La prima studentessa della Welton Academy

di rossella_rose
(/viewuser.php?uid=875793)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Il Corriere della Sera ***
Capitolo 2: *** Atto I - LA WELTON ACADEMY - Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Di nuovi inizi, lettere e lezioni interessanti - Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Di duelli particolari, sette clandestine e pinguini rosa - Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Di Poeti Estinti, sentimenti poco chiari e nuove conoscenze - Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Di incoraggiamenti, litigi assurdi e strane sensazioni - Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Di rapporti difficili, respiri a fior di labbra e fulmini a ciel sereno - Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Di casini pazzeschi, telefonate indispensabili e scorci di gelosia repressa - Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Di luridi figli di buona donna, ragazze esauste e riunioni intime – Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Di amici teneri, fratelli meravigliosi e mesi infernali - Capitolo IX (+ riepilogo) ***
Capitolo 11: *** Fine Atto I - L'INCIDENTE - Capitolo X Parte I ***
Capitolo 12: *** Atto II - FUOCO - Capitolo X Parte II ***



Capitolo 1
*** Prologo - Il Corriere della Sera ***


LA PRIMA STUDENTESSA
DELLA WELTON ACADEMY
di Rossella_Rose

§

Il giornale
Prologo
 
29 Agosto
Tre mesi fa, l’astro nascente della scrittura italiana Silvia Romani riceveva in diretta televisiva una borsa di studio di enorme valore, come premio per il suo impegno nel giornalismo e nella scrittura e per la sua continua dedizione alla cultura e alla conoscenza.

La premiazione si è tenuta a Milano, dove la casa editrice Mondadori ha voluto omaggiare la Romani con il prestigioso riconoscimento, testimone dei numerosi successi che l’hanno accompagnata da due anni orsono.

Dopo aver scritto la sua prima trilogia, diventata in poco tempo la saga fra le più lette in Italia, con un numero di copie vendute esorbitante, la giovane autrice si è dedicata ad importanti questioni sociali moderne. Prima fra tutti la questione della parità dei sessi e della difesa della donna. La Romani, di fatti, è tuttora fra le più accanite sostenitrici delle numerose campagne contro la violenza femminile, causa alla quale lei stessa ha dedicato una campagna personale di forte impatto, collaborando con molte autorità e celebrità donne internazionali e non.
Fra i progetti che l’hanno vista protagonista spicca il suo libro: “Io sono il sesso debole”, diventato un vero e proprio fenomeno e caso mondiale, citato da famosi critici letterari.

« È arrivata come un uragano, combattendo con forza e valore » così ha definito la Mondadori la Romani, che ora si destreggia facilmente fra conferenze, eventi culturali e un numero considerevole di fans, soprattutto giovani.

Ed è per questo che, dopo essere apparsa nei più famosi programmi televisivi italiani, che la casa editrice per la quale Silvia continua tuttora a scrivere ha deciso di premiarla.

È stato infatti contattato il più prestigioso istituto preparatorio degli Stati Uniti. Nientepopodimeno che la “Welton Academy”, nel Vermont.
L’istituto è fra i migliori al mondo e ogni anno partorisce le menti più brillanti d’America. Non certo una scuola per tutti, visto anche la fascia ristretta di giovani che la frequentano, per la maggior parte figli di famiglie decisamente abbienti.
“Figli”, già, perché la Welton Academy è un college esclusivamente maschile.

E qui si è acceso lo scandalo, che ha interessato tutti i media italiani.
La redazione, che ha immediatamente tentato di calmare le acque, ha dichiarato: « Non si tratta di uno sbaglio. La Welton Academy sarebbe orgogliosa di ospitare per la prima volta una studentessa di alto livello come Silvia Romani nel suo istituto. Non parliamo di una scelta casuale. La nostra scrittrice rappresenta l’eccellenza italiana e sappiamo che, in caso accettasse la borsa di studio, porterebbe la cultura del nostro Paese anche in America, con il talento che la contraddistingue. Siamo pienamente fiduciosi nelle sue capacità e speriamo accetti l’opportunità che le è stata data. Dietro alla nostra scelta c’è un grande progetto che, se compiuto, potrebbe rivoluzionare molte cose ».

Il giorno seguente, la Mondadori ha avviato una conferenza a Milano, dove i principali giornali e televisioni italiane aspettavano l’arrivo della scrittrice.
Un’orda di flash e di domande le si è rovesciata addosso al suo arrivo, ma Silvia ha preso posto e ha calmato la folla in pochi minuti.
Poi, nella tensione del momento si è avvicinata al microfono e, in diretta nazionale, ha comunicato: « La Mondadori mi ha offerto un’opportunità unica. Dopo aver riflettuto molto sul percorso di studi e su cosa rappresenterebbe il diploma per me in una scuola tanto prestigiosa, sono giunta ad una conclusione. Ho deciso di ultimare i miei studi in America. A settembre partirò per la Welton Academy ».

Nella confusione seguente si è ritirata per i preparativi e la casa editrice ha chiesto ai giornalisti un po’ di tranquillità e di privacy per la ragazza.

Ieri, l’aeroporto di Venezia si è riempito di paparazzi e di fans che, all’arrivo di Silvia si sono accalcati nel tentativo di avere qualche autografo o delle foto.
La Romani ha rilasciato le ultime interviste e ha fatto il possibile per accontentare gli ammiratori, finché ha dovuto attraversare il gate seguita dalla famiglia per gli ultimi intimi saluti. Prima di scomparire oltre le porte scorrevoli dell’aeroporto ha rivolto un ultimo saluto ai giornalisti e ai fans, con un sorriso sulle labbra e gli occhi pieni di felicità e speranze per il futuro.
Da un articolo di giornale

Angolo Autrice:

Ciao a tutti Poeti Estinti!
Sono Rossella_Rose e questa è la mia prima fanfiction, “La prima studentessa della Welton Academy”.

Lasciate che vi parli della mia storiella.
La protagonista, lo avrete capito, è Silvia Romani, una giovane scrittrice italiana di grande successo che riceve una borsa di studio per la Welton Academy.
Recatasi nel Vermont la ragazza scoprirà di essere la chiave di un grande progetto, che potrebbe portarla a realizzare il suo più grande sogno. A Welton incontrerà i sette protagonisti de “L’Attimo Fuggente” e stringerà con loro un rapporto intenso che crescerà nel corso della storia.

Per ora non vi dico altro, ma spero che questa storia vi piaccia e che mi lasciate una piccola recensioncina qui sotto.

Ci vediamo presto al prossimo capitolo, il primo!

Grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.
Rose


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Atto I - LA WELTON ACADEMY - Capitolo I ***


ATTO I
« Due strade trovai nel bosco... »

§

Capitolo I
LA WELTON ACADEMY


1 Settembre, primo pomeriggio, parco della Welton Academy

La limousine si fermò nel cortile dell’istituto.
C’erano già molte macchine parcheggiate e qualche pila di bagagli accanto ad esse.

Una ragazza scese dalla lucente auto nera.
Si guardò intorno emozionata, ammirando l’imponente edificio.
Era di media statura e corporatura. Non era eccessivamente magra, ma aveva sviluppato delle morbide forme, celate dal vestito a righe rosse, nere e bianche che indossava.
Una massa di boccoli castani, molto scuri, le arrivava a malapena alle spalle.
Gli occhi erano sempre castani, ma molto più chiari dei capelli. Occhi curiosi, intelligenti.
Il suo viso non aveva nulla di particolare, se non un piccolo neo sull’angolo sinistro del labbro inferiore.

Un uomo solare con in mano un portablocco le venne incontro dalla porta della scuola, tendendole la mano e presentandosi calorosamente:
« Signorina Romani, che onore conoscerla! Sono Tom Simmons, il referente della Mondadori. Mi occuperò dei suoi impegni per quest’anno scolastico. Come è andato il viaggio? »
Silvia sorrise e si portò stancamente una mano sul viso: « Oh, piacere! Il viaggio è andato bene, ma è stato un po’ noioso. Otto ore e mezzo sono difficili da far passare. Diciamo che ho avuto il tempo per guardare il regolamento scolastico e il mio programma di studi » disse, mentre il signor Simmons le faceva strada verso l’ala adibita alle cerimonie e l’autista le scaricava i bagagli.

Notò con sollievo l’assenza di genitori che l’avrebbero additata. Per non parlare degli studenti.

Come la stragrande maggioranza delle ragazze, Silvia si era relazionata con il sesso opposto sin dalla nascita che, grazie a Dio, era avvenuta in un paese libero e democratico, permettendole di non dover mai rinunciare ad alcun diritto e di adempiere ai propri doveri da cittadina civile ed onesta.
Nonostante ciò, l’esperienza che aveva avuto con i “ragazzi”, limitata alla pura frequentazione, era stata deludente. I maschi della sua generazione si erano rivelati per lo più dei perfetti maleducati, barbari beoti privi di qualsiasi nozione culturale e di buone maniere.
Ciò, ovviamente era avvenuto a causa del fatto che lei non si era rivelata, come tutte le sue coetanee, una bomboletta priva di cervello facile da controllare e plagiare. Quasi.
Quella che in Italia è chiamata “Età dea bauchera”, ovvero quel periodo di tempo dove l’adolescente si trova nel delirio onnipotente degli ormoni e che quindi si sente in diritto di provare tutto, riplasmare sé stesso e il proprio carattere, fare le scelte che porteranno ad affermarsi nella società come persona unica e libera o come pecore del gregge, per Silvia era coincisa con i primi due anni di scuola media.
In poche parole, aveva fatto, come tutte le sue compagne di classe, “la stupidetta”, non sfruttando al meglio le sue capacità come avrebbe potuto. Era corsa dietro ad un ragazzo che le aveva letteralmente conquistato il cuore, fino ad umiliarsi per ricevere anche un minuscolo, insignificante, pietoso e fasullo sorriso.
Fortunatamente non aveva commesso nulla di irreparabile, ma si era sentita amata e desiderata, come non si era ancora sentita. Figurarsi, a dodici anni, facilmente influenzabile e ancora chiusa dentro alla crisalide del bruco, aveva creduto di star vivendo la vita vera.
Dopo un’estate di grandi cambiamenti, il ritorno a scuola per il suo terzo ed ultimo anno era stato come una secchiata d’acqua gelida.
Improvvisamente tutti coloro che aveva reputato amici l’avevano brutalmente emarginata e derisa. Era stato un brutto colpo da incassare. Ci era quasi finita in depressione.
Stupidamente, aveva creduto che quel repentino cambiamento fosse dovuto al suo taglio nuovo taglio di capelli, che forse non la rendeva più carina come prima. Aveva, insomma, cercato di giustificare i gesti dei suoi compagni, mentre la sua mente ragionava e comprendeva che tutto ciò non era dovuto ad un cambiamento trascurabile, il taglio di capelli, ma ad uno ben più complesso e, per lei, molto positivo.
Era maturata.
Maturata come persona; si era fatta più intelligente e giudiziosa, coscienziosa e motivata. Aveva accolto dei principi, si era ravveduta e vergogna per ciò che era stata prima: frivola, stupida, manipolabile.
Era stato uno “sbaglio”, diciamo così, che non si era mai perdonata. Non che qualcuno dei suoi presunti amici avesse fatto qualcosa per redarguirla. Anzi.
Si era semplicemente ritrovata circondata da persone false, infime e viscide. Primo fra tuti quel maiale del ragazzo su cui aveva pateticamente fantasticato come “Principe Azzurro”.

Dopo un percorso di rinnovamento mentale e spirituale di un anno, si era definitivamente staccata da quel pezzo della sua vita.
Aveva accettato i suoi errori e riplasmato la sua identità. Era cambiata, in meglio.
E, infine, aveva anche accettato che quei due anni fossero stati la sua debolezza, ma senza dar loro il peso della parola “sbagli”, ma di quella “periodi”. Parchè erano stati solo dei periodi della sua vita, necessari per renderla una persona migliore, che avrebbe conservato per sempre come monito per le scelte future.

Continuava, però, a considerare l’adolescenza come una frazione della vita che lei sarebbe stata obbligata a vivere ma che aveva già superato e che, potendo, avrebbe già concluso.

Forse era una visione un po’ strana, ma le umiliazioni e le derisioni degli anni passati l’avevano forgiata forte, dura e gelida come una roccia e non voleva che nessuno la considerasse pari a suoi coetanei, che al suo confronto, erano alla stregua dei cavernicoli.

Così aveva impiegato tutte le sue forze per costruirsi una carriera.
Aveva pubblicato un libro che aveva riscosso un inaspettato successo. Aveva cominciato a scrivere articoli per i giornali, a fare tour, a ricevere ingaggi. Come un aereo era decollata, sorvolando la fama e il successo.
Altri, al suo posto, avrebbero perso la testa vedendo con che velocità era ascesa nel podio degli scrittori internazionali e nazionali più in vista, ma non lei, che era rimasta umile e semplice.

Perché sapeva che niente era più imprevedibile e volubile della fama. E bisognava rimanere con i piedi per terra, se non si voleva rischiare di cadere e farsi male.

Così si era ritrovata alla Welton Academy e stava per iniziare il più emozionante e difficile anno della sua vita.

A questo ripensava, mentre il referente della Mondadori le parlava, conducendola per il parco della scuola.
« Allora saprà che sono stati aperti apposta per lei i corsi di greco antico, musica e danza, in modo che resti alla pari con il programma italiano. Bhe, avrà modo di conoscere tutti i dettagli sulla sua permanenza alla Welton dopo, ora deve prendere parte alla cerimonia. Quest’anno gli studenti più giovani verranno presentati prima, in modo che lei faccia la sua entrata da sola. Prego, si accomodi »

Simmons la fece entrare in una parte dell’edifico simile ad una chiesetta o ad una cappella e, successivamente, in una stanza adiacente al salone dove si sarebbe svolta la cerimonia. Qui, si stavano svolgendo gli ultimi preparativi.
Un fotografo scattava foto ai nuovi studenti, più piccoli di lei di qualche anno. Le loro mamme saltellavano intorno e sistemavano l’aspetto dei figli. Un ritocco di qua, un farfallino da drizzare di là. Alcuni uomini parlavano fra di loro, mentre un gruppetto esiguo di ragazzi chiacchierava tranquillamente.

Appena Silvia mise piede nella stanza tutti i presenti si voltarono verso di lei e la osservarono con attenzione. I ragazzi avevano smesso di parlare e la guardavano stupiti.
Silvia arrossì leggermente, di fronte a tutti quegli sguardi. Sapeva di essere una “rarità” in quella scuola, che le era stata raccontata come un istituto severo e rigidissimo, ma che sfornava da anni le più acute e talentuose menti americane. Diplomarsi a Welton significava avere già il biglietto d’ingresso per le più famose università del mondo. Harvard, Yale, Oxford… e tante altre in tanti altri stati.

Non per niente la maggior parte degli studenti era figlia di imprenditori, banchieri, proprietari terrieri, avvocati, medici, giudici e chi più ne ha più ne metta. 
Eppure i ragazzi non facevano una vita da Nababbo, anzi, la scuola, le avevano riferito, aveva delle regole ferree in quanto agli agi che, solitamente, gli studenti avevano a casa. Ovvero, uscite limitate e sempre sotto il permesso dei genitori, divieto di guardare la televisione o sentire la radio, coprifuoco inviolabile…
Nonostante il regolamento decisamente severo, l’accademia di Welton era un istituto prestigioso ed esteticamente bello. Un tempio del sapere, che elevava i propri studenti e li portava sulla retta via. Quella della cultura e della ricchezza mentale.
O almeno, così le era stata presentata, quando era andata in visita alla scuola durante le vacanze. 

Simmons la spinse delicatamente verso il gruppetto di ragazzi: « Ah, capitate a fagiolo! Signorina Romani, le presento alcuni suoi futuri compagni di classe. Ragazzi, questa è Silvia Romani, la famosa autrice italiana. Intrattenetela un minuto, se non vi dispiace, devo ancora aggiustare un paio di cose prima del collegamento in diretta con l’Italia. NO! LA PEDANA VA PIU’ A SINISTRA! » strillò verso la porta. Silvia si voltò e vide il team televisivo che l’aveva accompagnata in America, entrare nella sala proprio in quel momento sotto lo sguardo sbalordito dei presenti, con a seguito le telecamere e i microfoni.

Il suo tema attirava sempre l’attenzione. Di chiunque.
Erano i tecnici delle telecamere, dei microfoni e delle luci, che l’accompagnavano nelle interviste ufficiali per la stampa o per la televisione.
Erano le truccatrici e i parrucchieri che la sistemavano prima di ogni evento e che lei aveva personalmente ingaggiato, per assicurarsi che non la trasformassero in una bambola, ma che la rendessero semplicemente sé stessa, magari un po’ più carina, di fronte alle telecamere.
Erano i fotografi, che avevano un vero talento per le fotografie naturali della sua vita e delle sue uscite, visto che da sempre riuscivano ad immortalarla quando sorrideva spontaneamente o faceva qualcosa di semplicemente normale, rendendola ad ogni photoshoot sempre più ammirata per la sua semplicità.

Quel giorno erano in fibrillazione, dato che ci sarebbe stato un collegamento internazionale con l’Italia. Non avevano potuto registrarlo prima, perciò sarebbe stato un collegamento in diretta. E si sa che, se c’è una diretta televisiva, il numero delle cose che possono andare storte si quintuplica e rispettivamente si quintuplica il livello di ansia di chi deve accertarsi che le suddette cose non vadano storte. Per fortuna del team “estetico” c’erano solo due persone, così come per quello fotografico. Dimezzato anche il numero dei tecnici del suono, delle luci e delle telecamere. Meno fracasso e meno confusione, anche perché era stato raccomandato loro di fare tutto in fretta e con meno rumore possibile, dato che nella sala affianco si sarebbe svolta la cerimonia e nessuno avrebbe dovuto sentirli.
Perciò Simmons, che aveva già preso a sbraitare contro un innocente tecnico, che come unica colpa aveva quella di aver spostato troppo a destra una piccola pedana rialzata, non stava seguendo il protocollo a loro imposto.

Le “Grandi Manovre” del team, composta da circa una dozzina di persone, avevano, com’era stato previsto, attirato gli sguardi allucinati di tutti i presenti e Silvia ringraziò mentalmente che quella fosse l’ultima delle interviste, e che presto avrebbe potuto godersi la tranquilla vita da college.

Sospirò e rivolse la sua attenzione ai ragazzi che aveva di fronte.
Si tinse leggermente di rosso, nel vedere che erano ritornati a fissarla e nel constatare che erano tutti abbastanza carini.

Contegno, Silvia, contegno.

Un ragazzo moro, alto e con un sorriso molto dolce, si schiarì la voce e le sorrise, un po’ impacciato, porgendole la mano.
« Em.. ciao, sono Niel, Niel Perry » lei la strinse calorosamente e gli sorrise imbarazzata.
Gli altri due ragazzi, uno dai capelli chiari e l’altro rossi, si presentarono, anche loro abbastanza stralunati, come Knox Overstreet e Richard Cameron.

Avere una ragazza qui deve essere proprio fuori dalla norma per loro.

Non fece in tempo a sciogliere il ghiaccio con una qualche battuta che Simmons la chiamò, dicendole che in pochi minuti sarebbe stata in diretta e che dal computer avrebbe visto i fans italiani riuniti a Milano, per salutarla. Tutti i presenti osservavano la scena a bocca aperta, rendendosi conto di quanto importante fosse quella semplice ragazza.

Lei si rivolse ai ragazzi:
« Scusatemi cinque minuti » si congedò con un sorriso e si mise in posizione sulla pedana verso la quale erano puntate le telecamere. Un’ultima spazzolata ai capelli, due sbuffi di fard e Simmons cominciò a contare alla rovescia, mentre Silvia prendeva un respiro profondo e sul computer davanti a lei compariva l’immagine della piazza del Duomo a Milano, ghermita di persone.

Il conduttore l’annunciò.
« Cinque… quattro… tre… due.. e sei in diretta! »
Un boato pazzesco partì dal computer, quando la sua immagine arrivò in Italia.
Silvia sobbalzò, rendendosi conto del numero di persone dall’altra parte del globo che si erano ritrovate solo per salutare lei.
Non si sarebbe mai abituata alla fama, ai fans, agli autografi…
« Ciao!» esordì salutando con la mano la telecamera e sorridendo dolce, come sempre stupita e commossa: « Sono alla Welton Academy e sto per essere definitivamente ammessa! »
« Come ti senti? » le chiese il conduttore in Italia.
« Al momento l’ondata di tensione non è ancora salita, ma arriverà a momenti e spero di non finire nel panico! E’ un’emozione indescrivibile, ve lo assicuro! »

Tutti la guardavano affascinati.
Dopo un altro paio di domande, in cui ogni tanto Silvia lanciava occhiate a Neil e lo vedeva sorridere
e guardarla stupito, il collegamento finì, mentre lei salutava i fans con un bacio, un sorriso e gli occhi lucidi per la commozione.
Dopo aver ringraziato i tecnici, sorriso ai complimenti per la diretta ed essersi ripresa tornò dai ragazzi e si preparò per la cerimonia. Dopo di essa avrebbe finalmente raggiunto la sua nuova camera, si sarebbe fatta un bel bagno e poi sarebbe crollata sfinita sul letto.

Cominciava già a sentire la familiare stretta allo stomaco che precedeva ogni apparizione pubblica.

I giovani la guardarono stupiti:
« Ma lo fai tutti i giorni? » le chiese Knox.
« Oh, no questo è un collegamento esclusivo. Per fortuna non ce ne saranno altri, è tutto molto complicato da gestire e io non vedo l’ora di godermi un po’ di normalità » sorrise.
« Bhe, credo che sarai al centro dell’attenzione per un altro po’. Sai; non capita spesso di avere qui una ragazza così bella… » sorrise Neil e poi, vedendo come la scrittrice diventava color bordeaux, si rese conto di quello che aveva appena detto e arrossì di botto pure lui.

Entrambi ringraziarono mentalmente Simmons che li avvisò dell’imminente entrata in sala.
Silvia si posizionò dove le stava indicando Simmons, ignorando la gomitata che Knox diede a Neil seguita dall’occhiata maliziosa di Cameron.
Prima che le porte si aprissero sentì distintamente il preside annunciarla:
« Diamo il benvenuto alla stimata scrittrice e giornalista italiana Silvia Romani! »

E si va in scena.

Le porte si aprirono e ogni singolo occhio era già puntato su di lei. Studenti affascinati, mamme pettegole e padri severi.
Alzò il mento e raddrizzò le spalle, imboccando la navata centrale della piccola cappella, tesa come un violino per l’emozione. Cercò di apparire statuaria, orgogliosa e fiera mentre camminava.

Ed ecco che arriva la tensione! Okay, cerchiamo di non cadere per terra… Perché mi tremano le gambe così?
E si che ho partecipato a parecchie cerimonie, sono abituata ai fans, alle interviste… ma qui non mi conoscono, non sanno della mia carriera! AH! Una piega sul tappeto, fortuna che non sono inciampata! Non mi devo distrarre! Forza, “sguardo, portamento e contegno”, se voglio farmi rispettare da tutti questi ragazzi… già… tutti questi ragazzi… Gesù ma quanti sono? E perché mi guardano come se avessi tre teste?


E mentre i pensieri le si accalcavano in testa, raggiunse il preside sulla pedana e si fermò di fronte a lui, mentre i ragazzi le passavano a fianco e posizionandosi con gli stendardi dietro di lei.
« Signorina Romani, quali sono i quattro pilastri? »
Essendosi preparata prima per la domanda, la ragazza rispose con voce chiara a cristallina:
« Onore, disciplina, tradizione, eccellenza! »
« Quest’oggi lei diventa la prima studentessa della Welton Academy. Dovrà dimostrarsi degna della grande opportunità che le è stata data! Alla fine di quest’anno, se lei sarà all’altezza di questa scuola, essa potrebbe aprire le sue porte alle studentesse americane. Così come, se fallirà, il college resterà esclusivamente maschile! »

Un brusio si diffuse immediatamente fra gli studenti della sala. Il peso di quella responsabilità cadde addosso a Silvia, che lo dovette ricevere cercando di mantenere un minimo di imperscrutabilità, come se fosse a già a conoscenza di quel fatto.

Ma non lo era.

Cosa?! Perché nessuno mi ha avvisato?!

Approfittando del momento di confusione Nolan si chinò su di lei e sussurrò: « Stia attenta a non cadere, signorina Romani »

E non era neanche preparata alla velata minaccia che si nascondeva dietro quelle parole: o si comporterà bene o nessuna femmina sarà mai più ammessa. Stia attenta a non cadere.

Guardò il preside, che teneva lo sguardo severo fisso su di lei, prima di voltarsi e andarsi a sedere, cercò di trasmettere a quell’uomo la sua promessa: le dimostrerò di cosa sono capace.

Andando a piazzarsi su una sedia a lato della pedana, Silvia ne era certa. Il preside Nolan aveva capito.

§

1 Settembre, pomeriggio inoltrato, parco della Welton Academy

A cerimonia conclusa, gli studenti cominciarono a sfociare dalla sala nel cortile, prima di prendere i bagagli e andare a sistemarsi nei dormitori. Simmons raggiunse Silvia, afferrò le sue valigie e si diresse con lei verso i dormitori facendole i complimenti per la cerimonia.

Dovettero attraversare il parco ingombro di genitori e studenti, perciò furono inevitabilmente seguiti da sguardi e conversazioni. Pareva che tutti, ma proprio tutti, fossero interessati a lei. Silvia sentì distintamente un padre sussurrare al figlio, forse qualche anno più grande di lei: « Fatti valere, Johnny! » e distolse lo sguardo arrossendo furiosamente. Ma come si permetteva?!
« Purtroppo la Welton non ha altri edifici dove farla dormire, signorina, oltre al dormitorio, perciò hanno ristrutturato una camera più grande con bagno privato comunicante e l’hanno già ammobiliata secondo le direttive che la Mondadori aveva ordinato. Vedrà, l’hanno resa un vero gioiello! » la rassicurò il segretario vedendo la sua faccia preoccupata alla parola “dormitorio” e conducendola per un corridoio stracolmo di ragazzi che gironzolavano per le camere e si salutavano a vicenda.
« In mezzo a tutti i ragazzi? Signor Simmons, io non credo sia una buona idea… insomma… non vorrei che… sono ragazzi! Cerchi di capirmi! » disse lei cercando di ignorare le occhiate e dei giovani e guardando l’accompagnatore con occhio disperato.
« Mi vuole buttare nella tana dei lupi? »
« Mi spiace signorina, ma non abbiamo alternative…» si scusò Simmons, aprendo la porta di una proprio in mezzo al corridoio e posandovi i bagagli all’interno, mentre i ragazzi guadavano curiosi la nuova arrivata e cercavano di sbirciare nella camera.

Silvia entrò e fu contenta di notare che la sua stanza non era piccola come quelle che aveva adocchiato prima. Era molto grande di un bel color crema, con due finestre ornate con tende dai colori pastello. Il letto era ad una piazza e mezza, con la testiera sulla parete davanti e dalle lenzuola intonate alle tende. Un grande armadio affiancava una libreria stracolma di volumi e una scrivania in mogano era già pronta all’uso. Sulla parete di sinistra si apriva una porta che portava in un delizioso bagno verde chiaro con vasca.
Ma la cosa che più fece felice Silvia, fu il vedere la parte del letto ricoperta di cornici con tutti i suoi attestati, i suoi articoli, le foto delle interviste e delle pubblicazioni. E in centro la sua foto preferita, lei con il primo libro, la prima piccola storia che l’aveva resa l’astro nascente della scrittura italiana.
Sorrise contenta a Simmons: « E’ meravigliosa! Ma come avete fatto?! ».

Felice di aver calmato i suoi timori, Simmons si congedò scacciando qualche ragazzo curioso, raccomandandole di stare attenta e dicendole che entro il giorno seguente le avrebbe fornito un tutor, in modo da non doverle stare appresso per tutto.

Lei finì di sistemare i vestiti, i libri di scuola e i suoi effetti personali, prima di farsi un lungo bagno che la rilassò completamente.
Si asciugò i capelli, ancora un po’ umidi e si vestì con la nuova divisa.

Camicia bianca con cravatta a righe blu e rosse, giacca blu scuro con stemma rubino della scuola, due maglioni grigi, uno smanicato e uno non, dai bordi rossi, gonna dal ginocchio grigia, collant grigi e un paio di scarpette blu scuro verniciate, molto eleganti e addirittura con un tacchetto di due centimetri.

Optò per la camicia e la giacca, al posto di uno dei due maglioni. Non faceva molto freddo.

Si guardò allo specchio.

Okay… poteva andarmi peggio… ora vediamo di scendere e trovare la mensa, non deve essere così difficile, devo solo stare attenta a non perdermi. E a non trovare qualche ragazzo in crisi ormonale malintenzionato.

Ma i suoi pensieri vennero interrotti da alcune voci fuori dalla stanza, fece capolino dalla porta e osservò che il via vai del corridoio si era ridotto di molto, c’erano solo alcuni ragazzi.

Neil Perry era appoggiato alla parete del corridoio, accanto alla porta della sua stanza, in compagnia di Knox Overstreet e di due ragazzi che lei non conosceva. Stavano discutendo.

Una folata di profumo si boccioli di rosa raggiunse i ragazzi, che si voltarono e la notarono.
Knox e Neil le sorrisero, seguiti da un ragazzo con gli occhiali e da uno con lo sguardo da perfetto malandrino, di quelli che sono belli e ne sono pienamente consapevoli.
« Ti hanno piazzata in mezzo al dormitorio maschile? » le chiese Neil divertito e segretamente contento per la vicinanza della scrittrice.
« A quanto pare sì, voi dove siete? » chiese lei, tentando di sembrare indifferente alla notizia che la camera affianco era occupata dal bel moro.

Era simpatico. C’era dolcezza nel suo sguardo e bisognava ammettere che era piuttosto carino. Anche se aveva già notato di sfuggita alcuni ragazzi decisamente belli, ma aveva distolto immediatamente lo sguardo quando si erano girati.
Non era abituata a “farsi l’occhio con i ragazzi”, come diceva sua mamma. Ma si era appena trasferita in un college maschile… da quel momento sarebbe stato inevitabile.
Le rispose il compagno dall’aria ribelle: « Tutti qui davanti, principessa » e facendole un perfetto baciamano: « Charlie Dalton » si presentò.
Lei arrossì, stupita dal suo atteggiamento e lievemente in imbarazzo. Charlie Dalton ghignò soddisfatto. 
« Sono Steven Meeks » si presentò il ragazzo più basso, dall’aria dolce e intelligente, stringendole la mano.
In quel momento sopraggiunse un ragazzo alto, molto vivace, che allacciò le braccia intorno ai colli di Knox e Meeks:
« Allora ragazzi avete visto la nuova studentessa?! Che sventola! » ma la frase gli morì in gola quando vide gli altri scoppiare a ridere e notò la sopracitata “sventola” proprio davanti a lui, rossa come un pomodoro e con un sorriso molto nervoso, che si torturava le mani dietro la schiena.
Balbettando, in completo imbarazzo per la figura da perfetto idiota che aveva fatto si prsentò come Gerard Pitts.

Cercando di apparire naturale e non sul punto di scoppiare, Silvia propose: « Allora… mi accompagnereste alla mensa, non ho idea di dove andare…»
« Ma certo principessa, i suoi cavalieri le faranno strada! Meeks! Dirigi il tuo destriero alla mensa, la nostra damigella ha fame! » esclamò Charlie porgendole il braccio e conducendola alla mensa, seguito dai compagni e dallo guardo di Neil che si fermò per un secondo sulla mano della ragazza appoggiata al braccio dell’amico. Ma si riscosse al suono della risata di lei, che pareva aver incantato anche il resto del gruppo.

§

1 Settembre, sera, sala mensa della Welton Academy

La cena si svolse, tutto sommato, bene.
Se Charlie non si fosse impuntato con il professore, Silvia avrebbe mangiato isolata in un tavolo a parte, neanche avesse la peste, in quel momento invece, stava seduta fra Todd Anderson, ragazzo anch’esso nuovo e molto timido, e Pitts e tentava di rispondere normalmente alle attenzioni che le venivano rivolte, alle continue allusioni di Charlie sul suo essere la prima femmina della Welton e sugli imbarazzanti sguardi e commenti del resto della componente maschile nella mensa.

Le gote avevano deciso di impostarsi automaticamente sul color porpora e il suo sguardo di tanto captava gli occhi di Neil su di lei, mentre lo stomaco prendeva a contorcersi.
Non sapeva neanche lei che cosa stava succedendo, ma la presenza del ragazzo la metteva in agitazione e non poteva non notare il suo bell’aspetto e la sua simpatia, mista a tenerezza e felicità.

Quando la cena finì e i ragazzi cominciarono a ritirarsi nella sala comune, Silvia ne approfittò per congedarsi con un sorriso e un “buonanotte” al gruppetto, prima di chiudersi in camera e crollare sul
letto.

I ragazzi la salutarono e le augurarono la buonanotte, prima di sistemarsi in sala comune e di cominciare a chiacchierare su di lei a tutto spiano con occhi abbastanza sognanti.
Charlie si accorse del silenzio di Neil e lo raggiunse davanti al camino:
« Come ti è sembrata? »
« Insomma… è una bella ragazza… c’è tutto l’istituto che le sta dietro…»
« Oh, quella non è solo una bella ragazza, fidati. La nostra principessa è decisamente la più intelligente che io abbia mai incontrato. Ha sbriciato verso di te, ogni tanto, sai… »

Il cuore di Neil fece una capriola e i suoi occhi si accesero. Charlie lo notò.

« Via, Charlie… non dire scemenze… come potrei piacerle io? E’ appena arrivata, sarà satura delle attenzioni che riceverà da tutti »
Dalton sorrise furbo: « Ma io non ho detto niente » e allo sguardo esasperato di Neil rispose: « Ah, lei non è affatto comune…»
« No, non lo è » concluse Neil.


Angolo Autrice:

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccomi con il I° capitolo! Cosa ne pensate?

Partiamo subito con i dettagli!

