Burn

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** 11. Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


1.


Dean guardò sua nonna Elaine mentre versava il caffè nelle tazzine di ceramica del servizio buono, quelle bianche con il bordo oro — come i piattini —, aveva detto più volte a sua nonna che a lui andava bene qualsiasi tazzina ma Elaine non voleva sentire ragioni: anche se Dean era suo nipote — l'unico maschio — era pur sempre un ospite, per tanto bisognava trattarlo come tale quindi, in quel caso, usare le tazzine e i piattini del servizio buono e non quelle spaiate.
«Hai pensato a cosa fare per il tuo venticinquesimo compleanno?» domandò la donna posando sul tavolo della cucina il piccolo vassoio rosso con sopra due tazzine e relativi piattini, due cucchiaini, una piccola caraffa — con lo stesso bordino oro delle tazzine — piena di latte, la zuccheriera e un piattino con dei biscotti al burro.
Dean sorrise, mise un cucchiaino di zucchero nel caffè e lo girò lentamente, «Non lo so.» rispose, «Una festa con i miei amici e Georgia.»
«Dovresti invitare anche Lauren.» esclamò Elaine, «Povera ragazza...»
Dean non disse nulla e girò il cucchiaino nella tazza, «Come sta?» domandò.
Elaine sospirò e posò la tazzina sul piattino. «Come al solito.» rispose, «A quest'ora dovrebbe essere una sposina felice, non una ragazza in lacrime per il povero Sean.»
Dean annuì. Lauren e Sean si sarebbero dovuti sposare il mese prima — il sette febbraio — invece Sean si era ammalato ed era morto poco prima di Natale, lasciando la sua famiglia e Lauren sconvolti. «Lo farò.» disse pensando che non gli costava nulla farlo e non sarebbe stata la prima volta che la invitava, anche se quando l'aveva fatto l'ultima volta era stato nove anno prima. Sorseggiò il caffè e sorrise a sua nonna.

Dean chiuse il cancello alle sue spalle e guardò la macchina nera fermarsi accanto alla sua, vide Lauren scendere e si avvicinò a lei. «Ciao, Lauren.» la salutò.
«Oh... ciao, Dean.» disse lei chiudendo la portiera. «Tutto bene?» chiese.
Lui annuì e si schiarì la voce, «Sì.» rispose incominciando a sentirsi in imbarazzo, quasi si stesse pentendo di aver detto alla nonna che avrebbe invitato Lauren al suo compleanno — non aveva cinque anni! —, ma sapendo che se non lo avesse fatto sua nonna glielo avrebbe ricordato fino allo sfinimento. «Tu come stai?» chiese.
Lauren sospirò, «Certi giorni va bene, altri peggio.» rispose, «Tutto sommato sto abbastanza bene.»
Dean inspirò a fondo e le sorrise, «Ecco... sai che fra tre settimane è il mio compleanno...» disse e Lauren annuì, «Ecco, volevo sapere se ti andava di venire.»
Lauren spalancò gli occhi azzurri, «Io... non lo so.» rispose, «Cosa pensi di fare?»
Dean la guardò e sorrise abbassando la testa. «Non ne ho idea.» ammise, «Pensavo qualcosa di tranquillo, magari farmi prestare la taverna dalla nonna, invitare un paio di amici e mangiare una pizza per poi andare a bere una birra da qualche parte.» disse dopo aver rialzato il viso.
Lauren annuì lentamente, come se stesse decidendo in quell'istante. «Ti faccio sapere in settimana.» disse, «Tanto il tuo numero ce l'ho.»
Lui sorrise, «Va bene.» esclamò, «Adesso devo andare, devo vedere Georgia.»
«Okay.» disse Lauren, «Come sta la tua ragazza?» chiese facendo un piccolo sorriso.
Dean sorrise ancora di più pensando a Georgia — stavano insieme da quasi un anno — «Sta bene.» rispose, «Adesso sta facendo la baby sitter al suo nipotino. Una vera peste.» disse, «L'ultima volta si è arrampicato sulla libreria... se ti distrai un attimo lo trovi ovunque tranne dove l'avevi visto due secondi prima!»
Lauren rise e Dean ne fu felice, era da tanto che non la vedeva ridere. «I bambini piccoli sono terribili!» disse, «Li lasci soli due minuti e quando torni stanno tramando per conquistare l'universo!»
Dean annuì, «Sì, è così.» disse divertito. «Adesso devo andare, ci sentiamo, allora. Fammi sapere.» aggiunse e agitò la mano in segno di saluto ed entrò in macchina e guardò Lauren che apriva il cancello ed entrava in casa sua. Avviò l'auto e partì.

«Ho chiesto a Lauren se vuole venire al mio compleanno.» disse Dean sentendosi come un bambino che confessava alla mamma che aveva invitato la bambina che gli piaceva.
«Ah, bene.» esclamò Georgia, «Come sta?»
Lui scrollò le spalle. «Dice di stare bene, ma non sembra.» rispose, «Comunque ha detto che ci penserà e mi farà sapere.» inspirò a fondo e strinse la mano di Georgia — il pensiero di poterla perdere come Lauren aveva perso Sean lo faceva stare male ogni volta che ci pensava — e sorrise, «Nonna mi ha detto che l'ha sentita litigare di nuovo con Jason finché sua madre non l'ha buttato fuori di casa.»
«Lui vuole solo aiutarla.» disse Georgia.
Dean alzò le spalle, «Sì, ma non può costringerla a fare quello che non vuole.» esclamò. «Insomma, a quanto mi ha detto nonna non è che non esce mai, va al lavoro, va a fare la spesa, esce con Jason e gli altri una volta a settimana...»
«Jason vuole che Lauren stia bene.» commentò Georgia, «Sai, anche se conosco appena Jason, credo che provi qualcosa di più che amicizia per Lauren.»
«Tu dici?» chiese Dean e si sentì curioso di saperne di più.
Georgia alzò le spalle. «Penso di sì.» rispose e sorrise, posò le mani sulle spalle del ragazzo e piegò di lato la testa. «E ora...» mormorò, «Che ne dici di lasciar perdere Lauren e Jason e concentrarci su di noi?» domandò.
Dean rise e le posò le mani sui fianchi, «Mi sembra un'ottima idea.» mormorò prima di baciare le labbra di Georgia.

✫✫✫

«Tu cosa?» strillò Jason, «Cosa vorresti fare?»
Lauren abbassò il viso e infilò il pollice destro in bocca e iniziò a mordicchiare le pellicine attorno all'unghia. «Dean mi ha invitato...» mormorò, «E io ci vorrei andare.» aggiunse alzando il viso e trovandosi davanti lo sguardo furioso di Jason.
«Perché se ti chiedo di fare una cosa io inventi mille scuse mentre se lo fa lui dici subito di sì?» esclamò il ragazzo.
«Bhe, è la prima volta che mi invita.» replicò Lauren, «Insomma, l'ultima volta che l'ha fatto aveva sedici anni.»
«Non è una buona ragione.» replicò lui incrociando le braccia al petto, «Lau...» sospirò, «Perché vuoi andarci?»
«Perché mi ha invitato.» rispose lei togliendosi il pollice dalla bocca.
«E perché se ti chiedo io di uscire dici di no?»
«Perché tu non me lo chiedi, tu mi obblighi, che è ben diverso.» esclamò lei e afferrò le posate e iniziò a tagliare la bistecca che aveva nel piatto.
«Io non ti obbligo!» squittì Jason.
Lauren sospirò e infilò in bocca un pezzo di carne, «Ah no?» chiese dopo aver bevuto un sorso d'acqua, «E l'altro giorno, quando mi stavi trascinando fuori di casa?»
«Mi avevi detto che ci saresti venuta!»
«Prima di scoprire che mi sarebbe venuto mal di pancia!»
«Era solo una scusa!»
Lauren sospirò, «Questo lo dici tu.» disse, «E comunque, più fai così più mi fai venire voglia di andarci a quel dannato compleanno!» esclamò, «Anzi, sai cosa ti dico: io ci vado e appena finisco di mangiare vado a cercare un regalo e ci vado da sola!»
Jason la fissò per qualche secondo, «Sei una testona.» borbottò, «Credo che sia inutile insistere.» disse.
«Esatto.» esclamò lei, «Prometto che usciamo insieme la prossima settimana.» aggiunse e Jason sorrise.
«Guarda che me lo segno!» disse lui, «Magari andiamo a farci un giro al centro commerciale con gli altri.» propose.
Lauren tagliò un pezzo della bistecca e lo infilò in bocca, «Va benissimo.» disse, «Venerdì iniziano i saldi al negozio di elettrodomestici.» esclamò, «Dovrebbe esserci la piastra che voglio in offerta.»
«Pensavo di regalartela per il compleanno.» mormorò Jason.
Lauren sorseggiò l'acqua, «Il mio compleanno è a giugno.» gli fece notare, «Mancano tre mesi.» disse, sparando che Jason non tirasse fuori qualche proposta su come festeggiare il suo compleanno perché lei non avrebbe voluto festeggiare nulla. Sorrise, «Io la voglio adesso.»
Jason annuì, «Okay.» disse, «Vorrà dire che dovrò prenderti qualcos'altro.»
Lauren annuì e continuò a mangiare. «Perfetto.» commentò.

Lauren uscì del quarto negozio che aveva visitato quel pomeriggio e sbuffò arrabbiata perché non aveva trovato nessun regalo per Dean.
Entrò in auto e picchiò il pugno contro il volante. Non sapeva cosa regalare a Dean, non conosceva i suoi gusti e non voleva chiamare Elaine per chiedere un consiglio perché si vergognava troppo a farlo. Cercò di ricordarsi cosa gli aveva regalato quando aveva compiuto sedici anni ma non le venne in mentre nulla.
Sospirò di nuovo e alzò gli occhi e sorrise quando vide il cartello pubblicitario di un negozio di giocattoli. Non le era venuto in mente cosa gli avesse regalato ma si ricordò cosa gli aveva regalato Elaine l'anno prima, dato che gliela aveva mostrato prima d'incartarlo.
Avviò l'auto e si sentì contenta.
Venti minuti dopo entrò nel negozio di giocattoli e gironzolò fra le varie corsie fino a quando non trovò quello che cercava.
Guardò le scatole del meccano, indecisa su quale prendere, poi afferrò la confezione più grande e una di quelle di dimensione medie e andò alla cassa. «Può farmi una confezione regalo?» domandò alla cassiera.
«Certo.» rispose quella, «Come vuole la carta?»
Lauren ci pensò qualche istante, «Blu o azzurra in tinta unita, grazie.» rispose e si sentì felice, ora doveva solo avvisare Dean che ci sarebbe stata al suo compleanno.

✫✫✫

Dean fissò con sorpresa Lauren davanti al cancello della casa di sua nonna, non era sorpreso di trovarla lì — dopotutto erano vicine di casa e si conoscevano da sempre, quindi era normale che andasse a trovarla — quello che lo sorprese era la scatola in mano alla ragazza, scatola da cui spuntava un sacchetto di farina.
«Che succede?» domandò avvicinandosi a Lauren.
«Oh, Dean, ciao.» disse lei, «Ho fatto la spesa per tua nonna.» aggiunse e sorrise.
Anche Dean fece lo stesso, «Perché?» chiese, «Avrei potuto andarci io.»
Lei alzò le spalle «Dovresti chiederlo a lei.» disse e sorrise, si girò verso la porta d'ingresso quando quella si aprì e apparve Elaine, con il piede sinistro fasciato.
«Nonna!» esclamò Dean preoccupato e aprì il cancelletto, fece passare Lauren e lo richiuse. «Cosa ti è successo?»
«Nulla di grave.» rispose la donna, «Solo una distorsione.» disse e sorrise, «Non fare il maleducato! Aiuta Lauren, non vedi che la scatola è pesante?» esclamò.
Dean abbassò il viso come faceva sempre quando veniva sgridato da sua nonna; si girò verso Lauren e rimase sorpreso quando la vide ridacchiare, le sorrise e prese una scatola. I tre entrarono in casa e Dean guardò Lauren che parlava con Elaine.
«Metti a posto, Dean.» ordinò, «E poi prepara del tè.» aggiunse, «E tu, cara, siedi.» disse guardando Lauren.
«Ma non vorrei disturbare...» disse la ragazza mentre Dean iniziava a mettere a posto la spesa, «Ecco qui il resto.» aggiunse dando alcune banconote e un paio di monetine a Elaine.
«Tu non disturbi mai.» esclamò la donna, «Su, su, siediti.» disse con un sorriso. Dean si voltò e vide Lauren sedersi, lei lo guardò e gli sorrise.
Dean si girò di scatto e finì di sistemare mentre Lauren e sua nonna chiacchieravano — anzi, sparlavano — dei vicini. Era da tempo che non passava più di due minuti con lei — escludendo le brevissime conversazioni quando si incont
ravano fuori di casa o mentre erano in giro.
«Tesoro, prepara il tè.»
«Sì, nonna.» disse lui alzando gli occhi al cielo e prese il necessario.
«Non quelle tazze!» lo sgridò Elaine e Dean annuì lentamente, afferrò le tazze del servizio buono e le posò sul tavolo, «Prendi la teiera e i biscottini.»
«Sì, nonna.» disse Dean.
«Non è necessario, Elaine.» esclamò Lauren ma non insistette troppo guardando Elaine.
Dean mise a scaldare l'acqua e si sedette al tavolo rotondo, fra sua nonna e Lauren; la guardò e fu sorpreso dal suo sorriso e si chiese come mai sorridesse in quel modo, cosa la rendesse felice; si disse che non erano affari suoi e che era bello che Lauren avesse ritrovato il sorriso, perché se lo meritava, di questo era certo, nessuno meritava di soffrire quanto aveva sofferto lei. Il pensiero di perdere Georgia lo colpì come un pugno nello stomaco e si fermò con la scatola delle bustine da the in mano, non voleva perderla, l'amava e voleva stare con lei; strinse le labbra al pensiero che quello che era successo a Sean e Lauren poteva accadere a lui e Georgia.
Fissò l'acqua che si scaldava nel pentolino e inspirò a fondo, poi si girò e guardò sua nonna e Lauren che chiacchieravano come se lui non ci fosse, sorrise e si rilassò, dimenticandosi di tutti i cattivi pensieri.

✫✫✫

Lauren sgranò gli occhi. «Non me l'avevi detto!» esclamò. «Non mi avevi detto che rimanevamo chi per cena e il film!» disse, sentendo le guance rosse per lo rabbia e l'umiliazione di essere stata presa in giro — cosa che non aveva mai sopportato.
Jason sospirò e le prese la mano ma Lauren si divincolò e fece un passo indietro. «L'ho fatto perché sapevo che avresti detto di no!» replicò.
Lauren sbuffò, «Io non voglio stare qui.» disse e incrociò le braccia al petto, facendo tintinnare i bracciali che aveva ai polsi.
«Lau...» sospirò Jason, «Non fare così.» disse e riuscì a prenderle la mano. «Rimani qui, per favore.»
«No.» esclamò lei, «Io non voglio.» disse, sentendo la voce che tremava.
«Lauren.»
Lei lo guardò e fissò gli altri amici dietro Jason. «Non potete obbligarmi a rimanere se non voglio.» disse furiosa che Jason avesse monopolizzato, ancora una volta, la sua vita. «Devi smetterla di fare così.» aggiunse, con voce più ferma.
«E come pensi di tornare?» le domandò Jason.
«In autobus.» replicò lei, strinse i manici delle borse e si avviò all'uscita più vicina. «Non sarebbe la prima volta.» disse voltandosi per un istante verso il suo migliore amico e sorrise, incominciando a sentirsi più sicura di prima.
«Lau!» la chiamò Jason, «Aspetta!» disse e la inseguì fuori dal centro commerciale. «Dai, non fare così... sarà divertente, siamo tutti insieme... ti farà bene distrarti!» cercò di convincerla, «Lau... hai bisogno di...» s'interruppe e sospirò quando vide lo sguardo furioso dell'amica.
«Io non ho bisogno di... distrarmi!» ribatté Lauren, si spostò dalle porte automatiche e si avvicinò a una panchina di pietra, «Sono venuta qui, con te, cosa vuoi di più?»
«Voglio vederti felice.» disse lui prendendole la mano.
«Sean è morto.» ribatté lei, il tono piatto, quasi tagliente. Le faceva male ricordarlo, la ferita per la sua perdita era ancora fresca e sentiva il cuore stringersi in una morsa ogni volta che ci pensava, ogni volta che si ricordava che non avrebbe più visto gli occhi verdi di Sean e il suo bel sorriso.
«Lo so, piccola.» sospirò Jason. «Ma lui non avrebbe voluto vederti così.»
Lauren abbassò la testa e si morsicò il labbro inferiore, ogni volta che pensava al suo fidanzato le veniva voglia di nascondersi e piangere.«Di certo se mi menti e se mi fai stare fuori con l'inganno non mi rendi felice.» esclamò alzando il viso, posò i sacchetti sulla panchina e sistemò il collo della camicia di jeans, «Così non mi distrai ne mi rendi felice... mi fai solo incazzare.»
Jason fece un respiro profondo, «Lauren...» mormorò, «Scusami.» disse, «Dai, torna dentro.»
«No.» esclamò lei e riprese i sacchetti, «Vado a casa, voglio farmi un bagno con le palle effervescenti che ho preso e provare la piastra.»
«Puoi farlo anche domani.»
«Io voglio farlo oggi.» replicò Lauren, «Domani non ho tempo, devo andare a cena da mio padre.»
«Per favore.» ripeté Jason e le prese la mano, «Non arrabbiarti.» disse e le sorrise.
«Io non sono arrabbiata.» sospirò lei e fece un passo indietro, togliendosi dalla presa di Jason. «Io sono incazzata e furiosa con te, mi hai mentito, preso in giro... mi hai detto una cosa che poi in realtà non è vera.» disse, «Ci sentiamo domani.» aggiunse, «Ciao.» esclamò e si voltò, dirigendosi verso la fermata dell'autobus, sentendosi ancora infuriata.
«Lauren.»
«Che c'è? Ti ho detto che non rimango!» sbraitò voltandosi, «Oh, Dean.» disse e arrossì, «Scusa, pensavo che fossi Jason.»
«Non preoccuparti.» disse lui e sorrise, «Stai tornando a casa?»
Lei annuì e si avvicinò a lui, «Sì, ci dovrebbe essere un bus fra una decina di minuti.»
Dean chiuse il bagagliaio dell'auto, «Ti porto a casa io.»
«Non vorrei disturbare.» mormorò lei.
«Nessun disturbo, tanto devo passare dalla nonna.» disse Dean.
«Andiamo?»
Dean si girò verso Georgia e le sorrise e Lauren chiuse per un istante gli occhi, ricordandosi i sorrisi che Sean le rivolgeva.
«Viene anche lei.» disse Dean e lei aprì gli occhi, «Ti ricordi di Lauren, vero?»
Georgia annuì, «Sì, certo.»
Lauren le sorrise e si sedette sul sedile posteriore dell'auto, dietro a Dean e sistemò la borsa e i sacchetti accanto a lei.
«Va tutto bene?» chiese Dean, «Ti avevamo visto in giro con Jason.»
Lauren alzò le spalle, «Sì.» rispose, «Insomma, diciamo che mi ha organizzato la serata senza chiedermi se avessi altri impegni.» aggiunse e guardò davanti, incrociò lo sguardo di Dean che la fissava dallo specchietto retrovisore e sorrise, sorrise anche lui e lei distolse lo sguardo, posandolo su Georgia, che guardava il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.
«Cosa hai preso di bello?» domandò l'altra girandosi verso di lei e Lauren sentì le guance andare a fuoco e sperò che fosse solo una sua sensazione, «Ehm... alcune di quelle palle che butti nella vasca da bagno e fanno la schiuma, un paio di jeans e una maglia... e la piastra, quella che era in offerta al negozio di elettrodomestici.» rispose.
Georgia le sorrise e si tolse gli occhiali da sole — li aveva in testa, come se fossero un cerchietto —, «Sei riuscita a prendere la piastra? Quando sono arrivata io non c'era già più.» commentò.
«Quando l'ho presa io ne erano rimaste due, esclusa la mia.» disse Lauren e ridacchiò quando vide l'espressione delusa sul volto dell'altra, «Sarà stata lì verso... boh, le due.»
«Ecco, te l'avevo detto che dovevamo venire prima!» esclamò Georgia e pizzicò il braccio di Dean che si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Scusa.» borbottò lui.
«Potresti sempre fartela regalare da lui.» ridacchiò Lauren.
Georgia le sorrise e guardò il duo ragazzo, «Giusto!» disse, «Allora... mi regali la piastra al mio compleanno?»
«Voi ragazze siete sempre d'accordo.» sbuffò Dean, «E va bene.» acconsentì, «Se proprio la vuoi così tanto...»
Lauren ridacchiò, anche se avrebbe voluto solo piangere. Quello scambio innocente di battute le ricordava troppo Sean, così respirò piano e infilò in bocca una caramella che aveva preso dalla borsa.
Per il resto del viaggio parlarono del più e del meno, evitando qualsiasi argomento personale, e Lauren si rilassò, molto più con loro che con Jason e gli altri.
In breve arrivarono e Dean posteggiò davanti a casa di Elaine e di Lauren.
«Grazie per il passaggio.» disse la giovane, «Comunque... per la festa ci sono.» aggiunse.
Dean le sorrise, «Okay.» disse, «Stavamo pensando di ordinare qualche pizza gigante e mangiarla qui, nella taverna di mia nonna, e poi, magari, andare a berci una birra nella sala giochi.»
Lauren annuì e sorrise, «È un bel... programma.» esclamò, «Mandami un messaggio per farmi sapere l'ora.» aggiunse.
Anche lui sorrise. «Certo.» disse, «Ti farò sapere in un paio di giorni, devo sentire gli altri.»
Lauren annuì, «Io vado, ci vediamo.» disse, «Ciao, Dean. Ciao Georgia.» li salutò ed entrò in casa.
Sistemò i suoi acquisti in camera sua, sul letto e si sdraiò su di esso, senza togliersi la giacca e chiuse gli occhi, respirando profondamente. Il suo telefono squillò e lei lo prese, vide il nome di Jason lampeggiare sullo schermo e sospirò. «Cosa vuoi?» sbottò.
«Sei già a casa?» le chiese lui.
«Mi ha portato Dean.» rispose lei.
«Dean? E chi è?» «Il nipote di Elaine.» disse lei. «E sì che lo conosci, eh.» borbottò, «Era lì con la sua ragazza, doveva andare dalla nonna e mi ha offerto un passaggio, dovevo dire di no?»
«Bhe... sì!» esclamò Jason, «Avrei potuto accompagnarti io oppure avresti dovuto prendere l'autobus come avevi detto.» disse, «O, ancora meglio, saresti potuta rimanere qui con noi!»
«Mi hai fatto girare le scatole.» ricordò lei. «E comunque... perché devo rifiutare un passaggio da parte di Dean?00
» «Perché non lo conosci!»
«Ma se lo conosco da quando sono nata!» replicò Lauren, «Insomma, non ci frequentiamo, non siamo amici ma ci conosciamo.» disse.
«Io non lo conosco!» gridò lui, «Credi che Sean sia contento che tu accetti passaggi da gente che conosci, che conosciamo, appena?» domandò.
Lauren chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente, «Sei un'idiota.» ringhiò, «Tiri sempre fuori Sean... perché? Perché lo fai?» disse, la voce incrinata dalle lacrime, «E sono sicura che lui non avrebbe detto nulla, anzi sarebbe stato felice... a lui Dean stava simpatico.»
«Lau...» mormorò Jason, «Scusa, ma mi preoccupo per te, Sean mi ha chiesto di starti vicina e di proteggerti...»
A Lauren sfuggì un singhiozzo, riattaccò senza dire nulla e gettò il cellulare sul letto, si raggomitolò e scoppiò a piangere pensando al suo fidanzato che non c'era più.

Jason si sentì stupido e furioso allo stesso tempo: Sean le aveva chiesto di stare accanto a Lauren, di proteggerla e di non abbandonarla. E lui stava facendo di tutto per mantenere quella promessa, stando accanto a Lauren, facendola — costringendola, se necessario — ad uscire con lui e gli altri loro amici. E la proteggeva o almeno ci provava a farlo, ma Lauren era una testona, che accettava inviti a feste di compleanno e passaggi in auto.
Lui conosceva Dean, su questo Lauren aveva ragione, ma nonostante ciò non poteva fare a meno di preoccuparsi, in fondo lui Dean non lo conosceva bene, non sapeva nulla di lui, per quanto ne sapesse, poteva essere uno a cui piaceva andare a folle velocità in auto oppure andare in giro con i suoi amici a spaventare le vecchiette... e chissà cos'altro.
«Jason?» lo chiamo Stuart, «Ti sei incantato?»
Lui scosse la testa e sorrise. «Pensavo a Lauren.» disse.
«E dove sarebbe la novità?» lo prese in giro Deacon, un altro amico.
Jason arrossì, «Io... bhe... io...» balbettò, «Io sono preoccupato per lei.» disse, «Insomma è andata a casa con il nipote della vicina di casa...»
«E quindi?» domandò Stuart, «Dov'è il problema?»
Jason lo fissò, domandandosi se fosse completamente scemo o cosa, «Lo conosce appena.» replicò. «Io non avrei accettato, chissà cosa ha in mente quello lì...»
Deacon alzò gli occhi al cielo. «La stessa cosa che hai in mente te, suppongo.» disse, «Ma dato che, a quanto ne so, il nipote di Elaine è fidanzato con la mia vicina di casa probabilmente voleva essere solo gentile e non aveva in mente nessun'altra cosa.»
«Sì, ma io ho fatto una promessa...» replicò Jason, sentendosi sollevato dal fatto che Dean fosse impegnato.
«E piantala con sta storia!» disse Stuart, «La tiri fuori ogni singola volta che Lauren boccia una tua idea!» esclamò, «Insomma... anche io ti direi di no se tirassi fuori ogni singola volta la storia della tua promessa a Sean.»
«Ma lei è sempre in casa, io voglio che si svaghi!» le parole di Jason furono quasi gridate.
«Ma non è sempre in casa!» disse Deacon, «Va al lavoro, mia madre dice che la vede alla panetteria almeno due volte a settimana, va a fare la spesa, esce con te... cosa dovrebbe fare, uscire e ubriacarsi ogni sera?» domandò e scosse la testa, «È questo che Sean non avrebbe voluto vedere, non avrebbe voluto vedere qualcuno che le mente e la costringe ad uscire con sotterfugi vari.»
Jason rimase in silenzio e respirò con il naso. Le cose che Stuart e Deacon gli stavano dicendo erano giuste ma allo stesso tempo sbagliate. Lui aveva fatto quella promessa a Sean e aveva tutta l'intenzione di mantenerla. «Io la sto aiutando.» disse.
«Sì, la stai aiutando,» fece Stuart e infilò le mani in tasca, alla ricerca dell'accendino, «a farti odiare!»
«Non è vero!» squittì Jason, «Lei non mi odia.»
«Ah no?» disse Deacon e prese la sigaretta che Stuart gli stava offrendo. Uscirono dal centro commerciale e si sedettero, in attesa che le loro ragazze, Samanta e Roxane uscissero dalla profumeria, «Mi pare che ti abbia detto che è furiosa, incazzata, arrabbiata, ti ha praticamente detto che sei un bugiardo...» riprese a parlare Deacon, «A me pare sulla buona strada per odiarti.»
«Lasciala stare per qualche giorno, non chiamarla, non mandarle messaggi almeno fino a lunedì.» disse Stuart, «Così lei si rilassa e le passa tutto.» aggiunse, «O forse no, dato che è una ragazza e le ragazze sono tutte strane, sempre, qualsiasi giorno del mese sia.»
Jason annuì, troppo stanco per ribattere.

✫✫✫

Lauren chiuse gli occhi e respirò il profumo alla lavanda sprigionato dalle candele accese che aveva sparso per il bagno e toccò la morbida schiuma bianca che ricopriva il suo corpo. Incominciava a rilassarsi, a dimenticare la litigata di quel pomeriggio. Aveva una serata tranquilla davanti a sé — sua madre era uscita con l'uomo che aveva iniziato a frequentare sette mesi prima — e aveva tutta l'intenzione di rilassarsi, senza pensare a nulla se non a quale dvd scegliere.
Sospirò e si lasciò cullare dall'acqua e dalla musica rilassante che proveniva dallo stero della sua camera.
Un'ora dopo, con indosso una comoda tuta blu scuro, Lauren stava mangiando la pizza che aveva ordinato mentre guardava il telegiornale; non aveva ancora scelto quale dvd guardare ma non le importava.
Fissò il cellulare sul tavolo, colpita dal fatto che Jason non l'avesse chiamata o non le avesse inviato un messaggio, di solito, dopo che litigavano — e ultimamente non facevano altro — lui la chiamava, la sommergeva di messaggi... invece il suo telefono era silenzioso, senza avvisi di chiamate perse o messaggi ricevuti. Un po' le mancavano le attenzioni asfissianti di Jason, che si preoccupava per lei in ogni momento, anche se tendeva ad essere troppo assillante e protettivo, come la chiamata che aveva ricevuto quando era tornata a casa dal centro commerciale, dove Jason aveva dimostrato tutta la sua preoccupazione nei suoi confronti, esprimendo i suoi dubbi nei confronti di Dean. E aveva dimostrato anche la sua gelosia.
Lauren scosse la testa a quel pensiero, Jason non poteva essere geloso di lei, loro erano migliori amici da quasi dieci anni, era stato lui che praticamente l'aveva spinta fra le braccia di Sean, dicendole di superare "qualsiasi sciocca paura che tu abbia". Ricordava ancora chiaramente quelle parole, che giravano nella sua testa. Quindi Jason non poteva essere geloso di lei, non in quel senso, almeno. Lui le voleva bene e di questo ne era certa, quindi il fatto che si preoccupasse per lei era normale, dopotutto.
Lauren finì quella fetta di pizza e bevve un sorso di Coca—Cola, e fissò brevemente le immagini che scorrevano sullo schermo, afferrò il telecomando e cambiò canale, alla ricerca di qualcosa di divertente. Alla fine, dopo mezzo minuto di ricerca, tornò a dove era prima. Ingoiò un altro pezzo di pizza e si chiese — lo faceva spesso, negli ultimi mesi — perché tutto ciò fosse successo a lei, perché aveva dovuto perdere l'amore della sua vita, perché la malattia si fosse accanita contro Sean e non contro un'altra persona. Con cattiveria — se ne rese conto anche lei, che era un pensiero cattivo e maligno — pensò che poteva, doveva, succedere a qualcun altro, a un'altra coppia, un'altra famiglia. Al suo posto avrebbe dovuto esserci un'altra ragazza che piangeva quasi tutte le notti per il proprio fidanzato morto e non lei; magari ad Ashley, quella stronza che l'aveva umiliata anni prima al liceo, dicendo in giro che aveva le mutandine con stampati sopra degli orsetti, anche se si era già ampiamente vendicata, versando della polvere pruriginosa nella crema e nel doccia schiuma che Ashley usava a scuola dopo le lezioni di ginnastica, avrebbe tanto voluto vederla soffrire, anche se non aveva idea di dove si trovasse Ashley in quel momento; magari era dall'altra parte dello stato oppure viveva sotto a un ponte, o magari era già sotto terra.
Sospirò, rendendosi conto che più passava il tempo, più diventava cattiva e la cosa non le piaceva per nulla. Quando Sean era morto, una parte era morta con lei. La parte più allegra, quella sempre sorridente, quella che amava divertirsi, quella che stava scegliendo il colore delle tovaglie per il ricevimento di nozze, quella che si guardava allo specchio durante le prove dell'abito da sposa e sorrideva radiosamente.
Nell'esatto istante in cui Sean aveva chiuso gli occhi per l'ultima volta e la sua vita si era spenta per sempre era come se qualcuno avesse premuto un interruttore sulla schiena di Lauren, spegnendo anche la felicità, la vivacità dei suoi occhi, chiudendo il suo cuore a qualsiasi emozione. Per sempre.
Mentre mangiava si rese conto che quel pensiero non era del tutto vero. Quando Dean l'aveva invita al suo compleanno, con quell'aria da bambino che aveva appena commesso una marachella, si era sentita... bene. Non troppo, ma era come se una debole fiammella si fosse accesa dentro di lei.
Sospirò e guardò di nuovo lo schermo spento del cellulare, sfiorò il tasto laterale e il display s'illuminò, rivelando lo sfondo — due gattini su un prato — e l'ora, le nove e dieci. Nient'altro. Jason non si faceva sentire. Da una parte era contenta di ciò, dall'altra si sentiva... triste e vuota, senza la sua voce e i suoi messaggi, le sue attenzioni, la sua amicizia. Pensò che se le cose fossero andate diversamente a quell'ora avrebbe dovuto essere con Sean, magari in un ristorante carino, loro due che si guardavano negli occhi, le mani con le dita intrecciate sotto al tavolo mentre sopra di esso i cibi che avevano ordinato si raffreddavano lentamente. Sospirò — un sospiro che assomigliava quasi a un singhiozzo — pensando che invece, adesso, era tutto diverso.
Il cellulare squillò e lei lasciò cadere la fetta di pizza che aveva in mano. Lo prese e lesse il nome di Dean accanto alla busta che indicava il nuovo messaggio. Toccò lo schermò e apparve il testo: "Sabato da mia nonna per le 21. Dimmi che pizza preferisci entro venerdì. Buona serata, D."
Lauren sfiorò la casella sotto al testo e fissò la tastiera che era apparsa sul display, indecisa su cosa scrivere. Sorseggiò il suo bicchiere di Coca-Cola e fissò lo schermo della tv, dedicandosi per qualche attimo alle previsioni meteo del fine settimana. Respirò a fondo, poi rispose: "Perfetto! Pizza ai quattro formaggi con l'aggiunta di salmone affumicato."
Due minuti dopo le arrivò un altro SMS da parte di Dean. "Ok, me lo segno. Abbinamento strano :), ci vediamo sabato, D."
Lauren sorrise, Dean non era il primo che le diceva che quello era uno strano abbinamento, prima c'era stato Jason, poi Sean, Deacon e Stuart. E i camerieri che prendevano le sue ordinazioni in pizzeria, ma lei non ci faceva più caso.
Finì di mangiare, portò il piatto e le posate in cucina, le sciacquò e le mise nella lavastoviglie. Tornò in salotto e guardò i dvd, facendo scorrere l'indice destro sui dorsi delle custodie, si fermò su uno di essi e sospirò, pensando che, forse, quel film non era il caso di guardarlo, poi si disse che era solo un film. Un minuto dopo sullo schermo apparvero le prime immagini del film che aveva scelto: "P.S: I Love You".




✫✫✫

Salve salvino!
Voi direte, "ma sta qui ha altre tre storie in corso e ne posta un'altra?"
Sì, posto un'altra storia. Primo perché questa storia mi piace, secondo perchè ho già tre capitoli su otto pronti, bhe quasì tre, in realtò sono due capitoli e una manciata di righe. Insomma, ho praticamente un quarto della storia già pronta! I capitoli in totale saranno otto.
Insomma, spero che la mia storia vi piaccia e che mi lascerete qualche recensioncina *sbatte le ciglia*
*biscottini per tutti*
Per farla breve, (e per non dire più "insomma" spero che amerete Dean, Lauren e Jason come li amo io!
Un ultima cosa: il prossimo capitolo sarà postato fra una decina di giorni, così che abbia il tempo di finire il terzo capitolo della storia. Alla prossima! E leggete le mie altre storie!

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Capitolo 2
*** 2. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


2.


«Quindi... sei decisa.» esclamò Jason.
«Sì.» disse Lauren, «Sono decisa.» aggiunse e riempì il suo bicchiere di acqua. Erano al ristorante dove andavano quasi tutti i giorni durante la pausa pranzo.
«E dopo aver cenato... dove andate?» chiese il ragazzo, seduto di fronte a lei.
Lauren sorseggiò lentamente l'acqua. «Non lo so.» mentì, in realtà sapeva benissimo dove sarebbero andati dopo aver mangiato la pizza, Dean gliela aveva detto il giorno prima ma, per qualche motivo che non sapeva nemmeno lei, aveva deciso, su due piedi, di mentire a Jason.
«Ah, quindi non lo sai?» fece lui, quasi deluso.
«Perché ti interessa saperlo?» fece lei, «Cos'è vuoi controllarmi? Vuoi accertarti che Dean non mi offra come pegno in un qualche strano rituale satanico?» scherzò.
Jason sorrise. «No! No!» replicò, «Ero solo curioso, ecco.» borbottò.
Lauren sorrise, «Tu sei sempre curioso.» ridacchiò, «Sei peggio di una vecchia pettegola!»
Jason avvampò, «Non è vero!» squittì, «Non sono così curioso!»
«Bhe, sono tre giorni che continui a chiedermi se so dove vado, cosa fa mia madre quando esce con Drew, e se ho sentito di quello, se ho sentito di quell'altro...» disse Lauren nascondendo il sorriso dietro il tovagliolo rosa, «Tu non sei curioso...» esclamò, «Sei direttamente pettegolo!» ridacchiò.
Jason scosse la testa e afferrò il coltello, «Vedila come vuoi, Lau.» disse, «Ma io continuo a dirti che non sono curioso.» esclamò, «Ma dimmi... cosa indosserai domani sera?»
Lauren rise e scosse la testa, «E poi non sei curioso...» mormorò, «Non so cosa metterò domani.» rispose, «Un paio di jeans e un maglioncino, credo.» disse, «È una cena informale, non il ballo delle debuttanti.»
«Tu non hai debuttato.» le fece notare Jason.
Lauren alzò gli occhi al cielo e sospirò, «Era solo per fare un esempio.» disse. «Sai, ogni tanto sembri un po' scemo, lo sai?» esclamò, «Hai dormito abbastanza, questa notte? Lo sai che se non dormi almeno sei ore e mezzo poi sei tutto sfasato.»
«Sì, ho dormito sette ore.» replicò lui con la bocca piena. «Sei tu che mi fai dire queste cose.» borbottò.
Lauren sorrise. «Sei molto...» si fermò, indecisa su quale parola usare, «Sei molto... buffo, quando fai certe facce.» disse infine e quasi si morse la lingua quando si accorse che stava per dire "carino" al posto di "buffo". Guardò Jason che stava mangiando, ignaro del suo tentennamento. Fissò i capelli neri del suo amico, la frangia che scendeva in ciocche spettinate ad arte sulla fronte, mettendo in risalto gli occhi verdi. Sì, Jason era carino, anzi, molto più che carino, era davvero bello. Ma a lei non importava, aveva giurato a se stessa che non si sarebbe più innamorata, il suo cuore sarebbe appartenuto per sempre al suo amato Sean; Jason era solo... il suo migliore amico e basta.

✫✫✫

Lauren sospirò davanti all'armadio con le ante aperte, indecisa con cosa abbinare i jeans neri. Li guardò, stesi sul letto. Erano un modello skinny, le fasciavano le gambe magra, mettendole in risalto. I brillanti incollati lungo le cuciture delle tasche anteriori e il ghirigoro pieno di curve sulla coscia destra spezzavano il nero della stoffa.
Afferrò un maglioncino lungo oltre la metà della coscia, era di un bel colore, fra il bluastro e il grigio, ma indossarlo con i jeans sarebbe stato un pessimo abbinamento: i brillantini non si sarebbero visti, e quei jeans gli piacevano proprio per quel motivo. Come le piaceva il maglioncino, che aveva una morbida cintura che si allacciava sui fianchi. Sospirò di nuovo e il suo sguardo passò dal maglioncino ai jeans. Posò il maglioncino sul letto, accanto ai jeans, afferrò il bracciale che aveva lasciato sul comodino e diede le spalle al letto, fissò il monile nella sua mano sinistra, prese un respiro profondo e lo lanciò dietro di sé, dato che lei era incapace di decidere, lo avrebbe fatto il fato al suo posto. Sentì il leggero tonfo del braccialetto che cadeva su qualcosa di morbido, si girò e fissò per qualche secondo il posto in cui era caduto, poi si girò, chiuse le ante dell'armadio e si spostò verso il comò, aprì il primo cassetto e frugò fra i vari indumenti, alla ricerca di quel paio di leggins che aveva comprato insieme al maglioncino.
Quaranta minuti dopo era in bagno, con indosso la tuta — non voleva rischiare di sporcarsi con il trucco i vestiti puliti —, controllò il minuscolo display della piastra che aveva comperato la settimana prima e iniziò a lisciarsi i capelli che avevano, secondo lei, il brutto vizio di arricciarsi sulle punte.
Sorrise e canticchiò il motivetto della pubblicità che sua madre stava guardando e sentì che si stava rilassando, anche se sapeva che sarebbe rimasta rigida tutta la sera. No, rigida non era la parala esatta ma non ne trovava una più adatta e "non rilassata" le suonava male.
Dopo altri trenta minuti finì di lisciare i capelli che ricadevano biondi e lunghi — arrivavano oltre la sua vita —, mise via la piastra e afferrò la bustina con i trucchi che metteva sempre nel primo cassetto del mobile del lavandino. Velocemente si truccò — nulla di troppo appariscente — e, quando richiuse il mascara, guardò l'ora sul suo cellulare, erano le nove meno un quarto. Lauren era in perfetto orario, doveva solo vestirsi, indossare i suoi braccialetti — regali si Sean — l'orologio che le aveva regalato suo padre quando si era laureata, doveva mettersi le scarpe, prendere la borsa, il regalo, controllare di essere a posto e uscire.
Alle nove meno cinque era già pronta, afferrò il regalo per Dean e uscì dalla sua stanza, «Mamma... io vado.» disse baciando la guancia della donna.
«Divertiti.»
Lauren le sorrise, sapendo che non si sarebbe divertita completamente, forse rilassata sì, ma divertita no. Mentre scendeva le scale esterne sperò di divertirsi.
«Ehi, Lauren.» la salutò Dean mentre chiudeva il cancello dietro di sé.
«Ciao, Dean.» sorrise lei, «Mmh... ecco il tuo regalo.» borbottò imbarazzata e porse al ragazzo il grosso pacco.
«Oh, non dovevi, Lauren.» disse e prese il regalo, «Dai, vieni.» le disse. Lauren lo seguì all'interno del giardino di Elaine.
«Elaine non c'è?» domandò, «Sta bene? È da ieri pomeriggio che non la vedo.» chiese guardando le finestre buie della casa, invece, le finestre della taverna in fondo al giardino erano illuminane e dalla porta aperta proveniva una musica da discoteca.
«La nonna sta bene.» rispose lui, «È andata alle terme con una sua amica, è partita stamattina.»
Lauren annuì anche se Dean non poteva vederla; i due entrarono nella taverna, il cui grande tavolone era già addobbato con una tovaglia a scacchi bianchi e blu. «Ciao, Georgia.» salutò Lauren e sorrise alla ragazza di Dean.
«Ciao!» esclamò l'altra sorridendo allegramente, gli orecchini pendenti che scintillavano sotto alla luce del lampadario, «Dammi la giacca che l'appendo.» le disse.
Lauren annuì, posò la borsetta sul ripiano del mobile e si tolse la giacca, Georgia l'appese all'interno di un piccolo armadio che Lauren non aveva visto quando era entrata; si sedette sul piccolo divanetto di fronte al caminetto acceso, anche se era quasi la fine di marzo faceva ancora fresco. «In quanti siamo?» domandò fissando il tavolo da dodici persone, su cui erano posati alcuni bicchieri di plastica — da dov'era non riusciva a contarli tutti — e intravide delle posate.
«In sette.» rispose Dean mettendo un pezzo di legno nella bocca del camino, «Compresi noi tre.» si girò verso di lei e le sorrise, «Tom, Jeffrey, Charlie e Hannah dovrebbero arrivare fra poco.»
«Se guida Tom potrebbero tardare.» disse Georgia, «Ha la pessima abitudine di perdersi sempre e la ancora più pessima abitudine di non dare ascolto a chi sa la strada, che sia una persona o un navigatore satellitare!»
Lauren ridacchiò, «Conosco il genere.» disse, «Anche mio padre è così.» esclamò, «L'anno scorso ha spento il navigatore perché secondo lui gli stava dando la strada sbagliata... peccato che lui stava per entrare in un senso unico!»
Dean rise e si spostò dal camino quando il suo cellulare squillò. «Bhe... o Tom ha trovato la strada o non guidava lui.» disse e uscì dalla taverna.
Lauren guardò la porta chiudersi e fissò Georgia che stava sistemando le posate. «Ti aiuto.» disse dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio.»
«Non è necessario.» sorrise l'altra, «Ormai ho finito.» disse posando le ultime due posate. «Però potresti prendere da bere.» aggiunse, «In quel mobile dietro di te c'è un frigorifero, ci sono alcune bottiglie.»
Lauren annuì e si girò, aprì l'anta del mobiletto di legno chiaro, afferrò una bottiglia di Coca-Cola, una di aranciata, una di acqua naturale e una di acqua frizzate, mano a mano che le prendeva le posava sul tavolo, dove Georgia le sistemava.
«Ti sta suonando il cellulare.» disse Georgia mentre Lauren chiudeva il frigorifero.
Lei la ringraziò e prese il cellulare dalla borsa, era un SMS di Jason: "Va tutto bene? Stai bene? Posso venirti a prendere, basta che mi chiami!"; Lauren alzò gli occhi al cielo e digitò la risposta: "Sto bene, non preoccuparti! Fra poco mangiamo, stai tranquillo. Ciao!", aveva appena inviato il messaggio quando la porta si aprì ed entrò Dean con le pizze in mano.
«Guidava Jeffrey, per questo sono quasi puntuali.» scherzò il festeggiato, «E sono arrivate anche le pizze!» disse posando sul tavolo i cartoni, poi, mentre Georgia indicava l'armadio, Dean presentò Lauren agli altri e finalmente poterono sedersi a tavola.
Dean si mise a capotavola, Georgia alla sua destra e Lauren — un'imbarazzata Lauren — alla sua sinistra.
«Quattro formaggi e salmone? Che cosa... strana.» commentò Tom, seduto accanto a Lauren.
«A me piace.» si difese lei.
«Oh, a me piace la pizza con le patatine.» disse il ragazzo e sorrise.
Sorrise anche Lauren e si rilassò.

Dopo aver finito la pizza arrivò il momento di aprire i regali — e Lauren sospirò dal sollievo quando vide di non essere stata l'unica a portare un dono.
Dean aprì per primo il regalo di Charlie e Hannah, un paio di videogames per la Wii, poi fu la volta del regalo di Tom, un altro gioco per la Wii, Lauren pensò che lui e gli altri due si fossero messi d'accordo per non rischiare di avere un doppione.
Dean scartò il regalo di Jeffrey e un sorriso gli illuminò il volto. «Il meccano!» disse, la voce allegra e gli occhi azzurri luminosi, Lauren pensò, mentre fissava la scatola di medie dimensioni, che aveva avuto l'idea giusta nello scegliere i regali.
Poi Dean scartò il regalo di Lauren — che fremeva dall'agitazione — e sorrise ancora di più. «Grazie!» le disse sorridendo, «Come facevi a saperlo?» le chiese.
Lei sorrise e alzò le spalle, «Mi sono ricordata cosa ti aveva regalato tua nonna l'anno scorso.» spiegò, «Me l'aveva fatto vedere prima d'incartarlo.» aggiunse.
Dean annuì, «Oh, sì.» disse, «Aveva nascosto la busta con i soldi dentro la scatola e l'ho trovata dopo due settimane.» ricordò.
Georgia sospirò, «Ragazzi...» disse, «Sapete cosa avete fatto?» domandò fissando i regali sul tavolo, Lauren la fissò, temendo che fosse arrabbiata poi la vide sorridere e capì che quel broncio era finto, «Dean rimarrà a casa senza uscire, passando da un gioco all'altro e nel frattempo costruirà qualcosa!» si lamentò, posò la fronte sul palmo della mano destra sorrise.
«Ma non è vero!» protestò l'interessato, «Non rimarrò in casa tutto il giorno, lo prometto.» disse e baciò la guancia della ragazza.
Lauren li guardò e sorseggiò lo spumante che aveva accompagnato la torta, pensò che i due fossero molto carini, come Charlie e Hannah. Sorrise mentre posava il bicchiere e ringraziò di non essere l'unica sola, "E se Tom e Jeffrey...?" pensò, poi fissò Tom, il quale arrossì nell'essere stato beccato a fissare il seno della ragazza. "No, loro non sono una coppia." pensò ancora.
Mezz'ora dopo Lauren era in auto con Dean e Georgia, diretti alla grande sala giochi a trenta minuti di distanza dalla loro città.
«Ci stai a fare una partita di biliardo?»
Lauren fissò Dean, «Eh, cosa?» borbottò, «Io... non so giocare a biliardo,» ammise.
«Ah, non importa, neppure Hannah sa giocare, troverete qualcos'altro da fare.» disse lui.
«Hannah non gioca perché è una vera schiappa.» ridacchiò Georgia, «Però è davvero abile nel vincere pupazzi!»
Lauren sorrise, «Vorrà dire che la vedrò vincere pupazzi, allora.» disse.
Quando arrivarono alla sala giochi Lauren controllò il suo cellulare, dieci chiamate perse e dodici SMS da parte di Jason. "Dove sei? Va tutto bene?"
"Se non ti diverti ti vengo a prendere!"
"Lau... mi rispondi? Come stai? Va bene?"
"Basta che mi chiami e ti vengo a prendere!"
"Lau... maledizione, vuoi rispondere? Mi sto preoccupando!"
Lauren sospirò e lesse i restanti messaggi, tutti con le stesse domande, decise di chiamare Jason prima che lui chiamasse la polizia, dandola per dispersa o rapita. «Jason!» esclamò quando lui le rispose, «Cosa ti salta in mente?» domandò, «Sto bene, mi diverto.»
«Bhe, non mi rispondevi!» fece l'altro, «Mi stavo preoccupando!»
«Non devi, te l'avevo detto di stare tranquillo.» replicò lei mentre aspettava che arrivassero gli altri quattro, deglutì e si decise a ignorare Dean e Georgia che si stavano baciando a pochi metri da lei.
«Perché non mi hai risposto?» domandò Jason.
Lauren scostò il cellulare dall'orecchio e vide sullo schermo il simbolino che indicava la modalità "Silenziosa", «Ho tolto la suoneria per sbaglio.» rispose, «Dai, Jason... ti preoccupi troppo, non sei mica mio padre!» disse.
Jason sospirò, «Non posso farne a meno.» disse, «Sei insieme a persone che conosci appena!» protestò.
Lauren sbuffò, «Che io conosco appena o che tu non conosci?» domandò, «Dai, Jason, non fare il guastafeste e lascia che mi diverta!» disse, «Okay, devo andare.» esclamò vedendo Tom e gli altri che li stavano raggiungendo «Prometto che quando torno a casa ti chiamo, lo giuro.» disse e riattaccò, infilò il cellulare in borsa ed entrò nella sala giochi con gli altri, decisa a ignorare le preoccupazioni di Jason — anche se doveva ammettere che le facevano piacere — e pensare solo a passare una bella serata.

✫✫✫

Jason sbuffò e gettò il cellulare sul letto; voleva bene a Lauren e non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei, dopotutto era una cosa che aveva sempre fatto, fin da quando si erano conosciuti, era una cosa che gli veniva naturale, voleva proteggerla, preservarla da qualsiasi cattiveria, farla felice. Sospirò e fissò la foto davanti a sé, quella che ritraeva lui e Lauren alla festa del diploma. Era stato un bel periodo quell'estate prima dell'università, ricordò. Loro due che andavano in giro, spesso senza una meta, con il solo scopo di divertirsi, conoscere nuove persone, esplorare nuovi luoghi e rilassarsi.
Poi era iniziata l'università e avevano conosciuto Sean e da lì tutto era cambiato. Lauren non era più solo sua, ma si era ritrovato a dividerla con Sean. Ricordò il momento esatto in cui aveva spinto la sua migliore amica fra le braccia di Sean che nel frattempo era diventato un suo caro amico. E ricordò l'attimo seguente, quando Lauren e Sean si era baciati e lui si era dato dello stupido perché, in fondo, non era quella che avrebbe voluto lui; voleva Lauren tutta per sé, e la voleva ancora ma sapeva che non poteva averla perché lei era ancora innamorata di Sean, anche se lui era morto da qualche mese.
Sospirò ancora, sentendosi male per Sean e Lauren, per lui, per Lauren che gli aveva risposto con voce allegra... lei si stava divertendo anche senza di lui e questo lo faceva sentire inutile. Era lui quello che doveva renderla felice, era lui quello che doveva riportare il sorriso sulle sue labbra, non altre persone. Lo aveva promesso a Sean — ed era stato felice di fare quella promessa — e lo aveva giurato a se stesso: "Io renderò felice Lauren."; ma non stava succedendo. Lei era felice a causa di un altro, Dean.
Mormorò quel nome con fare sprezzante e si alzò da divano sul quale era seduto e andò a prendersi una bottiglia di birra dal frigo — per la preoccupazione per Lauren aveva deciso di non uscire con Stuart, Deacon e gli altri. Se Dean non avesse avuto quella brillante idea di invitare Lauren al suo compleanno — si disse che l'aveva fatto perché, sicuramente, provava pena per Lauren, altrimenti non l'avrebbe mai fatto, ne era certo — in quel momento, probabilmente, lui e Lauren sarebbero stati da qualche parte a sorseggiare birra e a fare commenti sulle altre persone presenti. Invece Lauren era con Dean e i suoi amici, chissà dove a fare chissà cosa. Era geloso, terribilmente geloso e sapeva di non poterci farci nulla. Non sapeva dove fosse Lauren — lei non gliela aveva detto — altrimenti sarebbe uscito e sarebbe corso da lei ad accertarsi che stesse bene sul serio; perché era sicuro che Lauren non stesse bene, dopotutto era lontana da lui.
"Non essere idiota! Lauren sta benissimo anche senza di te!"
Jason ignorò quella vocina dentro di lui, non era possibile che Lauren stesse bene anche senza di lui, e lo sapeva, lo sentiva bene, dentro di lui. "Ho fatto una promessa a Sean." pensò, "E ho tutta l'intenzione di mantenerla."

✫✫✫

Lauren rientrò silenziosamente in casa che ormai erano quasi le due e mezzo del mattino. Guardò nella stanza dove dormiva sua madre e si accorse che non si era svegliata ma era una cosa normale dato che la donna aveva il sonno pesante. Andò in camera sua, posò i pupazzi che aveva vinto e la borsetta sulla poltroncina e andò in bagno a struccarsi il viso. Un quarto d'ora dopo era nel letto, i lunghi capelli biondi legati in una treccia, e aveva indosso il suo pigiama verde smeraldo.
Compose il numero di Jason e lui rispose subito, come se avesse avuto il cellulare in mano. «Ehi, Jason!» disse.
«Lauren!» esclamò lui, «Finalmente! Ti sei addormentata e ti sei ricordata adesso di chiamarmi?»
«No, veramente sono tornata cinque minuti fa.»
«Ah.» fece Jason, «Cosa?» strillò quando capì bene quelle parole.
«Bhe, sono quasi le due e venticinque... non è tardissimo!» disse lei e sospirò, «Insomma certe volte tu mi hai fatto tornare che era ormai l'alba... quindi cosa cambia?»
«Niente.» mugugnò Jason, «Ma dimmi... dove siete andati di bello? Ti sei divertita?»
Lauren ridacchiò. «Siamo andati alla sala giochi.»
«Alla sala giochi?» domandò Jason. «Perché?»
«Perché è divertente!» rispose lei. «Ho guardato gli altri che giocavano a biliardo, insieme ad Hannah abbiamo fatto a gara a chi vinceva più pupazzi, abbiamo fatto un paio di partite a bowling e sono arrivata terza, certo, ho solo due punti in più di Dean che è arrivato quarto ma, ehi, sono sempre terza! E poi ci siamo sfidati a vari videogames e poi....»
«Ho capito, ho capito.» disse Jason, interrompendo Lauren, «Ti sei divertita.» commentò.
«Sì, molto.» sbadigliò Lauren e posò la testa sul cuscino.
«Passo a prenderti alle nove... no, alle dieci, per fare colazione» propose Jason e fece uno sbadiglio.
«Sì, va benissimo.» biascicò Lauren, «Adesso imposto la sveglia.» disse sentendo la stanchezza invaderla. «Buona notte.»
«Buona notte, Lau.»
Lauren chiuse la chiamata, impostò la sveglia alle nove e un quarto per sicurezza —tanto poi sarebbe suonata ogni cinque minuti, fino a quando sua madre non le avrebbe urlato di svegliarsi e spegnere quel dannato aggeggio —, posò il cellulare su comodino, accanto alla foto di Sean, chiuse gli occhi e si addormentò.

✫✫✫

Jason fissò Lauren che usciva da casa, la faccia stanca e il passo lento. «Buongiorno.» la salutò quando lei salì in auto. «Hai l'aria stanca.» commentò, «Avete... fatto baldoria, ieri sera?» domandò, una punta di cattiveria nella voce e se ne pentì immediatamente ma Lauren sembrò non farci caso.
«No, niente baldoria.» disse lei, «Sono solo un po' stanca.» esclamò e sorrise.
Jason annuì e partì. «Allora... ti sei divertita?» domandò mentre si fermò allo stop in fondo alla strada.
«Sì.» disse lei, «Mi pare di avertelo detto quando ti ho chiamato.» esclamò, «È stato... davvero divertente, fare qualcosa di diverso.»
«Vuoi dirmi che non ti diverti quando siamo insieme?» domandò Jason, sconvolto dal pensiero che Lauren potesse divertirsi anche senza di lei; ed era un pensiero orribile, per lui.
«Certo che mi diverto con te!» esclamò lei, «È solo che... noi facciamo sempre le stesse cose, ecco.» Jason annuì e strinse il volante; anche se Lauren gli aveva appena detto che insieme a lui si divertiva non era del tutto contento; a lui era bastato che Lauren si fosse divertita con qualcun altro che non fosse lui. Sospirò e svoltò a destra, per poi fermarsi dopo un centinaio di metri per posteggiare.
«Perché hai quel muso lungo?» chiese Lauren.
Jason la fissò, sapendo che non poteva dire la verità, ossia che era geloso di lei e che non sopportava che lei uscisse con altre persone, lei lo avrebbe preso per pazzo e non gli avrebbe più parlato ed era quello lui non voleva. «Sono solo stanco.» rispose, «Non sei la sola che esce.» sorrise.
Anche Lauren sorrise, «Oh, bene.» disse, «Dai, andiamo a fare colazione che sto morendo di fame!»

Jason fece un respiro profondo e osservò Lauren che rientrava in casa. Non aveva fatto altro che raccontargli quello che aveva fatto la sera prima e lui a un certo punto aveva avuto l'intenzione di gridarle di tacere, di stare zitta e di non raccontargli più nulla su quella sera così divertente che aveva trascorso con Dean, Georgia e gli altri ma non l'aveva fatto perché sapeva che Lauren si sarebbe arrabbiata e avrebbero litigato un'altra volta e lui non voleva litigare con lei, gli si spezzava sempre il cuore quando succedeva.
Inspirò a fondo e fissò la casa, la porta-finestra del salotto aperta per far cambiare l'aria. Udì il mormorio della televisione e sospirò, poi fissò la casa di Elaine, la macchina di Dean era ancora lì.
Lui era ancora lì. Anche se sapeva che lui aveva la ragazza non poteva fare a meno di immaginare che Dean e Lauren potessero vedersi e che lei non gli dicesse nulla; gli mancò il fiato per un'istante a quel pensiero, al pensiero — orribile — che Lauren potesse, in un certo senso, tradirlo.
Sospirò, di nuovo, e pensò, di nuovo, che lui non sopportava, anzi odiava* Dean perché gli stava portando via la sua Lauren.

