Una pasticciona di nome Nina

di Veronica1989
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vita di coppia è uno stress ***
Capitolo 2: *** Il nuovo vicino ***
Capitolo 3: *** Tra fidanzata e fidanzato non mettere mai il dito ***
Capitolo 4: *** Una simpatica cliente abituale ***
Capitolo 5: *** Un papà poliziotto ma in pensione ***
Capitolo 6: *** Un primario con il camice bianco molto disponibile ***



Capitolo 1
*** La vita di coppia è uno stress ***




-    CAPITOLO UNO    -

La vita di coppia è uno stress
 
La vita di Nina fino a quel momento procedeva sempre dritto.
Niente intoppi e nessuna notizia negativa; la pasticceria aperta da ben cinque anni, andava a gonfie vele. I clienti non mancavano e l’incasso era sempre positivo.
 
L’aria fresca del primo mattino soffiava sul viso addormentato di Nina. Il sole non era ancora spuntato e già si vedevano i furgoncini squadrati che portavano i giornali appena stampati; Nina camminava sul marciapiede ancora deserto, il silenzio l’avvolgeva come il suo maglioncino color azzurro in cotone. Quella mattinata si era svegliata alla solita ora.
Alle sei, si sollevò dal letto lanciando un bacio immaginario al fidanzato ancora dormiente e si chiuse nel bagno a prepararsi. Dopo essere uscita dall’appartamento dove conviveva con Frederick già da quattro anni, attese l’ascensore.
 
Lei procedeva con aria tranquilla mentre un edicolante tirava su con forza la saracinesca e aggiungeva i giornali della nuova edizione.
Nina andava avanti spedita.
Ad un certo punto un freddo venticello gli soffiò di nuovo sul volto facendo volare i ciuffetti di capelli rossi davanti alla faccia; alzò la mano sinistra per aggiustare i capelli dietro l’orecchio, il negozio era ancora distante ma camminare a lei non dispiaceva.
 
Il negozio di Nina era una splendida pasticceria sulla strada più trafficata di Manhattan.
Upper West Side.
La giovane si fermò ad un passaggio pedonale bloccato dal semaforo rosso, intanto sollevò la testa verso l’alto e si mise ad ammirare i palazzi pieni di piccole finestre. Abbassò lo sguardo e tutto intorno a lei si stava iniziando a svegliare; il semaforo scattò verde e Nina percorse tutta la passerella zebrata fino all’altro marciapiede, finalmente dopo qualche svolta e un ulteriore attraversamento pedonale arrivò.
La via era deserta ma davanti alla bottega c’era già la Smart rossa di Alex; a Nina scappò un sorriso vedendo la macchina del suo migliore amico. Salì saltellando gli scalini in legno che separavano il marciapiede dal negozio; tirò verso di lei la porta di ferro nero ed entrò.
 
<< Buongiorno tesoro >>, salutò Alex dietro il bancone color carta da zucchero, intento a inserire nelle vetrinette muffin, brioches e pasticcini appena sfornati << Perché sei già qui? >> domandò lui con un pizzico di curiosità. Nina intanto aveva appoggiato la borsa tote di una griffe italiana e corse ad abbracciarlo.
<< Oh dio santo. Nina cosa diavolo ti prende di prima mattina. >> domandò Alex alle prese con le braccia dell’amica.
<< Abbiamo scelto la data delle nozze, finalmente >> rispose tutta sorridente lei.
<< Era anche ora. >>
Nina si mise a ridere vedendo l’espressione di lui.
 
La città si svegliò la gente cominciò ad invadere i marciapiedi e le strade. I taxi e gli autobus sfrecciavano nelle strade, anche i tram nelle stazioni sottoterra iniziarono pian piano a riempirsi di lavoratori e studenti delle scuole.
Nell’appartamento di Nina e Frederick era ormai entrato il sole.
Illuminava il bancone della cucina bianco laccato; dalla camera da letto si sentiva l’acqua della doccia scorrere, la tv accesa informava della borsa di Wall Street.
In quel momento dal bagno uscì Frederick in accappatoio e con i capelli tutti bagnati; prese in mano il cellulare appoggiato sul comodino e controllò gli appuntamenti della giornata. Frederick si fermò in cucina davanti alla macchinetta del caffè; prese una tazzina candida, la zuccheriera rosa confetto con le stampe di pannocchie e posò il tutto sopra la superficie del bancone immacolato. Sbadigliò e avvicinò il giornale; cominciò a sfogliarlo ma delle riviste attirarono la sua attenzione, si allontanò per prendere il caffè e poi si accostò al lavello, c’erano tre riviste da sposa.
Una ritraeva una giovane sposa di fianco con le spalle scoperte e in mano teneva un prosperoso mazzo di fiori, il secondo mostrava una cantante famosa con il suo abito da sposa e l’ultima sposa era seduta con il vestito in tulle che gli cadeva su tutto il pavimento.
L’uomo sospirò e finì di bere il suo caffè.
Nella cucina della pasticceria, Nina aveva il camice candido e i capelli legati in una treccia; stava finendo le meringhe, con la mano ferma teneva dritta una sac à poche piena e dava la forma a piccole nuvolette. Mise la teglia nel freezer e si dedico ai biscotti appena sfornati; Alex andava avanti indietro con i vassoi pieni di leccornie da esporre nelle vetrinette.
<< Caos totale >> continuava a dire, Nina sorrise intenta a farcire con il cioccolato l’ultima fila di biscotti quando il cellulare nella borsa incominciò a squillare; lasciò la postazione pulendosi le mani in uno strofinaccio.
<< Pronto? >>
In sottofondo si sentiva il rumore dei clacson e delle chiacchere delle persone.
<< Pronto Nina >> rispose dopo cinque secondi.
<< Ciao amore dimmi? >>
<< Stasera ti ricordi che siamo fuori con amici? Aspetta che pago il tassista. >>
Oddio è vero che siamo fuori a cena.
Nina sospirò. Si alzava già presto e Frederick lo vedeva raramente, << Amore non possiamo stare a casa stasera? >> domandò lei con la speranza che lui capisse.
<< Nina ho prenotato la saletta. Avanti ti farà bene vedere delle facce amiche. >>
Certo peccato che gli amici sono soltanto i tuoi.
Nina alzò gli occhi al cielo poi come sempre gli rispose << Va bene. Ci vediamo a casa, buon lavoro. >> gli mandò un bacio e abbassò il cellulare lungo la coscia.
<< Idiota >>
<< Alex non dire così >>
<< Cazzo Nina ti spacchi di lavoro e stasera esci ancora. Tante volte mi chiedo perchè diavolo avete comprato una cucina >>, finì di parlare alzando le spalle e uscì dalla cucina.
Lei sospirò ancora ma più profondamente questa volta e pensò a quanto l’amico avesse ragione; quante volte avevano usato quella cucina dell’IKEA.
Non me lo ricordo neanche.
 
Erano le nove e mezza del mattino e nella pasticceria era ormai esplosa la guerra della fila.
La ragazza tolse il grembiule bianco e si recò dietro il bancone dove Alex era impegnato alla cassa. Sembrava un pazzo correva di qua e di là per servire più clienti che poteva; anche lei si mise ad aiutare a servire le persone.
La vetrina:
Apple crumble $4.8
friand berry $ 3.6
Frangipani & raspberry tart $ 3.6
Muffin:
  • Mixed berry
  • Pear & White       $ 4.2
  • Raspberry
  • Mango & cocco
Cinnamon scrolls $ 3.6
Chiccolate croissant $ 3.6
Raisin snail $ 3.6
Plain croissant $ 3
Cake slices $ 5
Whole cakes:
  • French vanillia $ 29
  • Flourless mud cake $ 33
  • Almond & orange $ 36
 
Sopra la vetrina splendente c’erano tanti vassoi di legno con muffin circondati da carta marroncina, kokosmakronen dorati e profumati e piccole crostate ai frutti di bosco coperti da una cupola di vetro.
Nina prese il posto di Alex alla cassa e continuò così tutta la mattinata.
 
Finalmente era arrivata l’ora di pranzo. Nina e Alex salirono sulle scale all’interno della pasticceria e si sedettero al lungo tavolo di legno.
<< Vieni con me stasera? >> chiese lei all’amico impegnato a togliere il grembiule dai fianchi rivelando i jeans nuovi della Levi’s.
<< Nina. >> disse Alex mentre sorseggiava un centrifugato color verdino appena fatto, << Dove ti porta questa volta a Brooklyn o a Times Square? >>domando senza dagli importanza.
<< Solito. Penso che rimaniamo vicino a casa. >>
<< Ci penso >>.
Alex era un ragazzo molto paziente con lei.
Sempre disponibile ad ogni mia tragedia e pasticcio; le labbra di Nina si piegarono in un triste sorriso.
<< Okay. Okay, vengo ma ti prego smettila di guardarmi in quel modo >> finì ignorandola.
Se Alex non sarebbe stato gay l’avrebbe già sposato. Adorava i suoi modi di fare; la camicia con tema tovaglia rossa della nonna e la sua ossessione di far vedere un po’ i pettorali lo rendevano sexy ma anche alla moda.
Non era fidanzato e non conviveva. Lui ogni intanto cercava qualcosa tipo “una sera e via”. Niente di serio.
Nina lo guardò sparecchiare le sue cose e scendere con tranquillità le scale, lei invece finì di mangiare quando all’improvviso dalla porta entrò una donna sulla cinquantina.
<< Mamma! Che ci fai qui? >> urlo Nina alzandosi dalla sedia di colpo.
<< Ma che domande >>
Sandra Bover, da casalinga che era, adesso amministrava i conti della pasticceria della figlia Nina.
Donna affascinante, solare; indossava una giacchetta di cotone nera, una camicetta a pois bianchi e neri, e dei jeans con il risvolto alla caviglia. Ai piedi portava dei sandali neri fatti in cuoio e rivelavano la pedicure con lo smalto rosso appena messo.
<< Mi ero dimenticata che dovevi venire. >> si inventò su due piedi la figlia mentre scendeva gli ultimi scalini.
<< Si, certo >> gli rispose guardando Nina dalla testa ai piedi << Ma come diavolo sei vestita? >>.
In quel momento Alex uscì dalla porta portando in mano un vassoio con tre caffè e tre piattini con una deliziosa torta di pan di spagna con crema di burro e fragole.
<< Cosa c’è che non va? >> domandò alzando le braccia in alto; maglietta bianca a mezzamanica, jeans boyfriend e un paio di scarpe dell’Adidas bianche, capelli rossi raccolti in una treccia e un paio d’occhiali da vista con la montatura spessa nera. La madre non disse nulla, si allontanò in silenzio dal bancone e sparì.
 
