After the rain

di Violet_Pendragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Anche quella notte non ero riuscita a dormire.

Appena si inizia ad intravedere la calda luce del sole sbucare dietro l'orizzonte, dopo tante ore di buio, fa quasi male agli occhi, ma in quel momento si riescono a cogliere profumi di rugiada estiva e fresco calore mattutino; man mano che il sole lentamente si sveglia, sfuma nel giallo splendente, più luminoso del triste violetto dipinto dalla lucente stella che sorge spuntano quando ancora la mente percepisce il bisogno di socchiudere gli occhi per la troppa seppur meravigliosa luce. Infine un esplosione di colori caldi: rosa, arancione… Una punta di azzurro appare improvvisamente e segna la fine del risveglio del sole stanco.

Si iniziano a sentire le prime macchine che sfrecciano a tutta velocità per le strade di Roma, una Roma immersa ancora nel sonno.

La città eterna si stava finalmente svegliando.

Me ne stavo, come tutte le mattine, seduta sul terrazzo di casa mia ad ammirare quella splendida città; amavo tutto di quella città dal rumore del traffico al caotico mescolarsi di persone che correvano da una parte all’altra della città, i turisti…

Il sole ormai era alto in cielo ed iniziavo a sentire il suo calore sulla pelle. Capii che era ora di andare; scesi dal muretto del terrazzo e mi avviai verso la cucina dove iniziai a preparare la colazione, come sempre. In casa eravamo tre, mia madre, la mia gattina e me.

L’odore di caffè cominciò a diffondersi per tutta la casa regalando uno splendido risveglio a mia madre. La gattina, il cui nome era Venere, era già sveglia e passava innumerevoli volte tra le mie gambe in cerca di carezze.

Se a quell’ora mi affacciavo dalla finestra potevo sentire il tintinnio delle tazzine dei bar o l’odore di spremuta d’arancio appena fatta, che mi dava un senso di pace come non mai.

Mentre io assaporavo tutti quegli’odori, mia madre entrò in cucina. Si chiamava Amaya Chitsushio ed era una donna splendida. Aveva appena compiuto 30 anni eppure sembrava ancora una ragazzina delle superiori. Il suo viso delicato e i suoi capelli color nocciola le davano l’aria da bambina, era sempre felice e non mi faceva mancare mai niente. Non sapevo molto del suo passato ne tantomeno del mio, non avevo mai conosciuto mio padre ne sapevo chi era; l’unica cosa che sapevo era il suo cognome… Il mio cognome. Angel. Ma non mi importava di sapere altro perché mia madre era la mia famiglia.

 Ci trasferimmo a Roma quando ancora ero piccola e non seppi mai qual’era la mia precedente casa…

“Anche oggi ti sei svegliata presto Aura?” chiese mia madre sedendosi su una sedia.
“In verità non ho proprio chiuso occhio” dissi sorridendo.

Finita la colazione mi andai a cambiare. Indossai un vestito di cotone bianco che arrivava un po’ più su delle ginocchia, un paio di sandali rossi e un capello di paglia con un nastrino rosso.

Quando uscii di casa erano appena le nove del mattino. Mia madre mi salutò dandomi un bacio in fronte e un abbraccio. “Stai attenta! Compra il latte quando torni!” aveva urlato dal terrazzo. “Okay!”

Così, come tutte le mattine, cominciò la mia passeggiata alla scoperta di cose nuove, perché Roma era una città che regalava sempre qualcosa di nuovo.

La mia prima tappa fu Palazzo Farnese, per poi proseguire verso Villa Adriana e così via. Non prendevo mezzi pubblici perché mi piaceva osservare le persone; cosa facevano, come si comportavano, la loro felicità, le loro tristezze, i  piccoli atti che miglioravano la giornata. Tutte queste piccolezze…

Arrivai davanti il Vaticano verso le dieci e mezza; era quella la mia meta. Non mi stancavo mai di visitare quel luogo pieno di storia. Sapevo tutto di quel posto ormai, eppure, mi faceva sempre emozionare visitarlo. Ma la cosa che amavo di più era la Cappella Sistina. Rimanevo ore intere ad osservare gli affreschi, a cogliere i minimi dettagli…

Era un luogo magico quello…

Quel giorno non era diverso dagl’altri; mi ci recai e cominciai ad osservare con molta attenzione i dettagli, ma quel giorno c’era qualcosa di insolito.  