✫✫✫

Lauren sorrise e spostò il mouse, cliccò su “disconetti” e fissò la schermata del computer cambiare, diventando di un azzurro tenute, con il logo della clinica in alto a destra e una casella al centro dello schermo, in cui inserire nome e password. Il suo turno era appena finito, doveva solo svuotare il cestino dei numerini, prendere la sua bottiglia di succo alla mela e lasciare spazio a Casey, la collega del turno del pomeriggio.
Sorseggiò il succo, svuotò il piccolo cestino di vimini e lo rimise a posto.
«Signorina... devo prenotare una visita.»
Lauren fissò l'anziana donna davanti a sé, «Deve andare allo sportello accanto, io sono chiusa.» disse indicando la luce spenta.
«Ma nell'altra fila bisogna prendere il numero.» protestò la donna. «E io non ce l'ho.»
Lauren sorrise ancora, «Anche qui bisogna usare il numerino, signora.» disse, «In tutti gli sportelli della clinica si prende il numero, ci si mette in fila e si aspetta il proprio turno.» sorrise ancora.
«Ma io ho sono anziana!» squittì la donna, «Devo avere la precedenza!»
«La precedenza ce l'hanno solo le donne incinte e gli invalidi.» disse Lauren e il sorriso sparì dal suo volto, come la sua pazienza. «Io ho finito il mio turno.» esclamò, «Se ha qualcosa da ridire vada all'ufficio reclami.» si alzò in piedi, strinse la sua bottiglia, prese il borsellino con le monetine e la chiave dell'armadietto e si allontanò.
Ogni giorno c'era sempre qualcuno che si lamentava perché non aveva visto il proprio numero sul grande display e così aveva perso il turno, gente come quell'anziana, che pretendeva di passare avanti solo perché era, appunto, anziana, gente che pretendeva che i risultati degli esami fossero pronti già il giorno dopo, persone che si lamentavano dell'appuntamento alle nove del mattino, per lamentarsi ancora di più quando all'appuntamento all'ora che gli andava bene a loro era dopo più di un mese...
Sospirò di nuovo e incrociò Casey a cui descrisse cosa era accaduto un paio di minuti prima, Casey sbuffò e alzò gli occhi al cielo, “Stupidi vecchi.” borbottò mentre si allontanava.
Lauren la fissò trattenendo un sorriso. Casey aveva quasi cinquantasette anni e odiava tutti i “vecchi.”
Lauren si tolse in fretta il camice bianco, indossò la giacca di jeans, si controllò nello specchietto che aveva appeso all'anta dell'armadietto e si disfò la coda, pettinò i capelli con le dita, afferrò la borsa, chiuse l'armadietto e uscì dalla clinica, per dirigersi da suo padre — quel mercoledì era uno di quei giorni in cui lavora quattro ore invece di otto, così ne avrebbe approfittato per andare a pranzo con suo padre e Isobel, la compagna di lui. Di solito s'incontrava con Jason, ma un paio di settimane prima avevano di nuovo litigato perché lei era andata via un fine settimana con sua madre e Drew. E Jason si era arrabbiato perché non usciva con lui. Lauren si era chiesta più volte perché facesse così, prima la spronava ad uscire, poi, se lo faceva ma andava via con qualcuno che non era lui, Jason si arrabbiava e le urlava contro.
Entrò in auto e guardò il cellulare per la prima volta da quella mattina, ancora nessun segno di vita da parte del suo migliore amico; fece una smorfia e sospirò. “Ehi, Jason che fine hai fatto? Ci sei stasera per due chiacchiere?” digitò e inviò il messaggio, gettò il cellulare sul sedile del passeggero e partì.

Lauren posò il trasportino sul pavimento del salotto e aprì la porticina.
«Tuo padre ha preso troppa roba per un gattino solo.» commentò sua madre, seduta sul divano.
Lauren alzò le spalle e prese il gattino che non accennava ad uscire, «In realtà è una gattina.» disse e sfiorò la testolina della bestiola, toccando il pelo bianco, lungo e morbido, «La chiamerò Duchessa.» sorrise e sistemò la gattina nella sua nuova cuccia rosa. La micina si guardò attorno, confusa, annusò il morbido cuscino poi sbadigliò e si acciambellò. Lauren la fissò sorridendo, pensando che fosse bellissima.
«Dove le mettiamo tutto il resto della roba?» chiese sua madre, «Le ciotole in cucina, la lettiera in bagno, la cuccia può stare lì... ma il resto?» continuò.
Lauren fissò il resto della roba che suo padre le aveva dato insieme a Duchessa: il trasportino, la cuccia, una di quelle casette a più piani, dove la gatta avrebbe potuto arrampicarsi, giocare e farsi le unghie, la lettiera e alcuni sacchi di sabbia, oltre al cibo che sarebbe bastato per un paio di mesi. «Non lo so.» rispose e si alzò in piedi, «Nella sala da pranzo?» propose, «Tanto non la usiamo mai.»
Sua madre annuì e misero tutto a posto, sistemando anche il cibo in un'anta della credenza della sala da pranzo, tranne un sacchetto e un paio di scatolette che finirono in cucina.
Lauren mise il cellulare sotto carica e guardò lo schermo, quasi delusa dal fatto che Jason non le avesse ancora risposto. Tornò in salotto e si sedette sul letto, afferrò il telefono e compose il numero dell'amico.
«Pronto?»
«Ehi, Jason.» esclamò lei, «Hai ricevuto il mio messaggio? Stasera mamma esce con Drew, così possiamo stare qui da me e fare due chiacchiere...»
«Sì, ho ricevuto il tuo messaggio.» disse lui, «Lauren... non so se ci sono, questa sera.»
«Ah no?» fece lei, sentendosi delusa, «Perché?» chiese, «Mi dispiace aver litigato con te.» disse e sospirò, pensando a quanto le mancassero le chiacchierate con il suo migliore amico, era da quando Sean non c'era più che lei e Jason non facevano altro che litigare. «Dai, vieni qui, ho una bella sorpresa per te!»
«Una sorpresa?» esclamò Jason, «Sul serio?» disse.
«Sì!» rispose lei, «Dai, per favore!» mormorò, «È da tanto che non ci facciamo una bella chiacchierata, io e te.» esclamò, «Se vieni dopo cena ci facciamo un gelato.»
«Okay.» disse Jason e Lauren sorrise, «Vengo per le nove, okay?»
«Per le nove va benissimo.» cinguettò lei, «Adesso devo andare, mamma mi chiama.»
«A dopo.» disse lui e riattaccò.
Lauren sistemò il telefono al suo posto e andò a vedere di cosa avesse bisogno sua madre.
Quando tornò in sala, dopo aver aiutato sua madre a dividere due collane che si erano intrecciate fra di loro, trovò Duchessa che gironzolava per il salotto, guardandosi attorno. Appena la vide la gattina andò a nascondersi dietro una delle gambe del tavolino.
«Duchessa...» la chiamò lei, «Piccolina, vieni qui.» disse. La gattina avanzò piano, la codina ritta e annusò le dita di Lauren prima di mordicchiarle piano. Lei ridacchiò e prese la gattina in braccio, facendole delle carezze sulla schiena. Duchessa miagolò e iniziò a fare le fusa spingendo contro il suo petto le piccole zampette; Lauren continuò ad accarezzarla e posò la schiena contro lo schienale del divano.

✫✫✫

Jason posteggiò l'auto e respirò a fondo, imponendosi di calmarsi, pregando il suo cuore di smettere di battere così veloce. Lauren aveva una sorpresa per lui ed era curioso di scoprire cosa fosse; “Fa che sia quello che spero, fa che sia quello che spero. Ti prego, fa che sia quello che spero!” pregò, fece un altro respiro profondo e scese dall'auto e si avviò verso la casa dell'amica.
Sorrise quando Lauren lo accolse in casa, le sembrò bellissima — come sempre, del resto —, con i jeans azzurri, la maglietta blu scuro e i lunghi capelli biondi legati in una coda alta, facendo risaltare gli occhi azzurri.
«Allora... la sorpresa?» domandò.
Lei gli sorrise e lo prese per mano, a Jason si mozzò il fiato in gola a quel contatto, sentiva le dita di Lauren attorno al polso, la pelle di lei contro la sua, il suo profumo...
Si fermò quando entrò nel salotto, «La sorpresa?» chiese.
Lauren sorrise e gli indicò il divano, Jason lo fissò, chiedendosi quale fosse la sorpresa: il divano gli sembrò sempre lo stesso degli ultimi tre anni, poi vide la macchia bianca sullo divano nero. «Un gatto?» esclamò, «La sorpresa è un gatto?»
Lauren sorrise e si sedette sul divano, «Sì.» rispose, «Me l'hanno regalato papà e Isobel. A dire la verità Duchessa è la figlia della gatta del fratello di Isobel... ma adesso lei è la mia micetta!» disse, «Ti piace?»
Jason la fissò, deluso. Mentre si preparava ci aveva sperato, aveva pensato che la sorpresa fosse un'altra, che Lauren gli dicesse quelle due parole che voleva tanto sentirsi dire... invece Lauren sorrideva a una gattina bianca.
«È bellissima.» disse e si sedette accanto a lei e continuò a guardare Lauren che coccolava la gattina come se fosse la cosa più bella e preziosa che avesse. «Allora... come va?» domandò, «Hai rivisto Dean?»
Lauren lo fissò, «Dean?» disse, «Che domande mi fai?»
Lui alzò le spalle, «Bhe, sei uscita con lui...»
«Uscita?» ridacchiò Lauren e mosse le dita davanti al muso del gattino, «Sono solo andata alla sua festa!»
«Bhe, ti ha invitato alla sua festa, per questo ci sei andata.» replicò lui, “Anche se io non volevo.” pensò; anche se erano passati quasi due mesi dal compleanno di Dean, lui era ancora furioso per quella storia.
«È stato gentile ad invitarmi.» disse Lauren, posò il gattino sul pavimento e gli lanciò una piccola pallina di plastica verde.
«E ti ha portato a casa.»
«È stato davvero gentile, quella volta.» disse Lauren e osservò Duchessa giocare con la pallina.
«Bhe, voglio sapere se lo hai rivisto.» esclamò lui, mentre il tarlo della gelosia si faceva strada in lui, perché Lauren non gli rispondeva con un “Sì” o con un “No”?
Lei scrollò le spalle e sorrise guardando Duchessa, «Sì, ho visto Dean un paio di volte...» rispose e Jason si sentì morire, «Ma solo fuori casa, mentre lui andava da Elaine... sai, i soliti convenevoli?» aggiunse, «Ecco, quelle cose lì.»
Jason sorrise, leggermente più sollevato. Lauren non usciva con Dean, lo salutava solamente.
«Perché tutte queste domande?» chiese lei, sorridendo a Jason.
Lui la fissò, poi spostò lo sguardo sulla gattina che rincorreva la pallina per prendere tempo, per decidere cosa dire — ovviamente non poteva dirle la verità —, «Ero solo curioso.» rispose.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, fissando Duchessa. «Mi dispiace per il litigio.» disse Jason rompendo il silenzio, «Non volevo urlarti contro.»
Lauren lo guardò e gli sorrise, «Anche a me è dispiaciuto che abbiamo litigato.» disse, «Però ogni tanto sei davvero impossibile.» gli sorrise.
Jason si limitò ad annuire, felice che lei non fosse più arrabbiata con lui. «Ma quel gelato?» domandò, «Sai, sono venuto qui per questo...» scherzò.
Lauren rise e gli schiaffeggiò la mano, «Ah sì?» fece, «Bhe... adesso ti tocca aspettare!»
Jason la fissò, guardò le sue labbra piegate in un sorriso e si sentì bene perché era merito suo se lei sorrideva; e lui amava farla sorridere. «Uffa.» protestò, «Io voglio il gelato!»
«Sembri un bambino piccolo che fa i capricci!» lo prese in giro lei, «Oh, dorme ancora.» disse osservando Duchessa che si acciambellava nella sua cuccia.
«È piccola, credo che sia normale.» esclamò Jason, «La corsetta dietro la pallina la deve aver stancata.» disse e Lauren annuì, «Ma il mio gelato? Lo voglio!»
Lauren lo fissò, poi sospirò e sorrise, «Ogni tanto sei proprio un bambino!» esclamò e si alzò in piedi, «Va bene, va bene... ti preparo il gelato!»
Jason la osservò andare in cucina e sorrise ancora, felice. Lauren l'aveva perdonato, erano ancora amici e lui non poteva chiedere di meglio. “No, io vorrei di più.” pensò, ma avere l'amicizia di Lauren era meglio che non avere niente. Glielo avrebbe detto, un giorno, che lui l'amava, voleva solo essere sicuro che anche lui l'amasse prima di dire qualsiasi cosa e rovinare tutto.
Il pensiero di perderla era un qualcosa che gli attanagliava lo stomaco e gli toglieva il respiro, facendogli quasi presagire un futuro di solitudine e disperazione senza di lei.

Lauren e Jason erano seduti sul divano e stavano guardando un film a cui lui non stava prestando attenzione, troppo preso dai capelli di lei, li sfiorava, li attorcigliava fra le dita, sentendoli morbidi e setosi. Gli piaceva stare lì, con lei, sul divano, seduti così vicini che poteva sentire il suo profumo e il rumore del suo respiro; fingere di essere una coppia che si rilassava sul divano dopo una giornata di lavoro, immaginare di poterla baciare, stringerla e amarla, solo loro due e basta, senza famigliari, amici o nipoti guasta feste.
Girò piano il viso verso di lei e la osservò guardare il televisore, ignara di quello che gli stava passando per la mente. Sospirò, piano, e fissò anche lui il televisore, non volendo farsi beccare mentre la fissa — temeva di avere l'aria da stupido.
«Se ho la faccia sporca puoi anche dirmelo, eh.»
Jason arrossì, «Non ha la faccia sporca.» disse, «Ti stavo solo... solo... guardando.» borbottò.
Lauren ridacchiò, «Okay.» disse, «Meglio così.» sorrise. «E comunque... perché mi stavi guardando?»
Jason rimase in silenzio, sentendosi completamente stupido. «Ehm... in realtà stavo solo pensando.»
«A cosa?»
Jason fissò Lauren sentendosi stupido. Oltre ad essersi fatto beccare a guardarla, non aveva idea di cosa dire, di cosa inventare. «Ehm...» mormorò, «A nulla di particolare.» disse e si girò verso la televisione. «Ero soprappensiero, tu non c'entri nulla.» mentì.
Lauren sorrise, «Okay.» disse, «Va bene.» esclamò e prese il bicchiere d'acqua dal mobiletto accanto al divano e lo sorseggiò lentamente, «Perché eri un pelino inquietante.»
Jason strinse il pugno attorno al cuscino, l'ultima cosa che voleva era sembrare inquietate agli occhi di Lauren, «Mi dispiace.» disse, «Non era mia intenzione.»
Lauren sorrise e gli prese la mano, gesto che spiazzò quasi del tutto Jason, «Non preoccuparti.» disse.
Jason respirò lentamente e sorrise, felice che Lauren gli sorridesse e gli stringesse la mano.

✫✫✫

Lauren scavalcò il muretto alto un metro e venti che divideva il suo giardino da quello di Elaine ed entrò in casa sua. «Elaine?» chiamò, «Sono io, Lauren!» disse alzando la voce; dieci minuti prima l'aveva chiamata chiedendole di raggiungerla.
«Sono di sopra.» esclamò la donna.
Lauren arrivò in fondo al corridoio e salì le scale, domandandosi come mai Elaine l'avesse chiamata, sperò che non fosse caduta e che si fosse fatta male. «Cosa stai facendo?» le chiese quando la vide armeggiare con la porta della soffitta.
«Questa piccola... stronza non vuole aprirsi.» rispose mentre cercava di smontare il blocco della serratura. «E le viti sono incastrate.» disse agitando il cacciavite.
Lauren la fissò, chiedendosi se ci fosse qualcosa che non andasse.
«Prova te, magari ci riesci.» continuò l'altra, «Io vado a cercare dell'olio, magari può servire.» disse e le mise in mano il cacciavite.
Lauren fissò l'attrezzo come se non ne avesse mai visto uno; alzò le spalle e provò a svitare le viti.
Mezz'ora dopo, dopo aver usato un prodotto che aiutava a svitare, le due riuscirono ed entrare nella soffitta. «Cosa devi fare?» domandò Lauren.
«Sistemare un po'.» rispose Elaine, «Buttare alcune cose...» disse e sorrise alla giovane vicina, «Solo quelle rovinate però.»
Lauren piegò le labbra in un sorriso e si guardò attorno, la soffitta era divisa in due grandi stanze, il pavimento e le pareti erano semplici gettate di cemento, le travi del soffitto davano un'aria rustica all'ambiente mentre le grande finestre e i lucernari illuminavano ogni cosa. La ragazza seguì Elaine, domandandosi cosa ci fosse in ogni scatola, baule e armadietto; si morse la lingua per non chiedere cosa ci fosse in quell'armadietto, dipinto di un giallo molto tenue,di cui vedeva solo il fianco, e perché avesse un foro rettangolare.
«Oh, il primo cavalluccio a dondolo di Dean.» squittì Elaine e osservò il cavallino a dondolo, sfiorò il muso dipinto di marroncino chiaro e sorrise, «Dean gli ciucciava sempre la coda.» ricordò e Lauren sorrise. Elaine si spostò e andò verso l'armadio che Lauren aveva notato poco prima. Aprì un'antina e Lauren spalancò la bocca dalla sorpresa. Non era un armadio ma una casa delle bambole; una meravigliosa casa anche se incompleta casa delle bambole in stile Vittoriano.
«Che... meraviglia.» sospirò Lauren.
«Ti piace?» domandò Elaine e sorrise, «L'ha costruita mio marito per Jenny.» aggiunse riferendosi a sua nipote, «Solo che Jenny ha cambiato idea dopo un mese, dicendo che era grande per queste cose.»
«Quanti anni aveva?» chiese Lauren e si disse che non si era mai troppo grandi per una cosa del genere.
«Dieci.» rise Elaine, Lauren scosse la testa e afferrò una vecchia maschera di Batman e osservò lo squarcio che la divideva quasi a metà.
«Questa direi che si può buttare.» disse Lauren.
«Oh, direi proprio di sì.» esclamò Elaine e la mise nel sacchetto di plastica.
Le due passarono le tre ore successive a raccogliere roba rotta e rovinata, mentre Elaine raccontava aneddoti della sua famiglia e Lauren li ascoltava volentieri.

✫✫✫

Dean vide Lauren precipitarsi fuori dal cancello e rallentò, osservò la ragazza che raggiungeva il piccolo parcheggio davanti alle due villette. Guardò la ragazza gettarsi sotto un cespuglio, la ciabatta rossa sul marciapiede.
«Lauren...» chiamò una volta sceso dalla macchina, «Stai bene?»
«Ahi!» rispose lei, «Sto bene.» disse, «Sto solo cercando di prendere Duchessa.»
«Duchessa?» fece lui, chiedendosi se la ragazza stesse bene sul serio, l'ultima cosa che voleva era che uscisse di testa. Vide la parte bassa del cespuglio muoversi e un grazioso gattino bianco uscire miagolando, sorrise e lo prese in braccio. «Credo di avere in braccio Duchessa.» disse.
Lauren si alzò in piedi, recuperò la ciabatta e sorrise quando vide la gattina. «Grazie!» disse prendendola in braccio, «Questa birbona è uscita di casa ed è scappata dal cancello.» spiegò.
Dean sorrise, sollevato. «Dovresti mettere una rete.» commentò osservando le sbarre del cancello.
«Più tardi viene mio papà a farlo.» replicò lei solleticando la pancia della gattina.
Dean sorrise e alzò un braccio e tolse una fogliolina dai capelli della ragazza, «Okay.» disse, «Bhe... però la prossima volta non uscire di corsa, se non fossi andato piano ti sarei venuto addosso.»
«Oh.» fece lei, «Scusa, era spaventata per lei.» sorrise e sistemò la gattina contro la spalla.
«Va bene.» disse lui, «È molto... carina.»
«Grazie.» mormorò lei e sorrise.
«Okay, devo andare dalla nonna.» esclamò Dean e spostò lo sguardo da Lauren sentendosi quasi in imbarazzo quando si accorse che la ragazza indossava solo dei calzoncini neri e una canottiera bianca, «Ci vediamo.» borbottò e si allontanò, fermandosi per un istante ad osservare Lauren che sorrideva a Duchessa, un sorriso sincero, senza un'ombra di malinconia. Sorrise anche lui ed entrò in casa di Elaine.




✫✫✫

Avevo detto che avrei postato ogni dieci giorni... e mi sono scordata di aggiornare xD
Scusate!
Spero che mi lascerete un commentino, per favore! *sbatte le ciglia*
Ringrazio chi ha messo la storia in una lista e chi commenterà. Il terzo capitolo arriverà il 2 o il tre dicembre, datemi il tempo di arrivare a metà del quinto capitolo!

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Capitolo 3
*** 3. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


3.


Lauren infilò il mocio nel secchio e lo passò su quell'ultima parte di corridoio e guardò Duchessa che annusava il pavimento con aria curiosa. «Stai ferma.» disse lei, «Mi lasci giù le impronte.»
Prese il mocio e il secchio e scese in cantina, svuotò il secchio nel lavandino e lo sciacquò per poi capovolgerlo e lasciarlo dentro il lavandino ad asciugare. Svitò il mocio dal bastone e lo gettò nella lavatrice che fece partire dopo aver messo il detersivo ne cassettino. Tolse i vestiti dall'asciugatrice e li piegò, fissò il grande orologio appeso alla parete e si rese conto che era ora di uscire per andare al lavoro; così tornò di sopra, afferrò il sacchetto con la divisa pulita, controllò di aver chiuso tutte le porte e le finestre, riempì la ciotola d'acqua di Duchessa e la prese in braccio. «Io esco, vado al lavoro.» le disse guardandola negli occhi azzurri, «Tu fai la brava gattina e non combinare disastri.» aggiunse mentre la gattina cominciava ad agitarsi, «La mamma torna per pranzo, quindi starai sola per qualche ora... io torno presto!» disse e le baciò la testolina prima di posarla a terra. Sorridendo andò in bagno a lavarsi le mani e a controllare che fosse in ordine, prese le sue cose e uscì di casa diretta al lavoro.

✫✫✫

Lauren sbuffò quando ritornò a casa, alle quattro e mezza del pomeriggio. Il posteggio era tutto occupato da auto e fu costretta a parcheggiare l'auto nel cortile. Prese il vestito di sua madre che aveva ritirato dalla lavanderia ed entrò in casa sbuffando ma sorrise quando Duchessa le corse incontro. «Ehi, piccola.» mormorò Lauren e portò l'abito nella stanza di sua madre e lo lasciò sul letto, avvolto nella sua custodia di plastica trasparente. Aprì le finestre di casa mentre Duchessa la seguiva miagolando. «Hai fame?» le chiese Lauren e la gattina miagolò ancora e la ragazza sorrise. «Dai, vieni.» disse e andò in cucina, prese il sacchetto dei croccantini dal mobile e riempì la ciotola rosa di Duchessa.
Lauren accese la o e prese una crostatina all'albicocca e si sedette sul divano, guardando distrattamente la tv, dove scorrevano le immagini di persone che erano al mare. Lauren sospirò, le sarebbe piaciuto andare un paio di giorni al mare ma, anche se era la metà di giugno, doveva aspettare ancora qualche settimana prima di andare in ferie.
Due crostatine e venti minuti dopo, Lauren si alzò dal divano, «Duchessa?» chiamò dalla cucina e attese ma la gattina non arrivò. «Duchessa?» chiamò ancora andando verso il corridoio, guardò in camera sua e in quella di sua madre ma la gatta non era lì; quando arrivò al salotto si fermò e fissò la porta-finestra aperta. «Merda.» imprecò fissando il balcone. «Duchessa?» chiamò sperando che non fosse uscita e scappata. C'era un buco nella rete a non l'aveva ancora sistemato, aveva paura che Duchessa fosse uscita in strada. Andò sul balcone e scese le scale di corsa, «Duchessa?» disse, «Vieni, qui!» esclamò e si inginocchiò sotto a un cespuglio, andò sul lato della casa, guardando fra i cespugli e il basso muretto che divideva la sua proprietà da quella di Elaine; si fermò di colpo quando vide, attraverso i fori decorativi del muretto, Dean, seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro della casa e Duchessa fra le braccia. «Ehi, ecco dove era finita la birbantella!» esclamò e si arrampicò sul muretto, «Pensavo che fosse scappata... per fortuna l'hai trovata.» aggiunse e sorrise ma, quando guardò meglio il suo sorriso sparì: Dean aveva gli occhi rossi e le guance bagnate dalle lacrime.
«Dean? Cosa è successo?» domandò e scavalcò il muretto, raggiunse il ragazzo e si sedette accanto a lui. «Dean?» sussurrò.
Il ragazzo singhiozzò e si girò verso di lei, «Stamattina mamma è uscita con la nonna, quando sono tornate a casa... la nonna è stata male.» mormorò.
Lauren inspirò lentamente e lo guardò, «Elaine... Elaine sta bene?» chiese anche se aveva paura della risposta.
Dean scosse la testa, «No.» rispose con un sussurro e accarezzò Duchessa, «Non c'è più.»
Lauren aprì la bocca sorpresa da quella notizia e non seppe cosa dire, così si limitò a circondare le spalle di Dean con un braccio. «Mi dispiace.» mormorò dopo qualche secondo di silenzio.
Dean singhiozzò un paio di volte e si asciugò il viso con le mani, Duchessa si acciambellò sulle sue gambe e sbadigliò. «È stato un infarto.» disse, «Eppure stava bene...» mormorò.
Lauren annuì, aveva visto Elaine la sera prima e le era sembrata in forma come sempre. «Mi dispiace.» ripeté. «Tanto.»
«Lo so.» disse lui.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti e Lauren continuò ad accarezzare i capelli biondi di Dean.
«Io non lo permetterò mai!»
I due ragazzi sobbalzarono quando sentirono quelle urla. «Ma chi è?» domandò Lauren e fissò Duchessa correre a nascondersi sotto un cespuglio.
«Mio zio.» sospirò Dean, «Lui vorrebbe fare la veglia a casa, ma la mamma dice che non era quello che voleva la nonna.»
Lauren si limitò ad annuire, si accorse di avere il braccio sulle spalle di Dean e lo spostò sentendosi imbarazzata, portò le mani in grembo e fissò Duchessa che si era nascosta sotto a un cespuglio di ortensia. Tutto ciò — le lacrime, le scelte per il funerale, i parenti che avevano da ridire su ogni scelta — le ricordava Sean e l'ultima cosa che voleva era piangere davanti a Dean, così ingoiò le lacrime e si inginocchiò, «Duchessa.» chiamò a bassa voce e allungò il braccio destro verso la gattina che si nascose dietro a una foglia, «Vieni qui.» disse la ragazza e riuscì a prendere Duchessa per la collottola e la strinse al petto, infilando le dita fra il pelo bianco.
Lo zio di Dean gridò di nuovo e Lauren strinse Duchessa per impedirle di gridare, si sentì una porta sbattere, la ragazza si girò verso Dean e lo vide guardare dall'altra parte, verso la strada. Dopo pochi secondi apparve Kathy, la madre del ragazzo.
«Oh, Lauren.» disse la donna, «Sei qui.»
«Kathy... mi dispiace tanto.» disse la ragazza.
Kathy fece un sorriso triste, «Grazie.» mormorò, «Dean, cosa vuoi fare?» chiese. Il ragazzo alzò le spalle e non rispose.
«Puoi venire da me, se vuoi?» propose Lauren e si stupì un attimo dopo aver finito di parlare, «Se vuoi.» aggiunse e guardò appena Dean.
Dean alzò le spalle, «Va bene.» disse e Lauren lo fissò ancora più sorpresa di prima, non aspettandosi una risposta affermativa, così sorrise e si alzò in piedi.
«Okay.» disse, «Andiamo.» esclamò, «Dobbiamo scavalcare perché non ho le chiavi.»
Dean annuì e la seguì scavalcando il muretto dopo di lei; Lauren sospirò mentre saliva le scale del balcone del salotto e, dopo aver lanciato una breve occhiata alle auto posteggiate, si sentì in colpa per essersi arrabbiata per le macchine che occupavano il posteggio e che l'avevano costretta a mettere la macchina nel cortile.
Lauren fece entrare Dean e chiuse la porta-finestra, posò Duchessa sul pavimento e la gattina corse verso il grande tira graffi, si fece le unghie e sbadigliò.
Lauren condusse Dean in salotto, «Vuoi qualcosa?» domandò, «Acqua, una bibita, del succo...»
Dean sospirò e si sedette sul divano, «L'acqua andrà benissimo.» mormorò.
Lauren annuì e andò in cucina e aprì il frigo, fissò le bottiglie d'acqua domandandosi cosa preferisse Dean fra l'acqua naturale e frizzante, alla fine prese una bottiglia per tipo e due bicchieri che posò sul tavolino davanti al divano, si sedette sulla poltrona e fissò Dean che si guardava le mani, inspirò a fondo e svitò il tappo della bottiglia di acqua frizzante e si riempì il bicchiere. Sorseggiò lentamente guadando Dean che continuava a fissarsi le mani, sobbalzò quando Duchessa le passò accanto per poi andare andare ad annusare le stringhe delle scarpe di Dean, le sfiorò con la zampina e iniziò a masticarle. «Duchessa... no.» disse Lauren posando il bicchiere, «Lascia stare le stringhe.»
Dean guardò la gattina e mosse il piede facendola scappare, si riempì il bicchiere di acqua frizzante e lo bevve lentamente.
«Duchessa è attratta dai lacci.» disse Lauren guardando la gattina che tornava all'attacco, «Le piacciono tanto.»
Dean abbozzò un sorriso e osservò duchessa che annusava le sue scarpe, posò il bicchiere e la prese in braccio, la gattina miagolò e Dean le grattò la testa. «Scusa.» disse, «Avevo visto Duchessa che stava entrando nel giardino di nonna... e l'ho presa.»
Lauren sorrise, «Non preoccuparti.» disse, «Ero preoccupata perché c'è un buco nella rete e avevo paura che fosse andata in strada.» spiegò, «È un po'... tontolona, ecco. Si sdraia in mezzo alla strada e si rotola... e non si sposta se arriva qualcuno.»
«Oh, capisco.» mormorò Dean, «Hai ragione a preoccuparti.» disse e guardò Duchessa, «Non devi stare in mezzo alla strada, è pericoloso.» esclamò. La gattina miagolò e si spostò dalle sue gambe, saltò giù dal divano e si avvicinò alle scarpe di Dean.
Lauren rimase in silenzio non sapendo cosa dire o cosa fare, tutto quello che le veniva in mente le sembrava così... stupido e inutile, respirò a fondo e fissò il pavimento, cercando le parole giuste da dire ma non le venne in mente nulla. Così si limitò a bere ancora e guardò Duchessa che aveva perso interesse per le scarpe di Dean e aveva iniziato a giocare con un topolino di pezza.
I due non si scambiarono nessuna parola per qualche minuto fino a quando il telefono non squillò, Lauren lo prese, «Pronto?» disse.
«Lauren? Sono Georgia.»
«Oh, ciao.» disse lei e si domandò come facesse Georgia ad avere il suo numero. «Hai bisogno?»
«Ho saputo quello che è successo... e so che Dean è da te, ho parlato con Kathy.» rispose Georgia e Lauren si chiese se Dean ne avesse parlato con lei perché le sembrò che non lo avesse fatto. «Non risponde al cellulare... me lo passi, per favore?»
«Sì.» disse Lauren, «È Georgia.» si rivolse a Dean e gli passò il telefono, poi andò in bagno per lasciare un po' di privacy al ragazzo, si lavò le mani, si rifece la coda e tornò in salotto.
«Sta arrivando.» le disse Dean e Lauren annuì mentre si sedeva sulla poltrona.
«Non le avevi detto nulla?» domandò lei.
Dean scosse la testa. «No.» rispose, «Non mi è neanche venuto in mente.» sospirò. «Quando mamma mi ha chiamato non ho pensato più a nulla.»
Lauren annuì ancora e bevve di nuovo. «Mi dispiace.» esclamò. «Moltissimo.»
Dean la guardò, «Lo so.» mormorò.
Rimasero di nuovo in silenzio, mentre Duchessa faceva saltare il topolino di pezza.
«Come va?» domandò Dean.
Lauren alzò le spalle, «Bene.» rispose e si chinò afferrò il topolino e lo lanciò dall'altra parte della stanza e guardò Duchessa che lo inseguiva, alzò il viso e fissò il ragazzo, guardando gli occhi blu velati dalle lacrime. Lauren si riempì di nuovo il bicchiere e stava per bere quando il campanello suonò, sospirò e si alzò in piedi, scostò la tenda della finestra e vide Georgia. «È arrivata.» disse e andò ad aprirle.
«Ciao, hai fatto in fretta.» si rivolse a Georgia mentre teneva aperta la porta d'ingresso.
Georgia la osservò e spostò gli occhiali da sole sulla testa, «Sì.» disse.
Lauren le sorrise e si sentì in imbarazzo mentre le faceva strada verso il soggiorno, non riuscì a capire neppure il lei il perché, poi si disse che probabilmente era perché conosceva poco Georgia.
«Oh, Dean.» fece la ragazza e andò a sedersi sul divano, «Avresti dovuto dirmelo subito! Mi dispiace tanto.» mormorò stringendo Dean in un abbraccio.
«Georgia.... vuoi qualcosa?» domandò Lauren.
«No, grazie.» sorrise l'altra. «E scusami, non volevo essere... scorbutica, ma oggi al lavoro è stato il delirio.» disse, «Sembra che tutti i matti abbiano deciso di venire oggi al ristorante.»
Lauren abbozzò un sorriso, «Non preoccuparti.» esclamò e sorrise, si chinò e prese in braccio Duchessa, per poi sedersi sulla poltrona.
«Andiamo?» domandò Georgia a Dean che annuì piano, finì di bere e si alzò in piedi.
«Grazie.» disse Dean a Lauren e le posò una mano sulla spalla, «E scusami ancora per aver preso Duchessa.»
«Non importa.» esclamò Lauren, «Meglio con te che in mezzo alla strada.» sorrise e li accompagnò alla porta stringendosi la gattina al petto per impedirle di scappare. Guardò Dean e Georgia che scendevano le scale tenendosi per mano, li fissò mentre attraversavano il giardino e uscivano dal cancello. Chiuse la porta, sospirò e posò per terra Duchessa, lentamente tornò in salotto e si lasciò cadere sul divano dove scoppiò a piangere.

«Ma Lauren... piangi!» esclamò Jason quando la ragazza rispose alla sua chiamata, «Cos'è successo? Vuoi che venga lì?»
Lauren tirò su con il naso e si asciugò le lacrime, «Elaine è morta questa mattina.» disse.
«Oh.» fece lui, «Mi dispiace.» disse, «Vuoi che venga lì?» domandò.
«No, grazie.» rispose Lauren e si sedette sul divano, «Fra poco ceno e poi vado a dormire.» disse, «Ho un mal di testa che mi sta uccidendo.»
«Ah, va bene.» esclamò Jason. «Sai quando c'è il funerale? Così vengo con te.»
«Dopo domani, alle quattro e mezza.» rispose Lauren e guardò Duchessa che dormiva nella sua cuccia. «Vieni?» chiese e sperò che dicesse di sì.
«Certo.» rispose Jason, «È ovvio che non ti lascio sola.» disse. «Vengo da te per le quattro così facciamo tutto con calma.» aggiunse, «Ci sarà anche tua madre?»
«Bhe... sì.» rispose Lauren, «Mi pare ovvio.» disse e guardò sua madre portare in tavola due piatti di pasta. «Devo andare, la cena è pronta. Ci sentiamo domani.»
«Okay.» disse Jason, «A domani.»
Lauren chiuse la comunicazione, mise il telefono al suo posto e andò a tavola.

✫✫✫

Jason posò la mano sulla schiena di Lauren mentre si avvicinavano ai familiari di Elaine per fare loro le condoglianze, pensò che l'ultimo funerale al quale aveva partecipato era stato quello di Sean, inspirò lentamente e fece passare la madre della ragazza. Dopo venti minuti erano sul vialetto che conduceva al cancello d'ingresso e Jason sperò che Lauren non svoltasse a sinistra, per dirigersi verso la tomba di Sean perché non voleva vederla piangere e soffrire, così le posò una mano sulla schiena e avanzarono, superando il viottolo di sassi piccoli e bianchi.
«Non mi spingere.» protestò Lauren, «So camminare da sola!»
«Okay.» mormorò lui e tolse la mano dalla schiena anche se non avrebbe voluto farlo perché quel semplice contatto gli piaceva molto. «Non volevo spingerti.» disse, «Scusa.»
Lauren lo guardò e fece un piccolo sorriso, «Lo so.» disse, «Non preoccuparti.»
Anche Jason sorrise e guardò Lauren mentre continuava a camminare, inspirò a fondo e rimase lì, fermo, quasi incantato dalla figura di lei, dai capelli legati in una coda che si muoveva sulla sua schiena ad ogni passo.
«Jason? Ti sei incantato?»
Il ragazzo sorrise, «No, arrivo.» rispose a Lauren e la raggiunse, oltrepassarono il cancello e si diressero verso l'auto di lui. «Ci fermiamo a bere un caffè?» propose perché voleva passare altro tempo con Lauren.
La ragazza guardò sua madre e alzò le spalle, «Va bene.» rispose ed entrò nell'auto di Jason, sedendosi sul sedile del passeggero mentre sua madre andò dietro. Jason sorrise e si sedette anche lui, felice di poter passare altro tempo con Lauren.

✫✫✫

Lauren posò il bicchiere di plastica sopra il tavolino e prese il cellulare dalla tasca della divisa e fissò il nome di Dean lampeggiare sullo schermo, sfiorò il tasto verde e portò il cellulare all'orecchio, «Pronto?»
«Ehi, Lauren... ti disturbo?» disse Dean.
«No, sono in pausa.» rispose lei e girò la paletta di plastica nel cappuccino.
«Ecco... io e Alexia stavamo pensando di fare una serata per ricordare la nonna.» disse il ragazzo, «Sai, una cosa dove si ricordano i momenti divertenti.»
Lauren sorseggiò la bevanda calda, «Che cosa carina.» commentò.
«Vorresti venire?»
«Cosa?» domandò Lauren. «Ti ho chiesto se ti andrebbe di venire.» ripeté Dean. «Saremo solo io, Georgia, mia sorella e suo marito.» spiegò, «Vieni?»
Lauren bevve il cappuccino, «Sì.» rispose, «Basta che mi dici dove e quando e vengo.»
«L'indirizzo esatto non lo so, è un locale che conosce Alexia.» disse Dean, «Ti mando un messaggio in serata con tutti i dettagli.»
«Okay.» disse Lauren, «Aspetterò il messaggio.»
«Devo andare, ti lascio finire la tua pausa in pace.» esclamò Dean, «Ci sentiamo, ciao.»
«Okay, ciao.» lo salutò Lauren e chiuse la chiamata, infilò il cellulare in tasca e fissò il bicchiere chiedendosi come mai fosse venuta in mente un'idea del genere ad Alexia visto che non le era mai sembrata una persona che potesse avere un'idea di quel tipo però erano sei mesi che non la vedeva — escluso il funerale di Elaine — e un cambiamento del genere ci poteva stare.
«Hai un appuntamento galante?»
Lauren smise di bere il suo cappuccino e fissò la sua collega Clara. «Un appuntamento?» esclamò, «Cosa?»
L'altra sorrise, «Hai un sorriso di chi ha un appuntamento.» disse, «Su, sputa il rospo... con chi esci?»
Lauren scosse la testa e fissò quello che rimaneva del cappuccino, «Nessuno appuntamento.» rispose, «Era solo... un amico, ci stiamo organizzando per uscire con amici.» spiegò e finì di bere.
Clara alzò le spalle e infilò la chiavetta nel distributore del caffè, «Okay, okay... come vuoi.» disse, «Ma non negare che stai sorridendo.»
Lauren si bloccò poi scrollò le spalle. «Va bene.» disse e gettò il bicchiere nel cestino, «Io torno al lavoro.» esclamò e si allontanò e mentre tornava alla sua postazione si domandò se davvero avesse sorriso così tanto da far pensare a Clara di avere un appuntamento. Un appuntamento galante*. Sospirò e si sedette al suo posto, accese il display con i numeri e mosse il mouse per togliere lo screen saver. Si stampò un sorriso in faccia e schiacciò il tasto che cambiava il numero della persona che doveva servire — quel giorno doveva solo consegnare i referti, niente gente che si lamentava per le date degli appuntamenti — e sorrise all'anziano che le si avvicinò.

«Duchessa!» strillò Lauren, «Non mangiarmi il filo del caricabatterie!» esclamò e sollevò la gattina, «Ne hai già rotto uno!» disse e sistemò il filo dietro il comodino in modo che fosse fuori portata dagli artigli e dai denti di Duchessa. «Non posso spendere tutti i miei soldi in carica batterie solo perché tu hai deciso di mangiarteli.» sospirò e posò la gatta sul letto.
Il messaggio di Dean le era arrivo poco dopo che si erano sentiti, con il nome del locale, l'indirizzo e la data e l'ora dell'appuntamento — la sera successiva —, lei aveva risposto quando aveva smesso di lavorare dicendo che ci sarebbe stata. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi mentre Duchessa saltava sul pavimento. Sbadigliò e aprì gli occhi, fissando il soffitto bianco, si sentì esausta e sospirò dondolando i piedi.
Sbuffò quando il suo cellulare squillò e si mise seduta, lo prese e rispose, era Jason. «Ehi.» fece, «Ciao.»
«Ciao, Lauren.» la salutò, «Come va?»
«Sono stanca.» disse lei, «Tu?»
«Tutto bene.» rispose lui, «Usciamo stasera?»
Lauren trattene uno sbadiglio, «No, scusa, sono davvero esausta.» rispose, «Facciamo venerdì?» propose, dimenticandosi di dirgli che la sera seguente — giovedì — sarebbe uscita con Dean.
«Ah.» fece lui, «Neanche un'oretta?» chiese, «Il tempo di berci una birra.»
«No, Jason... sono veramente stanca.» replicò Lauren, «Vorrei solo andare a dormire.»
«Okay.» sospirò Jason e Lauren intuì che non era contento, «Allora ci vediamo venerdì, come al solito...» disse, «Tanto domani non ci sono è il compleanno della prozia e devo andarci per forza.»
Lauren sorrise, «Uh, la terribile prozia!» scherzò, «Nulla di terribile.» aggiunse e sentì sua madre che le diceva che la cena era pronta. «Devo andare, è pronto.» disse.
«Va bene, ti lascio alla tua cena.» esclamò Jason, «Ci sentiamo domani.»
Lauren lo salutò e uscì dalla sua stanza e gridò quando Duchessa sbucò da dietro un mobile e le saltò addosso, infilandole le unghie nella caviglia e mordendola.
«Duchessa!» strillò, «Questa notte dormi sul divano!» disse a raggiunse il salotto.
«Ti ha morso?» le chiese la madre.
«Sì.» sbuffò la giovane. «Fa gli agguati.» disse, «Forse crede di essere una tigrotta.» aggiunse sedendosi; Duchessa sfrecciò per la stanza e balzò sul divano. «Stai lì.» borbottò Lauren, «Stai facendo troppi danni sulle mie caviglie.» disse e sorrise alla gattina.

✫✫✫

La birreria che aveva scelto Alexia era molto bella, con le pareti rivestite di legno, i tavoli e le panche di legno, il grande bancone alla destra della porta d'ingresso, le luci che scintillavano su di esso.
«E quella volta che hai alzato la gonna di Lauren e lei ti ha dato uno schiaffo?» rise Alexia, «E poi la nonna ti ha sgridato...»
Dean incrociò le braccia al petto, «Avevo cinque anni ed ero curioso!» si difese, «E tu,» si rivolse a Lauren, «Prima mi hai dato una sberla, poi se andata da mia nonna a dirle che ti avevo alzato la gonna.»
«Bhe, cosa dovevo fare?» sorrise Lauren, «Dirti di continuare pure?» lo prese in giro, «Avrò avuto quattro anni ma già sapevo che i maschi non dovevano alzare la gonna alle femmine.»
«Sì, okay.» borbottò Dean, «Ma mi avevi fatto male.» disse e gli altri risero.
«Non è colpa mia!» si difese Lauren e bevve un sorso di birra, «E poi se sei delicato...»
«Uh, altroché se lo è!» commentò Georgia, «Se lo punge una zanzara è capace di piagnucolare per venti minuti!» disse e scoppiò a ridere, abbracciò il ragazzo e gli baciò una guancia.
«La smettete di prendermi per il culo?» sospirò Dean.
«Guarda che da piccolo eri una vera peste!» disse Alexia, «Eri un terremoto, mentre pensavi a una cosa avevi già combinato mille disastri!»
«Come quella volta che sei scappato di casa...» disse Lauren.
«Cosa?» fece Georgia, «Sei scappato? E quando?» chiese mentre Dean sorseggiò la birra con lentezza.
«Avevo cinque anni e volevo il gelato.» borbottò il diretto interessato.
«Io voglio capire come hai fatto!» disse Georgia e posò un braccio sulle spalle del diretto interessato.
«Dean voleva il gelato ma la nonna gli spiegò che il negozio era chiuso.» disse Alexia, «Ma lui ci voleva andare per forza, così, in un momento in cui io e la nonna eravamo distratte, è uscito di casa, ha fatto una decina di metri... ed è stato fermato dalla mamma di Lauren.»
«Che ti ha riportato indietro.» finì l'altra.
«E sono stato sgridato da tutti: dalla nonna, da mamma e papà...» disse Dean, «e da tua madre!» guardò Lauren, «Non ho potuto mangiare il gelato per una settimana, e tu, ogni giorno, mangiavi il gelato sul balcone davanti a me!» aggiunse guardando Lauren.
Lei sorseggiò la birra e posò il boccale sul tavolo. «Guarda che non ero io che volevo andare sul balcone ma era mia madre che mi mandava perché c'era il divano nuovo!» disse guardando Dean e per un attimo fissò gli occhi azzurri del ragazzo che sembravano quasi blu sotto le luci fioche del locale, distolse lo sguardo e lo posò sulla sorella di lui. «Non è colpa mia se tu eri lì mentre io mangiavo il gelato.» esclamò e guardò brevemente Dean. «È colpa tua.»
Lui sbuffò, «Sì, okay.» borbottò, «La colpa è mia!»
Georgia rise, «Oh, bhe... sì!» confermò, «Sei scappato da casa quindi sei stato messo in punizione... quindi è colpa tua!» ridacchiò.
«Anche tu dai la colpa a me?» sbuffò Dean e incrociò le braccia al petto, «Uffa!» sospirò e bevve ancora, «Avevo cinque anni!»
«Ed eri uscito con i gettoni delle giostre.» disse Alexia, «Volevi pagare il gelato con quelli.» lo prese in giro, «Su, Dean, non puoi negare che da piccolo eri terribile!» Lui fece una smorfia, «Ce l'avete con me.» borbottò, «Eddie, aiutami1» disse rivolgendosi al cognato.
Eddie posò il bicchiere di birra sul tavolo, «Sono in maggioranza.» esclamò, «Vincono loro.»
Dean sospirò, «Bha, okay.» disse, «Non ero così terribile.» esclamò, «Ero un bravo bambino! Non combinavo così tanti disastri.» aggiunse, «Non sono io quello che voleva salire le scale con il triciclo...»
Lauren smise di sorseggiare la birra e guardò Dean, «Avevo tre anni!» si giustificò, «E sono anche andata al pronto soccorso perché mi sono tagliata sotto al mento!» disse, «È diverso.»
«A me non sembra.» esclamò Dean.
«Sì, invece!» la difese Georgia e Lauren se ne stupì, «Aveva tre anni e voleva fare uno di quegli esperimenti assurdi che fanno i bambini.» disse, «Non come qualcuno che ha messo i pattini a ventiquattro anni per la prima volta e pretendeva di saltare tre gradini senza ammazzarsi... almeno lei era piccola, tu eri solo cretino.»
Dean spalancò la bocca dallo stupore, «Ma... ma... uffa!» sbuffò, «Non è giusto!» borbottò, «Perché lei si e io no?»
«Perché io da piccola ero davvero carina.» rispose Lauren, «Lo dicevano tutti!»
«Eri terribile anche tu!» esclamò Dean, «Mi hai dato uno schiaffo!»
Lauren ridacchiò, «Solo perché tu mi avevi tirato su la gonna.» disse.
«Bha, ero solo curioso.» borbottò lui e le sorrise, Lauren distolse lo sguardo e fece un piccolo sorriso.
«Eri troppo curioso.» mormorò prima di bere ancora, «Potevi alzare la gonna di Alexia, non la mia!»
«Lei non portava mai la gonna.» replicò Dean.
«Bhe, ma non dovevi alzare quella di Lauren!» ribatté Georgia, «Non sono cose che si fanno!»
Dean sbuffò ancora, «Ero piccolo!» si lamentò, «Non lo sapevo!» disse e gli altri risero, «Uffa.»
Lauren finì la birra e rise di nuove, sentendosi rilassata e... felice di stare in compagnia di persone così piacevoli, si mosse sulla panca e spostò la sua borsetta di qualche centimetro, non accorgendosi che al suo interno il suo cellulare continuava a vibrare.

✫✫✫

Jason inspirò a fondo e riprovò a chiamare ma il cellulare di Lauren suonò libero fino a quando non entrò in funzione la segreteria. Il ragazzo sbuffò e posò il cellulare sul tavolo.
«La finisci di chiamare?» lo rimproverò suo padre.
«No.» disse Jason, «Lauren è uscita e non vuole rispondermi.» spiegò, «Mi preoccupo!»
Il padre sospirò, «Guarda che Lauren è grande e sa badare a se stessa...» disse, «Smettila di stressarla solo perché non è insieme a te.»
Jason fissò il genitore e sbuffò, «Io non la... stresso.» replicò, «Io mi preoccupo, è ben diverso!» disse, «Lei è fuori con... con...» sospirò, «Lauren è uscita e non mi ha detto nulla!» esclamò. Mezz'ora prima la sorella di Deacon gli aveva mandato un messaggio in cui gli scriveva che aveva visto Lauren in compagnia di Georgia, Dean e altre due persone e lui, due minuti dopo aver letto quelle parole e averne compreso il significato — a lui la sera prima Lauren aveva detto di no mentre a Dean aveva detto di sì — aveva iniziato a chiamarla senza ottenere risposta.
«Lauren e grande.» esclamò l'uomo, «Può benissimo uscire senza di te.»
Jason sbuffò di nuovo e si chiese perché suo padre non lo capisse, perché non riuscisse a comprendere il perché lui si preoccupasse così tanto per Lauren.
«E non sbuffare.» continuò il padre, «Tu sei solo geloso.» disse e Jason si sentì avvampare, «Perché lei è uscita con altri e non con te.» aggiunse, «Lasciala un po' in pace e falla uscire con chi vuole, anche se ci esce senza di te.»
Jason sospirò e si disse che nessuno lo capiva, lui voleva — doveva — proteggere Lauren e non sopportava che uscisse con qualcuno che non fosse lui, «Sì, okay, hai ragione.» disse e sperò di essere risultato convincente perché, per lui, suo padre non aveva ragione.

Finalmente, quando mancavano quindici minuti all'una di notte, Lauren lo chiamò. «È successo qualcosa?» domandò lei.
«No.» rispose Jason, «Ero solo preoccupato...»
Lauren sospirò, «Non devi esserlo, ero fuori con Dean, Georgia, la sorella di Dean e suo marito.» disse, «Nessun è un criminale fuori di testa.»
Jason fece un respiro profondo, «Lo so, è solo che...» mormorò, «Non mi hai detto nulla.»
«Non pensavo di doverti informare di tutti i miei spostamenti!» replicò lei, «Jason... stai tranquillo: non mi è successo nulla, ho passato una bella serata e mi sono divertita.»
Il ragazzo strinse il telefono e posò i piedi sul tappeto blu scuro, «Ah... va bene.» disse, «Mi fa piacere.» mentì.
«Bugiardo!» ridacchiò Lauren, «Lo so che menti.»
«Non è vero!» squittì Jason, «Sono felice che ti sia divertita.» disse ma mentiva ancora, non era felice che Lauren si fosse divertita senza di lui.
«Okay, okay.» Lauren si fermò e sbadigliò, «Farò finta di crederti.» disse, «Com'è andata la cena?»
«Come al solito.» rispose Jason e sospirò, «Sai come sono i miei parenti... insopportabili.»
Lauren ridacchiò, «Lo so!» disse e sbadigliò ancora, «Sono stanca... ci vediamo domani, okay?»
Jason ingoiò la delusione, avrebbe voluto parlare ancora con lei, «Va bene, dormigliona.» disse.
«Lo sai che sei il mio migliore amico e ti voglio bene?» mormorò lei, «Buona notte.»
Jason sorrise, «Lo so.» disse, «Anche io ti voglio bene.» aggiunse, «Buona notte.» esclamò, chiuse la chiamata e posò il telefono sul comodino e sorrise ancora di più. Lauren era uscita con Dean ma gli aveva detto che gli voleva bene e per lui era sufficiente. Con il sorriso sulle labbra spense la luce e si sdraiò sotto le coperte.




✫✫✫

Salve!
Scusate per il ritardo ma quel simpaticone di Open Office prima ha fatto sparire il capitolo 3. Io l'ho riscritto tutto e, qualche giorno dopo, avevo aperto i file dei capitoli 3, 4 e 5 e OO decide di andare in crash e farmi sparire i capitoli, comprese le copie di backup.
Mi era passata la voglia di riscriverli, poi, il 21 Dicembre i Britroyal hanno stellinato un mio tweet, il giorno dopo lo ha fatto quell'omino che amo tanto di Ben Montague e, infine, il 23 il Carter piccolo, ovvero Aaron, ha messo il like a una mia foto so IG.
Terno!
Sto fanghirlando ancora e fanghirlerò parecchio, suppongo, quando il 2 Marzo uscirà l'album di Ben. Il giorno dopo il mio trentunesimo compleanno. (Sono messa male, lo so! xD)
Comunque... io a tre anni provai a salire le scale esterne di casa mia con il triciclo... e mi sono tagliata il mento, il giorno prima di partire per le vacanze. Mia madre mi ha detto che chiamavo il dottore che mi ha ricucito “brutto e cattivo.”
Io piangevo mentre il medico, l'infermiera e i miei ridevano -.-
Comunque... grazie a chi legge, mette la storia in una delle liste e a chi commenta!

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Capitolo 4
*** 4. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


4.


Era la metà di luglio e Dean non sopportava più quella situazione: i suoi zii, Carl e Gregory — fratelli di sua madre — si ostinavano a dire che il testamento di Elaine non era giusto, che doveva esserci sotto qualcosa, perché non era possibile che Elaine avesse lasciato la casa a Kathy, insieme a buona parte dei suoi soldi. Continuavano a dire a Dean che lui lo aveva fatto apposta ad andare tutte le settimane dalla nonna, così l'aveva convinta a lasciare la casa a sua madre, che l'aveva raggirata con belle parole nei confronti della madre e dicendo cattiverie verso gli altri.
Dean lo sapeva che non era vero, lui andava andava da sua nonna solo perché gli andava di farlo e non aveva assolutamente idea a quanto ammontasse il suo conto corrente; sbuffò e si mise seduto composto sulla sedia e continuò ad ascoltare i suoi parenti che continuavano a dire che non era giusto, fissò le sue cugine che dicevano quanto mancasse loro la nonna ma lui sapeva che non era vero.
«Ma piantatela!» sbottò Alexia, «Voi ogni quanto andavate dalla nonna? Ogni tre mesi?» domandò, «Non la chiamavate mai, era sempre lei a farlo e adesso pretendete di avere lo stesso trattamento della mamma?»
Dean fissò sua sorella con la bocca aperta, domandandosi dove avesse trovato il coraggio di interrompere quella discussione.
«Voi andavate là solo per i soldi!» gridò Carl.
«No, noi andavamo là perché vogliamo... volevamo bene alla nonna, perché ci faceva piacere andare a trovarla... voi ci andavate solo per chiedere dei soldi in prestito.» ribatté Alexia, «Siete degli stupidi ipocriti... prima non la calcolavate e ora, improvvisamente, piangete dicendo quanto vi manca...» disse e guardò le cugine, «La realtà e che non ve ne fregava un cazzo di lei, le facevate solo moine prima del Natale e dei vostri compleanni solo perché speravate che vi desse qualcosa di più!»
«A me non a regalato la macchina!» strillò Grace, la figlia di Carl.
«La nonna non mi ha regalato la macchina!» protestò Dean, «In che lingua ve lo devo dire?»
«Però sei andato con lei dal concessionario!» ribatté Grace.
«Solo per fargliela vedere!» disse Dean e sbuffò, «Mi ha regalato soltanto in profumo e le tendine parasole...» aggiunse, «Roba che costa al massimo una ventina di dollari.»
Ricominciarono a gridare, con Dean e Alexia che si difendevano dalle accuse delle cugine e degli zii mentre i loro genitori sedevano in un angolo, troppo scossi da quella situazione.
All'improvviso il rumore del campanaccio risuonò, zittendo tutti quanti. «Funziona sempre.» commentò il signor Stocks, il notaio. «Allora... il testamento non è impugnabile, e la stessa Elaine ha scritto che lasciava tutto a Kathy perché era l'unica fra i figli a occuparsi di lei.» disse e alzò una mano, toccando la corda che muoveva il campanaccio decorato da un disegno floreale, «Quindi, ricapitolando... la casa con tutto il suo contenuto va alla signora Kathy Brennan, mentre il conto corrente, che ammonta a centottanta mila dollari verrà suddiviso così: due terzi a Kathy, i restanti sessantamila andranno divisi fra Carl e Gregory.»
«Io devo accontentarmi di trentamila dollari mentre Kathy si becca più del doppio?» esclamò Carl, «Non è giusto! Io chiamo la polizia!»
Il notaio sospirò, «C'è una clausola nel testamento.» disse, «Dice che se vi lamentate troppo dovrò togliervi dei soldi e darli a Kathy.»
Gli altri tacquero e Dean intuì che lo facevano solo perché avevano paura di perdere tutti i soldi; pensò che con quella cifra sarebbe riuscito a ripagare la macchina — gli mancavo otto rate — e a pagare una piccola parte dell'anticipo per comprare un piccolo bilocale e gli sarebbe avanzati anche dei soldi, quello che bastava per una cena con Georgia nel miglior ristorante della città.

