Ser Tor – Storia di un cavaliere

di fragolalidia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come Tor divenne cavaliere. ***
Capitolo 2: *** Come Ser Tor divenne un uomo ***
Capitolo 3: *** Come Ser Tor conobbe l’identità di suo padre ***
Capitolo 4: *** Ser Tor e la Regina di Avalon ***
Capitolo 5: *** Ser Tor parte per la guerra ***



Capitolo 1
*** Come Tor divenne cavaliere. ***


Nel regno di Camelot c’erano numerosi cavalieri valorosi e, incredibile ma vero, per esserlo non era necessario avere un nobile lignaggio: bastava il cuore al posto giusto, gambe leste e mani capaci.
E il Piccolo Tor, figlio di Ars delle Terre Senza Re, questo lo sapeva bene: se lo faceva raccontare da sua madre ogni sera prima di addormentarsi e ogni mattina appena sveglio, mentre beveva il suo bicchiere di latte di capra.
Sua madre, a parere non solo di Tor e dei suoi fratelli ma anche di tutte le persone della valle, era la più bella donna della regione: i capelli rossi sembravano far impallidire anche i raggi del sole al tramonto e i suoi occhi erano tanto neri quanto luminosi. La bella Toria, questo era il nome della donna da cui Tor stesso prendeva il suo, non solo era bella, ma aveva la voce più melodiosa e l’animo più gentile che si potesse mai incontrare. Tor era tremendamente felice di essere suo figlio e non poteva non sentirsi orgoglioso quando le persone gli dicevano che aveva i suoi stessi begli occhi.
Suo padre Ars era l’uomo più forte che conoscesse. Spesso Tor si chiedeva come mai non fosse mai stato notato dai sovrani di Camelot e non fosse mai diventato cavaliere, ma quando lo diceva, Ars si metteva a ridere, buttando indietro la testa e quella sua magnifica chioma del colore del grano. Tor invidiava quella chioma riccioluta tanto che a volte detestava i suoi fratelli che l’avevano ereditata, contrariamente a lui che aveva i capelli scuri come la notte.
Gli capitò solo una volta di tirar fuori questo l’argomento per non farlo mai più.
Era successo quando Tor non aveva che sei anni e avrebbe sempre ricordato quel momento come se fosse capitato poco prima.
Era stato un freddo inverno.
Quel giorno, mentre suo padre sistemava una vecchia sedia, Tor si incantò a guardare sua madre pettinare i lunghi capelli biondi e lucenti della sorella. Fu allora che chiese come mai era l’unico ad avere dei capelli così brutti e neri. La madre lo guardò quasi inorridita, prima di distogliere lo sguardo e scappare fuor di casa, verso le stalle, per scoppiare a piangere così forte da spaventare lui e i suoi fratelli. Tor guardò spaventato suo padre in cerca di risposte e questi, invece, si limitò a fissarlo per lungo tempo in silenzio prima di parlare.
<< Perché dici questo, Tor? >> chiese mettendogli la grande mano callosa sul capo, per accarezzarlo.
Tor si accorse che la sua mano tremava, ma non sarebbe mai riuscito a capire quale emozione lo stesse pervadendo e, per la prima volta, ebbe paura di suo padre. Fu lì che comprese che c’era qualcosa che non andava: non era mai stato un bambino stupido, ingenuo forse, ma non stupido, e aveva subito capito che il fatto che non avesse i capelli come il suo papà era un argomento che non era da tirare fuori.
<< Io… perché è vero… >> riuscì a sussurrare sentendo le gambe tremargli.
<< Hai per caso sentito qualcuno fare dei commenti al riguardo? >>
<< No… Io… Vorrei solo essere come te… >>
A quelle parole, Ars si inginocchiò davanti a lui e lo abbracciò.
Fu la prima volta che lo sentì piangere.
<< Mi dispiace, padre… non volevo… Giuro che non lo dico più. >>
<< No, taci. >> lo fermò l’uomo guardandolo negli occhi con i suoi luminosi occhi azzurri << Tu non hai fatto nulla di male. Tor, non hai fatto nulla di male e impara questo, figlio mio, non chiedere mai scusa per qualcosa che sai essere giusta nel tuo cuore, che sia un’idea o una cosa da fare. È l’unico insegnamento che potrò mai darti. >>
E con quelle parole, gli baciò la fronte.
E con quell’insegnamento, Tor si relazionò sempre, per tutta la sua vita.
 
Aveva in mente quelle parole quando, appena quattordicenne, aveva sentito delle donne al mercato commentare la sua somiglianza con quel gigante di suo padre, così diverso da quel basso pastore dai capelli biondi. Quella volta lo avevano chiamato bastardo e Tor era abbastanza grande per sapere cosa significasse quella parola. Anche sua sorella, di un anno più piccola, ne conosceva il significato, tanto che stava per andare a dire loro qualcosa quando lui la fermò: non era giusto che la sorella desse spettacolo per qualcosa che lui stesso sapeva essere vera.
La pregò di tacere e lei ubbidì.
Erano poco lontano da casa quando Tor, fermandola, le chiese di non raccontare dell’accaduto ai suoi genitori.
<< Perché? >> le chiese lei.
<< Perché nostra madre ne morirebbe. Credo che sia un ricordo che non vuole rivangare… >>
La sorella aveva acconsentito scuotendo la testa in silenzio.
<< Ma non vuoi sapere? >>
Tor la guardò in silenzio: sua sorella sapeva sempre fare le domande più scomode.
<< No. Io ho già un padre: si chiama Ars ed è un uomo migliore anche del Re. Se quell’uomo non si è preoccupato di venirmi a cercare, allora non si merita il mio affetto. >>
Tor non avrebbe più voluto parlare di quella storia, ma sua sorella, la cui mente curiosa era come un fiume in piena, non riusciva ad abbandonare le domande che le frullavano in testa.
<< Tu sei nato dopo che Re Uther era venuto qui… >> disse una volta mentre pescavano lontano dagli altri fratelli.
Tor si guadò attorno prima di rispondere.
<< E allora? >>
<< E se fossi suo figlio? Oh, dai! Potrebbe essere! Dicono che Uther Pendragon fosse l’uomo più bello mai comparso su queste terre e tutte le mie amiche sono innamorate di te, che sei il più bello di tutti. Alle feste papà viene rispettato come fosse un re e la mamma è trattata come una regina! È vero che abbiamo molte terre, ma non così tante da avere tutto questo rispetto! E se fossi il figlio del re… saresti un principe… >>
<< E tu una principessa. >> rispose Tor riuscendo a sorridere solo in quel momento.
<< Esatto! >>
Tor le accarezzò il volto roseo.
<< Un giorno diverrò cavaliere, sorella. E tu sarai la mia dama. Ti porterò a corte e tutti i principi si innamoreranno di te e tutte le principesse ti odieranno perché sarai mille volte più bella di loro. >>
A quelle parole, Aretha lo abbracciò d’istinto.
<< Io non voglio che tu sia cavaliere. I cavalieri se ne vanno lontano, a combattere. E quelli che passano per il villaggio sono volgari e cattivi. Ho sentito dire che fanno delle cose orribili alle fanciulle come me, se sono tanto sventurate da finire sul loro cammino: è per questo che quando arrivano ci rinchiudono in casa. >>
<< Ti prometto, sorella, che non diverrò mai quel genere di uomo. Anzi, ti giuro che impedirò a chiunque di torcere anche solo un capello a qualunque donna che essa sia una principessa, una serva, una mungitrice o una fata. >>
Sua sorella sorrise.
<< Lo so. E sarai un grande principe. >> disse per poi riprendere dopo un attimo << Mi mancherai. >>
<< Guarda che per ora non vado da nessuna parte. >>
<< Ma andrai via, un giorno, perché sei il figlio di un re. >>
 
Sua sorella non toccò più quell’argomento. La sua bellissima sorella.
Tor non avrebbe mai dimenticato il sorriso pieno di lacrime con cui l’aveva salutato prima che i suoi genitori lo portassero a Camelot, per partecipare alla grande fiera dove avrebbe potuto mostrarsi come cavaliere.
Sua madre e Aretha avevano cucito per mesi un corredo adeguato per quel giorno, sua padre aveva venduto il suo montone più bello per procurargli un cavallo e un’armatura adeguata.
Solo quando varcò le porte di Camelot, però, Tor comprese che tutti i suoi sogni, finalmente, stavano diventando realtà.
Sarebbe diventato cavaliere.
Avrebbe combattuto contro draghi e orchi, salvato donzelle in pericolo e servito il già leggendario Re Artù.
Era così entusiasta che neanche si accorse delle serve, e non solo quelle, che gli facevano gli occhi dolci e che facevano scuotere la testa ai suoi genitori. Dovette farglielo notare suo padre, con il risultato di metterlo ancor più in agitazione.
La sera prima dell’inizio della giostra, però, Tor visse l’esperienza più importante della sua giovane vita, segnando profondamente lui e le persone che gli stavano attorno.
Suo padre gli aveva intimato di andare a letto presto, ma lui, troppo nervoso per riuscire a rimanere fermo, sgattaiolò fuori dalla finestra e cominciò a vagare per le vie di Camelot. Non aveva mai visto una città più bella e carica di vita, non che il paesino presso cui abitavano lui e la sua famiglia fosse così grande da definirsi città, ma neanche nel giorno della fiera del bestiame, aveva mai visto tanta gente riunita.
Lì a Camelot si incontravano, Tor ne era sicuro, le genti di tutto il mondo.
Si era spostato lungo la piazza centrale, dove si ergevano le mura interne, quelle che dividevano il castello dalle case attorno, e dove la chiesa in costruzione prometteva di essere poderosa e incombente, a memento della giustizia divina che rappresentava.
Tor continuò a camminare, superando lo spazio che di giorno era occupato dal mercato, nel quale si era perso il giorno prima e di cui ora conosceva tutti i segreti, fino ad arrivare all’area destinata ai tornei dove cominciò a guardarsi attorno, respirando profondamente il silenzio di quel posto.
Lì l’indomani si sarebbe deciso il suo destino: o cavaliere o nulla.
Stava ancora contemplando gli spalti dove si sarebbero seduti il Re e la sua corte quando delle urla strozzate attirarono la sua attenzione.
Tor era sempre stato un ragazzo curioso e quella volta non fu da meno.
C’era qualcosa di strano in quei rumori soffocati, ma non si sarebbe mai aspettato di trovarsi una scena del genere davanti agli occhi, tanto odiosa da far scattare in lui l’ira più profonda che avesse mai provato.
Una fanciulla, così giovane da essere poco più di una bambina, era strattonata da tre giovani uomini. Tor li aveva già visti, quei tre, erano aspiranti cavalieri come lui: figli di signorotti di qualche regione sperduta, probabilmente, che si erano riconosciuti come parte dello stesso mondo e avevano snobbato gli altri che, come lui, erano visibilmente figli di nessuno.
Lei implorava loro di lasciarla andare, che sua madre la stava sicuramente cercando e che le facevano male.
Loro ridevano e le dicevano di non preoccuparsi.
Ma lei non era così piccola da non sapere che, invece, doveva preoccuparsi parecchio.
Tor non si accorse neanche di aver preso una qualunque decisione, sapeva solo che nel momento in cui uno di loro alzava alla giovane la gonna, mentre un altro gli strappava un po’ della camicetta, lui aveva afferrato quest’ultimo e gli aveva sferrato un pugno tale da sentire le sue ossa rompersi, mentre questi cadeva svenuto a terra.
Il ragazzo che teneva le braccia della giovane costringendola addosso a un albero la lasciò, indietreggiando un attimo spaventato prima di lanciare un ringhiò e scaraventarsi verso di lui. Tor lo schivò con facilità (era grosso e troppo lento per lui) mentre si sporgeva verso il terzo ragazzo per sferragli una ginocchiata nello stomaco. Tor perse per un momento l’equilibrio, ma per sua fortuna lo recuperò in fretta, tanto da schivare un paio di colpi avversari.
Guardò la giovane e le intimò di andare via, ma lei, terrorizzata, rimaneva immobile vicino all’albero sui cui volevano immolarla.
Tor fu costretto a incassare un paio di colpi avversari, ma riuscì ad assestarne altrettanti, schivando e contrattaccando come faceva sempre con i figli dei vicini o i suoi fratelli, con in più l’intenzione di colpire seriamente i suoi avversari. I tre giovani guerrieri combatterono tanto da non accorgersi di essersi avvicinati alle strade abitate e Tor continuò a destreggiarsi tra un colpo e l’altro fino a quando un dolore acuto lo colpì alla testa e la vista si offuscò.
Quando Tor si riprese, non gli ci volle molto per capire di essere in una cella.
Si alzò a stento, sentendo la sua testa pulsargli. Dovevano averlo colpito alle spalle, convenne toccando il bernoccolo che gli era spuntato sul capo.
Guardando fuori dalla finestra, Tor vide che il sole era già alto.
Imprecando, andò alla porta e chiamò la guardia.
<< Ehi, fammi uscire! >> gli disse implorante << Il torneo! Devo essere al torneo! >>
<< Non credo proprio, ragazzo. >> disse l’uomo prima di aprire la porta. << Il torneo è stato rimandato a domani, visto il putiferio che hai combinato. Vieni. Il re vuole vederti. >>
Il primo istinto di Tor fu quello di scappare, ma poi gli insegnamenti di suo padre tornarono ad avere la meglio su di lui e, con calma temeraria, seguì il soldato lungo gli stretti corridoi delle prigioni, fino a quelli ampi e luminosi del palazzo di Camelot.
Durante tutto il tragitto, Tor continuava a pensare alle parole che suo padre gli aveva detto quando ancora era un bambino ma che lui non aveva mai dimenticato: non chiedere mai scusa per qualcosa che sai essere giusta.
A qualunque cosa, Tor avrebbe risposto questo.
Aveva umiliato suo padre facendosi sbattere in prigione, ma si sarebbe riscattato. Ars non si sarebbe vergognato ancora per molto.
Quando aprirono le porte che conducevano alla sala del Torno, però, Tor sentì la sua sicurezza vacillare un attimo: stava per incontrare il grande Re Artù, colui che aveva salvato la loro isola dal caos e dalla guerra, che aveva portato pace e giustizia…
L’uomo più leggendario di tutte le terre conosciute…
Tor trattenne il fiato prima di entrare e poggiare lo sguardo sul suo sovrano.
Poi lo vide e quasi ci rimase male.
Artù Pendragon era un uomo nel fiore degli anni, dall’aria semplice e… normale.
I suoi capelli, biondi come quelli di suo padre, erano ribelli ed eleganti e gli conferivano un’aria ancora vagamente infantile.
I suoi occhi erano simili a quelli di un bambino che si diverte a catturare girini e sarebbe stato facile scambiarlo davvero per un fanciullo, se non fosse per la poderosa fisicità che, anche da seduto, riusciva a incutere un certo rispetto.
Ma per il resto, aveva un’aria assolutamente comune. Se non avesse avuto il mantello o il diadema, che pure era semplice, sul capo, Tor non avrebbe mai detto che quello era un re.
Figuriamoci Re Artù di Camelot.
<< Vieni avanti, ragazzo. >> disse il re.
Tor non se lo fece ripetere, ammaliato da quella voce profonda e regale, cominciando finalmente a capire da dove venisse parte del fascino del sovrano: non era qualcosa che aveva nel suo aspetto, era qualcosa che nasceva da dentro e che si vedeva nei gesti e nelle espressioni, non nell’apparire.
<< Hai fatto un bel casino ieri notte. >>
Tor guardò meglio il re, rammaricandosi di non trovare alcuna somiglianza tra di loro. Un po’ gli dispiaceva non poter tornare dalla sorella con la sicurezza di essere il fratello bastardo di Artù Pendragon. Era più probabile, piuttosto, che fosse il re ad essere il figlio illegittimo di Ars anche se all’epoca della nascita del re, suo padre probabilmente non era che un ragazzo.
Il re volse lo sguardo verso una guardia.
<< Fa entrare gli altri. >> l’uomo scosse la testa e ubbidì.
Forse, pensò Tor, quello non era una semplice guardia: i suoi vestiti erano più simili a quelli di un cortigiano e zoppicava visibilmente: nessuno avrebbe tenuto uno zoppo come soldato, neanche il grande Artù.
L’uomo fece entrare un gruppo di persone che Tor riconobbe come i tre giovani aspiranti cavalieri e le loro famiglie. Dietro di loro, Tor notò con un sussulto, c’erano suo padre e sua madre.
Sua madre Toria corse verso di lui per abbracciarlo e lui si lasciò baciare sulla fronte, grato di poter sentire quel calore un’ultima volta.
Il re aspettò un attimo prima di ricominciare a parlare, zittendo con una mano alzata il giovane uomo che stava per parlare senza permesso.
<< Quattro aspiranti cavalieri di Camelot. Sapete quanti sono gli aspiranti cavalieri quest’anno? Sedici. Il che vuol dire che una gran bella porzione degli aspiranti cavalieri, ieri sera, hanno combattuto tra di loro, contro ogni etica di comportamento e ogni regola della giostra. >> il re sembrava parlare più a se stesso che al suo pubblico.
Tor lo vide girarsi, guardano alla sua sinistra.
<< Sai cosa vuol dire questo? >>
In quel momento Tor si accorse in un giovane fanciullo, bello ed elegante come una notte di luna, fermo in una nicchia.
<< Sì, sire. Che la scelta quest’anno sarà più facile. >> disse lui con pacata semplicità.
Tor sentì un profondo odio nei confronti di quel fanciullo.
Il re invece rise.
<< Hai ragione, figliolo. >> disse prima di tornare a guardare i convocati. << Ragazzo, ho sentito le versioni degli altri e mi manca la tua. Vuoi dirmi qualcosa prima che io prosegua in qualunque modo? Vuoi forse scusarti o giustificarti o… fare ammenda per il tuo comportamento? >>
Tor sentì il suo cuore perdere un battito.
<< No, Sire. >> rispose lui.
Sentì sua madre trattenere il respiro, nascondendo il volto dietro il suo braccio.
<< No? >> ribatté il re << Ne sei sicuro? >>
<< Non chiedere mai scusa per qualcosa che sai essere giusta nel tuo cuore, che sia un’idea o una cosa da fare. >> disse lui pregando che nessuno si accorgesse del fremito della sua voce.
In quel momento, Tor lo sapeva, tutti gli occhi erano puntati su di lui.
<< E’ una frase molto impegnativa. Cos’è? >>
<< Mio padre mi ha insegnato molte cose, maestà, e questa è la più importante. Io ho fatto quello che dovevo e non mi pento, né chiederò mai scusa. >>
Il gruppo dei suoi avversari cominciò a protestare e il re alzò nuovamente la mano.
<< Tuo padre è un uomo saggio e profondo. Anche io sono stato cresciuto con insegnamenti molto simili. Però devi capire che in questo caso non basta che tu dica di aver fatto la cosa giusta. Beh, forse hai ragione, io ti hi chiesto se volevi fare ammenda, ma avrei anche dovuto chiederti come sono andate le cose. Anche perché, ragazzo, capirai che le informazioni che ho io, quelle che mi sono state date dagli altri aspiranti cavalieri, per lo meno, non ti fanno sembrare nel giusto. >>
Tor guardò i tre giovani uomini che lo guardavano con odio beffardo.
<< Mentono. >>
Il re rise.
<< Sei un ragazzo di poche parole, vedo. Purtroppo a me serve qualcosa di più. Io devo sapere almeno le ragioni che ti hanno spinto a fare quello che hai fatto, visto che è indubbio quello che hai fatto. >>
Tor guardò per un attimo sua madre, prima di tornare a guardare il suo sovrano.
<< Non volevo che un’altra giovane vita fosse segnata come mia madre. >> disse lui mantenendo lo sguardo fisso verso il re, mentre la sentiva allontanarsi leggermente.
Il re passò lo sguardo tra di loro senza capire, prima di fargli segno di continuare.
<< Mia madre… >> Tor abbassò un attimo lo sguardo per trovare la forza di ferire sua madre << Diciott’anni fa mia madre subì violenza da un cavaliere e da quella violenza nacqui io. >>
Tor con la coda dell’occhio sua madre trasalire portandosi la mano alla bocca e distogliere lo sguardo, mentre la mano si suo padre l’afferrava per una spalla e lo costringeva a voltarsi.
<< Come…? Chi…? >> riuscì a pronunciare l’uomo.
Tor gli prese la mano tra le sue e gliela baciò prima di tornare guardare il re.
<< Io sono stato fortunato e sono stato cresciuto da un uomo che anche se non è mio padre è il padre migliore che potessi desiderare che come vedete mi ama come se fossi figlio suo e mia madre, la mia adorata madre, nonostante sia il ricordo più vivo di quella violenza non ha mai smesso di volermi bene. Ma so che il dolore di quella crudele empietà ancora le lacera l’anima. E… a cosa seve essere cavalieri se non possiamo salvare gli indifesi? C’era una giovane con loro e le stavano facendo male e lei implorava di essere lasciata andare. Non so se per qualcuno una cosa simile sia giusta, ma per me no. Tre contro uno è da vili contro un uomo, figuriamoci contro una fanciulla. Ora, sire, sì, ho una cosa di cui devo chiedere scusa: non volevo far piangere mia madre, ma vostra maestà mi ha chiesto le ragioni che mi hanno spinto ad agire e quelle lacrime sono le mie ragioni. Se i miei avversari hanno detto a vostra maestà che li ho presi di sorpresa, non posso negarlo, o per lo meno posso dirlo per lui, che ha la mandibola rotta, perché è stato il primo che ho colpito e sul quale ho scagliato tutta la mia ira. >>
<< Lo hai colpito… come? >>
Tor alzò la mano, accorgendosi solo in quel momento di averla dolorosamente gonfia e sanguinolenta.
<< Con questa. Maestà, io non mi sono presentato, non li ho sfidati e non ho seguito alcuna regola di cavalleria, ma io non ho agito come cavaliere, ma come uomo con una dignità. Forsanche perché piuttosto che non agire, avrei preferito impiccarmi. >>
Dopo quelle parole, nella sala del trono cadde il silenzio.
Il re guardò per un istante tutti i presenti prima posare nuovamente lo sguardo sul giovane dietro di lui e fargli un cenno alla quale lui ubbidì in silenzio, sparendo dietro a una tenda.
<< Hai ragione, ragazzo. Secondo la loro testimonianza, tu ti sei avventato senza alcun motivo. Di solito, lo scoprirai crescendo, questo può accadere, ma di solito il provocatore è ubriaco, cosa che non si può dire di te. >>
<< Sì, Sire. >>
<< Ora, questa parte riguardante il comportamento dei tuoi… avversari, non ci è di certo stato fornito da loro che, secondo la testimonianza che hanno fatto si stavano solo divertendo in modo innocente. A dire il vero, però, >> disse il re facendo nuovamente il gesti di tacere << c’è un modo per sapere se è quello che dici è vero. Basta trovare i testimoni. Dimmi, ragazzo, chi sarebbe la donna che è stata aggredita? >>
<< Non lo so. >>
<< Non l’avevi mai vista? Neanche di sfuggita? >>
<< No, sire. Io e i miei genitori siamo arrivati a Camelot solo l’altro giorno. Non conosco nessuno, qui. >>
<< Un bel dilemma, anche perché, lo saprai bene anche tu, quando una donna è vittima dell’ingiustizia del suo sesso, difficilmente lo racconta. E senza altri testimoni, temo di non poter dare molto credito al tuo racconto. >>
Tor strinse le labbra e asserì con la testa, pronto a subire il suo destino.
<< C’è da dire, però, che a volte le fanciulle in questione sono così assetate di giustizia che possono anche far sentire la loro voce. Soprattutto, se hanno un paladino al loro fianco. >>
Tor sentì il suo cuore ricominciare a battere, mentre il giovane valletto del re tornava con la giovane fanciulla aggredita.
<< Il tuo nome, ragazza? >>
<< Rivalen, Sire. Sono la figlia di Fedor, il fabbro. >>
<< Avevi mai visto quel ragazzo prima di ieri sera? >>
<< No, Sire. >>
<< E uno di loro? >>
<< No, Sire. >>
<< E dimmi, piccola, come mai sei qui. >>
Lei fece per parlare ma la voce le morì in gola, allora abbassò lo sguardo.
<< Io… >> disse poi con un filo di voce. << Io non sono stata attenta… >>
Il re gli sorrise e gli mise la mano sulla testa, prima di tornare a guardare i presenti.
<< Sapete, io… beh, non sono un uomo particolarmente aventi negli anni, ma ho abbastanza esperienza per capire un ragguardevole numero di cose. Questa fanciulla si è presentata all’alba alla servitù per essere ascoltata, purtroppo però i preparativi della giostra hanno reso la cosa impossibile. Ma la piccola è stata molto caparbia e ha continuato a cercare qualcuno che la aiutasse tanto da attirare l’attenzione di Mordred. Lui l’ha ascoltata e l’ha portata da me. La piccola era così stravolta da non essersi neanche accorta di avere la camicia strappata e di essere stata lei a urlare aiuto, tanto da richiamare la ronda. Questa non l’aveva vista, ma come far caso a una bambina nascosta nell’ombra? Hanno pensato fosse semplicemente l’abitante di una delle case che spaventandosi avesse chiesto aiuto. Capita, certo. Anche se è piuttosto raro in quella zona, visto l’assenza di taverne. >>
Uno dei giovani aggressori fece per parlare ma un sibilo del padre dietro di lui lo zittì.
<< Ho visto io stesso i segno dell’aggressione su di lei. Le sono state strette così forte le mani attorno alle braccia che ancora ne tiene il segno. Le sono state graffiate le cosce, non so se con le unghie o con altro, ma non m’importa. Lei vi ha già riconosciuti, mentre ancora eravate nelle vostre celle e stavate ricevendo le prime cure e se, come credo, volete insinuare che la piccola e il qui presente cavaliere siano in combutta, posso assicurarvi che ho indagato anche su questo. Il giovane e i suoi genitori non sono arrivati che ieri e un ragazzo di quella stazza non passa inosservato.  Ho il resoconto di quasi tutto il suo tempo qui a Camelot, per non contare che ho la stessa cosa per la piccola. Ed il mio siniscalco, Ser Kay, non ci ha messo che poche ore per scoprire che, in effetti, vi hanno visto aggirarvi proprio dalle parti dove la piccola ha abitudine di passare il suo tempo libero. >> disse il re prima di girarsi a guardare nuovamente la fanciulla << Puoi andare. Grazie per il tuo aiuto e ringrazia tuo padre per la comprensione. >>
La giovane sparì da dove era venuta.
Re Artù aspettò in silenzio per qualche minuto prima di alzarsi.
Tor non poté fare a meno di trasalire: il re era un vero gigante: lui stesso non era di certo un giunco e spesso veniva paragonato a un toro, ma il re era più vicino a un possente orso, un orso che impressionava tanto era maestosa la sua potenza mentre scendeva i gradini del trono e andava verso il gruppo di suoi vassalli.
<< Bran, spero capitate. >> disse il re, mentre l’uomo a cui si stava rivolgendo abbassò la testa asserendo con gravità.
<< Morcant Bulk, figlio di Bran. >> il re guardò il ragazzo che per primo voleva protestare. << Ryon, figlio di Rience.  >> il re guardò il ragazzo con il capo fasciato e la mascella rotta << Ironside, figlio di Ruben. >> il re guardò il terzo e ultimo ragazzo. << Non posso certo impedirvi di fare quel che volete nelle terre dei vostri genitori, questo spetta a loro e alla vostra coscienza. Ma certo è tutta un’altra cosa qui a Camelot. Qui non potete pensare di poter avere tutto quello che volete, solo perché lo volete. Per rispetto all’alleanza fedele e sicura dei vostri padri, non vi infliggo la punizione che vorrei darvi, con la speranza che un giorno capirete il vostro errore e facciate ammenda. Posso però assicurarmi di una cosa: voi non sarete mai dei miei cavalieri. Io pretendo di più di saper tirare di spada o rimanere su un cavallo durante una battaglia. Io esigo che i miei rappresentanti nel regno, i miei cavalieri, infondano fiducia assoluta in qualunque individuo del mio regno, che esso sia uomo, donna o bambino. E voi siete abbastanza grandi per sapere di aver sbagliato anche perché, altrimenti, non avreste omesso il particolare della fanciulla che era oggetto del vostro divertimento. Non potete negarlo: sono stato io a chiedervelo. Pagherete un risarcimento: per i prossimi sette anni un decimo del ricavato delle vostre terre verrà dato a Rivalen, figlia di Fedor, fabbro di Camelot, come risarcimento per l’onta subita. Pregate che non ci sia carestia, perché dovrete darle il decimo del massimo ricavato possibile. >>
Tor vide quello che era stato chiamato Ironside dal re fece per parlare ma il solo sguardo del re lo zittì.
<< Ser Bran, Ser Rience, Ser Ruben, spero che gli altri vostri figli vengano a ridarvi l’onore che so meritate. Potete andare. >>
I vassalli del re e le loro mogli fecero un inchino e se ne andarono in silenzio.
Quando le porte si chiusero verso di loro, il re si voltò a guardare Tor e i suoi genitori.
<< Sei avventato e spavaldo. Decisamente. >> gli disse il re << Sai, ragazzo, anche io ero così alla tua età: o non sarei riuscito a tenermi il trono… o avere la donna che amo… o sopravvivere. Ma bisogna esserlo con parsimonia. >>
Tor scosse la testa in segno di assenso.
Il re sorrise lievemente beffardo, prima di rivolgersi a suo padre.
<< Non credo che vostro figlio se ne sia accorto. >>
<< Credo anche io, sire. >> disse l’uomo con la voce carica di emozione.
Il ragazzo passò lo sguardo tra il suo sovrano e suo padre, quando la mano di sua madre si posò sul suo braccio. Tor la guardò: aveva le lacrime agli occhi, ma questi erano luminosi come il suo sorriso.
<< Tor… ti ha chiamato cavaliere. >>
Tor trasalì, ricordando le parole di Artù Pendragon: volete insinuare che la piccola e il qui presente cavaliere siano in combutta
 
