The Mystery of Leyk City

di LoveStoriesInMyHead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Leyk City ***
Capitolo 2: *** Fisher ***
Capitolo 3: *** Alan Gunter ***



Capitolo 1
*** Leyk City ***


The mystery of Leyk City




Nessuno a Leyk City aveva mai osato raggiungere il sole che volge al tramonto. Tutti sapevano che provare a raggiungere l'orizzonte era impresa tanto impossibile quanto pericolosa. Difatti non esiste anziano che non abbia raccontato almeno una volta a dei turisti di passaggio una delle leggende che fanno di Leyk City una meta folkloristica per chiunque abbia del tempo da sprecare dietro racconti poco credibili ma estremamente avventurosi e misteriosi.
Leyk City non è di certo una meta turistica in cima ai depliant delle agenzie di viaggi. Però, nonostante il clima sgradevolmente instabile, i turisti sembravano non scarseggiare mai. Non mancava mai il malcapitato che braccava uno dei secolari residenti in strada per chiedere delle informazioni o qualche coppietta in viaggio di nozze con la malsana idea di una luna di mele on the road per le cittadine poco conosciute. 

L'unico bar, che faceva anche da punto di incontro per residenti e non, era una vecchia baracca che ad ogni tempesta dava l'impressione di collassare da un momento all'altro. La barista era una donna sulla trentina, che sul viso portava i segni di un'esistenza infelice quanto solitaria. I soliti clienti erano il tipico gruppetto che la domenica si organizza per una battuta di pesca, ma che alla fine si ritrova nella pescheria della città vicina, giusto per non fare brutta figura con quelli rimasti a terra. Ogni tanto, assieme alla birra doppio malto, richiedevano il numero della barista, che con cordialità sorrideva, fingendo di non aver sentito. Anche Fisher sedeva nel suo solito sgabello marcio. Sorseggiava la sua birra in silenzio, ripercorrendo la fila di bottiglie di liquori allineata su una mensola sopra il bancone. Ogni tanto si perdeva tra le lande desolate del suo cervello, chiedendosi se realmente avesse mai avuto un significato la sua misera vita da pescatore. 
«Fisher!» La barista si era rivolta a lui con decisione, come se avesse tentato si risvegliarlo dal suo solito stato di trans. «Ti ho trovato un ingaggio. Ad un capitano di un peschereccio servivano delle mani abili per la sua battuta di pesca. Ho fatto il tuo nome. È da un po' che non vai per mare.» Intanto la barista aveva versato della birra in un bicchierone di vetro da mezzo litro e con un fischio aveva richiamato l'attenzione dell'uomo all'ultimo tavolo sulla sinistra. 
«E non ne ho nessunissima intenzione. La mia carriera da pescatore è finita nel momento in cui quella vecchia barca mi ha abbandonato durante quella tempesta. Credo che se ricominciassi, impazzirei.» 

Nel frattempo Shelley, la barista, sbuffò per la risposta ricevuta e intimò al pervertito di turno di smettere di fissarla così insistentemente. 
«Non hai nemmeno chiesto quanto è la paga» riprovò con determinazione. «Potrebbe farti comodo per riparare il tetto a quella casa e magari smettere di vivere dentro quel relitto. Quanto tempo è passato dall'ultima volta che hai dormito su un vero letto?» Shelley adesso pareva irritata. 
«Quel relitto, come lo chiami tu, è casa mia. Al contrario di quella baracca decrepita» rispose per le rime.
«Ventimila dollari» disse, lanciando una sorta di sfida con il solo potere di uno sguardo. 
Fisher balzò sulla sedia. Era una cifra molto elevata per un posto in un peschereccio. 
«Qual è la fregatura?» ribatté dopo un po'. 
«Nessuna fregatura. Sembrava un tipo a posto.»
«I migliori truffatori sono coloro ai quali daresti la fiducia più assoluta.»
«Fisher» si lamentò «Volevo solo essere d'aiuto.»
«Non ne ho di bisogno. Me la cavo benissimo così.»

