If I were a Boy

di rora02L
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Boy? ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** A Boy? ***


Capitolo 1: A Boy?


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If I were a boy
Even just for a day

“Un altro!” gridò la mia amica Sally, agitandosi col bicchiere vuoto in mano per attirare l’attenzione del cameriere, che con un cenno del capo prese il bicchiere e si dileguò in fretta, pronto a riempirlo con altra tequila.
Sally sospirò affranta, rivolgendosi a me: “Non ne posso più degli uomini. Fanno tutti schifo. Ecco, lo vedi quello seduto al centro della sala, con quella bella biondina? – mi indicò un uomo sui trent’anni dai capelli brizzolati, sorriso splendente e camicia azzurra stirata- Quello in realtà è uno stronzo che si vuole solo infilare sotto la gonna della malcapitata biondina che, rincitrullita dall’amore, non se ne accorge nemmeno!” Guardai meglio la coppia e mi chiesi se Sally avesse o meno ragione su di loro. Poi notai che lui aveva appena allungato le mani sulla coscia della giovane: questo chiariva molte cose. Il cameriere arrivò giusto in tempo e la mia amica esultò alzando le braccia e gridando: “Alleluia! La mia unica salvezza: alcol e la mia migliore amica.”
Tracannò l’ennesimo bicchierino tutto in un sorso, assaporando il bruciore che le pervadeva la gola. Sally era sfinita, come me del resto: sulla soglia dei trent’anni e senza nemmeno uno straccio di fidanzato. Ci avevamo provato, per molti anni, nella speranza di trovare la nostra fantomatica anima gemella. Il mio primo ragazzo è stato al primo anno di college, Luke era perfetto: intelligente, simpatico, bellissimo e studioso. Aveva solo un piccolo, enorme problema: era un bastardo traditore, mi avrà messo le corna con almeno metà delle ragazze presenti nel campus. L’ho mollato appena l’ho scoperto e non gli ho più nemmeno rivolto uno sguardo, per me era morto.
Trasferendomi a New York, la grande mela dalle mille possibilità, ho conosciuto molti ragazzi, ma sono stata a lungo con Mattew. Un ragazzo dolcissimo, dai riccioli color cenere e gli occhi verdi. Mi trattava come una principessa ma, ovviamente, c’era sempre un tranello pronto a battermi sul tempo: era un militare e venne chiamato a trasferirsi dall’altra parte del paese, non ci fu modo di tenerci in contatto. Già, perché lui mi mollò, sostenendo che le relazioni a distanza non erano cosa per lui. Non volli insistere: chi mi vuole mi tiene stretta, no?
Sally aveva scoperto Darren che amoreggiava nel nostro bar preferito qualche settimana fa, in compagnia di una biondina con tacco dodici. Da allora, odia le bionde e abbiamo cambiato bar, trovandone uno molto attrezzato per quel che riguardava gli alcolici e con poche teste chiare nello staff. Sono passate due settimane e Sally sta smaltendo il lutto a modo suo. Io solitamente mi chiudevo in casa, mettevo il DVD di “Le pagine della nostra vita”, mi rannicchiavo sul mio divano e mi divoravo una intera vaschetta di gelato alle amarene, condito con lacrime amare, fazzoletti e versi di tristezza disumana. E la mattina dopo tornavo a lavoro, aiutata da un forte espresso e tre chili di fondotinta e correttore applicati nei punti giusti. Indossavo il mio ultimo acquisto e un sorriso smagliante, tornando così al mio ufficio nella direzione della rivista “Gossip Girl”. Almeno il mio lavoro mi piaceva e mi distraeva- solitamente- dalle mie pene amorose.
“I maschi fanno tutti schifoo!” strepitò Sally, nel mezzo della sala: era chiaro che i tequila stavano facendo effetto, infatti iniziava già a barcollare. Iniziai a preoccuparmi: Sally ha una stazza che è il doppio della mia, se avessi dovuto trascinarla fuori fino ad un taxi… non so se sarei sopravvissuta. Ma dovetti farlo e, miracolosamente, riuscii nell’impresa. Sally appoggio la sua testolina bionda- che ironia- sulla mia spalla, iniziando sbavare sulla mia camicetta lilla e a dire frasi sconnesse: “Jane… ricordami… di nascere uomo, la prossima volta. Se fossi stata un maschio…”
Crollò tra le mie braccia, imbrattandomi la gonna bianca a fiori blu di mascara e eyeliner nero. La lascia dormire finché non arrivammo nel nostro appartamento e, con la mia forza disumana- magari- riuscii a trascinarla fino all’ascensore e poi al nostro appartamento al quarto piano.
Le indicai il divano bianco, su qui si stese con la grazia di una balena spiaggiata e riprese a dormire. Io mi sedetti sulla poltrona color panna e mi misi a pensare. Sally era una bella donna, dal carattere forte e gioioso, un bel viso allegro e tanta energia. Se fossi stata un uomo, l’avrei adorata. Già… ma io non son un uomo. Iniziai a chiedermi come sarei stata in versione maschile, se fossi nata ragazzo. Niente scarpe alte vertiginosamente e scomode, niente da curare meticolosamente, niente cuori infranti.
La immaginavo come la vita perfetta e come bonus avrei potuto fare pipì ovunque senza avere il terrore di macchiare il vestito. Appoggia la testa allo schienale e chiusi gli occhi, lasciandomi andare: buon cielo, erano le tre di notte.