Il qui presente cavaliere…
 
<< Ma io… la giostra… >> bofonchiò lui.
<< La vostra giostra l’avete combattuta ragazzo. Un po’ prima di quanto fosse necessario ma l’avete combattuta. >> rispose il re prima di tornare a guardare suo padre. << Sapete, anche se vostro figlio non avesse fatto quello che ha fatto, avete comunque scombinato un po’ la tranquillità qui a Camelot, Ars. Non fate quella faccia, molti miei cavalieri erano anche cavalieri di mio padre. Il mio padre adottivo, ser Hector, quando vi ha visto è venuto a parlarmi di voi, entusiasta di rivedervi vivo e in forza, anche se a suo dire non si ricordava foste così basso. È vero che avete battuto ser Pellinore? >>
<< Sì, sire. >> disse lui dopo un lungo silenzio a sguardo basso.
<< A mani nude, per quanto ricorda ser Hector. >>
<< Lo eravamo entrambi, sire. >>
<< Beh, io non ci sono riuscito ed ero armato e molto più giovane di lui! È anche vero che ci sono voluti venti uomini per fermarvi? >>
<< Sì, sire. >>
<< E per questo avete perso i vostri titoli e le vostre terre. >>
<< Sì, sire. Il re vostro padre mi aveva intimato alla resa ma io non ho ubbidito. >>
Dopo un attimo di silenzio, il re mormorò.
<< Il sovrano della terra senza re… Mio padre ha preferito l’alleanza con re Pellinore piuttosto che con voi. Beh, lo capisco: la vostra è una bella terra, ma non al pari di quella di Pellinore e voi non avete eseguito un suo ordine duretto. Ci sono stato, dalle vostre parti, sapete? Il mio tutore, Merlino, mi ha fatto conoscere ogni centimetro del mio regno. Purtroppo però, capirete che non posso nominarvi re, ma… avete un figlio, dopo questo, che può assumere quel ruolo? Scusate se vi faccio questo affronto, Tor, ma io vi voglio qui con me, non nelle terre di tuo padre e, come con mio nipote prima di voi, vi costringo a non divenire re. >>
<< Io non voglio essere re. >> disse Tor stordito. << Io… Aretha. Mia sorella Aretha sarebbe un’ottima regina. Lei è, dopo mia madre, la donna migliore che esista sulla faccia della terra. Se vostra maestà accetta che sia una donna a governare sul quelle terre… lei è perfetta per fare la principessa, figuriamoci una regina. >>
Il re sorrise.
<< Uomo o donna, non importa. La madre dei miei figli è la regina delle sue terre e il suo sesso di certo non la rende meno idonea a quel ruolo. Dopo questi festeggiamenti, tornate a casa e riprendete il viaggio per Camelot con tutta la vostra famiglia. Ho una sovrana da nominare. E ora andiamo. Il torneo ha aspettato anche troppo e dobbiamo annunciare i cambiamenti effettuati sul numero dei partecipati. >>
Tor era così euforico che si accorse che il giovane valletto del re, li aveva raggiunti, quando ormai gli era a fianco. Trasalì, vedendo che, nonostante fosse palesemente poco più di un bambino, era già più alto di lui di una spanna, tanto fa raggiungere quasi il re.
Mentre seguiva sua maestà il re, non poté fare a meno di guardare il modo in cui dialogava con il suo valletto, comprendendo in fine, che quello non era solo un valletto.
Forsanche perché il giovane Mordred, quello era il suo nome se non ricordava male, ora lo stava chiamando padre.

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Capitolo 2
*** Come Ser Tor divenne un uomo ***


Dopo i festeggiamenti di rito per i nuovi cavalieri, Tor scoprì in fretta che i suoi primi doveri erano riprendersi dalla giostra e trovarsi un alloggio al castello.
Il giovane cavaliere, però, ebbe solo il tempo di scegliere una stanza qualunque, prima di partire ai suoi genitori.
Il re aveva detto loro di portare Aretha a Camelot e Tor non si sarebbe mai perso l’espressione di sua sorella quando le avrebbero detto che era Regina e per tutto il viaggio alla volta di casa, aveva continuato a fantasticare sulla reazione della sorella.
Come avrebbe reagito a una notizia così incredibile? Si sarebbe spaventata? Si sarebbe arrabbiata? Avrebbe gioito e cantato per una settimana? Avrebbe cominciato a dare ordini a tutti, capre e cavoli compresi? O forse sarebbe stata così felice di rivederlo, da non considerare neanche la notizia di essere appena divenuta Regina.
Purtroppo per lui, la prima reazione della sorella non era stata quella di saltargli al collo per salutarlo, ma urlargli contro che, se era tornato indietro sconfitto e con la coda tra le gambe, allora lei non avrebbe più avuto un fratello. E dietro di le, i loro quattro dei loro fratelli, quelli abbastanza grandi da reggersi in piedi quindi, le davano ragione.
<< No, sorella. >> disse lui nel tono più serio e formale di quanto non avesse mai fatto con sua sorella, tentando di nascondere il malumore di quell’ingiuria << Vi sbagliate. Sono divenuto cavaliere ormai dieci giorni fa e sono qui per una missione ufficiale affidatami da Re Artù Pendragon in persona. >>
<< Ah, sì? E quale sarebbe? Fare il pomposo col vostro sangue? Insegnare l’arte della giostra alle mucche? O salvare le pecore dalla rasatura annuale? Ci sono: fingere di essere un cavaliere e non farsi sbeffeggiare dai vicini! Non preoccuparti Tor, ti difendo io. >>
<< No, scortare a Camelot il nuovo Sovrano della Terra senza Re. >> ribatté lui alzando il mento con beffarda superiorità.
<< Ti rendi conto che è assurdo che una regione che per definizione è “senza Re” ne abbia uno, vero? Non sarebbe molto logico. Temo che il re, se quello era davvero il re, ma temo che tu sia stato circuito da un viandante in una taverna, ti abbia preso in giro, fratello. E ora dimmi, come ti hanno sconfitto? Ti hanno fatto piangere perché ti hanno detto che hai il naso grosso. >>
<< Non ho il naso grosso. >>
<< Oh, sì che lo hai. >>
<< Non… Non voglio litigare con voi… mia signora.>> disse lui, inchinandosi davanti, seguito dai suoi genitori che nel frattempo avevano seguito la loro discussione nel più completo dei silenzi, permettendosi solo di lanciarsi qualche occhiata eloquente.
Lei di rimando li guardò male.
<< Oh, padre, madre! Come vi ha convinto a reggere questa buffonata? >>
<< Il fatto che non lo è. >> rispose Ars.
Tor tornò a guardarla, sorridendole.
<< E’ un peccato che tu non possa fare la principessa, sorella, ma sarai anche meglio come regina. Perché è vero, la nostra è ancora la Terra Senza Re, ma perché noi non abbiamo ancora un re e neanche ci serve. Ci bastate voi, maestà. >>
Per risposta, Aretha diede loro le spalle e con passo sicuro entrò in casa chiudendola alle sue spalle. Tor comprese che le ci sarebbe voluto del tempo per riprendersi. E come darle torto? Quella sera l’avrebbe portata a guardare le stelle e le avrebbe raccontato tutto. Come facevano quando erano bambini.
 
C’erano volute altre due settimane prima di riuscire partire nuovamente alla volta di Camelot: era servita una riunione straordinaria del gran consiglio anziano e, soprattutto, riuscire a convincere Aretha che, comunque, necessitava di qualcosa di più del corredo di una mungitrice. Tor non fu particolarmente sorpreso nel vedere il circondario esultare per questa nomina e proporsi di aiutarli per non far sfigurare Aretha davanti agli arricchiti cortigiani di Camelot: sapeva che la sua gente era composta per lo più da persone semplici e altruiste che si amavano e sostenevano l’un l’altro sia nei dolori che nelle gioie. Se poi era vero quello che aveva detto il re, suo padre Ars era stato l’effettivo re di quelle terre e restituire la corona alla famiglia, era come restituire identità al loro popolo.
Un popolo degno di avere Aretha come regina.
Fu soprattutto per loro che sua sorella, alla fine, cedette alla volontà popolare (la maggior parte degli abitanti della regione infatti si erano presentati a casa loro per renderle omaggio), e accettò la nomina di loro Regina.
Tor si chiese spesso del perché di tutte quelle remore, ma non osò mai farne domanda a sua sorella, per paura della risposta.
Poteva davvero esserci qualcosa che la sua intelligente e coraggiosa sorella temeva?
 
Tornare a Camelot fu più arduo di quanto sembrava, visto la predilezione alla fuga dei suoi i fratelli minori, ma quando Tor varcò le porte di Camelot, si sentì finalmente a casa.
Il soggiorno della sua famiglia fu breve e intenso. Il re rimase incantato dall’acuta intelligenza e dalla sincera modestia di Aretha e i cortigiani furono affascinati dalla sua soave bellezza. Suo padre era spesso sparito in lunghe passeggiate con i cavalieri più anziani e sua madre aveva intrattenuto la corte con delle canzoni popolari affascinando tutti con la sua voce melodiosa, accompagnata egregiamente dal menestrello di corte, un certo Talesin.
L’unica nota stonata fu Mordred che, a detta di Aretha, era immensamente più bello di lui e che per i suoi gusti, si era intrattenuto troppo con sua sorella. Non che avessero passato molto tempo da soli, tutt’altro, ma Mordred le aveva fatto da cicerone per tutto il tempo e lei, a conclusione di tutte le giornate di quel soggiorno, non aveva che lodi da tessere su di lui.
Tor pensò per un momento di spezzare il bel naso dritto del figlio del re e si compiacque con se stesso per il proprio autocontrollo.
In quei giorni, poi, Tor si era accorto che gli altri quattro neo-cavalieri avessero già fatto amicizia tra di loro, mentre lui a mala pena ricordava i loro nomi.
C’erano Agravaine, figlio di Lot, un ragazzo dall’aria troppo intelligente e lasciva per dargli sicurezza, Carradoc, figlio di Carradoc, elegante e dall’aria selvaggia, e Yvain, che come lui era ufficialmente figlio di nessuno d’importante e che, per quanto avesse capito, aveva passato l’infanzia con un arco in mano.
La sera dei festeggiamenti per l’incoronazione di Aretha, Agravaine si era avvicinato a lui solo per poter corteggiare sua sorella, ma l’istinto di Tor di prenderlo a pugni fu fermato dall’arrivo di Mordred che catalizzò la loro attenzione.
<< Il mio bel cugino… >> gli disse Agravaine alzando il calice a mo’ di saluto << Bello come sua madre e ingenuo come suo padre. >>
Mordred fece per ribattere ma poi tacque, facendo sogghignare l’altro cavaliere.
<< Vorrei invitare vostra maestà a un ballo, se lei me lo permette. >> disse poi Mordred porgendo la mano con un leggero inchino alla neo regina.
Lei non se lo fece ripetere due volte e Tor dovette trattenersi dal prenderlo a calci.
Fu allora che cominciò a parlare con un suo commilitone, che sembrava intenzionato sia a distrarlo dall’idea di uccidere il figlio del re che scoprire qualcosa su di lui. Tor seppe così che Agravaine era il figlio della sorella del Re, e che suo padre Lot era il re delle Orcadi. Aveva sentito parlare delle Orcadi da suo padre, gli disse, come un regno sulle rocce e sul mare dove il popolo di pescatori raccoglieva le perle più belle del regno. Agravaine confermò con una grassa risata, alzando il calice al cielo. Mordred, gli raccontò allora Agravaine, era sì il figlio del Re e di quella che lui stesso definiva come sua moglie, ma secondo il nuovo ordinamento legislativo non ne era che il figlio illegittimo. La regina Morgana, sua madre, era l’amazzone regina di Avalon, la donna più bella di ambo i mondi e che a suo tempo si era rifiutata di sposare Artù secondo il nuovo ordinamento rendendo così illegittima tutta la loro progenie di cui, a quanto si diceva, Mordred non era che il primo di una lunga serie.
Agravaine poi si fece serio, nonostante il troppo alcol in corpo.
<< Mordred è un bravo ragazzo, sul serio. Io personalmente lo adoro, forsanche perché è la mia cavia preferita... ah… mi mancano i miei fratelli… anche se ne ho uno qui, ma con lui non ho mai legato molto: è troppo serio… Ieri si è sentito in dovere di punirmi per aver rubato i vestiti di Mordred… sciagurato. I fratelli maggiori sono dei gran prepotenti, eh? >>
<< Oh… non saprei. Sono io il fratello maggiore. >>
Agravaine lo fissò per un lungo istante.
<< Oh… già… >>
Tor cominciò a provare compassione per Mordred: un parente come Agravaine non doveva essere particolarmente rilassante e anche lui si sarebbe aggrappato alla diplomazia dell’ospite e sarebbe rimasto al fianco di chiunque gli permettesse di non rimanere solo e alla mercé di un cugino simile.
La conversazione con l’altro cavaliere non era durata ancora per molto: Agravaine si era defilato presto in cerca di un altro bicchiere e Mordred aveva riaccompagnato sua sorella poco dopo.
Col tempo, Tor avrebbe imparato a fare attenzione ad Agravaine, al modo in cui si defilava e alle intonazioni che usava: non solo sarebbero stati il modo più sicuro per evitare qualunque burla da parte sua, ma anche per capire quali erano gli umori del regno. Agravaine aveva quella naturale dote di intercettare gli umori della moltitudine attorno a sé e il terribile qualità di manipolarlo per umiliare e non per difendere. Non che Agravaine lo facesse con vera cattiveria, ma – cosa anche peggiore visto che con Agravaine capitava fin troppo spesso – per noia.
Tor, però, lo avrebbe capito solo col tempo.
 