» Silvia Romani: In questo primo capitolo ho introdotto la personalità di Silvia che è una ragazza molto forte e coscienziosa. A renderla così sono stati sì gli anni di scuola media, ma anche un’infanzia e una prima adolescenza abbastanza difficili con la famiglia, come vedremo più avanti.

» Il preside Nolan: Premetto che questa persona non mi piace particolarmente, ma ciò su cui bisogna concentrarsi e il progetto, sviluppato in poche righe, legato al preside.
L’ammissione delle ragazze a Welton. Per ora non aggiungo altro, ma  approfondiremo meglio la questione più avanti.

» I Poeti Estinti: Che ancora non si possono definire così, ma che per ora ho introdotto superficialmente. Immagino che i principali lettori di questa fanfiction saranno persone che hanno già visto “L’Attimo Fuggente”, perciò i personaggi sono già conosciuti.

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Di nuovi inizi, lettere e lezioni interessanti - Capitolo II ***


Capitolo II
Di nuovi inizi, sorrisi e lezioni interessanti

2 Settembre, mattina presto, camera di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

Il mattino seguente, l’aria frizzante di settembre si miscelava alla leggera nebbia calata sul parco di Welton. Tutto era silenzioso e il Sole si si levava alto nel cielo pitturando strisce di nuvole di rosa, arancione e giallo.
Silvia si era svegliata dopo una notte abbastanza insonne a causa del materasso nuovo. Al suono della sveglia balzò sul letto, mandando all’aria le coperte e affrettandosi a far tacere l’affare. Il timore che potesse svegliare qualcuno si rivelò infondato, come dimostrava il continuo russare che si sentiva al difuori della camera.

Sono in un istituto maschile… Brrr!...

Con calma si alzò ed esaminò il programma della giornata:

ore 8.00 : Colazione (1h)
ore 9.00 : Lezione di latino (2h)
ore 11.00 : Intervallo (20 min)
ore 11.20 : Lezione di Trigonometria (1h)
ore 12.15 : Lezione di Letteratura (1h)
ore 13.10 : Pranzo (1h e 30 min)
ore 14.40 : Lezione di scienze sportive (1h)
ore 15.40 : Spazio studio ed attività personali (3h e 20 min)
ore 19.00 : Cena (1h)
ore 20.00 : Spazio libero
ore 21.30 : Coprifuoco

Alla faccia della pignoleria…

Nel frattempo, cominciò a sentire i primi compagni alzarsi; si fece una doccia veloce, prima di infilarsi la divisa e controllare per la terza volta di aver messo tutto nella sua nuova borsa di cuoio.
Mentre si stava spazzolando i capelli sentì bussare alla porta.

Stupita, si ritrovò Charlie Dalton che le porgeva la mano e la salutava con un: « Buon giorno pasticcino, sono il tuo nuovo tutor! » con tanto di ghigno strafottente in faccia.

Pasticcino?

Lei arrossì nel sentire il nomignolo, ma già la sera precedente il ragazzo l’aveva chiamata “principessa”, causandole un moto d’imbarazzo.
« Ah, davvero? Devi essere un secchione, allora… » disse lei, prendendo la cartella, mentre Charlie si appoggiava allo stipite della porta ed esaminava con lo sguardo la camera.
« Per niente, di fatti mi hanno messo con te perché sono di un’incurabile bellezza e se, casomai ti venisse voglia di non seguire le sacre regole di questo istituto, sarei in grado di fermarti con un solo, potentissimo e tenebroso sguardo » e, detto questo, sfoderò un’espressione effettivamente affascinante, ma decisamente buffa, che fece ridacchiare divertita la ragazza, soprattutto quando dietro di loro passò Pitts che disse: « Oppure perché i prof sperano che con questo incarico lui la smetta di trasgredirle, le sacre regole, e metta la testa apposto! » e scappò via.
« Già, oppure… » borbottò Charlie, prima di prendere dalle mani della ragazza la borsa: « No, questa la prendo io, pesa un quintale »
« Grazie Charlie, ma ce la faccio » sorrise lei di circostanza, riprendendosi la borsa: « Non sono una bambolina di porcellana » mise in chiaro.
Charlie rise e le ripose il braccio, come la sera prima: « Posso riaccompagnarla in mensa, signorina-Romani-che-non-è-una-bambola-di-porcellana? » e lì sì che esibì un sorriso affascinante.
Silvia, per un secondo, arrossì, ma si riprese subito e si attaccò con finta riluttanza al suo braccio: « E sia, Charlie-Dalton-sguardo-tenebroso ».

Il ragazzo già le stava simpatico.

§

2 Settembre, mattina, sala mensa della Welton Academy

Quando Neil, seduto a tavola con Knox, Todd e il resto della compagnia la vide si illuminò, rivolgendole un sorriso, ricambiato dolcemente.

Durante la colazione si parlò di scuola, lezioni e compiti, e si formò un’atmosfera così intima, familiare e dolce, che Silvia, dopo la prima giornata nella quale era stata sempre al centro dell’attenzione, si sentì felice e spensierata, parte di quel gruppo affiatato.

Quella parvenza di normalità finì bruscamente con l’arrivo di Simmons, che pose alla ragazza un sacco.
Letteralmente. Un sacco di iuta fine, chiuso con uno spesso nastro rosso.
Un sacco di lettere.

« Cosa?! » strabuzzò gli occhi lei: « Ma sono arrivate questa notte?! Com’è possibile?! Sono qui da neanche ventiquattro ore!! » sbottò sotto gli sguardi attoniti dei compagni.
« Aspetta » la fermò Neil « Cosa sono quelle? »
« Lettere dai fans » sospirò lei « Ne arrivano ogni giorno, ma credevo sarebbero state spedite alla Mondadori, dato il mio trasferimento nel Vermont » disse, rivolgendosi nuovamente a Simmons, mentre i ragazzi si passavano di mano le lettere affascinati: « Simmons, non posso rispondere, inizio le lezioni! Devo studiare, dove trovo il tempo di rispondere a tutto?! Credevo di potermi godere un po’ di tranquillità! »
« Lo so, signorina Romani, ma la Mondadori non è riuscita ad intercettare le lettere in tempo. Alcune sono state spedite prima che arrivasse qui. Inoltre, quella che ha in mano il signor Anderson è una raccomandata decisamente importante » e ammiccò alla grande busta bianca e blu che Todd aveva in mano. Silvia la esaminò e le partì un verso strozzato quando vide il sigillo che vi era impresso.

Organizzazione delle Nazioni Unite. ONU.

A Silvia mancò un battito.
Aveva riflettuto molto sull’impresa che le era stata comunicata (non proprio velatamente) dal preside il giorno prima. Sapeva che da lei dipendeva l’ammissione delle studentesse americane a Welton. Ed era conscia anche dell’importanza rivoluzionaria che un tale evento avrebbe avuto, non solo sui suoi progetti, ma anche per la stampa e per la scuola. Non era un caso che la Mondadori avesse scelto lei per quel compito. E di sicuro la Mondadori aveva a che fare con la cosa. Come la casa editrice aveva piena fiducia in lei, tanto più il preside Nolan sperava che il peso e la pressione dell’iniziativa fossero troppo per le fragili spalle della giovane. Ma Silvia Romani non era una ragazza comune. Non era fragile o debole. Emozionata e consapevole, infilò la busta in borsa, mollò il sacco delle lettere a Simmons, dicendogli che avrebbe risposto ai fans il prima possibile e si diresse insieme ai ragazzi verso l’aula di latino.

Durante il tragitto Neil le si accostò: « Dimmi, ti capita spesso di ricevere lettere dall’Organizzazione delle Nazioni Unite? », la ragazza ridacchiò e sviò il discorso, cosa che non passò inosservata al giovane: « Di tanto in tanto. Ditemi, com’è il prof. di latino? » domandò e il discorso si perse.

Le lezioni passarono velocemente. Silvia si dimostrò eccellente in latino (d’altra parte l’aveva studiato approfonditamente in Italia) e un po’ in difficoltà in trigonometria. Alla fine della terza ora il gruppetto si diresse nell’aula di letteratura, mentre Cameron tentava di spiegare all’autrice gli esercizi di matematica.

Letteratura fu la più piacevole e bizzarra lezione che si fosse mai vista. Il nuovo professore, John Keating, all’arrivo degli studenti, attraversò l’aula fischiettando e si diresse verso la sala dei trofei. Nello sbalordimento generale, i ragazzi lo seguirono, già commentando la sua presunta pazzia.
All’interno della piccola saletta, Keating fissava le vecchie foto degli alunni, invitando i giovani a fare altrettanto, ad ascoltare quello che le foto avevano da dire. Un po’ inquietantemente, si mise a sussurrare e per un attimo parve che davvero le persone in bianco e nero stessero parlando. Silvia fissò un vecchio alunno e lo sentì distintamente dire: « Carpe diem, ragazzi, rendete la vostra vita straordinaria ».
Quelle parole, l’atmosfera della stanza, il respiro di Neil al suo fianco, tutto le rimase impresso, indelebile nella mente.

Carpe diem, ragazzi, rendete la vostra vita straordinaria.


Angolo autrice:

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccomi con il II° capitolo! Cosa ne pensate?

Questo capitolo non è particolarmente lungo né tanto eclatante, vi chiedo perciò di considerarlo un “capitolo di passaggio”.
Ci vediamo alla prossima!

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Di duelli particolari, sette clandestine e pinguini rosa - Capitolo III ***


Capitolo III
Di duelli particolari, sette clandestine e pinguini rosa

2 Settembre, mattina inoltrata, parco della Welton Academy

Seduta su una panchina in marmo del parco, Silvia leggeva la lettera con gli occhi sbarrati e il cuore in preda ad un furioso attacco di tachicardia.

Non ci aveva visto sbagliato.

L’ONU aveva chiarito ogni suo dubbio. L’ammissione delle ragazze alla Welton Academy avrebbe rappresentato una rivoluzione in piena regola, consentendole come minimo la pubblicazione di quello che sarebbe potuto diventare il saggio più innovativo di tutti i tempi. Non solo, l’organizzazione più potente del mondo le aveva appena comunicato che il sogno più grande della sua vita poteva diventare realtà.

Quando la giovane scrittrice lesse quelle parole, rischiò seriamente di finire in catalessi.

Signorina Romani, è per noi un piacere comunicarle il suo recente inserimento nella lista dei candidati ambasciatori delle donne presso l'assemblea dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Santo Dio del Cielo.

Proprio in quel momento, il suo tutor la raggiunse, pronto ad accompagnarla alla lezione di ginnastica.
« Ehi, pasticcino, dobbiamo muoverci. Cosa leggi? E perché quella faccia? »

Lei si alzò, voltandosi a guardare il compagno. Doveva mantenere il riserbo, se la notizia fosse arrivata ai giornali…

Ma quando la felicità è tanta, diventa complesso contenerla. E Silvia, in quel momento, era una bomba ad orologeria di felicità, pronta ad esplodere.

« Charlie…» disse con tono diplomatico: « Ho appena saputo che sono candidata… che sono candidata ad ambasciatrice dell’ONU! »  concluse tutto d’un fiato. Prima di strillare coprendo un sorriso a 32 denti.

Lo aveva detto. Mannaggia, lo aveva detto.

Si aspettò come minimo che il compagno le ridesse in faccia, ma questo, dopo aver squadrato per un po’ il suo viso, scattò come una molla: « CHE COSA?! CHE COSA?! PASTICCINO, HAI IDEA DI COSA SIGNIFIC… » ma la ragazza non lo fece finire, tappandogli la bocca con una mano.
« Zitto!! Non lo deve sapere nessuno! E’ un’informazione privata! »
« Ma tu!... Tu sei… Dobbiamo dirlo ai ragazzi! Ti rendi conto?! Dovresti girare con delle guardie del corpo! »
Lei rise: « No! Non possiamo! E poi non ho bisogno di guardie del corpo, ma sono così felice Charlie! Tu non hai idea! Prima i libri, l’accademia e poi questo! Io non so cosa dire! E’ tutto così… reale! »

Il tutor l’abbracciò di slancio, lasciandola interdetta e rossa come un peperone. Non era abituata ad avere dei “contatti” così “fisici” con i ragazzi. Era sempre stata una secchiona nella sua vita e sebbene non si considerasse brutta, aveva smesso da tempo di pensare a quelle frivolezze. Con tutto quello che ci si aspettava da lei, i ragazzi erano l’ultimo dei suoi pensieri, cosa che, ogni tanto, le portava un po’ di nostalgia della vita “normale”.

E, dopo aver fatto giurare a Charlie di non rivelare una parola, sorrise incoraggiante, forte di una nuova energia e pronta per la lezione di ginnastica.

Ma le aspettative mutarono in fretta.

Appena arrivata al campo per gli allenamenti, l’insegnante le indicò una panchina e le disse di starsene lì seduta a prendere appunti.

« Cosa?! » stralunata guardava il professore.
« Mi ha sentito, Romani, non la lascerò gareggiare di scherma con i ragazzi »

Al che lei si domandò se davvero non fosse uno scherzo. Il professore stava davvero proibendo alla più giovane scrittrice di articoli e libri contro la discriminazione della donna di fare scherma con i compagni di classe?

Lo sguardo indignato che le adombrò il viso fece preoccupare la piccola compagnia, capeggiata da un Niel diviso fra l’ammirazione e il timore: « Mi permetta, ma non le pare un comportamento assolutamente sessista e discriminatorio quello che sta adottando nei miei confronti? Sono perfettamente in grado di gareggiare di scherma e non ho nessun problema a farlo contro dei ragazzi! » fulminò il professore con gli occhi.

Poi, sotto lo sguardo allibito della classe, indossò la tuta bianca, con relative protezioni, e impugnò il fioretto, volgendolo con una mossa fluida verso il gruppo di studenti: « Allora? Chi comincia? ».

« Romani, se si beccherà qualche lesione non mi assumerò alcuna responsabilità! » le rinfacciò il professore, ma lei neanche se ne accorse, sorridendo a Cameron, che le si era avvicinato, sicuro di batterla.

Neanche il tempo di pronunciare “En garde!” che l’abile ragazza aveva già attaccato, sfruttando la cavalleria dell’amico, che non voleva colpirla per primo.

Ma si dovette ricredere, la giovane sembrava avere più perizia di quanto ci si potesse aspettare. Con mosse fluide mise in difficoltà l’avversario, che decise di lasciare da parte le buone maniere, affondando deciso con il fioretto.

Duellarono per poco, Cameron sfruttò la piroetta difensiva dell’avversaria, simile ad un passo di danza, per sferrarle un colpo, ma questa, con una mossa rapida incastrò il fioretto con quello del compagno, fece pressione, sollevando il braccio e lanciando l’arma verso il cielo, poi con uno scatto repentino lo riafferrò, piegando la gamba destra e terminando il tutto con un affondo sorprendentemente elegante.

« Touché » sorrise. Il fioretto era piantato nella tuta di Cameron, proprio sul cuore.

Lei si raddrizzò, altera e fiera come una regina, mentre il prof la guardava sbalordito e muto come un pesce, come tutta la classe del resto.

« Faccio scherma da sei anni. Bello sport, soprattutto se lo si incrocia con la danza » disse lei tranquilla, sorridendo apertamente all’insegnante.

A quel punto, tutti i maschi concordarono che la scrittrice non andava provocata.

 

§

 

2 Settembre, mezzogiorno, sala mensa della Welton Academy

A pranzo la notizia dell’abilità singolare della giovane studentessa aveva già raggiunto tutti e i pettegolezzi erano partiti a tutto spiano, per non parlare delle fantasie decisamente… poco caste che si facevano sulla sua figura.

Dopo l’ennesima occhiata estremamente maliziosa, la povera ragazza si piazzò fra l’altezza di Pitts e la mole di Knox, cercando di celarsi un poco e di mantenere la calma. Aveva una sorprendente voglia di spaccare piatti in testa alle persone.

Devo muovermi a far arrivare qui qualche ragazza…

Pensò, rossa in viso. Cosa che i compagni ritenevano adorabilmente tenera e che la faceva ancor più arrossire.

« Allora… che fate nel tempo libero voi baldi giovani? »
« Io e Meeks stiamo costruendo una radio » disse fiero Pitts.
« Davvero? Sapete costruire una radio? Io al massimo so accendere il tostapane, ma me la cavo bene anche con il microonde » ridacchiò lei, mentre i due semi-ingegneri le spiegavano il funzionamento del loro prodotto.

L’arrivo di Niel li distrasse dalla loro conversazione e l’attenzione si proiettò sul vecchio annuario della scuola.
La foto del professor Keating da giovane era decisamente buffa e tanto più lo era la didascalia, che lo definiva un Don Giovanni, nonché studente fra i migliori e membro speciale della “Setta dei Poeti Estinti”.

« Setta dei poeti estinti? Cos’è? Una specie di circolo ricreativo? » domandò Silvia.
« A dire il vero è la prima volta che la sento » borbottò Neil.
In neanche cinque minuti erano fuori e rincorrevano la figura del sopracitato professore, appena uscito dalla mensa e che pareva intenzionato ad ignorare completamente i loro richiami.
« Oh Capitano, mio Capitano! » esclamò la scrittrice, ricordando le parole del professore. “Potete chiamarmi Professor Keating o, se avete un po’ più di coraggio, oh Capitano, mio Capitano”, così aveva detto nella saletta dei trofei.

« Ragazzi » li salutò cordialmente l’uomo, resosi improvvisamente conto della loro presenza.
« Signore, abbiamo trovato il suo annuario » Neil pose al prof il libro.
« Oh mio Dio… ma guarda qui… » all’uomo si riempirono gli occhi di ricordi mentre scorreva le pagine.
« Che cos’è la Setta dei Poeti Estinti? » chiese Neil.
Keating guardò il ragazzo: « Non credo che il preside la giudicherebbe troppo favorevolmente »

Gli studenti si scambiarono occhiate curiose, avvicinandosi per non farsi sentire dagli altri ragazzi che popolavano il cortile.
« I Poeti Estinti erano dediti a "succhiare il midollo stesso della vita”. E’ una frase che ripetevamo all’inizio di ogni riunione. Ci incontravamo dentro la Grotta Indiana e leggevamo brani di poeti famosi, i migliori, ma anche piccoli pezzi nostri. E, nell’incanto del momento, il suono della poesia diventava magico. »

« Cioè un gruppo di ragazzi seduti a leggere poesie? » chiese Knox.

« No, non eravamo dei “ragazzi” » ribatté Keating, come se la parola fosse di una banalità inadatta: « Eravamo un circolo ellenico... Eravamo dei romantici... E non le leggevamo le poesie, ne assaporavamo sulla lingua la… la dolcezza. Lo spirito si elevava! Le donne svenivano! » e con un cenno della testa indicò Silvia, rapita dalle sue parole, come tutti: « Ed era così che nuovi dei nascevano. Era un bel modo per passare la serata! Grazie mille, Perry, per questo giro nel mondo dei ricordi. Bruciatelo ora, specialmente la mia foto » e detto questo, restituì l’annuario a Neil e se ne andò fischiettando, lasciando i ragazzi perplessi.

« Io dico di andarci stanotte » sparò Neil, girandosi a guardare Silvia, che spalancò gli occhi in contemporanea con il suono della campanella.

Un coro di “Ma sei matto?”, “Che, scherzi?”, “Stanotte?”, “Ma questa grotta dov’è?” si levò dalla piccola comitiva, che cominciava a rientrare.

« Io so, dov’è, vicino al fiume! » cercò di convincerli Neil.
« Ma è lontanissimo! » sbottò Pitts.
« Io vengo! » fu la prevedibile risposta di Charlie, che ghignò in direzione dell’amico e della ragazza.
« Hai idea di quante note di demerito rischiamo? » esordì Cameron.

Note di demerito? Come minimo ci sospendono! Girovagare di notte…

Pensò la giovane scrittrice, ma l’idea era… allettante. Suo padre le aveva sempre trasmesso il "Gene dell'Avventura" e da piccola aveva fatto parte dei Boy-Scout, conquistando molte specialità, prima fra tutte "l'Orienteering" Gli occhi speranzosi di Neil fissi su di lei non aiutavano affatto la sua fermezza.

L’intero gruppo discuteva animatamente e, alla fine, chiusi in un’aula della scuola adibita allo studio si convinsero ad andare, studiando per bene le mappe della zona. C’era voluto un po’ per convincere Todd, anche lui nuovo, tremendamente timido e riservato, ma alla fine aveva ceduto sotto la costante pressione del compagno di stanza, che pareva deciso a non demordere e a trascinare tutti in quello spiraglio di libertà di vivere che si era andato a creare.

« E tu? » le chiese Neil, seduto vicino a Silvia.

Il gruppo rimase in silenzio. Nessuno lo disse, ma tutti speravano nel sì della scrittrice. Li aveva conquistati in poco tempo, sì, era inutile negarlo. Magari era l’età dei ragazzi, magari gli ormoni, magari il fatto che lei fosse la prima ragazza in quell’accademia da militari… fatto sta che Silvia aveva portato una ventata di bellezza e di dolcezza in un luogo rimasto rigido e attaccato a tradizioni severe per troppo tempo. Era un come un fiore in un deserto arido, unica femmina in una scuola di maschi, naturale che l’attenzione virasse su di lei.

La ragazza si morse il labbro. Sapeva che la domanda sarebbe arrivata. Come sapeva che la risposta era una, obbligatoria e senza soluzioni.

Non poteva, assolutamente. C’erano in ballo troppe cose per mandare all’aria tutto con una scappatella notturna in una grotta sperduta, per leggere quattro poesie. Cosa sarebbe successo se li avessero beccati? Comprendeva il loro bisogno di libertà, ma, sebbene lo desiderasse, non avrebbe potuto farne parte.

« Io non posso venire Neil » cercò di sembrare sicura, senza guardare il ragazzo.
« Cosa? Perché? » la delusione nella sua voce era palpabile. Silvia incontrò gli occhi di Charlie, che la guardò serio, consapevole delle sue ragioni.
« Ora… mi devo concentrare sugli studi… non posso permettermi di rimanere indietro… » balbettò una scusa veramente penosa.
« Meeks ti aiuterà, non dirmi che sei preoccupata per i compiti, sei la prima della classe in quasi tutte le materie e sei qui da neanche due giorni! » replicò lui, comprensibilmente poco convinto.
« Neil… no. Ho detto di no. Non posso. Scusa » concluse lei afferrando i libri e la tracolla, sempre evitando lo sguardo del ragazzo, e tornando in camera, scura in volto.

§

2 Settembre, sera, sala da pranzo della Welton Academy

Silvia non si presentò a cena, attirando l’attenzione e i pettegolezzi degli studenti. Charlie riferì alla compagnia e ai professori che aveva un gran mal di testa.

Neil non ci credette neanche un minuto e sbraitò contro il compagno che non lo lasciava andare a parlare con la ragazza.

« Io adesso vado a parlarle! Non mi convince, è una specie di genio, mi rifiuto di credere che abbia problemi a studiare! »
« Finiscila, ti ho detto che ha mal di testa e vuole riposare! »
« Oh e tu sei il suo nuovo diario! »
« Sono il suo tutor! »
« Non mi interessa! Io ora salgo! » ma Knox e Charlie lo tirarono per le braccia e lo costrinsero seduto.
« Smettila Neil, ti vuoi mettere nei guai? I prof ti stanno guardando! » gli sibilò Knox e il ragazzo sbuffò contrito.
« Prima o poi mi spiegherai questa storia, Charlie » sussurrò all’interpellato, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

Comunque, riuscirono lo stesso a vedere la ragazza prima del coprifuoco e in circostanze davvero buffe, per giunta.

§

2 Settembre, sera inoltrata, dormitorio della Welton Academy

Nel dormitorio c’era un gran viavai, oltre ad una gran confusione.

Silvia, che stava cercando di addormentarsi senza pensare alla delusione di Neil, nascondeva la testa sotto ad un enorme cavallo di peluche, suo amico fedele da anni, a causa di un continuo, fastidiosissimo fischiettio che si sentiva per tutte le camere.

Nei bagni infatti, qualcuno di quella banda di scalmanati, continuava a giocare con chissà quale diavoleria, per niente preoccupato del casino che stava creando.

Dopo venti minuti di quel supplizio e una quantità imprecisata di epiteti decisamente coloriti verso quell’emerito idiota che continuava a far suonare il suo stupido giochetto, Silvia si alzò di scatto, stufa del frastuono al di fuori della camera.

Infilò la vestaglia rossa, che sembrava più un mantello regale e, ignorando il fatto di essere scalza e con una camicia da notte di seta blu, spalancò la porta della stanza, uscendo nel corridoio completamente zittito con la massa di boccoli sciolta sulle spalle.

A grandi falcate, altera come una regina, raggiunse il bagno, seguita da tutti gli occhi dei ragazzi.
I fischi partiti al suo passaggio si spensero quando, con occhi furenti, strappò di mano a Charlie un… pinguino rosa cantante e lo fracassò nel cestino dell’immondizia.

Tornò in camera con il sorriso sulle labbra e si addormentò serena abbracciata al cavallo, Spirit.

Il corridoio era ancora silenzioso.

§

2 Settembre, notte, Camera da letto di Silvia Romani , dormitorio della Welton Academy

Qualcuno bussò alla sua porta, facendole venire un infarto.

Inciampò nelle lenzuola e picchiò il ginocchio contro lo spigolo del comodino. In un istante le tronarono in mente tutti i coloriti epiteti affibbiati a Charlie e al suo pinguino rosa. 

Zoppicando ancorata a Spirit, Silvia aprì la porta.

Questa stanza sembra Victoria Station all’orario di punta.

Peccato fossero le undici di sera e che non ci fossero autobus davanti alla sua porta, ma sette ragazzi sorridenti nel buio.
« Bel pupazzo pasticcino » Charlie, attrezzato con torce e coperte, ghignava come al solito.
Neil le sorrise: « Pronta per un bel giro notturno?»

 

 

Angolo autrice:

Tà dààà.
Salve a tutti Poeti Estinti!
Allora, vi è piaciuto il III° Capitolo?

Partiamo subito con i dettagli!

» La Setta dei Poeti Estinti: Finalmente è entrata in scena la Setta dei Poeti Estinti. Rispetto al film, in cui passano un po’ di giorni prima della scoperta della setta, io ho anticipato un po’, ma l’importante è che sia arrivata, no? ;)

» La lezione di scherma: Che audacia la nostra Silvia, non solo sa gareggiare di scherma, ma è anche un fenomeno nel distruggere irritanti pinguini rosa! Ma andiamo con ordine…
La lezione di scherma si ispira ad una brevissima scena del film e ad un’altra fanfiction de L’Attimo Fuggente. Non è tutta farina del mio sacco, chiarisco subito per evitare eventuali incomprensioni.

» Il discorso del professor Keating: Il pezzo con il professor Keating, uno dei discorsi che preferisco in assoluto, è preso completamente dal film, poiché le sue parole sono perfette e storpiarle sarebbe stata una pena da galera.

» La scoperta della Setta: La scoperta della Setta accade durante il pranzo e dopo, di conseguenza nel capitolo succede dopo la lezione di scherma. Eppure nel capitolo II, sull’orario scolastico, la lezione di scienze motorie si dovrebbe svolere dopo pranzo. Chiedo scusa per questo errore, ma a cambiarlo stravolgerei tutta la storia. Vi chiedo quindi di essere pazienti e di passarci sopra, grazie.

» Il pinguino rosa di Charlie (:3): Mentre, l’omicidio del pinguino è stata una mia idea. Nel film infatti, la sera della prima riunione, c’è qualcosa che fa uno strano verso e la mia mente, immaginando il pinguino con il fischietto rotto di Toy Story, ha prodotto un pinguino rosa che… bhe, ci ha lasciati dopo neanche sei righe di conoscenza.

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Di Poeti Estinti, sentimenti poco chiari e nuove conoscenze - Capitolo IV ***


Capitolo IV
Di Poeti Estinti, sentimenti poco chiari e nuove conoscenze

2 Settembre, sera, dormitorio della Welton Academy

Neil era stato scontroso e irritabile per tutta la serata, sicché il povero Todd si era dovuto sorbire il suo umore scostante, sperando in un aiuto degli compagni.
Aiuto che, puntualmente, non arrivò. Tutti si erano defilati nella confusione del dormitorio. “Begli amici”, pensò Todd mentre Neil borbottava e guardava male chiunque, poi si fermò a bocca aperta e gli tirò debolmente la manica.

Silvia marciava a passo spedito per il corridoio, i boccoli che le rimbalzavano sulle spalle. Dalla vestaglia sbucavano le gambe che la camicia da notte leggera non celava.
Inutile dire che tutti i maschi avevano gli occhi fuori dalla testa.
Quando la scrittrice spedì il pinguino rosa nel cestino e se ne tornò in camera, Charlie scoppiò a ridere, risvegliando il resto degli studenti.

« Guarda il lato positivo, almeno l’hai vista » esordì Todd, una volta tornati in camera.

L’occhiata di Neil lo zittì.

Mentre aspettavano l’orario di fuga, il biondo, con la sua dolce ingenuità, riuscì a strappare all'amico una piccola confessione: « So che quei due mi stanno nascondendo qualcosa » disse il bruno riferendosi a Charlie e a Silvia: « Ho visto che si scambiano certi sguardi e… e niente! Tutto qui! ».
Todd ridacchiò: « Già… non è che sei geloso? ».

Per tutta risposta gli arrivò un cuscino in faccia.

Nonostante tutto, Neil sapeva che a Charlie, Silvia non faceva lo stesso effetto che faceva a lui. La dimostrazione era arrivata due ora prima, quando era scoppiato a ridere dopo l’apparizione della compagna piuttosto che sbavare come il resto dei maschi.

Alle undici meno cinque ebbe un’ulteriore conferma. Dalton si presentò in camera loro e gli lanciò un cappotto della divisa, mentre si stavano preparando per uscire: « Tieni »
« E a cosa mi dovrebbe servire? Io ce l’ho già »
« Ma lei no »
« Lei?! »
« Vuoi la tua principessa, Neil? E allora andiamo a prenderla » ghignò.
L’amico cercò di sorvolare sul “La tua principessa”: « Che?! La vuoi svegliare a quest’ora?! Se non vuole come pensi di farla venire? Mi hai impedito tu di andarle a parlare! »
« Siccome sono il migliore amico del mondo e tu hai una bella cotta per una scrittrice italiana che ha due gambe favolose, ora io ti porto a prenderla e tutti insieme andiamo a fare questa benedetta riunione » e sorrise come se davvero fosse la persona più geniale della terra.

Neil si schiaffò una mano sul viso, imitando Todd.

« Ah, in caso non volesse venire… la rapiamo. Pitts ha le spalle larghe, non penso pesi più di tanto la nostra signorina »
Todd impallidì: « Rapirla? Hai visto cosa ha fatto a Cameron? E al tuo pinguino rosa? »
« Oh, andiamo! Se c’è Neil non farà nulla! Al massimo la imbavagliamo » bisbigliò Pitts appena sopraggiunto.
L’interpellato alzò le mani al cielo. Ma che avevano tutti con lui e con… lei?

Anche il resto del gruppo usci silenzioso dalle camere: «Se ci spacca le ossa, la colpa sarà vostra! » li minacciò Cameron.

Bussarono alla porta della ragazza cercando di fare meno rumore possibile.
Si sentirono le coperte spostate, poi un tonfo seguito da un’imprecazione non ben definita e Silvia apparve sulla soglia, capelli scompigliati, camicia da notte blu e addirittura un peluche gigante.
« Bel pupazzo pasticcino » tipico ghigno alla Dalton.
« Pronta per un bel giro notturno? » le sorrise Neil.

« Eh? » domandò un po’ spaesata lei: « Che ore sono? »
« Ora della Setta dei Poeti Estinti. Pitts, caricala! » ordinò Charlie.
« Cosa? » ancora stordita fu ricoperta da un cappottone di tre taglie più grandi e finalmente si rese conto di cosa stava succedendo.

Sbarrò gli occhi, allontanò Pitts con uno spintone e guardò furente il gruppo.
« Che cosa credete di fare?! Io non… » ma Neil la zittì con una mano sulla bocca, cominciando a trascinarla giù per le scale: « SHH! Vuoi svegliare tutto il dormitorio? Fidati, ti divertirai e ormai mi sono convinto. Se non collabori ti porta Pitts »

Lei rimase colpita dal divertimento nei suoi occhi, ma non fece in tempo a rispondere che il compagno più alto se la caricò in spalla e, totalmente immune alle silenziose proteste, condite con calci e pugni, si diresse verso l’ingresso della scuola.

Silvia era disperata. Erano pazzi, li avrebbero scoperti!

Quando fu rimessa a terra, non perse un secondo. Afferrò Charlie per il colletto e lo sbattè sul muro dell’edificio, spaventando i ragazzi.
« Razza di bugiardo traditor… » ma sbiancò non appena sentì uno dei prof camminare nella loro direzione, probabilmente per un giro di ricognizione.

Anche gli altri si fermarono. Improvvisamente pentiti della loro scelta.

Ma Neil decise in due secondi cosa fare. Sussurrò un “correte”, afferrò la mano di Silvia e si diresse verso il fiume. A metà strada cominciò a ridere, seguito dagli amici e da lei, che respirava la libertà dell’aria fresca notturna.

Sembravano fantasmi, mischiati alla nebbia e alla luce della luna. Correvano e non si fermavano e
Neil, attaccato alla mano di Silvia pensava solo che aveva lei accanto e che si sentiva stranamente bene.

Silvia si fermò per riprendere fiato e lui le sorrise, ancora non aveva capito come facesse a correre con quel pastrano gigante addosso: « Voi siete matti! Ci scopriranno! » disse appoggiandosi al ragazzo.
« Che ti importa! Non ti senti… » e prese una lunga boccata d’aria: « Libera? »

Silvia lo guardò.

Una statua bellissima in mezzo al bosco.

Dannazione a lui.

« Magari si può fare un tentativo… » borbottò sconsolata.

Il sorriso che le regalò la convinse definitivamente, prima di rabbrividire per il freddo. Perché si accorse che faceva davvero, davvero freddo.

Neil le tirò su il cappuccio e le scostò qualche boccolo dal viso.
Si colorò di porpora e la voce di Charlie, a pochi metri da loro, la raggiunse: « Avete finito?! Abbiamo trovato la grotta! ».

