I don't believe in fairy tales

di Becky2000GD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She's broken. ***
Capitolo 2: *** The dark side. ***
Capitolo 3: *** The drug in me is you. ***
Capitolo 4: *** Brutal Love. ***
Capitolo 5: *** Proud of You. ***
Capitolo 6: *** She would be a great mother. ***
Capitolo 7: *** Is it the end? ***
Capitolo 8: *** And if your heart stops beating ... ***
Capitolo 9: *** No chance for one more day, no chance to get back home. ***
Capitolo 10: *** Desperate but not hopeless. ***
Capitolo 11: *** I won't leave you alone. ***



Capitolo 1
*** She's broken. ***


"Lasciarsi è tutto quanto sappiamo del Paradiso e quanto ci basta dell'Inferno."
-Emily Dickinson



-Apri la porta …

La voce del ragazzo era cambiata. Il solito tono perentorio e autoritario aveva lasciato il posto ad un tenero sussurro. Rendeva quella frase, da lui ormai ripetuta fino alla nausea, un invito alquanto rassicurante.

Ma per Dylan non faceva alcuna differenza. A lei semplicemente non importava, neppure le sentiva le sue suppliche. Aveva indubbiamente altre cose e molto più importanti di cui occuparsi.

Stava in piedi, davanti l’enorme specchiera della loro stanza da bagno privata, a guardare la propria immagine riflessa. Si toccava il volto nei punti in cui appariva gonfio e livido. Le guance rosse per via degli schiaffi ricevuti, gli innumerevoli graffi, l’occhio violaceo che apriva e chiudeva a fatica. Come aveva potuto farle questo?

Con il dorso della mano la ragazza si pulì qualche goccia densa e rossa che le stava scivolando lungo il mento. Aveva il labbro rotto e sanguinante. Mugolò per il dolore.

Certo, da quando stava con Syn c’era abituata ai suoi attacchi d’ira, specie quando finiva per ubriacarsi con gli amici. Però ora era davvero troppo: erano caduti in un circolo vizioso, in una spirale di insensata  violenza che avrebbe solo finito per uccidere Dylan. E lei lo sapeva. Le previsioni non potevano essere rosee.

-Allora, ti decidi ad aprire?! Muoviti, mi sto stancando!

Brian sbatté energicamente e più volte il palmo della mano sulla porta, gridando con tutta la voce che aveva.
Ecco, ci risiamo, pensò. Synyster s’era nuovamente spazientito, e sarebbe stato pronto a dargliele di nuovo se lei non avesse fatto come lui chiedeva. Così, anche se a malincuore, Dylan fu costretta a girare la chiave nella serratura e lasciare che il ragazzo entrasse.

-Finalmente …!

Commentò lui con fare ironico, mentre con la calma che lo contraddistingueva andò a sedersi sul bordo della vasca da bagno. Dylan non lo guardò neppure in viso, si limitò a tenere gli occhi bassi e stare in silenzio.

Le era sempre piaciuto quel suo modo di fare, quel menefreghismo. Synyster Gates, l’uomo cui non importava niente di nessuno, quello che faceva sempre e soltanto le cose che gli andavano e quando e come decideva lui. Uno strafottente di prima categoria.

In fin dei conti, perché non avrebbe dovuto esserlo? Poteva decisamente permetterselo! Brian era un ragazzo straordinario, baciato dalla fortuna da ancora prima che nascesse: essendo figlio di un personaggio del mondo dello spettacolo, era cresciuto in un contesto particolare, fatto di case di lusso, denaro in abbondanza ed eccessi.

Ma soprattutto, da sempre gli era stata inculcata l’errata convinzione che potesse sempre ottenere tutto ciò che desiderava. Bastava che lui schioccasse le dita, e subito c’era qualcuno pronto a servirlo e riverirlo.

Tutto ciò, oltre ad averlo reso incredibilmente maleducato, pretenzioso e prepotente, gli aveva però anche dato una grande autostima. E proprio grazie a questa, fin dalla più tenera età, era sempre stato in grado d’eccellere in ogni cosa che faceva.

Brian amava particolarmente la musica ed era bravissimo a suonare la chitarra. Nessuno muoveva le dita più in fretta di lui sulla tastiera dello strumento. Questo era dovuto in gran parte alla fiducia che riponeva in se stesso e nelle proprie capacità, oltre che all’impegno e alle innumerevoli ore passate a fare pratica da solo e con gli amici. Perché per la sua mentalità era ovvio che sarebbe riuscito a fare cose straordinarie in campo musicale. D'altronde, lui ci teneva. Lui lo voleva.

Comunque, le sue previsioni sul proprio futuro non si rivelarono sbagliate in quanto entrò presto a far parte di una nuova band Metal/Hardcore e, in breve tempo, lui e i suoi compagni divennero famosi in tutto il mondo, oltre che ricchissimi.

E Dylan … che dire di lei? Lei che era stata fan della band sin dagli esordi, lei che conosceva a memoria ogni più piccolo avvenimento della vita dei suoi musicisti preferiti, lei che aveva tanto atteso di andare ad un concerto degli Avenged Sevenfold, lei che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di conoscere quei band members, soprattutto Synyster … lei, semplicemente una fan come tutte le altre, una ragazzina senza arte né parte che, per qualche strano scherzo del destino, era stata in grado d’ottenere dei pass per il backstage dopo un concerto della band. E che poi, come nei migliori romanzi d’amore, era stata in grado di conquistare il chitarrista con la sua timidezza, la sua goffaggine e un sorriso a tratti spaventato. Chi era lei?
Dylan non aveva una gran considerazione di se … si vedeva solo come “una delle tante”, una persona senza chissà quale importanza. L’ unica cosa che amava della propria vita era la sua fortuna, quella che un bel giorno l’aveva portata a conoscere dal vero il suo idolo. Non si rendeva conto che quello veramente fortunato lì era soltanto Syn.

Infatti, dato che le cose belle durano sempre poco e la vita non è una fiaba con principesse e cavalieri (e neanche lieto fine), la giovane fan s’era presto ritrovata a fare i conti con la dura realtà delle cose. Entrando a far parte del mondo di Brian, si accorse di quanti problemi egli avesse, e anche dei suoi difetti.

Gli Avenged Sevenfold erano cinque giovani musicisti consapevoli della propria fama, bellezza e talento, con troppo denaro e molti fans al seguito, il tutto mischiato ad una gran voglia di divertirsi e un inesistente buon senso. Questo era decisamente un mix pericoloso, soprattutto se sommato all’alcolismo di Brian e alla sua dipendenza dalla droga.

-Dovresti ringraziarmi, lo sai? Sono stato fin troppo buono, visto come ti sei comportata …

Borbottò Brian, mentre con una mano afferrò il polso della ragazza. La attirò tra le sue braccia, costringendola poi a sedersi sulle sue gambe. Voleva testare la sua reazione.

Dylan non rispose. Cosa avrebbe potuto dire? Quella sera il suo unico errore era stato quello di aver ballato con un ragazzo ad una festa. A lungo quello aveva continuato ad invitarla sulla pista. I suoi modi erano gentili, raffinati … non avevano nulla a che vedere con Syn. Perciò lei alla fine si era lasciata tentare, arrivando ad accettare la proposta.

Quando il musicista era tornato al tavolo e l’aveva trovato vuoto non aveva potuto fare altro che impazzire di gelosia. Ma cosa pensava? Credeva davvero che lasciare la sua ragazza lì da sola, triste e scontenta mentre lui era da qualche parte ad ubriacarsi con i suoi quattro amici potesse essere una buona idea?

Per sua sfortuna, nonostante la bassa autostima, Dylan non si era mai vista come un giocattolo. E non voleva diventarlo, né per Brian né per nessun altro.

-Era proprio necessario fare del male anche a Jamie?

La giovane si fece coraggio. Domandò ciò che si era chiesta incessantemente nel corso delle ultime ore. Intanto cercava di non appoggiarsi troppo a Brian. La vicinanza con il suo corpo la faceva rabbrividire, provava ribrezzo.

-Poteva non esserlo? D'altronde è stato lui ad invitarti a ballare. O sbaglio?

La voce di Synyster era piuttosto calcata, soprattutto sull’ultima frase.

-Ti ha infastidita … non avrebbe dovuto.

Continuò poi. Anche solo ricordare gli avvenimenti della serata faceva venire i nervi a fior di pelle al ragazzo.

-E sentiamo, secondo l’ottica di chi io sarei stata infastidita dalle sue attenzioni?! Lui almeno c’era! Non ha passato la serata con dei coglioni, a bere fino a stare male. Jamie era al mio fianco. Tu no, Brian!

Per la prima volta da quando avevano iniziato la loro relazione, lei alzò la voce. Spinse violentemente via il suo ragazzo, colpendolo sul petto.

Copiose lacrime ripresero a cadere lungo il viso di Dylan, fino al mento. Ma lui non meritava le sue lacrime, non poteva nuovamente avere la soddisfazione di saperla ridotta così e di sentirsi l’artefice di tutto ciò. No, non anche questa volta …

Mentre ancora Syn non si era del tutto reso conto di quello che era appena successo, la giovane scappò via.

Chi si sarebbe aspettato un simile comportamento? Non era da lei un gesto simile. Non aveva ma avuto il coraggio di rivoltarsi contro di lui. Una sensazione di freddo gelido attanagliò Brian nel momento stesso in cui vide colei che tanto amava sparire nel corridoio. Per la prima volta si sentì vuoto. Era spaventato.

-Dylan … dove vai?!

Gridò lui. Si alzò in fretta, iniziando a seguirla. Corse dietro di lei, più veloce che poteva.

 

 

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Capitolo 2
*** The dark side. ***


"E se ti mostro il mio lato oscuro, mi stringerai ugualmente questa notte?"

-Pink Floyd, The final cut

 

 

 

Passo dopo passo, le sembrava di allontanarsi kilometri e kilometri. Ogni centimetro che guadagnava era un traguardo. Brian non sarebbe riuscito ad acciuffarla.

Purtroppo Dylan non era mai stata così tanto veloce a correre, altrimenti tante volte prima di quel momento si sarebbe risparmiata innumerevoli lividi. Tuttavia, questa volta il suo ragazzo non sembrava avere la benché minima possibilità di fermarla.

Nervosismo e adrenalina le stavano dando la carica necessaria per continuare a fuggire. Le gambe stavano diventando sempre più deboli, le facevano male ... ma la ragazza non riusciva proprio a pensarci. L'istinto di sopravvivenza stava avendo la meglio su qualsiasi altra sensazione.

D'altra parte però la vista le stava dando non pochi problemi. Per lei quello era uno sforzo enorme, non era mai stata una tipa particolarmente atletica e di certo non era abituata a fare sport. Figuriamoci se poteva correre come una forsennata per quaranta minuti, senza interruzione. Iniziava a vedere tutto a chiazze.

-Dove sono finita ...

Sussurrò, parlando da sola.

Uscendo in fretta da casa Haner non aveva fatto caso a quale strada stava imboccando. E nei dintorni dell'enorme villa c'erano non pochi sentieri percorribili. Alcuni portavano al centro di Huntington Beach, altri finivano verso il boschetto poco distante. In ogni caso, appena fuori dal grande cancello nero della dimora di Synyster, tutte le strade potevano sembrare uguali. Soprattutto di notte.

Dylan si fermò, guardandosi attorno. L'ipotesi d'essersi persa non era troppo rassicurante. E là fuori con il buio potevano esserci bestie peggiori del suo ragazzo di cui preoccuparsi.

Tentò di riprendere fiato mentre con la visuale offuscata intravedeva le cose tutte attorno.

C'erano delle case, case gigantesche, proprio a poche centinaia di metri di distanza.

Un sorriso enorme le si dipinse sul viso terribilmente tumefatto. Il primo sorriso pieno della serata ...

Non solo era finita in una delle strade che conducevano ad Huntington, aveva persino percorso quella più corta. Riprese a camminare, anche se più lentamente. Ormai era al sicuro. O almeno, questo era ciò che sperava.

Scrutò il quartiere che le si apriva davanti. Era il più prestigioso della città. Lì dimoravano star del cinema, musicisti, scrittori, artisti . C'erano anche gli avvocati, gli imprenditori ... i più ricchi, l'alta borghesia. Nessuno escluso. Tutti concentrati in un unico luogo.

Syn sembrava proprio essere l'unico ad aver deciso di vivere più lontano, in un posto isolato.

Dylan sospirò e scosse la testa.

Cosa poteva esserci di strano? Brian sentiva sempre il bisogno di distinguersi. Le sue scelte erano dettate dal suo ego e dal sentimento di superiorità che nutriva nei confronti di ogni altro essere umano.

La ragazza riprese a camminare in mezzo alle enormi ville, cercando di scacciare dalla mente quei pensieri. La strada era larga e sgombra, in giro non c'era nessuno. Le luci nelle case sembravano essere tutte spente, il silenzio regnava padrone. Tutto ciò che si poteva udire era il frinire delle cicale.

Ormai aveva del tutto recuperato la vista, anche se era piuttosto stanca. Dovevano essere circa le tre di notte, e lei non aveva idea di dove sarebbe potuta andare.

Non aveva amici nei dintorni, nessuno che potesse ospitarla. Per un attimo le balenò in testa l'idea di andare alla centrale di polizia più vicina e, finalmente, denunciare Brian. In fin dei conti, lui non meritava altro. Era solo in grado di alzare le mani, ogni pretesto era buono per prendersela con la sua ragazza.

Una sensazione di freddo gelido avvolse la giovane, facendola rabbrividire.

Se Synyster se la prendeva sul serio, calci e pugni lasciavano il posto a qualcosa di peggio. Solo un mese prima era addirittura arrivato a picchiarla usando una mazza da baseball, rompendole più di una costola e provocandole un'emorragia interna. E quando aveva ormai recuperato la lucidità e si era reso conto di cosa aveva fatto a Dylan, aveva persino indugiato nell'accompagnarla in ospedale. Preferiva lasciarla morire che finire in manette con l'accusa di violenza domestica. Ecco quanto valeva il suo amore.

La ragazza cadde in ginocchio, sul cemento freddo e duro.

Come poteva essersi innamorata di qualcuno così crudele? E come poteva avergli permesso di trattarla in quella maniera?

Portò le mani sul viso. Per l'ennesima volta quella sera le lacrime le stavano pungendo gli occhi, ma cercò di essere forte e ricacciarle indietro. Ora era lontana da lui, non c'era motivo di piangere. Anzi, avrebbe fatto meglio a godersi il tempo di pace che aveva, perché sicuramente già dalla mattina successiva Brian avrebbe aperto una vera e propria caccia, pur di catturarla.

Catturarla, sì. Lei non sarebbe stata altro che una preda, in questo gioco malato.

Proprio mentre era giunta a questa conclusione, incominciò a sentire come un ronzio in lontananza. Si guardò attorno spaventata, con gli occhi sgranati per lo stupore ed il terrore.

Il ronzio si avvicinava sempre di più, ma allo stesso tempo Dylan non vedeva nulla di diverso da quelle parti.

In fretta si alzò da terra, e prese a camminare a passo spedito. Aveva un brutto presentimento.

E più gli istanti passavano, più il fastidioso rumore prendeva la forma di una canzone. Una di quelle che lei conosceva fin troppo bene.

Allora capì.

Corse più veloce, più in fretta che poteva, fin quando ancora una volta non sentì male alle gambe e le venne a mancare l'aria.

Si sentiva braccata, come un animale selvaggio.

Le note di "Die,die my Darlin'" dei Misfits erano sempre più vicine e avrebbero fatto da sottofondo alla sua fine.

Pochi istanti dopo una Porsche grigio metallizzato le stava alle calcagna. Passò di fianco a Dylan, la superò e infine si fermò a una ventina di metri da lei, sbarrandole la strada.

Il motore dell'auto rombava ma era coperto dalla canzone sparata a tutto volume dallo stereo interno della macchina.

La ragazza si bloccò istintivamente. Non aveva più la mente lucida, non sapeva cosa fare in quella situazione.

E comunque, qualsiasi escamotage per provare ancora a fuggire sarebbe risultato vano.

Sapeva bene a chi apparteneva quella Porsche. Il proprietario dell'auto avrebbe fatto di tutto pur di far felice Brian.

Gli sportelli, anteriori e posteriori, si aprirono immediatamente. Dalla vettura scesero quattro ragazzi.

-Dove vai di bello a quest'ora, Dolcezza?

Domandò Johnny, con fare ironico.

-Non sai la fatica che abbiamo fatto per trovarti. Ora basta capricci, fa' la brava bambina e vieni con noi. Syn ha bisogno di discutere con te.

Mormorò Zacky, mentre si accendeva una sigaretta. Il suo tono non ammetteva repliche.

L'unica cosa che Dylan poteva fare senza rischiare la pelle era salire in macchina e non dare a quei quattro ulteriori grane di cui occuparsi.

Jimmy intanto si avvicinò, afferrandole un braccio. Non era un tipo violento, e forse era l'unico tra i presenti a non apprezzare l'atteggiamento che Brian aveva nei confronti delle ragazze. Il suo modo di trattarle lo disgustava semplicemente.

Ma sapeva anche di non poterlo cambiare. Se in trent'anni il chitarrista non era stato capace di capire che non poteva sempre e solo risolvere tutto con la violenza, Rev non poteva fare nulla.

-Torna a casa, Dylan.

La voce calda e rassicurante di James era ammaliante, certo. Però non era la prima volta che lui la convinceva a tornare tra le braccia del suo amico. Ed erano sempre dolori.

Chiamando a raccolta tutto il coraggio che aveva, la giovane mollò uno schiaffo fortissimo al batterista, colpendolo in pieno viso. Un po' come aveva fatto circa un'ora prima con Synyster, quando l'aveva spinto via.

-Non voglio farlo. E né tu né i tuoi amici potete costringermi, James. Avrò anche diciannove anni, ma so benissimo cavarmela da sola. Sono un'adulta.

Gridò la ragazza. La sua voce era chiara e forte, ma intanto tremava dalla testa ai piedi. Tutto quell'opporre resistenza non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione.

-Oh, ma per favore. Quante altre stronzate mi toccherà di sentire stasera, prima di poter tornare a casa e dormire in santa pace?!

Sbottò Matt, spazientito. Fino a quel momento era rimasto appoggiato contro l'auto di Zachary, con le braccia conserte. Ora però le stava venendo in contro con fare minaccioso.

Senza che Dylan potesse avere il tempo di difendersi, Matthew la prese per i capelli e con poca gentilezza la trascinò fino alla macchina.

La buttò sui sedili posteriori.

-Ora te ne stai zitta, ferma e buona finchè non ti riportiamo a casa tua, dove vivi con il tuo ragazzo ...

La voce fu particolarmente marcata sull'ultima parola.

-A quel punto, lui farà di te ciò che preferisce, ma l'importante è che noi potremmo passare la notte come più ci va. Ti è chiaro il concetto, mocciosa?!

Matt era così adirato che non poteva far a meno di urlarle contro. Syn doveva avere esasperato i suoi amici per convincerli ad aiutarlo a cercare Dylan.

-Tu hai deciso di vivere con lui. Ti sembrava tutto bello e comodo quando vedevi solo i regali che ti faceva e i suoi soldi. Beh, ora sai che stare con Brian non è una favola. Ma questa è la vita che ti sei scelta, quindi benvenuta nel mondo reale, Tesoro.

Le parole di Johnny furono come una coltellata per lei. Aveva ragione, era solo colpa sua. Era stata troppo cieca, così ingenua da non essersi accorta dall'inizio che qualcosa in colui che amava non andava.

Salirono tutti di nuovo in macchina.

Zacky guidava la sua auto nuova, andando ad una velocità spaventosa. Matthew se ne stava in silenzio sul sedile del passeggero, guardando fuori dal finestrino. Jimmy e Johnny, invece, erano seduti di fianco alla ragazza, uno alla sua destra e l'altro alla sinistra. In effetti, tranne qualche rapida battutina tra il bassista e il secondo chitarrista della band, nessuno proferì parola.

Dylan tenne la testa bassa per tutta la durata del tragitto. Quelli che per anni e anni aveva considerato degli idoli erano gli stessi che ora la stavano facendo vivere un incubo ad occhi aperti.

 

 

 

***

 

 

 

Quando entrarono in casa, la prima cosa che subito saltò agli occhi di Dylan fu la confusione che c'era: le poltrone in salotto erano rovesciate, l'antico vaso persiano era stato gettato a terra ed ora giaceva ridotto in pezzi sul parquet, la televisione a schermo piatto era frantumata. Ovunque c'erano vetri verdi che somigliavano tanto a quelli delle bottiglie di birra ...

La ragazza deglutì e terrorizzata si portò le mani sulla bocca.

Quanto doveva essere arrabbiato Brian? Ma soprattutto, quanto doveva aver bevuto mentre lei non c'era?

Proprio al centro della stanza, sopra il camino, appesa al muro in una bellissima cornice dorata c'era una foto di Dylan e Synyster, che sorridenti si stringevano l'uno all'altra.

L'immagine risaliva a circa un anno prima, ovvero quando i due si erano appena messi insieme.

Anche quella era stata distrutta. La cornice sfondata era ancora appesa, ma al suo interno la foto era sparita.

-Cristo!

Commentò Zacky non appena vide tutto ciò.

-Che macello ...

Continuò James, sgranando gli occhi.

Johnny fu l'unico che non riuscì proprio a dire nulla. Lasciarlo senza parole non era una cosa facile.

-Synyster! Dove sei?! Synyster!

Più e più volte, in modo molto insistente, Matt chiamò l'amico. Era incazzato, così incazzato che non faceva neppure caso a come era ridotto quel posto.

Mentre gli altri rimasero fermi sulla porta, il vocalist degli Avenged Sevenfold si avventurò per le stanze della grande villa, continuando a cercare Brian.

-Allora?! L'avete presa?!

Il chitarrista scese in fretta le scale che conducevano al piano superiore. Aveva riconosciuto la voce dell'amico.

Con gli occhi vagò lungo tutto il salotto di casa, fin quando il suo sguardo si posò su Dylan prima ancora che su gli altri.

Il cuore del ragazzo mancò un battito, come anche quello di lei.

 

 

 

***

 

 

 

Dylan era stata mandata in camera, come una bambina in punizione.

Syn le aveva detto di aspettarlo lì. La sua espressione irritata. Aveva la mascella contratta e un lampo di rabbia gli si leggeva sul viso ...

La ragazza era convinta che, questa volta, non l'avrebbe passata liscia.

Con le mani giunte in preghiera, se ne stava seduta sul letto.

-Fa' che non soffra, ti prego ... fa' che non mi faccia male.

Non era mai stata una tipa religiosa. Non credeva in Dio, né in nulla di vagamente simile ad una forza superiore che governa l'universo.

Ora come ora, però, aveva bisogno di qualcosa a cui appellarsi. Qualcosa che le desse il coraggio di cui aveva un disperato bisogno.

Sussurrò più e più volte le stesse frasi, mentre sentiva il cuore che stava per esploderle nel petto.

Poco dopo, la maniglia della porta si abbassò. Con il terrore negli occhi, Dylan si voltò a guardare la scena.

Brian entrò, chiuse la porta a chiave e ci si spalmò contro con la schiena. Aveva un bottiglia di Jack Daniels in mano. I suoi occhi, di un colore marrone ambrato, erano iniettati di sangue ma sembravano anche tremendamente smarriti.

Sospirando diverse volte, rimase fermo a guardare la giovane seduta lì, a pochi passi da lui.

Avrebbe solo voluto avvicinarsi e colpirla, dargliele di nuovo con tutta la forza che gli restava. Sarebbe stato capace di farle molto male, più del solito. Allora non avrebbe tentato nuovamente la fuga ...

