Rock Bazar

di ChiaraBaroons
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Il mattino ha il sarcasmo in bocca ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - New & Old ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Il mattino ha il sarcasmo in bocca ***




Rock Bazar - Capitolo Uno
Il mattino ha il sarcasmo in bocca.



1984. 
I Motley Crüe ed Ozzy Osbourne arrivano in Florida, scendono
dal loro tour bus ed Ozzy sniffa una scia di formiche dallo stecco di un
ghiacciolo lasciato a terra. E, a tutto questo, assiste CJ, all’epoca una
semplice bambina di quattro anni, con le trecce ai capelli, le lentiggini sul
viso ed una bambola tra le mani.

2003.

Passano quasi vent’anni, durante i quali CJ dedica anima
e corpo alla musica, quasi fosse una figlia da accudire con cura. Ancora
segnata da quella visione di quand’era bambina, decide di seguire quegli
“ideali”, quelle assurde follie, quella scia di pazzia che il rock lascia
dietro di se. Tutto quanto.

1994.

Gli anni Novanta impazzano, le boy band fanno strage di
ormoni e la musica per lo più fa schifo, ma non per CJ, che spende ogni suo
spicciolo per farsi una cultura di quella che lei ritiene essere degna di nota,
per riempirsi di vecchi vinili e seguire l’esempio di quei folli che tanto
ammira e che tanto venera.

2015.

CJ è una delle poche consulenti sulla faccia della Terra
per le nuove generazioni che decidono di entrare nel mondo della musica rock,
che decidono che, far parte di quel mondo, vale tutta la fatica ed i sacrifici,
perché oramai  conosce quello spicchio di

mondo a menadito. Ne conosce i tranelli, gli schemi, le bellezze, le mutazioni.

Ai più fortunati fa addirittura da manager, nei primi
tempi, prima che riescano davvero a spiccare il volo.

Ed il suo lavoro le piace da impazzire. Ed è pagata alla
grande.

Poi incontra loro: band già conosciuta, già ascoltata,
già vista. Cercano un nuovo sound, o meglio, un modo per tornare alle origini,
a quello che non riescono più ad essere.

E per quanto vorrebbe evitarlo, anche CJ sarà costretta a
tornare indietro nel tempo, alle sue origini, ai motivi delle sue scelte, e
sarà un viaggio tutt’altro che facile.
 
After all there's only just the two of us
And here we are still fighting for our lives
Watching all of history repeat itself
Time after time
I'm just a dreamer
I dream my life away
I'm just a dreamer
Who dreams of better days
Ozzy Osbourne - Dreamer
 