Arrivata a casa Nina abbandono la borsa marroncina a terra, tolse le scarpe da ginnastica e si buttò sul letto matrimoniale. Chiuse gli occhi immergendo la testa rossa nei mille cuscini colorati e disegnati; la camera da letto della coppia era arredata da mobili romantici e dai colori pastello. Le pareti lattee con qualche quadretto di foto seminati qui e là. Le finestre alte erano coperte da tende trasparenti del color castano; il pavimento era privo di tappeti, a Frederick non piacevano molto i tappeti. Era allergico alla polvere e gli arazzi ne portavano parecchia.
Non c’erano tanti mobili, c’era un comò e un tavolo dove aveva installato il Mac di lei. La camera era collegata al bagno e in un’altra stanza tenevano i vestiti.
La famosa cabina armadio.
<< Cosa stai facendo. Dai Nina siamo in ritardo, che figura mi fai fare con i ragazzi >> replicò lui uscendo di fretta dal bagno. La donna si alzò dai cuscini con la stanchezza nella testa e guardò il fidanzato.
Capelli pettinati alla perfezione, barba appena fatta.
Camicia azzurra con il maglioncino giro collo blu scuro e jeans bianchi con due paia di mocassini blu jeans in mano; bello era dire troppo ma perfetto era la parola perfetta.
<< Sbrigati. Cambiati e usciamo >> replicò voltando le spalle alla fidanzata mentre si allacciava il suo orologio al polso e si spruzzava un po’ di Blue CHANEL. Il suo preferito.
Si trascinò giù dal comodo e invitante letto fino al bagno ma Frederick le sbarrò la strada, << Se ti fai la doccia non usciamo più >>; allora lei camminò lentamente nella cabina armadio.
Si muoveva a peso morto per quanto era stanca.
Oltrepassò la soglia della cabina e gli saltò al naso l’odore delle cinture in cuoio del fidanzato e del suo profumo dolce, si accostò davanti ad una serie di vestiti e optò per un vestitino nero con le maniche lunghe trasparenti e sulla gonna ricami argentati.
Per le scarpe si fermò davanti alla scarpiera in ripiani laccati biancastri. Allungò la mano destra verso delle décolleté bordeaux che si legavano alla caviglia. Uscì dalla camera da letto.
Frederick la stava aspettando ansioso seduto sul divano.
<< Finalmente. Possiamo andare ora >> affermò irritato.
Il taxi si fermò a poyntz avenue nei pressi di un ristorante molto in voga negli ultimi anni.
Scesi dalla macchina si diressero verso l’entrata;
<< Buonasera abbiamo prenotato a nome Ross >> informò il capo cameriere quando dal bancone del bar qualcuno iniziò a chiamare ad alta voce Frederick.
<< Perfetto siete già arrivati >>, lui salutava e sorrideva mentre si avviava verso gli amici.
Nina fece un cenno di sorriso. Oddio, era il sorriso più stanco che gli era mai uscito, all’improvviso qualcuno gli appoggiò la mano sulla spalla << Ecco il tuo salvatore >>. Nina spalancò gli occhi dalla felicità.
Alex era lì per lei.
Capelli pettinati con un po’ di gel, maglietta bianca maglioncino beige con tre bottoni neri e un taschino sul petto. Dei pantaloni color nocciola e un paio di scarpe comode bianche. L’amico diede un bacio sulla guancia dell’amica e poi entusiasta gli disse << Sei fantastica! >>
<< Grazie. Sei il solo che là notato stasera >>, rispose stanca Nina.
 
Nel frattempo si erano seduti ad un tavolo di cinque o sei persone; e tutti quanti si misero a parlare in armonia. Il ristorante era grande. I tavoli si ampliavano in tutta la sala; dal soffitto scendevano lampadari in vetro colorato che avvolgeva la luce della lampadina.
La musica Jazz accompagnava le mille conversazioni e il calore del cibo che man mano i camerieri servivano al tavolo.
<< Allora Nina, la pasticceria sta andando bene? >>.
Nina era intenta ad assaggiare un boccone di carne dal piatto del fidanzato seduto in parte << Si. Sta andando benissimo >>. Subito dopo gli arrivò un’altra domanda << Abbiamo saputo da Frederick che settimana prossima vi sposate. Devi essere molto indaffarata >>.
Alex stava bevendo dell’acqua naturale e intanto guardava Nina.
<< Si, sono un po’ presa >> non riusciva neanche a finire la frase che ne arrivò immediatamente un’altra.
<< La torta nuziale la farai te, ne sono sicura >>.
Ma che cazzo di domande
<< Certo che la faccio io >> e poi alla fine Nina sorrise.
<< Tesoro. Sarai stanca dopo tutti i preparativi. La torta la compriamo in un’altra pasticceria >>, fini per dire quasi una bestemmia per le orecchie della fidanzata; il fidanzato iniziò a sorseggiare il vino.
Scusa, non ho capito bene.
Pensò confusa Nina, guardando il fidanzato << Scusa, la faccio la nostra torta di nozze >>
<< Nina non fare così per una torta. Una vale l’altra >>.
Al suono di quella frase lei incominciò ad avvampare e poi esplose come una bomba a cui il timer è scaduto.
<< La torta nuziale io non la vado a comprare in un’altra pasticceria >>, urlò lei togliendo il tovagliolo dalle gambe e alzandosi in piedi.
<< Nina calmati ti prego >> la pregò lui mentre si guardava attorno.
Vaffanculo.
Pensò lei, << Rimangiati quello che hai appena detto >>; in quel preciso momento il capo sala si avvicinò al tavolo chiedendo spiegazioni. Il fidanzato sprofondò quasi sotto il tavolo; gli occhi dei clienti erano puntati su di loro e Frederick odia dare nell’occhio.
<< Smettila e siediti. Sei ridicola >>.
Nina scosse la testa e si allontanò dal tavolo ma la sfortuna vuole che proprio in quel momento stava passando il tavolo con le rotelle e sopra ci avevano appoggiato dei dolci da presentare direttamente al tavolo del cliente.
Pochi secondi alla collisione.
Nina si ritrovò con il sedere per terra e ricoperta di crema pasticcera, panna montata, cioccolato fuso e frutta fresca.
<< Signorina, oddio sono desolato. Mi scusi >>
<< E’ apparsa dal nulla >> implorava il cameriere; lei chiuse gli occhi e si lasciò andare fino a sdraiarsi sul pavimento ormai sporco.
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Il nuovo vicino ***



-    CAPITOLO DUE    -

Il nuovo vicino
 
Delle dita tamburellavano a ritmo della musica jazz; i capelli biondi cenere venivano accarezzati dal vento pomeridiano. Gli occhiali neri coprivano gli occhi dal sole primaverile.
La macchina sportiva si fermò insieme ad altre vetture all’incrocio pedonale. Alcune passanti con pacchetti in mano lanciarono sorrisini ammiccanti all’ autista della macchina sportiva. L’autista sorrise senza dare un mino d’interesse e poi riprese il viaggio.
<< Pronto Mario.
Sono appena arrivato; dove ti trovi? >> disse all’auricolare l’uomo.
<< Ben arrivato a Manhattan signor Mich >> affermò il segretario.
<< Signor Mich?! Non sono mica mio padre! Mario, tranquillo; allora dove mi hai preso il “famoso appartamento”? >>
 
Nel frattempo Nina e Alex stavano passeggiando sul marciapiede e parlavano dell’incidente del ristorante della serata prima.
<< L’avrei strozzato >> inveì infastidito Alex.
<< Alex è capitato e basta. Non ho visto il tavolo dei dolci >>.
<< Non mi riferivo ai dolci. Allo scontro con il tavolo. Alla tua figuraccia davanti a tutti. >>
Nina guardava Alex mentre diventava pian piano rossa in viso, << Alex okay ho capito >>.
<< Scusa tesoro mi sono fatto trascinare dal racconto. Avanti ti accompagno a casa. Sali >>, la invitò a salire in macchina; la ragazza scese dal marciapiede si avvicinò alla portiera, la spalancò e si sedette in macchina.
Ma proprio in quel momento un Audi A5 marrone tranciò via la portiera della Smarth di Alex.
Nina rimase stupita e senza parole mentre Alex aveva assistito a tutta la scena. Incredulo.
L’Audi tornò indietro con la retromarcia si fermò bloccando tutta la colonna di macchine, che iniziarono a suonare il clacson << Ma sei pazza!>> urlò irritato l’uomo scendendo dalla vettura.
<< Scusa, io non … >> iniziò a balbettare.
<< Scusa un paio di palle. Hai visto che stavo arrivando >>
A dir la verità non ho guardato, pensò Nina rimanendo con un’espressione da pesce lesso.
<< Ehi! Pronto. Mi stai ascoltando?>> chiese lui battendo le mani davanti al viso di Nina.
Lei scosse la testa e annui con il viso colpevole, l’uomo poi continuò dicendo << Spero che la tua amica sia assicurata per questo tipo d’incidenti >>, sospirò toccandosi i capelli.
Nina scese di nuovo dalla macchina e disse con tono preoccupato << Penso di sì >>
<< Pensi di sì. Oddio, dove posso trovare la tua amica? >> chiese con tono nervoso lui.
Nina si voltò verso l’amico ma lui non era lì << Alex. Alex. >>
Ma dov’è finito?
Intanto Aaron guardava infastidito l’orologio argentato al polso << Senti, non ho tempo. Questo è il biglietto da visita del mio segretario, mettiti d’accordo con lui >> tirò fuori dal portafoglio scuro un biglietto da visita e glielo tese a Nina. Lei prese subito il biglietto e senza dire niente annui abbassando la testa per il disagio; l’uomo gli voltò le spalle, salì in auto e sparì nel traffico.
La ragazza fece il giro della macchina salendo di nuovo sul marciapiede e trovò Alex svenuto a terra.
<< Alex! >> urlo lei scuotendo l’amico.
<< Dimmi che sto sognando e la portiera c’è ancora >> disse con voce soffocata dalla tristezza; Nina strinse i denti e assunse un’espressione da colpevole.
Oddio.
<< Ma cosa dici la portiera c’è ancora >> mentì sarcastica; lei guardava il viso dell’amico. Alex si alzò in piedi e camminò velocemente verso la postazione del passeggero, all’improvviso un urlo esplose dalla sua bocca e lui si lasciò cadere a terra in ginocchio.
 
Il giovane si fermò con la macchina davanti all’ingresso del condominio.
L’adito era semplice: quattro vasi quadrati con dei cespugli circolari piantati, due colonne in mattoncini color mattone e un arco in ferro, verde smeraldo, incoronava la grande porta completa di vetrate.
Aaron scese dalla macchina e incrociò con lo sguardo un uomo in divisa da portiere;
<< Buon pomeriggio signor Mich. Ci penso io alla macchina >> rispose l’usciere alla domanda espressa dal viso dell’uomo.
<< Perfetto. Mi raccomando la macchina ha già avuto una giornataccia >> allertò lui allungando le chiavi. L’uomo si accorse del danno di milioni di dollari, prese le chiavi quasi intontito, salì sulla vettura ed entrò nel parcheggio del condominio; Aaron scuotendo la testa si voltò verso cinque scalini ed oltrepassò l’ingresso.
Uscito dall’ascensore luminoso, il signorino Mich si avvio per il corridoio. Infondo ad esso c’era ad aspettarlo un ragazzo sulla ventina basso e magrolino; capelli ben pettinati e un bel paio di baffetti appena spuntati.
Niente orecchini ai lobi, niente creste alla testa e neanche un tatuaggio.
Mario era il segretario di Aaron Mich già da diversi anni; efficiente e sempre ben vestito. Oggi era vestito in modo casual: maglioncino colore ecru e sui gomiti delle toppe marroni scure, jeans scuri con il risvolto per mostrare meglio lo stivaletto stringato in camoscio.
Aaron l’osservava mentre si avvicinava sempre di più e lui si accorse che l’assistente era impegnato in una movimentata telefonata.
<< No, mamma non ti preoccupare. Non lo perderò … >>
Lui era proprio dietro di Mario.
<< Problemi? >> affermò attirando l’attenzione su di sé; Mario si voltò subito in preda al panico << Certo che no; nessun problema, signor Mich >>, abbassò il cellulare lungo la gamba e si precipitò ad aprire la porta del nuovo appartamento del suo datore di lavoro.
<< Dopo di lei. >>
Appena l’uomo mise un piede all’interno venne investito da molta luce. Lui si guardò attorno e rimase molto soddisfatto, << BRAVO! Mario hai fatto uno splendido lavoro. >>
<< Ho comprato tre appartamenti come mi aveva detto. Poi ho chiamato gli operai e un architetto e per ultimo un designer. Ed ecco qui un attico >> affermò aprendo le braccia contento Mario. Il capo era rimasto colpito dalla rapidità del lavoro; era contento: niente più mare, genitori e nessuna ex-fidanzata invadente.
Ora poteva dire di vivere come voleva, << Bene signor Mich gli lascio le chiavi e le ricordo la riunione con gli investitori giapponesi. Lunedì mattina alle otto >>gli lasciò le chiavi accennò un sorriso e uscì.
Ah! Finalmente solo.
Pensò subito lasciandosi andare sul divano.
 