Un bagliore di lucidità si affacciò alla mente di Synyster.

No. Non poteva picchiarla anche questa volta.

-Perché te ne sei andata così?

Chiese Brian, biascicando. Era stanco, assonnato ... e più ubriaco di prima.

Dylan, intanto, era così impaurita da non riuscire neanche a pensare.

-Sei un mostro, Syn. La persona peggiore che abbia mai conosciuto.

Buttò fuori la prima cosa che le venne in mente.

In vino veritas, certo, ma in questa situazione l'unica a parlare con sincerità fu propria la persona più sobria nella stanza.

-Sai, quando ero piccola io pensavo sempre che un giorno avrei trovato l'uomo perfetto per me. Tu sembravi somigliarci davvero al mio principe.

Voleva dire tutta la verità. Credeva ancora che sarebbe morta di lì a poco, quindi perché non liberarsi di un simile peso?

-Sei grande e forte ... e sei meraviglioso. Intelligente, bello, talentuoso. Hai carisma e fascino da vendere. Peccato che uno come te non sappia cosa farsene di tutte queste qualità. Hai buttato tutto all'aria per l'alcol e la droga. Non sei neanche in grado di goderti i soldi che hai senza vivere una vita d'eccessi. E soprattutto non sai tenerti me.

Sospirò.

-Mi perderai, Brian. O mi fai fuori con le tue stesse mani o sta sicuro che un giorno, prima o poi, mi perderai per sempre.

Il ragazzo restò in ascolto. Non mosse un muscolo, non disse una sola parola.

Da fuori non si notava, tuttavia lui stava soffrendo. Soffriva come mai prima nella sua vita.

Aveva fatto del male per mesi e mesi alla donna che amava, e senza il minimo rimorso. Si era sempre giustificato incolpando lei, dicendosi che Dylan non faceva altro che provocarlo, e che se le meritava le botte.

Adesso però non era più tanto sicuro che le cose stessero davvero così.

Lasciò cadere a terra la bottiglia, che si frantumò sotto i suoi piedi.

Dylan si coprì gli occhi. Cosa voleva fare?

Quando lo vide avvicinarsi temette che volesse pugnalarla usando i frammenti di vetro sparsi sul pavimento.

Invece, Brian si limitò a togliersi la maglietta e lasciarsi cadere sul letto, con ancora i jeans addosso. Nonostante i sensi di colpa, non appena venne a contatto con il cuscino si addormentò subito, complice anche il mal di testa che aveva da diverse ore.

Non sapeva però che avrebbe passato la notte più difficile e tormentata della sua vita.

La ragazza, stupita e sconvolta, si allontanò di scatto dal letto.

Si rannicchiò in un angolino dove, piangendo, rimase fino alla mattina successiva.

 

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Capitolo 3
*** The drug in me is you. ***


"Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare."
-Ben Herbster

 

 

 

Aprì gli occhi, stancamente.

Dylan aveva dormito poco e male, complice la posizione in cui si era messa la notte precedente.

Era rimasta lì, seduta nel punto in cui due delle pareti della grande stanza si incontravano. Stringeva le ginocchia al petto e poggiava la testa su esse, come un riccio che per timore d'essere aggredito da un predatore si rannicchia su se stesso.

Non aveva di certo riposato comodamente, ma credeva che tutto sarebbe stato meglio di dormire un'altra volta di fianco a una bestia simile.

Brian la disgustava totalmente.

Anche il modo stesso in cui la notte precedente si era lasciato cadere con la testa sul cuscino e si era subito addormentato ...

Era davvero tutto così facile per lui?

Ma Dylan non sapeva.

Con la coda dell'occhio scrutò il letto. Era vuoto, con le lenzuola rigirate e buttate al centro del materasso.

Tipico, non solo probabilmente era di nuovo uscito senza dirle nulla, non era neppure stato in grado di riordinare. Certo che no, queste erano cose da donne, non gli competevano. Un simile lavoretto poteva toccare solo alla sua ragazza.

-Stupido maschilista bastardo.

Commentò, stringendo i denti.

Però era troppo presto per arrabbiarsi. Voleva davvero dargli la soddisfazione di averle rovinato una giornata appena incominciata? Mai.

Dopo essersi stiracchiata un po' scese al piano di sotto, in punta di piedi. Non aveva voglia di rivederlo. Sperava davvero non ci fosse.

Il salotto era nelle stesse pietose condizioni di quando i Sevenfold l'avevano riportata a casa. Persino i cocci ed i vetri erano ancora nel medesimo posto.

Dylan osservò tutto cercando di essere il più indifferente possibile. Non voleva innervosirsi, non di nuovo.

Almeno la cucina sembrava essere come l'aveva lasciata lei il giorno prima: pulita e perfettamente in ordine, con un vaso per i fiori al centro del tavolo.

Senza rendersene conto si concentrò particolarmente su quell'oggetto dalla forma slanciata. Era di vetro colorato, arancione chiaro.

All'inizio, quando Synyster le aveva appena proposto di trasferirsi definitivamente nella sua villa, lì dentro c'era sempre un mazzo di rose rosse fresche. Sì, probabilmente erano fiori banali e prevedibili da regalare ad una ragazza, ma se ricevuti da un tipo come Brian assumevano tutto un altro significato.

Dylan non aveva capito subito quanti problemi c'erano dietro la lucente figura del giovane musicista,tuttavia aveva visto in lui qualcosa di particolare già dal primo incontro.

Purtroppo, quando si era resa conto di quanto marcio ci fosse dietro le belle apparenze era ormai tardi. E, allo stesso tempo, da parte di Syn aveva smesso di ricevere quei bellissimi boccioli profumati che lei tanto adorava.

Bevve un sorso del caffè che si era appena preparata. Era bollente e piuttosto amaro.

Non c'erano più rose nel vaso, per lei? Poco male, almeno neanche il suo ragazzo era tra i piedi quella mattina.

Si lasciò andare nel silenzio che aleggiava per la casa, si rilassò e si gustò il momento, quella pace e serenità che da tanto tempo le erano state negate.

 

 

***

 

 

Passarono due settimane, ma di Brian neanche l'ombra.

Non cercava di contattarla in nessuno modo, teneva il cellulare spento tutto il giorno. Dylan lo sapeva bene, perché aveva provato ripetutamente a chiamarlo.

Dopo i primi cinque giorni di assenza aveva iniziato a preoccuparsi.

Sì, si preoccupava per Syn, lo stesso uomo che per lei non aveva più un minimo di riguardo.

Tutta sola in quella grande casa le sembrava di impazzire.

L'incazzatura nei confronti del suo ragazzo era del tutto sparita da quando si era resa conto di quanto ancora lo amasse. Non poteva semplicemente farne a meno.

Synyster Gates era come una droga.

A record di logica avrebbe dovuto approfittare del momento per prendere la sua roba e andarsene, magari fuggire da Huntington Beach, da Orange County, dalla California!

Cambiare stato sarebbe stata indubbiamente la scelta migliore.

E invece no. Dove poteva andare senza il suo Brian?

Prima tanto vogliosa di una via di fuga per allontanarsi da quella vita che le stava stretta, e successivamente così bisognosa di essere nuovamente cullata dalle braccia forti del suo compagno.

Lei stessa detestava la sua indecisione, non riusciva a conviverci. Si odiava. Si stava comportando ancora come un'adolescente lunatica, e non come l'adulta che voleva far finta di essere.

Una volta spariti i lividi dal viso e dal corpo, l'unica cosa che le faceva male era il cuore.

Synyster era lontano, chissà dove e con chissà chi.

Non aveva dimenticato tutte le volte che lui aveva alzato le mani, ma al momento tutte quelle cose erano passate in secondo piano.

Forse, gliele aveva persino perdonate. Dylan alla fine dei giochi gli perdonava sempre tutto. Poteva volerci tanto tempo, ma succedeva. Ecco come aveva fatto quella stravagante coppia a resistere.

Era un errore, certo. Tuttavia era anche l'unico modo che le consentiva di restargli accanto.

La ragazza dubitava della sua stessa sanità mentale quando con così tanta facilità si lasciava tutto alle spalle, mentre fino a poco tempo prima sarebbe stata pronta a soffocare Brian nel sonno.

Adesso passava le giornate seduta in veranda, aspettando di vederlo tornare. Il rumore delle ruote dell'auto sul ghiaino davanti casa, quella sarebbe stata musica per le sue orecchie. Era l'unica cosa che voleva sentire.

E la sera si sedeva sul divano, stringendo tra le mani la chitarra del ragazzo.

Amava quello strumento, la faceva sorridere ogni volta che lo vedeva. Si trattava di una Schecter nera con delle sottili strisce bianche dipinte sul corpo della chitarra. Sugli ultimi tasti, proprio prima della paletta, c'erano incise le lettere che formavano la scritta "SYN".

Nient'altro in quella casa parlava di lui quanto le sue chitarre.

Con la poca abilità che aveva, Dylan provava a suonare qualche canzone.

In realtà, tante volte Brian le aveva proposto di aiutarla a imparare e aveva cercato di metterle in mano il medesimo strumento, ma lei si era sempre rifiutata. Non si sentiva all'altezza neanche di sfiorare quel piccolo gioiello.

Ora come ora, però, era l'unico modo che aveva per sentirsi più vicina al suo amato "scomparso".

Chiedere informazioni agli altri della band era totalmente fuori discussione. Di sicuro loro sapevano dov'era andato Synyster, come stava, e con chi ... e certamente non ne avrebbero fatto parola con lei.

Gli Avenged Sevenfold funzionavano come gruppo proprio per questo. Non erano soltanto amici, bensì una famiglia. Il sangue non importava, fintanto che c'era qualcos'altro a legarli. Quei sentimenti di reciproca fiducia e amore fraterno erano quanto bastava perché nessuno di loro fosse mai lasciato solo nelle sue decisioni, fossero esse giuste o sbagliate.

Se quindi Brian aveva bisogno di tempo per stare solo, Brian l'avrebbe avuto. E gli altri non gli avrebbero certo messo i bastoni tra le ruote.

Così i giorni passarono.

L'angoscia era soffocante. Dylan non era preoccupata che lui la stesse tradendo, sapeva che era sicuramente già successo nel backstage dopo qualche concerto.

Tutto ciò che le premeva davvero, era il suo stato di salute. Le sarebbe piaciuto se qualcuno fosse andato da lei e le avesse detto che il suo Syn stava bene. E ancor di più se fosse stato lui stesso a comunicarglielo, anche solo per messaggio.

Il quattordicesimo giorno dalla misteriosa partenza del chitarrista, la ragazza scoppiò in lacrime. Era la prima volta che le succedeva da quando se ne era andato.

-Brian ...

Disse tra i singhiozzi. Chiuse gli occhi per un secondo, sperando che dopo aver invocato il suo nome lui sarebbe apparso sulla soglia di casa, proprio come nei più bei romanzi d'amore. Ma non accadde.

E ancora una volta Dylan tornò in quell'orribile letto, freddo e vuoto. Certo, adesso era sempre in ordine e ben rifatto, ma che importanza poteva avere? Era comunque troppo grande per lei. Tutto in casa Haner era troppo se non c'era qualcuno cui condividerlo. Le stanze, il divano, il tavolo in cucina, la coperta ... non c'era una sola cosa che fosse della misura giusta per una persona sola. O almeno questo era ciò che la ragazza percepiva in questo particolare momento.

Si pentì amaramente di non avere dormito stretta a lui, durante quell'ultima notte. Accecata dalla rabbia aveva preferito stargli lontana.

Era del tutto comprensibile, dopo quello che lui le aveva fatto. Tuttavia, ora lei non poteva perdonarselo. Era paradossalmente più semplice mettere una pietra sopra alle cose quando Syn le faceva del male, piuttosto che quando era lei stessa a sbagliare.

Con un enorme peso sulla coscienza si sedette sul letto e prese un flacone di plastica gialla dal comodino. Tolse il tappo bianco e lasciò cadere alcune pillole sul palmo della mano.

Erano degli ansiolitici che aveva trovato nel bagno di casa. Non sapeva precisamente perché Brian tenesse cose del genere nel suo armadietto, dato che non soffriva di ansia o attacchi di panico.

Meglio non pensarci.

Buttò giù i medicinali, affondando poi la testa nel cuscino. Sapeva che senza prescrizione medica quello era un grosso azzardo, ma pur di dormire qualche ora avrebbe fatto di tutto.

 

 

***

 

 

-Ti sei bevuta il cervello, per caso?

Una mano afferrò il polso della ragazza, tirandola verso il bordo del letto.

-Ti lascio sola per qualche giorno, e guarda cosa combini!

A Dylan girava terribilmente la testa. Lottò contro se stessa nel vano tentativo di aprire gli occhi. Avrebbe voluto vedere tutto, perché non dava più credito neanche all'udito.

-Resta con me. Resta con me, Dylan ...

Temette si trattasse di un sogno. Aveva desiderato quel momento così intensamente che, forse, il suo subconscio aveva deciso di regalarle un po' di serenità facendole credere per un attimo che Syn fosse tornato.

-Coraggio, non mollare mocciosa.

La volontà non sembrava essere abbastanza forte, perché per quanto intensamente ci provasse non riusciva proprio a spalancare le palpebre.

Improvvisamente, un getto d'acqua gelida la colpì in pieno viso. Solo allora fu capace di svegliarsi completamente.

-Finalmente!

Commentò quella che, fino a poco prima, sembrava essere solo una voce astratta e frutto della fantasia della ragazza.

Dylan alzò gli occhi verso l'alto, con un po' di timore. Se non avesse visto colui che s'aspettava di trovare al proprio fianco, sarebbe scoppiata in lacrime. Era stanca di illudersi.

Incontrò lo sguardo di Brian. Era terribilmente allarmato. Per la prima volta dopo tanto tempo, in lui sembrò di nuovo esserci qualcosa di umano. La solita vuota e disgustosa indifferenza aveva lasciato spazio ad un qualcosa di più reale e profondo.

Il ragazzo era inginocchiato di fianco alla vasca da bagno, in modo da riuscire a sostenere il corpo di Dylan.

Si guardarono per diversi istanti che sembrarono ore. Entrambi avevano tante domande da porre, eppure per nessuno dei due sembrava mai il momento giusto per iniziare a parlare interrompendo quel meraviglioso silenzio.

Probabilmente, i loro occhi stavano già comunicando molto di più di come avrebbero potuto fare i due a parole.

Dylan fu la prima a distogliere lo sguardo, arrossendo. Aveva la sensazione che Synyster le avesse letto fin dentro l'anima, mentre lei in quegli occhi ambrati non era stata in grado di vedere altro che preoccupazione e rabbia. Una volta tanto, il ragazzo sembrò essere più vivo. Era ancora capace di provare dei sentimenti da sobrio?

L'attenzione di lei ricadde poi sul getto ancora aperto. Girò la manopola, in modo da poter chiudere l'acqua.

Syn, intanto, non aveva ancora mosso un muscolo. Continuava a fissarla, cercando le parole giuste per iniziare.

-Mi spieghi cosa avevi intenzione di fare?!

Non riuscì proprio a trattenersi dal gridare. Era appena tornato, ma era chiaro che quel piccolo viaggetto chissà dove non gli aveva certamente insegnato ad essere paziente.

-Quante pillole hai preso? Tu non devi toccare le mie cose, lo sai benissimo!

La schiaffeggiò, ancora una volta. Non fu in grado di resistere.

La ragazza rimase sconvolta. Portò una mano sulla guancia: era arrossata e bruciava.

-Sei tornato per questo? Solo per poter provare nuovamente il gusto di picchiarmi?!

Sussurrò lei con aria sgomenta.

E dire che lo aveva aspettato. Aveva sofferto, lo aveva cercato, era sempre rimasta a casa solo per lui, così da poter essere lì ad attenderlo non appena avesse varcato il cancello d'entrata. Era veramente questo il ringraziamento per tutto quell'amore?

Brian si passò una mano tra i capelli.

-Sei una stupida. Ti rendi conto che saresti potuta morire? Quanto hai bevuto ieri sera?

Senza neanche lasciarle il tempo di rispondere, il musicista afferrò la ragazza per i fianchi e la fece mettere in piedi sul pavimento del bagno. Non appena la lasciò, lei perse immediatamente l'equilibrio e cadde a terra.

Dylan non si rendeva neanche conto di cosa stesse succedendo. Syn, dal canto suo, l'aveva capito benissimo. Aveva molta esperienza al riguardo.

-Forse non te lo ricordi, ma prima di andare a dormire hai bevuto. C'erano diverse lattine di birra sul comodino. E poi hai pensato bene di prendere anche le prime pillole che hai trovato, arrivando addirittura a svuotare il flacone.

Rimase immobile, con le braccia conserte. La guardava rigirarsi sul pavimento nel disperato tentativo di rialzarsi.

La giovane ascoltava tutto quanto. Fare cose del genere non era da lei. Non poteva essere vero.

-Non potevo scegliermi una meno idiota? Non ho mai visto nulla di più patetico!

Synyster non riuscì a trattenersi, e quella frase gli scappò. Era dettata dalla paura e dal nervosismo che ne era derivato.

Sospirò, cercando di riacquisire un barlume di lucidità. Doveva calmarsi, mantenere il sangue freddo, o anche questa volta la situazione sarebbe sfociata in una violenza inaudita.

Per la prima volta l'obiettivo di Brian non era fare sentire quella ragazzina una nullità o farle del male. Lui la amava, adorava quella mocciosa così tanto che quasi stava impazzendo.

Durante la sua assenza da casa aveva avuto tempo e modo di riflettere. Si era reso conto che se lei lo avesse lasciato, avrebbe preferito farla finita. Il suo ego e l'amore che provava nei confronti di se stesso non erano abbastanza se comparati a quello che sentiva per Dylan. Soffriva per tutte le cose cattive che le aveva fatto, non se lo sarebbe mai perdonato se l'avesse davvero persa per gli errori del passato.

Brian aveva bisogno di un'altra chance. Sarebbe diventato un uomo migliore.

-Che ne sarebbe stato di te, se non ci fossi stato io a farti sputare un po' di quella roba che avevi ingerito?

Domandò, con la voce colma di preoccupazione. Aveva gli occhi lucidi.

-Ho rischiato di perderti. Saresti potuta morire ...

Si chinò su di lei e la prese tra le braccia. Dylan aveva bevuto, era vero. Non era in grado neanche di stare in piedi.

La ragazza era ancora sconvolta per le proprie azioni. Non ricordava nulla, odiava bere e credeva di aver preso solo una o due pillole ...

Avvolse le braccia attorno al collo di Syn. Nulla aveva importanza. Lui era tornato, stava bene ... e nel suo comportamento c'era qualcosa di nuovo.

-Il mio Brian ...

Biascicò, prima di sorridere nel modo più dolce che conosceva. Appoggiò la testa sulla spalla di lui e si addormentò nuovamente.

-Sono qui. Non me ne vado più, promesso.

Fu quanto il chitarrista riuscì a dire per rassicurarla. Si avviò per il corridoio, tornando nella loro camera. Depose la piccola sul letto con la massima cura. Non voleva svegliarla. Spostò una ciocca di capelli scuri dal viso della ragazza.

Quanto poteva essere bella? Gli era tanto mancata quella visione. Passava spesso ore intere a guardarla dormire, non era davvero capace di stancarsene. Quei lineamenti perfetti, le labbra rosee ...

Brian non era tipo da complimenti. Non era solito elogiare la sua ragazza, né per la bellezza, né per le innumerevoli doti che dimostrava spesso di avere. Ma dentro di sé apprezzava ogni singola cosa fatta da Dylan, meditando tutto nel lato più nascosto e intimo del suo cuore.

Prese una di quelle lattine sul comodino. Non era del tutto vuota. Syn si sedette sulla comoda poltroncina rivestita di velluto marrone. Da lì continuò ad osservare quell'angelo riposare indisturbato.

Bevve un sorso di birra, riflettendo su quanto era appena accaduto.

Nonostante lo sgomento per il timore di vedere morire la sua ragazza, il musicista era sorpreso. Il suo cuore esplodeva di gioia. Non si aspettava un'accoglienza simile. Temeva che non appena fosse giunto a casa l'avrebbe trovata vuota. Invece non solo Dylan era rimasta, era anche sembrata dannatamente felice di riaverlo lì.

Per la prima volta nella vita provò una sensazione del tutto nuova e inaspettata: si sentì amato.

 

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Capitolo 4
*** Brutal Love. ***


"Non toccate mai i vostri idoli: la doratura si attacca alle dita."
-Gustave Flaubert

 

 

Dylan era in cucina, intenta a preparare il pranzo.

Ricordava poco della notte precedente, ma era sicura che non si fosse tratto solo di un sogno: Brian era tornato.

Anche se quella mattina al suo risveglio lui non c'era già più. L'altro lato del letto era nuovamente vuoto.

Ma no, non aveva importanza. Magari era uscito presto per fare delle commissioni, questa volta non era partito per andare chissà dove. Era solo questione di una, due ore al massimo e lo avrebbe riavuto attorno.

La ragazza tentava in ogni modo di autoconvincersi, anche se in verità era tanto spaventata. Non voleva restare ancora sola, Syn non la informava mai su nulla!

Per questo preferì mettersi ai fornelli, la aiutava a non pensare troppo. In verità, dopo quello che era successo, non aveva neppure molte energie. Sarebbe dovuta restare a riposo, peccato che non le andasse di rimanere con le mani in mano.

Riordinò le idee e controllò tutti gli ingredienti che aveva in casa. C'era tutto l'occorrente per preparare a Brian il pranzo migliore che avesse mai mangiato. Non era mai stata una gran cuoca, ma ce l'avrebbe messa tutta.

Finì per fare dei sandwich con crema di pollo e un'insalata tipica della California, preparata con carne di pollo precedentemente cotto in padella, uva, sottili fette di cipolla rossa , timo, sedano e noci schiacciate, con l'aggiunta di un po' di limone e maionese. Per non farsi mancare niente, cucinò anche del manzo seguendo una ricetta che poco tempo prima le aveva lasciato Valary, la moglie di Matt. Come dessert,preparò i tipici biscotti americani, raddoppiando la dose di cioccolato.

Sì, magari quei dolcetti erano un po' infantili, ma sarebbero sicuramente stati ottimi!

Quando ebbe finalmente finito di armeggiare con pentole, padelle e cucchiai apparecchiò la tavola e si sedette, aspettando.

Per quanto ci provasse, non riusciva proprio a distogliere lo sguardo dall'orologio. Quel ticchettio incessante, fastidioso ... non faceva altro che renderla più nervosa. Ci aveva messo la bellezza di cinque ore per preparare quel pranzo.

Ormai era mezzogiorno, ma Syn non rientrava.

Non le avrebbe dato tanta soddisfazione avere cucinato per nulla. Infastidita dalla prolungata attesa, afferrò la bottiglia di vino rosso che aveva messo sul tavolo e la aprì lei stessa, versando nel proprio calice un po' di quella bevanda dal colore scarlatto.

Cercò di mantenere la calma il più possibile, restando seduta al suo posto. I minuti sembravano non passare mai.

Quando finalmente un'ora dopo sentì aprirsi la porta di casa balzò in piedi. Un enorme sorriso le illuminava il volto. Finalmente era tornato a casa!

Pregustava già la felicità che le avrebbe dato passare del tempo con lui, sarebbero stati di nuovo una coppia normale! Si sarebbero seduti a tavola e avrebbero mangiato, parlando del più e del meno. Brian le avrebbe raccontato dove era stato nelle due settimane precedenti, e lei avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco fingendo di non essere stata ferita dalla sua assenza.

