecato alcun danno! Tuttavia, se qualcuno tenterà di offrire protezione alla ricercata, sappiate che l’intero pianeta sarà reputato responsabile! In tal caso, in quanto colpevoli per tale atto, la vostra distruzione sarà immediata!”;
Terminato il messaggio l’ologramma scompare.
“Credo proprio che tu abbia sbagliato premonizione Raven!” constata Robin;
“no!” ribatto; “sono sicura di ciò che ho sentito!”;
in quell’esatto momento, la capsula si dischiude e un esercito di lucertole volanti invade i nostri cieli.
Atterriamo.
Una voce registrata, si amplifica tra i palazzi da altoparlanti sincronizzati, nelle mani di alcune di quelle creature.
“Siete pregati di rincasare e di non contrastare in alcun modo le ricerche dei nostri agenti scelti! Vi invitiamo alla collaborazione nel caso in cui vi vengano fatte delle domande riguardanti il nemico! Se colti a mentire, si darà inizio all’invasione! Se offrirete assistenza all’aliena Tamariana verrete uccisi seduta stante! Con la vostra collaborazione, la nostra permanenza qui sarà più breve del previsto… Ripeto: non vi sarà fatto alcun male! Siete pregati di rincasare immediatamente…” continuano a ripetizione per qualche minuto mentre si dispongono in squadre, in tutti i quartieri della città.
Gli abitanti obbediscono e in poco tempo le strade si svuotano, restiamo soli.
“beh!” esordisce BB, facendo marcia verso casa; “Il nostro lavoro qui è fini..”
Robin lo afferra per il colletto e lo interrompe con un ‘No!’ secco.
“Dobbiamo parlare con lei!” intervengo;
“non avete sentito per caso?! Ha detto che quella è una criminale!”;
“Mi fido di Raven! Voglio credere che ci sia di più!” ribatte Robin;
“Qualcuno l’ha incastrata! Il suo cuore è puro, ma i suoi pensieri sono rancorosi!”;
“e chi è stato?” chiede Cy;
“questo non ve lo so dire, non sono riuscita a vederlo!”;
“Titani! Dobbiamo trovare l’aliena prima che lo facciano loro!” afferma Robin e noi tutti annuiamo;
“go!”;
 
 
 
