The Black Wizards Choir

di RottingMind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Neve e gorgoglii ***
Capitolo 2: *** Scontro ***
Capitolo 3: *** Il Serpente che si morse più volte la Coda ***
Capitolo 4: *** Riparazione ***
Capitolo 5: *** Il cuore che apparteneva al Nord ***
Capitolo 6: *** Sogni e conoscenze ***
Capitolo 7: *** Il favore ***
Capitolo 8: *** La contaminazione ***
Capitolo 9: *** Incontri sotto il sole d'autunno ***
Capitolo 10: *** Modifiche al contratto ***
Capitolo 11: *** Zona di caccia ***
Capitolo 12: *** La voce di un cantante ***
Capitolo 13: *** L'art de mourir ***
Capitolo 14: *** Tentazioni pericolose ***
Capitolo 15: *** Il Santuario ***
Capitolo 16: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 17: *** Verso il Buio ***
Capitolo 18: *** Gettarsi tra i lupi ***
Capitolo 19: *** Voce oscurata ***
Capitolo 20: *** Informazioni necessarie per la crescita ***
Capitolo 21: *** Avanzamento di grado ***
Capitolo 22: *** Ogni divinità ha i suoi sacrifici ***
Capitolo 23: *** Ultima tappa prima della fine ***
Capitolo 24: *** Il Coro dei Maghi Neri ***
Capitolo 25: *** La morte della musica ***
Capitolo 26: *** Scolopendra ***



Capitolo 1
*** Neve e gorgoglii ***


Non faceva freddo in quel posto, anche se stava nevicando. I piccoli fiocchi cadevano delicati sulla sua pelle, per poi disciogliersi in acqua poco dopo. “Che strano” pensò Scylla toccando la neve a terra “Dove sono finita?”. Si guardò attorno, in quel mondo composto da bianco, grigio e blu scuro, e capì di essere all'interno di una casa, o almeno, ciò che rimaneva di quella casa.
Era una costruzione di legno, quasi come quelle di vari secoli fa, e aveva subito ingenti danni, almeno giudicando dalla parete vicino al camino, che era stata quasi totalmente distrutta. Scylla si avvicinò alla parete, per toccare le assi di legno rimaste in piedi: anche se erano coperte di neve, non sentì freddo al tatto. “La cosa si fa ancora più strana”. Guardò all'esterno, e vide altre case come quella dove si trovava ora, alcune con più danni di altre. “Devo uscire da qui” pensò scavalcando la parete con un salto. Il terreno era soffice, e lo strato nevoso non era troppo alto. “Che razza di posto è questo?” si chiese ancora una volta, guardandosi attorno, da sola in quella strada innevata. Attorno a lei c'erano solo case. Sembrava un labirinto di case crollanti e ricoperte di neve, e lei ci era finita per sbaglio. E tutto perché aveva usato il suo dono vicino a quel cadavere, quel corpo così innaturalmente intatto eppur freddo, troppo freddo anche per un morto. Aveva usato il suo dono inconsciamente, come se ipnotizzata, e ora si ritrovava lì. Mentre ripensava alle sue azioni, camminava nella strada, girovagando tra le varie case. Non sembrava che ci fosse una motivazione logica riguardo alla disposizione delle stesse, ma a lei non importava. Guardò il cielo, che era grigio chiaro e dal quale scendevano lenti fiocchi di neve. Sospirò, e continuò la sua marcia.
Ad un certo punto, per terra trovò un fazzoletto, o meglio, un pezzo della manica di Nama, che aveva usato per fasciargli il braccio non molto tempo prima. -Perché è qui?- si chiese mentre lo raccoglieva, stringendolo tra le mani e mettendoselo nella tasca destra del cappotto. Si guardò attorno, cercando una qualche possibile via di fuga, ma non vedeva nulla, se non neve e case diroccate. “Maledizione a me” pensò Scylla mentre tornava indietro, ma un qualcosa la fece fermare. Un suono catturò la sua attenzione, un suono alieno in quel mondo così etereo.
Si girò verso sinistra, e nel pavimento di una casa vide una piccola pozza d'acqua. “Forse dovrei andarmene” pensò mentre si avvicinava alla piccola macchia acquosa, che continuava a gorgogliare piano, quasi intimorita dalla presenza dell'estranea che la stava fissando. Quando Scylla chinò il capo per vedere meglio la pozza, successe qualcosa: due mani nere sbucarono fuori dalla pozza, cercando di afferrarla per la gola. A quella vista, indietreggiò d'istinto e inciampò nel gradino che separava la casa dalla strada, finendo con la schiena nel manto nevoso.
-Ma che diavolo...- disse a voce alta, grattandosi il retro della nuca mentre si rialzava. Dalla piccola pozza stava uscendo un essere deforme, che sembrava quasi fumare dagli arti. L'essere continuava ad uscire dalla pozza, usando le mani per afferrarsi al pavimento ed ergersi in piedi. A prima vista non seppe dire quanto era alto, ma sapeva che doveva andarsene da quel labirinto al più presto. L'essere sembrò fissarla per un periodo indefinito, da sotto al cappuccio bianco dal quale uscivano quattro braccia scure e magre, che riuscivano a toccare terra talmente erano lunghe. Non sembrava avere volto, poiché le braccia uscivano dall'apertura del cappuccio e impedivano di capire cosa ci fosse sotto, e anche se aveva delle maniche, non sembrava esserci nulla al loro interno, poiché sembravano vuote. “Devo andarmene, e alla svelta” pensò, mentre fece per andarsene. L'essere percepì quel movimento, e scaraventò i suoi arti contro di lei, che finirono per affondare nel manto nevoso.
-Dov'è quella maledetta casa?!- chiese a se stessa mentre correva da quell'essere, che sembrava volerla morta, anche se lei ne ignorava la ragione. Continuò a correre, guardando dietro di se ogni tanto per vedere se quella cosa stesse continuando a seguirla, e ogni volta la trovava che spiccava balzi verso di lei, protendendo i suoi arti fumanti verso il suo collo. “Maledizione! Dove diavolo è?!” pensò, ma mentre si girava, si immobilizzò alla vista di un'altra pozza d'acqua nel pavimento di una casa. “No, no no no no, non un altro di quelle cose!”. Fortunatamente per lei, l'acqua rimase ferma, e scavalcò il resto della parete di legno per acquattarcisi dietro, tentando di nascondersi dall'essere. Non seppe quanto tempo passò, ma cercò di rimanere immobile il più a lungo possibile. Quando fu sicura che era da sola, provò ad avvicinarsi a quella pozza. Un pensiero le attraversò la testa, ma si rifiutò di metterlo in pratica, almeno all'inizio. “Quel potere mi ha portato qui, forse mi permetterà di uscire”. Si massaggiò la gola, inspirò e chiuse gli occhi, il tanto giusto per non vedere gli arti di quell'essere che gli arrivavano dal davanti, dalla parete di legno distante sui due metri dalla pozza. Annaspò, cercando di prendere aria, ma l'essere continuò a stringere. Quando la sua vista sembrava sul punto di annebbiarsi, sentì qualcosa. Non era certa di cosa fosse, ma c'era una buona probabilità che provenisse da quella cosa che la stava strangolando. Era un verso cupo, gutturale, ma non si capiva da dove provenisse di preciso, dato che non riusciva a capire i suoi lineamenti a causa degli arti sporgenti. Man mano che il verso continuava, sembrava sentirsi più leggera, quasi sollevata dal dolore che stava provando. Ma lei non si arrese. “Non provare ad usare la tua voce sporca contro di me, abominio!” pensò, mentre inspirò a lungo, chiuse gli occhi e fece un acuto che riuscì, senza sapere come, a liberarla dalla sua presa. Si ritrovò a terra, inginocchiata e con la gola dolorante, a pochi passi dalla pozza. “Non me la faccio fuggire un'altra occasione!”. Si mosse il più velocemente che poté e toccò la pozza, generando come una bufera di neve attorno a lei. Gli sembrò di sentire un grido in lontananza, e l'eco di una voce familiare.

 -..la. Scylla! Mi senti?- riaprendo gli occhi, vide la figura del volto di Nama a poca distanza da lei.
-Cosa... cosa è successo?- chiese lei, facendosi aiutare dal sicario per rialzarsi.
-Ti sei avvicinata al cadavere, l'hai toccato e poi ti sei messa a cantare. E sei svenuta.- Nama la guardava preoccupato, ma non sembrava esserlo solo per lei. Continuava a guardarsi attorno, come un cane con i sensi al massimo dell'allerta. -Cosa ti è successo?- le domandò.
-Sono finita in un labirinto di case diroccate, c'era la neve e... uno strano essere che mi inseguiva- disse lei calma, stringendo il pezzo di stoffa nella sua tasca.
-Siamo nei guai.- Nama raccoglieva nervoso le sue cose nella borsa che aveva messo a terra, poi si guardò attorno e si rialzò -Dobbiamo andarcene subito, prima che...- non finì la frase, ma si bloccò.
Scylla lo guardava con crescente preoccupazione, poi lo sguardo del sicario si indurì come pietra.
-Scylla. Dimmi che non hai usato il tuo potere da quella parte.- chiese duramente Nama
-Lui. Lui è qui.- disse lei tremante.
L'acqua nel lavandino cominciò a gorgogliare.

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Capitolo 2
*** Scontro ***


Nama posò la borsa a terra e vi poggiò sopra il cappotto scuro. Aveva sempre preferito avere maggior mobilità possibile negli scontri, da quando faceva quel lavoro, e lo faceva da una vita. Nel senso letterale del termine.
-Io... quando ho usato la mia voce... lui si è come allontanato d'istinto. Sembrava come spaventato.- disse timida Scylla, anche lei con i sensi all'erta per quella cosa che stava per arrivare.
-L'importante è che tu sia di nuovo qui nella terra dei vivi e non dei ghiaccioli ambulanti- Nama slacciò la fibbia nella gamba destra ed estraé la sua arma preferita, un fucile muta forma, forse l'unica cosa che lo poteva salvare in quella situazione. Lo guardò per un po', concentrandosi sui suoni circostanti. L'acqua del lavandino continuava a gorgogliare, e sembrava crescere d'intensità.
-Sta arrivando. Lascia fare le cose a me.- il tono di Nama verso Scylla non ammetteva repliche.
-S-si- disse lei decisa. Voleva rimediare all'errore che aveva compiuto, anche se non sapeva come.
L'acqua smise di gorgogliare, e un altro suono prese il suo posto: quello di un ringhio gutturale, incomprensibile ma minaccioso. Nama si portò la canna del fucile vicino alla fronte, e disse piano -Modalità uno: canna mozza-, e una piccola luce verde si accese vicino al grilletto, esattamente sopra la sicura. La canna dell'arma si stava contorcendo, come metallo liquido, e prese la forma di un piccolo fucile, la cui canna era più lunga del suo avambraccio. Dalla tasca prese una cartuccia nera e la infilò in una delle due canne. “Spero che 24 colpi bastino” pensò Nama mentre teneva saldamente l'arma nella mano destra. Ognuna delle cartucce nere equivaleva a 24 colpi normali: questo era il motivo per il quale per i viaggi lunghi preferiva fare scorta di munizioni ultra-compresse. Il ringhio cessò, e un silenzio inquietante penetrò nella stanza. “Dove sei, amico?” si chiese silenzioso il sicario, e la risposta arrivò poco dopo. La mano dell'essere sbucò dal pavimento, aprendo un buco nel pavimento di legno scuro e arrivandogli dritta in faccia. Nama la scansò per un soffio e la bloccò con la mano sinistra all'altezza di quello che doveva essere il polso della creatura, e premette il grilletto. Al contatto dei pallettoni con la carne, se così si poteva definire, si sentì un grido acuto provenire dal buco, da dove il mostro emerse. Aveva aperto ancora di più il buco per poter uscire, utilizzando gli arti gracili ma dotati di una forza spaventosa, e alla sua vista Scylla rimase come paralizzata.
-Scylla, vai via da qui!- gli urlò Nama per scuoterla dallo stato di paralisi nel quale era precipitata. Il sicario non perdeva d'occhio l'essere, che sembrava essere interessato più alla ragazza che all'uomo che lo aveva appena privato di una mano.
-Forse lo pos- - tentò di dire Scylla, ma il mostro compì un balzo verso di lei, che per fortuna si trovava a pochi passi di distanza dal suo protettore.
-Non ci provare, amico!- Nama gli sparò due volte nel petto, e vide il mantello bianco macchiarsi di rosso. “Quindi di qua sono vulnerabili, ottima notizia!” pensò soddisfatto, mentre faceva mettere Scylla dietro di lui per tenerla al sicuro.
-Appena hai un'occasione libera, vattene. Non mi importa se devi andare al santuario, ma ora come ora è meglio se te ne vai il prima possibile.- gli disse piano Nama, per non far allertare il mostro che si stava contorcendo per il dolore nel pavimento, ma sembrava in fase di ripresa, e si stava rialzando affannosamente e lentamente sulle gambe.
-E se usassi il mio potere? Lo so che- - chiese lei incerta
-Appunto, se lo sai, non usarlo. Con questi è meglio non scherzare, e ne so qualcosa-. Vecchi ricordi riaffiorarono nella mente del sicario, ma si forzò a non pensarci, non in quel momento almeno. -Forse con qualche altro colpo dovrei riuscire a metterlo al tappeto, almeno credo-. Non era molto sicuro delle sue parole, ma tentava di essere positivo, anche se rare volte lo era in maniera aperta.
Il mostro si rialzò del tutto, e si strappò il braccio al quale mancava la mano e lo gettò a terra. Nella parte del mantello vicina al cappuccio, cominciava ad allargarsi una pozza rossa, e il mostro portò le mani in alto, per poi farle affondare contro Scylla e Nama. Il sicario usò una tattica rischiosa: spinse la ragazza verso sinistra e bloccò una delle mani dell'essere con la sua, riuscendo ad immobilizzarla. Con la gamba destra era riuscito a schivare la mano che era stata lanciata contro la sua gamba e ci pestò forte sopra per farla stare ferma a terra. Ma la sua tattica non era andata a buon fine, dato che, anche se aveva immobilizzato due degli arti rimanenti, uno aveva fatto una deviazione istantanea appena aveva spinto Scylla dall'altro lato. “Maledetto” sparò al braccio che aveva fermato con il piede e tentò di tenere saldo quello che aveva preso con la mano, ma un qualcosa lo fece desistere.
L'essere sollevò Scylla per aria, tenendola per la gola, mentre la ragazza annaspava, incapace anche di usare il potere che prima l'aveva salvata. E un altro ricordo, più doloroso, si fece strada tra i suoi pensieri, mentre il mostro stava sussurrando quelle parole. “Non un'altra volta, figlio di puttana” Nama sparò più volte all'essere all'altezza della testa, ma non diede segni di cedimento. Anzi, fece una cosa che non aveva preventivato: anche se teneva ferma la mano con la sua, le dita nere si allungarono, andando a trapassargli i polmoni in più punti. Prima di cadere a terra, riuscì a sparare alla mano per togliersela di mezzo.
-Nama...- disse piano Scylla, che tentava con tutte le sue forze di liberarsi dalla presa della creatura, mentre essa continuava a bisbigliare.
La vista si stava oscurando, e un altro, oscuro pensiero si faceva strada nella mente morente del sicario.
Ora tocca a me”. Non era la sua voce, ma quella di lui.
-Modalità meno uno: lama del massacro.-

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Capitolo 3
*** Il Serpente che si morse più volte la Coda ***


La mano di Nama strinse l'impugnatura della sua arma, ormai tramutata in una spada dall'aspetto non propriamente ortodosso. Era arcuata, ma di poco, e aveva una doppia affilatura: la parte curvata esterna era seghettata, mentre quella interna liscia. Qua e là si potevano intravedere piccole macchie scure, segno che era già stata usata in passato, e di sicuro più di una volta.
L'essere aveva mollato la presa, lasciando cadere Scylla a terra, per focalizzarsi su ciò che stava avvenendo nel corpo di Nama: le sue ferite si stavano rimarginando, sia internamente che esternamente, e si stava rialzando lentamente. “In che razza di guaio mi sono messa?” pensò la ragazza mentre guardava l'essere ondeggiare gli arti ancora integri che si girava verso Nama, o almeno, quello che credeva fosse Nama: la sua pelle si era come ingrigita, ed era curvo sulla schiena, anche se si era messo in piedi, e i capelli che gli scendevano sul volto lasciavano intravedere un luccichio negli occhi, ma non era esattamente il tipo di luccichio amichevole, quanto più un intento omicida molto alto. Dalla mano e dal torace non usciva più sangue, sebbene ci fossero ancora le macchie nei vestiti e a terra.
-Allora. La vogliamo fare finita, Mago?- chiese sprezzante Nama all'essere, che si limitò al silenzio. Anzi, sembrò essere piuttosto irritato da quella domanda. -Molto bene, allora vorrà dire che dovrò tagliarti a pezzi piccoli piccoli. Come hai fatto ad Eleonor tempo fa.- disse atono, ed alzò la spada con una mano all'altezza della testa, per poi prendere il manico della spada con entrambe le mani per portarla davanti a se, inclinando leggermente le gambe e le spalle.
L'essere capì cosa stava per fare, e sentendosi come un animale in gabbia, si fece ricrescere istantaneamente le parti mancanti degli arti menomati, spruzzando a terra del liquido scuro e gelatinoso, per poi scaraventare con tutta la sua forza le mani artigliate contro Nama.
-Ohm.- il sicario cliccò il grilletto, suddividendo la spada in numerosi segmenti, e quando fece un affondo, la lama si allungò per conficcarsi nel busto del “mago”. Gli artigli finirono nelle spalle e nelle cosce di Nama, ma lui non sembrava curarsene troppo.
-Ti ho preso.- ghignò, mentre con un brusco movimento del braccio trascinò a se il “mago”, che avendo capito il pericolo tolse gli artigli da Nama e cercò di togliersi la spada dal petto, ma era come incastrata. “Ma cosa gli è successo?” si chiese Scylla, che stava immobile, con la schiena contro il muro vicino alla finestra. “Appena hai un'occasione libera, vattene.” gli aveva detto il mercenario. Ma lei non riusciva a staccare gli occhi da quell'essere, che Nama aveva chiamato “Mago”, e dal sicario che lei aveva assoldato per proteggerla, che ora sembrava tutta un'altra persona. Certo, durante il periodo durante il quale gli aveva fatto da assistente aveva imparato che era una persona un po' fredda, e che quando gli veniva assegnato un incarico, lo portava sempre a termine, in un modo o nell'altro. Altrimenti non sarebbe tra gli assassini più conosciuti della Zona Grigia, e ogni tanto riceveva incarichi pure dalle altre Zone, che fruttavano sempre di più di quelli della Grigia.
Nama era riuscito ad tirare il “mago” verso di se, e sembrava quasi che i due si stessero fissando, poi il sicario gli assestò un calcio nel costato, liberando la spada e lanciando via il corpo inerme dell'essere, che finì nella finestra, rompendola in vari frammenti. Aveva la testa che si affacciava sul terreno, dato che erano al terzo piano, e Nama avanzava tranquillo verso di lui, trascinando di peso la lama, sporca del sangue del “mago”. Il “mago” alzò di poco la testa e scaraventò nuovamente le braccia contro Nama, ma una si dirigé verso Scylla, che per puro caso riuscì a schivarla.
-Nama, la tengo ferma io!- la mano impattò nel muro, e la forza con la quale arrivò fece in modo che l'arto bucasse la parete, cosicché Scylla riuscì a immobilizzare la mano tramite un coltello da caccia, affidatogli da Nama varie settimane prima. “Se mi devi stare attorno, non voglio che tu non abbia difese con te, quindi impara ad usarlo.”
-Bene bambina, tieni ferma quella manina che a lui ci penso io.- aveva un'espressione sadica che non aveva mai visto sul suo volto. Scylla, che si era difesa dalla mano, non aveva visto dove erano finite le altre: una era finita nuovamente nella mano sinistra di Nama, una nel suo polmone destro e una nell'addome. Ci mancò poco che Scylla si mettesse a vomitare per tutto il sangue che colava dalle ferite di Nama.
-E così se ne va via almeno un altro paio di scaglie. Non sapete mai quando fermarvi, eh.- con un movimento del polso, ruotò la spada e tranciò di netto tutti gli arti, creando un'esplosione di liquido nero gelatinoso che usciva dal cappuccio del “mago”, ma Scylla tenne lo stesso ferma la mano infilzata nel muro per paura di ritorsioni varie, anche se sentiva le parole dell'essere ronzargli in testa. “Basta, non mollerò la presa, essere infido!” si disse, facendo appello a tutta la sua forza interiore per mettere a tacere quelle voci.
-Ho come l'impressione che abbiamo finito qui, Mago. Salutami gli altri bastardi.- Nama tagliò a metà la sua testa con un movimento fulmineo. Stranamente, lo fece con la parte seghettata.
-Uno in meno...- sospirò, pulendosi il viso dal sangue scuro. Si sedette a gambe incrociate e a capo chino proprio di fronte al “mago”, che lentamente si stava tramutando in ghiaccio. “Una stranezza dopo l'altra.” pensò Scylla, che finalmente lasciò andare il coltello dalla mano, che si stava tramutando anch'essa in ghiaccio, per poi spaccarsi e polverizzarsi.
La ragazza passò qualche istante a guardare il sicario immobile, fino a quando non fece un respiro profondo e si abbandonò con la schiena nel pavimento.
-Puoi avvicinarti, ora è tutto ok...- sembrava stremato, ma era anche ritornato “normale”. La pelle aveva ripreso il suo colorito normale ed era sudata, con i vestiti attaccati e pregni di sangue.
-Ne... ne sei sicuro?- chiese impaurita la ragazza, rimettendo il coltellaccio nella fodera dietro la schiena.
-Si, aiutami a fare una cosa.- disse Nama rimettendosi con la schiena dritta e togliendosi la maglietta. “Ma ti pare una cosa da fare in questo momento?” si chiese stranita Scylla, ma quando Nama gli diede la schiena vide un tatuaggio particolare. Avvicinandosi capì cosa voleva che facesse il sicario: guardare quell'uroboro, quel serpente che si mordeva eternamente, voleva che lei se lo imprimesse nella memoria mentre si animava, mordendosi per ben due volte la coda.
Il tatuaggio presentava una particolarità: era quasi tutto bianco, ma nella parte vicino alla testa le scaglie erano ancora nere. Tre di esse cominciarono a schiarirsi, fino a diventare bianche, dopodiché tornò statico.
-Ne sono andate via tre...- Scylla era impressionata da quel tatuaggio. Aveva sensazioni contrastanti a riguardo, perlopiù paura e rispetto.
-Come sospettavo.- Nama rimise nella borsa la sua arma mutaforma, ormai ridotta alla “forma zero” e i documenti che erano venuti a cercare, lasciando il cadavere del signor Kertan nel salotto con un buco in testa.

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Capitolo 4
*** Riparazione ***


Il giorno dopo l'incontro con il “mago”, Nama ricevette nel suo ufficio il committente dell'omicidio: verso le 10 del mattino qualcuno citofonò al campanello del portone del piano terra.
-Chi è?- chiese sbadigliando Scylla, che non aveva dormito molto bene quella notte e aveva un'espressione particolarmente assonnata. Infatti si era alzata proprio a causa del campanello, mentre Nama stava nella scrivania a guardare i documenti che doveva consegnare al suo cliente.
-Ledam Kertan, ragazzina. Apri, devo vedere quello scansafatiche di Nama.- disse spazientito l'uomo al citofono. Con uno sbuffo spazientito, Scylla aprì, poi tornò a dormire nella camera al piano di sopra.
Dopo qualche tempo, Ledam bussò alla porta di legno principale.
-É aperto.- disse Nama atono, mentre continuava a sfogliare i vari documenti. -Ce la siamo presa comodi, Ledam. Se sapevo che passavi a quest'ora, avrei fatto in tempo ad uccidere quell'idiota di tuo fratello stamane, farmi un caffè e schiacciare un altro pisolino.- continuò sarcastico mentre l'uomo avanzava verso la scrivania del sicario.
Ledam era un uomo che aveva poco più di quarant'anni, anno più anno meno, dalla corporatura robusta e non troppo alto, stempiato, e con una faccia per niente simpatica, accentuata dalla benda sull'occhio sinistro, vecchia ferita dell'ultima lite con il suo ormai amato e defunto fratello maggiore Jasper.
-Vedo che hai trovato quello che volevo.- disse con voce burbera, tendendo una mano verso Nama.
-Sai Ledam, ho come l'impressione che il prezzo sia un pochino salito dall'ultima volta che ne abbiamo discusso.- disse calmo Nama, togliendo le gambe dalla scrivania e mettendosi seduto normalmente.
-Fammi indovinare, vuoi altri caros per tenere la bocca chiusa, mercenario?- grugnì Ledam.
-Anche. Ci sono state degli “imprevisti” quando sono andato a prendere questi bei fascicoli, e mi devo rifare di qualche piccola spesa extra. Le munizioni speciali costano un po', lo sai.- continuò sorridente il sicario.
-Dannata sanguisuga. Quanto ti devo dare extra?-
-Mmmh...- si fermò a pensare per qualche secondo, poi si decise -Penso che un compenso totale di 1000 caros sia più che sufficiente.-
-Che?! 1000 caros per dei documenti e qualche rifiuto umano? Sei impazzito, per caso?!- Ledam stava perdendo il controllo.
-Se la fai così lunga, penso che salirò a 1200.- disse calmo Nama.
-Figlio di cagna!- Ledam stava per colpire Nama con un pugno in faccia, ma il mercenario fu più veloce dell'uomo di fronte a lui nel puntargli il revolver in mezzo agli occhi.
-Voi delle altre zone siete tutti uguali, pretendete i miei servigi, pensando che siano cose da nulla, ma vi sbagliate tutti. Anche se quelli della Verde di meno, ma comunque. Se non vuoi che questo piccolo gingillo ti faccia un buco di aerazione per quel cervello ammuffito che ti ritrovi, sarà meglio che mi dai i miei soldi, o questi documenti finiranno in un brutto guaio, Ledam.- Nama disse in maniera specialmente dura il nome del suo cliente.
-Maledetto.- Ledam mise la mano destra nella tasca di dietro per prendere il libretto degli assegni, strappandone uno per Nama.
-Molto gentile da parte tua.- il sicario rinfoderò la pistola e consegnò i documenti a Ledam, che li prese quasi come se fossero la cosa più importante del mondo e se ne andò imbronciato, un po' come i bambini piccoli, per intenderci.
-Dopo andiamo da un mio amico, ragazza.- Nama parlò come se non si stesso rivolgendo a nessuno, ma sapeva che Scylla era in ascolto sopra le scale.
-Va bene.- Scylla scese le scale lentamente, sbadigliando. -Ora posso tornare a dormire o ci sono altre sorprese nel prossimo futuro?-
-Per ora no, puoi andare tranquilla.- la sentì salire le scale e poggiò la schiena sulla sedia, calmandosi, poi si alzò e andò nella piccola banca del quartiere a riscuotere l'assegno di Leman. “Sarà meglio che le sue motivazioni siano abbastanza forti, o non ce la farà.”

 Dopo varie ore, verso le 17, il sicario e la ragazza uscirono dall'agenzia.
-Dove andiamo?- chiese sbadigliando Scylla, che anche se aveva preso qualcosa per svegliarsi non aveva funzionato granché, infatti si era vestita alla meglio peggio, prestando poca cura al suo aspetto: la giacca gli scendeva in parte da una manica e si era messa pezzi di biancheria intima e calze di colori totalmente diversi, anche se l'unica spiegazione era da imputarsi a ciò che aveva visto il giorno precedente. Il mercenario invece si era vestito di grigio, dal cappotto alle scarpe: aveva gusti monocromatici, in quanto a vestiario.
-Da un mio amico, devo verificare se le condizioni del mio equipaggiamento sono ottimali.- il mercenario e la ragazza salirono sul tram numero 37, diretto verso Grodji, un quartiere periferico situato dall'altra parte della città. Nama teneva dietro di se una borsa blu scuro con varie cose, probabilmente contenente la sua arma mutaforme e altri attrezzi mortali.
Dopo più di un'ora arrivarono alla fermata, che era anche il capolinea, e camminarono per un altro quarto d'ora, fino ad arrivare ad un negozio con una strana insegna, recitante “Cicadidae: Blood Junkie”, il tutto scritto in maniera colorata e quasi infantile.
-Sei sicuro che questo sia il posto giusto?- chiese sorpresa Scylla -Voglio dire, non ho nulla in contrario ma...-
-Generalmente quando le persone dicono così, hanno sempre qualcosa in contrario.- sbraitò il citofono.
-Eld, apri.- il tono di voce di Nama indicava che il battibecco tra la ragazzina e il suo amico l'aveva già spazientito.
-Aye, capitano.- si sentii un ronzio e poi la porta, ovviamente rinforzata, si aprì.
L'interno era l'opposto della scritta: era un posto illuminato, ma dai colori cupi, con mobili in legno scuro dove c'erano vari oggetti, contenitori di metallo con cianfrusaglie varie, ma il tutto era ordinato, tutto trovava un suo posto in quell'ambiente. Scylla guardava il posto meravigliata, anche perché abituata al caos della casa del mercenario. La tenda nella destra venne mossa da un arto robotico, poi una figura ne emerse. -Se ti impressioni così facilmente ragazzina, allora non hai visto nulla.- Sanada, l'amico di Nama, era un uomo dalla carnagione olivastra, corporatura media, alto poco più di Scylla e con due arti robotici supplementari. -Oh, questi? Avere due braccia in più nel mio lavoro fa sempre comodo, specie quando preferisci fare le cose da solo.- si tolse gli occhiali scuri e si pulì il viso con un panno pulito: non aveva molta barba, tranne un piccolo pizzetto a punta, e portava dei piercing simili a quelli di Nama nelle orecchie, anche se il mercenario ne aveva di più.
-Eld, lei è Scylla, la ragazza che ha qualcosa in contrario riguardo alla tua insegna.- disse Nama facendosi schioccare il collo e poggiando la borsa a terra. -Scylla, lui è Sanada Eld, mio amico, costruttore di robaccia utile, inutile e appassionato di robotica e armi mortali.- gli porse l'arma.
-Venite di la, è più tranquillo.- Sanada li accompagnò dietro la tenda, in un ambiente quasi opposto al precedente: lì il colore predominante era il bianco, ed era il laboratorio personale del costruttore, anche se molte cose erano messe in cassetti e contenitori vari.
Poggiò l'arma nel banco centrale, e premette un pulsante posto sotto il calcio: l'arma si trasformò di nuovo in quella lama.
-Non so se ha subito qualche danno, ma vorrei che tu dessi qualche controllo a tutte le sue forme.- disse serio Nama.
-Vai da qualche parte?- chiese Sanada rimettendosi gli occhiali e maneggiando con cura l'arma, controllando ogni fessura per assicurarsi che funzionasse al meglio.
-Devo accompagnare questa alle rovine del Santuario a nord.-
-Grazie mille per la considerazione.- replicò sarcastica Scylla. -In ogni caso, ti pagherò bene, alla fine.-
-Sarà meglio, se ci vuoi arrivare intera.- ghignò il mercenario.
-Ahhh, la gioventù, peccato che ho un botto di roba da fare ma pazienza.- Sanada passava da una funzionalità dell'arma all'altra con molta sicurezza, come se l'avesse già maneggiata in passato altre volte. -Sembra che tutto sia a posto. Puliscila come si deve ogni volta che utilizzi una delle sue modalità, almeno sarà più efficiente quando dovrai liberarti dagli scarafaggi dopo.- Sanada consegnò l'arma a Nama, sollevandosi gli occhiali e massaggiandosi gli occhi. -Lo sai che Tendon è una rogna da mantenere, ma il suo attuale proprietario sta facendo un lavoro migliore di quello precedente, almeno.- sbuffò -Ah, fanno 400 caros.-
-Sempre il solito, vecchia volpe.- Nama mise mano al portafoglio e gli diede i soldi.
-É sempre un piacere fare affari con te, Reny.- il costruttore piegò i soldi e se li mise nella tasca di dietro.
-Basta che non li spendi in quella merda di Fhim.- il mercenario rimise l'arma nella borsa e si incamminò verso l'uscita, seguito a ruota da Scylla.
-Nha, ho smesso anni fa con quello schifo, e poi non credo ne abbiano più in questa zona.- piegò la schiena e li accompagnò all'uscita. -Ricordatevi che siete i benvenuti qui, anche se qualcuno ha gusti decisamente discutibili.-
-L'insegna da bambino ce l'hai tu, mica io.- disse tranquilla Scylla mentre usciva.
-Quando ritorneremo, stai tranquillo che verrò a fare un'altra revisione da te.- Nama e Scylla si incamminarono nuovamente verso la fermata del bus.
-Dopo quello che hai visto, sei ancora sicura di voler andare?- gli chiese Nama mentre aspettavano il tram.
-Si, lo devo fare a tutti i costi.- Scylla sbadigliò un'altra volta -E poi, devo capire perché ho questo potere e perché quell'essere mi ha attaccato.-
-Ne incontreremo altri, su quello ci puoi giurare.- Nama guardò il sole che ormai stava per tramontare. “Sperando che tu non faccia la sua fine.”

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Capitolo 5
*** Il cuore che apparteneva al Nord ***


Scylla si svegliò all'improvviso, con il sudore freddo che le imperlava la fronte. Sentiva ancora le sensazioni di quel sogno, che aveva fatto per la quinta volta, e che sapeva che avrebbe rifatto in seguito. Aveva ancora tutti i muscoli tesi, stringendo il lenzuolo con una mano mentre con l'altra si stava asciugando la fronte. “É solo un sogno.” si ripeté per l'ennesima volta. Girò la testa verso la sveglia, l'unica che era riuscita a rimediare al mercato generale lì a Yhat per solo venticinque caros, praticamente un mezzo furto, contando che aveva anche dovuto cambiare le batterie; l'orologio nel display segnava che erano quasi le sette del mattino. Si alzò sui gomiti, poi piegò la schiena in avanti, distendendo le braccia verso i piedi e facendo schioccare almeno una decina di vertebre.
-Ok, così va molto meglio.- disse stancamente prima di alzarsi dal letto. Mentre si legava i capelli con una coda dietro la testa, scese per mangiare qualcosa: quel giorno sarebbe dovuta partire con Nama, dopo quasi una settimana dallo scontro con il “mago”. Anche se la ragazza gli aveva chiesto spiegazioni, non ne aveva mai ottenute troppe, quindi aveva lasciato perdere. Si preparò una tazza di caffè con un po' di latte, circa una dozzina di biscotti e un toast. Il fatto che mangiasse molto alle volte metteva in soggezione le persone, ma lei non ci faceva mai troppo caso, specialmente per quel viaggio che doveva fare.
Dopo un po' si alzò anche Nama che, al contrario di lei, sembrava aver riposato bene. Lui faceva colazione con poche cose, ma pesanti, però non sembrava mai averne risentito, e non parlava mai quando mangiava, perché “Durante i pasti mi concentro sul mangiare, se mi metto a parlare mi ci vuole di più e inizio a digerire dopo”. Fecero colazione in silenzio, poi andarono nelle rispettive camere per prepararsi.
Dopo essersi fatta una doccia, cambiata e aver messo in una borsa tutte le cose più importanti, guardò a lungo la camera dove aveva vissuto per quasi due mesi. “Meglio smettere di fare i sentimentali e andare.” chiuse la porta dietro di se e scese le scale. Nama la aspettava seduto sulla scrivania, vestito di nero e grigio chiaro, con una borsa blu scuro vicino ai suoi piedi.
-Una volta partiti, non si torna più indietro, ne sei consapevole?- gli chiese Nama atono.
-I tuoi lavori sono sempre stati così, quindi so già che è tutto o niente.- ribatté calma Scylla. -Comunque, ho già in mente dove andare come prima tappa, se non hai già avuto qualche idea tu.-
-Io ti devo solo scortare, quella che decide l'itinerario sei tu, dopotutto. Ma ti avverto, più alti saranno i casini dove finiremo, maggiore sarà il mio compenso, anche se penso che tu lo sappia già.-
-Si, si, non c'è bisogno di ricordarmelo.- si grattò la testa e andò verso le scale che portavano alla porta d'uscita.
Quando Nama uscì dalla porta che dava al suo appartamento/ufficio, mise un cartello con scritto “Non tornerò prima di vari giorni, non suonate perché non ci sono.”, anche se alle volte lo metteva quando non voleva avere scocciatori e lavori per qualche tempo.