Un raggio di luce illuminò il “Giudizio Universale” che ai miei occhi era sempre uno spettacolo meraviglioso. Ormai conoscevo tutto di quell’affresco, ma non mi stancavo mai di ammirarlo.

Uscì sorridente dal Vaticano e mi diressi verso casa. Quella giorno, però, era diverso. Le voci delle persone iniziarono a scomparire; i rumori delle macchine quasi inesistenti… era come se tutta la città avesse perso i suoi suoni.

Continuai a camminare cercando di capire. Iniziai a correre, caddi…
La testa iniziò a girarmi.

Non riuscivo a respirare…

Era come se fosse scomparsa tutta l’aria intorno a me…

Era come se fossi invisibile. Urlavo, strattonavo le persone, ma niente… Camminavano in silenzio senza aiutarmi.

La vista mi si offuscò; vidi l’intensa luce del sole e poi buio.

“Aura”

La voce di mia madre mi chiamava. Ero a casa.

Ero sdraiata sul letto della mia stanza con mia madre vicino. Guardai l’orologio. Le 8.30.

Era stato un sogno… Mi alzai dal letto e iniziai a ridere. “Sai mamma, ho fatto un sogno stran… Mamma…”

Mia madre che era seduta vicino a me. Mi sorrise. Mi sorrise come se quella era l’ultima volta che lo faceva. Piccole lacrime cominciarono a rigargli il viso angelico.

“Mamma perché piangi?”

“Non è niente… Ma ora devi andare” Mi mise sulle spalle un cappotto bianco che mi arrivava alle caviglie. Sulla parte destra c’era una strana spilla blu e rossa.

“Mamma?” Dai miei occhi cominciarono a scendere delle lacrime.

Si sentì un boato che proveniva dall’ingresso.

“Mamma che succede?!” Ma lei ignorò le mie parole e tirò fuori dalla tasca una chiave. “Non c’è più tempo! Ascoltami bene! Chiedi di Mephisto Pheles! Capito! Ricordati questo nome amore mio.. Ricordatelo!” Mi strinse a lei e mi diete un bacio sulla fronte prima di lasciare la presa.

La porta venne distrutta, ma non riuscii a vedere chi o cosa fosse stato.

“Ricordati… “

Mia madre girò la chiave e prima che potessi dire qualcosa mi spinse dentro.

Mi girai  verso di lei… Mi sorrise e chiuse la porta.

Quei secondi sembrarono infiniti. Accadde tutto così in fretta. Troppo in fretta.

“Ricorda…”

La porta si chiuse…

Quella fu l’ultima volta che vidi mia madre.
cominciai a dare pugni contro il muro, quel muro dove pochi istanti fa c’era una porta, dove pochi istanti fa c’era mia madre…

Piansi. Urlai. E mi arresi.

Degl’uomini mi presero e mi portarono via. Indossavano dei lunghi capotti neri e ai lati pendevano delle pistole e delle munizioni.

Un ragazzo dai capelli marroni mi si avvicino e prima che me ne rendessi conto, una siringa era nel mio collo.

Buio. Nuovamente l’oscurità mi avvolgeva…

Il mio nome è Aura Angel e questa è la mia storia.
Non conosco il mio passato, ne tantomeno il mio futuro.

Non conosco le mie origini, ne la mia meta.

Non so di chi fidarmi o no.

Ma non importa.

La vita è ingiusta lo so, ma se non vivo per qualcosa morirò per niente.