Quando la sua famiglia se ne andò, Tor sentì per la prima volta un forte senso di solitudine.
Era pronto a molte cose, ma non al dover pranzare da solo o a discutere con le persone solo per lo stretto necessario. Tor, certo, non era mai stato troppo loquace, ma col passare dei giorni la cosa gli era sembrata sempre più difficile.
Quando Agravaine gli propose di andare a pescare con lui ed altri cavalieri, non se lo fece ripetere due volte: l’ultimo consiglio di suo padre fu quello di instaurare un senso di cameratismo con i suoi compagni che sarebbe divenuto la base dell’amicizia tra cavalieri e quello era un buon modo per iniziare. Senza contare che sapeva benissimo di aver bisogno di qualche svago e andava bene anche discutere sull’intelligenza dei pesci, dopo tanti giorni di allenamento e studio.
In quell’occasione aveva conosciuto Gawain, il fratello di Agravaine, un uomo serio e integerrimo, nonché braccio destro del re, che gli si rivolse come si fa a un fratello minore. Aveva lo stesso modo di scrutare di Agravaine, ma senza tutta quella malizia.
La sua maggiore scoperta, però, fu il figlio del re. Mordred era proprio come diceva suo cugino: ingenuo. Era stato coattivamente portato con loro da Gawaine, con un altro cavaliere che gli aveva impedito la fuga e per tutto il tempo aveva risposto alle battute di Agravaine come solo un bambino di tre anni avrebbe potuto rispondere, scatenando l’ilarità dei più, con il risultato che per la maggior parte del tempo era rimasto fermo immobile a fissare la sua canna da pesca senza rivolgere parola a nessuno se non strettamente interpellato.
<< E’ inutile, ragazzo, non ti faccio entrare in acqua da solo. Non fuggirai. >> gli disse uno dei cavalieri più anziani scompigliandogli i capelli con la grossa mano callosa.
<< Dai, lascialo in pace, Bendivere! >> lo richiamò Gawain << Lo sai che Mordred è timido. Deve prima acclimatarsi come tutti gli animali selvatici. >>
<< Non sono timido, non ho molto da condividere. >>
<< E hai paura di Agravaine. >> lo canzonò Bendivere
<< Infatti sono intelligente. >> disse lui arricciando il naso in segno di lieve stizza.
Un attimo dopo era stato buttato in acqua dal cugino più giovane.
Bendivere urlò irato.
<< No, stupido idiota! Fuori! Uscite fuori! >>
Le risate di Agravaine però coprivano quelle urla. E con lui quelle di tutti gli altri.
<< Dov’è Mordred? >> chiese poi Gawaine.
Tutti smisero di ridere, guardando lo specchio d’acqua.
Del figlio del re non c’era traccia.
Tutti i cavalieri presenti di radunarono a guardare lo specchio d’acqua.
<< Oh, Dio… >> sussurrò Agravaine guardandosi attorno sinceramente spaventato << Mordred! >>
<< Non sarà annegato, vero? >> chiese Ser Yvain guardando gli altri, mentre Agravaine continuava a chiamare preoccupato il nome del cugino e si immergeva per cercarlo.
<< Non dire sciocchezze! >> esclamò Ser Bendivere << Mordred ha imparato prima a nuotare e poi a camminare ed ha passato gli ultimi dieci anni a pescare nelle terre di sua madre! È scappato! Quella maledetta anguilla! >>
<< Bisogna trovarlo. >> sentenziò Ser Gawaine con un ringhio << Se il re scopre che lo abbiamo perso di vista ci metterà agli arresti. >>
<< O peggio, metterà lui. >> disse Ser Bendivere scuotendo la testa.
Il gruppo si separò e Tor si ritrovò a camminare con Ser Yvain lungo la sponda del lago.
<< Tu ci hai mai parlato? >> gli chiese ad un tratto.
<< Con chi? Mordred? >>
<< Sì. >>
<< Solo qualche parola di rito. Non mangia con noi e… sinceramente non so cosa faccia tutto il giorno. >>
<< Io sono abituato a svegliarmi prima dell’alba, mio padre pretendeva che lavorassi assieme ai nostri braccianti e il vizio mi è rimasto. >> disse Ser Yvain << Lo vedo allenarsi da solo e sembra anche molto bravo. Carradoc mi ha raccontato che il re chiede sempre dov’è, quasi avesse paura di perderlo e che mentre noi siamo ad allenarci, lui lo accompagna nelle udienze. >>
<< Non vuole fare il cavaliere? >>
<< Credo di sì… Se no perché allenarsi? Ma quanti anni ha? Tu lo sai? Sembra un ragazzino da un lato e un uomo dall’altro… >>
<< Non lo so. E’ così… alto. >>
<< Già… Persino più alto di te… O Gawain. E’ difficile essere più alto di Gawain. Quando ero piccolo pensavo fosse impossibile. >>
<< Sei delle Orcadi? >> chiese Tor d’istinto.
<< No, mio padre è un proprietario terriero a sud, ma mia madre è una figlia illeggittima di Re Lot. Quando Gawain ha deciso di andare a combattere per il re, lei lo ha seguito per essere presentata a corte e fare un buon matrimonio, solo che ha conosciuto mio padre alla festa dei raccolti e sono scappati per sposarsi, non essendo lui un nobile. Credo ci sia una taglia sulle loro teste, nelle terre di mio nonno, ma Gawain e mia madre sono sempre rimasti in buoni rapporti. >>
Tor non poteva fare a meno di pensare a quanto piccolo fosse quel mondo, quando alzando lo sguardo verso la sponda opposta del lago non vide, appoggiato a un albero, Mordred a torso nudo che riposava con i vestiti sull’erba ad asciugare.
<< Torniamo indietro. >> disse << Mordred tornerà quando vorrà andare a casa. >>
<< Dici? >>
<< Sì, è là che riposa. Probabilmente si sente a disagio a essere l’unico non cavaliere e Agravaine non gli rende la vita facile. Se è vero che il re poi se lo vuole portare ovunque, avrà voglia di starsene per un po’ per i fatti suoi, non credi? >>
<< Probabilmente hai ragione. >> concordò Yvain guardando verso Mordred << In fondo lo capisco: con tutto quello che dicono alle sue spalle certi cortigiani, anche io avrei voglia di starmene per i fatti miei. >>
<< Parlano di lui? >>
<< Non sei stato qui molto tempo, ma ti ci vorrà poco per sentirli. Credo che se il re lo scoprisse, li farebbe frustare e non credo di potrei dargli torto. >>
<< Ma è solo un bastardo come altri, non mi sembra che la vita sia particolarmente difficile per i figli illegittimi dei re. >>
<< Di solito, ma lui è il primogenito maschio di un re senza eredi legittimi, in fondo. E non un re qualsiasi, ma Artù Pendragon. Sua madre, poi, è anche più leggendaria di suo padre e… >>
<< E’ una regina, no? >>
<< Non è una regina qualsiasi. È la regina Morgana di Avalon, dell’Antico Popolo. Si dice che in un campo di battaglia, Morgana porti più distruzione di cento soldati. Mia madre mi raccontò che aveva sconfitto con una mano sola Re Lot e con l’altra Re Pellinore e che non li aveva uccisi solo per fare un piacere ad Artù che le chiese di risparmiare loro la vita. È anche la figlia di Merlino, l’istitutore del re, consigliere personale del precedente re, nonché padre di Re Merlino il Pazzo, il cui regno è il più ricco tra quelli dell’ovest. >>
<< Addirittura? >>
 
L’amicizia tra Tor, ser Yvain e Ser Agravaine si fece più salda nelle settimane successive, e col tempo cominciò a conoscere ed apprezzare anche Ser Carradoc, primogenito di un re dell’Ovest dal carattere umile e aperto. Non riusciva, però, a comprendere il funzionamento delle relazioni con gli altri personaggi della corte.
La servitù, ad esempio, era cordiale e distaccata, come se temesse una qualunque slealtà da parte di un cortigiano e per loro, anche Tor lo era; le serve, ad esempio, non si azzardavano di entrare da sole in una qualunque camera da letto se dentro c’era qualcuno.
 I cortigiani, poi, erano anche più ambigui pronti a cambiare versione e atteggiamento in meno di una giornata. Si era ritrovato così sconcertato dal comportamento di due tesorieri delle terre del nord che non riuscì a dormire tanto che decise di fare un giro quando ormai era l’alba. Tor sapeva che più c’era ricchezza, più c’era il rischio di corruzione, ma pensava che a Camelot lavorassero personalità più auguste dei ladruncoli che suo padre Ars faceva scappare il giorno del mercato.
Era appena uscito dal castello quando decise si ricordò delle parole di Yvain sul principe illegittimo e d’istinto si diresse verso la Piazza d’Armi dove immaginava di trovare Mordred. Aveva appena svoltato l’angolo quando lo vide, fermo immobile al centro del campo con gli occhi coperti da una benda. Lo vide voltarsi nella sua direzione.
<< Ser Tor? >>
Tor sobbalzò.
Era distante più di cento passi e non aveva fatto alcun rumore, ma Mordred, bendato, lo aveva comunque scoperto e riconosciuto.
<< Sì, Ser Mordred. >>
Mordred si tolse la benda e lo guardò stranito, prima di avvicinarsi.
<< Non sono ancora Cavaliere. Come mia siete qui? >>
<< Non riuscivo a dormire. E voi? >>
<< Mi allenavo un po’. Di giorno non posso mai farlo e la notte dormo sempre molto poco. >>
<< Strani pensieri? >>
<< No, solo metabolismo materno. Come lei, mi basta dormire quattro ore per riposarmi e riprendermi da qualunque fatica. >>
<< Qui a Camelot ho sentito parlare molto di vostra madre. >>
Mordred abbozzò un sorriso ironico che lo avvicinò a Agravaine più di quanto non mai successo prima e Tor non poté non pensare che quello era praticamente il primo sorriso che gli aveva visto fare.
<< Immagino. >>
<< No, sul serio. Dicono che sia un’amazzone bellissima… >>
<< … e che abbia sedotto il re per avere il suo regno. >>
Tor tacque per un momento pensandoci su.
<< Sì, anche quello. >>
<< Siete un uomo onesto, Ser Tor. Una bella qualità, spero non la perdiate. >>
Tor guardò l’altro mentre recuperava i guanti ed il mantello lasciati a terra in qualche modo.
<< Grazie. >>
Mordred gli fece segno di seguirlo.
<< Sapete, anche io quando mi sono trasferito qui a Camelot ho subito molto il distacco da Avalon. La società di mia madre è molto più semplice e tranquilla. A Camelot la vita è più dinamica, senza dubbio, ma spesso sembra che ai suoi abitanti sfugga qualcosa, non credete anche voi? >>
Tor meditò un attimo sulla risposta.
<< Non a tutti. Diciamo che a molti di loro manca qualcosa. Forse un po’ della tranquillità che invece hanno da altre parti. Probabilmente servirebbe un po’ di vita frenetica e un po’ di vita appartata. >>
<< Un bel pensiero. Ne parlerò al re, magari prende la decisione di andare qualche giorno a caccia. È da un po’ di tempo che non si distrae e lo vedo stanco. >>
Mordred cominciò poi a dare un paio di direttive su come comportarsi a corte: gli aveva consigliato, ad esempio, di trattare con cortesia, ma non servilismo qualunque servo, ma non chiedere aiuto sempre agli stessi, perché questi non pensino che avesse delle preferenze. Sarebbero stati loro, poi, a decidere se servire preferibilmente lui o lasciare quel posto ad altri. A quanto pareva, era una libertà che la servitù del castello gradiva molto. Del resto, dalle sue gesta in difesa della piccola Rivalem, molti servi della corte erano già ben disposti nei suoi confronti e quindi non doveva preoccuparsi di acquisire la loro fiducia, quanto vedere di non perderla. Con i cortigiani che chiedevano un’opinione su un’altra persona o su un fatto doveva rispondere in maniera vaga e pacata per poi cambiare argomento o defilarsi: le sue parole sarebbero potute diventare armi contro di lui o lo avrebbero potuto coinvolgere in una faida di cui neanche sapeva l’esistenza. Ce n’erano molti, di cortigiani, degni della massima fiducia e ai quali dare tutti gli onori possibili, ma li avrebbe riconosciuti solo con l’allenamento. Lui stesso, spesso, dubitava delle sue stesse opinioni.
Quando Mordred aveva finito di parlare, Tor si era accorto di essere arrivato nelle cucine, dove una grassa e anziana signora abbracciò il figlio del re con affetto e guardò Tor con sorpresa cortesia. Fu così che Tor conobbe la cuoca del palazzo, la creatrice dei magnifici manicaretti che aveva gustato durante le giornate di festa e, per la prima volta dopo tanto tempo, Tor sentì di aver trovato un nuovo eroe che, al posto della spada, teneva un mestolo in mano. Mordred sorrideva felice e sembrava quasi un bambino, mentre faceva servire loro la colazione e mangiava con gusto. A quella vita, Tor rivide il sorriso aperto e sincero del re e ne fu lieto.
<< Posso chiedervi una cosa? >> disse Tor maledicendosi per tanta curiosità << E’ qui che mangiate? >>
<< Solo se non sono con il re. >>
<< Come mai? Non vi sentite solo? >>
<< Non mi piace mangiare nelle mie stanze e non sono un cavaliere, quindi non mi sembrerebbe giusto nei confronti di tutti gli altri aspiranti cavalieri condividere i pasti e i luoghi che sono accessibili solo a voi. Il re poi è il mio unico parente che non pranza con i cavalieri e che risiede a Camelot e poi qui nessuno si mette a fissarmi: tra i nobili, i cortigiani, i cavalieri e la stessa servitù da sfamare, qui non hanno tempo da perdere. Ogni tanto, poi, la signora Aislin mi permette di esserle utile e a me fa piacere. È una gran donna Aislin, non sono qui da molto, ma da quando la conosco è riuscita a farmi sentire a casa. Mio padre è molto fortunato ad averla al suo servizio e per me è l’amica più sincera che potrei mai trovare a Camelot. >>
<< Non avete molti amici qui. >>
<< Non credo che li avrò mai. >> rispose lui con un sorriso sincero.
Tor vide che non c’era ombra di rassegnazione o rancore e se ne sorprese.
<< Perché dite così? >>
Mordred abbozzò una leggera risata, ma non rispose.
Per la prima volta, Tor sentì di provare simpatia verso quel giovane ragazzo che come lui era solo e che come lui tentava di ritagliarsi il suo posto in quel mondo.
<< Perché non sei ancora cavaliere? >>
<< Sono ancora troppo piccolo e credo che mio padre non sia entusiasta all’idea che io rischi la vita in un duello, come se servisse la nomina per comportarsi in maniera così stupida. Oh, non fraintendete, ser Tor, io rispetto enormemente la vostra avventura contro quei tre avventurieri e ho di voi la massima stima, semplicemente, come avete ben detto voi quel giorno al re, non è la nomina che fa decidere a un uomo se e quando difendere il prossimo. Mia madre poi mi ha sempre insegnato che l’utilizzo della violenza gratuita è segno di infinita debolezza mentale e morale, piuttosto che spessore caratteriale e la cosa è condivisa da mio padre. Perché io dovrei giostrare con sconosciuti solo perché sono cavaliere? Sapete che molti uomini si credono cavalieri solo perché hanno un cavallo? E che esistono individui che sono infinite volte di più meritevoli di quel titolo di qualunque signorotto, ma non hanno mai avuto il denaro per avere neanche un asio? Nelle contrade minori ci sono cavalieri, parlo di guerrieri nominati tali dai vassalli della zona e che quindi possono davvero definirsi tali per diritto, che quando si annoiano si fermano a un bivio e sfidano a duello chiunque gli passi davanti, che esso sia un cavaliere, un bambino, una donna o un prete e quando li hanno battuti li derubano solo perché in tempo di guerra questo è il diritto del vincitore. >>
Tor scosse la testa in segno di assenso, colpito di essere stato oggetto di riflessioni per il figlio del re, così maturo e serio da domandarsi il senso dell’essere o no cavaliere per poter agire come uomini d’onore.
<< Quando potrò diventare cavaliere, se il re mi permetterà mai di esserlo, farò in modo che questo ruolo ritorni ad avere il suo senso primigenio e se non me lo permetterà, voglio che si comprenda che non è la nomina che fa essere degni di quel ruolo, ma che tutti possiamo essere cavalieri di noi stessi, come voi quella sera. Questo sarà il mio contributo al regno di mio padre. >>
Mordred, comprese Tor ascoltandolo, era un uomo degno e augusto. Un uomo degno di ogni stima.
Poi un dubbio lo pervase.
<< Scusate, Mordred, ma quanti anni avete? >>
<< Ne ho fatti quattordici la scorsa primavera. >>
Tor lo fissò intensamente, decretando che avrebbe odiato quel moccioso per il resto della sua vita.
 