Dopo mezz'ora di cammino, arrivarono verso le otto e quindici alla stazione in piazza Uman, prendendo il treno diretto per Tigaf, situata nella Zona Rossa, che era ad est rispetto alla Zona Grigia, situata al centro di Dulcin.
-Non mi chiedi nulla sulla destinazione?- chiese Scylla a Nama una volta trovati dei posti liberi nella carrozza di seconda classe, che aveva i sedili un po' più duri e i colori di tutti gli interni erano spenti, cosa accentuata anche dall'usura e dalla scelta del felice “grigio topo”. Alle volte si stupiva del fatto che esisteva una differenza di classe nei treni del 2170. Misero le proprie borse sopra nella grata e si sedettero.
-Alle volte preferisco rimanere sorpreso, quando faccio questi tipi di lavori. Il che non capita spesso, ma le poche volte che succede preferisco non sapere di preciso dove si va. Per me l'importante è la destinazione, non le tappe intermedie, anche se possono rivelare sorprese piacevoli.-
-Quello che stai cercando di dire è “Spero che tu ti metta nei casini così mi paghi di più”, vero?- gli chiese Scylla imitando la sua voce.
-Più o meno si.- rispose calmo -Quanto ci vorrà per arrivare?- guardava fuori dal finestrino, anche se il treno non si era ancora mosso.
-Dunque, contando che ci saranno solo poche fermate e poi il resto è tutto foresta, pianura e montagne, direi un due ore circa. Le prossime fermate sono ancora nella zona Grigia, ma quando usciremo da qui ci sarà un po' di natura tra noi e la zona Rossa, e poi ci sarà di nuovo un po' di civiltà, anche se decadente.-
-Comprendo.- il mercenario si prese delle cuffie e una sorta di vecchio lettore musicale, modificato per essere ancora funzionante. -Allora penso che mi rilasserò fino ad allora.-
-Prima posso chiederti una cosa?- Scylla lo sapeva che il mercenario non amava molto le domande, ma questa volta sembrava tranquillo. -Come mai Sanada ha chiamato la tua arma “Tendon”? Era il nome di qualche tua conoscenza?-
-Sanada ha il vizio di dare nomi a tutte le sue creazioni. Ha dato un nome a tutte le modalità dell'arma, ma non c'entrano niente con persone o luoghi.- si mise le cuffie e chiuse gli occhi. Si sentiva un po' di musica uscire dalle cuffie, anche se Nama non se ne accorgeva: Scylla riconobbe la sonorità violenta di “The Plague is Coming”, canzone popolare di un gruppo underground della Grigia, i Raise the Dead. Avevano cominciato la loro carriera musicale da poco, ma si erano fatti riconoscere per il suono marcio, violento e veloce, un po' come un pungo in faccia.
Si può dire anche che i gruppi musicali rispecchino le varie zone: ad esempio, quelli della Grigia sono più violenti, mentre quelli della Verde e della Blu sono più tranquilli, invece quelli della Rossa sono più danzerecci.
Dopo circa un quarto d'ora furono all'ultima fermata della Grigia, e salirono pochi passeggeri, anche se il treno non era particolarmente affollato. Dopo mezz'ora circa si trovavano nella pianura del Sajahr, nominata così per via degli alberi dalle foglie dorate che crescono solo in quel posto, anche se vengono nascosti da altri alberi ben più alti e vecchi, come se fossero uno “scudo”.
Un suono catturò l'attenzione di Scylla. Dato il suo potere vocale, sarebbe strano se ciò non avesse influito anche sul suo udito. Il rumore sembrava provenire dal bagno, che era situato tra la prima e seconda carrozza di seconda classe, quindi non doveva fare troppa strada. Era debole, quasi impercettibile, almeno per le persone comuni: sembrava quasi un sussurro, o un fruscio, e diventava più chiaro man mano che si avvicinava, come se avesse un effetto rilassante su di lei.
Oltrepassò le ultime file e trovò la porta del bagno, chiusa dall'interno. Provò a bussare, ma ascoltando attentamente non sentiva nessuno dentro. “Le ipotesi sono due: o qualcuno si è impiccato, o la mancanza di sonno mi sta friggendo il cervello.” Scylla fece per andarsene, ma la porta si aprì e un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati uscì dal bagno. “Almeno non è morto qualcuno.” si voltò e andò nel bagno, chiudendo la porta.
-Bene, capiamo da dove veniva quel suono maledetto e finiamola qui.- non c'era molto spazio per muoversi, dato che era un bagno su un treno: a parte il cesso, il lavandino, un piccolo specchio e un rotolo di carta per asciugarsi non c'era altro. Scylla si guardò attorno, tendendo l'orecchio per percepire i vari suoni all'interno dell'ambiente ristretto, ma non captava nulla. Desolata, si voltò, ma qualcosa le diceva di non muoversi. Sentiva qualcosa, anche se era un suono molto basso, quindi rimase ferma ad ascoltare, chiudendo gli occhi. Il suono era con frequenze basse, quasi un borbottio, ma allo stesso tempo era diverso: aveva quasi una sua musicalità, sembrava che ci fossero altre cose che lo accompagnavano, come delle piccole campanelle, fruscii di fronde d'alberi, stridii di lamine di metallo, ma ciò che era in primo piano era la voce. Si concentrò ancora di più per sentirla, e allora capì dove l'aveva sentita: era la stessa timbrica del Mago Nero. Non riaprì subito gli occhi, perché quella stessa voce sembrava dirgli di non provare paura. Era come un sussurro, una ninna nanna che la cullava verso l'oblio. Sentì qualcosa sfiorargli i capelli. “NO!” uscì di scatto dal bagno, madida di sudore e con la pelle pallida. Tremante, andò piano a sedersi, con i sensi tesi al massimo come la pelle di un tamburo.
Nama non fu troppo sorpreso di vederla così, ma gli chiese comunque se tutto era ok.
-Si, ho solo avuto un capogiro mentre ero in bagno.- mentì, massaggiandosi le tempie -Nama. Se voglio andare al santuario è perché lì si trova il mio cuore. O almeno, devo capire cosa significano quelle parole.- poggiò la testa sullo schienale duro, chiudendo gli occhi per provare a rilassarsi.
-Il nord è un posto pericoloso. Anche io ho lasciato qualcosa lì, ma non voglio rivangare il passato. Almeno hai una motivazione valida, e non una banale scusa per avere una guardia del corpo.- disse senza scomporsi il mercenario. Almeno era rimasto lo stesso di sempre.

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Capitolo 6
*** Sogni e conoscenze ***


Era di nuovo in quel mondo innevato, ma questa volta non c'erano case attorno a lei. Solo la neve, un'enorme distesa di neve, che si estendeva a perdita d'occhio. Non nevicava, ma questa volta percepiva intensamente la sensazione del freddo. “É solo un sogno, giusto?” si disse guardandosi attorno e cercando di muoversi per mantenere caldo il proprio corpo.
Dopo qualche tempo, cominciò a tremare, a sbattere i denti: il freddo stava aumentando, e anche se era un sogno, era stranamente realistico, ma era diverso da quello dei giorni scorsi. Anche se alla fine, ricordava solo frammenti di quei sogni.
Man mano che continuava ad avanzare, percepiva del vento: proveniva dalla direzione dove si stava dirigendo, anche se non sapeva se era nord, sud, est oppure ovest. Ma con molta probabilità aveva deciso di andare a nord, perché sentiva che doveva andare lì, come un magnete che ne viene attratto. Il paesaggio non sembrava aver subito cambiamenti con il vento: le sue orme rimanevano impresse nella neve, che non pareva essere diminuita. Guardò sopra, verso il cielo plumbeo che era stranamente calmo, e percepì una luce. Una luce viola, filtrata a causa delle nuvole grigio acciaio. Sentì l'impulso di provare a prenderla, di provare ad arrivare a quella fonte luminosa, come se fosse l'unica sua ancora di salvezza.
Sollevò le braccia, distendendole verso il cielo, e la cosa sembrava funzionare: un globo viola luminoso stava scendendo, come richiamato da lei, un magnete che risponde ad un altro. Man mano che scendeva, cominciò a sentirlo vibrare, e udì qualcos'altro: era la stessa cosa che aveva sentito prima nel bagno del treno. Guardò il globo che scendeva, e che aveva cominciato a mutare: al centro comparve un occhio verde, che venne circondato da bocche dalle quali uscirono delle braccia uguali a quelle del Mago Nero, che la immobilizzarono prima che potesse fare qualcosa. Il globo si fermò a mezz'aria, e le braccia la sollevarono per farla arrivare all'altezza della sfera. Ora riusciva a sentire meglio il suono, che assomigliava a parole dette lentamente ma a ciclo continuo.

 “...Shom vom kat namar,
Fam avhen
Produj vom grukai son lamen
Zoari fytop vom enaku

Kizaf son grujha
Famel vom Lian
Produj ruman vommer
Dui var Nod Kim...”

Si sentiva leggera, come se non pesasse più nulla. Mentre l'occhio la fissava, chiuse gli occhi, sentendo le mani che gli scavavano nella pelle...

… ma era solo Nama che gli scuoteva la spalla, svegliandola da quel sogno assurdo.
-Eh? Successo qualcosa?- disse lei assonnata, tirando fuori le prime parole che trovava. Quando gli partiva il sonno, era difficile svegliarla, specie se di mezzo c'era un sogno stravagante. I capelli neri e blu gli erano finiti un po' in faccia e ora non era troppo felice al pensiero di rimetterli a posto.
-Volevo assicurarmi che tu stessi bene. Sembrava tu stessi farfugliando qualcosa nel sonno- si avvicinò a lei -cose un po' pericolose. Non si sa mai chi o cosa puoi avere intorno, stai attenta quando ti addormenti.- il suo sguardo era duro come granito e le parole fredde come ghiaccio. I capelli gli incorniciavano il viso affilato, con gli occhi marroni che sembravano ancora più scuri. Le sue parole pesarono su Scylla, che si sentì quasi in colpa del proprio sogno.
-Si, va bene.- si mise a guardare fuori. Avevano oltrepassato la pianura del Sajahr ed erano entrati nel passo montano dei Poruum, una piccola catena montuosa che separava la zona Grigia dalla Rossa: si estendeva per qualche chilometro, e passava sia nello stato di Dulcin che nei confinanti Lapse e Fatram, rispettivamente a nord e ad est dello stato.
Scylla si accorse che anche Nama stava guardando fuori, probabilmente assorto in qualche pensiero. Sorrise vedendolo così, e si concentrò sul paesaggio. Le montagne ogni tanto cedevano posto alla foresta, che non era mai troppo fitta, almeno dove passava il treno. Gli alberi superavano tutti i dieci metri d'altezza, anche se non sapeva identificarli così ad occhio, ma si accorse che erano sempreverdi, considerando che erano in autunno inoltrato e vari alberi stavano già mutando i colori del loro fogliame, anche se in quella parte della foresta ve ne erano pochi di quei tipi. Ad eccezione del tratto ferroviario, il terreno era abbastanza scosceso, e la cosa sembrava angosciare qualche passeggero. Probabilmente, passavano di lì per la prima volta. Un uomo corse di fretta al bagno, forse per vomitare, dato che era pallido in viso, come Scylla poco prima.
-Mmh...- Nama piegò il collo a destra e a sinistra, facendo schioccare le vertebre cervicali con rumori che provocavano brividi freddi a Scylla. La cosa sembrava divertire il mercenario ogni volta che lo faceva.
-Non potevi farlo dopo in bagno?- chiese la ragazza, guardandolo quasi inorridita dal gesto.
-Aspetta, aspetta...- il mercenario chiuse gli occhi e si abbandonò sullo schienale del sedile.
-Mha, chissà cosa ci trovi di divertente nel far quel gesto raccapricciante...- la ragazza si alzò e stese le braccia verso l'alto, per far sciogliere i muscoli rimasti tesi a causa del viaggio.
Il paesaggio fuori era cambiato: ora stavano attraversando un ponte di ferro, costruito vari decenni fa ma mantenuto funzionante tutt'oggi per ovvi motivi. Sotto il ponte scorreva il fiume Danrha, che si era ingrossato a causa delle recenti piogge, che ne avevano alzato il livello dell'acqua, anche se non scorreva troppo velocemente come nella sua fonte d'origine, situata nel monte Kinut. Scylla si ricordò che Nama una volta menzionò quel fiume e quel monte, anche se non ricordava le circostanze.
Assorta nei suoi pensieri, non si accorse dell'uomo che gli era dietro, che gli cinse la gola con il braccio destro e gli puntò una pistola alla tempia. Si accorse che era lo stesso tipo che era corso in bagno prima, ma ora sembrava decisamente diverso: aveva gli occhi arrossati, lo sguardo febbrile, che guardava tutti i passeggeri, e che puzzava di vomito. “Appena scendo dovrò trovare un modo per far passare questa puzza infernale” pensò calma la ragazza. Purtroppo per lei, non era la prima volta che veniva presa d'ostaggio: lavorando con Nama, era una cosa che gli accadeva una volta su cinque, e gli era già capitato quasi dieci volte. “Hai un talento naturale per farti prendere d'ostaggio, alle volte mi semplifichi le cose, ragazza.” gli disse tempo fa il sicario.
-Non fate un passo o gli faccio saltare il cervello!- urlò ai passeggeri l'uomo. Era sulla quarantina, calvo e dal volto scavato, probabilmente era in astinenza da qualche droga; gli abiti logori e sbiaditi davano l'impressione che fosse un senzatetto.
Tutti i passeggeri del vagone erano diventati piuttosto tesi, tranne uno: Nama era l'unico tranquillo, e stava addirittura sbadigliando.
-Tu che cazzo hai da sbadigliare? Eh? Dillo o le faccio saltare la testa a questa zoccola!- gli urlò l'uomo.
-Mi stavo chiedendo quanto ci avresti messo per farti una dose e decidere chi prendere in ostaggio, tutto qui. Ci hai messo un po', vecchio.- replicò freddo il mercenario. Nel frattempo, Scylla cercava di allentare la presa del braccio del suo aguzzino, per riuscire a respirare meglio.
-Ah, quindi lo sapevi? E non hai fatto nulla per impedire che io prendessi la cagna che stava con te? Eh?- gli stava colando della bava dalla bocca. “Assolutamente disgustoso.” pensò Scylla. -Penso che appena arrivati, gli farò saltare la testa, poi la scoperò e ne venderò gli organi al mercato nero!- premette la pistola contro la tempia della ragazza -Hai qualcosa da dire, merdaccia?-
-Si, gli ombrelli rosa non sono molto di stagione.- Nama guardò dietro l'uomo, che si girò appena in tempo per vedere una donna sulla trentina dargli un colpo con il manico dell'ombrello sulla mano dove teneva l'arma, facendogliela cadere. La donna diede un altro colpo, più violento, sulla tempia dell'uomo, facendolo sanguinare e svenire.
-I viaggi intrazone sono sempre pericolosi, quando si passa dalla Grigia, ragazza.- la donna prese un panno bianco dalla tasca sinistra del soprabito scuro e pulì il manico dell'ombrello, che aveva preso un colorito più scuro a causa del sangue del tipo. -Anche se hai quell'omaccione di Nama come guardia del corpo, non abbassare la guardia.- disse civettuola la donna. Aveva un soprabito nero che non era abbottonato, una camicia di seta bianca che lasciava intravedere il reggiseno scuro sotto, dei guanti bianchi di cotone e dei pantaloni di velluto scuro, che si abbinavano con gli stivali scuri anch'essi. Aveva un impianto per l'occhio destro, cosa visibile dalle parti metalliche attorno all'orbita che coprivano il sopracciglio e arrivavano allo zigomo, fino ad arrivare quasi all'attaccatura dei capelli, che erano tinti di rosa, ma si intravedeva la ricrescita scura sotto. L'altro occhio era castano e aveva una cicatrice sotto, che percorreva tutto lo zigomo. Il viso era appuntito ma regolare, e in più era alta, cosa che faceva invidiare Scylla, dato che anche Nama la superava di almeno quindici centimetri.
-Sapevo di poter contare su di te, Mirano.- disse Nama mentre usava delle stringhe per legare le mani dell'uomo svenuto dietro la sua schiena, prendendosi la pistola. -Questo mi farà guadagnare qualche caros extra.-
-Ci farà guadagnare qualche caros extra, volevi dire. Ti ho aiutato o sbaglio?- sorrise la donna. Scylla aveva la netta impressione che loro due si conoscevano, e che avrebbe passato qualche brutta giornata di li in avanti.

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Capitolo 7
*** Il favore ***


-Comunque sia, l'unica cosa per la quale ti salvi è il culo. Nel senso letterale del termine, contando che sei una compagna piatta, è l'unica cosa su cui dobbiamo fare affidamento.- disse Mirano a Scylla, appena usciti dall'ufficio delle Guardie Armate nella stazione di Shiot, capolinea del treno. La ragazza aveva la faccia di una che si chiedeva se il suo interlocutore era serio o stesse scherzando. -E lo dico per esperienza, anche se forse è meglio non dire la mia in questo campo.- fece una risatina e si zittì. Scylla capì che Mirano era strana come Nama, anche se sospettava che forse era più strana.
-Si è letteralmente scopata un suo clone.- Nama adorava dire quella frase, lo trovava quasi gratificante da dire, confermando l'ipotesi della ragazza, che guardò Mirano con uno sguardo pieno di impressione, curiosità e forse disgusto.
-Grazie per aver rovinato l'atmosfera, signor Mercenario.- replicò di tutto punto Mirano, togliendo dalla tasca interna sinistra una lunga pipa elaborata. Era verde muschio con piccoli ghirigori bianchi lungo tutto il manico, una vera opera d'arte presa direttamente da un importatore di Fatram.
Si sederono su una panchina all'uscita della stazione ferroviaria, che dava sulla piccola piazza Reuni, che al centro aveva una statua di un uomo che reggeva una spada rivolta verso il cielo. Nama mise una mano in tasca, prendendo e mettendosi i piercing uno alla volta. Ne aveva tre per orecchio ed erano tutti dei semicerchi uguali, tranne per il colore: quelli di destra erano blu, quasi blu notte, mentre quelli di sinistra erano color grigio acciaio. “Sempre una seccatura quando entro in una Zona” pensò mentre avvitava la sfera di chiusura del secondo piercing destro. Metteva sempre quelli per primi, ormai da anni, così tanti che non lo ricordava bene.
-Hanno fatto molte storie per le armi?- chiese Mirano emettendo una leggera nube azzurrognola dalle narici. -Ricordo che una volta avevano provato a confiscartele tutte. Quante te ne eri portate dietro? Dieci?-
-Erano solo quattordici, e la cosa non ti doveva riguardare. Ma se non fosse stato per te, non sarebbero arrivate al destinatario.- il sicario finì di sistemarsi i piercing e si portò i capelli dietro la nuca con un gesto secco della mano sinistra.
Scylla diede un colpo di tosse, anche se era per richiamare l'attenzione. -Ehm, Nama? Forse è meglio se andiamo a poggiare le borse di la, non credi?- aveva un'espressione particolarmente seria: un suo tratto era “Odio perdere tempo con teatrini e discussioni inutili”, quindi il discorso amichevole tra Nama e Mirano non gli era troppo a genio.
-Mh. Hai ragione.- il sicario prese la borsa, e si alzò. -Hai l'indirizzo da qualche parte?-
Scylla si alzò e piegò la schiena all'indietro per sciogliere i muscoli -Si, per fortuna è qui vicino.- prese la borsa e si incamminò a destra, seguita a ruota da Nama e da Mirano.
-Perché ci segui? Non hai altro da fare, Mirano?- chiese schietto il sicario alla sua amica. Anche se dire amica è riduttivo, contando la loro storia.
Si erano conosciuti grazie ad un incarico di Nama: il suo incarico consisteva nel far fuori Mirano per conto di un suo concorrente sulla piazza, che voleva la sua fetta extra di mercato illegale. Mirano però riusciva sempre a fuggire al sicario, fino a quando non se lo era portato a letto, convincendolo che era meglio lasciarla vivere e a sbarazzarsi del suo concorrente. Non ricordava bene quando fosse successo e quante volte fossero finiti a letto e per quanto tempo era durata la situazione, ma anche se Nama non lo dava a vedere, era felice di vedere Mirano, dato che era una delle poche persone delle quali si poteva fidare.
-Mi devi un favore, Mercenario, ma lo scoprirai dopo. Ogni cosa a suo tempo.- Mirano emise un'altra nube di fumo azzurrognolo e si zittì per tutta la durata del tragitto. Continuarono in silenzio per un po' in quella direzione, con Scylla davanti che reggeva una cartina stradale presa alla stazione ferroviaria.

Le strade vicino alla stazione erano poco trafficate, contando che si erano dovuti fermare all'ufficio delle Guardie Armate per almeno tre quarti d'ora e si erano fatte le undici; gli edifici che si affacciavano alla strada erano tutti abbastanza vecchi e mal tenuti, e la cosa non sembrava essere cambiata nel corso degli anni, ma Nama non ci fece troppo caso. Riconobbe una casa color crema sbiadito, lì aveva incontrato il committente per l'omicidio di Mirano anni or sono, e lì l'aveva ucciso più o meno due settimane dopo. Girarono a sinistra e poi di nuovo a destra al secondo incrocio, entrando in una parte del centro storico che a quell'ora era molto poco frequentata, a parte da ragazze che si svendevano per fame a pochi caros.
-Questo posto è sempre uguale...- disse Nama passando davanti ad una tizia con il corpo magrissimo e vestita di stracci, che alzava un bicchiere per mettere qualche moneta. Gli edifici di quella parte della città sembravano ancora più vecchi e logori, con muri crepati e colori molto più blandi, vecchi di secoli. Probabilmente qualcuna era inabitata.
-Era l'unico posto abbastanza economico che ho trovato in questa zona. Tanto non ci dovremo restare molto.- disse Scylla fermandosi e guardando la cartina, per assicurarsi di aver seguito la strada giusta. Non sempre aveva un buon senso dell'orientamento, ma Nama su quel frangente non poteva discutere perché anche lui era come lei. -Per di qua.- girò a sinistra e dopo pochi metri si fermò davanti ad una porta di legno color rosso mattone. Bussò, e poco tempo dopo aprì un vecchietto curvo sulla schiena.
-Oh, salve, salve... lei è quella ragazza che ha telefonato qualche tempo fa, vero? Si, dalla descrizione sei totalmente tu, entrate.- disse in modo garbato. Aveva probabilmente più di ottant'anni, con il viso barbuto e pochi capelli in testa. Portava degli occhiali da vista, una maglietta logora nera, dei jeans e delle ciabatte. “Quando si dice esperto di moda...” pensò divertito il mercenario. Li fece accomodare dentro, mettendosi dietro ad un bancone.
-Dunque... una camera con due letti singoli per un numero di notti non specificato...- aprì un cassetto e ne tirò fuori una chiave, con un ciondolo di legno scuro con il numero “97” scritto con un pennarello bianco. -La prima a destra del secondo piano. Passate dopo per i documenti identificativi.-
-Va bene.- Scylla prese la chiave e si avviò sulle scale: quell'edificio era più curato all'interno che all'esterno, con pareti beige dai motivi floreali neri stilizzati. Le scale erano di legno scuro, e parevano pulite da poco. Salita la prima rampa di scale, percorrerono il lungo corridoio sul quale si affacciavano quattro camere per lato e salirono la seconda. La pianta dell'edificio sembrava svilupparsi in lunghezza e verso l'alto, almeno per quello che pensava Nama.
Dopo poco arrivarono alla stanza 97, e dopo tre giri di chiave Scylla aprì la porta di legno chiaro: la stanza era luminosa, con un piccolo corridoio centrale, due letti singoli vicini con di fronte un armadio e il bagno sulla destra; c'era pure una porta finestra con un piccolo balcone.
-Ok, Nama, dammi la borsa che devo fare il mio esercizio.- Scylla posò la sua borsa e quella del sicario sui rispettivi letti.
-Noi ti lasciamo da sola per un po', allora.- Nama si voltò ed uscì dalla stanza, seguito a ruota da Mirano, mentre con la coda dell'occhio vedeva Scylla chiudere gli occhi e prendere fiato.
-É un'esibizionista?- chiese ironica Mirano appena finse di chiudere la porta: la lasciò quasi socchiusa, in modo che sia dall'interno che dall'esterno sembrasse chiusa, ma in realtà non lo era, così era più facile entrare se fosse successo qualcosa.
-Ascolta.- poco dopo, si sentì la voce della ragazza, che esercitava il suo potere con dei vocalizzi leggeri. -Lo fa per cercare, tramite la voce, eventuali cimici o telecamere nascoste. Ha la paranoia di queste cose, l'ha fatto perfino da me.- Nama, che era più alto di Mirano di soli cinque centimetri, vide con la coda dell'occhio il suo volto impallidirsi.
-Nama, lei è...- poggiò la mano destra sulla porta, per sentirne le vibrazioni e chinò il capo, rimanendo per un po' in silenzio, con la voce di Scylla in sottofondo. -Ti rendi conto di quello che stai facendo, maledetto idiota?!- prese Nama per il colletto della maglietta con la mano sinistra e portò la sua faccia a poca distanza dalla sua -Hai intenzione di creare un'altra Eleonor?!- la rabbia di Mirano era contenuta, e la sua voce era un sussurro rabbioso, quasi un sibilo.
-Mirano.- Nama prese delicatamente la sua mano e la tolse dal suo colletto, per poi prenderla per la gola e sbattere la sua testa al muro opposto alla porta della stanza. -Se ti sento pronunciare ancora una volta il suo nome, ti strangolo con le mie mani.- stava perdendo la calma, e non era un buon segno. Ormai bastava solo il suo nome per farlo infuriare.
-Nama...- Mirano prese la mano del mercenario con le sue, ma non strinse -... se proprio devi strangolarmi, fallo mentre siamo a letto, no?- fece un sorriso quasi forzato, cercando di calmare l'ira del sicario. A quella frase, Nama allentò la presa, lasciando andare la sua amica. Incredibile che fosse riuscito a calmarlo usando l'ironia.
-Sempre la solita ninfomane, tu.- si passò le mani sul volto, ravvivandosi i capelli.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio, è risaputo. E poi lo sai che le mie gambe si aprono solo per te.- si massaggiò la gola, riprendendo lentamente il fiato. -Ora dovrò trovare una sciarpa adatta a causa tua. E non ne sceglierò una economica, sappilo.- Ancora una volta, l'ironia della sua amica tranquillizzò l'animo iracondo di Nama.
-Comunque, per risponderti a prima, lo so benissimo quello che sto facendo. Lei ha deciso questa strada. Se avrà rimpianti, la ricondurrò a casa. Se vorrà essere uccisa, una volta scoperta la verità, l'accontenterò. L'hai sentita anche tu, no? É entrata in contatto con loro, purtroppo. Ormai non c'è niente che possa fermare il masso in caduta.-
-Ecco perché hai scelto il posto vicino a me nel treno, vecchia volpe...- Mirano sorrise, e si sentì un tonfo nella stanza.

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Capitolo 8
*** La contaminazione ***


Scylla era inginocchiata a terra, e stava facendo dei respiri profondi. Non gli era mai capitato che gli succedesse, neanche quando l'aveva fatto da Nama. Si premette la mano sinistra sulla giacca di pile, stringendola forte. “É tutto ok, puoi farcela. Ora alzati e vai in bagno a rinfrescarti un po'.” Poggiò la mano sul lenzuolo del letto di Nama e si alzò piano. In quel momento entrarono Nama e Mirano, quest'ultima più preoccupata del mercenario, almeno esternamente.
-Non vi preoccupate, è tutto ok...- disse loro per farli stare tranquilli. O alla larga da lei, non lo sapeva bene. Da quando aveva scoperto del suo potere anni fa, aveva sempre fatto in modo di sembrare forte agli occhi delle persone, cercando di far capire che sapeva padroneggiare questo suo “dono”, come sempre lo chiamava sua zia Jamel: è stata lei, nel testamento a lasciare il messaggio “Dirigiti al Nord, nelle rovine del Grande Santuario abbandonato. Lì troverai il tuo cuore e...” purtroppo, l'infarto l'aveva colta mentre scriveva le ultime parole.
Camminò piano verso il bagno, tenendo la sinistra stretta al petto, come se si stesse aggrappando alla giacca come un'ancora. Quando fu vicina alla porta, per poco non cadde con la faccia dritta sulla porta, se non si fosse appoggiata con la destra al muro. “Di nuovo quella sensazione opprimente di prima.” pensò mentre arrancava al bagno, socchiudendo la porta. Prima non ci aveva fatto caso, ma il bagno gli sembrava più spazioso di quanto pensasse. La vasca da bagno era vicino alla porta, sulla sinistra, mentre a destra vi erano il lavandino con uno specchio e il water; vicino ad esso c'era anche un'altra parte che gli sembrava di aver visto tempo fa a casa di alcuni parenti, ma al momento non riusciva a pensare bene.
Posò le mani sul lavandino, facendo scorrere acqua tiepida. Mise le mani sotto per raccoglierne un po' e si sciacquò la faccia. Il suono che faceva l'acqua quando scendeva, anche se non era normalmente udibile, gli ricordava il suono che aveva udito quando il Mago si era manifestato per la prima volta davanti a lei, in quel mondo innevato. “Smettila di condizionarti, Scylla. Calma.” prese un asciugamano vicino e si asciugò la faccia. Notò che aveva qualcosa di strano nell'occhio, come una piccola macchia nera vicino all'iride. “E questa?” si avvicinò allo specchio, per vederla meglio. Non sembrava troppo problematica, ma continuava a chiedersi come se l'era procurata. Continuava a guardarla, e sembrava quasi che si muovesse. “Devo essere decisamente stanca, per vedere queste...” Un qualcosa interruppe i suoi pensieri: dalla macchia, nel suo riflesso nello specchio, si formò una mano scura che aumentava di dimensione, mentre cercava di afferrarle la faccia. Contemporaneamente, delle voci simili a quelle del suo sogno, gli sussurravano all'orecchio.
-No, no, no, no, NO!- si chiuse le orecchie con le mani e urlò più forte che poté, rompendo il vetro e quasi mandandolo in frantumi. Per un momento, sentì delle voci, poi l'oscurità.

* * * * *

Nama aprì la porta lentamente, per vedere cosa era successo, e vide Scylla con un ginocchio a terra e che ansimava, facendo respiri profondi. “Non devi interferire, mercenario, ricorda cosa è lei e qual è il tuo limite.” si disse mentalmente rimanendo in silenzio, accompagnato da Mirano, anche se lei era più preoccupata del sicario, che cercava di non esserlo, almeno di facciata. Mirano provò a fare un passo in avanti per aiutare Scylla, che si stava rialzando aiutandosi con il letto per sorreggersi.
-Non vi preoccupate, è tutto ok...- disse affannata lei, e Mirano si fermò, guardandola avanzare verso il bagno a passi lenti, come se si stesse trascinando. Una volta che fu oltre l'armadio, non poté più essere vista dai due.
-Mirano, posso chiederti una cosa?- chiese Nama alla sua vecchia compagna sottovoce -Se io ti aiuto con quella cosa, puoi venire con noi?- un po' gli costava chiederlo, anche perché aveva la fama di essere uno che svolgeva tutti gli incarichi in solitaria, ma quello non era un incarico normale, o almeno, dopo aver incontrato il Mago Nero, non lo era più. “Se questa cosa finisce bene, mi faccio un mucchio di soldi.” pensò, anche se era tutto da vedere. Si girò verso Mirano, che aveva l'espressione di una che non si aspettava quella domanda. -Non te l'avrei chiesto se non fosse una cosa seria. Lei è entrata in contatto con loro, e non si sa che strani giochi mentali hanno in serbo per lei. Se io mi devo assentare, preferirei non lasciarla da sola, è troppo rischioso.-
Mirano soffocò una piccola risata e sorrise -Non ti preoccupare, uomo d'acciaio, la terrò d'occhio io. Dopo dovremo andare a sistemare un po' di cose e...- la loro attenzione venne catturata da un urlo spaventoso, di un'acutezza micidiale. Andarono subito da Scylla, e la trovarono rannicchiata, tremante, con gli occhi chiusi e che si premeva le mani sulle orecchie. Di fronte a lei, lo specchio quasi distrutto dalle sue onde sonore. “Questo è il suo potere? Di male in peggio...” pensò cupo il mercenario chinandosi vicino a lei.
-Scylla, Scylla. Sono io, Nama.- gli si mise vicino, senza toccarla. Era già passato in quella situazione anni fa e sapeva che toccare le persone confuse dalle allucinazioni dei Maghi era peggio, perciò rimase semplicemente lì, aspettando che la ragazza reagisse alla sua presenza. Silenziosamente, fece cenno a Mirano di togliere la borsa della ragazza dal letto.
-... macchia... una macchia nell'occhio...- disse d'un tratto a voce bassa.
-Se vuoi posso controllare.- cercò di essere il più amichevole che poté, ma il suo tono gli sembrava distante, anche in quella situazione. La ragazza però gli diede fiducia, e tolse piano le mani dalle orecchie, andando a posarle sulle sue spalle, sollevandosi entrambi lentamente. -Ok, diamo un'occhiata veloce.- Scylla aprì gli occhi, e il mercenario vide i segni del cambiamento sulla ragazza: le iridi si stavano schiarendo, e minuscoli puntini neri sembravano apparire nella cornea, salvo poi sparire dopo pochi istanti: gli occhi della ragazza tornarono alla normalità poco dopo che li aveva riaperti.
-Non c'è più?- chiese con voce tremante. Probabilmente stava per piangere.
-No, non c'è nessuna macchia.- gli disse tranquillo il mercenario. “Prima o poi saprà la verità, e allora sarà un casino.” ricordi di una vita passata riaffiorarono nella sua mente, ma li cacciò. “Eleonor, cosa mi stai cercando di dire?” Scylla l'abbracciò. Fu una cosa improvvisa, e il sicario di certo non se l'aspettava. Gli posò una mano sulla testa, in maniera delicata, anche se sotto lo sguardo vigile di Mirano, che sembrava giusto un po' gelosa dei due. La cosa era ancora più imbarazzante perché Nama superava di tutta la testa Scylla, che era alta circa un metro e settanta.
-C'era una... una mano nello specchio... che usciva dal mio occhio... mi sono spaventata e... e l'ho rotto...- disse lei piano, cercando di trattenere le lacrime, anche se Nama non sapeva il perché.
-Ora è tutto a posto, tranquilla. Meglio se mangiamo qualcosa ora, sarai stanca dal viaggio.-
-Si, forse è meglio. Ora dovrò anche ripagare il prezzo dello specchio, accidenti.- si staccò e si asciugò gli occhi con le mani. Sembrava tornata la Scylla di sempre.
-Ci penseremo dopo, è meglio mangiare. C'è un piccolo ristorante di cucina lapsiana qui vicino che fa anche cibo d'asporto, vado a prendere qualcosa e torno.- disse Mirano intromettendosi nella discussione -E poi dobbiamo discutere di varie cose, mister Mercenario.-
-Come preferisce, madame Jamar, basta che mangiamo che tra un po' avrò un buco al posto dello stomaco.- Scylla si intromise nel discorso da brava maestrina. “Meglio tenere più occhi su di te, ragazza.” pensò cupo Nama.

