La mia seconda vita

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ma chi me l'ha fatto fare? ***
Capitolo 2: *** Una colossale perdita di tempo. ***
Capitolo 3: *** Questo lavoro non sarà facile! ***
Capitolo 4: *** Questa donna mi farà impazzire! ***
Capitolo 5: *** Amo questo Paese. ***
Capitolo 6: *** Notte insonne. ***
Capitolo 7: *** Il mio coinquilino Sheldon ***
Capitolo 8: *** Qualcosa di più. ***
Capitolo 9: *** Di oche e di farfalle ***
Capitolo 10: *** Una splendida giornata ***
Capitolo 11: *** Molto rumore per... ***
Capitolo 12: *** Sono un idiota ***
Capitolo 13: *** La dolce Karen ***
Capitolo 14: *** Viaggio nel tempo ***



Capitolo 1
*** Ma chi me l'ha fatto fare? ***


-60 
Questo incarico non è ancora incominciato e già sto contando i giorni che mi separano dal momento in cui potrò finalmente tornare al mio lavoro, quello vero.
Ma chi me l'ha fatto fare?
Questa di solito è una domanda retorica che non ha risposta. In questo caso, però, la risposta c'è: il professor Gatti.
Si, lo so , non ci state capendo niente, quindi andiamo con ordine.
Tre anni fa mi sono laureata in archeologia. Dopo il dottorato, sei mesi fa, il docente che mi ha seguito in questo lungo percorso, mi ha proposto di diventare sua assistente
Avrete capito che quindi devo molto al professor Gatti. In un ambiente come quello universitario trovare una persona che ti valuta per le tue capacità, e non per chi ti raccomanda, è abbastanza raro. Quindi, quando mi ha proposto di sostituirlo in questo incarico, non potevo rifiutarmi.
In fondo, mi sono detta, due mesi passano in fretta.
Ora però non ne ero più tanto convinta.
Vi starete chiedendo che genere di lavoro sia.
Beh, in un certo senso me lo sto chiedendo anche io.
In realtà non so bene cosa aspettarmi, so solo che il sito di cui la nostra università si occupa da vari anni in collaborazione con il governo turco, è stato scelto come set per un film. Io dovrò vigilare in modo che non siano arrecati danni e fungere da consulente.
Non è però questa parte del lavoro che mi preoccupa, ma ciò che mi aspetta questa mattina.
Le riprese inizieranno solo fra due settimane, ma io sono già qui perché, in questi quindici giorni, dovrò insegnare come lavora un archeologo all'attore protagonista. 
E temo che sarà tutt'altro che una passeggiata.
Non fraintendetemi, a me piace insegnare, ed ho affiancato spesso degli studenti durante gli scavi estivi. Fa parte del mio lavoro. Ma quelli erano, appunto, studenti entusiasti che stavano seguendo una passione.
Non attori hollywoodiani viziati, strapagati e con un ego probabilmente enorme.
In realtà non so chi sia il ''mio studente'', non perché si tratta di un attore sconosciuto, ma proprio perché non so il suo nome.
Doveva esserci il professor Gatti qui al posto mio, ma una settimana fa, a causa di un incidente stradale, si era procurato una brutta frattura ad una gamba e, come ho già detto, io avevo dovuto sostituirlo.
Così, con appena due giorni di preavviso, avevo fatto i bagagli ed ero partita, sapendo soltanto che avrei trovato sul posto un incaricato della produzione che mi avrebbe spiegato tutto.

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Capitolo 2
*** Una colossale perdita di tempo. ***


8:45
Sono ancora in camera.
Fra 15 minuti incontrerò l'archeologo che mi affiancherà per le prossime due settimane.
Non ne sono entusiasta. Anzi, diciamo pure che questi 15 giorni in giro per musei e scavi archeologici in compagnia di un austero professore universitario italiano, mi sembrano una colossale perdita di tempo.
Ma Mel, il mio amico Mel, regista di questo film, è convinto che questa ''cosa'' sia indispensabile per interpretare al meglio il personaggio.
Grazie amico! Se non fosse per il fatto che partecipare a questo film è un modo per ricambiare almeno un po' ciò che Mel ha fatto per me in passato...
Accidenti, sarà come ritornare a scuola. Ed io dalla scuola sono scappato appena ho potuto.
Comunque ormai sono qui, mi dico uscendo dalla camera ed avviandomi al ristorante dell'hotel, dove ho appuntamento per colazione con Brian, l'inviato della produzione, e il ''dott. B. Guerra''.
Due settimane passano in fretta, mi dico, anche se sono convinto che saranno interminabili.

Sono in anticipo, ma Brian è già seduto al tavolo. È qui solo per presentarci ed evidentemente è ansioso di ritornare al suo ufficio di Los Angeles.
Non sa quanto lo invidio.
Ci salutiamo e, mentre sorseggio il mio caffè, lo sento rivolgersi in italiano a qualcuno dietro di me.
Alzo gli occhi sull'orologio alla parete.
Sta scoccando le nove in questo preciso istante. A quanto pare questo dott. Guerra è un maniaco della puntualità.
Prendo un bel respiro, mi giro... e la mia bocca si apre prima che il cervello possa intervenire. -Ma è una donna!- complimenti Robert, ottimo spirito di osservazione!
Mi do mentalmente dell'idiota. Bel modo di iniziare un rapporto di lavoro!
Devo rimediare alla brutta figura.
Magari non conosce bene l'inglese e non ha capito ciò che ho detto. 
O magari è una mia fan, e trovandosi davanti a me non ha fatto troppo caso a ciò che mi è uscito dalla bocca.
No, meglio sperare nella prima ipotesi. È una archeologa e al cinema non andrà certo a vedere Iron Man!
Poso la tazza di caffè e allungo la mano per presentarmi: -Robert Downey. Spero di non mettere troppo alla prova la sua pazienza nei prossimi giorni. Non sono mai stato granché come studente.-
Sorride stringendomi la mano, (ha davvero un bel sorriso), e risponde senza che Brian debba tradurle ciò che ho detto. -Barbara Guerra. Non si preoccupi, la pazienza non mi manca.- il suo inglese è davvero buono: do definitivamente addio alla speranza che prima non abbia capito. -E poi non penso che sarà uno studente così disastroso. Per fare l'archeologo ci vuole anche intuito e spirito di osservazione, e lei ha appena dimostrato di averne.- Sorride di nuovo: è ironica e con la battuta pronta. Mi piace.
Forse tutto sommato queste due settimane non saranno così male.

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Capitolo 3
*** Questo lavoro non sarà facile! ***


Si, lo so, forse ho esagerato.
Forse dovevo fare finta di non aver sentito.
Ma quando si è girato e ho realizzato che avrei lavorato con Robert Downey Jr, capirete che il mio cervello ha avuto bisogno di più di qualche attimo per tornare alla normalità.
Non fraintendetemi, non sono una sua fan scatenata, ho visto qualche suo film, (tutti quelli Marvel e qualche Sherlock Holmes qua e là, ma è ESCLUSIVAMENTE colpa del mio amico Stefano!), ma trovarsi davanti uno degli attori più famosi di Hollywood non è da tutti i giorni.
E nel frattempo lui se ne è uscito con quel ''Ma è una donna!''
E io gli ho risposto a quel modo.
Certo è che anche lui se l'è cercata con quella uscita poco felice. Quindi siamo pari.
Ripensandoci ora, però, mi rendo conto che probabilmente, visti i tempi stretti, forse non era stato informato della sostituzione e si aspettava un uomo.
Ben fatto Barbara!
Ora penserà che sei una zitella inacidita.
Anche se al momento mi è sembrato piuttosto divertito.
Ma è pur sempre un attore e potrebbe aver simulato...
Lo sapevo che questo lavoro non sarebbe stato facile!

L'incaricato della produzione se ne è andato subito dopo colazione, dandoci carta bianca su come organizzarci.
Perciò ora siamo qui, seduti a un tavolino sulla terrazza dell'hotel, a programmare i prossimi giorni.
-Avrei pensato di dedicare la prima settimana all'esperienza di scavo vera e propria- gli propongo senza alzare gli occhi dai miei appunti, -C'è una piccola zona che abbiamo sondato lo scorso anno, non ha dato grandi risultati, ma per far pratica va più che bene.-
-Vuol dire che dovrò scavare per davvero?- mi chiede sorpreso.
-Certo, ha forse paura di sporcarsi le mani?- domando ironica. Eccolo qua. Lo sapevo che prima o poi sarebbe venuto fuori l'attore viziato e schizzinoso.
-No, è che...- sorride incerto -non vorrei danneggiare qualcosa che si è conservato intatto per centinaia di anni.-
-Migliaia...- mormoro dandomi della stupida per aver frainteso.
-Come scusi?-
-I reperti del sito hanno una datazione di circa 2500 anni- ecco, ora mi metto pure a fare la maestrina saccente!
-Ecco, appunto- continua come se niente fosse. Quest'uomo ha una pazienza infinita. Io al suo posto mi sarei già mandata a quel paese. -È sicura che non farò danni?- mi domanda cercando il mio sguardo.
-Non si preoccupi- riesco a dire -in fondo è qui per imparare, no?- (E anche io dovrei imparare due o tre cosette sul riflettere prima di parlare: non mi era mai capitato di infilare così tante frasi a sproposito una dietro l'altra!)
-Giusto.- ribatte sorridendo. Poi, con i gomiti sul tavolo, appoggia il mento sulle mani e mi domanda:-E gli altri sette giorni?- un sorrisetto furbo gli increspa l'angolo della bocca, -Facciamo vacanza? Mi hanno detto che la costa è bellissima.-
È chiaro che mi sta provocando.
Non riesco a trattenere un sorriso e decido di stare al gioco.
-Si , è vero. E poi in questo periodo è ancora molto tranquilla.- mi appoggio anch'io con i gomiti sul tavolo, lo guardo negli occhi (sono di un bel color cioccolato, al cinema non me ne ero mai accorta... BARBARA TORNA IN TE! IMMEDIATAMENTE!) , e, abbassando il tono di voce, continuo:-Ma come lo giustificheremo con la produzione?-
Finge di pensarci su. -Ricerche sugli usi balneari degli antichi?- i nostri sguardi si incrociano e scoppiamo a ridere, -Non se la berrebbero, vero?-
-No, non credo proprio.-
-Va bene, niente vacanza.- incrocia le braccia appoggiandosi allo schienale della sedia, mimando una esagerata delusione. -Che cosa proponi, allora?-
Quand'è che siamo passati al tu? Deve essermi sfuggito qualche passaggio. 
-Avevo pensato di spostarci a Istambul. Ho una amica che lavora al museo archeologico e potrebbe mostrarti come si restaura e conserva ciò che troviamo durante gli scavi.
-Perfetto. Che Istambul sia, allora!- e aggiunge guardandomi di sottecchi, -Se proprio non vuoi andare al mare...-

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Capitolo 4
*** Questa donna mi farà impazzire! ***


8:30
Siamo sulla strada che da Ankara ci porterà alla cittadina dove si trovano gli scavi.
Ieri sera mi sono studiato il percorso: davo per scontato che avrei guidato io l'auto che la produzione ci ha messo a disposizione.
Ma ho capito subito che con la dottoressa Guerra non devo dare niente per scontato.
-Sarà un viaggio lungo, non ha senso che guidi solo tu.- mi ha detto quando ha capito le mie intenzioni. -Faccio questa strada tutti gli anni, la conosco bene. Ti puoi fidare.- ha aggiunto sorridendomi.
-Non era per mancanza di fiducia.- ho tentato di giustificarmi.
-Allora era per cavalleria?- ha insistito in tono ironico.
Ho alzato le mani in segno di resa.
-Ok, ok, guideremo a turno, va bene?-
Ho fatto per salire al posto di guida, ma lei era ancora ferma davanti a me.
-Che c'è ancora?- le ho chiesto alzando gli occhi al cielo.
-Il primo tratto vorrei farlo io se non ti spiace.- e ha teso la mano perché le dessi le chiavi.
Gliele ho consegnate e, con un sospiro, ho preso posto sul sedile del passeggero.
Questa donna mi farà impazzire!
Allo stesso modo però, questi nostri battibecchi mi divertono da morire.
-Non è che per caso sei tu a non fidarti?- la provoco.
Non mi risponde, ma sorride enigmatica, mette in moto e parte.
Dopo solo cinque minuti, mi rendo conto che forse aveva ragione: questa città è un delirio!
Avessi guidato io, staremmo ancora girando in tondo nel tentativo di uscirne.
Mi ha fatto un favore insistendo per guidare, ma mi guarderò bene dal farglielo sapere.

