Breaking the Mist

di Eilan21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli iniziati ***
Capitolo 2: *** In viaggio ***
Capitolo 3: *** La torre oscura ***
Capitolo 4: *** Elfi e umani ***
Capitolo 5: *** Il mare di Azure ***
Capitolo 6: *** Una scala che porta al sapere ***
Capitolo 7: *** Dracoon ***
Capitolo 8: *** Amici e nemici ***
Capitolo 9: *** Gemelli si nasce ***



Capitolo 1
*** Gli iniziati ***


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Foresta di Argoer

Monastero della beata Laodamia


Dove si è cacciata quella piccola peste e la sua bestiaccia?” L'umore di Sorella Jania, già cupo da quella mattina, si era ulteriormente deteriorato quando la delegata dell'Alleanza delle Otto Stelle aveva mancato di presentarsi per portare via la ragazza.

Aveva frugato nelle stanze delle novizie, poi in quella delle protette del monastero, senza mancare di buttare all'aria il baule con i pochi averi appartenenti a Marissa. Le altre bambine l'avevano guardata con un misto di paura e rimprovero nel loro sguardo, ma era bastata un'occhiataccia di Sorella Jania per far loro immediatamente abbassare il capo.

Sciocche orfanelle! La monaca non nascondeva il proprio disprezzo per quelle pezzenti, nemmeno con le altre consorelle. Forse perché la irritava dover fare da balia a delle mocciose plebee, lei che proveniva addirittura da un ramo cadetto degli Arlington!

Stanca di sprecare le sue forze in quell'ingrato compito di ricerca Jania aveva preso per le trecce Orlen, tra tutte le bambine la più legata a Marissa.

Ora sono stanca di questi giochini Orlen!” le disse guardandola dritta negli occhi. “Dove si è nascosta la tua amichetta?”

Non lo so, sorella” balbettò la ragazzina, arrossendo fino alla radice dei capelli.

Io scommetto di sì, invece” ghignò la donna con espressione malvagia. “Lo sai che mentire a una consorella è una grave infrazione delle regole, vero Orlen?”

Sì sorella, ma vi giuro che io....”

Dovessi anche mettere a soqquadro l'intero monastero, fin nelle stanze della priora, io la troverò e affogherò quella sua bestiaccia puzzolente. Quindi con il tuo aiuto o meno, Marissa salterà fuori, ma se lo farà senza il tuo aiuto tu sarai in guai seri, questa è la differenza. Ti sono ben chiare le mie parole, lei hai stampate in quella testolina vuota...?”

Lei non sa niente, sorella Jania!” tentò di intervenire la quattordicenne Anyel in difesa della più giovane Orlen.

Non ti immischiare tu!” latrò la monaca, per poi tornare immediatamente ad infierire sulla bambina.

Ancora non vuoi dirmi niente allora?” chiese in tono dolciastro.

Orlen scosse la testa.

Senza che il ghigno di soddisfazione sul suo volto accennasse a spegnersi, la donna sfilò dalla cintura un paio di forbici e afferrò una delle trecce di Orlen fra pollice e indice. Guardò la bambina, e al suo ennesimo rifiuto tagliò di netto la lunga treccia castana, che cadde floscia e silenziosa sul pavimento.

Orlen aveva gli occhi pieni di lacrime ma si rifiutò di cedere e le trattenne, sollevando ostinatamente il mento.

Ma quando sorella Jania avvicinò le forbici anche all'altra treccia, la bambina cedette e scoppiò a piangere.

Va bene, sorella... ve lo dirò!” urlò in preda al panico e al rimorso.

Molto bene, vedo che cominci a ragionare” ghignò la donna, soddisfatta.

E' nascosta nel ripostiglio del secondo piano. Ma cosa le farete?”

Sarà punita, questo è ovvio” Sorella Jania ripose le forbici con noncuranza. “Ma tu non lo sarai, e di questo devi essere soddisfatta.”


La porta del ripostiglio venne spalancata di colpo e un fascio di luce investì la tremante Marissa, che cercava in tutti i modi di proteggere qualcosa che teneva tra le mani.

Ti ho trovata piccolo mostro!” esultò sorella Jania, apparendo nel cono di luce.

Si avventò sulla ragazzina tentando di afferrarla, ma Marissa fu più rapida e sgusciò sotto le gambe della monaca, uscendo nel patio del convento. Corse verso le colonne ad arco e il basso muretto che delimitava il perimetro del cortile. Se solo fosse riuscita a scavalcarlo avrebbe avuto qualche possibilità di sfuggire alla sua inseguitrice. Ma la donna in quattro passi l'aveva già raggiunta e l'afferrò per la manica proprio mentre Marissa era già cavalcioni del muretto. Ne seguì una lotta disperata in cui Jania cercò in tutti i modi di strapparle ciò che teneva tra le mani. Marissa sapeva che in pochi secondi sarebbe riuscita nel suo intento: lei era una donna adulta, e Marissa solo una ragazzina. Non poteva competere con lei in quanto a forza.

Con la disperazione nella voce, pronunciò alcune parole incerte, quasi sussurrate.

Immediatamente sorella Jania si ritrasse con uno strillo, tenendosi la mano ferita. La sua furia ora era fuori controllo.

Tu.... piccola idiota! Come hai osato! Ucciderò quella bestiaccia con le mie mani e nessuno ti risparmierà una bella dose di frustate!”

Si lanciò di nuovo su Marissa, ma lei fu più rapida. Un'altra frase, stavolta detta con più sicurezza, le scaturì dalle labbra. E improvvisamente il piccolo fagotto che teneva in mano si alzò in volo, rivelandosi per una piccola palla di pelo. Era un prilne, un piccolo scoiattolo con il folto pelo dalle sfumature azzurrine.

No!” gridò la monaca, tendendo una mano verso l'animale che avrebbe voluto con tutte le sue forze annegare in una tinozza, e che invece le stava sfuggendo.

Marissa rimase concentrata quel tanto che bastava per guidare il volo del prilne oltre il tetto del monastero e nel cielo aperto, per poi farlo posare delicatamente sulla cima di un albero che cresceva vicino alle mura dell'edificio.


La porta secondaria delle stanze della Priora veniva usata ormai di rado. Pochi visitatori si spingevano fino agli scoscesi dirupi di Argoer, e quei pochi che lo facevano non erano abbastanza importanti da necessitare l'uso di un ingresso riservato e appartato. Fu per questo che la piccola porta di legno verde cigolò sui suoi cardini quando un servitore l'apri, accompagnando il gesto con un movimento plateale del braccio. La Priora Adeliz impiegò qualche istante ad abituare gli occhi alla luce penetrante dell'esterno, così in contrasto con la penombra in cui versavano perennemente le sue stanze. La donna che aveva di fronte, valutò Adeliz, era giovane. Vestita con abiti pratici che le avevano permesso di coprire la non indifferente distanza che separava il monastero dalla Cittadella di Letha, la delegata indossava uno spesso mantello verde e il cappuccio calato sulla fronte. Entrò a passo deciso, in un modo che non piacque alla Priora. Cosa si insegnava alle ragazze in quella terra selvaggia e amorale? Ad essere sfrontate e sfacciate come quella ragazza? Comportamenti ben più adatti a un uomo, questo era certo! Quando la donna le porse la mano, Adeliz la strinse senza preoccuparsi di nascondere uno sguardo di riprovazione all'abbigliamento e ai modi della sua ospite. Perché la delegata non indossava un semplice abito da cavallerizza, bensì un paio di pantaloni da uomo. Adeliz si disse che se fosse dipeso da lei, mai e poi mai avrebbe permesso a quella donna di portare via una delle sue protette. Se ne avesse avuto il potere avrebbe tenuto ognuna di quelle giovani al sicuro tra le mura del monastero, insegnando loro una vita di modestia e rettitudine.

Ed invece ecco che si presentava alla sua porta una donna abbastanza giovane da poter essere sua figlia, che la guardava da pari a pari, quasi con arroganza, e che incarnava tutto ciò che lei più temeva della sregolatezza e della lascivia del mondo esterno.

Tuttavia si impose di essere cortese e salutò la donna con un cenno misurato del capo.

Benvenuta ad Argoer, delegata” disse con voce piatta. “Avete fatto un lungo viaggio fin da Letha.”

Eterno, oserei dire!” commentò l'altra, scoprendo finalmente il capo e sfilandosi i guanti, che porse con noncuranza al servitore che l'accompagnava. “Ma vi ringrazio per il vostro caloroso benvenuto.”

Che ci fosse una traccia di sarcasmo in quelle parole? Adeliz ne ebbe il sospetto, ma non riuscì a stabilirlo con certezza. Preferì soprassedere.

Il mio nome è Siobhan della Quarta Stella” si presentò infine la donna.

Siete molto giovane”, commentò la Priora.

Vi assicuro, Priora, che sono più che qualificata a portare il mio titolo... e a portare a termine questa missione” ribatté la delegata senza scomporsi.

Adeliz rimase in silenzio qualche secondo, annuendo quasi impercettibilmente con il capo. Quindi si riscosse e disse, con perfetta cortesia: “Sarete stanca... lasciate che vi faccia preparare una stanza.”

Siobhan fece un gesto di diniego. “Vi ringrazio, ma intendo ripartire subito.”

Subito?” L'anziana donna era scandalizzata. “Ma sono più di otto settimane di viaggio per tornare a Letha. Non sentite il bisogno di riposarvi?”

Siobhan scoppiò a ridere. “Vedo che non avete davvero fiducia nelle mie capacità, Madre. Sono stata addestrata per questo, e il mio compito è riportare la ragazza a Letha il prima possibile. Gradirei però, se non vi spiace, avere qualche informazione su di lei.”

Ma certo, prego accomodatevi” disse Adeliz, indicandole due comode poltrone di pelliccia di fronte al camino. Batté le mani e il servitore si avvicinò solerte.

Fai portare una coppa di vino zuccherato per Lady Siobhan. Forza, che aspetti?”

Siobhan sprofondò grata nella poltrona assegnatale, allungando le gambe verso il fuoco. Fortunatamente quella missione non le era stata assegnata d'inverno, almeno di questo poteva essere grata. Se fosse stato così, se avesse dovuto avanzare nella neve alta e in mezzo alle bufere di neve, avrebbe dovuto usare gran parte della sua energia mentale per isolare se stessa e il suo servitore dal freddo, e avrebbe proceduto ad un ritmo molto più lento.

Volevate sapere della ragazza...” cominciò Adeliz, sedendosi accanto e lei e posando le mani rugose compostamente in grembo.

Avete qualcosa di particolare da comunicarmi su di lei? E' indisciplinata? Crea problemi?”

Dritta al punto, pensò Adeliz piccata.

Marissa è una brava ragazza, delegata. Ha buon cuore, ma tende spesso a violare le regole del monastero. È refrattaria all'autorità e ha avuto spesso scontri con le sue insegnanti e con la responsabile del dormitorio, sorella Jania. Ma è sveglia e intelligente e apprende davvero in fretta.”

Ha qualche parente in vita?”

Non che noi sappiamo. È un'orfana, per quanto ci concerne; sotto la nostra autorità da quando fu portata qui da neonata, come tante delle nostre protette, d'altra parte.”

Il fatto che sia così indisciplinata non è promettente...” commentò Siobhan assorta. “Ma a questo provvederemo noi all'Accademia. C'è altro che dovrebbe interessarmi, Madre?”

Siobhan credette di cogliere una lieve esitazione nella voce della monaca. “No, credo di avervi detto tutto. Volete che la faccia convocare ora?”

No” rispose Siobhan alzandosi in piedi. “Preferisco che mi portiate da lei. Voglio vedere con i miei occhi l'ambiente in cui è cresciuta.”


Nota dell'autrice: Questa è la prima volta che mi cimento con una storia fantasy e non so bene dove mi porterà questo tentativo. Questa storia è nata così, d'impulso, e forse avendo già un'altra storia in corso avrei dovuto aspettare a pubblicare ma, anche se non potrò aggiornare velocemente, ho voluto comunque buttarmi e vedere se la storia poteva riscuotere interesse. E' tutto molto nuovo per me, quindi mi farebbe piacere sapere se vi piace o se sto toppando alla grande^^.

Alla prossima

Eilan

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Capitolo 2
*** In viaggio ***


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Brutta piccola strega!” Sbraitò Jania. “Nessuno ti risparmierà una buona frustata ora!” E detto questo fece per colpire Marissa con il dorso della mano.

Ferma!” una voce potente echeggiò nel corridoio, talmente autorevole che bloccò la mano della monaca a mezz'aria.

Jania e Marissa si voltarono contemporaneamente, l'una con il viso rosso dalla rabbia, l'altra con gli occhi colmi di lacrime e il labbro tremante.

Lungo il corridoio si stava avvicinando una donna sconosciuta, seguita pochi passi più indietro dall'anziana priora Adeliz, che faticava a stare al passo con la sua giovane ospite, soprattutto perché Siobhan aveva percorso gli ultimi metri che la separavano da Marissa a passo svelto.

Lasciate stare quella ragazza!” tuonò la delegata piantandosi di fronte a Jania, con le mani sui fianchi.

La monaca lasciò istintivamente andare Marissa; la bambina appariva indecisa. Era troppo spaventata per restare accanto alla propria tormentatrice, ma ancora troppo intimidita per correre da una perfetta sconosciuta.

Jania lanciò un'occhiata alla priora Adeliz, che aveva nel frattempo raggiunto il gruppetto, ancora col fiato grosso per lo scatto finale.

Ma.. madre, la ragazza deve essere punita, ha infranto diverse regole del monastero!” protestò Jania. “E' uscita senza permesso dalla sua camerata, ha nascosto un animale qui nell'edificio.... e ha usato la magia!”

Siobhan osservava divertita la ragazzina intimorita che aveva di fronte.

La magia, eh? E dimmi Marissa, come puoi usare la magia senza addestramento?”

Mi ha colpita!” intervenne Jania ancora rossa in viso. “Mi ha colpita vi dico! Qui sulla mano...” la donna mostrò una bruciatura sul dorso della mano. “E poi ha fatto volare quella bestiaccia che teneva nascosta.”

Calmatevi ora, sorella Jania” intervenne la priora conciliante. “Lasciate che sia Marissa a rispondere alle domande della delegata. Voi andate a farvi medicare quella mano, ne avete bisogno.”

Ma, madre...” tentò ancora di protestare la donna. “La sua punizione...”

Ora basta sorella!” tagliò corto Adeliz. “Sarà mia cura occuparmi personalmente di questa faccenda. Avete qualcosa in contrario forse?”

Sorella Jania chinò il capo. “No, certo, madre. Con permesso...” disse tra i denti, poi si allontanò ancora fumante e tenendosi la mano ferita.

Siobhan attese che quella donna sgradevole ebbe voltato l'angolo per riformulare la domanda a Marissa. Quella buffa ragazzina dai capelli rossi non sembrava in grado di mettere insieme due parole... come poteva usare la magia nel modo descritto dalla monaca?

Rispondi alla delegata, Marissa” la incoraggiò la priora.

Io... non lo so, signora. È come se avessi quelle parole dentro di me, come se premessero per venire fuori. E tutto a un tratto – quando sono arrabbiata o impaurita – riesco a tirarle fuori... e qualcosa accade...” concluse facendo un cenno con il capo nella direzione in cui si era appena allontanata la prova vivente che, se minacciavi quella ragazzina, qualcosa effettivamente accadeva,

Siobhan pensò che Marissa fosse meno debole e patetica di come l'avesse giudicata al primo sguardo. Sapeva rispondere, e a tono, a quanto pareva.

Sai chi sono io, ragazza?”

Marissa annuì lentamente. “Mi hanno parlato di voi. Mi hanno detto che sareste venuta a portarmi via.”

Bene, così possiamo risparmiarci i convenevoli. Io sono Siobhan e ho il compito di accompagnarti a Letha, per iniziare il tuo addestramento. È inutile che tu faccia domande, perché non avrai risposte. Le cose ti verranno spiegate a tempo debito, ma non sta a te decidere come e quando. È tutto chiaro?”

Marissa annuì, cupa. Quella donna non le piaceva, ma tutto sarebbe stato meglio che restare al monastero, alla mercé di sorella Jania. Non le importava dove quella donna volesse portarla, purché fosse molto lontano da lì.

Allora vai a preparare il tuo bagaglio, un baule piccolo al massimo. Partiremo da qui entro un'ora.”




Città di Conne

Palazzo di Alcaeus


Brindiamo al mio amato figlio, la cui partenza che si avvicina mi spezza già il cuore!”

A quelle parole Damien guardò suo padre divertito. La sua faccia rubizza era davvero buffa, soprattutto se accostata a quelle parole drammatiche. Ma Alcaeus aveva sempre avuto il gusto del dramma, inclusa l'idea di organizzare quell'opulento banchetto per festeggiare la partenza di Damien. Suo padre non aveva badato a spese per imbandire quella lunga tavolata, né aveva lesinato sugli scellini sborsati per il corposo vino rosso che scorreva a fiumi tra i commensali. Damien ne aveva sorseggiato una coppa, e sua madre Catlin e sua sorella Dorelynn avevano bevuto appena un sorso, solo per non sembrare maleducate; ma era chiaro che suo padre avesse alzato decisamente troppo il gomito. A metà banchetto faceva già fatica ad alzarsi dalla sedia, ed ora che il dolce era stato servito e che i musici erano in procinto di attaccare le loro melodie struggenti, Alcaeus era decisamente brillo. Dal momento che Damien era stato costretto a sedere accanto a lui non aveva avuto altro da fare che contare, bicchiere dopo bicchiere, tutto il vino che suo padre aveva ingurgitato. Non che avesse avuto molto altro da fare: i banchetti lo annoiavano a morte, soprattutto perché erano pieni di gente noiosa e molto più grande di lui. Dopotutto quale sedicenne pieno di energia avrebbe desiderato trascorrere il tempo in quel modo? Non vedeva l'ora di scappare via, e a dimostrazione di questo teneva le mani sui braccioli della sedia e i gomiti sollevati, come qualcuno che è pronto a fare uno scatto da manuale. Era almeno un'ora che attendeva la scusa per potersi dileguare senza apparire maleducato agli occhi di quegli ospiti che, in fondo, erano lì per lui. E per non mettere in imbarazzo suo padre davanti ai suoi amici della Gilda Mercantile di Conne. Damien non ebbe altra scelta che sorbirsi il lungo intrattenimento dei menestrelli, che gli altri ospiti ascoltarono rapiti; a qualche dama scese perfino qualche lacrimuccia di commozione. Dopo un tempo che gli sembrò interminabile, finalmente i menestrelli si congedarono, sparendo in un turbinio di applausi sentiti e con in collo i loro strumenti.

Finalmente. Damien alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo, e poi si osservò rapidamente intorno per assicurarsi che nessuno lo avesse notato. Ma aveva esultato troppo presto, perché al posto dei musici, presentati con pomposità da Gurnan, il maggiordomo della casa, fecero il loro ingresso i giocolieri e i saltimbanchi.

Alcaeus rivolse al figlio uno sguardo complice, convinto di averlo piacevolmente sorpreso con quella trovata. Damien ricambiò con un sorrisetto forzato.

Presto la sala del banchetto si riempì delle risa degli ospiti e del chiasso dell'esibizione. Era veramente troppo. Damien si chinò per sussurrare qualcosa all'orecchio del padre, ma quello, troppo brillo e distratto dallo spettacolo per capire bene cosa il figlio gli dicesse, fece appena un cenno di assenso in risposta. Damien si alzò e cominciò a guadagnare l'uscita della sala, ignorato dai più. Si voltò solo per afferrare l'occhiata significativa di sua sorella, seduta dall'altra parte della sala, nel settore riservato alle donne. Dorelynn alzò un sopracciglio, e un sorriso divertito le incurvò le labbra. Damien sorrise in risposta e agitò la mano in un ironico segno di saluto.

Ti odio, gli disse lei in labiale. Poi sorrise di nuovo e lo invitò ad allontanarsi con un cenno del mento. Cosa aspetti?

Quando fu nel corridoio che conduceva al piano di sopra, dove si trovavano le stanze della famiglia, Damien tirò un sospiro di sollievo. Ancora un altro minuto in quella sala e si sarebbe colpito in testa con la coppa d'argento massiccio da cui i commensali sorseggiavano il vino.

Seguì il corridoio illuminato da ampie vetrate che lasciavano filtrare la piena luce di quel giorno d'estate, e decorato da numerosi arazzi ricamati appesi alle pareti. All'improvviso uno di essi si mosse proprio mentre Damien ci passava di fronte. Il ragazzo sussultò e fece un balzo all'indietro, portando la mano allo spadino che aveva alla cintura. Era stato un dono di suo padre, qualcosa che tutti i gentiluomini di Conne portavano come segno distintivo. Ma in realtà praticamente nessuno di loro avrebbe saputo come usarlo, e Damien non faceva eccezione.

Una risatina provenne da dietro l'arazzo, e Damien, riconoscendola, scostò la tenda senza più timore.

Sei impazzita?” bisbigliò divertito, mentre le braccia di Elise l'attiravano a sé.

Credevo mi avresti fatto aspettare in eterno! Non finiva più quello stupido banchetto?” mormorò la ragazza cominciando a baciarlo sulla bocca, ricambiata da Damien.