 
Erano le otto del mattino quando CJ, colpita in pieno viso – ovviamente - da un raggio di sole che filtrava dalla finestra, si svegliò.
Per una maledettissima domenica non poteva arrivare ad almeno sei ore di sonno, no!, il mondo le remava contro e, anche in quello che era il suo primo giorno libero dopo secoli, era costretta ad alzarsi a quella che lei definiva l’alba.
Certo, la nottata precedente non aveva aiutato per nulla, nemmeno la quantità di alcool ingerito in quel pub di cui nemmeno ricordava il nome, come al solito: alla prima occasione di libertà, saliva in macchina e cercava il primo anonimo posto aperto e si piazzava al bancone, ignorando tutte le squallide proposte degli ubriachi che passavano nei dintorni e prestando attenzione solamente al bicchiere di bourbon che aveva davanti agli occhi.
Sì, abbastanza triste, direte. Ne era consapevole anche lei, ma in qualche modo doveva scaricare la tensione, ed essendo single da fin troppo tempo – e preferiva davvero evitare di pensarci -, l’unica possibilità era il sapore dolceamaro dell’alcool. Naturalmente, cercava di dimenticarsi degli effetti della mattina dopo, e ci riusciva anche, altrimenti non si sarebbe mai azzardata a ridursi in quello stato, per l’ennesima volta.
Dire che la testa le girava all’impazzata è dir nulla, ma, di certo, poteva farci ben poco: aveva passato un mese d’inferno al lavoro e, avere un’incapace al posto di un’assistente, non le aveva facilitato il lavoro. Glielo raddoppiava, peggiorava, dovendo pensare anche a che tipo di caramelle scegliere per la sala d’aspetto del suo ufficio.
Patetico.
La povera ed in innocente Lily era tanto bella quanto stupida.
CJ si era ritrovata fin troppe volte a fissarle le gambe, quasi sempre fasciate da jeans firmati, invidiando quella perfezione, e si convinse che quella fosse assoluta ingiustizia nei suoi confronti, costretta a far le corse nei negozi, durante i nuovi arrivi, per accalappiare le prima taglie 46 disponibili.
Ed a volte anche le 44 le andavano bene ed allora si festeggiava.
Cosa sarà stata, quella? Una 38 – 40? No, pura e semplice ingiustizia, ecco cosa. Ma finché Lily riusciva ancora ad accalappiare clienti grazie agli occhioni da cerbiatta e al decolté fin troppo abbondante per un fisico così minuto - ed ecco l’ennesima ingiustizia - tutto andava bene.
Il lavoro non le mancava, certo, e le piaceva da impazzire, anche se molte volte occupava sempre più ore della sua vita, infatti una mano in più al suo fianco le avrebbe fatto comodo.
Anche in quel momento, arenata sul letto, avvolta tra i lenzuoli, nemmeno fosse in un ristorante cinese e lei la portata principale, aveva bisogno di una mano. E di un’aspirina.
Magari due.
Non aveva idea di come avrebbe fatto ad uscire da quell’ammasso di stoffa che era diventato il suo letto, se non restarci dentro e riprendere sonno, ma quel maledetto raggio di sole non voleva saperne di passare oltre e di levarsi dal suo viso.
Spostati, Sole, devo dormire!
Forse nemmeno la sbornia era passata.
Non doveva lavorare quella mattina, per sua fortuna, altrimenti sarebbe stata un’impresa davvero comica essere in ufficio in quindici minuti, soprattutto in quelle condizioni.
Doveva vedere suo fratello Tom, a pranzo, dopo mesi di separazione.
Beato lui, il suo fratellino, ad aver trovato lavoro come interior designer e ad essere diventato uno tra i migliori negli Stati Uniti d’America, uno tra i più richiesti. Pagato per regalare consigli e per decidere se un divano, a destra o a sinistra, porta più fortuna oppure no. Assurdo.
In fin dei conti anche CJ veniva pagata - e anche molto profumatamente - per dare consigli, ma per lei era tutt’altra storia: riuscire a relazionarsi con giovani artisti che, nella maggior parte dei casi, volevano tutto servito su un piatto d’argento non era facile. Ma, diamine, l’orgoglio nel vedere le sue creature sfondare, farsi un nome al momento giusto, era semplicemente straordinario. Ed immenso.
Per quel motivo non aveva ancora abbandonato nulla, e non aveva intenzione di farlo! Aveva un team fantastico, al suo fianco – eccezion fatta di Lily -, e la aiutava in modo incredibile.
Dopo vari minuti, sprecati a cercare di capire come uscire da quel bozzo, CJ si decide a scendere dal letto, ormai troppo sveglia, ma comunque intontita, per poter riprendere sonno.
Aveva fin troppe ore davanti, prima di potersi preparare per incontrare il fratello, e pensare, anche solo per un momento, a poter far qualcosa inerente al suo lavoro, le faceva venire il voltastomaco. Aveva passato giorni infernali, pieni d’appuntamenti con nuovi artisti che chiedevano il suo aiuto e con produttori e discografici da convincere a scritturare i suoi ragazzi. Era una gara davvero dura trovare, tra i due, il più difficile da convincere che tutto sarebbe andato alla perfezione.
Come diamine le era saltato in mente di fare da consulente a nuove rock band ed a nuovi solisti? Come!?
E, da alcuni di questi, si era pure lasciata convincere ed era diventata loro manager a tutti gli effetti, o quasi: era sempre in cerca di un valido sostituto che non tarpasse le ali alle sue creature.
Non poteva andare avanti in quel modo, andando a dormire solamente dopo le due di notte, sveglia alle sei e trenta del mattino ed al lavoro per almeno dodici o quattordici ore al giorno.
Ah, ancora ricordava i bei tempi andati, quando ancora era una dipendente in quella squallida tavola calda del suo paese natale, quando i suoi turni duravano solamente sei ore, minuto più minuto meno. Tuttavia le era sempre stata stretta, quella vita, troppo monotona e priva di avventura, per i suoi gusti, che era cresciuta a forza di riff di chitarre, voci talmente forti da svegliare i suoi genitori al pian di sotto e sogni masticati sotto le coperte, nascondendosi da chi la credeva diversa solo per il suo essere anticonformista.
Era stata una fortuna aver racimolato tutto il denaro possibile grazie a quel lavoretto e prendere il primo bus per Los Angeles, quasi quindici anni prima.
Ora si era fatta una vita, una carriera e, chiunque fosse intenzionato ad entrare nel mondo del mercato discografico, conosceva il suo nome. Tutti sapevano chi fosse CJ e quali miracoli facesse con le nuove generazioni e lei, dal canto suo, continuava ad annotarsi tutti i gruppi ed i solisti che, grazie al suo aiuto, avevano fatto strada. Ed ogni volta che si aggiungeva qualche nome, questo, finiva direttamente sul muro della sua sala d’aspetto, scritto nero su bianco.
Le piaceva quella sua tradizione, nonostante molti la considerassero strana, ma almeno riusciva a far vedere al mondo intero che potenziale avesse lei.
Dopo aver percorso con passo strisciante la distanza tra la sua camera da letto e la cucina, non aspettò un momento a prepararsi un’immensa dose di caffè che, con ogni probabilità, non sarebbe durata un paio d’ore.
Poi si lamentava troppo per la sua stessa irascibilità, CJ! Ma al caffè non poteva rinunciarci.
Le avrebbero dovuto dare un premio onorario come maggior consumatrice di caffeina, o qualcosa del genere. Un premio era convinta di meritarselo, per forza.
Caffè pronto, biscotti a portata di mano ed un paio d’arance sul bancone della cucina: ecco la sua colazione. Tutto questo perché era convinta e pronta per diventare una taglia 44 a tutti gli effetti, nonostante fosse più che felice delle sue curve, ma si era stancata di tutte le occhiate delle commesse nei vari negozi – ovviamente 38 – 40, modello Lily -. Poi il fatto che a pranzo si ritrovasse sempre a divorare quantità incredibili di cibo spazzatura al lavoro non incideva, proprio per niente.
Cosa sarà mai?, continuava a ripetersi.
Inoltre, avrebbe dovuto sorbirsi la solita filippica di Tom, su quanto fosse importante mangiare cibo sano e cazzate simili e di quanto sarebbe bastato un minimo di attività fisica per valorizzare il suo corpo. Parlava lui, con tutti i suoi muscoli tonici e perfetti al punto giusto e con un lato B che era un’opera d’arte.
Il cibo spazzatura fa bene all’anima, fratello! E non ho tempo per poter andare a fare jogging!
L’aveva fatta sempre facile, lui, impegnato tra si e no una settimana al mese a casa di qualche stella del cinema o personaggio televisivo. E tutto il resto dei giorni a casa ad allenarsi oppure in vacanza. Bahamas, Messico, Canarie, Parigi, Roma, Tokyo… avesse avuto lei la sua fortuna, di certo, non si sarebbe ridotta ad ingurgitare cibo spazzatura per scacciare via il nervosismo. E Tom continuava a non capirlo!
Infondo, quelli erano i problemi di una trentaquattrenne in astinenza da sesso e senza nessuno con cui parlare apertamente – se non le pareti del suo ufficio -, cosa poteva saperne, lui?
Tuttavia avrebbe voluto davvero tanto buttarlo giù dal letto, a quell’ora, perché si ritrovò senza qualcosa da fare, se non pulire la casa – opzione che scartò non appena le balenò in testa -, ed aveva voglia di parlare con il suo fratellino e sapere come aveva trascorso le sue due ennesime settimane di ferie a Cuba. L’unica cosa che la fermò dal prendere in mano in telefono e svegliarlo così presto, per essere domenica, fu la possibile scia di parolacce ed insulti che si sarebbe lasciato dietro il suo caro fratellino.
Sì, certo, carissimo, ma non quando si improvvisava camionista provetto e sfoderava un repertorio degno di nota.
Nemmeno si rese conto – almeno non subito – del suo telefono cellulare, ovviamente ancora piazzato saldamente sul comodino della camera da letto, intento a suonare con il volume al massimo. Così cominciò correre come una perfetta idiota, con ancora mezzo biscotto in bocca, e rischio davvero di restarci secca, soprattutto quando andò a scontrarsi contro lo stipite della porta della camera da letto, per colpa di una traiettoria calcolata male.
La prossima volta pensa ad un openspace, CJ!
CJ al telefono”, esclamò tutta trafelata, continuando a masticare ciò che era rimasto di quel povero biscotto.
Crollò sul letto, ancora, stremata per quello spinning fuori programma e per il mal di testa che aveva deciso di torturarla all’improvviso. L’esempio lampante di come CJ e l’attività fisica fossero un binomio da scartare
Buongiorno boss”, rispose la voce, fin troppo allegra per i suoi gusti, dall’altra parte del telefono. “Spero di non averti svegliata”.
No, Mike”, sospirò sonoramente, lei, accorgendosi di avere il suo maestro d’immagine dall’altra parte del telefono. “Cercavo di battere il record mondiale dei cento metri in atletica. Che novità?”, sbottò, regolarizzando il respiro.
Tralasciando il caffè troppo acido che avrai già ingurgitato”, cominciò, facendola sorridere. “Ma davvero, CJ, come fai ad essere peggio di un limone di prima mattina?”.
Ah povero ed innocente Mike… nemmeno lui capiva l’importanza di una lunga dormita, la domenica.
Lui era stato il primo membro reclutato da CJ, per la sua agenzia. Continuava a ripetersi tutto in questa versione perché il fatto che fosse stato proprio Mike a darle l’idea di inventarsi un lavoro del genere non le andava proprio a genio.