L’anno ormai stava volgendo al termine, quando Mordred partì alla volta di Avalon promettendo al re di tornare prima dell’anno nuovo e di mandargli continue missive. Il re aveva provato a trattenerlo, ma per la prima volta, Mordred fu intransigente e lasciò suo padre da solo, a Camelot.
Artù Pendragon divenne malinconico e silenzioso e Tor si dispiacque di non vederlo socievole come suo solito, ma le feste invernali furono un motivo di distrazione tale, da non preoccuparsi della tristezza del re.
Con l’arrivo della neve, arrivarono anche molti altri cavalieri a Camelot.
Ser Hector spiegò a lui e agli altri neocavalieri che per capodanno, all’anniversario dell’incoronazione ufficiale del re, avvenuta ormai quattordici anni prima, i signori di tutte le terre del regno venivano a rendergli omaggio e tutti i cavalieri di Camelot facevano ritorno per omaggiare il loro re. In quell’occasione si sarebbe tenuta una giostra di mirabolante meraviglia, dove il vincitore avrebbe ricevuto una borsa di cento monete d’oro.
Loro però non avrebbero ancora potuto gareggiare, ma avrebbero partecipato alla parata iniziale e fatto parte del servizio d’ordine.
Tor chiese come mai tutta quella gavetta, composta da servizi di vigilanza, studio e allenamento, senza però fare dei veri combattimenti.
<< Il re era un ragazzo della vostra età quando è divenuto re. >> disse allora Gawain, avvicinandosi al gruppo << Dovette combattere sin da subito per poter affermare il proprio potere e, seguendo gli insegnamenti del suo Maestro, dare la pace alla sua terra. Io stesso non ero che un ragazzino, quando mio padre si rifiutò di giurargli fedeltà e io disertai dall’esercito delle Orcadi per mettermi al servizio del nostro re. Non eravamo preparati a tutto quello che abbiamo affrontato. Non lo si è mai, a dire il vero, e non si può dire che noi fossimo tecnicamente inesperti.  >>
Gawain tacque per un momento, alzando lo sguardo triste verso l’orizzonte.
<< Abbiamo perso degli amici, perché l’età ci ha fatto essere superficiali. Eravamo come dei bambini che giocavano alla guerra e poi abbiamo scoperto che non era un gioco. >>
Il primogenito di Re Lot si volse a guardarli.
<< Voi avete talento. Il re l’ha visto e vi ha scelto. Ma il talento deve essere raffinato dall’umiltà e dalla conoscenza e non possiamo rischiare di perdervi perché siete poco più di fanciulli e come tali vi comportate. La ronda serve per non dare per scontato il lavoro delle guardie e non pretendere troppo da qualcuno che dipende da noi quanto noi dipendiamo la lui. Lo studio delle leggi poi è fondamentale per il re: noi siamo i suoi emissari più fidati nel regno. Noi dobbiamo garantire che le sue leggi vengano rispettate. Abbiamo il diritto e il dovere di infliggere le punizioni più adeguate ai nemici della legge, perché questi sono anche nemici di Camelot. Dobbiamo conoscerla per poterla rispettare e farla rispettare a nostra volta. >>
Ser Hector scosse la testa in segno di assenso.
<< Tutto vero. >>
Tor guardò i suoi quattro compagni. Come loro, non pensava di essere solo un fanciullo e avrebbe voluto essere considerato come tutti gli altri cavalieri, ma sapeva che era impossibile trasgredire a questa direttiva reale: pena la scomunica regale.
Addio titoli, addio sogni.
A Tor non restò che camminare per le vie della città, sperando di trovare qualcosa da mettere sotto il suo gambessone per essere sicuro di rimanere al caldo: le ultime ronde erano state più fredde di quanto si era immaginato.
<< Signor cavaliere! >>
Tor si ridestò dai suoi pensieri e volse lo sguardo verso la voce che sembrava chiamarlo.
Una giovane fanciulla, coperta da un pesante mantello di panno, lo guardava sorridendo.
<< Signor cavaliere, siete davvero voi! >>
Dopo un attimo Tor la riconobbe. Era la fanciulla alla quale doveva la sua nomina a cavaliere.
<< Sono Rivalem, figlia di Fedor. Vi ricordate di me? >>
<< Sì, mai signora. Felice di vedervi in salute. >>
<< Grazie. State facendo compere? >>
<< Sì. >> disse lui notando che dietro alla giovane c’era un gruppetto di ragazze che li guardava << Anche voi? >>
<< Oh, no! >> disse lei ridendo << Io e le mie amiche stiamo andando a lezione. Perché quella faccia? Anche dalle vostre parti c’è la scuola, no? >>
<< No. >> ammise lui comprendendo di aver assunto un’espressione suo malgrado sorpresa << Io e i miei fratelli abbiamo imparato a leggere e fare di conto da mia madre. >>
Accompagnando la figlia del fabbro e le sue amiche, Tor scoprì che con la sua salita al trono, il Re aveva istituito anche una scuola per le classi meno abbienti. La sera, una o due volte a settimana, i figli del popolo potevano riunirsi e imparare a leggere e scrivere.
<< Il vostro re non fa di queste cose? >> chiese con aria maliziosa una delle sue amiche di Rivalem.
<< Io sono della Terra Senza Re. >> disse allora Tor << Avevamo un consiglio di anziani che decideva le cose importanti, ma non molto altro. Solo di recente abbiamo avuto l’elezione da parte del re di una sovrana. Penso che gliene parlerò: troverà questa idea molto interessante. >>
<< Esisteva davvero una terra senza re? >>
<< Non c’è neanche ora, in verità: abbiamo una Regina. >> rispose allora Tor con un moto di orgoglio.
Le fanciulle lo guardarono sbalordita.
<< Oh, no! State mentendo! >>
<< No, mie signore. Il re ha nominato Lady Aretha, figlia di Ars, regina della Terre senza Re. Non conosco dama più degna di quel ruolo. >>
Rivalem gli sorrise.
<< Siete innamorato di lei? >>
<< No! >> disse lui in una risata << E’ vero, però, che dopo mia madre, lei è la donna a cui sono più affezionato. Ora scusate, mie signore. Ma ho una maglia di lana da comprare. >>
Detto questo tornò al mercato per completare i suoi acquisti per poi correre al suo turno di ronda sentendo vivida per la prima volta dopo tanto tempo la mancanza della sua famiglia.
Quel giorno, sarebbe stato particolarmente freddo per lui.
Era sulle mura superiori e stava ancora pensando all’ultimo inverno passato a casa, quando aveva aiutato suo padre a far nascere un vitello e sua sorella lo aveva preso in giro dandogli della levatrice di buoi, quando una voce bassa e profonda attirò la sua attenzione.
Tor guardò in basso.
Un cavaliere più si stava avvicinando a Ser Gawain con fare marziale e l’armatura indosso. Ser Gawain, da parte sua, lo stava aspettando in piedi a braccia conserte. Il nipote del re sembrava calmo, con le spalle rilassate e il mezzo sorriso divertito, mentre l’altro toglieva l’elmo scoprendo il volto di un cavaliere suo coetaneo.
<< Aglovale! Vecchio vagabondo che non sei altro! Cos’è? Sei tornato perché hai bisogno di soldi? >> disse infine Ser Gawain aprendo le braccia e abbracciando l’altro cavaliere.
<< E cosa dovremmo dire di te, eh, Gawain? Cosa ci fate ancora qui, al capezzale del vostro bravo zietto? Siete proprio un uomo pigro, lo sapete? Mai una missione, mai un’avventura… >>
<< Ci sono altre avventure oltre a quelle che affrontate voi, amico mio. Se le vostre si possono chiamare tali. >> ribatté l’altro con l’aria di chi la sa lunga.
<< Taci o comincerò a pensare di star parlando con mio padre. >>
Ser Gawain scoppiò ridere.
<< Non è così divertente. Piuttosto, notizie dal nord? >>
I due cavalieri continuarono a conversare, allontanandosi da lui e Tor non poté fare a meno di seguirli incuriositi con lo sguardo.
<< Che fai? >> lo richiamò la voce di Agravaine. << C’è qualche bella donzella? >>
<< No. C’erano Ser Gawain e un altro cavaliere qui sotto. Sembravano amici. >>
Agravaine alzò un sopracciglio.
<< Mio fratello non ha amici. Hai sentito come si chiamava? >>
<< Aglovale, se non ho capito male. >>
Agravaine tacque un momento fissandolo per un istante.
<< Non è un amico. È Aglovale, figlio di Pellinore. >>
<< E allora? >>
<< Pellinore confina con il regno di nostro padre. Quando re Artù è salito al trono, Pellinore lo affrontò in duello e sconfisse, prima di decretare di accettarlo come re. E questo solo perché re mio zio riuscì a resistere tre giorni. Mio padre, invece, che sperava che col matrimonio con mia madre sarebbe diventato lui l’erede di Uther, si rifiutò di giurargli fedeltà. Il risultato fu che Gawain disertò, il nostro sovrano vinse e mio padre perse molte terre a favore di Pellinore. Non è stato deposto o ucciso solo perché mio fratello è intervenuto in suo favore. Gawain non può più tornare a casa da allora: mio padre ha compreso cosa ha portato Gawain a ribellarsi a lui, ma non gli perdonerà mai di avergli salvato la vita. Ma entrambi concordano nel dire che dei vicini non bisogna fidarsi ed entrambi si danno da fare in tal senso. >>
<< Non capisco. >>
<< Pellinore è un bastardo approfittatore. Non si è alleato con il re perché anche nella sconfitta si è dimostrato superiore, ma perché sapeva, come tutti del resto, delle mire di mio padre ed era lui quello che Pellinore voleva sconfiggere. E infatti ha guadagnato delle terre ricche e un affaccio sulla baia del sale. Certo, sperava di avere tutte le Orcadi, ma il nostro sovrano è comunque il fratello della regina di quelle terre. Senza contare che un’azione simile avrebbe provocato una guerra nella regione, sarebbe stato da stupidi sfidare così la fedeltà di un popolo. >>
Tor notò per la prima volta in Agravaine della sincera stizza nei confronti di qualcosa.
<< A Gawain manca la nostra terra. Rimane a Camelot perché ormai questa è casa sua. C’è di buono che mia madre arriverà a Camelot tra pochi giorni e se c’è Aglovale, re Pellinore non farà la sua comparsa. >>
E così fu.
La regina Anna di Lothian arrivò l’indomani con una corte ricca e chiassosa.
Il re, dopo molto tempo, sorrise nuovamente, salutando la donna magnificamente vestita e dai lunghi capelli ramati.
Tor rimase incantato nel guardare la sorella del re. Sapeva fosse più vecchia del re, ma sembrava Più giovane del suo primogenito: la pelle era dello stesso colore delle perle grosse come noci che le circondavano la gola e tutto in lei sembrava alludere a piaceri sublimi. Tor si sentì in imbarazzo a rivolgerle la parola, tanto che lei stessa se ne accorse e, mettendogli la mano sulla gamba a una cena, gli disse:
<< Rilassatevi, Ser Tor, o i miei figli non smetteranno più di prendervi in giro quando me ne sarò andata. >>
La sua voce era di miele, come la risata che fece subito dopo.
La vide guardarsi attorno come in cerca di qualcuno, ma senza trovarlo.
<< Cercate qualcuno in particolare, regina? >> gli chiese dopo essersi dissetato con l’ennesimo bicchiere di vino, al momento unico alleato del suo coraggio.
<< Sì. Mio nipote per lo più. >>
<< Ser Mordred? >>
Lady Anna lo guardò allibita.
<< Mio fratello l’ha fatto cavaliere? >>
<< No, non ancora. >>
<< Allora chiamatelo Principe, piuttosto. Anche se in molti non vogliono definirlo principe di Camelot, lo è sicuramente di Avalon. >> lo redarguì lei con un sorriso << Comunque sì, lui. E Ser Yvain. È stato reso cavaliere assieme a voi e al mio Agravaine, se non erro. >>
<< Sì signora. Ma nessuno dei due è presente in sala. Il principe Mordred si è allontanato da Camelot a novembre, promettendo al re di essere qui per Capodanno. Ser Yvain invece è di ronda. >>
<< E sareste così cortese da accompagnarmi da lui? >>
Tor non se lo fece ripetere due volte.
La notte era fredda ed il giovane cavaliere cedette volentieri la sua casacca a favore della Regina delle Orcadi.
Yvain stava sonnecchiando sotto un arco quando lo raggiunsero.
Tor rimase sbigottito dai pochi convenevoli della regina che lo abbracciò, riservandogli lo stesso caldo sorriso che aveva donato al re e ai suoi figli. A suo dire, la madre di Yvain era nata l’anno in cui era andata in sposa al re e lei l’aveva allevata come fosse stata figlia sua e la sua fuga d’amore le era costata tante lacrime di solitudine consolate solo dal saperla felice con un brav’uomo.
Yvain, felice e imbarazzato, rispondeva alle domande della matrigna della madre, rassicurandola sul fatto che lady Soredamor, questo era il suo nome, aveva davvero avuto una vita felice al fianco di un uomo giusto e molto innamorato di lei. La donna stava inoltre per arrivare a Camelot col consorte in occasione dell’anniversario dell’inaugurazione del re e che in quest’occasione, se la regina avesse voluto, avrebbero potuto riunirsi, anche se per poco tempo.
I due stavano ancora parlando quando Tor si accorse di una presenza nascosta poco lontana da loro.
Lentamente, prese la sua spada e gli si avvicinò, ritrovandosi con sua gran sorpresa Agravaine, disarmato, fermo ad ascoltarli.
<< Siete impazzito, Agravaine? Avrei potuto uccidervi! >>
<< Non l’avete fatto, mi sembra. >> rispose lui con un sorriso sardonico, prima di lasciare che la luce di una torcia lo illuminasse del tutto. << Volevo solo essere sicuro che steste bene. >>
La regina Anna e Ser Yvain si erano nel frattempo ammutoliti per poi avvicinarsi ai due cavalieri.
<< Agravaine, che succede? >> gli chiese la madre scorgendo il figlio dietro le spalle larghe di Tor.
<< Nulla, madre. Ero solo curioso di sapere dove vi stava portando ser Tor. Sinceramente non immaginavo da ser Yvain. >> rispose lui con un inchino ironico e un leggero inchino.
La donna rispose con un sorriso altrettanto provocatorio e una carezza al figlio.
<< Oh, caro Agravaine, potevate dirmelo che eravate così possessivo nei confronti dei vostri compagni. >> ribatté la donna.
Agravaine dovette mordersi la lingua.
<< Ser Tor ha risposto alla mia richiesta di conoscere vostro nipote e così mi ha portato da lui. Non pensavo di scatenare la vostra gelosia. >>
Tor e Ser Yvain si fissarono chiedendosi come defilarsi da quella situazione.
Agravaine, dal canto suo, si avvicinò alla madre e le baciò la guancia prima di ricominciare a parlare.
<< E chi sarebbe mio nipote? >>
<< Ser Yvain, mio caro. È il figlio di Lady Soredamor. >>
<< La bastarda di mio padre? >> chiese lui alzando il sopracciglio, senza notare il moto di stizza del compagno << Quella che infischiandosene delle sue direttive è scappata con un mercante di pelli? >>
<< Di lane. >> lo corresse Yvain.
Tor si chiese come aveva fatto a trattenersi dal prenderlo a pugni.
Agravaine lo fissò un attimo prima di indicarlo e rivolgersi nuovamente verso sua madre.
<< Lo è davvero? >> chiese lui guardandola scettico.
<< Sì, certo caro. >>
L’espressione di Agravaine cambiò, diventando più rilassata e aperta tanto da rendere quasi sincero il suo mezzo sorriso.
<< Ora capisco perché mi sembrava che ser Yvain avesse qualcosa di famigliare. Mi ricordava Morgouse! >>
<< Oh! Avete ragione, caro. Ser Yvain ha la stessa bella bocca della nostra cara Morgouse e oserei dire pure il nasino. >> disse la regina della Orcadi prendendo sottobraccio il figlio. << Fa freddo e sono stanca, figliolo. Mi accompagnereste nelle mie stanze? O devo farmi accompagnare da Ser Tor? >>
 
Il giorno dopo, Tor venne svegliato da un delicato bussare alla porta delle sue stanze.
Una cameriera sconosciuta gli stava restituendo la casacca data alla Regina delle Orcadi.
Appena ebbe chiuso la porta dietro di sé, Tor aspirò profondamente il suo indumento, scoprendo con sui grande piacere che ne aveva carpito l’aroma di lavanda.
Fu solo quando lo indossò, che si accorse di avere qualcosa nella sua tasca.
Una chiave.
Ser Tor la osservò per un momento. Non l’aveva mai vista.
Solo quel pomeriggio, incontrando la regina Anna che camminava nel giardino del palazzo con ser Gawain, che scoprì che era sua.
Mentre ser Gawain lasciava la madre per adempiere ai suoi doveri di cavaliere, lady Anna gli si avvicinò.
<< Spero che la mia serva non vi abbai svegliato, quando vi ha restituito la vostra casacca. >>
<< No, affatto, mia signora. >> mentì lui.
La regina delle Orcadi lo osservò per un lungo istante, prima di sorridergli nuovamente, inclinando la testa da un lato.
<< E ditemi, avete trovato il mio dono? >>
<< Io… sì, mia signora. >> rispose intuendo si trattasse della chiave.
<< E, dite, pensate di usarla? >>
<< Io… non so cosa apre, mia signora. >>
A quelle parole, la regina scoppiò a ridere. Quando si calmò, scuotendo la testa, fece per superarlo, prima di sussurragli:
<< Le mie stanze. >>
 
Le due notti successive, chiuso in camera sua, Tor non riuscì a dormire, fissando il soffitto con in pungo il dono fattogli dalla Regina Anna. Lei, dal canto suo, si era fatta devotamente osservare da lontano, come una sacra reliquia, mentre intratteneva il re e la corte con storie che Tor non avrebbe mai ascoltato.
La terza notte, si fece coraggio e uscì dalle sue stanze.
Non sapeva esattamente a cosa stesse andando incontro e per tutto il tragitto che fece nel silenzio di quella notte, continuò a immaginare gli scenari possibili e non: dal trovare lei con i figli a prenderlo in giro, o Agravaine (o peggio Gawain) pronto a trafiggerlo con la spada, incurante che fosse disarmato. Solo quando arrivò davanti alle stanze della regina ed infilò la chiave nella serratura, che smise di pensare a qualunque cosa.
Quando aprì la porta, vide Lady Anna seduta davanti alla sua toletta, intenta a pettinarsi i capelli alla luce di tre candele. La donna si girò e gli sorrise, come una fanciulla il giorno delle sue nozze.
Quella notte, Tor non l’avrebbe mai scordata e l’avrebbe accompagnato per tutto il resto della sua vita.
In quella notte, come le altre passate con la Regina delle Orcadi, Tor imparò l’arte di amare e di dar piacere. Lady Anna, bella ed elegante come la luna invernale che illuminava il suo corpo immacolato, fu una maestra generosa e paziente che gli insegnò a fare e a lasciarsi fare. Si lasciò baciare la candida pelle centimetro per centimetro, come un devoto bacia una reliquia, non lo redarguì per la fretta e ne apprezzò la foga, gli insegnò l’arte della calma e quella della delicata potenza.
Tor non aveva coscienza del domani, in quelle notti.
Non sapeva cosa gli sarebbe accaduto o come sarebbe andata a finire.
Sperava solo che l’alba non arrivasse mai.

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Capitolo 3
*** Come Ser Tor conobbe l’identità di suo padre ***


Ser Tor amava le giostre. Ne apprezzava il rituale, la simbologia e il chiasso.
Il re e i membri più alti della nobiltà presente stavano seduti su un piccolo palco su uno dei lati più corti dello spiazzo adibito ai combattimenti. Anche la sorella del re, la regina Anna, era lì: seduta al fianco del fratello, commentava i cavalieri venuti a giostrare con un dolce sorriso sulle labbra.
Tor si fermò a guardarla in silenzio per parecchie volte, nei primi giorni, decidendo di essere più discreto dopo aver ricevuto uno scappellotto di rimprovero da Gawain che lo aveva riportato al suo ruolo di sorveglianza.
Ser Tor si chiese se il braccio destro del re avesse intuito quali fossero i pensieri verso la donna che ne era la madre, ma preferì non indagare e per quanto si sforzasse, la regina Anna era così bella, che non poteva non rimanere ammutolito, incantato quando il suo sguardo si posava su di lei, anche quando non la cercava volontariamente con lo sguardo.
Era proprio in uno di quei momenti di ammirazione devota in cui tutto accadde.
Ser Tor avrebbe dovuto ammettere che se non fosse per l’espressione terrorizzata della regina delle Orcadi.
Il cavaliere si voltò verso la giostra e lì lo vide: Ser Yvain a terra faceva scudo a qualcosa che doveva essere un bambino, mentre su di lui si stava per abbattere un toro, così grosso da sembrare un mostro degli inferi.
Ser Tor corse d’istinto verso di lui, sentendo al suo fianco Agravaine che correva in aiuto del compagno d’armi. Davanti a loro, dall’altra parte della giostra, Ser Gawaine correva affiancato da altri due cavalieri sfoderando le possenti spade.
Ma nessuno di loro arrivò in tempo.
Un’enorme ombra, tanto possente da coprire il debole sole invernale, si abbatté fulminea su di loro inghiottendo il toro e di lui Ser Tor non vide più nulla, sentendo solo il muggito straziato dell’animale.
Ci mise un attimo a capire che quella non era un’ombra ma un uomo.
Un uomo grande e possente come un gigante, con i vestiti scuri e l’armatura nera. Un enorme guerriero che abbatteva senza pietà la sua ascia contro l’animale ormai morto, senza che la sua furia omicida trovasse pace.
Anche ser Yvain ormai guardava ammutolito la scena, tenendo ancora stretto il ragazzino per il quale aveva appena rischiato la vita.
D’istinto, Ser Tor si frappose fra di loro e il mastodontico sconosciuto, seguito da Agravanie, pallido come non lo era mai stato.
<< Padre… >> sussurrò Agravaine.
Ser Tor lo fissò per un istante prima di tornare a guardare il nuovo venuto.
Quello era Re Loth?
Cercò con gli occhi Ser Gawain che sembrava dire qualcosa, allungando la mano senza osare avvicinarsi, ma i rumori dell’ascia sulla carcassa e i ruggiti che venivano dal re delle Orcadi coprivano ogni sua parola.
Anche il re, con arco e frecce in mano, li aveva intanto raggiunti e stava per avvicinarsi al suo regale suddito quando questi si fermò, voltandosi con sguardo assassino verso le sue spalle.
Fu allora che Ser Tor capì che dietro a quella montagna, qualcuno aveva avuto il coraggio di avvicinarsi tanto da prenderne il braccio; qualcuno con una forza tale da riuscire a fermarlo nonostante la colossale forza necessaria.
<< È morto, zio. E vostro nipote è salvo. Placate la vostra preoccupazione: non avete bisogno di altra vendetta. >>
Ser Tor rabbrividì.
Quella voce calma era inconfondibile: Mordred.
Re Loth abbassò il braccio e si voltò verso il figlio di Artù.
Il silenzio che era sceso era palpabile e carico di tensione.
Il figlio bastardo del re e l’ultimo sottoposto che gli aveva giurato fedeltà si osservarono in silenzio, quasi fossero due cervi che stavano per combattere l’uno contro l’altro.
Infine il re delle Orcadi disse qualcosa di incomprensibile e Mordred sorrise in risposta, lasciandolo andare. Re Loth si voltò un momento a guardarli e Ser Agravaine si inchinò d’istinto, poi l’uomo se ne andò.
Ser Tor lo vide fermarsi un momento prima di ricominciare il suo cammino e uscire dalla piazza, seguito da un’eterea figura bianca. Fu allora che vide due figure riccamente vestite in mezzo a dove prima di stavano svolgendo i duelli e che, dopo essersi cerimoniosamente inchinati al re delle Orcadi quando questi si era fermato davanti a loro e lo avevano visto andare via con la coda dell’occhio, si erano precipitati da ser Yvain per assicurarsi che stesse bene, raggiunti anche dai principi delle Orcadi e dalla loro madre. Non gli servì osservare i lineamenti dei due per sapere che quelli erano i suoi genitori di Ser Yvain. Ser Tor cerco d’istinto il suo sovrano e d il principe bastardo che si stavano scambiando qualche parola con un sussurro e mentre li guardava non poteva fare a meno di chiedersi una cosa: come aveva fatto Mordred, da solo, a fermare tutta quella forza distruttrice con un solo braccio?
 
 
<< Yvain, siete stato molto fortunato. >> lo rimproverò ser Bendivere appoggiato al muro della stanza del giovane cavaliere.
<< Se non fosse stato per Re Loth, saresti sul letto di morte. E invece, solo qualche graffio. >>
Il ragazzo scosse la testa in segno di assenso, senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso.
<< Beh? Che fai? Sorridi all’idea di morire? >>
<< No, che dite. >> replicò lui << Ma non posso fare a meno di pensare che il re delle Orcadi sapesse chi ero. >>
<< Certo che lo sapeva. >> gli disse Ser Agravaine seduto comodamente sull’unica sedia del locale mentre, annoiato, si sosteneva la testa con una mano. << Sono passate due settimane da quando mia madre è giunta qui a Camelot ed il suo arrivo stava a significare che mio padre rimaneva nelle nostre terre. E invece non solo si è scomodato, ma si è portato dietro anche Morgause, nonostante la sua salute cagionevole. Volevano conoscerti. Poco ma sicuro. Certo, non hai fatto una figura particolarmente brillante, ma almeno hai scosso un po’ il vecchio. >>
Ser Tor scosse la testa in una mezza risata. Il suo commilitone era incapace di dire qualcosa di gentile senza evitare il solito accenno d’insulto.
A Ser Yvain, però, sembrava che la cosa non interessasse.
<< Dite dunque che ha perdonato mia madre? >> chiese infine passando lo sguardo tra lui e Ser Gawain.
I due risero prima di rispondere all’unisono divertiti:
<< No! >>
Fu quindi il momento di Gawain.
<< Tua madre è la sua primogenita, le ha dato il nome di sua madre. È sempre stata la figlia che qualunque uomo potrebbe avere: bella, intelligente, devota… Come nostra nonna, appunto, che però morì quando era molto piccolo partorendo un suo fratello. L’avrebbe voluta sempre vicina, a curargli gli acciacchi della vecchiaia, ma ha preferito tuo padre e lui si è sentito abbandonato. Il re delle Orcadi è un bambinone viziato e nessuno lo può abbandonare se non è lui a volerlo. Mia madre mi ha raccontato che nei mesi che hanno preceduto la tua nascita e quella di Agravaine, il vecchio fosse diventato più ansioso e irritabile che nelle precedenti gravidanze e la cara Morgause l’ha sentito pregare gli dei più disparati perché salvassero la vita delle… com’era? Ah, sì! Le sue due principesse e dei cuccioli che portavano in grembo! >>
A quelle parole, Ser Bendivere scoppiò a ridere.
<< Sì, sarebbe da Loth! Fa tanto il gradasso, ma è solo un agnellino troppo cresciuto! >>
Ser Tor notò che i due figli delle Orcadi non sembravano concordare molto con quella frase, ma avevano preferito soprassedere.
Fu in quel momento che, dopo aver bussato alla porta, entrò nella stanza Owain mab Urie, il padre di Ser Yvain, seguito da un’eterea donna bionda. Quando la vide, Ser Agravaine si alzò dalla sedia e la fece accomodare con devota deferenza.
L’uomo, elegante nelle movenze e dallo sguardo aperto, salutò con composta deferenza i presenti, prima di andare a sedersi vicino al figlio ed abbracciarlo. Ser Tor non potè non notare come i sui tratti somatici somigliassero ai figli dimenticati dei romani, piuttosto che dagli originali abitanti delle loro terre.
<< Dov’è mia madre? >>
<< Quella è più pazza di te. È voluta andare in prima persona dal re delle Orcadi per ringraziarlo e per portargli in dono un unguento che allevi le articolazioni infiammate. Io non ho tanto coraggio, lo ammetto. E poi mi sono fatto convincere da questa signora a portarla qui, visto che voleva conoscerti. >>
Ser Yvain si girò allora verso la donna che, con trepidante attesa e le lacrime agli occhi, aspettava di rivolgere la parola al giovane miracolato.
<< Sono così felice di conoscerti! >> disse lei non riuscendo ad aspettare oltre << Non ho fatto riposare i cavalli per due giorni, pur di arrivare il prima possibile. Re Loth ha dovuto sopportare ogni mia lamentela… oh, ma ringrazio gli dei per averlo fatto! Se fossimo arrivati anche solo pochi minuti dopo… oh! Non so cosa sarebbe potuto accadere! >>
La donna scoppiò a piangere, prontamente abbracciata da Ser Agravaine che sembrava aver perso ogni atteggiamento strafottente per trasformarsi nell’ uomo premuroso che nessuno avrebbe mai pensato che potesse essere.
Ser Yvain, dal canto suo, sembrava interdetto.
<< Chiedo scusa, mia signora… ma voi chi siete? >>
La donna lo guardò stranita, prima di guardare Agravaine. Il cavaliere, di rimando, lo guardò indignato.
<< Come non sapete chi è? Vi ho anche detto che avete il suo bel nasino, bifolco! Va tu a fare i complimenti agli amici! >>
<< Lei è Morgause. >> disse con ovvietà Gawaine.
Quando compresero che il giovane uomo non aveva capito, fu lei a parlare.
<< Sono la favorita di re Loth. >>
<< È tua nonna. >> disse infine Owain mab Urie vedendo lo sguardo spaesato del figlio e comprendendo che quello che per gli abitanti delle Orcadi era ovvio, non lo era invece per suo figlio.
Il giovane cavaliere e Ser Tor si guardarono allibiti, tornando a guardare la donna.
Ser Bendivere scoppiò a ridere, seguito a ruota da Ser Gawain.
<< Impossibile. Siete troppo giovane. >> disse lui.
Lei sorrise deliziata, arrossendo come una fanciulla.
In quel momento, Ser Tor poté vedere qualche ruga sul suo volto candido.
<< Non penserete davvero che ci sono nata con questi capelli bianchi. Ho avuto vostra madre quando avevo quindici anni e re Loth era appena divenuto re. Lui ne aveva ventiquattro. È da allora che mi fa l’onore di rimanere al suo fianco e a quello della regina Anna. >> disse lei con un tono tanto melodioso da sviare qualunque maldicenza. << Fate voi i conti di quante primavere ho visto nella mia vita… anche se oggi ho temuto di non poterne vedere un’altra. >>
La donna si fece seria, posando lo sguardo sui principi delle Orcadi e sul nipote.
<< Siete uomini, ormai. >> disse con un sussurro << Io sono donna e debole, non sono potente come la regina Morgana, o tenace e irriducibile come la cara Anna… Io non posso più proteggervi… >>
<< Madre carissima, cosa dite. >> disse Ser Agravaine inginocchiandosi davanti a lei e baciandogli le mani con sincero trasporto.
<< Il vostro stesso sorriso ci protegge da qualunque tristezza. >> disse Ser Gawain avvicinandosi a lei e poggiandole la mano sulla spalla. << Non c’è nulla di più potente per ristorarci e darci forza. >>
Ser Tor e Ser Bendivere si intesero senza guardarsi e, in silenzio, lasciarono la stanza e quando il vecchio cavaliere salutò con una pacca sulla spalla il suo compagno, questi non poté che sentire una fitta al cuore.
Sapeva cosa fosse: invidia.
La sua famiglia era lontana e gli mancava l’affetto di sua famiglia, la risata cristallina di sua madre, la mano calda di sua sorella stretta nella sua. Non aveva mai visto Ser Agravaine così premuroso nei confronti di qualcuno, se non per la sua stessa madre. Certo, aveva chiamato anche quella donna madre, ma spesso le concubine dei re facevano da madre anche ai figli legittimi, anche più di quanto potessero fare quelle effettive.
Era preso da quei pensieri quando la voce di Ser Carradoc attirò la sua attenzione.
<< Signori, lady Seredamor vuole solo dare un omaggio al re di Lothian per ringraziarlo, non credo sia il caso di tanta rudezza. Anzi, sono sicuro che il re sarà più che lieto di avere i ringraziamenti di una madre a cui ha appena salvato così eroicamente il figlio. >>
La voce sicura del suo commilitone fece incuriosire Ser Tor che, avvicinatosi, lo vide fronteggiare quattro guardie vestite di pesante pelle di montone e dall’aria selvaggia come solo i giganti potevano essere.
La donna dietro il compagno, altera e alta, non sembrava scomporsi davanti a quei guerrieri. Si girò un momento a guardarlo e Ser Tor ebbe un sussulto: il profilo elegante, il piccolo naso a patata e gli occhi verdi… quella era la madre di Ser Yvain che aveva visto qualche ora prima correre al capezzale del figlio.
In silenzio, il giovane cavaliere si affiancò a Ser Carradoc.
Si guardò attorno.
Quella era l’ala del castello concessa alla regina delle Orcadi. A quel pensiero, ebbe un sussulto: d’istinto si era riversato in quei lidi? Quanto era sciocco e inopportuno quel suo comportamento?
<< Signori, gli ordini del nostro re sono chiari: solo gli abitanti delle Orcadi, il re di Camelot e i suoi figli possono superare questo blocco. >>
<< Ma lady Seredamor è delle Orcadi. >> disse allora Tor.
I quattro uomini abbozzarono un sorriso di scherno.
<< Ecco a voi certa gente che vuole ancora venire a casa nostra a dare ordini. Il naso grosso, ragazzo, non implica intelligenza e ora lo confermi. Qualcuno dovrebbe smettere di sfornare bastardi, più va avanti, più li sforna stupidi. Lady Seredamor ha rinunciato alla cittadinanza con cui è nata a favore di un matrimonio sgradito il re. >>
Ser Tor sentì la mano di Ser Carradoc poggiarsi sulla sua, permettendogli di capire quanto fosse stretta l’impugnatura alla sua elsa.
 