~

If I were a boy
I think I could understand
How it feels to love a girl
I swear I'd be a better man.

La mattina dopo fu un inferno. La sveglia suonò allarmante in camera mia ed andai a spegnerla, incavolata nera: le tirai un pugno ben assestato e smise. Svegliai Sally, ancora addormentata sul divano: “Dobbiamo andare a lavoro, dai…” Continuavo a incitarla e la spinsi giù dal divano, facendola atterrare sul parquet. E volevo buttarmici anche io, avevo un sonno pazzesco. In modalità zombie, decisi che l’unico rimedio possibile per svegliare entrambe era una bella tazza fumante di caffè. Così mi diressi in cucina e, dopo aver trafficato nella dispensa, trovai la caffettiera ed il tanto amato caffè e mi misi ai fornelli. L’odore aromatico del caffè mi ridiede un po’ di energia e fece lo stesso effetto sulla mia amica, che alzò una mano e, con la faccia spiaccicata contro il pavimento, biascicò: “Io lo voglio doppio, zuccherino!”
Sorrisi e versai la bevanda nelle apposite tazzine bianche, portandone una anche a Sally. Quel momento della mattinata ci fece riprendere almeno in parte e, mentre finiva la sua tazzina, Sally schioccò la lingua e disse solenne: “Ora sono ufficialmente pronta per prepararmi. Tesoro, se mi vuoi- si alzò dal pavimento, pulendosi la schiena- sono sotto la doccia, ho bisogno di una rinfrescata. Faccio in fretta, tranquilla.”
Mi fece l’occhiolino e si diresse in bagno. Io sorrisi e rimisi a posto la roba della cucina, per poi andare a scegliere cosa mettermi, mentre aspettavo che Sally finisse. Riuscimmo infine ad arrivare in redazione in tempo, nonostante la corsa matta.
Mi sedetti nel mio amatissimo ufficio, davanti al mio PC con la mia scrivania in mogano. Lessi allora i possibili articoli per quella settimana ed il primo mi fece sentire vecchia, senza speranze e da rottamare. Il titolo diceva tutto: “Le fasce d’età in cui è più probabile trovare marito.”
Indovinate un po’? Io e Sally avevamo superato la fascia con più possibilità da almeno sette anni. Mi accasciai sulla scrivania, fresca e liscia, sentendone il legno contro il viso, coperto da un leggero strato di fondotinta. Decisi di continuare a leggerlo per essere professionale, anche se mi scappava da piangere e vomitare allo stesso tempo. L’autrice era, ovviamente, Molly Anderson, donna di trent’anni con famiglia perfetta, composta da marito contabile e due figli perfetti. Perfetto. Continuai il mio lavoro fino all’ora di pranzo, in cui mangiai un tramezzino lattuga, gamberetti e maionese preso al bar sotto la redazione.
Dopo aver pranzato, decisi che era il momento di scrivere qualcosa io. Mi vennero in mente le parole di Sally che- anche se era ubriaca- restava molto saggia ed introspettiva. Come sarebbe se una ragazza entrasse nel corpo di un maschio? Potrebbe, in qualche modo, renderlo migliore? E se i ragazzi imparassero dalle ragazze come ci si sente ad essere femmina in questo mondo così maschilista? Iniziai a scrivere il mio articolo e le parole scorrevano sulla tastiera fluide. Avevo mille idee in testa e speravo che l’articolo piacesse al capo.
Me ne andai all’orario di chiusura, soddisfatta del mio lavoro. Sally uscì in contemporanea dal suo ufficio, battendomi il cinque ed esclamando: “Ed anche oggi è andata!”
Poi mi guardò incuriosita e disse: “Bella, conosco quel sorrisetto compiaciuto – alzò le sopracciglia – dai, dì alla tua cara Sally a cosa stai lavorando.” Risi, mi conosceva come poche persone al mondo, e le raccontai del mio progetto, vedendola annuire ripetutamente mentre tronavamo a casa.

