Love Letter

di Love_My_Spotless_Mind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 우리 가 처음 만난 그 날 기억 하나요? ***
Capitolo 2: *** Viviamo in un numero veramente limitato di possibilità ***
Capitolo 3: *** 너와 나, 갈수록 더 수가 없어 우리 사이 ***
Capitolo 4: *** A poco a poco il mondo veniva verso di me ***
Capitolo 5: *** 사소한 거 이젠 내가 다 받아줄게 ***
Capitolo 6: *** Ci rivedremo ancora? ***
Capitolo 7: *** 어떡하지 ? ***
Capitolo 8: *** Non si può tornare indietro. ***
Capitolo 9: *** 나를 치게 만드는 ***
Capitolo 10: *** Anche lo scorrere del tempo ***
Capitolo 11: *** 제발 오늘 넌 나를 떠나가지 마 ***
Capitolo 12: *** In grado di ricordare ***
Capitolo 13: *** But I know 그냥 날 안고 싶다고 오늘만 같이 있자고 ***



Capitolo 1
*** 우리 가 처음 만난 그 날 기억 하나요? ***


(( 우리 가 처음 만난 그 날 기억 하나요? ))









14 febbraio 2008,

In quella giornata Heeyoun aveva provato in tutti i modi a convincere la sua amica a non andare a scuola. La temperatura era mite, fuori splendeva il sole, la ragazza avrebbe preferito di gran lunga andare a passeggiare in centro piuttosto che restare tutte quelle ore chiusa in una classe.
Aveva provato persino a proporle di andare in spiaggia, non le importava quanto tempo ci sarebbe voluto per raggiungerla, avrebbe persino preferito trascorrere l’intera giornata in autobus e non tornare in orario a casa pur di non rinchiudersi in quella classe polverosa e, a suo parere, deprimente.
Ma Junghwa aveva fatto di tutto per distoglierla da tale idea.
-Non ci pensare nemmeno! – aveva rifiutato con l’espressione che assumeva quando era irremovibile sulle proprie decisioni. Si trattava di un’espressione che ormai Heeyoun conosceva fin troppo bene, perciò non le rimase che sbuffare, incrociando le braccia al petto. – Sto aspettando questa giornata da troppo  per mandare tutto all’aria solamente perché c’è un po’ di sole. –
-Ma è febbraio! Chissà quando ricapiterà una giornata così. – aveva continuato a lamentarsi invano la ragazza, tenendo ancora le braccia contro il petto e lo sguardo basso per dimostrare tutta la sua delusione.
L’estate le sembrava fin troppo lontana esattamente come lo erano le prossime vacanze. Il solo pensiero di dover studiare seriamente per il test del primo semestre ormai imminente le faceva venire i brividi. Avrebbe voluto trascorrere le proprie giornate in maniera completamente differente rispetto a come le era imposto. Aveva così tante puntate arretrate delle sue serie tv preferite, spendere intere mattinate guardando la televisione le sembrava uno dei programmi migliori che potessero esistere. Se il tutto fosse stato completato da una confezione di patatine fritte allora non avrebbe davvero potuto desiderare nient’altro dalla vita.

Ed invece eccola lì, a percorrere il viale che conduceva alla scuola, in compagnia della sua amica che solitamente condivideva insieme a lei l’intenzione di trascorrere la mattina lontano da quell’istituto ma che proprio in quella magnifica giornata di sole sembrava essersi ricreduta.
-E che cos’è che staresti aspettando da questa giornata, esattamente? – le domandò allora, senza troppo entusiasmo nella voce.
L’amica si voltò fissandola come se la risposta a tale domanda fosse molto più che ovvia. I suoi occhi nerissimi la scrutarono severamente per brevi istanti, poi si sfiorò i capelli con le dita. Aveva una pettinatura del tutto anonima, però in compenso aveva tinto i capelli di castano, per potersi differenziare dalle altre ragazze della loro classe. Quella tinta le era costata la punizione di un mese, ma ormai i genitori sapevano che se anche le avessero tagliato tutti i capelli lei avrebbe continuato a tingerseli e magari questa volta avrebbe tentato con colori improbabili, pur di far loro un dispetto. Junghwa era così, una paladina delle più ridicole ribellioni.
-Scherzi, Heeyoun? Seriamente non sai che giorno sia oggi? –
-Non ne ho la più pallida idea. – rispose lei, senza sorprendersi di non conoscere qualcosa che per l’amica fosse tanto ovvio.
-Ma la professoressa di inglese non ha fatto altro che parlarne, per tutta la scorsa lezione! –
-Devo essermelo persa… -
-Sei un caso disperato. – borbottò sfiorandosi con l’indice il centro della fronte, parlare con la sua amica era sempre un grande sforzo di concentrazione.  – Oggi è il giorno di San Valentino, dove le ragazze regalano ai ragazzi qualcosa che rappresenti il proprio amore nei loro confronti. Io non mi lascerò sfuggire quest’occasione, finalmente in questa giornata il ragazzo che mi piace saprà della mia esistenza.  Dovresti segnarti questa data sul calendario perché sconvolgerà la mia vita, lo ricorderemo per sempre. –
Heeyoun era poco convinta da quello che l’amica aveva appena detto. Non comprendeva a che cosa potesse mai servire istituire una giornata nella quale forzare le persone ad esprimere il loro amore verso qualcuno. Per di più sapeva quanto fossero volubili le cotte di Junghwa, perciò non aveva molta fiducia nemmeno in questa. Si conoscevano fin da quando erano bambine, per tale motivazione era sempre stata informata su tutti i ragazzi che le erano piaciuti e si trattava di una lista davvero lunga.
Però vederla così entusiasta le fece comprendere perché avesse deciso di andare a scuola a tutti i costi quella mattina. Sperava davvero che il suo San Valentino riuscisse, vederla felice era una bella immagine, anche se non lo aveva mai ammesso apertamente.
Per quel che la riguardava la cosa non le importava poi molto. Certo, le sarebbe piaciuto essere entusiasta come la sua amica ma proprio non ci riusciva, era convinta che avrebbe trascorso la giornata nell’apatia più assoluta. Per di più era convinta di aver dimenticato la maggior parte dei libri a casa. La mattinata, insomma, non iniziava nel migliore dei modi.

-Devi sapere, Heeyoun, che se il ragazzo a cui consegnerò il mio regalo oggi dovesse ricambiare i miei sentimenti potrà dimostrarmelo solamente durante il White Day. Fra un mese potrà ricambiare il mio gesto regalandomi qualcosa che dimostri la sua volontà di amarmi. Non ti sembra fantastico? In tutto questo mese non farò tanto che aspettare e sperare! Mi sembra lo svolgimento di un film romantico. –
Nel raccontarlo le si erano illuminati gli occhi. Nella sua mente aveva immaginato tutta la vicenda, in ogni particolare. La sera precedente aveva fatto difficoltà ad addormentarsi pensando a come avrebbe potuto reagire il ragazzo che le piaceva trovandosi fra le mani il proprio regalo. Forse sarebbe rimasto colpito, lo sperava davvero.
Ormai Junghwa era fin troppo allegra, si fermarono di fronte all’ingresso dell’istituto in modo che potesse aprire lo zaino. Mostrò all’amica la scatola di cioccolatini che aveva confezionato la sera prima. Dentro, avvolti tra il tulle color lilla, stavano i cioccolatini a forma di cuore che lei stessa aveva preparato. Spiegò ad Heeyoun l’impegno con cui li aveva confezionati, il modo in cui aveva scelto in che modo farcirli. Alla fine li aveva riempiti di caramello, l’idea era davvero deliziosa, persino Heeyoun era colpita.
-Dovrai aspettare addirittura un mese? Io non credo riuscirei ad essere nel dubbio per così tanto tempo. Certe cose dovrebbero essere dette subito. –
-Ma no, è molto più romantico così. –
La ragazza richiuse la scatola e la risistemò nella borsa. Ormai era il momento di entrare, fra meno di dieci minuti sarebbero iniziate le lezioni e non potevano assolutamente permettersi di entrare in ritardo. 

La sezione maschile era nell’ala destra dell’edificio, quando entravano capitava di incontrarli per caso, gli unici contatti che potevano esserci tra i due sessi era durante l’intervallo e nella pausa pranzo. Forse anche per questa motivazione Heeyoun non si era interessata a nessuno in particolare, ai ragazzi non faceva quasi caso, li vedeva tutti monotonamente uguali.
Junghwa, invece, aveva lo sguardo puntato nella loro direzione per vedere se sarebbe riuscita  a scorgere il ragazzo di cui si era invaghita. Però indossavano tutti la divisa ed avevano i capelli corti, sarebbe stato difficile distinguerlo fra tutta quella confusione. Abbassò lo sguardo delusa dal non poterlo vedere.
-Dovresti pensare anche tu a qualcuno a cui indirizzare un tuo pensiero. Questi sono i ricordi migliori che si possano avere dell’ adolescenza, per questo io a certe esperienze non voglio proprio rinunciare, non dovresti farlo nemmeno tu! Pensa che zitella vecchia e depressa sarai senza avere nemmeno un ricordo di San Valentino! Forza, datti da fare che sei ancora in tempo. –
Inizialmente Heeyoun non diede troppa importanza al richiamo dell’amica, un ricordo di una giornata come quella non le sembrava poi così prezioso. Poi le due ragazze entrarono in classe dove il professore si era già sistemato e stava facendo l’appello, fortunatamente non era ancora arrivato a pronunciare i loro nomi.

Durante la prima ora il professore di storia non fece altro che parlare, Heeyoun aveva voglia di addormentarsi sul banco ma se avesse provato a chiudere almeno un pochino gli occhi sarebbe stata sicuramente sgridata. Non aveva assolutamente voglia di sentire quell’anziana voce brontolante romperle le scatole,  perciò cercò di resistere con tutte le sue forze per restare ad occhi aperti. Era una lotta contro il bisogno del proprio corpo di assopirsi. Ah, se solo la sera prima non avesse guardato per l’ennesima volta la replica di “Titanic” non sarebbe stata così assonnata. Ma Leonardo di Caprio era troppo bello per permetterle di resistere. E poi ogni volta sperava che il ragazzo si salvasse, che Rose si spostasse per farlo salire sulla zattera improvvisata invece di farlo congelare. Che spreco era lasciar gelare quel povero ragazzo.
Però anche questa volta il film era terminato nello stesso identico modo. Quella sgualdrina dai capelli rossi ancora una volta aveva voluto salvarsi da sola. Se il professore avesse provato a sgridarla perché era assonnata gli avrebbe detto che era tutta colpa di Rose, solamente sua.
Quando suonò la seconda campanella rinsavì dai suoi pensieri ed a quel punto si accorse che in realtà le ore di storia che avrebbe dovuto sopportare in quella giornata erano ben due, quindi tornò tranquillamente a concentrarsi su tutto quello che le passava per la mente. Aveva appuntato la matita in maniera strana, non sapeva nemmeno lei come ci fosse riuscita, perciò restò a fissare quella mina per un periodo incalcolabile. Una mina del genere sarebbe stata benissimo esposta in un museo di arte moderna. Magari con quell’opera d’arte avrebbe guadagnato tantissimi soldi e non avrebbe più avuto bisogno di stare rinchiusa tutto il giorno in quella classe polverosa. Tale immaginazione le piaceva così tanto che prese a sorridere, continuando ad osservare la matita che l’avrebbe resa miliardaria. Già ipotizzava il discorso che avrebbe fatto ritirando il Nobel per l’arte ( se esistesse sul serio non ne era poi così sicura). “ Miei cari signori e signore” avrebbe detto, o forse avrebbe optato per ladies and gentleman visto che si trattava di un discorso internazionale, “ la mia matita vuole essere una metafora dell’era moderna, dei soprusi della storia, dell’economia capitalista… “
Il suo discorso si interruppe su quel passaggio poiché il professore le rubò la preziosa matita di mano. Heeyoun sollevò lo sguardo incredula di quanto stesse appena accadendo.
-Allora, signorina, mi stava ascoltando? Sa almeno di che cosa stiamo parlando? – domandò con voce greve, tutta la classe la stava fissando.
Era così concentrata sul proprio discorso per il Nobel che aveva creduto che la classe fosse scomparsa, ne era stata convinta fin quando il professore non aveva arrogantemente rovinato tutto.
-La società capitalista ci rende tutti schiavi dei mass media. – sussurrò accennando il sorriso più innocente che le riuscisse, magari sarebbe rimasto intenerito.
Peccato che l’animo del professore non si lasciò minimamente sfiorare dal suo sorriso, che uomo crudele. E peccato, soprattutto, che la lezione del giorno fosse incentrata sulla religione in epoca medioevale. Era talmente infuriato che lasciò cadere la matita della ragazza, la cui mina cadendo a terra si spezzò. Heeyoun si alzò in piedi, non poteva assistere impassibile alla propria arte che veniva distrutta con tanta rozzezza.
“Lei è un mostro!” avrebbe voluto gridare, esattamente come aveva fatto con Rose la sera prima, vedendola mentre faceva gelare il bel Di Caprio. Quello era un mondo popolato da persone inette, ora ne aveva la certezza.
Le parole le morirono in gola, restò solamente in piedi, con il professore che la scrutava perplesso. Ragionando su quel che stava accadendo si mise repentinamente a sedere decidendo di non dire niente ed abbassò lo sguardo sperando di riuscire un giorno a replicare l’opera d’arte che l’avrebbe resa ricchissima.
 


Durante la ricreazione Heeyoun addentò il suo panino al burro d’arachidi, Junghwa la fissava con aria non proprio convinta.
-Ma che cavolo avevi in mente di fare alzandoti in piedi in quel modo? – le domandò dando un morso alla propria mela, era sempre a dieta e non mangiava altro che frutta.
-Nulla, nulla, le gambe mi si sono mosse da sole. –
Le loro compagne di classe si mostravano l’un l’altra le scatole di cioccolatini che avevano confezionato per i ragazzi dell’altra classe. Ognuna di loro aveva messo a frutto la propria fantasia decorando le scatole piene di cuoricini, scrivendo e persino ricamando delle dediche speciali. Heeyoun si chiedeva se realmente ai ragazzi facesse piacere ricevere quel genere di attenzioni. Magari i cioccolatini fatti in casa non erano neppure così buoni come le sue compagne dicevano ed allora quel dispendio di creatività ed energie non aveva alcun senso.
 
La professoressa d' inglese in quel giorno parlò loro di William Shakespeare. Le ragazze non facevano altro che interromperla implorandole di dire loro altro del San Valentino ma a Heeyoun interessava molto di più quel discorso sulla letteratura, soprattutto sul Sonetto 18 che, anche se non riusciva a comprendere ogni singola parola, aveva attirato la sua attenzione. La professoressa ne parlava con tanta enfasi da suscitare tutto il suo interesse, obiettivo a cui gli altri professori non sembravano nemmeno minimamente aspirare. Il modo in cui quella donna leggeva, l’intonazione della sua voce e la precisione della sua traduzione sfiorarono l’ animo di Heeyoun come non era mai avvenuto in passato sui banchi di scuola. Era una sensazione che generalmente provava solamente quando ascoltava la sua band preferita o quando guardava i film romantici anni Novanta che adorava tanto.
Quando si voltò verso la sua amica, però, notò che la maggior parte delle ragazze erano distratte, tutte intente a parlare l’una con l’altra del ragazzo a cui avrebbero donato i loro piccoli doni. C’era chi rifiniva gli ultimi dettagli dei bigliettini, chi semplicemente si distraeva lasciando andare senza freni la fantasia. Sembrava che solamente lei stesse ascoltando quel discorso e che solamente a lei potesse importare di Shakespeare. Un uomo stempiato in calzamaglia, morto parecchi anni addietro non era proprio il pensiero principale delle sue coetanee in quella giornata.
-Voi non cogliereste l’occasione del San Valentino per dedicare parole tanto belle a qualcuno? Non credo possa esistere regalo migliore, le parole di Shakespeare sono immortali, senza tempo. Chiunque leggendole potrebbe pensare che persino i vostri sentimenti abbiano tali caratteristiche. Rappresentano una piccola promessa, di amare l’interiorità di qualcuno ancor prima della sua esteriorità. –
Disse la professoressa con un sorriso gentile e caldo. Heeyoun non aveva mai sentito nessuno parlare in quel modo, iniziò a vedere le cose in maniera differente, iniziò a desiderare che qualcun altro potesse leggere quelle parole. Se qualcuno le avesse mai dedicato una poesia simile lei l’avrebbe sicuramente conservata per il resto della  vita, almeno questo fu ciò che pensò in quel momento.
 Così quando la lezione fu terminata estrasse dall’armadietto un cartoncino rosa su cui sistemò dei cuoricini viola. Fu completamente distratta durante l’orario di studio individuale pur di terminare il bigliettino. Al suo interno scrisse il sonetto, con la calligrafia più ordinata che le riuscisse, calcando con la penna in modo che l’inchiostro si imprimesse bene sulla carta. Quando ebbe terminato continuò ad ammirare la sua creazione con aria soddisfatta. Sicuramente anche Shakespeare si sarebbe complimentato se avesse visto con quanta dedizione era riuscita a crearlo. Era proprio perfetto.