Devo solo cercare quel qualcosa per cui vivere…
 

ANGOLO AUTRICE

Buonsalve gente! Prima di tutto ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto questa piccola introduzione ^^

Dai prossimi capitoli (che saranno più lunghi) si capiranno altre cose e ci saranno taante sorprese :3 La storia avrà dei "periodi" seri e alti allegri; la coppia Mephy x Oc non si formerà subito anzi!... Sorry non faccio spoiler! Se ci sono eventuali errori grammaticali perdonatemi >-<

Se volete lasciate pure una recensione per dare un parere o un consiglio :3

Un bacione!! Violet <3 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Non volevo aprire gli occhi. Volevo credere che tutto quello era un brutto sogno. Uno dei tanti.
Ma non era così. Non sta volta.
Aprii gli occhi e osservai il luogo dove mi trovavo. Sembrava una stanza d’ospedale, ma non ero sicura se lo fosse davvero.
“Si è svegliata!” Urlò un uomo non appena noto che avevo aperto gli occhi. Subito il ragazzo che mi aveva “sedato” si avvicinò a me. Mi tirai indietro cercando di non farmi toccare.
“Hey va tutto bene! Mi chiamo Yukio Okumura, sono un medico. Quello che ti ho dato prima era un calmante alle erbe solo per tranquillizzarti. Come ti chiami?”
Non risposi. “Non mordo mica! Su, non aver paura” disse lui sorridendomi.
Ricambiai il sorriso, sembrava un tipo tranquillo. “Mi chiamo A…” ma in quel preciso momento si spalancò la porta della stanza. Entrò un uomo dai capelli viola scuro. Indossava un completo bianco e nella mano destra portava uno sgargiante ombrello rosa. Non era particolarmente attraente, tranne che per un dettaglio: i suoi occhi di un verde che sembravano brillare di luce propria.
Era cose se conoscessi già quell’uomo e qualcosa dentro di me mi diceva che era così…
“Ah! Finalmente la signorina ci degna di uno sguardo! Okumura la qui presente è in grado di camminare?” chiede quella sottospecie di pagliaccio guardandomi. “Signor Pheles non ancora, ma…” “Non c’è problema!”
Detto ciò si avvicinò al letto e, senza alcuno sforzo, mi prese in braccio.
“Lasciami maniaco! Dove mi stai portando?!” Urlai cercando di dimenarmi, ma ero debole quindi non riuscii a fare più di tanto. “Oh! Che caratterino la signorina! Stiamo andando nel mio ufficio. Ci sono alcune cose da chiarire” disse tirando fuori dalla tasca una chiave dorata che inserì nella serratura della porta. Non feci domande anche se ne avevo molte. “Che razza di storia è questa?! Che diamine succede!”
Nel frattempo il Mister Ombrellino Rosa aveva aperto la porta e ci si era buttato dentro senza minimamente preoccuparsi di avere un “passeggero” dolorante con lui.
Prima che potessi dire qualcosa mi buttò su un piccolo divanetto a righe, mentre lui si sedeva su una sgargiante poltrona gialla contornata di rosa.
Inizia ad osservare la stanza dove mi trovavo. I muri erano di un rosso scuro con diversi quadri e alcune piate. Rivolsi lo sguardo verso quello strano tipo che era seduto dietro una scrivania con in mano un telefono rosa e una ventina, o più, ciondoli appesi.
“Allora?” chiese sorridendo malizioso. “Avrei qualcosa da ridire sui tuoi gusti…” sussurrai. “Come scusa?” “Niente. Cosa vuoLe?” chiesi facendo un finto sorriso.
“Beh non vuoi sapere la verità su tua madre?” La mia espressione cambiò subito. “Vedo che ho attirato la tua attenzione finalmente! Tieni” disse mettendo una busta bianca sul tavolo. “ Comunque il mio nome è Mephisto Pheles” Ignorai le sue parole e mi alzai dal divano, stringendo a me il cappotto bianco. Presi la busta con due dita tenendo sempre lo sguardo su quel tipo, ma prima che la potessi aprire mi afferrò il polso. “Sicura di voler sapere la verità?” chiese avvicinandosi. “Si.”