Elise aveva la sua stessa età ed era una delle cameriere di sua madre. La loro storia andava avanti ormai da due mesi, e Damien sapeva che si sarebbe presto stancato di lei. Le sue cotte non duravano di solito più di un mese. Ma non era certo il caso di dirlo ad Elise.

Bé, come vedi ora sono qui solo per te” disse con un sorriso seducente.


Quando sgattaiolò fuori dalla camera che Elise divideva con altre tre cameriere – ora tutte impegnate nel loro lavoro – Damien si aggiustò la camicia, mentre un servo che transitava per il corridoio si schiariva la gola facendo finta di non averlo notato, e tributando al suo padroncino uno sbrigativo cenno del capo. Damien si concesse un sorriso di autocompiacimento.

Quando entrò in camera sua, invece della calma che avrebbe desiderato, ci trovò un esercito di domestici intenti a preparare i suoi bagagli, a piegare abiti, a spostare bauli da una parte all'altra della stanza. Al centro della stanza, intenta a dispensare ordini, rimproveri, e a coordinare l'intera operazione, stava sua madre. Catlin, algida ed elegante nel suo abito di seta viola, teneva tutto sotto controllo con pochi cenni e parole misurate, senza scomporsi e senza perdere mai la calma. La sua camera era talmente sottosopra che, sebbene non gli fosse mai interessato nulla di tenerla in ordine o pulita, poiché erano gli altri a pensarci per lui, Damien provò l'impulso di mettersi le mani nei capelli.

Oh, Damien, sei qui caro...” lo chiamò sua madre. “Che fine avevi fatto? Tuo padre ha detto che ti sentivi indisposto e per questo hai lasciato il banchetto. Ma sei sparito per due ore...”

Sono stato occupato, madre” rispose lui con noncuranza, individuando un angolo del letto sgombro da abiti e gettandovisi senza eleganza. Scalciò via gli stivali e si sdraiò intrecciando le mani dietro la nuca. Sua madre gli lanciò un'occhiataccia, notando che uno stivale per poco non aveva colpito uno dei servitori.

Scusa Marius!” gridò Damien, alzando il braccio.

Non è niente signorino, non preoccupatevi” rispose il servitore.

Damien evitò con cura il secondo sguardo inceneritore di Catlin.

Poi con un sospiro la donna prese due casacche che una serva le porgeva e le parò davanti al figlio, battendo il piede per terra per richiamare la sua attenzione.

Credo che ti serviranno entrambe... cosa ne pensi?”

Non sono più un bambino, madre!”

Chi ti tratta come un bambino, Damien?”

Papà per esempio” ribatté Damien tirandosi a sedere sul letto. “Non conta niente che io non voglia andarci in quella dannata accademia?”

Non parlare così dell'Accademia. È un grande onore essere ammessi, lo sai. Perfino i figli del conte di Pontard erano in lizza per entrare, ma non sono stati scelti. Dovresti essere fiero di essere tra i pochi eletti.”

Forse non sono entrati perché papà ha saputo oliare le ruote giuste e ha fatto tintinnare la sua borsa più rumorosamente del conte e di tutti gli altri!”

Damien!” lo rimproverò Catlin scuotendo la testa. Cosa doveva fare con quel figlio tanto intelligente, quanto indolente e svogliato? Alcaeus non era mai riuscito a farlo appassionare a niente: musica, latino, equitazione... aveva provato qualunque cosa, speso un mucchio di soldi per quel figlio prediletto e ingrato. La pressione a cui il mercante sottoponeva il suo unico erede maschio aveva finito per allontanare irreparabilmente padre e figlio, per far sì che Damien mal tollerasse l'ambizione e le aspettative che Alcaeus nutriva nei suoi confronti.

Non prendertela con mamma. Fa quello che può per mettere pace tra te e papà. Damien sobbalzò visibilmente e il cuore gli balzò in gola. Volgendo lo sguardo oltre sua madre, notò che sua sorella era appena entrata nella stanza.

Ti avevo proibito di farlo senza preavviso! Era irritato: si era lasciato cogliere di sorpresa come un bambino. Odiava quando Dorelynn entrava nella sua mente senza farsi avvertire. Sebbene quella capacità fosse comune ai due fratelli, Damien doveva ammettere che lei sapeva padroneggiarla molto meglio. Forse perché aveva trascorso molte ore a esercitarla, e a studiare in biblioteca su tomi polverosi che Damien non avrebbe toccato nemmeno con un bastone.

Buongiorno madre” salutò Dorelynn, baciando la guancia di Catlin. “Damien...” aggiunse come se lo vedesse per la prima volta.

Lui rispose con un sorrisetto forzato. Prima o poi riuscirò anch'io a coglierti impreparata. La risata mentale di Dorelynn gli riempì le orecchie. Smettila! Le gridò.

Ok, scusa. Pace d'accordo? Non sono venuta per farti arrabbiare. Dopotutto questa sarà l'ultima notte che passeremo sotto lo stesso tetto.

Dorelynn visto che sei qui, che ne dici di darmi una mano con le preparazioni? Non riesco a trovare Elise da nessuna parte...”

Ma davvero?” commentò Dorelynn scoccando un'occhiata divertita a Damien.

Certo, madre. Con piacere.”

Oh, bene!” esclamò Catlin sollevata, battendo le mani. “Allora vado a controllare gli abiti che sono negli armadi invernali... il mantello di pelliccia, e forse anche quello di velluto... so che a nord può fare freddo d'inverno. E pensare che quei mantelli non escono dagli armadi da quel viaggio che vostro padre fece a Thissuivalon! Dico io, non potevano costruire qui a sud quell'Accademia? Gli iniziati avrebbero goduto di un clima sicuramente più salubre...” e continuando a rimuginare sulla propria idea, uscì dalla stanza, seguita ossequiosamente da un paio di cameriere.

Dorelynn aspettò che la porta si chiudesse alla spalle della madre, poi si sedette accanto al fratello. Restarono alcuni minuti in silenzio, fissando la parete di fronte a loro. Non avevano il coraggio di dirselo, ma l'imminente separazione era dolorosa per entrambi. Fin da quando avevano condiviso il ventre materno, sedici anni prima, i due gemelli non erano mai stati troppo lontani l'uno dall'altra. Avevano condiviso un affetto e un legame unici. Il fatto di potersi leggere nel pensiero e di poter comunicare tra di loro senza usare le parole era forse una manifestazione di questo legame, ma nessuno dei due poteva dirlo con certezza. Solo fare ipotesi.

Fu Damien a rompere quel pesante silenzio. Ogni traccia di allegria era sparita dalla sua voce.

Allora sei proprio decisa?”

Lo sono” rispose Dorelynn con fermezza. “Non ho nessuna intenzione di fidanzarmi con uno dei ricchi, vecchi e brutti soci in affari di nostro padre.”

Era tradizione a Conne, e in tutti i territori del sud, che al compimento dei sedici anni le giovani potessero scegliere se fidanzarsi o partire per unirsi alle Zarall, le donne guerriere che vivevano nella foresta di Smeraldo, a metà strada tra Conne, città portuale del grande sud, e Letha, principale centro dei territori dell'est. I due territori erano uniti da poco più di un lembo di terra.

Pochissime ragazze sceglievano di barattare un futuro sicuro nelle loro città natie, per una vita sicuramente più dura e selvaggia, fatta di lunghe ore di addestramento e sacrifici, che le avrebbe trasformate in temibili guerriere.

Le Zarall avevano ottenuto quell'accordo con il sud quasi due secoli prima, in cambio dell'impegno a sorvegliare la frontiera tra i territori dell'est e le città mercantili del sud. La foresta di Smeraldo si trovava in posizione strategica per questo scopo. Con il controllo delle Zarall era impossibile che qualcuno ostile alle città del sud superasse quello stretto lembo di terra. Quindi, nessuna famiglia poteva negare ad una ragazza il diritto di diventare una Zarall, se lo desiderava. Le Zarall da parte loro avevano chiesto che nessuna ragazza venisse obbligata: diventare una di loro doveva essere una libera scelta. Ed una scelta libera era stata quella di Dorelynn.

Lo hai già detto a nostro padre?”

Sì, ma non credo che darà una festa per me, se è questo che ti stai chiedendo. Non ha nemmeno cercato di dissuadermi con molta energia. Sembrava perfino sollevato quando non ho ceduto. Credo che alla fine sarà contento. Darà una figlia alla protezione delle nostre terre e un figlio all'Accademia delle Sette Stelle... e poi perché spendere una dote per farmi sposare? Così non gli costerò nemmeno una sovrana d'oro.”

Damien si accorse dell'amarezza, ben mascherata, nelle parole della sorella e di slancio l'abbracciò.

Per quel che vale, io sono molto fiero di te. Sapevo che eri destinata a qualcosa di grande.”

E a te non mancherà Elise?” lo stuzzicò Dorelynn.

Ma smettila!” rise lui, tirandole la treccia senza violenza, come facevano da bambini quando volevano farsi i dispetti.

Anche tu rendimi fiera, d'accordo?” disse Dorelynn in tono serio, dopo qualche attimo di silenzio. “So che non è quello che avresti voluto fare... imparare la magia. Ma cerca di farlo nel miglior modo possibile. Un buon mago è cosa rara oggigiorno, ed è utile quanto una Zarall per la sicurezza delle nostre terre.”

Lo farò per te” rispose Damien mettendole un braccio intorno alle spalle. “E potremo tenerci sempre in contatto. Prometti di raccontarmi tutto? Io farò altrettanto...”

Non ti libererai di me così facilmente, fratellino” ed entrambi si lasciarono andare a una risata liberatoria.




Angolo Autrice: Ed ecco il secondo capitolo, in cui facciamo la conoscenza di Damien e della sua gemella Dorelynn. Marissa inoltre viene portata via dal monastero e inizia il suo viaggio verso Letha e l'Accademia. Nei prossimi capitoli cercherò di spiegare meglio la geografia di Euhalon, il mondo in cui si muovono i nostri personaggi. Lo farò sicuramente tramite una breve descrizione scritta, e spero di riuscire anche a pubblicare una mappa o un link ad essa. Non so se sarà possibile, ma ci proverò. Che ne pensate di Damien? So che non è il classico eroe senza macchia e senza paura, e quindi mi incuriosisce sapere come vi sembra. Ringrazio tutti coloro che leggono/seguono/recensiscono...

Alla prossima,

Eilan

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Capitolo 3
*** La torre oscura ***


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Da quando erano montate in sella ai loro cavalli, Marissa non aveva aperto bocca, limitandosi a fissare il movimento del collo dell'animale che la portava in groppa. D'altra parte neanche Siobhan sembrava in vena di fare conversazione, né di spiegare a Marissa dove stessero andando. Dietro di loro cavalcava un servitore di poche parole e di aspetto comune, e con lui sulla sella portava i bagagli delle due donne. Marissa alzò le spalle a quella mancanza di interesse che Siobhan manifestava nei suoi confronti. Al diavolo! Pensò irritata. Se non è interessata a me perché io dovrei esserlo a lei?

Con questa rinnovata risolutezza si dedicò intensamente a guardarsi intorno, visto che, da quando era nata, non aveva mai avuto occasione di lasciare il monastero e non conosceva che quelle anguste, grigie mura. Aveva solo potuto immaginare il mondo esterno, da quel poco che si intravedeva dalle strette finestre e dal chiostro del monastero. Da quella prospettiva le era sembrato che la foresta di Argoer fosse molto fitta e incredibilmente verde, e si accorse che non aveva avuto torto. Il monastero era immerso nel cuore della foresta, senza altri insediamenti umani per molte miglia. La cittadina più vicina, Dewville, si trovava parecchio più a sud, tanto che quando al monastero occorrevano provviste che le monache non potevano coltivare, o quando il cibo scarseggiava, o quando mancava la stoffa per gli abiti, ognuno di quei beni impiegava giorni e giorni per raggiungere il monastero. Questo era dovuto non solo alla distanza, ma anche al fatto che nella foresta non esistessero strade degne di questo nome, sicuramente non le strade cui la gente delle grandi città del sud era abituata; piuttosto stretti sentieri, erti e scoscesi, che si snodavano tra rocce e vegetazione.

La foresta era composta principalmente di alberi sempreverdi, conifere e abeti che ricoprivano il grande nord di Itul a perdita d'occhio. Il clima lì era molto freddo d'inverno, e Argoer, e con essa anche i tetti del monastero, veniva puntualmente ricoperta da uno spesso strato di neve che imbiancava ogni cosa già all'inizio di novembre, mentre le monache e le novizie erano costrette ad avvolgersi in pesanti scialli di lana non tinta e a soffiarsi continuamente sulle mani inguantate per scaldarle. Ripensando ai rigidi inverni trascorsi ad Argoer Marissa rabbrividì: se c'era qualcosa che si augurava di non dover più sperimentare, era quel freddo terribile. Chissà se nel posto in cui la stavano portando, Letha, il clima era più mite? La ragazza si augurò ardentemente di sì.

La foresta era anche popolata di moltissimi animali, alcuni, piccoli come i prilne, riuscivano perfino a sconfinare nel monastero, arrampicandosi sui muri o sfruttando qualche porta di servizio lasciata aperta. Tuttavia qualsiasi tipo di animale era severamente vietato all'interno dell'edificio e, se era abbastanza piccolo da essere maneggiato senza pericolo, sorella Jania lo affogava in un secchio d'acqua. Per questo Marissa si era data tanta pena per salvare quella povera bestiolina: sapeva che la vita era ingiusta, ma non doveva esserlo per forza se lei poteva fare qualcosa. Alemno Siobhan era giunta in tempo a salvarla dalla punizione che Jania le avrebbe riservato. Come odiava quella donna! Era così contenta di non doverla vedere mai più in vita sua. Una fitta di rimorso le agitò lo stomaco pensando ad Orlen, e a tutte le altre bambine e ragazze che non erano state fortunate quanto lei e che non avrebbero potuto lasciare il monastero. E tutto per quella strana cosa che chiamavano magia; quella forza misteriosa che le era toccata in sorte. Perché proprio a lei? Cosa aveva di tanto speciale per meritare quel dono?

Dopo qualche ora di marcia in Marissa cominciò a prevalere la curiosità sulla risolutezza ad ignorare Siobhan, e, poiché sapeva che non le era permesso fare domande, si dedicò a studiare la sua misteriosa salvatrice. Siobhan era senza dubbio la donna più bella che avesse mai visto, e al suo confronto Marissa si sentì piccola e scialba, con quella chioma di capelli rossi che tutti le prendevano in giro. Invece i capelli di Siobhan erano del colore del grano maturo, e il suo viso ricordava a Marissa l'angelica perfezione marmorea della statua della beata Laodamia che troneggiava nella cappella del monastero. Ad Argoen non si era mai badato all'aspetto fisico: le monache erano coperte da capo a piedi, cosicché del loro corpo non fosse visibile che l'ovale del viso; e alle allieve veniva inculcato lo stesso senso di modestia mediante abiti informi e dai colori scialbi, che le facevano sembrare tutte uguali, tutte accomunate dal medesimo aspetto triste e scialbo. Ma Siobhan indossava un corpetto attillato, stretto sotto il seno con dei lacci, e addirittura dei pantaloni aderenti che le mettevano in risalto le belle gambe, senza preoccuparsi di sembrare impudica. Lasciava che la chioma dorata le fluisse libera lungo la schiena e non temeva di dire ciò che pensava, ignorando l'obbedienza e la modestia che a Marissa erano state insegnate per tutta la vita. Tutto in Siobhan le parlava di spregiudicata femminilità e Marissa avrebbe dato qualunque cosa per assomigliarle almeno un po'.

Doveva averla fissata con troppa insistenza perché ad un certo punto Siobhan si voltò a guardarla. Marissa era sicura che l'avrebbe rimproverata, invece la donna rimase in silenzio alcuni attimi prima di chiedere: “Quanti anni hai, Marissa?”

La ragazzina arrossì. “Tredici, signora.”

Tredici? Sei grande per iniziare il noviziato...”

Irritata dal non sapere nemmeno di cosa quella donna stesse parlando, Marissa sbottò: “Allora avreste dovuto scegliermi prima!”

Impertinente!” rispose Siobhan secca. “Non sta a te questionare l'operato dell'Alleanza.” Marissa si zittì, riportando lo sguardo sul collo del cavallo, ancora contrariata.

Quella ragazzina era un'insolente, ma Siobhan non poteva negare che avesse ragione. Perché l'Airknoril non aveva visto il suo potere fino a quel momento?






La figura incappucciata dava le spalle alla stanza in penombra, lo sguardo fisso sulla finestra di vetro e ossidiana che aveva davanti. Non si voltò quando i passi si fermarono appena dietro di lei. Sapeva già chi fosse.

L'hanno trovata”, annunciò gravemente colui che gli si era avvicinato.

E questo ti stupisce?” ribatté l'altro con quello che, su un essere umano, avrebbe potuto sembrare un sorriso beffardo.

Sapevamo che sarebbe accaduto, prima o poi. Era inevitabile, abbiamo solo ritardato l'evento; e per tredici anni oltretutto, il che non mi sembra male come traguardo.”

Ma Lysar aveva detto...”

Lysar è uno sciocco! Ed è ora che lasci il suo posto, non credi? Non ha più l'età per ricoprire la sua carica. Mentre lui se ne sta lassù, in quella maledetta torre, a lanciare profezie idiote, quaggiù c'è qualcuno che ha deciso di agire invece di farsi guidare dagli dei. Chi pensi che abbia avuto l'idea di oscurare la ragazza per tutto questo tempo?”

Tu....?” commentò l'altro sbalordito. “Ma gli anziani lo avevano proibito! Dicevano che era troppo pericoloso, che c'era il rischio di essere scoperti....”

Ecco perché gli anziani seguiranno il destino di Lysar. Se vogliamo che i nostri piani funzionano bisogna correre qualche rischio. È tempo di lasciare spazio alla nuova generazione.”

Ma alla fine l'Airknoril l'ha trovata lo stesso...” obiettò dubbioso.

Non so come sia successo. Non doveva succedere. È come se la pietra avesse sentito il suo richiamo.”

Ma...”

L'altro lo bloccò con un cenno della mano. “Non chiedermi come sia possibile, ma è quello che è successo.”

Seguirono alcuni secondi di silenzio assorto. Infine colui che era entrato nella stanza chiese: “Cosa intendevi quando hai detto che Lysar e gli altri della casta devono lasciare spazio? Cosa hai in mente?”

La creatura si voltò all'improvviso. Il suo volto non aveva nulla di umano, un adunco naso a becco era sormontato da occhi piccoli e gialli. La sua pelle aveva un colorito ceruleo, cosparso di piccole macchie nere.

E questa volta il sorriso malvagio che incurvò il suo volto fu inequivocabile.






Marissa si svegliò di soprassalto, la fronte madida di sudore e il respiro corto, mettendosi a sedere di scatto. Quel sogno era stato strano e inquietante, e quella creatura... semplicemente orribile. Si chiese come avesse fatto la sua mente a partorire simili mostri. Si guardò intorno, le pupille dilatate. Poco distante da lei il fuoco ardeva ancora vivido come la sera prima nonostante fosse quasi l'alba; era merito della magia di Siobhan, la più straordinaria che Marissa avrebbe mai creduto possibile. Con solo poche parole aveva acceso il fuoco, e aveva fatto sì che si mantenesse vivo tutta la notte. Le aveva perfino mostrato che poteva infilare le mani tra le braci ed afferrare uno dei ciocchi di legno incandescenti senza bruciarsi.

La delegata era già sveglia e vigile, in piedi dall'altra parte del fuoco, e si accorse subito dello stato di agitazione di Marissa. Le si avvicinò, se non premurosa quantomeno sollecita, e le chiese se fosse tutto a posto.

Marissa annuì, passandosi una mano sulla fronte. Le piccole gocce di sudore le bagnarono il palmo.

Solo un brutto sogno” mormorò imbarazzata. Ora Siobhan l'avrebbe creduta una ragazzina paurosa e piagnucolosa.

Raccontamelo” ordinò lei perentoria.

Marissa storse il naso infastidita. Cosa dava il diritto a quella donna di immischiarsi dei suoi sogni, quando lei non le permetteva nemmeno di fare una semplice domanda? Al monastero l'avevano sempre giudicata refrattaria all'autorità e in quel momento Marissa pensò che non avessero avuto tutti i torti. Non era portata alla cieca obbedienza, e se Siobhan non era propensa a fidarsi di lei, lei avrebbe agito di conseguenza. Avrebbe tenuto per sé i propri pensieri, e soprattutto i propri sogni. Almeno fin quando non avesse saputo di più della donna con cui stava viaggiando e sul luogo dove aveva intenzione di portarla.

Non lo ricordo, mi dispiace” disse alzando le spalle.

Siobhan la fissò dritta negli occhi per qualche attimo, come se volesse comunicarle che non le credeva minimamente. Marissa pensò che avrebbe insistito... o peggio: che avrebbe tirato fuori uno dei suoi incantesimi per costringerla a dire la verità.

Ma la donna distolse lo sguardo, apparentemente disinteressata di ciò che poteva nascondere Marissa.

Preparati a partire” si limitò a ordinarle. “E' già l'alba e ci aspetta un altro lungo giorno di cammino.”

Marissa consumò la sua colazione più in fretta che poté, poi risalì di malavoglia a cavallo.