-Junghwa, ma tu firmerai il tuo biglietto? –
L’amica sollevò il viso dal libro che stava fingendo di leggere e la osservò per qualche istante, cercando di rinsavire dai suoi pensieri.
-Certo che no. Sembrerei una disperata se lo facessi. Deve essere lui a trovarmi! –
Heeyoun annuì poco convinta da quanto l’amica avesse detto. Non riusciva a capire come il ragazzo che le piaceva avrebbe fatto a riconoscerla, con tutte le ragazze che c’erano in quell’istituto sarebbe stata un’impresa impossibile.
-Ma almeno hai scritto qualcosa per farti riconoscere? –
-No, il destino farà il suo corso. Non ho intenzione di forzare le cose. -
Non capiva come potesse essere tanto convinta di quel che stava per fare, in un certo senso la invidiava perché era molto sicura di sé quando si trattava di dichiararsi o scegliere dei ragazzi da corteggiare.
Osservò il  biglietto che teneva stretto tra le mani, ormai era decisa a spedirlo però non conosceva alcun destinatario, era certa che sicuramente Junghwa avrebbe saputo trovare una soluzione anche a questo problema. Quando le ebbe spiegato per sommi capi la situazione gli occhi di Junghwa si illuminarono, sembrava che le fosse venuta in mente una delle sue idee assurde.
-Magnifico! Ho la soluzione adatta a te. – prima di spiegare il proprio piano si avvicinò di più al viso della ragazza e posizionò la mano di fronte ai loro profili in modo che le altre non potessero ascoltare il loro discorso. – Quando suonerà l’ultima campanella per segnalare l’inizio della pausa pranzo noi aspetteremo che tutti siano usciti dalla scuola. A quel punto entreremo nell’aula dei ragazzi, quella dove di cui fa parte il ragazzo che mi piace. Io cercherò di capire quale sia il suo banco ed infilerò la scatola di cioccolatini nella sua borsa. Tu, invece, cercherai sul registro un nome che ti piace, indirizzerai il biglietto a lui e lo imbucherai nella scatola per le lettere che la professoressa di inglese ha fatto sistemare sulla porta di ogni classe maschile. Così sarà il destino a scegliere per te! – c’era da dire che non si era mai spiegata in maniera tanto dettagliata e precisa prima d’allora.
-Poi quando torneranno dalla pausa pranzo controlleranno la scatola e lo troveranno… -
-Esattamente. È un piano perfetto. –

Fu così che le due ragazze si sentirono decise a mettere in atto il loro piano. L’avevano studiato in ogni particolare, quando tutti sarebbero stati in mensa avrebbero semplicemente dovuto sgattaiolare nella sezione maschile senza farsi vedere. Appena suonò la campanella tutti gli studenti abbandonarono le loro classi per uscire dall’edificio principale e recarsi in quello adibito ai pasti principali. In pochi minuti l’istituto intero piombò nel silenzio, i corridoi e le aule erano deserte. Solamente quando fu suonata anche la seconda campanella le due ragazze si decisero a lasciare la loro classe per recarsi nell’altra ala dell’edificio.
Entrarono in classe più in fretta che potessero, si chiusero la porta alle spalle cercando di non provocare alcun rumore. Heeyoun andò immediatamente a nascondersi sotto la cattedra, inginocchiata a terra, confidando nel fatto che se qualcuno fosse entrato a controllare non l’avrebbe vista. Aprì il primo cassetto ed estrasse il registro, ogni classe lo posizionava sempre nello stesso modo e nello stesso luogo, tale abitudine le permise di risparmiare molto tempo che altrimenti avrebbe dovuto spendere aprendo ogni singolo cassetto. La lista degli alunni era numerosa, si trattava di una classe di trentadue studenti, i cui nomi si disponevano ordinatamente in fila. Scorse la lista dei nomi in fretta, la maggior parte di questi non le comunicavano proprio nulla, erano nomi comuni che sembravano non trasmettere alcuna idea a proposito di qualche particolare caratteristica.  Vi erano molti casi di omonimia, i cognomi si ripetevano numerosissime volte. Se mai avesse indirizzato il suo biglietto a qualcuno che aveva lo stesso nome di un altro sarebbe stato tutto molto più complicato.
Junghwa, nel frattempo, stava cercando lo zaino che aveva visto in dosso al ragazzo, quando riuscì a trovarlo posizionò la propria scatola di cioccolatini sul banco cui era appoggiato, confidando nel fatto di aver indovinato. Le due erano tanto intente ognuna nella loro operazione quando sentirono dei passi, se il preside le avesse viste saltare il pranzo sarebbero potuti essere guai. Su certe regole erano particolarmente rigidi, soprattutto sul rispetto degli orari. E le due ragazze avevano trasgredito varie volte, per diverse ragioni, nessuna che però le giustificasse seriamente.
-Sbrigati Heeyoun, dobbiamo andare! – la richiamò sussurrando Junghwa che intanto aveva cercato di mimetizzarsi il più possibile dietro la fila di banchi.
La ragazza presa dalla fretta lesse un nome a caso: Lee Jaehwan;  poteva andare, non era male né troppo banale. Scrisse in fretta il nome sul retro del bigliettino. Poi entrambe sgattaiolarono fuori dall’aula, Heeyoun infilò il bigliettino nella scatola. Chissà quanti ne conteneva e chissà se quel Lee Jaehwan ne avesse ricevuti altri, chissà di che persona si trattasse. Le due scesero in fretta che potessero al piano inferiore, la loro missione era stata compiuta con successo.

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Capitolo 2
*** Viviamo in un numero veramente limitato di possibilità ***


((Viviamo in un numero veramente limitato di possibilità))







23 maggio 2015,

“Quando ci penso, mi rendo conto che viviamo in un numero veramente limitato di possibilità”

Era l’ora di tornare a casa, con il cardigan avvolto attorno al corpo sottile Heeyoun scese le scale che l’avrebbero condotta verso la metropolitana. Quei corridoi bui, il pavimento rivestito malamente, i cartelloni pubblicitari, tutto della grande città le infondeva uno strano senso di oppressione. Forse era perché aveva lavorato troppo in quella giornata, doveva svagare un po’ la mente o essa avrebbe continuato ad essere attraversata da pensieri negativi.
Era la sola ferma di fronte al binario, quella sera. Chissà dove erano andati a finire tutti gli altri! Per non ascoltare ancora quel silenzio infilò le cuffiette alle orecchie, compagne inseparabili della sua vita. Adesso era nel proprio mondo, fatto di motivi che le infondevano la voglia di ballare, di canzoni magari un po’ datate ma che lei non riusciva a smettere di adorare. Accennò qualche passo muovendo appena le gambe lunghe e slanciate, sarebbe stato imbarazzante se qualcuno l’avesse vista ma per il momento non sembrò curarsene. Dopo essere rimasta concentrata per tutte quelle ore sentiva l’inevitabile bisogno di svagarsi, ma come? Non se la sentiva di uscire e nemmeno di restare a casa a non far nulla. Quello era un vero dilemma e per di più si presentava irrisolvibile.
 
Continuò ad interrogarsi persino quando fu sul treno dove i posti erano ovviamente tutti occupati e lei dovette trascorrere il tragitto in piedi, reggendosi con tutta la propria forza all’unico appiglio libero. Le era capitato alle volte di perdere l’equilibrio a causa dell’alta velocità del mezzo, finendo contro altri poveri passeggeri che l’avevano immediatamente rimproverata, si trattava di un’esperienza da non ripetere.
Era persa nei propri ragionamenti, si domandava che cosa fosse rimasto nel frigorifero , aveva molta fame e non toccava cibo praticamente da quella mattina. Provava ad immaginare un delizioso sandwich pieno di insalata e formaggio, oppure le sarebbe piaciuto divorare un arrosto piccante. Non aveva un pasto come si deve da parecchi giorni, era stata tutta assorbita dai vari impegni da aver persino lasciato scivolare in secondo piano la cura di sé.
 Ad un certo punto, quando erano ad appena due fermate lontani dalla propria,  vide qualcuno alzarsi per scendere alla stazione che stavano raggiungendo. Il fatto che qualcuno si alzasse dal suo posto sembrava una vera e propria benedizione dopo tutto quelle ore trascorse a lavoro, correndo di qua e di là per sbrigare ogni faccenda il più in fretta possibile. Per questa ragione Heeyoun non perse tempo, si avvicinò al posto lasciato libero e si mise a sedere, incurante di tutto il resto, sentendo il corpo troppo dolorante per poter restare in piedi. Quasi non credeva di essere riuscita a fermarsi un attimo. Però la seduta non era comoda come avrebbe sperato: qualcosa le pungeva contro la schiena. Provò un senso di terrore, su una metropolitana poteva accadere di tutto, poteva essere lasciato di tutto e c’era chi si divertiva a fare stupidi scherzi, sperava solamente di non aver sfiorato un oggetto troppo sporco che magari l’aveva macchiata. Voltandosi con circospezione, però, notò con molta sorpresa che fosse stato lasciato un libro. Un semplice, comune libro dalla copertina rigida.
Si guardò attorno, sollevandolo per poter vedere se qualcuno l’avesse dimenticato ma nessuno sembrò curarsi di lei. Era un volume abbastanza sottile, dalla copertina che raffigurava due bambini, seduti l’uno di fianco all’altra, di spalle. Il titolo era scritto in leggero rilievo, in giallo ocra. Provò a sfogliarlo velocemente: le pagine erano consumate per le innumerevoli volte in cui era stato sfogliato. Heeyoun sorrise notando le frasi sottolineate a matita e le date appuntate in alcuni angoli delle pagine. Quella era una abitudine che aveva visto solamente nelle serie tv quando era ragazzina e che ,se a quel tempo avesse avuto la passione della lettura, avrebbe sicuramente imitato. Doveva essere un volume prezioso per la persona che lo aveva dimenticato, almeno questa fu la suggestione che le venne trasmessa.
Iniziò a pensare che il volume appartenesse proprio alla persona che pochi istanti prima era scesa dal treno, lasciando il posto sul quale ora lei sedeva vuoto. Non aveva avuto il tempo di guardare attentamente per rendersi conto di chi si trattasse, le persone erano solite scendere molto in fretta, per non perdere tempo, quindi non aveva avuto l’occasione di osservarlo più del necessario. Ricordava solamente che si trattasse di un uomo slanciato che indossava un completo da lavoro grigio, non aveva notato nessun altro particolare utile.
Ormai era arrivato il momento di scendere, in ogni caso nessuno avrebbe potuto aiutarla, non le andava di lasciare quel libro in un vecchio scaffale con la denominazione di “oggetti smarriti”. Infilò il volume nella borsa e scese alla stazione vicina al suo appartamento, era troppo stanca per riuscire a pensare ad altro.
 

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Capitolo 3
*** 너와 나, 갈수록 더 수가 없어 우리 사이 ***


(( 너와 나, 갈수록 더 수가 없어 우리 사이  ))






14 febbraio 2008,

svegliarsi quella mattina era stato particolarmente difficile. Quando Jaehwan era riuscito a riemergere dai propri sogni aveva impiegato parecchi minuti per tornare in contatto con la propria coscienza. Appena aperti gli occhi la stanza gli appariva offuscata, gli era difficile persino sollevare la schiena per provare ad alzarsi.
Però lottando contro la sonnolenza finalmente era riuscito a tirarsi in piedi. Solamente pensare di riuscire a recuperare i suoi occhiali era un’impresa impossibile, perciò si accontentò di trascinarsi in bagno sperando di non andare ad urtare qualche mobile. Una volta in bagno si guardò allo specchio, ciò che vedeva non era proprio quello che avrebbe desiderato ma anche sotto questo punto di vista cercava di accontentarsi. Jaehwan era alto e snello ma non era quello che si potesse definire il tipico playboy che vive solamente nell’immaginario femminile. Anzi, lui non si sentiva per nulla un playboy. Guardandosi piuttosto si sarebbe paragonato ad un personaggio di Pororo.
I suoi capelli erano tanti, gonfi ed indomabili, nerissimi. Il suo viso sembrava quasi scomparire sotto quell’enorme massa di capelli, l’unico dettaglio che non scompariva mai ma proprio mai, neanche volendolo, era il suo naso. Non si trattava di quel che le persone definiscono un naso importante, piuttosto era un naso importantissimo, se fosse appartenuto ad una scala di valori sarebbe stato al primo posto, sicuramente. Con una riflessione più attenta poteva dire che nel proprio viso nulla possedesse mezze misure: persino le labbra erano carnose. Per quanto riguardava gli occhi, invece, non erano particolarmente grandi. Insomma, nulla di sé gli piaceva particolarmente.
 
Si sciacquò il viso con l’acqua fresca, dopo essersi lavato tornò in camera per scegliere i vestiti da indossare. Abbinò dei semplici jeans tutt’altro che aderenti con una felpa grigia di almeno tre taglie in più della propria. Però era calda e dell’estetica non gli importava poi tanto. Quella mattina non avrebbe indossato la divisa poiché la madre la stava ancora modificando. Ultimamente il suo corpo cambiava talmente in fretta che la divisa doveva essere ritoccata più e più volte in modo che gli calzasse a pennello. Fino a quasi tre mesi prima il suo aspetto era più simile a quello di un bambino che a quello di un ragazzo, poi all’improvviso il suo fisico si era scolpito ed era anche diventato più alto, quasi da un giorno all’altro. Anche la voce aveva subito dei profondi cambiamenti, tutto era avvenuto molto in fretta, forse fin troppo.
Divorò di fretta un toast che la madre gli aveva preparato prima di andare a lavoro, controllò di avere tutti i libri nello zaino e poi fu pronto per andare. Ogni mattina percorreva la distanza tra la casa e la scuola a piedi, nel frattempo ascoltava un po’ di musica, cercava di rilassarsi prima della lezione. Camminando di prima mattina gli veniva in mente ogni sorta di pensiero,  per gran parte erano ragionamenti che nessun altro avrebbe fatto. Si domandava cose che forse è meglio non elencare, per non dilungarci troppo, comunque il suo flusso di pensieri non era affatto al pari di quello di una persona normale. Ogni ragionamento avveniva in fretta ed altrettanto in fretta veniva sostituito dall’altro. La sua mente sembrava una pila infinita di parole, una sopra l’altra, fin quando la pila non crollava ed allora lui la ricostruiva d’accapo con nuovi argomenti, nuove considerazioni. Una successione impossibile da seguire per una persona qualunque.
 
Quando entrò nell’istituto si trovò di fronte un notevole gruppo di ragazze, indossavano tutte la divisa, avevano i capelli neri ben pettinati, esattamente come il regolamento prescriveva. Incontrare delle ragazze avveniva abbastanza frequentemente poiché l’ingresso metteva in comunicazione le due sezioni, eppure tale avvenimento agli occhi di un ragazzo non ancora sedicenne sembrava sempre una grandissima novità, tutta da osservare.
Era il giorno di San Valentino, non se ne sarebbe nemmeno accorto se non avesse notato la scatola sistemata fuori dalla porta della propria classe. Prima di allora non aveva mai dato una particolare importanza a tale festività ma adesso gli fece quasi piacere scoprire che fosse proprio in quel giorno, era come sentirla nominare per la prima volta. Per la prima volta nella sua vita, infatti, provava interesse per il sesso femminile, si poneva domande sulle ragazze e le osservava in modo diverso. Quella poteva essere l’occasione perfetta per scoprire qualcosa di più sul loro conto. Magari i suoi compagni di classe avrebbero ricevuto qualche bigliettino, sarebbe stato divertente leggerli tutti insieme e prendersi in giro.
-Secondo voi le ragazze li manderanno davvero i regali? – domandò uno dei suoi compagni ammirando perplesso la scatola.
-Secondo me no, è tutta una cavolata. – sentenziò un altro.
 
Il loro professore d’inglese non aveva prestato troppa attenzione a parlare loro di quel festeggiamento, nel complesso avevano poche informazioni a riguardo e ben confuse. Sapevano soltanto che era stata la professoressa della sezione femminile a voler appendere quelle scatole in ogni classe in modo che le ragazze potessero consegnare le loro lettere.
-Sono aperte le scommesse per chi ne riceverà di più. – commentò Jaehwan e gli altri risero.
Effettivamente le scommesse durante l’intervallo si aprirono sul serio, c’era chi puntava i soldi della propria merenda sui nomi dei ragazzi che più ci sapevano fare, scommettendo che avrebbero sicuramente ricevuto qualche biglietto. Tale passatempo era un ottimo espediente per divertirsi. Nessuno, però, aveva puntato  soldi su Jaehwan poiché tutti erano convinti che non fosse proprio il tipo che potesse attirare l’attenzione delle ragazze, lui stesso era il primo a pensarlo.
 
La prima ora di lezione trascorse lentamente, sessanta minuti sembrarono durare un’eternità. Persino lui che generalmente era attento e partecipe ad ogni lezione in quella mattinata faceva fatica. La sua mente era letteralmente altrove, anche se non si stava concentrando in nulla di preciso. Provò a pensare al San Valentino, chissà perché negli anni passati non aveva mai fatto caso a questa festività. Ora gli appariva divertente, sicuramente diversa da tutte le altre.
Le ore scorsero tranquillamente, Jaehwan prese appunti, intervenne durante le lezioni, dalla filosofia alla biologia, senza sentirsi mai troppo stanco per la concentrazione che manteneva durante la lezione. Lo gratificava prendere appunti ordinatamente, scrivere quanto più gli fosse possibile e riuscire nei test nel migliore dei modi. La scuola era l’unico luogo dove era capace di riuscire perfettamente, in qualunque materia. Era intelligente e perspicace, inoltre i professori conoscevano la sua serietà e la sua dedizione. Insomma, la sua era la graduatoria più alta della classe. Il proprio ruolo all’interno di questa era anche quella di fare battute sarcastiche nel momento giusto, tutti nel complesso lo avevano in simpatia anche se un vero migliore amico non lo aveva. Tuttavia non reagiva a questo con malinconia, aveva il sorriso stampato sulle labbra e continuava a comportarsi esattamente come se nulla fosse.
Suonò la campanella della pausa pranzo, finalmente era arrivato il momento di andare a mangiare. La ricreazione l’aveva trascorsa riposandosi un po’ dopo le lezioni e non aveva nemmeno avuto il tempo di scartare la merenda, perciò adesso aveva una fame enorme. Fu uno dei primi a scendere al piano inferiore, insieme agli altri ragazzi attraversò il cortile per raggiungere la mensa. Non sembrava essere una giornata di febbraio, la temperatura era davvero piacevole, era addirittura uscito senza giubbino e stava benissimo.
Sempre più compagni di classe iniziarono a chiamarlo mentre camminavano all’aria aperta, c’era chi gli chiedeva di rispiegargli la lezione del giorno, chi di rivedere gli appunti, chi di sbirciare i compiti che si sarebbero dovuti svolgere per casa. Jaehwan non accontentava tutte quelle richieste ma semplicemente rispondeva con un sorriso, dicendo che sarebbe stato meglio parlarne in un momento più tranquillo. Prese posto insieme ad alcuni ragazzi, in un tavolo rotondo dove c’erano sedie per otto persone. Pietanza del giorno era riso al curry e pollo fritto, non era male, almeno a parole. In realtà quello che si trovarono nel piatto non fu altro che cibi non meglio identificati che probabilmente non avevano mai incontrato nella loro esistenza né il curry né il pollo. Comunque lui prese a mangiare, senza preoccuparsi troppo. Confidava nel fatto che se tale pietanza era servita in una scuola non doveva essere poi troppo pericoloso ingerirla. Magari era soltanto leggermente radioattiva.
Gli altri ragazzi invidiavano il modo in cui riuscisse a mangiare con gusto anche le ricette obbiettivamente più orride, Jaehwan con il cibo non si faceva problemi, ingurgitava tutto tenendo in viso un’espressione soddisfatta come se stesse mangiando in un ristorante di lusso.
 