“Bene” Lasciò la presa e si sedette nuovamente. Aprii l busta con mani tremolanti e ne tirai fuori il contenuto.
“Non capisco… Tutto qui? Una foto?” In mano tenevo una fotografia un po’ bruciacchiata agl’angoli. Nella foto erano raffigurati due persone. Un uomo ed una donna. La donna aveva lunghi capelli biondo scuro che le ricadevano sulle spalle formando dei boccoli. Aveva lo sguardo puntato veso la persona che stava scattando la foto, così da far risaltare i suoi occhi verdi smeraldo. Accanto a lei stava un uomo alto con lunghi capelli biondi che le fasciava la vita con una mano. Teneva lo sguardo puntato su di lei, incantato dalla sua bellezza. Nell’altra mana portava un’enorme spada dall’impugnatura rossa e una piccola croce dorata al centro.
“Quelli signorina… Sono i tuoi genitori quando erano giovani” disse lui. “I… Miei genitori… Lui è mio padre?! Come si chiama?! Dove si trova ora?! Chi è?!” chiesi sbattendo le mani sulla scrivania. “Oh quanta impazienza!” “Se permetti ho aspettato 15 anni prima di scoprire la verità quindi… Parla!” dissi urtata.
“Come vuoi… Lui” Disse indicando l’uomo alla sinistra di mia madre con la punta dell’ombrello “E’ Arthur A. Angel. Lui è tuo padre” disse quasi schifato. “Cosa?! Mio padre?! Che diamine di spada ha?! Come si sono conosciuti?!” “Beh vedi… Tua madre era un’esorcista e anche tu…” “E…esorcista… Cosa… Non capisco” “Eppure è facile da capire. Sua madre si è iscritta in questa accademia quando aveva più o meno la tua età. Qui ha studiato per diventare un’esorcista. In pochi anni si è laureata ed ha iniziato il suo lavoro per conto del Vaticano. Qualsiasi compito che le assegnavano riusciva a svolgerlo senza alcun problema. Ben presto divenne Santo Paladin. La prima donna ad ottenere questo onore” disse osservandomi. “Santo cosa?! Oddio… Troppe cose… Io non…” “Hai ragione. Troppe cose alla volta” Si alzò dalla sua poltrona e schioccò le dita. Dal nulla spuntarono un tavolo con sopra un servizio da the, e due sedie. “Prego” Disse facendomi segno di sedermi.
Appena mi sedetti mi versò una tazza di the e si mise di pronte a me. “Bene. Penso che ora possiamo iniziare”
Erano passate più di due ore da quando ero entrata nell’ufficio del signor Pheles eppure sembravano pochi minuti ai miei occhi. Mi parlò degli esorcisti, di Assiah il mondo umano, e di Gehenna il mondo demoniaco, di Satana… Di mia madre. Tutto ciò in cui credevo era svanito. Tutto ciò che conoscevo non sarebbe più stato come prima.
Gli occhi iniziarono a bruciarmi e non ci volle molto prima che le lacrime iniziarono a scendere. “Tutto questo… Non è possibile… Mia madre non può essere…” “So che è difficile da assimilare, ma è la verità. Ed ora sono qui per farle una proposta” Alzai lo sguardo verso il signor Pheles che si era avvicinato a me e con un fazzoletto rosa a pois, aveva iniziato ad asciugarmi le lacrime.
“Vuole diventare seguire le orme di sua madre?”
“Vuole diventare un’esorcista? Le offro una casa. Una famigli ed un futuro. Prevedo una meravigliosa carriera per le signorina Angel, qui alla True Cross Academy. Accetta?”
Annuii e scoppiai in lacrime accasciandomi a terra, stringendo forte il cappotto di mia madre.
“Grazie…” dissi con voce tremolante.