I due si separarono, rossi in viso, e lei si avvicinò a Charlie, inciampando e accorgendosi di essere in camicia da notte, a piedi nudi. Ecco perché faceva così freddo.

« Sei odioso, lo sai? » fulminò il tutor.
« E tu tremendamente bella in queste condizioni, ma stai gelando » se possibile, lei arrossì ancora di più e gli tirò un sberla sul capo.
« Hai ordinato il mio sequestro!! »
« Non potevo lasciare Neil… » la scrittrice lo guardò così male da spegnere la sua baldanza, prima di rabbrividire di freddo e stringersi il cappotto addosso.

Che cosa le era saltato in mente? Era a dir poco disdicevole la situazione in cui si trovava, lei non era stata abituata così, a girare mezza nuda con i ragazzi per i boschi!!

Nascose il viso nelle mani. Cos’era diventata?

Charlie e Neil si accorsero del suo disagio e si vergognarono alla grande. Non avrebbero dovuto farla uscire così, nel pieno della notte, in pigiama. Anche perché era evidente che la ragazza stesse gelando.

L’atmosfera di prima si spense pian piano. Tutti tacevano, senza sapere bene cosa fare.
« Forza. Facciamo questa riunione. Passami una coperta Meeks, perfavore » disse Silvia, entrando nella grotta e piazzandosi in un angolo, raggomitolandosi e osservando il viavai dei compagni che tentavano di accendere un fuocherello, con risultati disastrosi.

Pitts sbattè la testa sei volte sul soffitto, Todd inciampò in continuazione, Cameron cadde addosso a Neil, Meeks e Charlie trasformarono il piccolo braciere in un fumogeno e Knox scivolò sulla roccia, strappando metà del libro di poesie che aveva portato.

In tutta quella confusione, Silvia cominciò a ridere così forte da doversi tenere la pancia e l’allegria ricominciò a diffondersi: « Siete proprio… proprio buffi!!!» ansimò lei con le lacrime agli occhi.
« Ah sì!? Vieni tu ad accendere un fuoco in un posto così umido, saputella! » la rimproverò Charlie divertito. Lei lanciò la scatola di fiammiferi che aveva trovato nella giacca a Knox, che centrò Dalton con un tiro da maestro. La sua faccia offesa aumentò la risata di Silvia, che venne prontamente stroncata da una coperta lanciatale addosso.

Poi cominciarono a girare i cosiddetti “viveri”, biscotti, panini e merendine, e la lotta si fece ancora più aspra e divertente.
Quando i ragazzi furono costretti a braccare Pitts, che sembrava deciso a far sparire tutte le scorte, si diedero una calmata e Neil prese la parola, con il libro di poesie mezzo spaccato in mano.

Lessero per ore e sembrava che il tempo si fosse fermato. Erano lì, insieme, e Silvia si stupì di riconoscere in quell’intimità, una dolcezza ed un’innocenza sconosciute.
Aveva appoggiato la testa sulla spalla di Neil e si sentiva bene, al sicuro.
Ignorava le occhiate maliziose e compiaciute che Charlie rivolgeva all’amico e si beava di quel contatto e di quell’atmosfera accogliente.

E quando leggeva lei, tutti si incantavano ad ascoltarla. Sembrava un essere fatato. Raggomitolata fra le coperte con il libro in grembo. Rendeva tutto più… magico.

Forse, dopotutto, valeva davvero la pena di rischiare un po’.

§

 

27 Settembre, mattina inoltrata, laboratorio di scienze della Welton Academy

I giorni si susseguirono tranquilli e i ragazzi si affiatarono più che mai.
La scrittrice si era affezionata a tutti e con ognuno aveva un rapporto diverso.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma adorava Charlie e il suo fare sbarazzino, le attenzioni particolari che le rivolgeva e il suo esserci per qualsiasi cosa.

Con Knox si trovava benissimo, specialmente grazie ai consigli che dava al ragazzo, infatuato di una ragazza da poco conosciuta.

Pitts la faceva ridere in continuazione ed era diventato quasi la sua guardia del corpo, probabilmente su ordine di quel pazzo di Dalton.

Con Cameron e Meeks passava la maggior parte del tempo a studiare e in tre riuscivano a trovare le soluzioni per qualsiasi problema, oltre che a dare ripetizioni al resto della truppa.

Todd, invece era diventato a tutti gli effetti il suo orsacchiotto. Timido e impacciato com’era, non poteva fare a meno delle attenzioni della ragazza e, se accadeva che questa si arrabbiasse, era in grado di rabbonirla ed addolcirla in un attimo.
Escludendo Charlie, era il suo preferito.

Al contempo, i ragazzi stavano sempre con lei e guai a chi osava toccarla. Se prima ridevano delle continue battute e delle fantasie sporche e malsane degli altri studenti, ora li guardavano minacciosi ed infastiditi.
E a Silvia quelle attenzioni piacevano, come loro ormai trovavano naturale la sua presenza.

Poi c’era Neil.

Neil che girava sempre più vorticosamente e frequentemente nella testa della scrittrice.

E lo stesso succedeva a lui.

Gli sguardi che si scambiavano parevano piccoli regali nascosti e nessuno dei due era mai sazio dei sorrisi dell’altro.
Insomma, non capivano un’acca di ciò che stava succedendo, ma funzionava e a loro bastava quello.

A Silvia piacevano quell’energia e quella libertà che il compagno ispirava, il luccichio nei suoi occhi e l’effetto che le faceva la sua vicinanza.

A Neil piacevano la sua mente, la forza e il coraggio che emanava. Il fatto che sembrasse in tutto e per tutto una regina, che il suo profumo gli desse alla testa e che fosse così naturale e semplice in tutta la sua complessità.

Entrambi non riuscivano a spiegarsi quell’insieme di emozioni che ogni giorno cresceva e li faceva stare bene.

La riunione della Setta dei Poeti Estinti era diventata un momento fondamentale ed indispensabile nelle settimane dei ragazzi. La mattina successiva al primo incontro, Silvia aveva rischiato di addormentarsi in mensa e aveva dovuto bere tre tazze di caffè per tirarsi su. Non era abituata a tornare all’una da incontri segreti nei boschi.
I ragazzi si erano un po' preoccupati nel vederla così assonnata, ma lei aveva liquidato il tutto con un “E’ il fuso orario, tempo una settimana e mi assesto”.
E così era stato, ma dopo gli incontri beveva lo stesso due tazze di caffè.

In una di quelle mattine, al prof di scienze saltò in testa di far fare agli studenti un progetto di coppia e arrivò tutto allegro in classe, spiegando la sua idea e congratulandosi con sé stesso per la sua “spiccata genialità”.

Silvia, seduta affianco a Charlie che, in quanto tutor, occupava il posto fisso accanto a lei, sorrise e arrossì all’occhiata di Neil, due banchi più avanti, mentre il professore contento esclamava:
« Estrarremo a sorte! ».
 
E il sorriso si spense.

Cosa?!

Gli sguardi dei compagni si posarono su di lei, ovviamente tutti speranzosi e quasi… famelici.
« Ommioddio… » bisbigliò a Charlie, cercando di infossarsi nella sedia e nascondendo il viso con i capelli.

Il prof cominciò a chiamare i nomi e Silvia pregava di non essere messa con qualche individuo poco raccomandabile. I maschi adolescenti chiusi in una scuola con una ragazza sola possono diventare estremamente pericolosi.

« Smith, Moore… Jackson, Allen… Cooper, Davis… »

Ti prego, ti prego…

« Evans, Clark… Dalton, Meeks… » Charlie fece un cenno a Meeks, ma rimase rigido e sbirciò Silvia, che cominciava a vedere i suoi compagni venire smistati con altri.

Per favore…

« Parker, Collins… Anderson, Cameron… Romani… » la classe intera trattene il fiato. Silvia strinse il polso di Charlie.

« … Lewis » la scrittrice sbiancò.

Charlie contrasse i muscoli e si chinò accanto a lei, mentre partivano un mormorio di delusione ed esclamazioni come “Che fortunato!”, “Cavolo, avrei voluto toccasse a me!”, "Accidenti!", "Ma non è giusto!", "Ehi chi ha detto che a Lewis toccava il primo giro?!".

« Jared Lewis è il quarto a sinistra in seconda fila » lei deglutì e si voltò.

Il ragazzo aveva una buona mole, capelli neri e occhi chiari. La squadrò in silenzio, sorridendo maliziosamente ai commenti dei compagni.
Tutto sommato, pensò lei, non le era andata così male... bastava solo che non fosse…
« E’ un pervertito di prima categoria. Devi stare attenta »

Ma porca miseria…

« So difendermi, Charlie, tranquillo. Se mi sfiora gli spacco la spina dorsale » disse seria. Poi cercò di sorridere, ma il risultato non doveva essere granché.

Il ragazzo si voltò e il prof zittì la classe, continuando la lista di nomi. Silvia incontrò lo sguardo di Neil, contrito, sospirò e si strinse nelle spalle.
Era solo un progetto di scienze, non aveva nulla di cui preoccuparsi. Aveva già dato prova di essere all’altezza dei maschi, se fosse stato necessario, lo avrebbe dimostrato di nuovo.

I suoi compagni furono più o meno smistati insieme e la lezione continuò, mentre la ragazza si autoconvinceva della propria forza e si tranquillizzava. Non poteva succedere nulla. Erano in una scuola e lei era grande abbastanza per gestirsi da sola. Lewis non mancava di lanciarle occhiatine, sempre serio però, e Neil continuava a guardarlo in cagnesco.

Al suono della campanella, fu il primo a raggiungere la compagna, piazzandosi al suo fianco, sempre mentendo lo sguardo su Lewis, che ora l’aspettava accanto alla porta. Knox, Todd e gli altri li raggiunsero, cominciando a decidere sul da farsi, ma lei li fermò immediatamente: « Non ho tre anni, non necessito di guardie del corpo, so badare a me stessa ed è solo un progetto di scienze. Perciò ora andate, io ho lezione di greco » asserì.
« Ti accompagno » ribatté Neil.
« Sono io il suo tutor » precisò Charlie per stuzzicarlo, guadagnandosi un’occhiataccia.
« Non serve grazie » gli sorrise dolcemente lei, li salutò e fece per andare, ma Neil l’afferrò per il braccio e la fece ruotare verso di sé: « Stai attenta ».
Lei annuì, colpita dalla loro vicinanza e si avviò verso la porta, seguita dagli sguardi dei compagni.
Knox dette un leggero colpetto a Neil e Charlie una gomitata. Lui alzò gli occhi al cielo, ma continuò ad osservare la scrittrice allontanarsi.

Uscendo, come aveva immaginato, Lewis si affiancò a Silvia: « Non credo ci abbiano ancora presentati, sono Jared Lewis » e le pose la mano.
Lei gliela strinse per poco: « Silvia Romani, ma credo che tu già lo sappia » rispose fredda.
« Ovviamente. Bhe, dovremmo metterci d’accordo per questo progetto » disse lui, accostandosi un po’ di più. Lei, a disagio, si allontanò leggermente: « Già. Tu quando andresti meglio? »

Che domanda idiota, sono io quella con gli orari sballati tra lezioni di musica, danza e greco, non lui!

« Potremmo fare questo sabato, tanto finiamo prima le lezioni, così ci… conosciamo meglio » osò lui, con un sorrisino da sberle simile a quello di Dalton. Solo che lei adorava quello di Charlie, quello di Lewis, invece… beh, diciamo che la disgustava.

« Eh eh… sì, direi che sabato può andare… ora ho lezione di greco, scusa » e si defilò con un sospiro di sollievo.

 

§

 

27 settembre, mezzogiorno, sala mensa della Welton Academy

A pranzo la assalirono, letteralmente.

« Allora, che ti ha detto Lewis? »
« Niente di che, abbiam… »
« Ti ha sfiorata? »
« Certo che no, ma… »
« Ha detto qualcosa di spinto? »
« Charlie! Ma che cavolo dici?! »

Seduta tra Todd e Knox, Silvia tentava di tranquillizzare i compagni, sostenendosi il capo con la mano, messa in seria difficoltà.

« Abbiamo solo deciso quando trovarci. Finitela! Sembrate un gruppo di vecchie zitelle pettegole! » sbraitò.
« Cosa sono le “zitelle”? » domandò innocentemente Pitts, facendola ridere: « Donne… rosse?» forse non così innocentemente. 
« PITTS! » lo sgridò esasperata, facendo ridere i compagni: « Le zitelle sono donne nubili perché bisbetiche ed acide »
Todd la prese in giro: « Mi stai dando della vecchia bisbetica ed acida? »
« Dimentichi “pettegola” » rise lei e lui, fintamente offeso: « Ingrata! Ti ho anche aiutato in latino! », intinse il dito nel purè di patate e sporcò il naso della compagna.
« IO ho aiutato te! » rise ancora lei, sporcandolo a sua volta.

La tavola scoppiò in una grossa risata, prontamente spenta dai professori, ma i ragazzi non smisero lo stesso di ridacchiare.

 

Angolo autrice:

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccoci con il IV° capitolo. Cosa ne pensate?

E andiamo con i dettagli!

» La Setta: La setta si è riunita dopo anni e nuovi poeti sono nati!
Sono stata abbastanza cattivella con Silvia, in camicia da notte nel mezzo del bosco…
Ma poi le cose sono andate per il meglio e la grotta si è riaccesa di poesia.

» I rapporti: Sembra si stiano delineando i contorni del rapporto fra la scrittrice e il nostro bel Neil, che cosa accadrà? Hahaha, dovrete continuare a leggere ancora un po’ per scoprirlo :)

» Il progetto di scienze e Jared Lewis: Ditelo, eravate certi mettessi Silvia con Neil, eh?
Ma questa non è la solita fanfiction basata su uno stereotipo comune di storia, perciò ho deciso di inserire un nuovo personaggio di mia invenzione: Jared Lewis.
Allora, Jared Lewis è un ragazzo nella norma, in quanto bellezza (non aspettatevi “figoni” che escono dal nulla in questa storia) e con maniere un po’… viscide. Anche con lui, la nostra scrittrice avrà un bel daffare. In che senso? Lo scoprirete… (Sono sadica, lo so).

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Di incoraggiamenti, litigi assurdi e strane sensazioni - Capitolo V ***


Capitolo V
Di incoraggiamenti, litigi assurdi e strane sensazioni


28 Settembre, pomeriggio tardi, chiostro nel giardino interno della Welton Academy

Seduta sulla ringhiera del chiostro, Silvia parlava animatamente con Charlie, appoggiato ad una colonna, della candidatura ad ambasciatrice.

Il compagno ascoltava volentieri, sapendo di essere l’unico con il quale la ragazza poteva confidarsi, escludendo Simmons, la redazione italiana e la famiglia. Oltretutto gli piaceva il luccichio che vedeva negli occhi di lei e adorava oltre ogni dire punzecchiarla e metterla in imbarazzo.

« …Capisci? Se la stampa lo venisse a sapere non avrei più un attimo libero. Mi assalirebbero in continuazione, verrei criticata per la candidatura e… »
« Aspetta, perché verresti criticata? Non dovrebbero come minimo costruirti un mausoleo? »
A quelle parole lei ridacchiò: « Un mausoleo sarebbe un pensiero carino, ma direi di aspettare ancora un po’ per costruire un gigantesco sepolcro, che dici? » e l’amico le fece una linguaccia, borbottando un “saputella”, altro appellativo che si era aggiunto alla lista di epiteti i quali era solito attribuirle.

Poi lei tornò seria: « Sono giovane, Charlie, per un incarico del genere » sospirò: « La stampa avrebbe da ridire… tutti avrebbero da ridire… è quasi una scelta ridicola, forse tutti si aspettano che io fallisca… »

Charlie, vedendola intristirsi e sciogliere la postura elegante che solitamente manteneva, si sedette vicino a lei e le passò un braccio sulle spalle, attirandola a sé. Lei gliene fu estremamente grata, sentendo sparire un po’ del peso di quelle responsabilità.

« La gente è nata per sparlare, fregatene! Tu sei una roccia, non puoi lasciar andare i tuoi sogni per… per delle stupidaggini che escono dalla bocca di quei deficienti! » sbottò lui. Silvia gli diede un colpetto sulla gamba, segno che non approvava quel linguaggio.
« Io… io non voglio cedere… ma… qualche volta ho paura possa succeder… » ma non finì la frase, voltandosi di scatto verso il piccolo cortile interno.
Charlie la guardò stranito: « Che cos…» ma lei gli fece segno di tacere.

Era certa di aver sentito un rumore: foglie spostate. Ma il chiostro era deserto, a parte loro due.

« Credevo di aver sentito qualcosa » disse, scrutando il luogo.
« Il vento avrà mosso le foglie » buttò lì Charlie, comprendendo la tensione dell’amica, poi si alzò e le offrì la mano, lei l’afferrò, mentre acchiappava la borsa e sentì per la prima volta il compagno parlare seriamente: « Non mollare » disse guardandola negli occhi: « Ci siamo noi ».

Lei lo abbracciò, sussurrandogli un “grazie” veramente sentito e Charlie le accarezzò i capelli: « Muoviamoci, che se Neil mi trova attaccato a te mi stacca la testa » e lei alzò gli occhi al cielo, spingendolo e avviandosi verso la sala comune, mentre il compagno la seguiva ridendo.

Poco dopo qualcuno uscì dal chiostro, guardandosi in torno circospetto, prima di andarsene silenziosamente.

§

29 Settembre, primo pomeriggio, sala comune della Welton Academy

Neil e gli altri se ne stavano beatamente seduti in sala comune, chi a fare qualche compito, chi a giocherellare o chi, come Meeks e Pitts, a progettare strumenti radiofonici illegali e illeciti.

« E’ ancora in biblioteca? » domandò Todd distrattamente.
« Si, non si è mossa da lì per tutto il giorno, l’ultima volta che l’ho vista aveva un pacco di biscotti mezzo vuoto, un succo, la macchina da scrivere ed era seppellita dai libri » sbadigliò Knox.
« E’ incorreggibile »
« E’ una scrittrice, gli scrittori sono tutti strani »

Neil si alzò, sistemando i libri e fece per andare in biblioteca, quando una figura gli si parò davanti.
« Perry » salutò freddamente una voce, recentemente inserita nella lista delle più odiate da Neil.
« Lewis » berciò di rimando il ragazzo.
« Dov’è Silvia? » chiese quello, mentre i compagni osservavano silenziosamente la scena, cercando di sembrare indifferenti.

Todd, che sapeva quanto fastidio suscitasse Jared al migliore amico, scambiò un cenno d’intesa con il resto del gruppo.

« Non sono affari tuoi » Neil aveva stretto i pugni.
« Lo sono, invece. Abbiamo un appuntamento » sorrise perfidamente Lewis.

Neil divenne paonazzo. Era sicuro che Lewis stesse mentendo, Silvia non andava con il primo che capitava.

Sperava.

« Oh sì, certo… un appuntamento, tu e lei » lo schernì.
« Cosa c’è, Perry? » disse il moro avvicinandosi. L’aria si poteva tagliare con un coltello, tanto era tesa: « Ti dà fastidio che le piaccia la mia compagnia? »
Neil non si fece intimorire: « Ma per favore, è troppo sveglia per stare con un idiota come te »
Jared rise con cattiveria: « Continua a ripetertelo, Perry, magari si avvera » disse, spuntando quel cognome con cattiveria e si voltò, andando a cercare la ragazza.

Le nocche di Neil erano sbiancate, tanto aveva stretto i pugni. Si voltò verso i compagni, in particolare verso Charlie: « Ne sapevi qualcosa? »
« Ma vai anche a dare retta a quello stronzo? » disse Dalton.
« Già Neil, secondo te Silvia starebbe mai con uno del genere? » rincarò Todd, seguito a ruota dagli altri, ma Neil si rivolse di nuovo a Charlie, stavolta con più durezza nella voce: « Ne sapevi qualcosa?! » ripeté.
L’amico si fece muto per un attimo, poi alzò le braccia: « Mi aveva detto che doveva vederlo oggi » mormorò.

Tutti rimasero basiti.

Neil strinse la tracolla della borsa e uscì dalla stanza a passo spedito.

§

29 Settembre, Sera, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

L’acqua calda le scorreva sulle spalle e Silvia ringraziò il Cielo che anche quella giornata fosse finita.

Aveva rinunciato al sabato per studiare in biblioteca e svolgere quasi tutto il progetto di scienze, in modo da dover passare meno tempo possibile con Jared. Le sue mani l’avevano più volte sfiorata per tutte le tre ore in cui erano rimasti assieme, le peggiori della sua vita, e lei era stata costretta a respingerle, estremamente a disagio e in imbarazzo. Potevano sembrare anche dei contatti normali, ma lei non ci era abituata. Anzi, per la precisione, ogni volta che Jared la toccava in qualche modo, cosa che sembrava fare di continuo con una marea di scuse, lei aveva pensato ad un solo ragazzo, ad un solo profumo, a delle sole carezze.

Neil.

Cosa mi frulla nella testa…


Espirava ogni tanto.

Portato a termine quel maledetto progetto, era praticamente scappata via, ma il compagno l’aveva afferrata per il polso e le aveva fatto una proposta inaudita.

Uff.
Sospirò, passandosi una mano sul viso.
« Abbiamo finito » disse sollevata, firmando il compito, mentre Jared faceva lo stesso. Aveva svolto solo una piccolissima parte del lavoro, e nemmeno tanto bene, ma almeno lei non aveva dovuto passarci tanto tempo insieme. E a lui non sembrava dispiacere per niente il fatto che lei avesse svolto il novanta percento della fatica.
« Ora, se non ti dispiace, io andrei » radunò in fretta i libri, ma la mano di Jared, per la sessantaseiesima volta la toccò, afferrandole il polso.
« Non così in fretta, dolcezza… »

DOLCEZZA?!

« Che ne dici se, magari, uno di questi giorni ci vedessimo, io e te? »

Lei lo guardò incredula. Le stava davvero chiedendo di uscire?

« Che?! » disse lei con poca grazia, ormai al limite della sopportazione: « Guarda, Jared » calcò bene sul nome: « Sono sommersa dagli impegni, perciò direi che la cosa è davvero impossibile » lo liquidò decisa, liberandosi dalla sua presa e andandosene, senza sentire le ultime parole dello studente: « … Certo, quando si è una persona importante come te, è normale… »

Al ricordo di quanto era successo, rabbrividì.

Ma per carità.


Uscì dalla camera più rilassata, desiderosa di passare del tempo con i Poeti Estinti, soprattutto con Neil.

Lo trovò sulle scale e sul suo viso nacque un sorriso di contentezza: « Ciao! »

Lui la superò senza guardarla e lei ci rimase di sasso. Cosa diavolo era successo quella volta?

« Ehi! » lo richiamò, bloccando la porta della sua camera, in cui si stava chiudendo, con la scarpetta: « Che ti prende? »
Lui alzò lo sguardo su di lei, trovandola dannatamente carina.

Cosa che peggiorò il suo umore.

« Non mi prende niente! Ora puoi andartene dalla mia camera, grazie? » sbottò sgarbato.

Silvia ci rimase male. Tanto.
E lui si sentì un completo idiota, vedendo il suo sguardo ferito.

Lei sbattè due volte le palpebre: « Okay… okay... » e uscì dalla camera.

Neil espirò, imprecando mentalmente.

La fermò, prendendola per il polso. Lei ricordò il tocco di Jared, infintamente inferiore in delicatezza.

Si sentì male. Aveva pensato a lui tutto il giorno e ora non si meritava proprio di venire trattata così, per di più senza saperne il motivo. Si voltò: « Che c’è?! » se c’era qualcosa che detestava erano i cambi repentini d’umore da lunatici.

Al che Neil si infervorò: « Non fare l’offesa, sei tu che vai con il primo che passa! »

Sarebbe potuta sembrare la scena comica di una soap-opera se i due non fossero stati così presi dai sentimenti.

« CHE COSA?! » si indignò lei, gli occhi che mandavano scintille: « Come osi accusarmi di una cosa del genere?! Proprio tu, che mi hai trascinato in mezzo al bosco, di notte, in pigiama! »

Per fortuna che il resto della scuola era a cena dall’altra parte dell’edificio.

« E allora perché prendi appuntamenti con Lewis?! » sbraitò di rimando lui. Lei lo guardò incredula.

« Dimmi che stai scherzando… “appuntamenti”?! Sul serio, “appuntamenti”? Abbiamo studiato per un progetto di scienze! Ho passato il sabato in biblioteca per completare il lavoro e per non dover stare tutto il tempo con lui! Come pensi che io possa aver un... UN APPUNTAMENTO?!  Ti è partito il cervello?! Sono qui per studiare Neil, non per spassarmela! »

La baldanza del ragazzo si spense e desiderò ardentemente sbattere la testa sul muro.

Come aveva potuto essere tanto idiota? Era ovvio che non poteva avere un appuntamento, cosa cavolo gli era saltato in testa? Le aveva appena fatto una scenata di gelosia in piena regola, l’aveva offesa e ferita.

« Io… » tentennò lui.
« Sai che c'è? Vado a cenare » disse lei, scivolando via dalla sua presa e scendendo le scale. Era delusa, amareggiata, ferita e un pelino incavolata.

Le pareva di essere al di sopra di tali stupidaggini.

Quando i compagni la videro arrivare non le fecero domande, anche perché non vedevano Neil dal famoso confronto con Lewis in sala comune, perciò non sapevano se lei lo avesse incontrato.

« ‘Sera » disse lei stancamente, sedendosi al solito tavolo, facendo un buffetto a Todd e guardando il piatto di zuppa verde che aveva davanti. Storse la bocca. Le si era chiuso lo stomaco.
« Allora… bhe, che hai fatto oggi? Ti abbiamo intravista in biblioteca…» azzardò il compagno biondo, sotto muti gesti d’incoraggiamento degli altri.
« Ho sgobbato tutto il giorno dietro a quel maledetto progetto di scienze » disse lei atona, respingendo il piatto.
« Ma non dovevi farlo con Lewis? » riprovò Todd.

Silvia alzò lo sguardo sul gruppetto, improvvisamente chino su di lei, in ascolto. Le loro facce lasciavano poco all’immaginazione. Si soffocò con il bicchiere d’acqua, cominciando a tossire e gesticolando infervorata.

« Anche voi!... Coff… Maledizione, anche voi pensavate che… Coff-coof… Che io e Lewis avessimo… Coff-coof-coff… un appuntamento! » ansimò, rossa in viso.
Meeks, le dava dei leggeri colpetti alla schiena, mentre lei si riprendeva.
« E’ inaudito! Come avete potuto pensare che… ma siete tutti impazziti sul colpo?! »
« Ma noi… Dalton aveva detto che dovevate verdevi…» balbettò Cameron.

Il tutor fulminò il compagno di stanza, prima di girarsi verso la scrittrice, che sembrava un drago pronto a sputare fuoco.

Inacidito dalla stupidità di Cameron, Charlie incominciò a parlare astiosamente: « Tu mi avevi detto che… » ma Silvia sbattè il tovagliolo sul tavolo, poi parve perdere l’energia tutta su un colpo, passandosi una mano sul viso, stanca, infine si alzò e se ne andò, sfinita.

Tornò in camera e si appoggiò alla porta, chiudendo gli occhi. Non ne poteva più, aveva bisogno di aria. Aveva bisogno di parlare con un’amica, di confidarsi con una ragazza.

Era una situazione assurda. No le erano ancora capitate discussioni del genere con i ragazzi.

Si sentiva stremata a livello psicologico, mentre immagini del progetto di scienze le scintillavano sotto le palpebre. Era dannatamente stanca, si stava spezzando troppo in fretta. Decise che il giorno successivo sarebbe andata nella vecchia palestrina dell’accademia, a fare un po’ di ginnastica. Si sarebbe sfogata e avrebbe preso un po’ le distanze dai libri. Nel giro di lunedì sarebbe tornata come nuova.

Aprì le finestre della camera, lasciando che l’aria fresca della sera le portasse via i pensieri. Si beò di quella notte, di quella luna splendente. Fece un profondo respiro.

Forza. Ricomponiti come fai sempre.

Prese carta e penna, si stese sul letto a pancia in giù e fece quello che sapeva fare meglio.

Scrivere.

Dopo sette pagine di tema sull’anticonformismo per Keating e tre muffin per cena, si addormentò.

§

30 Settembre, mattina presto, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

La mattina successiva si svegliò presto.

Contando sul fatto che di domenica dormivano tutti fino a tardi, si buttò su dei pantaloncini, una maglietta e il felpone della Welton, sostituì le eleganti scarpette da scuola con un paio di comode scarpe da ginnastica e sgattaiolò fuori dall’edificio, non prima di aver preso un caffè “da asporto” passando per le cucine.

Attraversò il parco della scuola ed entrò nella vecchia palestra.

Non era grandissima. Era ammuffita e in disuso, perciò Simmons l’aveva fatta sistemare, ricoprendo il pavimento con morbidi tappetti in gommapiuma e aggiungendo qualche attrezzo da ginnastica.

Inizialmente pensavano che Silvia si sarebbe allenata lì, poi aveva dimostrato di poter tranquillamente gareggiare contro i maschi e la palestra era rimasta per le lezioni di ballo e ginnastica artistica che seguiva occasionalmente.

Cominciò a fare un po’ di corpo libero, riscaldandosi e pensando che forse avrebbe dovuto costruire una radio come Pitts e Meeks, magari avrebbe dato un po’ di vita a quel posto silenzioso.

 

Angolo autrice:

Salve a tutti, Poeti Estinti!
Eccomi qui con il V° capitolo, che ne pensate?

Lo ammetto, non è venuto come speravo. Non è particolarmente emozionante, perciò vi chiedo di considerarlo come un piccolo capitolo di… passaggio.

Sembra che ci sia qualcosa che si aggira nell’ombra, vedremo cosa accadrà.

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Di rapporti difficili, respiri a fior di labbra e fulmini a ciel sereno - Capitolo VI ***


Capitolo VI
Di rapporti difficili, respiri a fior di labbra e fulmini a ciel sereno


30 Settembre, mattina inoltrata, dormitorio della Welton Academy

Neil aveva raccontato a Todd i fatti della sera precedente e aveva cercato una maniera per scusarsi con la scrittrice, senza ottenere grandi risultati.

Il migliore amico era inutile su quel fronte, nonché totalmente privo di idee.

I Poeti Estinti, poi, si sentivano in colpa per aver suscitato una mezza-crisi di nervi nella loro prediletta e anche loro non sapevano come farsi perdonare.

Ma il vero problema era Charlie, impegnato in una difficile battaglia contro il proprio “io psicologico”.

Quando aveva visto Silvia, la sera prima, sbattere il tovagliolo sul tavolo e poi perdere tutta l’energia in un colpo solo, aveva avuto il timore di averla stressata troppo. Aveva avuto paura di averla stancata, di averla fatta stare male. Di aver compromesso il difficile percorso che doveva fare.

Tutto perché l’aveva vista lì, abbattuta. Come quella volta nel chiostro. Quando la sua postura elegante si era crepata sotto quelle responsabilità. E lui l’aveva vista, incrinata, con il viso a malapena sorretto dalla mano, gli occhi stanchi.

Poi si era rialzata, come faceva sempre, e se ne era andata.

Charlie aveva riflettuto un bel po’ quella notte ed era arrivato ad una conclusione.

Lei non era una semplice ragazza. Lei era un’amica.

La sua migliore amica.

E la sua grezza, primitiva e ritardata mentalità da maschio aveva formulato un unico pensiero: assolutamente inaccettabile.

Il grande Charlie Dalton, genio ribelle, indomabile cuor di leone e famoso conquistatore di donne, si era lasciato ammansire da una bambolina di porcellana? E la considerava pure la sua amichetta del cuore?

No! Lui era un uomo, non una bambinetta!

E Neil?

Neil che era perso di quella ragazza, cosa avrebbe pensato? Lo avrebbe accettato? Era possibile convivere con un’amicizia del genere?

A lui Silvia piaceva, ma non in quel senso! Non voleva che i compagni pensassero che poteva essersene innamorato. Non voleva che pensassero a lui come un traditore, che preferisce le donne agli amici.

La adorava, indubbiamente, ma non poteva permettere che fraintendessero.

Così, la mattina dopo era stato aggressivo, scontroso, irritabile, astioso e antipatico con tutti.

La situazione era peggiorata quando Neil si era presentato alla porta della fanciulla, con un bel discorso di scuse e tanto di margherita annessa, come un bimbo che chiede perdono alla mamma dopo una marachella, ma aveva passato dieci minuti buoni a bussare, supplicare e pregare inutilmente.

Ovviamente lei non aveva risposto, non era lì.

L’imbarazzo che l’aveva pervaso si tramutò in sconforto, visto che aveva parlato solo al legno.
Lei non aveva nemmeno aperto la porta.

Ovviamente, sempre perché non era lì.

Ci aveva provato Knox, con le maniere dolci, poi Pitts, con quelle divertenti, poi Cahrlie, che era stato leggermente più duro.

« Apri subito questa porta!!! Finiscila di fare la bambina ed esci!!! » aveva urlato, svegliando mezzo dormitorio e dando poderosi colpi alla povera ed innocente porta.

Infine ci aveva provato Todd, a cui Silvia non diceva mai di no, ma pure lui non aveva ottenuto risposta. Gli altri si guardarono abbattuti.
« Ma che le hai detto?! Devi averla fatta imbestialire per davvero se non risponde a Todd! » aveva esclamato scoraggiato Cameron.

« Non è che magari è uscita? »

Naturalmente, ci voleva il brillante cervello di Meeks per far capire a sei ragazzi fermi da trenta minuti davanti ad una porta chiusa che magari, dico magari, il possessore della camera non si trova nel suddetto locale.

Charlie ringhiò, sempre più frustrato: « Sai che ti dico, Neil, vattela a cercare da solo la tua principessa, mi sono rotto! » e si chiuse in camera.
Todd si passò una mano fra i capelli: « Ha ragione lei quando dice che alla mattina abbiamo il cervello di un bradipo in sette »

Neil controllò in biblioteca, in sala comune, in sala studi, nella mensa, di nuovo in camera e alla grotta.
Niente.