✫✫✫

Dean sospirò e scese dall'auto, si scostò i capelli dalla fronte e guardò la casa della nonna. Doveva entrare, andare in soffitta e scegliere cosa tenere e cosa buttare ma prima doveva fare un'altra cosa. Sua nonna aveva lasciato una lettera per Kathy, in cui c'era scritto di far andare Lauren in soffitta insieme a loro e di darle una cosa.
Solo che Elaine non aveva scritto cosa darle ma solo un breve e conciso: “lo capirete guardando il suo viso.” Kathy aveva detto a Dean di andare lì e portare Lauren con sé perché lui aveva più confidenza con lei.
Suonò il campanello della casa di Lauren e rimase in attesa sotto al sole del primo pomeriggio.
«Dean, ciao.» esclamò Lauren.
«Oh, ciao.» fece lui, «Ascolta...» si fermò e non trovò le parole da dirle così sorrise e optò per un'altra soluzione, «Ti andrebbe di aiutarmi a sistemare la soffitta?»
Lei lo fissò e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte, «Sì.» rispose, «Mi metto le scarpe e arrivo.»
Dean sorrise e la guardò entrare in casa, accorgendosi solo allora che Lauren indossava dei calzoncini corti, rimase fermo davanti al cancello, pensando a quella stoffa azzurra. Sospirò e si disse che non doveva assolutamente pensare a Lauren in quel modo, che aveva Georgia e che l'amava tanto.
«Sono pronta.»
Dean annuì e guardò Lauren scendere le scale, notando che oltre alle scarpe si era cambiata i calzoncini, optando per dei pantaloncini neri che arrivavano poco sotto le ginocchia.
«Tutto bene?»
Dean sbatté le palpebre un paio di volte poi sorrise a Lauren, «Sì... stavo solo pensando.» rispose e si diresse verso la casa di sua nonna; mentre infilava la chiave nella serratura del cancello fece un piccolo sospiro ricordando tutte le volte che era andata a trovare la nonna, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo mentre girava la chiave, la serratura scattò e il cancello si aprì con un sibilo. Dean fece passare Lauren e poi andò alla porta, fissando il prato e dicendosi che avrebbe dovuto tagliare l'erba.
Entrò in casa e strinse le labbra quando si ritrovò in mezzo al salotto. Sospirò e aprì la finestra, alzò la zanzariera per poi riabbassarla dopo aver socchiuso le persiane.
«Vieni.» disse a Lauren che lo seguì senza dire nulla, salì le scale e aprì la finestra del primo piano che dava sul giardino, proseguirono ed entrarono in solaio. «Non mi ricordavo che ci fosse così tanta roba.» commentò il ragazzo.
«Elaine qualche mese fa ha buttato un po' di cose rovinate.» disse Lauren, «Il cavallino che ciucciavi sempre quando eri piccolo.»
Dean la guardò sorpreso, «Tu come...»
Lauren abbozzò un sorriso, «Qualche mese fa Elaine mi aveva chiesto di aiutarla a buttare alcune cose.» disse e incrociò le braccia, «E mi ha raccontato che da piccolo ciucciavi il cavallino a dondolo.»
Anche Dean sorrise, «Oh... sì, è vero.» disse e guardò il cavallino, sfiorò la criniera scolorita e spostò lo sguardo su Lauren, «Me ne ero dimenticato.» mormorò e si guardò attorno, fissando gli oggetti ammucchiati. Fece qualche passo verso destra, «La mia vecchia pista per le macchinine!» esclamò aprendo uno scatolone, «Ecco dove era finita.» aggiunse e si voltò, guardò Lauren che fissava la vecchia casa delle bambole e capì che era quello che intendeva sua nonna: gli occhi sgranati, le labbra piegate in un'espressione a metà fra lo stupore e il sorriso... «Puoi prenderla.»
«Cosa?» fece lei girandosi verso di lui.
«Puoi prenderla.» ripeté Dean, «La casa delle bambole... puoi prenderla.» disse e sorrise.
«Ma è di tua cugina!» esclamò Lauren, «Non posso.»
Dean sorrise e inspirò lentamente, «Vedi... nonna ha lasciato una lettera a mamma, in cui aveva scritto che...» fece uscire l'aria e si sedette sopra un vecchio baule, «Nonna ha scritto che dobbiamo darti una cosa, di portarti qui e di darti la cosa che ti piace di più.» spiegò, «E quella,» indicò la casetta, «ti piace, lo capisco.» sorrise.
«Ma è di tua cugina.» squittì lei, «E se la rivuole?»
Dean scosse la testa e si fissò le scarpe, «Jenny non la vuole, fidati.» disse, «Sai, nonna ha lasciato praticamente tutto a mamma.» sospirò, «La casa con tutto quello che c'è dentro, i soldi...»
Lauren si limitò ad annuire, «Parenti serpenti.» disse e Dean annuì, «Per questo l'altro giorno avete cambiato la serratura dei cancelli.» aggiunse e Dean annuì di nuovo, Lauren sospirò e strinse per un attimo il labbro inferiore fra i denti. «Dean... grazie.» esclamò, «Ma non posso... Jenny non potrà più volerla ma se la volesse tua madre?»
Dean la fissò, colpito da quell'eventualità a cui né lui, né sua madre e sua sorella avevano pensato. «Posso mandarle un messaggio.» disse e fissò la ragazza, «Non preoccuparti.» esclamò e fissò Lauren, sorrise e pensò che dovesse essere molto indecisa, in quel momento, lo capiva dall'espressione del suo viso, dal fatto che continuava a mordicchiarsi le pellicine del pollice destro, «Anzi, chiamo mamma così faccio prima, okay?»
Lauren annuì e Dean chiamò sua madre, raccontandole della casa delle bambole che piaceva tanto e dopo un paio di minuti si girò verso Lauren, le sorrise e infilò il cellulare in tasca, «È tua.» disse.
Lauren smise di sistemarsi la coda e lo guardò, «Cosa?» domandò.
Dean sorrise ancora, «Mamma non la vuole e Alexia neppure... Terminator la distruggerebbe in due minuti.»
«Terminator?» fece Lauren, «Cosa?»
«Terminator è il cane di mia sorella.» spiegò Dean, «È un pastore dei Pirenei, è un cucciolo di sei mesi ma è un terremoto...»
Lauren annuì, «E si chiama Terminator?» domandò.
«No.» rispose Dean, «Si chiama... Batuffolo.»
Lauren ridacchiò, «Batuffolo? Un cane che diventerà grosso come un cavallo?»
Anche Dean rise, «Bhe... Alexia lo ha preso quando era piccolo e le ricordava un batuffolo di cotone...» spiegò, «Comunque la casa è tua.» disse.
Lauren sorrise ancora e Dean la fissò, guardò il suo sorriso e distolse lo sguardo. «Grazie.» esclamò lei.
«Ci dovrebbe essere una scatola con dentro dei mobili per la casetta.» disse Dean e spostò alcune scatole, fissando vecchi libri dalle copertine ingiallite, vecchi giocattoli e cianfrusaglie varie, «Deve essere da qualche parte...» mormorò, «Eccoli.» esclamò quando, aprendo una scatola, vide un piccolo tavolino quadrato e quattro sedie di legno chiaro.
«Oh, che carine!» commentò Lauren e Dean si girò e se la ritrovò di fianco, la schiena leggermente piegata per osservare meglio il contenuto della scatola. «Li ha fatti tuo nonno, vero?»
Dean annuì e sentì il profumo di lei, «Sì... li costruì lui.» rispose, «Portiamo giù la casa.» borbottò e si girò dall'altra parte.
«Non è troppo pesante?» chiese Lauren, «Non vorrei che si rompesse...»
Dean fissò la casetta, «Proviamo ad alzarla e se è troppo pesante chiederò aiuto a mio padre o a mio cognato.»
Lauren annuì, «Okay, proviamoci.» disse e si avvicinò alla casetta e posò le mani lungo i lati più stretti e Dean fece lo stesso dall'altra parte. Sollevarono l'armadio-casetta e riuscirono a portarlo al piano rialzato della casa di Elaine.
«Okay... il più è fatto.» ansimò Dean mentre si asciugava con la mano la fronte, «Ora bisogna portarla da te.»
Lauren annuì e posò le mani sopra il tetto della casetta, «Uh, ho bisogno di riposarmi un attimo.» mormorò e si rialzò, trovando le braccia ricoperte di polvere.
«Puoi lavarti, se vuoi.» propose Dean, «Io vedo se c'è del ghiaccio nel freezer, così beviamo qualcosa di fresco, mamma ha svuotato il frigo ma lo ha lasciato in funzione, non so il perché...»
Lauren sorrise e annuì, «Uh, va bene.» disse, «Grazie.» aggiunse ed entrò in bagno.
Dean aveva trovato un sacchetto di tè alla pesca istantaneo e ne aveva preparato una brocca, usando l'acqua del rubinetto e rinfrescandolo con alcuni cubetti di ghiaccio.
«Tè freddo!» commentò Lauren entrando in cucina, «Grazie!» disse e si sedette di fronte a Dean.
«È alla pesca.» disse Dean e sorseggiò la bevanda, «Spero che ti piaccia.»
Lauren annuì e strinse il bicchiere, «Sì, va benissimo.» sorrise e portò il bicchiere alle labbra, lo sorseggiò e guardò Dean, «Ci voleva proprio.» ammise.
Dean la fissò, assorto, pensando a tutto e a niente, tenendo il bicchiere davanti al viso, e quando si accorse che lei lo stava osservando, bevve un lungo sorso. «Portiamo la casetta da te e poi torniamo qui a prendere la scatola con i mobili?»
Lauren annuì, «Sì.» rispose e finì di bere, «Hai la faccia tutta rossa.» disse e sorrise.
Dean la osservò sorpreso poi sorrise anche lui, «Anche tu.» ridacchiò, «Sarà il caldo e lo sforzo.»
Lauren sorrise, «Probabile.» disse, «Sai, credo che sia meglio che la portiamo nella cantina.» esclamò guardando fuori dalla porta della cucina e fissando l'armadio-casetta, «Altrimenti se sporcassi il tappeto mia madre me lo farebbe pulire a mano, un pezzetto per volta.»
Dean annuì e guardò il viso di Lauren e, quando lei si voltò verso di lui, distolse lo sguardo. «Sì, giusto.» disse.
«E come lo portiamo in cantina?»
Dean bevve ancora e sorrise, «Ho un'idea.» esclamò.
Dieci minuti dopo avevano sistemato la casetta sulla vecchia cariola verde scuro, Dean afferrò i manici e Lauren rimase sul fianco sinistro della cariola, tenendo le mani posate sulla casetta per impedirle di muoversi anche se l'avevano assicurata che delle cinghie elastiche — quelle che si usavano per tenere ferme le valigie sul portapacchi dell'automobile.
«Sei pronta?» domandò Dean, sollevò le “gambe” posteriori della cariola e la spinse lentamente fuori dal piccolo cancello, svoltò dolcemente a destra e proseguì, arrivando dopo meno di quattro metri al cancello, aperto, della casa di Lauren. «E adesso?» domandò fermandosi davanti allo scivolo che portava in cantina.
Lauren alzò le spalle, «Scendiamo?» disse, «Basta che vai piano.»
Dean annuì, prese un profondo respiro e spinse lentamente la cariola lungo lo scivolo mentre Lauren teneva la casetta.
Dopo nemmeno un metro Lauren strillò quando la grande casetta incominciò a scivolare in avanti e la bloccò, stringendo la parte superiore con tutte le sue forze, «Scivola!» esclamò e Dean si bloccò di colpo, con una mano tenne il manubrio della cariola e con l'altra fermò la casetta.
«Forse ci voleva un'altra cinghia.» commentò il ragazzo, «Però c'erano solo queste.» sospirò.
«Io vado davanti e scendo all'indietro, così tengo meglio la casetta.» disse Lauren e si spostò con lentezza, «Tu vai piano.»
«Ma se mi scappa...» protestò Dean, «Ti faresti male.»
«Oh, sono sicura che non ti scapperà.» disse Lauren e sorrise, Dean abbassò, di nuovo, il viso e iniziò a spingere lentamente la cariola.
«Okay... ci siamo.» esclamò Lauren quando entrarono, finalmente, in cantina.
«Dove la lasciamo?» chiese Dean e guardò l'ampia stanza dalle pareti bianche e il pavimento grigio antracite.
Lauren si guardò attorno, «Mmh... lì.» disse indicando un punto accanto a un mobile nero, forse in metallo, alto circa un metro. «Lì è perfetto.»
Dean annuì e spinse la cariola in quel punto, sganciò le cinghie e le gettò sul pavimento, «Pronta?» fece a Lauren che annuì con un sorriso. I due alzarono l'armadio-casetta e lo sistemarono sul pavimento, si assicurarono che stesse in piedi senza traballare e poi Dean prese le cinghie e le gettò nella cariola. Fece un paio di respiri profondi — non sembrava, ma scendere così piano dallo scivolo lo aveva stancato parecchio — e posò la testa sulla sommità della scaletta, «Andiamo a prendere la scatola?» domandò alzando il viso.
Lauren annuì e sorrise, «Sì.» rispose e ridacchiò.
«Lauren?» fece lui, «Perché ridi?» domandò e si passò la mano sul viso, partendo dalla fronte e finendo sulla guancia destra, non accorgendosi che lo sporco e la polvere presenti sulla casetta gli si erano appiccicate addosso e che lui li aveva sparsi ancora di più.
«Niente.» rispose lei e cercò di rimanere seria ma senza successo, scoppiò a ridere e Dean la fissò sorpreso, non aspettandosi una risata così strana, a metà strada fra un grugnito e una risata normale, «Guardati.» esclamò calmandosi, «Lì.» indicò uno specchio con una cornice di legno scuro appeso alla parete dietro di lui.
Dean si girò e si avvicinò allo specchio, osservò il suo viso sporco e rise, «Uhm, sì.» disse, «Proprio divertente.» commentò guardando Lauren e fissò i suoi grandi occhi blu e si bloccò per un'istante, poi distolse lo sguardo, di nuovo.
«Nella lavanderia c'è il lavandino e uno specchio.» esclamò Lauren, fece un cenno con la mano a Dean e lo condusse nel locale. Dean fissò l'asciugamani appeso al lavandino e inarcò un sopracciglio, guardando l'asciugamani blu con grandi macchie azzurre.
«Candeggio sbagliato.» disse Lauren, Dean alzò le spalle e si lavò le mani e il viso.
Venti minuti più tardi, dopo aver recuperato le due scatole che contenevano i mobili necessari per riempire quattro stanzine e dopo aver bevuto altro tè, i due erano fermi davanti a casa di Lauren, pronti per salutarsi.
«Bhe... grazie.» esclamò lei stringendo le scatole.
Dean annuì, «Di nulla.» disse, «È quello che voleva nonna.», abbassò la testa e si fissò la punta delle scarpe da ginnastica e guardò la macchiolina di polvere sulla punta sinistra. La fissò, come se potesse scomparire solo se lui l'avesse guardata ma in realtà non aveva il coraggio di guardare Lauren e incrociare i suoi occhi sorridenti. Alzò il viso e guardò oltre la spalla di Lauren, fissando la porta-finestra che dava sul balcone del salotto e sorrise quando vide Duchessa, in piedi sulle zampe posteriori, appoggiata al vetro. «Qualcuno ti aspetta.» commentò e sorrise.
Lauren si girò, guardò la gatta e sorrise, «Avrà fame.» disse, «Meglio che vada, prima che impari come si apra il mobiletto e si serva da sola.» guardò Dean e mosse la testa per togliersi una ciocca di capelli che le cadeva sulla fronte e il ragazzo trattenne l'impulso di allungare la mano e sistemarlo dietro l'orecchia, «Oh, okay.» disse e sorrise, «Ci vediamo, allora.»
«Ci vediamo.» esclamò Dean, guardò un'ultima volta Lauren e si girò, andò verso la sua auto ed entrò, infilò la chiave nell'accensione e strinse il voltante, partì e, quando arrivò al segnale di stop, emise un lungo sospiro.

✫✫✫

«Non capisco perché tu voglia farlo.»
Lauren fissò Jason e sbuffò, afferrò il cestino e allungò il manico telescopico, «Perché mi piace.» rispose mentre avanzava nel grande negozio di fai-da-te, bricolage e modellismo del centro commerciale.
«Sì... ma è un vecchio armadio!» protestò Jason, «Ci sono delle casette già pronte, dove tu devi solo sistemare i mobili e basta...» disse, «Perché devi fare tutta questa fatica?»
Lauren si fermò e osservò il tubetto di tempera verde mela che aveva in mano, «Perché mi va.» disse e inserì il tubetto nel cestino, «Perché una casetta fatta e finita è così come la compri, non puoi scegliere come farla.»
«Ma ci sono diversi modelli!» esclamò Jason mentre Lauren sbuffa di nuovo.
«Voglio farla io.» replicò lei e si girò a guardarlo, «Non voglio una cosa già fatta.» disse e prese altri colori sui toni pastello, «E dai, cerca di capirmi....» sorrise.
Jason sospirò e la guardò, «Ma Lau...»
Lei scrollò le spalle e si voltò, «Okay, ho capito.» disse, «La verità è che non sai nemmeno tenere in mano un cacciavite... hai solo para di fare brutta figura.»
Jason aprì la bocca, troppo sorpreso per ribattere, «Ma non è vero!» protestò e si accorse che Lauren si era allontanata di un paio di passi, «Io lo so usare il cacciavite.»
Lauren alzò le spalle e osservò la carta adesiva floreale e sfiorò la superficie con un dito, «Sembra stoffa.» commentò e ne prese un paio di fogli e per sicurezza ne prese anche altri di diverse tinte, si girò verso Jason e sorrise, pensando che fosse buffo con quell'espressione a metà strada fra lo sconvolto e il sorpreso, «Lo so che sai usare il cacciavite.» disse sistemando per bene gli acquisti nel cestino, «È che la stai facendo lunga da quando ti ho chiesto di aiutarmi.» sorrise e riprese a guardare i vari espositori. L'armadio-casetta era bello, solido e resistente, solo che alcuni punti erano rovinati. La pittura esterna era rovinata in più punti, così come l'interno. Le varie scale si erano scollate — forse a causa del trasporto — e nelle scatole c'erano le intelaiature di quasi tutte le finestre e le porte — mancavano solo tre finestre — e andavano tutte riverniciate e incollate al proprio posto.
Afferrò della pasta modellabile bianca e la sistemò nel cestino. «Mi manca solo della colla forte e ho finito.» disse.
«Meno male.» sbuffò Jason e Lauren gli scompiglio i capelli. Era sabato pomeriggio ed erano al centro commerciale, «Smettila.» esclamò sistemandosi i capelli neri.
Lauren ridacchiò. «Se vuoi puoi uscire e aspettarmi alla cassa così metti le cose nella busta.» disse.
«Ma mi hai preso per un facchino?» sospirò il ragazzo e Lauren annuì ridacchiando. «E va bene.» disse, «Fai in fretta.» sorrise e se ne andò. Lauren afferrò dei pezzi di feltro di vari colori, perline di varie misure e altre roba che pensava potesse essere utile per la casetta — e se non lo era ci avrebbe fatto qualcos'altro —, prese la colla e andò alla cassa dove svuotò il cestino di ogni cosa.
«Ma quanta roba hai preso?» borbottò Jason, aprì la borsa di tela con il logo del negozio e iniziò a mettere i vari articoli in modo ordinato.
«Non rompere.» esclamò Lauren e gli sorrise, si sentiva rilassata, ora che aveva qualcosa da fare e che le occupava il tempo che non passava al lavoro. Ormai erano quasi nove mesi che Sean non c'era più. A quel pensiero il cuore di Lauren si strinse in una morsa dolorosa, fece un respiro profondo e guardò la cassiera in attesa che le dicesse il totale. Infilò la carta sconti — era di suo padre — nel portafogli e prese la carta di credito.
Due minuti dopo, lei e Jason si avviarono al secondo piano del centro commerciale, dove trovarono Stuart, Deacon, Samanta e Roxane.
«Dio, ce ne avete messo di tempo!» esclamò Stuart. «Pensavamo che eravate scappati!»
«Io? Scappare con lui?» fece Lauren e ridacchiò, «Bhe... se mi porta le valigie si potrebbe fare.» disse e non si accorse dell'espressione ferita di Jason anzi, nessuno se ne accorse, perché il ragazzo osservava la vetrina di un negozio di abbigliamento sportivo.
«Ci facciamo un gelato?» domandò Stuart e gli altri approvarono e scesero al piano di sotto.
«Tutto bene?» domandò Lauren a Jason, «Se non vuoi portare la borsa dillo, non è un problema.»
Jason sorrise, «Infatti non è un problema.» disse, «Non preoccuparti.»
I sei si strinsero in un tavolo e ordinarono le loro coppe gelato. Da dov'erano riuscivano a vedere il piano terra, erano vicini alla balaustra in vetro e legno scuro, sotto la grande cupola di vetro. «Oh, ma quella non è Georgia?» commentò Roxane indicando una persona al piano di sotto e Lauren, seduta di fronte a Roxane e accanto alla balaustra si girò e guardò.
Riconobbe i capelli mossi e scuri della ragazza di Georgia e quando si girò la vide in faccia, «Sì, è lei.» disse, «Sarà qui con Dean.» esclamò e si girò verso gli altri.
«Non credo che sia con Dean...» mormorò Roxane, «Almeno che lui non abbia cambiato colore di capelli e di pelle...»
Lauren si girò di scatto e guardò Georgia avvinghiata a un ragazzo alto, con i capelli neri e la pelle scura. «Eh... sì.» fece, «Quello non è Dean.» sospirò e si domandò se Dean lo sapesse ma lo aveva visto appena due giorni prima e lui le aveva parlato di Georgia, dicendo che andava tutto bene... era cambiato tutto in quarantotto ore scarse? Inspirò a fondo e pensò se dovesse parlare a Dean oppure no, se dovesse dirgli di aver visto Georgia baciare un altro. “Ma mi crederebbe?” si domandò, “Io non avrei creduto a una cosa del genere.”
«Non preoccuparti.» le disse Jason, «Non sono affari tuoi.»
Lauren abbozzò un sorriso e annuì, «Va bene.» mormorò e spostò lo sguardo, «Forse sono pronti i nostri gelati.» esclamò guardando le ragazza che metteva alcune coppe di gelato su un vassoio.
«Uh, sì, sono i nostri.» disse Stuart.
«Allora avevo ragione io, l'altro giorno.» esclamò Deacon, «Avevo detto a mia madre che avevo visto un ragazzo di colore entrare nella casa di Georgia e lei mi ha detto che non è possibile che Georgia faccia una cosa del genere perché è una brava ragazza.» disse, «Brava ragazza un corno.» borbottò. «Dean dovrebbe saperlo.»
Lauren alzò lo sguardo e sorrise alla cameriera, pensando che Deacon avesse ragione, dicendosi che Dean aveva il diritto di saperlo ma lei non poteva dirglielo, non avevano tutta quella confidenza e non era sicura che lui le avrebbe creduto. Prese la cialda e la usò per prelevare un po' di panna e cioccolato fuso, la mangiò e sorrise, decidendo di non pensarci, non in quel momento, almeno.

Lauren aprì la porta del ristorante e si pentì di essere uscita all'aperto. Si spostò, mettendosi in ombra e si sedette. Era a pranzo con suo padre — era il suo compleanno —, Isobel e la madre di lei, ed era uscita perché si stava annoiando ad ascoltare i discorsi dell'anziana, che si lamentava continuamente di ogni cosa. Fissò il parcheggio a destra e fissò la berlina nera fermasi e due ragazzi scendere, sobbalzò quando vide Georgia insieme al ragazzo del giorno prima. In fretta si alzò in piedi e rientrò nel ristorante.
«Stavo per venirti a chiamare.» le disse il padre e Lauren sorrise, guardò il piatto di salmone ai ferri e si sedette, afferrò la forchetta e sentì la voce di Georgia, girò piano la testa e la vide insieme al ragazzo dietro a un tavolino semi nascosto da un separé. Lauren strinse la forchetta e si disse che non era giusto, che Dean non lo meritava, perché era una brava persona e non meritava di essere tradito in quel modo, sotto gli occhi di tutti: il centro commerciale della città, il ristorante poco fuori dal centro urbano... “Potrebbe mettersi un cartello con scritto sono una fedifraga e farebbe prima” pensò mentre tagliava la carne morbida del salmone.
«Tutto bene, tesoro?»
Lauren guardò suo padre e sospirò. «C'è qui una ragazza che conosco.» rispose.
«Allora dopo la vai a salutare.» replicò suo padre.
«È qui con un altro, un altro che non è Dean.» disse lei. «È Georgia.»
Il padre aprì la bocca, sorpreso, «Sicura?»
Lauren annuì e mangiò il salmone, «Sì, sicura.» rispose, «Anche ieri, al centro, era in compagnia dello stesso ragazzo.» spiegò e tagliò un altro pezzo di pesce, «Fino all'altro giorno andava tutto bene... almeno secondo Dean.» disse e sospirò, mandò giù un sorso di vino bianco e si ripeté che non doveva pensarci, che non erano affari suoi.
“Ma Dean è mio amico.” pensò ancora e rimase spiazzata da quel pensiero, dal considerare Dean un suo amico. Mangiò ancora, rimuginando su quei pensieri, “Non siamo amici.” pensò, “Anche se lui è più amico di lei”
Mangiò ancora e bevve il vino, guardò brevemente Georgia che teneva la mano del ragazzo mentre ordinavano e inspirò a fondo.
“Non pensarci.” si disse, “Non oggi.” pensò e mangiò una patata al forno, “È il compleanno di papà.”
Quando arrivò il cameriere per portare via i piatti vuoti si costrinse a non voltarsi e guardare Georgia, dicendosi di non pensare a lei o a Dean.

✫✫✫

«Cosa stai facendo?» domandò Jason.
«Ahi!» borbottò Lauren e guardò l'indice che si era punta con l'ago. «A parte bucarmi? Sto cercando di fare gli orli a questo stupido lenzuolo.» disse.
Jason annuì, «Uhm... lo vedo.» esclamò, «Non potresti chiedere a qualcuno che ha la macchina da cucire?» propose, «Mamma ce l'ha, non credo che ti direbbe di no se glielo chiedessi.»
Lauren lo degnò appena di un'occhiata e tornò a fissare il pezzo di stoffa bianca a pallini azzurri che teneva nella mano. «Ormai ho finito.» disse, «Ma grazie.» sorrise.
Jason inarcò un sopracciglio, «Finito?» domandò, «Ma se sei appena a meta di un lato!» le fece notare, «A questo punto faresti prima se incollassi l'orlo con la colla.»
Lauren si bloccò e smise di cucire, «Sei un genio!» esclamò, lasciò il lavoro e prese il viso di Jason fra le mani, «Un genio!» disse prima di baciare la guancia del ragazzo, frugò nel scatola a due piani dove si trovavano tutte le cose per il cucito e sorrise quando prese della colla per stoffa, «Come ho fatto a non pensarci?» domandò, più rivolta a se stessa che all'amico.
Disfò la breve cucitura che aveva fatto e iniziò a stendere la colla lungo uno dei bordi, distribuendola a piccole gocce, piegò l'orlo e lo premette con le mani. «Mi passi la guida telefonica?» domandò a Jason e si sentì stupida per non aver pensato prima a creare gli orli del lenzuolo per il lettino della casa usando la colla per stoffa, ringraziò Jason quando lui le passò la guida e la mise sopra l'orlo incollato.
«E questo?» chiese Jason prendendo un pezzo di passamaneria azzurra, «A che ti serve?»
«Per il bordo, quello in alto.» rispose lei e incollò un altro orlo, «E magari per decorare anche i cuscini.»
«Mi chiedo come mai avete una scatola piena di robe se tu e tua madre sapete a mala pena cucire...» borbottò Jason sbirciando nella grande scatola.
Lauren non rispose, troppo concentrata nell'incollare l'ultimo orlo, «È roba che torna sempre utile.» rispose, «Come puoi vedere.» sorrise, coprì il lenzuolino con la guida telefonica e guardò Jason, ridacchiò quando vide la sua guancia sporca di gloss rosa traslucido.
«Che c'è?» fece lui, «Ti sei ricordata di avere la macchina da cucire?»
«No.» rispose lei scuotendo la testa, «Ti ho sporcato con il lucida labbra.» disse e ridacchiò ancora quando Jason borbottò che andava in bagno a darsi una sistemata.
Lo guardò uscire e pensò che era un po' che non le stava addosso come prima, che non le chiedeva continuamente di uscire, di andare da qualche parte... Sorrise e tagliò la passamaneria della lunghezza del lenzuolino e la mise da parte, sopra alla guida telefonica. Anche se sistemare gli oggetti della casetta era faticoso, difficile, la faceva arrabbiare perché le cose non venivano come voleva lei... era, in un qualche strano modo, rilassante.
«Che ne dici di fare una pausa?» domandò Jason rientrando in sala, «Andiamo a prenderci un gelato o una granita... non stiamo via molto.» propose e sorrise a Lauren.
Anche lei sorrise e annuì, «Va bene.» disse, «Dammi cinque minuti.» aggiunse, sistemò le cose nella scatola del cucito e andò in bagno a lavarsi le mani, togliendo i residui di colla; si pettinò e andò a cambiarsi la t-shirt, mettendo un top azzurro con le spalline sottili. «Sono pronta.» disse mentre controllava di avere in borsa il portafoglio, prese il cellulare che aveva lasciato in carica in cucina, arrotolò il filo del carica batterie e lo lasciò sul mobile del salotto, accanto alla grande lampada con lo stelo in ceramica decorata con dei fiori di loto.
Guardò Duchessa che sonnecchiava sul pavimento davanti alla finestra e sorrise, «Andiamo?» si rivolse a Jason che le sorrise.

✫✫✫

Dean fissò Georgia e si disse che non era possibile, che non era vero, che non poteva essere accaduto a lui.
Invece era verissimo, era successo e la cosa lo faceva impazzire. E non per il tradimento, non solo per quello almeno, ma perché lo aveva fatto sotto il suo naso.
«Perché?» domandò.
Georgia non rispose e chinò la testa.
«Perché?» chiese di nuovo Dean, «Se c'era qualcosa che non andava avresti dovuto dirmelo.» esclamò, trattenendosi a stento dall'urlare o spaccare qualcosa.
Georgia alzò la testa e lo guardò, scrollò le spalle — gesto che fece infuriare ancora di più Dean —, «Non ne ho idea.» rispose, «Suppongo che mi andasse di farlo.» disse, «E l'ho fatto.»
Dean strinse i pugni con più forza e respirò un paio di volte dicendosi che doveva calmarsi. «Lo hai fatto.» disse, «Ti andava di farti un altro e lo hai fatto.» ringhiò, «Tu sei... tu sei...»
«E dai!» sbuffò lei, «È successo un paio di volte... non è nulla.» agitò una mano, come se quella cosa non fosse importate.
«Non è nulla...» mormorò Dean sentendosi sempre più stupido e arrabbiato, «Mi hai messo le corna, Georgia! Sei andata a letto con un altro e dici che non è nulla!» sbraitò, «Non è che hai commentato il culo di uno, ci hai scopato!» gridò, «E adesso vorresti che ti perdonassi?»
Georgia annuì, «Bhe... sì.» disse che se fosse una cosa ovvia, «Te l'ho detto, non so che mi è preso... e poi è stata solo una botta e via.»
Dean si passò una mano sul viso e si sentì stanco, esausto e con una voglia di spaccare qualcosa. Il fatto che fosse stata una roba da “una botta e via”, come l'aveva definita Georgia, lo faceva stare peggio. «No.» disse, «No.» sospirò, «Tu sei andata con quello al centro commerciale, a pranzo... e pretendi che io ti perdoni?» disse, «No.» esclamò, «No.» ripeté.
Georgia, ancora seduta sul divano, sbuffò.
«Se le tue care vicine di casa pettegole non mi avessero riferito della tua scappatella... tu cosa avresti fatto?» chiese Dean e gli tornò in mente quella mattina, quando le due anziane signore che abitavano di fronte a Georgia l'avevano informato di aver visto la ragazza in compagnia di un giovanotto che non era lui. «Saresti andata avanti?» domandò e il silenzio di Georgia, interrotto solo da un piccolo sbuffo, gli fece capire di aver indovinato. Sospirò e si passò le mani sul viso. «Io... io... io...» mormorò facendo un passo indietro, inspirò a fondo e guardò Georgia, «È finita.» esclamò, «È finita.» ripeté e uscì dalla casa della sua, ormai, ex ragazza.
Si sentiva arrabbiato, furioso, ingannato mentre guidava verso casa sua, non si sarebbe mai aspettato un comportamento del genere da Georgia, non che lo tradisse solo perché le andava di farlo. Si domandò se fosse la prima volta o se era già successo. Si diede nuovamente dello stupido per non aver capito prima cosa stava accadendo... eppure, meno di una settimana prima, quando aveva dato la casetta a Lauren, lui le aveva detto che fra lui e Georgia andava tutto bene.
«Tutto bene un corno.» sbottò mentre svoltava a destra. «Sta stronza.» esclamò.
«Perché..» mormorò dopo qualche minuto.

✫✫✫

Lauren guardò Duchessa che giocava con una pallina, una di quelle di gomma che rimbalzano ovunque, sul balcone del salotto. Allungò le gambe e posò la schiena contro la parete dietro di lei, godendosi il sole del pomeriggio inoltrato. La pallina le si fermò accanto alla coscia sinistra e lei la spinse piano con due dita, aprì gli occhi e fissò Duchessa giocare: spingeva la pallina, la riprendeva e la spingeva di nuovo. «Non farla rimbalzare perché poi passa nei buchi e cade giù.» borbottò chiudendo gli occhi e apprezzando la brezza che rinfrescava l'aria.
Sentì un tonfo e aprì un occhio e guardò Duchessa che fissava il prato, «L'hai fatta cadere!» sbuffò Lauren, «Hai trovato l'unico buco nella rete abbastanza grande per far passare la pallina.» disse e si alzò in piedi, guardò la rete che circondava il balcone — la ringhiera era di ferro — e rientrò in casa per uscire dal retro, fece il giro, trovandosi alla sua sinistra la casa di Elaine, si chinò e iniziò a controllare sotto i cespugli, maledicendosi per aver preso una pallina verde marcio che si mimetizzava bene, “Non potevo prenderla arancione fluo?” pensò. Sbuffò e avanzò a gattoni, scostando fronde e cespugli vari. «Dove sei?» borbottò, «Vieni fuori, stupida.»
«È sul balcone.»
Lauren sobbalzò e si alzò di scatto trattenendo un urletto, guardò Dean e si calmò, «Cosa?» fece.
«Duchessa è sul balcone.» rispose lui.
Lei lo fissò, guardando la maglia nera attillata, «Oh, lo so.» disse, «Ma io cercavo la pallina di Duchessa.» esclamò e sorrise quando la vide, l'afferrò e si alzò in piedi. «Trovata.» disse e sorrise, fissò Dean e guardò i suoi occhi dall'espressione triste. «Tutto bene?» domandò, anche se sapeva che non andava bene e si chiese se avesse scoperto tutto.
Lui sospirò e infilò le mani in tasca, «Non proprio.» rispose, «Fra me e Georgia è finita.»
Lauren inspirò a fondo e passò la pallina da un mano all'altra, chiedendosi se doveva dire quello che aveva visto una decina di giorni prima. Alzò lo sguardo dalle sue mani e guardò Dean, «Ti va di bere un caffè?»
Il ragazzo annuì e scavalcò il muretto di recinzione. I due entrarono in casa e Lauren chiamò Duchessa e lasciò la pallina in corridoio.
Lauren fece accomodare Dean in salotto, «Vuoi il caffè e preferiresti una bibita?» domandò.
«Una bibita.» rispose il ragazzo.
«Ho del tè freddo alla pesca in frigo oppure preferisci acqua e menta?» domandò Lauren aprendo il frigorifero.
«Il tè, grazie.»
Lauren afferrò la bottiglia di tè, quella del latte e chiuse lo sportello, riempì il bicchiere per Dean, versò il latte per lei e ci aggiunse dello sciroppo alla menta che girò con un cucchiaino dal manico lungo. Tornò in salotto e posò i bicchieri sul tavolo. «Se vuoi il ghiaccio basta dirlo.»
Dean scosse la testa e bevve un piccolo sorso di tè, Lauren lo fissò, girò un paio di volte il cucchiaino per poi toglierlo e posarlo sul tavolo, «Allora... come mai?» domandò, «Come mai è finita?»
Dean sospirò, «Georgia mi ha messo le corna.» rispose, gli occhi fissi sul tavolo.
Lauren annuì piano, «Oh...» fece, «Sai, sabato scorso ero al centro commerciale con Jason e gli altri...» si fermò e sorseggiò il latte e menta, «E ho visto Georgia insieme a un altro.» si fermò e guardò Dean, «Il giorno dopo ero al ristorante con mio padre, Al Paradiso... hai presente? Ecco... li ho di nuovo visti insieme.» confessò e guardò Dean e per un istante temette che lui se ne andasse... e lei non voleva che accadesse. «Avrei dovuto dirtelo ma... io non avrei mai creduto a una cosa del genere... io... non so.» mormorò.
«Non preoccuparti, lo sapevo già.» disse lui, «Anche io non ci avrei creduto.» esclamò e bevve ancora, «Ero andato da lei e la sua vicina mi ha fermato dicendomi che aveva visto un tizio di colore andare da Georgia, che li aveva visti insieme in giro e che dovevo stare attento perché non si comportava bene...» disse e sospirò, «Così quando sono entrato in casa di Georgia le ho detto ridendo che la vicina impicciona mi aveva detto di stare attento perché mi metteva le corna.» spiegò, bevve ancora e fece un altro sospiro, «Solo che lei non ha riso, non ha detto che è matta o qualcosa del genere... ha semplicemente detto che quella doveva farsi i cazzi suoi. E lì ho capito.»
Lauren lo guardò, non sapendo cosa dire così si limitò a bere ancora.
«Sai qual è la cosa che mi fa più incazzare e stare male?» domandò Dean e lei scosse la testa, «Che per lei è stato un... gioco! Le andava di trombare con un altro e... lo ha fatto! Continuava a dirmi che non era nulla...» le ultime parole furono poco più che mormorate mentre stringeva il bicchiere e si afflosciava sulla sedia.
Lauren non seppe cosa dire, quello che aveva detto Dean le sembrava una cosa così strana, così lontana dal suo modo di fare che le sembrò quasi assurda.
«E voleva, pretendeva che la perdonassi!» continuò Dean, «Mi ha chiamato e mi ha chiesto di perdonarla, che non era nulla d'importante ma...» si fermò e guardò Lauren, sospirò , «Ma non... non posso perdonarla.» soffiò e Lauren temette che si mettesse a piangere da un momento all'altro.
Fissò la mano di Dean posata sul tavolo, fissò le unghie curate e la pelle abbronzata, lo guardò in viso, vedendo gli occhi azzurri velati dal dolore e dalla rabbia. Improvvisamente posò la sua mano su quella di lui, e le fissò, era stato un gesto istintivo, quasi non si era accorta di aver alzato la sua mano di averla spostata e di averla posata su quella di Dean; era come se la sua mano e il suo braccio avessero avuto vita propria e lei non avesse potuto farci nulla per tarmarla, ma si rese conto che non avrebbe voluto fermarla. Inspirò a fondo e guardò Dean, che la fissava senza dire nulla e Lauren pensò di aver sbagliato, di aver fatto un gesto avventato... “Io voglio solo essere amichevole...” pensò, «Mi dispiace tanto.» disse, non sapendo neppure lei se si riferisse alla sua mano sopra quella di Dean o alla su a storia finita, inspirò un'altra volta, «Non lo meritavi.» aggiunse e fece un sorriso.
Anche Dean sorrise, «Grazie.»
E il sorriso di Lauren si allargò e continuò a tenere la sua mano sopra quella di Dean che continuava a guardarla e a sorridere.




✫✫✫

Salve gente, sono di fretta perchè a casa non ho la connessione così scrocco quella gratis del comune vicino xD
Grazie a tutti!

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Capitolo 5
*** 5. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


5.



Jason abbassò gli occhi, lo sapeva che non doveva farlo, che non avrebbe dovuto farlo, che non doveva prenotare la casa in montagna senza parlarne prima con Lauren.
«Perché fai sempre così?» sbottò lei, «Dio, ogni tanto sei veramente cretino, lo sai!»
Jason si limitò ad annuire. «Scusa.» mormorò.
«Eh, ormai...» fece Lauren.
Lui alzò il viso e fece un piccolo sorriso. «Quindi verrai?» domandò.
«No.»
Jason sentì il sangue defluire dal suo viso e la testa girare. «Perché?» domandò.
Lauren sospirò e giocò con la forchetta, «Perché la montagna non mi piace, lo sai.»
«Non ti piace?» squittì lui, incredulo. Era sempre stato convinto che a Lauren piacesse andare in montagna. «Ma... perché?» domandò, «Tu e Sean venivate sempre...»
Lauren inspirò e soffiò fuori l'aria. «Piaceva Sean.» rispose, «A me no, ma io lo seguivo perché... bhe, poi lui sarebbe venuto al mare con me.» disse e scrollò le spalle.
«E lui lo sapeva?» domandò Jason, incredulo a quella rivelazione.
«Sì.» rispose Lauren, «Ovvio che lo sapeva.» disse, «E lo sai anche tu, visto che te lo ripeto ogni anno che non mi piace andare in montagna.»
Jason inspirò a fondo e finì la birra in due sorsi, «Okay.» fece e si sentì come un cucciolo ferito, «Però credevo che ormai avessi cambiato idea...» disse, «Sì, insomma... dopo tutto questo tempo...»
Lauren sospirò e si scostò i capelli, portandoli dietro le spalle, «Non è che la odio, sai, è solo che non mi piace. Mi annoio, ecco.» esclamò e Jason la fissò, guardando i suoi occhi grandi e azzurri, la pelle abbronzata. «Sì, ho capito.» disse e un'ondata di delusione lo travolse in pieno, «Non verresti nemmeno per due giorni?» propose e fece un piccolo sorriso.
Lauren sospirò, «Non lo so.» rispose, «Devo vedere... se non combini altre cazzate del genere, s'intende.»
Jason annuì e si disse che non aveva mai visto Lauren così incazzata. «Lau,» fece, «ma sei arrabbiata solo con me?» domandò, «Eri strana anche prima che ti dicessi tutto.»
Lauren sospirò poi scrollò le spalle, «È solo il lavoro.» disse, «C'è una nuova ragazza all'accettazione ed è una vera... una vera...»
«Idiota?» suggerì Jason e sorrise ancora di più quando Lauren sibilò un insulto. «È così male questa tipa?»
Lauren sbuffò e posò la forchetta nel piatto quando il cameriere arrivò per portare il dolce. «Un tiramisù e un cappuccino con tanta schiuma, grazie.» ordinò.
«Un caffè.» ordinò Jason, «Allora?»
Lauren sbuffò ancora, «È stupida come un sasso.» disse, «Non si ricorda mai il suo codice personale.» esclamò, «E se lo ricorda non capisce dove va inserito! Insomma, la sfondo è azzurrino, c'è in alto il logo della clinica, la scritta che dice d'inserire il codice, la casella per inserirlo e il bottone d'invio! Si può essere così stupidi? Anche Duchessa, pigiando tasti a caso, ci riuscirebbe!» sbottò, «E poi non si ricorda mai di schiacciare il pulsante per far avanzare i numeri, oppure non svuota i cestini, non riesce a capire come cercare un posto libero e non sa trovare i referti....»
«Non invidio chi la sta affiancando!» commentò Jason, divertito e sollevato dal fatto che, apparentemente, Lauren fosse arrabbiata di più con la sua collega che con lui, «Ops!» fece quando incrociò lo sguardo furioso di Lauren.
«Sono io che l'affianco.» ringhiò la ragazza, «E non l'ammazzo perché poi andrei in galera.» sbottò, «Ma ti giuro che mi verrebbe voglia di sputare nel suo caffè.»
«Sei stressata.» commentò Jason e spostò le mani dal tavolo quando il cameriere tornò.
«Sì.» sospirò Lauren, «Per fortuna fra una settimana iniziano le mie ferie e ciao-ciao, quell'idiota se la becca Tony.» esclamò e sorrise al cameriere, «Grazie.»
«Ma se è così...» Jason si fermò e prese il cucchiaino, «impedita, perché non la licenziano?»
«Perché è in prova.» sospirò lei, «Spero che non ci sia più quando torno.» ammise, «Altrimenti sputo davvero, nel suo caffè.» Jason sorrise, sentendosi ogni secondo che passava sempre più sollevato, perché Lauren era più arrabbiata con la sua collega imbranata che con lui.

«Ancora una borsa?» commentò Jason osservando Lauren che prendeva in mano una grossa borsa bianca con la stampa di fiori stilizzati, erano di diversi colori: giallo, rosa acceso, rosso, viola, verde e blue.
«Mi piace.» fece lei aprendo la cerniera, «Ed è scontata.» aggiunse.
«Ah.» fece Jason, «E la prendi anche se ne hai già un armadio pieno?»
«Esatto.» sorrise Lauren. «Aiutami a vedere se c'è il portafogli coordinato.»
Jason annuì, «Uhm, va bene.» disse spostandosi verso l'espositore dei portafogli — che poi era proprio davanti a quello delle borse —, curiosò fra i vari modelli, «La casetta?» domandò.
«A buon punto.» rispose Lauren tenendo stretti i manici della borsa, «Mi manca solo un po' d'arredamento.» aggiunse, «La cucina, la cameretta, qualche mobile della sala, il bagno... credo che li ordinerò su internet.»
«Pensavo che fossi contraria ai kit pronti.» fece Jason e rimise al suo posto un portamonete giallo canarino.
«Infatti non prendo un kit.» replicò Lauren guardando l'amico, «Cioè... prendo un set per una stanza, ma solo con i mobili e accessori vari.» disse, «Sai, quadri, tappeti, lampade, sculture... cose così.»
Jason annuì e guardò Lauren frugare fra i vari portafogli e la trovò ancora più bella, con i capelli leggermente mossi che le incorniciavano il viso, la fronte corrucciata e i tratti del viso distorti in un espressione seria. «Ho capito.» disse, «Me la farai vedere, vero?»
Lauren sorrise, «Trovato.» disse e sventolò il portafogli abbinato alla borsa, «Oh, certo che puoi vederla.» aggiunse, «Andiamo?»
Jason annuì e la seguì alla cassa. «Allora... sei ancora arrabbiata con me?» domandò mentre la cassiera passava i cartellini sul lettore ottico.
«Un po'.» rispose lei e lo guardò per poi sorridere. «Andiamo a prendere il gelato?»
Jason annuì, «Sì, certo.»
«E paghi tu, vero?»
Jason la fissò mentre lei lo guardava sorridendo e lo sapeva che non poteva resistere al suo sorriso. «Va bene.» acconsentì.
Lauren pagò, uscirono e si diressero alla gelateria del centro commerciale, si sedettero a uno dei pochi tavolini liberi e ordinarono.

***

Lauren sbuffò e andò a rispondere al telefono. «Pronto?»
«Ehi, Lau, sono io.»
«Ciao, Jason.»
«Ehm... sei libera a pranzo?»
Lauren strinse il telefono, «Perché?» domandò. Il giorno prima Jason l'aveva fatta arrabbiare quando aveva detto che aveva affittato — senza chiedere il suo parere — la solita casa in montagna dove lui e la sua famiglia andavano tutte le estati.
«Ecco perché... vedi... io....»
«Jason, sputa il rospo.» sbottò lei. Era sabato e voleva rilassarsi, non pensare a cosa potesse aver architettato il suo migliore amico.
«Bhe, sì, ecco» balbettò lui, «Mamma diceva che è un po' che non pranzi con noi e io le ho detto che ci saresti venu-»
«No.» lo interruppe lei, «Jason...» sospirò, «Lo sai che odio quando organizzi qualcosa e me lo dici solo a cose fatte!» esclamò e sospirò di nuovo.
«Lau, non arrabbiarti.» pigolò Jason. «Lei insisteva così tanto che mi dispiaceva dirle di no.»
«Ascolta,» fece lei lasciandosi cadere sul divano, «non m'importa se ti dispiaceva o chissà cosa, avresti dovuto avvertirmi!» esclamò, imponendosi di non gridare.
«Ma Lau...» fece lui, «Per favore... vieni?» chiese, «Tanto sei libera, no?»
«No.» rispose Lauren, «Se non avessi fatto tutto alle mie spalle ci sarei venuta ma così...» aggiunse, «No.»
«E io cosa dico a mamma?» pigolò Jason, «Lau, per favore... vieni!»
«Non vengo.» disse lei quasi cantilenando. «E digli che ti sei sbagliato, che avevo già un impegno, inventati qualcosa, digli la verità... fai quello che vuoi.»
Jason sospirò, «Ne sei convinta?» domandò. «Non riesco a farti cambiare idea, vero?»
«Esatto.» disse lei.
«Ci sei domani a pranzo?» domandò Jason.
Lauren alzò la testa e guardò il soffitto, «No, domani vado a pranzo con papà.»
«Ah, okay.»
Lauren sentì la delusione nella voce dell'amico e s'impose di non cambiare idea, di non dirgli che non gli importava se l'avesse incastrata con quel pranzo. Odiava quando qualcuno organizzava qualcosa per lei e la informava a cose fatte, e Jason ultimamente lo aveva fatto spesso. «Usciamo domani sera e andiamo alla sala giochi.»
«Ah... cosa?» squittì Jason, «Sala giochi? Io...»
«Sì, sala giochi.» disse lei, «Io ci voglio andare.»
«Ah, okay.» esclamò Jason, «Va bene.» sospirò e Lauren capì che non era d'accordo, «Ci sentiamo per organizzarci, allora.»
«Sì.» disse Lauren e si alzò in piedi per guardare Duchessa che correva per la stanza, inseguendo la sua pallina. «E se t'azzardi a organizzare qualcosa senza chiedere il mio parere giuro che ti ficco in quell'affare dove peschi i pupazzi, okay?»
«Sì, sì, ho capito.» sospirò Jason, «Ciao, Lau.»
«Ciao, Jason.» fece lei e riattaccò, posò il cordless sulla sua base e si decise ad uscire, prese il cellulare, la rivista che aveva comprato poco prima e uscì, passando dalla porta sul retro. Spostò la sdraio, con le righe bianche e azzurre, sotto al ciliegio e si sdraiò, iniziando a sfogliare la rivista.
Poco dopo sentì il rumore di un'auto avvicinarsi e vide Dean scendere da un camper, dall'aspetto nuovo e lucido, aprì il cancello e portò il camper dentro il cortile.
Lauren si alzò in piedi, e si avvicinò al muretto di recinzione, osservando Dean scendere e aprire la porta del camper. Cercò di osservarne l'interno ma era semplicemente impossibile.
«Ehi, Lauren.» esclamò Dean, «Ciao.»
Lei sentì le guance andare a fuoco e aprì e chiuse la bocca un paio di volte, rendendosi conto che era stata presa in pieno mentre lo spiava. «Ciao, Dean.» lo salutò, «Ehm... bel camper.» aggiunse.
Dean sorrise, «È di mio padre.» spiegò, «Grazie.»
Lauren annuì e si staccò dal muretto, accorgendosi solo allora che lo aveva stretto con forza; rilassò le mani, aprendo e chiudendo le dita un paio di volte. Si girò e fece un paio di passi verso la sdraio, poi, all'improvviso si voltò, «Dean... non è che potresti farmi vedere com'è l'interno del camper?» domandò senza quasi prendere fiato fra una parola e l'altra, «Sai... ho sempre desiderato vederne uno da dentro...» aggiunse e abbassò il viso, sentendosi come una bambina piccola che chiedeva un biscotto in più per merenda.
«Certo.» rispose Dean, «Vieni pure.»
Lauren gli regalò un sorriso, «Arrivo.» disse e ritornò in casa, cambiò le infradito con delle ballerine nere, prese le chiavi, controllò di avere ancora il cellulare nella tasca dei pantaloncini di jeans e uscì in giardino, scavalcò la recinzione e andò da Dean.
Quando fu dentro il camper si stupì di quando fosse grande, da fuori sembrava più piccolo. Osservò il piccolo lavello, accanto ai fornelli. Ce n'erano solo due, di fuochi, uno grande e uno piccolo. «C'è il forno?» domandò.
Dean si limitò a scrollare le spalle, «Lo voleva mio padre.» disse, «Funziona anche bene.» aggiunse. «Anche se poi si ostina a portare il fornetto, quello piccolo che usa per scaldarsi le brioche.»
Lauren annuì, fissando i mobili in legno chiaro. Guardò il tavolo circondato su tre lati da panche imbottite.
«Qui c'è il bagno.» disse Dean aprendo una porta.
Lauren fissò il gabinetto, il lavandino con lo specchio e il mobiletto, la doccia con la tendina azzurra. «Bello.» commentò, «Un po' stretto.» aggiunse, «Ci sta solo uno alla volta.»
«Uh, sì.» confermò Dean. «Se si è più di tre c'è la fila al mattino!» scherzò e aprì un'altra porta, rivelando la camera matrimoniale.
Lauren aprì la bocca sorpresa, «È bellissima.» disse osservando il letto — e non le importava se il letto fosse coperto con un copri materasso di spugna bianca. Fissò le mensole che correvano attorno ad esso, le luci che sporgevano dalle pareti... era meravigliosa.
«C'è anche un letto sopra la cabina.» la informò Dean.
Lauren annuì e sorrise, «È molto bello.» commentò, «Ma è nuovo?» chiese, «Non sapevo che tuo padre lo avesse preso.»
«No, ce l'abbiamo da cinque anni.» disse Dean e uscì all'aperto, «È che prima lo avevamo a casa, solo che era sempre un casino posteggiare le macchine, ci stavano a filo e per togliere il camper bisognava spostare un auto.»
«Tipo Tetris, insomma.» sorrise Lauren raggiungendolo. Dean recuperò due lattine di Coca-Cola dal sedile del passeggero e ne offrì una alla ragazza.
«Esatto.» disse lui e si sedette su un basso cordolo che divideva un'aiuola dal prato. «Qui non dà fastidio e posso lavarlo senza allagare il giardino.
Lauren ridacchiò e strappò la linguetta, «Uh, giusto, mi pare ovvio.» commentò. «Dove vai in vacanza?» chiese e prese un sorso della bevanda.
«Io, Tom. Jeffrey, Hannah e Charlie stavamo pensando di andare a fare un giro lungo la costa, per una decina di giorni.» rispose, «Useremo il camper, al limite ci fermeremo in un campeggio per avere qualche comodità in più.»
Lauren annuì, «Sembra bello.»
«Lo è.» disse Dean, «Non sarebbe la prima volta che lo facciamo.» aggiunse.
I due rimasero in silenzio per qualche istante, poi Dean parlò: «Ti va di venire con noi?» chiese.
Lauren lo fissò, sorpresa da quella proposta inaspettata. «Sì.» rispose, «Sì, grazie.» disse e guardò il sorriso di Dean. “Jason s'incazzerà quando lo saprà.” pensò, “Fanculo a Jason, io vado dove voglio.”
«Stavamo pensando di partire sabato, subito dopo pranzo.» disse Dean, «Magari ci mangiamo qui una pizza, così poi non abbiamo quasi nulla da lavare, solo le posate.» aggiunse.
«Per me va bene.» rispose Lauren e si chiese perché, ogni volta che Dean le proponeva qualcosa, lei rispondesse sempre di sì.
«Dovrai portarti poca roba.» esclamò Dean.
«Poca in che senso?» domandò Lauren e bevve ancora.
«Una valigia non troppo grande, poco più di un bagaglio a mano, uno zaino e la borsetta.» spiegò lui, «È questo il limite che abbiamo stabilito.» disse, «Anche se poi rischiamo di tornare a casa con il doppio della roba, perché compra una cosa lì, comprane un'altra lì...»
«Ma quello è normale!» disse Lauren e sorrise, «Bisogna sostenere le economie locali...»
«Questa è una scusa per fare shopping.» sorrise Dean.
Lauren rise, «Oh, ogni scusa è buona per fare shopping!» disse, «Comunque va bene, bagaglio piccolo, zaino e borsa.» annuì, «Posso farcela.»
I due rimasero lì, a chiacchierare e Lauren si dimenticò della litigata con Jason, della montagna, di tutto quanto e, quando Dean le chiese se volesse andare a mangiare una pizza, lei rispose di sì, con la stessa impulsività di prima. Lauren rientrò in casa per mettersi un paio di pantaloncini che le arrivavano a metà coscia, mise le calze e le scarpe da ginnastica, afferrò la borsa, controllò le ciotole di Duchessa e, dopo aver controllato di aver chiuso tutto, uscì di casa, sarebbero andati in pizzeria con la sua auto.

Lauren uscì dal bagno del locale e si diresse verso il tavolo dove lei e Dean attendevano che venisse portato loro il dolce. Si guardò distrattamente attorno, poi si bloccò, voltò piano la testa per guardare dietro di lei e sospirò. La vecchia impicciona, pettegola, una che non si faceva mai gli affari propri, di Jason era lì, che la guardava sorridendo e agitando la mano in segno di saluto. Lauren deglutì e mosse appena la mano, si girò e tornò al tavolo.
Quella donna avrebbe raccontato tutto a Jason, che si sarebbe arrabbiato perché aveva detto si a Dean e non a lui... sospirò, mentre si sedeva.
«Tutto bene?»
Lei annuì a Dean, «Sì.» rispose, «È solo che ho visto una tizia che non si fa mai gli affari propri...» sospirò, «Ma non importa.» aggiunse e scrollò piano la testa, «Può fare quello che vuole.» sorrise. E mentre fissava gli occhi azzurri di Dean tutto il resto sparì: niente vicina impicciona, niente Jason, niente di niente...

***

«Perché lui sì e io no?!» sbraitò Jason, «Lauren!»
Lei sbuffò, incastrò il cordless fra la spalla e l'orecchio destro e aprì l'armadio. «Mi ha invitato e mi sembrava brutto dirgli di no.» rispose.
«Ma è fidanzato!» replicò lui, «A me hai detto di no, però a lui hai detto sì!»
Lauren sbuffò e s'inginocchiò, «Perché tu mi hai incastrato, lui me lo ha chiesto come una persona normale.» replicò, «E comunque Dean ha mollato Georgia, lei gli ha messo le corna.» aggiunse e afferrò una valigia rossa, «Te l'avevo già detto!» esclamò e dall'altra parte ci fu silenzio, lei sospirò e mise la valigia sul letto, «Ehi, Jason... sei ancora lì?»
«Ci sono.» borbottò lui, «Avresti potuto anche venire a pranzo da me, mamma ci è rimasta male quando a saputo che eri uscita con quello lì.»
«Quello lì ha un nome.» gli ricordò lei e sospirò, nel vedere il piccolo trolley all'interno della valigia più grande. Quello era troppo piccolo, l'altra troppo grande... «Dovrò prendere un'altra valigia.» mormorò.
«Che hai detto?»
«Eh? No, niente.» disse lei, «Stavo dicendo che devo comprare del balsamo, è quasi finito.» mentì.
«Mamma pensava che stessi male, per questo ci è rimasta male.» disse Jason e non sia accorse che Lauren aveva sospirato dal sollievo.
«Bhe, la colpa è tua.» disse lei sedendosi sul letto, «Se tu non le avessi detto che io sarei venuta lei non ci sarebbe stata male.» esclamò, «E comunque... perché pensa che stia male?»
Jason si schiarì la voce, «Ecco... io.. io...»
«Jason!» esclamò lei, «Non dovevi dirle che stavo male!» sbraitò, «Ti avevo detto di inventarti qualcosa, ma potevi dirle che avevo già un impegno!»
«Ma poi lei mi avrebbe chiesto con chi e avrebbe iniziato a fare un sacco di domande...»
Lauren sbuffò, scostò la valigia e incrociò le gambe, appoggiandosi alla spalliera del letto con la schiena, «Cioè, i miei non mi chiedono nulla e tua madre ti fa il terzo grado?» sbottò, «E te lo fa sui miei impegni? Cos'è ti ha chiesto vita, morte e miracoli di Dean? Questa sì che è bella!» continuò, «Non ho capito perché lei deve impicciarsi degli affari miei! E spero che per la montagna tu le abbia detto che non ci sono, senza aggiungere altro, altrimenti è la volta buona che ti prendo a calci!» «Lau... non arrabbiarti!» pigolò Jason.
«Allora... cosa hai detto a tua madre per la montagna?» domandò.
Jason sospirò, «Io... non le ho detto nulla.» ammise dopo qualche secondo di silenzio.
Lauren si passò la mano libera sugli occhi, «Oh, Jason... perché fai così?» domandò, «Perché non le dici che io non voglio venire?»
«Ma lei ci tiene e ci tengo anche io!»
«Io non ci tengo a venire in montagna.» sbottò lei, «Aspetta, non dirle nulla.» aggiunse, «Fra una mezz'ora sono da te e le dico chiaro e tondo che in montagna non vengo, va bene?»
«Lauren!» esclamò Jason.
«Non dirle nulla, le spiego tutto quando arrivo, okay?» fece lei, «Ciao.» chiuse la chiamata e sistemò il cordless sulla sua base.
Si alzò con un sospiro e andò in cucina, dove sua madre stava pulendo del pesce. La ragazza arricciò il naso e fece un passo indietro — il pesce le piaceva, ma non amava vederlo con la pancia squartata e le viscere di fuori —, «Mamma, mi faccio la doccia, vado un attimo da quel pirla del mio amico e poi passo al centro commerciale per prendere una valigia.» disse, «Hai bisogno di qualcosa?»
La donna indicò la lista appesa alla lavagnetta, Lauren scostò la calamita tonda e rossa e prese il foglio, erano una manciata d'ingredienti, probabilmente per il pesce.
«Immagino che il pirla sia Jason.» esclamò la donna.
«Esatto.» disse Lauren e fece una smorfia, «Si è arrabbiato perché aveva detto a sua madre che stavo male e non potevo andare a pranzo, poi quella stupida pettegola ha detto che mi ha visto con Dean... manco fossi uscita con i serial killers degli ultimi due secoli.» sospirò, «Vado a lavarmi.»
«Gliel'hai detto che vai in vacanza con Dean?»
Lauren si voltò, «Non ancora.» rispose. «Glielo dirò.» aggiunse e andò a prepararsi.

«Ma perché sei andata con quello lì?» squittì la madre di Jason appena Lauren entrò in casa.
«Perché mi andava.» rispose la ragazza.
«Ma tu avevi detto che saresti venuta!» obbiettò la donna.
Lauren alzò gli occhi al cielo e sospirò, «Io non avevo detto che sarei venuta.» replicò, «Jason aveva fatto tutto senza dirmi nulla.»
«Potevi venire.»
Lauren si disse che erano proprio madre e figlio: terribilmente uguali. «Non mi piace quando qualcuno organizza qualcosa senza consultarmi.» esclamò incrociando le braccia.
«Bhe, almeno vieni in montagna.» disse, «Partiamo venerdì alle sei, così siamo lì per cena.»
«Io non vengo.»
«Come non vieni? Ma se ho già fatto prenotare la spa!» squittì la donna, «Jason mi ha appena detto che ci tieni.»
«A me la montagna fa schifo!» gridò Lauren agitando le braccia, «E quella spa è pessima! Preferirei farmi massaggiare da un porcospino che da quelle imbecilli che hanno studiato per posta!» continuò.
«Ma... Lauren.» fece Jason, «Mi hai detto che ti annoi in montagna e andare alla spa ti piace...»
Lei lo fulminò con lo sguardo. «Se mi obblighi a fare qualcosa quella cosa mi fa schifo, okay?» sbraitò.
«Ma se non vieni in montagna cosa fai?» domandò la madre di Jason, «Non puoi stare a casa ad annoiarti.» aggiunse, «Su, vieni con noi, non fare così.» disse come se stesse parlando con una bambina ritardata.
«Non trattatemi come se avessi cinque anni!» gridò Lauren, «Io non starò a casa, sabato parto e vado al mare con Dean!»
«Cosa?» squittì Jason, «Ma perché...»
«Ma lo conosci appena!» esclamò la donna e Lauren sospirò, «Pensi che Sean sarebbe contento di saperti in giro con uno che conosci' appena che con Jason? Sean si fidava di Jason.» aggiunse e posò le mani sulle spalle della ragazza.
Lauren non ci vide più: si divincolò e indietreggiò di un passo. «Non parlare di Sean!» gridò, «Lui voleva che fossi felice, e non lo sono se mi obbligate a fare qualcosa!» continuò, «E voi non potete impedirmi di andare dove voglio e con chi voglio, quindi piantatela di rompere i coglioni, andate a fanculo e lasciatemi in pace!» urlò, si voltò e uscì da casa, entrò in auto e partì.