Quel secondo giorno di marcia sembrò del tutto simile al primo, e già la ragazza avrebbe voluto sbuffare dalla noia. Ma con il trascorrere delle ore si accorse che il paesaggio stava lentamente cambiando. I fitti boschi di conifere e gli stretti sentieri rocciosi lasciarono il posto a un immensa valle di erba verde, sul cui fondo scorreva un fiume piccolo ma impetuoso. Finalmente l'azzurro del cielo, non più oppresso dalla cupezza della foresta di Argoer, apparve in tutta la sua maestosità. A Marissa sembrò che un peso le venisse tolto dal petto nell'ammirare quegli spazi aperti così nuovi per lei.

Quello è il fiume Lleney” annunciò Siobhan, rallentando il cavallo di modo che Marissa potesse affiancarla. “Siamo fuori dalla foresta di Argoer.”

E'... è bellissimo” mormorò Marissa estasiata. Un'aquila sorvolò le loro teste in quello stesso momento, lanciando il suo fiero richiamo.

Per la prima volta, di fronte all'ingenuo stupore di Marissa, le labbra di Siobhan si incurvarono in un accenno di sorriso, che però si spense quasi immediatamente. Un raggio di sole aveva illuminato la figura della ragazzina, e l'occhio attento della delegata aveva colto uno strano particolare.

Nel momento in cui la luce del sole li aveva colpiti, i suoi occhi avevano cambiato colore. Dall'azzurro erano divenuti argentei. Per una frazione di secondo, ma Siobhan era convinta di aver visto giusto.

No, non è possibile. Non può essere!

Marissa!” la chiamò in tono fermo. E quando la ragazza si voltò verso di lei, si accorse che non si era sbagliata. I suoi occhi ora erano argentati, sfavillanti nella calda luce del giorno.

Le venne in mente che l'aveva vista sempre con i capelli sciolti, mentre le altre novizie del monastero – da quel che aveva potuto notare – li tenevano raccolti in trecce.

Marissa nel frattempo la stava guardando interrogativamente, chiedendosi se era il caso di domandare cosa volesse da lei. Ma Siobhan la precedette.

Raccogli i capelli” ordinò.

Marissa si chiese se avesse compreso bene. “Cosa?”

Raccogli i capelli con le mani” spiegò impaziente la delegata. “Mostrami le orecchie.”

Marissa obbedì, confusa. E quando eseguì ciò che Siobhan le aveva chiesto, quest'ultima seppe di aver visto giusto. Dunque era questo ciò che la priora non aveva voluto rivelarle sul conto della ragazza.

Per tutti gli dei... un mezzelfo!” esclamò sbalordita. Il servitore dietro di lei si ritrasse istintivamente, facendo innervosire il cavallo che batté lo zoccolo sul terreno.

Padrona!” esclamò quasi spaventato. “Dite sul serio?”

Siobhan si voltò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo. “Stai calmo Kyrel! Non una parola di più!”

Ma.. di cosa state parlando?” chiese Marissa sempre più confusa.

Tu sei un mezzelfo Marissa” le spiegò la donna in tono calmo. “Non ne eri al corrente?”

Io.. no. Non so nemmeno di cosa stiate parlando. E perché lui mi guarda così?” chiese esasperata facendo un cenno in direzione del servitore.

Perché tu sei il frutto dell'unione tra un elfo e un umano, ma le unioni tra elfi umani sono proibite qui a Itul, ed anche nel sud e nell'est. Sono proibite da più di duecento anni.”



Angolo Autrice: Ed eccoci al terzo capitolo, incentrato su Marissa e nel quale si scopre qualcosina in più su di lei. Quali saranno le sue origini? E qual'è il suo legame con le creature che vogliono nasconderla all'Airknoril, la pietra di cui sapremo di più nei prossimi capitoli? Spero di essere riuscita a incuriosirvi e ringrazio come sempre tutti coloro che recensiscono/leggono/seguono.

Alla prossima,

Eilan



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Capitolo 4
*** Elfi e umani ***


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Marissa si trovò a tremare dal freddo quella sera, nonostante lo scialle che teneva intorno alle spalle e il falò che Siobhan aveva acceso e che scoppiettava allegramente rischiarando la collinetta sulla quale si erano accampati. Anche se le giornate estive erano piacevolmente calde, quando l'oscurità calava sulle Colline dell'Alba l'umidità giungeva penetrante e acuta.

Siobhan si accorse che la ragazza tremava, sebbene lei non si lamentasse. La guardò intensamente per alcuni secondi, tanto che Marissa cominciò a sentirsi a disagio sotto quello sguardo indagatore. Ma una sensazione piacevole si impadronì di lei partendo dalla punta dei piedi per diffondersi presto in tutto il corpo. Era una sensazione di calore e in pochi minuti Marissa si accorse che il freddo che aveva provato fino a quel momento era scomparso, sostituito da un piacevole tepore. Fissò Siobhan stupita. “Come avete fatto?”

Siobhan alzò le spalle, senza falsa modestia. “E' poco più di un trucco per me, anche se richiede una buona spesa in termini di energia se devo mantenere il calore giorno e notte, per giorni e giorni di seguito. Ma così com'è ora è una sciocchezza. Presto imparerai anche tu.”

Non credo che ne sarò mai capace”, mormorò Marissa.

Dovrai studiare e applicarti, questo è poco ma sicuro. Ma se lavorerai sodo potrai fare molto, Marissa.”

In quel momento la ragazza sembrava davvero una bambina sperduta e spaventata, e per la prima volta Siobhan provò tenerezza nei suoi confronti. Oltre a tutto ciò che stava per affrontare aveva anche scoperto che il suo sangue era maledetto, frutto di un'unione bandita in tutti i regni di Euhalon. Ce n'era abbastanza per disorientare chiunque.

Decise di ridarle un po' di fiducia in se stessa, e anche di metterla alla prova.

Riesci a sollevare questo ciocco di legno?” chiese indicando uno dei rami incandescenti che bruciavano sul fuoco.

Come avete fatto voi la notte scorsa? Dovrei toccarlo con le mani? Ma non potrei mai, mi brucerei!” protestò Marissa.

Non ti chiedo niente del genere” , la rassicurò Siobhan. “A questo punto per te sarebbe impossibile non bruciarti. No, non dovrai toccarlo con le mani, solo sollevarlo con il tuo potere.”

Ma io... non posso...” insistette Marissa debolmente.

Sciocchezze ragazzina!” tuonò Siobhan. “Abbi un po' di fiducia in te! Non hai forse sollevato in volo quell'animale?”

Marissa deglutì, ancora incerta, ma pervasa di una nuova fiducia in se stessa; una fiducia che nessuno prima di quel momento le aveva mai accordato.

Si concentrò sul ramo che Siobhan le aveva indicato e incanalò lì tutte le sue energie. Per alcuni momenti non accadde nulla, poi il ramo cominciò a tremare, spandendo piccole scintille infuocate tutto intorno a loro. Il servitore, che già la guardava con diffidenza, le lanciò un'occhiataccia badando a non farsi notare dalla sua padrona, poi si spostò ostentatamente alcuni passi indietro.

Marissa non gli prestò attenzione, concentrata com'era nel portare a termine il compito che Siobhan le aveva affidato.

Al secondo tentativo il legno si sollevò di qualche centimetro, poi ricadde di nuovo nel falò.

Non ce la faccio” sussurrò asciugandosi il sudore della fronte.

Sì che ce la fai! Riprova!” ordinò Siobhan secca.

Questa volta il tronco fluttuò nell'aria più dritto e stabile, e Marissa riuscì a tenerlo fermo per diversi secondi. Sorrise, felice e soddisfatta, quando finalmente lo rilasciò. Siobhan le sorrise di rimando.

Non male davvero” commentò ad una raggiante Marissa. “Hai un potere notevole, non c'è che dire.”

Poi a sua volta concentrò il proprio potere sul ciocco di legno, sollevandolo in aria. Sotto gli occhi increduli di Marissa lo trasformò in una freccia di brace e spingendo le mani in avanti la scagliò con tutte le sue forze contro il tronco di un albero, dove si infranse in mille frammenti incandescenti.

Come avete fatto?” chiese Marissa ammirata. “Voglio imparare anch'io! Vi prego insegnatemi.”

Siobhan la zittì con un gesto della mano. “Ci sarà tempo per questo. A Letha ti verrà insegnato tutto ciò di cui hai bisogno. Piuttosto posso farti una domanda?”

Certo.”

Perché hai salvato il prilne?”

Marissa tutto si sarebbe aspettata tranne quella domanda, tanto che guardò Siobhan interrogativamente prima di decidere cosa rispondere. Alla fine disse semplicemente: “Perché era solo. Come me.”

Siobhan si ammutolì, spiazzata da quella risposta. Ma segretamente cominciava a provare ammirazione per quella ragazzina. L'aveva malgiudicata: non era affatto una piccola piagnucolosa e debole. Quando l'aveva incontrata la prima volta si era chiesta addirittura se l'Airknoril non avesse fatto una scelta sbagliata, ma sapeva che non era possibile. La pietra non poteva commettere errori.

Ma Marissa aveva carattere. Certo, era timida e insicura. Ma nascondeva una sensibilità e una forza d'animo che Siobhan non avrebbe mai creduto possibile.

Posso farvi io una domanda adesso?” azzardò la ragazza, timidamente.

Siobhan, riscossa dalle proprie riflessioni, assentì distrattamente.

Voi avete detto che le unioni fra elfi e umani sono proibite. Perché? E se lo sono come sono potuta venire al mondo io?”

Domande non banali, pensò Siobhan, sentendo la simpatia verso Marissa crescere.

E' una storia lunga, sei sicura di volerla sentire?”

Devo sapere da dove vengo” fu la risposta inappuntabile di Marissa.

All'inizio, molti secoli fa, la magia era solo appannaggio degli elfi. Loro erano i possessori e custodi delle Airknoril, le pietre fonte di tutta la magia che esiste al mondo, e le preservavano gelosamente. Quando i nemici giurati di entrambe le razze, i Basorahm, mossero guerra ai territori civilizzati, elfi e umani si allearono per la prima volta. La guerra che ne seguì, in seguito denominata Guerra di Terra e di Mare-”

Perché fu denominata così?” la interruppe Marissa.

Perché fu la prima guerra combattuta sia per mare che su terra.”

E chi sono i Basorahm?”

Per gli dei ragazza!” esclamò Siobhan spazientita. “Ma cosa accidenti ti hanno insegnato in quello sperduto monastero?”

Marissa prese la domanda molto sul serio, perché cominciò ad elencare: “Studiavamo la storia degli dei, la vita dei santi e dei beati, le preghiere, il cucito-”

D'accordo basta, ho capito. E la storia? Geografia, matematica, astronomia...?”

Marissa apparve genuinamente confusa. “No, niente di tutto questo.”

Siobhan sibilò un'imprecazione tra i denti. “Quelle monache devono essere pazze più di quello che sembrano. Assurdo! Cosa pensano di fare? Di tenere le ragazze nell'ignoranza più totale? Così non avranno altra scelta che farsi monache a loro volta, ci scommetto. E perché la regina Shandrel permette tutto questo?”

Non credo ne sia al corrente, mia signora” s'intromise Marissa. “Credo che alla regina stia bene come la priora Adeliz gestisce il monastero fintanto che le orfanelle e le novizie vengano tenute tra quelle mure, e non ci sia bisogno di trovare loro un'altra sistemazione.”

E' chiaro, si fa togliere le castagne dal fuoco dalla priora. Una seccatura in meno a cui pensare. Ma non ci sono monache che decidono di diventarlo di propria scelta?”

Bé, è considerato comunque un onore occupare le posizioni più di rilievo all'interno della gerarchia monacale. Sorella Jania per esempio è una Arlington. Lo so perché non faceva che ripetercelo, paragonando il suo alto lignaggio con la nostra nullità. Credo che sia una cugina di terzo o quarto grado della regina.”

E la priora è una sorella illegittima del vecchio re. Allora le voci che ho sentito corrispondono a verità?”

Marissa annuì.

La tua istruzione è a dir poco lacunosa. Dovremo trovare il modo di rimediare, una volta che saremo a Letha. Per il momento, visto che il tempo non ci manca, posso benissimo darti qualche accenno. I Basorahm sono una razza di stregoni - la cui magia quindi non ha fonte, ma è innata - che ha sempre aspirato ad avere il controllo totale su Euhalon e su tutte le sue razze.”

Ma sono umani?”

Qualche umano è entrato nel loro ordine in cerca di potere, e alcune voci dicono che perfino degli elfi si sono schierati dalla loro parte, ma non ci ho mai creduto veramente. Ma per la maggior parte sono creature dall'aspetto inquietante. Io non ne ho mai visti di persona, ma sui libri di storia le illustrazioni abbondano. Dunque posso descriverteli per sommi capi: hanno la pelle pallida, tirata, punteggiata di azzurro. Al posto del naso e della bocca hanno una specie di becco. Di solito indossano dei mantelli con cappuccio per passare più inosservati... ed anche perché si vergognano del loro aspetto mostruoso. Hanno sempre invidiato la bellezza e la luminosità degli elfi, ed anche per questo motivo li odiano.”

Cosa accadde quando attaccarono le altre razze?”

Ci fu una guerra sanguinosa che durò tre anni. Ma alla fine furono le pietre a fare da ago della bilancia. La magia degli elfi era inevitabilmente superiore a quella dei Basohram ed essi, anche con l'aiuto delle forze umane, vennero sconfitti e ricacciati nel loro covo.”

E dove si trova questo luogo?”

Non lo sappiamo con esattezza. I Basorahm sono sempre riusciti a tenerlo nascosto, a mantenere una roccaforte da qualche parte in Euhalon da dove continuare a tessere le loro trame. Dopo la vittoria la gioia era immensa, ed elfi e umani strinsero legami di grande amicizia. Per suggellare questa alleanza e la ritrovata pace, il re degli elfi, Galather Elnan, donò agli uomini una delle Airknoril. La prese con sé un grande mago tra gli uomini, l'unico a quel tempo, Kendell Fielding, che grazie alla pietra poté realizzare il sogno di coltivare la magia anche negli uomini. Fondò l'Accademia di Letha, e da allora lì vengono addestrati gli aspiranti maghi fra gli uomini.”

Ma se c'era tanta amicizia tra elfi e umani perché ora le unioni miste sono vietate?”

Dopo due secoli di pace, i Basorahm tentarono di nuovo di attaccare le altre razze, forti di una nuova magia che avevano appreso. La Seconda Guerra di Terra e di Mare fu perfino peggiore della prima. Con la loro magia e con la forza del loro esercito i Basorahm colpirono le città degli elfi e degli uomini, radendo al suolo molte di esse. Le perdite furono notevoli sia in termini di vite umane ma – ancor più tragicamente – in termini magici. La maggior parte delle pietre Airknoril infatti andò distrutta. Sopravvisse solo quella custodita all'Accademia. Venne portata in salvo dal discendente di Kendell Fielding, Kieran e dal figlio di re Galather, Ruven. Fu solo grazie a loro che la guerra non venne vinta dai Basorahm.”

Credete che l'obiettivo dei Basorahm fosse proprio distruggere le pietre?”

Ne sono certa. Finché una sola di quelle pietre fosse sopravvissuta, loro non avrebbero potuto sconfiggere gli uomini e gli elfi, nemmeno con tutto il loro potere.”

Ma perché?”

Perché le Airknoril sono gli oggetti più potenti su questa terra. E rendono chi li possiede più potente degli altri.”

Quindi i Basorahm vennero sconfitti nuovamente?”

Sì, ma da quel momento decisero di agire in maniera più subdola, distruggendo l'alleanza tra elfi e umani, proprio come avevano distrutto le Airknoril. Cominciarono a spargere la voce che gli elfi avessero in realtà mentito sulla distruzione delle pietre. Che avessero affermato che lo fossero per tenerle per loro senza doverle dividere con gli uomini, per rimanere la razza più potente di Euhalon. Dopo la Seconda Guerra di Terra e di Mare nelle terre dell'est era stata creata l'Alleanza delle Otto Stelle. Essa comprende otto regni indipendenti, le cui decisioni comuni vengono prese da un Consiglio Supremo.”

Non avete un re o una regina come la regina Shandrel qui a Itul?”

Siobhan sorrise. “Fortunatamente no. All'est ogni regno è retto da un Consiglio di Anziani. Anche i territori del sud sono composti da città-stato rette dalle gilde mercantili.

Quando circolò la voce che le pietre in realtà non fossero andate perdute il Consiglio Supremo invitò gli elfi a mostrare pubblicamente i frammenti di ogni pietra per provare che fossero state realmente distrutte.”

Come potevano distinguere una pietra dall'altra?” domandò Marissa.

Ogni pietra ha un suo peculiare colore, diverso da tutte le altre. Una delegazione degli elfi, con a capo il principe Ruven Elnan, si presentò a Letha portando con sé i frammenti di ogni pietra, ormai inservibili perché privi di una fonte di energia primaria, quella delle pietre. Ma ne mancava una, una delle pietre più piccole, per la cui mancanza gli elfi non sapevano dare una spiegazione soddisfacente. Il Grande Mago Kieran Fielding provò a difendere il suo caro amico Ruven, ma gli altri Consiglieri non vollero ascoltarlo. I rapporti fra umani ed elfi erano sempre più tesi. L'amicizia di un tempo sembrava ormai irrimediabilmente compromessa.”

Che accadde poi?”

La situazione era simile a una polveriera a cui bastava solo una scintilla per esplodere. Una notte ci fu un'incursione a Letha. Un gruppo di sconosciuti tentò di rubare l'ultimo Airknoril dall'Accademia. Il tentativo fallì e i colpevoli non furono catturati, ma sul luogo del misfatto vennero rinvenuti archi e frecce elfiche, di quella squisita fattura che nessun altra razza saprebbe imitare. A quel punto le tensioni esplosero: gli umani accusarono apertamente gli elfi di averli traditi, e gli elfi, che negavano ogni cosa, furiosi per essere stati accusati di una simile infamia, si ritirarono definitivamente a Valchir, il loro territorio del nord. Sigillarono i loro confini con la magia, impedendo a chiunque l'accesso. Nel territorio dell'Alleanza, nelle città mercantili del sud, a Itul... ovunque vennero dichiarate fuorilegge le unioni tra elfi e umani. Da allora nessun elfo è mai più stato visto nei territori degli uomini, anche se ci furono delle versioni secondo cui Ruven Elnan fosse ancora in contatto con il suo amico Kieran. Ma si tratta solo di voci. Come avrebbe potuto Ruven superare il confine?”

Marissa si prese qualche minuto per riflettere su tutte le informazioni che Siobhan le aveva fornito. Ciò che le sembrava assurdo, ora cominciava ad acquistare un senso. Ma allora come poteva lei essere venuta al mondo?

Quanto vivono gli elfi?” chiese improvvisamente.

Oh, moltissimo. Secoli.”

E nell'aspetto io sono simile ad un elfo?”

Possiedi alcune caratteristiche inconfondibili, Marissa. Le orecchie a punta, e soprattutto gli occhi cangianti. Quando non sono illuminati dalla luce diretta del sole sono del tuo solito colore, altrimenti diventano argentati. Ma per altri aspetti sei umana. Gli elfi sono più alti, hanno la pelle molto più chiara, i lineamenti più fini... e i capelli del colore dell'argento.”

Marissa sgranò gli occhi. “Devono essere bellissimi...” mormorò trasognata.

Spaventosamente belli. Eppure anche inquietanti. Devi comprendere che sono creature del nord, creature di ghiaccio – o che lo ricordano incredibilmente. Sono algidi e non molto amichevoli.”

La ragazza deglutì visibilmente. “Come... come sarò accolta a Letha? Voglio dire... avrò dei problemi a causa della mia discendenza?”

Siobhan esitò. “Sarà meglio che tu tenga sempre i capelli sciolti, in modo da coprire le orecchie. Cancellerò dalla memoria del mio servitore il ricordo delle tue origini, ma tu dovrai essere prudente.”




Angolo Autrice: Eccomi finalmente con il nuovo capitolo, e scusate l'attesa, ma come ho premesso purtroppo i ritmi di pubblicazione saranno questi. Spero che il capitolo, abbastanza denso di informazioni, vi sia piaciuto e che sia abbastanza chiaro. Se ci dovesse essere qualcosa che non si capisce bene, in tutto questo diluvio di informazioni, vi prego di dirmelo, cercherò di spiegarlo meglio.

Ancora siamo concentrati su Marissa come avete visto, perché volevo spiegare la questione elfi-umani rimasta in sospeso nel capitolo scorso. Nel prossimo ci sarà probabilmente una doppia narrazione Marissa-Dorelynn. Per Damien dovremo aspettare il capitolo successivo, per una questione di esigenze narrative.

E niente mi farebbe piacere avere un vostro parere :) Grazie a tutti coloro che recensiscono/seguono/leggono.

Alla prossima,

Eilan


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Capitolo 5
*** Il mare di Azure ***


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Waford era la città più grande che Marissa avesse mai visto in vita sua. A dir la verità, era l'unica e forse non era nemmeno così grande, ma tale appariva ai suoi occhi. Era una città costiera ed affacciava direttamente sul grande mare di Azure, che avrebbero dovuto attraversare per raggiungere Letha.