Quando ebbe concluso il proprio pranzo si alzò in piedi, sistemò le stoviglie nell’apposita bacinella, si disfò dei pochi avanzi del pranzo e lasciò il vassoio sul carrello. Fra due ore finalmente sarebbero potuti tornare a casa, il pranzo lo aveva fatto sentire nuovamente pieno di energia, ora era pronto per tornare a lezione.
I suoi compagni di classe, però, implorarono il professore di poter prima vedere il contenuto della scatola di San Valentino. Si radunarono tutti in cerchio, tutti tranne Jaehwan che stava invece pensando a riordinare lo zaino.
-C’è una lettera per me! – annunciavano spavaldi mentre la osservavano, uno di loro aveva persino trovato una scatola di cioccolatini dentro lo zaino. Ridendo la passò a tutti i suoi compagni, scherzando sul fatto che potessero essere avvelenati. I ragazzi divorarono i cioccolatini ridendo, non prestando troppa attenzione alla cura che la ragazza che li aveva consegnati potesse avuto avere nel prepararli. Persino a Jaehwan arrivò uno dei cioccolatini, era buono, doveva ammetterlo, lo mangiò con gusto. Non riusciva mai a rifiutare la cioccolata se gli veniva offerta. Uno dei suoi compagni, un ragazzo tra quelli più popolari tra il sesso femminile, trovò un biglietto posato direttamente sul suo banco, il che voleva dire che qualche ragazza era stata così coraggiosa da entrare persino in classe.
Alcuni ragazzi si disperavano per aver perso la loro scommessa, c’era chi, invece, era riuscito ad accumulare un bel gruzzoletto puntando sulle giuste persone. Jaehwan rideva ascoltando i loro discorsi, i suoi compagni di classe erano sempre molto divertenti in certe situazioni.
-Jaehwan! Jaehwan! C’è una lettera anche per te. – annunciò inaspettatamente uno di loro sollevando il bigliettino in modo che potesse vederlo. Lui si voltò pensando che i suoi amici stessero scherzando. – Stiamo dicendo davvero, avvicinati, vieni a vedere. –
A quel punto, allora, si alzò in piedi e prese tra le mani il biglietto, effettivamente sul retro era scritto proprio il suo nome. Iniziò a pensare che si trattasse di un errore, non conosceva nessuna ragazza, non capiva chi avrebbe potuto avere l’idea di indirizzare un tale pensiero proprio a lui. Si trattava di un cartoncino rosso, sul fronte erano sistemati tre cuori di diversa grandezza, erano di colore viola dai bordi dorati, probabilmente colorati con un pennarello. Era un biglietto molto carino, era migliore di come avesse mai potuto immaginarlo. Comunque adesso era curioso di vedere che cosa vi fosse scritto all’interno. Chissà, magari esisteva davvero una ragazza che si era innamorata di lui, magari gli chiedeva di incontrarsi per potersi dichiarare. In quel caso non avrebbe proprio saputo come vestirsi! Aveva assolutamente bisogno di un paio di jeans nuovi per occasioni come quella.
 La sua mente aveva iniziato ad immaginare meravigliose storie d’amore, forse un po’ assurde ma, insomma, l’immaginazione non ha limiti. Era così ansioso ed allo stesso tempo pieno di curiosità che non riusciva a trovare il coraggio di scoprire quali parole si celassero all’interno del biglietto. Alla fine si decise, non poteva più resistere, doveva leggerlo. Quando lo aprì , però, si trovò di fronte a quella che sembrava una poesia in inglese.
 
« Shall I compare thee to a summer's day?
Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer's lease hath all too short a date.
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimmed,
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature's changing course untrimmed;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou owest;
Nor shall Death brag thou wand'rest in his shade,
When in eternal lines to time thou grow'st:
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee. »
 
 
In inglese non era mai andato particolarmente bene, riusciva a raggiungere la sufficienza imparando le regole grammaticali a memoria ma in quel momento era totalmente confuso. Non capiva un accidenti di quel che ci fosse scritto! Quale ragazza avrebbe mai potuto rivolgergli uno scherzo tanto crudele? Fare una dedica nella loro lingua sarebbe stato molto più semplice. E se la ragazza che si era perdutamente innamorata di lui fosse stata una straniera? Allora avrebbe compreso il motivo della poesia in inglese. Ma come avrebbero mai fatto a capirsi? Stava iniziando a sentire il panico espanderglisi nelle vene solamente pensandoci. Le identità segrete non gli erano mai piaciute, lo facevano sentire estremamente nervoso. Sapeva che sarebbe sicuramente stato uno di quei tipi che non sanno distinguere Clark Kent da Superman o Miley Cyrus da Hanna Montana.
 
Durante il percorso verso casa continuò a tenere tra le mani il biglietto, osservò il proprio nome scritto ordinatamente sul retro. Più lo osservava più era convinto che quella sorta di regalo non appartenesse realmente a lui. Chi mai poteva provare dell’interesse nei suoi confronti? Magari quella non era nient’altro che una sciocca presa in giro, nei giorni seguenti avrebbe fatto di tutto per scoprirlo.
 
15 febbraio 2008,
 
 la sera precedente il ragazzo aveva persino fatto fatica ad addormentarsi, dopo essersi infilato il pigiama non aveva fatto altro che osservare il biglietto provando a dedurre qualcosa di più. La calligrafia era ordinata, le parole si susseguivano con eleganza, scritte in corsivo. Provò a leggere quella poesia ad alta voce, di alcune parole non conosceva la pronuncia ma provò ad ipotizzare. Restò seduto alla scrivania, con il dizionario di inglese di fianco, provando a tradurre quante più parole gli fossero possibili.
Si era addormentato ancora seduto di fronte alla scrivania, con la guancia contro gli appunti e la schiena piegata. Per tale motivazione si era svegliato completamente dolorante. Aveva persino sognato una ragazza occidentale, dai capelli biondi ed il seno prosperoso che gli dedicava canzoni delle più famose band americane. Era stata una visione così celestiale che persino al risveglio continuò a pensarci, soprattutto perché nella realtà non l’aveva mai vista una ragazza con il seno così grande, forse non esistevano o forse era semplicemente nato nel paese sbagliato.  
Una volta aperti gli occhi si rinfilò gli occhiali, ora il mondo gli appariva un po’ più chiaramente. La montatura sottile dava al suo sguardo un aspetto intellettuale, i capelli cadevano disordinatamente sulla fronte.
Sapeva che al suo professore non avrebbe potuto chiedere alcun aiuto, non era il tipo che avrebbe tradotto qualcosa per un suo alunno e perciò non voleva provare assolutamente a chiedergli un favore simile. Piuttosto avrebbe potuto provare a parlare con la professoressa della sezione femminile. Dicevano che fosse molto disponibile, quindi probabilmente gli avrebbe dato un piccolo aiuto.
 
Fece una doccia veloce, in seguito si infilò la divisa. Era composta da una camicia bianca, con una giacca e dei pantaloni blu ed una cravatta a quadri con fondo blu. Sul petto aveva  lo stemma dell’istituto. Nel complesso la divisa gli donava davvero molto, metteva in risalto il suo bel fisico e lo faceva apparire più elegante. Peccato che per tutto il resto non potesse fare un bel niente per migliorarlo.
 
Anche questa volta arrivò a scuola abbastanza presto, ed anche in questo giorno a seguito di una lunghissima camminata che aveva tenuto particolarmente impegnati i suoi pensieri. Seguì le lezioni, anche se la sua mente era sempre altrove, focalizzata sulle parole indecifrabili del biglietto e sul viso dell’americana incontrata nei sogni che sembrava svanire sempre più. Anche se il viso sarebbe ben presto scomparso qualcosa sarebbe per sempre rimasto ben impresso nella sua mente, ne era sicuro.
 Durante l’intervallo non perse tempo e  si recò in biblioteca dove sperò di incontrare la professoressa che stava cercando. Anche la professoressa d’inglese era straniera, madrelingua, originaria di Cambridge. Nel complesso era una donna giovane che si sapeva far benvolere dagli studenti, rispetto agli altri professori era sicuramente più interessante e disponibile. Anche se a Jaehwan era capitato di incontrarla soltanto casualmente per i corridoi la conosceva di fama, su di lei giravano parecchie voci, soprattutto positive.
-Buongiorno professoressa. – esordì vedendola seduta di fronte al tavolo della biblioteca, sembrava stesse leggendo qualcosa, aveva quasi timore di disturbarla. Perciò si avvicinò lentamente, riflettendo diverse volte sulla possibilità di fuggire.
Lei si voltò e gli sorrise. – Buongiorno, come posso esserti utile? – Rispose. Ormai si era accorta della sua presenza, non poteva più darsela a gambe.
Jaehwan si decise,  scostò la sedia al fianco della professoressa per potersi sedere, poi estrasse dalla tasca il biglietto e glielo mostrò, in una situazione normale la vergogna sarebbe stata troppa ma in questo caso era talmente curioso da poter resistere all’imbarazzo.
-Ho saputo che è stata lei ad organizzare l’evento di San Valentino. Io… ho ricevuto questo biglietto ma… mi scusi se glielo dico, ma non riesco a capirlo. Nemmeno una parola. –
La donna sorrise ancora, poi diede un’occhiata all’interno del bigliettino. Mentre lo leggeva Jaehwan si chiedeva perché le professoresse coreane fossero così acide, iniziò a pensare che quella donna non potesse realmente essere una professoressa, era troppo tranquilla e gentile.
-Ah deve avertelo spedito una ragazza molto sensibile. – commentò la donna – Si tratta del diciottesimo sonetto di Shakespeare, è molto famoso. –
-Ah. – commentò semplicemente lui, vergognandosi di non conoscerlo.
-Vorresti sapere di che cosa parla? –
Il ragazzo annuì. -Si, a grandi linee. –
La professoressa piegò l’angolo in alto della pagina del libro che stava leggendo per poterlo posare sul tavolo. Jaehwan iniziò a sentirsi in colpa, magari l’aveva davvero disturbata.
-È un sonetto che parla d’amore ma quello non è l’unico argomento. L’autore vuole dire che la bellezza della persona amata non potrà mai svanire, paragona la primavera alla sua giovinezza, vuole salvare la sua persona dalla morte grazie alla poesia. Leggerlo è come immergersi nei pensieri dell’autore, disordinati, sconnessi ma che allo stesso tempo sono uniti da un sottile filo conduttore. Questa ragazza probabilmente vorrebbe dirti che il tuo aspetto non potrebbe mai svanire dalla sua memoria, quando si ama qualcuno quella persona riesce a sfuggire persino alle leggi del tempo poiché viene custodita nel cuore di un’altra. – a quel punto la professoressa si interruppe, osservò il ragazzo sperando di essere stata abbastanza chiara, quando parlava di poesia si lasciava condurre dalle suggestioni e non riusciva a parlare come avrebbe fatto nella sua classe, in maniera didattica.
-Grazie, professoressa. –
 
Mentre pensava a quelle parole l’immagine della ragazza americana continuava a materializzarsi nella sua mente. Ora che aveva capito il messaggio del biglietto era ancora più curioso di conoscere la ragazza che lo aveva scritto. Qualcuno lo aveva notato e gli aveva addirittura dedicato una poesia. Gli aveva persino detto poeticamente che fosse bello. E se si fosse trattata di una ragazza non vedente? O magari aveva solamente la vista un po’ bassa.
Comunque, nonostante i possibili difetti di vista della ragazza, si sentiva così allegro che aveva solamente voglia di divorare una vaschetta di gelato enorme, appena tornato a casa lo avrebbe sicuramente fatto.

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Capitolo 4
*** A poco a poco il mondo veniva verso di me ***


(( A poco a poco il mondo veniva verso di me ))





23 maggio 2015,
 
Jaehwan era appena uscito dall’ufficio in cui lavorava da quando si era laureato. Era sempre stato un ragazzo studioso, faceva parte della sua indole impegnarsi fino allo sfinimento in qualcosa a cui teneva. Nella sua vita aveva sempre messo passione ed impegno in qualsiasi attività e questo non lo aveva sempre ripagato. Nonostante la sua buona volontà aveva ricevuto diverse delusioni in campo lavorativo, questo lo aveva spesso fatto sentire abbattuto ma nonostante tutto non si era mai arreso.
Adesso aveva un lavoro sicuro che sotto molti punti di vista lo appagava. Grazie a quell’occupazione era riuscito a comprare un bell’appartamento abbastanza spazioso e non troppo distante dal centro città. Si stava avvicinando a quell’equilibrio tanto desiderato e ricercato nella sua intera esistenza, finalmente esso non gli appariva più così distante.
Entrare in metropolitana era una vera sofferenza, anche se il tragitto fino alla fermata interessata durava appena cinque minuti per lui si trattava di un periodo interminabile, restando immobile tra troppe persone accaldate, costretto a sentire un’insopportabile odore di sudore che fin troppo spesso gli restava nel naso anche una volta sceso. Ma questa volta la fortuna aveva voluto che un posto fosse libero quindi gli fu concesso di sedersi. Tirò un sospiro di sollievo, ad essere così alti ci si stancava facilmente a stare in piedi per troppo tempo, tra tutta quella folla di persone stanche dopo un’intensa giornata di lavoro.
Iniziò a pensare a che cosa gli sarebbe piaciuto fare una volta arrivato a casa. Già si pregustava il sapore di una bella birra ghiacciata, stando seduto di fronte alla tv, dopo aver fatto una doccia rinfrescante che gli avrebbe fatto scivolare lungo il corpo la stanchezza di quella giornata. La tranquillità delle sue fantasie venne interrotta dallo squillo del telefono che inizialmente non aveva nemmeno riconosciuto. La suoneria di Jaehwan era una canzone che andava molto di moda in quel periodo, movimentata ed allegra, tanto che gli trasmetteva ogni volta la voglia di canticchiarla.
A chiamarlo era  Wonsik, il suo collega di lavoro.
-Pronto? – sussurrò Jaehwan domandandosi perché l’amico gli avesse telefonato.
-Hyung, per fortuna hai risposto! Questa sera dovrei portare la mia donna da qualche parte, conosci un posto carino? –
Wonsik si frequentava con una donna molto più grande di lui, Jaehwan non l’aveva mai vista ma grazie agli svariati racconti dell’amico se n’era fatto una certa idea. Erano due personalità molto differenti che a una prima occhiata sembravano non avere nulla in comune. Però il suo amico sembrava tenerci molto a quella relazione.
-Con le tue intenzioni faresti molto prima a portarla a casa tua. – scherzò Jaehwan conoscendo fin troppo bene l’amico.
-Se non abitassi in un monolocale ci avrei già pensato. – rispose all’altro capo il ragazzo – Va bene, se non ne conosci improvviserò. Domani ti racconterò tutto. –
-Sono così curioso che non dormirò questa notte. –
-Lo sapevo. –
Quando la telefonata si concluse dalla tasca della giacca a vento di Jaehwan scivolò un libro. Si trattava di un volume che aveva acquistato qualche anno prima, non ricordava nemmeno più dove e che aveva ritrovato casualmente proprio in quella mattina, mentre riordinava i cassetti dell’ufficio. Quando lo aveva letto per la prima volta aveva continuato a pensare intensamente a qualcuno, una persona che non vedeva più da molto tempo. I libri più belli, i film più commuoventi, le canzoni più significative gli infondevano immediatamente una sensazione di nostalgia rivolta proprio a quella persona che la vita aveva condotto lontano da lui.
Di tempo ne era passato parecchio, forse era arrivato il momento di allontanare quella nostalgia senza senso, peccato che il tempo continuasse ad agire secondo regole proprie, infischiandosene del passare degli anni.
Era immerso in quei pensieri, galleggiava tra i ricordi tiepidi come può esserlo il mare in una sera d’estate, verso il tramonto, quando improvvisamente il treno si fermò alla stazione a cui Jaehwan avrebbe dovuto scendere. Si alzò in piedi, aveva il libro stretto tra le mani. I pensieri riguardanti quella persona avevano smesso di tormentarlo finché quel libro non era ricomparso sotto i suoi occhi. Voleva allontanare quella persona di nuovo, continuare a riflettere sul passato era del tutto inutile. Il libro venne lasciato sulla sediolina di plastica della metropolitana, Jaehwan si apprestò a scendere, fra poco le porte si sarebbero chiuse e lui non aveva tempo da perdere.

“Durante il liceo era un ragazzo normale come tanti altri. Era la seconda fase della mia esistenza: un processo evolutivo che mi aveva portato ad abbandonare l'idea di essere diverso, per poter diventare una persona normale. A un occhio attento non sarebbe sfuggito che, in realtà, ero solo un adolescente pieno di problemi. Ma quale ragazzo di sedici anni non ne ha? Sentivo che stavo avvicinandomi a poco a poco al mondo e che il mondo veniva verso di me.”