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Capitolo 9
*** Incontri sotto il sole d'autunno ***


Dopo che ebbero mangiato, i tre andarono giù per parlare a Damian, il proprietario del piccolo albergo dove avrebbero sostato per qualche tempo. Gli riferirono che Scylla era inciampata per sbaglio e aveva battuto la testa sullo specchio, anche se era poco credibile come cosa, dato che il suo urlo probabilmente si era sentito forse anche a metri di distanza, e la ragazza l'aveva sperimentato con Nama qualche volta. “Ora come minimo dovrò prendere sonniferi per riuscire di dormire” pensò la ragazza mentre spiegava al vecchio la situazione nella stanza. Si era pure ferita apposta nella fronte per far sembrare le cose più veritiere.
-Mh. Capisco. Chiamerò qualcuno per farlo riparare.- si grattò il mento e prese un grande registro da uno dei cassetti della scrivania. -Ora datemi i vostri identificatori, così faccio questa noiosa pratica e me ne posso stare tranquillo, prima che le Guardie Armate vengano a seccarmi ancora.-
A quella frase Mirano fece una delle sue risatine, per poi quietarsi subito. Nama e Scylla tolsero dai loro portafogli dei tesserini, che contenevano vari dati anagrafici e una foto, e li porsero a Damian.
-Ottimo, ottimo, vedo che sono in regola. Mmmh...- si soffermò su quello di Scylla, e venne il momento della “spiegazione”.
-Se le sembra strano è perché io sono nata qui, ma ho sempre vissuto a Texada. Venivo qui a Dulcin solo qualche volta in vacanza con mia zia.- si spostò una frangia di capelli dalla fronte -Quindi ho la doppia cittadinanza. Alle volte torna utile.- Mirano fece un cenno di consenso con il capo.
-Va bene, va bene.- scrisse qualcosa nel registro e riconsegnò gli identificatori alla ragazza e al sicario, e Nama gli riconsegnò la chiave della stanza. Ogni tanto Scylla si sorprendeva di quanto fosse educato il mercenario: all'inizio pensava fosse rozzo e scorbutico, mentre si era rivelato quasi l'opposto.
-Forza, ho chiamato qualcuno per farci venire a prendere.- disse Mirano una volta finite le pratiche.
-Quanta gentilezza da parte tua.- commentò ironica Scylla premendosi del ghiaccio sulla ferita nella fronte.
-Bhe, ammesso che tu ti voglia fare un chilometro e mezzo a piedi sotto il sole di mezzodì, ti posso lasciare qui.- Mirano aprì la porta e svoltò a sinistra, fermandosi qualche metro più avanti all'angolo. Si sentì un clacson, ma la strada era ancora deserta. “Una macchina?” a Texada erano molto rare, forse ne aveva viste due o tre funzionanti durante tutta la sua vita, dato che vari anni prima che lei nascesse, un fenomeno solare aveva “fritto” circa il novanta per cento dei sistemi elettronici del pianeta. Ci sono voluti anni per far riprendere molte cose, dando la priorità ai mezzi di trasporto pubblici, all'elettricità e all'acqua corrente. Perlomeno, questo era quanto era successo a Texada, non sapeva come avevano fatto gli altri stati, se si erano ripresi prima o dopo.
Pochi attimi dopo, si sentì l'inconfondibile rumore degli pneumatici e del motore che avanzavano rallentando. Dalla sinistra, nella strada deserta sotto il sole, una figura metallica prendeva forma man mano che si avvicinava: la carrozzeria era nera, anche se era probabilmente stata riverniciata varie volte. Più si avvicinava, più si notavano altri particolari: aveva dei bordi cromati, con i cerchi delle ruote lucidati da poco, e gli interni erano di pelle bianca, tenuti con molta cura. L'auto si fermò proprio davanti a Mirano.
-Mi scuso se l'ho fatta aspettare, signora Jamar.- disse l'uomo all'interno dell'auto, abbassando i finestrini, aprendo la porta del posto passeggero e piegando il sedile.
-Non ti preoccupare Heda, abbiamo avuto qualche contrattempo pure noi, non ti scusare. Prima gli ospiti.- disse Mirano facendo cenno ai due di salire dietro. Salendo, Scylla vide il volto dell'autista: era un uomo abbastanza giovane, forse sui venticinque anni circa, con una cicatrice che partiva da sopra il sopracciglio destro e finiva nel mento, percorrendo zigomi e labbra. Portava i capelli corti tinti biondi all'indietro, come era moda nella Verde in questi mesi e aveva una camicia scura abbinata con i pantaloni e le scarpe. Come Mirano, anche lui aveva dei guanti bianchi di cotone alle mani.
-Ci siete tutti? Vedete di allacciare le cinture che non voglio multe.- chiese secco Heda, e tutti le allacciarono. -Bene, allora siamo pronti per andare.-
-Dove siamo diretti?- chiese Scylla, che non era troppo propensa a perdere tempo.
-In un luogo isolato dove parlare in pace.- rispose Mirano -Avrei voluto farlo nel mio ufficio, ma dato che tu sei ossessionata da cimici et simila, ho pensato fosse meglio farlo in un posto tranquillo. Io e Nama dobbiamo parlare di affari, ma forse possono interessare pure a te.-
Il tragitto era abbastanza noioso: le strade erano pressoché deserte, e le poche persone che c'erano erano barboni e prostitute; gli edifici tendevano a variare di poco, sia in fatto di architettura che come colore, dato che erano tutti più o meno recenti, almeno di un secolo. Strano che non fossero crollati su se stessi, contando lo stato di abbandono di alcuni, che a volte era visibile pure all'esterno con crepe che solcavano le pareti.
Il viaggio continuò per quella che per Scylla sembrò un'eternità, e lo avrebbe passato a riposarsi, se non fosse stato per lo stato abbastanza pietoso di alcuni tratti di strada. Finalmente arrivarono alla destinazione, che era poco fuori città, ed era un pezzo di ponte vecchio di vari secoli, circondato da erba secca, vista la stagione. I quattro scenderono, e Heda rimase vicino alla macchina a fumare una sigaretta, mentre i restanti tre andarono vicino al ponte all'ombra.
-Veniamo al dunque.- Mirano si passò una mano tra i capelli -Nama lo sa già, ma tu no, almeno credo. Cosa sai sulla Rossa, ragazza?-
-Più o meno quello che sanno tutti, che è famosa per il turismo sessuale, e che ogni città importante, come Shiot che viene gestita da te, almeno in gran parte.- Scylla si allentò il collo della maglietta per via del caldo. Non aveva preventivato che nella Rossa il caldo era più presente, anche se era autunno.
-Hai detto bene, in gran parte. Oltre alla concorrenza, ho avuto pure dei piccoli intoppi con alcuni clienti poco gentili e abbastanza presuntuosi.-
-E cosa ha a che fare con noi?-
-Nama è in debito con me di vari favori, strano ma vero.-
-E devi chiederglieli proprio ora?- ribatté spazientita Scylla -Se siamo venuti, anzi, se sono venuta in questo posto è per cercare qualcosa sul mio potere, sulla mia voce. Mia zia mi parlava spesso di uno che aveva qualche cosa di simile nella Rossa, sebbene erano solo voci che aveva sentito e non l'aveva mai incontrato.-
-Nome.-
-Umh... come era? Seva... era Seva qualcosa. Non so nemmeno dove diavolo sia di preciso, so solo che è un cantante lirico famoso nella Rossa.-
-Oh fantastico, proprio quello che mi serviva.- Mirano sorrise e fece una delle sue risatine -Sevayt Madem, detto “Seva il Grande”. Si dia il caso che, purtroppo per lui, gestisca qualche casa di piacere in città.-
-É una presa in giro?- chiese fredda Scylla -Un cantante lirico che gestisce case di piacere?-
-Bambina, non so come funzionino le cose per voi texedesi, ma qui gestire case di piacere è la norma. Ogni Zona ha delle regole a se stanti, e tutte appartengono allo stato di Dulcin.-
-Quindi che vuoi che facciamo?- chiese Nama intromettendosi nella conversazione, dato che era rimasto zitto fino ad allora.
-Basterà toglierlo dai giochi, anche se non so come. E la ragazza qui ci ricaverà delle informazioni sul suo piccolo dono vocale.- Mirano si mise l'ombrello appoggiato sulla spalla a mò di spada. -Shiot appartiene a me. Ci ho messo anni per costruire tutto quello che ho e non mi faccio mettere i piedi in testa da un cantante che ha iniziato la sua piccola attività qui da meno di me.- la sua voce incuteva timore: era molto determinata.
Un dubbio crescente si insinuò nella mente di Scylla: cosa chiedere a qualcuno che aveva il suo stesso dono? Non ne aveva mai incontrato uno, e poteva anche essere un buco nell'acqua. Come fare? “Cosa...?” Scylla si distaccò da Mirano e Nama, che nel frattempo parlavano, ma lei si era isolata dalla discussione tra i due. Avanzava lentamente verso la macchina, assorbita dal suono che sentiva, anche se era confuso, sembrava un ronzio di qualcosa, poi ascoltando meglio, corse verso Heda, buttandolo giù con una spallata, mentre uno dei bracci di un Mago Nero uscivano dal suolo.
“Merda! Il ghiaccio si è sciolto!” anche Nama e Mirano si accorsero dell'essere che sbucava dal terreno, e il mercenario trasformò subito la sua arma in un fucile a pompa in pochi secondi. Il Mago aveva il vestito coperto da macchie scure, quasi come se fossero macchie di sangue.
-Grazie ragazza.- Heda si rialzò e tirò fuori dalla giacca una pistola semi automatica e cominciò a sparare al Mago, mentre Mirano tirava fuori dal manico dell'ombrello una sorta di spada fine. Il Mago rimase fermo sotto gli spari di Heda e Nama, ma non sembrava voler contrattaccare. In realtà, sembrava quasi stesse parlando, ma il fuoco continuato copriva parte delle parole, che erano pronunciate con tono basso e in quella che sembrava la stessa lingua del globo del suo sogno.
-Vodallar vom tuvan ghemmar yhamek...- queste erano le uniche cose che Scylla comprese tra gli spari, poi sembrò fare l'esercizio vocale che Scylla fece all'albergo, e tutti smisero di sparare. La sua voce, però, era oscura, quasi gutturale, antica. Poi un acuto, e la sua figura si congelò, spaccandosi in frantumi poco dopo.

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Capitolo 10
*** Modifiche al contratto ***


-State tutti bene?- chiese Mirano rinfoderando lo stiletto nell'ombrello e avvicinandosi a Scylla.
-Si, non si preoccupi.- rispose Heda togliendosi la polvere da dosso. -La signorina Scylla ha avuto i riflessi pronti.- gli sorrise -Ora siamo in debito, a quanto pare.-
-Già.- anche con la cicatrice, Scylla ammise che era un bel ragazzo, anche se non sapeva molto di lui.
-Comunque, meglio andarsene da qui.- Nama ritrasformò e mise nella tasca interna sinistra del cappotto la sua arma nella “forma zero”, o come la chiama lui, “il manico del coltello senza lama”, dato che a riposo era solo un manico di pistola con una parte metallica gelatinosa, dalla quale si formavano tutte le sue modalità.
-Va bene, ho capito, dobbiamo andare nel mio ufficio. Forse di la, quelli non ci attaccheranno... forse.- Mirano aprì la portiera e fece salire Scylla e Nama dietro, per poi sedersi, mentre Heda faceva ripartire la macchina. -Ho come l'impressione che questa sarà una vacanza piuttosto lunga, fortuna che mi è già venuto il ciclo.- commentò sarcastica. “Ecco un dettaglio che preferivo non sapere.”
-Comunque, non ti devi preoccupare per le telecamere. Noi teniamo le registrazioni e possiamo modificarle, anche se non è propriamente legale.- Mirano si accese la pipa.
-Allora penso che andrà bene.- Scylla si tranquillizzò. Anche se aveva conosciuto Mirano solo oggi, il fatto che fosse una vecchia conoscenza di Nama gli faceva pensare che era una persona della quale si poteva fidare, anche se non sapeva quanto.
Percorsero tutto il tragitto del ritorno, e quando arrivarono all'incrocio dove Heda li aveva presi, proseguirono diritti, svoltando poi a destra, andando nella parte “buona” della città: gli edifici cominciavano ad avere un aspetto diverso, apparivano più curati e c'erano più persone in giro, nonostante fosse solo il primo pomeriggio. “Ora sembra una città più normale, anche se le differenze con la periferia sembra più netta rispetto alle altre aree...” si passò una mano tra i capelli e tirò fuori una foto dal portafoglio, dove c'erano lei, sua zia e sua sorella più piccola “Maledizione a te, Lumna...” la rimise a posto per evitare di pensare troppo a lei.
Dopo circa altri 10 minuti di macchina, Heda li lasciò ad un locale con la scritta “Jamar's House of Relax” gialla su sfondo rosso. “Non pensavo che ci sarei mai entrata in una di queste...” sbuffò ed uscì dalla macchina assieme agli altri, tranne Heda, che sembrava attendere istruzioni da Mirano.
-Per stasera puoi andare a casa, Heda. Ah, non fare parola con nessuno. Spero di essermi spiegata a riguardo.- disse avvicinandosi al finestrino del suo dipendente
-L'avrei fatto anche senza che lei me lo dicesse. Dopotutto, il debito più grande ce l'ho con lei.- rialzò il finestrino e partì. “Chissà che intendeva.”
-Venite, voi due. Dobbiamo passare dal retro perché non è ancora orario d'apertura.- Mirano avanzò verso la sinistra della porta, entrando in un vicoletto adiacente all'edificio; qualche metro dopo vi era una porta con un uomo che la sorvegliava.
-Non l'aspettavamo, signora Jamar.- disse mentre apriva la serratura della porta antincendio -Ora potete entrare.- lasciò passare Mirano, ma mise una mano davanti a Nama -Quante armi ha con se, signore?-
-Due.- rispose con calma Nama -Ora possiamo entrare?-
-La ragazza è armata?-
-Se i coltelli valgono, allora si, lo sono.- Scylla si stava spazientendo, anche perché era stata tirata in mezzo a quella storia senza il suo consenso esplicito.
-Lo terrò a mente. Potete entrare.- tolse il braccio e li lasciò passare, chiudendo la porta dietro di se.
La stanza nella quale entrarono era illuminata da neon verdi, che lasciavano vedere una rampa di scale che andava verso l'alto e una porta antincendio sulla destra; loro salirono le scale fino al terzo piano. Mirano spiegò che al piano terra c'era il bar, dove vi era anche un piccolo palco per gli spettacoli, al primo piano vi erano le camere “relax”, al secondo gli alloggi di alcuni dei dipendenti e al terzo gli uffici, e sopra c'era una porta che dava sul tetto.
Arrivati al terzo piano, Mirano aprì la porta antincendio e tirò fuori delle chiavi per aprire il suo ufficio: a differenza della sua proprietaria, l'ufficio di Mirano era poco decorato, con solo un piccolo bonsai sulla scrivania e una finestra dietro. Sulle pareti non c'era nulla, se non qualche attestato per la pulizia, l'igiene ecc. “Sembra l'ufficio di una banca.” pensò Scylla mentre si sedeva. Mirano aprì la finestra e accese la pipa, poggiando l'ombrello/spada vicino alla scrivania, che aveva un computer ed era piena di scartoffie.
-Veniamo a noi, mister Mercenario e madame Cantante.-
-Basta che facciamo in fretta, odio perdere tempo.- ribadì subito Scylla -Allora, dimmi cosa sai su Sevayt e come lo prendiamo.-
-Ricordavo che il mercenario ero io.- disse Nama -Ma concordo. Un personaggio famoso sarebbe un bel bersaglio, ma se bisogna interrogarlo, bisogna preparare delle cose prima.-
-Già.- Mirano emise una nube di fumo azzurrognolo dalle narici fuori dalla finestra -E poi dovremo parlare anche di quella cosa.-
-Quale cosa?- chiese Scylla sorpresa.
-Mister Mercenario è preoccupato per te e vuole che ci sia anche io con voi.- Mirano finì di fumare e si sedette -Dato che tu sei entrata in contatto con loro, è meglio avere due occhi in più che ti tengono d'occhio. Bhe, uno e mezzo, a dire il vero.-
-E quando l'avreste decisa questa cosa?-
-Quando tu ti stavi esercitando in albergo.- il tono di Mirano si fece duro -E fidati, ne sappiamo qualcosa anche noi.- la donna guardò Nama, serio in volto ma che non diceva una parola a riguardo.
-Allora è deciso che vi accompagnerò anche io.- tese la mano a Scylla, come per siglare un accordo. La ragazza gliela strinse, anche se un po' riluttante. -Non ti preoccupare per i soldi, me la cavo abbastanza bene con il mio piccolo business qui.- “Anche perché già devo pagare a lui.”
-Che tipo è questo Sevayt?- chiese Nama -Sai qualche sua routine? Abitudini, posti dove va, qualsiasi cosa utile.- sembrava quasi una Guardia Armata.
-Domani dovrebbe avere uno spettacolo lirico in un teatro in centro città, il Silvera, verso le 21. Non so quanto durerà, ma ho il brutto presentimento che se non lo prendiamo domani, potrebbe sfuggirci in seguito.- Mirano tamburellò le dita destre sulla scrivania
-Un narcotizzante basterà.- disse Nama lapidario -Scylla, per domani starai con Mirano. Io andrò vicino al Silvera e troverò un punto buono dove neutralizzarlo, poi vi farò sapere dove lo porterò.- quella frase appariva come una decisione inamovibile.
-Ok.- Scylla non poteva controbattere, anche perché poteva essere la sua unica occasione per vedere un altro con il suo stesso dono. A quanto aveva detto sua zia, non era troppo raro in quei giorni, trovare qualcuno con capacità peculiari, specie dopo l'ultima eruzione solare, avvenuta centosettanta anni prima.
-Hai un qualche modo per comunicare a distanza? Anche una piccola radio va bene.- chiese Nama a Mirano, che aveva già la risposta pronta.
-Tranquillo tesoro, Heda ti assisterà. Domani mattina incontrati con lui alla porta di prima, verso le nove, ti faccio dare qualche gingillo utile.-
-E una volta che l'avremo con noi?-
-La nostra cantante di fiducia sarà libera di fargli tutte le domande che vuole, poi io discuterò un po' con lui e tutti saremo felici e contenti.- disse sorridente.
-Bene, allora io ti precedo all'albergo. Ammesso che tu non voglia fare altro, mi prendo il pomeriggio per andare a vedere un po' la zona.- Nama si alzò dalla sedia, controllando che le sue armi fossero a posto.
-Si, fai pure.- Scylla non aveva molte alternative, quindi lo lasciò fare, anche se stare un giorno e mezzo con Mirano non l'elettrizzava. -Ci vediamo per la cena di là in albergo.-
-A-ah.- disse il mercenario prima di uscire e chiudere la porta dietro di se.
-Cenetta romantica?- chiese con una punta di ironia Mirano -Vieni, andiamo di sotto che ti offro da bere. Non sei minorenne, vero?-
-Dipende dallo stato, se ventuno anni qui significa maggiore età, allora lo sono.- si alzarono e andarono nel corridoio, prendendo l'ascensore poco più avanti. Appena arrivate al pian terreno, Mirano andò dietro al bancone, mentre Scylla si sedette in uno sgabello di fronte. Tra qualche ora avrebbero aperto al pubblico, anche se solo per il bar, quindi c'era già qualcuno che puliva i vari tavoli a sinistra della sala.
-Quante foto.- disse Scylla guardandole. In una riconobbe una figura familiare, cosa che le fece storcere il naso. “Quella maledetta...”
-Non è raro che qualcuno dei nostri clienti riconosca una delle nostre ragazze o ragazzi.- Mirano puliva un bicchiere con un panno, e ci versò un po' di liquore rossastro, circa due dita. -Chi hai visto?-
-Quella gran baldracca di mia madre.- Scylla bevve d'un sorso il liquore -Ha mollato me e mia sorella a nostra zia quando le eravamo di peso, il tutto perché mio padre si era fatto ammazzare per i debiti di gioco e lei non voleva vivere una vita da povera. Bastarda.- guardò il bicchiere vuoto e lo porse a Mirano, che le versò un altro po' di liquore.
-Quanti anni avevate?- le chiese, pulendosi anche lei un bicchiere.
-Io nove, lei era appena nata. Quanto mi manca quella peste...- bevve un po' di liquore e stette in silenzio, poi riprese a parlare a ruota libera. L'alcool gli aveva sempre fatto questo effetto, la faceva liberare.
-Deve essere dura stare lontano dalla famiglia.- Mirano si versò un po' dello stesso liquore e bevve d'un fiato il fondo del bicchiere.
-Non sai quanto.- finì di bere e lo avvicinò di nuovo. -Ancora.-
-Dopo oggi, te lo meriti.- lei sorrise e ne versò per lei e per se stessa. Scoprì che Mirano, nonostante l'apparenza elegante e le sue preferenze sessuali particolari, era una buona ascoltatrice. “Domani sono ventidue, e sono già quattro anni che non ci sei. Maledizione a te, Lumna. Maledizione a te.”

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Capitolo 11
*** Zona di caccia ***


Alle nove in punto del 14 ottobre, Nama era vicino alla porta d'emergenza di uno dei locali di Mirano ad aspettare Heda. “Un altro con lo stesso potere di Scylla potrebbe essere un problema. Speriamo che non sia come quella là...” poco dopo, sulla destra vide arrivare Heda. Rispetto al giorno precedente, sembrava un'altra persona, vestito con abiti civili.
-Salve signor Reny.- disse lui appena il sicario fu a portata di voce.
-Guarda che puoi chiamarmi anche solo Nama, lo preferisco.- si staccò dal muro sul quale si era appoggiato -Allora, che mi hai portato?-
-Sono dei piccoli auricolari, dopo lo porto anche alla signora Jamar.- dalla tasca del cappotto beige tolse fuori un piccolo auricolare che si agganciava dietro l'orecchio -Hanno un raggio abbastanza ampio, li ho caricati tutti ieri notte così non avremo problemi di batteria, anche perché non ne usano troppa.-
-Molto bene, ragazzo.- Nama se lo mise nell'orecchio sinistro, per poi nasconderlo con i capelli. -Fai i miei complimenti al costruttore.-
-Senz'altro.- Heda rimase a guardarlo per un po', mettendo un po' a disagio Nama -Mi scusi, è che ogni volta che la guardo ripenso a ciò che mi ha raccontato la signora Jamar su di lei.-
-Immagino ti abbia raccontato parecchio su di me.- non ci aveva fatto molto caso, ma notò che le sue mani erano robotiche -Che genere di debito hai con lei?- gli chiese.
-Durante un giro di ronda uno dei rivali della signora ci ha teso una sorta di imboscata, e hanno tentato di ucciderci con degli esplosivi. Io ho perso entrambe le braccia e per poco anche una gamba. Lei mi ha presentato un dottore nella Verde specializzato in chirurgia e sostituzione di arti con parti cibernetiche, così ora mi ritrovo con delle braccia metalliche. La riabilitazione è stata un inferno, ma sono contento che lei abbia pensato a me, per questo dico che il debito più grande ce l'ho con la signora.- mentre lo raccontava, sorrideva. “Almeno è sincero nel dirlo.”
-Badare a lei è come cercare di domare un cavallo selvaggio, ne so qualcosa.- schioccò le dita delle mani -Tieniti pronto per stasera con la macchina. Appena lo neutralizzo, devi essere veloce come il vento, ragazzo.-
-Non si preoccupi, non è la prima volta che lo faccio.- Heda avanzò e superò il mercenario, andando verso la strada -A stasera, Nama.-
Nama proseguì nel vicolo fino alla fine, poi svoltò a destra, percorrendo una viuzza che lo portava nel marciapiede che si affiancava ad una delle strade che facevano angolo al locale. Era stato varie volte a Shiot per ricordarsi abbastanza bene la conformazione del centro, e la sua memoria non lo ingannò: gli bastò proseguire per circa 300 metri, girare a destra, proseguire per quasi 200 metri e svoltare a sinistra per ritrovarsi davanti all'entrata del Silvera.
L'edificio, almeno esternamente, non era cambiato molto: i colori dell'architettura di qualche secolo stavano lentamente sbiadendo a causa dell'esposizione alla luce solare, ma anche così aveva un certo fascino. Decise di aggirare l'edificio verso destra, per vedere se c'era qualche uscita nel retro. Il vicolo era poco illuminato di giorno a causa del fatto che l'altezza dell'edificio faceva ombra su quelli adiacenti. Più o meno a metà del vicolo, nascosti grazie all'ombra, un uomo stava minacciando una donna, probabilmente una prostituta, con un coltello, puntandoglielo alla gola. “Perfetto, proprio quello che ci voleva.” Nama cercò di non badare ai due, provando a passare senza “interromperli”, dato che non voleva seccature di quel tipo durante i lavori.
-E tu che cazzo hai da guardare, damerino?- sbraitò l'uomo, più o meno sulla mezza età, si era accorto del mercenario quando gli distava pochi passi. La donna era immobile, con la schiena appoggiata al muro e sudata in fronte.
-Passavo solo da queste parti.- rispose con tutta calma fermandosi -Se non vi dispiace, dovrei- -
-Fottiti, tu sei una di quelle Guardie sotto copertura, me lo sento!- prese la donna e gli premette il coltello sulla pelle del collo. -Non fare un passo o la secco questa zoccola!-
-Non ho soldi! Te l'ho già detto la settimana scorsa, maiale che non sei altro!- la donna, a quanto pare aveva un qualche debito con il suo aguzzino. -Ehi, se mi salvi, ti faccio fare una scopata gratis, che ne dici? Ti alletta l'idea, Guardia?- e a quanto pareva, era davvero una prostituta.
-Senti, io voglio solo passare, non me ne sbatte un cazzo di chi deve soldi a chi. Ora, fatemi passare e nessuno si farà male.- Nama stava cercando di non perdere la pazienza a causa di quei due, ed era una cosa che era successa varie volte con varie persone.
-Andiamo, non ti va un giretto sulla giostra? Eh?- la puttana cercò di ingraziarselo, ma venne zittita dall'uomo.
-Taci! Tu, se te ne vai e dici qualcosa io a questa troia la sgozzo, hai capi- - Nama gli sparò abbastanza vicino alla testa da fargli saltare qualche ciuffo di capelli, per quei pochi che il tizio aveva in testa.
-Levatevi dalle palle. Subito.- il mercenario stava quasi per sparare una seconda volta, ma stavolta alla testa dell'uomo, ma rimase fermo. I due capirono il messaggio e se la squagliarono, il tizio in fondo al vicolo e la prostituta verso la strada. Nama rinfoderò la pistola nella fondina a sinistra e la coprì con il cappotto, avanzando per il vicolo: anche se vi era l'ombra, non era tale da impedire la visuale, infatti riuscì a scorgere una porta antincendio, e una di servizio qualche metro più in là, la cosiddetta “entrata degli artisti”. Continuò ad aggirare l'edificio per vedere se ve ne erano altre, ma nella parte di sinistra sembrava ci fosse solo una porta antincendio con dei cassonetti davanti, quindi lasciò perdere. Si sentì ancora più fortunato quando, ritornando sui propri passi, vide che nella strada dove si era infilato il tizio di prima, aveva una rampa di scale che portava al tetto di una casa. Fece scendere la scaletta e salì le rampe. “Ottimo, buona visuale di tiro” pensò mentre si accucciava vicino al parapetto. “Meglio portare dell'attrezzatura adatta” almeno, si era assicurato una buona postazione da caccia.

Alle ore 23 circa, Nama era sul tetto dell'edificio che aveva scelto la mattina. Era lì da circa un'ora e mezzo, più o meno da quando era cominciato lo spettacolo, cosa che aveva intuito quando aveva sentito vari applausi e grida di persone estasiate. “Contenti loro che si emozionano con quella roba.” pensò mentre attivava l'auricolare che gli aveva dato Heda. L'aveva usato poche volte durante la giornata, ma era molto buono.
-Ragazzo, stai pronto. Tra poco il pacchetto sarà pronto.- disse a Heda poggiando la canna del fucile nel parapetto per rendere più stabile la linea di tiro.
-Va bene, capo. Spero che il piatto arrivi caldo, perché ho una certa fame.- rispose tranquillo lui.
La cosa bella dell'avere un'arma multi forma era anche quella di non doversi portare una marea di “ferraglia”, come era solito chiamarla lui, ma solo uno “scheletro”. E un po' di munizioni speciali, ovvio. Guardò nel mirino e vide la porta che si apriva, con Seva che usciva per fumare una sigaretta. “Beato lui che se lo può permettere.” il sicario aggiustò la mira, puntando al collo, l'unica parte di pelle scoperta dove il dardo non avrebbe avuto effetti troppo problematici. Il dardo aveva un effetto narcotizzante, che funzionava per qualche ora, quindi aveva tutto il tempo per prenderlo e portarlo da qualche parte.
“E questi da dove diavolo...?” Nama rimase immobile mentre due figure incappucciate si avvicinavano velocemente a Seva, che non li poteva vedere perché girato. “Merda, ho solo un dardo e questi si mettono in mezzo.” Sparò subito il dardo a Seva, e tirando l'otturatore a se, fece passare un altro proiettile nel carrello, ma questa volta era un calibro 408. Mentre il cantante si accasciava a terra svenuto, Nama sparò alla testa di uno degli incappucciati, e prendendo il revolver sparò all'altro subito dopo, dato che con il fucile da cecchino ci avrebbe messo più tempo.
-Heda, vai subito nel vicolo che ti ho indicato prima, abbiamo un problema parassiti.- ritrasformò subito Tendon nella forma zero e la mise nella tasca sinistra interna del cappotto mentre scendeva di corsa le scale. “Proprio ora dovevano apparire questi qui.” prese il cadavere di uno sotto le ascelle e cercò di spostarlo vicino all'angolo sulla destra.
-Arrivo capo. Che tipo di parassiti?-
-Non lo so, ma ora non sono più un problema.- andò a prendere il secondo, prendendolo come per l'altro da sotto le ascelle, e qualcosa cadde. La debole luce della lampada della porta antincendio illuminò una sorta di tesserino: il tizio, o meglio, quei due, appartenevano ad un'associazione religiosa che si era propagata abbastanza facilmente nella Verde, la “Voce di Groza”. “Brutto segno questo.” si intascò il bigliettino, e andò a mettere il cadavere dell'uomo vicino a quello precedente, prendendo anche il suo tesserino. Nel frattempo da un vicolo sulla sinistra arrivò Heda, che senza fare troppe domande, andò subito verso Seva e se lo caricò in spalla.
-Venga, le faccio strada alla macchina.- disse mentre camminava verso di lui con il corpo del cantante sulle spalle.
-Si, arrivo subito.- prese il secondo tesserino, ma si fermò. Uno, anzi, più suoni, catturarono la sua attenzione. -Heda, precedimi alla macchina, non spostarti da lì. Io ti raggiungo tra poco.-
-Come vuole, signor Nama, io porto il pacchetto al caldo prima che si raffreddi.- Heda scattò, tornando nel vicolo dal quale era provenuto.
Il mercenario si raddrizzò sulla schiena e puntò la pistola contro un Mago. O meglio, suo fratello.
-Vedo che non sei cambiato, Trevor.- disse calmo il mercenario a lui.
Di fronte a lui vi era lo stesso Mago che era apparso il giorno precedente vicino alla macchina di Heda. Fece qualche passo verso di lui, poi si fermò, e sembrò che le sue braccia venissero ingoiate dal cappuccio, ma poco dopo uscirono fuori dalle maniche, anche se solo due e non quattro.
-Le tue pallottole ieri mi hanno fatto parecchio male, sai? Ho ancora qualche dolorino a causa di esse.- Trevor si tolse il cappuccio della tunica insanguinata, rivelando il volto che Nama non vedeva da molti anni. -Ti sono mancato?-
-No, per niente.- Nama fissò a lungo il volto cianotico del fratello, ed era esattamente come se lo ricordava: scavato sulle guance, con i capelli neri corti e gli occhi scuri indagatori. -Non ricordavo che vi potevate togliere il cappuccio, pensavo fosse come pelle.-
-Ci sono cose che nessuno sa di noi Coristi.- Trevor fece una risatina -Eleonor mi ha chiesto di te, quando sono tornato a casa ieri. É preoccupata per te sai?-
Nama sparò un colpo sulla spalla destra del fratello, ma lui non sembrò curarsene troppo.
-Irruento come al solito, vedo.- con la mano sinistra scavò nel mantello, ma non trovò nessun proiettile. -Mh. Oh bhe, mi sa che Eleonor non riceverà nessun souvenir stasera.- Trevor venne colpito ancora, stavolta alla spalla sinistra. Dopo quel colpo, si mise a piovere.
-Non nominarla.- la voce di Nama era dura come pietra. -Per che cosa sei venuto, maledetto bastardo?-
-Diciamo... per farti perdere tempo.- disse sorridente, e la terra cominciò a tremare.