«Oh, cacchio.» commentò Samanta quando Lauren gli raccontò tutto. «Ogni tanto Jason è un vero pirla.»
Lauren alzò gli occhi al cielo e osservò Samanta che aspirava la sigaretta. «Su madre è pure peggio.» disse, «Quando a nominato Sean non ci ho visto più.» sospirò, «L'avrei presa a sberle, guarda...»
L'altra fece un risolino, «Non sei la sola.» disse, «Quando insiste è insopportabile... a me continua a chiedere quando mi levo sto coso» indicò il piercing al naso — un piccolo brillantino rosa — «che non è bello e poi chissà cosa dice la gente...» aggiunse, «Sono cinque anni che ce l'ho, mia madre non ha mai scassato le palle, non vedo perché debba farlo lei.»
Lauren si limitò a scrollare le spalle e osservò la cenere che cadeva dalla sigaretta. «Adesso mi ha fatto proprio incazzare.» disse e Samanta spense la sigaretta. «Se aspetta che lo perdoni in fretta... si sbaglia di grosso.» disse.
Samanta guardò dentro il commerciale, «Hanno finito.» disse riferendosi a sua sorella incinta di quasi otto mesi e la loro madre, «Io vado, ci vediamo!» aggiunse, baciò la guancia di Lauren e se ne andò.
Anche Lauren entrò, dopo aver preso il sacchetto della spesa che aveva posato per terra, e andò nel negozio di valigeria e pelletteria, si avvicinò alla valigia che aveva scelto prima. La mostrò al commesso, che la avvolse in alcuni fogli di plastica trasparente, pagò e uscì dal centro commerciale. Aveva appena richiuso il bagagliaio quando il suo cellulare squillò. Era Jason. «Che c'è?» fece lei, brusca.
«Lauren... per favore... scusa.» esclamò.
«Scusa cosa?» fece lei e controllò che il bagagliaio fosse chiuso bene, «Mi hai fatto incazzare!» esclamò ed entrò in macchina, sistemò la borsetta sul sedile del passeggero e sbuffò.
«Lau, io e mamma siamo preoccupati per te.» sospirò Jason, «Perché tu...»
«Perché io andrò in vacanza con Dean?» domandò Lauren, «Perché ci sono uscita a pranzo?»
«Perché non lo conosciamo!» replicò l'altro.
«Io lo conosco.» ringhiò Lauren, «E anche tu lo conosceresti se invece di fare il coglione fossi un po' più simpatico! Ma che ti ha fatto?»
«Ma Lau...»
«Non chiamarmi Lau.»
«Lauren...» sospirò lui, «Mamma ha chiamato tua madre dicendole che è preoccupata perché hai deciso improvvisamente di uscire con Dean.»
Lauren chiuse gli occhi e allontanò un momento il cellulare dall'orecchio, anche se avrebbe desiderato di buttarlo dall'altra parte del parcheggio. «Ha fatto cosa?» domandò, scandendo le parole.
«Siamo preoccupati, Lau.»
«Come cazzo vi siete permessi?» gridò, «Sono grande abbastanza da decidere con chi uscire, non mi serve il tuo permesso o quello di tua madre, stupido.» continuò, «E comunque mamma sa che andrò via con Dean, quindi piantala.»
«Ma Lauren! Tu non capisci! Io mi preoccupo! Lui non...»
«Prova a pronunciare il nome di Sean e giuro che vengo lì e t'ammazzo.» sibilò. «E ora ciao.» aggiunse e chiuse la comunicazione, mise il cellulare nel porta oggetti fra i due sedili e uscì dal parcheggio.
Mentre aspettava di poter ripartire dallo stop, si accorse che le mani le tremavano, respirò profondamente, poi fece inversione e andò al Mc Donald's, fermandosi al Mc Drive. Ordinò un milkshake alla vaniglia e un muffin ai mirtilli. Il suo cellulare continuava a squillare, vibrare e illuminarsi. Era Jason che la chiamava e le inviava messaggi. Lei li ignorò, aprì la rubrica e scorse i nomi, fermandosi su quello di Dean, lo selezionò e spinse il tasto di chiamata.
«Ehi, Dean.» fece quando lui rispose.
«Lauren. Tutto bene?»
Lei mandò giù un sorso di milkshake, «Sì, certo.» rispose, «È solo quell'imbecille di Jason che mi fa salire il sangue al cervello.» aggiunse. «Volevo sapere se... bhe, cosa fai stasera.» borbottò, «Sono troppo nervosa per stare in casa e con l'imbecille non ho voglia di uscire, lo prenderei a sberle.»
Dean ridacchiò. «Io e gli altri andiamo in quel locale che ha appena aperto.» disse, «Passo a prenderti alle dieci?»
Lauren sorrise, «Uh, sì, perfetto.» disse, «Ci vediamo dopo, allora.»
«Ciao.» la salutò Dean.
Lauren sfiorò il tasto per terminare la chiamata e poi mise il silenzioso e ripartì, diretta verso casa.

«Jason ha sbattuto la testa?»
Lauren sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Non so.» rispose, «Forse.»
«Mi ha chiamato Emma dicendomi che andavi via con Dean, che non lo conosciamo, che chissà cosa vuole e cosa ha in mente, e di qui e di lì...» esclamò sua madre riferendosi alla mamma di Jason.
«Forse non capiscono che io Dean lo conosco, loro no.» sospirò Lauren, «Ma uffa,» si lasciò cadere sul divano, «a loro che importa? Vogliono che vada in montagna con loro.» disse, «Dopo due giorni scapperei nella prima stalla che trovo.»
Sua madre fece un gesto con la mano, come a dirle di lasciare perdere e le portò un bicchiere di tè freddo.
Lauren ne bevve metà e poi tolse la plastica dalla valigia, l'aprì e la sistemò sulla poltrona, ne annusò l'interno e fece una smorfia: odorava di chiuso.
Andò in camera sua a prende uno dei sacchetti profumati per armadi e cassetti e quando tornò si fermò davanti alla poltrona.
«Duchessa.» fece posando le mani sui fianchi, «Cosa ci fai nella mia valigia nuova?» domandò.
La gatta la osservò e piegò la testolina di lato, sbadigliò e si acciambellò. Lauren sbuffò e sistemò il sacchettino nella tasca interna — quella traforata — della valigia. Sollevò la gatta, che miagolò infastidita, e la posò sul divano. «Stai qui.» disse, «Che poi mi riempi tutto di peli e ci impiego una vita per toglierli.» aggiunse grattandole la testa. Duchessa gradì le coccole e le leccò un dito, Lauren sorrise, si chinò e le baciò la testa, prima di andare a lavarsi le mani.

«Cosa vuol dire che esci con lui?» sbraitò Jason al telefono. Era furioso, incazzato... Lauren usciva con Dean e lui non lo sopportava. «Perché se lui ti chiede di uscire tu dici subito di sì?»
«Vuol dire che io gli ho chiesto d'uscire.» replicò lei, «Perché tu mi hai fatto incazzare.»
Jason boccheggiò. Quindi era colpa sua se Lauren usciva con Dean? «Lau, ti prego, non uscire con lui!»la implorò, una parte di lui sapeva che era inutile, quando Lauren si metteva in testa una cosa non c'era verso di farle cambiare idea. «Scusami, prometto che non lo farò più!»
Lauren sospirò, «Jason... lo prometti ogni volta e ogni volta fai come ti pare.» disse, «Ma questa volta basta, mi sono rotta.»
«Ma Lau...» tentò di rabbonirla.
«E non chiamarmi Lau.»
«Ma Lauren.» sospirò Jason, sentendosi sempre più triste. Perché Lauren preferiva Dean a lui? Cosa aveva quello più di lui? «Io mi preoccupo per te!»
Lei sbuffò, «Sono grande, non devi preoccuparti.» disse, «E poi conosco Dean da una vita...»
«Io no!» sbottò lui, «Io non lo conosco!» disse, «Perché lui sì e io no?» domandò.
Lauren sospirò, «Cosa c'entra che tu non lo conosci?» chiese, «Non sei mica mio padre!»
«Ma io mi preoccupo!» pigolò lui, «Tu non capisci!» disse, «Io non voglio che tu esca con lui.» esclamò e sperò che Lauren capisse il significato delle sue parole.
Lauren, invece, sbuffò di nuovo, «Io esco con lui.» disse, «E ci andrò in vacanza.» aggiunse, «Punto, fine della questione.»
«Ma io non lo conosco, non mi fido... perché non lo capisci? E poi perché devi andare al mare con lui? Vieni in montagna con me!» la pregò e inspirò, dicendosi di non piangere mentre era al telefono con lei.
«Senti, Jason, fammi un favore.» esclamò Lauren, «Chiamami quando ti sarà passata.» disse. «No, anzi, facciamo così: ti chiamo io quando non sarò più incazzata con te.» aggiunse e riattaccò.
Jason sgranò gli occhi e provò a richiamarla ma Lauren deviò la sua chiamata alla segreteria telefonica. Sospirò un paio di volte, ripetendosi che odiava Dean, che sperava che sparisse, che non lo voleva vicino alla sua Lauren. Represse un grido e chiamò Deacon, sapeva che era a un matrimonio di un cugino, sperò solo che non fosse troppo sbronzo.
«Ma sei coglione?» sbottò Deacon quando Jason gli raccontò tutto.
«Ma cosa? Perché...» sospirò Jason, «Pensavo che tu fossi dalla mia parte!» esclamò, «Quello non lo conosciamo! Dovremmo pensare a Lauren!»
«Tu non lo conosci.» replicò Deacon. «Io lo conosco ed è okay.»
«Ma Sean...»
Deacon sbuffò, «Ma la pianti di tirarlo fuori ogni volta che si parla di Lauren?» disse, «Se fossi in lui tornerei come fantasma solo per romperti i coglioni.»
«Ma io non voglio che Lauren esca con quello lì!» quello di Jason fu quasi uno strillo. «Io voglio che sia felice!»
«Tu vuoi che sia felice con te.» replicò Deacon, «Del resto non te ne frega un cazzo. Tu vuoi che lei stia con te e basta.» disse. «Ma non è vero!» replicò Jason, «Io voglio che sia felice solo che...»
«Non vuoi che esca con Dean, sì, sì, ho capito.» sospirò Deacon.
«Ma io non lo conosco!» esclamò Jason, chiedendosi perché Deacon non lo capisse. «Io non conosco quel tizio!»
«Jason, notizia flash per te: tu non sei il padre di Lauren o suo fratello, non puoi impedirle di vedere qualcuno perché, se continui così, la perderai.» gli disse Deacon.
Jason spalancò gli occhi, «Co-cosa?» balbettò, «Io ci tengo a Lauren e non voglio perderla!»
«Ma succederà se continui cosi.» disse Deacon e Jason lo sentì bere, «Se continui con questa assurda ossessione su quanto non conosci Dean, o ad organizzare robe in cui è compresa anche lei senza dirglielo, se continui a tirare fuori il nome di Sean...» sospirò, «La perderai.»
Jason si sentì stringere le viscere a quella — terrificante — prospettiva. «Tu dici?» pigolò. «Io non voglio! Non voglio che accada.»
Deacon sospirò, «Tu lasciala stare per qualche giorno, poi le chiedi scusa, giuri che non farai mai più il coglione e manterrai questa promessa, okay?»
Jason inspirò lentamente. «Sì, okay ho capito.» disse e guardò l'orologio, erano quasi le nove e mezza, «Devo andare, adesso.»
«Anche io, stanno dando il secondo.» fece Deacon «Ah, Jason, non t'azzardare ad andare a spiarla e o seguirla, okay?» disse.
«Seguirla?» squittì Jason e si chiese come facesse Deacon a sapere quello che aveva in mente. «Non lo farei mai!»
«Sì, come no.» replicò l'altro, «Non farlo, altrimenti è la volta buona che Lauren ti prenda a legnate.» disse, «E io non la fermerò, anzi, me ne starò lì a guardarla mentre ti gonfia a furia di sberle.»
Jason rimase in silenzio per qualche istante, sapendo che il suo amico aveva ragione. Sospirò, «Va bene.» disse, «Giuro che starò buono.» promise.
«Sarà meglio.» commentò Deacon. «Io vado, il secondo è arrivato.» aggiunse e riattaccò.
Jason sospirò, di nuovo, e si sedette sul letto, stringendo il cellulare fra le mani. Avrebbe voluto andare sotto casa di Lauren e impedirle di uscire con Dean ma sapeva che avrebbe peggiorato solo le cose, poteva perderla sul serio e lui non voleva.
Il pensiero di perderla era... terribile. No, era più di quello: era una vera tragedia.
Sospirò e si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi, coprendosi il viso con le mani. Due minuti dopo stava piangendo.

***

Dean si domandò per l'ennesima volta cosa fosse successo a Lauren, e perché lui l'avesse invitata ad uscire. Per due volte nella stessa giornata. Scrollò la testa e rallentò fino a fermarsi davanti alla casa di Lauren. Lei era già lì, davanti al cancello che lo aspettava. «Ciao.» disse quando salì in macchina.
«Ciao.» fece lui e la osservò, guardando le gambe lasciate scoperte dalla minigonna di jeans. «Allora... che ha combinato Jason?» domandò e ripartì.
Lauren sospirò, «Ha prenotato la casa in montagna anche per me, e in più la spa...» disse, «Senza chiedermi se io lo volessi oppure no.»
«Oh.» commentò Dean.
«E poi stamattina mi ha detto che aveva detto a sua madre che sarei andata a pranzo da loro, mi sono incazzata e gli ho detto che non ci sarei andata... e quello scemo ha detto a sua madre che stavo male ma ovviamente la vicina impicciona non si è fatta i cazzi suoi e le ha detto che ci aveva visto insieme al ristorante...»
«Ed è così grave?» domandò lui, non capendo perché la voce di Lauren fosse così alterata. «Lo avranno fatto in buona fede...» Lauren gli scoccò un'occhiata e Dean pensò che i suoi occhi sembrassero ancora più grandi, nella semi oscurità dell'abitacolo, «Il fatto è che sono andata da loro prima di andare al centro commerciale per prendere una valigia perché quelle che ho a casa o sono troppo piccole o troppo grandi.» divagò, «Comunque... quando ero lì la madre di Jason ha iniziato a blaterare che dovevo andare andare a pranzo da loro e che dovevo andare in montagna da loro.» spiegò e sospirò, stringendo i manici di una borsetta nera — diversa da quella di quella mattina, notò Dean —, «Che mi avevano prenotato la spa visto che mi piace tanto... a quel punto non ci ho visto più e gli ho detto che andavo al mare con te e lì...» un altro sospiro, «Apriti Cielo! Hanno iniziato a dire che non ti conoscono, che di qui, che di lì... e poi hanno tirato fuori Sean e lì mi sono incazzata, li ho mandati a quel paese e me ne sono andata.» «Oh.» fece Dean, «Mi pare che siano esagerati!» commentò, «Nemmeno mi conoscono...»
«L'importante è che ti conosca io, no?» fece Lauren. «Comunque... ero appena uscita dal centro commerciale quando Jason mi ha richiamato dicendomi le solite cose: che non ti conosce e bla bla vari... e che sua madre aveva chiamato la mia per dirle che ero andata con te a pranzo e perché andremo in vacanza insieme... mia madre si è fatta una risata, ovviamente.»
Dean annuì lentamente, pensando che Jason e sua madre si preoccupassero troppo. «E se chiamassero tuo padre?»
Lauren scoppiò a ridere così improvvisamente che Dean ne rimase sorpreso. «Se Emma lo facesse mio padre la manderebbe a quel paese!» disse, «Sai, una volta, la mie ex professoressa di matematica del liceo lo aveva incontrato per strada e lo aveva informato che mi aveva visto il pomeriggio prima in giro per la città... lui le disse di farse gli affari propri.»
Anche Dean rise, «Ho capito.» esclamò, «Probabilmente anche i miei reagirebbero così.» disse e sorrise a Lauren.
In breve arrivarono al locale e incontrarono Jeffrey, Tom, Hannah e Charlie. Mentre si accomodavano a uno dei tavolino Dean guardò Lauren e gli diede l'impressione di essere più rilassata e tranquilla, si rilassò anche lui, pensando che, anche se la sua storia con Georgia si era conclusa in un pessimo modo e la sua adorabile e amata nonna non c'era più, aveva degli amici, una famiglia che gli voleva bene — esclusi zii e cugini, i classici parenti serpenti —, un lavoro che gli piaceva... e aveva Lauren.

Erano a metà dei loro cocktail quando Dean vide Lauren prendere il cellulare, non aveva nessuna intenzione di farlo ma, quando lei sfiorò lo schermo e quello si illuminò, guardò anche lui, fissando le due informazioni presenti sullo schermo: dieci chiamate perse e otto SMS.
Lauren li controllò entrambi e sospirò quando vide che erano tutti da parte di Jason.
Dean inarcò un sopracciglio, tutti quei messaggi e chiamate gli sembravano troppi, quasi da fidanzato geloso e possessivo. Lesse l'ultimo messaggio in ordine di arrivo: “Ma dove sei? Perché non mi rispondi? Scusami, Lau! Rispondi, per favore.”
«Forse dovresti rispondere.» le disse, «Prima che si preoccupi sul serio e mi dia un pugno in faccia la prossima volta che mi vede.»
Lauren sospirò, «Sì, hai ragione.» borbottò, bevve un sorso di Caipiroska alla fragola e iniziò a digitare: “Sto bene, non rompere. Sono ancora arrabbiata con te, lasciami stare per un po'.”
«Uff, speriamo che smetta di rompere.» sbuffò.
«Lauren, ma tu lavori alla Green Healt?» domandò Tom.
«Sì.» rispose lei, «Perché?»
Tom scrollò le spalle e spostò in avanti il suo bicchiere di birra. «Perché l'altro giorno ho accompagnato mio nonno a ritirare alcuni esami e c'era lì una ragazza, capelli neri, corti, occhiali rossi, l'aria da cretina...» disse, prese il bicchiere e ne bevve un sorso, «Ed era proprio cretina!» esclamò, «L'ha dovuta aiutare un'altra tipa perché lei non sapeva dove guardare...»
Lauren sospirò, «È nuova ed è veramente cretina.» disse, «Spero che non l'assumano, adesso è in prova.»
Tom scrollò le spalle. «Bhe, sì era davvero scema.»
Dean ridacchiò, «Povera chi le deve spiegare le cose.»
«Io.» disse Lauren e Dean la fissò, sentendosi stupido. «Almeno quando siamo in turno assieme.» esclamò, «Cioè quasi sempre.» sospirò e sorseggiò il cocktail dalla cannuccia, «Ma ancora cinque giorni e poi basta.»
Dean rise, «Uh, dai, magari quando torni non c'è più.» le disse e le diede una pacca sulle spalle per poi bloccarsi, domandandosi cosa stesse facendo.
E se lo chiese di nuovo, qualche ora dopo, mentre lui e Lauren andavano verso la sua auto, quando lui le posò un braccio sulle spalle, un gesto affettuoso che si era accorto di aver fatto solo dopo aver posato il braccio sulle spalle. Era come se il suo braccio avesse agito indipendentemente da quello che voleva lui e, mentre entrava in auto, si disse che il profumo di Lauren era buonissimo e che non vedeva l'ora di sentirlo ancora, e più a lungo questa volta.




✫✫✫

Salve, popolo di efp.
Due cose: all'inizio pensavo che la storia durasse 8 capitoli ma poi ho slittato di uno, e adesso si allungherà di un altro: aggiungere a questo capitolo la parte della vacanza mi sembrava eccessivo, visto che è bello denso e lo sarà anche la parte della vacanza. Quindi, invece di otto saranno dieci capitoli, quindi, visto che questo è il quinto... sono praticamente a metà!
Seconda cosa: compreso questo capitolo la storia ha 30198 parole,spalmate su 67 pagine, carattere Verdana altezza 13.
In ogni caso spero che vi sia piaciuto. Ci si vede!
P.S: leggete le altre mie storie!
P.P.S: un commentino, please? ç.ç

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Capitolo 6
*** 6. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


6.



Lauren afferrò un paio di pantaloncini di jeans azzurro chiaro e li fissò, arricciando il naso e domandandosi se portarli o meno, pensò a cosa avrebbe potuto abbinarli e guardò il letto dove aveva sistemato ordinatamente vari vestiti.
Dopo un paio di minuti piegò i pantaloncini e li aggiunse alla pila di vestiti, afferrò un paio di pigiami, uno lungo e uno corto e un paio di parei che arrotolò.
Prese la valigia nuova e l'aprì sul letto e iniziò a sistemare ordinatamente i vestiti, sistemando sul fondo il grande asciugamani azzurro.
«Ricordati le ciabatte da spiaggia.» esclamò sua madre entrando in camera, «Quelle di plastica.»
«Ah-ah.» fece Lauren annuendo e sistemando i parei arrotolati negli angoli, per non sprecare spazio. «Adesso le prendo... non le ho.» disse. «Non le ho, mamma!» esclamò.
La donna ridacchiò, «Bhe... vai a comprarle.» disse e uscì dalla stanza.
Lauren sospirò e scrollò le spalle, poi aprì l'ultimo cassetto del comò e afferrò un paio di bikini colorati e li fissò, sperando che le andassero bene, infilò anche quelli nella valigia, nella tasca interna con la cerniera.
Il telefono squillò ma lei lo ignorò, troppo presa a infilare un paio di infradito nello spazio fra i vestiti e le pareti della valigia.
«Lauren!» gridò sua madre, «È Jason!»
Lauren sbuffò e afferrò il telefono, «Pronto?»
«Ehi.» fece Jason, «Come va?»
«Bene.» disse lei e si mosse per la stanza, alla ricerca del piccolo astuccio fucsia, quello dove metteva sempre lo spazzolino, il dentifricio e il filo interdentale quando andava in vacanza. «Tu?» domandò aprendo il cassetto interno dell'armadio.
«Mi sento un cretino.» sospirò il ragazzo, «Mi dispiace un casino.» disse, «Perdonami, Lau.»
Lauren si sedette sul letto, «Sei stato un idiota.» esclamò, «Comunque ti perdono.» disse. Lui le era mancato, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
«Sul serio?» squittì lui, «Non stai mentendo?»
«No.» rispose lei e guardò la valigia, domandandosi se fosse troppo piena. «Sei libero?» domandò.
«Io... sì.» fece Jason, «Perché?»
«Perché devo andare a comprare un paio di ciabattine da spiaggia.» esclamò Lauren.
«Ah.» 
«Se non vuoi venire ci vado da sola.»
«No, no, vengo.» sospirò Jason «Fra quanto ti passo a prendere?»
Lauren guardò la sveglia, «Fra mezz'ora?» propose, «Così facciamo anche merenda.»
«Okay.» disse Jason, «Ci vediamo fra poco.» aggiunse, «Mi sei mancata.» mormorò prima di riattaccare.
Lauren sorrise, scosse la testa e sistemò il cordless sulle sua base, chiuse la valigia e si alzò in piedi, andò in cucina e avvisò sua madre che usciva con Jason per andare a comprare le ciabattine.
In bagno si pettinò i capelli e, mentre teneva ferma la coda alta con la mano sinistra, cercò l'elastico che era sicura che fosse sulla mensolina dello specchio.
«Dov'è?» borbottò e is guardò attorno, poi vide Duchessa giocare con qualcosa: l'elastico. Evidentemente doveva essere caduto e lei non se ne era accorta.
Riprese l'elastico mentre la gattina la guardava come se fosse delusa di non avere più il suo giochino. Lauren gli grattò la testina e tornò allo specchio per legarsi i capelli.
Passò sulle labbra un gloss rosato, si spruzzò un po' di profumo e uscì dal bagno, seguita da Duchessa. Lauren tornò in camera e indossò le ballerine nere, poi sorrise a duchessa che era saltata sul letto.
Prese la gatta, una pallina di plastica e andò in corridoio, lanciò la pallina e lasciò che Duchessa ci giocasse.
Si mise alla scrivania, recuperò un foglio dal block notes e scrisse tutto quello che le mancava: le ciabattine, la bustina per lo spazzolino e il dentifricio, un deodorante nuovo — quello che aveva era quasi finito e non voleva rischiare che le finisse nel bel mezzo della vacanza —, shampoo, balsamo e crema, un doccia-schiuma e la crema solare. Aveva pensato che avrebbe preso quelle cose il giorno dopo, uscita dal lavoro, ma visto che andava al centro commerciale, avrebbe preso tutto subito.
Recuperò il cellulare e lo infilò in borsa insieme al foglietto. “Ricordati il caricabatterie!!!” scrisse sulla lavagnetta accanto alla porta, poi uscì, andando in salotto, dove si sedette sul divano, in attesa di Jason.
Il ragazzo arrivò puntuale e Lauren salì in auto. «Come stai?» domandò.
«Adesso sto meglio.» rispose Jason
Lauren annuì e gli regalò un sorriso, «Okay.» fece. «Secondo te è meglio che prima compri le ciabatte oppure che entri nel supermercato per prendere lo shampoo e il resto delle robe?» domandò.
«Non ne ho idea.» fece lui, «Forse è meglio prendere prima le ciabatte.» disse, «Ti servono per la vacanza con» Jason prese un lungo respiro, «Dean?»
Lauren lo fissò, «Sì.» rispose. «È mercoledì, partiamo sabato.» gli ricordò.
«Così presto?» fece Jason e si fermò alla rotonda per dare la precedenza.
«Eh, già.» disse Lauren, «Non vedo l'ora di staccare la spina e di rilassarmi.» aggiunse e guardò Jason, che fissava davanti a sé, stringendo forte il volante, «Lo sai che ti voglio bene, vero?» disse.
Jason le sorrise, «Lo so.» fece, «Anche io ti voglio bene.»

Lauren guardò lo scaffale davanti a lei, bottiglie di varie forme e colori la fissavano di rimando e lui non sapeva cosa comprare.
«Lauren...» protestò Jason.
«Arrivo.»
«Lo hai detto dieci minuti fa!» protestò lui.
«Sono indecisa.» fece lei.
«Prendi uno shampoo a caso!»
«Fosse facile.» borbottò Lauren prendendo in mano una confezione arancione, lesse che era indicato per il mare e la piscina così lo infilò nel cestino, prese il balsamo e una crema ristrutturante della stessa linea e li sistemò accanto allo shampoo.
«Era ora!» disse Jason.
«Mi manca il doccia-schiuma» esclamò Lauren e si spostò dall'altra parte della corsia.
Jason sbuffò, «Adesso ci impiegherai un'altra mezz'ora, vero?»
«No.» rispose Lauren girandosi verso di lui e sorrise, «So già cosa prendere.» disse e afferrò una confezione di doccia-schiuma al cocco.
«Meno male.» fece Jason.
«Mi manca solo la crema solare...» disse Lauren e fece qualche passo in avanti, lungo la corsia, svoltò a sinistra e si immise in quella successiva.
Jason la raggiunse dopo qualche minuti, stringendo una confezione di sapone per le mani, «Sei sparita!» esclamò, «Mi giro per un minuto e puff, sparisci.»
«Te l'avevo detto che mi mancava la crema.» fece lei prendendo in mano una confezione, «Ho finito.» disse e si girò verso Jason, «Andiamo?» sorrise, felice. Era mercoledì pomeriggio e contò che mancavano circa settanta ore prima della partenza. Lei e Jason avanzarono ancora nel reparto “Profumeria” del supermercato del grande centro commerciale.
«Ti mancano solo le ciabatte, vero?» chiese Jason.
Lauren lo guardò e ridacchiò, «No, devo prendere il dentifricio, una di quelle confezioni piccole, il filo interdentale e una bustina per metterceli dentro.»
Jason sbuffò e poi sospirò.
«Ti offro il gelato, se la smetti di sbuffare.» replicò Lauren, afferrò una confezione di dentifricio e quella del filo. «Andiamo.»
«Guarda lì.» fece Jason dopo qualche minuto, indicando un espositore di beauty case di varie misure, «Magari trovi qualcosa che ti vada bene...» aggiunse e Lauren lo sentì sospirare, quasi come se si fosse pentito di quelle parole.
La giovane rovistò nel cesto di metallo, fino a quando non tirò fuori un piccolo beauty case viola scura, a forma di tubo e con un diametro di non più di tre quattro centimetri; controllò il prezzo e sorrise. «Preso.» esclamò allegra, «Dai, Jason, andiamo a pagare e poi ci facciamo un bel gelato.» disse e lo prese sottobraccio, poi si avviarono alle casse, tutte piene di gente che approfittava di alcuni sconti.
«Andiamo alla cassa automatica.» disse Lauren.
«Eh?» fece lui.
«La cassa automatica.» ripeté Lauren con un sorriso, «Una di quelle.» disse alzando la mano che stringeva il cestino.
«Ah, sì, ho capito.» disse lui.
Venti minuti dopo i due erano seduti a un tavolino della gelateria, con due coppe davanti a loro.
«Tu quando parti?» domandò Lauren prendendo una grossa amarena.
«Domenica.» rispose lui, «Tu?»
«Sabato, subito dopo pranzo.» rispose lei.
«Ah.» commentò lui. «Quindi noi non ci vediamo prima che parti?»
Lauren lo fissò e poi guardò l'amarena sul cucchiaio, «Bhe, venerdì ceno da papà, possiamo uscire domani sera.» disse.
Jason sospirò. «Domani non so se ci sono.» disse, «Sabato possiamo pranzare insieme?» chiese.
«Io, Dean e gli altri mangiamo una pizza prima di partire.» rispose lei, senza aggiungere che l'avrebbero mangiata lì, nella casa di Elaine.
«Ah.» fece lui. «Vabbè, vedo se riesco a rimandare la cena di domani.»
Lauren sorrise, «Va bene.» disse. «Altrimenti sabato mattina facciamo colazione insieme, perché poi devo finire di sistemare alcune cose prima della partenza.»
Jason annuì, di nuovo, e ancora una volta Lauren capì che non era contento. Anche se avevano fatto pace e lui non aveva ancora detto nulla di cattivo nei confronti di Dean, sapeva che non lo sopportava. E lei non poteva farci nulla, non poteva entrare nella testa di Jason — anche se le sarebbe piaciuto tanto — e fargli cambiare idea; non riusciva ancora a capire perché Jason ce l'avesse tanto con Dean: la scusa che non lo conosceva era solo una scusa e basta, lo sapeva anche lei.
«Vada per la colazione, allora.» disse Jason e sorrise.
Anche lei lo fece e si rilassò, mentre pensava che forse era stata tutta una sua impressione, che Jason non fosse più arrabbiato — o qualunque cosa fosse — con Dean. Sorrise, poi il suo cellulare squillò, «Uff, che palle.» disse leggendo l'SMS, «Mamma mi ha scritto che devo prendere qualcosa da mangiare per noi due e che devo prendere i crocchini.»
«Crocchini?»
Lauren sbuffò, «I croccantini per Duchessa.» spiegò. «Questa roba la prendiamo prima di uscire.» aggiunse.
Jason annuì, «Okay.» disse, «Tanto non è colpa tua, questa volta.» sorrise.
«Oh, bhe, almeno questo.» sospirò Lauren. «Dai, che comunque abbiamo quasi finito.»

Lauren svuotò la valigia. Non era riuscita a resistere e aveva comprato un paio di bikini nuovi, uno blu scuro e uno sui toni del giallo scuro e arancio. Aveva preso anche un vestito bianco senza spalline, che le arrivava poco sopra il ginocchio. E anche un paio di jeans azzurro chiaro, che le fasciavano le gambe, e quattro magliette, tutte di colori e tagli diversi.
Sistemò i vestiti sul letto — quelli nuovi erano in lavatrici che subivano il ciclo di lavaggio rapido, dopo li avrebbe messi nell'asciugatrice, così sarebbero stati pronti subito dopo cena —, preparò il beauty case con dentro lo shampoo, il balsamo, il doccia schiuma e tutto quello che aveva preso quel pomeriggio e sperò che non si rompesse nulla.
Fissò l'enorme borsa che aveva preso insieme a Jason e valutò se dentro ci sarebbe stato sia il beauty case che la bustina con dentifricio e spazzolino. E mancava ancora la spazzola e il pettine, oltre al minuscolo astuccio con dentro gli elastici, mollette e forcine varie. Pensò che avrebbe potuto infilarli all'ultimo nella valigia, infilandoli in una delle tasche esterne. Andò alla lavagnetta appesa accanto alla porta, prese il pennarello blu e, sotto alla scritta che le ricordava di prendere il carica batterie, ci aggiunse anche le parole: “spazzola e pettine”.
Poi si ricordò le parole di Dean: “valigia piccola, zaino e borsetta”; bhe, lei lo zaino non lo aveva, poteva tenere fuori il beauty case e mettere in borsa la bustina con lo spazzolino e il dentifricio. 
Infilò subito il piccolo astuccio rosa cipria con dentro gli elastici nella tasca esterna della valigia e uscì dalla stanza, sua madre l'aveva chiamata, dicendole che la cena sarebbe stata pronta in cinque minuti. Passò prima a controllare la lavatrice, l'elettrodomestico aveva finito, così tolse tutto, appese i bikini al piccolo stendino posto sopra la vasca da bagno e infilò il resto della roba nell'asciugatrice, avviò il programma e andò cenare, sentendosi sempre più eccitata da quella vacanza.

✫✫✫

Lauren svuotò la lettiera nel grosso secchio della spazzatura e con la paletta verde tolse quella che era rimasta attaccata alle pareti. 
Andò al lavandino esterno e posò la lettiera sullo sgocciolatoio e ci versò dentro un po' di detersivo per i piatti, ci aggiunse filo d'acqua e iniziò a pulirla con una spugna gialla.
«Cosa fai?»
Lauren sobbalzò, «Dean!» esclamò guardando dall'altra parte della recinzione. «Ciao.» sorrise e gettò la spugna nel lavandino.
«Ciao.» fece lui e si avvicinò alla recinzione, «Che fai?»
«Pulisco la lettiera di Duchessa.» rispose lei, aprì l'acqua e iniziò a sciacquare la lettiera.
«Lettiera?» Dean inarcò le sopracciglia, «Con tutto lo spazio che ha?»
«Eh, lo so.» sospirò Lauren e guardò il ragazzo, per poi distogliere lo sguardo, «Se è fuori la fa fuori, ma se è in casa... fa la pigra e non esce.» spiegò.
Dean sorrise, «Allora... sei pronta per la partenza?»
Lauren sorrise e annuì, «Oh, sì.» rispose, «Devo solo buttare un paio di cose in borsa e sono prontissima.» disse. «Il camper è pronto?» domandò.
Dean annuì e osservò Lauren che capovolgeva la lettiera sullo sgocciolatoio, «Sì, sto dando una lavata ai piatti, alle posate e alle pentole.» disse, «E devo riempire il serbatoi dell'acqua.»
Rimasero un attimo in silenzio, mentre Lauren si lavava le mani.
«A che ora arrivano le pizze?» domandò la ragazza.
«Per mezzogiorno e mezzo.» rispose Dean, «Le portano Jeffrey e gli altri.»
Lauren annuì, «Uhm, okay.» sorrise e spense l'acqua.
«Se vuoi puoi portarmi la valigia.» propose lui, «Così non facciamo casino dopo, con gli altri.»
Lauren ci pensò per qualche secondo, poi sorrise, «La porto subito.» disse.
Cinque minuti dopo stava trascinando il trolley lungo il vialetto di quella che ormai era la casa della madre di Dean, il beauty lo avrebbe portato dopo, sua madre le aveva detto di mettere in valigia alcuni medicinali essenziali come antidolorifici, anti-inffiammatori, la crema per le scottature e le punture d'insetto e lei avrebbe voluto farlo dopo aver pulito la lettiera, quindi portò solo il trolley.
«E quelli?» domandò lui indicando i due asciugamani che Lauren teneva in mano.
«Non ci stavano in valigia.» rispose lei e scrollò le spalle. «Se li avessi messi dentro non ci starebbero stati i vestiti.»
Dean non disse nulla, prese il trolley e salì sul camper, Lauren lo seguì, chiedendosi se dovesse farla ora quella domanda o aspettare gli altri. Dean aprì un armadio della camera matrimoniale e ci spinse dentro il trolley poi sistemò gli asciugamani accanto ad esso e chiuse l'anta.
«Dove vuoi dormire?»
«Prego?» fece lei.
«Bhe... Charlie e Hannah dormono insieme..» disse Dean, «Tu dove vuoi dormire?» chiese. «Io, Jeff e Tom possiamo stringerci in un letto, anche se sarà complicato.»
Lauren si domandò come facesse Dean a sapere che quello era ciò che la tormentava. «Io non so.» rispose e si sedette sulla panca, «Aspettiamo gli altri?» chiese.
Dean annuì, «Sì.» rispose, «Va bene.» disse e guardò Lauren. «Vuoi qualcosa da bere?»
Lauren annuì, «Sì, grazie.»
I due uscirono dal camper e Lauren seguì Dean in cucina e fissò i jeans del ragazzo e pensò che gli stessero bene, mettendo in risalto i fianchi e il sedere. Deglutì, dicendosi che lui era solo un amico, come Jason o Deacon o Stuart.
E se lo ripeté più volte, mentre entrava in casa: “Dean è solo un amico.”

✫✫✫

A mezzogiorno e venticinque, Tom, Jeffrey, Charlie e Hannah arrivarono con le pizze e Tom posteggiò l'auto nel garage.
Mentre mangiavano le pizze stringendosi sullo stretto tavolo rotondo della cucina discussero su quale strada prendere e su quale dovesse essere la prima tappa.
Prima che finissero le pizze si erano messi d'accordo.
«Come ci dividiamo i posti sul camper?» domandò Dean mentre mangiavano un profiterole comprato da Hannah e Charlie.
«Io e Hannah dormiamo insieme. Punto.» esclamò Charlie.
«Questo lo sapevamo.» fece Jeffrey.
«Volete la camera o prendente il letto sopra la cabina?» chiese Dean.
«Il letto sopra la cabina!» disse Hannah.
«Okay.» fece Dean e Lauren lo osservò, fissando le sue labbra sporche di cioccolato. «Voi due?» chiese a Jeffrey e Tom.
Tom scrollò le spalle, «È uguale.» rispose.
Dean sbuffò, «Quindi.. cosa facciamo?» chiese e Lauren sentì il suo sguardo su di sé, anche se aveva la testa bassa, china sul piatto.
«Voi potete prendervi la camera, io e Tom useremo i letti della sala.» propose Jeffrey e Lauren alzò lo sguardo. A quello non ci aveva proprio pensato. Non aveva pensato che avrebbe potuto dormire con Dean. Aveva assicurato Jason che avrebbe dormito in un letto tutto per sé. “A Jason non deve importare con chi dorma,” pensò, “e poi noi siamo solo amici.” si ripeté.
«Per te va bene?»
Lauren fissò Dean e per un attimo fu incapace di rispondere, deglutì il dolce, bevve un sorso di coca e rispose: «Sì, va benissimo.»
Dean le sorrise, «Allora è deciso.»

Erano quasi le due e mezza quando salirono sul camper. Dean era alla guida, Lauren, Hannah, Tom e Jeffrey erano seduti dietro, Lauren era proprio dietro Dean, solo una sottile e bassa parete li separava e lei poteva vedere ciuffi di capelli biondi che spuntavano dal sedile e le mani sul volante. Charlie era rimasto a terra, per aiutare Dean con le manovre per uscire dal cortile — il ragazzo doveva uscire in retromarcia — e, una volta che il camper fu in strada, anche Charlie salì, sistemandosi accanto a Dean, chiuse la portiera e poterono partire.
Lauren si rilassò contro il sedile, prese la rivista di sudoko e la matita che aveva poggiato sul tavolino alla sua destra e iniziò a riempire le caselle. Quando smise, dopo aver riempito cinque schemi — stava iniziando uno schema più grande, invece di nove numeri ce n'erano sedici --- e alzò lo sguardo, puntandolo fuori dalla finestrella, vide che erano ben lontani dalla loro città, controllò l'ora e rimase sorpresa nel constatare che erano in viaggio da quasi due ore. Lasciò la matita e la rivista e alzò le braccia sopra la testa, stiracchiandosi i muscoli contratti e sbadigliò.
«Stanca?» le chiese Jeffrey.
«No.» rispose lei, «È solo che quando faccio viaggi lunghi mi viene sempre sonno.»
«Allora direi che è il momento di fare una pausa.» esclamò Dean, «C'è un bar a cinque chilometri.»
Lauren si girò e fece appena in tempo a vedere il cartello che indicava il bar e il distributore di benzina prima che scomparisse dalla sua vista, sorpassato dal camper.
Dean si fermò in uno dei parcheggi per i camper e Lauren aprì la sua grossa borsa, tirando fuori una borsetta più piccola.
«Borsa matriosca?» commentò Jeffrey.
Lei alzò le spalle, «Non posso mica andare sempre in giro con quella borsa enorme.» disse e slacciò la cintura, si mise in piedi e scese dal camper, trattenendo il respiro quando l'aria calda di Agosto la travolse, l'afa era quasi insopportabile, nel camper c'era l'aria condizionata e si stava decisamente meglio. Entrarono nel bar e si sedettero a uno dei pochi tavolini liberi e ordinarono, Lauren scelse una crema fredda al cappuccino grande, con l'aggiunta di panna montata.
Bevvero i loro caffè e le bevande — Hannah e Jeffrey avevano scelto un tè freddo al limone — chiacchierando, eccitati da quella vacanza.
Lauren si ritrovò a ridere insieme agli altri e non sentì il cellulare che vibrava nella sua borsa.
Quando finirono Jeffrey si offrì di pagare per tutti, anche se Charlie insistette per pagare per lui e Hannah.
Mentre i due discutevano, le due ragazze si allontanarono e andarono al bagno. Quando uscirono Jeffrey aveva pagato per tutti, ignorando le proteste di Charlie.«Hanno finito?» commentò Hannah.
«Sembra di sì.» disse Dean, «Andiamo?» fece e gli altri annuirono, così si diressero verso l'uscita dove presero un paio di bottiglie d'acqua, una di Coca-Cola e una di tè al limone. Questa volta Charlie la spuntò e pagò lui.
Ritornarono sul camper e ripartirono, diretti alla città sulla costa più vicina.
Lauren aprì la borsetta e afferrò il cellulare e sospirò quando vide i sette messaggi e le tre chiamate da parte di Jason. Sapeva che non poteva essere nulla di grave, altrimenti avrebbe trovato anche le chiamate da parte dei suoi genitori o dei loro compagni, quindi doveva essere solo Jason con le sue paranoie.
Lesse il primo messaggio di Jason, inviato alle quattordici e due minuti, che le chiedeva se fosse già partita. Lesse anche gli altri: “Lau... perché non mi rispondi?; Lau se vuoi tornare a casa dimmelo che vengo a prenderti, ovunque tu sia!; Lauren! Mi stai facendo preoccupare! Cosa ti è successo? Rispondimi!; Lauren, per favore, rispondimi, mi preoccupo!”
Lauren sbuffò e digitò il messaggio: “Siamo quasi arrivati. Stiamo tutti bene. Non ho sentito la suoneria. Ciao :)”
Infilò il cellulare nella borsa e si rilassò, dicendosi che non doveva farsi rovinare quelle vacanze dalle sciocche paranoie di Jason.
Un'ora e mezza dopo si fermarono in una zona per i camper, c'era sono il posto per svuotare i serbatoi del camper e per riempirli, dei bagni piuttosto spartani e delle docce, constatò Lauren con sua grande gioia. Si sentiva tutta sudata, con la canotta appiccicata alla schiena e non sapeva come avrebbero potuto lavarsi, in sei, in quel minuscolo bagno, pensò che si sarebbe allagato dopo due persone e che l'acqua sarebbe finita presto.
«Per oggi ci accontentiamo di questo.» esclamò Dean mentre guardava dall'altra parte della strada, verso l'oceano.
Lauren entrò nella camera matrimoniale, aprì l'armadio e prese uno dei due asciugamani, poi tirò fuori il trolley, lo aprì e prese il sacchetto di plastica per i vestiti sporchi, afferrò la biancheria pulita, prese le ciabattine e il beauty case, chiuse il trolley e lo mise al suo posto.
«Io vado a farmi la doccia.» disse uscendo dal camper, si tolse le ballerine e le lasciò per terra e indossò le ciabattine.
«Aspettami, vengo anche io.» esclamò Hannah.
Mezz'ora dopo le due ritornarono al camper, avvolte nei loro asciugamani colorati, chiacchierando allegramente.
Mentre loro si vestivano fu la volta dei ragazzi di andare a farsi la doccia. Lauren si vestì, indossando dei jeans chiari e una t-shirt bianca, dei brillantini colorati formavano una grossa farfalla che occupava tutto il lato destro, il fianco e parte della schiena. Sistemò l'asciugamani sullo stendino che Dean aveva tirato fuori; si pettinò i lunghi capelli, spruzzò un po' di schiuma sul palmo delle mani e la passò fra i capelli, creando delle morbide onde.
Si lavò le mani e si truccò il viso in modo leggero.
Mezz'ora dopo si stavano dirigendo verso un ristorante che uno dei camperisti aveva consigliato loro. Ci arrivarono in fretta, dopo una manciata di minuti e il cameriere li fece accomodare in uno dei pochi tavoli liberi presenti sulla terrazza.
Lauren fissò il menu, indecisa su cosa prendere. Alla fine scelse un antipasto di pesce della casa e del fritto misto; al dolce ci avrebbe pensato dopo. Da bere presero dell'acqua e del vino bianco.
Dopo poco arrivarono i piatti che avevano ordinato e Lauren fissò Dean e lo guardò. Lui la stava osservando. Lauren sentì lo stomaco in subbuglio, poi posò lo sguardo sul piatto che il cameriere le aveva portato, rimanendo sorpresa dalla quantità di roba che c'era sopra: insalata di polipo e patate; cozze e vongole; gamberetti in salsa rosa con accanto una piccola fetta di pane tostato; fette di pesce spada, salmone e tonno, tutte e tre affumicati; una cappasanta con la crosticina dorata; alici sottaceto; un paio di gamberoni ai ferri; surimi di gamberi; un filetto di trota; chele di granchio; un quarto di limone disteso sopra un paio di foglie d'insalata e un manciata di carote alla julienne. “Non riuscirò a finirlo.” pensò prendendo le posate, sentendo ancora su di sé lo sguardo di Dean

Alla fine Lauren mangiò tutto l'antipasto e anche il fritto misto — anche quel piatto era enorme —, trovando tutto buonissimo.
«Voglio un amaro che mi stoppi lo stomaco.» gemette Tom posando le mani sullo stomaco.
«Hai mangiato troppo!» disse Jeffrey, «Se stanotte stai male non venire da me!»
Lauren ridacchiò e si sporse verso Hannah, che era alla sua destra e guardò il menu dei dolci, scegliendo una torta di meringa e gelato; la scelse anche Hannah mentre i ragazzi si limitarono a un amaro, che prese anche Lauren.
Lauren sorrise quando il cameriere arrivò con i dolci e gli amari e quasi si dimenticò di aver sentito per quasi tutta la cena lo sguardo di Dean su di sé.
Infilò la forchettina nella morbida panna che copriva il disco superiore di meringa e la portò alle labbra.
«Domani cosa facciamo?» chiese Tom.
«Un bel bagno.» rispose Hannah.
«Oh, sì.» disse Lauren, «Sicuramente!»
«Dobbiamo cercare un campeggio.» esclamò Jeffrey, «Uno ben attrezzato, con la piscina, un mini-market, bar e ristorante, l'animazione...»
«Intendi animatrici carine, vero?» disse Charlie, Jeffrey avvampò appena e borbottò sottovoce e Lauren rise.
«Ecco, se voi vorreste delle belle animatrici noi pretendiamo degli animatori che siano dei gran gnocchi, vero Lauren?» esclamò Hannah.
Lauren annuì e prese un pezzo di torta, «Ovviamente.» rispose e si sentì osservata da Dean, lo fissò, vedendo che lui la stava effettivamente guardando, così sorrise e distolse lo
sguardo, sentendosi in imbarazzo.
E qualcos'altro che non sapeva decifrare, una cosa a cui non sapeva dare un nome e un significato.
O forse non aveva il coraggio di farlo.

«Da che parte vuoi stare?» chiese Dean quando erano di nuovo nel camper, a mezzanotte e mezzo. Erano tutti stanchi e volevano solo dormire.
Lauren fissò il letto e per un istante fu incapace di rispondere. Sarebbe stata la prima volta che dormiva con qualcuno che non fosse Sean.
«È uguale.» rispose mentre chiudeva la treccia con un elastico rosso, la fece scivolare dietro la schiena e rimase in attesa.
«Se vuoi puoi stare verso la porta.» propose Dean.
«Ehm... sì, certo.» fece lei, «Va benissimo.» aggiunse pensando che fosse la soluzione migliore: se fosse rimasta dall'altra parte, verso la parete posteriore del camper si sarebbe sentita in trappola, così, invece, poteva uscire dalla camera senza dover scavalcare Dean.
In pochi minuti ognuno occupò il proprio posto: Charlie e Hannah si misero nel letto sopra la cabina, Jeffrey e Tom occuparono i letti ricavati dal piano del tavolo e dalle panche della zona giorno, mentre Dean e Lauren erano nella stanza e lei si sentiva agitata e ansiosa. Si sdraiò nel letto, dando le spalle a Dean, controllò il cellulare e poi lo spense, lo sistemò sulla mensolina sopra di lei e sperò di non sbatterci la testa quando si sarebbe alzata.
«Buona notte.» le sussurrò Dean.
«Buona notte.» mormorò lei e s'impose di dormire.
Un'ora dopo era ancora sveglia, incapace di prendere sonno.
Lauren si rannicchiò nel letto, piegando le ginocchia verso il petto. Sentiva Dean muoversi dietro di lei e sperò che non si muovesse troppo o che la spingesse, altrimenti sarebbe caduta sul pavimento del camper. Chiuse gli occhi e s'impose di dormire, perché era stanca, perché tutti dormivano e doveva farlo anche lei. Sentì il leggero russare di Tom e si trattenne dal ridacchiare.
Inspirò un paio di volte e rilassò le gambe, allungandole, rimanendo però sdraiata sul fianco destro.
Udì il respiro di Dean e cercò di concentrarsi su di esso, come se fosse una sorta di ninna nanna.
Dopo pochi minuti si rilassò completamente e si addormentò.

✫✫✫

Dean sbadigliò e aprì gli occhi, rimanendo sorpreso di trovarsi di fronte quella cascata di capelli biondi. Per un attimo non capì a chi appartenessero quei capelli, poi si ricordò: era Lauren.
Si rese conto che la stava abbracciando e che i piedi della giovane erano contro i suoi. Deglutì, piano, spaventato da quella situazione. Sapeva di essersi addormentato verso l'estremità del letto ed ora era in centro.
Abbracciato a Lauren.Poteva sentire il calore della pelle di lei sotto al braccio e lungo le gambe, mentre i capelli gli solleticavano il viso. Lentamente indietreggiò, sperando che Lauren non si svegliasse, perché sarebbe stato altamente imbarazzante, soprattutto perché la vicinanza di Lauren aveva risvegliato un'altra parte di Dean.
Il ragazzo si girò nel letto, dando le spalle a Lauren e fissando la parete del camper, sentendosi quasi in colpa per quello che era successo, anche se sapeva che non era colpa sua. “È una cosa naturale.” si ripeté per l'ennesima volta. Lentamente afferrò il cellulare e sfiorò lo schermo per sbloccarlo. Erano le sette e mezzo di mattina. Sospirò, pensando che era troppo presto per alzarsi, così rimase in quella posizione, decidendo di non muovere neppure mezzo muscolo.
Passarono svariati minuti, quando sentì Tom alzarsi e chiudersi nel bagno con un borbottio.
«Ho sonno.» mormorò Lauren e Dean si girò, piano e la vide mettersi seduta, per poi sdraiarsi di nuovo, questa volta sulla schiena. Dean la fissò, chiedendosi cosa dovesse fare, perché il lenzuolo e la coperta leggera si erano abbassate e la maglietta si era alzata, rivelando una striscia di pelle che Dean fissò, a lungo, fino a sentirsi come se fosse una specie maniaco. Chiuse gli occhi e ritornò nella posizione di prima, poi Tom uscì dal minuscolo bagno, inciampò in un mobile e imprecò.
«Ma neanche in vacanza posso dormire di più?» protestò Lauren e Dean temette che si fosse accorta di ogni cosa. Lauren scostò le coperte e si mise seduta, abbassò la maglia e si alzò in piedi. «Spero che tu non abbia trasformato il bagno in una camera a gas.» disse e Dean girò la testa e la vide entrare in bagno. Si sdraiò sul fianco destro e guardò Tom che, seduto sul letto, controllava il cellulare.
«Buon giorno.» borbottò.
«Non ti alzi?» chiese Tom.
Dean sospirò, «Non ancora.» rispose, «Aspetto che Lauren esca dal bagno.» aggiunse.
«Oh, ma fate silenzio?» sbottò Hannah.
«È colpa di Tom.» fece Lauren uscendo dal bagno, «Ma almeno si è ricordato di aprire la finestrella.» aggiunse e si sedette sul letto e controllò il cellulare.
Anche Jeffrey si alzò e andò in bagno dopo aver mugugnato un “ciao”.
Anche Charlie si alzò, balzando giù dal letto sopra alla cabina di guida. «Bhe, direi che potremmo fare anche colazione.» esclamò, «Dean?»
«Guarda pure.» disse lui.
Charlie alzò le spalle e aprì il piccolo frigo. «Ehm... non c'è latte.» disse mentre Hannah si rigirava nel letto.
«Okay.» sospirò Dean, «Andiamo al bar, poi facciamo un minimo di spesa.» disse e scostò le coperte, mettendosi seduto. Si allungò verso il piccolo armadio a muro e recuperò un paio di boxer neri, una t-shirt pulita e un paio di jeans tagliati sotto al ginocchio e aspettò che Jeffrey uscisse dal bagno per poterci entrare. Una volta che si fu chiuso la porta alle spalle fece un profondo respiro, socchiudendo gli occhi e dandosi dell'idiota. Posò i vestiti sul mobiletto del lavandino e si fissò allo specchio, ripetendosi che era stato un vero idiota, perché se Lauren si fosse accorta di quello che era successo al “suo amico”, probabilmente avrebbe urlato e gridato, dicendogli che era un maniaco pervertito e che se ne voleva andare, subito...
E lui non voleva che lei se ne andasse, voleva che Lauren rimanesse lì con lui, voleva vederla ancora ridere, voleva guardarla mentre si passava le mani fra i capelli biondi, voleva guardare gli occhi azzurri di Lauren...
«Sei caduto dentro?» sbottò Charlie dall'altra parte, «Guarda che qui c'è gente che ha bisogno!»
«Cinque minuti e arrivo.» borbottò lui e, cinque minuti dopo uscì dal bagno. Lauren si era cambiata, indossando un paio di calzoncini di jeans, una canotta bianche e delle All Stars grigie con le stringhe viola scuro. La fissò, mentre lei pettinava i lunghi capelli, per poi legarli in una lunga coda.
«Manca solo Hannah.» fece Tom.
«Oh, taci.» borbottò lei, «Adesso mi sveglio.» borbottò, «E ti do uno schiaffo per avermi svegliato così presto!» aggiunse e scese dal letto, con alcuni vestiti puliti in mano.
Venti minuti dopo si stavano dirigendo verso il bar più vicino, Lauren e Hannah erano davanti a tutti, che parlottavano e ridevano e Dea poteva vedere la coda di Lauren ondeggiare ogni volta che la ragazza rideva.
Dietro di loro Jeffrey e Tom discutevano se fossero meglio le brioche classiche ripiene di marmellata all'albicocca o i triangoli di sfoglia ripieni di crema al cioccolato.
Accanto a Dean c'era Charlie, che rimase in silenzio fino a quando non si voltò verso l'altro. «Ti piace?» domandò a bassa voce.
Dean lo guardò, «Chi?» domandò, anche se sapeva benissimo a chi si riferisse.
«La bionda Lauren.» disse Charlie.
Dean guardò davanti a sé, le lunghe gambe magre che spuntavano dai calzoncini.
«Allora ho ragione.» esclamò Charlie e Dean tacque ancora. «Guarda che è normale,» continuò «dovresti dimenticare Georgia e andare avanti.»
Dean strinse le labbra ed espirò lentamente. «Lo so.» mormorò, «È solo che io...» scrollò le spalle. «Non so, io non so cosa... fare.» disse.
Charlie alzò le spalle e gli diede una pacca sulle spalle, «Vabbè, vedi come va e poi decidi.»
Dean stava per rispondere quando Lauren e Hannah si voltarono verso di loro, «Ci fermiamo lì?» chiesero in coro, indicando un bar-pasticceria dall'altra parte della strada, un grande locale che si trovava nell'angolo formato da due strade, affacciate su una piccola piazzetta.
«Okay.» disse Jeffrey. «Io ho assolutamente bisogno di un caffè, altrimenti mi sdraio sulla prima panchina e mi rimetto a dormire.»
«Lo faresti anche con due litri di caffeina nelle vene.» lo prese in giro Dean evitando di guardare Lauren, che si passava le mani nella coda.
Pensò che sarebbe stato complicato andare avanti così, con lui che la guardava, imbambolandosi ogni volta. Pensò che alla fine lei se ne sarebbe accorta e che lo avrebbe odiato. E lui non lo voleva.

«Perché voi due portate cose leggere?» protestò Tom fissando Lauren e Hannah che portavano rispettivamente due grossi rotoli di carta assorbente e un centrifuga manuale per asciugare l'insalata.
«Bhe, Jeff porta solo la verdura.» commentò Lauren, «Non credo che superi i tre chili.» aggiunse.
Dean sorrise mentre Lauren, Hannah e Tom bisticciavano.
«Lì c'è un campeggio.» esclamò Jeffrey e si girò verso destra, dal lato opposto del mare, «Magari c'è spazio.»
Dean ci pensò un attimo, «Proviamo a vedere, al limite ci rimbalzano.» disse.
Un'ora dopo il camper era posteggiato in una delle ultime piazzole del campeggio.
Lauren e Hannah uscirono dal camper, con la verdura ancora chiusa nei sacchetti, una bacinella e la centrifuga. «Noi andiamo a lavare la verdura.» annunciò Lauren.
«Okay.» fece Dean, «Noi sistemiamo il tavolo e le sedie.» aggiunse e guardò le due ragazze allontanarsi, fino a quando non svoltarono e sparirono dalla sua vista.
«Certo che Lauren ha proprio un bel culo!»
Dean si girò e fissò Tom, che aveva parlato, «Scusa?» fece.
Tom ridacchiò, «Oh, Charlie, avevi proprio ragione: Dean è cotto.» disse.
Dean alzò gli occhi al cielo e non replicò, continuando a sistemare le sedie.

✫✫✫

Lauren sistemò l'asciugamani colorato sulla sabbia e si sdraiò, tenendosi sollevata sui gomiti. Guardò l'oceano attraverso gli occhiali da sole e sorrise. Si erano fermati in un bel posto e il campeggio era molto carino. Si sdraiò completamente, sistemando i capelli sull'asciugamani e chiuse gli occhi, godendosi il sole e la leggera brezza che le accarezzavano la pelle.
Solo per un'istante pensò a Dean, sdraiato a meno di un metro da lei e al fatto che aveva sentito su di sé, per tutto il giorno, lo sguardo di Dean e il non sapere perché accadesse la rendeva nervosa. Più volte si era chiesta se fosse perché aveva qualcosa fuori posto, o del cibo incastrato fra i denti ma era sicura che Hannah glielo avrebbe fatto notare, quindi non poteva essere quello.
Inspirò lentamente, sentendo l'odore salmastro dell'acqua invaderle il naso e continuò a rimuginare su quei pensieri e sospirò, chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta: le venne in mente la casetta di pietra, quella che Jason affittava sempre, circondata da prati verdi, il minuscolo paesino dove si conoscevano tutti e dove tutti l'avrebbero fermata per farle un sacco di domande sulla sua vita. 
No, aveva fatto la scelta giusta, si disse e si convinse che Dean era solo stanco, che non l'aveva guardata sempre e che neppure in quel momento lo stava facendo, anche se sentiva lo sguardo del ragazzo su di sé, uno sguardo che le fece venire la pelle d'oca, uno sguardo che sembrava bruciarle la pelle.