Per i primi chilometri siamo rimasti in silenzio ed io mi sono sorpreso a fissarla più di una volta.
Non credo se ne sia accorta, era occupata a guidare e il mio sguardo era coperto dagli occhiali da sole, perché altrimenti sarebbe stato alquanto imbarazzante.
Mi stavo comportando come un ragazzino.
Non riuscivo a smettere di guardarla.
Questa donna mi incuriosisce, e l'idea di passarci insieme le prossime settimane, devo ammettere che mi piace molto.
Anche se so che sarà probabilmente una battaglia continua. In fondo si chiama Guerra, war, non posso aspettarmi niente di meno!
-Posso farti una domanda?- le chiedo per spezzare un silenzio che si sta protraendo un po' troppo.
E anche perché voglio cominciare a scoprire un po' di più su di lei.
-Dipende.- risponde spiazzandomi.
-Da cosa?-
-Dalla domanda.-
-Se non vuoi rispondere sei libera di non farlo.- la rassicuro.
-Va bene, chiedi.-
-Ho avuto l'impressione che non fossi entusiasta di questo lavoro- (''l'impressione''?, diciamo la certezza!) -Perché hai accettato se non volevi farlo?-
Ci pensa su un attimo e poi risponde senza distogliere gli occhi dalla strada.
-Per gratitudine.-
Questa risposta non me l'aspettavo.
Rimango senza parole perché è ciò che avrei potuto dire io se mi avessero fatto la stessa domanda.
-Il professor Gatti, l'archeologo che sto sostituendo, è stato quasi un padre per me negli ultimi anni. Era il minimo che potessi fare. E poi,- sorride -in facoltà non c'era nessun altro che potesse partire con un preavviso di solo due giorni.-
Colgo la palla al balzo e le domando a bruciapelo:-Vuoi dire che il tuo fidanzato non ha nulla da dire sul fatto che tu sia qui con me?-
Si gira a guardarmi per un momento con un'espressione indecifrabile, poi torna a fissare la strada.
-Forse non lo sai,- la provoco -ma molte donne sarebbero più che contente di trovarsi al tuo posto.-
-Non ne dubito, ma io non sono ''molte donne''.-
(Di questo sono certo.)
-Comunque non mi hai risposto.- insisto.
-Qual'era la domanda?-
Riuscirò mai ad avere l'ultima parola con lei?
Credo che sarà divertente scoprirlo.

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Capitolo 5
*** Amo questo Paese. ***


-È quasi l'una, che ne dici di fermarci a mangiare qualcosa?-
È l'unico modo che al momento mi è venuto in mente per evitare di rispondere alla sua domanda.
Non parlo volentieri della mia vita, e farlo con qualcuno che ho conosciuto solo ieri è decisamente fuori discussione.
Eppure sono stata io a farne accenno, seppur indirettamente.
Non so cosa mi sia preso.
E non so cosa sia preso a lui, che ha passato la prima ora di viaggio a fissarmi in silenzio.
Ero sul punto di chiedergli che diavolo avesse da guardare, quando finalmente si è deciso a parlare.
E forse era meglio se continuava a stare zitto.

Ci siamo fermati in una piccola lokanta sulla strada. Robert mi ha chiesto di ordinare anche per lui, visto che conosco questo posto perché mi ci fermo a mangiare tutti gli anni con gli altri archeologi, quando facciamo questa strada per raggiungere gli scavi per la campagna estiva.
Abbiamo pranzato velocemente e poi ripreso il viaggio.
Era il suo turno per guidare, e, forse per questo, o perché ha capito che non era il caso di insistere, i nostri discorsi sono stati più superficiali.
È quasi sera, quando finalmente arriviamo a destinazione.
Appena scendo dall'auto mi ritrovo avvolta nell'abbraccio di Flore.
Flore gestisce il piccolo albergo che è la nostra casa durante le campagne di scavo ed ha praticamente adottato tutto il nostro gruppo e me in particolare.
Adoro questa donna.
A vent'anni ha lasciato il suo paese, la Francia, per seguire il suo amore, infischiandosene di chi la giudicava pazza o incosciente, e, dopo più di trent'anni passati insieme, vedere lei e il compagno ancora innamorati come ragazzini, è una cosa che mi riconcilia con l'idea dell'amore. Nonostante tutto.
-Cherie, che bello rivederti!- esclama liberandomi dall'abbraccio, poi si rivolge a Robert:-Mr Downey, spero che la nostra umile locanda soddisfi ogni sua necessità.- manca poco che si inchini: tanti anni in questo paese non sono passati invano, Flore è un misto di esuberanza francese e modi da perfetta donna turca. E non sai mai cosa aspettarti.
Sorrido dell'espressione che compare sul volto di Robert e saluto Tarik, il compagno di Flore, che è arrivato per accoglierci ed aiutarci con i bagagli.
-Lasciamo che siano gli uomini ad occuparsi delle valigie.- intanto Flore mi prende sottobraccio e mi guida verso l'ingresso.
-Quando ho saputo che saresti arrivata, non sai quanto sono stata felice. Ma dimmi, il professore come sta? Mi hanno detto dell'incidente.-
-È stato fortunato tutto sommato, ha solo una gamba rotta, ma, come puoi immaginare, non poteva occuparsi di questo lavoro.- le dico voltandomi indietro a guardare Robert e Tarik alle prese con i bagagli.
Lei si accorge del mio sguardo e mi sussurra sorridendo:-Sarà anche una star del cinema, ma sono certa che è sicuramente in grado di portare due valigie.-
Ho già detto che adoro questa donna?

Finalmente in camera mi concedo una lunga doccia, poi indosso un paio di jeans e un maglioncino, il sole sta calando e non è più così caldo, ed esco sul microscopico terrazzino a salutare il panorama.
È la prima cosa che faccio ogni volta che torno qui.
Amo questo paese, nonostante tutte le sue contraddizioni, sempre in bilico fra Oriente e Occidente, laico ma anche profondamente religioso, moderno ma legato al suo grande passato.
Quando ci sono venuta per la prima volta, tanti anni fa, nell'altra mia vita, ci ho lasciato un pezzetto di cuore. Ma non avrei immaginato che ci sarei poi tornata e sarei arrivata a considerarlo come una seconda casa.
Allargo le braccia come a voler abbracciare tutta la bellezza che ho davanti: le luci delle case intorno che cominciano ad accendersi, la collinetta che cela solo in parte le colonne che si elevano dagli scavi, il sole che sta calando dietro di esse, e respiro a pieni polmoni.
Ringrazio Dio, Allah, Budda, il Fato o qualunque altra cosa sia stata, per ciò che è successo, perché altrimenti non avrei potuto avere tutto questo.
Asciugo veloce una lacrima.
È sicuramente di gioia, perché quelle di dolore e delusione le ha piante tutte quell'altra me.

 

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Capitolo 6
*** Notte insonne. ***


La cena è stata insolitamente silenziosa. Forse era la stanchezza per il viaggio, ma avremo scambiato si e no dieci parole.
Non so cosa passasse per i suoi pensieri, ma, per quanto mi riguarda, continuavo a ripensare a ciò che avevo visto poco prima dal terrazzino della mia camera.
Dopo una doccia ero uscito per prendere una boccata d'aria in attesa dell'ora di cena, quando mi ero accorto che anche lei aveva avuto la stessa idea.
Stavo valutando se rientrare silenziosamente o palesare la mia presenza, attirandomi forse così un suo commento ironico, (eventualità che mi attirava molto), quando avevo visto quella lacrima. 
Un'unica singola lacrima, che era rotolata sulla sua guancia prima che le sue dita salissero veloci ad asciugarla.
Questo lato fragile mi aveva completamente spiazzato.
Avrei voluto saltare il muretto che ci separava per prenderla fra le braccia, ma sono rimasto lì, mentre lei rientrava senza avermi visto, pietrificato da quell'impulso totalmente inaspettato.
Ed ora sono qui, a rigirarmi nel letto incapace di prendere sonno.
Ma che mi prende?
Ieri, quando ancora la credevo un noioso professore, sarei scappato volentieri pur di non incontrarla, stamattina non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso e stasera vorrei stringerla fra le mie braccia.
Di questo passo non oso pensare cosa mi aspetta domani!
E per chi poi?
Per una donna totalmente infastidita dal fatto di trovarsi qui con me.
E che non perde occasione per farmelo notare con le sue battute ironiche.
E quel che è peggio, io mi diverto da matti a stare al gioco!
Questa mia tendenza masochista mi sorprende!
Il cellulare poggiato sul comodino inizia a vibrare interrompendo il corso dei miei pensieri.
A quest'ora non può che essere qualcuno dagli Stati Uniti, visto che lì è primo pomeriggio.
E posso anche immaginare chi possa essere.
-Mel, sai vero che dovrei prenderti a pugni?- lo apostrofo scherzosamente -Non lo farò solo per rispetto della tua età!-
Lo sento soffocare una risata mentre mi chiede:-È così tremendo?-
-Diciamo che non è la parola che avrei usato io, ma può andare.-
-E pensare che quando mi hanno detto della sostituzione, ho creduto che mi avresti perfino ringraziato. Brian mi ha detto che è una bella donna.-
-Ah, così ti ha detto?-
-Perché, non è vero?-
-Sì, certo che c'entra...-
-E allora qual'è il problema? Da che ti conosco, non ho mai visto donna che abbia resistito al tuo fascino.-
-C'è sempre una prima volta...- mormoro più a me stesso che per rispondere alla sua provocazione.
-Non è possibile!- esclama con un tono di voce talmente alto che devo allontanare il telefonino dall'orecchio, -Robert Downey Jr ha finalmente incontrato una donna che non gli è caduta ai piedi dopo trenta secondi! Non posso crederci! Non vedo l'ora di conoscerla. Deve essere davvero una persona fuori dal comune.-
-Mi hai chiamato a quest'ora per sfottermi?-
A quanto pare sono diventato un bersaglio per il sarcasmo.
Avanti c'è posto, qualcun'altro vuole prendermi di mira?
-Volevo solo sentire come andava.- fa di rimando il mio amico (amico?), soffocando un'altra risata.
-Oh, va tutto benone. Tranne per il fatto che la persona con cui dovrò passare le prossime settimane, probabilmente non mi sopporta. -
-Se la situazione è così insostenibile, posso chiamare la produzione e vedere se si può trovare un sostitut...-
-No!- lo interrompo con un tono decisamente troppo alto, -Non c'è n'è bisogno,- continuo più pacatamente, -In fondo dobbiamo ancora conoscerci. Sono sicuro che nei prossimi giorni andrà meglio. E poi non voglio che pensi che sono la solita star viziata che trama alle sue spalle per farla licenziare.-
Mi rendo conto di aver parlato troppo, quando sento la risata di Mel:-Eh, sì, questa dottoressa Guerra deve proprio avere qualcosa di speciale per averti ridotto in questo stato in soli due giorni! Ti saluto Robert. Vai a dormire. Ci risentiamo tra qualche giorno.- e prima di riattaccare sento ancora la sua risata.

-Buongiorno, dormito bene?- mi saluta la causa della mia insonnia quando la raggiungo per colazione.
Colgo una punta di ironia nella sua voce.
-Come un bambino!- 
Avrò dormito si e no tre ore, e dalla mia faccia si vede benissimo, ma non voglio certo dargliela vinta.
Lei, invece, è fresca e riposata e comincia a illustrarmi ciò che faremo oggi.
Ho assoluto bisogno di un caffè!  Doppio possibilmente.
Mentre si china per prendere qualcosa dalla borsa, il suo profumo, che sa di mare, mi solletica le narici.
Ripensandoci, forse è meglio una camomilla.
 

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Capitolo 7
*** Il mio coinquilino Sheldon ***


