Il potere delle ombre

di violaserena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Bran ***
Capitolo 3: *** Aeron ***
Capitolo 4: *** Jaime ***
Capitolo 5: *** Davos ***
Capitolo 6: *** Tyrion ***
Capitolo 7: *** Catelyn ***
Capitolo 8: *** Victarion ***
Capitolo 9: *** Brienne ***
Capitolo 10: *** Samwell ***
Capitolo 11: *** Euron ***
Capitolo 12: *** Griff il giovane ***
Capitolo 13: *** Arya ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 
Il sole era alto nel cielo e i suoi raggi dorati illuminavano la città di Asshai.
I sacerdoti delle ombre, i cui volti erano nascosti da maschere laccate, camminavano tranquillamente lungo le sinistre vie che conducevano alle imponenti mura della città.
Ognuno di essi portava sotto braccio un grande volume nero, finemente ornato.
Che cosa avessero intenzione di fare nessuno poteva saperlo e probabilmente nessuno voleva saperlo, altrimenti la propria vita sarebbe stata in pericolo.
Oscure cose circolavano sulla città e sui suoi abitanti che, non a caso, venivano chiamati dai Dothraki progenie dell'ombra.
Chi si avvicinava alla verità non era mai tornato indietro per raccontarla e, fintantoché qualcuno non facesse ritorno, Asshai e le Terre delle Ombre e qualsiasi altro luogo e mare si trovassero al di là di esse, sarebbero rimaste per sempre un libro chiuso per uomini saggi e re.
«C'è sempre altro da conoscere, altro da vedere, altro da imparare. Il mondo è vasto e meravigliosamente strano. Ci sono cose sotto le stelle la cui esistenza nemmeno gli arcimaestri della Cittadella potrebbero sognarsi, non sei d'accordo con me Nymeria?» domandò Arya osservando i sacerdoti delle ombre scomparire nel buio.
Il meta-lupo guardò intensamente la sua padrona, percependo il suo tormento.
Arya lo accarezzò amorevolmente e poi sospirò.
Aveva lasciato Grande Inverno da un mese con il pretesto di controllare la situazione nel Continente Orientale. In fondo di mercenari ce n'erano sempre e non era da escludersi che ricapitasse quanto appena un anno e mezzo prima era accaduto.
Sapeva però che non era veramente quello il motivo che l'aveva spinta ad andarsene.
Un tempo aveva ardentemente desiderato di poter tornare a casa e quando ci era finalmente riuscita era stata felice. Era di nuovo nel luogo in cui era cresciuta insieme alla sua famiglia e alle persone che voleva bene. Era di nuovo tutto com'era prima.
Pian piano, però, si era resa conto di essersi sbagliata. Non poteva più essere tutto come in passato: suo padre, Robb, Jon non c'erano più. La vecchia Nan, maestro Luwin, Theon, septa Mordane, Jory Cassel, Mikken e molti altri erano morti.
I volti e le voci della sua infanzia erano solo un lontano ricordo. Un dolce quanto triste ricordo.
Non avrebbe potuto fare niente per cambiare le cose.
Non avrebbe potuto fare niente per recuperare quel passato che tanto amava.
Sospirò di nuovo. Doveva prendere una decisione.
Guardò l'orizzonte, il mare, il sole. Chiuse gli occhi lasciandosi cullare da una soffice brezza, rievocando alla mente i tempi andati.
Quando li riaprì guardò Nymeria e sorrise.
Ora sapeva quel che doveva fare.
Si voltò, ma non poté proseguire.
Il meta-lupo ululò e poi cadde accanto a lei in una pozza di sangue.
Una freccia le aveva colpite entrambe.
Arya cercò di alzarsi, ma non ci riuscì. Le forze la stavano abbandonando.
Il sangue usciva copioso dalla sua ferita.
La vista cominciò ad annebbiarsi.
Nymeria era immobile.
Il sole era alto nel cielo di Asshai delle Ombre.
E un'ombra fu l'ultima cosa che la giovane Stark vide.
Un'ombra che aveva il volto di... Jon Snow.



 
 
Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
Dopo alcuni mesi, sono tornata con il seguito de "La Rivincita dei Lupi" e "Venti di Guerra".
Spero possa piacervi e spero, con questo prologo, di avervi incuriosito.
Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate! ^^
A presto,
Violaserena.
 

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Capitolo 2
*** Bran ***


BRAN

 
 
Dall'alto della torre spezzata un giovane re guardava l'orizzonte a lui tanto familiare.
Infinite volte era salito fin lassù, suscitando le preoccupazioni di sua madre. Ma lui, forse egoisticamente, non se n'era mai curato. Doveva salire, voleva salire. Lassù si sentiva libero, si sentiva in grado di fare ogni cosa, persino volare.
Forse era destino che Jaime l'avesse fatto cadere spezzandogli le gambe. Senza quel gesto malaugurato non avrebbe mai potuto imparare a volare.
Ma lui odiava volare, lo odiava. Odiava il corvo con tre occhi, odiava quello che vedeva, presente, passato o futuro che fosse. Odiava tutto quello. Odiava essere re. Lui voleva essere un cavaliere, nient'altro che un cavaliere e invece...
Avrebbe voluto tornare a essere il Bran di un tempo. Probabilmente tutta la sua famiglia desiderava tornare com'era in passato, Arya più di tutti. Per questo se n'era andata. Lei non l'aveva detto esplicitamente, ma lui l'aveva capito perchè provava la stessa cosa. Avrebbe voluto seguirla, ma non poteva perchè lui era il re. Lui era il re e doveva restare. E questo era ingiusto, terribilmente ingiusto.
Sentì una fitta al cuore e d'istinto si toccò il petto.
«Che cosa mi stai facendo?» urlò adirato.
Il corvo con tre occhi lo guardò, immobile.
Lo sai.
«No, non lo so. Non so più nulla. Vedo solo ombre, nient'altro che ombre».
Te l'ho già detto, gli alberi più forti affondano le loro radici nei luoghi oscuri della terra. Le tenebre saranno il tuo mantello, il tuo scudo, il tuo latte materno. Le tenebre ti renderanno forte.
«Le tenebre mi stanno uccidendo».
Il corvo non rispose.
«Arya è sparita, non riesco più a mettermi in contatto con lei. Vedo solo una grande oscurità, un'oscurità che avanza sempre di più».
Ancora silenzio.
«Anche Estate, Spettro e Cagnaccio non sono tranquilli. Ci sono ombre dappertutto. Dovunque mi volti non vedo altro che oscurità. Che sta succedendo?».
Non un suono uscì dal corvo.
«Rispondimi!» gridò lanciandogli addosso alcune pietruzze.
L'animale si librò in aria e poi con tranquillità apparente disse: Quando la rossa stella sanguinerà e le tenebre s'addenseranno, Azor Ahai rinascerà tra il fumo e il sale.
Bran lo guardò senza capire.
Negli antichi libri di Asshai si legge che giungerà il giorno in cui le stelle sanguineranno e il respiro gelido delle tenebre scenderà a incombere sul mondo. In questo tempo terribile, un guerriero estrarrà dal fuoco una spada fiammeggiante. Quella spada sarà la Portatrice di Luce, la Spada Rossa degli Eroi, di fronte alla quale le tenebre fuggiranno.
«Stai dicendo che è arrivato questo momento?».
Sto dicendo che è arrivato il momento di Azor Ahai reincarnato.
Il re e il corvo con tre occhi rimasero in silenzio, poi a un certo punto il primo scoppiò a ridere.
Vola, Bran. Vola.
Con un gesto improvviso, il giovane Stark afferrò l'animale per il collo e sempre ridendo sussurrò: «No. Sarai tu a volare».
Gli torse il collo e lo gettò nel vuoto.
Dall'alto della torre spezzata guardò sfracellarsi al suolo il corvo con tre occhi.
Un ghigno si formò sul suo candido viso.
«Addio Brynden Rivers».

 
 
 
 
Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Eccomi con un nuovo capitolo. So che non è molto lungo, ma mi serviva per introdurre la profezia di Azor Ahai.
A ogni modo spero che vi sia piaciuto e come sempre, se vi va, fatemi sapere che ne pensate (vi aspettavate il gesto di Bran?).
Alla prossima!
Saluti,
Violaserena.

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Capitolo 3
*** Aeron ***


AERON


In una mattina tetra e fredda Capelli Bagnati annegava degli uomini a Pyke.
Il mare aveva il medesimo colore plumbeo del cielo.
«Non abbiate timore. Siamo venuti dal mare e al mare dobbiamo ritornare. Aprite la bocca e bevete fino in fondo la benedizione del dio Abissale. Riempitevi d’acqua i polmoni in modo da poter morire e poi rinascere» ripeteva a tutti gli Annegati.
Nonostante la calma apparente, Aeron era preoccupato.
Guardò quella infinita massa d’acqua con apprensione. Sentiva che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di diverso dal solito. Tuttavia non sapeva cosa.
Terminato il rituale, decise di recarsi da suo fratello Victarion.
Lo trovò sulla Vittoria di Ferro intento a conversare con Moqorro.
«Aye, come mai qui?» gli domandò il Lord Comandante della Flotta di Ferro.
«Ho bisogno che tu mi faccia un favore» rispose evasivo.
«Dovresti rivolgerti a Euron, non a me allora».
«No. Prima di coinvolgerlo devo esserne certo».
«Ma di cosa stai parlando?».
Moqorro si alzò osservando attentamente Capelli Bagnati.
«Signore della Luce, preservaci da questo male, torna a mostrarci il fulgore del sole, placa questi venti affinché noi possiamo raggiungere i nostri avversari e sconfiggerli. La notte è oscura e piena di terrori, ma tuoi sono il potere e la gloria della luce. R'hllor riempici del tuo fuoco» disse uscendo e lasciando da soli i due Greyjoy.
Victarion scosse la testa: «Questi preti rossi non fanno altro che farneticare inutili scemenze».
«Andiamo?» cambiò discorso Aeron.
«Dove?».
«In mare aperto».
Il Lord Comandante sospirò e poi diede ordine di issare le vele. Rinunciò a chiedere il motivo di tale richiesta. Era evidente che suo fratello non glielo avrebbe detto. Almeno per il momento.
Malgrado tutto Aeron non poté non sorridere. Sapeva che lo avrebbe aiutato. In fondo, qualunque fosse l’occasione, lo spettacolo delle vele non poteva non riscaldare il cuore di Victarion Greyjoy. Nessun uomo aveva mai amato le proprie mogli la metà di quanto lui amava le sue navi.
La cavalcata sulle onde fu più breve del previsto.
Una volta arrivati, Capelli Bagnati guardò l’orizzonte e poi si rivolse a suo fratello: «Se tra trenta secondi non riemergo, vienimi a prendere».
Victarion non ebbe il tempo di replicare che l’uomo si era già buttato in acqua.
Il cielo era sempre più scuro e il mare cominciava ad agitarsi. Le tenebre si stendevano inesorabili. Presto sarebbe scoppiata una tempesta.
Aeron riemerse e aiutato da alcuni uomini di ferro risalì sulla nave.
Forse per il freddo, forse per altro, sembrava che il suo corpo esalasse vapore.
Moqorro lo osservò in silenzio col volto privo di espressione.
«Si può sapere che cosa sta succedendo?» sbottò suo fratello.
«Dobbiamo andare subito da Euron. Qualcosa sta cambiando. Sotto il mare il fumo sale a bolle e le fiamme ardono nere e verdi e blu».
«Cosa? Che significa?».
«Che le tenebre stanno tornando».




Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Scusate se aggiorno un po' in ritardo, ma in questo periodo ho avuto parecchie cose da fare.
Spero che questo capitolo vi piaccia! Cerco di aggiornare il prima possibile.
Saluti,
Violaserena.
 

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Capitolo 4
*** Jaime ***


JAIME

 

Cavalieri, cavalli e carri continuavano a riversarsi attraverso il portale della Fortezza Rossa. Il cortile era un caos di fango, sudore, grida. Il re di Dorne non era ancora arrivato, venne detto a Jaime. Anche se, in effetti, lui non credeva che sarebbe mai venuto, viste le sue condizioni fisiche. Sicuramente al suo posto ci sarebbe stata sua figlia Arianne.
«Cosa credi che vogliano dirci di urgente?» domandò ser Barristan guardando dritto davanti a sé.
«Chi può dirlo? Però, viste le forze mobilitate, non deve essere niente di buono».
«Lo credo anch’io».
Il vecchio cavaliere sospirò.
Jaime non poté fare a meno di notare come l’uomo accanto a sé fosse invecchiato. Non era più il guerriero forte e vigoroso di un tempo. Era probabilmente solo un vecchio che desiderava vivere gli ultimi anni della sua vita in pace. Certo però non lo avrebbe mai ammesso, men che meno di fronte a lui. Selmy non aveva mai approvato la sua presenza nella sua preziosa Guardia Reale. Prima della ribellione, l'anziano cavaliere lo riteneva troppo giovane e poco addestrato; dopo, era noto il suo commento che lo Sterminatore di Re avrebbe dovuto scambiare il mantello bianco con uno nero. E ancora adesso, nonostante fossero cambiate molte cose, non riusciva a guardarlo con occhi diversi.
Lui lo avvertiva, ma non poteva farci niente.
Un sorriso amaro si stampò sul suo volto. Quale ironia che venisse amato da qualcuno per un gesto di gentilezza che non aveva mai compiuto e disprezzato da tanti altri per quello che era stato il suo atto più bello, tagliare la gola a quel demente di Aerys.
«Ad ogni modo, se dovesse esserci un’altra battaglia, l’affronterò com’è giusto che sia» disse ser Barristan.
«Come farebbe un cavaliere».
«Aye. Se devo morire, morirò da cavaliere».
«Non ci sarà nessuna battaglia» asserì Brynden Tully avvicinandosi ai due uomini. «Queste terre hanno visto scorrere troppo sangue negli ultimi anni. Sangue di innocenti. Non permetterò più che accada una cosa simile».
Jaime scoppiò a ridere.
«Non è in tuo potere decidere le sorti dei Sette Regni, Maestro delle Leggi».
«Forse no. Ma è in mio potere fare in modo che non venga scelta la strada sbagliata».
«Non capisco davvero perché tutti pensiate al peggio» sospirò ser Davos sbucando da dietro un angolo.
I tre uomini lo guardarono accigliati. Non l’avevano sentito arrivare.
«Dovreste saperlo che ci sono un sacco di passaggi segreti. Izembaro me ne ha mostrato qualcuno, come del resto ha fatto con voi, o sbaglio?».
Nessuno rispose.
«Comunque è inutile pensare a quello che potrebbe essere prima che esso sia. Nulla è mai come ci si aspetta, l’ho imparato sulla mia pelle» proseguì il Maestro delle Navi.
«Questo è vero, ma…» ser Barristan non riuscì a finire la frase.
Cadde a terra in una pozza di sangue, allarmando i suoi compagni.
Una freccia nera sbucava dalla sua schiena.
Jaime si guardò subito attorno cercando di individuare il colpevole. Vide all’ultimo una figura incappucciata che si stava allontanando.
«Occupatevi di ser Barristan!» gridò prima di lanciarsi all’inseguimento.
Corse più in fretta che poteva con la spada sguainata. Uscì dalla Fortezza Rossa, facendosi largo tra la massa di cavalieri dorniani appena arrivati.
Si inoltrò nelle vie di Approdo del Re, cercando di stare al passo con la figura misteriosa.
Giunse dinanzi al Grande Tempio di Baelor, ma ormai era troppo tardi. Il colpevole si era già dileguato.
Fece per tornare indietro quando sentì una fitta alla spalla. Guardò in basso e vide una lama sporca di sangue spuntare dal suo arto. Un poderoso calcio lo fece cadere a terra, allontanandolo dalla sua spada.
Cercò di riprenderla, ma la figura misteriosa gli bloccò la mano sana con un piede.
«Che gli Estranei ti portino alla dannazione!» grugnì.
«Ci sono già» rispose questi, tirandosi giù il cappuccio.
Jaime rimase paralizzato. Non poteva essere vero. L’aveva uccisa, l’aveva uccisa con le sue mani.
«Addio fratello» sorrise Cersei calando la lama insanguinata. 



Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Eccomi qui con un nuovo capitolo!
Spero vi sia piaciuto: che ne pensate del finale? Ve lo aspettavate? Che significa tutto ciò?
Lo scoprirete presto!
Un saluto,
Violaserena.

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Capitolo 5
*** Davos ***


DAVOS

 

La Sala Rotonda, una stanza bianca circolare della Torre delle Spade Bianche, non era mai stata affollata da così tante persone che non appartenessero alla Guardia Reale. Maestri, cuochi, septon, cavalieri, membri del Concilio Ristretto facevano avanti e indietro da ormai più di una settimana.
Ser Barristan e Jaime erano stati portati lì subito dopo essere stati feriti. O meglio, per il primo era andata così. Per il secondo c’era voluto più tempo: Davos e Brynden Tully erano giunti dinanzi al Grande Tempio di Baelor più tardi del previsto. Quando avevano visto il corpo di Jaime riverso in una pozza di sangue avevano temuto il peggio, ma fortunatamente l’uomo respirava ancora.
Qyburn aveva fatto del suo meglio per guarirlo, ma le ferite erano profonde e pertanto non era stato semplice operare.
Il mezzo maestro non l’aveva detto esplicitamente, ma Davos sapeva che le probabilità che Jaime si riprendesse erano davvero scarse.
Si sedette sospirando accanto al letto in cui era disteso ser Barristan.
Questi con un enorme sforzo cercò di tirarsi su.
«Non sforzarti troppo, non ti sei ancora ripreso» lo rimproverò.
«Sono stanco di stare sdraiato tutto il tempo!».
«Ne sono certo, ma se non stai attento la ferita potrebbe riaprirsi».
Il vecchio cavaliere mugugnò qualcosa.
«Il re è venuto a trovarti ieri. Voleva sincerarsi delle tue condizioni, ma…» si bloccò vedendo Gendry, Stannis e Brienne sulla soglia.
«Maestà» fece un lieve inchino.
«Maestà» ripeté Selmy chinando il capo.
«Noto con piacere che, piano piano, la situazione sta migliorando» sorrise affabile il sovrano.
«Aye. Credo che tra un paio di giorni sarò di nuovo in grado di svolgere i miei compiti».
«Questo lo deciderà Qyburn» rispose secco il Primo Cavaliere del Re. «La fretta non è mai un bene, in nessuna situazione» continuò prima che ser Barristan lo interrompesse.
«E Jaime?» domandò con impeto Brienne.
Stannis le scoccò un’occhiata truce mentre Davos si guardava imbarazzato i piedi.
«Morirà?» chiese con un groppo alla gola.
Seaworth sospirò mesto. «Non voglio mentirti. È probabile che non riuscirà a sopravvivere».
La donna rimase immobile, lo sguardo vacuo, trattenendo a stento le lacrime.
«Faremo tutto il possibile per salvarlo» cercò di rincuorarla Gendry. «Tutto».
«Credo che dovremo lasciar riposare ser Barristan e ritirarci» disse dopo un po’ Stannis.
I presenti si accomiatarono e si diressero nella sala del trono dove trovarono già ad aspettarli Izembaro, Arianne Martell, Brynden Tully e Lomas Estermont.
«C’è almeno uno, in questa città maledetta, che non sia l'informatore di qualcun altro?» stava dicendo la figlia del re di Dorne.
«C’è qualcosa che non va?» domandò gentilmente Gendry.
«Sembra che qui si sappia già tutto di tutto» sbuffò Arianne.
«Le voci corrono in fretta» sorrise ambiguamente Izembaro.
«Molto bene, allora spiega tu al re perché sono qui».
La figlia di Doran Martell era giunta ad Approdo del Re il giorno dopo il ferimento di Jaime e ser Barristan. Visto quanto era successo e visti gli urgenti impegni del sovrano nel cercare il colpevole aveva deciso di attendere, accennando qualcosa solo a Stannis.
«Oberyn Martell ha attentato alla vita del re di Dorne» proclamò solennemente Izembaro, guardando di traverso Arianne.
I presenti rimasero immobili, interdetti.
«Oberyn Martell è morto. L’ha ucciso Gregor Clegane» obiettò Brynden Tully.
«Quel che dice il vostro Maestro dei Sussurri è vero. Non so come sia possibile, ma un uomo col volto inconfondibile di mio zio è comparso a Lancia del Sole, si è intrufolato nel palazzo e ha cercato di uccidere mio padre. Se non fosse stato per Areo Hotah, probabilmente a quest’ora Dorne sarebbe senza un re» spiegò la giovane dorniana.
«Tutto questo non ha senso» scosse la testa ser Lomas.
«Quanto accaduto a Lancia del Sole potrebbe essere collegato a quanto è avvenuto qui» ipotizzò Davos. «Purtroppo però non siamo riusciti a vedere il volto dell’assassino».
«Oberyn Martell è morto e i morti non tornano in vita» affermò duro Stannis.
«E lo dici proprio tu che hai avuto a che fare con la Sacerdotessa Rossa? I seguaci di R’hllor sono noti per… Insomma, per riportare in vita le persone. Lady Catelyn ne è un esempio» affermò Brienne, chinando velocemente la testa notando il volto cupo del Primo Cavaliere del Re.
«Potrebbero essere stati anche gli Assassini Senza Volto» continuò quest’ultimo.
«Impossibile. Noi non uccidiamo per il puro gusto di uccidere. Noi serviamo il Dio dai Mille Volti» precisò Izembaro.
«Dobbiamo avvertire gli altri sovrani di quanto accaduto. Qualcosa di analogo potrebbe succedere ovunque. Devono essere informati» disse Gendry. «Per il resto, non possiamo fare altro che aspettare».
I presenti furono interrotti dall’arrivo di una guardia.
«Al portale… Venite al portale della Fortezza Rossa!» quasi urlò.
Tutti si guardarono preoccupati e, quasi correndo, seguirono la guardia.
Trattennero a stento l’orrore di fronte a quello che videro: il corpo impalato di Cersei Lannister.
Ai suoi piedi vi era una frase scritta con il sangue.
Davos rabbrividì.
“Le tenebre sono tornate”.





Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Eccomi qua con un nuovo capitolo: allora, che cosa sta succedendo nei Sette Regni? Come mai chi è morto sembra essere tornato in vita? E che cosa significa che le tenebre sono tornate?
Con questi interrogativi vi saluto e vi aspetto al prossimo capitolo (molte cose, piano piano, diverranno più chiare)!
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto,
Violaserena.

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Capitolo 6
*** Tyrion ***


TYRION

 

Appoggiato alla finestra della sua stanza, Tyrion osservava l’oscurità che giungeva veloce e invadeva il cielo da Oriente.
Udì sulla sua testa lo schianto secco e reciso di un tuono. Lampi infuocati trafissero Castel Granito. Poi un turbine di vento selvaggio trascinò nel proprio boato un urlo acuto e stridulo.
Tyrion aveva visto e vissuto tante cose, tuttavia non poté non provare un grande terrore. Si sentì trafitto da fredde lame d’orrore e disperazione che mozzavano il fiato e interrompevano i battiti del cuore.
Si coprì le orecchie con le mani e strisciò giù con un gemito e un lamento.
Le tenebre erano tornate e questo non faceva presagire nulla di buono.
Re Gendry l’aveva informato di quanto era successo ad Approdo del Re, di suo fratello e di Cersei. Avrebbe voluto recarsi lì immediatamente, ma – in quanto lord – aveva degli affari da sbrigare a Castel Granito. O forse cercava solo una scusa per non muoversi.
Nel frattempo, l’oscurità era calata tutt’intorno. Regnava il buio più completo.
Si udì un altro scoppio di tuono, poi la pioggia incominciò a cadere. Piombava gelida e pungente contro le pareti del palazzo, una cortina accecante frammista a grandine.
All’improvviso una porta si aprì e comparve una luce.
Il nano sbuffò: «Mi hai fatto perdere sei delle mie sette vite, Tommen».
Il ragazzo dai capelli biondi, con saldamente in mano una torcia, si scusò: «Perdonami zio, ma visto che il temporale è scoppiato così all’improvviso ho supposto che fossi rimasto al buio più completo e che avresti gradito un po’ di chiarore».
«Non è scoppiato all’improvviso» si interruppe. «Dov’è Myrcella?».
«Nella Sala Grande, insieme a maestro Creylen».
«Bene».
«Che cosa intendevi con non è scoppiato all’improvviso? C’entra per caso con quello che è successo ad Approdo del Re?».
Tyrion sospirò.
«Zio, per favore, rispondimi. Non sono più un bambino».
No, non lo era più.
In quell’ultimo anno Tommen era maturato molto, si era fatto più uomo.
Era diventato piuttosto abile con la spada, anche se non tanto quanto Jaime alla sua età.
Ma in fondo le motivazioni che li animavano erano diverse: suo fratello aveva scelto di diventare un guerriero, suo nipote l’aveva sì scelto, ma l’aveva fatto per dimostrare qualcosa. Ad Arya o forse più a se stesso.
«Allora?» domandò il giovane Lannister trepidante.
«La profezia è sempre lì, torbida come acqua che ristagna nel buio» rispose flebilmente Tyrion. «Di solito si nasconde in qualche luogo sconosciuto, ma arriva un momento in cui cresce silenziosamente e trabocca, invadendo con il suo freddo ogni cosa. Con tutto lo spazio immenso che esiste al mondo, non si riesce a trovarne nessuno in cui si possa fuggire. Quando cerchi una voce trovi solo un silenzio profondo. Ma quando cerchi silenzio, ecco la voce incessante di una profezia. E il tuo cuore comincia ad assomigliare a un grande fiume ingrossato da lunghe piogge. Ogni volta che vedi qualcosa di analogo pensi che dentro di te sia esattamente così».
Il nano e il giovane rimasero qualche minuto in silenzio, poi quest’ultimo confessò di non aver capito di che cosa lo zio stesse parlando.
«Mi riferisco a una profezia di Asshai: quando la rossa stella sanguinerà e le tenebre s'addenseranno, Azor Ahai rinascerà tra il fumo e il sale».
«È vero che l’oscurità è tornata, ma la stella rossa…» Tommen parve comprendere.
Non era una stella vera è propria quella a cui si riferiva la profezia. Era sangue. E le lettere scritte da Cersei – impalata e quindi sanguinante – erano lettere di sangue: quella era la stella rossa.
«Ma quindi questo significa che Azor Ahai è rinato. Se è così, dobbiamo scoprire di chi si tratta, solo così potremo estinguere le tenebre» quasi urlò il giovane Lannister.
Tyrion scosse la testa.
«Perché no?».
Il nano cominciò a cantare:

E chi sei tu, disse l'orgoglioso lord,
che così in basso io devo inchinarmi?
Solo un gatto con un altro pelo,
questa è l'unica verità che conosco.
Pelo d'oro o pelo rosso,
un leone artigli ancora ha.
E i miei sono lunghi e affilati, mio lord
lunghi e affilati come i tuoi.
Così lui parlò, così lui parlò,
il lord di Castamere.
Ma ora le piogge piangono nella sua sala,
senza nessuno a udire quel pianto.
Sì, ora le piogge piangono nella sua sala,
senza una sola anima a udire quel pianto
.
 
«Le Piogge di Castamere? Perché?» domandò Tommen.
«Perché siamo di fronte a un periodo di rovina. O perlomeno, a un possibile periodo di rovina».
Il giovane non ebbe tempo di ribattere, in quanto arrivò tutto trafelato maestro Creylen.
L’anziano uomo teneva in mano una lettera bagnata.
«È degli Stark» precisò. «È arrivata poco fa».
Ali oscure, oscure parole.
Tyrion la aprì subito. Lesse il contenuto e si sentì mancare.
Non poteva essere vero, non poteva.
«Che cosa dice?» chiese preoccupato il nipote.
«Arya Stark è morta».




Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Sono tornata con un nuovo capitolo: che cosa ne pensate? Perchè secondo Tyrion Azor Ahai non risolverà la situazione?
Vi aspettavate questo finale?
Con queste domande, vi saluto.
Alla prossima,
Violaserena.

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Capitolo 7
*** Catelyn ***


CATELYN

 