~

Mi stesi finalmente sul letto, era ora di fare la nanna, anche se la mia amica stava guardando “Tutta colpa delle stelle” in soggiorno e non aveva intenzione di lasciare il film a metà. Io l’avevo già visto. Mi coprì con un leggero lenzuolo, ripensando ancora una volta al mio articolo e mi accorsi che forse era troppo tagliente nei confronti dei maschi. Ma poi la mia vocina interiore cattiva, che ha la stessa voce di Sally, mi disse: “Perché, non se lo meritano forse quei porci schifosi? Quante volte ci hanno ferite, abbandonate, sedotte, lasciate, umiliate e fatto piangere fino allo sfinimento? Penso sia ora di fargliela pagare!”
Ricordai tutte le frasi e le occasioni che, per colpa di un uomo, mi avevano fatta sentire insicura, brutta, inadatta, sciocca ed umiliata. Erano troppe. Annuì al soffitto, decisa a fare una denuncia pubblica che smantellasse il teatrino dei maschi, tagliando i fili che legavano noi donne alle loro mani da manipolatori.
Chiusi gli occhi determinata ed in pace con la mia coscienza, in attesa di finire quell’articolo.




Angolo autrice:
Anche se, come al solito, dovrei finire le storie che ho iniziato... ho voluto pubblicare il primo capitolo di questa. Nella foto del banner, c'è la protagonista, Jane... interpretata da? Ditemelo voi. Mi auguro che questo primo capitolo/prologo vi abbia incuriositi. Vi anticipo che si parlerà di divorzio, amori sull'orlo della fine, cotte adolescenziali e problemi di autostima... non dico altro. A presto!
Rora

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.