In quel momento Nina era inginocchiata ai piedi di Alex.
<< Non lo sapevo che stava arrivando una macchina. Alex perdonami ti prego >> implorava mentre sfregava le mani una contro l’altra.
<< Non l’avevo ancora finita di pagare, adesso rimani lì >> disse Alex guardando la Smart rossa fuori dalla vetrina del ristorante in centro.
<< Mi fanno male le gambe ti prego >> piagnucolò lei continuando.
Dopo lacrime e lamenti Alex fece sedere l’amica dolorante e ordinarono al cameriere; lui ordinò un’insalata di taco fatti di doritos, invece Nina ordinò la carbonara e da bere due semplici birre bionde.
Mangiarono tranquillamente; ogni tanto Alex la guardava male e lei cercava di nascondersi dietro il lungo bicchiere ma lo sguardo di Alex era troppo penetrante. Sembrava il personaggio dei fumetti della Marvell. Ciclope, uno degli X-Men; << Allora ne hai parlato con Frederick della scorsa sera? >> chiese Alex finendo di pulirsi la bocca col tovagliolo.
<< A dir la verità l’ho rivisto alla mattina >>
<< Eh! Come alla mattina? >>
Vuoi vedere che è stato da quella?! Pensò lui guardando sopra la testa rossa dell’amica seduta davanti, << Alex ehi cosa guardi? >> chiese Nina girandosi per seguire lo sguardo di lui.
<< Niente. Tesoro, niente >> intanto scuoteva la testa preoccupato per l’amica Nina e per quanto era ottusa.
 

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Capitolo 3
*** Tra fidanzata e fidanzato non mettere mai il dito ***



 

-    CAPITOLO TRE    -

Tra fidanzata e fidanzato non mettere mai il dito
 
Il silenzio avvolgeva la testa stanca di Aaron.
Era ancora sdraiato sul divano con gli occhi chiusi rivolti verso all’alto soffitto, appena ristrutturato.
Era in pace.
Nessun rumore.
Nessuno che parlasse, quando ad un tratto…
<< Scusa, volevo solo sapere dove eri stato. Tutto qui >> chiese a voce alta.
<< Sono andato in ufficio a finire alcuni documenti per dei clienti >>, rispose infastidito l’altro.
Aaron sospirò rimanendo nella stessa posizione, ma non durò molto; << Non potevi venire a casa con me >> gli domandò
<< Dopo quello che è successo, pensi davvero che sarei riuscito? >>domando lui a lei cercando di chiudere la discussione.
Aaron si toccò i capelli con la mano sinistra, aprì gli occhi e si alzò dalla comoda posizione per sedersi sul divano marroncino in pelle; i suoi vicini continuarono a discutere per un altro paio d’ore prima di andare a dormire.
<< Poveraccio >> disse Aaron mentre si drizzava dal divano per lasciare il salotto buio con lo scopo di andare a dormire nel suo nuovo letto.
 
La mattina seguente nell’appartamento che profumava ancora di nuovo Aaron si stava legando una cravatta azzurra con dei pois blu e celesti; alzò lo sguardo per ammirarsi allo specchio << Bene >>, disse facendo un sorriso. Aggiunse al polso un Rolex d’oro poi si avviò verso il salotto, prese la giacca e uscì dall’attico.
<< Buongiorno >>
Aaron si voltò subito al saluto, << Buongiorno >> rispose avvicinandosi all’ascensore.
<< Ti sei appena trasferito? >>
Lui annuì guardando gli appuntamenti sul cellulare poi disse << Scusa la domanda. Ah no, fa niente. Non sono affari miei. Scusa >>.
Frederick lo guardò strizzando gli occhi e disse << Oddio, ma tu sei il figlio di quel pasticcere. Aspetta… >>
Lui socchiuse gli occhi e sospirò << Mich >>
<< Ecco Mich >> sottolineo Frederick con un gesto della mano.
<< Sei un FAN o ti piacciono i dolci? >>domandò Aaron senza guardarlo in faccia.
<< Io un FAN?
No – no. Io sono un avvocato non ho tempo di preparare dolci o altro >> rispose facendo un ghigno; intanto le porte dell’ascensore si aprirono ed i due uomini vestiti in giacca e cravatta entrarono insieme in ascensore.
<< E’ la mia fidanzata una FAN. Ha tutti i suoi libri >> finì per dire lui, quando gli suonò il cellulare. Aaron gli sorrise e guardò davanti a sé.
Scesero allo stesso piano. Nel parcheggio del condominio, continuava a cinguettare al cellulare.
Sarà la fidanzata?!
Penso lui.
Frederick aveva il viso solare e sorrideva, ad Aaron sembrava strano, li aveva sentiti qualche ora fa urlare; forse avevano risolto il loro battibecco la stessa sera col sesso.
Eh si, il sesso è miracoloso
Pensava lui mentre camminava verso la sua AUDIA5 quando si accorse che il suo vicino si era fermato. Una NEWBEETLE rossa fiammeggiante si accostò vicino a Frederick e dalla macchina scese una bionda con delle gambe lunghe, strizzata in un vestito nero tipo tailleur. Allungando le braccia dietro al collo inizia a baciarlo con passione. Aaron scosse la testa ed aprì la portiera dicendo << Meno male che ora sono single. Troppi problemi >> tolse il freno a mano, mise la prima e oltrepassò la coppietta affiatata.
Aaron guardava l’orologio al polso quando gli arrivò una telefonata. Prese l’auricolare e lo mise all’orecchio.
<< Pronto? >>
<< Pronto. Scusi sono Nina Power. >> rispose lei agitata
<< Chi scusi? >>
<< La donna della portiera tranciata, si ricorda?! >>
<< Ah! Si mi ricordo, cosa vuole? >> chiese lui in modo arrogante.
<< Mi scusi è occupato? Vuole che la richiamo fra qualche ora? >> gli domandò con gentilezza.
<< NO! >> perché non ha chiamato il mio segretario.
Penso lui alzando gli occhi al cielo.
<< Pronto … è caduta la linea. Pronto? >>
<< Ci sono. Allora cosa vuole? >>
<< Il mio amico bè quello della Smart voleva sapere la sua compagnia assicurativa >>
<< Aspetti un attimo … lei mi sta dicendo che la Smart rossa appartiene ad un suo amico >>
<< Si, perché? >>
<< Lei quel pomeriggio mi ha detto “amica” >>
<< Oh… scusi. Il mio amico Alex; forse mi sono espressa male >>
Bene e io che avevo in mente … pensò Aaron e finì dicendo << Chiami il mio segretario gli ho lasciato apposta il bigliettino da visita >>
<< Infatti è quello che ho fatto. Ho chiamato il numero sul foglietto. >>
<< Aspetti un secondo >> lasciò in linea la ragazza ed estrasse il portafoglio; cercò i bigliettini da visita e si rese conto di aver finito proprio quelli di Mario. Aaron scosse la testa e poi riprese la linea << Pronto mi sente? >> perché c’è di sottofondo un impastatore?
<< Si eccomi >> rispose quasi subito.
<< Era un impastatore quello? >>
<< Si, sto facendo l’impasto … >>
<< Va bene – va bene. Non mi interessa, io adesso ho una riunione se il suo amico vuole parlare con me gli lascio il mio indirizzo. No, aspetti c’è scritto sul fogliettino. Adesso devo lasciarla arrivederci >> e smise di parlare buttandogli giù la chiamata sospirando.
Meno male che era arrivato.
Nina rimase con il cellulare all’orecchio con in linea solo il suono “tuuu-tuuu”; lo abbassò e si ricordò del forno ormai scattato << Nooo! Il forno. >>
 