Varcarono gli alti cancelli di pietra lavica della città intorno a mezzogiorno, e Marissa restò affascinata dalla luce forte del sole al suo zenit che investiva i mattoni scuri, rendendoli lucidi e brillanti. Le migliaia di piccoli cristalli argentati contenuti nella pietra rimandavano tutt'intorno la luce solare, e abbagliavano la vista con uno spettacolo di sfavillante bellezza.

Bello, non è vero?” sorrise Siobhan notando lo stupore della sua protetta.

E'... è meraviglioso! Non ho mai visto nulla del genere in tutta la mia vita. Come hanno potuto creare una tale meraviglia?”

Questo tipo di pietra scura abbonda qui, sulla costa. Il sottosuolo ne è ricolmo e gli abitanti ne attingono da centinaia di anni. Sono diventati abilissimi nel lavorarla: è una pietra morbida all'interno, e quindi facile da modellare, ma resistentissima all'esterno. Le mura di Waford non potrebbero essere più sicure di così. Troverai che gran parte della città è costruita con questo materiale. Waford viene chiamata anche la città nera.”

Siobhan mostrò le loro credenziali di viaggio alla guardia che fece loro segno di fermarsi, poco prima della seconda porta, quella interna, che permetteva l'accesso diretto in città.

La guardia, un uomo di mezza età, vestito di cuoio borchiato, esaminò i documenti, poi li restituì a Siobhan facendo cenno alle guardie sulla torretta di aprire i cancelli.

Potete passare, milady”, aggiunse, “ma non credo che questi documenti vi saranno sufficienti per imbarcarvi. Venite da fuori, giusto?”

Proprio così, e dobbiamo anche tornarci. Che significa che i documenti non sono sufficienti? Sono passate solo poche settimane da quando sono sbarcata a Itul e allora le mie credenziali sono andate più che bene per farmi sbarcare!”

Non so perché le cose siano cambiate, signora” disse la guardia, “ma è la regina che ha dato queste nuove disposizioni.”

Siobhan sbuffò, contrariata, ma si trattenne. Non aveva senso prendersela con qualcuno che aveva cercato di essere gentile. Quel nuovo intoppo non era certo colpa sua. Cosa passava per la testa alla regina Shandrel?

Marissa prestò poca attenzione a quello scambio di battute, troppo presa ad ammirare la bellezza della città. Ed ebbe ancor più da riempirsi gli occhi non appena ebbero varcato la seconda porta e furono catapultati in un mondo fatto di strade affollate, dall'acciottolato anch'esso nero, dove il vociare della gente si mescolava al rumore degli zoccoli dei cavalli sulle pietre, al tonfo delle ruote di legno dei carri e alle strida dei gabbiani che facevano la spola tra il porto e le bancarelle del mercato, dove speravano di racimolare qualche lisca o una testa di pesce.

La luce era accecante e si rifletteva sulla distesa azzurra del mare, rendendolo scintillante.

Siobhan, Marissa e il servitore proseguirono lungo la strada principale, lasciandosi alle spalle il mercato e la piazza principale, e dirigendosi verso il porto.

Siobhan era pensierosa e irritata.

Cosa facciamo con i documenti?”, osò infine chiedere Marissa.

Dovrò recarmi dal sindaco, non potrà rifiutarsi di vedermi. Sistemerò la cosa entro domani, ma temo che dovremo passare la notte qui.”

Kyrel!” disse poco dopo, chiamando a sé il servitore. “Le nostre strade si dividono qui, per il momento. Io andrò dal sindaco, ma non è opportuno che veniate anche voi. Tieni questo...”

Il servitore raccolse tra le mani il sacchetto pieno di monete che Siobhan gli porgeva.

Accompagna Marissa alla locanda del porto e prendi una camera. Assicurati che rimanga lì fino al mio ritorno. Intesi?”

Sì, signora.”

Marissa lanciò un'occhiata preoccupata a Kyrel, ma l'uomo non la guardava più con la diffidenza e l'ostilità che Marissa si sarebbe aspettata fino ad un giorno prima. Poi, sollevata, rammentò che la sera prima Siobhan aveva cancellato dalla sua mente il ricordo delle sue origini.

Seguì Kyrel senza protestare, mentre Siobhan si allontanava nella direzione opposta.

Il porto era ancora più frenetico dei quartieri commerciali. Decine di navi erano ancorate, e i marinai e gli uomini di fatica erano intenti a scaricare merci provenienti da tutta Itul. Pur dall'alto dei loro cavalli, Marissa e Kyrel dovettero scansarsi più di una volta per non sbattere contro qualcuno e qualcosa.

La locanda dove erano diretti recava l'insegna “Il lupo di mare”, ed era affollata di avventori: marinai che si rifocillavano di cibo e birra, soprattutto, ma anche mercanti e cittadini comuni. La camera che l'oste diede loro era pulita e si trovava al primo piano dell'edificio, con vista sul porto. Marissa rimase a lungo affacciata alla finestra la strada sottostante e il traffico di navi, che andavano e venivano. C'era un bel clima a Waford: salmastro e umido, ma piacevolmente caldo.

Immersa nelle sue contemplazioni, fu con la coda dell'occhio che la ragazza notò qualcuno nascosto all'angolo della strada, che guardava in direzione della sua finestra. Portava il cappuccio calato sul viso e non si riusciva a intravederne i lineamenti.

Marissa ebbe un tuffo al cuore. Possibile che quell'individuo stesse proprio tenendo d'occhio lei? Guardò rapidamente a destra e a sinistra della strada, ma quando focalizzò di nuovo la sua attenzione sull'angolo di strada fra la taverna e il vicolo, l'uomo era scomparso. Marissa si sfregò gli occhi: forse aveva lavorato troppo di fantasia. Che sciocca che era! Probabilmente si trattava di un passante qualsiasi che stava innocentemente aspettando qualcuno. E lei che aveva pensato... con un'alzata di spalle Marissa si allontanò dalla finestra.


Siobhan tornò qualche ora dopo, e lei e Marissa si sedettero a tavola per la cena. Siobhan era di umore tempestoso e non disse una parola mentre attendevano il loro cibo. Solo quando l'oste mise loro davanti due ciotole di zuppa di crostacei fumante, Marissa trovò il coraggio di chiedere alla donna come si fosse svolto l'incontro con il sindaco.

Si è profuso in scuse più false del suo parrucchino untuoso, ma ha spiegato che un recente decreto della regina ha stabilito che tutti i viaggiatori in arrivo e in partenza da Itul debbano essere sottoposti a una rigorosa e attenta selezione.”

E perché?”

Pare ci siano stati degli avvistamenti sospetti”, rispose Siobhan sorbendo una cucchiaiata di zuppa e accompagnandola con un pezzo di pane mezzo raffermo. “Solo voci, niente di più. Probabilmente qualche marinaio ubriaco o qualche massaia troppo credulona.”

Cosa hanno visto?” insistette Marissa, colta da uno strano presentimento.

Dei Basorham, dicono... ma non devi prendere sul serio tutto quello che senti, Marissa”, aggiunse Siobhan notando che la ragazzina era impallidita.

E'... è possibile?”

Tutto è possibile. Ma io lo ritengo improbabile. Credo che dovremmo prendere con le pinze qualsiasi tipo di 'voce'.”

Avete ottenuto i documenti necessari alla nostra partenza?”

Improvvisamente Marissa fu colta da un nuovo timore: quello di non riuscire mai a lasciare Itul, di essere condannata a veder partire Siobhan senza di lei e di essere costretta a tornare al monastero per trascorrerci il resto dei suoi giorni.

Per me non ci sono stati problemi: non possono negare il visto a una delegata dell'Alleanza. Ma per te è stato più difficile. Per quanto ne sanno sei nata a Itul, appartieni a questa terra. In più sei orfana e senza credenziali.”
Marissa trattenne il respiro, già pronta ad abbandonarsi alla disperazione.

Ma alla fine la mia influenza ha giocato il ruolo decisivo. Probabilmente non saresti mai potuta partire se non fossi stata con me. Ho mostrato loro il documento firmato dalla priora Adeliz e la richiesta dell'Accademia, e il sindaco non ha potuto fare altro che firmarmi il lasciapassare. Non possono rischiare un incidente diplomatico”, concluse Siobhan, prendendo un sorso dal suo boccale di birra scura.

Marissa, alla quale veniva quasi da ridere per il sollievo, la imitò, sorseggiando la sua bevanda a base di Caeruleum, un frutto dolce dalle sfumature azzurre che cresceva in cespugli fra le dune delle spiagge. Data la sua giovane età, non le era ancora permesso bere birra.

Si sentiva leggera e felice: Siobhan non l'avrebbe riportata indietro, l'Accademia la voleva davvero, presto avrebbe attraversato il mare per lasciarsi alle spalle il suo passato. In quel momento aveva del tutto dimenticato l'incidente di quel pomeriggio.


Era da poco passata la mezzanotte quando Marissa si trovò intrappolata in un'altra fitta ragnatela di incubi. Dapprima sognò un'accecante esplosione di luce bianca, tanto forte che sembrava quasi accecarla. Nient'altro: solo una porta che si apriva e poi quella forte esplosione che inondava di bianco il suo intero campo visivo.

Poi le immagini cambiarono e Marissa fu trasportata in luoghi che non aveva mai visto: laghi, montagne, fiumi, foreste... quasi sempre viste dall'alto, come in una panoramica. Era come se riuscisse a vedere con gli occhi di qualcun altro.

All'improvviso, inaspettato e inquietante, udì un richiamo. Non si trattava di una voce, o di parole suadenti, ma di un richiamo mentale.

Era talmente forte che l'attirava a sé come una calamita. Marissa sentì gocce di sudore imperlarle la fronte mentre cercava di resistere a quel richiamo, sempre più potente, tanto che pareva tirarla a sé con corde e catene.

Senza neanche rendersene conto scostò le coperte e scese dal letto. Era presente, ma era come se il suo corpo non le rispondesse più. Dall'altra parte della stanza Siobhan dormiva e non si accorse di nulla. Marissa avrebbe voluto chiamarla, chiederle aiuto per opporsi alla forza che la trascinava con sé, ma la sua bocca non le obbediva più, così come il resto del suo corpo.

Ancora scalza scese dabbasso, nella sala da pranzo semi deserta. Nessuno le badò. Spinse la porta della locanda e i suoi piedi la condussero fuori in strada. I ciottoli neri erano freddi a contatto con i suoi piedi. Svoltò l'angolo ritrovandosi nel vicolo adiacente alla locanda.

Davanti a lei c'era un uomo incappucciato, fermo in mezzo al vicolo. Marissa non riusciva a vederlo in viso, ma per qualche strana ragione non aveva paura di lui. Quel richiamo era dolce, rassicurante. Ma non proveniva dall'uomo, bensì da una strana luce che egli teneva in mano e che l'attirava a sé.

Vieni, sembrava dirle, vieni da me. Non aver paura, io e te ci conosciamo fin dal giorno in cui sei nata.

Un passo dopo l'altro Marissa cominciò ad avvicinarsi alla figura incappucciata. L'espressione sul viso dello sconosciuto si tramutò in un ghigno di trionfo. Era già sul punto di cantare vittoria e di agguantare Marissa, quando qualcosa proveniente dall'alto gli piombò addosso con un verso stridulo. L'uomo imprecò e cercò di proteggersi portando le mani al volto. L'essere che lo aveva attaccato non gli concedeva tregua, colpendolo con graffi e morsi.

L'aria umida era satura degli stridii della strana creatura e delle imprecazioni sibilanti dello sconosciuto.

Proprio in quel momento arrivò Siobhan tutta trafelata, strinse Marissa ancora incosciente a sé, e cominciò a trascinarla via.

La figura alata lasciò andare l'uomo, ma prima che Siobhan potesse lanciare un incantesimo, lo sconosciuto la precedette e con poche parole sussurrate scomparve nel nulla, e con sé la luce abbagliante.

In quello stesso momento Marissa si riebbe di colpo.

Cosa è successo?” le gridò Siobhan scuotendola per le spalle. “Perché sei uscita di notte?”

Io.. non lo so Siobhan, devi credermi! Sognavo questa luce intensa e poi è come se questa mi avesse lanciato un richiamo. La luce era la stessa che quell'uomo teneva in mano. Ti giuro, non sapevo quello che facevo... mi dispiace!”

Marissa scoppiò a piangere e Siobhan tentò di rassicurarla mentre la riportava alla taverna.

Quando la ragazza si fu calmata abbastanza, le raccontò tutto quello che le era successo, fin dal momento in cui il suo sonno agitato era cominciato.

Siobhan rimase in silenzio anche dopo che lei ebbe terminato il suo racconto.

Marissa si costrinse a porre un'unica domanda.

Siobhan...?”

Dimmi.”

Cos'era quell'essere che mi ha salvato?”

Siobhan sospirò prima di rispondere. “Non lo so, era troppo buio. Non sono riuscita a capirlo.”



***

Prima di giungere nel territorio delle Zarall, Dorelynn dovette affrontare un viaggio di diversi giorni a cavallo. Era partita con altre quattro ragazze di Conne, e presto si era sentita in colpa perché era l'unica a possedere un cavallo e due servi incaricati di accompagnarla e proteggerla. Con sua madre Dorelynn aveva protestato dicendo che non era necessario, che avrebbe preferito affrontare il viaggio da sola. Dopotutto la presenza stessa delle Zarall al confine tra i due regni rendeva quel percorso praticamente privo di pericoli. Ma la caparbia Catlin, per niente entusiasta della partenza della sua unica figlia per una vita così selvaggia, l'aveva avuta vinta almeno su quello.

Dorelynn non ci aveva pensato più di qualche minuto prima di decidere di cedere la sua cavalcatura a turno alle altre ragazze, che avevano così tutte alternato la marcia a piedi a quella a cavallo, ringraziandola a profusione. Tutte tranne una di loro, la figlia di un pescatore di nome Galinthia. L'aveva ringraziata a mezza bocca, per poi squadrarla da capo a piedi con aria scettica. Dorelynn aveva la netta sensazione di non starle simpatica, e se ne chiese il motivo più di una volta nel corso del viaggio. Con le altre ragazze divise non solo la cavalcatura, ma anche le provviste di cui sua madre l'aveva caricata, consistenti in fragranti pagnotte di grano duro, pasticci di carne e anguilla e frutta. Durante le notti umide nella foresta furono apprezzate le coperte di lana che Dorelynn aveva con sé, che scaldavano molto più delle coperte di panno possedute dalle altre ragazze.

Quando giunsero alla Foresta di Smeraldo tutte le ragazze consideravano una fortuna aver affrontato il viaggio con Dorelynn, perché senza di lei non avevano dubbi che sarebbe stato molto più impervio. O almeno così Dorelynn aveva creduto.

Poco dopo che ebbe salutato i servi che l'avevano accompagnata e affidato loro il cavallo, la ragazza fu avvicinata da Galinthia che la guardò con severità.

Dorelynn spalancò gli occhi di fronte all'espressione dura della figlia del pescatore.

Potrai anche esserti comprata le altre con lo sfoggio della tua ricchezza”, le disse incrociando le braccia sul petto, “ma non hai incantato me e di certo non incanterai le Zarall. Ricordati che qui tu sei uguale a tutte le altre, e se credi di sentirti superiore per i tuoi begli abiti”, e dicendo questo diede un colpetto sprezzante alla tunica ricamata di Dorelynn, “, i tuoi cavalli, e tutto quello che possiedi... bé, sei nel posto sbagliato.”

Detto questo le voltò le spalle e se ne andò.

Dorelynn si morse le labbra per evitare di rispondere a tono. Aveva decisamente cominciato con il piede sbagliato e se non voleva peggiorare la situazione doveva trattenere una replica aspra. Aveva sbagliato a presentarsi come la figlia del ricco mercante, cosa si aspettava di suscitare se non invidia e fastidio? Le altre ragazze la giudicavano sicuramente una boriosa, un'altezzosa, pronta a sbattere loro in faccia le sue ricchezze. E forse solo Galinthia, tra tutte, aveva avuto il coraggio di dirle in faccia ciò che pensava.

Ebbene, solo perché era iniziata con il piede sbagliato non significava che dovesse anche continuare così. Ora che aveva rimandato a casa tutti i suoi lussi, poteva far loro capire che non era affatto una spocchiosa viziata.

Con questa nuova risolutezza si incamminò dietro le altre. Una Zarall dai capelli corvini legati in una lunga treccia le aspettava con le mani sui fianchi.

Benvenute”, esordì quando le furono tutte di fronte. “Voi dovete essere le nuove reclute. Bene, ora siete parte della nostra grande famiglia. Trascorrerete con noi i vostri anni di addestramento, e se alla fine deciderete di voler tornare alle vostre case, sappiate che nessuno vi costringerà a restare. Ma fino a quel momento, saremo noi la vostra famiglia. Il mio nome è Regina e mi occuperò di voi. Venite, vi mostro il nostro accampamento.”

Regina parve a Dorelynn quasi una figura materna: dolce, gentile, rassicurante... si sarebbe aspettata una donna dura, avvezza più alle battaglie che alla vita sociale. Invece l'unico segno che rivelava la natura di guerriera della Zarall era il suo abbigliamento interamente in pelle, la cintura dalla quale pendeva un coltello e gli stivali alti fino al ginocchio.

Regina camminava con passo sicuro, ma stando attenta a che nessuna delle allieve rimanesse indietro. Le guidò fino alla radura dove erano piantata centinaia di tende di tela incatramata che costituivano il campo principale delle guerriere.

Già a colpo d'occhio Dorelynn fu in grado di individuare diverse Zarall intente nelle esercitazioni e nelle attività quotidiane. Come videro le cinque nuove arrivate però, tutte lasciarono ciò che stavano facendo per dar loro il benvenuto.

Dorelynn si sentì scoppiare di gratitudine per l'affetto che le guerriere dimostravano loro. Era usanza che, ogniqualvolta arrivassero nuove ragazze, tutte le Zarall mangiassero insieme intorno al fuoco, nel centro dell'accampamento, e che le nuove arrivate potessero così parlare di loro alle nuove sorelle.

Tutte e quattro le altre ragazze raccontarono la propria storia: Valery, Brianna, Jolie e anche Galinthia. Dorelynn temette il momento in cui le toccò parlare di se stessa, perché aveva realizzato che era l'unica ragazza di ceto sociale elevato ad essersi unita alle Zarall quell'anno. Tutte loro erano figlie di famiglie modeste, e Dorelynn si vergognò delle proprie origini agiate, mentre controvoglia ne parlava.

Sentiva su di sé lo sguardo di tutte quante, e non sapeva se fossero sguardi amichevoli o ostili.

Finalmente giunse l'ora di ritirarsi. Regina accompagnò le nuove ragazze alla tenda dove avrebbero dormito e le informò che il loro addestramento sarebbe cominciato l'indomani.

Dorelynn ne fu in qualche maniera grata. Il giorno seguente sarebbe stato un giorno nuovo, rifletté mentre pian piano cedeva al sonno. E avrebbe avuto tutte le occasioni di farsi apprezzare per ciò che era, a dispetto delle sue origini.





Nota dell'autrice: Ciao a tutti! Finalmente aggiorno dopo una vita di assenza, e chiedo scusa per l'attesa. Spero che il capitolo vi piaccia. L'essere alato che ha salvato Marissa avrà un ruolo importante nelle future vicende, e credo che già nel prossimo capitolo sarà svelata la sua natura un po' “particolare” ^^.

Ringrazio tutti voi che leggete, ma soprattutto The3rdLaw che, con la sua ultima recensione, mi ha spronata a scrivere questo capitolo.

Alla prossima

Eilan



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Capitolo 6
*** Una scala che porta al sapere ***


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Letha, Terre dell'Est


Questa è Letha?” domandò Marissa, frenando il cavallo accanto a quello della sua mentore. Si sentiva coperta di polvere dalla testa ai piedi, e in effetti lo era. Le strade che conducevano dal porto di Icewood fin nella città che era il cuore delle terre dell'est si erano rivelate molto più rozze di quanto Marissa si sarebbe aspettata. Strade larghe, ma polverose, coperte di ghiaia e ciottoli. L'abito di Marissa aveva da tempo perduto il suo colore originale ed era diventato di un uniforme grigio opaco. I suoi capelli ramati erano un groviglio informe, incrostati e incollati alla fronte, lì dove la ragazza aveva sudato a causa del sole implacabile sotto il quale avevano viaggiato. Man mano che le strade curvavano verso nord però, il clima aveva cominciato a farsi più mite e temperato e Marissa aveva sospirato di sollievo. Giunta davanti ai grandi cancelli di marmo di Letha, si sentiva sporca, avvilita e stanca. Tutta la sporcizia che l'aveva coperta però, sembrava non aver toccato minimamente Siobhan, che era fresca, pulita e radiante come sempre.

Ma come diavolo fa? Si era chiesta Marissa con invidia. Si augurò che quella fosse una delle prime magie che le avrebbero insegnato all'Accademia.

E' Letha”, confermò Siobhan allegra, osservando per l'ennesima volta le familiari porte intagliate nel marmo bianco e decorate con un motivo a spirali che si snodavano voluttuose lungo tutta la sua superficie, per terminare in due sculture veramente realistiche: due draghi senza zampe, più simili a serpenti se non fosse stato per la loro riconoscibilissima testa, che puntavano il muso l'uno contro l'altro.