Syn, ignaro di tutto, si avviò pian piano per il corridoio. Stava parlando al telefono con qualcuno, presumibilmente con Johnny.

-Sì, grazie per il passaggio. Non mi aspettavo che Zacky avrebbe pagato il pranzo per tutti, comunque. Non è da lui. Ah, queste botte di generosità una volta ogni tanto ...! Forse dovrei assentarmi più spesso da casa.

Dylan lo sentì ridere e scherzare. Seguì tutto il discorso, restando piuttosto delusa. Quindi aveva già mangiato, e con i suoi amici ...

La ragazza sospirò e scosse la testa in segno di disapprovazione. Magari non aveva più voglia di picchiarla, ma era comunque lo stesso schifoso egoista di sempre. Non ci aveva pensato neanche per un attimo a lei che era a casa da sola, e per l'ennesima volta lo aspettava.

La vita di Dylan era fatta così: una continua attesa.

Si avvicinò alla tavola ben imbastita e prese a sparecchiare. Le si era chiuso lo stomaco.

-Ciao Amore, come ti ...

Synyster entrò in cucina, con l'unico scopo di prendersi una birra. Tentò anche di porre una domanda alla sua ragazza, ma si bloccò sul finale quando la vide piuttosto afflitta, mentre metteva via tutto quel cibo. Improvvisamente gli vennero a mancare le parole, si sentì uno stupido.

Provò un sentimento che aveva sentito poche altre volte: si sentì in colpa.

-Che cos'è tutta questa roba?

Chiese con il tono più calmo e pacato che riuscì a tenere.

-Nulla, Brian. Proprio nulla. Non è un cazzo di niente, tutta questa roba!

Dylan dovette mordersi la lingua per trattenersi dall'insultarlo. Posò il piatto con i sandwich sui fornelli, voltandosi poi verso l'uomo.

-Allora, come è andata la mattinata, Caro?

Era intuitivo che la domanda fosse ironica.

-Sei andato a pranzo con i tuoi amichetti? Vi siete divertiti? Era tutto buono, vero piccolo mio?

Continuò, rivolgendosi a Syn come ad un bambino. Sì, lo stava provocando. Se lui gliele avesse date un'altra volta, pazienza.

Magari il dolore fisico avrebbe un po' attutito quel senso di solitudine e sconforto che aveva dentro.

Dylan riprese a riordinare la cucina. Le era venuto il mal di testa, non le andava di sprecare tempo lì.

-Fermati, per favore. Possiamo almeno parlarne?

Brian tentò di restare impassibile di fronte a ciò che la ragazza diceva, era convinto che avrebbe potuto farla calmare. Da quando era sparito era davvero diventato una persona diversa, per certi aspetti. Doveva ancora lavorarci un po', questo di certo, ma andava già molto meglio. Era più bravo nel mantenersi tranquillo. O almeno, questo era ciò che credeva.

Quando non ricevette alcuna risposta, afferrò il polso di lei, in modo da ottenere la sua attenzione. La ragazza si voltò di scatto e fissò con i suoi occhi verdi quelli ambrati del compagno. Reggeva lo sguardo senza paura.

-Io e te abbiamo smesso di pranzare insieme da molto tempo. Sono sempre in giro con la band, tu sei così impegnata con lo studio ... non c'è mai modo di vedersi prima di sera. Non mi aspettavo che avresti preparato il pranzo, non cucini mai. Non è da te e ...

Dylan non gli diede la possibilità di finire, perché con uno strattone riuscì a liberarsi della sua presa.

-Quindi intendi dire che ancora una volta sarebbe colpa mia? Che io non mi do mai da fare per te, che quando torni a casa preferisco passare il tempo sui libri piuttosto che dedicarmi totalmente al mio ragazzo?

Stava dando di matto. Ora era veramente infuriata.

-E che mi dici allora del tuo di comportamento? Sparisci per settimane, non si sa dove cazzo vai a nasconderti e quando torni è tutto come prima secondo la tua logica malata. Esci di casa e non hai neanche la decenza di avvertire, né tantomeno di dire dove vai e con chi! Ma sai che ti dico, Brian? Vaffanculo!

Prese il piatto con dentro l'insalata californiana al pollo e glielo rovesciò addosso, con un impeto e una foga tali che Synyster non ebbe neppure modo di allontanarsi.

Senza aggiungere ulteriori parole, corse via al piano di sopra e si rifugiò in camera. Non l'avrebbe passata liscia, ora era sicuro.

Ci volle un attimo prima che il chitarrista si rendesse veramente conto di ciò che era successo. Ritrovarsi maionese e fette di cipolla tra i capelli non era la cosa più normale al mondo. Si diede una pulita veloce, prima di salire con tranquillità la grande e ampia scalinata che conduceva alla stanza da letto.

Synyster aveva davvero tutte le migliori intenzioni, tuttavia non riuscì a resistere all'istinto che si liberò in lui.

Non bussò, non chiese a Dylan di aprirgli. Non fece nulla di tutto questo. Con un calcio bello forte, riuscì a sfondare la porta al primo tentativo.

La ragazza era rannicchiata in un angolo. Non osò dire una sola parola, sapeva bene che non c'era niente che potesse farlo calmare in un simile momento.

Brian la afferrò per i capelli e la schiaffeggiò ripetutamente.

La ragazza non emise neanche un piccolo gemito. Voleva essere forte, tenergli testa. Anche lei aveva bisogno di qualche soddisfazione, ogni tanto.

-Chiedimi scusa.

Dylan non si lasciò ingannare dalla voce rilassata, quello di Brian era un ordine chiaro e semplice.

-No.

Fu l'unica risposta che il musicista ricevette.

Così, ancora più nervoso di prima, fece una cosa che la giovane non si sarebbe mai aspettata. Dopo aver spalancato la finestra, prese Dylan per una mano e la portò sopra il davanzale, arrivando persino a spingerla fuori.

Lei, ritrovandosi in una situazione così spaventosa, non fu in grado di far altro se non guardare giù. Ora l'unica cosa che la separava da una caduta di almeno trenta metri era proprio il suo compagno, che la teneva stretta per il polso.

-Chiedimi scusa, o l'ultima cosa che vedrai sarà il mio sorriso mentre ti osservo volare giù. Lo sai, il prato non sembra poi tanto morbido visto da qui.

Eccolo, era tornato. Il solito Brian di sempre era di nuovo in città. La mania di controllare ogni singola cosa, l'idea di essere il padrone di tutto e tutti ... i suoi difetti peggiori gli stavano ancora una volta fottendo il cervello.

Ma se non si fosse fermato in tempo, ora avrebbe combinato qualcosa che avrebbe rimpianto per il resto dei suoi giorni.

Dylan scosse la testa, mentre si aggrappò con più forza a lui, arrivando a conficcargli le unghia nella carne.

-Syn, non scherzare per favore. È pericoloso!

Era terrorizzata. Sentiva il cuore battere sempre più veloce, tanto che quasi sarebbe potuto esploderle nella gabbia toracica.

In tutta risposta, sul volto dell'uomo comparve un ghigno sadico. Allentò un po' la presa, come per avvertirla che di lì a poco l'avrebbe lasciata scivolare giù.

-Dolcezza, che hai detto? Non ho capito bene forse ... mi hai chiesto di perdonarti per ciò che hai fatto?

Nella sua testa al momento non facevano alcuna differenza le suppliche. Non bastavano ad intenerirlo. Non si sarebbe fatto scrupoli.

-Ti chiedo umilmente scusa. Perdonami, ti prego ... sono stata una sciocca, non avrei mai dovuto farti questo. Sarò brava se me ne darai la possibilità, te lo giuro. Ma non lasciarmi cadere Brian, ti supplico.

Mentre la paura cresceva in lei, Dylan non riusciva più a pensare.

Fanculo il bisogno di considerazione, fanculo l'orgoglio e fanculo anche Synyster. A diciannove anni non si può morire così, non ne vale la pena. Furono queste considerazioni a spingere l'adolescente a seguire gli ordini. Disse al suo ragazzo quello che lui voleva, lo accontentò semplicemente.

-Brava Piccola, così va meglio.

Non appena la sentì pronunciare quelle parole, per Brian l'ordine fu finalmente ristabilito. Con estrema facilità la aiutò a rientrare in casa, lasciandola poi sul pavimento a riprendere fiato.

-Vado a farmi una doccia per togliermi di dosso questo schifo che mi hai lanciato contro. Tu muoviti, torna in cucina a pulire. Voglio che il pavimento sia uno specchio per quando verrò a controllare.

Come se nulla fosse, il chitarrista si spogliò davanti a lei, buttando i vestiti sporchi a terra. Sì, era implicito che Dylan avrebbe anche dovuto provvedere a quelli, portandoli nella lavanderia al piano terra e lavandoli.

-Ah ... un'altra cosa.

Syn le prese il mento tra pollice e indice e la guardò negli occhi.

-Non avrei mangiato niente di quello che avevi preparato neanche se fossi stato a digiuno da un mese. Detesto quando cucini, sei una totale incapace.

Non si risparmiò neanche di umiliarla ulteriormente.

Non appena lui sparì nel corridoio, Dylan scoppiò in lacrime. Brian non sarebbe mai stato il suo uomo ideale, non l'avrebbe mai protetta sul serio. Era troppo lunatico, tra le altre cose. Se prima le salvava la vita, poche ore dopo era già pronto a togliergliela, senza compassione.

Dopo aver tentato in vano di tranquillizzarsi, la giovane tornò ai suoi lavori domestici. Meglio sbrigarsi, o il suo ragazzo si sarebbe arrabbiato ancora.

 

 

***

 

 

Dopo aver svolto tutte le mansioni della giornata e avere ottenuto il permesso di Syn, Dylan si ritirò in camera. Si stese sul letto coprendosi con le lenzuola fin sopra la testa. Pianse ancora, nell'unico posto in cui si sentiva più o meno al sicuro.

Era strano come da un giorno all'altro i sentimenti potessero cambiare. L'odio si era impossessato di lei, ancora.

Brian intanto era fermo davanti la finestra in salotto. Osservava il diluvio notturno ... gli alberi scossi dal vento fortissimo, l'acqua incessante e fitta che continuava a cadere dal cielo scuro e annuvolato.

Prese il suo telefono cellulare e compose un numero. Squillò ripetutamente prima che qualcuno dall'altra parte della cornetta aprisse la chiamata.

-Chi parla?

Chiese una voce maschile.

-Dottor Myers? Sono Haner. Brian Haner.

Si soffermò un attimo, deglutendo.

-Non ha funzionato ... le ho fatto di nuovo del male. Sono ricaduto nelle vecchie abitudini.

Continuò. La voce di Syn era fredda e distaccata. Non si poteva intuire alcun tipo d'emozione.

In realtà però, dentro di lui, c'era una tempesta persino peggiore di quella che stava imperversando ad Huntington Beach.

Myers sospirò con fare affranto. Haner era di certo il paziente più difficile e deludente che lui avesse mai trattato.

-Vieni in ospedale domani sera alle sei. Fatti trovare nel mio ufficio. Dovrai raccontarmi nei dettagli tutto ciò che è successo.

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Capitolo 5
*** Proud of You. ***


"Una piuma può tornire una pietra se la muove la mano dell'amore."

-Hugo Von Hofmannsthal

 

 

-Questo è quanto è successo.

Mormorò Brian, finendo poi per azzittirsi. Osservò lo sguardo atterrito e preoccupato del dottore e ne trasse quasi godimento: in realtà non gli dispiaceva poi tanto stupire le persone, anche se in modo negativo.

Si morse il labbro, attendendo impazientemente che Myers dicesse qualcosa.

-Credo di essere malato. Riconosco che in me c'è qualcosa che non va.

Riprese poi.

Aveva appena raccontato tutto ciò che era avvenuto con Dylan il giorno prima, di come senza pietà era quasi arrivato ad ucciderla per una litigata tanto banale.

Ora Brian ringraziava il cielo per aver dato la forza alla ragazza di sottomettersi ancora una volta, altrimenti lui non si sarebbe di certo fermato.

-Ammetto che la situazione è piuttosto preoccupante.

Iniziò lo psichiatra, cercando le parole giuste.

-Ti abbiamo tenuto qui in osservazione per quattordici giorni. Hai litigato con buona parte degli altri internati della clinica, arrivando persino a fare a botte con alcuni di loro. Tuttavia, quando te ne sei andato sembravi pronto per iniziare un nuovo capitolo della tua vita. Mi avevi dato l'idea di aver capito come funzionano le cose nel mondo reale ...

L'uomo tirò fuori alcuni fogli da un cassetto della sua scrivania in legno di noce, prima di continuare il discorso.

-Pensavo davvero che qualche consulenza ... dei colloqui settimanali sarebbero bastati a risolvere tutto, magari in un anno o due. Ora invece ho inquadrato meglio la situazione.

Diede una penna a Brian, avvicinandogli dei documenti. Il musicista inarcò un sopracciglio: che cos' era quella roba?

-Hai un problema di controllo della rabbia molto grave, e tutto è peggiorato dal tuo alcolismo e dalla dipendenza dalla droga. Sei un pericolo per te stesso e per gli altri, Brian Haner. Potresti benissimo essere paragonato ad una mina antiuomo: non sappiamo quando qualcuno ti pesterà. Poco ma sicuro è che prima o poi succederà. E allora arriveranno i guai.

Il dottore si sfilò gli occhiali, iniziando a pulirli con un'apposita pezza.

-Quindi, in qualità di medico, dovrei assolutamente farti internare in un qualche centro di riabilitazione specializzato, ma con la carriera che hai non voglio arrivare a farti questo.

Synyster non parlava più, capì che forse sarebbe stato meglio stare zitto per una volta.

Si stava rendendo conto che essersi rivolto a quella clinica non era stata esattamente la scelta migliore. Certo, l'uomo che aveva davanti era uno dei dottori più rinomati della California ... ma Myers sapeva tutto sul suo caso adesso. Avrebbe davvero potuto rovinargli la vita, se lo avesse voluto.

-In realtà stiamo testando una cura sperimentale per questo genere di problemi.

Un sorriso comparse sul volto dello psichiatra.

-Lo so, sembra strano. Eppure esistono delle pillole per tutto ormai ... e noi ne abbiamo anche per chi deve imparare a gestire i suoi scatti d'ira. Certo, dovrai comunque essere seguito nella disintossicazione dalle droghe ...

-Si fermi per un istante, dottore. Mi sembra assurdo che bisogni arrivare a prendere delle medicine per non esplodere in attacchi violenti.

Syn interruppe bruscamente l'uomo, guardandolo con fare circospetto. Le sue parole lo stavano mettendo in agitazione.

-Insomma, avrei potuto capire se mi avesse parlato di yoga, meditazione o stronzate varie. Al limite avrei anche accettato che mi avesse detto di bermi una tisana. Ma questa cosa delle pillole non mi convince troppo. Di che si tratta?

Lo scetticismo nella sua voce era facilmente intuibile.

-E soprattutto ha detto che è una cura sperimentale. Non solo mi toccherà pagarla il doppio e farle anche da cavia, non potrò neanche essere sicuro che servirà a qualcosa. E che mi dice degli effetti collaterali?

Brian incrociò le braccia al petto. Ora era davvero curioso di sentire come l'altro sarebbe stato in grado di controbattere.

Myers non sembrò per nulla scosso o preoccupato. Lavorava in quella clinica da circa vent'anni e tante volte gli era capitato di doversi confrontare con persone difficili e poco fiduciose. Soprattutto considerando i metodi poco ortodossi dello psichiatra.

Egli era anche un ricercatore e, con il suo team, lavorava a cure innovative per ogni tipo di malattia mentale o disturbo del comportamento. Si sentiva un dio in terra per via di ciò che faceva, e ne aveva viste di cotte e di crude. La reazione di Haner non gli fece né caldo né freddo.

-Penso sia degna di nota tutta questa preoccupazione che suscita in te la cura che ti propongo .

Myers aggiunse un appunto veloce alla cartella che aveva aperta sulla scrivania.

-Quando si tratta della tua salute fisica o mentale sei molto interessato che le cose procedano per il meglio. Dovresti imparare a dedicare la stessa attenzione anche a Dylan, non trovi?

Lo provocò volutamente. Sapeva che il suo paziente non si sarebbe mai e poi mai azzardato ad alzare un dito su di lui.

Brian intanto strinse i pugni più forte che poteva, finchè non gli fecero male le mani. Bella la battutina del dottore, proprio simpatico. A che gioco voleva giocare? Il chitarrista si sentì ferito nel vivo dell'orgoglio.

Un sorrisetto comparve sul volto di Myers non appena notò il malcelato fastidio di Synyster. Con un rapido cenno del capo indicò i fogli che poco prima aveva fatto scivolare verso di lui.

-Leggi Brian. Tutte le risposte alle tue domande sono lì. Fossi in te non ci penserei troppo sopra, comunque. Per questa cura è rimasto un solo posto libero, ho già altri ventinove pazienti e il numero massimo che posso trattare al momento è di trenta persone. Non vorrai farti sfuggire una simile opportunità, vero?

Syn rigirò tra le dita la penna dorata che l'altro gli aveva messo tra le mani poco prima. Prese a leggere con cautela ed attenzione ogni riga, con la volontà di non lasciarsi sfuggire neanche la minima informazione su quella stramba cura.

Quando fu finalmente pronto a firmare, un brivido gli corse lungo la schiena mentre una sensazione piuttosto inquietante si impossessava di lui. Non sapeva né come né perché, ma era sicuro che stava per fare una grandissima sciocchezza.

 

 

*** 

 

 

Tornò a casa piuttosto tardi quella sera. Era abbastanza scosso.

Salì di sopra, fino alla camera da letto. La casa era terribilmente fredda e vuota. Tutto era scuro, come se nessuno fosse all'interno dell'abitazione. Ma Brian lo sapeva che la ragazza era ancora lì ...

Aprì piano la porta che il giorno stesso era stata riparata da un bravo falegname.

L'unica luce ad illuminare la stanza era quella flebile e giallastra della abat jour che Dylan teneva sul comodino.

La ragazza era sotto le coperte, con una vaschetta di gelato alla fragola posizionata sulle gambe ed un cucchiaino in mano.

Aveva l'aria terribilmente angosciata mentre, tra i singhiozzi, mangiava quel dessert freddo. Syn si accorse subito che stava piangendo. Ancora una volta era in lacrime.

Entrò e semplicemente iniziò a guardarla inclinando la testa, come farebbe un cucciolo vedendo la sua padroncina piangere.

-Che è successo?

Le domandò, andando a sedersi di fianco a lei sul letto. Allungò una mano verso il suo braccio e, con una dolcezza che sembrava non appartenergli, sfiorò la pelle morbida della ragazza.

Dylan si allontanò un po' e tentò invano di nascondere il gelato. Sapeva che Brian detestava vederla portare cibo in camera.

Lo osservò con sospetto, non sapendo che dire. Avrebbe volentieri evitato di dargli spiegazioni, non voleva del tutto parlare con lui. Dopo ciò che era successo il giorno prima non si erano quasi più detti una parola ...

-Sono stanca. Tutto qui. Non c'è altro ...

Non fu capace di guardarlo negli occhi mentre rispondeva. Dylan detestava mentire, a prescindere da chi avesse davanti. Anche tra gli amici era conosciuta per i suoi modi schietti, in tanti apprezzavano questo lato del suo carattere.

Però essere troppo sinceri o diretti con Synyster equivaleva sempre a finire nei guai.

In risposta, Brian sorrise tristemente e fece cenno alla ragazza di cedergli la vaschetta.

-Lo so che non è così, Dylan. Il problema sono io. Sono sempre io ...

Immerse il cucchiaino nel gelato freddo e rosa, cercando di raschiarne via un po' dalla plastica. Era quasi finito, non ne era rimasto molto.

-Dimmi quello che pensi. Sul serio ... non me la prenderò più.

Borbottò, prima di assaggiare quella delizia alla fragola. Fin da quando era bambino aveva sempre adorato ogni tipo di cibo dolce alla frutta.

-Non illudermi ulteriormente Brian. Ti prego, non lo fare ...

Disse lei, mentre quasi le venne a mancare l'aria per la crescente rabbia. Portò le mani sugli occhi, non poteva tollerare di vedere quella scena neanche per un altro minuto.

Synyster sembrava tranquillo e rilassato, mentre lei stava soffrendo. E per l'ennesima volta era totalmente sola e incompresa nel suo dolore. Aveva bisogno di qualcuno pronto ad aiutarla, che non la lasciasse soccombere sotto il peso degli ostacoli imposti dalla vita. Ma lui era proprio il primo a farla stare male ...

-Quando sono sparito per due settimane non è stato solo un modo per darti la possibilità di scappare da me. Sono stato in una clinica.

Spiegò il musicista, prima di avvicinare nuovamente il cucchiaino alla bocca.

-Non voglio più arrivare a fare quelle cose. Ce la sto mettendo tutta, sul serio ...

Abbassò lo sguardo, diventando improvvisamente serio. Allo stesso tempo i suoi occhi sembrarono scurirsi.

Smise di mangiare. Era troppo occupato a cercare le parole giuste per proseguire.

Dylan intanto seguiva con attenzione ogni suo minimo movimento, lo scrutava come mai aveva fatto prima. Possibile che quella storia fosse vera?

-E per cosa in particolare sei andato in una clinica?

Chiese lei, inarcando un sopracciglio.

Con tutti i problemi che Brian aveva, da dove avrebbe voluto iniziare a risolverli?

In verità comunque era già un gran passo avanti che avesse deciso di chiedere aiuto a qualcuno di esterno. Non era da lui.

Per la prima volta dopo veramente tanto tempo, Dylan si sentì completamente al sicuro, più della sera che Syn era tornato a casa e l'aveva salvata. Adesso era diverso. E lei aveva come la sensazione di potersi davvero fidare ...

-Vorrei imparare a controllare i miei attacchi d'ira. È inaccettabile che tu debba sempre arrivare a rischiare la vita quando qualcosa mi manda fuori di testa. Non avrò mai modo di farmi davvero perdonare da te.

Disse Brian, prima di passarsi una mano tra i capelli.

La ragazza rimase in silenzio, come per dargli modo di continuare il discorso. Le pause drammatiche tra una frase e l'altra erano una caratteristica tipica di Synyster.

-Oggi sono nuovamente andato là, a parlare con il mio psichiatra. È un dottore di una certa fama. A quanto sembra, sa già come curarmi e ...

Proprio quando Brian stava per raccontarle della cura sperimentale, Dylan posò il dito indice sulle sue labbra.

-Basta così. Non voglio sapere altro. Mi fido di te.

Sussurrò quelle parole al suo orecchio, mentre teneramente faceva scivolare le dita lungo il suo petto. Istintivamente sorrise al suo uomo, ma quando vide il suo sguardo confuso decise di abbracciarlo. Non lo teneva così stretto a sé da tanto ...

-Non guardarmi così. Credimi se te lo dico, mi fido sul serio ... perché fino a un mese fa non avresti mai fatto una cosa del genere. Non ti saresti messo in discussione.

La ragazza infilò le dita tra i capelli scuri di Brian, mentre gli lasciava un bacio all'angolo delle labbra.

-Sono orgogliosa di te. Mi hai resa felice ... grazie, Syn.

Il chitarrista rimase senza parole, tanto che non fu neppure capace di abbracciarla a sua volta. Stava succedendo veramente? Non meritava questo trattamento.

Dylan si allontanò quel tanto che bastava per guardare negli occhi il suo amato.

-Non metterti a piangere, per favore. Basto già io ... non riesco mai a controllarmi, sono troppo emotiva.