Candidi fiocchi di neve cadevano sulle gelide terre del Nord. Candidi fiocchi scendevano su Grande Inverno. Candidi fiocchi era ciò che due occhi di ghiaccio vedevano.
Lady Stoneheart l’avevano chiamata in passato. Lady Cuoredipietra.
Aveva pensato di poter tornare a essere la Catelyn di un tempo e per un po’ le era sembrato di esserci riuscita. Ma si sbagliava e adesso lo aveva capito.
Il tempo non poteva ricucire le ferite. Bastava un niente per riaprirle e far riaffiorare l’antico vuoto.
Perché era così che Catelyn si sentiva, vuota. Completamente priva di vita.
Sono diventata una donna acida. Non provo più alcuna gioia nel desco, i canti e le risate sono diventate cose estranee, da prendere con diffidenza. Sono una creatura di dolore, di polvere e di ricordi amari. Là dove un tempo c'era il mio cuore, adesso c'è soltanto uno spazio vuoto.
Quando le avevano detto che Arya era morta avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto tagliare la testa a qualcuno e sentire il sangue caldo scorrerle lungo le dita.
In quel momento, invece, voleva solo piangere. Voleva essere sciocca e spaventata, anche solo per un fugace attimo. Un giorno, un'ora... Non chiedeva poi tanto.
Tuttavia sapeva che non le era concesso. Non poteva lasciarsi andare. Doveva essere forte, doveva esserlo per i suoi figli. Gli ultimi tre figli che erano rimasti in vita.
Sospirò amaramente.
Tutto sembrava stesse per precipitare: le notizie che giungevano da Approdo del Re e da Pyke non erano confortanti. Per di più Bran era cambiato. Il suo sguardo era cupo, privo di espressione a eccezione di un ghigno malefico che ogni tanto si formava sul suo volto. Più volte l’aveva sentito ridere nel cuore della notte. Era un riso inquietante, terribilmente inquietante. Lo stesso Estate sembrava avere paura del suo padrone.
Stava succedendo qualcosa, ma non sapeva cosa e lei non poteva fare niente per fermarlo. Ancora una volta era impotente, ancora una volta…
«Mamma, ti disturbo?» chiese flebilmente Sansa aprendo la porta.
«Entra pure».
«Senti, il maestro dei cavalli si è rotto un piede, per cui fino a quando non si riprende abbiamo bisogno di un sostituto e…».
«Davvero, Sansa? Davvero? Mia figlia giace da qualche parte priva di vita e tu vieni qui a discutere di un nuovo maestro dei cavalli? Pensi davvero che m'importi qualcosa di ciò che accade nelle stalle? Pensi davvero che questo abbia per me il benché minimo peso? Andrei a tagliare la gola a ogni cavallo di Grande Inverno con le mie mani se sapessi che aiuterebbe Arya a tornare in vita! Capisci ciò che dico, Sansa? Lo capisci?».
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime: «Io odio i cavalli, odio cavalcare! Ma ad Arya piaceva, per cui ho pensato che, visto che lei non c’è più…».
Non riuscì a terminare la frase.
Catelyn le si avvicinò e la abbracciò.
In quel momento entrò anche Rickon, accompagnato da Cagnaccio e da Spettro.
Il giovane si unì subito all’abbraccio, piangendo.
Lady Stark si morse un labbro. Il dolore aveva nuovamente colpito la sua famiglia.
Era stanca di vedere i volti mesti dei suoi figli, terribilmente stanca.
«Finitela di frignare» disse l’inconfondibile voce di Bran.
Il re era appoggiato allo stipite della porta, privo di espressione come sempre negli ultimi tempi. Estate era accanto a lui.
«Come posso non piangere! Mia sorella è morta! Morta!» strillò Rickon.
«No, non lo è».
Tutti si voltarono a guardarlo.
Bran sorrise.
Catelyn per un attimo ebbe paura, paura di suo figlio. Il suo viso era terribile, sembrava aver perso ogni sentimento, ogni briciolo di umanità. Sembrava essere avvolto dall’oscurità.
«Quindi è viva?» riuscì a dire.
«Si, è solo…». Bran fece una piccola pausa, poi proseguì sogghignando: «…è solo avvolta dalle tenebre. Ma non temete, io la libererò».
In quel momento il cuore di Catelyn vacillò. In quel momento il vuoto che aveva dentro sparì, lasciando il posto alla speranza. Alla speranza di rivedere Arya, ma anche al timore di perdere Bran.






Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Eccomi finalmente con un nuovo capitolo. Scusate se non l'ho pubblicato prima, ma sono stata piuttosto impegnata in questi ultimi tempi.
Comunque, allora che cosa ne pensate? Che cosa sta succedendo a Bran? E Arya che fine ha fatto?
Presto tutto sarà più chiaro.
Alla prossima,
Violaserena.

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Capitolo 8
*** Victarion ***


VICTARION

 

Raggi di sole illuminavano la Sala Grande di Approdo del Re.
I volti cupi dei presenti erano rischiarati da quella tiepida luce. Solo il trono di spade era in ombra, quasi a voler dimostrare la sua potenza e la sua grandezza.
Accanto a Gendry sedevano Brandon Stark, Euron Greyjoy e Arianne Martell, quest’ultima in rappresentanza di suo padre.
I sovrani si erano riuniti per discutere degli strani avvenimenti che in quegli ultimi tempi si erano abbattuti sui Sette Regni.
Coloro che erano morti erano tornati in vita e avevano lasciato dietro di sé una scia di sangue. Non solo Cersei Lannister e Oberyn Martell, ma anche Balon e Asha Greyjoy, Gregor Clegane e Walder Frey avevano fatto la loro comparsa seminando il panico.
Sembrava che qualcuno si divertisse a portare in vita i morti. Tutti subito avevano pensato che i responsabili fossero i preti rossi, ma sia Thoros di Myr sia Moqorro sostenevano che non fosse così.
R’hllor difatti non poteva resuscitare persone morte da diversi anni.
Stannis aveva allora suggerito che potesse essere opera degli Assassini senza Volto, ma prontamente Izembaro aveva negato.
Chi fosse il colpevole era ancora un mistero. Un mistero che andava svelato il prima possibile.
Strane cose, a parte la rinascita dei morti, stavano accadendo: i campi appassivano, la gente si ammalava e si azzuffava per un nonnulla e il giorno lasciava sempre prima spazio alle tenebre.
«Dunque, che cosa avete visto nelle fiamme?» chiese Victarion a Thoros e Moqorro.
I due preti si guardarono o poi spostarono il loro sguardo su Bran.
«Abbiamo visto un’ombra. Un’ombra avanzare sempre di più e invadere ogni cosa» rispose Moqorro.
«E?» domandò Euron.
«Nient’altro. Solo tenebre, nient’altro che tenebre».
«Vuoi forse dire che non c’è speranza?».
«Secondo i libri di Asshai, solo Azor Ahai reincarnato può sconfiggere le tenebre» sorrise cupamente Bran.
«Sono solo sciocche storie» scosse la testa Victarion.
«Anche gli Estranei secondo molti erano solo una sciocca storia, invece esistevano veramente».
«Mettiamo che sia come dici tu, come facciamo a trovare Azor Ahai? Come facciamo a trovare la Portatrice di Luce?».
Una strana espressione si formò sul volto del re del Nord che lo fece rabbrividire.
Da quando il giovane Stark faceva così paura?
«Forse ho capito» disse Gendry a un certo punto.
I presenti rimasero in silenzio, con gli occhi fissi su di lui.
«Le spade di Arya, Bran e Rickon sono forgiate con acciaio di Valyria. Ricordo che quando abbiamo combattuto contro gli Estranei sono diventate improvvisamente calde e hanno incominciato a brillare. Quelle spade potrebbero essere la Portatrice di Luce» concluse tutto d’un fiato.
In effetti, durante quello scontro, qualcuno aveva già notato quel particolare: «Hai visto? In battaglia, la spada dei giovani Stark si è illuminata! Questo vuol dire che Melisandre si è sbagliata: Stannis non è Azor Ahai. Sono loro ad esserlo!».
«Anche la tua spada è fatta di acciaio di Valyria, se non ricordo male. Allora perché non si è illuminata? Perché non è diventata calda?» domandò Arianne, rivolgendosi a Gendry.
«Perché io non sono Azor Ahai. Sono gli Stark ad esserlo».
«Potrebbe essere. Però questo significa che c’è bisogno di tutti i fratelli Stark. Ma Jon Snow è morto e Arya è scomparsa» fece notare Stannis.
«Mia sorella ha Lungo Artiglio con sé. Se la troviamo, l’assenza di Jon non dovrebbe essere un problema» intervenne Rickon, risoluto.
«È più facile a dirsi che a farsi» scosse la testa Arianne.
«Andrò io a cercarla» esclamò una voce.
I presenti si voltarono e videro avanzare Tommen e Tyrion.
«Andrò io» ripeté il primo.
«Sono con te» sorrise Catelyn.
Gendry corrugò la fronte e poi disse: «Organizzeremo una spedizione e prepareremo un esercito in modo tale che sia pronto a intervenire in ogni momento».
«Per dove?» domandò dubbioso Euron.
«Per Asshai» rispose sicuro Bran. «Sono sicuro che sia lì».
E così iniziarono i preparativi.
I giorni passarono in fretta e ben presto fu tutto pronto per la partenza.
Victarion si stava recando nella sua stanza per recuperare del materiale utile per la navigazione, quando udì una strana conversazione tra Thoros di Myr e Moqorro.
«Va ucciso il prima possibile, lo sai anche tu» sentì dire a quest’ultimo.
«Lo so, anche se preferirei non causarle altro dolore» sospirò Thoros.
«Non c’è altra soluzione. Se Bran vive, soccomberemo tutti. Le tenebre sono dentro di lui».
Victarion sussultò a quelle parole.
Era quindi per quel motivo che i preti rossi non avevano tolto gli occhi di dosso neanche per un momento al giovane Stark.
Era forse vero quel che dicevano?
Che cosa doveva fare?
Se Brandon Stark moriva, sarebbe veramente finito tutto?
Ma, soprattutto, se Brandon Stark moriva, chi avrebbe guidato il Nord?
Arya era scomparsa, Rickon era troppo piccolo, Catelyn troppo stanca e Sansa inappropriata per quel ruolo.
Euron ne avrebbe potuto approfittare. E questo non doveva assolutamente accadere.





Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Eccomi finalmente con un nuovo capitolo.
Allora, sembra che il mistero di Azor Ahai sia stato risolto. Sarà veramente così? E sarà vero quello che pensano Thoros di Myr e Moqorro su Bran?
Lo scoprirete presto!
Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate.
Un saluto,
Violaserena.