La macchina di Aaron si fermò sul ciglio della strada; gli aprirì la portiera un uomo dalla carnagione color cioccolato. Un viso ovale bello paffuto, nonostante la sua altezza pari ad 180’, spallato e robusto dal torace fino ai fianchi; sul suo viso splendeva sempre un bel sorriso a trentadue denti bianchissimi, aveva un naso importante con un paio di baffi neri come i suoi capelli.
<< Buongiorno signorino Mich. Bella giornata oggi >> chiese lui.
Aaron non rispose subito, si limito soltanto a strizzargli l’occhio destro e prosegui; l’entrata dell’edificio Woolworth building, era ospitata da un’arcata in stile neogotico. Nei contorni dell’arco erano stati scolpiti dei piccoli Gargoyles, al centro e sopra l’ingresso c’era una vetrata circondata da una struttura in acciaio quasi nera; Aaron ci veniva sempre, lì avevano gli uffici dell’industria di famiglia e lui dentro faceva l’assistente manager. La spalla destra di suo padre.
Il portinaio entrò nell’ingresso prima di lui facendogli strada, Aaron guardava sempre l’interno del palazzo con occhi da turista, anche se lo conosceva a memoria; il soffitto era molto colorato grazie ad un mosaico di vetro in stile bizantino/primo cristianesimo. Le pareti laterali erano in marmo, bronzo e appese ad essa c’erano delle caselle postali. Il signorino Mich passò accanto alla reception, composta da un bancone fatto ad anello pieno di spigoli e con decorazioni incise all’interno di quadrati. Dietro c’era un signore vestito elegante con la sua giacca nera, curvo sopra dei documenti ma quando vide Aaron si alzò dritto con la schiena e lo salutò piegando il capo, poi tornò al suo lavoro, l’uomo si diresse verso gli ascensori anche loro con uno stile gotico.
Il piede destro batteva sullo splendido pavimento in marmo, in attesa di un ascensore, invece con la mano sinistra sistemava il polsino della camicia bianca che indossava.
Era in ritardo.
Aveva trovato un mucchio di traffico sulla Broadway e per non finire anche una scocciante chiamata da una donna che aveva completamente rimosso dalla testa, aveva iniziato a sbuffare; iniziò a innervosirsi ad un tratto e le porte dell’ascensore si aprirono ed uscirono una decina di persone.
Aaron si infilò dentro nella cabina lussuosa.
Dentro nell’angolo vicino ai bottoni dei piani c’era un uomo con il viso di un ragazzo, sembrava appena uscito dall’università. Vestito con la giacca nera e pantaloni classici dello stesso colore, scarpe appena lucidate e capelli in ordine. Aaron non lo guardò neanche, l’unica cosa che osservava innervosito era il suo ROLEX che gli mostrava con eleganti e costose lancette il suo ritardo.
Perché questa cosa non può salire più veloce pensò tra sé. La musica dell’ascensore ormai si era annidata nella testa quando ad un tratto arrivò all’ultimo piano e si aprirono le porte; finalmente, uscì dall’ascensore e davanti a lui c’era ad accoglierlo una donna dall’aspetto rigido e dai lunghi capelli biondi, << Buongiorno signor Mich. I compratori giapponesi sono già in sala riunione >> disse lei rapidamente informando il suo capo che stava svoltando l’angolo senza nemmeno degnarla di uno sguardo. La ragazza gli fece una boccaccia e ritornò ha sedersi sulla poltroncina color caffè latte e tornò al Pc; gli uffici erano moderni calcolando il palazzo gotico dove erano ospitati.
Aaron passò camminando attraverso l’ampia sala dove c’erano sistemati una trentina di scrivanie in noce e poltroncine con rotelle di un bel arancione; il capo aveva l’attenzione di tutti i suoi dipendenti, alcuni di loro lo fecero anche passare spostandosi per non intralciarlo.
Infine lui arrivò nei pressi della sala riunione e cambiò espressione da quella seria si trasformò in una gioiosa, prese un bel respiro ed entrò; Mario il suo segretario, stava già mostrando la proiezione di Powerpoint ma in quel momento si interruppe e sorrise all’uomo.
<< Scusate il ritardo, signori >> disse Aaron fingendo di esser dispiaciuto. Mario si fece indietro facendolo passare. I cinque giapponesi non dissero nulla.
<< C’era traffico e non sono neanche riuscito a fare colazione >> continuò Aaron guardando il gruppo di compratori e poi il suo segretario.
<<心配しないでください。 彼 / 彼女の Licini 長官は我々工場を記述していました. >> disse serio un uomo tozzo seduto in mezzo a due uomini molto più magri e con gli occhiali.
<< Non ho capito niente >> disse Aaron abbassando la voce mentre si avvicinava a Mario.
<< Non si preoccupi. Il suo segretario Licini ci stava descrivendo la fabbrica. >> tradusse una graziosa e minuta donna dai lunghi capelli neri; si alzò in piedi e tese la mano sinistra, Aaron allungò anche lui la sua destra e gliela strinse.
<< Farò da interprete al signor Katò, non sa parlare l’inglese. Piacere io sono Ami Watanabe >> si presentò lei guardandolo negli occhi.
Aaron rimase abbagliato da quegli occhi a mandorla accentuati dall’eyeliner nero; ladina aveva una pelle liscia e chiara, un piccolo naso e una bocca rosea. Quasi fosse fatta di porcellana. Aveva una canottiera blu scuro in raso e portava dei jeans scuri che davano l’impressione di esser stati lavati con la candeggina e ai piedi delle décolleté nere lucide, forse di una firma francese.
Si lasciarono la mano. 
Il giovane tornò al suo posto accanto al suo segretario, << Bene allora continuiamo >> riprese la parola Aaron mentre la signorina Watanabe traduceva in giapponese ogni singola parola; nel frattempo un taxi giallo canarino si fermò davanti allo stabile.
Nina scese dalla vettura dopo aver pagato il tassista e rimase sorpresa dall’altezza del palazzo << Mamma mia, quanto è alto >> sollevò la testa per guardare fino in cima camminando verso l’ingresso << Ma è altissimo. Non vedo neanche la punta. >>
<< Mi scusi signorina. >> disse una voce autoritaria.
Nina abbassò la testa e si trovò davanti un omone ben vestito e dalla pelle color cioccolata << Salve >> emise lei con un sorriso << Dovrei entrare >>.
L’uomo davanti alle porte girevoli guardava Nina dall’alto in basso, in quel momento lei si sentì piccola – piccola. Quell’uomo era alto in confronto a lei e la metteva anche un po’ a disagio, la gente che entrava e usciva era vestita così elegante e lei indossava dei jeans rotti e una t-shirt, camicia legata in vita e delle converse bianche.
<< Devo vedere quest’uomo >> disse Nina mostrandogli il biglietto da visita.
Il portiere prese il fogliettino e lesse “Mich” gli restituì il foglietto e gli sorrise facendogli strada; la giovane oltrepassò la soglia e rimase meravigliata.
<< Prima volta? >> domandò l’omone elegante.
<< SI >> rispose stupita da quello che vedeva.
<< Il Woolworth building è uno dei grattacieli più vecchio e famoso di New York. >> gli raccontò lui << Pensi, ancora oggi è uno dei venti edifici più alti di New York, >>.
<< Urca e gli altri quali sono? >> domandò Nina interessata.
<< Mmh… be sono venti. Tutti non ve li saprei dire signorina >> rispose garbato l’uomo.
<< Nina. Mi chiamo Nina Power. >>
L’usciere rimase meravigliato, nessuno dei coinquilini o uomini d’affari gli aveva rivolto la parola così gentilmente; lui arrossì e rispose << Arnold. Arnold Biward molto piacere >>, Nina gli sorrise e gli prese la mano destra per stringerla.
<< Bene ora che ci siamo presentati mi puoi dire a che piano o dove devo andare per incontrarlo. >> e gli ricordò il bigliettino facendolo sventolare.
<< Ah! Giusto. Vada agli ascensori troverà un ragazzo presso poco della sua età e gli dica di portarla all’ultimo piano, lì troverà i suoi uffici. >>
<< Grazie Arnold sei stato molto gentile >> Nina gli sorrise e camminò verso gli ascensori mentre si guardava attorno come una bambina in un negozio di caramelle e balocchi, salutò alcune persone che gli passarono accanto ed arrivò davanti gli ascensori.
Le porte della cabina elegante si aprirono e uscì con le persone anche una musica rilassante, Nina entrò e vide il ragazzo << Ciao. Io devo andare all’ultimo piano >>, lui spaesato rispose quasi balbettando << Mi scusi ma a salutato me? >>.
<< Si, chi altro. Ci siamo solo noi due, non posso salutarmi da sola >> Nina fece una pausa << Se no sembrerei una pazza >>.
<< Mi scusi e che non ci sono abituato >> rispose schiacciando il bottone dell’ultimo piano.
<< Ma c’è così tanta gente che sale e scende e non ti saluta? >> domandò lei perplessa; il ragazzo scosse la testa.
 
Nina finalmente arrivò a destinazione.
Intanto in sala riunioni, Aaron stava mostrando le divise degli operai e descriveva tessuto e confort; era bravo a parlare e non aveva mai sbagliato con nessun acquirente o altri che facevano affari con la sua famiglia da anni. << Allora cosa ne pensa? >> domandò infine lui allungando sul tavolo nero i vari contratti.
Ci fu qualche minuto di silenzio.
<< Forse non li abbiamo convinti >> disse Mario.
<< Aspetta. Accetteranno, accettano sempre >> affermò Aaron con voce compiaciuta.
<< 我々は受け入れます。 Signor Mich. >> rispose il giapponese alzandosi in piedi allungando la mano.
<< Accettiamo. Signor Mich. >> tradusse la donna guardando maliziosa Aaron.
L’uomo strinse la mano al socio e gli prestò la penna data dal segretario accanto. Aaron uscì felice dalla sala riunioni verso il suo ufficio << Voglio un caffè, subito! >> esclamò ad alta voce facendosi sentire da tutti.
In quello stesso momento Nina si avvicinò alla reception e si accorse che non c’era anima viva. Ma all’improvviso da una porticina uscì una donna dai capelli biondi che indossava un bellissimo maglione bianco e teneva in mano una tazzina di caffè.
<< Ottimo. Corri di qui, corri di là >>
<< Mi scusi >> squittì Nina.
<< Ho da fare mille cose e non posso neanche fare pipì >>. Nina si appoggiò al bancone, con la superficie in vetro e si sporse in avanti alzando le punte << Scusa >>; la donna gli rivolse lo sguardo dicendo << Non cerchiamo stagiste … >>.
<< No, no. Io non sono qui per lavorare >> scosse entrambe le mani << Devo vedere lui >> e gli mostrò il biglietto.
Lo sguardo della signorina era perplesso, il suo viso serio non la convinceva << Senti, il signor Mich in questo momento è impegnato. Devi prendere un appuntamento >>, Nina fece una smorfia piegando leggermente la testa di lato e poi disse << Ma mi ha detto lui di venire qui, sta mattina al telefono. >>
No, scusa un attimo “signor Mich??”  Pensò perplessa Nina guardando bene il biglietto da visita e poi guardandosi in giro. C’erano appese sulle pareti foto di dolci e di grandi pasticceri.
Lei si perse in quello che era chiaro come la luce, si trovava nel paradiso della vaniglia d’arancia e cioccolato trasformato in cuore piccante.
<< Mi scusi, si sente bene signorina >> domandò preoccupata la donna toccandogli la spalla. Nina si voltò verso di lei, aveva gli occhi che gli luccicavano e un sorriso da ebete << si, mi sento bene. Grazie >>; la donna alzò un sopracciglio e fece un sorrisino angosciato << Deve andare via >>.
<< No aspetti, ma io devo vederlo >>, poi gli venne un lampo di genio << Aspetti il caffè glielo porto io, così tu vai in bagno? >> e gli mostrò un sorriso smagliante; la ragazza serrò la bocca e poi si guardò in giro.
potrei accettare e guardò Nina mi sembra una apposto << e va bene. >> gli passò la tazzina e la ragazza si dileguò.
<< Aspetta non mi hai spiegato dov’è l’ufficio >> urlò Nina.
Nel frattempo una signora con un completo grigio entrò in ufficio.
<< Ti vedo di buon umore. La riunione è andata bene >>
<< Ciao Kelly. Esatto hanno firmato e sono di splendido umore. >> rispose Aaron girando nella sua poltrona.
<< Vostro padre sarà felicissimo di saperlo >> esclamò Mario uscendo rapidamente dall’ufficio.
<< Ma bravo >> applaudì la donna appoggiando le mani vecchie sulla scrivania << Se non ti conoscessi bene avrai anche rimediato il numero di telefono delle signorina giapponese. >> strinse gli occhi facendoli diventare due fessure e avvicinò la testa verso di lui.
<< Mi conosci proprio bene. Prenota un tavolo in un ristorante alla moda, allora >> ordinò lui.
<< D’accordo. Quando troverai una brava ragazza? >> domandò la signora voltandogli le spalle e uscendo da lì; Aaron sospirò e rimuginò Non esiste una brava ragazza solo per me. Solo stronze nel mio regno. << Allora il mio caffè? >> ma non troppo lontano dall’ufficio del signor Mich si aggirava indisturbata una ragazza dai capelli lunghi rossi, alla ricerca del dannato ufficio; quando gli passò vicino un bel ragazzo con un completo marrone e una camicia bianca con sul naso un leggero paio d’occhiali, << Mi scusi. L’ufficio del signor Mich? Devo dagli questa >> e alzò la tazzina di caffè, l’uomo la squadrò come avevano fatto tutti e poi gli rispose << è laggiù cosa aspetti. >> la spinse verso la giusta direzione e sparì in un baleno.
Ma qui spariscono tutti rifletté Nina sconcertata.
Il telefono dell’ufficio di Aaron iniziò a squillare. Alzò la cornetta << Pronto? >> voltandosi con la poltrona girevole, << Alison perché mi stai chiamando? >>
Poi qualcuno busso improvvisamente la porta.
<< AVANTI >> disse ad alta voce, abbassando un secondo la cornetta e tornado di nuovo ad essa, << Non mi chiamare più … >> intanto continuò a parlare alzando la voce ormai diventata agitata; Nina entrò nell’ufficio.
La sede di lavoro era molto grande e luminosa. Le ampie finestre facevano molta luce, con esse non sarebbe servito neanche accendere le luci; il mobilio era di un colore molto chiaro e sulle pareti c’erano appese locandine delle pubblicità di dolci, targhe dorate con impresso il nome “Aaron Mich” e molte foto con personaggi del mondo dello spettacolo e politici. Nina si fermò accanto alla poltroncina e attese, in tanto si guardò ancora in giro.
<< Alison abbiamo chiuso. Come te lo devo dire. >> disse lui con tono scocciato poi con la mano sinistra invitò Nina a porgli il caffè. Lei si spostò accanto all’uomo che era sempre preso dalla conversazione ma la mano di Aaron non arrivava alla tazzina, così la ragazza si avvicinò di più a lui. Mise la tazzina nella sua mano, Aaron appoggiò la cornetta e si girò verso di lei.
La poltrona nera urtò il gomito di Nina e il caffè volò sopra i pantaloni scozzesi di Aaron.
<< Ahia! Aaaaaaah! Scottaaaa >> urlò lui alzandosi di scatto dalla poltrona.
Nina rimase immobile e scossa da quello che era appena avvenuto e si affrettò a chiedere scusa << Mi dispiace tanto >> intanto si mordicchiava il labbro inferiore.
<< Ah! Ti dispiace >> disse Aaron poi la guardò meglio e con il dito indice tremante la punto << Sei TU! >>, scosse la testa lasciandosi cadere sulla poltrona e aggiunse << La donna della portiera. >>, anche Nina rimase sorpresa << Tu sei il signor Mich. Il pasticcere! >>.
<< Cosa diavolo ci fai tu qui nel mio ufficio? >>
<< Ti ho portato i documenti del mio amico, lui non può venire così li ha lasciati a me. >> rispose appoggiandoli sulla scrivania. Ma in quel preciso momento arrivò Mario seguito da Kelly.
<< Ma cosa è successo? Ho sentito un urlo >> domandò Mario; Kelly guardava la ragazza ma io lei la conosco.
<< OKAY, mi dispiace ti pagherò la lavanderia >> disse lei.
<< La lavanderia?! Ma tu sei fuori di testa. Lo sai quanto costa questo completo di alta sartoria? Settecentotrenta mila dollari >>.
Nina rimase traumatizzata che scoppiò in una risata chiassosa poi aprì e chiuse rapidamente le palpebre e smise di ridere di gusto, notando che lui non stava ridendo << Mi stai prendendo in giro. >>; Aaron e l’assistente la guardarono allibiti tranne Kelly che sembrava divertita dalla cosa.
<< Impossibile pagare così tanto questo completo. È orribile. >>
Orribile!! Ripetete nella sua testa Aaron, << Orribile! Ma ti sei vista come sei vestita. >> gli urlò contro lui rimanendogli davanti.
<< Che c’è di sbagliato? >> si studio e tornò a guardare lui << Mamma mia che caratteraccio. >> si allontanò dalla scrivania ma si fermò in mezzo all’ufficio << Ah! Dimenticavo questi sono i documenti e poi un’altra cosa, dovresti mangiare più dolci, sai almeno il caratteraccio sparisce. >> finì di parlare e lo salutò con la mano, passò in mezzo ai due assistenti e uscì dalla porta richiudendola dietro di sé.
Kelly si mise a ridere piegandosi in avanti con le mani sulla pancia.
<< Non ci posso credere, prima la macchina poi il completo e adesso mi manca anche di rispetto. >> sbuffò << Io non ho un brutto carattere >>; i due assistenti si osservarono e fecero per uscire quando …
<< Voglio un altro caffè >> ordinò con tono brusco Aaron.
Kelly pensò sarcastica no, Aaron hai uno splendido carattere.
 