Quell'uomo poteva sembrare acido e piuttosto apatico, ma non era sempre stato così. Ogni persona, nel corso della propria vita, subisce un cambiamento o è testimone di un evento tragico. Qualcosa colpisce il nostro subconscio e cambia radicalmente il nostro modo di agire e riflettere. Ma alcune delle volte, questi eventi sono talmente orribili che non solo cambiano, ma trasformano completamente la vita di un essere umano, una sorta di rinascita in qualcosa di cui prima si aveva il timore di diventare.

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Capitolo 2
*** Fisher ***





FISHER

 

Quella mattina Fisher non aveva nessuna intenzione di uscire di casa. Le nuvole in cielo annunciavano un temporale imminente e il mare mosso gli dava uno strano senso di inquietudine. Mise sul fuoco la caffettiera e su un piano improvvisato sistemò una vecchia e sbiadita tovaglietta in cotone. Un tuono lo fece sobbalzare un momento prima che versasse la sua bevanda in una tazza. Il vento si era alzato velocemente e Fisher fu costretto a chiudere per bene ogni piccola finestrella della sua improvvisata dimora. 
Si sedette e, sorseggiando il suo caffè, si mise a leggere la prima pagina del giornale locale, il Leyk City's facts. Non fu sorpreso nel leggere niente di interessante, d'altronde non poteva mica aspettarsi qualcosa di vagamente intrigante da una cittadina tranquilla come la sua. Un altro tuono e, questa volta, Fisher non sobbalzò. 
In tutti quegli anni passati lì, uno di questi acquazzoni era alquanto raro. Indubbiamente capitava qualche pioggia forte, ma quella violenza naturale, che incombeva sulla tranquilla Leyk City, l'aveva trasformata in uno scenario inquietante e per nulla rassicurante. 
Quando Fisher terminò di bere il suo caffè, richiuse il giornale e, con movimenti veloci, sistemò quel che c'era da sistemare. 
Nonostante lui avesse tappato ogni fessura, qualche spiffero d'aria entrava comunque, così il povero Fisher era costretto ad indossare una giacca di lana anche dentro casa. Casa non è proprio il termine adatto, ma a lui piaceva definirla tale. Un vecchio relitto di un grosso peschereccio era l'unica dimora che Fisher si era imposto di abitare. La sua vera e propria casa era piena zeppa di cose che lui non avrebbe mai più voluto vedere e, dopo mesi nei quali aveva dormito dentro un vecchio granaio che dava sulla spiaggia, riconobbe che l'idea di vivere dentro una barca era la scelta migliore. 