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Capitolo 9
*** Brienne ***


BRIENNE

 

La Vittoria di Ferro solcava maestosa le acque che separavano i Sette Regni dal Continente Orientale. Pur avendo percorso un bel tratto, la meta era ancora lontana: dovevano raggiungere il Mare dell’Estate e poi il Mare di Giada.
Brienne si soffermò a guardare quell’immensa distesa d’acqua e, senza rendersene conto, il suo pensiero andò a Jaime, rimasto ad Approdo del Re a causa delle sue gravi ferite.
Si chiese se quel che aveva detto Davos fosse vero, se sarebbe morto davvero. In cuor suo sperava che non fosse così. Aveva già perso Renly, non voleva perdere anche Jaime.
Renly… Chissà che cosa sarebbe successo se non fosse stato ucciso. Forse ci sarebbe stato lui sul trono di spade e non Gendry.
Robert era vero acciaio. Stannis è puro ferro, nero e aspro e forte, ma anche fragile, proprio come può diventare il ferro. Si spezzerà piuttosto che piegarsi. Renly? Lui è rame, chiaro e lucente, carino da guardare, ma di ben poco peso quando il gioco si fa duro.
Questo aveva detto Donald Noye. Parole dure, crude secondo lei.
Renly non era debole come tutti pensavano. E non lo era nemmeno Jaime. Non si sarebbe certo fatto battere da una sciocca ferita.
Una lacrima le scese lungo la guancia.
«Tieni» vide Bran porgerle un fazzoletto.
Lo preso con garbo e si voltò in modo che il giovane re non potesse vederla. Non voleva mostrarsi debole. Lei era il lord comandante della Guardia Reale, doveva essere forte.
«Ci sono cose che non possono assolutamente tornare, ma che al tempo stesso, pur non potendo tornare, restano eternamente presenti» disse atono il re del Nord.
Lei si girò e lo guardò. Come aveva fatto a capire quello a cui stava pensando?
«Riconosco l’espressione. L’ho vista così tante volte» rispose alla sua domanda silenziosa.
Il suo volto era impassibile, sembrava che qualsiasi traccia di umanità l’avesse abbandonato, anche se dal suo gesto e dalle sue parole non sembrava essere così.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiese d’impulso.
Lui la osservò per qualche secondo, poi aprì la bocca, ma non disse niente.
Si udì un sibilo.
Brienne scattò immediatamente. Gettò a terra Bran, mentre una freccia si conficcava nel legno della nave.
«Chi è stato?» gridò, guardandosi intorno. Tuttavia non c’era nessuno.
Qualcuno aveva attentato alla vita del re del Nord e quel che era peggio era che era stato qualcuno di coloro che era a bordo e che, invece, avrebbe dovuto proteggerlo.
Sentì Bran scoppiare in una fragorosa risata.
«Che succede?» domandò Catelyn arrivando insieme a Victarion. «Ti ho sentito urlare».
Spiegò per filo e per segno quello che era accaduto.
Catelyn abbracciò subito suo figlio, mentre Greyjoy rimase immobile, preoccupato.
Bran intanto continuava a ridere.
«Lo trovi così divertente?» gli domandò. «Saresti potuto morire».
«Sarebbe stato un gran colpo, la vostra grande occasione. Però l’avete fallita e credetemi, non ce ne sarà un’altra» sorrise cupamente.
Che cosa stava dicendo? E perché aveva quell’espressione crudele in volto?
Victarion lo prese per il colletto e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Brienne non riuscì a sentire le sue parole e non poté nemmeno chiedere, perché il lord comandante della flotta di ferro lo trascinò via, verso la sua cabina.
Si girò verso Catelyn e notò tutta la sua preoccupazione.
Stava per parlare, quando sentì un tonfo.
Qualcosa era andato a sbattere contro la nave.
Si precipitò subito a vedere: c’era una piccola imbarcazione mezza distrutta e su di essa vi era un guardiano della notte. Lo osservò con più attenzione e si rese conto che si trattava di Samwell Tarly.




Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Finalmente sono riuscita a pubblicare un nuovo capitolo: scusatemi per il ritardo, ma sono stata molto impegnata in questo periodo.
Venendo alla storia, che cosa ne pensate? Che cosa sta succedendo a Bran? Come mai Sam si trova su una barca?
Con queste domande vi saluto.
A presto,
Violaserena.

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Capitolo 10
*** Samwell ***


SAMWELL

 

Una stanza buia, illuminata solo da due candele.
Il giovane Tarly si portò una mano alla testa, profondamente scosso.
Vedeva ondeggiare tutto intorno. A quanto pareva il mal di mare non gli era ancora passato.
Si costrinse ad alzarsi dal letto e ad uscire da quella angusta stanza. Si sentiva soffocare lì dentro.
Con passo incerto arrivò in coperta.
Si fermò a guardare i marinai che lavoravano.
Era vivo per miracolo. Se Brienne non l’avesse salvato, probabilmente sarebbe morto.
Ripensò a tutto quello che era successo e strinse i pugni: per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare.
Era partito da Vecchia Città, aveva preso una barca, c’era stata una tempesta e poi… Poi il vuoto più totale.
Sapeva di non essere lì per caso, sapeva di essere partito per comunicare qualcosa di importante. Tuttavia non ricordava cosa e nemmeno a chi avesse dovuto riferirlo.
Come aveva potuto dimenticare tutto?
«Ancora nulla, Tarly?» gli domandò Jon Umber, avvicinandoglisi.
Lui scosse la testa mortificato.
«Forse non era veramente importante».
«No, sono sicuro che lo fosse».
«Sei sicuro, eh?».
«So che sembra strano, eppure è così».
«Prima o poi ti tornerà in mente. È inutile sforzarsi troppo. Peggiori solo la situazione» gli strizzò l’occhio l’uomo.
Forse Grande Jon aveva ragione. Forse se non ci avesse più pensato ossessivamente, si sarebbe ricordato tutto.
Sentì un gorgoglio provenire dalla sua pancia. Quanto odiava la navigazione. Non vedeva l’ora di scendere a terra.
Decise di andare a chiedere a Victarion quanto ancora ci volesse prima di giungere ad Asshai.
Con molta fatica, raggiunse la cabina del lord comandante.
Stava per bussare, ma si fermò.
Greyjoy non era solo. C’era qualcuno che parlava con lui e quello che stava dicendo era terribile.
«Lo dobbiamo uccidere» disse quella che Sam riconobbe essere la voce di Moqorro. «Non c’è altra soluzione. Se Bran vive, soccomberemo tutti. Le tenebre sono dentro di lui».
«Che fesseria! Che cosa mai significa che le tenebre sono dentro di lui?» chiese Victarion.
Silenzio.
«Non siete nella posizione adatta per tacere» continuò, alzando leggermente il tono della voce.
“Siete”? Questo significava che c’era qualcun altro, oltre a Moqorro.
«Fidati di noi e basta».
Chi aveva parlato? Sapeva di conoscerlo, ma… Era mai possibile che non fosse più in grado di ricordare nulla?
«Fidarmi? Fidarmi di un prete rosso? Sarai anche famoso Thoros, ma non esiste che io mi fidi di qualcuno che mette al rogo le persone per servire la causa di un dio».
Ecco chi era, Thoros di Myr, colui che aveva riportato in vita Beric Dondarrion e lady Catelyn.
«Non generalizzare, non tutti sono così».
«Non mi interessa. Mi interessa soltanto che, una volta per tutte, mi spiegate perché volete togliere di mezzo Brandon Stark».
«Le fiamme ce l’hanno rivelato» cominciò a dire Moqorro. «Un volto di legno, con il corpo bianco e migliaia di occhi rossi, accanto al quale v'è un ragazzo con la testa di lupo. Il ragazzo con la testa di lupo ha ucciso il volto di legno. Ha preso il suo posto. È il guerriero del Grande Estraneo».
Samwell ebbe un sussulto. Il Grande Estraneo era il dio delle tenebre, del freddo e della morte. Si raccontavano oscure cose sul suo conto. Possibile che Bran fosse… Un’ombra gli passò accanto, facendogli gelare il sangue.
Sentì delle urla, dei colpi, la voce di Victarion.
Si accasciò a terra, il cuore che batteva forte.
La porta si aprì e Sam ebbe l’impressione di non essere più in grado di respirare.
Senza sapere bene perché girò lentamente la testa.
La scena che si parò davanti ai suoi occhi era raccapricciante: i corpi di Moqorro e Thoros erano riversi sul pavimento, lacerati. Victarion era accucciato vicino alla parete con i vestiti e il volto sporchi di sangue e gli occhi vitrei. Tremava come una foglia.
Anche lui stava tremando.
Inclinò la testa e cominciò a vomitare.
Si pulì la bocca e cercò di alzarsi, ma non ci riuscì.
Cercò di gridare, ma la sua bocca non emise alcun suono. Nemmeno Greyjoy sembrava in grado di fare qualcosa.
Sentì la paura impossessarsi completamente di lui. Sentì il gelo scorrergli nelle vene.
Fu in quel momento che vide l’ombra avvicinarsi. Fu in quel momento che la sua mente si dischiuse e fece riemergere i suoi ricordi. Fu in quel momento che capì perché si trovava lì. Tuttavia l’aveva capito troppo tardi.
«Il peggio non è passato. Il peggio sta iniziando adesso. E non esiste alcun lieto fine» sussurrò prima di perdere i sensi.





Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Finalmente sono tornata con un nuovo capitolo: scusate il ritardo, ma sono stata parecchio impegnata.
Allora, che cosa ne pensate di questa evoluzione della storia? Che cosa ha voluto dire Moqorro? E chi è la misteriosa ombra? Ma, soprattutto, che cosa succederà d'ora in poi? Le cose peggioreranno come ritiene Sam?
Con queste domande vi saluto.
A presto,
Violaserena.
 