«La tua granita al melone.» esclamò Charlie dando a Lauren un grosso bicchiere di plastica.
«Grazie.» fece lei, scartò la cannuccia e la infilò nella granita, gettò la carta dentro la sua borsa e iniziò a mangiare la granita. «È buonissima.» disse; «Dopo andiamo a farci un bagno?» propose.
«Io avrei un'idea migliore.» esclamò Jeffrey. «Pedalò.» sorrise.
«Ne abbiamo visti alcuni abbastanza grandi per tutti.» disse Charlie.
Discussero per qualche minuto, poi decisero di prendere uno dei pedalò. Finirono di mangiare le granite e i gelati, poi sistemarono i vari portafogli, cellulari e le chiavi del camper nella borsa di Lauren, e s'incamminarono verso la zona d'affitto del pedalò.
Ne presero uno grande per tutti, con lo scafo di un arancione brillante, lo stesso colore degli otto sedili e del piccolo scivolo, accanto ad esso si trovava un piccolo contenitore in cui misero la borsa, l'uomo che aveva affittato loro il pedalò aveva assicurato che non sarebbe entrata una goccia d'acqua, se il coperchio fosse stato chiuso bene.
Le ragazze si sistemarono vicino allo scivolo, un cappellino calato sulla fronte e gli occhiali sul naso.
«Perché dobbiamo pedalare noi?» si lamentò Tom.
«Perché siete dei gentiluomini.» rispose Hannah e Lauren annuì.
«Esatto.» disse, «E poi noi abbiamo preparato il pranzo.» aggiunse.
Dean rise, «Sai, credo che abbiano ragione.» disse, «Loro in cucina e noi a fare il lavoro faticoso!» scherzò.
«Oh, tesoro,» esclamò Charlie, «mi aspetto che stanotte tu ricambi...» disse.
Hannah sbuffò, «Scordatelo.» rise in risposta. «Non con Tom e Jeff che possono origliare tutto!» aggiunse.
«Ho un materassino, se vuoi.» esclamò Dean, «Potete uscire dal camper.» rise.
«Credo che sia peggio.» ridacchiò Lauren, «Lì fuori potrebbero vederli tutti, oltre che beccarsi una denuncia per atti osceni in luogo pubblico!»
«Ma sarebbe divertente, no?» fece Tom, «Una di quelle cose da raccontare ai nipotini:» continuò «sapete, cari, tanti anni fa, io e vostro nonno, mentre eravamo in vacanza con amici siamo usciti in piena notte dal camper e abbiamo fatto sesso, è arrivata la polizia che ci ha portato via mentre eravamo ancora nudi come vermi.» disse e ridacchiò.
«E tu racconterai ai tuoi nipoti di quella volta che la tua amica Hannah ti ha dato un pugno così forte da romperti il naso...» disse Hannah.
Gli altri risero e dopo alcuni minuti gettarono l'ancora del pedalò e Jeffrey si tuffò in acqua, seguito da Tom.
Lauren e Hannah si tolsero gli occhiali da sole e i cappelli, poi si gettarono anche loro in acqua. Lauren riemerse qualche metro più in là, sputò un po' d'acqua e si tolse la ciocca di capelli che le era caduta sul viso e sorrise agli altri. Fissò Dean, alla sua sinistra e fissò le gocce d'acqua che scendevano dai capelli del ragazzo e scivolavano sulle guance, passarono attraverso la barba di un giorno e finivano nell'acqua. Lo osservò per qualche istante, poi si sentì spingere in acqua, riemerse e si girò, trovandosi davanti Tom che rideva, divertito. «Stupido!» esclamò e gli schizzò addosso dell'acqua, scoppiò a ridere e si immerse in acqua, per riemergere dietro Tom, si aggrappò alla sua schiena e riuscì a trascinarlo sotto l'acqua e riemerse ridendo.
Hannah rideva mentre Charlie e Jeffrey colpivano l'acqua con le mani, alzando schizzi d'acqua che la colpivano, bagnandole la testa.
Lauren era troppo impegnata a cercare di buttare sott'acqua Tom che non si accorse di Dean, che si stava avvicinando a lei, fino a quando non si sentì afferrare; strillò e cercò di dibattersi, mentre Dean la trascinava in acqua con lei.
Lauren all'inizio si spaventò, non sapendo che quello che le teneva le mani sulla vita fosse Dean ma, quando riemersero entrambi, sorrise. «Ti diverti?» chiese.
Dean annuì, «Moltissimo.» ridacchiò e cercò di spingerla di nuovo sott'acqua.Lauren rise e nuotò all'indietro, allontanandosi da lui, finendo però fra le braccia di Tom, che la tenne ferma mentre Dean le schizzava l'acqua in faccia.
Lauren si sentì rilassata e felice. Felice come non lo era da, ormai, troppo tempo.

✫✫✫

Quella sera avevano deciso di andare nella discoteca del paese. Entrarono nell'ampio locale, il “Summer Breeze” e vennero subito travolti dalla musica pompata dalle casse nascoste dall'arredamento. La grande pista, illuminata da fasci di luce bianchi e blu, era circondata da divanetti e tavolini. I bar erano due, uno sulla parete di fronte all'ingresso, l'altro all'estrema destra del locale.
Tom e Jeffrey sparirono un attimo dopo aver messo piede nel locale.
Lauren, Hannah, Dean e Charlie si buttarono subito in pista, ritagliandosi un angolino accanto a una colonna i cui lati erano formati da specchi; poco lontano da loro, sopra a un cubo, una ragazza che indossava dei pantaloncini di jeans cortissimi e un top striminzito, ballava al ritmo della musica, mandando in visibilio i ragazzi che l'attorniavano.
Charlie e Hannah iniziarono a ballare insieme e Lauren si chiese se dovesse ballare con Dean. Lo guardò, rimanendo incantata dai peli chiari che spuntavano dal colletto aperto della polo bianca, dagli azzurri che brillavano, illuminati dalle luci, le labbra socchiuse in un sorriso... e si sentì bene, tranquilla, incantata dai suoi movimenti.
Dean le prese una mano e le fece fare una giravolta e Lauren rise.
Dopo una ventina di minuti di danza i ragazzi decisero di andare a prendere da bere e cercarsi un tavolino su cui sorseggiare le bevande in tranquillità.
I ragazzi andarono avanti, lasciando le ragazze accanto al bancone.
«Dio, era una vita che non venivo in discoteca!» esclamò Hannah all'orecchio di Lauren per farsi sentire sopra la musica.
«Anche io!» disse Lauren.
Charlie e Dean tornarono, diedero i cocktail alle ragazze e si spostarono nella parte esterna della discoteca e riuscirono ad accaparrarsi un tavolino con quattro sedie prima che lo facessero altre due coppie.
Le coppie si sedettero una di fronte all'altra, con Hannah davanti a Lauren.
La giovane pensò che era meglio se ci fosse Hannah invece di Dean, perché così avrebbe evitato di guardare gli occhi di Dean.
Quegli occhi che le erano stati addosso tutto il giorno che però non erano stati né pressanti, né cattivi, e non era stato uno sguardo che indugiava con troppa insistenza o malizia.
Era solo uno sguardo caldo, bruciante, che le scaldava la pelle.
E il cuore.

✫✫✫

Era ormai la quinta sera di vacanza e Lauren si stupì di come fosse passato in fretta il tempo. Il gruppo non era più nella stessa città dei primi tre giorni, erano più a sud, in un piccola città di mare.
«Ci fermiamo qui?» esclamò Tom indicando una pizzeria che si affacciava su una piazza. Da dov'erano potevano intravedere il giardino interno.
«Sì.» fece Charlie, «Una vale l'altra.»
«Bhe, non proprio.» fece Hannah.
Charlie si limitò ad alzare gli occhi al cielo, poi fece cenno alla sua ragazza di passare avanti. I sei entrarono e un cameriere chiese loro se volessero stare dentro o fuori e i ragazzi scelsero stare all'aperto. Furono fatti accomodare a un tavolo rettangolare di legno, che aveva due panche, anch'esse di legno, invece delle sedie.
La tovaglia era di un rosa chiaro.
«Quante pizze!» sospirò Lauren fissando il menu.
«Ma se prendi sempre la solita!» esclamò Tom, seduto alla sua sinistra — a destra c'era Dean.
«Ho voglia di cambiare.» ribatté lei girando la pagina e si bloccò quando si sentì toccare una gamba e capì che era stato Dean a toccarla. Inspirò a fondo e si disse che non lo aveva fatto apposta.
Quei giorni erano stati divertenti, rilassanti e casinisti. Le litigate su chi si svegliava troppo presto — di solito Tom —, su chi dovesse usare per primo il bagno, su chi dei maschi dovesse svuotare il cassone delle acque nere, di chi era il turno di lavare i piatti...
L'unica nota dolente era Jason: il ragazzo continuava a chiamarla, mandarle messaggi. Lei lo ignorava per la maggior parte del tempo — anche perché spesso non sentiva la suoneria —, gli rispondeva un paio di volte al giorno, solo per non sentirlo più. 
Alla fine Lauren scelse una pizza alle quattro stagioni e una birra doppio malto. 
Il cameriere portò in fretta le bevande e il cestino con il pane e i grissini, Lauren afferrò una confezione di grissini con i semi di sesamo, la scartò e ne prese uno, che ruppe a metà e iniziò a mangiarlo.
«Domani dove ci spostiamo?» chiese Jeffrey.
«Io direi di fare la parte interna, c'è un fiume dove possiamo fermarci.» esclamò Dean guardando il cellulare.
Lauren si sporse verso di lui, posando il mento sulla spalla di lui, guardando il display su cui c'era la mappa del fiume, su cui erano segnati i campeggio attrezzati per i camper.
Dean girò la testa e Lauren sentì il respiro del ragazzo contro il viso e si scostò, sperando di non essere stata troppo brusca e che nessuno degli altri si fosse accorto di nulla, sarebbe stato troppo imbarazzante.
Afferrò il bicchiere e bevve un sorso di birra, tenendolo in bocca per qualche secondo prima di mandarlo giù, mentre pensava che era stata troppo avventata, troppo curiosa...
Sospirò dal sollievo quando arrivò la pizza.

I ragazzi erano appena ritornati nel camper quando iniziò a piovere. «È meglio se tiriamo dentro i tavoli e le sedie, prima che si bagnino.» esclamò Dean così uscì insieme a Tom per metterli al riparo.
Hannah si cambiò nel bagno, mentre Lauren si era chiusa nella camera. Infilò la gonnellina e il top che aveva usato dentro l'armadio, disfò la coda e si passò la mano fra i capelli, prese lo specchietto piccolo — uno di quelli da borsetta — , un paio di salviette struccanti e iniziò a pulirsi il viso, mentre la pioggia aumentava, battendo sul camper.
«Lauren?» mormorò Dean.
«Ho finito.» fece lei, prese la bustina con lo spazzolino e uscì dalla camera, gettò le salviettine nel cestino sotto al lavello e s'infilò in bagno prima che potesse farlo Tom.
«C'ero prima io!» esclamò il ragazzo mentre lei chiudeva la porta.
«Prima le signore!» ribatté lei mentre prendeva lo spazzolino. Si lavò i denti, legò i capelli in una coda bassa e morbida e uscì, lasciando spazio a Tom, che si chiuse in bagno sbattendo la porta.
Lauren alzò gli occhi al cielo, «Ma che ha?» borbottò sedendosi sul letto — la porta della camera era spalancata.
«E chi lo sa.» le rispose Dean riempiendosi un bicchiere di plastica con dell'acqua e, quando si piegò per riporre la bottiglia in frigorifero, la maglietta bianca si alzò, mostrando la pelle abbronzata.
Lauren la fissò e distolse quasi immediatamente lo sguardo. Ormai ci aveva rinunciato a capire il perché guardasse quasi sempre Dean, perché lo guardasse in quel modo, come se volesse spogliarlo, come se volesse abbracciarlo e baciarlo.
Scosse piano la testa e sospirò mentre piegava le gambe al petto.
Mezz'ora dopo il camper era buio e silenzioso e Lauren strinse di più il cuscino quando udì il tuono. In genere non aveva paura dei temporali, ma di solito era in casa sua o al lavoro o in un edificio fatto di mattoni, non in una camper. Si girò di scatto dopo pochi minuti quando ci fu un altro tuono.
«Lauren?» bisbigliò Dean, «Hai paura?»
«Un po'.» fece lei e artigliò la leggera coperta, rimase sorpresa quando sentì la mano di Dean sfiorarle il braccio destro, dalla mano alla spalla e chiuse gli occhi a quel contatto, così rassicurante, così tranquillo... in pochi minuti la paura scemò e lei si rilassò completamente fino ad addormentarsi.

✫✫✫

Jason sospirò. Aveva chiamato Lauren giù sette volte in meno di due ore e lei non aveva ancora risposto. E lui si preoccupava, perché Lauren era con... non riuscì neanche a pensarlo, quel nome, così lo sostituì con un più diplomatico “Quello”, perché la prima cosa che gli era venuto in mente era “stronzo”.
Sbuffò e riprese in mano il cellulare.
«La vuoi piantare?» esclamò Gregory, suo padre. «Molla quel telefono, altrimenti lo faccio volare fuori dalla finestra.»
«Sto chiamando Lauren!» protestò il ragazzo, «Sono due ore che non mi risponde!»
«Starà mangiando anche lei.» replicò il padre.
«Ma prima?» ribatté il Jason, «Prima non stava mangiando e non mi ha risposto né alle chiamate né ai messaggi!»
L'uomo sospirò e si versò del vino, «È al mare, si starà divertendo e non sentirà il cellulare... è normale.» disse.
«Si diverte?» squittì Jason, «Senza di me?!» disse e fissò suo padre che lo guardava come se fosse stupido.
«Probabilmente sì.» disse il genitore, «Sai, non è che senza di te Lauren non debba divertirsi.» fece.
«Ma è con un ragazzo che non conosciamo!» s'intromise Emma. «Era meglio se Lauren fosse venuta con noi!» disse, «Ho chiamato suo padre per dirgli di far tornare a casa Lauren e portarla qui...»
«E lui ti a mandato a cagare, vero?» disse Gregory.
«Bhe, sì.» rispose la donna.
«Ha fatto bene.» esclamò Gregory, «V'impicciate troppo nella vita di Lauren.»
«Ma io mi preoccupo!» gridò Jason, «Lei è con Quello! E io non lo conosco!»
«Esatto!» gli fece eco la madre, «Chissà cosa ha in mente quel tipo... secondo me nulla di buono!»
Gregory sorseggiò il vino, «Ha in mente quello che hai in mente tu, Jason.» esclamò, «Andare a letto con lei.»
Jason aprì la bocca e sentì lo stomaco stringersi così tanto da lasciarlo senza fiato. «Ma io... io...» balbettò.
«E spero che Lauren vada a letto con quel ragazzo.» continuò il padre, «Anzi, spero che lo stiano facendo in questo momento...»
«Ma come puoi dire una cosa del genere?» gridò Emma, «Lei è Lauren, la conosciamo da tanto e quello lì no!» continuò, «Non dovrebbe uscire con qualcuno che...»
«Non deve uscire con qualcuno che non abbia la vostra approvazione?» finì Gregory e sospirò, «Emma, Lauren è abbastanza grande da prendere certe decisioni per conto suo, se vuole andare a letto con uno che ha conosciuto l'altra sera lo può fare, e tu non devi metterci becco.» continuò, «Sono stato chiaro?»
«Ma io... i suoi genitori non si preoccupano!» squittì Emma, «Io sì!»
Gregory sbuffò, «Emma...» sospirò, «Smettila di dare fastidio a genitori di Lauren!» esclamò, alzando la voce. «E non dire un'altra parola.» aggiunse, «Se scopro che hai dato fastidio a Lauren o hai suoi genitori o ai genitori di qualsiasi altra persona... chiedo il divorzio, giuro!»
Jason lo guardò, sorpreso e fece per ribattere che non era dare fastidio ma solo preoccuparsi quando suo padre si rivolse a lui, dicendo: «Jason, smetti di stressare Lauren, perché più la chiami, più le mandi messaggi... meno ti risponderà.»
Jason si limitò ad annuire, troppo sorpreso per ribattere qualsiasi cosa. Pensò a quello che gli aveva detto Deacon: “Tu non farti sentire, vedrai che sarà lei a cercarti.”
Sospirò e spostò il cellulare sul mobile dietro di lui, riprese in mano la forchetta e riprese a mangiare, dicendosi che sì, forse era meglio se non si fosse fatto sentire per qualche giorno.
“Facciamo tre giorni.” pensò.
“Meglio due.”
“No, no. Facciamo uno solo.” pensò, “Un giorno solo va bene.” si disse, “Devi riuscire a resistere un giorno senza sentirla.” promise a se stesso.
Un'ora dopo, chiuso in camera sua, compose il numero di cellulare di Lauren.

✫✫✫

«Io lo ammazzo.» sbraitò Lauren, «Giuro che torno a casa e gli spacco la testa.» continuò, uscendo dal camper, «E poi do due cazzotti in testa a quella buona donna di Emma.»
«Che succede?» domandò Jeffrey. «Chi è Emma?»
Lauren sbuffò e si sedette in modo scomposto accanto a Hannah, «La madre scema del mio migliore amico altrettanto scemo.» rispose.
«Che hanno combinato?» le chiese Dean, sporgendosi verso di lei e guardandola.
Lauren lo fissò e per un attimo si scordò del perché fosse così incazzata, poi il cellulare vibrò fra le sue mani, lei gettò un'occhiata al display e rifiutò la chiamata. «La cara Emma che non si mai i cazzi suoi ha chiamato mio padre per dirgli di venirmi a prendere e di portarmi in quella stupida baita in quel paesino in culo all'universo.»
«Ha fatto cosa?» strillò Jeffrey, «Santo Dio, manco mia nonna è così impicciona! E lei è capace pure di chiederti di che colore hai le mutande.»
«Già.» ringhiò Lauren mentre il cellulare continuava a vibrare nelle sua mano. «Mio padre le ha detto di andare a cagare. Emma ovviamente si è offesa, ha chiamato mamma, le ha detto quello che aveva detto a papà e lei le ha risposto di piantarla. E di andare a cagare.»
«Oh, Dio.» commentò Dean.
«E Jason che è paranoico...» borbottò Lauren e fissò lo schermo del cellulare, «Rispondi e digli che... oh, digli quello che vuoi!» esclamò a Jeffrey e gli mise in mano il cellulare.
«Salve! Sono Jeff e sono il segretario personale di Lauren. Al momento è impegnata con la ragazza del mio amico a scegliere quale perizoma indossare questa sera in discoteca.» esclamò il ragazzo e Lauren soffocò una risata contro la mano, Jeff sorrise e mise il vivavoce.
«Passami Lauren!» gridò Jason e Lauren capì che era infuriato.
«Te l'ho detto, al momento è impegnata.» disse Jeff, «E io ho risposto solo perché il suo cellulare continuava a suonare.» continuò.
«Passami Lauren!» ripeté Jason e Lauren temette che gli scoppiasse la vena sulla fronte.
«Okay, allora adesso entro nel camper.» fece Jeff, «Però se Hannah e Lauren sono nude Charlie m'ammazza perché ho visto la sua donna senza mutandine.»
«Cosa? Nuda?» squittì Jason.
«Bhe, mica possono provarsi i tanga sopra i pantaloni.» ribatté Jeff. «Senti, quando esce le dico che hai chiamato, okay? Ciao!» disse e chiuse la chiamata.
Lauren riprese il cellulare in mano, lasciò la suoneria a volume zero e tolse anche la vibrazione. «E che palle che è.» sbottò, «Se non fosse il mio migliore amico lo avrei già preso a sberle.»
E pensò che lo avrebbe fatto sul serio, mentre leggeva l'SMS appena arrivato: “Ti prego non fare sesso con uno che hai conosciuto ieri sera in discoteca!”

✫✫✫

«Mentre aspettiamo andiamo a vedere le vetrine?» domandò Hannah a Lauren. Erano nei tavolini esterni della gelateria, in attesa che quello che avevano ordinato arrivassero. Lauren annuì e le due si alzarono, andando dall'altra parte della strada per guardare le vetrine di un negozio di vestiti.
Mentre tornavano al tavolo, cinque minuti dopo, Lauren si decise a rispondere a Jason.
«Sappi che ti prendo a calci appena ti vedo.» esclamò appena premette il tasto verde.
«Lauren! Finalmente, ero così preoccupato...» sospirò Jason.
«Sto bene.» disse lei, «Il mi SMS di stamane non era abbastanza chiaro?» fece lei e scostò la sedia, «Smetti di rompere!» esclamò sedendosi.
«Io ti rompo?» squittì Jason, «Ma io mi preoccupo!» disse, «Chi era prima quello che mi ha risposto?» chiese, «Mi ha detto che tu e una ragazza eravate nude nel camper!» esclamò.
Lauren sospirò, «Un amico.» disse lei, «E mi stavo cambiando.» disse, «Sai, di solito lo faccio nel camper perché non mi piace che tutti mi guardino mentre mi vesto.»
Jason sospirò. «Fra due giorni sei a casa, vero?» chiese.
«Purtroppo sì.» rispose Lauren e sorrise nel vedere la grossa e alta coppa di gelato che la cameriera aveva posato davanti a lei. «I gelati sono arrivati, ciao!» disse e riattaccò.
In quei giorni, da quando Dean l'aveva abbracciata per calmarla durante il temporale, aveva pensato alle braccia del ragazzo attorno a lei, a come fosse bello addormentarsi fra le braccia di un'altra persona. Al piacere di respirare un odore che non fosse il proprio... ma qualcosa la bloccava, la frase che continuava a ripetersi: “Io e lui siamo solo amici.”
“Solo amici.” si disse mentre affondava il cucchiaino nella panna montata, poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri di Dean e si dimenticò di tutto quanto. E si rese conto che stava accadendo troppo spesso.

✫✫✫

Era ormai il diciannove Agosto e Lauren non era ancora tornata, anche se lei gli aveva promesso che sarebbe ritornata il diciotto. Ma questo era successo prima che partisse... chissà che idee gli avevano messo in testa Quello Lì e i suoi amici. Jason si stava preoccupando sul serio. Aveva detto a sua madre che l'aveva sentita, che era a casa, stanca e che si sarebbero visti il giorno dopo. Ovviamente era una menzogna bella e buona.
Ma lui lo aveva fatto perché altrimenti sua madre si sarebbe preoccupata troppo e lui non voleva, perché altrimenti i suoi genitori avrebbero litigato nuovamente ed era l'ultima cosa che desiderava.
Chiamò, di nuovo, e questa volta Lauren rispose. «Dove cazzo sei? Avevi detto che saresti tornata ieri!» l'aggredì.
«Jason!» fece lei, alzando la voce. Jason poté udire il rumore prodotto dalla folla e qualcosa che non capì. «Cavolo, non preoccuparti!»
«Invece mi preoccupo!» disse lui, «Pensavo che ti fosse successo qualcosa!» esclamò, «Dove sei?»
«A Barnett Beach.» rispose lei.
«Dove?» squittì Jason, non aveva mai sentito quel posto. «A fare che? Lau, dovevi tornare ieri!»
Lauren sbuffò, «Dio, quanto la fai lunga!» si lamentò, «Siamo a Barnett, in un parco divertimenti! È bellissimo, è praticamente un resort, c'è anche il parco acquatico e uno zoo!»
«Torni domani?» chiese Jason, ignorando la voce allegra dell'amica. E quella di Dean che la chiamava.
«No, ma sei matto?» rise lei, «'Sto posto è enorme!» disse, «Torniamo il ventisette, abbiamo trovato un offerta fantastica: su cinque giorni ne paghiamo tre. E in più abbiamo unito un'altra offerta: se si entra in tre il terzo paga poco più della metà... praticamente è quasi gratis, visto che siamo in sei.»
«Il ventisette?» strillò Jason. Altri otto giorni senza vederla? «No, Lau, torna prima! Mi manchi tantissimo!»
«Oh, Jason! Io mi sto divertendo, non fare il guastafeste!» disse lei.
«Ma mi manchi!»
«Oh, è il nostro turno per salire sulla free fall tower, brr, è alta più di sessanta metri! Spero di non farmela addosso! Ciao, ci sentiamo dopo, promesso!»
«Lauren...»
«Ciao!»
«... io ti amo.» mormorò il ragazzo al telefono e gli rispose solo il silenzio della conversazione finta.

✫✫✫

Lauren fissò l'attrazione, una dark ride a tema horror, e pensò che non sarebbe mai salita: non voleva ammetterlo, ma le faceva paura. Se fosse spuntato un fantasma, o uno scheletro, o se avesse udito una risata sinistra, il cigolio di una porta o di qualche catena o qualsiasi altra cosa avrebbe sicuramente urlato.
«Saliamo?»
Lauren fissò Dean, guardò i suoi occhi resi più scuri dalle luci, fissò il suo viso, reso quasi verdognolo dalla lampada sopra di loro, «Io...»
«Non avrai paura?» chiese Dean con un sorriso e le posò una mano sulla spalla e strinse leggermente e Lauren sentì la pelle bruciarle a quel tocco. «Prometto di tenerti la mano e di non dirlo agli altri.» continuò il ragazzo.
Lauren sorrise e annuì, «Okay.» disse.
In pochi minuti fu il loro turno e salirono sulla piccola carrozza a due posti. La sbarra di sicurezza scese, bloccandosi pochi centimetri sopra il loro grembo e la carrozza ripartì, delle porte dall'aspetto malandato si aprirono per poi chiudersi dopo il loro passaggio. Lauren posò le mani sulla sbarra e fece un respiro profondo, dicendosi che, in fondo, era tutto finto, che i personaggi erano fatti di cartapesta, plastica e componenti elettroniche. 
I due furono illuminati da una luce azzurrognola e una strega che girava un lungo bastone in un calderone apparve alla loro sinistra, dalla parte della ragazza che la osservò, guardando la bocca sdentata da cui proveniva una risata sinistra, fissò il liquido verde e vischioso che fuoriusciva dal calderone.
«Bhe, per ora è tutto tranquillo.» commentò Dean e lei annuì per poi gridare quando uno scheletro piombò dall'alto. Lauren portò le mani sul viso e si girò verso Dean, nascondendosi contro il suo petto.
Il ragazzo ridacchiò e le circondò le spalle con il braccio sinistro. «È andato via.» disse.
Lauren annuì e si rialzò, deglutendo e dicendosi che era una stupida a spaventarsi per così poco. Si rilassò, tenendo le mani sulla sbarra ma senza stringerla con forza quando Dean gridò e lei lo fissò, guardando la grossa ragnatela finta che sfiorava la testa del ragazzo.
Dean agitò le mani e Lauren scoppiò a ridere. «Non ridere!» fece lui. «Pensavo che fossero vere!»
Lauren rise ancora, «Ma si capisce che sono di stoffa!» disse.
«Pensavo che fossero vere!» si giustificò lui passando la mano destra fra i capelli.
Lauren ridacchiò ancora, poi si rimise composta guardò gli scheletri a destra che si muovevano in modo disarticolato e pensò che fossero buffi e che quell'attrazione non era così spaventosa come pensava all'inizio, tranne forse per lo scheletro piombato giù dal soffitto...
La carrozza avanzo ancora e la sala piombò nel buio assoluto.
«Che succede?» esclamò Dean, «Se ci sono altre finte ragnatele giuro che m'incazzo!»
Lauren ridacchiò e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte, ripromettendosi di legarli una volta fuori. Le luci si accesero piano e un fascio viola illuminò il pavimento, mostrando a sinistra un grosso e grasso gatto arancione che, sopra a quello che sembrava un cornicione, soffiava a qualcosa di non visibile. La schiena era arcuata, la coda dritta e le orecchie tirate indietro; i grandi occhi gialli brillarono. «Cosa guarda?» domandò, «Sembra spaventato.»
«Sarà stufo di tutte le urla.» fece Dean e poi gridò, quando un fantasma — un lenzuolo bianco, con i bordi sporchi di nero — iniziò a volare sopra la carrozza, abbassandosi all'improvviso mentre gli occhi s'illuminavano di rosso.
Lauren sentì la mano di Dean stringere la sua e rimase sorpresa per qualche secondo, poi le sue dita si strinsero contro quelle di lui.
Il giro finì e i due scesero, tenendosi ancora per mano. Se ne accorsero appena arrivarono all'uscita e si scostarono e Lauren pensò e desiderò che Dean le stringesse ancora la mano.
«Io lì non ci entro più!» esclamò Tom quando li raggiunsero, «Santo Cielo, quel cazzo di fantasma mi ha fatto venire un mezzo infarto!»
Dean annuì, «Ah, è apparso all'improvviso!» disse, «Non capivamo perché ci fosse il gatto e cosa guardasse...» aggiunse.
Decisero di fermarsi per pranzo ed entrarono in un self service e, visto che avevano una decina di persone davanti a loro, Lauren ne approfittò per chiamare Jason. Le era mancato in quei giorni, anche se la faceva arrabbiare continuando a chiamarla e a mandare messaggi.
«Ehi, Jason!» disse quando il ragazzo chiamò.
«Lauren!» fece lui, «Perché vi siete fermati ancora? Pensavo che saresti tornata a casa...»
«Perché ci andava ed eravamo d'accordo.» disse lei e alzò lo sguardo, guardando i menu sopra la cassa, iniziando a decidere cosa prendere.
«Ma io pensavo che...»
«Dovremmo venirci anche noi, sai?» esclamò lei, «È bellissimo!»
«Ti diverti?» mormorò lui. «Senza di me?»
«Certo!» fece lei. «Jason... sembra che tu sia triste perché io mi diverto senza di te!»
«Ma no!» esclamò lui e a Lauren sembrò che mentisse, «È solo che...»
«Dobbiamo venirci anche noi!» disse Lauren e scelse il menu che avrebbe preso, il numero otto, quello con due grossi tramezzini con maionese, tonno, gamberetti, qualche foglia d'insalata e pomodori, accompagnati da patatine fritte. Come dolce scelse una panna cotta.
«Lo sai che quei posti non mi piacciono, c'è troppa gente.» disse Jason.
«Anche il centro commerciale è affollato ma ci vai sempre.» replicò lei e avanzò di un paio di passi, Tom e Jeffrey avevano ordinato, toccava a Charlie e Hannah e poi a lei e Dean. Afferrò il portafogli e prese i soldi per pagare.
«Bhe, ma lì è diverso.» si giustificò Jason.
Lauren alzò gli occhi al cielo, «Sì, okay.» disse, «Come va?»
«Mi manchi.» disse lui. «Torna presto.»
Lauren sorrise, «Uh, anche tu mi manchi.» disse, «Dai, ancora pochi giorni che ho una montagna di foto da mostrarti.»
«Davvero?» fece lui, «Lauren...»
«Il numero otto.» fece lei a Dean, «Con una coca e la panna cotta con frutti di bosco.» aggiunse e gli passò i soldi, «Non t'azzardare a pagare tu, che mi hai già offerto la colazione ieri.»
«Lauren!» sbottò Jason, «Con chi parli?»
«Con Dean.» rispose lei, «Stiamo per mangiare.» spiegò e rimise il portafogli in borsa, guardò la ragazza al di là della cassa che si muoveva per prendere gli ordini. Era così vicino a Dean che riusciva a sentire il calore della sua pelle.
E il suo profumo. E il rumore del suo respiro.
«Lauren!»
«Oh, scusami.» disse lei, «Non ti stavo ascoltando.» ammise, «Dimmi.» esclamò e osservò la cameriera posare una confezione con la panna cotta e un cucchiaino su uno dei due vassoi. «No, aspetta, me lo dici dopo, è pronto.» si corresse, «Okay? Ciao!» lo salutò, allegra, chiuse la comunicazione, infilò il cellulare nella tasca dei pantaloncini, afferrò il vassoio e seguì Dean che si stava dirigendo dagli altri.

✫✫✫

«Io ti amo, Lauren.» disse Jason e si accorse di aver parlato da solo, perché Lauren aveva già riattaccato.




✫✫✫

Scusate se vi ho fatto attendere ma ho avuto un periodo un po' così... però ho partorito un capitolo lunghissimo, in cui credo di essermi dilungata troppo su queste vacanze. Ma serviva tutto, giuro!
E povero Jason, che confida il suo amore a... a nessuno, in pratica, visto che Lauren ogni volta riattacca prima! xD
Povera stellina, anche se si preoccupa troppo! Sua madre è anche peggio, però.
Povera Lauren, che non capisce più nulla!
La "free fall tower" è la torre a caduta libera, la "dark ride" è il classico percorso che si fa su una carrozza in una struttura chiusa, tipo i Corsari di Gardaland.
Al prossimo capitolo, bella gente!

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Capitolo 7
*** 7. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


7.



Jason guardò Lauren che gli stava mostrando le foto della vacanza. Osservò i tramonti, dove il sole tingeva di rosa e rosso l'acqua dell'oceano, un grosso e grasso gatto bianco, dal pelo lungo e gli occhi azzurri che se ne stava accanto a un cespuglio di rose.
Fissò le foto di Lauren e Hannah, di Lauren e Jeffrey, di Lauren e Tom, di Lauren e Charlie, di Lauren e Dean e si sentì geloso. Erano troppe quelle foto dove qualcuno che non era lui abbracciava Lauren. Davvero troppe per i suoi gusti.
«Allora?» sorrise Lauren, «Che ne dici?»
Jason la guardò, non sapendo cosa dirle. Quello che voleva dirle da tempo, da molti anni, da quando l'aveva conosciuta gliela aveva già detto, peccato che Lauren non avesse sentito nulla. «Sono belle.» disse, alla fine. Sì, le foto dei tramonti, del gatto, di case e monumenti erano belle, le restanti... no.
Lauren sorrise, «Grazie.» disse, «Mi sono divertita moltissimo!» esclamò e prese il bicchiere di Coca-Cola.
Jason inspirò a fondo. «Mi fa piacere.» mentì e guardò Lauren, sperando che non se ne fosse accorta ma la giovane era impegnata a spegnere il piccolo net-book per accorgersi della sua bugia.
«E tu?» domandò Lauren chiudendo il net-book.
«Io?» fece Jason, «Cosa?»
«Ti sei divertito?» chiese lei, «Hai trovato qualcuna?»
Jason fissò Lauren domandandosi perché non capisse, perché non riuscisse a comprendere e a ricambiare i suoi sentimenti. «Mi sono divertito.» disse anche se non era vero, non si era divertito senza di lei. Era quello il problema: Lauren senza di lui si divertiva, lui senza di lei si sentiva... perso.
«Bene.» sorrise lei mentre infilava il portatile nella sua custodia, «Ma non hai risposto alla seconda domanda.
«Ecco... io...» balbettò Jason, «No, non ho conosciuto nessuna.»
Lauren sospirò, «Come no?» domandò, «Jason, ci sono diverse ragazze che ti trovano attraente ma tu non le calcoli neanche.» disse e Jason abbassò la testa, sapendo che lei aveva ragione ma l'unica ragazza a cui pensava, che amava, che voleva era seduta accanto a lui.
«Dovresti scioglierti un po',» continuò Lauren «è un bel po' che non esci con qualcuna!»
Jason annuì, «Io... lo so.» disse, «È che...» sospirò.
«Chiedi a Roxane di presentarti una sua amica.» propose Lauren.
Jason la guardò, deluso. «Lo farò.» promise anche se sapeva di mentire, non avrebbe mai guardato un'altra come guardava Lauren, non avrebbe mai amato un'altra come amava Lauren. Era semplicemente impossibile. «Com'era il camper?» domandò.
Lauren sorrise, «Bello.» rispose, «Meraviglioso.» sospirò, «Una piccola, minuscola casa su ruote con tutto il necessario.»
«E come hai dormito?» continuò Jason, anche se avrebbe voluto chiederle con chi avesse dormito, perché era da quando aveva saputo oche sarebbe andata via in camper che aveva quel dubbio. Lo sapeva che un camper al limite aveva una sola camera e dei letti qua e là, «Immagino che il letto fosse scomodo.»
Lauren, con grande sorpresa di Jason, scrollò le spalle. «No.» rispose, «Il letto era comodissimo.»
«E dove hai dormito?»
Lauren sospirò, «T'interessa solo sapere come ho dormito?» domandò, «Comunque ho dormito nella camera matrimoniale.» rispose, «Da sola.»
Jason sorrise, rassicurato. «Oh, ho capito.» disse e pensò che, forse, quelle foto in cui Quello aveva la mano sulla spalla o sulla vita di Lauren non volessero dire nulla. «Pronta per ricominciare il lavoro?» chiese.
«Sì.» rispose lei, «E spero che quella stupida non ci sia, non ho voglia di averla attorno e riparare i suoi disastri.»
Jason annuì, ricordandosi quello che Lauren gli aveva detto a proposito della collega. «Speriamo.» disse, «Ascolta... lunedì sera usciamo?»
«Per andare dove?» chiese lei.
Jason aprì la bocca e per un istante non seppe cosa rispondere, «In birreria?» propose, «Non dobbiamo stare fuori tanto,» aggiunse «un'oretta...»
Lauren sorrise, «Okay.» disse, «Oh, adesso devo proprio andare.» esclamò fissando l'ora sul display del cellulare, «Papà mi aspetta per cena.» disse, «Grazie per il gelato.» aggiunse prima di baciare la guancia di Jason. «Ci sentiamo lunedì pomeriggio!» disse e si alzò in piedi, prese la borsetta e quella del portatile e si allontanò dal tavolino.
Jason la fissò, pensando che fosse ancora più bella del solito con la pelle abbronzata e i capelli schiariti dal sole... 
“Devo dirglielo.” pensò, “Devo assolutamente dirglielo.” si disse, “Lunedì le dirò che la amo.”

✫✫✫

Lauren liberò i capelli dall'elastico, passò la mano fra di essi e sospirò mentre apriva l'anta del suo armadietto. Il primo giorno di lavoro dopo un mese di ferie era appena finito e lei doveva passare prima in gelateria per prendere una torta gelato che sua madre aveva ordinato quella mattina, poi avrebbe cenato, si sarebbe fatta una doccia veloce e sarebbe uscita con Jason.
Si disse che avrebbe dovuto parlargli e dirgli che le sue attenzioni eccessive erano state troppe e che si era sentita soffocare con tutte quelle chiamate e gli SMS.
Mentre chiudeva l'anta dell'armadietto il suo cellulare squillò, facendola sobbalzare. Chiuse l'antina e prese il cellulare dalla borsa. Era un messaggio da parte di Dean.
Lauren inspirò a fondo, non lo vedeva o sentiva da quando erano tornati a casa. Sfiorò lo schermo e il testo apparve sul display: “Ciao Lauren! Com'è andato il primo giorno di lavoro dopo le ferie? Io tornerei volentieri indietro... mi sono divertito molto! A presto, D.”
Lauren fissò il display e sorrise, sfiorò la casellina in basso per poter rispondergli. Guardò il cursore che lampeggiava e sospirò, non sapendo cosa scrivere. Un “grazie, è andato bene.” le sembrò un po' troppo scarso come messaggio, e un “Ciao, è andato bene e anche io vorrei tornare indietro! Un bacio, L.” le sembrava troppo eccessivo.
Sospirò, bloccò lo schermo e infilò il cellulare nella taschina della borsa, controllò di aver chiuso bene l'armadietto, uscì dallo spogliatoio e si fermò davanti ai distributori automatici, dicendosi che, forse, dopo un caffè, le sarebbe venuto in mente cosa scrivere.
Aveva appena gettato il bicchierino di plastica nel cestino quando riconobbe la persona che si stava allontanando dagli sportelli: era Georgia. Non la vedeva da mesi e per un attimo si chiese cosa facesse lì, poi scrollò le spalle e si disse che magari era lì per prenotare una visita, quindi si limitò ad avanzare verso l'uscita.
«Lauren.»
La ragazza si girò, «Georgia.» disse, «Ciao. Tutto bene?» chiese, più per educazione che per un vero interesse.
«So che sei andata via con Dean.» esclamò l'altra.
«Non eravamo soli.» replicò Lauren, «C'erano anche Tom, Jeff, Charlie e Hannah.»
Georgia alzò le spalle. «Lo sapevo che sarebbe finita così.» disse, «Fin da quando mi disse di averti invitato al suo compleanno.» aggiunse e si voltò, allontanandosi da Lauren.
Lei la fissò oltrepassare il cancello. Per un attimo Lauren rimase sorpresa dalle parole di Georgia, poi si disse che l'altra era solo gelosa e invidiosa e che, se Dean non avesse scoperto tutto, i due starebbero ancora insieme.
Sospirò e andò verso la sua auto, ripetendosi che non erano affari suoi. Aveva appena infilato le chiavi nel blocco dell'accensione quando le venne in mente cosa rispondere a Dean, così prese il cellulare e iniziò a digitare.
“Ciao! Tutto bene, anche se vorrei tornare indietro anche io... a presto, L.”

✫✫✫

Lauren strinse il boccale di birra con entrambe le mani e osservò Jason, ripetendosi che qualcosa non andava, il ragazzo era troppo silenzioso e taciturno. «Mi vuoi dire che cosa diavolo ti prende?»
«Cosa?» fece lui, «Non ho nulla!» esclamò.
Lauren sospirò, «Jason... non prendermi per fessa.» disse, «Sei troppo silenzioso,» aggiunse «vuoi dirmi che diavolo ti prende?» domandò e bevve un sorso di birra.
Jason sospirò. «Niente.» rispose, «Credo che sia solo... ecco, abbiamo ripreso a lavorare... credo che sia questo, ecco, sì.»
Lauren posò il boccale sopra al sotto bicchiere con il logo della birra che stava bevendo e guardò il suo amico, «Okay, facciamo che ti credo.» disse, «Almeno in parte...» sorrise, «Ti conosco da così tanto tempo che so quando mi stai raccontando una bugia.»
Jason avvampò e Lauren trattenne una risatina, «Non preoccuparti.» borbottò il ragazzo.
Lauren sorrise, «Lo sai che mi preoccupo delle persone a cui voglio bene.»
Anche Jason sorrise, «Lo so.» disse.
Lauren bevve ancora, mangiò un paio di patatine e guardò l'amico, «Dai, magari una di queste domenica ce ne andiamo a fare un giretto qua in zona.» propose.
«Oh... davvero?» disse lui, «Sì, mi piacerebbe.» esclamò con un sorriso, «Dove vorresti andare?»
Lauren alzò le spalle, «Non ne ho idea.» rispose, «Non lontano, così andiamo e torniamo in giornata.» spiegò.
Jason annuì, «Sì, okay.» disse, «Bhe, decideremo al momento, allora.»
Lauren sorseggiò la birra e sorrise, «Uh, sì.» disse, prese un paio di patatine e le intinse nella salsa piccante, poi le mangiò.
«Lauren...» esclamò Jason dopo qualche secondo di silenzio. «Devo dirti una cosa...»
«Dimmi.» fece Lauren e sorrise al ragazzo mentre prendeva un'altra patatina.
Jason fece un respiro profondo e guardò Lauren, che lo fissò di rimando, con curiosità.
«Io... io...» balbettò il ragazzo e Lauren bevve un sorso di birra, incominciando a sentirsi stanca, e si trattenne dallo sbadigliare. «Ecco, io...»
«Jason?» lo chiamò lei, «Riesci a dirmela prima di tornare a casa? Sai, sono un po' stanca...»
«Me la sono dimenticata.» disse Jason e ridacchiò.
Anche Lauren rise, «Okay, non importa.» esclamò, «Non doveva essere così importante, allora.»
Jason annuì. «Sì, non doveva essere importante.» disse e sospirò, «Se sei stanca possiamo andare.»
Lauren fissò il suo migliore amico domandandosi cosa avesse perché le era sembrato strano fin da quando era passato a prenderla a casa. «Finiamo prima di bere.» sorrise, «Okay?» chiese e Jason annuì, «Sicuro di stare bene?» domandò, «Sei pallido.»
Jason scrollò le spalle, «Sono solo stanco.» sospirò.
Lauren non era del tutto convinta di quella risposta e per un attimo si preoccupò che Jason non fosse solo stanco, ma che ci fosse sotto qualcosa di più.
«Stavo pensando...» Jason interruppe i pensieri di Lauren e lei gliene fu grata, «Potremmo andare all'acquario.» propose, «E poi magari al museo della natura o come cavolo si chiama...»
Lauren annuì, «Sarebbe perfetto.» sorrise, mangiò l'ultima patatina, finì in un paio di sorsi la birra.
Quando i due uscirono dal locale, Lauren ebbe un brivido, causato dal vento leggero che si era alzato; Lauren si passò le mani sulle braccia e, una volta in auto, indossò la felpa di cotone leggero che aveva lasciato lì.
«Hai freddo?» chiese Jason.
Lauren gli sorrise, «Nah, non è niente.» rispose, «Mi scaldo subito.»
Jason la osservò per un istante, poi sorrise anche lui. «Okay.» disse, «Andiamo?»
Lauren sbadigliò, «Sì.» rispose.
Il viaggio trascorse in silenzio e Lauren si domandò del perché. Di solito lei e Jason parlavano di tutto ma quella volta era diverso. Lauren rimuginò su quello che poteva essere accaduto e si diede della stupida per non averci pensato prima: Jason era strano e nervoso da quando lei era andata a pranzo con Dean, da quando gli aveva detto che sarebbe andata in vacanza con lui... “È geloso!” fu la prima cosa che le venne in mente, “È geloso perché non sono andata con lui ma con Dean!”
«A cosa pensi?»
Lauren fissò Jason, «Al perché sei così strano.»
«Non sono strano!» squittì l'altro.
«Certo, come no.» replicò lei alzando gli occhi al cielo, «Guarda che me ne sono accorta che ieri non eri particolarmente entusiasta di vedere le foto che ho fatto in vacanza.» disse mentre nella sua mente tutti i pezzi si collegavano l'uno agli altri, come se fosse un gigantesco puzzle.
«Bhe... io ero convinto che tu saresti venuta con me...» si giustificò Jason.
«Tu pretendevi che venissi con te, che è ben diverso.» replicò Lauren. «Lui me l'ha proposto, tu eri a un passo dal preparami la valigia!»
«Io volevo solo che venissi con me!» esclamò Jason e Lauren notò che stringeva il volante con forza, fino a sbiancarsi le nocche, «Volevo passare più tempo con te.»
Lauren sospirò e si passò una mano fra i capelli, «Ma se ci vediamo almeno tre volte a settimana!» replicò, «Vedo te più di mio padre.» aggiunse, «Guarda che anche se esco con altre persone tu sei e resterai il mio migliore amico.»
«Ma non è quello...» mormorò Jason, «Io non mi fido di Dean.»
«Perché non lo vuoi conoscere meglio.» disse lei, «È simpatico, intelligente... una persona interessante.» continuò.
«Io non voglio conoscerlo!» sbottò Jason.
«Allora rettifico quello che ho detto prima.» replicò lei e sentì che stava iniziando ad irritarsi. «Se continui così non sarai più il mio migliore amico.» disse e si sentì come una bambina di cinque anni che mollava la migliore amica perché l'aveva vista parlottare con un'altra bambina. «Smettila di fare il cretino.» aggiunse, «E una sera usciamo tutti insieme, così ti convincerai che Dean gli altri non sono dei mostri a due teste che sputano fuoco.»
Jason sbuffò, «Okay.» disse, «Va bene.»
Lauren lo osservò per qualche istante e capì che non era convinto del tutto. Posò la fronte contro il finestrino mentre Jason svoltava nella sua via e si disse che non poteva rinunciare all'amicizia di Dean — ma anche di Hannah, Charlie, Tom e Jeffrey — solo perché Jason era geloso. Non lo avrebbe mai fatto, non avrebbe mai compiuto una scelta del genere.

✫✫✫

Il cellulare di Lauren vibrò appena lei inserì le monetine nella fessura del distributore, premette il tasto per selezionare il cappuccino e prese in mano il cellulare, premette il tasto per illuminare il display e lo sfiorò per sbloccarlo. Quando vide il nome di Dean sorrise.
“Ehi, che ne diresti di uscire per una birra questo venerdì? Ci saranno anche gli altri. A presto D.”
Il bip del distributore strappò Lauren dai suoi pensieri, prese il cappuccino e andò all'alto tavolino, e continuò a fissare il display. Era mercoledì e mancava pochissimo a venerdì... “Sarebbe fantastico!” digitò in risposta, “Fammi sapere l'ora. A venerdì, L.”
«Hai un appuntamento?»
Lauren guardò la sua collega Lana, «No, è un'uscita fra amici.» disse, «Non è un appuntamento.»
«Oh, ma stai sorridendo come se lo fosse...» esclamò Lana.
Lauren non rispose e, dopo aver soffiato sulla bevanda calda, ne bevve un paio di sorsi. «Ma non lo è.» disse, ignorando quella sensazione allo stomaco. Una sensazione tutto sommato piacevole, che le capitava ogni volta che pensava a Dean, cosa che nell'ultima settimana era accaduta spesso.
«Allora c'è una persona... come dire,» Lana riscosse Lauren dai suoi pensieri «che ti piace, almeno un pochino.»
Lauren la fissò e pensò che si sbagliasse: Dean era un ragazzo molto bello, simpatico, dolce... perfetto, ma non le piaceva, non in quel senso, almeno. Non era ancora pronta per quello. «Non è vero.» disse, «Ti sbagli.» aggiunse, «Sono solo felice di uscire con i miei amici.»
Lana le sorrise, «Okay, come vuoi.» esclamò, «Io vado... ciao.»
Lauren la salutò con la mano e continuò a bere il suo cappuccino e fissò il cellulare, in attesa di vederlo illuminarsi e vibrare da un momento all'altro a causa della risposta di Dean ma, quando la sua pausa finì, Dean non le aveva ancora risposto.
Non riusciva ad ammetterlo, ma era un pochino delusa.

✫✫✫

«Esci con Dean?» esclamò Jason, cercando di trattenere la gelosia. «Perché?»
«Perché me lo ha chiesto.» rispose lei mentre tagliava il petto di pollo. «E perché mi va.»
«Ma di solito il venerdì andiamo...»
«Al centro commerciale.» Lauren interruppe Jason, «Aperitivo, cena, giretto per negozi e poi film.» aggiunse, «È così da mesi, ormai.» sospirò e Jason la fissò, gli occhi spalancati e lo stomaco stretto in una morsa dolorosa, «Ormai mi sono annoiata.» disse Lauren, «Ho voglia di cambiare.»
Jason non seppe cosa rispondere. Non credeva che Lauren si annoiasse con lui e di certo non lo voleva. «Ma perché?» pigolò.
«Perché mi va.» sbottò Lauren e bevve un sorso d'acqua, «Jason.. sospirò, «Non possiamo fare sempre le solite cose: venerdì e sabato al centro commerciale, ogni tanto anche la domenica, le vacanze in montagna... fai, mi fai fare sempre le solite cose... credo che sia giunto il momento di cambiare, per me.»
Jason sbatté un paio di volte le palpebre perché sentiva le lacrime che premevano per uscire, temette che non avrebbe mai mantenuto la promessa che aveva fatto a Sean. «Ma io...» mormorò, «Io avevo fatto una promessa...»
«Piantala.» esclamò Lauren e lui sobbalzò, spaventato. «Basta con questa storia della promessa!» disse, «Tu la tiri fuori ogni singola e fottuta volta che ho voglia di fare altro!»
Jason si sentì inorridito: come poteva stare accanto a Lauren, a proteggerla e a non abbandonarla se lei non stava con lui? Era una contraddizione bella e buona: se Lauren usciva con Dean e non con lui  non poteva starle accanto per fare quello che aveva promesso a Sean.
«Io voglio solo proteggerti...» pigolò.
«Proteggermi?» fece Lauren, «A me sembra che tu voglia ingabbiarmi!» disse e il tono con cui lo fece non piacque per nulla a Jason, gli sembrò che quelle parole fossero state sputate, non dette.
«Non è quello che voglio!» disse lui, «È solo che io...»
«Non ti fidi di Dean, okay, l'abbiamo capito.» sbuffò Lauren, «Ma io sì, sono maggiorenne e faccio quello che voglio e quando voglio.»
Jason rimase in silenzio, troppo sconvolto per poter dire qualcosa.

«Io non riesco a capirla!» sbuffò Jason, «Perché fa così? Che cosa sbaglio?»
Deacon sbuffò, «Perché sei troppo ottuso.» rispose.
«Ottuso?» pigolò Jason.
«Perché non capisci che lei ha la libertà di fare quello che vuole anche se tu non lo vuoi.»
«Ma io...» sospirò Jason prendendosi la testa fra le mani, «Come posso mantenere la promessa che ho fatto a... ahi!» si lamentò quando Stuart lo colpì con un pugno al braccio. «Perché?»
«Perché non puoi tirare fuori la storia della promessa ogni volta che Lauren fa qualcosa che non ti piace.»
«Ma esce con Dean!» strillò Jason che non capiva perché i suoi amici non capissero.
«Ed era anche ora che uscisse con qualcuno.» esclamò Deacon, «E dovresti farlo anche tu.»
«Ma io non...» sospirò Jason, «Io non voglio che esca con qualcuno!» protestò, «Io la amo e voglio che stia con me.»
«E se lei non volesse?» chiese Stuart e sorrise alla cameriera che gli aveva messo davanti il bicchiere di birra. «Cosa faresti in quel caso? Le impediresti di uscire? L'aggrediresti? Perché sappi che, in quel caso, altro che pugno sul braccio, direttamente sul naso te lo do!»
Jason fissò l'amico e non seppe cosa dire. Ci aveva pensato a quell'eventualità, ma aveva anche pensato che, se Lauren avesse passato molto tempo con lui, alla fine si sarebbe innamorata, però se lei non usciva con lui, non passavano mai del tempo insieme... come poteva innamorarsi di lui? «Io non...» sospirò, «Io non voglio che esca con Dean, punto e basta.»
«Io non voglio che esca con Dean.» gli fece il verso Stuart, «Jason, cresci per l'amor di Dio!» esclamò, «Sono anni che ami Lauren e lei... primo non se ne è mai accorta, secondo...» si fermò e prese fiato, «Credi che se in questi mesi non si fosse innamorata di te non te lo avrebbe mai detto o fatto capire?»
Jason fissò il ripiano del tavolo. Una parte di lui gli urlava che Deacon e Stuart avevano ragione, l'altra gridava e strepitava che no, non ce l'avevano. Che lui amava Lauren e che, dopo la promessa che aveva fatto a Sean, l'unica cosa giusta era che loro due stessero insieme. «E cosa devo fare, allora?» domandò, temendo già la risposta che uno dei suoi amici gli avrebbe dato.
«Lasciarla libera.» rispose Deacon.
«Non starle troppo addosso e non arrabbiarti se esce con Dean.» disse Stuart.
Jason annuì ma in realtà non era d'accordo con nessuno di loro due, non avrebbe mai fatto una di quelle cose.
«E non prendertela se Lauren ti dice che facciamo sempre le stesse cose,» esclamò Stuart, «perché, in fondo, è vero.»
«Già.» fece Deacon, «Anche Sam e Roxane se la prendono perché tu vuoi fare le stesse cose.» disse, «Cavolo, non abbiamo neanche venticinque anni e tu ti comporti come se fossi mio nonno.» continuò, «No, neanche come lui.» si corresse, «Lui è più giovanile di te.»
Jason sospirò, «Ma a me piace andare al centro commerciale!» replicò, «E credevo che...»
«Tu credi un po' troppe cose.» lo interruppe Stuart.
«Ma a Lauren...»
«A Lauren non piace più.» disse Deacon.
Jason inspirò a fondo sentendosi sempre più sconfortato. Possibile che nessuno lo capisse? «Okay.» esclamò, «Farò come dite voi.» mentì, perché non avrebbe mai permesso che qualcuno gli portasse via Lauren. Lui aveva promesso a Sean una cosa e avrebbe rispettato quella promessa.

✫✫✫

Lauren rientrò nell'auto di Dean sentendosi felice. Era stata una piacevole serata, passata fra le risate. Con Dean riusciva a rilassarsi, a ridere... neppure con Jason si sentiva così bene e non riusciva a comprenderne il motivo.
Si sentiva felice e basta.
«Ci vediamo.» esclamò Dean quando si fermò davanti a casa di lei.
«Ci vediamo.» disse lei sorridendo.
«Buona notte.» mormorò Dean e, quando baciò la guancia di Lauren, lei sentì un brivido, quel brivido, lungo la schiena.
«Buona notte.» fece Lauren, sorpresa e ringraziò che fosse buio, perché era sicura di essere arrossita. Strinse i manici della borsa, aprì la portiera e scese, s'impose di non correre mentre attraversava la strada. Aprì il cancello e lo richiuse, salì i gradini delle scale esterne e, quando richiuse la porta di casa dietro di sé, sentì l'auto di Dean ripartire.
Inspirò un paio di volte mentre rimaneva appoggiata alla porta, domandandosi cosa le stesse accadendo, chiedendosi perché, appena le labbra di Dean l'avevano sfiorata, lei si fosse sentita così. E la cosa che la spaventava maggiormente era che non era la prima volta che succedeva: anche in vacanza, ogni singola volta che Dean la sfiorava o la toccava, sia che succedesse di proposito o per caso, lei sentiva il cuore che prima mancava un battito e poi andava sempre più veloce.
Anche in quel momento, solo a ripensarci, sentiva il cuore battere velocemente, così velocemente che temette che le sarebbe uscito dal petto. Chiuse gli occhi e respirò con calma, dicendosi che doveva restare tranquilla.
Sentì qualcosa strusciarle le gambe e si morse le labbra trattenendo un urlo e abbassò il viso, incontrando gli occhi di Duchessa che brillavano al buio. «Mi hai spaventato.» mormorò e si chinò per prendere in braccio la gatta, che prima miagolò, poi iniziò a fare le fusa mentre annusava il collo della giovane.
Lauren andò in camera e posò Duchessa sul letto e poi andò in bagno. Tornò dieci minuti dopo, il viso struccato e i capelli legati in due trecce morbide.
Si infilò sotto le coperto e arricciò il naso quando si accorse che duchessa non era più lì, si sdraiò e spense la luce, obbligandosi a non pensare più a Dean.
Un leggero miagolio ruppe il silenzio e Lauren sorrise nel buio, «Duchessa?» chiamò piano, «Micina? Vieni qui.» mormorò e batté una mano sul letto, «Duchessa?»
La gatta balzò sul letto e sfiorò con il muso la mano di Lauren, la leccò un paio di volte poi si acciambellò e Lauren iniziò ad accarezzarla, sentendo che stava incominciando ad addormentarsi e si tranquillizzò, dicendosi che non avrebbe più pensato a Dean.
Quando però si addormentò, stava pensando ancora a lui.

✫✫✫

Dean non riusciva a capire cosa gli stesse accadendo. Ogni volta che guardava Lauren — o pensava semplicemente a lei — sentiva come uno sfarfallio nello stomaco, le mani sembravano sudare all'improvviso e il cervello si faceva vuoto.
«Sei innamorato, amico.» sentenziò Jeffrey.
«Eh?» fece Dean, sorpreso da quelle parole. «Innamorato?»
Jeffrey annuì, «Oh, sì.» rispose, «Innamorato cotto.» disse, «Proprio cotto. Ma tanto cotto.»
Dean chiuse gli occhi per un'istante e, quando li riaprì, disse: «Non è vero.»
Jeffrey e Tom si scambiarono un'occhiata, «Certo, se ne sei convinto.» disse Tom.
Dean alzò gli occhi al cielo e sorseggiò il suo tè freddo al limone, «Certo che ne sono convinto.» esclamò. Lui non era innamorato di Lauren, ne era certo, in fondo erano passati solo pochi mesi da quando aveva lasciato Georgia e non poteva essersi innamorato di nuovo. E poi Lauren... la conosceva da così tanto tempo che non credeva possibile che potesse succedere una cosa del genere.
I tre cambiarono argomento di conversazione, passando a chiacchierare di sport.
«Oh, guardate chi c'è!» esclamò Tom a un certo punto, interrompendo Jeffrey che parlava della squadra di football del liceo locale, «C'è Lauren!»
Dean girò la testa, «Dove? Dove?» chiese guardandosi attorno, «Dov'è?» chiese fissando gli amici, «Mi avete preso in giro!» sbottò.
Tom scoppiò a ridere, seguito a ruota da Jeffrey. «Lo avevo detto: sei innamorato di lei.» esclamò il primo.
Dean sbuffò e bevve ancora, «Non è vero.» borbottò.
«E allora perché sei scattato come una molla quando l'ho nominata?» chiese Tom.
«E in più sei diventato rosso come un pomodoro!» rise Jeffrey. 
Dean sospirò, «Io non...» mormorò, «Oh, forse mi piace, un pochino... ma non sono innamorato di lei.» ammise.
«Un passo avanti!» esclamò Tom, «Dai, Dean, se continui così ammetterai la verità.»
«Quale?» chiese Dean e volle mordersi la lingua perché si rese conto che la risposta era una sola: ammettere di essere innamorato di Lauren. Ma lui non lo era, quindi non aveva nulla da ammettere.
«Che sei innamorato di lei.» rispose Jeffrey.
«Ho detto che non sono innamorato di lei.» sbottò Dean, «Sentite, perché non cambiamo argomento, eh?» domandò, «Jeff, Tom, quand'è che vi trovate la donna anche voi?» chiese, «Chissà, magari se vi fate una sana scopata non vi impiccerete degli affari miei!»
Jeffrey rise, «Tu non ti preoccupare, che io so trovarmi una donna come e quando voglio.» disse, «Adesso stiamo parlando di te, che non vuoi ammettere di essere innamorato di Lauren.»
Dean sbuffò, «Io non sono innamorato di lei!» esclamò.
«Ah, no?» fece Tom e rise, «E allora perché hai come sfondo del cellulare una vostra foto?»
Dean sentì le guance andare a fuoco, «Ecco... io...» borbottò, non riuscendo a trovare una scusa plausibile per quella foto, quella scattata al parco divertimenti, davanti a quel roller coaster, dalle rotaie verdi e i pali di sostegno viola. «Ecco è perché...» borbottò ancora, non riuscendo a trovare una scusa plausibile per quella foto, perché ne avrebbe potuta usare un'altra di quella vacanza, magari una in cui erano tutti e sei, o quella che aveva scattato alla moto — una Harley — di suo zio, o alla Mustang rossa con le strisce nere che aveva visto in un parcheggio e a cui aveva scattato subito una foto. Oppure usare uno degli sfondi pre-caricati sul cellulare... «Ecco... io...» si sentì stupido per la terza volta, mentre borbottava quelle due parole.
«Lei ti piace.» esclamò Tom, «Fine della questione.» sorrise, trionfante.
«Non è...» Dean sospirò, «Okay, mi piace.» ammise, «Ma non dovete dirglielo!» esclamò agitando le mani. «Lei non deve assolutamente saperlo!»
«E perché no?» chiese Tom.
Dean sospirò, «Perché io non le piaccio.» mormorò e bevve un sorso di birra, sentendo la gola secca e il cuore in tumulto. Ne era sicuro, lui non piaceva a Lauren.