Qualcuno bussò alla porta e Fisher, sbuffando, si mosse a passi pesanti per andare a vedere chi avesse osato disturbarlo. Non passò molto tempo prima del secondo, più insistente, colpo.
«Fisher, so che è lì dentro!» Una voce possente e dura si fece strada tra i tuoni e la pioggia battente.
«Cosa vuole da me?» ribatté l’uomo a pochi centimetri dalla porta. Il suo umore era mutato rapidamente e l’ultima cosa che avrebbe voluto fare era instaurare un dialogo con quel rompiscatole là fuori.
«Voglio che lei accetti l’offerta. La Missing Destiny ha bisogno di qualcuno come lei» rispose l’altro.
«Troppi soldi per un posto in un peschereccio.»
«Non è una truffa, mi creda. Mi piacerebbe poterle illustrare meglio questa situazione. Fisher, mi farebbe entrare? La prego.» L’uomo sconosciuto aveva assunto un tono impietosito e Fisher non resistette ad accontentarlo. Lo fece accomodare e senza dire una parola lo condusse all'interno della stanza.
«Sappia soltanto che non appena fiuterò l’imbroglio, non mi farò problemi a cacciarla via a furia di calci» lo informò, mantenendo il suo sguardo severo sull'uomo.
L’uomo di asciugò la mano sui pantaloni e la tese verso Fisher. Quest’ultimo, titubando qualche secondo, ricambiò la stretta e sospirò, pronto ad ascoltare ciò che aveva da dirgli.
«Mi chiamo Alan Gunter e sono il capitano della Missing Destiny. Ho in mente di giungere fino alla Baia di Hithenworth. Sono arrivato in città da poco e mi sono bastati una manciata di minuti per venire a conoscenza delle leggende sul non-raggiungere-l’orizzonte e delle creature che sorvegliano il confine. Sarebbe una cosa grandiosa poterne catturare una, non crede? Insomma, questo non farebbe altro che incrementare le ondate di turisti e arricchire questa cittadella.» Gunter sembrava uno di quei bambini impazienti di scartare i regali la mattina del venticinque dicembre.
«Mi prende in giro? Non mi azzarderò una seconda volta!» La voce di Fisher divenne più dura, spaventando l’animo ingenuo del capitano.
«Ci ho rimesso quasi tutto il mio equipaggio e mia moglie è rimasta paralizzata dalla testa in giù per una bravata del genere. Si rende conto della stupidità della sua offerta? Metterebbe a rischio la sua vita per un po’ di gloria? Lo sa quante leggende parlano di stolti come lei? Non si azzardi nemmeno a chiederlo a qualcun altro. Non so quanto male potrebbero reagire.» Urlando a squarciagola, Fisher aveva sicuramente acceso una lampadina nella testa vuota che gli stava davanti.
«Non posso darle torto, ma forse lei non ha ancora pensato che con la paga potrebbe finanziare una di quelle cure sperimentali che potrebbero salvare sua moglie. Certo, è un rischio che bisogna correre, le cure potrebbero non funzionare, ma le sto offrendo una speranza.» Gunter fece una pausa e lo fissò dritto negli occhi, la sicurezza riacquistata. «A questo punto, dovrebbe rivalutare l’offerta.»
Fisher rimase in silenzio. I tuoni facevano da contorno a quella scena. Il capitano vide l’indecisione negli occhi del pescatore e ne approfittò per sferrare la stoccata decisiva.
«Vostro figlio è morto e sua moglie sta seguendo la stessa strada. Tutto dipende da lei. Quante morti ancora vuole sulla coscienza?»
Per Fisher fu come ricevere un pugno in pieno stomaco, ebbe un mancamento e per poco non gli cedettero le ginocchia. Era ovvio che quell'uomo sapeva perfettamente come manipolare le persone.
«Esca da casa mia» disse, faticando a pronunciare ogni singola sillaba.
«In caso ci ripensasse, questo è il mio biglietto da visita. Aspetto una sua telefonata.» Poggiò un fogliettino sul tavolino e si alzò. Si sistemò la giacca e gli rivolse un ghigno impertinente. Poco dopo si chiuse la porta alle spalle, non rivolgendo nemmeno uno sguardo al pescatore, che intanto lo scrutava adirato.

Fisher strinse tra i polpastrelli callosi il fogliettino, riflettendo sulla decisione giusta da prendere. La sua mente gli urlava di non accettare per nessunissima ragione quel lavoro, ma il suo cuore gli ricordava incessantemente gli occhi di Arya. Sappiamo tutti quanto il volere degli uomini sia nullo in confronto all'amore ed il pensiero della moglie di nuovo piena di vita lo spinse verso una direzione diversa. Una lacrima gli bagnò la guancia e Fisher scelse di seguire il suo cuore.


 

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Capitolo 3
*** Alan Gunter ***



 
ALAN GUNTER


Gunter era sicurissimo che avrebbe ricevuto una telefonata da parte di quell'uomo. Non appena fu abbastanza lontano da quella catapecchia, digitò un numero sul display del suo cellulare e borbottò qualcosa. Il ghigno che aveva in volto preannunciava già quali intenzioni avesse in realtà.
Alan Gunter era sempre stato un uomo ambizioso e non lasciava passare un’occasione per dimostrarlo. Divorziato per i continui tradimenti di lui, si era trasferito in città, aveva comprato una villa e la sua nuova dolce metà lo attendeva tutte le sere, desiderosa di soddisfarlo in qualsiasi modo, viste le tonnellate di soldi che ella spendeva per le cose più futili a questo mondo. Con i suoi quarantacinque anni di vita, aveva raggiunto tutti i suoi obbiettivi, ma per gli uomini come lui, la sete di gloria e appagamento nell'aver compiuto l’impossibile sembrava tormentarlo anche la notte. Non si dava pace, ormai era giunto alla conclusione che la sua vita era giunta ad un punto morto.
Finché un giorno, rimasto sveglio a spulciare i siti internet sul suo computer, si ritrovò in un forum sul soprannaturale e da lì, venne a conoscenza delle oscure leggende che fanno di Leyk City un luogo di incontro per gli appassionati dell’occulto.