Passiamo furtivamente tra i vicoli, evitando le orde di lucertoloni intenti a mettere sottosopra la città, cercando in ogni angolo, sparando dardi luminosi dalle loro lance, verso luoghi sospetti di essere suoi nascondigli, fortunatamente senza riuscire a stanarla.
Non appena lo squadrone svolta l’angolo verso un altro luogo da sottoporre a setaccio, Robin esce in cerca di tracce.
“è vicina!” avverto tutti;
BB si tramuta in un cane e fiuta il suo odore, mentre Cy rintraccia la bellezza di tre battiti cardiaci provenire dallo stesso corpo… non può che essere lei.
Il naso di BB e i meccanismi di Cyborg ci portano dentro un cinema.
Non dobbiamo cercare molto, la troviamo intenta a trangugiare schifezze, come se non mangiasse da mesi.
“Ehm! Affamata?”;
il solito Beast Boy interviene a sproposito..
La ragazza si volta e immediatamente illumina l’ambiente con i suoi dardi.
“Andate via!” ci ordina;
“aspetta! Noi siamo amici, ricordi?” parla Robin;
“amici? Voi? Per cosa? Qual è il vostro tornaconto? Loro mi stanno cercando, sono la chiave per la vostra sopravvivenza, se solo mi riconsegnaste nelle loro mani! Dovrei credere che voi vogliate essere miei amici?!”;
i suoi occhi s’accendono di fiamme verdi.
Robin indietreggia con le mani alzate..
Leggo la sua mente, vedo il suo passato e ne rimango sconvolta..
“…tu sei un sacrificio!” esordisco;
tutti mi guardano ad occhi sgranati..
lei pure, più strabigliata di tutti gli altri…
“come lo sai?”;
“sei qui per colpa sua! Lei ha arrecato danno al loro popolo dopo di che è fuggita! Costoro ve l’hanno fatta pagare con l’assedio finché il prezzo del danno non è stato ripagato con qualcosa di più prezioso di ogni vostra ricchezza! Tu sei il tributo del tuo popolo! Una vita per salvarne milioni! La tua testa vale quella di un intero impero!”;
“questo perché non è una testa qualsiasi! Doveva diventare la testa del regno! Io sono l’erede al trono! Senza di me, Tamaran non ha un futuro capo e quando il re, mio padre, morirà, ciò che attende il mio popolo, è un futuro senza sovrano e senza libertà! La mia prigionia è un vantaggio per i nostri nemici, ma al contempo è un diversivo per il Tamaraniani, uno scampo alla sottomissione, un sacrificio che doveva essere fatto! Era l’unico modo per concederci il tempo di trovare un altro erede… e purtroppo credo di sapere chi sarà!”;
Mi guarda seriosa, comprendendo che posso leggere la sua mente, mi chiede di non comunicare il nome del responsabile, colei che ha architettato tutto ciò, ben consapevole del buon cuore della sorella, colei che l’ha condannata a dover rinunciare alla corona per salvare il suo pianeta… Black Fire.
“Non in buone mani, immagino!” continua Cy;
“no!” risponde la rossa;
“ti aiuteremo!” afferma Robin, convinto;
“perché?”;
“siamo i titani, difendiamo ciò che è giusto! E qualcuno come te merita degli amici! Se vogliono la guerra, guerra avranno!”
“ehm…” riflette ad alta voce BB; “Robin! Devo ricordarti che ci sono più di duecento alieni sparsi per la città, come facciamo a sbarazzarcene?”;
in quell’esatto momento avverto qualcosa….
“A TERRA!” strepito;
Tutti si preparano ed un esplosione abbatte il muro davanti a noi.
Rimango immobile, dietro tutti gli altri ed osservo quei lucertoloni puntarci addosso le loro lance luminose.
“Insieme!” ordina Robin;
tende la mano alla bella aliena e lei la prende…
Ci scambiamo tutti uno sguardo d’intesa prima di andare verso di loro.
BB si trasforma in un rinoceronte e si lancia per primo, seguito a ruota da un energico Cyborg.
I due piccioncini, casualmente attaccano insieme.
Sbuffo al pensiero delle sdolcinatezze cui questi due ci faranno assistere.
In un attimo di distrazione sono già stata accerchiata, uno tra di loro, lo ricordo bene.
È più grosso degli altri, è colui che mi assalì, scambiandomi per Green Light sotto mentite vesti.
Si avvicina con sicurezza, ma dopo avermi vista attentamente, s’immobilizza per un attimo.
La sua espressione si ridisegna completamente.
Subito però, forte dei suoi scagnozzi ad accerchiarmi, recupera la sua postura gonfia e vanagloriosa.
“Ci rincontriamo!” mi dice la sua voce, tradotta;
“ti ricordi di me?!” domando con un sorrisino;
lo stesso ghigno insanamente divertito, dai denti acuminati, che vide sul mio volto tempo fa e che lo terrorizzò già allora..
mi sollevo di pochi centimetri dal suolo..
Da sotto il mio manto blu svicolano tentacoli di nube oscura, strisciano silenziosi a terra, come nere serpi fredde, si sollevano in oscure spire, come tentacoli fuligginosi...
Il lucertolone comanda di attaccarmi ed immediatamente si lanciano contro di me.
Riesco a tenerli a bada tranquillamente e nel frattempo scindo la mia essenza in altri due tentacoli che serpeggiano nella direzione del loro capo.
Egli, intimorito, emette un richiamo ad ultrasuoni, reclamando a se altre due dozzine di uomini rettile.
Si lanciano contro di me…
mi saltano addosso…
sono troppi…
Mi afferrano per il mantello e mi strangolano nell’intento di trascinarmi a terra.
Mi dimeno, ma subito, vengo bloccata a braccia e gambe.
Proprio mentre il gruppo mi sotterra, scorgo il sorriso beffardo del lucertolone.. si avvicina al mucchio ammassato addosso a me, mentre io mi affanno per non sprofondare sotto di loro.
Vengo inevitabilmente oppressa al disotto del loro peso.
Mi ritrovo in ginocchio, piegata dall’ingente peso, in un inchino al suo cospetto.
La cosa ferisce il mio orgoglio, ma mi sforzo per infischiarmene.
Intravedo i suoi piedi di fronte a me allontanarsi dall’ammasso riversomi addosso, finché da lontano non riesco a scorgere quegli occhi da basilisco, mi scrutano con presunzione da sopra le muscolose braccia incrociate al petto, dall’alto della sua statura imponente.
“Non fai più la furba adesso!”;
vorrei dargli del codardo, ma il mio respiro è compresso sulle mie ginocchia, abbasso la testa tra le gambe, inspirando a tentoni.
“Dopo questo affronto, la terra pagherà a caro prezzo ciò che ha fatto! Il tuo mondo diverrà nostro servo e mi assicurerò che tu.. divenga la MIA concubina! Prostrati a me! Insulso scarto di carne, sei inferiore! Devi solo obbedire!”;
Le sue parole mi ribollono nel sangue..
nessuno mi umilia!..
Nessuno!…
Noto immediatamente l’espressione provocatrice dell’alieno divenire sospettosa, vagamente intimorita dal barlume rosso svicolato per un secondo dal di sotto dei suoi scagnozzi.
Esplodo di rabbia…
tutti i miei avversari si ritrovano scaraventati in aria..
Finalmente posso recuperare il fiato, sollevo il viso, posando i miei occhi violacei e spiritati su colui che mi ha sfidata.
Un tremore, accompagnato da un frastuono mette in allerta tutto lo squadrone di alieni che s’appropinquano verso l’uscita.
Nel frattempo io mi alzo in piedi e catturo con i miei poteri il rettile che mi ha provocata, stava cercando di svignarsela fuori.
Lo attiro verso di me divaricando le dita della mano..
Questo si dimena..
Il palazzo comincia a cedere, crollano grossolani macigni di cemento attorno a noi, ma io paio completamente impassibile alla cosa..
l’alieno sembrerebbe più intimorito da me che non dal crollo…
“Oh, no! Non te ne vai!...” dico mentre lo avvicino abbastanza da afferrarlo alla gola con una mano; “È troppo facile fare il gradasso sulla pelle degli altri.. NON È VERO?!” urlo e lo sollevo più in alto con la forza della mia sola mano.
Sento chiamare il mio nome da fuori.. sono i miei amici.
Li ignoro..
Le pareti crollano…
il cemento si sbriciola…
le macerie sfondano il pavimento..
Continuo a guardare dritto negli occhi l’alieno…
Preparo un attacco con l’altra mano, essa si ricopre di un’ombra spessa, impenetrabile.
“Addio!” affermo con calma e lo colpisco con un’ondata oscura che gli fa sfondare il muro da parte a parte.
Lo vedo impiantarsi entro la parete del palazzo di fronte per poi cadere svenuto, precipita su di una macchina, schiacciandola.
Il soffitto cede in quello stesso momento, l’edificio si accartoccia su se stesso.
Al di fuori la lotta continua: i miei amici si coprono le spalle a vicenda.
Fianco a fianco, li sconfiggono senza nemmeno sentire la stanchezza.
Mi ritrovo ad ammirarli da qui, da sotto un cumulo di macerie…
Non riesco a vederli…
ma li sento nella mia mente…
così bene che posso vederne i movimenti anche da qui…
non temono per me adesso… sanno che non li abbandonerei..
a parte l’aliena.. la sento preoccupata per me, atterrita dall’idea che io possa essere morta sepolta.
Non posso fare a meno di attendere ad emergere dalla tomba di macerie, trattenuta da un dilemma impellente…
Di nuovo mi ritrovo in mezzo alla desolazione e alla distruzione… e la causa sono nuovamente io…
Chi è nemico della terra è stato sconfitto…
ma.. al prezzo di un edificio ridotto in polvere..
Eppure ho impiegato un nonnulla dei miei poteri, eppure ho governato apparentemente bene le mie emozioni…
che questo non basti un giorno?
Subito echeggiano nuovamente nella mia testa le parole di Slade…
Sarebbe tutto più semplice se mi rassegnassi a ciò che sono..
Però….. io non voglio tutto questo!
Una sorgente di pece emerge dal cumulo, le colate nere gocciolano.. scorrono.. si separano e si riuniscono..
si accumulano sull’asfalto..
quel liquido è la mia essenza, nero puro, puro male…
rigenero il mio corpo…
Riplasmo il mio aspetto terrificante..
Entro un’aura oscura, con occhi luminescenti color ametista, appena visibili sotto il cappuccio, mantello svolazzante, nere ombre alle mani…
Una dea degli inferi!
La cometa dagli occhi verdi si distrae nel rivedermi, viene colpita di sorpresa.
Incassa il colpo con le braccia al petto e utilizza i suoi dardi per difendersi, intoccabile con quei suoi capelli di fuoco, scattante nei movimenti, impeccabile nella mira.
Tre dei nemici la inseguono, solo uno di loro riesce a raggiungerla, ma questa sferra un pugno, colpendo l’essere in pieno viso.
Tuttavia un attacco alle spalle la scaraventa sull’asfalto, questo si crepa per via della durezza della ragazza.
I suoi capelli si spengono momentaneamente, ma il sorriso derisorio sul suo volto e il palesarsi di nuovi dardi verdi alle sue mani suggerisce che non si è fatta alcun male.
Subito si ritrova bloccata da altri quattro.
Le puntano addosso quelle lance.
Preparo un attacco, ma in quel momento Robin colpisce uno di loro con il suo bastone di riserva, ed è uno strike contro tutti gli altri.
Immediatamente va da lei e l’aiuta ad alzarsi, questa accetta la sua mano con un sorriso dei più dolci.
Cyborg lotta con altri quattro in contemporanea, tenendovi testa con relativa facilità.
Improvvisamente uno di essi gli afferra la gamba con la coda e lo fa cadere a terra.
Un altro vi si getta sopra, bloccandogli il collo con la lancia.
Cy afferra l’asta e solleva tutto il peso dell’alieno lentamente, dopo di che punta il suo piede metallico in mezzo alla lancia e la spezza in due.
Infine respinge l’avversario con una tallonata al volto.
Subito degli attacchi dall’alto lo costringono a piegarsi in avanti e coprirsi il volto, assieme alle altre componenti umane.
I dardi non scalfiscono la sua corazza, nemmeno un graffio quando la polvere si posa.
Tuttavia, in volo lui non può raggiungerli e rimane sotto tiro.
Uno pterodattilo verde interviene e lo preleva da terra, cerca di schivare le mitragliate luminescenti dei rettili volanti.
Divarico le braccia, richiamando al mio controllo la materia…
Si sollevano da terra delle macerie.
Volo alla loro altezza.
Dalle loro spalle scaravento una pioggia di mattoni, ferraglia, pezzi di cemento e quant’altro.
Questi sono costretti a battere in ritirata, al che spingo la tempesta di macerie anche contro tutti gli altri, si trovano costretti a fuggire via.
Atterro tra i miei amici e mi pulisco il body nero, spolverandolo con le mani.
“Credo che nella vostra lingua si dica: grazie!” si esprime perfettamente la giovane aliena; “Tuttavia.. vi avevo chiesto di starmi alla larga! Di lasciarmi sola! Loro non ve lo perdoneranno! Ed io non mi perdonerò quello che vi faranno!”;
“non ci lasciamo intimidire con così poco!” interviene Robin;
“voi non capite! Loro…”
la rossa viene interrotta dall’ologramma di prima, che mostra lo stesso lucertolone, con una smorfia adirata.
“Avete offerto aiuto ad una nostra nemica! Ora tutti voi siete nostri nemici! Verrete puniti per questo affronto! La sottomissione dei terrestri sarà immediata! E questa città sarà rasa al suolo!”;
Subito dopo la nave spaziale si muove verso la città ed un enorme cannone si sposta in posizione di tiro, sulla testa della navicella, mentre questa procede lenta ed imminente.
“Stanno preparando il raggio inceneritore! Vi avevo comandato di starmi alla larga! Ma avete insistito! Ora dovrete combattere! Sapevo che voi terrestri foste ostinati, ma non credevo fino a questi punti!” blatera la rossa, immediatamente Robin controbatte e i due prendono a litigare.
“Andiamo ragazzi smettetela!” cerca di calmarli Cy;
“Però Robin ha ragione!” commenta BB;
“nel caso non l’avessi notato, cervellone verde, la città sta per essere messa sotto assedio, non abbiamo tempo per i bisticci!”;
“ehi, abbassa i toni, lattina!”;
Ed ecco che anche loro prendono a litigare..
Resta a me pensare qualcosa…
Mi porto le dita alle tempie e le massaggio.
Dobbiamo salire su quella navicella e distruggere il raggio, sconfiggere l’intera armata, è l’unica soluzione..
ma come saliamo senza essere visti?
Oppure dobbiamo…
accidenti!
Non riesco a pensare se continuano ad urlare così!
“SILENZIO!” urlo e attiro la loro attenzione.
Ora che c’è silenzio però, non riesco a pensare perché mi stanno fissando.
“..ehm, ciao!”;
mi sento idiota!
“litigare non ci serve a nulla!” afferma Robin;
“dobbiamo fare qualcosa!” continua la rossa;
“insieme!” aggiunge Cy;
“come una squadra!” termina BB entusiasta;
“andiamo! Abbiamo una città da salvare!” conclude Robin e gli eroi si avviano.
Io resto a guardarli…
Vorrei seguirli, ma non posso fare a meno di domandarmi se questo che sto facendo loro sia giusto!
Pagheranno caro per avermi dato affetto, sostegno.. per essere stati dalla mia parte!
E come glielo dirò?
E soprattutto.. devo dirglielo davvero?
Devono per forza sapere chi sono davvero e che cosa riserva loro il futuro con me, qui?
Cosa cambierebbe?
Sarebbero gli ennesimi ad odiarmi!
Forse proverebbero ad uccidermi!
No, non ne sarebbero capaci, hanno cuori grandi, tutti loro!..
io invece, sono una pietra!
Forse con quella ragazza si dimenticheranno presto di me!
Ed è meglio… per tutti!
Ora o mai più!
Se non me ne vado, non sarò più capace di farlo!
Le date che loro si portano incise nel destino, diverranno chiodi nel mio cuore… perché sarò io ad ucciderli!
Ora, per me il mondo è passato in secondo piano rispetto a loro!
Se potessi mai avere la possibilità di salvare pochi umani, di sicuro loro rimarrebbero in piedi tra le ceneri e la distruzione.
Anche se a poco servirebbe prolungare loro l’agonia.
In un mondo massacrato, vedere la morte per ultimi è la pena peggiore forse…
Quella che spetta a me, non a loro! È il mio destino!
Li guardo camminare ancora…
Sto per avanzare un passo verso di loro quando all’improvviso…
Un vento strano raggiunge il cristallo sulla mia fronte, che comincia a dolermi leggermente.
Un vento caldo, afoso, soffocante.
Porta con sé delle scintille di fuoco…
Mi sento sbiancare in volto..
“no!.. non di nuovo!”
cerco di mantenere la calma.. mi volto dove mi porta il vento..
il mio mantello volteggia al vento, i capelli si scompigliano alla calura sospirante.
Riconosco un edificio in lontananza…
La biblioteca!
Uno dei miei luoghi preferiti!
Un rifugio con una finestra sul mondo, fatta d’inchiostro e vecchi fogli!
Il mio antro sperduto e sicuro da tutto!
È il posto dove avrà luogo il rito!..
Ora capisco quel bruciore…
Devo allontanarmi prima che…
Non appena alzo lo sguardo, attorno a me, di nuovo le fiamme, le rovine, le statue immobili delle persone….
Poi loro.. i miei amici.
Tramutati in statue di cenere, accalappiati da spiriti senza volto.
“no…!”
Raven non è reale! Non ancora!
Torna alla realtà!
Avanti!
Mi stringo il cappuccio con le mani e lo tiro davanti al volto ricurvo verso il pavimento.
Ai miei piedi la terra si crepa in una piccola incisione, descrive l’antica profezia col fuoco liquido emerso dal sottosuolo…
La mia condanna…
Dei sussurri mi giungono all’udito per rimembrarmela.
Una sola lacrima verso su di essa, spegnendo l’ultima lettera.
“Rachel!”
la sua voce mi fa trasalire..
è nell’aria…
tutt’intorno a me, echeggia tra quel che resta dei palazzi…
In realtà solo nella mia testa.. non posso fuggire.
“Vattene!” affermo dura;
“tic tac, Raven! Il tuo segreto ha le gambe corte!” interviene ora un'altra voce..
il messaggero..
“Sparite!” ordino tra i denti..
mi ridono in faccia.
“Devo andarmene di qui!” affermo;
 