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Capitolo 11
*** Euron ***


EURON

 

Euron camminava avanti e indietro nella sua cabina, pensieroso. Erano ormai passate più di due settimane da quando Thoros di Myr e Moqorro erano stati assassinati. Erano più di due settimane che Victarion e Samwell non proferivano parola. Vagavano per la Vittoria di Ferro con sguardo vacuo. Sembravano vuoti, totalmente assenti. Se non avesse saputo che erano vivi, avrebbe pensato che fossero cadaveri mossi da dei fili invisibili.
Quel che era successo non gli piaceva per niente. E quella strana sensazione che provava allo stomaco non migliorava le cose. Si era sentito così solo una volta nella sua vita e cioè quando era stato ad Asshai. E ora, più si avvicinavano alla città delle ombre, più quella sensazione di sgradevolezza aumentava. Era più fredda e pungente della prima volta. Era più carica di… Quale era la parola giusta? Rabbrividì. Non voleva che fosse così, eppure sapeva che non poteva essere altrimenti: era più carica di morte.
Antiche forze si erano risvegliate. Ombre si agitavano. Un’era di meraviglie e di terrori incombeva su tutti loro, un’era di dei e di mitici eroi. Un’era in cui Azor Ahai sarebbe rinato. Ma se davvero era così, perché non aveva ancora fatto la sua comparsa? Cosa stava aspettando?
In effetti, c’era anche la possibilità che non esistesse. Però, dopo tutto quello che aveva visto e vissuto, Euron non poteva che credere nella sua esistenza.
Uscì dalla sua cabina e si incamminò verso il ponte della nave. Ripensò a quando era stato ad Asshai e gli comparve l’immagine di una candela. Una candela nera. Emanava una luce strana e vivida, molto più intensa di qualsiasi candela di cera o di sego. Proiettava strane ombre e la fiamma non ondeggiava mai, nemmeno quando una folata d’aria era arrivata da una porta alle sue spalle. Per un breve attimo gli era parso di intravedere una figura nella fiamma. Per quanto si spremesse le meningi però, non riusciva proprio a ricordare il volto di quella figura. Forse non ne aveva mai avuto uno.
Guardò suo fratello Victarion camminare in silenzio insieme a Aeron.
Sospirò, afflitto.
«Smettila di fare quella faccia tetra, aye» lo rimproverò Capelli Bagnati. «Sono sicuro che Victarion tornerà presto a parlare. Il Dio Abissale non abbandona i suoi fedeli».
«Credo di conoscere gli dei meglio di te. Divinità dei cavalli e del fuoco, fatte d’oro con occhi di gemme, intagliate in legno di cedro, cesellate nelle montagne, fatte di aria vuota. Ho visto i popoli coprirle con fiori e spargere nel loro nome il sangue di capre, tori e bambini. Ho udito preghiere in più di cinquanta lingue diverse: cura la mia gamba malata, fa’ che quella fanciulla mi ami, assicurami un figlio sano. Salvami, soccorrimi, fammi diventare ricco... proteggimi! Dai nemici, dall’oscurità, dai granchi nella pancia, dai signori dei cavalli, dai mercanti di schiavi, dai mercenari alla mia porta. Eppure, nonostante tutte queste preghiere, nessuno è mai stato salvato».
«Pregano alberi e idoli d’oro e abomini dalla testa di capra. Sono falsi dei! È normale che nessuno sia stato salvato».
«Tutti voi mi chiamate Occhio di corvo. E chi ha la vista più aguzza di un corvo? Dopo ogni battaglia i corvi arrivano a centinaia, a migliaia per banchettare con i caduti. Il corvo sa scorgere la morte da lontano. E io dico che essa è ormai vicina».
Victarion divenne più pallido del solito e cominciò a tremare.
Aeron guardò i suoi due fratelli e dopo un po’ disse: «Siamo uomini di ferro, una volta eravamo conquistatori. Il nostro mandato si estendeva ovunque si udisse il rumore delle onde. E ora voi avete paura. Avete paura delle ombre. Avete paura di qualcosa che non è ancora successo e che forse non accadrà mai. Comportandovi così non otterrete niente se non la sconfitta. E il disonore. Deporre le armi già in partenza è da codardi». Fece una breve pausa per poi riprendere con tono concitato: «Può darsi che noi non siamo forti abbastanza, può darsi che moriremo. Ma se dobbiamo morire, dobbiamo farlo da uomini di ferro. Dobbiamo combattere, aye».
Euron vide negli occhi di Capelli Bagnati l’antico ardore giovanile e quasi provò vergogna per la sua codardia. Perché in fondo di quello si trattava.
«L-lui può volare» sussurrò Victarion.
Erano le prime parole che pronunciava da giorni. Aeron aveva ragione, il Dio Abissale non li avrebbe abbandonati.
«Forse siamo tutti capaci di volare. Ma come facciamo a saperlo se non ci lanciamo giù da un’alta torre? Nessuno sa veramente che cosa è in grado di fare, fino a quando non osa saltare» sorrise Occhio di corvo.
Victarion scosse la testa.
«A chi ti riferisci, fratello?» gli domandò Aeron.
Nessuna risposta.
«Forse, nei prossimi giorni riuscirà a dire qualcosa di più. Per ora va bene così».
Euron si ritirò nella sua cabina, pensieroso.
Udì le voci di Rickon Stark e lady Catelyn, di Davos e Stannis, ma non prestò attenzione ai loro discorsi.
Sapeva che c’era qualcosa che gli sfuggiva, tuttavia non riusciva a capire cosa.
In preda alla frustrazione rovesciò il tavolino su cui erano appoggiati vari oggetti.
Notò un grande volume. Doveva essere, senza dubbio, di Rodrik Harlaw – solo lui poteva leggere qualcosa di così spesso.
Senza sapere bene perché lo raccolse. Era il Libro dei Libri Perduti, scritto dall’arcimaestro Marwyn. In esso l’autore sosteneva di essere entrato in possesso di tre pagine di Segni e Portenti, un libro di visioni profetiche ritenuto perduto.
Fu in quel momento che Euron si ricordò di uno strano libro che aveva letto ad Asshai. Non era riuscito a leggerlo tutto perché l’aveva preso senza il permesso di un sacerdote delle ombre. E proprio mentre lo stava guardando aveva sentito dei passi e così era stato costretto a rimetterlo al suo posto. Tuttavia era riuscito a leggere almeno un piccolo passo: "Il quinto sacerdote delle ombre suonò la tromba e vidi una stella che era caduta dal cielo sulla terra. A questa stella fu data la chiave del mondo sotterraneo. La stella aprì il pozzo che conduce al mondo sotterraneo e dall’apertura, come da una grande fornace, salì un fumo che oscurò il sole e l’aria. Dal fumo uscirono nuvole di locuste che si riversarono sulla terra. Erano dotate di un potere simile a quello degli scorpioni, ma con l’ordine di non danneggiare né l’erba né le piante né gli alberi, ma solo le persone che non hanno il segno del Grande Estraneo sulla fronte. Il Grande Estraneo non concesse alle locuste il potere di uccidere quelle persone, ma solo di farle soffrire per cinque mesi, come soffre chi è stato punto da uno scorpione".
Allora non ne aveva compreso il significato e nemmeno in quel momento riusciva a comprenderlo del tutto. Però era certo di una cosa: quel passo conteneva la chiave di tutto.



 

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Capitolo 12
*** Griff il giovane ***


GRIFF IL GIOVANE

 

Un paio di profondi occhi viola scrutavano le strette e buie vie della città di Asshai.
Nonostante il suo volto fosse velato - come voleva il costume locale – nessun particolare sfuggiva alla sua vista. O almeno così pensava.
Molti si spostavano su portantine di ebano e ferro, celati dietro tende scure.
Il nero e l’oscurità dominavano su ogni cosa.
Quel giorno poi vi era una particolare aria cupa.
Forse era solo suggestione, eppure sembrava che stesse per succedere qualcosa. Doveva essere questa strana sensazione ad averlo spinto a seguire alcuni sacerdoti delle ombre fino alle mura della città. Oltre non aveva osato spingersi.
Da solo non poteva certo risalire il fiume e giungere alle porte di Stygai, la città cadavere. I sacerdoti erano gli unici che osavano spingersi tanto in là e lui non era un sacerdote. L’avrebbero smascherato subito.
Eppure, in cuor suo, sapeva che avrebbe dovuto proseguire. Però non era ancora giunto il momento. Sentiva che doveva ancora aspettare qualcosa o qualcuno.
Si girò di scatto non appena sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
«Non temere, sono io» disse una voce che conosceva.
«Papero, quante volte ti ho detto di non sbucare così dal nulla?!» esclamò, allontanando la mano dall’elsa della spada.
«Perdonami, ma è da un pezzo che ti cerco. Lemure ha avvistato delle navi degli uomini di ferro. Dovrebbero attraccare tra poco».
«E quindi?».
«È probabile che ci siano anche i sovrani dei Sette Regni».
«Sul serio? E come…» si interruppe a metà.
Ripensò a quello che aveva visto e sentito.
Sorrise.
Era arrivato il momento.
«Andiamo» sussurrò, superando ser Duckfield.
 