✫✫✫

Lauren aprì l'anta dell'armadietto e sospirò mentre slacciava il grembiule. Un'altra giornata di lavoro era finita.
«Uh, che bella foto.»
Lauren si girò verso Lana, poi verso l'antina dell'armadietto dove aveva appeso una foto di lei e Dean, quella dove erano davanti a quel roller coaster di cui aveva scordato il nome, quello con le rotaie verdi e i pali di sostegno viola. «Oh, grazie.» disse e sperò di non essere arrossita.
L'altra sorrise, «Bel ragazzo.» commentò, «Lo frequenti?» chiese. 
«Io... no.» rispose lanciando una breve occhiata alla foto e agli occhi azzurri di Dean che la fissavano. «No.» disse. «È solo un amico.»
«Solo un amico, eh?» commentò Lana alzando un sopracciglio, «Non si direbbe,» disse «da come sei arrossita direi che è più che un amico.»
Lauren spalancò gli occhi, «Non è vero.» disse e sperò di essere risultata convincente perché, alle sue orecchie, quel “Non è vero.” era risultato... falso. «Non mi piace.» disse e anche quello risultò finto, «È solo un amico.» aggiunse e sorrise.
«Uh, se lo dici tu.» replicò Lana mentre Lauren si toglieva il camice.
Lana la salutò e si allontanò, Lauren emise un sospiro e pensò che era tutto difficile, troppo difficile fare chiarezza nei suoi sentimenti. Era così complicato, così difficile capire se Dean le piacesse come amico o come qualcosa di più...
Sbuffò, afferrò la borsetta, chiuse l'armadietto e uscì dallo spogliatoio e poi dalla clinica. Una volta in macchina posò le mani sul volante e fece alcuni respiri profondi, chiedendosi perché le stesse accadendo tutto quello.
Quel confine, quello tra “Dean è solo un amico” e “Dean non è solo un amico” era così complicato, si disse. Ogni tanto le sembrava di stare in piedi su due rocce, una con un'opzione, una con un'altra, e ogni tanto queste due rocce erano così vicine che avrebbero potuto fondersi in una sola, ogni tanto erano così lontane che temeva che sarebbe caduta, precipitata, da un momento all'altro.
Sospirò e chiuse gli occhi per un'istante, poi li riaprì, dicendosi che non doveva pensarci, altrimenti sarebbe impazzita. Stava per avviare il motore quando il suo cellulare squillò così lo prese e vide che era un messaggio da parte di Jason.
Già, c'era anche lui in quel tumulto di pensieri. Era ormai la fine di Settembre e Jason era cambiato, assecondando le richieste di Lauren, non la costringeva più a fare quello che voleva lui ed era tutto un “Questo ti va bene? Possiamo fare altro, se vuoi. Facciamo quello che vuoi tu.” e a lei tutto ciò risultata, a tratti, quasi stucchevole. Ogni tanto Jason era fin troppo servizievole e dolce per i suoi gusti. E lei non sapeva cosa fare: da una parte c'era Jason, che la trattava come una principessa, come se fosse stata fatta di cristallo da capo a piedi, dall'altra c'era Dean, che la faceva ridere, che la guardava in quel modo che le faceva provare quei brividi, come se la pelle bruciasse ogni volta che i suoi occhi incrociavano quelli di lui.
Con un sospiro, ignorando il messaggio di Jason che le chiedeva di andare al cinema, “Sceglilo tu il film,” e i pensieri che vorticavano attorno a Dean, avviò l'auto e partì, diretta a casa.

✫✫✫

Jason sospirò e strinse i pugni. Nonostante avesse seguito a modo suo i consigli di Deacon e Stuart, Lauren sembrava sempre più sfuggente. Lui le proponeva qualsiasi cosa, accettando qualsiasi cosa che Lauren proponesse, anche se non gli piacevano. E in più usciva spesso con Quello e i suoi amici, lasciandolo da solo. Deacon e Stuart avevano Samanta e Roxane, mentre lui aveva solo Lauren, peccato che il più delle volte non ci fosse, troppo presa da quell'amicizia che la distraeva da lui. Per questo faceva di tutto per renderla felice, per averla di nuovo tutta per sé, com'era prima che Lauren andasse alla festa di Dean o com'era prima che s'innamorasse di Sean.
Faceva di tutto per lei e aveva la chiara sensazione che Lauren gli dicesse di sì solo perché... non sapeva neppure lui il perché. Da una parte temeva che lei lo accontentasse solo perché erano amici, l'altra si diceva che Lauren gli rispondeva di sì perché era felice di andare in quel posto, vedere quel film con lui.
E lui sperava tanto che fosse quest'ultima ipotesi, perché voleva dire che Lauren si stava accorgendo di lui, che non era solo Jason il migliore amico, ma che era Jason, quello che l'amava così tanto da starle accanto per anni senza mai farle sospettare nulla e che ora aveva deciso di tirare fuori le unghie era sicuro che sarebbe andato tutto per il meglio.
Si sentì quasi stupido: nel giro di cinque minuti era passato dall'essere quasi depresso per quella situazione all'euforia.
Sorrise e mandò un messaggio a Lauren, chiedendole se potevano vedersi dopo il lavoro per bere qualcosa e, quando lei gli rispose che andava bene, lui si trattenne a stento dall'esultare di gioia. Poi si ricordò che era al lavoro, così si concentrò sul foglio di excel che aveva davanti e continuò a lavorare sentendosi molto meglio.

«Questa domenica dove andiamo?» chiese Jason quando lui e Lauren si sedettero al tavolino.
Lauren afferrò il menu, sistemato dietro il portatovaglioli e lo guardò, «Non ci sono, questa domenica.» rispose.
«Ah... no?» fece Jason, improvvisamente deluso. «Perché?» chiese.
Lei alzò le spalle e rimise il menu al suo posto. «Perché... perché vado da mio padre e starò via tutto il giorno perché... perché andiamo via.»
Jason sospirò, piano, ed ebbe la netta sensazione che stesse mentendo. «Ah, e dove andate?» chiese ma Lauren non gli rispose subito perché arrivò il cameriere per prendere le ordinazioni.
«Non ne ho idea.» sorrise lei, «Spero che sia qualcosa di carino.»
Jason annuì e la guardò, «Okay.» fece. «Sarà per domenica prossima, allora.» disse, «Non c'è mica la festa nel paese qua accanto?»
Lauren ci pensò un paio di secondi e Jason pensò che fosse bellissima quando era così concentrata, no, lei era sempre bellissima. «Mi sembra di sì.» disse lei.
Jason si rilassò appena quando arrivò il cameriere con un cappuccino per Lauren e una Fanta per lui. Non era così che dovevano andare le cose. Mentre andava verso la clinica aveva deciso che avrebbe portato Lauren al lago distante un paio d'ore, poi avrebbero passeggiato sul lungo lago, ammirando le colline circostanti, si sarebbero fermati in quel grazioso ristorante e, infine, mentre guardavano il sole tramontare, lui le avrebbe detto che l'amava.
Era così che dovevano andare le cose ma, come succedeva ultimamente, Lauren era impegnata con qualcun altro e, anche se stavolta era il padre, lui era geloso comunque.
«Oh, sai chi ho visto?» domandò Lauren mentre prendeva con il cucchiaino la schiuma di latte, «Clarissa.» disse, «La ricordi?»
«La nostra ex compagna di scuola?» domandò Jason e Lauren annuì, «Come sta?»
«Bene.» rispose lei, «A parte che è incinta di nuovo.» disse, «È venuta per prenotare la morfologica.»
«Di nuovo?» domandò Jason, «Perché, quanti figli ha?» chiese. Lui ricordava Clarissa che diceva che avrebbe fatto l'avvocato, che si sarebbe affermata e che avrebbe guadagnato un sacco di soldi e che non voleva dei figli.
«Questo è il quinto.» rispose Lauren.
«Cinque?» squittì Jason, «E che è, un coniglio?» scherzò.
Lauren rise e versò lo zucchero nella tazza, «Uno lo ha avuto sei mesi dopo la fine del liceo.»
«Mentre era all'università?» chiese Jason.
«No.» rispose Lauren e alzò la tazza, «Non c'è andata.» aggiunse e sorseggiò la bevanda, «Poi è rimasta incinta di due gemelli quando il primo aveva sei mesi, dopo la nascita dei gemelli è passato meno di un anno ed è rimasta incinta di nuovo poi, dopo poco più di un'anno c'è rimasta di nuovo ...»
«E il padre?» pigolò Jason, dicendosi che era troppo giovane per avere un figlio, figuriamoci quattro con il quinto in arrivo!»
Lauren sospirò, «Sono tre padri diversi.» disse e si avvicinò all'amico e Jason sperò di non arrossire, «Il primo è uno che ha conosciuto durante le vacanze di primavera e non si ricorda chi sia, quello dei gemelli lo ha conosciuto per caso e l'ha piantata quando lei ha detto che, visto che era incinta avrebbe dovuto sposarla...» spettegolò a bassa voce, «Bhe, poi il numero quattro e il numero cinque hanno lo stesso padre.»
«Si è sposata o convive?» domandò anche lui con la voce bassa. Gli piaceva quella complicità, gli ricordava i tempi della scuola.
«È sposata con un tizio più vecchio che ha un sacco di soldi.» rispose Lauren dopo aver bevuto ancora del cappuccino, «Ho tutta l'impressione che lo abbia sposato per questo.»
«E ti ha detto lei tutto questo?» chiese Jason, «Delle gravidanze, dei padri che sono scappati...»
Lauren annuì, «Oh, sì.» disse, «Davanti al caffè del distributore.»
Jason annuì e guardò Lauren che beveva il cappuccino come se stesse assaporando ogni singola goccia, bevve anche lui e mangiò un paio di patatine.
«Uh, fra cinque minuti devo andare!» esclamò Lauren, «Stasera c'è Drew a cena e porta il fritto misto e il salmone alla piastra...» 
«Oh.» commentò Jason, «Okay.» sospirò, deluso per l'ennesima volta. 
Quando uscirono dal bar, lui la strinse in un abbraccio, respirando il suo profumo, le baciò le guance e la guardò, dicendosi che doveva dirglielo, che doveva dire che l'amava... ma le parole gli si bloccarono in gola.
«Ci sentiamo!» lo salutò Lauren salendo in auto.
Jason la guardò allontanarsi, sospirò e salì sulla sua auto. A quel punto non era più sicuro di niente: né della domenica che Lauren avrebbe trascorso con il padre, né quella cena con Drew.
E la colpa era tutta di Dean. Da quando era apparso Lauren era cambiata. Sì, era decisamente colpa di Dean.

✫✫✫

Domenica.
Quella domenica che Lauren doveva passare con il padre.
Jason scese dall'auto e vide la madre di Lauren in giardino, che stendeva delle lenzuola verde pallido.
«Jason!» esclamò la donna.
«Eh... ciao.» fece lui, imbarazzato, «Lauren?» domandò, «È con suo padre?» chiese e sorrise e guardò Duchessa che correva lungo tutto il prato, per pi salire su un albero di pesche.
«Oh, no!» disse la donna, «Non è con il padre.» rispose e Jason temette quello che stava per aggiungere, «È con Dean, al lago.»




✫✫✫

Scusate il ritardo ma mi sono un po' bloccata -.- odio quando succede, e odio ancora di più questa situazione perchè succede sempre quando ho preparato la scaletta di una storia, se cerco di seguirla mi blocco, se scrivo quello che mi viene in mente qualcosa tiro fuori, anche se magari sono solo dieci righe.
A questo punto mi chiedo perché mi ostini a scrivere e a seguire le scalette -.-
Okay, lo so che avevo detto che dovevano essere 10 capitoli, e quindi mancherebbero il capitolo 8, il 9 e il 10 ma... ma ho deciso di dividere questo capitolo, altrimenti sarebbe accaduto tutto in fretta...anche se, insomma, sette capitoli e Lauren non ha ancora baciato nessuno, né Dean né Jason... e, dato quello che succede nel prossimo capitolo, mi sembreva affrettato accorparlo a questo... non so se mi sono spiegata, non mi capisco neppure io xD
Comunque.. grazie a chi legge, a chi mette la storia in una delle liste... e a chi commenterà, perchè lo farete, vero?
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** 8. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


8.



«Mi hai mentito!» gridò Jason, «Sono andato a casa tua e tua madre mi ha detto che eri al lago con Dean!» continuò a gridare.
Lauren lo fissò e sbuffò, «Dio, Jason... calmati!» esclamò, «Non te l'ho detto perché sapevo come avresti reagito.» disse.
«È logico che avrei reagito male.» sbraitò lui, «Io non lo conosco! Non conosco Dean!»
«Ma io lo conosco!» ribatté lei, «Io lo conosco e tu dovresti fidarti di me!»
«Ma io mi fido di te!» disse Jason, anche se ultimamente non si fidava più di lei, non dopo che gli aveva mentito, dicendo che sarebbe andata via con il padre e invece non era vero. «È di Dean che non mi fido.» aggiunse, «Magari potrebbe essere un maniaco e io voglio solo fare quello che ho promesso...»
Jason s'interruppe e si massaggiò la guancia che Lauren aveva colpito con un schiaffo - piuttosto forte, doveva ammetterlo -, «Perché?» pigolò.
«Perché non puoi dire che Dean è una maniaco e tirare fuori la promessa che hai fatto a Sean.» rispose lei guardandolo e a Jason quello sguardo non piacque, gli occhi azzurri di Lauren erano freddi, glaciali. «Tu Dean non lo vuoi neanche conoscere, perché se ci parlassi, anche per solo dieci minuti, mettendo da parete 'sta gelosia del cazzo, scopriresti che è una persona davvero stupenda.» continuò lei. «Ma ultimamente sei un gran coglione, per cui non mi aspetto che tu lo faccia.»
Jason sentì il cuore spezzarsi ad ogni parola, come se il suo cuore fosse fatto di vetro e Lauren lo avesse colpito proprio al centro ed ogni parola che aggiungeva era un ramo di quella sottile ragnatela che si allargava sempre di più, minacciando di romperlo da un momento all'altro. «Ma io...» pigolò, «Io non voglio che tu...»
«Non vuoi che veda Dean, non vuoi che mi diverta senza di te e bla bla vari.» esclamò lei e a Jason non sfuggì il suo tono acido, «Devo uscire solo con te?» chiese.
«Ma io non intendevo questo!» si giustificò lui, «Io dico solo che Dean...»
«No, tu intendi proprio questo.» lo corresse lei, «Tu vuoi che esca solo con te e basta.» disse, «Quando ti ho detto che sarei andata via con mio padre tu hai fatto una faccia di chi non è contento.» aggiunse, «A te da fastidio che io esca con chiunque se tu non ci sei.» disse, «Sbaglio?»
Jason chinò il viso e respirò piano. Come poteva dirle che non si sbagliava senza farla arrabbiare ancora di più?
«No, non sbaglio.» continuò lei.
«Ma io...» pigolò Jason, «Io mi preoccupo.» disse alzando il viso da terra. «Io mi preoccupo perché...» sospirò pensando che fosse il momento ideale di dire che l'amava.
«Se dici un'altra volta che ti preoccupi perché non conosci Dean o perché hai fatto quella stupida promessa, giuro che ti do un cazzotto.»
«No!» esclamò lui, «Non voglio dire questo!» si giustificò agitando le mani. «Il punto è che io... io...» Jason si fissò i piedi, cercando di radunare tutto il coraggio che aveva e dicendosi che pensarlo era un conto ma dirlo... dirle che l'amava era tutto un altro discorso. «Io...»
«Allora?» sbottò Lauren, «Non ho tutto 'sto tempo, eh.» disse, «Devo ancora andare a casa e prepararmi per uscire a cena con papà.»
«Esci con lui?» domandò, «Pensavo di chiederti di uscire...» mormorò.
«Uh, cos'è, ci credi che vada da mio padre?» domandò Lauren e incrociò le braccia al petto.
Jason la fissò, pronto per dirle di sì, che non ci credeva ma temeva che lei avrebbe reagito male e si sarebbe incazzata ancora di più, scosse piano la testa, «Io... io ti credo.» mentì, «Io volevo uscire con te a cena.» mormorò.
Lauren rimase un attimo in silenzio, poi sciolse le braccia e sospirò. «Bhe... stasera non posso.» disse.
«E allora quando?» chiese lui.
Lei scrollò le spalle, «Non lo so.» rispose.
«Come non lo sai?» chiese ed ebbe quasi paura della risposta.
«Non so se te ne sei reso conto,» esclamò Lauren «ma mi hai fatto una scenata due minuti dopo che sono uscita dal lavoro!» finì, «Dio, Jason... manco un fidanzato geloso è così!» continuò, «Lasciami respirare un po'! Non volevi che uscissi e che mi divertissi? Bhe, lo sto facendo!»
«Ma io pensavo...» pigolò lui e alzò il braccio destro per potere toccare Lauren ma lei fece un passo indietro, «Io pensavo... io intendevo con me, non con Dean!»
Lauren scoppiò a ridere, «Ovviamente era come pensavo!» disse, «Tu vuoi che io esca solo con te.» aggiunse, «Sai, Jason, ti do una notizia: sto ricominciando a vivere e lo faccio anche senza di te!»
Jason spalancò gli occhi verdi, troppo sconvolto da quelle parole, «Lauren... scusami.» disse, «Non lo faccio più!» promise, «Lo giuro!»
Lei scosse la testa, «No.» disse, «Tu lo prometti ogni volta e ogni singola volta ti rimangi la promessa...» sospirò. «Mi sono rotta, Jason.» aggiunse.
«No, Lauren!» esclamò Jason, totalmente inorridito e sconvolto dalle parole di lei, «Non farò più così, lo giuro.»
Lauren scosse la testa, «Tu puoi giurarlo quanto vuoi.» sospirò, «Il problema è che non ti credo più.» disse poi si voltò, andò alla sua auto e partì, lasciando Jason a un passo dalle lacrime e con mille domande che gli vorticavano in testa.
Perché Lauren era così cambiata? Perché non gli credeva più? Perché non voleva passare del tempo con lui? Perché era così distante?
Mentre si dirigeva verso la sua auto, si disse che conosceva già la risposta: Dean.
Era colpa sua se Lauren era così cambiata. E sentì un'ondata d'odio improvvisa travolgerlo, come se cercasse di affogarlo. Già prima lo odiava, ma in quel momento lo odiava ancora di più. Avrebbe voluto picchiarlo fino a rompergli il naso, fino a che non avrebbe giurato che non avrebbe più parlato con Lauren e per un attimo accarezzò l'idea di farlo sul serio ma cambiò idea quasi subito, rendendosi conto che se avesse fatto una cosa del genere, Lauren lo avrebbe odiato sul serio.
E lui non voleva che accadesse, non era sicuro che avrebbe sopportato una situazione del genere.
Però... avrebbe volentieri preso a sberle Dean se solo il pensiero d'incontrarlo non gli facesse venire l'orticaria. Lui non voleva sentirne parlare o vederlo o che Lauren lo vedesse o lo sentisse.
Con questi pensieri mise in moto e partì.

✫✫✫

«Amico, tu sei un gran coglione, fattelo dire.»
Jason fissò Stuart, deglutì il sorso di birra e sospirò. «Ma mi ha mentito!» ripeté.
Deacon alzò gli occhi al cielo, «Sì, ma tu le hai fatto una scenata da fidanzato geloso e isterico.» replicò, «E tu non sei il suo fidanzato, sei solo il suo migliore amico.»
Jason chiuse per un attimo gli occhi... era vero, lui non era il fidanzato di Lauren, però... «Ma io mi preoccupo!» disse.
«Lauren è grande.» gli ricordò stuart, «E può fare quello che vuole.»
«Sì, ma mi ha mentito!» esclamò Jason, sperando che gli altri capissero che lui si sentiva tradito da quella bugia.
«Perché tu avresti fatto una scenata madre!» disse Deacon, «Anzi, gliel'hai fatta.» ricordò, «Santo Cielo, ti ha solo detto una bugia innocente, non è che ti ha detto chissà cosa.»
«Ma mi ha mentito!» protestò Jason, sentendo che si stava infuriando anche con i suoi amici, «Avrebbe potuto dirmelo.»
Gli altri due su fissarono, poi stuart sospirò, «Ma ci ascolti oppure no?» disse, «Lauren ti ha mentito perché sapeva che ti saresti incazzato se ti avesse detto che usciva con Dean.» continuò, «E sai cosa ti dico? Che ha fatto bene!»
«Ma a voi non vi dà fastidio? Ci ha detto una balla!» esclamò Jason, a un passo dall'arrabbiarsi completamente. Possibile che non lo capissero?
«Veramente l'ha detta a te.» disse Deacon, «A noi non ha detto nulla.» esclamò. «E Jason... stai diventando paranoico!» gli disse, «Cavolo, sono mesi che ti ripetiamo di lasciarla stare, di non stressarla con le tue stupide paranoie... e tu dici di sì, poi lo fai di nuovo!» continuò, «Santo Cielo, lo sai che la perderai così, vero?»
«Ma io voglio solo proteggerla!» ripeté Jason, «Perché voi non vi preoccupate per lei? Noi non conosciamo Dean e lei continua ad uscirci, anche se sa che io non lo conosco e non mi fido di lui!» esclamò, dicendosi che era impossibile che Deacon e stuart non si preoccupassero per Lauren.
«Sai una cosa?» Deacon si sporse verso Jason, «Se Lauren dovesse decidere di non vederti più... farebbe solo bene.»
Jason scosse la testa, inorridito da quella possibilità, «Ma io...» inspirò lentamente, «Io non voglio!» disse e temette che sarebbe scoppiato a piangere da un'istante all'altro.
«E allora segui i nostri consigli!» esclamò stuart, «Seguili, però, non dirci di sì per poi fare di testa tua.» disse, «Che se dovesse ripetersi una cosa del genere... bhe, io non ci sarò, perché mi sono rotto di sentire i tuoi piagnistei.»
Jason non ebbe neppure la forza di ribattere, si afflosciò sulla sedia pensando che nessuno lo capisse. Poi, all'improvviso prese una decisione: avrebbe fatto capire a Lauren quanto lui fosse importante per lei, sparendo dalla sua vita per qualche settimana.
“È la cosa giusta da fare.” pensò, “Dopo verrà da me e mi dirà che mi amerà.” si disse, “Sì, farò così. Per due settimane non mi farò sentire, così lei sentirà la sua mancanza.”
Tre ore dopo, Jason inviò a Lauren un SMS in cui la pregava di perdonarlo.

✫✫✫

Lauren si sentiva quasi ansiosa quel lunedì sera. Jason si faceva sentire poco e per proporle le solite cose: pizza e cinema al centro commerciale. Dean, invece, la chiamava e ogni volta le proponeva una cosa diversa.
Erano così diversi, quei due: tanto uno era calmo - se si escludevano gli attacchi di gelosia immotivata - e abitudinario quanto l'altro era completamente l'opposto: era raro che andassero nello stesso locale due volte di seguito e poi c'erano le domeniche passate in giro, spesso senza una vera meta precisa. 
E lei... lei non sapeva cosa fare. Voleva che Jason rimanesse il suo migliore amico, anche se negli ultimi mesi si era comportato come un cretino, e voleva che anche Dean fosse suo amico. Li voleva entrambi, perché entrambi la facevano stare bene. Perché, in un certo senso, le ricordavano Sean, che come carattere era a metà strada fra quello di Jason e quello di Dean. E lei si sentiva come presa tra due fuochi, perché Jason era il suo migliore amico e, anche se avevano litigato molto spesso ultimamente - e Lauren pensò che non era mai lei a cominciare, ma sempre Jason, che la “incolpava” di uscire e divertirsi senza di lui -, lui le mancava. Le mancava com'era prima, quando era il suo miglior confidente, il suo migliore amico, quello con cui passare una serata divertente, guardando un film e commentandolo mentre si strafogavano di pop-corn, e invece... invece finivano spesso con il litigare per delle sciocchezze - almeno per lei lo erano - e in più c'erano giorni in cui Jason era particolarmente stressante, altri, come quelli, era quasi distratto, evasivo e poco amichevole.
Sospirò e si fissò allo specchio, indecisa su come pettinarsi. Coda alta, coda bassa oppure farsi i boccoli?
Si fissò allo specchio, indecisa su cosa fare. Lanciò una breve occhiata al cellulare, sbloccò lo schermo e vide che mancavano più di due ore all'appuntamento, aveva tutto il tempo per acconciarsi i capelli. Uscì dal bagno e chiese a sua madre quanto mancasse alla cena e, quando si sentì rispondere che mancava una mezz'ora abbondante, decise di farsi boccoli. Aprì uno dei cassetti sotto al lavabo, afferrò la grossa scatola piena di bigodini - erano tubicini di plastica traforata a forma di ricciolo - montò l'asticella e, dopo aver sparso della spuma modellante sui capelli, iniziò a mettersi i bigodini. Prese il primo, di colore verde chiaro e ci fece passare l'asticella, infilò, una piccola ciocca del retro della testa e fece scorre l'asticella nel bigodino. 
Quando sua madre la chiamò, dicendo che la pasta al forno era pronta, Lauren aveva appena infilato l'ultimo bigodino, così avvolse attorno alla testa un asciugamano pulito e andò a mangiare. Quella era una serata speciale, organizzata nei minimi dettagli e, mentre si sedeva a tavola, sperò che andasse tutto per il meglio

✫✫✫

Jason sorrise mentre entrava in quella birreria insieme a Lauren. Era felice, anche se avrebbe preferito uscire da solo con lei, ma non gli dispiaceva che ci fossero Deacon, stuart, Roxane e Samanta I sei entrarono e Lauren si rivolse al cameriere ma Jason non capì cosa si stessero dicendo, poi il cameriere li condusse nell'altra sala e lì il cuore di Jason si fermò.
Dean. C'era Dean, insieme a tra ragazzi e una ragazza che lui non conosceva.
«C'è Dean.» mormorò a Lauren.
Lei gli sorrise, poi disse una cosa che lo lasciò sconvolto: «Lo so.»
«Lo sai?» starnazzò lui, «Lo sai?» ripeté.
«Sì.» fece lei e andò a salutare gli altri e Jason si sentì geloso per ogni singolo saluto e si trattenne dal prendere a pugni Dean quando lui baciò le guance. «Perché?» mormorò sedendosi accanto a lei, proprio di fronte a Dean.
«Perché così lo conosci e ti ficcherai in quella testolina che non è un mostro.» gli rispose lei mentre gli altri si presentavano.
Jason deglutì, sentendosi sul punto di scoppiare in un attacco di rabbia - o di pianto, a quel punto gli era indifferente - e si disse che doveva far buon viso a cattivo gioco. Così si limitò a sorridere mentre la cameriera portava loro dei menu e pensò che quella sera era quella ideale per far capire a Lauren che lui era migliore di Dean o di chiunque altro.

Jason ignorò il saluto di Dean come l'aveva praticamente ignorato tutta la sera e pensò che l'unica cosa che voleva era rimanere da solo con Lauren e chiederle cosa le fosse saltato in mente per organizzare quella serata. Perché era stata una cosa ai limiti dell'assurdo e del surreale, quasi da film horror. Lui non voleva conoscere Dean, non voleva parlare con lui - se non per dirgli di lasciare stare Lauren e lo avrebbe fatto prima o poi -, non voleva neppure sentire parlare di lui in nessun modo e nessuna maniera.
Invece... invece Lauren gli aveva teso quella trappola. E lui che aveva pensato che Lauren si fosse vestita in modo carino, con quel vestitino verde bottiglia di cotone pesante, i leggins neri con delle decorazioni verdi, gli stivali e i capelli acconcianti in morbide onde solo per lui... “Stupido illuso!” pensò mentre entrava in auto.
«Perché?» domandò a Lauren mentre uscivano dal parcheggio.
«Te l'ho detto prima!» esclamò lei, «Perché voglio che tu lo conosca!»
«Ma io non voglio conoscerlo!» sbottò lui.
«Eh, ma allora sei stronzo!»
Jason si girò verso Lauren e la fissò, «Cosa?» chiese.
Lei sbuffò, «Lo sai che ti sei comportato come un idiota?» chiese, «Hai avuto il muso tutta la sera e io che pensavo di fare una cosa carina...» aggiunse, «Potevi anche evitare di tenere il muso come un bambino di tre anni che non ha ottenuto quello che voleva!»
«Ma io non credevo che mi facessi questo!» esclamò lui.
«Questo cosa?» esclamò Lauren, Jason la guardò e capì che era infuriata e lui non voleva che sia arrabbiasse con lui.
«Invitarlo.» rispose Jason, non riuscendo a dire il nome di Dean, «Lui e i suoi amici.» aggiunse, «Pensavo che fosse una serata fra di noi, non noi e quelli lì.»
«Quelli lì hanno un nome.» replicò lei, «E che male c'è nel vedere altra gente?» chiese.
Jason sospirò, «Niente.» mugugnò, «È solo che pensavo che saremmo stati solo noi... ecco.» disse, sperando di far calmare Lauren.
Lei sbuffò, «E che palle che sei.» borbottò, «Sei sempre il solito e prevedibile Jason.» disse.
Jason strinse le labbra, «Scusa.» sospirò, pensando e sperando di calmare Lauren.
«Se dici che non lo farai più è la volta buona che ti do un pugno.» replicò lei.
«Ma ho chiesto scusa!» disse Jason, «Lau... mi dispiace essermi comportato male.»
«Lo spero bene.» fece lei e si girò verso di lui. «Spero comunque che tu ti sia convinto che Dean non è quel mostro che credi.»
Jason tacque per qualche istante, indeciso se dirle la verità - a lui Dean non sarebbe mai piaciuto - oppure se mentire. «È okay.» mentì e si sentì male mentre lo faceva, sentì lo sguardo di Lauren su di sé e temette che non gli avesse creduto.
«Lo spero.» esclamò Lauren dopo un sospiro. «Lo spero sul serio.» aggiunse, «Altrimenti ci resterei davvero male.»
Jason si limitò ad annuire, chiedendosi come mai tutti i suoi sogni andassero in fumo con così tanta facilità. Avrebbe voluto ribattere ma decise di rimanere in silenzio, per non peggiorare ulteriormente le cose.
Avrebbe tanto voluto parlarne con Deacon e stuart ma non era sicuro che quei due lo avrebbero ascoltato mentre si lamentava di quanto fosse insopportabile Dean perché, per uno strano motivo che lui non capiva, ai suoi amici, Dean era simpatico.
Fu felice di salutare Lauren con un abbraccio e due baci sulle guance e fu ancora più felice quando lei gli augurò la buona notte con un sorriso.

✫✫✫

Erano passate un paio di settimane da quella sera che Lauren avrebbe volentieri catalogato fra le peggiori serate della sua vita. Era sicura che Jason non l'avesse ancora perdonata per quella storia - ogni volta che ne accennava lui diventava scontroso - mentre Dean era sempre lo stesso.
Dolce, gentile, con il suo bel sorriso... Lauren chiuse gli occhi e li coprì con le mani mentre respirava profondamente.
Sospirò e guardò Duchessa che dormiva sul suo letto, la testolina bianca posata contro il pupazzo a forma di rana; sobbalzò quando il cellulare squillò, lo afferrò e trattenne il respiro nel leggere il nome di Dean sul display, sfiorò lo schermo e l'SMS apparve: “Ciao Lauren, tutto bene? Se ti va di uscire una di queste sere fammi uno squillo. D.”
«Se mi va?» mormorò e fissò Duchessa che continuava a dormire, poi lo sguardo si spostò sulla casetta, «Certo che mi va.» disse.
Lanciò un gridolino quando il cellulare squillò e vibrò nella sua mano, fissò lo schermo e vide che era Jason che la stava chiamando, sospirò premette il tasto di risposta. «Dimmi.» esclamò.
«Ciao Lau.» disse Jason, il tono allegro, «Come stai?» chiese.
«Bene.» rispose Lauren, «Tu?»
«Tutto bene.» disse lui, «Ascolta... ti va di uscire questa sera? Va bene anche domani...»
«Non so...» mormorò Lauren, «Forse devo andare via con mamma e Drew.»
«Ah, okay.» borbottò Jason, «Ma sia oggi che domani?» chiese poi sospirò, «Non è che hai organizzato qualcosa con Dean e non vuoi dirmelo?»
Lauren sentì le guance farsi rosse, «Non ho organizzato nulla con Dean.» disse, pensando che, in fondo, era la verità. «Non so se ci sono.»
Jason sospirò di nuovo. «Perché continui a uscire con lui?» chiese.
Questa volta fu Lauren a sospirare, «Jason... piantala con 'sta storia.» disse, «Io esco con chi voglio.» esclamò, «Se volessi potrei uscire anche con l'intera squadra di basket della città e tu dovresti startene zitto invece di riversarmi addosso tutte le sue stupide paranoie.»
«Ma io... io..» balbettò Jason, «Io ti ho fatto solo una domanda!» esclamò.
«Una domanda che sarebbe proseguita con le tue solite e stupide paranoie sul fatto che non conosci Dean, che hai fatto una promessa a Sean e che non vuoi che esca con altre persone se non con te.» replicò lei e sfiorò Duchessa sperando di calmarsi.
«Sei tu che non vuoi più uscire con me!» pigolò Jason.
«Perché tu tiri fuori sempre le solite storie.» disse Lauren.
«Non lo farò, lo giuro.» la supplicò lui.
«Dovrei crederti?»
«Sì, lo prometto.»
Lauren sospirò, «Ti ho già detto che non so se posso.»
«Va bene.» mormorò Jason, «Se ci sei me lo dirai, vero?»
«Certo.» rispose lei continuando ad accarezzare la gatta, sentendo sotto le dita il pelo folto e morbido.
«Domenica è il compleanno di mamma, lo ricordi, vero?»
Lauren sgranò gli occhi, si era completamente scordata del compleanno della madre di Jason, «Ma certo che mi ricordo.» mentì.
«Verrai a pranzo da noi, vero?» chiese Jason, «Lo sai che mamma ci tiene...»
«Ci sarò, lo prometto.» disse sapendo che non poteva tirarsi indietro.
«Va bene.» esclamò lui, «Ti faccio sapere a che ora è il pranzo, okay?»
«Okay.» disse Lauren.
«Tu mi fai sapere se ci sei una di queste sere?»
«Sì.» disse Lauren, «Adesso devo proprio andare.» continuò, sentendo il bisogno quasi impellente di rispondere al messaggio di Dean. «Ci sentiamo, ciao!» disse.
«Okay, ciao, Lau.» la salutò lui.
Lauren sospirò e fissò Duchessa che continuava a dormire, ignara della confusione che albergava nella mente della sua padroncina.
“Ciao! Certo che mi va, a me va bene anche questa sera!” rispose a Dean e inviò il messaggio.
Meno di due minuti dopo arrivò la risposta di Dean: “Allora passo a prenderti alle 10, va bene?”
Lauren sorrise, “Va benissimo! A dopo!” rispose e sorrise mentre affondava il viso contro il pelo della gatta e le baciava la testa, felice.
Era quella la differenza fra quando era Dean a proporle di uscire e quando lo faceva Jason: non vedeva l'ora di rispondere di sì a Dean mentre con Jason tergiversava sempre, come se si sentisse in una gabbia da cui non riusciva a scappare.
Si sdraiò supina sul letto e fissò il soffitto con le labbra piegate in un sorriso, pensando a cosa poteva indossare quella sera.
Sua madre la chiamò e lei si alzò con uno sbuffo, andò in salotto. «Dimmi.»
«È quasi pronta la cena.» disse la donna, Lauren annuì e apparecchiò la tavola.
«Stasera esco con Dean.» disse mentre sistemava le posate.
«Esci spesso con lui.»
Lauren guardò la madre e scrollò le spalle, «È simpatico.» disse, «Mi trovo bene» aggiunse. «Ah, domenica vado a pranzo da Emma.»
«Cosa le regali?»
Lauren alzò le spalle, «Non lo so.» rispose, «Domani guardo.» disse e guardò la madre riempire due piatti con del purè di patate e petti di pollo cotti alla piastra, «Magari una pianta...»
La donna passo uno dei piatti a Lauren e si diressero al tavolo, «Gliel'hai regalata anche lo scorso anno.»
Lauren si bloccò, ricordandosi che l'anno prima aveva regalato alla madre di Jason una pianta di orchidee. «Eh, bhe... una pianta in più non le farà male.» disse.
Sua madre scrollò le spalle, «Fa quello che vuoi.» disse, «Una pianta va sempre bene.»
Lauren si limitò ad annuire, la mente concentrata su quello che poteva indossare quella sera. Voleva essere bella per Dean.

✫✫✫

Dean non sapeva perché lo avesse fatto. No, lo sapeva benissimo quello che aveva fatto: aveva chiesto a Lauren di uscire. Le sue dita si erano mosse sul telefono come se lui non potesse - o volesse - controllare; solo che non le aveva detto che sarebbero stati solo loro due. Improvvisamente si chiese cosa avrebbe detto lei quando lo avrebbe scoperto...
Sospirò mentre entrava in auto, dicendosi che neppure per Georgia era stato così... impacciato. Lauren gli mandava in pappa il cervello e lui non capiva più nulla.
Dean avviò il motore e fece manovra, uscendo dal parcheggio. Si morsicò il labbro inferiore dicendosi che, comunque, Lauren non si sarebbe mai innamorato di lui e quindi era inutile crearsi qualsiasi illusione.
Sospirò, dicendosi che era così dannatamente complicato non pensare a lei; Lauren era così bella, così dolce, simpatica e lui non poteva fare a meno di pensare a lei, in qualsiasi momento. Aveva usato una loro foto come salvaschermo del suo computer e del portatile e si bloccava ogni volta che gli passava accanto una ragazza che aveva un profumo che gli ricordava quello di Lauren, il che risultava imbarazzante alle volte, in particolare quando Tom e Jeffrey lo prendevano in giro, senza contare che si stavano aggiungendo anche Charlie e Hannah allo sfottò.
Dean si riscosse dai suoi pensieri quando si accorse di essere sulla via dove viveva Lauren. Rallentò mentre il suo cuore accelerava alla vista di Lauren che lo attendeva fuori di casa.
Si fermò e pregò che lei non sentisse il suo cuore che batteva all'impazzata e Dean sperò che non gli uscisse dal petto, sapeva che non sarebbe mai potuta succedere una cosa del genere ma in quel momento, vedendo Lauren fasciata in un corto abitino grigio con le gambe avvolte in dei leggins neri, era sicuro che il suo cuore sarebbe uscito dalla gabbia toracica.
«Ciao.» lo salutò lei salendo in auto, «Tutto bene?» gli sorrise.
Dean annuì, «Tutto bene.» disse, «Tu?» chiese mentre ripartiva.
«Il solito.» sospirò Lauren, «A parte che domenica è il compleanno della mamma di Jason e le regalerò una pianta come faccio ogni anno...»
Dean s'irrigidì appena nel sentire il nome di Jason, ricordando la serata di un paio di settimane prima, quando Jason aveva avuto il muso per tutta la serata e gli aveva lanciato occhiate di fuoco. «Almeno le piacciono le piante?» domandò, decidendo di lasciare perdere Jason.
«Sì, le piacciono.» rispose Lauren, «È solo che le regalo sempre quelle... verrà il giorno in cui me la tirerà in testa!» ridacchiò, «Dove andiamo? Gli altri ci aspettano là?»
Ecco la domanda che Dean temeva, «Veramente... veramente...» borbottò e inspirò a fondo mentre scalava la marcia, «Veramente siamo solo noi due, ecco.»
«Ah, okay.» disse Lauren dopo qualche secondo di silenzio. «In ogni caso... dove mi porti?»
Dean la fissò per un istante, pensando che avesse il sorriso più bello del mondo... «Nella birreria dove siamo stati un mesetto fa?» propose.
Lauren annuì, «Per me va benissimo.» disse e Dean sorrise, «Mi piace quel posto.» continuò senza smettere di sorridere e, ogni secondo che passava, Dean si sentiva sempre più felice.

✫✫✫

«Tanti auguri.» esclamò Lauren e porse la pianta di ciclamini a Emma.
«Ieri sera dov'eri?» le chiese lei e Lauren deglutì, intuendo dove voleva andare a parare. La sera prima era uscita con Dean e gli altri.
«In giro, con amici.» rispose lei e sperò che la donna non facesse come ad Agosto, quando si era arrabbiata perché era andata via con Dean in vacanza. Jason le passò accanto dopo aver posteggiato l'auto e le sorrise. Lauren salutò il padre del ragazzo e si tolse il cappotto nero. 
«Esci sempre con loro.»
Lauren ringraziò di dare le spalle alla donna così non poté vedere che stava sbuffando. «Non è vero.» replicò, imponendosi di non arrabbiarsi. «Faccio un po' per uno.»
«A me non sembra.» replicò Emma e a Lauren non sfuggì il tono acido della donna.
«Emma!» esclamò il marito, «Non incominciare.»
Emma sbuffò e Lauren la seguì nella sala da pranzo. «Tutto bene?» le domandò Jason posandole una mano sulla schiena.
«Tutto okay.» mugugnò lei.
Jason le sorrise e le baciò una guancia mentre lei rimaneva rigida, domandandosi perché avesse accettato quell'invito poi si ricordò che Jason era il suo migliore amico e che gli voleva bene, ecco perché era lì a sopportare gli insulti non troppo velati di Emma.

Il pranzo si era svolto tranquillamente fino al dolce, quando Emma parlò a sproposito.
«So che ieri eri a pranzo con quello là, avresti potuto dirgli di no e venire qui.»
«Quello là ha un nome.» mugugnò Lauren «E mi andava di uscire a pranzo con lui.» disse, «E comunque non eravamo soli.»
«Però prima uscivi sempre con Jason e Sean...» disse Emma, «Da quando hai conosciuto quello là ti stai allontanando da Jason.»
Lauren inspirò a fondo mentre affondava la forchetta nella torta di mele, «Non è che ho conosciuto Dean l'altro giorno, eh.» replicò, «Ho conosciuto Dean prima di conoscere Jason.» ricordò, «E da piccola giocavamo sempre insieme.»
Emma tacque e smise di bere per poi iniziare a tossire, «Che cosa?» starnazzò.
«Conosco Dean da quando sono piccola.» ripeté Lauren, «E comunque sono un'adulta, sono maggiorenne, capace di intendere e di volere e con la facoltà di scegliere chi voglio frequentare.»
Emma sbiancò ancora di più, «Ma Jason è tuo amico!» esclamò, «E poi quello là non lo conosciamo, chissà cosa avrà in mente...»
Lauren decise di tacere perché, se avesse parlato, avrebbe sparato una sequela d'insulti e non le sembrava il caso.
«E poi credi che Sean sarebbe contento di sapere...»
«Emma!» esclamò il padre di Jason.
«E poi credi che Sean sarebbe contento di sapere che esci con quello là? Io e Jason non ci fidiamo...»
«Emma, smettila.»
«E Jason ha fatto una promessa a Sean e no, lui non sarebbe contento di sapere che esci con una persona del genere come quello là, visto che Jason e io non lo approviamo...»
Lauren tirò indietro la sedia, lasciando la torta praticamente intatta, mandò giù un sorso d'acqua e si alzò in piedi.
«Cosa fai?» le chiese Jason.
«Me ne vado.» replicò lei, «Non rimango qui a sentire che insulti Dean che fra l'altro neppure conosci, che mi dai dell'imbecille come se non fossi in grado di scegliere chi frequentare e non rimarrò qui a sentire di quella stupida promessa fatta a Sean.» ringhiò, «Lui voleva che fossi felice e se sono felice quando sono in compagnia di Dean o di Tom, Jeffrey, Charlie e Hannah che cazzo di problema c'è?» continuò, «E poi... voi non approvate Dean? Ma chi sei, Emma?» domandò, «Non sei mica mia madre o mio padre per dirmi chi devo frequentare oppure no.»
«Ma io non mi fido di quello là.» disse la donna e a Lauren parve sul punto di svenire. «Vuole solo portarti via da Jason! E se i tuoi genitori non si preoccupano lo faccio io, perché non è possibile che non dicano nulla su questa...» si fermò, come se cercasse la parola giusta, «Amicizia con quello là.» disse facendo una smorfia, come se stesse succhiando una fetta di limone. «Io non voglio che tu esca ancora con quello là, te lo impedisco. Non voglio che esci con lui, hai capito? Io voglio che tu esca con Jason, con Deacon, Stuart e Samanta e Roxane e basta.»
«E io vorrei darti un pugno in testa, Emma, giusto per vedere se ti si riattiva il neurone ma sono una signora per cui non lo farò.» disse Lauren fissando la madre dell'amico, «Ma se insulti un'altra volta Dean  o la mia intelligenza o quella dei miei genitori...» si piegò sopra al tavolo posando le mani sopra di esso, «Niente mi tratterà dal darti un cazzotto.» sibilò, si girò e si allontanò dalla sala da pranzo.
«Dove vai?» le chiese Jason.
«Via da qui.» replicò lei prendendo la borsetta e indossò il cappotto.
«Ma sei a piedi!» le fece notare Jason.
«Camminerò.» sbuffò Lauren allacciandosi i bottoni e sentì il padre di Jason che diceva a Emma che doveva piantarla con quella storia assurda.
«Ma sono quattro chilometri!» squittì Jason.
«Pazienza.» fece lei, aprì la porta d'ingresso e spinse il bottone per aprire il cancelletto. «E se ti azzardi a seguirmi giuro che ti rompo il naso»
«Lau... io e la mamma siamo preoccupati!» esclamò lui, «Dean...»
Lauren neppure si era accorta di aver dato una sberla a Jason, la sua mano si era mossa prima che lei se ne accorgesse. Fissò l'amico, sospirò e uscì da quella casa, percorse il vialetto e chiuse il cancelletto facendolo sbattere. Venti metri più avanti s'infilò in un minuscolo bar, sedendosi lontano dalla vetrina e ordino un caffè.
"Vienimi a prendere, per favore. Altrimenti picchio la mamma di Jason."
La risposta di Dean arrivò in contemporanea con il caffè e conteneva solo quattro parole. "Dammi l'indirizzo, arrivo subito."

«Cosa ti ha detto?» chiese Dean. Era arrivato dopo dieci minuti da quando Lauren aveva inviato l'SMS con l'indirizzo.
«Le solite cose.» sospirò lei, «Che non vuole che esca con te, che devo uscire con chi dice lei, che Sean non sarebbe felice di sapere che esco con gente che a Jason non piace...» disse, «E che se i miei non mi impediscono di uscire con te deve farlo lei... nemmeno se avessi quindici anni!»
«Siamo sicuri che abbia tutte le rotelle al posto giusto?» domandò Dean e Lauren ridacchiò.
«Bha, forse ne ha persa qualcuna per strada...» esclamò Lauren e sobbalzò quando il cellulare squillò, guardò lo schermo e sospirò dal sollievo accorgendosi che era sua madre quella che la stava chiamando. «Pronto?» esclamò.
«Che è successo?» le chiese la donna, «Jason mi ha detto che sei scappata...»
Lauren sbuffò, «Me ne sono andata perché Emma ha iniziato con la sua solfa che devo uscire con chi dice lei...» spiegò, «Le solite cose, insomma.»
«Lo immaginavo.»
«O le davo un pugno o me ne andavo.» disse Lauren, «Adesso sono con Dean, andiamo a farci un giro.»
«Okay.» esclamò sua madre, «Ci vediamo più tardi.»
«A dopo.» Lauren chiuse la comunicazione e infilò il cellulare in borsa. «Lo sapevo che avrebbe chiamato mia madre.» sbuffò.
«Non preoccuparti.» disse Dean e Lauren lo guardò, fissando per un attimo le sue labbra piegate in un sorriso, «Si calmeranno.»
«Lo spero.» mormorò lei e lesse l'SMS che Jason le aveva appena inviato: “Dove sei? Torna indietro! Scusami Lauren!”
“Sto bene e non torno indietro e non ti perdono perché tu e tua madre mi avete fatto incazzare.” inviò in risposta.
Dopo una manciata di secondi il suo cellulare cominciò a squillare.
«Se è ancora Jason dovresti rispondergli, giusto per farlo smettere di chiamare.»
Lauren guardò Dean e annuì con un sospiro. «Cosa vuoi?» esclamò dopo aver premuto il tasto verde.
«Lauren... dove sei? Per favore, torna qui! Mi dispiace! Perdonami!»
Lei inspirò a fondo. «Continui a dirmi che ti dispiace, che non lo farai più... e continui a farlo.» disse, «Oggi tu e tua madre avete superato il limite.»
«Ma noi ci preoccupiamo!» ribatté Jason, «Quello...»
«Azzardati a dire una sola parola e giuro che torno indietro solo per darti un calcio nel sedere.» replicò lei.
«Lau... lo giuro, mi dispiace!» pigolò Jason, «Lo prometto, non lo farò più!» continuò, «Dimmi dove sei, così vengo da te e parliamo!»
A Lauren quasi si spezzò il cuore nel sentire la voce dell'amico incrinata dalle lacrime poi si ricordò cosa aveva detto Emma, cosa continuava a dirle lui su Dean e cambiò idea. «Sono in giro.» disse «E ti ho già detto che non voglio vederti o sentirti.» aggiunse, «Sono arrabbiata con te.» sospirò, «Ci sentiamo.» riattaccò.
Sospirò e chiuse gli occhi. «Idioti.» borbottò. «Dove andiamo?» chiese e fissò Dean.
«Più tardi dovrei vedere Jeff e gli altri al centro commerciale.» rispose lui, «Fra tre quarti d'ora.» specificò.
«Va bene.» sorrise lei, «Magari un po' di shopping mi farà passare l'incazzatura.»
«Basta che poi non fai portare i tuoi acquisti a me!» rise Dean, «Basteranno le cose che prenderò io!»
Anche Lauren rise e si sentì più rilassata, era sempre rilassata quando era con Dean, anche se lui la guardava con quegli occhi azzurri che sembravano volerle leggere il pensiero, quello sguardo che le faceva venire la pelle d'oca e le stringeva lo stomaco in una morsa non dolorosa.

✫✫✫

«Tu. Sei. Un. Coglione.» esclamò Roxane.
«Ma perché?» chiese Jason. «Santo Cielo, io mi preoccupo per lei!» disse, «Perché deve uscire sempre con quello?»
«Forse perché lui non le rompe i coglioni come fai tu?» esclamò Deacon. «O le dici che sei innamorato di lei e accetti qualsiasi sua decisione oppure smetti di fare il fidanzato geloso isterico e mestruato.»
Jason lo fissò a bocca aperta, scosse il capo e sbuffò. «Io non sono isterico.» replicò, «Io sono solo preoccupato.»
«Non devi preoccuparti.» esclamò Stuart. «Lauren è grande, sa cosa fare e non serve che tu o tua madre vi preoccupiate così tanto per lei.» continuò, «Mica è orfana! Ce li ha i genitori e se loro non dicono nulla tu devi startene zitto e non rompere le palle, altrimenti sarà lei a rompertele a furia di calci.»
Jason si passò le mani fra i capelli, «Ma voi non capite...» pigolò, «Lei esce con quello e non mi guarda più...» piagnucolò. «Preferisce lui a me.»
Deacon sospirò, «Tu sei idiota, fattelo dire.» esclamò, «È da quando è andata alla festa di Dean che continui a parlare male di lui.» disse.
Jason sospirò e incrociò le braccia, «Io non capisco perché voi non vi preoccupate per lei.» esclamò fissando i suoi amici e domandandosi se fossero diventati improvvisamente stupidi.
«Tu sei solo preoccupato perché Lauren non si è accorta di quello che provi per lei. Sei preoccupato perché Lauren si diverte con qualcuno che non sei tu.» disse Samanta. «Tu non riesci ad accettare che si diverta senza di te.» continuò, le mani sui fianchi e lo sguardo fisso su Jason. «Tu sei un grandissimo egoista che pensa di tenere legata a sé una persona solo perché ha fatto una promessa ad un'altra.» esclamò e Jason la guardò chiedendosi dove fosse finita la Samanta tutta dolce e carina che aveva sempre visto. «Tu hai promesso di proteggerla e di assicurarti che sia felice, non di starle addosso, di insultare le persone che conosce, di organizzare robe anche per lei senza dirglielo...» sospirò e rilassò le braccia, «Tu sei un minchione.»
«Ma io voglio che sia felice!» disse, omettendo che voleva che fosse felice solo con lui.
«Tu vuoi che sia felice solo con te!» esclamò Stuart, «Jason! Noi continuiamo a dirti di comportarti in modo diverso ma tu fai sempre il coglione che non ci ascolta... oggi fallo. Oggi ascoltaci.» disse.
«Io vi ascolto.» replicò Jason, «Non sono mica scemo.»
«No, tu ti limiti a dirci» Deacon fece le virgolette con le dita «Sì, va bene, faccio come dite voi.» scimmiottò l'amico, «Poi, appena ci volti le spalle la chiami subito oppure inizi a fare la predica a Lauren ad arrabbiarti se non ti dice che esce con Dean» continuò «o che lo faccia tua madre, il che è francamente peggio, eh.»
Jason fece un respiro profondo, domandandosi perché nessuno lo capiva e sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata travisata, così rimase in silenzio, passò le mani sul viso e s'impose di stare calmo. «Io sono innamorato di lei.» esclamò, «E ho provato a dirglielo.» confessò, «Ad Agosto, quando era in vacanza con Quello là solo che... solo che lei aveva riattaccato poco prima.» disse.
«Ho cercato di dirglielo tante volte... ma mi blocco sempre.» mormorò dopo qualche secondo, «Io vorrei che lei lo capisse.»
«Sei più scemo di quanto pensassi.» sospirò Deacon. «Lauren è una tontolona per queste cose, lo sai.» disse, «Non se ne accorgerà mai finché non glielo dirai.» continuò, «Possibilmente di persona, che al telefono è orrido.»
Jason annuì, sapendo che l'amico aveva ragione. «Lo farò.» disse.
«E lasciala in pace per qualche giorno.» esclamò Stuart e Jason annuì, «E non annuire solo per farci contenti, che tanto lo sappiamo che quando torni a casa la chiamerai...»
Jason annuì, poi scosse la testa, «No, non la chiamerò.» sospirò, iniziando a sentirsi confuso.
«Sai, se vuoi che lei capisca che sei importante dovresti non farti sentire per qualche giorno.» consigliò Roxane.
«E se poi pensa che non m'importi più di lei?» domandò lui.
«Non lo farà.» ribatté Samanta, «Non chiamarla e non mandarle messaggi fino a... giovedì, quando le invierai un SMS dove le dirai di aver capito che hai sbagliato e se potete uscire insieme così potete parlare.»
Jason annuì, pensando che fosse una buona soluzione. Doveva solo resistere all'impulso di chiamare Lauren
O di cercare Dean e prenderlo a pugni.

✫✫✫

Lauren si passò le mani sul viso e trattenne un urlo, mentre si chiedeva il perché Jason fosse così... così strano. O si faceva sentire tutti i giorni o spariva per intere giornate. E a lei mancava, mancava il suo vecchio amico più di quanto potesse immaginare. Lo rivoleva, voleva passare le serate con lui, a chiacchierare di tutto e di niente. E invece... se parlavano non era più come prima, lui sembrava sempre sul punto di volerle dire qualcosa ma alla fine non gliela diceva mai. E lei continuava a chiedersi cosa fosse quella cosa. Voleva assolutamente saperla. 
E in più c'era Dean, che le aveva proposto di andare a sciare appena la stagione fosse stata aperta e, quando lei gli aveva detto che non sapeva sciare e che non aveva visto un paio di sci in vita sua, Dean aveva riso e aveva aggiunto che era “l'ora di provare!”. Lei non ne aveva l'intenzione, era sicura che si sarebbe rotta qualche osso dopo cinque minuti.
“Sono così diversi!” sospirò pensando che a Jason non sarebbe mai venuto in mente di andare a sciare. O di fare un'attività così avventurosa. O una qualsiasi altra cosa che non fosse gironzolare al centro commerciale o fossilizzarsi su una delle poltroncine del multisala. 
Le sembrava che stessero cercando di dividerla a metà, strappandola poco alla volta, spingendola a prendere una decisione che non era sicura di volere prendere. Lei non voleva rinunciare né a Jason né a Dean.
Non poteva farlo, le era semplicemente impossibile fare una scelta del genere.
Sospirò e fissò il soffitto, dicendosi che era l'ora di dare una bella rintittegiata ai muri. Fissò le macchie più scure, cercando - imponendosi - di pensare a quelle e non a Jason che la ignorava o a Dean.
Ma i suoi pensieri continuavano a vorticare attorno a quei due ragazzi così diversi come lo erano il giorno e la notte; Lauren chiuse gli occhi mentre dalle labbra uscì quello che sembrava un grido strozzato e continuò a chiedersi perché doveva essere tutto così complicato.
Aprì di scatto gli occhi quando le apparvero gli occhi azzurri di Dean, il suo sorriso e il modo in cui la guardava, gemette, si girò prona e affondò la testa nel cuscino, ripetendosi che non doveva pensare a Dean in quel modo.

✫✫✫

Lauren fissò Jason, «Ti è passata?» chiese. Era giovedì e lei era appena uscita dal lavoro.
«Mi dispiace.» rispose lui.
«Lo spero bene.» replicò lei incamminandosi verso il bar poco distante.
«Scusami.» disse Jason, «Mi dispiace tantissimo.»
Lauren sospirò e si girò verso di lui, domandandosi dove fosse finito il suo migliore amico. «Va bene.» disse. I due rimasero in silenzio fino a quando non entrarono nel bar.
«Lauren...» mormorò Jason mentre si sedevano a un tavolino.
«Ti perdono.» disse lei. «Non tua madre, però.» aggiunse, «Deve essere lei a chiedermi scusa.» disse e Jason annuì.
«Glielo dirò.» fece lui, «È molto dispiaciuta anche lei.» mormorò.
Lauren lo guardò, poi ordinò un'aranciata alla cameriera, «Questa è l'ultima volta.» disse quando la ragazza si allontanò.
«Ultima volta?» chiese Jason.
«Ultima volta.» confermò Lauren, «Questa è l'ultima volta che ti perdono.» disse e sperò di non scoppiare a piangere perché, anche se sapeva che era la cosa giusta da fare, era comunque una scelta dolorosa ma aveva perdonato troppe volte Jason e ormai era arrivata al limite. «Se tu o tua madre parlate ancora male di Dean, se mi dite che non devo più vederlo, se insultate mamma o papà... io non voglio più vederti.» disse e fissò Jason, che la osservava in stato di shock.
«Co-cosa?» balbettò lui, «Lauren...»
Lei chiuse gli occhi e li riaprì, trovando quelli verdi di Jason che la fissavano. «Tu mi fai soffrire ogni volta che fai così.» disse, «Tu sei mio amico e anche Dean lo è e non voglio rinunciare a nessuno dei due.» spiegò. «Ma se fai così mi costringi a scegliere.» continuò e si fermò quando la cameriera portò quello che avevano ordinato.
«Io... Lauren... per favore...» mormorò Jason e le prese la mano sinistra, «Non dire così...» supplicò, «Prometto che cambierò.»
Lauren lo fissò e sospirò, «Lo dici sempre.» replicò e liberò la mano, afferrò il bicchiere e bevve un sorso, «Lo dici sempre e ogni volta lo rifai.» disse, «Prometti che non lo farai più... e tre giorni dopo è come prima.» esclamò, «Mi dispiace, Jason... ma questo è l'unico modo che ho per farti capire che mi fai star male ogni volta che fai così.»
Jason chinò la testa e Lauren pensò che sarebbe scoppiato a piangere, «Mi dispiace.» mormorò, «Lauren...» la guardò.
«Tu sei il mio migliore amico e ti voglio tanto bene... ma non puoi negare che ogni tanto sei veramente stupido.» disse lei e gli sorrise per poi sfiorargli il viso. «Se ti comporti bene non succederà nulla.» aggiunse, bevve ancora, mangiò un paio di patatine e si rilassò contro lo schienale della sedia.
Jason bevve il suo tè e annuì. «Se sei decisa...» mormorò. «Io... scusami tanto, Lau, io... mi dispiace tantissimo.»
«Lo spero.» replicò Lauren.
Jason afferrò il bicchiere continuando a tenere la testa bassa, inspirò un paio di volte e bevve un paio di sorsi prima di alzare il viso e fissare Lauren. «Non so cosa dire.» bisbigliò, «Io... io...» la guardò e sospirò, poi bevve ancora. «Io... mi dispiace.» disse.
Lauren lo fissò e per un attimo le balenò in mente l'idea di rimangiarsi tutto, poi si ricordò del comportamento di Jason in quei mesi e rimase ferma sulla sua posizione.
Finirono di bere e Jason pagò per entrambi, poi tornarono verso l'auto di lei.
Jason infilò le mani nelle tasche della giacca e fissò Lauren. «Spero che cambierai idea.» mormorò.
«Spero che tu cambi atteggiamento nei confronti di Dean.» disse lei inspirò a fondo e abbracciò Jason, gli baciò una guancia e gli sorrise. «Ci vediamo.» aggiunse e salì in auto, infilò le chiavi nell'accensione e partì senza guardare Jason che rimase lì, fermo, a fissarla.

✫✫✫

Dean fissò lo schermo del cellulare e sospirò. Voleva chiamare Lauren ma temeva di essere un po' assillante, ultimamente uscivano spesso e, nonostante Tom e Jeffrey gli avessero ripetuto che Lauren avrebbe potuto dire di no e, visto che non lo aveva fatto, voleva dire che aveva voglia di uscire con lui.
Dean si morsicò il labbro inferiore e sbuffò di nuovo, chiedendosi perché fosse così difficile e complicato chiedere a una ragazza di uscire.
E perché fosse ancora più complicato farle capire di essere interessato a lei; ma per questo aveva una risposta: aveva paura che Lauren lo respingesse, che fosse passato troppo poco tempo dalla morte di Sean, aveva paura che Lauren fosse ancora innamorata di lui. E aveva paura dell'ultima ipotesi: che Lauren si accorgesse di essere innamorata di Jason.
Sospirò e chiuse gli occhi, dicendosi che facendo così non sarebbe andato da nessuna parte, così si limitò a premere il tasto “invio” e si disse che sarebbe andata come doveva andare.