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Capitolo 12
*** La voce di un cantante ***


Verso le nove e mezzo del 14 novembre, Mirano stava aspettando Scylla in uno dei tavoli all'aperto di un bar vicino all'albergo dove sostavano i due.
-Scusa il ritardo.- disse la ragazza appena si sedette al tavolino dove era seduta lei. -Dopo tutto quello che mi è successo ultimamente, credo che avrò bisogno di sedativi per dormire.- Scylla si era messa una camicia blu sopra una maglietta nera, abbinata con i jeans grigio scuro, abbastanza simile a come si era vestita lei, tranne per il fatto che lei aveva la maglietta verde.
-Tranquilla, immagino che il liquore di ieri ti abbia calmato parecchio.- Mirano sorrise al ricordo di ieri, non si aspettava che qualche bicchiere avrebbe trasformato quella ragazza in quel modo, ma ne era contenta. Ora si fidava un po' di più di lei, almeno così gli poteva fare da “balia” un po' più serenamente. -Ah, guarda qui.- tolse fuori dalla borsetta nera due biglietti stampati bianchi e neri, porgendone uno a Scylla.
-Sono per stasera?- chiese guardandolo. Probabilmente non ne aveva mai visto uno, dove abitava lei.
-Già. Forse vederlo all'opera ti aiuterà a capire se ha davvero qualche dono oppure no.- Mirano si scostò i capelli dall'orecchio sinistro, rivelando un piccolo auricolare -Con questo saremo sempre in contatto con Heda e Nama, anche quando saremo nel teatro.-
-Va bene.- lo piegò e lo mise nella tasca destra. -Possiamo passare in un posto ora? Tanto ho già mangiato prima in albergo.- si guardò attorno, scostandosi i capelli striati dalla fronte, ma il suo sguardo sembrava un po' spento.
-Si, ok, dove vuoi andare? Hai una meta precisa?- ci alzammo dal tavolo e andai velocemente a pagare il conto.
-Si, alla Fontana Centrale. Sai come arrivarci da qui?-
-Si, conosco la strada.- Mirano andò a pagare il conto alla cassa e si incamminò, facendo strada a Scylla.
Oltrepassato sulla destra il locale, Mirano si avviò in una via secondaria parecchio lunga, che curvava sulla sinistra dopo vari metri. Le case, man mano che si avanzava, miglioravano come aspetto, almeno esterno: contando che ci si avvicinava alla zona “buona” della città, anche le case e i locali tendevano ad essere migliori, sia fuori che dentro. Avendo vissuto per molto tempo nella Rossa, Mirano lo sapeva bene. A parte alcuni grandi città, la maggioranza dei centri aveva due facce: quella ricca e quella povera, e generalmente si capiva subito da dove uno proveniva. Lei aveva dovuto faticare molto per la sua posizione attuale e non intendeva lasciarsi scavalcare da un cantante.
Durante la camminata, Scylla guardava come le condizioni miglioravano appena ci si avvicinava al centro città, anche se rimase quieta per tutto il tragitto. Dopo vari minuti di camminata, giunsero nella piazza dove vi era situata la Fontana Centrale, popolata come al solito da varie persone, dato che era una sorta di snodo all'interno di Shiot: lì vicino sorgevano vari negozi, bar, e altre strutture varie. Vicino alla fontana vi erano delle panchine che la circondavano, e davanti, nella parte che dava in via Freyl, vi era una placca di metallo con dei fiori vicino.
-Conoscevi quella persona?- gli chiese Mirano, vedendo Scylla piegarsi e toccare silenziosamente la placca di metallo.
-Si, la conoscevo molto bene.- dalla tasca interna della giacca prese un fiore giallo, probabilmente preso prima, e lo pose alla base della placca. -Purtroppo, conoscevo mia sorella molto bene.-
-Tua... sorella? Non lo sapevo...- Mirano guardò la placca, e lesse la scritta:
In memoria di Lumna Canvas, piccola aiutante degli animali di Shiot.
-Mia sorella aveva molto a cuore gli animali, ogni volta che venivamo qui voleva sempre andare nei canili della città. Purtroppo, quattro anni fa è morta di polmonite. Da noi la sanità fa schifo, e non potevamo permetterci cure molto dispendiose, e i nostri parenti non potevano, o volevano, aiutarci. Però uno dei proprietari di uno dei canili fece costruire questa fontana in sua memoria. Forse, l'unica cosa che qualcuno abbia fatto per lei.- Scylla guardò in alto, senza dire una parola, venendo imitata da Mirano. Dopo avrebbe piovuto. “La giornata perfetta, a quanto pare.” Per un attimo, gli sembrò che gli occhi della ragazza fossero diventati dei pozzi neri. “Sarà una giornata impegnativa.”
* * * * *
Verso le 21.30, Scylla era nella piccola piazza davanti al Silvera e aspettava Mirano. Ne approfittò per guardare l'esterno del teatro: i colori erano un po' sbiaditi, e con l'illuminazione della zona lo sembravano ancora di più, finendo per assomigliare al beige. Lo stile architettonico era antico, e dava l'impressione di essere stato ristrutturato varie volte. Finalmente arrivò Mirano, vestita con una camicia e dei pantaloni di velluto blu scuro, con sotto un'altra camicia più leggera bianca. Come al solito, portava i guanti, anche se stavolta erano scuri, e aveva sempre l'ombrello/spada con se.
-Scusa se ti ho fatto aspettare, sei da molto qui?- chiese avvicinandosi a lei.
-No, sono qui da poco.- Scylla si alzò e si maledì mentalmente per non essersi vestita in maniera più “consona” alla serata: aveva scelto degli abiti scuri che si era portata dietro, una giacca e una maglietta neri, con jeans e scarpe blu. Infatti stava ricevendo varie occhiate da quelli più “facoltosi”. “Ma perché non mi lasciate in pace, idioti?” pensò mentre si metteva in fila con Mirano.
Quando arrivò il loro turno, l'addetto all'entrata protestò per l'ombrello di Mirano, che doveva essere lasciato fuori.
-Giovanotto, presumo che tu non abbia riposato a sufficienza nelle ultime ventiquattro ore, quindi ti do un consiglio.- dalla tasca intera tolse fuori una banconota da venti caros e il biglietto da visita di una delle sue case di piacere. -Dopo fatti un giro e rilassati.- gli sorrise e andò avanti, sotto lo sguardo ebete del giovane e di varie altre persone.
L'interno era molto ben illuminato e curato: il pavimento e i gradini erano di marmo bianco, proveniente da Fatram, l'unico stato del continente ad avere un tipo di marmo così bianco e privo di impurità. Salite le rampe di scale sulla sinistra, arrivarono alla seconda tribuna su un totale di tre, e si sederono nei posti a loro assegnati.
-Da qui si vede bene. Spero che l'acustica sia buona.- disse Mirano sedendosi e legandosi i capelli dietro con una treccia.
-É abbastanza buona, si.- Scylla aveva chiuso gli occhi, ascoltando con la massima attenzione. -Si, da qui dovrei riuscire a capire varie cose sulla sua voce.-
Poco dopo, le luci si spensero, e la folla si zittì, come se gli fosse stato ordinato di non aprire più bocca. “Si comincia.” Il suono di un violoncello sembrò attraversare l'oscurità della sala, seguito da altri strumenti ad archi: violini, viole e altri violoncelli, accompagnati da vari flauti traverso. Le tende che coprivano il palco, impedendo agli spettatori di vedere cosa vi era al di là di esse, vennero tolte piano, con leggerezza. Anche se lei in quel momento si era “privata” della vista, riusciva a sentire molto più chiaramente tutti i suoni: sentì che una luce veniva accesa, probabilmente per illuminare il palco. Tutti gli strumenti si zittirono, e si sentirono dei passi distinti, pochi e lenti. Qualcuno si fermò nel palco, e cominciò a cantare: all'inizio in maniera incerta, come se stesse cercando le parole, le frasi adatte, ma poi capì che era tutta parte dello spettacolo. La voce crebbe d'intensità, con tutta la piccola orchestra che lo accompagnava. Rimase in ascolto ancora per qualche istante, prima di dare l'ok a Mirano, che accese il piccolo auricolare e comunicò ad Heda e a Nama che Seva sarebbe stato prelevato dopo lo spettacolo. Scylla aprì gli occhi e si godé il resto dello spettacolo, che anche se poteva essere piacevole, lei percepiva qualcosa di strano, come un mormorio, ma cercò di non badarci.
Finito lo show, dopo gli applausi tutti se ne andarono, tranne le due donne. Scylla aspettò che tutti se ne fossero andati, e si alzò, per andare sul palco.
-Che hai, Scylla?- gli chiese Mirano mentre la seguiva. -Tra poco Nama e Heda prenderanno il nostro pappagallo canterino, sarà meglio darsi una mossa.-
-C'è qualcosa qui, qualcosa che non mi convince.- Scylla scavalcò la grata di metallo che separava il pubblico dalla piccola orchestra, che si trovava sotto al palco. -Prima sentivo qualcosa, nella sua voce. Era come se ci fossero altre frequenze, altre voci assieme alla sua.-
-Scylla. Cosa hai sentito?- Mirano si fermò alla grata, guardando la ragazza che saliva sul palco, fermandosi al centro, con lo sguardo rivolto verso il retro.
-Non ne sono sicura, ma lo sento tutt'ora. Come un mormorio, come una folla, tutti parlano assieme, tutti fanno baccano, tutti dicono la stessa cosa con tonalità diverse.- Scylla si portò le mani alle orecchie per chiuderle, poi si mise a cantare anche lei. Non era nulla di speciale, nulla che non avesse già fatto, fino a quando la sua voce si sdoppiò, come se dalla sua bocca non provenisse solo la sua di voce ma anche quella di qualcun altro.
-Ok Scylla, lo sai fare anche tu, ora andiamo!- Mirano non lo diceva solo perché aveva fretta di andarsene, ma perché temeva un altra cosa. Scylla non smise di cantare, ma sembrò ignorare totalmente le parole di Mirano, aumentando d'intensità il suo cantato e, assieme, aggiungendo altre voci alla sua, come in un coro.
-Scylla, fermati!- Mirano scavalcò la grata e si avvicinò con falcate rapide alla ragazza, togliendo lo stiletto dall'ombrello e puntandoglielo contro. -Fermati!- Il suo ordine sembrò funzionare, e la ragazza si tolse le mani dalle orecchie.
Quando Scylla si girò verso di lei, i suoi occhi erano completamente neri, e la sua voce era doppia, come quella di Sevayt. -Ciao sorella.-
-Cosa vuoi da questa ragazza, Eleonor?- piano, Mirano si portò la mano all'auricolare, avvertendo Heda con un piccolo codice muto, cioè tre colpi al microfono, che significavano “abbiamo degli ospiti indesiderati nella nostra cena”.
-Non ti preoccupare, lei è al sicuro ora. Presto gli farà compagnia un amico.-
-Non ti preoccupare, dice quella che è diventata la sgualdrina di Trevor.- Nonostante siano passati svariati anni, lei non l'aveva ancora perdonata. -Hai voltato le spalle a Nama e non te ne è mai fregato niente.- Mirano avanzò verso Scylla, anche se in quel momento era come posseduta da Eleonor, puntandogli lo stiletto sulla gola.
-Non è vero quello che dici, sorella cara. Io amo ancora il mio dolce Nama, anche se in questo momento sta giocando con suo fratello.- sorrise, e schivò per un soffio l'affondo alla gola di Mirano, spostando la testa a sinistra. -Si muove bene questo corpo. Mi piace.-
-Liberala!- gli urlò Mirano. -Cosa vuoi da lei? Che stai architettando, Direttrice?-
-Ho l'impressione che non abbiamo molto tempo per noi, sorella mia. Perché non accogli gli ospiti come si deve?-
-Cosa?- Mirano non fece in tempo a girarsi. Uno dei Maghi apparsi gli immobilizzò la testa, e con un movimento secco, gli ruppe la cervicale, uccidendola all'istante.
-Vedi di non deludermi, sorella.- Eleonor congiunse le mani sul suo petto, e si mise a cantare. Il suo canto fu così forte che l'edificio si mise a tremare. -Oh si, questo corpo è davvero bello.- sentenziò, guardando al corpo della sorella morta a terra con lo stiletto vicino alla mano destra, circondata da tre Maghi. -Non concordi anche tu?-
Le dita della mano destra di Mirano si mossero, come piccoli spasmi nervosi. -Morire è un'arte. Lascia che ti mostri come si fa.- Mirano impugnò lo stiletto e si rialzò.

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Capitolo 13
*** L'art de mourir ***


-Sembra che il tuo piccolo Coro si sia allargato, Direttrice.- disse Mirano rialzandosi e schioccando velocemente le vertebre cervicali, poi inspirò a fondo, riempendosi i polmoni d'aria. Ora si sentiva un po' meglio, anche se con la morte, era come entrata in modalità “assassina”: al contrario di Nama, che era come una macchina da guerra impazzita, Mirano diventava fredda e calcolatrice, e in quel momento l'unica cosa che contava per lei era sbarazzarsi dei Maghi e liberare Scylla. Il resto veniva dopo.
-Quante piume dovrà perdere la fenice prima di rinascere?- gli chiese Eleonor.
-Ancora molte altre, sorella.- Mirano si tolse la giacca e i guanti, rimanendo con la camicia bianca e le braccia scoperte.
-Che orrore che sono diventate le tue braccia.- disse piena di disappunto Eleonor in riferimento ai tatuaggi di Mirano. Vario tempo fa, si era fatta tatuare sulle braccia, mani e costato delle ossa stilizzate, ma non amava mostrarli in pubblico, per questo tende ad uscire sempre con abiti lunghi e guanti, anche quando è estate.
-Non ho bisogno l'approvazione di un cadavere di più di mille anni, anche se è di mia sorella.- uno dei Maghi la trafiggé nello stomaco, facendo allargare una pozza rossa nella camicia bianca, ma Mirano infilzò il suo braccio con lo stiletto e gli sferrò un calcio nella testa, così forte da staccarglielo. -Due.- si tolse l'arto dal suo corpo gettandolo a terra con la lama e calpestandolo. Si guardò attorno: oltre a Scylla che era posseduta, vi erano tre Maghi.
-La cosa andrà avanti per un po', a quanto pare.- scattò avanti verso il Mago al quale staccato l'arto, infilzandolo proprio dove era stata trafitta lei, spingendo la lama a fondo, per poi girarla e tranciarlo di lato. Nel farlo si era esposta, così un altro ne aveva approfittato e l'attaccò, aprendogli un buco in corrispondenza del cuore. -Tre.- sputò un po' di sangue a terra, poi con l'impugnatura colpì alla testa il Mago che l'aveva attaccata per ultima, facendolo barcollare di lato, e con un taglio netto gli staccò la testa. Riprese fiato, ma quando si girò un arto gli tranciò la gola, tagliandogli la vena carotidea e fermandola. Il Mago gli immobilizzò le braccia e la tenne anche per il collo, facendo uscire più sangue possibile.
-Finito lo spettacolo, sorella?- chiese Eleonor acida. Mirano non si muoveva, era impassibile. Poi parlò.
-Quattro.- in quel momento, un colpo mandò al tappeto il Mago che la teneva ferma, perforandogli la testa: con l'ultimo dei Maghi presenti morti, tutti si congelarono e si spaccarono, polverizzandosi dopo pochi istanti.
-Sembra che stavolta tu mi sia debitrice, Mirano.- Nama era nella parte sinistra vicino al palco, cioè da dove entrava l'orchestra. A quanto pare il recupero di Sevayt era andato bene.
-A dopo i convenevoli, Nama. La tua sposa è tornata dall'aldilà a farci una visita.-
-A-ah, ho visto.- il sicario si avvicinò a Mirano, che nel frattempo sembrava tornata normale.
-É da un po' che non ci vediamo, caro. Non mi dai un abbraccio, come ai vecchi tempi?- chiese Eleonor a Nama.
-Mi spiace, ma ti devo ricordare che sei tu che ci hai condannato a quest'esistenza.- Nama stava moderando il tono della sua voce e cercava di essere il più calmo che poteva, ma Mirano notava quanto sforzo stava facendo per rimanere composto.
-Io non vi ho condannato, siete voi che avete rinunciato a tutto questo.- sorrise e fece una risatina. -Chissà come reagirà la vostra amica quando sarà ritornata.-
-Cosa intendi?- chiese Nama.
-Bhe, ha ascoltato tutta la conversazione, e un amico gli ha fatto da “guida”. Ma temo che il tempo a nostra disposizione sia finito, tesoro mio.- Eleonor chiuse gli occhi e si accasciò a terra, come se fosse svenuta.
-Ehi ehi, ferma lì!- Nama e Mirano accorsero sul palco, cercando di svegliare Scylla, ma non rispondeva.
-Nama, non possiamo restare qui. Dobbiamo andarcene subito.- Mirano scese dal palco, rinfoderando lo stiletto e mettendosi la giacca, che si appiccicava alla camicia per via del sangue.
-Quella stronza me la paga.-
-Ne parleremo dopo.- Nama si era caricato sulle spalle Scylla, e insieme uscirono dalla porta sulla sinistra, cioè quella dalla quale era entrato il sicario.
-Heda dove è?- chiese Mirano.
-Qui vicino, non ti preoccupare.-
-Sarà meglio. Da oggi meglio evitare i teatri.-
-Concordo con te.-
* * * * *
L'oscurità circondava Scylla, che non capiva dove si trovava di preciso. Era sospesa nel vuoto, o almeno così pensava: in realtà, c'era una sorta di pavimento, un qualcosa su cui poggiava i piedi, anche se non si vedeva. Il luogo non presentava pareti, ma un'infinita distesa di niente. L'unica cosa che riusciva a sentire erano delle gocce d'acqua che scendevano ogni tanto, provocando piccoli echi. -Dove sono finita?- l'unica cosa che ricordava era che stava provando ad emulare la tecnica di Sevayt, la “voce multipla”, che solo lei era riuscita a sentire. Di fronte, a vari passi di distanza da lei, si accese come una piccola fiammella, bianca come la neve, che fluttuava a mezz'aria. Avvicinandosi, sentiva due voci: una era quella di Mirano, mentre l'altra gli era sconosciuta.
“Cosa...?” avvicinandosi ancora di più, capì che stava guardando ciò che avveniva di fronte al suo corpo, che era divenuto come “posseduto” da qualcuno, ovvero da Eleonor.
-...la sgualdrina di Trevor...- disse Mirano. Le voci non venivano percepite bene, e apparivano come echi distanti.
-...sorella cara... io amo ancora il mio dolce Nama...- “Eleonor è la sorella di Mirano?!”
-...che stai architettando, Direttrice?...- poco dopo quella frase, uno dei Maghi uccise Mirano, troncandogli il collo.
-NO!- da quella posizione, lei non poteva fare nulla se non guardare. E guardando, scoprì un altro segreto.
-...un'arte... lascia che ti mostri...- Mirano era ancora viva, ma era diversa. “Nama non è l'unico a poter rivivere? Che diavolo sta succedendo?”
Sentì dei passi veloci, ma non capiva da quale direzione provenissero. “Meglio trovare una via d'uscita da questo posto.” Malgrado la fiamma facesse vedere la battaglia tra Mirano e dei Maghi, lei non aveva voglia di farsi scoprire li. Si mise a correre senza una direzione precisa, quando inciampò su qualcosa.
-Oh, mi perdoni, mi perdoni, ad una certa età le gambe non sono così ferme come quelle di voi giovani.- a quanto pare, c'era qualcun altro in quel posto: un signore anziano, con un grande mantello bianco, con la barba e i capelli grigi, che si chinò a raccogliere un bastone di legno. -Va da qualche parte, signorina?- la voce era gentile, ma Scylla sentiva che c'era un motivo se lui era in quel posto, quindi non si fidava troppo.
-Ehm... sto cercando un'uscita. Non so neanche come sono finita qui.- tentò di spiegare lei.
-Oh, l'uscita, l'uscita...- si accarezzò la barba, che gli arrivava fino allo stomaco, con la mano sinistra. -Venga con me, le faccio strada. Conosco questo posto bene, non mi perdo facilmente.-
-Grazie...- si rialzò e si mise dietro al vecchio. “Perché ho questa sensazione?” -Ehm... ha sentito per caso dei passi? Tipo piccoli passi veloci, non so...-
-Oh, probabilmente qualche marmocchio si è perso. Sa, tra qui e Sweyy è un attimo finire quaggiù- disse ridendo. -Ma stia tranquilla, anche loro sanno la strada.- “Se lo dici tu...”
Dopo quella che sembrò un'eternità, si fermarono. -Bene, eccoci arrivati.-
-Arrivati? A me sembra tutto uguale a prima.- si mise vicino al vecchio per provare a vedere se vi erano differenze con quello che aveva percorso, ma non ne vide.
-Oh, è vero che tu non sei di queste parti, quindi non lo sai.- si accarezzò nuovamente la barba, e sembrò emettere una lunga nota bassa. Si sentì come una porta cigolante che si apriva e dal quale usciva vento, anche se non si vedeva nulla lo stesso.
-Ma come...? Chi è lei?- Scylla non si fidava ad attraversare quel portale, specie dopo ciò che aveva fatto lui.
-Può chiamarmi “Custode”, se cerca un nome. Ora vada, prima che qualcun altro chiuda la porta.- il vecchio la spinse con il bastone, facendola cadere in uno spazio opposto: dall'oscurità completa, era passata ad uno spazio totalmente bianco.
-Ma sempre in tizi strani devo incappare?- si lasciò cadere, chiudendo gli occhi. “Questa sensazione... è piacevole.” Aveva cominciato a sentire dei rumori e delle voci che le sembravano familiari. “Dove...?” riaprendo gli occhi, si trovò in una macchina, con accanto Sevayt, imbavagliato, con mani e piedi legati e gli occhi coperti.
-Che è successo?- chiese lei appena ebbe la forza di parlare.
-Oh, la nostra giovane cantante è sveglia. Meno male, pensavamo ti fossi addormentata in eterno.- rispose Mirano, cercando di ironizzare sulla questione.
-Appena finiremo questa cosa, voglio sapere un po' di cose da voi due.- disse Scylla guardando fuori dal finestrino, anche se non si vedeva molto data la scarsa illuminazione esterna. Da parte di Mirano e Nama ci fu solo silenzio, ma lei non voleva parlare. “Lo prenderò come un si.” pensò portandosi le mani alla gola, accarezzandola, cercando come segni di un qualche cambiamento esterno. “Che potere è quello che ho?”

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Capitolo 14
*** Tentazioni pericolose ***


Il luogo dove avevano portato Sevayt era un po' fuori città, ed ora che era mattina Scylla e Nama capivano meglio dove erano, dato che per non far insospettire nessuno, Heda, su richiesta, od ordine, di Mirano, li aveva riaccompagnati all'albergo. Da quando aveva ripreso conoscenza, Scylla aveva timore a parlare. Non sapeva cosa sarebbe potuto succedere se avesse aperto bocca, dato che l'ultima volta che aveva usato il suo dono, Mirano era morta varie volte e lei era stata posseduta da Eleonor. Quella sera, forse per tutto quello che era successo, aveva preso sonno quasi subito, contrariamente alle sue previsioni. Stranamente, anche se forse aveva sognato, non riusciva a ricordarlo, talmente era esausta, e l'idea di dover “affrontare” Sevayt quel pomeriggio non l'entusiasmava troppo.
L'unica nota positiva, fino ad ora, della giornata, era che si era presa la mattina per se, anche se non era uscita dalla stanza se non per fare colazione e per pagare le notti precedenti al vecchio proprietario. Nama la mattina era andato a sorvegliare che Seva non scappasse ed era tornato per l'ora di pranzo circa, quando gli aveva dato il cambio Heda. Nel frattempo, Scylla aveva trovato un modo diverso per passare il tempo: aveva “preso in prestito” il lettore musicale di Nama e si era messa a meditare con la musica. Di norma non lo faceva quasi mai, salvo rari casi, e quello era uno: a causa dello stress che aveva accumulato nei giorni scorsi, a partire dall'incontro con il primo Mago, non aveva avuto modo per rimanere abbastanza tempo da sola per smaltirlo, e quella era la sua unica opportunità, quindi ne voleva approfittare.
Il lettore musicale di Nama era abbastanza pieno di canzoni, che variavano abbastanza tra di loro: lunghe, corte, melodiche, rabbiose, tranquille, strane... e lei cercava le ultime: forse, oltre ad un dono vocale, aveva anche l'affinità con le canzoni che in pochi ascoltavano, che riuscivano, come lei, a capire quella stranezza. La cosa brutta del lettore di Nama era che non ve ne erano troppe, ma qualcosa l'aveva scovata, come ad esempio due album degli Urban Dance Warpath, ed erano entrambi due “mattoni” come lunghezza: Pink Smile durava 66 minuti, mentre Quicksilver Melody era di 74, ed entrambi gli album erano simili, in quanto a suono; la batteria non era troppo presente, così come la voce, che veniva usata poco e per frasi brevi. Le cose che risaltavano di più erano le chitarre e le tastiere, che creavano un'atmosfera eterea, straniante, a tratti lugubre e claustrofobica, e l'ascoltare tutto quello ad occhi chiusi aveva “aumentato” la sua esperienza, contando anche che gli era sembrato di sentire e vedere altre cose, oltre alla musica, ma in quel momento non ci aveva pensato: l'unica cosa alla quale aveva pensato era quel suono, quel rumore che la stava, in un certo senso, curando.
L'unica cosa alla quale ora stava pensando, mentre Heda si fermava vicino ad una casa abbandonata nella periferia, erano le domande che avrebbe rivolto a Sevayt.
-Io devo fare delle commissioni per la signora Jamar, ve la vedete voi qui?- chiese appena Nama e Scylla scesero dalla macchina.
-Si, lo teniamo sotto controllo noi.- disse Nama andando verso la porta di legno dell'abitazione. Prima di entrare, Scylla si fermò a guardare un attimo la zona dove erano: le case erano per la maggioranza abbandonate, e quelle che avevano inquilini al loro interno, erano poche ed affollate, perlopiù da barboni e drogati. Molte non sembravano troppo recenti, e apparivano lasciate a se stesse, senza restauri attuati da poco.
Dopo essere entrata ed aver chiuso la porta, si accorse che l'interno presentava quasi lo stesso stato di decadenza dell'esterno, ma la cosa non sembrava importargli: le mattonelle del pavimento erano tutte impolverate e stranamente intatte, i mobili erano integri per la maggior parte, mentre non vi era quasi nessuna fonte di illuminazione, anche perché di corrente elettrica non ve ne passava in quel posto, quindi potevano solo usufruire della luce del sole, che veniva filtrata dalle assi di legno affisse alle finestre. Forse ai drogati non piaceva molto ricevere la luce in faccia mentre si calavano una dose, e si potevano vedere siringhe vuote un po' dappertutto: nelle scale, nei mobili, nel pavimento...
-Prima che tu lo veda, mettiti questo.- Nama porse a Scylla un velo nero di cotone, abbastanza spesso da impedire che il cantante la vedesse in faccia.
-Va bene. Tu non ti metti nulla?- gli chiese Scylla indossandolo.
-Sono protetto dal Trattato. Sono stato legalmente ingaggiato da Mirano, quindi sono al sicuro, anche se mi vede in faccia.- disse precedendola nelle scale che portavano alle stanze da letto.
Sevayt era al piano superiore, nella stanza per gli ospiti, legato con delle corde ad una sedia.
-A cosa devo questa piacevole visita?- chiese sarcastico ai due. Ora che gli era più vicino, poteva guardare meglio come era fatto il cantante, anche se con il velo non lo vedeva proprio bene: era un uomo con i capelli quasi a zero, di circa mezza età, ben curato in viso.
-Le domande non le fai tu, Madem.- rispose secco il mercenario.
-Come ti permetti di rivolgerti così a me, insulso- - Scylla gli poggiò la lama del coltello sulla gola, interrompendolo. Voleva sapere del suo potere a tutti i costi, anche a quello di mettere da parte le emozioni e diventare una stronza senza cuore.
-Le domande le facciamo noi, Sevayt. Tu puoi solo rispondere.- gli disse calma. Era la prima volta che si comportava così con un ostaggio, ma si sentiva sicura, come se qualcuno la stesse guidando su cosa doveva fare. Vedendo che si era calmato, gli allontanò il coltello dalla gola.
-Va bene, signorina in nero, cosa volete sapere?- replicò acido sputando a terra.
-Quella tecnica vocale. Come l'hai acquisita?-
-Che tecnica?-
-Non giocare con me, Sevayt. La doppia voce. Come sei riuscito a farla?-
-Non so di cosa lei stia parlando, signorina.- disse sogghignando.
-Queste risposte le puoi dare ad uno che sta imparando il canto lirico da pochi mesi, ma non a noi. Ora o rispondi, o finisce male.- gli disse Nama glaciale.
-Cosa credete di saperne voi, che non possedete il mio dono? Siete inferiori, e non darò nessuna informazione a voi insetti!-
-Avrei preferito non ricorrere a questo metodo, ma pazienza.- Nama gli andò dietro e gli spezzò un dito, facendo urlare il cantante. -Come ti ho detto prima, meglio se ci dai queste informazioni.-
-Dei vermi come voi non avranno niente da me!- disse affannato, e Nama gli ruppe un altro dito, strappandogli un altro urlo.
-Le persone normali non potevano percepire quelle frequenze perché troppo basse, ma il mio udito è molto allenato, Sevayt.- disse Scylla rigirandosi il coltello tra le mani. -Ho anche provato a imitare la tua tecnica, ma non è andata troppo bene. Come l'hai sviluppata?-
-Chi siete voi? E come hai fatto a riprodurre quella tecnica?- chiese sudando.
-Ho un dono particolare, forse lo stesso che hai tu.-
-No, non è possibile che esista qualcun altro con il mio dono, loro me l'hanno assicurato!- rispose adirato il cantante. “Loro... i Maghi Neri?” pensò cupa Scylla.
-Loro non sono affidabili come manager, te lo posso assicurare.- rispose Nama.
-Hah! Cosa diavolo ne puoi sapere tu, mercenario da strapazzo? Tu non sei stato scelto come il sottoscritto, tu non sai- - Nama gli spezzò un altro dito, ma stavolta aveva un'espressione che incuteva timore. “Altri segreti...”
-Fidati, ne so molto più di te.- gli disse furente, spezzandogli un altro dito. -Caccia fuori queste informazioni, gallo canterino, e forse ti salverai con poche dita rotte.-
Un rumore dal piano sottostante fece allarmare il mercenario.
-Lo lascio a te, io vado a controllare. Se serve, fallo urlare.- disse a Scylla mentre chiudeva la porta dietro di se.
-Non credo che avremo molto tempo a disposizione, Sevayt. Che tipo di potere vocale è il tuo? Che storia è questa dell'essere il “prescelto”?- chiese dura Scylla al cantante. Cercava anche di sentire cosa faceva Nama di sotto, per evitare che ci fossero brutte sorprese, e nel caso ci fossero state, avrebbe dovuto far tacere Sevayt.
-Loro mi hanno assicurato che non c'era nessuno con un potere simile al mio, neanche negli altri stati! E ora che succede? Arriva una stronza qualunque che crede di poter replicare la tecnica che mi hanno dato come se niente fosse!- gli sputò nel velo, e Scylla dovette rimanere impassibile.
Dopo quel gesto, però, il cantante sembrò agitarsi, guardando dappertutto nella stanza vuota.
-Devo romperti un altro dito per farti parlare, Madem?- Scylla gli riavvicinò il coltello alla gola.
-Non credo che ne avrai il tempo... sono venuti a prendermi!- sembrava quasi euforico, come se per lui fosse la cosa più bella del mondo. Il Mago apparso pochi giorni fa fece la sua comparsa uscendo dalla parete sinistra, ma stavolta sembrava diverso: non aveva quattro arti che uscivano dalla testa, anzi, il cappuccio era ritratto, lasciando scoperto il volto cianotico e scavato di un uomo di circa trent'anni, con dei lunghi capelli scuri che gli arrivavano alle spalle sistemati all'indietro. Le maniche erano piene, e si potevano vedere delle mani che sbucavano fuori.
-Mi spiace, Madem, ma il tuo ruolo qui è finito. Non ti preoccupare, il Coro ha un posto speciale per te.- gli disse sorridente avvicinandosi a lui.
-D-davvero? Posso... posso entrare a far parte del Coro?- Sevayt sembrava molto felice di quella cosa, come se fosse stato il suo più grande obiettivo.
-Certo! Il Coro accoglie tutti quelli che hanno talento come te, Sevayt Madem.- il Mago gli piantò la mano destra nel costato, strappandogli il cuore dal petto.
-Oh, la giovane Scylla, non pensavo di trovarti da sola qui.- disse rivolto a lei, continuando a tenere il cuore del cantante in mano. -Umh, forse parlare nella mia lingua nativa non ti ha potuto aiutare troppo, ma forse è stato meglio così.-
-Chi sei tu?- Scylla gli puntò il coltello contro, togliendosi il velo.
-Oh, io sono Trevor, un aiutante di Eleonor, la Direttrice del Coro. Vedi, quando ci siamo incontrati la prima volta ti ho detto che ci saremo visti quando lui sarà in catene, anche se tecnicamente non lo è. Purtroppo con la mia lingua madre alcune cose si complicano, quando devo tradurle nel vostro idioma.- disse tranquillo. Per un momento si fermò a sentire, poi continuò. -A quanto pare i miei amici stanno distraendo per bene mio fratello, ottimo.- sogghignò.
-Cosa?- Scylla cercò di sentire cosa accadeva al piano di sotto, ma non sentiva nulla.
-Mio fratello Nama ha sempre avuto un indole rabbiosa, e quando gli è stata offerta l'opportunità di essere un Corista ha rifiutato. Lui e quella Mirano, che sciocchi.-
-Come fai a conoscerla?-
-Oh, io conosco molte cose che loro ti tengono nascoste.- disse avvicinandosi a lei, ma Scylla non si mosse: una parte di lei non si fidava dell'essere, ma l'altra voleva saperne di più, sia su quel potere che aveva, che su Nama e Mirano.-
-Tu vuoi sapere di più sul tuo potere, non è così? Io ti posso aiutare. E posso svelarti la verità che quei due ti tengono nascosta.- gli tese la mano sinistra, e lei decise di fidarsi di lui. Poi, arrivò il vento gelido.