-Era ora che ti degnassi di chiamare!- il viso di Stefano è così vicino alla webcam che occupa tutto lo schermo del portatile.
-Ciao anche a te, Stefano. Io sto bene, e tu?
-Fai poco la spiritosa, signorina! Ancora un giorno di silenzio e sarei venuto a cercarti. E sai che ne sarei stato capace!-
Soffoco una risata, perché so che è vero.
-Scusa, non lo farò più... mamma!-
-Si, prendimi pure in giro, ma io ero preoccupato da morire. È una settimana che sei lì e neanche una telefonata.-
-Stefano, lo sai, sto lavorando, non sono mica in vacanza!- mi giustifico.
In realtà, il motivo per cui avevo rimandato questa chiamata, era ben altro.
Stefano è il mio coinquilino, ma soprattutto il mio migliore amico, il fratello che non ho mai avuto e, insieme al suo compagno Andrea, la mia famiglia, da quando quella vera... beh, questa è un'altra storia.
Ma Stefano è anche colui che mi trascina al cinema ad ogni uscita di film tratti da fumetti.
È così che mi sono vista i vari Batman, X men, Uomo Ragno, Ironman , Hulk... devo continuare? Vabbè, avete capito.
Per non parlare della sua collezione di albi Marvel... ecco, appunto, meglio non parlarne.
Sono quasi sicura che se il nostro appartamento dovesse andare a fuoco, si precipiterebbe tra le fiamme con sommo sprezzo del pericolo, per portare in salvo i suoi preziosi fumetti.
Tanto io posso benissimo salvarmi da sola, in fondo sono dotata di gambe.
In pratica convivo con una specie di Sheldon Cooper!
Tutto questo basta a spiegare la mia riluttanza?
Sì, perché ora dovrò dirgli chi è l'attore con cui sto lavorando.
-Si, fossero tutti così i lavori... Due settimane gomito a gomito con un attore americano che probabilmente è pure un gran bel pezzo di f...-
-Stefano!-
-Che c'è? Che ho detto? In fondo non sono quasi tutti dei gran bei... ragazzi? Così va bene? Ah, a proposito, non mi hai ancora detto di chi si tratta. Qualcuno che conosco?-
Ecco, è arrivato il momento.
Per un attimo sono tentata di mentire spudoratamente sparando un nome a caso, ma tanto poi lo scoprirebbe comunque.
-Mah, non so, probabilmente lo conosci,- nulla mi vieta però di divertirmi un po' prima -È abbastanza famoso, credo.-
-Ho visto qualche suo film?-
-Credo di si, è stato pure candidato all'Oscar, anni fa.-
-Vuoi dirmi chi è, oppure farmi un resoconto completo della sua carriera?-
-Si chiama Robert.-
-Si, Robert, e poi?- incalza.
Con un mezzo sorriso, aspetto che ci arrivi da solo.
-Beh, tolto De Niro e Redford, non è che ci siano tanti attori americani che si chiamano Ro...- deve aver capito, perché si blocca con la bocca aperta. -Aspetta, non può essere ''quel'' Robert.-
-Non lo so, tu a quale Robert stai pensando?- faccio con aria fintamente ingenua, giusto per tenerlo ancora un po' sulle spine.
-Barbara Guerra, sono sette giorni che stai con Ironman e me lo dici solo ora?!-
Scoppio a ridere pensando a cosa direbbero i suoi clienti vedendolo ora.
Stefano è un architetto abbastanza affermato, che lavora anche in giro per il mondo, ma quando ci sono di mezzo i suoi amati personaggi Marvel, torna ad essere un ragazzino.
-Primo,- puntualizzo elencando sulla punta delle dita - io non ''sto con Ironman'', sono qui a lavorare. Secondo, non ti ha ancora detto nessuno che i supereroi non esistono e quelli che vedi al cinema sono solo attori che li interpretano?-
-Ah, ah, molto divertente.- mi interrompe.
-E terzo...- continuo ignorandolo -beh, adesso non mi viene in mente niente.-
-E com'è?-
-Ah, non lo so, forse perché sono un po' stanca, ma se vuoi stanotte ci penso e domani ti dico terzo, quarto e forse anche quinto.-
-Mi stai prendendo in giro, vero?-
-Giusto un pochino.-
-Allora, mi vuoi raccontare qualcosa, oppure ti hanno fatto firmare qualche stupido documento che ti vincola alla segretezza?-
Fingo di pensarci su.
-Si, forse qualcosa posso anche dirtela...-
-Allora che aspetti? Com'è?-
-Abbastanza normale.-
Mi guarda come se mi fosse spuntata una seconda testa.
-Stai lavorando con uno degli uomini più sexy del mondo e tutto quello che sai dire di lui, è che è ''abbastanza normale''?-
-Volevo dire che non è per niente come potresti immaginare un attore famoso.-
-E cioè?-
-Per niente presuntuoso o egocentrico. E non ha paura di sporcarsi le mani.- 
-Non dirmi che l'hai fatto scavare!-
-Beh, se deve imparare come lavora un archeologo...-
Alza gli occhi al cielo.
-Ma dimmi, ci ha provato?-
-A fare che?-
-Ti devo fare un disegnino? Lui è un uomo, tu sei una donna...-
-Stefano, ma che dici?- devo essere arrossita fino alla radice dei capelli.
-Non ci sarebbe niente di male.-
-Tu lo dici.- mormoro
-Allora? Non mi hai risposto, ci ha provato o no?-
In quel momento sento bussare alla porta.
Salvata in extremis.
Vado ad aprire lasciando Stefano a cuocere nel suo brodo di curiosità malata e mi ritrovo davanti Robert.
-Che ci fai qui?- non volevo essere così brusca, ma mi ha sorpresa trovarmelo alla porta.
Di solito, dopo cena ci ritiriamo ognuno nella propria stanza e non ci rivediamo fino al mattino dopo.
-Avevi lasciato il maglione di sotto, te l'ho riportato- poi lancia uno sguardo allo schermo del portatile poggiato sul letto, -Scusami, non volevo disturbare. Buonanotte, ci vediamo domattina.- si gira e se ne va, lasciandomi con un palmo di naso e portandosi pure dietro il mio maglione.
Torno da Stefano pensando che forse sono stata davvero troppo brusca, in fondo aveva fatto un gesto gentile, riportandomi il maglione.
Anche se poi se poi se lo era riportato via.
Decido all'istante di andare a scusarmi.
Non voglio pensi che oltre che rompiscatole, sono anche maleducata.
Saluto in fretta un confuso Stefano, con la promessa di sentirci l'indomani, e vado a bussare alla sua porta.
Nessuno risponde, probabilmente ha capito che sono io e non vuole parlare con me.
Chi può dargli torto?
Mi sono comportata proprio da stronza.
-Non è in camera.- sobbalzo alla voce di Flore dietro di me -L'ho incrociato poco fa, credo fosse diretto in giardino.-
La ringrazio per l'informazione e mi lancio giù per le scale.
A metà della seconda rampa, una vocina dentro di me insinua perfida: ''Cos'è tutta questa fretta?''
Rallento e continuo a scendere le scale con una andatura più dignitosa.
Già, perché sono così ansiosa di andare a scusarmi?
In fondo è stato lui a venire a bussare e poi a lasciarmi lì sulla porta come una scema.
Ma che gli è preso?
Sì, io sono stata piuttosto brusca, ma questo non spiega quella specie di fuga.
A meno che... 
Mi viene in mente che appena prima di andarsene aveva lanciato un'occhiata allo schermo del portatile.
Deve avere visto Stefano.
E pensato che sia il mio fidanzato o qualcosa di simile.
Devo dirgli che ha tratto la conclusione sbagliata.
''E perché? Che pensi ciò che vuole, non sono mica affari suoi!''
Zittisco la vocina molesta ed esco in giardino.

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Capitolo 8
*** Qualcosa di più. ***


Lo giuro, non avevo intenzione di origliare, anche perché parlava in italiano, ed io, di quella lingua, conosco si e no dieci parole.
Ero lì solo per riportarle il maglione che aveva dimenticato, ma, quando ho sentito una voce di uomo, mi sono bloccato con la mano a mezz'aria prima di bussare.
Ho pensato di girarmi e tornare sui miei passi.
Ma poi, non so perché, sentirla ridere e scherzare con un altro, mi ha dato sui nervi.
E così ho bussato.
Solo per farli smettere.
Sono stato meschino, lo so.
Infatti me ne sono pentito ancora prima che lei venisse ad aprire.
-Che ci fai qui?- mi ha chiesto con un tono tutt'altro che gentile.
Il portatile, poggiato sul suo letto, aveva lo schermo girato verso la porta, così ho lanciato una veloce occhiata, giusto per vedere in faccia il mio rivale.
(''Il mio rivale''? Ho detto proprio così? Rinchiudetemi, perché devo essere impazzito!)
Ho bofonchiato qualche parola di scusa e me ne sono andato.
Invece di andare in camera, decido di scendere in giardino.
Per le scale quasi mi scontro con Flore.
Mormoro qualche parola di scusa, senza quasi nemmeno fermarmi.
Chissà cosa penserà.
Al momento però, non me ne importa niente.
Sono arrabbiato.
Arrabbiato con me stesso.
Perché mi sto comportando come un ragazzino.
Un ragazzino idiota, perdipiù!
Ma che mi credevo?
Che non avesse una vita prima che ci incontrassimo?
E poi, perché me la sto prendendo tanto per il fatto che ha un compagno in Italia che l'aspetta?
In fondo siamo solo due persone che si sono trovate per caso a dover lavorare insieme.
Niente di più.
(Ma a chi voglio darla a bere? Sarei ben felice che fossimo qualcosa di più!)
Mi accorgo di avere ancora in mano il suo maglione.
Lo avvicino al viso.
Sa di lei, del suo profumo che odora di mare.
La rabbia svanisce.
Ripenso agli ultimi giorni, non credevo sarebbero passati così in fretta. Letteralmente volati.
Una settimana fa, avrei dato del pazzo a chiunque mi avesse detto che mi sarei svegliato al mattino ansioso di passare la giornata sotto il sole, a riportare alla luce un pezzo di muro vecchio di 2500 anni, con una paletta e un pennellino.
Qualche malizioso potrebbe dire che forse non sarei così entusiasta se queste giornate le dovessi passare con un vecchio professore noioso.
Probabilmente è così.
Non nego che gran parte del piacere è dovuto al fatto di avere lei vicino.
Non fraintendete, non si tratta di una mera questione fisica, perché sì, mi piace in quel senso, ma non è questo... o almeno non solo questo.
Mi piace ascoltarla parlare di archeologia e vedere la luce che le si accende negli occhi, il suo entusiasmo contagioso.
Mi piace il suo senso dell'umorismo e la sua ironia.
Mi piace il fatto che per lei sono solo Robert, non Robertdowneyjrstardihollywood.
Insomma, mi piace passare le mie giornate con lei.
Ma lei ha una vita ed un compagno, a cui tornerà quando questo lavoro sarà finito.
Prima me lo ficco in testa, meglio sarà.
Così eviterò di rendermi ridicolo.
Dovrei alzarmi da questa panchina e rientrare.
Domani partiremo presto per Istambul e farei bene ad andare a dormire.
Ma non ne ho nessuna voglia.
-Robert...-
Che ci fa qui?
Dovrebbe essere nella sua stanza.
A parlare con quel tipo.
-Posso sedermi?-
Le faccio posto in silenzio.
Per un po' stiamo così, a fissare la siepe fiorita che cinge il giardino.
-Flore ha davvero delle belle rose.- dico per spezzare un silenzio che si sta facendo imbarazzante. Complimenti per l'originalità, Robert!
-Sì, è vero... però sono peonie.-
Sorrido alla sua correzione: diventa sempre pignola quando è nervosa.
Mi giro a guardarla, abbassa gli occhi mordendosi il labbro inferiore.
Chissà se si rende conto di quanto sia bella.
Spero che quel suo fidanzato sappia quanto è fortunato.
-Scusa- dice senza alzare lo sguardo.
-Non devi scusarti, sono io che non capisco niente di fiori.-
-Volevo scusarmi anche per prima...-
-Non hai niente di cui scusarti- Scusarsi lei? Ma se ho fatto tutto io! -Semmai dovrei essere io a chiederti scusa.-
Mi guarda aggrottando la fronte, interrogativa.
-Non vorrei essere stato causa di un litigio.-
-Un litigio? E perché?- chiede, confusa.
-Fossi stato al posto suo, non mi sarebbe piaciuto vedere un uomo alla porta della stanza della mia fidanzata, a quest'ora.-
Mi guarda con una espressione strana.
-Se il mio ipotetico fidanzato- ''ipotetico''? -non si fida di me, tanto vale che se ne vada per la sua strada. Comunque, ero qui per chiarire anche questa storia del fidanzato.- conclude decisa.
Ora quello confuso sono io.
-Non devi spiegarmi niente.-
-Ma voglio farlo- insiste.
-Perché? In fondo non mi sopporti.-
-Questo non è vero.- sembra quasi ferita dalle mie parole.
-Vuoi negare che mi consideri il solito attore famoso, egocentrico e viziato dalla notorietà?-
Apre la bocca per rispondere, poi la richiude e abbassa gli occhi.
Forse questa volta ho esagerato.
-Hai ragione, era proprio così che credevo che fossi, ma poi...-
-Poi?-
-Poi ti ho conosciuto.- sorride fissandomi con quei suoi occhi verde bosco.
-Ma se non fai che punzecchiarmi con le tue frecciatine ironiche. Mi sembra di essere diventato un puntaspilli.-
Ride divertita.
-Scusami, non pensavo fossi così sensibile. D'ora in poi cercherò di limitarmi.-
-Non pensarci nemmeno,- la minaccio scherzosamente -mi diverto troppo!-
-Downey, sei proprio strano!- fa di rimando, scuotendo la testa.
-Comunque, ero qui per chiarire la storia del fidanzato, e tu mi hai distratto.-
-Chiedo scusa, dottoressa. Mi illumini, pendo dalle sue labbra.-
Sono curioso di sentire cosa ci sia da chiarire: mi sembra che sia tutto fin troppo chiaro.
-La persona con cui parlavo, non è il mio fidanzato. Si chiama Stefano ed è il mio coinquilino, nonché miglior amico.-
Certo, si inizia con l'amicizia, poi...
-Gli voglio bene come un fratello, ed insieme al suo compagno Andrea, è quanto di più simile ad una famiglia io abbia.-
Aspetta. Aspetta un momento. Ferma tutto. Ha detto ''compagno''?
-Stefano è gay?-
-Certo, ti ho appena detto che ha un compagno.- mi guarda come se fossi un bambino un po' ottuso.
È come se mi avessero liberato di un peso.
Improvvisamente questo Stefano mi sta molto più simpatico.
-Biondo, occhi azzurri... sapevo che non poteva essere il tuo tipo. Non hai gusti così banali.-
-A parte il fatto che non trovo niente di banale nei capelli biondi e negli occhi azzurri,- ribatte piccata -come dovrebbe essere il mio uomo ideale, visto che credi di conoscermi così bene? Come te, magari?-
-E perché no? Non saremmo male come coppia.-
Si irrigidisce:-Forse quello che pensavo prima di conoscerti non era poi così sbagliato.- insinua seria.
Devo aver inconsapevolmente oltrepassato un confine invisibile.
-Scusa, era una battuta stupida.-
Si gira a guardarmi con un sorriso quasi timido.
-Sembra che stasera non facciamo altro che scusarci.-
-Già.- sorrido anch'io.
-Così, questo Stefano è il tuo coinquilino. Abitate insieme da molto?- le chiedo dopo qualche minuto di silenzio.
-Sono quasi otto anni.- fa una pausa ed io aspetto che sia lei a continuare. Non voglio fare un altro passo falso.
-Stefano è un architetto ed aveva bisogno di qualcuno che si occupasse della decorazione in un suo progetto. Andrea era il mio avvocato per la causa di divorzio, un giorno ha visto alcuni miei dipinti, così ci ha presentati. Abbiamo iniziato a collaborare e, dopo qualche mese, visto che si era liberato un piccolo locale adiacente al suo studio,ho aperto un mio laboratorio. Al piano superiore c'era un appartamento sfitto, così abbiamo colto l'occasione. Da allora siamo praticamente una famiglia. Stefano e Andrea mi sono stati vicini in un periodo molto difficile. È grazie a loro se ho iniziato una seconda vita, dopo che la prima era andata in pezzi da un giorno all'altro. Anche il fatto di riprendere gli studi alla soglia dei trent'anni e diventare archeologa,un sogno che avevo fin da bambina, ma che avevo abbandonato perché da me ci si aspettava altro, lo devo a loro. Perché dicono sempre che la vita non va sprecata ad essere come ci vogliono gli altri. Stefano, poi, è molto protettivo nei miei confronti. Quando hai bussato, aveva appena finito di sgridarmi perché quella era la prima chiamata che gli facevo da quando sono qui.-
-Devono essere delle persone straordinarie. - 
Un sorriso dolce le illumina il viso.
-Sì, sono stata molto fortunata. In questa mia seconda vita ho incontrato solo belle persone.-
Mentre parla, mi rendo conto di che regalo mi stia facendo.
In questi giorni passati insieme, ho capito che non è facile per lei parlare di sé.
Ogni volta che cercavo di andare oltre quella sorta di corazza, mi faceva chiaramente capire che quella era zona off-limits.
Ma stasera è stata lei a varcare il confine.
Non so perché, cosa l'abbia convinta ad aprirsi.
Ma sono contento che l'abbia fatto.
Che mi consideri degno della sua fiducia.
Siamo rimasti su quella panchina fino a tardi.
Lei a parlare. 
Io ad ascoltare.
E anche se ho capito che c'è qualcosa riguardo al suo divorzio che non mi ha raccontato, forse perché ancora la fa soffrire, quando ci siamo dati la buonanotte davanti alla sua porta, eravamo qualcosa in più di due persone che si erano ritrovate per caso a lavorare insieme.