« Non può essersi smaterializzata! »
« Hai controllato nel parco? »
« Ci è andato Knox, ma niente. Non si trova! »
« Forse è uscita con il signor Simmons, per qualche impegno di lavoro »
« Lo abbiamo visto prima al telefono. Ho chiesto anche a lui, ma ancora nulla… »

Avevano anche fatto uscire a forza Charlie dalla camera e lo avevano spedito a guardare nelle aule dei corsi extra di Silvia, ma invano.

In compenso il suo umore era peggiorato.

« Ma è mai possibile?! » sbraitò irato: « Sono un tutor non un baby-sitter! Si può sapere dove diavolo è andata?!?! »
« Ma credi che se lo sapessi starei qui ad ascoltare te che dai in escandescenze?!?! » sbottò Neil, poi si voltò, richiamato da un’odiosissima voce.

« Che c’è, Perry? L’hai persa? La cosa non mi stupisce » Jared Lewis ghignava perfidamente, come al solito.

Il ragazzo taceva. D’altronde il suo sguardo valeva più di mille parole.

« Sai, Silvia è estremamente… pura » sibilò malevolo, a pochi centimetri dall’avversario: « L’altro giorno stavamo facendo conoscenza, ma continuava a sfuggirmi… »
« Questo perché le fa schifo un tipo come te » disse Knox da dietro Neil.
Ma Jared continuò, ignorandolo: « L’hai fatta arrabbiare, vero? Sei proprio un incapace »

Neil scattò.

Afferrò la camicia di Lewis con ira pronto a dargliele di santa ragione, ma Pitts lo prese per il maglione e lo strattonò indietro, mentre Charlie gli si parava davanti e intimava a Jared: « Vattene, Lewis, prima che ti faccia scappare a calci »

Il ragazzo si allontanò, indispettito.

Cameron guardò esterrefatto l’amico: « Ma che ti è preso? Vuoi forse farti espeller…» ma Neil lo bloccò, lasciandolo con un palmo di naso: « Finiscila Cameron e vediamo di trovare Silvia »
« Trovata » disse Meeks, guardando fuori dalla finestra.

§

30 Settembre, mattina inoltrata, parco della Welton Academy

Silvia camminava allegramente verso l’accademia.

Le due ora di ginnastica le avevano ridisteso i nervi, come aveva predetto, e l’avevano rilassata tanto da far sì che si sentisse quasi più leggera.

Devo provare a scrivere un articolo su come lo stress influisca nella vita quotidiana… Intanto mi faccio una bella doccia, poi vado a chiarire con gli altri. Ora dovrebbero essere svegli…

E difatti li trovò nell’ingresso, sembravano aspettarla.
Fece per salutarli e scusarsi per il momento di debolezza avuto la sera precedente, ma Charlie le venne incontro a passo deciso, più velocemente di Neil, che si stava avvicinando.

Ma fu anche più aggressivo.

« DOVE DIAVOLO TI ERI CACCIATA!?! » lei si ammutolì di botto, indietreggiando di un passo.

« Sono andata nella vecchia palestra…» pigolò.

Il ragazzo si ricordò che poteva allenarsi anche lì e imprecò mentalmente contro la sua stupidità.

Non per questo smise di aggredirla: « E NON POTEVI AVVISARMI?! »

« Ma... Credevo stessi dormendo... Dormi sempre fino alle dieci di domenica... » ribatté lei, che non capiva davvero il motivo di quella sceneggiata, davanti a tutti, per giunta.

« DI’ LA VERITA’! SEI ANDATA A FARE L’OFFESA! FINISCILA DI FARE LA BAMBINA VIZIATA! » le urlò in faccia, per poi zittirsi e pentirsi subito di quello che aveva detto.

Cosa gli era preso? Perché le stava urlando così?

Silvia ci rimase davvero malissimo, ancor più del quasi-litigio con Neil, che in quel momento non sapeva chi guardare più sconvolto, Charlie o lei.

E il resto del gruppo non poteva credere a quello che stava succedendo.

Lei guardò il compagno. Era senza parole.

Credeva di conoscerlo, gli voleva bene come pochi e ora lui aveva sgretolato ogni certezza sul proprio carattere.

L’orgoglio della scrittrice era stato ferito da quelle parole, che le erano arrivate al cuore come stilettate gelide e che le ricordarono gli ingiusti rimproveri del padre quando era piccola.

Non avrebbe permesso a nessuno di trattarla in quella maniera, tantomeno un ragazzo che si credeva un “Giudice supremo/uomo vissuto” sotto il titolo di “Tutor”.

Glaciale disse: « Non ti permettere, Dalton, sei semplicemente un mio compagno, non mio padre, non ti devo rendere conto di nulla. E sappi che ad offendermi sono le tue parole, non l’idiozia che hai dimostrato ieri sera »
Statuaria si incamminò verso la sua camera, mentre gli altri studenti che si erano fermati ad osservare la scena la lasciavano passare.

Prima che potesse sparire alla vista, Charlie le si rivolse: « Non credere che abbia ancora intenzione di essere il tuo tutor! »

Senza neanche voltarsi lei gli rispose: « Bene, ti sollevo dall’incarico » con la voce che grondava sarcasmo.

Parole che occultavano significati ben più profondi.
Il litigo aveva fatto emergere più sentimenti di quanti ce ne si potesse aspettare, forse troppi.

Le stilettate presero a bruciare dolorosamente.

Non solo nel cuore di Silvia.

§

30 Settembre, primo pomeriggio, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

Era rimasta un’ora seduta nella vasca. La schiuma aveva iniziato a dissiparsi.
Piccole ondine provocate dal suo respiro si infrangevano sulle sue ginocchia, strette al petto. La peperella gialla navigava alla deriva nell’acqua calda.
Le gocce dolci si confondevano a quelle salate.

Silvia si riscosse improvvisamente e si sciacquò con vigore il viso.
Uscì silenziosa dalla camera, con indosso dei jeans chiari e una camicetta bianca, coperta da un maglioncino altrettanto candido.

Entrò in biblioteca, vuota.

Si posizionò in un tavolino isolato, legò la chioma in uno chignon e cominciò a tradurre una versione di greco.

Dopo un po’ un profumo familiare le titillò i sensi.
Biscotti, libri e aria fresca.

Il compagno le si sedette affianco, incastrando la testa fra le braccia conserte, poggiate su uno spesso librone e posando sul quaderno una margherita.
Lei ammirò il fiore, poi continuò a scrivere, solleticandosi il naso con i petali profumati, mentre il ragazzo la osservava tracciare gli strani segni greci.

Rimasero così per un poco. Ascoltavano i respiri l’uno dell’altra.
Si rinchiusero in una bolla. Lasciarono fuori i problemi, i pensieri…

Silvia stuzzicò il naso di Neil con la margherita.

« Grazie »
« Scusa »
Sussurrarono insieme, prima di sorridere.

« Sono un idiota »
« E io una perfetta cretina »
« E perché mai, scusa? »
« Perché sto sbagliando tutto » bisbigliò sconfitta: « Non è il mio posto questo, non so neanche perché mi ostino a rimanere qui »
« Ma tu sei una femmina »
« Wow, che occhio » ridacchiò.
Lui la contemplò « Intendo… questa è una scuola maschile e tu sei una femmina… è ovvio che ti senta fuori posto… ma, stai andando… alla grande, davvero. Ti ammirano tutti… sì, insomma… tu piaci a tutti… »  balbettò arrossendo.
« Grazie… » sorrise dolcemente lei, guardandolo rossa.

Niente, non riusciamo ad avere una conversazione normale…

« Poi, quando qui gireranno le ragazze e ne avremo trovata una a Todd, ti sentirai più a tuo agio » scherzò.
« SE gireranno le ragazze »
« Oh no, dovranno girare, altrimenti Charlie verrà a prenderti di persona in Italia »

Il suo sguardo si fece triste e poggiò il capo sul tavolo.

Neil si maledisse. Perché sbagliava di continuo, con lei?

Mannaggia al suo fascino, che lo frastornava.

« Che ne dici se cambiamo argomento? »
« Già, ottima idea » disse il ragazzo, urtando con la mano una penna che cadde a terra.

Entrambi si chinarono a raccoglierla e le loro teste cozzarono.
« Ahi » dissero insieme. Si guardarono e scoppiarono a ridere.

Neil fu tramortito dal profumo della compagna.
Boccioli di rosa, carta e caffè.

Era dannatamente impossibile resisterle.
Si avvicinò al suo viso, sporco di inchiostro sullo zigomo sinistro.
Le passo delicatamente il dito su quel segno blu, senza rendersene conto, concentrato sulla pelle morbida.
Sembrava una pesca. Delicata e al contempo ricca di sapore, di spirito.

Lei incrociò i suoi occhi e si paralizzò.
Perché era troppo inesperta, troppo presa da quel contatto, da quel tocco così… vero.

Lo lasciò avvicinarsi.
Si fidava. Lui lo sapeva.
Sapeva che lei si fidava e la cosa lo rendeva felice.

La mano scivolò sul profilo del suo viso, scendendo dolcemente verso il mento, cercando di memorizzare la morbidezza di quella pelle.

Un brivido percorse la spina dorsale di Silvia.

Si avvicinarono.
I respiri si infrangevano, si miscelavano.
Era naturale, vero, vivo quello che sentivano.

Le loro labbra si sfiorarono di pochissimo.

E il fulmine squarciò a metà il cielo sereno.

« SIGNORINA ROMANI! » l’urlo di Simmons la raggiunse da fuori della biblioteca.

La bolla esplose, la realtà arrivò come una mortale secchiata d’acqua gelida.

Silvia e Neil si alzarono insieme, tanto rossi in viso da sembrare viola.

Ci misero un po’ a realizzare cosa stava per accadere in quei due secondi.

Uno si tenne al tavolo, l’altro ad uno scaffale della libreria.
L’unico pensiero che riuscirono a catalizzare fu: perché?
Ma non ci fu temo per quella risposta, il segretario della ragazza arrivò, tutto trafelato, con un’aria che non portava nulla di buono.

« Signorina Romani! L’ho trovata! »
« Che sta succedendo?! » chiese lei allarmata.
« Un’orda di paparazzi ha bloccato il cancello principale! »

« COSA? » la ragazza sbiancò di colpo. Il sangue le i gelò nelle vene.

E Neil, sconvolto quanto lei, si preoccupò seriamente del repentino cambio di colore della sua carnagione.

« P-perché?! » boccheggiò lei.
« Qualcuno ha divulgato la notizia della candidatura ad ambasciatrice! »

Il peso di tutte le responsabilità che l’accompagnavano cadde dolorosamente e inevitabilmente sulle spalle di Silvia.

I problemi, gli impegni, le critiche, il lavoro, l’ONU, la famiglia, la Mondadori, i Poeti estinti, il preside, gli insegnati…

La scrittrice si sentì tanto male da poter svenire.

 


Angolo autrice:

Salve a tutti, Poeti Estinti!
Eccomi con il VI° capitolo, che ne pensate?

È un capitolo molto importante per me, spero sia venuto bene.

Ma andiamo con ordine…

» Charlie Dalton: E’ mio dovere spiegarvi bene cosa succede con il nostro amatissimo Charlie. Si è molto affezionato a Silvia. Quando l’ha vista stanca, fraglie sotto tutte quelle pressioni, si è preoccupato per davvero e questo ha portato alla formazione di un pensiero nella sua testa. “Silvia Romani è la mia migliore amica”. Ora, sebbene Charlie sia una mente innovativa, resta un maschio (mi perdonino eventuali ragazzi) e ha trovato semplicemente inaccettabile una relazione come l’amicizia vera, profonda, con una ragazza. Vi immaginate Dalton che spettegola con Silvia e che si ammira la manicure? No! Bene, neanche lui. Ma non è necessariamente detto che debba trasformarsi in un effemminato se sta con lei. Ma tranquilli, maturerà le sue convinzioni più avanti. Comunque, questa è la ragione per la quale Charlie è tanto arrabbiato con sé stesso: per essersi mostrato per la prima volta “debole” di fronte ad una ragazza.

» La scena romantica…
Questa è la mia prima scena romantica in assoluto.
Ho cercato di riportare con le parole tutte le emozioni che si dovrebbero sentire durante un bacio (secondo la mia personale visone), soprattutto se questo è il primo bacio.
Lo so, l’ho fatta finire sul più bello (che cliché patetico), ma è stato più forte di me, chiedo venia.
Per me è davvero molto importante sapere com’è venuta, perciò lasciate una recensione e ditemi se vi è piaciuta!

» La rivelazione…
(No, non quella della saga “The Maze Runner”, la mia rivelazione).
Qualcuno ha fiatato e gestire le cose da questo momento non sarà affatto una passeggiata! Vedrete che ne accadranno delle belle…


Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Di casini pazzeschi, telefonate indispensabili e scorci di gelosia repressa - Capitolo VII ***


Capitolo VII
Di casini pazzeschi, telefonate indispensabili e scorci di gelosia repressa

30 Settembre, primo pomeriggio, biblioteca della Welton Academy

Silvia sentì le gambe cedere e cercò un appiglio al quale sostenersi.
Prontamente Neil, che non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo e si stava preoccupando seriamente, la sostenne da dietro.

No, no… maledizione, no…

« Che vuol dire “Candidatura ad ambasciatrice”? Che significa? E tu cosa c’entri? » chiese il ragazzo osservandola sedersi e passarsi una mano fra i capelli.

Chi poteva essere stato a fare una cosa del genere?
Un pensiero le zampillò in testa: Charlie.

No. Assolutamente no. Mi rifiuto di credere che possa ver agito così per rabbia. Non lo farebbe mai.

« … Io… ti devo spiegare le cose con calma, ma prima devo… organizzarmi e… e gestire questa cosa… per favore, trova Charlie, dirgli cosa sta succedendo e che vi voglio spiegare tutto io. E digli anche che se ha fiatato dovrà recitare le sue ultime preghiere…   » deglutì a vuoto.
« Charlie? Che c’entra Charlie? Ma non avevi appena… »

Ma a quel punto intervenne Simmons: « Signorina Romani, mi dispiace ma devo interromperla, nell’ingresso si sta scatenando un putiferio! »

Oh no…

« Quanti sono? » chiese, cercando di rimanere ferma, anche se era in un equilibrio al quanto precario, fra il quasi-bacio e la notizia sconvolgente.
« Ho contato due telegiornali, quattro riviste, tre programmi televisivi e un canale ufficiale, sempre televisivo »
« Oddio… » disse lei: « Tutti americani? »
« Sì, ma se la notizia diventa ufficiale non ci metteranno molto ad arrivare anche quelli italiani… »
« Okay… okay… » disse lei respirando a fondo e massaggiandosi le tempie: « Dobbiamo contattare immediatamente il mio agente e, soprattutto, l’ONU… »

A quel punto Neil, che era rimasto imbambolato ad ascoltare la conversazione e che non ci stava più capendo nulla, spalancò le palpebre: « L’ONU? Dimmi che… Cristo, non sarà quello che penso! »
La ragazza si volse verso di lui: « Ti prego Neil, vai dai ragazzi, ti spiegherò tutto, promesso. Ma ora devo assolutamente rimanere ferma e tu… tu mi destabilizzi non poco… » ammise, abbassando gli occhi.

Ommioddio, ma che ho detto?! Stramaledettissima tensione!

Neil appoggiò la fronte sulla sua, più felice di quanto fosse lecito di quelle parole: « Anche tu mi stordisci abbastanza » sorrise stringendola a sé.
Lei divenne color pomodoro, ma si sentì così al sicuro fra le braccia del moro, da dimenticare il resto, assorbendo tutta la forza che lui le stava trasmettendo, preparandosi a delle ore di fuoco.

« Em-em… » tossicchiò Simmons, visibilmente a disagio.
I due si separarono.
« Forza » disse Silvia con un bel respiro: « Sistemiamo questa faccenda ».
Mentalmente, sperò di avere la forza necessaria per reggere tutto.

§

[AVVISO: Per permettervi di capire meglio questo pezzo della storia, vi lascio un’informazione: l’agente di Silvia è Francesco Romani, ovvero suo fratello.]

30 Settembre, primo pomeriggio, ingresso della Welton Acadamey

La scrittrice scese velocemente le scale, accompagnata dal tac-tac delle sue scarpette eleganti.
Simmons camminava dietro di lei, attaccato al telefono, appena ebbe riagganciato Silvia gli disse: « Chiami in fretta il mio agente e lo metta sul primo volo per il Vermont ». Aveva bisogno del suo aiuto.
I due non degnarono la minima occhiata agli studenti che colmavano l’ingresso, stipati anche nelle aule adiacenti, mentre si sbracciavano per essere notati dai paparazzi.

I professori cercavano di mantenere una parvenza di calma. Missione persa in partenza.

Appena videro la ragazza, si fiondarono su di lei, a dir poco infuriati.
« Signorina Romani! Mi spieghi immediatamente cosa sta accadendo lì fuori! » le ordinò il prof di latino.
« Signore, qualcuno ha divulgato alcune mie informazioni private molto delicate e i paparazzi… bhe, loro stanno facendo il loro lavoro, cercano di ottenere… ehm… delle mie interviste… »
« Che non avranno! » sbraitò il prof di trigonometria: « Lei non si muoverà da qui! »

Silvia cercò di nascondere il fastidio che le aveva suscitato quella frase.

« Esattamente! Questo è proprio quello che deve fare! » saltò su Simmons dopo aver attaccato al telefono: « L’ONU ha dato il via libera, ma il suo agente preferisce che lei non parli con i paparazzi, per ora. Vuole che lei lo chiami » le sussurrò all’orecchio.
« Ehm… signori, mi dispiace interrompervi, ma devo assolutamente fare una chiamata urgente » disse la scrittrice: « Ed evitare uno scandalo internazionale » borbottò.
« Non è mai successo nulla di simile! Tutto questo scalpore per qualche pettegolezzo! » sbottò il prof di chimica.
« Purtroppo non si tratta di futili pettegolezzi… stiamo parlando di informazioni di livello nazionale » asserì Simmons in sua difesa.

Il corpo insegnanti guardò la studentessa, poi il segretario e infine sbirciò i paparazzi al di fuori dell’istituto. Possibile che… Forse era il caso che lasciassero la situazione nelle mani degli esperti. Il pensiero che una semplice ragazzina avesse più esperienza di loro era umiliante.

« SIGNORINA ROMANI! »

A Silvia si gelò il sangue nelle vene.

Oh merda.

Si voltò, tentando di apparire calma: « Buongiorno preside »
Quell’uomo poteva mandare in fumo un mese di sforzi e il progetto di una vita.

E non era un pensiero tanto rassicurante.

« Come mai il cancello principale è bloccato da una massa di paparazzi?! E perché ho l’impressione che c’entri inevitabilmente lei?! » la fulminò.

La risposta arrivò da Simmons, incredibilmente diplomatico e pragmatico. Silvia si appuntò di dargli un aumento.
« E’ successo un fatto estremamente grave, signore. Qualcuno ha violato la privacy della signorina Romani, diffondendo informazioni private di grande importanza. I media ora stanno tentando di ricavare più informazioni e, secondo l’agente della signorina, dovremmo far intervenire la sua scorta »

La ragazza dissimulò lo stupore. Francesco doveva aver capito che la situazione non era delle migliori.

La scorta le era stata inviata dall’Italia ed era provvista dei migliori agenti che ci fossero, che solitamente la assistevano durante le uscite ufficiali e non. Sempre a causa di paparazzi e fans.

Il preside li guardò stupito e indignato insieme. Non poteva incolpare la ragazza.
« Con tutto il rispetto, preside, la Signorina Romani ed io dobbiamo assolutamente occuparci di questa faccenda… » disse Simmons.
Nolan tentennò un secondo, poi si riscosse e gettò loro occhiate di fuoco.
« Voglio quei giornalisti lontani da Welton! E aspetto lei, signorina Romani, nel mio ufficio, dopo aver risolto questa storia! » disse minaccioso: « E voialtri! Andate nelle vostre camere, a nessuno sarà consentito uscire dai dormitori fino a nuovo ordine! »
Si sentì un coro di proteste mentre i prof spedivano tutti nelle camere.

Silvia intravvide Pitts e Knox tra la folla, che la guardavano preoccupati. Fece loro segno di stare tranquilli, poi si rivolse nuovamente a Simmons.
« Non mi aveva detto della scorta »
« Doveva dirglielo suo fratello, crede che la situazione sia più complessa del previsto » e le pose il telefono.

Bip. Bip.

« Agente Romani, pronto? » rispose la familiare voce.

« Ciao pazzoide » sorrise.

« Ciao Oriana, che hai combinato? » disse l’uomo, sorridendo al suono della voce della sorella.

Adorava quel soprannome. Oriana Fallaci era la sua eroina. Il suo idolo. Era stata una donna straordinaria, una scrittrice incredibile e un grande esempio. Portare il suo nome era un onore.

« Lo sai, scemo, serve addirittura la scorta? »

« Assolutamente sì, parliamo delle Nazioni Unite! Mi hanno passato quindici persone al telefono, prima di dirmi che hai il permesso di parlare della candidatura, ma ho dovuto far intervenire Phil con la scorta, hai bisogno di protezione »

« Ma sul serio?! » sbottò lei.

« Esattamente » la ignorò lui: « Stai per entrare in un periodo di fuoco… »

Lei si sentì tremare le gambe e le salì un’ondata di puro panico. Non ce l’avrebbe fatta.
« Francesco, io ho paura! Devo dare spiegazioni a moltissima gente e ora mi dici che sarà tutto più complicato?! Qui devo stare dietro a tutto, allo studio, ai corsi extra… Il preside mi sta alle calcagna, ho il fuso orario sballato da un mese e… e troppi pensieri in testa! Qui scoppierà l’inferno non appena sarà annunciata la notizia e io credo di… » cominciò a parlare a macchinetta.

« SILVIA! » le urlò il fratello nel telefono per calmarla.

« Francy… » bisbigliò lei. Le mancavano le forze, sentiva la testa girare. Non stava reggendo bene, affatto.

« Ascoltami, fai dei bei respiri… »

« Okay… » seguì il consiglio lei. Le mani non smettevano di tremare. Simmons la guardò preoccupato.

« Come ti senti? » Francesco sapeva di doverla tranquillizzare o sarebbe esplosa.

« Credo… C-credo che mi stia venendo un attacco di panico… » soffiò.

« Va bene » disse lui con tono pacato: « Siediti da qualche parte, subito » la ragazza si accasciò con la schiena al muro.
Simmons si precipitò, ma lei gli fece segno di fermarsi con la mano.

Respira. Respira.

« Respira, ora, su… andrà tutto bene »

« No che non andrà bene! » strillò, in panico.

« Shh! Sì invece, io sto arrivando. Respira. Respira »

« O-okay, ma continua a parlarmi  » balbettò lei. Il suono della sua voce l’aiutava.

« Certo, ma tu non farmi stare in pensiero, per favore. Sto facendo la valigia ora e non sopporterei di fare nove ore di aereo sapendoti ricoverata in una clinica psichiatrica »

« Okay… » ripeté meccanica lei. Il respiro si stava regolarizzando.

«Va meglio? »

« Si… »

« Ho bisogno che tu sia lucida, devo darti delle direttive per migliorare le cose »

« Okay, per favore Simmons, scrivi » chiese al segretario.

« Ho chiamato la scorta, saranno da te in dieci minuti »

Lei memorizzava e ripeteva, Simmons scriveva.

« L’ONU ha dato il permesso per parlare della candidatura, nei limiti del contratto, ovviamente. Tu dovresti averne una copia. Sottolineati il paragrafo sulla privacy e studiatelo bene »

« Evviva » alzò gli occhi al cielo lei, ironica.

« Sono felice di sapere che stai meglio » sbottò lui: « Preferisco che tu non parli con i paparazzi finché non ci sarò io, però. Appena arriva la scorta, Simmons uscirà dai paparazzi e spiegherà che non vuoi rilasciare interviste. La cosa migliore, appena sarò arrivato è fare una conferenza. La notizia uscirà fuori lo stesso, ma è meglio che siamo noi ad ufficializzarla. Semplice, chiara e coincisa. Senza domande. Farò una lista dei giornalisti italiani e americani che inviteremo. Scandaglierò tutte le pubblicazioni, ma la libertà di stampa mi impedisce di dirti che non ci saranno articoli sgraditi, lo sai, vero? »

« Mm-mm » annuì lei. Ci sarebbe passata sopra. Non aveva alternativa.

« Dovrai concedere almeno due interviste, una italiana e una americana. Ho in mente un po’ di giornalisti anche qui, ma ne parleremo insieme. Non ci allargheremo di più. D’altronde non hai ancora ottenuto la carica e manca tanto tempo. Non voglio che scoppino scandali che ti distraggano dallo studio »

« Va bene » disse lei, passandosi una mano sul viso.

Simmons intervenne: « Signorina, la scorta è arrivata »

Lei prese la penna e il blocco di appunti, alzandosi: « Li accolga lei, per favore, io mi sposto in sala studi. E’ tutto a posto, la ringrazio » rispose al suo sguardo incerto. Doveva sembrare una pazza sclerotica con lo chignon mezzo sfatto, le maniche del maglioncino e della camicia tirate sugli avambracci alla bell’è meglio e l’aria accaldata. Ma gli sorrise lo stesso riconoscente.

« Come va? »

« Meglio… sto avendo alcuni momenti di debolezza in questi giorni. Credo di dovermi sfogare di più. Reprimo troppo lo stress… »

« Ti porterò un po’ della cioccolata magica della mamma »

Le brillarono gli occhi.
« Uh! Sarebbe fantastico! » la conosceva troppo bene.

« Ascolta… ci sono ancora due cose » accennò Francesco, titubante.

« Dimmi » disse cautamente.

« Ecco… dovrai parlare con il preside Nolan… »

« … Lo so… » sospirò stancamente: « dovrò essere nel suo ufficio non appena avremo finito… »

« Già, ma non è questa la parte peggiore… »

« Come scusa? »

« Devi convocare un’assemblea studentesca »

« Che cosa?! No! E’ una perdita di tempo, nessuno mi prenderà sul serio!! »

« Dobbiamo arginare i danni, Oriana, lo sai bene. E in più dobbiamo scoprire chi è l’infame che ha parlato »
 A quel pensiero le si attorcigliò lo stomaco.

« Che situazione del cacchio » disse a denti stretti.

« Puoi dirlo forte, ma tu sei fantastica e ce la farai » la rassicurò lui.

« Tu non capisci. Nolan è un pazzo! Lui non vuole che la sua scuola venga toccata, figuriamoci contaminata da delle femmine! E’ una mente arcaica, un fanatico tradizionalista! Quando scoprirà che non solo potrei portare le ragazze a Welton, ma ne trarrei pure degli enormi vantaggi, farà di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote! Farà di tutto per buttarmi fuori! Io ho troppo da perdere, ora! »

Si sentì un attimo di silenzio dall’altra parte della cornetta, poi Francesco parlò.

« Silvia. Io credo in te. Hai le capacità per rivoluzionare quel posto, per cambiare l’opinione di tantissime persone… tu puopi farlo! Io lo so, l’Italia lo sa! E’ un peso, ne sono consapevole, ma tu sei una roccia. Ricordalo. E quando credi di non potercela fare, pensa a quando ti sei seduta in bus, pochi giorni dopo l’uscita del tuo primo libro »

Silvia si ricordava bene quell’episodio. Era stato il più emozionante della sua vita.
Il suo primo libro era uscito da poco, ma aveva scalato le classifiche italiane come testo più venduto. La gente già la riconosceva per strada. Era stata invitata ad eventi e programmi importanti.
Poi una mattina stava andando a scuola in bus e una ragazza si era seduta accanto a lei. Dopo un po’ aveva tirato fuori dalla cartella un libro. Il suo libro.
Lei l’aveva guardata, stupita, emozionata. Era qualcosa di infinitamente bello vedere il suo libro letto da altri.
Poi la ragazza si era girata, l’aveva guardata, aveva spalancato gli occhi e aveva confrontato febbrilmente il suo viso con l’immagine dell’autrice sul libro.
Poi aveva strillato e l’aveva abbracciata, senza parole. Le aveva chiesto l’autografo, una foto… in breve tempo tutto il bus sapeva che la più famosa scrittrice italiana del momento era seduta fra i primi posti del veicolo e lei si era fatta tutto il viaggio a firmare autografi. Era uno dei ricordi più belli che aveva.

« Tu hai ammaliato la gente » continuò suo fratello: « E non l’hai fatto con le frivolezze o con cose banali. No, tu hai trasmesso loro il tuo mondo. Il tuo pensiero. Sei diventata la figura più famosa dell’Italia, un’icona. Non ti chiamo Oriana per niente, amore. Tu sei straordinaria quanto lei. E vincerai anche questa battaglia. Ciò che accadrà supererà le tue aspettative e, credimi, non ci sarà niente di più bello di aver contribuito a cambiare il mondo. Nel tuo piccolo, che poi tanto piccolo non è » concluse con estrema dolcezza.

Una lacrima era scivolata sul viso di Silvia.
« Accidenti a te, mi hai fatto piangere » bofonchiò asciugandosi la stilla.

« Sono sconvolgente, lo so » scherzò lui.

« Grazie… non so come conciliare tutti i sentimenti per te in una parola, ma ci provo… »

« Ti adoro. Ti voglio troppo bene, stella »

« Anche io, fratellone » concluse sorridendo commossa.

§

30 Settembre, pomeriggio, camera da letto di Charlie Dalton e Richard Cameron, dormitorio della Welton Academy

Pitts e Knox si fiondarono in camera di Charlie, trovandoci il resto del gruppo.

« Oh, ma prego, fate come se foste a casa vostra! » sbraitò Dalton. Il suo umore non era migliorato per niente, soprattutto dopo il patatrac che era successo in ingresso, al quale lui aveva assistito impotente. Il pensiero di non potersi avvicinare alla scrittrice gli dava i nervi.

« Che cos’è successo?! Perché c’è tutto quel casino?! » chiesero agitati.

« Stavo per spiegarlo… » disse Neil: « Eravamo in biblioteca e… » si fece rosso di botto.
Cosa che non sfuggì agli amici.
« E?! » chiesero in coro.
Neil li guardò male: « Ed è entrato il signor Simmons, urlando come un pazzo e con l’aria stravolta, dicendo che dei paparazzi avevano bloccato il cancello » li scimmiottò.

Tutti sbuffarono, stizziti e delusi, guadagnandosi le occhiate incenerirtici del compagno.

« Io e Knox li abbiamo visti nel parco. Gli altri si stavano sbracciando per essere notati, poi è arrivato il prof e ci ha spediti tutti dentro » disse Pitts.
« Ma perché? » chiese Meeks.

Neil si voltò verso Charlie, appoggiato al vetro della finestra: « Ha detto che qualcuno ha rivelato la notizia della candidatura ad ambasciatrice »
Il genio ribelle si girò di scatto: « CHE?! »
« Già! E adesso tu mi spieghi perché ne sai qualcosa e noi no! »
« Ma… lei che dice? » balbettò sconvolto.
« Mi ha detto di dirti che non devi dire niente e che ci parlerà di tutto quando avranno sistemato la questione dei paparazzi, ma tu me lo dirai ora, perché io non ci capisco niente e voglio sapere che sta succedendo!  » lo apostrofò: « Poi mi ha detto che sei hai parlato devi dire le tue ultime preghiere » aggiunse.
« Come può pensare che sia stato io a raccontare tutto?!?! »  disse lui incredulo, mentre gli altri ragazzi si aggiungevano alla conversazione.

« A fare cosa poi, si può sapere? »
« Io non capisco… »
« tu non capisci mai niente Cameron! »
« EHI! »

« Senti, tu ora mi dici che cavolo c’entri con lei oppure… » Neil minacciò Charlie nella confusione generale.

Ecco, Dalton lo sapeva. Neil non avrebbe tollerato l’amicizia con la scrittrice se dava in escandescenze così. Non poteva affezionarsi troppo a lei, lo sapeva.

Si incollerì ancora di più al solo pensiero: « Oppure cosa, eh? Ti scoccia tanto che non stia lì sempre a raccontarti le sue cose?! Bhe, magari non può! »
« E allora com’è che tu le sai!?! » ruggì Neil, che stava diventando pericolosamente geloso.

« RAGAZZI GUARDATE! » strepitò Todd indicando fuori dalla finestra aperta ed interrompendo la parapiglia della stanza.
Tutti si spinsero per vedere dalla finestrella.

« E quelli che sono?! »
« Guardie del corpo! »
« Accidenti, ma che ha combinato?! »
« E’ una cacchio di celebrità, non ve ne siete resi conto?1 »
« Sì, ma non credevo a questi livelli! »
« Charlie, per il tuo bene, dimmi che cosa sta succedendo » disse Neil, più serio che mai.
Il genio ribelle si passo una mano fra i capelli: « Porca… »


Angolo autrice:

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccomi con il nuovo capitolo VII! Che ne pensate?

Partiamo subito con ordine, ho un sacco di cose da dirvi:


» Qualcuno ha divulgato la notizia della candidatura ad ambasciatrice, si è capito. So che può sembrare un’esagerazione tutto quello che succede dopo la rivelazione (oh, ho fatto la rima), ma, quando si tratta di affari internazionali come questi, le precauzioni da prendere sono molte. Vi ho risparmiato molti altri passaggi in questo capitolo, ho dovuto lavorare d’elissi, o sarebbero venute fuori dieci pagine. Comunque, noteremo che presto la situazione sarà molto molto molto complessa da gestire. Speriamo per il meglio.

» Francesco Romani. Personaggio di mia invenzione, Francesco è il fratello di Silvia e vi posso assicurare che è davvero una persona straordinaria. Lo conosceremo meglio nel prossimo capitolo (sia fisicamente che caratterialmente) e spero che a piaccia a tutti voi come piace a me. E’ anche l’agente di Silvia, che lo ha voluto al suo fianco durante tutta l’ascesa alla celebrità e che è stato la fonte di numerosi suoi successi nelle apparizioni pubbliche. Insomma, non è solo un bravo fratello, ma anche un’eccellente collaboratore:

» Spendo due paroline anche per il povero Tom Simmons. E’ un segretario davvero efficientissimo, si merita tutto il nostro rispetto, si farebbe in quattro per la scrittrice.