Verso mezzogiorno Nina ritornò alla sua pasticceria e appena entrò venne raggiunta da sua madre.
<< Allora vedo che gli hai lasciato i documenti >>
<< si. >> rispose sedendosi sulla sedia << Mamma si chiama Aaron Mich >>
<< Quel Mich, il pasticcere? >> gli domandò la donna guardando la figlia stravolta.
<< Bè lui è il figlio e non credo faccia il pasticcere >> borbottò Nina gonfiando le guance; si alzò dalla sedia ed entro nella porta della cucina.
 
La sera passò rapidamente e anche la cena; Aaron usci dall’ascensore in compagnia di Ami.
Lei era avvolta da un vestitino pieno di paillettes argentate e ai piedi aveva delle scarpe vertiginose nere. Percorsero attaccati tutto il corridoio; si fermarono davanti alla porta dell’appartamento e iniziarono a baciarsi sulle labbra.
<< Butto la pattumiera e poi salgo subito >> disse Frederick aprendo la sua porta, ma si accorse che nel pianerottolo non c’era solo lui. I due piccioncini si staccarono subito appena lo sentirono parlare e lo fissarono con un po’ di vergogna, ma un’altra voce raggiunse Frederick alla porta d’ingresso; << Scusa, amore ho dimenticato anche il vetro >> disse Nina facendosi vedere sulla soglia.
Aaron rimase stupito vedendosela davanti agli occhi di nuovo e pensò no, non è possibile.
<< Scusate. Non volevo spaventarvi. Nina ho capito, adesso porto fuori tutto quello che vuoi. >> finì di dire Frederick sorridente ad Aaron e si allontanò verso l’ascensore con pattumiera e il bauletto di vetro in mano. Aaron nel frattempo si spostò da Ami e chiese alla vicina << Ma che coincidenza, non sapevo che la distruttrice di macchine e rovina vestiti costosi abitasse proprio davanti al mio appartamento. >>, Nina sorrise e finì << E già, il mondo è piccolo, vero? >>; lui mostrò un ghigno poi disse << è lui il tuo amico della Smart? >> incuriosito.
Nina lo scrutava, l’uomo era vestito molto elegante nel suo completo nero con scarpe classiche a punta; l’unica cosa che mancava era la cravatta che gli cadeva davanti sulla camicia bianca, << No. Frederick è il mio fidanzato. >> lo salutò con un cenno della testa e chiuse la porta; << è lei che ti ha ridotto la macchina in quel modo? >> domandò Ami ad Aaron. In quel istante l’uomo stava pensando, mentre invitava ad entrare la ragazza nel suo appartamento.
Se lei è la sua fidanzata…quella bionda di stamattina chi era?    
 

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Capitolo 4
*** Una simpatica cliente abituale ***




Aaron si muoveva nel letto. Aprì gli occhi e accanto a lui c’era Ami che dormiva ancora; lui fece un respiro profondo e si alzò.
Entrò nella doccia e iniziò a insaponarsi, l’acqua scendeva velocemente sulle spalle fin giù per le caviglie. L’acqua era fredda e sulla pelle la sentì più fresca e si sentì pronto per un nuovo giorno. Sciacquò bene la testa dallo shampoo e il sapone dal resto del corpo.
Aprì le ante di vetro, facendole scorrere e prese un asciugamano bianco. Uno dopo l’altro appoggiò i piedi umidi sul tappeto e camminò verso il lavandino, intanto legò bene ai fianchi il tessuto spugnoso bianco; girò le manopole del rubinetto prese lo spazzolino da denti, il dentifricio e cominciò a lavarsi i denti.
Risciacquò la bocca con il collutorio e si passò anche il filo, ormai era diventata la solita routine.
Finito in bagno rientrò nella camera e iniziò a svegliare la donna << Svegliati Ami, devi andare. >> disse raccogliendo i suoi vestiti e appoggiandoglieli infondo al letto. Ami si mosse nel letto e bisbigliando disse << Volevo fare colazione con te. >>
<< Mi dispiace piccola, ma io non faccio colazione in compagnia >> finì di parlare e uscì dalla camera lasciandola da sola.
Lei si alzò dal letto ancora mezza addormentata e completamente nuda, si mise in piedi iniziando ad indossare l’intimo e tutto il resto; Aaron era al piano di sotto in cucina. La stanza era grande e anche essa molto illuminata come il salotto; aveva il soffitto basso con appesi tanti lampadari singoli a forma di lampadine, un tavolo con sei o sette sedie e una splendida isola in legno davanti ai fornelli e il forno. Lui si avvicinò alla macchinetta del caffé azionandola.
Sentì un ticchettio di scarpe con il tacco alle sue spalle ma lui non si degnò neanche di girarsi, << Allora io vado. Mi chiamerai Aaron >> chiese Ami con voce dolce.
<< Non lo so, di solito non tengo molti legami. >> gli rispose secco.
La donna uscì dall’appartamento sbuffando.
 
<< Non ci credo >> disse Frederick guardando dallo spioncino della porta.
<< Cosa non ci credi >> chiese Nina
<< Niente. >> rispose lui uscendo dalla porta di casa.
 
Il profumo del caffé appena macinato gli sollevava il cuore.
Quante donne avevano fatto sesso con lui. Quanti incontri e appuntamenti ricevevano la sua attenzione; una donna voleva incastrarlo e non c’era riuscita. Si era accorto di quanto amasse il suo conto in banca invece di conoscere la sua musica preferita e il cibo che amasse più mangiare; no, non ci sarebbe più cascato.
Per Aaron Mich l’amore sincero, quello delle fiabe, non esisteva.
Il caffé era pronto. Caldo e consolatorio ma quando aprì la zuccheriera si accorse che lo zucchero bianco e quello di canna, che usava per le emergenze, era terminato.
Uffa, pensò lui appoggiando la tazzina nera sul bancone.
 
Nina nell’altro appartamento stava sfogliando una delle sue riviste comprate tre giorni prima. Seduta sopra uno sgabello sorseggiava il suo frullato di latte e fragola e addentava qualche muffin alle gocce di cioccolato, fatti in negozio, quando il campanello iniziò a suonare.
Frederick come al solito ha dimenticato qualcosa.
Pensò lei scendendo dallo sgabello e saltellando verso la porta d’ingresso, << Tesoro, cosa hai dimenticato? >> non era Frederick ma il suo nuovo vicino che non aveva molta voglia di vedere.
<< Scusa. >> disse Aaron sorridendogli << Ho finito lo zucchero e mi chiedevo se ne avessi un po’. >>
Nina spalancò la porta di casa.
Mammina ma che… pensò trovandosi davanti un uomo palestrato alto e avvolto soltanto da un asciugamano, lungo fino le ginocchia. Nina deglutì non riusciva a non guardarlo, << Si, entra >>.
Aaron entrò nell’appartamento di lei e lo trovò molto pittoresco. Lei gli fece strada verso la cucina, era completamente bianca e sul bancone Aaron vide un bicchiere e qualche muffin << Oh, scusa. Stavate facendo colazione >> domandò lui con tono d’importanza e finto rimorso di averli interrotti.
Nina alzò le spalle e disse << Non c’è problema. Frederick è già uscito, me la prendo con calma >> e poi gli sorrise. Aaron si era fermato dietro il bancone e guardava la ragazza; era in pigiama e non in uno qualsiasi ma uno con le stampe. Erano dappertutto, tanti orsacchiotti, e i suoi capelli erano tutti in disordine, ai piedi portava delle babbucce con la testa d’elefante attaccate sulle punte dei piedi; Aaron fece un sorriso non aveva mai visto una donna vestita in quel modo così infantile, lui era abituato a lingerie sexy, in pizzo o raso non ai pigiami con pupazzetti.
<< Per cui Frederick non fa colazione con te >> domandò curioso.
<< No, la fa sempre fuori. >> rispose lei allungandosi per prendere il barattolo dello zucchero, sistemato troppo in alto.
<< Vuoi che lo prenda io >> chiese lui.
<< No, ce la faccio. >>
Allungò il braccio mentre con l’altro appoggiava sul piano facendo leva. La mano destra sfiorò il barattolo facendolo spostare sull’orlo dello scaffale.
<< Vedi ci sono quasi. >>
La mano di Nina lo spostò tempestivamente e il barattolo gli sgusciò precipitando giù dallo scaffale; Aaron corse verso di lei. La prese per i fianchi  spostandola dal pericolo di un barattolo di vetro pesante.
Lui la teneva stretta contro il suo torace, la mano appoggiata alla schiena di Nina e l’altra appoggiata al fianco; Nina si sentì rimpicciolita in confronto alle braccia di quell’uomo con le ampie spalle; lei alzò la mano destra e sfiorò il bicipite contratto di lui e il suo nasino sfiorò la fredda pelle di Aaron.
Il silenzio tra loro era quasi palpabile. I battiti dei loro cuori risuonavano nella cucina quando il rumore fortissimo di vetro ruppe il silenzio. Il barattolo dello zucchero era riversato su tutto il pavimento della stanza, Nina si liberò dalle braccia di lui, << Oddio >>, Aaron rimase fermo imbambolato con le braccia alte. Le lasciò cadere lungo i fianchi e osservò Nina piegata di spalle davanti a lui, << No, aspetta. Ti taglierai così, dove la tieni la scopa e la paletta >> gli domandò lui quasi preoccupato per lei.
Lei si voltò verso un armadietto << lì dentro. Grazie >>
Aaron si girò verso esso. Allungò la mano verso la maniglia …
<< Aspetta! Ho messo a posto l’armadietto l’altra volta >> si domandò lei spalancando gli occhi.
Appena l’anta si aprì … il manico di scopa in legno e una bacinella di grosse dimensione in acciaio caddero addosso ad Aaron facendolo urlare; Nina si alzò di scatto e lo raggiunse.
Lui era sdraiato a terra con il manico di legno sul naso e tutto il resto addosso.
<< Scusa, mi sono ricordata dopo di aver dimenticato di non aver sistemato l’armadietto. >> strinse i denti dispiaciuta.
<< SISTEMATO?! Credo di esser stato aggredito dalla scopa. >> disse lui cercando di alzarsi dolorante.
<< Aspetta ti prendo qualcosa per la botta >> e sparì; Aaron si affiancò al bancone bianco e con il dito tastò la botta sulla fronte Ahi! << Adesso avrò un bel bernoccolo >> disse lui alzando la voce, per farsi sentire da Nina; lei tornò da lui con in mano qualcosa << Ecco metti questo. >>
<< Questo?! >> esclamò lui guardando male l’oggetto << La vaschetta di carne macinata >>.
<< Non ho altro >> rispose dispiaciuta
<< Del ghiaccio, no? >>, Nina scosse la testa.
Arron uscì dall’appartamento di Nina con la carne macinata appoggiata alla fronte e un tazza di Winnie the Pooh con lo zucchero rimanente.
Quella è matta! Pensò chiudendo la sua porta.
Appoggiò la tazza e si rifece il caffè.
Una volta pronto, caldo e profumato, gli aggiunse lo zucchero che gli era costato la fronte; si mise comodo seduto vicino all’ampia finestra e iniziò a sorseggiare il caffè gustandosi anche il panorama di Manhattan. Dopo una ventina di minuti si era già vestito: camicia azzurrina senza indossare la cravatta, pantaloni bianchi con cintura beige e giacca blu navy con fazzoletto blu e azzurro nell’occhiello; aprì la porta e la chiuse. Appiccicato alla porta c’era un post-it con disegnati tanti cuoricini ai lati e sopra c’era scritto:
X Vicino,
La carne macinata dopo potresti per favore lasciarmela fuori dalla porta. Mi serve per fare il ragù.
PS: mi scuso ancora.                                         NINA
Aaron si mise a ridacchiare, staccò il foglietto e se lo mise in tasca poi con espressione scioccata indossò gli occhiali da sole e andò a prendere l’ascensore.
 