Prendo il volo..
Qualcosa mi afferra il cappuccio strozzandomi.
Mi ritrovo alle spalle un demone che cerca di tirarmi giù, mentre altri tre si avvicinano.
“LASCIAMI!” urlo e lo colpisco con un calcio.
Dopo di che mi lancio addosso al demone.
Sollevo un braccio e preparo un colpo mortale...
“NON DEVI TOCCARMI!”
 

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Capitolo 18
*** i demoni non supplicano ***


“RAVEN! NO! TI PREGO!”
mi supplica il demone, ma…
i demoni non supplicano.. non hanno anima, ne timori..
la sua voce, cambia timbro, è familiare..
è… è...
“BB!...” sussurro, sconvolta per ciò che ho fatto;
immediatamente mi levo da lui
indietreggio frastornata..
mi rimetto il cappuccio, per nascondere la mia vergogna.
Che cos’ho fatto?!
Faccio ancora dei passi indietro..
L’illusione scompare del tutto..
resto a guardare.. muta.. senza sapere come giustificarmi
Quelli che mi erano parsi demoni erano i miei amici ed attorno a loro c’è la devastazione.
I vetri di grattacieli e abitazioni sono in mille pezzi, stanno piovendo per strada come una polvere di stelle.. brillante e tagliente
Le auto sembrano essere implose! Sono accartocciate, addensate.
L’asfalto crepato, come anche alcuni pilastri..
Le mie emozioni hanno causato tutto ciò!
E beast boy, seduto a terra con del sangue uscente dal naso, mi guarda adirato, esterrefatto.
Quegli occhi di smeraldo sono infetti di rabbia, quasi animaleschi, predatori violenti e al contempo irrimediabilmente feriti.
“COSA DIAVOLO HAI CHE NON VA?!” mi urla contro;
non so rispondere..
abbasso lo sguardo..
Mi rifugio nell’ombra tetra del mio cappuccio.
Un’ombra di vergogna e terrore di me stessa.
Mi volto, dandogli la schiena…
“Oh, no! Scordatelo! Non te la cavi così!”
Mi afferra per la spalla e inaspettatamente mi strattona per farmi voltare.
Non mi sottraggo..
Rilasso l’espressione..
Contenendo le mie emozioni..
Chiudo gli occhi..
Mi lascio fare qualsiasi cosa voglia..
Comunque sia la merito..
Merito che mi faccia del male..
Che mi spezzi le ossa..
“GUARDAMI!”
non riesco ad alzare lo sguardo…
Mi toglie il cappuccio in malo modo, strappandomi anche dei capelli…
“GUARDAMI IN FACCIA RAVEN!”
solo allora lo devo guardare..
I suoi occhi nei miei…
verde come una pianta, viola come il suo fiore…
il luccichio di lacrime, il rossore nei miei occhi lo placano.
Il suo sguardo inferocito non riesce ad essere in collera a lungo, ma rimane permeato di delusione..
Un attimo di silenzio aleggia tra di noi
“…ti guardo!” riesco a dire con un sibilo indifferente, ma solo all’apparenza;
“sei senza cuore!”;
una fitta al petto s’irradia in tutto il mio corpo…
“Perché mi hai fatto questo?!”;
“io…”
sto per dirgli che non volevo..
sto per dirgli tutta la verità..
“io…..ti avevo detto di non toccarmi!”
sussurro col mento attaccato al petto, i capelli davanti al volto, per coprire l' incapacità di mentire nell’espressione…
..scusa!
“sai cosa c’è? Fanculo!” mi lascia; “Vuoi stare da sola?! Stacci per sempre!... Ci ho provato in tutti i modi, Raven!” indietreggia con le mani alzate, in segno di arresa; “Forse da sola sei una persona migliore! Forse sei davvero fatta per rimanere sola!.. Non sei una di noi!”
“BB ora calmati!” lo riprende Robin;
“no, Robin! Sta volta non ci sto! Non ha mai voluto essere una di noi! Io ero l’unico a crederci davvero! Ma non ha fatto altro che scappare o aggredirci, sempre! Ora Basta! Se non se ne va lei, me ne vado io!”;
a queste parole mi levo la spilla che avevo attaccato al mantello..
la faccio volteggiare e la poggio ai piedi di BB.
Tolgo il mantello, resto solo con il bodi nero.
Li guardo un’ultima volta…
tutti..
costretta a mostrare totale indifferenza, quando dentro sto morendo piano.
Tengo il mantello per un lembo e resto di spalle.
Attendo diversi attimi…
non sapendo se dire qualcosa..
Scelgo di non dire nulla.
Prendo il volo.
Volo verso il cielo lasciandomi alle spalle una scia di lacrime silenziose…
“addio…”
lascio andare il mantello…questo viene lambito dal vento, svolazza dietro di me.. mio lascito, se a qualcuno di loro volesse ricordarmi.
Giungo alla medesima altezza della grande navicella.
L’osservo per qualche attimo, senza fare nulla di tutto ciò che potrei..
Sento ora una stretta al cuore, come fosse legato a quello dei miei amici e più mi allontano più le corde si tendono e mi stritolano l’anima.
Il dolore mi soffoca, ma resto immobile.. impassibile.. fredda..
Un demone di pietra…
Non riesco ad andare più lontano di dove mi trovo, ho la sensazione che se lo facessi il mio cuore esploderebbe..
mi sono affezionata troppo per andarmene…
Ed ora capisco perché i demoni preferiscano odiare al posto di amare…
noi non amiamo come gli umani..
i legami non si scindono…
durano per sempre..
lontano da loro sono una foglia che svolazza qua e là senza un senso, senza volontà, senza una meta, uno scopo.. aspetto di cadere senza più un filo di vento a rialzarmi.
Affronterò da sola il nemico..
e dopo, andrò avanti da sola.. con gli obbiettivi che mi ero prefissata…
niente più sentimenti… niente più legami..
feriscono gli altri..
feriscono me..
io sono solo un portale.. vuoto..
creata per sprigionare distruzione..
erronea la mia natura a conferirmi l’arbitrio!
Sono un demone con dei sentimenti umani, per questo devo soffrire!
devo solo aspettare.. finché tutto non sarà finito..
poi non farà più male…
rivesto le mie mani di un oscuro potere, attacco la navicella, la quale comincia a fumare nel punto che ho colpito.
“RAVEN! TORNA INDIETRO! MI DISPIACE!” urla Beast Boy;
mi dispiace, amico mio!
Non è per le tue parole che faccio questo!
Continuo ad attaccarli, questi orientano un cannone verso di me..
“Fallo! Non ho paura di morire! Sarebbe meglio per tutti!”
“NO, RAE!” continua ad urlare BB insieme agli altri.
Fa per trasformarsi ed io lo immobilizzo.
“…Non riesco a mutare!”;
“io non riesco a volare!” afferma la rossa;
“ha disattivato il mio cannone!” constata Cyborg;
Mi volto verso di loro e gli rivolgo un ampio saluto, sollevando la mano dal mio cuore sino al cielo e poi lentamente fino al fianco.
Il cannone emette un raggio potentissimo alle mie spalle.
Mi volto e preparo un attacco..
Troppo tardi!
La sua luce mi travolge…
 