Furioso… Ser Tor sentiva il sangue ribollirgli nelle vene.
 
<< Cosa succede? >>
La voce apatica, quasi fredda, della regina delle Orcadi richiamò l’attenzione di tutti.
I quattro guerrieri delle Orcadi si inchinarono al suo cospetto.
<< Lady Seredamor voleva fare un dono al re delle Orcadi, maestà. >> disse Ser Carradoc con un inchino.
La donna lo guardò con apatica noia, prima di passare lo sguardo verso l’altra donna che, contrariamente a qualche istante prima, manteneva lo sguardo basso, quasi colpevole. Ser Tor sentì una stretta al cuore carica di filiale tenerezza nel vedere la donna tremare e mordersi le labbra in attesa di una reazione positiva della regina delle Orcadi. Se era vero che lady Seredamor era la figlia illegittima del re delle Orcadi e questi avesse tenuto con se la madre fino ad allora, forse la regina provava del rancore verso di lei.
Eppure aveva parlato di lei con tale affetto…
<< Cos’è? >> chiese la regina con voce fredda, quasi metallica.
<< Un unguento a base di Arnica, mia signora. >> disse l’altra con un filo di voce. << Dopo la dimostrazione di forza di sua maestà, ho pensato potesse dargli giovamento. >>
<< Arnica? Sul serio? >> chiese la regina in tono quasi ironico.
<< Sì, mia signora. >>
<< E dove l’avresti ma i recuperata? >>
<< E’ una pianta che viene dal continente, mia signora. Al sud, a Curnow, c’è un mercato molto importante ed è lì che l’ho presa. La vecchia balia di mio marito e una galla… è lei che mi ha insegnato come usarla. >> disse lei tutto d’un fiato alzando lo sguardo per un momento prima di riabbassarlo e continuare: << L’ho portata per farne dono a mio figlio, ma se non fosse per il buon re di Lothian, non avrei più un figlio, quindi… >>
La regina piegò la testa da un lato prima di girarmi.
<< Seguitemi. Tutti e tre. >> disse infine.
Ser Carradoc e Ser Tor si guardarono un attimo mentre si incamminavano dentro quello che era quasi un territorio nemico, mentre i quattro guerrieri ancora rimanevano inginocchiati e a sguardo basso.
Lei li condusse davanti alla porta che Ser Tor conosceva bene: quella che fino alla sera prima era della regina. Luogo di infinite delizie.
Quando entrarono nella stanza, videro la corpulenta figura del re di Lothian, con tanto di barba e capelli spettinati, che, in silenzio, si massaggiava la spalla sinistra.
Quando l’uomo li vide, ser Tor sentì il suo coraggio venire meno.
Il re delle Orcadi era un uomo immenso. Alto e corpulento, sembrava una montagna che aveva preso vita. Se i quattro uomini massicci che facevano la guardia potevano essere paragonati a dei tori, a cosa poteva essere paragonato un uomo tanto immenso?
D’istinto, il giovane guerriero guardò il suo compagno per poi seguire lo sguardo di questi e osservare lady Seredamor. La donna, dal canto suo, osservava il re Loth con gli occhi carichi di emozioni.
La donna si inchinò e i due uomini fecero lo stesso.
<< Maestà, >> cominciò la regina Anna << Seredamor mab Urie è venuta a porvi un dono di ringraziamento per l’eroica impresa di oggi. >>
Il re ruggì distogliendo lo sguardo, prima di tornare a guardare la donna carico di sentimenti che combattevano tra di loro, forti come il loro padrone. Ser Tor notò che era lo stesso sguardo lucente del colore del cielo della donna che gli si inginocchiava davanti.
Lo stesso di Ser Yvain.
Lo stesso di Ser Agravaine.
<< Un unguento a base di Arnica. >> disse la regina con fare annoiato, dando loro le spalle per versarsi un bicchiere di vino. << Conosco il medicinale, l’ho visto usare da mia cognata Morgana di Avalon, aiuta per i dolori muscolari. >>
L’uomo non rispose, immobile.
<< Su, Loth, spogliatevi. O avete bisogno che i cavalieri di mio fratello vi diano una mano? >>
L’uomo lo guardò con furia oltraggiata prima di spogliarsi.
<< Seredamor, pensate voi a spalmarlo al re, vero? Io tra poco dovrò raggiungere il mio regale fratello, non posso di certo presentarmi puzzolente, non credete? E voi due, sedetevi. >>
I tre ospiti non se lo fecero ripetere due volte.
Lady Seredamor corse in silenzio al capezzale del re e aprì l’unguento, versandosene un po’ tra le mani. Stava per toccare il sovrano quando questi si scostò come se lo stesse per bruciare. L’uomo poi tornò a farsi avvicinare dalla donna sotto lo sguardo furioso della consorte.
<< Marito caro? Questi sono Ser Carradoc e Ser Tor, sono stati nominati cavalieri insieme a nostro figlio e nostro nipote.  >>
L’uomo grugnì in risposta.
La regina Anna si volse quindi a guardare i due giovani guerrieri.
<< Ser Carradoc, voi siete il primogenito di re Carradoc, giusto? >>
<< Sì, maestà. >> disse lui con naturalezza, come se quello che stava succedendo davanti ai suoi occhi non lo toccasse minimente.
<< E dite, avremo il piacere di rivedere i vostri genitori per i festeggiamenti di mio fratello il re? >>
<< No, mia signora. Mio padre il mese scorso ha preso l’influenza e anche se è guarito del tutto, non è ancora in grado di partire. >>
<< È da un po’ che non vedo quel Sil… >> commentò il re << Ho voglia di farmi un paio di bevute con quel vecchiaccio! Ditegli di farsi vivo la prossima volta! O verrò a stanarlo io stesso! >>
<< Lo farò, maestà. >>
<< E la sua devota moglie non se la sente di lasciarlo, vero? >> concluse lei con un mezzo sorriso prima di voltarsi verso il consorte << E invece il mio povero Loth si ritrova spesso senza di me. A volte mi dispiace, ma poi penso che se non lo facessi, non sentirebbe mai la mia mancanza e si stuferebbe in fretta di me… >>
La regina rise di gusto nel vedere il marito arricciare il naso e distogliere lo sguardo.
<< E voi, Seredamor? Vi separate spesso da vostro marito? >>
La donna la guardò sorpresa un momento prima di abbassare lo sguardo.
<< Solo durante le fiere del solstizio d’estate, mia signora. >> rispose poi con un filo di voce << Per me c’è troppo caldo e troppa afa e preferisco rimanere nelle terre di mio marito dove il clima è più mite. >>
Il re fece una smorfia prima di guardare i due cavalieri.
<< Questa volta quasi tutti uomini del nord, eh? >> disse l’uomo per poi zittirsi davanti allo sguardo furioso della moglie.
<< No signore, siamo divisi perfettamente tra quelli provenienti dalle terre dell’ovest e quelle del nord. Io sono del Gwent, signore. Come Ser Carradoc. >> rispose allora Ser Tor << Vengo dalle terre senza re. >>
<< Oh! >> disse allora il re con sincero interesse << Quindi voi conoscete il vecchio Ars, suppongo. >>
<< È mio padre. >> disse il giovane senza riuscire a nascondere il moto d’orgoglio.
Persino il re delle Orcadi conosceva suo padre.
Il re socchiuse un attimo gli occhi.
<< Come hai detto che ti chiami? >>
<< Tor, signore. >>
Lo sguardo del re cominciò a vagare tra i ricordi.
<< Toria. >> disse in fine tornando a guardarlo << Come sta? È ancora bella come me la ricordo? >>
<< Sì, signore. Ma forse sono un po’ di parte. Ai miei occhi non c’è donna che possa essere definita più bella. >> disse il cavaliere con sincero stupore nel sapere che anche sua madre non gli era sconosciuta << Solo mia sorella Aretha, ora regina delle terre senza re, può concedersi un paragone con lei. >>
La regina delle Orcadi sorrise facendo spallucce e alzando gli occhi al cielo, mentre il consorte ricominciava a scrutarla.
<< E com’è che noi non lo sapevamo? Tuo fratello si è scordato di avvisarci? >> disse lui con un tono che a Ser Tor sembrò più simile a quello di un bambino che faceva il broncio, piuttosto che a un re oltraggiato.
<< No, mio re. >> rispose paziente la donna << Il mio caro fratello ci ha avvisato e lo stesso hanno fatto i nostri due figli presenti all’incoronazione. Infatti, abbiamo fatto dei doni a omaggio della nuova sovrana sia qui a Camelot che nelle sue terre. >>
<< Spero siano adeguati al nostro nome. >>
<< E alle nostre possibilità caro. >> disse lei sedendosi al fianco del marito. << Quaranta sacchi di sale grosso, venticinque fili di perle e ventiquattro pelli d’orso. Il minimo per omaggiare la figlia di un uomo a cui devo la vostra vita. >>
Lady Seredamor nel frattempo aveva smesso di massaggiare il possente braccio del re e aveva tirato fuori dalla borsa di stoffa che teneva a tracolla una lunga sciarpa di lino bianco.
Ser Tor la vide fasciare con estrema delicatezza il braccio virile del re.
<< Ho finito… >> disse in fine con un sussurro e lo sguardo basso << Permettetemi di venire anche domani… sarebbe un onore per me… >>
<< Oh, figlia mia… >> esclamò la regina baciandole la fronte con le lacrime agli occhi. << Non preoccupatevi. Dirò io alle guardie di farvi passare. >>
<< Non ne avrò bisogno. >> disse l’uomo arricciando il naso.
<< Sì, invece. >> si oppose la regina << Non potete negare la presenza di quei lividi sul vostro polso. Né le lamentele che avete continuato a fare appena entrato in queste stanze. Fino a quando non lo dirò io, voi vi farete assistere da Seredamor. >>
<< Prima di tutto, quei lividi non me li sono procurati uccidendo quella bestia, ma me li ha fatti vostro nipote. Tse! Quel Mordred! Degno figlio di sua madre. Se avesse stretto poco più forte mi avrebbe sicuramente spezzato il polso. Ma almeno sua madre sapeva darsi una regolata! Te lo dico io, quello ha il destino di suo zio! Hai visto con che sguardo mi fissava? Ha il seme della pazzia degli occhi. >>
<< Ha il seme dell’orrore che avete compiuto macellando quella bestia. Potevate anche avere un po’ di pietà e invece… >>
<< Attenta a quello che dici, donna! >> tuonò il re alzandosi di scatto e puntandole il dito contro << Come osi dirmi una cosa simile? >>
Lei lo guardò altera e fredda senza scomporsi.
<< Nessuno, e bada bene, dico nessuno!, può osare attaccare un membro della mia famiglia impunemente! La … >> l’uomo si bloccò, arrossendo furiosamente mentre lady Seredamor si allungava per baciargli la mano bendata.
<< Oh, mio re! >> disse lei tra le lacrime. << Mio amatissimo re! Mio sole! Sapevo che il vostro cuore buono era colmo di amore anche per il mio piccolo Yvain! Non ne dubitavo! Oh, maestà… >>
L’uomo la guardò per un lungo istante indeciso sul da farsi, prima di poggiarle la mano sul capo.
La regina delle Orcadi, sotto lo sguardo di fuoco del marito, si alzò con un sorriso beffardo.
<< Cavalieri, sareste così gentili da accompagnarmi dal re mio fratello? >>
I due non se lo fecero ripetere due volte.
<< Cornica… >> sibilò il re mentre questa usciva seguita dai cavalieri di Camelot.
Chiusa la porta dietro di sé, la regina delle Orcadi cominciò a ridere, camminando con la consueta eleganza e superando con noncuranza le guardie del marito.
<< Non c’è maggior vittoria, contro il re mio marito, che mostrare agli occhi degli estranei come un uomo dal cuore tenero. >> disse in fine la donna guardandoli divertita.
<< Mia signora… >> disse in fine Ser Carradoc con incertezza << Per caso prima che uscissimo, re Loth vi ha insultato? >>
<< Oh… oh, no caro! Cornica è la definizione tipica delle donne della mia regione d’origine! >> disse lei ridendo << Mio padre era signore della regione del Curnow, a sud ovest del regno. Anche mia madre era di quella regione. Una caratteristica tipica delle donne della mia gente è lo spirito… da commerciante. L’aveva anche mia madre e fu proprio questo spirito combattivo e diplomatico assieme che, assieme alla sua innegabile bellezza, piacque così tanto a re Uther da fargli uccidere mio padre…>>
Il bel volto della regina si fece freddo.
 