» Charlie e Neil.
Lo so, sto facendo nascere inimicizia tra di loro, ma non lapidatemi.
Sono due personaggi che si riveleranno fondamentali per la scrittrice ed avranno delle divergenze per lei, ma verranno chiarite, lo giuro. Non potrei mai separarli.

» Ah, scopriremo anche chi è il cretino che ha parlato della candidatura grazie alla scorta di Silvia, che avrà come capo uno dei miei personaggi preferiti dei film che ho visto, anche se in altre vesti.

» Un ultima cosetta… ricordate di scrivermi una recensione per farmi sapere il vostro parere sui capitoli, ve ne sarò grata!

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Di luridi figli di buona donna, ragazze esauste e riunioni intime – Capitolo VIII ***


Capitolo VIII
Di luridi figli di buona donna, ragazze esauste e riunioni intime


30 Settembre, pomeriggio, aula studio della Welton Academy

Silvia strinse calorosamente la mano all’agente Phil Coulson e ai suoi tre secondi, ringraziandoli della disponibilità e dell’efficienza: « Facciamo solo il nostro dovere, signorina Romani. Suo fratello mi ha dato istruzioni precise, accompagnerem… » l’uomo venne interrotto da una porta che si aprì di scatto, facendo inciampare e precipitare a terra due ragazzi.

Neil e Charlie imprecarono, si guardarono intorno, notando i presenti che li fissavano sbalorditi e fecero per alzarsi ma due uomini della scorta li afferrarono per le giacche e li sollevarono, come se non pesassero più di due bambole di pezza.

« Li conosce? » domandò Phil alla ragazza.
« In questo momento vorrei poter dire di no » sospirò lei, portando le mani ai fianchi e rimproverando con lo sguardo i due salami, che cercavano di convincere i bodyguard a metterli giù: « Per favore ragazzi, lasciateli, sono con me. Cosa ti avevo detto, Neil?! »
« Charlie doveva parlarti » si giustificò spingendo il compagno in avanti e guadagnandosi un’occhiataccia.
« Non sono stato io! » berciò, incrociando le braccia: « Come puoi anche solo avere il dubbio?! »
« Fammi pensare... Il fatto di essere stata trattata come un punching-ball vivente? » lo apostrofò, oltremodo stizzita. Ne aveva tutto il diritto, dopotutto.
« Sai benissimo che non lo farei mai » disse: « E non mi pare proprio il momento questo di mettersi a discutere! » glissò evasivo.
« Infatti, so che non sei stato tu, anche se avrei davvero tutte le ragioni per pensarlo. Ringrazia il mio animo coretto, Charlie, altrimenti a quest’ora Fizz » e indicò col capo uno degli agenti, per la precisione il più grande e minaccioso: « Ti avrebbe già schiantato contro un muro e costretto a parlare. Oh, non fare quella faccia, te lo meriteresti! » rispose all’espressione offesa del ragazzo.

« Signorina Romani, mi spiace interromperla, ma ora dobbiamo occuparci dei paparazzi » proruppe Coulson.
« Certo… »
« Accompagneremo Simmons fuori e scoveremo “la talpa” » asserì pratico, fece segno al resto degli agenti di uscire e Simmons li seguì.

I tre studenti rimasero soli.
« Allora… » cominciò Neil, sedendosi su uno dei tavoli dell’aula di studio: « Volete raccontarmi cosa sta succedendo? »

Silvia annuì.
Si sedette accanto a lui e raccontò, partendo dalla sua borsa di studio, fino a quella fatidica lettera dall’ONU e dall’enorme opportunità di diventare ambasciatrice delle donne.

« Quando l’ho saputo ero così felice che mi è sfuggito con Charlie, ma avevo delle limitazioni, non potevo parlarne, se la notizia fosse arrivata alla stampa sarebbe stato il caos ed è quello è accaduto, anche se non sappiamo ancora chi sia il colpevole. Ho dovuto tacere, capisci? Sarei venuta a dirvelo di corsa, ma… non potevo… » concluse.

Neil espirò rumorosamente e le prese una mano.

Poi, inaspettatamente, sogghignò: « E io che ho quasi picchiato Charlie »
Lei lo guardò con tanto d’occhi: « E perché non l’hai fatto, scusa? »

Risero come dei bambini, mentre Charlie li guardava arrabbiato: « Ah ah ah, si, molto divertente » ironizzò.

Silvia gli si avvicinò. Lo guardò un secondo e gli mollò un pugno sullo stomaco, troppo debole per fare davvero male, ma abbastanza forte per farlo arretrare di un poco.
« Tu sei uno stupido Charlie Dalton, non permetterti mai più di trattarmi in quella maniera, bruto che non sei altro! »

Lui , vedendola di nuovo vicina, a portata di abbraccio, di nuovo divertente, bella e forte come il suo solito, fu lì lì per scusarsi e dichiarare apertamente di essere un idiota, ma gli tronò in mente la reazione di Neil, dieci minuti prima.
Sapeva che non avrebbe mai accettato la loro amicizia. Charlie aveva davvero paura che il suo compagno di una vita non lo avrebbe capito. Si sforzò di apparire duro.

« Io faccio quello che mi pare e tu dovresti stare più attenta a cosa combini » rispose lapidario.
Cercò di convincersi che quella fosse la scelta migliore. Lei avrebbe rinunciato a lui e lui a lei. Neil non avrebbe avuto pensieri, lei non avrebbe avuto problemi e lui l’avrebbe superata.

Silvia ci rimase male, ancora. Lo aveva colpito per scherzare, non le piaceva litigare. E anche se le parole di due ore prima erano state cattive e avevano colpito a fondo il suo cuore, lei voleva davvero troppo bene a Charlie per non provare, almeno, a sistemare le cose.
Credeva che l’approccio scherzoso, usato da sempre con il suo compagno, lo avrebbe ammorbidito. Si sentiva in colpa, perché non aveva provato prima a fare “pace”, sebbene la colpa non fosse affatto sua.

Lo sguardo si rattristò per un attimo.

Charlie era diventato importante per lei. Era successo tutto in fretta, ma era stato il primo con cui era stata vicina per davvero. La sua guida in quella tana di lupi.
Pian piano aveva imparato a riconoscere le sfaccettature del suo carattere, della sua intelligenza. E voleva continuare a conoscerlo, per davvero. Sapeva che c’era molto altro dietro alla barriera iniziale di quei vispi occhi.
E lui la chiudeva fuori. Brutalmente. Senza apparenti ragioni logiche.
Perché? Che aveva fatto di male?
Era bastato un progetto di scienze con un ragazzo estraneo per…

« LEWIS! » strillò tutto d’un colpo, facendo saltare Neil e Charlie.

Le frasi poco chiare ogni volta che cercava di evitarlo. Quelle poche volte che lo aveva trovato all’improvviso dopo aver svoltato gli angoli. Aveva detto qualcosa… qualcosa su “Una persona importante come te”. Che potesse essere un riferimento a qualcosa di più della sua fama? Il fruscio delle foglie che aveva sentito nel chiostro. La sensazione che ci fosse qualcuno. E poi lui, apparso subito dopo per “discutere” del progetto.

Come in un puzzle, i tasselli dei ricordi del ragazzo si incastravano nella sua mente, mentre tutti i pensieri precedenti si dissolvevano.
« Cosa…? » chiesero i due.
« Può aver sentito qualcosa… » bisbigliò.
« Aspetta, tu credi che… »
« Troviamolo » ordinò.

Come un ciclone attraversò l’edificio seguita dai compagni, diretta al dormitorio.

« TU! » ringhiò non appena vide l’imputato fra gli studenti.

Il brusio che regnava scemò lasciando spazio al silenzio, interrotto da qualche sussurro.
Con passo marziale, Silvia si avvicinò a Jared, il dito puntato verso il suo cuore, quasi fosse una lama affilata pronta a colpire.
Sul viso dello studente, come sempre, stanziava uno ghigno demente.

« Ciao dolcezza »

Una smorfia di puro fastidio affiorò sul volto di Neil e una visibilmente arrabbiata su quello di Charlie.
Silvia non lasciò neanche il tempo di parlare allo studente. Il suo dito incontrò la lana morbida del maglione di Jared in corrispondenza del cuore e sui begli occhi cioccolato calò un velo rubicondo.

« Jared » sibilò: « Se non vuoi che ti riduca ad un cumulo di ossa, dimmi la verità… »

La smorfia del giovane sparì lentamente. Quelle parole suonavano dannatamente serie.

« Tu sapevi della candidatura? »

Silenzio.

Il dito affondò ancor di più nella stoffa, incontrando il petto palpitante dello studente.

« … Sì… » fu il misero pigolio che ottenne in risposta.

Rabbia crescente si impadronì delle movenze della scrittrice.

« Non ti chiederò come tu ne sia venuto a conoscenza » sussurrò paurosamente: « Ma se non rispondi con sincerità staccherò ogni tuo arto, uno a uno. Ti ridurrò ad un cumulo di ossa e lo farò in modo che tu senta tanto, ma tanto dolore. Ora dimmi: l’hai detto tu ai paparazzi? »

Mormorii ed esclamazioni allibite si diffusero fra i presenti, ma una voce limpida e affabile risuonò fra la folla: « Signorina Romani » la voce di Phil le arrivò dalla fine del corridoio, ma lei non si voltò, continuando a tenere sotto tiro Lewis che aveva sbarrato gli occhi vedendo arrivare l’agente Coulson, che con il suo sguardo di ghiaccio celato dagli scuri occhiali da sole metteva tutti in soggezione.

« Problema risolto, gli agenti stanno provvedendo a sgombrare il campo. Quanto all’informatore riferiscono si tratti di uno studente della scuola. Sappiamo solo che fa “Lewis” di cognome » disse pratico, avendo già intuito che la ragazza doveva aver scovato la talpa e che doveva essere proprio il tipo fra le sue grinfie in quel momento.

Il viso di Jared perse ogni traccia di colore. La scrittrice scoprì i denti, ringhiando. Gli studenti si guardarono metà sconvolti, metà confusi.

La mano di Silvia artigliò il maglione di Jared, gli occhi si accesero d’ira e il cervello cercò la maniera più cruenta possibile per sfregiare quel “Lurido figlio di buona donna”.

Faceva paura. 

Neil e Charlie la guardarono a bocca aperta, senza avere il coraggio di agire.

Ma la ragazza non ebbe bisogno di fare nulla. Jared Lewis si punì da sé, esponendosi al ridicolo automaticamente, imprimendo nella mente dei presenti una scena che sarebbe stata difficile da dimenticare.

Non si sa come, ma fu in grado di svenire di punto in bianco, crollando addosso alla ragazza.

§

30 Settembre, pomeriggio inoltrato, dormitorio della Welton Academy

Ci vollero le forze combinate di Neil, Charlie e Phil per spostare prima il corpo di Jared, che non era poi tanto leggero, di dosso a Silvia, poi per impedire alla ragazza di prenderlo a calci e squartarlo. Non poterono, però, fermare la sequela di insulti che si riversò sul ragazzo privo di coscienza durante tutta l’operazione.

Silvia doveva essere realmente una brava scrittrice se riusciva ad insultare una persona in sessantotto modi diversi, per giunta senza l’utilizzo di una sola parolaccia, dimostrando una raffinatezza che mai si era attribuita ad una donna in piena isteria nervosa.

Alla fine Lewis era stato portato in infermeria e la scrittrice aveva passato il pomeriggio chiusa in un’aula vuota con Simmons, la scorta, e una confezione di yogurt, alimento che gustava solo quando il suo autocontrollo veniva a mancare.

Gli studenti erano tornati alle loro attività e i Poeti Estinti si erano di nuovo riuniti, sempre più in pensiero.

Lei non si era vista per il resto della giornata e non era uscita neanche per la cena. Di fatti, usciti dalla mensa, i ragazzi avevano visto gli uomini della scorta terminare il loro turno e andarsene (i due energumeni che avevano afferrato Neil e Charlie non si erano fatti mancare un’occhiataccia verso i diretti interessati) e avevano tentato di parlare con Silvia, ma Simmons li aveva respinti.

Però l’avevano almeno intravista dalla porta e non pareva in ottime condizioni. L’aria era stravolta e davanti a lei erano impilati in malo modo fogli su fogli, pratiche, contratti…

Impossibile carpire qualche tipo di informazione, perciò il gruppo ci aveva rinunciato.

Charlie aveva brevemente esposto la questione dell’ONU, sapendo che la compagna avrebbe chiarito ogni dubbio nella grotta quella sera.

A Neil, però, non erano sfuggiti gli strani comportamenti dell’amico e, staccatosi dal resto del gruppo, gli chiese il perché dell’atteggiamento freddo verso la ragazza.

Charlie si irritò e sviò il discorso, lasciando un Niel perplesso e poco convinto.

Quando il professore venne a richiamarli per il coprifuoco, ormai si erano già tutti arresi all’idea che non avrebbero rivisto Silvia prima della riunione.

O era già andata a dormire, o aveva un permesso per restare in piedi più degli altri.

Giusto prima di chiudersi in camera, Neil udì distintamente l’inconfondibile ticchettio delle scarpette eleganti che accompagnava l’entrata nel corridoio della scrittrice.

Silvia sembrava tutto fuorché propensa ad andare nella grotta. Anzi, sembrava sul punto di addormentarsi da un momento all’altro.

« Ehi » la fermò Neil.
Lei si voltò, stropicciandosi un occhio: « Uh?... Oh, ciao »
« Cos’è successo? Come stai? Ti ricordi che dobbiamo andare… » e abbassò la voce: « Tu-sai-dove? »
« Cos…? Ah! Mannaggia me ne ero dimenticata! Sono così stanca… » disse, passandosi una mano sul viso.
« Oh… se vuoi… se vuoi facciamo un’altra volta… » nel frattempo Todd era sbucato dalla porta.

Silvia non aveva proprio le forze per uscire quella sera, ma le dispiaceva troppo dare buca al gruppo. Si morse il labbro, indecisa, poi il prof di chimica urlò a tutti di andare in camera e lei, così, su due piedi, senza neanche capire cosa stesse dicendo, sparò tutto d’un fiato: « Aspettiamo che il dormitorio si addormenti, poi, fra… bho… due orette, venite da me... »

I due la guardarono allibiti: « Da te?! Cioè… nel senso… in camera tua? »

Lei espirò sonoramente, pregando che sua madre non venisse a sapere cosa stava facendo. Come minimo sarebbe passata per una donnaccia poco di buono.

« Non abbiamo alternative, non ho la forza di uscire questa sera e levati quel sorrisino ebete Todd! » lo rimproverò, prima di sparire in camera.

Neil guardò Todd sbigottito: « Ti prego, dimmi che non me lo sono immaginato »

« Non saprei, è troppo assurda come proposta. Dovremo avvertire gli altri… »

§

30 Settembre, notte, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

Silvia si era fatta un bel bagno rilassante, rischiando di addormentarsi nella vasca.

Gli eventi della giornata l’avevano stordita. Aveva davvero troppi pensieri, quella sera.
Ringraziò le pareti spesse, che, aveva appurato, non lasciavano passare alcun suono, ficcò la testa sotto il cuscino e strillò contro il piumone verde mela.
« Maledettissima scuola! » berciò frustrata, ripensando alla giornata.

Il litigio orrendo con Charlie, i paparazzi, quel vecchio spaventapasseri del preside, Francesco, Simmons, le pratiche da firmare, il contratto con l’ONU, i compiti, maschi ovunque, barattoli di yogurt, sette ragazzi nella sua camera e Neil che stava per baciarla.

Neil che stava per baciarla.
Stava per baciarla.
Baciarla.
Ba-ciar-la.


Immediatamente il viso si fece fucsia e fu costretta a urlare di nuovo contro il piumone. Il panico la travolse, tanto che l’unica cosa che poté fare fu farsi una doccia gelata per distendere i nervi.

Imprecò, notando l’orario.
Mezz’ora e sarebbero arrivati.

Mise in ordine un po’ di cose. Non che ce ne fosse bisogno, era quasi maniacalmente perfetta quella stanza.

Cambiò la camicia da notte blu con un pigiama lilla e si mise la vestaglia per essere più libera nei movimenti e meno a disagio. Poi si mise a torturare la piccola pallina-batuffolo anti-stress regalatale da un previdente Francesco prima che partisse.

Alle undici e trentasei un lieve bussare la ridestò dai suoi pensieri.
Quando aprì la porta i ragazzi la guardarono addirittura più imbarazzati di lei, che alzò gli occhi al cielo e li spinse dentro.

Quelli si guardarono intorno stupiti.

« Questa è camera tua? » domandò Pitts.
« No, Pitts, io dormo sul tetto, questo è solo una seconda camera » lo prese in giro lei, spazientita da quegli sguardi allibiti.
« Ma tu hai la vasca!!! »
« Si... »
« Quelli sì che sono premi! »
« Grazie... »
« Guarda qua che roba… »
« Si... bhe... non sono tutti premi... »
« Ma quella non è Kate Winslet?! Aspetta, ma tu hai incontrato quella gnocca della Winslet?! »
« Sì, una volta, per una campagna a favore dei diritti per le donne... E' davvero molto simpatica »
« Non ci credo... »
« Perché il tuo letto è più grande dei nostri? E perché la tua camera è il doppio delle altre? »
Silvia sbuffò: « Poche storie, sedetevi da qualche parte. No! Lì no Knox! » ringhiò poi rivolta al ragazzo, che si stava sedendo sulla scrivania, proprio sopra ad uno spesso fascicolo: « Mi rovini il contratto!! »

Salvò il prezioso documento riponendolo sulla libreria, mentre borbottava qualcosa come “Cavernicoli”. Poi si guardò intorno.

Neil, c’era da immaginarselo, era appollaiato comodamente sul suo letto. Ai suoi piedi, appoggiati alla testiera, Todd e Meeks, Pitts era seduto addosso alla libreria e Knox si era saggiamente allontanato dalla scrivania andando a piazzarsi su una poltroncina color crema che Silvia aveva fatto aggiungere una settimana prima.

« Dove sono Charlie e Cameron? » domandò perplessa e già angosciata nel notare che il compagno “preferito” non si era presentato.
« Cameron ha detto che venire qui sarebbe stata una follia e che non voleva rischiare l’espulsione… » disse Knox.
« Capirai, non si fa problemi a scappare nel bel mezzo della notte, ma se si tratta di ragazze… » borbottò Neil.
« Bhe, non mi pare che voi siate tanto a vostro agio… » li osservò: « Oh, ragazzi, calmatevi, non vi mangio e non stiamo facendo nulla di illegale! Così ferite il mio orgoglio e la mia reputazione, voi meglio di chiunque altro sapete che sono una ragazza per bene! » sbottò imbronciata, sedendosi accanto a Todd. Neil inclinò la testa, perplesso, ma la ragazza aveva evitato apposta di sedersi vicino a lui per l’inevitabile rossore che le avrebbe dipinto le guance.

« E… Charlie? » domandò, fissando il pavimento.
Meeks le lanciò uno sguardo triste: « Lui… ehm… lui si è rifiutato di venire »
Una smorfia ottenebrò il viso della scrittrice: « E perché, di grazia? » ringhiò.
« Non lo so, credo gli sia partito il cervello » rispose Neil.

La ragazza si alzò in piedi è sbuffò sonoramente, quasi a voler sfogare tutta la frustrazione: « Spiegatemi-che-cosa-gli-ho-fatto! » ordinò.
« Ma non lo sappiamo! » esclamò Pitts alzando le mani al cielo.
« E’ arrabbiato, anzi “imbestialito”, da ieri sera, vai te a capire perché! » rincarò la dose Knox.
Todd ipotizzò: « Forse gli hai fatto qualcosa »
« E che cosa?! Mi sono solo arrabbiata con lui perché ha messo in tesa a Neil la storia dell’appuntamento con quel troll di Jared! Anzi! Non gli ho nemmeno detto niente! Ha fatto tutto da solo! Io ho solo chiesto perché diamine vi fosse balzata in testa un’idea così allucinante, Cameron ha detto che era stato Charlie e Charlie se l’è presa con me! Con me!!! Ha fatto lui tutto il casino! Perché-diavolo-è-arrabbiato-con-me! » l’ultima frase la disse scandendo le parole a suon di fendenti all’aria. Poi di lasciò sfuggire un “perdindirindina” appena sussurrato, cosa che fece ridacchiare Todd, che le prese la mano e la trascinò di nuovo sul bel tappeto morbido.

« Calmati, non è colpa tua » le sorrise: « Ora, perché non ci racconti cosa è successo oggi? »

Lei sbadigliò, si appoggiò alla spalla dell’amico e chiuse gli occhi, cominciando a raccontare tutto dall’inizio, ancora.

« Ora che ci penso, Charlie aveva ragione, mi serve davvero la scorta » osservò con un sorrisino triste.
« Wow » disse Knox: « Insomma, non immaginavo fossi così… famosa »

Le sorrise dolce: « Non c’entra la fama, Knox. Io amo il mio lavoro. Ho iniziato a scrivere perché volevo dare un corpo ai miei sogni, poi ho aperto gli occhi e ho visto che potevo dare un aiuto concreto alla società, focalizzandomi su un tema che mi è, personalmente, molto caro. Quello dei diritti e dei doveri della donna. Per questo ho seguito molte campagne, ne ho creata una mia, ho scritto un libro e diversi articoli. E per questo voglio che le ragazze abbiano la possibilità di avere una formazione eguale a quella di un uomo. Voglio dimostrare che una donna può fare quello che fa un uomo, senza problemi, e che nessuno ha il diritto di definire le femmine il “sesso debole” »

Ci fu un minuto di silenzio, poi Meeks disse: « Sapete cosa penso? »
Gli altri lo guardarono curiosi.
« Credo che qui con noi ci sia una delle donne che più di tutti può fare la storia »


Angolo Autrice:

Salve a tutti Poeti Estinti!
Come va? Eccomi con il capitolo numero 8, che ne pensate?

Iniziamo con le scuse.

» Lo so, da quasi un mese non ho postato nulla a causa di una quantità di impegni che mi hanno stravolta e, dulcis in fundo, la febbre di ieri, dovuta alla disastrosa e letale combinazione “mestruazioni-lavoro-stress”. A questo proposito, ho riflettuto sui tempi di pubblicazione, che per me, soprattutto in questo periodo, sono un po’ difficili da rispettare. Perciò ho deciso che aggiornerò di sabato. Ogni settimana, in questo modo dovrei farcela a rimanere dentro le scadenze.
Partiamo con i dettagli!

» Phil Coulson:
Per chi non lo sapesse, Phil Coulson è un personaggio della Marvel (società cinematografica che io amo alla follia per i magnifici film prodotti) apparso nel film “Avengers” e nella serie televisiva “Agents of S.H.I.E.L.D.” (che io consiglio più che calorosamente se amate i supereroi).
Il personaggio di Phil Coulson è indubbiamente un mito vivente (e mi limito a questa descrizioncina che non gli rende affatto giustizia, solo per rispetto nei confronti delle persone che non amano gli spoiler) che non farebbe da agente ad una scrittrice se non per una copertura durante una missione, ma siccome io sono una ammiratrice irrecuperabile, l’ho inserito nella mia fanfiction, sperando non si offenda.

» Quel figlio di buona donna di Jared Lewis:
Okay, io odio Jared Lewis. Immagino si sia capito. Dovevo incastrarlo e farlo al più presto, per questo ho dovuto tagliare i passaggi in cui Silvia immagazzina pian piano strani atteggiamenti da parte del ragazzo che poi lo tradiscono e rivelano i suoi piani.
Insomma, Lewis è un, passatemi il francesismo, coglione. E su questo non abbiate dubbi, perché per lui mi sono ispirata ad un ragazzo conosciuto anni orsono e che ho odiato e continuo ad odiare con ogni fibra del mio essere. Non immaginate che idee ho in serbo per lui.

» La riflessione di Silvia:
Questo è un piccolissimo scorcio della mia personalità. Io amo scrivere e vorrei davvero fare qualcosa di concreto per il mondo con questa mia passione. Non aggiungo altro.


Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Di amici teneri, fratelli meravigliosi e mesi infernali - Capitolo IX (+ riepilogo) ***


Riepilogo (Facciamo un riassunto di quello che è successo fin ora):

Silvia Romani è arrivata a Welton, dove ha scoperto di poter essere la chiave di un ambizioso progetto che vede l’ammissione delle ragazze nell’esclusivo college maschile. Se ciò avvenisse, Silvia potrebbe, data la fama e l’esperienza, diventare ambasciatrice delle donne presso l’ONU, che le ha appunto comunicato questa opportunità. Nel mentre, Silvia comincia a frequentare la scuola e fa subito amicizia con Charlie Dalton e Neil Perry, il primo perché le è stato assegnato come tutor, il secondo perché primo ragazzo conosciuto al suo arrivo. I due la prendono sotto le loro ali e la inseriscono nell’affiatato gruppetto composto da Todd Anderson, Knox Overstreet, Gerard Pitts, Steven Meeks e Richard Cameron. Con il passare dei giorni Silvia si dimostra all’altezza delle aspettative e diventa ben presto l’oggetto delle fantasie, delle attenzioni e degli amori di tutti gli studenti, anche se si limita a rimanere nel gruppo dei sette ragazzi. Stringe una forte amicizia con Charlie e Todd, ma anche con Neil. Entrambi, però, sembrano provare dei sentimenti un po’ più complessi rispetto alla semplice amicizia e cominciano ad avvicinarsi. Nel frattempo, Silvia svela a Charlie la candidatura ad ambasciatrice dell’ONU, ma lo costringe al silenzio per evitare che la notizia si diffonda ed arrivi ai paparazzi. La storia continua e gli otto studenti si uniscono sempre di più, grazie anche alla riapertura della Setta dei Poeti Estinti, ovvero un gruppo di giovani ispirati dalla poesia che si riuniscono in una grotta ogni settimana. Silvia sta bene, si sente coinvolta nel gruppo degli amici ed è sempre più attratta da Neil e la cosa sembra valere anche per lui, ma, dopo poco più di un mese, la notizia della candidatura arriva alla stampa e ai paparazzi, stravolgendo la normalità che si era andata a creare. Si scopre che il “traditore” è Jared Lewis, un ragazzo conosciuto da Silvia durante un progetto di scienze, che si dimostra viscido, pervertito e anche ficcanaso, dato che spia la ragazza e va a spifferare ai giornalisti i suoi affari. La notizia è sconvolgente, i paparazzi assediano Welton. Silvia è costretta a staccarsi da Neil, al quale stava per dare il primo bacio, e dai Poeti Estinti, mentre il preside la tallona, proto a cacciarla dalla scuola. La scrittrice fa mettere in viaggio il fratello, Francesco, suo fidato agente e la scorta. Si prospetta un periodo di grande difficoltà per la ragazza, che deve sbrigare affari importanti per tutto il giorno, senza poter vedere i compagni. Arrivata la sera i ragazzi si riuniscono in camera di lei, che spiega tutta la questione dell’ONU. Inoltre, il giorno prima, Charlie, resosi conto di essersi troppo affezionato alla ragazza e preoccupato della reazione che potrebbe avere Neil, ormai palesemente cotto, si stacca completamente da essa, lasciandola affranta e senza spiegazioni. La giornata si conclude con una Silvia un po’ più sollevata grazie al sostegno degli amici e determinata a portare a termine il suo compito.


Capitolo IX
Di amici teneri, fratelli meravigliosi e mesi infernali


30 Settembre, notte inoltrata, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

{[ La stanza era rettangolare e grande quanto la camera di Silvia, il che la diceva lunga su quanto in effetti la camera della ragazza fosse più grande di quella dei suoi compagni. Sulla parete opposta alla porta stava un enorme vetrata di sei finestre, dalla quale si poteva osservare il meraviglioso parco di Welton e il suo fiume. Addossata alla vetrata stava una cassapanca foderata di morbido tessuto rosso completa di cuscini. Sulle pareti laterali spiccava la mobilia scura e qualche poltroncina. Al centro della stanza, invece, torneggiava la scrivania in mogano sormontata da un’imperiosa poltrona, molto simile ad uno scranno, sulla quale stava seduto il preside Nolan.

Davanti alla scrivania, seduta su una sedia che sembrava di pietra, tanto era scomoda, la giovane scrittrice tentava di fermare il tremore alle gambe, elegantemente incrociate sotto la sedia. Le mani giunte in grembo, fissava il preside e rimuginava sulla sua inaspettata passione per gli animali domestici, come dimostrava il cane pigramente addormentato sotto le gambe del padrone.

Golden Retriever dal lungo pelo biondo. Un cane di razza, altamente costoso. Neanche a farlo apposta.

L’aria era tesa. Il preside soppesava la ragazza, ma non pareva particolarmente adirato.
« Molto bene, signorina Romani » cominciò, riscuotendola dai propri pensieri: « chiariamo una questione. Io non ho nulla contro di lei » disse, stupendola.

"Adesso arriva il trucco."

«D’altronde ho accettato io la domanda per la sua borsa di studio. Vede, immaginavo che il suo arrivo qui avrebbe portato più fama all’Accademia. E non mi sbagliavo » aggiunse velatamente ironico: « Ma deve capire, che questa è una scuola creata per la futura classe dirigente americana. Maschile » sottolineò.
« Signore, non sono venuta qui per stravolgere la sua scuola » tentò lei, ma il preside la interruppe: « A me pare di sì, signorina Romani », ma lei continuò: « No, io non voglio questo. Vorrei che lei mi desse una possibilità. Una possibilità per dimostrarle che posso arrivare al livello degli altri studenti » disse cauta.

Al livello degli altri ragazzi c’era già arrivata, d’altronde in Italia aveva studiato sempre diligentemente e con passione, similmente aveva fatto in America. Ma decise di mostrarsi umile e innocente di fronte al preside Nolan che, chiaramente, la vedeva come una minaccia all’integrità della usa scuola e delle sue tradizioni.

“Mos Maiorum fino al midollo.”

Il preside rifletté un poco, scrutandola, così Silvia decise di fargli una proposta: « Lei mi lasci concludere l’anno e io le dimostrerò che posso prendere il diploma senza problemi. Potrei anche scrivere un articolo sulla scuola… d’altronde è la migliore degli Stati Uniti… » buttò lì lei.

L'uomo parve rifletteci un poco. Un articolo sulla scuola... Fatto da una scrittrice molto famosa... Insomma, un bel boccone, non c'è che dire.

« La consideri la sua ultima chance, signorina » disse il preside, convinto dalle sue parole: « Ma pretendo da lei il massimo impegno nelle lezioni e un comportamento esemplare » si raccomandò.
Lei sorrise, illuminandosi, ma venne perentoriamente spenta da Nolan: « Non creda, però, che ciò che è accaduto oggi con quei paparazzi e con il signor Lewis non rimarrà impunito »

Lei lo guardò, perplessa. Intendeva che avrebbe punito Lewis per aver parlato? Eppure pareva una velata minaccia nei confronti della scrittrice, non di Jared…

« Come, prego? »
« Mi è stato riferito che il signor Lewis è stato ricoverato in infermeria… per colpa sua »
Lei spalancò la bocca poco elegantemente.

“COME?! Mi vuole accusare di aver fatto del male a Lewis?!”

« Scusi?! » lo guardò allucinata: « Io non gli ho fatto nulla! E’ svenuto da solo, addosso a me, per giunta! »
« Per qualcosa dovrà pur essere svenuto. Mi risulta che lei lo abbia minacciato » disse, accarezzando amorevolmente un… un ermellino bianco impagliato, appoggiato ad un piedistallo sulla scrivania.

Quell’uomo dava i brividi.

“Tu vuoi la tua rivalsa per la figura con i paparazzi, vero, vecchio malefico?!”

« Ha divulgato le mie informazioni personali alla stampa. Informazioni oltremodo delicate, che ha ottenuto spiandomi ed origliando le mie conversazioni. Dalle mie parti questa si chiama “Violazione della Privacy” » scandì gelidamente.
« Già, ma il ragazzo è svenuto e non si sviene per nulla, soprattutto davanti ad una signorina… »

“Forse dovrebbe considerare l’eventualità che il suddetto ragazzo sia effettivamente una signorina”

« Ho perso il controllo per un momento » ammise a testa bassa, poi rialzò il viso: « Ma non l’ho nemmeno sfiorato, può chiedere a qualsiasi studente presente »
« Oh, l’ho fatto » disse, perfido: « Il signor Richard Cameron mi ha confermato che lei ha agguantato il signor Lewis e lo ha minacciato di squartare il suo corpo se non avesse confessato di aver parlato alla stampa. E’ vero? » domandò, candidamente.

Silvia rimase sbalordita dal tradimento di Cameron. Perché lo aveva fatto? Insomma, non aveva chissà che rapporto d’amicizia con lui, ma non gli pareva proprio di stragli così antipatica.

Deglutì e non rispose alla domanda del preside, fissando la coda del Golden Retriever sonnecchiante sul tappeto.
« Allora? » la sollecitò il preside.

Lei fece un respiro profondo e alzò la testa. Si sarebbe presa la responsabilità delle proprie azioni, da persona matura e responsabile qual era.

« Sì, signore » affermò.
Il preside fece un sorrisetto cattivo: « Comprenderà che io non ammetta comportamenti del genere nella mia scuola, signorina Romani, perciò la devo punire »

“Certo. E magari ti dispiace pure, nevvero?!”

« Per una settimana, a partire da domani, farà servizio in mensa insieme agli studenti del secondo anno. Tutti i giorni, solo durante la cena »  disse, guardando un foglio davanti a sé.
Brividi di umiliazione si diffusero per tutto il corpo della scrittrice.

“Punita. Umiliata per aver difeso i miei affari. Per aver spaventato un vigliacco studente ficcanaso”

Le membra si fecero di piombo, lo stomaco si contorse e si annodò. L’espressione si fece così dura ed imperscrutabile da far pensare ad una statua.
C’era il ribrezzo, il disgusto per quella vergogna che le veniva inflitta.
Poi lo sconforto e la voglia di piangere, che non si addicevano per niente alla sua regale figura.
Ma avrebbe affrontato anche quella, perché voleva passare davanti a quel maledetto preside con onore e fargli vedere che nessuna punizione le avrebbe tolto la dignità.