 

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Capitolo 5
*** 사소한 거 이젠 내가 다 받아줄게 ***







((사소한 거 이젠 내가 다 받아줄게))







10 marzo 2008,

Heeyoun era semplicemente disperata: quel pomeriggio sarebbe andata in onda l’ultima puntata della sua serie tv preferita ed aveva dimenticato di registrarla. Non poteva correre il rischio di perderla, l’avrebbe rimpianto per tutta la vita! Le repliche, per di più, andavano in onda disordinatamente e non conosceva il loro esatto orario. Per dimostrare tutta la disperazione che sentiva aveva il viso contro il banco e piagnucolava ad alta voce, lamentandosi della crudeltà del destino.
Quanto sarebbe stato bello avere una varicella in quel momento o una febbre altissima, o una malattia rara e contagiosa. Tutto pur di restare a casa a vedere l’ultima puntata di quella serie televisiva.
Junghwa provava a consolarla passando le dita sulla sua schiena, in parte condivideva quel dolore poiché anche lei adorava quella serie, soprattutto per via dell’attore principale. Il solo pensiero di trascorrere la giornata chiuse in classe mentre tutti gli altri telespettatori avevano la possibilità di conoscere il finale era insopportabile.

-Dobbiamo assolutamente trovare un modo per evadere.- annunciò improvvisamente Heeyoun sollevando il viso dal banco. La frangia le si era spettinata sulla fronte ed il  viso le si era arrossato per il troppo sforzo mentale che aveva effettuato. Si voltò verso l’amica, il suo sguardo non accettava giustificazioni, dovevano trovare un modo per fuggire. Durante l’ora laboratoriale di chimica le due non si curarono dell’esperimento che avrebbero dovuto portare a termine e passarono l’intero orario ideando un possibile piano di fuga. Heeyoun aveva disegnato la piantina della scuola, con tanto di scale, uscite di sicurezza e la postazione dei bidelli. Ad un primo sguardo pensare di svignarsela era a dir poco impossibile ma lei era convinta di poterci riuscire, era determinata in tale obbiettivo.

-Hai mai visto quei film americani fichissimi dove gli agenti segreti passano per il condotto dell’aria? – domandò a Junghwa, colta da tale colpo di genio.

-Si ma… non sarà pericoloso?  -

-Ma no! Lo fanno in tutti i film e nessuno si è mai fatto male. –

Tuttavia entrare in un condotto dell’aria non era impresa così semplice e soprattutto non era realistico pensare di non essere scoperte. Avrebbero dovuto farlo nello sgabuzzino delle scope dove nessuno poteva vederle. Perciò serviva loro una scusa per abbandonare la classe e rinchiudersi nello sgabuzzino.
Discussero a lungo su come avrebbero potuto fare. I professori non le avrebbero mai fatto uscire dalla classe entrambe contemporaneamente , se non in casi estremi. La loro discussione si fece accesa, continuarono a scambiarsi ipotesi senza arrivare ad una reale soluzione. Quando la campanella suonò la professoressa di chimica diede uno sguardo alla riuscita di tutte le reazioni che aveva assegnato. Heeyoun e Junghwa non avevano nemmeno infilato i guanti per iniziare il proprio lavoro, per tale ragione venne loro assegnato il voto più basso che potesse esistere: un inequivocabile zero .
Comunque non potevano farsi abbattere da un semplice voto negativo ( e molto probabilmente irrecuperabile), dovevano assolutamente portare a termine il loro piano. Ragion per cui durante l’intervallo le due ragazze entrarono in bagno, si chiusero insieme in una porta ed iniziarono ad estrarre dalla tasca delle giacche i trucchi che avevano segretamente portato, poiché tecnicamente il loro utilizzo era vietato dal regolamento d’istituto. Ma loro, incuranti di tali sciocche regole, sistemarono un velo sottile di fondotinta sulle labbra e strofinarono la matita nera sulle occhiaie. In questo modo avrebbero potuto fingere di sentirsi poco bene e sarebbero anche state abbastanza credibili.

-Sembri uno zombie! – ridacchiò Heeyoun prendendo in giro l’amica.

-Ridi semplicemente perché non puoi vederti.  – rispose l’altra.

Tornarono in classe, si accomodarono al loro banco ed attesero l’ingresso del professore di storia. Le loro compagne di classe domandavano che cosa avessero mai intenzione di fare conciate in quel modo ma entrambe non avevano alcuna intenzione di rivelarlo.
Ad Heeyoun sarebbe spettato il compito di recitare la propria parte, fingendo di sentirsi molto male e di aver malauguratamente contagiato anche l’amica. Quella sarebbe stata l’interpretazione più importante della sua carriera scolastica, doveva impegnarsi al massimo. Quando l’uomo fece il proprio ingesso nell’aula iniziò a formulare l’appello. Heeyoun sapeva di aver già racimolato un notevole numero di figuracce con quel professore ma questa volta si trattava di un’emergenza, non poteva più permettersi di tornare indietro.
Poco prima che il professore pronunciasse il suo nome la ragazza gettò a terra tutti i libri che aveva sul banco, con un gesto teatrale. I suoi occhi si gonfiarono di lacrime e lei gridò : - Oh santo cielo, professore, sto malissimo! –
Per accompagnare la frase ad effetto si lanciò a terra, colpendo con il fianco la pila di libri che aveva fatto cadere. Si portò una mano alla fronte, continuando a lamentarsi a bassa voce, inclinando il capo da un lato. Un’uscita di scena del genere non se l’erano aggiudicata nemmeno le migliori attrici dell’opera, ne era sicura. Le compagne di classe a malapena riuscivano a trattenere le risate.
-Ho mangiato qualcosa… qualcosa che… - sospirò dando spazio ad un’efficace pausa drammatica – doveva essere andata a male. –
Il professore si alzò in piedi per avvicinarsi all’alunna ed accertarsi delle sue condizioni, almeno per aiutarla a rialzarsi.
-Si ma non è tutto. – sospirò nuovamente, questa volta più intensamente. – Io, l’ho offerto anche a Junghwa. Ah! La mia povera amica! – e la indicò con l’indice, la propria mano fu scossa da un tremito che avrebbe lasciato qualsiasi spettatore di stucco.
-Si ma la signorina Junghwa sembra star bene, fortunatamente.  – sentenziò il professore porgendo una mano ad Heeyoun.
A quel punto Junghwa si accorse di dover agire in fretta, teneva anche lei a quella serie tv, almeno quanto la sua amica. Perciò si alzò in piedi e sussurrò: - No, professore, sto malissimo anch’io. –
Si lasciò cadere a terra perfettamente al fianco di Heeyoun, urtando con il fondoschiena il pavimento tanto forte da provocare un certo frastuono.
Il professore rimase interdetto per qualche istante, non sapendo che cosa fare. Heeyoun aveva calcolato perfettamente i tempi, per tornare a casa con l’autobus avrebbe impiegato quasi venti minuti, non poteva rischiare di perderlo ed arrivare in ritardo, perciò era necessario sbrigarsi.
-Sto per vomitare! – annunciò allora, piegandosi in maniera minacciosa, con il viso rivolto contro il pavimento.
-Oh si si, pure io! – sentenziò Junghwa facendo lo stesso e tossendo in maniera profonda.
A quel punto il professore comprese di non poter più aspettare.  -Forza, andate in infermeria! Potrebbe essere qualcosa di grave. – disse ancora scombussolato, chiedendosi se avrebbe dovuto aiutarle a rialzarsi.
Le due ragazze non se lo lasciarono ripetere due volte, balzarono in piedi e corsero in fretta fuori dalla classe, tenendo le mani sullo stomaco e sulla bocca, fingendo che la nausea si facesse sempre più forte. Ora erano fuori, lo sgabuzzino era proprio di fronte alla classe, vi entrarono facendo in fretta.
All’interno di quella minuscola stanza, però, era tutto buio. Junghwa accese il cellulare e con esso provò a farsi luce.

-Lo abbiamo fregato. – sussurrò soddisfatta Heeyoun, ricercando con lo sguardo un possibile ingresso al condotto dell’aria. Avrebbero dovuto aprire lo sportellino e poi tenersi aggrappate alla superficie di acciaio cercando di tirarsi su con tutto il corpo. Non sarebbe stato semplice come avevano ipotizzato, né come facevano vedere nei film. Però ormai dovevano tentare, non c’era tempo per tirarsi indietro. Presero una sedia che posizionarono esattamente sotto il punto da dove avrebbero potuto accedere. Heeyoun salì per prima sulla sedia, aprì lo sportellino composto da un reticolo metallico non troppo spesso e si trovò di fronte ad un possibile ingresso. Junghwa la spingeva dalle gambe e lei provava a tirarsi su, era difficile non pronunciare nemmeno un verso, stava effettuando così tanto sforzo che le braccia le facevano male. Però ad un certo punto si ritrovò completamente all’interno del condotto, la sensazione era orrenda, le sembrava di soffocare ed aveva a malapena lo spazio necessario per muoversi.
-Heeyoun, com’è lì? – le domandò Junghwa che vedendola infilata lì dentro non era poi più così sicura di voler salire.
-È spaventoso. – ammise lei riflettendo sulla possibilità di poter soffocare sul serio lì dentro.
-Heeyoun, io non ce la faccio ma tu devi andare. –
-Dobbiamo farlo per la nostra serie tv preferita. –
-Si, devi essere coraggiosa. –
  Heeyoun provò a scivolare un po’ più avanti, almeno spingendosi con le gambe ma le era a dir poco impossibile. E pensare che nei film sembrava così semplice! Invece stare lì dentro era un vero inferno, il solo pensiero di dover percorrere tutto l’edificio chiusa in quel condotto era terribile. Se solo si fosse allontanata troppo, sempre se ci fosse riuscita, le sarebbe stato a dir poco impossibile tornare indietro.

-Junghwa, io non ce la faccio, aiutami a scendere. – si lamentò sentendo le gambe tremarle per la brutta sensazione che aveva provato. L’amica non l’aveva mai vista arrendersi, in nessuna occasione. Però non ci pensò su due volte, salì sulla sedia e la tirò per una caviglia in modo che le fosse più semplice uscire.
Appena Heeyoun fu libera da quella terribile prigione nel quale lei stessa si era infilata, tirò un sospiro di sollievo. Inginocchiate a terra le due ragazze provavano a pensare a come potessero agire adesso che il loro piano era irrimediabilmente fallito. Intanto i minuti scorrevano, inesorabili.
-Heeyoun, alla fine della sua ora il professore verrà a cercarci in infermeria, dobbiamo fare qualcosa. – le ricordò Junghwa mentre le accarezzava le spalle.
Per Heeyoun era diventato molto difficile pensare, chiuse nel buio di quello sgabuzzino. Se un bidello fosse entrato e le avesse viste sarebbero stati guai, probabilmente. Perciò doveva superare la delusione dovuta al fallimento del proprio piano ed agire, doveva farlo in fretta.
-La finestra del bagno! Junghwa, dobbiamo uscire dalla finestra del bagno. –
Junghwa restò in silenzio, provando a pensare sulla possibilità di riuscita del piano B. Improvvisamente, però, non era più così sicura di seguire la sua amica. Iniziava ad aver paura delle possibili conseguenze e poi, in fondo quella serie tv non le piaceva poi così tanto.
-Vai tu, Heeyoun. Io rientro in classe. –
-Stai scherzando?  -
-Assolutamente no. Ormai siamo fuori da un bel po’ ed il professore starà iniziando a preoccuparsi. –
Heeyoun si tirò in piedi, non poteva credere al fatto che la sua migliore amica la stesse tradendo in questo modo. Lei era decisa e sarebbe andata fino in fondo, di questo ne era sicura.
-Va bene, vattene! Non mi importa, io ci riuscirò da sola. –
Junghwa da un lato si sentiva in colpa poiché stava rinunciando alla loro missione ma sentiva di non poter più fare altrimenti. Si alzò in piedi a sua volta e si passò le mani sul viso, sperando di cancellare i segni della matita sulle occhiaie.
-Allora io vado… che cosa dovrei dire al professore di te? –
-Dì un po’ quel che ti pare! Non ho tempo da perdere. –
Dicendo così Heeyoun uscì dalla stanza, fiera di avere il coraggio di poter continuare la propria missione, con o senza la sua amica, anche se a quel punto Junghwa non era più una vera amica.

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Capitolo 6
*** Ci rivedremo ancora? ***


(( Ci rivedremo ancora? ))





28 maggio 2015,

Wonsik si inumidì le labbra con il caffè preso alla macchinetta. Quella non era altro che acqua colorata però in mancanza d’altro tanto valeva accontentarsi. Jaehwan aveva preso un thè caldo, anche questo senza sapore, solamente di un calore spropositato. Ma Jaehwan non era il tipo da lamentarsi per quel che beveva o mangiava, anzi, si accontentava senza fare storie. Sua madre, lavorando nella ristorazione, gli aveva sempre insegnato il rispetto per chi con tanti sforzi cerca di creare qualcosa di tanto importante come il cibo. Perciò lui non era mai stato arrogante, dietro a quel che consumava cercava di intravedere gli sforzi altrui, senza giudicarne le oggettive capacità.
 Fin dalla scuola dell’infanzia era stato circondato da bambini che si lamentavano per la pizza troppo unta, il riso colloso o la presenza di verdure nel loro pranzo. Jaehwan era sempre stato distante da certe chiacchiere, acquisendo la capacità di godere di ogni pasto come gli altri non erano capaci di fare. Il solo ricordo della madre, sveglia tutta la notte per poter dar vita ai piatti più prelibati, gli faceva comprendere quanto si fosse fortunati a vivere in compagnia di qualcuno che con tanto impegno e dedizione cercava sempre di migliorarsi.
Wonsik aveva appreso presto questa sfumatura del suo carattere quando avevano iniziato a lavorare insieme. Lui e Jaehwan avevano fatto lunghi discorsi su come quel che si apprende da bambini condizioni la vita adulta, apprendendo pian piano sempre più nozioni l’uno dell’altro. Il padre di Wonsik era un artista itinerante, aveva viaggiato per il mondo alla ricerca di una fortuna e di un’ispirazione che in realtà non aveva mai trovato. Si può essere artisti in tanti modi diversi, aveva sentenziato a quel punto Jaehwan con un sorriso. Mia madre lo è quando sta ai fornelli, tuo padre quando può suonare; Wonsik a quelle parole aveva sorriso, non l’aveva mai vista sotto quel punto di vista.
Erano due ragazzi molto diversi loro due ma che per tante ragioni si trovavano sugli argomenti più importanti. Non tutti i colleghi avevano una simile fortuna, loro riuscivano ad essere pienamente efficienti lavorando fianco a fianco, consigliandosi e collaborando.

-Ieri sera avevo intenzione di andare a fare la spesa una volta uscito dal lavoro. – esordì Wonsik, premendo il tasto d’accensione del computer portatile posato sulla scrivania. Quella mattina il lavoro da svolgere non era poi molto, potevano concedersi qualche chiacchiera in più. – Avevo appena terminato la doccia, stavo per indossare qualcosa di comodo quando ho sentito suonare il citofono. Non avevo idea di chi potesse essere, non attendevo nessuno in quella giornata, non avevo appuntamenti. Alla fine, sai di chi si trattava? –
Jaehwan aveva terminato di bere il suo thè fumante e stava mettendo in ordine certe carte dividendole per argomento. – Non ne ho la minima idea. Di chi si trattava? –
-Della donna con cui mi frequento,  Min. Aveva fretta di incontrarmi, aveva detto al marito che sarebbe andata a comprare la cena ed invece è corsa fin da me. Non aveva seguito le solite accortezze, qualcuno avrebbe potuto vederla, non era prudente farmi un’improvvisata del genere. –
-E che cosa voleva di tanto urgente? –
-Esattamente di nulla. È entrata in bagno, si è pettinata i capelli con la mia spazzola, ha sistemato il rossetto. Poi si è tolta le scarpe e si è messa a sedere sul mio letto. Ha continuato a guardarmi senza dire niente, semplicemente sorridendo come se nulla fosse. Io ero nervoso, avevo paura che il marito si insospettisse e per di più avevo il frigorifero vuoto, dovevo assolutamente uscire. –
Jaehwan restò in silenzio ad ascoltarlo mentre terminava di sistemare quelle scartoffie. Di faccende di cuore non ne sapeva poi molto ma quella situazione era sicuramente molto rischiosa, se la loro relazione fosse venuta allora scoperto Wonsik non sarebbe stato tranquillo.
-Alla fine dopo appena dieci minuti se n’è andata, aveva solamente voglia di restare a guardarmi in quel modo, di far parte della mia quotidianità anche in una giornata in cui non avremmo dovuto vederci. È stata protagonista dei miei pensieri fino a notte fonda, non riuscivo a non pensare a lei, a quello sguardo insistente che non avevo idea di che cosa volesse comunicarmi. – Wonsik fece una piccola pausa, stava aprendo la posta elettronica per controllare che qualcuno li avesse contattati. Vi erano delle e-mail ma non valeva la pena di aprirle, non riusciva a leggerle mentre era intento a parlare. – Credo che Min sia profondamente infelice con suo marito, non capisco perché abbia deciso di intrappolarsi in una vita che non le appartiene, in delle decisioni che non condivide. Al posto suo non ce la farei.
Alle volte ho la sensazione che non desideri il mio amore, quello che vorrebbe è la mia giovinezza, la mia possibilità di poter decidere ancora tutto del mio futuro. Sono aspetti che le stanno sfuggendo piano piano, per opera sua, per giunta. Quando se n’è andata ho continuato a pensarci, sento di riuscire a capirla ma è tutto inutile. A che cosa può servirle se la capisco? Non è questo che desidera da me, non pretende di essere compresa, lo so bene. –

-Wonsik, ti stai innamorando di quella donna? –
Il ragazzo strinse le labbra e sospirò profondamente. A quella domanda probabilmente non ci aveva pensato con troppa serietà.
-Credo di si. Penso di essere incappato in un processo inarrestabile. Finirò per innamorarmi di lei giorno dopo giorno, sempre più profondamente. E questo probabilmente condizionerà le mie scelte future in maniera negativa ma non posso farci niente, è troppo tardi per tirarsi indietro e neanche desidero farlo. –

Quella sera tornando a casa Jaehwan pensò alla ragazza che aveva amato, al profumo dei suoi capelli, alla sua voce e a quel suo sorriso. Il suo incedere era lento, aveva deciso di fermarsi a qualche stazione prima per raggiungere la casa a piedi, impiegando tutto il tempo di cui aveva bisogno. Le parole dell’amico avevano condotto quei ricordi proprio di fronte ai suoi occhi, vividi come se appartenessero a un passato estremamente vicino. Pensò al momento in cui si erano detti addio e sentì un brivido percorrergli la schiena. Come avrebbe voluto modificare il passato, chissà che piega avrebbe preso la sua vita se solo fosse stato possibile cambiare il destino.
Pensarci era infinitamente triste. Gli arrivederci che si rivelano adii riempiono il cuore di insofferenza, si continua a credere che prima o poi le strade si incroceranno di nuovo ma, naturalmente, non sarà possibile.
 