Gli sussurrò, ridacchiando.

-Se ti dicessi che ti amo, potresti ancora credermi?

Domandò all'improvviso Brian, con un filo di voce.

Esitante, portò entrambe le mani sul viso della sua ragazza. Troppe volte le si era avvicinato solo per farle male. I momenti di dolcezza erano molto meglio che sfogare la propria rabbia, se ne rendeva conto solo ora.

Lei si lasciò toccare, godendosi quelle carezze che tanto le erano mancate.

-Certo che ti crederei ... ti amo anche io. Non ho mai smesso neppure per un istante.

 

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Capitolo 6
*** She would be a great mother. ***


"Cosa c'è di più bello che sentire la mano di un bambino nella tua? Così piccola, soffice e calda, come un gattino che si raggomitola tra le tue braccia."

-Marjorie Holmes

 

 

Per la casa si diffuse un ottimo profumo. Fu la prima cosa di cui Synyster si accorse quando si svegliò. Con estrema calma si guardò attorno ... l'altro lato del letto era vuoto.

Dylan si alzava sempre prima di lui ormai.

Dopo la rivelazione di Brian riguardo il luogo nel quale era stato nelle misteriose due settimane in cui era sparito, tutto sembrava essere cambiato tra loro.

Erano tornati ad essere una coppia normalissima: ogni mattina Dylan scendeva al piano di sotto e si recava in cucina, preparava caffè e pancakes per il suo ragazzo, apparecchiava con cura e ritirava il giornale.

Tutto era perfetto. Persino le rose rosse erano ricomparse nel vaso in vetro arancione posto al centro del tavolo.

L'unica differenza era che adesso Dylan, di fianco al piatto azzurro per la colazione, doveva lasciare le nuove pillole che Myers aveva prescritto a Brian.

Guardava a lungo e con sospetto quel flacone privo d'etichetta.

Il suo ragazzo sembrava infinitamente migliorato da quando aveva preso parte al piccolo esperimento del suo psichiatra. Tuttavia, Dylan non era troppo tranquilla al riguardo ... chi poteva assicurarle che un giorno anche quelle medicine non si sarebbero messe tra lei e il suo partner?

Ogni cosa finiva inevitabilmente per diventare l'ennesimo vizio di Brian, tutto era destinato ad essere la prossima condanna.

E questa prospettiva era tutt'altro che rassicurante.

Ovviamente la ragazza apprezzava ed adorava il nuovo carattere di Syn, la sua calma e la finalmente riacquisita lucidità. D'altra parte però era strano che esistesse qualche tipo di farmaco così miracoloso da portare a simili differenze nel giro di qualche settimana ...

Non appena Brian scese in cucina trovò Dylan intenta come sempre a versare lo sciroppo d'acero sui suoi pancakes. Le sorrise immediatamente.

-Buongiorno ...

Fu la prima cosa che le disse.

Un' altra piccola differenza rispetto al passato, qualcosa che mandava Dylan in visibilio.

La giovane non ebbe tempo di ricambiare il saluto, perché in un attimo sentì le labbra di Syn premute sulle sue.

-Vedo che sei di buonumore stamattina, Bri.

Disse lei dopo aver ricambiato il suo bacio, mentre faceva delicatamente scorrere le dita lungo il viso del musicista.

Aveva addirittura ricominciato a chiamarlo con un soprannome, segno che le cose stavano procedendo alla grande. Avevano riacquistato confidenza e fiducia l'uno nell'altra, non potevano fare a meno di stare vicini e scambiarsi tenerezze, quasi come se l'obiettivo di entrambi fosse quello di recuperare il tempo perduto.

Brian non rispose, si limitò a sorriderle. Dopo un altro bacio fugace si sedette al tavolo. Iniziò a mangiare la sua colazione mentre aspettava che il caffè fosse pronto.

Non era un tipo troppo loquace, non lo era mai stato e questo nessuna medicina sarebbe mai stata in grado di cambiarlo. Del resto se era avvolto da un'aria misteriosa lo si doveva anche al suo carattere terribilmente introverso.

Dylan non aveva nulla da ridire al riguardo. Certo, a volte avrebbe davvero desiderato poterci parlare di più, ma in fin dei conti anche lei apprezzava il silenzio.

Era persino bello potere osservare Syn, scrutare ogni suo movimento e intanto chiedersi incessantemente che cosa gli stesse passando per la testa.

-Hai di nuovo i bambini di cui occuparti oggi?

La voce di Synyster riportò alla realtà la ragazza che si era persa nei suoi pensieri. Se ne stava ancora appoggiata al bordo di marmo del lavandino. Mangiava una mela, aspettando di sentire ribollire il caffè nell'apposita macchina.

-Sì. Jane porterà qui Emily e Steve e me li lascerà fino alla sera. Anche oggi guadagnerò i miei 30 dollari ...

Dylan ridacchiò, osservando il viso di Brian rattristarsi.

-Che c'è?

Domandò lei, inclinando la testa.

Vederlo con quell'espressione sul volto era come un pugno nello stomaco. I suoi occhi così delusi erano una visione totalmente insopportabile.

-Qualcosa non va? Avresti voluto passare la giornata con me forse?

Continuò poi, mentre con la caraffa bollente in mano si avvicinava alla tazza del ragazzo e ci versava dentro la tanto attesa bevanda.

Brian si morse il labbro e scosse la testa.

-No, tranquilla. Sarà per un'altra volta ... non c'è problema.

La ringraziò con un cenno del capo e poi prese a sfogliare il giornale, cambiando pagina tra un sorso e l'altro. Dava l'idea d'essere abbastanza calmo e rilassato.

Fino a prima di iniziare la miracolosa terapia dava sempre fuori di testa ogni qualvolta qualcuno si intrometteva nei suoi progetti. E la sua ragazza finiva sempre per pagarne le conseguenze.

Ed era proprio per questo che in passato molte madri avevano smesso di lasciarle i bambini. Non volevano che i loro figli stessero in una casa sconosciuta, accuditi da una diciannovenne ricoperta di lividi. Se la ragazzina si era trovata un compagno violento, tanto peggio per lei. Nessuno avrebbe lasciato delle innocenti creature in un posto dove avrebbero potuto vedere chissà quali orrori ...

-Io credo che andrò a pescare con Matt. È sempre molto nervoso ... forse anche lui avrebbe bisogno di qualche cura di Myers.

Brian esordì con questa frase, poi si lasciò scappare una risata.

Che cosa c'era di così divertente in ciò che aveva appena detto?

La cosa fece venire i brividi a Dylan.

"No, Brian, non è questo il modo di risolvere le situazioni ... non sono le pillole ciò su cui devi fare affidamento. Non cadere di nuovo in un simile meccanismo mentale, non farlo ... "

La giovane pensò così intensamente che quasi ebbe la sensazione che l'altro avesse captato quelle frasi. Un brivido le corse lungo la schiena, mentre le passò totalmente l'appetito.

Accidenti, Syn non poteva davvero pensare che le medicine fossero la soluzione a tutto! Dagli incontri di riabilitazione non aveva imparato proprio nulla?

Alcol e droga non sono indispensabili per divertirsi né per sopportare meglio i problemi. Allo stesso modo, la cura di Myers non l'avrebbe per sempre aiutato. Prima o poi sarebbe dovuto essere in grado di controllarsi senza nessun ausilio esterno.

Nel giro di pochi minuti, Dylan si ritrovò sola in casa, con i suoi innumerevoli pensieri ad opprimerla.

Girava senza sosta, camminando da una stanza all'altra. Si mordeva nervosamente il pollice, sospirando di tanto in tanto. Una certa ansia la attanagliò: si sentiva che avrebbe dovuto iniziare a fare qualcosa per salvare Syn da sé stesso.

Non sapeva bene perché, ma quella semplicissima battuta sul caso di Matthew la inquietava non poco e faceva nascere in lei un insano presagio.

Quando sentì suonare il campanello però fu chiaro che non era più il momento per pensare ai propri problemi.

Ora doveva occuparsi di Emily e Steve. Jane era l'unica madre che ancora si fidava di lei a tal punto da lasciarle le sue piccole pesti. Anzi, in un certo senso quella donna era anche l'unica amica di Dylan. Per niente al mondo avrebbe voluto deluderla.

Senza contare che fare la baby-sitter non era poi così male dal suo punto di vista. Dovendo studiare per gli esami universitari, questo era l'unico genere di lavoro che poteva permettersi. Non la impegnava a tempo piano ma poteva comunque assicurarsi una piccola paga tre o quattro giorni a settimana.

In realtà, visto e considerato chi era il suo ragazzo, Dylan avrebbe benissimo potuto evitarsi anche questa fatica. Eppure, quei semplicissimi 30 dollari al giorno nella mente della ragazza facevano la differenza. Si sentiva più indipendente e soprattutto aveva l'illusione di non stare sfruttando in alcun modo Brian.

Il chitarrista le aveva chiesto di andare a vivere insieme dopo uno dei loro primi appuntamenti, quando a Dylan arrivò improvvisamente una chiamata dove le venne detto che sarebbe stata buttata fuori dal suo appartamento siccome era rimasta troppo indietro con il pagamento dell'affitto. Lei scoppiò in lacrime e tentò di fuggire via, provata dall'intollerabile vergogna che stava provando nel mostrarsi così fragile agli occhi del suo idolo. Lui, invece, decise di seguirla e quando fu finalmente riuscito a fermarla le chiese di andare a vivere insieme.

Synyster era sempre stato un tipo problematico, ma quella ragazzina gli aveva da subito "fottuto il cervello", come era solito definire lui stesso quella sensazione che provava quando era in compagnia di Dylan. Poco dopo averla conosciuta si sentiva già che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei ...

Arrivò persino a pagarle anticipatamente tutte le spese universitarie dei successivi quattro anni. Inutile dire che la cosa aveva sollevato non poco Dylan da un lato, mentre dall'altro aveva contribuito a farla sentire fin troppo in debito con lui.

L'uomo che aveva idolatrato per anni ora era il suo ragazzo, l'aveva invitata a vivere in casa sua e aveva persino risolto ogni tipo di problema legato alla sua istruzione. Sembrava un sogno ad occhi aperti. Naturalmente però né lei né tantomeno Syn si sarebbero mai immaginati che razza di coppia sarebbero diventati di lì a pochi mesi ...

Dylan andò ad aprire e salutò calorosamente Jane. Le due si abbracciarono immediatamente.

-Come stai?

Fu la prima domanda che Jane le rivolse.

La donna era sul metro e settantacinque, quindi leggermente più alta di Dylan. Aveva lunghi capelli biondi, due grandi occhi verdi e un adorabile piercing al naso che le conferiva un'aria piuttosto Punk. Anche il modo di truccarsi di Jane diceva molto sul suo conto. Fin da un primo sguardo si poteva intuire qualcosa sul suo passato ...

Era stata una ragazza piuttosto ribelle dall'inizio dell'adolescenza fino ai vent'anni, quando era rimasta incinta. Inutile dire che, non appena Steve venne al mondo, suo padre sparì. Come se non bastasse, pochi anni dopo accadde la stessa cosa quando nacque Emily.

Jane aveva sempre tirato avanti, occupandosi da sola e con tanta cura dei suoi figli. Aveva abbandonato le vecchie abitudini lasciandosi il passato alle spalle ed era diventata una mamma modello. Era persino riuscita a trovarsi un lavoro rispettabile in una ditta d'abbigliamento, ma tra i bambini e i mille impegni non era più stata in grado di avere una relazione decente.

Ed eccola che adesso sulla soglia dei trent'anni aveva deciso che magari una volta ogni tanto poteva anche trovare un po' di tempo per se stessa e dedicarselo in pieno. Questo era il motivo per cui si rivolgeva ad una baby-sitter .

Dylan, che conosceva bene tutta la storia, non poteva far altro che guardare dal basso e con occhi colmi d'ammirazione la figura di quella donna che, anche se poco più grande di lei, aveva già sopportato così tante prove nella vita e ne era sempre uscita vincitrice.

-Molto bene, ti ringrazio. E tu?

Rispose così e mostrò immediatamente a Jane il sorriso più sincero che poteva.

Sì, ora Dylan stava davvero alla grande. La sua vita con Brian era tornata ad essere meravigliosa e nasconderlo era del tutto impossibile.

Emily e Steve corsero in casa, annoiati da quelle chiacchiere.

Jane li sgridò, dicendo loro che non era il caso di entrare in quel modo nell'abitazione di qualcun altro senza avere ricevuto il permesso, ma le piccole pesti erano ormai arrivate in cucina per prendere i biscotti al cioccolato. Per nulla al mondo sarebbero tornate indietro.

La bionda sospirò e scosse la testa, tornando a concentrarsi su Dylan. Le sorrise a sua volta, anche se sembrava piuttosto preoccupata.

-Quindi Brian non alza più le mani?

-No. Ora le cose sono diverse ... è tornato ad essere lo stesso uomo che conobbi un anno fa. E non sai quanto tutto ciò mi renda immensamente felice ...

Rispose, ma poco dopo lesse come una frase non detta negli occhi color smeraldo di Jane. L'amica avrebbe infatti voluto dirle di non sperare troppo, che gli uomini sono sempre e soltanto una grande delusione. Specie quelli come Syn.

Lui aveva ormai quasi trentacinque anni, e se era stato un egoista e un bastardo fino a quel momento chi avrebbe mai potuto credere che sarebbe cambiato così tanto solo per una ragazzina?

Tra le due donne ci fu un certo scambio di sguardi, una conversazione silenziosa che fece avvilire fin troppo Dylan. Aveva capito perfettamente cosa passava per la testa della bionda, e forse aveva ragione.

Le due amiche ormai si conoscevano così bene da non avere neppure bisogno di parole per capirsi.

-Scusa se mi trattengo poco, ma ora devo proprio andare. Per la prima volta dopo anni oggi ho un appuntamento ...

Il viso di Jane si illuminò in un attimo, così come quello di Dylan.

-Sono molto felice per te, è una cosa bellissima. Buona fortuna allora!

Le due si salutarono con due baci sulla guancia, poi la diciannovenne rimase sola con i bambini.

Iniziò a cercarli, ripensando anche a ciò che era appena successo. Si strinse nelle spalle, provando a cacciare via i brutti pensieri, compresi quelli riferiti ancora una volta alla battuta che Brian aveva fatto prima di uscire con l'amico.

Sì, magari era vero che quello che stava vivendo con Syn era solo l'illusione di un momento e che sarebbe finito tutto, ma non aveva importanza. Si amavano, e questo era quanto importava al momento. Di eventuali ricadute se ne sarebbero occupati a tempo debito e avrebbero affrontato tutto insieme, mano nella mano.

 

 

*** 

 

 

Brian tornò a casa verso le sette di sera. Era stato fuori al lago con Matt tutto il giorno, proprio come aveva detto.

Il vocalist adorava pescare, Syn amava la tranquillità e la pace. Quel luogo sperduto in mezzo alla natura era il posto migliore per rilassarsi e non essere disturbati.

I due amici avevano passato una bella giornata, parlando del più e del meno. Ovviamente Shads aveva chiesto come procedevano le cose con la cura, e anche con Dylan.

Non era ben chiaro il motivo, ma Matthew, Johnny e Zacky avrebbero volentieri voluto vedere sparire la sua ragazza. Rev era l'unico indifferente. Anzi, in un certo senso era anche diventato amico della diciannovenne.

Questa situazione faceva piuttosto incazzare Brian, anche se cercava di non darlo a vedere. Dylan non era come le altre, non le importava nulla dei soldi, perché dovevano costantemente mettergli la pulce nell'orecchio per farlo finire a litigare con lei?

Il musicista sospirò e scosse la testa. Meglio non pensarci ...

-Dylan, sono tornato!

Disse alzando un po' la voce. S'aspettava di vederla arrivare da un momento all'altro, ma non accadde.

Iniziò a girare un po' per casa, guardando nelle varie stanze.

Quando giunse in cucina notò che la tavola era già apparecchiata per la cena, mentre nel lavandino c'erano dei piatti sporchi. Si ricordò che quel giorno Dylan aveva i bambini di cui occuparsi, e che probabilmente stava giocando con loro al piano superiore dopo averli fatti mangiare.

Salì piano le scale, dirigendosi direttamente verso una delle camere per gli ospiti.

Ormai quella stanza era diventata quasi di proprietà di Steve e Emily, dato che quando potevano stavano sempre lì. Erano attirati dalle pareti arancioni, dal grande e confortevole letto e dall'enorme quantità di DVD e videogiochi che Brian riponeva lì dentro. Per non parlare della TV a schermo piatto, dei fumetti e di tutto il resto delle cianfrusaglie che erano state lasciate lì ...

Più che una stanza per gli ospiti, sembrava essere il luogo in cui Syn aveva con cura racchiuso ogni ricordo dell'infanzia e dell'adolescenza a eccezione delle sue chitarre.

Proprio per questo inizialmente non sopportava che Dylan portasse i "mocciosi", come era solito chiamarli lui, là dentro. Avevano anche avuto discussioni piuttosto violente al riguardo.

Tuttavia, da quando si era reso conto di quanto fossero attenti e adorabili quei due marmocchi non aveva più detto nulla al riguardo. Finchè trattavano bene le sue cose non sorgeva alcun tipo di problema.

-Dylan, sei qui?

Aprì piano la porta, iniziando a sbirciare dentro.

La televisione era accesa. C'era un vecchio cartone animato, qualcosa che Brian aveva sempre adorato. I libri di Emily e Steve erano sulla scrivania, lasciata un po' in disordine. Dylan li aveva ancora una volta aiutati a fare i compiti. La cosa più bella di tutte, però, fu proprio l'ultima che Syn vide.

La sua ragazza era stesa sul letto e accarezzava i due piccolini che si erano addormentati dopo la lunga giornata passata a giocare. I bambini si erano stretti a Dylan, la ragazza li faceva sentire al sicuro. Emily aveva persino il pollice in bocca.

-Shh!

La giovane sorrise vedendo Brian sulla porta e gli intimò di fare silenzio.

-Si sono addormentati ... volevano vedere i cartoni animati ma già dopo i primi cinque minuti sono crollati.

Spiegò la ragazza in un sussurro, continuando ad accarezzare i loro capelli.

Il musicista intanto era rimasto sulla porta, senza dire più una sola parola.

Sapeva che Dylan aveva davvero molto a cuore il suo lavoro di baby-sitter e che adorava prendersi cura di quei bambini. Loro ormai erano diventati un po' come dei fratelli minori per lei.

Nonostante ciò, non gli era mai capitato di rendersi conto sul serio di quanto la sua ragazza fosse davvero brava a occuparsi di loro. Lo faceva con tutto l'amore di cui era capace, cercando sempre di accontentarli e di farli felici.

E adesso vederla così impegnata a coccolarli persino mentre dormivano fu una cosa che scosse non poco Brian. Lo fece restare senza parole.

Sì, quella scena all'apparenza così banale gli aveva regalato un senso di immensa tenerezza, qualcosa che non aveva mai avuto modo di provare prima.

Per la prima volta nella sua vita guardò una donna sotto una luce davvero differente. Nella figura di Dylan non vedeva più soltanto la sua compagna, e magari la sua futura moglie.

Ci vide anche l'immagine dolce di una madre.

Rimase quasi spaventato da se stesso quando arrivò a pensare che, forse, avrebbero potuto considerare l'idea di avere un bambino.

 

 

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Capitolo 7
*** Is it the end? ***


"Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?"

-Trainspotting

 

 

-Dylan ... avrei bisogno di parlarti.

Brian entrò nella loro camera da letto e si chiuse la porta alle spalle.

Era stato via con la band, siccome gli Avenged Sevenfold avevano da poco ripreso a scrivere un nuovo album.

Syn si era molto divertito con i suoi amici, in fin dei conti amava il suo lavoro e tutta quella parte creativa che precedeva ogni nuovo successo firmato dal suo gruppo. Tuttavia, quel giorno non vedeva l'ora di tornare a casa dalla sua ragazza.

Era passato un po'da quando guardando Dylan con i piccoli gli era venuta la strana idea, ed ora non era più capace di scrollarsela di dosso.

Si rendeva conto che era troppo presto, e un po' immaginava che un bambino avrebbe cambiato le loro vite. Li avrebbe legati per sempre, come un lucchetto di carne. Era davvero questo ciò che voleva?

Sapeva anche di essere ancora mentalmente instabile. Che diamine sarebbe successo se avesse dato di matto per colpa dei pianti del neonato?

-Hey Bri. Sei tornato!

La ragazza allargò le braccia, come per invitarlo ad avvicinarsi.

Era raggiante. Lui le era mancato così tanto ... aveva passato ore e ore sui libri, tanto che stava per impazzire. Studiare era terribilmente stressante, ma voleva solo prendere i voti migliori a tutti gli esami e finire l'università il prima possibile.

Synyster le aveva dato fiducia pagando per lei. Il minimo che potesse fare per ricambiare il favore era tentare di renderlo orgoglioso ...

Lui non indugiò troppo sui saluti.

Le sorrise e andò a stringerla, lasciandole dei baci sulle guance.

Era davvero nervoso, non ce la faceva più ad aspettare.

Sapeva che probabilmente si sarebbe sentito dire che era troppo presto, però sul serio, non avrebbe resistito ancora a lungo. Doveva chiederlo, doveva provarci.

Prese il viso della ragazza con entrambe le mani e la fissò intensamente negli occhi: era indescrivibile la sensazione che provava quando incrociava quelle iridi chiare. Erano meravigliose, il colore più bello al mondo! Gli sarebbe piaciuto rivederle in un bambino ...

-Brian, ma che hai?

Dylan distolse improvvisamente lo sguardo, come imbarazzata.

Con delicatezza strinse le proprie dita attorno ai polsi del musicista, per invitarlo a lasciarla andare.

Le coccole erano una cosa adorabile, ma i suoi strani modi di fare a volte quasi la indispettivano. Non c'era nulla di tenero in Synyster quando aveva qualcosa che gli passava per la testa. Anzi, bisognava stare piuttosto attenti a non deluderlo ...

Il ragazzo intuì il fastidio di Dylan, e quasi gli scappò un mezzo sorriso.

-Che cosa c'è di divertente?

Domandò lei, mentre gli poggiava le mani sulle spalle per aiutarlo a togliere la giacca di pelle. Ora che Syn era finalmente giunto a casa, tanto valeva che si rilassasse.

-Niente. È solo che ti trovo bellissima quando fai la difficile ...

Rispose lui con molta sincerità.

Sfilò anche la maglietta, poi fu il turno delle Converse nere e dei jeans blu.

Dylan non riuscì proprio a staccare gli occhi dalla figura del chitarrista. Lo seguì in ogni suo più piccolo movimento, fin quando non se lo ritrovò davanti con solo i boxer di Batman addosso.

-Ma non hai detto che dovevi parlarmi?

Gli domandò, inclinando la testa con fare confuso.

-Sì, dovrei. E credimi, non vedo l'ora! Ma forse è meglio se prima vado a farmi una doccia. Quando saremo entrambi in comodo, allora sarà il momento giusto ...

Sprigionava una certa gioia. Sembrava davvero su di giri e molto agitato. Qualsiasi cosa facesse si muoveva più in fretta del solito.

L a ragazza iniziò quasi a preoccuparsi.

-Vuoi cenare? Se vuoi posso preparare ...

Brian non la lasciò finire la frase.

-Non preoccuparti, non ho fame ...

Come poteva, del resto? Era talmente tanto ansioso ... il cibo era l'ultimo dei suoi pensieri in quel momento.

Entrò immediatamente nel box doccia, aprendo l'acqua fredda.