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Capitolo 15
*** Il Santuario ***


Scylla riconobbe subito il luogo dove si trovava: era lo stesso posto dove era finita la prima volta, in un labirinto di case semi distrutte e neve. Il posto non era cambiato per nulla, e vi era sempre il cielo plumbeo che faceva cadere piccoli fiocchi di neve. Come nella prima volta che era stata lì, non sentiva freddo, anche se il posto era decisamente inospitale.
-Che posto è questo?- chiese a Trevor, che la precedeva camminandole davanti.
-Questa è casa mia e di tutti noi Coristi. Un tempo veniva chiamata Sweyy.- disse lui calmo. “Perché mi è familiare questo nome?”
-Nama vi ha sempre chiamato come “Maghi Neri”, mentre tu ti soprannomini “Corista”.-
Trevor si voltò verso di lei. -Mio fratello è sempre stato una testa dura, un golkaak, come diciamo noi qui.- si fece una piccola risata e continuò a camminare in silenzio, districandosi tra le varie strade del labirinto innevato.
-Dove stiamo andando?- gli chiese, dato che era da un pezzo che stavano camminando. Non sapeva neanche quanto tempo era passato, sia in quel posto che lì dove aveva lasciato Nama. “Chissà come sta...”. Un po' si sentiva in colpa ad averlo lasciato lì, ma ultimamente gli sembrava che qualsiasi cosa provasse a fare per aiutare, creava danni, sia per lei che per chi gli stava attorno. Forse era per quello che, da quando erano morte sia sua sorella che sua zia, aveva finito con l'isolarsi dal resto delle sue “amicizie”.
-Al Santuario, ovvio. Non è questa la tua meta?- gli chiese sorridente, ma c'era qualcosa che la metteva a disagio in quel sorriso. Decise di seguirlo in silenzio, tenendo stretto il coltello nella tasca della giacca. “Come diavolo fa a sapere che io voglio andare lì? Mi ha spiato di nascosto? E se... se fosse lui quello che appariva nei miei incubi dopo l'incontro con il primo Mago?” in effetti, andando a ricercare tra i suoi ricordi, quella gli sembrava l'unica opzione plausibile, anche se era tutta da verificare.
Per tutta la durata del tragitto, oltre ad aver perso il senso dell'orientamento dato che il posto sembrava ripetersi all'infinito, gli sembrava di sentire qualcosa: risate di bambini, voci di adulti, rimproveri tra coppie, pianti, urla, come se quel posto stesse vivendo di nuovo. “É un'altra dimensione, questa? O qualcosa di diverso?”
-Tra poco arriveremo.- disse Trevor interrompendo i pensieri della giovane, e fu effettivamente così. Dopo le ultime case vi erano due file parallele di piccole torce, stranamente ancora accese e dalla fiamma azzurra, quasi trasparente. “Questo posto continua a diventare sempre più strano...” La fila continuava per svariati metri e andava sempre dritta, anche nella discesa, che non era troppo ripida. Ma Scylla non percorse subito quella discesa, si fermò per ammirare ciò di cui aveva sentito tanto parlare e dove era diretta: di fronte a lei, ancora integro, come se fosse stato “congelato” nel tempo, si ergeva il Santuario.
-Come te lo immaginavi?- gli chiese Trevor mettendosi vicino a lei.
-Non pensavo... che l'avrei mai visto prima di arrivarci lì di persona...- la vista del Santuario la rendeva felice, perché così sapeva che esisteva davvero, anche se forse ora era quasi del tutto distrutto. Decise di percorrere di corsa la discesa per vederlo da vicino, e Trevor la seguì, seppur con molta più calma rispetto a lei.
Si fermò davanti all'entrata, forse per rispetto, forse per timore di varcare quella soglia.
-Ci sono voluti anni per costruire questo Santuario. Ha richiesto grandi sacrifici ma è un'opera fantastica, non trovi?- anche se Trevor parlava, Scylla era più concentrata sull'esterno del Santuario. Aveva una struttura più o meno circolare, con sette pilastri che sporgevano in parte dalle pareti. Era composto solo da pietra scura, ma non sapeva dire che tipologia fosse stata usata.
-Che cosa è il mio potere, Mago?- gli chiese Scylla mentre toccava le pareti, lisce e fredde al tatto, ma che emanavano una strana energia.
-I Primi Maghi hanno donato questo potere in maniera casuale a noi esseri umani, e io ho solo cercato di riunirli qui, per cantare e rendere grazie alla Grande Voce.- la voce di Trevor era molto solenne mentre lo diceva. -Anche mio fratello Nama era tra i prescelti, anche se non era troppo portato e aveva poca fede, come Mirano, sono sempre stati scettici verso il potere della voce.-
-In che modo Eleonor è collegata a Nama?-
-Loro erano marito e moglie, e lei era la sorella di Mirano. Ma con la morte del primo figlio, Eleonor ha cominciato ad allontanarsi dalla civiltà e da Nama. Mio fratello non l'ha presa bene quando lei decise di unirsi a noi.-
-Quanto tempo fa è successo tutto ciò? Non sembra un qualcosa di recente.-
-Noi siamo molto... avanti con l'età, se così si può dire. Abbiamo almeno un migliaio di anni, noi quattro.-
-Che cosa?- non gli sembrava possibile. Ammesso che dietro tutto ciò ci fosse qualcos'altro.
-Quando la Grande Voce ci ha parlato, è successo qualcosa, e quell'evento ci ha cambiato. Alcuni in un modo, altri... bhe, alcune divinità non sono molto clementi con i miscredenti.- sembrava divertito nel raccontare quella parte. “Meglio andarsene da questo posto. Però prima...”
Scylla provò a salire la piccola rampa di scale che portava all'entrata del Santuario per provare ad aprire la porta e vedere il suo interno, dato che quando ci sarebbe arrivata con Nama e Mirano sarebbe stato molto diverso. Con il cuore che batteva a mille, sfiorò le maniglie del portone di legno scuro, ma venne scagliata verso la piccola discesa.
-Cosa... diavolo?- disse rialzandosi piano.
-Forse avrei dovuto dirtelo prima, in effetti.- disse pensoso Trevor mentre si avvicinava a lei.
-Dirmi cosa, Mago?- anche se gli aveva raccontato quella storia, non si fidava di lui.
-Quanta freddezza, diamoci del tu, Scylla.- rispose mellifluo.
-Che diavolo è stata quella cosa? É stato come se fossi stata respinta.- l'urto di prima gli aveva tolto il fiato e si stava ancora rimettendo in sesto.
-Non hai ancora la voce necessaria per entrare. Anzi, le voci.- Trevor sorrise nel dirlo.
-Le voci? Di che parli?-
-Per essere interrogata, la Grande Voce richiede che il suo interlocutore sia abbastanza fluente nelle voci dell'animo, e tu ne possiedi poche.- si chinò verso di lei, guardandola dritta negli occhi. C'era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa di negativo ma di ipnotico.
-Ne possiedo... poche?- gli chiese piano.
-Te ne manca qualcuna, ma le puoi prendere da altri. Ad esempio, il nostro amico Sevayt ti può aiutare in questo.-
-Mi può... aiutare?- la voce di Trevor la stava tranquillizzando, come una ninna nanna malefica.
-Le corde vocali sono la fonte della voce, e se vuoi davvero sapere cosa è e perché ti è stato donato il tuo potere, devi sporcarti un po' le mani, cara. D'altronde, è quello che desideri di più, o sbaglio?-
-Si... sporcarsi le mani va bene...- mentre lo diceva fece una risata distorta, che sembrò compiacere Trevor. In quel momento, il vento gelido riprese a soffiare e Scylla ritornò nella stanza dove era prima, con il cadavere di Sevayt al quale mancava il cuore, strappatogli da Trevor quando il cantante era ancora vivo. Con il coltello nella mano destra, Scylla si avvicinò a piccoli passi vicino al corpo, recitando sottovoce parole che non comprendeva, come una litania sconosciuta, ma che gli usciva spontanea. Quando fu abbastanza vicina, si fermò, e squarciò le guance con il coltello, facendo apparire sul volto di Sevayt un sorriso macabro, che sembrò divertire la ragazza.
-Taglia la carne, taglia la carne, taglia la carne...- disse ridendo mentre con una mano teneva ferma la mandibola e con l'altra forzò l'apertura del teschio, rompendo la giuntura della mandibola ed esponendo la parte interna della bocca. -Taglia la carne e prendi il tesoro, prendi il coltello ed esponi la verità, prendi la carne e mangia a volontà...- anche se si stava sporcando di sangue sulle mani e sulla bocca, non gliene importava, ciò che contava per lei era assimilare quel potere.
-Vedo che mio fratello si è dato da fare, a quanto pare...- Nama gli stava puntando il fucile in testa.
-Ti sbagli...- rispose lei voltandosi piano, lasciando cadere il coltello a terra e alzando piano le mani, in segno di resa. -
-Mi sbaglio? Allora perché hai i suoi occhi, eh? Svegliati, maledetta scema.-
-Lui mi ha raccontato la storia... la storia tua, di Mirano... di Eleonor....- disse con un sorriso contorto ed insanguinato.
-Hah! E tu gli credi?- rispose lui sbeffeggiandola.
-Perché dovrei credere a te? Che non mi hai mai raccontato niente?!- Scylla alzò il tono di voce, creando come un'onda d'urto e facendo indietreggiare il mercenario. -Io entrerò in quel Santuario, costi quel che costi. Voglio sapere la natura del mio potere, e non mi frega nulla di sporcarmi le mani.- si riprese il coltello, rimettendolo nel fodero dietro la sua schiena e andando verso Nama.
-Io non mi sto facendo controllare.-
-Se lo dici tu...- il mercenario era riluttante a rinfoderare l'arma.
-Nama. Io voglio sapere la verità. La voglio sapere da te e da Mirano. Un solo lato della storia non è mai abbastanza.- a quella frase, il sicario si mise a ridere, sorprendendo la ragazza. -Che...?-
-E io che pensavo che mio fratello ti avesse ipnotizzato o che. Me l'hai fatta ragazza, ottima messa in scena.- ritrasformò Tendon nella forma zero e la mise a posto.
-Ho dovuto fargli credere che mi stesse ipnotizzando, e ho dovuto farti credere di essere ipnotizzata. Però ciò non toglie che per entrare là dentro mi servirà più potere.-
-Ne parleremo dopo. Ora è meglio trovare un posto dove scaricare il nostro pappagallo canterino e discutere di varie cose.- apparentemente, Nama era felice del fatto che Scylla non fosse impazzita, ma la ragazza non riusciva a decifrare bene le sue espressioni. Sapeva solo che aveva acquisito forza, ma gliene serviva altra.
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Salve a tutti, che ne pensate? Se volete dire qualcosa, non abbiate paura di lasciare recensioni :)

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Capitolo 16
*** L'altra faccia della medaglia ***


-Chi comincia dei due?- chiese Scylla guardando Mirano, che era vicino alla finestra ad accendere la pipa, esalando una piccola nube di fumo che venne subito spazzata dal vento caldo, che mitigava la temperatura esterna. Se la Rossa di giorno aveva una temperatura abbastanza alta, considerando il mese, di sera scendeva di vari gradi. -Mi raccomando, non spingete.-
-Quanto vuoi sapere?- chiese Mirano guardando fuori.
-Tutto ciò che mi potete dire. Una storia non è completa, se viene sentita solo una versione di essa, quando ci sono più parti da ascoltare.-
-Non ti facevo così saggia.- ribatté glaciale Nama.
-Non c'entra nulla la saggezza, è che questa storia è diventata più complicata del previsto e voi due ne sapete molto più di me, quindi...- disse Scylla dondolandosi sulla sedia.
-Quell'anno il raccolto non era tra i migliori.- disse improvvisamente Mirano andandosi a sedere.
-Già. Altri anni avevamo avuto raccolti poco buoni, ma quell'anno era particolarmente magro.- continuò Nama. Nei loro volti era apparsa come un'ombra, come se raccontare tutto ciò fosse un peso insostenibile per entrambi.
-Sweyy, era così che si chiamava il vostro villaggio?- chiese Scylla ai due.
-Chi te l'ha detto che si chiamava così?- gli chiese Nama.
-Tuo fratello, e un altro individuo. Poi ve lo spiego, ora continuate.-
-Mmmh. Comunque si, Sweyy era la nostra casa, una casa vicino alle montagne. Li potevamo reperire facilmente la carne cacciando, ma per coltivare non era il massimo, ma ce la cavavamo comunque. Quell'anno, era il 983, il raccolto non era dei migliori. Il clima del posto era mutevole come un camaleonte. D'inverno poteva piovere per settimane e poi fare caldo secco per tutto il resto della stagione, mentre d'estate poteva esserci pioggia fino a quando non arrivava l'autunno. Ed è proprio in autunno che tutto era cominciato...- disse Mirano, fermandosi poi per un secondo. -Trevor, il fratello di Nama, era tornato da poco da uno dei suoi viaggi per raccogliere i “prescelti”, persone come te... e noi.-
-Non sembri molto sorpresa da questo particolare.- notò Nama.
-Tuo fratello mi ha detto anche quello, oltre al fatto che non avevate molta fede nella “Grande Voce”. Non ha detto molto, ma sono abbastanza sicura che stesse rigirando le carte a suo favore.- disse Scylla, ripensando all'incontro avvenuto con il fratello del mercenario di poche ore fa.
-É sempre stato bravo in quello.- disse acido Nama. -La realtà è che lui è molto bravo con le parole. Da piccolo era un po' timido, crescendo è cambiato. Poi quando ha scovato la “Grande Voce”, ha subito un cambiamento radicale. É diventato molto più schivo, manipolatore e adulatore di quanto fosse prima, tutto per far credere alle persone di avere poteri strani. O almeno, credevamo che lo fossero, fino a quando ci ha dimostrato il contrario.-
-Cioé? Che ha fatto esattamente?-
-Ha fatto diventare il raccolto più prosperoso.- continuò Mirano. -E per un po' ha funzionato, circa per otto anni e mezzo. All'inizio tutti erano scettici, perché nessuno credeva che il canto potesse in qualche modo influire sui nostri raccolti. Il nostro pantheon era piccolo, composto da poche divinità: Ramit, il dio della natura e degli animali, Ghirti, il dio delle battaglie, dei guerrieri e dei loro aiutanti, Etaym, dio del tempo e del clima e padre di tutte le divinità, ed infine Jamar, sposa di Etaym e dea dei sentimenti e della famiglia. In realtà ci sarebbero altre divinità minori che governano svariate cose, ma i principali sono loro.-
-Aspetta un attimo.- la interruppe Scylla -Ma Jamar non è il tuo cognome?-
-Esatto. Da noi era usanza, se non si sapeva chi era tuo padre, darti come cognome il nome di una delle divinità che servivi di più. Io ero una tra le sacerdotesse di rango più alto.- il sorriso di Mirano era triste, anche se era legato ad uno dei periodi migliori per lei. -In realtà io ed Eleonor non siamo veramente sorelle, dato che la sua famiglia mi adottò quando ero piccola. Però le volevo molto bene, e quando sposò Nama celebrai di persona il loro matrimonio.- Scylla si accorse che Nama aveva gli occhi chiusi mentre Mirano raccontava quei fatti, ma non sapeva perché. Forse per estraniarsi e non ricordare quei giorni, forse per altro. -Per anni il raccolto andò bene, tanto che Trevor decise di costruire un Santuario dedicato alla sua divinità. Molti nel villaggio si opposero, ma molti erano anche quelli che lo appoggiavano. Quindi si decise di costruirlo lontano da noi, ma non troppo. Fu ultimato nel 981, verso la fine dell'anno, dopo cinque anni di costruzione, sacrifici, tentativi di far crollare il progetto e via discorrendo. Dopo l'ultimazione del Santuario la popolarità di Trevor crebbe, e altre persone da villaggi lontani venivano a pregare. Buffo, no? Come qualcosa che prima veniva considerata eresia, si tramuti quasi in una fede cieca.-
-Poco prima che il Santuario venne ultimato, scoprimmo che Eleonor era incinta. Per anni avevamo cercato di avere figli, ma nessuna volta andava bene. Lei interpretò quel fatto come un segno, e cominciò a frequentare di più il Santuario.- continuò Nama. Dalla voce si capiva che provava dolore nel raccontare tutto ciò, anche se erano passati così tanti anni. -Durante tutta la gravidanza, andava lì più o meno due volte a settimana, anche se nell'ultimo periodo ci andava quando poteva per via dei dolori.- fece una breve pausa, inspirando a fondo. “Un po' mi sento in colpa, nel fargli ricordare quelle cose...” pensò Scylla vedendo il lato debole del mercenario.
-Eleonor perse il bambino.- continuò Mirano, capendo che Nama non voleva più parlare. -Si chiuse in se stessa, e per un po' non andò più al Santuario. Mangiava poco, e nonostante tutti i nostri sforzi, continuava imperterrita a rimanere silenziosa. Poi un giorno riprese ad andarci.- si fermò a guardare fuori, stando seduta. -Ci andò tutti i giorni, anche in quelli più freddi. Una volta mi disse che aveva avuto una rivelazione, e da quel momento capì che doveva cantare. Lei e Trevor istituirono un coro, con lei come direttrice, formato da vari elementi che lui aveva trovato con i suoi viaggi e anche da vari abitanti del nostro villaggio, inclusi me e Nama, anche se noi ci andavamo solo per assicurarci che Eleonor stesse bene.
Il 982 fu l'anno nel quale tutto andò a rotoli. Per la prima metà dell'anno la routine fu quella di sempre, fino alla fine dell'estate. Il raccolto non andò troppo bene durante tutto l'anno, e dopo anni che finalmente avevamo avuto risultati migliori della norma, e tutto sembrò come un segno divino. Devi sapere che nel nostro villaggio vi erano alcuni elementi che erano particolarmente credenti nel nostro pantheon e non vedevano di buon occhio la nuova divinità di Trevor, cosa che aumentò dopo la decisione di creare un Santuario e istituire un Coro. L'anno dopo, all'inizio del 983, arrivò una pestilenza, una di quelle brutte. Ai primi morti, alcuni se ne andarono, altri rimasero e vari morirono. Durò per più di metà anno, senza che se ne andasse realmente. Ogni tanto c'erano periodi di calma, tipo settimane dove nessuno aveva sintomi o moriva, poi ritornava. E quello fu il segnale che scatenò l'ira generale.-
-Che cosa successe?- gli chiese timorosa Scylla, anche se forse sapeva come sarebbe finita la storia.
-Si potrebbe definire come “la cancellazione di un villaggio dalle cartine geografiche.”- continuò cupa Mirano. -I Coristi, come si fecero chiamare gli adoratori della Grande Voce, dissero chiaramente che non temevano nessuno, e Trevor ed Eleonor invitarono tutti quanti gli abitanti a prendere parte ad una cerimonia dove avrebbero mostrato a tutti quanti che la loro “religione”, se così si poteva definire, era buona, e che la Grande Voce non era da temere.
Durante la cerimonia, tenuta all'esterno del Santuario durante una sera di ottobre, tutti gli abitanti di Sweyy con anche gente del circondario presero parte ad essa. La cerimonia consisteva in un grande canto corale, che ebbe effetti totalmente opposti a quelli profetizzati da Trevor ed Eleonor.-
-Di che genere di effetti stai parlando? Ci fu di nuovo la pestilenza?-
-Quella era cessata poco tempo prima, ma ciò non calmò la rabbia. No, gli effetti furono ben altri. Ormai hai visto i Maghi Neri, no?- gli chiese Mirano, come se fosse una cosa scollegata dal resto.
-Si.- Scylla si fermò un attimo a pensare, e giunse ad un'unica, terribile, conclusione.
-Il canto di Eleonor trasformò tutti quanti gli abitanti in quelli che oggi vengono chiamati Alsvartr o, più comunemente noti come Maghi Neri. In realtà quel nome nel nostro linguaggio ha un altro significato, ossia spirito tentatore.- si alzò in piedi per mettersi davanti a Scylla -Trevor è stato corrotto, e anche tu lo sei ora. Sei entrata varie volte in contatto con loro e ora che hai incontrato pure lui, le cose sono peggiorate. Non ti mentirò, Scylla, perché so che hai intenzione di andare in quel posto maledetto e la tua volontà è forte. Ma potresti non essere più la stessa quando ci arriverai.-
-Ho capito.- disse seria Scylla. -Però la storia non è finita, vero?-
-Odio questa parte.- ammise Mirano passandosi una mano sul viso. -Io e Nama venimmo risparmiati dalla trasformazione, e quando lo chiedemmo a Trevor ed Eleonor, ci risposero “
Perché voi siete la nostra famiglia.” e ci chiesero se anche noi volessimo far parte del loro Coro, come membri speciali. Rifiutammo, e quella fu la nostra condanna.- Mirano si girò, e si tolse i guanti, la giacca e scoprì la schiena, mostrando a Scylla il tatuaggio della fenice.
-Ma... è simile a quello di Nama. Questa è la vostra condanna? Vivere fino a quando non morirete del tutto?- la cosa che sembrò interessare di più a Scylla però non era il tatuaggio in se, ma il fatto che quello di Mirano aveva solo una piccola parte bianca, mentre quello di Nama era l'opposto.
-Esatto, questo è il nostro marchio e maledizione.- si rimise la giacca -Eleonor venne letteralmente smembrata mentre noi venivamo marchiati dalla Grande Voce. L'hai già incontrata, anche se non te ne sei resa conto.-
-No, non credo...-
-Forse hai ragione tu, forse non era lei.- in quel momento squillò il telefono sulla scrivania e Mirano mise il viva voce, riconoscendo la voce dell'interlocutore. -Parla pure, Sanada.-
-Nama, ci sei?- chiese il meccanico.
-Non sono ancora morto del tutto.- rispose glaciale il mercenario.
-Ottimo, mi fa piacere che la mia fonte di guadagno sia ancora viva e vegeta.-
-Vieni al sodo, Sanada.- disse secca Scylla.
-Oh, c'è anche lei, ottimo, mi fate risparmiare tempo. Nama, ho informazioni sulla Voce di Groza.-
-Quante informazioni hai?- chiese Nama.
-Un mio contatto nella Verde mi ha detto che sono una sorta di setta, e che sono abbastanza pericolosi. Avevano già provato a rapire Sevayt varie volte, ma senza successo. A quanto pare, sono alla disperata ricerca del “prescelto”, o qualcosa del genere.- rispose vago.
-Bene. Gli faremo visita.- decise Scylla.
-Ne sei sicura ragazza?- gli chiese il meccanico.
-Certo. Ci hanno chiesto se c'è un dio, e noi glielo mostreremo. Anzi,
mi mostrerò.-
-Non se ne parla proprio.- ribattè Nama.
-Non ha tutti i torti.- disse Mirano dandogli ragione.
-Lo so che è pericoloso, ma voi verrete con me, no?- controbatté Scylla, sorridendo ai due. -Così eviterete che io faccia idiozie, otterrò altre informazioni e prenderemo due piccioni con una fava.-
-Uh, tosta la ragazza.- disse all'improvviso Sanada. -Io sono con lei.-
-Bene, allora è tutto deciso. Mirano, quanto ti ci vorrà per delegare la gestione a qualcuno di fiducia?-
Mirano sospirò e sorrise -Diamine ragazza, sei proprio una peste. Qualche giorno al massimo. E ora beviamoci su, che è la cosa migliore da fare.-

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Capitolo 17
*** Verso il Buio ***


-Direi che siamo pronti per partire, no?- Scylla aveva finito di pagare tutte le notti che lei e Nama avevano trascorso nel piccolo albergo di Damian e si stavano dirigendo verso la stazione.
-Suppongo di si.- disse Mirano -Della gestione per un po' se ne occuperà il mio vice, Simal Tarq.-
-Ottimo, non è che ci sarà qualche altro cavillo o robe strane del quale ti sei dimenticata?- chiese sarcastico Nama. Per una strana coincidenza, tutti e tre erano vestiti di scuro, anche se con colori diversi.
-Ho ricontrollato tutto diverse volte, è tutto a posto.-
-Avevi detto così anche tre giorni fa, e la partenza è stata rimandata.- puntualizzò caustica Scylla.
-Ti devo ricordare che è grazie a me che hai evitato di perdere giorni a cercare Sevayt, cara.-
-Ci abbiamo guadagnato entrambi.- tagliò corto Scylla -Il mio potere si è amplificato e tu non hai più concorrenti tra le scatole qui nella Rossa.-
-Immagino che a scuola ti dovevi contenere dall'essere così con i professori.-
-In realtà sono stata bocciata proprio perché lo facevo. Ma ora basta, non ne voglio più parlare.- Scylla non parlava troppo della sua vita scolastica, dato che ad essa correlava vari ricordi non proprio felici, tra i quali la bocciatura avvenuta l'anno della morte della sorella.
Il resto del percorso verso la stazione ferroviaria si svolse in silenzio, passando per i vari vicoli della zona esterna al centro città, come una cinta muraria che circonda un palazzo. Scylla si fermò un attimo per prendere una delle sue medicine, un calmante per i nervi. Dall'incontro con Trevor, aveva scoperto che non era riuscita a resistere del tutto all'ipnosi, ma aveva, casualmente, peggiorato le cose: Nama ogni tanto la doveva svegliare perché cominciava a parlare nella lingua di Sweyy durante il sonno, e alle volte durante la pratica tossiva sangue. Per non menzionare il fatto che continuava ad avere allucinazioni riguardanti i Maghi quando si specchiava e guardava un corpo liquido, e cercando di resistere, l'unico rimedio che aveva trovato erano dei farmaci. Anche se voleva evitare di diventare farmaco-dipendente, per ora era l'unica soluzione che aveva trovato.
“Maledizione a me e a quel bastardo di Trevor.” pensò mentre ingoiava le pillole aiutandosi con dell'acqua.
Dopo qualche minuto arrivarono alla stazione e dovettero passare dalle Guardie Armate per fare una lista delle armi e dei medicinali che si stavano portando durante il viaggio: forse era l'unica seccatura dei viaggi intra-zone, più che altro per Scylla, dato che alcuni medicinali potevano non essere portati in altre zone poiché illegali. E purtroppo, così fu.
-Signorina, questo farmaco purtroppo deve essere requisito.- le disse una delle Guardie.
-Come mai?- chiese Scylla perplessa.
-Uno degli ingredienti del farmaco non è legale nella Zona dove lei si sta recando.-
-Almeno mi può dire il nome del farmaco o devo tirare ad indovinare? Non ho tutto il tempo del mondo a disposizione.-  rispose seccata lei.
La Guardia, al contrario della sua interlocutrice, era molto calma. -Peccato, io si. Comunque è il suo calmante per i nervi.-
-Dannazione, ne dovrò reperire un altro di là.- con malavoglia, la ragazza consegnò le due scatole di medicinale alla Guardia. -C'è altro?-
-No, è libera di andare.- la Guardia prese e imbustò le due scatole di medicinali.
-Arrivederci.- Scylla si riprese il borsone e chiuse la porta dietro di se, sibilando feroce -Bastardo.-
-Ti hanno preso qualcosa, non è vero?- punzecchiò Mirano.
-I miei calmanti, ladri infami.-
-Ne avresti bisogno ora, mi sa.-
-Non ne posso prendere più di uno ogni sei ore. Bhe, potevo... ora dovrò trovarne altri. Se nella Verde riesco a trovare qualcuno che me li venda senza chiedere l'identificativo.-
-Sarà, ma se non prendiamo il treno non li potrai chiedere.- le disse Mirano cominciando ad incamminarsi verso il treno del binario tre, venendo seguita a ruota da un Nama tranquillo e una Scylla abbastanza infastidita dal fatto appena accaduto. Anche se era quasi normale che succedesse, poiché varie Guardie erano corrotte anche nelle altre Zone, e ne approfittavano per usufruire della loro posizione come meglio credevano, sia per intascare più soldi e medicinali che per “servizi extra” verso le donne.
Dopo poco il trio trovò il treno diretto per Adantia, città che, stando alle informazioni di Sanada, era abbastanza vicina alla sede principale del culto della “Voce di Groza”, quindi Scylla decise che quella era la prossima meta. E in fondo, sperava che fosse anche l'ultima, prima di andare a visitare le rovine del Santuario, e arrivarci non sarebbe stato facile, al contrario di quello che pensava lei.
Le rovine erano situate oltre la Verde, quindi in territorio lapsiano, e ciò significava uscire da Dulcin senza essere notati, cosa un po' più facile nelle altre Zone rispetto alla Verde, anche se vi era un punto cieco dal quale era possibile passare oltre, ma Scylla preferiva verificare di persona prima di fidarsi di dicerie varie.
I tre trovarono posto più o meno nella parte centrale della terza carrozza di seconda classe del treno, così che Scylla potesse vedere meglio il paesaggio, dato che era una delle poche cose che la faceva rilassare nel viaggio.
Dopo poco il treno si mosse, e superate le varie stazioni della Rossa, si avviò verso la Verde: il paesaggio passò dalle case diroccate fino alla pura ed incontaminata natura. I paesaggi della Rossa non erano molto ricchi: a causa del fatto che ad ovest vi era la catena montuosa del Poruum, la zona Rossa era più soggetta ai venti caldi dell'est, e ciò teneva la temperatura del posto sempre più calda rispetto alle altre aree di Dulcin, anche se la notte, specie nelle stagioni più fresche, la temperatura si abbassava considerevolmente, anche se non quanto nella parte più a nord della Verde, vicino al monte Jhator.
Superata la radura, il treno entrò in una galleria scavata nella roccia: per vari minuti, tutto divenne più scuro, anche se le luci all'interno attenuavano tutto ciò, ma per i nervi di Scylla era un'altra questione. “Calma, calma, sei al sicuro.” pensò stringendosi le spalle della giacca viola scuro. In occasione della partenza, si era tinta nuovamente i capelli, colorando le strisce blu di viola. Più il treno procedeva nell'oscurità, più Scylla sembrava sentire freddo, cercando disperatamente con gli occhi qualcuno, forse sua sorella, forse un Mago. “Non sono reali, chiudi gli occhi e tutto andrà meglio. Il freddo che senti non è reale, è frutto della tua immaginazione, non è reale, non è reale...”
Si sforzò di chiudere gli occhi e rilassarsi, anche perché il calmante per i nervi l'aveva già preso prima di partire e poi perché non ne aveva più, e il pensiero di dover trovare quelli appena arrivata non la entusiasmava. Respirò lentamente, sempre con gli occhi chiusi, cercando di escludere il vociare delle altre persone, concentrandosi sul monotono rumore del treno che sfrecciava nella galleria. Si era perfino preparata un piccolo mantra da recitare per calmarsi: “Voce del profondo, voce dell'abisso, voce del nero e voce del pianto”. Sentì qualcuno picchiettargli sulla spalla: era Mirano, seduta alla sua sinistra, che gli faceva cenno di guardare fuori.
-Grazie.- le disse piano Scylla.
-Quello che stai passando non è facile, se ti possiamo aiutare, lo facciamo volentieri.- rispose lei sorridente e guardando fuori. -La Verde... spero che tu ti sia portata dietro qualche vestito pesante, qui ne avrai bisogno.- si avvicinò di più alla ragazza, sussurrandogli all'orecchio -Specie quando andremo al Santuario. Non vorrei che tu morissi di freddo prima di aver completato il tuo viaggio.-
-Qualcosa ce l'ho, grazie per la preoccupazione. In caso, comprerò qualcosa... sempre che non chiedano un rene, qui.- anche se Scylla era sarcastica, la Verde era nota per essere molto costosa, specie in alcune città. Per il resto del viaggio guardò fuori dal finestrino, calmando i suoi nervi con il paesaggio: vi erano diverse tipologie di alberi che formavano una foresta che sembrava estendersi per ettari, e il cielo presentava qualche accenno di nuvole. La foresta scomparì gradualmente, lasciando spazio a sterpaglia e radura man mano che ci si avvicinava alla civiltà: infatti il viaggio durò solo un'ora circa, grazie alla galleria scavata nella roccia.
Scendendo dal treno, Scylla si accorse che era come diceva Mirano: il clima era decisamente più “fresco” rispetto alla Rossa, anche se Nama e la sua amica non sembravano provare particolarmente freddo. O forse era solo Scylla, quella freddolosa. “L'industrializzazione rimane sempre la stessa, vedo.” pensò mentre camminava e si guardava attorno, ammirando i palazzi tenuti con cura, anche quelli più vecchi. Era come un altro mondo rispetto alla Rossa e alla Grigia, come se i nomi delle zone riflettessero anche la qualità della stessa, e la differenza era netta, specialmente per una estranea come lei. I palazzi e le case della Verde apparivano più curati, certo, ma non è sempre oro ciò che luccica: infatti alcune imperfezioni c'erano, come qualche crepa mal coperta e graffiti fatti dai giovani sulle pareti; inoltre, vi erano più automobili.
-Seguitemi, vi porto di là.- annunciò Nama senza particolare enfasi. Ogni tanto Scylla si doveva ricordare che era un mercenario che tendeva a sopprimere le proprie emozioni. Dovettero fare un po' di strada per arrivarci, dato che il posto che aveva scelto Nama, oltre ad avere un buon rapporto qualità/ prezzo per il servizio che offriva, era più vicino alla periferia, quindi più vicino al loro obiettivo. Sbrigate le formalità con il proprietario, si recarono nella stanza a loro assegnata, che, casualmente, era nel piano più alto, cioè al quarto. Il lato positivo era che c'era l'ascensore.
-Da qui posso avere una buona visuale.- disse il mercenario affacciandosi nel balconcino.
-Dove è il loro punto di raduno?- gli chiese Scylla, avvicinandosi a lui. Negli ultimi giorni, Nama l'aveva aiutata a far pratica con la voce, e anche con il combattimento corpo a corpo, più qualcosa sulle armi da fuoco.
-Vedi quella chiesa laggiù? La usano come copertura: anche se teoricamente dovrebbe essere in ricostruzione, il capo della setta paga gli addetti ai lavori per non farli avvicinare li, così la sera possono agire indisturbati.- l'edificio che diceva Nama si trovava a circa duecento metri di distanza in linea d'aria, e si vedeva dal piccolo albergo solo perché la doppia croce era abbastanza grande da essere vista in lontananza.
-Domani gli farò una visitina.- disse Scylla decisa.
-Ottimo, meglio non affrettarsi.- concordò il sicario.
-Anche se prima risolvo questa faccenda, meglio è.- Scylla non era molto felice di avere a che fare con una setta che cercava il “prescelto”, ma se poteva ottenere informazioni, valeva la pena rischiare.

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Capitolo 18
*** Gettarsi tra i lupi ***


L'indomani, Mirano e Scylla andarono a comprare qualche vestito più adatto per la ragazza, passando prima dalla farmacia vicino all'albergo, situata nell'angolo di fronte.
-Sicura che quelli ti andranno bene?- le chiese Mirano uscendo.
-Dovranno andarmi bene, almeno non ho speso troppo.- rispose Scylla mettendosi la confezione in tasca. -E spero di non doverli usare troppo.-
-Quando finirà tutta questa storia non ne avrai più bisogno.- le disse Mirano scompigliandogli un po' i capelli e sorridendole, cercando di tirare su l'umore tetro della ragazza. -A proposito, cosa farai  dopo?-
-Non ne ho la più pallida idea. Però sto pensando che potrei aiutare te, o Nama, o Sanada, non lo so.-
-È meglio se dopo che finisci questa cosa ti dimentichi di noi, Scylla. Lo dico per il tuo bene.-
-Si vedrà alla fine.- tagliò la ragazza precedendola dentro un negozio. “Questa sarà una mattinata rilassante, almeno. Forse una delle poche che ti rimarranno.” pensò amara entrando. Prima di varcare la soglia, si fermò un attimo, allertata dal suo istinto. Si girò, guardando le persone che passavano vicino al negozio. Rimase così per qualche attimo, poi entrò, irritata da quel fatto.