Alzò il mento, forte della rabbia bruciante e di quell’orgoglio fiero ed imbattibile.
« Può andare, ora, signorina Romani e si ricordi di quell’articolo » disse il professore con evidente soddisfazione, come a volerle ricordare che sarebbe comunque rimasta sotto il suo comando. ]}

Silvia finì di raccontare il colloquio con il preside ai ragazzi, ancora riuniti in camera sua nonostante fosse mezzanotte passata.

« CHE COSA?! » sbottarono insieme, allucinati.
« SSSHH! Sveglierete tutti! » li ammonì lei.
« M-ma tu ti rendi conto che ti ha… ti ha punito al posto di quel bastardo di Lewis?! » le disse Knox, a bocca aperta.
« E Cameron!!!! Cameron ha fatto questo!!! » sbraitò Pitts.
« Ma non può! Non può costringerti a fare da cameriera… insomma, non hai fatto niente!!! » si aggiunse Todd.

Lei si era alzata e camminava nervosamente per la camera, schiaffeggiandosi leggermente il viso per impedirsi di prendere sonno.

« Lo so! » li guardò sconfortata: « Lo so e… e non ci potevo credere... » mormorò, gli occhi che provati da quella combinazione di tristezza-stanchezza.

Neil la guardò, più scoraggiato di lei. Avrebbe voluto abbracciarla. Tenerla stretta, farla sfogare. Perché era evidente che non avrebbe retto a lungo.
Delicatamente la fece sedere accanto a se e lei si abbandonò triste sulla sua spalla, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.

Il suo profumo la investì, così come per lui.

Perché il mondo non si poteva fermare lì?

« Che… che cosa farai ora? » le chiese piano Meeks, non volendo interromperli, imbarazzato, ma dovendo farlo.

Lei si girò a guardarli, rimanendo ancorata a Neil, ma troppo stanca per provare imbarazzo o disagio.
« Ora non ho neanche la forza di ragionare, sto letteralmente crollando. Ci penserò domani mattina. A quest’ora il mio gente sarà già in volo, domani sarà qui ed inquadrerò meglio la situazione » sospirò.
« Il tuo agente? » le chiese Neil, spostando il braccio sulla vita della ragazza, sostenendola.

Lei gli sorrise, grata per quella sicurezza che le trasmetteva.

« Lui » e indicò una cornice sulla parete dei premi e delle foto.

Era una cornice di legno chiaro, contenete tre foto abbastanza grandi in una fila ordinata. Ogni foto ritraeva due soggetti in pose diverse, ma costantemente abbracciati o intenti a coccolarsi.
Uno di questi era Silvia, l’altro era un bel ragazzo, alto e ben piazzato, con un ciuffo di capelli ricci scuri, molti simili a quelli della ragazza. Portava gli occhiali e dietro alle lenti si vedevano dei begli occhi verdi, brillanti e vivaci.
Nell’ultima fotografia scoccava un tenero bacio alla ragazza che teneva fra le braccia.

Tutti aggrottarono le sopracciglia e si irrigidirono.
« Siete… molto intimi » digrignò i denti Neil, tendendo i muscoli e abbandonando la presa sulla scrittrice, che gli sorrise furba: « Già… ma di solito è così, tra fratelli »
Tutti la guardarono e lei se la rise di fronte alle facce dei compagni, soprattutto a quella di Neil, che pareva metà sollevata, metà allibita.
« T-tuo fratello?! »
Lei annuì e lui tornò a stringerla, mormorandole all’orecchio: « Per caso tuo fratello è iperprotettivo o… ehm… potenzialmente aggressivo verso i tuoi amici… maschi? »
Lei divenne puerpera e gli nascose il viso: « Se sono… amici, no » sorrise birichina agl’altri compagni, che scoppiarono a ridere di fronte al viso spaventato di Neil.
« Dai, leggiamo qualcosa, poi dovrò dormire o domani non sarò in grado di pensare » disse Silvia celando uno sbadiglio: « Pitts, dovrebbe esserci un libro di poesie inglesi lì da qualche parte. Ha la copertina a blu » disse al compagno, che esaminò la libreria e tirò fuori il libro.
« Ma tu leggi sempre questi tomi giganteschi? » disse il ragazzo, calcolando il peso del libro, che in effetti era piuttosto spesso, con le braccia.
Lei sorrise: « Giusto quando non ho nulla da fare. "Per vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita. Per sbaragliare tutto ciò che non è vita e non scoprire in punto di morte di non essere vissuto" » recitò, dando inizio alla vera riunione, che per quella sera sarebbe durata meno del previsto.

Gli altri ripeterono e Todd aggiunse: « Un giorno ci leggerai qualche poesia in italiano? »
Lei gli accarezzò i capelli amorevolmente, come fosse una mamma con i suoi figli. E un po’ forse lo era, anche perché tutti si erano davvero affezionati a lei e alla delicata luce che emanava la sua presenza.

« Certo » sorrise, incantandoli.
Neil la strinse ancor di più e inspirò il suo profumo, come se avesse paura si vederla svanire e Pitts cominciò a leggere.
Dopo un’oretta in cui si erano passati il libro, sentirono un lievissimo russare e videro la ragazza profondamente addormentata sulla spalla di Neil.

« Ecco » bisbigliò Knox: « E’ crollata »
« Andiamo, dai, lasciamola dormire. Fate piano » sussurrò a sua volta Neil, prendendola in braccio delicatamente ed adagiandola sotto le coperte.
« Domani morirà dall’imbarazzo, scommettiamo? » ridacchiò Pitts alle sue spalle uscendo dalla camera, ma il ragazzo non ci badò, le sistemò le coperte e, prima di spegnere la luce e andarsene, le prese la mano e la baciò.

Poi chiuse la porta, non senza aver gettato un ultimo sguardo a Silvia, che gli ricordò improvvisamente il più bello dei fiori primaverili.

§

1 Ottobre, mattina presto, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

Quella mattina Silvia arrivò nella mensa particolarmente allegra. Con un sorrisone si sedette di slancio al tavolo dei ragazzi e untò immediata sul caffè.

« Buongiorno Poeti Estinti! » disse festosa ai compagni, pizzicando una guancia a Pitts e scompigliando i capelli a Knox.

Cameron si era saggiamente seduto ad un altro tavolo, dopo che la banda lo aveva accolto talmente gelidamente da spaventarlo e fargli chiaramente capire che, dopo ciò che aveva fatto, o si scusava apertamente con la loro pupilla, oppure avrebbe potuto tranquillamente sloggiare.
In compenso, di fronte a Silvia, stava seduto Charlie. Anche per lui l’accoglienza non era stata delle più calorose, a causa della riunione bigiata della sera prima, ma il sentimento più diffuso era la confusione. Perché il compagno si comportava in quella maniera con la scrittrice?

Ma l’arrivo della suddetta, sorprendentemente gaia nonostante gli eventi dei giorni precedenti aveva fatto nascere un sorriso spontaneo sul volto di tutti, fatta eccezione per Charlie, appunto, che non l’aveva nemmeno calcolata.

Oltretutto il ragazzo stava via via perdendo l’atteggiamento festaiolo/sbarazzino/ribelle/sfottente che aveva di solito e la cosa preoccupava non poco i compagni.

Fortunatamente i pensieri negativi sparirono con l’arrivo della compagna.
Niente da fare, erano tutti abbagliati da lei, ormai era inutile negarlo.

« Sembra che qualcuno sia di buon umore » le sorrise Neil.
« Dormito bene? » le domandò furbo Pitts.

Quella mattina si era svegliata abbastanza serena, prima che le responsabilità tornassero a pesarle sullo sterno. Poi si era accorta di essere a letto. Sotto le coperte.

E non si ricordava di essere andata a letto.

Oh Cristo, mi hanno messo a letto loro!

Si era portata le mani alla bocca e le gote si erano velocemente imporporate. Si era data della stupida ed era corsa a farsi una doccia gelata, di nuovo. Erano diventate l’unico sistema per cancellare il perenne imbarazzo che le alleggiava sulle guance.

Così tornò ad arrossire davanti agli amici, nascondendo il viso dietro ad una tazza e borbottando: « Uhm… sì… grazie… anche per ieri, intendo… sì… »

Tutti (Charlie escluso, ovviamente) ridacchiarono e Pitts, ghignando: « Visto? Sganciate ragazzi » e si beccò un’occhiataccia dall’oggetto della scommessa, che poi posò l’occhio sul compagno di fronte a lei e perse tutta la vitalità. La luce che la illuminava si spense di colpo e fu come se il suo corpo si afflosciasse. 

Guardò l’ex-migliore amico, triste, e lui la ignorò palesemente.

Perché? Perché mi eviti così? Cosa ti ho fatto?

« Come mai tutta questa baldanza? » tentò di distrarla Knox, vedendola adombrarsi.

Lei staccò a forza gli occhi da Charlie e si ricompose, cercando di non dare a vedere lo sconforto. Sarebbe stata una giornata molto importante ed era fondamentale che lei restasse positiva, perciò sfoderò il migliore dei suoi sorrisi, respingendo i pensieri cupi in un angolo della mente e afferrò il vassoio dei toast.

« Lewis è stato punito come si deve » e ammiccò a qualche tavolo di distanza, dove Jared mangiava, cercando di costruirsi una trincea con il cibo, per non farsi notare dalle malelingue che lo additavano come “femminuccia”.
« Che significa? » chiese Neil.
« Che ora è deriso da tutta la scuola e io non ho dovuto muovere un dito. E, francamente, se l’è meritato. Io ne dovrò passare di cotte e di crude per la sua vigliaccheria e lui non è stato minimamente sfiorato dalle conseguenze del suo gesto. Bhe, non proprio. Ma almeno ora si ricorderà che non è proficuo ficcare il naso negli affari altrui » concluse.
Il gruppo annuì, continuando a mangiare.

« Non posso credere che Nolan non lo abbia neanche richiamato » sbuffò per la prima volta Charlie.
Tutti lo fissarono. Almeno era intervenuto nella conversazione.

« E non è tutto » ne approfittò Neil: « E’ stata Silvia a prendersi la punizione »
Dalton sgranò gli occhi: « Come?! »
Felice di aver suscitato un minimo di interesse verso la compagna, Neil continuò e gli spiegò tutto, mentre Silvia continuava a mangiare, più delle altre mattine.

« Fame? » le sorrise Knox: « Sembri Pitts » e il compagno lo guardò offeso, mentre Silvia sorrideva: « Devo mantenermi in forze, credo che oggi darò sfogo a tutte le mie energie. Mi passi il succo, per favore, Todd? »
Neil intanto aveva ultimato il discorso con Charlie, che guardava allibito sia lui che Silvia, cercando di capire se stesse scherzando.

« Lo sapresti, se fossi venuto ieri sera » scagliò la frecciatina Neil.
Charlie lo guardò, mentre sul viso compariva un’espressione dura: « Avevo le mie ragioni » 
Fu il turno di Silvia di guardando arrabbiata: « E quali, di grazia? ». Pretendeva una spiegazione, era il minimo per il comportamento che stava adottando con lei in quei giorni.

Dalla tristezza si era passati alla rabbia.

Charlie fece scena muta, limitandosi a fissarla e ogni tanto spostare lo sguardo su Neil. La smorfia disgustata che assunse fu l’ennesimo colpo al cuore per la ragazza, che annuì, come se avesse compreso appieno la situazione.
« Va bene, Dalton » lo chiamò per cognome, cosa che aumentò la smorfia di Charlie: « Sai che ti dico? Continua pure così, mi sono stancata del tuo atteggiamento immotivato » . Charlie continuò a guardarla. Gli aveva appena dato la stoccata finale e lui la comprendeva appieno, eppure lei, dimostrando sempre una forza di volontà superiore alla media, continuò tranquilla: « Vado a dare una ripassata di latino, sicuramente mi interroga oggi. Nola ha preteso il “massimo impegno nelle lezioni” » lo motteggiò.
Todd le sorrise: « Come se già non lo facessi. Vengo con te » e si alzò pure lui: « A dopo » salutò, così come Silvia che sorrise apertamente a tutti, ignorando Charlie e prese sottobraccio il compagno, uscendo dalla mensa.

Charlie, intanto, continuava a bruciare nel suo inferno personale. Neil continuava a chiedergli cosa avesse e perchè si comportasse così con Silvia, ma lui nenache lo ascoltava. Lei si era rassegnata e non pareva nemmeno tanto dispiaciuta. Aveva scelto di staccarsi da lui, per andare avanti e ora Charlie doveva fare lo stesso. Ma già si prospettava un'impresa impossibile. Per la prima volta dopo anni, a Charlie Dalton venne voglia di piangere.

Nel frattempo, Silvia, ancorata al braccio di Todd, faceva violenza su sè stessa per non tornare indietro e andare a prendere a schiaffi Charlie, piangendo e sfogandosi. Gli occhi le erano diventati pericolosamente rossi e fissavano determinatamente il pavimento. Todd la scrutava, sapendo che la cosa migliore per la ragazza, in quel momento, era tenerla stretta ed offrirle un appiglio. Improvvisamente lei si fermò e l'amico si voltò a guardarla.
« Perchè? » chiese e Todd capì che si riferiva a Charlie.
« Non lo sappiamo » sospirò: « Glielo abbiamo chiesto, ma lui non risponde. E' giù anche lui, sai, ma nessuno capisce perchè »
Gli occhi di Silvia si fecero lucidi e il ragazzo la strinse a sè, cercando di siutarla come poteva. Non era bravo in quelle cose, ma lei pareva stare meglio.
Una manina gli strise la divisa: « Grazie » gli sorrise, tirando su con il naso. Non aveva versato una lacrima, era di marmo.
Todd sorrise a sua volta: « Potresti assumermi come "Consolatore" a tempo pieno, in cambio mi fai i compiti di latino » e lei scoppiò a ridere abbracciandolo.

« Signorina Romani! » la chiamò Simmons. Lei si staccò da Todd e alzò gli occhi al cielo. Quello era il suono d'inizio per un periodo di fuoco. Raddrizzò le spalle e prese un profondo respiro.

Si inizia.

Si voltò verso la porta principale e le scappò un urlo non appena riconobbe la figura accanto al segretario.

Un ragazzo alto, dalle spalle forti e vestito elegantemente attendeva nell'ingresso, con un sorriso da fare invida ad un divo del cinema.

La ragazza gli saltò addosso, allacciando le mani dietro il suo collo e riempiendolo di baci, mentre lui rideva e la faceva girare in aria.

« Ah! La mia piccola Oriana!! » disse Francesco Romani stampando un bacio sul naso alla sorella.
« Stupido » gli disse lei, facendogli un buffetto e sorridendo estasiata: « Ma quanto bello sei diventato! Mi piace la barba » disse accarezzando il viso del fratello.

Francesco Romani si era alzato ancor di più durante quei mesi. Era un ragazzo di ventisette anni, forte di spalle ed incredibilmente elegante, come Silvia. Il ciuffo di capelli ricci non riusciva a celare i begli occhi verdi, unica qualità in cui differenziava dalla sorella, che li aveva di un castano chiaro.

« Sei assolutamente più bella tu, mia adorata » e le fece un baciamano perfetto.
« Sono così felice che tu sia qui! » disse lei, tornando ad abbracciarlo e arrossendo per il commento.

« Signori, mi dispiace interrompervi, ma il signor Romani ha un colloquio con il preside Nola » si intromise Simmons.

I due si separarono, tenendosi sempre per mano. Avevano tantissimo da dirsi e moltissima voglia di coccolarsi. Si volevano un gran bene, era ovvio, bastava guardarli. Ma c’erano cose più importanti prima dello svago.

« Oh, certo, devo spiegare un bel po’ di cose, ma tranquilla, sistemeremo tutto » la rassicurò Francesco, poi un lieve colpetto di tosse attirò la loro attenzione e si volsero verso Todd, che era rimasto impalato come un salame in mezzo all’ingresso.
« Oh! Francy, lui è Todd Anderson, un mio caro amico » lo presentò Silvia e Todd strinse la mano al possente fratello della ragazza, che gli sorrise e chiese, velatamente minaccioso: « Caro amico? »

Lei lo ammonì con lo sguardo: « Sì, solo un caro amico » sottolineò di fronte all’espressione leggermente impaurita di Todd: « E anche noi abbiamo da fare, dobbiamo ripassare latino. Nolan mi ha graziato, ma ha detto che mi devo ammazzare di studio, perciò sarò interrogata di sicuro. Parliamo meglio dopo » e schioccò un bacio a Francesco che restituì la coccola e si diresse con Simmons verso l’ufficio del preside.

Ovviamente solo dopo aver guardato eloquentemente Todd, che aveva risposto con un sorrisino agitato.
« Simpatico tuo fratello » le disse mentre si sedevano nell’aula di latino: « Anche se credo che Neil dovrà stare attento » ridacchiò.
Lei arrossì: « Non ce n’è bisogno »
« Oh sì invece » ridacchiò lui, mentre lei lo spintonava delicatamente, arrossendo ancor di più.
« Calmati, sembri un pomodoro! » le sfiorò una guancia, ancora ridendo.
« E’ colpa vostra! Mi mettete perennemente in imbarazzo! »
« Ma se siamo adorabili! »
« Scemo! Tira fuori il libro, che non ricordo una cosa sulla Consecutio Temporum »
« Ma bisognava studiare anche quella?! »
Lei scosse la testa, esasperata: « Sempre il solito »

Dopo dieci minuti, in cui fecero appena in tempo a ripassare la suddetta Consecutio Temporum, abbastanza da salvare Todd in caso fosse venuto all’interrogazione, suonò la campanella.

« Cavolo è già suonata! » disse Todd, alzandosi e solo in quel momento Silvia si rese conto che il ragazzo stava lasciando il posto a Charlie, che di solito sedeva sempre con lei. Non aveva pensato al fatto che quello fosse il primo giorno di scuola dopo il litigio con l’ex-tutor. Di sicuro Charlie non si sarebbe seduto con lei e ciò avrebbe portato ad un’ulteriore umiliazione nel vedersi “scaricata”.

La mente andò alla cena che si sarebbe tenuta quella sera, dove lei avrebbe dato spettacolo come cameriera. No, decisamente quell’umiliazione sarebbe bastata, non bisognava aggiungerne un’altra di prima mattina.

Con uno scatto repentino, dettato dall’agitazione nel vedere gli studenti entrare già in aula, riafferrò Todd per la manica del maglione e lo costrinse seduto.
« Potresti sederti vicino a me… per oggi? » gli chiese, gettando nervose occhiate verso la porta, lui seguì il suo sguardo e comprese immediatamente il perché della sua ansia: « Oh! Certo, certo… così mi suggerirai in caso venissi interrogato » le sorrise incoraggiante e lei apprezzò davvero lo sforzo che stava facendo per distrarla.

Il resto della classe entrò nell’aula, mentre il professore si sistemava sulla cattedra, incitandoli a muoversi. Neil si sedette vicino a Charlie e guardò angosciato prima il compagno e poi Silvia. Che poteva fare per aiutare quei due? Certo, se avesse avuto la minima idea di cosa incupisse così tanto l’amico di una vita, forse avrebbe avuto più possibilità di risolvere la situazione. Ma Charlie si ostinava a rifuggire ogni qualvolta Neil tentasse di intraprendere una conversazione sull’argomento “La-tua-migliore-amica-sta-soffrendo-da-cani-per-colpa-tua” che poi si agganciava automaticamente all’argomento “Pure-tu-stai-soffrendo-e-nessuno-capisce-il-perché”.

A riscuoterlo dai suoi pensieri fu la voce dell’insegnate: « Signorina Romani all’interrogazione, prego ».
L’interpellata, che ovviamente si aspettava di venir interrogata, uscì alla lavagna. Si posizionò composta accanto alla cattedra e attese le domande: « Cominci declinandomi “Rex” ». Un riflesso, automatico ed inevitabile, ricordò alla scrittrice un episodio di pochi giorni prima.

« Avanti Charlie, devi studiare »
« Non potremmo andare a farci un giro? »
« Già, e magari domani partiamo pure per le Maldive. Che dici? »
« Ci sto se ti metti in bikini! »
« CHARLIE! »
« Okay, okay!! Smettila di picchiarmi! »
« Muoviti!! Tira fuori il libro e dimmi come fa “Rex”! »
« Bau »
« … »
« …Perché mi fissi così?... Silv- »
« ADESSO LE PRENDI! DISGRAZIATO! VIENI QUI! »
« Eddai!! Scherzavo!!! AHIA! NO! Metti giù il dizionario! AIUTO! »


Sembravano passati mesi da quel pomeriggio. E in quel momento, vicino alla cattedra, il professore che aspettava la risposta a quella semplice quanto banale richiesta, Silvia cercò gli occhi di Charlie, che la guardavano, velati di tristezza, nostalgia e malinconia. Anche lui ricordava, quindi.

Torna da me, Charlie.

« Signorina Romani, allora? » la rimbeccò il professore.
E lei, recitò, facendo un enorme sforzo ad ogni parola, gli occhi sul punto di diventare cascate d’acqua salta: « Rex, regis, regi, regem, rex, rege. Reges, regum, regibus, reges, reges, regibus ».

Per quella lezione, Silvia non fu in grado di rimettersi in piedi. Rispose a tutte le domande dell’interrogazione, ma in modo spento e privo della solita passione che metteva nello studio. Todd fece del suo meglio per starle vicino, mentre i ragazzi si scambiavano occhiate preoccupate, senza prendersi la briga di non farsi vedere dal professore, che li richiamò più volte, fino a minacciarli di mettere una nota di demerito a tutti loro. Fu a quel punto che Silvia, con un’espressione da funerale che ben poco si addiceva al brillante voto appena ottenuto nell’interrogazione, si volse verso il resto della compagnia e con un secco cenno del capo intimò loro di smetterla.

Al suono della campana, scattò come una molla e uscì dalla classe, attenta a non farsi raggiungere da nessuno e nascondendosi nel bagno della mensa, quasi mai utilizzato.

Si sfregò il viso con l’acqua fredda, tanto veemente da arrossarlo e congelarsi le mani con l’acqua gelata. Alzò il viso verso lo specchio ed osservò la propria immagine riflessa.

Guardami bene.

Le disse la sua coscienza.

Non ti azzardare a cedere, sai?! Tu sei forte! Sei di pietra! Ergi quel busto e dimostra di che pasta sei fatta! E’ solo uno stupido litigio, non è morto nessuno! Tu devi reggere e continuare a lottare! Chiaro?! Perciò ora prendi la tua borsa, attraversa questa scuola come si conviene ad una scrittrice di successo nazionale e sbatti in faccia a Nolan e a quello stronzo di Dalton la tua forza!

Lei annuì in direzione dello specchio. Drizzò spalle e busto, si sistemò divisa e capelli e sbuffò arrabbiata verso lo specchio.
La sua coscienza aveva ragione. Doveva darsi una svegliata se voleva dimostrare di potercela fare. Guardò l’orologio. Aveva ancora tredici minuti di intervallo per vedere Francesco, che probabilmente la stava cercando e per mangiare un bel pezzo della cioccolata della mamma.
Sorrise furba, prima di uscire dal bagno e andare in cerca di suo fratello.

§

Le tre settimane che seguirono furono le più incasinate della vita di Silvia. Con l’arrivo di Francesco erano sopraggiunti anche una miriade di impegni, problemi e formalità.
La ragazza entrava in classe, seduta ogni giorno accanto ad un compagno diverso, seguiva diligentemente e quasi forsennatamente le lezioni, poi sgusciava fuori dall’aula di tutta fretta e si affiancava al fratello, che aveva ricevuto il permesso di recarsi a Welton ogni giorno. Stava sempre con lui, ogniqualvolta avesse un secondo libero. Entrambi erano sempre carichi di documenti, riviste, elaborati e giornali.
Passavano in rassegna articoli, interviste e fotografie e ogni giorno, o per un motivo, o per un altro, uscivano dalla scuola con la lucida limousine nera, accompagnati dalla scorta.
Silvia, per evitare problemi, sbrigava tutti i doveri con i giornalisti al di fuori dell’accademia, oppure rispondeva alle lettere dei fans chiusa in camera. Era un continuo vai e vieni e, spesso, il tempo mancava, costringendola a prepararsi per qualche servizio fotografico o intervista direttamente a scuola, tanto che a volte capitava di vederla sfrecciare giù per le scale con indosso vestiti nuovi e capelli acconciati elaboratamente.
Va da sé che non avesse più un minuto libero. Essendo continuatamente impegnata durante il giorno, era costretta a studiare la sera, dopo aver consumato la cena così velocemente da fiondarsi in camera ancora masticando.
Ovviamente non riusciva a passare più di qualche minuto con i Poeti Estinti, che cercavano di aiutarla più che potevano, ma non avrebbero comunque potuto fare molto.
La mattina, Silvia si alzava presto, si lavava alla velocità della luce, sbrigava compiti e altri piccoli impegni e correva giù in mensa, dove i ragazzi le avevano già preparato la tazza di caffè con latte freddo e due cucchiaini di zucchero e una fetta di ricotta e marmellata di fragole. Lei ingurgitava tutto velocemente, rischiando costantemente di strozzarsi e poi correva subito ad accogliere Francesco, che cominciava a estrarre dalla ventiquattrore pile di fogli/giornali/documenti/fotografie e le elencava tutti gli impegni della giornata.
Poi scattava di nuovo in classe, seguiva la lezione e prendeva appunti, prima di correre nuovamente fuori al suono della campanella.
Al pomeriggio compiti con i ragazzi, uscite con Francesco, cena veloce e di novo in camera, a studiare come un’invasata per le lezioni del giorno dopo.
I ragazzi le avevano propriamente “proibito” di uscire di nuovo alla grotta di notte, perché, dopo averci provato qualche volta, avevano capito che lei si sarebbe addormentata sicuramente e farle perdere ore di sonno preziose era un attentato alla sua salute.
Silvia era grata come non mai ag amici e cercava di dimostrare loro tutto il suo bene in continuazione. Li riempiva di attenzioni e cercava di dedicare loro più tempo che poteva, ma spesso era impossibile. A volte, a parte star loro accanto durante le lezioni non li vedeva che di sfuggita.
Con Cameron i rapporti si erano fatti freddi, ma per lo più non si calcolavano. Lui aveva giustificato il suo comportamento di tre settimane prima dicendo “Se un insegnate ti fa una domanda, tu devi rispondere”. Poco importava che la risposta implicasse la derisione e l’umiliazione pubbliche della propria compagna, che non aveva effettivamente fatto niente di male se non arrabbiarsi con un essere viscido e ipocrita.
La prima settimana, infatti, era stata la più difficile di tutte.
Oltre alla marea di impegni che occupava le sue giornate, la sera Silvia doveva pure fare da cameriera. Esperienza fra le più umilianti della sua vita.
La giacca blu di Welton era stata sostituita da una a collo alto, bianca, con bottoni dorati che si chiudevano fin sotto il mento e, al posto della gonna, lunghi pantaloni neri, rigorosamente dal taglio maschile, il che faceva apparire il tutto doppiamente grottesco e umiliante.
La prima sera Silvia aveva dovuto continuare a ripetersi nella testa “Tu ce la puoi fare. Non darla vinta a Nolan” milioni di volte, sbattendo violentemente le palpebre per non scoppiare a piangere e scappare via a gambe levate. Nolan l’aveva guardata pieno di soddisfazione e Dio solo sa quanto lei avrebbe voluto sbattergli la teglia delle crespelle in faccia e rovesciare tutte le terrine d’insalata in testa a quegli studenti, figli di papà, che ridevano e fischiavano come dei rozzi, primitivi, barbari al suo passaggio con in mano i vassoi.
Se non altro, le aveva fatto piacere vedere il professor Keating premuroso e gentile nei suoi confronti, che l’aveva aiutata, porgendole i piatti sporchi già impilati, invece che farglieli raccogliere uno ad uno. Si vedeva che era estremamente contrario a tutto ciò, ma non poteva fare niente. Eppure, per Silvia, era già tanto che lui fosse dalla sua parte. Reputava quell’uomo una persona davvero straordinaria.
Il venerdì successivo, l'ultimo di quella sadica tortura, Silvia era tornata in camera e sul letto aveva trovato un meraviglioso bouquet di trenta rose rosse e bianche, che doveva essere cosato una fortuna, con un biglietto firmato da tutti i Poeti Estinti. Si era commossa tanto che era quasi scoppiata a piangere, ma il vero colpo lo aveva ricevuto dieci minuti dopo, quando era corsa a ringraziarli.
Sapeva che i ragazzi, essendo tutti figli di avvocati o imprenditori o banchieri, non avevano avuto problemi a comprarle il bouquet, ma era comunque un pensiero dolcissimo. Quando aveva fatto irruzione in camera di Neil e Todd ci aveva trovato anche Charlie e solo allora si era resa conto che il biglietto era firmato da tutti, addirittura anche da Cameron, ma non da Charlie.
Fu lì che, dopo una settimana che si era rassegnata a definire di “merda”, Silvia aveva lasciato che i suoi amici vedessero la sua prima lacrima. Era scesa giù, solcando la guancia velocemente, come se pesasse chili e chili di dolore. Non aveva sopportato più la lontananza dal compagno, che la ignorava da sette giorni. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo e riempirlo di pugni, ma si era limitata a stringere le rose al petto e mormorargli: « Sei un vero bastardo » prima di lasciare la camera, seguita immediatamente da Neil.
Quella notte Charlie non aveva dormito, era andato da Neil per dirgli tutto, per fargli capire che se anche lui non lo avesse accettato avrebbe fatto pace con Silvia. Per dirgli che stava male e che non ne poteva più. Poi era arrivata lei, con un mazzo di rose in mano, lo aveva visto e poi aveva guardato il biglietto. Charlie non ci aveva capito niente, poi l’aveva vista piangere. E si era sentito un vero bastardo, come aveva detto lei. Todd gli aveva spiegato che avevano comprato le rose per tirarle su il morale, ma che non lo avevano neanche avvisato, convinti che non avrebbe voluto aggiungersi alla piccola sorpresa. Charlie aveva dato un calcio al letto di Neil con furia, si era passato una mano fra i capelli e infine se ne era tornato in camera.
Per le successive due settimane, Silvia si era estraniata da qualsiasi cosa includesse anche solo la parola “Charlie” o “Dalton” e lo stesso aveva fatto il suddetto, ma la sua tristezza si era mutata in rabbia nei confronti della ragazza e neanche lui sapeva il perché.
Con Neil le cose andavano un pochino meglio, ma lei avrebbe voluto passare più tempo con lui e non ci riusciva. Oltretutto era estremamente preoccupata che passasse troppo tempo da quel “quasi-bacio” (ancora arrossiva al solo pensiero), aveva paura che lui perdesse interesse verso di lei, che, vedendo quanto era incasinata la sua vita, si allontanasse come Charlie.
Neil, invece, aveva un solo desiderio. E cioè continuare da dove avevano interrotto qual maledetto giorno, un mese prima. Dopo tutto il casino che era successo lui voleva solo appropriarsi di quelle labbra rosee.
Silvia avrebbe tranquillamente potuto farsi altri problemi, visto che Neil non aveva assolutamente intenzione di mollare la presa. Anzi, durante quel pochissimo tempo che passavano insieme, lei lo appoggiava completamente nella sua passione per il teatro, che si protraeva da Settembre, e lui le recitava i pezzi più belli di Shakespeare e altri, rigorosamente incentrati sull’amore e sull’ineguagliabile bellezza dell’amata. Forse era il fatto che Neil sembrava mettersi il cuore in meno e donarlo a Silvia mentre recitava, forse il fatto che anche lei nutriva lo stesso identico desiderio di lui, forse il fatto che ogni istante fosse più intenso e bello man mano che passava il tempo, ma i due sembravano irrimediabilmente persi l’uno dell’altra e non vedevano l’ora che quel maledetto mese passasse e che si potesse tornare alla tranquillità. 

§

31 Ottobre, sera, ingresso della Welton Academy

Nessuno seppe come, ma anche quel mese finì. Ottobre era passato e Novembre aveva portato con se un vento freddo che scuoteva le chiome dei cedri del parco di Welton.

La sera del trentun Ottobre, venerdì per l’esattezza, Silvia salutò con le lacrime agli occhi Francesco. Anche lui, con un po’ di forza di persuasione della sorella, aveva stretto una “conoscenza” con i suoi compagni, arrivando alla conclusione di classificarli tutti “innocui”, anche se Silvia lo aveva saggiamente tenuto lontano da Neil.

« Buon viaggio » disse lei, abbracciando il fratello e premendo le labbra sulla sua guancia.
Francesco strinse le mani dietro alla sua vita e le baciò il naso: « E’ finita tesoro, ora riposati, mi raccomando, sembri uno zombie » rise.
« Grazie di tutto, non so come avrei fatto senza di te » gli sussurrò all’orecchio, terribilmente stanca.
« Figurati Oriana, sono tuo fratello per un motivo, no? »

Dopo una sfilza di raccomandazioni e l’ultimo abbraccio pregno di affetto e gratitudine, Francesco Romani salì sulla limousine e chiuse definitivamente il periodo infernale che aveva occupato tutto il mese di Ottobre.

Silvia doveva ancora capire come diavolo fosse riuscita a sopravvivere con così pochi danni: un lievissimo calo in trigonometria, qualche pianto di disperazione e circa sei giorni di sonno arretrati. L’ultimo tour promozionale in Italia aveva riportato più danni, primi fra tutti i due chili acquisiti a forza di mangiate di cioccolata-anti-panico e la crisi isterica che ne era seguita.

Prima che qualcos’altro potesse assalirla, Silvia scappò, letteralmente, in camera. Prima di addormentarsi pensò solo che, ora che anche quell’ostacolo era stato superato, le cose avrebbero dovuto per forza andare meglio. Insomma, il destino l’aveva torchiata per un mese, ora poteva regalarle un po’ di pace, no?

Avrebbe sistemato tutto i problemi che aveva trascurato. La trigonometria, gli allenamenti di ginnastica e danza e, ultimo ma non meno importante, un problema che aveva il nome di “Charlie Dalton”.