 
 
In quel momento una signora con un caschetto biondo e un paio d’occhiali dalla montatura nera, stava camminando sul marciapiede quando vide correre una ragazza dai capelli rossi che la superò sulla destra e gli urlò << Mi scusi, signora! >>, l’anziana la riconobbe subito e la seguì con lo sguardo allontanarsi velocemente.
<< Cosa hai fatto >>, gli domandò preoccupato Alex guardando fuori dalla vetrina della pasticceria.
<< Non mi ricordavo che lì dentro c’era da sistemare tutto. >>, Alex scosse la testa e poi gli chiese gentilmente << Gli ai consegnato i miei documenti dell’assicurazione? >>, Nina annuì con la testa e poi fisso il tecnico sulla scala in silenzio.
<< Nina? >> fece un bel respirò e continuò << Cosa hai combinato, ancora >> chiese sospettoso l’amico.
<< Niente… gli ho consegnato i documenti e me ne sono andata. Te lo giuro non ho fatto nient’altro. >>rispose senza guardarlo in faccia, Alex la conosceva troppo bene per non insospettirsi nel sentir pronunciare quella frase “non ho fatto niente” dalle labbra dell’amica, così gli riformulò la domanda con timbro della voce più calmo e lento per scandire bene la domanda; intanto all’esterno della cucina, nella sala c’erano tantissimi clienti: seduti al bancone, seduti comodamente ai tavoli a fare colazione. Quando la stessa signora con il caschetto biondo entrò nella pasticceria facendo tintinnare i campanelli e si fermò davanti al bancone celeste; in quel momento si sentì un urlo provenire dalla porta chiusa, << UN COMPLETO DI ALTA SARTORIA! >> e si precipitò fuori dalla cucina con il viso rosso lampone.
<< Buongiorno, cosa prende >> chiese sorridendo Alex alla signora.
<< Ciao anche a te. Si, io vorrei due caffè: uno liscio e l’altro con il caramello fuso e poi qualche … >> non riuscì neanche a finire di ordinare che il ragazzo iniziò ad agitarsi, << Tu sei matta, Nina. Ma come hai potuto e adesso? >>.
<< Gli ho chiesto scusa. Oddio Alex non finirà il mondo per una macchia di caffè >> rispose lei mentre usciva dalla porta della cucina, << Poi era orribile e lui è un uomo antipatico. >> Nina non riuscì a finire di parlare che riconobbe la signora con il maglione rosso e i capelli corti biondi; la donna la stava guardando sorridendogli << Ciao. Non ero sicura che eri tu. >>
<< Nina, conosci la signora >> domandò Alex guardando la signora e poi Nina.
<< Non stavo parlando male del signorino Mich >> si giustificò la ragazza. Lei si mise a ridere e poi disse << Cara, tranquilla da me non verrà mai a sapere nulla >> e gli fece un occhiolino, poi si rivolse di nuovo al ragazzo e continuò << Vorrei anche dei pasticcini. Il capo è di cattivo umore >>.
L’aggressione della scopa l’ha messo di cattivo umore. Pensò Nina avvicinando la tazza di cartone sotto la macchinetta del caffè azionandola.
Cosa posso dagli per farlo addolcire?  
<> disse la signora; Alex appoggiò il vassoio sul bancone e chiamò Nina. La ragazza tornò alla realtà << Oddio. Mi scusi, avevo la testa altrove >>, dichiarò la ragazza; con l’aria dispiaciuta prese i due bicchieri di caffè e li mise in un contenitore anch’esso in cartone marroncino, aggiunse al momento il caramello nell’altro caffè e glielo porse alla gentile signora << Ecco qui, pronti e fumanti. >> esclamò con tono allegro poi si piegò prendendo un vassoio argentato, aprì la vetrinetta e tirò fuori quattro tipi di dolcetti in miniatura << Fatto, spero che gli piacciano, questo l’ho fatto per lei e i tanti colleghi dell’ufficio. >> disse Nina consegnando il sacchetto alla donna.
<< Grazie mia cara. Sarà ben gradito. >>, la donna pagò la colazione e i due vassoi di pasticcini; poi si avvicinò al bancone << Mi chiamo Kelly Nordstrong ma tu chiamami Kelly. Spero di vederti ancora mia cara Nina. >> e uscì dalla pasticceria con un bel sorriso disegnato sul viso ben truccato.
<< Ma che simpatica cliente… non trovi. >> disse Alex a Nina.
<< Già molto simpatica, peccato che il suo capo è un rompiscatole. >> brontolò lei tornando alla cassa.
 
 
  
 

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Capitolo 5
*** Un papà poliziotto ma in pensione ***


-    CAPITOLO CINQUE    -

Un papà poliziotto ma in pensione
 
<< Buongiorno. >> disse Kelly uscendo dall’ascensore; una ragazza gli corse in contro con un vestito blu scuro e delle ballerine ai piedi.
<< Finalmente sei arrivata. Sta dando di matto. >> disse Amanda.
<< Amanda, tranquilla adesso si calmi. >> disse Kelly camminando senza voltarsi a guardare la faccia bianca e spaventata della giovane donna.
<< Tornate tutti al lavoro. >> emise di buon umore la donna prima di entrare nell’ufficio accanto.
<< Kelly, sono felice di vederti >> esclamò Mario saltando sulla sedia.
<< Caffè e pasticcini. >>
Aaron era appoggiato allo schienale della poltrona e teneva gli occhi chiusi coperti dagli occhiali scuri; si massaggiava le tempie con le dita. La botta presa prima stava già dando segni di un forte mal di testa.
È tutta colpa di quella… gridò furioso nella sua testa; << Alzati, avanti e vieni a mangiare qualcosa. >> ordinò Kelly entrata nell’ufficio di Aaron.
<< Ho mal di testa, dammi un’aspirina. >>
<< Aaron, non ti do un tubo se non ti siedi qui e mangi qualcosa. Sei stato tu a dirmi di prenderti la colazione. >> informò Kelly appoggiando il vassoio e il caffè sul tavolino e mettendo le mani sui fianchi; Aaron abbassò gli occhiali neri e gli lanciò uno sguardo infastidito << Se non fosse per il tuo passato agli ordini di papà ti avrei già licenziato. >> si alzò dalla poltrona per avvicinarsi al divanetto.
<< Ricordati che ti ho quasi cresciuto io Aaron. >> e si sedette accanto lui; l’uomo prese il caffè con il caramello e cominciò a sorseggiarlo buono, pensò mentre lo assaporava, poi indicò il vassoio << E questi cosa sono? >>
<< Assaggiali, sono ottimi. >> disse con tono gratificante.
Aaron la guardava con sguardo dolorante. La testa continuava a pulsare, abbassò gli occhi verso i pasticcini decorati di frutta e crema ma uno era a forma di tazza con una nuvola di panna. Ne prese uno e lo esaminò, non era tanto morbido riusciva benissimo a tenerlo in mano senza sporcarsi le dita, senza l’aiuto di un piattino; gli diede un bel morso. Il biscotto era aromatizzato alla vaniglia e con l’aggiunta di qualcos’altro che non comprendeva.
Chiuse gli occhi e si abbandonò in un caloroso abbraccio di un dolce sapore, la nuvoletta di panna era soffice e si abbinava bene con il biscotto, << Allora ti piace >>domandò Kelly curiosa di sapere se aveva avuto un’ottima idea.
<< Dove li hai presi >> domandò lui.
<< E’ un segreto. >> sorrise e uscì dalla porta; Aaron rimase da solo a fare colazione con i pasticcini di Nina.
 
Alex era appoggiato al bancone della cucina e guardava l’amica assemblare un plumcake con crema diplomatica e pezzetti di fragola; Nina non si accorse neanche dell’amico, alle sue spalle, aveva in mano la spatola da dolci in metallo e stava spargendo la crema sul dolce.
<< Robert lo sa che ti sposi >> domandò Alex.
Nina si spaventò, lanciando la crema in faccia ad Alex, << Tu devi farti controllare. >> disse lui togliendosi con la mano la crema sulla faccia.
<< Quando sei entrato?
<> si giustificò lei, appoggiando la spatola nella ciotola blu e chiudendo il dolce nel frigo << E la risposta è no. Non gli ho detto niente. >>
Alex fece una smorfia preoccupata dicendo << Lo ucciderà lo sai anche tu, per favore cerca di evitargli un infarto. >>, Nina non rispose; Alex scosse la testa e uscì dalla cucina lasciandola da sola davanti al frigo.
 