La mattina e il pomeriggio passarono veloci, e dopo la cena veloce, durante la quale Scylla aveva toccato pochissimo cibo, Mirano la accompagnò vicino alla chiesa, ma non si avvicinò del tutto. Avevano fatto un po' di zig zag tra i vari edifici, in modo da non essere seguiti o visti facilmente, cosa facilitata dal fatto che quella zona era scarsamente abitata.
-Ne sei sicura?- gli chiese prima di separarsi da lei. -Non sei obbligata a gettarti in pasto ai lupi da sola. Possiamo prendere le informazioni in altri modi, lo sai.-
-Io ho coinvolto Nama e te in questa faccenda. Sono determinata ad andare fino in fondo, mi dovesse costare la mia voce.- Scylla avanzò di qualche passo, andando avanti rispetto a Mirano -E poi, stai tranquilla che mi rivedrete. Non penso che mi riveleranno tutto stasera, dovrò guadagnare la loro fiducia, e richiederà tempo.-
-Ok, ricordati che noi sentiremo tutto quello che dirai tramite l’auricolare, però non potrai sentire noi. Se lo scoprono... -
-Si, gli dirò che sono diventata sorda da un orecchio e grazie a questo ho scoperto il mio potere, lo so, me l’hai già detto tre volte, Mirano.- disse sbuffando Scylla. Mirano aveva scoperto che la ragazza odiava essere trattata come una bambina, specie riguardo al suo potere, ma era più forte di lei. Sentiva di doverla proteggere, come una madre fa con i propri figli.
Prima di lasciarla andare, Mirano l’abbracciò, e la cosa sorprese Scylla, anche se ricambiò il gesto.
-Stai attenta.- le raccomandò prima che la ragazza si staccasse silenziosamente da lei. Gli sembrò di aver visto un sorriso sul suo volto, un sorriso triste che fece ricordare a Mirano di quei momenti, di quando anche lei era felice accanto a Nama ed Eleonor, prima che cambiasse tutto quanto.
*****
“Probabilmente mi pentirò di quello che sto per fare” pensò Scylla prima di bussare al portone della chiesa abbandonata. Si era accertata che ci fosse effettivamente qualcuno dentro ascoltando parti delle loro conversazioni, ma non aveva badato troppo alle loro parole.
-Chi è?- chiese una voce acida oltre la porta.
-Ehm... avrei bisogno di aiuto. So che voi potete aiutarmi...-
-Per chi mi hai preso, gli alcolisti anonimi? Sparisci, zonca!-
-Ti prego, non ho nessuno che mi può aiutare!- insisté lei per evitare di farlo andare via –Ho risposte che solo voi mi potrete dare.- e ciò in parte corrispondeva a verità.
-Sentiamo, quale sarebbe il tuo problema, bambina?- chiese sarcastico l’uomo.
-La mia… la mia voce. Mi sembra strana, come se fosse di qualcun altro…- doveva riuscire a convincere quell’uomo a tutti i costi.
L’uomo rimase un attimo in silenzio. –Aspetta un attimo qui.- Dopo qualche minuto, il portone venne aperto e la fecero entrare. L’interno era poco illuminato, per evitare di insospettire l’esterno con luci provenienti dalle finestre, anche se quest’ultime erano state oscurate. Nel pavimento non vi erano le classiche panche presenti nelle chiese, al contrario, vi erano dei tappeti viola rettangolari. Le statue ai lati dell’altare erano coperte anch’esse con dei teli viola, che non avevano nessun simbolo ricamato: forse erano stati messi semplicemente per coprirle. L’interno della chiesa non sembrava essere stato gravemente danneggiato, tranne per alcuni graffiti presenti nelle pareti. Del suo interlocutore dietro la porta nessuna traccia.
-Hai detto di avere un problema?- disse un uomo uscendo da una porta sulla destra vicino all'altare: dalla voce si accorse che non era il tizio di prima. Indossava un saio scuro, che ricordava quello dei monaci dei tempi antichi, con sopra uno scialle viola che  scendeva sul braccio destro e gli arrivava fin quasi alla mano. Era abbastanza giovane, forse aveva trentacinque anni al massimo, con una lieve barba e capelli brizzolati scuri. -Non deve essere un problema comune, se sei venuta da noi.-
-La mia voce è strana. É da un po' che è così.-
-Tipo quanto? Qualche settimana?-
-Si, da poco più di un mese circa... ho sentito voci che voi potreste avere qualche risposta sulla mia voce...- prima che lei finisse di parlare, il tizio prese a toccargli la gola, come un archeologo con qualche manufatto risalente al passato.
-Mmmh... sai fare qualcosa?- gli chiese dopo qualche secondo, ritornando tranquillo e smettendo di “molestarla”.
-So spaccare dei bicchieri... non so quanto sia d'aiuto...- Scylla si era esercitata parecchio nei giorni precedenti, sia con esercizi vocali che come recita: aveva intenzione di fare la parte della ragazza confusa dal suo potere che non sa ancora gestire bene, e che forse era dovuto alla perdita di udito a causa di un incidente.
-Ok, proviamo così. Quanti te ne servono?- chiese calmo il tizio.
-Uhm... sei andranno bene, si, quelli di vetro verde andranno bene.- ora si stava calmando anche lei.
-Non so se li abbiamo quelli.- rispose corrucciato.
-Vanno bene anche di vetro azzurro.-
-Vediamo se ci sono.- il tizio ritornò nella stanza da dove era uscito, farfugliando qualcosa con altre persone. Dopo un po' uscì dalla stanza con altri due al suo seguito, che a differenza sua avevano un cappuccio viola scuro che non lasciava vedere bene il volto; come quello che sembrava il loro capo, avevano uno scialle che ricadeva sulla spalla destra, anche se il loro era verde e arrivava fino al gomito. Ognuno aveva nelle mani un bicchiere: contando il suo interlocutore, vi erano sei bicchieri. “Ho capito, devo fare tutto io qui” pensò scocciata.
-Avete anche una scatola? Di metallo, possibilmente.-
-Prima i bicchieri, ora la scatola, cosa altro vuoi?- chiese acido uno degli incappucciati.
-Volete vedere di cosa sono capace? Accontentatemi e ve lo mostrerò, o perderete un elemento prezioso.- “Calma Scylla, calma.” Una parte di lei voleva mettersi in mostra, l'altra era più cauta.
-Accontentatela, stolti!- ordinò il tizio al centro. Molto probabilmente era il loro capo spirituale, o qualcosa del genere. I due poggiarono i bicchieri per terra, e qualche minuto dopo tornarono con una cassa di metallo.
-Ok, lasciate fare a me, ora.- Scylla prese i bicchieri, disponendoli l'uno verso l'altro a coppie di due, e poi mettendo una coppia sotto l'altra, chiudendo infine la scatola. -Tu, portala nella stanza più lontana di questo edificio.- disse rivolta ad uno degli incappucciati.
-Accontentala.- disse il capo. Vedendolo fermo, gli ripeté l'ordine con voce più imperiosa. -Vai, muoviti!- “Forse lui mi potrà aiutare...” pensò Scylla leccandosi le labbra.
-Ok, è arrivato di là. Avanti, mostraci ciò che sai fare.- le disse il capo. Prima di iniziare, sentì l'altro incappucciato bofonchiare qualcosa come “Scommetto che è tutta scena.”
-Ok, è l'ora di mettersi all'opera.- Scylla inspirò a fondo, poi lasciò uscire una nota lieve, che crescé di intensità, aggiungendo in seguito altre voci al coro, fino a toccare la nota più alta, fermandosi per riprendere fiato. Era un esercizio che richiedeva molta energia, e la stancava quasi subito. Il secondo degli incappucciati ritornò, aprendo la scatola per mostrare il contenuto: tutti i bicchieri erano rotti.
-Ragazza... hai molto talento. Benvenuta nella Voce di Groza.- disse sorridendo il capo. “Grazie, non sai quanto mi potrai aiutare, tu.”

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Capitolo 19
*** Voce oscurata ***


La notte sembrò non passare mai per Scylla, specie dopo che era rientrata dall'incontro con i “Nuovi Coristi”, come si autodefinivano loro. Il capo, Eitar, gli aveva dato la casacca da “apprendista della Voce”, anche se gli aveva confidato che avrebbe fatto grandi passi in poco tempo, con il potere che si ritrovava. Inoltre, si sarebbero dovuti rivedere di nuovo il giorno dopo per cominciare lo studio: praticamente, ciò che sperava Scylla. Anche se provava a prendere sonno, continuava a sentire delle voci: di norma ne sentiva quattro, che aveva scherzosamente rinominato Jhana, Ghala, Yhala e Dhala; ognuna era una voce particolare, e rispettivamente erano Voce Calma, Rabbiosa, Triste e Pazza, e in quel momento stavano parlando tutte assieme, creando una cacofonia sonora che le impediva di dormire. Alla fine, dopo una pillola calmante e qualche ora dopo, il sonno arrivò.

Sentiva un canto, ma non vedeva nulla. Non capiva dove si trovava, riusciva solo a sentire delle voci che cantavano nella lingua Sweyy. Dopo vari sogni e parole pronunciate in maniera casuale nel sonno, aveva capito quando sognava qualcosa di correlato a quella lingua. All’inizio erano solo voci maschili, basse e profonde, poi se ne aggiunsero anche di femminili, che erano più lievi e delicate, specie per le sue orecchie. Sentiva che si muoveva, si, stava muovendo le braccia: erano movimenti lenti, delicati, precisi, però non poteva vederli, riusciva solo a percepire cosa stava facendo in mezzo al buio, come se avesse una benda sugli occhi.
Il canto cessò dopo qualche tempo, e anche lei sentì che era ferma, i suoi muscoli tesi, come in guardia da un possibile pericolo. Sentì dei passi dietro di lei, e dal suono che facevano, sembrava fosse nella neve. Percepiva anche del vento freddo, quindi era possibile che si trovasse nelle rovine del Santuario, o comunque sia, in una zona fredda. Ma se era nelle rovine del Santuario, perché sentiva dei canti? Era finita di nuovo a Sweyy, ingannata nuovamente da Trevor? La mancanza di risposte le stava facendo venire il nervoso. E oltre al nervoso, sentì qualcosa, subito dopo: un urlo acuto, e qualcuno che piangeva. Qualcuno da dietro la immobilizzò, tenendola ferma per le braccia e stringendogli la testa con forza. Udiva una voce flebile, che diceva “Vai via da qui…”
-Non posso...- disse lei, sentendo che il braccio destro gli stava come andando in fiamme. Qualcuno rise sadicamente, ma lei non riuscì a capire chi fosse nel buio. Provò a fare qualche passo avanti, sempre nella neve, ma la sentiva diversa, come più morbida. Si chinò per saggiare il terreno, e la neve sembrava diversa, come più calda. “Devo capire che sta succedendo” si toccò il volto, cercando qualcosa che gli impediva la vista, ma non sembrò trovare niente.
-Perché non vedo?- chiese a voce alta -Perché? Chi c'è qui?- la curiosità di prima stava sparendo, e la paura ne stava prendendo il posto. Continuava a sentire dei passi attorno a lei, ma erano attenuati dalla neve. Il braccio destro continuava a fargli male, ma cercava di non badarci, anche se era come se gli stesse andando a fuoco. Continuò a toccarsi la faccia e la testa, ma continuava a non sentire nessuna cosa che gli ostruiva la visuale. Era come diventata cieca. -Perché non vedo?! Perché?!-
-Per cantare non servono gli occhi, Scolopendra...- gli venne detto da qualcuno, ma non vedendo non capiva bene dove si trovava, e il suo udito non sembrava aiutarla. Era dietro di lei, o a destra? Forse a sinistra? Anche se non lo capiva, sentì che delle dita gli sfiorarono le guance, sollevandole il viso. -Che tutti cantino per la Scolopendra...-
Delle voci si levarono, prima quelle femminili, poi maschili, in una cacofonia assordante.

“Dai damal
Dem nimallar vom maint
Domin vom kholi tare
Esiman
Dem nolor vom dohn nhaim
Domin fedha xima vommir laum
Immhan
Tonallar demvom kormanda
Domin vommir grujha millarha
Demmir lukannha vom tevarram dem
Demmir lukannha vom enaku naiem
Demmir lukannha vom zimannar dem
Demmir lukannha vom enamummar dem
Ind gamal ohm dher
Doi gamal bhal
Ghrollur kham ahl morn”

-No, basta... zitti, zitti tutti quanti, basta...- le sue parole non trovarono risposta.


-...basta, smettetela... ZITTI!- Scylla si svegliò di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore. Vedeva di nuovo.
-Ehi, calma. Che hai sognato?- gli chiese Nama avvicinandosi, dato che si era svegliato pure lui. Mirano invece aveva un sonno di piombo.
-Era tutto buio, non vedevo nulla... sentivo che ero sulla neve, mi faceva male il braccio destro e c'erano delle persone che cantavano...- guardò fuori dalla finestra: era quasi l'alba, e il sole si apprestava a sorgere. Forse, dal punto di vista climatico, sarebbe stata una giornata tranquilla.
-Stasera è meglio se non vai di la.- le disse Nama.
-Nama, devo andarci. Non è la prima volta che faccio sogni del genere, lo sai.- rispose decisa la ragazza. -Ormai non mi posso più voltare. Devo continuare avanti.-
-Va bene. Mi è venuta un'idea, a proposito.- si sedette vicino a lei nel letto, spiegandogli il suo piano. -Quella chiesa abbandonata è abbastanza grande. Non so se ha stanze sotterranee o qualcosa del genere, però di sicuro ha degli spazi vuoti. Hai detto che dovrai studiare su dei libri, quindi da qualche parte li dovranno tenere.-
-Si, è quello che dovrei fare oggi, in teoria. Vuoi mettere delle cimici?-
-Esatto. Più sappiamo su di loro, meglio è.-
-Ok, permesso accordato. Mi hanno detto che gli incontri per i nuovi sono serali e giornalieri, e di usare sempre strade ed orari diversi per evitare di essere visti.-
-Bene, allora tra poche ore vado e piazzo tutto.- sbadigliò e tornò nel suo letto -Prima però è meglio se riposiamo entrambi.-
-Già...- prima di coricarsi nuovamente, Scylla prese diverse pillole per calmarsi i nervi e anche un sonnifero. Sarebbe stata una lunga giornata.
*****
L'edificio aveva di fronte a se una piccola piazza, di circa  100 metri quadri. La facciata principale era tenuta bene, anche se si vedeva che era un edificio recente, forse risaliva a qualche decennio fa: a parte la sporcizia, i graffiti sulle pareti e le finestre oscurate dall'interno, non vi erano crepe o segni di cedimento della struttura. Decise di fare un giro dell'edificio, prima di entrare a vedere, e trovò una porta sul retro nell'ala destra: scassinarla non fu troppo difficile, ma si accorse che probabilmente erano state cambiate tutte le serrature. “Vediamo un po' cosa abbiamo qui...” L'illuminazione della stanza dove entrò era scarsa, sia per la non presenza di finestre, sia per l'assenza di elettricità, ma almeno si era portato una piccola torcia che teneva con la sinistra. Nella stanzetta, che probabilmente era l'ufficio del prete in epoca passata, sembrava fare da piccola biblioteca: nel muro sulla sinistra vi era una scrivania, con a lato degli scaffali con vari libri. Nama salì sulla scrivania e posizionò una piccola cimice sopra uno degli scaffali, e ne mise una anche nella scrivania, dentro uno dei cassetti ma in modo che non si vedesse. Dopo aver piazzato le cimici, uscì dalla stanza per andare a vedere l'interno dell'edificio: di fronte vi era un piccolo corridoio, con un'altra stanza davanti, che era adibita a guardaroba; decise di piazzarvi una cimice sopra un armadio. Provò a frugare un po' negli armadi, e vi trovò delle “divise”: non erano altro che vecchi vestiti da monaco, ma con una sorta di cappuccio viola scuro attaccato al saio, nel quale erano stati lasciati due buchi per gli occhio; gli ricordava un po' un'organizzazione razzista di un po' di tempo fa.
La stanza era collegata ad un altra, dove c'era una scrivania: non sembrava troppo importante, ma ne piazzò una sotto la scrivania per sicurezza; vi era anche una scatola con un'altra “divisa”, ma questa, oltre al cappuccio, aveva anche uno scialle viola, forse era quella del capo del culto. Da quella stanza poteva accedere al centro della chiesa dove, stranamente, Mirano era al centro, in mezzo al vuoto che la circondava.
-Pensavo di essere da solo.- gli disse il mercenario, richiamando la sua attenzione.
-Ero venuta a controllare questo posto, ma vedo che lo stai già facendo tu.- si mise le mani in tasca, sorridendo guardando l'altare spoglio al centro, dietro al quale ci sarebbe dovuta essere una statua, che probabilmente era stata portata via. Nama mise una cimice sotto l'altare, e si incamminò con Mirano senza dire una parola. Sapeva che alla amica gli erano venuti alla mente vari ricordi, ma preferì non parlare in quel momento.

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Capitolo 20
*** Informazioni necessarie per la crescita ***


Quella mattina Scylla aveva deciso di girare la città, un po' per ambientarsi e fare qualcosa, un po' per dimenticare quell'incubo. E anche per cercare informazioni sulle scolopendre: finora, nelle librerie dove era andata aveva solo trovato dati sulle varie specie; trovava che fossero animali affascinanti, ma non gli sarebbe piaciuto trovarsene una vicino in quel momento.
Il tempo era benevolo quel giorno, e ciò era positivo, contando che la Verde era una zona dove tendeva a piovere molto: c'erano varie persone in giro per il centro, la parte più vecchia e curata della città, e ciò non era un bene per lei: la sua mente stava diventando più fragile e cominciava ad avere più spesso le allucinazioni, oltre al fatto che non riusciva a stare molto seduta, beveva di più e aveva prurito sulle braccia come se soffrisse di dermatite. Se non fosse per gli antipsicotici che prendeva, a quest'ora era più probabile che si trovasse in una baracca nella Viola a delirare, rispetto al camminare nella Verde.
A forza di vagare, era finita in un vicolo senza apparente uscita: a parte gli edifici che sembravano chiuderla in una trappola dove si vedeva solo il cielo, non vi era altra alternativa se non ritornare sui propri passi... ma il suo udito la fece rimanere lì. Sentiva delle cannule metalliche che venivano sospinte dal vento, creando un tintinnio lieve, difficilmente percepibile se non si prestava attenzione. Ritornando sui propri passi, girò a sinistra, dato che era provenuta da destra, e dopo pochi metri scoprì qualcosa che si avvicinava a ciò che cercava: un piccolo bazar sul misticismo e l'occulto, o almeno così diceva l'insegna di legno.
-Salve...- l'interno era un po' scuro, non c'era molta illuminazione, anche perché l'entrata era coperta da una tenda: il posto era angusto, stretto, con una marea di cose affisse alle pareti, perlopiù animali impagliati, ossa di vari esseri viventi e talismani contro maledizioni e malocchi. Non c'era nessuna teca, c'era solo una piccola scrivania con una signora dietro.
-Benvenuta, cosa desideri?- chiese a voce bassa lei. Oltre alla poca luce, la signora era pure incappucciata, e non si vedeva bene il suo volto; inoltre il fatto che fosse curva con la schiena non aiutava. Era vestita con un abito tipico di una cultura a lei sconosciuta, con vari motivi geometrici, prevalentemente rossi e dorati.
-Lei cosa sa sulle scolopendre? In senso mitologico, occultistico, o qualsiasi cosa di non naturale esse rappresentino.- le chiese avvicinandosi alla signora dietro la scrivania.
La signora sembrava dire qualcosa, ma non riusciva a sentirla bene. Forse i farmaci stavano inibendo i suoi poteri, infatti non capì troppo della sua frase -...mano.-
-Eh?-
-Dammi la mano.- ripeté più chiaramente. Scylla gli diede la sinistra, e lei prese ad esaminarla, guardando ogni piega, ogni linea del suo palmo, ogni centimetro di pelle, poi gli prese la destra e fece la stessa cosa, mettendole vicine con il palmo rivolto verso l’alto.
-Quindi?- le chiese Scylla spazientita, anche perché la signora incappucciata non aveva risposto alla sua domanda sulle scolopendre.
-Le scolopendre sono animali carnivori, e non appaiono quasi mai nelle mitologie.- rispose lei piano, lasciando andare le mani di Scylla e sollevandosi il cappuccio: era calva e aveva gli occhi di colore diverso, e con la poca luce capiva solo che quello destro era scuro, mentre quello sinistro chiaro. –Tu sei in viaggio, e non un viaggio qualsiasi. Vuoi risposte su qualcosa che non sai, e stai andando in un luogo antico.-
-Come fai a saperlo?- Scylla era impressionata dalle sue parole.
-Io vedo molte cose, spesso spiacevoli, ragazza.- gli riprese le mani –La scolopendra è un animale carnivoro, e viene citata solo in una religione, ormai dimenticata ed è meglio così. Se continuerai questo viaggio, la scolopendra ti divorerà.-
Scylla staccò le mani dalle sue, indietreggiando verso l’uscita. –La religione di cui parli… è quella che ha portato alla scomparsa di un villaggio secoli fa, vero?- temeva la risposta, ma doveva sapere.
-Ti stai mettendo contro forze pericolose. Fossi in te, me ne andrei e non mi volterei mai più indietro, o le tue mani si sporcheranno.-
-Spiacente, ma ho già i piedi nel fango.- quando Scylla glielo disse, la signora si fece una risata e si rimise il cappuccio.
-Va bene. Se vorrai, quando finirai il tuo viaggio, torna da me, ragazza.-
Scylla si voltò ed uscì, camminando velocemente verso la strada. “La scolopendra ti divorerà.” Quelle parole gli erano rimaste impresse, come se quella tizia sapesse del suo sogno e della fine che farà. Sentì dolore al petto, come una morsa che glielo stringeva. Guardò in alto, verso il cielo che si stava lentamente rannuvolando, sperando che stasera avrebbe imparato qualcosa di più sui suoi nemici.

*Stesso giorno, ore 23:40*
Dopo essere stata accolta da Eitar e i suoi accoliti, Scylla venne accompagnata in una stanza in fondo alla chiesa, dove venne lasciata da sola per cambiarsi. Dietro si era portata un borsone con l'”uniforme” che gli era stata data, e apparentemente doveva essere l'unica cosa che doveva indossare, salvo la biancheria intima, in modo che “la voce si potesse esprimere al meglio senza il peso del vestiario”, o così gli era parso di sentire da Eitar, però lei non gli diede troppo ascolto, dato che era freddolosa e si voleva tenere la maglia termica sotto quella veste scura, che aveva come unico tocco di colore un cappuccio viola; notò che il suo scialle era più corto rispetto a quelli che aveva visto ieri, ed era rosso chiaro. Si tolse i jeans blu notte e la felpa rosso vinaccio e li ripose nella borsa, mettendo le scarpe vicine, dato che tutti quanti erano scalzi e non voleva essere l'unica diversa. Si mise il coltello dietro la schiena, infilato nelle mutante dato che non sapeva dove metterlo, poi si avvicinò piano alla porta dalla quale era entrata aprendola di scatto, perché gli era sembrato di sentire un respiro affannato di qualcuno, ma si era sbagliata. Continuava però a sentire qualcuno bisbigliare, ma forse si trattava solo di uno degli effetti collaterali dei farmaci. Camminando verso il capo, tra gli altri adepti che pregavano, gli sembrò di vedere anche dei Maghi, sia simili a Trevor che diversi: alcuni più grandi, altri minuti, altri gobbi, ma tutti che sparivano con un battito d'occhi. Per quel giorno aveva detto basta alle medicine, anche perché se continuava a prenderle quando voleva, le avrebbe finite entro poco tempo e preferiva risparmiarle, anche se aveva altre due confezioni di scorta.
-Ottimo, seguimi.- Eitar l'accompagnò in una stanza dietro l'altare, situata sulla sinistra, dove era presente una porta antincendio. Alla destra di quella porta vi erano scaffali contenenti vari libri, alcuni più recenti, altri più datati, con vicino una piccola scrivania. -Questa sarà la tua sala studi. Quando avrai imparato varie cose sulla Grande Voce e sul suo dono, potrai cantare con noi, ma per ora devi imparare.-
-Ricevuto.-
-Nel caso tu abbia dubbi, ci troverai nel salone centrale.- Eitar uscì, lasciandola sola in una stanza per la seconda volta. Andò vicino ai libri, scegliendo “L'origine della Voce”, abbastanza datato e di un autore anonimo, anche se probabilmente era di Trevor, o di qualche infervorato simile a lui: descriveva come la Grande Voce avesse donato il dono della parola agli esseri umani, affinché essi si potessero esprimere in maniera adeguata. La Grande Voce inoltre non sembrava avere forma, ma esisteva solo in forma sonora, e si rivelava solo ai “prescelti” attraverso sogni di varia natura, ma che avevano tutti in comune un solo elemento: la neve. Non era un caso che il primo santuario ad essa dedicato fosse situato alle pendici di una montagna dove non sembrava mai smettere di nevicare. Anche se era scritto dal punto di vista di uno di parte, decise di leggerlo lo stesso, sia per impararne qualcosa, sia per compiacere Eitar, in modo da guadagnarsi la sua fiducia e poter “scalare i ranghi” del suo culto malato.
Il tempo passò in fretta, e dopo quelli che a Scylla parvero solo minuti, un'accolita venne a richiamarla, ma a differenza di quelli che aveva visto ieri ed oggi, la sua veste era diversa: era uguale alla sua, ma aveva uno scialle azzurro che arrivava a metà dell'avambraccio e una catena senza pendente attorno al cappuccio. “Forse lei è più avanti di grado rispetto ai due tizi di ieri.”
-Sorella Scylla, per oggi basta con lo studio.- disse lei sporgendosi dalla porta -Ora è tempo della preghiera, poi potremo andare a casa.-
-Pensavo non potessi ancora farle, Eitar ha- -
-Maestro Eitar, prego.- disse lei correggendola, passando da una voce delicata a una più dura, come se avesse commesso un errore gravissimo nel chiamare il capo della confraternita senza l'onorificenza adeguata. -Comunque si riferiva alle cerimonie più importanti, per le preghiere puoi partecipare tranquillamente.-
Scylla si alzò, mise il libro a posto e la seguì. Tutti i fedeli erano riuniti in semicerchio, con davanti “Maestro” Eitar: vi erano due metà del semicerchio, ognuna con due file; la fila davanti era composta dagli accoliti seduti sulle ginocchia, mentre la fila dietro da quelli in piedi. Ognuno dei componenti aveva una tonaca simile a quella di Scylla, e tutti avevano uno scialle che ricadeva sul braccio destro, chi più corto e chi più lungo, fino ad arrivare quasi alla mano: aveva confermato la sua ipotesi del “grado” nella confraternita, e quello suo copriva solo la spalla, quindi avrebbe dovuto faticare di più.
Compreso Eitar, Scylla e la tizia che l'ha chiamata, non vi erano molte persone, meno di trenta di sicuro... anche perché non doveva essere facile reclutare e convincere tutta questa gente che avevano un dono speciale o chissà cosa. Lei si mise nella fila davanti di sinistra, e provò ad imitare gli altri componenti, sedendosi nel pavimento freddo, e prima di iniziare a cantare chiuse gli occhi, almeno all'inizio, poi cominciò. C'era una sorta di energia in quel canto, un qualcosa di diverso rispetto a quando faceva esercizi vocali da sola. Era strano per lei cantare con altre persone, con qualcuno che effettivamente aveva delle particolarità vocali. Nei momenti di pausa, che erano pochissimi, cercava di drizzare le orecchie per trovare altri come lei: nel piccolo coro, ve ne erano ben pochi, forse quattro o cinque, e due erano Eitar e la tizia di prima. Quando finirono, si fermò a guardare il soffitto, rimanendo dove era: anche se era fatto di recente, era impolverato, con le travi ormai senza vernice, e ricordava una gabbia, una nel quale si era infilata da sola e che non aveva troppe vie d'uscita che potessero essere sicure e pulite. “Le tue mani si sporcheranno.
Prima di andare gli venne affidata una sorta di tesserino, e andandosene ebbe sensazioni contrastanti, specie dopo aver visto Trevor stare dietro ad Eitar durante il canto, mimando i suoi movimenti, anche se nessuno a parte lei sembrava averlo visto. O era Eitar quello controllato come un burattino? Il dubbio la confondeva, e parlando del diavolo...
-É stata una bella esibizione, Scylla. Eleonor si sarebbe commossa nel vederti.- disse lui sbucando dall'oscurità con la sua voce suadente e zuccherosa.
-Grazie Trevor, i tuoi complimenti mi fanno molto piacere, tanto quanto il vedere i tuoi amici ogni tre per due quando cammino per strada.- ribattè acida lei.
-Suvvia, suvvia, non essere così scontrosa, piccola.- camminò attorno a lei in maniera lenta mentre parlava -Tranquilla, volevo solo passare a fare un saluto al mio piccolo quarzo nero.-
-Sarà meglio, domani ho di nuovo da studiare e vorrei avere abbastanza energie per evitare di impazzire, se possibile.-
-D'accordo, d'accordo. Ricordati che ti tengo d'occhio, cara. Sia da vicino che non, tu rimarrai sempre a portata di voce per me.- Trevor sparì dalle ombre dal quale era apparso, lasciando Scylla ancora più irritata di prima.
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Piccola nota: da ora pubblicherò i capitoli anche il venerdì dato che ho quasi finito l'ultimo capitolo

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Capitolo 21
*** Avanzamento di grado ***


Dopo più di una settimana, per Scylla venne il tempo della prima prova, che consisteva semplicemente in un piccolo canto, e per fortuna sua era nella lingua comune e non in quella Sweyy. Tutti i giorni Scylla aveva continuato a studiare sui testi che Eitar aveva nella piccola biblioteca, ed era riuscita a decifrare il canto che aveva sentito tempo fa nel sogno, che aveva continuato a fare per svariati giorni, riuscendo così a memorizzarlo, anche grazie ad un registratore che si era messa vicino al letto in modo da riascoltare alcune parole che diceva nel sonno.
Per l'occasione dovette andare prima nella chiesa, e notò che vi erano presenti solo Eitar, Klara, Simon e Jan, in sostanza il capo e i suoi collaboratori più fedeli; tutti e quattro erano vicino all'altare davanti a lei, un po' come a scuola durante un'interrogazione, solo che in questo caso la situazione era peggiore e più pericolosa. “Coraggio, fatto questo avrai un passo in meno da fare.”
-Sorella Scylla, quando vuole può iniziare.- gli venne detto da Klara. Guardandola meglio, aveva notato che aveva un’aria perennemente altezzosa: non sembrava sorridere mai, e il suo sguardo era glaciale. Teneva i capelli biondo scuri legati con una coda, e i suoi occhi azzurri scrutavano con minuzia ogni mossa della giovane accolita. Gli unici particolari che sembravano stonare era un piercing nel sopracciglio destro e nella sinistra del labbro inferiore, ma a parte quelli, sembrava una ragazza cresciuta con disprezzo verso le persone con abilità inferiori alle sue.
-Si, ora inizio.- Scylla si schiarì la voce, fece respiri profondi e chiuse gli occhi, concentrandosi solo su cosa aveva imparato e non sui bisbigli onnipresenti che sentiva. Iniziò piano, e continuò per un po' così con un tono lieve, poi aumentò l'intensità vocale. In tutta la chiesa erano stati sparsi vari bicchieri di cristallo blu, diciotto per la precisione, e se riusciva a spaccarne almeno un terzo, avrebbe acquisito un grado in più, e ciò significava avere lo scialle che arrivava al gomito.
Scylla continuò a cantare, aumentando e diminuendo l'intensità a seconda delle parti del canto, fino a quando gli parve di sentire del sangue nella bocca, facendola fermare sotto lo stupore di Eitar e l'indignazione di Klara. Si portò la mano alla bocca e tossì, confermando la sua ipotesi. “Cosa...” La chiesa intorno a lei sembrò girare, mentre lei continuava a tossire e sputare sangue, accasciandosi a terra. Simon e Jan gli si avvicinarono, ma vennero respinti da un suo acuto, che li fece arretrare; Eitar e Klara guardavano la scena, senza reagire, anzi, stavano parlando tra loro, ma lo facevano con una voce così bassa che neanche Scylla riusciva a capirli. Sentiva solo dei bisbigli, solo i sussurri dei maghi mentre il suo petto sembrava comprimersi.
-Volete che io canti, bastardi... mi spiate, tutti i giorni, guardando dove vado, cosa faccio, chi vedo, cosa scrivo...- disse tremante, cercando di rialzarsi. Tutti la guardavano curiosi, anche se Simon e Jan sembravano ancora preoccupati. -Volete che io canti... e allora vi accontenterò, maledetti Alsvartr...- guardò il soffitto, con lo sguardo che vagava da una trave all'altra, respirando in maniera disordinata, e si mise a recitare il canto del sogno, prima piano, poi alzò la voce e ne aggiunse altre alla sua. Era come in uno stato di trance: cantava a ripetizione, pronunciando quella litania di continuo, mentre sentiva i bisbigli farsi più forti, diventando quasi un rumore unico con la sua voce. Tutti, ad eccezione di Eitar, si coprirono le orecchie con le mani, talmente era forte il canto di Scylla. Il soffitto aveva cominciato a creparsi e la terra sembrava muoversi, e continuava a vedere le figure dei Maghi, che fluttuavano sopra di lei, tendendo le braccia verso la sua gola.
All'inizio nessuno dei quattro sembrò comprenderla, poi Eitar si “svegliò” e fece qualche passo avanti. Scylla non aveva smesso di cantare, neppure quando Eitar era davanti a lei, che la guardava meravigliato, come se avesse trovato un diamante in mezzo al fango.
-Shh, va tutto bene ora, va tutto bene...- Eitar gli mise le mani sulle tempie, e Scylla parve calmarsi, accasciandosi per terra aiutata dal capo. Klara ordinò a Simon e Jan di andare a controllare i bicchieri, mentre si avvicinava ai due.
-Sono confusa. Ogni lettera ondeggia, perdendosi eterna nel dado, rotolando allegra...- disse Scylla appoggiando la testa su di un cuscino messo per terra. Aveva ancora sangue vicino alla bocca e sulla mano destra, e i capelli scombinati. Lo sguardo era fisso sul soffitto: quelle crepe c'erano già? Non gli sembrava, forse erano recenti... forse le aveva causate lei. “Perché è dovuta andare così?”
-Ma che cosa gli è preso?- sussurrò Klara ad Eitar.
-Klara... hai sentito le sue parole, si? Quella era l'antica lingua, era quella, ne sono certo.- Eitar in quel momento somigliava tanto ad un bambino estremamente felice -Lei è stata in contatto con loro! Lei li ha visti, e ne ha ricevuto gli insegnamenti!- “Oh si, non ti immagini neanche lontanamente di quali “insegnamenti” sono capaci, quei bastardi manipolatori...”
-Maestro Eitar...- Jan si avvicinò a loro, con in mano un sacchetto.
-Si, Jan?- chiese lui senza distogliere lo sguardo da Scylla.
-Abbiamo trovato i bicchieri.-
-Quanti se ne sono rotti?- chiese Klara.
-Che domanda sciocca, Klara. Tu pensi davvero che una voce come la sua li abbia solo rotti quei bicchieri?- gli disse Eitar, sorprendendo la sua fedele. -Jan, i bicchieri si sono polverizzati, dico bene?-
-Si, Maestro...- Jan mostrò il contenuto del sacchetto a Klara, che non riusciva a credere ai suoi occhi. -Tutti i bicchieri si sono polverizzati.-
-È lei… abbiamo trovato la prescelta.- sentenziò Eitar. Dopo quella frase tutti rimasero in silenzio per un po’, mentre nel frattempo Scylla si stava quasi per addormentare.
-Questo… cosa significa, Maestro?- gli chiese lei, fingendo di essere sorpresa e spaventata da tutto ciò.
-Significa grandi cose mia cara, grandissime cose. Jan, prendi quello scialle.-
Poco tempo dopo, Jan tornò con tra le mani uno scialle nero, piegato con molta cura.
-Maestro, ne è sicuro? E se fosse stato solo un caso?- a quanto pareva, Klara era contraria alla scelta del suo capo, anzi, pareva particolarmente contraria. Forse perché Scylla c’era da meno tempo di lei, e non riusciva a credere alla decisione del suo mentore, seppur costretta ad accettarla. Eitar prese lo scialle e lo avvolse attorno al collo di Scylla, ufficializzando così il suo avanzamento precoce nella setta.