<< Non sapevo che vostro padre conoscesse il mio. >> disse Ser Tor al compagno Agravaine durante un turno di ronda.
Il giovane cavaliere lo guardò strofinandosi le mani per riscaldarsi dal freddo.
Ser Agravaine lo guardò in silenzio per un lungo momento prima di parlare.
<< Non saprei. Chi è vostro padre? >>
<< Ars delle terre senza Re. >>
Il principe delle Orcadi fece spallucce.
<< Non ricordo di averlo mai sentito. Ma se devo essere sincero, quando ero piccolo di raccontavano di così tanti cavalieri che ho perso il conto. Sapete in che occasione si sono incontrati? >>
<< No. Ma so che il re vostro padre consce anche il nome di mia madre. >>
Ser Agravaine lo guardò con sincero stupore.
<< È una donna di Avalon, per caso? >>
<< No, affatto.  >>
<< Mio padre ha sempre e solo parlato di donne di Avalon nei suoi racconti. In primis la regina Morgana e poi anche la regina Ginevra di Cameliard, la defunta consorte di re Leodegrance. A proposito, non ha mandato nessuno, vero? Strano che non si sia fatto vedere. È un re estremamente mondano, adora pavoneggiarsi e adora le grandi feste… Almeno così mi hanno detto. Ha solo figlie femmine, è strano che non sia venuto per qualche matrimonio conveniente. >>
Ser Tor scosse la testa sconsolato: Agravaine aveva ancora cambiato argomento.
Forse avrebbe dovuto parlarne con ser Gawain, per ricevere una degna risposta.
Come richiamato dai suoi pensieri, ser Gawain fece la sua comparsa, affiancato dal cavaliere che, se non ricordava male, rispondeva al nome di Aglovale.
<< Buonasera. >> disse Ser Gawain con un sorriso aperto, seguito da Ser Aglovale.
Il giovane cavaliere era alto e virile. Il viso quadrato era aperto e sincero. Ser Tor si chiese d’istinto come mai ser Agravaine diffidasse di lui, ma sapeva che i rapporti tra le famiglie reali erano spesso controverse.
<< Come procede la ronda? >> chiese Ser Aglovale.
Ser Agravaine alzò le spalle.
<< Fredda. >>
A quelle parole Ser Aglovale rise.
<< Dio solo sa quanto hai ragione! Ricordi quando è toccato a noi, Gawain? Non c’erano abbastanza soldati e allora il re ha deciso che l’avremmo dovuta fare tutti! >>
A quel ricordo, Ser Gawain rise di gusto.
<< Già! >> continuò << Ma nessuno si è mai lamentato tanto quanto il re per il freddo! >>
<< Così aveva una scusa in più per passare più ore a letto con Morgana! >>
A quel pensiero i due risero.
<< A proposito di Morgana! >> chiese Ser Aglovale << Visto che è tornato Mordred, avete visto qualcun altro della corte di Avalon, per caso? >>
<< Solo una giovane donna con un bambino. >> disse Ser Agravaine sbadigliando.
<< No, ma quella fanciulla è bionda e non somiglia per niente alla regina ed è troppo grande per essere una dei loro figli. >> disse Ser Gawain scuotendo la testa.
<< Quindi niente rampolli reali… >> mugugnò Ser Aglovale << Domani al banchetto il re sarà di cattivo umore… >>
<< Non credo. >> ribatté il più giovane dei principi delle Orcadi << Il re sembrava entusiasta mentre parlava con la forestiera. L’ho visto cullarsi il bambino che si portava appresso con molto trasporto. Vedrete che sarà meno ossessivo del solito anche con Mordred. >>
<< O-Ohh….! Allora il nostro Agravaine si preoccupa per Mordred!! >> lo canzonò il fratello << Chissà come reagirebbe il nostro piccolo cuginetto nello scoprire una cosa simile! >>
Ser Agravaine fece per rispondere quando una voce li raggiunse.
<< Scusate, sapete dirmi dove sono le stanze che mi sono state assegnate? >>
I tre si voltarono di scatto sobbalzando.
Sopra di loro, seduto a piedi scalzi sul cornicione di una garitta di vedetta, un uomo dai capelli biondo cenere lo osservava con lo sguardo impassibile.
Set Tor sobbalzò.
Non si era neanche accorto del suo arrivo e non lo consolava sapere che neanche i suoi commilitoni non se ne fossero accorti.
Ser Aglovale e Ser Gawain si avvicinarono facendo da scudo ai cavalieri più giovani.
<< Se avete la cortesia di dirci chi siete, signore, potremmo darvi una mano. >> disse con tranquillità Ser Gawain.
In risposta, l’uomo alzò il sopracciglio e si lanciò di sotto, atterrando di fronte a loro.
<< Ser Gawain, non preoccupatevi, non è necessario che estraiate il coltello nascosto nel vostro mantello. Senza contare che il taglio che vi siete fatto stamani è ben lontana dal guarire e che quindi non potete certo essere un avversario temibile. Almeno per me. >>
Ser Gawain sussultò.
<< Sono Merlino Willt, cognato del re. >>
Ser Aglovale allora si avvicinò al nuovo venuto per osservarlo meglio.
<< Re Merlino… >> sussurrò in fine << Siete davvero voi… >>
<< Certo che sono io. Chi altri dovrei essere? È vero, il mondo è cambiato abbastanza da vedere i figli di re Pellinore e quelli di Re Loth fare ronda assieme senza scaramucce, >> disse l’uomo indicando Ser Tor e Ser Agravaine ancora dietro di loro << Ma non lo è abbastanza perché io non sia più io… ancora per un po’, per lo meno. Allora? Queste stanze? Vorrei sistemarmi prima che arrivino i miei nipoti e distruggano tutto. >>
A quelle parole Ser Aglovale rise di gusto.
<< Siete un burlone! >> sentenziò << Venite! Andiamo a cercare qualcuno che può darci una mano e magari offrirci un bicchiere di vino! >>
I due uomini si diressero allora verso l’interno del castello.
Ser Gawain si trattene un momento, prima di seguirli.
Stava per superare i due cavalieri di ronda quando, visto lo sguardo ferito di Ser Tor, gli appoggiò la mano sulla spalla.
Quando rimasero soli, Ser Tor guardò il suo commilitone.
<< Scherzava vero? >>
<< Re Merlino è soprannominato il pazzo, non lo sai? >>
<< A me sembrava assolutamente lucido. >> sibilò l’altro. << Allora? >>
<< Dici che se ci prendiamo qualcosa da bere qualcuno se ne accorge? Sto morendo di freddo. >>
<< Agravaine. Non cambiare argomento. Questa volta non te lo permetto. >>
Ser Agravaine storse la bocca.
<< Diciamo che la tua somiglianza con re Pellinore è piuttosto inquietante. Hai ancge il suo stesso naso, che poi è lo stesso di Ser Aglovale. >>
<< Cos’altro sai? >>
<< Non molto. >>
<< Parla. >>
<< Tuo padre era il re delle terre dove ora governa tua sorella. >> disse una voce dietro di loro.
I due si girarono. La regina Anna si stava avvicinando a loro avvolta da una calda pelliccia d’orso.
Ser Tor si sentì destabilizzato dalla bellezza fatta di contrasti di quella visione, ma riuscì a rimanere calmo. << Vedi, figliolo, sono pochi i reali che hanno davvero uno spirito nobile. Soprattutto se si parla della generazione precedente a quella del re mio fratello. Uther, ad esempio, ora è considerato un grande uomo e in molti hanno dimenticato quando tradì mio padre per poter soddisfare la sua brama di lussuria con mia madre. Pellinore è dello stesso stampo. Non gli è mai interessato né se una donna fosse libera o impegnata, né se questa era consensuale o no. È innegabile, certo, che come padre è un buon padre: che siano legittimi o illegittimi, lui ama tutti i suoi figli e li mantiene senza tante cerimonie, ma per quello che riguarda le loro madri… beh, è un’altra storia. >>
La regina tacque per un lungo momento, incantandosi a guardare il cielo terso.
<< Il regno del mio patrigno volgeva al termine. C’erano delle invasioni al sud e dei tafferugli in qualche terra dell’est, vista l’inettitudine dei fratelli di mio padre. Uther aveva bisogno di più aiuto possibile e tra i suoi fedelissimi più ricchi e potenti c’erano Pellinore e mio marito, ovviamente. Tra i meno importanti, almeno secondo Uther, c’erano quelli dei regni come quello di mio padre e Re Ars era uno di loro: la fedeltà non era così importante per lui, bastava quanti introiti potevano dargli momento per momento. Per mia fortuna, sposando Loth ho potuto trovare un uomo con lo stesso senso dell’onore di mio padre... Loth, infatti, nonostante tutto rimase fedele a Uther come aveva promesso durante il nostro matrimonio. Era sotto il suo comando che ebbe spesso a che fare con tuo padre che, come già sai, gli salvò anche la vita. Re Loth non dimenticò mai il coraggio e l’ardimento mostrato da tuo padre tanto che lo riconobbe come suo simile. E di certo non è cosa da tutti. Comunque, il tuo concepimento avvenne in occasione del soggiorno di re Uther e dei suoi fedelissimi nelle terre di tuo padre, dove lui, da fedele servitore, ospitò la corte reale. Fu in quest’occasione che tua madre venne presentata al re e ai suoi. E piacque a Pellinore. Non dubito dell’innocenza di tua madre in quel rapporto, ma non era che una donna. E non aveva nemmeno una famiglia nobile a proteggerla. Era la figlia di un mugnaio o qualcosa di simile e tuo padre non aveva nemmeno una sorella o un fratello su cui fare affidamento. Chiese vendetta ma Uther preferì sorvolare e non lo ascoltò neanche: in primis, perché Pellinore ai suoi occhi era un alleato più importante e poi perché per lui l’onore di una donna non era così importante, o non avrebbe mai fatto quello che ha fatto a mia madre, che per colpa sua fu considerata alla stregua di una prostituta da tutta la corte. Comunque, tuo padre sfidò Pellinore e quando, sconfitto, poteva finalmente reclamare la sua vendetta, Uther lo fermò e lo condannò a perdere ogni titolo e ogni avere. Punì anche vostra madre, se non sbaglio, togliendole le terre che erano sue di diritto e mettendole all’asta.  >>
La donna si girò a guardare i due cavalieri.
<< Mio marito, allora, comprò i terreni e li rivendette per un soldo a vostro padre. So che questo fece infuriare Uther, ma non poteva fare niente contro al marito della sua figliastra il cui esercito non solo costituiva un terzo di quello del regno, ma i suoi guerrieri erano anche i meglio addestrati e i più fedeli al loro re. In vero, se prima di chiedere giustizia, Re Ars avesse aspettato l’arrivo di Loth, avrebbe avuto un alleato di importanza superiore a Pellinore. Neanche Pellinore accettò mai l’azione di Loth, ma non è stato che uno dei tanti motivi di screzio tra i due. E non poteva di certo lagnarsi di mio marito davanti al vecchio re. Che comunque morì poco dopo, come il cane che era. >>
La regina sorrise beffarda.
Lo stesso sorriso che la univa al principe suo figlio.
Ser Tor ascoltò le sue parole in silenzio e spettò molto prima di parlare.
<< Potrei sapere chi altri lo sa?  >>
<< Tutti quelli abbastanza vecchi da avervi assistito. Per quel che riguarda la generazione di mio fratello… in pochi. Giusto mio figlio Gawain ma, conoscendolo, non deve averne parlato a nessuno. Ser Agravaine aveva sempre mostrato di aver inteso la tua parentela con re Pellinore, ma ha sempre preferito tenerselo per sé. Per il resto, Ser Aglovale farà i suoi conti e comprenderà le parole di Merlino il Pazzo solo tra un paio di giorni. Te ne accorgerai. Ma se non volete che si sappia, non si saprà. I miei figli sanno essere discreti e vista la mentalità di Artù… beh, nessuno ammetterà di aver assistito al disonore di una donna impunemente. Non sembra, ma ha sempre sofferto molto per la condizione di nostra madre… è anche per questo che non lo disprezzo. >>
<< Allora posso continuare ad esserlo? >>
<< Che cosa? >>
<< Figlio di mio padre… >>
<< Certo, ragazzo. Non dubitarne mai. >>

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Capitolo 4
*** Ser Tor e la Regina di Avalon ***


Erano passato qualche giorno da quando Ser Tor avesse scoperto il nome dell’uomo che aveva disonorato sua madre e provocato la caduta in disgrazia di suo padre e ancora non era riuscito a digerirlo.
Era un re, un fedele servitore di Artù Pendragon.
Pellinore delle isole del Nord.
L’uomo da cui sapeva di aver ereditato l’altezza, il naso grosso e i capelli neri.
Sapeva che era un valente guerriero, ma nel suo cuore esultava al pensiero che suo padre Ars l’avesse sconfitto a mani nude. Quando l’aveva sentito raccontare dal re, aveva pensato che suo padre avesse agito per orgoglio maschile e non per l’onore di sua madre. Scoprire la verità lo aveva reso ancora più onorato di averlo avuto come genitore, ma in fondo lo aveva sempre saputo: suo padre, il suo vero padre, quello che lo aveva abbracciato tante volte da piccolo per colpa degli incubi, non avrebbe mai agito con ira se non per una buona ragione. E sua madre era sempre stata una buona ragione.
Era immerso da quei pensieri quando, camminando per i corridoi del palazzo, si scontrò con Ser Aglovale. Il cavaliere del re stava mangiando con gusto una mela camminando a passo spedito lungo i corridoi del palazzo e quando lo vide, sorridendo, gli offrì quella che teneva nell’altra mano. Tor lo ringraziò, ma declinò.
<< Sicuro? >> chiese Ser Aglovale << Vengono da Avalon. Lì crescono tutto l’anno e sono le mele più buone che tu possa mai mangiare. Le ho prese dalle stanze di Merlino: sua sorella è appena arrivata senza acclamazioni e si è messa lì con la prole. >>
<< Parlate della regina Morgana? >> chiese lui sorpreso.
<< Sì. Nessun’altra signora di Avalon verrebbe mai a Camelot. Allora? Vuoi assaggiare? >>
<< Come se lo avessi fatto, Ser Aglovale. Ora, però, proprio non ho fame. >>
L’uomo scosse la testa in segno di assenso e sorrise.
<< Come vuoi ragazzo. >> disse in fine Ser Aglovale con un sorriso cordiale. << Sto andando dal re a dirgli la buona notizia. Vuoi farmi compagnia? >>
<< Che buona notizia? >>
<< Dell’arrivo della sua famiglia. Voglio arrivarci prima di Gawain. >> disse lui strizzando l’occhio. << Un po’ di sana rivalità: è sempre il favorito del re, ma chi si sottrae alla bellezza della regina per avvisare il nostro sovrano della lieta novella, ha per una settimana una doppia razione di arrosto la sera. >>
A quel pensiero, Ser Tor rise.
<< Allora non possiamo che precipitarci dal re. La cuoca Aislin in questo periodo supera se stessa. >>
Ser Aglovale lo guardò stupito.
<< Conoscete il nome della cuoca? >>
<< L’ho incontrata. Una volta. >> ammise Ser Tor quasi in imbarazzo.
Stava parlando al figlio di un re, gente come lui non sprecava il suo tempo nelle cucine.
Non era Mordred. Aglovale era… normale.
<< Strano. E come siete riuscito a entrare lì? >>
<< Con il principe Mordred. >> disse lui con ovvietà per poi comprendere che non era molto usuale.
Ser Aglovale infatti lo guardava con un misto di sorpresa e sollievo.
<< Sono felice che il piccolo Mordred abbia trovato in voi un amico. >>
<< Non so se è possibile definirmi un suo amico. >> dovette ammettere allora l’altro cavaliere << È un uomo molto schivo. >>
<< Uomo è una parola grossa: è poco più di un bambino. Certo, il re aveva quindici anni quando suo padre è morto e a sedici ha cominciato a combattere. Io avevo la sua stessa età, ma non ero io a scendere in campo, ma infatti era mio padre, re Pellinore, il campione del regno. Solo Gawain era più giovane del re nel suo esercito, ma fisicamente non era molto diverso da come lo vedi ora, quindi era riuscito a trarre in inganno il nostro sovrano.>> Aglovale scoppiò a ridere << Quando lo scoprì chiuse il nipote nelle sue stanze per un mese! Giusto per fargli compiere sedici anni e riammetterlo come cavaliere. >>
Ser Aglovale parlava con una certa malinconia e Ser Tor non riusciva a non chiedersi come sarebbe stato stare al fianco del sovrano in quel periodo così importante per il suo regno.
Poi Ser Aglovale tornò a guardarlo.
<< Mordred è nato qui a Camelot, lo sai? Poi, quando aveva quattro anni, Morgana se lo portò via decidendo di voler crescere lui, il fratellino più piccolo e quello che ancora doveva nascere ad Avalon, dove secondo lei la corruzione di questo regno non sarebbe arrivata. Il re non ha parlato per due mesi. Si ridestò soltanto quando arrivò Merlino, intendo il tutore del nostro sovrano e non il re pazzo dell'altra sera, ad annunciargli la nascita del suo terzo figlio maschio.  >>
A quel pensiero Ser Aglovale rise tanto forte da doversi fermare.
<< Oh, Numi del Cielo! Dovevi vederlo, il vecchio! Lo guardava arcigno, infuriato come pochi: avere tre nipoti maschi e nemmeno una femmina! Inaudito per un uomo di Avalon! >>
Ser Tor lo guardò stranito.
<< E perché mai? >>
<< Avalon è una società matriarcale, ragazzo. Sono loro le custodi della conoscenza antica. Probabilmente, Mordred ha deciso di venire qui a fare compagnia al padre anche per questo: per sua madre non è particolarmente utile, non potendo essere un erede di questa conoscenza, mentre poteva essere più utile facendo compagnia a suo padre che qui, da solo, moriva di malinconia. >>
Ser Tor ascoltò con sincero interesse le informazioni dategli dal cavaliere del nord. Parlava con genuino affetto verso il re, con lo stesso trasporto fraterno che dimostrava Ser Gawain. Quasi se li immaginava, tutti e tre, giovani e pieni di vita, affrontare fianco a fianco i nemici che li ostacolavano e uscirne vittoriosi.
Per la prima volta, il giovane cavaliere sentì un moto di affetto verso quello che da poco aveva scoperto essere suo fratello maggiore. Un uomo che non conosceva, ma che sembrava poter essere per lui un esempio.
Davanti alle sale del trono, Ser Tor bussò con solenne gravità tre possenti colpi, prima di guardarlo e strizzargli l’occhio con cameratismo.
Ad aprire arrivò il siniscalco del re.
<< Buon giorno, Ser Kay. >> disse Ser Aglovale << Vorremmo parlare con il re. È forse qui? >>
L’uomo scosse la testa in segno di assenso e li fece entrare.
Seduto sul trono, il re leggeva con attenzione un lungo papiro che sembrava essere il resoconto di un suo messaggero. Quando alzò lo sguardo e li vide, sorrise.
<< Ser Aglovale, Ser Tor! Non siete a riposare fuori dal castello? >>
<< Fa troppo freddo, mio Signore. Stanotte ha nevicato copiosamente. >> rispose il cavaliere avvicinandosi con un mezzo sorriso << Ho pensato, maestà, che poteva farvi piacere mangiare una di queste mele. Non potranno farvi che bene. >>
Detto questo, lanciò la mela ancora sana verso il re che la prese con entrambe le mani.
Ser Tor vide il re guardarla con sorpresa.
<< Non è stagione delle mele. >> commentò il re << Non quest’anno per lo meno. I raccolti sono stati scarsi per colpa del mal tempo che ha rovinato molte colture. >>
<< Non da dove viene quella, maestà. Lì il clima è tale che in ogni stagione dell’anno le si possono trovare in abbondanza. >>
Il re guardò il suo suddito con sincera sorpresa. Ser Tor non poté non sorridere alla vista del suo sovrano: sembrava un bambino che stava per ricevere il regalo più desiderato. Come il suo fratellino quando il loro amato padre aveva deciso di portare a casa il bastardino che avevano visto abbandonato al fiume e al quale si era subito affezionato.
<< Mi prendi in giro? >>
<< Non potrei mai, Sire. >> rispose Ser Aglovale con un sorriso sincero.
Il re guardò il siniscalco.
<< Kay, ne sapevi qualcosa? >>
<< No.>> rispose il siniscalco con un mezzo sorriso << Ma conoscendo la Regina, sarà arrivata durante la notte senza far chiasso e senza farsi riconoscere. Suo fratello è qui, magari è andata da lui a riposare. >>
<< Sagace come sempre, Kay. Ero nei pressi delle stanze di quel pazzo, quando ho visto una mocciosa dai capelli biondi, identica in tutto e per tutto alla Regina, che correva agitando un frustino. Di lì a poco è uscito un giovanotto molto somigliante al principe Mordred e… beh, le urla di rimprovero di Morgana sono inconfondibili! Credo che vostra figlia abbia rotto qualcosa allo zio. >>
Artù si alzò, lasciando cadere la pergamena che aveva appoggiato sulle ginocchia, e corse fuori dalla stanza per fermarsi sull’uscio e girarsi.
<< Grazie, amici miei! >>
In quel momento arrivò Ser Gawain alle spalle del re.
Questi fece per parlare, ma il sovrano lo anticipò.
<< Sono arrivati Morgana e i bambini! >> disse con giubilo, mettendogli al mano sulla spalla.
<< Sono venuto proprio per dirvi questo, maestà… >>
Ma il re non stava più ascoltando, correndo via, verso la sua personale felicità.
Ser Gawain si girò.
<< Glielo hai detto tu? >> chiese con tono acido al commilitone, mentre Ser Kay scoppiava a ridere << Non ridere Kay, è una cosa seria! >>
<< E che vuoi fare? >> chiese il siniscalco con un mezzo sorriso << Azzopparmi? L’ha già fatto tuo padre. >>
<< Non era stato il mio? >> chiese grattandosi la testa Ser Aglovale.
<< No, lo fece re Loth nel tentativo di accoppare tuo padre. Quindi, sì. È anche colpa sua, che non aveva le palle di stare in prima linea. >> rispose l’altro con ovvietà. << E ora vedete di non bisticciare per chi avrà i favori del re o vi dovrò mettere in punizione. >>
I due cavalieri si scrutarono in silenzio.
<< Bene, allora credo proprio che uno di voi striglierà il mio cavallo e l’altro quello del re. E magari puliranno le loro stalle. In questo periodo il servitore che lo fa è ammalato, povero diavolo, e sicuramente bisogna spalare un po’ di letame. Non possiamo certo fargliene trovare troppo al suo rientro, no? >>
Ser Tor lo osservò ammutolito, senza comprendere se il tono mellifluo fosse da prendere in considerazione. Nei mesi che aveva vissuto lì, aveva appreso ben poco su Ser Kay e quella era la prima volta che lo aveva sentito parlare tanto a lungo. Com’era possibile che un uomo come lui, alto e magro come una betulla e zoppo potesse far paura a due giganti come Ser Aglovale e Ser Gawain?
A quanto pare, però, era così.
<< Bene, ci siamo capiti. >> disse infine l’uomo. << Ora scusatemi, ho una regina da salutare. Tu, vieni con me. Lasciamo i due galletti preoccuparsi dei loro nuovi compiti. O vuoi fare loro compagnia? >>
Il siniscalco non lo aspettò e uscì dalla stanza. Ser Tor ebbe il coraggio di seguirlo solo quando i suoi due compagni gli fecero cenno di andare.
 
 
***
 
<< Cosa sapete dirmi di Ser Kay? >> chiese Ser Tor a Ser Carradoc che, dal canto suo, era più intento a scambiarsi occhiate languide con la figlia di un signorotto di Londinium che al suo pranzo.
<< Chi? >>
<< Ser Kay, il siniscalco. >>
<< E perché ti interessa? >> chiese l’altro stranito, addentando una coscia del pollo che aveva davanti.
<< Ser Aglovale e Ser Gawain sembrano intimoriti da lui. Mi chiedevo come mai. >>
Il suo compagno si strinse nelle spalle.
<< Per quel che ne so, Ser Kay era un valente guerriero un tempo. Prima che si scoprisse che il re fosse… beh, il re, gli faceva da scudiero. Credo lo considerasse una sorta di fratello bastardo. Non so molto altro. A parte che è l’unico che urla contro il re ed è l’unico a cui il re si rivolge in tono sgradevole. Sai chi mi ricordano? Ser Gawaine e Agravaine… solo che al posto di Ser Gawaine dovete mettere un altro Agravaine. >>
A quel pensiero, Ser Tor scoppiò a ridere, seguito a ruota dal commilitone che riprese poi a guardare la giovane ospite di Camelot.
Ser Tor tornò invece a guardare verso il tavolo reale dove il re era con la sua famiglia.
La regina Morgana era talmente bella da lasciare inebetiti. I lunghi e morbidi capelli neri sembravano brillare nonostante l’oscurità del loro colore e ogni sua movenza era di una tale grazia da incantare. La pelle era ancora fresca come quella di una fanciulla, tanto che persino la regina Anna sembrava un’anziana signora se messa a confronto.
Per un attimo, il giovane si chiese quanti anni potesse avere la Regina si Avalon.
<< Ne ha due in più del tuo re. >> disse una voce dietro di lui.
Ser Tor sussultò, girandosi di scatto.
Lì, alto e scalzo, re Merlino Willt lo guardava quasi annoiato.
<< Quel bardo è mediocre, non credete anche voi? >> chiese lui cambiando argomento e cominciando a fissare l’angolo della sala dove i musicanti stavano suonando. << Non pensavo che Talesin si trattenesse così tanto nell’Ovest. No, aspetta… ora è a Sud, vero? >>
<< Non saprei, maestà. >> rispose con sincerità Ser Tor ricordando a mala pena il bardo reale.
Re Merlino si strinse nelle spalle, prima di tornare a guardarli.
<< Io non ve la consiglio. >> disse infine re Merlino << Suo padre la vuole far fidanzare con un signore delle terre oltre il mare e lei… senza conoscerlo gli sta già per dare un erede. >>
A quelle parole Ser Carradoc smise di sorridere e guardò il re pazzo.
<< O volete per caso che quello sia il vostro? >>
Ser Carradoc scosse la testa.
 