In breve, lui era stato la prima conoscenza di CJ a Los Angeles e, dopo un paio d’anni di amicizia, il poveretto le aveva proposto quella che, inizialmente, le era sembrata un’idea assurda e fuori dal comune, ma più si soffermava a pensarci più CJ si convinceva che poteva davvero riuscirci.
Così prese in affitto un monolocale, mise su una parete di cartongesso ed una porta e lo trasformò in un ufficio con una sala d’aspetto claustrofobica, scarse possibilità di successo e aria condizionata non proprio funzionante. Bei tempi, quelli, quando come assistente aveva Mike – e non un’oca giuliva sempre pronta a starnazzare -, efficiente e puntiglioso da far quasi spavento, poi ovviamente lui aveva cominciato a far valere sempre di più il suo punto di vista – e sbagliava davvero pochissime volte nelle sue teorie – e CJ si sentì obbligata a dargli una promozione, se così si poteva chiamare, ed era diventato il suo vice nonché responsabile dell’immagine dei clienti che avevano deciso di affidarsi a loro.
Poi la loro attività aveva cominciato a farsi conoscere, ad avere sempre più clienti, loro avevano alzato leggermente i prezzi e gli incassi erano raddoppiati; trovarono una nuova struttura da poter utilizzare, così si spostarono ed ingrandirono l’attività, assumendo una nuova assistente/segretaria – la cara e dolce Lily -, Philip e Olivia, esperti in mercato discografico – reduci da una riduzione del personale di un’etichetta indipendente -,  e Joseph, musicista di mezz’età, stanco di esibirsi a richiesta in assurdi e squallidi locali, neanche fosse stato un addetto al karaoke.
Avevano tirato su una bella squadra, CJ e Mike, per nulla omogenea, ma ognuno aveva quella speciale particolarità che lo faceva combaciare alla perfezione con quel lavoro.
Ehi CJ, mi stai ascoltando!?”, le chiese, lui, facendola tornare con la mente al presente.
No, Mike”, confessò, con una risata, pronta a stuzzicarlo come sempre. “Stavo ripensando alla nostra storia d’amore”.
Ti piacerebbe, tesoro”, rispose Mike, unendosi a lei. “Ma finché Mr. McConaughey non lascia la moglie, arriva da me con un mazzo di rose rosse ed una proposta di matrimonio, io non mi concedo a nessuno”.
Signore e signori, ecco a voi Mike Wilson, maledettamente bravo nel suo lavoro, dannatamente bello e… palesemente gay. Un gran peccato, pensò CJ, la prima volta che lo incontrò.
Non ci sperare, Mike”, cercò di articolare lei, troppo occupata a ridere per poter dire qualche cosa di sensato. “Se Matthew lascia la moglie, io sono la prima della lista”.
Si, certo, boss”, sbuffò, lui. “Possiamo tornare alla normalità, invece di sparare cazzate? Perché, fidati, in cima alla lista di certo non ci sei tu”.
Come vuoi, tesoro, dimmi tutto”, lo spronò, lei, rimettendosi in piedi e dirigendosi ancora verso la cucina per terminare la colazione.
Mi ha chiamato Lily”, cominciò, demolendo all’istante il quasi buon umore di CJ. “E mi ha detto che si è trovata parecchi messaggi nella segreteria telefonica dell’ufficio: Matt non vuole saperne!”.
No, per lei era assolutamente impossibile passare una domenica in santa pace, senza che qualcuno le rompesse le palle per il lavoro, senza che quella ragazza – che al posto di neuroni sembrava avere farfalle svolazzanti ed usignoli, che nemmeno Biancaneve se li sarebbe sognati – sbagliasse nelle sue mansioni. Sperava di poter passare una buona giornata rilassante, insieme a suo fratello, con una buona dormita – che era già andata a farsi benedire – e senza preoccupazioni per il lavoro, ma niente da fare: tutto le remava contro.
Ricordami di uccidere quella ragazza, Mike”, sospirò, esasperata dall’incompetenza di quell’oca giuliva. “Non penso ci voglia una laurea per dire di richiamare lunedì mattina, o sbaglio?!”.
Oh, ma lo ha fatto, davvero”, cominciò lui, cercando di salvare il salvabile. “E non sto cercando di giustificarla, sai quanto io faccia fatica a digerire quella ragazza, ma ha ribadito a Matt non so quante volte di non chiamare di domenica, ma non lui non vuol sentire ragioni, così ha cominciato a tempestare la segreteria dell’ufficio oltre che il numero privato di Lily”.
Aspetta, cosa… il numero privato di Lily!?”.
Come se non si aspettasse una cosa del genere, CJ, come se non si aspettasse che Lily si cimentasse in ben altri impieghi, ben lontani da quello da segretaria.
Come? Non lo sai, boss?”, esclamò, Mike, dall’altra parte del telefono, quasi allibito dalla domanda del suo capo. “Beh allora dovresti aggiornare il portfolio della tua assistente ed aggiungere, tra le mansioni, la dicitura groupie”, aggiunse, con una lieve risata.
Ecco, appunto.
CJ era rimasta all’oscuro di tutto, anche se ovviamente sapeva che per Lily sarebbe stato difficile tenere le gambe chiuse, davanti al fascino dell’artista maledetto, ma sperava che almeno con quel disperato di Matt riuscisse a trattenersi.
Arriverà il giorno in cui mi stancherò davvero di quella ragazza”, mormorò sommessamente, CJ. Aveva esaurito la pazienza: invece di semplificarle tutto quanto, Lily non faceva altro che rendere ogni singola questione sempre più difficile, e non la sopportava più per questo. Soprattutto quando saltava su con migliaia di idee – una peggiore dell’altra – per rendere più attiva la sua figura da segretaria.
Risultava fin troppo attiva anche senza in consenso di CJ, quella, ed il suo posto di lavoro incideva ben poco nella media.
Sì, poi perderai quel terzo dei clienti che ti seguono solamente per dare una sbirciatina alla scollatura di Lily”.
E quelli che, oltre alla scollatura, sono riusciti a vedere anche molto di più? Ce li siamo dimenticati?”, ribatté lei, sempre più inacidita dalla questione.
Sentì Mike scoppiare a ridere, di gusto, e non riuscì a non seguirlo a ruota, ridendo delle sue stesse parole.
Di Lily ci occuperemo in seguito, boss, ora dobbiamo pensare a Matt”, disse poi, lui, tornando al nocciolo della questione.
CJ lo maledisse per il suo essere così puntiglioso e snervante, a volte anche troppo, ma sapeva di dover sistemare tutte le questioni il prima possibile, prima che quel ragazzino le mandasse in fumo il cervello.
Buttò giù in un solo sorso ciò che era rimasto del caffè, lasciando sul bancone una delle arance che non aveva ancora toccato, e tornò in camera sua, pronta per cambiarsi d’abito e prepararsi per fare un salto in ufficio.
Dove sei ora, tu?”, gli chiese, indecisa su cosa indossare.
Sono al bar davanti casa mia, ti raggiungo in ufficio?”.
Tra mezzora sono la, Mike”, lo informò. “E portami un caffè, per favore, quello di poco fa non mi è bastato”.
Macchiato, però”, obiettò, lui. “Troppa caffeina ti rende ancora più scorbutica di quanto tu non sia già”.
Lo so, tesoro, ma se non sono scorbutica rischio di farmi mettere i piedi in testa anche da te”, rispose a tono, CJ, ridendo e cercando di infilarsi i jeans senza cadere rovinosamente a terra, con il cellulare stretto tra l’orecchio e la spalla destra.
Nemmeno lo sai, ma io ti controllo di già, boss”, ribatté lui, non facendosi impressionare dalle parole di CJ. “Infatti dal prossimo mese deciderai di darmi un aumento”.
CJ scoppiò a ridere, più sollevata di prima per avere una persona del genere al suo fianco. Senza Mike non sarebbe andata avanti un giorno. “Si, certo, tesoro, continua a sognare”.
Entrambi chiusero la chiamata e CJ non attese un momento di più per correre in bagno per darsi una rinfrescata, gettandosi in viso acqua ghiacciata per svegliarsi appieno.
Doveva correre per non arrivare in ritardo in ufficio, sperando che il traffico di L.A. non decidesse di tenerla imbottigliata per le strade, altrimenti sarebbe stata davvero fottuta e chi si sarebbe sorbito, successivamente, le filippiche di Mike sulla puntualità e su quanto, anche solo un lieve ritardo potesse far brutta impressione sulla clientela. Aveva tutte le ragioni del mondo, per carità, ma a volte rompeva davvero le palle.
Jeans stretti, bikers, una camicetta di raso di seta bianca smanicata ed il suo immancabile chiodo in pelle, vecchio quasi quanto lei, ma sempre in splendida forma, tanto da sembrare appena uscito dal miglior negozio di Los Angeles.
Look informale per la domenica, ma perfetto comunque per il lavoro, soprattutto con il caldo che si presentava a febbraio.
Capelli in pieno caos domenicale – giusto una sistemata veloce con le mani – ed un filo di trucco, quasi invisibile.
A volte era troppo semplice, troppo ripetitiva nel modo di vestirsi, e lo sapeva bene, ma aveva provato svariate volte a conciarsi per bene per il lavoro, ma era come essere nel corpo di un’altra persona e, dopo poco, aveva cominciato a sentire la mancanza delle sue scarpe comode, aveva cominciato a reclamare un paio di pantaloni e non quelle stupide gonne da ufficio che, nel suo armadio, non prendevano altro che polvere.
Era semplicemente se stessa, con l’umore che andava in base al tempo e sempre con una tazza di caffè tra le mani. Okay, forse non andava sempre in base al tempo, più probabilmente andava in base a quanta caffeina aveva in corpo.
Sì, molto più probabile.
Controllò il risultato allo specchio nell’entrata e, subito dopo, non esitò un secondo ad afferrare borsa e chiavi della macchina e ad uscire di casa.
Ciao bambina”, mormorò, quando fu davanti alla sua auto.
Ecco, ci tengo a precisare una cosa: dopo il chiodo in pelle, veniva la sua auto! Il suo gioiellino, “il cuore pulsante di mammina”, come lo chiamava lei.
Una Chevrolet Camaro SS Sport Coupe del 1969, nera. Una meraviglia.
Certo, un’auto con degli anni, ma che era stata completamente rimessa nuovo, mantenendone comunque quel suo stile tanto caratteristico. E che le era costata una vera e propria follia.
Tuttavia, non aveva resistito, nonostante non fosse mai stata una grande appassionata di auto, ma quella bellezza l’aveva chiamata a gran voce non appena le aveva posato gli occhi addosso.
Ed ogni volta che vi saliva sopra - sempre se non era in compagnia, per evitare figure di merda - la salutava quasi fosse un cucciolo.
Era patetica a volte. Molto patetica.
Ingranò la marcia e non attese un momento a partire, diretta verso l’ufficio.
Accese la radio ed alzò il volume ad un livello che avrebbe spaccato i timpani a chiunque, ma lei era convinta che la musica andasse ascoltata così, in modo che oltre che in testa entrasse nelle vene, nei capillari, sotto la pelle, ovunque. Non c’era bisogno di assumere sostanze stupefacenti, diceva lei, bastava la musica giusta a mandarti su di giri, in un altro mondo, in un’altra dimensione. Ed aveva cominciato a crederci davvero, soprattutto dopo aver conosciuto Mike, soprattutto dopo essere tornata se stessa e dopo aver smesso di commettere una stronzata dietro l’altra.
Cominciò a canticchiare le note che fuoriuscivano dalle casse della sua auto. Quella mattina era partita con il piede giusto, decisamente, perché anche andare al lavoro la domenica mattina, dopo una sveglia tutt’altro che soave, poteva risultare piacevole, soprattutto con Cryin’ degli Aerosmith alla radio.