 "Shimamoto, ci rivedremo ancora?"
"Forse" disse lei. Sulle sue labbra apparve un lieve sorriso, come un fumo sottile che si leva in una tranquilla giornata senza vento. "Forse."

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Capitolo 7
*** 어떡하지 ? ***


((어떡하지 ?))








10 marzo 2008,

Jaehwan era arrivato a scuola molto presto quella mattina poiché il professore gli aveva chiesto di potergli parlare. Il professore in questione era sicuramente quello che il ragazzo preferiva più di tutti, insegnava letteratura ed era un uomo amichevole ed alla mano. Spesso gli capitava di restare a parlare durante l’ora del pranzo, era una persona interessante ed alle volte raccontava persino delle barzellette che un ragazzo minorenne come lui non avrebbe dovuto ascoltare.
Quella mattina il professore aveva una camicia a quadri arancioni e gialli, un vero pugno in un occhio. Mentre restava immobile sorseggiando il proprio caffè di fronte alla macchinetta sembrava un raggio di sole appena piombato con violenza nel bel mezzo del corridoio. Comunque Jaehwan gli si fece più vicino, in modo che potessero parlare. Ormai si era quasi assuefatto a quel modo di vestire stravagante, perciò non era rimasto troppo turbato.

-Ah ragazzino, sembri appena uscito da un funerale, non dovresti camminare più allegramente? – lo beffeggiò il professore terminando il proprio caffè che non sembrava essergli piaciuto particolarmente.
Jaehwan sollevò il viso imbarazzato, non aveva un portamento particolarmente aggraziato, più che altro sembrava che si trascinasse sulle proprie gambe senza badare troppo alle apparenze. Persino la divisa se indossata in quel modo sembrava una tuta tutta sgualcita. Anche se il professore dal canto suo non poteva dare particolari consigli di stile.
-Buongiorno anche a lei, professore. – sintetizzò il ragazzo con un sorriso. – Dovrei andare in classe quindi… di che cosa voleva parlarmi? –
-Ah  che barboso! – il professore si prese un altro caffè, di qualità pessima esattamente come il precedente. – Comunque si, c’è una questione di cui ti vorrei informare. –
Lasciò la questione in sospeso poiché voleva suscitare la curiosità del ragazzo ed in effetti sembrava esserci proprio riuscito. Adesso Jaehwan era ansioso di sapere ma il professore restava in perfetto silenzio, sorseggiando il secondo pessimo caffè.
-Professore, avanti, mi dica. –
-Lo sapevo che avresti voluto sapere! Bene, bene in consiglio si è discusso a lungo del tuo caso. – spiegò il professore, come se quello di cui stesse parlando fosse di relativa importanza.
In consiglio i professori avevano parlato di lui? Non credeva di rappresentare un caso tanto interessante, era a dir poco sorpreso ed anche preoccupato. Credeva che con dei voti come i suoi si limitassero a trascriverli sulle graduatorie senza nemmeno dargli troppa importanza. Si sa, di quei pochi pezzi dell’ingranaggio che funzionano a dovere generalmente si ha anche la minore cura ed attenzione.

-Insomma, il voto di educazione fisica non permette alla tua media di essere impeccabile in ogni suo aspetto. Perciò dobbiamo rimediare ed io ho trovato la soluzione perfetta per te. – continuò l’insegnante, parlando lentamente, senza avere troppa fretta di rivelare in che cosa consistesse questa soluzione trovata da lui stesso.
Jaehwan nonostante fosse il primo della classe in ogni materia, in educazione fisica finiva sempre per essere valutato con un’insufficienza. Non perché non fosse particolarmente portato per gli sport, piuttosto perché la competizione lo agitava ed i giochi a squadre suscitavano tutto il suo odio. Per tale ragione la sua media non riusciva mai ad essere pienamente il massimo, cosa che ai suoi genitori non era mai particolarmente interessato, perciò non aveva mai ricevuto troppe pressioni.
-Mi dica, professore, di che soluzione si tratta? –
Il professore sorrise vedendolo così curioso di sapere quale soluzione avessero trovato per lui. Lo divertiva sapere di custodire un’informazione di cui era l’unico ad essere a conoscenza e di essere anche l’unico interessato a comunicarla.

-Vedi, Jaehwan, è molto semplice: io ed il professore di educazione fisica abbiamo deciso di farti occupare della sorveglianza. In pratica, al termine delle lezioni dovrai restare un paio di ore in classe per controllare che i ragazzi in punizione svolgano i compiti e puliscano i cancellini. Non è un’incombenza da troppo, il tuo professore prediletto non poteva trovare soluzione migliore, non credi? –
Il ragazzo provò a riordinare le informazioni nella propria mente, non sembrava un compito troppo difficile, in fondo, ed era l’unico modo che avesse per raggiungere la prima posizione nella graduatoria d’istituto. Perciò non gli restava altro da fare che accettare. Restare a scuola per un altro paio di ore non sarebbe stato un problema, nemmeno i suoi genitori avrebbero fatto storie se avesse tardato a rincasare.
-Grazie professore! Grazie, grazie. –
 

Fu così che al termine delle lezioni pomeridiane Jaehwan fu accompagnato dal professore nell’aula dove avrebbe dovuto sorvegliare i ragazzi messi in punizione. Quello era un metodo piuttosto in voga nella loro scuola: i ragazzi che avevano infranto le regole dell’istituto avrebbero dovuto scontare un periodo di castigo restando alcune ore in più del dovuto nella loro classe, occupandosi di riordinarla oppure, in caso il lavoro da svolgere fosse stato troppo poco, sbrigando dei compiti in più. In questo modo sicuramente la prossima volta ci avrebbero pensato su più volte prima di commettere un’azione che infrangesse le regole.
-Sei fortunato. – spiegò il professore – Questa settimana dovrai occuparti di una sola alunna. Sarà il miglior modo per iniziare. –
Anche Jaehwan era rincuorato, dover sorvegliare un’unica persona sarebbe stato indubbiamente semplice, in questo modo non avrebbe corso il rischio di fallire in questo nuovo incarico. Per di più si trattava di una ragazza, quindi sicuramente aveva infranto un regola di poco conto, come quella di tenere sempre l’armadietto in ordine o di non dimenticare troppe volte i libri di testo. Perciò si fece coraggio e ,dopo aver preso un respiro profondo, fece il suo ingresso in classe nel modo più autoritario che gli riuscisse.

-E adesso chi è questo bamboccio?  - borbottò tra sé la ragazza seduta nell’aula, circondata da banchi vuoti.  Aveva un’espressione a dir poco adirata ,il caschetto nero era scompigliato ed il viso sporco di quella che poteva sembrare matita per gli occhi.
Jaehwan avrebbe voluto salutarla e presentarsi ma lei si alzò in piedi, senza dargli nemmeno il tempo di proferire qualche parola. La ragazza posò le dita sulla parete e provò a sbirciare se la porta fosse chiusa o aperta. “ il professore è andato via” pensò nella propria mente, quella sarebbe potuta essere l’occasione perfetta per fuggire, già si figurava correre lungo il corridoio ed uscire in fretta e furia dall’istituto. M
Ma le sue fantasie riguardanti una fuga gloriosa furono interrotte dalle parole di Jaehwan:
-Ehi, è vietato avvicinarsi alla porta.-
Heeyoun si voltò con l’espressione di chi è intenzionata a fare seriamente del male a qualcuno.
-Ma che cosa te ne importa? Il professore è andato via! Fuggiamo. –
La ragazza stava muovendo qualche passo verso la porta quando lui la riprese per il colletto della camicia, tirandola indietro.
-Infatti mi occupo io di sorvegliare al suo posto.  Va a sederti. –
Heeyoun si voltò sconcertata, non riuscendo a credere a quelle parole, suonavano tanto come quelle di un vero traditore. Sbuffò, quel ragazzo doveva essere un secchione, uno di quei rompiscatole che fanno di tutto per ingraziarsi gli insegnanti. Semplicemente guardandolo aveva compreso tutto questo e difficilmente avrebbe cambiato  parere.

Dopo aver sbuffato ancora andò a sedersi, scostò la sedia e vi si accomodò, posando i gomiti sul banco. Ormai ogni tentativo di fuggire era fallito, mentre cercava di inoltrarsi tra le grate della finestra del bagno femminile vi era rimasta incastrata nel mezzo, finché la bidella non l’aveva trovata. Si era trattata di una vicenda imbarazzante che difficilmente sarebbe riuscita a superare. Ormai la sua serie tv preferita era terminata, senza che lei potesse guardarla. In quella giornata non era avvenuto nulla di buono: aveva scoperto che la sua migliore amica era una traditrice, aveva perduto il finale più importante della storia della televisione, era stata messa in punizione ed ora era persino costretta a trascorrere due ore della sua esistenza in compagnia di un secchione malato delle regole. Che ingiustizia era mai quella? Doveva aver rotto uno specchio senza nemmeno accorgersene per aver ricevuto delle punizioni tanto tremende.
Desiderava con tutta se stessa di poter tornare a casa e piagnucolare sul proprio letto, lamentandosi di quante ingiustizie aveva dovuto subire. Ed invece sarebbe stata costretta a studiare, proprio quando non ne aveva la concentrazione necessaria. I professori avrebbero dovuto comprenderla, dopo tanti shock come avrebbe mai fatto a mettersi sui libri? Aveva conosciuto la crudeltà della vita in una sola giornata.
Jaehwan, intanto, si sedeva sulla cattedra, soddisfatto all’idea di occupare un posto di rilievo. Quell’incarico dava sicuramente molte più soddisfazioni della lezione di educazione fisica, magari aveva trovato la sua vocazione. Riguardo a quella ragazza, iniziò a pensare che fosse stata coinvolta in una rissa o qualcosa del genere poiché aveva un aspetto davvero disordinato. Non era una gran bellezza, almeno secondo il suo modesto parere, e sembrava anche piuttosto scorbutica. Ma che cosa avrebbe dovuto aspettarsi? Lei rappresentava perfettamente il canone degli studenti che finiscono in punizione.

-Senti – esordì ad un certo punto lei, guardandosi attorno per capire se qualcun altro avrebbe potuto ascoltare quel discorso. – immagina di essere nella mia situazione: sei disperato, tutto quello che vorresti fare è poter tornatene a casa a disperarti in pace. Beh, se io fossi al tuo posto ti lascerei tornare a casa perché la disperazione deve essere sfogata nel migliore dei modi. Prova a vederla così. –
Jaehwan provò a riflettere su quanto la ragazza aveva appena detto. Era un discorso davvero commovente, ma lui non aveva alcuna intenzione di farsi abbindolare da tali trucchetti, perciò doveva mettere da parte la propria sensibilità se voleva riuscire al meglio in quell’incarico.
-Mh è davvero un punto di vista interessante. – ammise posando le mani sulle ginocchia. – Peccato che io sia ancora nella mia situazione e tu ancora nella tua. –
Heeyoun non voleva crederci, era così adirata che avrebbe voluto mettersi ad urlare, invece strinse semplicemente i denti, ripetendosi nella mente tutti gli insulti con cui avrebbe potuto descriverlo. Erano una quantità infinita, prima di allora non si era nemmeno mai accorta di conoscere tante cattive parole e di saperle mescolare così bene.

La prima mezz’ora trascorse avvolta dal silenzio più assoluto. Jaehwan si distrasse leggendo gli articoli del giornalino scolastico, Heeyoun scarabocchiò un foglio a quadretti fino a consumarlo. Ad un certo punto il ragazzo terminò la lettura ed osservò l’orario indicato dall’orologio: era arrivato il momento di rendere costruttiva quella punizione. Perciò si alzò in piedi e dalla lavagna prese i cancellini, disponendoli in fila sul banco della ragazza.
-È arrivato il momento di pulirli. – annunciò solennemente.
La ragazza alzò lo sguardo molto lentamente, sperando di aver udito male. Osservò silenziosamente i cancellini di stoffa ruvida, erano quattro ed erano completamente sporchi di gesso. Non aveva alcuna intenzione di alzarsi per pulirli ma qualcosa le suggeriva che fare storie non sarebbe servito proprio a nulla. Perciò si alzò in piedi e ne prese uno in mano, continuando ad osservarlo severamente, peccato che Jaehwan non fu intimorito dal suo atteggiamento.
-Vuoi che ti dia una mano? – le domandò. In fondo non era così crudele da far svolgere tutto il lavoro ad una ragazza, a tanto non riusciva ad arrivarci.
-Ce la faccio benissimo da sola. – rispose freddamente lei che da un maschio non si sarebbe mai lasciata aiutare.
Aprì la finestra ed iniziò a pulire il cancellino, urtandone la superficie contro la parete esterna. La polvere bianca si levò altissima, fortunatamente il vento soffiava dalla direzione giusta per trascinarla lontano e non farla rientrare in classe.
Jaehwan era tornato a sedersi sulla cattedra ed osservava il lavoro della ragazza. Non era molto alta e la gonna a quadri della divisa le arrivava appena sopra il ginocchio, i calzettoni neri non contribuivano a slanciare la sua figura e le scarpe da ginnastica non erano il massimo della femminilità. E per di più era così antipatica che il ragazzo avrebbe trovato difficoltà a riconoscerle dei veri e propri pregi.
Era tutto assorto in tali pensieri quando lei si voltò e noto il suo sguardo rivolto su di sé.
-Ma che cavolo hai da guardare? Girati! –
Il ragazzo, imbarazzato, si voltò rivolgendo lo sguardo verso la porta. Non stava facendo nulla di male ma quella ragazza aveva immediatamente pensato in maniera totalmente negativa, questa era un’altra ragione per trovarla antipatica.
Intanto Heeyoun completava il  lavoro. Le braccia le facevano male per via dei piani di fuga che aveva messo in azione. Era stato un vero peccato che non le fossero riusciti. Ora come avrebbe spiegato ai suoi genitori che era finita in punizione e che questo avrebbe influito sui voti? A suo padre non lo avrebbe detto, sarebbe stato inutile farlo.
Posò i cancellini puliti al loro posto e tornò a sedersi. Mancava ancora più di un’ora prima che potesse tornare a casa, era ancora più disperata di prima, quel tempo non sarebbe mai passato.

Jaehwan si alzò in piedi ed iniziò a scrivere sulla lavagna un’espressione algebrica, era lunga e piena zeppa di lettere, numeri e parentesi. Ad Heeyoun veniva il mal di testa solamente  a guardarla.
-Visto che dobbiamo restare qui utilizziamo questo tempo al meglio. – spiegò lui appena ebbe terminato di scrivere.
-Okay, allora tu risolvila ed io copio. –
Jaehwan non era portato nel costringere le persone a fare quel che volevano, per questa ragione difficilmente sarebbe diventato un professore. Non sapendo come rispondere iniziò a risolvere l’espressione, lo faceva con sicurezza e non aveva problemi o dubbi. Heeyoun lo guardò abbastanza ammirata, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Lei non capiva nulla di queste cose, soprattutto perché non aveva mai avuto voglia di impararle.
-Hai capito perché ho risolto così? – le domandò lui voltandosi.
Lei fece segno di no con la testa.
Allora il ragazzo iniziò a spiegarle i passaggi, il motivo per cui si risolvesse in quel modo, che formula dovesse usare. Era chiaro mentre spiegava, anche se si rendeva conto che lei non lo stesse affatto ascoltando. Jaehwan si sentiva gratificato quando spiegava le sue materie preferite, era il suo forte trasmettere delle conoscenze, delle suggestioni. Però Heeyoun era totalmente distratta nei suoi pensieri ed a lui non dava quasi retta. Non riusciva ancora ad accettare il fatto di essere rinchiusa lì dentro, non avrebbe nemmeno provato a parlare con quel ragazzo. Tutta la sua rabbia era stata canalizzata su di lui, se fosse giusto o meno non le importava.

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Capitolo 8
*** Non si può tornare indietro. ***


((Non si può tornare indietro.))