Per quella sera, Scylla venne riaccompagnata da Eitar vicino a dove alloggiava, poi dovette ricorrere a vari tentativi per convincerlo che si era ripresa e che poteva andare tranquillo a casa. Quando fu sicura che se ne fosse andato, continuò da sola fino all’albergo. Prima di entrare, notò una figura familiare davanti a lei, anche se distante: non si ricordava bene dove l’aveva vista, ma fece un inchino, poi si incamminò e scomparve dietro l’angolo.
Salì lentamente le scale che portavano alla sua stanza, stando praticamente attaccata al muro sulla sua sinistra per evitare di cadere, anche se quando raggiunse la porta cascò in avanti, dato che Nama l’aveva aperta per lei, non aspettandosi che fosse così debole.
-Ohi, ci sei?- Mirano la poggiò delicatamente nel letto, poggiando la borsa per terra e mettendola sotto.
-Si… ora mi voglio solo riposare…- disse stanca la ragazza, passandosi una mano sulla fronte per spostare i capelli.
-Quando starai meglio, parleremo un po’.- Mirano gli accarezzò la fronte, come se Scylla fosse stata sua figlia e lei una madre preoccupata.
*****
Klara camminava a passi veloci e decisi. Non riusciva ancora a credere che la nuova arrivata, quella Scylla, per il Maestro fosse la Prescelta. “Quella stronza… chissà come ha corrotto il Maestro…” Era così tanto furente che non aveva visto il vecchio sulla sua sinistra, facendolo quasi cadere con una spallata.
-Guarda dove vai, vecchio!- gli disse furente continuando a camminare. Non aveva voglia di stare dietro a fatti così inutili, specie ora.
Dopo pochi minuti arrivò a casa sua: aprì la porta, accese la luce sulla sinistra e lanciò la borsa contenente la sua divisa nella poltrona vicino alla TV. Andò a prendere un bicchiere di vetro e del liquore, sedendosi in una sedia vicino al tavolo di legno rettangolare. Si sciolse anche la coda, perché stava cominciando a darle fastidio, e bevve a grandi sorsi. -Maledetta puttana.- non era gelosa, ma furente. Non riusciva a capacitarsi di come una arrivata da poco più di una settimana e con un potere recente potesse aver sviluppato così tanto potenziale in un tempo relativamente breve. A meno che… “Aspetta… che cosa è stato?” sentiva come se l’acqua del lavandino stesse gorgogliando. Si alzò, andando poco più avanti nella stanza, davanti al lavandino, ma non vide nulla. “Forse era la mia immaginazione. Meglio andare a dormire.” Rimise la bottiglia a posto, e voltandosi, vide un estraneo in casa sua. “Quando è entrato?!” provò ad allungare la mano sinistra per prendere un coltello, ma il braccio non si mosse: sembrava che qualcosa le stesse stringendo il polso.
-Ah, i giovani d’oggi… non hanno più rispetto per gli anziani. Si vede che sono invecchiato.- il vecchio aveva un mantello bianco addosso, era calvo e la sua barba candida gli scendeva fino all’ombelico. Si teneva poggiato con entrambe le mani ad un bastone, ma non sembrava avere troppi problemi nello stare in piedi.
-Chi… chi sei tu?- gli chiese Klara cercando di rimanere calma, anche se era impedita nel muovere il braccio sinistro.
-Io? Solo un semplice Custode, cara, nulla di più. Ma forse posso esserti d’aiuto… forse.-
-Un… Custode? Cosa vuole un Custode da me?-
-Sembra che una giovane fanciulla ti abbia fatto innervosire oggi. Vediamo… si, se non sbaglio si chiama Scylla, dico bene?- il Custode era calmo nel dirlo, ma questo fece crescere i sospetti in Klara.
-Come fai a saperlo?-
-Oh, so svariate cose io, so che preferisci le mele alle pere, non ti piacciono le banane- -
-Come fai a sapere il suo nome?!- il blaterare del vecchio l’aveva innervosita, ed utilizzò il suo potere senza rendersene conto.
-Signorina, la pregherei di non urlare a quest’ora della notte.- il Custode sollevò di poco il bastone, poi lo ripoggiò subito a terra con un suono secco, e Klara sentì di nuovo l’acqua gorgogliare. Provò a voltarsi verso il lavandino, e vide due mani nere raggiungere la sua bocca e la sua gola, forzandola a guardare il vecchio Custode. –Se sono qui, è perché lei mi sembra una persona determinata a raggiungere i suoi scopi, dico bene?-
Klara annuì con la testa. Che cosa erano quelle mani? Chi era quel vecchio?
-Ottimo, allora penso che le farà piacere sapere che se ci aiuta, potrà diventare lei la prescelta.-
Lei annuì di nuovo. Non gli importava molto di cosa si sarebbe trattato, le bastava solo che quel vecchio se ne andasse alla svelta.
-Bene bene, mi sembra che lei abbia anche un buon potere, molto bene.- il Custode si avvicinò a lei, anche se mantenne un po’ di distanza. –Mi raccomando, non dica a nessuno del nostro piccolo incontro. So che farà la cosa giusta, quando sarà il momento.- nel momento in cui alzò il bastone, lei chiuse gli occhi. Non successe nulla, e quando li riaprì, sia il Custode che le mani erano sparite. Al loro posto, per terra, vi era un coltello da cacciatore.

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Capitolo 22
*** Ogni divinità ha i suoi sacrifici ***


Da un po' di tempo Scylla, appena sveglia, prendeva una pillola per calmarsi i nervi, ma quella mattina non lo fece. Non ne sentì alcun bisogno. Forse perché in fondo, non gli importava più nulla di come sarebbero andate le cose. Stette seduta sul letto per un po', con gli occhi persi nel vuoto, poi si alzò ed andò in bagno per farsi una doccia. Generalmente le sue docce duravano poco, perché non gli piaceva perdere tempo, ma si concesse un lusso stavolta. L'acqua calda gli scivolava sul corpo immobile, quasi dandogli fastidio poiché non abituata a stare sotto la doccia per molto tempo. Gli sembrava di sentire anche delle mani degli Alsvartr che uscivano dal muro e dal pavimento del box che la toccavano, ma non gli importava. Aveva deciso che ricorrere ai farmaci era stata una brutta idea, e il risultato l'aveva visto ieri sera, quando con il canto aveva polverizzato quasi una ventina di bicchieri. Eitar fu entusiasta della cosa, avendo finalmente trovato la Prescelta, mentre Klara rimase impassibile, come al solito.
Le mani continuavano a sfiorarla, anche dopo che aveva chiuso il rubinetto, ma non toccavano mai la sua pelle: rimanevano sempre a pochissima distanza da lei, come se ci fosse qualcosa che li tenesse a bada. Stranamente, non si avvicinavano al braccio destro. Uscì dal box doccia e si guardò allo specchio: le occhiaie gli erano aumentate leggermente, e c’erano dei punti neri nei suoi occhi che vibravano leggermente. “Non avrai ancora il mio corpo, Eleonor.” pensò poggiando la mano destra sullo specchio e spingendo. Delle gocce rosse colarono nel vetro riflettente: aveva un taglio che partiva dalla base dell’indice e si estendeva per tutta la lunghezza del palmo, arrivando vicino al polso. Guardò di nuovo lo specchio, e vide l’ombra di una mano svanire. “Se state cercando di mettermi paura, spiacente ragazzi, ma con voi chiuderò presto questa partita.” si leccò il taglio come un animale ferito, stringendosi il seno con l’altra mano per poi graffiarsi con le unghie nel petto. La cosa gli piaceva, anche se non lo voleva ammettere. Forse questo viaggio l’aveva cambiata, anche se non sapeva quanto e come, ma era probabile che il cambiamento fosse negativo.
Si vestì con degli abiti chiari, una maglietta bianca a maniche lunghe, un cappotto rosso chiaro e dei jeans grigi, ed uscì dall'albergo per fare “colazione” in bar nelle vicinanze, anche se forse era meglio pranzare direttamente, dato che uscì all'incirca verso le 11.30. Aveva dormito più o meno per otto ore, dato che si era alzata verso le 10. Prese due toast, un cornetto con la cioccolata e del latte macchiato, e considerando che era nella periferia della Verde, gli venne solo 25 caros. Quando uscì dal bar, avvisò Mirano e Nama tramite l'auricolare che sarebbe andata a fare qualche commissione, mentre loro continuavano a tenere d'occhio la chiesa: le cimici di Nama stavano facendo il loro dovere, e ogni tanto si sentiva qualcuno che entrava, ma la maggior parte delle volte erano gli accoliti che si esercitavano.
Camminò per un po', fino ad arrivare ad un piccolo bazar, e vi comprò delle catenelle d'argento, degli anelli e un pezzo nero di stoffa: aveva in mente un piccolo show per quella sera, e la cosa la divertiva. “Volevate un dio, un qualcuno che facesse da intermediario tra voi e Groza... lo avete trovato.”

Quella sera Scylla andò prima del previsto alla chiesa, e fu quasi sorpresa nel trovare la chiave al suo posto: di norma la chiave, se nessuno aveva già aperto, era sotto un pezzo del selciato che si poteva staccare, il tutto coperto da un vecchio tappeto per le scarpe. Entrò, accese la luce tramite il quadro generale e avanzò a grandi passi verso lo spogliatoio. Si cambiò velocemente, indossando il saio sopra la maglietta termica e i leggings scuri e mettendo sopra lo scialle nero che gli era stato dato da Eitar ieri. Lo scialle ricadeva sul braccio destro, ed arrivava a circa metà avambraccio, poco dopo il gomito. Si mise le varie collane che aveva ottenuto dalle catenelle d'argento, nei braccialetti era riuscita, con l'aiuto di Mirano, ad unire le catenelle agli anelli, anche se ne aveva solo tre per mano, ma gli bastavano per il suo scopo. Come tocco finale, si mise il velo ricavato dalla stoffa sul volto, chiudendolo sulla testa e dal mento fino alla base del capo con dei lacci. Prima di uscire dalla stanza prese il coltello, controllando che fosse ancora affilato provando a tagliarsi un pochino il pollice: aveva ancora un buon filo, quindi lo mise nel fodero e se tenne dietro la schiena. Meglio evitare che qualcuno lo trovasse, anche perché gli sarebbe servito per dopo.
Uscì dalla stanza ed andò al quadro generale situato vicino al portone d'ingresso, spegnendo le luci: il buio calò nella chiesa, lasciando Scylla nella più completa oscurità, ed avanzò lentamente verso l'altare, aiutandosi con la memoria sul quanto fosse distante. Dopo qualche attimo ci arrivò, tastando il granito freddo con le mani, e vi si sedette sopra con le gambe incrociate, aspettando gli altri accoliti.
Dopo qualche minuto, arrivò qualcuno: erano Simon e Jan, che furono abbastanza sorpresi nel vedere quella figura scura seduta immobile nella stanza una volta accesa la luce. Lei si portò l'indice sulle labbra, e loro, come cani ubbidienti, non fecero più rumore. Sembravano intimoriti da lei, ora che avevano scoperto che era la Prescelta: tra gli accoliti, erano gli unici a saperlo, a parte Klara ed Eitar; con il tempo arrivarono tutti gli altri, compresi il Maestro Eitar e Klara Swørn. Scylla continuava a restare ferma, impassibile e muta nella sua posizione, mentre Eitar riuniva tutti quanti davanti a lei: probabilmente, voleva celebrare il fatto di aver trovato la Prescelta, infatti sembrava felice, più rilassato, quella sera, mentre da quando l'aveva conosciuto il suo volto era sempre stato un po' duro, anche quando sorrideva.
Dopo che tutti si disposero come al solito, Eitar si schiarì la voce. -Fratelli, sorelle, oggi è un giorno importante per noi.- esordì, mettendosi al lato dell'altare, in modo che tutti riuscissero a vedere sia lui che lei. -Ieri, durante la prova per vedere se la nostra nuova consorella Scylla Lustrate era degna di far pienamente parte della nostra Congregazione, è successo qualcosa.- mentre parlava, Scylla scrutava gli sguardi dei suoi “fratelli e sorelle”: alcuni erano curiosi, altri felici, altri sprezzanti, ma era un qualcosa che si aspettava. -Scylla è la Prescelta. Durante la prova non solo ha rotto i bicchieri, li ha letteralmente polverizzati. E se non vi basta, guardate sopra: ci sono crepe nel soffitto. La sua voce ha un'armonia senza pari, è qualcosa di unico. Per questo, oggi celebriamo la sua ascesa.-
Scylla alzò la mano, facendo tintinnare le piccole catene ed attirando l'attenzione generale su di se. -Groza mi ha scelto, è vero. Ma oggi voglio verificare se anche voi siete degni di Lei.- si alzò in piedi, restando sull'altare. -Avere la Voce non significa solo usarla per celebrare colei che ce l'ha donata. Significa anche saper parlare, urlare, gioire, piangere, ma sempre con la stessa devozione.- alzò le mani verso il soffitto, e cominciò a cantare. Gli altri si unirono poco dopo a lei, cercando di stare al suo ritmo: non era un canto vero, era un'improvvisazione ma anche un test. Decise di rendere la vita più difficile a tutti, aumentando le frequenze, e gli effetti si videro subito: alcuni cominciarono a non seguirla più, ad avere dolori alla testa e alle orecchie, fino a quasi accasciarsi per terra. Continuò per qualche minuto, poi si fermò, guardando chi era “sopravvissuto” al suo test: come aveva predetto, gli unici che non avevano subito grossi danni erano quelli con il vero dono vocale, tra i quali Klara, che la guardava ancora più in cagnesco, ed Eitar, che sembrava ancora più entusiasta. Scylla sussurrò qualcosa rivolto a lui, dicendogli di restare dopo che tutti fossero andati via, e lui annuì: il suo potere era tra i più forti lì dentro, quindi non ebbe problemi a captare il suo messaggio.
-Non temete, fratelli e sorelle- riprese, tendendo le braccia verso di loro -Groza sa che voi vi state impegnando, ma dovrete diventare più forti. Ora potete andare.- tutti i fedeli si alzarono, riprendendosi dalla voce di Scylla e andandosi a cambiare. Dopo che tutti, ad eccezione di Eitar, andarono via, Scylla si assicurò che fossero abbastanza lontani e si tolse il velo dal volto, tornando a respirare meglio.
-Un'esibizione niente male quella di prima, Scylla, i miei complimenti. Si vede che sei la Prescelta di Groza.- si complimentò Eitar una volta che lei scese dall'altare. -Di cosa volevi parlarmi?-
-Una piccola cosa, nulla di che. Mi chiedevo se lei poteva aiutarmi in una faccenda personale.- si avvicinò a lui lentamente, a piccoli passi. Doveva mantenere la calma e colpire al momento adeguato, anche perché Eitar era più alto di lei di almeno una decina di centimetri.
-Si, nessun problema. Ma prima, puoi togliermi una piccola curiosità?-
-Si, dica pure.- “Forse so cosa stai per dire, Eitar...” pensò fermandosi davanti a lui.
-Perché non togli fuori quel coltello che tieni dietro la schiena, cara? É pericoloso girare armati, lo sai...- Eitar non perse compostezza nel dirlo, era calmo e pacato come al solito. Anzi, era quasi sarcastico.
-Ah, questo?- Scylla lo tolse, tenendolo nella mano destra e mostrandolo alla sua vittima. -Vede, dove vivevo io ti potevano aprire come un maiale solo se provavi a guardarli male, quindi ho imparato a girare armata.- continuò ad avanzare verso Eitar, anzi, verso Daniel Mazam.
-Divertente, pure io vengo da un posto simile.- fece una risatina, poi tornò serio. -Ora toglimi un'altra curiosità: quello che hai nell'orecchio sinistro è un'auricolare, vero?- “Merda.” Daniel provò a sferrargli un manrovescio con la destra, mancando il suo obiettivo a causa della veste che gli copriva la visuale. Scylla ne approfittò, abbassandosi e colpendolo nell'addome con il coltello, ma Daniel contrattaccò usando il suo potere, facendogli battere la schiena contro l'altare e stordendola per qualche secondo, cosa che Scylla non si aspettava. “Si vede che è il capo di questa congrega, ha proprio un bel potere. Proviamo a farlo arrabbiare un pochetto...”
-Quanto ti è piaciuto ingannare queste persone, Daniel? Ops, ho appena usato il tuo nome vero, che peccato.- lo schernì Scylla rialzandosi. Il coltello era per terra, ma a Daniel non sembrava importare, era convinto di farcela, dato che aveva quel potere da vari anni.
-Solo pochi hanno un vero potenziale, e sono certo che te ne sei accorta pure tu.- si premette la mano sulla ferita, che stava cominciando a macchiare il saio. -Non sono altro che marionette, barattoli vuoti. Ora che ti ho trovato, non servono più a nulla.-
-Ma tu guarda, tu cercavi me ed io cercavo te, che coincidenza!- sputò del sangue a terra e gli sorrise. -Cane contro cane, squalo contro squalo...- si fiondò su di lui, certa che avrebbe usato il suo potere per “tenerla a bada”, ma in realtà voleva fare una deviazione per prendere il coltello a terra. Daniel usò il suo potere nel momento in cui lei scattò per prendere il coltello, esponendosi ad un altro attacco. Scylla scattò nuovamente contro di lui, ferendolo mortalmente al costato, perforandogli un polmone. Con gli ultimi respiri, sembrò quasi recitare una profezia: “Quando la neve cadrà, e le tue mani saranno sporche, la scolopendra mangerà la tua anima.
-Certo che vi siete fissati con questa cazzo di scolopendra, eh?- si chinò su di lui, aprendo le guance e cominciando a tagliare le corde vocali come per quando lo aveva fatto con Sevayt. “Che schifo.” pensò una volta finite di ingoiare. “Giuro che è l'ultima volta che lo faccio.”
-Cosa... cosa è successo?- riconobbe istantaneamente quella voce. Klara era appena entrata, avanzando cauta verso di lei ed il cadavere del suo defunto mentore.
-A quanto pare, la notte si allungherà un altro po'.- strinse il coltello nella mano. Odiava il fatto di dover uccidere qualcuno, ma certe cose andavano fatte per potersi salvare.

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Capitolo 23
*** Ultima tappa prima della fine ***


-Perché Maestro Eitar è a terra? Che cosa gli hai fatto?- chiese spaventata Klara.
-Andiamo Klara, gli occhi ce li hai, mi devi proprio chiedere cosa ho fatto?- rispose sarcastica Scylla mostrandogli le mani e il coltello insanguinati. –Mi serviva il suo potere per ottenere delle risposte, e non ha voluto collaborare spontaneamente.- gli puntò contro il coltello. Klara stava quasi piangendo, ma decise che non era il momento per diventare meno dura –Klara, spostati. Non ho voglia di combattere pure te. Fammi andare via, e ti prometto che non mi vedrai mai più in vita tua.-
-Bastarda…- Klara tolse fuori un coltello da caccia simile a quello di Scylla dalla tasca –Come osi guardarmi così, stronza?!- anche se era distante da lei di qualche metro, l’onda d’urto sbilanciò Scylla. “Questa è pericolosa, altro che Eitar.” Si toccò l’orecchio sinistro, ma l’auricolare era inutilizzabile: nella migliore delle ipotesi, Nama stava arrivando, nella peggiore si sarebbe sporcata nuovamente le mani.
A causa dello sbilanciamento Scylla non si accorse che Klara l’aveva raggiunta e l’avrebbe colpita in pochissimo tempo.
-Muori!- Scylla riuscì a fermare il suo attacco usando la mano sinistra per proteggersi, facendo conficcare il coltello tra il medio e l’anulare. Vedendo che aveva bloccato il suo attacco, Klara gli diede un calcio sullo stomaco, facendogli sputare fuori tutta l’aria che aveva e lasciando cadere il coltello dalla mano. –Eitar era l’unica persona che mi avesse aiutato da quando ho scoperto il mio dono, e tu me l’hai portata via… stanotte tu morirai, puttana!- rincarò la dose dandogli un altro calcio, ma stavolta sul costato. –Quello scialle nero non simboleggia nulla! Solo che morirai!- continuò ad urlargli tra le lacrime, continuando a dargli calci. Si fermò un attimo per riprendere fiato, poi sollevò Scylla per i capelli, premendogli il coltello sotto il mento.
-Mi vuoi ammazzare, Klara?- gli chiese con un filo di voce Scylla. Aveva un piano, e forse avrebbe funzionato. -Allora? Perché non l'hai ancora fatto? Non hai lo stomaco per queste cose, non è vero?-
-Taci!- gli fece sbattere la testa sul pavimento e si mise sopra di lei, tenendo il coltello fisso sulla sua carotide. -Taci o ti ammazzo!-
-Si, si vede che non ce la farai.- Scylla si zittì quando sentì il coltello cominciare ad affondare nella carne.  -Però, non hai considerato un piccolo, minuscolo, insignificante dettaglio, Klara.-
-E cioè?- affondò un altro pochino il coltello, ma si rese contro troppo tardi di cosa intendeva Scylla.
-Ho vinto io.- con un urlo, Scylla fece letteralmente volare Klara verso il soffitto, però non lo colpì, dato che aveva dovuto riprendere il fiato dai suoi calci; rotolò verso destra per evitare di ritrovarsi Klara addosso. Il tonfo che fece quando atterrò non presagiva nulla di buono, dato che era ancora viva. Si avvicinò a lei, premendosi la mano sinistra per evitare di farla sanguinare troppo. -Ti avevo avvisato, idiota. Fossi in te, me ne andrei con il cadavere di Daniel e me ne sbarazzerei il più velocemente possibile.- Klara svenne dopo poco. “Bene, ora andiamocene da qui.”
Andò di corsa nello spogliatoio, cambiandosi in fretta e portandosi la borsa dietro: vi mise i coltelli e i libri che aveva letto nei giorni scorsi, poi raccolse tutte le cimici ed infine uscì dalla porta sul retro della piccola biblioteca, dirigendosi a passi svelti verso l'albergo. Per evitare di lasciare tracce, aveva cercato di pulire il sangue, ma senza grossi risultati, quindi aveva lasciato perdere; inoltre teneva la mano sinistra nella tasca in modo da non far gocciolare sangue all'esterno.
Prima di entrare nell'albergo vide una sagoma davanti a lei: era quella del vecchio che aveva visto qualche giorno fa. Corse per raggiungerlo, ma quando arrivò all'angolo era scomparso. “Perché ho la sensazione di averlo già visto?” Tornò sui propri passi, andando nella sua camera.
-Sono tornata...- disse a Nama e a Mirano aprendo la porta e ricevendo uno schiaffo in pieno volto da quest'ultima, facendogli cadere la borsa per lo stupore.
-Brutta stupida...- l'abbracciò, tenendola stretta a se per vari secondi -Te ne darei altri cento di schiaffi, se potessi.- Gli tolse la mano sinistra dalla tasca, vedendo lo squarcio verticale grande almeno cinque centimetri. -Questa non ti guarirà prima di qualche mese, Scylla, lo sai vero?-
-Non è importante, il mio viaggio l'ho quasi concluso, una ferita del genere non mi spaventa.- si andò a sedere nel letto, guardando Nama che se ne stava immobile nel suo. -Nama, quanto ci vorrà per arrivare in una città o paese abbastanza vicino al confine?-
-Scylla, siamo fortunati che qui i trasporti funzionano meglio di tutte le altre zone. Per domani arriveremo tranquillamente nella parte nord della Verde, c'è una piccola città abbastanza vicina al confine, da lì proseguiremmo un pezzo in macchina e poi a piedi verso il Santuario... sempre che tu ce la faccia.- disse gelido rivolto alla ragazza.
-Si che ce la farò, stai tranquil- - Scylla non finì la frase a causa di Mirano, che gli stava cucendo la ferita per evitare che sanguinasse troppo. Dopo la cucitura, lavò la ferita con acqua ossigenata, poi la asciugò e vi mise delle garze sopra.
-Meglio che non muovi troppo la mano, o si riaprirà e farà male. Tienila ferma il più possibile e coprila, non vorrei che ci stessero addosso perché ti hanno visto con una ferita sospetta.- disse Mirano rimettendo a posto la cassetta del primo soccorso nella sua borsa. –Stai più attenta la prossima volta.-
-Si, lo farò. Grazie.- strinse leggermente la mano, sentendo una leggera fitta dolorosa. “Tra pochi giorni finirà tutto, poi sarà solo un brutto ricordo.” Davanti a lei stava un Mago, ma probabilmente era un’altra delle sue allucinazioni.

La mattina del giorno dopo, i tre lasciarono Adantia, e per arrivare a Gidhal, uno tra i pochi paesi vicino al confine, dovettero prendere un autobus che ci mise solo un’ora e mezzo per arrivare. Durante il viaggio Scylla notò che il paesaggio esterno somigliava a quello nella Grigia: in vari tratti vi era della vegetazione, ma non era mai troppo alta, perlopiù sterpaglia e centri abitati. Solo che a differenza della Grigia, quelli nella Verde erano più curati, specie quelli nel centro. Man mano che si avvicinavano al nord, il cielo tendeva ad essere più nuvoloso e si intravedevano le prime tettoie coperte di neve. “Meno male che ho fatto la scorta di abiti pesanti con Mirano la settimana scorsa.” Più si avvicinavano al paese e più sentiva un peso schiacciargli il petto, comprimendogli i polmoni e rendendo difficile il respirare. “Voce del profondo, voce dell’abisso, voce del nero e voce del pianto. Voce del profondo, voce dell’abisso, voce del nero e del pianto.” Ripeté varie volte quel mantra per calmarsi, ottenendo solo un lieve sollievo. Se ci fosse arrivata qualche giorno fa, avrebbe immediatamente preso un calmante per i nervi, ma li aveva buttati tutti quanti, e forse era stata un brutta idea. Davanti a lei, oltre ad un signore seduto ed addormentato, vi era un Mago, uno talmente alto che doveva piegare la testa in avanti per stare dritto nell’autobus. Le mani gli uscivano dalle maniche, dato che non sbucavano dal cappuccio, ma nonostante ciò lo teneva sul volto: sembrava guardarla, ma non lo sapeva con certezza. D’un tratto cominciò a dire frasi sconnesse, come una cantilena insensata.
-Facce di carta, dentro muri di pietra,
Fogli di sassi sopra buchi nel cielo.
E Dio che fa? Gioca a scacchi
Con i nani che si nascondono
Dietro gli alberi d’argento
Ma lasciano una scia porpora nell’aria…
Curioso, il mondo rimane lo stesso
O sei tu che cambi?
Il dado continua a girare,
Ma non uscirà mai un numero pari, sempre primo.
Chissà se è truccato
.- si zittì per qualche istante, poi allungò un braccio, prendendogli la mano sinistra con delicatezza, accarezzando il palmo coperto dal guanto con le dita ruvide, e poi riprese.
-Navighiamo nei mari e nell’aria,
Viviamo per nuotare e moriamo per salpare,
Ancora e ancora verso il grande oceano.
Solo che l’oceano è diventato fango,
E la sabbia è erba stagnante,
Una palude dove nuotare felice,
Annegando sorridente e guardando le stelle,
Che sbirciano da lassù i nostri fatti,
Come vecchiette curiose della vita altrui,
Perché non possono chiudere gli occhi.
Ed io, di occhi chiusi, ne so qualcosa,
Forse più delle stelle, forse meno,
E per questo unico e stravagante motivo,
Continuo a nuotare e a cantare,
Sperando che un giorno le mie bolle
Raggiungano le orecchie di chi saprà sentire
.- Scylla cominciò a sentirsi leggermente meglio dopo le sue parole, come se avessero alleviato la sua tensione. E se fosse un’altra ipnosi? Oppure quel Mago era una sorta di amico? Guardò fuori dal finestrino e si accorse che erano arrivati alla loro destinazione: i tetti di Gidhal erano coperti da un leggero strato di neve, e la temperatura era decisamente più bassa rispetto ad Adantia, e il respiro si condensava in grandi nuvole bianche.
Percorsero una strada che andava a destra e poi dritto, e trovarono il piccolo ostello dove avrebbero alloggiato fino al passaggio del confine. Bisognava studiare le cose al meglio per evitare inconvenienti, e durante il viaggio ve ne erano stati fin troppi. Una volta fatto il check in e salite le scale per arrivare nella camera, Nama si mise a guardare fuori dalla finestra.
-Qualcosa non va?- gli chiese Mirano.
-No, nulla.- rispose lui facendo un gesto con la mano verso la finestra -Il mio contatto mi ha informato che il passaggio domani sarà libero, ma solo per un certo lasso di tempo.-
-Quanto tempo?- chiese Scylla aprendo e chiudendo le dita della mano sinistra.
-Almeno un'ora. Te la senti?-
Scylla guardò l'orologio sulla parete: era quasi mezzogiorno e non avrebbero agito prima di domani. Avevano tutto il tempo di preparare i vari dettagli. “Ancora poco. Ancora poco.” -Assolutamente si.-

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Capitolo 24
*** Il Coro dei Maghi Neri ***


L'indomani, il 6 dicembre, Nama, Mirano e Scylla lasciarono l’albergo verso le 6 del mattino per dirigersi ad est di Gidhal: a quell’ora faceva ancora freddo, dato che non era ancora spuntato il sole, e per fortuna, salvo poche eccezioni, non vi era nessuno per strada. “Meglio evitare le vie principali, per quanto possibile.” pensò Nama mentre passava in un vicolo parallelo alla strada principale. Il loro scopo era quello di arrivare alla fine della città, oltre il quale vi era una piccola prateria, e una volta sorpassata la prateria vi era un piccolo bosco con un'unica casa al suo interno: bisognava semplicemente arrivare lì prima che la pattuglia ritornasse vicino al bosco. Il bosco era molto vicino al confine, quindi era come una sorta di barriera off-limits prima di esso: anche se situato vicino ad una zona perennemente nevosa, varie persone provavano ad oltrepassarlo sia per immigrare che per emigrare clandestinamente, da qui la pattuglia che lo sorvegliava giorno e notte, anche se, ovviamente, vi erano dei buchi tra i vari turni.
Il tragitto fino alla fine della città fu tranquillo: per quasi un’ora non incontrarono molte persone per strada, dato che era mattina presto, e il clima fu favorevole, permettendo al trio di passare con il favore dell’ombra; al sorgere del sole mancavano ancora pochi minuti. Tra l’ultima casa e il bosco vi erano circa 200 metri di distanza, ma la cosa peggiore era il fatto che, a causa del clima, non vi era luogo dove nascondersi mentre si passava: non c’era nessun tipo di vegetazione presente, solo terreno ricoperto da nevischio. Se erano molto fortunati, non avrebbero lasciato orme nel terreno, se non lo erano, avrebbero dovuto fare varie ore nella Stazione Centrale delle Guardie Armate a spiegare cosa stavano cercando di fare, anche se inutilmente, dato che ognuno che passa nel raggio di 100 metri da quel bosco per loro è un potenziale migrante o immigrato.
Il trio si appiattì contro un muro di una delle ultime case prima della prateria, con Nama davanti che controllava la situazione: non vi era nessuna guardia presente da nessuna parte, ed erano le 7 in punto. Stando al suo informatore, a quell'ora in quel giorno vi era una sorta di cerimonia nella caserma, quindi era l'occasione ideale. Controllò un'ultima volta ed uscì piano dal suo nascondiglio, facendo cenno a Scylla e Mirano di seguirlo: in quel momento gli abiti scuri che si erano messi tornavano utili, però avevano poco margine di tempo; la cerimonia sarebbe terminata a metà mattina, quindi prima di mezzogiorno dovevano rientrare a tutti i costi.
Proseguirono a passo moderato verso il loro primo traguardo, evitando di guardarsi troppo alle spalle per evitare di destare sospetti nelle poche persone sveglie a quell'ora, anche se quella zona aveva pochi abitanti, specialmente durante l'inizio dell'inverno. Dopo quella che sembrò un'eternità, arrivarono nel bosco: la loro fortuna era che gli alberi lì presenti erano sempreverdi, quindi avevano protezione anche dall'alto.
-Ok, la prima parte è stata fatta. Raggiungiamo in fretta la catapecchia ora, non voglio stare qui troppo a lungo.- disse infastidita Scylla.
-Si, meglio muoversi.- Nama continuò a guidare il gruppo verso la seconda meta: il terreno era coperto da foglie umide, piccoli rametti, fanghiglia, vari funghi e impronte di animali selvaggi; in totale il bosco si estendeva per vari ettari, e la casa rifugio era ancora distante. Continuarono in silenzio e a passo spedito, tranne per fermarsi ogni tanto a causa di Scylla: con l'avvicinarsi al Santuario, la sua mente sembrava cedere ancora di più all'ipnosi di Trevor. “Tra poco finirà tutto.” pensò Nama, cercando di rassicurare più se stesso che la ragazza: aveva capito che il suo corpo era diventato fragile dopo l'incontro con gli Alsvartr, e con l'uso del suo potere la situazione era via via peggiorata, specie dopo essere stata quasi ipnotizzata da suo fratello. Mirano se ne era accorta tanto quanto lui, e aveva cercato varie volte di dissuadere la ragazza nell'abbandonare questo viaggio, ma tutti i tentativi furono inutili.
Dopo mezz'ora di cammino per il bosco, arrivarono nella casa rifugio, ormai abbandonata da anni, ma talvolta utilizzata: era piccola, praticamente era solo una grande stanza di circa 25 metri quadri e con una stufa a legna in un angolo con delle coperte vicino. Di sicuro un posto dove non passare una notte invernale, specie contando la rigidità del clima del posto e le pareti di legno ormai fatiscente.
-Io rimarrò qui, per sicurezza.- disse calmo Nama sorprendendo Scylla. -Meglio che uno resti un po' indietro, in modo da avvertire gli altri in caso di necessità.- gli spiegò prima che potesse protestare.
-Si, come preferisci tu.- rispose atona la ragazza.
-Mirano sa benissimo la strada, ti potrà accompagnare lei senza problemi.- gli accarezzò un po' la testa, sorprendendola con quel gesto che aveva lasciato trasparire i suoi sentimenti. -Mantieni la tua identità, a qualsiasi costo. Ci siamo capiti?-
-Non sono una bambina, Nama, e non sono più quella di due mesi fa. Ce la farò.- abbracciò per un momento il mercenario, ma quell'abbraccio sembrava più quello tra padre e figlia, che tra guardia del corpo e cliente, anche se era durato pochi istanti. Guardò le figure delle due donne uscire dalla porta e allontanarsi nel bosco fino a scomparire, poi si permise una lacrima.
*****
Nonostante fossero da poco le 7, la temperatura continuava a rimanere abbastanza rigida, anche se ora camminavano nella neve con il sole appena sorto. Lei seguiva Mirano, che camminava lenta nella neve per evitare di incappare in fossi, radici sporgenti e rovi, che potevano essere coperti e quindi restare nascosti. Una volta uscite dal bosco, lei e Mirano presero una stradina che svoltava a destra: il sentiero continuava per un po' e sembrava non uscire dallo scudo visivo creato dal bosco, come se gli alberi lo proteggessero da occhi indiscreti. Avanzarono dritti, poi ci fu una piccola sosta di Mirano.
-Ma quello è...- le due erano in una parte sopra le rovine di Sweyy, ormai scheletro del villaggio che fu secoli addietro: le case erano tutte distrutte, non ve ne era una con tutte le pareti in piedi. I tetti erano bucati, le assi di legno marcio erano coperte dalla neve che cadeva lenta ma inesorabile. In lontananza, si vedeva il Santuario. Scylla corse per la strada di sinistra, che portava alle rovine con una curva. “Nel sogno è simile ma diverso allo stesso tempo.” pensò ferma guardando le catapecchie e aspettando Mirano. Avvicinandosi ad una delle case diroccate, notò una cosa: il legno era scuro, ma non solo in una, in tutte quelle che vedeva.
-Quando loro ci hanno marchiato, io e Nama abbiamo raccolto le nostre cose e abbiamo bruciato questo posto.- disse triste Mirano mettendosi al fianco della ragazza. -È doloroso essere qui, dopo tanto tempo.-
-Scusami per averti trascinato qui con me...- provò a dire Scylla per scusarsi, ma la verità è che non sapeva cosa dire in quel momento: non riusciva neanche lontanamente ad immaginare cosa significava per Mirano tornare in quel posto dopo tutto quel tempo, con tutti i ricordi che esso conteneva. Forse era per quello che Nama era voluto rimanere nella casa nel bosco.
-Lascia stare, ora andiamo.- Mirano si incamminò, muovendosi agilmente tra i vari vicoli del villaggio in rovina a passo spedito, mentre Scylla si girava in continuazione, imprimendosi nella memoria quelle case: ora gli sembrava anche di vedere le persone che passeggiavano e lavoravano in quelle strade, le madri che lavavano i panni, i bambini che correvano... era doloroso, anche se era un'allucinazione.
Dopo poco arrivarono al Santuario, o meglio, alle sue rovine: parti delle pareti erano o crepate o presentavano buchi, la porta di legno massiccio intagliato non era più presente, e i drappi poggiati alle pareti interne erano ormai a brandelli, come fantasmi della loro gloria passata. Camminandoci attorno, Scylla riusciva a sentire come l'eco di una forza antica scorrere nelle pareti.
-Siamo giunti al capolinea, a quanto pare.- disse posizionandosi davanti alla piccola scalinata che portava all'interno. Sentì le mani di Mirano stringerla per le spalle, dandogli un silenzioso augurio. Fece un respiro profondo, poi salì le scale, sentendo il vento che si alzava e abbassava la temperatura, circondandola come un mantello e rendendola invisibile al mondo. Avanzò di qualche passo, fermandosi quasi al centro della stanza circolare e chiuse gli occhi per pochi secondi. “Per cantare non servono gli occhi, Scolopendra...” al ricordo di quella frase li riaprì all'istante, ritrovandosi di nuovo dall'altra parte: era di fronte al Santuario, ma stavolta era come nuovo, proprio come quando Trevor l'aveva portata lì: tutto era uguale a prima, ma diverso; non sentiva freddo, ma i suoi passi lasciavano impronte nella neve. L'energia che emanava il Santuario sembrava essere più intensa, e si chiedeva se la porta l'avrebbe respinta anche stavolta. Si avvicinò piano, salendo lenta le scalette, sentendo ad ogni passo il cuore che batteva sempre più forte. Allungò la mano per aprire la porta, ma si fermò: sentì dei passi dietro di lei, ma non solo di una persona, erano molte, e voltandosi capì perché Trevor si chiamava “Corista”.
-Temo di dover rubare un po' del tuo tempo, Scylla.- disse lui calmo. Dietro di lui vi era un numero imprecisato di Alsvartr, tra i quali anche dei bambini. “Allora è proprio vero che sono stati trasformati tutti...” Tutti indossavano i cappucci, ma avevano le mani che uscivano dalle maniche: forse non si volevano far riconoscere.
-Che cosa vuoi, Trevor? Ipnotizzarmi di nuovo come l'altra volta?- rispose lei seccata. Di sicuro non aveva voglia di aver a che fare con lui.
-Tutt'altro mia cara. Vedi, per aprire quella porta, oltre alle sette voci, dovrai dimostrare di saper fare ciò che hai fatto con i tuoi simili: testa le nostre doti, e avrai udienza assicurata con la Grande Voce.- la sua voce era suadente come al solito, e di sicuro dietro al suo sorriso c'era qualche tranello.
-Trevor, non essere troppo duro con la nostra ospite.- una voce proveniva da dietro alla porta.
-Ma chi...-
-Mi hai cercato a lungo, Scylla Canvas, non è vero?- gli chiese la voce -Ti sei esercitata e hai acquisito nuova forza, ed ora vuoi un'udienza con me, la Voce Primordiale. Interessante, molto interessante...-
-Quindi Trevor non mi stava prendendo per il culo?-
-Mostra rispetto, mocciosa.- la voce di Trevor trasmetteva una sensazione totalmente diversa ora: se prima era cordiale e amichevole, ora era pronto ad uccidere chiunque parlasse male al cospetto della sua divinità.
-Vedo che non ti manca il coraggio, giovane cantante. Molto bene. Dimostra al Coro il tuo talento, poi potrai parlare con me.-
-Non ci sono tranelli di alcun tipo? Strano, pensavo che ci fosse almeno qualche cavillo.- rispose sarcastica Scylla. -Comunque accetto. E preparati a darmi tutte le mie risposte.-
-Vedremo...- la voce si quietò, lasciando a Scylla la direzione di un coro di Maghi Neri.