There was a time
When I was so broken hearted
Love wasn't much of a friend of mine
The tables have turned, yeah
'Cause me and them ways have parted
That kind of love was the killin' kind

Aerosmith – Cryi
n’
 
Meravigliosa.
Ancora ricordava quando, nel maggio del 1999, era scappata di casa per poter assistere al loro concerto all’Hollywood Bowl.
Aveva risparmiato per mesi, per poterli vedere dal vivo, e quando si era vista i suoi genitori spiattellarle in faccia la solita ramanzina su quanto disonore potesse arrecare il suo comportamento alla famiglia, non ci aveva più visto ed aveva deciso: ci sarebbe andata a qualunque costo. Erano sempre stati degli stupidi conservatori e per anni l’avevano costretta a comportarsi come tutte le solite ragazzine casa e chiesa del loro paese, ma quell’occasione non voleva davvero perdersela, soprattutto quando trovò miracolosamente un biglietto da un rivenditore di passaggio – o meglio, perduto per la strada -, prese il primo autobus disponibile e percorse più di mille miglia con solamente il biglietto del concerto ed altri cinquanta dollari in tasca. Da sola.
Un comportamento simile, per una ragazza di diciannove anni, per il paese di Rolling Hills, Wyoming, venne visto come un totale abominio. Particolare che le venne rinfacciato per tutto il tempo restante che passò in quel buco di città.
Scacciò dalla sua mente quei ricordi deprimenti, decisa più che mai a distaccarsi da ciò che era la sua vita precedente, e continuò a destreggiarsi per il traffico scorrevole di Los Angeles, continuando a canticchiare tra sé. Aveva semplicemente rimesso nel suo apposito scompartimento il ricordo degli anni passati in Wyoming perché era meglio così, perché proprio non le andava di ricordare troppo lo schifo che era il suo passato.
Non appena si fermò in coda ad un semaforo, non attese un attimo di più per recuperare gli occhiali dispersi - come sempre – nella borsa e ad inforcarli al volo, per proteggersi dai raggi di sole di quella mattina.
Ecco un particolare che le faceva amare quella città alla follia: il sole. Ed anche 22 gradi a fine febbraio. La prima volta che mise piede nella metropoli, le sembrò un sogno, essendo abituata al clima rigido e alle continue piogge del suo paese natale.
Amava la luce, il caldo, il mare, il sole… anche se quella mattina qualche nuvola in cielo a sabotare l’arrivo dei raggi sul suo viso non le avrebbe fatto schifo.
Arrivò finalmente al parcheggio del suo ufficio ed occupò uno dei posti auto destinati al personale, a fianco al Mercedes di Mike.
Il “poveretto” aveva la passione per le auto europee. Mica stupido.
Scese al volo e si avviò a passo spedito verso l’entrata della sala d’aspetto e, non appena vi entrò, poté finalmente ritenersi soddisfatta per essere arrivata in perfetto orario, nemmeno fosse un orologio svizzero.
Chi dovrebbe peccare di puntualità, eh, Mike? Chi, scusa!? Di certo non CJ!
Stupidi monologhi mentali, ma si divertiva troppo, CJ, ad articolarti domande e risposte nella sua mente.
Prese un profondo respiro non appena riconobbe l’ambiente – ovviamente arredato ad arte da Tom, senza dimenticare lo zampino di Mike -, lo stesso ambiente che avrebbe voluto vedere solamente il lunedì seguente.
Le pareti della sala d’aspetto di un verde chiaro, glaciale, ma al tempo stesso accogliente, soprattutto grazie al divanetto a sei posti ad angolo in tessuto beige – alla destra della porta d’entrata -, con le due poltroncine coordinate, e al tavolino da salotto in vetro ricoperto da riviste, un piattino in vetro per le caramelle e due vasi di orchidee candide. Per non parlare del bancone della reception in pesante legno scuro e dalla miriade di nomi di gruppi ed artisti singoli scritti alla parete retrostante, gli stessi nomi che proprio CJ riuscì a lanciare.
Suo fratello sapeva fare il suo lavoro, questo è certo.
Dietro il bancone trovò Mike, intento a fissare lo schermo del computer, con un bicchiere di caffè alle labbra.
Amici per il caffè, tesoro!
Perfetto come sempre, Mike sollevò lo sguardo non appena si rese conto dell’arrivo della sua collega e le regalò un sorriso solare, balsamo che CJ, ovviamente, non riuscì a non trovare confortante. Era sempre stato speciale, il sorriso di Mike, come se fosse in grado di far sparire tutti i mali del mondo, persino il dolore al ginocchio che cominciava a farsi sentire, dopo lo scontro con lo stipite della stanza di CJ.
Eccoti, finalmente”, disse, lui. “Tieni il caffè, altrimenti si fredda”, aggiunse, poggiando sul bancone un altro bicchiere di carta uguale al suo.
Oh Mike, ti ringrazio”, gli rispose, sospirando e gettando la borsa sul divano nell’angolo, camminando verso di lui per gustarsi finalmente un’altra massiccia dose del suo personale elisir di lunga vita. “Non so come farei senza di te”, aggiunse, poi, con un sorriso sarcastico in volto.
Io lo so ancora bene, invece”, saltò su lui, decidendo di stare al gioco e cominciando a stuzzicare il suo boss come al solito. “Saresti ancora in quella bettola puzzolente di fritto a servire ai tavoli e ricevere solamente palpate nel culo, invece delle mance”.
Colpita e affondata.
Ci provava sempre, CJ, a batterlo a parole e pochissime volte ci era davvero riuscita perché, quando si trattava di sarcasmo, Mike era un osso duro, grazie anche al suo fascino da bravo ragazzo. Quanto ingannavano le apparenze..
Poi sono io quella acida di prima mattina, eh”.
Per un momento di scrutarono con aria di sfida, gli occhi limpidi e blu di lui dentro quelli scuri e magnetici di lei, facendo a gara a chi avrebbe ceduto per prima a quello scambio di sguardi, poi scoppiarono entrambi a ridere, sembrando due adolescenti.
Erano due idioti, in realtà, loro, soprattutto quando di compagnia non ne avevano, quando erano solamente Mike e CJ, non il boss della situazione ed il suo vice sempre alle calcagna. Si erano conosciuti in quel modo, facendo gli idioti e, anche nei loro primi anni di amicizia, non avevano fatto altro che comportarsi come due bambini per la maggior parte del tempo, e non avevano abbandonato quella tradizione nemmeno adesso, con più di trent’anni sulle spalle e delle responsabilità da portare a termine.
CJ si fermò un momento a fissare l’unico vero amico che avesse al mondo, mentre tornò a fissare il monitor del Mac dell’ufficio. La prima volta che lo aveva incontrato, nel locale in cui lavorava in passato, ne era rimasta subito affascinata, come tutto il resto delle donne, dopotutto: sorriso da ragazzino, luminoso ed etereo, occhioni chiari da perfetto californiano, contornati da una chioma castana, e fisico statuario, quasi da atleta. Poi quando lui si era fermato al bancone, con aria circospetta, aveva fissato per un momento lo sgabello fermo davanti a lui, come per valutarne la sicurezza e, infine, vi si era seduto sopra, guadagnandosi un’occhiata da CJ. Aveva cominciato a parlare con lei, o meglio, a criticare quell’ambiente angusto e sporco e lei, dal canto suo, cominciò a rendersi conto di come fosse assurdamente gay. E le venne quasi da piangere, davanti a tutto all’ammasso di bellezza che annidava in quel ragazzo.
Allora qual è il problema di oggi, Mike?”, gli chiese, tornando con la mente al presente.
Il problema è che tu non sai tenere a freno quella gattina in calore della tua segretaria”, rispose, ancora più inacidito di prima, però con un sorriso divertito in volto. “E anche che Matt non vuole patteggiare per le tue ultime idee”.
Sbuffò esasperata, CJ, sentendo quelle parole perché, davvero, non ne poteva davvero più di tutti quei problemi che quell’idiota di Matt si ostinava a crearle. Sin da quando era arrivato da lei la prima volta, seguito dai suoi tre compagni, aveva capito che sarebbe stata una gara dura, con lui, ma non pensava di arrivare a quel punto, di arrivare a discutere – durante una stramaledetta domenica mattina! – persino per il nome che avrebbe dovuto avere il suo gruppo.
Quanti messaggi ha lasciato in segreteria?”, chiese, massaggiandosi la fronte con la mano libera.
Sedici, CJ”, rispose Mike, cercando di trattenere a stento una risata.
Non ridere”, lo fulminò con lo sguardo. “O ti giuro che da domani in poi di quest’imbecille te ne occupi tu”. Le era uscito quasi un ringhio, quando terminò la frase.
Le era venuto caldo, forse per colpa della giacche che aveva ancora sulle spalle o, molto più probabilmente, colpa di tutta l’agitazione che le era montata dentro dal momento stesso che aveva messo piede lì dentro.
Richiama Lily e dille di fissare un appuntamento con Matt ed il suo gruppo per domani mattina, appena apriamo”, cominciò, mentre ritornava al bancone, con tono già molto più professionale di poco prima. “E se per quell’ora ho già qualcosa in agenda, dille di spostarla, mi devo liberare una volta per tutte di tutte le seghe mentali di questo ragazzino”.
Come pensi di risolvere la questione?”, chiese Mike, mentre digitava il numero di Lily sul telefono dell’ufficio e portandosi la cornetta all’orecchio.
Come ho sempre fatto: chiamare un gruppo Matt & The Bottoms è una vera e semplice idiozia, non posso permetterlo”, esclamò lei, colta sul vivo, come se lui non intuisse il suo metodo di lavoro. “Li minaccerò per vie traverse, senza che loro nemmeno se ne rendano conto, perché non lascerò che quei ragazzi facciano strada con un nome di merda e, soprattutto, che dopo vadano in giro a dire che hanno sfondato grazie a me: o quel nome oppure il mio aiuto. Il suo The Bottoms Matt se lo può ficcare dove dico io!”, concluse, quasi con il fiatone, scatenando per l’ennesima volta le risate del suo collega.