29 maggio 2015,

Heeyoun aveva lavorato nuovamente per tutta la notte, era distrutta e per poter tornare a casa doveva attendere il primo treno del mattino: quello delle cinque. Per mantenersi gli studi aveva sempre lavorato e persino ora che era laureata ed avrebbe potuto comportarsi come se il periodo più faticoso della sua esistenza si fosse concluso, continuò a lavorare senza sosta, non sapendo che altro poter fare. Una laurea in letteratura inglese non le avrebbe permesso di trovare facilmente un impiego in quel campo specifico, lei aveva studiato quella materia semplicemente perché l’appassionava, incurante del futuro.
Non la spaventava la prospettiva di continuare a lavorare senza sosta per altri anni, si era abituata alla fatica, anche se la sua indole naturale era un’altra. Quando era una ragazza cercava di evitare ad ogni costo l’eccessivo sforzo e l’impegno ma la prematura morte di suo padre l’avevano messa presto di fronte alla realtà : nella vita per ottenere dei risultati avrebbe dovuto sacrificarsi molto più degli altri, faticare molto più delle altre persone ed anche, persino, accontentarsi.
Aveva un impiego da qualche mese in un locale notturno della capitale, lei serviva bevande ai clienti, vestita sempre in ordine, rivolgendo sorrisi e mostrandosi anche disposta a scambiare quattro chiacchiere con chiunque volesse. Qualcuno avrebbe potuto dire che si trattasse di un luogo rischioso per una ragazza ma lei era sicura che non le sarebbe accaduto nulla di male, era riservata e tranquilla e faceva in modo che nessuno potesse maturare strane idee sul suo conto. Teneva al fatto che la propria persona fosse considerata in una certa maniera, dell’essere avvenente agli occhi della clientela o risultare sensuale e femminile non le importava un bel nulla. Credeva che comportandosi quanto più possibile come avrebbe fatto un ragazzo avrebbe evitato ogni genere di problema.

Non era mai stata il tipo di ragazza che attira gli sguardi dell’altro sesso, piuttosto di fianco alle sue amiche si era sempre sentita scomparire e nelle foto si era sempre riconosciuta come la più bruttina o la meno aggraziata del gruppo. Di fronte ad una tale realtà avrebbe potuto decidere di agire in due maniere differenti: fare del suo aspetto una fissazione oppure fregarsene. Lei aveva scelto la seconda e per tale motivazione adesso si sentiva completamente a proprio agio con se stessa, anche se sapeva di non essere la più bella di tutte, anche se probabilmente nessuno si sarebbe innamorato di lei al primo sguardo.

Era immersa nei suoi pensieri, leggermente appannati per via del sonno, quando sentì sopraggiungere il treno. Le piaceva sentire l’aria bollente attraversarle i capelli, come se sussurrasse: “sveglia Heeyoun, a casa potrai dormire.” Sul treno a quell’ora vi era un gran numero di posti a sedere liberi, ne scelse uno vicino al finestrino e si accomodò, ringraziando il fatto di potersi finalmente rilassare. Non poteva correre però il rischio di addormentarsi, quindi decise di distrarsi in qualche modo. Nella sua borsa aveva infilato il libro che qualche giorno prima aveva trovato in metropolitana. Non aveva ancora trovato il tempo di leggerlo ma dal titolo sembrava piuttosto interessante.

“A sud del confine ad ovest del sole” , questo era il titolo. Non ne aveva mai sentito parlare, non doveva essere un libro che andava di moda in quel periodo, ciò le fece pensare che fosse una lettura abbastanza ricercata.  Nella sua mente, mentre sfiorava con il dito quelle pagine, continuò a ripetersi l’immagine della schiena di un uomo slanciato, vestito di tutto punto, che usciva dal treno, senza mai voltarsi indietro. Che libri poteva mai leggere un uomo del genere? Quando iniziò a leggere tali interrogativi restarono in sospeso, tanto la sua mente era concentrata nel seguire le vicende narrate. Il volume era composto da sole duecento pagine e lei, fin dal principio, comprese di avere fretta di leggerle tutte.

La vicenda narrata era quella di Hajime, un ragazzo nato nel dopoguerra che aveva sperimentato l’esperienza di essere figlio unico in un periodo storico in cui esserlo determinava una certa esclusione sociale e che si era sentito irrimediabilmente solo fino all’incontro con Shimamoto, anche lei figlia unica, ai tempi della scuola elementare.

Leggere quelle prime pagine l’aveva irrimediabilmente condotta al periodo della sua infanzia e poi dell’adolescenza, dove , anche senza rivelarlo, si era sempre sentita come un pesce fuor d’acqua. Poi aveva incontrato Junghwa e la sua vita era stata diversa, la loro amicizia aveva reso più bella e brillante ogni cosa. Le vennero in mente i pomeriggi trascorsi a fingere di essere grandi, sicure di sé, provandosi i vestiti della madre di Junghwa ,che da giovane era stata un tipo piuttosto appariscente. Camminavano barcollando sui tacchi di almeno una taglia più grandi dei loro piedi ed anche quando cadevano si tenevano saldamente per mano.
Junghwa era sempre stata bellissima, con quel corpo splendido e gli occhi grandi. Era la ragazza più bella che Heeyoun avesse mai avuto l’occasione di conoscere e per di più al suo fianco si sentiva al sicuro. Se non l’avesse incontrata la sua infanzia e la sua adolescenza sarebbero stati sicuramente piuttosto tristi, di questo era convinta.
Senza nemmeno rendersene conto era arrivata a passeggiare nei pressi della stazione, aveva seguito il percorso fin lì meccanicamente, come se le sue gambe si fossero mosse da sole, e teneva ancora il libro dalla copertina rigida stretto tra le dita. Improvvisamente iniziò a pensare al suo primo amore ed un fremito leggero l’attraversò dentro, scuotendola nel profondo. Ecco,  quel ragazzo era ancora capace di scatenare questo, a distanza di parecchio tempo. Lei stessa era stupefatta della potenza di quel sentimento e della purezza di quell’amore. Non si sarebbero più rincontrati, aveva smesso di sperarlo molto tempo prima, quando si era finalmente arresa al fatto di dover crescere, senza avere alternative. E così anche lui era rimasto intrappolato in una dimensione passata che non si sarebbe mai più ripetuta, come accade anche alle più belle farfalle che restano imprigionate in una ragnatela costruita a regola d’arte e che non permette loro via di scampo.
Heeyoun lo pensò con infinita nostalgia, finché le lacrime non le rigarono il viso. Da ragazzina non era così debole e non si sarebbe mai fatta abbattere da un ricordo, un qualcosa creato da lei stessa e che ,se solo avesse voluto, avrebbe anche potuto distruggere.

 Forse aveva lottato troppo fino ad allora ed adesso aveva perso un po’ di quella forza, aveva bisogno di riposare e recuperarne a sufficienza. Le mancavano troppi aspetti del passato ma non vi era altra soluzione che dimenticarli, rinchiuderli in un angolo buio del cuore e lasciarli lì fino a che non avrebbero più avuto il potere di farle male. Questo lo sapeva bene.

“Purtroppo a volte accadono fatti per cui non si può più tornare indietro. Per quanti sforzi si facciano, è impossibile annullare tutto e ripartire da zero. Se in quel momento qualcosa è andato storto, anche di pochissimo, rimarrà per sempre così.”

 

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Capitolo 9
*** 나를 치게 만드는 ***


((나를 치게 만드는))
 






11 marzo 2008,
 
quella mattina Jaehwan si era svegliato più presto del dovuto. Perciò ne approfittò per fare una doccia calda e riordinare la propria stanza. Era un ragazzo piuttosto ordinato e che comunque nel proprio piccolo caos riusciva ad orientarsi benissimo. Perciò ebbe ben poco da sistemare, riuscì a concedersi qualche prezioso minuto per rilassarsi.
 Seduto sul letto, già con la divisa in dosso, provò a pensare a quali mansioni avrebbe dovuto svolgere in quella giornata. Le lezioni non lo preoccupavano affatto, alcune sarebbero sicuramente state interessanti. Però al termine di esse avrebbe dovuto rincontrare quella ragazzina fuori di testa, ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Proprio mentre rifletteva su tale terribile incombenza il suo sguardo andò a posizionarsi sul comodino dove teneva ancora il biglietto ricevuto a San Valentino. Vederlo gli donava sempre una piacevole sensazione, gli faceva tornare in mente le parole della professoressa riguardo quella meravigliosa poesia che gli era stata dedicata. Chissà quando lui e quella ragazza sarebbero riusciti ad incontrarsi. Era curioso di sapere come fosse fatta, anche se nel proprio immaginario aveva ancora le sembianze della meravigliosa ragazza americana che aveva sognato. Se fosse stata davvero lei, se quello fosse stato tutto un segno, si sarebbe sentito come il protagonista di un film romantico per ragazzine. 
Prese tra le mani il biglietto, il lato ruvido del cartoncino era quello esterno su cui erano ancora posizionati con cura i tre cuori viola. All’interno il sonetto era scritto con minuziosa precisione. Il proprio nome era appuntato sul retro, sembrava essere scritto di getto, le lettere si distinguevano solo a seguito di una lunga concentrazione ma non vi era dubbio che si trattasse esattamente del proprio nome. Chissà se quella ragazza continuava a spiarlo e fantasticava esattamente come faceva lui. Si domandava quando si sarebbe dichiarata, prima o poi quell’incontro doveva avvenire, era essenziale che lo facesse.
 
Anche Heeyoun quella mattina si era svegliata presto, si era fatta la doccia e sotto alla divisa aveva indossato delle calze spesse, molto pesanti. Quando era di cattivo umore sentiva sempre il bisogno di coprirsi più del dovuto, era un’abitudine incondizionata che le era sempre appartenuta. Non si guardò nemmeno allo specchio, pettinò i capelli in fretta e scese al piano inferiore, dove la nonna aveva preparato la colazione. Sul quotidiano scrivevano che il finale della serie tv che lei avrebbe tanto voluto vedere era stato deludente ma lei non ci credeva. 
-Chi si credono di essere questi critici da quattro soldi? – borbottò  tra sé, addentando un biscotto alle gocce di cioccolato. 
Avrebbe dovuto trascorrere un altro intero pomeriggio in quella scuola, in compagnia di un ragazzo che era il suo esatto opposto e con cui non voleva assolutamente avere nulla a che fare. Si mordicchiò l’interno della guancia, avrebbe potuto saltare la lezione ed andare al mare ma sapeva che a quel punto la scuola avrebbe chiamato la sua famiglia ed allora sarebbero venuti a conoscenza della punizione.
Non aveva nemmeno acceso il cellulare, sicuramente Junghwa aveva provato a cercarla ma lei non voleva sentirla, la ferita era ancora aperta. Si rendeva conto di essere infuriata con il mondo intero in quei giorni ma non poteva assolutamente farci niente. Aveva i suoi buoni motivi per essere arrabbiata, di questo era sicura.
 
Fu così che i due quel pomeriggio si incontrarono, esattamente come era avvenuto il giorno precedente. Prima Heeyoun pulì tutti i cancellini, poi Jaehwan fece degli esercizi di chimica alla lavagna. Questa volta lei decise di provare a capirci qualcosa, se magari avesse riportato a casa una sufficienza nelle materie in cui andava peggio i suoi famigliari non si sarebbero  poi tanto arrabbiati della punizione.
-Ma perché tu fai una cosa tanto stupida? Potresti essere a casa a fare quello che vuoi eppure continui a perdere il tuo tempo qui dentro. –
Gli domandò lei all’improvviso, mentre facevano una pausa dagli esercizi. Chimica era anche più difficile di matematica, le risultava quasi impossibile acquisire quel ragionamento ed applicarlo a tutti i casi. Per di più tra soluti e solventi e soluzioni faceva una confusione terribile.
Lui si voltò e la guardò con sguardo interrogativo, non riusciva a capire il motivo di una domanda del genere.
-Voglio raggiungere il massimo nelle graduatorie. – spiegò sinteticamente, urtando con la schiena la cattedra.
-E questo è l’unico modo per farlo? –
-In un certo senso… -
Heeyoun annuì, aveva compreso le sue motivazioni anche se per lei era strano pensare che qualcuno potesse impegnarsi tanto a scuola. I propri obiettivi erano completamente diversi, piuttosto avrebbe fatto i salti mortali pur di non dover più trascorrere così tante ore in quell’istituto pieno di persone con la puzza sotto il naso.
-Continuo a pensare che sia stupido, comunque. –
-Ognuno ha le sue priorità. –
-Sarà. Ma non si ottiene niente a sforzarsi troppo per gli altri. Ad esempio tu non stai ottenendo nulla da me. –
Era a dir poco strano che una ragazza dall’aspetto tanto strambo facesse dei discorsi del genere, qualcosa non combaciava alla perfezione secondo Jaehwan.
-Prima o poi qualcosa nel tuo modo di fare potrebbe cambiare stando qui a studiare. –
-Come fai ad esserne tanto sicuro? –
-Non lo sono. – 
 
12 marzo 2008,
l’aula profumava di pioggia ed essa cadeva fitta fuori dalla finestra. Non era il caso di mettersi a pulire i cancellini proprio in quel momento, la polvere bagnandosi sarebbe caduta a terra sporcando tutto il cortile. Perciò le bidelle affidarono ai due ragazzi il compito di pulire tutte le aule del secondo piano. 
A Jaehwan non dispiaceva essere coinvolto in tale incombenza, semplicemente non poteva lasciare che la ragazza facesse tutto da sola, questa volta sarebbe stato esagerato pretenderlo. Perciò i due muniti di sgrassatore e strofinaccio iniziarono a lucidare tutti i banchi, uno per uno, con dedizione.
-Non capisco perché questi schifosi attacchino le gomme sotto il banco! Gliele farei ringoiare! – si lamentava lei, inorridita per aver toccato una gomma ancora umida di saliva, appiccicata sotto il banco che stava pulendo. Non sopportava questo genere di abitudini, era più forte di lei, le faceva a dir poco senso pensare di toccare qualcosa che era stato masticato da sconosciuti.
Jaehwan stava lucidando la lavagna, generalmente le bidelle non si soffermavano troppo in tale operazione mentre lui ci si stava mettendo così d’impegno che la lavagna era tornata a risplendere come se fosse nuova.
-Senti, Quattr’occhi, ti lancio una sfida. – annunciò improvvisamente Heeyoun richiamando l’attenzione del ragazzo. 
Lui alzò lo sguardo e si voltò verso di lei.
-Siamo in guerra e siamo nemici. Chi viene colpito dal proiettile per primo muore. – annunciò Heeyoun terminando la propria frase da un sorriso, poi andò a nascondersi dietro un banco, piegandosi a terra.
Jaehwan era un po’ perplesso, non veniva coinvolto in simili giochi da diversi anni ormai. Però vedere la ragazza così convinta gli fece pensare che se si trattava realmente di una guerra non poteva correre il rischio di perdere, soprattutto di essere sconfitto tanto facilmente. Perciò si piegò dietro alla cattedra, sollevando solamente il flacone dello sgrassatore in modo da poter spruzzare nel momento più opportuno.
Heeyoun si sdraiò a terra, portandosi in avanti solamente con l’uso delle braccia. Sarebbe stata una perfetta recluta dell’esercito in futuro, ne era sicura. Jaehwan provò a sbirciare per vedere dove la sua nemica si trovasse, però non riusciva a visualizzarla, dov’era finita? Si spostò un po’ più a destra, tenendo la propria arma di fronte a sé. Ad un certo punto sentì un fruscio al proprio fianco e voltandosi vide che la ragazza lo aveva raggiunto, gli era inginocchiata proprio di fronte  e puntava il suo flacone verso di lui. Il ragazzo si sentì improvvisamente sotto pressione, non voleva essere ferito dalla sua nemica. Perciò in fretta spruzzò lo sgrassatore, chiudendo gli occhi, senza nemmeno mirare, sperando di colpirla.
-Ah gli occhi! Mi bruciano! – gridò lei piegandosi in avanti e sfiorandosi il viso con le dita.
-Te l’ho spruzzato negli occhi? Scusami, non volevo. Fammi vedere, magari con un po’ d’acqua passa. – cercò di rimediare Jaehwan, posandole una mano sulla spalla, preoccupato di averle involontariamente fatto male.
Ed invece si trattava di una strategia. Heeyoun approfittò del momento per sollevare il viso e mirare con il proprio spruzzino proprio contro il petto del ragazzo in modo da non lasciargli scampo. La camicia del ragazzo si inumidì all’altezza del cuore ed iniziò ad odorare di sgrassatore, un odore chimico ma stranamente piacevole.
-Mai fidarsi del nemico. – sentenziò quindi Heeyoun. 


((Salve a tutti! Volevo scusarmi perché ho impiegato davvero tanto a continuare questa fanfiction ma in realtà credevo di aver fallito in quello che era il mio intento, invece i vostri commenti mi hanno spronata a continuare e ad apprezzare quanto avevo scritto. Quindi volevo ringraziarvi sinceramente. E spero di riuscire a portare a termine questa fanfic a cui sono molto affezionata. 
Kisses )) 

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Capitolo 10
*** Anche lo scorrere del tempo ***


((Anche lo scorrere del tempo.)) 