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P.O.V.: Jane

Mi svegliai, sbadigliando come un facocero della savana. La sveglia ormai era suonata e meccanicamente la spensi, per poi scendere dal mio letto. Mi bloccai un attimo, incredula. Quello non era il mio letto. E avevo dormito con… qualcuno.
Aggrottai la fronte, notando che non era nemmeno la mia stanza quella. Che razza di scherzo…?
Mi avvicinai all’intruso nel mio letto, notando che era una donna dai corti capelli biondi e mossi, che indossava un pigiamino bianco decorato con degli adorabili pinguini. Il problema era che non era Sally, né nessun’altra persona di mia conoscenza. Alzai il busto e mi portai la mano al mento, pensierosa. Un brivido mi colse, notando che c’era qualcosa di pungente sul mio viso. Il panico mi assalì e così fuori dalla mia camera, diretta in bagno. Anche il bagno non era più il mio, ma sul momento mi sembrò il problema minore: avevo dei dannatissimi peli strani sulla faccia!
L’immagine che mi riportò lo specchio mi fece trasalire ed urlai spaventata: quella non ero io, decisamente. Era un uomo mio coetaneo, dai corti capelli mori e l’ispida barba cresciuta da poco. Gli occhi erano bruni, dall’aria gentile e qualche ruga solcava il suo volto. Ma non ero io. Mi tirai uno schiaffo, gridandomi: “Sveglia, Jane! Sveglia!” Ma mi feci un male cane e solo allora notai che non solo il mio volto era quello di un uomo, ma anche il mio corpo.
Niente più mani affusolate, lunghi capelli bruni, la mia terza di seno e le mie gambe depilate. Solo un paio di mani villose, braccia e gambe abbastanza muscolose, pancetta da birra/marito pigrone e peli ovunque. Sgranai gli occhi e mi convinsi che doveva essere un incubo. In quel momento la donna, che non so come seppi essere mia moglie, entrò nel bagno, preoccupata dalle mie urla: “Amore, che succede?”
Restai senza parole, non sapevo che dirle, ma mi inventai una scusa: “Emh niente, tesoro, io… ho fatto un incubo- avevo una voce grave, da uomo- sì, ero… tu eri incinta di una bambina che avevamo chiamato Jane e lei non si voleva svegliare e…” Mia moglie mi guardò corrucciata e sospirò, per poi voltarsi: “Jim, vedi di farti qualche drink in meno quando esci coi tuoi amici. Santo cielo… adesso preparati, partiamo tra dieci minuti! Devi accompagnare Josh a scuola e poi andare a lavoro.”
Mi guardai ancora una volta allo specchio, accarezzandomi i corti capelli mossi e scuri. Non ero un adone, ma avevo una moglie bellissima, per quanto mi sembrasse già dispotica e rompicoglioni. Alzai un sopracciglio, chiedendomi da quando usavo certi termini. Alzai le spalle al mio riflesso, cercando di ricordare cosa faceva ogni mattina Jim. Mi guardai le gambe: sicuramente non andava in giro coi suoi boxer neri. Tornai allora in camera da letto e seguii l’istinto, trovando facilmente gli abiti da lavoro: ero il coach di una squadra di football del liceo. Infilai il mio berretto da baseball ed uscii dalla stanza, diretto alla cucina. Lì trovai mio figlio Josh. Un bellissimo ragazzo, moro come il padre e dagli occhi scuri, ma più palestrato: era come una sua versione giovane e migliorata. Stava mangiando una tazza di latte coi cereali. Mi sedetti davanti a lui e mia moglie, Catherine, mi portò a tavola la mia tazza.
“Grazie!” dissi in automatico, con un sorriso che forse le sembrò ebete. Infatti mia moglie rimase sorpresa da tale gentilezza e disse: “Forse dovrebbero venirti incubi più spesso, oggi sei così gentile…” Mi domandai allora come si comportava il vecchio Jim. Quando finì la mia colazione, Josh si alzò in fretta dal tavolo, senza degnarmi di una parola. “Ehi, ragazzo, non dici niente al tuo vecchio!?” lo sgridai, proprio come fa un padre col suo figlio disobbediente. Lui fece una smorfia e si limitò a dirmi: “Giorno”, seguito da un cenno della mano, per poi defilarsi in camera sua. Gli adolescenti di oggi! Mi venne voglia di tirargli un ceffone, quanto insolenza! Mi alzai anche io dalla tavola e presi il mio portafoglio e le chiavi della mia auto, un SUV.
Mi venne in mente solo allora che stavo per andare a fare il coach di una squadra di football: io non sapevo niente di quel dannato sport! Ma la voce di Catherine mi incitava a partire e Josh mi stava già aspettando fuori, con una sola bretella dello zaino nero sulla spalla. Indossava una t-shirt con una scritta nera ed una pelliccia di pelle scura. Gli lanciai le chiavi, dicendogli di entrare intanto in auto, mentre io salutavo sua madre.
Catherine rimase nuovamente sorpresa dal mio comportamento, mi avvicinai senza badarci e le lasciai un bacio sulla guancia, in modo molto istintivo ed affettuoso. Ma mia moglie non rispose, rimase di sasso, ferma sulla soglia. O meglio, la moglie di Jim, era davvero assurda come situazione. Quando mi sveglio, Sally riderà fino alla fine del mese prossimo dopo averle raccontato questo mio sogno pazzesco. Sentii poi la voce di Josh che mi chiamava, suonando il clacson. Va bene che ormai a diciassette anni i ragazzi sanno guidare, ma il SUV di Jim mi sembrava piuttosto pericoloso. Così lo fulminai con lo sguardo e, con un gesto della mano, gli feci intendere che doveva spostarsi sul sedile del passeggero. Josh fece una faccia amareggiata e scocciata, ma ubbidì al mio ordine.
Entrai allora nell’auto, congratulandomi con Jim per aver risparmiato a sufficienza per permettersi quel gioiello, una così bella casa ed una vita agiata, nonostante i costi di una famiglia, anche se sua moglie lavorava alla scuola elementare come insegnante di inglese. Partì a tavoletta, per un qualche misterioso motivo volevo la velocità.
Forse era la parte spericolata di Jim che mi esaltava, quella auto così grande oppure il fatto che volevo solo sentirmi libera come un uomo può fare. Pensateci: gli uomini possono fare un sacco di cose senza essere considerati maleducati. Ad esempio guidare a tavoletta, bere un paio di birre con gli amici e, da single, farsi qualsiasi ragazza che si mostri disponibile. Ciò non è possibile a noi donne, sia per la nostra natura romantica sia per una questione di visibilità.
Ma, in quel momento, su quel suv e in quella vita che non era mia, ma di Jim Silver, nessun problema della mia vita da donna mi sfiorava.