*****

NdA.
L'ho fatto sul serio. Ho davvero cominciato a pubblicare questa... cosa.
Sono perfettamente consapevole di avere un'altra storia in produzione, ferma da fin troppo tempo, ma è come se mi remasse contro. O forse sono troppo presa da questa per pensare ad altro.
Comunque, ho cominciato questa nuova storia parecchio tempo fa e, finalmente (yay!), comincia a vedere la luce del sole! Quello che avete appena letto non è molto, me ne rendo conto: solo un inizio, una specie di presentazione per vedere che effetto può avere su di voi... spero vi piaccia, davvero, o che almeno vi incuriosisca.
Il tutto, per ora, è ambientato nei primi mesi del 2015, quindi con un Jared Leto ancora in versione Gesù Cristo.

A CJ ho cominciato a tenere davvero molto, da quando ha preso vita, è una donna con le palle, e non vedo l'ora che arrivi in momento di incontro con Leto Jr. Ci sarà da ridere!
L'idea di fondo della storia è saltata fuori dal nulla e mi sono detta "Perchè non provarci?", così mi sono messa d'impegno! Confesso di non aver ancora terminato la storia, ma ho praticamente tutta la storyline in testa, così cercherò di impegnarmi nella scrittura, appena mi si presenta l'occasione.
Preferisco non darvi dei termini per la pubblicazione del prossimo capitolo, in modo da non deludervi se lascio passare più giorni. Sappiate solo che cercherò di impegnarmi davvero!
Se vi va, lasciate un commento e fatemi sapere cosa ne pensate.
MarsHugs,
Chiara.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - New & Old ***