29 maggio 2015,

“Quando si cambia ambiente, anche lo scorrere del tempo e delle emozioni assume improvvisamente una dimensione diversa.”
Heeyoun si svegliò presto quella mattina, per puro caso. Si mise a sedere sul materasso e si guardò attorno, cercando di abituare i propri occhi alla luce del giorno che ingombrava così prepotentemente la stanza. Il suo sguardo andò a concentrarsi sul libro posato sulla scrivania, quello che le era capitato tra le mani mentre era seduta sulla metropolitana, appena qualche giorno prima. Aveva letto le prime pagine e qualcosa di quel libro le aveva fatto istintivamente pensare che raccontasse proprio la storia di chi l’aveva smarrito. Chissà se quel volume era stato abbandonato casualmente oppure a seguito di una decisione ben ponderata. Se lo domandava spesso senza però avere gli indizi necessari per giudicare. Tuttavia era entusiasta di possedere un mistero come quello tra le mani, fin da ragazzina aveva avuto una passione per le indagini ed i segreti da scovare. Alcuni lati del suo carattere non si sarebbero mai modificati, ne era perfettamente cosciente.
Il suo entusiasmo, però, non aveva considerato che fosse troppo presto per concentrarsi in ragionamenti complessi. Si passò una mano fra i  lunghi capelli castani, scompigliati per via della dormita, per di più aveva la bocca impastata dal sonno ed i muscoli indolenziti per la posizione non troppo comoda in cui aveva riposato. Se il buongiorno si vede dal mattino le aveva giusto qualche ragione per iniziare a preoccuparsi.
Quando trovò il coraggio di alzarsi in piedi si trascinò fino al bagno dove chiuse attentamente la porta ed osservò il proprio viso allo specchio. Heeyoun non si era mai trovata una gran bellezza eppure non aveva mai ceduto al richiamo del ritocco estetico, era nata per avere quell’aspetto lì, non vi era ragione perché cambiasse. E poi non sarebbe mai riuscita ad accettarsi completamente, anche se fosse diventata improvvisamente perfetta, questo inconsciamente lo sapeva. Il naso importante era sempre stato uno dei difetti più evidenti, era una caratteristica che non possedeva quasi nessuna delle sue coetanee e che, da quando si era tinta i capelli di una tonalità più chiara, le donava l’aria di una ragazza di origini straniere. Poi c’erano quegli occhi enormi, espressivi, che prima di lei arrivavano a comunicare senza filtri ciò che sentisse. Non era per nulla brava a recitare, il suo volto partecipava insieme a lei ai momenti più felici ed anche ai più difficili della sua esistenza. Poi c’era quella carnagione chiarissima che faceva apparire la pelle quasi trasparente. Le labbra erano sottili, quasi sempre piegate in un sorriso allegro. Perché l’indole di Heeyoun era quella di essere positiva quanto più potesse.
Non aveva mai amato i suoi polpacci che definiva muscolosi e le gambe diventate estremamente sottili a causa dei lunghi giri di lavoro a cui era sottoposta ogni giorno. Ultimamente non aveva spesso il tempo di nutrirsi sufficientemente, perciò aveva perso il fisico rotondo e rassicurante che l’aveva da sempre contraddistinta. Guardandosi allo specchio si sentiva più un bozzolo che una donna completa, il bigodino piantato sulla fronte per poter arricciare la frangia, poi, non le conferiva un granché di femminilità.
 
Si fece una doccia veloce, applicò della crema idratante sul viso e pettinò i capelli in modo da avere almeno un aspetto ordinato. Per il lavoro indossava sempre scarpe da ginnastica corrose ma comodissime, un maglione caldo e dei pantaloni aderenti di tessuto morbido, che non la intralciassero nei movimenti. L’unico aspetto che non avrebbe modificato di sé era l’altezza, leggermente superiore alla media, che le rendeva molto più semplice riordinare certi scaffali posti particolarmente in alto.
Sebbene la sua amica Junghwa si fosse trasferita ormai da qualche mese in un altro appartamento, lei non aveva perso l’abitudine di condividere gli spazi come se ad abitare la casa fossero ancora due persone. Le mancava la presenza dell’amica, vedere i suoi oggetti personali sparsi ovunque e soprattutto sentire l’odore del caffè di primo mattino. La loro convivenza era durata ben tre anni, era difficile abituarsi all’idea di essere sola, adesso.
Verso le otto uscì per fare compere, al mercato la frutta era fresca ed i colori della verdura erano brillanti. Metteva allegria osservare tutte quelle forme e colori accostati, respirare i profumi del cibo di strada appena cotto, con quelle sfumature piccanti e speziate. Heeyoun camminava trasognata tra le bancarelle, tenendo stretta la busta contente i ramen liofilizzati, unica risorsa durante le ore di lavoro. Stando tra quel cibo delizioso le veniva voglia di acquistare di tutto e magari mettersi a preparare ricette complesse. Peccato che le mancasse totalmente il tempo necessario.
Le venne in mente la madre di quel suo amico, la donna che possedeva un ristorante o qualcosa del genere, il tempo aveva rimosso i particolari. Impossibile da rimuovere, però, erano i profumi scaturiti dalla cucina di quella casa, l’aspetto dei piatti fumanti, comi di pietanze da rivista culinaria. Non aveva mai mangiato tanto bene come quando era ospite da loro a cena, erano dei sapori che non aveva più dimenticato né ritrovato. Il petto le si riempì di nostalgia, il tempo l’aveva allontanata da quella cucina dove si cenava ridendo tutti insieme, condividendo cibo delizioso, ridendo di cuore. Momenti del genere erano stati spazzati via, troppo lontani per essere rivissuti. Più ci rifletteva più era convinta che avrebbe voluto trascorrere l’intera vita seduta a quel tavolo, bevendo e mangiando con delle persone tanto meravigliose, sentendosi finalmente parte di una famiglia.
Ma non si poteva più tornare indietro, Heeyoun era un bozzolo di donna, ormai, il mondo era andato avanti, le acque di un fiume non scorrono mai uguali due volte. Sorrise istintivamente, la punta del naso prese colore, aveva voglia di piangere eppure sorrise, lì immobile, con gli occhi puntati verso una bancarella di dolcetti di riso. Ne acquistò uno, lo mangiò in silenzio, lentamente, gustandone ogni singolo boccone, camminando lentamente tra la gente, come se quello fosse un rito magico da eseguire alla perfezione. 

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Capitolo 11
*** 제발 오늘 넌 나를 떠나가지 마 ***


((제발 오늘 넌 나를 떠나가지 마))




14 marzo 2008,

era il giorno del White Day, nel quale i ragazzi hanno l’occasione di ricambiare i pensieri ricevuti a San Valentino  e Jaehwan non poteva assolutamente perdere quell’occasione. Doveva assolutamente trovare la ragazza che gli aveva dedicato il bigliettino, sarebbe stato il suo primario obiettivo. Perciò infilò il biglietto nel proprio zaino, in modo da poterglielo mostrare se si fossero incontrati. Durante il tragitto verso la scuola Jaehwan decise di entrare in una pasticceria, tradizione del White Day, infatti, era anche quella di regalare alle ragazze del cioccolato bianco.
Il ragazzo attraversò gli scaffali, guardandosi attorno con attenzione. Vi erano i bastoncini ricoperti di cioccolato, i cioccolatini a forma di cuore, le lettere di cioccolato che componevano la parola “amore”. Voleva scegliere il dolce migliore che potesse trovare poiché la ragazza misteriosa se lo meritava di certo.
Alla fine comprò una confezione trasparente con all’interno dei dolcetti a forma di cuore ricoperti di cioccolato bianco. Il pacchetto fu completato con un grande fiocco rosso a pois rosa e Jaehwan scrisse su un bigliettino, anch’esso di colore rosso,  “Sono felice di averti trovata” e lo assicurò al fiocco con una mollettina, in modo che non cadesse. Adesso era di buon umore, non vedeva l’ora di mettersi alla ricerca di quella ragazza.
 
Heeyoun invece era già seduta in classe, tutta sola nel suo banco di fianco al termosifone. Pensava al Jaehwan al quale aveva dedicato il proprio biglietto, per qualche ragione credeva che il ragazzo lo avesse del tutto ignorato poiché lei non aveva avuto sue notizie. Magari aveva scelto il ragazzo sbagliato, forse si trattava di un tipo altezzoso che di lettere ne aveva ricevute a migliaia. Avrebbe dovuto riflettere anche su tale possibilità, forse era stata troppo ottimista. Mentre era concentrata nei propri pensieri le si fece vicino Junghwa.
-Heeyoun posso parlarti? – le domandò con un filo di voce.
-Heeyoun non esiste più per te. – rispose freddamente lei, utilizzando una frase che generalmente si sentiva solamente nei film d’altri tempi.
-Heeyoun, davvero, mi dispiace. Soprattutto perché ho saputo che sei finita in punizione. –
Questa volta Junghwa non ebbe nessuna risposta.
-Ma non preoccuparti, la settimana di punizione è quasi finita. –
Ancora alcuna risposta. Junghwa iniziò a pensare di star parlando da sola. Avrebbe voluto essere perdonata. Lei una settimana di punizione non poteva permettersela, i suoi genitori si sarebbero infuriati a tal punto da non permetterle più di uscire nei fine settimana.
-Heeyoun, amica mia, oggi è il White Day! Forse il ragazzo che mi piace mi regalerà qualcosa… -
-Buon per te, ora puoi andartene? La tua presenza mi infastidisce.-
-Heeyoun… -
-Per favore. –
 
Una volta uscita da scuola Heeyoun aveva l’intenzione di comprare del cioccolato bianco per la sua famiglia, sicuramente avrebbe fatto loro piacere. Perciò provò a contare i soldi che aveva nel borsellino. Era una quantità giusto necessaria per acquistare un pacchetto di cioccolato. Come simbolo sarebbe potuto bastare.
Le sarebbe piaciuto andare a trovare suo padre una volta uscita da scuola, avrebbe voluto passare l’intera serata con lui e leggergli quel sonetto in inglese che aveva dedicato ad un ragazzo che non le aveva nemmeno risposto. Sarebbe stato davvero un bel programma, continuava a prefigurarselo mentre divorava quel pessimo pasto che servivano ogni giorno in mensa. Per permettersi di passare la serata fuori, però, avrebbe dovuto trovare una motivazione per non studiare per il giorno seguente. I suoi professori non si facevano ingannare facilmente, avrebbe letteralmente dovuto scervellarsi.
Una volta terminato il pranzo era arrivato il momento della punizione, perciò si diresse a passo lento verso la classe, in quella giornata avrebbe seriamente voluto trascorrere la giornata in tutt’altro modo piuttosto che restare lì.
Jaehwan aveva mangiato con gusto, il sapore pessimo del pranzo non era una motivazione sufficiente per impedirgli di divorare tutta al propria porzione. Aveva tentato di guardarsi attorno cercando di visualizzare la ragazza a cui doveva donare i propri dolcetti. Però tra tutte le ragazze sedute non riusciva a vedere nessuna che corrispondesse all’immagine che si era fatto. Era tutte molto simili l’une alle altre, con la divisa ed i capelli neri corti oppure raccolti, i volti completamente al naturale e per lo più celati dietro ad occhiali dalle montature spesse. Non riuscendo a visualizzare alcuna ragazza americana bionda dal seno prosperoso si arrese e decise di alzarsi, ormai era il momento di andare.
Quando Jaehwan arrivò in classe, Heeyoun aveva già aperto la finestra e stava pulendo i cancellini sporchi di gesso. Aveva legato i capelli a caschetto in due cose basse che la facevano sembrare il personaggio di un fumetto. Per di più, stranamente, aveva abbandonato i calzettoni di lana per concedersi delle semplici calzamaglie nere. Insomma, rispetto al solito aveva un aspetto più simile a quello di una ragazza.
Jaehwan, non avendo nulla da fare, si mise a sedere di fronte alla cattedra e si tolse gli occhiali per pulirne le lenti. La ragazza si voltò e restò per qualche istante a guardarlo. Ora che ci pensava non lo aveva mai visto senza quei fondi di bottiglia sugli occhi, per questo adesso vederlo al naturale le faceva uno strano effetto.
-Sembri quasi un ragazzo normale senza quelli in faccia. – sentenziò sistemando i cancellini puliti al loro posto.
Jaehwan non sapeva se prenderlo come un complimento o meno, in verità. Perciò tentò di sorvolare il discorso tirando fuori dallo zaino il libro di matematica. Fissò la copertina in silenzio sperando che la ragazza cambiasse discorso, invece lei gli si fece più vicino per poter formulare una sentenza più accurata. Posò il petto contro la cattedra e piegò i gomiti in modo da poter tenere il mento sulle mani. Ammirò la forma delle sue sopracciglia, anche se in gran parte erano coperte dalla notevole massa di capelli arruffati. Jaehwan si sentiva fin troppo a disagio a causa di quello sguardo posato su di sé.
-Certo che hai un naso davvero notevole. – continuò la ragazza dopo un’attenta riflessione.
Jaehwan avrebbe volentieri risposto che lei sicuramente non era da meno, poiché la ragazza aveva un naso abbastanza importante che la frangia faceva tutt’altro che sminuire. Però il ragazzo era troppo educato per poter dire qualcosa del genere.
-Sei proprio sicuro di essere coreano? – domandò poi lei, non troppo convinta. In effetti i tratti somatici del ragazzo erano molto distanti da quelli asiatici.
-I miei genitori dicono così. – si giustificò lui.
Lei rise. Si sollevò con la schiena, senza però distogliere lo sguardo da lui. Jaehwan senza occhiali riusciva a vedere solamente i contorni del suo viso, sfocati e poco distinti. Heeyoun continuava a sorridere, per una motivazione che nemmeno lei riusciva a spiegarsi, semplicemente sorrideva e continuava a fissarlo come se nulla fosse. Ora si sentiva più rilassata, era quasi contenta di essere lontana dalla propria classe, essere in punizione non era così male, il ragazzo che la sorvegliava non era poi così severo. Certo, non era il massimo della simpatia o del fascino, però sarebbe potuta andarle peggio.
-Devo assegnarti gli esercizi da fare a casa per punizione. – annunciò improvvisamente Jaehwan.
-Non pensarci nemmeno, non oggi. –
-Sono le regole. –
-Oggi ho da fare. –
-Il regolamento è molto chiaro sotto questo punto di vista. –
-Ma è il white day... –
-Il tuo ragazzo se ne farà una ragione. –
A seguito di quella frase Heeyoun batté le mani sulla cattedra, provocando un certo rumore.
-Non deve interessarti! Non li farò e basta. – si difese incrociando le braccia al petto.
Jaehwan si rinfilò gli occhiali e si alzò in piedi, provando a far valere le sue ragioni. Non poteva trasgredire le regole poiché il professore il mattino seguente avrebbe sicuramente voluto controllare che gli esercizi assegnati da Jaehwan fossero stati svolti. Non capiva perché la ragazza facesse tante storie, per uno come lui che metteva lo studio al primo posto era naturale adattare i propri impegni in base ai compiti per casa. Perciò i loro punti di vista erano totalmente in disaccordo.
-Non si fanno discussioni, ora ti assegno gli esercizi e non si discute. – si impose Jaehwan senza voler più sentire storie, voleva che il proprio ruolo fosse trattato con rispetto, non poteva farsi comandare da una ragazzina. Perciò prese il proprio zaino tra le mani, cercando di estrarre il quaderno.
-Ti prego, ti prego, non posso farli oggi, non posso. –
Continuò a lamentarsi la ragazza che per convincerlo afferrò il suo zaino, cercando di indurlo a posarlo. Entrambi lo strattonavano, lei cercava di farglielo posare sulla cattedra e lui tentava di sollevarlo.
-Insomma, smettila. –
La ragazza strinse con più forza lo zaino, esso scivolò dalle mani di lui e cadde a terra. La scatola con i dolci al suo interno si rovesciò sul pavimento ed i dolci contenuti si frantumarono irrimediabilmente. Entrambi i ragazzi restarono immobili ad osservare i dolcetti distrutti, increduli di quanto fosse appena accaduto sotto i loro occhi.
Heeyoun comprese di aver combinato un disastro, non sapeva che cosa fare, perciò restò in silenzio, senza riuscire a muoversi, con la bocca spalancata. Le loro grida si erano interrotte improvvisamente di fronte a quanto era accaduto, Jaehwan non riusciva a crederci.  Si avvicinò lentamente al pacchettino e prese tra le mani il biglietto che aveva scritto, aveva quasi voglia di piangere, però non lo avrebbe fatto.
Vedere quei dolcetti che aveva scelto con tanta cura, che aveva persino inserito nelle proprie immaginazioni sperando di consegnarli alla ragazza dei suoi sogni, rovesciati a terra gli dispiacque molto.
-Mi dispiace. – cercò di dire lei.
-Non importa. –
-Quanto ti sono costati? Te li ripago. –
-Non mi importa dei soldi. –
 Per il tempo restante Heeyoun svolse gli esercizi di matematica senza proferire parola e Jaehwan non sollevò nemmeno una volta lo sguardo dalla cattedra. Se fosse stato in condizioni normali avrebbe passato quel tempo leggendo qualcosa ma ora non riusciva a fare proprio nulla, era preso dallo sconforto. Il proprio sogno era stato rovinato, sentiva che quello fosse un segno: non sarebbe mai riuscito ad incontrare la ragazza del biglietto.
 