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Capitolo 9
*** Di oche e di farfalle ***


Oggi iniziamo la settimana al museo archeologico, nel laboratorio di restauro e conservazione diretto dalla mia amica Nisan.
Ci lavorano una mezza dozzina di restauratori, in prevalenza giovani donne, e prevedo che il nostro arrivo, o meglio l'arrivo di Robert, porterà un po' di scompiglio.
Nisan ci accoglie all'entrata del museo e, dopo un breve giro, ci guida fino al laboratorio che si trova nei sotterranei.
-La dottoressa Guerra la conoscete già.- ci presenta ai suoi collaboratori -Questo è il signor Downey.- come se la componente femminile dei presenti nella stanza avesse bisogno di presentazioni! Probabilmente sono in fibrillazione da quando hanno saputo che saremmo arrivati.
-Siete già informati di quali saranno i vostri compiti durante la loro permanenza, quindi direi di non perdere altro tempo e di metterci al lavoro.- conclude con uno sguardo più che eloquente alle quattro restauratrici che ancora indugiano a parlarsi all'orecchio come adolescenti, lanciando occhiate adoranti in direzione di Robert, con un sorriso ebete stampato in faccia.
Perché alcune donne debbano comportarsi come oche quando hanno davanti un bell'uomo, è qualcosa che non capirò mai.
Certo però, che anche lui poteva evitare di sfoderare quel suo sorriso da seduttore.
-La smetti, Downey?- lo ammonisco sottovoce, dandogli una gomitata, mentre seguiamo Nisan alla sua postazione di lavoro, dove l'assisteremo nel restauro di una coppa ionica.
-Di fare cosa?- mi chiede con fare innocente. Sembra sinceramente stupito.
-Di sorridere a quel modo a quelle povere ragazze.- sibilo.
-Sei per caso gelosa, dottoressa?- insinua malizioso.
-Figurati. Volevo solo evitarti dei guai.- so essere veramente perfida, quando mi provocano -Siamo pur sempre in un paese a maggioranza musulmana... a volte può bastare uno sguardo o un sorriso mal interpretato e... zac!-
-Zac?- mi guarda dubbioso.
-Zac.- ripeto, annuendo seria
Poi, per non scoppiare a ridere, mi giro verso Nisan, che deve aver ascoltato il nostro scambio di battute, perché mi sorride complice.
Non credo che Robert abbia creduto ad una sola parola di ciò che ho detto, ma almeno ha smesso di sorridere a quel modo.
Non voglio passare i prossimi giorni circondata da una muta di ochette in pieno subbuglio ormonale.

Mi sveglio all'alba, e per un po' rimango così, cullata dal suono della voce del muezzin che, dal minareto della vicina moschea, chiama i fedeli alla prima preghiera della giornata.
Questo è l'ultimo giorno che passeremo a Istambul.
L'ultimo giorno che passeremo insieme da soli.
Domani raggiungeremo la troupe, lui sarà nel suo mondo e le cose cambieranno.
Non passeremo più tante ore insieme. E un po' mi dispiace, perché non so se e come continuerà questa nostra strana amicizia.
Da quella sera nel giardino di Flore,è diventata un'abitudine rimanere a chiacchierare dopo cena.
Ancora adesso, non so cosa mi abbia spinto a raccontargli così tanto di me.
L'avevo seguito solo per scusarmi, e invece mi ero ritovata a raccontargli gli ultimi otto anni della mia vita. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. E in quel momento lo era.
Certo, non gli ho detto tutto, ci sono cose di cui faccio ancora fatica a parlare, ma ora lui sa di me molto più di quanto non conoscano tante persone che sono entrate a far parte della mia vita in questi ultimi anni.
Ed anche lui, durante le nostre chiacchierate serali, mi ha parlato di sé.
Non di ciò che si può trovare digitando il suo nome su Google, (si, lo confesso, l'ho fatto. Il giorno in cui ci siamo conosciuti.), ma delle cose che si dicono agli amici, alle persone di cui ti fidi.
Perché c'è qualcosa di importante che ci accomuna.
Il fatto che è stata data ad entrambi la meravigliosa possibilità di costruirci una seconda vita.
Non so come lui fosse prima, ma la persona che è ora mi piace, perché, nonostante la notorietà e il successo, dimostra di saper apprezzare le piccole cose che la vita sa regalarti.
Come il giorno in cui ha scoperto quella moneta.
Sorrido al ricordo. I primi due giorni li avevamo passati ad impostare la zona di scavo.
Quello era il primo giorno che mettevamo mano allo scavo vero e proprio.
-Barbara,- mi aveva chiamato con un tono urgente -credo che qui ci sia qualcosa.-
Mi ero avvicinata e, mentre registravo la posizione dell'oggetto sullo schema di scavo, gli avevo consigliato di procedere più delicatamente con un pennellino, pensavo di aver capito di cosa si trattasse.
Mi aveva guardato incerto, forse sorpreso che lo avessi fatto continuare.
Ero rimasta ad osservare le sue mani, mentre con estrema attenzione liberava dagli ultimi residui di terra, quella piccola moneta consumata dal tempo.
Mi era tornata in mente la prima volta che avevo partecipato ad uno scavo.
L'emozione provata tenendo fra le mani un frammento di ceramica, pensando alle mani antiche che lo avevano toccato prima di me.
La stessa emozione che avevo letto nei suoi occhi quando aveva preso delicatamente il piccolo disco di metallo e l'aveva tenuto sul palmo per osservarlo meglio.
-Ora capisco perché ami tanto questo lavoro- aveva detto guardandomi negli occhi, -È commovente pensare che hai in mano un oggetto che è stato toccato da persone che sono polvere ormai da secoli. Hai quasi l'impressione di poterle in qualche modo far rivivere.-
I miei occhi si erano inumiditi ed avevo distolto lo sguardo.
-Pensi che verrà esposta là?- aveva chiesto poi, indicando l'edificio dell'antiquarium.
Avevo annuito sorridendo, intenerita dalla sua domanda.
Non avevo avuto cuore di dirgli che era una delle monete greche più diffuse e che l'anno passato ne avevamo riportate alla luce altre otto, che erano andate a prendere polvere nei depositi del museo.
-E ci metteranno pure un cartello con il tuo nome.- avevo scherzato.
-Mm... moneta Downey,- era stato al gioco, -mi piace, suona bene.-

Il trillo del telefono mi riporta al presente.
-Pronto?-
-Non dirmi che stai ancora dormendo!-
Chi ha detto che le star di Hollywood si alzano tardi? 
Sono solo le sette e lui è già in piedi e probabilmente pronto ad uscire.
-Ti sei dimenticata che oggi faremo i turisti?- 
Oggi è un giorno festivo, il laboratorio è chiuso, e ho promesso a Robert di mostrargli la città.
-Dammi mezz'ora e sono pronta.-
-Donne...- sbuffa -Vi fate sempre aspettare!-
-Che fai, Downey? Provochi?- riattacco ridendo.
Mi alzo in fretta e corro in bagno per una doccia veloce.
Scelgo una maglietta, un paio di jeans, calzo le mie fidate sneakers, afferro la borsa e un giacchino leggero e in venti minuti sono pronta.
Un record. Voglio vedere se ha il coraggio di dire che l'ho fatto aspettare!
Apro la porta e per poco non gli cado addosso.
Che ci fa davanti alla mia porta? Dovevamo incontrarci di sotto.
Poggia le mani sui miei fianchi per farmi recuperare l'equilibrio.
I nostri corpi sono vicini. Troppo vicini. Posso sentire il suo profumo.
I nostri sguardi si incontrano. Il mio cuore prende a battere all'impazzata. Sento le guance avvampare.
Mi divincolo da quello che somiglia tanto ad un abbraccio e mi allontano di un passo.
Calma, Barbara.
Respira.
Non è successo niente.
È solo perché dall'ultima volta che sei stata così vicina ad un uomo è passato tanto tempo.
''Troppo!''
Zitta, vocina molesta!
Adesso fai un bel respiro, ti ricomponi, e gli dici...
-Allora, vogliamo andare? Mi sembrava di aver capito che fossi ansioso di uscire.- 
-Agli ordini, dottoressa!- dice prendendomi per mano e avviandosi.
Il cuore torna a fare le capriole e pare che il mio stomaco sia invaso da un nugolo di farfalline svolazzanti.
Un calo di zuccheri.
Deve essere senz'altro questo.
In fondo non ho ancora fatto colazione.
Ho bisogno di un cappuccino per affogare queste dannate farfalle!