*
 

«Benvenuti ad Asshai» sorrise il ragazzo dagli occhi viola a coloro che stavano scendendo dalle navi degli uomini di ferro.
«Che ci fai tu qui?» gli domandò sospettoso Tyrion, avvicinandoglisi.
«Sono pur sempre un mercante. Vado dove ci sono affari».
«Folletto, non perdere tempo con persone inutili» tuonò Stannis.
«Che tu fossi ottuso lo sapevo, ma non fino a questo punto» rispose seccato il nano.
«Come hai detto?».
Lemure e ser Duckfield risero.
«Non mi sembra il caso di mettersi a discutere proprio in questo momento. Abbiamo cose più importanti da fare» cercò di mediare Gendry.
«Penso di potervi essere d’aiuto» sorrise Griff.
Il Primo Cavaliere del Re lo guardò spazientito.
Il giovane decise allora di scoprire il suo volto velato.
«Persona inutile, eh Stannis?» ghignò malignamente Tyrion, beccandosi un calcio per tutta risposta.
«Aegon!» esclamarono all’unisono lady Catelyn e Rickon, abbracciandolo.
«È un piacere rivedervi».
«Bando alle ciance, in che modo pensi di poterci essere d’aiuto?» chiese Capelli Bagnati.
Aegon spiegò loro quello che aveva scoperto e, dopo aver ideato un piano d’azione, li condusse alle mura della città.
«Siete pronti?» domandò Euron.
I presenti annuirono.
Erano agitati, anche se cercavano di non darlo a vedere.
Bran e Rickon, accompagnati dai loro meta-lupi e da Spettro, si misero alla testa del gruppo. Le loro abilità di metamorfi erano essenziali nel caso avessero incontrato sul loro cammino, com’era probabile, i sacerdoti delle ombre.
Accesero alcune torce e poi, lentamente, varcarono la porta che li avrebbe condotti a Stygai.
Imboccarono un corridoio asciutto e quadrato che si inclinava leggermente verso il basso.
Aegon scrutò nel rettangolo di oscurità che si muoveva davanti a lui. La torcia tremolava alla leggera corrente d’aria e se tendeva l’orecchio riusciva a sentire un suono ritmico. Poteva essere una bestia che ruggiva in lontananza oppure il suono del fiume che si muoveva in qualche tunnel sotterraneo. Optò per la seconda possibilità: in fondo, bisognava risalire un fiume per giungere alla città cadavere.
Nonostante le torce, l’oscurità li avvolse. Aegon non aveva mai visto un buio del genere. Non importava quanto a lungo lo si guardasse: gli occhi semplicemente non riuscivano ad abituarcisi. Anche perché non c’era niente a cui abituarsi. Era l’oscurità e la madre di tutte le oscurità, l’oscurità assoluta, l’oscurità del profondo della terra, un’oscurità così densa da essere anche tangibile, come gelido velluto. Cominciava a capire perché la città era chiamata Asshai delle Ombre.
Ci fu un rumore secco che fece trattenere il fiato ai presenti.
«Cos’è stato?» domandò flebilmente Tommen.
«Non lo so, ma temo che non sia niente di buono» scosse la testa Davos.
«Forza, non facciamoci spaventare da qualche rumore. Proseguiamo» avanzò risoluto Euron con la spada sguainata.
Aegon si toccò il petto. Il suo cuore batteva a ritmi irregolari. Non poteva lasciarsi prendere dalla paura. Era pur sempre un Targaryen. Ardeva il fuoco dentro di lui. Eppure non riusciva a scacciare quella sensazione di terrore.
A dire la verità, tutti sembravano esserne vittima. Tutti, tranne Bran. Lui sembrava sentirsi a suo agio nelle tenebre.
Dopo un centinaio di metri il corridoio si allargava in quella che forse una volta era una caverna naturale. Vi era un flebile bagliore proveniente da un arco posto in alto a un’estremità della caverna.
Notarono subito che, al fondo di quest’ultima, vi era una scalinata. La percorsero, arrampicandosi su mucchi di qualcosa in decomposizione.
Arrivati alla fine, si trovarono dinanzi a una porta. Bran la spinse.
Tutti trattennero il fiato, ma non accadde nulla.
La oltrepassarono e… Aegon per poco non ebbe un infarto. Una città, una città distrutta si ergeva – avvolta dall’oscurità – dinanzi a loro.
Ogni singolo anfratto era disseminato di cadaveri. Alcuni parevano essere vecchi di secoli, mentre altri erano molto più recenti. Freschi, avrebbe quasi osato dire.
Quella era Stygai, la città cadavere.
«Che orrore!» sentì dire ad Arianne.
«Concordo. E poi questo silenzio è inquietante» disse lady Catelyn.
Aegon sussultò.
«Che cosa hai detto?» le domandò.
«Che tutto questo è inquietante».
«No, prima…».
La donna lo guardò, poi rispose: «Che questo silenzio è inquietante».
«Che ti prende?» gli si avvicinò Brienne vedendo il suo volto insolitamente pallido.
«Questo posto è troppo silenzioso. Qui dovrebbero esserci un sacco di sacerdoti delle ombre, non può essere tutto così calmo».
L’oscurità si infittì. I meta-lupi ulularono.
«Che sta succedendo?» gridò allarmato Gendry.
«G-guardate…» sibilò Victarion.
Aegon e gli altri seguirono il suo dito e trasalirono.
Videro avanzare un esercito di cadaveri.
Questi erano manovrati dai sacerdoti delle ombre che, dall’alto dei tetti – o perlomeno quello che ne restava – recitavano strane formule in una lingua sconosciuta.
Si udì un boato e poi, in groppa a un cavallo nero, comparve Jon Snow.
Spettro guaì.
Dietro il defunto figlio del lord di Grande Inverno, Aegon intravide un’altra persona: era Arya Stark. O forse no.





Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Sono finalmente tornata con un nuovo capitolo: scusate per l'attesa, ma sono stata davvero molto impegnata...
Comunque, che ne pensate dell'evolversi della storia? Cosa succederà?
Presto lo scoprirete.
Un saluto,
Violaserena.

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Capitolo 13
*** Arya ***


ARYA


 

Occhi verdi scrutavano nell’oscurità.
Si udì un guaito.
La ragazza sorrise. Nymeria doveva trovarsi poco lontano da lei.
Si alzò lentamente per raggiungere il suo amato meta-lupo, ma si fermò quasi subito perché la stanza all’improvviso venne illuminata leggermente.
Ora che la luce delle candele mandava ombre lunghe sui muri, Arya si rese conto di trovarsi in un luogo grande e circolare. Libri e rotoli erano disseminati dappertutto, sui tavoli e ammassati sul pavimento in pile alte quattro piedi. Arazzi malconci e mappe scolorite tappezzavano le pareti di pietra.
Il suo sguardo fu attratto da una candela alta tre piedi, sottile come una daga, attorcigliata su se stessa, di un nero scintillante. Era poggiata su un tavolo finemente ornato. Brillava in modo inquietante e c’era qualcosa di strano nella sua fiamma. Non tremolava né ondeggiava. Quella luce aveva strani effetti anche sui colori: i bianchi erano candidi come neve appena caduta, i gialli brillavano come oro, i rossi parevano fuoco, mentre le ombre erano così nere da sembrare voragini nel mondo. Arya rimase sbalordita. Era ossidiana.
Sentì una fitta al petto.
Si toccò con la mano.
Non c’era traccia di sangue. Qualcuno doveva aver ripulito la sua ferita e anche quella di Nymeria. Accarezzò la testa del meta-lupo che, nel frattempo, l’aveva raggiunta.
Che cosa stava succedendo? Perché si trovava lì? Perché l’avevano ferita e poi curata?
Il mistero, il sacramento che si compie ha a che fare con un nuovo ordine del mondo disse una voce.
Sussultò. Non c’era nessuno nella stanza a parte lei e il suo meta-lupo.
«Chi ha parlato?» chiese flebilmente.
Senza sapere bene perché guardò in direzione della candela nera. Rimase senza fiato: vi era una figura nella fiamma.
«Chi sei?».
La figura non rispose alla sua domanda, ma cominciò di nuovo a parlare: Ogni potere ha bisogno di una forma di gloria, di trombe e ori. La penombra, le luci, la prospettiva, l’aura misterica sono tutti gli elementi adatti alla messinscena.
Arya ripensò a quando il Signore Gentile le aveva fatto visitare un antico tempio a Braavos. Aveva percorso il labirinto sul pavimento della navata centrale e aveva osservato con ammirazione dipinti e vetrate. Ricordava che il Signore Gentile l’aveva invitata a guardare ciò che raramente attirava l’attenzione. Aveva indicato col dito una sezione oscura. Una pletora di figure antiche, insignificanti rispetto allo splendore di altri apparati. In particolare, l’assassino le aveva indicato una figura di acrobata, un saltimbanco. Si reggeva su palmi e avambracci e guardava chi lo guardava. Il corpo, in alto, era inarcato in modo che la verticale si tramutasse in una curva, le gambe piegate, i piedi che toccavano la testa. Da una prospettiva diversa, il corpo si sarebbe potuto inscrivere in un cerchio. Il Signore Gentile l’aveva pregata di riflettere sul senso di quello che aveva appena visto e di tenere presente che il saltimbanco rappresentava la perfezione, la condizione di chi vive pienamente nella grazia.
Chi non tende volontariamente alla perfezione è buono solo come strumento, non dissimile da un animale sibilò la figura.
Ora Arya capiva che quel saltimbanco era un’istruzione diretta. La condizione dei corpi non guidati da una volontà pura e ferrea non era propriamente umana. Soprattutto la perfezione ginnica dell’acrobata descriveva una profezia. La posa alludeva a un ciclo, a una rivoluzione, a un compimento. L’inerzia della pietra ne rivelava l’equilibrio e riusciva a evocarne il movimento.
E ora la giovane Stark capiva chi era la figura della fiamma che brillava dinanzi a lei. Era il Grande Estraneo, il dio delle tenebre, del freddo e della morte.
Prima che potesse parlare, un uomo con una catena di molti metalli attorno al collo entrò nella stanza.
«Vedo che ti sei svegliata» le sorrise.
«Chi sei? Perché mi trovo qui?».
«Sono Marwyn, un arcimaestro della Cittadella».
Marwyn? Dove aveva già sentito quel nome?
L’uomo parve comprendere i suoi pensieri, pertanto disse: «Sono l’autore del Libro dei Libri Perduti».
«Quel libro in cui sostieni di essere entrato in possesso di tre pagine di Segni e Portenti, un tomo di visioni profetiche ritenuto perduto?».
«Proprio così».
Arya non riusciva a capire.
L’arcimaestro sorrise di nuovo. «Hai visto la candela nera? Tutta la stregoneria dell’antica Valyria è basata sul sangue e sul fuoco. Con una di queste candele di vetro, gli stregoni di Freehold erano in grado di vedere attraverso montagne, mari e deserti. Potevano entrare nei sogni di un uomo e dargli delle visioni, oppure potevano parlare tra loro da un capo all’altro del mondo. Interessante, non trovi?».
Non poteva non notare alcune somiglianze con i metamorfi. Però loro non erano in grado di produrre delle visioni. O forse si?
«Non mi hai ancora detto perché sono qui» scosse la testa Arya, turbata.
«Io no, ma lui si» indicò la figura nella fiamma.
La giovane Stark trattenne il respiro.
«Il Grande Estraneo ha parlato di un nuovo ordine del mondo… Ma non capisco cosa c’entri io con tutto questo».
Marwyn parve sorpreso.
«Dimmi, tu riesci a vederlo?» le chiese con curiosità.
«Si. Tu no?».
L’arcimaestro assunse una strana espressione. «Io vedo solo un puntino nero. Nient’altro».
Arya trattenne il fiato. Secondo le storie, solo i guerrieri del Grande Estraneo potevano vederlo. Questo significava che lei…
«Sai, secondo la profezia, quando la stella rossa sanguinerà, nuvole di locuste si riverseranno sulla terra con l’ordine di condurre alla distruzione le persone che non hanno il segno del Grande Estraneo sulla fronte. Però Gorghan di Vecchia Ghis una volta scrisse che una profezia è come una donna malefica. Ti prende il membro in bocca, tu mugoli di piacere e pensi com'è dolce, com'è soave, com'è bello... e poi i suoi denti si chiudono e i tuoi gemiti diventano urla. Così è la natura della profezia, disse Gorghan. La profezia ti strapperà sempre il cazzo con un morso».
Marwyn rimase alcuni secondi in silenzio, poi riprese dicendo: «Tuttavia le profezie vanno interpretate. Solo quando hai la chiave, puoi essere sicuro di uscirne vincitore».
Nymeria guaì.
«E tu la chiave ce l’hai?» domandò Arya, con il cuore che batteva all’impazzata.
L’arcimaestro sorrise.
«Ne ho due. Tu sei la prima. Senza di te, la seconda non sarebbe mai potuta arrivare qui. Senza di te, non l’avrebbe mai ucciso».
«Ma di cosa stai parlando?».
«Non di cosa, ma di chi. La seconda chiave è colui che ha torto il collo a Brynden Rivers. La seconda chiave è… Brandon Stark».
La vista di Arya si annebbiò.
Tutto divenne scuro.
Strane immagini e suoni cominciarono a vorticarle nella testa.
E poi lo vide.
Seduto sul trono di spade, con la spada sporca di sangue, c’era suo fratello Bran. Accanto a lui, il Grande Estraneo.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