Cap1


Rock Bazar - Capitolo Due
New & Old


Dopo aver passato quasi un’ora al telefono a calmare Lily e a spiegarle come comportarsi con quell’idiota di Matt, CJ e Mike telefonarono al resto del team, avvisando tutti di essere estremamente puntuali, la mattina seguente, e pronti al peggio, soprattutto. Olivia e Philip risero di gusto, quando vennero a scoprire del comportamento di Matt, scatenando le risa anche al loro capo.
Erano quasi le undici quando finirono il giro delle telefonate e, per CJ, non era ancora tempo di mettersi in viaggio fino al ristorante in cui avrebbe dovuto incontrare il fratello, così rimase ancora in ufficio per sistemare gli ultimi dettagli per la giornata seguente, e Mike non se la sentì proprio di lasciarla sola, soprattutto dopo averla vista con un diavolo per capello.
Si spostarono nella zona riservata al resto del team, una stanza più o meno grande quanto la sala d’attesa, ma compresa di una piccola cucina ad angolo, con un grande tavolo ad L, adibito a piano da lavoro per gli altri quattro dipendenti di CJ. Era adorabile, quel posto, ma soprattutto era funzionale in un modo che nessuno avrebbe creduto possibile, ma quando Tom si era messo d’ingegno ne era uscito un vero e proprio gioiellino: una stanza adatta a tutte le ore del giorno, grazie anche al meraviglioso divano letto color antracite disposto infondo alla stanza.
In tessuto antiodore, ovviamente”, sentì CJ nella sua mente, ricordandosi di quando Tom aveva terminato tutti i lavori.
Si misero al lavoro entrambi, decidendo con che approccio partire la mattina dopo, come spiegare per filo e per segno al resto del team la situazione con Matt e cosa dire a Lily per convincerla a lasciar perdere un cretino di quelle dimensioni, soprattutto per evitare altri inutili disagi tra le mura di quell’ufficio. Mike le consigliò perfino cosa indossare per apparire più autoritaria e CJ scoppiò a ridere di fronte ad un cambio di argomento simile, ma ormai lo conosceva bene: avrebbe parlato di abiti e di moda – oltre che di musica – ventiquattro ore al giorno.
Ridendo e scherzando, arrivarono a mezzogiorno inoltrato e CJ si decise a raccattare tutti i suoi averi per raggiungere Tom, cercando di non fare troppo tardi perché, tanto per cambiare, l’altro fissato con la puntualità, escluso Mike, era proprio il suo caro fratellino. Salutò l’amico in fretta e furia, pregandolo di chiudere tutto quando sarebbe andato via e salì in macchina di corsa, accendendo il motore e partendo sgommando, decisa più che mai a non ricevere l’ennesima filippica della giornata.
Ringraziò il traffico fluente di Los Angeles di quella mattina e, quasi in perfetto orario, arrivò a destinazione, in quel ristorantino sul mare che Tom aveva sempre adorato: semplice, essenziale, in legno rustico, ma non troppo spartano.
Non appena entrò nel locale, CJ lo vide già seduto ad un tavolo – ovviamente accanto ad una finestra che dava sulla spiaggia – intento a trafficare con il suo I-Phone. Così si avvicinò lentamente, cercando di non attirare la sua attenzione e, non appena fu alle sue spalle, gli coprì gli occhi con le mani, come quando faceva da bambina.
Lo vide sussultare leggermente, prima di poggiare il telefono al tavolo e posare le mani sulle sue. “Finalmente sorellina, cominciavo a chiedermi dove ti fossi cacciata”, disse, scherzando.
Solo un leggero ritardo, fratellino, non puoi sopportare nemmeno questo?”, ribatté lei, ridendo, con la miglior espressione innocente che riuscì a sfoderare.
Tom si alzò in piedi e, quando finalmente poté incontrare gli occhi della sorella, le regalo uno dei suoi soliti sorrisi, quelli che nemmeno con il tempo erano cambiati.
Ciao CJ”, esclamò, infine, avvicinandola a sé.
Ciao Tommy”, rispose, lei, come meglio riuscì, ormai intrappolata tra le braccia toniche del fratello.
Era alto più di lei di almeno quindici centimetri, Tom, e questo le aveva sempre dato fastidio perché, a suo confronto, si sentiva una vera e propria nullità. Senza contare il fatto che, teoricamente, quella grande tra i due doveva essere lei.
CJ si accomodò al suo posto, davanti al fratello, e dopo aver depositato tutti i suoi averi sullo schienale della sedia cominciò a tempestare Tom di domande, avida di informazioni sulla sua ultima vacanza.
Lo ascoltò rapita, ammirando il colorito bronzeo della sua pelle perfetta e come il sole avesse schiarito ancora di più i suoi capelli biondi, in terribile contrasto con i suoi. Era una bellezza, Tom, e lei ne era sempre andata fiera. Ed aveva sempre represso l’incredibile voglia di urlare ad ogni ragazza che aveva soffermato lo sguardo su di lui più del dovuto “Ehi bella, abbassa lo sguardo che me lo consumi! È il mio fratellino!”.
Si perse nei suoi occhi azzurrissimi, animati quanto quelli di un bambino, mentre spiegava per filo e per segno il suo itinerario e le sue tappe a Cuba. Era circondata da occhi belli quanto il cielo o il mare, si ritrovò a pensare. Prima Mike, poi il suo fratellino… invece lei, da povera sfigata, doveva accontentarsi di un semplice e monotono paio di occhi castani, più scuri della media.
Un’ingiustizia! Una delle tante!
Ed infine ho passato non so quante ore in spiaggia”, disse, sospirando. “Ci sono spiagge magnifiche e il mare, CJ… prima o poi ti ci porterò, te lo prometto!”, aggiunse, infine, facendola sorridere.
Diceva così ogni volta che le raccontava di un posto differente: in tutti i luoghi che aveva visitato, Tom trovava sempre quel particolare che sapeva sarebbe piaciuto da impazzire alla sorella e, ogni singola volta, le prometteva che, prima o poi, ci sarebbero andati insieme. E lei lo avrebbe voluto davvero, se non fosse stata sempre e costantemente impegnata con il lavoro perché, per quanto potesse essere bravo ed efficiente Mike, sapeva che non avrebbe potuto lasciare il timone in mano a lui.
O forse non avrebbe voluto…
Tu, invece?”, le chiese, poi, destandola dai suoi pensieri. Aveva poggiato i gomiti al tavolo e si era preso il volto tra le mani, sembrando lo stesso bambino di poco prima, troppo vispo e curioso per essere un maturo trentunenne.
Cosa?”, domandò CJ, confusa.
Mi racconti qualche novità?”, esclamò. “Non ci vediamo da tantissimo tempo, sorella, non puoi venirmi a dire che non ti è successo nulla di eclatante, nel frattempo”.
Sembrava quasi allibito, Tom, sorpreso dalla monotonia della vita della sorella, anche se sapeva che non era facile vestire i suoi panni, essere lei in tutte le sue sfaccettature. L’aveva vista più spossata del solito fin da quando l’aveva notata entrare nel locale, fingendo di non essersi accorto di lei, e non gli piaceva per nulla perché sapeva che aveva bisogno di riposo, di svago, ma era talmente testarda e cocciuta che non avrebbe mollato il suo lavoro nemmeno con una catastrofe naturale.
Cosa vuoi che ti venga a raccontare, Tom?”, chiese lei, con una risata poco convinta. “Sto lavorando come una matta in questo periodo e non mi mancano i problemi, ma preferisco non parlartene ora perché, primo, so che non ti piace che mi metta a ciarlare in continuazione di ciò che faccio e, secondo, non ho voglia di entrare in argomento adesso che ho la possibilità di pranzare con te dopo così tanto tempo”.
Va bene, ma devi prenderti una pausa, CJ”, cominciò, Tom, tornando sempre sul discorso di sempre. “Sei stanca, l’ho notato subito, dovresti prenderti un paio di settimane e partire con me, ti farebbe bene”, continuò, prendendole la mano che aveva poggiato sul tavolo, cercando quel contatto che la metteva sempre in difficoltà.
CJ si fermò un momento ad osservare l’espressione appassionata del fratello, i suoi occhi chiari tanto convinti delle sue parole e soppesò il suo discorso, la sua idea, e sapeva che non le avrebbe fatto male, ma avrebbe mandato in fumo quasi due mesi di lavoro assiduo e nottate in bianco, e non poteva permettersi una cosa del genere.
Sai quanto mi piacerebbe, Tom, davvero”, mormorò, cercando di ignorare il disappunto sul viso del fratello ed il suo improvviso distacco. “Ma ci sono troppi problemi, ora, all’ufficio e se me ne vado adesso rischio di mandare tutto a puttane”.
Tra poco a puttane ci andrai tu, CJ, se non impari a prendere del tempo per te stessa”, disse, improvvisamente, con un tono di voce che lei non aveva mai sentito.
Non era mai stato così scontroso, Tom, ma era arrivato al limite della sopportazione e non gli piaceva vedere sua sorella sempre più sciupata, ma non aveva la minima idea di come poterla convincere a darsi una tregua.
Calò improvvisamente un silenzio glaciale, interrotto solamente dal cameriere che arrivò per annotare le loro ordinazioni e, a CJ, passò improvvisamente la fame, ma non volle far imbestialire ulteriormente il fratello, così optò per una semplice insalata fredda di mare che, a confronto della grigliata mista di Tom, risultava davvero una sciocchezza.
Il cameriere corse via, forse consapevole della tensione che aleggiava tra i due e Tom si prese un momento per pensare, osservando la sorella fissare il bicchiere colmo d’acqua davanti a lei. Era sempre stata tanto bella ai suoi occhi, CJ, così semplice, ma non scontata, ma in quel momento le sembrava quasi un’altra persona, con quei capelli arruffati, il trucco improvvisato e le occhiaie sotto gli occhi.
Lasciò passare parecchi minuti di silenzio, mandando un paio di mail ed osservando di tanto in tanto CJ che lasciava vagare lo sguardo per la sala.
Era indeciso se raccontarle o meno del contatto che aveva avuto, una grande occasione, probabilmente, ma alla fine cedette, sempre pronto a lustrare la carriera della sorella, nonostante la stesse portando allo scatafascio.
Dato che ti piace così tanto il tuo lavoro, se non puoi venire in vacanza con me per rilassarti, puoi almeno ascoltare cosa ho da proporti”, cominciò, Tom, con la voce ancora inacidita dal momento prima.
Di cosa stai parlando, scusa?”, gli domandò lei, incuriosita, ma restando sempre sull’attenti.
Di un contatto”, rispose semplicemente, restando impassibile ed assaggiando il vino bianco che il cameriere gli aveva appena versato. “Va benissimo, grazie”, mormorò, congedando all’istante il poveretto che, quel giorno, era incappato per sbaglio nel Tom più nervoso che CJ avesse mai visto.
Un contatto, seriamente?”, lei ancora sembrava poco convinta e lo si poteva comprendere dal suo sopracciglio sollevato e l’aria guardinga, l’aria di chi si sarebbe aspettato di tutto, ma non quello.
Si, CJ, hai capito bene”, parlò, Tom, leggermente esasperato. “Il mese scorso sono stato qui a Los Angeles per dare una sistemata alla casa di questo tizio – e preferisco sorvolare sulle condizioni in cui ho trovato il tutto – e alla fine siamo finiti a parlare di musica ed io ti ho nominata, facendogli sapere che sei mia sorella, così mi ha chiesto se fosse possibile avere un appuntamento con te, nonostante il suo gruppo sia già affermato”.
Ma scusa, se è già affermato nel mondo della musica perché vorrebbe un appuntamento con me? A cosa gli servo?”, chiese lei, non capendo il nocciolo della questione.
Le pietanze arrivarono, bellissime quasi quanto un quadro e dal profumo invitante. CJ sembrava aver riacquistato almeno un po’ di appetito, così cominciò a gustare la sua insalata di mare.
Non ho ben capito, vorrebbe un sound nuovo o vecchio, va a saperlo”, rispose Tom, cominciando a sfilettare un non ben precisato pesce. “Aveva cominciato a straparlare ed io non ci sono stato più dietro, così ho smesso di ascoltarlo, fatto sta che vuole vederti davvero, ti conosce di fama ed ha sentito parlare di te molto bene”.
Vorrei vedere che di me si parlasse male, Tom”, borbottò, colpita in pieno nell’orgoglio.
Lasciamo stare questo, per favore”, la interruppe, lui, agitando in aria la forchetta. “Questo tizio è insistente, mi ha contattato appena tornato da Cuba e anche questa mattina, chiedendomi di parlartene e di convincerti a dargli la possibilità di parlarti di persona”, aggiunse, come se niente fosse, completamente concentrato sul piatto che aveva davanti.
Ah addirittura”, commentò CJ, finendo di masticare un gamberetto. “Si potrebbe fare, credo, devo parlarne con Mike… comunque chi sarebbe questo misterioso tizio di cui ancora non mi hai detto il nome?”, domandò, con un sorrisetto furbo in volto, facendo sorridere anche Tom.
Finalmente un sorriso, fratello,
pensò, leggermente più sollevata e tranquilla.
Jared Leto”.
CJ sbarrò gli occhi, colpita da quella rivelazione e dall’identità dello sconosciuto che premeva tanto per incontrarla. Non avrebbe mai pensato che, un personaggio già più che affermato come lui potesse aver bisogno proprio di lei, magari di Mike, e dei suoi consigli in fatto di moda, ecco – perché, diciamocelo, sono parecchio discutibili, pensò -.
Cosa possono volere i Thirty Seconds to Mars da me, scusa?”, domandò, forse più a se stessa che a suo fratello.
Ah non ne ho idea, CJ”, Tom fece spallucce, continuando a trangugiare la sua pietanza. “Dovrai chiederlo a lui, gli ho detto di passare dal tuo ufficio martedì mattina”.
Che cosa!?”, le uscì come un grido stridulo, quasi come le unghie passate su di una lavagna. Sì, probabilmente fastidioso quanto quello.
Non ti scaldare tanto, CJ”, cominciò Tom, ridendo di gusto della sua reazione. “Sa essere davvero insistente così, per evitare che mi tempesti di telefonate anche nei prossimi giorni, gli ho dato appuntamento”.
Ah e grazie tante per aver chiesto il mio parere, Tom, sei sempre un ottimo fratello”, commentò lei, con una massiccia dose di sarcasmo.
Lo so che mi ami, CJ, ammettilo”, la stuzzicò, lui, sporgendosi sul tavolo e riducendo gli occhi a due fessure, scatenando le risate della sorella.
 