 

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Capitolo 10
*** Una splendida giornata ***


La porta si apre all'improvviso e lei esce quasi di corsa, scontrandosi con me, che sono proprio lì davanti.
Istintivamente la trattengo per la vita per impedirle di cadere, ma poi lascio che le mie mani rimangano poggiate sui suoi fianchi.
Siamo vicini, molto vicini, i nostri corpi si sfiorano, i nostri sguardi si incontrano. Il suo profumo di mare mi avvolge. Dimentico che siamo in corridoio, che chiunque può vederci.
Al diavolo tutti!
Ci siamo solo lei ed io.
Il suo cuore batte all'impazzata.
O è il mio?
Vorrei baciarla. Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie.
Ma ho esitato troppo. Lei si allontana, ma solo di un passo, e dice:-Allora, vogliamo andare? Mi sembrava di aver capito che fossi ansioso di uscire!-
-Agli ordini, dottoressa!- le rispondo prendendola per mano e avviandomi.
Non importa, non ho fretta, quello che ho letto nei suoi occhi in quei pochi attimi mi basta. Posso aspettare.
Usciamo dall'hotel e attraversiamo la strada tenendoci per mano.
Il fatto che non abbia ancora sfilato la sua mano dalla mia mi rende felice.
Sono un uomo maturo, (beh, quantomeno per età lo sono), ma in questo momento mi sento come un adolescente al primo appuntamento. Tutta colpa, (o merito?), di questa donna che nemmeno si accorge dell'effetto che ha su di me.
Ora la strada si biforca e, solo adesso mi rendo conto che non ho la più pallida idea di quale direzione prendere.
Mi fermo e mi giro verso di lei.
Sorride, una luce maliziosa le illumina gli occhi.
-Mi chiedevo quanto ci avresti messo ad accorgertene.-
-Di cosa?-
-Del fatto che dovevamo andare nell'altra direzione.-
-Dottoressa,- la ammonisco scherzosamente -non dovresti prenderti gioco così dei tuoi studenti.-
-Oggi tu non sei un mio studente- ribatte sorridendo mentre torniamo indietro e imbocchiamo una strada che scende verso il mare. Pochi minuti e siamo davanti all'imbarco dei traghetti.
-Ma... non dovevamo visitare la città?- le domando confuso.
-Vuoi vedere Istambul, o limitarti ad andare dove vanno tutti i turisti?- chiede a sua volta, dirigendosi sicura verso un traghetto in partenza.
In effetti, guardandomi intorno, mi rendo conto che probabilmente siamo gli unici stranieri.
Prendiamo posto su una panca nella parte esterna del battello, meno affollata.
La traversata è breve e restiamo in silenzio a goderci il sole e la brezza marina.
Appena scendiamo a terra, si gira verso di me sorridendo:-Benvenuto in Asia!- poi mi prende per mano e imbocca una stradina che si inoltra verso l'interno. La seguo contento che questa volta sia stata lei a prendere la mia mano.
Pochi metri e capisco perché mi abbia portato qui.
È un mercato, ma non un bazar per turisti, un mercato vero, con banchi colmi di pesce, frutta e verdura, spezie e frutta secca. Donne che vendono fiori variopinti come i loro abiti, ragazzi con vassoi dondolanti pieni di bicchierini colmi di una bevanda ambrata.
-È çay- mi spiega Barbara - tè nero. Qui in Turchia si beve praticamente da mattina a sera.-
Passiamo la mattina passeggiando tra i profumi e i colori delle merci esposte sulle bancarelle.
Nessuno fa caso a noi, nessuno mi riconosce, siamo semplicemente una coppia che fa compere in un mercato. Ed è fantastico.
Compriamo uno strano pane a forma di ciambella ricoperto di semi di sesamo che Barbara chiama simit. Lo mangiamo seduti su un muretto bevendo çay ed io penso di non aver mai mangiato niente di così buono.
Offriamo quello che resta del nostro spuntino, ad un gatto nero che è venuto ad accoccolarsi ai nostri piedi.
Lasciamo il mercato e dopo aver curiosato nelle botteghe degli artigiani che si affacciano sulla strada, arriviamo ad una piazzetta.
-Lì c'è una ayazma, una sorgente di acqua miracolosa,- mi dice indicando una piccola chiesa -ti va di andarci?-
 Dopo i colori e la confusione del mercato, il silenzio e la penombra, sembrano di un altro mondo.
La chiesa è deserta, tranne per una donna anziana che, davanti ad una vasca scavata nel muro, attinge un po' d'acqua, ne beve un sorso e usa il resto per bagnarsi il viso.
Barbara le si avvicina, ricambia il suo sorriso, e ripete gli stessi gesti.
Non voglio disturbare il loro raccoglimento, così mi allontano di qualche passo e fingo di ammirare l'icona dorata posta sull'altare.
Pochi attimi e sento la sua mano nella mia.
-Andiamo?- sussurra.
Annuisco seguendola fuori dalla chiesa.
-Ti ho sconvolto?- mi chiede mentre ci avviamo per una strada in leggera salita.
La guardo interrogativo.
-Intendevo per la chiesa, la sorgente e tutto il resto...- chiarisce.
-Sconvolto, no. Forse sorpreso. Non credevo fossi religiosa.-
-Infatti non lo sono.-
La guardo confuso.
-Almeno non in modo convenzionale.- aggiunge.
Intanto siamo arrivati ad una grande terrazza che si affaccia sul mare e ci sediamo su una panca da cui possiamo vedere il profilo della parte europea della città che si specchia sul Bosforo.
-Sai, sono convinta che se un dio esiste, è dappertutto e, anche se lo chiamano con tanti nomi diversi, è sempre lui. Perciò, non faccio distinzioni fra chiesa, moschea, sinagoga o tempio: quando ne sento il bisogno, o ne ho l'occasione, lo ringrazio per avermi fatto superare il periodo più buio della mia vita.-
So che si sta riferendo al suo divorzio. Dalle nostre chiaccherate serali, ho intuito che ci deve essere stato qualcosa di ancora più grave di un tradimento o della fine dell'amore. Qualcosa che ancora la fa soffrire. E tanto. E che le impedisce di lasciarsi andare.
La corazza che si è costruita addosso per paura di soffrire è spessa, ma prima o poi riuscirà a liberarsene.
So per esperienza personale che parlarne aiuta a scacciare i propri ''demoni'', ma so anche che deve essere lei a volerlo. 
E quando vorrà, sarò felice di ascoltarla.
Restiamo ancora un po' a goderci la brezza che arriva dalla costa, poi scendiamo a cenare in un piccolo ristorante sul mare.
Mentre il sole tramonta dietro la città, prendiamo l'ultimo traghetto per tornare sulla sponda europea.
Troviamo posto sul ponte esterno, ma il sole è ormai calato e l'aria è pungente. Mi accorgo che sta tremando, così mi tolgo la giacca e gliela poggio sulle spalle.
-No,- cerca di ritrarsi - poi avrai freddo.-
-Hey, dimentichi che io sono Iron Man?- scherzo.
-Si, però qui non ci sono statue di indiani a cui rubare la coperta.- replica sorridendo allusiva.
-Dottoressa, mi sorprende, non la pensavo appassionata dei film sui supereroi!-
-Tutti nascondiamo degli oscuri segreti...- sorride e finalmente accetta la mia offerta. La copro con la mia giacca, poi con un braccio le cingo le spalle.
Forse ho azzardato, la sento irrigidirsi leggermente, ma poi si rilassa e poggia la testa sulla mia spalla.
Vorrei che questa traversata non finisse. Ma troppo presto il traghetto attracca sulla sponda opposta.
Pochi minuti e siamo già davanti alla porta della sua camera.
-Buonanotte, Robert.-
-Buonanotte, Barbara.- mi avvicino al suo viso e le sfioro la guancia con un bacio leggero. -Grazie, è stata una splendida giornata.-
Mi guarda sorpresa, ma non si ritrae.
-Domani dobbiamo partire presto,- dice, cercando la chiave nella borsa -sarà meglio andare a dormire.-
Annuisco, anche se vorrei tutt'altro.
Apre la porta, poi, come per un ripensamento, si gira verso di me e posa un veloce bacio sulla mia guancia.
-Buonanotte- Poi entra in camera e si chiude la porta alle spalle.
Mi avvio verso la mia stanza sorridendo, mentre con la mano tocco la guancia che lei ha sfiorato con le sue labbra.

 

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Capitolo 11
*** Molto rumore per... ***


Oggi riprendo a pubblicare dopo alcuni mesi di assenza, quindi colgo l'occasione per ringraziare chi ha seguito questa mia storia dall'inizio, ma anche chi si è aggiunto in questi mesi, (il contatore delle visite ha continuato incredibilmente a crescere!), siete in tanti a leggere, anche se silenziosi.
Ringrazio chi ha lasciato un commento, chi mi ha scritto e chi legge solamente.



Quando la sveglia suona, io sono già in piedi da più di un'ora.
Ho fatto una doccia, mi sono vestita... e poi ricambiata almeno un paio di volte.
Come ci si veste per lavorare su un set hollywoodiano?
Alla fine ho optato per il mio normale "abbigliamento da scavo": pantaloni comodi di tela, T-shirt e scarponcini. In fondo non farò niente di molto diverso da ciò che faccio di solito.
Mentre mi pettino e raccolgo i capelli nella solita coda, sento dei rumori provenire dalla stanza accanto.
Anche il mio vicino è mattiniero. Probabilmente un turista che ha fatto tappa qui per la notte ed ora è ansioso di proseguire per la Cappadocia.
Mi fa uno strano effetto pensare che non ci sia Robert al di là del muro: in queste due settimane, mi ero abituata al fatto di saperlo nella stanza accanto alla mia.
Ieri sera, di ritorno da Istambul, mi ha accompagnato qui da Flore, poi ha proseguito per l'hotel dove alloggia il resto della troupe.
Avrei dovuto anch'io stare lì, ma non ho nemmeno preso in considerazione la cosa: sarebbe come se al mio ritorno a casa andassi a stare in un albergo. Assurdo.
Oltre al fatto che la pensione di Flore è a due passi dagli scavi, e quindi dal set.
La porta della stanza accanto si chiude: il mio vicino è già pronto a partire. Gli auguro mentalmente buon viaggio, mentre un po' lo invidio: la Cappadocia è un posto fatato, potessi andare con lui... 
Un viaggio con uno sconosciuto mi spaventa meno di questo primo giorno sul set.
Prendo la borsa e scendo anch'io a fare colazione.
Non ho voglia di mangiare da sola, così entro direttamente in cucina, dove so di trovare Flore.
Quando sono qui per gli scavi facciamo spesso colazione insieme, è quasi un'abitudine e anche una scusa per chiacchierare un po'.
Oggi poi, sento di aver proprio bisogno del potere tranquillizzante della mia amica.
Quando mi affaccio sulla porta però, Flore e Tarik si girano a guardarmi come fossero sorpresi di vedermi. Scuoto la testa scacciando questa assurda senzazione: il nervosismo mi sta facendo brutti scherzi.
-Buongiorno a tutti! Posso fare colazione con voi?-
Tarik apre bocca per dire qualcosa, ma Flore lo zittisce con una occhiata, mentre si alza per raggiungermi sulla porta.
-Bien sûr!- dice prendendomi sottobraccio, -Prima però vorrei mostrarti una cosa.-
Che sta succedendo? I miei due amici si comportano in modo strano anche per loro, che non sono certo persone convenzionali.
-Non posso far colazione, prima?- tento.
-No, prima devi vedere questa cosa.- ribatte trascinandomi fuori dalla cucina.
Si ferma appena varcata la soglia della sala ristorante e mi guarda sorridendo.
Guardo la sala, poi guardo lei...
Ok, ora forse dovrei cominciare a preoccuparmi! È tutto tale e quale a una settimana fa ma la mia amica si comporta come se ci fosse qualcosa che non posso fare a meno di non notare.
Forse la cosa migliore e assecondarla...
-Hai cambiato le tende? Forse il colore delle tovaglie?- azzardo.
Flore alza gli occhi al cielo, come ad invocare l'aiuto divino di fronte a tanta ottusità, poi mi indica il tavolo vicino alla finestra che dà sul giardino.
È occupato da qualcuno che riconosco subito, anche se è di spalle.
-È arrivato ieri sera, dopo che tu eri già salita in camera.- mi sta dicendo Flore -Mi ha chiesto se avevo una stanza libera, gli ho ridato quella accanto alla tua.-
Ecco chi era il mio vicino. Altro che turista!
Se cercavo un modo per farmi passare la tensione da nuovo lavoro, non potevo chiedere di meglio!
-Che ci fai qui?- lo aggredisco.
Si gira a guardarmi sorridendo come niente fosse:-Faccio colazione.-
-Mi prendi in giro? Hai capito benissimo cosa volevo dire.- sibilo.
Mi guarda confuso. Che attore! Mi chiedo perché non gli abbiano ancora dato un Oscar!
Idiota, possibile che non si renda conto di cosa ha combinato? 
-Idiota.- stavolta non lo penso soltanto, ma lo scandisco chiaramente, anche se a mezza voce, mentre mi giro per uscire dalla sala senza far neanche colazione. Mi è passato l'appetito. Ora non sono più nervosa, sono furibonda!
Oltrepasso Flore che mi guarda stupefatta, e come una furia esco dall'albergo. Ma davvero nessuno si rende conto in che razza di situazione mi ha messo, venendo a stare qui?
-Barbara, aspetta...-
"Dai aspettalo!" 
"Zitta, stupida vocina ! Non ti impicciare."
Giro l'angolo e imbocco la strada che porta agli scavi.
Lui cerca di afferrarmi per una mano:-Accidenti, ti vuoi fermare?- ma mi divincolo e continuo a camminare verso il set, ignorandolo.
Poi cambio idea e svolto a sinistra nel vicolo che torna verso il retro dell'albergo: ci mancherebbe solo che dessimo spettacolo davanti a tutta la troupe! 
Come se non bastassero i pettegolezzi che fioriranno quando si saprà che alloggiamo nello stesso albergo! 
Mi supera, poi mi si ferma davanti, sbarrandomi la strada.
-Fammi passare, Robert.- sibilo. Sono arrabbiata con lui, ma anche con me stessa: l'altro ieri, in giro per Istambul, mi sono lasciata andare, troppo. E il bacio con cui gli ho augurato la buona notte? Ma che mi era preso? Chissà lui ora cosa si è messo in testa... Ben mi sta! Questa è la conseguenza delle mie sciagurate azioni.
-Mi dici che ti succede?- insiste senza spostarsi di un millimetro. Non è minimamente impressionato dalla mia furia.
-E tu, mi spieghi perché non sei rimasto nel tuo bell'hotel a 5 stelle?- lo incalzo puntandogli l'indice sul petto.
"Però, che pettorali..." 
"La smetti di scocciare maledetta vocina?" 
-Qual'è il problema?- la sua calma mi fa infuriare ancora di più.
-Il problema sei tu. Qui. Nel. Mio. Stesso. Albergo.- scandisco -Mi dici cosa ti sei messo in testa?-
"Beh, mi sembra chiaro, vuole stare con te."
"Dannata vocina, vuoi stare zitta?"
-Se credi che sia qui per te, ti sbagli...-
"Com'è che adesso non parli vocina disgraziata?"
-C'è stato un malinteso con le prenotazioni: qualcuno della produzione ha annullato per sbaglio la camera di Noomi, così le ho offerto la mia.-
"Si, perché è normale che si dimentichino della coprotagonista. Si è mai sentita una giustificazione più assurda? Non gli crederai mica!"
-Quello che credo io non conta.- ma sto rispondendo a lui o alla dannata vocina? -Conta quello che penseranno gli altri. Abbiamo passato due settimane insieme, soli, ora tu lasci il tuo bell'hotel di lusso per venire a stare in un semplice albergo a conduzione familiare, dove, guarda caso, alloggio anch'io. Quali conclusioni credi che ne trarranno? Potevi andare in un altro albergo... Non è che qui ne manchino...-
-Era tardi, venire qui da Flore mi è sembrata la soluzione più logica. E poi mi piace qui.-
-Ma non pensi a tua moglie?-
-Scusa, ma che c'entra Susan in tutto questo? Sai che stiamo divorziando.-
-Appunto, non credi che chiacchiere del genere, anche se false, potrebbero influire sulla causa?-
"Santo cielo, adesso ti ci metti anche tu con le assurdità." 
"Ok, forse mi sto un po' arrampicando sugli specchi, ma ha una causa di divorzio in corso, quindi il ragionamento fila."
"Si, certo, come no. E poi... nominare la sua ex! Quando è qui per te. Ma che ti dice il cervello?"
"Devo ricordare che ha appena detto che NON è qui per me?"
"E ci hai creduto? Ma dai!"
-Susan ha già firmato i documenti, io lo farò appena tornerò negli Stati Uniti. Non ha nessun interesse a tirare le cose per le lunghe, visto che lei e il suo compagno stanno già organizzando il matrimonio.-
-Oh... non lo sapevo.- tutta la mia animosità si affloscia all'istante.
-Capita anche agli attori sexy e famosi di essere sostituiti con qualcun'altro.- tenta di scherzare, ma la sua bocca prende una piega amara.
-È stata lei a...?- mi interrompo imbarazzata. - Scusa, credevo che...- 
-Che fossi stato io a lasciarla?- conclude per me, -Beh, ti sbagliavi.- aggiunge in tono brusco. -Comunque, se il fatto che io stia qui ti mette a disagio, oggi cercherò una stanza in un altro posto. Credevo non ti importasse di ciò che pensa la gente... a quanto pare mi sbagliavo anch'io.-
Detto questo, si gira e se ne va.
Brava! Un hurrà per me! 
Ho ottenuto quello che volevo.
Allora perché mi sento uno schifo?
"L'hai deluso."
"Oh, vuoi stare zitta, accidenti!"
Lo guardo allontanarsi da me e poi sparire dietro l'angolo.
Ho fatto un gran casino. E per cosa, poi? Per paura di qualche stupido pettegolezzo? Ma davvero tengo più al giudizio di qualche pettegolo che alla sua amicizia? 
...e poi quella luce ferita negli occhi quando ho nominato il suo divorzio... accidenti a me!
 Ero nervosa e ho reagito in modo esagerato. Io voglio che continuiamo ad essere amici.
In fondo chi se ne frega di cosa pensano gli altri!