“Avanti basta piangere! Venga. Andiamo a mangiare qualcosa” annuii e mi alzai. Il signor Pheles tirò, nuovamente, fuori dalla tasca la chiave dorata. “Cos’è quella chiave? Mia madre ne possedeva una simile” “Oh! Questa chiave mi permette di andare dove voglio, quando voglio, semplicemente inserendola in una serratura, pensando il luogo” “Oh…”
Mephisto sorrise e girò la chiave.
“Questa è la cucina di un alloggio momentaneamente abitato da due… em… Studenti… Più o meno. Ukobach ci preparerà qualcosa da mangiare”
Ci ritrovammo in una mensa con file e file di tavoli di metallo lucidi. Alla fine della stanza si trovava l’ingresso della cucina. Mephisto si avviò con passo sicuro verso di essa e appena arrivato scioccò le dita.
“Ukobach puoi, per piacere, preparare qualcosa da mangiare alla signorina? Grazie”
Ai miei occhi era strano, quasi comico, da vedere. Un uomo, dai discutibili gusti, che parlava al nulla. Ovviamente sapevo che non stava impazzendo dato che:
1- era già fuori di testa
2- mi aveva parlato dei famigli quindi cercavo di immaginarmi qualcuno lì per terra.
“Possiamo accomodarci. Tra poco sarà pronto” disse Mephisto sedendosi su un tavolo.
“Signor Peles io quando…” “Quando avraì la masho? Beh si vedrà con il tempo. Per ora studierà le basi dell’esorcismo con me. Quando inizieranno i corsi si vedrà”
“Okay… Mi stavo chiedendo una cosa. Lei prima ha parlato di due studenti…” “Si i fratelli Okumura. Due tipi interessanti direi. Hanno perso il padre adottivo poco tempo fa e dato che non avevano un posto dove stare li ho ospitati qui. Tanto uno dei fratelli lavorava qui” “Oh capisco… Mi sembra di aver già sentito il loro cognome…” “Il ragazzo che l’ha aiutata prima era Yukio Okumura” “Interessante. Quanti anni ha?” “Quante domande! Perché ti interessa tanto?” disse lui facendo una smorfia. “Ma era tanto per sapere… Quando inizieranno i corsi?” dissi cercando di cambiare discorso. Non sia mai che Mister Ombrellino Rosa si arrabbi. “Tra poche settimane. Iniziano prima dei corsi normali, e io vorrei che lei partecipasse anche a quelli” disse incrociando le braccia. “Si per me va bene, ma…” “Ho già risolto la questione riguardante il trasferimento dalla sua vecchia suola a questa. Domani manderò alcuni dei miei a prendergli dei vestiti e se vuole… Può andare anche lei…”
feci un respiro profondo prima di rispondere. Era doloroso pensare di dover tornare in quella casa.
“Va bene. Grazie mille” “Non c’è di che. Ecco la cena!” Davanti a me stava un piatto di spaghetti di riso a base di frutti di mare. “Sembra delizioso! Grazie Uko…bach?” dissi guardando Mephisto che annui sorridendomi.
Finii tutto in poco tempo un po’ per fame, un po’ per distrarmi da tutto. Anche se ci misi poco a mangiare, riuscii a concentrarmi sul sapore del piatto. Gli spaghetti di riso erano cotti al punto giusto. I gamberi e i calamari erano stati cotto prima ed avevano formato un sughetto che era stato assorbito dalla pasta. Era semplicemente delizioso.
“Oh ma tu guarda che ore sono! Sarà il caso che tu vada a dormire. Domani abbiamo lezione!” Disse guardando il telefono. “Dove dormirò sta notte?” “Per sta notte dormirai nella mia stanza dato che io ho degl’importanti impegni sta notte” disse scocciato.
Risi guardandolo. “Non è così maniaco alla fine…”
La stanza di Mephisto era enorme. Le pareti erano rosa a strisce viola, piene di scaffali con sopra action figure, manga e molto alto. In mezzo alla stanza stava un letto a baldacchino con le tende rigorosamente rosa e il piumone viola. Era quasi del tutto ricoperto di cuscini a forma di cuore e peluche di vari personaggi di manga e anime.