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Capitolo 25
*** La morte della musica ***


Il Coro che Scylla si trovò a dirigirere era composto da diversi elementi: la maggior parte erano adulti e ragazzi, ma vi era anche una buona parte di bambini; la disposizione era simile a quella nella sede del culto della Voce di Groza, che aveva scoperto che in realtà significava “Voce del Terrore”. Sostanzialmente vi erano due file: i bambini stavano seduti sulle ginocchia nella fila frontale, mentre nella fila dietro la loro vi erano il resto dei “Coristi”.
-Ci risiamo, dunque...- pensò a voce alta Scylla mettendosi davanti al semicerchio: aveva provato a contare tutti i partecipanti, e compreso Trevor si arrivava a circa cinquanta “Coristi”. -Quasi quasi mi pento di questa mia scelta...-
-Quando vuoi cominciare, dai tu il via.- le disse Trevor. “Non c'è bisogno che mi dici cosa devo fare, bastardo manipolatore.” Scylla fece un respiro profondo, poi alzò leggermente la mano destra e i bambini cominciarono a cantare all'unisono: iniziarono prima le ragazze, con la loro voce acuta ma delicata, poi si unirono i ragazzi, che completavano e arricchivano la sezione con la loro voce più profonda, anche se infantile. “Chissà quanti anni avranno questi bambini...” allontanò subito quel pensiero, la sua performance doveva essere impeccabile se voleva avere udienza con la Voce Primordiale.
“Ok, aggiungiamo le altre voci ora.” con la mano sinistra continuò a dirigere i bambini, facendola ondeggiare poco sia a destra che a sinistra, mentre alzò di poco la destra, aggiungendo anche le voci femminili adulte: l'effetto creato era un misto di potenza, delicatezza e una sorta di calma.
Passò qualche minuto, poi fece quietare lentamente le voci femminili, facendo cantare al posto loro quelle maschili, accompagnate solo dai bambini: il risultato gli piacque, e provò a “giocare” sull'alternanza tra voci più profonde e leggere, sia dalla parte maschile che femminile. Il tutto gli sembrava naturale, le sue mani si muovevano fluide impartendo comandi silenziosi ai Coristi, come se fosse nata per questo. “Non diciamo stronzate Scylla, tu non sei come loro. Ora finiamo questa farsa.” con un brusco movimento delle mani, chiudendole a pugno come per prendere una mosca, zittì tutti i Coristi, tranne una bambina, che lasciò un'ultima nota lunga, poi tacque. “È finita...” pensò riprendendo fiato. Per via dell'adrenalina, non si era accorta quanto aveva sudato e faticato.
Dopo che ebbe finito di riprendere fiato, tutto il Coro fece un inchino davanti a lei, sorprendendola.
-Un ottimo lavoro Scylla, i miei complimenti.- disse Trevor, parlando un po' per tutti.
-Bene, spero che la Grande Voce sia soddisfatta e mi lasci fare qualche domanda, non ho molta voglia di- - Scylla si interruppe perché sentì uno starnuto di uno dei bambini. “Che cosa...?” quel suono gli era sembrato familiare. “No, non è possibile. Non può essere possibile.” si voltò, cercando il bambino che aveva starnutito. Si avvicinò ai vari Coristi, che non si erano quasi mossi se non per l'inchino.
-Qualcuno di voi ha starnutito, non è vero?- la sua domanda non trovò risposta. Tutti tacquero, compreso Trevor. -Rispondete, maledetti burattini!- ancora silenzio. Si riavvicinò a passo svelto al gruppo, cercando di identificare il “colpevole”. “Dove sei, maledetto ratto?”
-Ok, mi è venuta un’idea: ognuno di voi, a turno, fa una nota acuta singola. Prima i maschi adulti, poi le femmine, poi i bambini ed infine le bambine.- gli parve una buona soluzione al suo problema, anche se si chiedeva perché quello starnuto gli stesse causando quella paranoia: in fondo era uno starnuto, quindi che male poteva fare? Eppure in cuor suo sentiva che qualcosa non era a posto, specie contando dove e con chi era.
-La Grande Voce ti guarda, Scylla, ricordalo. Hai intenzione di farla aspettare molto?- gli chiese Trevor, ma Scylla era completamente assorbita nella sua ricerca. Trovare chi aveva starnutito sembrava il suo unico scopo ora.
-In questo momento sono piuttosto impegnata. Il prossimo!- continuava ad esaminare i membri del Coro tramite corrispondenza vocale: ogni volta che sentiva una nota si doveva fermare qualche secondo per memorizzarla e confrontarla. Non era sicura di riuscire a trovare chi aveva starnutito in quella maniera, ma tanto valeva tentare.
Passarono vari minuti, ed oltre a perdere la pazienza, Scylla stava quasi per finire i Coristi da analizzare. “Mancano solo tre bambine. Non so se sia un bene o un male.” Rimase ad ascoltare la nota della terzultima Corista, rimase in silenzio e decise che non era lei: solo due candidati rimasti. Ripeté il processo per l’ennesima volta, e la sua voce sembrò simile. Simile, ma non uguale. “Potenziale sospetto…”
-Ok, tu sei l’ultima.- disse inchinata davanti all’ultima bambina. “Perché perdo tempo con questa stupidaggine?”
-…- l’ultima Corista non parlò: rimase immobile, senza aprire bocca.
-Tranquilla, stiamo solo facendo un gioco, non devi aver paura.- gli disse per tranquillizzarla. Anche se teoricamente erano suoi nemici e avevano provato ad ucciderla e manipolarla più volte, era calma, anche se spazientita.
-Io non voglio…- disse all’improvviso la bambina.
-Perché non vuoi?-
-Perché poi la mamma mi sgrida. Mamma è sempre cattiva con me, e mi manca la mia sorellona, mi manca tanto.- sembrava quasi tremare e singhiozzare, come se si stesse per mettere a piangere.
-Facciamo così: non ti chiedo di cantare. Mostrami il tuo volto e la finiamo qui, ok?- cercò di sorridergli, però non sapeva se lei la poteva vedere.
-Va bene…- si passò le mani scure sul volto, e quando si sollevò il cappuccio l'espressione di Scylla cambiò radicalmente.
-Tu... non può... non può essere vero...- per lei era impossibile avere quella persona davanti, era qualcosa di innaturale. Con le mani tremanti, sfiorò quel volto scavato e azzurrognolo, mentre le lacrime gli annebbiavano la vista e gli scendevano sulle guance. -Lumna... perché sei qui?-
-Mi ci hanno portato loro.- disse piano sua sorella a capo chino. -Io stavo male, avevo tanto dolore, e loro mi hanno detto che se li avessi seguiti, il dolore sarebbe andato via...- Lumna stava disegnando piccoli cerchi con i piedi sulla neve, mentre il vento e la neve gli scompigliavano i capelli scuri, portati a caschetto: era lei, Scylla non ne aveva più dubbi.
-Loro... ti hanno portato qui?- gli pareva ancora assurda come cosa, non riusciva a capacitarsene.
-Si, ma ora ci sei anche tu qui, no? Perché tu starai qui, non è vero sorellona?- Lumna l'abbracciò, cercando di calmare la sorella maggiore, ma Scylla era come in trance. Poi, le sue mani si mossero come separate dal suo cervello. Aveva smesso di ragionare ed era impazzita.
-Si che resterò qui, Lumna.- Scylla strinse forte a se il corpo della sorella con la sinistra, poi gli piantò il coltello nella schiena con la destra, stupendo tutti quanti, Trevor incluso. -Resterò qui, e farò piazza pulita di questi insetti. E torneremo a casa assieme, come tanto tempo fa.-
-Va bene, sorellona...- Lumna sembrò addormentarsi tra le sue braccia, mentre sentiva le sue mani bagnarsi di sangue nero. Rise tra le lacrime, mentre i Coristi l’accerchiavano. Strinse forte il corpo di sua sorella, che aveva lentamente preso a congelarsi. –Vai via da qui…- disse piano.
-Non posso… ho ancora da fare.- gli rispose lei tra lei lacrime. Sua sorella gli sorrise, e chiuse gli occhi per sempre, congelandosi e riempiendosi di crepe fino a distruggersi. Ora l’aveva persa per sempre, ma almeno non era con loro. Era ritornata da lei, e nessuno gliel’avrebbe più tolta. Quel pensiero la fece ridere, ma fu una risata nervosa, quasi folle: si rialzò, guardando i Coristi, poi affondò il coltello all’altezza del cuore in uno di loro. Non oppose resistenza.
-Gli insetti devono morire, no?- il sorriso sul suo volto rigato dalle lacrime era forzato, ma agiva con naturalezza: tolse il coltello, poi ne infilzò un altro, ed un altro, ed un altro ancora… sembrava che non finissero mai. Gli era pure sembrato di vedere qualcuno che somigliava a Sevayt. Ogni volta che ne faceva fuori uno, un altro sembrava uscire dalla neve, come se non potessero morire. Allora perché sua sorella era morta? Stava combattendo contro delle illusioni? Sentì qualcuno applaudire.
-Molto, molto bene, Scylla, mi rendi orgoglioso di te.- disse Trevor sorridente –Ora sei finalmente pronta per incontrare la Grande Voce.-
-Come sarebbe a dire ora?- si incamminò furiosa verso di lui –Mi stai dicendo che ho dovuto ammazzare mia sorella solo per incontrare quella stronza della tua dea, Trevor?!-
-Esatto, Scylla Canvas.- quella voce era della divinità –Ora, prima di entrare, ancora un’ultima cosa.- Scylla vide un’ombra allargarsi ai suoi piedi, e qualcosa produceva luce dall’alto: guardò su, e vide una cosa che aveva sognato tempo fa. –Hai dimostrato di saper dirigere il Grande Coro, e dato che la nostra Eleonor ormai ha voluto rinunciare a questo incarico, tu prenderai il suo posto.-
Sopra di lei stava scendendo un globo violaceo, con un grande occhio al centro e varie bocche sulla sua superficie, dalle quali protrudevano varie braccia. “Questa è Eleonor?!” non riusciva a muoversi, era come bloccata ed impossibilitata a parlare.
-In effetti, per condurre un Coro e per cantare non ti servono gli occhi, o sbaglio?- la sua vista cominciò a venire meno, lasciandola in un mondo d’oscurità. Riusciva a percepire il globo che si avvicinava a lei, allungando le sue braccia verso il volto della ragazza.
-Che tutti cantino per la nuova Direttrice!- sentenziò Trevor. Come prima, iniziarono i bambini, poi si aggiunsero le donne e infine gli uomini: il canto che eseguirono era quello del sogno di vari giorni fa, ed ora sembrava più che altro una profezia apocalittica.

Per prima cosa
Ti priveremo della pelle
Per vedere chi sei realmente.
Successivamente,
Ti inietteremo la nostra essenza,
E vedremo i vermi brulicare nelle tue vene.
E per ultimo
Ti apriremo la gabbia toracica
Per vedere il tuo cuore contorcersi.
Con i nostri sussurri ti abbandonerai a noi
Con i nostri sussurri diventerai una di noi
Con i nostri sussurri appassirai con noi
Con i nostri sussurri diverrai noi.
Nel vecchio mondo congelato
E nel nuovo mondo rigoglioso
Attendendo che l’oscurità bruci il sole.


-Voi pensate di avermi rinchiuso qui in gabbia… che io sia diventata la vostra nuova Direttrice... non sono l’idolo che cercate.- le parole di Scylla erano piene di rabbia, e questo sorprese Trevor, dato che riuscì a sentire la sua risatina, pensando che aveva vinto su tutta la linea, ma aveva dimenticato un particolare. –Ehi Trevor… se un’onda con una data frequenza incontra un’altra onda con una frequenza uguale ma negativa, cosa succede?-
-Cosa stai architettando?- la voce di Trevor aveva un’inflessione che faceva capire che era preoccupato per qualcosa.
-Boom.- Scylla usò tutto il suo potere per contrastare quello del Coro e liberarsi dalla “presa” di Eleonor: generò un “coro” tutto suo, usando tutte le voci che aveva acquisito con tutta la potenza che riuscì a generare, facendo calare il silenzio nel Santuario. Ciò gli fece anche ritornare la vista, e utilizzò le sue unghie per fermare Eleonor, accecandola e facendola cadere per terra assieme a lei.
-Deduco quindi che tu abbia rinunciato al tuo ruolo.- disse la Voce Primordiale. –Bene, molto bene. Sai cosa comporta questo, giovane?-
-Probabilmente si, puttana di una dea. Me ne frego di te, del tuo Coro e del motivo per il quale ho questo potere.- Eleonor la immobilizzò a terra con le sue mani, premendogli la testa nella neve e tirandogli su la manica del braccio destro.
-Essere limitati a questo stato è molto straziante, Scylla Canvas, per questo ti ho donato parte del mio essere. Tra tutti i candidati di questi migliaia di anni, sei la più capace e potente. Ma hai voluto gettare tutto al vento.- la Voce Primordiale era calma nel spiegare tutto questo, ma nella sua voce c’era astio e amarezza. –Però sei arrivata fino a qui, quindi… ti meriti un premio. Goditi i prossimi secoli, e che le tue mani ti facciano per sempre ricordare ciò che hai fatto nel mio Santuario.-
Scylla sentì il sangue sulle sue mani congelarsi, rimanendo attaccato alla sua pelle come inchiostro indelebile. Poi sentì qualcos’altro salirgli per la gamba destra, percorrendo la schiena e arrivando dalla spalla destra, sbucando dalla manica arrotolata: era una scolopendra enorme, che si stava avvinghiando al suo braccio e mano, bruciandogli la pelle e lasciando il suo marchio. “Ecco come li ha impressi a Nama e Mirano…”
-Mi riprendo la mia voce, Scolopendra.- Scylla sentì la gola bruciargli, come se avesse mangiato troppo cibo piccante. –Questo è un addio.-
-Ah, davvero?- Scylla si rialzò piano, tenendosi il braccio ancora dolorante, mentre il vento nevoso la circondava –Sappi una cosa. Hai i giorni contati, Divinità dei miei stivali.- il ventò aumentò d’intensità, tra poco si sarebbe ritrovata di nuovo nel suo mondo. -Eliminerò tutti i tuoi Coristi, aspiranti direttori e tirapiedi. Imprimitelo bene nella memoria.- l’ultima cosa che vide, prima di risvegliarsi nelle rovine, fu una porta chiusa e la risata della Grande Voce.

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Capitolo 26
*** Scolopendra ***


Mirano controllò l'orologio per l'ennesima volta: erano le 10 circa, ciò significava che Scylla era da “quella parte” da più di due ore: aveva provato a rimanere ferma ad aspettare, ma più il tempo passava e più si innervosiva. In quel momento si sentiva fragile, perché non aveva impedito a quella ragazza di percorrere quella strada: la stessa strada che Eleonor aveva percorso secoli fa nella quale vi era morta, e con lei centinaia di altre persone. Più passava il tempo e più possibilità c'erano che alcune delle Guardie tornassero dalla cerimonia prima dell'ora di chiusura. Guardando l'interno del Santuario, gli ritornarono alla mente le ore passate lì, cercando di migliorare il suo dono vocale aiutata da Eleonor ed altri: Eleonor era la più brava assieme a Trevor, per questo facevano da insegnanti. Ogni drappo era posizionato davanti ad un pilastro, che indicava una voce particolare per un totale di sette: paura, tristezza, felicità, ira, arroganza, pericolo, menzogna.
Un fiocco di neve cadde sul suo palmo, sciogliendosi dopo poco, poi ne arrivarono altri: aveva cominciato a soffiare un vento forte vicino alle rovine, esattamente come quando Scylla era sparita.
-Scylla? Scylla, rispondi!- trovò il suo corpo steso per terra al centro del Santuario, immobile: la scuoté per le spalle, ma non rispose. Notò che le sue mani erano rosse, come sporche di sangue, e ciò attirò la sua attenzione. Sollevò la destra, e vide il suo marchio. -No, ti prego... non tu, maledizione!- sul palmo della mano destra di Scylla vi era disegnata una testa di un animale, ma poi si rese conto che era l'inizio di un marchio a forma di scolopendra nera, che saliva per tutto il braccio: che cosa era successo laggiù? Perché se lo era procurato? Quando le lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance, un dito si mosse, come un impulso nervoso casuale.
-Potresti fare più piano?- sussurrò Scylla -Ho la testa che mi scoppia...-
-Sei viva!- Mirano la strinse forte a se, come se quella ragazza fosse stata un'amica che non vedeva da anni. -Sei viva... temevo fossi morta di là, o peggio...- sentì le mani di Scylla accarezzargli lentamente la schiena.
-Mirano... posso chiederti di farmi una promessa?-
-Che... che promessa?- si asciugò le lacrime, aiutando la ragazza ad alzarsi: era debole e non riusciva quasi a sentire il braccio destro, talmente era dolorante.
-Non dire a Nama del marchio... per nessuna ragione...- Scylla si addormentò, quasi cadendo sulla neve se non fosse stato per Mirano. “Certo che mi dai un bel po' da fare tu...” decise di mettergli dei guanti nelle mani, così avrebbe creato meno sospetti, poi se la caricò sulle spalle e si diresse verso la casa rifugio. Il viaggio era finito.
*****
13 novembre 2177, Shiot, ore 22.30, ufficio di Mirano nella Jamar's House of Relax, Zona Rossa
-Come mai da queste parti, Nama? L'ultima volta che ci siamo visti è stato anni fa, se non ricordo male.- disse Mirano finendo di fumare dalla sua pipa, buttando fuori nuvole di fumo azzurrognolo dalla bocca fuori dalla finestra. -Hai un lavoro qui?-
-Quanto sei perspicace, Mirano. Una cliente mi ha chiamato qualche giorno fa, a quanto pare qualcuno ha ammazzato sua figlia. Ci sono varie probabilità che si trovi qui a Shiot in questi giorni, anche se non mi ha saputo dire quali con precisione. Mi ha dato una lista di dettagli sul killer, forse l'hai intravisto pure tu.- dal cappotto grigio cenere tolse fuori un foglietto posto in una tasca interna, e per sbaglio tolse fuori anche quell'altro foglietto.
-Questo te l'ha lasciato lei?- chiese Mirano leggendolo velocemente. Lo lesse una volta sola, poi lo ripiegò e lo riconsegnò a Nama.

Grazie mille per avermi fatto da mentore in questi mesi e avermi accompagnato al Santuario. Ti ho depositato 20.000 caros sul tuo conto. Non so quando ci rincontreremo, ma preferisco salutarti così, non mi escono bene gli addii. Grazie ancora di tutto.
PS: salutami Sanada, Mirano ed Heda, quando li rivedi.
Firmato: un'ex cantante di nome Scylla Canvas


Si chiedeva perché quel biglietto fosse nella sua tasca, ma probabilmente era perché quando stava annotando i dettagli su come identificare l'assassino l'aveva vicino.
-Vediamo un po' cosa abbiamo qui...- Mirano cominciò a leggere il biglietto giusto -“Tende ad avere un qualcosa che gli copre la bocca, porta vari piercing alle orecchie, usa sempre i guanti, quando agisce d'estate tende a coprire le braccia con maniche lunghe, sembra che porti i capelli lunghi, ha una sorta di sciarpa scura sempre con se”. Aspè, faccio un attimo una telefonata giù e chiedo di spargere la voce, magari qualcuno ha visto chi cerchi tu.- si sedette e chiamò al telefono giù nel bar.
-Grazie mille, ti lascio il numero dell'albergo nel quale sto, così puoi contattarmi direttamente.-Nama scrisse il numero su un foglietto e lo consegnò alla sua amica, poi si alzò dalla sedia e camminò verso l'uscita, ma prima di andarsene si fermò un attimo. -Non è che tu sai qualcosa, Mirano?-
-Perché dovrei?- rispose lei ascoltando ciò che gli dicevano da sotto.
-Non si sa mai, chiedo per sicurezza.- Nama aprì la porta e varcò la soglia.
-Nama- Mirano riagganciò il telefono -a quanto pare il tuo obiettivo è in città in questi giorni, e domani sarà vicino alla Fontana, forse deve fare una consegna, non si sa.-
-Ricevuto. Ah, un'ultima cosa.-
-Dimmi.-
-Il verde non ti dona, per i capelli.- la vide ridere, poi chiuse la porta. “Cosa mi nascondi, Mirano?”

L'indomani, verso le 10 circa, Nama era in uno dei bar che stavano attorno alla Fontana centrale di Shiot: Mirano gli aveva rivelato che era dedicata alla sorella di Scylla, in quanto era una delle volontarie più famose nei canili, così alla morte uno dei proprietari gli ha dedicato una fontana. “Una cosa del genere mi pare un po' forzata, ma contenti loro...” pensò mentre guardava la gente che girava per la piazza. Dopo poco, la cameriera gli portò il caffè al tavolo situato all'esterno del bar e pagò il conto. Lo sorseggiò piano e continuò a guardare le persone che passavano da una via ad un negozio e viceversa: i bar erano posti ideali per trovare i propri bersagli, e parlando di bersagli, il suo non si era ancora fatto vedere. “Le ipotesi sono due: o Mirano mi ha informato male, oppure ho sbagliato io l'orario.” Fece passare un po' di tempo e finì il suo caffè: notò che alcune persone stavano poggiando dei fiori vicino alla placca. “Forse mi sarei dovuto mettere qualcosa di più pesante pure io.” si alzò e decise di fare qualche passo per riscaldarsi: era strano che a metà novembre nella Rossa ci fosse freddo, ma c'è una prima volta per tutto. “E ora che succede?”
Alcune persone si stavano raggruppando davanti alla Fontana, a quanto pare c'era qualcosa di strano.
-Ehi, che succede?- chiese Nama ad uno della piccola folla.
-Una persona prima ha posato questo bouquet di fiori, ma c'è qualcosa dentro che puzza...- gli rispose uno. Non si avvicinò, e questa fu la sua fortuna: l'uomo che stava frugando il mazzo di fiori innescò per sbaglio una bomba a tempo, che distrusse parte della fontana e uccise buona parte della folla creatasi e ferendone alcune con schegge e frammenti. “Ma che cazzo?!” Si guardò attorno, cercando qualcuno di sospetto e che corrispondesse ai dettagli, però dovette escludere un particolare: con il freddo molti tendevano a coprirsi la bocca e il collo, quindi non si poteva basare su quello. “Un'esplosione come diversivo, non male come idea...” la sua attenzione venne reclamata da una figura vestita di scuro ed incappucciata che camminava lentamente verso via Domy, situata ad est, e che aveva fatto cadere una sciarpa scura. Tra tutte le persone che correvano via, era l'unica che camminava, di certo non un buon modo per evitare di essere sospetti. La figura si chinò per raccogliere la sua sciarpa, poi l'appallottolò e la tirò verso di Nama, dandosi alla fuga. “Vuoi giocare a nascondino? Ottimo.” pensò sarcasticamente mentre lo inseguiva.
Girò in un vicolo nella terza via a destra e proseguì diritto, cercando di seguire al meglio il suo obiettivo: la conformazione del centro di Shiot era abbastanza regolare, quindi era facilitato dal fatto che era come girare in un quadrato che si ripeteva per varie decine di volte. Dopo vari minuti di inseguimento, il suo obiettivo si fermò all'improvviso in un incrocio, poi svoltò a sinistra in una strada trafficata dal traffico. “Bastardo...” anche se il semaforo era rosso e passavano varie macchine, il bombarolo non andò troppo lontano, ma lo aspettò solo una decina di metri più avanti.
-Ma che ha in testa questo qui?- almeno approfittò del semaforo per recuperare un po' di fiato. Alla fine era ritornato in via Domy, ma più in giù, verso la parte periferica. Appena scattò il verde, cominciò ad inseguirlo di nuovo, e come risposta, il suo bersaglio svoltò in un vicolo a sinistra. “Odio inseguire le persone... perché non si arrendono e si fanno ammazzare in santa pace? Mi renderebbero la vita più facile.”
Il suo uomo lo portò in una parte vicino alla periferia e sfondò una porta di una delle case abbandonate o abitate da barboni: di sicuro sapeva che la zona era tranquilla, quindi era probabile che non fosse la prima volta che ci metteva piede. “Siamo al capolinea.” La piccola palazzina aveva due piani più un'uscita sul tetto, collegati tramite scale: la porta del secondo piano era aperta, quindi era con molta probabilità al suo interno. Prese il revolver e si accostò ad un muro prima dell'entrata per verificare se la zona era libera.
-Siamo al capolinea, amico. O esci da solo, o ti faccio uscire io con qualche dito in meno.- cominciò a caricare i proiettili nel tamburo -Sai cosa non mi capacito? Perché far esplodere quella bomba nella piazza? Che senso aveva, eh?- sentì dei rumori provenire dall'interno: sembra scorrere di acqua e roba che si spaccava.
-Per attirare la tua attenzione, killer.- la sua voce era contraffatta, come se stesse usando o un modulatore vocale o una maschera. -Cosa c'è di meglio di attirare l'attenzione degli altri su di te? È come vivere sul filo di un rasoio nel quale scorre elettricità perenne.- sentì i suoi passi: erano normali, quindi non pesava molto, e portava degli stivaletti.
Si sporse per vedere come era l'interno: la porta dava ad un corridoio che collegava il soggiorno a delle camere da letto, quindi non si poteva nascondere lì vicino, anche perché il muro più vicino era ad almeno sei-sette metri di distanza da lui. “Ha scelto un bel posto, non c'è che dire.” Con la coda dell'occhio lo vide andare nel soggiorno, guardando verso quella che pareva la cucina: il cappuccio ancora alzato permise a Nama di andare indisturbato verso il muro.
-Killer, questa faccenda non ti riguarda. Vattene.- disse lui togliendosi il cappuccio. Ora che era voltato, lo poteva guardare meglio: aveva i capelli neri raccolti con una piccola coda che partiva dalla base della testa e che gli arrivava a circa alle spalle; tutti i suoi vestiti erano scuri, compresa una sorta di piccola mantella che aveva attorno al collo e i guanti. Non riusciva a vedere il suo volto, ma dalla corporatura sembrava una donna.
-Invece temo che la cosa mi riguardi eccome, dato che mi hanno incaricato di seccarti.- rispose Nama rimanendo nel suo nascondiglio. -Che cosa ti aveva fatto Jenny? Oppure sei stata incaricata di ucciderla?- alcune volte tra mercenari finiva così: uno ammazza qualcuno, l'amico del qualcuno chiede aiuto ad un altro mercenario, e il tutto diventa un circolo vizioso... però essere semi-immortali a qualcosa serve.
-Te l'ho detto killer, vai via. Non sono faccende che ti riguardano.- il suo uomo sembrò rompere vari contenitori di vetro nella cucina, lasciando a Nama il tempo di andare vicino alla porta e restare fermo nel lato sinistro dell'entrata per la cucina; lo sentì mugugnare qualcosa, ma non capì cosa poiché parlò a bassa voce. Poco dopo uscì dalla cucina, mostrando le spalle a Nama. “Hai perso.” Il mercenario gli puntò subito la pistola alla testa, fermandolo istantaneamente. A quanto pare era il suo obiettivo, dato che aveva vari piercing nelle orecchie.
-Killer... non ce l'ho con te. Sono qui per un altro motivo.- piegò le braccia a metà verso l'alto,come in segno di resa. -Ora, se non ti dispiace, sono a caccia. E se vuoi metterti in mezzo tra me la mia preda, allora vattene.-
-A caccia dici? Bhe, se la metti così, io sono il cacciatore e tu la preda. E ora girati, non ho voglia di riconoscere la tua faccia con un buco di dieci centimetri in faccia, questi proiettili fanno sempre un macello quando colpiscono qualcuno.-
-A dire la verità, killer, penso che le parti siano un po' strane, in questa battuta di caccia. Se io sono un cacciatore che attende la preda, cosa sei tu? Un'esca? Un aiuto per me? Un mezzo? Non lo so, però vedi...- Nama gli puntellò la punta del revolver sulla testa.
-Piantala di cazzeggiare e girati.- il killer cominciò a ruotare molto lentamente la testa verso di lui, così tanto lentamente che lo stava facendo innervosire. Decise di farlo muovere facendolo voltare lui poggiandogli una mano sulla spalla.
-... alla fine la preda sono io, ma non tua, di un altro cacciatore.- Nama vide troppo tardi cosa stava realmente succedendo: erano anni che non ne vedeva uno, ma uno dei Maghi era lì, e lo artigliò nell'addome; la ferita sarebbe stata più grave, se non fosse stato spinto all'indietro dal suo obiettivo verso il muro posto a sinistra nel salotto. Fu una mossa furba da parte sua, così non lo poteva vedere in volto. “Cosa...?”
-Finalmente ti mostri, preda mia.- l'altro assassino prese e tagliò una delle braccia del Mago con un coltello, circa all'altezza del gomito, facendo schizzare sangue scuro ovunque e facendo infuriare l'essere. -O-oh, ti fa male, tesoro? Non immagini quanto mi diverta io!- con la mano sinistra tolse fuori dalla tasca destra una pistola semiautomatica nera con striature rosse sul carrello e sul manico, svuotando tutto il caricatore sul Mago. -Avanti, quanto stai soffrendo da 2 a 71? Eh? Immagino parecchio, forse un 47, o un 53.- finito il caricatore, trasformò l'arma in un piccolo fucile a pompa, e fece saltare le braccia rimanenti una ad una ad ogni colpo sparato. “Ma chi diavolo è questo qui?”
-Ora penso sia decisamente un 71.- sparò altri due colpi sul petto e sull'addome del Mago, costringendolo a rimanere attaccato al muro. -Bene, e ora prima del finale, il tiro.- con la mano destra continuò a mirare alla sua “preda”, mentre con la sinistra tolse fuori da una tasca anteriore un dado di 20 facce insolito: ogni faccia aveva un numero primo. Lo lanciò in aria e lo afferrò, lo fece scuotere un poco nella sua mano e poi la aprì. -O-oh, siamo fortunati qui, il concorrente numero 115 ha ottenuto 59 punti! Ma ora ci salutiamo.- gli sparò un'ultima volta, stavolta in faccia, facendo poi congelare e frantumare il corpo. –Bene, e ora passiamo alla preda numero due della caccia, il killer.-
Nama era accasciato a terra con l’addome perforato, e forse sarebbe morto in pochi minuti. “Se muoio e questo rimane qui, peggio per lui.” Si avvicinò a lui inginocchiandosi e puntandogli contro il fucile, ma non sparò: notò che portava degli occhiali aderenti con lenti a specchio, quindi non l’avrebbe potuto vedere negli occhi, e sulla bocca portava una sorta di maschera tipo respiratore, con due piccoli filtri circolari vicino al mento.
-Facciamo così: se io ti salvo la vita, tu la smetti di rompermi il cazzo da qui all’eternità. Ok?- disse calmo. –Stai perdendo abbastanza sangue, e dato che sei riuscito ad inseguirmi fino a qui, anche se inutilmente, ho deciso che mi stai simpatico, killer. Quindi a te la scelta: o muori come un cane, o ti fai salvare il culo da una ragazza abbastanza stravagante e che potrebbe finire tra i tuoi bersagli per i prossimi anni a venire. Cosa decidi?-
-Posso sapere il tuo nome, almeno? Così so chi dovrò prendere a calci quando sarò guarito.- tossì un po’ di sangue: la vista stava cominciando ad annebbiarsi.
-Puoi chiamarmi “Scolopendra”.- la ragazza gli diede un colpo con il calcio del fucile in testa, facendolo svenire.

Non seppe quanto tempo era passato, forse minuti, forse ore. Durante lo svenimento, aveva provato ad aprire più volte gli occhi, per vedere il volto di chi lo stava curando, ma non riuscì a ricordarselo bene: le uniche cose che ricordava erano un tatuaggio a forma di scolopendra in un braccio, delle cicatrici vicino alla bocca, mani rosse che si muovevano con cautela, del ferro caldo che gli veniva premuto sullo stomaco. Si mise a fatica in piedi, ed un biglietto gli scivolò dal petto.
-“Affacciati alla finestra”…?- provò a dare ragione al biglietto, e vide che il suo ormai ex obiettivo era sotto, che guardava in alto.
-Sai, signor N… odio fare questo lavoro, ma sono costretta.- gli disse. Aveva ancora gli occhiali addosso. Notò che aveva i capelli corti davanti, ma li teneva lunghi dietro. Il respiratore era tolto, permettendogli di udire più chiaramente la sua voce. “Aspetta… tu sei…?” –La signora M ti spiegherà tutto, fino ad allora resta vivo e non ti sforzare, sennò non avrò nessuno da sorpassare.- si tolse gli occhiali, sorridendogli mestamente e confermando i suoi sospetti.
-Ehi, Scolopendra… grazie.- Scylla si rimise gli occhiali e si girò, sollevando il cappuccio e andando per la sua strada. Era cambiata, anche se in negativo, per quanto gli riguardava. “Mirano, stasera ti faccio cantare per bene.”

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