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Capitolo 12
*** Sono un idiota ***


Sono tornato nel mio mondo, fra persone che condividono i miei stessi interessi, alcune le conosco da anni, altre le considero dei cari amici. 
Domani inizieremo a girare e nell'aria si percepisce l'eccitazione della vigilia. 
Ho sempre amato tutto questo. 
Allora perché non sono minimamente interessato a ciò che mi sta attorno? 
Perché rimpiango la mia stanza nell'albergo di Flore, quando qui ho una suite grande quasi quanto la sua sala ristorante? 
Questo è ciò a cui sono abituato, ma in questo momento mi sembra tutto talmente distante.
Ho sempre partecipato più che volentieri alle chiacchiere del dopo cena, ma questa sera me ne sto seduto fingendo di seguire i discorsi, mentre in realtà ho in mente due occhi verdi che mi guardano maliziosi prima che da quelle labbra che sono stato così vicino a baciare esca un commento ironico.
Che mi hai fatto dottoressa Guerra?
Guardo il cellulare con cui sto giocherellando distrattamente, potrei chiamarla per chiacchierare un po', ma forse è già andata a dormire: mi era sembrata stanca quando l'ho lasciata da Flore.
Se non avesse rifiutato così ostinatamente di alloggiare qui, ora sarebbe tutto più semplice.
Mi guardo intorno distrattamente, mentre mi sfugge un sospiro di frustrazione e incrocio lo sguardo di Mel, che è venuto a sedersi accanto a me. 
Naturalmente ha capito subito che ho la testa altrove. 
-Sono sempre più curioso di conoscerla.- dice nascondendo un sorriso.
-A chi ti riferisci?- gli chiedo fingendo di non capire
-Non prendermi per il culo Robert, sai benissimo di chi parlo.- ci conosciamo da troppi anni perché possa tenergli nascosto qualcosa. -Se vuoi possiamo andare avanti con questo giochino, ma io preferirei andare al sodo: quanto è seria questa storia?-
-Non c‘è nessuna storia.-
-Va bene, quanto è seria questa "non storia"?-
Sorrido, mio malgrado.
-Lei mi piace.-
-Mi sembrava ci aver capito che non andaste troppo d'accordo.- 
Ricordo bene la sua telefonata della prima sera. Ma qualcosa è cambiato da allora.
-Siamo diventati amici...
-Solo amici?
-Non siamo andati oltre un bacio di buonanotte sulla guancia.-
Mi guarda sollevando un sopracciglio, scettico.
-Non voglio affrettare le cose.-
-Da quanto sei diventato così saggio?-
-Mi piace, te l'ho detto, e non voglio rischiare di farla scappare proprio ora che mi ha permesso di esserle amico. Per ora posso accontentarmi di questo.-
-Sei sicuro che non sia perché non ti è caduta ai piedi al primo sguardo?
- Non è per la sfida. E quando la conoscerai, lo capirai anche tu. Lei è diversa. Con lei posso essere me stesso, senza bisogno di indossare maschere. E questo mi fa star bene. Come non stavo da mesi.-
-Beh, allora buona fortuna Robert.- mi poggia una mano sulla spalla -Credo ne avrai bisogno.- aggiunge mentre si alza.
-Che vuoi dire?- lo trattengo
-Che sei cotto, ragazzo mio. Decisamente.- 

"Sei cotto." Le parole di Mel continuano a girarmi per la mente, mentre mi aggiro irrequieto per la camera. Due semplici parole che riassumono perfettamente il mio stato. Quindici giorni fa nemmeno sapevo della sua esistenza ed ora starle lontano è una condizione davvero difficile da fronteggiare. Certo, anche con Susan era successo tutto molto in fretta, le avevo chiesto di sposarmi solo tre mesi dopo esserci conosciuti, ma questa volta... Non so, non riesco a spiegarlo bene nemmeno a me stesso. È diverso... 
Barbara, nonostante i suoi occhi e il suo corpo dicano il contrario, non mi vuole altro che come amico, ed io, pur di starle vicino, sono disposto ad accontentarmi. 
Perché in queste due settimane sono stato bene come non mi capitava da tanto. 
Negli ultimi anni, non ho fatto altro che recitare, anche quando ero fuori dal set, perché il più delle volte non vedevano me, ma Tony Stark, o Sherlock Holmes, ed io semplicemente stavo al gioco, ero come gli altri si aspettavano che fossi. 
E mi è andato anche bene per un po', era divertente. 
Ma ormai non mi diverto più da tempo. 
Quando sono con lei invece non devo fingere, per lei sono solo Robert, ed è quello che voglio: essere solo Robert. 
Per lei. Con lei. 
Così decido. Prendo la valigia, che non ho ancora disfatto, e torno da Flore, sperando che la mia vecchia stanza sia ancora libera. 
Perché qui, nella camera accanto alla mia non c'è lei, e la cosa non mi piace per niente.
Mentre aspetto il taxi che ho chiesto alla reception, scrivo un biglietto a Mel per avvertirlo del mio cambio di alloggio, anche se probabilmente lui lo immagina già: è sempre stato così, è un po' come la voce della mia coscienza, uno di quegli amici che capiscono ciò che farai ancora prima di te.

Flore è indubbiamente sorpresa quando le compaio davanti chiedendole se ha una camera libera, ma non fa nessun commento, anche se non può nascondere un sorriso mentre mi consegna la chiave della mia vecchia stanza.
Mi chiudo la porta alle spalle, poggio la valigia e mi sdraio sul letto senza nemmeno spogliarmi. Dalla camera accanto, la sua, vengono dei lievi rumori. Sono finalmente dove volevo essere.

Mi sveglia la luce che filtra dalla finestra che ieri sera ho dimenticato di chiudere. È presto, forse nemmeno le sette, ma dalla sua stanza mi arriva il rumore dell'acqua che scorre nella doccia, anche lei è già sveglia. Se mi sbrigo, posso scendere prima di lei ed aspettarla al nostro solito tavolo.
L'incontro sul set è fissato per le nove, abbiamo tutto il tempo per fare colazione. 
Durante la giornata non avremo molte occasioni di star insieme da soli, quindi voglio approfittare di ogni minuto.
L'aspetto bevendo un caffè, chiedendomi se Flore l'abbia avvisata del fatto che sono qui, quando la sua voce mi apostrofa:-Che ci fai qui?-
Ok, Flore non gliel'ha detto.
Mi giro e ignorando il suo tono aspro che attribuisco alla sorpresa di trovarmi lì, le rispondo sorridendo:-Faccio colazione.-
Pessima mossa, Robert: la sua risposta è un sibilo raggelante.
-Mi prendi in giro? Hai capito benissimo cosa volevo dire.-
I suoi occhi mandano lampi mentre aggiunge:-Idiota.- poi mi volta le spalle e se ne va, quasi travolgendo Flore che resta sulla porta a guardarla attonita e confusa.
Non quanto me, che non mi ero aspettato certo quella reazione. 
Che ho fatto per farla infuriare così? 
Stare qui seduto non mi aiuterà di certo a capirlo, così, dopo un attimo di sconcerto, mi riscuoto e la seguo. 
Esco dall'albergo nel momento in cui imbocca la strada che porta al set. La chiamo, ma lei mi ignora. La raggiungo e cerco di fermarla trattenendola per una mano, ma si divincola e continua a camminare. Poi all'improvviso svolta e torna indietro. 
Adesso basta. 
La supero e mi fermo davanti a lei a sbarrarle la strada. 
-Fammi passare, Robert.- mi intima, il suo tono, se possibile, è ancora più gelido. Ma non mi faccio impressionare, non ho intenzione di muovermi finché non mi avrà spiegato perché è così arrabbiata.
-Mi dici che ti succede?- 
- E tu, mi spieghi perché non sei rimasto nel tuo bell'hotel a 5 stelle?- fa lei di rimando, puntandomi l'indice contro il petto.
Per un attimo quel contatto mi distrae, ma poi il cervello registra il significato delle sue parole: è arrabbiata perché ho lasciato l'hotel? Perché? Sono decisamente disorientato.
-Qual'è il problema?-
-Il problema sei tu. Qui. Nel. Mio. Stesso. Albergo.- scandisce -Mi dici cosa ti sei messo in testa?-
Ora capisco, ha paura. Paura di ciò che c'è fra noi. Sa che stiamo diventando più che amici, anche se non vuole ammetterlo nemmeno con sé stessa, e questo la terrorizza.
Devo trovare il modo per rassicurarla, o perderò anche la sua amicizia.
-Se credi che sia qui per te, ti sbagli...- avanti, Robert, pensa, trova una scusa plausibile.-C'è stato un malinteso con le prenotazioni: qualcuno della produzione ha annullato per sbaglio la camera di Noomi, così le ho offerto la mia.- 
Si, certo, succede sempre che si dimentichino della coprotagonista! Decisamente potevo fare di meglio.
-Quello che credo io non conta.- forse mi ha creduto, ma comunque non demorde, -Conta quello che penseranno gli altri. Abbiamo passato due settimane insieme, soli, ora tu lasci il tuo bell'hotel di lusso per venire a stare in un semplice albergo a conduzione familiare, dove, guarda caso, alloggio anch'io. Quali conclusioni credi che ne trarranno? Potevi andare in un altro albergo... Non è che qui ne manchino...-
Ma davvero sta evocando dei presunti pettegolezzi? Tutta questa storia sta diventando ridicola.
-Era tardi, venire qui da Flore mi è sembrata la soluzione più logica. E poi mi piace qui.-
-Ma non pensi a tua moglie?-
Tirare in ballo Susan è davvero un colpo basso.
-Scusa, ma che c'entra Susan in tutto questo? Sai che stiamo divorziando.-
-Appunto, non credi che chiacchiere del genere, anche se false, potrebbero influire sulla causa?-
-Susan ha già firmato i documenti, io lo farò appena tornerò negli Stati Uniti. Non ha nessun interesse a tirare le cose per le lunghe, visto che lei e il suo compagno stanno già organizzando il matrimonio.-
-Oh... non lo sapevo.- all'improvviso tutta la sua furia sembra svanita, si morde un labbro imbarazzata.
-Capita anche agli attori sexy e famosi di essere sostituiti con qualcun'altro.- provo a scherzare, ma non devo essere molto convincente, perché non convinco nemmeno me stesso.
-È stata lei a...?- il suo imbarazzo è sempre più palese -Scusa, credevo che...- 
-Che fossi stato io a lasciarla?- concludo per lei -Beh, ti sbagliavi.- so di aver usato un tono troppo brusco, ma anche se da tempo ormai il nostro matrimonio si trascinava stancamente, Susan ed io siamo pur sempre stati insieme più di 10 anni, abbiamo due figli, tutto questo ha un peso, e un divorzio, anche se consensuale, non è mai una cosa facile da affrontare. E lei dovrebbe saperlo più di chiunque altro, visto che a quanto pare non ha ancora superato il suo e per questo ha una paura fottuta di innamorarsi di nuovo.
-Comunque, se il fatto che io stia qui ti mette a disagio, oggi cercherò una stanza in un altro posto. Credevo non ti importasse di ciò che pensa la gente... a quanto pare mi sbagliavo anch'io.-
Le volto le spalle e me ne vado, arrabbiato più con me stesso che con lei. 
Sono stato uno stupido. Aveva iniziato a fidarsi, quel maledetto muro dietro il quale si nasconde aveva iniziato a sgretolarsi ed ora venendo qui, ho probabilmente rovinato tutto facendola allontanare di nuovo.
Ha ragione: sono un vero idiota. Stasera tornerò all'hotel.