✫✫✫

Dean fissò Lauren salire in auto e pensò che fosse bellissima con quel cappellino di lana rossa calato sulla fronte. «Tutto bene?» domandò con un sorriso.
«Sì.» rispose lei e allacciò la cintura di sicurezza.
Dean sorrise di nuovo e partì, diretto al centro commerciale. «Jason ti dà ancora problemi?» chiese.
Lauren scrollò le spalle, «Non troppi.» rispose, «Gli ho messo ben chiaro che se fa un'altra stronzata non lo voglio più vedere... dovrebbe capire che sono seria.» disse, «Capisco che si preoccupa però così esagera...» sospirò e guardò fuori dal finestrino, «Io davvero non capisco perché si preoccupi così tanto! Insomma, non ha mai fatto così e tenendo conto che neppure i miei si preoccupano così tanto...» continuò, «Non riesce a capire che così è davvero assillante e mi fa uscire di testa il suo stupido comportamento... senza contare sua madre! Santo Cielo, non invidio la ragazza che Jason sposerà perché avrà una suocera morbosa, curiosa e impicciona come pochi.» disse, «E che cavolo, i miei non mi hanno mai fatto tutti 'sti problemi quindi non vedo perché debba farli lei... ogni tanto mi viene voglia di darle una botta in testa e vedere se migliora...»
Dean ascoltò lo sfogo di Lauren senza dire nulla, senza interromperla e guardandola di tanto in tanto, cogliendo ogni sfumatura della voce. «Non preoccuparti, andrà tutto bene.» le disse.
Lauren sospirò e si guardò le mani. «Speriamo.» mormorò.
Dean tolse la mano destra dal volante e la posò su quella di lei e la strinse leggermente, sentendo il calore della pelle di Lauren e dicendosi che non c'era niente di più bello di quello.

✫✫✫

Lauren si guardò le mani mentre l'acqua scorreva su di esse e pensò a quando Dean gliele aveva prese; le piaceva quella sensazione di calore, il sentire la pelle di un'altra persona sulla propria. Ed era diverso da quando era Jason a prenderle la mano.
Era diverso e non riusciva a capire in cosa consistesse quella diversità. Spense l'acqua, scrollò le mani, strappò alcune salviette dal distributore e si asciugò.
Quando uscì dal bagno rimase ferma ad osservare Dean che parlava con Jeffrey Osservò i capelli biondi, gli occhi azzurri, la barba appena accennata e pensò che fosse bellissimo. Deglutì a vuoto e avanzò piano verso i due, dicendosi che non doveva pensare a Dean in quel modo, non doveva pensare a lui come a un possibile ragazzo ma, mentre gli toccava la spalla per richiamare l'attenzione di Dean, pensò che le sarebbe piaciuto moltissimo se Dean fosse diventato il suo ragazzo.

✫✫✫

Il gruppo si divise nel parcheggio e Dean e Lauren si diressero verso la macchina di lui.
Dean non aveva mai passato un pomeriggio insieme a Lauren più bello di quello — se si escludeva la vacanza di Agosto — le aveva preso la mano più volte, l'aveva sfiora così spesso che ormai quel gesto era diventato come una droga. Ora mancava la parte più difficile: dire la verità a Lauren, dirle che quello che provava andava più in là della semplice amicizia. Voleva dirglielo, doveva dirglielo e sapere cosa provasse lei... e sperava che anche Lauren ricambiasse i suoi sentimenti. Ma, una volta in auto, non ne trovò il coraggio.

Lauren uscì da quel bar dove aveva fatto colazione con Dean e sistemò meglio la borsa sulla spalla. Dean si mise accanto a lei mentre percorrevano  il marciapiede e lei sorrise quando sentì la mano di lui sfiorarla.
«Lauren...» sospirò Dean infilando le mani nelle tasche dei jeans, «Sai... non credevo fosse possibile.»
«Cosa?» chiese Lauren fissando Dean e chiedendosi perché fosse così nervoso.
«Ecco...» Dean si passò la mano destra fra i capelli biondi e guardò Lauren, le guance rosse dall'imbarazzo. «Ecco... io...» prese un respiro profondo, gonfiò le guance e fece uscire l'aria prima di fissare di nuovo Lauren, «Credo di essermi innamorato di te.» sussurrò.
Lauren lo fissò, sicura di non aver capito bene. «Cosa?» bisbigliò, «Cosa hai detto?»
«Mi sono innamorato di te.» ripeté Dean alzando un po' la voce. «Lauren...»
«Io... no...» gemette lei, «Tu non puoi.» disse, «Io... non posso.»
«Lauren...» sospirò Dean, «Perché?» chiese e le prese la mano sinistra, stringendola con delicatezza, accorgendosi che il segno dell'anello di fidanzamento che le aveva regalato Sean era completamente sparito.
«Io...» bisbigliò Lauren, «Io... non...» si portò le mani al viso, premendole sugli occhi, dicendosi che non era possibile, che Dean non poteva essere innamorato di lei, anche se lei provava lo stesso. «Io non posso.» esclamò, «Non posso, Dean.» disse, «Io... scusa.» mormorò, si girò e si voltò, iniziando a camminare sempre più velocemente. Non poteva accadere. 
Non poteva accadere di nuovo.
Non poteva innamorarsi di nuovo, non poteva sentire un altro che le diceva di essere innamorato di lei... perché temeva che sarebbe successo quello che era accaduto con Sean.
Lauren aveva paura che Dean potesse lasciarla come l'aveva lasciata Sean.

✫✫✫

«Cosa cazzo le hai detto?» gridò Jason e Dean lo fissò, non si era accorto che lui fosse lì. Non si era accorto che lui avesse seguito Lauren e forse neppure lei se ne era accorta.
«Che sono innamorato di lei.» rispose Dean mantenendo la calma - o cercando di farlo, perché, mentre Jason si avvicinava, sentì la rabbia salire.
«Tu cosa?» urlò Jason, «Come ti sei permesso?» continuò ad urlare, «Non dovevi!»
«Dovevo chiederti il permesso in carta bollata?» domandò Dean, «Io faccio quello che voglio!» disse, «E non sarai di certo tu ad impedirmi di dire a Lauren che sono innamorato di lei.» continuò, imponendosi di mantenere la calma.
Jason ringhiò un insulto che Dean non capì. «Tu mi hai portato via Lauren!» gridò e Dean temette che potesse scoppiare a piangere da un momento all'altro, «È partito tutto da quando l'hai invitata alla tua stupidissima festa!» continuò. «Me l'hai portata via.» piagnucolò.
Dean sospirò, «Io non credo di avertela portata via.» disse, «Io non ho fatto nulla... se non innam-»
«Stai zitto!» gridò Jason, «Taci che hai fatto abbastanza danni! Lauren è scappata per colpa tua! Se le succede qualcosa io ti ammazzo! Ti ammazzo!»
Dean lo fissò e pensò che la sua minaccia non fosse tutta campata per aria. «Non voglio che le succeda qualcosa.» sospirò.
«È colpa tua!» urlò Jason.
Dean lo fissò, «Tu sei innamorato di lei.» esclamò, «Sei innamorato di lei.»
«Sì.» disse Jason, «Da sempre, da prima che lei conoscesse Sean.»
Dean lo fissò, domandandosi come facesse una persona a rimanere vicino ad un'altra per tutto quel tempo sapendo di non poterla avere.
«E poi, quando lui mi ha chiesto di fargli quella promessa... quella di rimanere vicino a Lauren e di controllare che fosse felice... bhe, pensavo che forse era la mia occasione.»
Dean lo guardò, non sapendo cosa dire. Voleva solo andare e cercare Lauren. «Ma lei ti considera solo un amico.» esclamò, «E tu... non puoi sopportarlo.» aggiunse e riuscì quasi a comprenderlo. Amare per anni quella che ti considera solo un amico non doveva essere facile e lo capiva. Però... «Io non c'entro nulla.» disse, «Lauren si innamorerà di nuovo,» continuò e sperò che fosse lui, quella persona «e potresti non essere tu. E se la ami veramente e se ci tieni tanto alla promessa che hai fatto a Sean e vuoi vederla felice...» inspirò fondo, cercando le parole per essere un po' delicato, perché, se fosse stato per lui, gli avrebbe gridato di lasciare in pace lui e Lauren, «Devi lasciarla andare.»
«No!» esclamò Jason avvicinandosi di più a Dean, «Non la lascio andare, sopratutto non la lascio a te!» strillò, «Hai organizzato tutto! La volevi e te la sei presa!»
Dean sospirò, «Non ho fatto proprio nulla.» disse, «È successo e basta.» sospirò ancora, «Senti, io vado,» disse e non aggiunse che andava a cercare Lauren, «Tu fai quello che vuoi, basta che non rompi le palle.» finì di dire e si girò, attraversò il parcheggio e andò alla sua auto.

Dean era preoccupato.
Da quando Lauren era scappata via non l'aveva più vista o sentita, e anche se erano passate una manciata di ore - non più di cinque - incominciava a sentirsi ansioso.
«Stupido.» mormorò, «Sei un coglione, Dean.» si disse guardandosi allo specchio del bagno, «Un coglione enorme.»
Sospirò e uscì dal bagno del locale dove si era rifugiato e tornò da Tom e Jeffrey.
«Ti ha risposto?» chiese quest'ultimo.
«No.» sospirò Dean sedendosi, «Incomincio a preoccuparmi.»
«Lauren ha solo paura.» disse Tom.
«Cosa?» fece Dean.
Tom alzò le spalle, «Bhe... era fidanzata con Sean, dovevano sposarsi...» si fermò e sorseggiò la birra, «E poi lui si è ammalato ed è morto.» continuò, «Sai, credo che abbia paura che ti succeda la stessa cosa.»
Dean lo fissò sorpreso: non ci aveva pensato a quell'eventualità. Aveva pensato di essere stato troppo precipitoso, di aver frainteso i gesti e le parole di Lauren... invece forse era solo spaventata.
«Credo che tu abbia ragione.» esclamò Jeffrey.
Dean annuì e trangugiò la birra. «Devo andare da lei.» esclamò.
«Cosa?» fece Tom.
«Devo andare da lei e dirle che non ho nessuna intenzione di morire.» rispose Dean e si alzò in piedi, «Ci vediamo presto.» aggiunse e uscì dal bar.

Lauren non era a casa. A dire la verità in quella casa non c'era nessuno, nemmeno sua madre. Aveva controllato tutti i posti che gli erano venuti in mente - era passato persino al cimitero - ma non l'aveva trovata da nessuna parte.
Si premette le mani sulle tempie e chiuse gli occhi, costringendosi a pensare a dove potesse essere Lauren.
Successe in un attimo: gli passò davanti agli occhi un flash di lui e Lauren da piccoli, che giocavano a nascondino a casa di sua nonna Elaine. Sorrise e aprì gli occhi, entrò nella casa della nonna e andò nel retro del giardino.
Sapeva dov'era Lauren e si diede dello stupido per non averci pensato prima. Aprì il cancello che chiudeva il vecchio pollaio e andò a sinistra, verso la vecchia cuccia del cane. Si accucciò davanti alla porticina e sbirciò dentro, sorrise nel vedere le gambe di Lauren. «Sei qui.» mormorò, felice.
Lei si agitò. «Vai via.» pigolò.
«Fino a prova contraria sei tu che sei nella mia proprietà.» scherzò Dean ed entrò nella cuccia a quattro zampe. Una volta che il busto fu dentro si rigirò e pensò che forse entrare dentro lì non era stata una buona idea. Con qualche sforzo riuscì ad entrare completamente, anche se doveva abbracciarsi le ginocchia e tenere la testa piegata in avanti.
Finalmente fissò Lauren che lo guardava.
«Mi dispiace averti spaventato.» sussurrò Dean e le prese la mano destra, stringendola e intrecciando le dita con quelle di lei, «Non volevo.» continuò e pensò che Lauren, con il viso pallido e gli occhi gonfi e rossi, i capelli spettinati sembrasse piccola e indifesa e l'unica cosa che voleva era stringerla e proteggerla e baciarla.
«Ho paura.» pigolò lei e posò la fronte sulle ginocchia. «Ho tanta paura che tu...» continuò, poi alzò il viso e Dean si sentì stringere il cuore nel vederla così triste, «Ho tanta paura che tu...» non continuò e scoppiò a piangere. Dean inspirò a fondo e strinse Lauren a sé, anche se era scomodo farlo dentro la cuccia, sentiva che se avesse piegato la gamba destra ancora un po' gli si sarebbe staccata. Ma, in fondo, non gli importava poi molto, Lauren era lì e aveva bisogno di lui.
Dean le baciò la testa e respirò il profumo di lei, mischiato con l'odore di cane bagnato che ancora impregnava il legno della cuccia ma a lui non importava nemmeno di quello. «Non ho intenzione di lasciarti.» mormorò, «Né ora né mai.» disse, «Sei troppo importante per me.»
Lauren singhiozzò contro il suo petto. «Ma io ho paura.» pianse, «E se...»
Dean le sfiorò i capelli, «Non pensare agli “e se”.» disse, «Altrimenti... altrimenti nessuno farebbe più nulla.» mormorò.
Lauren annuì, «Lo so.» disse e smise di singhiozzare, «È solo che... non posso farne a meno.»
Dean sorrise contro i suoi capelli, «Lo so, piccola, lo so.» disse, «Ma non pensarci, anche se è difficile.»
Lauren fece un paio di respiri profondi e Dean capì che si stava calmando, «Sei più tranquilla?» le domandò e sorrise quando Lauren annuì, «Usciamo?» chiese. 
Lauren annuì e allungò un braccio, afferrò un gancetto sulla parete della cuccia dalla parte del foro della porta e lo alzò, poi spinse la parete che si aprì.
«Ah.» commentò Dean, «Ho fatto tutta quella fatica e poi c'era il gancetto?» 
Lauren, che era già uscita, alzò le spalle. «Pensavo che lo sapessi.» disse.
Anche Dean uscì, «No.» esclamò, «Potevi anche dirmelo.»
Lauren accennò un sorriso e le sue guance si dipinsero di rosso, «Eri così buffo mentre entravi...» disse mordicchiandosi l'unghia del pollice sinistro, tolse la mano dalla bocca e la pulì sui jeans.
«Buffo?» domandò Dean sorridendo, «Ti divertivi?»
Lei annuì e Dean le si avvicinò lentamente, desiderando baciarla, abbracciarla, respirare il suo profumo, stringerla forte e giurarle amore eterno, dirle che l'amava - perché ne era sicuro di questo, lui l'amava -, accarezzarle la schiena fino a calmarla...
Posò la fronte contro quella di lei senza smettere di fissarla, guardando gli occhi azzurri di lei e perdendosi dentro di essi. Inspirò lentamente e chiuse gli occhi mentre le sfiorava le labbra con le proprie, le mani che stringevano i fianchi di lei, aggrappandosi alla stoffa della maglietta.
Lauren gli circondò il collo con le braccia e Dean, in uno sprazzo di lucidità, pensò che non ci fosse sensazione più bella di quella, del sentire le braccia di Lauren che lo stringevano e le sue labbra che lo baciavano.
Rimase con gli occhi chiusi per qualche istante prima di riaprirli e osservare Lauren che lo guardava con le guance rosse. 
«Sono innamorato di te.» soffiò e sorrise quando anche Lauren lo fece.
«Anche io.» mormorò lei accarezzandogli il collo.
Dean sorrise e le baciò la fronte, sentendosi felice come non lo era mai stato. «Hai freddo?» chiese sentendo Lauren tremare.
Lei guardò la felpa leggera che indossava. «Un po'.» rispose, «E mi sa che fra un po' inizia a piovere.» aggiunse guardando il cielo.
«Già.» confermò lui e le sfiorò il viso con un dito, seguendo i contorni della mandibola. «È meglio se rientriamo.» mormorò prima di baciarla ancora.
Lauren sorrise e fece un passo indietro, strinse la mano di Dean e lo condusse verso la recinzione, la scavalcarono e Lauren prese la borsa che aveva nascosto dietro a un vaso accanto alla porta sul retro, aprì la porta ed entrarono in casa.
«Siediti, io vado a cambiarmi.» esclamò Lauren e tolse il cellulare dalla borsa prima di allontanarsi. Dean fissò Duchessa che dormiva sul divano, poi la sua attenzione fu distratta dal cellulare di Lauren che iniziò a vibrare. Osservò lo schermo vedendo che era Jason. Inspirò piano, chiedendosi cosa avrebbe fatto una volta scoperta la verità.
Lauren tornò poco dopo, con indosso una felpa blu scuro più pesante della precedente. «Vuoi qualcosa?» domandò.
«Va bene un bicchiere d'acqua.» rispose, «Jason ti ha chiamato.» aggiunse.
Lauren afferrò il cellulare e lo controllò mentre Dean cercava di non andare dietro di lei per sbirciare. Lauren sparì in cucina, per tornare subito dopo con una bottiglia d'acqua e due bicchieri.
«Devo dirglielo.» sospirò lei, «Ma ho paura di come reagirà...»
Dean sorseggiò l'acqua, «Lui deve rispettare qualsiasi tua decisione.» disse anche se era sicuro che Jason avrebbe montato un casino una volta scoperta la verità.
Lauren sbuffò e si sedette sul divano, accanto a duchessa. Il cellulare vibrò di nuovo e Lauren sbuffò di nuovo.
«Ti conviene rispondergli.» esclamò Dean sedendosi accanto a lei.
«Gli ho scritto che sto bene.» replicò lei. «Non gli basta?»
«Evidentemente no.» mormorò Dean e posò un braccio sulle spalle di Lauren, attirandola a sé. Le baciò la nuca e respirò il profumo dei suoi capelli. «Lo hai detto anche tu che è molto protettivo.» mormorò, non dicendole che Jason in realtà l'amava. Era lui a doverglielo dire.
Il telefono vibrò di nuovo, «Adesso gli parlo.» sospirò Lauren. «Ciao.» esclamò dopo aver risposto. «Sto bene, Jason... non serve che chiami venti volte.» disse.
Dean si trattenne dall'avvicinarsi a lei per sentire cosa le stesse dicendo Jason, così si limitò a prenderle la mano libera.
«So badare a me stessa.» continuò Lauren. «Jason! Piantala di fare l'isterico! Se non ti rispondo è perché o sono impegnata o non voglio.» disse,«Sì, sono con Dean.» sospirò. «No, non serve che vieni qui...» sbuffò, «Jason! Adesso basta, un'altra parola e giuro che non ti risponderò più e cambierò strada quando t'incontrerò!» esclamò. «Te lo avevo detto: una parola sbagliata e basta.» continuò. «No, Jason, questa è l'ultima volta. Non voglio più sentirti... stammi bene.» sospirò, chiuse la comunicazione e gettò il telefono sul divano.
«Tutto bene?» chiese Dean anche se intuiva che non andasse bene.
«Jason è un cretino.» borbottò Lauren e si accoccolò contro Dean che l'abbracciò prima di baciarle la testa. «Se viene qui lo prendo a calci.» esclamò.
Dean rimase in silenzio, continuando a rimanere abbracciato a lei, sfiorandole la mano , facendo dei ghirigori sul palmo e sul polso.
Si domandò cosa dovesse fare, se continuare così oppure osare un po' di più, perché avrebbe voluto fare l'amore con lei ma sapeva che era troppo presto e che Lauren era ancora sconvolta.
Dopo qualche minuto di silenzio, la madre di Lauren e Drew entrarono in casa.
«Oh... Dean.» commentò la donna, «Ciao.» salutò con un sorriso, guardò le loro mani, le dita intrecciate e sorrise ancora di più.
Lauren spostò la mano e accarezzò Duchessa, «Ciao mamma.» borbottò, imbarazzata.
«Su preparatevi che fra un'ora andiamo a cena.» esclamò Drew e Dean lo sentì parlare di un contratto strappato a una grossa società, un contratto che avrebbe portato un sacco di soldi, «Offro la cena.»
Dean si alzò dal divano, «Allora io vado.» disse.
«Vieni qui per le sette e mezzo, okay?» esclamò Drew.
«Eh?» fece Dean sorpreso, «Cosa?»
Drew annuì, «Certo vieni anche tu!» esclamò allegramente.
Dean si voltò verso Lauren, che teneva lo sguardo basso e accarezzava la gatta. «Lauren?» chiamò.
Lei si limitò a guardarlo e a scrollare le spalle, «Se lui vuole invitarti...» disse, «Ti accompagno alla porta.» si alzò in piedi e si avvicinò al ragazzo.
«Torna qui per le sette e mezzo, va bene?» esclamò Drew
«Okay.» fece Dean, ancora sorpreso da quell'invito.
I due uscirono dalla porta d'ingresso, fermandosi all'inizio delle scale esterne di marmo, «Allora ci vediamo dopo.» mormorò Lauren e Dean sorrise nel vederle le guance rosse.
«Sì.» mormorò e si chinò verso di lei, pronto per baciarla, quando si accorse che dalla finestra del salotto, la madre di Lauren e Drew li stavano fissando, anche se si stavano impegnando per fingere di fare qualcos'altro. «Abbiamo un paio di spettatori...» scherzò.
Lauren avvampò, «Ah... sì?» fece, «Uhm... okay.» borbottò e baciò la guancia di Dean, «Ci vediamo dopo.»
Dean le sorrise ancora poi se ne andò, felice della svolta che aveva preso quella giornata.  

Lauren rientrò in casa e andò in salotto per prendere il cellulare.
«Devi dirmi qualcosa?»
Lauren si bloccò, la mano a pochi centimetri dal cellulare, «Chi? Io?» domandò senza voltarsi, afferrò il cellulare e si girò, «È tutto okay.» disse, «Vado a farmi la doccia.» aggiunse a andò verso la sua camera con le labbra piegate in un sorriso.
Quando tornò dalla doccia vide Duchessa che camminava nella sua camera e il telefono, posato sulla scrivania, che vibrava.
Jason la stava chiamando. Premette il tasto di risposta e poi sfiorò quello del vivavoce.
«Cosa vuoi?» domandò mentre chiudeva la porta della sua stanza.
«Lauren! Perché non mi rispondevi?»
«Ero sotto la doccia.» sospirò lei sedendosi sulla sedia.
«Devo parlarti, Lau...» disse Jason, «Vediamoci stasera, passo a prenderti fra un'ora, così andiamo a cena fuori.»
«Non ci sono questa sera.» replicò lei, «Drew ha firmato una contratto e ci porta a cena.» spiegò, evitando di dirgli che ci sarebbe stato anche Dean.
«Vediamoci dopo.» la pregò lui.
«Non so a che ora torneremo... conoscendo Drew è possibile che dopo ci porti in una gelateria dall'altra parte dello Stato.» esclamò Lauren.
«Lauren, ti prego...» pigolò Jason, «Ho bisogno di parlarti con urgenza!»
«Stai morendo?»
«No!» gridò lui.
«Ecco, allora puoi aspettare.» sospirò lei, «Anzi, dovrei pure mandarti al diavolo dopo tutte le cose brutte e offensive che hai rivolto a Dean.» ricordò.
«Ma Lau!» esclamò Jason, «Io... Dean... lui non va bene per te.»
«Tu non puoi saperlo.» esclamò lei, «Tu non sai cosa provo io o cosa ho provato quando è morto Sean.» disse, «Quindi taci ed evita di dire stronzate.»
Jason annaspò, «Lauren... tu... tu... Dean... tu... sei...» balbettò, «Sei...»
«Se mi piace?» fece lei e gettò una sguardo all'orologio, aveva poco più di trenta minuti per asciugarsi i capelli, pettinarsi, vestirsi e truccarsi.
«Lau! Non dirlo...»
«Sì, Dean mi piace.» ammise Lauren.
«No, Lauren, non può essere vero... lui è una testa di minchia!»
Lauren respirò a fondo, «Ciao, Jason.» disse, «Basta, hai insultato anche troppo Dean e questa è davvero l'ultima volta.» esclamò alzandosi in piedi.
«No, Lau... ti prego...» pigolò Jason, «Non dire così.» mormorò, «Ti prego...» implorò.
«No, ho detto basta.» replicò lei, «Stammi bene.» disse e chiuse la chiamata, andò verso l'armadio e si chinò per fare una carezza a duchessa e si sentì un po' triste al pensiero di perdere Jason ma lei a Dean ci teneva molto e non avrebbe mai voluto fare una scelta ma si era vista costretta a farla, visto che Jason non riusciva a rispettare le promesse che le faceva.
Si alzò in piedi e aprì le antine, chiedendosi cosa potesse indossare quella sera per essere carina agli occhi di Dean




✫✫✫

E il capitolo dove Lauren finalmente decide cosa fare... è arrivato!
Questo capitolo è stato un po' difficile da scrivere, soprattutto la parte centrale... invece la parte finale l'ho scritta quasi subito, chissà perché xD
Ringrazio chi legge e chi mette la storia in una delle liste, siete delle care stelline!
Ed ora un po' di sano spam!

  • Straigh Throug My Heart: nuova storia, un'originale romantica. Ho già pronti diversi capitoli, quindi gli aggiornanti saranno regolari per qualche settimana.
  • Love Like Stars: storia su Nick Carter dei BsB. Il capitolo tre arriverà quando arriverà. Cioè non so quando.
  • Please Stay: originale romantica, il capitolo 22 (su 24) arriverà entro la metà di luglio. O anche prima, volendo.

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Capitolo 9
*** 9. ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


9.



Lauren aprì gli occhi e sorrise, felice, ignorò Duchessa che le passeggiava sulla pancia e sospirò.
Lei amava Dean e Dean amava lei, cosa poteva chiedere di più?
La porta di camera sua si aprì del tutto, «Tesoro?» chiamò sua madre, «C'è Jason.»
Lauren sbuffò, scostò la gatta che miagolò, «Digli che arrivo subito.» esclamò sedendosi, domandandosi cosa ci facesse Jason a casa sua alle nove di domenica mattina e cosa volesse.
Cinque minuti dopo era in salotto.
«Lauren!» esclamò Jason, «Come stai?»
«Bene.» sorrise, «Cosa vuoi?» chiese, «Perché se inizi con la solita storia giuro che ti prendo a cazzotti.»
Jason sospirò, «Parlare.» mormorò in risposta, «Facciamo colazione insieme?»
Lei lo fissò, indecisa su cosa fare. Poteva dirgli di no, mandare un SMS a Dean e uscire con lui. Sospirò, passandosi una mano sul viso con un gesto che mostrava tutta la sua stanchezza. «Okay.» disse, sapendo che se avesse detto di no Jason avrebbe iniziato a farle un mucchio di domande e, in ogni caso, non voleva trattare certi argomenti con sua madre nella stanza accanto. «Dammi dieci minuti che mi vesto.» aggiunse, «Stai qui e aspettami.» disse e tornò in camera sua, pensando al modo ideale di dare la notizia a Jason. Si rese conto che non c'era un modo “giusto” per informalo, perché Jason avrebbe reagito male in ogni caso, sia che glielo avesse detto facendo giri di parole, sia se fosse stata sincera.
Sospirò mentre si pettinava, dicendosi che doveva essere sincera, che poi sarebbe tornata a casa e avrebbe chiamato Dean. A quel pensiero sorrise, felice.

«Perché?»
Lauren fissò Jason, poi la sua tazza di cappuccino, fissando il fiore creato con il topping al cioccolato. «Perché sì, Jason.» disse. «Non c'è una ragione precisa che posso darti, se non che lui mi piace.»
«Ma... perché lui? Perché non un altro? Perché non io?» chiese lui, sporgendosi verso di lei e stringendole il polso destro.
Lauren lo fissò, sorpresa da quel “Perché non io?”, «Perché mi piace Dean, ecco il perché.» rispose e spostò il braccio, afferrò la bustina di zucchero bianco e l'agitò, per poi posarla sul tavolo, accanto alla tazza.
«Ma ci deve essere una ragione perché preferisci lui a me!» esclamò Jason.
Lauren lo ignorò e prese la schiuma di latte, rompendo uno dei petali del fiore.
«Lauren! Rispondimi!» esclamò Jason, ma Lauren continuò ad ignorarlo, finendo per mangiare tutta la schiuma. Solo allora versò lo zucchero. «Lauren!»
Lei girò il cucchiaio nel liquido caldo e fissò Jason, «Perché tu sei un rompiscatole paranoico.» rispose, «Perché tu vuoi che faccia solo quello che vuoi tu, di quello che voglio io alla fine non te ne frega nulla.» sibilò.
«Ma io ci tengo a te, Lau, per questo faccio così!» disse Jason.
Lauren sorseggiò il cappuccino, «Non è il modo giusto per dimostrarmelo.» disse, «Io sarei felice per te se tu frequentassi una ragazza, non ti starei addosso come un avvoltoio!» aggiunse.
«Io non ti sto addosso!» replicò lui, «Io mi preoccupo, sono due cose diverse!» disse.
«Tu non ti preoccupi.» disse Lauren, «Tu vuoi che faccia quello che vuoi te, che esca con chi vuoi tu...»
«Io mi preoccupo!» esclamò Jason, «Io non voglio che tu esca con Dean!»
Lauren lo fissò, pensando che fosse il momento giusto per “sganciare la bomba”, «Io e lui stiamo insieme.» disse.
Jason sgranò gli occhi. «Tu... tu...» balbettò, «Io non voglio!» disse, «Lui... come fai...» borbottò, «Io non voglio! È solo un coglione che vuole portarti a letto.»
Lauren finì il cappuccino, prese delle monete dalla borsa e le contò, per poi posarle sul tavolino, fermò una cameriera e le chiese se poteva portarle un sacchetto in cui mettere la brioche - non l'aveva neppure toccata - «Non parlare di Dean in questo modo.» disse e prese un tovagliolo di carta.
«Io parlo così di lui!» replicò Jason, «Io non lo conosco!» esclamò, alzando la voce e beccandosi un'occhiataccia dalla cameriera che aveva portato il sacchetto a Lauren. «È un coglione!»
Lauren avvolse la brioche in un paio di tovaglioli prima di infilarla nel sacchetto, spinse le monete verso Jason e si alzò in piedi. «Non farti più sentire, almeno che tu non voglia chiedere scusa.» disse, prese la sua borsa e uscì dal bar, delusa dal comportamento di Jason. Voleva che lui fosse felice per lei, che si congratulasse, che capisse il suo bisogno di amare e di essere amata di nuovo.
Sean era morto e non poteva morire anche lei. Non poteva rinunciare alla sua vita solo per far contento Jason.
Era quasi arrivata all'angolo della strada quando si sentì chiamare. «Ciao Stuart.» disse.
«Che faccia incazzata!» sorrise lui, «Cos'è successo?»
Lauren sospirò. «Io e Dean stiamo insieme.» rispose.
«Sono contento per te.» disse stuart e Lauren capì che era sincero e ciò la fece sorridere, «E fammi indovinare: lo hai detto a Jason e lui non è contento.»
Lei annuì. «Sì, e così.» confermò «E non so se picchiarlo o cosa.»
Stuart annuì e le diede una leggera pacca sulle spalle, «Oh, ti capisco.» disse, «Certe volte mi viene voglia di dargli un cazzotto sul naso.»
Lauren sospirò e si guardò attorno, sperando di non vedere Jason - anche se il parcheggio era dalla porta opposta, era sicura che lui l'avrebbe cercata per mari e monti -, «Quello che mi dà più fastidio è che continua ad insultare Dean anche se non lo conosce.» disse.
Stuart la fissò, «È un'idiota.» disse, «Vuoi un passaggio?»
Lauren scrollò le spalle, «Se non è un disturbo.» disse.
Stuart le sorrise e le mise una mano sulla schiena, «Nessun disturbo.» assicurò, «E comunque l'autobus passa fra tre quarti d'ora.»
Lauren sorrise, «Va bene.» disse e lo seguì, l'auto dell'amico era posteggiata - in doppia fila - poco distante.

***

Jason fissò Lauren salire in auto con stuart e si sentì male. Dolore che si aggiungeva a dolore. A Lauren - la sua Lauren - piaceva Dean e, cosa ancora più terrificante, stavano insieme.
Ed ora Lauren era salita in auto con stuart. Di lui si fidava, anche se ultimamente non sapeva se considerarlo un amico oppure no, perché non lo capiva, perché non diceva nulla sulle bugie di Lauren, perché non ci trovava nulla di strano in Dean.
Jason sospirò e si voltò, dirigendosi verso la sua auto, deciso a tornare da Lauren e parlarle per farle cambiare idea.

«È andata via?» ansimò venti minuti dopo.
«Sì.» disse la madre di Lauren, «Suo padre l'ha chiamata e lei è andata da lui.» ripeté.
«Ma... perché?» pigolò Jason stringendo con forza le sbarre del cancello, «Perché?» mormorò sentendosi schiacciato da tutte quelle cose e l'espressione quasi infastidita della madre della sua migliore amica non semplificava le cose.
«Perché le andava.» rispose la donna e guardò Duchessa giocare con una foglia secca.
«Ma io... dove sono andati? Io devo parlare con lei!» esclamò.
«Via.» sospirò la donna e Jason capì che non era contenta e che si stava arrabbiando, «Non te lo dico perché Lauren mi ha detto di non farlo e io rispetto i suoi desideri.» aggiunse e si voltò per tornare dentro casa.
«Ma non ti dà fastidio che stia con Dean?» esclamò lui, «Lui... e poi Sean...»
«Non mi dà fastidio.» rispose la donna, «Dovrebbe?» chiese, «Dean è un bravo ragazzo.» aggiunse, «Ciao.» disse ed entrò in casa.
Jason sospirò e abbassò la testa, sentendo che sarebbe potuto scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Avrebbe voluto raggomitolarsi lì, davanti al cancello, e piangere fino a prosciugarsi. Invece trascinò i piedi fino all'auto, salì e partì, diretto a casa, dove c'era l'unica persona che lo capiva. Era sicuro che sua madre sarebbe stata d'accordo con lui e che lo avrebbe consolato.

***

«Che cosa diavolo hai fatto?»
Jason alzò lo sguardo dal suo doppio cheesburger e fissò Stuart, che lo guardava con il viso stravolto dalla collera. «Io?» pigolò, «Niente.»
«Niente?» urlò l'altro, «Ti pare nulla?»
«Che succede?» chiese Deacon e afferrò un pomodoro che era scivolato nella scatolina di cartone.
«Lauren si è messa con Dean.» rispose Stuart.
«Oh, mi fa piacere.» commentò Deacon e Jason lo fissò, con la voglia di infilargli il panino in gola.
«E a Jason la cosa fa incazzare.» riprese a parlare l'altro sedendosi al suo posto. «È andato dalla sua cara mammina a lamentarsi e Emma, che non si fa i cazzi suoi nemmeno se la paghi, è andata dalla madre di Lauren, dicendole di tutti i colori.» continuò, «Quando lei le ha detto che deve farsi i cazzi suoi, Emma le ha dato una sberla.»
Jason abbassò lo sguardo, ricordando quello che era successo nemmeno un'ora prima.
«Ma è da... pazzi.» squittì Roxane, «Cazzo, Jason, ogni tanto sembri veramente deficiente!» 
Lui la guardò, «Io la amo.» disse, «E non capisco perché stia con lui e non con me.» continuò, fissando quello che era rimasto del suo panino e sentendo lo stomaco che si chiudeva. «Perché lui?» pigolò, «Noi siamo migliori amici, dovrebbe preferire me a quel cretino che conosce appena.»
Roxane sbuffò e bevve un sorso di Coca-Cola, «Primo: tu non le hai mai detto che la ami, quindi lei non lo sa.» disse, «Secondo...» bevve ancora, «Lei e Dean si conoscono da bambini, quindi non è che lo conosce appena.» continuò, «Terzo: se lo offendi è logico che lei non ti voglia vedere.»
«Dovresti essere felice per lei, idiota.» disse Stuart, «Noi siamo felici se lei lo è, quindi dovresti esserlo anche tu.» aggiunse, «O almeno... fai finta di esserlo.»
Jason continuò a tenere la testa bassa, «Voi non capite.» sussurrò, «Non capite.» ripeté alzando il viso e ingoiando il groppo in gola, «Io ho promesso a Sean di proteggerla.» disse e rimase bloccato per qualche secondo quando Samanta lo schiaffeggiò.
«Vuoi smetterla di tirare fuori 'sta storia?» ringhiò la giovane. «Smettila!» esclamò, «E non fare tanto l'amico che ha fatto una promessa al proprio migliore amico in punto di morte, perché lo sappiamo tutti che se ci fosse stata l'occasione buona ti saresti portato a letto Lauren fregandotene dell'amicizia di Sean.»
Jason la guardò, dicendosi che aveva ragione. «Io la amo.» ripeté.
«Tu sei idiota.» sbottò Deacon. «E anche tua madre.» disse, «La mamma di Lauren dovrebbe denunciarla.»
Jason rimase in silenzio, pensando che nessuno lo capiva sul serio.

***

Ormai era quasi fine Novembre e Jason non sentiva o vedeva Lauren da quando lei si era messa insieme a Dean. Ovvero un mese e mezzo. Sei lunghe settimane che lo avevano svuotato, privato di tutte le energie. Se chiamava Lauren lei deviava la chiamata, se la chiamava nascondendo il numero telefonico lei riattaccava appena sentiva la sua voce. Se le mandava messaggi non riceveva risposta, se andava fuori dal lavoro lei lo ignorava, passandogli davanti senza degnarlo del minimo sguardo.
Solo una volta era riuscito a parlarle, ma Lauren gli aveva detto che, o accettava la cosa e smetteva di parlare male di Dean oppure poteva andare a quel paese.
E lui si sentiva vuoto, triste, sconsolato e... sempre più innamorato.
Guardò Dean uscire dal lavoro e scese dall'auto. «Devi lasciarla.» esclamò fissandolo, «Non la meriti.»
L'altro sospirò, «Senti, piantala.» disse, «Ringrazia il Cielo che non abbia detto nulla a Lauren di queste tue stupide visite.» aggiunse.
Jason strinse i pugni, «Tu non la meriti.» ringhiò, «Ti sei messo in mezzo, brutto idiota.» sputò, «Devi lasciare stare Lauren!»
Dean sospirò, abbassò il viso e lo guardò. «Devi smetterla.» disse, «Smetterla di importunare Lauren, smetterla di mandare tua madre dai genitori di Lauren, smetterla di venire qui e rompermi i coglioni.» aggiunse e lo oltrepassò, dirigendosi verso la sua auto.
Jason lo fissò ed emise un lungo sospiro, poi entrò nella sua auto e partì.

***

Dean guardò Lauren, indeciso se dirle quello che faceva Jason oppure se tacere. La fissò mentre si provava una sciarpa viola scuro, «Ti sta bene.» le sorrise.
Lauren lo guardò e sorrise anche lei, «Allora la prendo.» esclamò, allegra.
Lui la fissò, sorridendo e la seguì alla cassa. Mentre aspettava gettò uno sguardo alla vetrina del negozio del centro commerciale, scoprendo che Jason li stava fissando.
Lo guardò, per un paio di secondi, distolse lo sguardo, puntandolo su Lauren che stava pagando. I due uscirono e Lauren sobbalzò quando vide Jason e Dean si affrettò a stringerle la mano che non stringeva i manici del sacchetto.
«Lauren...» pigolò Jason, «Per favore...»
Lauren lo osservò poi si girò verso Dean, «Andiamo?» disse, «Ho voglia di una cioccolata calda.» sorrise.
Dean annuì e le strinse ancora più forte le mano.
Un quarto d'ora dopo una giovane cameriera dai capelli neri portò loro due cioccolate calde, quella di Lauren aveva anche la panna montata.
«Stai bene?» domandò Dean.
Lauren annuì e afferrò il cucchiaino. «Sì.» rispose e sorrise, «Non preoccuparti.»
Dean annuì e girò il cucchiaino nella cioccolata, «Se sei stanca e vuoi andare a casa dimmelo pure.» disse.
«Non sono stanca.» sorrise lei, «E comunque devo ancora prendere il cibo per Duchessa.» ricordò.
Dean annuì, «Me ne ero dimenticato.»
Lauren infilò in bocca il cucchiaino con un ciuffo di panna, «Non preoccuparti.» disse, «È tutto okay.» sorrise, «È un luogo pubblico, anche lui può venirci.»
Dean rimase sorpreso non aspettandosi che Lauren capisse il perché lui le avesse fatto quella domanda. Sorrise e le prese la mano, «Ti amo.» disse.
Anche lei sorrise, «Ti amo.» soffiò con le labbra sporche di panna e cioccolato. Dean si trattenne dal baciarla perché erano in pubblico e perché aveva visto Jason a un paio di metri di distanza. Sospirò e continuò a mangiare la sua cioccolata, dicendosi che non sarebbe successo nulla, che Jason si limitava solo a guardarli e che era lui a sembrare “matto”.
Così continuò a bere la cioccolata e a sorridere a Lauren, dicendosi che era tutto perfetto. Che nulla avrebbe potuto rompere quella felicità che lo avvolgeva da quando aveva ripreso i contatti con Lauren.
Mentre passeggiavano verso l'ingresso del supermercato Dean si domandò cosa potesse regalare a Lauren per Natale.
«A che pensi?»
Dean sorrise alla ragazza, «A cosa regalarti.» ammise, «Sono indeciso.»
Lauren sorrise, «Ah, sono sicura che qualsiasi cosa sceglierai sarà perfetta!»
Dean si fermò e anche Lauren fece lo stesso, sorrise, si chinò e le baciò le labbra, ignaro di Jason che era dietro di loro e li stava fissando.

***

Jason sobbalzò quando vide Lauren alla cassa del supermercato. Erano almeno dieci che non la vedeva, che non le parlava e le mancava da impazzire. Trattenne il respiro quando si mise in fila dietro di lei e chiuse gli occhi per un istante.
«Lauren.» mormorò.
Lei si girò e lo guardò per qualche secondo, «Ciao.» disse. 
Jason sorrise, «Come stai?» chiese.
«Bene.» rispose lei e si voltò, Jason deglutì e le sfiorò una spalla, «Che c'è?» chiese brusca.
Jason la fissò, chiedendosi dove fosse finita la sua migliore amica, perché fosse cambiata così tanto. «Io... io volevo solo sapere se...» balbettò sentendosi stupido.
«Vuoi sapere cosa?» domandò lei e si girò, avanzò di qualche passo e sospirò.
«Se ti va di andare a bere un caffè.» pigolò Jason, «Lauren... scusa.» mormorò, «TI prego scusami.»
Lei lo guardò e sospirò, «Jason... dovrei crederti?» disse, «Continui a chiedere scusa, a dire che non lo farai più ma continui a fare gli stessi stupidi errori.» esclamò.
Jason deglutì e strinse al petto il sacchetto con dentro i limoni. «Mi dispiace, Lau.» soffiò, «Posso spiegarti tutto.» aggiunse fissandola negli occhi, «Un caffè, ti prego.» la implorò, fregandosene di cosa potessero pensare gli altri.
Lauren ispirò e fissò Jason, «Va bene.» acconsentì, «Ma alla prima parola sbagliata alzo i tacchi e me ne vado, okay?»
Jason sorrise e annuì, felice.

«Mi dispiace essermi arrabbiato quella domenica.» esordì Jason dopo che ebbero ordinato. «Io ero... sorpreso.» disse, «È solo che mi preoccupo, lo sai.» continuò.
«Ma questo non ti dà il diritto di offendere Dean.» replicò lei e Jason si stupì del suo tono acido, «Tu non lo conosci.»
Jason si morse la lingua per non dire che lui non avrebbe mai voluto conoscerlo, «Lo so.» disse, «E mi dispiace tanto... è solo che io... tu sei troppo importante per me.» sorrise e le prese la mano, sfiorandone il dorso con due dita. «Tu sei tanto importate per me, Lau.»
«E allora perché non sei felice per me?» domandò lei, «Io sarei felice se tu t innamorassi di una ragazza.» disse, «Non mi metterei a fare la gelosona isterica e mestruata.» continuò, «Lo farei solo se mi ignorassi.» sospirò e scostò la mano. Jason continuò a fissarla senza spostare la sua, lasciandola sopra al tavolino tondo, «Ma io non ti ignoro.» riprese a parlare Lauren, «Io non lo faccio. Tu sei il mio migliore amico e io ti vorrò sempre bene e continuerò ad uscire con te...» disse, «Ma se tu fai il coglione tutto questo cambierà per forza, perché vorrei che il mio migliore amico rispettasse il ragazzo che amo.»
Jason deglutì e la guardò sentendosi triste. Spostò il braccio solo perché la cameriera era tornata con i loro caffè. «Io... io...» sospirò, «Mi dispiace.» disse, «Non riesco proprio a farmi piacere Dean, scusa.»
«Perché?» chiese Lauren, «Perché? Perché non gli dai una possibilità?» domandò e versò lo zucchero nel caffè, «Te l'ho presentato, ti ho dato la possibilità di conoscerlo ma tu hai sempre fatto il cocciuto, rifiutandoti di parlare con lui.»
Jason sospirò e annuì, sapendo che aveva ragione. Ma una parte di lui continuava a urlargli che Dean l'avrebbe fatta soffrire, «Mi dispiace.» ripeté, «Mi dispiace sul serio.» disse, «Cercherò di conoscerlo.» aggiunse e versò dello zucchero nel suo caffè.
Lauren sorseggiò il suo e posò la tazza sul piattino, «Bugiardo.» esclamò, «Menti sapendo di mentire.»
Jason abbassò la testa, sentendosi in parte colpevole. «Scusa.» mormorò, «Non riesco a farmelo piacere.» disse, «Ho il terrore che ti faccia soffrire.» sospirò, «Credo che non sia adatto a te.» esclamò guardando gli occhi azzurri dell'amica e sperando che lei capisse.
«E chi sarebbe adatto a me?» domandò lei e sorseggiò il caffè.
Jason fece un profondo respiro, «Io.» rispose. «Io.» ripeté.
«Tu?» domandò lei, «Jason, sei il mio migliore amico!» gli ricordò e lui si sentì male. «Non potrei mai stare con il mio migliore amico, lo sai.» disse.
«Perché?» chiese lui, «Cos'ha quello più di me?» domandò, «Posso renderti felice anche io.» disse, «Più di lui. Ti conosco come le mie tasche, so cosa ti piace e cosa ti fa schifo, mi basta un'occhiata per sapere se sei felice o triste...»
Lauren finì il caffè e posò la tazza sul piattino, «Jason, ti senti?» sospirò, «Anche Dean mi conosce e mi rende felice.» disse, «E poi ultimamente sembra che non mi conosci per nulla.» esclamò, «Altrimenti ti renderesti conto che io sono felice con Dean.» disse, «Io lo amo e lui ama me.»
«Lui è uno stupido!» esclamò Jason, «Lauren, come fai a non capirlo? Lui vuole una sostituta per le sua ex! Di te non gli importa nulla! È solo uno stronzo!» gridò e spalancò la bocca quando Lauren si alzò, recuperò la sua borsa e sospirò.
«Sei uno stupido.» sibilò, «E io che pensavo che potevamo sistemare le cose... sono stupida solo ad averlo pensato.» disse e Jason notò dell'amarezza nella sua voce. La guardò uscire dal locale, così si affrettò a finire il suo caffè, pagò e la raggiunse un attimo prima che salisse in auto.
«Lauren, ti prego, ascoltami!» esclamò.
«Dovrei ascoltarti? Sentire che lo insulti, dopo averci scambiato solo due parole?» chiese lei, restando appoggiata alla sua auto, «No, grazie.» disse, «Preferisco sentire Duchessa che miagola e che mi sale sulla pancia perché vuole le coccole.» 
«Ma Lauren...»pigolò Jason e sentì che sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro. «Io lo faccio per te, perché non voglio che tu stia male!» gridò.
«Ma tu mi fai star male!» replicò lei. «Cerca di capirlo!»
Jason chiuse gli occhi e sospirò, «Perché non lo vuoi capire?» mormorò, «Perché non capisci che ti amo? Io ti amo, Lauren!»
Lei lo guardò, spalancò la bocca, rimanendo per un'istante ferma e immobile, poi si riscosse, spintonò Jason, salì in auto, chiuse la portiera e partì.
Jason fissò l'auto allontanarsi e si asciugò le lacrime, dicendosi che non doveva andare così, che Lauren doveva rispondergli che lo amava anche lei e che avrebbe lasciato Dean. Invece era fuggita.
Doveva trovarla e spiegarle tutto quanto.

***

Lauren sistemò in fretta la spesa e si chiese come fosse possibile, come potesse essere accaduta una cosa del genere. Come non si era accorta che Jason era innamorato di lei?
Adesso era tutto così evidente... le gelosie, le scenate isteriche, le mille chiamate, il non volere che andasse in vacanza con Dean...
Lauren chiuse lo sportello del frigorifero e si diede della stupida. Era tutto così ovvio! Si domandò se anche gli altri lo sapessero e si disse di sì, che Deacon e gli altri lo sapevano.
Quasi urlò quando il telefono squillò, inspirò a fondo e andò nel salotto, afferrò il cordless, «Sì?» disse.
«Ehi, Lauren!»
«Dean.» mormorò lei e si sedette sul divano, «Ciao.» soffiò, sentendosi meglio, «Come stai?» chiese.
«Bene.» rispose lui, «Tu?»
«Jason è innamorato di me.» disse, «Lo sapevi?» chiese.
Dean sospirò, «Sì.» ammise, «Non te l'ho detto perché non era compito mio.» disse, «Te lo ha detto lui?» domandò, «Che gli hai risposto?»
«Sei geloso?» domandò lei e sospirò. «Sì, me lo ha detto prima. CI siamo incontrati al supermercato e mi ha supplicato di andare a prendere un caffè.» spiegò, «Per un po' è andato tutto bene, poi lui ti ha insultato, così abbiamo litigato e lui lo ha praticamente urlato mentre eravamo nel parcheggio...» continuò, «Mi sento così stupida...» sospirò.
«Perché?» chiese Dean, «Lauren, non è colpa tua.» disse, «Non sentirti responsabile.»
«Avrei dovuto accorgermene.» sospirò lei, «Sono la sua migliore amica e non mi sono accorta di nulla...» gemette sentendosi stupida. «Io gli parlavo di te... adesso capisco tante cose.» pigolò.
«Non preoccuparti.» disse lui, «Come ti senti?»
«Stupida.» rispose lei e si allungò per accarezzare Duchessa che dormiva tranquilla.
«Non sei stupida.» disse lui con dolcezza, «Lauren, rilassati, lascia passare qualche giorno e parlane di nuovo con lui.»
Lei sospirò, «Non sembra facile.» mormorò.
«Non ho detto che lo è.» disse Dean, «Vuoi che venga lì?»
«Sì.» rispose Lauren, «Mamma è via con Drew e c siamo solo io e Duchessa.» disse.
«Porto la pizza?» propose Dean, magari posso portare qualcosa di dolce...»
Lauren sorrise, «Sì.» esclamò, «Ottima idea.» disse.
«Per le sette e mezzo?» disse Dean.
«Perfetto.» esclamò lei, «Ci vediamo dopo!» aggiunse.
«A dopo!»
Lauren schiacciò il tasto verde e gettò il cordless sul divano con un sospiro. Si disse che sarebbe andato tutto bene, che non ci sarebbero stati problemi. Fece un'altra carezza a Duchessa poi si alzò, dicendosi che aveva il tempo per farsi una doccia veloce.

***

Jason fissò la macchina di Dean posteggiata davanti alla casa di Lauren ed emise un sospiro che suonò come un singhiozzo trattenuto. Fissò le lucine colorate che decoravano il balcone della sala da pranzo e si disse che quel Natele sarebbe stato il più brutto della sua vita, perché lo avrebbe passato lontano da Lauren. In quei mesi, dalla morte di Sean, ci aveva sperato sul serio. Aveva sperato che Lauren si innamorasse di lui e si aveva già immaginato il loro primo Natale come coppia, non come amici. Invece... invece l'aveva persa. E la colpa era tutta di quello stupido di Dean.
Ripartì velocemente — anche perché stava arrivando un'altra auto — dicendosi che doveva fare qualcosa, perché lui voleva Lauren, la desiderava disperatamente e doveva farle capire che Dean non era la persona giusta per lei.

***

Jason spalancò gli occhi quando vide Lauren entrare nel bar. Le sorrise, felice. «Sono felice che tu sia qui.»
Lauren si sedette, «Ciao.» disse.
Jason cercò di prenderle la mano ma rimase deluso quando Lauren lo scostò. «Di cosa volevi parlarmi?» domandò.
Lauren sospirò e ordinò un Irish Coffe, ignorando l'occhiataccia della cameriera — erano appena le cinque del pomeriggio — «Di quello che mi hai detto l'altro giorno.» disse.
Jason sorrise di più, fiducioso che Lauren avesse finalmente capito, «Ne sono felice.» disse.
Lauren sospirò, «Ci ho pensato molto.» disse, «Il punto è che tu sei il mio migliore amico.» esclamò, «O almeno lo eri fino a poco fa.» disse, «Io ti... ti ho sempre voluto bene, ma non...»
«Ma non?» pigolò Jason terrorizzato da quello che Lauren poteva dirgli.
Lauren ringraziò la cameriera e prese un ciuffo di panna, rimanendo per qualche secondo — e a Jason quegli istanti parvero eterni — in silenzio.
«Io non ti amo.» disse lei, «Mi dispiace, Jason, ma tu meriti una ragazza che ti ami.» continuò, «E non sono io quella ragazza.»
Jason spalancò gli occhi, «Ma Lauren..» pigolò e la fissò bere, «Perché?» domandò, «Perché non vuoi provarci?» chiese, «Potrebbe funzionare.» disse, «Anzi, sono sicuro che funzionerà.» mormorò e cercò, di nuovo, di prendere la mano di Lauren.
La ragazza sospirò e strinse il bicchiere, «No, Jason.» disse, «Non funzionerà perché non funziona un rapporto se solo uno dei sue è innamorato.» esclamò e sorrise con dolcezza, «Mi dispiace.»
Jason spalancò la bocca, «Ma... Lauren..» pigolò, non sapendo più cosa dire. «È perché c'è Dean, vero?» esclamò, «Se non ci fosse lui le cose sarebbero diverse.» disse.
Lauren sorseggiò l'Irish Coffe e sospirò, «No.» disse, «Sarebbero uguali.» sospirò, «Io non sono innamorata di te.» mormorò, «Mi dispiace.»
Jason fissò quel che rimaneva del suo cappuccino ormai freddo e lo finì in un sorso. «Non puoi dirlo.» mormorò, «Non puoi dirlo.»
Lauren sospirò, «Jason...» disse, «Non fare così.»
«E come dovrei fare?» esclamò lui, «Io sono anni che ci spero, che spero sul serio che tu ti accorga di me... e poi, quando potrebbe esserci l'occasione giusta... appare quello e tutti i miei sogni vanno a puttane.»
Lauren inspirò a fondo e prese un altro sorso. «Non è colpa mia.» disse, «Non ho scelto io di chi innamorarmi, è successo è basta.» sospirò, «E non chiamare Dean in quel modo, per favore.» lo pregò, «Aspetta... anni? Occasione giusta?» chiese, «L'occasione giusta era la morte di Sean?»
Jason si morse la lingua, dicendosi di essere stato stupido, «Io non intendevo quello!» si giustificò, «Io...»
«Tu intendevi proprio quello.» esclamò Lauren, roteò il bicchiere fissando il liquido scuro e sospirò, «Tu volevi dire che la tua occasione giusta era la morte di Sean.» disse, «Sean, il tuo migliore amico, l'uomo che avrei dovuto sposare...» ringhiò, «Altro che promessa!» esclamò, finì in un sorso il contenuto del bicchiere e sbuffò, «Tu hai travisato la promessa, rigirandola come ti faceva più comodo.»
«No!» esclamò Jason, «Lauren, io ti amo e so che nessuno ti ama come me, neppure quello.»
Lauren sospirò, «Si chiama Dean.» sibilò. «Io lo amo e lui ama me.» disse, «Io non ti amo.»
«La colpa è di quel coglione!» gridò Jason, «TI ha portato via da me.» piagnucolò.
Lauren si alzò in piedi. «Io me ne vado.» disse, «Non farti più sentire.» aggiunse, «Offri tu.» esclamò prima di uscire dal locale.
Jason sospirò e si accorse che gli altri avventori lo stavano guardando ma a lui non importava. Lauren se ne era andata, di nuovo e lui non sapeva cosa fare.

***

«Non vorrai mica regalarlo a Lauren, vero?»
Jason sperò di non essere arrossito, «Ehm... cosa?» domandò fissando Stuart.
«Lo sai benissimo di cosa parlo.» disse l'altro, «Oro bianco, smeraldo, una roba a forma di cerchio... l'anello che hai appena comprato, idiota!»
«È un anello.» si giustificò lui, «Un normale regalo!»
«Un anello non è un normale regalo.» sospirò Roxane. «Un anello è una promessa.» disse.
«È solo un regalo!» ripeté Jason.
«Un regalo che Lauren ti farà ingoiare.» disse Stuart. «Dai, dopo che hai rotto lo specchietto della macchina di Dean, Lauren non è in vena di accettare regali da parte tua.»
«È stato un'incidente!» squittì Jason, «Non l'ho fatto apposta.»
Samanta alzò le sopracciglia, «Certo, come no.» commentò, «Per caso avevi in mano l'ombrello e, sempre per caso, lo hai fatto scontrare con lo specchietto.»
«È stato un'incidente!» ripeté Jason.
«Come vuoi.» sospirò Samanta, «Andiamo a mangiare?» disse, «Ho una fame da lupi!»
«Non è che sei incinta?» rise Deacon, «Mia cugina mangiava per tre quando era incinta!»
«Nah.» rispose Samanta agitando la mano destra, «Ho solo fame.» disse.
Stuart sospirò, «Deacon, ogni tanto fai delle battute veramente idiote, lo sai?» esclamò. Deacon si girò verso di lui e sorrise.
«Da quando le ho detto che la amo Lauren mi ignora ancora di più.» sospirò Jason, infastidito da quello scambio di battute, «Sono sicuro che è colpa di Dean.»
Deacon sospirò, «Jason... non è colpa di Dean.» disse. «Vedi... ho parlato con Lauren,» esclamò «è arrabbiata perché tu continui ad inviarle quei messaggi in cui offendi Dean» disse, «Ed è incazzata perché gli hai distrutto lo specchietto...» continuò.
«Che cosa?» strillò Jason, «Ha parlato con te e non con me? Perché?» esclamò.
«Perché sei un'idiota.» disse Deacon. «Lei te lo ha detto che non è innamorata di te, ma tu non riesci a ficcartelo in quella bella testolina.»
Jason sospirò e sbuffò, «Io... ah, niente.» disse, «Tanto non capite.» esclamò, «Se Dean vi piace così tanto perché non ve lo sposate?» abbaiò, «Io me ne vado.» aggiunse e svoltò a destra, verso le porte del centro commerciale.
Se non poteva parlarne con i suoi amici tanto valeva starsene solo.




✫✫✫

Scusatemi per il ritardo. Ultimamente non faccio altro -.-
Capitolo un po' complicato da scrivere... ma ci sono riuscita. Ormai non manca tantissimo alla fine, uno/due capitoli escluso l'epilogo.
Grazie a chi legge/commenta/commenterà/mette la storia in una delle liste!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


10.