“Oh mio Dio”
“Oh… Wow” “Bene. Io vado” disse girando i tacchi ed avviandosi verso la porta. “Aspetta! Io…” “Tu?” “Non ho un pigiama…” “AHAHAHAHAHAHA!! Vedi cosa trovi nel mio armadio, ma non toccare il mio kimono!” detto questo scomparve dietro una porta.
“Che strana persona…”
Mi avviai verso l’armadio viola a fiorellini rosa e lo aprii… Grosso errore…
Una valanga di vestiti mi prese in pieno! Camice di ogni colore e fantasia, pantaloni poco adatti ad un uomo e giacche di pessimo gusto. In mezzo a tutto piccavano anche diverse paia di tanga di pizzo appartenuti a qualche sua “avventura amorosa”. “Bleh!! Alla faccia che non era un maniaco!” dissi cercando di rimettere i vestiti nell’armadio senza toccare quei pezzi di stoffa che non potevano essere definite mutande. Non volevo nemmeno aprire i cassetti o le altre ante. Non volevo di certo trovare qualche “sorpresina” dentro, così presi una camicia nera. La cosa più normale in quell’armadio oserei dire…
Inizia a levarmi il cappotto e il vestito quando mi accorsi che in tasca avevo qualcosa. Infilai la mano e ne tirai fuori un piccolo pacchetto rosa che aprii.
“Credo che questa ti sarà utile.
Mephisto ♥ “
Nel pacchetto, oltre al bigliettino, c’era una chiave dorata.
“Che soggetto”
Posai la chiave su un piccolo comodino vicino al letto e mi misi sotto le coperte cercando di chiudere occhio anche se era difficile visto che faceva tremendamente caldo e quella stanza era tremendamente grande.
Cominciai a girarmi nel letto cercando una posizione comoda, ma non ne riuscivo a trovare nemmeno una così alla fine mi alzai.
Vagai nel buio finché fino ad arrivare ad una finestra.
Quando la aprii mi ritrovai davanti ad un panorama meraviglioso: mi trovavo in un palazzo dal quale si riusciva a vedere il resto del paese che era illuminato da lampioni sparsi ovunque. Mi guardai intorno per vedere il sesto del paese e notai che non c’erano strade tra un palazzo e l’altro tranne che per un ponte ai piedi del paese.
“Chiederò domani a Mephisto” dissi facendo spallucce.
Stavo per chiudere la finestra quando notai che ai piedi del paese c’era una vera e propria città!
“Tokyo…” sussurrai.
“Sarebbe un vero peccato non andare a farsi un giro” un’espressione maligna si dipinse sul mio volto. Tokyo era una città che viveva la notte.
corsi verso l’armadio e aprii un cassetto a cavolo dove, per pura fortuna (tanto culo!) trovai un paio di pantaloncini bianchi appartenuti a qualche giovane signorina caduta nelle braccia (più che altro nel letto) del preside. “Ma chissene! Io li metto!”
Messi i pantaloni presi la chiave e mi diressi verso la porta d’ingresso. “Vediamo se funziona…” chiusi gli occhi e girai la chiave.
“Daje!”
Mi ritrovai in un bagno di una discoteca. Lo intuii dalla musica a palla che proveniva da fuori. Qualcosa mi diceva che quella notte non avrei dormito…
Prima di uscire dal bagno, però, dovevo pensare un posto dove nascondere la chiave dato che nelle tasche potevo perderla o potevano rubarla. Poi mi venne un’idea. Sbottonai i primi bottoni della camicia e infilai la chiave nel reggiseno. Portando una terza ero più che sicura che la chiave non sarebbe caduta e che nessuno l’avrebbe presa. “Perfetto”
La musica si faceva sempre più alta e quando uschii dal bagno era quasi impossibile sentire le voci delle persone.