Quando la campanella suonò Heeyoun si alzò dal proprio banco ed andò via, silenziosamente, mentre Jaehwan restò sempre lì al solito posto, senza muovere nemmeno un passo.
Una volta fuori da scuola Heeyoun prese dallo zaino il proprio borsellino, di certo i dolcetti che aveva malauguratamente mandato in frantumi dovevano essere costati molto più di quanto potesse permettersi, però non le andava di lasciare le cose in quel modo, non ce la faceva. Fu così che iniziò a correre, diretta verso il supermarket più vicino alla scuola. Le persone si voltavano a guardare quella strana ragazzina con le code e le scarpe da ginnastica consunte che correva, sempre più in fretta, ansimando.
Quando finalmente riuscì ad entrare nel supermarket si diresse verso il reparto dei dolciumi. Sugli scaffali si susseguivano confezioni di dolcetti, quelli per il white day erano tutti piuttosto costosi. Perciò decise di fare di testa propria, prese un pacchetto di Kitkat al cioccolato bianco e pensò che potesse andare bene.
Aveva speso tutte le proprie monete ma era stato suo dovere farlo, non poteva rovinare la giornata romantica di qualcuno. Mentre correva verso la scuola iniziò a piovere, alzò lo zaino sulla testa e continuò a correre, fin quando non l’ebbe raggiunta.
-Aspetta! Aspetta! – gridò a Jaehwan che stava percorrendo il vialetto della scuola per tornare a casa, proprio in quel momento.
Il ragazzo teneva le mani nelle tasche e lo sguardo basso, sembrava non accorgersi nemmeno della pioggia che stava iniziando a cadere fitta e che gli stava inumidendo il giubbotto. La sua figura slanciata si bloccò improvvisamente sentendo la sua voce, alzò lo sguardo e la fissò mentre si avvicinava.
-Che cosa vuoi? – le domandò lui, vedendola arrivare così di fretta.
Lei lo prese per un braccio e lo trascinò di forza sotto il porticato della scuola, si misero a sedere sulla scalinata dell’ingresso.
-Ma sei tutta bagnata… - disse lui sorpreso dal fatto di essere trascinato fin lì, non riusciva a capire che cosa la ragazza potesse volere ancora.
-Lasciami parlare. – lo interruppe bruscamente lei, com’era nel suo stile. Mise una mano nella tasca del proprio giubbotto e tirò fuori il pacchetto di Kitkat al cioccolato bianco, porgendoglielo.
Lui lo prese tra le mani e lo osservò interdetto, restando in silenzio per vari istanti.
-Si, insomma, te l’ho ricomprato. – spiegò sinteticamente, non riuscendo a decifrare il suo sguardo.
-Non avresti dovuto romperlo. – Jaehwan sembrava deluso, di certo il tono della sua voce non era tra i più allegri che la ragazza avesse sentito. Come poteva essere ancora arrabbiato? Lei non si sarebbe mai fatta una corsa del genere per nessuno, aveva sbagliato ad essere così disponibile, lui come tutti gli altri non se lo meritava minimamente.
-Ah beh, su, non credo ci sia nessuna che abbia poi tanta fretta di ricevere il tuo regalo! –
Lui la guardò in silenzio, poi strinse le labbra.
-C’è, eccome. –
-Davvero? Te lo stai inventando. –
A quel punto lui tirò fuori dallo zaino il bigliettino rosso dai cuori viola e lo  mostrò alla ragazza. Un biglietto del genere non poteva essere confuso con altri, era lui, senza alcuna ombra di dubbio, Heeyoun lo riconobbe immediatamente.
-Mi credi, adesso? –

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Capitolo 12
*** In grado di ricordare ***


((In grado di ricordare))







2 giugno 2015,


Wonsik non aveva voluto sentire scuse. – Ma insomma, Jaehwan, è normale che un ragazzo della tua età abbia voglia di fare sesso, ogni tanto. Non c’è nulla di cui vergognarsi. Ma se continuerai a rinunciare finirai per dimenticare persino come si fa. –
Con questa convinzione l’aveva condotto in un locale che quando era giovane, almeno secondo quanto diceva, frequentava piuttosto spesso. Le luci erano soffuse e la musica piuttosto forte. Jaehwan non era abituato a luoghi simili, anzi, si sentiva piuttosto a disagio.
Avevano ordinato qualche drink, poi Wonsik si era alzato per ballare con una ragazza che aveva attirato la sua attenzione. Quel ragazzo non aveva alcuna difficoltà ad attirare gli sguardi altrui, aveva un modo di fare a cui le ragazze non riuscivano in alcun modo a resistere. Jaehwan non sapeva proprio come facesse. Lui, al contrario, si sentiva sempre impacciato e fuori luogo. Sotto quel punto di vista negli anni non era cambiato poi molto.
Sapeva perfettamente che Wonsik ormai fosse innamorato della donna che stava frequentando, tuttavia sapeva anche che il suo amico non volesse in alcun modo cedere alle emozioni di quella relazione. Quel suo continuo incontrare persone diverse era un modo per contrastare il dolore di una possibile relazione destinata ad andare male. Un po’ Jaehwan lo comprendeva.
Osservava il suo amico ballare al di sotto delle luci soffuse, anche i suoi pensieri andavano appannandosi, probabilmente per via dell’alcol. Pensava alla sua incapacità di ricominciare d’accapo in amore. Per un periodo si era frequentato con una compagna di corso, in università. Non era una bellezza ma si era dimostrata generosa ed intelligente. A letto non aveva alcuna inibizione, peccato che lui non avesse imparato ad amarla. Poi c’era stata una breve frequentazione con una segretaria di uno studio in cui aveva lavorato per qualche mese. I loro caratteri non erano affini e si erano divisi pacificamente. In conclusione, delle sue storie passate non gli era rimasto proprio nulla. Restava sempre impantanato nel passato.
 
-Aspetti qualcuno? – quando si voltò vide al suo fianco una ragazza bionda, molto truccata.
-Nessuno. – asserì Jaehwan. A quel punto lei si mise a sedere al suo fianco. – Tiffany. – disse solamente. Era evidente che non fosse il suo vero nome, esattamente come era evidente che non fosse straniera, tuttavia a Jaehwan il nome Tiffany bastava, reale o falso che fosse. Le offrì da bere,  poi restarono a guardarsi a lungo. Quella ragazza aveva una scollatura a dir poco prorompente, un corpo che pretendeva attenzione. Non gli era mai capitato di venire abbordato da una ragazza tanto fascinosa. – Ho pensato che ti servisse un po’ di compagnia. –
-Effettivamente non sarebbe male. –
Si alzarono e ballarono per un po’. Jaehwan mise le mani sui fianchi di Tiffany e lei sulle spalle di lui. Non era abituato a quel tipo di atmosfera ma doveva ammettere che la sua compagnia fosse piacevole. – Si vede lontano un miglio che non sei solito nel frequentare posti come questo. –
-Ah si? Ed io che pensavo di nasconderlo benissimo. –
Lei rise e Jaehwan la strinse un poco. A quel punto lei si avvicinò al suo orecchio – Sai, penso di essere del tutto brilla. Quindi anche se mi porterai da te ti prego di trattarmi gentilmente. –
Terminarono la serata in un albergo poco lontano. La stanza era asettica, l’atmosfera per nulla rilassata. Ci fu qualche bacio ma per il resto lui non si dimostrò pronto a prendere iniziativa d’alcun tipo. – Scendo in reception a chiedere qualcosa da bere. – disse lui per sfuggire a quella situazione, quantomeno per chiedere a Wonsik consiglio su come comportarsi.
Una volta in corridoio l’amico rispose immediatamente al telefono. – Vai, hyung, se questa ragazza ti piace lanciati! Che te ne importa? Almeno combini qualcosa. –
Aveva preso coraggio ed aveva rimediato una bottiglia di champagne. Dopotutto non poteva andare male se per una volta si lasciava andare con una ragazza sconosciuta. Lo faceva chiunque senza preoccuparsi. Quando rientrò in stanza, però, lei ormai si era addormentata. La testa riversa sul cuscino e la gonna maldestramente sollevata sul fianco.
Di fronte a quell’immagine, una ragazza bellissima che dormiva in un letto che avrebbero dovuto condividere ma senza che lui provasse nulla per lei, lo fece sentire particolarmente desolato. La solitudine della vita che aveva trascorso fino ad allora gli giunse tutta in un colpo. Voleva piangere, ma non lo fece. Si prese solo qualche attimo per pensare.


“Mi sedetti per terra, mi appoggiai al muro e chiusi gli occhi. Non riuscivo più a riaprirli, l’unica cosa che ero in grado di fare era ricordare.”

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Capitolo 13
*** But I know 그냥 날 안고 싶다고 오늘만 같이 있자고 ***


((But I know 그냥 날 안고 싶다고 오늘만 같이 있자고))







16 marzo 2008,


Junghwa era in lacrime fuori dalla scuola, si era seduta sulle scale dell’ingresso e non accennava a voler entrare in classe. Le guance erano completamente umide di lacrime ed il suo viso era arrossato per aver troppo pianto.
Jaehwan stava entrando a scuola quando la vide, l’aveva incrociata un paio di volte per i corridoi, nel complesso pensava fosse una ragazza carina ed anche allegra ma nulla di più. Appena lo vide Junghwa sollevò la mano per attirare la sua attenzione.
-Sei il ragazzo delle punizioni? – gli domandò lei tra i singhiozzi.
Jaehwan annuì non sapendo che cosa la ragazza potesse volere da lui. A quel punto Junghwa annuì a sua volta e restò in silenzio ma come Jaehwan accennò ad andar via lei lo fermò.
-Aspetta. – sussurrò lei – La mia amica oggi non verrà a scuola. –
Mentre sussurrava tali parole sollevò verso di lui gli occhi grandi e colmi di lacrime, tremò appena poi si decise a proseguire il discorso per quanto riuscisse.
-Mi ha chiesto di avvertirti, puoi tornare a casa prima oggi. –
Jaehwan impiegò poco a comprendere chi fosse l’amica di cui la ragazza parlava, Heeyoun era l’unica rappresentante del sesso femminile con cui sostenesse un discorso, d’altra parte.
-Le è successo qualcosa? Sta poco bene? – domandò allora.
Junghwa abbassò nuovamente lo sguardo, lui prese dalla tasca un fazzoletto e glielo porse.
-Grazie. – la ragazza si asciugò gli occhi lentamente, probabilmente era alla ricerca delle parole giuste per rispondere a quella domanda. Certe situazioni sono particolarmente complicate da riferire, lei non ne aveva dubbi al momento. -È al funerale del padre. – spiegò brevemente. 
Jaehwan non sapeva che dire, a nessuno che conosceva era mai accaduto qualcosa del genere. L’unica cosa a cui continuava a pensare era il momento che avevano vissuto insieme due giorni prima, si era ripetuto quell’istante nella mente diverse volte, senza capire perché lo facesse.
-Non vai da lei? –
-Si, prima dovevo avvertire tutti i professori. Ma adesso ho paura. Che cosa faccio se la vedo soffrire? Sarebbe ingiusto piangere proprio di fronte a lei, perciò sto consumando tutte le mie lacrime prima di andare. –
Jaehwan si guardò attorno, improvvisamente non gli interessava più così tanto arrivare in orario. Una ragazza che conosceva e con cui aveva condiviso alcune ore della propria giornata adesso stava vivendo un momento tanto brutto, non poteva restare con le mani in mano.
-Vengo anche io con te, andiamo da lei. –
 
 
Fu così che i due si incamminarono insieme verso la chiesetta del paese vicino. Raggiungerla era piuttosto difficile poiché nessun autobus arrivava fin lì, i due semplicemente andarono a piedi, scambiandosi appena qualche parola anche se Junghwa non faceva altro che piangere.
Lei ed Heeyoun si conoscevano praticamente da quando erano nate, la discussione che avevano avuto era insulsa e lei non vedeva l’ora di far pace. Conosceva da sempre la famiglia di Heeyoun, conosceva i loro problemi e conosceva, soprattutto, le difficoltà della sua amica. Nei momenti più difficili si erano supportate a vicenda, crescendo era capitato loro di scontrarsi senza mai dividersi sul serio. Perciò Junghwa non vedeva l’ora di stringere la sua amica tra le braccia e sussurrarle che tutto si sarebbe risolto. Riusciva a pensare solamente a questo, senza interruzione.
Negli ultimi tempi i parenti della ragazza si erano a malapena accorti di lei, erano tutti concentrati sulle situazioni critiche del padre ed il resto era scivolato in secondo piano, molto spesso involontariamente. Heeyoun non aveva mai avuto un carattere semplice ma questa vicenda aveva contribuito a renderla più scontrosa, a far peggiorare i suoi voti a scuola.
-Tu hai mai avuto un amico a cui tenessi particolarmente? A cui volessi bene con tutto il tuo cuore? – domandò ad un certo punto a Jaehwan che camminava silenziosamente, con lo zaino in spalla e la mente affollata di pensieri.
-No, mai. –
-Nemmeno una volta? –
-Nemmeno una volta. –
A pensarci in quel momento Jaehwan si chiedeva quanto potesse essere importante l’amicizia nella vita. Lasciare sola quella ragazza per entrambi era stato impossibile, anche per lui che la conosceva appena. Era forse questa l’amicizia. Se fosse stato così probabilmente non era poi così male.
Heeyoun era seduta fuori dalla chiesetta, a terra, ed era completamente vestita di nero. Indossava un vestito che probabilmente doveva essere di sua madre poiché le stava un po’ largo, completamente nero ed anonimo. I due ragazzi la videro da lontano, Jaehwan provò un brivido lungo la schiena nel vederla in quella situazione.
Junghwa le corse in contro, Heeyoun la abbracciò, si accarezzarono la schiena, poi Junghwa le diede un bacio sulla guancia.
-Vado da tua madre. – le disse.
A quel punto, quando Heeyoun pensò di essere rimasta sola e tornò a sedersi a terra, sentì dei passi venire verso di sé. Trovarsi di fronte il ragazzo fu molto più di una sorpresa per lei, per brevi istanti le si fermò il respiro. Si alzò in piedi, il vestito scivolò fino a coprirle le ginocchia.
Fino ad allora era stata forte, si era trattenuta, soprattutto per non farsi vedere sofferente dall’amica, sapendo quando sarebbe stata male nel vederla piangere, ma di fronte a Jaehwan le lacrime iniziarono a scorrerle sul viso, senza che lei potesse trattenerle. Era davvero venuto fin lì per vederla? Non ci pensò nemmeno un istante, andò a  posare le mani sui suoi fianchi e premette il viso contro il suo corpo, continuando a piangere silenziosamente.
Jaehwan le accarezzò piano i capelli, timidamente. Lei era minuscola di fronte a lui, il suo corpo sottile sembrava scomparire in confronto a quello di Jaehwan, appena diventato da uomo.  Lui pensò a tutte le volte che era stato male per sciocchezze e quasi si sentì in colpa, non tanto verso se stesso quanto verso la ragazza. Ora si trovavano a condividere un momento del genere, probabilmente lui non riusciva nemmeno ad immaginare il dolore che lei stava provando però le rimaneva vicino, senza accennare la volontà di allontanarsi.
-Ti va se camminiamo un po’, mh? –
Le domandò lui, pensando che fosse la maniera migliore per tranquillizzarla un po’. Lei annuì, si divise lentamente e si passò le dita sul viso per asciugarlo. Lui le mise una mano sulla spalla per convincerla ad andare. Camminarono fianco a fianco restando in silenzio, Heeyoun aveva lo sguardo basso e camminava lentamente.
Poco lontano dalla piccola chiesa c’era un ruscello, Jaehwan si mise a sedere a terra ed Heeyoun su una grossa pietra. Si sfilò le ballerine nere ed anche i calzini color crema, permettendo ai piedi nudi di sfiorare l’acqua fresca.
-Sai – disse improvvisamente Jaehwan – mentre venivo qui mi sono accorto di non conoscere il tuo nome, è davvero strano. –
-Già, forse è arrivato il momento di dirtelo. – rispose Heeyoun accennando un sorriso. – Io sono Ahn Heeyoun, piacere di conoscerti. –  si presentò porgendogli la mano.
Jaehwan la strinse – Io sono Lee Jaehwan, il piacere è tutto mio. –
Il ragazzo osservò il suo sorriso e gli occhi colmi di lacrime. Da quand’è che era così carina? Prima di allora non se ne era mai accorto. Forse prima di allora non aveva fatto caso a troppi particolari importanti, se ne rendeva conto per la prima volta.
Per Heeyoun udire quel nome fu un colpo al cuore. Eccolo, il ragazzo che aveva continuato a cercare, lo aveva sempre avuto di fronte agli occhi. Che scherzo del destino era mai quello? Le venne nuovamente da sorridere. Forse aveva per più di un mese continuato a cercarlo nel luogo sbagliato.
-Hai fatto colazione questa mattina? – le domandò lui.
Heeyoun solamente in quel momento si accorse di non toccare cibo da due giorni. Non aveva minimamente provato il senso della fame, non le era mai capitato in vita sua.
-Ora che mi ci fai pensare… no. –
Allora lui tirò fuori dalla tasca il pacchetto di Kitkat al cioccolato bianco e glielo porse. Lei lo guardò attentamente, non capiva perché lui glielo stesse porgendo.
-Perché lo dai a me? Non dovevi regalarlo alla tua innamorata? –
-Mangialo tu. Lei sta tardando troppo ad arrivare. –
-E non vuoi più aspettarla? –
-Semplicemente non voglio più pensarla così tanto. –
Lei annuì, scartò il cioccolatino e lo mangiò piano. Aveva un buon sapore, anche se in quel momento non riusciva a capirlo chiaramente poiché tutti i suoi sensi erano leggermente appannati a causa di quel che era accaduto in quei giorni. Non era avvenuto in fretta, era stato piuttosto un avvenimento graduale ma che ugualmente l’aveva provata, sia fisicamente che mentalmente. Lei sapeva che sarebbe finita così già da molto tempo, era stato l’evolversi naturale delle cose.
-Mio padre ha sempre adorato il cioccolato. Non ho mai visto divorarne tanto come faceva lui. Anche quando ero bambina, lo dicevo sempre. Poi però la vita si è allontanata sempre di più da lui, talmente tanto che non aveva più la forza di mangiare cioccolato. Lui una vita come questa, senza il suo dolce preferito, non avrebbe mai voluto viverla. – disse lei a bassa voce, masticando lentamente il cioccolatino. – Per questo ho capito che ben presto sarebbe finita. Gli ho portato un cioccolatino al latte e gliel’ho posato vicino, lui non l’ha nemmeno guardato. Era davvero finita, l’ho capito in quel momento. –
Jaehwan aveva lo sguardo basso e gli occhi lucidi, quando Heeyoun si voltò lo vide. Se non avesse rovesciato i dolci del ragazzo quello che stava mangiando adesso sarebbe stato il cioccolato che avrebbe portato a suo padre due giorni prima. Peccato, però, che sarebbe rimasto per sempre incartato e nessuno lo avrebbe minimamente assaggiato. La vita è davvero strana, ci pensò intensamente in quel momento. Forse le cose dovevano andare in quel modo, chissà perché. Ora tutto si congiungeva, il puzzle iniziava a combaciare.
-La tua amica ti vuole davvero molto bene, lo sai? –
-Junghwa? –
-Si. –
-Le voglio molto bene anche io. –
-Mi ha fatto un discorso sull’amicizia e… ho capito che veri amici non ne ho mai avuti. –
-Sarò io la tua amica, Jaehwan. L’amica che non hai mai avuto. –
-Ed io che cosa sarò per te? –
-L’amico che ho tanto cercato, sempre nel luogo sbagliato. –

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