Le goccioline gelide si infiltrarono tra i capelli scuri e morbidi del ragazzo, fino a bagnarli completamente. Lo colpirono su tutto il corpo, lasciandolo infreddolito e solo con i suoi pensieri.

Brian stava lottando con se stesso per ragionare nella maniera più coerente e lucida.

Per tutto il tempo non fece altro che riconsiderare nuovamente ogni cosa, giungendo infine alla conclusione che sì, poteva decisamente permettersi di farle quella richiesta. Almeno dal canto suo sembrava una cosa perfettamente legittima.

Syn si sentiva già diverso ... sapeva che a prescindere da tutto non sarebbe mai stato capace di fare del male ad un marmocchio, soprattutto se si fosse trattato di un figlio loro.

Dunque, non appena ebbe terminato di interrogarsi su questa questione per l'ennesima volta, si abbandonò ad una doccia rilassante. Tentò di calmarsi, di reprimere l'ansia che aveva dentro ...

-Bri , non ce la faccio ad aspettare ... dimmi che sta succedendo, per favore.

Dylan entrò nella stanza da bagno, proprio mentre il ragazzo stava sciacquando via lo shampoo dai capelli.

Syn si voltò di scatto verso la porta, stupito dal gesto compiuto dalla sua ragazza. Solitamente era sempre così tanto timida che mai e poi mai si sarebbe permessa di entrare in bagno senza bussare.

Era forse diventata più audace? Magari lui non era l'unico che stava cambiando.

Un sorrisetto malizioso nacque sul volto del musicista, che con noncuranza tornò immediatamente a ciò che stava facendo.

-Scusa cara, non ti sento per via del getto dell'acqua aperto ... forse se tu venissi qui, capirei meglio.

Brian considerò divertente l'idea di vedere fin dove la ragazza si sarebbe spinta.

Intanto, Dylan alzò gli occhi al cielo e sospirò forte.

-Per favore, non cercare di mettermi in difficoltà. Sembravi così serio prima ... vorrei solo sapere!

Disse lei esasperata, e alzò la voce.

Ma, ovviamente, Synyster fece finta di nulla.

-Oh, ma per l'amor del cielo!

Riprese lei, mentre 'sta volta si avvicinava con decisione al box doccia.

Vero, era sempre stata molto vergognosa. Però non era la prima volta che vedeva Brian nudo. La ragazza tentò di convincersi che non c'era assolutamente nulla di strano, anche se aveva qualche riserva al riguardo. Era piuttosto pudica e credeva che la privacy fosse un qualcosa che tutti dovevano assolutamente rispettare.

In questo caso però, si poteva anche fare un'eccezione.

Con decisione, Dylan aprì la porta in vetro della doccia, infischiandosene dell'acqua che le avrebbe bagnato i vestiti.

-Bri, voglio sapere immediatamente ...

Non ebbe neppure il tempo di finire la frase. Syn la afferrò dai fianchi e la attirò verso di lui, proprio sotto il getto aperto dell'acqua.

-Ma che fai, Brian!

Gridò lei, tentando di liberarsi dalla stretta del musicista. Lui però non le diede retta e, dopo averle mostrato un sorriso dolcissimo ,posò le sue labbra su quelle della ragazza, mentre con una mano sulla schiena di Dylan la costringeva a rimanere lì.

La giovane incominciò a dimenarsi, tirando dei pugni piuttosto forti sul petto del ragazzo davanti a lei.

-Sei un cretino!

Gli urlò contro non appena Syn, ridacchiando ed alzando le mani, interruppe il loro bacio e si allontanò.

In passato dopo avergli detto una cosa del genere sicuramente Dylan avrebbe rischiato di prenderle ... ma adesso era diverso. Erano tornati ad essere non solo amanti, ma anche amici e confidenti. Una cosa detta così di getto non avrebbe più fatto infuriare Brian.

-Scusa, piccola ...

Replicò il musicista, senza riuscire a togliersi dalla faccia quel sorrisetto colpevole.

Entrambi uscirono dalla doccia. Lui si coprì immediatamente con un asciugamano, mentre la ragazza iniziò a liberarsi dei vestiti ormai completamente inzuppati d'acqua. Sembrava molto infastidita.

-Per l'ultima volta, mi dici di che diamine dovevi parlarmi oppure no?!

Sbottò Dylan, mentre lasciava cadere a terra la leggerissima maglietta nera.

Intanto, Brian non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Non solo perché si stava spogliando, ma in particolare per via dei modi della ragazza ... non gli dispiaceva troppo vederla così scontrosa. Era bello avere qualcuno che gli desse del filo da torcere, ogni tanto. Erano sempre state poche le ragazze in grado di tenergli testa.

Sì. Lei era proprio quella giusta. Glielo dimostrava ogni giorno di più.

-Vorrei avere un figlio, Dylan.

Syn non riuscì più a trattenersi. Le comunicò semplicemente il suo desiderio, lì, in quel momento.

E che senso avrebbe mai potuto avere fare tanti giri di parole, dopo tutto? Non c'era nulla da aggiungere. Non c'erano motivazioni da addurre, né niente da spiegare. Era una richiesta come un'altra, una cosa molto semplice. Sarebbe bastato un sì o un no.

Almeno così era per Brian.

Era tanto accecato dal suo desiderio di diventare padre che non era più capace di rendersi conto di quanto la risposta a quella domanda sarebbe stata grande. Pensava di avere considerato ogni cosa, di essere stato attento prima di dire una cosa del genere. Eppure non aveva pensato neanche alla metà dei cambiamenti che avere un bambino avrebbe comportato.

Se Dylan avesse accettato, infatti, le loro vite sarebbero cambiate per sempre in quello stesso istante. La prospettiva di diventare genitori della stessa creatura avrebbe per sempre modificato la loro relazione.

Altrimenti, se la ragazza si fosse rifiutata, questa cosa sarebbe probabilmente ricaduta come un macigno su entrambi. Sarebbe stato un peso troppo grande, un rimpianto da portarsi dietro eternamente. Negare un figlio a Brian in quel particolare momento della sua vita sarebbe stato come portargli via una parte di lui, qualcosa a cui teneva veramente tanto. Allora il rapporto avrebbe sicuramente ripreso a deteriorarsi.

Syn non pensò più alla scomoda posizione in cui, per l'ennesima volta, mise Dylan. Lo smisurato ego del musicista tornava a mettersi tra i due amanti.

Dylan sgranò gli occhi, incominciando a tremare nel momento stesso in cui udì quelle parole tanto dolci e allo stesso tempo tanto spaventose.

Che cosa significavano?

Mille pensieri e poi mille altri ancora si fecero strada nella testa della ragazza, che non fece altro che restare a bocca aperta davanti al chitarrista.

Brian continuava a fissarla, mentre sentiva stringersi un nodo in gola. Era più che sicuro che se Dylan non si fosse dimostrata convinta di intraprendere con lui quel nuovo cammino, il suo cuore si sarebbe spezzato. Sentiva già un eco risuonante nelle orecchie, come di qualcosa che cadeva a terra e si frantumava. Questo sarebbe stato di lui e del suo amore ...

La giovane non riuscì più a reggere lo sguardo dell'altro, e uscì dalla stanza, andando a sedersi sul loro letto.

-Non può essere vero. Non puoi dire sul serio, Brian!

Incominciò a massaggiarsi le tempie, più confusa che mai.

Perché una simile domanda proprio in quel momento? Dopo tutto quello che avevano passato fino a poco tempo prima lui era davvero così sfacciato da chiederle questo? E che ne sarebbe stato delle sue aspirazioni professionali, dei suoi studi da terminare ... ? Cosa avrebbe potuto combinare se avesse avuto il figlio di Syn di cui occuparsi?

Già si figurava la scena: lui come sempre fuori casa a bere e scherzare con gli amici, magari persino a fare il coglione con le altre. E lei intanto rinchiusa tra quelle quattro mura, costretta ad occuparsi di un poppante che neppure voleva.

La ragazza strinse forte i pugni, mentre un certo nervosismo la riempiva, tanto da farle sentire un gran calore sul viso.

-Tu sei pazzo se credi davvero che io voglia anche solo considerare l'idea di dare un figlio proprio a uno come te! Ma davvero non ci arrivi?! Nessuna donna sulla faccia della Terra sarebbe capace di compiere un simile passo con un uomo tanto irresponsabile ed egoista. Fino a poco più di un mese fa credevo di vivere in un incubo ad occhi aperti, e pensi davvero che adesso dopo una manciata di settimane sia tutto okay tra noi? Credi che io sia capace di chiudere gli occhi su tutto quello che è stato fino a questo punto?! Beh, ti sbagli di grosso!

Ma non le pensava davvero tutte quelle brutte cose. O almeno non ne era completamente convinta.

Erano solo la rabbia mai espressa prima e la confusione generata da quell'inaspettata domanda a metterle in bocca delle simili cattiverie. Amava Brian, lo amava profondamente. Semplicemente, quello non era il momento più adatto ... e forse si sarebbe aspettata che lui lo avesse capito da solo.

Dylan aprì in fretta e furia il suo comodino e prese dei vestiti asciutti. Non sapeva dove sarebbe andata, le bastava solo poter uscire da lì e cambiare aria, almeno per un po'.

Syn aveva seguito tutta la scena quasi come uno spettatore. Era rimasto atterrito ed era sbiancato letteralmente non appena si era sentito buttare addosso tutta quella merda proprio dalla ragazza che amava. Ma non era stato capace di replicare in alcun modo.

Perciò la lasciò andare.

Dopo quello che aveva udito non aveva neanche la forza di reagire. Sicuramente il vecchio Brian Haner non sarebbe stato capace di trattenersi, no. Non lui. Si sarebbe difeso, anche se a modo suo ...

Ma le persone cambiano.

Per la prima volta si sentì minuscolo, piccolo e debole di fronte a quello che gli veniva fatto. In fin dei conti lo sapeva da sé che avrebbe ricevuto una risposta negativa. Però non si sarebbe mai immaginato una reazione tanto forte da parte della sua ragazza ... come aveva fatto ad essere così cieco? Le cose che gli aveva detto potevano essere state dettate solo dall'odio. Non c'era altra spiegazione.

Il primo istinto fu quello di piangere.

Sì, perché anche se odiava mostrarlo agli altri, dei sentimenti li aveva anche lui. Il suo cuore magari era nero e freddo, ma chi era intenzionato a cercare bene, chi aveva un po' di coraggio e buona volontà, sarebbe sempre stato in grado di riscoprire un lato umano in lui.

Brian sperava davvero che Dylan fosse finalmente quella giusta, capace di compiere questa coraggiosa impresa.

Il rumore delle ruote dell'auto sul ghiaino lo riportò alla realtà. La sua ragazza stava andando via dopo quella scenata, senza il benché minimo cenno di scuse.

Solo in quel momento le lacrime sembrano non essere più abbastanza, neanche se versate da un tipo come lui.

 

 

***

 

 

Syn era steso a terra, completamente perso nel suo mondo. Guardava intensamente il soffitto con un'espressione molto meno sofferente di quella che aveva solo qualche ora prima.

Indossava ancora i vestiti che si era messo per uscire e andare nella High Street. Brian sapeva per esperienza diretta dove poteva sempre andare quando aveva bisogno della roba ... conosceva bene tutti i quartieri peggiori della sua città, ci era stato innumerevoli volte.

Quanto tempo era che non si faceva più? Aveva smesso. Aveva smesso con tutto ... l'alcol, la droga ... aveva smesso di essere il solito bastardo di sempre. E l'aveva fatto solo per Dylan.

Ma ora come ora, il dolore era così forte che niente sembrava avere importanza. Si sentiva rifiutato completamente: come uomo, come amante ... e come essere umano. Chi era lui? Valeva davvero qualcosa?

Era la prima volta che si poneva queste domande in tutta la sua vita. Mai niente e nessuno erano riusciti a fare tanto vacillare le sue sicurezze.

L'eroina, quella notte, dava l'idea d'essere la più adeguata delle risposte ad ogni genere di dubbio esistenziale.

Non era solito usare quella roba neanche prima di incominciare a disintossicarsi ... preferiva fumare erba, o magari tirare cocaina. Da quando era entrato nel giro del mondo dello spettacolo, tra la gente famosa, questo era ciò che gli era da sempre stato insegnato: la coca era la droga dei ricchi, da usare per sballarsi quel tanto che bastava per offrire al proprio pubblico uno show indimenticabile ...

Quella volta non aveva davvero bisogno di andare su di giri. Al contrario, doveva solo calmare i nervi ... e magari sperare di morire di overdose nel frattempo.

Brian non era abituato a tenere la testa alta di fronte alle difficoltà, non aveva idea di come si facesse a rialzarsi dopo una caduta. Per questo non sapeva neppure darsi tempo per elaborare il dolore. Il ragazzo reagiva d'impulso.

Quindi comprò una dose di eroina dall'unico spacciatore di cui si fidava sul serio. La sua roba era sicuramente buona, tagliata nel modo giusto e non poteva essere altro che purissima.

Non appena fu nuovamente a casa si guardò attorno: nessuna traccia di Dylan.

Sospirò, ancora una volta colpito nell'orgoglio ... lei sarebbe stata l'unica in grado di fermarlo. Se l'avesse vista, probabilmente avrebbe lasciato perdere la malsana idea.

Ma, di nuovo, c'è da dire che la vita non è una bella favolina dove ogni cosa succede al momento opportuno.

Un cucchiaio, del succo di limone e un accendino ... questo fu quanto gli bastò per preparare la sua dose, prima di metterla nella siringa di plastica.

E una volta trovata la vena e fatto il buco, tutto assunse un altro colore. Niente sembrò avere più senso, neanche quello che sentiva dentro.

Magari sarebbe morto per via dell'eccessiva dose che si era iniettato, o magari no.

Questo sarebbe toccato di scoprirlo a Dylan, una volta tornata a casa ...

 

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Capitolo 8
*** And if your heart stops beating ... ***


"Per quanto bella sia stata la commedia in tutto il resto, l'ultimo atto è sempre sanguinoso. Alla fine, con una vanga si getta della terra sulla testa. Ed ecco fatto, per sempre."
-Blaise Pascal  

 

 

 


 

La casa sembrava vuota e spenta.

Era passata qualche ora da quando Dylan era uscita, ma mai e poi mai si sarebbe aspettata una simile accoglienza appena varcata la soglia: tutto taceva. Il silenzio era pesante, riempiva ogni centimetro della grande villa. Era come se il nulla circondasse la diciannovenne.

Le vennero i brividi. Quell'atmosfera cupa e tetra non la faceva sentire a suo agio.

Entrò in cucina con il solo intento di avvicinarsi alla credenza e incominciare a frugare in mezzo alle molte bottiglie che Brian teneva lì dentro. Neppure dopo essersi prefissato l'obiettivo di smettere con l'alcol era stato capace di buttare via tutta quella roba.

Remy Martin, Jack Daniels, Bacardi, Smirnoff, Baileys ... Dylan trovò ogni genere di bevanda alcolica. Dalla vodka al cognac, dai liquori al whiskey, dallo scotch al rhum. Da dove iniziare? Era così stanca e bisognosa di non pensare a nulla che si sarebbe scolata ogni singola bottiglia, dalla prima fino all'ultima goccia.

Davvero Synyster le aveva chiesto di avere assieme un figlio? Ancora non poteva crederci.

Dopo tutti i problemi che avevano avuto un bambino non avrebbe potuto far altro che peggiorare la situazione. Syn aveva sedici anni più di Dylan ma il suo buonsenso era pari a quello di un adolescente. Non riusciva mai a capire la serietà delle cose, non le comprendeva in pieno.

La ragazza esitò un secondo, ricordando l'immagine del suo partner completamente ubriaco e privo di ogni inibizione. Per quanto sarebbe stato bello lasciarsi tutto alle spalle per una buona dozzina di ore, l'idea di ricorrere all'alcol e ridursi come un cadavere ambulante non la allettava granchè. Non voleva diventare come Brian, non voleva fuggire dai problemi.

Sospirando, chiuse l'anta in legno dopo aver rimesso al loro posto tutti gli alcolici. L'idea di sbronzarsi era appena stata messa in un angolo.

Che fare adesso?

Non le andava per niente di ricominciare a litigare ... però sapeva che dopo la sua sfuriata di prima sarebbe successo. Tanto valeva discutere prima di andare a dormire e togliersi il pensiero.

Sì, ma dov'era Synyster?

Dal piano superiore non si sentiva provenire neanche il benché minimo rumore. Se l'auto del ragazzo non fosse stata al suo posto nel garage, Dylan avrebbe sicuramente creduto d'essere sola in casa.

Con il cuore in gola e le mani che tremavano già dall'agitazione, salì le scale. Era impaziente di rivederlo nonostante tutto.

Sapeva di avere esagerato con le cose che aveva detto. Sapeva di avergli fatto del male.

Synyster Gates non era di certo l'uomo perfetto, ma nonostante tutti gli sbagli che aveva commesso non era neppure un mostro. Da quando si era sottoposto alla cura di Myers soprattutto era molto migliorato.

Non si meritava di sentirsi dire tutte quelle cose orribili. Anche la verità più assoluta poteva essere espressa in modo meno impattante alcune volte.

Salito l'ultimo gradino delle scale sentì diventare le gambe improvvisamente pesanti. Dylan non aveva idea di che cosa si trattasse, non aveva mai provato quella stranissima emozione. Era come se avesse la sensazione di non dovere più proseguire lungo il corridoio. La camera da letto era l'ultima stanza del piano, e arrivarci non le fu facile. C'era qualcosa di spaventoso ...

-Brian?

Iniziò a chiamarlo istintivamente. No, qualcosa non andava.

Lottò contro il timore che sentiva dentro. Sarebbe voluta scappare via, ma aveva come l'insolito presentimento che se lo avesse fatto se ne sarebbe pentita per il resto della sua esistenza.

-Brian ...

Mormorò ancora, con più enfasi di prima. Nel momento stesso aprì di scatto la porta. Una forte fitta allo stomaco le tolse il respiro per un secondo.

Syn era steso a terra, sul pavimento freddo. La prima immagine che corse nella mente di lei fu quella del suo ragazzo che, dopo aver bevuto un po' troppo, cadeva giù sbattendo la testa. Pensò veramente che fosse successo questo.

In fretta si avvicinò al corpo inerme del chitarrista e gli prese il viso tra le mani.

-Che è successo?! Mi senti?!

Gli toccò i capelli, ma non c'era alcuna traccia di sangue.

Intanto, Brian restava nella medesima posizione. Se non fosse stato per il debole respiro, si sarebbe benissimo potuto pensare che fosse morto ... si limitava a tenere gli occhi fissi sul soffitto. Era come se non si fosse neppure accorto della presenza di Dylan.

La giovane era nel panico più totale: non lo aveva mai visto ridotto così. Che gli era successo? Non sembrava essere ferito, eppure era comunque in uno stato pietoso.

Lo schiaffeggiò diverse volte, cerando di riportarlo alla realtà.

-Bri, cos'hai?!

Tentò ancora di fargli una domanda, ma ovviamente non ottenne alcune risposta.

Si guardò attorno, cercando una qualche traccia di quello che poteva essere successo mentre non era in casa.

Sapeva bene che si trattava di un modo di punirla. Synyster adorava fare sentire le persone in colpa ... era una cosa di cui non poteva proprio fare a meno. Se gli altri erano portati a chiedere perdono, lui si sentiva sollevato sempre e comunque da qualunque fosse la sua colpa. Tutto ciò che la ragazza doveva scoprire ora era cosa lui avesse usato per farsi del male fino a quel punto ...

Poi notò qualcosa che, nell'affanno iniziale, le era totalmente sfuggito. Il suo ragazzo aveva ancora una siringa con l'ago infilato nel braccio ...

Dylan spalancò la bocca in un'espressione di puro terrore.

Brian si era nuovamente drogato. Aveva ripreso con quella merda ... che si trattasse di cocaina, acidi o anche solo semplice marijuana non aveva importanza per lei. Era comunque tornato a fare uso di sostanze stupefacenti.

-Cristo ...

Mormorò con un filo di voce. Non poteva quasi crederci.

Il rammarico e la delusione furono così forti che quasi ebbe l'impulso di alzarsi e andarsene. Il chitarrista era chiaramente in overdose da eroina, e la ragazza sarebbe stata capace di lasciarlo morire. Era così frustrata ...

Un simile idiota solo qualche ora prima le aveva chiesto di avere un figlio! Quanto era patetico?!

Brian aveva le pupille degli occhi ridotte ad uno spillo e l'espressione totalmente smarrita. Sembrava non avesse idea di dove era e di chi era ... tentava di parlare. Avrebbe davvero voluto farlo, ma il suo corpo non eseguiva i suoi ordini.

-Sei un coglione, Synyster Gates. Sei il peggior coglione che io abbia mai conosciuto ... eppure ti amo, non voglio che tu muoia.

Dopo qualche secondo, la diciannovenne decise che non poteva davvero abbandonarlo nel momento del bisogno. Per la prima volta era lui quello ad essere vulnerabile ... a guardarlo bene, poteva addirittura fare pena. Grande e grosso, eppure talmente tanto indifeso che avrebbe potuto esalare l'ultimo respiro di lì a poco.

Dylan estrasse con delicatezza l'ago della siringa dal braccio del chitarrista, prima di provare a tirarlo su a fatica.

-Devi camminare ... devi almeno provarci, Syn.

Il ragazzo restava a peso morto, non riusciva a reggersi in piedi. Per la sua partner fu piuttosto difficile, tuttavia tentò di farlo muovere un pochino. Aveva imparato dai libri cosa fare in questi casi ...

Il viso di Gates era bluastro, qualcosa di simile a ciò che si può ritrovare in un personaggio dei fumetti. La situazione era surreale ... Dylan non avrebbe mai e poi mai augurato a nessuno di ritrovare la persona amata in quelle condizioni.

Nel frattempo chiamò i soccorsi, sperando che sarebbero presto arrivati. Non sapeva da quanto Brian si fosse iniettato l'eccessiva dose di eroina, e di conseguenza non aveva idea di quanto ancora il suo fisico sarebbe potuto resistere.

Avrebbe voluto piangere. Avrebbe davvero voluto disperarsi a spaccare tutto, urlargli contro quanto lo odiava quando era così egoista da fare cose come quella ... ma non ebbe la forza di farlo.

E se fossero stati gli ultimi momenti che poteva passare con l'uomo che amava? Nonostante tutto Brian non meritava di morire sentendosi gridare addosso.

-D... Dylan ...

Riuscì appena a chiamarla, mentre ancora lei provava a farlo camminare per la camera. Syn mosse di poco gli occhi, guardandola in viso.

Era evidente che non gli fosse facile neppure respirare in quelle condizioni ...

-Che c'è, Brian?

Chiese lei, prima di farlo cadere nel modo più delicato che poteva sull'ampio letto. Non era davvero più in grado di reggerlo, Syn era troppo pesante.

Il musicista portò a fatica la mano sul petto, afferrando la maglietta e cercando di strapparsela via. Non aveva più la forza di fare niente e ogni cosa che aveva addosso gli stava stretta.

Quante altre volte prima Synyster Gates aveva visto i suoi amici o conoscenti finire in overdose? Davvero troppe. Qualcuno era persino morto davanti i suoi occhi. Ma mai e poi mai si sarebbe potuto aspettare una sensazione tanto terribile ... provare quell'esperienza era molto peggio di quanto avrebbe mai potuto sospettare.

Dylan corse a prendere un paio di forbici. No, non poteva veramente sopportare quella visione. Era terribilmente incazzata, però avrebbe fatto di tutto pur di aiutarlo a superare il momento.