~

Guardai la mia squadra. O meglio, la squadra di Jim. Tutti i giocatori aspettavano delle direttive sull’allenamento di oggi. Ma, se Jim sapeva quello che era da fare, io invece non sapevo assolutamente nulla di sport. “Emh…” era l’unica cosa che usciva dalla mia bocca. Poi una idea mi balenò nella mente: mi metto in malattia, dopotutto Jim non è in sé… perché ci sono io nel suo corpo.
Così finsi una febbre improvvisa, che non mi permetteva di lavorare e dissi ai ragazzi di allenarsi come fanno di solito, rassicurandoli sul fatto che presto sarei tornato a lavorare con loro. Già, presto… pensai tra me e me che non avevo idea di quando avrei potuto riprendere il mio corpo né come.
Ero ancora confusa, non capivo se ero in un brutto sogno o se quello che mi stava accadendo era reale ed ero veramente nella vita di un uomo. Nel corpo di un uomo. Ero un maschio o la mia mente si stava immaginando ogni cosa in modo così dettagliato?
La cosa migliore da fare era indagare. Dopotutto scrivere per una rivista di gossip qualche dritta la dava, come sapere che il modo migliore per conoscere una persona era guardare il suo cellulare, la sua stanza, il suo armadio e le foto che tiene in casa. Così risalii sul SUV, ben sapendo che a casa non avrei trovato nessuno e che quindi potevo agire indisturbata. O indisturbato. No no, io sono ancora una donna. Mica perché ho un corpo da uomo adesso devo dimenticare chi sono realmente. Arrivata a casa, mi misi sul divano giallo paglierino slavato del soggiorno della famiglia Silver e presi il cellulare dalla tasca dei jeans: un normale samsung di chissà quale epoca preistorica, di colore nero.
Andai sulla galleria e vidi molte foto di famiglia: Josh da piccino, Catherine e lui da giovani, un gruppo di amici allo stadio tra cui c’era Jim. Niente di particolarmente allarmante. Capii solo che Jim era un uomo che adorava la sua famiglia, ma quella di un tempo, non quella attuale. Infatti non aveva foto recenti di lui ed il resto della famiglia. Le ultime erano solo di lui coi suoi amici al pub o allo stadio per vedere qualche partita. Mi chiesi come mai era avvenuto questo cambiamento, quando ebbi come una specie di ricordo non mio, ma di Jim: si stavano separando.
Lui e sua moglie litigavano continuamente, c’erano state urla e litigi per ogni cosa, soprattutto per il fatto che Jim trascurava la moglie ed il figlio per il lavoro, passando sempre meno tempo con loro. Mi sedetti sul divano, sentendo la tristezza e la disperazione che cresceva nel cuore di Jim. Mi venne da piangere. Jim non lo avrebbe fatto, ma io sì. Lo feci, piansi per la vita di quell’uomo, che non voleva perdere la sua amata famiglia. Ed allora capii che cosa dovevo fare.
Chi meglio di una donna sa come si riconquista una donna?