 
 
 
 
quel ghigno in volto a mio padre..
la fine attorno a noi..
in questo piccolo inferno terreno..
i suoi occhi contro i miei… due chimere che si scrutano..
Eppure non ho più paura!
Non ho più immensa voglia di vivere!
Ho adempiuto al mio compito, non ho più ragion d’essere!
I miei amici lo erano, erano la mia ragione, ma sono condannati quanto me!
Se ne sono già andati, forse! Spero sia stato indolore!
Non ha più senso che io mi opponga!
Non accetterei comunque un futuro senza di loro!
Vorrei essere stata disintegrata da quel raggio…
invece spinse la mia carcassa lontano..
caddi tra i palazzi aggettanti in alto..
desiderosa di lasciarmi morire per ciò che avevo fatto a Beast Boy…
e per un attimo credei di esser morta veramente!
“Ciao Rachel! Piccolo mostro di tuo padre!” mi saluta mio padre;
“Ciao, padre!…” rispondo fredda;
“la profezia ha avuto compimento! Tutti i tuoi amici sono stati sterminati! La terra è solamente una sfera desolata e tu… sei rimasta sola! Inchinati a me!”;
la verità mi strazia dentro!
Non riesco più a trovare ricordi felici!
"I demoni non supplicano!" rispondo tra i denti;
Poi abbasso lo sguardo!
Amici miei! Spero che abbiate sentito i miei pensieri e che abbiate potuto capire tutto quello che ho provato, le verità che vi ho nascosto, le mie vere intenzioni! Soprattutto…
spero che l’avermi conosciuta abbia lasciato in voi almeno uno stralcio di felicità!
Che possiate avere un bel ricordo di me!
Non chiedo altro!
Anche se, non ho mai saputo ridere, scherzare, felicitarmi, piangere di gioia..
Sappiate che dentro… l’ho sempre fatto!
Rivivere questi bei momenti, sebbene permeati dall’oscuro presagio, mi farà morire con un sorriso in volto!
Vorrei tanto potervi far rivivere il primo lieto fine della mia esistenza, ma non so più provare gioia alcuna ormai..
Lui mi ha portato via tutto……
Ho solo ricordi tristi!
Stringo due mangiate di terra e cenere tra le dita..
Piango, per la prima volta nella mia vita posso piangere senza vergogna o paura..
Non so più cos’avvenne dopo!
Non lo rammento più!....
….
Prendo a singhiozzare..
 
 
“Che cosa c’era dopo?”
 
“Che cosa vi è successo?”
 
“A-avete vinto con o senza di me?”
 
“Perché non lo ricordo?!”
 
“.. voglio.. voglio ricordarvi!”
 
“…mi mancate!”
….

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Capitolo 19
*** rifiorir dei ricordi ***


urlammo tutti assieme...
 
sgrano gli occhi..
 
io caddi sulle ginocchia, occhi strabuzzati, increduli..
urlando il tuo nome…
…a squarciagola!
Di te non era rimasto nulla…
Nemmeno le ceneri..
Nemmeno l’ombra..
Un nodo alla gola mi stava soffocando.. era stata tutta colpa mia!
Stavo morendo dentro!
 
“BB?”
sollevo lo sguardo..
i suoi grandi occhi verdi mi stanno guardando..
la sua bocca si piega in un sorriso, un dente acuminato svicola dalle labbra, dandogli la sua solita aria buffa e dolce…
 
“va avanti! Per favore!”
 
 
 
certo… lo ricordo come fosse ieri…
 
 
 
 
“Hai esagerato BB!” mi riprende Robin, furioso;
“sono sempre io a sbagliare? Perché? Hai visto cosa mi ha fatto?!” mi difendo;
“NOI.. le avevamo promesso che nonostante tutto ciò che ha dentro, le saremmo stati vicini comunque! Cosa ti aspettavi?! Che due parole dolci avrebbero sedato quella parte di lei? Evidentemente qualcosa l’ha spaventata! Hai visto come ci stava guardando? Era spiritata!”;
“La capisco, ma allora perché non parla con noi? Perché non ci dice che cosa le sta succedendo? Perché ci tiene all’oscuro di tutto? Come facciamo a comprenderla quando ha i suoi attacchi se non ci spiega quanto meno come affrontarli?”;
“forse perché non lo sa nemmeno lei?! Non ti è mai passato per la testa?! Secondo te perché tanta premura di starci lontani, se non perché non vuole farci combattere una battaglia che non sa come affrontare!”;
abbasso le orecchie insieme con lo sguardo…
“mi dispiace… solo.. stava per uccidermi! L’avrebbe fatto se……. “;
accidenti, sono confuso!
Non voglio credere che lei mi avrebbe davvero dato il colpo di grazia!
Non è da lei!
Non è cattiva, io lo so!
Ma come faccio a fidarmi di lei, se lei non si fida di me? Di noi?
“…Non ne sono più sicuro! Prima ero certo che non sarebbe mai stata in grado di farci del male!... e ora..”;
“lei non l’avrebbe mai fatto volontariamente! Ne sono certo!” m’interrompe;
“non sei tu che hai rischiato di essere ammazzato, per te è facile parlare!”;
“…no!” interviene l’aliena; “lei mi ha.. come si dice.. mi ha aiutata! Se lei non vi avesse fermati, mi avreste uccisa! È come se lei fosse capace di leggere la mia vita! Se fosse stata cattiva, avrebbe lasciato che morissi! Invece ha capito e vi ha fermato! Non è malvagia!” si pronuncia con difficoltà ad articolare le parole;
“lo so, ma il fatto è…”;
“ma che sta facendo?” m’interrompe Cy indicando un punto in alto;
“che?”;
“guardatela! Sta immobile davanti alla navicella! Così la vedranno!”;
avanzo qualche passo avanti al mio amico metallico per vederla meglio..
ed eccola lassù, sospesa a metri e metri da terra..
nobile nella postura, elegante nei movimenti, delicata di forme…
fiera e indomita, come una regina!
le sue mani si rinfoderano di quei dardi ombrosi ed immediatamente capisco le sue intenzioni!
“vuole affrontarli da sola!” comunico agli altri;
“dobbiamo fermarla!” afferma Robin;
Raven attacca la navicella ed immediatamente la minacciano con un cannone..
Non retrocede di un millimetro..
Non lo farà mai!
Ha deciso di fronteggiarli e non tornerà indietro!
Vuole autopunirsi! Ed è un osso duro! Non la dissuaderemo!
….
Non mi resta altro da fare!
…Vado a prenderla!
Per i capelli se sarà necessario! Non permetterò che si lasci fare del male per quel suo schifosissimo orgoglio di demone!
“RAEEEEEE!”
la chiamo mentre mi tramuto in un pterod…
“cosa? Ha neutralizzato i miei poteri! Non riesco a mutare!”;
“ci penso io!” afferma la rossa;
dopo un attimo precipita, ma atterra agilmente sui piedi…
“non riesco a volare!” si allarma;
Cy muta il suo braccio in un cannone, ma non appena lo espone per prendere la mira questo perde radicalmente potenza fino ad azzerarsi.
È stata lei! Ne sono sicuro!
Cocciuta!.. Si farà ammazzare!
“RAEEEEEEE! MI DISPIACE!” continuo a chiamarla e a scusarmi finché d’un tratto non si volta.
Mi guarda con quegli occhi lividi, profondi come l’oblio, sublimi come un incanto.
Dall’alto ci osserva, come fosse un addio..
Solleva un braccio e ci rivolge un sereno e tristo saluto..
“no, Rae…non andartene! Ti prego, non avrei mai voluto che tu…” sussurro inavvertitamente i miei pensieri;
d’improvviso il cannone getta contro di lei un barlume accecante, lei si volta troppo tardi, la travolge, ma mi è parso, per un secondo, come se in fondo, poco le importasse di morire….
“…no, Rae!...” farfuglio;
“RAVEN!” la chiamano tutti quanti;
“… che cos’ho fatto!”;
Crollo con le mani a terra, ho le lacrime agli occhi..
La mia Rae! Non c’è più!
“Cy, rintracciala!”;
“… mi dispiace amico! Non può essere sopravvissuta ad un attacco diretto, a fuoco così ravvicinato!”;
“…Raven!”;
persino Robin, il più impenetrabile e distaccato di noi, crolla nella mancanza di lei ed esprime il suo nome con nostalgia.
“coso verde..” mi richiama l’aliena e quando la guardo, vedo i suoi occhi innaturalmente verdi su di me, pronti a farmi la ramanzina; “hai sbagliato! Lei ha subito questo per causa tua! Tu l’hai spinta contro di loro!....... Ma.. l’hanno uccisa! Hanno fatto del male a tanta mia gente, non posso tollerare che facciano lo stesso qui! E poi, lei mi ha salvato la vita! Io vendicherò la sua!”
ha ragione!
Quei maledetti!
Me la pagheranno cara!
“ha ragione! Adesso la questione è personale!” l’asseconda Cy; “Non dovevano permettersi di toccare Raven!”;
“lei era nostra amica! Non la passeranno liscia! Non devono uscirne vivi!” conclude Robin.
“titani! Go!” afferma il leader e ci dirigiamo verso la nave…
 
 
 
 
 
 
 
Salimmo in fretta e senza essere visti e…
 
 
E una volta all’interno io vi guidai…
 
“Cyborg!”;
subito scorgo il suo occhio bionico riprendere bagliore, mentre l’occhio umano si dischiude, un’espressione serena e contenta si disegna sul suo volto.
 