Lauren fissò Jason e sospirò, «Entra.» disse, «Ma se mi fai incazzare ti butto fuori a calci.» esclamò.
Jason annuì e sorrise, «Voglio solo darti il regalo.» disse entrando in casa.
Lauren sospirò, «Lo spero.» mormorò, «Aspettami in salotto che vado a prenderti il regalo.» disse a andò nella sua stanza, chiedendosi come mai avesse fatto entrare Jason dopo che si era ripromessa di non vederlo più. La verità era che le mancava.
Le mancavano i pomeriggi passati a chiacchierare, le serate trascorse a guardare dvd... le mancava il suo migliore amico. Afferrò il pacchetto e andò in salotto, trovando Jason seduto sul divano, che guardava Duchessa dormire. «Tieni.» esclamò porgendo il regalo al ragazzo, afferrò quello di lui e lo sistemò sotto l'albero, «Grazie.»
Jason sorrise e strinse il pacchetto, «Grazie a te.» esclamò, felice.
«Vuoi un caffè?» domandò Lauren e incominciò a sentirsi in imbarazzo, quando Jason rispose di sì quasi corse in cucina per non rimanere nella stessa stanza con lui. Preparò il caffè sentendosi in ansia, aspettandosi che quella specie di tregua fra loro due finisse presto.
In fondo bastava che Jason dicesse le parole sbagliate al momento sbagliato.
Tornò dal ragazzo con due tazze di caffè già zuccherate e le posò sul tavolino accanto al divano. «Come va?» domandò.
Jason sorrise e prese la tazza, «Bene.» disse, «Mi manchi.» mormorò.
Lauren sorseggiò la bevanda calda e inspirò piano, indecisa su cosa dire, così alla fine rimase in silenzio.
«E tu?» chiese lui.
«Tutto bene.» sorrise lei, «Con Dean va alla grande.» disse per vedere la reazione di Jason.
Il ragazzo bevve un sorso di caffè, «Ah, sì?» fece, «Bene.» disse e Lauren capì che lo diceva solo per farla contente e la cosa non le piacque del tutto perché avrebbe preferito che fosse sincero. Ma era sempre meglio degli insulti.
Jason inspirò a fondo, posò la tazzina e sospirò, «Cosa fai all'ultimo?» chiese.
Lauren si bloccò e fissò Duchessa sbadigliare, «Io, Dean e gli altri lo festeggiamo nella casa di Elaine.» rispose e fissò Jason che la guardava, gli occhi spalancati e la bocca aperta.
«Ah.» fece lui, «Noi non sappiamo ancora niente.» disse.
Lauren scrollò le spalle, «Posso chiedere a Dean se potete venire anche voi.» propose, «Non dovrebbe dire di no.» aggiunse e fissò Jason, alla ricerca di una sua reazione.
«Ne... ne parlerò con loro.» borbottò Jason, «Anche se credo che andremo da Deacon.»
Lauren abbozzò un sorriso, capendo che Jason mentiva ma decise di non dire nulla, «Okay.» disse, «Fammi sapere.» sorrise e fissò l'orologio. «Si sta facendo tardi!» esclamò, «Devo andare da papà.» esclamò.
«Ah.» commentò Jason, «Vai a cena da lui?» chiese.
Lauren trangugiò il caffè, «Sì.» rispose, «Me ne stavo scordando.» sorrise, «Scusa.»
«Oh, non importa.» disse e scrollò le spalle e sorrise, finì anche lui il caffè e sospirò, «Ci vediamo, allora.» disse, prese il regalo e si alzò in piedi. «Ciao.» disse.
Lauren lo accompagnò alla porta, «Grazie per essere passato e per il regalo.» disse, «Ci sentiamo.» gli sorrise. Appena chiuse la porta corse in bagno e si preparò per la cena con suo padre.

***

Jason sospirò, fissando il grande abete illuminato al centro della piazza. Una volta Lauren sarebbe stata accanto a lui, invece... invece era con Dean. Pensare a loro due insieme era doloroso, una morsa che si stringeva sempre di più, così tanto da lasciarlo senza respiro.  Era la Vigilia di Natale e lui si sentiva morire, avrebbe voluto essere felice ma non poteva esserlo, senza Lauren. Era tutto così difficile, senza di lei.
Girò piano il viso e sobbalzò quando la vide. Il sorriso sulle labbra, un cappellino di lana calato in testa, le luci dell'albero che le illuminavano il volto e i capelli. Fece un passo verso di lei, poi si bloccò nel vedere Dean accanto a lei, che le stringeva la mano, le sorrideva e le sussurrava qualcosa all'orecchio. Inspirò piano e strinse i pugni, anche se avrebbe voluto picchiarlo.
Non vedeva  e sentiva Lauren da quando le aveva dato il regalo, una decina di giorni prima.
«Jason.»
Lui si bloccò, sorpreso. Non si era accorto di essersi avvicinato a loro, «Ciao.» salutò Lauren e le sorrise, «Come stai?» domandò, ignorando completamente Dean.«Bene.» rispose Lauren, «Tu?» domandò sorridendo.
Jason sorrise, «Bene.» rispose, cercando di ignorare la mano di Lauren stretta in quella di Dean, che continuava ad osservarlo, «Vieni a messa?» chiese, desiderando strappare la mano di Lauren da quella del ragazzo. Lo odiava così tanto che avrebbe voluto spaccargli la testa.             
Lei sorrise, «No.» rispose, «Tu ci vai?»
Jason annuì e si sentì sconvolto, era la seconda volta che Lauren non andava alla messa di mezzanotte: capiva che l'anno prima fosse sconvolta per la morte di Sean, ma adesso... «Sì, ci vado.» rispose, «Sto aspettando mamma, così entriamo insieme.» disse, «Vieni con noi?» chiese, ignorando completamente Dean.
Lauren scosse la testa, «No, mi dispiace.» sorrise.
«Ah.» commentò Jason, «Ma dai, vieni.» disse allungando una mano verso di lei.
«Ho detto no, Jason.» esclamò lei, «Dobbiamo andare.»
«Ciao, buon Natale.» lo salutò Dean e Jason lo vide allontanarsi, mano nella mano, con Lauren e sentì la rabbia montargli dentro, la voglia di seguirli, strappare Lauren da Jason e portarla con sé.
«Non t'azzardare.»
Jason si girò verso Deacon e lo fissò. «Non so a cosa ti riferisci.» disse scrollando le spalle.
«Sì che lo sai.» sorrise Deacon, «Vorresti andare da lei e dare un cazzotto a Dean.» sospirò, «Ma non farlo.» consigliò, «Già il vostro rapporto è sul filo del rasoio, se poi fai una stronzata del genere Lauren non vorrà più vederti nemmeno in cartolina.»
Jason strinse le labbra, «Vorrei solo che venisse a messa con me.» disse, «Ma Dean glielo impedisce.»
Deacon sospirò e alzò un sopracciglio, «Sicuro che non sia lei a non volere venire a messa? Sei proprio sicuro?» domandò, «Tu sei convinto che Lauren non faccia delle cose perché Dean glielo impedisce ma in realtà non hai capito che è proprio lei a non volerle fare.»
Jason inspirò piano, «È cambiata da quando ha iniziato a uscire con lui.» ringhiò, «Prima era diversa.»
Deacon sospirò e infilò le mani nella tasca del giaccone, «Lauren è solo felice, Jason, e tu non devi fare cazzate.» disse, «Ti costa tanto essere felice se lei lo è,  anche se non sei tu quella che la rende felice?»
«Sì.» rispose Jason.
«Ci vediamo.» esclamò Deacon, «Se fai qualche cazzata e Lauren smette di parlarti sul serio, non venire a piangere da me.» disse, si voltò e si allontanò, lasciando Jason da solo e sempre più arrabbiato. Sua madre arrivò e le chiese dove fosse Lauren e Jason le rispose che era andata via con Dean.
Emma iniziò a blaterare che Lauren non era più la stessa da quando frequentava Dean, che stava andando su una cattiva strada, che bisognava fare qualcosa...E, mentre le campane suonavano la mezzanotte, Jason si disse che bisognava — doveva — fare qualcosa.
Così lui e Lauren sarebbero stati felici, insieme.

***

Erano passati un paio di mesi da Natale e Lauren aveva sentito e visto Jason un paio di volte, presa dal lavoro — le avevano cambiato i turni —, dalla notizia che sua madre si stava per risposare e, naturalmente da Dean.
Era appena uscita dal lavoro, dopo sette ore e mezzo passate a prenotare visite, e rimase sorpresa dal vedere Jason. «Ciao.» esclamò, «Come mai qui?»
«Volevo solo vederti.» rispose l'altro, «Stai bene?» domandò, «Ti va di andare a mangiare qualcosa?» domandò.
Lauren sospirò e cercò le chiavi dell'auto nella borsa, «Sono distrutta, Jason.» rispose, «E devo uscire a cena con mia madre e Drew, devono trovare un ristorante per il matrimonio.»
Jason la fissò, gli occhi spalancati, «Tua madre si risposa?» domandò, «Non me l'avevi detto...» mormorò.
«Ho avuto cose da fare.» replicò Lauren, «Scusa.»
«Neppure per un caffè?» chiese Jason e Lauren si accorse che lo voleva davvero.
«No, Jason.» sospirò, «Mi dispiace, ma sono già le sei e devo ancora farmi la doccia e preparami.» disse, «Sarà per la prossima volta, okay?» sorrise e strinse le chiavi.
Jason sbuffò, «Sempre la prossima volta!» esclamò, «Me lo dici sempre, ma mai, mai che poi lo fai!» gridò, «Non mi pensi più, non mi vuoi più bene, pensi solo a Dean!» urlò, «Io vengo dopo quel cretino, dopo i tuoi genitori, persino dopo la tua stupida gatta!» strillò e Lauren vide le sue guance rigate dalle lacrime.
«Jason...» sospirò Lauren, «Mi dispiace ma sul serio, non ho tempo.» disse, «E smettila di offendere Dean.» disse, «Lo capisci che se fai così non ti sopporto?»
Jason scosse la testa, «Prima era diverso.» disse, «Era diverso.» singhiozzò, «Lui non ti merita!» gridò, «È uno stronzo.» disse e sobbalzò quando Lauren lo schiaffeggiò.
La ragazza si voltò e si allontanò senza dire una parola. Odiava quando Jason si comportava in quel modo e non riusciva a capacitarsi che il suo migliore amico non riuscisse ad essere felice per lei.
Avviò l'auto, ignorando Jason che si stava avvicinando e uscì dal parcheggio, dicendosi che non ci doveva più pensare.

***

«Se insulti Dean t'ammazzo.» sibilò Lauren vedendo Jason fuori dalla clinica.
Jason sopirò, «Ieri ti ho visto in giro con gli amici di Dean.» disse lui.
«Sono anche i miei amici.» replicò lei, «E quindi?»
Jason sorrise, «Dean non c'era.» disse.
«Oh, guarda, non me ne ero accorta, grazie per l'info.» replicò Lauren, «Jason... cosa vuoi?» sospirò. Era stanca e  voleva andare a casa e farsi un bel bagno caldo.
«Io so dov'era.» disse Jason, «Dean era con un'altra ragazza.» esclamò, «Lauren, Dean ti tradisce!» esclamò, «Lui non ti ama!»
Lauren scoppiò a ridere, «Dean mi tradisce... questa è bella.» disse, «Idiota!» sbraitò, «Lui era con suo padre e mio padre al lago, a pescare!» ringhiò avvicinandosi all'altro, «Dio, Jason... perché fai così? Tu dici che non ti voglio bene, ma sei tu quello che non me ne vuole, altrimenti non faresti il coglione in questo modo.» esclamò, «Inventarti una cosa del genere...»
Jason la fissò, «Ma è vero, l'ho visto!» esclamò, «Ti tradisce!» disse, «Lascialo, mettiti con me: io non farei mai una cosa del genere!»
Lauren sbarrò gli occhi, «Tu sei pazzo.» gracchiò, «Jason, io amo Dean.» disse, «Lo amo e le tue bugie non mi faranno cambiare idea!» esclamò.
«Ma è vero!» ripeté Jason e afferrò il polso di Lauren, «È vero, devi credermi! Io ti amo più di lui!»
«Lasciami!» strillò Lauren, «Mi fai male.» pigolò e cercò di dare uno strattone per liberarsi, «Jason!» esclamò alzò il braccio libero e colpì il ragazzo, «Lasciami in pace.» ringhiò e se ne andò, entrò nell'auto e fece un respiro profondo, fissò il polso destro, fissando il livido che iniziava a formarsi. Era la prima volta che Jason faceva una cosa del genere.
«Lauren!» Jason la chiamò colpendo il finestrino con i pugni e Lauren si affrettò a inserire la chiusura centralizzata, «Apri! Devi ascoltarmi!» gridò il ragazzo.
Lauren abbassò di uno spiraglio il finestrino, «Vattene, voglio andare a casa.» esclamò , sentendo che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all'altro.
«Dobbiamo parlare, Lau.» esclamò Jason, «Apri.» disse e Lauren scosse la testa, «Apri subito e scendi!» gridò dando un altro pugno all'auto e Lauren sobbalzò, stringendo più forte il volante.
«Jason, levati o ti investo.» esclamò lei, trattenendo a stento le lacrime. «Mi stai spaventando.» pigolò e mise in moto, «Sposti!» gridò.
Jason indietreggiò di un passo e Lauren ne approfittò per partire. 
Una volta a casa sospirò dal sollievo nel vedere che, a parte duchessa, la casa era vuota, andò in camera sua, si gettò sul letto e scoppiò a piangere, ancora spaventata per la reazione di Jason. Era la prima volta che Jason si comportava così e lei era spaventata dalla sua reazione. Si raggomitolò, abbracciandosi le ginocchia e deglutì, chiedendosi cose stesse succedendo al suo migliore amico, e si chiese se fossero ancora migliori amici, dopo tutto quello che era accaduto in quell'anno. Si domandò se fosse colpa sua e cosa avrebbe potuto fare per evitarlo.
E la risposta fu chiara e semplice: non innamorarsi di Dean.
Pianse ancora di più, sentendosi impotente: come poteva evitare di innamorarsi di qualcuno? Non avrebbe potuto.
Respirò a fondo, pensando che avrebbe chiamato Jason e messo in chiaro le cose: se avesse fatto di nuovo una cosa del genere non avrebbe più voluto vederlo e l'avrebbe cancellato per sempre dalla sua vita.
Il telefono squillò, facendola sobbalzare,  «Pronto?» disse.
«Lauren? Stai piangendo?» domandò Dean.
«Sono solo stanca.» rispose lei asciugandosi le lacrime e decidendo di non dire nulla a Dean, «Non preoccuparti.» disse.
«Va bene.» disse Dean, «Sicura di stare bene?» chiese.
«Sicura.» soffiò lei, «Non è niente.» disse, «Solo un po' di stanchezza.» assicurò.
«Uhm, okay.» esclamò lui, «Volevo solo sapere se ti andava di uscire a bere qualcosa.»
Lauren si sdraiò sulla schiena, «Non me la sento.» disse.
«Immaginavo.» 
«Dean... verresti qui?» pigolò Lauren.
«Certo.» rispose lui, «Dopo cena?»
«Sì.» mormorò lei, «Grazie.» soffiò stringendo gli occhi.
«Non devi ringraziarmi.» fece lui, il tono dolce, «A dopo, allora.» disse, «Ti amo.»
Lauren sorrise, «Ti amo.» disse e riattaccò sentendosi meglio. Sospirò, asciugò le lacrime e si mise seduta, rimanendo per un'istante a guardare il tappeto sotto i suoi piedi, poi si alzò, decidendo che una doccia bollente l'avrebbe sicuramente aiutata a stare meglio.

***

Dean era arrivato da una mezz'ora e lui e Lauren erano nel salottino, seduti sul divano. «Lauren... cosa c'è?» chiese, «Lo capisco che qualcosa ti far star male.» disse e le prese il mento fra le mani, costringendola a guardarlo.
Lauren inspirò, «Niente di che.» disse, «È solo che oggi... oggi ho visto Jason.» confessò, «E niente, lui ha fatto il coglione come al solito.» disse e scrollò le spalle, posò la testa sulla spalla di Dean e inspirò il suo profumo. «Ha detto che ieri ti aveva visto con un'altra... che imbecille.»
Dean le baciò la testa, «Non pensarci, tesoro.» mormorò e la strinse più forte e Lauren si lasciò coccolare da lui, godendosi le carezze che lui le faceva sulla schiena. «Sei tesa.» disse sfiorandole il collo, «Girati, ti faccio un massaggio.»
Lauren si allontanò da lui, abbassò la zip della felpa e la scostò e chiuse gli occhi quando Dean posò le mani sulle sue spalle e si lasciò sfuggire un gemito quando iniziò il massaggio.
«Perché non andiamo via per il week-end?» propose lui, muovendo le mani sulle spalle, sentendo i muscoli rilassarsi sempre di più.
«E dove?» soffiò Lauren, gli occhi ancora chiusi.
«Dove vuoi.» rispose lui baciandole una spalle, «Possiamo usare il camper o andare in albergo.» continuò.
Lauren sorrise, «Oh, meglio il camper.» ridacchiò, «E non saprei dove andare.» sospirò, «Magari al sud, così eviteremo di trovare neve anche lì.» ridacchiò.
«Giusto.» soffiò Dean baciandole il retro del collo e sistemandole la felpa, «Prendi il portatile, così diamo un'occhiata.»
Lauren si girò e gli sorrise, «Torno subito.» disse, baciò il ragazzo sulle labbra e andò nella sua stanza. Pensò che era quello che ci voleva, andare via e dimenticarsi tutto quanto per un paio di giorni. Dimenticare Jason e il suo stupido e infantile comportamento. 

***

«È andata via.» piagnucolò Jason, la testa sulle braccia incrociate. «È andata via.» pigolò, «Non se lo ricorda.» disse. «Si è dimenticata del mio compleanno.» gemette, gli occhi pieni di lacrime e la voce rotta dai singhiozzi
Stuart sbuffò, «Tu la tratti male, tratti male Dean e pretendi che lei ti faccia gli auguri?» domandò, «Complimenti.» sbottò sarcastico. 
Jason alzò il viso, si asciugò le lacrime con il dorso della mano e fissò l'amico — anche se si domandò se fosse ancora suo amico, visto che non lo capiva — «Ha ignorato il mio invito, ha preferito andare via con quello là.» disse, «Con quello stronzo.» sputò.
«Ci andrei anche io» disse Stuart «piuttosto che stare qui ad ascoltarti giuro che preferirei fare il terzo incomodo.»
Jason sgranò gli occhi, «Perché non capisci?» pigolò, «Io l'amo!» soffiò, «E lei no.» disse, «Tutta colpa di quello lì!»
Stuart sospirò e scosse la testa, «Sei un... un...» rilassò le spalle ed espirò lentamente, «Non ci sono parole per descriverti, Jason.» disse, «Me ne vado.» aggiunse e si allontanò, lasciando l'amico da solo.
Jason sospirò, pensando che nessuno riuscisse a capirlo fino in fondo, che nessuno capisse quanto amasse Lauren e quanto gli facesse male vederla con un altro.
Era sabato, era il suo compleanno e lo avrebbe trascorso lontano dall'unica persona che importasse davvero. Afferrò il cellulare, compose il numero di Lauren e rimase in attesa. Sapeva che era andata via, perché, la sera prima, era andato a casa di Lauren e sua madre gli aveva detto che era appena partita con Dean. E non aveva voluto dirgli dove erano diretti. Poi la donna gli aveva detto che sarebbero tornati domenica sera e lui si era sentito morire.
«Che vuoi? Jason?»
Lui si riscosse e sorrise nel sentire la voce di Lauren. «Ciao, Lau.» disse, «Ascolta... stasera ci sei per una pizza?» domandò, anche se sapeva che avrebbe detto di no.
«No.» rispose lei, «Non ci sono, sono via con Dean.»
Jason deglutì e chiuse gli occhi. «Non puoi rimandare?» chiese, «Per favore... oggi è... oggi è...» si bloccò, temendo di poter scoppiare a piangere da un momento all'altro.
«Sì, lo so che è il tuo compleanno.» replicò lei, «Ti ho mandato un messaggio su Whatsapp.» disse, «Auguri.»
«Ma di solito lo passiamo insieme.» pigolò lui, «Preferisci lui a me.» si lamentò e sperò che Lauren non si arrabbiasse.
«È il mio ragazzo, Jason.» sospirò lei, «Dovevi avvertirmi prima.» aggiunse e Jason la sentì parlottare con qualcuno — ma non riuscì a capire cosa dicesse — e pensò che si stesse rivolgendo a Dean.
«Prima era diverso.» disse Jason, «Prima se ti chiedevo di uscire dicevi di sì e lo dicevi subito.»
Lauren sospirò, «Jason, non ricominciamo.» disse, «Devo andare, adesso.» esclamò, «Ciao, Jason.» disse e riattaccò.
Jason fissò il cellulare e odiò ancora di più Dean, era colpa sua se Lauren si stava allontanando sempre di più.
Odiò anche Lauren perché non lo amava, perché non lo capiva e perché si stava allontanando da lui.
Posò la testa sulle braccia incrociate, ignorando le persone accanto a lui che lo osservavano curiose e pensò che tutto ciò fosse sbagliato, profondamente sbagliato e ingiusto.
Lauren avrebbe dovuto amare lui, non Dean.
Sospirò, si asciugò le lacrime e uscì dal bar, le spalle basse e le labbra strette fra i denti per impedirsi di singhiozzare.
Più passava il tempo più amava Lauren e detestava Dean che gliela aveva portata via.
Una volta a casa si gettò su letto, esausto. Avrebbe voluto essere con Lauren, festeggiare il compleanno con lei, baciarla e amarla.
Invece... invece era andato tutto storto.

***

«Jason.» mormorò Lauren quando vide l'amico all'uscita del lavoro, «Ciao.»
«Lauren...» pigolò lui, «Ti prego... parliamo.»
Lei sospirò e si passò una mano sul viso sentendosi improvvisamente esausta, anche se quella era stata una giornata tranquilla. «Jason... ti rendi conto di quello che fai?» domandò, «La volta scorsa mi hai praticamente aggredito.»
Lui abbassò gli occhi, «Scusami, non volevo.» mormorò. «Per favore, Lauren.» pigolò.
«Jason... no.» disse, «Sono stanca.» esclamò e si allontanò da lui, «Non seguirmi!» esclamò girandosi.
«Lauren, parliamo.» mormorò lui, «Per favore, solo cinque minuti.»
Lei fece un passo verso di lui, decisa a sistemare quella questione, «Credi che non lo sappia che vai in giro a lamentarti di Dean chiamandolo con nomi poco carini e continuando ad offenderlo?» sputò, «Pianta! Smettila, smettila di fare lo stronzo.» disse, «Smettila di fare il coglione altrimenti ti ritroverai da solo.» esclamò, «Deacon e Stuart e Samanta e Roxane non ti sopportano più.» disse e fissò l'amico, che la guardava con il viso pallido.
«Scusa.» mormorò lui.
«Basta con le scuse.» ringhiò lei, «È un anno che vai avanti così, a offendere Dean.» sospirò, «Adesso basta, basta sul serio.» disse agitando le mani davanti a sé, «O cambi e lo fai in fretta e sul serio, oppure...» si fermò e sospirò, «Oppure basta, abbiamo chiuso. Ognuno per la sua strada.» disse e fissò Jason, le guance di lui rigate dalle lacrime. «Patti chiari e amicizia lunga.» 
«Lau...» piagnucolò Jason, «Per favore, non dire così.» fece, «Non lo farò più,» singhiozzò «lo giuro. Scusa.»
Lauren scosse la testa e afferrò le chiavi dell'auto. «Jason, lo dici sempre. Prometti sempre, ti scusi ogni volta e dopo cinque minuti ricominci con le offese.» disse e si voltò, «Basta, adesso. Basta sul serio.» esclamò e si allontanò, entrò in auto e fissò il ragazzo che la guardava piangendo. Le faceva male allontanarlo e dirgli tutte quelle cose, ma sapeva che era la cosa giusta da fare.
«Ciao, Jason.» lo salutò dopo aver abbassato di poco il finestrino, lo guardò un'ultima volta e partì.

***

Mancavano una decina di giorni a Pasqua e Lauren non vedeva e sentiva Jason da più di due mesi.
«Tutto bene?»
Lauren fissò Dean e annuì, «Sì.» rispose. «Andiamo?» fece alzandosi dal divano.
«Sicura?» domandò lui, «Ti vedo pensierosa.»
Lei gli sorrise e lo abbracciò, «Sicura.» confermò, «Sono solo un po' stanca.» disse.
Dean annuì, «Okay.» mormorò e le baciò le labbra, «Andiamo, altrimenti arriviamo in ritardo.» soffiò contro la sua fronte.
Lauren sorrise e lo seguì fuori di casa e poi in auto. Mentre si sedeva pensò che Jason le mancava, le mancava passare tempo con lui, chiacchierare, confidarsi... ma sapeva che ricucire il rapporto era impossibile visto il modo in cui l'amico si era comportato.
Non voleva scegliere fra l'uno o l'altro, non voleva scegliere fra l'amore e l'amicizia. Non voleva essere costretta a scegliere.
Sapeva come stava solo dalle parole di Deacon e Stuart, che continuavano a vederlo ogni tanto, anche se ormai erano annoiati dei discorsi di Jason.
Mentre Dean guidava, Lauren ripensò a tutti i momenti passati con Jason: dai pomeriggi passati insieme per fare i compiti, alle feste, a quando lui le aveva detto di provarci con Sean — e al pensiero di Sean le si strinse il cuore in una morsa: lo aveva amato così tanto e lo avrebbe ricordato per sempre.
«A che pensi?»
Lauren girò il viso, fissando Dean. «A Jason.» ammise, «Un po' mi manca.» soffiò, distogliendo lo sguardo. «Siamo stati amici per tanto tempo...» sospirò, «Scusa.» disse, sentendosi in colpa.
«Non scusarti.» esclamò lui e le strinse la mano, «È normale che ti manchi.» disse.
Lauren emise un lungo sospiro, sollevata. Per un'istante aveva temuto che Dean si arrabbiasse. «Grazie.» mormorò.
Dieci minuti dopo entrarono nel pub, dove trovarono Hannah, Charlie, Tom e Jeffrey; si accomodarono al loro tavolo e ordinarono da bere.
Lauren s'impose di non pensare a Jason o al suo comportamento, decidendo di divertirsi in compagnia dei suoi amici e del suo ragazzo che in quel momento le stava toccando i capelli, raccolti in una coda alta.
«Potremmo andare via.» esclamò Jeffrey dopo una mezz'ora, «Magari per il Quattro Luglio.»
«Ma siamo appena alla fine di Aprile.» disse wanna, «Non è un po' presto per scegliere?» domandò.
Jeffrey scrollò le spalle, «Nah,» fece, «Meglio scegliere prima, così troviamo posto.» sorrise e afferrò una delle patatine dalla ciotola di vetro verde.
«Potremmo andare da qualche parte sul lago e farci un barbecue.» propose Hannah. «Potremmo andarci in tenda.» disse, «Tanto sarebbe solo per una notte...»
«In tenda?» strillò Tom, «Ma sei matta, Han?»
«Non chiamarmi Han.» sibilò l'altra.
«Sarebbe divertente.» esclamò Lauren, divertita dal modo in cui Hannah stava fissando Tom, come se volesse infilargli l'intero boccale di birra in gola.
Tom la fissò e sbuffò, «Donne.» borbottò, «Tanto faremo tutto noi, voi ve ne starete lì, a prendere il sole.»
«Tom, guarda che l'anno scorso erano loro quelle che cucinavano, mentre tu leggevi il giornale.» esclamò Jeffrey dopo aver posato un braccio sulle spalle dell'amico. Tom spalancò gli occhi e fissò le due per un lungo istante, prima di incurvare le spalle.
Lauren scoppiò a ridere, sentendosi rilassata. «Oh, Tommy.» sospirò e bevve un sorso di birra, «Non fare quel faccino.»
«Potremmo sempre usare il camper.» esclamò Dean.
«Oh, Dio, sì.» disse Tom, «Il camper sì.» annuì, «Amico, tu sì che mi capisci.» mormorò stringendogli il braccio. «Dormire in tenda... phf, e io dovrei dormire per terra?» gracchiò, «Il mio bel culo sull'erba?» mosse una mano come se stesse scacciando un insetto. «Non se ne parla neanche!»
«Guarda che non saresti sull'erba.» gli fece notare Lauren, «Ci sarebbe il fondo della tenda e poi il sacco a pelo.» sorrise.
Tom scosse la testa. «Non mi piace.»
Dean posò il braccio sullo schienale della panca e sfiorò la spalla di Lauren, «E che palle che sei.» borbottò sorseggiando la birra, «Dobbiamo vedere se il camper serve ai miei.» disse, «Se non lo usano lo prendiamo noi, altrimenti dormiamo in tenda.»
Lauren scoppiò a ridere vendendo Tom che sospirava e incurvava le spalle. Le sarebbe piaciuto molto andare via per l'Indipendece Day, e pensò che un weekend in tenda sarebbe stata una bella esperienza, un qualcosa di diverso.
«Brr... il pensiero di centinaia di insetti che mi camminano addosso...» Tom rabbrividì.
Hannah scoppiò a ridere, «Dai, Tommy.» lo prese in giro, «Piantala di fare la donnina isterica che si spaventa per un paio di zanzare.»
Tom bevve un sorso di birra, «Insensibili.» borbottò, facendo ridere gli altri.
Lauren sentì tutta la tensione, la preoccupazione scivolare via dalla sua mente e rise insieme agli altri, appoggiando la testa sulla spalla di Dean.

***

Lauren si mise seduta e aprì con fatica gli occhi, percepì un peso sulle gambe e mise a fuoco Duchessa che dormiva sulle sue gambe. Piegò in avanti la schiena e allungò le braccia, afferrò la gatta e la spostò, si alzò in piedi e, sbadigliando, andò in bagno.
Quando tornò in camera sorrise nel vedere la sua gatta acciambellata sul  torace di Dean, che continuava a dormire, ignaro di tutto; si rimise a letto, avvicinandosi al suo ragazzo, accarezzò Duchessa che fece le fusa e le leccò due dita prima di posare la testolina bianca sulle zampe e continuare a dormire.
Lauren sbadigliò nuovamente, chiuse gli occhi e si riaddormentò.

***

«La tua gatta deve smettere di dormirmi addosso.» esclamò Dean.
Lauren rise, «Ma dai, siete così carini.» esclamò con un sorriso. 
«Mi ritrovo con i suoi peli nel naso.» protestò Dean sedendosi al tavolo della cucina. Allungò un braccio e sfiorò distrattamente Duchessa che si strusciava contro le sue gambe.
Lauren alzò le spalle, «Anche a me capita, ma non ne faccio una tragedia.» disse e versò il caffè in due tazze mentre il bacon friggeva nella padella.
Dean sospirò, «Uhm, okay.» borbottò, «Vuoi una mano?» domandò.
Lauren scosse la testa e tolse il bacon dalla padella, dividendolo in due piatti. «No.» rispose, «Ho finito.» disse e posò i piatti sul tavolo mentre Dean si alzava e portava le tazze di caffè. Lauren prese il pane tostato e si sedette di fronte al ragazzo.
Fecero colazione e poi uscirono, diretti al centro commerciale fuori città — andavano lì perché aveva un negozio molto fornito con le attrezzature da campeggio.
Hannah e gli altri arrivarono subito dopo di loro, entrarono nel grande edificio a forma di “T” e si diressero immediatamente nel negozio di loro interesse.
«Io ripeto che è una pessima idea.» borbottò Tom mentre entravano nel negozio.
«Tu non vuoi dormire per terra.» replicò Charlie con uno sbuffo, «Eppure mi pare che in certe occasioni tu a terra ci dormi.»
Tom si bloccò, «Ah, e quando?» domandò senza voltarsi, lo sguardo fisso su una panca per addominali.
«Quando sei completamente sbronzo.» rispose Dean, «Se ti sdrai per terra è la fine.» rise, «Ci vorrebbe una gru per sollevarti.»
Tom fece una smorfia e osservò Lauren e Hannah avanzare, commentando le magliette sportive esposte, «È diverso.» replicò, stizzito.
«Certo, è diverso.» borbottò Jeffrey alzando gli occhi al cielo, «Andiamo, che quelle canadesi non si scelgono da sole.»
«Io preferirei due canadesi vere.» sbuffò Tom, «Due belle figliole che provengono da Nord.» rise.
«Idiota.» sibilò Hannah.
Passarono la mezz'ora seguente fermi nel reparto “Campeggio”, indecisi su quale tenda prendere. C'erano tanti modelli — troppi, osservò Lauren —, tutti diversi: tende canadesi, igloo con camere, senza camere, grandi, piccole, medie...
«Allora?» domandò Charlie, «Quale prendiamo?» chiese.
«Non lo so.» rispose Dean, osservando gli scaffali davanti a loro.
Lauren si mordicchiò un'unghia e sospirò, «Stiamo via solo due notti e andiamo in un campeggio attrezzato.» disse, «Non ci serve una tenda super cazzuta grande come la Casa Bianca.» osservò.
«Invece sì.» borbottò Tom, «Potevamo andare in un bungalow.» sbuffò.
«Tu dormirai con il culo per terra.» replicò Jeffrey, «La maggioranza ha deciso.»
«Dittatori.» mormorò Tom.
«Prendiamo questa?» domandò Dean a Lauren, indicando una semplice canadese blu.
«Sì.» rispose lei, «Mi piace.» annuì, elettrizzata. Ormai mancavano due settimane al Quattro Luglio e loro avevano deciso di andare in campeggio in tenda, ignorando le proteste di Tom.
Dean afferrò la tenda e la infilò nel carrello sul quale Tom si era appoggiato. Anche Charlie e Hannah scelsero una tenda — lo stesso modello di Dean e Lauren, ma di un colore diverso — e l'aggiunsero al carrello.
«Tom?» chiamò Jeffrey.
«Scegli tu.» rispose l'altro. «Tanto paghi tu.»
Lauren ridacchiò quando Jeffrey sbuffò, lo vide prendere lo stesso modello che avevano preso loro e sospirò: non mancava molto.
«Adesso mancano sacchi a pelo e il fornellino da campeggio.» disse Charlie, «Magari uno piccolo.» propose.
Lauren sbuffò, pensando che ci avrebbero messo un'altra mezz'ora solo per scegliere i sacchi a pelo. Invece decisero in fretta, prendendo dei sacchi a pelo in offerta.
Per il fornelletto si affidarono al commesso, che consigliò loro di prendere anche delle stoviglie in plastica dura. Era una specie di matriosca: dentro due insalatiere messe una sopra l'altra a formare una sfera c'erano sei piatti fondi, sei piani, sei piattini da frutta e sei bicchieri, più un piccolo vassoio. Ne presero due. Per le posate, Dean disse che avrebbe preso quelle di sua nonna, insieme al vecchio tavolo da giardino, con le sedie e l'ombrellone.
«Mancano le lampade.» esclamò Tom quando stavano andando alle casse.
«Oh, già.» sospirò Dean e girò il carrello. Charlie afferrò una grossa lampada e tre più piccole.
Lauren e Hannah uscirono dall'uscita senza acquisti, andando poi a sistemarsi davanti alla cassa dove i loro amici erano in coda. «Cosa ti porti?» domandò Hannah.
Lauren alzò le spalle e le sorrise dopo aver guardato brevemente Dean, «Non so.» rispose, «Vedrò.» disse, «Sicuramente qualcosa di comodo.»
«Ma te li immagini quei due in una tenda sola?» ridacchiò Hannah indicando Jeffrey e Tom, «Secondo me si tireranno i calci tutta la notte.
Lauren rise, «Sicuramente.» disse, «Oppure Jeff tirerà un cazzotto a Tom perché si lamenta troppo.»
Hannah rise ancora più forte, coprendosi la bocca con la mano, «Oh, se succedesse vorrei tanto essere lì a vedere la scena.»
«Di cosa parlate?» domandò Dean spingendo il carrello verso di loro.
«Di Tom e Jeff che dormono insieme, nella tenda, vicini vicini.» rispose Lauren aiutandolo a rimettere le cose nel carrello.
«Non farmici pensare.» borbottò Tom mentre Lauren sorrideva a Dean.
«Puoi sempre prendere un'altra tenda, eh.» sbuffò Charlie.
Tom scosse la testa, «No.» rispose.
«E allora dormirai con Jeffrey.» esclamò Dean.
Pagarono, dividendo alla buona il conto per tre — avrebbero fatto con calma i conti più tardi — e, visto che era quasi ora di pranzo, decisero di fermarsi a mangiare.
Dopo che i ragazzi misero in macchina quello che avevano comprato, si diressero verso la steak house al secondo piano del centro commerciale.

Erano ormai al dolce, quando Lauren cominciò a sentirsi osservata. Si guardò attorno, muovendo piano la testa e alla fine lo vide.
Jason.
Jason e sua madre, seduti dall'altra parte del ristorante, che la fissavano.    Lauren si domandò cosa ci facessero lì, visto che di solito andavano al centro commerciale della loro città. Decise di ignorarli e concentrarsi sulla conversazione con i suoi amici e sulla torta meringata, ma le risultò difficile farlo, perché continuava a sentire lo sguardo dei due su di sé.
«Tutto bene?» soffiò Dean al suo orecchio.
Lauren lo guardò e sorrise, «Sì.» rispose, «Perché?»
«Perché ci sono Jason e sua madre che ti fissano da almeno tre quarti d'ora.» rispose Dean a bassa voce.
«Lo so.» mormorò lei rompendo la base di meringa della torta. «Ma non mi importa, sul serio.» alzò lo sguardo, fissando gli occhi azzurri di Dean. Sorrise, dicendosi che non le importava sul serio.
Dean le sorrise e le baciò velocemente la fronte, mentre gli altri ridevano per un qualcosa detto da Tom.

«Lauren.»
Lei si girò, fissando la madre di Jason fissarla, «Che c'è?» disse, «Devo andare, ho fretta.» aggiunse facendo un passo verso la porta dei bagni mentre sfregava le mani umide sulle cosce coperte dai jeans.
«Stai trattando male il mio bambino.» replicò la donna. «Jason ti ama tanto.» disse e allungò una mano, stringendo il polso di Lauren, «Soffre, sai?» pigolò, «Soffrecosì tanto!»
Lauren si divincolò, «Mi dispiace.» disse, «Sul serio.» sospirò, «Ma è lui che si comporta male con me. È lui che offende il mio ragazzo e i miei amici.» disse, «Mi ha promesso tante volte che sarebbe cambiato, ma non lo ha mai fatto.» sospirò, «Quindi è colpa sua.» disse e la superò, «Arrivederci.» esclamò e si allontanò, raggiungendo gli altri che la stavano aspettando fuori dal lungo corridoio che conduceva ai bagni.
«Tutto bene?» chiese Dean, «Credevo fossi caduta dentro la tazza.» rise.
Lauren fece una smorfia e spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, «Ho solo incontrato una scocciatrice, niente di che.» disse, «Andiamo?» chiese prendendo la mano di Dean. Mentre usciva dalle porte automatiche, voltò appena la testa, fissando per un attimo Jason e sua madre che la fissavano.
Li ignorò, concentrandosi sulla mano di Dean che stringeva la sua, su Charlie e Hannah che parlottavano, su Tom e Jeffrey che si prendevano in giro a vicenda.
Pensò che le andava bene così, che così fosse tutto perfetto. Aveva Dean e ogni altra cosa non contava più.
Non voleva avere un amico che non era felice con lei, che le teneva il muso perché aveva trovato la felicità con un altro. Non le serviva un amico che trattava male Dean.
Aveva voluto bene a Jason, era stato il suo migliore amico per così tanto tempo che non sarebbe stato facile superare la sua mancanza ma era certa che se la sarebbe cavata. Aveva altri amici, oltre a Jason. Aveva Deacon, Stuart, Samantha e Roxane. Aveva Hannah, Charlie, Tom e Jeffrey. Aveva la sua famiglia.
Aveva Dean.
E, mentre Dean usciva dal parcheggio e lei insisteva per pagare metà del conto che aveva pagato Dean per la tenda, i sacchi a pelo, la palla con i piatti e le lampade, e mentre lui le diceva che non era necessario, si rese conto che era da tempo che non le importava più di Jason.
Sorrise, felice, appoggiandosi allo schienale, allungò una mano e sfiorò quella di Dean.
«Ti amo.» soffiò.
«Ti amo.» rispose lui e Lauren decise di non pensare più a Jason. Amava Dean e il resto non contava.




Salve, non aggiorno da... da... è meglio che non guardi, và. Mi dispiace per questi mesi di ritardo ma ho avuto un piccolo blocco... scusatemi!
Il capitolo non doveva andare così, doveva succedere altro ma poi i pg hanno fatto quello che volevano -.- e quindi è uscito così. A me il capitolo piace, spero che piaccia anche a voi.
Il prossimo sarà l'epilogo, e così anche questa storia sarà conclusa e potrò concentrarmi su altro!
Bisogna assolutamente inserire la storia in codice html, altrimenti il testo verrà fuori tutto attaccato. Per istruzioni guardate il riquadro azzurro affianco e se non sapete cos'è l'html, utilizzate la prima delle due opzioni, l'editor di EFP.

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Capitolo 11
*** 11. Epilogo ***


Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


11. Epilogo



Jason si mosse sulla poltroncina. Avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì, nello studio di una psicologa.
Ma c'era e non poteva tirarsi indietro, anche se lo avrebbe fatto volentieri. E tutto per colpa di suo padre. “Se vai a parlare con lei ti pago metà dell'auto nuova.” gli aveva detto. A nulla era servito far notare che era un ricatto, suo padre non aveva ceduto di un millimetro.
Però a lui una macchina nuova serviva — la sua si era rotta qualche giorno prima e sistemarla non ne valeva la pena — e così aveva dovuto sottostare a quell'accordo.
Decise di non pensare a suo padre e la sua mente vagò, arrivando a Lauren. Ormai erano mesi che non riusciva più a scambiare più di due parole con lei. Ogni volta lui finiva per insultare Dean e Lauren si arrabbiava. Le mancava così tanto che ogni tanto era sicuro che sarebbe morto di dolore; passava il tempo a fissare le loro foto e a rileggere i loro scambi di messaggi, a ricordare i bei momenti passati insieme e a odiare Dean.
Inspirò a fondo, artigliando i braccioli della poltroncina. Sussultò quando la porta davanti a lui si aprì e fissò l'uomo che ne uscì. Sospirò e si sentì chiamare. Fissò la psicologa e si alzò, la raggiunse e le strinse la mano. 
«Come stai?» domandò lei.
«Bene.» mugugnò lui e si sedette sulla poltrona nera mentre la donna chiudeva la porta, poi si sedette anche lei di fronte a lui. «C'è qualcosa di cui vuoi parlare?»
Jason la fissò e scrollò la testa, «No.» rispose.
«Non hai problemi, quindi?»
Jason sbuffò. «No.» rispose, «Cioè, c'è un problema.» disse, «Io amo Lauren, è la mia migliore amica, ho promesso a Sean prima che morisse che sarei stato accanto a lei ma Lauren si è messa insieme a quello stronzo di Dean e non mi vuole più parlare perché lo insulto.» esclamò, «E i miei amici non capiscono!» disse, «Loro dicono che Lauren deve andare avanti e che lo sta facendo, ma io voglio che lo faccia con me, non con quel cretino.» sputò, «Io la amo e non posso sopportare il pensiero che sia felice con qualcuno che non sia io.»
La psicologa — che si chiamava Marie Brown — lo osservò per un paio di istanti, «Okay.» disse, «Spiegati meglio.» esclamò, «Chi è Sean?»
Jason sospirò, «Sean era il mio migliore amico e fidanzato di Lauren e si dovevano sposare, poi lui si è ammalato ed è morto due anni fa.» spiegò, «Lui prima di morire mi aveva chiesto di stare vicino a Lauren e di proteggerla e io gli ho detto che l'avrei fatto perché ero già innamorato di lei, ma Lauren ha ripreso i contatti con uno che conosceva quando era piccola e ha iniziato a escludermi perché io non volevo che uscisse con quello là che conosceva appena.» raccontò, «Poi sono andati in vacanza insieme con gli amici di lui invece di venire insieme me e ai miei genitori nella casa in montagna. Sono andati via in sei in un camper e sono andati al mare. Dovevano stare via una settimana ma hanno deciso di fermarsi ancora qualche giorno e l'ho saputo solo perché mi ero preoccupato perché Lauren non era ancora tornata a casa.» continuò, sentendosi sempre meglio mano a mano che raccontava tutto quanto a una persona che si limitava ad ascoltarlo. «Mia madre ha cercato di parlare con i genitori di Lau, per fargli notare che usciva con uno che conoscevano appena ma loro l'hanno sempre mandata via insultandola.» disse e accettò il bicchiere d'acqua che la donna gli stava porgendo, bevve un paio di sorsi e sospirò, «Poi loro due si sono messi insieme e io mi sono arrabbiato e Lauren non mi voleva più vedere, poi facevamo pace e io le promettevo che non avrei più insultato.»
Inspirò a fondo e osservò la donna davanti a lui.
«Nessuno dei miei amici mi dà ragione!» sbottò, «Loro dicono che sto troppo addosso a Lauren, che le asfissio, che mi comporto da stupido e che la perderò se continuo così e io non voglio perderla.» si fermò e inspirò a fondo, accorgendosi che la sua voce si era ridotto a un sussurro.
Sorseggiò l'acqua e fissò la dottoressa, «Direi che abbiamo molto di cui parlare.» commentò la donna, «Ormai l'ora è finita.» disse guardando l'orologio appeso alla parete dietro Jason.
«Ah, davvero?» fece lui stupito che fossero trascorsi già sessanta minuti da quando era entrato, girò piano la testa e fissò l'orologio: mancavano due minuti alle sedici. «Il tempo è passato in fretta.» commentò e finì l'acqua.
Un paio di minuti dopo uscì dallo studio e sorrise, felice che qualcuno lo avesse ascoltato senza giudicarlo, senza insultarlo, rimanendo semplicemente lì a sentire quello che aveva da dire. Fissò la ragazza seduta sulla poltroncina, che se ne stava con la testa reclinata, intenta a leggere una rivista. Andò dalla segretaria e prese appuntamento per la settimana successiva.

✫✫✫

Lauren sbuffò e fissò l'orologio: ancora venticinque minuti e la sua giornata lavorativa si sarebbe conclusa. Schiacciò il pulsante, facendo avanzare i numeri della coda, bevve velocemente un paio di sorsi d'acqua e sorrise, «Buon pomeriggio, come posso aiutarla?» esclamò e si blocco nel riconoscere Emma, la madre di Jason. Ormai erano mesi che non la vedeva più e rimase sorpresa nel ritrovarsela davanti. «Signora?» esclamò, imponendosi di mantenere la calma ed essere cordiale.
«Devo prenotare una visita.» rispose l'altra passandole una ricetta.
Lauren annuì, afferrò il foglio e inserì i dati, tenendo lo sguardo fisso sullo schermo. «C'è un posto libero.» disse, «È fra due settimane, alle tre del pomeriggio.» esclamò e ripeté la data. «Va bene?»
L'altra annuì, «Va benissimo.» rispose.
Lauren annuì e stampò il foglio del promemoria e lo diede alla donna, «Si ricordi di pagare prima.» disse, «Arrivederci.»
«Ci manchi tanto, Lauren.» esclamò Emma, «E manchi tanto a Jason.» pigolò, «Lui ti ama.» disse.
«Io no.» replicò la giovane, «Arrivederci.» ripeté e sospirò quando Emma si allontanò da lei.
Mezz'ora dopo era fuori dall'edificio, diretta alla sua auto.
Ormai era un anno e mezzo che stavano insieme — un anno e sette mesi e quattro giorni — e lei era sempre più felice.
Sua madre e Drew erano sposati da qualche mese e presto anche suo padre si sarebbe risposato. Era tutto perfetto.
Charlie era incinta e lei era felice di diventare “zia”, non vedeva l'ora di vedere il bambino — o bambina, ancora non lo sapevano cosa sarebbe stato —, era tutto perfetto e non poteva chiedere di meglio.
Anche se...
Anche se Jason le mancava: rivoleva il suo migliore amico ma sapeva che non era possibile, almeno finché Jason avesse odiato Dean.
Con un sospiro aprì la portiera e salì in auto.
Una volta arrivata a casa salutò sua madre e corse nella sua stanza a prepararsi per uscire a cena con Dean.
Fece una carezza a Duchessa, che sonnecchiava nel suo letto, proprio al centro della testa, afferrò dei vestiti puliti dall'armadio e andò in bagno.

Il ristornate era piccolo e accogliente, con le pareti dipinte di color salmone, quadri appesi alle pareti, cesti di vimini con frutta di stagione sparsi qua e la e delle lampade da parete in ottone. A Lauren quel posto piaceva molto, ed era felice di essere lì quella sera insieme a Dean.
Sorseggiò il vino bianco e sorrise. «Dopo cosa facciamo?» domandò, «Andiamo dagli altri o ce ne stiamo per conto nostro?» sorrise mentre aspettava la torta meringata.
Dean alzò le spalle, «Per me è uguale.» disse, «Anche se potremmo farci una semplice passeggiata in centro.» esclamò, «O andiamo a farci un giretto alla fiera.»
Lauren sorrise, «Frittelle!» cinguetto, «Oh, sì voglio una frittella.»
Dean rise e Lauren lo trovò bellissimo, «Okay, allora è deciso.» esclamò.

Un'ora dopo Lauren aveva la sua frittella in mano e camminava al fianco di Dean.
«Ti stai sporcando tutta la faccia.» commentò lui.
Lei alzò le spalle, «È zucchero.» disse, «Domani dovrò correre per smaltire tutte le calorie.»
Dean si fermò di colpo, «Da quando corri?» domandò.
Lauren rise, «Da mai.» rispose, «Era per dire.» aggiunse e morsicò la frittella, spargendo ancora più zucchero sulle labbra e sulle guance; guardò Dean e trattenne un risolino, poi allungò la frittella verso di lui. Il giovane ne staccò un pezzo, riempiendosi le dita di zucchero.
Lauren rise di nuovo, «Ti sei sporcato anche tu.» squittì.
Dean scrollò le spalle, «Capita.» replicò con un sorriso, poi si chinò verso di lei e la baciò, leccando lo zucchero dalle labbra.
Lauren lo fissò e sorrise, poi bevve un sorso dalla bottiglia di aranciata.
«Andiamo a vivere insieme?» mormorò Dean, le guance appena arrossate.
«Cosa?» squittì Lauren, sicura di non aver capito bene. Non era possibile che Dean le avesse detto una cosa del genere, «Tu... tu... mi hai chiesto...» biascicò confusa.
Dean sorrise e le scostò i capelli, portando una ciocca bionda dietro le spalle, «Andiamo a vivere insieme?» ripeté, «Ti amo.»
Lauren sorrise, felice, e per un'istante temette che il cuore le scoppiasse dalla felicità. «Sì.» rispose e abbracciò Dean, stringendolo forte, «Ti amo.» soffiò all'orecchio di lui, sentendo che tutto stava andando al posto giusto.

✫✫✫

Jason aveva visto e sentito ogni cosa.
Era proprio dietro la panchina dove erano seduti Lauren e Dean e aveva assistito a tutta la scena.
“Sì.”
Ripensò a quelle due lettere, due semplici lettere che avevano distrutto il suo cuore.
Li sentì discutere della casa di Elaine, di cosa cambiare, di tende, tappeti e divani, di Duchessa che non si sarebbe traumatizzata a causa del trasloco, visto che le sarebbe bastato superare la bassa recinzione che separava le due case...
Sentì un nodo alla gola, le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro e una morsa al cuore. Si allontanò piano, dicendosi che forse la dottoressa aveva ragione: forse era il caso di dimenticare Lauren, visto che non lo voleva e lo stava solo facendo soffrire.
Si allontanò da loro, superando diverse bancarelle di dolciumi e oggettistica artigianale, svoltò a sinistra e andò a sbattere contro qualcuno. «Mi scusi.» esclamò,«Mi dispiace.» disse e fissò la giovane che si stava chinando per raccogliere un paio di sacchetti da terra. La riconobbe subito: era la ragazza che dalla psicologa entrava subito dopo di lui.
«Non è niente.» disse la giovane, la voce bassa e a tratti tremolante.
«Spero di non aver rotto niente.» esclamò Jason raccogliendo l'ultimo sacchetto, «Se si è rotto qualcosa lo ripago.» aggiunse.
«Sono tutte cose di stoffa.» replicò la giovane e abbozzò un sorriso che Jason trovò adorabile, «Grazie.» disse e prese il sacchetto.
«Ehm... posso offrirti qualcosa per scusarmi?» domandò.
Lei lo guardò sorpresa, inspirò a fondo, sorrise e annuì. «Con piacere.» rispose.

Si chiamava Angel e Jason pensò che non ci fosse nome più adatto per lei. Dopo aver preso un frappè stavano passeggiando nel centro del paese e Jason teneva i sacchetti di Angel. Lei gli aveva confidato che andava dalla psicologa perché aveva assistito all'incidente che aveva ucciso sua madre e suo fratello minore: li aveva visti salire in auto e partire e lei era andata sul ciglio del vialetto e aveva visto la macchina allontanarsi, attraversare l'incrocio — avevano il verde — e venire investiti da un camionista che non aveva rispettato il semaforo rosso.
Jason aveva provato l'impulso di stringerla forte ma si era limitato a un'affettuosa pacca sulle spalle.
«Io ero innamorato della mia migliore amica, solo che lei sta con un altro e la cosa non mi andava giù.» raccontò, «Ma mi sta passando.» ammise.
Angel sorrise e Jason si sentì felice.
Forse poteva voltare pagina e ricominciare.

✫✫✫

Angel gli piaceva, era bello parlare con lei, che lo ascoltava, lo ascoltava sul serio e lo capiva. Passavano bei momenti insieme, passeggiando per il centro commerciale. Erano tutti e due abitudinari e a Jason la cosa piaceva molto.
Era bello avere gli stessi desideri e abitudini di un'altra persona. Era bello non doverla dividere con nessun'altra. Era piacevole tenerla per mano, guardarla, farla ridere, organizzare una cena nel solito ristorante...
Jason lo sapeva, lo sentiva che si stava innamorando di lei.
E la cosa lo rendeva felice.

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Lauren fissò le decine di tovagliette americane, indecisa su quali comprare. La casa di Elaine non aveva bisogno di nessun lavoro di ristrutturazione, gli elettrodomestici erano recenti, così come la cucina, avevano deciso di cambiare la camera da letto, scegliendo mobili di colore chiaro. L'unica cosa da rimettere a posto era il bagno del piano terra ed era quella che stava portando via più tempo perché lei e Dean erano indecisi su quali sanitari comprare e quali piastrelle usare.
La ragazza afferrò delle tovagliette plastificate con disegnati dei girasoli. Le osservò e sospirò, indecisa se prenderle o no. Alla fine le infilò nel cestino con le ruote e ne prese altre quattro di colore azzurro. Si spostò da quello scaffale e afferrò degli strofinacci, afferrò anche un paio di cuscini nuovi per il divanetto in vimini del balcone.
Si spostò dal reparto “casa” dell'ipermercato del centro commerciale continuò i suoi acquisti.
Pagò alla cassa automatica e si diresse al bar di fronte, si sedette a un tavolino minuscolo, la borsa di tela con un gatto grigio che spuntava da un vaso di terracotta ai suoi piedi. Ordinò un cappuccino e un muffin al cioccolato e sfogliò il quotidiano locale in attesa della sua ordinazione. Udì una voce familiare e alzò il viso, trovandosi davanti Jason e una ragazza minuta, molto più bassa di lui, con lunghi capelli castani. Li guardò per un lungo istante, fissando la mano del ragazzo che stringeva quella di lei e sorrise.
«Ciao, Jason.» esclamò e lui sussultò e si voltò.
«Oh, Lauren.» commentò lui, «Ciao.» disse. «Possiamo sederci?» domandò e lei notò il suo imbarazzo, «È pieno.»
Lauren sorrise e annuì, «Certo.»
Jason scostò una sedia e lasciò la mano della ragazza, «Lei è Angel.» la presentò.
Lauren le strinse la mano e fu felice che Jason avesse trovato una persona da amare e sperò che fra loro andasse tutto bene e che lui trovasse quella felicità che meritava.
Parlarono un po', ma né Jason né Angel dissero dove si fossero conosciuti — avevano solo detto che si conoscevano da un paio di mesi — e Lauren iniziò a diventare curiosa. Bevvero i loro caffè e cappuccini, Lauren mangiò il muffin, pagarono — e Jason insistette per pagare quello che Lauren aveva preso — e continuarono a camminare nei corridoi del centro.
Si fermarono dopo qualche minuto e Lauren osservò Angel sparire nel corridoio che portava ai bagni.
«State insieme?» domandò Lauren quando lei e Jason furono soli.
Lui scrollò le spalle e arrossì appena, «Ci stiamo conoscendo.» rispose.
«Sono felice per te.» disse Lauren e gli strinse la spalla.
«Sei fe-felice per me?» balbettò Jason e Lauren vide lo stupore nei suoi occhi.
«Certo.» rispose lei e gli sorrise, «Se tu sei felice lo sono anche io.» disse, «Angel mi sembra molto dolce.»
Jason accennò un sorriso, «Lo è.» disse.
«L'hai fatta conoscere agli altri?» domandò Lauren.
«Non ancora.» rispose lui, «Lo farò.» disse, «Ci sarai?» chiese.
«Certo.» rispose e sentì, ancora una volta, che tutto sarebbe andato al posto giusto, che sarebbe andato tutto bene. 
Sorrise felice; lei e Dean sarebbero andati a vivere insieme — anzi, vivevano già insieme, almeno nei fine settimana —, non avrebbe dovuto abbandonare Duchessa, i suoi amici le volevano bene e lei gliene voleva a loro e Jason aveva trovato una persona da amare.
Sorrise di nuovo quando Angel tornò da loro, con un sorriso luminoso. Pensò che fosse la ragazza giusta per Jason e sorrise ancora.

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Dean posò la valigia sulle letto — l'arredamento della camera, compreso di materasso, era arrivato due giorni prima — e l'aprì. Fissò per un istante i suoi vestiti ripiegati e sorrise, poi voltò la testa nel sentire un miagolio: era Duchessa, entrata dalla porta finestra della cucina che aveva lasciato aperta per far cambiare aria. Evidentemente aveva salito le scale, arrivando in camera da letto.
La gatta balzò sul letto e annusò la valigia, «Non entrare.» l'ammonì Dean, «Riempi di peli i vestiti.»
La gatta lo osservò, la coda avvolta attorno al corpo e miagolò.
«Lauren arriva fra poco.» sorrise Dean e grattò Duchessa fra le orecchie bianche. La gatta iniziò a fare le fusa e spinse la testolina contro le dita del ragazzo.
Dean smise di coccolare la gatta e iniziò a sistemare i vestiti nell'armadio a muro e si domandò se ci sarebbero stati i vestiti di entrambi o se avessero dovuto usare l'armadio di una delle altre due stanze. Decise di pensarci più tardi, quando Lauren sarebbe tornata.

La ragazza arrivò una decina di minuti dopo, quando Dean stava finendo di appendere delle camicie.
«Lascia un po' di spazio anche per me.» esclamò Lauren entrando in camera, «Oh, Duchessa.» trillò e si sedette sul letto, afferrò la gatta e la posò sulle cosce e la coccolò.
«Io lo spazio lo lascio, ma mi sa che è troppo piccolo.» replicò Dean, «Dovremo usare l'altro armadio.» commentò e andò a sedersi accanto a Lauren, le scostò i capelli dal viso e la baciò, «Abbiamo quasi finito di sistemare.» disse.
Lauren annuì e sorrise. «Manca poco.» soffiò.
Dean la fissò e sorrise a sua volta, «Già.» mormorò, «Non vedo l'ora,» disse e le toccò una spalla, facendo scivolare i capelli fra le dita, le baciò la tempia e inspirò il profumo dello shampoo di lei, «Sarà bellissimo.»
Lauren sorrise e continuò ad accarezzare Duchessa, «L'altro giorno ho visto Jason.» confessò, «Si sta vedendo con una.»
Dean irrigidì appena la schiena, «Davvero?» domandò e si sentì subito sollevato: se Jason usciva con una ragazza voleva dire che aveva dimenticato Lauren, che non avrebbe più rischiato di trovarselo all'uscita del lavoro, che non avrebbe più importunato Lauren, «È una cosa bella.» sorrise.
Lauren annuì, «Sì, lo è.» confermò, «Si merita qualcuno che lo ami.» sorrise e guardò Duchessa che scendeva dalle sue gambe e usciva dalla porta.
Rimasero in silenzio per qualche istante e Dean continuò a passare le mani fra i capelli di Lauren. «Lo sai che ti amo?» domandò, gli occhi azzurri che brillavano, l'altra mano che stringeva quella di lei.
«Lo so.» sorrise Lauren, «Ti amo anche io.» soffiò e lo baciò sulla labbra e Dean le sorrise. «Mi aiuti con le mie valigie?» mormorò lei.
Dean annuì, «Certo.» disse, «Le hai già preparate, vero?» domandò.
Lauren annuì, «Ieri sera.» disse.
Dean si alzò in piedi, «Andiamo, allora.» esclamò.
«Quanta roba hai?» ansimò un paio di minuti dopo.
«Qualcosina...» rispose Lauren scrollando le spalle.
Dean la fissò, «Qualcosina... saranno almeno tre valigie e dieci scatoloni!» le fece notare. «Non puoi lasciare qua qualcosa?» domandò.
Lauren spinse in fuori le labbra e gli circondò il collo con le mani, «No.» soffiò, «Abbiamo abbastanza armadi, sai?» mormorò e lo baciò piano.
Dean rise e l'abbracciò, «Non so resistere quando fai il broncio.» disse e le baciò la fronte, «Dai, portiamo di là qualcosa.» esclamò, si allontanò da lei e afferrò uno degli scatoloni mentre Lauren prese una delle valigie.

Quella sera, mentre Dean si sdraiava accanto a Lauren, nel loro nuovo letto, pensò che non avrebbe mai immaginato che sarebbe potuta accadere una cosa simile. Non avrebbe mai pensato che sarebbero cambiate tante cose dal giorno in cui aveva invitato Lauren alla festa per il suo compleanno; non si sarebbe mai immaginato che avrebbe lasciato Georgia perché lei lo aveva tradito, non avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato di Lauren.
Ma era felice che fosse successo e non avrebbe cambiato nulla di tutto ciò.
Abbracciò Lauren e le baciò la nuca. «Ti amo.» soffiò.
«Ti amo.» mormorò lei.
E Dean chiuse gli occhi e si addormentò felice.




È meglio che non guardi quando ho aggiornato l'ultima volta. Mi dispaice per il ritardo ma ho avuto un "piccolo" blocco.
Vabbè, anche questa storia è finita *esulta*
Grazie a chi legge, a chi mette la storia in una delle liste.

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