Oh, il ragazzo l’avrebbe sentita. Eccome, se l’avrebbe sentita.


Angolo autrice:

Salve a tutti, Poeti Estinti!
Come va? Eccomi con il IX° capitolo, che ne pensate?

Partiamo subito con i dettagli!

» Il preside Nola: Che perfido quest’uomo! Quanto lo odio! Ma gliela faremo pagare più avanti, ve l’assicuro.

» I Poeti Estinti: Ma quanto adorabili sono questi ragazzi?! Io li amo sempre più alla follia, sono tenerissimi!!

» Charlie Dalton e Silvia Romani: *I lettori lanciano pietra all’autrice. Lei scappa e tenta di spiegare*. Non prendetemi a sassate, vi prego! *I lettori cominciano a lanciare pomodori e vari tipi di ortaggi in putrefazione*. EHI! Neanche la verdura marcia!!! *I lettori passano a lanciare sedie ed altri mobili*. FERMI, POSSO SPIEGARE!!! *I lettori smettono di lanciare, ma preparano i forconi e le torce se la spiegazione non sarà convincente*. Uff… tranquilli, so che vi ho promesso la pace fra i nostri due studenti, ma io volevo fosse una pace in grande stile (motivazione direttamente collegata al fatto che ho aggiornato prima di sabato), perciò, vi prego, abbiate pazienza! Ve lo giuro, gente, li faro riappacificare, non posso tenerli separati. Tenete conto che è un mese che non si parlano, prima o poi dovranno pur farlo, no? O si parlano o scoppiano! Coomunqueee…

» Il mese infernale, ovvero Ottobre: La permanenza di Francesco Romani nel Vermont, è durata poco più di tre settimane, ovvero il tempo che lui e Silvia, insieme a Simmons e la scorta, hanno impiegato per sistemare la questione della candidatura ad ambasciatrice (ricordate il capitolo VII e tutti gli impegni che Francesco aveva annunciato a Silvia?). Diciamocelo, Ottobre ha distrutto Silvia e non tanto per gli impegni scuola-lavoro, quanto per la pressione psicologica che ha dovuto subire ‘sta povera ragazza. Con la partenza di Francesco (povero, ho scritto pochissimo su di lui e mi dispiace un sacco, ma devo elidere alcune cose o scriverei capitoli chilometrici) quindi, si conclude anche questo periodo d’inferno. Silvia si riprenderà molto velocemente, grazie a Dio c’è il weekend, ma, ripeto, il peso più grande era la pressione psicologica che doveva sopportare, perciò, una volta passata quella, ciò che rimane non è che stanchezza. E, vi assicuro, se il ricostituente sono i Poeti Estinti, ci si riprende in un battibaleno.

» I Poeti Estinti: In questo periodo hanno sostenuto Silvia più di chiunque altro, si meriterebbero un regalo, sono stati davvero eccezionali. E poi l’idea del bouquet... anche se poi è finito malissimo, è stato un pensiero così dolceeeee. Che teneriiiiii! Mannaggia quanto li adoro!

» Neil Perry e Silvia Romani: Poveri anche loro (mamma mia, un capitolo di sfortunati), riusciranno a darsi questo benedetto ed agognatissimo bacio, coronando il loro sogno d’amore?


Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Fine Atto I - L'INCIDENTE - Capitolo X Parte I ***


Fine
ATTO I

§

Capitolo X Parte I
L’INCIDENTE

1 Novembre, mattina, camera da letto di Silvia Romani, dormitorio della Welton Academy

Silvia aprì lentamente gli occhi, gustandosi appieno quella tranquillità. Si girò da sotto il caldo piumone, estraendo le braccia e portandole sotto la testa. Respirò la quiete della stanza, del sabato mattina.

Oggi… relax…

Sorrise, pregustando già il profumo di caffè e marmellata della colazione che aspettava solo lei, due piani più in basso.

Una strana quanto naturale positività la invase. Le cose sarebbero andate meglio, da quel momento. Incredibilmente, era riuscita a sopravvivere ad Ottobre e finalmente era libera per davvero di assaporare la serenità.
Si alzò e tirò su le tapparelle. Aprì la finestra della camera è si strofinò le mani sulle braccia quando il vento freddo del Vermont le soffiò sul viso ancora assonnato. Inspirò a fondo la libertà del fine settimana. Dopo essere rimasta dieci minuti ferma alla finestra si toccò il naso. Un pezzetto di ghiaccio.

Okay, meglio che torni dentro, prima di prendermi una polmonite.

Lasciò le finestre aperte per cambiare l’aria alla stanza, si lavò e vestì, rifece il letto e infine, sempre con calma, scese a fare colazione.

Se mamma mi vedesse ora inizierebbe a sbuffare e strillare.

Pensò, ricordando la madre che, quando era ancora in Italia, la costringeva ad alzarsi presto e a fare tutto a velocità supersonica.

Vabbè, oh, mi meriterò anche io un po’ di calma, no?

In mensa non trovò nessuno dei Poeti Estinti, ma non si preoccupò. Loro dormivano sempre fino a tardi il sabato. Quella mattiniera era lei.
In compenso scoprì che la fama giunta a causa dello scoop del mese scorso aveva attirato moltissimi studenti di Welton, per non dire tutti.

Appena si fu seduta al solito tavolo, infatti, tre ragazzi le piombarono vicino, sedendosi con lei. Si ripresentarono e lei fu fortunata a riconoscerli almeno di vista, perché a quei tre se ne aggiunsero altri quattro e dopo altri sei, che ben presto circondarono il tavolo. Pareva che tutti fossero interessati ad accompagnarla in città, al fiume o a fare un giro in bicicletta, a portarle i libri o a fare i compiti insieme, a pranzare e cenare con lei, ad aiutarla in qualsiasi cosa avesse bisogno.
Senza neanche rendersene conto, venne assalita dagli studenti. Dai più grandi di qualche anno, che la imbarazzarono e lusingarono, ai più piccoli del primo o secondo anno, che erano arrivati a portarle qualche fiore o dei bigliettini. Alcuni timidi e riservati, che però non si erano fatti problemi a chiederle di uscire, ai più sfacciati e presuntuosi, che si prendevano certe libertà davvero oltre la norma, come farle il baciamano, passarle un braccio intorno alle spalle o alla vita…

Silvia, in tutta quella confusione, divenne un grazioso pomodorino e cercò in tutti modi di respingere le avances degli innumerevoli cavalieri senza essere troppo scortese, nel mentre tentò di ricordarsi i nomi dei ragazzi per non fare pessime figure.

Caleb, Andrew, Anthony, Ethan, Benjamin, Jackson, Evan, James…

Dopo aver respinto per la terza volta Sean Davis, che voleva a tutti costi accompagnarla a fare shopping, riuscì a districarsi da quella gabbia di studenti e andarsene.

Mamma mia, ma il mese scorso erano così?

Non ricordava di aver fatto tanto scalpore da quando era arrivata. Certo, aveva sempre attirato l’attenzione dei ragazzi da quando era a Welton, ma non era mai stata aggredita in quella maniera. Probabilmente l’intera scuola si era resa conto di quanto, in effetti, fosse importante e famosa la prima studentessa e tutti si erano improvvisamente fatti coraggio e avevano provato ad attirare la sua attenzione.

Approfittatori… tzè…

Sbuffò, racimolando la sua pazienza senza perdere il buonumore e si mise il cappottone della scuola, sciarpa annessa, con l’intenzione di fare una passeggiata nel parco, sperando di essere sola, mentre aspettava i compagni.
Per fortuna, scendendo le scale vide Todd e Neil parlare nell’ingresso, anche loro con i cappotti su.

« Ragazzi! » li chiamò tutta pimpante, felice di vederli in piedi. Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi di avere una compagnia sgradita.

I due appena la videro si illuminarono e lei si “lanciò” su di loro, scendendo l’ultimo gradino con un balzo e aggrappandosi con le braccia ai loro colli.

Non fu proprio un’idea brillante.

Lei non era altissima, riusciva con fatica a raggiungere l’orecchio di Todd, figurarsi dunque la differenza d’altezza con Neil, che era alto quasi quanto Pitts.

Perciò rischiò di spezzarsi le spalle quando la gravità la riportò con i piedi per terra e in contemporanea quasi strozzò i due ragazzi, che finirono per darsi una testata di striscio nel tentativo di restare in piedi e non far cadere la ragazza.
Insomma, il risultato della piccola acrobazia fu abbastanza buffo, visto che si ritrovarono tutti e tre per terra con il didietro ammaccato.

« Ops… » pigolò Silvia, nascondendo un sorriso con la mano.
Tutti e tre scoppiarono a ridere e si rialzarono, spolverandosi la polvere dai vestiti.
« Vedo che oggi siamo allegri! Mi mancavano i tuoi tentativi di omicidio » le sorrise Todd, mentre Neil le circondava la vita con un braccio e l’attirava a sé: « Buongiorno » le sussurrò, facendola avvampare.

Accidenti a te.

« Andiamo a fare una passeggiata? » domandò speranzosa, con gli occhi luminosi e sprizzanti vita.
Todd tossicchiò imbarazzato: « Allora io vado a… cercare Pitts » e Silvia si voltò verso di lui: « Ma certo che no, vieni anche tu! »
« Ma… » partì Neil, ma lei lo fermò: « Niente “ma”, c’era prima Todd, sono io che mi sono aggregata » disse, prendendoli per mano e trascinandoli fuori.
« Sempre troppo corretta » bisbigliò Neil e Todd gli sussurrò: « Hai visto? Preferisce me! » e sghignazzò quando il compagno gli mollò una pappina sul capo.

Attraversarono il parco contagiati dall’allegria della scrittrice, che si guardava intorno e saltava estasiata come se vedesse tutto per la prima volta.
Quando arrivarono al boschetto di cedri lei rimase incantata. Gli alberi erano tutti spogli, ma per terra c’era un letto di foglie arancioni, rosse, gialle e marroni. Era una meraviglia, un tripudio di colori.

« Ooohh! Guardate che bello! Ci potrei scrivere pagine e pagine di racconti! » disse, affascinata.
Neil sorrise guardandola: « Sembri una bimba in un negozio di caramelle »
« Ancora meglio, sono una scrittrice in un bel paesaggio » rise lei: « Non sottovalutare la pazzia degli scrittori, potrei sedermi qui per tutto il giorno e scriverti un libro intero su questo bel mucchio di foglie colorate »
« Potresti scrivere di questo » disse Todd: « “Lo studente tonto che cade nel mucchio di foglie colorate” » e, detto questo, spinse con forza Neil, che inciampò e finì dritto dritto nella montagnola.

Sia Silvia che Todd scoppiarono a ridere, provocando il dissenso del compagno seppellito ai loro piedi, che non apprezzò il gesto dell’amico.

Sbucò dal fogliame solo con la testa, cosa che fece piegare in due i ragazzi, con le lacrime agli occhi.

« Sembri… sembri un… un buffo pupazzo di neve!!! » ansimò Silvia, mentre Todd si teneva la pancia e guardava la faccia offesa di Neil: « Sei da fotografia!! »
Neil li guardò male: « Ah sì? » la sua gamba sbucò dal muccio e fece cadere Todd come un sacco di patate fra le foglie, seguita poi dalle braccia che acchiapparono la scrittrice per la vita e la trascinarono su di lui, ancora ridente.
« Ecco! Adesso puoi scrivere de “I tre studenti tonti che cadono nel mucchio di foglie colorate” » le disse, tenendola saldamente stretta a sé e avvicinando il viso al suo.

Lei sorrideva ancora, ma, essendo propriamente seduta su Neil, le guance erano inevitabilmente diventate rosse, cosa che fece nascere un’espressione tremendamente felice e soddisfatta sul volto del compagno, mentre da sotto le foglie giungeva la voce soffocata di Todd: « Vorrai dire de “La scrittrice e del migliore amico brutalmente raggirati dallo studente tonto caduto nel mucchio di foglie colorate” » e Neil, distogliendo di malvoglia lo sguardo dalla ragazza e rivolgendolo al cumulo rialzato accanto a lui: « Vorrai dire “Spinto nel mucchio di foglie colorate” », ma il cumulo ribatté: « Oh, non dare la colpa a me se il tuo equilibrio fa schifo! » e Silvia rise.
Neil allora si rivolse a lei: « Si sta per caso prendendo gioco di me, signorina Romani? » le disse, avvicinandola ancora di più con fare provocatorio, i loro visi molto vicini. Lei balbettò, in evidente difficoltà: « Bhe… sei… divertente da prendere in giro » parlava senza neanche pensare, il profumo di Neil, che aveva deciso di passare all’attacco, le aveva inondato le narici e mandato a pascolare i suoi neuroni. E sembrava proprio che il ragazzo ci stesse prendendo gusto, visto il ghigno ebete stampato sul viso.

Così lei, recuperando un minimo di lucidità, decise di metterlo a sua volta in difficoltà. Ghignò anche lei, sorprendendolo per un attimo, prima di sgusciare dalla sua presa e aiutare Todd ad alzarsi, ignorandolo.

E Neil, che voleva stare al gioco, la seguì ridendo mentre si avviavano verso il molo.

« Dai Neil, recitaci qualcosa! » lo incitò Todd, mentre Silvia lo trascinava su per l’argine, allora l’amico li raggiunse e afferrò la ragazza da dietro, prendendola in braccio e decantando con fare teatrale: « Oh, scemo di un cavaliere, ora vi sottrarrò la vostra dama! » e, mentre la “dama” in questione protestava, la portò sul ponte, sospeso sull’acqua placida del fiume, seguito da Todd che strillava agitando un bastone in aria: « Non vi azzardate! Ella è mia » e detto questo pigliò Silvia, appena depositata a terra, e se la portò alle spalle: « Anche perché è ovvio che preferisce me! »
 « Questa è una menzogna!!! » urlò Neil, afferrando a sua volta un bastone e puntandolo verso l’avversario, dietro al quale stava una scrittrice che li guardava con e mani sui fianchi e cipiglio severo, scuotendo sconsolata la testa.
« Lasciatelo decidere a lei e vi proverò che io sono il suo preferito! » e i due si voltarono verso Silvia che li guardò e alzò le sopracciglia con fare ovvio.

I ragazzi la guardarono confusi e lei replicò: « Bhe? Su! Sfidatevi a duello! Come faccio a decidere sennò?! Ma lo avete letto qualche romanzo medievale? ».

Neil e Todd si riscossero e presero subito a darsi stoccate con i bastoni, urlando come degli ossessi: « Vi batterò e lei sarà mia! », « Non cantate vittoria!! » e lei li guardava, scossa dalle risate.

Neil colpiva duro, scherzava, ma scherzava seriamente e questo rendeva la scrittrice segretamente felice.
Todd, dal canto suo, non ci metteva molta energia, sembrava volesse far vincere apposta l’amico.

Ridevano tutti e tre come dei matti. Se li avesse sentiti qualcuno avrebbe chiamato l’ospedale psichiatrico.

Mentre attendeva che i due “cavalieri” finissero, Silvia si avvicinò al bordo del pontile e sfiorò con le dita l’acqua ghiacciata.

« Brr, è fredda » disse, ritirando la mano e scaldandola con il fiato. Da accucciata che era, si rialzò in piedi, sperando che i suoi amici avessero finito con lo spettacolino.

Si voltò e la gomitata di qualcuno la colpì in pieno petto, togliendole il respiro e facendola arretrare di un passo di troppo.

Cercò di riprendere l’equilibrio, muovendo convulsamente le braccia in avanti, facendo un altro passo indietro per non cadere.

Solo che, al posto del bordo del pontile, trovò l’aria.

Il peso del suo corpo la face cadere, talmente velocemente da permetterle solo di sussultare spaventata.

Passò appena un secondo e l’impatto con l’acqua fu devastante.

Le urla dei compagni si interruppero. Ciò che sentì Silvia fu solo il rumore del suo corpo che infrangeva la superficie del fiume.
Poi arrivò il freddo, che penetrò nella carne così profondamente da farle spalancare la bocca in un muto urlo di dolore. L’acqua la inondò, impedendole di respirare e spaventandola a morte.

Senza pensare, il cervello completamente soggiogato dalla paura, si aggrappò alle mani invisibili dell’acqua, ma i vestiti pesanti e le scarpe la portarono a fondo.

Era tutto orrendamente buio e oscuro.
L’ossigeno non arrivava e lei si sentiva troppo pesante per riuscire ad emergere.

Il fiume era troppo profondo, troppo freddo.

Si sentì debole, mentre il freddo si insinuava sempre più in profondità man mano che scendeva. L’aria, mancava l’aria. Non riusciva a respirare, non ci riusciva!

Gli occhi e la gola bruciavano, i polmoni reclamavano l’ossigeno che non arrivava.
Non vedeva nulla e tutto ciò che sentiva era la paura, l’angosciante, terribile paura.
Continuò ad agitare le gambe e le braccia, in ultimo spasimo tentò addirittura di levarsi le scarpe e scrollarsi il cappotto di dosso.
La sciarpa la stava soffocando, le dita delle mani non rispondevano più e i piedi facevano malissimo.

Era un dolore atroce che le bruciava nelle membra e che lei non riusciva a fermare.
C’era solo la disperazione di riuscire a tornare a galla, di riemergere.
Le alghe la sfioravano, qualcosa le ferì un fianco e il bruciore aumentò.

Credette di sentire il dolore dell’assenza d’aria, del sangue che non circolava più e della paura che le fermavano il cuore.
Pensò solo a due cose, mentre finalmente si accasciava sul fondo.

Che sarebbe morta in modo orribile, uccisa dalla paura.
E che Dio la perdonasse per ciò che di sbagliato aveva fatto.

Non seppe se aveva chiuso gli occhi o meno, era tutto buio.
Non fece in tempo a sentire l’ultimo palpito del suo cuore, perché il cervello si scollegò prima.

§

« NON SENTO IL CUORE!!!! »
« Hanno chiamato l’ambulanza, stanno arrivando! »
« Non lasciarmi… ti prego… »
« PROFESSORE! »
« FATEMI PASSARE! Perry! Che è successo?! »
« E’ CADUTA IN ACQUA, L’ABBIAMO SPINTA PER SBAGLIO! »
« Calmati Neil! »
« Continua a darle aria Todd! »
« E’ qui l’ambulanza!! »
« E’ una ragazza, sedici anni, è in ipotermia! Come si chiama? »
« Silvia Romani! »
« Spostati ragazzo! »
« Ti prego, ti prego, Silvia, ti prego! »
« Neil spostati! »
« Anderson, porta via Perry! »
« NEIL ANDIAMO! NON FAI ALTRO CHE INTRALCIRLI SE STAI QUI! »
« Perry! E’ un ordine! »
« Forza Neil! »
« Ragazzo, te lo prometto, la salveremo, ma ti devi spostare, va bene? »
« Ti prego Silvia… »
« Uno, due, tre… LIBERO! »
« Forza Silvia! »
« Uno, due, tre… »
« LIBERO! »

§

1 Novembre, mattina inoltrata, biblioteca della Welton Academy

Charlie stava studiando con Meeks, Pitts e Knox, quando sentì in lontananza qualcuno che lo chiamava.
La voce si fece più vicina alla biblioteca e i ragazzi si guardarono perplessi.
Altre voci si accalcarono e si sentì distintamente il rumore di qualcuno che correva per le scale.

« Ma che sta suc- » fece per chiedere Knox, ma la voce li interruppe nuovamente e Charlie riconobbe chiaramente Neil che urlava, fuori di sé.

« CHARLIE!!! »

L’interpellato stava per alzarsi, vagamente preoccupato, quando Neil spalancò la porta della biblioteca, seguito da Todd.
Entrambi erano sotto shock.

Neil era bagnato fradicio, scalzo e con solo la camicia bianca e i pantaloni grigi della divisa. Batteva i denti furiosamente ed era terrorizzato, mentre Todd aveva gli occhi fuori dalle orbite e respirava pesantemente.

Tutti li guardarono allucinati, mentre al di fuori della biblioteca cominciava ad espandersi una confusione infernale. I compagni si alzarono in piedi all’istante, rovesciando le sedie, improvvisamente preoccupatissimi.

« CHARLIE!!! E’ CADUTA!!! E’ CADUTA NEL FIUME! »

Charlie si sentì male, se Neil e Todd erano così sconvolti voleva dire che quel soggetto femminile era una persona. E non c’erano dubbi su chi fosse.

Knox tentò di capirci qualcosa, sorpassando con la voce Neil, che aveva preso a tremare violentemente, scosso da brividi di freddo.
« NEIL, CHE DIAVOLO E’ SUCCESSO?! »
« Eravamo al molo e l’abbiamo spinta nel fiume per sbaglio! Non veniva più su e Neil si è buttato per prenderla! Era sul fondo, ma quando l’abbiamo tirata su era bianca come un cadavere, non respirava e il cuore non batteva!!! Abbiamo chiamato aiuto… un’ambulanza… le ho fatto la respirazione bocca a bocca, ma non… NON RESPIRAVA!! » urlò Todd passandosi le mani nei capelli.

Gli altri sbiancarono, non riuscendo a credere a cosa avevano appena sentito.

Charlie fu il primo a riprendersi.
Corse fuori tanto velocemente da far vibrare il pavimento, seguito immediatamente dagli altri, spaventati a morte, spingendo chiunque al loro passaggio.

L’ambulanza era ferma sull’argine, accanto ad essa, per terra si affannavano disperatamente quattro medici intorno ad una figura che sembrava in fin di vita. Keating e il preside erano lì, mentre gli altri prof tenevano lontani gli studenti che si spintonavano per vedere cosa stava accadendo.

Quando gli insegnati urlarono loro di fermarsi Charlie e Neil continuarono imperterriti a correre, ma vennero fermati da Keating che li placcò con forza, rischiando anche di finire a terra.

Charlie guardò disperato Silvia. Era stesa su un lenzuolo verde scuro, i capelli fradici che le circondavano il viso. Era tanto bianca da sembrare morta. Le labbra erano viola, la camicetta della divisa era aperta e lasciava vedere una canottiera bianca, che non serviva a niente, visto che, bagnata, era semitrasparente. Un taglio profondo solcava il fianco destro, impregnando la canottiera di sangue. Il reggiseno celava le sue grazie, ma Charlie pensò solo che nessun avrebbe dovuto vederla in quello stato. Nessuno avrebbe dovuto sporcare quell’immagine di purezza con occhiate poco caste. I primi due medici stavano tentando di rianimarla, mentre gli altri due massaggiavano veementemente le mani e i piedi della ragazza, che avevano preso un colorito leggermente più scuro. Uno di essi pompava il sangue, spingendo sul suo cuore ad intervalli regolari e chinandosi sulle sue labbra per soffiarle aria, l’altro continuava ad usare il defibrillatore. Charlie osservò il corpo della sua migliore amica ricevere la scossa, ma non riprendersi.

Il mondo parve fermarsi lì.

Neil e Charlie erano immobili, fissavano Silvia Romani che non si decideva a respirare. I loro cuori, insieme a quelli di tutti gli studenti, e soprattutto dei Poeti Estinti, battevano per lei.

Neil piangeva, continuando a ripetere senza voce le parole “Ti prego”.
Charlie guardava la ragazza senza pensare, gli occhi rossi e lucidi per la prima volta.

C’era un silenzio irreale.

Uno dei medici parlò, paralizzando i cuori dei Poeti Estinti: « Ultimo tentativo, se non risponde a questo, pronti a segnare l’ora del decesso ».

Neil e Charlie sbiancarono e smisero di respirare, come tutti presenti.

Se fosse caduto uno spillo, tutti lo avrebbero sentito.

Il primo medico pompò il sangue, spingendo con forza sul cuore di Silvia.
« Uno… due… tre… quattro… » si chinò sulla ragazza e le soffiò l’aria, mentre il secondo medico alzava il voltaggio del defibrillatore, pregando che funzionasse.
« LIBERO! » e il corpo della ragazza ricevette la scossa, che le alzò il busto di qualche centimetro.

Con un tonfo che si sarebbe impresso a vita, come marchiato a fuoco, nelle menti degli studenti, il corpo di Silvia si accasciò a terra.

§

« Ora del decesso… 11 e 17. Nome… Silvia Rom- OHGESÚCRISTO!»

§


Angolo autrice:

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccomi con il X° capitolo! Qui si conclude il I° Atto de “La prima studentessa della Welton Academy”.

Questa è solo la prima parte del capitolo, perciò le note a piè di pagina compariranno direttamente nella seconda parte che pubblicherò domani, giusto per lasciare un po’ di suspense!

Infine: grazie, grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e a sperimentare. Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Atto II - FUOCO - Capitolo X Parte II ***


ATTO II
« ... ed io scelsi quella meno battuta... »

§

Capitolo X Parte II
Fuoco

§

« Ora del decesso… 11 e 17. Nome… Silvia Rom- OHGESÚCRISTO!»

§

1 Novembre, mattina inoltrata, molo della Welton Academy

ARIA! ARIA!

L’azzurro del cielo, troppo chiaro per le sue pupille deboli, l’accecò, costringendola a socchiudere gli occhi.

Spalancò la bocca, ma non riuscì ad inghiottire l’aria di cui aveva un disperato bisogno.

Le membra, dure come il marmo, con uno sforzo sovrumano si sollevarono, permettendole di alzare un poco il busto e ruotandola su un fianco, sostenuta a malapena dai gomiti.

Il mondo prese a girare vorticosamente, facendole venir voglie di vomitare tutto lo stomaco.

Ma ciò che la tormentava come non mai era la gola, la gola che ardeva come se fuoco vivo stesse carbonizzando la carne. I polmoni si erano ridotti a pezzi di carbone incandescente che le lacerava il petto. In mezzo alle clavicole, appena sotto alla gola, stava un nodo. Un nodo fatto di qualcosa di liquido, qualcosa che le impediva di ricevere aria.

Facendo violenza su sé stessa, riuscì a sputare quel nodo, graffiandosi la gola e sentendo sulle papille gustative quel sapore, che in verità era insapore, dell’acqua del fiume.

E finalmente sentì l’aria invadere dolorosamente i suoi polmoni.

L’ossigeno arrivò al cervello, rendendola cosciente, ma stordita come non mai.

Con un verso di puro strazio ingoiò avida altre boccate d’aria e si accasciò a quello che doveva essere il suolo.

Ignorando il dolore che le provocava continuare a respirare, cercò di uscire da quel limbo sfocato dov’era rinchiusa.

Pian piano, riattivò tutti sensi.
La prima cosa che sentì fu il suo corpo estremamente debole e pesante. Provò a muovere una mano, ma il dolore fu così acuto che ci rinunciò in partenza. Ogni suo arto urlava di disperazione. Si sentiva come se le fosse passato sopra uno schiacciasassi. Molte volte.

Poi la vista si fece più limpida e poté distinguere le sagome di alcuni uomini chini su di lei, che continuavano a farle domande a cui lei non rispondeva.

Il naso sentì odore d’erba, di foglie, di plastica sterilizzata e di sangue e finalmente anche le orecchie cominciarono a collaborare.

Urla.
Dicevano un mucchio di cose diverse, ma lei riuscì ad afferrarne solo poche. “Viva”, “Respirare”, “Dio”...

« Silvia… Silvia, mi senti? » disse l’uomo chino su di lei. Avrebbe voluto rispondergli, ma solo in quel momento si rese conto che aveva una mano chiusa intorno alla gola e di non sapere come sarebbe uscita la sua voce con tutto quel fuoco che divampava ogni volta che respirava.
« Riesci a parlare? » e lei, molto debolmente, scosse il capo di poco.
« Quindi mi senti ». Un cenno del capo.
« Bene, ora ti spostiamo sulla barella. Adesso mettiamo una tavola sotto di te e ti solleviamo. Riesci a muovere qualche parte del corpo? ». Scosse il capo, sentendo un nuovo capogiro. 
« Okay, tranquilla, non muoverti, ci pensiamo noi » le disse gentile, mentre qualcosa di duro, una tavola in plastica, probabilmente, le passava sotto e il medico, perché quell’uomo era un medico, ne era certa, le sollevava delicatamente la testa, le braccia, il busto e le gambe. Come se fosse una bambola di porcellana finissima, fragile e pronta a spezzarsi da un momento all’altro.

Per quanta delicatezza ci mise il medico, non poté impedire al suo corpo di provare un dolore insopportabile ogni volta che veniva anche solo toccato. Gemette, ma la gola bruciò ancor più forte e il suono che ne uscì non pareva nemmeno umano.

Fu messa su una barella e il semplice tragitto di tre secondi le fece venir voglia di rimettere qualsiasi cosa avesse in corpo.
Non appena l’ebbero sistemata, altri medici le sciamarono intorno, sistemandola in una coperta termica, attaccandole cavi addosso e posizionando sul suo viso una mascherina per l’ossigeno.

Continuando a respirare a fatica, si guardò intorno. Vide Keating parlare con il preside Nolan e poi correre accanto alla barella e parlare con i medici.
Vide Simmons sbraitare animatamente con un altro dottore e tanti studenti che si agitavano.
Tanti, tantissimi studenti.

Un momento… Cos’era successo?
Lei era caduta nel fiume e… e doveva essere morta! Era certa che sarebbe morta! Ma allora perché era viva? E perché sentiva tutto quel dolore? E chi l’aveva salvata?
Si ricordava di Todd e Neil e… TODD E NEIL!!

Si guardò freneticamente attorno, strizzando gli occhi dal dolore ogni volta che ruotava di poco il capo, e finalmente li vide.

C’era Neil, tutto bagnato e davvero molto pallido, che continuava a fissarla ed a urlare, mentre due medici lo tenevano fermo e tentavano di mettergli una coperta termica addosso mentre si divincolava e cercava di avvicinarsi alla barella. Dietro di lui c’era Charlie, tenuto a fatica da Knox e Pitts, anche lui agitatissimo. Stava gridando addosso al professor Keating, che lo aveva appena raggiunto e cercava di calmarlo. Todd e Meeks la guardavano preoccupati dietro ai compagni.
Riportò debolmente lo sguardo su Neil, che era stato avvolto a forza nella coperta, ma che continuava a spingere per raggiungerla.

Solo in quel momento capì che Neil doveva essersi buttato nel fiume per prenderla. E che se era finito anche lui in quella corrente ghiacciata e mortale…

Con uno scatto secco, alzò il busto e protese il braccio per avvicinarsi al ragazzo, ma una scossa tremenda di dolore la fece urlare, se si poteva definire “urlare” il suono spezzato e agonizzante che le uscì dalle labbra, e riatterrò di peso sulla barella. Il secondo colpo la fece scoppiare in lacrime.

Perché fa così dannatamente male?!

Neil. Doveva raggiungere Neil.
Poi si sentì chiamare di nuovo e si voltò verso Charlie, urlava più forte e pareva intenzionato a spaccare il naso a Keating se non lo avesse lasciato passare.

Fece appena in tempo a rendersi conto che Charlie la stava chiamando, che era preoccupato per lei, che stava per picchiare un professore per raggiungerla, che uno dei dottori calò su di lei e la tenne ferma alla barella.

« No » rantolò, riconoscendo a stento quella sillaba nel suo verso. E di nuovo una fitta di dolore le riverberò nelle membra.
« Silvia, devi stare ferma o ti fari male da sola. Il sangue deve riprendere a circolare bene nelle vene » le disse, massaggiandole la mano destra.

Lei gemette, mentre la mano le formicolava dolorosamente. Il dottore le toglieva la vista dei compagni e lei doveva raggiungerli.

Cavolo, se avesse saputo che bisognava annegare in un fiume ghiacciato per ricordare a Charlie la sua esistenza avrebbe risolto il problema un mese prima.

Decise di fare un ultimo tentativo. Al diavolo il dottore apprensivo.

Cerco di sollevarsi sui gomiti, ma scoprì di non averne la forza.

Andiamo…

Ci riprovò e questa volta vide che, con una stilettata che ignorò per forza di cose, ci riusciva. Almeno un pochettino.

Con uno spasimo più forte dei precedenti, riuscì ad issarsi sul busto e a vedere sia Neil che Charlie. Sembravano più calmi. Erano tutti e due vicini al professor Keating, che aveva posato le mani sulle loro spalle. Ma, non appena la notarono sollevare a fatica una mano nella loro direzione, sul punto di ricadere di nuovo sul lettino e con le lacrime agli occhi per le fitte che scuotevano il suo corpo, approfittarono della distrazione del professore e si fiondarono su di lei.

Ma, ancora una volta, vennero fermati da un dottore che li respinse di nuovo.

Per fortuna il medico che assisteva la ragazza si accorse dei suoi istinti masochisti e, delicatamente, la rimise stesa, non potendo fermare, però il suo dolore, che pareva divorarla. Letteralmente.

« Se non sta ferma dovremo sedarla » suggerì un dottore da dentro l’ambulanza.

Tutt’a un tratto i medici le parevano molto meno gentili.

Quella volta sentì distintamente le parole di Charlie: « Si sposti!!! Io ci voglio solo parlare e ci parlerò, mi ha capito?!?! » e quelle di Neil: « Lei adesso mi ci fa parlare, me ne infischio dei suoi protocolli, si levi di mezzo!!! ». Evidentemente stavano perdendo le staffe.

« Non possiamo sedarla, rischiamo che non si svegli più. Di nuovo » rispose il dottore accanto alla barella, che le stava controllando i parametri vitali.

AH! Alla faccia tua, medico numero 2 troppo apprensivo! Madonna, ma quanto freddo fa? Mi fanno male le gambe… e le braccia… e la testa… Mio Dio che dolore!!!

« …M-mal… » provò a dire qualcosa, ma la gola ardeva tremendamente.
« Cosa? » le chiese il dottore.

Ma che cavolo di medico sei?! Non vedi che sto piangendo e sono sul punto di morire?! BRR… QUANTO CACCHIO DI FREDDO FA?!?

« …Fred-do-do… » balbettò, i denti che si dibattevano furiosamente.
« Oh! Ti metto un'altra coperta. Ora ti portiamo all’asciutto e al caldo »

Aspetta… Non vorranno portarmi all’ospedale?! No! Io devo parlare con Neil e Charlie! E con Todd e… AH! CHE DOLORE!! AIUTO BASTA!