La navicella era un vero e proprio labirinto di trappole, ma grazie alla mia tecnologia super avanzata trovammo il centro di controllo.
Una volta lì, m’intromisi nel sistema principale, tramite una falla.
Un giochetto!
Così trasferii sul mio braccio una cartina dettagliata della nave!
In breve tempo individuai dove tenevano l’arma di distruzione di massa …
 
 
E in quel momento che fummo scoperti…
 
“Robin!”
 
Anche lui si è ridestato, accanto a me, sovrappone una mano sulla mia per poi stringerla.
 
Combattemmo fianco a fianco, proteggendoci a vicenda..
Io presi uno di loro e lo costrinsi a parlare!
C’indicò la via!
Arrivammo appena in tempo, il raggio stava per distruggere la città!
Piazzai una bomba sulla porta e facemmo irruzione all’interno.
Ci definirono cinque eroi..
Ci tenni a specificare che oramai noi eravamo una squadra…
Dissi che avrebbero pagato per quello che avevano osato farti.
Si azzardarono a definirti come un inutile scarto di carne…
Fu a quelle parole che ci lanciammo contro di loro!
Beast Boy per primo!
Combattemmo senza esclusione di colpi, ma loro erano in troppi…
Cy era stato bloccato a terra, Star era stata tramortita, io messo all’angolo e BB sfinito di botte…
Schiena al muro.. tutti…dal primo all’ultimo…
 
 
 
Non ce la potevamo fare da soli!...
 
“Stella!”
la vedo sollevare la testa e mostrarmi uno dei suoi sorrisi solari e animosi, mentre la sua folta chioma lumina tenuemente.
 
 
Non perché non ne avessimo la forza, ma perché ci sentivamo incompleti! Mancava qualcosa!... o qualcuno!
Uno degli alieni disse queste esatte parole a Beast boy:
“farai la stessa fine di quell’insulsa terrestre! Sai chi è stato ad azionare il cannone contro di lei?... sono stato io!”
ho potuto vedere la rabbia cambiare il suo volto…
Si trasformò in un velociraptor e lo morse nell’incavo del collo, ma non potè difendersi a lungo… era stremato!
 
 
Indietreggiai..
 
Continua BB, telepaticamente! E tutti l’ascoltiamo..
 
Ero spacciato! Stavano per darmi il colpo di grazia..
 
 
Ora ricordi Rae?
……..
…..
...
 
Si… 
 
 
 
 
Mi sveglio, davanti a me le mura di una buca, al di là, un cielo grigio..
La mia pelle lacera, la carne spolpata e le ossa rotte…
Mi sto rigenerando piano...
in una lenta agonia..
il dolore che sento è straziante!
Vorrei urlare a squarciagola!
Vorrei stringere qualcosa con tutte le mie forze!
Qualsiasi cosa per alleviarlo!
Qualsiasi cosa per distrarmi!
Emetto solo gemiti sordi… minuscolo screzio di quelle grida soffocate nella mia trachea…
Lentamente mi curo.. lacrime acide mi solcavano le tempie, senza riuscire a dolermi, per via del male insopportabile a tutto il resto del corpo.
Però sento anche qualcos’altro…
un male interiore… mi scava il cuore… è più forte di quello fisico..
Per la prima volta esprimo questo dolore nel volto.
È incontrollabile!
Non riesco a contenerlo!
Il mondo lo sente!
La terra trema..
i palazzi si crepano..
il vento comincia a soffiare forte..
una tempesta con fulmini e saette comincia a turbinare nel cielo, esattamente sopra di me…
Ringhio di dolore..
Le bruciature guariscono..
Finalmente le costole si espiantano dai polmoni..
A polmoni liberi non mi trattengo più..
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH!”
un grido amplificato dalla cavità nel terreno in cui mi trovo…
così forte che la terra ha un tremito..
chiudo gli occhi e sento la pioggia picchiettarmi dolcemente addosso, dolendomi le ferite…
Una volta guarita.. però.. mi sento marcire dentro…
 
 
 
 
In quel momento sentii tutto..
vi cercai.. in lungo e in largo e vi sentii…
eravate in pericolo!..
Avvertii la vostra malinconia e la vostra rabbia!
Stentai a credere che poteste volermi bene!
Mi sentii subito più forte….
 
 
 
 
Apro gli occhi!
Mi metto seduta con qualche difficoltà!
Poi, pian piano in piedi!
Immediatamente dopo spicco il volo!
Riassorbo il potere emanato!
La tempesta è passata ora ho il completo controllo.
 