~

P.O.V: Sally

Odiavo le mattine, quella poi era una insopportabile. Allungai la mano per fari zittire la sveglia, che mi trapanava le orecchie col suo suono. Poi pensai che non avevo una sveglia in casa mia. E che le mie mani erano rosee, morbide, paffute, femminili e con lo smalto fucsia che avevo messo ieri durante la pausa caffè. Ma la mano che aveva spento la sveglia era una mano da uomo, un uomo di colore.
La guardai, ancora stordita dagli eventi, e saltai con un balzo dal mio letto. Il mio primo impulso fu di riempirmi di pizzicotti la guancia, per poi passare a poderosi schiaffi: non mi svegliai. Corsi allora fuori dalla camera, che non era di certo la mia. E poi chi è il pazzo che tiene un bilanciere nella sua stanza? Avevo il fiatone e cercai di capire cosa diavolo stava succedendo. Allora, non era un sogno.
Via una ipotesi. Ma non poteva mica essere che io… Decisi che dovevo controllare e cercai il bagno della casa, trovandolo libero. Allora mi abbassai i pantaloni e la cosa fu ovvia: ero un uomo. Ricaddi sul gabinetto, frastornata. Che razza di scherzo era? Pensai di essere stata rapita da alcuni scienziati folli di Manhattan, che mi avevano trasformata in un uomo di colore per divertimento.
Sospirai, sconsolata. Ma ero certa di poter fare qualcosa, rivolevo il mio aspetto dolce e femminile. Mi alzai e timidamente guardai verso lo specchio sopra il lavabo, preoccupata di avere una terribile faccia o la mia in versione nera e ricoperta di ispida barba. Vidi invece il volto di un bellissimo uomo, dai profondi occhi neri pieni di storie non dette e dalla mascella dura. Le sue guance erano appena ricoperte dalla barba nera, ma era un uomo invidiabile. Per farvi capire, sicuramente avrei sbavato vedendo un figo del genere nudo davanti a me. Ma pensai che non fosse solo per regalarmi la visione di uno splendido fisico che ero capitata in quel corpo. Dovevo scoprire il perché. Improvvisamente mi ricordai di cosa mi era capitato il giorno prima, durante il lavoro. Molly Anderson era venuta nel mio ufficio, con un nuovo elogio alla vita di coppia, che però stranamente riportava anche i suoi lati negativi.
Così, scherzando, le avevo detto che avrei voluto proprio vedere quanto fosse dura e difficile la vita di un uomo, specie se bello. Lei aveva sorriso come sempre, ribattendo: “Forse questa è una esperienza che potrai avere presto.” E così era stato.
Allora Molly era una strega o una specie di chirurgo pazzo in incognito?



Angolo autrice:
Ecco il secondo capitolo, spero lo troviate migliore del primo. La foto è della presta volto di Sally. Fatemi sapere che ne pensate!
Rora

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