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Capitolo 13
*** La dolce Karen ***


Stare su un set è una esperienza esaltante, ma al contempo destabilizzante, almeno per me, abituata ai tempi "biblici" dell'archeologia, dove si può stare giornate intere a scavare una porzione di terreno grande quanto un fazzoletto. 
Qui è tutto frenetico: costumisti, truccatori, elettricisti, operatori, comparse, tutti si muovono in ogni direzione e ti chiedi come da questo caos possa venir fuori qualcosa di coerente, ma poi il regista dà l'avvio alla ripresa, senti il ciak, e tutto prende a funzionare come in un complicato meccanismo ben oliato. 
Le riprese sono cominciate da quasi tre settimane e ormai mi sono abituata a tutto questo, anche se, visto come era andato il primo impatto, non ci avrei scommesso...

Dopo la discussione che avevamo avuto e avere realizzato che tenevo più alla nostra amicizia che a qualche stupido pettegolezzo, ero andata sul set decisa a parlare con Robert prima dell'inizio delle riprese, ma quando ero arrivata, di lui neanche l'ombra. Probabilmente era in uno dei camper adibiti a camerini posti ai margini della zona delle riprese; così, senza pensarci troppo su, mi ero ritrovata a bussare alla porta su cui era incollato un foglio con su scritto il suo nome.
-Avanti.- la sua voce mi era giunta leggermente attutita, ma chiara nel suo assenso ad entrare.
Avevo girato la maniglia decisa, ma poi mi ero bloccata impietrita appena varcata la soglia.
Robert era di spalle, in piedi davanti ad un attaccapanni carico di abiti di scena, con addosso soltanto un paio di boxer.
-Dammi solo un attimo, Karen, poi potrai fare di me ciò che vuoi, honey.- aveva detto senza voltarsi.
Quella frase aveva avuto il potere di risvegliarmi dallo stato catatonico in cui ero caduta.
Con le guance in fiamme, mi ero voltata per uscire e sottrarmi a quella imbarazzante situazione, prima che lui si accorgesse che non ero la persona che stava aspettando.
Ma non ero stata abbastanza lesta, perché, mentre mi chiudevo la porta alle spalle, lo avevo sentito chiamare il mio nome. 
Mi ero allontanata quasi correndo, senza badare molto a dove stessi andando, così mi ero scontrata con qualcuno che camminava nella direzione opposta ed ero finita col sedere per terra.
Avevo accettato grata la mano che mi aveva aiutato a riguadagnare la posizione eretta, mentre una profonda voce maschile chiedeva:-Tutto bene?- Il  mio sguardo aveva incontrato gli occhi più azzurri che avessi mai visto e, per la seconda volta in quella disastrosa mattina, mi ero ritrovata pietrificata e senza parole.
Non erano ancora le nove ed avevo già reagito in modo esagerato ad una sciocchezza, sorpreso Robert mezzo nudo mentre aspettava una donna (...e poi, chi era questa Karen? Da dove spuntava?) e travolto Mel Gibson! Come primo giorno non c'era male.
-Si è fatta male?- aveva insistito lui, visto che io non ero ancora riuscita a riappropriarmi del dono della parola.
-No... no, sto... bene...- ero riuscita infine a dire, in realtà il mio era stato poco più che un balbettio.
-Venga, si metta seduta qui.- aveva continuato, conducendomi ad una sedia, evidentemente poco convinto dalle mie parole. Poi, rivolgendosi ad un ragazzo dietro di lui che prima non avevo notato, -Andy, andresti a prendere dell'acqua per la signorina, per favore?-
-No, non ce n'è bisogno, sto bene.- avevo tentato di protestare, ma il ragazzo si era già allontanato.
-Sto bene. Davvero.- avevo ripetuto, mentre lui mi si sedeva accanto e scrutandomi con quei suoi occhi così incredibilmente azzurri, diceva:-Lei è l'archeologa... la dottoressa Guerra, se non sbaglio.-
Avevo annuito imbarazzata: bel modo di presentarmi al regista, davvero molto professionale!
-Posso chiederle da cosa stava scappando, o sono troppo indiscreto?-
Ancora più imbarazzata avevo abbassato gli occhi, incapace di sostenere quello sguardo che sembrava quasi leggermi dentro; per qualche oscuro motivo, sapevo che se avessi negato, lui avrebbe capito subito che stavo mentendo.
Ma prima che riuscissi a trovare qualcosa di sensato che non risultasse troppo falso, una voce che conoscevo fin troppo bene, si era intromessa:-Si, decisamente sei stato indiscreto, Mel.-
-Dovevo immaginare che c'eri tu di mezzo, Robert.- aveva ribattuto lui in tono divertito, finalmente distogliendo da me quel suo sguardo indagatore.
-Ti sbagli, io non ho fatto proprio niente.- si era difeso Robert puntando però gli occhi su di me.
Avevo sostenuto il suo sguardo scettica. "Certo, aspettare donne nel tuo camerino, mezzo nudo, è una cosa del tutto normale!" Aveva replicato la mia vocina interiore.
Ora che avevo finalmente recuperato la mia razionalità, era il momento di porre fine a quella situazione assurda, considerato anche che stavamo cominciando ad attirare l'attenzione. 
Mi ero alzata in piedi e ignorando deliberatamente Robert, mi ero rivolta a Gibson:-Mi dispiace di averle fatto perdere tutto questo tempo, Mr Gibson. Lei ha un film da dirigere ed io dovrei già essere con lo scenografo per definire i dettagli sull'uso degli scavi. E tu,- avevo aggiunto  voltandomi verso Robert, -dovresti ritornare nel tuo camerino, non vorrai far aspettare troppo la "dolce Karen".- Il sarcasmo con cui avevo condito le ultime parole aveva sorpreso anche me: in fondo lui era libero di fare tutto ciò che voleva, non doveva certo rendere conto a me di chi riceveva nel suo camerino! 
Sicuramente tutto il mio dispetto veniva dall'imbarazzo per essermi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo. 
Ma anche lui, poteva almeno accertarsi che chi aveva bussato fosse realmente la sua amichetta Karen. E poi come l'aveva chiamata? Honey... Ma per favore!
"Sei gelosa." si era intromessa la solita vocina.
Gelosa io? Ma figuriamoci! 
Una risata camuffata da colpo di tosse, aveva riportato la mia attenzione su Gibson che ci osservava divertito; di bene in meglio, mi ero resa ridicola anche di fronte a lui, con quella frase che sembrava tanto una scenata di gelosia. Accidenti alla mia linguaccia! 
E quando ormai pensavo di aver toccato il fondo dell'imbarazzo, Robert mi aveva afferrato per la mano trascinandomi via con lui.
-Ora tu ed io parliamo.- aveva intimato fermandosi in un angolo lontano da sguardi indiscreti.
-Non c'è niente da dire.- avevo ribattuto tentando invano di sfilare la mano dalla sua.
Ma lui, ignorando la mia puntualizzazione, aveva chiesto:-Perché sei scappata a quel modo dal mio camerino? Ti ho chiamata, ma eri già svanita.-
-Io NON sono scappata, mi sono semplicemente resa conto che eri occupato e ho tolto il disturbo.-
-In effetti aspettavo una persona, ma...-
-Questo era più che evidente.- lo avevo interrotto.
-Sei gelosa, per caso?-, aveva ribattuto lui, per nulla impressionato dal mio sarcasmo. 
-Gelosa?- poi, con uno sbuffo che voleva essere derisorio, avevo puntualizzato:- Forse il tuo ego smisurato ti fa pensare che tutte le donne ti trovino irresistibile, ma, credimi, non è così. E ora, se non ti dispiace, dovrei andare: non vorrei arrivare tardi proprio il primo giorno.- Mi ero girata per allontanarmi, ma poi non avevo resistito e tornando a voltarmi verso di lui, avevo aggiunto:-...e la prossima volta che senti bussare alla tua porta, forse è meglio se prima chiedi chi è. Pensa se Karen fosse entrata quando io ero ancora lì, come l'avrebbe presa? Sarebbe stato imbarazzante. Come minimo.- 
L'espressione divertita che era allora apparsa sul suo volto era veramente troppo! Che diavolo ci trovava di divertente?
A quel punto ne avevo avuto abbastanza di lui e mi ero girata per andarmene, ma la sua mano sul mio polso mi aveva trattenuta. 
Di nuovo.
Adesso ero decisamente arrabbiata e puntando i piedi avevo sbottato:-La smetti di tirarmi?-
-Quando tu la smetterai di farti idee sbagliate e mi starai a sentire.-
Avevo incrociato le braccia, in attesa, curiosa di sentire cosa c'era da spiegare in una situazione che era fin troppo palese.
-Ti ascolto. Anche se...-
-Senza interrompere, magari.-
-Volevo solo dire che non mi devi nessuna spiegazione.-
-Bene, ora che hai chiarito la tua posizione, posso continuare?-
Avevo fatto un cenno con la mano per invitarlo ad andare avanti.
-Prometti che mi farai parlare senza interrompermi?- Avevo annuito con uno sbuffo impaziente.
-Non so cosa tu abbia pensato quando sei entrata nel mio camerino,- avevo aperto la bocca per parlare, ma lui, aveva alzato il dito ad ammonire, -Ehi, avevi promesso!-
Avevo richiuso la bocca con una smorfia -... ma posso immaginarlo.- aveva concluso con un mezzo sorriso. Poi, guardandomi negli occhi, aveva aggiunto:-Voglio che tu venga con me a conoscere Karen, così potrai farti da sola un'idea del nostro rapporto.-
Oh, no. 
No no no, ma è impazzito? 
Farmi conoscere la sua amichetta? 
Cosa vuole, la mia benedizione? 
Va bene essere amici, ma questo mi sembra un po' troppo! In fondo non siamo poi COSÌ amici.
Già, ma come posso evitarlo senza che mi accusi di nuovo di essere gelosa?
-Vedrai ti piacerà.-
"Ne dubito"
-È una donna davvero speciale-
"Oh, immagino!"
-So che andrete d'accordo.-
"Ma davvero? Da dove ti viene tanta sicurezza?"
Intanto eravamo arrivati alla porta del camper che fungeva da camerino, ed io non avevo ancora trovato una valida scusa per evitare quell'incontro di cui avrei fatto volentieri a meno. Così, rassegnata, lo avevo seguito dentro, mio malgrado.
-Barbara, vorrei presentarti Karen Wislow, la migliore sarta cinematografica dai tempi del cinema muto.-
-Che è più o meno la mia data di nascita!- aveva ribattuto ridendo una donna dai capelli bianchi che somigliava più alla tipica nonna che ti cucina la torta di mele, che alla bambola sexy che mi ero aspettata di vedere.
-Karen, questa è la dottoressa Barbara Guerra, l'archeologa che controllerà che, con questo nostro carrozzone cinematografico, non facciamo troppi danni.-
La mia espressione doveva lasciar trasparire una buona dose dell'imbarazzo che provavo, perché lei mi aveva sorriso rassicurante mentre tendeva la mano:-È un piacere conoscerla, dottoressa.-
-Anche per me... - avevo risposto sorridendole a mia volta. 
-So che ha passato due settimane a insegnare a questo individuo,- aveva continuato lei lanciando a Robert uno sguardo di scherzoso rimprovero -Povera cara, deve essere stata una esperienza traumatizzante. Non è la prima volta che lavoro con lui e so quanto può essere irritante e indisponente a volte.-
-Anche io ti voglio bene, Karen.- aveva scherzato Robert circondandole le spalle con un braccio, -ma ora non ti devi occupare degli altri attori?-
-Visto cara? Cosa le avevo detto? Veramente indisponente. Comunque, ho lasciato i costumi con le modifiche per le scene di oggi sull'appendiabiti, vorrei ritrovarli stasera in condizioni accettabili.- poi rivolgendosi a me:-Dottoressa, è stato un piacere conoscerla, spero che avremo modo di chiacchierare un po' nei prossimi giorni.-
-Mi farebbe molto piacere.-
-Senza attori egocentrici intorno, ovviamente.- aveva aggiunto sorridendo complice, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Ora che eravamo soli, il mio imbarazzo aveva raggiunto il livello di guardia. Sapevo che Robert mi stava guardando, sentivo il suo sguardo su di me, ma continuavo a fissare il pavimento.
Mi era venuta in mente una mezza dozzina di frasi che avrei potuto dire, ma le avevo scartate una dopo l'altra.
In fondo cosa avrei potuto dire se non:-Scusa,- avevo alzato gli occhi e incrociato i suoi, -per come mi sono comportata in albergo... e anche per poco fa... ho fatto un gran casino per una sciocchezza. A mia discolpa posso dire che ero nervosa e a stomaco vuoto, e questa combinazione ha effetti deleteri sulle mie facoltà mentali. So che non è una giustificazione, ma...-
Avevo teso la mano:-Possiamo essere ancora amici?- 
Aveva preso la mia mano fra le sue, serio:- Per quello che mi riguarda, non abbiamo mai smesso.- poi mi aveva sorriso e aveva continuato:-Quindi posso restare da Flore? Perché ho chiamato ogni albergo della città, ma sembra che siano tutti al completo. Mi spiace.-
Sorridendo a mia volta, avevo insinuato:-Com'è che ho l'impressione che non ti dispiaccia affatto?-