Verranno ad aprirci?” chiese Marissa con impazienza.

Non ci sono guardie che sorvegliano la porta di Letha”, replicò Siobhan.

E allora come faremo a entrare?”

Siobhan le sorrise, poi si avvicinò alla porta e protese la mano fino a posizionarla tra le bocche dei due draghi.

Marissa era talmente sicura che le due sculture avrebbero preso magicamente vita che restò segretamente delusa quando niente di simile accadde.

Dopo qualche secondo di attesa la porta semplicemente si aprì da sola, producendo un rumore secco.

I nostri guardiani riconoscono le intenzioni di chi vuole entrare in città”, spiegò Siobhan. “Se fossi stata qualcuno con intenzioni ostili i draghi mi avrebbero incenerito sul posto.”

E allora come fecero in passato gli elfi a cercare di rubare l'Airknoril dall'Accademia?” le fece notare Marissa, non senza una certa soddisfazione.

Siobhan la incenerì con un'occhiata, anche se non poteva negare che l'obiezione fosse valida. “Non si è mai saputo”, tagliò corto. “Ma quella fu l'unica volta che accadde una cosa simile. Andiamo ora: sono stanca e prima tu sarai sistemata all'Accademia, prima io potrò finalmente riposarmi.”

Marissa prese un respiro profondo e, assicurandosi di avere le orecchie ben coperte, spronò il cavallo ed entrò in città.

Mentre vi passavano attraverso però, si accorse di non provare minimamente il senso di meraviglia che aveva provato a Waford. Era strano, ma era come se avesse già visto quei luoghi, come se le fossero familiari.

Siobhan continuava a parlarle con entusiasmo, raccontandole nozioni sulla città, o spiegandole qual'era la funzione di questo o di quell'edificio, dove si trovava il quartiere dei mercanti e quello degli artigiani, dove venivano forgiate le armi usate per la difesa della città e qual'era il palazzo che, una volta l'anno, ospitava l'Alleanza delle Otto Stelle al completo, quando ogni delegato delle terre dell'est si riuniva per prendere importanti decisioni politiche.

Marissa cercò di fingere interesse, ma l'interesse era tutto verso se stessa: come era possibile che conoscesse già tutti quei luoghi che Siobhan le andava descrivendo? Ma la sua mentore era troppo entusiasta di essere finalmente tornata a casa dopo una lunga assenza per prestarle attenzione.

Ora vedrai, al centro della città, dove si trova l'Accademia, ci sarà qualcosa che ti sbalordirà come niente ha mai fatto. Vedi l'Accademia si trova al centro di-”

Un lago, pensò Marissa d'impulso.

-un lago. Scommetto che non te l'aspettavi, vero?”

E' incredibile!” esclamò Marissa con il suo sorriso più innocente. Le veniva da ridere, ma si trattenne.

Eccolo”, disse Siobhan frenando il cavallo proprio sulle rive di un piccolo lago che sorgeva nel centro esatto della città, circondato dai ciottoli con cui le strade e le piazze di Letha erano costruite.

Marissa alzò lo sguardo seguendo il punto che Siobhan le indicò con il dito e Marissa non poté far altro che sgranare gli occhi di fronte a quello spettacolo. L'Accademia, il luogo che aveva tanto agognato di raggiungere, il luogo che le era costato sei settimane di faticoso viaggio per mare, attraverso boschi, valli e città, sorgeva nel centro di quello strano lago.

Era arroccata in cima a una ripida rupe dalle pareti rocciose puntellate da arbusti e cespugli, larga in cima e stretta in fondo. Sembrava impossibile che l'edificio potesse reggersi in tali precarie condizioni, eppure la rupe non mostrava segni di vacillare o sgretolarsi. L'Accademia vera a propria era un piccolo castello di pietra, costituito di due edifici attaccati, uno – quello frontale - leggermente più basso dell'altro. Dal tetto a punta spuntavano un campanile e una torretta, mentre un'altra torre, più bassa e squadrata, era stata costruita nella parte bassa del castello, direttamente sulla roccia. Le finestre erano tutte alte e strette, e Marissa individuò un porticato ad arco su un lato dell'edificio. Se ce ne fosse un altro anche sul lato opposto non avrebbe saputo dirlo.

Come poteva la rupe, tanto stretta alla base, sorreggere una simile costruzione? Ed anche se quel grosso scoglio poteva reggere tanto peso, dove poggiava? Sembrava spuntare dal lago senza una ragione, senza una logica apparente. Anche quell'edificio, con la sua montagna e il suo lago, le erano noti, ma credeva facessero parte di un sogno. Non pensava che un luogo simile potesse esistere veramente.

Ma... come fa a stare in piedi?” chiese incredula Marissa, dopo averla osservata da ogni sua angolazione. “E' impossibile!”

Nulla è impossibile”, ribatté Siobhan. “Andiamo, ora.”

Come la raggiungeremo?”

Anche se sarei tentata di mandarti a nuoto per farti dare una ripulita, temo che dovremo usare la barca.”

Come se avesse ascoltato il suo richiamo, una barchetta si staccò dalle pendici del monte e cominciò a navigare verso la riva senza che nessuno la guidasse.

Troppo sbalordita per aggiungere altro, Marissa seguì Siobhan sulla barca, lasciando i cavalli al servitore, che prese congedo da loro.

Navigando sulle tranquille e placide acque del lago, le due donne raggiunsero la base della piccola montagna, e Marissa notò che c'era una sola porticina, scavata direttamente nella roccia, situata parecchi metri sopra le loro teste. Una semplice scala, poggiata alla rupe, permetteva di raggiungerla.

Siobhan le fece strada e Marissa la seguì. All'interno della roccia la penombra era preponderante e Marissa impiegò qualche minuto ad abituarvisi, dopo la luce abbagliante dell'esterno. Solo dei bracieri, posti all'ingresso e poi lungo tutte le gallerie interne, rischiaravano l'oscurità, spandendo allo stesso tempo una fragranza deliziosa nell'aria.

Dobbiamo salire”, annunciò Siobhan facendole cenno col capo di seguirla.

Marissa obbedì senza fare domande, salendo gradino dopo gradino di quei cunicoli oscuri scavati nella roccia che conducevano all'Accademia.

Ad un certo punto la salita si interruppe: il corridoio terminava in un vicolo cieco.

Cosa...?” sussurrò Marissa.

Siobhan puntò il dito verso l'alto e indicò una botola nel soffitto. Pronunciando alcune parole sottovoce la fece spalancare e poi cominciò a salire.

Quando anche la testa di Marissa spuntò dalla botola aperta, la ragazza batté le palpebre, non più abituata alla luce del sole.

Il salone in cui erano entrate era ampio ed illuminato dalle alte finestre che Marissa aveva già notato.

Benvenuta all'Accademia”, disse solennemente una figura femminile che le stava aspettando. “Io sono Yseult della Quinta Stella e sarò una delle tue insegnanti.”

Marissa fece una sorta di goffo inchino, cercando nel contempo di studiare il volto di quella nuova conoscenza.

E bentornata a te, sorella mia”, continuò abbracciando calorosamente Siobhan. “Vai pure a riposarti, devi essere stanchissima. Mostrerò io a Marissa il suo alloggio.”


L'alloggio che Marissa avrebbe diviso con gli altri apprendisti era una lunga stanza che conteneva quindici letti, con altrettanti bauli accanto. Tutto il mobilio era molto rustico, a differenza delle altre stanze del castello che aveva avuto modo di notare mentre Yseult la conduceva lì.

La donna le aveva mostrato una stanza dove poteva lavarsi grazie ad una fontanella d'acqua che sgorgava dal muro e Marissa aveva eseguito senza troppe domande, felice di potersi finalmente ripulire. Poi aveva indossato la semplice tunica che le avevano fornito, in attesa che il servitore le portasse il magro bagaglio con cui aveva viaggiato.

Sola nella stanza non aveva più niente da fare, così decise di aprire il proprio baule per controllare quanto spazio ci fosse dentro.

Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare, ed il coperchio che le sfuggì dalle dita si richiuse con uno schianto secco.

Una vera fregatura, non è vero?”

Marissa si voltò e vide un ragazzo sulla soglia; doveva essere poco più grande di lei e aveva le labbra incurvate in un sorriso beffardo.

Come, scusa?”

Una vera fregatura che questo sia il posto in cui saremo costretti ad alloggiare per i prossimi anni” proseguì il ragazzo. “C'è a malapena lo spazio per respirare, e questi bauli...” e così dicendo sollevò il coperchio di un baule stracolmo che doveva appartenere proprio a lui, “... sono ridicolmente piccoli. Come pensano che possa entrarci tutta la nostra roba? Io ho dovuto rimandare indietro quasi tutto il mio bagaglio.”

Marissa non sapeva bene che rispondere e tacque, imbarazzata. Il baule sarebbe stato sufficiente per contenere il triplo di tutto ciò che aveva portato con sé.

Io sono Damien, di Conne. Sono figlio di Alcaeus il mercante”, disse il ragazzo allungando la mano. “E tu?”

Marissa”, borbottò lei. “Vengo da... Argoer.”

Argoer? Hai fatto tutto il viaggio fin da lì? Per la miseria, ci sarà voluta una vita!”

Già... è stato un lungo viaggio.”

Sei per caso parente della regina?” domandò Damien, scostandosi i lunghi capelli neri dal viso.

Quel ragazzo aveva un fare arrogante tipico delle classi alte e Marissa si sentì intimidita di fronte alla sua sicurezza. Lei che non era altro che un'orfana mezzosangue di dubbia origine.

No”, disse infine con riluttanza.

Seguì un momento di strano silenzio.

Da quale famiglia vieni?”, insistette Damien, scrutandola con sospetto.

Io... non lo so. Non so chi siano i miei genitori. Sono stata cresciuta in un monastero a Itul.”

Damien rimase a bocca aperta. “Tu sei una di quelli...”

Cosa vuol dire 'una di quelli'?”

Non ti hanno spiegato niente?” si stupì Damien sedendosi sul suo letto. “Non sai che all'Accademia vengono ammessi solo pochissimi privilegiati, figli delle famiglie più ricche e altolocate di Euhalon?”

Sono solo... questi, gli allievi dell'Accademia?” disse Marissa indicando con un gesto la camerata di letti vuoti.

Damien annuì. “Essere maghi non è per tutti.”

Ma se vengono ammessi solo membri dell'alta società, io cosa ci faccio qui?”

Di tanto in tanto... molto raramente... vengono ammessi in via eccezionale coloro che posseggono la magia innata. Tu devi essere una di loro... hai poteri?”

S-sì... perché tu no?”

Il ragazzo scoppiò a ridere, gettando la testa all'indietro. “Per tutti gli elfi del nord, no!”

Dove sono tutti gli altri?” chiese Marissa, sentendo che, se fosse stata meno sbalordita per quella rivelazione, si sarebbe sentita offesa per come quel ragazzo si rivolgeva a lei.

A lezione.”

E non dovresti esserci anche tu?”

Ho detto di sentirmi poco bene”, rispose Damien con un'alzata di spalle. “Quindi non ti hanno spiegato niente di questo posto?”

Le abbiamo detto quello che doveva sapere, ragazzino sciocco!” tuonò Siobhan comparendo nel vano della porta. “Non capisco come Bridthara possa credere alle tue patetiche scuse.”

E tu chi saresti?” chiese Damien.

Siobhan della Quarta Stella”, rispose lei con le mani sui fianchi. “Ora che sono tornata non ti sarà facile evitare i tuoi doveri. E ora vai a lezione!”

Damien si allontanò brontolando, ma ubbidì.

Marissa e Siobhan si squadrarono per alcuni momenti.

Siobhan...”, disse Marissa con un filo di voce.

Vuoi sapere perché sei l'unica qui ad avere già dei poteri?”, la anticipò la donna.

L'allieva annuì.

Con un sospiro Siobhan si sedette accanto a lei. “Quel ragazzo non avrebbe dovuto rivelartelo. Non ancora. Ma visto che lo sai... hai idea di come nasce la magia?”

Non so niente della magia. So solo che è in me, ma non so perché e non so come usarla.”

La magia è una scintilla che risiede in ogni persona, in ogni uomo, donna e bambino di Euhalon. Questa scintilla deve essere coltivata con molto studio perché si sviluppi e diventi il pieno potere che hai visto. Ma chiunque venga appropriatamente addestrato può diventare un mago.”

Ma io non sono stata addestrata da nessuno...”

E' per questo che sei qui, Marissa. Tu possiedi un dono rarissimo e prezioso. Tu hai la magia in te senza che essa ti sia stata insegnata. Le persone come te sono davvero uniche. Per questo l'Accademia ti ha voluta anche se non sei né ricca, né nobile.”

Ma perché io?”

Non lo sappiamo. Nessuno lo sa. Puoi essere solo grata di avere questo dono.”

Per ora riposati” continuò alzandosi in piedi. “Niente lezioni per te oggi. Puoi disporre di questo tempo come vorrai. Non ne avrai molto durante il tuo addestramento perciò fanne buon uso.”

Posso visitare il castello?”

Certo. Puoi andare dove vuoi, tanto le stanze che non ti sono accessibili sono sigillate dalla magia. Un'altra cosa... stai lontana da quel ragazzo. Mi basta poco per giudicare una persona, e quello è solo un ragazzino viziato che non ha voglia di applicarsi.”


Marissa camminava lungo i corridoi del castello immerso nel silenzio. Solo il suono leggero dei suoi passi le giungeva all'orecchio. Non era così che si era immaginata l'Accademia. Possibile che sembrasse disabitata? Che i ragazzi che avrebbero ricevuto l'addestramento fossero così pochi?

Di tanto in tanto si affacciava ad una finestra per ammirare il lago sottostante e la città che si ergeva tutto intorno.

All'improvviso sentì un soffio alla sua destra e come si voltò, si trovò di nuovo faccia a faccia con Damien.

Credevo che fossi finalmente a lezione”, commentò Marissa con severità.

Damien si appoggiò con la schiena alla parete, incrociando le braccia sul petto.

Non conosco la biondina...”

Siobhan!” disse Marissa fra i denti.

Non può darmi ordini in ogni caso. Comunque è veramente una gran bellezza, questo è sicuro!” ridacchiò fra sé e sé.

Marissa emise uno sbuffo di impazienza e fece per allontanarsi, quando Damien la prese per il braccio.

Ehi, aspetta. Se ti ho offesa mi scuso damigella!”

Lasciami andare!”

D'accordo, d'accordo”, disse lui conciliante, alzando le mani in segno di resa. “Sai, ho sentito quello che ti ha detto Siobhan...”

Adesso origli anche?”, chiese Marissa irritata.

Damien ignorò la domanda. “Pensavo solo che ti facesse piacere sapere come sei stata trovata... non lo sai vero?”

Il ragazzo seppe di aver colto nel segno, perché in Marissa la curiosità cominciava a prevalere sull'irritazione.

Approfittò della sua incertezza e la prese per mano. “Vieni con me.”

Marissa tentò di protestare, ma con poca convinzione. Le sue proteste cessarono del tutto quando Damien si fermò all'ingresso di un'ampia stanza. Marissa sbirciò dentro e si accorse che più che una stanza, era una sorta di tempio, dai colonnati altissimi e dal soffitto concavo. La ragazza entrò, muovendo piccoli passi cauti. Damien le andò dietro.

Al centro della stanza, poggiata su un piedistallo, stava una pietra dalla forma irregolare, di un colore blu intenso. Marissa si avvicinò: provava l'impulso irrefrenabile di toccare quello strano oggetto.

Questa è l'Airknoril”, annunciò Damien solennemente. “O meglio... l'ultima delle Airknoril.”

Marissa voltò il capo verso di lui. “E'... davvero questa?”

E' lei che ti ha trovata. È la pietra che trova coloro che hanno il potere innato.”

Marissa alzò lo sguardo e notò solo in quel momento che, al centro della cupola, c'era un foro.

A cosa serve quello?” chiese indicandolo.

Quando la luce del sole è nella giusta angolazione colpisce la pietra, e solo allora il suo potere si attiva.”

Vuoi dire che senza luce non avrebbe alcun potere?”

Per quanto ne so io... no. Ma è difficile restare senza sole, no?”

Quanto ci vorrà perché il sole la colpisca? Vorrei vederlo.”

Damien consultò un meccanismo incassato nella parete, che segnava, tramite una lancetta dorata, quanto tempo restava prima che la pietra si ricaricasse.

Circa due minuti.”

I due ragazzi attesero, Marissa in un silenzio spasmodico, Damien incuriosito e divertito da quella strana, solenne ragazzina dai capelli rossi.

Quando finalmente i primi raggi del sole oltrepassarono il foro nel soffitto, lambirono la pietra come un uomo che accarezza la sua innamorata: con delicatezza e con amore. La luce che si diffuse in tutta la stanza fu accecante. Marissa ne era abbagliata.

E' permesso toccarla?” chiese.

Certo, ma non succederà proprio niente se è questo che speri. Io l'ho toccata molte volte ed è come toccare un qualsiasi altro oggetto.”

Marissa si avvicinò fino a sfiorare il piedistallo con il busto. Allungò timidamente una mano e poggiò due dita sulla superficie ruvida della pietra.

Una luce accecante le esplose nel cervello e in tutto il resto del corpo, e lei cadde svenuta sul pavimento.





Nota dell'autrice: Ed eccoci all'incontro tra Damien (il solito incorreggibile) e una molto più ligia Marissa. Che ne pensate? Era così che vi immaginavate l'Accademia? Abbiamo anche fatto la “conoscenza” dell'Airknoril finalmente, e abbiamo capito che Marissa è indissolubilmente connessa alla pietra. Quanto alla strana creatura volante che abbiamo incontrato alla fine del capitolo scorso speravo già di reintrodurla in questo capitolo ma mi sono dilungata troppo, quindi riapparirà nel prossimo e si scoprirà un altro tassello. A proposito... perché Marissa già conosce Letha senza esserci mai stata? Come ho detto alcune di queste domande avranno una risposta già nel prossimo capitolo... ma non tutte, ovviamente! ;)

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito, letto e seguito. I vostri pareri e il vostro incoraggiamento sono indispensabili per me.

Ricordo di nuovo che, come già avevo premesso nel primo capitolo, gli aggiornamenti saranno circa una volta al mese, quindi abbastanza lenti. Purtroppo avendo già un'altra storia in corso, non posso fare altrimenti.

Alla prossima,

Eilan

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Capitolo 7
*** Dracoon ***


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Marissa giaceva sul proprio letto e, riprendendo lentamente i sensi, aprì con cautela un occhio. Dapprima vide tutto in una luce sfocata, ma pian piano riuscì a distinguere le persone che le stavano intorno. Tutti parlottavano tra loro in tono preoccupato; non le prestavano attenzione, credendola ancora svenuta.

Siobhan era lì, e c'era anche Damien, un po' in disparte. Era lui che aveva dato l'allarme? Siobhan parlava concitatamente con Yseult, mentre un'altra donna che indossava le vesti blu degli insegnanti ascoltava preoccupata, torcendosi un ricciolo castano tra le dita nervose. Qualche altro allievo era presente, stretto intorno a Damien, indubbiamente ansiosi di sapere di più su quella strana, bizzarra, nuova arrivata.

Marissa richiuse gli occhi, fingendo di essere ancora priva di sensi. Cosa dicevano su di lei che altrimenti non le avrebbero mai volontariamente rivelato?

Non è possibile, Siobhan. Una cosa del genere non ha senso!” stava dicendo Yseult.

Non era mai successa... non sarebbe mai dovuta succedere”, commentò Siobhan, alle cui parole fecero eco quelle tremanti della terza insegnante.

Come può il cristallo avere su di lei un simile effetto?” chiese, con voce timorosa. “Come spiegheremo l'accaduto a Lord Arnulf?”

Mantieni la calma, Brithdara”, ordinò secca Siobhan. “Per ora non gli diremo niente.”

Ma noi dobbiamo dirglielo, siamo vincolate a farlo! Lord Arnulf vuole sapere tutto degli allievi, tanto più se vi è coinvolta colei che possiede un potere innato.”

Siobhan si rivolse a Damien. “Tu! Cosa è successo esattamente? Sei sicuro di averci raccontato tutto nei minimi dettagli?”

Sul mio onore, signora”, rispose Damien, portandosi una mano al petto. “Tutto quello che vi ho raccontato risponde a verità. Marissa ha toccato l'Airknoril ed è svenuta seduta stante.”

Bene”, sospirò Yseult massaggiandosi le tempie. “Allora sei libero di andare adesso, Damien. E anche tutti voi. Tornate a lezione insieme a Britdhara. Della ragazza ci occuperemo noi, adesso.”

Un'espressione delusa si diffuse sui volti degli allievi, che speravano di spezzare la monotonia della loro vita accademica con questi nuovi sconcertanti fatti.

Ma ubbidirono, uscendo dalla stanza mentre commentavano tra loro il singolare avvenimento di cui erano stati quasi testimoni.

Siobhan fermò Brithdara sulla soglia. “Cancella il ricordo dalla loro mente non appena sarete tornati in aula”, le bisbigliò. “Aspetta”, aggiunse, con un ripensamento. “Non quello di Damien, però. Lui era presente e potrebbe ancora raccontarci qualche particolare che gli è sfuggito. Ordinagli di tenerlo per sé, però.”