L’ora di chiusura arrivo, Nina e Alex tirarono giù la saracinesca e scesero gli scalini.
<< Pronto? >> disse Alex rispondendo al telefono.
<< Si, sto arrivando non ti muovere da lì >> finì di parlare al cellulare << Nina, tesoro devo andare. Mi aspetta Michele… be ti racconterò tutto domani. >> era euforico e mandò a Nina una decina di baci; lei prese un taxi per tornare a casa.
Frederick era tornato a casa presto.
Aveva la faccia scura e aveva la necessità di parlare con la fidanzata, al più presto. Le cose tra loro due stavano andando troppo veloci, con passo lento entrò nel suo piccolo studio, all’interno del loro appartamento. Appoggiò la sua valigetta in pelle marrone e una cartellina di un cliente prese in mano l’innaffiatoio e bagnò le piante presenti, intanto allentò la cravatta, ma proprio in quel momento sentì la porta d’ingresso aprirsi, << Amore sono a casa! >>
Nina chiuse a chiave. Lasciò cadere le chiavi sul tavolino della cucina e la borsa per terra ed entrò in salotto; << Frederick, ci sei? >>
<< Sono nello studio. >> rispose lui. Lei sorrise salutandolo << Bentornato a casa. >> lo abbracciò e poi aggiunse con il viso attaccato alla schiena di lui << Com’è andata la giornata? >>
<< Come al solito >> rispose indifferente << Nina, dobbiamo parlare … >> si girò per guardare la fidanzata negli occhi, ma si ritrovò davanti degli occhioni azzurri. Frederick rimase colpito dal suo comportamento, stavano insieme da quattro anni e lui non conosceva questo lato dolce di Nina.
Nina alzò le punte dei piedi e lo baciò.
 
La settimana volò via come un batter d’ali; Nina era in sala a guardare un po’ di tv e Frederick era nel suo studio. Ad un certo punto cominciò a squillare il cellulare di Nina, era appoggiato sul comodino in camera da letto.
<< Nina, il cellulare! >> urlò Frederick dallo studio. Lei si alzò dal divano e corse in camera da letto, prese il cellulare e si buttò sul letto matrimoniale.
<< Pronto! >>
<< Ciao tesoro sono papà. >>
<< Ciao papà come stai? >>
<< Bene tu? >>
<< Benissimo. >> rispose lei contenta di sentirlo << Dimmi come mai mi chiami? Di solito sono io che ti chiamo. >> in quel preciso momento spuntò Frederick sulla soglia della camera da letto e guardava Nina curioso.
<< Tranquilla, sto bene. Ti ho chiamato perché sta’ mattina sono andato a pescare con dei ex-colleghi e ho preso un bel pesce grande e mi chiedevo se volevi venire a festeggiare? >>, << Venire a cena? >>, Frederick scuoteva la testa ma Nina rispose << Va bene, papà. >> riagganciò.
<< Perché gli hai detto di SI! >> chiese lui infastidito
<< Avanti stiamo da lui a cena e torniamo Domenica pomeriggio, sarà divertente! >> esclamò Nina
<< Io non vengo. Tuo padre mi odia >> disse lui entrando in bagno, << Non è vero, che ti odia. È soltanto un po’ protettivo nei miei confronti, tutto qui. >> disse lei.
 
San Francisco di sera era bellissima, piena di luci date dal traffico, dai locali e dalla città stessa; Nina era seduta accanto al finestrino di un tram che sfrecciava giù per la discesa, Frederick era seduto accanto a lei.
<< Che bello. Non vedo l’ora di vedere papà. >> disse lei tutta contenta, Frederick era meno contento. Sapeva benissimo che Robert Power non lo poteva vedere. L’uomo era convinto che lui non era all’altezza della sua bambina, neanche fosse una principessa nel suo regno di dolci.
L’aria della sera era fresca, quando scesero dal tram alla fermata in lombard street.
Con due borsoni in mano, finalmente arrivarono dal padre di Nina; << Da quanto tempo che non vedo questo quartiere. >> esclamò Nina indicando al fidanzato tutti i posti possibili che frequentava da bambina, << Eccoci qui. Arrivati, non è cambiato niente. >>
La casa di suo padre era una villetta a schiera, stile ottocento. Era piccolina ma piena di finestre; i due fidanzati entrarono nel viale << Papà fa ancora giardinaggio. >> disse a Frederick e lui rispose << E’ in pensione. >>, Nina si voltò a guardarlo con espressione speranzosa.
<< Okay, faccio il bravo >> rispose lui con tono stanco.
<< E’ tutto acceso. Stara già cucinando >> disse Nina bussando alla porta.
La porta si spalancò letteralmente e un uomo di mezza età si rivelò sotto la luce, << Nina! La mia bambina. >> l’abbraccio mentre Frederick portava a casa i borsoni.
<< Tesoro, come sono contento che sei riuscita a venire >> esclamò con un sorriso
<< Buonasera signor Power. >> salutò con la mano verso l’uomo, Frederick.
<< Oh… ci sei anche tu. Non serve la mano va bene anche un “ciao” >> ritornò serio lanciando un’occhiataccia al giovane.
<< Papà? >> lo chiamò Nina.
Entrarono tutte e due in casa chiudendo la porta alle loro spalle.
Il salotto del padre della ragazza, non era tanto grande. Aveva una bella finestra imponente, il pavimento era in parquet noce e le pareti erano bianche; Frederick si sedette sul divano bianco spostando qualche cuscino, si sentiva sotto pressione stare in quella casa. Si mise comodo mettendo la gamba sinistra appoggiata al ginocchio destro e si guardava in giro. Non era cambiato niente, Frederick veniva raramente a casa Power ma il mobilio non era cambiato; divano con qualche cuscino davanti a esso un tavolino semplice in legno appoggiato sopra il tavolino: riviste di pesca, il telecomando, una scatola vecchia di latta che usava tenere delle liquerizie. Alle pareti fotografie, le targhe della polizia erano sempre così splendenti sembrava che il padre di Nina le spolverava e le lucidava per avvertire che con lui non si poteva scherzare.
Naturalmente le targhe sono lucidissime, pensò lui guardandole. Si alzò dal sofà, toccò le foglie della pianta nell’angolo e optò di sedersi su una delle due poltrone; la stanza aveva anche il caminetto e accanto a esso una piccola libreria.
Nina e suo padre erano in cucina.
<< Allora cosa mi racconti >> domandò Robert a Nina, la figlia era appoggiata al piccolo tavolo rialzato, che dovrebbe fare da bancone centrale, poi sorrise << La pasticceria va a meraviglia. Io e Alex c’è la caviamo benissimo. >>, l’uomo era intento a tagliare la verdura quando chiese << Perché hai portato il rovina feste >>
<< Papà cosa dici? Per favore fai il bravo. >> rispose lei << Cosa stai cucinando di buono? >>
<< Stasera ti cucino una specialità che mi ha consigliato la mia dottoressa. >> rispose alzando il coltello all’altezza del naso, Nina si avvicinò saltellando verso il padre << Scusa, non ho capito >>.
<< Nina hai capito benissimo. Tuo padre si dà alla pazza gioia. >> rispose Frederick appoggiandosi allo stipite della porta. Robert alzò lo sguardo dalle verdure appoggiò il coltello sul tagliere di legno e guardò il giovane << Già mi do alla pazza gioia. >>; Robert Power era un uomo paziente e un tipo tranquillo, ma quando qualcuno gli parlava in quel modo il suo faccione rotondo cambiava espressione.
Le sottili labbra serrate e gli occhietti scuri e un naso a patata << Sai Frederick io ho avuto un infarto e come devi ben sapere sono seguito dai dottori. >> rispose l’uomo quasi ringhiando, il giovane iniziò a deglutire ripetutamente l’uomo cominciò ad avvicinarsi come una tempesta si avvicina ad una città sulla costa. Nina gli sbarrò la strada << Papà sta bruciando qualcosa? >> gli domandò proteggendo il fidanzato.
I due ragazzi lasciarono la cucina.
Nina iniziò a salire la scala per andare in camera da letto per cambiarsi dai pantaloni neri fioriti e una maglietta color glicine e scarpe da ginnastica, Frederick era dietro di lei saliva lentamente le scale, << Sono stanchissimo. >> disse il giovane. Nina arrivò alla fine della scalinata e osservò dall’alto il fidanzato << Dai, una doccia e poi torni come nuovo. >>, finì gli ultimi scalini e si fermò davanti a lei.
Il suo profumo era così aspro che a Nina pizzicava il naso le mani di lui gli presero le sue e se le portò al petto.
Maledetta camicia, pensò Nina infastidita. Gli occhi di Frederick erano immersi nei suoi. L’atmosfera era molto piacevole Nina deglutì silenziosamente poi fece correre la sua vista verso le labbra dell’uomo.
Oddio, sto sudando, pensava nella sua testa.
Frederick si avvicinò alle sue labbra lucide di rosa e chiuse gli occhi. Anche Nina chiuse gli occhi increspando le labbra ma…
<< Nina cosa stai facendo >> domando lui guardandolo stranamente; Nina si morse il labbro con gli occhi completamente aperti e con il viso rosso lampone.
Stavo solo immaginando.
Bè bella immaginazione. Si disse dentro nella sua testa.
<< Ti senti bene >> domando lui di nuovo.
Nina annuì e lasciò passare Frederick con i due borsoni in mano, cos’è adesso mi immagino le cose?! Ho bisogno di riposo continuò a pensare lei ferma sul piccolo pianerottolo.
 
Nel frattempo davanti al banco della carne di un qualsiasi supermercato. Un giovanotto di bel aspetto aspettava il suo turno; << Salve cosa prende >> domandò il macellaio ben piazzato e con la folta barba.
<< Salve mi servirebbe della carne macinata bella rossa. >> chiese Aaron curiosando davanti alla vetrina
<< Quanta gliene serve? >>
Lui si mise a pensare, non era abituato a fare la spesa, << me ne dia 1kg. No, 2kg lo congelo. Grazie >> e gli sorrise la prossima volta mando Kelly a fare la spesa, penso Aaron con espressione imbarazzata. Era osservato da tutti e soprattutto dalle signore; le donne si erano fermate in parte, dietro di lui e in ogni corsia che Aaron prendeva qualcosa si formavano piccoli gruppetti adoranti.
Prese un mazzo di carote, del sedano, pomodorini provenienti dall’Italia e della cipolla fresca, poi gli serviva la pasta e decise di prendere vari tipi. Pepe, noce moscata e sale. Il carrello era ormai pieno, Aaron prese il cellulare e iniziò a digitare.
<< Vieni qui subito! Ho bisogno di te. >> riagganciò. Dopo mezz’ora si scorgeva un ragazzo correva come un pazzo senza prendere fiato dentro nel supermercato.
<< Finalmente, ma quanto ci hai messo >> domandò Aaron allontanandosi dal carello.
<< Ho fatto il più velocemente possibile, signor Mich >> rispose Mario senza fiato.
<< Avanti tira il carrello devo solo prendere: olio vegetale, il burro, parmigiano e il latte. >> disse l’uomo guardando il segretario, Mario non disse nulla si appoggiò al carrello e iniziò a seguire il capo nelle varie corsie.
Preso tutto quello che gli serviva, arrivarono alla cassa. Aaron pagò tutto e poi diede cinque dollari al ragazzo delle buste, si fermarono alla Audi e Mario iniziò a caricare la macchina, << Questo era l’ultimo sacchetto, signore. >> informò il segretario chiudendo il baule << Bene. >> aggiunse guardando con due occhioni grandi Aaron.
<< Perché mi guardi così >> domandò Aaron
<< Bè… >>
<< Bè cosa? Non ti aspetterai la mancia. >> chiese accentuando la domanda << L’unica cosa che ti dirò è solo “GRAZIE”. Ci vediamo domani >> disse Aaron saltando in macchina e andando via lasciando solo il segretario, con il viso imbronciato.
<< Sempre quando sono a casa di riposo, CAZZO! >> urlò Mario.
 