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Capitolo 14
*** Viaggio nel tempo ***


In piedi davanti alla grande vetrata della sala partenze internazionali, guardo la pista, mentre aspetto che chiamino il mio volo. Un aereo sta rullando. Pochi minuti ed è già in volo. Lo seguo con lo sguardo finché non è niente più che un puntino nel cielo. 
C'è Barbara a bordo di quell'aereo, sta tornando in Italia.
Tra pochi minuti anch'io mi imbarcherò per gli Stati Uniti. 
Quattro settimane a Los Angeles per stare finalmente un po' con i miei figli e girare gli interni, poi...
Poi due settimane senza alcun impegno. Senza Exton e Avri, in vacanza con Susan. Senza riprese, interviste o tour promozionali. Due settimane che fino a due mesi fa temevo come la peste perché sapevo che mi avrebbero ridotto a vagare senza meta come una belva in gabbia, ma che ora aspetto con una sorta di gioiosa impazienza. 

I tempi delle riprese sono serrati, si comincia a girare al mattino presto e spesso si va ben oltre il tramonto, ma tornare a casa e trovare Exton e Avri, e spesso anche Indio, ad aspettarmi, è tutto ciò che mi basta per dimenticare la stanchezza di una giornata passata sul set.
L'unica cosa che mi mancava erano le chiacchierate serali con Barbara, ma, un paio di giorni dopo l'inizio delle riprese, mi sono reso conto che quando sospendiamo per la pausa pranzo, in Italia è più o meno ora di cena, così l'ho chiamata.
Il fatto che fosse sorpresa di sentirmi non mi ha stupito, ricordo bene la sua espressione scettica quando, poco prima di salutarci all'aeroporto, ci siamo scambiati i numeri di telefono col proposito di tenerci in contatto.
Ora, ogni giorno, quando ci fermiamo per il pranzo, mi chiudo nel mio camerino e per un'ora non ci sono per nessuno. Non è come essere con lei, ma per ora è un buon compromesso.

Tra le riprese, i miei figli e le ore al telefono con Barbara, quest'ultimo mese è passato in un lampo, ma ora che il film è finito, Exton e Avri sono con la madre e Indio è partito per un giro di concerti con la sua band, ho fatto la valigie e ho preso il primo aereo per l'Italia. 

Benedetto sia l'inventore del navigatore, grazie al quale posso godermi il viaggio senza essere costretto ad affidarmi al mio scarso italiano per orientarmi, mi dico, mentre guido immerso in un paesaggio tanto diverso da quello a cui sono abituato.
Amo i grandi spazi del mio paese, ma qui... Ad ogni curva è una scoperta: ho lasciato da pochi chilometri un'autostrada che seguiva la linea della costa ed ora mi sto inoltrando fra verdi colline punteggiate di piccoli borghi. 
Non è la prima volta che vengo in Italia, sono stato a Roma e a Milano, ma sempre per lavoro, che voleva dire aeroporto, albergo, interviste, incontri con i fans e poi di nuovo albergo e aeroporto; tutto regolato da un preciso, minuzioso programma.
Questa volta niente programmi, nessuna certezza, l'unica cosa sicura è la stanza che ho prenotato in un albergo non lontano dalla sede della "sua" Università.
Non sono nemmeno troppo sicuro di come reagirà quando mi vedrà... Già, perché non le ho detto di questo viaggio. Non so bene perché, forse per farle una sorpresa, o perché temevo che mi dicesse di non venire...

Un'ultima curva e poi... la meraviglia. 
Accosto su un piccolo spiazzo sul bordo della strada e scendo dall'auto; mi aveva parlato della sua città, ma ciò che ho davanti va oltre ogni descrizione. 
Ora capisco meglio l'amore e la passione di Barbara per il suo lavoro: non puoi vivere in mezzo a tanta bellezza, senza che tutto questo ti entri dentro e sia parte di te.
Un antico palazzo decorato da torri affusolate che mi ricordano vagamente i minareti di Istambul, a destra grandi alberi con le loro chiome verdissime spuntano da una vasta terrazza (forse i giardini del palazzo?), a sinistra la cupola di una chiesa con il suo campanile accanto, tutt'intorno case dello stesso color terracotta, fino alla base della collina dove antiche mura circondano tutto. Niente grattacieli o edifici moderni, tutto è come sospeso in una dimensione senza tempo. 
L'impressione di avere viaggiato indietro nei secoli è forte, se non fosse per le auto che percorrono la strada che corre ai piedi delle mura.
Mi pare quasi di sentire una musica medievale portata a tratti dalla brezza... 
Meglio risalire in auto e andare in albergo, la mia immaginazione o forse la stanchezza per il viaggio mi sta facendo strani scherzi.
Lascio l'auto in un parcheggio e mi avvio a piedi verso l'albergo, che so essere a poche centinaia di metri. Ho percorso solo pochi passi quando sento ancora quella musica, solo che ora è molto più vicina e nitida e non è quindi solo un parto della mia fantasia. 
Mi lascio trascinare dalla curiosità nella direzione da cui proviene la melodia e questa volta ho davvero la certezza di aver viaggiato indietro nel tempo. Perché questa è l'unica spiegazione a ciò che mi trovo davanti. 
Il vicolo sfocia in una piazza: seduti sui gradini di una chiesa tre musici, come chiamarli altrimenti, visto gli abiti che indossano e i loro strumenti? 
Sotto una loggia stanno allestendo un mercato, solo che le merci sono rustici vasi di terracotta, oggetti in cuoio e... ma sono spade quelle?
Da un vicolo alla mia destra sbuca un gruppo di soldati in elmo ed armatura, faccio appena in tempo a scuotermi dallo stupore e a scostarmi per non farmi travolgere.
Li seguo con lo sguardo finché non entrano nel portone di un palazzo dall'altro lato della piazza; pochi istanti dopo ne escono due ragazze abbigliate come appena uscite da un quadro di Leonardo.
Sto cominciando a preoccuparmi per la mia sanità mentale, quando il suono di un clacson mi riporta alla realtà. Mentre mi faccio da parte per lasciare passare un furgone, lo sguardo mi cade su un drappo appeso sopra la loggia del mercato che prima non avevo notato. Il mio zoppicante italiano non mi permette di capire ogni parola, ma riesco comunque a comprendere che sono capitato nel mezzo di una rievocazione storica.

Il tempo di lasciare il bagaglio in albergo e sono di nuovo in strada, in mano una pianta della città con il percorso segnato a matita dal disponibile addetto alla reception.
La mia meta è un antico palazzo non dissimile da quelli che si affacciano sulla medesima strada, distinguibile solo dalla targa, affissa accanto al portone, che lo identifica come sede del dipartimento di archeologia.
Indugio sulla soglia, come reagirà Barbara vedendomi? 
Certo, venire a cercarla qui non è il massimo della discrezione, ma è l'unico modo che ho per rintracciarla, visto che non conosco il suo indirizzo, così accantono ogni esitazione e attraversato il portone mi ritrovo in un cortile interno circondato da un portico, alla mia destra una porta reca la scritta "Segreteria": lì sapranno dirmi dove trovarla. 
-Posso aiutarla?- mi chiede l'impiegata senza alzare lo sguardo dai documenti che sta compilando.
-Yes... Si... voglio... dottoressa Guerra...- quando si dice andare dritto al punto!
Lei alza la testa e mi scruta da sopra le lenti degli occhiali da lettura, probabilmente sta valutando se chiamare la sicurezza per farmi sbattere fuori o giudicarmi innocuo e capire cosa sto facendo lì.
Prima che decida di optare per la prima ipotesi, tento di porre rimedio al pessimo esordio e, sfoderando il mio miglior sorriso da seduttore, do fondo a tutte le mie conoscenze linguistiche:-Mio nome è Robert Downey, io sono cercando dottoressa Guerra.- (Appunto mentale: visto che ho intenzione di frequentare assiduamente questi luoghi, procurarsi un buon corso di lingua italiana.)
-So chi è lei...- ribatte gelida l'impiegata in perfetto inglese senza scomporsi minimamente (il mio fascino sta perdendo colpi) - la dottoressa questa mattina non è in facoltà. Mi spiace.- Il suo tono smentisce le ultime parole.
-Non sa dove posso trovarla? Se mi potesse dare il suo indirizzo...- azzardo.
-Non siamo autorizzati a comunicare ad estranei questo genere di informazioni.- replica asciutta. -Può provare a tornare domani, o, meglio, lunedì. Naturalmente sarebbe meglio se prima avvertisse telefonicamente.- detto questo rivolge tutta la sua attenzione ad una ragazza che è appena entrata con una pila di documenti, ritenendo, per quanto la riguarda, conclusa la questione.
Rassegnato mi avvio verso l'uscita prendendo il cellulare dalla tasca: chiamerò Barbara, con tanti saluti al proposito di farle una sorpresa! 
-Scusi...- sono già sulla strada, quando una voce mi richiama indietro. 
È la ragazza che era entrata poco prima.
-Ho sentito che sta cercando la dottoressa Guerra... Barbara...- dice.
-Lei sa dove posso trovarla?-
-Si, sto andando da lei, se vuole può venire con me.- propone.
-Certo, mi farebbe un grosso favore.-
-Io sono Giulia.- dice tendendo la mano mentre ci avviamo. 
-Piacere di conoscerti, Giulia,- le stringo grato la mano, - io sono Robert...- Sorride alle mie parole, -... ma tu naturalmente già lo sai ...- sospiro, sorridendo a mia volta -A quanto pare dovrò rivedere le mie tecniche di camuffamento: anche la signora della segreteria mi ha riconosciuto al primo sguardo. Per un attimo ho temuto che chiamasse qualcuno per farmi sbattere fuori. Anche se penso che sarebbe stata in grado di farlo anche di persona.-
-Oh, sì, non c'è dubbio- fa lei ridendo. 
-Gran brutto colpo, sarebbe stato, per la mia autostima...- scherzo.
-Comunque, non è una questione personale: fa così con tutti...-
-Davvero?-
-C'è chi la chiama Cerbero, naturalmente non in sua presenza. Nessuno che non sia più che autorizzato può varcare quel portone: si racconta che una volta negò l'accesso persino al nuovo rettore perché non aveva con sé un documento che ne provasse l'identità.- 
Nel frattempo siamo arrivati davanti ad un altro portone e ad un'altra targa che lo identifica come la sede del Centro Teatrale Universitario. La cosa si fa interessante...
Giulia mi guida su per una scala fino ad una grande sala immersa nella più totale confusione: persone che vanno e vengono abbigliate nelle fogge più bizzarre, pile di abiti di scena, in un angolo pezzi di scenografie... io mi sento a casa, ma Barbara? Non avrei mai pensato di poterla trovare in un posto come questo... 
Tipico di lei: quando penso di cominciare a conoscerla, ecco che scopro un lato nuovo che mi spiazza e mi sorprende.
Giulia con un gesto della mano attira l'attenzione di un uomo al lato opposto della sala, lo guardo avvicinarsi con la curiosa sensazione di averlo già visto da qualche parte; e quando Giulia lo saluta tutto diventa chiaro:-Ciao, Stefano, Barbara è qui?- È il "famoso" coinquilino, quello che avevo creduto il suo fidanzato.

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