Finirono di pranzare con calma, accantonando per un momento il discorso “Jared Leto” e, dopo aver terminato, si concessero una tranquilla passeggiata sulla spiaggia, accarezzati dal vento leggero e dal sole che ancora illuminava Los Angeles in quella bellissima giornata.
Passarono insieme ancora un paio d’ore, scherzando come quando erano ragazzi e rincorrendosi per la spiaggia, guadagnandosi parecchie occhiate scettiche da chi, come loro, aveva deciso di prendere un po’ d’aria fresca. Si comportavano ancora come due bambini, a volte, come se il tempo non fosse passato e fossero ancora tra le terre sconfinate del Wyoming.
Nel tardo pomeriggio, poi, Tom ricevette una chiamata dalla sua assistente che doveva aggiornarlo sugli appuntamenti dei prossimi giorni perché, neanche a dirlo, era sempre richiesto da una miriade di persone, lui, nemmeno fosse Johnny Depp.
Ah il piccolo e dolce fratellino continuava a fare strada sotto il suo sguardo e CJ, dal canto suo, non poteva far altro che guardarlo come se al posto degli occhi avesse i cuoricini.
Si lasciò abbracciare da Tom che, grazie ai suoi numerosi centimetri in più, avvolse la piccola CJ come se nulla fosse, poi scappò via, tornando in strada e lasciando la sorella sola a passeggiare per la spiaggia.

 

Like a true nature’s child
We were born, born to be wild
We can climb so high
 I never wanna die
Born to be wild

Steppernwolf – Born to be Wild

 

Decise di concedersi altro tempo per lei, CJ, altro tempo per restare in riva al mare a respirare aria buona e per prendere un po’ di sole in viso, per assorbire quanta più natura possibile, lasciando che il vento le scompigliasse i capelli, facendola quasi sentire selvaggia. Ne aveva bisogno, perché i giorni seguenti sarebbero stati incredibili. E non necessariamente in senso buono.
Dopo essere tornata alla sua auto, si infilò in strada, pronta a tornare a casa sua per buttarsi di getto nella vasca da bagno e non uscirci fino all’ora di cena. Avrebbe ordinato pizza, per la scarsa voglia che aveva di cucinarsi qualche cosa. Come sempre, d'altronde.
Forse era il caso di assumere una domestica oppure un cuoco a domicilio. Certo, se la cavava abbastanza bene ai fornelli, ma a lei mancavano le forze ogni volta che metteva i piedi in cucina e, improvvisamente, la voglia di prepararsi un buon piatto caldo spariva come se nulla fosse.
Alla fine, dopo aver terminato la sua pizza alle verdure, tentò di concedersi un film, dimenticandosi di tutti i tentativi, nelle serate precedenti, finiti in fumo dopo i primi venti minuti scarsi. Ogni volta che sceglieva un qualsiasi film, non arrivava nemmeno a guardare una mezzora che o crollava addormentata sul divano del suo soggiorno o spegneva tutto e si metteva a lavorare.
E quella sera non fu diversa dalle altre!
Mandò tutto al diavolo, Bradley Cooper, Jennifer Lawrence ed Il Lato Positivo, non riuscendo a concentrarsi sul film, e si alzò a fatica dal divano per spegnere il televisore.
Ero una troiona, ma non lo sono più! Ci sarà sempre una parte di me che è smandrappata e sudicia, ma questo mi piace, insieme alle altre parti di me stessa!”.
Si bloccò un momento, osservando il viso della Lawrence alla tv, con il trucco pesante e il viso incazzato, e pensò a quanto potesse rispecchiarsi in quelle parole. Un sorriso amaro le comparve in volto, nonostante avesse cercato di reprimerlo con tutte le sue forze, ed il suo sguardo si perse nel vuoto, mentre tutto si era fatto improvvisamente silenzioso. Spense il televisore e scacciò quei ricordi fastidiosi dalla mente, pronta per concentrarsi sul programma della mattina seguente, cominciando ad articolarsi nella mente il discorsetto che avrebbe fatto a Matt. E a Lily, intanto che c’era.
Mike!
Improvvisamente si ricordò di ciò che le aveva detto Tom e di come, da perfetta idiota, non avesse ancora avvisato il suo migliore amico dell’improvvisa novità che sarebbe arrivata martedì, così afferrò il telefono e fece partire la chiamata al suo vice.
Boss!”, la salutò allegro, Mike, parlando a voce alta, cercando di coprire il brusio di sottofondo.
Ehi, ma dove sei?”, domandò lei, incuriosita, avviandosi verso il suo studio. “Cos’è questo casino?”.
In un locale con un amico, nulla di che”, rispose lui, incerto, non convincendo per niente CJ.
Ormai lo conosceva bene e sapeva quando le stava nascondendo qualcosa oppure quando cercava di omettere parte della verità. “Domani vorrò tutti i dettagli, Mike”, disse, in tono cospiratorio, provocando le risa dell’amico. “Comunque, ti ho chiamato perché ho novità!”, aggiunse, tornando seria, ma al tempo stesso leggermente più esaltata di quanto avrebbe voluto.
Ti sei trovata un uomo!”, esclamò Mike, trattenendo il respiro.
No, razza di idiota”, tagliò corto lei. “Ho un nuovo contatto!”.
Momento di silenzio. Solamente il brusio di poco prima in sottofondo, della musica jazz, forse, CJ non riuscì a capirlo. “Questa sarebbe la tua novità? Davvero?”, disse, poi, Mike senza nascondere la delusione nella sua voce.
Non è uno dei soliti contatti, Mike, questa è roba grossa!”, esclamò CJ, improvvisamente. “Tom ha fatto tutto il lavoro ed oggi mi ha raccontato ogni cosa: martedì avremo visite!”, continuò, cercando di nascondere un sorriso divertito.
Sapeva che avrebbe fatto prendere un infarto all’amico, ogni tanto Mike nominava Jared Leto, e non solo per il suo pessimo gusto nel vestire, ma decisamente per… altro, ecco. Non era stupido e nemmeno cieco, e non lo era nemmeno CJ, anche se quella barba da capra le ricordava fin troppo il Wyoming e stendiamo un velo pietoso sui capelli e sul loro shatush.
Pensi di tenermi ancora sulle spine, CJ, o preferisci dirmi di chi si tratta prima che si faccia mattina!?”, sbraitò Mike, all’improvviso, colto dall’impazienza.
Promettimi di non dare di matto, Mike”, .
Cazzo, CJ, parla!”.
Mike, promettimelo!”, insistette lei, perfettamente consapevole di quanto quel suo comportamento lo stesse mandando in bestia, ma intanto che c’era voleva divertirsi.
Okay, te lo prometto”, cedette, infine, Mike, al limite dell’esasperazione.
Momento di suspance, silenzio perfettamente studiato ed una mano sulla bocca per non scoppiare a ridere e rovinare tutto. CJ sapeva essere davvero infantile, a volte.
Jared Leto”.
E, infine, poté ritenersi soddisfatta quando sentì Mike tossire rumorosamente, probabilmente per colpa di un drink andato di traverso.
Lasciò passare il tempo, lasciò che l’amico si riprendesse, mentre controllò la sua casella di posta.
Tu scherzi!”, fece poi, Mike, riprendendosi.
Magari scherzassi, Mike”, ribatté lei, convinta. “Ma ti dirò tutto domani, ora voglio lasciarti alla tua serata, tesoro”, aggiunse, infine, ridendo di gusto.
Sei una stronza, CJ”, riuscii a sentire al telefono, lei, prima che chiudesse la chiamata e si abbandonasse ad una grossa risata.
Sapeva che, il mattino dopo, sarebbe stata tempestata di domande da parte di Mike e sapeva che, con ogni probabilità, quel chiacchierone avrebbe raccontato tutto quanto agli altri membri del team prima del suo arrivo, quindi avrebbe dovuto calmare gli animi di almeno altre quattro persone, ma le andava bene così. Perché era bello vedere quanto potessero esaltarsi con poco, anche se poco proprio non era.
Ci avrebbe pensato meglio la mattina seguente, decine di mail reclamavano a gran voce la sua attenzione e, non appena si rese conto di come fosse volato il tempo e di come fossero arrivate il fretta le undici di sera, capì che, anche quella notte, avrebbe fatto le ore piccole.
Per precauzione preparò l’ennesima aspirina sulla scrivania.
 
Come puoi chiedermi di aspettare fino a quando la riunione con Matt non sarà finita!?”, sbraitò Mike, ormai fuori di sé dall’impazienza. “Come puoi torturami in questo modo, CJ!?”.
Ci aveva visto giusto, lei, la sera precedente, quando aveva immaginato tutto il team già aggiornato e desideroso di saperne di più, ma non avrebbe mai creduto di trovare il suo amico ridotto in quello stato. Dire che aveva superato il limite della decenza era dire davvero poco, e per fortuna in ufficio non c’era ancora nessuno di esterno, nessuno che potesse spaventarsi davvero del suo comportamento. Perché, sul serio, c’era da prendersi paura. Quegli occhioni blu, sempre tanto dolci e simpatici, parevano invece quelli di un pazzo ed il fatto che i suoi capelli perfetti non fossero poi così perfetti lasciava da pensare.
Posso eccome, Mike”, ribadì lei, irremovibile. “Ora ho altro a cui pensare e preferisco prendere sottobraccio una questione per volta, motivo in più per parlare sinceramente con Lily”.
Si erano rinchiusi nell’ufficio di CJ, desiderosi di avere pochi minuti solo per loro, come facevano spesso oppure per evitare che anche la dolce segretaria venisse a conoscenza di tutto quanto, altrimenti lo stesso pomeriggio ci sarebbero stati manifesti ovunque per Los Angeles. Sì, scusa molto più plausibile!
CJ uscì dalla stanza, ritrovandosi nella sala d’aspetto e osservando quasi spazientita Lily, intenta a trafficare con l’I-Phone . Prese un profondo respiro e le si avvicinò tranquillamente, cercando di nascondere la maschera di agitazione che le si era fermata in viso. Doveva mantenere i nervi saldi, il suo solito contegno glaciale che assumeva ogni volta che se ne stava tra quelle quattro mura perché – cazzo! – presentarsi al lavoro in quel modo era una chiara dichiarazione di guerra a chi, uno stupido e striminzito top in pelle nera senza spalline, non poteva assolutamente permetterselo. Che fosse tornata da un altro lavoro di cui CJ non sapeva nulla?