Brithdara apparve seccata di dover prendere ordini da una donna più giovane di lei, nonostante le fosse superiore in grado. Ma con la docilità che le era propria si limitò a fare un cenno d'assenso col capo, prima di accodarsi ai suoi discepoli.

Siobhan tornò dentro, fermandosi a braccia conserte di fronte al letto di Marissa.

Davvero non hai intenzione di informare Arnulf?”, le chiese alle sue spalle Yseult.

Per ora no. Che rimanga tra noi, Yseult, ma non mi fido di quell'uomo. Sarà anche il discendente di Kieran Fielding, tuttavia questo non fa di lui un buon mago o una persona degna di sovrintendere all'Accademia. Ha ricevuto il suo titolo di “Prima Stella” solo per via del suo cognome, ed è sempre in virtù di quello se siede nel Consiglio dell'Alleanza.”

Perciò dovremo scoprire da noi cosa è successo qui, oggi...”

Noi e nessun'altro.”

Stavo pensando...” azzardò Yseult mordendosi il labbro. “Non può avere a che fare con il suo dono?”

Siobhan scosse la testa, con un sospiro. “Io ho toccato la pietra centinaia di volte, e non è mai accaduto nulla, Yseult. Non ha a che fare con la magia innata, ne sono più che certa.”

Quando si risveglierà?” chiese Yseult accennando col mento alla figura addormentata della ragazza.

E' meglio che non si sia ancora ripresa. La pietra potrebbe averle causato uno shock che ancora non conosciamo. Il suo corpo deve stare a riposo fin quando esso stesso lo riterrà opportuno.”


Marissa attese che le donne fossero uscite dalla stanza prima di aprire tentativamente gli occhi: era sola, così si mise a sedere sul letto, ancora stupita alla rivelazione che aveva appena ascoltato.

E così Siobhan era un'altra persona con il dono, proprio come lei! Chissà perché non glielo aveva rivelato? Ma ripensandoci la cosa non la stupì: le cose che Siobhan teneva per sé erano probabilmente sconfinate, quelle che decideva di elargire al prossimo potevano contarsi sulle dita di una sola mano.

Comunque questo non l'avvicinava di un passo al comprendere cosa fosse successo quel giorno. Ma se neppure le insegnanti ci capivano nulla, come sperava di farlo lei? Marissa si alzò, la testa ancora indolenzita. Mosse qualche passo fino alla finestra ad arco della stanza e l'aprì, desiderosa di un po' d'aria fresca. Letha si estendeva di fronte a lei, carezzata da una brezza leggera dal lieve odore melmoso del lago che la circondava. Poche nuvole si rincorrevano nel cielo limpido, simili a tante pecorelle dal manto immacolato. Marissa si sentì subito meglio.

Una strana ombra scura si stagliò d'improvviso in mezzo a tanto candore, niente più che un puntino stagliato contro l'azzurro del cielo. Era talmente piccola che Marissa dovette aguzzare lo sguardo per vederlo.

Probabilmente un uccello, pensò tra sé attribuendogli poca importanza.

Ma l'ombra diventava sempre più grande, e sempre più vicina. Sembrava che stesse puntando proprio nella sua direzione. Ma non era possibile... o forse sì? Marissa sgranò gli occhi, e strinse il bordo del davanzale, incapace di muoversi mentre la strana creatura alata si avvicinava sempre più. Nonostante tutto non sembrava minacciosa, e non era neppure molto grande. La ragazza aveva quasi trovato la forza di volontà necessaria a tirarsi indietro e sbarrare la finestra quando delle immagine in sequenza molto rapida esplosero nella sua mente, facendole serrare gli occhi e portarsi le mani alla testa.

Vide se stessa, da un punto di vista esterno. Vide se stessa alla finestra, con gli occhi sbarrati, mentre si avvicinava sempre più. Si vide fare un passo indietro e poi cadere preda della visione, portandosi le mani alle tempie. Infine, in quel suo nuovo corpo, attraversò la finestra in volo e cadde su se stessa.

L'impatto non fu terribile come aveva pensato, ma ebbe il potere di farla rientrare di colpo nel suo corpo, ammesso che ne fosse mai uscita.

Si ritrovò a terra, con quella strana creatura volante addosso. Un musetto peloso a pochi centimetri dal suo viso, due piccoli occhi neri come perle fissi nei suoi. La creatura rimase ferma per qualche attimo, poi prese a leccarla festosamente sul viso. Marissa era troppo sconcertata per chiedersi perché uno strano animale che non aveva mai visto le facesse le feste come se si conoscessero da una vita.

Alla fine trovò la forza di volontà di tendere le braccia e afferrare l'animale, allontanandolo da sé e poggiandolo delicatamente sul pavimento. Poi si alzò in piedi, chiedendosi se ora sarebbe volato via, ritornando da dove era venuto. Ma la creatura non si mosse. Continuava a fissarla con una sorta di aspettativa.

Cosa sei tu?” domandò Marissa fra sé e sé. Poi si chinò per esaminarlo meglio.

Sembrava un procione, in tutto e per tutto: il muso era quello, le piccole orecchie anche. Il morbido pelo grigio era inconfondibile, così come la grossa coda a righe nere – anche se questa era ricoperta di spesse squame anziché di pelo. L'animale se ne stava fermo, piantato sulle zampe posteriori, aspettando pazientemente che lei avesse terminato di guardarlo da ogni angolazione.

Anche le dimensioni erano quelle di un procione, ma il particolare sconcertante erano le robuste ali da drago, anch'esse ricoperte della stessa peluria, che gli spuntavano dalla schiena, mentre le zampe, come la coda, erano costituite da squame.

Improvvisamente Marissa fu colta da un'ispirazione. Se quell'animale era in qualche modo imparentato con i draghi forse era dotato d'intelligenza e poteva riuscire a comprenderla.

Mi capisci quando parlo?” chiese, con poca convinzione.

Ma la creatura annuì, in modo chiaro e distinto. Marissa sgranò tanto d'occhi.

Sei venuto qui per me?”, continuò.

Cenno affermativo.

Vuoi... vuoi farmi del male?”

Questa volta la creatura scosse il capo recisamente.

Marissa si sedette sul pavimento, a gambe incrociate, mettendosi all'altezza dell'animale.

Mi conosci?”

Cenno affermativo.

Ma io... non conosco te...” disse la ragazza, in tono di scusa.

L'animale fu felice di poterla contraddire con il solito cenno del capo.

Un momento... eri tu? Eri tu che mi hai salvata da quella creatura a Waford?”

Lui annuì, gonfiando il piccolo petto peloso dall'orgoglio.

E' da allora che ci conosciamo?”

Questa volta il cenno fu di diniego.

Da prima?”

Cenno affermativo.

Marissa non sapeva più cosa chiedere. O meglio avrebbe avuto milioni di domande, ma non sapeva da quale cominciare. Le sembrava tutto troppo assurdo, irreale. Mentre era assorta in queste considerazioni, sentì un peso sul proprio grembo e sussultò, abbassando lo sguardo.

Il piccolo animale alato si era accoccolato nell'incavo delle sue gambe incrociate, e sembrava felice di esserle così vicino, tanto che aveva chiuso gli occhi.

Marissa sorrise di tenerezza, ed allungò esitante la mano per carezzargli il pelo. Era incredibilmente morbido al tatto. L'animale ripiegò le ali, così che divennero quasi tutt'uno con il corpo.

Ci sarà tempo per altre domande”, disse Marissa. “Ora devo scoprire cosa sei e soprattutto trovare un modo per nasconderti agli altri, o ti faranno del male. Lo so perché al monastero nessun animale era al sicuro. Ma io non permetterò che ti accada nulla.”


***

Dorelynn correva a perdifiato nel folto della foresta, ignorando il tumultuoso battere del suo cuore e il fiatone che la perseguitava da ormai due miglia. Una leggera pioggia fastidiosa cadeva sulla sua testa e su quelle delle compagne che correvano lungo lo stesso percorso. Il suo fiato si condensava in piccole nuvolette di vapore, ma Dorelynn non percepiva né il freddo, né l'umidità che permeava la Foresta di Smeraldo. Ogni volta che pensava di cedere, trovava la forza di continuare a mettere un piede davanti all'altro, decisa ad arrivare fino in fondo al percorso e dimostrare il suo valore alle Zarall.

Ehi, principessa!” l'apostrofò sprezzante Galinthia, superandola in poche falcate. “Sei già stanca? Ti mancano i cuscini ricamati sui qui poggiare il tuo culo aristocratico?” E rise sonoramente, imitata dalle altre ragazze che erano a portata d'orecchio.

Dorelynn non raccolse la provocazione, sebbene fremesse per risponderle a tono. Sapeva di non piacere a Galinthia, in quelle settimane lei si era assicurata che non lo dimenticasse mai, neppure una volta. Il peggio era che anche le altre la seguivano a ruota, nello schernirla e nel tenerla a distanza. A volte si sentiva talmente avvilita e scoraggiata che avrebbe voluto mollare tutto e tornarsene a casa. Nelle serate dentro la tenda, in cui le altre allieve chiacchieravano e ridevano tra loro e lei era relegata in un angolino, emarginata da tutte, sognava ad occhi aperti la sua casa, il letto caldo e comodo che l'aspettava, sommerso dai cuscini di piume; sognava i lauti pasti a base di volatili al forno dalla pelle croccante e la carne tenera, i formaggi saporiti e l'incredibile varietà di frutta. Poi il sogno ad occhi aperti finiva, e la realtà tornava prepotente a imporsi su di lei, con il suo sacco a pelo striminzito, il terreno duro che le faceva dolere la schiena, i pasti frugali e, soprattutto, l'inimicizia delle sue compagne. La nostalgia era tanta che era stata tentata di scrivere a suo padre che aveva cambiato idea, e che era disposta a prendere in marito un uomo di sua scelta, fosse pure vecchio e viscido, pur di lasciare quel luogo immediatamente. Per fortuna non lo aveva mai fatto, perché se ne sarebbe immediatamente pentita.

Non tutto andava male però: c'era Regina, la loro insegnante, che riponeva in lei molte speranze, la incoraggiava e la spronava continuamente. Non in modo troppo evidente, che non fosse palese alle altre e fonte di ulteriori gelosie, ma era chiaro che credeva in Dorelynn e nel suo potenziale. E poi c'era Damien, con cui si teneva in contatto mentale, e le cui conversazioni la facevano sentire meno sola, come se ancora un pezzo di casa fosse lì con lei. A Damien non raccontava di come le altre ragazze la trattavano, in parte perché non desiderava turbarlo, in parte perché non voleva ammettere con lui che la vita che aveva scelto non era tutta rose e fiori. Damien invece le raccontava pressoché ogni cosa dell'Accademia, incluso il fatto che non aveva ancora iniziato a prenderla troppo sul serio. Dorelynn lo esortava a farlo, lo spronava, a volte quasi lo supplicava di applicarsi almeno una volta nella sua vita. Ma lui sembrava sordo alle preghiere della sorella.

Una volta terminato il lungo percorso a piedi, le allieve sarebbero dovute salire su un albero dalla corteccia squamata, servendosi di una spessa liana.

Dorelynn l'afferrò con entrambe le mani, ancora il fiato corto a causa della lunga corsa. Era l'ultima, le altre erano già salite o in procinto di farlo.

Inspirò profondamente, poi si aggrappò alla liana e cominciò a salire. Tutti i suoi muscoli erano tesi nello sforzo; strinse i denti, salendo una mano dopo l'altra, le gambe intrecciate saldamente alla liana.

- Sorella! La chiamò Damien proprio in quel momento.

- Dannazione, Damien, questo non è il momento!

- Perché no?

- Sto scalando un albero, ecco perché.

- Vuoi che interrompa il collegamento?

Dorelynn sbuffò d'impazienza, cercando di calmarsi. Se era arrabbiata con Galinthia e le altre non aveva senso prendersela con Damien che non ne aveva colpa. Parlare con lui non le costava comunque fatica fisica, e forse l'avrebbe aiutata a distrarsi dai pensieri negativi che le affollavano la mente. Liberare la mente da ciò che si stava facendo con il corpo, era un insegnamento che Regina le ripeteva spesso.

- No... non interromperlo. Scusami se sono stata brusca. Come stai?

- Sto bene, e tu? Ti sento arrabbiata...

Dannazione, non riusciva a nascondergli nulla!

- Non sono arrabbiata con te, ma con la fatica che sto facendo per completare questo percorso. E, come al solito, sono l'ultima. Come sono andate le lezioni oggi?

- Ci ho prestato poca attenzione, sinceramente.

- Come al solito! Rise lei, rassegnata.

- No, ascolta, Lynnie... questa volta ho un buon motivo oltre alla mia ben nota pigrizia...

- Mmmh, sembra una cosa seria. Di che si tratta? Non farmi preoccupare!

- Oggi è arrivata una nuova ragazza, qui in Accademia.

- Non riesci proprio a stare lontano dalle donne, eh? È più forte di te!

- Smettila! Non intendevo in quel senso, non è per questo che mi sono interessato a lei. E poi lo sai che all'Accademia ci impongono un incantesimo che impedisce a noi allievi di toccarci con quelle intenzioni.

- Allora cos'ha di speciale questa ragazza?

- E' una di quelle che possiedono il dono innato.

- Davvero? Credevo che non ne esistessero praticamente più.

- Ma non è tutto qui. È successa un'altra cosa davvero incredibile di cui sono stato testimone...

Damien le raccontò dell'incidente di Marissa con l'Airknoril e di come quella fosse stata per lui la prima cosa eccitante che gli era capitata da quando era arrivato a Letha. Dorelynn fu contenta nel realizzare che finalmente qualcosa appassionava davvero quel suo scapestrato fratello. Fu ancora più contenta che distrarre la mente aveva funzionato: non aveva pressoché percepito la fatica della scalata, né della ridiscesa dall'albero. Ed ora aveva ripreso a correre con molta più scioltezza e meno affanno.

- Allora perché non cerchi di scoprirne di più? Parlane con Marissa, probabilmente lei è confusa e disorientata per quel che le è successo. Avrà bisogno di un amico.

- Ho finito ora le lezioni e sto andando da lei, fintanto che gli altri si godono l'ora di pausa in cortile e in biblioteca. Tu hai finito il percorso?

- Quasi, disse lei stringendo i denti. Sono all'ultimo miglio. Sto per passare davanti a Regina. Sono ultima, come al solito, ma Regina non sembra dispiaciuta. Dorelynn notò l'occhiata incoraggiante della Zarall che le scaldò il cuore, impedendole di notare quelle critiche delle compagne giunte già al traguardo da un pezzo.

- Tieni duro, sorellina. Sono fiero di te.

- Grazie. Fammi sapere cosa scopri su Marissa. Tienimi aggiornata zuccone... ciao!


***

Damien interruppe il collegamento mentale con la sorella quasi sulla soglia del dormitorio. Era stato talmente preso dalla conversazione che non si era accorto che Marissa era balzata in piedi nel vederlo entrare nella stanza, cercando freneticamente di nascondere qualcosa dentro la sua cassapanca.

I due ragazzi si fissarono per qualche secondo, impietriti.

Cos'hai lì?” bisbigliò Damien, guardando il coperchio della cassapanca che sobbalzò leggermente.

Niente!” disse prontamente Marissa.

Il 'niente' non si muove di certo.”

Non posso dirtelo... fermo!” gridò, vedendo che Damien si avvicinava a grandi passi al mobile. Senza badarle tirò su il coperchio, e quasi lanciò un urlo nel trovarsi davanti lo strano animale. “Cosa diavolo è quello?”

Non lo so”, ammise Marissa. “E' entrato dalla finestra e non vuole separarsi da me.”

Non... vuole?”

Non riesco a farlo andare via, ed ho paura che se lo scopriranno gli faranno del male.”

Perché dovrebbero?”

Marissa lo fissò sbigottita. “Al monastero vigeva la regola che, qualunque animale fosse stato trovato tra i suoi confini, sarebbe stato ucciso.”

Che regola idiota!”, commentò Damien sprezzante. “All'Accademia se un mago e un animale magico legano è considerato un fatto positivo. Significa che tra loro esiste un'intesa magica. Due allievi che sono più avanti di noi ne hanno, ma non così... strano. Non ho mai visto niente del genere. Direi che sembra una specie di drago, se non sapessi che tutti i draghi sono emigrati a Valchir insieme agli elfi secoli fa.”

E allora cosa faccio? Lo mostro a Siobhan?”

Non c'è fretta, prima scopriamo cosa accidenti è questo affare. Ti accompagno in biblioteca. E se il coso qui vuole seguirti, lascialo fare.”


La biblioteca era un'ampia sala sorretta da quattro massicci pilastri di legno. Marissa vi posò una mano, ammirata e, alzando lo sguardo, si accorse che non si trattava di semplice legno lavorato... quelli erano veri alberi, con tanto di chioma e radici che affondavano nel pavimento. Le pareti della biblioteca erano piene fino al soffitto di pergamene e tomi polverosi. C'erano solo un altro paio di allievi oltre a loro, intenti a consultare dei volumi presso altrettanti tavoli di legno, le cui gambe sembravano fondersi con il pavimento pure di legno.

La creatura volante seguiva Marissa a breve distanza, e suscitò occhiate meravigliate nei presenti.

Il bibliotecario, un uomo anziano e stempiato con un paio di pince-nez sul naso, si avvicinò a loro.

Cos'è quello?” chiese indicando il nuovo amico di Marissa.

Non lo sappiamo, mastro Gilbert. Siamo qui apposta per scoprirlo. Potete darmi un volume con la classificazione di tutte le specie di draghi?”

Certo”, mormorò il vecchietto dando loro le spalle e arrampicandosi su un'alta scala a pioli. Si mise a cercare tra i libri con perizia, borbottando qualcosa tra sé e sé.

E lei è la nuova allieva?” domandò dall'alto, senza abbassare lo sguardo.

Sì... mastro Gilbert”, azzardò timidamente Marissa. “Mi chiamo Marissa...”

E tu ragazzo?” disse rivolto a Damien. “Non ti si vede spesso qui in biblioteca. Come vanno i tuoi studi? Hai finalmente deciso di prenderli sul serio? Tuo padre non sarebbe molto contento di te se ti facessi espellere. E, credimi, non saresti il prima a ottenere questo risultato.”

Marissa scoccò un'occhiata di disapprovazione a Damien, che fece finta di nulla.

Sì, mastro Gilbert”, rispose con noncuranza, “avete trovato il libro?”

Ne ho trovati tre che possono fare al caso vostro”, rispose il bibliotecario scendendo la scala con passi cauti. Marissa si chiese come quel canuto ometto potesse ancora compiere simili acrobazie.

Mastro Gilbert mise i pesanti tomi sul tavolo e li lasciò a consultarli. “Fatemi sapere se scoprite qualcosa. Non ho mai visto una simile creatura, sebbene il suo aspetto sia in qualche modo dragonesco...”

Damien affidò il primo volume a Marissa e cominciò a sfogliare l'altro.

Questo non c'è utile”, disse Marissa dopo diversi minuti che lo guardava. “Parla solo dell'origine dei draghi e delle loro razze più diffuse.”

Aspetta”, disse Damien. “Forse ho trovato qualcosa. Eccolo qui... Famiglie dei draghi e loro sottorazze... ecco, non è questo?”

Marissa osservò la figura in bianco e nero che lui le indicava. L'animale era identico a quello che stava accoccolato sul tavolo davanti a loro, seguendoli con occhi attenti.

Sembra proprio lui... cosa dice la didascalia?”

Famiglia: dragoide. Sottofamiglia: procionydae. Genere: Dracoon. Animale di piccole dimensioni, onnivoro, appartenente alla famiglia dei draghi, dal pelo folto striato di nero... eccetera, eccetera... è lui! È un Dracoon!”

Il Dracoon sorrise, felice che finalmente il suo nome fosse stato pronunciato ad alta voce. Era stanco di sentirsi chiamare “animale”, “creatura”, o peggio ancora “coso”.

E va bene, abbiamo scoperto cos'è”, concesse Marissa, “ma ancora non sappiamo come io possa vedere ciò che vede lui, come possa entrare nella sua testa e lui nella mia. Come spieghi questo? Come fa a sapere sempre dove mi trovo? Come fa a conoscermi?”

Credo che di tutti i tuoi dubbi dovremo parlare con Siobhan”, sospirò Damien, rassegnato.






Nota dell'autrice: Ciao a tutti! Vi è piaciuto il capitolo? Cosa ne pensate? Finalmente è stata svelata l'identità del volatile misterioso che è legato a Marissa, ma ancora gli enigmi su di lui sono molti, e sono gli stessi espressi da Marissa stessa a fine capitolo. Siobhan riuscirà a trovare una spiegazione a tutto ciò che sta succedendo? Che ne pensate di Dracoon? Penso che tutti voi lo sappiate, ma giusto per specificare Raccon in inglese significa procione, perciò come intuibile il nome del nostro amico è Dragon+Raccon=Dracoon.