Anche se non sembra, amo andare in discoteca. La musica, le luci, le persone che ballano. Certo era pericoloso dato che potevano farmi qualcosa, ma era più forte di me! Molti notti, quando ero ancora a Roma, andavo per discoteche fino all’alba. Mi aiutava a non pensare, a dimenticare, a sentirmi meglio, e in quel momento, mi serviva proprio.
Era una cosa troppo grande per me. Esorcisti… Demoni… La mia famiglia…
Cominciai a ballare in mezzo a tutte quelle persone fregandomene delle conseguenze. La musica si faceva sempre più forte e le luci sempre più intense. L’odore pungente del sudore era nauseante ed insopportabile, ma provai a concentrarmi su altro.
Le ragazze cercavano in tutti i modi di attirare l’attenzione dei ragazzi riuscendoci perfettamente. Si strusciavano su di loro facendo, a volte, movimenti sensuali e molto provocatori. Mi facevano ridere quelle persone… Tutto quello per una nottata d’amore?! Se chiedono fanno prima, tanto gli uomini accetterebbero subito.
“Chissà cosa fa Mephisto ad attirare le ragazze”
Il tempo volò e presto le prime luci dell’alba iniziarono ad illuminare Tokyo.
Ero uscita da molto dalla discoteca, anche se rimanevo nei paraggi dato che mi piaceva ascoltare la musica. Non avevo la più pallida idea di che ore fossero anche se intuii che fossero le 5, forse le 6, del mattino. Ero a pezzi; i piedi mi facevano malissimo anche se portavo delle scarpe da ginnastica abbastanza comode. La camicia era impregnata di sudore e alchool dato che un grandissimo genio ha pensato bene di rovesciarmi un martini addosso. I miei capelli erano orribili più del normale. Sporchi di sudore, con un mondo all’interno. Ci trovai anche un’oliva…
I pantaloncino avevano cambiato colore… “La prossima volta è meglio che non metta roba bianca” dissi osservando nuovamente le misere condizioni in cui mi trovavo.
“Beh penso che sia ora di tornare a… Casa…” dissi malinconica.
Cominciai a camminare alla ricerca di una porta un po’ apparta per tornare a casa.
“Non dovresti trovarti qui” Una voce maschile mi fece passare i brividi lungo tutta la schiena.
“CAZZO!”
“S…Signor Pheles… Emm… S…Salve” dissi girandomi, ma lui non disse una parola. Dal suo sguardo si poteva capire che non l’avrei fatta franca. Mi stavo preparando al peggio.
Abbassai lo guardo aspettando qualcosa, ma lui mi sorpassò e mi fece segno di seguirlo. “Sali”
Mi ritrovai davanti una limousine nera ed esitai a salire. “Ho detto sali” disse lui aprendomi la portiera. In silenzio salii. Il viaggio fu corto e rimanemmo in silenzio. Un silenzio straziante.
Mi accompagnò nuovamente nella sua stanza. “Mi scusi. Non riuscivo a dormire e…” “Non voglio spiegazioni. Solo non farlo più. Ora…” la sua voce si fece più allegra “A letto! domani ci aspetta una giornata di studi mia cara! Buonanotee!” detto questo chiuse la porta lasciandomi perplessa.
“Pazzo, con pessimi gusti e pure bipolare! Perfetto!”
Mi diressi sul letto e crollai dal sonno, non accorgendomi che ero ancora vestita con tutto si scarpe…
ANGOLO AUTRICE!!!
Alè! Ecco il vero capitolooo! Tipo ora sono le 1.51 quindi sarebbe il caso di andare a dormire ;-; Allora che ve ne pare?? Nei prossimi capitoli capirete alcune cose come, ad esempio, il perché della limousine nera e non rosa, mephisto protettivi ecc ecc… Per quanto riguarda l’aspetto di Aura se ne riparlerà nei prossimi capitoli!! Comunque assomiglia molto alla madre. Dal padre ha preso la lunga chioma (?) che, però, non è dorata! XD
Lasciate una recensione se volete! Ringrazio ancora tutti coloro che leggono la storia :*
Un bacione Violet ^^

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