-Te la caverai Bri. Te la caverai come sempre ... te lo prometto.

Gli sussurrò lei, mentre incominciò a tagliare disperatamente il tessuto della t-shirt. Magari Brian così avrebbe anche solo avuto l'impressione di sentirsi meglio. Doveva alleviargli il dolore.

Gates ridotto in quel modo era una visione straziante. Quando diamine sarebbero arrivati i soccorsi? Più il tempo passava, più la respirazione di Syn rallentava, così come il suo battito cardiaco.

Sembrava tanto la fine. E se lui fosse scivolato via quella notte, morendo così, di certo Dylan non avrebbe retto il colpo.

-Non mi lasciare. Ti prego, non farlo ... 


 

*** 


 

Ancora diversi minuti passarono. Ogni istante sembrava lungo ore ed ore, tanto per l'uno quanto per l'altra.

Fin quando non arrivarono i soccorsi, il trentacinquenne rimase a fissare la sua amata. Il suo cervello non era più troppo attento a ciò che succedeva tutto intorno, tuttavia Syn aveva come la brutta sensazione di averla ferita. Non era davvero quello che voleva fare, non quella volta almeno.

Gli dispiacque di aver tentato il suicidio.

Avrebbe davvero desiderato chiederle scusa ... lui doveva domandare perdono. Ma non ebbe tempo di provarci, perché proprio allora i paramedici lo portarono via su di una barella. Improvvisamente l'immagine di Dylan si allontanava sempre di più, era distante, sfuocata ...

E per lui fu come morire dentro. L'aveva persa. Era forse l'ultima volta che vedeva la sua ragazza, ed era finita male.

La giovane studentessa restò lì, seduta sul letto dove fino a poco prima giaceva il chitarrista degli Avenged Sevenfold. Non ebbe la forza di seguirlo in ambulanza, non poteva farcela.

Sentì i soccorritori dire che se non gli avessero dato del Narcan al più presto non avrebbero potuto fare nulla per salvarlo.

Le tornò in mente anche che Brian in passato aveva avuto problemi al cuore per via dei quali aveva dovuto subire degli interventi. Il suo fisico non era più quello di un ragazzino ... se il battito cardiaco già tanto rallentato fosse cessato poco dopo? Se neanche la veloce corsa in ospedale fosse bastata a salvarlo? Un brivido corse lungo la schiena di Dylan.

No, non sarebbe andata con lui.

Poteva o no permettersi anche lei d'essere egoista una volta tanto? Ne aveva tutto il diritto! Immaginò di vedere Syn morirle davanti e quasi si sentì mancare nel momento stesso. Per quanto in tal caso quella squallida immagine la avrebbe tormentata?

No, ora doveva cavarsela da solo. La giovane aveva fatto di tutto per aiutarlo quando aveva avuto modo. Ora non era più compito suo occuparsi di lui ...

Afferrò il telefono cellulare di Brian e compose il numero di James. Iniziò subito a parlare, interrompendo il saluto assonnato e biascicante del batterista.

-Vieni a casa del tuo amico. Non crederai mai a cosa è accaduto ...


 

Angolo dell'Autrice:

Ho deciso di dedicare un capitolo intero di circa cinque pagine a questo momento proprio perchè mi sembrava un qualcosa su cui era importante calcare particolarmente. Mi sono soffermata a immaginare quanto debba essere terribile finire in una simile situazione. Ed è stato istintivo creare un capitolo concentrato solo su quel momento infinito tra quando Dylan trova Brian quasi morto a quando lo portano via, non sapendo se avrà mai più modo di vederlo in vita. 

Spero non troviate il capitolo troppo corto. 

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Capitolo 9
*** No chance for one more day, no chance to get back home. ***


"Non c'è problema così terribile a cui non si possa aggiungere un po' di senso di colpa per renderlo ancora peggiore."
-Bill Watterson




 

-Non ho parole per descrivere quello che è successo. Più ci penso e più non posso fare a meno di odiarti, Dylan.

Disse Matt, in un sussurro. L'uomo aveva lo sguardo più rabbioso che la diciannovenne avesse mai visto.

-Se dopo tutto questo verremo a sapere che Brian ha riportato un qualsiasi tipo di danno permanente, io ti giuro che renderò la tua vita un inferno ...

Continuò il vocalist, passandosi una mano tra i capelli. Era un gesto che lui e gli altri ragazzi facevano spesso quando erano particolarmente nervosi, soprattutto Syn.

Matt non era mai stato più serio in vita sua, il tono della voce e la mascella contratta lo lasciavano intuire chiaramente.

Un brivido corse lungo la schiena di Dylan, che finì per stringersi di più a James, dato che il batterista già l'aveva circondata con le braccia.

-Shads, lasciala stare. Non ha colpa ... Synyster quell'ago se l'è infilato in vena da solo, non è stata Dylan a fargli tutto questo.

Rev prese posizione contro il suo amico. La ragazza tremava contro il suo corpo, e lui non poteva davvero sopportarlo.

Anche lei stava soffrendo, e Jimmy sembrava essere l'unico a rendersene conto. Anzi, forse era semplicemente il solo a rispettare il dolore che la giovane sentiva dentro ...

Nell'udire quelle parole Matthew saltò in piedi e afferrò l'altro per il colletto della camicia, scuotendolo.

-Sei serio, Jimmy?! Ma tu da che cazzo di parte stai, si può sapere?!

La situazione stava decisamente prendendo una brutta piega. Le infermiere guardavano i Sevenfold con fare preoccupato, già pronte a chiamare la polizia se fosse nata una qualche rissa.

Johnny e Zacky si alzarono a loro volta dalle scomode sedie poste nel corridoio dell'ospedale.

-Matt, piantala. Ci cacceranno se continuate così, voi due ...

Il bassista afferrò Matthew da una spalla, tentando di spingerlo via.

-Brian adesso ha bisogno di averci vicini. Dobbiamo restare qui, e dobbiamo restarci tutti ... non vorrebbe che voi vi picchiaste.

Anche Vee si mise tra i due litiganti, cercando di fare calmare Shads.

-Onestamente, io mi sono stufato. È chiaro? Mi fa schifo tutto questo. Conosco Syn da vent'anni e provo disgusto nei suoi confronti quando fa cose come questa ...

James rimase a testa alta, fissando l'altro negli occhi. Non poteva più sopportare quella situazione e il clima che nel corso degli ultimi anni era venuto a crearsi all'interno della band.

Sembrava che Gates fosse diventato il capo di una banda e loro soltanto i suoi complici nel crimine, visto che non facevano altro che appoggiare ogni sua azione sbagliata.

-Io non sono una marionetta nelle mani di Synyster, non lo sono mai stato e di sicuro non intendo diventarlo adesso. Non giustifico più le sue cazzate, né ho ancora voglia di coprirgli le spalle. Sono stato suo amico per buona parte della mia vita e lo rimarrò finchè mi vorrà al suo fianco.

Continuò il ragazzo. La sua voce era sicura, non tradiva la minima esitazione. Credeva fermamente in quello che stava dicendo.

-Non appena ho saputo cosa era successo sono corso a casa di Brian e sono venuto qui in ospedale con Dylan. Ho chiamato anche voi, pensando che meritaste di sapere cosa era accaduto. Syn sta rischiando di morire in queste ore, sono certo che vorrebbe averci tutti al suo fianco ...

-Dove vorresti arrivare?! Cosa c'entra tutto questo con il tuo stare sempre e comunque dalla parte di quella mocciosa? Taglia corto James, il tuo atteggiamento inizia a darmi sui nervi!

Matt interruppe bruscamente l'altro, allontanandosi un poco da lui e incominciando a gesticolare. I due si conoscevano da quando avevano sedici anni, e mai erano arrivati ad un simile litigio prima.

Inoltre avevano tutti gli occhi puntati addosso, stavano dando spettacolo.

Dylan intanto rimaneva ancora rannicchiata sulla sedia, con le lacrime agli occhi.

E dire che aveva tanto amato quella band ... li aveva letteralmente adorati. Non avrebbe mai pensato di diventare la loro Nancy Spungen. La sua intenzione non era mai stata quella di dividerli.

Jimmy prese Matt per le spalle, tenendolo fermo.

-Vuoi calmarti? Vuoi aprire gli occhi e renderti conto di cosa cazzo sta succedendo attorno a noi?!

Ora anche il batterista stava perdendo la pazienza.

-Sto cercando di farti capire che anche io voglio bene a Syn, forse addirittura più di voi. Ma ho una coscienza. E non posso gestire i suoi casini ... fa del male a Dylan da più di un anno, e noi non solo gli diamo man forte, arriviamo addirittura a minacciare la ragazza a nostra volta! Mi stupisco di te, Matthew. Forse non ti conosco come credevo ...

Dopo quella drastica risposta ci fu il silenzio. Tutti tornarono ai loro posti, come se nulla fosse successo. Era una cosa abbastanza inverosimile.

Non era chiaro se fissare per un attimo il batterista negli occhi e poi rimettersi seduto fosse il modo di Matt per dare ragione all'altro o semplicemente il suo rimandare la discussione ad un altro momento, e poco importava.

Nessuno dei ragazzi era lì per combinare guai. Non era il momento ... Synyster veniva prima di tutto.

*** 

La flebo era infilata nella grande mano tatuata, che restava distesa di fianco al corpo del ragazzo. Sulle sue dita vi si potevano leggere le lettere B O R O , che formavano la seconda parte della parola "Marlboro". Si trattava delle uniche sigarette che Brian avesse mai fumato il vita sua. Per questo aveva deciso di farsi incidere per sempre sottopelle con l'inchiostro il nome di quella famosissima marca.

Questo particolare strappò un sorrisetto a Dylan ... per quante volte avesse già visto quel tatuaggio ridicolo non sarebbe mai e poi mai riuscita ad abituarsi.

Con i polpastrelli accarezzò delicatamente il braccio del chitarrista. Sì, era vero, tutto vero. Brian era lì, era ancora vivo. Il suo corpo era caldo, il volto aveva recuperato il suo classico colorito.

Syn era addormentato. Sembrava tranquillo ... erano passate delle ore da quando era finito lì, quelle più critiche, e le aveva superate alla grande.

Tuttavia, il dottore disse a Dylan che durante la corsa in ambulanza Syn aveva davvero rischiato di morire per arresto respiratorio.

-Posso restare sola con lui?

La ragazza passò una mano sul proprio viso, aspettando la risposta.

Si vergognava terribilmente per quello che era successo. Le parole di Matt l'avevano fatta sentire immensamente responsabile, ma non era stata lei a iniettare a Brian quella dose di eroina, Jimmy aveva ragione su questo.

-Sì, certo. Prima però avrei bisogno di sapere alcune cose ...

Rodriguez, il dottore incaricato del caso di Synyster, diede l'ennesima rapida occhiata alla cartellina con sopra i dati clinici sulle condizioni del trentacinquenne.

-Secondo la sua cartella clinica, Brian è in cura presso uno psichiatra, un certo Myers ... è coretto?

Il medico alzò gli occhi che andarono subito a posarsi su Dylan, che si limitò ad annuire con la testa.

-Da come posso leggere qui, il suo partner ha preso parte ad una cura sperimentale. Sono quindi costretto per legge ad avvisare immediatamente Myers di questo piccolo ...

Rodriguez esitò un attimo, riflettendo su quale parola sarebbe stato meglio usare in un momento tanto difficile.

Si ritrovava davanti un'adolescente che si definiva la compagna di un famoso musicista di circa vent'anni più vecchio di lei e che era appena uscito dall'incubo dell'overdose. La situazione era totalmente al limite del possibile. Dava l'impressione d'essere pazzesca e ridicola allo stesso tempo.

Inoltre, Dylan non sarebbe neppure dovuta essere lì in quella stanza. Il suo nome non risultava su nessun documento, ed il paziente non essendo cosciente non aveva potuto dare la minima indicazione su chi quella ragazzina fosse per lui.

-Devo avvisare lo psichiatra di Brian di questo incidente.

Sì, incidente. Disse proprio così dopo un'attenta riflessione ...

Sia il dottore che Dylan sapevano benissimo che non poteva essersi trattato di un incidente. Nessuno cade su una siringa piena di eroina che gli si conficca nel braccio e lo manda quasi all'altro mondo.

Quella era solo una parola di circostanza, usata per non aggravare ancora di più lo stato d'animo di nessuno.

Rodriguez aveva su per giù trent'anni. Ed anche essendo più grande di Dylan non si sentiva di giudicarla. Notava lo sguardo afflitto e sofferente della giovane ... la comprendeva. Non voleva assolutamente metterla in difficoltà più di quanto non lo fosse già.

-Sì, penso sia meglio. La ringrazio ...

Rispose lei, con gli occhi vuoti.

Continuava ad accarezzare il braccio del suo amato Syn. Con le dita disegnava i contorni dei vari tatuaggi colorati che ricoprivano Gates dalle spalle ai polsi. I soggetti rappresentati sulla pelle del ragazzo erano zombie e mostri vari. Cose che lui aveva sempre adorato fin da quando era solo un ragazzino ...

Brian aveva gusto per il macabro,apprezzava gli aspetti più spaventosi delle cose.

Era forse per questo che aveva cercato di andarsene in quel modo? Magari quella sarebbe stata per lui la giusta uscita di scena.

"Brian Elwin Haner Jr. , aka Synyster Gates, famoso chitarrista degli Avenged Sevenfold morto la scorsa notte per overdose da eroina. Inutile la rapida corsa in ospedale, i medici sostengono che non c'è stato nulla da fare per rianimarlo."

Dylan riusciva a figurarsi perfettamente quali sarebbero potute essere le prime pagine dei giornali di quella mattina se lei non fosse arrivata in tempo a casa la sera precedente e non lo avesse trovato in quelle condizioni.

Un gemito addolorato uscì dalle labbra appena schiuse della ragazza, che ancora una volta si coprì gli occhi. Voleva evitare per qualche secondo la visione di Brian steso su quel letto.

-Perché l'hai fatto? Non riesco a capacitarmi ... volevi morire. Volevi rinunciare alla tua esistenza per uno stupido capriccio.

Si alzò in piedi in uno scatto. Aveva bisogno di allontanarsi da lui per un secondo.

La rabbia e la paura che aveva sentito dentro anche la sera prima la stavano ancora consumando. Se Syn fosse stato sveglio, probabilmente l'avrebbe schiaffeggiato più e più volte. Sarebbe arrivata anche ad insultarlo di nuovo ...

Niente poteva giustificare il modo in cui si era comportato.

Rodriguez uscendo dalla stanza aveva lasciato la porta della camera socchiusa.

In corridoio non c'era rimasto nessuno, tranne James. Gli altri ragazzi erano andati a prendersi un caffè per calmare i nervi.

Dopo la piccola discussione tra Matt e l'amico era calato il silenzio persino tra compagni di band ... le cose non andavano granchè bene.

Il batterista era stanco e annoiato, ancora seduto su una delle sedie di plastica là fuori. Non fu in grado di non notare i rumorosi e ripetuti singhiozzi di Dylan. Quante volte aveva sentito i lamenti disperati di quella giovane? Quante volte l'aveva stretta tra le sue braccia per calmarla e consolarla?

Quando Brian le faceva del male, lei chiamava sempre Jimmy.

Rev era un coglione come gli altri quando voleva. Sapeva essere divertente, fare ridere chiunque ... e stravedeva per Synyster, il suo più grande amico.

Ma nei momenti peggiori sapeva essere più serio di chiunque altro. James era semplicemente in grado di comportarsi nel modo giusto, capiva le persone ... era interessato al prossimo.

Il ragazzo si avvicinò piano alla porta, con l'intenzione di bussare prima di entrare.

Vide Dylan di spalle, appoggiata al davanzale della finestra. La diciannovenne restava con il capo chino verso il basso, neanche guardava fuori. Sembrava solo avesse bisogno di esternare il suo dolore e anche che volesse stare lontana da Brian per qualche istante.

I due innamorati erano infatti agli estremi opposti della camera.

I capelli scuri ricadevano sul viso della ragazza e neanche quando James si avvicinò fu quindi in grado di vedere le lacrime scivolarle sulle guance. Ma lo sapeva che stava piangendo ... lei piangeva sempre quando Syn gliene dava motivo.

Brian la consumava. Era come un parassita che si era impossessato di lei tanto tempo prima ed ora le viveva dentro, uccidendola lentamente.

Questo era ormai il modo in cui Jimmy vedeva il suo migliore amico, come un essere terribile che si nutriva delle sofferenze altrui e succhiava via la vita dagli altri per poi tentare di uscire sempre dalle situazioni come la vittima di turno.

Il batterista allargò le sue braccia forti e le strinse attorno all'esile fisico di Dylan. Attirò la ragazza da dietro e presto i loro corpi si scontrarono.

Lei sussultò spaventata. Non aveva sentito i passi di nessuno raggiungerla.

Per un secondo rimase come paralizzata. Se ci fosse stato Matt, ad esempio, lì dietro di lei? Sarebbe stato capace di spingerla giù dalla finestra pur di fargliela pagare per via di quello che era accaduto all'amico.

I pensieri più improbabili gironzolavano per il cervello della ragazza. Era così stanca e sfinita da quello che era successo che aveva i nervi a fior di pelle, neanche ragionava più.

Quando portò le mani su quelle più grandi che rimanevano intrecciate all'altezza del suo ventre, capì che chi la stava abbracciando in quel modo tanto intimo, per fortuna, era proprio il suo amico James.

Si rilassò immediatamente e riprese fiato, cercando di asciugarsi il viso con le maniche della maglietta viola. Sì, aveva appositamente scelto di indossare qualcosa del colore preferito del suo amato.

-Non ti avevo sentito arrivare ... sei sempre silenzioso. Sei un'ombra che si muove da un posto all'altro senza farsi notare, Rev. Saresti un ottimo ladro.

Dylan tentò di sdrammatizzare come poteva. Non le andava di essere ancora tanto fragile davanti qualcuno.

-Perché piangi? Syn si riprenderà ... sta bene. Dagli tempo, ora deve riposare.

Jimmy appoggiò il mento sulla spalla dell'amica e le sussurrò all'orecchio quelle parole.

Il respiro caldo dell'altro sul collo fece rabbrividire la ragazza, che strinse le dita attorno le braccia di James come per dirgli di non lasciarla andare.

Le mancava troppo il contatto con qualcuno che le volesse bene ... e avere lui tanto vicino non era davvero male.

-Lo so che si riprenderà. Però non posso fare a meno di starci male ...

Si mordicchiò il labbro inferiore, cercando le parole giuste per continuare.

-Jimmy, non ti ho detto tutto ...

Si voltò di colpo e andò a posare il viso sul petto ampio e forte di James. Quel gesto così affrettato e persino inaspettato lasciò il ragazzo senza parole, e lo fece quasi sentire nel torto.

Coccolare in quella maniera la ragazza del suo amico di una vita proprio davanti il letto d'ospedale di quest'ultimo era davvero una cosa da bastardi.

Però non aveva importanza. Lei meritava qualche attenzione, un po' d'amore ...

-Parla allora. Dimmi come sono andate davvero le cose, io ti ascolto, se vuoi.

Per l'ennesima volta il batterista si dimostrò responsabile e comprensivo. Era pronto ad esserle amico anche adesso, come aveva sempre fatto. Non voleva abbandonarla nel momento del massimo bisogno ...

La mani del più grande finirono tra i lunghi capelli della creatura che si stringeva al suo corpo. La accarezzò in silenzio, aspettando che lei fosse pronta a raccontare.

-Syn mi ha chiesto di avere un bambino. Vorrebbe diventare padre ...

La confessione sussurrata piano dalle labbra rosee della giovane fece totalmente crollare il mondo di Rev in un solo istante.

Cosa? Era vero? Brian voleva che Dylan restasse incinta del loro bambino?

Il batterista scosse in fretta la testa per allontanare il più velocemente possibile quel pensiero a dir poco spaventoso.

Synyster non era nelle condizioni mentali giuste per occuparsi di un bambino. Non sarebbe mai e poi mai stato in grado di essere un buon padre in quel momento della sua vita.

-Gli ha dato di volta il cervello? Chi è stato a mettergli in testa questa idea di merda?

Matt aveva ormai due figli, persino Zacky e sua moglie Meaghan avevano messo al mondo un piccolo. Magari era stato proprio il fatto che due dei suoi più affezionati amici fossero diventati genitori ad avergli fatto venire voglia di provare anche lui.

-Io onestamente non ne ho idea. Non ho mai cercato di tirare in ballo l'argomento. Lo conosco da veramente troppo poco tempo, è solo un anno ... e mi ha terrorizzata e picchiata per quasi tutto il tempo. Ho vissuto all'inferno con Brian, è inutile negarlo. Per quanto lo ami sinceramente non posso ignorare tutto quello che è avvenuto fino a questo momento e fare una mossa tanto azzardata come dargli un figlio ... un figlio che io neanche voglio.

Dylan si voltò nervosamente verso il letto d'ospedale. Synyster ancora dormiva tranquillo, con la mascherina per l'ossigeno posizionata sulla bocca. La macchina poco distante dal ragazzo continuava con il bip-bip-bip , segno che il cuore del chitarrista batteva ancora, grazie al cielo, e in modo regolare.

Quanto era bello mentre riposava? Il suo volto stanco era finalmente rilassato. Non aveva la mascella contratta per il nervoso, la fronte corrugata o chissà quale altra espressione infastidita.

Era semplicemente un bellissimo demone mascherato da angelo. I suoi lineamenti perfetti, quei fantastici capelli lunghi e neri come carbone che ricadevano in modo tanto disordinato sul suo viso ... simili dettagli avrebbero potuto ingannare chiunque. Avrebbero fatto pensare a Syn come una persona totalmente diversa da come era in realtà ...

-Io lo amo, James. Lo amo tantissimo, e non voglio mai più rischiare di perderlo per niente al mondo. Per questo non so che fare ... cedere ai suoi capricci sarebbe uno sbaglio enorme, lo so. Tuttavia ...

La conversazione tra i due fu bruscamente interrotta dallo spalancarsi della porta.

Con prepotenza, un uomo dai folti capelli biondi e una lunga barba riccioluta entrò nella camera, guardando quasi con disprezzo Brian. Il tizio era seguito da quelli che sembravano due infermieri, siccome portavano dei camici bianchi.

-E lei chi cazzo sarebbe?

Jimmy perse subito la calma. Gesti maleducati come quello lo facevano andare fuori di testa in un attimo. Inarcò un sopracciglio non appena notò lo sguardo che l'uomo rivolgeva al suo migliore amico.

-Non lo sa che non si entra senza permesso nelle stanze di ospedale di persone che non si conoscono?

Continuò lui, ma presto anche Rodriguez comparve sulla porta, come se fosse al corrente di quello che stava succedendo attorno al paziente. Persino Johnny, Zacky e Matt erano lì e guardavano con gli occhi colmi di rabbia la scena. Stringevano i pugni, come se si sentissero impotenti. Cosa stava accadendo?

Rev e Dylan erano così occupati e presi dalla loro conversazione che non avevano notato le voci provenire dal corridoio.

Il vocalist della band, il bassista e l'altro chitarrista si erano infatti opposti con tutte le loro forze, ma non avevano potuto far nulla per impedire all'uomo barbuto e ai suoi due "scagnozzi" di entrare. Quei tre erano autorizzati dal dottore.

-Tu devi essere Dylan. È un piacere fare la tua conoscenza, finalmente ...

Il tizio distolse lo sguardo da Gates e si diresse verso la diciannovenne, ignorando le parole ringhiate da Jimmy contro la sua persona.

-Lei chi sarebbe?