Volevo inoltre lasciarvi il link a una mappa che ho abbozzato, e mi scuso se è veramente rozza ma era solo per darvi una panoramica del mondo in cui ci muoviamo con la storia. Non vi preoccupate se i nomi in piccolo non si leggono, non sono importanti. Le cose importanti le ho evidenziate, così che possiate capire meglio la dislocazione geografica dei luoghi che ci interessano.
Mappa di Euhalon

E in particolare c'è:

Letha

Conne (città natale di Damien)

Galarand (la città degli elfi)

La foresta di smeraldo (dove vivono le Zarall)

Il fiume Lleney (fiume che segna il confine con la foresta di Argoer)

Argoer (foresta in cui si trova il monastero)

Se qualcosa non dovesse capirsi (e sarà facile che accada, perché sono una pessima editor^^) chiedetemi pure senza problemi e cercherò di spiegarlo e/o sistemare la mappa in maniera più decente.

Ora che ho terminato l'altra mia storia, e che questa è rimasta la mia sola long in corso, spero di aggiornare più spesso. Anche così però non potrò far prima di tre settimane di attesa. Mi dispiace farvi aspettare, ma non posso far altro.

Grazie a tutti i recensori, vecchi e nuovi... e a tutti voi che leggete!

Alla prossima,

Eilan



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Capitolo 8
*** Amici e nemici ***


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Le lezioni entrano ben presto nel vivo, e Marissa si ritrovò catapultata nel suo addestramento senza quasi rendersene conto. Se si soffermava a riflettere su tutti i cambiamenti e le stranezze che aveva vissuto ultimamente si sentiva girare la testa. Lei che per sua natura era timida e schiva non osava quasi rivolgere la parola ai suoi nuovi compagni. Ciononostante, solo ascoltando le loro conversazioni, aveva appreso i nomi di alcuni di loro. Erano tutti più grandi di lei, più grandi perfino di Damien, perché grazie al suo potere innato lei non aveva bisogno di iniziare dal basso l'addestramento. I ragazzi che si addestravano con lei erano solo quattro, tutti con un'età che si aggirava intorno ai diciotto anni. Agli occhi della ragazzina tredicenne, praticamente adulti. E terribilmente consapevoli del loro ceto superiore al suo. C'era Aura, la figlia del marchese di Ubramore, della costa occidentale; Warrach, che apparteneva a un ramo cadetto dei Knigh, la potente famiglia che deteneva enormi interessi nel sud del paese; e poi addirittura due nipoti della regina Shandrel, due ragazzi dai capelli scuri e le aristocratiche sopracciglia arcuate. E poi c'era lei, piccola e di lignaggio insignificante. La prima volta che aveva messo piede nella stanza dove si svolgeva l'addestramento e quattro volti accigliati si erano girati nella sua direzione, Marissa avrebbe voluto che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse. Ma oltre alla diffidenza aveva letto qualcos'altro nelle espressioni dei giovani nobili: curiosità. Anche se il suo incidente con l'Airknoril era stato cancellato dalle menti di tutti all'Accademia, ancor più reverenza suscitava la vista di Dracoon, che seguiva Marissa dovunque lei andasse. Dormiva sul suo cuscino la notte e si accomodava sulle balaustre dei colonnati mentre lei seguiva le lezioni. Volava sempre al suo fianco, senza perderla un attimo di vista.

Alle domande che le rivolgevano Marissa non sapeva cosa rispondere, ma era sempre ben disposta a mostrare loro Dracoon, purché non lo infastidissero.

Ma era Damien quello bravo con le parole, e Marissa era grata quando poteva contare sul suo sostegno in quel posto in cui tutti la guardavano come fosse una sorta di creatura bizzarra e incomprensibile. Ed era raro che lei e Damien stessero separati: studiavano perfino insieme, in biblioteca, e si esercitavano insieme, tutti i pomeriggi con puntualità, tanto che mastro Gilbert, nel vederli seduti allo stesso tavolo, giorno dopo giorno, cominciò a sorridere apertamente al cambiamento che Marissa aveva operato su quel giovane scapestrato.

Damien si era aperto con lei, e Marissa aveva intuito che, sotto la sua apparenza di giovane sbruffone, si nascondeva molta insicurezza. Le aveva raccontato della sorella gemella Dorelynn, che si addestrava con le Zarall, di quanto fossero legati e di quanto lei le mancasse.

Anzi, probabilmente è l'unica persona che davvero mi manca di casa mia...” aveva aggiunto con una smorfia.

E tua madre? Non ti manca?”, aveva chiesto Marissa cercando di immaginare cosa potesse significare avere una madre.

Non fraintendermi, le voglio bene... ma non siamo molto legati. Credo che lei non mi abbia mai capito fino in fondo. O forse io non ho capito i suoi sforzi per trasformarmi in qualcuno degno di portare avanti il nome della famiglia.”

Cosa mi dici di tuo padre?”

Damien si era visibilmente irrigidito, e Marissa comprese di aver toccato un tasto dolente.

Io e mio padre”, disse Damien inumidendosi le labbra, “non siamo mai andati d'accordo. Se io volevo una cosa, lui ne voleva un'altra. E alla fine l'ha avuta vinta lui.”

Vuoi dire che ti ha obbligato a venire all'Accademia?”

Il ragazzo annuì. “Non ha ammesso repliche.”

Le aveva raccontato molto di sé, ma per qualche motivo aveva omesso il fatto che era in grado di comunicare con Dorelynn tramite il pensiero.

Marissa a sua volta gli aveva parlato della sua infanzia infelice al monastero, dei soprusi delle monache, delle sue origini oscure.

Damien aveva ascoltato con molto interesse, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a Dracoon. Gli aveva raccontato del viaggio intrapreso insieme a Siobhan, e dell'attacco misterioso che aveva subito.

L'unica cosa che non aveva rivelato – ben consapevole delle raccomandazioni di Siobhan – era la sua ascendenza elfica. Le parole della donna e le reazioni del servitore l'avevano spaventata a sufficienza da mettere un freno a qualsiasi rivelazione, anche nei confronti di qualcuno di cui aveva cominciato a fidarsi.

Damien era diventato una presenza rassicurante per Marissa, ma quando era a lezione lui non poteva essere con lei, e lei doveva farsi forza da sola. Siobhan era la sua insegnante e Marissa ricordava le parole che aveva pronunciato il giorno in cui aveva assistito alla sua prima lezione.

Si era seduta timidamente in seconda fila, in cuor suo sperando di non essere notata troppo. La stanza era piuttosto angusta, ma allo stesso tempo ariosa grazie al colonnato che ne sostituiva una delle pareti, e che affacciava su un piccolo fazzoletto d'erba piantato ad erbe aromatiche.

Dracoon era andato ad accomodarsi sul davanzale, le zampe ripiegate sotto il corpo, lo sguardo vigile e attento.

Oggi abbiamo con noi una nuova apprendista”, aveva iniziato Siobhan, unendo le mani in grembo, le lunghe maniche a campana che scendevano fino a terra. Com'era diversa, pensò Marissa, ora che aveva abbandonato i seducenti abiti di cavallerizza per quelli informi di insegnante. “Marissa viene da Itul, e più precisamente dalla foresta di Argoer. Io stessa l'ho condotta qui, come sapete. È giovane, anche se non quanto coloro che, possedendo il potere innato, iniziano il loro cammino di addestramento. Ma non fatevi ingannare dalla sua età: ella possiede un dono che, anche con tutto il vostro addestramento, difficilmente voi riuscirete ad eguagliare. Vi prego però di non serbarle invidia: il suo è anche un pesante fardello da portare, come io stessa ho sperimentato.”

Marissa tacque, arrossendo d'imbarazzo. Dracoon lo notò e fiutò l'aria in cerca di un segnale che la sua padroncina era in pericolo e che doveva aiutarla.

Ogni mattina Marissa esercitava il suo potere insieme ai suoi compagni, preparandosi a farlo con lunghi esercizi di meditazione e concentrazione. Poi occorreva memorizzare le parole che – dette ad alta voce o semplicemente pensate – permettevano il lancio dell'incantesimo.

Le parole non hanno potere”, aveva spiegato loro Siobhan. “La parola è solo il tramite tra l'elemento esistente in natura – che sia l'aria, l'acqua o qualunque altra cosa – e l'energia del corpo, quella che noi tutti possediamo. La parola è il ponte che permette a questa energia di fluire. Se mescoliamo un elemento innocuo con uno pericoloso non accade nulla finché una miccia non viene accesa. E la parola è la miccia.”

Ma Marissa, grazie al suo dono, non aveva bisogno di studiare le formule, le parole che le avrebbero permesso di usare la magia. Il suo addestramento consisteva piuttosto nel domare e indirizzare qualcosa che era pronto a esplodere dentro di lei. Per questo Siobhan la faceva fermare un'ora in più dopo la fine della lezione e le dedicava del tempo esclusivo.

Quando aveva finito correva da Damien che l'aspettava in biblioteca, già tamburellando le dita sulla superficie di legno del tavolo.

Grazie all'aiuto della sua nuova amica, il viziato figlio di Alcaeus era riuscito ad migliorare moltissimo negli studi, evitando così un'espulsione sempre più probabile.


Marissa teneva Dracoon sulle gambe con le piccole zampe anteriori nelle sue mani. Era seduta sull'erba di uno dei guardini interni del castello, e Damien sedeva accanto a lei. Alcuni gruppetti di apprendisti, a una certa distanza da loro, pure sedevano sull'erba, approfittando della bella stagione per studiare all'aperto, o semplicemente godersi il pomeriggio.

Coraggio, chiediglielo tu. Con me non vuole parlare”, disse Damien impaziente.

Marissa lo guardò sbalordita, con una nota di rimprovero negli occhi. “Vuoi dirmi che hai provato a chiederglielo senza dirmi niente?”

Damien si passò la mano fra i capelli, allontanando un ciuffo ribelle dalla fronte. “Più o meno... dai, forza, cosa aspetti?”

Marissa riportò la sua attenzione su Dracoon con un sospiro. Erano giorni che cercavano di porre all'animale la domanda giusta per comprendere cosa lo legasse a Marissa.

Hai detto che ci conosciamo da prima che tu mi salvassi da quella creatura, vero?”

Dracoon annuì.

Forse mi hai vista quando ho lasciato il monastero?”

Dracoon scosse la testa.

Forse quando eri al monastero?” azzardò Damien.

Damien, questo è impossibile”, disse Marissa. “Finché ero rinchiusa lì dentro come può avermi conosciuta? Non ne sono mai usci-”

Si bloccò sgranando gli occhi di fronte al cenno affermativo di Dracoon.

Come puoi avermi conosciuto lì, io...?”

Ha detto sì, non hai visto?” tagliò corto Damien. “Fagli un'altra domanda.”

Va bene”, rispose Marissa tentando di riflettere. “Ero molto piccola?”

Dracoon annuì.

Avevo meno di dieci anni?”

Dracoon annuì ancora.

Oh accidenti!” esclamò Damien frustrato. “Di questo passo ci impiegheremo una vita. Non c'è un sistema più rapido per comunicare con lui?”

Dracoon, che aveva spostato i suoi piccoli occhi neri su Damien, sembrò comprendere lo sfogo del ragazzo, perché sfilò le zampe dalle mani di Marissa e gliele poggiò sulle tempie.

Improvvisamente una visione apparve alla ragazza, nitida come se l'avesse davanti agli occhi. Era una visione dall'alto, e Marissa ebbe l'impressione di stare fluttuando nell'aria. Comprese che ciò stava vedendo, lo vedeva attraverso gli occhi di Dracoon.

Comparve una bimbetta dai capelli rossi, che non poteva avere più di due o tre anni, che trotterellava sulle sue corte gambette. Il luogo Marissa lo riconosceva senza possibilità d'errore: i cupi muri di pietra, la perenne penombra, i lunghi corridoi serpentini... si trovava di nuovo entro le mura del monastero di Argoer.

La bambina si diresse verso una porta chiusa e, senza esitazione, spinse per aprirla. Improvvisamente una bianca luce accecante si sprigionò simile a un tuono silenzioso, invadendo tutto il suo campo visivo. Il monastero e la bambina scomparvero improvvisamente, inghiottiti dalla luce.

Marissa trattenne il fiato e aprì le palpebre. Batté gli occhi più di una volta, prima di rendersi conto di trovarsi ancora una volta nel giardino dell'accademia.

Damien si era inginocchiato di fronte a lei e la scrutava con aria preoccupata.

Stai bene?” chiese. “Sei stata assente per un bel momento. Avevo paura che la bestiaccia ti avesse fatto del male.”

Sto bene”, si affrettò a rassicurarlo Marissa. “Dracoon non mi farebbe mai del male.”

Poi si rivolse all'animale, che aveva riportato le zampe sulle gambe di Marissa.

Quella bambina ero io?”

Dracoon annuì.

Quale bambina?” chiese Damien, confuso. Marissa lo ignorò, troppo eccitata per prestargli attenzione, e si rivolse di nuovo a Dracoon.

E' accaduto al monastero? È così che ci siamo conosciuti?”

Cenno affermativo.

Sai cos'era quella luce bianca?”

Dracoon scosse il capo, con aria mortificata.

Ma è da allora che accade, vero? È da allora che io riesco a vedere con i tuoi occhi e tu con i miei...”

Questa volta Dracoon poté confermare, entusiasta.

Damien non ci capiva più nulla. “Mi vuoi spiegare cosa diavolo sta succedendo?”

Mentre andiamo ti racconto tutto”, rispose lei alzandosi e scrollandosi via i fili d'erba dalla tunica. Dracoon si alzò in volo per seguirla, sbattendo le ali robuste in movimenti misurati.

Andiamo dove?” chiese Damien imitandola e alzandosi a sua volta.

Da Siobhan.”


Siobhan teneva la testa tra le mani e i gomiti poggiati sulla scrivania, davanti a lei una pila di pergamene e tomi ammucchiati alla rinfusa. Il suo servitore le aveva portato dalle cucine un calice di vino caldo, ma neppure quello era riuscito a rinfrancarla. Il consiglio dei delegati si sarebbe tenuto entro pochi giorni, e Lord Arnulf sarebbe stato presente. Siobhan aveva già deciso che non lo avrebbe informato dell'incidente di Marissa con l'Airknoril, ma non poteva esimersi dal raccontargli l'episodio capitato a Waford e la strana creatura che l'aveva attaccati. L'Alleanza doveva essere informata di quel potenziale pericolo, e l'Alleanza, a sua volta, era tenuta a informare la regina Shandrel, entro il cui territorio l'attacco si era verificato. Ciò che la frustrava immensamente era non poter dare praticamente alcuna risposta concreta, né al consiglio, né alla regina. E Arnulf era un uomo che si aspettava risposte e odiava gli enigmi. Al diavolo quel pomposo nobile montato! E al diavolo anche quella ragazzina che da settimane a quella parte le toglieva anche il sonno! Tutto ciò che circondava Marissa era un autentico mistero, e Siobhan non riusciva in alcun modo a venirne a capo. L'aveva interrogata a lungo dopo che si era risvegliata dallo svenimento, ed anche Damien, ma senza risultati. E l'attacco della figura incappucciata era ancora più misterioso. Quale incantesimo poteva avere una tale influenza sulla volontà di una persona? Siobhan era pronta a giurare che non esistesse, eppure Marissa ne era stata soggiogata.

Dei colpi alla porta la strapparono bruscamente alle sue riflessioni e Siobhan alzò lo sguardo davanti a sé.

Avanti”, disse controvoglia.

Fu stupita di vedere comparire proprio Marissa accompagnata da Damien. I due erano ormai diventati inseparabili, e questo non era un mistero per nessuno.

Noi... volevamo parlarti”, disse Marissa, fermandosi al centro della stanza.

Sedetevi”, rispose laconica Siobhan, indicando loro due sgabelli di fronte alla sua scrivania. I suoi lunghi capelli biondi, di solito raccolti in una sobria crocchia, le scendevano in una treccia lungo la spalla. I suoi profondi occhi azzurri scrutavano i due ragazzi con severità. Marissa non poté fare a meno di notare l'espressione ammirata con cui Damien guardava la sua bellissima insegnante.

Di cosa si tratta?” chiese Siobhan, rompendo il silenzio imbarazzato in cui i due ragazzi erano precipitati.

Damien diede a Marissa un colpetto col gomito, incoraggiandola a parlare. Dracoon andò ad appollaiarsi sulla scrivania, prendendo alla sprovvista Siobhan che trasalì nel sentire l'ala pelosa sfiorarle il braccio.

Il tuo amico è sicuramente una novità da queste parti”, commentò la donna. “Avevo sentito parlare dei Dracoon, ma non credevo di riuscire a vederne uno con i miei occhi. È quanto di più simile a un drago incontreremo mai a sud di Valchir.”

E' proprio di lui che volevo parlarti, Siobhan”, disse Marissa. “Sono giorni che cerco di comunicare con lui per scoprire come ha fatto a conoscermi...”

Lui... ti conosce?” chiese Siobhan stupita.

E' stato lui a salvarmi dall'attacco di quella creatura, a Waford. Ma dice di conoscermi da molto prima. E oggi mi ha mandato una visione che riguarda il nostro primo incontro.”

Marissa raccontò nei dettagli ciò che aveva visto, mentre Siobhan ascoltava attenta e incredula. Quando ebbe finito, l'insegnante si alzò in piedi e prese a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza, finché Damien, stufo, chiese con l'irruenza che gli era propria: “Allora, puoi aiutarci a capire?”

Siobhan si bloccò di colpo. Non era ancora sicura che quel ragazzino le piacesse, ma almeno dimostrava fegato.

Adesso abbiamo un 'noi' qui?” chiese guardandoli ironicamente.

Marissa arrossì, ma tenne il mento alzato e guardò la sua insegnante negli occhi.

Damien è mio amico. Mi è stato vicino in queste settimane, anche quando tutti gli altri mi guardavano con diffidenza. Merita di sapere quanto me.”

Siobhan si risedette con un sospiro.

La verità è questa, ragazzina. Tu sei un enigma per me. Tutto quello che ti accade – e di cose misteriose te ne capitano un bel po' – sembra inspiegabile. Mi sono scervellata giorni sugli antichi testi, sulle pergamene, sui tomi più dimenticati della biblioteca dell'accademia. E Brithdara e Yseult insieme a me. Fra pochi giorni i membri dell'alleanza si riuniranno a Letha e io dovrò dare una spiegazione sulla creatura che ti ha attaccata. Non ho scelta su quello. Potrò tenere nascosto il resto, ma non quello.”

Ma... non capisco! Che collegamento ho io con l'Airknoril? E perché Dracoon può vedere ciò che vedo io? E quella luce bianca cos'era?”

Siobhan batté la mano sul tavolo, facendo sobbalzare i due ragazzi.

Nessuno può avere a che fare con l'Airknoril in questo modo... nessuno!”

Mai lei sì...” le fece notare Damien, per niente impressionato.

Devo riflettere sull'episodio che mi hai raccontato, quello avvenuto all'Accademia. O forse lui potrebbe mostrarmelo...?” Siobhan guardò dubbiosa Dracoon, che teneva il musetto appoggiato sulle zampe squamose. Ma l'animale scosse la testa deciso, in risposta.

Siobhan sospirò. “Molto bene. Invierò una missiva alla priora Adeliz al monastero. Forse se farà luce sull'episodio che hai veduto, tutto il resto ci apparirà più chiaro.”


***

A molte leghe di distanza...


Non posso crederci, hai miseramente fallito! Idiota!” Il Basorham incappucciato tuonava contro il suo simile che stava inginocchiato di fronte a lui, con la fronte che toccava il pavimento.

Non è colpa mia, Maestro. Ho fatto il possibile, ero quasi riuscito a prendere la ragazza... ma quello stupido animale si è messo in mezzo e me lo ha impedito. Se non fosse stato per lui ci sarei riuscito.”

Quello non era un semplice animale... e per colpa della tua inettitudine ora la ragazza si trova già a Letha.”

Mandatemi di nuovo da lei, Maestro. Mandatemi a Letha... vi giuro che questa volta non fallirò.”

Il Bashoram sospirò stancamente, facendo cenno alla creatura inginocchiata di rialzarsi. “Rabnaz, non ho rovesciato Lysar e il consiglio solo per dare fiducia a degli imbecilli che si lasciano sfuggire una ragazzina.”

E così dicendo agitò la mano ingioiellata in direzione del Bashoram che gli stava accanto. “Andrai tu questa volta, Bulkok. Ed ora che la ragazza è fra le mura dell'accademia c'è un solo modo per raggiungerla...”

Come volete, Maestro”, rispose quello, inchinandosi.

Quanto a te...” disse il Maestro rivolgendosi a Rabnaz. “Non vali nemmeno il mio tempo. Guardie, portatelo via. La pena per il fallimento sarà l'esilio perpetuo nelle Terre Fredde. Se fra un anno sarai sopravvissuto, potrai sempre tornare.”

Rabnaz venne trascinato via urlando, mentre il Maestro lo guardava con disprezzo.

E sono stato anche generoso”, disse fra sé e sé.





Nota dell'Autrice: Ed eccoci con il nuovo capitolo, in cui viene dato qualche indizio in più su ciò che accadde a Marissa da bambina e nel ruolo che Dracoon ha avuto in questo. Mentre ormai dovrebbe essere palese chi ha attaccato la ragazza a Waford... naturalmente loro, i mostruosi Basorham. Siobhan dovrà avere a che fare presto con l'alleanza, e dovrà trovare un modo per imbastire loro la storia. E Damien? Che dite, comincia a riscattarsi un po'?