***
 
Ser Tor respirò profondamente l’aria frizzante della notte nella speranza di riprendersi, sperando con poca convinzione che la luce della luna crescente lo aiutasse a tenersi reattivo. Era il suo turno per la ronda e l’aver fatto compagnia a Ser Carradoc a bere non lo aveva aiutato.
Stava raggiungendo la sua postazione, quando sentì Mordred ridere.
Con sua grande sorpresa, invece, scoprì che a ridere non era il figlio del re, ma lo stesso sovrano.
Pendragon, abbracciato alla bellissima regina di Avalon sotto il calore della luna invernale, stava ridendo di qualche misteriosa battuta detta dalla donna.
Fu lei ad accorgersi del suo arrivo, salutandolo con un sorriso.
<< Oh, Ser Tor! Come mai da queste parti? >> chiese il re senza riuscire a smettere di sorridere.
<< Ho il turno di ronda, sire. >> rispose lui con un inchino.
<< Bravo. Mia cara, hai già conosciuto Ser Tor, delle terre senza re? >>
<< Quando sono arrivata. >> rispose lei sorridendo. << Mio figlio Arm l’altro giorno mi ha detto che avete proposto vostra sorella come regina, un pensiero insolito per un uomo di queste terre. >>
<< Morgana… >> la riprede bonariamente il re.
Lei però lo ignorò.
<< In vero, mia signora, se voi conosceste mia sorella comprendereste che era l’unica possibile. >>
A quelle parole lei sorrise, scrutandolo con i profondi occhi verdi.
<< E dite, siete sposato, Ser Tor? >>
<< No mia signora. >>
<< Promesso? >>
<< Nemmeno. >>
<< Morgana… Ser Tor non è che un ragazzo, non bada a queste cose. >>
<< Tu eri più piccolo di lui quando hai incontrato me. >>
<< Io avevo te. >>
<< E lui è il fratello di una regina, un buon partito. Permettimi di notare la stranezza della cosa: qui a Camelot dev’essere nelle mire di molti. Vi hanno già infilato un paio di figlie nel vostro letto? Ricordo che l'hanno fatto anche con Gawaine... e Bendivere... o il cugino ti cuo cognato... O... Owi...? >>
<< Non credo di essere nelle mire di nessuno, mia signora. >> disse lui tagliando cordo quello che temeva essere un'infinita lista di nomi << Non ho terre, non ho soldi, non ho… nulla, solo la mia spada che è al servizio del re. >>
La regina lo guardò sorpreso per un attimo.
<< Sapete, somigliate molto ad Artù quando aveva la tua età. Vostro padre deve essere un uomo buono come ser Hector. >>
<< O tuo padre. >>
<< Mio padre non è un uomo buono. E’ un visionario. Se non avessi avuto Ser Hector avresti una mente più fragile di quella di Merlino. >>
A quelle parole, il re si mise a ridere e si avvicinò a lei per baciarle la guancia.
<< Potete smetterla, per favore? Gradirei non avere un altro fratello. >>
Ser Tor si girò: il principe Mordred era comparso con un fagotto in mano che sembrava molto simile a un neonato.
Il re gli si avvicinò e prese quello che era davvero un bambino tra le sue braccia.
<< Fa troppo freddo. Non vorrai farla ammalare. >>
Detto questo, il re rientrò con passo felpato dentro il castello, seguito da un Mordred dall’aria apprensiva.
Ser Tor e la Regina Morgana rimasero dunque soli.
<< Stavamo dicendo? >> gli chiese lei << Oh! Giusto! Sei di guardia. Posso farla con voi? Ho bisogno di prendere un po’ d’aria. >>
<< Sarà un onore, mia regina. >>
Per il resto del tempo, i due non proferirono parola e col passare delle ore Ser Tor avrebbe giurato che al fianco non ci fosse una leggiadra creatura dalla bellezza irreale, ma un guerriero di lungo corso. La Regina di Avalon era semplicemente affascinante, ma non come lo era la regina Anne, lei era… come Re Artù. O forse no, era ancora altro.
<< Posso farle una domanda? >> chiese con tutti il coraggio che aveva in corpo quando smontò di guardia e la Regina con lui.
<< Chiedete pure, non vi ricorderò di avermene appena fatta una. >> rispose lei con un mezzo sorriso.
Ser Tor si chiese per un momento se lo stava prendendo in giro, ma decise di soprassedere.
<< Mi chiedevo… che… differenza c’è tra… le genti di Avalon e quelle di… Camelot. >>
Lei lo guardò con sorpresa.
<< In che senso? >>
<< Beh… ho sentito dire… delle cose sugli abitanti di Avalon e… >>
<< Non sono tutte vere, questo è certo. In primis, dovete sapere che bisogna fare distinzione tra gli abitanti di Avalon: ci sono quelli dell’Antico Popolo, come me, e altri che sono nè più ne meno come gli abitanti della vostra gente. Noi dell’Antico Popolo siamo identici a voi in tutto e per tutto nell’aspetto fisico, ma sono le prestazioni, ma differiamo nelle prestazioni. >>
<< Non capisco. >> ammise sinceramente il cavaliere.
<< Vedete, io in apparenza non sembro molto diversa da una donna di Camelot. Sono alta, ma voi lo siete più di me, ho i muscoli tonici, ma non sono più grossi dei vostri… i miei occhi non sono più grandi di quelli di un altro individuo che conoscete, ma… i miei muscoli rendono molto più di quelli di un qualunque cittadino di Camelot, i miei occhi vedono meglio dei vostri, al buio, il mio udito riesce a cogliere un sussurro… là, guardate vicino al protone laterale del bastione. Cosa vedere? >>
<< Io… nulla. >>
<< Nulla? In vero, ora nemmeno io, ma so che c’è una guardia con la sua giovane sposa. Lei è arrivata mezz’ora fa perché non resisteva alla lontananza. Devono essersi sposati da poco. Ora si stanno salutando. Ecco, guarda. Vedi la figura col cappuccio che si sta allontanando? È lei. Spera di non farsi scoprire o il marito prenderà un ammonimento. È molto dolce: solo ora ha focalizzato del rischio che hanno corso. >>
Ser Tor rimase interdetto.
<< Ho un ottimo udito. Così come la vista: potrei dirvi il colore dei suoi capelli. La mia forza fisica è superiore perché i miei muscoli sono più reattivi. Noi dell’Antico Popolo abbiamo più… connessione con l’energia del Creato, si può dire…? Sì, diciamo così che va bene. >>
Il giovane uomo rimase in silenzio, senza riuscire a mettere del tutto a fuoco quello che gli era appena stato detto. Se avesse dovuto essere sincero, non aveva capito molto.
La Regina si congedò con un sorriso e Ser Tor tornò nelle sue stanze pieno di pensieri.
Non ebbe più occasione di parlare con la consorte del suo sovrano e quando se ne andarono non poté non notare lo sguardo carico di tristezza di Re Artù e il sorriso tirato di Mordred che fino all’ultimo sembrava non voler lasciare andare il fratellino più piccolo ancora in fasce. Ser Tor non poté fare a meno di pensare che fossero tutti una famiglia molto unita e che solo le circostanze e i rispettivi ruoli regali impedivano ai due genitori di rimanere l’uno al fianco all’altro assieme ai figli.
 
 
***
 
 
<< Mi spiace che se ne siano andati. >> disse il giovane cavaliere al figlio del Re quando lo vide camminare da solo per le mura del castello un paio di giorni dopo la partenza dei suoi familiari.
Mordred si girò a guardarlo.
<< Grazie, Ser Tor. So che le vostre parole sono sincere. Immagino che anche a voi manchi la vostra di famiglia. >>
<< Sì. Siamo anche noi un bel numero, tra fratelli e sorelle. Pagherei tutto l'oro che non ho per una sola ora di quel caos familiare. Anche perchè... dopo un'ora credo che ormai impazzirei >>
<< Davvero? >>
<< Sì, le ultime notizie che ho dalla mia terra, mi dicono che mia madre sta per dare alla luce un altro figlio. Avrà la stessa età del vostro fratellino, magari diventeranno cavalieri di Camelot assieme. >>
Mordred aggrottò la fronte senza capire, come di solito faceva per le battute di Agravaine.
<< Scusate, ma non capisco. >>
<< Il bambino che tenevate sempre in braccio, non è vostro fratello? >>
<< No. Quella era mia figlia, Coventina. >>
<< Come? >>
<< Sì, io… >> Mordred sembrò indeciso sulle parole da usare << Quando sono partito sono tornato ad Avalon in occasione della sua nascita. Poi con sua madre, abbiamo deciso di partire per mostrare al re mio padre sua nipote e con noi si è mossa tutta la corte, essendo… beh, bisognosa di attenzioni. Ora però sua madre deve riprendere il suo ruolo come sacerdotessa ad Avalon e… non poteva certo rimanere qui. >>
<< Tua figlia. >>
<< Sì, mia figlia. >>
Ser Tor rimase in silenzio per qualche istante.
<< Tua figlia. >>
<< Tutto bene…? Ser Tor? >>
Sì, Ser Tor sapeva che sarebbe andato tutto bene. Ma in quel momento aveva una gran voglia di prendere a calci il figlio del re. Non sapeva esattamente perché, ma sapeva che lo avrebbe reso incredibilmente soddisfatto.

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Capitolo 5
*** Ser Tor parte per la guerra ***


Ser Tor non aveva ben compreso cosa stesse succedendo fino a quando non assistette al Gran Consiglio. Forsanche perché lui stesso, ora, ne faceva parte.
Il Gran Consiglio era la riunione più solenne a cui un cavaliere di Camelot poteva partecipare.
I più grandi guerrieri del regno sedevano al centro della sala, attorno a una grande tavola rotonda, grande abbastanza per ospitarne una sessantina.
Ser Tor si guardò attorno. I grandi Cavalieri stavano arrivando da giorni e stavano divenendo così tanti che non poté che chiedersi quanti erano in realtà.
Il re salutò tutti con un sorriso magnanimo e carico di affetto.
Ser Gawain gli fece segno di seguirlo, prima di entrare in una stanza laterale.
Il giovane cavaliere lo seguì con calma, assieme a Agravaine, Yvain e Carradoc.
<< Allora. >> disse Gawain una volta chiusa la porta alle loro spalle << Non avete mai partecipato al Gran Consiglio, prima d’ora quindi vediamo di chiarire un paio di cose. Non tutti hanno il diritto di voto, ma tutti hanno quello di parola. Tra gli aventi diritto di voto non tutti si siedono al tavolo e ci sono delle regole per avere questo privilegio. Il primo è essere un Signore con dei Vassalli e che è Vassallo solo del nostro re, poi ci sono i rappresentanti di questi sovrani che, qualora il re non è potuto venire, prendono il uso posto. Poi ci sono i cavalieri di vecchio corso e che appartengono alla cerchia più vicina al re, come me o Ser Agloval - Agr, sta zitto – oppure Cador che è il parente del Re e che appena divenuto cavaliere è divenuto degno della sua massima fiducia, anche se ha pochi anni in più di voi… Poi ci sono… Agr, fai metà delle cose che ha fatto Cador e allora meriterai di essere lì. Dicevo? Ah, sì, poi ci sono i grandi guerrieri, come Bendivere o Ser Lucano. E… quelli che hanno superato in bravura – soprattutto morale – gli altri cavalieri, distinguendosi sopra ogni altra cosa. Quest’ultimo è dato dal fatto che il re vuole che ci si impegni al massimo per gli ideali di Camelot, se volete saperlo. >>
<< Ok, ma… perché siamo qui? >>
<< Perché non voglio né che vi sorprendiate, né che ci rimaniate male. Il re chiamerà i cavalieri che siederanno alla tavola. Io sono a pieno titolo nominato per ovvi motivi e, sì, Agravaine, nostro padre è appena tornato a casa e non verrà: tu rappresenterai le Orcadi. >>
Ser Tor vide Agravaine trattenere il respiro per un momento.
<< Ser Carradoc, stamattina all’alba è arrivato vostro padre, quindi non dovrete sostituirlo. Spero non vi dispiaccia. >>
<< Affatto! >> rispose lui sicuramente entusiasta di poter rivedere il genitore.
<< Ser Tor, >> disse poi Ser Gawain volgendo lo sguardo verso il suo giovane commilitone << voi rappresenterete le Terre Senza Re, vostra sorella ha mandato un dispaccio al re che vi nomina come tale. >>
<< Io… >>
<< Se avete delle rimostranze, mandatele un dispaccio. Vedete, voi due, di non creare imbarazzo ai vostri regni: >> disse tornando a guardare il fratello con gli occhi fiammeggianti << mi preoccuperò personalmente di informare delle vostre azioni ai vostri sovrani durante questa assemblea. >>
Detto questo, Ser Gawain uscì, lasciandoli soli.
In silenzio, i suoi due compagni che non si sarebbero seduti al tavolo gli misero una mano sulla spalla.
Ser Tor guardò solo di sfuggita Ser Agravaine e in quel momento, avrebbe potuto giurarlo sulla sua spada e la corona di sua sorella, gli era sembrato un uomo diverso.
Ser Yvain aprì la porta e i quattro giovani cavalieri entrarono.
Il re e altri cavalieri erano in piedi nel salone e discutevano amabilmente come dei fratelli di latte. Poi il re salì i pochi gradini che rialzavano la grande tavola rotonda e con un gesto della mano zittì l’intera sala.
<< Amici miei! Vi ho convocato per un motivo estremamente importante. Sono notizie gravi che mi impongono di chiedere il vostro consiglio, il vostro sostegno ed il vostro voto. >>
Il re girò attorno all’immenso tavolo circolare toccandone il bordo con la mano, arrivando al posto diametralmente opposto all’entrata principale del salone. Il re ne prese la possente sedia tra le mani quasi con bramosia prima di lasciarla andare, spostandosi in quella affianco. Alzò lo sguardo.
<< Ser Gawain, di Lothian! Vieni vecchio mio. >> disse il re con un sorriso allungando la mano verso di lui.
Il cavaliere sorrise e andò verso di lui a passo svelto, tendendo la mano a sua volta.
<< Ser Mark di Cornovaglia! >>
Un uomo dall’aria triste si avvicinò e si inchinò al re che rispose con una pacca sulla spalla.
<< Ser Urien di Rheged! >> con un salto un uomo dalla folta capigliatura bionda si avvicinò e salutò il re con un inchino.
Il re disse qualcosa indicando qualcuno nella folla e i due risero.
<< Ser Tor delle Terre Senza Re! >>
Ser Tor sussultò un momento, ma si mosse con decisione verso il suo sovrano. Quando gli arrivò vicino, il re gli mise una mano sulla spalla.
<< Coraggio ragazzo. Andrà tutto bene. >> gli disse con un sorriso paterno.
<< Ser Safir! >>
Al fianco di Ser Tor si avvicinò un uomo che lo fece rimanere letteralmente a bocca aperta. Dalla pelle scura e grandi occhi neri, Ser Safir non era nativo di queste parti. Anche la sua tunica era diversa dalle solite vesti di cavaliere, risultando più morbide e sgargianti. Per un momento, Ser Tor pensò che a sua sorella starebbe stato bene. Notando che lo stava fissando, Ser Safir gli fece l’occhiolino. Lui non poté non sorridere.
<< Ser Bendivere, di Gwynllwg! Vecchio mio, vieni a cuccia qui! >> disse con una risata cercando con gli occhi l’anziano guerriero che, agile come un fanciullo, raggiunse il suo sovrano.
<< Sei stato appena nominato cavaliere? >> gli disse con un sussurro Ser Urien.
Lui si girò a guardarlo.
<< Sì, signore. >>
<< E cosa hai fatto per meritarti questo posto? >> chiese con sincero interesse.
<< Ser Urien… non importunare il ragazzo. >> disse con un leggero rimproverò Ser Mark.
<< Avrà fatto sicuramente qualcosa di degno. Ciò dovrebbe bastarti. >> rispose il cavaliere chiamato Safir.
<< Rappresento le Terre Senza Re. Non c’è cosa più degna. >> disse Ser Tir cercando di rimanere calmo.
<< Ah… >> disse Ser Urien con un sorriso << Sono passato per quelle terre! Ora avete una Regina! Quella bagascia di Ars l’ha fatta proprio bene! Bella e capace! Ha migliorato gli affari di tutta la regione! >>
Il re rise così forte da far girare verso di loro molti cavalieri. Solo il re e pochi altri erano rimasti imperterriti a seguire la cerimonia.
Ser Tor decise di sorridere e tornare ad ascoltare il re che, passo dopo passo, tornava nella posizione iniziale.
<< In ultimo ma non per ultimo, >> disse il re con un lieve inchino << Ser Artù Pendragon di Camelot. E a voi signori che non vi ho chiamato, vi chiedo scusa. Siete cari al mio cuore e alla Tavola Rotonda quanto quelli che qui siedono e la vostra opinione è molto importante. >>
Il Re fece un cenno con la mano e, uno dopo l’altro, entrarono dei valletti dalle porte laterali che cominciarono pian piano a disporre in fila delle comode sedie, facendo uno ad uno sedere le decine di cavalieri che aspettavano in piedi.
Solo quando tutti furono seduti, il re si sedette a sua volta.
<< Vi ho mandato a chiamare perché in questi giorni ho ricevuto notizie dalle terre che un tempo furono di Re Ban, sovrano del Benwick, fratello di Re Bors, alleato di Camelot da ormai fino a una decina d’anni fa e con cui avevamo stretti legami di amicizia oltre che di commercio. >>
Molti scossero la testa.
<< Per chi di voi non lo sapesse, >> disse il re guardandosi attorno << il nostro compianto amico fu ucciso in battaglia da Claudas di Bourges, costringendo la famiglia alla fuga dal fratello, re Bors, che è stato sconfitto due anni dopo. Ora le loro famiglie sono da Lady Nimue, Signora della terra dei laghi e crescono forti e fieri, a quanto mi dicono. >>
Artù si alzò in silenzio, voltando la testa verso una nicchia laterale.
Ser Tor seguì lo sguardo del sovrano, intravedendo la silenziosa figura del figlio del re.
<< Fonti sicure dicono che Ser Claudas vuole invadere la nostra Grande Isola. >> disse in fine secco.
Fu allora che Ser Gawain alzò la mano.
<< Ser Gawain? >>
Il cavaliere si alzò e chiese con voce tonante:
<< Dichiarazioni di guerra? >>
<< No, non ancora, ma stanno radunando molti uomini sulla costa e la loro flotta è stata raddoppiata. >>
<< E sappiamo bene che re Claudas non è uno che si preoccupa delle dichiarazioni di guerra. Invade e basta. >> commentò un altro cavaliere alzandosi, agitando le braccia nervoso. << Io c’ero quando ha assaltato il regno del vecchio Bors, eravamo amici. Ci ho perso tre dita e un figlio e non è servito a niente. Claudas è un male da estirpare alla radice. >>
Un altro cavaliere, tra la folla, alzò a sua volta la mano.
<< Sì, Ser Damas? >>
<< E noi? La nostra flotta come è messa? >>
Il re fece per rispondere, ma guardò Ser Safir che si alzò a sua volta.
<< Non molto attrezzata, a onor del vero. Siamo rimasti fermi a cinque anni fa. Abbiamo una decina di Triere e le due Drakkar che la Regina Morgana ha regalato al Re quando è nato il principe Mordred. Le altre sono tutte navi commerciali: sono attrezzate per la difesa, ma non sono molto pericolose. >>
<< E i re della Costa? Loro non hanno altre navi? >>
Ser Mark alzò la mano e si alzò mestamente quando il re gli diede il permesso di parlare.
<< Non ho navi da guerra da ormai sette anni. I mari tra la Cornovaglia e l’Irlanda sono sotto il controllo di re Gormond e il rattato di pace che noi delle terre dell’Ovest abbiamo stipulato con ui ci permette di pescare, ma non combattere nei nostri mari. >>
Ser Agravaine alzò la mano a sua volta.
<< Noi delle Orcadi, >> disse una volta che il re gli diede il consenso << non abbiamo un vero e proprio porto. Non ci sono gli spazi per navi da guerra e di questo si può dire di quasi tutta la Scozia. >>
Ser Tor non poté non invidiare la calma con cui parlò il figlio delle Orcadi. Sembrava nato per affrontare le platee.
Un altro uomo, grande e grosso, si alzò dopo aver chiesto il permesso di parlare. Ser Tor poteva vedere i fili bianchi schiarirgli la barba rossa.
<< Come sapete che siamo davvero noi ad essere nelle sue mire, Sire? >>
<< Una persona che gode della mia piena fiducia era alla corte del re e… >>
<< E chi sarebbe? >> lo interruppe l’anziano guerriero.
<< Io. >> disse alzandosi un cavaliere dalla pelle scura e le vesti sgargianti come Ser Safir.
Ser Tor poté vedere che negli occhi di molti dei suoi commilitoni l’ombra del dubbio scomparve.
<< Non so i dettagli, ma ho avuto conferma che vogliono partire per Camelot e tentare un’invasione. Hanno visto le perle del Nord e pensano che le Orcadi non siano così lontane. >>
<< Scherzate? >>
<< Purtroppo no. Questo e l’astio per l’ultimo confronto con il nostro esercito sovrano che gli ha impedito di prendere i figli di Ban e Bors, pace all’anima di quei saltimbanchi, che lo ha battuto in duello, ma lo ha disonorato risparmiandolo. >>
Molti cavalieri scossero la testa, prima che uno di loro, nell’angolo opposto della stanza chiese la parola.
<< Quando è prevista? >>
<< Pochi mesi, temo. >> rispose con aria pensosa il Re.
In brusio si alzò dalla folla fino a quando il re non lasciò la parola a un cavaliere della tavola rotonda.
<< Maestà, posso chiedere quali sono le opportunità? >>
Il re tacque un momento prima di guardare tutti i suoi compagni d’arme.
<< Con la premessa che temo che la guerra sia inevitabile, possiamo provare con delle ambasciate, ma… Ser Balan ha ragione: re Claudas non è un uomo da ambasciate. Vi ricordo che quando gli abbiamo chiesto di lasciare figli di Bors da Lady Nime, prima di prenderceli con la forza, questi ha ucciso e tagliato la lingua al nostro ambasciatore, rimandandocelo con una risposa poco… cavalleresca. Non ascolta e non rispetta le leggi della cavalleria, non come la intendiamo noi. >>
Il re sembrava sinceramente infastidito dalla stessa esistenza di un uomo del genere. Lui aveva consacrato la sua vita a quelle leggi e, per quanto potesse comprendere che non tutti le seguivano, non poteva accettare che venissero ignorate così palesemente.
<< Non ha alcuna legge se non la sua. E la sua è fatta di sangue e crudeltà. >> sibilò ancora Ser Balan toccandosi la mano destra, probabilmente quella organa delle dita.
<< Ci sono due strade da percorrere. La prima è armarci e partire prima di lui e, in quel caso, riprenderci dunque le terre di Ban e Bors per restituirle ai legittimi eredi. La strategia che abbiamo ideato è buona: non guarda l’attrezzatura navale, ma piuttosto avvicinarci pian piano nelle terre del Benwick dove ancora in molti sono fedeli alla vecchia casa reale e avremo ospitalità e assaltare dall’interno una volta entrati nella capitale che poi useremo come avamposto, con le nostre navi che, in caso di assedio, potrebbero fornirci il vitto necessario alla sopravvivenza. >>
Ser Tor si sentì sussultare. Un assalto e un assedio, dove strategia e anonimato erano importanti quanto la forza bruta e la resistenza fisica. Quello sì che avrebbe dimostrato il valore di un cavaliere!
<< E l’altra è armarci ed aspettare, magari mandare dei sabotatori per rallentare o indebolire l’arsenale di re Claudas. Organizzare le navi da guerra, magari chiedendo aiuto a Morgana che ha soldati di marina più esperti di quanto noi non saremo mai, e prepararci soprattutto alla battaglia su terra. >>
Un cavaliere seduto alla grande tavola si alzò.
<< State dicendo che dobbiamo aspettarci che Londinium e le sue terre siano un terreno di battaglia? >> chiese esterrefatto, con tutto il suo possente corpo appoggiato al tavolo tramite dei grossi pugni ben serrati.
<< Non solo Londinium. >> rispose placido il re per nulla intimorito << Ci prepareremo a combattere per tutte le terre del sud. Saremo divisi in guarnigioni da Garrianonum a ovest fino a Isca Dumnoniorum ad Est. Le città di Verulamium, Venta Belgarum, Noviomagus Regnorum, Lindinis, Isca Dumnoniorum, Durovernum Cantiacorum, Durolitum, Durolipons, Durnovaria, Dubris, Caeseromagus, e Calleva Atrebatum dovranno essere pronte ad accoglierci. Bisognerà preparare granai e magazzini, mettere al sicuro più gente possibile. Non sappiamo dove vogliono attaccare. Di certo, siamo sicuri che Londinium è una delle mete più ambite, visto lo stango della regione e il suo status di porta del Tamĕsis. Tutte le Province di Camelot dovranno preoccuparsi di dare almeno un decimo deli loro raccolti a disposizione delle città assediate. Il vantaggio di questa scelta è che combatteremo nella nostra terra. Nessuno la conosce meglio di noi ed è fedele a Camelot più di quanto terre del Benwick non saranno mai a re Claudas. Londinium, comunque, con ogni probabilità sarà la nostra base per le navi, essendo comunque già lì la nostra prima flotta e i suoi operai sono già abituati a quel cantiere. >>
<< E se vinciamo? In questo caso cosa succede? >> disse allora alzandosi un vecchio cavaliere seduto al tavolo.
Ser Tor non potò non ammirarne la splendida pelliccia di Cervo che usava come mantello. Era così grande che persino un gigante come re Loth si sarebbe potuto coprire senza problemi.
<< Avremo la possibilità di negoziare ancora per i figli dei nostri vecchi amici, prendendo almeno parte del loro patrimonio, sicuramente li costringeremo a diminuire il dazio sulle merci e ci impossesseremo del loro tratto di mare, oltre che delle loro navi. >>
<< E se perdiamo? >> chiese Ser Kay seduto alla sinistra del re.
Il re lo guardò sorpreso.  Ser Tor notò che tutti erano sorpresi di quella domanda.
<< Non perderemo. Allungheremo i tempi della guerra, tutto qui. >> rispose fermamente il re. << Il popolo dovrà stringere la cinghia, ma alla fine Camelot vincerà. >>
<< E se veniamo sconfitti a Benwick? Se tu verrai sconfitto a Benwick? >>
Il re scrollò le spalle con noncuranza.
<< Camelot avrà un nuovo re e voi mi vendicherete. Morgana mi vendicherà. Sarò ben vendicato da tutti coloro che provano un po’ di affetto per me, come del resto succederà se cadrà ognuno di voi. >>
Lo sguardo di Ser Tor andò dritto verso Mordred che, pallido in volto, abbassò lo sguardo e si allontanò. Per un momento, Ser Tor si sentì dispiaciuto per il principe Mordred. Troppo piccolo per diventare cavaliere, non sarebbe potuto partire per combattere al fianco del re suo padre.
<< Hai fatto i conti di quanto verranno a costarci? >>
<< No. >>
<< Quanti cavalieri ha Claudas? >>
<< Un centinaio. >> rispose Ser Safir.
<< Quanti Arieti? >>
<< Credo un paio. >>
<< Baliste? >>
<< Una cinquantina come minimo. >>
Un brusio si alzò tra i presenti.
<< Catapulte? >>
<< Cinque. Forse sei. Non di più. Forse un Trabucco, o una Petriera, ma non ne ho la certezza. >>
<< Elepoli? >>
<< Sospetto ne abbiano almeno uno. >>
<< Bene. Noi abbiamo duecento Baliste e spossiamo costruirne almeno un altro centinaio nei prossimi due mesi. Di Elepoli non ne abbiamo neanche uno e così come non abbiamo Catapulte e roba simile. Per lo meno, non ne abbiamo più di utilizzabili da almeno… quanti? Tredici anni? La nostra flotta è da raddoppiare con o senza l’aiuto della Regina Morgana. O qualcuno di voi ha ancora delle armi da assedio pronte all’uso? Ditelo subito e non ci saranno conseguenze. >>
Ser Tor si guardò attorno. Molti i cavalieri scuotevano la testa. I più anziani sembravano quasi intimoriti dalla velata minaccia del Siniscalco reale, solo un paio rimasero impassibili. Ser Agravain e l’uomo con la pelliccia di renna si scambiarono un tacito sguardo carico di sospetto reciproco.
<< Quindi dobbiamo costruirne di nuovi. >>
<< Non possiamo rendere funzionanti quelli che già abbiamo? >> chiese allora Gawain.
<< Qui a Camelot abbiamo consumato del tutto quella legna ormai piena di tarli durante l’inverno di sei anni fa. Credo sinceramente che, se sono stati furbi, in quell’anno infernale tutte le nostre genti ne hanno usato più di un pezzo. E anche se non lo avessero fatto, ormai sono marciti. >>
<< E quanto tempo ci vuole? >>
<< Non saprei. Devo chiedere al carpentiere e al fabbro reale. Dovremmo comunque considerare di crearne i pezzi e poi trasportarli e montarli. Serviranno quindi delle navi per quel genere di trasporto: è impossibile pensare di farne la costruzione mentre Claudas e si suoi uomini ci assediano a Benwick. Ma sono indispensabili: perché vincere Benwick imporrà sicuramente seguire la ritirata di Claudas e impedire un suo ritorno in tempi brevi che vanifichi la perdita ingente che subiremmo. Di catapulte pure, noi non ne abbiamo neanche l’ombra e dovremmo procurarcene alla svelta. La pace ha portato bene agli affari del commercio, molto meno al commercio. >>
<< Io ho ancora delle catapulte. >> disse il cavaliere con il mantello di renna mentre Agravaine muoveva il mento in un segno di stizza consapevole << Sono rimaste dopo l’ultima guerra con quelli di Lothian. Sono ancora ferme nell’arsenale delle mie terre. Pensavo di usarle come dote per una delle mie figlie. >>
<< Oh, e bravo il nostro Leodegance. Lungimirante e avaro come sempre. E quante figlie hai? >> chiese un cavaliere al suo fianco.
<< Quattro, scemo di un gallese, ma non ho intenzione di far accasare uno dei tuoi marmocchi puerili nel letto di una delle mie splendide figlie. >>
<< Sicuro? So che le scozzesi hanno il fuoco nelle vene tanto quanto freddo nelle loro terre. Un gallese potrebbe aiutarle a trovare un po’ di pace. Anzi, è stato confermato che… >>
Il re alzò la mano e fece morire sul nascere il battibecco tra i due anziani guerrieri.
<< Molto arsenale potremmo rubarlo a Claudas quando batte in ritirata. >> commentò il re di Camelot.
<< Perché tu lasceresti alla mercé del tuo nemico delle catapulte utilizzabili, immagino. >> lo zittì il siniscalco di Camelot. << Poi ci dobbiamo comunque procurare della materia prima per la difesa. Dall’olio alla pece. Abbiamo delle cartine delle nostre città e delle vie sotterranee? Intendo quelle aggiornate, non la robaccia che abbiamo qui a Camelot. >>
<< Possiamo fare in modo che ci siano nel giro di un mese. >> disse un cavaliere seduto in prima fila.
<< E ci servirebbe qualcosa sulle terre del Benwick, ma se si vuole attaccare prima che Claudas attacchi noi, non avremo di certo il tempo di una ricognizione. Al castello poi, i fedeli del nuovo regno faranno in modo di eliminare ogni aiuto che potrebbe esserci possibile prima di una definitiva sconfitta. E lo dico come Siniscalco. Io non lascerò mai nessuna carta su Camelot a disposizione di un mio nemico. Dovessi darmi fuoco assieme a quegli inutili fogli! >>
Molti cavalieri concordarono con il Siniscalco.
Uno dei cavalieri si alzò dal centro della sala.
<< Il commercio? Intanto come faremo a commerciare? >>
<< Apriremo un varco ad ovest e manderò io stesso una missiva al re d’Irlanda per chiedergli il consenso di usare la sua tratta, magari anche di usare la sua bandiera. >> disse il sovrano << Pagheremo un dazio, ma non è da considerare come qualcosa di duraturo e, visto loro flotta, re Claudas sa che è meglio non farseli nemici. >>
<< Non potremmo chiedergli aiuto? >> chiese allora Agravaine alzandosi. << Il re d’Irlanda è un uomo pratico, potremmo convincerlo ad attaccare le navi di Claudas. Non sarebbero né i primi, né gli ultimi atti di pirateria della loro flotta. >>
<< No. >> disse allora alzandosi Ser Mark con gli occhi fiammeggianti << Gormond è sanguinoso come Claudas se non di più. Dobbiamo ancora pagare il tributo di guerra che lascia la Cornovaglia priva di quasi ogni sussistenza. Assalirebbe indiscriminatamente le navi di chiunque e intanto prenderebbe le misure per assaltare le nostre coste a sud. >>
<< Concordo con Ser Mark. Con re Gormond è meglio non avere a che fare. Non più del necessario. Affrontiamo un vicino alla volta. >> disse Ser Bendivere.
<< Anche chiedergli la possibilità di usare quelle acque per le tratte commerciali è pericoloso. >> continuò Ser Mark << Non è stupido e capirebbe che, con i nostri uomini che combattono dall’altra parte del Regno, le nostre terre sono libere di essere saccheggiate. Ho un solo nipote, non voglio perdere anche lui. >>
Qualcuno urlò conferme all’interno delle file dei presenti.
La seduta continuò per tutta la giornata, fino a quando la moglie di Ser Kay non entrò per avvisare che il banchetto per la cena era pronto.
Ser Tor mangiò poco e andò a fare il suo turno di ronda.
Era una serata calda, rispetto alle precedenti. L’equinozio di primavera era ormai vicino.
Delle urla attirarono la sua attenzione. Guardò in basso. Ser Kay e Ser Gawain discutevano animatamente, seguiti da Mordred che, viste le dinamiche, sembrava parteggiare per il fratello adottivo del re.
<< Giuro su Dio, Gawain, >> urlò infine congedandosi il siniscalco reale << Che preferisco un re storpio con entrambe le gambe inutilizzabili, piuttosto che Camelot in disgrazia. E lo farò, sai che lo farò. >>
Gawain fece per replicare avvicinandosi, ma Mordred si mise in mezzo e disse qualcosa con la sua solita calma placida. Solo allora Gawain perse ogni forza combattiva.
Si stava ancora chiedendo quale fosse il motivo di tanta rabbia quando sentì dei passi felpati dietro di se.
<< Agravaine? Siete voi? >> chiese voltandosi.
Il figlio di Re Loth uscì dall’ombra con un sorriso e una coppa di vino per l’amico. Ser Tor accettò con un sorriso.
<< Pronto per la votazione? >>
<< No. Ovviamente. Sto sinceramente pensando di mandare una missiva di protesta a mia sorella. >>
Ser Agravaine sorrise all’idea.
<< Se volete gliela porto io. >>
<< Mai. >>
<< Che guardavi di bello? >>
<< Ser Kay e Ser Gawain che litigavano. >>
<< Ah, sì. >> disse lui placidamente. << Se si sceglie per l’assedio Gawain vuole andare assieme al re in prima fila, ma Ser Kay lo vuole a Camelot. Non può fermare il nostro sovrano, ma mio fratello sì. >>
<< Scherzi? E perché? Lui è uno dei migliori cavalieri di Camelot. >>
<< Sì, ma è anche l’erede legittimo. >> disse lui con noncuranza. << Se succede qualcosa al re, è Gawain che diventerà il sovrano di Camelot. Non che Camelot ci possa fare un affare: mio fratello è del tutto inadatto a regnare su una latrina, figuriamoci sull’intera Isola. >>
<< Ma Mordred… >>
<< Mordred è il figlio illegittimo del re e, soprattutto, è il figlio della regina di Avalon, sono in molti che tradirebbero Camelot, piuttosto che inchinarsi davanti a lui. Non lo considerano un essere umano, quanto un mezzo demone. Mordred stesso si dice disinteressato alle sorti del Regno dopo suo la dipartita padre e che tornerà nelle terre materne quando il nostro sovrano morirà. In fondo lo capisco: per quale motivo dovrebbe rimanere in un posto dove non è bene accetto? >>
Ser Tor non rispose, sorseggiando in silenzio il vino che il commilitone gli aveva portato.
<< Sai già cosa voterai? >>
<< Sì. Non è difficile per me. So cosa farebbe mio padre. Lo ha fatto capire andandosene. Tu? >>
<< Non lo so. Credo di sì. Spero di non sbagliare. >>
<< Non c’è una risposta sbagliata. Ci vuole una maggioranza abbondante perché venga approvata l’una o l’altra scelta. Siamo più di un centinaio a doverci esprimere. >>
<< Quando voteremo? >>
<< Sette giorni. Ser Kay deve informarsi sui costi e i tempi, noi dobbiamo consultare con i nostri cavalieri e… l’hai fatto? >>
<< Ci sono solo io come cavaliere delle terre di mia sorella. >>
<< Ah. E hai qualcuno con cui parlarne? >>
Ser Tor asserì con la testa. Sapeva a chi chiedere un’opinione. Ser Yvain e Ser Carradoc in primis. Le loro speranze e i loro timori erano i suoi e si sarebbe potuto confrontare con qualcuno che sapeva non lo avrebbe usato. Poi, Ser Tor lo sapeva, avrebbe chiesto l’opinione di qualcuno che era esterno alla cerchia dei Cavalieri di Camelot, ma comunque né era uno dei più degni.
<< Quando ci si consulta con gli altri cavalieri? >>
<< La mattina. Il pomeriggio si discuterà in consiglio. E così per tutti i giorni del consiglio. >>
<< Tu sai già cosa ti diranno i tuoi cavalieri? >>
<< Sì: fa quello che farebbe tuo padre stupido mentecatto. >> disse Ser Agravaine con una smorfia divertita << È quello che ha detto mio cugino mentre andavamo a cena. Qualunque cosa scelga, la riferiranno al vecchio gigante e se la sbaglio manderà una lettera che mi allontana dalla possibilità di votare per lui in eterno. >>
<< Scherzi? >>
<< No. Forse dovrei votare sbagliato, giusto per farlo imprecare e dannare la notte in cui mi ha concepito con mia madre. >> disse Agravaine con un sorriso divertito, alzando la testa verso il cielo.
Ser Tor notò uno strano velo nello sguardo del compagno, ma decise di non indagare.
Se c’era una cosa che aveva capito, era non indagare troppo sulla famiglia delle Orcadi, soprattutto se c’era di mezzo Agravaine. Tanto vanesio e caro, quanto vendicativo.
 