 
Giungo alla navicella in un battibaleno.
Avverto il battito del cuore di tutti loro… sono esagitati!
Qualcuno è in pericolo!
…BB!
Avverto il dolore sulla sua pelle…
Rabbia, la più pericolosa delle corvine emozioni..
in quell’esatto momento…
per quell’unica persona al mondo…
…si muove, dentro di me…
Attraverso le pareti..
Mi posiziono esattamente alle spalle del verdolino!
Uno dei lucertoloni alieni gli punta contro la lancia, per infilzarlo…
Immobilizzo la sua lancia, rivestendola di una patina oscura..
BB la riconosce…
“..Rae!” mi chiama, incredulo, cercando il mio volto nella stanza;
“morirete tutti!”;
il mio sussurro echeggia nella stanza.. faccio tremare le pareti e le luci si spengono e riaccendono ad intermittenza..
L’alieno si volta verso i suoi compagni… dando le spalle a BB, per cercarmi.
“Raven!” chiamano il mio nome gli altri…
Ad ogni bagliore di luce compaio in punti diversi dell’astronave…
Tra gli alieni…
Tra i miei amici…
Sul soffitto…
….Di fronte a lui…
E ad ogni intermittenza… vicina… sempre più vicina…
Gli occhi sempre più rossi… i denti sempre più appuntiti…
l’alieno indietreggia…
sono ormai imminente…
ogni intermittenza di luce potrebbe essere la sua ultima..
Poi la luce torna.. ed io sono scomparsa…
 “DOVE DIAVOLO SEI?” urla in preda ad un attacco di panico;
“Io…sono ovunque!” il mio sussurro echeggia, facendolo sobbalzare; “Sono la pazzia nella tua testa! Il terrore nella tua anima! L’inferno intorno a te!... Avete di che tremare! Nessuno di voi.. vedrà sorgere il sole!”
Sbuco allora dal muro, esattamente sopra BB…
“trovi che io sia un’umana?!” domando;
lui si volta di scatto e squadra spaventato a morte, il mio sorrisetto acuminato e i quattro occhi rossi..
“Tu?... tu sei morta! Io ti ho colpito!”;
“Sarà per un'altra volta!... Adesso giochiamo!”
Unisco le mani e lo colpisco in pieno con un raggio oscuro.
Emergo totalmente dal muro e cerco con lo sguardo i miei amici..
Mi guardano tutti con una vena di felicità nello sguardo, immobilizzati dove sono.
“Raven!” mi chiama Robin;
“sei viva!” dice la rossa;
“che bello rivederti!” aggiunge Cyborg;
invece tra gli alieni è sgomento e terrore… temono persino d’incrociare il mio sguardo..
io resto muta, insensibile…
guardo i miei amici come se queste parole non mi toccassero, malgrado abbia il cuore traboccante di gioia..
“… Rae..”
la voce di BB attira la mia attenzione..
lo guardo con la coda dell’occhio, ha le lacrime agli occhi…
gli tendo subito la mano..
lui la guarda esitante, ma poi l’afferra con un sorriso, capendo che non ho rancore alcuno.
Mi porto la sua mano attorno al collo e lo aiuto ad alzarsi.
Mentre lo aiuto, ringhia una dolenza alle costole.
Un altro alieno si appropinqua.
“Che intendi fare? I tuoi amici sono tutti K.O. sei rimasta sola! Ti distruggeremo!”;
“…tu e quale esercito?” domando;
il lucertolone si volta e nota i suoi compagni assaliti da tentacoli oscuri sbucati dal terreno.
I miei amici sono liberi adesso!
L’alieno indietreggia, chiama rinforzi!
Contatta tutte le squadriglie inviate in città! Tra poco ci sarà un’orda di alieni concentrata in questa stanza e il mio incantesimo non durerà a lungo!
…Perfetto!
Avanzo qualche passo, ma BB lamenta anche un dolore alla gamba…
Le porte vengono sfondate dagli altri alieni..
“Lasciami qui, Rae! Vai con gli altri!”;
“sta zitto!” lo ammonisco;
Non ci penso neanche a lasciarti qui!
Dovunque andremo, saremo tutti insieme, d’ora in poi!
Lo giuro!
Vi proteggerò…da oggi, fino alla fine!
Mi volto verso i ragazzi che hanno ricominciato a fronteggiarli..
“Raven! Ti copriamo le spalle!” mi assicurano;
annuisco e faccio sedere BB tra i suoi lamenti..
“Hai delle brutte fratture!” gli comunico;
pongo una mano sulle fratture..
“farà male!” lo avverto;
stringe i pugni e mi fa un cenno con la testa quando è pronto.
“Non smettere di guardarmi negli occhi!”;
il mio tono flebile è persuasivo..
lui obbedisce e rimane a bocca aperta nell’osservarmi..
così vicina, come non mi aveva mai avuta..
mi scruta come sotto ipnosi..
come se volesse dire qualcosa..
come se volesse fare qualcosa…
qualcosa che sa essergli proibito..
qualcosa che sa essergli letale…..
c’è un sentimento intenso a pulsargli nel cuore..
glielo sento scorrere nelle vene… freme in lui come un bisogno impellente!
Una fiamma che si brucia dentro di lui!
Si sporge col viso….
Resto immobile…….
Poggia la fronte sulla mia, ha il respiro pesante..
Attende immobile.. come di fronte ad una belva..
timoroso di me, al contempo bramoso di me..
mosso da sicure incertezze.. sospeso tra audacia ed esitazione.
Queste sono le vere sfide di un eroe! Ed io devo scegliere!
ciò che è bene per me..
E ciò che è bene per lui…
“Cura.. te.. ipsum!” sussurro la formula, a pochi centimetri dalle sue labbra;
Una fitta atroce lo fa urlare di dolore, si ritrae poggiando la schiena al muro e tentando di sopportare..
I miei poteri oscuri agiscono sulle parti compromesse..
io continuo a fissarlo con occhi lucenti di violacea magia….
Questo è bene per te Beast Boy!
Abituati ad amare questo muro tra di noi!
Anzi… tenta di farlo invalicabile per quel che puoi…
Rendilo castello o fortezza!
Sarà la tua salvezza dall’oblio che posso disegnare con queste stesse dita attorno alle anime dei vivi.
come l’inchiostro.. le mie mani dipingono bui troppo fitti per le creature della luce come te..
non c’è.. luce…..in me!
Beast Boy mi guarda, stringendo i denti e sopportando con parecchi lamenti il riassestamento delle ossa…
Il suo sguardo, permeato di dolore, comunica comprensione del mio avvertimento benintenzionato, ma subito dopo palesa la sua testardaggine ed insistenza..
Non mi lascerà andare via solo perché sono una strega!
Non mi starà lontano, solo perché sono un mostro!
Non mi abbandonerà perché sono un demone!
Non rinuncerà ad esserci!
…Mai!
Distolgo lo sguardo non appena vedo la sua espressione, sudata, rasserenarsi visibilmente…
le ossa sono in posizione, ma la frattura deve ancora rimarginarsi…
“Raven, attenta!” sento urlare alle mie spalle;
Mi volto troppo tardivamente, mi ritrovo scaraventata contro il muro in metallo.
“RAE!” si premura di chiamarmi il ragazzo verde.
Vedo un alieno innalzare le braccia sopra la testa per colpirlo…
“Robin!” lo chiamo, ma lui è in difficoltà;
“Cyborg!” anche lui sta per essere colpito nel medesimo modo;
mi volto verso l’aliena, ma immediatamente la vedo dimenarsi, mentre l’afferrano per i piedi, in modo da impedirle di volare, uno le salta alla schiena e la abbatte definitivamente.
“AAAAAHH!” avverto le urla di BB;
quell’essere l’ha colpito sulla frattura precedente per fargli più male…
la sua espressione dolorante, a bocca aperta, senza fiato per urlare ulteriormente…
lo vedo, allo stremo delle sue forze, torturato da quell’immonda creatura…
Rabbia… si risveglia…..
Trasforma il mio aspetto innocuo e angelico in quello del peggiore incubo che possa assillare i loro sonni..
La sento, s’irradia nel mio essere, avvelena le mie intenzioni di violenza ed ingiurie..
Immediatamente i miei denti si allungano, le mie iridi s’iniettano di sangue, altri due occhi si dischiudono sulla mia fronte..
il mio aspetto degenera, sono preda dei miei istinti e predatore dei miei nemici…
L’alieno prepara il colpo di grazia da infliggere a BB…
Immediatamente mi alzo e corro nella loro direzione..
Sollevo il braccio e lancio a tutta velocità un’ondata di energia, pari alla mia ira…
Questa seca il pavimento in profondità, provocandovi un solco i cui effetti preoccupano persino i miei amici.
L’alieno, avendo visto saettare quel dardo, ha indietreggiato…
Continuo a correre nella sua direzione e sguaino gli artigli, un attimo prima di balzare in volo verso di lui…
Con un gesto delle mani, pezzi della navicella si staccano, attirati dalla mia forza e sfrecciano veloci come comete contro quell’alieno, finché questo non si accascia privo di sensi.
In quello stesso momento mi volto verso tutti gli altri, che trattengono i miei amici...
Questi indietreggiano a turno, almeno di un passo, portandosi dietro i prigionieri.
Protendo le mani e creo una patina nera attorno ai miei compagni, solo la rossa ne rimane allibita e pensa inizialmente ad un pericolo..
Prendo a volteggiare a mezz’aria, incrocio le gambe…
“Pagherete per il male che avete fatto!....” li condanno;
“AZARATH…METRION…ZINTOS”

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Capitolo 20
*** nuova aurora ***


Dalla mia fronte s’innesca un esplosione di oscurità…
la mia rabbia è così forte da distruggere un quarto dell’intero ufo.
Quando riassorbo interamente l’energia, attorno a me sono rimaste solo macerie metalliche e quattro visi familiari, a metà tra l’impaurito e il rincuorato.
La navicella emette nere colonne di fumo che si levano sopra le nostre teste, verso il cielo..
Mi volto per andare dai miei amici, ma immediatamente mi ritrovo assalita da tutti e tre che mi abbracciano e mi stritolano.
Tranne BB che resta seduto a terra con il labbrino da bambino geloso e gli occhioni grandi dalle pupille arrotondate, come un micio.
Non appena mi lasciano Robin si avvicina..
“Credo proprio che questo sia tuo, Raven!”;
mi porge il mantello blu, lo indosso e mi rimetto il cappuccio, sentendomi un po’ più me stessa.
“Ti ringrazio!”;
Un tremore sotto di noi interrompe le felicitazioni.
Un vento impetuoso ci viene contro, tanto da dover rimanere sdraiati per non essere spazzati via, come i pezzi dell’astronave che si perdono alle nostre spalle.
“Questa navicella non reggerà a lungo!” ci avvisa Cyborg; “ci sarà un’esplosione! Si estenderà a perdita d’occhio! Il cannone era alimentato a nucleare! Distruggerà tutto!”;
“possiamo invertire il processo?” domanda Robin;
“troppo tardi!... ed anche se fosse, questo ammasso di ferraglia si schianterebbe sulla città!” conclude spargendo il panico;
“che possiamo fare?” domanda l’aliena;
Rifletto sul da farsi…
“C’è un modo!” affermo e tutti mi prestano attenzione;
Mi lascio andare e il vento mi trascina via, mentre loro chiamano il mio nome..
Mi sollevo in volo..
Lascio che la navicella mi superi a gran velocità…
Allungo le mani verso di questa..
Trovo il mio centro…
“Cape illud!”
le mie mani si prolungano in dieci tentacoli scuri, raggiungono la navicella e si ancorano ovunque sulla sua lunghezza.
Immediatamente tento di contrastare l’avanzata, volando in direzione opposta, in un attimo rallenta, fino a fermarsi, ma il pericolo non è scampato.
“abbiamo pochi minuti!” ci allerta Cyborg;
“ANDATE VIA! DEVO CONTENERE L’ESPLOSIONE!”
“non se ne parla!” s’impunta Robin;
“noi restiamo! Siamo una squadra!” aggiunge la rossa;
“no! ho causato io l’esplosione! Me ne devo occupare io!”;
“accetta il nostro aiuto per una volta! Cocciuta che non sei altro!” mi ammonisce Cyborg;
“intendo farla esplodere entro uno scudo, prima che distrugga la città e anche voi!”;
“allora sarà meglio che cominciamo a darci da fare!” ribatte l’aliena, insistendo;
“No! Porta via BB!”
la giovane esita..
“ha più bisogno di te! Non può volare in quelle condizioni! Portalo via!”
la rossa si convince e vola via con Beast Boy.
Faccio levitare i due eroi rimasti..
“Robin! Tu vai! Resto io con lei!” afferma Cy;
“cosa?!”;
“ragiona! Tu non hai dei poteri! Non puoi fare nulla per contrastarlo! Sta tranquillo! Ce la faremo! Occupati di BB e l’aliena! E per occuparsi, non intendo limonartela di nuovo!”;
il giovane arrossisce d’imbarazzo e rabbia, ma vedendo il mio sorriso vagamente divertito, si scioglie e accetta le condizioni, cosciente della razionalità del discorso.
Lo conduco sul palazzo dove si sono appostati gli altri due.
“Adesso a noi, Raven! Ti sei liberata di tutti loro! Non farai lo stesso con me! Ho ancora un debito nei tuoi confronti! Ti salverò le chiappe io questa volta!” mi avverte con un sorriso;
“d’accordo! Stai pronto! Devi colpire le riserve di carburante! Ci saranno due esplosioni.. seguite dalla più grande!” mentre parlo Cy utilizza il suo occhio bionico, muta di lente e ne mette una con cui può distinguere la struttura interna della navicella, ricerca il punto che gli ho segnalato; “credi di potercela fare?” domando;
lui in risposta tramuta il suo braccio in un cannone e lo imposta sulla massima potenza di fuoco.
“Facciamolo!”
Sollevo la navicella, lentamente, fino a portarne tutta la mole sospesa sopra di noi, questa emette rumori sinistri…
Uso tutta la forza di cui dispongo, il peso mi fa tremare le braccia, delle scosse di mal di testa m’indeboliscono, ma non posso mollare.
Una folla urlante si è accalcata sulle spiagge e sui porti di Jump City..
Sono grida d’incoraggiamento, fanno sentire il loro calore da laggiù..
“Forza Rae!” s’aggiunge Cy;
avanti Rae!
non mollare!
siamo tutti qui con te!
sento anche le voci dei miei amici, sono i loro pensieri a parlare, vociano nella mia psiche, infondendomi energia.
“Ego te coerceo et iste claustrum tui sepulcrum erit!”
pronuncio la formula con tono solenne…
il mio potere racchiude l’enorme navicella, lentamente…
Ora la mia mente ne conosce e possiede ogni singolo scomparto…
Scompongo ordinatamente gli interni dell’edificio volante, davanti agli occhi di Cyborg, per lasciargli un varco in cui sparare.
Punta il cannone..
“Fa che funzioni Raven!”
“Deve funzionare! Avanti!” lo incoraggio;
Prende la mira…
Un attimo di silenzio quando il rumore di uno sparo frastorna le nostre orecchie, echeggia fra le strade, dentro gli edifici, in ogni angolo della città e si ripete in lontananza.
Un lume di speranza s’immette nel tunnel che ho aperto, un dardo lucente che al suo passaggio abbaglia ogni piano del mastodonte, davanti ai nostri occhi..
Man mano che s’avvicina al centro, sento il cuore salirmi in gola, le speranze di tutta la città tenermi le mani, la fiducia dei miei amici reggermi le braccia…
È nel momento in cui la bolla di fuoco tocca il cuore della nave che mi torna alla mente la figura di mio padre…
Chiudo il campo di forza e immediatamente due esplosioni lo dilatano in una sfera gigantesca…
Immediatamente alcuni degli strati oscuri si strappano e si sfaldano, ne ricadono stracci trasparenti attorno a noi, mentre la terza detonazione sta per innescarsi…
“Io non sono come te, padre! E adesso… guardami!”
le mie corvine emozioni si miscelano in questo momento….
Incremento la forza oscura dalle mie dita..
Aggiungo ancora potere, iniettandolo dai miei occhi…
Eccola…
La terza esplosione….
… altri strati si spezzano…….
Aggiungo più potere dalla bocca e dal mio cristallo…
Racchiudo la sfera con altra magia…
Più di questo non posso fare…
Ora… è la mano del destino!
 