 

I wanna take you home
I won't do you no harm, no
You've got to be all mine, all mine
Oh, foxy lady

Jimi Hendrix –Foxy Lady

 

Lily”, la chiamò, con una voce tanto calma e serena da far rabbrividire. E Mike trattenne una risata quando sentii tanta dolcezza forzata uscirle dalle labbra.
La biondina sollevò il viso e rispose al capo con un sorriso luminoso.
Non era una cattiva persona, lei, tutt’altro! Era sempre stata tanto gentile, a volte anche troppo, ma la cosa che non andava giù a CJ era la sua tendenza a non avere un freno, un briciolo di contegno che le impedisse di portarsi a letto almeno un terzo dei clienti che avevano scritturato. Poi, ovviamente, il fatto che fosse una tipica bellezza californiana, dal fisico che avrebbe bloccato il traffico, non influiva per nulla, no, certo! Ciao CJ”, rispose Lily, tutta allegra.
Avrei bisogno di parlarti seriamente”.
A quelle parole, la segretaria ebbe il buon senso di posare alla sua postazione il cellulare e di prestare la sua completa attenzione alla persona che aveva davanti. Così, con i suoi occhioni verdi cominciò a fissare intensamente CJ.
Diamine, quanto risaltavano i suoi occhi, così contornati com’erano da quella cascata di capelli biondi!
Volevo parlarti di Matt”, cominciò CJ, poggiando i gomiti al bancone della reception. “Dobbiamo mettere alcune cose in chiaro”.
Lo so, CJ, davvero e mi dispiace per ieri, ma non sapevo proprio come levarmelo di dosso, si era fatto troppo insistente”, si lamentò lei, alzando gli occhi al cielo.
Avresti potuto tenere le gambe chiuse al momento opportuno, cara, avrebbe voluto risponderle, ma poi sarebbe risultata troppo indiscreta… e stronza! Non se la sentiva di andarci giù pesante fino a quel punto. Non ti preoccupare per ieri, a me interessa oggi e gli altri giorni che verranno”, disse poi, CJ, indecisa sul da farsi.
Lily la guardò confusa, arricciando le labbra dipinte di rosso. “Non ti seguo”.
Ascolta, puoi fare quello che vuoi della tua vita, ma devi cercare di lasciare perdere Matt, te ne prego”, articolò il boss. “Primo, perché è un vero idiota e secondo, perché ho la sensazione che creerà solamente dei problemi a me, a te e a tutti gli altri membri del team, ed io non voglio questo, assolutamente! Quel ragazzo ed il suo gruppo hanno talento, ma prima ce li leviamo dalle palle meglio sarà per tutti”.
Lily rimase impassibile per un momento, forse indecisa su come interpretare le parole del suo capo, ma un momento dopo se ne uscì con un sorriso raggiante, un squarcio che le illuminava l’intero viso. “Grazie per averne parlato con me, CJ”, disse, dopo qualche secondo. “Avevo già intenzione di levarmelo di mezzo e, in teoria, lo avevo già fatto la settimana scorsa, ma sa essere davvero insistente e persuasivo, quando vuole ed io mi sono ritrovata impreparata, ma ora che so che nemmeno tu approvi cercherò di impegnarmi maggiormente per dirgli che tra lui e me non potrà mai esserci nulla”, concluse, lasciando di stucco CJ. Poté quasi sentire il rumore della mascella di Mike, ancora alle sue spalle, che crollava a terra.
Aspetta un momento, Lily, non ho detto che non approvo, ma solamente che non voglio dover risolvere altri casini per colpa di quel tizio”, cercò di spiegarsi come meglio riuscì, senza sembrare una perfetta idiota.
Lo avevo capito, tranquilla, ho detto quelle parole solo per farti sapere che ci sto provando”, si spiegò meglio, l’altra, facendosi improvvisamente più timida. “So di non essere conosciuta per la mia intelligenza, ma lo avevo capito comunque”, concluse, con un filo di voce, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
Oddio, aspetta… cosa!? No, Lily, mi hai fraintesa”, saltò su improvvisamente, CJ, provando di salvare il salvabile. “Non volevo offenderti, oddio scusami, sono un’idiota!”, esclamò, infine, toccandole leggermente la spalla.
La bionda sollevò leggermente lo sguardo, incerta, ma, prima che avesse la possibilità di rispondere, la porta principale si aprì, facendo entrare un meraviglioso raggio di sole nell’ambiente.
E a CJ servì solamente un secondo per riconoscere la sagoma di Matt, il Don Giovanni del momento, e dei suoi tre compari. The Bottoms, che cazzata!
Vi fu un momento di silenzio prima che Mike, da ragazzo intelligente qual era, salutò l’intero gruppo e lo pregò di accomodarsi nell’ufficio di CJ in attesa che, proprio lei, finisse di parlare con la segretaria. CJ salutò con un cenno del capo tutti quanti e, non a caso, osservò attentamente Matt che, come un gallo in un pollaio, le passò accanto tutto impettito, lanciando un’occhiata che poco lasciava all’immaginazione alla bionda dietro il bancone da receptionist. E, di certo, non le passò inosservata Lily che, troppo a disagio sotto gli occhi del cantante, abbassò lo sguardo improvvisamente.
Solamente quando tutti furono nell’ufficio di CJ, Mike compreso, si voltò ancora verso Lily, ancora intenta a studiarsi le unghie perfettamente smaltate.
Ne riparleremo, Lily, te lo prometto”, la rassicurò, facendole nascere un leggero sorriso sul volto, ben poco convinto. “E scusami ancora per prima, non volevo”, concluse, avviandosi verso il proprio ufficio, pronta ad affrontare le richieste da prima donna dell’ultimo arrivato. Non diede nemmeno la possibilità a Lily di ringraziarla, voleva togliersi quella piattola al suo ufficio il prima possibile, così, assumendo la sua miglior espressione professionale, aprì la porta ed entrò, chiudendosela alle spalle.
Vide Mike poggiato alla scrivania, davanti ai quattro musicisti, intento a parlare di futilità, cercando di prendere tempo.
Ah eccoti”, esclamò, non appena la vide, fin troppo sollevato. “Forza, vieni”, concluse, dirigendosi verso l’uscita, ma venne subito fermato da lei per un braccio.
Prova a lasciarmi sola e Leto te lo scordi”, ringhiò, sottovoce, beccandosi un’occhiataccia da parte del ragazzo. “Bene”, cominciò, poi, con un’allegria che non faceva proprio al caso suo. “Ragazzi abbiamo parecchie cose di cui parlare, direi. Da dove volete cominciare?”, concluse, sedendosi alla sua poltrona in pelle, dalla parte opposta della scrivania, davanti a Matt e combriccola seduti sul divano Chesterfield nero scelto appositamente per CJ.
Li osservò attentamente, cercando di studiare al meglio le loro espressioni che passavano dal timore, alla noia alla strafottenza di Matt con fin troppa semplicità. Non erano per niente omogenei, loro, per niente fatti per suonare insieme, tuttavia erano bravi ed avevano talento, CJ lo aveva visto subito, ma cominciava a ricredersi, cominciava a pensare di aver sbagliato sin dall’inizio con loro perché, un comportamento come quello del loro frontman, non avrebbe portato altro che guai.
Non vogliamo cambiare nome, CJ”, saltò su, Matt, con la miglior espressione annoiata, prendendo la parola. Aveva scelto proprio l’unico dettaglio su cui lei non aveva intenzione di discutere.
Poggiò i gomiti al piano della scrivania, CJ, prendendosi il viso tra le mani e respirando profondamente, così da poter mantenere il gelido controllo che aveva assunto prima di varcare la porta del suo ufficio. Dopodiché, cercò gli occhi di Matt e cominciò a fissarlo con un’intensità tale che, chiunque, sarebbe evaporato sotto quello sguardo deciso, ma non quel ragazzino impertinente.
Su questo non si discute, caro”, cominciò, intransigente e addolcendosi di proposito, in modo a dir poco spaventoso. “Avete chiesto il mio aiuto, quindi dovete sottostare alle mie regole e, tra queste, c’è il desiderio di cambiare il nome del vostro gruppo perché, francamente, è squallido, vecchio, senza alcuna appetibilità e chi pensi possa ascoltarvi, là fuori, se ve ne uscite con un nome di merda!?”, concluse, più alterata di quando aveva cominciato, senza distogliere lo sguardo da quello di Matt, impassibile.
Era stata più sincera di quanto avrebbe voluto, si era spinta leggermente troppo in là ed aveva superato il limite, ma era comunque dell’idea che, diversamente, non avrebbe fatto comprendere nulla a nessuno, soprattutto a quel gruppo di presuntuosi che si ritrovava davanti. Ne aveva visti di arroganti, ma mai fino a quei livelli.
Sto cercando di fare il vostro bene, di lanciarvi in campo musicale e ti posso assicurare che, un nome come Matt & The Bottons, non vi farà avere alcun successo e, se permetti, credo di potermi muovere meglio di voi, in questo campo”.
E quindi? Ti sai muovere meglio di noi, certo, e non perdi occasione per rinfacciarlo al mondo, ma noi vogliamo mantenere questo nome!”, esclamò lui, infervorato dalle parole di CJ.
A lei, tuttavia, non passò inosservato lo scambio di sguardi tra gli altri membri del gruppo, forse un po’ troppo agitati di quanto avrebbero dovuto essere, nervosi e stanchi di quella situazione, anche. “Tutti voi non volete cambiare nome o solamente tu, Matt?”, domandò, a bruciapelo.
Ricevette una risposta senza che nessuno disse niente: gli sguardi stupiti di tutti quanti i ragazzi davanti a lei parlarono da soli. “Come pensavo”, mormorò, lanciando un’occhiata vittoriosa a Mike, con la schiena poggiata alla porta, che continuava a fissarla soddisfatto. “Allora, dato che mi sembri in minoranza, e qui dentro decido io per il meglio dei miei artisti, il nome si cambia e spero che questa sia l’ultima discussione in merito”, aggiunse, glaciale. Il poverino, abbassò lo sguardo, quasi sconfitto o, molto più probabilmente, incazzato per non essere riuscito nel suo intento. Avranno avuto venticinque anni al massimo e CJ ne aveva visti tanti come loro, che credevano di avere sempre le idee migliori, le migliori proposte, ma non sapevano quanto si sbagliavano, in realtà, quanto avessero bisogno di una mano per sfondare.
Bene, nome del gruppo sistemato – vi farò avere le proposte -, avete altro di cui discutere prima che metta in chiaro un’altra cosa con voi?”, domandò. Silenzio di tomba, così poté andare avanti con i suoi sproloqui. La presenza di Mike la aiutava enormemente. “Perfetto, allora vorrei specificare una cosa che, per me, ha enorme importanza: finché siete sotto la mia ala protettrice, chiamiamola così, il resto del personale del mio team si lascia in pace! È una cosa che ho cercato di mettere in chiaro sin dall’inizio, ma evidentemente non vi entra in quella testa dura che vi ritrovate e queste continue chiamate a Lily mi fanno imbestialire: usciti di qui, quando non sarete più miei clienti, potrete fare ciò che vi pare e con chi vi pare, ma fino a quel momento, le persone dentro questi uffici sono offlimits!”, concluse, decisa, sentendosi quasi una madre intenta a sgridare i figlio colti con le mani dentro il barattolo di Nutella. “Ci siamo capiti? Matt!?”, chiese, attirando la sua attenzione. La sua stupida ed annoiata attenzione.
Lo avrebbe preso a schiaffi per la strafottenza che ostentata. “La biondina si lascia a casa, ho capito!”, disse, con tono saccente.
Felice di sentirtelo dire”, commentò CJ, sostenendo il suo sguardo. Se il ragazzino voleva giocare, aveva trovato pane per i suoi denti. “Allora, se non avete altre domande, direi che potete andarvene”, concluse, poggiando la schiena alla poltrona, cominciando a rilassarsi un po’.
Tutti quanti si alzarono dal divano Chesterfield, Matt compreso, e si avviarono silenziosamente – nemmeno fossero stati ad una processione – verso la porta dell’ufficio, tenuta aperta da Mike. E solamente dopo aver sentito anche la porta principale aprirsi e chiudersi dietro i quattro musicisti, CJ cominciò davvero a rilassarsi, seguita dal suo collega che sprofondò pesantemente nel divano che era stato occupato fino a poco prima.
La ragazza sospirò, massaggiandosi le tempie con forza per scacciare quella sensazione di pesantezza che l’aveva svegliata quella mattina, mentre Mike continuò a scrutarla attentamente, cercando di cogliere qualche segno di cedimento, ma sembrava di granito, CJ, in quell’istante. Aveva avuto le palle, ecco tutto, ed aveva parlato in modo deciso ed intransigente a Matt ed ai suoi compari, e l’aveva ammirata, perché non si era lasciata scoraggiare dalla stupidità di quel cantante.
Tutto bene, boss?”, le domandò, dopo alcuni istanti.
Si”, rispose secca, con l’ennesimo sospiro, continuando a tenere gli occhi chiusi. “Mi hanno temuta, secondo te?”, gli chiese, aprendo un occhio, timorosa, ma al tempo stesso curiosa della reazione del suo amico.
Oh si, CJ”, la rassicurò, Mike, ridendo. “Non sarei voluto essere nei loro panni, te lo posso assicurare”, concluse.
Giuro che alla prossima stronzata, li lascio per la strada”, borbottò CJ, alzandosi dalla sua postazione e dirigendosi verso la sala d’aspetto. Lasciò perdere per un momento Lily, appuntandosi in mente che, prima o poi, avrebbe dovuto parlare seriamente con quella ragazza e andò verso la zona riservata al resto dei membri del suo staff, verso la zona giorno.
Non appena entrò le arrivò alle narici il magnifico profumo del caffè preparato da Olivia, la sua ricetta segreta che la faceva impazzire, poi non appena vide i suoi colleghi le spuntò improvvisamente un sorriso, dimenticandosi nell’agitazione che le aveva fatto compagnia fino a qualche istante prima. “Buongiorno a tutti”, esclamò, allegra.
Aveva avuto ragione Tom fin dall’inizio, da quando aveva cominciato ad arredare quegli uffici, dicendo che, proprio quella zona, sarebbe stata il toccasana di tutto quanto, la stanza perfetta per un attimo di relax, nonostante ci fossero materiali ed appunti ovunque.
Buongiorno”, risposero, tutti quanti, sorridendo.
Quindi? Li hai masticati a dovere?”, domandò Joseph, con un sorrisetto furbo sul volto, riducendo a due fessure quegli occhi chiarissimi che si ritrovava.
CJ scoppiò a ridere, sedendosi accanto a lui sul divano, intento a strimpellare qualche accordo e ad annotarsi chissà che cosa. Lo osservò un momento, prima di rispondere, e si chiese – per la milionesima volta? No, forse di più – come fosse possibile che un uomo del genere portasse sulla spalle più di cinquant’anni. Cinquantadue, per essere precisi. I capelli brizzolati pettinati ad arte, la barba ed i baffi anch’essi perfetti, tanto perfetti da sembrare quali scolpiti nel marmo, gli occhietti vispi, da ragazzino, di un azzurro innaturalmente chiaro, il corpo ricoperto di tatuaggi, ma sempre in ottima forma. Come poteva, un uomo del genere, avere cinquantadue anni?
Li ha distrutti, Jo”, rispose Mike per lei, scatenando le risate di tutti. “Mi sarei voluto nascondere, io, al posto loro”.
Siamo in vena di complimenti, oggi”, esclamò CJ, tra le risate. “Sono stata un po’ più cattiva del solito, tutto qui”.
Rimasero così per un po’, a chiacchierare di quel colloquio, delle prossime tattiche da assumere con quei quattro disgraziati, a bere il magnifico caffè di Olivia e a ridere per le stronzate che, ogni tanto, saltavano fuori. Si unì anche Lily, lasciando aperta la porta per riuscire a sentire comunque qualcuno entrare nella sala d’aspetto, e anche lei non attese un momento per dire la sua e per criticare Matt ed i suoi modi assurdi, da superstar.
Ti sei dimenticata dei nuovi aggiornamenti, CJ?”, domandò poi, Olivia, dal nulla.
Era la piccola del gruppo, Olivia, con i suoi ventiquattro anni e la sua scarsa esperienza, ma sapeva il fatto suo, assolutamente. Era stata assoldata in quella comitiva circa due anni prima, insieme a Philip – ovviamente insieme dai tempi dall’inizio del college -, dopo che l’etichetta per cui lavoravano aveva deciso di restringere il personale e di lasciare a casa parecchie persone, tra cui loro due.
Due dei migliori esperti in mercato discografico che CJ avesse mai conosciuto, ed erano dei ragazzini, fondamentalmente, ma con una passione per la musica che poteva far tranquillamente a gara con quella di CJ. E lei, dal canto suo, non aveva atteso un momento per assumerli e portarli sotto la sua ala protettrice!
Incontrò lo sguardo di Olivia, quei suoi occhi blu, quasi violetti, in perfetto abbinamento con la folta chioma di ricci viola. Le origini portoricane si notavano, se la si osservava attentamente, se si osservavano quei suoi lineamenti delicati e la pelle leggermente imbrunita dal sole, perfetta e bellissima.
Era minuta, Olivia, piccolina, ma con la forza e la tenacia di un tornado. Era stata lei, infatti, a convincere CJ ad assumerla insieme a Philip, a convincerla che, insieme, sarebbero stati una squadra perfetta.
No, non me ne sono dimenticata, anche perché Mike non me ne da la possibilità”, aggiunse, sorridendo verso l’amico e beccandosi, in cambio, un gesto ben poco amichevole. “Ne approfitto ora che siamo tutti qui”.
Raccontò tutto per filo e per segno, pregando ognuno di loro di restare zitto e di limitare i commenti, almeno fino a quando non avrebbe terminato di stilare un resoconto completo, altrimenti sapeva che avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo. Cercò di essere il più incisiva possibile, risparmiando dettagli inutili e avvisando tutti che, la mattina dopo, sarebbe stato il giorno X.
Ma non sai perché Leto vuole incontrarti?”, domandò Olivia, che moriva dalla curiosità, seduta sulle ginocchia di Philip.
Non esattamente, Tom non è stato chiaro in questo”, rispose lei, con un’alzata di spalle. “Sound vecchio e nuovo, non ne ho idea”. Quindi domani dobbiamo essere tutti in tiro per accogliere la superstar?”, chiese Philip, sarcastico, ricevendo una gomitata tra le costole dalla sua ragazza.
No, niente tiro, Phil”, disse CJ, ridendo della scena. “Certo, non vi voglio in tuta, ma nemmeno in abito da sera: voglio che siate voi stessi, domani, più che negli altri giorni. Se dobbiamo essere ingaggiati da parte dei Thirty Seconds to Mars, voglio che sia perché piacciamo per come siamo”.
Sai se ci sarà solamente Jared Leto oppure l’intero gruppo?”, domandò Mike.
Non ne ho idea”, l’ennesima alzata di spalle. “Ma vi chiedo un favore: finché non ci sarà qualche cosa di certo, acqua in bocca sulla questione, tutti quanti! Non voglio che venga sparsa la voce”, aggiunse, incontrando volutamente lo sguardo di Lily che, stranamente, non aveva ancora proferito parola, ma era rimasta immobile sulla sua sedia, con un’espressione attonita in volto.
Ah certo, sarà stato un duro colpo per lei, sapere che il giorno seguente sarebbe arrivato una star di fama internazionale. Ci mancava solamente un top più striminzito di quello che aveva già addosso e sarebbe stato perfetto, sì.




*****

NdA.

Eccomi con il nuovo capitolo.. Manca poco al giorno X, finalmente, al fatidico incontro tra le due prime donne.
Qui avete conosciuto praticamente tutto il resto dei personaggi: il team di CJ (cara Lily compresa) ed il fratellino.
Spero possano piacervi e che vi possa piacere anche il capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate (e scusatemi per eventuali errori)..

MarsHugs,
Chiara.

P.S.
Vi lascio le foto dei personaggi, giusto per darvi un'idea.
Tom Stevens
Mike Wilson
Lily Clark
Philip Carter
Olivia Perez
Joseph Sullivan
Matt

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