Qualche giorno dopo prese la decisione di recarsi a Leyk City, ma notò la mancanza di una cosa molto fondamentale: una barca. Pensò bene inoltre che acquistare un peschereccio e presentarsi nelle vesti di un capitano erano modi perfetti per non destare nessun sospetto. Chiamò qualche amico, che contattò svariati conoscenti, fino a quando la Missing Destiny gli sembrò la scelta migliore. Gli bastarono qualche migliaio di dollari per la barca e poco dopo arrivò un intero equipaggio.

Quando arrivò a Leyk City, si diresse all'unico bar nella zona ed era bastato qualche sorriso languido e qualche occhiata di troppo per convincere la barista a raccontargli qualcosa di questo Fisher, uno dei pescatori più conosciuti in città.
«Durante i suoi anni d’oro, Fisher catturò un vero e proprio mostro!» aveva esclamato la donna. Gunter aveva rizzato le orecchie piacevolmente sorpreso, ma quando Shelley gli mostrò una foto che ritraeva Fisher che teneva per la coda un grosso pesce, constatò che si trattava soltanto di un tonno.
Da Shelley aveva appreso la scomparsa prematura del figlio e le gravi condizioni della moglie, spedita in una clinica specializzata dall'altra parte della nazione. Poi le chiese di parlare al pescatore, accennandogli l’ingaggio, per il resto ci avrebbe pensato lui.
«Comunque, se ti può interessare, sono libera questa sera. Stacco alle dieci» aveva aggiunto subito dopo, mostrando leggermente il decolté e mettendo su uno di quei sorrisi accattivanti.
Alan Gunter aveva declinato gentilmente l’invito, anche se l’idea non gli dispiaceva affatto. Per adesso il suo unico pensiero era andare di persona da lui e cercare in tutti i modi di portarlo a bordo della Missing Destiny.

Sapeva di aver mentito spudoratamente a Fisher e che probabilmente sua moglie era destinata ad una morte lenta e sofferta, ma il pescatore era il tipico uomo deluso dalla vita e Gunter era abile nel trattare con i tipi come lui. E non ne era minimamente dispiaciuto. L’unica cosa che voleva era ridare una scossa alla sua vita, risentire quell'eccitazione lungo la spina dorsale e magari acquistare ancora più notorietà di quanto ne avesse già.

Mentre pensava a tutto ciò, la pioggia sul suo parabrezza cominciava a scarseggiare, permettendogli di vedere meglio la strada che stava percorrendo. Il rumore regolare dei tergicristalli scandiva il tempo e Gunter trovava tutto ciò rilassante. Spense il motore e scese dall'auto. Le sue scarpe lucide -costate un sacco di dollari- affondarono nel fango e non riuscì a trattenere una bestemmia, che si levò in aria. Era quasi giunto all'entrata del sudicio motel quando ricevette una telefonata. Si affrettò a rispondere, immaginando già chi lo stesse chiamando.
«Fisher! Ero sicuro di avere a che fare con un uomo intelligente!» disse squillante, avanzando vero l’ingresso del motel.
Fisher sembrò non farci caso al falso complimento e si informò soltanto sulla data della partenza, non volle sapere altro.
Quando Gunter oltrepassò la porta d’ingresso del motel, era sicuro che di lì a poco si sarebbe riempito le tasche e che, molto probabilmente, avrebbe acquistato quel tanto di gloria che ancora gli mancava.

 

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