 
…….
 
 
 
“Azarath Metrion Zintos!”
 
…..
 
disintegro tutti gli atomi all’interno della sfera…
riduco all’inesistente ogni cosa al suo interno…
Articolo le mani e ansimo nello sforzo di rimpicciolire lo spazio vitale della detonazione…
Lentamente vi riesco…
La sfera si fa sempre più piccola..
Quando raggiunge la dimensione di una palla da bascket la tengo tra le mani e uso tutta la mia forza per ridurre l’essere al non essere.
In fine la sfera raggiunge dimensioni trascurabili...
Chiudo gli occhi e la stringo in un palmo..
un piccolo scoppio mi brustolisce la pelle, ma non la sento nemmeno…
 
 
passa qualche attimo di silenzio tombale…
il tempo di realizzarlo…
 
Quando apro gli occhi Cyborg mi sta guardando, il suo sorriso si dilata di felicità i suoi occhi si strabuzzano dalla gioia…
Trattiene l’esultanza finché non sollevo un angolo della bocca in un piccolo sorriso…
“…è fatta!”
in quel momento odiamo poche urla levarsi dal palazzo su cui si trovano i nostri amici e successivamente il grido univoco, plateale, di tutta la città…
accompagnato da applausi e aria di festa…
e laggiù…
all’orizzionte…
le prime luci dell’alba..
sorge il sole…
“ce l’hai fatta!” strepita Cyborg con le lacrime agli occhi, al settimo cielo;
“ce l’abbiamo fatta!” lo correggo con un piccolo sorriso;
saltella sul campo di forza che lo sostiene, esultando, come un bambino…
io mi carezzo le spalle, a disagio, per non essere in grado di godermi la vittoria quanto tutti…
Mi mordo il labbro imbarazzata, mentre mi stringo nelle spalle e mi guardo attorno.
All’improvviso Cyborg mi salta in braccio e mi stritola in un abbraccio che mi toglie il respiro e mi fa arrossire in volto.
“Cy.. n..non respiro!”
immediatamente salta di nuovo sulla mia piattaforma volante e mi porge le sue scuse.
Teme per un secondo che io lo fulmini, ma…
Gli faccio un altro, piccolo sorriso..
Benché mi abbia soffocata, mi ha dato solo un gran piacere…
Volo verso terra, portando con me Cyborg..
tra la folla ci sono anche gli altri titani ed un altro abbraccio mi sorprende..
quello di quattro eroi, amici..
la mia famiglia!
Indietreggio non appena tutti si discostano da davanti a me, temendo ancora il loro giudizio per via di quanto era accaduto tempo fa..
Prendo il volo per andarmene, ma immediatamente Robin mi agguanta per un braccio..
“Rae…” mi chiama con una voce quasi supplichevole;
“…resta!”;
torno a terra e lui mi tiene per mano, come farebbe un padre con la figlia, mi porta davanti a tutti.
“lei non è come voi!..“
cerco di nascondermi dietro di lui..
“e nemmeno come noi!..”
mi copro il volto col cappuccio..
“ha un grande potere ed un grande cuore! Il suo nome è Raven.... e lei.. ha salvato tutti noi!”
dopo le sue parole si levano acclamazioni che mi lasciano stupita…
Robin mi lascia la mano e la posa sulla mia spalla.
“Avanti Rae!” m’incoraggia un beast boy zoppo, prendendomi l’altra mano e appendendosi alla mia spalla per restare in piedi…
Fra le loro urla avverto i loro pensieri, benevoli, fiduciosi, ammirati..
nessuno di loro parrebbe provare rancore!
Quando le urla si fermano, sto ancora meditando se farlo…
Altre due mani si poggiano alle mie spalle…
Sono Cy e l’aliena rossa.
“Avanti Rae!” m’incoraggia anche Cy;
resto muta…
ad occhi chiusi…
nascosta nell’oscurità del cappuccio…
ascolto ancora i bei pensieri…
 
……
 
Faccio pochi passi avanti e nel mentre, le mani dei miei amici mi lasciano andare, nel mentre mi faccio avanti porto le mani al cappuccio…
Attendo ancora qualche attimo, dopo di che lo tolgo, davanti a tutti e apro gli occhi…
Una bambina si avvicina..
La riconosco subito..
Lei mi vide davanti alla biblioteca abbandonata..
Vide il marchio di scaat palesarsi addosso a me..
Una vampata di calore e terrore che dica qualcosa in merito mi assale..
Resto col fiato sospeso a confrontarmi con i suoi occhietti innocenti..
Mi sorride e mi abbraccia…
“lo sapevo che eri una fata!” mi dice e se ne torna dalla mamma ridendo, mentre tanti sorrisi mi fanno prendere sicurezza.
“Vi chiedo scusa! Per gli sbagli che ho fatto! Chiedo perdono alle persone che ho ferito!.. non si ripeterà mai più!” lo dico con gli occhi lucidi e la voce vagamente roca.
Nessuno emette un fiato, ma tanti asseriscono col capo, senza dire nulla.
Robin mi riprende la mano..
“forza ragazzi! Torniamo a casa!” afferma e mi porta via con se..
 
 
l’indomani mi trovavo sulla spiaggia dell’isoletta a guardare quello stesso sole, ma ad una nuova aurora…
pensando ancora a quando non sorgerà più su questo mondo…
pensando alla fine di tutto…
pensando alle menzogne che ho detto… a tutti!
Pensando a quanto tutte queste bugie e misteri mi logoreranno dentro!
Oramai ho scelto! Non voglio più tornare sui miei passi! Non voglio più andarmene!
I ragazzi mi raggiungono, accompagnati dalla ragazza ricciola…
“vi ringrazio molto di avermi fatta restare per ristorarmi!”;
la sua voce mi fa alzare in piedi..
“non ci hai ancora detto il tuo nome!” osserva Cyborg;
“Koriand’r, ma credo che nella vostra lingua sia Star fire!”
“sarai sempre la benvenuta qui!” gli dice BB;
“..ad ogni modo, c’è una cosa che vorrei chiedervi!..” dice, balbettando per l’imbarazzo;
“…dillo!” le suggerisco, con più austerità di quanto volessi;
“ecco… vorrei chiedervi se posso restare!”;
le risposte ovviamente sono positive ed io non posso che annuire con un sorriso appena visibile sotto il cappuccio.
“E tu, Rae?” domanda Robin;
non rispondo.. non ancora…
Star mi prende la mano e mi prega come una bambina…
“Avanti! Ti prego! Ti prego! Ti prego!”;

….
……
“…resto!”
 
 
mi stritolano di nuovo in un abbraccio di gruppo..
“si però finiamola con tutto questo affetto o mi verrà la nausea!”
 
 
non lo scorderò mai tutto quello che siete stati…

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Capitolo 21
*** niger corvus ***


quella è stata la nostra prima alba come una squadra…
da lì niente ci ha mai separati...
abbiamo affrontato ogni pericolo e ne siamo sempre usciti, sempre insieme!
Non abbiamo mai perso!
 