Stygai, la città cadavere, sempre silenziosa e cupa.
Stygai, la città in cui tutto era morto.
Stygai, la città in cui era incominciata una battaglia: vivi contro morti.
I cadaveri degli uomini che furono si rialzavano dopo ogni colpo subito, insensibili al dolore, ricordo ormai di un tempo che non c’era più.
I combattenti dei Sette Regni, per quanto forti fossero, erano allo stremo delle forze. I morti non potevano essere uccisi.
Spettro azzannò quello che una volta era stato il corpo di Jon Snow. Dilaniò le sue carni, lo ridusse a brandelli. Ma l’uomo si rialzò di nuovo, impassibile.
Il meta-lupo ringhiò.
«Non possiamo andare avanti così!» urlò frustrato Euron.
«Dobbiamo trovare un modo per abbattere i sacerdoti delle ombre» disse Tyrion, schivando un poderoso fendente diretto al suo petto.
«E come li raggiungiamo? Non so se l’hai notato, ma siamo circondati da un esercito di cadaveri».
«Sei o non sei il grande Occhio di Corvo? Non dovrebbe essere difficile per te trovare una soluzione».
«Ringrazia che sono impegnato, Folletto. Altrimenti ti assicuro che te l’avrei tagliata quella maledetta lingua» sibilò Greyjoy, spaccando la testa a un morto con insolita violenza.
«Non è il momento di mettersi a litigare» li interruppe Tommen.
I due uomini lo guardarono in cagnesco. Prima che potessero dire qualcosa però, un particolare attirò la loro attenzione.
Arya Stark stava camminando verso di loro accanto a suo fratello Bran. I cadaveri si spostavano al loro passaggio, anzi si inchinavano.
«Che significa?» domandò con un velo di preoccupazione ser Davos.
«Significa che state sprecando il vostro tempo. Riponete le armi» rispose il re del Nord.
I vivi, senza sapere bene perché, fecero quello che quest’ultimo aveva detto.
I morti erano immobili, come in attesa di qualcosa.
«Come avrete capito, non è possibile ucciderli» affermò Arya, seria in volto. «Le tenebre non possono essere sconfitte in questo modo».
«Stai dicendo che dovremmo arrenderci?» sputò arrabbiato Stannis.
«Sto dicendo che solo le tenebre possono sconfiggere le tenebre».
«Non dire sciocchezze, solo la luce può farlo. L’unica possibilità che abbiamo è sperare che si presenti Azor Ahai reincarnato. Solo così potremo porre fine all’oscurità» disse Arianne, scura in volto.
Bran scoppiò a ridere.
La sua sinistra risata gelò il sangue ai presenti, vivi e morti.
Estate ululò, seguito subito da Nymeria, Spettro e Cagnaccio.
«Lo trovi divertente?» osò dire Gendry.
«Non immagini quanto. E sai perché? Perché solo il guerriero del Grande Estraneo può fermare tutto questo. Solo io posso farlo» sorrise il re del Nord. «Ma non so se ne ho voglia».
«Bran…» sussurrò tra le lacrime lady Catelyn. «Che cosa stai dicendo?».
Arya abbracciò sua madre e poi prese per mano Rickon, avvicinandosi a suo fratello.
I due giovani Stark estrassero Inverno e Gelo.
Brandon estrasse Inizio.
Era davvero l’inizio di una nuova era, dopotutto.
«No, non farlo!» si udì in lontananza la voce di un uomo.
Samwell, sorretto da Aegon poiché era ferito a una gamba e ancora scosso da quello che aveva visto sulla Vittoria di Ferro, ebbe un sussulto. Conosceva quella voce, la voce di tutte quelle atrocità. Era l’arcimaestro Marwyn.
«È così è arrivato il momento» disse Bran, più rivolto a se stesso che ai suoi fratelli. «Guarda Brynden Rivers, guarda attentamente!».
Con un gesto repentino si portò la spada al cuore e si pugnalò.
Arya e Rickon, a loro volta, lo colpirono al petto.
Catelyn gridò.
Un’aura cupa circondò il corpo del giovane Stark.
Si alzò un forte vento e sciami di locuste comparvero all’orizzonte. Esse si compattarono formando un’unica grande ombra. L’ombra del Grande Estraneo.
Quest’ultimo, contro ogni previsione degli abitanti dei Sette Regni, spazzò via i cadaveri degli uomini che furono, lasciando solo la cenere.
Polvere erano e polvere sarebbero tornati.
Le sue tenebre avvolsero i sacerdoti delle ombre e Marwyn.
«No, non sarebbe dovuta andare così, dannazione!» imprecò l’arcimaestro. «Doveva essere una rivoluzione. Una rinascita!».
Cercò di liberarsi, ma la stretta del Grande Estraneo era troppo forte. Le tenebre penetrano nel suo corpo e in quelle dei sacerdoti, divorandoli.
Ci fu uno scoppio.
Brandelli di pelle e sangue volarono sulle rovine di Stygai.
Il vento cessò.
Ma la grande ombra non scomparve.
«Bran!» urlò Catelyn vedendo il figlio sollevato dal signore della morte.
Chi non tende volontariamente alla perfezione è buono solo come strumento, non dissimile da un animale. Un nuovo ordine del mondo non può essere generato da qualcuno di imperfetto.
Il re del Nord si alzò sul palmo della mano d’ombra, sfilandosi dal cuore le tre spade in acciaio di Valyria.
Non c’era nessun sangue, anzi non c’era nessuna ferita.
«Tu sapevi che non sarebbe morto, vero Arya?» chiese Tommen, guardando la scena con la bocca aperta.
«Il guerriero del Grande Estraneo non può essere sconfitto da un altro guerriero del medesimo dio. Le tenebre sono in lui così come sono in me e in Rickon. Come sono in tutti noi, in realtà. Non esiste alcuna persona completamente buona. Le tenebre faranno sempre parte della nostra vita. Bran l’ha capito e per questo si è lasciato guidare da esse» rispose, per poi proseguire dicendo: «Sai, solo chi non avesse temuto le tenebre avrebbe potuto sconfiggerle. Il corvo con tre occhi gli ripeteva spesso che le tenebre sarebbero state il suo mantello, il suo scudo, il suo latte materno. E che l’avrebbero  reso forte. E lui è davvero forte. Guarda, quello che vedi non è veramente il Grande Estraneo, è solo la proiezione delle ombre dell’animo di Bran».
«Non riesco davvero a crederci. È qualcosa di incredibile!».
Arya sorrise.
«Però che cosa intendeva dire la sua ombra con un nuovo ordine del mondo non può essere generato da qualcuno di imperfetto?» domandò Tyrion, avvicinandosi.
«Non l’hai ancora capito? Perfetto è solo chi riconosce in se stesso le tenebre e la luce. Marwyn vedeva solo le tenebre, per questo è stato sconfitto».
«E io che credevo ci fosse qualcosa di più complesso sotto, qualcosa di più meschino».
«Chissà, forse c’è» disse Bran, avanzando tra i filamenti della grande ombra che si dissolveva.
Catelyn corse ad abbracciare il figlio, trascinando con sé anche Arya e Rickon.
Dopo tanto tempo, era bello poter essere di nuovo tutti insieme.
I meta-lupi ulularono.
Piano piano le tenebre si diradarono, lasciando spazio ai caldi raggi del sole che illuminarono Stygai, la città cadavere.
«Torniamo a casa» disse Arya.
«Sei sicura di non voler continuare il tuo viaggio?» chiese Rickon.
«Il mio viaggio continuerà, ma a Grande Inverno, con voi. È quello il mio posto» sorrise. «E poi devo vantarmi con Sansa di tutte le cose che ho visto. Morirà di invidia, ne sono certa».
I presenti scoppiarono a ridere.
E così, dopo molto tempo, risate cristalline risuonarono per la città cadavere.
La vita sarebbe forse ricresciuta.
Un nuovo ordine del mondo sarebbe iniziato presto. Un nuovo ordine fondato sull’equilibrio tra luce e oscurità.
La luce del giorno avrebbe mostrato i limiti del possibile. E il buio avrebbe insegnato che le possibilità erano infinite.
La luce crede di viaggiare più veloce di ogni altra cosa, ma si sbaglia. Per quanto veloce viaggi, la luce scopre che l’oscurità arriva sempre prima, ed è lì che l’aspetta risuonò una voce. Sembrava che provenisse dal cielo, da una nuvola a forma di corvo. Un corvo con tre occhi.



 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti!
Siamo giunti alla fine di questa storia. Spero vi sia piaciuta!
Ringrazio tutti coloro che l’hanno letta, recensita, messa tra le preferite/ricordate…
Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo.
Un abbraccio,
Violaserena.

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