Alte lacrime presero a scendere furiosamente. Le sentiva bollenti a contatto con la pelle gelida del viso. Perché nessuno faceva niente? Stava soffrendo, agonizzando per la precisione, e perché nessuno le dava qualcosa? Una flebo, una medicina… qualcosa!

Con movimenti lenti e dolenti si strinse nelle coperte.
Una pesantezza soporifera l'avvolse.
Si sentiva così stanca, così desiderosa di stare al caldo e al sicuro.

Non ce la faccio...

« Tranquilla Silvia, ora ti portiamo al caldo, tu rilassati. MUOVIAMOCI! » urlò il dottore, mentre sentiva le palpebre pesanti. Aveva una voglia matta di dormire.
Probabilmente il medico apprensivo le aveva iniettato qualche calmante.

Maledizione a te, medico numero 2!

L’ultima cosa che vide, prima che le palpebre calassero, furono i suoi amici. Che la guardavano da lontano, tremendamente preoccupati.

« Scu… sate… » biascicò, prima di cadere, o meglio, precipitare nel dolce abbraccio di Morfeo.

§

1 Novembre, sera, infermeria della Welton Academy

« … Un miracolo… »
« … Già, lo penso anche io… »
« … Se non ci fossero stati Perry e Anderson sarebbe morta di sicuro… »
« … Benedetti ragazzi, spero gli daranno una medaglia al valore… »
« … Potrei parlarne con il preside, è il minimo dopo quello che hanno fatto. Non solo hanno salato lei, ma anche la scuola. Se fosse… morta… Nolan avrebbe dovuto chiudere l’istituto. Anche se dopo ci sono volute sei persone per tenere fermo Perry… Eh, credo proprio che quel ragazzo si sia innamorato… Ah, bei tempi quelli dell’amore adolescenziale, non trova? »
« A ragione professore, ma la guardi. E’ davvero graziosa e mi hanno detto che è anche educatissima ed intelligente! Non mi stupisco che i ragazzi ne siano tutti cotti! Oh! Si sta svegliando! »
« Signorina Romani… »

Silvia aprì gli occhi, lentamente, e la prima cosa che vide fu una figura femminile.

Ed era un pezzo che non vedeva una figura femminile.

Quando la mise a fuoco, notò che si trattava di una donna anziana, bella per l’età che doveva avere, vestita con un’uniforme blu e bianca.

Un’infermiera.

Poi ruotò la testa e incontrò lo sguardo limpido del professor Keating, che le sorrideva.
Lo guardò confusa. Si trovava in ospedale?
Effettivamente era distesa su un letto d’ospedale, con le lenzuola candide e due cuscini sotto la schiena, rialzata in una posizione semi-seduta, grazie allo schienale del letto, evidentemente regolabile.

Eppure qualcosa le diceva che non si trovava in una struttura ospedialiera. Di soccorso, sì, ma non un ospedale.

Innanzitutto, la stanza era molto grande, da quello che poté vedere, e c’erano due file di letti come il suo, disposte alle due pareti laterali. Le pareti erano color crema e ciò che la convinse del fatto che non si trattava di un ospedale era il profumo, intenso ma non fastidioso, di fiori.
E lei era più che sicura che gli ospedali non profumassero di fiori.

Keating, dopo aver ridacchiato nel vederla drizzare il nasetto alla ricerca della fonte di quel profumo le disse: « Dovrebbe girarsi signorina Romani, credo rimarrà piacevolmente sorpresa »

Lei si voltò a destra e ciò che vide, più che sorprenderla, la sconvolse.

Accidenti.

Il letto accanto e tutta l’area che lo circondava erano letteralmente ricoperti di mazzi di fiori.

Sgranò gli occhi. Ovviamente sapeva da dove arrivasse quella piccola serra. O meglio, sapeva da chi arrivasse.

« Credo che abbia degli ammiratori » ridacchiò ancora il professore.
Lei si voltò a guardarlo, poi guardò il letto, l’infermeria e l’infermiera, i fiori e di nuovo il prof.
Infine si abbandonò sui cuscini, sentendosi esaurita.
« Perché non me ne va bene una? » domandò. La voce le era uscita sorprendentemente flebile e debole. Sembrava un gemito soffiato, come se fosse senza voce.

Provò a schiarirsi la gola, ma ottenne in cambio solo del dolore alle corde vocali, mentre Keating scoppiava a ridere e l’infermiera, anche lei sorridendo, trafficava con delle medicine sul suo comodino.
« Non ti sforzare, cara » le disse l’infermiera invitandola ad aprire la bocca e spruzzandole qualcosa che doveva essere uno sciroppo, ma che era tanto amaro da suscitarle una smorfia disgustata.
« Oh, su, non fa poi così schifo » le disse la donna.
« Insomma… » rispose, questa volta con un po’ meno di fatica: « Che cos’è successo, professore? » tossicchiò.
« Oh, bene, mi hanno dato circa sessanta versioni della storia » disse, mettendosi comodo il prof come se stesse per raccontarle una favola.

« Allora. Lei era andata al molo con il signor Anderson e il signor Perry. A quanto pare si è avvicinata al bordo del pontile e ha ricevuto un colpo da uno dei suoi due compagni che stavano… “duellando con dei bastoni”. Lei è caduta nel fiume e non riusciva più a venire a galla, per colpa dei vestiti pregni, immagino, così Perry si è buttato ed è riuscito a riportarla in superfice. Però non respirava e anche il battito del cuore era estremamente debole. Perry è andato nel panico, ma, fortunatamente, il signor Anderson è rimasto abbastanza lucido da praticarle immediatamente la respirazione bocca a bocca, abbastanza da permettere a Perry di chiamare aiuto. Appena gli studenti si sono resi conto di ciò che stava succedendo è scoppiato il finimondo. E’ stata chiamata un’ambulanza e i professori sono stati avvisati. Io e il dottor Nolan ci siamo fiondati al molo, l’ambulanza era già arrivata. Anderson ha immediatamente lasciato che i medici le praticassero la respirazione artificiale, ma Perry non ne voleva sapere di lasciarla, signorina Romani. Credo fosse sotto shock, i dottori hanno dovuto promettergli di salvarla, prima che lui venisse portato via di peso da Anderson. Dopo, da quello che ho capito, sono corsi ad avvisare i suoi compagni e sono ritornati al pontile. Non ho mai visto il signor Dalton così pallido, temevo potesse svenire da un momento all’altro. Nel frattempo i medici hanno tirato fuori il defibrillatore, ma lei continuava a non rispondere. C’è stato un momento di vero terrore… pensavo che lei… non ce l’avrebbe fatta. Il dottore ha fatto un ultimo tentativo… hanno alzato il voltaggio del defibrillatore, sperando che funzionasse, ma… » Keating tentennò. Ci fu un attimo di silenzio, prima che continuasse.

« … Lei non ha risposto neanche all’ultimo tentativo. Era… morta. Dio… non le dico come mi sono sentito… come tutti ci siamo sentiti » sussurrò.

Silvia si sentì in colpa per aver fatto prendere una grande paura a tutti.

« Hanno scritto l’ora del decesso e… poi il suo corpo ha avuto uno spasimo e lei ha spalancato gli occhi. Il dottore che era con lei ha avuto un attacco di cuore, si messo ad urlare! Molto poco professionale per un medico, anche se tutti hanno avuto un infarto. Eppure lei respirava! Bhe… “respirare”… diciamo che si è quasi soffocata, prima di riuscire a sputare l’acqua residua che le ostruiva i polmoni. Poi si è accasciata di nuovo e, ogni volta che prendeva una boccata d’aria, la si sentiva gemere e urlare. Sembrava stesse soffrendo molto. Ed immagino sia stato così. A quel punto Perry si è di nuovo gettato su di lei e questa volta con lui c’era pure il signor Dalton. I medici, insieme a me, hanno tentato di fermarli, ma loro continuavano ad insistere. Poi si sono accorti che anche Perry stava gelando dal freddo, così hanno tentato di mettergli una coperta termica, ma sembrava indemoniato, quel ragazzo. Ho dovuto minacciarlo, così come per Dalton. Credo che mi volesse picchiare. Nel frattempo hanno caricato lei su una barella per portarla in ospedale, ma il signor Simmons e il dottor Nolan si sono imposti affinché rimanesse qui e credo che la ragione di ciò sia la sua fama, signorina »

Silvia lo immaginava, se i giornali avessero saputo dell’incidente Nolan, e l’intera scuola, si sarebbe trovato in situazioni alquanto spiacevoli.

Keating continuò: « Anche lei si è agitata un po’, nelle sue condizioni, e i medici hanno dovuto darle un calmante, ma credo che non si aspettassero la sua stanchezza. Dopo due minuti stava già dormendo e l’hanno portata qui in infermeria » concluse. Fu l’infermiera a proseguire.

« Sei andata in ipotermia dopo poco tempo nell’acqua. I dottori hanno ipotizzato che sia stato grazie al pronto intervento di quel ragazzo… Perry, giusto? Sì, lui ti ha portato a riva, ma il sangue aveva smesso di circolare nelle vene e il battito del cuore era debolissimo. Devi ringraziare anche l’altro ragazzo… Anderson. Se lui non fosse intervenuto immediatamente con la respirazione artificiale probabilmente saresti morta. Oh, cara, davvero, credo che ci fosse il tuo angelo custode lì con te, non so spiegarmi come tu non abbia riportato danni seri. Mentre dormivi ti hanno fatto tutta una serie di controlli. I polmoni sono apposto, devi aver ingoiato poca acqua. La gola, invece, ti farà male per un po’, qui mi hanno prescritto le medicine da darti. Ecco, inclina le testa e apri bene gli occhi. Questo è un collirio, ti rinfrescherà gli occhi. Nulla di grave, ma sono un po’ rossi per via dell’acqua » e delicatamente le fece cadere alcune gocce sui bulbi oculari, che all’inizio bruciano, facendola lacrimare, ma poi le diedero un enorme sollievo.

« Quanto ho dormito? » chiese piano: « E dove sono gli altri? Neil sta bene? » chiese flebile.

« Circa sette ore » le rispose Keating: « Tutto il pomeriggio. I suoi compagni sono a cena, ora. Ma mi hanno fatto promettere di avvisarli appena lei si fosse svegliata. Il signor Perry sta bene, ha preso solo un po’ di freddo, è molto più forte di costituzione di lei » le sorrise: « Ora devo andare, signorina Romani. Devo parlare con il preside e gli altri professori. Ah, a proposito, Simmons ha contattato la sua famiglia e li ha rassicurati, non si preoccupi, abbiamo sistemato tutto. Chiamo subito i suoi compagni? »

Ma l’infermiera rispose prima di lei: « Ce li mandi qui fra due orette, grazie professore »

« Ma… » fece per protestare Silvia, subito fermata dalla donna: « Niente “ma”, cara, ti devi fare un bagno, devo applicati delle bende su quel taglio e fare gli ultimi controlli, avrai tempo per vedere i tuoi amici dopo! » la rimbeccò.
« Uff! » sbuffò, prima di sospirare e sorridere al professore, che si era avviato verso la porta: « Grazie mille di tutto, professore ».
In risposta ricevette un sorriso, poi l’infermiera calò su di lei.

Delicatamente, la donna, che scoprì chiamarsi Daisy, l’accompagnò in bagno su una sedia a rotelle. Faceva troppa fatica a camminare, gli arti erano ancora molto indolenziti. Sollevata dal fatto che la signora fosse un’infermiera e non un infermiere, si spogliò rimanendo in biancheria intima e venne aiutata a calarsi lentamente nella calda vasca da bagno dell’infermeria. Per i primi cinque minuti fu molto doloroso riabituare il suo corpo al calore e alla mobilità. Daisy l’aiutò massaggiandole delicatamente le gambe e le braccia, le mani e i piedi, su istruzione dei medici. La consolò quando le lacrime inziarono a scendere, perchè il suo corpo stava facebdo davvero un grande sforzo per riprendersi. Dopodiché la lasciò sola, in modo che potesse lavarsi con calma anche i capelli e il resto del corpo. Poi fu asciugata di tutto punto, anzi, Daisy insistette anche per spazzolarle i boccoli. Indossò un caldo pigiama bianco di flanella, con tanto di calzini pesanti. Mangiò una calda e soffice vellutata di zucca, e infine fu sistemata a letto. Avvolta in due strati di coperta e un piumone.

Semi seduta sul morbido letto, le braccia che spuntavano appena dal piumone candido si concesse di osservare meglio i regali che i ragazzi le avevano portato.

C’erano fiori di ogni tipo, grandi mazzi di rose, tulipani, orchidee, azalee, nontiscordardime, viole, lavanda, dalie, ginestre, peonie, malva… tanti bigliettini, dediche e nomi.

Dovrò ringraziare tutti quanti…

Pensò, sorridendo dolcemente, commossa da tutto quell’affetto, mentre l’infermiera sistemava le ultime cose e le dava la buonanotte, raccomandandosi di andare a dormire presto e di chiamarla per qualsiasi cosa.

Ripensò a Todd. Lui le aveva fatto la respirazione bocca a bocca. L’aveva salvata, insieme a Neil.

Arrossì sfiorandosi le labbra con la punta delle dita.

E pensare che avrei voluto fosse un altro il primo a toccare le mie labbra.

Non era stato un bacio, lei era praticamente morta e Todd voleva solo salvarla, non lo avrebbe definito “il primo bacio”, ma era comunque una sensazione strana.

Povero Todd, lo staranno tartassando con questa storia adesso.

Sorrise, il suo tenero Todd, timido come pochi eppure così coraggioso da salvarla.
Sarebbe stata in debito con lui per sempre.
Così come per Neil, che aveva rischiato quasi quanto lei, buttandosi in quel fiume della morte.
E Charlie… Charlie non era indifferente! Sapeva che aveva qualcosa da nascondere e ora lo avrebbe scoperto, a costo di cavargli le parole di bocca a forza.
Mica era quasi morta per niente!

La porta si spalancò all’improvviso, facendola saltare in aria dallo spavento. Sbattè il gomito sul bordo di metallo del letto e una fitta acuta la trapassò, mentre una sagoma enorme si lanciava su di lei urlando.

Pitts la abbracciò per la vita, sollevandola e stringendola a sé, ridendo come un matto e ripetendo il suo nome, felice.

Silvia quasi prese a piangere dalla commozione e dal dolore, cercando di stringere a sua volta le grandi spalle del compagno, che, nel frattempo, l’aveva fatta sedere di malagrazia sul bordo di metallo del letto, mentre altre voci si accavallavano una sopra l’altra.

« Fa piano Pitts, le fai male! »
« E’ debole, vuoi ammazzarla prima che arriviamo ad abbracciarla? »
« Lasciala, su! »
« Pitts! La stai soffocando! »

Finalmente il compagno la lasciò, mentre altre braccia, l’aiutavano a risedersi sul materasso, sistemandole le coperte.
Quando il velo di lacrime, di commozione e dolore, che le aveva offuscato la vista si dissolse, sei ragazzi erano in piedi davanti a lei e sorridevano come se vedessero la cosa più bella del mondo.

In quel momento, a Silvia venne di nuovo voglia di piangere, perché sapeva che con quei sorrisi avrebbe potuto viverci.

Il primo ad avvicinarsi fu Neil: « Allora, come st- » ma non poté finire la frase che venne tirato energicamente indietro e sostituito da Knox: « Col cavolo, ci sono prima io! » sbottò e abbracciò delicatamente Silvia, che rideva contenta.
« Come stai? » le chiese dolcemente, mentre la stringeva: « Mai stata meglio! » gli sorrise lei felice, mentre lui le faceva un buffetto sulla guancia.
« Tempo scaduto, tocca a me! » trillò Todd e pure Knox fece la fine di Neil, mentre la scrittrice si protendeva per abbracciare il suo amico.
« Oh Todd! » soffocò un singhiozzo sulla sua spalla: « Grazie! » disse, mentre nascondeva il viso fra le sue braccia e gli schioccava un bacio sulla guancia: « Non ti so dire quanto ti sono grata ».
Todd arrossì e le sussurrò: « Non ringraziare, l’importante è che stai bene e sei viva » le accarezzò amorevolmente i capelli.
Poi fu il turno di Meeks, che l’abbracciò teneramente, prima di lasciare il posto a Neil che pareva sul punto di fulminare chiunque si fosse azzardato a toccarla ancora prima di lui.

Non l’abbracciò. Incurante degli sguardi degli altri, che improvvisamente si interessarono all’esiguo arredamento dello stanzone, le prese delicatamente il viso fra le mani, come a sincerarsi che fosse sempre lei, che fosse viva e vegeta. Poggiò la fronte sulla sua, respirando il suo profumo, chidendo gli occhi: « Mi hai fatto morire » bisbigliò.
« Ma mi hai ripescata » mormorò lei, decisamente troppo debole per quel contatto così intenso.
« Avrei potuto arrivare tardi, tu non saresti in questo letto ora »
« Ma ci sono » sussurrò lei decisa, facendogli aprire gli occhi: « Tu sei qui e tanto mi basta »
Lui la guardò, prima di passare le sue braccia sotto le sue e stringerla, come se avesse paura che scivolasse dal suo abbraccio: « Non farlo mai più, chiaro? »
« Ci proverò » ridacchiò lei contro il suo collo. A Niel vennero i brividi e dovette fare violenza su sé stesso per non baciarla lì davanti a tutti.
« Non scherzo, doveva venire a me l’idea della respirazione bocca a bocca » mugugnò.
Lei attese un attimo, ma lui non pareva arrabbiato o altro: « E’ già tanto che tu abbia rischiato quanto me gettandoti in acqua »
« Non ho rischiato nulla, sto ben- » cominciò Neil, ma un colpo di tosse li interruppe.

Charlie Dalton era poco lontano da loro e li guardava, come ad aspettare un consenso.
Silvia si irrigidì, ma Neil, abbandonando a malincuore la ragazza, ordinò a tutti: « Okay ragazzi, fuori! ». Tutti obbedirono e in due secondi la stanza fu vuota.

« Ciao » disse Silvia, nervosa.
« Ciao » rispose Charlie, sedendosi sul letto.

Ci fu un attimo di silenzio, poi la scrittrice parlò dolcemente, senza tracce di astio nella voce, come se stesse convincendo un animaletto pauroso ad uscire dalla sua tana: « Che cosa è successo Charlie? »
Charlie esitò. Poi si voltò a guardarla e vederla sorridere mite sciolse definitivamente ogni barriera: « Tu e Neil… vi piacete » esordì.

Lei arrossì e annuì appena.
Voleva negarlo?

« Io… non volevo che lui fosse geloso. Non volevo che si arrabbiasse per… perché eri la mia migliore amica » sospirò.

Lei lo fissò, l’aria dolce che spariva dal suo viso.
Il silenzio alleggiò come una presenza scomoda fra di loro, lei che, man mano che la consapevolezza che le parole del compagno si solidificava, divenendo un ragionamento unico nella sua testa, drizzava la schiena e assumeva un’aria leggermente inquietante.

« Perciò tu, Charlie Dalton, vieni qui da me, dopo che non avermi parlato per un mese intero, dopo aver respinto ogni mio tentativo di ricevere spiegazioni da te, dopo avermi fatto soffrire come un cane la tua mancanza e ti giustifichi dicendomi che mi hai trattato come un vecchio stuoino perché… PERCHÉ AVEVI PAURA CHE NEIL SI ARRABBIASSE!!!??? » strillò.

Charlie si indispettì. Sembrava che la ragazza non capisse la pesantezza della cosa.

« Sì! Perché siete stramaledettamene cotti l’uno dell’altra e… »
« QUESTO NON C’ENTRA NIENTE! »
« SI CHE C’ENTRA! SE LUI NON AVESSE ACCETTATO LA NOSTRA AMICIZIA, NEIL SI SAREBBE STACCATO DAL GRUPPO E… E NON L’AVREBBE ACCETTATA, LO SO! »

Silvia si era alzata faticosamente in piedi, come Charlie, reggendosi al bordo del letto. Se ne fregava delle possibilità di franare a terra da un momento all'altro era troppo presa dalla rabbia: « MA CHE CAVOLO DI RAGIONAMENTO É?!?! NEIL TI CONOSCE DA UNA VITA, COME HAI POTUTO PENSARE CHE NON TI CAPISSE!!!??? »

Charlie aveva il fiatone e stringeva spasmodicamente il bordo del letto: « SE NON AVESSE CAPITO, IO CHE AVREI FATTO, EH?! LO AVREI LASCIATO ALLONTANARSI DAL GRUPPO?! MAGARI PORTANDOSI VIA PURE TE?! OPPURE LITIGANDO CON LUI, LITIGANDO CON TE, OPPURE AVREI SMESSO DI PARLARVI?!?! VI AVREI DIVISI?! »

Silvia, che stava pian piano capendo i timori dell’amico, si sforzò di continuare a fronteggiarlo: « E perché non me ne hai parlato?!?! Facevi tanta fatica a venirmi a dire quello che pensavi, visto che riguardava anche me?!?! »

« IO… Io… » Charlie abbassò i toni, passandosi una mano fra i capelli: « Quando ti ho vista, quella sera… dopo il litigio con Niel… eri debole, non eri forte come al solito. Ho avuto paura che volessi mollare e mi sono reso conto di… di quanto fossi importante per me » sospirò.

Silvia rimase a guardarlo, vedendolo torturarsi per riferirle… il suo affetto.

« E… ho avuto paura. Ho pensato a te e a Neil. Ho avuto paura che lui non capisse… quanto mi ero affezionato a te. Che lo fraintendesse, magari che pensasse che mi fossi innamorato di te… Ho avuto paura di quello che sarebbe successo, se anche gli altri lo avessero pensato. Se tu ti fossi allontanata da me… non so… pe orgoglio, forse, ho voluto staccarmi per primo io. Ma non credere che io non abbia sofferto per ogni parola che ti ho detto. Non credere che quello che ho detto sia vero, che io lo pensi. Ma soprattutto, non credere che passarti accanto senza poterti dire quanto mi sentissi dannatamente male a non poterti stare vicino quando ne aveva bisogno non mi abbia fatto né caldo né freddo. Non credere di essere l’unica ad aver sofferto come un cane! Perché sono io quella che ti ha vista morire sotto un defibrillatore! Io ho sentito i medici che dicevano la tua ora del decesso! Io ho pensato che tu fossi morta e che non avrei più potuto dirti… tutto... »

Charlie aveva gli occhi lucidi. Silvia piangeva già da un pezzo, le mani saldamente incastrate sopra la bocca.
Non mi hai mai lasciato allora.

« Non mi interessa niente Charlie » mormorò: « Ma ti prego… ti prego… giurami su Dio che non ti azzarderai mai più a fare nulla del genere » gli disse, avvicinandosi, malferma sulle gambe. Dio, solo in quel momento si rendeva conto di quanto dolore le stesse causando rimanere in piedi.
« Giurami che verrai a dirmi qualsiasi cosa ti passi per quella testa bacata » sorrise fra le lacrime, singhiozzando: « Hai capito pezzo d’idiota? » lo rimbottò, mente lo abbracciava e lui la stringeva, alzandola da terra.

Rimasero abbracciati per un pezzo, chiedendosi scusa reciprocamente. Sollevati dell’aver finalmente chiarito.

« Ti voglio bene » sussurrò Silvia, che, per fortuna, era sorretta da Charlie o sarebbe finita per terra come un sacco di patate.
« Scordati che te lo ripeta » le disse Charlie facendola ridere: « Mi hai già tirato via che basta, oggi. E non mi metterò a fare stupidate da migliori amiche, come dipingersi le unghie e sparlare del cantante figo di turno »
« Ho mai fatto una di queste cose?! » rise ancora lei.
« No, tu passi il tempo a tentare di morire annegata in fiumi ghiacciati »
« La prossima volta provo a buttarmi giù da un albero »

Charlie le prese il viso fra le mani, guardandola serio: « Non ci pensare nemmeno, mi hai capito? »

Lei scoppiò a ridere e gli diede un bacio sul naso, vedendolo per la prima volta arrossire.

Quindi le parve la miglior cosa da fare ghignare, imitandolo, cosa che fece ghignare a sua volta il ragazzo anche se Silvia non capì il perché finché lui non le disse: « Il povero Neil creperà d’invida quando saprà che hai baciato prima me e Todd di lui » fu il turno di Silvia di arrossire: « Stai scherzando, vero? Ti rendi conto che cinque minuti fa mi hai detto che hai litigato con me per non far star male Neil? E, soprattutto, ho dato un bacetto a Todd sulla guancia e a te sul naso, non parlarne come se… avessi fatto chissà cosa! »
« Ah! Sei arrossita! » ridacchiò lui.
« Sei uno stupido! » e giù una pappina sul capo, mentre ancora la teneva stretta.
« Ma sentitela! Non mi avevi appena detto che mi vuoi bene e che sono il ragazzo più bello che tu abbia mai incontrato? »
« No, l’ultima parte non me la ricordo »
« Capita, è colpa dello shock post-annegamento… »
« Certo, certo… Charlie? »
« Sì, lo so che mi vuoi bene, me lo hai appena detto, ma non… »
« Charlie? »
« … te lo ripeterò, te l’ho detto, ho una reputazione da mantener- »
« Charlie! »
« Cosa? »
« Mi stai soffocando, signorino non-ti-voglio-bene »
« Oh, quindi mi stai dicendo che se ti stringo un altro po’ non respiri? » chiese il ragazzo, aumentando la presa.
« Coff… sì… » pigolò Silvia, che cominciava a sentir mancare l’aria di nuovo.
« Mm… interessante »
« Per favore Charlie, non mi reggo più in piedi, mi fanno… coff… male le gambe… »

Il ragazzo sorrise e si affrettò a riposarla sul letto, ghignando come un ebete.

« Neil sa della tua crisi da adolescente con i complessi? » domandò allora lei: « Era molto preoccupato per te… come tutti »
Charlie abbassò lo sguardo: « Sì… gliene ho parlato mentre dormivi. Dopo che ho quasi picchiato un medico perché non mi faceva venire da te, ha preteso delle spiegazioni. L’ha presa bene… »
« Ah sì? » domandò lei.
« Già, mi ha quasi riso in faccia » e il ragazzo assunse un’espressione offesa, che causò un ovvia risata da parte della compagna, interrotta dal suono della campanella.
Charlie sbuffò: « Evviva… il coprifuoco… adesso arrivano a slutar- » ma non fece in tempo a finire la frase che i ragazzi entrarono di nuovo nell’infermeria e si affrettarono a dare la buonanotte a la loro beniamina.
Dopo un altro giro di abbracci Charlie portò tutti fuori dalla stanza e la lasciò di nuovo sola.

Con Neil.

Silvia sorrideva ancora intenerita, dopo i saluti dei compagni, che Neil si mise seduto accanto a lei, osservando i fiori sul letto vicino in silenzio.
Lei rimase a guardarlo e solo allora si rese conto di quanto le era mancato. Sembravano passati anni da quando lo aveva avuto vicino.

Con lo sguardo carezzò il suo profilo, trovandolo bello come se lo ricordava. Il fisico asciutto ed alto, gli occhi castani, incredibilmente pieni di vita e di dolcezza.

Quando si voltò e la colse in flagrante, persa a contemplarlo, lei abbassò subito gli occhi, fissando le lenzuola.
Lui le prese una mano, delicato come se stesse maneggiando un vaso di vetro, e vi posò le labbra, facendo avvampare la povera proprietaria.
« Come stai? Sinceramente » le chiese, continuando ad accarezzarle la mano.
Silvia sospirò: « Benissimo » sorrise.
« Eri morta. Ho visto il tuo corpo ricadere » le disse, con autentico spavento negli occhi: « Io… io… » annaspò, come stesse cercando di prendere aria.
Lei, preoccupata, si raddrizzò dai cuscini dov’era stesa e gli strinse con la mano libera la mano che ancora stringeva la sua.
« Neil, non pensarci, io sto bene ora » cercò di tranquillizzarlo, mentre lui si avvicinava e poggiava la fronte sulla sua.

Silvia si sentì andare a fuoco.

Perché lui era di nuovo lì. Vicino, tangibile.
« Mi hai salvata Neil. Sembra un patetico cliché, ma è così. E se sono qui, ora, è perché tu ti sei subito buttato in acqua per prendermi. Perciò, ti prego, non pensare a quello che sarebbe potuto accadere. Sto bene, stiamo bene. E siamo insieme. E… e io non so come dirti che questo mi sembra… il posto giusto. Qui con te. A me va bene così. E non posso né voglio desiderare altro »

Neil pensò seriamente che fosse stata lei a farlo respirare di nuovo, con quelle parole. Perché se lo sentiva dentro. Sentiva che quando stava con lei, il suo sangue scorreva e il cuore pulsava.

Lei era la sua aria.
Lei era lo stesso impulso vitale, che gli diceva di aprire gli occhi ogni giorno solo per vederla ancora.
Lei era sempre stata razionale. A volte l’avrebbe anche definita “fredda”, quando si parlava di amore, perché aveva sempre pensato che fosse sciocco pensare all’amore a quell’età. Che erano giovani e che tutto ciò che sentivano era regolato dagli ormoni, dalla carne e poco dalla mente.

E forse aveva anche ragione, perché Neil quando stava con lei perdeva totalmente la capacità di pensare, ma in quel momento se ne fregò altamente.

Perché Neil la sentiva.
Lui sentiva Silvia.

La sentiva sulla pelle, nel calore dell’imbarazzo che le colorava sempre il viso. La sentiva negli occhi, quando si beava della sua espressione quando imparava cose nuove. La sentiva nelle poesie d’amore che Keating insegnava loro. La sentiva, nel profumo di boccioli della sua crema. La sentiva nel sorriso che nascondeva quando beveva il caffè.

E sapeva, era certo che se lei gliene avesse dato la possibilità, lui avrebbe imparato ogni sfaccettatura del suo essere. Ogni dettaglio sarebbe stato importante e tutto non sarebbe mai stato abbastanza.

Era giovane, Neil.
E mandò al diavolo tutto, ogni parola, ogni pensiero.

Perché, quando Neil portò lentamente le mani sul suo viso, c’era solo lei.

E ogni suo atomo bruciò nelle fiamme. Ogni nervo del suo corpo divenne fuoco.

A Neil parve di morire e rinascere lì.

Sulle labbra di Silvia.

§

 

Angolo autrice:

{E il coro celeste prese ad intonare inni alla gioia}

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccoci finalmente! Che capitolone il X° Parte II, nevvero?

Eh, sono successe tante cose, spero di non avervi annoiato!

Ma partiamo subito, perché le note oggi saranno un po’ più lunghe, visto che comprenderemo anche il capitolo X Parte I.
Come al solito, via con i dettagli!


Capitolo X Parte 1:

» Gli studenti di Welton: Gli studenti della Welton Academy corteggiano Silvia da quando è arrivata, ma l’inserimento nel gruppo dei Poeti Estinti, che sono sempre un po’ iperprotettivi, ha calmato perlopiù i bollenti spiriti. I ragazzi si sono, dopo due mesi, abituati alla presenza della scrittrice nelle mura della scuola, ma la notizia-bomba della candidatura ha fatto, ovviamente, molto scalpore. Di fatti, gli studenti di Welton conoscevano sì la Romani, ma non tanto da sapere che è effettivamente una persona di notevole fama e importanza. Perciò, non appena se ne sono resi conto, l’attenzione verso i confronti della ragazza è aumentata, ma si è potuta sfogare solamente dopo la partenza del fratello maggiore (che, ricordo, non solo è un ragazzone, ma è anche molto geloso della sorellina), con de corteggiamenti spudorati. Per fortuna la nostra protagonista è un osso duro e la sua attenzione, invece, si concentra su un certo ragazzetto in particolare…

» Il rapporto “Silvia-Poeti Estinti”: Io, personalmente, amo il rapporto che Silvia ha con i protagonisti del film. Mi piace pensare che tra di loro stia nascendo una forte amicizia. Come avete visto, nel gruppo ci si preoccupa gli uni degli altri ed è una cosa estremamente tenera e dolce.

» Il duello con i bastoni e l’incidente: Entrambi i due spezzoni di storia mi sono venuti in mente guardando le scene tagliate del film (Se qualcuno le vuole vedere, si trovano su YouTube, sotto la voce "Dead Poets Society: deleted scenes"). No, ovviamente non c’è un incidente in cui qualcuno cade nel fiume, ma c’è una scena di Neil e Todd che fanno finta di recitare sul molo del fiume di Welton.

» L’incidente: Allora, Silvia è di costituzione abbastanza debole e soffre il freddo. L’impatto con l’acqua fredda è stato un rutto colpo per lei. Realisticamente, se non fosse affogata in acqua, avrebbe come minimo dovuto morire per ipotermia.


Capitolo X Parte II:

» L'incidente: Ovviamente tutti sapevate che non avrei mai lasciato morire Silvia. Insomma, una storia senza il protagonista è un po' difficle da mandare avanti... Comunque, la ragazza è sopravvisuta, anche se ha riportato un po' di danni, ma si riprenderà, tranquilli ;)
Volevo chiarire un punto: Nolan ci è quasi morto per questo incidente. Se Silvia fosse schiattata lui avrebbe dovuto chiudere la scuola e le ripercussioni sarebbero state davvero tante. Problemi sulla sicurezza degli studenti. Giornalisti. Telegiornali. Soprattutto perchè si parla dell'incidente di una scrittrice molto famosa. Anche per questo si è reso necessario l'intervento nell'infermeria della scuola e non all'ospedale. Meno si spargerà la voce, meno la scuola subirà dai danni a causa dell'incidente.

» I Poeti Estenti: Amate questi ragazzi come li amo io. Punto.

» Charlie e Silvia: Sì, ce l'abbiamo fatta! Non spenderò molte parole, perchè mi piacciono troppo questi due, ma si sono riappacificati e l'importante è questo. Eh, ma il loro rapporto sarà travagliato e ricco di giocoe baruffe. In fondo, più si stuzzicano più sono teneri.

» Il bacio: { # Fra i cori angeliciii... e l'armoniaaa... Aaaave Mariaaa... # }
E qui  mi fermo, perchè... ci vediamo al prossimo capitolo, dove vedremo bene quello che è successo!

Infine: grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e sperimentare.
Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3433163