 
 
“e non perderemo oggi!” afferma Robin ad alta voce e si tira su, sedendosi accanto a me, mi mette una mano sulla spalla;
avverto improvvisamente una corvina emozione.. una che sembrava fosse scomparsa per sempre… il coraggio!
“lotteremo fino alla fine!” afferma Star, mettendomi una mano sulla schiena...
con lei un'altra corvina emozione… la felicità!
“e vinceremo ancora una volta!” continua Cy ed anche lui mi adagia una mano sulla schiena;
Cy… la determinazione!
“perché noi, insieme, siamo una forza!” conclude BB;
la sua mano… l’amore!
 
Vi ho lasciato le mie emozioni migliori, per difendervi da lui…
Ora che queste sono tornate a me…
Non me ne andrò senza combattere!
Per voi!
 
Le mie emozioni mi fanno tornare la Corvina di sempre, ma adesso sono in abiti bianchi, come quelli dei monaci di Azarath, ora che sono completa.
“Di addio a questo mondo, mia cara figliola! Adesso è mio! Non pensare di potermi sconfiggere con i poteri che io ti ho dato! Io ti ho creata! Esisti solo per servirmi! Sei qui grazie a me! Non sei mai morta perché io ti ho dato l’immortalità! Ed io stesso posso riprendermela! Ora che non servi più! Né tu, né i tuoi amici avete la minima speranza contro il re dei demoni! Sottoposta, inchinati! Accetta il tuo destino!”;
le sue parole non mi toccano..
un lume violaceo s’accende nei miei occhi..
Mi alzo in piedi ed i miei amici mi lasciano andare.
Sento dentro una nuova forza! Mai avuta prima!
Alzo la testa, per non abbassarla mai più!
Lo guardo negli occhi…
“No!”;
“Come?!” domanda minaccioso;
“HO DETTO NO!” ribadisco decisa;
“muori!”;
allunga la mano verso di noi ed io verso di lui…
ci scaglia addosso tutto il suo potere…
“potens scutum!”;
creo uno scudo attorno a noi e questo non viene scalfito dalla sua forza…
lui stesso ne rimane stupito.
Un polverone si erge tra noi, allora sollevo uno Zefiro che mi scompiglia i capelli e sposta la polvere con i suoi soffi…
potenzio le mie mani di due lumi oscuri…
“ho passato anni senza manifestare nessuna emozione, affinché tu non te ne impadronissi per spingermi a distruggere e uccidere contro la mia volontà! Mi sono nascosta per tutta la vita per evitare di fare del male a chi amo! Hai tormentato i miei sogni ogni notte! Hai cercato di convincermi della mia malvagità! Non cambierai la mia volontà, né ora, né mai! E di tutto il male che mi hai fatto, il peggio è che hai osato chiamarmi figlia! Tu non sei mio padre! Credi di essermi superiore?! Ti sei scordato chi ti ha confinato in quel cristallo?! Chi ti ha condannato a vivere come un parassita?!... E non dimenticare! Io non sono solo un demone! Sono anche umana! Le mie emozioni sono più forti! NON M’INCHINERÒ MAI A TE!”;
Trigon indietreggia…
Mi attacca ed io devio il suo raggio di luce, esso seca a metà un palazzo, la parte superiore slitta e si abbatte su di un'altra costruzione.
Non mi muovo di un millimetro!
Resto immobile!
Finalmente a testa alta!
Finalmente lo guardo negli occhi!
Raddrizzo le spalle, sicura di me..
Dopo anni nell’ombra della menzogna, della paura… finalmente mi sento invincibile, felice, determinata, coraggiosa!
Aver confessato ai miei amici tutto quello che avevo dentro ogni singolo istante con loro, mi ha fatto riscoprire me stessa.
Adesso è lui a dover temere me!
Non c’è più alcuna profezia a propiziarlo in sorte!
Il mio destino è nelle mie mani!
Ne resterà in piedi uno solo!...
Cammino verso di lui, lentamente…
Gli aloni di energia alle mie mani mutano di colore, divengono candidi.
Lo colpisco al petto con entrambe le mani!
Lo costringo a indietreggiare..
Lui risponde con un pugno per schiacciarmi, ma nemmeno ora ho intenzione di fermarmi.
Uso i miei poteri, le mie corvine emozioni sommate assieme, mi conferiscono una forza che non avrei mai immaginato! E riesco a controllarla!
Sollevo un palmo aperto..
Fermo le sue nocche a pochi istanti dalla mia testa, sollevo la sua mano  raddrizzando il braccio verso l’alto e Trigon si ritrova con un polso incatenato da un lucore bianco…
Con l’altra mano attanaglio l’altro polso…
“NO! NON è POSSIBILE! I DEMONI NON POSSONO USARE MAGIA BIANCA!”;
“…addio! Trigon!”
lo colpisco in viso con un fulmine proveniente dalla mia fronte…
Trigon invecchia, la sua barba si stacca, i denti marciscono, la sua immortalità si prosciuga, il corpo si deteriora, come quello di un cadavere, la pelle aderisce alle ossa deboli e scarne, il suo volto diventa rugoso…
Poi la sua pelle si lacera, ma quel che ne esce è inchiostro…
Le sue membra si raggrinziscono, come le pagine vecchie di un libro…
si accartoccia su se stesso e s’incenerisce, lentamente….
Il vento trascina via con sé le ceneri del demone più potente e malvagio di tutti..
Il sole tramonta su mio padre… per sempre!
I soffi sollevano altre ceneri, quelle di cui oramai è cosparso il mondo intero…
Quelle del mio acerrimo nemico si confondono in esse..
Il mio sguardo si posa su delle pagine, tutto ciò che resta di lui…
Cenere alla cenere, polvere alla polvere…
Il demone che divenne una leggenda di malvagità, torna ad essere solo una leggenda!
Prendo quei fogli ed apro un tunnel dimensionale, da cui prelevo il mio libro di Azarath, vi inserisco le pagine, dopo quella semi strappata contenente la profezia, quella che i miei amici tentarono di decifrare ormai molte lune fà.
Chiudo il libro e quando sollevo lo sguardo, ci sono loro…
I volti delle persone che ho pensato di non rivedere mai più…
“Rae!”
mi chiama una voce familiare, colmandomi il cuore di felicità, è Beast boy.
Alzo lo sguardo verso di lui con un sorriso sincero, ampio, radioso, il più bello che penso di aver mai regalato loro..
“Sei tornata!” afferma Star fire, felice come una pasqua;
“e ce l’hai fatta! L’hai sconfitto!” continua Cyborg;
“si, qualcuno ha creduto in me fino alla fine!” affermo guardando Robin e lo avvolgo in un caloroso abbraccio…
il primo che abbia mai concesso…
“Ben tornata!” mi dice lui, accarezzandomi i capelli come farebbe un padre premuroso;
quando lo sciolgo, le facce stupire degli altri mi stimolano un risolino.
“Mantello bianco! Abbracci! Sorrisi! Mmh! Sei sicura di essere davvero tu?” domanda BB vagamente ingelosito, nonché curioso;
“il mio colore preferito è sempre il blu! Agli abbracci non abituartici! E sorrido perché sono felice di essere tornata!”;
BB mi salta addosso e mi stritola di un abbraccio…
“che bello Rae, pensavamo di non rivederti più!”;
“non vado da nessuna parte senza di voi! Ma ora finiscila!”
lui mi lascia…
“Grazie per non avermi abbandonata mai!” confesso loro e divengo rossa;
“scusate se interrompo le felicitazioni, ma… il mondo è una palla di fuoco e cenere! Cosa facciamo?” domanda Cy;
lo guardo fisso negli occhi, in silenzio…
“Che c’è? Perché mi guardi?”;
non rispondo, mi limito ad un sorrisetto, poi prendo a camminare, supero tutti e mi metto al centro della strada.
Guardo ad una sua estremità e l’altra, la devastazione non mi sembra più qualcosa di irrecuperabile.
Vagamente vi riconosco la città e la sua vitalità…
Ricordo le migliaia di volte che l’abbiamo attraversata, rincorsi da pericoli o rincorrendone delinquenti, le volte che è finita distrutta da nemici o da noi per sconfiggerli, le volte in cui si affollava di gente a congratularsi, le volte invece in cui era desertica, oppure ancora assediata…
Guardo le nubi cineree sopra di noi e oriento lo sguardo verso l’orizzonte, dove dovrebbe sorgere il sole…
Ricordo ogni singolo tramonto, ogni singola alba, da quelle vere a quelle sognate a quelle sperate per un mondo che le aveva contate…
Apro il mio cuore a queste ceneri:
 
Chiudo gli occhi…
 
 
 
“Niger… Corvus!”
 
un corvo bianco si eleva, grande e possente come un demone, buono e onesto come un umano…
spiega le ali..
 
 
 
 
“Azarath Metrion Zintos!”
 
 
 

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