***
 
Era l’alba quando Ser Tor si alzò e, uscito dalle sue stanze, si diresse verso il campo per gli allenamenti del castello. Là, lo sapeva, Mordred si stava allenando.
Ser Tor lo trovò infatti con arco e frecce in mano intento ad allenarsi nell’antica arte dei boschi.
Consapevole della sua presenza, Mordred si voltò verso di lui, sorridendogli.
Ser Tor si avvicinò dunque senza esitare.
<< Posso allenarmi con voi? >> chiese.
Mordred accettò con un sorriso sincero.
Fu solo dopo qualche tiro, seguito da consigli pratici del figlio del re, che Ser Tor cominciò a parlare.
<< Vi ho visto andare via durante la riunione di ieri. >> disse prendendo la mira.
<< È vero. Ricordate di calcolare la distanza e l’aria, Ser Tor. >>
Ser Tor lanciò la freccia che cadde rovinosamente lontano dal tronco a cui mirava. Passò l’arco all’altro.
<< Cosa pensate della questione? >>
<< La guerra, dite? >>
<< Sì. >>
<< Sarà inevitabile. >>
<< Voi cosa fareste? Aspettereste o andreste a prendere le terre del Benwick? >>
Mordred si voltò a guardarlo.
<< Volete sapere la mia opinione? >>
<< Sì. >>
<< Perché? >>
<< Vi stimo. >>
Mordred sembrò non credergli e scoccò la freccia. Nonostante il suo turbamento, colpì appieno il tronco degli allenamenti.
<< Conoscete meglio di me la situazione del regno. >> continuò Ser Tor prendendo una freccia e l’arco al suo interlocutore << Sapete lo stato delle finanze e della giustizia. Siete cresciuto in mezzo a queste cose e sono sicuro che sapete di strategie e tattiche militari più di molti altri cavalier, sicuramente più di quanto le conosca io. Ho ascoltato i punti di vista di Ser Yvain e Ser Carradoc e non credo che Ser Agravaine mi possa davvero essere d’aiuto così concentrato a pensare a cosa farebbe suo padre, ma voi sì. Io non conosco tutto quello che conoscete voi, Mordred, ma conosco voi. So che non mi consiglierete per il tornaconto di nessuno se non quello del regno. >>
Mordred trattenne il respiro e Ser Tor comprese di averlo fatto imbarazzare. Il figlio del re abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per molto tempo, prima di parlare.
<< Nessuna delle due scelte è scevra da rischi per Camelot. >> disse infine << Un assalto a Benwick poterà una guerra che, se non vinta subito, non solo ci vedrebbe come aggressori, ma anche come possibili vittime di una rappresaglia pericolosa. Re Claudas ha un vasto numero di terre da cui attingere risorse e, forte dell’essere la vittima, potrebbe richiamare anche i regni franchi confinanti al suo in una lega contro di noi. Se poi non la vinciamo e riescono a riprenderei quelle terre, tutti i cavalieri che saranno presenti verranno sicuramente trucidati. Il trasporto degli stessi viveri sarà pericoloso. >>
Mordred scoccò la sua freccia e passò l’arma a Ser Tor.
<< Aspettare l’attacco ci permetterà di armarci, ma essere il campo di battaglia condurrà molte terre alla rovina. Rischiamo pestilenze, carestie e, soprattutto, di ritrovarci la morte in casa. Giocando su un territorio più vasto, è più difficile sapere da dove ci attaccheranno e la popolazione rimarrebbe vittima delle smanie dei conquistatori. Anche questa possibilità è difficile da accettare perché se si protrae a lungo, rischia di mettere in ginocchio l’intero regno. >>
<< E vostra madre? Verrà al nostro fianco? >>
<< No. Durante l’ultima sua visita è rimasta incinta e non si muoverà da Avalon. Mio padre deve solo pregare che sia una femmina o tra i suoi nemici ci sarà lei. >>
A quell’idea, Ser Tor sorrise. Allora anche il principe illegittimo sapeva fare battute. Strane e contorte, ma divertenti se si sapeva come prenderle.
Fu allora che ricordò.
<< Mordred? Tra poco sarà il vostro compleanno, vero? >>
Lui lo guardò per un lungo istante.
<< Io sono nato a Beltane. Ci vogliono ancora più di due mesi. >>
<< Avresti l’età minima per poter diventare cavaliere. >>
<< Probabilmente sarete già partiti e comunque mio padre non mi farebbe mai cavaliere prima di una guerra, piuttosto accelererà i preparativi. Lo farà al suo ritorno. >> disse dopo un momento di silenzio, prima di tornare a guardarlo << Nella migliore delle ipotesi, Se Tor, ci saranno due guerre. Almeno due anni di battaglie, se non di più. Se riuscirete in poco tempo a cacciare re Claudas, questo si preoccuperà di vendicarsi. Solo allora potrete davvero sconfiggerlo. >>
<< Potremo, vorrai dire. Tra due anni combatteremo l’uno in fianco all’altro. >>
Mordred sorrise.
<< Mio padre si inventerà qualcos’altro, pur di non mandarmi in battaglia. Venite a fare colazione con me? >>
<< Sì, volentieri. >>
 
***
 
Ser Tor ripensò moto alle parole di tutti i suoi consiglieri. Yvain proponeva di prendere in contropiede re Claudas, mentre il Carradoc optava per l’attesa. Yvain immaginava quali potessero essere le ripercussioni per i commerci se le loro terre fossero state il campo di battaglia, mentre Carradoc temeva le perdite se non fossero riusciti ad espugnare subito Benwick. Mordred poi aveva avvalorato tutte le tesi ed era andato più in là. Un minimo di due anni di guerra. Un’eternità. Bisognava che fosse il più breve possibile.
Sì, più il tempo passava. Più Ser Tor comprendeva che il tempo doveva essere ristretto. Dovevano contenere i danni per il popolo. Era con questo pensiero che Ser Tor votò.
Votò per riprendersi le terre del Benwick. Così come fecero molti altri suoi compagni.
Non abbastanza, però. Vinsero quelli che, come Ser Agravaine, avevano invece optato per l’attesa.
Si sentiva sicuro, in fondo. La mattina presto si era allenato con Mordred al tiro con l’arco e a tecniche di combattimento corpo a corpo che non aveva mai conosciuto, dopo colazione si allenava con Ser Agravaine, Ser Yvain, Ser Carradoc e altri cavalieri più esperti con l’arte della spada e della giostra. Il pomeriggio si preoccupava di imparare tattica e strategie mentre la sera, scriveva lettere a tutta la famiglia, sperando che non si preoccupassero troppo per lui.
La giovane Rivalem, figlia di Fedor il fabbro venne da lui e gli donò una scure.
<< La settimana scorsa è arrivata una parte del pagamento del risarcimento voluto dal re per me. >> le disse con un sorriso triste << Non conosco modo migliore di usarlo se non per assicurare protezione al mio protettore. >>
Lui la ringraziò commosso e accettò l’invito del fabbro suo padre di aiutarlo con l’armatura a un prezzo vantaggioso.
Meno di un mese dopo, assieme ai suoi quattro compagni, Ser Safir e si suoi due fratelli e qualche altro commilitone, Ser Tor partì per la guerra.
Aislin la cuoca, piangendo, gli aveva consegnato una forma di formaggio e l’aveva baciato come un figlio, pregandolo di tornare indenne.
Stava prendendo il suo cavallo nelle scuderie quando il figlio del re andò a trovarlo.
<< Volevo augurarvi buona fortuna. >> disse semplicemente Mordred.
<< Siete gentile, Mordred. Ma la fortuna non mi serve. >>
<< A un cavaliere serve sempre la fortuna. >> disse lui sorridendo sincero.
<< Saremmo stati fortunati se non ci fosse stata guerra. >>
<< Ma se non c’è la guerra, a che servono i cavalieri? >>
Senza aspettare una risposta, Mordred gli strinse la mano e se ne andò.
Con questa domanda nelle orecchie, Ser Tor uscì dalla città di Camelot e si diresse verso est, mentre la sua ombra si allungava già davanti a lui.

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