Aaron, con una maglietta grigia stretta sul torace faceva accentuare la scritta “In Jungle”, jeans skinny e un paio di AllStars militari era irriconoscibile. Era in piedi davanti al fornello e ascoltava musica Jazz; canticchiava allegramente e si muoveva a ritmo con la musica, quando esclamò << Oddio amo questa canzone. >> e si mise a cantare.
Oh, the shark, babe, has such teeth, dear
And it shows them pearly white
Just a jackknife has old Macheath, babe
And he keeps it, ah, out of sight
Ya know when that shark bites with his teeth, babe
Scarlet billows start to spread
Fancy gloves, oh, wears old Macheath, babe
So there's never, never a trace of red
 
Now on the sidewalk, huh, huh, whoo sunny morning, un huh
Lies a body just oozin' life, eek
And someone's sneakin' 'round the corner
Could that someone be Mack the Knife?
 
There's a tugboat, huh, huh, down by the river don'tcha know
Where a cement bag's just a'drooppin' on down
Oh, that cement is just, it's there for the weight, dear
Five'll get ya ten old Macky's back in town
Now d'ja hear 'bout Louie Miller? He disappeared, babe
After drawin' out all his hard-earned cash
And now Macheath spends just like a sailor
Could it be our boy's done somethin' rash?
 
Now Jenny Diver, ho, ho, yeah, Sukey Tawdry
Ooh, Miss Lotte Lenya and old Lucy Brown
Oh, the line forms on the right, babe
Now that Macky's back in town
 
I said Jenny Diver, whoa, Sukey Tawdry
Look out to Miss Lotte Lenya and old Lucy Brown
Yes, that line forms on the right, babe
Now that Macky's back in town....
 
Look out, old Macky's back!!
 
<< Grande Bobby. >> esclamò contento Aaron, finì di preparare quando sentì il campanello.
<< Arrivo! >> urlò lanciando lo strofinaccio sul bancone. Aprì la porta…
<< Ehi Aaron >> salutarono tutti insieme i tre uomini ben vestiti. Aaron sorrise e li invitò ad entrare; ma qualcosa attirò la sua attenzione nella direzione della porta dei suoi vicini.
Non è in casa pensò, intanto gli apparve la scena del barattolo di zucchero.
Occhi azzurri, stupiti, che lo fissavano.
L’odore della sua pelle che sapeva di vaniglia e quelle labbra così dolci.
Aaron scosse la testa e chiuse la porta di casa; << Allora chef cosa ci hai cucinato di buono, stasera >> chiese Daniel.
<< Bolognese >> rispose lui riprendendosi dall’immaginazione del disastro di nome Nina. Scolò la pasta e l’arricchì con un sugo che parlava da solo.
 
In quel momento a San Francisco a casa Power, tre persone avevano già finito di cenare.
Nina si era alzata dalla tavola per sparecchiare i piatti che non servivano più e iniziò a preparare il caffè; << Allora come stanno andando gli affari >> chiese Robert per non rimanere in silenzio.
Mia figlia vuole che vada d’accordo con questo pensò il padre guardando Frederick, davanti a lui.
<< Oh… bene. I clienti non mancano. >> rispose Frederick e lui dovrebbe diventare mio suocero? Pensò Frederick bevendo dal bicchiere del vino rosso.
Nina sorrise sentendoli parlare tranquillamente. Il caffè era dentro nella caffettiera, aveva acceso il fuoco sul fornello e dopo aver sistemato alcune cose in cucina tornò in soggiorno. Si sedette sulla panca in legno scuro e fece un bel respiro profondo.
<< Papà dobbiamo dirti una cosa. >> disse contenta Nina guardando il padre.
<< Dobbiamo? >>
<< Si! >> sorrise lei mostrando tutti i denti, Frederick non diede molta importanza a Nina, rimase zitto e immobile; << Allora parla ti tratta male >> domandò l’uomo alzandosi di scatto dalla sedia con pronti dei pugni serrati Nina scossa la testa.
Questo mi ammazza, Nina fermati. Pensò il ragazzo spaventato dall’improvvisa reazione di Robert, Però per esser in pensione il nonno fa ancora paura.
Frederick mostrò un sorriso preoccupato e spaventato.
<< Ma no, papà. >> rispose lei accarezzandogli il braccio poi continuò dicendo euforica << Ci sposiamo tra due settimane. Sei contento? >>
L’uomo si fermò nei piccoli movimenti e gli occhi fermi verso Frederick; le labbra del padre tremavano, la vista iniziò ad annebbiarsi e sudare. Sentì una strana sensazione al petto una senso penetrante al petto sinistro, << Papà cosa ti prende >> domandò Nina smettendo di sorridere e si alzò dalla panca.
La caffettiera iniziò a brontolare, reclamando attenzione.
Robert si toccò il petto con la mano e sveni per terra.
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Un primario con il camice bianco molto disponibile ***


-    CAPITOLO SEI    -

Un primario con il camice bianco molto disponibile
 
L’intervento dell’ambulanza fu immediata; Robert fu trasportato all’ospedale Saint Francis Memorial.
Nina era saltata sull’ambulanza, con il padre sdraiato sulla barella, << Frederick, ci vediamo all’ospedale. >> disse lei guardando il fidanzato fermo sul marciapiede. La ragazza seduta accanto a suo padre si stringeva nelle spalle, coperte da un cardigan morbido in lana beige; in quel momento gli uomini davanti a lei stavano tentando di rianimare il cuore del padre.
L’ambulanza arrivò a destinazione. Aprirono le ante posteriori e fecero scendere la barella con Robert; Nina camminava velocemente dietro il gruppo di persone. Entrarono in una porta mentre Nina fu trattenuta da un’infermiera apparsa dal nulla.
<< Lei è una parente >>, domandò la donna con in mano uno stetoscopio.
<< Si, sono la figlia. >>, rispose con affannò.
<< Bene, non si preoccupi è in buone mani. >> disse il paramedico con il camice verde << Prego attendi lì sui divanetti. Verrà qualcuno ad informarla >>, Nina giocava con le maniche lunghe del cardigan o si strofinava le mani sui jeans bianchi; il tempo sembrava non passare mai. Seduta come una brava bambina si guardava in giro. La sala era piena di gente: donne, uomini e anziani. In parte a lei c’era un bambino di dieci anni appena, e da come teneva il braccio doveva mettere il gesso, Nina gli sorrise e lui rispose altrettanto quando ad un certo punto, << Nina Power? >> chiamò l’infermiera con un foglio in mano.
<< Eccomi. Sono io. >> si alzò in piedi di colpo.
Nina seguì la donna dietro alla porta dove era passato suo padre in barella; il settore era invaso di pazienti e personale che correva avanti e indietro; Nina durante il tragitto si spostava per far passare.
<< Eccoci qui. Suo padre è qui dentro. >> disse la donna lasciandola davanti alla porta bianca.
Dietro alla porta si sentivano delle voci, lei riconobbe quella del padre così appoggiando la mano sulla maniglia disse << Papà >> esclamò lei facendo il suo ingresso nella stanza. I due uomini smisero di parlare rivolgendo la loro attenzione su Nina, << Nina, finalmente stai tranquilla falso allarme. >> emise Robert con tono rilassato e scherzoso; << Falso allarme! >> urlò la figlia quasi in lacrime, si accasciò a terra e scoppiò a piangere per lo spavento.
<< Tesoro. >>, sussurrò il padre seduto sul letto.
 << Tieni asciuga le lacrime. >> disse una voce maschile con la mano davanti al viso bagnato di Nina, gli offriva un fazzoletto. Nina con la vista annebbiata dalle lacrime vide un camice azzurro e una giacca bianca, spostò gli occhi sulla targhetta e riconobbe il nome, << Derek Fill. >> disse leggendo il tesserino appeso al taschino.
<< Sono io >> rispose; sorridendogli allungò le mani verso di lei e l’aiutò ad alzarsi in piedi << Vedo che sei rimasta sempre la stessa Nina. >> fini sghignazzando con un sorriso.
<< Già >> rispose lei asciugandosi il naso nella manica del cardigan.
<< Dov’è lo scansa fatiche. >> domandò Robert mettendo il broncio.
<< Di chi sta parlando tuo padre? >>, disse Derek accanto a Nina
<< Oh, mio fidanzato Frederick. Il dottore cosa ha detto >> domandò lei, << Perché non glielo chiedi direttamente, Derek prosegui… >>, Nina si voltò verso il primario sorpresa;
 
<< Salve, mi scusi sto cercando un paziente >> chiese Frederick all’infermiera alla reception.
<< Cognome? >>
<< Robert Power, è arrivato con l’ambulanza qualche ora fa. Credo. >> disse Frederick grattandosi la guancia rasata.
<< Ah, sì. Il signor Power … >> disse la signora bionda << Deve andare nel reparto emergenza e poi chieda lì, giri a sinistra e sempre dritto. >>
 
Nel frattempo nella saletta d’aspetto.
<< Ti senti meglio adesso >> domando Derek sorridendogli.
<< Si, grazie. >> rispose Nina facendo un sonoro soffio nel fazzoletto, << Non ci credo che sei diventato un medico. Papà non mi ha detto nulla. >>
<< Strano, io so tutto di te. La pasticceria, Alex e le ragazze … Miranda e Sara le ai più sentite? >> chiese curioso lui guardandola negli occhi; Nina contenta annui con il capo e senza dire una parola gli buttò le braccia e si abbracciarono, anche Derek rispose all’abbraccio stringendo le sue braccia intorno ai fianchi dell’amica.
Frederick uscì dall’ascensore guardandosi attorno e vide la scena; avvicinandosi alla sala d’aspetto si schiarì la voce attirando i loro sguardi << Scusate, Nina. Cosa sta succedendo? >>, Nina scorse il volto di Frederick e sciolse le braccia dal collo del primario << Tesoro. Papà sta bene. Per fortuna >>, informò lei avvicinandosi al fidanzato con il viso quasi infastidito. L’uomo guardò la sua fidanzata e poi il dottore, con sguardo acido << Meno male, pensavo il peggio. >> appoggiò le mani sui gomiti della fidanzata e l’abbracciò amorevolmente mentre guardava l’uomo alle sue spalle.
Frederick lasciò le spalle di Nina e chiese curioso << Lui chi è? >> rivolgendogli uno sguardo più intenso; lei si voltò verso Derek aprendo la bocca per parlare ma l’amico la interrupe presentandosi da solo, << Io sono Derek Fill, il primario che ha in cura il padre di Nina. >> allungò la mano verso Frederick ma l’uomo non la strinse, si voltò dopo averlo guardato un’latra volta male e camminò verso l’ascensore, con l’umore rovinato.
<< Ho fatto qualcosa di sbagliato? >> disse con accentò preoccupato. Nina si girò fulminea verso Derek e poi corse verso Frederick, << Amore, dove stai andando? >>, le porte dell’ascensore si chiusero, e per poco lei non si giocò le dita della mano destra.
Robert, aveva ragione sul fidanzato della figlia. Come diavolo fa a stare con un uomo così? Pensò lui mentre da lontano guardava la ragazza con il viso incredulo; si avvicinò a lei e gli disse gentilmente << Forse era così in ansia… adesso sa che tuo padre sta di nuovo bene è uscito per prendere un po’ d’aria. >> si massaggiò la mandibola pensando ho detto una cazzata. Provo a dirle qualcos’altro … << Forse hai ragione. Mi preoccupo per niente. >> rispose lei trascinandosi verso la camera del padre.
 
<< Perfetto. >> disse Frederick con tono irritato, si avvicinò ad un taxi parcheggiato da poco davanti allo stabile, aprì la portiera e si sedette all’interno pensando alla scena che aveva appena visto, scosse la testa arrabbiato ed esplose << Che faccia quello che vuole! Se si vuole far consolare dal dottorino… che lo faccia, non mi interessa un fico secco. >> Bastardo con il tuo bel camice bianco… pensò a denti stretti; il tassista sentendo il cliente brontolare si intromise nel suo discorso solitario << Dove la porto? >>.
<< All’aeroporto internazionale >> rispose l’uomo indignato poi sfilò dalla tasca il cellulare e si concentrò su di esso.  
 

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