Dylan non fece altro che stringere la mano dell'uomo quando questo gliela tese. Ebbe immediatamente una brutta sensazione, non appena entrarono in contatto ... in lui c'era qualcosa che le faceva venire voglia di allontanarsi, e in fretta anche.

-Sono Myers, lo psichiatra di Brian. Nonché l'unico dottore che può seguirlo e curarlo al momento, almeno finchè non terminiamo con la terapia sperimentale.

Si schiarì la voce, prima di continuare. Intanto la ragazza aveva sgranato gli occhi spaventata. Fiutava la puzza di guai ...

-Sono venuto qui perché, iniettandosi quella dose di eroina, Haner ha violato un punto fondamentale del contratto che lui stesso ha sottoscritto insieme a me.

Il dottore tirò fuori dalla tasca del camicie una fotocopia ripiegata del prezioso documento. In fondo al foglio compariva l'esatta firma di Brian.

-Motivo per cui, sono costretto a farlo internare nella mia clinica psichiatrica da questo momento fin quando non mi sarò accertato che sarà guarito, o comunque fino a quando non avrò finito le mie ricerche. Lui ha deciso di prendere parte al mio esperimento, perciò ora ho il dovere di portarlo con me. Si tratta di ... progresso. Lo faccio nel nome della Scienza.

Myers capì subito che sarebbe stato meglio incominciare a giustificarsi e tirare fuori ogni documento che gli permetteva di allontanare Syn dalla sua famiglia, amici compresi. Lì erano tutti abbastanza nervosi e pronti a fare pazzie pur di trattenere il loro Brian.

-N... no, aspetti. Lei non può dire sul serio!

Dylan iniziò a balbettare sconvolta e affranta. Corse ad abbracciare immediatamente il suo uomo, appoggiando la testa sul suo petto. Sentì il calore del suo corpo, il suo respiro confortante e quell'adorabile ed incessante rumore prodotto dal suo cuore.

Stava reagendo come una bambina alla quale vogliono portare via il cagnolino.

Matthew era esasperato dalla situazione. Scosse la testa guardando di nuovo con odio quella inutile e stupida mocciosa che li aveva messi tutti nei casini, ancora una volta.

-Non rendere le cose più difficili Dylan, suvvia. Sono un dottore, mi occuperò io del tuo ragazzo e te lo restituirò sano e salvo. E sarà addirittura migliore dell'uomo che hai conosciuto fino ad adesso ...

Myers si comportò da gentiluomo con lei, avvicinandosi alla giovane e prendendole dolcemente la mano. Le parlò con garbo, il tono della sua voce era caldo e tranquillo. Quell'uomo voleva dare a tutti i costi l'impressione d'essere rassicurante, quando in realtà in lui non c'era proprio niente di buono.

Nonostante le continue intromissioni dei ragazzi, nessuno fu in grado di fare niente per fermare Myers ...

Egli aveva il potere legale per portarsi via Synyster ed internarlo nel suo ospedale.

Neanche il fatto che Papa Gates, come chiamavano il padre di Brian, non fosse ancora riuscito ad andare a visitare suo figlio bastò a risolvere la situazione.

Il chitarrista, ancora addormentato, venne trasferito in un'altra clinica di Huntington Beach, un ospedale psichiatrico nella periferia della città.

-Stupida puttanella. È tutta colpa tua ...

Ancora una volta Matthew non si trattenne e si sfogò con Dylan, proprio prima di uscire dalla stanza ormai vuota.

-Sarai contenta spero ... l'hanno portato via, non dovrai mai più avere paura di lui!

Furono le ultime parole che la ragazza sentì pronunciare a Shads. Zacky e Johnny seguirono il vocalist, intenzionati a tornare a casa ...

-Io devo chiamare Suzy. So che Mckenna e Brent volevano venire a trovare il fratello ... meglio avvertire tutta la famiglia di cosa è successo.

Disse Jimmy, cercando di rompere il silenzio che era venuto a crearsi.

La situazione era pesante, l'atmosfera carica di dolore e rammarico, quasi di disperazione.

-Lascia stare Rev ... sono la sua ragazza, quello è compito mio. Portami a casa di Papa Gates, parlerò io con loro. E poi andrò anche a informare sua madre ...

Con quel poco coraggio che le era rimasto, Dylan decise di spiegare a tutti i famigliari di Syn la situazione. Loro erano sempre rimasti fuori dagli affari della coppia ... era tempo che sapessero cosa stava succedendo da un anno a quella parte e perché adesso Brian era finito nei guai.

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Capitolo 10
*** Desperate but not hopeless. ***


"Nel destino di ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta solo per lui. Si chiama disperazione."

-Victor Hugo

 

 

Le ore successive furono un completo disastro.

Jan non poteva credere che avessero rinchiuso uno dei suoi preziosi figli in un ospedale psichiatrico. La situazione fu davvero troppo pesante da gestire per la madre di Brian, tanto che la donna arrivò quasi a strapparsi i lunghi capelli biondi non appena le venne comunicata la notizia.

Per la prima volta da quando stava con Syn, Dylan ebbe modo di vedere i genitori del ragazzo e i suoi tre fratelli raccolti nella stessa stanza. Erano tutti nell'enorme salotto della nonna del chitarrista, un ambiente piuttosto neutrale ... lì né Brian Senior né la sua ormai ex moglie Janice si sarebbero mai messi a sbraitare, incolpandosi a vicenda per l'accaduto. Quei due non erano proprio capaci di andare d'accordo, per questo incontrarsi tutti in quella casa era sembrata la scelta migliore.

-Dove ho sbagliato con lui? Dove, mi chiedo io ... l'ho amato e coccolato tutto il tempo, da quando era solo un bambino fino ad oggi. Gli sono sempre stata vicino, l'ho appoggiato quando ha intrapreso la sua carriera musicale con i Sevenfold. Non ne ho fatto un dramma neanche quando ha deciso di porre fine alla sua relazione con Michelle e divorziare ...

Jan si coprì gli occhi e sospirò forte. Neanche la donna riusciva a capire se a ridurla così era la vergogna che stava provando dopo aver saputo che suo figlio picchiava Dylan e che si drogava,oppure se era semplicemente la preoccupazione per il destino di Synyster.

Johnny tentò di stare vicino a sua madre, abbracciandola. La stessa cosa faceva Brent con Mckenna. Sì, anche la sorellina di Brian non riusciva a trattenere le lacrime.

-Santo cielo, ha trentacinque anni! Se non ha ancora imparato a stare nel mondo non possiamo farcene una colpa noi!

Sbottò all'improvviso il padre del ragazzo che, all'apparenza, era quello più tranquillo. Si limitava a stare seduto su di una poltrona ricoperta di velluto a lato del divano, con lo sguardo fermo sulla parete davanti a sé. Non voleva perdere la calma, non poteva anche lui ...

Sua moglie Suzy e sua madre erano in cucina a preparare il thè per tutti. Una bevanda calda era davvero ciò che serviva in quelle ore tanto critiche ...

James, che tanto aveva insistito per restare al fianco di Dylan, neanche seguiva più i disperati e futili discorsi che venivano fatti in quella stanza dai parenti più prossimi del suo grande amico d'infanzia.

Nessuno aveva proposte utili da avanzare, nessuno sapeva come risolvere la cosa. Era tutto inutile. Syn aveva firmato da solo la sua condanna, letteralmente. E ora non c'era niente che loro potessero fare, Myers aveva l'assoluto controllo sulla vita di Brian.

Anzi, se avessero provato a tirare in ballo avvocati e denunce questo sarebbe stato deleterio per la carriera del chitarrista e anche per la band stessa.

È risaputo, i fans detestano scoprire gli scheletri nell'armadio dei loro idoli. È chiaro che ogni essere umano ha i suoi segreti, ma se si tratta di una persona di successo tutto ciò che viene tenuto lontano dalla luce del sole, fosse anche solo per pudore, viene vissuto come un tradimento nello sfortunato momento in cui viene a galla. È qualcosa che ferisce i seguaci nel profondo ... detestano quando i loro eroi li tengono allo scuro delle verità, anche delle più scomode.

Non potevano dare in pasto ai media il povero Syn, era assolutamente fuori discussione sotto ogni punto di vista. Dylan non lo avrebbe mai permesso ... Gates aveva negato l'abuso di sostanze stupefacenti per troppo tempo. Se la notizia fosse venuta fuori a questo punto della storia, gli Avenged Sevenfold sarebbero stati fottuti.

-Mi dispiace per lui, gli voglio bene. Ma ha commesso troppi errori ed ora è arrivato il momento che se ne tiri fuori da solo.

Riprese dopo un po' Brian Senior, guardando il viso addolorato e rosso di vergogna della sua ex moglie.

Per quanto egli trovasse Janice estremamente patetica e melodrammatica, non poteva fare finta di niente e ignorare il dolore della donna. Almeno, non davanti a Brent. Per lui era sempre terribile ritrovarsi con i suoi genitori in queste situazioni, persino ora che era ormai adulto.

-Come puoi parlarne così a cuor leggero? Vuoi davvero abbandonare uno dei tuoi figli quando ha più bisogno di te, è questo che mi stai dicendo?

Jan lanciò all'ex marito un'occhiata furibonda, colma di disgusto e disprezzo. Sì, se il loro matrimonio era giunto al capolinea già venticinque anni prima, un motivo c'era. Semplicemente erano incompatibili e del tutto incapaci di comprendersi.

Johnny e Brent notarono il tono della madre cambiare non appena si rivolse a Brian Senior, e la cosa li riempì di grande imbarazzo. Mckenna arrivò persino a sentirsi fuoriposto in casa di sua nonna, cosa che non le era mai successa. La ragazzina non aveva mai visto di buon'occhio la prima moglie di suo padre, anche se questa era la madre dei suoi fratelli maggiori, Brian e Brent. 

-Beh, hai un'idea migliore? Parla.

Papa Gates, come veniva chiamato da tutti, si accomodò meglio sulla poltrona ed allargò di poco le braccia, come per dire a Jan che era pronto ad ascoltarla. Tutto in lui faceva trapelare una grande ironia, dal comportamento sarcastico alla gestualità quasi giocosa.

-Non possiamo fare niente senza peggiorare la situazione, NIENTE!

Brian Senior calcò particolarmente sull'ultima parola, come per imprimerla il meglio possibile nella testa di Janice.

Proprio in quel momento, quando la donna dai capelli biondi stava per replicare passando al contrattacco, Suzy tornò in salotto e fulminò con lo sguardo la rivale. Questo bastò a zittire Jan.

-Non litighiamo tra di noi, non ha senso ...

Dylan vide quello come il momento più opportuno per intromettersi nella discussione e calmare tutti quanti. Ringraziò mentalmente Suzy per avere posto fine allo sciocco diverbio che stava venendo a crearsi ...

Ognuno prese la sua tazza di thè quando la nonna di Syn poggiò un grande vassoio d'argento sul tavolino rotondo davanti a loro.

-Dylan ha ragione. Dobbiamo solo mantenere tutti la calma e provare a ragionare a mente fredda ...

Ora fu Brent a prendere la parola, interrompendo l'odioso silenzio che era venuto a crearsi. La tensione ormai si tagliava con il coltello.

 

***

 

Brian camminava da una parte all'altra della piccola stanza, prendendo di tanto in tanto la rincorsa e gettandosi contro la porta.

-Fatemi uscire di qui!

Gridava ad ogni spallata.

-Non ve lo consento, non potete farmi questo! Mi avete rapito!

Colpo dopo colpo, però, stava ormai iniziando a perdere ogni speranza e anche l'ultimo bagliore di lucidità rimastagli.

La porta era di ferro, spessa e dura. Non c'era nulla che lui potesse fare per buttarla giù. Synyster Gates era senza ombra di dubbio un ragazzo molto forte e ben allenato, ma nonostante i suoi muscoli e la gran testardaggine che lo caratterizzava questa volta non aveva modo di riuscire nel suo intento.

Sarebbe voluto fuggire via dall'ospedale, buttare giù l'ostacolo che lo teneva imprigionato in quella camera dalle pareti imbottite e tornarsene nella sua villa ad Huntington.

-Cazzo, tempo che me ne vado di qua e sarò davvero uscito pazzo ...

A malincuore, Syn tornò a sedersi sul piccolo letto nel quale s'era risvegliato circa un'ora prima. Nascose il viso tra le mani, iniziando a blaterare insulti su insulti.

Non pensava più troppo al bambino che avrebbe voluto avere, né tantomeno al fatto d'aver provato ad ammazzarsi. Il suo pensiero si rivolgeva all'angelica creatura che con grande prontezza l'aveva aiutato nei drammatici momenti di qualche sera prima, che aveva sofferto per lui e che lo aveva pregato di non mollare. In particolare, si focalizzava a ripensare all'espressione della sua Dylan quando lo aveva chiamato "coglione".

E allora sorrise. Sorrise, perché lo sapeva che mondo di emozioni si celava dietro quella offesa mal riuscita.

-Piccola, che hai fatto di male per meritare di finire proprio tra le mie braccia ...

Il musicista cambiò posizione e si rannicchiò questa volta in un angolo della stanza che gli era stata assegnata ed incominciò a fissare il cielo grigio. Si potevano intravedere spiragli di nuvole tra le sbarre di metallo che formavano la grata fitta messa a chiudere la finestra.

Rivedeva ovunque il volto del suo amore, mentre nel petto sentiva crescere la voglia di avere Dylan lì con lui, anche solo per un attimo.

-Nella tua vita precedente devi avere fatto qualche grande torto a Colui che governa l'Universo se oggi sei pazza di me e mi vuoi al tuo fianco nonostante tutto il dolore che causo.

Man mano che i minuti passavano e nulla accadeva, Syn iniziò a parlare con se stesso, fino ad arrivare a fare un lunghissimo monologo.

Aspettava con l'anima colma d'impazienza che quel freddo ostacolo in ferro che gli impediva di andarsene si aprisse al più presto e gli rivelasse qualcuno su cui lui potesse poi sfogare tutta la sua frustrazione. Brian era un vero e proprio mago nel fare pagare agli altri i propri nervosismi e dolori, che poi era la stessa cosa che era solito fare con Dylan.

Tuttavia, il desiderio del chitarrista non si realizzò. Non nelle prime quarantotto ore, comunque. Myers aveva dato ordine categorico agli infermieri della clinica di non aprire la porta del paziente di nome Brian Haner se non in caso d'assoluta necessità. Lo psichiatra e il collega Gomez erano gli unici a poter entrare per controllare le sue condizioni, cosa che fecero diverse volte finchè non si resero conto che Syn iniziava già a riprendersi.

Inoltre, quando era stato portato nella sua camera ancora dormiente, erano stati lasciati a Brian anche una caraffa d'acqua fresca e del cibo.

Syn si rifiutava anche solo di prendere in considerazione l'idea di toccare quella roba. Nonostante la gran fame ed il continuo brontolio del suo stomaco, il massimo che era in grado di fare era lanciare sguardi disgustati verso i sandwich al tonno abbandonati su un vassoio bianco assieme a delle pillole colorate.

Le medicine, lo sapeva bene, erano le solite che prendeva anche a casa da quando aveva preso parte alla cura sperimentale del suo psichiatra. Ma adesso era del tutto fuori discussione mandarle giù. Brian sapeva comportarsi come un moccioso capriccioso quando gli andava, e non assumere più i farmaci era la sua vendetta.

Non ricordava però che sul contratto da lui firmato era anche presente una clausola speciale, che prevedeva che se lui ad un certo punto avesse deciso di sospendere la terapia senza un motivo di salute vero e proprio, allora lo psichiatra sarebbe stato autorizzato a somministrargli le pillole anche con la forza.

"Tutto per amore della Scienza e della Ricerca!", questo era lo squallido motto di Myers.

Più tardi Gates avrebbe quindi pagato le conseguenze della sua ripicca.

Nel frattempo, anche se non lo sapeva, Dylan e James seguiti da Johnny erano già nella sala d'attesa della clinica e tentavano con ogni mezzo di convincere gli infermieri. Volevano verificare le condizioni di Brian.

-Lo avete rapito e rinchiuso qui dentro ieri! Che significa che non possiamo vederlo?! Voi siete i folli, dovreste essere rinchiusi qui dentro al posto dei pazienti!

Christ iniziava a dare di matto. Era nervoso per una lunga serie di motivi, primo tra tutti che Matt e Zacky non si fossero presentati solo per non dovere litigare nuovamente con Jimmy. Per il bassista tutto ciò non aveva senso, dovevano rimanere uniti per il bene di Synyster, al resto ci si poteva benissimo pensare in un secondo momento.

Questo atteggiamento così maturo di Johnathan suscitava in Dylan emozioni contrastanti. Le veniva quasi voglia di perdonargli tutte le brutte cose che le aveva detto in passato. Stava tornando a stimarlo come un tempo.

-Fateci parlare con quel maledetto psichiatra e facciamola finita. Non stiamo chiedendo la luna, vorremmo semplicemente sapere come sta un nostro amico. Fino a ieri si trovava mezzo morto su un letto d'ospedale, è più che lecita la nostra richiesta!

Anche le proteste di Rev non tardarono ad arrivare, mentre Dylan si faceva sempre più piccola stringendosi al braccio del batterista. Ne avrebbe avute tante anche lei di cose da dire, ma vicina a quei due uomini si sentiva già come se avessero vinto. Non credeva sarebbe servito a molto sbraitare a sua volta contro le sfortunate infermiere dietro la lunga scrivania.

-Che cos'è tutto questo baccano?

Myers non tardò a farsi vivo, anche se nessuno sembrava averlo chiamato. L'uomo teneva le mani dietro la schiena e camminava dritto a passo tranquillo. Per un attimo posò gli occhi sui tre, scrutandoli dalla testa ai piedi. Non appena si rese conto di chi aveva davanti, le sue labbra si arricciarono in un ampio sorriso.

-Ooh, ma certo. Voi siete gli amici di Haner! Lieto di rivedervi ragazzi.

Come se nulla fosse, lo psichiatra si avvicinò a loro e prese nuovamente la mano di Dylan per lasciarci un bacio sopra. La giovane, imbarazzata e disgustata, si ritrasse immediatamente mentre Jimmy le si metteva davanti come per proteggerla.

-Non siamo più nel milleottocento, può benissimo evitare queste smancerie, non glielo hanno mai detto?

Gli occhi di un azzurro cristallino del batterista si erano ormai dipinti di un colore più scuro che prometteva un'imminente discussione fin troppo accesa. La sua amica non andava toccata, semplice. Nessuno doveva permettersi di infastidirla.

-Però, visti i metodi che ha con i pazienti, può benissimo essere che lei sia uno di quei dottori da strapazzo vissuti duecento anni fa. Ho visto giusto, matusalemme?

Quelle erano provocazioni belle e buone. E Myers l'aveva capito.

Il dottore si allontanò un poco e poi scoppiò in una fragorosa risata, tanto che si piegò in due proprio davanti a loro. Persino le infermiere rimasero scosse dalla reazione del loro capo. Dylan aveva i brividi lungo la schiena ... ringraziò mentalmente Jimmy per avere preso come al solito le sue difese, ma avrebbe preferito non vedere mai una scena del genere. Quello psichiatra era praticamente inquietnate, un personaggio degno di un film horror anni ottanta.

-Bella questa ragazzo! Tu mi piaci!

Myers non l'avrebbe mai e poi mai data vinta ad un giovanotto come James. Non poteva dargli la soddisfazione di dimostrarsi infastidito dal fatto che fosse stato chiamato vecchio. E comunque, avrebbe avuto modo di rifarsi su Brian per le offese lanciate dai suoi amici. Quindi, che problema c'era?

Inutile dire che l'enigmatico dottore fosse proprio un essere diabolico.

Rev si spazientì sempre più ma, proprio quando stava per tirare fuori un'altra battuta delle sue, Johnny si intromise. Quel posto dava i brividi al bassista e tutto lo staff lo innervosiva. Ecco perché voleva solo sbrigare ogni cosa al più presto e uscire di lì in fretta.

-Bando alle ciance, Dottore. Ci faccia incontrare Brian. Vogliamo vedere come sta, poi ci leveremo dai piedi e per un po' non saremo più un suo problema.

Ovvio che Christ non sarebbe voluto andarsene senza Syn. Ma che potevano fare? James aveva riferito a tutti che gli stessi genitori dell'amico non aveva intenzione di passare per vie legali per risolvere la faccenda. Non restavano quindi che due opzioni: potevano aiutare Gates a fuggire dalla clinica, oppure andare a controllarlo a turno ogni sacrosanto giorno finchè non fosse arrivato il momento del suo "rilascio", dato che sembrava proprio lo avessero rinchiuso in galera.

Naturalmente, la prima possibilità era inattuabile. Non si poteva proprio fare, avrebbero creato un casino inutile.

-Ho previsto che fino a domani nessuno tranne me ed il mio più fidato collega potrà vedere il paziente. Questo è il momento più complicato, Brian ha un estremo bisogno di restare solo per ambientarsi altrimenti più avanti darà di matto per davvero.

-L'unica cosa complicata in tutto quello che sta accadendo al nostro amico è solo il fatto che è stato rinchiuso contro la sua volontà! Non ha ucciso nessuno, è un uomo libero e questo posto è praticamente come la prigione. Ce lo lasci vedere, accidenti! Ha bisogno del nostro affetto e di averci vicini, non gli serve altro ora!

Jimmy non riuscì a tenere la bocca chiusa. Aveva sempre la risposta pronta, il batterista dei Sevenfold.

Johnny lanciò uno sguardo di fuoco a Rev, come per dirgli che per una volta sarebbe stato meglio se fosse rimasto zitto. Non era con quella prepotenza che avrebbero ottenuto ciò che volevano ...

Dylan non poteva far altro che ascoltarli con attenzione e nel frattempo notava tutte le mosse di James. Lui sì che era un tipo tosto, ci sapeva davvero fare! Non si sarebbe ai e poi mai lasciato mettere i piedi in testa da nessuno. Così, la ragazza si limitava a seguire lo svolgimento dei fatti , come una spettatrice lontana. In realtà però la questione le stava molto a cuore ... voleva rivedere il suo uomo, non poteva resistere ancora per molto senza abbracciarlo. Aveva come l'impressione di poter sentire la sofferenza che Brian provava mentre in solitudine rimpiangeva gli errori commessi.

Il pessimo umore della diciannovenne e il suo viso sciupato attirarono particolarmente l'attenzione di Myers, che comunque stava mantenendo la calma in maniera a dir poco eccezionale.

-E tu, cara? Tu non hai proprio nulla da dire?

Lo psichiatra, nonostante l'atteggiamento protettivo che Jimmy aveva dimostrato nei confronti di Dylan, si avvicinò ancora una volta alla ragazza che rimase spiazzata da quella strana domanda.

-Brian è il tuo ragazzo, no? E te lo si legge in faccia che sei distrutta dalla sua assenza, ti manca come nient'altro al mondo. Perché quindi non provi anche tu a chiedermi di farti incontrare il tuo amato?

L'uomo pose l'ennesima domanda e inclinò leggermente la testa da un lato continuando a guardare fisso negli occhi chiari della giovane. Il suo buffo tono di voce e quel gran interessamento erano non poco allarmanti.

-Io non ... non so che dire.

La risposta imbarazzata di Dylan arrivò solo qualche istante dopo e spiazzò totalmente Johnny che si coprì gli occhi con entrambe le mani e scosse la testa. Quella ragazzina era proprio una totale impedita, che cosa ci trovava di tanto bello in lei Syn?

-Farei di tutto pur di rivederlo, non posso negarlo. Però mettermi a gridare o litigare so bene che sarebbe inutile, magari peggiorerei anche la situazione. Io non voglio creare problemi, soprattutto perché è abbastanza ovvio che poi ne pagherebbe le conseguenze proprio Brian. E non voglio che questo accada ...