Grazie a tutti voi che seguite con tanta pazienza. Questa è una storia molto difficile per me, che fin'ora ho affrontato il fantasy solo da lettrice, quindi vi ringrazio infinitamente per l'incoraggiamento che mi date.

Alla prossima

Eilan

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Capitolo 9
*** Gemelli si nasce ***


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Il palazzo dell'Alleanza era immerso nel silenzio e nella penombra, rischiarata solo dai bracieri che correvano per tutta il perimetro interno dell'edificio, alimentati da olio di bacche di cernot.

Siobhan si sentiva nervosa, e questo non le dava alcuna confidenza in se stessa. Il nervosismo era talmente lontano dal proprio carattere, che a stento lo aveva riconosciuto come tale. Yseult invece era apparentemente calma, lo sguardo assorto mentre si infilava i guanti bianchi, aggiustandoseli sulle dita.

Brithdara lanciava uno sguardo preoccupato prima all'una e poi all'altra, e sembrava voler dire qualcosa, ma senza trovare il coraggio per farlo.

Siobhan lo aveva notato, ma siccome l'insicurezza di Brithdara le dava sui nervi, evitò di chiederle di confidarsi. Infilò la lunga veste bianca, che si adattava al suo corpo snello come un guanto. Strinse i lacci che aveva dietro la schiena e passò le mani sulle maniche per lisciarle. Poi si osservò allo specchio: l'abito dei Delegati era immacolato, fatta eccezione per le otto stelle dorate impresse sul petto. Allacciò l'ultimo bottoncino bianco che chiudeva il collo alto e rigido, indossò la mantellina pure bianca e infilò i guanti. I capelli biondi erano raccolti in una rigida crocchia, e gli occhi azzurri di solito brillanti sembravano spenti.

Andiamo?” disse infine Yseult, portandosi alle sue spalle. “Sei pronta?”

Siobhan sospirò, raddrizzando le spalle. “Andiamo.”


Due servitori spalancarono le porte della Sala Maggiore all'arrivo delle tre delegate, con Siobhan in testa. Le donne, con le mani infilate nelle ampie soprammaniche della veste, entrarono con passo misurato e presero posto nei seggi che gli spettavano. Il tavolo ovale era ghiacciato al tatto, e completamente trasparente: sotto di esso erano perfettamente visibili le piastrelle colorate del pavimento. Era stato fabbricato con marmo di ghiaccio, un materiale che si trovava solo nelle cave di Valchir. Era stato un dono del re degli elfi, e risaliva a diversi secoli prima. Per quanto Siobhan ne sapesse era sempre stato in quella sala, e aveva ospitato ogni singola riunione dell'alleanza. Vi passò le dita assorta, provando un brivido di freddo lungo la spina dorsale. Per l'ennesima volta si chiese se non fosse stato un errore, se i suoi predecessori non avessero agito precipitosamente nell'esiliare per sempre gli elfi dagli Otto Regni e dal resto del mondo conosciuto. Quelle creature erano sempre state geniali, potenti... e non era un caso che una loro discendente fosse altrettanto straordinaria. Era evidente da quanti problemi e quanti enigmi Marissa portava con sé.

Quando tutti i membri furono seduti Lord Arnulf prese la parola, esponendo brevemente i punti all'ordine del giorno. Un'assegnazione di terre contese tra due nobili; l'approvvigionamento di grano a Flanshire, i cui magazzini contenevano più ragnatele e polvere che provviste; l'addestramento e il collocamento delle truppe dell'Alleanza. Siobhan lo ascoltò distrattamente, presa dai propri pensieri. L'uomo che le stava di fronte non aveva la sua simpatia, e questo non era un mistero per nessuno, neppure forse per lo stesso Arnulf. Aveva un modo di fare mellifluo, untuoso... borioso. Si riteneva una spanna sopra a tutti solo perché portava il cognome Fielding. La sua discendenza altolocata gli aveva aperto molte porte, ma Siobhan si chiedeva spesso se una goccia di talento del Grande Mago Kendell scorresse di fatto nelle vene del suo pronipote.

Discussero per circa un'ora sulle decisioni da prendere, mentre ogni parola veniva doverosamente verbalizzata dai maghi di Arnulf. Dorea della Terza Stella, una delegata di Kianares, nel nord, chiese se di nuovo non si potesse tentare di persuadere le Zarall ad unirsi al consiglio, di inviare una loro delegata.

Abbiamo affrontato questo argomento innumerevoli volte, Dorea”, le rammentò Siobhan. “Abbiamo tentato a più riprese, ma le Zarall preferiscono non assumere incarichi ufficiali. Ci tengono alla loro indipendenza.”

Devo rammentarvi che gli avvistamenti di Basorham continuano? Dobbiamo seguitare ad ignorarli?”

Fandonie!” tuonò Lord Arnulf. “Dovremmo prendere sul serio ogni avvistamento di fatine e unicorni che i marinai ubriachi avvistano di continuo?”

A questo proposito milord”, intervenne Siobhan, “la pensavo anch'io come voi, ma devo riportare a questa assemblea un episodio a cui ho potuto assistere con i miei occhi.”

La donna raccontò ciò che era capitato a lei e Marissa a Waford, e notò le espressioni dei delegati mutare da scettiche ad attente.

E voi dite di essere sicura della natura di questo... essere? Era davvero un Basorham?” chiese Dorea di Kianares.

Non posso giurarlo. Ma considerando gli avvistamenti recenti è una possibilità da non escludere.”

E sia”, disse infine Lord Arnulf, più annoiato che preoccupato. “Ordinerò delle indagini.”

Dunque...” continuò tamburellando le lunghe dita sul tavolo. “Non ci resta che la relazione dall'Accademia da affrontare. Come procedono i nuovi allievi, Lady Siobhan?”

Yseult lanciò un'occhiata preoccupata alla sua amica, improvvisamente vigile.

Bene, Lord Arnulf. I cadetti danno del loro meglio. E di recente è giunta tra noi anche un'allieva con il dono.”

Una buona notizia! Avete altro da segnalarmi o tutto procede come al solito?”

Siobhan deglutì. “Tutto come al solito, milord.”

Bene”, disse l'uomo inforcando un paio di lenti da vista montate in oro e studiando una pergamena ricoperta di nomi e date. “Vedo che gli allievi sono attualmente quindici-”

In verità Lord Arnulf”, lo interruppe Brithdara, quasi strillando, “ci sarebbe un'altra cosa...”

Siobhan si voltò di scatto, fulminando la maga con lo sguardo. Mosse le labbra per dirle di tacere, ma Brithdara, rossa fino alla radice dei capelli, fece finta di non vederla. Gli occhi di Siobhan mandavano scintille. Se avesse potuto incenerire Brithdara sul posto lo avrebbe senz'altro fatto.

Di cosa parlate, Lady Brithdara?” chiese Arnulf poco convinto, guardandola in tralice da sopra le lenti.

Con voce tremante, ed ignorando lo sguardo duro di Siobhan, Brithdara raccontò di ciò che era capitato a Marissa e alla pietra.


* * *

Piccole gocce di pioggia inumidivano il terreno, amplificando i profumi della foresta, incollando tra loro foglie ed aghi di pino e facendo affondare i rami caduti in una poltiglia di fango.

Eppure Dorelynn pensava che non ci fosse mai stato un giorno più bello di quello. Dopo un anno di duro addestramento, di esercitazioni nel combattimento, sia a piedi che a cavallo, di nottate passate all'addiaccio nel tentativo di ritrovare un sentiero o una traccia, di giorni in cui era rientrata al campo talmente stanca e sfatta da pensare che sarebbe crollata a terra, lei e le sue compagne stavano per diventare delle Zarall, membri della sorellanza a tutti gli effetti.

Al centro dell'accampamento era stato acceso un grande fuoco che gettava una grande luce sui volti della guerriere e delle iniziate. Le ragazze erano disposte a cerchio tutto intorno al falò e le Zarall le guardavano dall'esterno di esso. Regina aveva un'espressione fiera sul volto: quelle erano le sue allieve, era lei che le aveva addestrate per tutto quel tempo e non poteva restare indifferente.

Le iniziate se ne stavano in piedi in trepidante attesa, osservando una delle Zarall passare tra loro e distribuire la collana simbolo del nuovo status, che ognuna di loro avrebbe indossato da quel momento in avanti.

Quando venne il suo turno Dorelynn chinò il capo emozionata, e lasciò che la Zarall Dionaea le mettesse al collo quello spesso laccio di cuoio con appesi un pezzo di metallo, uno di corteccia di legno e uno di pelle di cervo essiccata. Ciò a cui le Zarall dovevano dimostrarsi devote: la guerra, la Foresta di Smeraldo e la carne, che rappresentava la loro volontà di dare la vita per la sorelle.

Infine si fece avanti Fedora, la Grande Combattente, il capo della sorellanza, una donna sulla sessantina, con il volto temprato dal sole e i capelli grigi, ma che teneva la schiena dritta come un fuso ed emanava un'aura di autorevolezza assoluta.

Ora siete delle Zarall, delle sorelle, sangue del nostro sangue. Il vostro dovere sarà prima di tutto verso le vostre sorelle, ricordatelo. Siamo fiere di voi, dell ascleta che avete fatto e del lungo percorso che avete affrontato per giungere a questo momento. Quarantuno estati sono trascorse dalla mia iniziazione, eppure rivedo me stessa in ognuna di voi. Ed ora come la nostra tradizione impone sceglierete il vostro fiore.”

Dionaea si fece avanti con un cestino dentro il quale c'erano otto coppie di fiori diversi. A turno le iniziate ne avrebbero pescato uno. Coloro a cui in sorte fossero toccati i due fiori identici sarebbero divenute ciò che le Zarall chiamavano Tanet – gemelle. Ogni Zarall aveva il compito speciale di prendersi cura di una delle altre sorelle, e l'impegno era reciproco. Doveva sempre guardarle le spalle, evitare ad ogni costo che qualcosa di male le accadesse. Sarebbero state quasi un unico essere.

Ogni ragazza estrasse un fiore. Quando toccò a Dorelynn pescò un'Azaria, un fiore rosso dalle sfumature arancioni. Dopo di lei c'erano altre tre ragazze, e l'ultima a dover scegliere era Galinthia.

Le due iniziate dopo Dorelynn estrassero una un Lomoth – un fiore dai grandi petali blu -, e l'altra un Oniafer – un fiorellino violaceo. Dorleynn trattenne il fiato, mentre Galinthia estraeva l'ultimo fiore rimasto. Il risultato era scontato, ma Dorelynn sentì la frustrazione serrarle lo stomaco quando vide la sua rivale pescare dalla cesta l'altro esemplare di Azaria.


-Ti rendi conto? Di tutte le ragazze doveva capitarmi proprio lei? Dorelynn provava una grande rabbia e un senso di sconfitta. E ciò che la indispettiva di più era il fatto che l'essere diventata la Tanet di Galinthia aveva rovinato la giornata che tanto aveva atteso, quell'iniziazione tanto sognata e desiderata che arrivava a coronare gli sforzi compiuti nell'anno passato.

-Mi dispiace, Dorelynn, rispose Damien intristito dal duro sfogo della sorella. Non sapeva come consolarla, cosa dire per rendere meno amara la sua delusione.

-Quella ragazza mi odia! Pensi davvero che se fossi in pericolo sacrificherebbe la vita per me?

-Beh...

-E anche se lo facesse, continuò Dorelynn, troppo presa dal suo sfogo per badare al fratello, penso che preferirei venire trapassata da cento frecce piuttosto che svolgere ogni missione, ogni turno di guardia, ogni pattugliamento in sua compagnia!

-Potrebbe arrivare a piacerti, azzardò Damien.

-E' stata lei a prendermi di mira fin dal primo giorno, non io. Se ci sarà qualcuna che dovrà adattarsi quella sarà lei!

-Visto che non sono in grado di alleviare la tua frustrazione, preferisci che cambi argomento?

-Sì, forse è meglio, sospirò Dorelynn, è inutile rimuginare su ciò che non posso cambiare. Quella mocciosa insopportabile sarà la mia Tanet per il resto della vita, quindi dovrò solo rassegnarmi. Raccontami come sta andando il tuo addestramento, almeno mi distrarrò...

-Bene! Ci crederesti se ti dicessi che, per la prima volta nella vita, mi sto davvero appassionando a quello che faccio? Anche la mia insegnante dice che sono molto migliorato. Ho evitato l'espulsione e il vergognoso ritorno a casa, dove mio padre avrebbe pianto ancora una volta per il suo figlio tanto scapestrato.

-Non dirmi che è tutto merito della tua nuova amica?

-In parte sì. Dobbiamo anche capire perché la Pietra abbia quell'effetto su di lei. Siobhan non sa più dove sbattere la testa. In più è furiosa per il comportamento di Brithdara, che ha spifferato tutto ad Arnulf nonostante lei avesse chiaramente deciso di non farlo. Ma ci sono altre voci che preoccupano tutti qui a Letha, tanto che Lord Arnulf ha ordinato un'indagine approfondita. Ci sono stati degli avvistamenti di Bashoram.

-Non qui nella Foresta, commentò Dorelynn pacata. Era chiaro che non prendeva molto sul serio la cosa. Erano talmente tanti secoli che i Bashoram non mostravano il loro volto che per le nuove generazioni non erano diventati niente di più che personaggi delle favole che le loro madri gli raccontavano per spaventarli quando da bambini non facevano i bravi.

-Mi prometti che mi terrai al corrente di come vanno le cose tra te e Galinthia?

-Lo farò senz'altro, fratellino, ma non aspettarti nulla di positivo a breve termine.


* * *

Siobhan aveva avuto una seria discussione con Brithdara una volta tornate all'Accademia. A dir la verità non sapeva neppure lei come aveva fatto a evitare di prendere a schiaffi quella faccia di bronzo. Brithdara l'aveva sfidata apertamente, ma non sembrava pentita.

Era nostro dovere riferire un'informazione così importante al nostro superiore”, fu l'unica ostinata spiegazione che diede di fronte alla furia di Siobhan.

L'insignificante e spaventata donnetta che Siobhan aveva sempre conosciuto sembrava uscita dal suo guscio, seppure ancora un po' tremante di fronte al suo sguardo duro.

So che sei di grado superiore a me, Siobhan. Ma non sono una delle tue allieve... sono una maga per mio diritto e non sono tenuta ad obbedirti! Anche se tu evidentemente ne sei convinta...”

Così Siobhan aveva dovuto mandare giù la sua rabbia, e per farlo aveva cercato di convogliare l'energia nell'insegnamento e nello scoprire il mistero che aleggiava intorno a Marissa. La ragazza era un'allieva diligente e volenterosa e il suo potere cresceva ad un ritmo impressionante. Grazie al suo esempio anche Damien era migliorato notevolmente, e Siobhan era arrivata a credere che un giorno sarebbe diventato un grande mago.

Aveva inviato una missiva alla Prioria Adeliz, al monastero della Beata Laodamia. Nella lettera domandava se la religiosa potesse rievocare per lei un episodio di cui Marissa doveva essere stata la protagonista ad un'età di circa tre o quattro anni. Non aveva altro su cui lavorare, per cui sperò che la memoria della Priora fosse ostinata come il suo carattere.



* * *

Dorelynn si era ormai abituata al movimento ritmico del cavallo, ed al rumore attutito dei suoi zoccoli. Cercò di concentrarsi su questo per non dover prestare attenzione alla ragazza che cavalcava al suo fianco.

Smettila di far finta di non vedermi, principessina”, gli disse ad un certo punto Galinthia, “siamo unite indissolubilmente io e te, che ci piaccia o no. Siamo Tanet ora, e questo ci rende più unite che se fossimo state partorite dalla stessa madre, nello stesso momento.”

Ho già un gemello”, borbottò Dorelynn in risposta, “non me ne serve un'altra.”

Hai un gemello? Non lo sapevo. E tu ti sei mai preoccupata di sapere se io ne avessi uno, o una famiglia, o da dove venissi?”

Non me ne hai mai dato l'occasione. Ti sei scagliata su di me non appena mi hai vista”, rispose secca Dorelynn, portando il cavallo al passo. La treccia alta che tradizionalmente tutte le Zarall portavano le batteva sulla schiena al ritmo della cavalcata, e la spada ricurva che le era stata consegnata il giorno dell'iniziazione le pendeva al fianco.

Galinthia sorrise tra sé. “E non ne vedi il motivo, mia ingenua ragazza? Invidia, pura e semplice. Sono nata in un piccolo villaggio di pescatori non lontano da Conne, e non ho mai posseduto niente. Ed ecco apparire te, sfolgorante nella tua tunica ricamata, con i tuoi servitori e i tuoi beni di lusso. Non capisci come ci siamo sentite io e le altre allieve?”

Non era un motivo per escludermi ed emarginarmi”, le fece notare Dorelynn, ma con voce meno dura.

Tra le due ragazze calò il silenzio, ed entrambe tennero gli occhi aperti scrutando i dintorni. D'altronde era per quello che pattugliavano i confini della Foresta di Smeraldo.

Dorelynn guardò in basso e l'occhio le cadde sul piccolo tatuaggio che le ornava il polso. Un'Azaria, identica a quella portata da Galinthia. Era stata fatta loro la mattina successiva all'iniziazione, e così alle altre ragazze i rispettivi fiori.

Continuarono la loro ronda lungo la costa che era stata loro assegnata: quella nord, che si affacciava sul Mare di Azure. Dorelynn alzò il capo: alle sue narici giunse distinto l'odore salmastro che tante volte aveva sentito a Conne. Il mare non poteva essere lontano.

Proseguirono ancora per qualche miglio, svoltando ad ovest. La foresta cominciò a diradarsi, lasciando il posto a verdi distese d'erba punteggiate di macchie colorate: i primi fiori dell'anno. Non ci volle molto perché giungessero sulla scogliera che sovrastava l'immensa distesa d'acqua salina.

Fermarono i cavalli a pochi passi del precipizio e rimasero ad osservare l'infrangersi delle onde sugli scogli, molti metri più in basso.

Quanto tempo è trascorso dall'ultima volta che ho visto il mare!” commentò Galinthia, rapita. La leggera brezza marina le colpiva in pieno volto, ma non era una sensazione spiacevole.

La tua era una famiglia di pescatori?” chiese Dorelynn.

Mio padre ha preso la sua barchetta ogni mattina per venticinque anni. Un giorno il mare l'ha inghiottito e non lo abbiamo più rivisto. È stato allora che ho scelto di unirmi alle Zarall piuttosto che morire di fame o essere costretta ad entrare in un bordello.”

Mi dispiace molto”, mormorò Dorelynn. E per la prima volta provò una sorta di simpatia verso gemella che le era stata imposta.


* * *

La lezione di quel giorno fu particolarmente impegnativa per Marissa. Il tema era il respiro: come controllarlo perché diventasse una leggera brezza o, all'occorrenza, un vento capace di spazzare via una casa. La ragazza si impegnò molto, ma quando pensava alle parole nella sua testa – parole che conosceva d'istinto, senza bisogno di impararle – e portava una mano sotto il mento per aiutarsi, il soffio che ne usciva era a volte troppo debole, a volte troppo forte. Rovesciò la scrivania di Siobhan, mandandola a sbattere contro il muro con un gran fracasso, prima di riuscire a fermarsi. Ma Siobhan sembrava distratta quel giorno, la mente assente, e mancò di rimproverarla come avrebbe fatto di solito.

Alla fine fece uscire tutti prima del termine della lezione, ma chiese a Marissa di restare ancora un po'. Lei non se ne stupì: era usuale che Siobhan le dedicasse del tempo esclusivo alla fine di ogni lezione, ma le parve strano che volesse farlo quel giorno, quando era così chiaramente persa nei propri pensieri.

Non voglio prolungare la lezione, Marissa”, si affrettò a chiarire l'insegnante una volta rimaste sole. “Non oggi.”

E allora perché sono qui?”

Siobhan le lanciò un'occhiata attenta. Nell'arco di quell'anno Marissa aveva compiuto notevoli progressi. Ed era anche più alta, meno timida e più sicura di sé. Una giovane donna in boccio.

Ti ho chiesto di restare perché ho finalmente avuto una risposta dal monastero.”

Dunque? Hai scoperto cosa mi accadde da bambina?”

Siobhan scosse il capo, desolata. “L'unica che avrebbe potuto far luce sull'accaduto era la priora. Ma mi è stato riferito che, dopo aver ricevuto la mia lettera, è morta improvvisamente. Il cuore, dicono.”

Ci credi?”

Che sia stato un incidente? No, non credo alle coincidenze. Qualcuno si sta dando molta pena perché il tuo passato non venga alla luce.”




Nota dell'Autrice: Con scandalosissimo ritardo, eccomi tornata! Ci ho messo una vita per scrivere questo capitolo, perché la storia mi era chiara in mente fino ad un certo punto (e sui fatti principali ovviamente lo è fino alla fine), e da adesso in poi devo lavorare molto per chiarirmi le idee e capire come andrà avanti. Ho ricevuto tante recensioni davvero fantastiche, e non posso che ringraziarvi per avermi dato il sostegno e la spinta necessarie per continuare.

E niente, spero che questo capitolo piaccia...

Alla prossima

Eilan


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