Tentò di riprendersi, spiegando le sue motivazioni. Provò pure a reggere lo sguardo penetrante e indagatore di Myers, anche se non la faceva di certo sentire a suo agio.

Per i successivi due minuti circa regnò il silenzio. Nessuno più osò aprire bocca per emettere un fiato. Lo psichiatra aveva incominciato a vagare per la stanza, spostando lo sguardo da un oggetto all'altro. O era pazzo come alcuni dei suoi pazienti, oppure stava effettivamente riflettendo.

-Concedo solo a te di andare da Brian.

Sentenziò poi con freddezza il medico, tornando a guardare nella direzione della ragazza.

Jimmy e Johnny sgranarono gli occhi e restarono piuttosto indispettiti da tale decisione, tuttavia sapevano che a Syn avrebbe fatto più piacere così. Loro erano come fratelli per lui, certo, ma al momento il chitarrista aveva bisogno solo e soltanto di essere consolato dalla sua compagna. Nessuno provò quindi a lamentarsi. Men che meno Dylan, che quasi si mise a saltellare dalla gioia.

In breve fu accompagnata da un infermiere grande e grosso per il corridoio, mentre Myers rimase a discutere con i ragazzi.

Non vedeva il suo Syn da ventiquattro ore e già non poteva più stare senza di lui. Sapeva che avrebbero avuto tante cose di cui parlare e per cui chiedersi reciprocamente scusa, eppure non importava in quel momento. Ora Dylan voleva solo baciare di nuovo le labbra del suo amato e accarezzarlo e stringerlo per tutto il tempo che le sarebbe stato concesso.

Questa era al prima dimostrazione che le cose potevano andare sistemate in ogni caso, l'importante era non arrendersi né perdere la speranza.

 

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Capitolo 11
*** I won't leave you alone. ***


"La gioia ineffabile di perdonare e di essere perdonati costituisce un'estasi che potrebbe suscitare l'invidia degli dei."
-Elbert Hubbard

 

 

 

Non appena la pesante e spessa porta si aprì, i cardini cigolarono in maniera a dir poco irritante e, a tratti, anche sinistra. Dylan esitò per qualche istante sulla soglia della stanza, fissandone l'interno. Immediatamente dopo aver ispezionato tutto il perimetro con lo sguardo si strinse nelle spalle, sentendo crescere in sé un forte bisogno di fuggire al più presto da quel posto.

Provò pena per Syn: perché un uomo doveva essere costretto a spendere ore preziose della sua vita in uno spazio tanto angusto? Avrebbe fatto venire la claustrofobia a chiunque! Se non fosse stato per l'impeccabile pulizia o per le pareti imbottite, allora di certo avrebbe dato l'impressione d'essere la cella di una prigione.

A passo lento e ben poco convinto, Dylan entrò in punta di piedi là dentro. Non poteva distogliere lo sguardo dal soffitto basso. Era talmente tanto prossimo al pavimento che sembrava essere sul punto di crollare da un momento all'altro, e la diciannovenne ne fu terribilmente spaventata.

L'infermiere ridacchiò divertito dalla reazione della ragazzina completamente spaesata. Fissò bene i piedi a terra ed incrociò le braccia al petto, appoggiandosi poi alla parete per potere avere una migliore visuale degli eventi e goderseli a pieno. Non sapeva molto della storia del paziente rinchiuso nella 81 se non che era finito in quella situazione per problemi legati alla droga. Ed è risaputo, chi ha un qualunque tipo di dipendenza da sostanze stupefacenti è spesso scontroso ed irritabile. Perciò, il paramedico credette erroneamente che Syn sarebbe potuto scattare da un momento all'altro, rivoltandosi contro la giovane.

Intanto, chiamando a raccolta tutto il coraggio che aveva, Dylan s'avvicinò a Brian che era ancora raggomitolato nel caro angolino. Infatti, quello risultava essere l'unico punto della stanza dove si sentisse effettivamente a suo agio, sebbene neppure lui sapesse darsi una giustificazione precisa. Forse per la buona angolazione che- quando era abbastanza attento -gli permetteva di tenere sotto controllo tutto ciò che gli accadeva attorno, o magari solo per via dell'aria fresca che andava a soffiargli tra i capelli penetrando dalla grata posta sulla finestra.

La seconda cosa in particolare rappresentava una divina sensazione per il trentacinquenne, che si beava d'ogni refolo di vento.

Sì, il vento. Quella forza della natura, talmente libera da poter passare per ogni luogo prima di giungere proprio lì, nella camera assegnata a Brian. Proveniva dall'Oceano Pacifico, motivo per il quale si portava appresso un profumo salmastro tanto familiare al chitarrista. Soffiava per interi kilometri di spiagge dalla sabbia dorata, per poi insinuarsi nelle strade trafficate e colorate della città.

Allora Gates semplicemente restava con lì con le ginocchia strette al petto, gli occhi chiusi e il capo appoggiato alla parete dietro di lui. Annusava l'odore del mare che gli arrivava tanto forte alle narici e gli era come sempre più gradito d'ogni altra fragranza.

Quel magico effluvio faceva riaffiorare nella mente di Synyster portentosi ricordi risalenti alla seconda metà degli anni novanta, quando assieme al suo migliore amico Jimmy trascorreva ore intere seduto sulla rena beige, in quel tratto del lido denominato bagnasciuga. I due ragazzi ascoltavano lo sciabordare delle onde e lasciavano che l'acqua salata e schiumosa bagnasse i loro corpi dai piedi all'addome, e nel frattempo i loro giovani sguardi s'infrangevano contro l'orizzonte.

E come dimenticare le giornate passate con una surfboard di legno d'acacia koa in mano, nelle cosiddette "Beach Break" ? Da Santa Barbara a San Diego, Brian aveva avuto l'opportunità di giocare ad imitare il surfista australiano Cheyne Horan in tutte le località più famose per il surf in California.

Un sorrisetto arricciò le labbra di Syn nell'esatto momento in cui gli tornò anche alla mente il ricordo delle sue speranze adolescenziali, quando oltre che conoscere i Guns N' Roses o i Metallica avrebbe voluto incontrare Curren Tom e farsi insegnare da lui qualche trucchetto per cavalcare le onde al meglio. Sì, quel uomo era l'unico ed indiscusso idolo del Brian di quegli anni a non essere un musicista. E, per sua sfortuna, a Gates non era mai riuscito di stringergli la mano.

Dylan rimase in piedi davanti il suo compagno per qualche minuto, prima di farsi coraggio ed allungare una mano verso la sua spalla.

Syn aveva un'aria tanto appagata e serena che pareva un peccato intromettersi tra lui ed i pensieri nei quali era immerso. Tuttavia, la diciannovenne era cosciente del fatto che non sarebbe stato loro concesso troppo tempo. Avevano bisogno di parlare, di chiarirsi, ma più di tutto di esprimersi il loro amore reciproco. L'affetto che provavano l'uno per l'altra era chiaramente l'unica cosa che avrebbe potuto salvare la situazione ed aiutare Gates a tenere duro fino alla fine di quella insensata prigionia. Perciò era davvero essenziale che Dylan gli si dichiarasse nuovamente.

-Brian ... come ti senti?

Con la voce colma di commozione pronunciò le parole più spontanee che s' affacciarono alla sua mente, con l'unico risultato di fare aprire di scatto gli occhi a Syn che per un secondo temette d'essersi solo immaginato la voce della sua amata.

Con suo grande stupore, però, scoprì che neanche la mano piccola e delicata che lo scuoteva leggermente era frutto della sua psiche tormentata, bensì era qualcosa di reale, vera, da poter toccare.

Gli occhi ambrati di Brian incontrarono quelli chiari della sua ragazza e si incatenarono ad essi, questione di qualche misero istante. Poco dopo, il trentacinquenne era già balzato in piedi e aveva avvolto la sua Dylan in un abbraccio colmo d'amore e incredulità. La giovane, dal canto suo, restò talmente sbigottita da non riuscire neanche a ricambiare, sul momento.

Una simile reazione non era qualcosa che ci si poteva aspettare da Synyster Gates, il mitico chitarrista degli Avenged Sevenfold.

E poi come faceva ad aver già recuperato le forze a tal punto da essere addirittura capace di muoversi così agilmente? Dylan trovava strambo e particolare quanto Syn fosse a suo agio con il suo stesso corpo e come fosse anche capace di riprendersi sempre molto in fretta. Aveva notato questa sua abilità già altre svariate volte, eppure restava sempre e comunque colpita.

Si lasciò stringere al petto del proprio compagno e sospirò piano, sentendosi finalmente bene. Sì, perché l'essersi ricongiunta a Brian aveva appena spento tutta l'angoscia che da diverse ore le era cresciuta dentro, arrivando persino ad impedirle di mangiare e dormire.

-Non pensavo che saresti venuta a trovarmi ...

Commentò Brian, e Dylan andò immediatamente a nascondere il viso nell'incavo del suo collo.

-Ci sono anche Jimmy e Johnny, ma Myers non ha permesso loro di arrivare fin qui. In realtà, inizialmente non voleva permettere neppure a me di venire da te. Diceva che avevi bisogno di stare solo ... però non potevo andarmene senza aver visto con i miei stessi occhi in che condizioni ti trovavi.

La ragazza si morse il labbro inferiore quando sentì le mani grandi di Gates percorrerle tutta la schiena dall'altro verso il basso e viceversa. Si zittì, aspettando che adesso fosse di nuovo lui a dire qualcosa, quanto meno una parola sui due amici che non avevano avuto la possibilità di raggiungerlo.

Ma lei non sapeva che tutto nella testa di Brian si era praticamente azzerato pur di far spazio all'insistente pensiero legato alla sua stessa visita. Già, perché ogni cosa era decisamente troppo bella per essere vera, e l'uomo aveva la completa consapevolezza di non meritarsi più la vicinanza di quella splendida creatura dopo tutto ciò che le aveva fatto passare nella notte in cui aveva tentato il suicidio.

L'infermiere, piuttosto annoiato e tediato da tutte quelle romanticherie che non s'aspettava, si fece avanti e andò a separare bruscamente i due innamorati, spingendoli in direzioni opposte.

-Hey! Ma che diamine credi di fare?! Questo è il nostro momento, perché non giri al largo?!

La voce seccata del chitarrista precedette il suo tentativo di ricambiare la spinta ricevuta, però l'altro fu più veloce e riuscì a scansarsi prima che Syn potesse anche solo toccarlo.

-Haner, non costringermi ad andare a raccontare della tua aggressività a Myers, o potrai anche scordarti di rivedere ancora questa dolcezza.

Dylan arrossì sentendo quelle parole e subito tornò ad avvicinarsi al suo compagno, come se stesse tentando di nascondere la timidezza e l'imbarazzo trovando rifugio tra le braccia di Synyster.

Quest'ultimo non poteva far altro che stringere i denti e guardare storto colui che era appena divenuto il suo primo e nuovo nemico all'interno della struttura, fatta eccezione per il vecchio psichiatra.

-Ora qui le regole le detto io.

Riprese il giovane infermiere, mentre un piccolo ghigno gli si dipingeva in volto.

-Posso lasciarvi soli, ma non devono succedere cose strane, non so se ci siamo capiti. Se avrò anche solo il minimo sentore che nella stanza stia accadendo qualcosa di proibito potete stare sicuri che entrerò all'istante. Chiaro?

Parlava come un despota arrogante, godendo dell'ira che infuocava lo sguardo di Syn.

Per Gates era ormai chiaro: prima o poi l'avrebbe fatta pagare a quel giovane saputello per avere approfittato della situazione. Ma, al momento, sapeva bene che gli sarebbe stato impossibile torcergli anche un solo capello senza poi finire nei guai.

Dylan intrecciò le dita della propria mano a quelle del suo ragazzo, in una muta richiesta. Sperava che con quel gesto avrebbe fatto capire a Brian che doveva stare tranquillo. In risposta, il chitarrista strizzò leggermente la mano della sua partner.

Entrambi annuirono quindi al paramedico, che uscì dalla stanza 81 gongolando.

La diciannovenne tirò un respiro di sollievo non appena udì la porta di ferro richiudersi e si passò una mano sugli occhi.

-Abbiamo pericolosamente sfiorato la tua ennesima rissa ... ho avuto temuto davvero che ti saresti scagliato addosso a quel coglione.

Il musicista ridacchiò guardando il viso ora rilassato della sua ragazza.

-Non sono così stupido, anche se di cazzate ne ho fatte molte. Non volevo bruciare la chance che ho di passare del tempo con te, fosse anche solo altri cinque minuti ... ho preferito sopportare.

In una mossa ben studiata, Synyster si fece più vicino al corpo di lei e la prese in braccio, andando poi a farla stendere sul letto ad una piazza che era presente nella camera.

-Brian, che diamine vuoi ...

Dylan fu bloccata sul finale della frase dalle labbra dell'altro che, in un attimo, si ritrovarono sulle sue. Gates si sentiva dannatamente idiota in quel momento, tuttavia sapeva di dovere sfruttare al meglio l'occasione. Sin da subito cercò infatti di approfondire quel bacio con una straordinaria urgenza. Aveva bisogno di sapere che la sua ragazza lo amava ancora come il primo giorno, se non addirittura di più. Ma soprattutto, aveva bisogno di scusarsi con lei per l'Inferno che le aveva dapprima mostrato e nel quale, successivamente, l'aveva fatta precipitare.

La lingua del chitarrista non tardò a chiedere accesso alla bocca della giovane che, a sua volta, la accolse senza la minima esitazione. In pochi istanti la stanza si riempì di gemiti sommessi, mentre i corpi dei due amanti si stringevano tra loro con un'impellenza del tutto nuova. Dylan si ritrovò premuta contro il materasso e sovrastata dall'altro che, incurante delle raccomandazioni ricevute poco prima dall'uomo con il camicie bianco, aveva tutte le intenzioni di arrivare fino infondo con la sua ragazza. Ma proprio quando la mano di Brian si insinuò tra le cosce di Dylan, quest'ultima pensò che quello fosse il miglior momento per interrompere Syn. Dapprima accarezzò gli addominali solidi di Gates, poi lo spinse via esercitando una leggera pressione sul suo petto.

-Cosa credi di fare? Non mi tocchi da mesi e ti va di farlo proprio qui, proprio adesso?

Il comportamento di Brian le faceva chiudere lo stomaco, dandole la nausea.

-Con tutto quello che è successo, sul serio ora riesci a pensare solo al sesso?!

Fu solo allora che Synyster si rese conto di quanto il suo atteggiamento poteva risultare offensivo e scorretto. Subito si allontanò da lei ed alzò le mani, scuotendo la testa spaventato.

-No. No, assolutamente! Pensavo che anche tu lo volessi ...

Replicò con lo sguardo confuso e, a tratti, perfino spaventato.

Vederlo così era più unico che raro,motivo per cui Dylan non lo aggredì aggiungendo altre parole, o sarebbe anche stata capace di dire cose che non pensava.

-Proprio perché non facciamo l'amore da tanto pensavo che questo fosse il momento migliore.

Brian respirò forte e andò a grattarsi la nuca, sentendosi proprio uno sciocco di prima categoria. 

Più si sforzava di farle piacere e tenerla vicina, più finiva ogni stramaledettissima volta per fare o dire la cosa più sbagliata e peggiore del mondo. La verità era proprio questa: per quanto Brian fosse sicuro di sé e avesse successo con le donne, se posto davanti alla sua amata diventava un imbranato qualsiasi, senza arte né parte. Gli sudavano le mani, non riusciva più a ragionare e aveva una costante morsa allo stomaco che lo rendeva assai irritabile. E anche da questa sua incapacità di trattare con la diciannovenne nascevano le sue peggiori gelosie e paranoie.

Lei rientrava tra le cose che lo spingevano a continuare con l'abuso di alcool e droghe. Certo, allo stesso tempo voleva smettere con quella merda per vivere accanto alla sua ragazza una vita normale e felice, eppure era cosciente che, senza il coraggio liquido o una dose di tranquillità dentro una siringa, non era proprio capace di essere il solito tizio disinvolto che Dylan amava alla follia.

Invece 'sta volta, senza neanche averlo fatto apposta, aveva pronunciato le parole magiche.

"Proprio perché non facciamo l'amore da tanto pensavo che questo fosse il momento migliore."

Quella frase continuava a risuonare a ripetizione nella testa della giovane e la fece sorridere.

-Farei per sempre l'amore con te, Bri' ... non sarei mai capace di stancarmene.

Sussurrò allora Dylan, prima di sporgersi a lasciare un casto bacio sulle labbra appena schiuse del suo uomo.

-Sei stato il primo con cui ho avuto un rapporto, e mi auguro tu possa rimanere l'unico.

E allora, dopo quella dolce ed inaspettata confessione, furono le gote di Brian a rinunciare al loro solito colore rosato per passare ad un rosso piuttosto acceso. Non che fosse imbarazzato ... più che altro si commosse. Iniziò anche quasi a tremare.

-E io che pensavo mi odiassi ...

Balbettò, sconvolto.

-Insomma, almeno in parte. Credevo che avresti approfittato della situazione per fuggire da me e non tornare mai più.

Dylan notò gli occhi lucidi di Brian che aveva appena esposto le sue peggiori paure. In silenziò accarezzò il suo braccio, capendo che non aveva ancora finito di dire tutto quello che voleva.

-Mi dispiace per essere stato di nuovo un egoista e avere rovinato le cose per l'ennesima volta. Non so mettermi in secondo piano e pensare a prendermi cura di te, figuriamoci che razza di padre potrei essere ...

L'uomo si morse il labbro, prima di passarsi una mano sul volto per evitare che una lacrima cadesse.

-Sbagliamo tutti, Bri'. Io avrei dovuto pensarci meglio ... ti ho trattato così tanto male che me ne vergogno. Sono stata una stupida e se tu fossi morto ... non sarei mai e poi mi stata in grado di perdonarmelo.

Dylan scosse la testa e sbiancò. Aveva lo sguardo vuoto, perché davanti agli occhi le si ripresentavano le orrende scene di quando il suo compagno sembrava ormai prossimo alla morte. Il fiato corto, il colorito bluastro della sua pelle ...

-Lì per lì ho davvero creduto che saresti scivolato via tra le mie braccia. Non sarei stata in grado di lasciarti andare così ... sarei morta un po' insieme a te. Sarei impazzita di dolore sul serio, avrebbero dovuto rinchiuderci me qua dentro.

La ragazza scosse le spalle, per poi tornare a fare silenzio.

Syn si odiò nuovamente, perché comprese alla perfezione quale grande sofferenza le aveva arrecato. Aprì le braccia, come per invitare la sua partner ad andare a stringerlo.

-Non lo farò mai più. Mai e poi mai.

Il tono di voce di lui era ora sicuro e deciso come mai prima di quel momento.

Senza pensarci troppo la giovane gattonò sul letto, finchè non fu vicina a Synyster quel tanto che bastava per sedersi sulle sue gambe e abbracciarlo come chiedeva.

Ne avevano entrambi bisogno. E, in un certo senso, si ritrovarono così ad essere più intimi l'uno nei confronti dell'altro rispetto a come lo sarebbero stati se avessero consumato un rapporto in quello stesso momento.

Brian le lasciò qualche bacetto sul collo proprio sotto l'orecchio ma, questa volta, non aveva la benché minima malizia. Le sue braccia forti avvolgevano il corpo minuto e indiscutibilmente più debole della sua Dylan, mentre le mani della ragazza restavano una sulla schiena dell'uomo e l'altra tra i suoi capelli scuri e morbidi. Quest'ultima scese di poco,andando ad accarezzare il volto dai lineamenti tanto mascolini di Syn.

Lui cullava dolcemente Dylan come se fosse la creatura più preziosa e vulnerabile sulla faccia della Terra, lei accarezzava timidamente del guance del compagno, sentendo sotto i polpastrelli un accenno di barba ruvida. Passò poi a disegnare i tratti caratteristici del viso di Brian, facendo scivolare le dita dalle labbra al naso. Dylan percorse persino il contorno dei suoi occhi, e Syn socchiuse le palpebre sorridendole.

Da troppo tempo non si dedicavano più a queste cose. Brian alzava le mani, la sua ragazza le prendeva e poi facevano pace sotto le lenzuola, esclusi gli ultimi tempi in cui in seguito alle sfuriate avevano anche smesso di riappacificarsi.

-E comunque, anche se me ne fossi andato per via dell'overdose, non ti avrei mai lasciata completamente. Non so che cosa c'è dall'altra parte, ma puoi stare certa che niente potrebbe essere tanto allettante da spingermi ad allontanarmi da te, neanche il Paradiso. Perché voglio solo proteggerti e darti l'amore che meriti, piccola ...

Con una tenerezza che non era mai sembrata appartenergli per come Dylan lo aveva conosciuto, Brian ruppe il silenzio che era venuto a crearsi uscendosene con una delle cose più romantiche che la sua ragazza avesse mai sentito. Di certo non si era mai immaginata lui a parlare in quel modo.

Avrebbe voluto replicare, ma Brian la stupì di nuovo rubandole l'ennesimo bacio.

-Qualsiasi cosa succeda da ora in avanti, sappi che ti amo Dylan. Non potrei desiderare una ragazza migliore. Sei tutto quello che voglio e di cui necessito.

Sussurrò sulle sue labbra fissandola negli occhi chiari. E fu tutto così bello che le tolse il respiro.

 

 

*** 

 

 

-Joe! Joseph, aspetta!

Gomez rincorse il suo collega per il corridoio che conduceva dai loro uffici fino all'ascensore.

Myers aveva sentito l'altro chiamarlo ma non si voltò, così da costringerlo ad entrare nella cabina assieme a lui.

Curry o spaghetti cinesi? Non aveva idea di che cosa avrebbe potuto mangiare una volta tornato a casa, e la cosa lo disturbava alquanto. Era un uomo metodico e trovava imperdonabile il fatto di non essere riuscito a programmare già da prima la cena di quella sera.

Non gli andava sul serio di pensare ad altre faccende ora come ora. La cena, accidenti. Doveva capire cosa avrebbe voluto per cena!

-Me ne stavo andando Miguel ... che succede?

L'uomo inclinò leggermente la testa di lato, ponendo quella domanda all'latro che, nel frattempo, stava recuperando il fiato.

-Sono arrivati i risultati delle analisi di Brian Haner, il tuo paziente!

-Oh, capisco. Ma che c'è di tanto sconvolgente da farti venire voglia di inseguirmi per la clinic ...

Gomez lo interruppe bruscamente, dandogli in mano dei fogli con una certa foga.

-Leggi tu stesso, Joe. La situazione è grave, per non dire gravissima ...

Con la calma che lo contraddistingueva, Myers scosse la testa ed inarcò un sopracciglio, rigirandosi i documenti tra le mani.

-Suvvia, sono sicuro che non è nulla che non possa aspettare fino a domani.

-Joe, credimi, meglio se controlli subito. Rischiamo di perdere Haner da un momento all'altro.

Lo psichiatra restò quasi scioccato dall'allarmante affermazione del collaboratore.

-Oh, no, spero non ci sia niente di tanto terribile. Sarebbe un vero problema se proprio lui dovesse morire dopo avere soggiornato qui ...

Bianco come un lenzuolo, Myers prese ad analizzare i risultati delle analisi e, prima che l'ascensore fosse giunto al piano terra, l'uomo aveva già capito che, quella notte, avrebbe avuto problemi ben più seri di cui occuparsi della cena. E, in verità, gli era anche passato l'appetito.

 

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